DALMAZIA UNA CRONACA PER LA STORIA 1942 PARTE 1

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STAT O MAGGIORE DELL'ESERC IT O UFFICIO STORICO

ODDONE TALPO

DALMAZIA UNA CRONACA PER LA STORIA (1942) Parte 1

Roma 2000


PROPR IETÀ L ETTER;\RI A Tutti i di ritti rise rvat i Vietata anche la riproduzione parziale se nza autorizzazione

cD Copyright by Stato M aggi ore del l' Eserc ito Cffc io Storico - Rom a 1990

RISTAMPA Roma. 2000

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«Considero i soldati italiani buoni, miti, umani con la nostra gente[. . .]. Riconosco che il nostro sistema di lotta contro di voi non è leale, in quanto colpiamo i vostri a tradimento. La nostra massima per la lotta è: colpire il nemico in tutti i modi e con rutti i mezzi, compiendo ovunque possibili atti di terrorismo e di sabotaggio [. . .j. Riconosco che gli italiani si sono comportati bene nei riguardi del popolo serbo; non possiamo però dimenticare che essi sono gli allea ti degli ustascia croati». (Dichiarazioni del capo comunista $ime Tadìt. Giugno 1942).

«Se voi girate un po' le nostre terre, vedrete che gli intellettuali sono spariti perché uccisi o dagli ustascia o dai partigiani, e se trovate che qualcuno è vivo vuol dire che è stato salvato dagli italiani. Tutti noi qui presenti siamo ancor vivi perché siamo stati salvati dai soldati italiani. La nostra gratitudine sarà eterna>>. (Da un discorso del pope Mom~ilo Djujié - Tenln, 7 dicembre 1942).



INDI CE DELLE CARTINE



Indice delle cartine

Canina n. ))

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n. n.

n. n.

I - Bileéa, zona dell'imboscata del 26 novembre Pag . 1942

34

2 - Korenica, zona dei combattimenti dal 29 dicembre 1941 al marzo 1942

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38

»

40

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48

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54

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58

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83

8 - Zona del combattimento di Ervenico (Zara) (20-22 maggio 1942) e dell' imboscata dove il prefetto di Zara, Vezio Orazi, venne ucciso

»

232

9 - Zona fra Stretto, Vodizze, Zaton, Mala Cista

»

258

3 - Settore centrale della divisione 'Sassari' durante l'inverno 1941-1942 4 - Settore settentrionale della divisione 'Sassari' durante l'inverno 1941-1942 5 - Zona dei combattimenti nel settore della divisione 'Sassari' dar 9 febbraio al 26 marzo 1942 - Ostrelj, Donji Lapac, Srb, Vaganj

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n.

6 - Zona di Sanski Most

»

n.

7 - O perazione 'Trio' (Bosnia orientale, 22 aprile - I 4 maggio ì 942)

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n.

n.



INDICE GENERALE



Indice generale

Pag.

5

Premessa ................

»

7

Avvertenze ......... .................. .............................................................

>>

9

Presentazione ...............................................................................................

CAPITOLO l

LA CRISI INVERNALE E LA COOPERAZIONE 1TALO-TEDESCO-CROATA

Pag.

13

li raggruppamento dei presìdi italiani

»

26

La crisi ed i fattori ambientali ............................

>>

31

Bi/da ...........

»

33

Korenica ....

»

35

Nel settore della 'Sassari' ....... .'........................................ .

»

41

Dervar .....................................................................................

»

42

Varkar Vakuf ..............................

»

46

Ostrefj

»

51

Vaganj e Srb ....................... .............. .................... ...................................... .

»

52

Sgombero di Sanski Most - Sblocco di Bosansko Grakovo e di Dervar ........................................................ .

»

59

La lettera di von Keitel e Ja cooperazione italo-tedesco-croata

»

63

Accordo di Abbazia ed il nuovo atteggiamento di Zagabria verso i cetnici .............................................................. ............................... .

>>

70

La difficile applicazione del!' Accordo di Abbazia - L'Operazione ' Trio' ............................... .

»

77

NOTE

>>

89

I croati ed il gioco dei cetnici .............. ... ..... ... ........................ .


Dalmazia - Una cronaca per lo stona (1942)

DOCUMENTI

n.

1 - Relaz10ne del gran zupano (prefetto) di Tenìn, Da-

vid Sincié, sulla situazione nella sua prefettura Gracac, 30 dicembre 1941 .. .. .... ......... ........ .... .. .. ...

\ Pag.

121

generale Vittorio Ambrosia, sulla politica di Zagabria nella 2 3 e 3a zona - P.M. 9, 23 gennaio 1942

»

124

3 - Relazione del generale Renzo Dalmazzo, comandante del VI Corpo d'armata, sulla estensione tlell'occupazione italiana - P.M. 39, 22 dicembre 1941 ....

))

132

4 - Relazione del comandante della 2a Armata, generale Vittorio Ambrosia, sull'intercettazione d'un colloquio fra l'onorevole Dohroslav Jevdjcvié ed il logornik Ivan Poljak - P.M. 10, 3 gennaio 1942 ......

»

137

.. ....................................................

»

143

6 - lettera-relazione del tenente dei cetnici K.O. Jaksié al comando della Bosnia orientale - Jagodma, 20 dicembre 1941 ...... ........................................ ................. ..

»

146

))

150

V. Petkovié al comando del Vl Corpo d'armata Mostar, 11 gennaio I 942 .... ... . . ..............................

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156

9 - Lettera del colo nnello Gian Carlo Re, addetto militare a Zagabria, sul ritrovamento d'un archivio cetnico-comunista - Zagabria, 9 febbraio 1942 ........... .

»

159

..........................................................................

»

162

n. 11 - Relazione del capo di Stat o Maggiore dell'Esercito, gc~eralc Vittorio Ambrosio, sui rapporti con i croati ed i cetnici - P.M. 9, 4 febbraio 1942 ................. .

))

165

n.

n.

n.

n.

2 - Relazione del Capo cli Stato Maggiore dcli 'Esercito,

5 - Lettera attribuita al maggiore Bosko Todorovié per il generale Orafa Mihajlovié - Bratac, 10 febbraio 1942 ........... ..... ...............

n.

n.

n.

n.

7 - Istruzioni del generale Orata Mihajlovié al maggiore Giorgio Lasié ed altri - Dal conw.ndo di Gorski, 30 dicembre 1942 . ............ ... ...... .. ................................ .

8 - Proposte per un accordo del sottotentcntc Mutimir

n. 10 - Decreto e relazione sulla costituzione della Chiesa greco-orientale autocefala croata - Zagabria, 3 aprile 1942


indice generale

n. 12 - Lettera di von Keitel al generale Ugo Cavallero sulla collaborazione tedesco-italiana per un'azione comune contro i partigiani - Quartier Generale del Ptihrer, 4 febbraio 1942 ............................................. . .... .

»

168

n. 13 - Istruzioni del capo di Stato Maggiore dell'Esercito, generale Vittorio Ambrosia, sulla linea di condotta da seguire con i croati e con i cetnici - P.M. 9, 13 febbraio !942 ......................................................... ......................

»

170

ne fra comandi italiani, tedeschi e croati - Abbazia, 3 marzo 1942 .................................... ....................................... ..

))

172

n. 15 - Nota del Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, generale Vittorio Ambrosia, sulla riunione di Abbazia - P.M. 9, 5 marzo 1942 ....................................................

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176

n. 16 - Relazione del Comandante della 2a Armata, generale Mario Roatta, sui cetnici- P.M. 10, 6 marzo 1942

»

180

n. 17 - Relazione del capo della Missione militare italiana a Zagabria, generale Giovanni Oxilia, circa un coiIoquio con il maresciallo Kvaternik, in merito alla riunione di Abbazia - Zagabria, 8 marzo 1942 .......

»

185

n. 18 - Relazione del dottor Vjekoslav Vrancié, commissario generale ammìnistrativo dello Stato croato presso la 2• Arnrnta, sulle misure prese per la pacificazione delle popolazioni nella seconda zona - Susak, 2 aprile 1942 ..................................................... .....................

»

189

Stato Maggiore della 2a Armata, su interferenze politiche nelle operazioni in Bosnia - P.M. 10, 25 aprile 1942 ............ ................................................................................

»

193

n. 20 - Lettera del maresciallo SJavko Kvaternik al generale Mario Roatta, in merito alle operazioni nella Bosnia Orientale - Zagabria, 31 marzo 1942 ........................... .

})

199

n. 21 - Relazione del generale Mario Roatta, comandante della 2 a Armata, su un colloquio con il Poglavnik e con il maresciallo Kvaternik - P.M. 10, 13 aprile 1942 ................................................................................................. ..

»

203

n . 14 - Ve~bale della riunione di Abbazia per la cooperazio-

n. 19 - Relazione del generale Ettore De Blasio, capo di


Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942)

n. 22 - Ordine di operazione del generale Mario Roatta, comandante delle forze italo-tedesche-croate, per la seconda fase dell'operazione 'Trio' - Senza località, 7 maggio 1942 .............................................................. .

>>

206

CAPITOLO II

IL CONFLITTO FRA IL GOVERNATORE BASTIANINI ED IL GENERALE QUIRINO ARMELLINI

Pag.

2 1l

I primi attriti fra il generale Armellini ed il Governatore

>>

216

Gli interventi del generale Roatta ............................................ .

))

222

))

229

La morte del prefetto di Zara, Vezio Orazi

»

238

I criteri dì Armellinì e l'intervento di Roma

))

242

))

253

L'acuirsi del dissidio Bastianini-Armellini ............................. ..

))

262

Lo scontro ......................................................................................................

»

268

NOTE

))

281

L' origine del contrasto ............................................................

L'aggravarsi della situazione in provincia di Zara - I combattimenti di Ervenico ...... .... ............................ ... .. .. ...

Incidenti squadristi a Spalato e rapimento della maestra Dina Pelluti .........................................................................................................

DOCUMENTI n.

n. n.

1 - Telegramma dei sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Luigi Russo, al Governatore della Dalmazia, in relazione alla delimitazione dei poteri fra autorità civili e militari - Roma, 19 gennaio 1942 .. .. .... ................ ... ... ............................ ...................

Pag.

2 - Nota del generale Renzo Dalmazzo sulla situazione a Cattaro - P.M. 39, 14 febbraio 1942 .......................

»

318

))

320

3 17

3 - Lettera di Giuseppe Bastianini al generale Mario

Roatta, con un pro memoria sull'organizzazion e del Governatorato per il generale Quirino Armellinì, comandante del XVIII Corpo d'armata - Zara, 31 marzo 1942 ......................................... ...........................


Indice generale

n.

n.

n.

n.

4 - Lettera di Giuseppe Bastianini al generale Mario Roatrn per una più efficiente tutela militare del territorio della Dalmazia annessa - Zara, 19 aprile 1942

»

326

5 - Lettera di Giuseppe Bastianini al generale Mario Roatta sulla minaccia dei ribelli al territorio della Dalmazia annessa - Zara, 22 maggio 1942 ............... .

»

330

6 - Studio del generale Quirino Armellini per una sistemazione difensiva della Dalmazia annessa - P.M. 118, 29 maggio 1942 ........... .............................................

»

332

7 - Teiescritto del generale Mario Roatta al Governatore della Dalmazia con cui gli comunica le disposizioni impartite per la difesa dei confini della Dalmazia annessa - P .M. IO, 5 giugno 1942 ................................ ..

337

8 - Pro memoria del generale Quirino Armellini sulla difesa della Dalmazia - P .M. 118, 23 giugno 1942

»

338

9 - Telegramma con cui Giuseppe Bastianini avverte il generale Mario Roatta circa un ammassamento di ribelli ai confini della Dalmazia ~nnessa - Zara, 7 giugno 1942 . . .. ._ ............ ............................... ...................

»

34]

n. 10 - Telescritto del generale Quirino Armellini a Supersloda sui risultati del rastrellamento per la normalizzazione dei territori della Dalmazia annessa - P.M. J 18, 21 giugno 1942 .... ......... ..................................................

»

342

n. 1 I - Telegramma di Giuseppe Bastianini per Mussolini circa i rastrellamenti condotti di propria iniziativa nella Dalmazia annessa - Zara, 18 giugno I 942 .....

»

344

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346

»

351

}}

355

n. n.

n. 12 - Istr.uzioni di Giuseppe Bastianini alle autorità amministrative e militari di Zara circa la linea di condotta da seguire nei confronti della popolazione croata e dei ribelli - Zara, 12 luglio 1942 ......................... n. 13 - Relazione del Governatore della Dalmazia a Mussolini sui ribelli nella Dalmazia annessa, e richiesta di rinforzi - Zara, IO luglio 1942 .......................................... n. 14 - Disposizioni del Governatore della Dalmazia per la costituzione del Corpo volontari anticomunisti - Zara, 23 giugno 1942 ::-................ ............................................... .


Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942)

n. 15 - Lettera del generale Quirino Armellini, al generale Mario Roatta sulle organizzazioni militari costituite dal Governatore - P.M. 118, 2 luglio 1942 ...............

»

360

n. 16 - Progetto del generale Quirino Armellini per la difesa della Dalmazia annessa - P .M. 118, 1° luglio 1942

»

364

))

370

n. 18 - Nota del generale Quirino Armellini al generale Mario Roatta sulla costituzione dei nuovi presidi sollecitati dal Governatore - P.M. 118, 18 luglio 1942

»

372

n. 19 - Lettera di commiato del generale Quirino Arrnellìni al generale Mario Roatta, con cui suggerisce una linea di condotta intransigente nei confronti del Governatore della Dalmazia - Spalato, 28 luglio I 942.

»

375

n. 20 - Pro memoria del tenente colonnello dei carabinieri Luigi Carcelli sulle reazioni determinate nell'ambiente militare dal trasferimento del generale Quirino Armellini - P .M. 10, 3 agosto 1942 .......................

»

376

n. 17 - Riassunto dell'attività del Comando carabinieri della Dalmazia, sino al 30 giugno 1942 - P .M. 10, 30 giugno 1942 ················ ································································




PRESENT AZIONE

L'Ufficio Storico ha sempre avvertito la scarsità di opere, studi, monografie, che portassero a conoscenza, sia degli studiosi di storia militare sia del più vasto pubblico, quanto nel corso del secondo conflitto mondiale - concluse le campagne - realmente avvenne durante il periodo di «occupazione», e quindi anche nello scacchiere croato. Riteniamo che la paziente ricerca dell'Autore, attraverso anni di consultazione delle fonti, conservate presso questo Ufficio ed altri Enti ed Istituti, i numerosi documenti per la prima volta pubblicati quali allegati di ciascun capitolo, il puntuale e r icchissimo corredo di note, oltre alla coordinata narrazione di fatti ed eventi che costellarono il 1942, con le operazioni della 2° Armata contro i partigiani, i conflitti fra Roma e Zagabria, fra Autorità militari e civili italiane, fra ·comandi tedeschi ed il Comando Supremo, fra cetnici e partigiani, e le iniziative sociali ed amministrative del Governo della Dalmazia, possano - nella scarna ma efficace esposizione del testo - far conoscere, riportando nella giusta considerazione, l'opera del nostro Esercito e della nostra amministrazione civile in quei territori. Non si tratta di retorica esaltazione né di programmata detrazione, ma di un coordinamento interpretativo, il più obiettivo e storicamente sereno possibile, di notizie, dati ed elementi, così come sul momento erano compilati o scritti, mantenendo integre le loro caratteristiche psicologiche, politiche, militari ed umane, proprie dell'ambiente e del tempo in cui venivano formulate o espresse. Questo secondo volume comprende la 'cronaca' del 1942, ed è impegno dell'Autore - su incarico di quest'Ufficio - di completarla con gli avvenimenti del 1943, sino al momento dell'occupazione titina di Zara, secondo il criterio di mantenere inalterato il suo personale distacco dai fatti - egli è profugo di Zara - per servire all'obiettività della conoscenza ed a chi vorrà, valutando questa 'èronaca', scrivere una 'storia'. IL CAPO UFFICIO STORICO



PREMESSA

Questo volume - pubblicato a distanza di quattro anni dal primo comprende la 'Cronaca' degli avvenimenti e dei fatti accaduti nel 1942 in Dalma~ia e di quelli, più direttamente connessi, nell'entroterra croato. II 1942 è l'anno delle grandi speranze, con le spettacolari avanzate in Egitto ed in Russia, con i successi in Atlantico e nell'Estremo Oriente. Ma è anche l'anno che, nella battaglia di El Alamein, registra l'inversione delle sorti del conflitto, con riflessi quasi immediati in Dalmazia ed in Croazia. Passata la valorizzazione propagandistica della campagna di Jugoslavia, l'Italia, impreparata a gestire il composito e complicato ambiente balcanico, dimostra rapidamente i limiti delle proprie capacità. Perde au~orevolezza nei confronti dello Stato indipendente di Croazia, e credibilità presso le popolazioni dei territori presidiati anche se, per contingente confluenza d'interessi, trova la collaborazione dei cetnico-ortodossi. Ma, pur sentendo la potenzialità di questo apporto, esiterà ad avvalersene· in- pieno. I comandi italiani, di fronte alle situazioni che devono affrontare e risolvere sul terreno, sono portati ad adottare nei confronti di Zagabria una linea politica divergente, se non anche in contrasto, con quella di Palazzo Chigi. In Dalmazia esplode il conflitto fra il Governatore Giuseppe Bastianini ed il generale Quirino Armellini, comandante del XVIII Corpo d'armata. In Croazia, i comunisti attraverso altalenanti vicende consolidano l'efficienza delle formazioni partigiane, mentre i tedeschi con metodica costanza scalzano le posizioni dell'Italia e cercano di affacciarsi ali' Adriatico . Gli avvenimenti del 1942, politici, militari, economici, sono strettamente interdipendenti, ma per semplificarne la narrazione li ho esposti fin che possibile - per argomento . Nello stesso tempo, accogliendo un giusto rilievo al precedente volume, ho corredato il testo con specifiche cartine geografiche in modo da agevolare la comprensione delle più importanti operazioni militari. In tutto il testo ho cercato di attenermi strettamente ai documenti per lasciare al lettore la più libera e soggettiva valutazione degli avvenimenti.


*** Un ringraziamento particolare agli Ufficiali e Sottufficiali dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito per la loro premurosa e competente assistenza. Ad essi unisco quanti mi hanno agevolato presso l'Ufficio Storico dello Stato Maggiore della Marina Militare, l'Archivio storico-diplomatico del Ministero degli affari esteri, l'Archivio Centrale dello Stato, la Biblioteca della Camera dei deputati. Al prof. Tullio Chiarioni la mia riconoscenza per l'affettuosa pazienza con cui - anche questa volta - ha riletto il dattiloscritto, per i precisi suggerimenti, per il riscontro dei termini in lingua serbo-croata. Un grazie a mia moglie, Maria Teresa, per il lavoro di dattilografia e per la collaborazione nella revisione delle bozze, nonchĂŠ a mio figlio Roberto per la rielaborazione degli schizzi topografici.

*** Mi auguro che anche questo volume possa riscuotere il consenso del precedente che, per il non immaginabile interesse di tante persone a quegli avvenimenti, in breve tempo ha visto esaurita l'edizione. ODDONE TALPO Roma, gennaio 1989


AVVERTENZE

I. Nel contesto del lavoro sono state usate le seguenti abbreviazioni: A.C.S. M.A.E.-A.S .D .

- Archivio Centrale dello Stato Ministero degli affari esteri - Archivio storicodiplomatico

n.d.a.

- Nota dell'autore

U.S. - S.M.A.

- Ufficio Storico Stato Maggiore Aeronautica

U .S. - S.M.E.

- Ufficio Storico Stato Maggiore Esercito

U.S. - S.M.M.

- Ufficio Storico Stato Maggiore Marina

2. Nel testo i nomi ed i toponimi slavi sono scritti con i relativi segni diacritici seguendo l'ortografia oggi usuale nelle regioni della Jugoslavia ove s'adopera l'alfabeto latino. Per le lettere che assumono valore diverso da quello consueto in italiano, e per le lettere provviste di segni diacritici, diamo alcune indicazioni della loro pronuncia: c come la 'z' sorda (cosidetta aspra) nella parola 'speranza'; ĂŠ coma la 'c' palatale toscana nella parola 'pace'; e come suono palatale piĂš tenue, simile a quello della parola 'vicino' pronunciata da non toscani; d come la 'g' nella parola 'gente'; dj facendo sentire separati i due elementi 'd' e 'j'; dz facendo sentire uniti i due elementi 'd' e 'z', con un suono simile a quello della 'g' nella pronuncia toscana della parola 'dugento' ; g come il suono nella 'g' nella parola 'gabbia'; k come il suono 'c' nella parola 'caro'; lj come il suono 'gl' nella parola 'gli'; nj come il suono 'gn' nella parola 'pegno'; s come 's' sorda, cosidetta aspra, nella parola 'suono' ma spesso piĂš intensa e paragonabile alla doppia 'ss' italiana nella parola 'basso'; s come la 'se' nella parola 'scena'; z come la 's' sonora, cosidetta dolce, nella parola 'rosa'; z come la 'j' nella parola francese 'jour' .


Si avverte, tuttavia, che nei testi in lingua serbo-croata meno recenti, ad esempio nelle fonti del periodo austro-unga_rico, non di rado si trovano grafie alternative, specialmente 'dj' od anche 'gj' in luogo di 'd'. Vedi: Gjevrske - Djevrske - Devrske. 3. Nei documenti e nelle loro parti riprodotte, i termini slavi sono stati trascritti aggiungendo i segni diacritici dove mancavano, e correggendo i nomi ed i toponimi scritti in modo errato . 4. Per indicare i seguaci del partito di Pavelié si è usata la forma italiana corrente di 'ustascia', invariata anche al plurale. Nei documenti, tale termine ricorre anche nelle forme improprie di 'ustase', 'ustasa', 'ustasi', 'ustagi', 'ustage'. 5. Per i toponimi si sono usate di preferenza le forme italiane che, in Dalmazia, costituiscono le denominazioni tradizionali e storicamente consolidate delle varie località, mentre il corrispondente termine slavo è stato posto di seguito, tra parentesi, quando la diversità tra forma italiana e quella slava risulta sensibile. Accorgimento che è stato applicato specialmente per le località minori, mentre per i centri più noti, come Sebenico, Spalato, Ragusa, ecc. si è evitato di appesantire il testo con altri riferimenti. 6. Le cartine geografiche sono ingrandimenti da una carta in scala 1:500.000, all'epoca in uso presso lo Stato Maggiore dell'Esercito.


CAPITOLO I

LA CRISI INVERNALE E LA COOPERAZIONE ITALO-TEDESCA-CROATA



I CROATI ED IL GIOCO DEI CETNICI

Il Governo croato iniziò il 1942 con un'incerta ed esitante applicazione degli accordi di Abbazia del 15 novembre 1941 e dell'amnistia di Natale, anche se quest'ultima era stata avallata dal proclama del generale Vittorio Ambrosio, comandante della 2a Armata <1l. Tuttavia le autorità croate, sia pure attraverso contraddizioni ed involuzioni, e limitatamente o quasi alla zupanija di Tenìn, sembravano modificare lentamente il loro atteggiamento verso gli ortodossi e si dimostravano meglio disposte nei confronti degli italiani, tanto che a dicembre avevano rimosso dall'incarico il gran zupano (prefetto) di Tenìn, dottor Ante Nikolié, il quale per sei mesi aveva contrastato l'opera del generale Furio Monticelli, comandante della divisione «Sassari». A capo della prefettura era stato nominato il vice-prefetto David Sincié, più diplomatico con le autorità italiane, e meno ostile verso gli ortodossi c21 • Sin dai primi momenti aveva disposto la riassunzione in servizio di maestri ed impiegati serbi estromessi durante la precedente estate (3), ed il 30 dicembre 1941 denunciava coraggiosamente a Pavelié la situazione di Gracac, dove «un .gruppo di giovanotti [... ] sotto l'etichetta della organizzazione ustascia [... ] hanno preteso contribuzioni incamerando a favore, dicevano loro, della 'Federazione Ustascia' dei forti importi di denaro pretesi con la violenza dai greco-orientali [... ] . In totale, per parte di questi giovani, sono state uccise in Gracac ben 513 persone e inoltre parecchie -sono state uccise a Mazin ed a Bruvno» <4>. Indicò i nomi dei responsabili e ne chiese la punizione; sottolineò che a Gracac, inderogabilmente, era necessario riprendere in servizio il personale ortodosso della ferrovi~, il direttore delle poste, l'agronomo distrettuale; sollecitò concreti aiuti per la popolazione sostenendo che «generi e denaro devono venir distribuiti ai greco-orientali» . Pose in evidenza quanto i militari italiani desiderassero la collaborazione delle autorità croate, ma «finora tale loro desiderio non è stato compreso dalla nostra parte [croata - n.d.a.]» <5l e cercò, intanto, di rimediarvi inviando, a Capodanno, al comandante italiano del presidio di Tenìn un messaggio augurale nel quale parlava «con la massima gratitudine degli eroici ufficiali e sottufficiali dell'amica ed alleata Italia, che in ammirevole modo per tutti i tempi hanno legato di riconoscenza il popolo croato colla propria abnegazione e indistruttibile amicizia aiutandolo a fondare lo Stato Indipendente di Croazia ad assicurando oggi il progresso ed il futuro>> (6>.


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942)

Ma le iniziative del dottor Sincié, non trovando riscontro presso gli altri prefetti croati dei territori presidiati dalle forze armate italiane, alimentavano il dubbio che gli squilibri non fossero occasionali. Ipotesi tutt'altro che azzardata, poiché Pavelié, assicurando il ministro Raffaele Casertano, capo della legazione d'Italia a Zagabria, «di avere impartito istruzioni ai Prefetti delle Zupanije comprese nella II zona, affinché svolgano opera concorde coi nostri Comandi [italiani - n.d.a.] e diano alle popolazioni, anche ortodosse, assistenza e lavoro» <7>, lasciava intendere che la politica di Zagabria, fuori dalla seconda zona, non avrebbe subìto mutamenti. Ma anche i prefetti che avevano ricevuto le istruzioni non le applicavano uniformemente - o non le applicavano affatto - ed il comando del VI Corpo d'àrmata segnalava che, «mentre [... ] il prefetto di Tenìn a quanto afferma con l'autorizzazione espressa del Poglavnik - ha iniziato una saggia politica di pacificazione basata sul principio di assoluta parità di diritti dei cittadini, qualunque sia la razza e la religione alla quale appartengono; mentre le autorità politiche di Ragusa e di Almissa si destreggiano come meglio possono secondo la necessità del momento, con l'evidente scopo di non compromettersi per l'avvenire, le autorità di Gospié e di Mostar - esse pure con l'asserito appoggio del Governo Centrale - persistono decisamente nella politica intransigente antiserba» csJ. In quegli stessi giorni, il generale Vittorio Ambrosia riferiva a Roma che in Croazia si stava diffondendo una subdola propaganda antitaliana, alimentata in particolare dagli uffici del commissariato amministrativo generale; che a Zagabria, come a Mostar ed a Sarajevo, si riscontravano frequenti casi di domobranci o di ustascia che nei locali pubblici cantavano apertamente canzoni irrendentistiche dalmate; che non trovava «una chiara giustificazione la recente convocazione in Zagabria di tutti i reduci della guerra 1914-1918, ideata e guidata dal maresciallo Slavko Kvaternik, non si sa bene a quale scopo, se non quello di esaltare il sacrificio allora compiuto, ed in funzione antitaliana» <9>_ Pur senza drammatizzare, per il generale Ambrosia questi 'sintomi' avevano il «loro peso ed un preciso contenuto determinativo della situazione, la quale si impone alla considerazione onde sia possibilmente definito l'indirizzo politico da tenere» 00> nei confronti di Zagabria. D'altro lato, l'atteggiamento contraddittorio del Governo croato, la sua incapacità di dominare la situazione, rafforzavano nei serbi la convinzione che qualsiasi convivenza nel nuovo Stato non era «più possibile per cui gli ortodossi debbono lottare· fino all'ultimo per la ricostruzione della Grande Serbia (programma massimo) o per la riunione dei serbi in due stati indipendenti: l'uno costituito dalla Serbia propriamente detta, l'altro dalla


La crisi invernale e la cooperazione italo-tedesca-croata

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Bosnia-Erzegovina, indipendente essa pure, ma sotto protettorato italiano» <11 >. Così, nell'arco di sei mesi, le motivazioni che nell'estate del 1941 avevano indotto i serbi. a prendere le armi per difendersi e per sottrarre le popolazioni ortodosse ai massacri degli ustascia, si erano trasformate in un disegno politico-nazionalista con aspirazioni autonomistiche. Correlativamente fra gli ortodossi si notava un raffreddamento della fiducia posta negli italiani poiché, non vedendo «una precisa direttiva» temevano che i militari stessero «conducendo una doppia pericolosa politica basata sull'equivoco» <121 • Nell'inverno 1941-1942, anche le relazioni fra i comandi italiani ed i maggiori esponenti politici dei cetnici si complicarono. Se a nord di Tenìn, il pope Moméilo Djujié collaborava con le forze armate italiane e sulla stessa linea si poneva il capo di Biskupija, Pajo Popovié; se Uros Drenovié, dopo un primo momento, in cui sembrava essersi allineato con i comunisti, stava assumendo più decisi atteggiamenti filo-italiani, mentre Dmitar Kovaéevié, altro comandante cetnico, si andava avvicinando ai comunisti <13>; se con i capi orientati in senso anticomunista si poteva prevedere un più favorevole sviluppo delle intese, invece i rapporti con i dirigenti maggiormente qualificati del movimento cetnico stavano divenendo problematici, anche se il generale Renzo Dalmazzo, dal suo comando del VI Corpo d'armata, riteneva possibile portare a buon fine i contatti già avviati 0 4>_ In questa delicata azione politica, che si dipanava fra la realtà di amici-nemici (i croati), e di nemici che avrebbero potuto diventare amici (i cetnici), il generale Dalmazzo seguiva la linea di condotta che aveva esposto ad Ambrosio in una relazione del 22 dicembre <15J. Esaminando la situazione della Bosnia-Erzegovina, se riconosceva, per la sua soluzione, ogni prevalenza alla forza delle armi, considerava anche di estrema utilità una concomitante azione politica nei confronti dei cetnici, per convincerli che qualsiasi iniziativa contro l'Italia e la Croazia non avrebbe giovato alle loro aspirazioni politico-nazionali. Escludeva, però, di offrire loro precise assicurazioni, specie sul piano politico, quale contropartita ad un concorso armato nella lotta anticomunista, anche per evitare ulteriori devastazioni e stragi che sarebbero tornate a vantaggio solo degli avversari. In ogni caso gli ortodossi avrebbero avuto un'evidente convenienza ad affiancarsi all'Italia nella letta contro il bolscevismo dimostrando, così, di saper assumere un proprio ruolo, poiché - come scriveva Dalmazzo - «le aspirazioni dei popoli e delle nazioni della nuova Europa possono esser oggi esaminati e studiati , per essere poi realizzati a suo tempo, in relazione al concorso portato da ciascuno neila lotta>> <16>. Con un'azione politica del genere si


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sarebbe impedito al movimento dei ribellì montenegrini di fare causa comune con quello dei serbi della Bosnia-Erzegovina, e si sarebbe contenuto al massimo il diffondersi del comunismo, trovando in questo disegno un probabile appoggio anche eia parte di Zagabria. Tuttavia Dalmazzo, partendo dalla constatazione che i cetnici della Bosnia e dell'Erzegovina aspiravano all'indipendenza oppure ad un inserimento nella più Grande Serbia, prevedeva una loro accentuata tendenza anticroata, e pertanto l' Italia, nel proprio interesse, doveva controllare attentamente questo movimento, ma senza soffocarlo né sostenerlo, al caso blandendolo con qualche concessione, come l'autorizzazione di costituire reparti armati in funzione antibolscevica ma alle dipendenze dei comandi italiani. Così, allo scopo politico si sovrapponeva quello militare di «trarre dalle formazioni cetniche gli elementi più sicuri e fidati e, potendo, disarmare gradualmente il resto» <11>. In questa complessa azione che coinvolgeva gli interessi della Croazia, Dalmazzo non si nascondeva le difficoltà che si sarebbero incontrate per ottenere l'adesione di Zagabria, ma non ne escludeva la possibilità. Quasi a dimostrazione della fattibilità d'un simile programma, il comandante del VI Corpo d'armata, in una successiva relazione (17 gennaio), ricordava che durante la rivolta della precedente est ate, le prime intese con gli ortodossi erano state concretate con una banda di Velika Popina e, subito dopo, attraverso l'ex-deputato alla Skupstina, Stevo Recijenovié, era stato possibile venire «a conoscenza che capo del movimento insurrezionale analogo nella Bosnia orientale era !' on . Jevdjevié Dobroslav e prendere quindi contatto anche con lui» ii si _ Da Jevdjevié si era giunti al vojvoda Ilija Trifunovié-Brcanin, <<antiteutonico per convinzione e per precedenti, conscio dell ' umano e leale trattamento fatto dalle nostre truppe ai serbi dei territori occupati e, consapevole che tale contegno è praticamente in contrasto con quello che - almeno ufficialmente - è la nostra politica estera, cerca di scongiurare con la sua influenza personale qualsiasi possibilità di attrito fra il suo popolo e le nostre truppe in quanto vede nella nostra benevolenza l'unica via di salvezza per i serbi)> <19i. Sottolineava,inoltre, che «l'apporto della collaborazione di tali personalità ai nostri fini, ha consentito cii ampliare ed approfondire l'organizzazione informativo-politica preesistente nel senso che: numerosi capi di formazioni cetniche che, pur essendosi nel loro complesso dimostrali a noi favorevoli, avevano evitato cii assumere precisi impegni o di chiarire le loro intenzioni ed orientamenti politici, venuti a conoscenza dei contatti esistenti fra questo Comando [VI Corpo d ' armata - n.d.a. ] e le personalità suddette, hanno assunto un'atteggiamento più decisamente amico ed aperto>) aoi _ Attraverso Jevdje-


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vié e Trifunovié-Brcanin erano stati avviati contatti anche «con il generale Draza Mihajlovié capo delle superstiti forze jugoslave e delle formazioni cetnico-nazionaliste che Londra intendeva spingere contro di noi, dando origine ad una guerriglia che avrebbe potuto avere seri sviluppi e costringendoci ad impiegare notevoli forze e mezzi» <21l. Dai contatti si dovette arrivare ad intese, o quasi, poiché il comandante del VI Corpo d'armata non escludeva che «il generale Mihajlovié, qualora battuto dalle truppe tedesche, si arrenda a noi con i suoi uomini)) C22>. Questa eventualità - che avrebbe costituito un successo aperto a molte prospettive - venne confermata dal maggiore Annibale Gallo il quale, di ritorno da un giro d'ispezione nel Montenegro per conto dell'ufficio informazioni della 2• Armata, riferì sinteticamente ma chiaramente: «Sono in corso trattative con il gen. Mihajlovié. L'Ecc. Dalmazzo spera di indurlo ad arrendersi con i suoi uomini e con le armi, che intende utilizzare contro i ribelli» <23i. L'ipotesi poteva apparire utopistica ma il comandante del VI Corpo d'armata era un ufficiale troppo serio per alimentare prospettive così clamorose senza qualche affidamento. Tuttavia non va neppure esclusa l'ipotesi che Dalmazzo potesse essere stato tratto in errore proprio da Jevdjevié poiché, se il generale lo accreditava con i suoi positivi giudizi, non doveva essere a conoscenza d'un colloquio - intercettato e registrato dal comando della_2• Armata - che aveva avuto luogo fra Jevdjevié ed il logornik Ivan Poljak, ~ddetto al Gran Quartier ustascia di Zagabria. Poljak, il 30 dicembre 1941, era stato inviato a Spalato per sondare Jevdjevié sulla possibilità d'una intesa croato-ortodossa, ma senza «assumersi degli impegni con gli insorti» e cercando solamente «di fare degli approcci a scopo orientativo, sui quali dovrà riferire al Poglavnik, al ministro Artukovié ed agli altri interessati» l 24l. Nel corso del colloquio assicurò Jevdjevié che Zagabria intendeva giungere ad un accordo, che Pavelié era disposto a restituire ai serbi i beni indebitamente sequestrati, a riassumere il personale licenziato, a dare parità di diritti alla chiesa ortodossa. Ma Jevdjevié, considerando le prospettive a più lungo termine, volle innanzitutto la conferma che da parte croata esistesse realmente la volontà di arrivare ad un accordo, e la risposta di Poljak apparve esauriente: «Sì, senz'altro . Il macello, al quale stiamo assistendo da una parte e dall'altra, deve cessare perché altrimenti tanto croati che serbi vanno incontro all'annientamento totale; la guerra che ci siamo fatta reciprocamente per vent'anni e che adesso ha assunto le proporzioni che conosciamo, deve pure avere termine e bisogna trovare assolutamente un'altra via per regolare le nostre divergenze» !25>_ Quindi Jevdjevié pose la domanda che probabilmente gli stava più a cuore: «In càso di esito favorevole della guerra per


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l'Italia e la Germania, vorrete voi [croati - n.d.a.] continuare ad essere l'avanguardia dei Tedeschi e degli Italiani o preferirete invece tener occupate le vostre terre lasciando a noi le nostre per poter così tentare la via dell'accordo fra noi?». La risposta fu alquanto evasiva, benché esordisse con un «questo è chiaro», e Poljak lasciò cadere l'argomento asserendo che «tutto il popolo croato e l'esercito croato hanno come loro nemico principale l'Italia e sarebbero disposti a rappacificarsi con i Serbi[ ... ]. Gli italiani sono mal visti da tutti i Croati; quando passano i soldati italiani la gente li guarda con disprezzo o addirittura 'sputa'» <26>. Nel complesso le risposte del Poljak e le prospettive che lasciavano trasparire, dovettero persuadere Jevdjevié, poiché disse al logornik: «Parlate pure con Artukovié e con gli altri ministri, spiegate loro la questione e portateci poi una risposta concret~;· allora io potrò andare nelle zone in rivolta e parlare con i comandanti dei ribelli[ .. .] dimostreremo in tal modo di aver tentato di fare tutto il possibile per venire ad un accordo}) <21>. Nel corso del colloquio, Jevdjevié aveva anche espresso il parere che Pavelié fosse un convinto fautore dell'Italia, ma l'interlocutore gli oppose: «Se voi parlaste col Poglavnik, sareste d'avviso contrario» <28J. In concìusione, Jevdjevié apparve disposto ad andare a Zagabria, e garantì che durante la ' prego sua assenza da Spalato «le ostilità saranno sospese e altrettanto vi di fare da parte vostra; questo durerà circa 20 giorni» <29>, Gli argomenti trattati durante l'incontro ponevano, di per sé, questioni molto delicate, ma ben presto sarebbero divenute ancor più complesse. Il ministro d'Italia a Zagabria, Casertano, fu informato del colloquio e ricevette l'incarico di assumere notizie sul Poljak, accertando in particolare da chi avesse avuto l'ordine di trattare con Jevdjevié. Intorno al 20 gennaio, Casertano riferì a Luca Pietromarchi, capo dell'Ufficio Croazia di Palazzo Chigi: «Non risulta che la missione del Poljak sia avvenuta per mandato del Poglavnik. Da cautissime indagini eseguite non è risultato che egli sia elemento di fiducia, né che esista un Logornik che risponda al nome di Poljak» <30>. Avanzava l'ipotesi che potesse trattarsi d'un agente provocatore o - pur non dandovi credito - «che il Governo croato avesse cercato, per mezzo di uno stratagemma, di ottenere che Jevdjevié venisse a Zagabria e cadesse quindi nelle mani della polizia» <31 >. Ma l'accuratezza degli 'accertamenti' e le deduzioni di Casertano lasciano perplessi poiché il comando del VI Corpo d'armata, già nel Notiziario del 3 gennaio, aveva segnalato che «da qualche giorno si trova a Signo - in licenza presso la propria famiglia - [van Poljak, Logornik presso ìl Q.G. [Quartier Generale - n.d.a.] ustascia di Zagabria» <32>, con il quale akuni ufficiali italiani si erano intrattenuti a colloquio. Dal canto suo,


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Pietromarchi, il 17 gennaio, scrivendo privatamente a Casertano che «effettivamente si vanno svolgendo tentativi di approccio del Governo croato verso i Serbi>> <33>, gli trasmetteva copia d'una segnalazione inviata a Roma da un informatore che operava a Zagabria. Questi rife.riva che il Governo croato, «secondo confidenze che mi pervengono da fonti molto vicine al Poglavnik, sta rinnovando concreti approcci per un'intesa tra cetnici e croati» (34>. Precisava che i contatti non erano fine a se stessi, ma un tentativo del Governo croato per creare «una situazione sia pure fittizia, che possa giustificare con una apparente pacificazione, la pretesa di poter essere sollevato· dal controllo e dalla garanzia militare italiana ed esplicare in pieno i poteri dello Stato indipendente in tutta la zona demilitarizzata» (35J . I contatti con gli ortodossi nel distretto di Karlovac sarebbero stati curati da un certo dottor Zulié e, precisava l'informatore, «tali approcci sono collegati agli allettamenti del Governo [croato - n.d.a.] verso i ribelli bosniaci» (36>. Inoltre, Pietromarchi aveva allegato alla lette.ra diretta a Casertano la copia di un pro memoria per il Duce, nel quale si segnalava il diffondersi negli amb ienti governativi croati «di una tendenza serbofila consigliata dalle crescenti proporzioni che vanno [sic] assumendo il movimento cetnico>> 0 7l, e metteva in evidenza che «personalità del Governo di Zagabria avrebbero rinnovato allettanti proposte ad alcuni esponenti serbi per giungere ad un accordo serbo-croato» (3Sl. · Per di più, il 17 gennaio, il ministero degli affari esteri di Croazia consegnava ufficialmente a Casertano un 'appunto', che avrebbe dovuto rendere attento il rappresentante dell'Italia, poiché il suo contenuto fa sorgere il sospetto che le autorità croate, avendo intuito - o saputo - che il colloquio di Spalato era noto ai comandi italiani, stessero cercando di stendere una cortina fumogena . Infatti, veniva richiamata l'attenzione della legazione d'Italia sull'attività di alcuni agitatori politici, cioè «del conosciuto pubblicista e capo politico Dobroslav Jevdjevié, di Radmilo Grdjié e di Milan Santié, oltre al più volte nominato dr. Novica Kraljevié» <l9l, ed in modo particolare su Jevdjevié che, «residente in massima a Spalato arriva va diverse volte a Mostar, dove era anche in contatto colle autorità militari italiane, mentre dall'altra parte inviava istruzioni e corrieri ai cetnici» <40>. Nell'appunto, inoltre, s'insisteva sul fatto che, già in agosto (del 1941) era stata «portata l'attenzione di cotesta R. Legazione sui caso Jevdjevié che allora sarebbe divenuto cittadino di Spalato e questo Ministero pregò di nuovo la R. Legazione d'Italia dì voler adoperarsi presso le R. Aut0rità italiane che i sunnominati Jevdjcvié, Gradjié, Santié e il dott. Kra-


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Jjevié siano d'urgenza allontanati dalla regione, arrestati o internati essendo sicuro che una tale misura faciliterà di molto la situazione già da lungo tempo critica in quella zona)) <41 >. Ponendo mente alla data in cui era stato consegnato questo 'appunto' - 17 gennaio - ancor oggi appare lecito ogni dubbio sul vero o presunto scopo che Zagabria intendeva perseguire. Non sappiamo quale peso le autorità italiane abbiano dato all'intercettazione del colloquio di Spalato ed alle richieste di Zagabria. È certo, però, che il console Vittorio Castellani, dell'ufficio di collegamento del ministero degli affari esteri con la 2a Armata, _il 22 febbraio, espresse a Roma il parere che, «tenuto conto [... ] del fatto che vari nostri presìdi si trovano attualmente bloccati dalla neve in zone dove predominano le forze cetniche, non sembra opportuno per il momento rompere ogni contatto con gli esponenti di tali forze e, meno ancora, di procedere all'arresto o all'allontanamento dei quattro ortodossi sopraddetti» <42>. Intanto, il 4 gennaio, il comandante del VI Corpo d'armata aveva chiesto al prefetto di Spalato, Paolo Zerbino, di rilasciare «con cortese sollecitudine, un lasciapassare per Parma, Milano e Torino a favore del Sig. Jevdjevié Dobroslav [... ] il viaggio viene autorizzato da questo Comando a titolo di premio per i servizi prestati. Sarà accompagnato dal maresciallo maggiore dei CC.RR. Mico Umberto» <43 >_ Il lasciapassare fu concesso, e Jevdjevié, alcuni giorni dopo, di passaggio per Sussa (Susak) ebbe un colloquio con il generale Ettore De Blasio, capo di Stato Maggiore della za Armata, e gli consegnò un memoriale su// problema de/l'azione cetnico-comunista nella Bosnia e nell'Erzegovina <44) _ Il generale, in una nota per il comandante della 2a Armata, scrisse che Jevdjevié, ·oltre ad aver sollecitato «una seria presa di contatto con i cap'i ribelli cetnici per accordarsi circa l'estensione della nostra occupazione (italiana - n.d.a.J in Bosnia oltre la linea di demarcazione», si impegnava: «I) - a prepararci il terreno presso le popolazioni, le bande ed i capi (Draza Mihajlovié, Jezdimir Dangié ed altri), affiché alla nostra occupazione non venga fatto alcun ostacolo; 2) - a collaborare con noi nella lotta anticomunista: a - sottraendo ai comunisti le masse di contadini associatisi o per ignoranza o per combattere i croati massacratori; b - organizzando bande cetniche armate per affiancare la nostra azione repressiva contro i comunisti e reparti di gendarmeria per il mantenimento dell'ordine» l45J_ Non risulta che Jevdjevié sia andato a Zagabria, o abbia incontrato esponenti croati; ma si recò in Italia poiché, tornato a Spalato, rilasciò calorose dichiarazioni sull'ordine, la disciplina, la cortesia trovate nelle località da lui visitate, sull'abbondanza dei generi nei negozi, sulla regolarità delle ferrovie, ed altro <46>. In ogni modo, il, 7 febbraio era a Nevesinje,


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dove prese contatto con il maggiore cetnico Bosko Todorovié, comandante delle bande della Bosnia orientale. Questi, tre giorni dopo, scriveva a Mihajlovié - cioè al «Signor Ministro dell'esercito e della flotta» - di essersi incontrato «come rappresentante del comandante dei cetnici in Bosnia-Erzegovina (il quale non poteva venire) [Jezdimir Dangié - n.d.a. )» <47), con il comandante italiano del presidio di Nevesinje, con l'ufficiale informatore del comando della divisione e con Jevdjevié - «il quale vive a Spalato e da poco tempo viaggiava per l'Italia settentrionale». Questi gli era apparso ben disposto «per lavorare tra la popolazione serba della Bosnia orientale, sul rinforzo dell'unità serba» <48>, purché radio Londra, nelle trasmissioni dirette agli ortodossi della zona, ne avesse avallata la missione. Ma, oltre a questo collegamento con gli inglesi, la lettera era compromettente anche per una serie d'informazioni che Todorovié dava a MihaJlovié. «Da fonte sicura ho saputo quanto segue: I) che gli italiani preparano un'armata di 500.000 uomini per le operazioni di primavera per la Francia meridionale e la Spagna oltre Gibilterra. Questa armata sarà approntata nella zona Bologna-Milano-Parma. Anche due divisioni nuove di carri armati sono preparate a Firenze: ottimo obiettivo per l'aviazione; 2) che un nostro sommergibile [probabilmente il Nebojsa - n.d.a.) ha affondato 1O giorni or sono davanti a Spalato un piroscafo mercantile di 7 .000 tonnellate; 3) che il Conte Ciano in occasione del suo ultimo soggiorno a Budapest ha firmato un patto segreto di unione personale tra Ungheria e Italia sotto re Vittorio Emanuele. Dietro questo accordo la Croazia verrebbe sottomessa all' Ungheria» <49>, Non si è certo lontani dal vero nel ritenere che la 'fonte' di queste informazioni fosse proprio Jevdjevié: oltre alle illazioni sul patto italo-ungherese, anche il resto aveva uno sfondo di veridicità. Ma ancor più grave il fatto che Todorovié terminava la lettera scrivendo: «Con preghiera di inoltrare alle superiori autorità» <50>. Essendo la missiva diretta a Mihajlovié, le 'superiori autorità' non potevano essere che il 9overno jugoslavo in esilio a Londra e, per esso, gli inglesi. Gl'italiani erano venuti in possesso di questa lettera dopo l'uccisione di Todorovié, catturato il 20 febbraio a Stolac da una banda di comunisti che si era impadronita della sua corrispondenza, successivam·ente caduta nelle mani della divisione 'Cacciatori delle Alpi' durante un'operazione di rastrellamento. Pietromarchi, in un appunto per Ciano, avrebbe fatto notare che «la lettera ha particolare importanza, perché dimostra in modo inequivocabile il doppio giuoco che fanno i cetnici dei territori da noi occupati e specialmente il capo più in vista di essi, Dobroslav Jevdjevié. Costui , mentre assume la veste di informatore delle nostre autorità militari , si tiene in corrispondenza con Drafa Mihajlovié, e valend'osi della fiducia


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dei nostri Comandi, compie viaggi in Italia, con lo scopo di assumere informazioni che egli trasmette a Mihajlovié [... ]. Tutto questo dimostra che converrebbe rivedere la nostra politica di contatti con gli elementi cetnici che, mentre ostentano di combattere contro la Croazia, in realtà alimentano una sanguinosa guerriglia contro di noi per ricostituire la Jugoslavia» <5tl . D'altra parte, il giuoco condotto da Jevdjevié - se effettivamente fu condotto - seguiva quel tortuoso, quasi naturale, duplice binario su cui correva la politica dei cetnici, da Mihajlovié ai suoi comandanti in sottordine. Ad esempio, il tenente Jaksié, comandante del reparto cetnico di Visegrad, il 20 dicembre 1941 aveva inviato 'Ali' Amministrazione provvisoria della Bosnia ori~ntale' una lettera-relazione dalla quale appaiono i motivi dei suoi contatti con gli italiani. «Probabilmente nel corso di domani io partirò a Belgrado con un ufficiale italiano dello Stato Maggiore, se potessi carpire qualche cosa per la nostra causa. Io combinavo le cose con gli italiani ed i tedeschi in modo da poter guadagnare in tempo, nei mezzi e nella organizzazione [... ]. Ora per il movimento difensivo serbo nella Bosnia le truppe italiane non sono per nulla pericolose» <52>. Ma la lettera era interessante anche per le mimetizzazioni politiche che prospettava. Sostenendo la necessità di preparare un programma, «mediante il quale noi compiremo la salvezza del popolo serbo», Jaksié criticava il maggiore Todorovié per aver detto al comando italiano d'essere 'organo del governo jugoslavo a Londra' <53J, precludendosi in tal modo ulteriori contatti con le autorità militari che, ora, lo consideravano «come vero partigiano». Per evitare simili inconvenienti, Jaksié suggeriva, «conoscendo la disposizione italiana di fronte al nostro movimento nella Bosnia, di essere la miglior cosa, che noi tutta la nostra azione chiamiamo 'il movimento volontario serbo-cetnico in Bosnia'» <54l, cioè mascherarne lo scopo. Ma anche Mihajlovié, se è vero che non evitava contatti con il generale Dalmazzo, seguiva due binari: il 30 dicembre 1941 aveva emanato una serie di direttive con cui precisava le finalità politiche del movimento cetnico, ed esordiva con una inequivoca affermazione: «Il nostro Stato si trova ancora in guerra con i nostri secolari nemici, i tedeschi e gli italiani». Subito dopo, quasi nel timore che la premessa non fosse sufficientemente chiara, aggiungeva che <<in questa lotta gigantesca non siamo soli, ma accanto a noi abbiamo le grandi potenze alleate: America, Inghilterra, Russia, Cina e tutte le altre nazioni democratiche» <55 >_ Fissava, quindi, in nove punti gli obiettivi per i quali i cetnici dovevano combattere: prima di ogni cosa, «per la libertà di tutto il popolo sotto lo scettro di S.M. Pietro II», poi per una più forte Jugoslavia, con «una grande Serbia etnicamente distinta» che, nei


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suoi confini, avrebbe compreso il Montenegro, la Bosnia-Erzegovina, il Sirmio ( = Srem), il Banato e la Backa. La lotta, secondo Mihajlovié, doveva portare alla «inclusione nella nostra vita statale di tutti i territori sloveni non ancora liberi e che si trovano sotto gli italiani e tedeschi (Trieste-Gorizia-Istria-Korusca [recte: Koruska, denominazione slovena della Carinzia austriaca), come pure della Bulgaria e dell'Albania settentrionale con Scutari)» l56). Le direttive, quindi, disponevano che «con i partigiano-comunisti non vi deve essere alcuna collaborazione giacché essi combattono contro la dinastia e per la creazione di una rivoluzione sociale che non deve mai essere un nostro obiettivo)) <m. Seguivano quelle di carattere militare in relazione a prossime operazioni, fra cui l'investimento di Ragusa; l'organizzazione dei territori occupati dai cetnici; la preparazione di campi d'atterraggio per i paracadutisti alleati; ia creazione di «un canale che dal litorale si spinga verso l'interno in quanto sussiste la possibilità che gli aiuti verranno via mare» (5s>. Mihajlovié, pur ribadendo che i cetnici dovevano «in ogni occasione attaccare, ammazzare e sabotare tutte le aspirazioni dell'occupatore, con le parole 'morte all'occupatore'» sanciva quella direttiva che, poi, comunisti e loro alleati avrebbero ritorta contro di lui: «È importante che dalle nostre azioni [dei cetnici - n.d.a.] non si provochino degli inutili sacrifici bensì che ci atteniamo al principio: raggiungere l'obiettivo con il minor numero di perdite» l59). Tuttavia, se Mihajlovié additava negli italiani il 'secolare nemico', dieci giorni dopo il comando cetnico della Bosnia, «che ha sempre sino ad ora voluto evitare gli eventuali attriti che avrebpero potuto sorgere tra l'esercito del Regno d'Italia ed i cetnici)), inviava «il proprio delegato incaricato di trattare con il sig. capitano De Matteis che, da amico, è venuto in data 8 gennaio a Fojnica con tale scopo» <60>. Il capitano Angelo De Matteis era il capo dell'ufficio 'I' del VI Corpo d'armata, e delegato dei cetnici il giudice Mutimir V. Petkovié. Questi, riassumendo i risultati dell'incontro in un verbale, quasi a giustificazione di qualcosa che ci sfugge, iniziava con una involuta considerazione: «II comando dei cetnici, in occasione dello svolgimento di queste conversazioni, si è trovato in una posizione difficile perché nell'impossibilità di avere collegamento con il proprio comando a causa di impicci di tempo come pure in quanto non aveva la possibilità di essere informato sulla situazione che si è creata in seguito alla lettera, che ha spedito il sig. ·generale Draza Mihajlovié e a causa della quale lettera il delegato dei cetnici [cioè lo stesso Petkovié - n.d.a.] è stato condotto da parte delle truppe italiane a Mostar» <61 >. Pur ignorando a quale lettera si riferisse il giudice, si può dedurre che fra Mihajlovié ed i comandi italiani i contatti non fossero aleatori.


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A Mostar, i colloqui si svolsero «in un'atmosfera di cordiale amicizia» e Petkovié, dopo aver assicurato che, nel caso d'una occupazione della Bosnia orientale da parte dell'Italia, «le truppe cetniche non adopereranno affatto le armi contro gli italiani» <62>, aveva chiesto che non fossero disarmate «perché le armi sono necessarie [... ] per il caso di una aggressione croata, quando le truppe italiane si ritireranno» <63>. Domandò che nei territori dove i croato-cattolici erano in minoranza, l'amministrazione civile fosse assunta dai cetnici in collaborazione con i comandi italiani; sollecitò garanzie per le libertà personali, religiose, nazionali e per la sicurezza dei beni; chiese il disarmo degli ustascia, una rigorosa sorveglianza dei reparti croati per impedire loro il rifornimento d'armi ai comunisti. Infine, Petkovié, sottolineò che gli italiani dovevano ottenere da Zagabria la liberazione dei cetnici internati in Croazia per controbattere, con un fatto concreto e di ampia risonanza, l'inevitabile propaganda dei comunisti, che si sarebbero certamente avvalsi delle intese cetnico-italiane per tacciare gli ortodossi di tradimento. Da ultimo, il delegato assicurò che «il comando cetnico concluderà un accordo commerciale con il comando italiano per vari articoli, che sono maggiormente indispensabili agli uni e agli altri» C64>. Il verbale costituiva «un accordo preliminare [che] avrà vigore quando sarà sottoscritto, a nome del comando dei cetnici, anche dal maggiore signor Bosko Todorovié, il quale darà la propria procura generale al capitano Milan Santié» <65>. Stranamente, in nessuna delle varie clausole il giudice accennò a qualche impegno per combattere i comunisti, malgrado le chiare direttive di Mihajlovié del 30 dicembre. Probabilmente la spiegazione di questa lacuna si trova in un passo del memqriale che Jevdjevié, proprio in quei giorni, aveva consegnato a Sussa al generale Ettore De Blasio: «Tutta la rivoluzione della Bosnia orientale e centrale si è sottomesa al supremo comando del generale Draza Mihajlovié [... ]. Nella Bosnia centrale ed orientale ci sono circa 12.000 cetnici ed un paio di migliaia di comunisti infiltrativisi. Nell'Erzegovina ci sono circa 7 .000 cetnici serbi sul territorio tenuto dall'Italia [... ]. Questi reparti, per paura del comune nemico ustascia, hanno abbandonato la lotta con i comunisti, hanno concluso una specie di accordo per cui il territorio preso dai cetnici rimane loro, mentre quello preso dai partigiani rimane a questi» <66>. In altre parole, agli inizi di gennaio, fra cetnici e comunisti era in corso una tregua. Ma, più che di tregua, doveva trattarsi <l'intese che oltre tutto duravano da circa tre mesi, come sarebbe risultato da alcuni documenti, successivamente caduti in mano tedesca durante operazioni di rastreilamento in Bosnia <67l . Fra l'altro, fu trovato un appello, datato 1° ottobre 1941, per incitare le popolazioni della Bosnia contro italiani e tedeschi, firmato per


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i cetnici dal maggiore Jezdimir Dangié, dal suo capo di Stato Maggiore Sergej Mihajlovié e dal capitano Petar Djukanovié; per i comunisti le firme erano di Radoljub Colakovié, di Principe di Svetozar Vukmanovié <68>. Un altro documento, sotto la stessa data, conteneva l'accordo per la costituzione d'uno Stato Maggiore misto, formato da tre cetnici e tre comunisti in previsione di azioni in comune, e per l'istituzione di amministrazioni cetnico-partigiane nei villaggi liberati, oltre che una serie di norme per la mobilitazione degli uomini dai 19 ai 50 anni. Vi erano anche: un accordo del 6 ottobre firmato a Vlasenica (nordest di Sarajevo) dal Dangié e dai comunisti; disposizioni per la mobilitazione della popolazione, datate Vlasenica 21 ottobre 1941 e firmate <<dal capo dei cetnici Mihajlovié», da Vukmanovié e Princip; una lettera del 21 novembre dell'intendente dei cetnici diretta al capo comunista Brana Savin per la ripartizione di viveri, ed una di tre giorni dopo, del commissario cetnico per l'agricoltura, Acim Babié, diretta allo Stato Maggiore dei partigiani della zona di Romanija (monti presso Sarajevo), per chiedere il pagamento di alcune forniture; infine «una dichiarazione[ ... ] con la quale · Dangié riconosce in data 29 novembre il governo jugoslavo di Londra e il Mihajlovié come capo, [... ] che gli accordi tra cetnici e comunisti rimangono in forza e che la ribellione deve essere considerata in tutto e per tutto come un proseguimento della guerra contro l'Asse nei Balcani» <69). Queste, probabilmente, furono le ragioni che indussero il giudice Petkovié ad escludere qualsiasi accenno ai comunisti come possibili avversari.

' Altro punto saliente del verbale era la previsione d'una occupazione italiana della Bosnia, ma soltanto temporanea e, per questo motivo, il giudice chiedeva che i comandi italiani aiutassero i cetnici a conservare le armi, nel timore di un'aggressione da parte croata - e non comunista «quando le truppe italiane si ritireranno» c,o) .

*** In altre parole, come i croati, nel maggio 1941, avevano ritenuto che l'ingresso in Jugoslavia delle forze armate italiane dovesse servire unicamente all'instaurazione del nuovo Stato indipendente di Croazia, i cetnici, ora, sembravano attribuire all'esercito italiano, qualora avesse assunto il presidio della Bosnia, soltanto compiti transitori di polizia militare, con lo scopo di favorire la nascita della più grande Serbia.


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IL RAGGRUPPAMENTO DEI PRESÌDI ITALIANI Con la seconda metà di gennaio cominciarono i cambiamenti negli alti comandi italiani in Croazia: il 19, il generale Vittorio Ambrosio fu nominato capo di Stato Maggiore dell'esercito al posto del generale Mario Roatta che, a sua volta, assunse il comando della 2 3 Armata; il 18 febbraio, il generale Renzo Dalmazzo trasferiva il comando del proprio corpo d'armata - il VI - da Spalato a Ragusa; a Spalato venne inviato ·il generale Quirino Armellini con il comando del XVIII Corpo d'armata <71 l. Il 9 maggio, la 2 3 Armata cessò di dipendere dallo Stato Maggiore dell'esercito, e con le altre armi - marina ed aviazione - che concorrevano al presidio della Croazia, costituì il «Comando Superiore delle Forze Armate 'Slovenia e Dalmazia'» (Supersloda), alle dirette dipendenze del Comando Supremo <12>. Con l'inizio della primavera, mutò anche lo schieramento dell'Armata, sia a seguito delle esperienze invernali, sia per partecipare nelle migliori condizioni ad un'operazione di rastrellamento a largo raggio in collaborazione con truppe tedesche e croate (operazione 'Trio'). Per queste esigenze i presìdi italiani più avanzati, specialmente nella terza zona, vennero ritirati, raggruppandone le forze. Lo sgombero, dettato da necessità militari e da pressioni politiche di Zagabria, pregiudicò il prestigio dell'Italia fra quelle popolazioni che, per la seconda volta nello spazio di pochi mesi, si vedevano private della protezione del soldato italiano. Sul piano psicologico, poi, il raggruppamento - inteso come ripiegamento - avrebbe fatto sorgere nei soldati una mentalità prevalentemente djfensiva. Molto probabilmente, il piano per raggruppare i presìdi trovava le sue premesse nel colloquio del 28 dicembre 1941 fra Mussolini ed il generale Ambrosio, quando il Capo del Governo gli aveva detto: «Bisognerà iniziare gli studi per la sistemazione militare del nuovo confine nelle Dinariche (da farsi entro febbraio)» <73 >. Questa frase, che nel resoconto della riunione appare come una semplice notazione, in realtà costituì una direttiva, alla quale va collegata l'ispezione che ai primi di gennaio il capo di Stato Maggiore dell'esercito, generale Roatta, fece alla 2a Armata (74>. E la relazione che questi inviò al Comando Supremo divenne il documento base per l'ulteriore valutazione del problema croato. Roatta, per prima cosa, metteva «in guardia contro i pericoli in cui la nostra politica filopaveliciana e gli eccessi degli ' ustascia' potevano condurre» (75), ed elencava le cause di perturbamento d'ordine politico ed economico che andavano eliminate. Sul piano militare fece -rilevare che la ribellione era passata «dall'originario carattere di reazione contro gli abusi,ustascia a quellb di azione nazionali-


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sta e, insieme, comunista» che, nel giro di pochi mesi, aveva assunto «proporzioni che non possono esser trascurate, estendendosi ormai a tutta la Croazia, non esclusa la Slavonia» (76>. Per di più - e chiaramente - non soltanto prevedeva che «in mancanza di idonei provvedimenti, la situazione a primavera in dette zone sarà sostanzialmente modificata in peggio», ma anche gli appariva «nostro assoluto interesse impedire il formarsi di siffatta situazione o, quanto meno, prepararsi ad affrontarla>> <71>. Sembrandogli indispensabile prendere una decisione sulla condotta da seguire e sui provvedimenti d'attuare, indicò tre soluzioni. La prima - precisava Roatta - che «prevedeva una azione massiccia, concentrica, contemporanea da parte di tutte le truppe alleate (italiane, tedesche, croate , bulgare) contro i principali centri di ribellione, presuppone la realizzazione di accordi, specie con i tedeschi. Ha, pertanto, in sé insito l'inconveniente comune a tutte le operazioni che debbono essere preventivamente concordate ed è probabile trovi ostacoli nei contrastanti interessi dei vari Stati; rich iede cioè tempo che, prevedibilmente, sarà lungo. A noi, invece, preme risolvere la situazione prima della buona stagione: si ritiene pertanto, che su questa soluzione si possa fare. scarso affidamento

[... l)) . La seconda considerava «il ripiegamento su una linea facilmente sbarrabile ed economica (per la 2 a Armata quella delle Alpi Dinariche ed i Kapela) per procedere alla eliminazione della ribellione all'interno. Questa soluzione ha, però, l'inconveniente di consentire il probabile libero sorgere di una specie di zona infetta nella parte centrale abbandonata, situazione che andrebbe pur sempre affrontata in 2° tempo». Come terza soluzione Roatta prospettava «il mantenimento delle zone attuali, . ma con i presìdi raccolti per concentrare le forze, guardando le principalissime ed indispensabili vie di comunicazione», pur tenendo sempre presente «la necessità di garantire - mediante accordi con il governo croato - il regolare traffico sulla ferrovia del solco Drava-Sava-Danubio di vitale interesse per i nostri rifornimenti di petrolio e di grano» C75l. Il 15 gennaio, anche il generale Ambrosio redigeva una relazione sulla Politica croata nei territori della 2 a e 3 a zona (79>, molto più analitica, pur se sostanzialmente analoga a quella del generale Roatta, salvo nella parte conclusiva ove, parlando della rivolta che divampava in Bosnia e delle possibili ripercussioni nelle zone presidiate dalle forze armate italiane, prevedeva che «le attuali operazioni germaniche [rastrellamento della Serbia e della Bosnia orientale - n.d.a.], pur raggiungendo l'obiettivo, forse falliranno lo scopo: e così altra massa di ribelli potrà agevolmente rifluire verso


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le zone da noi occupate. Tutto ciò fa agevolmente prevedere che la situazione a primavera nelle nostre zone sarà sostanzialmente modificata in peggio. Occorre prepararsi, finora, ad affrontarla. E ciò che [... J mi propongo di prospettare per poter poi prendere tempestivamente i necessari provvedimenti» <80>. Così, mentre Roatta proponeva tre soluzioni, Ambrosio si riservava di indicarle. Pochi giorni dopo, il I 9 gennaio, ebbe luogo lo scambio dei rispettivi incarichi fra Ambrosio e Roatta. Il trasferimento di quest'ultimo al comando della za Armata, anche se poteva sembrare tutto meno che una promozione, con ogni verosimiglianza rappresentava una scelta meditata poiché la relazione e le soluzioni da lui prospettate lo qualificavano come il generale più adatto per affrontare la situazione, tenendo conto anche d'una prevedibile evoluzione nei rapporti italo-croati. Il generale Roatta non era çompromesso da dichiarazioni o iniziative filo-ortodosse, né ancora influenzato da quelle condizioni ambientali che si erano riflesse sull'orientamento di Ambrosio, ed aveva una perfetta conoscenza della lingua tedesca, elemento di primaria importanza nei rapporti con le autorità militari e politiche germaniche a Zagabria. Dal punto di vista della carriera, per essere promosso a generale designato d'armata (grado già conseguito da Ambrosio), Roatta doveva effettuare un periodo di comando di grande unità <81 >. Il generale Ambrosio, dopo solo quattrQ giorni dalla nomina a capo di Stato Maggiore dell'esercito, inoltrava al Comando Supremo una relazione politico-militare sulle condizioni della Croazia <82> (sostanzialmente la ripetizione del rapporto da lui stesso inviato a Roma il 15 gennaio) ma, sciogliendo le riserve sulle soluzioni da adottare, faceva proprie le alternative indicate da Roatta. In un primo momento, il Comando Supremo dovette propendere per la conservazione del presidio delle zone occupate riunendo i reparti e, cosi, rendere disponibili maggiori forze per la sicurezza delle comunicazioni, poiché il 30 gennaio, Roatta - ora in veste di comandante della 2a Armata - assicurava lo Stato Maggiore dell'esercito d'aver chiesto ai corpi d'armata dipendenti «di studiare e proporre la raccolta delle forze in presìdi consistenti, nell'intera zona occupata» <33>, Però, nello stesso tempo, faceva notare che, «applicando [... ] quest'ultimo sistema, non si risolve la situazione», anche se «ci si mette in migliori condizioni che attualmente per far fronte al verosimile estendersi ed intensificarsi del movimento di ribellione». Ed aggiungeva: «È bene però tener presente che il miglioramento potrebbe essere solo temporaneo, perché, non prendendo la ribellione 'per le corna' per stroncarla (primo sistema), potrebbe in futuro accadere che


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la ribellione raggiunga consistenza tale da indurci ad applicare[ ... ] il secondo» <841 • In ogni caso, il movimento dei presidi avrebbe chiesto tempo, sia per le strade bloccate dalla neve, sia per la difficoltà degli acquartieramenti, ma «esitazioni sulla linea di condotta da prendere, e conseguenti ritardi nell'applicarla, potrebbero[ ... ] essere pericolosi>> l851 di fronte all'aumentata consistenza e capacità operativa dei ribelli. Nello Stato Maggiore dell'esercito doveva esserci qualche incertezza sulla convenienza di ridurre il numero dei presidi, poiché Roatta, rispondendo ad una nota dell'8 febbraio, esprimeva il parere che «la ripartizione delle truppe in numerosi presìdi, adeguata alla situazione originale ed a quella successiva, non lo è più alla situazione d'oggi, e presenta, in alcune plaghe, dei veri pericolir> (S6J. Chiariva che il mantenimento di reparti avanzati nella terza zona, specialmente quelli situati sulle linee di penetrazione in Croazia, aveva senz'altro dei vantaggi, ma soltanto a condizione che fossero robusti e disponessero di agevoli comunicazioni per i rifornimenti. «Se deboli ed isolati, come mandorle in un torrone» <57 >, non avrebbero assicurato il dominio sul territorio circostante e sulle vie di comunicazione e, militarmente, sarebbero stati un peso. L'opinione del comandante della 2a Armata, «dato che purtroppo non si può esegui're l'unico sistema decisivo tra quelli proposti, il primo», era di «raccogliersi, senza mezze misure, in una sistemazione statica sicura, appoggiata dalle maggiori forze mobili possibili>> <881 • Da quest'ultima considerazione si deduce che Roatta in quel momento non era stato informato della proposta del ·comando tedesco d'affrontare i ribelli con un'operazione comune a largo raggio, alla quale avrebbero preso parte anche truppe croate; proposta che in quei giorni il Comando Supremo ed iE ministero degli affari esteri stavano esaminando. Tuttavia, Roatta doveva esser alquanto indeciso sul nuovo schieramento della 2a Armata, e chiese al generale Dalmazzo un parere circa l'opportunità di «una ulteriore riduzione del numero dei presidi per ottenere una maggiore concentrazione di forze, (in uno o due centri al massimo)» <39l. Il comandante del VI Corpo d'armata, il 12 febbraio, rispose che nel settore della 'Sassari' il raggruppamento della divisione a Tenìn avrebbe senz'altro consentito la sicura difesa di quell'essenziale nodo viario ma, nello stesso tempo, ne elencava gli svantaggi: «non coprirebbe le comunicazioni ferrovìare e stradali Tenìn-Gracac-Gospié; permetterebbe il ristabilimento della repubblica di Drvar [ = Dervar] - aspirazione dei ribelli · della zona -; Drvar diventerebbe il centro da cui si irradierebbero operazioni e propaganda verso sud e ovest ed est; tutti i serbo-ortodossi della zona interna passerebbero, forzati, ad aumentare le file dei ribelli» <90l _ In ogni modo, se si doveva attuare il concentramento della 'Sassari', suggeri-


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va di «prendere in considerazione l'offerta dei cetnici di organizzare in zona le loro forze, col nostro aiuto, per giungere ad affidare in secondo tempo alle sole forze cetniche la difesa della zona» <91>. Nel settore della divisione 'Bergamo' , il generale Dalmazzo riteneva che l'eventuale ritiro dei presidi di Glamoc, Livno, Tomislavgrad (oggi Duvno) «avvicinerebbe la ribellione al versante marittimo ed alla costa della Dalmazia; renderebbe molto più precarie le comunicazioni tra Dalmazia e Narenta» , ma soprattutto «ci priverebbe del bastione delle Dinariche» <921 • Per le situazioni nella vallata della Narenta e nell'Erzegovina, la possibilità di concentrare le unità italiane a Mostar era condizionata dalla «collaborazione delle forze cetniche nel mantenimento dell'O.P. [ordine pubblico -n.d.a.] in tutta la zona» (93>, Dalmazzo, infine, escludeva qualsiasi riduzione di presidi nei territori di confine con il Montenegro, per non favorire una ben predibile avanzata dei ribelli, e «la formazione di una situazione veramente grave che ci restringerebbe al possesso di Ragusa» <94>. Negativo, quindi, il parere sul raggruppamento dei reparti in provincia di Cattaro, dove «con le forze attualmente in zona [ ... ] non si riesce a dare protezione alle comunicazioni che corrono lungo lo specchio d'acqua, e si proteggono male gli importanti depositi, magazzini, basi logistiche, idroscalo, ecc. dislocati lungo gli 80 km . della costa interna della grandiosa baia» <95>. Il 21 febbraio, il generale Roatta comunicava allo Stato Maggiore dell'esercito che, sentiti i comandanti dei corpi d'armata, ma anche «tenendo conto di imprescindibili esigenze d'altro ordine» (96> (cioè della prossima azione italo-tedesco-croata di cui era stato informato), aveva deciso di ridurre i centosessantasei presìdi dell'Armata a sessantatré, riservandosi di decidere per quelli delle 'Truppe Zara' e delle divisioni 'Perugia' e 'Messina' 197>, quasi tutti compresi nel territorio del Governatorato della Dalmazia. Con il nuovo schieramento conservava alcuni presìdi nella terza zona (Dervar, Glamoc, Prozor, Bugojno, oltre a Konjic e Kalinovik) per mantenere il controllo degli sbocchi verso l'interno. Con questo raggruppamento, anche se non corrispondeva né alla seconda né alla terza alternativa, più della metà dei nuovi presìdi avrebbero avuto una forza superiore ai due battaglioni, con propria artiglieria, e sarebbe stato possibile costituire una forza mobile <9si. Il generale Ambrosio approvò il piano di Roatta e, pur prospettando l'opportunità di mantenere nella terza zona anche Virgin Most (sud-est di Karlovac), Bosanska Krupa, Bosanski Petrovac, Kljuc, Sanski Most, e raccomandandosi per Kalinovik in considerazione «delle previste operazioni


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verso la Bosnia orientale», lo autorizzava a passare alla fase di attuazione, «non appena lo riterrà conveniente, previo graduale preavviso all'autorità croata>> <99>, che avrebbe dovuto assumere con il proprio esercito il controllo delle zone sgomberate dai reparti italiani. Il 26 febbraio, il comandante della 2 a Armata impartì gli ordini per la nuova dislocazione <100>, sottolineando l'urgenza dei movimenti. Ma la crisi invernale, l'aumentato numero dei ribelli, la loro più decisa aggressività, avrebbero fatto differire oltre i tempi previsti l'attuazione degli ordini.

LA CRISI ED I FATTORI AMBIENTALI L'inverno 1941-1942 fu eccezionalmente rigido. Dal 20 al 25 gennaio, nei territori più interni presidiati dalla 'Sassari', il termometro scese sino a trentacinque gràdi sotto zero; a febbraio oscillò fra i meno dieci ed i meno venti <101 >. Solamente il 13 marzo, dopo novanta giorni consecutivi di gelo, la temperatura sarebbe salita, ma provvisoriamente, sopra lo zero 0025. Le ricorrenti ed abbondanti nevicate - particolarmente quella della notte fra il 7 e 1'8 gennaio <103> - , le bufere di vento, i banchi di nebbia, resero impraticabili le strade e le linee ferroviarie, interruppero le comunicazioni telegrafiche e telefoniche, già sabotate dai rivoltosi, ed i presìdi italiani della seconda e della terza zona, rimasero in gran parte isolati. li comando della 'Sassari', dalla sede di Tenìn, si trovò nell'impossibilità di mantenere i collegamenti per rotabile con la maggior parte dei presìdi, alcuni distanti anche 150-200 chilometri (Sanski Most, Kljuc, Varcar Vakuf) 004>, conservando - e non sempre - quelli via radio; oppure, nei momenti di schiarita, ricorrendo agli aerei. La situazione divenne sempre più complessa per la difficoltà d'assicurare i rifornimenti agli uomini, ai quadrupedi, ai mezzi; ed operativamente sfiorò la crisi. La campagna passò in mano ai ribelli. Le bande, attraverso le larghe maglie tra i presìdi, si spostavano liberamente, taglieggiavano le popolazioni, arruolavano forzatamente gli uomini validi, aumentavano di numero anche per l'arrivo, di qua dalla linea di demarcazione, di gruppi che si sottraevano ai rastrellamenti tedeschi in Serbia e in Bosnia. Sfruttando i rigori della stagione, che annullavano la mobilità dei reparti italiani, i ribelli posero il blocco a numerosi presidi: Korenica, Udbina, Donji Lapac a nord; Sanski Most, Kljuc, Bosanski Petrovac, Dervar al centro, e via via sino ai confini del Montenegro, come a Konj ic, a Kalinovik, ad Ulog ed altri.


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La 2• Armata, dal dicembre 1941 a tutto l'aprile 1942, si trovò di fronte a crescenti difficoltà, più per difendere _che per raggruppare i presìdi, anche se i singoli comandi, già dall'ottobre precedente, avevano ricevuto l'ordine di fortificarli e di costituire scorte di viveri, foraggi, munizioni, carburanti, con un'autosufficienza di almeno novanta giorni tios). L'ordine era stato dato appena in tempo. A novembre ebbe inizio quell'anomalo, ma duro, conflitto senza un fronte definito, contro un avversario che agiva al di fuori di qualsiasi convenzione militare, con atrocità sconosciute in una guerra dichiarata. A questo conflitto, reale neHa sua crudezza, ma del quale per ragioni politiche non si doveva parlare, si aggiungeva il disagio psicologico del soldato per una questione che toccava il suo status di combattente. Sino al 3 ottobre 1941, i militari che in Croazia e nella Dalmazia annessa avevano perduto la vita o riportato ferite negli scontri con i ribelli, non erano stati considerati caduti o invalidi di guerra, ma solamente deceduti o feriti per causa di servizio. Questa incongrua situazion.e era dovuta ai Patti di Roma del 18 maggio 1941, che avevano trasformato le forze armate italiane in Croazia in reparti stazionanti sul territorio d'uno Stato amico ed alleato tHMl, mentre la Dalmazia annessa diveniva parte integrante del Regno d'Italia. In tal modo i territori della Dalmazia italiana e quelli della Croazia non erano più in 'stato di guerra', e tanto meno 'zona d'operazioni'. Ma il 3 ottobre 1941, era stato emanato il regio decreto n. 1129, che riapplicava nei territori annessi «la disposizione [... ] concernente la dichiarazione dello stato di guerra» 0 01>. Però il decreto, con la sua efficacia limitata al Governatorato della Dalmazia, alla provincia di Lubiana ed al territorio aggregato alla provincia di Fiume, invece di risolvere aggravò le sperequazioni: il soldato italiano combatteva e moriva non solamente sul territorio annesso ma anche - ed assai più spesso - su quello croato. Però, in applicazione del nuovo decreto, se. veniva ucciso entro la linea di confine, era un caduto di guerra; se moriva un metro più in là, il decesso veniva attribuito a cause di servizio. Situazione assurda (almeno sino a quel momento i morti ed i feriti erano stati considerati tutti.nello stesso modo) che determinò malumori, sino ad interessare il capo di Stato Maggiore Generale, Ugo Cavallero, il quale annotò nel proprio diario: «I soldati che muoiono lì [in Croazia - n.d.a.] non sono considerati come morti in guerra e quindi alle famiglie dei caduti viene liquidata solo la pensione normale» oos>. Da un punto di vista strettamente giuridico, le truppe italiane che operavano in Croazia non si trovavano più in territorio nemico occupato e, per ciò stesso, in 'stato di guerra' 009l, bensì entro i confini d'uno Stato sovrano ed indipendente, dove le leggi italiane non avevano effetto. Ma


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l'assurdo dei due pesi e delle due misure era troppo stridente, ed il 20 gennaio 1942, con un bando di Mussolini, i territori della Dalmazia e gli altri territori annessi, nonché quelli del Regno di Croazia presidiati dalle forze armate italiane, furono dichiarati 'zona delle operazioni'. A stretto rigore, neppure così la questione venne risolta, poiché non · era possibile che il bando avesse efficacia sui territori di uno Stato come la Croazia che non era in guerra con l'Italia. Per superare questa situazione di fatto, nel bando si fece ricorso ad una formula certamente sottile ma tutt'altro che corretta: fu disposto che la dichiarazione di 'zona delle operazioni' dovesse valere unicamente «nei confronti delle persone appartenenti alle forze suddette dislocate nei territori stessi o da esse dipendenti» <1w>. In altre parole, la disposizione non era riferita - come di norma - ad un territorio, ma personalizzata ad ogni singolo soldato. Soluzione piuttosto fragile, ma consentì di aggirare due ostacoli: da un lato quello d'ammettere che i territori del Governatorato della Dalmazia fossero teatro di operazioni belliche e; dall'altro, quello di evitare che il bando ledesse la sovranità dello Stato croato. In ogni modo, per evitare non gradite ripercussioni, al bando venne data la minor diffussione possibile anche se per aver effetto non poteva non venire 'pubblicato'. Per conciliare l'insopprimibile esigenza della pubblicazione con l'opportunità di non divulgarlo, si dispose che fosse «pubblicato mediante deposito presso i Comandi di Grande Unità dislocate nei territori che presidiavano» <110 , cioè il testo venne consegnato alla 2 3 Armata ed ai corpi d'armata che lo chiusero nei loro cassetti. Grazie a quesH equilibrismi, il luogo dove un soldato italiano fosse caduto o ferito, non fu più motivo di discriminazione.

BILEéA Mentre la posizione giuridico-amministrativa delle truppe in Dalmazia e sul territorio croato veniva risolta, con la seconda metà di novembre si eràno manifestati i primi sintomi della crisi operativa che avrebbe investito la 2a Armata. Nel settore meridionale del VI Corpo d'armata, tenuto dalla divisione 'Marche', gli atti di sabotaggio, le interruzioni delle comunicazioni stradali, telefoniche e telegrafiche si erano fatti sempre più frequenti, specialmente nella zona di Bileéa. Da questo presidio, la notte sul 26 novembre, era uscita una colonna composta da un centinaio di soldati italiani e da un plotone carri 'L' per consentire ad alcune squadre del genio di procedere al riattamento delle comunicazioni e, nello stesso tempo, con la speranza di sorprendere i ribelli <112>. Ma, mentre i genieri stavano effet-


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CARTINA N . ]

(scala I :275.000) Zona della imboscata del 26 novembre 1941, a BileÊa. (La Jinea a sinistra indica il limite operativo fra le truppe della 2 • Armata e le 'Truppe Montenegro', quella a dest ra il confine di Stato fra la Croazia ed il Montenegro).


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tuando le riparazioni, gli uomini della colonna vennero improvvisamente attaccati da forze superiori. «Le nostre truppe hanno prontamente reagito ed impegnato i rivoltosi in un violentissimo combattimento . Non essendosi [sic] riusciti a stroncare l'attacco data l'inferiorità di forze e lo sfavore del terreno, i nostri hanno tentato ripetutamente di aprirsi la strada dapprima in direzione di Lastua, e poi per Bileéa. Dopo tre tentativi infruttuosi la [... ] colonna, ormai priva di munizioni, è stata sopraffatta» 0 13>. Caddero due ufficiali, undici soldati, trentadue i feriti, ed i superstiti quasi tutti catturati. Una colonna di soccorso, partita da Trebinje non riuscì a passare: altri tre morti, cinque feriti e due dispersi; i feriti furono «consegnati ad una nostra ambulanza inviata sul posto in seguito a richiesta dei rivoltosi stessi» (ll 4l, (CARTINA N . I). Questo fatto d'arme può esser con~iderato il momento iniziale di un difficile periodo per il settore meridionale del VI Corpo d'armata, anche perché dal Montenegro e dalla Bosnia orientale stavano affluendo forti nuclei di ribelli, con un'accentuata pressione, specialmente nel settore di Kalinovik. «II comando dei ribelli ha chiesto ripetutamente il ritiro delle truppe [italiane - n. d. a.] del presidio predetto per evitare uno scontro 'non · desiderato' dai cetnici-nazionalisti» <115J, La minaccia venne fronteggiata con l'invio di rinforzi e con un'intensa azione politica nei confronti dei cetnici, tentando di staccarli dai comunisti e, possibilmente, di farli prendere posizione contro i partigiani. In mezzo ad intuibili difficoltà, i ribelli furono contenuti, i piani per attaccare Kalinovik, Trebinje, Plana, Bileéa, vennero frustrati e fu allontanata la minaccia su Ragusa 016J. ((Ciò non di meno - riferiva il generale Dalmazzo - la situazione si mantiene seria per l'entità delle forze ribelli, per il loro migliorato armamento, per la perfezionata organizzazione, per la possibilità che lo sgombero di Grahovo, dopo quello di Vilusse [recte: Vilusi], verificatosi nel mese di novembre, lasciando ai ribelli stessi maggior libertà di manovra, li invogli ad azioni di più larga portata» ll L7l.

KORENICA Con il mese di dicembre, l'aggressività dei ribelli si manifestò anche nella zona della divisione 'Re' (V Corpo d'armata), schierata da nord di Gracac a Segna. li 29 diceinbre, una squadra di tredici soldati, con due ufficiali, uscita dal presidio di Korenica [oggi Titova Korenica - tra Ubdina e Plitvice], era stata sopraffatta dai ribelli <113J, A sera, il comando italiano, non vedendo rientrare gli uomini, inviò due compagnie in loro


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ricerca, ma furono impegnate dai ribelli in un combattimento che durò tutta la notte, con ventinove gradi sotto zero. Al mattino riuscirono a disimpegnarsi e rientrare in Korenica. Complessivamente, le perdite in questi due scontri ammontarono a dodici morti, sette feriti, ventitré congelati e ventotto dispersi cu 9J. Il colonnello Giuseppe Angelini, comandante del 1° reggimento fanteria, avuta notizia degli scontri e dell'ammassarsi dei ribelli intorno a Korenica, nel pomeriggio del 30 dicembre si recò a Vrhovine (sulla linea ferroviaria Ogulin-Gospié) ed assunse il comando d'un autocolonna di soccorso ma, dopo alcuni chilometri, dovette rientrare per l'impossibilità di procedere in mezzo alla neve alta <120>. Il giorno successivo, ultimo dell'anno, una nuova e più robusta colonna, sempre al comando del colonnello Angelini, questa volta appiedata, in mezzo alla neve, combattendo, ed a prezzo di gravi perdite, riusci superare i venticinque chilometri per Korenica, dove giunse nella notte sul 1° gennaio 1942 <121) . La compagnia di retroguardia pagò un· altro tributo di sangue; si salvarono tre ufficiali e sessantatré soldati 022J. Altre gravissime perdite subì una compagnia di camicie nere che, con un plotone esploratori e due plotoni mitraglieri, al mattino del I O gennaio era partita da Vrhovine per Korenica in appoggio ai reparti del 1° reggimento: furono distrutti dai ribelli c123>. In questo settore, dal 29 dicembre a tutto gennaio, le perdite italiane sarebbero ammontate ad un migliaio di uomini <124l compresi circa trecento dispersi : «questi ultimi [... ] sono però rimasti quasi tutti sul terreno perché sembra che solo u·na settantina siano stati presi prigionieri» <125>_ «La rabbia nemica - come scrisse poi Angelini - si accanirà, implacabile e spietata, contro i pochi superstiti, che saranno tutti massacrati sul posto e orrendamente mutilati» <126>. I ribelli, imbaldanziti dal successo, oltre a Korenica, posero il blocco al presidio di Ubdina, una trentina di chilometri più a sud, ed a Donji Lapac. Il generale Roatta, quand'era ancora capo di Stato Maggiore dell'esercito, nella sua ispezione dei primi di gennaio alla za Armata, si era recato a Vrhovine con i generali Vittorio Ambrosio e Riccardo Balocco, dal quale dipendeva il V Corpo d'armata, per un esame della situazione di Korenica. Valutate le condizioni ambientali, la forza del presidio, quella dei ribelli, la topografia del posto, Roatta aveva convenuto con il generale Ottorino Dabbeni, comandante della divisione 'Re', «circa la serietà della situazione e l'urgenza di porvi rimedio [... ] il generale Dabbeni ebbe confermato l'ordine di attaccarli [ i ribelli - n.d.a.] e di attaccarli al più presto» cmi. ~


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L'azione, iniziata il 23 gennaio su due colonne (la principale a nord, al comando del colonnello Francesco Soddu, e la seconda più a sud, maggiore Giuffrida), non ebbe successo. La colonna nord, durante un'improvvisa e violentissima tormenta, s'era trovata di fronte ad un'energica resistenza dei ribelli; dopo aver cercato di aprirsi un passaggio, era stata costretta a retrocedere . Per quella a sud «le cose erano andate ancor peggio; perché, essendo stata improvvisamente attaccata nella sella di Rakici ed avendo subito perd~to il suo comandante, la colonna s'era vista obbligata a ripiegare in disordine, abbandonando sulla strada i pezzi d'un intera batteria someggiata e qualche carro armato» <128>. Le perdite della colonna Giuffrida ascesero a trentasette morti di cui due ufficiali, sessantaquattro feriti, duecentosettantotto congelati e quara:nta dispersi 029>. Soltanto due mesi dopo, con un'azione in forze («6/7 mila uomini, 1500/2000 muli, una quarantina·di cannoni, una dozzina di carri ed una decina di aeroplani)) C130J) e con movimento a largo raggio da sud, attraveso Udbina, che venne sbloccata, sarebbe stato possibile raggiungere Korenica. · Nell'operazione, durata più giorni, le perdite italiane furono d'una trentina di uomini fra morti e feriti; i ribelli lasciarono sul terreno non meno di trecento dei loro l 13 1l. La guarnigione di Korenica, (durante i mesi d'assedio aveva avuto cinquantotto morti. novantaquattro feriti e quarantatré. congelati oltre ad otto dispersi P 32l) , secondo il piano di raggruppamento dei presidi fu fatta ripiegare insieme con quella di Udbina. (CARTINA N. 2). Le perdite dei reparti italiani, la difficoltà di prevalere sui rivoltosi, andavano ascritte a diversi fattori. Dotati d'armamento leggero - fucili, bombe a mano, mitragliatori - , all'azione frontale i. ribelli preferivano l'agguato, con il vantaggio della sorpresa e della scelta dei posti. Raramente si ancoravano al terreno con apprestamenti campali; in caso d'accerchiamento o di prevalenza dell'avversario si disimpegnavano disperdendosi e mimetizzandosi tra la popolazione; quasi mai attaccavano senza il vantaggio del numero e la conoscenza del terreno. Da parte italiana, ,come pose in evidenza il generale Dalmazzo in un'analisi del comportamento dei reparti di fronte alla subitaneità di un'imboscata, si doveva constatare che <<il fuoco, in risposta a quello nemico è pronto e quasi immediato, ma molto spesso inefficace per il terreno rotto e coperto; cos·ì si hanno reazioni intense che si risolvono in sciupio di munizioni, spreco fino al loro esaurimento e conseguente collasso dei reparti. Mentre una immediata reazione di contrattacco - nella maggior parte dei casi - risolverebbe la situazione, la sterile reazione di fuoco in posto porta, prima o dopo, ad una supina rassegnazione alla ·volontà del nemi-


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CARTINAN.

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(scala I :425 .000)

Korenica - Zona dei combaliimenti, dal 29 dicembre 1941 al marzo 1942. (la linea rappresenta il limite fra la cosiddetta 2• e 3• zona del presidio italiano in territorio croato).


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co» 0 33>_ E commentava: «Purtroppo i quadri sono quello che sono ed i depauperamenti che via via subiscono - sempre degli elementi migliori non sono favorevoli né alla consistenza dei reparti, né alla loro efficienza né al loro miglioramento addestrativo e disciplinare» <134>_ Inoltre i soldati vivevano, da mesi, «in sedi molto disagiate ed in condizioni non facili di comunicazioni, con riflessi sulla corrispondenza familiare, sul vettovagliamento ed un poco anche sul fisico stesso dei comandanti e dei gregari, per la tensione che certe condizioni di ambiente e di isolamento non mancano di ingenerare» <13SJ. Le eccezionali condizioni di quell'inverno incisero sui soldati che, prima ancora d'affrontare il nemico dovevano giornalmente cimentarsi con l'inclemenza della stagione, e sottoporsi ad improbe fatiche nel tentativo di mantenere aperte le vie di comunicazione poiché, come in data 1° gennaio avrebbe annotato nel diario storico il comando della 'Sassari', «le forti nevicate specialmente nei punti più alti della zona hanno bloccato le rotabili. Il lavoro di spalamento viene continuamente annullato dal vento che accumula la neve» 1136>. Fu una lotta ai limiti dell'impossibile che si protrasse, quasi senza interruzione, sino a marzo inoltrato. Il 7 gennaio, la 'Sassari' registrava: «Perdurano le condizioni di intransitabilità delle strade a nord ed ovest di Tenìn. Comunicazioni telefoniche tutt'ora interrotte [... ]. La ferrovia Fiume-Tenìn è interrotta causa la neve» <131>. Due giorni dopo: «Linee ferroviarie tutt'ora bloccate[ ... ]. I presìdi a nord sono completamente isolati [ ... ] il foraggio [...] nei detti presìdi comincia a scarseggiare. La razione d i mangime viene ridotta. Verificatisi nella nostra truppa alcuni casi di congelamento . Rotabili tutt'ora ovunque intransitabili» <13s>. II comando della 'Sassari' , per settimane, concentrò ogni sforzo sulla linea ferroviaria per Gracac dove «continuano i lavori di sbloccamento [... ]. Alcune locomotive mandate in soccorso sono rimaste a loro volta bloccate» o39>. Pur impiegando centottanta uomini come spalatori, non fu possibile renderla percorribile per le «enormi difficoltà causa banchi di neve ghiacciata e l'andamento della ferrovia in trincea» <140>. Si cercò di potenziare il lavoro di spalatura ed il 1° febbraio vennero inviati altri trecento soldati, ma il treno che li trasportava rimase bloccato nei pressi della stazione di Zermagna. Non riuscendo ad aver ragione d'un banco ghiacciato, che nel tratto Zermagna-Malovan era alto sette metri per circa due chilometri di lunghezza (l 4 lJ, ogni ulteriore tentativo venne sospeso. Solo il 21. marzo, cioé dopo cinquanta giorni, con il disgelo, sarebbe stato possibile ripristinare le comunicazioni con Gracac e ricuperare due locomotive da tempo completamente scomparse sotto la neve <142>.


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CARTINA N. 3

(scala 1:500.000)

Settore centrale della tl ivisione 'Sassari' durante l'inverno 194 1-1942.


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NEL SETTORE DELLA 'SASSARI' La percorribilità della ferrovia ad un binario ed a scartamento ridotto da Tenìn a Dervar - dove partivano le principali comunicazioni su strada per i presìdi dell'interno sino alla Unea di demarcazione - costituì un altro problema e di primaria importanza. Dervar era la base d'appoggio e di supporto dello schieramento della 'Sassari' nella terza zona, e gli ottanta e più chilometri di binario che la collegavano a Tenìn costituivano il suo cordone ombelicale. Ma con i primi di gennaio fu interrotto, e si ebbero «molte difficoltà per liberare il trenino [... ] al cui personale sono stati portati viveri a mezzo slitte» c143>. L' 11 gennaio la situazione peggiorò e la 'Sassari' segnalava di non aver «notizie di due t renini a scartamento ridotto tutt'ora bloccati» <144>. Con il massimo impegno si cercò di ripristinare le comunìcazioni, anche perché a Dervar cominciava a scarseggiare il foraggio per i quadrupedi. Non potendo servirsi della ferrovia, il comando divisione tentò d'inviare per via ordinaria una colonna di autocarri con trattori. Ma «la colonna è stata bloccata dalla neve [a} 5 km. da Strmica [ = Stermizza]» <145>_ Solo dopo sedici giorni dall'ultimo collegamento, durante i quali si continuò a spalare senza soste - con temperature da meno trenta a meno trentacinque fra il 21 ed il.24 gennaio - un trenino di rifornimenti sarebbe arrivato a Dervar. «In tal modo si sono alleviate le critiche condizioni del presidio per quanto riguarda l'alimentazione dei quadrupedi che nei giorni scorsi hanno avuto continui casi di mortalità per mancanza di foraggi» 046>. La linea rimase aperta neppure ventiquattro ore: il mattino successivo, sulla via del ritorno «il trenino [... ] è rimasto bloccato presso Hrnjadi per deragliamento della locomotiva» 0 47l. Furono necessari altri cinque giorni per riattare il percorso. Mentre il comando della 'Sassari' affrontava l'inclemenza della stagione, a Bosanski Petrovac, venticinque chilometri a nord di Dervar, il 21 gennaio una comandata di due sottufficiali con diciannove soldati ed otto muli, uscita dal presidio e diretta a Kolunié, sulla strada verso Dervar, per far legna, era stata attaccata dai ribelli e catturata C148l.- (CARTINA N. 3). Nel pomeriggio, il capitano Luigi Cioccolari-Micàldi, comandante del presidio, già impensierito per il ritardato rientro degli uomini, venne informato che una banda di rivoltosi era stata vista nella zona di Kolunié. Temendo il peggio, fece partire da Bosanski Petrovac una colonna di soccorso al comando del capitano Aldo Brandolin che, non trovando né la comandata né la banda dei ribelli, rientrò nel presidio. A sera, ulteriori notizie segnalavano un 150-200 armati ad ovest della zona di Medjeno Poije. La mattina


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successiva, partirono da Bosanski Petrovac duecentottanta soldati, dieci ufficiali, due pezzi d'artiglieria (65/17 someggiati), sempre al comando del capitano Brandolin che riuscì ad agganciare i ribelli. Nel corso dello scontro apparve chiaro che l'agganciamento era stato predisposto dai rivoltosi, poiché improvvisamente altre bande si manifestarono sui fianchi del reparto italiano. «Il combattimento iniziò subito duro, ma regolare, però in mezzo a difficoltà enormi per la temperatura (- 18) e perché le armi automatiche che, prive di olio anticongelante, si servono di una miscela di olio fluido e benzina, funzionavano poco; anche un pezzo d'artiglieria incontrò difficoltà per aprire il fuoco, a causa della bassa temperatura [... ]. Verso le 13.30 i gruppi nemici aumentarono fortemente ed inaspettatamente di numero: moltissimi gli sciatori. Particolarmente forte si manifesta la pressione da Todorcevié; molti nuovi nuclei compaiono a nord di Medjeno Polje» (149l_ Si delineava l'accerchiamento della colonna ed il capitano Brandolin ordinò un ripiegamento a scaglioni che, nonostante la pressione del nemico, specialmente sulle ali, si svolse in buon ordine, sia pure con perdite di uomini, di materiali, ed a causa dell'uccisione di alcuni muli del someggio anche di due bocche da fuoco e d'una testata. «In questo momento viene colpito gravemente il cap. Brandolin che, montato a cavallo, continua a tenere il comando della colonna» 0 50>. Mantenendosi in sella con testaràa tenacia, riuscì a disimpegnare la colonna con alta professionalità e riportare gli uomini a Bosanski Petrovac, dove spirò t 151l. Le perdite italiane ammmontarono a due ufficiali e due soldati morti, undici feriti, una ventina di prigionieri, ventiquattro dispersi da ritenersi in gran parte morti; quelle dei rivoltosi vennero stimate sulle duecento unità. Alcuni giorni dopo, i ribelli restituirono otto soldati fe.riti o congelati, che dettero notizia di altri undici militari prigionieri t 152l. Questo primo scontro invernale nel settore della 'Sassari' dimostrò la pericolosa aggressività dei ribelli ed il coordinamento nell'azione di più bande sul terreno prescelto per lo scontro. Sfruttando un momento di schiarita e per ristabilire almeno una preminenza psicologica, venne effettuato un bombardamento aereo sulle basi dei ribelli a Todorcevié e Medjeno Polje (l 53l.

DERVAR

Il 2 febbraio, altre nevicate - «bloccate tutte le rotabili e le linee ferroviarie)) (l 54l - interruppero per più settimane le comunicazioni fra Tenìn e Dervar , dove la situazione del vettovagliamento divenne preoccupante, tanto che il giorno 9 fu ordinato «di abbattere i muli più mal ridotti


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per dargli in pasto alla truppa e risparmiare così i viveri)} (155>_ A metà mese, la razione di pasta venne «ridotta a 100 grammi. Ai quadrupedi si somministra la paglia dei pagliericci e scorza d'albero bollita» l 156l. Tuttavia il comando di Dervar fece il possibile per mantenere la mobilità deIJa truppa, per sostenere i presìdi vicini, per contenere la pressione dei ribelli. Il 17 febbraio uscì dal presidio «un reparto di 400 uomini [... ] su tre colonne diretto a Vrtoce per procurare [... ] bovini e foraggi per i quadrupedi» oS7l. Venne attaccato da una banda di ~irca duecento armati, appostati su alture dominanti. «Dopo violento combattimento i ribelli sono stati ricacciati. Accertati 7 morti ribelli; perdite nostre 17 feriti di cui due morti dopo all'ospedale. Reperiti 12 buoi e poco foraggio>} ci 5s>. Ma, se era necessario battere la campagna per procurarsi rifornimenti a costo di vite umane, non si poteva trascurare la sorveglianza delle bande, ed il 28 febbraio, in una ricognizione nella zona ad oriente di Dervar, i reparti italiani furono <<fatti segno a violento fuoco nemico proveniente dalle case di q. 541 [quotan.d.a. ]. Immediata nostra reazione con mortai ed artiglieria. Nostre perdite: morti 1 fante; feriti I ufficiale ed 1 fante; dispersi 3 di cui uno recuperato ferito» l 159>. Continuava, intanto, la moria dei quadrupedi per mancanza di foraggio e «la truppa si ciba di muli abbattuti>} (t60l. Il 20 febbraio, la sopravvivenza del presidio era valutata a sei giorni ed il maltempo , impedendo i rifornimenti aerei, favoriva un sempre più consistente afflusso di bande ribelli. Non potendo ripristinare la linea ferroviaria né far ricorso agli aviolanci, il comando della 'Sassari' tentò, ancora una volta, di passare per la rotabile. «A tale scopo reparti spalatori scortati da altri reparti armati stanno lavorando [... ] oggi, però, sono stati fatti segno a numerosi colpi di fucile dai ribelli[ ... ]. combattimento durato dalle 13 alle 17 per ottenere lo sbloccamento di soli 100 metri di strada. Perdite nostre un graduato morto» <1611. Tuttavia bisognava insistere, ed il 2 marzo , da Tenìn, venne «inviata a Peéi una colonna di 300 uomini del 152° [reggimento di fanteria - n.d.a. ] [ ... ] con il compito di aprire la strada per Dervar spalando la neve» 062l, oltre ad una compagnia del XXI battaglione alpini. Mentre i soldati erano impegnati in questi massacranti tentativi, il 5 marzo fu possibile effettuare alcuni aviolanci su Dervar senza però risolvere la situazione alimentare 063l; due giorni dopo, nel diario storico della 'Sassari' veniva annotato che «nonostante i rifornimenti aerei i quali, causa tempo avverso, sono intermittenti e non possono esser eseguiti con molti aerei causa scarsa disponibilità» <164l , la situazione peggiorava. Il 14 marzo: «La popolazione di Dervar muore di fame. Anche il nostro presidio è in critiche condizioni alimentari perché i rifornimenti aerei sono precari» (l~sJ.


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Ancora, il 23 marzo: «A Dervar [... ] la truppa ha soltanto 150 gr. di carne di mulo senza pasta né sale né pane. I muli nulla. I rifornimenti aerei sono sempre un pio desiderio causa le avverse condizioni atmosferiche» <166>. Quarantotto ore dopo vennero eseguiti «aereo rifornimenti a Dervar ed a Petrovac ma di scarsa portata, del tutto insufficienti ai bisogni del presidio anche per una sola giornata» <161>. Fortunatamente, il 26 ed il 27, il tempo più favorevole consenti un maggior numero di voli. Però Dervar era ormai chiusa dalle bande ribelli, e per sbloccarla sarebbe stata nec.essaria un'azione in forze.

••• Crisi analoghe furono comuni ad altri presidi della 'Sassari', determinando problemi di scelte, di priorità, di scaglionamenti operativi, non disponendo il comando divisione né d'una massa di manovra né di mezzi sufficienti. In queste condizioni era essenziale non lasciarsi sorprendere dalle iniziative dei ribelli, conoscerne le intenzioni, prevenirne - se possibile - le mosse, ed il servizio informazioni riuscì a procurarsi le necessarie notizie attraverso un'estesa rete di confidenti, d'informatori, di contatti con cetnici e comunisti. Con quest'ultimi, i contatti avevano luogo in occasione delle trattative per lo scambio di prigionieri, e consentirono d'individuare la loro struttura organizzativa. I territori più interni controllati dalla 'Sassari', rientravano nella 'zona della Kraina' <168>, comandata da Ljubo Babié, dal quale dipendevano le bande inquadrate nei 'battaglioni della libertà', articolati in compagnie e plotoni. Ciascun reparto aveva un 'commissario politico' e nella 'Kraina', come strutture di supporto, vi erano un'intendenza ed un'organizzazione per l'amministrazione civile del territorio, con delegati'e commissari nei singoli paesi <169>. Ljubo Babié, abile organizzatore, già noto alla 'Sassari' per aver costituito - da giugno a settembre 1941 - la repubblica comunista di Dervar, era il capo effettivo e riconosciuto. I suoi piani, per l'inverno, prevedevano l'occupazione dei presidi di Srb, Trubar, Vaganj, Resanovci, Bosansko Grahovo, Cmi Lug, Glamo~ e la conquista di Dervar, che doveva cadere per fame. Nikola Kotle era il suo commissario politico, Milutin Morafa il vice-comandante militare e Bogunovié l'intendente. Da questi dipendevano gli altri sottocapi o commissari come Bogdan Runié, Milan Bauk, Bogdan Pefanac, Odbrad Banjak, Bofo Trikié, Jandrja Tomié, Ilija Materié. Il 7 gennaio, Babié aveva convocato gli abitanti di Crljevica, tenendo loro rapporto, e secondo l'informatore il discorso era stato molto chiaro. «Noi combatteremo contro gli ustascia ed occuperemo Dervar che gli italiani non ci avrebbero tolto senza l'opera dei traditori: Pope Djujié, Branko Bogunovié, Skarié e Luka Bilfar, che noi scacceremo assai presto .

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Gli italiani sono a Dervar da tre mesi e la possono tenere solo con l'aiuto dei cetnici. I nostri nemici sono gli italiani ed i cetnici. Vi sono dei traditori fra noi, ma io saprò chi sono perché farò prigioniero il capitano Marussi [commissario civile di Dervar - n.d.a.] e Io obbligherò a confessare i nomi. Voi non dovete lavorare per gli italiani, tutto deve essere interrotto . Niente commercio, nessuna vendita di generi e bestiame. Gli italiani saranno padroni di Dervar, ma noi delle strade e dei boschi. Gli italiani sono a terra [... ]. Il nostro peggiore nemico è Mane Rokvié [capo cetnico - n.d.a.] il quale ci ha portato vi.a Petrovac e dintorni; senza l'opera di questo traditore la zona sarebbe nelle nostre mani. Gli italiani ammazzeranno i nostri familiari, bruceranno le nostre case, ma noi combatteremo e la vittoria sarà nostra» <110>. · Prese quindi la parola Milutin Moraca che, dopo aver esposto la situazione militare, dette lettura d'un elenco di persone condannate a morte: Branko Bogunovié, Mane Rokvié, pope Djujié, Zivko Brkovié, Mito Bogunovié (fratello di Branko), Milos Grakvac guardia comunale di Dervar, Skacié, Luka Bilkar, Vlade Moraca. Parlò ancora il Babié, e «la riunione venne chiusa con la domanda 'Siete tutti d'accordo con noi?'. Rispose solo la guardia del corpo [di Babié - n.d.a.]. Venne ripetuto l'invito dal Materié · che, impugnata la pistola la puntò verso la folla. Tutti ·risposero» 1171'. Ma le conseguenze di questo rapporto non furono quelle che Babié si prefiggeva; «molta gente si è rifugiata in Dervar, altri cercano di raggiungere la banda del Rokvié [.. ]. Altri ancora hanno inviato fiduciari al comandante del nostro presidio di Dervar per dire che non hanno nessuna colpa» 012>. Il 18 gennaio, altra riunione del Babié a Ricevo, per organizzare un'azione contro Bosansko Grahovo, «ma le seicento persone intervenute si dimostrarono tutt'altro che favorevoli e lo invitarono ad agire lontano dai loro paesi» <173>. Gl'informatori segnalavano che l'attività comunista si stava intensificando anche nella zona di Gracac ed in quella della Zermagna. A Velika Popina, il capo comunista Gojko Polovina, aveva indetto una riunione; a Bruvno era stato eletto commissario politico Milan Prokaja 0 74>; il 27 gennaio, in una riunione di capi comunisti, nella zona di Kamenica, era stato deciso «di catturare vivi o morti il colonnello De Michelis [comandante a Tenìn del 151 ° reggimento fanteria - n.d..a.], il capitano Marussi ed il te·nente Zuaro dei CC.RR.; di impedire a qualunque costo che i comunisti detenuti a Dervar vengano trasportati a Tenili, compiendo in caso di trasporto di essi distruzioni alla ferrovia; di intensificare gli attacchi contro le nostre colonne [italiane - n.d.a.] di rifornimenti; di raccogliere il massimo numero di armati per bloccare definitivamente Dervar» <175>.


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A Bosanski Petrovac, gli ufficiali del servizio 'I' avevano preso contatto con i ribelli ottenendo il rilascio di alcuni soldati prigionieri. Raccolsero anche notizie sulla consistenza d'una banda di circa cinquecento uomini, provenienti dalle parti di Zagabria e di Lubiana, che a Medjeno Polje s'era imposta a quelle locali <116>. Fu possibile, inoltre, tracciare un quadro degli orientamenti che li dividevano o li coagulavano. I cetnici formavano due gruppi: quelli che lottavano esclusivamente contro il Governo croato e gli ustascia, in genere favorevoli all'Italia; l'altro a carattere nazionalista che, probabilmente per riflesso delle intese fra Mihajlovié ed i comunisti, tendeva ad accordarsi con i partigiani ed in alcuni casi si confondeva con loro. Molto numerose «ed anche bene armate le bande comuniste specialmente nella zona di Dervar, naturalmente ostili all'Italia ed asservite alla propaganda anglo-russa)> <111>. Infine, gruppi di razziatori intenti a sfruttare a proprio vantaggio qualsiasi occasione, unendosi ora ai cetnici, ora ai comunisti, secondo la convenienza l 118l.

*** A gennaio, la situazione nella terza zona era notevolmente confusa specialmente nel distretto di Varkar Vakuf (oggi Mrkonjié Grad) l 179l , dove agivano gli uomini di Simo Solaja, del Brankovié, dello Stojanovié, del Drenovié, del Kovacevié. «La fluttuazione di queste bande, che oltre la linea di demarcazione agiscono senza esser controllate da nessuno non può essere assolutamente impedita, ciò mette Varkar Vakuf in una particolarmente delicatissima posizione» 1180>. VARKAR VAKUF

Il paese si trovava al limite della linea di demarcazione e nel presidio, comandato dal maggiore Barnabò, c'era anche un battaglione croato, con distaccamenti nelle località viciniori, che per la loro scarsa consistenza costituivano appetibili obiettivi per i ribelli, fossero comunisti o cetnici. Ma se i cetnici della zona cercavano di evitare gli scontri con i reparti italiani, i comunisti non facevano alcuna distinzione, ed il soldato italiano doveva «far frònte a tutti per non abbandonare i croati alla loro sorte» <181 >. Un comportamento diverso da parte italiana non era possibile, malgrado il rischio di inimicarsi i cetnici, con i quali era in atto, se non proprio un'intesa, certamente un modus vivendi. Il 5 gennaio, il comando italiano aveva inviato una compagnia oltre il bivio di Glamoc «per incontrare ed accompagnare a Varkar Vakuf 41 slitte cariche di legna per il fabbisogno del battaglione. Insieme ai boscaioli è stato inviato dal Drenovié [capo cetnico - n.d.a.] un suo fiduciario per controllare se questa legna non venga data,


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anche solo in parte, ai croati» <182>. L 'aggrovigliata situazione locale, evi-dentemente, faceva apparire tollerabile questo controllo, forse anche per accertare chi fosse più o meno favorevole agli italiani. Alcuni giorni prima (2 gennaio) i ribelli avevano condotto un'azione coordinata contro i paesi di Majdan e di Liskovica (a sud e a nord-est di Varkar Vakuf), conseguendo pieno successo. (CARTINA N. 4). A Majdan il reparto croato, alle prime avvisaglie dell'attacco, aveva abbandonato la località e quarantacinque domobranci, inviati in soccorso da Varkar Vakuf, erano caduti in un'imboscata perdendo ventisette uomini fra morti e feriti <183>. Il successo dei ribelli fu ancora più agevole a Liskovica, difesa soltanto da una cinquantina di civili armati che vennero sopraffatti. Gli abitanti si dettero alla fuga ed i ribelli incendiarono il villaggio <184>. Le due azioni , condotte dalle bande del Solaja, dello Stojanovié, di Dmitar Kovacevié, di Uro~ Drenovié seminarono il panico fra gli abitanti dei paesi vicini che, abbandonate le case, cercarono asilo a Varkar Vakuf, creando problemi quasi insolubili, poiché erano nuove bocche da sfamare, oltre ai quattromila rifugiati che già si trovavano nel paese <185>. Per provvedere ai domobranci di presidio, rimasti anch'essi senza viveri, le autorità civili locali avevano posto «a carico di ogni famiglia croata un soldato affinché provveda al suo sostentamento» 086>. A Varkar Vakuf, se le condizioni dei soldati italiani, e soprattutto croati, in quel disagiato inverno, non dovevano essere brillanti, per gli abitanti furono estremamente gravi. Per il vettovagliamento e per i generi di prima necessità la popolazione dipendeva in larga parte dai rifornimenti . che arrivavano dalla città di Jajce, al di là della linea di demarcazione. Ma, dopo la conquista di Majdan da parte dei ribelli, le comunicazioni erano rimaste interrotte ed anche un'azione in forze delle truppe croate di Jajce non aveva avuto successo 087l. A fine gennaio, a Varkar Vakuf, i viveri già razionati, erano sufficienti per una diecina di giorni, ed il capitano distrettuale, cioè il vice-prefetto croato, parlando con un ufficiale italiano, disse che la popolazione stava «perdendo sempre più la fiducia nelle autorità locali e [... ] che non sarebbe improbabile che di fronte all'avvicinarsi della fame molti passassero al campo dei ribelli» 088>. Dal canto suo, il comando della 'Sassari' riferiva che «i cetnici, che probabilmente hanno compreso quale sia la reale situazione [della popolazione - n.d.a.], stanno dando una caccia spietata a tutti i croati e mussulmani per impedire loro di uscire da V. Vakuf, ove evidentemente sperano di ridurli per fame. I croati e mussulmani non avendo più la possibilità di uscire dal paese per procurarsi legna, stanno compiendo vere devastazioni in paese abbattendo tutti gli alberi e le palizzate» <189>, ed «il tifo esantematico tra la popolazione civile [... ] assume proporzioni allarmanti» 0 90l_


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CARTINA N. 4

(scala I :325 .000)

Settore settentrionale deJla divisione 'Sassari' durante l'inverno 1941 -1942. La linea (linea di demarcazione) indica i limiti del presidio italiano nel territorio croato fra le truppe italiane (ovest) e quelle tedesche (est).


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Intanto i rapporti fra Uros Drenovié ed il comando italiano si erano fatti più cordiali, e la sua collaborazione si dimostrò prezios~. Ai primi di febbraio, quando i comunisti prepararono un attacco contro il distaccamento italiano posto a difesa d'un ponte sulla strada Varkar Vakuf-Kljuc, il Drenovié si oppose decisamente «dislocando in zona alcuni suoi gregari col preciso compito di impedire qualunque tentativo dei comunisti ai danni delle nostre truppe» <191>, e questo atteggiamento lo fece entrare in conflitto con l'altro capo cetnico della zona, Dmitar Kovacevié, che si stava spostando in campo comunista <192>. Il Drenovié, nei colloqui con il maggiore Barnabò, comandante del presidio, manifestò anche velleità politiche proponendo la costituzione di «un governo indipendente che comprenderebbe le zone di Kljuc -Varkar Vakuf-Glamoc» <193>e, naturalmente, alle dipendènze del generale Mihajlovié; i serbi avrebbero assunto i poteri civili collaborando con i comandi italiani <194>. Il 15 febbraio giunsero a Varkar Vakuf alcune compagnie croate al comando del maggiore Rataj, ma il loro arrivo provocò l'afflusso in zona delle bande, ed il 24 lo stesso Drenovié «faceva pervenire al battaglione croato un ultimatum di resa entro 12 ore perché altrimenti avrebbe attaccato» <195> il paese. Varkar Vakuf era presidiata da un battaglione bersaglieri del 4° reggimento e da una batteria da 75/13, oltre che dai domobranci, ma questi erano «in critiche condizioni di equipaggiamento con viveri scarsissimi e senza munizioni» <196>. Il maggiore Bamabò riuscì a dissuadere il Drenovié ma non ad impedire che le altre bande attaccassero il paese; però i reparti italiani ed il battaglione croato non furono colti di sorpresa poiché «il capo cetnico Uros Drenovié si è dimostrato in questa occasione nostro amico avendo avvertito dell'attacco 8 ore prima e non avendo partecipato allo stesso» 097l. La pesante azione dei ribelli - circa duemila armati proseguì il giorno successivo. «Alla fine, con le forti perdite subite, il nemico si è ritirato lasciando sul terreno 40 morti oltre a quelli che indubbiamente si sono portati dietro[ ... ]. La popolazione di Varkar Vakuf, riconoscente, ha intitolato una strada del paese con il nome del maggiore Barnabò, comandante valoroso del presidio» <198>. Da parte sua, il maggiore Rataj, comunicò allo Stato Maggiore croato che «attacco veniva brillantemente stroncato da truppe italiane», ed aggiungeva: «nostro battaglione privo munizioni et viveri est nella impossibilità di svolgere qualsiasi azione» 1199l . Il maggiore Barnabò, a sua volta postillava il telegramma con queste parole: «Per parte mia segnalo al S.M. [Stato Maggiore - n.d.a.] croato lodevole condotta personale maggior Rataj che mancando il suo battaglione di munizioni per svolgere una ·qua{siasi azione tutto suo rischio e pericolo ha fatto quanto possibile per rendersi utile» <200l.


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Ma altre volte la collaborazione, sia pure passiva, delle truppe croate veniva a mancare o, peggio, come a Bileéa il comando dei ribelli era «tenuto al corrente della dislocazione, consistenza, movimenti di quel nostro presidio [italiano - n.d.a.] da un ufficiale dei reparti croati, ivi dislocati» l 201 J. II generale De Blasio, capo di Stato Maggiore della 2 • Armata, segnalando il fatto alla missione militare italiana a Zagabria, pregava d'intervenire presso lo Stato Maggiore croato per ottenere l'allontamento del «sospettato [... ] sottotenente [... ] che intrattiene rapporti di amicizia con noti elementi ribelli del luogo» <202J, e per far presente che i «ribelli vengono riforniti di armi e munizioni da ufficiali croati di Bileéa, alcuni dei quali, tra cui il capitano [... ] avrebbero giurato fedeltà al movimento partigiano [... ]. Inoltre lo scarso addestramento, la deficienza d'armamento, l'indisciplina e la dubbia fedeltà di molti ufficiali e soldati del reparto croato [... ] rendono assai problematico l'affidamento che si può fare su di loro» <?03J_

*** Le carenze di cui soffriva l'esercito croato erano preoccupanti, non soltanto per lo scarso apporto sul piano militare ma, soprattutto, perché la debolezza dei reparti stimolava i ribelli ad attaccarli, ed i facili successi diventavano un'efficace arma di propaganda. Ma, assurdamente, per molta parte questa situazione doveva esser imputata ad un particolare orientamento dello stesso Poglavnik, che il generale Oxilia, capo della missione italiana a Zagabria, aveva segnalato a Roma. In alcuni colloqui, il Capo del Governo croato gli aveva esposto, anche se sommariamente, <<quello che dovrebbe essere il suo programma militare della futura organizzazione delle Forze Armate croate», cioè privilegiare gli ustascia perché «non ha fiducia nell'esercito» <204i, Se già, di per se stessa, questa affermazione era grave, ben più sconcertante fu il seguito del discorso di Pavelié. «Ho voluto compromettere e lascierò compromettersi sempre più l'esercito di fronte alla Nazione, facendo apparire le sue deficienze morali nella guerriglia contro i ribelli» <205J_ Allo sbalordito generale Oxilia, che cercava di fargli comprendere i pericoli insiti in un programma del genere, dato «il malcontento e il disagio morale già esistente nell'esercito[ ... ] che ha sempre almeno una larga forza materiale nelle armi di cui dispone» <2°"i, Pavelié oppose d'escludere pericoli di sommosse o di ribellioni, poiché «gli ufficiali dell' esercito sono dei vili in proposito. Essi chiacchiereranno, si lamenteranno, vocifereranno, ma non avranno il coraggio di far nulla di simile, perché non ne hanno la capacità e la forza morale>> <201l. II generale Oxilia, tutt'altro che


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convinto, concludeva la relazione con un «può darsi che per mentalità balcaniche queste modalutà, anche se sembrano pericolose, rispondano agli scopi>> t2os>.

OSTRELJ II 27 febbraio, la compagnia distaccata ad Ostrelj (a circa due terzi della strada fra Dervar e Bo.sanski Petrovac), riuscì a rompere l'accerchiamento che durava da ventiquattro giorni e, con una dura marcia notturna, in mezzo alla neve alta, raggiunse Bosanski Petrovac (209i. Le difficoltà erano cominciate verso il 20 gennaio, quando il presidio rimase bloccato dalla neve e con pochi viveri. 11 31 gennaio, una colonna di quattrocento uomini con ottanta muli, partita da Dervar, era riuscita a rifornirlo !210l. Ma, subito dopo, i ribelli tentarono d'impedire ulteriori collegamenti. Una nuova colonna di rifornimenti, forte di seicento uomini ripartì da Dervar il 9 febbraio. «Alle 10.30 i nostri sciatori della colonna hanno attaccato un forte gruppo cji ribelli comunisti prevenendo fulmineamente il loro attacco. II nemico si è dato a precipitosa fuga dopo aver lasciato morti e feriti sul terreno. Nessuna perdita da parte nostra. Alle 12 la marcia prosegue difficilissima a causa della neve alta e della tormenta» (2 11i. Fu l'ultimo rifornimento. (CARTINA N . 5 - Pag. 54). II 20 febbraio, ad Ostrelj, i viveri erano quasi esauriti e le bande avevano stretto d'assedio il presidio. «Qualora oggi non venga provveduto al suo rifornimento aereo, quel presidio si troverebbe in condizioni criticissime», annotava nel diario storico il comando della 'Sassari'. Ed a sera aggiungeva: «Il rifornimento aereo non ha potuto esser effettuato>> r212>. li giorno successivo, ad Ostrelj, i soldati che stavano preparando un campo per il lancio dei riforimenti, vennero attaccati da circa trecento ribelli. «La compagnia si è riunita nelle casermette difensive per r~sistere all'attacco. Il nemico è rimasto nelle immediate adiacenze delle nostre posizioni circondandole da ogni parte. La compagnia di Ostrelj ha esaurito ogni riserva di viveri» r213>. Ancora una volta una colonna di trecento uomini partì da Dervar; «essa però non è riuscita ad avere ragione delle forze nemiche trincerate con armi automatiche[ ... ]. Ingaggiato combattimento abbiamo avuto I morto ed I ferito» r214l. Benché in quei giorni il presidio di Dervar si trovasse già di per sé in gravi difficoltà, ventiquattro ore dopo, un altra colonna, al comando del colonnello Ezio De Michelis, tentò di rifornire Ostrelj. «Sempre allo stesso punto [... ] la colonna ha incontrato forti resistenze nemiche. Dopo duro


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combattimento ha dovuto rientrare a Drvar non permettendogli l'alta neve alcuna possibilità di manovra. Perdite nostre 5 morti, 14 feriti, 3 dispersi>) <215l. Ad Ostrelj i soldati erano alla fame, tanto da indurrre il comandante a tentare una disperata sortita notturna fra il 26 ed il 27 febbraio. L'iniziativa ebbe successo, forse perché la compagnia non si diresse su Dervar, dove i ribelli avevano uno stretto controllo della zona, ma verso Bosanski Petrovac, ed il comando della 'Sassari' avrebbe segnalato «il magnifico comportamento di tutti i fanti della 9• compagnia del III/151 ° che dopo cinque giorni di digiuno hanno sopportato una marcia di circa 18 km. trasportando armi e munizioni a spalla)> (216l. Però, con il ripiegamento di questo presidio, la zona fra Bosanski Petrovac e Dervar rimase in mano ai ribelli, anche se alcune bande abbandonarono la zona. Sec.o ndo l'ufficio 'I', questo parziale ritiro dei rivoltosi era stato determinato «da alcuni elementi di Bos. Grahovo a noi amici che hanno persuaso gli armati di Cvjetnié e Boboljuske a rion combattere contro di noi» (211l. Sembrava, inoltre, che nella zona «il morale del nemico [fosseJ molto basso [... ]. L'arruolamento in massa effettuato dai comunisti nelle ultime settimane avrebbe dato cattivi risultati [... ]. Il nemico scarseggerebbe di munizioni e sarebbe privo di viveri. Il capo comunista Ljubo Babié e Milutin Moraéa sono partiti per Majkié Japra per rappresentare la situazione e chiedere viveri e munizioni» .(218l. ·

VAGANJ E SRB In quelle settimane, il comando della 'Sassari', sempre a causa della neve, incontrò altre difficoltà per rifornire il presidio di Vaganj, a nord di Tenìn. II 3 febbraio, da Tenìn era partito un trenino per portare viveri e rifornimenti, con a bordo un centinaio d'uomini. Ma, «causa le pessime condizioni atmosferiéhe dovute a bora ed a nevischio, il trenino giunto a Golubié non ha potuto proseguire per materiale impossibilità di farsi strada sia pure con l'aiuto di centinaia di spalatorh) (219>. Due giorni dopo venne fatto un nuovo tentativo. Presso Tiskovac, il trenino con gli spalatori rimase ancora una volta bloccato dalla neve (220l. Solo il 2 marzo sarebbe stato possibile rifornire Vaganj (22 1>, quando sembrava imminente un attacco di bande comuniste, e tre giorni dopo due compagnie del XII battaglione alpini raggiunsero il presidio. «Esse hanno trovato difficoltà a passare [... ] perché fatte segno a fuoco da parte dei ribelli appostati sull'alto>> (222l, ma riuscirono. Il 7 marzo, presidio e compagnie alpine ripiegarono su Bosansko Grahovo, <<dopo faticosa marcia su neve alta trasportando quasi tutti i materiali e viveri» <223l (CARTINA N. 5 - Pag. 54).


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*** Frattanto una crisi più acuta s'era profilata a Srb, presidiata dal XLIV battaglione della 72a legione camicie nere. Il 27 febbraio, una trentina di chilometri a nord di questa località, i ribelli avevano attaccato in forze il presidio di Donji Lapac (una compagnia di soldati italiani rinforzata da un plotone mitraglieri e da una compagnia di domobranc1). Il combattimento si protrasse per tutta la giornata. «Verso sera, gran parte della popolazione civile[ ... ) facendo causa comune coi ribelli aveva attaccato i nostri [italiani - n.d.a.] alle spalle» C224}, ed il reparto croato defezionò. Ogni ulteriore resistenza fu impossibile; le perdite ·della compagnia italiana ammontarono a ventitré morti, ventidue feriti, gli altri furono dati per dispersi. Forti del successo ottenuto e delle armi catturate, fra cui quattro pezzi da 65/ 17 (225>, i ribelli si diressero verso sud, ed il 1° marzo iniziarono l'investimento di Srb, con una forza stimata sui cinquecento uomini. Il paese era presidiato da trecentoventicinque camicie nere al comando del primo seniore (tenente colonnello) Armando Trevisan (CARTINA N. 5 - Pag. 54). All'alba del 4 marzo, le bande, ormai forti di circa duemila armati, attaccarono «con nutrito fuoco di armi automatiche e fucileria. La pressione è fortissima soprattutto nel tratto di fronte ovest» (226>. A sud, un plotone di militi retrocedette, e combattendo si attestò nell'abitato, mentre le altre postazioni respingevano insistenti attacchi. «Fra gli avversari vi sono molti che parlano in buon italiano, forse dalmati; questi gridano ai legionari invitandoli ad arrendersi dopo aver ucciso i propri ufficiali promettendo salva la vita e rimunerazione» (221>. L'azione del nemico si sviluppò durante tutta a giornata. «A sera, con le prime tenebre, nostri audaci [legionari - n.d.a.] escono con bottiglie di benzina e bombe a mano a ·incendiare pagliai e caseggiati già in mano al nemico che viene snidato ed allontanato [... ]. Le condutture dell'acquedotto sono state tagliate fin dal mattino. Siamo senz'acqua; per fortuna c'è molta neve» (228>. Il mattino successivo, altri nutriti scambi di fucileria. Il seniore Trevisan fece ripiegare nell'abitato due squadre mortai schierate a nord del paese. «I legionari [... ] che da 36 ore stavano abbarbicati in quota e distesi in mezzo alla neve ed al fango scendono sfiniti e a malapena si reggono in piedi» (229>, ma vennero subito impiegati contro le case più vicine occupate dai ribelli, sparando a tiro teso con le loro armi dentro le finestre (230l. Il 6 ed il 7 marzo, le camicie nere respinsero alcuni attacchi portati durante le prime ore del mattino e le giornate trascorsero fra intermittenti scambi di fucileria; il plotone mortai da 45 persistette nel centrare le finestre dalle quali i ribelli sparavano, constringendoli ad abbandonarle (23 1>. In questa lotta veniva inevitabilmente coinvolta la popolazione civile che non era


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CARTINA N.

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(scala I :325.000) Zona dei combattimenti di Ostrelj (nord di Dervar) (9-27 febbraio 1942); Donji Lapac (27 1ebbraioJ; Srb (4-26 marzo); \iaganj (5-7 marw). (La linea in basso indica il confine della Dalrr.azia annessa con lo Stato croato, quella in aho il limite fra la 2' e la J ' zona del presidio italiano del territorio croato).


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riuscita ad allontanarsi, e «da una casa scappa anche una donna con una bambina che abbandona sulla neve. Un legionario balza improvvisamente fuori dalla sua postazione, va a raccoglierla portandola entro le nostre linee mentre da una finestra gli sparano contro» <232l. Intanto il comando della 'Sassari', da Tenìn, aveva disposto l'invio a Srb del XIII battaglione alpini, di due compagnie del XIX, della 12 a compagnia mortai divisionale da 81, e di un plotone lanciafiamme, al comando del colonnello Carlo Ghé. I reparti cominciarono ad affluire nella zona della stazione di Zermagna-Vrelo, una ventina di chilometri in linea d'aria a sud di Srb <2331 • L'8 marzo, in un alba di bora e di tormenta improvvisa, senza l'appoggio dell'artiglieria, che non poté procedere a causa dell'innevamento <234J, i soldati su due colonne iniziarono il movimento. Il maltempo divenne proibitivo, il freddo sino a meno ventisette gradi bloccò le armi automatiche; la perdita dei collegamenti fra le colonne, i continui ed insistenti attacchi dei ribelli, consigliarono il colonnello Ghé di ordinare verso le 19.30 il ripiegamento. I reparti, scompaginati, con una marcia notturna in mezzo alla neve, rifluirono sulle basi di partenza nella mattina del 9 marzo, dopo oltre ventiquattro ore di continui spostamenti <235>_ Il bilancio delle perdite ascendeva a quattro morti, cinquanta feriti, ventinove dispersi, sessantacinque congelati o malati l 236>. (CARTINA N. 5). A Srb, nella stessa giornata dell'8 marzo, il comandante Trevisan aveva deciso di raccogliere le forze, e richiamò il reparto schierato ad ovest del paese. I legionari, che da nove giorni, all'adiaccio, avevano tenuto le posizioni, «dato il loro stato fisico (quasi tutti accusano qualche principio di congelamento) riescono a malapena a portare le armi e le munizioni; nelle postazioni sono state· abbandonate coperte e teli da tenda che raggelati han fatto tutt'uno con la terra; anche le salme vengono portate giù entro le nuove linee» <231>. I militi si trincerarono in sette case intorno alla piazza, raccordandole con camminamenti e trincee, e sui tetti apprestarono postazioni per i fucili mitragliatori.

Il giorno seguente poté aver luogo un rifornimento di munizioni per via aerea, ma parecchi involucri «cadono fuori dalle nostre linee; quelli dentro non possono esser subito raccolti a causa del fuoco nemico [... ]. A sera alcuni animosi riescono a ricuperare vari sacchi fra quelli caduti fuori dalle nostre linee. I sacchi non ricuperati sono sorvegliati da nostri fucilieri per impedire al nemico di raccoglierli. Si tenta anche di colpire con bombe da mortaio qualche sacco caduto troppo lontano per farlo saltare, ma inutilmente» <233>_ Si ebbero, poi, alcuni giorni di relativa calma, ed i legionari


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riuscirono a preparare un rancio caldo, mentre per via aerea arrivarono più precisi rifornimenti <239>. Il 12 marzo, in mezzo ad un'improvvisa nevicata, il nemico attaccò violenteme~te, appoggiato dal fuoco di mortai da 45, d'uno da 81 e da un cannone da 65/17. Era uno dei pezzi catturati a Donji Lapac, ed alcuni informatori davano presente, fra i ribelli, anche la compagnia dei domobranci passata ai comunisti C240l, L'assalto venne respinto, ma i rivoltosi non si rassegnarono ed il pomeriggio successivo rinnovarono il tentativo, anche questa volta senza successo C241>. «Tutte le case dei dintorni del caposaldo occupato dalle truppe sono in mano dei ribelli che tentano ad ogni costo di far cadere le nostre resistenze. Al nostro presidio comincia a mancare l'acqua in quanto la neve è quasi tutta disciolta e quella poca che rimane è molto sporca. La resistenza continua» <242>. Nuovamente - riferiva il seniore Trevisan - il 14, «verso le 11 il nemico spara contro le nostre postazioni con un cannone da 65 e con mortai da 81 e dopo intenso fuoco di fucileria attacca su vari tratti dei fronte , immediatamente respinto» <243>. Subentrò una pausa, e soltanto nella notte del 20 marzo, si verificarono più impegnativi scontri risolti a colpi di bombe a mano <244>. All'alba del 22 i ribelli tentarono un'azione in forze «con estrema violenza» sul lato · nord del caposaldo. «Il nemico si fa sotto più volte alle nostre posizioni esaltato ed ubriaco gridando ed intimando la resa. Viene sempre respinto e abbandona sul posto un fucile mitragliatore, alcune armi individuali, materiale vario e munizioni che vengono prontamente catturate da alcuni legionari che esèono sotto il fuoco nemico protetti dall'aviazione, dalle nostre armi automatiche e da lancio di bombe a mano» <245l . Il cielo, sgombero da nubi, aveva consentito l'intervento dell'aviazione che dalle 9 del mattino alle 16 spezzonò e mitragliò le posizioni del nemico. Due spezzoni caddero dentro il caposaldo, fortunatamente senza danno per i legionari <246>. Il comando della 'Sassari', frattanto, aveva disposto il concentramento a Zermagna di nuove forze, al comando del tenente colonnello Pio Laerte Zanotti C247>, L'azione di sbloccamento era stata fissata per il 23 marzo ma, «causa le avverse condizioni atmosferiche, bora e neve, non ha potuto esser effettuata» <24si. I reparti, accantonati o attendati a Zermagna, attesero due giorni, mentre venivano presi accordi «con il pope Djujié capo di una banda di cetnici [... ] per una azione concomitante con quella nostra su Srb; egli si è impegnato a circondare con i suoi armati la zona di Ljubino Polje con tre colonne» <249>, in modo da proteggere a largo raggio il fianco destro dei reparti italiani. La colonna Zanotti, il 25 mattina, lasciate le basi


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di partenza, fu subito ostacolata da forti nuclei ribelli che opposero dura resistenza, piegata con largo impiego dell'artiglieria. Da parte italiana cadde un ufficiale e si ebbero quattordici feriti <250>. A sera, i soldati si attestarono all'adiaccio sulle posizioni raggiunte, mentre nelle retrovie altri reparti provvedevano a spalare la neve per consentire ai pezzi di serrare sotto. Nella notte, sulla sinistra, lungo la linea ferroviaria, i ribelli attaccarono un casello ferroviario presso Malovan, difeso da otto soldati: uno fu ucciso, un'altro ferito e sei caddero prigionieri, «probabilmente uccisi in seguito» c251>. Il casello venne dato alle fiamme, divelte due campate del binario, e poco dopo anche la.stazione di Malovan fu attaccata, ma i ribelli vennero respinti <252>. Con le prime luci dell'alba, i reparti che avevano passato la notte all'adiaccio, ripresero combattendo la faticosa marcia su Srb. Finalmente «le forze comuniste[ ... ] hanno ripiegato ed in fine sono fuggite lasciando sul terreno una cinquantina di cadaveri» <253>. «Alle 16 - scrisse nella sua relazione il primo seniore Trevisan - avvistiamo le avanguardie cielle nostre truppe che avanzano combattendo. Alle 16.30 il plotone esploratori del 2° btg. del 151 ° fanteria raggiunse il nostro sbarramento a sud [... ]. Magnifica l'azione del plotone esploratori [... ] che arriva d'impeto e che è accolto con entusiasmo indescrivibile dai legionari tutti» <254>_ I reparti italiani ricevettero l'ordine di agire in ritorsione, ed a sera la valle del Srb era in fiamme <255>. Durante la notte i legionari, insieme con le truppe sopraggiunt~, ripiegarono portando a spalla armi, munizioni e le salme dei caduti. Il XLIV battaglione durante l'assedio, aveva avuto venti morti, cinquanta feriti, due dispersi, diciannove congelati curati al posto di medicazione e quaranta leggeri rimasti in linea <256>. Non si poterono accertare le perdite dei ribelli, ma certamente non furono lievi, e corse voce che fra i caduti vi fosse Nikola Kotle, il commissario politico della zona della Kraina, ed il capo comunista Gojko Polovina <251>.

••• Mentre le truppe della 'Sassari' erano impegnate nello sbloccamento di Srb, gruppi di ribelli, anche se non consistenti, avevano attaccato il paese di Verlicca ( = Vrlika) a sud di Tenìn, desistendo quasi subito di fronte alla resistenza incontrata <258>. Una banda, con un'imboscata, catturò i passeggeri della corriera per Tenìn e, lasciati liberi quattro militari croati 'ed un soldato italiano che erano fra i passeggeri, condussero sul Dinara due gendarmi, un operaio croato, ed il caposquadra dell'Azienda autonoma della strada, Ferruccio Budai, che aveva con+se le paghe per gli


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CARTINA N.

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(scala l :500.000)

Sgombero di Sanski Most (13-27 marzo 1942). La linea (linea di demarcazione) indica i limiti del presidio italiano in Croazia con quello tedesco.


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stradini, e li uccisero. Si salvò uno dei gendarmi il quale, ferito, si era finto morto, e successivamente raggiunse il non lontano paese di Verpoglie ( = Vrpolje) <259>_ Questi fatti, cronologicamente, costituirono le avvisaglie di un periodo notevolmente complesso nella seconda zona, che si ripercosse anche nei territori del Governatorato della Dalmazia. ·

SGOMBERO DI SANSKI MOST - SBLOCCO DI BOSANSKO GRAHOVO E DI DERV AR Mentre i reparti italiani stavano uscendo dalla crisi invernale, 1'8 marzo i comandanti dei corpi d'armata ricevettero dal generale Roatta un telegramma che aveva la sostanza d'un richiamo: <<Constatato che il raggruppamento dei presìdi disposto con foglio [.. . ] et di cui est ordinata esecuzione con telescritto 3141 del 26 febbraio e.a. (,) procede molto lentamente [... ] invito a non perdere tempo (,) e ad eseguire gli ordini avuti con le modalità stabilite» <260>. Certamente Roatta non ignorava la realtà della situazione, anche se la perentorietà delle sue parole era temperata da un «salvo nei casi di impossibilità operative». Ma il raggruppamento dei presìdi era la «premessa indispensabile per un successivo raggruppamento di forze mobili destinate ad operazioni in grande» <261 >, cioè l'ormai prossima azione in comune italo-tedesco-croata. Però il piano di riunire i presìdi con il correlativo abbandono di diverse località, pose un problema che, sino a quel momento, forse non era stato pienamente considerato: la sorte delle popolazioni, poiché non vi erano precisi accordi con il Governo di Zagabria in merito alla sostituzione .dei reparti italiani con quelli croati e, per di più lo Stato Maggiore dell'esercito croato aveva disposto il movimento di alcuni suoi presìdi, senza avvertire le autorità militari italiane. II 12 marzo, si presentò al comando italiano di Kljuc «una delegazione mussulmana dei villaggi del comune di Sasina per supplicare che l'ordine di trasferimento delle truppe croate sia revocato perché altrimenti tutti i croati saranno massacrati. Tale popolazione in preda al terrore sta riversandosi su Sasina e tende a proseguire verso Kljuc portando seco il bestiame» <262l. Il reparto croato rimase sul posto ed il 1O aprile, attaccato da bande comuniste, le respinse dopo sette ore di combattimento <263l. (CARTINA N. 6). Il 13 marzo cominciò il ripiegamento del presidio italiano di Sanski Most (battaglione bersaglieri 'Zara') su Kljuc c264l . Vivissimo ed immediato


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l'allarme tra i croati ed i mussulmani, nel timore di restare esposti alle vendette degli ortodossi, dei cetnici, dei comunisti, ed i notabili di Sanski Most inviarono a Pavelié il seguente telegramma: «Le truppe italiane lasciano Sanski Most et vanno a Kljiuc alt La città est circondata da ribelli che attaccheranno non appena gli italiani andranno via dal presidio di Sanski Most alt In città est grande panico et popolazione non deve restare senza italiani et tutti :vogliono abbandonare la città alt In nome di tutti i croati di Sanski Most prego che le truppe italiane restino a Sanski Most» <265>. Tuttavia, il 22 marzo venne completato il trasferimento del battaglione 'Zara' <266), ed alla fine del mese anche il presidio di Varkar Vakuf iniziò i preparativi per ripiégare su Kljuc. Preoccupati dalla partenza dei soldati italiani, anche il comandante del battaglione croato che si trovava a Varkar Vakuf, maggiore Rataj, il capitano distrettuale, il logornik Samunovié, telegrafarono a Zagabria facendo presente che, senza le truppe italiane, era necessaria una guarnigione di mille uomini per·difendere la città, mentre sul posto c'erano un trecento soldati croati con poche armi automatiche e senza artiglieria. Chiedevano, inoltre, «invio quanto prima viveri per popolazione che est affamata ed anche per soldati croati» <261 >, avvertendo che se i rinforzi non fossero arrivati «popolazione afferma che seguirà truppe italiane e altrettanto verrà fatto da maggiore battaglione croato. Se così non sarà fatto seguirà immediato attacco da parte ribelli che seguono attentamente ogni nostra mossa. Essendo croati impossibilitati difendere da soli città popolazione verrebbe scannata truppe distrutte» !268 >. Il movimento del presidio italiano fu sospeso, ma la situazione ·divenne sempre più precaria, ed il 22 aprile il comandante della 'Sassari' telegrafava al comando del XVIII Corpo d'armata segnalando che a Varkar Vakùf, da parte croata, con la popolazione alla fame, vi era stato un solo rifornimento aereo di trecento chilogrammi di granoturco che avrebbe dovuto servire per diecimila persone, ed aggiungeva: «Nostra forzata permanenza in quel presidio pone in grave crisi tutta nostra prevista organizzazione territorio e progettate operazioni per sbloccamento Petrovac e Kljuc <269>. Il ripiegamento del presidio italiano iniziò il 27 aprile, subito dopo l'arrivo di un battaglione croato t270>. Le preoccupazioni degli abitanti delle località che venivano sgomberate erano tutt'altro che infondate, anche se in alcuni paesi restavano reparti di domobranci, perché - annotava la 'Sassari' - le truppe croate «stanno in parte disertando; alcune rifiutano di effettuare i trasferimenti ordinati per stare a guardia delle loro case, altre passano ai comunisti» <211 >. A Bosanski Petrovac il 20 marzo la compagnia del presidio croato; al comando d'un tenente e d'un sottotenente, era uscita dal paese apparent.emente per


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rifornirsi di legna. Ai soldati s'erano aggregati due civili, i fratelli Dusan e Stevo Rokvié che, ad un dato momento, si portarono all'altezza delle pattuglie di sicurezza, ed armi alla mano, le fermarono mentre il sottotenente ordinava ai soldati di buttare a terra le armi. Quindi il tenente «leggeva loro un ordine di partenza per la Russia; diceva loro inoltre che la Croazia era in completo sfacelo e che perciò era meglio passare ai comunisti» <212>. Intanto, da alcune case vicine, era uscito un gruppo di comunisti guidato da Milan Zorié che, circondati i soldati, s'impossessarono delle armi. Una decina di militari riuscì a fuggire e, disarmati, tornarono a Bosanski Petrovac. In tutto passarono ai ribelli ventotto mussulmani e quattordici croati; i comunisti s'impadronirono di cinque fucili mitragliatori e quaranta fucili. Il comandante italiano di Bosanski Petrovac pose la residua forza di ventisette soldati croati agli ordini del tenente della locale · gendarmeria, fece occupare gl1 accantonamenti, e prese sotto controllo armi e materiali C273J. Nella relazione di fine marzo, il comandante del VI Corpo d'armata scriveva che i croati, anche se formalmente decisi a difendere l'indipendenza del loro Stato, a sostenere le rivendicazioni sulla Dalmazia italiana, a riprendere le persecuzioni contro gli ortodossi, sostanzialmente erano sfiduciati, «sempre pronti a sottrarsi alla lotta ed al pericolo; spesso e volentieri favoreggiatori direttamente o indirettamente delle bande partigianocomuniste in relazione alla lotta ormai esistente fra questi ultimi e le formazioni cetnico-nazionaliste; decisamente a noi ostili nella realtà dei fatti se non nella forma, ma indecorosamente supplichevoli ogni volta che il pericolo li consiglia a chiedere aiuto e protezione alle nostre truppe» <274>. Nello stesso tempo, il generale Dalmazzo segnalava la crescente combattività delle bande dei rivoltosi, la ferocia dei capi, lo stato di terrore in cui vivevano le popolazioni delle zone non controllate dalle truppe italiane; paesi ed ambienti che costituivano un vero serbatoio per il rifornimento di uomini, viveri e mezzi alla ribellione. D'altro lato i cetnico-nazionalisti manifestavano una più accentuata ricerca di autonomia, anche se ancora trovavano «notevoli difficoltà e resistenze per la combattività e ferocia dei partigiani che cercano di stroncare al suo inizio il movimento stesso [... ], dimostrazione evidente della sua importanza: si deve riconoscere che se l'attività nazionalista fosse stata organizzata in precedenza, la situazione sarebbe sostanzialmente diversa» <275 >. Il movimento cetnico-nazionalista, «resosi ormai padrone della situazione in Serbia,- proseguiva il comandante del VI Corpo d'armata affermatosi con successo in varie zone del Montenegro, ancora in stato di organizzazione nella Bosnia meridionale e nell'Erzegovina ha imposto una


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maggiore colleganza fra i diversi gruppi in lotta nelle zone soggette alla giurisdizione di questo C.A. [corpo d'armata - n .d.a.] e nei territori del Montenegro» <216>. Infido ed incerto l'elemento mussulmano, per lo più orientato verso una politica d'avvicinamento ai serbo-ortodossi, ed attratto dall'idea di una possibile indipendenza della Bosnia-Erzegovina sotto protettorato italiano. I contadini apparivano generalmente favorevoli all'Italia e contrari ai comunisti; gli operai, i piccoli commercianti, invece, erano tendenzialmente filo-comunisti non tanto per convinzione ideologica quanto per sfruttare la situazione e compiere razzie o vendette personali, specialmente a danno dell'elemento serbo nelle zone ove questo era in minoranza <277>.

*** Il comando della 'Sassari', riavuta la disponibilità delle truppe impiegate a Srb, pianificò l'operazione per sbloccare i presìdi di Bosansko Grahovo e di Dervar <218>. Il movimento ebbe inizio il mattino del 4 aprile dalla zona di Stermizza t279>_ Senza incontrare resistenze apprezzabili, ma superando consistenti interruzioni stradali, la colonna di destra, sotto una pioggia battente, raggiunse Bosansko Grahovo poco dopo mezzogiorno, ed oltrepassò il paese attestandosi sulle quote a nord. La colonna di sinistra procedette più lentamente per la fitta nebbia ed il terreno difficile, molestata qua e là dal tiro avversario, e sostò sulle posizioni raggiunte, sistemandosi a caposaldo per il pernottamento <280>. Frattanto bande comuniste avevano attaccato il paese di Marinkovci, ed il comando italiano per prevenire una -pressione sul fianco, inviò in zona le bande cetniche del pope Djujié e di Branko Bogunovié, appoggiandone l'azione con l'artiglieria <28 1>. Il giorno dopo, senza incontrare particolari resistenze, venne raggiunta Resanovci <282>. Nello stesso tempo il presidio di Dervar di fronte ad una rinnovata pressione comunista da nord, aveva iniziato con l'artiglieria «la sistematica distruzione di tutte le case che si trovavano nelle linee nemiche» <2s3J. I ribelli ripiegarono ed alcuni reparti del presidio occuparono il costone a nord-est della città <284>. Le bande comuniste della zona, contrariamente alle previsioni, non opposero una resistenza organizzata, denunciando - probabilmente per stanchezza, fatiche, privazioni - un improvviso sbandamento, tanto che, quasi senza combattere 1'8 aprile, nel pomeriggio, la prima colonna italiana poteva entrare a Dervar <285>. Concluso il lungo isolamento del presidio, si dovette provvedere immediatamente per la popolazione, che era allo stremo . Fu largamente rifornita con «farina bianca, granoturco, sigareue. li -


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quori. Il morale è in rialzo [... ]. Permane la preoccupazione per quanto riguarda parenti ed averi nel circondario [... ] . In complesso la popolazione respira meglio» <286' . Diversa la situazione nelle campagne, dove la gente era «ridotta alla fame e alla più cupa disperazione, poiché è tiranneggiata e vessata dai comunisti. La maggioranza vorrebbe tornare alle proprie case, anche se bruciate, molti tentano di venire a Dervar per chiedere aiuti e protezione. Le pattuglie rosse però lo impediscono con tutti i mezzi. Invocazioni pietose di aiuto giungono a-Drvarn <237) . Alcuni giorni dopo lo sbloccamento, a Tenin, il gran zupano Sincié indisse una riunione con il commissario civile di Dervar, capitano Vincenzo Marussi, ed alcuni notabili del paese. «Il prefetto - dopo aver caldeggiato l'insediamento dell'autorità civile [croata - n.d.a.J di Dervar, a seguito delle ragioni espostegli ha soprasseduto al provvedimento, lasciando l'amministrazione civile allo stato attuale, e cioè: capitano Marussig [recte: Marussi] commissario civile; una consulta di tre persone composta da elementi locali <288' . A Bosansko Grahovo venne nominato il nuovo capitano distrettuale nella persona di Velimir Tesanovié, maestro del luogo; era la prima autorità civile che assumeva il proprio ufficio nel paese dopo l'abbandono della zona da parte dei responsabili croati sin dalla precedente estate <239>, Concluse le operazioni su Dervar, pur dovendosi ancora effettuare il ripiegamento dei presidi di Varkaf Vakuf, Kljuc e Bosanski Petrovac, la crisi invernale, sia pure a costo di vite umane e di sacrifici, era stata superata. Le forze armate italiane riprendevano la loro mobilità, e dal 23 aprile si sarebbe sviluppata la operazione 'Trio' che - riteniamo - per la prima volta nella storia della seconda guerra mondiale, avrebbe visto operare truppe tedesche agli ordini d'un generale italiano.

LA LETTERA DI VON KEITEL E LA COOPERAZIONE ITALO-TEDESCO-CROATA A metà gennaio, il generale Giovanni Oxilia, capo della missione militare italiana a Zagabria, aveva segnalato che la ribellione cetnico-comunista, inizialmente localizzata sui monti Romanija (est di Sarajevo), lungo la valle della Orina e nelle zone contigue al Montenegro, si stava estendendo anche al resto della Croazia. li ministro Luca Pietromarchi , in un appunto per Ciano, riassumeva la relazione di Oxilia nei seguenti termini: «La ribellione si è aggravata in questi ultimi tempi, sia per il fatto che le azioni di


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rastrellamento compiute unilateralmente dai tedeschi in Serbia hanno avuto come risultato di riversare in Croazia buon.numero di nuclei ribelli, sia in relazione all'accresciuta organizzazione nel campo ribelle, sia per effetto della incapacità croata ad azioni di qualche efficacia e dell'insufficienza dell'azione tedesca dovuta alla scarsità numerica (e in parte anche qualitativamente) delle truppe controllanti ampie zone» <290>, Quindi commentava: «È [... ] prevedibile che, aggravandosi ed estendendosi la rivolta, si voglia ricorrere nuovamente a noi, tanto più che le popolazioni locali neutre (mussulmani, croati e quella piccola parte di serbi che aspira effettivamente alla pacificazione) molto si aspettano da noi» <291>. Ma i primi ad auspicare un'intervento dell'Italia sembravano essere, anche se con criteri diversi, gli stessi esponenti croati a cominciare dal ministro per gli affari esteri, Mladen Lorkovié. In un colloquio con il capo della legazione d'Italia a Zagabria, Raffaele Casertano, aveva sottolineato il favore con cui il Governo croato vedeva un rafforzamento dei presìdi italiani nella terza zona, soprattutto per «dare sicurezza alle località più abitate e tenere libere da ogni minaccia le vie di comunicazione, nel quadro di una concreta collaborazione militare tra reparti italiani e croati, agli ordini del Comandante della nostra Armata [la 2a Armata - n.d.a.]» <292>. Se per il ministro Lorkovié il problema dei rivoltosi andava affrontato sul piano militare, il sottosegretario di Stato alla pubblica sicurezza, dottor Vjekoslav Vrancié, considerava più efficace un'azione politico-propagandistica per isolare l'elemento comunista dal resto della popolazione <293>, Più complesse le considerazioni del ministro per le finanze, Vladimlr Kosak: questi, attribuendo il dilagare della rivolta ai «nuovi eccidi e alle nuové persecuzioni commesse dalla Polizia ustascia a seguito degli ordini di Kvaternik junior» <294>, si dimostrava preoccupato, perché se entro febbraio la situazione non fosse stata chiarita «con l'allontanamento del Capo della Polizia [Kvaternik jr., cioè Eugenio - n.d.a.] il Governo si troverà in una situazione precaria» <295>, e chiedeva apertamente l'aiuto dell'Italia. Dopo i patti di garanzia e collaborazione del maggio 1941 - a suo giudizio - anche Roma aveva «agli occhi della popolazione croata, una qualche forma di responsabilità per quanto riguarda la politica del Governo di Zagabria» <296J, Diverso il pensiero di Pavelié. Per il Poglavnik, gli ortodossi dovevano esser riguadaganti alla causa croata dando loro assistenza e lavoro, specialmente attraverso una decisa politica di conversione al cattolicesimo. Egli era «convinto che l'unità nazionale e la tranquillità degli spiriti saranno raggiunti con l'unità religiosa» !29'l, ed avendo "trovato appoggio nel Clero soprattutto da parte del Delegato Apostolico [mons. Ramiro Marco-


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ne - n.d.a.]»(298l , riponeva molte speranze nel buon esito del progetto. Per Pavelié le forze armate e le autorità militari italiane avevano tutto l'interesse di facilitare questo piano, che «varrà a limitare i focolai di ribellione ed allontanerà il pericolo di accordo e connivenza tra comunisti e ortodossi, la quale cosa determinerebbe un serio aggravamento della situazione nella prossima primavera» <299>. Il Poglavnik passò anche all'attuazione di questo programma politicoreligioso, e con un decreto del 3 aprile istitui la Chiesa ortodossa croata indipendente (3ooi. Il testo venne diffuso con un manifesto diretto alla «popolazione greco-orientale (ortodossa)», e riportava in dettaglio le vicende che avevano preceduto la costituzione di questa chiesa autocefala, facendola apparire come una spontanea e pressante richiesta di «rappresentanti dell'associazione ortodossa croata della chiesa ortodossa croata a Zagabria» 1301>. Il 9 giugno fu pubblicato lo statuto della nuova Chiesa, con le sue strutture e le gerarchie: il patriarca, il concilio ecclesiastico, i vescovi con i loro tribunali, le parrocchie e le amministrazioni delle comunità locali. Il patriarca - Djordje Maximovié-lvanovié - assumeva il titolo di Patriarca della Chiesa croato-ortodossa e Metropolita di Zagabria; il territorio della Croazia veniva suddiviso in quattro diocesi (Zagabria, Sarajevo, Brod, Petrovac); in tutte le località con più di quattrocento famiglie ortodosse, il Governo croato avrebbe istituito e sussidiato nuove parrocchie; sarebbero stati corrisposti adeguati emolumenti agli ecclesiastici e, dal patriarca al pope, avrebbero prestato giuramento di fedeltà a Pavelié <302>. In tal modo, se nei primi mesi del 1942 tra i dirigenti di Zagabria era comune la consapevolezza del pericolo sia ortodosso che comunista, mancava invece un univoco orientamento sul modo d'affrontare il problema, però tutti attendevano l' aiuto dell'Italia. La situazione croata, d'altra parte, non lasciava tranquille le autorità italiane, ed il generale Cavallero, già a gennaio aveva considerato la «possibilità di far stroncare le ribellioni in Croazia da parte dell'esercito Croato appoggiato dal nostro» (303>. Ai primi di febbraio, il generale Ambrosio, nella sua veste di capo di Stato Maggiore dell'esercito, affrontando lo stesso problema - nel più vasto e tortuoso panorama delle relazioni italo-croate - in una memoria diretta al Comando Supremo sosteneva che le intese con Zagabria avevano bisogno di «un pronto ed energetico intervento [... ) specie allo scopo di normalizzare i rapporti con i croati e quelli con i cetnici» <304>. Nonostante le dichiarazioni ufficiali, a suo giudizio, le autorità croate erano sempre state più o meno o.stili ali' Italia ma, ora, anche gran parte della popolazione, prima favorevole o indifferente, stava manifestando un analogo atteggiamento, nella supposizione che la 2 a Armata avesse, soprattutto, il com-


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pito «politico di dar man forte al governo croato ed ai suoi esponenti più tumultuosi e invisi, gli ustascia» <305>_ Da qui la necessità di parlar chiaro al Governo di Zagabria, invitandolo a considderare !'«assoluta convenienza [... ] di collaborare lealmente [... ] e di evitare il sistema della resitenza passiva e dell'azione subdola ai nostri danni» <366>. Parlando dei cetnici, Ambrosio faceva notare che non soltanto una larga aliquota non aveva ancora fatto causa comune con i comunisti ma,' anzi, una parte non trascurabile di questa aliquota appariva disposta a combatterli. I cetnici però, erano decisamente contrari al Governo di Zagabria, e non si sarebbero adattati «a far causa comune con Italiani e Tedeschi che fossero strettamente affiancati a detto governo [croato ·· n.d.a.]. In definitiva, per quanto a malincuore [... ] finirebbero col fare causa comune con i comunisti, pur di andare contro i Croati» <301>. Dal punto di vista militare, il generale Ambrosio, considerava l'opportunità «di ridurre al minimo gli avversari, nella eventualità che si giunga in tempo, per tenere separati i cetnici dai comunisti» <308>, prospettando l'evidente utilità d'un accordo con gli ortodossi, previe intese con i tedeschi e cercando d'indurre Zagabria ad entrare in quest'ordine di idee. Nello stesso tempo, non si nascondeva le difficoltà, sia perchè i comandi tedeschi stavano già tentando di monopolizzare il movimento cetnico ai loro fini «contatti sarebbero stati intrappresi fra il comando tedesco e capi cetnici, per indurli a collaborare con le formazioni del generale Nedié» <309> - sia perché gli stessi croati avevano cominciato a cercare un'intesa con gli ortodossi, ma in funzione antitaliana. Le condizioni della Croazia non rassicuravano neppure i comandi tedeschi, e consigliarono al Comando Supremo italiano di potenziare la 2a Armata. Ma il generale Cavallero, il 27 gennaio, annotava nel diario: «Per la situazione in Croazia informo von Rintelen [addetto militare tedesco a Roma - n.d.a.] che non conviene l'invio di nuove forze che non potrebbero essere utilizzate. In primavera, le masse dei ribelli saranno rinforzate ed allora agiremo. Ma bisognerà fare operazioni di polizia in grande stile, con un piano di azione comune» <310>. I tedeschi, però, non furono dello stesso parere, e non appena von Rintelen ebbe riferito l'orientamento di Cavallero, il feld-maresciailo Wilhelm von Keitel gli inviò una lettera sulla immediata «necessità di misure unitarie e totalitarie, al fine di spezzare definitivamente il movimento insurrezionale» <311>. Le prospettive che questa iniziativa tedesca lasciava intravvedere sul piano militare e su quello politico, richiedevano una valutazione ai massimi livelli, e Cavallero chiese che Palazzo Chigi esprimesse in merito il proprio parere.


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Il ministro Pietromarchi, con un 'appunto' <312> di commento, sottopose a Ciano la lettera di Keitel. Il feld-maresciallo partiva dalla constatazione che le condizioni della Croazia erano tutt'altro che favorevoli agl'interessi della Germania, ed attribuiva «gran valore al fatto che nei territori importanti per la sua economia bellica [del Reich - n.d.a.] regni la quiete e le vie del traffico rimangano sicure» C3 13J. Ma il comando tedesco potendo «destinare ai Balcani soltanto mezzi limitati di lotta» <314>, l!ra venuto nella determinazione di proporre un'operazione in comune fra le forze armate italiane, tedesche e croate nell'intera Croazia, poiché «sia per l'ampiezza del territorio che per le difficoltà del terreno, le azioni parziali non possono dare ri~ultati soddisfacenti» cm >. Operativamente si doveva studiare un'azione «in grande stile e sincrona», e «le misure di polizia» <316l. Sulla questione dei ribelli, Keitel era dell'opinione che «le premesse di giungere ad un accordo amichevole[ ... ] non esistono più[ ... ]. Qualsiasi tolleranza passiva delle mene degli ortodossi, cetnici, comunisti ecc., [...] può condurre improvvisamente ad una pericolosa situazione nell'intera Balcania» <311>. Pietromarchi, nell "appunto' ricordò che, quando Roatta aveva assunto il comando della 2 8 Armata, Mussolini stesso, nella direttive iffi'partitegli, aveva considerato anche la possibilità di azioni congiunte. Ed il ministro, in considerazione del fatto che il maggior onere sarebbe ricaduto sulle forze armate italiane, faceva presente, specialmente per ragioni di prestigio nei confronti dei croati, l'opportunità che il comando delle operazioni fosse affidato ad un generale italiano t3isi. Quanto alla linea di demarcazione, Pietromarchi riteneva giunto il momento di portarla molto più nell'interno (alla Drina) e, entrati in Bosnia, mantenere una «occupazione stabile di detto territorio» <319>, Sull'altro punto, molto delicato, cioè la condotta nei confronti dei ribelli, il ministro avanzava il dubbio che Keitel si fosse fatto portavoce delle «preoccupazioni più volte manifestate dal Governo di Zagabria circa i contatti tra i nostri Comandi ed i ribelli» C32°>. Per Pietromarchi se anche da parte italiana vi erano stati dei contatti, nessuno mai aveva perseguito una politica di accordi; viceversa, erano stati i tedeschi ad accordarsi con i ribelli, tanto da offrire «a capi cetnici il comando di importanti forze che operano in Serbia» <321 >. I potenziali sviluppi dell'iniziativa di Keitel erano interessanti oltre che prevedibilmente complessi, data l'aggrovigliata situazione della Croazia, dove lo stesso generale Cavallero, secondo quanto il 12 febbraio avrebbe scritto nel proprio diario, sembrava perdersi. «La possibilità di addivenire ad una intesa [con Zagabria - n.d.a.] non esiste più. Siamo in un paese tutto per aria, senza la forza interna per riordinarsi. Gli stessi croati fanno causa comune con i ribelli contro di noi. I serbi ortodossi vengono, invece,


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dalla parte nostra, ma non possiamo accettare la loro ami.cizia perché sono nemici dei croati. È una situazione assurda anche per noi [... ]. Si fa propaganda fra i nostri soldati perché sentano questa guerra in funzione anticomunista, ma se i croati si mettono d'accordo con i comunisti, i nostri soldati non ne capiscono più nulla» <322>. Pietromarchi, all"appunto' aveva allegato anche la bozza d'una risposta per Keitel, che Ciano condivise. Cavallero, invece, chiese di riesaminarla, ed il 15 febbraio l'analizzò in una riunione con Pietromarchi, con il generale Ambrosio ed il conte Volpi, presidente della commissione permanente economico-commerciale italo-croata. Si valutò particolarmente la possibilità di portare in modo definitivo la linea di demarcazione alla Drina, anche se dalla lettera di Keitel si poteva piuttosto arguire che, dopo il rallestramento della Bosnia, quei territori sarebbero tornati sotto controllo germanico; cioè, come efficacemente si espresse il conte Volpi, i tedeschi speravano di «levare le castagne dal fuoco con la zampa del gatto» <323>. Venne, quindi, accolta la tesi di Cavallero e, nella risposta si fece solamente un accenno alla linea di demarcazione, nel senso che non dovesse costituire intralcio alla condotta unitaria delle operazioni. L'altro punto - divieto di contatti o <l'intese con i ribelli - fu molto sfumato e, precisando che i comandi italiani avevano sempre «declinato ogni proposta dei capi cetnici di collaborare militarmente [... ] nella repressione del comunismo» <3 24>, si evitò di prendere qualsiasi impegno. La risposta per Keitel, notevolmente modificata rispetto alla bozza di Pietromarchi, venne spedita il 18 febbraio. Ignorando quale sarebbe stato lo sviluppo delle trattative con i tedeschi, le autorità italiane, evidentemente, cercarono di mettersi nelle migliori condizioni per affrontarle. Il 13 febbraio, il generale Ambrosio, quasi per premunirsi con un inequivoco documento, impartiva al generale Roatta precise direttive in relazione ai croati: si doveva manifestare «massima lealtà [.. .] la Croazia è uno Stato amico ed alleato»; analogamente precise nei confronti dei comunisti, «condurre una lotta ad oltranza>>; più elastiche per i cetnici, «in concomitanza con i lineamenti generali della nostra politica verso i croati [... ], evitare qualsiasi trattativa» ms>, anche se questa nuova linea di condotta verso i cetnici era nettamente diversa da quella collaborazione che egli stesso aveva caldeggiato con la nota del 23 gennaio diretta al Comando Supremo. Ora gli ordini non escludevano di proseguire i contatti con i serbo-ortodossi nel caso di situazioni contingenti o di convenienze locali, però senza alcun impegno di carattere politico; «solo potrà farsi sapere ai cetnici che, a fine guerra, sarà debitamente considerato il contegno tenuto nei nostri riguardi» 026>. •


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Le autorità italiane cercarono anche di acquisire argomenti di rivalsa nei contronti dei tedeschi, ed in quei giorni, il ministro italiano a Belgrado, Francesco Giorgio Mameli, fece pervenire a Roma una serie di notizie sui contatti che i tedeschi avevano avuto o avevano con i cetnici della Bosnia e con il loro capo, l'ex-maggiore della gendarmeria Jezdimir Dangié <327>, Questi, nella prima decade di gennaio, si era recato a Belgrado su un'autovettura tedesca, insieme con tre ufficiali germanici. Sembrava che in quell'occasione avesse stipulato un accordo con il comando tedesco della Serbia, impegnandosi a ritirare parte delle proprie bande dalla Bosnia sudorientale per inviarle contro i comunisti nel Sangiaccato. Invece un'altra fonte r- citata dal ministro Mameli - dava per fallito ogni tentativo di accordo (ed era la più esatta, come sarebbe poi risultato da una relazione del servizio di sicurezza tedesco) poiché Dangié, a Belgrado, aveva avanzato richieste troppo impegnative. Intendendo garantire la sicurezza della Bosnia orientale con i suoi cetnici aveva chiesto: «a) che tutti i reparti ustascia vengano ritirati da tale territorio; b) che il territorio medesimo sia posto sotto l'amminist.razione militare tedesca; che la burocrazia croata sia costituita da croati, mussulmani e serbi su base proporzionale alla consistenza numerica dei rispettivi gruppi etnici» <328>. Il comando tedesco della Serbia, ritenendo di non poter decidere autonomamente, si consultò con il ministro germanico a Zagabria Siegfried Kasche, e con il Governo croato; l'opposizione di Pavelié fu determinante e le trattative, almeno ufficialmente, vennero interrotte. Risultati a parte, era indubbio che i tedeschi avevano avuto, e quasi certamente intrattenevano ancora, rapporti con Dangié <329>, specialmente dopo la cattura d'un gruppo di quattro paracadutisti inglesi che, la notte fra il 3 ed il 4 febbraio, erano scesi nella località di Sokolac (trenta chilometri ad est di Sarajevo) . Il ministro Casertano, dando notizia a Roma, precisava che i paracadutisti, «ritenendo la zona [di Sokolac - n.d.a.] ancora occupata dai cetnici, si erano rivolti ad alcuni paesani per incontrarsi con il noto maggiore cetnico Dangié» <330>. Se quanto riferito corrispondeva al vero, la posizione di Dangié lasciava ai tedeschi due soluzioni: o seguirlo molto da presso o toglierlo di mezzo . I paracadutisti facevano parte della missione denominata in codice Disclaim (331) , al comando del maggiore Cavan Elliot, «uomo colto e intelligente che parla perfettamente tedesco, serbo e italiano» <332>. Gli altri erano il sottotenente Robert Williams Capman, radiotelegrafista del Royal Corps of Signals, il sottotenente pilota Pavle Crnjanski e Petar Milkovié, pilota meccanico <333>. Fr a il materiale sequestrato vi era una radiotrasmittente, bussole, carte topografiche, milleduecento sterline d'oro, trecento


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marchi d'oro. I paracadutisti, vestendo le uniformi inglesi, vennero trattati come prigionieri di guerra e, nel corso degl'interrogatori, ammisero di «aver avuto ordine di informare a mezzo radio comando inglese dell'Egitto su situazione in Jugoslavia, particolarmente su rapporti tra vari gruppi cetnici e fra questi ultimi e forze del!' Asse. Sebbene affermazione sembri poco credibile hanno detto di non aver avuto incarico di collegarsi con comando generale Mihajlovié» <334>. La missione Disclaim era la terza inviata in Croazia nello spazio d'una settimana; il 27 gennaio il sommergibile Thorn aveva sbarcato, sull'isola di Solta, il tenente Ratopek ed il sergente Stevan Sinko (missione Henna), entrambi sloveni; il 4 febbraio - in concomitanza con la missione Disc/aim - sulla costa montenegrina, non lontano da Castellastua ( = Petrovac na moru) aveva preso terra la missione Hydra, composta dal maggiore Terence Atherton, dal capitano dell'aviazione jugoslava Radoje Nedjelkovié, dal sergente Patrik O'Donovan, radiotelegrafista <335>. Di queste due missioni non risulta che i comandi italiani, tedeschi o croati, avessero precise notizie, salvo «frequenti segnalazioni di sommergibili nemici lungo la costa · Dalmata>> <336', e l'ammiraglio Antonio Bobbiese, comandante di Maridalmazia, dispose l'invio di un M.A.S . a Curzola, riservandosi di dislocarne un secondo a Gravosa <33 ;>.

ACCORDO D'ABBAZIA ED IL NUOVO ATTEGGIAMENTO DI ZAGABRIA VERSO I CETNICI Il 3 marzo, ad Abbazia, il generale Vittorio Ambrosio in rappresentanza del Comando Supremo, ed il generale Giovanni Oxilia capo della missione militare italiana a Zagabria, s'incontrarono con il generale Walter Kuntze comandante delle forze tedesche del sud-est, in rappresentanza del Comando Supremo germanico, con il generale Paul Bader comandante delle truppe tedesche in Serbia, il generale Enno von Rintelen, addetto militare a Roma, il capo della missione militare tedesca a Zagabria, generale Edmund Glaise Horstenau, ed il tenente generale Vladimir Laxa in rappresentanza del maresciallo Slavko Kvaternik, ministro delle forze armate croate, accompagnati da ufficiali dei rispettivi Stati Maggiori <33si. Venne esaminato il piano dell'operazione 'Trio' e le discussioni furono alquanto laboriose, benché da parte italiana, il giorno precedente fosse stato promosso un incontro preliminare con i soli rappresentanti tedeschi. Ma, prima ancora, c'era stata a Zagabria una riunione fra tedeschi e croati


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per concordare la loro linea di condotta nei confronti degl'italiani, e nel corso della conferenza plenaria le posizioni dei croati furono sostenute dai germanici, gl'interessi tedeschi dalla delegazione croata <339>. Sin dall'inizio della riunione - come riferì il generale Ambrosio al Comando Supremo - apparve «chiara la precisa intenzione germanica di escludere ogni nostra ingerenza e penetrazione nella Bosnia orientale» <340>, poiché il generale Kuntze era partito dal proposito di far operare le truppe italiane nella zona di Banja Luka (monti Kozara e Petrova Gora), sostenendo che questa regione aveva primaria importanza agli effetti della ribellione, e minimizzando la gravità del movimento insurrezionale in Bosnia. Ma, df fronte alle obiettive controdeduzioni italiane, il generale Kuntze dovette convenire che la Bosnia orientale costituiva il centro della ribellione, ed ammise che le forze italo-tedesche-croate a disposizione non consentivano operazioni contemporanee su scacchieri diversi. In conclusione, aderì al principio che fosse «necessario procedere inizialmente al concentramento [.. .) nella zona più importante» <341>. Venne cosi a cadere anche il problema della linea di demarcazione poiché tutti furono d'accordo che «durante le operazioni e la successiva operazione di pacificazione [... ) non può più essere considerata» <342>, pur essendo affiorata l'intenzione dei tedeschi di ripristinarla non appe.na ultimato il ciclo operativo. Si convenne che il complesso delle forze sarebbe stato costituito da tre divisioni italiane - 'Taurinense', 'P usteria', 'Cacciatori delle Alpi' - con un'aliquota d'aviazione; da una divisione tedesca - la 718a più un reggimento della 717 a - e da otto o dieci battaglioni crnati. n generale Ambrosio stabili le basi di partenza delle unità italiane in modo che, sin dall'inizio, potessero entrare in Bosnia; i tedeschi, invece, scelsero un attestamento che si lasciava alle spa1le la quasi totalità della Bosnia orientale e della ribellione. «Tale assurdo - osservò il generale Ambrosio - costituisce un'altra evidente prova del loro intendimento di non consentire (o di consentirlo solo per una zona poco profonda) la nostra penetrazione nella Bosnia orientale» <343>. In ogni modo, avendo la delegazione italiana ottenuto che il comando delle operazioni venisse affidato al generale Roatta; che i poteri civili nelle zone occupate fossero esercitati dalle autorità militari sino a situazione normalizzata; che soltanto a giudizio del comandante dellà 2a Armata potessero esser insediate nelle località liberate autorità civili croate, era probabile un quasi indefinito periodo di permanenza delle forze armate italiane in quei territori. Circa i cetnici, fu necessario aderire al principio sostenuto da tedeschi e croati di escludere qualsiasi intesa, trattandoli alla stregua dei comunisti <344l. Il comando tattico venne affidato al generale Bader,


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e per l'inizio delle operazioni fu «fissata come orientamento la data del 15 aprile» <345>, L'accordo, prima di diventare operativo, doveva esser ratificato dai comandi superiori delle rispettive forze armate. Però, né italiani, né tedeschi, né croati, sia. pure per motivi diversi furono soddisfatti delle intese raggiunte. Gl'italiani, anche se giudicavano positivamente la decisione dei tedeschi di operare agli ordini d'un generale italiano, ed il fatto che le truppe potevano penetrare nella Bosnia orientale sino a 'pacificazione avvenuta', in pratica a tempo indeterminato, («sta ora alla diplomazia - scriveva il generale Ambrosio - ottenere che il famoso 'spazio vitale' diventi, per la regione in discorso [la Bosnia - n.d.a.] un'effettiva realtà» <346l ) temevano che la 2 a Armata, sulla quale veniva a ricadere il maggior peso delle operazioni, fosse sottoposta ad un eccessivo logoramento di uomini e di mezzi. Nello stesso tempo erano preoccupati che nella seconda e nella terza zona, si potesse arrivare ad una rottura con i cetnici, quando avessero saputo che in Bosnia i loro confratelli erano trattati dagl'italiani come i partigiani, e così spingerli «a far causa comune con i comunisti unicamente nell'esclusivo interesse altrui e per ristabilire un'apparente ordine in una zona dalla quale dovremo [noi italiani - n.d.a.] poi ritirarci a lavoro compiuto» <347l, Il generale Roatta, il 6 marzo, con una nota diretta allo Stato Maggiore dell'esercito, e per conoscenza al ministero degli affari esteri, espresse ampie riserve sulla linea di condotta imposta dai tedeschi nei riguardi dei cetnici. Dopo aver precisato di non voler porre in discussione «la decisione di Abbazia di considerare i 'cetnici' alla stessa stregua dei comunisti» <34si, giudicava necessario valutare «il più chiaramente possibile» <349>i loro atteggiamenti a seconda delle zone. Nella Croazia propriamente detta, i cetnici lottavano assieme ai comunisti contro il Governo di Zagabria, ma alcune bande si erano dimostrate neutrali verso gl'italiani ed i tedeschi. Nella Bosnia orientale vi erano due gruppi: uno a nord - quello di Mihajlovié che appariva indipendente, e l'altro verso la valle della Orina, agli ordini del maggiore Dangié, in parte collegato con Mihajlovié. Tutti e due i gruppi erano in contatto con il generale Nedié e lottavano contro i croati ma, in genere, evitavano lo scontro con i tedeschi, anche perché «il Dangié è stato per un certo tempo in trattative con loro a Belgrado», e «la tranquillità quasi totale della situazione in Serbia, che notificano i tedeschi, è conseguenza di dette relazioni» <35oi. Tuttavia sembrava che i tedeschi fossero pronti «a buttare a mare Dangié» <351), come infatti sarebbe avvenuto il 12 aprile, quando lo arrestarono trasferendolo in Germania <352>. I cetnici dell'Erzegovina, rappresentati da Jevdjevié, erano anch'essi, più o meno legati a Dangié, e per suo tramite a Mihajlovié e Nedié. Si


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dimostravano decisamente anticroati, ma inclini ad affiancarsi ai partigiani piuttosto che sottostare a Zagabria. Però, essendo riconoscenti verso le forze armate italiane, che avevano salvato tanti ortodossi dalle stragi dell'estate precedente, in contraccambio, «per amor loro [degli italiani n.d.a.] osservano un modus vivendi colle forze croate» (ml, e combattevano i comunisti anche con perdite dolorose. A riprova, il generale Roatta ricordava l'eccidio del maggiore Todorovié e dei suoi ufficiali da parte d'una banda comunista, ma ricordava anche il messaggio inviato in quell'occasione da Jevdjevié al comando del VI Corpo d'arm~ta: «II primo insuccesso 'Todorovié' non ci ha demoralizzato. Oesideriamo solo avere in questa nostra azione la vostra piena fiducia» (3s4i, Roatta rammentava anche altri scontri sostenuti dai cetnici contro i comunisti, e le intese intercorse «con i delegati che sono stati inviati dall'Ecc. il Governatore del Montenegro circa l'azione in comune, il cui centro sarebbe Nevesinje, dove, entro il mese di marzo, affluiranno le truppe cetniche della Bqsnia» (m>. I comunisti, da parte loro, combattevano duramente i cetnici, rendendosi conto con preoccupazione del crescente successo e del prestigio che i loro avversari sempre più acquistavano fra le popolazioni. A conclusione, il comandante della 2 a Armata faceva notare come, in Bosnia, tedeschi ed italiani si preparassero ad operare contemporaneamente contro i comunisti ed i cetnici, proprio nel momento in cui questi ultimi avevano inziato una concreta azione contro i comunisti, fornendo positivi aiuti alle forze armate italiane. Di fronte alla realtà, il generale Roatta poneva la domanda: « Visto che per una volta tanto troviamo della gente che - sia pure pe~ fini propri - anziché far fuoco su di noi, fa fuoco sui nostri nemici, non esiste proprio altra soluzione che sospingere questi alleati occasionali nelle file avversarie?» c3s6>. Sulle reazioni dei tedeschi agli accordi di Abbazia il console Castellani, da Zagabria, riferiva che, «secondo indicazioni involontarie di alcuni membri di questo nucleo germanico di collegamento, sembrerebbe che la delegazione tedesca sia rimasta poco soddisfatta delle conclusioni raggiunte nella conferenza [... ]; ciò si spiegherebbe col fatto che l'aver dovuto accettare che il comando superiore delle operazioni venga affidato al gen. Roatta sarebbe considerato un grave impedimento per la loro libertà di azione; libertà di azione che sarebbe invece loro necessaria per condurre le operazioni secondo i propri criteri e le proprie particolari vedute politiche. Le stesse persone hanno lasciato comprendere di non essere assolutamente sicure che il piano di operazioni concordate avrebbe avuto pratica attuazione»

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Ancora meno soddisfatto il Governo croato, tanto che il maresciallo Kvaternik non intese ratificare l'accordo, specialmente perché l'esercizio dei poteri civili veniva assunto dai comandi militari, opponendo che se «in alcune località ora in possesso dei ribelli non esiste amministrazione civile croata, [ ... ] in molte altre tale amministrazione è già in atto e funziona>> <35s>. Chiedeva che le autorità croate mantenessero i poteri anche durante le operazioni, sia pure alle dipendenze delle autorità militari alleate. Per di più riteneva tardiva la data del 15 aprile ed esigeva che il Governo di Zagabria fosse sempre libero d'impiegare in azioni autonome i propri reparti, indipendentemente dagli accordi <359>: in altre parole rifiutava il principio del comando unico . Da ultimo, Zagabria prese ufficialmente posizione sulla questione dei poteri civili con una 'nota verbale' del ministero degli affari esteri. Dopo aver espresso il gradimento di massima per le operazioni in comune, il ministro Lorkovié affermava che <<la sovra.nità dello Stato Indipendente di Croazia e l'esercizio dei diritti di sovranità da parte degli organi statali croati restano però completamente inalterati da questa azione militare», sia perché «dalle azioni militari di cui sopra, non può esser pregiudicato l'esercizio dell'amministrazione civile da parte degli organi statali croati», sia perché «nelle zone dei disordini, nelle quali bisognava ricostruire l'amministrazione civile, la ricostruzione sarà eseguita dai comandi di presidio [... ] croati, che saranno quanto prima sostituiti dall'amministrazione regolare» <360>. Mentre Zagabria avanzava le sue riserve, Pietromarchi faceva presente a Ciano che l'Alto comando tedesco aveva «intenzione di passare sopra la mancata ratifica da parte croata dell'accordo militare di Abbazia» <361 >. Contemporaneamente, Casertano, segnalava che i croati, quasi ad affermare la,loro indipendenza, preparavano, per proprio conto, alcune azioni contro i ribelli <362>.

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Tra tante riserve, dubbi, simulazioni, s'inseri un'inziativa del nuovo commissario amministrativo generale, il dottor Vjekoslav Vrancié (che aveva sostituito il dottor Ante Karcié), cioè l'avvio <l'intese con gli ortodossi. L'interpretazione più benevola poteva collegare questo fatto alle istruzioni impartite già a gennaio da Pavelié ai prefetti della seconda zona, ma attuate solo, o quasi, nella f,upanija di Tenìn. La loro reviviscenza, dopo gli accordi d'Abbazia e la decisione di trattare i cetnici della Bosnia alla stessa stregua dei comunisti, faceva sorgere il dubbio che l'iniziativa di Vrancié mirasse non tanto a com'porre i contrasti fra croati ed ortodossi,

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quanto a sottrarre questi ultimi all'influenza italiana; non sarebbe stato difficile, durante il corso delle operazioni in Bosnia, far circolare la voce - vera o falsa che fosse - che qualche banda cetnica era stata distrutta dagl'italiani, e sfruttare l'episodio a seconda dei luoghi e deHe convenienze. Il dottor Vrancié, insediatosi nel nuovo ufficio, il 18 marzo fece visita al generale Roatta e, tenendo un discorso alquando strano, espresse il parere che da parte croata non era possibile arrivare ad un'intesa con i cetnici della Bosnia perché questi erano nettamente sotto l' influenza del generale Nedié. Jliteneva, tuttavia, che il comando italiano non solo dovesse cercare un accordo con questi ortodossi ma anche, sotto determinate condizioni, armare quelli dell'Erzegovina e della zona di Tenìn (363>. Inoltre dichiarava di essere personalmente in grado di trovare un accordo con quelli dell'Erzegovina. Il giorno successivo, quasi a conferma del colloquio, consegnò al comandante della 2a .Arrnata un appunto in cui, dopo aver premesso di voler «ottenere la collaborazione dei nazionalisti greco-ortodossi contro le bande comuniste», asseriva che per «un efficace e fruttuoso successo .[... ] è assolutamente necessario che in quest'opera collaborino le autorità croate», ed aggiungeva: «aiuterò quest'opera delle autorità militari italiane e perciò mi recherò tosto nella zona litoranea» <364>_ Per di più, in una conversazione con il console Castellani, aveva detto di «aver avuto istruzioni di prendere subito contatto con i capi cetnici per cercare di indurli a combattere partigiani e comunisti». Perciò, e quanto prima, avrebbe «visitato a tale scopo i principali centri della 2 a zona, impartendo ordini alle autorità amministrative croate locali di svolgere opera di avvicinamento e di persuasione tra le popolazioni ortodosse, aiutandole in tutti i modi possibili e mostrando loro comunque un atteggiamento particolarmente benevolo» (36s>. Castellani ricollegò questa inusitata disponibilità di Zagabria, che costituiva «un mutamento radicale di tutta la politica interna del Governo croato» (366>, al fatto che «il Governo croato era venuto nella determinazione di sospendere l'ordine di leva in tutte le zone non perfettamente tranquille», poiché «in molte provincie i coscritti, anziché presentarsi ai rispettivi distretti, si s0ttraevano alla chiamata alle armi fuggendo nei boschi [... ] andando poi ad ingrossare le file dei ribelli» (361J, ma Castellani non escludeva che questo nuovo corso fosse anche una conseguenza della scarcerazione del dottor Macek, avvenuta in quei giorni. Non sappiamo quanto le deduzioni di Castellani fossero esatte, ma qualcosa sembrava cambiare; infatti il 30 marzo, il ministro per l'interno Artukovié, inviava al prefetto di Mostar una serie d'istruzioni per «la più


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intima, la più devota e la più cordiale collaborazione con le regionali autorità italiane». E queste direttive dovevano esser «accelerate e rese efficaci», in modo che «ai cittadini dello S.I.C. [Stato indipendente di Croazia - n.d.a.) faccia ritornare la fiducia nelle proprie autorità e nelle proprie leggi affinché tutti i cittadini esprimano la loro fedeltà e devozione al Poglavnik e allo S.I.C.» <368>. Per raggiungere lo scopo, il ministro raccomandava che «i Gran Zupani ed i capi distrettuali che hanno il controllo per la equa e regolare distribuzione dei viveri nel territorio della zona costiera» provvedessero affinché «detta distribuzione non venga negata a quella tranquilla popolazione ortodossa ed a quelle famiglie di cetnici-nazionalisti che non molestano l'esercito italiano ma anzi, al contrario, collaborano con esso» <369J. Il 2 aprile, il dottor Vrancié consegnava al comando della 2a Armata una relazione sui risultati del suo rapidissimo viaggio, e riferiva che in una riunione dei prefetti di Ogulin, Segna e Gospié, aveva «impartito loro istruzioni di intraprendere tutto quello che sarà necessario per la pacificazione ed [... ] anche dato loro i necessari mezzi pecuniari (per i soccorsi, per i primi stipendi al personale ripreso in servizio e finché non saranno giunti i decreti ministeriali, acconti per le pensioni, ecc.)>> <370>. Quindi si er~ recato a Spalato, dove aveva avuto un colloquio con Jevdjevié e con Radmilo Grdjié, riscontrando in quest'ultimo una concreta disponibilità, ma una maggior riservatezza in Jevdjevié. Da Spalato era andato a Mostar, e qui avrebbe appianato le divergenze fra il comando italiano ed il prefetto croato; aveva dato disposizioni al direttore della locale fabbrica tabacchi di concedere la pensione a trenta ortodossi, e d'assumere al lavoro altri trenta. Quindi, a Ragusa, era stato raggiunto da Jevdjevié che gli aveva dichiarato di esser pronto a collaborare con Zagabria contro i comunisti; analoga dichiarazione gli sarebbe stata fatta dal cetnico dottor Novica Kraljevié. Vrancié concludeva la relazione proponendo al comando della 2a Armata di armare i cetnici, e nello stesso tempo d'impiegare formazioni ustascia, sotto comando italo-croato, nella seconda zona <371J. Ma il commissario amministrativo generale, ancor prima di consegnare la relazione, fu sconfessato dalle autorità milìtari croate. Il 28 ed il 29 marzo, il generale Roatta aveva convocato a Lubiana il generale Bader per un esame delle prossime operazioni, ed alla riunione partecipò anche il generale croato Laxa. Poiché, rispetto alla situazione esistente al momento della conferenza d'Abbazia, s'era verificato il fatto nuovo dell'iniziativa portata avanti da Vrancié, .Roatta prospettò la convenienza di tentare un accordo con i cetnici dell'Erzegovina, per ottenerne almeno la neutralità. Il «generale Bade.r si est immediatamente dichiarato d'accordo, et ha


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espresso convinzione che gli sarebbe possibile ottenere quanto sopra dai cetnici del Dangié. Ha aggiunto che qualora nelle operazioni in Bosnia centrale si dovesse agire contro i cetnici, la situazione in Serbia si aggraverebbe» <3721 • Con sorpresa dei presenti, invece, il generale Laxa asserì <<di ignorare le trattative del Vrancié», e mise «anzi in dubbio la possibilità di trattare con i cetnici, riservandosi di far presente la questione al proprio Governo» <373>, Questa impensata sconfessione del commissario amministrativo generale fu, subito dopo, confermata in termini ancora più drastici del maresciallo Kvaternik, con una lettera del 31 marzo indirizzata a Roatta, al gen~rale Bader ed alle rappresentanze diplomatiche italiana e tedesca a Zagabria. Il maresciallo faceva sapere che «il Governo croato dissentiva dai tentativi per ottenere la neutralità dei cetnici» <374>, tuttavia aggiungeva che «se, ciò malgrado, le autorità tedesche ed italiane intendevano tentare, lo facessero pure sotto la loro responsabilità» tmi. Anzi - dopo aver ricordato che, secondo il generale Roatta, il dottor Vran~ié avrebbe assicurato chè «il Poglavnik aveva preso in considerazione la possibilità di armare quei cetnici che si comportavano pacific.amente» - Kvaternik affermò d'essere «autorizzato a dichiarare espressamente in nome del Poglavnik che [Pavelié} non ha mai avuto tale idea e che perciò vi è stato un equivoco. Analogamente non furono affatto prese in considerazione o iniziate trattative di alcun genere con i cetnici da parte del Poglavnik e del Governo croato» <376>.

LA DIFFICILE APPLICAZIONE DELL'ACCORDO D'ABBAZIA L'OPERAZIONE 'TRIO' L'accordo d'Abbazia si stava sempre più aggrovigliando, ed il Comando Supremo chiese il parere di Palazzo Chigi particolarmente sul trattamento da riservare ai cetnici. Rispose impersonalmente Ciano, con un telegramma aperto ad ogni soluzione: «Esso, [il ministero - n.d.a.] è d'avviso che convenga attenersi alle direttive impartite dal Duce, nel senso cioè di agire nello spirito del Trattato di amicizia e di collaborazione con la Croazia. Ciò premesso, questo Ministero intende lasciare la piena responsabilità di apprezzamento e di azione alle Autorità militari competenti, per quanto riguarda le modalità più opportune per esplicare la loro azione nei territori occupati» tm>. li Comando Supremo, a sua volta, orientò la 2•


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Armata nel .senso che, «nelle trattative in questione [con i cetnici - n.d.a.] fosse evitato ogni impegno di carattere politico», ma «il gen. Roatta era autorizzato ad entrare in contatto con i cetnici e, se d'accordo con le autorità militari germaniche, a passare sopra anche ad eventuali resistenze croate in questo campo» <3n>. Conseguentemente, il comandante della 2a Armata il 6 aprile fece sapere al generale Bader che il Comando Supremo non aveva nulla in contrario «che si cerchi di ottenere la neutralità dei cetnici purché nessun impegno sia preso da parte nostra per il futuro» <379>. Il generale Roatta, però, non riteneva opportuno condurre il giuoco all'insaputa di Zagabria o contro il parere del Governo croato, e dubitando che la lettera di Kvaternik potesse rappresentare più che altro una personale valutazione del problema, fece interpellare il dottor Vrancié. Questi confermò esplicitamente di aver ricevuto le direttive da Pavelié ed aggiunse che, a suo avviso, uno scambio di idee tra il generale Roatta, il Poglavnik ed il maresciallo Kvaternik, avrebbe dissipato ogni dubbio <380>. Il comandante della 2 a Armata, trovandosi a Zagabria quale capo della delegazione italiana per le celebrazioni del primo anniversario della fondazione dello Stato croato, fra il 9 e l' 11 aprile ebbe due colloqui con Pavelié, presente il maresciallo, durante i quali, «in piena armonia» (38 'l furono esaminate le questioni dei cetnici e quella dei poteri civili in relazione alle operazioni in Bosnia. Sul primo argomento, il generale Roatta assicurò che eventuali trattative con gli ortodossi avrebbero avuto lo scopo, esclusivamente militare, di «cloroformizzare i cetnici mentre si combatteva i comunisti» <382>. Pavelié rispose di non aver nulla in contrario che in Erzegovina tanto gl'italiani che il dottor Vrancié continuassero «negli attuali contatti con i 'cetnici' per megliÒ assicurare il tergo e le comunicazioni delle truppe operanti» <383>. Invece non riteneva opportuno che i tedeschi trattassero con quelli della Bosnia «tramite il Dangié, perché quest'ultimo[ .. .] ha in passato preteso che i tedeschi affidassero alla sua gente l'amministrazione di tre distretti bosniaci>> <394>, avanzando «proposte e richieste che venivano virtualmente a negare il principio della sovranità [croata - n.d.a.J sulla Bosnia» <385>. Il maresciallo Kvaternik, sorprendentemente, non sollevò obiezioni o riserve. Risolta la questione dei cetnici, restava quella dell'esercizio dei poteri civili, compromessa dall'atteggiamento dell'Alto comando tedesco che, su insistenza di Zagabria, aveva accettato di modificare l'accordo d'Abbazia, sostituendo la formula originale («opportunità che i poteri civili nelle zone cccupate vengano inizialmente assunti dalle autorità militari» !386\ con una nuova molto più insidiosa: «La ricostruzione delle zone in questione - in


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ispecie il ristabilimento dell'amministrazione interna - sarà eseguita, non appena possibile, dai comandi di presidio croati, che saranno quanto prima sostituiti dall'amministrazione civile regolare» <381) , Il generale Roatta fece osservare a Pavelié che quanto era stato convenuto ad Abbazia rappresentava l' applicazione d'una prassi comune a tutti gli eserciti durante i cicli operativi, e che l'assunzione dei poteri civili da parte dei comandi militari non implicava alcuna menomazione al principio della sovranità croata. Il Poglavnik e Kvaternik non ebbero difficoltà nel convenire, ritenendo «naturale che nel periodo operativo le autorità civili croate siano agli ordini delle autorità militari che dirigono le operazioni» <388>, Mèntre il comandante della 2 3 Armata stava concludendo con successo i colloqui di Zagabria, gli pervenne l'ordine, concordato dal Comando Supremo con l'Alto comandò tedesco, di escludere «trattative coi ribelli, sia cetnici che comunisti [... ]. Comando Supremo aggiunge che nessuna modificazione deve esser apportata alla su indicata linea di condotta se non in pieno accordo fra i due Comandi germanico ed italiano» <389>, La decisione, voluta dall'Alto comando tedesco, annullava l'abile azione condotta da Roatta a Zagabria, ed il console Vittorio Castellani segnalava a Roma che «questa improvvisa presa di posizione da parte del Comando Germanico non trova una plausibile giustificazione [... ] ed è disapprovata anche dagli organi militari tedeschi interessati (lo stesso gen. Glaise Horstenau la ha criticata, lasciando comprendere che essa potrebbe avere funeste ripercussioni anche nella situazione interna della Serbia)» c390J. Dal canto suo il generale Roatta espresse allo Stato Maggiore dell'esercito il proprio disappunto, scrivendo che «era un peccato che l'O.K.W., 'più realista del re', per scopi forse non solo filo-croati, abbia ormai pregiudicato le cose». Ed aggiungeva: «per conto mio, salvo ordini in contrario, non mi occuperò più di contatti o trattative con i 'cetnici' della Bosnia» <39 •>. In ogni modo, non gli restò altro che invitare il generale Bader ad attenersi alle disposizioni deli' Alto comando germanico, precisandogli «che i comandi e le truppe italiane (.) una volta sorpassata la linea di dermacazione (,) si comporteranno coi cetnici della Bosnia secondo le disposizioni che darete voi» <392>. Con il richiamo alla 'linea di demarcazione', Roatta cercò di salvare quanto possibile del paziente lavoro portato avanti per mesi con i cetnici della seconda e della terza zona perché - come il console Castellani avrebbe precisato in un 'appunto' - «il 'veto' [tedesco - n.d.a.] a tali trattative concerne i cetnici al di là della linea di demarcazione e non il territorio di nostra occupazione dove possono continuare, se ritenuti utili, contatti locali (e senza impegni di natura politica) già attuati con buon esito in Erzegovina» <393 >_ Ciò nonostante vi era la diffusa preoccupazione che le truppe


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italiane in Bosnia si trovassero «di fronte non soltanto i comunisti ed i partigiani, ma anche le bande cetniche e tutte le popolazioni del luogo>> <394>. Inoltre si temevano le reazioni negative fra gli ortodossi della seconda e della terza zona, essendo ben poco probabile che «le buone disposizioni finora manifestate da alcuni loro capi possano continuare e conducano ad una concreta collaborazione, quando i cetnici vedranno che le truppe della za Armata combattono i loro fratelli nella Bosnia orientale» <395>. Ma non bastava, poiché, altre difficoltè stavano sorgendo da parte tedesca. Intorno al 10 aprile, Roatta aveva fatto presente al generale Bader che, per la neve ancor alta in alcune zone e per le difficoltà dei trasporti, le unità italiane non avrebbero potuto iniziare i movimenti prima del 25 aprile, cioè con una dilazione di dieci giorni rispetto alla data orientativamente fissata ad Abbazia <396>. Il 15 aprile, il comando tedesco rispose senza sollevare eccezioni, sostenendo soltanto la necessità di accelerare i movimenti, per evitare che i ribelli, venendo a conoscenza dei preparativi, si sottraessero al progettato accerchiamento C397l . Ma, tre giorni dopo - il 18 aprile - improvvisamente il generale Bader comunicava a Roatta che, per la situazione insorta a Rogatica (circa quarantacinque km in linea d'aria ad est di Sarajevo) «aveva deciso di iniziare le operazioni colle truppe tedesche e croate già pronte e chiedeva che le truppe italiane sulla linea di demarcazione, impedissero l'esodo dei ribelli» <395>, Questa iniziativa, anticipando i movimenti dei reparti, non teneva conto neppure dei piani operativi che, per l'accerchiamento dei ribelli nella zona di Rogatica e lo sbloccamento della città, prevedevano un'azione concentrica italo-tedesca-croata 099>. Per di più, neanche ventiquattro ore dopo quest'annuncio, a Sarajevo, ebbe luogo una riunione durata due giorni - 19 e 20 aprile - fra il generale Bader, il generale Glaise Horstenau capo, della missione militare tedesca a Zagabria, il ministro per gli affari esteri di Croazia, Mladen Lorkovié, il capo della polizia Eugenio Kvaternik, il generale Ivan Prpié, il commissario croato per la Bosnia Sandor Benak, senza avvertire i comandi italiani, e nella massima segretezza C400). Subito dopo, stranamente, si verificarono alcuni fatti, che difficilmente avrebbero potuto definirsi casuali: mentre le divisioni 'Taurinense' e 'Cacciatori delle Alpi' - come previsto - dovevano esser trasportate a Sarajevo con le ferrovie di Brod e di Mostar, e quando già il movimento era stato iniziato, il comando tedesco, senza dare alcuna spiegazione, notificò che su quelle linee poteva mettere a disposizione soltanto due e, rispettivamente, sette treni al giorno, cioè un trasporto limitato a cinquecento e millecinquecento uomini o materiale equivalente !401 l. Oltre a questo, il generale Bader, il 20 aprile, aveva


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diramato un ordine con cui vietava alle truppe italiane, nei territori al di là della linea di demarcazione, di «procedere sia alla requisizione degli alloggi, depositi o altro, sia all'acquisto di qualunque genere occorrente alle truppe stesse senza la preventiva e specifica autorizzazione del Comando della 'Kampfgruppe Bader'» <402 >. Il console Castellani, nel riferire questi fatti al ministro Pietromarchi, commentava: «Quanto precede dà l'impressione che il Comando tedesco faccia tutto il possibile per diminuire e rendere difficile la partecipazione delle nostre truppe alle operazioni in questione e per accentuare il carattere tempora7reo e precario della loro presenza nella Bosnia Orientale. Ciò sarebbe dovuto [... ] alle pressioni dei croati che si mostrerebbero sempre più preoccupati per la presenza delle nostre truppe in Bosnia» <403J. Il 21 aprile, il generale Roatta si recò a Mostar per chiarire la situazione con Bader, e si sentì dire che, a seguito delle azioni condotte da una colonna di ustascia agli ordini del colonnello Juraj Francetié nella zona Zvornik-Vlasenika (rispettivamente a sessantacinque e quarantacinque km in linea d'aria a · nord-est di Rogatica), dell'inizio dei movimenti delle truppe germaniche, delle trattative intercorse fra croati e cetnici, non soltanto «la situazione in Bosnia era decisamente migliorata» <404), ma che «operazioni vaste, sul tipo di quelle concordate ad Abbazia, non davano affidamento» <405 l _ A queste sconcertanti affermazioni, che lasciavano trasparire «la manovra politica concertata nei colloqui Glaise-Bader-Kvaternik a Sarajevo» <406J, il generale Roatta replicò seccamente che «il ciclo operativo stabilito ad Abbazia, era stato deciso dai comandi supremi, le cui determinazioni avevano valore di ordini» <407J per tutti, ed invitò il generale tedesco ad attenersi alle decisioni concordate. Tuttavia, il giorno successivo, non soltanto le truppe tedesche e croate entravano a Rogatica, ma il Quartier Generale del Poglavnik diramava un comunicato annunciando che, «grazie alle ultime azioni condotte dalle truppe croate del colonnello Francetié coli'ausilio di forze germaniche, le bande comuniste e cetniche della Bosnia orientale erano state completamente distrutte; l'intera regione della Bosnia orientale era stata rastrellata; la vita delle popolazioni era in essa tornata normale e laboriosa; le autorità civili croate vi avevano ripreso a funzionare regolarmente» <40s>. Il Comando Supremo italiano, informò immediatamente Palazzo Chigi, definendo il bollettino «un comunicato che, svisando la verità, mira allo scopo di evitare il nostro intervento in Bosnia» <409l. Il giorno dopo (23 aprile), gli stessi argomenti vennero ripetuti alla radio di Zagabria dal ministro per gli affari esteri Lorkovié, con l'assicurazione che «nelle regioni della Bosnia


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da lui personalmente percorse in un recente viaggio, vi è ovunque ordine e normalità sotto controllo delle autorità militari croate e tedesche e di quelle ustascia» (410>. Forse anche per equilibrare gli effetti di queste iniziative, lo stesso giorno il generale Roatta annunciò ufficialmente l'inizio delle operazioni congiunte in Bosnia. Il complesso di queste manovre e contromanovre fu riassunto dal generale Ambrosio in un pro memoria per il capo di Stato Maggiore Generale, Cavallero, facendo presente che, da parte germanica, si stava cercando d'ostacolare qualsiasi penetrazione o presenza italiana in Bosnia, con lo scopo non confessato di attrarre nella propria orbita i cetnici della regione per farla gravitare nell'ambito d'una più grande Serbia. «Ciò è indice proseguiva Ambrosio - della evidente attività del Reich intesa a rafforzare vieppiù nel Paese la propria presenza, che, ritenuta ora necessaria ai fini dello sfruttamento della economia, è senza dubbio la premessa per ottenere di giungere ali' Adriatico il giorno in cui noi dovremo lasciare il territorio croato bagnato da tale mare» <41 1>. (Berlino non avrebbe atteso, e durante · l'estate sarebbe sorta la questione del nuovo porto di Ploce (porto Tolèro), alle foci della Narenta, per il trasporto della bauxite in Germania). Ma il pro memoria, oltre ai giusti rilievi, proponeva l'adozione d'una nuova linea di condotta politico-militare. Secondo il generale Ambrosio, la 2a Armata, sia pure con un forte impiego d'uomini e di mezzi, di fronte alla metodica e costante penetrazione dei tedeschi, non era stata in grado d'assicurare aJl'Italia, .nel campo politico ed in quello economico, i vantaggi che si potevano sperare. Da qui la necessità di riconsiderare gli obiettivi perseguiti da Roma, in relazione ai mezzi di cui si poteva disporre. Visti gli scarsi risultati conseguiti, Ambrosio non riteneva conveniente mantenere tanti uomini in Croazia e gli appariva «opportuno , anzi necessario, addÌvenire ad una riduzione delle forze ora impegnate in questo scacchiere» 14121 • Così, nel momento in cui le divisioni italiane iniziavano le operazioni in Bosnia, con la prospettiva d'una lunga se non anche durevole permanenza in quel territorio, prendeva corpo il contrastante disegno, oltre al raggruppamento dei presìdi (del resto già in corso), di 'addivenire ad una riduzione delle forze ora impegnate in quello schacchiere', poiché «lo scopo essenziale da perseguire è quello di assicurare il possesso della fascia adriatica per impedire che altri vi si affacci e turbi la favorevole situazione da noi faticosamente acquisita» <413>. Ed il generale Ambrosio precisava che «tale scopo può essere ra~giunto limitandoci a mantenere - ora e poi il saldo possesso della linea delle Dinariche (dal Duce stesso considerata naturale confine per la Dalmazia come ebbe a dirmi in data 28 dicembre u.s .)» C41 4J_


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Schizzo della zona della Bosnia orientale, dove dal 22 aprile 1942 al 14 maggio si svolse l'operazione italo-tedesco-croata, detta 'Operazione Trio' .


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La riduzione delle forze dislocate in Croazia, - che sul piano militare poteva essere motivata dalle necessità degli altri fronti - su quello politico non appariva giustificabile, essendo difficile comprendere il motivo per cui gli Alti comandi italiani si stessero impegnando in Bosnia, con tanto spiegamento d'uomini e di mezzi, e suscitando ampie aspettative fra le popolazioni, se queste, subito dopo, dovevano esser abbandonate alle rappresaglie dei partigiani, dei cetnici, degli ustascia, aumentando altri dubbi e nuove riserve sulla condotta italiana. (CARTINA N. 7). Intanto l'operazione 'Trio' si stava sviluppando. Il 22 aprile si era mossa la divisione 'Pusteria', senza incontrare particolari resistenze da parte dei ribelli, mentre per l'anticipata azione su Rogatica, una massa di profughi, «dai 15 ai 20 mila tra uomini, donne e bambini» (415>, stava cercando salvezza verso la Drina. Una parte dei ribelli, sfuggiti all'accerchiamento tedesco-croato, gravitò sulla 'Pusteria', attestata sulla Drina fra Visegrad e Gorazde. Respinte dai soldati italiani, le bande deviarono verso ovest e, dove cessava lo schieramento della divisione, riuscirono a passare la Drina. Un migliaio di uomini tentò di prendere alle spalle lo schieramento italiano, ma a Cajnice vennero battutti e, in parte si dispersero nella regione o si rifugiarono in Montenegro. In queste azioni la 'Pusteria' fece quattrocento prigionieri; imprecisate ma consistenti le perdite dei partigiani in morti e feriti C416J. Dal canto suo la 'Taurinense', muovendo da Sarajevo verso sud, superò Trnovo (sulla strada verso Kalinovik), e la 'Caccia.tori delle Alpi' risalì l'alto corso della Narenta, sostenendo reiteriati scontri. Ma il piano di penetrazione nell'interno della Bosnia era ormai fallito perché i ribelli, sfuggiti all'accerchiamento delle truppe tedesco-croate, s'erano spostati verso la linea di demarcazione e più a sud verso il Montenegro. Il Comando Supremo italiano, in un'analisi di queste operazioni, avrebbe posto in evidenza che, avendo «iniziato i suoi movimenti in anticipo rispetto al momento prefisso, e senza attendere (come pure era stato convenuto) gli ordini del Gen. Roatta, il Generale tedesco Bader ha gravemente compromesso le operazioni di rastrellamento dei ribelli in Croazia. È venuto meno infatti quel sincronismo di azione fra tedeschi ed italiani che avrebbe consentito di accerchiare i ribelli e stringerli fra due fuochi. I ribelli hanno potuto in tal modo prevenire l'azione e sfuggire alla stretta» (411>. Mentre l'operazione 'Trio' era in corso, Cavallero aveva esaminato con il generale Enno von Rintelen le conseguenze delle autonome decisioni del generale Bader, e venne concordato di far presente all'Alto comando tedesco l'opportunità di costituire due corpi d'armata, uno con le truppe tedesche e croate al comando del generale Bader, l'altro con le divisioni


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italiane agli ordini del generale Renzo Dalmazzo. Anche il comando tattico delle operazioni, sarebbe stato affidato al generale Roatta, togliendolo a Bader. Mentre stavano maturando questi cambiamenti, Roatta, per poter rispondere con diretta cognizione alla richiesta di Ambrosio sulle possibilità d'una più profonda penetrazione in Bosnia, si era recato a Sarajevo, dove il generale Bader aveva il proprio comando. Il 4 maggio il comandante della 2 a Armata riferiva al capo di Stato Maggiore dell'esercito che «i ribelli [erano] defluiti verso sud . Pertanto prima azione collettiva doveva consistere dare addosso al nemico dove ormai si trovava», anche se «questo porta, è vero, ad agire a cavallo della linea di demarcazione». Inoltre segnalava che nell'«ambiente tedesco-croato di Sarajevo, malgrado forma corretta, permangono tendenze presentare situazione Bosnia molto più calma che realtà» <418l. Questo simulato ottimismo era dovuto a ben altre ragioni, come segnalò il maggiore Cargnelli del servizio 'I' a Sarajevo. «Il generale Bader ed il suo capo di S.M. [Stato Maggiore - n.d.a.] t. colonnello Pfaffenrott si dimostrano preoccupati per la venuta a Sarajevo d.ell'Eccellenza Roatta» poiché temono che «egli con manovre politiche, in cui è ritenuto particolarmente abile, riesca a far subentrare al posto dei tedeschi gli italiani [... ] in modo che di fatto la Bosnia verrebbe sgomberata dai tedeschi ed occupata dagli italiani» <419l. Dato il prestigio che Roatta godeva presso gli Alti comandi germanici, il generale tedesco ed il suo capo di Stato Maggiore erano convinti che, «se tale progetto di Roatta dovesse venir anche temporaneamente rappresentato dal Generale Bader o da Glaise von Horstenau a Berlino, il Comando Superiore tedesco risponderebbe 'lasciatelo fare'» <420>. Allarmati da tale prospettiva, segnalava ancora il maggiore Cargnelli, il generale Bader e Pfaffenrott, «dietro ai quali c'è sempre il Generale Glaise von Horstenau» stavano correndo ai ripari <421l. La sera del 4 maggio, mentre Roatta si trovava a Sarajevo, ricevette un telegramma da Ambrosio che, d'accordo con l'Alto comando tedesco, gli ordinava d'assumere il comando tattico delle operazioni in luogo del generale Bader <422l . Non sappiamo se per caso o in relazione al cambiamento di comando, il giorno successivo giunsero a Sarajevo il capo di Stato Maggiore del comando tedesco del sud-est ed il generale Walter Warlimont, sottocapo di Stato Maggiore dell'O.K.W., ma «siccome giunge anche il generale Glaise - telegrafava a Roma Roatta - intravvedo altra manovra» <423 >, Il comandante della 2a Armata ebbe un luogo colloquio con Warlimont e, per quanto estremamente cordiale (si conoscevano dalla guerra di Spagna) la valutazione della situazione non fu concorde. Da parte tedesca si insisteva nel considerare le condizioni della Bosnia con un'otti-


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mismo non condiviso da Roatta, ed affiorava il proposito d'impiegare la divisione tedesca anche nella terza zona. Roatta escluse che i reparti tedeschi potessero entrare in territori d'influenza italiana anche nel caso in cui lo sviluppo delle operazioni portasse ad affrontare i ribelli a cavallo della linea di demarcazione, ove le bande stavano gravitando in conseguenza dell'anticipata azione tedesco-croata su Rogatica (424J. Con intuizione, Roatta manifestò al Comando Supremo che «mia impressione est che generale Warlimont più che esprimere un giudizio fattosi sul posto, abbia espresso punto di vista esistente nello O .K. W .. Per questo ritengo possibile che 0.K. W. proponga rinunziare at ulteriori operazioni in comune» <425l, Roatta, intanto, quale comandante tattico, aveva impartito le sue istruzioni al generale Bader C426l, ed il 7 maggio diramò l'ordine d'operazione 'Trio II' C427l, con l'obiettivo d'investire il centro di Foca e di rastrellare la zona dai ribelli, valutati intorno ai cinquemila uomini <42si. Tre giorni dopo, una colonna della divisione 'Pusteria' ed un reparto tedesco entravano a Foca, ma non riuscirono a catturare Tito ed il comando partigiano, che fortunosamente si erano dileguati sulla montagna e nei boschi. Mentre la 'Taurinense', la 'Cacciatori delle Alpi', la divisione tedesca, ed i battaglioni croati procedevano nei rastrellamenti lungo le direttrici loro assegnate, il generale Roatta - come da lui previsto - ricevette da Roma la comunicazione che il Comando Supremo e l'Alto comando tedesco avevano convenuto di porre fine alle operazioni congiunte con il 14 ~aggio <429>, L'azione in comune, nata in mezzo a riserve ed a diffidenze, sviluppatasi in gran parte al di fuori dei piani prestabiliti, pur mancando l'obiettivo della distruzion~ dei ribelli, mise a dura prova la ribellione di Tito. Questi, il 24 maggio, in un telegramma a Mosca faceva sapere che «gli incessanti combattimenti avevano lasciato esausti i partigiani; a parte questo, qui non vi sono più munizioni. Dobbiamo tenere la più larga parte dei nostri battaglioni fuori dal Montenegro perché non siano distrutti[ ... ]. In nome del Comando Supremo [di Tito - n.d.a.] per favore inoltrate al Comando Supremo dell'Armata Rossa la nostra richiesta di assistenza. Il nemico sta facendo ogni sforzo possibile per spazzarci via». <430>. Infatti, le perdite dei ribelli erano state pesanti: dal 20 aprile al 13 maggio avevano avuto millesettecentoventi morti, ottocentoventuno feriti <431> e circa seicento prigionieri, mentre si erano arresi milletrecentodieci uomini <432>. Ma anche per i reparti italiani il costo dell'operazione 'Trio' era stato pesante: duecentoventi morti, cinquecentocinquantasei feriti, centosettantatré dispersi, contro gli undici morti, i quindici feriti ed un disperso da parte tedesca, e gli ottantadue morti, centoquarantanove feriti e centoventuno dispersi dei reparti croati <433 >.


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Mentre nell'Erzegovina e nella Bosnia la situazione nel complesso si stava evolvendo favorevolmente, grazie anche alle operazioni proseguite dalle divisioni italiane, non altrettanto poteva dirsi nelle zone intorno alla Dalmazia annessa e negli stessi territori del Governatorato.



NOTE AL CAPITOLO I



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(!) Vedi volume I - Per gli «Accordi di Abbazia», pag. 914 e seg. - Per l'amnistia di Natale, pag. 934.

(2) U.S.-S.M.E. - Busta 585 - Comando VI Corpo d'armata - (Notiziario n. 244 «Situazione a fine dicembre 1941 - XX» - Paragrafo: «Nel settore della divisione Sassari» • P.M. 39, 3 gennaio 1942). - U.S. -S.M.E . - Busta 585 - Comando VI Corpo d'armata - (Notiziario n. 272 «Situazione a fine gennaio 1942 - XX» - Paragrafo: «Nel settore della divisione di fanteria 'Sassari' - P .M. 39, 31 gennaio 1942). (3) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1942 - Busta 13 1 - Fascicolo 42 • (Ministero affari esteri - Ufficio Croazia - «Appunro per l'Eccellenza il Ministro» - Non firmato· Roma, IO gennaio 1942. (4) U.S.-S.M.E . • Busta 585 - Comando VI Corpo d'armata - (Notiziario n. 250 • P.M. 39, 9 gennaio 1942).

In allegato, la relazione del gran zupano (prefetto) di Tenin, dottor David SINCié • «Al Poglavnik dello Stato indipendente croato, do11. A. PA VELré - Al Ministro dell'interno, dott. Andrija ARruxovré - Al Commissario generale amministrativo, doti. Ante KARéré» - Foglio n. 199/41 di prot. Gracac, · 30 dicembre 1941). VEDI DOCUMENTO N. 1 ALLEGATO AL PRESENTE CAPITOLO. (5) Ibidem - Allegato. (6) Vedi n. 4 In allegato, messaggio del gran zupano di Tenìn, dottor David S1NC1é - «Ai Signori Ufficiali, Sottufficiali e Soldati dell'eroico esercico alleato della Grande Italia,> · Tenin, senza data. (7) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1942 - Busta 132 - Fascicolo 3 - (Telegramma n. 013 . Segreto - Non diramare - Da legazione d'Italia a Zagabria - Per ministero affari esteri, Roma - Firmato, Raffaele CASERTANO· Zagabria, 19 gennaio 1942). (8) Vedi o. 2 - Notiziario n. 272. (9) M.A.E. -A.S.D. -· Jugoslavia 1942 - Busta 132 - Fascicolo 3 - (Foglio n. I 141 di prot. • Segreto - Oggetto: «Policica croata nei territori della 2 • e 3 • zona» - Da capo di Stato Maggiore esercito, generale VittorioAMBROSIO - A Comando Supremo - P.M. 9, 23 gennaio 1942).

Di questa relazione esiste presso l'U.S.-S.M.E. altra copia (stesso oggetto e stessa data) battuta con diversa macchina da scrivere che, alla fine, porta le tre soluzioni militari proposte in alternativa, non comprese nella copia per il ministero degli affari esteri. VEDI DOCUMENTO N. 2 ALLEGATO AL PRESENTE CAPITOLO. ( 10) Ibidem.

(I i) Vedi n. 2 - Notiziario n. 272 . (12) Ibidem.

(13) U.S.-S.M.E. - Busta 569 • Comando divisione 'Sassari' - (Notiziario giornaliero Paragrafo: «Varkar Vakuf» • P. M. 86, 5 febbraio 1942).


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(14) U.S.-S.M.E. - Busta 585 - Comando VI Corpo d'armata - (Foglio n. 1/I/R. di prot. - Oggetto: «Contai/i con i capi di formazioni cetniche» - A comando 2• Armata - Firmato generale Renzo DALMAZZO - P.M. 39, 17 gennaio 1942). Dobroslav J EVDJEV1C, ex-deputato alla Skup~tina, nazionalista fervente, parlamentare per quattro legislature come rappresentante della Bosnia orientale; capo dell'ORJUNA (Organizacija Jugosfavenskih Nacionalista); capo dell' opposizione durante il regno di RE A LES· SANDRO. ILIJA TRIFUNOVIC-BRCANIN, colonnello dell'esercito jugoslavo, grande invalido , considerato il GARIBALDI della Serbia; vojvoda («comandante» in senso onorifico e di prestigio) dei cetnici, cioè dei reparti irregolari dell'esercito jugoslavo che operarono durante le guerre balcaniche, e della loro associazione dopo la prima guerra mondiale; capo della Narodna Odbrana (Difesa Nazionale). (15) A.C.S. - Microfùm n. 64 - Serie T. 821 - Fotogramm i 1305 - 1309 - (Comando VI Corpo d'armata - Foglio n. 9383 d i prot. - Oggetto: «Estensione della nostra occupazione» - A generale Vittorio AMBROSIO - Firmato generale Renzo DALMAZZO - P .M. 39, 22 dicembre 1941), VEDI DOCUMENTO N. 3 ALLEGATO AL PRESENTE CAPITOLO. (16) Ibidem. (17) Ibidem. (18) Vedi n. 14. ( 19) Ibidem. (20) Ibidem. (21) Ibidem. (22) Ibidem . (23) US.-S.M.E. - Busta lT 630 - Comando 2• Armata - (Senza n. di prot. - « Viaggio maggiore Gallo - Appunti - Governatorato del Montenegro» - Non firmato - Senza località, 16 gennaio 1942). (24) U.S.-S.M.E. - Anno 1942 - Busta IT 630- Comando 2' Armata - (Foglio n. 1/99/S di prot. • Oggetto: «Cofloquio fra il dollor JEVDJEYC e l'inviato del POGLA VNIK, POLJA}()) . Da generale Vittorio AMBROSIO - A Stato Maggiore esercito - P.M. IO, 3 gennaio 1942). In allegato: «Sintesi del colloquio avvenuto il 30 dicembre 1941 dalle ore I I a((e ore I I .50 a Spalato fra l'ex-deputato de((a Skup!tina dott. JEVEDJEVIC ed il fogornik POLJAK addeuo al Q.G. (Quartier Generale - n.d.a.) di Zagabria inviato dal PoGLAYNIK» - Vno1 DOCUMENTO N. 4 ALLEGATO AL PRESENTE CAPITOLO. (25) Ibidem - Allegato. (26) Ibidem - Allegato. (27) Ibidem - Allegato. (28) Ibidem - Allegato. (29) Ibidem - Allegato.


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(30) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1942 - Busta 130 - Fascicolo 1 - (Lettera non firmata - Certamente del ministro Luca PIETROMARCHI - Al console Vittorio CASTELLANI dell'Ufficio di collegamento del ministero degli affari esteri con il comando della 2• Armata - Trascrive, tra virgolette, la risposta del capo della legazione d'Italia a Zagabria, ministro Raffaele CASERTANO - Roma, 23 gennaio 1942). Una nota a matita, in testa al primo foglio, dice: «Consegnato a mano il 2811». (31) Jbidem. (32) Vedi n. 2 - Notiziario n. 244 - Paragrafo: «Signo». (33) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1942 - Busta 130 - Fascicolo I - (Lettera personale del ministro Luca P1ETROMARCH! a Raffele CASERTANO - Roma, 17 gennaio 1942). In alfegato: a) Pro memoria del ministero dell'interno - Non firmato - Roma, 15 gennaio 1942. b) Pro memoria per il DUCE, con il sottotitolo: <<Notizie confidenziali d'oltre frontiera dalmata raccolte a Zara>) - Non firmato - Roma, 15 gennaio 1942. (34) Jbidem - Allegato a) .. (35} lbidem - Allegato a). (36) Ibidem - Allegato a) . (37) Ibidem - Allegato b). (38} Ibidem - Allegato b). (39} M.A.E. -A.S.D. - Jugoslavia 1942- Busta 130 - Fascicolo I - (Foglio n. 603 di prot. - «.Appunto» - Da ministero degli affari esteri dello Stato Indipendente di Croazia - Alla legazione d'Italia a Zagabria - Non firmato - Zagabria, 17 gennaio 1942). (40) Ibidem. (41) Ibidem. (42) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1942 - Busta 130 - Fascicolo 1 - (Telespresso n. 101 Da Ufficio collegamento del ministero degli affari esteri con comando 2• Armata - A ministero affari esteri, Roma - Ufficio Croa1ia - Per conoscenza a legazione d'Italia a Zagabria - A comando 2• Arma ta - Firmato console Vittorio CASTELLANI - P.M. 10, 22 febbraio 1942). (43) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1942- Busta 130- Fascicolo I -(Foglio n. 001398/Gab. P .S. di prot. - Governo della Dalmazia - Direzione generale di polizia - A ministero affari esteri, Roma - Ufficio Croazia - .Firmato, per il Governatore, il capo della Direzione di polizia, prefetto Giuseppe STRACCA·· Zara, 4 marzo 1942). Riporta il testo della lettera del comando VI Corpo d'armata al prefetto di Spalato, Paolo ZERBINO - P.M. 39, 4 gennaio 1942. (44) U.S.-S.M.E. - Anno 1942 - Busta 1T 522 - Comando 2• Armata - (Pro memoria del dottor Dobroslav JEVDJEVIC - «li problema dell'azione ce/nico-comunista nella Bosnia e nell'Erzegovina» - Senza data - Non firmato - Da collocarsi intorno alla metà di gennaio 1942).


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Allegato ad una «Nota del Capo Ufficio liA», (generale Ettore DE BLASIO, capo dell'ufficio informazioni della 2 • Armata). (45) Ibidem - Nota del capo Ufficio I/A. (46) Vedi n. 43. (47) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1942 - Busta 130 - Fascicolo l - (Telespresso n. 562/ 14 - Da consolato generale d'Italia a !'vtostar - A ministero affari esteri, Roma - Ufficio Croazia - Per conoscenza a legazione d 'Italia a Zagabria - Al comando 2• Armata - Firmato console Renato GIARDINI· Mostar, 6 aprile 1942). VEDI DOCUMENTO N. s ALLEGATO AL PRESENTE CAPITOLO. (48) Ibidem.

(49) Ibidem.

II console Renato GIARDINI, nel suo commento alla lettera del maggiore BoSko TODOROv1é, scrive: «La voce della costituzione di una grossa armata destinata ad operare a Gibilterra ed oltre correva in Italia proprio nel periodo in cui Jevdjevié compiva il suo viaggio». Probabilmente la voce era da attribuirsi agli orientamenti del Comando Supremo nell'autunno del 1941 . Vedi: Galeazzo CIANO - Diario /937-1943 - (Ed. R1zzou, Milano, 1980) - Annotazione: «22 ottobre - Pof (il maresciallo Ugo CAVALLERO - n.d.a.J assicura che a primavera avremo 92 divisioni d'impiego» (pag. 548). Vedi: Giuseppe BOTTAI - Diario 1953-1944 - (Ed. RIZZOLI, Milano, 1982) - Annotazione: «14 ottobre - Da Mussolini - A primavera, io [MussOLINJ - n.d.a. ] avrò cento divisioni in ordine» (pag. 287}. II piroscafo affondato era il N inuccia, di 4 583 tonn., un mercantile carico di sale, silurato all'altezza di Punta Planca, ad occidente di Spalato (Vedi: U.S.-S.M.E. - Busta 585 - Comando VI Corpo d'armata - Notiziario n. 270 - Paragrafo: «Sebenico» - P.M. 86, 29 gennaio 1942). Il ministro CIANO si era recato in visita ufficiale a Budapest dal 15 al 18 gennaio I 942 (Vecli: Galeazzo CÌANO, Diario /937-1943 - Annotazioni dei giorni corrispondenti. Inoltre, vedi: Galeazzo CIANO, L'Europa verso la catastrofe - (Ed. MoNDADORI, Milano 1948) - Capitolo XLIII - «La guerra continua - Colloqui con il reggente Horty, il presidente del Consiglio Bàrdossy e altre personalità ungheresi» (pag. 708 e seg.). Dagli scritti di CIANO risuita che gli ungheresi erano naturalmente attenti alle complicazioni balcaniche, ma non vi è alcun cenno circa proposte o intese per l'inclusione della Croazia nella sfera degli interessi ungheresi attraverso l'Italia. CIANO tornò a Budapest il 25 ed il 26 agosto 1942 per i fun erali di Stefano HoRTHY, figlio del Reggente d'Ungheria, caduto in Russia . Con la scoparsa di Stefano HORTHY, che era Vice-Reggetne, si creava un delica tissimo problema per il futuro del paese. CIANO, in merito ebbe un collo quio con Kaima n de KANYA, ministro per gli affari esteri. Scrive CIANO (annotazione 26 agosto 1942), quasi sia stata una sua idea: «Si suggerisce una soluzione dì unione personale con Vittorio Emanuele III», cioè l' o fferta della Corona di Santo Stefano al Re d'Italia. MussoLINI fu recisamente contrario. «Avevo carezzato un sogno simile per il Duca d 'Aosta. Morto lui, non se ne farà più nulla». (Annotazione 29 agosto 1942).


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Vedi anche Il Tempo - Quotidiano di Roma - Pag. 6 - 21 agosto 1989 - Franz Maria D' ASARO - La Corona d'Ungheria fu offerta ai Savoia. La notizia, per quanto riservata, dovette essere molto 'chiacchierata' se trova riscontro in questa lettera di Bo~ko Tooo&ov1C. (50) Ibidem. (51) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1942 - Busta 130 - Fascicolo I - (Ministero degli affari esteri, Roma - Ufficio Croazia • <<Appunto per l'Eccellenza il Ministro» - Firmato Luca Pu;TROMARCHI - Roma, 28 aprile 1942). (52) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1942 - Busta 111 - Fascicolo I - (Lettera senza protocollo - Intestata «Comando del reparto dei cetnici di V1tEGRAD» - Firmata da «// Comandante, tenente K.O. JAKSIÒ> - Jagodina, 20 dicembre 1941). VEDI DOCUMENTO N. 6 ALLEGATO AL PRESENTE CAPITOLO. (53) Ibidem. (54) Ibidem. (55) U.S.-S.M.E. - Busta 1267 - Comando VI Corpo d'armata - (Notiziario n. 495 P.M. 39, 13 settembre 1942).

In allegato: Foglio ris.mo n. 370 di prot. - Intestato «Comando dei reparti cetnici de/l'esercito Jugoslavo - Comando Gorski» - Diretto «Al maggiore di Stato Maggiore Giorgio LAS1é; al comandante dei reparti c~tnici dell'esercito jugoslavo del Montenegro; al capitano sig. Paolo DJUR!Sté, comandante del reparto cetnico dell'esercito jugoslavo di Limsko), Firmato da «Il Generale di S.M. Comandante Drag. M. M1HAJLOV1ò> - Senza località, JO dicembre 1941. VEDI DOCUMENTO N. 1 ALLEGATO AL PRESENTE CAPITOLO. Nel Notiziario n. 495, paragrafo: «Nevesinje», è scritto: «Nostro confidente ha rimesso al comando delle formazioni V.A .C. [volontari anti-comunisti - n.d.a.] un documento interessante, anche se di data vecchia, che ha asserito aver rinvenuto nelle tasche di un ufficiale caduto in combattimento in zona di Pota» . (56) Ibidem . (57) Ibidem. (58) Ibidem. (59) Ibidem. (60) U.S.-S.M.E. - Busta 521 - Comando 2• Armata - (Foglio senza n. di prot. né intestazione - Al Comando VI Corpo d' armata - Firmato «Il delegato dei cetnici sottotenente e giudice Mutimir V. PETKOVlé>>- Mostar, li gennaio 1942). VEDI DOCUMENTON. SALLEGATO AL PRESENTE CAPITOLO. (61) Ibidem . (62) Ibidem . (63) Ibidem. (64) Ibidem.


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96 (6S) Ibidem. (66) Vedi n. 44.

(67) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1942- Busta 111 - Fascicolo 1 - (Telespresso n. 542/42 - Oggetto: «A rchivio cetnico-comunista» - Da legazione d'Italia a Zagabria - A ministero affari esteri, Roma, - Firmato ministro Raffaele CASERTANO - Zagabria, 6 febbraio 1942). In allegato: Foglio n. 176 di prot. - Oggetto: «Archivio cetnico-comunista» - Dall'addetto militare presso la legazione d'Italia a Zagabria - Firmato colonnello Gian Carlo RE - A Superesercito - Per conoscenza a comando 2 1 Armata - Zagabria, S febbraio 1942. VEDI DOCUMENTO N. 9 ALLEGATO AL PRESENTE CAPITOLO. A.C.S. - Microfilm n. 64 - Serie T. 821 - Fotogramma 1107 - (Marconigramma n. 74/0p. - Da Nucleo italiano collegamento con Armata germanica - P er comando 2• Armata - Firmato capitano DERETTO - Belgrado, 28 dicembre 1941). Fra l'altro dice: «Draga (sic) MIHAJLOVTC [.:.) ha preferito gruppo ribelli "DANG!C" ristabilendo buoni rapporti con comunisti». (68) Radoljub CoLAKov1C, nel 1921 era studente della scuola commerciale di Zagabria. Egli, secondo notizie dell'epoca (Corriere della Sera, 23 luglio 1921), a nome di un Comitato terroristico comunista, forni la pistola ed imparti l'ordine ad Alija ALIAG!C di uccidere il ministro per l'interno del Regno dei Serbi-Croati-Sloveni. L'assassinio fu perpetrato il 21 luglio a Delnice. Sia CoLAKOV!C che AUAO!C furono arrestati subito dopo l'attentato. PR!NC!P, di cui s'ignora il nome, era il cugino di Gavrilo PRINC!P che, a Sarajevo, il 28 giugno 1914, uccise l'arciduca d'Austria FRANCESCO FERDINANDO e sua moglie Sofia CHC>TEK. Svetozar VUKMANOVIC, con il nome di battaglia 'Tempo', era il delegato del comando partigiano per la Bosnia ed Erzegovina. (69) Veòi n. 67. (70) Vedi n. 60. (71) U.S.-S.M.E. - Busta 1264 - Comando Vl Corpo d'armata - (Foglio n. 2669/0p. di prot. - «Cedo a partire dalle ore otto del 18 corrente al Comando del XVIII Corpamiles la giurisdizione sul territorio a nord-ovest del fiume Narenta» - Firmato generale Renzo DALMAZZO - P.M. 39, 16 febbraio 1942). (72) U.S.-S.M.A. - Elemento 7618 - Busta 4 - Fascicolo B-0/ 94/ 1 - (Foglio senza n. di prot. - Oggetto: «Costituzione del Comando Superiore delle Forze Armate 'Slovenia-Dalmazia'» - Firmato MussouN1 - Roma, 2 maggio 1942).

(73) U.S.-S.M.E. - Busta IT 630 - Comando 2 1 Armata - (Memoria della riunione convocata dal generale Vittorio AMBROSIO - P.M. 10, 30 dicembre 1941). Vedi, in particolare, volume primo del presente lavoro, capitolo VIII, nota 394. (74) Giacomo ZANUSS1 - Guerra e catastrofe d'Italia - Giugno 1940-Giugno 1943 - Editrice Libreria Corso - Roma, I94S - Pag. 179 e seg .. (75) Ibidem.


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(76) M.A. E.-A .S.D. - Jugoslavia 1942 - Busta 131 - Fascicolo 3 - (Foglio senza n. di · · prot. - Staro Maggiore esercito· Ufficio operazioni - Sezione 3 - Pro memoria - Non firmato, certamente del generale Mario ROATTA - P .M. 9, 10 gennaio 1942). Il pro-memoria costituì il capitolo VIII d'una più ampia relazione (non trovata) dello Stato Maggiore esercito, citata dal generale Vittorio AMBROSIO nella memoria diretta al Comando Supremo il 23 gennaio 1942. (Vedi n.9). (77) Ibidem.

(78) Ibidem . (79) U.S.-S.M.E. • Busta 521 - Comando 2• Armata· (Foglio n. 810 di prot. - Segreto - Oggetto: «Politica croata in territori deUa 2• e 3• zona» - Allo Stato Maggiore esercito Ufficio op~razioni - Firmato generale Vittorio AMBROSIO - P.M. IO, 15 gennaio 1942). (80) Ibidem. (81) Vedi 11. 74 - Pag. 181 e seg .. (82) Vedi n. 9. (83) A.C.S. - Microfilm n . 53 - Serie T. 821 • Fotogrammi 1173-1178 • (Foglio n. 1511 di prot. - Segreto - Da consegnarsi a mano - A mezzo ufficiale - Da comando 2 • Armata A Stato Maggiore esercito - Firmato generale Mario RoATTA • P.M. 10, 30 gennaio 1942). (84) Ibidem . (85) Ibidem. (86) A.C.S. - Microfilm n. 55 - Serie T . 821 - Fotogrammi 207-208 - (Foglio n. 2070 di prot. • Segreto - Urgentissimo · Da consegnarsi a mano - Oggetto: «Sistemazione de{{e truppe dell'Armata» - Da comando 2• Armata - A Stato Maggiore esercito - Firmato generale Mario ROATTA · P.M. 10, li febbraio 1942).

(87) Ibidem. (88) Ibidem. (89) A.C.S . • Microfilm n. 55 - Serie T. 821 - Fotogrammi 572-574 • (Foglio n. 1635/0p.- di prot. - Oggetto: «Riduzione dei presidi» • Da comando VI Corpo d'armata· A comando 2' Armata · Firmato generale Renzo DALMAZZO - P. M. 39, 12 febbraio 1942). (90) Ibidem . (91) Ibidem. (92) Ibidem.

(93) Ibidem . (94) Ibidem . (95) Ibidem.

La difesa di Cattaro era affidata alla divisione 'Messina' e ad un battaglione della Guardia alla fron tiera (G.A.F).


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942)

(96) A.C.S. - Microfilm n. 55 - Serie T. 821 - Fotogrammi 195-198 - (Foglio n. 2780 di prot. - Segreto - Da consegnarsi a m.ano - Oggetto: «Raggruppamento presidi dell'Armata» - Da comando 2• Armata - A Stato Maggiore esercito - Firmato generale Mario RoA,·. : P.M. 10, 21 febbraio 1942). (97) Ibidem.

In particolare, !'XI Corpo d'armata passava da 59 a 12 presidi; il V da 44 a 26; il XVIII da 38 a 14; il VI da 25 a 11. (98) Ibidem . (99) A.C.S. - Microfilm n. 55 - Serie T . 821 - Fotogramma 173 - (Foglio n. 3357 di prot. - Segreto - Oggetto: «Raggruppamento presidi della 2 • Armata» - Da Stato Maggiore esercito - A comando 2• Armata - Firmato generale Vittorio AMBROSIO - P.M. 9, 26 febbraio 1942). (100) A.C.S. - Microfilm n. 55 - Serie T . 821 - Fotogramma 304 - (Telescritto n. 3860 Da comando 2• Armata - Ai comandanti del V, VI, Xl, XVIII Corpo d'armata - Firmato generale Mario ROATTA - P.M. 10, 8 marzo 1942).

Precisa che l'ordine per il raggruppamento dei presidi. preannunciato con foglio n. 2790 di prot. del 21 febbraio 1942, era divenuto esecutivo con telescritto n. 3141 del 26 febbraio · 1942. (101) U .S.-S.M.E. - Busta 514 - Le temperature invernali sono segnate, quasi giornalmente, nei diari storici delle divisioni 'Sassari' e 'Bergamo'. Durante tutto gennaio, nel settore della 'Bergamo' le minime giornaliere (salvo il 31) oscillarono dai -15 ai -32 del 22 e 23 gennaio. Nel settore della 'Sassari' dai -15 del primo gennaio si passò ai -30 del 20, 21 e 22, per raggiungere i -35 il 24 gennaio 1942. (102) U.S.-S.M.E. - Busta 769- Comando divisione 'Sassari' - (Diario storico - P.M. 86, 13 marzo 1942). (103) U.S.-S.M.E. - Busta 769 - Comando divisione 'Sassari' - (Diario storico - «Premessa al bimestre febbraio - marzo 1942» - P.M. 86, I marzo 1942). (104) Ibidem. (105) U.S.-S.M.E. - Busta 584 - Comando VI Corpo d'armata - (Foglio n. 6730 di prot. - Oggetto: «.Direttive ed osservazioni» - Paragrafo 11 - P.M. 39, 12 novembre 1941). (106) Vedi capitolo IV del primo volume del presente lavoro, pag. 405. (107) Comando Supremo - Commissione consultiva per il diritto di guerra - «Raccolta dei bandi, delle ordinanze e dei decreti emanati dal Comandante delle Truppe operanti su tutte le fronti e dai Comandanti superiori delle Forze Armate» - (Quattro fascicoli) - Istituto Poligrafico dello Stato - Roma, 1941-1943.

Fa5cicolo III - Pag. 53 - Regio decreto 3 ottobre 1941 - XIX, n. 1129 - «Estensione ai territori annessi al Regno d'Italia del R. decreto 3 aprile 1941-XIX, n. 194, concernente la dichiarazione dello stato di guerra di parte del territorio metropolitano» - Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia, 20 ottobre 1941, n. 248. (108) Ugo CAVALLERO - Comando Supremo Diario - 1940-43 del Capo di S.M.G. - Editore CAPPELLI - Bologna, 1948 - Annotazione del 13 gennaio 1942.


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(109) Regio decreto 8 luglio 1938, n. 1415 - «Approvazione dei testi della legge di guerra e della legge di neutralità» • Pubblicato nel supplemento della Gazzella Ufficiale del Regno d'Italia, 15 settembre 1938, n. 211.

L'articolo 6 dispone: «L'applicazione della legge di guerra, ordinata a norma degli articoli precedenti, si estende di dìrilto al territorio occupato dalle forze armate dello Stato, salvo che il provvedimento che ordina l'applicazione non disponga altrimenti». (110) Vedi n. 107 . Fascicolo IV. Pag. 72. (1 11) Il bando - in applicazione dell'articolo 18 della legge di guerra (vedi nota n. 109) che dispone: <di bando determina i modi della sua pubblicazione» - non venne pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del Regno d'Italia. (1•12) M.A.E.-A.S.D. • Jugoslavia 1941 • Busta 124 - Fascicolo I - (Foglio n. 441/023432 di prot. - Riservato - Ogge110: «Notizie dalla Dalmazia»· Da ministero dell'interno· Direzione generale di pubblica sicurezza · A ministero affari esteri· Roma, 24 dicembre 1941). (I 13) Ibidem.

(114) Ibidem. (115) U.S.-S.M.E. - Busta 585 - Comando VI Corpo d'armata - (Notiziario n. 244 «Situazione a fine dicembre 1941>, - Paragrafo: «Nel settore della divisione 'Marche'» - P .M. 39, 3 gennaio 1942). (116) Ibidem. ( I 17) lbidem.

(118) Giuseppe ANOELINI • Fuochi di bivacco in Croazia - Editrice Tipografia Regionale - Roma, 1946 - Pag. 63. (119) Ibidem. (120) Ibidem· Pag. 65. (121) Ibidem - Da pag . 65 a pag. 75. {122) Ibidem - Pag. 78. (123) Tbidem.

Era la I' compagnia del XLI battaglione camicie nere, al comando del centurione CLEVA.

Il comandante del plotone esploratori, capomanipolo Salvatore VENERE (n. a Fasano, 1901) venne decorato con la medaglia d'oro alla memoria: «[... ) attaccato da soverchianti

forze ribelli, contrattaccava arditamente all'arma bianca f ...}. Sistematosi a difesa e sfruttando le poche risorse del terreno coperto da alta neve, fronteggiava ripetuti, violenti allocchi de/l'avversario che già aveva prodotto numerose perdite nel reparto. Ferito, rifiutava ogni soccorso, continuando intrepidamente nella lotta, incitando ed incoraggiando i legionari con l'esempio animatore. Ridotto il manipolo a pochi superstiti f .. .] continuava a combattere con estrema decisione votandosi al sacrificio{... }. Ferito una seconda volta e gravemente, continuava nell'impari lotta fino a quando, stremato di forze e morente, si abbaCleva lanciando un ultimo incitamento alle sue camicie nere» - Gruppo Medaglie d 'oro al Valor militare d'Italia - Le Medaglie d'Oro al Va/or militare individuali - Volume II, 1942-1959 • Editrice Tipografia Regionale - Roma, 1965 - Pag. 8.


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(J 24) Gian Nicola AMORETTI - La vicenda italo-croata nei documenti di Aimone di Savoia (1941-1943) - «Punto stimato a fine febbraio 1942» - Pag. 54 - Editrice "Ipotesi" - Rapallo, 1979. A IM ONE DI SAVO IA, periodicamente compilava una rel azione sui problemi e sui fatti della Croazia, secondo le notizie che riceveva dai comandi militari, dal ministero degli affari esteri e da altre fonti. Ogni relazione, che dopo l'esposizione dei fatti si concludeva con le "Considerazioni», veniva indicata, con termine marinaro, «Punto stimato» seguito dalla data. li lavoro di raccolta dei dati e la loro elaborazione erano effettua ti dal colonnello di commis- · sariato della Marina Agenore Bertocchi.·

(125) ibidem - «Punto stimato a fine gennaio 1942» - Pag. 43. (126) Vedi n. I 18 · Pag. 79. (127) Vedi n. 74 - Pag. 181. (128) Vedi n . 74 - Pag. I 85- 186. Vedi anche n. I 18 - Pag. IO! e seg .. (129) Vedi n. I 18 - Pag. 108. (130) Vedi n . 74 · Pag. 208. (131) Ibidem.

(132) Vedi n . I 18 . Pag. 162. (133) U.S.-S.M.E . . Busta 585 - Comando VI Corpo d'armata - (Foglio n. 561/0p. di prot. - Oggetto: «Morale delle truppe» · Da comando VI Corpo d'armata - A comando 2• Armata - Firmato generale Renzo DALMAZZO - P.M. 39, 14 gennaio 1942). (134) Ibidem. (135) ibidem. (136) U.S. -S.M.E .• Busta 569 - Comando d ivisione 'Sassari' - (Diario storico · P.M. 86, l • gennaio 1942). (137) U.S.-S.M.E. - Busta 569 - Comando divisione 'Sassari' - (Diario storico - P.M. 86, 7 gennaio 1942). La ferrovia Fiume-Ogu lin-Grafac-Tenìn era a scartamento normale (cm. 1 435). (138) U.S.-S.M.E. - Busta 569 - Comando divisione 'Sassari' - (Diario storico - P .M. 86, 9 gennaio 1942).

(139) Ibidem . La ferrovia Tenìn-Dervar aveva uno scartamento ridotto (cm. 76). (140) U .S,:S,M. E • Busta 569 - Comando divisione 'Sassari' - (Diario storico - P .M. 86, 24 gennaio 1942. ( 141) Ibidem. (142) U.S.-S.M.E. - Busta 769 - Comando divisione 'Sassari' - (Diario storico - P .M. 86, 22 marzo 1942).


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Francesco OGLIARI ·L'Italia è piccola? - Storia dei trasporti italiani. Volume XL. "Terre d'Oltremare", volume V· CAVALLOTTI Editore - Milano, 1981, pag. 1956. Ai primi di maggio il capitano GABRIELLI, reduce da una delle sue 'passeggiate sciistiche', racconta che arrivato a un certo punt0 si è chiesto: «Ma chi ha portato due cappelli a cilindro

su questa distesa di neve? Sono le ciminiere delle due locomotive che incominciavano ad apparire». (143) Vedi n. 140. (144) U.S.- S.M.E. • Busta 569 - Comando divisione 'Sassari'. (Diario storico. P .M. 86, l I gennaio 1942).

(145), U.S. -S.M.E . - Busta 569 - Comando divisione 'Sassari' - (Diario storico - P.M. 86, 18 gennaio 1942). (146) Vedi n. 140. (147) U.S.-S.M.E. - Busta 569 • Comando divisione ' Sassari' - (Diario storico - P.M. 86, 26 gennaio 1942). (148) U.S.-S.M.E. - BusLa 569 - Comando divisione 'Sassari' .. (Diario storico - P.M. 86, 22 gennaio 1942). A .C.S. - Microfilm n. 60 - Serie T. 821 - Fotogrammi 357-370 . (Foglio n. 18 di prot. Comando 152° reggimento fanteria - «Relazione su/fatto d'armi a Medeno Polje (Petrovac), 22 gennaio 1942» - Firmato colonnello Ezio DE MICHELIS • Per generale Furio MONTICELLI, comandante divisione 'Sassari' - P .M. 86, 29 gennaio 1942). (149) Ibidem · A.C.S. (150) fbidem - A.C.S. (151) Il capitano d ' artiglieria in s.p.e., Aldo BRANDOLIN, nato a T rieste nel 1910, venne decorato con la medaglia d'oro al valor militare. Dalla motivazione: [ ... ) «impegnava l'ag-

guerrrito nemico tre volte superiore[.. J in duro e cruento combattimento. Benché gravemente feritO al petto [...] continuava imperterrito a dirigere l'azione dissimulando la ferita f. . .]. Stremato di forze, con serena fermezza montava a cavallo e persisteva risolutameme ne/l'arduo compito di comandante[.. .]. Accortosi di una minaccia d'accerchiamento, con imperturbabile calma disponeva il ripiegamento[... ]. Rientrava per uitimo alla base ove[... ] spirava da prode[. ..] ». - Gruppo Medaglie d'oro al Valor militare d'Italia - Le medaglie d'Oro al Va/or militare individuali - Volume II , 1942- 1959 - Editrice Tipografia Regionale - Roma, 1965 - Pag. 9. (152) U .S.-S.M.E. • Busta 569 - Comando divisione 'Sassari' - (Notiziario giornaliero Paragrafo: <<Petrovac» - P.M. 86, 28 giugno 1942). (153) Vedi n. 141. ()54) U.S.-S.M.E. - Busta 569 · Comando divisione 'Sassari' - (Diario storico - P.M. 86, 2 febbraio 1942). (155) Ibidem - 9 febbraio 1942. (156) Ibidem - IO febbraio 1942.


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(151) Ibidem - 15 febbraio 1942. (I 58) Ibidem.

(159) Ibidem - 28 febbraio 1942. (160) Ibidem - 21 febbraio 1942. (161) Ibidem. (162) Ibidem - 2 marzo 1942. (1 63) Ibidem - 1 marzo 1942. (164) Ibidem - 14 marzo 1942. (165) Ibidem - 18 marzo 1942. (166) Ibidem - 23 marzo 1942. (167) Ibidem - 25 marzo 1942. (1 68) U.S.-S.M.E. - Busta 569 - Comando divisione 'Sassari' - (Notiziario giornaliero Paragrafo: «Rapporto comunista a Cr/jevica ed allegato sull'organizzazione militare e polilica dello S.K.P.» [Partito Comunista Serbo) - P.M. 86, 21 gennaio 1942). (169) Ibidem. (170) Ibidem. (171) Ibidem. (172) Ibidem. (173) Ibidem - Paragrafo: «Bosansko Orahovo». (174) U.S.-S.M.E. - Busta 569 - Comando divisione 'Sassari' - (Notiziario giornaliero Paragrafo: «Orafac-Zermanja>l - P .M. 86, 28 gennaio 1942). (175) ibidem - Paragrafo: «Dervarn. (176) Ibidem - Paragrafo:' «Petrovac». (177) Vedi n. 103.

(178) Ibidem. (179) U.S.-S.M.E. - Busta 569 - Comando divisione 'Sassari' - (Notiziario giornaliero Paragrafo: «Varkar Vakuf» - P .M. 86, 25 febbraio 1942). (180) Ibidem.

(181) U.S.-S.M.E. - Busta 769- Comando divisione 'Sassari' - (Diario storico - P.M. 86, 25 febbraio 1942). (182) Vedi n. 179. (183) Ibidem. (184) Ibidem.


La crisi in vernale e la cooperazione italo-tedesca-croata

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(185) U.S.-S.M.E. - Busta 769 - Comando divisione 'Sassari' - {Notiziario giornaliero Paragrafo: «Varkar Vak uf» - P.M. 86, 31 gennaio 1942). (186) Vedi n. 179. (187) U.S.-S.M.E. - Busta 569 - Comando divisione 'Sassari' . (Notiziario giornaliero - · Paragrafo: «Varkar Vakuf» · P.M. 86, 31 gennaio 1942). · (188) Ibidem. (I 89) / bidem.

(190) U.S. -S.M.E. - Busta 769 - Coma11do divisione 'Sassari' - (Diario storico - P .M. 86, 28 febbraio 1942) .

(191) Vedi n. 185 • Paragrafo: «Kljuc». (I 92) Ibidem.

(193) U.S.-S.M.E. · Busna 769 • Comando divisione 'Sassari' - (Diario storico - P .M. 86, 26 febbraio 1942). (194) Ibidem . {195) U.S.-S.M.E. - Busta 769 - Comando divisione 'Sassari' - (Diario storico - P. M. 86, 24 febbraio 1942). (196) Ibidem . (1 97) Ibidem. (198) U.S.-S.M.E. - Busta 769 - Comando divisione 'Sassari' - (Diario storico - P.M. 86, 24 febbraio 1942). (199) A.C.S. - Microfilm n. 52 - Serie T. 821 - Fotogramma 609 - (Telescritto n. 289/0p. - Da comando XVIII Corpo d'armata - A comando 2• Armata - Per Stato Maggiore esercito croato - P.M. 118, ore 20.45, 27 febbraio 1942). (200) Ibidem.

(201) A.C.S. - Microfilm n. 54 - Serie T. 821 - Fotogramma 672 - (Minuta senza n. di prot. - Oggetto: «Presidio croato Bileéa» - Da generale Ettore DE BLASIO, capo Stato Maggiore 2• Armata - A missione militare italiana, Zagabria - Pro memoria riservato per il generale Giovanni OX!UA - Zagabria, 11 gennaio 1942). (202) Ibidem . (203) Ibidem. (204) A.C.S. - Microfilm n. 54 • Serie T. 82 1 - Fotogrammi 29-32. (Foglio n. 172 di prot. - Oggeuo: Ustascia ed esercito - Progetto del Pog/avn ik - Da Missione militare italiana • Firmato generale Giovanni Oxilia - A Comando Supremo - Per conoscenza a 2• Armata • Zagabria, 11 febbraio 1942). (205) Ibidem. (206) Ibidem .


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104 (207) ibidem. (208) Ibidem.

(209) U.S. -S.M.E. - Busta 769 - Comando divisione 'Sassari' - (Diario storico - P.M . .86, 27 febbraio 1942). Il presidio era costituito dalla 9• co~pagnia del Ili battaglione del 151 ° reggimento di fanteria. (210) U.S.-S.M.E. - Busta 769 - Comando divisione 'Sassari' - (Diario storico - P.M. 86, 31 gennaio 1942). (211) Ibidem - 9 febbraio 1942. (212) Ibidem - 21 febbraio 1942 .. (213) Ibidem - 22 febbraio 1942. (214) Ibidem - 23 febbraio 1942. (215) Ibidem - 24 febbraio 1942. (216) Vedi n. 209. (217) U.S. -S.M.E. - Busta 769 - Comando divisione 'Sassari' - (Notiziario giornalier<? Paragrafo: «Dervar» - P.M. 86, 28 febbraio 1942). (218) Ibidem. (219) U .S.-S.M.E. - Busta 769 - Comando divisione 'Sassari' - (Diario storico - P .M. 86, 3 febbraio 1942). (220) Ibidem - 5 febbraio 1942. (221) Ibidem - 2 marzo 1942. (222) Ibidem - 5 marzo 1942. (223) Ibidem - 7 marzo 1942. (224) Vedi n. 118 - Pag. 128. (225) U.S.-S.M.E. - Busta 769 - Comando divisione 'Sassari' - (Notiziario giornaliero Paragrafo: «Dervarn - P.M. 86, 13 marzo 1942). (226) U.S. -S.M.E. - Busta 569 - Comando divisione 'Sassari' - 73• legione CC.NN. Comando XLIV battaglione CC.NN. - («Relazione sui fatti d'arme del presidio di Srb assediato dal 4/3 al 26/3/1942 A.XX. E.F.» - Firmato 1° seniore Armando TREVISAN - Annotazione del 4 marzo 1942). Il documento è redatto in forma di diario, ed inizia con il 1° marzo 1942- Porta in allegato l'elenco delle perdite ed il testo dei fonogrammi in arrivo ed in partenza da Srb, dalle ore 10.00 del 4 marzo alle ore 15.00 del 25 dello stesso mese. (227) Ibidem. (228) Ibidem - Annotazione del 4 marzo 1942.


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Perdite della giornata: morti I ufficiale, ! sottufficiale, 7 camicie nere; feriti 2 ufficiali, 2 sottufficiali, 16 camicie nere. (229) Ibidem - Annotazione del 5 mar.zo 1942. (230) Ibidem. Perdite della giornata: morti I camicia nera; feriti 1 sottufficiale, 2 camicie nere. (231) Ibidem - Annotazione del 6 marzo 1942. Perdite della giornata: feriti 2 sottufficiali, 1 camicia nera. (232) U.S.-S.M.E. - Busta 569 - Comando divisione 'Sassari' - (Foglio n. 02/959 di prot. - «Rela~ione sull'azione eseguita il giorno 8 marzo 1942-XX per sbloccare il presidio di Srb» - Da generale Furio MONTICELLI, comandante divisione 'Sassari' - A comando XVIII Corpo d'armata - P.M. 86, 21 marzo 1942). (233) Ibidem. (234) Ibidem. - U.S.-S.M.E. - Busta 769 - Comando divisione 'Sassari' - (Foglio n.1/Zc. di prot. - Oggetto: «Relazione sul fatto d'arme nell'a.zione su Srb» - Da comando XIX battaglione del 7° gruppo battaglioni alpini - Firmato colonnello Carlo GHÈ - A comando 7° gruppo battaglioni alpini - Per conoscenza a 7' compagnia lanciafiamme - Zermanja-Otrié, 9 marzo 1942). (235) Ibidem. (236) Ibidem - Allegato: «Specchio riassuntivo delle perdite della sera del 10 marzo 1942». (237) Vedi n. 226 - Annotazione dell'8 marzo 1942. Perdite della giornata: morti 2 camicie nere; feriti 4 camicie nere. (238) Ibidem - Annotazione del 9 marzo 1942. (239) Ibidem - Annotazioni del 10 e dell' 11 marzo 1942. (240) U.S.-S.M.E. - Busta 769 - Comando divisione 'Sassari' - (Notiziario giornaliero Paragrafo: «Srb» - P.M. 86, 13 marzo 1942). (241) Vedi n. 226 - Annotazioni del 12 e del 13 marzo 1942. Perdite del giorno 12: morti 2 camicie nere; feriti 1 camicia nera. Perdite del giorno 13: morti I camicia nera; feriti 5 camicie nere; dispersi 1 camicia nera. (242) Vedi n. 240 (243) Vedi n. 226 - Annotazione del 14 marzo 1942. Perdite della giornata: morti 1 camicia nera; feriti 3 camicie nere. (244) Ibidem - Annotazione dei 20 marzo 1942. Perdite della giornata: feriti 1 camicia nera.


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(245) Ibidem - Annotazione del 22 marzo 1942. Perdite della giornata: feriti 5 camicie nere. (246) Ibidem . (247) U.S.-S.M.E. - Busta 769 - Comando divisione 'Sassari' - (Foglio senza n. di prot. - Oggetto: «Azione su Srb» - A comando XVIII Corpo d'armata - Firmato generale Furio MONTICELLI - P.M. 86, 22 marzo 1942). - U.S.-S.M.E. - Busta 769 - Comando divisione 'Sassari' - (Diario storico - P.M. 86, 19, 21 e 22 marzo 1942). Le forze riunite a Zermagna comprendevano: I e II battaglione del 151 ° reggimento fanteria, comandati rispettivamente del capitano DE BLASIO e dal tenente colonnello MONDELLO; un battaglione di formazione del 152° reggimento di fanteria, al comando del maggiore DE FRANCESCO; una compagnia del XLIV battaglione camicie nere al comando del centurione VILLA; una compagnia cannoni da 47/32 (quattro pezzi); una batteria da 65/17; un plotone lanciafiamme. (248) U.S.-S.M.E. - Busta 769- Comando divisione 'Sassari' - (Diario storico - P.M. 86, 24 marzo 1942). (249) U.S. -S.M.E. - Busta 769 - Comando divisione 'Sassari' - (Diario storico - P .M. 86, 25 marzo 1942). (250) U.S.-S.M.E. - Busta 769 - Comando divisione 'Sassari' - (Diario storico - P .M. 86, 26 marzo 1942). (251) Ibidem. (252) Ibidem. (253) Ibidem. (254) Vedi n. 226 -Annotazione del 26 marzo 1942. (255) Vedi n. 253. (256) Vedi n. 226 - Elenco delle perdite. Il 1° seniore Armando TREVISAN, venne insignito dell' Ordine Militare di Savoia - (Vedi nota 416 - Salvatore L o1 - pag. 268). (257) Vedi n. 240 - Paragrafo: «Dervar». (258) U.S.-S.M.E. - Busta 769 - Comando divisione 'Sassari' - (Diario storico - P.M. 86, 16 marzo 1942). (259) U.S.-S.M.E. - Busta 769 - Comando divisione 'Sassari' - (Notiziario giornaliero Paragrafo: «Tenìn» - P.M. 86, 17 marzo 1942). (260) A.C.S. - Microfilm n. 55 - Serie T. 821 - Fotogramma 304 - (Telescritto n. 3860 Da comando 2• Armata - Ai comandanti del V, VI, XI e XVllI corpo d'armata - Firmato generale Mario ROA'TTA - P.M. IO, 8 marzo 1942) (261) Ibidem.


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(262) U.S.-S.M.E. - Busta 999 Comando divisione 'Sassari' - (Notiziario giornaliero Paragrafo: «Kljuf» - P .M. 86, 13 marzo 1942). (263) U.S.-S.M.E. - Busta 999 - Comando divisione 'Sassari' - (Notiziario giornaliero . Paragrafo: «Klju~» - P.M. 86, 12 marzo 1942). (264) U.S.-S.M.E. • Busta 769 • Comando divisione 'Sassari'" (Diario storico. P .M. 86, 22 marzo 1942). (265) U.S.-S.M.E. - Busta 769 • Comando divisione 'Sassari' • (Fonogramma n. 02/925/0p. • A comando XVIII Corpo d'armata· P .M. 86, 16 marzo 1942). (266) U.S.-S.M.E. - Busta 769 • Comando divisione 'Sassari'· (Diario storico - P.M. 86, 22 marzo 1942). ·

(267) A.C.S. - Microfilm n. 52 • Serie T. 821 • Fotogramma 556. (Telescritto n. 6325 . Da Comando 2• Armata· A missione militare italiana, Zagabria. P.M. 10, 30 marzo 1942). (268) Ibidem. (269) A.C.S. - Microfilm n. 52 - Serie T. 821 - Fotogramma 459 - (Foglio n. 2573/0p. di prot. - Oggetto: «Situazione presidio Varkar Vakuf» ·· Da comando XVIII Corpo d' armata - A comando 2• Armata - P.M. IO, 22 aprile 1942). (270) U.S.-S.M.E. • Busta 999 - Comando divisione 'Sassari' - (Diario storico. P.M. 10, 22 aprile 1942). (271) U.S.-S.M.E. • Busta 769 • Comando divisione 'Sassari'. (Diario storico - P.M. 86, 27 aprile 1942). (272) U.S.-S.M.E. • Busta 517. Comando divisione 2• Armata - (Foglio n. 8081 di prot. - Segreto· Oggetto: «Resa reparto Petrovac» - Da comando 2• Armata. A Stato Maggiore della difesa territoriale croata, Zagabria· Per conoscenza a missione militare italiana, Zagabria - A ufficiale croato di collegamento presso comando 2• Armata. P.M. 10, 27 aprile 1942). (273) Ibidem . (274) U.S.-S.M.E. • Busta 584 - Comando VI Corpo d'armata - (Notiziario n. 329 • Paragrafo: «Situazione a fine marzo»· PM. 86, 31 marzo 1942). (275) Ibidem . (276) Ibidem. (277) Ibidem . (278) U.S.-S.M.E. - Busta 999 • Comando divisione 'Sassari'. (Diario storico. P.M. 86, 3 aprile I942). La colonna, al comando del capitano DE BLASIO del 151 ° reggimento di fanteria, operava sulla sinistra. La colonna di destra, al comando del tenente colonnello Pio Laerte ZANOITI (comandante del reggimento) era formata dal comando di reggimento, dal II battaglione del 151°, un plotone mortai da 81 ed una batteria da 65/17.


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942)

Un battaglione di formazione del 152° reggimenro di fanteria e la compagnia cannoni da 47/ 32, si schierarono nella vallata di Stermizza ( = Strmica) a difesa delle artiglierie. (279) U.S.-S.M.E . • Busta 999 - Comando divisione 'Sassari' - (Diario storico - P.M. 86, 4 aprile 1942). (280) U.S. -S.M.E. - Busta 999 - Comando divisione 'Sassari' · (Notiziario giornaliero • Paragrafo: «Bos. Grahovo» • P.M. 86, 5 aprile 1942). (281) U.S.-S.M.E. · Busta 999 - Comando divisione 'Sassari' · (Notiziario giornaliero Paragrafo: <<Drvar» - P .M. 86, 7 aprile 1942). (282) U.S.-S.M.E. - Busta 999 - Comando divisione ' Sassari' - (Diario storico. P.M. 86, 6 aprile 1942). (283) U.S.-S.M.E. - Busla 999 - Comando divisione 'Sassari' - (Notiziario giornaliero Paragrafo «Dervar» - P .M. 86, 8 aprile 19.42). (284) Ibidem. (285) U.S.-S.M.E. - Busta 999 - Comando divisione 'Sassari'· (Diario storico - P.M. 86, 8 aprile 1942). (286) U.S.-S.M.E. - Busta 999 - Comando divisione 'Sassari' - (Notiziario giornaliero Paragrafo: «Situazione a Drvar» - P.M. 86, 18 aprile 1942). (287) Ibidem • Paragrafo: «Situazione nel circondario di Drvarn. (288) U.S.-S.M.E. • Busta 999 · Comando divisione 'Sassari'· (Notiziario giornaliero Paragrafo: «Tenìn» - P.M. 86, 22 aprile 1942). (289) Ibidem. (290) M.A.E.-A.S.D. · Jugoslavia 1942 • Busta 131 • Fascicolo I· (Ministero affari esteri, Roma - «Appunto per l'Eccellenza il ministro» (CIANO) - Firmato Luca PIETROMARCHI . Roma, 28 gennaio 1942). (291) Ibidem. (292) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1942 • Busta 132 - Fascicolo 8 - (Telegramma n. 013 ·Segreto· Non diramare - Da legazione d'Italia - A ministero affari esteri. Ufficio Croazia • Firmato Raffaele CASERTANO· Zagabria, 19 gennaio 1942). (293) Ibidem. (294) M.A.E.-A.S.D. • Jugoslavia 1942 • Busta 130 • Fascicolo I· (Ministero affari esteri, Roma • «Appunto per l'Eccellenza il ministro» (CIANO)· Non firmato • Quasi certamente di Luca PtETROMARCHI • Roma, 30 gennaio 1942). (295) Ibidem. (296) Ibidem. (297) Vedi n. 292. (298) Ibidem. (299) Ibidem.


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(300) A.C.S. - Microfilm n. 66 - Serie T . 821 - Pot0grammi 416-418 - (Proclama di PAVELIC per la costituzione della chiesa greco-ortodossa croata - Zagabria, 7 maggio 1942). VEDI DOCUMENTO N. 10 ALLEGATO AL PRESENTE CAPITOLO. (301) Ibidem. (302) Ibidem. (303) Vedi n. 108 - Annotazione dell'8 gennaio 1942. (304) U.S.-S.M.E. - Busta IT 630 - Comando 2• Armata - (Foglio n. 2119 di prot. Oggetto: «Rapporti con i croati e rapporti con i cetnici» - Da Stato Maggiore esercito - Al Comando Supremo - Firmato, generale Vittorio AMBROSIO - P.M. 9, 4 febbraio 1942). VEDI DOCUMENTO N. II ALLEGATO AL PRESENTE CAPITOLO.

• Ibidem. (305) (306) Ibidem. (301) Ibidem.

(308) Ibidem. (309) Ibidem. (310) Vedi n. 108 - Annotazione del 27 gennaio 1942. (311) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1942 - Busta 131 - Fascicolo 1 - (Copia d'un foglio senza prot. - Indicato come allegato A) - Intestato «Quartier Generale del FOHRER» - Senza destinatario • Siglato «K»- Senza località - 4 febbraio 1942). VEDI DOCUMENTO N. 12 ALLEGATO AL PRESENTE CAPITOLO. Il foglio è allegato all'«Appunto per l'Eccellenza il ministro» - Firmato Luca PIETROMARCHJ - Roma, 13 febbraio 1942).

Nell'appunto, PIETROMARCHI scrive che il maresciallo Ugo CAVALLERO gli aveva «dato copia di una lettera inviatagli dal generale Keitel». (312) Ibidem - Appunto PIETROMARCHI. (313) Ibidem - Lettera KEITEL. (314) Ibidem. (315) Ibidem. (316) Ibidem. (3 I7) Ibidem.

(318) Ibidem -Appunto P!ETROMARCH!. (319) Ibidem. (320) Ibidem.

(321) Ibidem. (322) Vedi n. 108 - Annocaziorie del 12 febbraio 1942.


Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942)

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(323) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1942 - Busta 131 - Fascicolo l - («Appunto per l'Eccellenza il ministro» - Firmato Luca PIETROMARCHI - Roma, 16 febbraio 1942). Una nota a matita, in testa al fogliò, dice: «Il Ministro [CIANO) ha disposto che si lasci al Comando Supremo di rispondere come crede». (324) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1942- Busta 131 - Fascicolo I - (Copia di lettera, senza intestazione né prot., senza destinatario - Dal testo è evidente che si tratta della risposta alla lettera del feld-maresciallo KEITEL - Firmato maresciallo Ugo CA vALLERO - Senza località 18 febbraio 1942). (325) U.S.-S.M.E. - Anno 1942 - Busta l'F 630 - Comando 2• Armata - (Foglio n . 2599 di prot. - Segreto - Oggetto: «Linea di condotta» - Da Stato Maggiore esercito - A Comando 2• Armata - Per conoscenza a Comando Supremo - Firmato generale Vittorio AMBROSIO P .M. 9, 13 febbraio 1942). VEDI DOCUMENTO N. 13 ALLEGATO AL PRESENTE CAPITOLO. (326) Ibidem. (327) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1942 - Busta Il I - Fascicolo I - (Telegramma per corriere n. 041 - Segreto - Non diramare - A ministero affari esteri, Roma - Da legazione d'Italia a Belgrado - Firmato Francesco Giorgio MAMELI - Belgrado, 17 febbraio 1942). (328) Ladislaus HORY e Martin BROSZAT - «Der Kroatische Ustascha-Staat 1941-Ì945» (Lo Stato croato ustascia) - Deutsche Verlags Anstalt - Stuttgart, 1964 - Pag. 119. Riporta il testo della relazione, e nella nota (n. 335) a pie' di pagina è detto: «Copia senza firma in Archivio politico del ministero degli affari esteri (PAIAA) di Bonn - Ufficio del Sottosegretario: Croa.zia 1941 /42 - Fogli 442-449. Come appare dall'intestazione dello scritto, la relazione proviene dal Reparto IV DL (Gestapo) del R .S.M.A . (Ufficio centrale per la sicurezza del Reich)». (329) Ibidem. (330) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1942 - Busta 130 - Fascicolo I - (Segnalazione della legazione d'Italia a Zagabria, del 7 febbraio 1942 - Allegata a telegramma per corriere n. 5173/P.A. - Segreto - Urgente - Da ministero affari esteri, Roma - A Comando Supremo A Governo della Dalmazia - Ad Ambasciata d'ItaJia a Berlino - A legazioni d'Italia a Belgrado, Budapest, Sofia - A Luogotenenza generale a Tirana - A Governatorato in Cettigne - A Rappresentanza in Atene - A Ufficio collegamento con 2• Armata - Firmato, Corrado BAL· DONI - Roma, 12 febbraio 1942). - Ibidem - (Telegramma n. 455/53 - Da consolato generale Sarajevo - A ministero affarì esteri, Roma - Firmato console generale Alberto CALISSE - Sarajevo, 11 febbraio 1942). - Ibidem - (Telegramma n. 051 - Da legazione d'Italia a Belgrado - Per ministero affari esteri, Roma - Firmato ministro Gastone GUIDOTTI - Belgrado, 2 marzo 1942). (331) F.W.F. DEAKIN - La montagna più alta - EINAUDI Editore - Torino, 1972 - Pag. 164. - Walter R. RoBERTS,- Tito, Mihailovié and the A/lies- 1941-1945 - Rutgers University Press - New Brunswick, New Jersey, 1973 - Pag. 54. (332) Vedi n . 330 - Telegramma Gastone Gumon1.


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!Il

Precisa che il maggiore CAVM4 E LLIOT, nel 1939 era a Zagabria, impiegato presso la ditta «Unliver» [forse più esattamente «Unilever» - n.d.a.J; nel 1941 ricopriva il posto di addetto stampa presso la legazione inglese a Sofia. (333) Vedi n. 330 - Telegrammi Corrado BALDONI ed Alberto CALISSE. (334) Ibidem - Telegramma Gastone Gu1oorr1. (335) Vedi n. 331. F. W.D. DEAKIN, scrive: «L'invio dei primi tre gruppi faceva parte di un piano organico elaborato dalle autorità britanniche del Cairo per ottenere più ampie ed accurate injormazioni sui gruppi della resistenza». - Pag. 164. Wa,lter R. RoBERTS, dice che la missione «Henna» sbarcò sull'isola di Mèleda - Pag. 54. In merito all'invio di paracadutisti, nel Notiziario n. 363 del 4 maggio 1942, del comando VI Corpo d'armata (U.S.-S .M.E. - Busta 1265), è scritto: «Nella notte sul 29 aprile u.s.

velivolo inglese ha sorvolato Sjenica lanciando cinque paracadutisti e materiali. Due paracadutisti - un montenegrino ed un serbo - catturati da componenti locali banda nazionalista hanno dichiarato di esser giunti dall'Egitto per organizzare la rivolta in zona Kola!in. Parte del materiale fra cui un apparecchio radio è stato recuperato». Il Notiziario del giorno s uccessivo (5 maggio 1942) parla ancora di paracadutisti: «Durante la notte sul 30 aprile, aerei inglesi provenienti dall'Egitto hanno lanciato sull'altopiano di Marine [recte: Morine] (Nevesinje) dieci paracadutisti (ufficiali e sottufficiali), due stazioni radiotelegrafiche, 4 mitragliatrici ca/. 12, 10 fucili mitragliatori, munizioni e 300.000 franchi oro. Persone, armi, danaro e materiali che sarebbero stati inviati 'dagli inglesi per il gen. MTHAJLOVté sarebbero invece caduti in mano ai partigiani i quali dopo sommario processo avrebbero provveduto alla fucilazione dei militari inglesi sotto l'accusa di essere emissari di Londra incaricati di spinger il MtHAJLOVté alla lotta contro il bolscevismo trionfante e di concorrere con i popoli dell'Asse ad impedire l'egemonia degli slavi sull'Europa. (Da fonte attendibile non controllata)». Queste due missioni non sono ricordate né da DEAKIN, né da ROBERTS - Le notizie riportate dal comando del VI Corpo d'armata sembrano essere, specie la seconda, piuttosto delle voci, quantunque i dati riportati appaiano molto probabili. (336) A.C.S. - Microfilm n. 54 - Serie T. 821 - Fotogramma 946- (Foglio n. 3I6i di prot. - Oggetto: «Batterie in postazione antinave nell'isola di Cùrzo/a e isolotto di 0/ip [forse Olipa nord-ovest dell'isola di Giuppana]» - Da comando militare marittimo della Dalmazia - A comando XVIII Corpo d'armata - Firmato ammiraglio Antonio BOBBIESE - Spalato, 7 marzo 1942). (337) Ibidem. Il Mas, al comando del sottotenente di vascello COPPI, era dotato di siluro e bombe per la ricerca e la caccia antisommergibile. (338) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1942 - Busta 131 - Fascicolo 1 - («Verbale relativo alla riunione tenuta ad Abbazia il 3 marzo 1942-XX per definire la cooperazione tra le /t)rze armate italiane, tedesche e croate al fine di epurare radicalmenle la Croazia dai ribelli,, Firmato generale Vittorio AMBROSIO, generale· Walter KuNTZE, generale Vladimir LAXA Abbazia, 3 marzo 1942). VEDI DOCUMENTO N. 14ALLEOATO AL PRESENTE CAPITOLO.


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942)

(339) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1942-Busta 131 - F ascicolo I - (Foglio n. 3741 di prot. - Oggetto: «Impressioni e considerazioni sulla riunione di Abbazia con i delegati tedesch i e croati» • - Da Stato Maggiore esercito • A Comando Supremo - Firmato generale Vittorio AMBROSCO · P .M. 9, 5 marzo 1942). VEDI DOCUMENTO N. 15 ALLEGATO AL PRESENTE CAPITOLO. (340) Ibidem. (341) Ibidem. (342) Ibidem. (343) Ibidem. (344) Vedi n. 338. Al punto 10 del verbale è detto:« Viene stabilito che nessuna intesa deve comunque intercorrere con formazioni ribelli tanto cetnici che comunisti». Al punto 11: « Viene stabilito che debbono esser passati per le armi i ribelli catturati armati e coloro che comunque partecipano per i ribelli o li aiutino». (345) Ibidem - Punti 5 e 7 del verbale. (346) Vedi n . 339 - Punto IV. (347) M.A.E.-A.S.D .• Jugoslavia 1942 - Busta 131 • F ascicolo 1 - (Telegramma n . 03 Segreto - Non diramare - Da ufficio collegamento con il Comando 2• Armata. A ministero affari esteri, Roma - Firmato console Vittorio CASTELLANI - P .M. 10, 4 marzo 1942). (348) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1942 - Busta 132 - Fascicolo 3 - (Foglio n. 3720 di prot. - Segreto • Oggetto: «Cetnici» • Da comando 2• Armata - A Stato Maggiore esercito - Per conoscenza a ministero affari esteri - Firmato generale Mario ROATTA - P.M. 10, 6 marzo 1942). VEDI DOCUMENTO N. 16 ALLEGATO AL PRESENTE CAPITO LO. (349) Ibidem. (350) Ibidem. (351) Ibidem. (352) U .S.-S.M.E. - Anno 1942 - Busta 1266 • Comando VI Corpo d'armata - (Notiziario

n. 391 - Paragrafo: «Dalla Serbia». P.M. 39, 1° giugno 1942). (353) Vedi n. 348. (354) Ibidem. Riporta alcuni passi d'un telegramma spedito da Dobroslav JEVDJEVIC, il 27 febbraio 1942. (355) Ibidem. (356) Ibidem. (357) M.A.E.-A.S.D. • Jugoslavia 1942 - Busta 131 - Fascicolo 1 - (Telegramma n. 150 - Da Ufficio collegamento con il comando della 2• Armata - A ministero affari esteri, Roma · Firmato console Vittorio CASTELLANI. P.M. IO, 7 marzo [942).


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(358) A.C.S. - Microfilm n. 53 - Serie T. 821 - Fotogrammi 1100 -1105 - (Foglio n , 1115 di prot. - Oggetto: «Impressioni del maresciallo KVATERNIK in merito. al verbale redatto a Abbazia» - Da missione militare italiana a Zagabria - Per Comando Supremo - Per conoscenza a comando 2• Armata - A legazione d'Italia a Zagabria - Firmato generale Giovanni 0XCLIA - Zagabria, 8 marzo 1942). VEDI DOCUMENTO N. 17 ALLEGATO AL PRESENTE CAPITOLO. (359) Ibidem. (360) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1942 - Busta 131 - Fascicolo I - (Foglio n. 228 di prot. - Da ministero affari esteri di Croazia - «Nota verbale>> - Non firmata - Zagabria, 14 marzo 1942). (361) M.A.È.-A.S.D. - Jugoslavia 1942 - Busta 131 - Fascicolo I - («Appunto per il miniS'[O» (CIANO) · Firmato Luca PIETROMARCHI • Roma, 17 marzo 1942). (362) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1942 - Busta 131 - Fascicolo 1 - (Telespresso n. 1098/325 - Da legazione d'Italia a Zagabria - Per ministero affari esteri, Roma - Firmato ministro Raffaele CASERTANO - Zagabria, 16 marzo 1942). (363) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1942 - Busta 132 - Fascicolo 3 - (Telegramma per corriere n. 10064/P .R. - Da ministero affari esteri, Roma - A Governo della Dalmazia, Zara - A Governatorato di Cettigne - A legazione d'Italia a Zagabria - Firmato Corrado BALDONI - Roma, 21 marzo 1942). Nel testo riporta l'informativa dell'ufficio di collegamento del ministero degli affari esteri con il comando della 2• Armata. L'informativa venne spedita il 18 marzo 1942. (364) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1942 - Busta 132 - Fascicolo 3 - (Telespresso n. 167 Da ufficio collegamento del ministero affari esteri con comando della 2• Armata - A ministero affari esteri, Roma - Firmato console Vittorio CASTELLANI - P.M. 10, 27 marzo 1942). (365) M.A.E.-A.S.D - Jugoslavia 1942 - Busta 132 - Fascicolo 3 - (Telegramma per corriere n. 10429/P.R. -Segreto - Da ministero affari esteri, Roma - A Governo della Dalmazia, Zara - A Governatorato a Cettigne - Firmate Corrado BALDONI - Roma, 24 marzo 1942). Riporta l'informativa dell'ufficio collegamento del ministero degli affari esteri con il comando della 2• Armata. L'informativa venne spedita a Roma il 20 marzo 1942. (366) Ibidem. (367) Ibidem. (368) U.S.-S.M.E. - Anno 1942- Busta IT 638 - Comando 2• Armata - (Foglio n. 144/42 di prot. - Intestato «Stato ITJdipendente Croato - Ministero dell'interno» - Oggetto: «Collaborazione delle nostre autorità civili con le autorità italiane militari dislocate nella zona costiera» - Da ministero dell 'interno - A gran zupano, Mostar - Firmato ministro Andrija ARTUKOVIC - Zagabria, 30 marzo 1942). (369) Ibidem. (370) M.A.E. -A.S.D. - Jugoslavia 1942 - Busta 132 - Fascicolo 3 - (Telegramma n. 206 - Oggetto: «Auività e proposte del Commissario gen. amm. croato» - Da ufficio collegament.o del ministero affari esteri con comando 2• Armata - A ministero affari esteri, Roma· Per conoscenza a legazione d'Italia, Zagabria - Firmato console Vittorio CASTELLANI - P.M. IO, 14 aprile I 942).


Dalmazia - Una cronaca per fa storia (1942)

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In allegato copia della «Relazione» del dottor Vjekoslav VRANCIC - Sufak, 2 aprile 1942. VEDI DOCUMENTO N. 18 ALLEGATO AL PRESENTE CAPITOLO. (371) Ibidem. (372) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1942 - Busta 131 - Fascicolo 1 - (Telescritto n. 6340 Da comando 2' Armata - A Stato Maggiore generale - Firmato generale Mario ROATTA P.M. IO, 30 marzo 1942). (373) U. S.-S .M.E. - Anno 1942 - Busta IT 638 - Comando 2• Armata - (Foglio n. 8350 di prot. - Segreto - Oggetto: «Interferenze politiche suffe operazioni in Bosnia» - Da comando 2' Armata - A ministro Luca PlETROMARCHI - Firmato, d'ordine, generale Ettore DE BLASIO - P .M. IO, 25 aprile 1942). VEDI DOCUMENTO N. 19 ALLEGATO AL PRESENTE CAPITOLO. (374) A.C.S. - Microfilm n. 66 - Serie T. 821 - Fotogrammi 312 a 314 - (Foglio n. 140 di prot. - Intestato «Stato Indipendente Croato-Quartier Generale del Pogfavnik» - Al generale Mario ROATTA - Firmato maresciallo Slavko KVATERNIK - Zagabria, 31 marzo 1942). VEDI DOCUMENTO N. 20 ALLEGATO AL PRESENTE CAPITOLO. (375) Ibidem. (376) Ibidem. (377) M.A.E.-A.S.D. - Jugosla via 1942 - Busta 132- Fascicolo 3 - (Telespresso n. 8/ 10551 - Da ministero affari esteri, Roma - A Comando Supremo - Firmato ministro Galeazzo CIANO - Roma, 3 aprile 1942). · (378) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1942 - Busta 132 - Fascicolo 3 - (Telespresso n. 2 13 Oggetto: «Colloquio del Generale R OATTA con il POGLA VN/K ed il Maresciallo KVATERNIK a Zagabria» - Da ufficio collegamento del ministero affari esteri con comando 2 • Armata - A ministero affari esteri, Roma - A legazione d'Italia a Zagabria - Firmato console Vittorio CASTELLANI · P.M. IO, 15 aprile 1942). In allegato: Foglio n. 7484 di prot. - Segreto - Oggetto: «Colloqui a Zagabria» - Da comando 2 ' Armata - A Stato Maggiore esercito - Firmato generale Mario RoATTA - P .M. I o, 13 aprile 1942). VEDI DOCUMENTO N. 21 ALLEGATO AL PRESENTE CAPITOLO. (379) A.C.S. - Microfilm n . 66 - Serie T. 821 - Fo togramma 298 - (Telescritto n. 6900 Da comando 2' Armata - A generale BADER, comandante truppe germaniche in Serbia Firmato generale Mario ROATTA - P .M. IO, 6 aprile 1942). (380) Vedi n. 378 -Telespresso. (381) Ibidem - Allegato. (382) Ibidem - Allegato. (383) Ibidem - Allegato. (384) Ibidem - Allegato. (385) Ibidem - Telespresso. (386) Vedi n. 338 - Punto VIII. (387) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1942 - Busta 131 - Fascicolo I - (Foglio n. 21 180/0 .P di prot. - Oggetto: «A ccordi di Abbazia» - Da Comando Supremo - A ministero a ffari esteri, Roma - A Stato Maggiore esercito -A missione militare italiana, Zagabria - P.M. 21, 10 aprile 1942).


La crisi invernale e la cooperazione italo-tedesca-croata

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(388) Vedi n. 378 • Allegato. (389) A.C.S. · Microfilm n. 65 - Serie T. 821 - Fotogramma 85 - (Telescritto n. 6080/0.P. - Dz Stato Maggiore esercito - A comando 2• Armata - Firmato generale Vittorio AMBROSIO - P.M. 9, 11 aprile 1942). (390) Vedi n. 376 - Telespresso. (391) Ibidem - Allegato. (392) Ibidem • Allegato. (393) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1942 . Busta 131 • Fascicolo I - (Servizio collegamento del ministero affari esteri con Comando Supremo • Appunto - Firmato Michele ScAMMACCA · Roma ~21 aprile 1942). (394) Vedi n. 378 • Telescritto. (395) Ibidem · Telescritto. (396) Vedi n. 373 • Paragrafo V. (397) Ibidem · Paragrafo VI. (398) Ibidem - Paragrafo VII. (399) A.C.S. • Microfilm n. 65 - Serie T. 821 - Fotogrammi 15 a 17 - (Direttive e disposizioni per la prima fase dell'operazione «Trio»· Senza firma . Senza data. Presumibilmente della prima decade di aprile 1942). (400) Vedi n. 373 • Paragrafo VIII.

(401) M.A.E.-A.S.D. • Jugoslavia 1942. Busta 131. Fascicolo 1. (Foglio n. 234 di prot. - Segretissimo - Da ufficio collegamento del ministero degli affari esteri con comando 2• Annata • «Appunto per il ministro Luca PJETROMARCHJ - Firmato console Vittorio CASTELLANI. P .M. 10, 21 aprile 1942). (402) Ibidem. (403) Ibidem.

(404) Vedi n. 373 • Paragrafo VIII. (405) Ibidem. · (406) Ibidem.

(407) Ibidem. (408) Ibidem.

- M.A.E.-A.S.D. • Jugoslavia 1942 • Busta 13 1 • Fascicolo I • (Foglio senza n. di prot. • Segreto · Oggetto: «Operazioni in Bosnia» • Da Comando Supremo. Appunto per ministero affari esteri, Roma· Tramite barone SCAMMACCA. Non firmato. P.M. 21, 25 aprile 1942). (409) Ibidem. (410) Ibidem.


Dalmazia - Una cronaca p er la storia (1942)

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(411) U.S.-S.M .E. - Anno 1942 - Busta IT 630 - Comando 2• Armata - (Foglio n. 6985 d i prot. - Oggetto: «Situazione dell'Italia in Croazia» • Da Stato Maggiore esercito • Pro memoria per il capo di Stato Maggiore generale (Ugo CAVALL ERO) • Paragrafo Ili, punto 2 - Firmato !!enera le Vittorio AMBROSIO - P .M. 9. 25 aprile 1942). (412) Ibidem - Paragrafo IV/a. (413) Ibidem - Paragrafo IV/b. (414) Ibidem - Paragrafo IV / b. {415) Vedi o. 408 - «Operazioni in Bosnia». (416) Salvatore Lo1 - Le operazioni delle unità italiane in Jugoslavia (1941 -1943) - Ministero della Difesa . Stato Maggiore esercito - Ufficio storico - T ipografia Regionale· Roma, I 978 - Pag. 205 e scg .. - M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1942 · Busta 131 - Fascicolo I • (Foglio n. 285 di prot. • Ufficio collegamento del ministero affari esteri con Comando Superiore Forze armate 'Slovenia-Dalmazia' - Appunto per l' ufficio Croazia del ministero affari esteri, Ro ma· Firmato console Vinorio CASTELLANI - P.M. IO, 10 maggio 1942). (417) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1942 - Busta 131 - Fascicolo I - (Foglio intestato <,Comando Supremo» - Segreto - Scritto a mano - Firmato Michele SCAMMACCA. Roma, 5 maggio 1942). - A.C.S. - Microfilm n. 65 • Serie T. 821 - Fotogramma 368 · (Telescritto n. 8740 - Da comando 2' Armata - A Stato Maggiore ese rcito - Firmato generale Ma rio ROATTA. P .M. 10, 30 apri le 1942). Nel testo si legge: «Grazie al anticipato intervento tedesco-croato in zona Rogatica, formazioni ribelli sono sfuggite verso Foéa, Kalinovik et Gacko, nonché Montenegro. Parte risulta /ut/ora su alture deslra fiume Praéa (prova evidente quanto sopra est che, allo infuori gente catturata da divisione Pusteria, ben pochi ribelli sono sta/i afferrati da forze tedescocroate)>>. (418) A.C.S . • Microfilm 11 . 65 - Serie T. 821 - Fotogramma 239 · (Marcon igramm a n. 206/ 0.P .• Da comando 2• Armata. A Stato Maggiore esercito (per generale Vittorio AMBROSIO) - Firmato generale Mario ROATTA • Sarajevo, 4 maggio 1942). (419) A.C.S .. Microfilm n. 67 - Serie T. 82 1 · Fotogramma 951 • (Foglio senza n. di prot. - Oggetto: «Confidenze d'un ufficiale tedesco» - A generale Mario RoATTA · Firmato maggiore CARGNELLI. Sarajevo, 4 maggio 1942). (420) Ibidem. (421) Ibidem. (422) A.C.S. - Microfilm n. 65 · Serie T . 821 • Fotogramma 488 - (Telescritto n. 1005 I - Da comando 2 • Armata - A generale Mario ROATTA - P.M. IO, 4 maggio 1942). Trasmette il telescritto n. 7488 - Da Stato Maggiore esercito - A generale Mario ROATTA: « 7488 Alt Comando Supremo tenuta presente dislocazione che per effetto operazioni fin qui svolte hanno assunto varie unità partecipanti attuali operazioni In Croa.zia dispone quanto segue: Primo. Generale BADER conserva comando divisioni recentemente ai suoi ordini meno


Documenti - Allegati al capitolo I

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divisione Taurinense et Cacciatori Alt Secondo. Comando di queste due divisioni venga assunto da Comandante VI Corpo Armata Ali Terzo. Comando diretto operazioni venga assunto da Comandante 2° A rmata il quale conserverà per durata operazioni sua sede comando Ragusa aut comunque nel territorio operazioni in corso Alt Quarto. Esecuzione immediata A lt Quinto. Quanto sopra è stato concordato con Comando Forze armate germanico Alt Generale AMBROSJQ}), (423) Vedi n. 418. (424) A.C.S. - Microfilm n. 65 - Serie T . 821 - Fotogrammi 226 e 227 - (Telescritto n. 9093 - Da «Malaga» (nome convenzionale del comando tattico del generale Mario ROATTA) - A Comando Supremo - Senza località (molto probabilmente Ragusa) - 9 maggio 1942).

(425)1 Ibidem. (426) A.C.S. - Microfilm n. 66 - Serie T . 821 - Fotogramma 6 18 - (Telescritto n. 211 Segreto - Da comando 2• Armata - A generale BADER (tramite nucleo collegamento, generale FABBRI) Firmato, generale Mario ROATTA - Sarajevo, 5 maggio 1942). (427) A.C.S. - Microfilm n. 66 - Serie T. 821 - Fotogrammi 1012-1013 - (Foglio n. 221/0.P. di prot. - Oggecto: «Operazioni "Trio Il"» - A comando Kampfgruppe BADER - A comando Vi Corpo armata - A co mando Aereoractico - Per conoscenza a Intendenza 2• Armata - Firmato generale Mario ROATTA - Senza località - 7 maggio 1942). VEDI DOCUMENTO N. 22 ALLEGATO AL PRESENTE CAPITOLO. (428) Vedi n. 416 - M.A .E.-A.S.D .

(429) M.A.E. -A.S.D. - Jugoslavia 1942 - Busta 131 - Fascicolo I - (Foglio senza n. di prot. - «Appunto» - Firmato Luca PtETROMARCH t - Roma, 16 maggio I 942). (430) Stephen CussoLD - «Jugoslavia and the Soviet Union» - Royal Institute of International Affairs - Oxford University Press, 1975 - Documento n . 67 - Pag. 148. (431) Vedi n. 429. (432) Ibidem. (433) Ibidem .



DOCUMENTI ALLEGATI AL CAPITOLO I



Documenti· Allegati al capitolo I

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DOCUMENTO

N. 1

PREFETTURA DI BRIBIR E SIDRAGA N. V.T. 199/ 41

Oratac, 30 dicembre 1941

Al Poglavnik dello Stato Indipendente Croato dott. A. P A VELié Al Ministro degli Interni dott. ANDRIJA ARTUKOVIé Al Ministro degli Esteri dott. MLADEN LORKOVIé Al Commissario generale amministrativo dott. ANTE KARè'.:Ié

Siccome ho osservato che gli avvenimenti politici di Gracac si ripercuotono nella mia Prefettura, e precisamente i greco-orientali di Knin seguono gli avvenimenti di Gracac, e perché il presidio militare italiano di Oracac dipende dal comando della divisione di fanteria "Sassari" di Knin, ho deciso di andare privatamente a Gracac anche perché questo era il desiderio del gen. Monticelli, comandante della divisione "Sassari". Sono stato accolto cordialmente dal comandante del presidio Console Angelo Sommavilla e dagli altri ufficiali. Ho avuto occasione di scambiare col console stesso i nostri punti di vista sulla situazione politica. Ho constatato da parte degli ufficiali italiani di Gracac un desiderio vivissimo di collaborare con le autorità croate per la pianificazione di questo territorio in favore dello Stato croato. Riporto alcune mie impressioni su questa mia visita a Gracac ed al Comandante italiano.

In Gracac un gruppo di giovanotti, per la maggior parte di Gospié ed alcuni di Gracac, sotto l'etichetta dell'organizzazione ustascia, hanno svolto durante i primi mesi di giugno e di luglio delle persecuzioni contro l'elemento greco-orientale di questa zona, senza preoccuparsi delle leggi a disposizione in vigore. Tali giovani hanno preteso delle contribuzioni incamerando in favore, dicono loro, della 'Federazione Ustascia' dei grossi importi di danaro pretesi con la violenza dai greco-orientali, rubando ed ammazzando pacifici contadini donne e bambini. Principalmente hanno effettuato i loro attacchi


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942)

contro i greco-orientali subito dopo la ' Disposizione Legislativa Straordinaria' del Poglavnik in data 26 giugno 1941. In totale per parte di questi giovani, sono stati uccisi in Gracac ben 51 3 persone e inoltre parecchie sono state uccise a Mazin ed a Bruvno. Ho avuto occasione di intrattenermi in tale riguardo anche con croati di Gracac i quali unanimamente hanno disapprovato l'azione di detti giovani. Le autorità militari italiane hanno i dati relativi e così pure i croati, e tutti i cittadini di Gracac conoscono i colpevoli. Principalmente si ricordano i seguenti: Dosen Ivan il quale lavora nel deposito di locomotive di Varazdin, e certi Naglié, Sikié Gabre, Sikié J akov, Ugarkovié Juko, Sickié Nikola, Tomicié Jure, Ivezié Luka, tutti di Gospié e dintorni. È necessario che i nominativi vengano esclusi dalla vita politica per tutto il territorio dello Stato croato, e così pure tutti quelli che in questo territorio e nella mia prefettura si sono compromessi nelle persecuzioni dei greco-orientali, perché questi e le autorità militari italiane li riconoscono bene e non sono soddisfatti quando vengono a sapere che in qualche altra parte dello Stato essi possono agire nella maniera colla quale essi hanno agito in questi territori. Quando qualcuno dei maggiori responsabili fosse chiamato a rispondere dei delitti compiuti, tale fatto influirebbe sulla definitiva pacificazione della zona. Sulla scorta dei miei colloqui e delle mie osservazioni concludo che è necessario che questo desiderio e lavoro per la pacificazione e per la collaborazione con le autorità italiane deve improntare ugua lmente l'operato dei funzionari croati nelle prefetture: Bribir e Sidraga, Lika e Gacko, Krbava e Psat. Osservo che in tutte queste tre prefetture la situazione politica è simile e quindi bisogna affrontarla con metodi uguali. Inderogabilmente è necessario, per la pacificazione di Gracac e dintorni: 1) riprendere in servizio i ferrovieri licenziati, come da mia proposta al Ministero delle Comunicazioni dei Lavori Pubblici del 22/1 2/1941. 2) Riprendere in servizio l'ex direttore delle poste di Gracac, Sig. Manojlo Gacesa, il quale pur essendo greco-orientale si è comportato da pacifico e diligente impiegato.


Documenti - Allegati al capitolo I

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Riprendere in servizio l'ex agronomo distrettuale ing. Rapaijcié Nikola e l'ex ispettore scolastico Demetrio Prica. 3) Fornire il distretto di Gracac della necessaria quantità di generi alimentari e di denari per la distribuzioné di aiuti alle famiglie danneggiate. Generi e denaro devono venir distribuiti ai greco-orientali. Voglio ricordare il seguente caso: nel mese di giugno il villaggio di Mazin, completamente greco-orientale, ha cercato di passare alla religione cattolica. I greco-orientali di Mazin hanno mandato a tale scopo un rappresentante a Gracac. Gli ustascia.Io hanno ucciso. 'Devo constatare che le autorità militari italiane di Gracac desiderano la collaborazione colle nostre autorità e che finora tale loro desiderio non è stato compreso dalla nostra parte. Come ho già dichiarato, nelle tre prefetture di Knin, Gospié e Bihaé bisogna seguire nei rapporti con i greco-orientali in maniere uguali ed in maniera uguale collaborare colle autorità militari italiane se si vuole raggiungere lo scopo prefissoci e cioè la pacificazione della patria ed il conseguimento della fiducia e della stima delle autorità militari italiane. Mi trovo a Graèac da due giorni e questo rapporto mando da Gracac dove sono rimasto bl9ccato causa la sospensione del traffico ferroviario ed automobilistico dovuta a neve caduta. Pronti per la Patria IL PREFETTO E SEGRETARIO FEDERALE David SIN<;Ié


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DOCUMENTO

N. 2

STATO MAGGIORE R. ESERCITO UFFICIO OPERAZIONI I· SEZ. 3'

P.M. 9 - lì, 23 gennaio 1942-XX

N. 1141 di prot.

AL COMANDO SUPREMO POSTA MI LITARE 21

OGGETTO:

Politica croata nei territori della

za e 3

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zona.

Da qualche tempo l'attività politica croata, nei territori della 2a e 3" zona, ha assunto aspetti che è bene considerare nei loro possibili sviluppi. In precendenti relazioni è stato segnalato che gli orientamenti del Governo croato evolvevano lentamente, ma sicuramente, verso la decisa ostilità nei nostri confronti: si è difatti accennato che delle due tendenze determinatesi fra gli uomini al potere, la germanica del Maresciallo Kvaternik, e la debole italofilia del Pogla.vnik, avrebbe finito col prevalere la prima. Le previsioni vanno via via prendendo corpo. Fra le mille oscillazioni ed i tentennamenti del Governo croato, incerto e manchevole in tutte le espressioni della sua politica, un solo punto v'è fermo: la crescente avversione all'Italia e l'aspirazione altrettanto ferma a sottrarre al nostro controllo i territori da noi occupati. I segni esteriori traspaiono da tutto un complesso di atti e di manifestazioni, che vanno dalle più alte personalità agli organi politico-amministrativi della periferia. È risaputo che la italofilia del Poglavnik si è molto intiepidita; egli, posto di fronte alla invadente intraprendenza del Maresciallo Kvaternik ed alle voci che designano quest'ultimo come suo probabile successore, non è improbabile che soggiaccia al di lui orientamento politico. Comunque risulta positivamente che egli ha chiesto in modo esplicito, se non lo sgombero, almeno la limitazione dei poteri dell'autorità italiana sulla 2a zona.

La richiesta, motivata unicamente da ragioni di prestigio, in quanto i poteri italiani ledono il principio di sovranità dello stato «amico ed alleato», poggia su tutta una serie di argomentazioni che alterano, capovolgendola, la realtà dei fatti. Basti, ad esempio, questa: il territorio da noi OC··


Documenti- Allegati al capitolo I

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cupato sarebbe in pieno fermento , in quanto la politica di pacificazione da noi perseguita avrebbe impedito alla sovrana potestà croato-ustascia di assicurarvi l' ordine ed il pacifico svolgersi della vita interna. Smentita più chiara a simile asserzione non può venir che dal ricordo ancora vivo delle atrocità compiute nei predetti territori dal regime ustascia sino alla data del bando del 7 settembre 1941 del Comando della 2• Armata. Basta inoltre confrontare la situazione odierna della Croazia non occupata da noi con quella della 2~ e 3a zona. Mentre in tutto il paese, compresa la capitale, la rivolta va travolgendo la stessa idea dell'unità statale ed intacca qella loro essenza gli organi che, come l'esercito, ne dovrebbero essere i naturali tutori, nei territori da noi occupati, nonostante sporadiche convulsioni, la vita vi si svolge normale ed attiva. Del pensiero dell' immediato collaboratore del Poglavnik, il Maresciallo Kvaternik, è superfluo il trattare. Rimasto austriaco al 100%, egli impronta tutta la sua attività politica alla mentalità dell'esercito asburgico del 1914. Enumerare le manifestazioni di una tale mentalità preconcetta mi porterebbe oltre i limiti in cui mi propongo di contenere queste mie segna !azioni. Una sola circostanza basta a caratterizzare lo stato di fatto . La nota recente operazione progettata per la totale occupazione della Croazia è fallita; ed il fallimento è certamente dovuto agli intrighi del Maresciallo Kvaternik col Generale Glaise Horstenau, capo della Missione Militare Tedesca a Zagabria. Si ha invece la operazione tedesca già in corso su Sarajevo, ed al modesto nostro concorso dovuto a difficoltà ambientali ed alle truppe ancora in arrivo, si è affiancato quello effimero croato, col risultato pratico dell'accrescimento d~l prestigio germanico, e l'aggravarsi della nostra situazione militare ai margini della linea di demarcazione, per il rifluirvi delle masse ribelli che si sottrarranno all'attacco tedesco. 0

Data la mentalità dei capi, e prevalendo quella del Maresciallo Kvaternik, l'azione politica degli uomini più rappresentativi del Governo e degli organi politico-amministrativi che ne dipendono è tutta orientata verso l'ostilità preconcetta nei nostri riguardi e si attua attraverso opera ostruzionistica, subdola e doppia, intesa, comunque, a crearci delle difficoltà, a menomare il nostro prestigio. Caratteristica a questo riguardo la ·sistematica inadempienza ai patti ed agli accordi intervenuti. Tralascio dal considerare quella programmatica agli accordi di carattere economico, intervenuti ad Abbazia per disciplinare i rifornimenti delle truppe d'occupazione e delle popolazioni dei territori annessi della Dalma-


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zia e del Fiumano. Vi sono indubbiamente delle difficoltà, in gran parte dovute a difetto di organizzazione, ad errata valutazione delle effettive possibilità e ad imponderabili di cui non si poteva tenere conto al momento della stipulazione dei patti. Comunque è certo che, mentre a noi si fanno difficoltà per il regolare afflt1sso dei rifornimenti, vagoni e vagoni di merci, di granaglie, di grassi ecc. migrano quotidianamente verso la Germania. Più evidenti risultano le inadempienze ai patti che statuivano l'indirizzo politico-amministrativo da instaurarsi nei territori della 2a zona. La pacificazione da conseguirsi all'interno era uno dei capisaldi degli accordi di Abbazia e presupponeva, insieme con l'equo trattamento verso le popolazioni serbo-orto.dosse della 2 a zona, il rifornirle di viveri, il reintegrarle nei beni, negli averi e negli incarichi. Non diverso scopo implicava il recente bando del ministro degli interni Artukovié emanato il 25 dicembre u.s., anzi, si faceva esplicito cenno ad una amnistia penale e patrimoniale da largire a tutti coloro che comunque fossero incorsi in reati di natura politica nel recente passato, e tornassero ai loro villaggi entro un periodo di trenta giorni. La reintegrazione nei beni e negli averi dei serbo-ortodossi, come pure la loro riassunzione negli uffici pubblici, già concordate, non sono avvenute che parzialmente, e per intervento dei comandi italiani interessati per territorio. Nella pluralità dei casi sono state negate sotto speciosi pretesti di carattere giuridico. Analogamente è mancato il regolare rifornimento di viveri, di medicinali e di assistenza in genere alle popolazioni. È ciò è stato giustificato: o dalla indisponibilità momentanea di generi, che non senza intenzioni viene attribuita ai rifornimenti dovuti alle truppe occupanti, o come giusta rappresaglia contro popolazioni che non si dimostrano ossequienti agli ordini dello Stato. Naturalmente si è reagito, riuscendo ad ottenere la dovuta assistenza alle popolazioni, ma non senza fatica ed attriti che perdurano e richiedono interventi fermi e decisi nonché vigilanza costante. Il chiesto allontanamento degli ustascia è avvenuto, ma più di nome che di fatto. In realtà, trascorso poco tempo dagli accordi, il Governo croato ha girato la posizione e, assumendo a pretesto gravi esigenze di ordine pubblico, ha chiesto di rinforzare le stazioni di gendarmeria. Avutone il consenso, ha reclutato gli ausiliari fra gli ex ustascia selvaggi, ai quali sono da attribuirsi tutte le nefandezze del passato. Il sotterfugio non


Documenti - Allegati al capitolo I

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è sfuggito al nostro controllo, e per parecchi di tali elementi è stata imposta la sostituzione, fissando un termine oltre il quale si procederà al loro arresto. Contemporaneamente, lo stato maggiore croato, fra la fine di dicembre ed i primi di gennaio, accampando urgenti necessità inerenti a segnalazioni di torbidi, d'iniziativa, senza neppure quel preavviso che elementari ragioni di riguardo avrebbero imposto, lanciava reparti di ustascia in talune località della 3 a zona (Konjica - Kordum - Banja [recte: Konjié-KordunBanja Luka] per reprimervi presunti moti e rivoltosi. Ne seguirono, come di consueto, devastazioni, incendi e violenze contro inermi .

Il nostro pronto intervento, oltre che infrenare gli eccessi, ha fatto si che in avvenire, azioni del genere saranno condotte in cooperazione con le autorità militari italiane, che ne assumeranno la direzione. La citata palese inadempienza agli accordi non è occasionale: sistematica qual'è, risponde.evidentemente a direttive degli organi centrali. Chiaro ne è lo scopo: menomare il nostro prestigio e rappresentarci ai serbi-ortodossi come desautorati, come inadempienti alla nostra volta alle promesse contenute nel bando del 7 settembre e nel proclama del 25 dicembre u.s .. È dagli ustascia che taluni dei loro delitti vengono a noi attribuiti; ed è anche segnalato che delitti furono perpetrati da ustascia vestiti in unifor-

mi italiane. È dallo stesso ambiente che si diffondono le voci secondo le quali la nostra azione si associa e copre la delittuosa attività degli !lstascia selvaggi, o peggio, tende a promuovere tale attività per alimentare la lotta fratricida ingaggiatasi fra serbi e croati, onde sopraffare più facilmente gli uni e gli altri in un prossimo futuro. È accertato che contatti fra esponenti del regime ustascia e capi cetnici serbi-ortodossi, sono ripetutamente avvenuti e ciò, non tanto per saggiare la possibilità di una reciproca conciliazione, quanto per attizzare la reazione dei serbi nei nostri confronti. Tipica e quanto mai probatoria, in proposito, la nota conversazione avvenuta a Spalato fra il Logornik del partito ustascia Poljak e l'ex deputato della Bosnia Jevdjevié, di cui con foglio n. 901 del 15 corrente è stato trasmesso il testo intercettato.

In parallelo con gli infruttuosi tentativi verso i serbi-ortodossi della 2a e 3a zona, si svolge subdola la propaganza di antitalianità in tutto il paese, ed anche nella prima zona, ad opera di organi responsabili.


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Primeggia fra questi il 'commissariato generale amministrativo' istituito allorché furono assunti i poteri civili nella prima zona perché, affiancandosi al comandante della 2a armata, facilitasse l'opera di pacificazione e di normalizzazione da attuarsi in leale collaborazione. Tutto il personale che lo costituisce, a cominciare dal Commissario Generale, dottor Karcié, è notoriamente a noi ostile. Si tratta per lo più di istriani che negli scorsi anni dall'Italia espatriarono in Jugoslavia per sottrarsi al nostro dominio. Notizie di sicura fonte precisano che il commissario Karcié, nei locali del suo ufficio, in casa, denigra la nostra opera, e concorre, con l'autorità che gli deriva dalla posizione che riveste a dar credito alle voci secondo le quali la questione della Dalmazia e dei territori da noi annessi non deve ritenersi definita. Il suo più vicino collaboratore, dottore Kiraz, vera eminenza grigia del commissariato, ha tali precedenti quale antitaliano, che il S.I.M. recentemente ha ritenuto necessario prospettare al Ministero degli Esteri l'opportunità di provocarne l'allontanamento. Tutto il rimanente personale, salvo le sfumature di forma, ha la mentalità e l'animo del Kiraz. Inoltre, da tempo, si delinea il sospetto che il predetto commissariato non sia del tutto ignaro dell'attività criminosa di taluni eccessi propagandistici, che si agitano nella I a e nella 2 8 zona. Recentemente è accaduto che un funzionario del genio civile di Cirquenizza è stato sorpreso mentre, dal proprio ufficio, comunicava in telegrafia Morse dati e ordini a ribelli appostati in località che non è stata possibile definire. Il funzionario nella colluttazione che seguì alla sorpresa venne ucciso. Col suo carteggio fu sequestrato un codice segreto di corrispondenza ed un taccuino in cui erano indicati vari nominativi, fra cui sei di persone del luogo, notoriamente in dimestichezza di rapporti con membri del Commissariato Generale. Seguì l'arresto di dette persone e la loro denuncia al tribunale straordinario, che, sulla base di comprovati elementi di fatto , emise sentenza cli condanna capitale, eseguita immediatamente, a processo conc1uso. Le pressioni esercitate dal commissario generale e da tutti i suoi collaboratori per sottrarre al processo ed alla giustizia i colpevoli furono tali da far ritenere che non fossero del tutto disinteressate. Analoghe pressioni si ebbero e si hanno tuttora in difesa del segretario comunale di Navi [Novi Vinodal - n.d.a.] reo confesso di contravvenire


Documenti -Allegati al capitolo I

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all'articolo 1° del bando in data 7 settembre (detenzione abusiva di armi), ora associato alle carceri di Fiume in attesa di giudizio. L'obiettivo cui gli uomini del Governo oggi tendono, con ogni mezzo, è, come già detto, sottrarre al nostro controllo le zone occupate, mentre già lo sguardo si protende verso il ripristino della sovranità croata della Dalmazia. N;m è, infatti, privo di significato che in pubblici ritrovi o nella pubblica via si inscenino delle manifestazioni in cui si inneggia alla Dalmazia croata, come à avvenuto a Zagabria (14 e 25 dicembre), a Mostar, a Sarajevo, senza che l'autorità preposta all'ordine intervenga, o, intervennendo, si limita a scortare i dimostranti. Frequenti, sono a questo riguardo le segnalazioni di soldati o regolari ustascia che, un po' dovunque, in luoghi pubblici, cantano canzoni degli irredenti dalmati e sono posti a tacere solamente dall'energico, duro intervento di nostri ufficiali o soldati. Né trova una chiara giustificazione la recente convocazione in Zagabria di tutti i reduci della guerra del 1914-18, ideata e guidata dal Maresciallo Kvaternik, non si sa bene con quale scopo, se non quello di esaltare il sacrificio allora compiuto, ed in funzione antitaliana. Sono sintomi, che peraltro hanno il loro peso ed un preciso contenuto determinativo della situazione, la quale si impone alla considerazione onde sia possibilmente definito l'indirizzo politico da tenere. Tanto più che, è bene tener presente, organi responsabili e paese in genere presumono di essere spalleggiati nella loro azione e nelle loro rivendicazioni dall'alleata Germania. Tralascio dal considerare qui le «voci» cui è stato più volte accennato in passato ma, non v'è soldato o ufficiale tedesco, che nei suoi rapporti personali coi croati non si periti di affermare che la questione della Dalmazia sarà regolata a fine guerra, ed in senso croato. I fatti che danno parvenza di realtà alla presunzione croata son ben altri, e si riassumono: nell'assorbimento pressoché totale della economia locale; nel controllo effettivo che, direttamente o indirettamente, la Germania esercita sulla totalità delle regioni esterne alla nostra occupazione. Sarà questione di tradizione, di consuetudine, di affinità, di cultura e di spirito, di influenze personali quale quella preminente del Maresciallo Kvaternik, ma la realtà è questa. Un indice di palmare evidenza lo si ha nell'improvviso capovolgimento della situazione che, come ho già detto, doveva addurci alla totale occupazione della Croazia.

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Ho riassunto la situazione del momento, con spassionata obiettività. Essa è controllata, seguita attentamente, mantenuta negli esatti termini voluti. La rivolta che divampa nella Bosnia, e già si propaga in Slavonia, avrà vivaci ripercussioni, specie a primavera, nelle zone da noi occupate. Le attuali operazioni germaniche, pur raggiungendo l'obiettivo forse falliranno lo scopo: e cosi altra massa di ribelli potrà rifluire verso le zone da noi occupate. Tutto ciò fa agevolmente prevedere che la situazione a primavera nelle nostre zone sarà sostanzialmente modificata in peggio. Occorre prepararsi fin d'ora ad affrontarla. Circa i provvedimenti di carattere militare da attuare, confermo quanto esposto nel capo VIII del Promemoria n. 76 del 10 corrente mese di questo Stato Maggiore; occorre, cioè, porre in atto uno dei tre sistemi seguenti: Primo sistema: azione massiccia, concentrica, contemporanea da parte delle truppe italiane, germaniche, croate, bulgare contro i principali centri di ribellione, prescindendo da qualsiasi compartimentazione regionale o statale, oppure da parte delle forze di un singolo alleato nella regione di sua pertinenza; purché l'azione sia guidata da autorità responsabili e coordinata nel tempo con quella degli altri. È il sistema più radicale e indubbiamente il migliore.

Secondo sistema: ritirarsi ognuno su una linea facilmente sbarrabile ed economica (per la 2° armata quella delle Alpi Dinariche), lasciando al di là una zona infetta. Stabilita tale linea, procedere all'interno alla eliminazione della ribellione. È più economico del primo sistema ed è anch'esso radicale, ma consentirebbe il sorgere di una specie di repubblica sovietica nella zona abbandonata, che andrebbe affrontata decisamente in seguito, ed inoltre precluderebbe all'Asse le vie di comunicazione e l'utilizzazione delle risorse della zona stessa. Terzo sistema: mantenere le zone attuali, ma con presidi raccolti, per concentrare le forze, guardando le principalissime e indispensabili vie di comunicazione. È un ripiego, di adozione graduale, accettabile e raccomandabile in


Documenti- Allegati al capitolo I

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mancanza di meglio, in situazioni di forze di ribelli analoghe o prossime alle attuali. Resto in attesa delle decisioni di cotesto Comando Supremo circa il sistema da porre in atto, al fine di poter impartire le conseguenti direttive al comando della 2a armata. IL CAPO DI STATO MAGGIORE

F.to AMBROSIO


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DOCUMENTO

N. 3

COMANDO VI CORPO D'ARMATA STATO MAGGIORE - UFFICIO OPERAZIONI

P.M. 39, 22 dicembre 1941 - Anno XX

N. 9383 di prot. Op.

ALL'ECCELLENZA GENERALE VITTORIO AMBROSIO COMANDANTE DELLA 2• ARMATA POSTA MILITARE 10

OGGETTO:

Estensione della nostra occupazione.

A seguito di quanto esposto verbalmente a V.E-, credo doveroso precisare il mio punto di vista circa operazioni note. Premetto una sintesi degli elementi base per le conversazioni con gli esponenti dei partiti serbi della Bosnia-Erzegovina e poi espongo alcune considerazioni, che conseguono dalle premesse seguenti: a) Nell'attuale fase della guerra le necessità militari debbono avere la prevalenza su ogni altra. Occorre, quindi concentrare tutti gli sforzi verso questa necessità. b) Sarebbe, pertant0, prematura ogni azione diretta al riconoscimento di sistemazioni politiche future, assetti o riordinamenti di zone o di territori. c) È, invece, sommamente utile l'azione politica che si affianca a quella militare e tende a facilitare il raggiungimento degli scopi.

A. SINTESI DEGLI ELEMENTI BASE DELLE DIRETTIVE PER LE CONVERSAZIONI CON GLI ESPONENTI DEI PARTITI SERBI DELLA BOSNIA ERZEGOVINA

a. La lotta attuale si propone alti scopi di benessere e di prosperità nel1' ordine nuovo dell'Europa.


Documenti - Allegati al capitolo I

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I popoli e le nazioni che avranno operato o combattuto per l'instaurazione di questo ordine nuovo ne trarranno evidentemente i maggiori benefici; sarà invece di ostacolo alla realizzazione di aspirazioni nazionali o comunque politiche, l'avere agito contro le forze dell'Italia e dei suoi Alleati.

b. La Croazia si è decisamente schierata e combatte a fianco delle forze dell'Asse; molti serbi, invece, agiscono contro, soprattutto con tendenza anti-cre ata.

c. L'azione dell'Asse non è antislava (l'ultimo accordo del passato ne è la prova), né anti-russa; è antibolscevica e anticomunista. La lotta contro tali forze, che si identificano col disordine, la distruzione, la rovina, è lo scopo delle azioni che si svolgono nei Balcani.

d.

P.er chi vuole collaborare alla costituzione della nuova Europa ed avere un posto degno, è necessario affiancarsi all'Italia ed ai suoi Alleati, in questa lotta. È evidente che le aspirazioni dei popoli e delle nazioni della nuova Europa possono essere oggi esaminati e studiati, per essere poi realizzati a suo tempo, in relazione al concorso portato da ciascuno nella lotta.

e. La lotta contro la Croazia, amica dell'Asse, significa lotta contro I' Italia a vantaggio del disordine e del bolscevismo, al soldo dei nemici dell'Europa. Il fare di finalità politiche anche giuste, nel momento attuale, scopo di lotta, non può che produrre stragi e devastazioni e risultati assolutamente effimeri; al contrario, il movimento verso la stessa finalità che tende ad ottenere risultati graduali con l'Italia ed i suoi Alleati, ha possibilità di successo reale e duraturo.


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942)

B. CONSIDERAZIONI

L'azione politica che deve precedere ed accompagnare una eventuale occupazione militare della Bosnia e, specie, di quella sud-orientale, ispirandosi alle premesse precedenti, ha la possibilità e dovrebbe cercare di ottenere: 1) che le forze del cosiddetto esercito liberatore(*) (che si possono calcolare tra i 15 e 20.000 uomini in continuo perfezionamento di organizzazione e di potenza) si astengano da azioni a nostro danno; 2) che la lue comunista, sostenuta d.all'oro del nemico, non dilaghi oltre i limiti attuali e, in secondo tempo, forse, che parte delle forze bosniache si affianchi a noi nella lotta contro il comunismo; 3) che all'azione dei ribelli montenegrini non si confonda e si affianchi quella dei serbi della Bosnia ed Erzegovina; 4) che il successo di cui ai numeri 1), 2), 3) non pregiudichi o danneggi la nostra amicizia con lo stato croato [nota a margine del generale Ambrosio: «quadratura del circolo!» - n.d.a.].

••• La Bosnia e l'Erzegovina aspirano all' indipendenza; ottenuto questo primo successo è fatale che la tendenza anti-croata si accentui per le aspirazioni verso la grande Serbia. Sembra, pertanto, che sarebbe di somma utilità riuscire a sostenerle nella loro aspirazione con graduali, lente, successive concessioni da ottenersi durante la guerra. In sostanza una prima fase di evoluzione verso l'indipendenza che consenta: a) una ingerenza sempre maggiore negli affari amministrativi, economici ed infine politici del paese; b) una gendarmeria sempre più a carattere locale, meglio se inquadrata e diretta da nostri ufficiali; c) iniziale costituzione di reparti con carattere antibolscevico, ai nostri ordini, per trarre dalle formazioni cetniche gli elementi più sicuri e fidati e, potendo, disarmare gradualmente il resto. (•) Del generale Drau Mihailovié.


Documenti -Allegati al çapitolo I

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*** L'adesione della Croazia a questo programma non è facile, ma anche questa evoluzione è possibile dinnanzi all'evidenza dei vantaggi che, malgrado gli errori passati, possono derivare da una collaborazione anziché da una forte ostilità dei serbi; dalla possibilità che la cessazione della lotta offre alla Croazia di consolidare lo stato nascente; dalla convenienza anche e specialmente futura di non creare le premesse per una ostilità e stato di lotta permanente nell'avvenire, ma di avviarsi ad una aperta e cordiale collabor~zione. Qualora per facilitare l'occupazione delle altre parti della Bosnia, dovessero essere accolte le direttive di massima sopra esposte, sarebbe necessario: a) lasciare al comandante in posto la più ampia libertà di azione su questo piano e per gli scopi indicati, con tutta l'autorità ed il prestigio necessari per una azione realizzatrice che non subisca intralci, cambi di direzione o di obiettivi, ecc.; b) affiancare l'azione in Bosnia a quella da svolgersi in Croazia ove il movimento separatista può essere rappresentato come grave, a tendenza nettamente serba e perciò da affrontare, nell'interesse della Serbia ed in quello particolare della lotta attuale, con visione piena delle necessità dell'ora presente, e da regolare da noi per evitare tensioni ed irrigidimenti di tesi, in accordo con la Croazia; c) raggiungere un intimo perfetto legame ed accordo tra azione militare e politica; d) ampi poteri civili e militari, in zona, al comandante; e) allontanamento urgente delle formazioni ustascia e graduale delle truppe croate.

*** Quanto sopra ho esposto a conferma di quanto ebbi a dii:e a voce. L'estendersi della rivolta in Erzegovina, la effettuazione degli atti di sabotaggio su ferrovie finora immuni (Ragusa-Metcovich e Mostar-Sarajevo) impongono decisioni sollecite delle direttive da seguire. Questo per poter condurre trattative che tendano allo scopo fissato. Pure non facendomi soverchie illusioni sui risultati concreti, data la mentalità di queste popolazioni, le ambizioni dei capi e le conseguenti discordie, credo· che il tentativo debba essere fatto.


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Qualora, infatti, le operazioni di cui trattasi dovessero avvenire, avendo di fronte le forze ribelli schierate contro di noi, occorre precisare che porterebbero ancora più a nord, in zona prettamente montana, in pieno inverno, con poche e cattive comunicazioni, la nostra occupazione e verremmo a creare anche là situazioni analoghe a quelle del Montenegro e della Erzegovina (al confine orientale a contatto col primo). Abbiamo di fronte un nemico che sfugge la battaglia contro forze superiori; che si cela sui monti a lui famigliari per attaccare colonne di rifornimento per vivere, o piccoli reparti per catturare armi; inafferrabile, ma sempre pronto a farci danno e ad infliggerci perdite; capace ed abile in distruzioni sempre più ardite ed ingenti che vietano o interrompono per lungo tempo le operazioni; che si inorgoglisce di piccoli successi e parteggia sempre più attivamente al movimento che si va estendendo, sotto l'impulso di capi capaci ed abili a sfruttare le cause di qualsiasi malcontento; che isola i nostri presidi e ci costringe ad operazioni di notevole entità senza ottenere che risultati minimi, con grande dispendio di mezzi e di forze. IL GENERALE COMANDANTE DEL CORPO D'ARMATA R. DALMAZZO


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N. 4

COMANDO DELLA 2• ARMATA UFFICIO I

N. 1/99/S. di prot.

P.M. 10, lì 3 gennaio 1942-XX

ALLO STATO MAGGIORE REGIO ESERCITO Ufficio Operazioni POSTA MILITARE 9

0GGETIO:

Colloquio fra il dottor Jevdjevié e l'inviato del Pogiavnik logornik Poljak.

Questo Comando aveva avuto notizia dal dottor Jevdjevié, nostro confidente residente a Spalato, che nella terza decade di dicembre avrebbe dovuto aver luogo, nella ~ua abitazione, una conversazione fra lo stesso Jevdjevié, in qualità di esponente dell'ambiente serbo-bosniaco-erzegovese, ed un delegato del Governo croato - espressamente inviato da Zagabria - per studiare la possibilità di un accordo fra croati e serbo-ortodossi. Ho disposto perché il colloquio, che doveva rivestire carattere d'importanza, date le personalità che venivano a contatto e l'oggetto della conversazione, fosse intercettato e possibilmente riprodotto. È stato perciò inviato a Spalato un apparato di riproduzione fonografica, che collegato con microfono opportunamente sistemato nella stanza del colloquio, permettesse la riproduzione su dischi delle conversazioni. Il colloquio ha avuto luogo il 30 dicembre a Spalato, dalle ore 11 alle ore 11,50 fra l'inviato del Poglavnik, logornik Poljak, addetto al Quartier Generale ustascia di Zagabria ed il dottor Jevdjevié. Il microfono è stato sistemato in un normale apparecchio radio esistente nella stanza delle conversazioni, collegato con l'apparato di incisione fonografica situato in altra stanza dell'abitazione. Sono stati impressi 10 dischi, la cui riproduzione permette di seguire in modo inequivocabile l'andamento delle conversazioni.


Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942)

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Nell'unito allegato sono riprodotti i punti più notevoli del colloquio avvenuto. Essi rivelano, con abbondanza, i veri sentimenti del Governo croato nei nostri riguardi., I dischi originali sono a disposizione di codesto Stato Maggiore. IL GENERALE COMANDANTE DESIGNATO D'ARMATA V. AMBROSIO

COMANDO DELLA 2a ARMATA UFFICIO!

P.M. 10, 2 gennaio 1942 - XX

Sintesi del colloquio avvenuto il 30 dicembre 1941 dalle ore Il alle ore 11.50 a Spalato fra l'ex deputato alla Skupcina [recte: Skupstina], dott. Jevdjevié ed il logornik Poljak [Ivan - n.d.a.] addetto al Q.G. ustascia di Zagabria inviato del Poglavnik. La conversazione è stata impressa, a cura di questo ufficio, su 9 dischi fonografici mediante microfono nascostamente applicato nella stanza dell'abitazione del Jevdjevié, ove ha luogo il colloquio. Disco n° I

Fatte le presentazioni fra Jevdjevié, Poljak e i signori che l'accompagnavano, Poljak parla dello scopo della sua missione presso l'ex deputato jugoslavo. Poljak soggiunge che non ha ricevuto l'incarico di assumersi degli impegni con gli insorti, ma semplicemente di fare degli approcci a scopo orientativo, sui quali dovrà riferire al Poglavnik, al ministro Artukovié ed agli altri interessati. Jevdjevié: «Esiste da parte vostra la buona volontà di giungere ad un accordo?» Poljak: «Si, senz'altro». «II macello, al quale stiamo assistendo da una parte e dall'altra,


Documenti - Allegati al capitolo I

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deve cessare perché altrimenti tanto croati che serbi vanno incontro all'annientamento totale; la guerra che ci siamo fatta reciprocamente per vent'anni e che adesso ha assunto le proporzioni che conosciamo, deve pure aver termine e bisogna trovare assolutamente un'altra via per regolare le nostre divergenze». Jevdjevié: «La situazione è però terribilmente compromessa. Sarebbe il Poglavnik disposto a restituirci tutto quello che ci è stato tolto?» Pòljak: «Si, senz'altro».

Disco 11° 2 Jevdjevié: «Sarebbe disposto il Governo croato a rimettere ai loro posti i molti licenziati, che sono senza lavoro?» <<Più di qualcuno è stato già rimesso a posto». Poljak: Jevdjevié: «Qual'è il vostro atteggiamento di fronte al dottor Macek?» Poljak: «Questa è una domanda oziosa, non si tratta di chi sarà domani a capo dello Stato, se Pavelié o Macek, è questa una questione di secondaria importanza, si tratta invece di salvare il popolo». Jevdjevié: «Voi siete alleati della Germania, dell'Italia, della Bulgaria e dell'Ungheria. Nell'ipotesi che domani l'Asse perdesse la guerra, noi [serbi - n.d.a.] certamente faremmo i conti con l'Ungheria e con la Bulgaria. Che cosa farebbero in questo caso il Poglavnik cd il suo esercito, ammesso che sopravvivessero alla catastrofe? Sarebbero con noi o contro di noi? Ci aiuterebbero cioè a ricuperare quello che da parte della Bulgaria e dell'Ungheria ci è stato tolto?» Poljak: «Certamente per quanto riguarda l'Ungheria saremmo con voi mentre per la Bulgaria avremmo un atteggiamento neutrale».

Disco n° 3 Jevdjevié: «Noi abbiamo fatto la grande guerra [1914-1918 - n.d.a.] anche per liberare i territori croati e voi ci avete traditi [combattendo con l'Austria-Ungheria - n.d.a.] e poi avete dato la Dalmazia ali' Italia». Poljak: «Noi non abbiamo tradito i Croati ma i predoni di Belgrado. Mi dispiace molto come Croato e come ustascia che si sia arrivati al punto nel quale ci troviamo, ma vi posso dire che per quanto riguarda la Dalmazia tutto il popolo croato e l'esercito sono contro l'Italia. Si canta dappertutto la canzone irredentistica dalmata: 'Piccola è la Dalmazia' e poi: 'Zara, Trieste, Fiume vi


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aspetta la libertà .. .'. Nella Jugoslavia, cioè nello Stato comune non si godeva parità di diritti fra Serbi e Croati sebbene ufficialmente fosse stabilita la completa parificazione». Persona del seguito (si ritiene il maggiore delI'ex-esercito jugoslavo che accompagnava Poljak): «Voi pur dì poter uccidere i Serbi date ai Tedeschi e agli italiani tutto quello che vi chiedono ... »: [Per il loro significato le parole dovrebbero esser state dette da qualcuno della parte di Jevdjevié - n.d.a.J. Disco n° 4

Poljak:

«Sarebbe necessario che voi veniate a Zagabria a trattare col Governo croato». Jevdjevié: «Premessa di ciò sarebbe che s'instaurasse la parificazione di diritto per le confessioni religiose». Poljak: «Ciò ritengo possibile, in quanto noi siamo soltanto contro gli Ebrei per quanto riguarda la questione religiosa». Jevdjevié: «Potranno i Serbi far ritorno nei luoghi dove la maggioranza è serba? Verrà data l'amnistia generale per i delitti politici a favore di tutti quelli che si sono trovati coinvolti negli avvenimenti degli ultimi mesi? È disposto il Poglavnil!c di sospendere il procedimento penale contro i molti denunciati o arrestati per puri sospetti?» Pòljak: «Io credo di si». Jevdjevié: «In caso di esito sfavorevole della guerra per l'Italia e la Germania, vorrete voi continuare ad essere l'avanguardia dei Tedeschi e degli Italiani o preferirete invece tener occupate le vostre terre lasciando a noi le nostre per poter così tentare la via dell'accordo fra noi?» Poljak: «Questo .è chiaro. Tutto il popolo croato e l'esercito croato hanno come loro nemico principale l'Italia -e sarebbero disposti a rappacificarsi con i Serbi». Disco n° 5 Poljak: «Gli Italiani sono mal visti da tutti i Croati; quando passano i soldati italiani la gente li guarda con disprezzo o addirittura 'sputa'; quando invece passano i Tedeschi, il popolo è ammirato o rimane indifferente, sugli italiani 'sputano' tanto gli uomini che le donne. Questo dimostra lo stato d'animo dei Croati rispetto gl'ltaliani, stato d'animo maggiormente esacerbato ora per la questione della Dalmazia».


Documenti - Allegati al capitolo I

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Jevdjevié: «Parlate pure con Artukovié e con gli altri -ministri; spiegate loro la questione e portateci una risposta concreta; allora io potrò andare nelle zone in rivolta e parlare con i comandanti dei ribelli spiegando tutto e cercando di calmare gli animi, se si farà ancora in tempo; dimostriamo in tal modo di ave:· tentato di fare tutto il possibile per venire ad un accordo. lo non posso garantire nulla, perché non sono il rappresentante del Governo e tanto meno dello Stato serbo. Disco n° 6 Poljak:

«Sarebbe meglio che andaste voi a Zagabria a parlare direttamente con Artukovié; potreste ricevere da noi un salvacondotto; se malgrado ciò non vi doveste fidare, io resterei qui o altrove quale ostaggio fino al vostro ritorno. «Noi abbiamo prove dell'aiuto in armi e munizioni fornite ai cetnici dal Governo italiano. Presso il signor ..... è stato trovato un fucile proveniente da (un reparto italiano), presso altri si sono trovate bombe pure provenienti da parte italiana. «Le truppe italiane che occupano il territorio croato costano ai Croati un'enormità, in quanto dobbiamo sopportare noi le spese d'occupazione. La Croazia e per motivi spirituali e per motivi politici ed economici ma soprattutto per ragioni militari non può rimanere senza la Dalmazia. Gli Italiani hanno tutto l'interesse che i Serbi e i Croati periscano; ecco perché da un lato sono nostri alleati e dall'altro forniscono armi a voi, perché ci combattiate. È la vecchia storia del 'divide et impera'. «Pavelié è un uomo diritto e magnanimo». Jevdjevié: «I Tedeschi sono dalla parte vostra, vi sostengono in tutti i modi ... ». Poljak: «Si, è vero». Jevdjevié: «La situazione anche fra Italiani e Tedeschi non è chiara». Poljak: «Gli Italiani hanno finora subito le perdite maggiori, anche in Croazia i loro sacrifici sono grandi. Essi perderanno in ogni caso, perché tanto in caso di vittoria dell'Asse che nel caso contrario andranno a finire male. In caso di vittoria tedesca succederà come insegna la barzelletta dei 15 fiammiferi». Disco n° 7 (Parlano di politica passata, dell'epoca anteriore alla guerra mondiale).


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Jevdjevié: « ... da voi ci sono in fondo due correnti, l'una fa capo a Pave.lié, l'altra a Kvaternik, la prima è favorevole all'Italia, la seconda alla Germania ... Il dottor Pavelié sembra essere completamente da parte dell'Italia». Poljak: «Se voi parlaste col Poglavnik, sareste d'avviso contrario!» Disco n° 8

(Parlano di politica passata). Disco n° 9

(Parlano della Russia e del pericolo comunista). Jevdjevié: «Sta bene, allora io sono disposto di andare in Croazia con un vostro salvacondotto e vi garantisco che durante la mia assenza da qui le ostilità saranno sospese e altrettanto vi prego di fare da parte vostra; questo durerà circa 20 giorni». Disco n° IO

(La conversazione termina con i convenevoli di commiato. Si odono le parole di Jevdjevié sopra le altre. Egli dice replicatamente rivolto a Poljak: «Arrivederci dunque a Zagabria, salutatemi il ministro dottor Artukovié»).


Documenti-Allegati al capitolo I - -----------~=--- -=---- - - --- - - 143 DOCUMENTO

N. 5

R. CONSOLATO GENERALE D'ITALIA Posizione A.1.13

Te/espresso n, 562/ 14

Mostar, addl 6 aprile 1942-XX

Indirizzato a R. MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI (Gabap - Uff. Croazia) ROMA REGIA LEGAZIONE D'ITALIA ZAGABRIA COMANDO DELLA 2• ARMATA (Uff. Aff. Politici)

OGGETTO:

P.M . 10

Lettera attribuita al maggiore cetnico Todorié' [recte: Todoro-

vié]. Dalla divisione di fanteria "Cacciatori delle Alpi" è stata trovata, in occasione di recenti operazioni contro i partigiani, la lettera che qui di seguito integralmente trascrivo, attribuita al nostro maggiore cetnico Todorié.

*** COMANDO DEI REPARTI OPERATIVI DELLA BOSNIA-ERZEGOVINA N.O Ufficiale

Bratac 10/2/42

AL SIGNOR MINISTRO DELL'ESERCITO E DELLA FLOTTA

Sabato 7 di questo mese corrente mi sono incontrato come rappresentante del comandante dei reparti cetnici di Bosnia-Erzegovina (il quale non poteva venire), col comandante del fronte italiano di Nevesinje e l'ufficiale informatore del comando della Divisione di Mostar. Lo scopo ed il risultato delle discussioni si vede nel riferimento allegato n. 6. In que.sta occasione mi sono incontrato con Dobroslav Jevdjevié il quale vive a Spalato e da poco tempo viaggiava per l'Italia settentrionale; ho chiesto a lui di andare tra i suoi elettori dell'attività politica di prima nei pressi di Preca e Robtza [località non individuate - n.d.a.] ed ha promesso di andare, solo


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942)

prega che per tramite radio Londra per facilitare la sua missione sia comunicato alla nostra popolazione all'incirca quanto segue: - «Notizie dalla Patria: Dobroslav Jevdjevié nostro connazionale conosciuto come patriota è inviato da parte del ministro dell'esercito e della flotta generale Draga (recte: Draza) Mihajlovié per lavorare tra la popolazione serba; tanto occorre al nostro popolo sofferente. Auguriamo un ottimo risultato». Così lo stesso stimato membro del partito agrario e vojvoda cetnico fratello Petar Samargié desidererebbe che il capo del partito agrario e ministro della giustizia Milan Gabrilovié [recte: Gavrilovié] dicesse pressapoco questo: «Fratelli serbi unitevi, ed eseguite gli ordini del vostro supremo comando, il quale agisce in accordo con le operazioni del comando alleato, con questo è d'accordo la sorella Russia. Verranno a voi gli ordini del supremo comando tramite generale Draga Mihajlovié ed altri ufficiali mandati da lui nelle sue terre serbe e nelle altre regioni Jugoslave. Abbiate pazienza, il lavoro si sviluppa; noi vinceremo, dopo la vittoria verrà la politica, ed il popolo dirà cosa desidera e sarà la vittoria dei principi democratici come desidera la maggior parte del popolo. Questo ve lo promette solennemente in nome del governo del Re». Contemporaneamente parli più spesso il dottor Gabrilovié perché il popolo serbo desidera sentirlo perché prima della guerra era a Mosca. Da fonte sicura ho saputo quanto segue: 1) che gli italiani preparano una armata di 500.000 uomini per le operazioni di primavera per la Francia meridionale ,e la Spagna oltre Gibilterra. Questa armata sarà approntata nella zona Bologna-Milano-Parma. Ancora due divisioni nuove di carri armati sono preparati a Firenze: ottimo obiettivo per l'aviazione. 2) che un nostro sommergibile (Nebojsa) ha affondato 10 giorni or sono davanti a Spalato un piroscafo mercantile di 7.000 tonnellate. 3) che il Conte Ciano in occasione del suo ultimo soggiorno a Budapest ha firmato un patto segreto di unione personale tra Ungheria e Italia sotto il Re Vittorio Emanuele. Dietro questo accordo la Croazia verrebbe sottomessa all'Ungheria. Con preghiera di inoltro alle superiori autorità.

IL MAGGIORE COMANDANTE


Documenti - Allegati al capitolo I

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••• Nei nostri ambienti militari si ritiene che tale lettera sia stata effettivamente scritta dal Todorié poiché molti argomenti trattati nella lettera stessa corrisponderebbero infatti a quanto il Jevdjevié ed il Todorié dicevano in quell'epoca. La voce della costituzione di una grossa armata Italiana destinata ad operare a Gibilterra ed oltre correva in Italia proprio nel periodo in cui il Jevdjevié compiva il suo viaggio. Sull'a lettera sono stati trovati i seguenti appunti, fatti dai partigiani: «Letter'a originale del comandante delle bande dei ladri Cetnici che costituisce il più bel documento contro gli occupatori». «La sopraddetta lettera 2 stata trovata nell'archivio requisito in occasione della morte del traditore Todorovié; da essa emerge chiaramente fin dove è arrivato il tradimento delle bande Cetniche le quali fanno amicizia con i delinquenti occupatori ed insieme a loro vanno contro il proprio popolo» - Sitnica. IL R. CONSOLE R. GIARDINI


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N. 6

COMANDO DEL REPARTO DEI CETNICI DI·VISEGRAD N. d'ufficio

Jagodina, 20 dicembre 1941

ALL'AMMINISTRAZIONE PROVVISORIA DELLA BOSNIA ORIENTALE

Questo comando ha ricevuto tre latte di benzina, di cui una è stata presa dal fratello maggiore Dangié. A Usice [recte: Uzice] si può liberamente viaggiare. Io sono stato all'invito della divisione italiana a Plevlje [recte: Pievlja]. Ho visto degli orrori. Un'orda di banditi montenegrini hanno attaccato Plevlje dall' I al 4 dicembre, pensando che subito potrà scacciare il reparto italiano di colà e depredare tutto quanto vi era nel magazzino. Avvenne una lotta a vita e morte. Sono stati uccisi 13 ufficiali italiani e 70 soldati. Sono stati uccisi 800 montenegrini e sono stati feriti altrettanti. In questa massa di montenegrini vi erano molti comunisti. Hanno commesso dei delitti: hanno ucciso Serafino iguman del Monastero di S. Trinità, un direttore del ginnasio e molte altre vittime innocenti. Perirono 70 serbi ed è stato distrutto ed incendiato il quartiere serbo della città. Le giovani comuniste hanno posto la mitragliatrice sulla chiesa ortodossa, che dopo è stata incendiata. I comunisti montenegrini nel comune di Babine tagliavano ai soldati italiani periti i membri virili mettendogli loro nelle bocche e cavavano loro gli occhi. I montenegrini non sono più uomini ma bestie. Una banda di comunisti venne a Rudo, cacciò la guardia dei cetnici e prese le posizioni. Noi oggi invieremo una lettera a questa banda dei partigiani pregandola di abbandonare il territorio del nostro distretto e di riparare in Bosnia. I cannoni italiani già battono i dintorni di Rudo e la popolazione serba soffre. Saremo costretti di usare la forza contro questi partigiani se non si allontaneranno. Il fratello maggiore Dangié è stato nel nostro distretto e invece di incoraggiarci si è ubriacato, ha parlato di tutto ed ha lasciato una tale impressione per quello che riguarda il saggio e felice guidare degli affari serbi nella Bosnia orientale.


Documenti - Allegati al capitolo I

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Probabilmente nel corso di domani io partirò a Belgrado con un ufficiale italiano dello Stato Maggiore, se potessi carpire qualche cosa per la nostra causa. lo combinavo le cose con gli italiani ed i tedeschi in modo di poter guadagnare in tempo, nei mezzi e nella organizzazione ed ora, quando vidi come il fratello maggiore Dangié agisce, il cuore mi duole.

Vidi che il nostro lavoro nella Bosnia ha oltrepassato le forze intellettuali del fratello maggiore Dangié e del gruppo di uomini intorno a lui, e ora ci occorre trovare un uomo posato e politico, il quale completerebbe la partè politica del fratello maggiore Todorovié dandogli la vera misura della possibilità e della realtà. L'acquavite finora ha apportato alla causa serba un'immenso danno e dico sinceramente, che in questo tempo non dovrebbe aver posto. Presento che tutti i gruppi: comunisti, partigiani, il gruppo Ljotié, Cetnici, ubriaconi e banditi, periranno e rimarrà la causa serba giovane con la nuova Serbia. So che vi è 60% di uomini dell'attuale società serba, che si trova al punto morto di utilità. Occorre un piano, un piano serbo. Sono d'avviso, che si dovrebbe chiaramente premunire dal comunismo e condurre solamente la politica serba. Dietro i comunisti in Serbia Ras [recte: Rasa] (Sangiaccato) tanta nausea, di modo che contro di loro tutto si è levato. Ora per il movimento difensivo serbo nella Bosnia le truppe italiane non sono per nulla pericolose. Noi dobbiamo creare un programma mediante il quale noi compiremo la salvezza del popolo serbo e non che, mentre noi da una parte lo salviamo, dall'altra lo distruggiamo. Chi spetta ora di pregar - non lo si deve rabbiar. Questo si riferisce ai tedeschi. Se partirò per Belgrado il 21 dicembre, mi sostituirà nella funzione il fratello tenente Stanko Stamatovié. Il fratello maggiore Todorovié colla sua dichiarazione agli italiani che egli è organo del governo jugoslavo a Londra ha fatto ciò, che il comandante della divisione italiana lo considera come vero partigiano. Quanto il fratello maggiore Bo§ko [Todorovié - n.d.a.] è partigiano, tanto io sono cinese. lo penso, conoscendo la disposizione italiana di fronte al nostro movimento nella Bosnia, di essere la migliore cosa, che noi tutta la nostra


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942)

azione chiamiamo «il movimento volontario serbo-cetnico in Bosnia», che ha il compito di salvare la causa serba e di fronte a ciò si perda di vista che le relazioni con i non compromessi e onesti croati possano solamente giovare. Ugualmente è utile ogni onesto mussulmano, il quale ora si dichiara per serbo, prende il fucile e combatte contro gli ustasci. Il grande sciovinismo ortodosso ci può costare molto. A Plevlje ho preso contatto con uh gruppo di mussulmani e questi si dichiararono come veri serbi mussulmani. Quando gli italiani volevano fucilare i serbi a Plevlje, questi mussulmani dissero: «Prima fucilate a noi e poi gli ortodossi» . Questo significa molto. Tutti questi mussulmani apertamente gridarono: «Viva il Re serbo Pietro II», e si rinnegano dai mussulmani della Bosnia che sono sanguinari. L'esclusione di tutti i mussulmani significa la diminuzione della nostra potenzialità per il 50% ed il rafforzamento di comunisti. Penso che il nostro compito principale deve essere di allontanare la canna davanti alla · fronte serba nella Bosnia e trasportare il fucile nella mano serba. Non dimentichiamo, che proprio ora abbiamo dei serbi banditi e bestie, che per noi sono più pericolosi che i mussulmani. Ora il comunismo e l'Ustascia sempre più camminano parallelamente e un giorno i comunisti più scanneranno che gli ustasci. Ora è il tempo, che si scelgano ed uniscano tutti coloro che si sentono puri ed onesti serbi. Penso, che ci occorre avera una «legge [forse: legittima - n.d.a.] grande, libera e pura Serbia». Ripartiamo questi tre epiteti secondo il tempo è l'urgenza del lavoro e con l'aiuto di Dio il popolo serbo sarà in avvenire molto felice. Lo so anche, che come subalterno non dovrei scrivere in questo modo, ma se siete serbi e uomini intelligenti, non mi condannerete. La mia personalità qui non c'entra ma guardate una anima giovane serba, che vuole l'idealità serba. Considero che solamente la verità e l'onestà, la consapevolezza e la disciplina possono salvare la causa serba, nostra cara causa serba. Prego i fratelli di non dimenticare una sola cosa, cioè che felice e tranquillo Ras (Sangiaccato) serbo può, quando occorre, mettere su circa 10.000 combattenti al fronte di Bosnia. Prego il comandante delle unità operanti di ordinare ai comandi dei


Documenti- Allegati al capitolo I

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cetnici a Cajnice e Foca, che i cetnici non oltrepassano in Ras, poiché li si trovano altri mussulmani, di impedire il passaggio cli comunisti montenegrini nella Bosnia, perché questi sono bestie - vere bestie montenegrine, che assieme agli ustasci hanno rovinato la Jugoslavia. Con fede in Dio per il Re e la Patria. IL COMANDANTE Tenente K.O. JAKSié


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942) DOCUMENTO

N. 7

COMANDO DEI REPARTI CETNICI DELL'ESERCITO JUGOSLAVO Comando di Gorski

Ris.mo n. 370

30 dicembre 1941

AL MAGGIORE DI STATO MAGGIORE GIORGIO LASié AL COMANDANTE DEI REPARTI CETNICI DELL'ESERCITO JUGOSLAVO DEL MONTENEGRO AL CAPlTANO SIG. PAOLO DJURISié COMANDANTE DEL REPARTO CETNICO DELL'ESERCITO JUGOSLAVO DI LIMSKO

ISTRUZIONI Il nostro Stato si trova ancora in guerra con i nostri secolari nemici, i tedeschi e gli italiani. Al di fuori della nostra Patria combatte per la libertà del nostro popolo l'amato Re ed il governo, essi combattono nel campo diplomatico e con le forze armate del medio Oriente a fianco dei nostri grandi alleati. La libertà è il più gran bene di un popolo stimato, perciò anche noi tutti che ci troviamo in Patria dobbiamo cercare di fare tutto quanto è possibile per combattere con tutte le forze, secondo l'esempio della nostra gloriosa storia, per ricacciare il nemico dalla nostra cara Patria. In questa lotta gigantesca non siamo soli ma accanto a noi abbiamo le grandi potenze alleate: America, Inghilterra, Russia, Cina e tutte le altre nazioni democratiche. La nostra vittoria è certa. Il nostro esercito, che nell'aprile ha vissuto il tradimento di molti elementi oscuri e la sua più grande catastrofe, non è ancor vinto, in quanto la guerra non è finita e perciò non vi è ancora né il vinto né il vincitore. I reparti cetnici dell'esercito jugoslavo hanno prolungato la sua vita allo scopo di far suonare il momento della libertà del nostro popolo anche se la lotta è impari e perciò più gloriosa.


Documenti -Allegati al capitolo I

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GLISCOPIDEINOSTRIREPARTISONO: I) Lotta per la libertà di tutto il popolo sotto lo scettro di S.M. Pietro Il.

2) Creare una grande Jugoslavia ed in essa una grande Serbia etnicamente distinta e che comprenda entro i suoi confini la Serbia, il Montenegro, la Bosnia-Erzegovina, lo Srem, il Banato e la Backa. 3) Lotta per l'inclusione nella nostra vita statale di tutti i territori sloveni nor ancora liberi e che si trovano sotto gli italiani e tedeschi (TriesteGorizia-lstria-Koruska come pure i territori.della Bulgaria e del!' Albania settentrionale con Scutari). 4) Liberare il territorio nazionale di tutte le minoranze e di tutti gli elementi non nazionali. 5 ) Creare immediati e comuni confini fra la Serbia e il Montenegro come pure tra Serbia e la Slovenia, eliminando il Sangiaccato dell'elemento mussulmano e la Bosnia di quello mussulmano e croato. 6) Punire tutti gli ustascia ed i mussulmani che nei giorni tragici spietatamente distruggevano il nostro popolo. 7) Castigare tutti coloro che sono colpevoli della nostra catastrofe. di aprile. 8) Nelle regioni liberate dalle minoranze mussulmane e dagli elementi non nazionali, effettuare il popolamento con i montenegrini. Devono esser prese in considerazione le povere ed oneste famiglie. 9) In ogni occasione attaccare ammazzare e sabotare tutte le aspirazioni dell'occupatore, con la parola «morte all'occupatore». Gli obiettivi da raggiungere sono enormi, perciò la lotta è tanto più cara per coloro che combattono per la sua erezione. Fare tutto quanto è nelle vostre possibilità perché tutto l'elemento nazionalista del Montenegro entri quanto prima nei nostri ranghi in quanto gli eventi si svolgono ad una velocità vertiginosa e non debbono trovarci impreparati. Con i partigiano-comunisti non vi deve essere alcuna collaborazione giacché essi combattono contro la dinastia e per la creazione di una rivoluzione sociale che non deve mai essere un nostro obiettivo, giacché noi siamo unicamente ed esclusivamente combattenti per il Re, la Patria e la libertà del popolo.


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942)

IMPIEGO DEI REPARTI CETNICI DEL MONTENEGRO AL MOMENTO PRESTABILITO 1) Con una parte delle forze operare sulle doline di Lim in direzione Bjelo Polje - Sjenica col compito di eliminare il Pester dell'elemento mussulmano ed albanese. Queste forze debbono collaborare con il reparto di Javer e di Golja. 2) Con una parte delle forze operare attraverso Ciakor [recte: Cakor] in direzione di Metohoja [recte: Metohija] col compito di liberare il territorio degli albanesi come pure di incontrare gli elementi che saranno perseguiti nel Pester e nel Sangiaccato. Queste forze debbono collaborare con quelle di cui al n. I e con il reparto di Kapanica [recte: Kopaonik]. 3) Con una parte delle forze di Niksié, operare in direzione sud verso Ragusa col compito che questa venga liberata. Queste forze debbono collaborare con la colonna sinistra di Dangié la quale opererà attraverso Mostar. 4) Con una parte delle forze operare verso sud col compito di occupare Scutari e nell'eventualità assicurare il Montenegro dall'attacco di elementi albanesi dell'Albania.

MODO DI PROCEDERE Con gli albanesi, mussulmani ed ustascia secondo quanto hanno meritato i loro atti illeciti verso il nostro elemento, bisogna cioè lasciarli che vengano giudicati da un tribunale popolare. Verso i croati che si trovano sotto l'occupazione italiana (parte della Dalmazia) P.rocedere a seconda di come si comporteranno al mpmento prestabilito.

ORGANIZZAZIONE

Per tutto il territorio del Montenegro a capo di tutti i reparti cetnici dell'esercito jugoslavo pongo il maggiore di stato maggiore Giorgio LASié. Lascio facoltà al comandante di scegliersi il personale del comando. Importante è che il comando abbia la sezione operazioni, informazioni e propaganda. La denominazione di questo comando è: Comando di Reparti Cetnici dell'Esercito Jugoslavo «GORSKI STAB N. 15» .


Documenti - Allegati al capitolo I

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È necessario che il comando sia speditivo, che non si perda nell'amministrazione ma che il lavoro sia proficuo su atti positivi sul terreno. Quale comandante dei reparti cetnici di Limsko nel territorio dei distretti di Andrijevov [recte: Andrijevica], Berane, Bjelo [recte: Bijelo] Polje, Kolasine [recte: Kolasin], viene posto il capitano di fanteria di ia classe, sig. Paolo DJURISJé. Tutti gli altri comandanti verranno nominati dal comandante del Montenegro e rispettivamente dal comandante il reparto di Limsk per il suo setto_re. Tutto questo lavoro verrà condotto sotto il principio «LOTTA PER IL POPOLO», cioè intuire ciò che il popolo desidera e lavorare in conformita. Nominare quali comandanti coloro che sono prescelti dal popolo. Appoggiarsi completamente sui nostri combattenti nazionali la cui collaborazione dobbiamo acquistarci così che la lotta ci porti al successo. In questa lotta non vi debbono esser momenti [forse: movimenti] politici né della politica personale per soddisfare proprie ambizioni. L'intera lotta deve portare il carattere di pro-nazionalismo con lo scopo supremo «LA LIBERTÀ AL POPOLO». Condurre l'organizzazione secondo le direttive date e le istruzioni verbali ricevute da Paolo DJURISié e a seconda delle circostanze locali. Le autorità rimangono quelle che erano il 27 marzo 1941. Se vi sono alcuni che si sono compromessi per aver lavorato col nemico o per essersi lasciati corrompere o che per una qualsiasi ragione sono invisi al popolo occorre sostituirli . La denominazione dei singoli btg. [battaglioni - n.d.a.J e dei reparti venga data ·s econdo nomi geografici e qualora ciò non fosse opportuno col nome dei comandanti.

I reparti dipendenti portano la loro denominazione al disotto del n. 15 col numero che verrà ordinato dal comandante. Quanto prima completare la formazione delle unità, nominare i comandanti, che devono preoccuparsi di creare una solida struttura delle unità, e che subito debbono trovarsi sul terreno sul quale sono destinati ad operare. È risaputo che alcune regioni del Montenegro dispongono di abbondante quantitativo di armi e munizioni, mentre altre ne difettano. È quindi necessario quanto prima effettuare una proporzionale distribuzione di dette armi. Per fare questo rivolgersi al sig. RASEVIC il quale vi darà aiuto.

COLLEGAMENTO Con il Comando Supremo tenere collegamento attraverso la stazione radio e secondo i dati del sig. RASEVIé, che ha una stazione radio d'armata. Il cifrario radio è dato al sig. Paolo DJURIS!é. Finché non verrà effet-


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942)

tuato il collegamento radio, tenere i collegamenti a mezzo corrieri e con il cifrario dato al predetto. È risaputo che in Montenegro regna la penuria di generi alimentari, perciò preparate gli aerodromi per il lancio dei paracadutisti, con ciò renderete possibile il sollecito ed efficace invio di aiuti al popolo del Montenegro. Le località precise con le coordinate geografiche comunicarle quanto prima a questo comando. L'aerodromo deve essere preparato per servirsene durante la notte, perciò è necessario vi sia un gruppo apposito cui è comandato tale incarico e che avrà anche il compito di illuminare il campo quando sarà apparso l'arrivo degli aerei.

È assolutamente necessario assicurare un canale che dal litorale si spinga verso l'interno in quanto sussiste la possibilità che gli aiuti verranno via mare.

IL COLLEGAMENTO COL DANGié IN BOSNIA

Tenere atti:averso Gacko con Bileéa e attraverso Fofa con Kalinovik. Il collegamento con i reparti serbi tenere attraverso il reparto di Limsko. È stato già detto innanzi che la collaborazione con gli elementi politiconazionali è di una immediata e grande importanza. Fare di tutto perché tali elementi più in vista del Montenegro si rendano partecipi di questa santa lotta per un miglior futuro del nostro popolo. Non appena ricevuto questo ordine, chiamare gli uomini più in vista e comunicare loro quale è l'aiuto che devono portare alla nostra azione. P er quanto riflette la situazione dello Stato, essa è stata esposta al sig. DJURISié. Nella vostra opera servitevi delle istruzioni sopra accennate e di quelle date al sig. cap. DJURISié, come pure avendo riguardo delle circostanze locali. È importante che dalle nostre azioni non si provochino inutili sacrifici bensi che ci atteniamo al principio: «RAGGIUNGERE L'OBIBITIVO CON IL MINOR NUMERO DI PERDITE».


Documenti- Allegati al capitolo I

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Invio il mio saluto di comandante a tutti i nazionalisti del Montenegro. EVVIVA S.M. IL RE P IETRO II - EVVIVA TUTTO IL NOSTRO POPOLO!

IL GENERALE DI S.M. COMANDANTE Drag. M. MIHAJLOVIé

Che la copia sia conforme all'originale lo conferma

IL COMANDANTE CAPITANO DI

Paolo DJURISié

Ia

CLASSE


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942)

DOCUMENTO

N. 8

Mostar, lì 11 gennaio 1942 AL COMANDO DEL VI CORPO D'ARMATA

Il comando cetnico, che ha sempre sino ad ora voluto evitare gli eventuali attriti che avrebbero potuto sorgere tra l'esercito del Regno d'Italia ed i cetnici, anche questa volta ha inviato il proprio delegato incaricato di trattare con il sig. capitano DE MATTEIS, che da amico, è venuto in data 8 gennaio a Fojnica con tale scopo. In occasione.di queste conversazioni che sono state condotte in un'atmosfera di cordiale amicizia, il delegato del comando cetnico deve premettere quanto segue: che il comando dei cetnici, in occasione dello svolgimento di queste conversazioni, si è trovato in una posizione difficile perché nell'impossibi- · lità di avere collegamento con il proprio comando a causa di impicci di tempo come pure in quanto non aveva la possibilità di essere informato sulla situazione che si è prodotta in seguito alla lettera, che ha spedito il sig. generale Drafa MIHAJLOVIé e a causa della quale lettera il delegato dei cetnici è stato condotto da parte delle truppe italiane a Mostar; tuttora però il comando cetnico non sa effettivamente se questa lettera è giunta alle truppe italiane. Oltre a ciò e nel desiderio di giungere con l'esercito del Regno d'Italia a una definizione pacifica di tutte le questioni, che sono nell'interesse dei serbi verso i quali il comando italiano mostra grandi simpatie, il comando cetnico si prende la libertà di sottoporre all'esercito del Regno d'Italia le seguenti proposte che accontenterebbero tanto l'una quanto l'altra parte. 1) Nel caso che le truppe italiane dovessero occupare eventualmente la

zona della Bosnia orientale, nei paesi nei quali si trovano ora le truppe dei cetnici, sino al momento in cui le truppe italiane non adoperassero le proprie armi contro i cetnici, perché regnerà, come sino ad ora, l'amicizia tra i cetnici e le truppe italiane, le truppe cetniche non adopereranno affatto le armi contro gli italiani. 2) In questo caso le truppe italiane si obbligano di non disarmate le trup-

pe cetniche che in quelle regioni, nelle quali esse hanno ora la piena autorità, perché le armi sono necessarie alle truppe dei cetnici per il caso di una aggressione croata, quando le truppe italiane si ritireranno.


Documenti - Allegati al capitolo I

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3) In tutte le regioni serbe della Bosnia orientale, che dovrebbero essere occupate, nelle quali i cattolici sono in minoranza, si dovrà instaurare l'amministrazione civile serba a fianco di quella militare italiana. In queste regioni non devono esistere guarnigioni dell'esercito croato. La stessa cosa vale per i distretti di Gacko, Ulog, Kalinovik e Nevesinje. 4) Nelle regioni che eventualmente potrebbero'essere occupate dalle trup~ pe italiane, è necesario che vengano date concrete garanzie per la conservazione della libertà personale e patrimoniale, religiosa e nazionale della popolazione serba. 5) Nelle regioni, che eventualmente potrebbero essere occupate dalle forze militari italiane, è necessario che vengano disarmati tutti gli ustascia per qualsiasi motivo siano stati armati, come pure il battaglione degli ustascia, la gendarmeria di aiuto [ausiliaria - n.d.a.J, la milizia della città e quella dei paesi. 6) Che si compia una rigorosa sorveglianza sul lavoro dell'esercito croato, il quale dietro le spalle dei cetnici, arma i partigiani e i comunisti, di . cui un esempio è quello di Boraé, dove l'esercito croato, all'insaputa delle autorità. italiane, ha provveduto ad armare gli ustascia [più probabile: i partigiani - n.d.a.] ed ha dato ad essi 4.000 fucili, un gran numero di mitragliatrici e munizioni e dopo di che li ha spinti ad ingaggiare la sanguinosa lotta., che tuttora ferve. 7) Poiché, con queste trattative con le autorità italiane, particolarmente con la permissione alle truppe italiane di entrare senza lotta nei paesi liberati da parte dei cetnici, si dà ai comunisti la possibilità di svolgere una propaganda contro i cetnici, e questo, come un contrappeso morale a questa propaganda, chiediamo che si esaudisca il più alto desiderio del popolo serbo di queste regioni e precisamente la liberazione dei serbi internati, i quali muoiono in campi di concentramento croati, e il ritorno alle loro case, ciò costituirà la migliore arma contro la propaganda svolta contro di noi in relazione a queste trattative. 8) Il comando cetnico concluderà un accordo commerciale con il comando italiano per vari articoli, che sono maggiormente indispensabili agli uni e agli altri. Il comando cetnico può dare all'esercito italiano carne e pelli, in cambio dei quali cercherebbe di ricevere i generi alimentari, che il comando italiano detiene. 9) Questo accordo preliminare avrà vigore quando sarà sottoscritto, a nome del comando dei cetnici, anche dal maggiore signor Bo~ko TODOROVIé, il quale darà la propria procura generale al signor Milan SAN-


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942)

e, attraverso questi rimetterlo al signor capitano DE MATTEIS, rispettivamente al comando militare italiano in Ragusa. Lo sviluppo di questo accordo preliminare sarà convalidato ulteriormente dai rappresentanti delle forze militari italiane. Questo accordo preliminare è stato compilato in tre uguali esemplari, dei quali, uno è stato consegnato al sig. cap. DE MATTEIS e due esemplari si trovano nelle mani del delegato dei cetnici PETKOVIé. Tié

IL DELEGATO DEI CETNICI Sottotenente e giudice j.to Mutimir V. PETKOVIé


Documenti - Allegati al capitolo I

159 DOCUMENTO

N. 9

R. LEGAZIONE D'ITALIA IN ZAGABRIA L'ADDETTO MILITARE

Zagabria, 9 febbraio 1942-XX

N. 176 di prot.

A SUPERESERCITO (Ufficio Addetti Militari e Collaborazione) P.M.9 e, per conoscenza: AL COMANDO DELLA 2• ARMATA P.M. 10 OGGETTO:

Archivio cetnico-comunista.

I documenti sequestrati ai ribelli durante le operazioni germaniche in Bosnia sono in parte nelle mani del Comando militare tedesco di Belgrado e in parte presso il Ministero Esteri croato. Quest'ultimo sta provvedendo alla traduzione dei documenti in suo possesso che sono redatti in lingua serba. Tra i più interessanti - secondo il predetto ministero degli esteri sono: 1) un appello alla popolazione bosniaca, in data l O ottobre, in cui questa viene invitata, dai capi cetnici e comunisti insieme, a cacciare gli occupatori italiani e tedeschi e a combattere per la Jugoslavia, per la Russia e contro il Fascismo. L'appello è a stampa e porta la firma di: maggiore Dangié, capitano Sergio Mihajlovié (Capo di S.M. del Dangié), capitano Pietro Giukanovié [recte: Djukanovié] per i cetnici; Ciolakovié [recte Colakovié], Prinéip e Vukmanovié, per i comunisti (Ciolakovié è l'attentatore del Ministro dell'Interno jugoslavo nel 1921; Prinéip è cugino dell'attentatore di Sarajevo 1914); 2) un accordo tra cetnici e partigiani (comunisti) per le operazioni militari · in data 1° ottobre. L'accordo prevede la formazione di uno Stato Maggiore misto formato di 3 membri cetnici e 3 partigiani, nonché autorità comuni nei villaggi.


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Si fissa anche la mobilitazione di tutti gli uomini dai 19 ai 50 anni, dei quali quelli dai 19 ai 40 per le operazioni e quelli dai 40 ai 50 per i servizi e sicurezza delle retrovie; 3) altri documenti che dimostrano l'accordo tra Dangié e i partigiani il 6 ottobre in Vlasenica; e accordi tra reparti cetnici e reparti di partigiani in data 20 ottobre; 4) disposizioni per la mobilitazione emanate in Vlasenica il 21 ottobre dal

capo dei cetnici Mihajlovié e dai partigiani Vukmanovié e Prinéip, e analoghe disposizioni in data 3 novembre; 5) lettera dell'intendente dei cetnici, nella quale questi rivolge comunica-

zioni in data 21 novembre al capo comunista Brana Savia [recte: Savin - n.d.a.] per la ripartizione dei viveri; 6) lettera del Commissario cetnico per l'agricoltura Acim Babié allo Stato

Maggiore dei partigiani della Romanja [recte: Romanija], nella quale si chiede, in data 24 novembre, il pagamento di generi ceduti ai comunisti; 7) lettera in data 20 novembre del comandante del reparto dei cetnici di

Visegrad (di cui si allega traduzione italiana compilata dal Ministero Esteri croato) in cui sono più volte menzionati gli italiani; 8) vari verbali di interrogatori effettuati sul luogo delle operazioni dai

quali risulta, tra l'altro - secondo una deposizione della sorella del Dangié - che Dangié e Babié erano il 1O gennaio a Belgrado per accordi con Nedié e Kosta Pekanac (recte Pecanac). Inoltre da altri interrogatori è emerso che un corriere di Pekanac era arrivato il 28 dicembre; che il 7 gennaio quattro ufficiali inviati da Nedié si trovavano a Drnijaca; che Dangié fu per più volte presso Nedié e presso il comando tedesco in Serbia; che Nedié avrebbe mandato oltre Drina (in Croazia) un gruppo di 300 cetnici nei primi giÒrni di gennaio, ecc.; 9) un piano d'attacco comune (cetnico e partigiano), in corso di traduzio-

ne; 10) un regolamento per il combattimento delle bande cetniche (edito nel 1941), in corso di traduzione; 11) una dichiarazione (che è in mano dei tedeschi) con la quale Dangié riconosce in data 29 novembre il governo jugoslavo di Londra, e il Mihajlovié come capo, e nel quale sarebbe detto che gli accordi tra cetnici e comunisti rimangono in forza e che la ribellione deve essere


Documenti- Allegati al capitolo I

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considerata in tutto e per tutto come un proseguimento della guerra contro l'Asse nei Balcani. Parte di questi documenti è stata mostrata dal dottor Vrancié in originale o in copia, allo scrivente; altra parte è in corso di traduzione; altri - come detto prima - sono in mano tedesca. Il Ministero degli Esteri croato sta anche provvedendo a far eseguire le fotografie di alcuni originali che verranno poi rimessi a questa Legazione. L'ADDETTO MILITARE COLONNELLO D'ART. STATO MAGGIORE Gian Carlo RE


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942) DOCUMENTO

N. 10

ALLA POPOLAZIONE GRECO-ORIENTALE (ORTODOSSA) DELLO STATO INDIPENDENTE CROATO

l cittadini di religione ortodossa su tutto il territorio dello Stato Indipendente Croato hanno uguali diritti dei croati di fede cattolica, islamica e protestante. Questo ha meglio dimostrato le disposizioni di legge nella chiesa ortodossa croata, la quale è stata notificata e proclamata il giorno 3 aprile dal POGLAVNIK dr. ANTE PA VELié.

In questa disposizione di legge, che garantisce i medesimi diritti alla popolazione ortodossa nei riguardi della Chiesa, la disposizione ufficiale dice così: «Il giorno 3 aprile 1942 il signor Petar LAZié di Zagabria, il sacerdote signor Vaso SURLAN di Zemun e altri firmatari hanno presentato domanda al Ministero della Giustizia e del Culto per il permesso di ricostruzione ed attività delle comunità ecclesiastiche della chiesa ortodossa croata a Zagabria. Per questa ragione il POGLA VNIK dello Stato Croato ha emanato la seguente disposizione di legge:

DISPOSIZIONE DI LEGGE PER LA CHIESA GRECO-ORIENTALE (ORTODOSSA) CROATA 1°) Sul territorio dello S.LC. [Stato Indipendente Croato - n.d.a.] si isti-

tuisce la chiesa ortodossa croata, che è indipendente. 2°) L'organizzazione e l'attività della chiesa ortodossa croata viene regolata dallo statuto emanato dal POGLAVNIK dello S.I.C. 3°) L'esecuzione di questa disposizione di legge, viene affidata al Ministro di Giustizia e di Culto. 4°) Questa disposizione entra in vigore da oggi».

Zagabria, 3 Aprile 1942. IL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA E CULTO dr. Mirko PUK

IL POGLAVNIK S.l.C. dr. Ante P A VELiè'.:


Documenti - Allegati al capitolo I

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• + •

In base a questa disposizione di legge, il Ministro di Giustizia e Culto permette ai chiedenti di ricostruire e mettere in attività tutto il complesso della chiesa croato-ortodossa a Zagabria. Secondo il paragrafo 3 e con riferimento al paragrafo 2 di questa disposizione di legge il Ministro provvedèrà subito a tutto il necessario per mettere in atto questo statuto, dopo di che si provvederà all'organizzazione della chiesa ortodossa croata in tutto il territqrio della Croazia. Nel giorno 8 Aprile 1942 i rappresentanti della chiesa ortodossa fecero visita a1 POGLAVNIK, in relazione al contenuto della St!ddetta disposizione ufficiale. Il giorno 8 Aprile 1942, alle ore 12, il POGLAVNIK ha ricevuto in udienza i rappresentanti dell'associazione ortodossa croata della chiesa ortodossa croata a Zagabria, cioè i signori: sacerdote Vaso SURLAN, funzionario Petar LAZié, funzionario VUKADINOVIé e l'industriale Dusan JAK!é. I rappresentanti dell'associazione ortodossa hanno ringraziato il POGLAVNIK per aver messo in atto la legge sulla riattivazione della chiesa ortodossa croata, sul quale argomento il POGLAVNIK li ha intrattenuti a lungo, sia sui problemi discussi per la costituzione della chiesa ortodossa croata, sia su tutto quello che potrebbe oc~orrere per la necessaria organizzazione della chiesa su tutto il territorio. Il Commissariato per la costituzione dello statuto della chiesa ortodossa croata è già in opera a Zagabria e la costituzione sarà ben presto comunicata e legalizzata e si. procederà alla costituzione delle comunità ecclesiastiche ortodosse in tutto il regno indipendente croato. La comunità ortodossa avrà le sue chiese e il governo croato, in collaborazione con i rappresentanti della chiesa ortodossa, provvederà per il necessario numero di sacerdoti. Il POGLAVNIK ha nominato il parroco di Zagabria signor Vaso SURLAN funzionario per il lavoro presso la chiesa òrtodossa croata, dandogli la sesta classe di funzionario statale, che corrisponde a consigliere di Stato. In relazione alla preparazione deHo statuto della chiesa ortodossa croata, il POGLAVNIK, pochi giorni prima, ha ricevuto in udien,za anche il signor Kost CuRèié,. segretario del Tribunale ecclesiastico ortodosso di Sarajevo, intrattenendolo in lungo colloquio. Per cancelliere del parlamento dello Stato croato è stato preposto sin dall'apertura dello stesso, il deputato nazionale dr. Savo BESAROVIé avvocato di Sarajevo, il quale, assieme al deputato dr. Uros DooER da Ulog rappresenta nel parlamento la popolazione ortodossa dello S.I.C.


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942)

Per principio di uguaglianza lo S.I.C. agirà verso i cittadini di religione ortodossa nel medesimo modo con cui agisce verso i cattolici, islamici e protestanti. Di questo, quanto prima, senza dubbio potrà convincersi ognuno. lJ governo dello S.I.C. e tutte le autorità non costringono gli ortodossi ad abiurare alla propria religione, soltanto desidera che i cittadini di religione ortodossa si stringano intorno alla chiesa croata, che è, su tutto il territorio croato, autonoma ed indipendente. Nessun funzionario dello stato deve. in alcun modo costringere le persone appartenenti alla chiesa ortodossa a cambiare la propria religione. La chiesa ortodossa avrà in tutte le scuole dello stato il regolare insegnamento religioso. Il POGLA VNIK, non costretto da nessun motivo né da ambizioni, ma guidato soltanto dal desiderio di confermare e fissare la parità di diritti dei cittadini, ha emanato l'anzidetta disposizione.

I cittadini ortodossi dello S.I. C . devono persuadersi della nobiltà di intenti del POGLA VNIK e stringersi attorno alla propria chiesa. Nel pieno attaccamento allo Stato ed al POGLA VNIK, rigorosamente attenendosi alle leggi dello stato e lavorando nel proprio ambiente per rinforzare la coscienza dello stato e dei sentimenti doverosi verso il popolo croato e lo Stato, gli appartenenti alla chiesa ortodossa croata assicureranno pienamente tutti i necessari requisiti per una vita tranquilla ed ordinata, per lo sviluppo dello S. I.C. e per il completo progresso dell'eguaglianza totale. Dopo la suddetta nobile azione del POGLAVNIK è dovere di ogni cittadino ortodosso di far proprie e diffondere le idee di devozione e sincerità verso lo Stato. Senza di questo, al governo dello Stato croato, nei rapporti verso i propri cittadini di religione ortodossa, sarà impossibile portare fino agli estremi confini il principio della completa eguaglianza. Questo deve aver presente ogni cittadino di religione ortodossa. Sarajevo, 1 ° maggio 1942-XX.


Documenti -Allegati al capitolo I

165 DOCUMENTO

N. 11

STATO MAGGIORE R. ESERCITO UFFICIO OPERAZIONI I - SEZ. 3•

Segreto N. 2113 di prot.

P.M . .9 - Il, 4 febbraio 1942-XX

AL COMANDO SUPREMO POSTA MILITARE 21

OGGETTO:

Rapporti con i croati e rapporti con i cetnici.

La situazione politica della Croazia ha formato oggetto di particolari relazioni e di promemoria ed è pertanto, nota in tutti i suoi aspetti. Ritengo, tuttavia, opportuno riprendere sinteticamente in esame la questione, in quanto essa, a mio avviso, richiede un pronto ed energico intervento da parte delle nostre autorità competenti, specie allo scopo di normalizzare i rapporti con i croati e quelli con i cetnici.

RAPPORTI CON I CROATI

È fuor di dubbio che le autorità croate ci sono più o meno ostili. È indubbio che una grossa porzione della popolazione, prima a noi favorevole o neutra, è diventata a noi ostile in seguito alla presunzione che la 2a Armata non abbia il compito militare di occupazione (a tutela delle coste adriatiche e del loro retroterra), bensì il compito politico di dar man forte al governo croato ed ai suoi esponenti più tumultuosi ed invisi, gli ustasci.

Ne deriva quindi una situazione paradossale: le popolazioni ci diventano ostili (il che favorisce direttamente o indirettamente la ribellione), perché ci credono la guardia straniera di autorità, che ci sono pur esse ostili e che ci ostacolano in ogni nostra attività. Ritengo, pertanto, sia opportuno e urgente chiarire le cose, parlando chiaro al governo di Zagabria e richiamandolo alla realtà, la quale si concreta nella assoluta convenienza da parte sua di collaborare lealmente con noi e di evitare il sistema della resistenza passiva e dell'azione subdola ai


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942)

nostri danni, nonchÊ di trascurare decisamente tutti i piccoli attriti che sono inevitabili in qualsiasi convivenza. A parte questo, dato lo scopo ultimo e tenuto conto che in Balcania è opportuno risparmiare truppe e mezzi a profitto di altri teatri d'operazione e della attività da condurre sul posto stesso contro i ribelli, esprimo il parere che sia bene, in linea militare, astenersi da tutto quanto possa radicare nella mente delle popolazioni l'idea che la nostra occupazione abbia lo scopo sostanziale di sostenere un governo inviso a molti: a tal riguardo non sembra opportuna la nostra collaborazione alle operazioni del Petrova Gora, come riferisco a parte.

RAPPORTI CON I CETNICI

Risulterebbe che una grossa aliquota di ribelli (cetnici), esistente specie nella Bosnia e nella parte meridionale del territorio del!' Armata, non ha fatto ancora causa comune con i comunisti, che - anzi - la massa sarebbe contraria a questi ultimi, che una parte di detta massa sarebbe addirittura disposta a combatterli. I cetnici, tuttavia, sono contrari al governo di Zagabria e, pertanto, non si adatterebbero a far causa comune con Italiani e Tedeschi che fossero strettamente affiancati a detto governo: in definitiva, per quanto a malincuore, i cetnici finirebbero col far causa comune con i comunisti, pur di andar contro i Croati.

In contatti avuti con nostri comandi, alcuni esponenti cetnici hanno rappresentato dei desiderata, che culminano in una Bosnia indipendente occupata da forze italiane, ma che sembrano potersi ridurre all'affidamento di considerare la situazione attuale come non definitiva, di assicurare determinati diritti etnici e religiosi e, forse, una certa autonomia. Tenuto presente il problema ultimo ed il corollario della convenienza di ridurre al minimo gli avversari, nella eventualità che si giunga in tempo per tenere separati i cetnici dai comunisti, ritengo sia opportuno tentare di raggiungere un accordo con i cetnici stessi, attraverso trattative regolate e condotte dal centro in senso unitario, previ accordi con la Germania per una condotta uniforme da parte sua e affiancandola ad una nostra azione parallela presso il governo croato, per indurlo ad entrare nel medesimo ordine di idee o, quanto meno, a non considerare come atto ostile o come subdola manovra ciò che venisse in tal senso intrapreso da parte italo-tedesca.


Documenti- Allegati al capitolo I

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È da tenere presente che contatti sarebbero già stati intrapresi fra .il

comando tedesco e capi cetnici, per indurli a collaborare con le formazioni del generale Nedié, e che contatti cetnico-croati sono già avvenuti in passato sia pure con funzione antitaliana. Si tratterebbe, tramite nostro, di riprenderli, facendoli convergere ad un fine anticomunista. IL CAPO DI STATO MAGGIORE

j.to AMBROSIO


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942) DOCUMENTO

N. 12

COPIA QUARTIER GENERALE DEL FOHRER 4 febbraio 1942 ECCELLENZA(*),

ho rilevato da un rapporto sottopostomi dal Generale von Rintelen che anche il Comando Supremo considera non soddisfacente la situazione in Croazia. Desidero approfittare di questa occasione per accentuare, anche da parte mia, la necessità di misure unitarie e totalitarie, al fine di spezzare definitivamente.il movimento insurrezional,e. La Germania, in considerazione dello sforzo attualmente richiesto alle sue forze sul fronte orientale, può destinare ai Balcani soltanto mezzi limitati di lotta e deve annetter gran valore al fatto che nei territori importanti per la sua economia bellica regni la quiete e le vie del traffico rimangano sicure. Tale intento può essere raggiunto solo se ormai, nella intera Croazia, si procederà ad una azione di risanamento (di ripulimento) offensiva secondo punti di vista unitari, le esperienze avendo finora dimostrato che, sia per l'ampiezza del territorio che per le difficoltà del terreno, le azioni parziali non possono dare risultati soddisfacenti. I mezzi militari per l'esecuzione d'un simile risanamento, qualora io consideri nel loro insieme le forze italiane, croate e tedesche, sono a disposizione e garantisc~mo il buon successo, sempreché si proceda da un punto di vista unico, sia sotto l'aspetto militare che di polizia. Propongo a tale oggetto che alle autorità militari interessate (italiane, croate e germaniche) venga impartito l'ordine d'elaborare nel corso d'uno scambio di idee personali una base comune per la loro azione futura. In tale scambio di idee devono essere stabilite, da un lato le condizioni preliminari per l'esecuzione di un'azione di risanamento in grande stile e sincrona al fine di sradicare il movimento insurrezionale ed inoltre, e particolarmente, le misure da adottare alla linea di demarcazione, studiate in <.

--• (È diretta al Capo di Stato Maggiore Generale, Ugo CAVALLERO)


Documenti· Allegati al capitolo I

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ogni particolare. D'altro lato anche le misure di polizia da collegare con l'azione militare di risanamento devono essere portate su base unitaria. Annetto perciò particolare importanza all'esecuzione rigorosa ed uniformemente condotta delle misure di polizia da collegare con l'azione militare di risanamento, visto che le esperienze del passato dimostrano come i ribelli si sottraggono all'azione militare e che, dopo il rastrellamento d'una zona, per mezzo delle truppe, le ribellioni si riaccendono immediatamente. Oltre a queste misure puramente militari e di polizia ritengo pure che anche i metodi politico-militari finora applicati in Croazia debbono esser riesaminati. Io sono d'avviso che le premesse di giungere ad un accordo amiclÌevole con i ribelli non esistano più. Il persistere dell'attuale precario stato di cose impedisce il consolidamento dello stato croato e lo sospingerà inevitabilmente, alla lunga, al suo dissolvimento. Qualsiasi tolleranza passiva delle mene degli ortodossi, cetnici, comunisti, ecc. rafforza, per la scarsità di mezzi del Governo croato, tali forze e può condurre improvvisamente ad una pericolosa situazione nell'intera Balcania. Tutto il possibile dev'essere perciò messo in atto, anche dal punto di vista politico-militare, per rafforzare (la schiena) allo Stato croato; è necessario appoggiare energicamente le sue misure contro i ribelli ed aiutarlo nella costruzione dei suoi mezzi di Governo. Sarei grato se Vostra Eccellenza volesse esaminare tali miei concetti e comunicarmi al più presto la sua presa di posizione. Sarei pure grato d'esser messo al corrente quanto alla situazione nella Dalmazia e nel Montenegro a cagione delle sue ripercussioni sulla situazione nel nostro territorio. Con la preghiera d'accogliere l'espressione della mia particolare considerazione, rimango, con cameratesco saluto di Vostra Eccellenza devotissimo K. [Keitel - n.d.a.]


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942) DOCUMENTO

N. 13

STATO MAGGIORE R. ESERCITO UFFICIO OPERAZIONI I - SEZ. 3•

Segreto N. 2599 di prot.

P.M. 9 - Il, 13 febbraio 1942-XX

Riferimento ai fogli 1511 del 30 ger.naio e.a. Il 1367 del 2 febbraio e.a. Il 1652 del 9 febbraio e.a.

AL COMANDO DELLA 2a ARMATA P.M.10 e per conoscenza: AL COMANDO SUPREMO

P.M.21 OGGETTO:

Linea di condotta.

Linea di condotta da seguire: I. RAPPORTI CON I CROATI

Debbono essere improntati alla massima lealtà, ricordando che la Croazia è Stato amico ed alleato. Nello stesso tempo contegno fermo: nessuna incertezza, nessuna debolezza, mano forte, occorrendo. II. RAPPORTI CON I CETNICI

Come è stato messo in rilievo anche da codesto comando, la situazione dei cetnici è fluida, i loro orientamenti sono incerti e l'affidamento dei vari fiduciari non è sufficientemente chiaro. Tutto ciò, in concomitanza con i lineamenti generali della nostra politica verso i croati, impone di evitare qualsiasi trattativa con i cetnici. Eventuali contatti con elementi cetnici che potessero essere consigliati da situazioni contingenti e di convenienza locale non dovranno costituire impegni di sorta da parte nostra e specie nel campo politico: solo potrà farsi sapere ai cetnici che, a fine guerra, sarà debitamente considerato il contegno tenuto nei nostri riguardi.


Documenti - Allegati al capitolo I

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III. COMUNISTI

Lotta ad oltranza. IV. RAPPORTI CON IL NUOVO COMMISSARIO GENERALE AMMINISTRATIVO CROATO PRESSO IL COMANDO DELLA 2 • ARMATA

Atteggiamento prudente fino a che non si sarà chiaramente delineata la sua condotta politica nei nostri confronti.

.

.

IL CAPO DI STATO MAGGIORE AMBROSIO


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Dalmazia - Una cronaca per fa storia (1942)

DOCUMENTO N. 14 VERBALE RELATIVO ALLA RIUNIONE TENUTA AD ABBAZIA IL 3 MARZO 1942 - XX PER DEFINIRE LA COOPERAZIONE TRA FORZE ITALIANE TEDESCHE E CROATE AL FINE DI EPURARE RADICALMENTE LA CROAZIA DAI RIBELLI

Intervengono alla riunione: L'Ecc. il Gen. Des. d'Arm. AMBROSIO - Capo di S.M.E., in rappresentanza del Comando Supremo Italiano; L'Ecc. il Gen. Des. d' Arm. ROATTA - Comandante della Italiana;

za Armata

Il Gen. di Brig. OXILIA - Capo della Missione Militare Italiana in Croazia; Il Gen. C .A. KUNTZE - Comandante delle Forze del Sud-Est, in rappresentanza dell 'O .K . W.; Il Gen. di C.A. BADER - Comandante delle Truppe germaniche in Serbia; Il Gen. di C.A. ff. von RINTELEN - Generale germanico presso il Comando Supremo Italiano; Il Gen. di Brig. GLAISE von HORSTENAU - Generale germanico a Zagabria; Il Ten. Gen. LAXA - Capo di S.M. dell'Esercito croato, in rappresen. tanza del Ma resciallo KVATERNIK; tutti accompagnati da ufficiali dei rispettivi Stati Maggiori.

1° SCOPO DELLE OPERAZIONI Epurazione radicale deJla Croazia dai ribelli. 2° SITUAZIONE DEI RIBELLI a) In Serbia non esistono forti nuclei. Sono da individuare: - un gruppo nella zona di Valjevo; - un gruppo nella zona di Nisc [recte: Ni~}.


Documenti- Allegati al capitolo I

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b) In Croazia a nord-est della linea di demarcazione, oltre a nuclei minori esistono due forti centri di ribellione: - uno tra Bosna e Orina e precisamente sull'Ozren PI. e ad est e nord-est di Sarajevo; - l'altro nella zona fra Banja Luka e Petrova Gora. c) A questi bisogna aggiungere i nuclei ribelli esistenti li sud-ovest della linea di demarcazione. 3° FORZE CHE POSSONO PARTECIPARE ALLE OPERAZIONI Sono state così precisate: italiane: tre divisioni, di cui due dall'Erzegovina, una dal Montenegro; con una notevole aliquota di aviazione; tedesche: una divisione; croate: otto-dieci battaglioni. Il generale Laxa fa riserva di precisare la possibilità di mettere a disposizione dell'aviazione italiana il campo di Zagabria. 4° UNITÀ DI COMANDO È stata riconosciuta la necessità di affidare ad un comandante unico l'azione coordinatrice delle operazioni da svolgersi in Croazia e questo viene assegnato nella persona del Comandante della 2a Armata, Ecc.ROATTA.

Egli assumerà l'effettiva direzione delle operazioni dal momento in cui le truppe saranno sulla base di partenza (per le truppe germaniche e croate: P .so a sud di Tarcia [forse: Tarcin] - P .so di Trnovo - Praca Rogatica - Sokolac - Han Pijesak - Vlasenica - Orina a sud di Zvornik; per le truppe italiane: sul fronte meridionale la linea Kalinovik - alture di riva destra Orina - Visegrad, e per la fronte sud-ovest la linea di demarcazione). 5° CONCETTO GENERALE OPERATIVO È stato concordato che il problema della ribellione in Croazia debba esser risolto con visione unitaria, agendo con azione concentrica e secondo una valutazione di relativa importanza delle varie zone di ribellione.

La zona più importante è stata valutata quella della Bosnia orientale, nella quale zona vanno concentrate inzialmente le forze disponibili: in prosieguo di tempo le operazioni verranno rivolte verso nord-ovest.


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942)

Il piano operativo verrà concretato dal comandante della 2a Armata il quale concorderà le modalità esecutive per le operazioni in Bosnia col generale Bader, che le dirigerà alle dirette dipendenze del comandante della 2• Armata, esercitando il comando effettivo sulle forze terrestri tedesche, italiane e croate destinate ad operare. 6° CARATTERE DELL'AZIONE L'azione dovrà essere condotta il più rapidamente possibile con la massima energia. 7° INIZIO DELLE OPERAZIONI Sarebbe desiderabile iniziare le operazioni al più presto. Peraltro, in relazione all'opportunità che esse possano svilupparsi in condizioni metereologiche favorevoli e per consentire la riunione e la più opportuna dislocazione delle truppe operanti, viene fissata come orientamento la data del 15 aprile. 8° OCCUPAZIONE DELLE ZONE E SERVIZIO DI POLIZIA Nelle zone sorpassate dalle operazioni rimarranno truppe di occupazione per assicurare la tranquillità ed il servizio di polizia. Questo sarà disimpegnato dalle stesse truppe di occupazione e dai rispettivi organi di polizia, nonché da gendarmeria croata; il generale LAXA è stato interessato a tal proposito per il potenziamento della gendarmeria stessa. Viene convenuto sulla opportunità che i poteri civili nelle zone occupate vengano inizialmente assunti dalle autorità mmtari. A situazione normalizzata nelle varie zone ed a giudizio del comandante della 1a Armata [recte: 2a Armata], potranno essere insediate nelle amministrazioni le autorità civili croate. 9° LINEA DI DEMARCAZIONE In relazione ai prevedibili sviluppi operativi ed ai successivi compiti di pacificazione da affidare alle truppe italiane e tedesche l'attuale linea di demarcazione non potrà essere più considerata durante le operazioni e la successiva pacificazione. 10° CONTATTO CON I CETNICI E CON I COMUNISTI Viene stabilito che nessuna intesa deve comunque intercorrere con formazioni di ribelli tanto cetnici quanto comunisti.


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11 ° TRATTAMENTO DEI RIBELLI - PROVVEDIMENTI PER LA POPOLAZIONE Viene stabilito che debban0 esser passati per le armi i ribelli catturati armati o coloro che comunque partecipino per i ribelli o li aiutino. Centri abitati ove vengono rinvenute armi e munizioni o che comunque si siano dimostrati favorevoli ai ribelli saranno incendiati. Durante e dopo le operazioni le popolazioni dovranno trovare nelle ·truppe occupanti comprensione e giustizia; similmente il governo croato dovrà intervenire con misure di giustizia sananti precedenti situazioni e con immediati provvedimenti legislativi rispondenti alle necessità della vita delle popolazioni. 12° COLLEGAMENTI PER LE OPERAZIONI Si è concordi sulla opportunità che gli uffici informazioni delle tre forze armate si scambino tutte ie notizie relative alla situazione dei ribelli.

***. L'accordo entra in vigore dopo le sanzioni dei Comandi Supremi tedesco ed italiano e del Maresciallo KVATERNIK.

*** Il presente verbale è redatto in tre lingue: italiana, tedesca e croata. Abbazia, li 3 Marzo 1942 - XX - ore 19,30. F. ti: Gen. AMBROSIO Gen. KUNTZE

Gen. LAXA


Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942)

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DOCUMENTO

N. 15

STATO MAGGIORE R. ESERCITO UFFICIO OPERAZIONI I - SEZ. 3'

P.M. 9, 5 marzo 1942-XX

N. 3741 di prot.

AL COMANDO SUPREMO P.M. 21

OGGETTO:

I.

Impressioni e considerazioni sulla riunione di Abbazia con i delegati tedeschi e croati.

Gli accordi diretti a definire la cooperazione tra le forze armate italotedesche-croate, al fine di epurare radicalmente la Croazia dai ribelli, si sono sviluppati attraverso due fasi: I) riunione preliminare, tenuta il 2 c.m., alla quale sono intervenuti i soli delegati italiani e tedeschi; 2) riunione plenaria, tenuta il 3 c.m., alla quale sono intervenuti anche i rappresentanti croati.

Il. Gli accordi definitivi risultano da apposito verbale, redatto nelle tre lingue - italiana, tedesca e croata - in tre esemplari completi, firmati da me e dai generali Kuntze e Laxa la sera del giorno 3 alle ore 19,30. Un esemplare di detto verbale è stato consegnato al generale Kuntze ed uno al generale Laxa. Trasmetto a codesto Comando Supremo l'esemplare della parte italiana, unitamente a copia dei verbali particolareggiati delle riunioni preliminari e plenaria. III. In merito agli accennati accordi, ed a chiarimento dei punti essenziali risultanti dal citato verbale, mi preme mettere in evidenza quanto appresso: a) Risulta essere confermata a Zagabria una riunione preliminare tedesco-croata, nella quale, evidentemente, sono stati presi in esame i vari problemi e la linea di condotta da tenere dalle due delegazioni nei nostri confronti. Tale linea di condotta deve essere stata definita nel senso di lasciare la direzione della discussione alla parte tedesca anche per


Documenti - Allegati al capitolo I

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la salvaguardia degli interessi croati: opposizioni e difficoltà all'accettazione del verbale preparato da noi sono, infatti, venute essenzialmente dai tedeschi, mentre da parte croata, sia ufficialmente sia in discorsi ufficiosi, sono stati messi in evidenza i grandi interessi tedeschi (minerari ed industriali) in Croazia. b) Dall'esame dei problemi interessanti gli accordi e dalle eccezioni sollevate dai tedeschi in sede di verbale, è apparsa la precisa intenzione germanica di escludere ogni nostra ingerenza e penetrazione nella Bosnia orientale. Ne sono prova evidente: - la richiesta iniziale del gen. Kuntze che noi agissimo nella regione Banja Luka - Kozara PI. - Petrova Gora, indicata come la zona più importante della ribellione, mentre veniva contemporaneamente tentato di minimizzare l'entità del movimento ribelle nella Bosnia orientale; - le complessive forze disponibili non consentono di attuare operazioni contemporanee, ed è quindi necessario procedere inizialmente al concentramento nella zona più importante; - i tedeschi hanno dovuto ammettere che durante le operazioni e la successiva opera di pacificazione la linea di demarcazione non può più essere considerata. c) Nel corso della discussione è apparso, peraltro, evidente il loro intendimento che, appena le operazioni siano ultimate, la situazione di partenza debba essere ripristinata, mentre hanno tentato di escludere dagli accordi la continuazione delle operazioni nella regione a nord-ovest della Bosnia orientale, forse per la preoccupazione che l'allontanamento delle loro forze da quest'ultima zona consentirebbe a nostre truppe una più lunga permanenza nella zona stessa. d) Su insistente richiesta tedesca ho fissato quale base di partenza per le nostre truppe, per l'inizio deHe operazioni, la linea: di demarcazione, per la fronte sud-ovest; Kalinovik - alture di riva destra Orina - Visegrad, per la fronte meridionale; per modo che le nostre unità possono, fin dall'inizio, avere la possibilità di penetrare nella Bosnia orientale.


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Conseguentemente i tedeschi hanno determinata una loro base di partenza, in parte coincidente con la linea di demarcazione, e in parte ad assai breve distanza da questa, così da lasciare alle spalle la quasi totalità della Bosnia orientale e della ribellione. Tale assurdo costituisce un'altra evidente prova del loro intendimento di non consentire (o di consentirlo solo per una zona poco profonda) la nostra penetrazione nella Bosnia orientale. La facoltà concessa al Comandante della 2 a Armata di concretare il piano operativo e la forza delle cose renderanno peraltro vano questo tentativo di escludere un nostro ingresso nella regione che ci interessa. e) Ritengo poi di aver garantita per un tempo il più lungo possibile la permanenza delle nostre truppe nelle zone al di là della li.nea di demarcazione con la costituzione di presìdi -di occupazioI1e nelle zone sorpassate dalle operazioni e con l'aver rimesso, a pacificazione avvenuta e, comunque, al giudizio del Comandante della 2 3 Armata, l'insediamento delle autorità civili croate nelle amministrazioni civili, le cui funzioni sono inizialmente attribuite alle autorità militari. Tali condizioni ritengo possano costituire favorevoli basi di partenza per il lavoro che il Ministero degli Esteri potrà svolgere al fine di trasformare in permanente l'occupazione delle zone nelle quali le nostre truppe saranno penetrate. IV. In conclusione: tedeschi e croati, in pieno accordo - ma specialmente i tedeschi - non ci desiderano in Bosnia orientale, tanto che hanno tentato di escluderci perfino dalle operazioni in detta regione. Non essendovi riusciti, hanno dimostrato l'intendimento di farci rientrare nei territori definiti dalla linea di demarcazione il più presto possibile; la delegazione militare italiana è riuscita ad ottenere che le nostre truppe possano penetrare nella Bosnia orientale e vi permangano fino a pacificazione avvenuta: cioè a tempo indeterminato. Sta ora alla diplomazia ottenere che il famoso 'spazio vitale' di,venti, per la regione in discorso, un'effettiva realtà; ritengo, infine, che l'accordo concfuso, specie per talune questioni,


Documenti-Allegati al capitolo I

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troverà seri ostacoli da parte del maresciallo Kvaternik il quale, in questa occasione, svelerà tutto il suo vero animo, profondamente orientato verso i tedeschi ed a noi ostile. V. I contatti col generale Kuntze e col suo Stato Maggiore mi hanno consentito di trattare, infine, della questione di Mitrovica. I tedeschi hanno escluso che i bulgari occupino tale località; Podujevo, invece, zona ora tranquilla e che rientra nella sfera di competenza dei bulgari, potrà da questi essere occupata se necessario. Poiché la delegazione tedesca ha fatto presente di non avere alcuna t acoltà per poterne attribuire a noi l'occupazione, anziché ai bulgari, la questione dovrà essere trattata direttamente con l'O.K.W. IL CAPO DI STATO MAGGIORE

F.to AMBROSIO


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942) DOCUMENTO

N. 16

COMANDO DELLA 2• ARMATA Da consegnarsi a mano

P'.M. 10, 6 marzo 1942-A. XX

ALLO STATO MAGGIORE R. ESERCITO Ufficio Operazioni I P. MILITARE 9 e per conoscenza: AL MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI Ufficio Croazia ROMA

OGGETTO:

Cetnici.

Premetto che non intendo affatto discutere le direttive circa i rapporti coi «cetnici», e la decisione di Abbazia di considerare i «cetnici» alla medesima stregua dei comunisti. Intendo solo di prospettare, il più chiaramente possibile, la situazione dei «cetnici» della Bosnia-Erzegovina, e quella che può verificarsi durante le operazioni suddette: A) PRIMA DI TUTTO CHE COSA SONO I «CETNICI»?

- I «cetnici» sono gli appartenenti od aderenti ad una associazione nazionalista al 100%, che esisteva nella vecchia Serbia, e successivamente in Jugoslavia. Costoro, serbi di razza ed ortodossi di religione, sono per definizione favorevoli alla Serbia attuale ed ostili alla Croazia. - Una parte dei «cetnici» è militante, ossia è, come si dice nel pittoresco gergo balcanico, «fuggita nel bosco», riunendosi in bande più o meno armate. Ed una parte, la più tiepida, è «in riserva» nelle proprie case, in attesa di eventi. B) ATTEGGIAMENTO DEI «CETNICI» IN CROAZIA, IN GENERE.

In buona parte della Croazia i «cetnici» si sono più o meno stret-


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tamente affiancati ai pionieri del movimento contro l'assetto politico in atto, ossia ai comunisti. - Non sono però mancati, almeno sino a poco fa, i casi di «cetnici» affiancati ai comunisti nella lotta anticroata, ma neutrali di fronte agli italiani ed ai tedeschi. -

Diversa è la situazione in Bosnia orientale ed in Erzegovina.

C) ATTEGGIAMENTO DEI «CETNICI» IN BOSNIA ORIENTALE.

, · Nella Bosnia orientale (dove non risultano grossi nuclei comunisti) esistono due gruppi di «cetnici». L'uno preponderante al nord, sembra indipendente. L'altro, preponderante al sud (verso la valle della Drina), è agli ordini del Dangié, il quale è in qualche modo alle dipendenze di Mihajlovié. Ambedue questi gruppi lottano contro i croati, ma evitano normalmente di impegnarsi contro i tedeschi. - Il Dangié ed il Mihajlovié sono ambedue in relazione col governo serbo di Nedié. Ciò è comprovato, fra l'altro, da uno scontro avvenuto il 3 corrente in Bosnia, in cui (dice up. radiogramma del comandante la colonna croata), «per la prima volta hanno partecipato al combattimento cetnici di Nedié», e furono catturati documenti che dimostrano che essi erano attesi dal Dangié. - I tedeschi affermano che il Dangié è stato per un certo tempo in trattative con loro, a Belgrado, ma che poi le trattative sono state - da parte tedesca - troncate. Questa è, secondo me, la verità, ma non tutta la verità. Ossia i tedeschi hanno troncato bensi le trattative con Dangié, ma vi hanno sostituito le relazioni Dangié-Mihajlovié-Nedié. La tranquillità quasi totale della situazione in Serbia, che notificano i tedeschi, è conseguenza di dette relazioni. - Senonché mentre il governo Nedié mantiene la tranquillità in Serbia, manovra in funzione anti-croata i «cetnici» di Dangié, nella speranza che torbidi in Bosnia inducano a porre detta regione in qualche modo sotto l'egida serba. -

È probabile in conseguenza di questa manovra che i tedeschi, mol-


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942)

to sensibili alle faccende bosniache, si accingano ora a buttare a mare il Dangié («i cetnici verranno trattati alla stessa stregua dei comunisti»). Senonché tale linea di condotta rischia di rimettere in subbuglio la Serbia (cosa che «si vedranno loro»). D) ATTEGGIAMENTO DEI «CETNICI» IN ERZEGOVINA

In Erzegovina i «cetnici», rappresentati al mondo dal noto ex deputato Jevdjevié, sono anch'essi più o meno legati al Dangié, e - pertanto sebbene da più distante, al Mihajlovié ed al Nedié. - Sono anch'essi anti-croati, al punto - come ho già scritto - dall'essere magari inclini ad affiancarsi in futuro ai comunisti, piuttosto che sottostare ai croati.

Ma, essendo come sentimento intimo anticomunisti, ed essendo dai comunisti (montenegrini) molto più da vicino pressati che i loro colleghi della Bosnia, essendo grati alle truppe italiane per l'opera imparziale di pacificazione svolta a casa loro, e nutrendo in cuor loro la speranza che l'Italia non miri ad una Bosnia croata, non solo non ostacolano le forze italiane, ma sono loro favorevoli e - per amor loro - osservano .un modus vivendi colle locali forze croate. - I rapporti coi «cetnici» in parola si sono sintetizzati dapprima nella formula: «Poiché dite di essere favorevoli, per favore state tranquilli sia verso di noi, sia verso i croati». Il che è avvenuto. Successivamente, delineatasi la minaccia comunista, la formula si è perfezionata: «Dimostrateci praticamente la vostra lealtà nei nostri riguardi, combattendo i comunisti». Ed i «cetnici» hanno accettato la formula, ed hanno cominciato ad applicarla. - Ne fanno testimonianza l'eccidio, da parte di una banda comunista del maggiore Todorovié e dei suoi ufficiali, diversi scontri già avvenuti in regione Nevesinje fra «cetnici» e comunisti, e l'affluenza in corso in detta zona di altri «cetnici» in vista di intensificare l'azione contro i comunisti. Questi ultimi - e questa è la migliore controprova - hanno capito perfettamente l'orientamento «cetnico», ed il pericolo che per loro ne deriva; ed hanno perciò preso l'offensiva, sopprimendo il Todorovié, ed attaccando alcune bande «cetniche».


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Ed hanno, a quanto sembra, spostato dal Montenegro in Erzegovina una «brigata proletaria» e 5 «battaglioni d'assalto». - In messaggi diretti agli ufficiali del VI C.A. con lui in relazione, il Jevdjevié in data 27 febbraio dice: molti «cetnici» dell'Erzegovina erano titubanti se scendere o meno in campo contro i comunisti. Ma «è stato versato del sangue (Todorovié) e pertanto nessuno potrà trattenere questo popolo dal desiderio di vendetta»; è lieto «di avere un'occasione in cui concretamente dimostrare la piena libertà dei cetnici verso la 2a Armata»; è stata scelta come centro dell'azione la zona di Nevesinje, perché essa si presta a portare parallelamente la offensiva dei «cetnici» sulla Bosnia orientale e sul Montenegro: «Le mete della lotta non sono solo riferite al circondario di Nevesinje: essa è il principio di una più vasta azione tendente ad estendersi e ad abbracciare tutta l'Erzegovina, l:a Bosnia orientale, il Sangiaccato ed il Montenegro. Ripulendo tali regioni dai comunisti, noi intendiamo assicurare vita tranquilla al nostro popolo, e favorire i vostri scopi di pacificazione intrapresi in tali regioni. I nostri delegati sono in movimento in tutti questi territori. Il primo insuccesso «Todorovié» non ci ha demoralizzato. Desideriamo solo avere in questa nostra azione la vostra piena fiducia». «Ci siamo già intesi con i delegati che sono stati inviati dalla Ecc. il Governatore del Montenegro circa l'azione in comune, il cui centro sarebbe Nevesinje, dove, entro il mese di marzo, affluiranno le truppe cetniche della Bosnia». In sostanza i «cetnici» della Bosnia orientale e dell'Erzegovina, per i quali non contano (come - del resto - per i comunisti) le linee di demarcazione ed i confini di Stato, si preparerebbero ad un'azione in grande contro i comunisti della Bosnia, Erzegovina, Montenegro, ecc., azione per definizione favorevole alle truppe italiane e germaniche. Frattanto queste ultime si preparano ad operare in grande non solo contro i comunisti ma anche contro i «cetnici» di cui sopra.


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Dalmazia - Una cronaca per la storìa (1942)

CONSIDERAZIONI

I) Allo stato attuale delle cose, e finché non siano concentrate in Erzegovina le truppe destinate ad operare in Bosnia, non possiamo cominciare a sparare sui «cetnici». A prescindere dalla ineleganza di un simile repentino gesto, esso produrrebbe la fusione immediata cetnico-comunista, e metterebbe diversi nostri presìdi, che se la cavano già a stento ora, in situazione precaria. -

Quindi, per il momento almeno, «menare il can per l'aia».

II) Una vasta azione «cetnica» contro i comunisti sarebbe militarmente a noi conveniente.

Ma politicamente la cosa può essere diversa: accadrebbe infatti che, ad azione ultimata, i cetnici si rivolgerebbero ad italiani e tedeschi, dicendo: «Ed ora pagate». E se non si pagasse, nella moneta desiderata, questa gente armata e agguerrita, e forte dei successi ottenuti, potrebbe rivolgersi contro gli ex alleati. III) Tuttavia, visto che per una volta tanto troviamo della gente che - sia pure per fini propri - anziché fare fuoco su di noi, fà fuoco sui nostri nemici, non esiste proprio altra soluzione che sospingere questi alleati occasionali nelle file avversarie?

-

Personalmente penso che esista un'altra soluzione:

- sostenere i «cetnici» tanto da farli combattere contro i comunisti, ma non tanto da dare grande ampiezza alla loro azione; - pretendere ed ottenere che non lottino per conto proprio (<<si sgozzino fra di loro»); - tutt'al più permettere che le loro bande ç>perino parallelamente alle forze italiane e germaniche, come lo fanno le bande nazionaliste in Montenegro. - Del «guiderdone» si parlerebbe in seguito. E se non se ne parlasse mai, e le bande in questione si rivoltassero, sarebbero sempre assai meno temibili che i «cetnici» e comunisti insieme. IL GENERALE DI CORPO D'ARMATA COMANDANTE Mario ROAITA


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Documenti- Allegati al capitolo I DOCUMENTO

N. 17

R. MISSIONE MILITARE ITALIANA IN CROAZIA Zagabria, li 8 marzo 1942-XX

N. 1155 protocollo S.M. - Segreto

AL COMANDO SUPREMO (3 copie) POSTA MILITARE 21

e, per conoscenza: ALCOMAND02 3 ARMATA POSTA MILITARE 10

AL R. MINISTRO D'ITALIA ZAGABRIA

OGGETTO:

Impressioni de] Maresciallo Kvaternik in merito al verbale redatto ad Abbazia..

Seguito telescritto n. 1178 dell'8 marzo 1942.

Mi sono recato ieri dal Maresciallo Kvaternik per conoscere - pur senza palesare particolare interesse - le sue impressioni in merito al verbale redatto ad Abbazia fra le autorità militari italo-germaniche-croate, il quale verbale, prevedendo una operazione di polizia generale nel triangolo Drina-Sava-Adriatico, dovrebbe corrispondere alle idee palesatemi dal Poglavnik prima della partenza del Maresciallo Kvaternik per Roma. Egli mi ha senz'altro dichiarato che in particolare due punti non sono di sua piena soddisfazione: 1) Amministrazione civile (n. VIII del verbale) Secondo il testo del verbale «a situazione normalizzata nelle varie zone ed a giudizio del comandante della 2 a Armata potranno essere insediate nelle amministrazioni le autorità civili croate», il Maresciallo Kvaternik osserva che in alcune località ora in possesso dei ribelli non esiste amministrazione civile croata, ma in molte altre tale amministrazione è già in atto e funziona. Ora egli desidererebbe che fosse fatta una chiara distinzione tra le dette località, e che per quelle ove l'amministrazione civile croata già funziona, essa continuasse a funzionare anche durante l'occupazione e quando


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942)

sorpassate dalle truppe, sia pure alla dipendenza delle autorità militari alleate. In tal modo, egli ha aggiunto, si eviterebbero passaggi bruschi di poteri avvantaggiando sensibilmente il regolare funzionamento delle varie branche amministrative. 2) Facoltà da parte del governo croato di far sospendere le operazioni

quando queste dovessero svilupparsi in territori già pacificati. Il Maresciallo vuole riservarsi la facoltà di intraprendere azioni di carattere locale con le truppe croate prima del 15 aprile. Per tal modo e per avvenimenti vari potrebbe succedere che prima che le truppe alleàte debbano raggiungere le regioni più occidentali, tali regioni fossero già state pacificate. In questo caso, ad un determinato sviluppo raggiunto dalle operazioni, il Governo croato si vuole riservare la facoltà di far sospendere le operazioni alleate perché divenute superflue. Ho solo accennato che a partire dal 15 aprile le operazioni secondo i comuni accordi dovevano svolgersi con criterio unitario e non vedevo possibili azioni svolte dai soli croati di loro iniziativa ed indipendentemente dalle operazioni concretate, perché ciò avrebbe portato al frazionamento degli sforzi, salvo preventivi e chiari accordi col Comando 2a Armata, al quale è devoluta l'azione coordinatrice delle operazioni da svolgersi in Croazia. Il Maresciallo ha concluso dicendoi;ni che, una volta accordatosi col Poglavnik, mi avrebbe fatto avere per iscritto le sue osservazioni per la segnalazione al Comando Supremo Italiano.

••• Successivamente però, nel corso della conversazione, e premettendo che le sue osservazioni avevano carattere amichevole tra lui e me, e [manca un 'non' - n.d.a.J volevano suonare critica agli accordi di Abbazia, egli cominciò a sollevare dubbi, osservazioni, eccezioni che meglio mi palesarono i suoi sentimenti. Riassumo le osservazioni essenziali: a) la data fissata nel verbale è troppo tardiva mentre le operazioni, in relazione alle condizioni climatiche, avrebbero anche potuto iniziarsi fra un paio di settimane. «In quaranta giorni - ha aggiunto - i ribelli avranno tempo di organizzarsi, rafforzarsi e ricevere forse nuove armi. Un attacco così


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ritardato incontrerà maggiori difficoltà e richiederà maggiori perdite», ciò tanto più che egli è convinto ( non ho potuto sapere è'a dove emanasse questa sua convinzione) che entro tre settimane avremo una forte insurrezione a carattere cetnico-comunista in Montenegro ed in Serbia. Egli dà anzi per sicura questa insurrezione. Ha aggiunto: «con molta probabilità la Divisione italiana del Montenegro non potrà partecipare alle operazioni, perché non potrà essere distolta da quelle regioni». Lo stesso dubbio ha espresso per la divisione tedesca; b) ha un notevole scetticismo sull'esito finale delle operazioni. Egli ritiene che le operazioni saranno guidate solo in teoria da un solo piano operativo, ma che in realtà esse si spezzetteranno in tante singole azioni, ognuna delle quali richiamerà molto personale e molto tempo per essere condotta a termine; Ha accennato inoltre alle enormi difficoltà del terreno, alle forti distanze ed al numero esiguo delle forze alleate che verranno impiegate. Ritiene che le operazioni di rastrellamento richiederanno 3 o 4 mesi di tempo per essere condotte a termine; c) preferenza per un piano di operazioni a carattere separato, cioè operazioni nella Bosnia orientale condotte da truppe italo-croate. Tale piano, secondo il suo punto di vista, conseguirebbe risultati più rapidi e vantaggiosi; e se si fosse liberato subito dai ribelli il Petrova Gora con le sole' truppe italiane e croate, si sarebbero ottenuti risultati importanti e di notevole ripercussione; d) necessità di chiudere durante le operazioni il fronte della Drina per impedire il passaggio di serbi ribelli, e grave difficoltà di raggiungere questo scopo colle sole forze disponibili. IN SINTESI

Il Maresciallo Kvaternik mi è apparso poco soddisfatto del verbale redatto ad Abbazia. Nella sua esposizione sono affiorate proposte quali quelle che mi risultavano di massima concretate a Zagabria nei preventivi abboccamenti avuti


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con i generali tedeschi qui di passaggio, e cioè della esecuzione di due operazioni indipendenti nella zona Petrova Gora (eventualmente Kozara Planina) svolte da truppe italo-croate, e nella Bosnia orientale da truppe tedesco-croate. Nel complesso il Maresciallo si è dimostrato pessimista nell'attuazione del programma convenuto e sui suoi risultati. Non si deve affatto escludere che in tale malcontento e pessimismo abbiano un certo coefficiente preoccupazioni per l'eventuale occupazione e presidio da parte di truppe italiane di località oltre la linea di demarcazione italo-tedesca. IL qENERALE CAPO MISSIONE . G. OXILIA


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N. 18

STATO INDIPENDENTE DI CROAZIA COMMISSARIATO GENERALE AMMINISTRATIVO Presso la Seconda Armata Esercito Italiano

Su!ak Il 2 aprile 1942

RELAZIONE SULLE MISURE E SUI PROVVEDIMENTI DA ME PRESI NELLA 2• ZONA ALLO SCOPO DELLA PACIFICAZIONE.

Immediatamente dopo aver preso possesso della mia funzione, ho convocato i prefetti : Markovié da Ogulin, Susié da Segna e Frkovié da Gospié. Ho impartito loro istruzioni di intraprendere tutto quello che sarà necessario per la pacificazione ed ho anche dato loro i necessari mezzi pecuniari (per i soccorsi, per i primi stipendi al personale ripreso in servizio e finché non saranno giunti i. decreti ministeriali, acconti per le pensioni, ecc.). Ho dato istruzioni speciali al Prefetto Frkovié per la soluzione del problema dei beni greco-ortodossi. Ho autorizzato tutti i prefetti di impiegare i gendarmi greco-ortodossi, in quanto questi siano pronti di assicurare l'ordine nei loro villaggi. · In accordo con il Gen. De Blasio, ho dato autorizzazione al Capitano distrettuale di Kraljevica di prendere - mediante le loro famiglie - contatto con i ribelli del Distretto di Nevi Ninodol [recte: VinodolJ, per il loro ritorno alle case. Nell'inizio del mio viaggio in provincia, ho avuto, mediante l'intervento del Gen. Dalmazzo e del Cap. De Matteis, un colloquio a Spalato con Dobroslav Jevdjevié e Radmil Ordjié. Grdjié si è mostrato conciliante e pronto a collaborare mentre Jevdjevié dimostra meno buona volontà. li colloquio non ha dato risultati concreti, all'infuori della mia dichiarazione, che da parte mia sarà fatto tutto quello che è necessario alla pacificazione. ·Ho pregato i due signori di aiutarmi in questo proposito, che ambedue hanno promesso. A Mostar ho appianato i problemi pendenti tra il Comando italiano ed il Prefetto. È stata risolta la questione dei beni greco-ortodossi. I quattro casi nei quali i successori legali non sono conosciuti, sono stati ceduti ai Tribunali per le decisioni in merito.


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Ho risolto anche la questione delle pensioni e della riassunzione dei funzionari greco-ortodossi della Amministrazione comunale di Mostar. Ho dato ordine al direttore della fabbrica di tabacchi di Mostar· di provvedere per il regolamento delle pensioni di 30 greco-ortodossi e ortodossi, che erano stati licenziati. Ho dato ordine alla direzione della miniera erariale di Mostar di impiegare altri greco-ortodossi. In questo momento sono 39. Mediante il Sig. Grdjié ho dato conoscenza a tutti i greco-ortodossi interessati, di presentare alle nostre autorità le loro rispettive domande d'impiego e di riconoscimento delle pensioni spettanti. A titolo di sovvenzione, ho versato la somma di Kn. [kune] 50.000, alla cucina economica di Mostar; altre Kn. 50.000 per i profughi di Gacko, accompagnati dalle truppe italiane a Mostar. Mediante il Cap. De Matteis ho offerto Kn. 50.000 alla cucina economica ai profughi greco-ortodossi, ma Jevdjevié rifiutò questo aiuto, mentre Grdjié era pronto ad accettarlo. Ho instaurato a Mostar la più stretta collaborazione tra il Prefetto ed il Presidio italiano. Spero che la collaborazione si svolgerà in uno spirito di più stretta amicizia. A Dubrovnik [Ragusa - n.d.a.] ho pure versato Kn. 50.000 alla cucina economica per profughi (in maggior parte fanciulli) ed ho disposto la creazione a Trebinje d'una cucina per fanciulli, senza distinzione di religione. A tutti i prefetti ho dato ordine di lavorare all'opera della pacificazione: di propormi greco-ortodossi leali, per l'impiego statale o per la pen~ione, di risolvere tutte le questioni di pensionamento dei greco-ortodossi, in quanto queste questioni sono pendenti, di riprendere in servizio, d'accordo con le autorità italiane, gli ex gendarmi ortodossi_ All'uopo ho messo a disposizione dei Prefetti i necessari mezzi finanziari. Dopo il mio arrivo a Dubrovnik da Mostar, è pure giunto a Dubrovnik Dobroslav Jevdjevié e, tramite il Capitano De Matteis, mi ha fatto dire che era pronto di collaborare contro i comunisti. La stessa dichiarazione mi è stata fatta da parte del Dott. Novika [recte: Novica] Kraljevié, che ho incontrato mediante il Cap. De Matteis. Mi reco a Zagreb, ove farò rapporto al mio Governo nel senso come sopra e spero che potremo continuare a lavorare ali' opera di pacificazione in piena collaborazione. Durante il mio viaggio ho potuto constatare che i comunisti temono


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più di tutto le nostre milizie locali e le nostre formazioni ustascia, perché sanno che gli uni quanto gli altri li conoscono bene e conoscono i loro rifugi e dove si possono trovare. Nella medesima maniera ho potuto c~nstatare che i comunisti, dove sono più forti, costringono i cetnici a unirsi a loro e che, in vari punti, obbligano gli uomini disarmati, che perciò non si possono difendere, a raggiungere la foresta. Allo scopo di arrivare alla piena collaborazione italo-croata ed allo scopo di combattere il comunismo, propongo: 1) 'che alle azioni di rastrellamento nelle località dove la popolazione è di religione mista (ove accanto a cattolici vivono i mussu'lmani e grecoortodossi) siano impiegati come ~ilizia i croati cattolici e mussulmani, sottoposti al comando comune itald-croato. I mussulmap.i rurali sono un elemento assolutamente sicuro e sarebbero felici se fosse loro data la possibilità di combattere i comunisti assieme alle truppe italiane. Della fedeltà dell'elemento cattolico non vi è nemmeno bisogno di parlare; 2) che, nei comuni nettamente croati, ed allo scopo di combattere il comunismo, sia autorizzato l'armamento delle formazioni ustascia come, eccetto la II Zona, è già stato fatto in tutta la Croazia. Le formazioni ustascia potrebbero, nella 2a Zona, essere armate sotto il comando comune italo-croato (ufficiali ustascia ed ufficiali delle CC.NN. italiane). Le operazioni di queste formazioni sarebbero eseguite in accordo con il Comando della 2 a Armata. Le formazioni ustascia sarebbero organizzate militarmente ed ogni infrazione alla disciplina sarebbe punita secondo disposizioni militari. I militi sarebbero armati e vestirebbero la divisa ustascia. I militi ustascia conoscono bene il loro paese, la gente. che ci vive e perciò sanno chi sono i comunisti e dove si nascondono. Gli ustascia sono anti-comunisti fanatici e sarebbero felici ed onorati se, accanto alle truppe italiane, potessero spandere il loro sangue nella lotta contro il comunismo. L'effetto politico di queste misure avrebbe un'importanza imprevedibile per la sempre più stretta collaborazione italo-croata. Ho parlato di queste due questioni col Gen. Dalmazzo, il quale è d'accordo in quanto ali' armamento delle milizie ustascia, secondo le mo-


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dalità sopra esposte. Il Gen. Dalmazzo mi ha dichiarato che, da parte sua, appoggerà la mia proposizione. Propongo che, allo scopo di mettere in esecuzione i miei progetti sopranominati, siano inviati i rappresentanti del Quartier Generale ustascia, per stabilire i particolari con il Comando della 2 a Armata. 3) Che tutti gli ebrei immigrati nella 2a Zona da altre parti del paese siano inviati nei loro comuni d'origine, oppure che, sotto il controllo militare italiano, siano collocati nelle isole seguenti, negli alberghi che vi si trovano: a) dal litorale settentrionale croato sull'isola di Arbe o Veglia; b) da Mostar a Dubrovnik sull'isola di Lopud [Lapad] (presso Dubrov· nik). Le autorità croate si impegnano che sarà loro data la stessa razione di viveri che riceve la popolazione croata. In questa maniera si raggiungerebbe il doppio scopo: quello di dare un certo utile agli albergatori e quello di isolare gli ebrei, che escluderebbe la propaganda anglo-russofila. Anche a questa mia proposta il Gen. Dalmazzo ha dato il suo consenso di massima. Propongo che questa evacuazione sia eseguita dai presìdi italiani di Kralijevica [recte: Kraljevica], Novi, Crikvenica, Mostar, Dubrovnik, in accordo con i Prefetti. 4) Prego che, allo scopo di ottenere. la più stretta collaborazione di questo Commissariato con la 2 a Armata, sia chiamato presso il Comando della 2 a Armata il Capitano De Matteis, adesso in funzione al VI Corpo d'Armata a Dubrovnik. Il Sig. Cap. De Matteis conosce la gente ed i paesi da Sussak a Cattaro, e potrebbe molto utilmente collaborare con il Commissario dott. Vrancié, che pure conosce personalmente la maggioranza dei capi greco-ortodossi. F.to VRANCié


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N. 19

COMANDO DELLA 2• ARMATA UFFICIO OPERAZIONI

N. di Prot. 8350

P.M. 10, Il 25 aprile 1942 - Anno XX

SEGR E TO

Da consegnarsi a mano ALL'ECCELLENZA LUCA PIETROMARCHI Ministero Affari Esteri - Ufficio Croazia

ROMA

OGGETTO:

Interferenze politiche sulle operazioni in Bosnia.

Per orientamento di V.E. si riassumono le linee essenziali della manovra - condotta dalle autorità tedesco-croate - allo scopo di evitare il nostro intervento di Bosnia, o quanto meno, svalutare preventivamente l'azione delle nostre trupp': in detta zona. I.

Nel convegno di Abbazia (3 marzo u.s.) veniva concretata l'azione militare da condursi unitariamente da forze italo-tedesche-croate per stroncare la ribellione in Croazia. In detta riunione veniva fra l'altro stabilito che azione durante: nessuna distinzione dovesse farsi fra cetnici e comunisti, da trattarsi tutti indistintamente come ribelli; tutti i poteri nelle zone successivamente occupate dovessero esser tenuti dalle autorità militari sino a situazione normalizzata; la linea di demarcazione fra le occupazioni italiana e tedesca avrebbe potuto essere indifferentemente superata dalle truppe, in relazione alle necessità operative.

II.

Nella 2• decade di marzo u.s. il dottor Vrancié - nuovo commissario amministrativo croato presso il Comando della 2• Armata per incarico del proprio Governo si recava, in via ufficiosa, in Erzegovina per gettare le eventuali basi di una probabile conciliazione fra gli elementi serbo-ortodossi della Erzegovina con il Governo croato.


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Si aveva con ciò, per rispetto alla intransigenza di Abbazia, una evoluzione dell'atteggiamento del Governo croato verso i cetnici. III.

Nelle giornate del 28 e 29 marzo u.s. il Comandante l'armata convocava a Lubiana il generale tedesco Bader per impartirgli direttive sulle prossime operazioni in Bosnia; e su richiesta germanica consentiva che alla riunione partecipasse il generale Laxa capo di S.M . dell'esercito croato. Poiché, rispetto alla situazione di Abbazia, si era verificato il fatto nuovo dovuto alle trattive Vrancié di cui sopra, durante la riunione, fra l'altro, si rappresentava la convenienza di tentare un accordo coi cetnici della Erzegovina allo sèopo di ottenerne almeno la neutralità. Ciò s'intende, in accordo col Governo croato, a mezzo di trattive puramente contingenti e senza toccare argomenti di natura politica. Nel mentre il generale tedesco Bader si dichiarava pienamente d'accordo, il generale Laxa: dichiarava di ignorare le trattative Vrancié, metteva anzi in dubbio la possibilità stessa di trattare coi cetnici, e si riservava di far presente la questione al proprio Governo; inoltre, ritornando su quanto già concordato ad Abbazia, faceva ulteriori difficoltà circa la questione dei poteri nelle zone che sarebbero state man mano occupate.

IV.

In relazione alle questioni trattate nella riunione di Lubiana, il Maresciallo Kvaternik inviava una lettera (n. 140 in data 31 marzo u.s. diretta anche al generale Bader e data in copia alle rappresentanze diplomatiche italiana e tedesca in Zagabria), nella quale fra l'altro, diceva che il Governo croato dissentiva da tentativi per ottenere la neutralità dei cetnici; ma che se, ciò malgrado, le autorità tedesche ed italiane intendevano tep.tare, lo facessero pure sotto la loro responsabilità. In questo caso però il Governo croato avrebbe gradito che alle trattative presenziasse un osservatore croato. Con ciò veniva decisamente ribadito il concetto di intransigenza fissato ad Abbazia, mentre venivano sconfessate le trattative Vrancié.


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L'8 aprile veniva intercettato il seguente ordine, dato per radio dal comando del maresciallo Kvaternik al comando croato di Sarajevo: «N. 835 - Sarajevo da Zagabria n. 135 P .71 - 8.4.42 - ore 20,30 radio. GUARDIA ALLA FRONTIERA - SARAJEVO

Il comandante del presidio di Gacko, comunica che non possiamo combattere assieme ai cetnici, perché essi sono stati finora nostri nemici come i partigiani, ed hanno collaborato con questi per combattere assieme contro di noi. Notificate a tutti i cetnici che ritornino alle loro case, riconoscano lo Stato croato e consegnino le armi; in tal caso noi garantiamo la loro proprietà, la loro vita, la pace, la religione ortodossa e la protezione contro i partigiani. Riferimento al nostro n. 696. N. 229 Quartier Generale del Poglavnik». Tutto ciò in pieno contrasto col punto di vista so~tenuto di fronte a noi e nella lettera del Maresciallo Kvaternik sopra citata. V.

Tra 1'8 e I' 11 aprile: il comando di armata comunicava al generale Bader che, causa il ritardo nei trasporti marittimi e la neve alta, tuttora esistente in alcune zone dell'Erzegovina, le operazioni non avrebbero potuto essere iniziate prima del 25 aprile;

i comandi supremi italiano e tedesco confermavano che nessuna modificazione doveva essere apportata alla linea di condotta stabilita ad Abbazia se non in pieno accordo tra i due comandi germanico ed italiano. VI.

Il 15 aprile il comando tedesco comunicava la propria· preoccupazione per il ritardo dell'inizio delle operazioni e la giustificava con la considerazione che i ribelli, informati dei nostri preparativi, potessero sfuggire al progettato accerchiamento e trovare più facile via di scampo nella copertura del bosco man mano più fitto col progredire della stagione (considerazione quest'ultima, viziata in origine, dal fatto che le operazioni progettate prevedevano un ciclo operativo di durata presumibile sino all'estate inoltrata).


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Per cui, a tale data, il comando tedesco chiedeva che venissero affrettate le operazioni non tanto per far fronte alla minaccia immanente dell'azione ribelle, quanto per le ragioni di convenienza generica su esposte. VII.

Per contro, il 18 aprile, improvvisamente, il comando tedesco comunicava che, data la grave situazione della guarnigione croata assediata in Rogatica e la presenza in detta zona di forti masse montenegrine, aveva deciso di iniziare le operazioni colle truppe tedesche e croate già pronte, è chiedeva che le truppe italiane, sulla linea di demarcazione, impedissero l'esodo dei ribelli. Compariva quindi una minaccia potenziale ed imminente che due giorni prima non era affatto considerata né poteva in realtà sussistere così grave, giacché non è in 48 ore che una massa di ribelli sì può concentrare. Intanto già dal 18 aprile le truppe italiane avevano cominciato ad affluire a Sarajevo.

VIII. li 19 ed il 20 aprile accorrevano improvvisamente a Sarajevo per conferire col generale Bader, il generale Glaise Horstenau, Kvaternik Uunior), il ministro degli esteri croato Lorkovié, il generale croato Prpié! Che cosa sia stato convenuto nei lunghi colloqui, non è risaputo. Ma lo si intuisce dal fatto che alla conferenza, insieme col ministro Lorkovié ha partecipato il generale Glaise, il cui ascendente sul Maresciallo Kavetrnik ed il cui atteggiamento nei nostri confronti sono a tutti noti. Il giorno 21 a Mostar, il Comandante l'Armata si incontrava col generale Bader per stabilire la linea di condotta da adottare in' base ai nuovi elementi intervenuti. Questi faceva presente che per effetto: delle operazioni svolte dalla colonna croata del colonnello Francetié nella zona Zvornik-Vlasenica; dell'inizio dei movimenti delle truppe germaniche e, specialmente, in conseguenza delle trattative dirette intervenute tra croati e cetnici, la situazione in Bosnia era decisamente migliorata. A parte ciò, aggiungeva che operazioni vaste, sul tipo di quelle concordate ad Abbazia, non davano affidamento.


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Un tale punto di vista, esposto a soli 6 giorni (vedansi precedenti n. VI e VII) dalla richiesta di affrettare l'inizio delle operazioni, e sole 48 dopo aver descritto la situazione di Rogatica come disperata, tradisce evidentemente il fatto che sulla preminenza delle operazioni di indiscutibile necessità, ha interferito la manovra politica concertata nei colloqui Glaise-Bader-Kvaternik a Sarajevo.. Alle argomentazioni del generale Bader il Comandante l'Armata rispondeva che il ciclo operativo stabilito ad Abbazia, era stato deciso dai comandi supremi, te cui determinazioni avevano valore di ordine. Intanto, data la evidenza della manovra di cui sopra, e tenuto conto del nostro interesse a mettere piede in Bosnia, si disponeva che venissero completati, accelerandoli, i previsti movimenti di affluenza delle nostre truppe oltre la linea di demarcazione. IX.

Il giorno 22 corrente, un comunicato del Q.O. croato - riportato anche dai nostri giornali - comunicava che: «Grazie alle ultime azioni condotte dalle truppe croate del colonnello Francetié coll'ausilio di forze germaniche, le bande comuniste e cetniche della Bosnia orientale erano.state completamente distrutte; l'intera regione della Bosnia orientale era stata rastrellata; la vita delle popolazioni era in essa tornata normale e laboriosa, le autorità civili croate vi avevano ripreso a funzionare regolarmente». Detto comunicato che descrive una situazione ben diversa da quella reale, costituisce altro fatto ed altra prova della manovra tentata per evitare il nostro intervento in Bosnia, o, quanto meno, per svalutare preventivamente l'azione delle nostre truppe, che interverrebbero in regione già completamente pacificata e nella quale tutti i poteri sarebbero già - pacificamente - nelle mani delle autorità civili croate. In proposito è da aggiungere che nei circoli ufficiali di Zagabria, all'azione svolta dal colonnello Francetié nella Bosnia orientale, si attribuisce rilevante importanza, non tanto per il successo militare, che, come tutti i precedenti analoghi, non può essere che effimero, ma per il fatto che avendo il Francetié portato i suoi reparti al confine della Drina, è riaffermata incondizionatamente la piena sovranità croata sulla Bo:;nia orientale, e con ciò si è stroncata ogni velleità autonomista o separatista dei bosniaci.


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In data 24, il generale Bader comunicava che, come convenuto dai comandi supremi italiano e tedesco, le operazioni concordate ad Abbazia dovevano avere lo sviluppo preventivato. Ma se tutto ciò può contribuire alla soluzione del problema operativo, rimane tuttavia pregiudicato il nostro intendimento politico di porre saldo piede nella Bosnia, dove i poteri civili sono oggi in mano croata. d'ordine:

IL GENERALE DI BRIGATA Capo di Stato Maggiore

E. DE BLASIO


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N. 20

STATO INDIPENDENTE CROATO QUARTIER GENERALE DEL POGLA VNIK Gap. N. 140-1942

Zagabria, Il 31 marzo 1942

A SUA ECCELLENZA GENERALE ROATTA COMANDANTE DELLA 2° ARMATA ITALIANA SUSSAK

In relazione alle decisioni prese alla conferenza del 28 e 29 marzo 1942 a Lubiana, mi permetto in nome del Governo Croato di comunicare quanto segue: 1) Si approva il piano per l'azione nella Bosnia orientale, descritto nel grafico e si ringrazia per i buoni propositi e per la chiara presa di posizione relativamente ai diritti croati di sovranità ed ai confini dello Stato. 2) Il Governo Croato, data la sua pessima esperienza, non può condividere l'opinione dei nostri Grandi Alleati che dividono i ribelli in due grandi gruppi - comunisti e nazionalisti - e cercano iniziare trattative a scopo di pacificazione con i cosiddetti nazionalisti e, non può impegnarsi assieme ad essi. Il Governo Croato constata precisamente che i ribelli nazionalisti erano e sono tuttora non soltanto i nemici della Croazia, ma in egual misura nemici mortali dei tedeschi e degli italiani; che attualmente essi dissimulano e nello stesso modo dei comunisti stanno al servizio di Mosca e ancor più di Londra, giacché l'ortodossia iiazionale balcanica per intima convinzione è nemica e·spregiatrice della cultura romano-germanica [;] per questa ragione odia il popolo croato che rappresenta l'avanguardia di questo mondo culturale contro l'oriente. Questa verità storica sarà appresa da tutti anche durante l'attuale guerra. A prova di ciò sta tra l'altro il fatto che il capo dei cetnici nazionalisti nella Bosnia o rientale, il Magg. Dangié - che simula amicizia con i nostri Alleati nel mentre accetta un'onorificenza da parte del così detto governo jugoslavo di Londra - concluse, firmò e osservò nel novembre scorso un accordo con i comunisti, come fu inoppugnabilmente comprovato da documenti rinvenuti durante l'azione di gennaio nella Bosnia orientale; documenti i cui originali sono ora in possesso dei nostri alleati tedeschi. In merito all'atteggiamento di questo gruppo sono sintomatici gli o rdini espressi il 27 marzo da Londra, col discorso tenuto alla radio dall'ex Re


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Pietro II; ordini che tendono ad ottenere che i cetnici continuino a dissimulare, a raccogliere le loro forze, ad organizzarle militarmente, e solo dietro suo ordine abbiano a entrare di nuovo in azione per cacciare i tedeschi e gli italiani dal territorio dell'ex-Jugoslavia. La buona disposizione a entrare in negoziati dimostrata dai cetnico-nazionalisti non è altro che l'esecuzione di questo ordine del loro ex-monarca, che ora ripete apertamente ciò che prima era stato disposto segretamente. Per questo motivo il Governo Croato non può entrare in trattative con i cosiddetti cetnico-nazionalisti. Viene lasciato al beneplacito dei comandi delle Armate Alleate - nel caso in cui essi dopo questi chiarimenti vogliano p roseguire nei negoziati - la continuazione sotto propria responsabilità di tali trattative. Qualora però esse dovessero aver luogo, il Governo Croato desidera che un'osservatore non ufficiale sia presente a queste trattative. Tali negoziazioni dovrebbero però esser ultimate in ogni caso prima dell'inizio dell'azione, affinché le truppe che dovranno esser impiegate siano perfettamente orientate durante l'azione stessa, perché è impossibile riconoscere e distinguere durante le operazioni i cosiddetti nazionalisti dai comunisti. 3) Si approva interamente la condotta da seguire contro i ribelli nei modi concertati durante i colloqui di Lubiana. Il Governo Croato è pronto a garantire il pacifico lavoro nonché la piena difesa della donne, bambini e così pure di tutta la popolazione maschile che inequivocabilmente si mantiene tranquilla nella zona delle operazioni (come già effettuato durante l'attuale azione nella Petrova Gora). Gli uomini però - che l'Eccellenza Roatta definisce come una quarta categoria - che nella zona delle operazioni verranno sorpresi disarmati fuori delle loro abitazioni, devono assolutamente, quali complici dei ribelli in armi, essere trattati come quest'ultimi. 4) A difesa della popolazione e per l'esatta valutazione della sincerità dell'elemento maschile, è qualificata solamente e unicamente la gendarmeria croata, che in mumero adeguato sarà messa a disposizione delle Autorità amministrative croate e dei comandi locali. Gendarmeria e funzionari amministrativi seguiranno le colonne avanzanti per poter assumere immediatamente servizio. È evidente che i funzionari di amministrazione e di comandi locali sono sottoposti alle leggi militari del nostro paese e sottostanno agli ordini del comandante supremo durante le operazioni.


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All'uopo il Signor Sead Beg Kulovié rimarrà anche per il futuro organo esecutivo del Governo croato presso il Comando Supremo in zona di operazioni. Qualora - come previsto negli accordi di Lubiana - dovessero essere emanate ordinanze per la popolazione, chiedo che esse siano emanate in accordo con l'organo esecutivo del governo croato. Per porre in essere un regime più severo nella Bosnia orientale, il Governo si propone di nominare in Sarajevo un organo speciale con pieni poteri ministeriali a cui saranno sottoposte tutte le autorità civili dello Stato che isi trovano nell'ambito della vasta zona di Mostar-Sarajevo-Tuzia. 5) I necessari ufficiali di collegamento, previsti dagli accordi di Lubiana, saranno comandati tempestivamente. 6) Per le operazioni verranno poste a disposizione tutte le formazioni disponibili dell'esercito, della gendarmeria e milizia effettiva ustascia. 7) Nel caso fossero desiderati dei chiarimenti, io mi metto volentieri a disposizione. 8) Durante i colloqui di Lubiana Sua Eccellenza Roatta ha accennato che il dott. Vrancié, delegato croato presso la 2a Armata Italiana, ha comunicato che il Poglavnik aveva preso in considerazione la possibilità di armare quei cetnici che si comportavano pacificamente. Sono autorizzato a dichiarare espressamente in nome del Poglavnik che non ha mai avuto una tale idea e che perciò vi è stato un equivoco. Analogamente non furono affatto presi in considerazione o iniziate trattative di alcun genere con i cetnici da parte del Poglavnik o del Governo Croato. 9) Questa lettera sarà inoltrata per mezzo rispettivamente delgenerale tedesco a Zagabria e della R. Missione Militare Italiana in Zagabria, una copia della stessa sarà consegnata anche ad ambedue le Delegazioni a Zagabria. Il Governo Croato svolgerà immediatamente delle indagini e prenderà severissimi provvedimenti relativamente alla comunicazione ricevuta dal tenente generale Laxa da parte di Vostra Eccellenza secondo cui un tenente ustascia a Delnice non ha voluto prendere in considerazione ed eseguire uno dei vostri ordini. Vostra Eccellenza vorrà scusare che io abbia fatto questa comunicazione in lingua tedesca, ma ciò è dovuto all'urgenza del caso, all'unità del


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testo ed infine alle circostanze che Vostra Eccellenza è completamente padrone di tale lingua. Con sentimento di profondo cameratismo rimango Vostro devotissimo KVATERNIK


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Documenti - Allegati al capitolo I DOCUMENTO

N. 21

COMANDO DELLA 2• ARMATA UFFICIO OPERAZIONI

N. di Prot. 7484 - Segreto Rif. ai telescritti di codesto S.M.R.E. 6037 e 6080 in data 11.4 e.a.

P.M. IO, 13 aprile 1942-XX

ALLO STATO MAGGIORE R. ESERCITO Ufficio Operazioni ·POSTA MI LITARE N. 9

OGGETio:

Colloqui di Zagabria.

A semplice titolo retrospettivo (dati gli ordini contenuti nei telescritti in riferimento) comunico:

Ho avuto a Zagabria due lunghi colloqui col Poglavnik e col Maresciàllo K vaternik, nei quali furono esaminati in piena armonia tutte le principali questioni di attualità che interessano, in solido, il governo croato e questo comando d'Armata. Sono state trattate particolarmente a lungo due questioni: A) trattative coi cetnici B) 'poteri' durante le operazioni in Bosnia.

A) Spiegato ancora una volta lo scopo di eventuali trattative coi cetnici (scopo militare, riassumibile nella frase «cloroformizzare i cetnici mentre si combattono i comunisti»), il Poglavnik ha dichiarato: 1) Non ha nulla in contrario che in Erzegovina gli italiani ed il Dott.

Vrancic continuino negli attuali contatti con i 'cetnici, per meglio assicurare il tergo e le comunicazioni delle truppe operanti in Bosnia. 2) Non ritiene conveniente che i tedeschi trattino con i 'cetnici' della Bosnia, tramite il Dangié, perché quest'ultimo (a parte il fatto di «essere un ubriacone») ha - in passato - preteso che i tedeschi affidassero alla sua gente l'amministrazione di tre distretti bosniaci (cosa - si noti bene - che i tedeschi sarebbero stati propensi ad accettare).


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942)

3) Non ha, viceversa, nulla in contrario che si tratti direttamente (ossia senza il tramite Dangié) coi 'cetnici'della Bosnia, allo scopo che non facciano causa comune con i comunisti. Ho risposto: saranno continuati gli attuali contatti coi 'cetnid' della Erzegovina; circa quelli della Bosnia, essendo intervenuto il divieto del1'0.K. W. al generale Bader (ne avevo già notizia generica), non posso nuovamente intervenire in proposito presso detto generale. Penanto se lui - Poglavnik - ritiene che sia conveniente che il Bader tratti con quei 'cetnici'n~l senso di cui sopra, sarebbe opportuno che il governo croato Io faccia noto alle autorità germaniche. Frattanto era avvenuto: che le autorità croate hanno loro stesse trattato coi 'cetnici' delle regioni della Petrova Gora; che i cetnici della regione di Gacko hanno proposto al comandante di quel presidio croato, di combattere non solo a fianco delle truppe italiane, ma a fianco delle truppe croate; che il comandante in parola ha chiesto a Zagabria come dovesse regolarsi;· che il Maresciallo Kvaternik, il giorno 8 aprile ha diretto al Coman-do Militare croato di Sarajevo il seguente telegramma (intercettato): «Il Comandante del Presidio di Gacko comunica che non possiamo combattere assieme ai cetnici perché anch'essi finora sono stati nostri nemici come i partigiani, perché hanno collaborato con questi e combattuto in comune contro di noi. Notificate a tutti i cetnici che ritornino a casa, riconoscano lo Stato Croato e consegnino le armi che noi garantiamo la proprietà, la vita, la pace, la religione ortodossa e la protezione contro i partigiani» (gesto questo che se non costituisce trattativa vera e propria, non corrisponde neppure allo «ultimatum» di cui parla l'O.K.W.) . B) Circa i poteri -in Bosnia ho spiegato chiaramente cpe si trattava unicamente di applicare, durante il periodo operativo, quella prassi che trup-


Documenti - Allegati al capitolo I

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pe operanti seguono anche nel proprio Stato, e la cui applicazione non implica nessuna questione di «sovranità» o similare. In conseguenza di che tanto il Poglavnik quanto il Kvaternik si sono dichiarati d'accordo, sia su quanto stabilito in origine ad Abbazia, sia su quanto stabilito a Lubiana. Hanno aggiunto: «È naturale che nel periodo operativo, le autorità civili croate sjano agli ordini delle auto·· rità militari che dirigono le operazioni».

*** Ne risulta che sulle questioni di cui sopra era facile raggiungere l'accordo. È un peccato che l'O.K.W. «più realista del Re» , per scopi forse non solo filo-croati, abbia pregiudicato le cose. A proposito un ufficiale germanico non mi ha nascosto che l'O .K.W., dimenticando che dispone in Croazia solo di 6 battaglioni mobili, e non di 20 divisioni, e dimenticando che non ha in Serbia forze sufficienti per far fronte ai moti conseguenti ad un conflitto armato coi 'cetnici' della Bosnia, considera la faccenda con intransigenza non adatta alla situazione contingente, e non richiesta neppure dalle autorità croate.

*** Per conto mio, salvo ordini in contrario, non mi occuperò mai più di contatti o trattative con i 'cetnici della Bosnia. Ho diretto al Gen. Bader il telescritto seguente: <<7460 (.) Ho avuto comunicazione di quanto concordato da O.K.W . et Comando Supremo circa articoli VIII et X della convenzione di Abbazia (.) Resta perciò inteso: primo(.) Circa nuovo articolo Vlll (:) determinerò io volta a volta (,) su vostra proposta se e per quanto tempo debbano rimanere truppe tedesche aut italiane di presidio temporaneo nelle zone sorpassate dalle operazioni (.) In detto periodo tutti poteri saranno tenuti dai comandi delle truppe stesse (.) Secondo (.) Circa articolo X (:) per le trattative coi cetnici regolatevi secondo le disposizioni dell'O.K.W. (.) I comandi e l'e truppe italiane (,) una volta sorpassata linea di demarcazione (,) si comporteranno coi cetnici della Bosnia secondo le disposizioni che darete voi(.)» Il Generale COMANDANTE DESIGNATO D'ARMATA

Mario ROATTA


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942)

DOCUMENTO

N. 22

COMANDO DELLA 2a ARMATA N. 221/op. Tr.

7 maggio 1942-XX

AL COMANDO KAMPFGRUPPE BADER AL COMANDO VI CORPO D'ARMATA AL COMANDO AEROTATTICO

e per conoscenza: ALL'INTENDENZA 2a ARMATA

OGGETTO:

Operazioni Trio II.

Carta: 1: 100.000 (fogli Visegrad - Sarajevo - Konjic - Gacko - Nevesinje).

I. Dalle ore zero del 10 maggio, entra in vigore la nuova prevista ripartizione di forze: K. Gruppe Bader Comando 2a Armata

VI C .d'A.

718 a Div . Germanica Truppe croate attualmente dipendenti ( Div. Alpina 'Pusteria' J Div. 'Cacciatori delle Alpi' Div. 'Taurinense' Truppe di rinforzo

{

II . Per il prosieguo delle operazioni sino alla linea che deve essere raggiunta per il giorno 12 corrente, rimangono in vigore gli ordini già emanati dal Comando del Kampfgruppe Bader. È opportuno che nella linea da raggiungere per tale data sia inclusa

tutta la dorsale dello Jahorina, sino alle cime Trijeska (q. 1806) e Golica (q. 1698), comprese, per non avere più preoccupazioni da quella parte al momento della successiva avanzata concentrica su Foca. L'ala destra della 71ga divisione germanica venga portata avanti in conseguenza di quanto sopra. Tenere presente l'eventualità che il grosso concentramento di formazioni ribelli segnalato nella zona di Foca obblighi ad anticipare notevolmente, rispetto alla data stabilita al capo III del presente


Documenti - Allegati al capitolo I

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foglio, l'avanzata di parte almeno delle truppe della 'Taurinense' e della 718a divisione germanica verso l'anzidetta direzione di Foca, per prestare man forte alla divisione 'Pusteria' che opera ivi. La colonna di destra della divisione 'Cacciatori' continua ad assolvere il noto compito di sbarramento nella regione di Gacko. III. Per la seconda fase dell'operazione in corso - da iniziare salvo varianti il 14 maggio - rimangono pure in vigore, nelle grandi linee, le direttive tracciate dal Comando del Kampfgruppe Bader. Con riserva di emanare gli ordini in base alla situazione del momento: I

la divisione 'Taurinense' si orienti alla eventualità di agevolare da nord, con parte delle forze, l'azione della colonna di sinistra della divisione 'Cacciatori' su Kalinovik; la colonna di destra della divisione 'Cacciatori' si metta in condizioni di procedere in direzione di Foca. IV. Tutte le richieste dli intervento dell'arma aerea dovranno essere dirette

al Comando Aerotattico (Ragusa). Rimangono però a diretta disposizione: del Kampfgruppe Bader: le attuali forze aeree croate; della divisione 'Taurinense': la 'cicogna' che verrà dislocata a Butmir. V. Il Comando Tattico della 2" Armata, che assume il nominativo telefonico, telegrafico e radio 'Malaga', si stabilisce entro la sera del giorno 8 corrente in Ragusa. Attendo novità, riferite a ore 16 di ogni giorno, entro le ore 19; in qualunque ora nel caso di urgenza. Prego includere nelle novità, o comunque a parte, il numero almeno approssimativo delle perdite (nostre e nemiche), degli individui passati per le armi o catturati, di quelli arresisi, e le principali notizie sull'avversario. IL GENERALE COMANDANTE M.ROATTA



CAPITOLO II

IL CONFLITTO FRA IL GOVERNATORE BASTIANINI ED IL GENERALE QUIRINO ARMELLINI



L'ORIGINE DEL CONTRASTO

Il generale Roatta, assunto il comando d_ella 2a Armata, rivide lo schieramento delle unità dipendenti. Il VI Corpo d'armata che, con sei divisioni più le 'Truppe Zara', si estendeva da nord di Gracac sino ai confini d.ella provincia di Cattaro, trasferì il comando a Ragusa mantenendo ai propri ordini le divisioni 'Marche', 'Cacciatori delle Alpi', ed aggregando la 'Messina' di stanza a Cattaro, che cessò di far parte del comando 'Truppe Montenegro'. Il movimento ebbe luogo il 18 febbraio, ed il VI Corpo d'armata ridusse la propria giurisdizione dal solco della Narenta sino ai confini del Montenegro. Spalato divenne sede d'un nuovo corpo d'armata - il XVIII al comando del generale Quirino Armellini - con le divisioni 'Sassari' , 'Bergamo', 'Perugia' e le 'Truppe Zara' (tutte già del VI Corpo d'armata) a presidio del territorio dalla immutata linea di contatto, a nord, con il V Corpo d'armata, sino alla Narenta <1l. Questi cambiamenti consentirono una miglior articolazione dell' Armata che, ora, con la provincia di Cattaro, comprendeva tutta la Dalmazia annessa. Dal lato politico, invece, la scelta di Armellini a comandante del nuovo corpo d'armata non fu molto oculata, ed il generale quasi subito entrò in conflitto con il Governatore Bastianini: per Armellini le province dalmate dovevano essere considerate territorio d'occupazione e 'zona delle operazioni', in analogia alle regioni della Croazia presidiate dall'esercito italiano; per Bastianini, al contrario, quelle province, facendo parte integrale del Regno d'Italia, dovevano esser tutelate dall'esercito come inviolabile territorio dello Stato. Considerando le rispettive responsabilità, non si può negare che Bastianini ed Armellini avessero, ambedue, una parte di ragione, ma in questa contrapposizione ciascuno volle far prevalere i propri criteri e le proprie funzioni, concedendo sempre meno all'interlocutore. D'altra parte non è improbabile che il punto di vista del generale Armellini risentisse del suo orientamento politico.

*** Per meglio comprendere l'atteggiamento di Armellini è opportuno leggere il suo Diario di Guerra - Nove mesi al Comando Supremo (dal


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942)

maggio del 1940 al gennaio 1941), pubblicato nel 1946, quando erano ancor vivi i risentimenti ed i rancori per la sconfitta. Ma l'autore, nella prefazione, assicura di aver 'rigorosamente' conservato al testo «le sue caratteristiche, e tutte le sue imperfezioni o difetti, in cambio dei quali possiede un inestimabile pregio: esser stato scritto mentre i fatti si svolgevano, non esser quindi influenzato dal facile senno di poi, di cui oggi forse troppo si abusa» <2>. Non dubitando della sincerità di queste affermazioni, si deve tener conto di quanto emerge dalle singole annotazioni: Armellini, nel 1940, era contrario al fascismo, ai gerarchi, a Mussolini; critico ed ostico nei confronti di uomini politici e di ufficiali generali ad eccezione del maresciallo Badoglio e, forse, di qualche altro. Ad esempio, parlando di un 'siluro' di cui era stato vittima un generale, Armellini scriveva che «il duce, Soddu e Teruzzi <3l insieme congiunti» lo avevano deciso «saltando ogni normale tramite e regolare procedura [ ... ]. Sistemi per noi ·inammissibili , ma a contrastarli non si ottiene nulla e facciamo solo la figura dei sorpassati; la disciplina ed il suo governo in regime fascista si concepiscono così: voci e· delazioni sulle quali il duce si basa per decidere, trascurando le naturali conseguenze» <4l. In particolare, la critica a Mussolini, pagina dopo pagina, diventa sempre più viva. «Che il duce fosse un gran capo militare nessuno - di quanti almeno capiscono qualcosa - credeva. Che giungesse a portarci ad una simile situazione [campagna di Grecia - n.d.a.1 nessuno però poteva pensare. Si può credere esatta la voce che lo fa passare per rammollito, forse. dall'amore! E non c'è niente da fare; solo una cosa: la soppressione» <5l_ Su quest9 concetto dell'eliminazione di Mussolini, il generale ritornava due giorni dopo: «Tutti hanno ragione, tutti vedono il problema, ma nessuno ha la possibilità di cambiare le cose; non c'è che da sperare che Dio pensi a toglierlo .di mezzo, visto che nessun mortale si prende questa briga» <6l. Soluzioni drastiche a parte, il generale Armellini, dopo l'allontanamento di Badoglio del Comando Supremo, annotava: «Il duce intanto si monta[ ... ) si da atteggiamento di comandante e fa sentire e pesare sempre più la sua personale azione di comando. Ora compila e firma ordini, impartisce direttive di impiego [.. . ), vigila personalmente e controlla la partenza e il movimento anche dei piccoli reparti. Ma è tutto improvvisato ed appiccicaticcio dilentantismo. Ailo studio profondo dei problemi, che non capisce, non pensa. Crede di dar esempio di grande comandante dando ad intendere che vede tutto, che sa tutto e che vuol sa.pere tutto. Sta così 14 o 15 ore in ufficio, abusando del telefono e obbligando tutti a non distac-


ll conflitto fra il Governatore Bastianini ed il generale Quirino Armellini

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carsene, per essere pronti a rispondere ad ogni sua più piccola domanda, per dimostrargli - anche inventando - che sono sempre anch'essi informati di tutto. Di tutti i particolari naturalmente» C7l_ Ma, se nel 1940, il generale Armellini auspicava la soppressione di Mussolini, tre anni prima - conclusa la campagna abissina - nell'altro suo volume, Con Badoglio in Etiopia, aveva scritto che «su tutto e su tutti, costantemente, con la prontezza del Suo intuito e la risoluzione delle Sue decisioni, con azione direttrice ed equilibratrice» c'era «il Duce» (SJ_ A parte le maiuscole di rito in quel periodo, il giudizio encomiastico di Armellini si spingeva oltre. «Da questa Sua alta azione direttiva, a carattere unitario • e totalitario, è derivata una organicità e continuità logica e conseguente di ogni atto o fatto di tutta la guerra in Etiopia» <9>. Ed ancora: «questa è la guerra combattuta e vinta dal Duce, con esatta visione, con intuizione profonda, con saldezza inflessibile, con somma sapienza, con organicità che aveva le sue origini in una delle basi fondamentali dottrinarie del Fascismo: la concezione cioè della funzione unitaria e totalitaria del governo', di tutto il governo dello Stato, tenuto nelle sue saldissime mani» ooJ. E si potrebbe continuare. Quanto alle ragioni che lo indussero a mutare il proprio orientamento, non crediamo di poterle ascrivere soltanto al risentimento per esser stato rimosso dal comando delle truppe del Governo dell'Amara, forse ad opera del ministro per l'Africa italiana, Attilio Teruzzi, oppure dallo stesso governatore dell'Amara, · generale Luigi Frusci. È da supporre che vi siano state altre motivazioni, ancora non conosciute, anche se nell'ambito degli Alti comandi le sue idee . politiche non erano ignorate. Quando lasciò il Comando Supremo, durante la visita di congedo al generale Antonio Sorice (capo di Gabinetto di Mussolini, ministro della guerra) questi gli avrebbe detto che del provvedimento di esonero doveva attribuire «tutta la colpa ai politici che hanno tirato fuori la questione della moglie [di Armellini n.d.a.] inglese e di esser considerato poco ligio al governo e, dal partito, di scarsa fede fascista» P 1>. Appare, quindi, per lo meno poco accorta la scelta di chi lo destinò in Dalmazia. dove le questioni militari, con una guerra in atto non dichiarata e che per ragioni politiche non doveva esser ammessa, si aggrovigliavano nelle mutevoli situazioni dei collidenti interessi italiani, croati, tedeschi, usta.scia, partigiani, cetnici, e dove governava Bastia.nini, ben noto per la sua devozione a Mussolini.

*** Il generale ArmeJiini giunse a Spalato quando la divisione 'Sassari' in particolare, e la 'Bergamo', si dibattevano nel pieno della crisi invernale,


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942)

con i presìdi bloccati dalla neve, in gran parte assediati dai ribelli, e nel momento in cui, fra i comandi della 2a Armata e quelli delle unità dipendenti, erano stati avviati gli studi per raggruppare le forze (lZJ. Alcune settimane dopo il suo arrivo a Spalato, in una lettera personale al capo di Stato Maggiore dell'Armata, generale Ettore De Blasio, Armellini mise in evidenza lo stato di disagio in cui si trovava: gli mancava il generale comandante del genio; non aveva il capo-ufficio di commissariato; il suo capo di Stato Magg~ore, contrariamente alle assicurazioni, appariva «più buono che bravo»; «ho un ufficio 'I' [informazioni - n.d.a.] con gente improvvisata, ho un uff. A.C. [affari civili - n.d.a.] id., non ho ancora un interprete [... ] . È mai possibile che uno arrivi a comandare un C.A. [corpo d'armata - n.d.a.] per fare sempre il capitano di S.M. [Stato Maggiore n.d.a.]?» 0 3l_ Per di più ia situazione militare gli appariva tutt'altro che rosea - «ci ritireremo, ci raggrupperemo, ma ci lascieremo le penne [... ] perché quando si torna indietro si è sempre incalzati» 0 4> - e non lesinava frecciate alle autorità politiche. «Se infine - scriveva Armellini - in mezzo a tutti i nostri guai, molto ti preoccupi [tu generale De Blasio - n.d.a.] per l'equitazione del Governatore, tranquillizzati, ho disposto subito appena giunto il vostro telegramma. Bastianini - forse il suo ragazzo - andrà a cavallo, visto che ormai l'equitazione non è più lo sport nostro - che siamo tutto il giorno a cavallo di una sedia o seduti in auto - ma delle alte gerarchie! E su queste esigenze delle alte gerarchie, richiama di tanto in tanto la mia attenzione, ti prego, perché potrei non fame caso» <15>. Dall'altra parte si poneva Bastianini che, ad ogni cosa, anteponeva il proprio Governo, le prerogative e le preminenze della carica tanto che le premesse del contrast,0 con Armellini si possono ravvisare ancor prima dell'arrivo in Dalmazia del comandante del XVIU Corpo d'armata. Dopo i fatti di Spalato dell'ottobre-novembre 1941 (vedi vol. I pag. 662), Bastianini, per la tutela dell'ordine pubblico nel Governatorato, aveva ottenuto da Roma l'invio del battaglione squadristi 'Milano' e di due battaglioni 'M' 0 6>, ma i comandi militari li avevano sottratti alla dipendenza del Governatore, impiegandoli secondo le necessità operative del momento. Bastianini, contrariato, il 22 dicembre, aveva chiesto alla Presidenza del Consiglio dei ministri un altro battaglione 'M', sollecitando «precise istruzioni sulla dipendenza et impiego battaglioni [... ] . Comandi Militari considerano battaglioni 'M' [,] sia quello giunto a Spalato sia quello inviato a Cattaro [,] debbano esser loro disposizione et impiegati in operazioni militari. Tale punto di vista di questa Autorità Militare appoggiasi anche sul fatto che sono esse ad amministrare sia i battaglioni mobili che battaglione squadristi milanesi non ancora restituitomi» <11>.


Il conflitto fra il Governatore Bastianini ed il generale Quirino Armellini

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Mentre questo problema attendeva una soluzione, il 20 gennaio 1942 venne emanato il bando di Mussolini che, per risolvere la questione dello status dei soldati (vedi capitolo precedente), dichiarava 'zona delle operazioni' il territorio croato presidiato dalle forze armate italiane, oltre a quello delle tre province dalmate os,; di conseguenza, per la legge di guerra, le autorità militari avrebbero dovuto assumere automaticamente i poteri civili anche in Dalmazia. Ma questo passaggio di poteri, nei territori annessi all'Italia, avrebbe costituito un'aperta ammissione di fallimento del Governo civile della Dalmazia con prevedibili ripercussioni sul piano interno e su quello dei rapporti con Io Stato croato. La situazione, inoltre, era complicata d<\l fatto che la legge di guerra - fatto salvo il territorio della vecchia provincia di Zara - non era stata ancora estesa alle zone annesse, per cui veniva a mancare la base giuridica per il trasferimento dei poteri civili ai militari. La Presidenza del Consiglio dei ministri pensò di risolvere sia l'aspetto politico che quello giuridico del problema facendo ricorso ad una nuova normativa <19> per determinare le sfere di competenza dell'autorità civile e di quella militare. Predispose un apposito decreto del Capo del Governo, e prima di emanarlo ne inviò copia per conoscenza a Bastianini. Ma il Governatore interpretò le nuove disposizioni <20J come un'indebita limitazione, se non anche una lesione, dei propri poteri . La norma che «la difesa dell'ordine pubblico est affidata all'Autorità Militare}) <21), benché temperata dalla disposizione immediatamente successiva, <<la quale interviene su richiesta del Governatore» m>, ma soprattutto la circostanza che i comandi militari, di propria iniziativa, se «ritenuto necessario informandone le predette Autorità civili» <23J, potessero scavalcare le competenze del Governatore, determinarono un'immediata reazione di Bastianini. L'emanazione del decreto venne momentaneamente sospesa, ed il 24 gennaio Roma modificava il decreto. «Tale nuovo testo differisce dal primo in quanto all'art. 1 si è tolta la possibilità di un intervento della autorità militare per propria iniziativa - in materia di difesa dell'ordine pubblico - nei territori della Dalmazia» <24J_ Il successo del Governatore era evidente, e l'esser riuscito a far cambiare con tanta rapidità il decreto di Mussolini, dovette consolidare in Bastianini la convinzione della sua superiorità nei confronti dei comandi militari. Il 12 febbraio, il generale Mario Roatta, comandante della 2a Armata, inviava ai generali Dalmazzo ed Armellini, (che ancora doveva assumere le sue funzioni), e per conoscenza al Governatore, le istruzioni per l'applicazione del decreto. Però, il comandante della 2• Armata, ancor prima di trattare la questione dell'ordine pubblico, precisò che «analogamente a quanto avviene nelle altre provincie del Regno le autorità militari hanno -


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (/942)

nel Governatorato della Dalmazia - facoltà di prendere tutti i provvedimenti di carattere bellico da esse giudicati necessari per prevenire, far fronte o reagire ad offese avversarie» <25>. Il rilievo dato da Roatta ai 'provvedimenti di carattere bellico', argomento non considerato nel decreto, e che per i due comandanti di corpo d'armata doveva apparire superfluo, lascia supporre che le istruzioni, almeno per questa parte, fossero destinate più che altro a Bastianini, forse per prevenirne possibili interferenze. Trattando poi dell'ordine pubblico, il generale Roatta prescriveva che, nei casi in cui l'autorità politica avesse chiesto l'intervento dell'esercito, la direzione delle operazioni doveva passare all'esclusiva competenza dei militari e, con precisa casistica, distingueva fra 'difesa' affidata ai militari, e 'tutela' dell'ordine pubblico riservata alle forze dell'ordine<26>.

I PRIMI ATTRITI FRA IL GENERALE ARMBLLINI ED IL GOVERNATORE Per armonizzare queste istruzioni con le competenze delle autorità civili locali, il generale Armellini intrattennne il prefetto di Spalato, Paolo Zerbino al quale, come ai prefetti di Zara e di Cattaro, Bastianini aveva delegato la facoltà di chiedere l'intervento delle forze armate in caso di turbativa dell'ordine pubblico nelle rispettive province<21>. L'incontro con Zerbino dovette essere tutt'altro che soddisfacente, ed Armellini informò Roatta della «opposizione incontrata da parte del prefetto nei riguardi della compentenza dell'autorità militare nella tutela dell'ordine pubblico il che implicherebbe da parte del Prefetto stesso la rinuncia di sue facoltà e di sue attribuzioni specifiche» <28>. Roatta, che certamente conosceva il temperamento e l'orientamento del comandante del corpo d'armata, cercò di evitare che il problema venisse trattato da Armellini con il Governatore, e dispose che il generale Riccardo Pentimalli, comandante della divisione 'Perugia' oltre che del presidio di Spalato, quale diretto interessato, si recasse da Bastianini per risolvere la questione, contemperando le opposte esigenze <29>. Ma Armellini era di tutt'altro parere, ed oppose che «la soluzione proposta dall'Armata non risolve la questione di principio e cioè della piena competenza della Autorità militare nella tutela dell'ordine pubblico in territori per i quali, sia la situazione in atto [,] sia la situazione che può improvvisamente determinarsi - caso Spalato - rendano necessario l'adozione di misure che siano inquadrate in un unica visione e in un unico sistema militare» (JOl_ Il comandante della 2a Armata confermò le proprie istruzioni ed il generale Penti-


li conflitto fra il Governatore Bastianini ed il generale Quirino Arme/lini

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malli si recò da Bastianini (31 >. Il colloquio, in due riprese, si protrasse sino al tardo pomeriggio e, come riforì Armellini, «non ha spostato di un passo la questione, ma ha confermato il fiero proposito dell'autorità politica di non recedere di un passo dalle sue posizioni» (32>. Frattanto stava assumendo rilevanza un'altra questione: la facilità con cui i ribelli attraversavano la frontiera nella provincia di Zara. Già i! 22 gennaio, il colonnello Giuseppe Butti, comandante del Raggruppamento carabinieri della Dalmazia, aveva informato Bastianini che la situazione nel territorio di Chistagne (sud-est di Zara), «a seguito dei nuovi episodi verificatisi il) questi ultimi giorni (uccisione di due carabinieri)», aveva subìto una tale evoluzione «da non potersi più considerare rassicurante come nel passato e ciò non tanto per l'attività delinquenziale che viene svolta dai residenti in quella zona, quanto per infiltrazioni di elementi sovversivi di cui è stata constatata la presenza, provenienti da località d'oltre confine, cosi come da quelle di Vodice e Sebenico» (33l, Il colonnello Butti, inoltre, esprimeva il parere che «l'esame complessivo della situazione porta ad avvalorare il convincimento che gli armati che scorrazzano nel territorio boschivo della zona di Chistagne, agiscono in stretto collegamento fra loro, collegamento che è reso possibile dallo scarso numero di nostri presidi · militari dislocati lungo la linea dello stesso confine» (34>. Il Governatore interessò il comandante della 2 a Armata, rappresentando i fatti come se fossero' determinati esclusivamente da ribelli d'oltre confine. «A poco a poco - scriveva Bastianini - tra le rade maglie dei presidi di frontiera, sono incominciate le infiltrazioni di elementi sovversivi armati, sospinti verso il piano talvolta soltanto dai rigori invernali della montagna e a scopo di razzia, ma più spesso eccitati da propositi di vendetta, di aggressione, di guerriglia sia per provocare turbamenti e panico nelle popolazioni, sia per seminare tra esse diffidenza ed odio nei nostri riguardi, sia per saggiare la ubicazione e la consistenza delle nostre forze, ai fini di più ampi obiettivi politico-militari» <35>. Perciò, pur affermando che <<nella provincia di Zara le forze militari e di polizia di cui questo Governo dispone sono sufficienti a garantirla da minacce e sorprese» <36l, chiedeva al generale Roatta «di potenziare i presidi, opportunamente scaglionandoli e raccordandoli, in guisa che ne risultino raffittite e rinforzate le maglie della rete confinaria, prevedendo e stroncando infiltrazioni, impedendo transiti clandestini e traffici di armi e munizioni; neutralizzando, comunque, già nella 2 3 zona ogni velleità aggressiva dei ribelli (isolati, in nuclei o in bande), prima che costoro raggiungano la nostra frontiera e riescano ad entrare a contatto con queste popolazioni, creandosi le basi e l'ambiente più favorevoli per ulteriori, più profondi e vasti obiettivi» <3 7>.


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (/942)

Naturalmente, Bastianini sollecitava una rapida soluzione non ritenendo «azzardata l'ipotesi che dette infiltrazioni siano i tentacoli di movimenti e di masse, convergenti dal retroterra dalmata verso la provincia di Zara, in collegamento con analoghi moti già delineatisi o accentuatisi nelle provincie di Spalato e di Cattaro» 08>. La preoccupazione del Governatore, in quei giorni, era alimentata dalle notizie che giungevano da Cattaro, dove i ribelli erano riusciti a controllare in più punti anche la strada litoranea, e Bastianini, in una relazione (9 febbraio) a Mussolini non nascose che «la minaccia dell'invasione da parte dei ribelli montenegrini pesa ormai sullo stesso capoluogo» <39>. Senza nominare né l'esercito né la marina, dichiarava che «i rapidissimi inteventi e l'oculata opera della Polizia non hanno permesso che si avessero gravi ripercussioni nella Provincia non invasa» <40>. Ma sei giorni dopo era costretto a telegrafare al Capo del Governo che la situazione si era aggravata. «Ribelli montenegrini raggiunto mare ad 8 km. dalla città di Cattaro dove hanno sopraffatto presidio villaggio Orahovac [... ]. È stata inviata sul posto una compagnia di camicie nere che presidiava città Cattaro non disponendo Comando Militare altre truppe>>. Anche il settore di Castelnuovo (Bocche di Cattaro) era in crisi, e «telegramma gjunto via militare a Comando Carabinieri Dalmazia da Gruppo Cattaro chiede urgenti rinforzi dichiarando che nostre forze [sono] insufficienti ostacolare eventuale progresso nemici» <41 >. Per di più le comunicazioni telefoniche con Cattaro non funzionavano, e Bastianini non era in grado di collegarsi con il prefetto, Francesco Scassellati Sforzoliru <42>. Il 27, anche la direzione generale di polizia del Governatorato segnalava al ministero dell'interno che la divisione 'Messina', di presidio alle Bocche, chiedeva «urgente assegnazione di almeno due battagliaru per ristabilire la precedente situazione e per creare presìdi sulla linea costiera atti ad evitare le continue scorribande che i ribelli attualmente eseguono a loro piacimento in tutta la zona ché da Castelnuovo va fino a Risano» <43>_ Segnalava, inoltre, che sullo stesso abitato di Cattaro incombeva «il pericolo di qualche scorribanda intimidatoria da parte dei ribelli, resi sempre più audaci dalla fortuna che incontrano tutte le loro azioni delittuose» <44>. II Governatore, il 9 febbraio, mentre aveva fatto presente a Mussolini le difficoltà di Cattaro, per Zara si era espresso positivamente. Le «puntate audaci di nuclei ribelli sùbito oltre la frontiera nella zona di Chistagne» l45> non incidevano su «gli elementi di distensione» già segnalati, grazie all'intervento delle forze di polizia che «svolgono brillanti azioni di ordine pubblico, scoprendo i ricettacoli dei comunisti, arrestando esecutori ed istigatori, dando alla popolazione la sensazione di una vigilanza pronta ed efficace, di un dominio assoluto della situazione» <46>.


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A parte l'ottimismo con cui presentava i fatti a Mussolini, la richiesta di Bastianini per il rafforzamento dei presìdi sulla frontiera di Zara era pervenuta a Roatta proprio nel momento in cui il comando della 2a Armata aveva inviato a Roma il piano per il raggruppamento delle forze; ed a margine della lettera del Governatore fu annotato: «Attendere la risposta circa contrazione dei presìdi (nostra lettera allo S.M.R.E. [Stato Maggiore Regio Esercito - n.d.a.]) per riesamjnare la questione nel complesso e rispondere» <47>. Il 23 marzo, il generale Armellini, senza riferirsi ad alcun precedente, inviava a Bastianini ed ai prefetti di Zara e di Spalato una nota molto stringata sulla nuova organizzazione difensiva del territorio del corpo d'armata. Dopo aver precisato che «per necessità militari è stato recentemente deciso [... ] l'abolizione dei piccoli presìdi e dei numerosi distaccamenti attualmente esistenti», quasi a commento, aggiungeva che «le importanti ragioni militari del provvedimento hanno imposto di tagliar corto su considerazioni di carattere 'campanilistico' e sulle conseguenze di carattere locale da esso provocate» <49 >, Dall'energia con cui il Governatore reagì a questa comunicazione si dovrebbe dedurre che Bastianini, dopo la lettera del 2 febbraio a Roatta, non fosse stato ancora informato dei provvedimenti che l'Armata aveva deciso e che erano tutto il contrario di quanto il Governatore chiedeva. Bastianini, il 27 marzo, per marconigramma, oppose ad Armellini «tutte le [... ] riserve circa opportunità attuare disposizioni di cui trattasi per quanto concerne territori zona annessa che est sotto mia giurisdizione» <49>_ Faceva osservare che l'abolizione dei presìdi avrebbe comportato il ritiro anche delle stazioni e dei distaccamenti dei carabinieri, con gravissimo dissesto dei servizi di polizia; che l'analogo ritiro dei nuclei della guardia di finanza avrebbe significato l'abolizione dei controlli doganali e valutari, rendendo «inapplicabili et inefficaci ordinanze da me disposte per disciplinare et normalizzare vita economica territorio Dalmazia» cso>. Dal punto di vista politico-militare rilevava che lo «sguarnimento linea difensiva piccoli presìdi a protezione confini zona annessa et conseguente mancanza organizzazione militare capillare adatta città [di Zara.: n.d.a.], infiltrazione ribelli abolirà demarcazione tra zona italiana et zona occupazione croata [...] secondo tracciato confine previsto da accordi italo-croati» es•>. In molte zone l'assenza dei militari avrebbe aumentato lo stato d'incertezza e d'insicurezza al punto da rendere impossibile la presenza dei commissari civili e lo svolgimento delle normali attività amministrative, con evidente danno anche per le stesse popolazioni. Perciò riteneva «quanto mai necessario ed urgente» avere un colloquio con il generale Armellini e «concor-


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dare linea che sia consona vostre necessità et che nel contempo non turbi attività che viene svolta da autorità civili per costituire in zona annessa tre provincie italiane [... ] . Attendo conoscere quando vi sarà possibile venire Zara» <52l. Il comandante del XVIII Corpo d'armata dovette sentire il peso delle argomentazioni di Bastianini, perché sottopose il problema al generale Roatta, sembrandogli «evidente il convincimento suo [di Bastianini n.d.a.] che le esigenze di carattere militare debbano essere in prima zona [Dalmazia annessa - n.d,a.], subordinate a quelle di carattere politico-amministrativo» C53l. Ma, obiettivamente, ammetteva di non poter negare che il Governatore aveva qualche ragione; tuttavia giungeva alla conclusione «che non sia possibile: né prescindere dall'errore - pressoché universalmente riconosciuto e forse insopprimibile - di aver anzitempo costituito nella Dalmazia tre provincie italiane, né ignorare il peso col quale tale errore grava sulle necessità di carattere militare, anche quando queste dovrebbero aver piena ed incontrastata supremazia» <54>_ Ritenendo che non rientrasse nelle proprie attribuzioni discutere con il Governatore le questioni politiche, e tanto meno il raggruppamento dei presìdi,- «anche prima di considerare se entra o meno nella competenza del Governatore il convocare presso di se il comandante del corpo d'armata» <55l - chiedeva di conoscere il pensiero del generale Roatta. Però, nello stesso tempo, tentava di predeterminarlo, ribadendo il concetto che, prima ancora di risolvere ogni singola e particolare questione, s'imponeva «di risolvere una importante questione di principio: la precisazione, cioè, delle rispettive competenze, dipendenze e attribuzioni che oggi non paiono chiare o chiaramente intese» <56>. Infine, più che chiedere una direttiva sulla linea di condotta da assumere, la definiva: «stando al mio temperamento ed al concetto che ho avuto sempre della mia missione [,] non potrebbe essere che rigidamente rettilinea [,] ma che, avuto riguardo a quello che si usa chiamare 'comprensione dei tempi' e in obbedienza alle direttive che i miei superiori impartissero, potrebbe essere anche conciliante. E conciliante per amor dello spirito di comprensione, è oggi sinonimo di concedere ogni giorno un pò. Quello che io, Eccellenza, vorrei evitare - per varie ragioni e per prestigio stesso del mio grado - si è di prendere oggi un atteggiamento intransigente, per adattarsi domani a un atteggiamento remissivo che sconfessasse il primo» C57l. Roatta sentì la delicatezza della questione sollevata da Bastianini ed il peso dell'atteggiamento assunto da Armellini tanto che, per prevenire non improbabili complicazioni, affrontò personalmente il problema, cogliendo l'occasione d'un incontro con il Governatore. Non sappiamo dove


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il colloquio abbia avuto luogo e quali siano state le conclusioni, ma emergono da una lettera che Bastianini inviò a Roatta il 31 marzo, con la quale lo ringraziava «per la [... ] cordiale accoglienza del!' altro giorno» cssJ, e gli trasmetteva un pro memoria, che «mi è parso opportuno redigere per il Comandante del XVIII Corpo d'armata, poiché è mia intenzione illustrarglielo quando egli verrà da me, come mi ha fatto sapere, in uno dei primi giorni di questa settimana» C59l. Il Governatore diceva d'aver «precisato per lui taluni di quei punti che hanno costituito oggetto della nostra conversazione e che tu . hai accolto» (60l; infine, esprimeva l'augurio che il generale Armellini si rendesse .«perfettamente conto delle ragioni per le quali è assolutainente necessario mantenere integra la frontiera» <61 l, non essendo da escludere infiltrazioni di ribelli anche nello stesso territorio di Zara. «Questo io dirò ad Armellini - concludeva il Governatore - dandogli in cambio di quello che gli domando, tutte le assicurazioni che può dare chi ha da dieci mesi il polso della D,dmazia italiana nelle mani e la sorveglia con tutta l'attenzione necessaria» <62l. Il pro memoria era articolato in tredici punti e, concettualmente, diviso in due parti: nei primi otto paragrafi veniva spiegata l'organizzazione amministrativo-politica del Governatorato, e nei successivi erano esposti i problemi militari. Nella prima parte, si ha quasi la sensazione che Bastianini abbia voluto impartire una lezione di diritto amministrativo-costituzionale ricordando ad Armellini com'era sorto il Governo della Dalmazia; la suddivisione nelle- tre province; la loro ripartizione in comuni, elencandoli uno per uno; le strutture dei poteri civili; quelle del Partito fascista. Gli faceva presente che la frontiera divideva nettamente la Dalmazia annessa dal territorio croato; che il Governatore era <<alle dirette dipendenze del Duce» con «tutti i poteri del Governo centraie» c63l; che l'ordinamento delìe province era «in ogni sua parte in assoluta identità con quello dell'altre Provincie del Regno» (64l; che questo «ordinamento amministrativo e politico si estende per l'intero territorio annesso [... ] così che la vita civile del territorio è precisamente organizzata con le leggi, le norme e gli organi dello Stato Italiano» C65 l. La seconda parte iniziava con questa frase: «Manca per contro una corrispondente organizzazione di Presìdi Militari territoriali» <66l , che il generale Roatta, di proprio pugno, avrebbe chiosato con un «non esiste neppure in Italia». Subito dopo, dove Basiianini affermava che in Dalmazia i compiti dell'esercito erano diversi a seconda delle zone, «dovendo di qua esercitare un servizio territoriale e al di là della frontiera un servizio di guerra», il comandante della 2a Armata annotava: «non è esatto, fra l'altro è tutto 'zona d'ope,razione'» <61l. Alla tesi del Governatore, che per l'i-


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stituzione dei presidi nel territorio annesso dovevano essere applicate «le stesse norme e disposizioni che vigono nelle Provincie del Regno» e che una loro eventuale soppressione o modificazione «non può avvenire, a norma del decreto del Duce in data 20 gennaio u.s. , che a richiesta del Governatore», Roatti\, al primo punto chiosava che «non sono dette provincie [quelle della Penisola - n.d.a.] zona d'occupazione», ed al secondo, «non c'entra, in Italia l'autorità politica non sposta i presìdi» (68>. Seguiva un «no» categorico all'assunto di Bastianini che il servizio presidiario. in Dalmazia dovesse svolgersi in accordo con le autorità civili, e subito dopo un «ma chi Io dice?», dove il Governatore so's tenenva che il raggruppamento dei presidi disposto dall'Armata, «non può riguardare il territorio annesso» (69>. Da queste annotazioni e da altre di minor conto, si dovrebbe dedurre che il colloquio di due giorni prima non avesse rimosso gl'interlocutori dai rispettivi punti di vista, o che non si fossero compresi.

GLI INTERVENTI DEL GENERALE ROATTA II comandante della 2a Armata, ricevuta la lettera ed il pro memoria, convocò a Sussa (7o) il generale Armellini per un esame della questione e per concertare la risposta. Il giorno successivo (2 aprile), Roatta inviava il seguepte telescritto a Bastianini: «Ricevuto tuo promemoria 04092 del 31 marzo (Punto) Ritengo che sia conveniente che risolviamo direttamente noi due le questioni più importanti fra quelle prospettate (Punto) Mentre preparo risposta at detto pro memoria (Virgola) comunico non aver nulla in contrario rivedere sistemazione presìdi in Dalmazia italiana (Punto) Ti prego anzi di inviarmi al più presto proposta circa presidi che ritieni conveniente mantenere» (71 ). Non si può non rilevare l'abilità di Roatta che, con quest'ultima frase, mentre tacitava Bastianini, praticamente si riservava ogni libertà di decisione poiché - non dando indicazioni, come sarebbe stato logico trattandosi di materia militare - si poneva nella condizione di poter sempre modificare ed anche respingere qualsiasi soluzione proposta dal Governatore, non avendo preso alcun impegno. II 3 aprile Armellini, di ritorno da Sussa, si fermò a Zara ed ebbe un colloquio con Bastianini, «trattando essenzialmente la questione della riduzione dei presìdh> (72>, probabilmente senza alcun impegno, in attesa della preannunciata risposta di Roatta, che pervenne al Governatore il giorno successivo. Ma non dovette essere quella attesa da Bastianini poiché il comandante della 2 a Armata, sostanzialmente, sviluppava i concetti delle annotazioni che aveva apposto al pro memoria. In primo luogo faceva


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constatare che la Dalmazia annessa era stata dichiarata 'zona delle operazioni', e che se nella provincia di Cattaro si combatteva, in quelle di Zara e di Spalato la calma era soltanto apparente essepdo a diretto contatto con zone tutt'altro che tranquille. Al di là della frontiera, poi, vi erano elementi pronti «ad alzare la testa alla prima favorevole occasione» C73l. Secondo Roatta, già la sola dichiarazione di 'zona delle operazioni' era sufficiente per differenziare le province dalmate da quelle del Regno. Ma faceva anche osservare che, in Penisola, «non esistono truppe di presidio territoriale, e tanto meno truppe che siano comunque a disposizione delle autorità politiche» C74l poiché la dislocazione dei reparti obbediva unicamente a considerazioni d'ordine militare. Riconosceva, tuttavia, che la situazione del Governatorato non poteva esser valutata da un unico punto di vista. «Si tratta, in altre parole, di non considerare esclusivamente le esigenze militari operative, ma di prendere in considerazione anche altre esigenze contingenti, e di mantenere alcuni piccoli presìdi (militarmente inutili o dannosi), a tutela degli elementi incaricati della polizia di frontiera, e degli enti amministrativi ecc. periferici»·(75l. Ma, in ogni caso, se la situazione si fosse evoluta «in maniera da mettere in pericolo i suddetti presìdi (caso in cui - del resto - sarebbe esclusa la funzionalità degli enti di cui sopra) essi verrebbero ritirati» C76l . Circa la 'difesa' dell'ordine pubblico, Roatta faceva notare che, pur essendo stata affidata (con il decreto di Mussolini) all'autorità militare, egli aveva disposto l'intervento delle forze armate solamente quando l'autorità politica non fosse in grado di farvi fronte con i propri mezzi. Infine - una calcolata rivalsa? - prospettava due nuove questioni, che avrebbero potuto diventare ulteriori motivi di attrito. Si trattava dei troppi militari in servizio presso enti civili e, cosa più delicata, la cessazione dell'invio dei bollettini informativi al Governatore, poiché si erano «verificati casi non nel tuo territorio - in cui notizie di prossime operazioni hanno circolato nella massa degli impiegati, e di copie di bollettini abbandonate su tavoli di uffici frequentati dal pubblico» (77>. Nella risposta di Roatta non mancava, però, qualche punto a favore delle tesi di Bastianini, come: esame diretto con il comandante della 2a Armata delle questioni di maggior rilievo; disponibilità - ma forse più .. apparente che reale - per un riesame della distribuzione dei presìdi; riconoscimento che i battaglioni squadristi, per il loro impiego, dipendevano dal Governo della Dalmazia, mentre per quelli 'M' si attendevano specifiche disposizioni da Roma.


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Ma Roatta doveva anche tener conto delle riserve e delle reazioni di Armellini, al quale - avocando a se la trattazione delle più importanti questioni con il Governatore - sottraeva competenze. Perciò gli trasmise copia della risposta inviata a Bastianini, accompagnandola con una lettera molto equilibrata, in cui lo assicurava di comprendere le difficoltà che poteva incontrare nel far fronte alle esigenze di ordine militare e, contemporaneamente, appagare le richieste delle locali autorità civili. Gli chiariva d'essersi riservato, a ragion veduta, l'esame dei problemi più complessi con il Governatore, perché «in tal modo V.E. [Vostra Eccellenza - n.d.a.] ed i comandanti dipendenti si troveranno a dover eseguire - come naturale - solo gli ordini del Comandante d'Armata, il quale deciderà se, ed in quale misura, aderire ai desideri dal proprio punto di vista ammissibili, del Governatore» t78>. Per le questioni di minor conto le soluzioni andavano ricercate localmente con i prefetti, «nel quadro degli ordini di questo comando». «Sono convinto - concludeva Roatta - che, stabilite così le cose, non risulteranno ulteriori difficoltà. Nel caso che si delineassero, prego segnalarmi senz'altro le divergenze, affinché le possa risolvere direttamente coll'Eccellenza Bastianini» <79J. Dal canto suo, Armellini, solamente il 7 aprile, rispose al marconigramma del Governatore del 27 marzo, puntualizzando che «in tema di organizzazione militare del territorio e di dipendenze» egli, quale soldato, non poteva «che ricevere ordine dal Comandante dell'Armata» (SOJ. Bastianini, prima di rispondere a Roatta, attese dai prefetti di Zara e di Spalato le proposte per una maggiore sicurezza dei confini, ed il 19 aprile scrisse al comandante dell'Armata dicendosi lieto di discutere con lui le questioni di fondo. «Si tratta infatti di coordinare le disposizioni e talora i mezzi, in modo da assicurare insieme, tu ed io, il pieno raggiungimento degli scopi in armonia con le direttive che riceviamo e con i diversi compiti che ci sono riservati>> <811 • Tornava, però, a sottolineare che la situazione nel Governatorato era particolarmente sensibile agli avvenimenti che maturavano al di là del confine, sia «perché la frontiera non essendo sbarrata né da ostacoli naturali né da una linea invalicabile» <52> poteva esser facilmente varcata, sia perché oltre confine la ribeJJione non era stata ancora respinta verso l'interno per un tratto così profondo da costituire una fascia di protezione intorno alla Dalmazia annessa. E proseguiva, con mano piuttosto pesante, polemizzando con Armellini: «se io avessi sospeso, o sospendessi, a causa di questa situazione da lui provocata, l'organizzazione politico-amministrativa delle tre Provincie del Governatorato, avrei dato o darei al nemico la soddisfazione di aver raggiunto il primo dei suoi obiettivi» <53 >_


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Dopo aver risposto anche agli altri argomenti trattati da Roatta, coglieva abilmente la palla al balzo, e gli annunciava che, dovendo «mantenere un più stretto contatto col tuo comando e con le Autorità Militari del Governatorato dalle quali sono separato», aveva costituito «il Gabinetto Militare per il qu~Je ho scelto un valoroso ufficiale in convalescenza per ferite [coìonnello Eugenio Morra- n.d.a.J e che quindi non viene sottratto a reparti combattenti» <B 4l. Ma la costituzione di questo ufficio, sottilmente giustificata, avrebbe determinato altre complicazioni poiché, in pratica, divenne l'ufficio operazioni dei reparti a disposizione di Bastianini. Frattanto, da Spalato, Armellini aveva assicurato l'Armata che il raggruppamento dei presìdi delle divisioni 'Sassari' e 'Bergamo' era in corso, mentre per la divisione 'Perugia' e le 'Truppe Zara', il movimento era stato sospeso a seguito del «noto intervento del Governo della Dalmazia» cssJ. Sollecitava una decisione, anche perché «durante la sua gita pasquale [lungo la costa e le isole - n.d.a.] il Governatore <86l [ ••. ] avrebbe esposto ad alcune autorità i suoi progetti di sistemazione militare della Dalmazia ed avrebbe illustrato un suo progetto di 'palificazione del confine', questa è la frase del Governatore, collocando lungh'esso una serie di piccoli presìdi [.. .]. Tale impiego non razionale delle truppe, e richieste di collocare o rinforzare piccoli presìdi [... ] per proteggere ogni cosa, sono l'indizio di una pericolosa concezione che è bene non prenda radici. D'altra pane la disponibilità del VII battaglione squadristi 'Milano' consente al Governatore di palificare con esso la linea di confine» <87l. Confermava che, sul territorio del Governatorato, per quanto consentito dalle disponibilità di uomini e di mezzi, i reparti stavano progressivamente passando dalla fase statica a quella del movimento e che, con l'arrivo di alcuni nuovi reparti, avrebbe potuto controllare le singole zone «meglio di ogni sistema di palific<1zione, mediante il movimento ordinato e coordinato di truppe di vari presìdi raccolti ed ordinati» (S8l. 1 fatti, invece avrebbero dimostrato che le previsioni del comandante del XVIII Corpo d'armata peccavano d'ottimismo, anche se in quel momento apparivano obiettive. Il 3 maggio, illustrando ai comandanti di divisione lo scopo del riordinamento dei presìdi e gl'intendimenti dell'Armata, ArmeHini affermava che, nelle province di Zara e di Spalato, «la situazione politico-militare si può considerare [... ] migliorata e comunque da guardare con piena tranquillità» <B 9}_ Intanto aveva cominciato a segnalare ali' Armata le richieste che pervenivano al suo comando dalle locali autorità civili. La direttrice della colonia marina della Gioventù Italiana del Littorio (G.I.L.) di Castel Vitturi (Spalato), aveva fatto presente che il locale presidio stava per essere ritirato e, data la scarsa sicurezza della zona, temendo per l'incolumità dei


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ragazzi, ne chiedeva il mantenimento. Dalla federazione fascista di Spalato la pratica era passata al prefetto e da questi al generale Armellini che la girò al comando dell'Armata, perché «la mentalità radicata che ogni attività debba esser salvaguardata da un presidio pare inammissibile» c90J. Dopo alcuni giorni la sezione dell'ufficio per le fabbricazioni di guerra del Governatorato chiese che il reparto di guardia alla fabbrica d'alluminio di Losovazzo fosse rinforzato con una quindicina di soldati, in modo da consentire alla direzione dello stabilimento la scorta anche notturna degli autocarri che prelevavano il carbone dalle miniere di Dernis c91 J. Ai primi di maggio, il generale Armellini, riferì ali' Armata su alcuni inconvenienti determinati da iniziative del prefetto di Zara, Vezio Orazi. Questi, nella prima decade di marzo, si era recato a Chistagne e, fatta riunire la truppa, l'aveva arringàta. Il 21 dello stesso mese si era rivolto al comando 'Truppe Zara' chiedendo il trasferimento di due ufficiali che non andavano d'accordo, pretendendo di venir informato circa i provvedimenti presi <92' . Armellini, accertati i fatti, aveva risposto al prefetto che, di buon grado, accettava e chiedeva il concorso delle autorità civili - «inteso come collaborazione nel mantenimento della disciplina» - ma di non poter <{ammettere che venissero suggeriti provvedimenti da prendere e chiesto conto dei provvedimenti» C93 >. In altra occasione, il prefetto aveva segnalato che un sottotenen~e veterinario, in servizio civile C94J, si era rifiutato di adempiere ad un incarico, ed Armellini riferiva: «Anche questa pratica ho avocato a me; l'ho risolta secondo quanto il caso importava, ma senza dare al Prefetto risposta alcuna» <95 >, Segnalava infine che, di recente, sempre a Chistagne, il prefetto aveva convocato il comandante del presidio <<per dargli l'ordine di compiere non so quale operazione» <96>, naturalmente ricevendone un cortese ma netto rifiuto. Il generale, però, dovette rendersi conto che questi episodi, a livello d'Armata, potevano apparire di scarso rilievo, e chiuse la relazione con queste parole: <<Tutto ciò, Eccellenza, io Vi riferisco non per amore del'pettegolezzo o per vana querimonia, ma solo per dimostrare l'esattezza di quanto ho arguito ed ho esposto nel mio foglio [... ] che cioè qui si continua a credere che l'autorità militare dipenda o sia comunque subordinata a quella politica locale. Un chiarimento definitivo è dunque secondo me necessario, perché - andando di questo passo - l'autorità politica continuerà a comandare ed io a disubbidire o a discuiere; !.l tutto a danno del servizio e dello spirito di collaborazione del quale - se non è sottomissione - io intendo benissimo la necessità» <97J. Mentre Armellini perorava l'indipendenza dei comandi militari, il generale Roatta gli affidò l'incarico d'esaminare le proposte dei prefetti di Zara e di Spalato per il rafforzamento delle difese alla frontiera. Il prefetto


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di Spalato chiedeva il ripristino d' un presidio, il rafforzamento d'un altro e l'istituzione di tre nuovi <9&>, tutti dalla forza almeno d'una compagnia. Per Zara, il prefetto Orazi proponeva lo scaglionamento lungo la Zerrnagna, (da Obrovazzo a Mokropolje) di sette nuovi distaccamenti dalla forza d'un plotone ciascuno; la costituzione d'un nuovo presidio a Manoilovaz senza indicarne 'la consistenza e, di ripartire un battaglione nel tratto di confine fra Rupe e Perkovié (5 km in linea d'aria); inoltre chiedeva l'invio di altri tre plotoni, uno a Breberio, uno a Zaton (presso Sebenico) ed uno a Pirovazzo (99>, Il generale Roatta, trasmettendo queste proposte ad A::mellini, aveva espresso il parere che per la provincia di Zara si potesse derogare al criterio di pochi ma forti presìdi, «visto che non esistono bande di forza notevole» e data <<la opportunità di favorire il funzionamento degli organi statali ed amministrativi periferici», ma escludeva di «seguire l'idea del Prefetto, di spargere la truppa per plotoni lungo il confine» (100>. Dopo alcune valutazioni orientative - con evidente diplomazia - pregava il generale Armellini di «fargli esaminare la bozza della risposta [per Bastianini - n.d.a.] che mi proponi» (Lon. L' 8 maggio, Armellini inviò al comandante della 2 • Armata uno schema di risposta, che non poteva «essere diversa, né maggiormente impegnativa», perché, diceva il generale, «se noi d'accordo con lui [Bastianini n.d.a.] concretassimo i presìdi nei loro particolari e ubicazione, il giorno che dovessimo ritirarne · uno dovremmo con lui iniziare le discussioni e metterci ancora una volta d'accordo . Dobbiamo invece ottenere di stabilire i nostri presìdi secondo il nostro criterio e le nostre esigenze, solo debolmente facendoci influenzare dalle richieste prefettizie, e pretendere che il Governo [della Dalmazia - n.d.a.] adegui l'impiego delle sue forze, alle nostre e alle sue esigenze insieme considerate» <102>. Non conosciamo il testo della bozza, ma è da ritenere che sia stato trasfuso in larga parte, se non integralmente, nella risposta che il comandante di Supersloda (il 9 maggio la 2 a Armata era stata trasformata nel 'Comando Superiore delle Forze armate della Slovenia e Dalmazia' detto 'Supersloda' - n.d.a.) inviò a Bastianini. Premesso che il desiderio dei due prefetti di garantire i rispettivi territori da infiltrazioni d'oltre confine era 'comprensibilissimo', tuttava non appariva realizzabile, «a meno di costituire - come diceva il generale Roatta - una specie di muraglia della Cina a scartamento ridotto; meno che mai [... ] dislocando un pò dappertutto piccoli presìdi che finirebbero, per la loro esiguità, col chiudersi dietro un muro, lasciando liberamente passare i ribelli negli intervalli incustoditi, esistenti fra un presidio e l'altro» 003l. Faceva notare - forse calcando sulle cifre - che, per realizzare quel piano, sarebbe stato necessario «l'impiego


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dai 4 ai 6 battaglioni, forza che oltre ad essere assolutamente indisponibile, specie in questo momento in cui il XVIII C .A. ha dovuto cedere per altre esigenze parte delle sue forze, sarebbe anche, permettimi di dirlo, sciupata» <104l_ Conseguentemente Roatta concludeva: «Non credo quindi - e ne sono assai spiacente - di poter accogliere integralmente i desideri espressi. Quello che posso invece fare - allo scopo principale di venirti incontro è questo: Provincia di Zara: lasciare, ed eventualmente ritoccare, l'attuale organizzazione dei presìdi lungo la Zermagna; Provincia di Spalato: rivedere Salona-Clissa, Almissa» <t05> anche se Clissa ed Almissa facevano parte dello Stato croato. Il comandante di Supersloda aggiungeva d'aver dato i necessari ordini al generale Armellini, e «la rete dei presìdi militari che così risulterà io Ti farò illustrare perché questa rete Tu possa integrare con la rete dei tuoi presidi di polizia» <106J. Infatti Bastianini, fra carabinieri, battaglioni squadristi, guardie di finanza, agenti di polizia, disponeva di oltre duemilasettecento uomini, «forza che sì può ritenere cospicua» 001 > osservava Roatta. Così al confine, rivolti essenzialmente verso l' esterno, vi sarebbero stati i reparti dell'esercito; più arretrata, per la tutela del territorio , la rete delle forze governatoriali . Ma ben più esplicito fu il comandante del XVIII Corpo d'armata, il quale, alcuni giorni dopo, parlando con i comandanti della divisione ' Perugia' e delle 'Truppe Zara' disse che: «il Governatore della Dalmazia aveva richiesto al Comando Superiore la istituzione, in aggiunta a quelli esistenti, di numerosi presidi lungo la linea di confine [. .. ] . L'Eccellenza il Comandante Superiore, su mia proposta, non ha creduto di aderire» <108>. Circa quanto indicato dal generale Roatta per Zara e Spalato, pregava i comandanti delle due unità di «voler studiare la questione e dì proporre [...] la nuova definitiva ubicazione dei presìdi militari nei rispettivi territori» (1091. Mentre sul territorio croato era in corso il raggruppamento dei reparti e nella Dalmazia annessa si stava 'studiando' , il capo di Stato Maggiore Generale, _generale Ugo Cavallero, il 14 maggio, annotava nel proprio diario: «Presiedo una riunione per esaminare il problema della Dalmazia e della Slovenia. Bisogna mantenere ad ogni costo i presìdi militari, rafforzarli e dare ad essi spirito offensivo» <110>. È da sperare che la sintesi della nota non rispecchiasse esattamente il pensiero ài chi l'aveva estesa poiché, altrimenti, si dovrebbe dedurre che , almeno per il 'mantenimento dei prec;idi' . fra Roma ed il comando di Supersloda vi fosse una distanza più ampia dell 'Adriatico, o che si parlassero lingue diverse. Ma quattro giorni dopo, in un'altra annotazione, Cavallero perveniva ad una più corretta


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visione. «Colloquio con il gen. Roatta. Mie direttive. Raccogliere le forze e dare loro molto dinamismo. Vedere di fare una migliore chiusura della frontiera croata» <111>, cioè quanto da febbraio in poi stava cercando d'attuare la 2 a Armata.

L'AGGRAVARSI DELLA SITUAZIONE IN PROVINCIA DI ZARA I COMBATTIMENTI DI ERVENICO Con l' inoltrarsi della stagione, i ribelli intensificarono l'attività non • terza e nella seconda zona, ma anche sul territorio della Dalmasolo nella zia annessa, infiltrandosi d'oltre frontiera e mobilitando elementi locali, specialmente nella zona fra Stretto ( = Tijesno) e Vodizze (=Vodice - ovest di Sebenico), che in breve divenne un serbatoio d'uomini per le bande comuniste. I primi sintomi del peggioramento della situazione risalivano al 15 gennaio, quando a Spalato era stato ucciso lo squadrista Antonio Hofmann <112>; il 19 in un'imboscata vicino a Chistagne erano caduti i carabinieri Liocola e Cesano; nello stesso giorno a Vegliano Timeto ( = Smil~ié nord-est di Zara) venivano uccisi a colpi di rivoltella il contadino Giovanni Zupan e la madre Anna Meskié <113>; il 22 decedeva a Spalato il tenente Mario Venuti, ferito in un attentato a Salona <114>. Il 15 febbraio moriva all'ospedale di Sebenico l'agente di pubblica sicurezza Sofocle Barbieri, ferito mortalmente da due sconosciuti <115>. A Ragusa, giorni prima, avevano avuto luogo i funerali del sottotenente Giuseppe Sabato, del sergente Francesco Calandra, (lei fanti Dionisio Rompili, Francesco Barocetti, Giovanni Mannino e della camicia nera Armando Lungaroni, caduti in un'imboscata <116>. A Signo, in un agguato, moriva l'autista dell'Italstrade, Silvio Iviani <111>. A marzo caddero a Stancovazzo ( = Stankovci - tra Breberio ed Aurana) due militi della forestale, Carmelo Aloi e Giuseppe Franchi <118>; il 18 a Stobrezio ( = Stobreé - est di Spalato) veniva ucciso il capitano medico Carlo Dell'Olio <119>. In aprile, da prima, a Castel Vitturi ( = Kastel Luk~ié - ovest di Spalato) fu assassinato il carabiniere Ivo Contarini <120>, il 12 una contadina di ventidue anni, Loretta Zuban in un attacco all'autocorriera per Zara <121>; tre giorni dopo, a Sebenico, cadeva il vice-brigadiere di pubblica sicurezza Giuseppe Caprara in un conflitto a fuoco con alcuni comunisti <122>. Da questi fatti, che in parte potevano considerarsi intimidatori o delinquenziali, con il mese di maggio i ribelli passarono ad azioni organiche, impegnando l'esercito in operazioni militari, mentre continuava lo stillicidio delle soppressioni per vendette, rapine o grassazioni.


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Durante la notte del 9 maggio, una quarantina di ribelli assaltò il posto fisso dei carabinieri a Brusca ( = Bruska - una decinda di km a nordest di Bencovazzo), costituito da sei militi dell'Arma; dopo una violenta improvvisa azione di fucileria, con il lancio di bombe a mano provocarono il crollo del tetto della casermetta; il carabiniere Gelasio Bellocchio rimase ucciso e gli altri cinque feriti 023l. Il 13, al di là deHa frontiera una banda di circa duecento armati attaccò la linea ferroviaria Tenìn-Gracac, con una più accentuata gravitazione sulla stazione di Plavno, dove i ribelli, impiegando armi automatiche e con l'appoggio di un pezzo da 65/17, concentrarono i loro sforzi per far saltare la galleria di Bender. Il combattimento si protrasse per l'intera giornata ed i ribelli, respinti, ebbero una quarantina di perdite; da parte italiana caddero un capitano, due soldati e si ebbero ventun feriti 0 24>. Nella stessa giornata, poco oltre il confine, in un rastrellamento nella zona di Popova Kapa, reparti della 73 • legione camicie nere, accerchiarono una sessantina d'armati provenienti dalle Alpi Bebie (=Velebit) e venti furono passati per le armi <125>. Il giorno successivo, altri ribelli vennero dispersi nella zona di Raducicco, in territorio italiano <126>. Bastianini, il 16 maggio, segnalava al generale Roatta che nei pressi di Chistagne erano stati avvistati «numerosi armati, in numero di circa duecento che compivano delle esercitazioni militari» <121>. «Ciò che colpisce [... ] - scriveva il Governatore - è la presenza pressoché indisturbata di un così numeroso gruppo di ribelli in una zona di confine[ ... ] e soprattutto il fatto che una banda di simile entità abbia potuto in cunearsi, sembrerebbe impunemente, tra il territorio annesso e le nostre truppe della Divisione Sassari>> 028l. (A questa affermazione Roatta, con una nota a margine, avrebbe contrapposto: «Non sono, secondo Armellini, ribelli venuti dal di fuori ma sono della zona stessa» <129l). Bastianini, quindi, insisteva su un concetto per lui essenziale, quello della «assoluta imprescindibile necessità che il confine della zona annessa venga guardato da adeguati presìdi, e che tra i presìdi stessi non abbiano a verificarsi soluzioni di continuità tali da permettere incuneamenti o penetrazioni» <130>. E chiamò in causa anche Io stesso Roatta, poiché gli disse di ritenere «che sia anche tua preoccupazione quella di tutelare e di difendere il territorio della Dalmazia italiana impedendo che esso debba diventare campo di battaglia tra le nostre truppe e i ribelli. La loro presenza ed il loro bivaccare al nostro confine mi pare documenti ben chiaramente il pericolo che minaccia la zona annessa» <13 1>. Non sappiamo se questa valutazione del Governatore fosse dettata da intuizione o basata su informazioni; ma nello spazio d'alcuni giorni la sicurezza della frontiera in provincia di Zara sarebbe stata messa alla prova. Il 18 maggio, al di là del confine, in località Marinkovica (fra Tiskovac


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e Plavno) una consistente banda di ribelli tese un agguato ad una colonna formata da un battaglione di fanteria rinforzato, e da una batteria da 75/27 . Per cinque ore si sviluppò un duro combattimento ed artiglieri e fanti gareggiarono nella difesa dei pezzi <132>. I ribelli furono respinti lasciando sul terreno sessantadue morti accertati; ma anche da parte italiana le perdite furono pesanti: ventotto caduti e quarantacinque feriti (IHJ. Il giorno successivo, nel rastrellamento dell'altopiano di Plavno, vennero catturati centocinquanta armati, che furono portati a Tenin <134>, Evidentemente, le preoccupazioni di Bastianini per possibili minacce d'oltre frontiera non erano infondate. Ad Ervenico (circa 40 km ad est di Zara), ~in dal 18 maggio, si era a conoscenza d'un addensamento di uomini nel bosco di Pajié <135> e fra Dolac e Macure, oltre il confine. Nulla, però, lasciava supporre un attacco al presidio tenuto dalla 504 3 compagnia mitraglieri e da due plotoni mitraglieri della 547 3 ; ma il mattino del 20, i ribelli si mossero in forze. Il primo urto venne sostenuto dai reparti sul posto 036>, mentre il comandante del 'Fronte a terra' del comando 'Truppe Zara', colonnello Vincenzo Carlà, da cui dipendeva il settore di Ervenico, si portava rapidamente in zona, giungendovi «in un momento che sembrava tragico perché mentre forti nuclei nemici coronavano le alture immediatamente a nord del paese e cima Stràzbenica, la popolazione dei paesi di Dolac, Kostine [recte: Kostice], Macure ed altre borgate (in prevalenza donne e bambini) terrorizzata affluiva in Ervenico, dove arrivavano pallottole sparate da nuclei ribelli già scesi nei boschi dei dintorni del paese» <131>. Il combattimento, che durò tre giorni, avrebbe dimostrato la debolezza della difesa al confine e la difficoltà di radunare una forza da contrapporre ai ribelli. D'ordine del comandante le 'Truppe Zara', generale Ruggero Cassata, quello stesso mattino del 20 venne inviata ad Ervenico la 16 8 compagnia del battaglione 'Cadorna', di stanza a Bencovazzo, rinforzata da trenta uomini della 2 a compagnia del battaglione •niaz'. Il colonnello Carlà prelevò dal presidio di Chistagne un plotone mortai da 45, mise in allarme il presidio di Biovicino Selo - una ventina di uomini fra carabinieri e camicie nere - (a circa sei km ad ovest di Ervenico), e con i reparti sopraggiunti e le compagnie mitraglieri del posto formò due colonne leggere, di forza quasi eguale; quella di destra al comando del capitano Lionello (Nello) Carvin e l'altra del capitano Bruno Sorich, che per itinerari diversi avrebbero dovuto congiungersi nella zona di Dolac-Macure 038>. L'azione poté aver inizio solamente verso mezzogiorno, e le colonne, combattendo, raggiunsero i primi obiettivi intermedi. I ribelli, contrariamente all'usuale tattica d'evitare agganciamenti, accettarono combatti,


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(scala 1:325.000) Combattimento di Ervenico (20-22 maggio 1942). L'asterisco nell'ovale nero a nord-ovest cli Ervenico indica il posto dove il prefetto cli Zara, Vezio Ora1.i, perdette la vita (26 maggio 1942) per una imboscata dei partigiani. Combattimento di NuniĂŠ - Bijelina (7'giugno 1942). La linea indica il confine della Dalmazia annessa con lo Stato croato.


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mento, «rafforzando [ ... ] i nuclei avanzati dei quali molti appostati nei boschi»· e facendo «entrare in azione dei lanciabombe tipo 'Stokes'>> (139>, in prevalenza contro le postazioni delle armi automatiche. Nonostante la resistenza dell'avversario, le due colonne progredirono, ma <<la colonna Carvin, lasciatasi trascinare dal terreno e per eccessivo impulso del suo comandante, andò restringendo la formazione, deviando a sinistra [ ... ] esponendosi a gravi perdite da parte dei molti nuclei nemici appostati su largo fronte, nei numerosi appezzamenti boscosi che vennero, così, a risultare sul fianco» <140>. Cadde il sottotenente Diego Battestin; il capitano Carvin fu ferito; il sottotenente Giuseppe Senatore, ferito, venne catturato dai ribelli ed ucciso <141>. La colonna Carvin correva il pericolo di restare accerchiata ed il colonnello Carlà, non avendo alcun reparto in riserva, inviò tre autocarri a Mokropolje (circa otto km sulla destra), dove si trovava la 4a compagnia del LXXXV battaglione 'M', con l' ordine di trasferire ad Ervenico metà della forza . Ma il comandante delle camicie nere oppose che, <<essendo il suo reparto a disposizione del Prefetto della Provincia di Zara, non poteva esaudire la mia richiesta - come avrebbe riferito il colonnello Carlà nella relazione sul combattimento - e mi rimandò vuoti gli autocarri» <142>. Il colonnello, sotto la propria responsabilità rinnovò l'ordine, che questa volta venne eseguito, e sia pure con notevole perdita di tempo la colonna Carvin fu tratta dalla pericolosa situazione in cui si trovava. (CARTINA N. 8). Nel corso del pomeriggio, il colonnello Carlà fece inviare dal presidio di Zegar (un nove km sulla sinistra) un plotone mitraglieri della 548" compagnia in località Prndelj, in modo da costituire una potenziale minaccia sul fianco dei ribelli qualora avessero esteso l'azione sulla loro destra; allertava la banda cetnica di Krupa per un'azione contro le retrovie avversarie in zona Macure; otteneva in rinforzo un plotone mitraglieri dal presidio di Obrovazzo. I ribelli, invece, attaccarono - senza successo - sulla loro sinistra il posto di blocco di Mokropolje, mentre un altro gruppo, intorno alle ore 20, sul rovescio di Ervenico, mosse contro il paese di Biovicino Selo, ma si scontrò con 1'8• compagnia del battaglione 'Rismondo', che stava arrivando da Bencovazzo. Senza perdite, respinse i ribelli che ebbero quattro morti <143 >, Nel frattempo il comandante della compagnia del battaglione 'M', avendo ricevuto da Zara l'autorizzazione di mettersi a disposizione del colonnello Carlà, aveva spostato anche l' altra metà della forza ad Ervenico, ripristinando il reparto nella sua organicità <144>_ A sera il combattimento si affievolì e, mentre i ribelli si attestavano sulle colline, i reparti italiani si sistemarono per la notte a difesa del paese.


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L'azione venne ripresa al mattino del 21 secondo lo schema delle due colonne, ma questa volta con l'Sa compagnia del battaglione 'Rismondo' e la compagnia camicie nere, che avanzarono con l'appoggio d'una sezione da 65/ 17 e d'una da 47 /32, giunte nella notte, mentre alcuni aerei spezzonavano le posizioni dell'avversario, ed in particolare la zona Dolac-Macure C145l_ I ribelli, respinti dalle alture, cominciarono a ripiegare. Come azione concomitante, il comandante della divisione 'Sassari' aveva inviato un battaglione di fanteria con alcuni pezzi d'appoggio nella zona di Pagene ( = Padjene), oltre ad un battaglione della 73 a legione della milizia, per procedere al rastrellamento della zona di Previjes, circa quattro chilometri a nord-est di Mokropolje. Dapprima i ribelli, che sorvegliavano da lontano i movimenti dei reparti italiani, si ritirarono, ma nel primo pomeriggio tornarono in forze, impegnando il battaglione della milizia ed una compagnia di fanti, sino a distanza di bombe a mano, ma senza successo e con una trentina di perdite, mentre da parte italiana, fortunosamente, si ebbero soltanto due feriti 0 46l. Il 22 maggio, ad Ervenico, il nemico incalzato era in ripiegamento. Complessivamente, in quei tre giorni di lotta le perdite italiane ammontarono a due ufficiali .caduti (sottotenenti Diego Battestin e Giuseppe Senatore), un ufficiale ferito (capitano Lionello Carvin) , un ufficiale disperso (sottotenente Paolo Bertagna), dieci caduti fra sottufficiali e truppa, ventun feriti e quarantanove dispersi, per un totale di ottantaquattro uomini <147). Nel diario storico del comando 'Truppe Zara', sotto la data del 21 maggio, fu annotato: «I militari che erano stati segnalati mancanti sono da ritenersi uccisi» 0 48l; tuttavia qualcuno si salvò, come il sottotenente Bertagna, rilasciato dai partigiani a metà agosto del 1943 <149l . Questo fatto d'arme diede a Bastianini nuovi argomenti per i suoi rilievi sulla insicurezza del confine, ed il 22 maggio inviò al generale Roatta una lettera, formalmente corretta, ma sostanzialmente dura. Ancora una volta gli faceva presenta «la necessità di organizzare in qualche modo una difesa efficace del confine che attualmente non è solo aperto, ma indifendibile per mancanza di truppe e di mezzi» <150l . Sotto]ineava che «l'invasione delle Provincie della Dalmazia da parte dei ribelli sarebbe politicamente un disastro - ed io ho l'obbligo di ripeterlo - non solo per le conseguenze immediate, ma anche per quelle che avrebbe successivamente in rapporto al futuro assetto adriatico-balcanico» <151 >. Il Governatore, riprendendo le parole di Roatta, controbbatteva che «la costituzione di una muraglia della Cina al confine fra l'Italia e la rivoluzione antitaliana è proprio quello che le necessità politiche interne ed internazionali richiederebbero» <152>. Ed aggiungeva che, «se questo non è possibile, necessita però assicurare con altri


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mezzi che non spetta a me individuare, il raggiungimento dello scopo .di scongiurare in maniera assoluta il pericolo che in territorio annesso e cioè in terra italiana si costituisca una zona neutra o una zona di combattimento» (153). A queste considerazioni di carattere politico, il Governatore faceva seguire un'analisi delle forze, osservando che, mentre i ribelli si sentivano tanto sicuri da inviare veri e propri ultimatum di sgombero dalla Dalmazia, «noi non possiamo far niente di concreto contro di loro, almeno in Provincia diZara, dove per far fronte all'ammassamento ribelle di Ervenico abbiamo dovuto impiegare tutte le forze esistenti tra Zara e Bencovazzo e • la Legione CC.NN. (camicie nere - n.d.a.] di Zara. Ciò fatto, mobilitare in questo momento, .non vi sono altre forze armate in Provincia che una Compagnia di Fanteria a Zara città e una a Bencovazzo. I cittadini di Zara sono alla frontiera come Camicie Nere. E non si possiede né una batteria di artiglieria, né una qualunque riserva d'uomini>> 0 54l. Analisi esatta, come esatte erano le conclusioni. «Poiché tali forze sono state inviate dove la minaccia era in corso ed ivi hanno combattuto con perdite, il resto del confine è aperto in quattro o cinque località da dove i ribelli potrebbero tranquillamente raggiungere Bencovazzo e il campo d'aviazione di Zemonico senza incontrare che la Compagnia ad effettivi scarsi di Bencovazzo! E se questo avvenisse, non si avrebbe che la sol.a Compagnia rimasta a Zara come massa di manovra! Artiglieria niente, autocarri tre o quattro in tutto» <1H>.

Bastianini, inoltre, domandava a Roatta se si poteva ancora «pretendere dalle popolazioni di confine ed anche da quelle del resto della regione di resistere, come hanno fatto finora, alle sollecitazioni ed alle minacce che ricevono dai ribelli, se noi non potremo dare loro l'impressione di poterle difendere dalle vendette a cui si sono esposte» <156l. I timori del Governatore · dovevano esser veramente sentiti, poiché per due volte fece ricorso ad un verbo per lui non usuale: «io ti scongiuro (... ] di affrontare con ogni mezzo la questione dei confini», e dopo poche righe «ti scongiuro di ottenere quello che ti occorre per impedire che la terra italiana della Dalmazia sia un giorno o l'altro invasa dai ribelli» <151>. Nello stesso giorno in cui Bastianini, personalmente, scriveva a Roatta, il c0lonnello Eugenio Morra, capo del gabinetto militare del Governatore inviava a Supersloda una relazione sui combattimenti di Ervenico, e nelle considerazioni ricalcò i punti già espressi da Bastianini, facendo rilevare che «l'Eccellenza il Governatore ha insistit9 nel precisare le sue deduzioni d'indole politica ed i provvedimenti che ritiene conseguentemente necessari, esprimendo il desiderio che ne sia informato codesto Coman-


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do» <155l. A Supersloda perveniva, inoltre, un telescritto del generale Armellini per informare che «situazione at confine Zermagna, che potrebbe smentire ripetute assicurazioni date circa tranquillità provincie dalmate preoccupa molto Governatore che vorrebbe garanzia impenetrabilità ribelli nel territorio annesso» <159>. Dopo aver sottolineato che «tale assicurazione est ovviamente impossibile darsi» <160>, il comandante del corpo d'armata lasciava trasparire quasi un senso di distaccata impotenza. Riferendo sull'esito d'un rastrellamento diceva che si erano avuti «i soliti risultati: nemico si est ritirato con perdite salvo a ricomparire»; dopo aver comunicato l'invio sulla linea della Zermagna di due battaglioni per un altro rastrellamento, ne annunciava l'inizio «fra una decina di giorni con tutte ie forze che potrò raccogliere» 061 >. Infine, chiudeva il telescritto con un rassegnato «si fa quel che si può», ed evidentemente riferendosi al Governatore, aggiungeva «bisogna che situazione sia considerata con calma et non da un solo et particolare et forse personale punto di vista» C1621 • Mentre Armellini si esprimeva in questi termini, Bastianini scriveva a Luigi Russo, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, che ai confini della provincia di Zara vi era stata «una fortissima pressione di bande ribelli o, meglio, partigiani, in gruppi numericamente molto forti e contro i quali le scarse truppe da noi poste a presidio della frontiera non hanno potuto svolgere alcuna azione concreta di forza sopportando invece in un settore dure perdite» 063>. Precisava che questi avvenimenti erano stati determinati da «una chiara insufficienza di uomini e di mezzi da parte nostra, che io non faccio che segnalare da vari mesi ai comandi militari competenti, scongiurando che, come prima precipua preoccupazione da parte loro, vi sia quella di disporre un'adeguata difesa al confine della Dalmazia>> c164l. Ricalcava, poi, il concetto per lui fondamentale: «Bisogna[ .. .] evitare che, per il fatto che le nostre unità militari sono dislocate indifferentemente sia nella zona annessa, che nel retroterra, quelle che sono vere e proprie Provincie italiane non debbano avere, dal punto di vista della protezione militare, quella considerazione che loro compete come tali, e si debba invece impunemente lasciare che esse vengano trasformate in campo di battaglia, esattamente com'è campo di battaglia il territorio croato» <165>. Tesi, questa, che nell'ambiente politico di Roma avrebbe trovato naturale accoglienza e che Bastianini intendeva sfruttare cercando, come diceva a Russo, di «fare proseliti perché queste mie considerazioni possano trovare il maggior numero di autorevoli illustratori, dato che, tu condividerai con me, sarebbe una vera e propria calamità nazionale che questa Dalmazia che la nostra fede di decenni e le nostre armi ci hanno dato, debba venire anche


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solo in minima parte preda del bolscevismo militante» <166>. La lettera si concludeva con una frase molto significativa: «Spero che ascolterai queste mie parole e che saprai convenientemente riportarle» <167>. Era quindi prevedibile che, data la posizione e le funzioni di Russo, la questione sarebbe finita sul tavolo di Mussolini. Armellini stesso, in una relazione a Supersloda, giudicava la situazione «sensibilmente aggravata» 068l, non solo perché con il ritiro dei presìdi dalla terza zona si era determinata una gravitazione delle bande su Tenìn e sulla ferrovia per Gracac, ma anche perché «il compromesso nostro prestigio, in seguito al ritiro dei presìdi, ha dato maggior presa alla propaganda comunista» 069l , e le formazioni ribelli si stavano rivelando più ardite e numerose. Oltre tutto, secondo il comandante del corpo d'armata, la situazione era «aggravata dall'intervento dei governi della Dalmazia e della Croazia: l'uno perché ritiene compromesso il proprio prestigio se i ribelli varcassero il confine, fingendo di non sapere che di ribelli la Dalmazia è già piena; l'altro perché ritiene compromesso il proprio prestigio dalle organizzazioni cetniche, fingendo di non sapere che queste· formazioni sono molto utili ai fini della lotta [anti] comunista» <170l. Ma se per Bastianini i pericoli proven.ivano d'oltre frontiera, per Armellini erano, in larga parte, dovuti a quanto stava succedendo nelle stesse province della Dalmazia, dove «molti sono ormai quelli che lasciano le case per unirsi alle formazioni ribelli e dalle quali i ribelli traggono mezzi e risorse», promuovendo un «fuoruscitismo organizzato da veri e propri arruolatori» <171>. Poco più di un mese dopo, lo stesso Armellini - in una Relazione periodica a Supersloda - avrebbe in parte, ma significativamente, riveduto le proprie valutazioni ammettendo che «il piano dei ribelli dalmati era di vasta portata; loro scopo era quello di sommergere la Dalmazia annessa impadronendosi dei maggiori centri: Zara, Sebenico, Spalato. A tal fine era predisposta un'azione di partigiani che dal di fuori dovevano penetrare in Dalmazia mentre nelle varie località interne doveva scoppiare la ribellione. Fin dail'aprile scorso fuorusciti isolati od a piccoli gruppi rientrarono in Dalmazia per fare propaganda, preparare la sollevazione e mantenere i contatti con le bande di fuori. Gli scontri del 20-21-22 maggio u.s. hanno avuto luogo contro bande che dall'esterno tentavano di penetrare in Dalmazia e contro formazioni ribelli costituite all'interno della Dalmazia che si erano mosse per agevolare il compito di quelli provenienti dall'esterno» <112>. A parte queste riconsiderazioni, la pressione dei ribelli sulla frontiera aveva dimostrato la realtà delle molte carenze, ma per provvedervi sarebbe stato necessario che il prefetto di Zara perdesse la vita in una imboscata.


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LA MORTE DEL PREFETTO DI ZARA, VEZIO ORAZI Il 26 ottobre 1941, era stato nominato prefetto di Zara l'avvocato Vezio Orazi o73 >, già segretario federale di Roma, uomo più d'azione che da tavolino, il quale ben volentieri abbandonava la scrivania per recarsi, anche senza scorta, nelle zone più interne ed inquiete della provincia, non disdegnando, all'occasione, d'imbracciare il moschetto. Nel pomeriggio del 13 maggio, assieme al comandante dei carabinieri di Zara, capitano Umberto Bonassisi, ed al comandante della tenenza di Chistagne, tenente Giannetta Rogani, si era recato nella zona fra Raducicco ( = Raducié) e Mokropolje per rendersi conto delle condizioni del posto. Avendo incontrato una formazione di soldati che stava eseguendo un rastrellamento, il prefetto con i due ufficiali, «imbracciando moschetto che avevano in macchina univansi reparto alt Aperto fuoco dai ribelli verso loro direzione prefetto Orazi ponevasi decisamente linea con ufficiali et fanti et con esempio incitatore lanciavasi inseguimento, attraverso boscaglia» 0 74>. L'azione durò un paio d'ore ed i ribelli si dispersero lasciando un morto sul terreno ( 11s>. Analogamente, il mattino del 26 maggio, Orazi, «senza comunicare il giro d'ispezione che avrebbe eseguito ad alcuno, tranne al personale che Io ha accompagnato» <116J, con il segretario particolare, dottor Franco Del1' Arte, il capitano Bonassisi, il tenente Rogani, montò sulla macchina di servizio, guidata dal brigadiere di pubblica sicurezza, Pietro Bardelloni, e senza altra scorta prese la strada di Bencovazzo. Il prefetto, come avrebbe telegrafato al ministero dell'interno il direttore generale della polizia del Governatorato, volle «evidentemente recarsi visitare le truppe che nella giornata di ieri vi erano state dislocate a rinforzo degli scarsi presìdi [... ] e prendere visione personalmente delle misure che erano state adottate a difesa della frontiera della sua provincia. Egli ben sapeva di esporsi a grave pericolo e forse temendo di esserne distolto è partito senza darne avviso» onJ. Il colonnello Vincenzo Carlà, che si recava per servizio ad Ervenico, verso le 10 del mattino incontrò il prefetto a Chistagne. Fermatosi per salutarlo, apprese che Orazi era diretto a Raducicco <118l . Il colonnello Io sconsigliò vivamente di non proseguire poiché, dopo i combattimenti dei giorni precedenti, la zona non poteva dirsi ancora sicura. Ma Orazi non ne tenne conto. Circa due ore più tardi, il colonnello Carlà, tornando da Ervenico, lo incontrò nuovamente, questa volta a Mokropolie, e rimase molto preoccupato nell'apprendere che intendeva proseguire per Ervenico. Fece il possibile per dissuaderlo, ma senza esito, tanto che rinunciò alla propria scorta (un autocarro), che distaccata dal presidio di Ervenico avrebbe, poi, dovuto rientrare, e fece accompagnare Orazi.


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II prefetto giunse ad Ervenico verso le 12.30. Accolto dal tenente colonnello Antonio Destino, nuovo comandante del presidio, visitò i reparti che avevano sostenuto i recenti combattimenti <119l. Dopo mezz'ora decise di tornare in sede seguendo l'itinerario Zegar-Obrovazzo-Zara. Anche il tenente colonnello insistette per fargli accettare una scorta, ma senza esito. Soltanto dopo nuove e reiterate pressioni, Orazi acconsentì che il sottotenente Giacinto Trupiano (doveva tornare a Zara dopo aver rifornito di munizioni una sezione da 65/17) lo seguisse con i suoi due automezzi <180>. Poco dopo le 13, da Ervenico, uscì per prima l'autovettura del prefetto, qujndi un autocarro con il sottotenente Trupiano , sette soldati e due mitragliatrici; sul secondo automezzo quattro militari, l'autista, ed una mitragliatrice. La colonna si era appena avviata, quando il sottotenente fermò il proprio autocarro per far scendere il caporal maggiore Caringhella che aveva dimenticato l'elmetto, dando ordine al secondo automezzo di attendere sul posto il rientro del graduato. Intanto la vettura del prefetto si era allontanata per oltre un migliaio di metri, giungendo isolata in località 'Pozzo Nero ' ( = Crni Bunar), dove la strada, larga non più di quattrocinque metri, corre in mezzo a due alti muretti a secco, con dietro il bosco. Defilati da quei muretti, una decina di armati, al comando di Bofo Blazevié, si erano appostati per proteggere il ripiegamento oltre la Zermagna della prima compagnia del battaglione 'Bude Borjan' <181 >. (CARTINA N. 8). I ribelli, vedendo .u n'isolata automobile civile, attesero di averla a tiro, e aprirono il fuoco con mitragliatori e lancio di bombe a mano. L'autista, brigadiere Bardelloni, rimase ucciso al posto di guida e la macchina si fermò . Il prefetto, il capitano Bonassisi, il tenente Rogani, il segretario Dell'Arte, saltarono a terra, e facendosi schermo con la vettura cercarono di rispondere al fuoco. Àltre raffiche di mitragliatore, sparate quasi a bruciapelo, ferirono mortalmente il prefetto, freddarono il capitano Bonassisi, colpirono al petto ed al fegato il dottor Dell'Arte. Il ten~nte Rogani, unico superstite, ferito leggermente alla mano, corse verso l'autocarro del sottotenente Trupiano che, sopraggiunto, aveva aperto il fuoco con le due mitragliatrici. Un paio d'uomini e l'ufficiale saltarono a terra per prendere posizione, ma una delle mitragliatrici venne posta fuori uso da una raffica di colpi. L'altra, servita dall'artigliere Ghiggi, ferito alle gambe, impegnava i ribelli. II fuoco dei partigiani si concentrò sull'autocarro; lo scoppio d'una bomba a mano dentro il cassone sbalzò a terra il Ghiggi; il sottotenente Trupiano venne colpito in pieno; tre soldati erano già morti, gli altri due e l'autista più o meno gravemente feriti; l'autocarro colpito al serbatoio s'incendiò l 182i. L'azione si era esaurita nello spazio di alcuni minuti.


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Il tenente Rogani, con l'unico soldato ancora in condizioni di camminare corse incontro al secondo autocarro che, al rumore delle raffiche e delle esplosioni aveva accelerato. Il tenente fece invertire la marcia all'automezzo per portarsi il più rapidamente possibile ad Ervenico e dare l'allarme. Ma prima di giungere in paese, vide avanzare sulla strada due compagnie autocarrate al comando del tenente colonnello Destino. Avvertito dalle vedette, poste in allarme dal fumo dell'autocarro incendiato, si stava precipitando sul posto dell'agguato. Trovò i cadaveri del capitano Bonassisi, del sottotenente Trupiano, del brigadiere Bardelloni, degli artiglieri Michele Campanella, Dino Cialdai ed Arnaldo Zoppi 083). Il prefetto spirava poco dopo fra le braccia del tenente Enrico Natlacen <184>. «Devesi alia rapidità dell'intervento dei rinforzi se i ribelli, i quali già prima che il tenente Rogani si allontanasse dal posto detl'aggressione, avevano cominciato a scavalcare i muretti e scendere sulla strada, non abbiano seviziato i morti ed i feriti come purtroppo .è loro costume, ma si siano limitati ad asportare le sole armi degli infortunati dell'autovettura» rissJ. Le compagnie sopraggiunte, pur rastrellando il terreno pet cinque ore consecutive e per un raggio di parecchi chilometri, trovarono solamente un portaordini, «che essendosi rifiutato ostinatamente di parlare est stato passato per le armi» 086>. Appena alcuni giorni dopo, dai necrologi della stampa di Zara e di Spalato, i ribelli sarebbero venuti a conoscenza che in quell'agguato avevano ucciso il prefetto di Zara (187). La morte di Vezio Orazi ebbe risonanza non soltanto in Dalmazia ma anche sulla stampa nazionale e specialmente a Roma. L'Agenzia Stefani diramò un apposito comunicato, e la Direzione del Partito fascista ricordò la scomparsa del prefetto sul Foglio disposizioni <188'. In particolare fu colpita l'opinione pubblica di Zara che sino a quel momento, sembrava aver vissuto gli avvenimenti della Dalmazia ignorando quanto avveniva anche a pochi chilometri di distanza, ma ora reclamava immediate ritorsioni. Già la morte del sottotenente Battestin, durante i combattimenti di Ervenico, aveva suscitato profonda impressione; era un universitario molto noto in città e la popolazione gli aveva reso gli onori con un imponente partecipazione al funerale. Aveva determinato un senso di orgoglio, ma anche di preoccupazione, che le due colonne impegnate nei combattimenti del 20 maggio fossero state comandate da zaratini, il capitano Lionello Carvin, figlio del preside dell'Istituto tecnico, ed il capitano Bruno Sorich, canottiere d'alta classe, campione d'Italia e d'Europa che aveva preso parte alle Olimpiadi di Parigi <189l, e che con quei reparti altri ufficiali zaratini fossero stati in linea <190l. Oltre al prefetto ed al capitano Bonassisi, da anni a Zara e ben voluto, era caduto un altro iscritto al locale Gruppo universitario, il sottotenente Trupiano, laureato in matematica e docente all'Istituto magistrale.


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La morte di Orazi, le modalità dell'agguato approssimativamente conosciute dalla popolazione di Zara, il numero dei caduti, le scarse notizie che la gente aveva della situazione fuori dalla cinta di Zara, dettero corpo a supposizioni, e si vociferava che i partigiani fossero stati avvertiti da un loro informatore che operava in città. Ma si trattò d'una voce nata più che altro dalla incredulità. Nessuno aveva mai pensato che un fatto tanto clamoroso e doloroso potesse succedere in quella provincia di Zara che le autorità, ufficialmente, davano per tranquilla e sicura. Che a Zara vi potessero essere informatori dei ribelli, non è certo da escludere, ma la morte di Orazi fu dovuta soltanto al caso ed a fortuite coincidenze di tempo e di luogo . • Bastianini, appena ricevuta la notizia dell'imboscata informò il generale Roatta; dal testo del telegramma, al momento della spedizione, furono cancellate (probabilmente dal segretario particolare del Governatore, dottor Egidio Ortona, che siglò il modulo) alcune parole che, in quel momento avrebbero potuto assumere un significato inopportunamente polemico o venir interpretate come imputazione di responsabilità. Dopo aver detto che l'agguato era stato effettuato da bande ribelli, fu cancellata la frase «dilagate attraverso larghi intervalli tra Presìdi di frontiera» 0 9 1>. Roatta, pur senza conoscere questo inciso, intuì che la morte di Orazi avrebbe coinvol-· to l'esercito, e subito rispose al Governa~ore, assicurandolo di aver impartito disposizioni ad Armellini di tener «ben presente necessità di impedire che forze ribelli penetrino in prima zona» <192>: era un riconoscimento delle preoccupazioni di Bastianini. Da parte sua, il generale Armellini assicurava Supersloda che «situazione nord Zermagna et regione Tenìn est da me seguita attentamente» e, quasi per mettere le mani avanti, diceva d'aver predisposto un'azione, «con tutte forze che potrò raccogliere in seguito rientro dei presìdi (,) compimento bonifica (,) riposo cui hanno bisogno reparti» <193>. Ma, in altre parole, non immediatamente. I funerali del prefetto e degli altri caduti ebbero luogo in forma solenne nel pomeriggio del 28 maggio 0 94>_ In quest'occasione, il comandante del corpo d'armata ebbe un colloquio con Bastianini e gli illustrò l'organizzazione militare in atto sul territorio della Dalmazia annessa «e quella che potrà essere in avvenire dopo [av]venuta la riduzione dei presidi della 2 e della 3 zona» <195>. Armellini, secondo quanto fu registrato nel diario storico, avrebbe anche affrontato «ampiamente e francamente la questione delle relazioni fra Governo e Comando di Corpo d'armata, relazioni infirmate per aver il Governatore mostrato in varie occasioni di volersi intromettere in questioni militari che non gli competono» <196>. E, quasi a commento, veniva annotato: «il Comandante spera che la sua franca parola sia servita a dirimere ogni dubbio ed a chiarire quali debbono essere le relazioni reciproche ed i compiti rispettivi» <197J.


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I CRITERI DI ARMELLINI E L'INTERVENTO DI ROMA Molto probabilmente, l'esposizione che Armellini fece a Bastianini sulla nuova organizzazione territoriale del corpo d'armata, ricalcò i criteri esposti in un progetto (i 9sJ che, il giorno successivo al colloquio con il Governatore, il generale inviò al comandante di Supersloda. In questo studio, Armellini aveva delimitato il 'territorio da conservare' con una linea che, seguendo il corso della Zermagna, raggiungeva Tenìn, proseguiva sino a Signo e, quindi piegava al mare, a sud di Spalato, mantenendo il paese di Zadvarje (sulla Cetina), data l'importanza di quella centrale idroelettrica, e la località di Baska Voda (una decina di km a sud-ovest di Macarsca) per il controllo del Canale della Brazza. II resto del territorio - secondo Armellini - doveva esser sgomberato, anche se era prevedibile «quanto potrà esser per noi dannoso e pregiudizievole l'abbandono ai croati - cioè all'insidia di nemici tanto più pericolosi in quanto la loro inimicizia manifestano in modo subdolo - di parte delle coste dalmate» <199>. Nel più ristretto territorio, il compito del corpo d'armata sarebbe stato soltanto difensivo <200 >; e, alle considerazioni d'ordine militare, il comandante del corpo d'armata faceva seguire alcune valutazioni politiche, certamente discusse con il Governatore, perché dopo alcune settimane, Bastianini le avrebbe adottate. «Il credere di stroncare la ribellione con le sole operazioni militari, è secondo me, - scriveva Armellini - per l'esperienza fatta in altri tempi [probabilmente in Etiopia - n.d.a.J e per quella che ora si sta facendo, un illusione. Le operazioni militari debbono essere - per lo meno accompagnate da una azione politica intesa a redimere le cause che la ribellione hanno provocato» <201 >. Non è da escludere che il generale abbia esposto al Governatore anche la propria opiniòne sulle ragioni o i motivi che avevano provocato lo stato di ribellione, e sintetizzate nelkrstudio in tre punti: «a) - l'aver creato un Governo italiano in Dalmazia; b) - l'aver creato un Governo croato nei territori ex-jugoslavi; c) - lo stato di guerra con la Russia la quale unitamente all'Inghilterra, ha organizzato e perfezionato le sue retrovie fino al mare Adriatico» <202>. È pure probabile che egli abbia illustrato a Bastianini le valutazioni politiche considerate nel progetto: se per eliminare le cause connesse alla campagna di Russia si doveva attendere la vittoria dell'Asse, le altre due non si potevano «rimuovere perché anche riconoscendo l'errore - come in genere, e ragionando a fil di logica, ritengo tutti riconoscano - non si può tornare indietro per ovvie considerazioni» <203>. Quindi, Armellini affrontava la parte più delicata dello studio: prevedendo che la ribellione sarebbe continuata, poiché le cause che l'alimentavano, comprese fra queste il Governatorato della Dalmazia, erano ormai ineliminabili,


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suggeriva, almeno di «ridurne gli effetti che gli insopprimibili errori commessi producono per non provocare il perpetuarsi di una infelice situazione» (204). A suo giudizio, questo obiettivo avrebbe potuto esser raggiunto: «a) - richiamando alla realtà il Governo della Dalmazia in modo che attui un atteggiamento che anziché esasperare gli animi ed esaltare le contrarietà e l'odio della popolazione contro di noi, attenui e smorzi questo sentimento. Un atteggiamento conciliativo cioè e non di imposizione e di forza in armonia al passaggio - nel campo militare - dal concetto dell'offesa a quello della difesa; b) - estromettendo completamente il Governo croato da quella ormai limitatissima porzione della seconda zona che occuperemo e che risulta vitale agli effetti della conservazione del territorio nazionale lasciandogli in compenso che eserciti come meglio crede la sua azione di Governo nel rimanente territorio e dimostri così a noi e al mondo se realmente ha raggiunto la sua affermata maturità di governare; c) - eliminando in modo assoluto ogni e qualsiasi anche larvata forma di compartecipazione e condominio sull'esercizio del comando militare da parte dell'autorità di governo perché ciò :_ nei riguardi del Governo della Dalmazia - sarebbe dannoso; nei riguardi del Governo della Croazia sarebbe, oltre che dannoso, anche lesivo del nostro prestigio» ciosJ. Dopo questa puntualizzazione, Armellini scriveva che il suo «studio molto sommario ed impreciso» aveva lo scopo «di rappresentare, come io vedo, il problema e la sua risoluzione, per ottenere o meno, quindi, la Vostra [del generale Roatta - n.d.a.] preventiva approvazione, onde potermi regolare nel!' approfondirlo e renderlo esecutivo» <206J. Se ventiquattore dopo il colloquio con il Governatore, Armellini proponeva l'adozione d'una politica in antitesi non solamente con quella del Governo della Dalmazia ma anche di Roma, bisogna pensare che la «ampia e franca» discussione con Bastianini sia stata piuttosto un monologo, oppure un colloquio fra sordi. Alla stessa conclusione induce - oltre lo studio di Armellini il fatto che Bastianini, il giorno successivo al colloquio, probabilmente non avendo ricevuto concreti affidamenti dal comandante del corpo d'armata sulla possibilità d'una rapida ritorsione nella zona dove era stato ucciso il prefetto, ordinò la mobilitazione di trecentoventi camicie nere della 107 8 legione di Zara <201>. Il 30 maggio, assieme ad un battaglione 'M' avrebbero proceduto nella zona di Chistagne-Ervenico ad una «vasta azione di rappresaglia incendiando 80 case di abitazione elementi comunisti aut sospetti et passati per le armi 12 individui appartenenti bande armate datisti fuga at vista militari [... ]. Azione durata dall'alba at ore 21 ha prodotto vivissima et fav<?revole impressione questa cittadinanza» ciosJ.


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Tuttavia, quello stesso giorno, Bastianini telegrafava ad Armellini che «presenza nuclei ribelli entro confini provincia Zara particolarmente in zona Komasen [recte: Komasec] (OP-QK) et Zelegrand [recte: Zelengrad] (OP-PI-PL) costituisce da vari giorni grave perturbamento ordine pubblico et minaccia nostro prestigio» <209>. Quindi, ricordandogli che l'azione di rappresaglia e di rastrellamento nella zona di CJ:iistagne-Ervenico era in corso, quasi da superiore ad inferiore, gli precisava che «est indispensabile procedere al più presto stessa azione di zona Zelegrand (.) Data insufficienza forze a mia disposizione chiedo sia eseguita a cura codesto comando(.) A tal fine metto disposizione 300 C.N. [camicie nere - n.d.a.] mobilitate sino a giorno 2 giugno in Bencovazzo» <210J. Armellini rimise immediatamente la richiesta al generale Roatta. Questi, o condivise l'iniziativa di Bastianini o ritenne opportuno non contrastarla, poiché il 1° giugno il comandante del corpo d'armata disponeva che il generale Cassata, comandante delle 'Truppe Zara', eseguisse il rastrellamento - «richiesto da Eccellenza Governatore» <211> - oltre che con le forze messe a disposizione da Bastianini, con tutte le truppe disponibili. Nella stessa giornata, Cassata diramava l'ordine d'operazione fissando l'inizio al giorno successivo. In particolare doveva «essere controllata da parte della compagnia della M.V.S.N. [Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale - n.d.a.] e della compagnia 'M' [,] presenti i capovilla [,] la presenza negii abitati degli uomini validi e proceduto alla distruzione delle case e sequestro del bestiame di proprietà di assenti ingiustificati» <212>. Questa sollecitudine e la disponibilità dei comandi militari ai vari livelli, quasi certamente era dovuta a pressioni o richiami pervenuti dal Comando Supremo o comunque da Roma, dove il 31 maggio, il contenuto della lettera, inviata sette giorni prima da Bastianini a Luigi Russo, era stato trasformato in un 'Appunto per il Duce'. Al Capo del Governo venne segnalata «la difficoltà di poter disporre un'adeguata difesa del confine della Dalmazia annessa, per insufficienza di uomini e di mezzi», mentre «quelle che sono vere e proprie provincie italiane dovrebbero avere, dal punto di vista della protezione militare, una maggiore considerazione, CO·· me il territorio croato» <213 >. L'appunto, infine, segnalava che «Io stesso Governatore invocherebbe la pronta adozione da parte dei Comandi militari competenti dei provvedimenti da lui sollecitati, al fine di evitare conseguenze ritenute anche gravi, che si ripercuoterebbero molto dannosamente sul nostro prestigio presso le popolazioni annesse» <214>. Fra gli 'effetti' di quest'appunto, probabilmente va inclusa l'assicurazione che il 4 giugno, il generale Roatta dette al Comando Supremo: «in questi ultimi giorni forze provincia Zara et Spalato sono state rinforzate


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con due battaglioni et una batteria(.) Di più sono rientrati un battaglione 'M' (,) una compagnia carri veloci et una compagnia carabinieri [ ... ] et stanno rientrando un battaglione bersaglieri et un battaglione squadristi» <2 15>. Precisava, ino ltre, che un altro battaglione squadristi era a disposizione del Governatore, per concludere che, «in seguito a noto ritiro presìdi zona croata (,) provincie dalmate et territorio Fiume potranno essere rinforzati in modo da dare piena garanzia» (216J. Altro 'effetto' dovettero essere le istruzioni che il 5 giugno Roatta dette ad Armellini invitandolo a «procedere sin da ora nella misura del possibile, et mano mano che si rendono disponibili altri reparti dalle zone • avanzate, a rinforzare il territorio italiano sia sulla linea di frontiera sia all'interno» <211>. Aggiungeva - senza più parlare di muraglia cinese - di far «subito studiare et intraprendere lavori per lo sbarramento della frontiera sulla linea più sorvegliabile et più facilmente sbarrabile». Ribadiva, quindi, di tener presente che «la questione essenziale est quella della tutela e sicurezza del territorio italiano» <218>. Evidentemente le tesi di Bastianini si stavano affermando; tuttavia altri avvenimenti avrebbero dato ragione anche al convincimento di Armellini che la ribellione nel territorio del Governatorato trovava origine ed alimento, almeno in parte, fra gli stessi croati della Dalmazia. Nella provincia di Zara, il mese di giugno fu particolarmente pesante. Mentre il giorno 2 si concludeva. il rastrellamento condotto dal comando 'Truppe Zara' assieme ai reparti della milizia, la mattina del 4, alle ore 6.30, due autocarri con ventiquattro soldati e un ufficiale del 129° reggimento di fanteria (divisione 'Perugia') si recavano da Mokropolje a Chistagne per il prelevamento di viveri. In località Rudele vennero attaccati da circa ottanta ribelli, con un improvviso fuoco di fucili mitragliatori e lancio qi bombe a mano. Uno degli autisti (Dionisio Manni) riusciva raggiungere a piedi Raducicco e dare l'allarme. Il comandante del presidio inviò sul posto un plotone di soldati, e da Chistagne, che poté essere avvertita soltanto verso le 7 .45 per difficoltà nei collegamenti telefonici ed in quelli via radio, partirono altri rinforzi. Giunti sul posto dell'agguato, trovarono i due autocarri incendiati, nove corpi, compreso quello d'un ufficiale, carbonizzati, tre feriti, di cui uno, il caporalmaggiore Roberto·Pirrone, completamente denudato; tredici soldati mancanti all'appello furono dichiarati dispersi l2 19J. Più fortunati sette soldati, fra carabinieri e militi che, quasi alla stessa ora, mentre uscivano da Biovicino Selo (un otto km a nord-est di Chistagne) su un carro agricolo, erano riusciti a sfuggire ad un'imboscata aprendosi la strada a colpi di bombe a mano, e raggiungere Chistagne senza


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perdite <220>. Da Er.venico partì una compagnia di soldati che agganciò i ribelli, ma nell'azione i militari ebbero quattro morti e nove feriti (221). Il comando 'Truppe Zara' chiese ai presìdi la massima vigilanza poiché sembrava che la strada Ervenico-Mokropolje-Chistagne fosse sotto controllo dei ribelli C222J. Mentre al comando della 'Sassari'. si riteneva che gli armati sul territorio della provincia di Zara provenissero dalle Alpi Bebie c223>, il comando 'Truppe Zara' riferiva che dall'esame di alcuni documenti trovati addosso ad «comandante aut commissario politico della 2 a compagnia del btg. partigiani Bude Borjan aut Narod Oslobod» c224>, la maggior parte degli uomini, almeno di quella formazione, erano fuorusciti dalla Dalmazia <225>, e che i maggiori contingenti provenivano dalle località di Zaravecchia, Vodizze, Zaton di Sebenico e Rogosniza ( = Rogoznica). Il generale Armellini, di fronte al susseguirsi delle imboscate e degli assalti ai piccoli distaccamenti - il 5 giugno era stato attaccato quello di Carino ( = Karin) con alcuni morti per i ribelli <226J; il giorno dopo quello di Geversche ( = Djevrske) <22 ì> - tenendo presente l'ordine del generale Roatta che 'questione essenziale est quella della tutela et sicurezza del territorio italiano' C228J - valutò necessario un rastrellamento in forze della zona compresa fra l'allineamento Chistagne-Obrovazzo ed il corso della Zermagna. Prima di passare alla fase esecutiva, si recò a Zara per informare Bastianini. Il Governatore, forse per far sentire la propria ormai consolidata preminenza, o avendo condiviso la tesi che il comandante del corpo d'armata gli aveva esposto il 28 maggio - le azioni militari, per aver effetto, vanno integrate con adeguate iniziative politiche - non riconobbe «l'opportunità di tale rastrellamento ritenendo di poter sistemare la zona con un'azione politica da intraprendere allo scopo» <229>. Il rifiuto di Bastianini, che sino a quel momento si era sempre battu to per un più incisivo intervento dell'esercito, probabilmente va posto in relazione ad un suo progetto già in corso di attuazione: il giorno precedente al colloquio con Armellini, aveva diramato al comando raggruppamento battaglioni squadristi della Dalmazia ed ai prefetti di Zara e Spalato, un complesso di particolareggiate disposizioni per il controllo del territorio delle due provincie, «con i reparti CC.NN. ai miei ordini» <230>. Secondo questo progetto, a nord del fiume Cherca sarebbero stati istituiti dodici nuovi presìdi, ed altri cinque a sud <23 1J; quelli di Biovicino Selo, Bibigne ( = Bibinje - sulla costa a sud-est di Zara) e di Ponti di Breberio, venivano rinforzati; nella zona delle Castella di Spalato sarebbero state scaglionate due compagnie del battaglione squadristi 'Toscano' ed altre due venivano accasermate a Spalato, in servizio d'ordine pubblico t 2321 • Il 6 giugno, il Governatore integrò le disposizioni di carattere mili-


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tare con un'ordinanza: in ogni paese doveva venir compilato l'elenco delle per,sone che avevano abbandonato le abitazioni per unirsi ai ribelli; gli elenchi andavano affissi nelle rispettive località; i latitanti, se catturati, dovevano esser passati per le armi; le famiglie degli assenti venivano considerate ostaggi e non dovevano abbandonare le proprie case. Inoltre, «il patrimonio delle persone elencate sarà confiscato su ordine del prefetto; il patrimonio mobile sarà venduto al miglior offerente e il ricavo sarà consegnato al comune per i bisogni dell'E.C.A. [Ente comunale d'assistenza n.d.a.], al medesimo scopo sarà utilizzato il patrimonio immobiliare» (233l, Venivano introdotte restrizioni ai movimenti delle persone che si dovevano munire d'appositi lasciapassare; sospesa in alcuni paesi la distribuzione dei viveri, a meno che i capivilla, con la garanzia di otto persone del villaggio , non s'impegnassero a collaborare nel mantenimento dell'ordine pubblico, nella ricerca e nell'individuazione dei ribelli. Coloro che avessero dato ricetto o aiuto ai ribelli o li avessero favoriti, sarebbero stati fucilati. Ma l'ordinanza stabiliva, inoltre, che «le persone le quali sino al 22 giugno avranno fatto ritorno al luogo di residenza[ ... ] vengono assolte dalla pena per l'azione di correità o di organizzazione di bande armate e così pure non sopporteranno le conseguenze previste dall'art. 2 di questa ordinanza» <234>, cioè la fucilazione. Armellini,- forse dimentico di quello che aveva scritto a Roatta soltanto una settimana prima - riferì a Supersloda che il Governatore «preferisce tutt'ora svolgere un'azione politica, di dubbio risultato, mentre sono necessarie misure militari a difesa del confine dalmata» <235i , e tornava sul concetto che «l'insorgere della ribellione nell'interno [del Governatorato - n.d.a.] non è dovuta ad infiltrazioni di ribelli dall'esterno, ma è dovuta al fat~o che questa è sempre esistita negli animi della popolazione croata e che ora per varie cause si è sviluppata, (sono nodi che vengono al pettine)>> (236). Il comandante del corpo d'armata, dopo l'inutile colloquio del 5 giugno con il Governatore, si recò ad ispezionare i presìdi di Gracac e Tenìn, dove fu raggiunto dal generale Cassata. «Poiché questi porta notizie sull'aggravamento della situazione in Dalmazia per l'estendersi della ribellione nella zona di Kistanje» <231>, il generale Armellini ordinò al comando della 'Sassari', d'inviare il XXIX battaglione 'M' a Bencovazzo ed il Il del 151 ° reggimento di fanteria a Tenìn <238', sospendendo un rastrellamento già predisposto della zona a nord della Zermagna. Sul diario storico della 'Sassari' venne annotato: «La situazione della Dalmazia pare vada aggravandosi per la presenza dei comunisti provenienti dall'esterno e specialmente per una nuova alimentazione della ribellione che ha sempre covato nel


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territorio annesso. Sono in corso accordi fra il Comando del Corpo d 'Armata ed il Governo della Dalmazia per una azione di rastrellamento del territorio intorno a Zara e per una decisa azione contro la popolazine ostile; naturalmente vi sono divergenze di vedute in funzione del diverso modo di pensare dei militari e dei gerarchi in quanto i primi vorrebbero la maniera forte mentre i secondi preferirebbero una blanda azione politica» <239>, I fatti avrebbero fatto mutare parere alle autorità politiche. Nella notte sul 7 giugno, alcuni armati avevano tentato un colpo di mano contro il distaccamento di Raducicco, ma erano stati respinti. Al mattino, veniva attaccato il posto fisso dei carabinieri a Nunié, dove si trovavano undici militi dell'Arma, ed il non lontano agglomerato di Bielina ( = Bijelina). (CARTINA N. 8) . Scattò l'allarme, e da Ervenico venne fatta partire per Nunié una compagnia di soldati; altre due compagnie uscirono da Chist.agne, al comando del capitano Sorich, insieme a quaranta carabinieri. Lungo la strada, la compagnia di testa di questa colonna cadde in un'imboscata tesa da qualche centinaio di ribelli, ed i soldati si difesero per circa un'ora in un furioso combattimento (240>. Le perdite da parte italiana furono gravi: caddero tre ufficiali (capitano Bruno Sorich, sottotenente Vincenzo De Fanis e sottotenente Marro), quarantatré uomini fra sottufficiali e truppa, quarantanove i feriti t24 1>, un autocarro incendiato. I ribelli ebbero una cinquantina di morti. Sul posto dell'agguato fu inviato un battaglione, «con marcia estenuante date le condizioni della truppa che il giorno precedente aveva fatta l'iniezione antitifica» C242>. A Nunié venne trovato il cadavere d'un carabiniere; gli altri, catturati, probabilmente furono uccisi. Nel pomeriggio fu sbloccato, senza perdite, il presidio di Bielina che s'era arroccato su un'altura vicino al paese; altri reparti raggiungevano Biovicino Selo. Nella giornata, tra morti, feriti e dispersi le perdite ammontarono a centosei uomini <243>.

Quella sera, Armellini si recò dal Governatore e gli fece presente che gli stessi combattimenti della giornata dimostravano la necessità d'una operazione in forze, dato che «l'azione di polizia intrapresa è per lo meno intempestiva e di dubbio risultato» <244l, Bastianini, questa volta, condivise l'iniziativa del comandante del corpo d'armata, forse sperando che Armellini avesse la buona sorte di ripetere i successi ottenuti in quei giorni nella provincia di Cattaro dal generale Dalmazzo , a1 quale aveva inviato un caloroso telegramma di plauso <245 >, informando la Presidenza del Consiglio dei ministri che l'intero territorio della provincia di Cattaro era tornato sotto il pieno controllo, «con resa degli ultimi gruppi ribelli provocata dalla azione politica ivi svolta in perfetta armonia con azione militare» (246). Inol-


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tre il console generale d'Italia a Ragusa, Amedeo Mammalella, riferendo su questi avvenimenti, avrebbe posto in rilievo gli «importantissimi risultati conseguiti dalla nostra azione militare» (247l, individuando nel comandante del VI Corpo d'armata «l'uomo che ha saputo trovare la chiave di volta per liberare l'Esercito e i territori da noi occupati da una situazione che sembrava destinata a cristallizzare nell'agguato perpetuo» (243>, E dava anche atto al generale Dalmazzo dell'abilità con la quale aveva s~puto «suscitare, tra gli stessi abitanti della zona di operazioni, forze anticomuniste atte a contrastare le bande partigiane» (249l. Oltre questo, a determinare l'adesione di Bastianini al piano del generale Armellini, dovette concorrervi - specialmente dopo i combattimenti della giornata - la sempre più viva preoccupazione che le persistenti azioni dei ribelli fossero la premessa d'una invasione della Dalmazia. Questo stato d'animo del Governatore appare da un allarmistico ed allarmato telegramma che quello stesso giorno aveva spedito a Roatta, ma del quale Bastianini non dovette parlarne ad Armellini, poiché non si trova traccia sul diario storico del comando del corpo d'armata, dove sono riportati gli argomenti del colloquio. Però, il mattino successivo il generale Armellini si recava in volo a Sussa (2SOJ, convocato con urgenza dal comandante di Supersloda. Roatta con Armellini riesaminarono la situazione, giungendo alla conclusione che la rivolta era «in gran parte dovuta all'azione di Governo e non già ad infiltrazioni di masse di ribelli della Lika o altrove come un telegramma catastrofico del Governatore vorrebbe far credere» l25t l. Nel telegramma Bastianini avvertiva Roatta che secondo attendibili informazioni, fra Gracac e Dervar era in corso un forte ammassamento di armati «che fra breve [... ] potranno raggiungere 30/40.000 uomini» <252>; che in quelle zone i ribelli avevano in piena attività alcune fabbriche di bombe a mano e di mine a pressione; che le bande cetniche anticomuniste temevano di esser sopraffatte, pur essendovi molti elementi «desiderosi partecipare lotta anticomunista che non possono esser armati per mancanza armi più volte richiesta ad autorità militari [italiane - n.d.a.] del luogo>> <253>, Richiamava l'attenzione del generale Roatta sulla «aumentata forza espansione acquistata dalla predetta massa comunista verso nostre frontiere» <254J e non escludeva che «attività detti nuclei possa preludere ad azioni con maggiori forze tendenti a superamento schieramento presìdi frontiera per incunearsi più profondamente nel retrostante territorio attualmente quasi totalmente sguarnito» <255l di forze. A sentir parlare di trenta-quaranta mila ribelli, Armellini dovette reagire contestando la serietà àella notizia. Ma Roatta, di fronte al dilemma di sconfessare il Governatore o il comandante del corpo d'armata, non


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dimenticando che i combattimenti di Ervenico avevano dato ragione a Bastianini, ed un prefetto aveva perduto la vita, ritenne prudente accertare la realtà. Si recò in volo a Zara e, personalmente, eseguì una serie di ricognizioni aeree delle varie zone, che gli apparvero tranquille <256l, Non contento, interrogò gli ufficiali dell'aerogruppo di Zemonico per sapere se, nei giorni precedenti, avessero notato ammassamenti, movimenti, colonne. Le risposte furono concordemente negative <251>. Il telegramma di Bastianini, al quale se ne aggiunse un altro a firma del questore Vincenzo Agnesina al ministero dell'interno, che parlava di quattromila armati infiltratisi nella provincia di Zara (258>, il precipitarsi a Roma del Governatore, allarmarono il Comando Supremo ed_il ministero degli affari esteri, tanto che Ciano, il IO giugno, scrisse nel proprio diario: «La situazione è tesa, molto tesa in Dalmazia. I ribelli, dopo aver sorpassato combattendo una nostra brigata a Knin, avanzano verso Zara. Bastianini, che è corso a Roma, afferma che non esiste un minimo di forze da contrapporre ai ribelli, si che è da temere una loro occupazione della Dalmazia» <259>. Riferite in questi termini - imprecisi ed allarmistici - le condizioni della provincia di Zara apparivano ai limiti del collasso; ma quarantotto ore dopo, il console Vittorio Castellani (di collegamento fra l'Ufficio Croazia del ministero degli affari esteri con Supersloda) da Sussa informava che, secondo gli accertamenti personalmente eseguiti dal generale Roatta, «cifra decine migliaia ribelli in quel settore appare assolutamente esagerata» <260>, e peranto era stato «revocato invio grossi rinforzi che - in seguito alle informazioni da Zara ed alle istruzioni da Roma - stavano avviandosi verso la Dalmazia» <261 >. Il 10 giugno, il generale Roatta, più che altro per tacitare l'ipersensibilità degli ambienti romani, ma anche per non annullare le intese intercorse fra Armellini ed il Governatore, emanò .personalmente da Zara l'ordine di operazione per il rastrellamento della provincia (262 >. Se per un'azione limitata alla provincia, l'ordine fu firmato dal comandante di Supersloda e da questi consegnato direttamente a mano al generale Armellini, si è tanto fuori dall'ordinario, da far sorgere il dubbio che il comandante del corpo d'armata, per .reazione al telegramma di Bastianini, ed alla sua assenza da Zara in un momento proprio da lui considerato grave, abbia inteso disinteressarsi della situazione, oppure si sia anche trovato in contrasto con il proprio diretto superiore. La presenza sul posto del generale Roana, il suo personale impegno per accurate ricognizioni aeree, l'aver precisato nell'ordine di operazione che, esaurito il ciclo in provincia di Zara, si sarebbe proceduto contro le formazioni ribelli al di là della Zermagna e verso le Alpi Bebie, danno l'impressione di un'attività sostitutiva a


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quella del comandante del corpo d'armata. Forse queste iniziative erano suffragate da necessità politiche, poiché dal punto di vista militare l'operazione, per i mezzi impiegati ed i risultati conseguiti, appare più che altro un'azione diptostrativa. A conferma di quest'ipotesi concorre la sorprendente annotazione apposta nel diario storico del XVIII Corpo d'armata, dove si legge che nel pomeriggio del 10 giugno, il generale Armellini aveva esaminato con il generale Roatta «la situazione della Dalmazia la quale non dà affatto preoccupazione alcuna>> <263 >. Nell'ordine d'operazione, invece, il comandante di Supersloda (per non screditare o per acconten.tare le autorità politiche?) indicò la presunta forza ~ei ribelli in un migliaio di armati nella zona ad ovest di Ervenico; alcuni nuclei minori nei dintorni di Chistagne; al di là del confine - dalla Zermagna alla ferrovia Graéac-Tenìn e sulle Alpi Bebie - qualche altro migliaio. Il rastrellamento doveva svolgersi nella zona centro-orientale della provincia, ed al corpo d'armata venivano assegnati in rinforzo il comando della divisione 'Taurinense', il 3° reggimento alpini, il gruppo d'artiglieria 'Susa', e come riserva il 4° reggimento bersaglieri (parte dei 'grossi rinforzi' segnalati da Castellani). Le forze di polizia, le camicie nere, i battaglioni squadristi, passavano alle dipendenze dei comandi militari; i piccoli presìdi, i distaccamenti , i posti fissi, che venivano a trovarsi nella zona d'operazione, dovevano esser ritirati per sottrarli alle reazioni dei ribelli <264>. In esecuzione di quest'ordine, il generale Cassata pose il comando tattico delle 'Truppe Zara' a Bencovazzo <265 >, ed il generale Armellini quello del corpo d'armata a Zara <206>. L'azione, che dai documenti esaminati appare contraddittoria e confusa, ebbe inizio il mattino dell' 11 giugno, senza il concorso dei rinforzi previsti forse non ancora giunti, con due colonne, una al comando del colonnello Vincenzo Carlà e l'altra del tenente colonnello Giuseppe Falletti <261 >. Il generale Armellini, contrariamente alla sua valutazione di quarantotto ore prima che la situazione non destava alcuna preoccupazione, il 12 non soltanto ordinava che il territorio delle 'Truppe Zara', ma anche quello della divisione 'Perugia' «debet esser considerato in stato di allarme» <268>; l'attività informativa andava intensificata; <<accesso et uscita da principali centri costieri quali Spalato, Sebenico et Zara debet essere rigorosamente controllato et vigilato [... ] et assicurata chiusura reticolati Spalato et. Zara>> t269J. Queste disposizioni, che farebbero supporre una concreta situazione di pericolo, non tr~vavano riscontro sul terreno operativo. Nel primo pomeriggio dell' 11 giugno, il generale Cassata faceva sapere al comando del corpo d'armata che le due colonne, avevano solamente «rilevato abitati quasi completamente sgombri dalla popo-


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!azione maschile» e che «reparti provvederanno at rigoroso rastrellamento [... ] et cercheranno informazioni su dislocazione ribelli» <210>: cioè non avevano trovato traccia di armati. Nonostante questo 'vuoto' del nemico, il generale chiedeva l'intervento dell'aviazione per un bombardamento della zona di Rodaljice-Bijelina-Medié e del bosco adiacente cmJ. Il 12, sul diario storico del corpo d'armata, veniva annotato: «Si sono concluse le operazioni di rastrellamento di cui al giorno precedente [... ]. Durante i movimenti non sono stati incontrati ribelli» <272l . Conclusa la prima fase del rallestramento, il 13 entrarono in azione altre due colonne, rispettivamente al comando de1 colonnello Francesco Cricelli e del tenente ~olonnello Giovanni Nurra <273>. Il 14, Armellini informava Supersloda che sino a quel momento non vi era stato alcuno scontro; che le infiltrazioni nel territorio della provincia di Zara - con ciò ponendo in dubbio l'esattezza delle informazioni sul nemico contenute nell'ordine di operazioni di Roatta - potevano ascendere, al massimo, a centocinquanta-duecento armati; che le loro file erano state ingrossate dalla gente del posto, poiché era stata notata la quasi completa assenza degli uomini validi nei rispettivi villaggi c274>; che «delle popolazioni indubbiamente in possesso di armi et munizioni et organizzate contro di noi non ci si possa assolutamente fidare [... ]. Sono come ho già detto i nodi che vengono al pettine» <27 5>. Le operazioni proseguirono sino al 21 giugno .'Furono passate per le armi alcune decine di persone sospette, e distrutte le abitazioni abbandonate; parecchie di quelle date alle fiamme saltarono in aria per le munizioni che vi erano state nascoste. A Bijelina, dall'interrogatorio di alcuni contadini risultò che i ribelli della zona erano «elementi locali e dei paesi vicini che costringono la popolazione maschile ad aderire loro movimento sotto pena gravi rappresaglie» <276l. Nella relazione, a conci usi o ne del ciclo operativo, Armellini faceva notare che i ribelli infiltrati in provincia di Zara erano, almeno per quattro quinti, dalmati, ma implicitamente confermava la fondatezza delle preoccupazioni di Bastianini per una possibile invasione della provincia di Zara, poiché questi armati «rientravano per sollevare il paese in accordo con popolazione[ ... ]. Da questa sollevazione, ribelli promettevansi grandi risultati fino conquista intera Dalmazia» 12771 • Subito dopo, però, ridimensionava la portata delle sue affermazioni, aggiungendo che «tali progetti propagandati fra popolazione sono indubbiamente origine fantastiche notizie che polizia habet raccolto con ingenuità pari at sua impreparazione agire in ambiente militare et non poliziesco et che hanno allarmato fuori misura Governo et Paese» (218>.


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Non escludeva che oltre alle due compagnie del battaglione 'Bude Borjan', implicate nell'imboscate del 4 e del 7 giugno, fosse in corso di costituzione qualche altra unità, ma assicurava che gli armati o avevano ripassato la Zermagna oppure si erano frazionati in piccoli gruppi <279>. [noltre, nelle bande si stavano riscontrando sintomi di disgregazione poiché «finora trentina di ribelli si sono presentati indotti anche da bando governatoriale che promette .salva vita» <2801 , e che su proposta del generale Armellini era stato prorogato dal 22 al 28 giugno. Concludeva le informazio.ni tornando sugli argomenti per lui determinanti. «Problema dominante Dalmazia est problema militare. Errore che sempre •più appare colossale istituzione governo civile si può considerare insopprimibile, ma non deve pesare oltre bisogno [... ] . Due eserciti, due teste, due sistemi sono dannosi, disperdono mezzi che non sono doviziosi, sperperano forze et energie che dobbiamo invece vigorosamente risparmiare perché vita che conducono truppe da oltre un anno et che non accenna cambiare le logora et della efficienza loro si~mo noi soli responsabili» <28 1l. Frattanto, per la difesa della frontiera in provincia di Zara, erano state scaglionate cinque compagnie di mitraglieri lungo la Zermagna, sistemandole in postazioni protette; altri sei battaglioni, distribuiti entro il territorio centro-nord della provincia, avevano il compito di «percorrere costantemente paese virgola controllare popolazione virgola tentare effettuare disarmo virgola agire in profondità per ricavare una vera situazione da non pubblicare magari sul giornale» <282>, come telegrafava Armellini . INCIDENTI SQUADRISTI A SPALATO E RAPIMENTO DELLA MAESTRA DINA PELLUTI Nello stesso giorno (11 giugno) in cui aveva avuto inizio il ciclo operativo nella provincia di Zara, altri avvenimenti, di carattere diverso, uno . a Spalato e l'altro a Puticanje (nord-ovest di Sebenico), avrebbero acuito il contrasto fra il Governatore ed il generale Armellìni. La situazione della provincia di Zara aveva determinato a Spalato ed in altri centri della costa una reviviscenza di attività comuniste, e più accentuate manifestazioni d'insofferenza nei confronti degli ita!iani. Era quasi inevitabile che scoppiasse qualche incidente, specialmente con gli 'squadristi' del battaglione 'Toscano', in servizio d'ordine pubblico, parte a Spalato e parte alle Casteila. In particolare, a questo battaglione mancava un adeguato orientamento sul delicato equilibrio di quell'ambiente, e nello stesso tempo i suoi squadristi erano orgogliosi perché Mussolini , in un


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recente discorso al Direttorio nazionale del Partito fascista, aveva detto che gli squadristi, in genere, erano «di una tempra decisamente coraggiosa» <231>; che avevano sempre come «motto il 'me ne frego' dei nostri gagliardetti» <234>; che i 'bolscevichi' croati avevano «capito che non avevano più di fronte il soldato semplice, animato da un senso di dovere più o meno generico, ma degli uomini di fede che credevano» <235 >, Ed i 'toscani' si sentirono legittimati nel loro tradizionale spirito d'indisciplina. Però, Mussolini aveva anche detto <<che l'apparire del battaglione degli squadristi lombardi oltre Spalato aveva prodotto degli effetti decisivi sulla residuale canaglia bolscevica» m6>. Questo accenno ai 'lombardi' determinò, per reazione, un senso di risentimento fra i 'toscani' perché il loro battaglione non era stato nominato. Sospinti dall'emulazione, ritennero di acquisire benemerenze, pari a quelle del battaglione 'Milano', facendo pesare le mani su alcuni civili e sul parroco di Castel Vitturi. Il generale Armellini inviò immediatamente una lettera al Governatore ed al prefetto di Spalato per far richiamare all'ordine i militi <m>, e per un paio di settimane non si registrarono incidenti. Il 10 giugno, oltre alla ricorrenza del secondo anniversario dell'entrata in guerra dell'Italia, si celebrava la 'Giornata della Marina'. Sulla riva di Spalato venne inaugurato un cippo dove, l' I I luglio 1920, per mano croata erano caduti il motorista Aldo Rossi ed il capitano di corvetta Tommaso Gulli <288>, comandante della R. Nave Puglia. La cerimonia non dovette garbare, non si sa bene se alla parte oltranzista degli ustascia oppure ai comunisti. Secondo la relazione del XVIII Corpo d'armata, quella mattina erano state trovate «quattro bombe a mano, due pistole automatiche ed una corda con paletti, oltre a 2 camicie nere e relative cravatte nere nella soffitta di uno stabile» alla riva. «Quasi certamente gli ordigni dovevano servire per un attentato da consumarsi contro le autorità radunate nel parco [recte: sul palco] situato di fronte alla casa predetta» <289>. Dal canto suo, la direzione generale della pubblica sicurezza del Governatorato, alcuni giorni dopo, avrebbe informato il ministero dell'interno che quel giorno alcuni sconosciuti, «mediante due gusci di uova contenenti inchiostro china imbrattavano lapide commemorante entrata truppe italiane murata piazzale Nazario Sauro» <290>. Le notizie si diffusero rapidamente in città; un gruppo di squadristi bloccò le uscite dello stabilimento balneare delle Botticelle, e malmenò alcuni croati «adducendo, come motivo, che questi si erano astenuti dall'assistere alla manifestazione che in quel momento aveva luogo lungo la riva Hitler» <29 1), La sera, verso le 22, furono rotte a sassate le insegne ed alcune vetrate dell'albergo' Jadran' <292 >. Il pomeriggio successivo, in Piazza


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dei Signori, vennero presi a pugni alcuni civili, provocando un parapiglia, e qualche ora dopo, un pattugiione di militi prelevava nella sua abitazione Velko Pivalizzi, lo malmenavano e, dopo averlo lasciato in libertà gli sparavano dietro, a scopo intimidatorio, un colpo_ di moschetto <293>. La turbolenza si accentuò il 12 ed il generale Armellini informò Supersloda che «il battaglione squadristi 'Toscana' qui [a Spalato - n.d.a.] in servizio et che già era stato notato per suo contegno scorretto, si est abbandonato at atti violenza su popolazione (,) saccheggi et infine invasione Sinagoga malmenando ebrei ivi raccolti per loro funzioni religiose et dando alla fiamma arredamenti et documenti anche importanza storica. Purtroppo taluni militari va-rio grado hanno partecipato questa ultima inconsulta manifestazione». Ed aggiungeva che «questi sistemi governo cui devesi gran parte attuale situazione (,) non possono che aggravarla (,) salvo at giustificarla con fantastiche affermazioni di infiltrazioni ribelli raggiungenti cifre iperboliche come quella che abbiamo sentito denunciare at Zara da funzionario P.S. [pubblica sicurezza - n.d.a.]. Non credo che indirizzo attuale possa continuare senza gravi ripercussioni (,) anche sul nostro prestigio che non est certo in rialzo» C294>, Indipendentemente dalle motivazioni dei fatti, giustamente il corpo d'armata segnalava che «gli incidenti suddetti hanno prodotto vivo allarme nella popolazione, ed hanno dato luogo a sfavorevoli commenti, non solo dalla parte dell'elemento croato che finora aveva tenuto atteggiamento molto equilibrato di fronte al nuovo stato di cose, ma anche da parte di quello italiano» <295>. Il vescovo cattolico, monsignor Clemente Quirino Bonefacié (che il 10 giugno, con evidente coraggio civico, aveva benedetto il cippo alla memoria del comandante Gulli <296>), inviò al generale Armellini una lettera di protesta <297>. Il comandante del corpo d'armata, che si trovava a Zara con il comando tattico, parlò «al Governatore dicendogli che questi sistemi erano dan. nosi; che anche a questi sistemi si deve la rivolta; che dobbiamo aspettarci, dopo ogni nuova esplosione inconsulta, il manifestarsi di nuovi focolai di ribellione» C2981• Riferendo sul colloquio, Armellini faceva notare a Supersloda che Bastianini gli aveva risposto di aver dato ordini per far cessar le manifestazioni, «ma ha anche affermato che esse, se sono dannose per il 60%, sono utili per il 40% » <299>. Come ormai di prammatica, seguivano le ricorrenti critiche, se pur temperate da un elogio per il vecchio squadrismo. «Siamo quindi di fronte ad una mentalità 'squadrista' [quella del Governatore - n.d.a.] ancor viva in chi crede che qui si possano applicare i sacrosanti sistemi che hanno salvato l'Italia; senza tener conto che questa situazione non si può paragonare in alcun modo a quella di quel tempo e a


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quegli ambienti; senza saper prevedere le conseguenze alle quali si può giungere. La creazione del Governo e delle Prefetture, i sistemi di governo instaurati sono fra le cause della ribellione che qui è accesa e che potrebbe divampare. Credo mio dovere rappresentare la necessità che, bando alla rettorica, si riconosca la situazione vera, si riconoscano gli errori e si cambi sistema» c3ooi. li 21 giugno avvenne un nuovo incidente, questa volta fra squadristi ed un ufficiale dell'esercito che fu minacciato <301>. Intervenne il generale Roatta con un telescritto personale riservato a Bastianini, facendogli rilevare «assoluta necessità disciplinare battaglione squadristi [... ] che habet già dato luogo at incidenti per quanto di altro genere et evitare fatti [... ] che compromettono gravemente prestigio collettivo di fronte popolazione» <Jozi.

Il prefetto di Spalato, dapprima sostituì la compagnia che aveva dato luogo agli incidenti con un'altra dello stesso battaglione 'Toscano' ma, poco dopo, fece partire anche questo reparto, e per il servizio di ordine pubblico ottenne dal generale Armellini il concorso dei carabinieri <3o3i_ Bastianini, però, non rinunciò ad avere l'ultima parola, e scrisse a Supersloda lamentando che in relazione a questi incidenti «le Autorità militari competenti territorialmente» avevano «riferito direttamente a codesto Comando Superiore[ ... ] trascurando le autorità civili del luogo. Ne è conseguito che, dovendo codesto Comando trattare con l'Autorità civile corrispondente, questo Governo è stato in definitiva investito del!' esame degli incidenti di cui trattasi, quando questi avevano già dovuto passare attraverso le varie segnalazioni, risultando, così, spesso deformati o ingigantiti» o04i, L'altro fatto che, in conclusione, determinò la definitiva rottura fra il Governatore ed il comandante del corpo d'armata, fu la situazione improvvisamente insorta nella zona fra Stretto e Puticanje. La notte dell' 11 giugno, verso le 22.30, la maestra Dina Pelluti, che insegnava nella scuola rurale dell'Opera nazionale assistenza Italia redenta (0.N.A.I.R) di Puticanje (186 abitanti a undici chilometri a nord-ovest di Stretto) fu prelevata da sei comunisti <305>. La notizia del rapimento pervenne al commissario civile di Stretto, Luigi Bottrighi, verso le 5.30 del mattino del 12. Il commissario, con l'aiuto del sottotenente della guardia di finanza, Leone Benven_uti, raccolse le forze che poté trovare (cinque guardie di finanza più l'ufficiale, due carabinieri, dodici granatieri). Ai soldati si aggregarono oltre al commissario civile, il capovilla di Stretto, Antonio Pilica, e altri sei civili disarmati: complessivamente venti militari, otto borghesi, e «la piccola colonna, composta in modo così eterogeneo, senza un


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comandante responsabile» (306>, si avviò, parte su due carri agricoli, e parte in bicicletta. Raggiunta Puticanje, il commissario civile fece piantonare l'abitazione della maestra da otto granatieri, mentre il resto del gruppo venti persone - su indicazione d'alcuni contadini s'inoltrò a piedi, senza alcuna misura di sicurezza, lungo un sentiero incassato fra pareti di verde, stimolato a proseguire dalle orme di un paio di scarpe femminili <307l . Improvvisamente, dal sottobosco, partirono insistenti raffiche di mitragliatore che fulminarono nove militari ed un civile (l'ufficiale della guardia di finanza, cinque finanzieri, due granatieri, un carabiniere ed il capovilla di Stretto) <308>. Quanti ancora potevano reggersi in piedi, ripiegarono su Puticanje. In un primo momento vennero date per disperse tre persone fra le • quali il Bottrighi, ma alcuni giorni dopo sarebbe riapparso a Zara, ed il civile Giuseppe Velacié che, catturato dai ribelli, ne eluse la vigilanza e poté mettersi in salvo <309>. Aiutati dai granatieri di guardia alla casa della maestra, i sette superstiti, di cui quattro feriti, rientrarono a Stretto verso le 14.30. (CARTINA N. 9). Il tenente colonnello dei carabinieri, Gualtiero Sestili, comandante del XVI battaglione di stanza a Sebenico, avvertito nella mattinata del rapimento della Pelluti, ed ancora ignorando dell'imboscata, d'accordo con il maggiore Luigi Perotta vice-comandante del 'Fronte a terra' del comando 'Truppe Zara', avev~ fatto partire due colonne, ciascuna di poco più di cinquanta uomini fra carabinieri e granatieri, con l'ordine di convergere su Puticanje l'una da sud-est e l'altra da nord-est. La prima, a mezzo dinatanti messi a disposizione dalla Marina, sbarcò a Zaton, e procedendo nell'interno venne a conflitto con alcuni ribelli che lasciarono due morti sul terreno; l'altra, autocarrata sino ai Ponti di Breberio, si scontrò anch'essa con armati, ma senza conseguenze C310>. Contemporaneamente, il tenente colonnello Sestili orientava le stazioni dei carabinieri della zona «a regolarsi a seconda della situazione» <311>. Sulla base di questa generica direttiva, il comandante della stazione dei carabinieri di Breberio, d'accordo con il comandante delle camicie nere di presidio, formò un'altra colonna che puntò su Mala Cista e sostenne anch'essa uno scontro, rie~trando a sera con sette feriti <312>. Inoltre, una compagnia del 129° reggimento di fanteria, dalla sua sede di Sebenico venne trasferita, via mare, a Stretto. Così, nella giornata del 12 giugno - senza contare la compagnia del 129° reggimento - agirono quattro colonne, animate da estrema buona volontà, ma non coordinate, ed ognuna «ha vagato per suo conto; ognuna ha svolto un suo combattimento ed è stata una vera fortuna se le perdite non sono state più gravfo <313>. Il colonnello Carlà, successivamente incaricato dell'inchiesta, avrebbe concluso la relazione con queste parole: «Vi è


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CARTINA N .

9

rona~a

n.ornat> l

(scala (I :325.000)

Fra Stretto, Vodine, Zaton, Mala èista, la zona piÚ tu rbolenta del Governatorato della Dalmazia per imboscate, uccisioni, rapimen ti.


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infine da osservare l'azione invadente del commissario civile che ha ritenuto (e non è lui soltanto, ma tutti i commissari civili) che le forze dei vari presìdi fossero a sua disposizione» <314>, Il rapimento della maestrina e la sanguinosa imboscata misero in allarme le autorità politiche. Nello stesso pomeriggio del 12,. il Governatore disponeva che il VII battaglione squadristi 'Milano' ·affluisse a Puticanje, secondo le istruzioni che gli sarebbero state date dal generale Cassata. Il comandante delle 'Truppe Zara' ordinò al console (colonnello) Ivan Scalchi di prendere contatto con le altre colonne, di riunirle, e d'effettuare un accurato rastrellamento del bosco della Guduzza ( = Guduéa) nonché della zona di Mala Cista <315> (a nord di Puticanje). Bastianini, inoltre, chiese direttamente all'aerogruppo di Zemonico che un velivolo esplorasse lazona, specie il bosco di Guduzza, eventualmente spezzonandolo, poiché sembrava che vi fossero rifugiati circa duecento ribelli. Ma l'osservazione aerea, su di un bosco, nulla poté rilevare. Il 13, il battaglione squadristi rastrellò la zona assegnatagli senza trovare alcun ribelle. Recuperate le salme dei caduti nell'imboscata, prese contatto con la compagnia del 129° fanteria che da Stretto si era portata a Pirovazzo ( = Pirovac) (316J. Il generale Armellini, riferendo a Supersloda sullo sviluppo delle operazioni, sottolineò che la situazione insorta fra Stretto e Putièanje, si sarebbe dovuta affrontare «con c'riteri militari e non polizieschi. Impiego at spizzico di forze est colposo et non dobbiamo lasciarci trascinare da tale errore [ ... ], bisogna prima di muovere esaminare situazione et predisporre raccolta forze adeguate» <30iJ. Ma le sue conclusioni - «meglio arrivare un giorno dopo con forze sufficienti che un giorno prima con forze insufficienti» <318> - anche se corrette secondo i cànoni militari, lasciano tuttavia più di una perplessità; la lotta in Dalmazia, caratterizzata dall'estrema mobilità dell'avversaro, richiedeva una ben diversa immediatezza per rendere efficaci le reazioni. Visti i deludenti risultati del rastrellamento, il Governatore decise di far proseguire l'azione, e chiese al comando del corpo d'armata il concorso d'un battaglione dell'esercito. Ma subito dopo vi rinunciò, preferendo impiegare solamente reparti da lui direttamente dipendenti l319J, ed il suo gabinetto militare diramò il foglio n. 81, con oggetto: 'Operazione di polizia nella zona tra Pirovazzo ed il Kerka' C320l . All'azione, dalla durata di due giorni, parteciparono i battaglioni squadristi 'Vespri' e 'Milano', una compagnia di centocinquanta militi d.ella 107° legione di Zara, ottanta agenti di pubblica sicurezza, cento carabinieri <321> che, su richiesta del loro stesso comando, furono rinforzati con ottanta bersaglieri <322>_ Il Governatore ottenne dal comando Marina il concorso di mezzi navali - posamine Pasma-


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no ed Ugliano; torpediniera T7; rimorchiatore armato R.16; dragamine Stella Saturno ed Impero (323> - per il controIIo della costa dall'ultimo tratto del fiume Cherca sino a Stretto C324>. L'inizio dell'azione fu fissato per le ore 5 del giorno 15, ed i reparti, sino alle rispettive basi di partenza, si servirono d'autocarri ed automezzi requisiti, oltre ai pochi in dotazione. A completamento, Bastianini si assicurò l'intervento dell'aviazione (325>. Mentre erano in corso i movimenti per l'attestamento, nella notte fra il 14 ed il 15 il Governatore chiese nuòvamente al corpo d'armata la disponibilità d'un battaglione, ed Armellini Io concesse, 1326> ma questi, contrariamente alle disposizioni in vigore, non chiese che il comando delJ'operazione partecipandovi un reparto organico dell'esercito - fosse assunto da un suo ufficiale.

Nemmeno quest'azione, che sì sviluppò durante il 15 ed il 16 giugno, dette risultati apprezzabili <321>. Il 18, il Governatore informava Mussolini che i ribelli non erano stati agganciati ma, «raccolti vari elementi e notizie, si è proceduto all'arresto di ,tutti i familiari (29 persone) di due rapinatori ai quali vien fatto sapere çhe se maestra Pelluti non verrà restituita sarà proceduto contro loro familiari. Sono stati passati per le armi 14 comunisti rintracciati ed identificati et altri 25 si trovano ancora sotto interrogatorio» (328>. Riferiva, quindi, che le «popolazioni dei villaggi sono terrorizzate da pochi feroci delinquenti che a causa della mancanza di presìdi militari hanno praticamente libertà di propaganda e dì azione» <329>. E, riprendendo il suo concetto di fondo, aggiungeva: «col terrore sii viene preparando ambiente a quella invasione della Dalmazia che è uno dei piani dei forti ammassamenti ribelli in costituzione al di là della frontiera in tutte le località della terza e seconda zona da dove vengono ritirate nostre truppe» <330>. Faceva sapere d'aver concordato con il generale Armellini la dislocazione di quattro battaglioni dell'esercito e di due battaglioni 'M' nel settore orientale della provincia di Zara, mentre i quattro battaglioni squadristi avrebbero presidiato la parte meridionale <33 1>. Ma i dieci battaglioni non erano sufficientemente efficienti perché «solo quando sarò in possesso dei 30 autocarri che vi ho domandato, Duce, tale schieramento risponderà pienamente allo scopo perché grandi distanze et mancanza automezzi rendono infatti difficilissima per ora la mobilità necessaria» C332>. Da ultimo chiedeva l'invio «di almeno una o due divisioni» per «prevenire tentativi di invasione in forze territorio annesso che indubbiamente i ribelli si promettono a scadenza più o meno breve» <333l. Con la nuova dislocazione dei reparti, Bastianini dispose che a Vodìzze fosse posto il comando del battaglione 'Vespri' con una compagnia, mentre le altre due compagnie si accantonavano rispettivamente a Pirovaz-


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zo ed a Gaéelezi <334>. Se dal punto di vista militare i provvedimenti erano conformi alla logica d'istituire presìdi più robusti abolendo i piccoli distaccamenti, in molti casi determinarono conseguenze non indifferenti per gli abitanti delle singole località. A Trebocconi ( =Tribunj), dopo la partenza delle camicie nere del battaglione 'Vespri', era rimasta sul posto solamente una squadra di artiglieri, quattordici uomini al comando del sergente maggiore Antonio Cerpi, ma alcuni giorni dopo ricevettero l'ordine di rientrare al reparto. Con i soldati anche l'ultimo dei tre maestri italiani (gli altri due avevano seguito le camicie nere) lasciò il paese. Il capovilla di Trebocconi, Rocco Grubissich, vedendo partire i militari ed maestri, si senti particolarmente •esposto, e con una trentina di familiari abbandonò le case. Quella stessa sera i ribelli entrarono a Trebocconi, misero a sacco le abitazioni del capovilla e della maestra, la chiesa, l'agenzia marittima, razziando bestiame ed asportando generi alimentari. Non vi furono vittime poiché le persone di sentimenti italiani s'erano poste in salvo partendo con il capovilla o avevano cercato rifugio nei boschi <335>, essendo ancora sotto l'impressione dell'omicidio, commesso il 19 giugno nel non lontano paese di Rasline, privo di presidio, dove i ribelli, non trovando il capovilla Luigi Olivari, gli avevano ucciso il padre e ferite gravemente la madre e la sorella <336>. Nonostante il movimento dei reparti nella zona, i ribelli, che agivano con pochi armati alla volta ed erano aiutati - più per paura che per convinzione - dagli a~itanti del posto, persistevano nelle loro azioni. Il 16 giugno, presso Vodizze furono rinvenuti i corpi di quattro contadini <337>; tre giorni dopo, in località Lendine, venne rapito Giovanni Skocié <338>; il 18, verso le ore 16, un'autovettura civile proveniente da Spalato e diretta a Zara, superata d'un quattro chilometri Pirovazzo, fu fatta segno a raffiche di armi automatiche. Sulla macchina viaggiavano il dottor Edoardo Pannunzi di Roma, dirigente della filiale dell' A.G.I.P [Azienda Generale Italiana Petroli}, l'autista Cusena, un milite del battaglione 'Vespri' ed un'ingegnere. L'automobile, mitragliata, sbandò fermandosi; dei quattro passeggeri, tre furono uccisi, mentre il dottor Pannunzi, ferito alla testa ed al braccio, si finse morto. I ribelli estrassero i corpi dalla vettura, li depredarono e li cosparsero di benzina dando loro fueco. Il dottor Pannunzi riusci salvarsi rotolandosi a terra e defilandosi dietro un muretto. In quel momento giunse la corriera della linea Sebenico-Zara, che aveva a bordo una scorta di sette militari i quali aprirono il fuoco e misero in fuga gli aggressori <339>. Non solo la zona fra Pirovazzo, Vodizze, Zaton e Rasline diventava sempre più pericolosa, ma da varie parti giungeva la segnalazione che, in alcune occasioni, i ribelli avevano agito indossando uniformi di militari uccisi <340>.


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Dopo quarantasette giorni dal rapimento, si risolse l'avventura della maestra Pelluti; venne scambiata con il dottor Zurkovié, medico condotto di Lésina, condannato a trent'anni di carcere dal Tribunale militare di guerra della 2a Armata. La Pelluti, liberata il 27 agosto, consegnò a Bastianini una relazione con informazioni sui ribelli e sulla loro organizzazione. Il Governatore inviò il rapporto a Mussolini che lo trattenne tra i propri documenti riservati <341>. L'ACUIRSI DEL DISSIDIO BASTIANINI-ARMELLINI Il sistema di controllare il territorio del Governatorato con colonne mobili si dimostrò efficace, come efficaci si dimostrarono i rastrellamenti. Nell'ultima decade di giugno vennero effettuati quelli sul monte Dinara <342>, e lungo il corso della ZernÌagna (343J, Una robusta azione fu intrapresa nel settore di Sebenico lungo la linea ferroviaria sino al nodo di Percovich ( = Perkovié) e verso Spalato <344>, In seguito ad un'operazione del battaglione squadristi 'Toscano', con carabinieri e guardie di finanza, che portò all'annientamento d'una banda di ribelli, il Governatore inviò un telegramma a Mussolini, informandolo che i comunisti avevano avuto quattordici morti e ventidue erano stati catturati <345>. Riferiva inoltre che, essendo scaduta la proroga dei termini stabiliti dall'ordinanza del 7 giugno (che faceva salva la vita a chi, abbandonate le bande, fosse rientrato nelle proprie case) aveva fatto approntare un campo di concentramento nell'isola di Melàda (nord di Zara), per le famiglie dei latitanti stimati sulle settecento persone <346>. Il 30 giugno le forze del Governatore procedettero ad un rastrellamento da Ervenico verso occidente <347>; dal 5 al 10 luglio fu setacciata la zona Sebenico-Verpoglie-Traù <348>; l' 8 l'isola della Brazza <349>. Le operazioni a ridosso della frontiera erano condotte in prevalenza da reparti dell'esercito, con battaglioni 'M' e carabinieri, mentre nel restante territorio operavano le forze dì polizia, le compagnie di agenti metropolitani, i battaglioni squadristi. La popolazione, sentendosi più protetta dalle angherie dei ribelli, cominciò a dimostrare maggior fiducia, ed in gran parte rientrò nei paesi, mentre si stavano attenuando i fenomeni d'omertà . Il 12 luglio, il Governatore dispose che fosse «evitata ogni azione contro le abitazioni ed i beni delle persone» e che «si dovrà aver cura di evitare esecuzioni sommarie non sicuramente rispondenti al fine morale di colpire solo chi volutamente si è posto contro la legge. Dovrà essere invece intensificata quell'azione di convincimento che accompagnata con adeguate misure di protezione riconduca la gente nelle case, la tranquillità negli animi e dia a tutti il senso della


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nostra umana comprensione» <3 50>. Ricordando che da documenti catturati, risultava l'insoddisfazione dei capi comunisti per lo scarso apporto dei compagni della costa, poneva in rilievo che «le ragioni per le quali tali comunisti non hanno potuto operare sono ben note e si riassumono nell'azione di assistenza morale e materiale svolta a beneficio delle masse operaie di Spalato e Sebenico dal Governo [della Dalmazia - n.d.a.] (dopolavoro, mense operai, spacci aziendali, uffici del lavoro, assistenza alle donne e all'infanzia, adeguamenti salariali ecc. ecc.) e nell'attività preventiva e repressiva che gli organi del Governo non hanno mai cessato di svolgere per decapitare il comunismo nelle città del litorale, dove esso si manifestò subito fin dall'anno scorso, perfettamente organizzato ed astutamente guidato» (351). Considerando il problema dei ribelli, Bastianini invitava a tener presente che con i raccolti in corso ogni villaggio avrebbe ricostituito le scorte e «quindi entro brevissimo tempo si ristabiliranno condizioni favorevoli ai ribelli per il loro approvvigionamento» C352l. Perciò suggeriva di cogliere questa occasione per svolgere «un'azione intelligente per condurre gli stessi ribelli a riconsiderare la loro situazione, a favorire una qualche resipiscenza da parte loro, ad incoraggiare con promesse di clemenza il loro ritorno a casa[ ... ], mostrando di saper dividere nettamente la responsabilità dei capi che iD: malafede o con promesse di vantaggi e di vittoria o con la violenza, hanno condotto gli altri alla guerriglia, da quella molto minore di coloro che li hanno seguìti vittime della loro propaganda insana» <353>. Analogamente, alcuni giorni prima in una delle periodiche relazioni a Mussolini, il Governatore aveva descritto la situazione della provincia di Zara in positivo miglioramento, anche perché il battaglione 'Bude Borjan' aveva ripassato la linea della Zermagna pur lasciando in territorio italiano «un certo numero di squadre incaricate di compiti terroristici [... ] e di razziare viveri» <354>. Ma questi nuclei, per Bastianini, non destavano soverchie preoccupazioni «in conseguenza della dislocazione da me data ai Battaglioni Squadristi» <355>, che con scaglionamenti a scacchiera e con appostamenti diurni e notturni erano in grado di procedere alla loro eliminazione. «In tale azione di disinfestazione che è ancora in corso i partigiani hanno avuto forti perdite che si riassumono in cinquanta morti ed un nu- . mero imprecisato di feriti. Da parte nostra sono cadute sette camicie nere e ventisei sono rimaste ferite» <356> (le sette camicie nere erano cadute in un'imboscata in località San Giovanni, fra Vodizze e Gaéelezi <357>). Anche i battaglioni dell'esercito, che rastrellavano la zona orientale della provincia, avevano inflitto venti morti ai ribelli, con la perdita di due soldati ma, secondo il Governatore, «l'azione dei battaglioni dell'Esercito per il parti-


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colare carattere militare non si svolge né così rapida, n·é così pronta come quella delle camicie n_ere» C35sJ. Frattanto per contrastare l'azione dei ribelli, le popolazioni, in varie località, si erano offerte di costituire bande anticomuniste. «La conoscenza perfetta che tali elementi hanno del territorio, le qualità di resistenza e mobilità che possiedono, la lingua che parlano, fanno di essi degli ausiliari che, sia per la Polizia che per le Forze armate, hanno grande valore» c359l. Esponendo, poi, alcuni aspetti del problema militare della Dalmazia, considerava la necessità d'uno stretto collegamento fra autorità civili e militari, segnalando a Mussolini come causa di «gravissimi inconvenienti [... ] a) - le differenti sedi del Governatorato (Zara) e del Comando delle Forze Militari dislocate in Dalmazia (Spalato); b) - la non attribuzione alla Dalmazia italiana di reparti organici del R. Esercito destinati a presidiare ed operare in maniera stabile nel territorio italiano» (360J. Asseriva che, per la tutela della Dalmazia, il comandante di Supersloda concordava sull'opportunità di creare un'apposito comando - con sede in Zara - «il quale, mantenendosi a strettissimo contatto con il Governatore, disponga a seconda delle circostanze, coordinando i mezzi propri e le azioni eventuali con le necessità politiche e profittando al massimo dell'ausilio delle Forze di · Polizia» <361l. In sostanza, con abile progressione, Bastianini proponeva a Mussolini la subordinazione dell'esercito alle esigenze del Governatorato, e sosteneva la tesi facendo osservare al Capo del Governo l'incongruenza d'un «impiego saltuario di Battaglioni [in Dalmazia - n.d.a.] appartenenti a differenti Divisioni che in caso di necessità si fanno intervenire da oltre confine e che si rimandano oltre confine subito dopo, salvo a chiamare altri se il bisogno si ripresentasse» <362l. Da qui l'affermazione, indubbiamente suggestiva, che «una certa stabilità delle truppe in Dalmazia assicurerebbe anche quel mutuo appoggio che alle due azioni, civile e militare, è necessario per trarre il migliore frutto dalle rispettive coordinate attività» (363>. Bastianini, preannunciando che il generale Roatta avrebbe formalmente presentato queste proposte al Comandò Supremo, chiedeva l'assenso di Mussolini, in modo da sanare l'anomala situazione per cui, «nonostante le mie ripetute sollecitazioni e rimostranze[ ... ], i territori italiani di Spalato e Zara erano rimasti privi di truppe, il confine indifeso e incontrollato e le isole, anche le più lontane, sprovviste di presìdi militari perché il loro impiego si era manifestato indispensabile in territorio croato» C364J_ Quasi contemporaneamente, Armellini, rilevando che il Governatore, per il vettovagliamento ed il munizionamento delle forze da lui dipendenti, usufruiva dei servizi dell'esercito - «che provvedono ad esse come se fos-

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sero altrettanti reparti del corpo d'armata» C365l - si era, ancora una volta, lamentato con il generale Roatta del fatto che in Dalmazia vi fossero «due organizzazioni militari che con metodi profondamente diversi perseguono lo stesso scopo [... ]. Tutto ciò induce ad un vero e proprio dualismo, ad un dispeudio di energie ed impedisce di conseguire, con metodo, continuità di comando e con razionale condotta la pacificazione della regione» <366l. Insisteva particolarmente sulla necessità d'un chiarimento dei compiti - del Governatore e del comandante del corpo d'armata - poiché Bastianini, durante un colloquio, gli aveva espresso «l'intendimento [di] costituire baQde di due tipi: fisso per difesa paesi, mobile per concorso azione repressione ribellione» <361>. Armellini dissentiva da questo progetto considerando pericoloso distribuire troppe armi - praticamente a dei civili e tutto al più ammetteva la costituzione di piccoli nuclei locali a difesa dei paesi <368>. Faceva anche notare che «costituzione esercito governatoriale con battaglioni CC.RR. [carabinieri reali n.d.a.J, btg. CC .NN., agenti P.S. [pubblica sicurezza - n.d.a.J cui si stanno aggiungendo bande, organizzazione pseudo Stato Maggiore governatoriale in cui inevitabilmente si sta trasformando Gabinetto militare non più limitato ad un solo uomo, costituirà pericolo et motivo sfunzionamento» (369l. Anche sul diario storico del corpo d'armata veniva annotato che l'organizzazione «pseudo militare nelle mani del Governatore[ ... ] interferendo su quelle militari toglie a queste la possibilità di svilupparsi liberamente in relazione alle necessità imposte dalla situazione del paese» <37oi. Ma Bastianini, più che 'l'intendimento', seguiva un preciso piano, ed il 23 giugno diramò le istruzioni per la 'Costituzione del Corpo volontari anticomunisti della Dalmazia italiana' <371>. Venivano aperti gli arruolamenti fra gli abitanti dei villaggi delle province di Zara e Spalato; stabilito l'inquadramento; i criteri per la presentazione delle domande; le modalità del loro esame da parte dei carabinieri; i distintivi di reparto ed i documenti di riconoscimento; l'armamento e le retribuzioni (di massima soltanto in natura). Quale comandante del nuovo corpo veniva nominato il colonnello Eugenio Morra, capo del gabinetto militare di Bastianini <372>. Ai primi di luglio, al generale Armellini pervenne dal Governo della Dalmazia, ma in via ufficiosa, la richiesta di distaccare quattro ufficiali, altrettanti sottufficiali e quindici soldati per l'inquadramento di queste bande anticomuniste. Il generale oppose che «nelle nostre condizioni non possiamo ceder niénte, tanto meno i quadri migliori sui quali naturalmente e nominativamente si appunterebbero le richieste» <373; e, quasi scoraggiato, scriveva a Roatta che «oltre gli altri guai [,] esercito governatoriale non deve depauperare il nostro che va avanti a forza d ' acrobazie» <374>.


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Sulla questione delle interferenze, il comandante di Supersloda condivideva le opinioni di Armellini, come appare da una annotazione di pugno di Roatta, apposta alla relazione che il comandante del corpo d'armata gli aveva inviato sulle operazioni disposte da Bastianini in relazione al rapimento della maestra Pelluti. Armellini aveva concluso la relazione con la richiesta «di addivenire ad una chiarificazione della competenza nell'impiego delle forze» (37s>, e Roatta aveva postillato: «Ciò è indispensabile ed urgente. Ma a risolverlo e parole e lettere e telescritti non bastano più» <376l. Subito sotto, il generale De Blasio, capo di Stato Maggiore, aveva apposto un'altra nota: «Eccellenza [cioè Roatta - n.d.a.] potrebbe rappresentare prontamente a Roma questa caotica situazione. È necessario che anche btg. squadristi passino agli ordini dell'Esercito» <377>. Le due annotazioni rispecchiavano sinteticamente il contenuto d'un appunto, predisposto quasi certamente per uso interno del comando di Supersloda, e siglato sia da Roatta sia dal suo capo di Stato Maggiore <378>. L'appunto, che comincia con queste parole: «È della massima urgenza e della massima importanza», si articolava in tre paragrafi. Nel primo, si giudicava indispénsabile parlare o scrivere a Bastianini e dirgli: «finché c'è da operare nel tuo Governo, il Governatore scompare, e non c'è che il Comando militare, il quale ha tutti i poteri e tutte le forze. Ritornata una certa normalità, ritornerai a riprendere i tuoi poteri, i tuoi btg., le tue bande, etc .. Se riterrai di far così, bene; altrimenti. .. » C379l. Nel secondo paragrafo si prevedeva che scrivere o parlare sarebbe servito poco o niente, e si considerava più utile prospettare al Comando Supremo «l'assurdo di due eserciti e due teste in una stessa zona e con stessi compiti. Delle due teste l'una - civile - fa richieste d'ordine militare diverse da quelle che per la medesima esigenza fa l'altra, crea situazioni e operazioni dal nulla e per nulla (perdite di tempo, ordini e contrordini, intralci a operazioni in corso, timori ingiustificati provocati dal recente allarme). Ecc. Bastianini, rivolge dirette domande di concorsi aerei e navali, persegue una politica militare e civile nei confronti delle popolazioni e delle bande anticomuniste che vuol essere indipendente dalla nostra ecc .. Continuare così significa mandare, o rischiar di mandare, le cose a catafascio» (3 80l. Nell'ultimo, s'indicavano le soluzioni: «provocare la sostituzione dell'Ecc. Bastianini (soluzione nettamente preferibile) o quella dell'Ecc. Armellini (soluzione dolorosa, ma certo da preferirsi alla situazione attuale)» (38 ll. Evidentemente, si stava arrivando al carico di rottura, ma restava incerto il momento della crisi risolutiva. Il 2 luglio il generale Armellini, in una lettera a Roatta, sulla costituzione delle bande anticomuniste, poneva in evidenza che l'organizzazione


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«dell'esercito governatoriale» stava procedendo senza soste, «facilitata dalla persuasione troppo diffusa ormai che ognuno possa fare il Generale», e «facilitata altresì dall'aver concesso la costituzione di un Gabinetto Militare» <352J. Ribadiva il concetto che la situazione in Dalmazia era prima di tutto militare, «perché la rivolta - che come il fuoco sotto la cenere, serpeggia e può divampare - ha carattere militare», e «qui si sta preparando - ed esistono già le cellule - la costituzione di battaglioni partigiani. T utto ciò è sfuggito al Governatore occupato e preoccupato di dare una mano di vernice in modo che vista di fuori la Dalmazia appaia costituita da tre provincie, del tutto simili ed ordinate come quelle dell'Italia» <383>•

Aggiungeva che, «forse ora si è capito l'errore», ma «ciò non è bastato [,] perché di fronte alla realtà dei primi sommovimenti dovuti alla ribellione interna il Governo della Dalmazia, nascondesse codesta verità e denunciasse a Roma la Dalmazia minacciata da 40.000 ribelli ammassati ai suoi confini e da 4.000 penetrati nell'interno» <384l_ Insisteva nel deplorare la costituzione di un'amministrazione civile in Dalmazia - «questo colossale errore da tutti riconosciuto, tranne forse da coloro che dell'errore traggono giovamento» C385l - , la politica seguita dal Governatore, l'invio dei battaglioni squadristi. Convinto dell'inammissibililtà dei due eserciti, concluse che, se non s'intendeva «tenere in mano la Dalmazia con una occupazione militare che risponda ad un unico concetto direttivo» (e spiegava, «cioè unitario e totalitario che costituisce uno dei canoni del fascismo per il quale e con il quale il fascismo stesso ha messo ordine nel paese» <386'), si dovevano comunque definire «compiti, attribuzioni, sfere d'azione ecc., in modo da poter agire - almeno in quella limitata sfera - con quella libertà d'azione, iniziativa, autonomia con la quale deve agire un comandante di grado elevato» C3 87l. Questi concetti integravano quanto, il giorno prima, Armellini aveva esposto a Roatta in un ampio studio sulla sistemazione del corpo d'armata in relazione al previsto trasferimento ad altro fronte d'una divisione e di due battaglioni, nonché sul modo di «assicurare la inviolabilità e la tranquillità interna dei territori annessi all'Italia» <3ssJ. Per realizzare questo obiettivo, prevedeva una trentina di capisaldi lungo i centoquaranta chilome~ri del confine, che sarebbe stato protetto da un continuo reticolato; dietro queste opere di prima linea, una scacchiera di presìdi dalla forza di un battaglione per vigilare sul territorio con movimenti coordinati. Armellini esaminava il problema della quasi inesistente difesa costiera, quella della protezione delle ferrovie, dei servizi di presidio, della zona croata occupata, denunciando un fabbisogno di quattordici battaglioni in aggiunta ai trentasei disponibili <389).


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Dopo le valutazioni tecnico-militari non potevano mancare quelle politiche. «La visione che io ho - scriveva Armellini - è, mi par chiaro, unitaria. Ciò però non vuol dire che non si tenga conto delle necessità della Dalmazia. Le necessità della Dalmazia - o per meglio dire i concetti che vi imperano e che si tollerano per varie ragioni - non debbono però farci deviare dalla nostra· linea di condotta e farci procedere zigzagando come - bisogna ammetterlo - abbiamo un pò proceduto fino ad ora. La situazione della Dalmazia è tale che sbocca in un problema militare. Questo problema dobbiamo risolverlo noi in contatto e collaborazione con il Governo [della Dalmazia - n.d.a.J ma non a questo sottoposti: e tanto meno sottoposti ai suoi [di Bastianini - n.d.a.] concetti extra militari>> <390l.

LO SCONTRO Un nuovo motivo di attrito sorse da un rapporto indetto da Bastianini per il 13 luglio, agli ufficiali dei carabinieri dipendenti dal Governatorato. Armellini, telegraficamente, aveva chiesto al Gov•~rnatore che, al rapporto «scopo collaborazione et considerazione compiti spettanti zona operazioni carabinieri mobilitati» <391l, partecipasse anche un ufficiale superiore dei carabinieri del corpo d'armata. Bastianini replicò che si trattava d'un rapporto d'ordinaria amministrazione, simile ad altri che egli aveva già tenuto ai prefetti, alle gerarchie politiche, ai funzionari dell'amministrazione, e che nel caso specifico non riteneva che vi dovessero partecipare ufficiali dell'Arma dipendenti dal comando del corpo d'armata, poiché «non devono riferire né ricevere direttive da! Governatore» 092>; e ciò proprio «per non ingenerare quelle spiacevoli situazioni che non giovano anzi danneggiano molto l'attività nostra» <393J_ Armellini, a sua volta, oppose di non essersi mai interessato dei rapporti che il Governatore teneva ai propri organi dipendenti, ma riteneva, sul piano della collaborazione, che un ufficiale dei carabinieri del suo comando potesse parteciparvi, e con reciproca utilità, specie quando a Spalato il corpo d'armata concorreva al servizio d'ordine pubblico con centoquarantaquattro carabinieri 'mobilitati' <394i. Il generale Armellini inviò con urgenza a Supersloda il testo integrale dei telegrammi scambiati con Bastianini ed in calce aggiunse una frase di commento, aperta a molte interpretazioni: «Non credo che si potrà dire che io non collaboro o che sono moschino (sic)» <395l . Punzecchiature a parte, la crisi fra Bastianini ed Armellini precipitò a causa degli addebiti mossi al commissario civile Bottrighi per le iniziative prese in occasione del rapimento della maestra Pelluti. Il colonnello Carlà,


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nella relazione sugli avvenimenti di Puticanje 0 96l, aveva precisato che la mattina del 12 giugno, quel gruppo di persone eterogenee, era partito «per imposizione del commissario civile [... ] dipinto come uomo di carattere assai autoritario [ ... J, che evidentemente ha esorbitato dal suo mandato, succubi tutti gli altri» <39i>. A queste valutazioni, il Governatore aveva obiettato che già il 14 giugno, il Bottrighi aveva dichiarato per iscritto che, alla notizia del rapimento, si era recato alla caserma dei carabinieri, dove aveva trovato «il Comandante Vicebrigadiere Bozo [altrove 'Bono' - n.d.a.] Matteo che accompagnato da 14 granatieri del Presidio di Stretto e da un militare dell'Arma stava partendo per Dasline [presso Puticanje 398 n.dA.]» < >; che la spedizione non aveva alcun carattere militare, trattandosi di «un'ordinaria azione di polizia in nulla dissimile da tutte le altre che gli Agenti dell'ordine compiono per il rintraccio immediato e l'arresto dei delinquenti comuni» 0 99> e che, come di dovere, era stata organizzata dal vice-brigadiere dei carabinieri. Bastianini faceva anche rilevare che il Bottrighi, quale commissario civile, qualora non lo avesse fatto il comandante dei carabinieri, ben poteva ordinare operazioni di polizia e chiedere l'intervento dell'esercito. «Egli non aveva, invece, - proseguiva il Governatore - a norma di legge, il dovere di partecipare di persona all'operazione, ma ufficiale volontario di due guerre e fascista, [... ] ha semplicemente obbedito alla norma del Duce di essere sempre pronti all'azione e marciare in testa verso il pericolo. Poiché egli ha semplicemente obbedito ad un tale comandamento, non ho ritenuto necessario esprimergli alcuna lode» C400>. La risposta di Arme!lini <40 1> fu secca: «La relazione in mio possesso circa lo svolgimento dei fatti avvenuti in seguito al rapimento della maestra Pelluti, porta a conclusioni assai diverse di quelle di cui alla Vostra lettera 05229 del 7 corr., e giustificano in pieno la mia N.5076/0p del 27 giugno u.s. Ad ogni modo la questione particolare perde ogni importanza di fronte alÌa questione di principio che la Vostra lettera mi dà occasione di trattare. Non metto affatto in dubbio che la legge dia al commissario di un comune - nella sua qualità di ufficiale di polizia - il diritto e il dovere di ordinare una operazione di polizia. Metto invece in dubbio che ·tale norma di legge possa, nella attuale situazione, trovare qui utile applicazione. Che il mio dubbio sia legittimo è dimostrato: - da una considerazione: la situazione della Provincia di Zara specie dopo quanto vi sta avvenendo da un paio di mesi a questa parte non può certo essere ancora considerata alla stregua di quella delle provincie d'Italia per le quali la legge è stata fatta;


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- da uno stato di fatto: nella attuale situazione - da considerare assolutamente anormale - io debbo applicare le norme di cui alla circolare 1780 del comando 2a Armata in data 12 febbraio u.s. in possesso anche a coàesto Governo; tali norme per me costituiscono non solo un ordine inderogabile da eseguire senza discutere, ma anche un preciso mio dovere e diritto: assicurarmi cioè che l'impiego delle truppe che ho l'onore di comandare e delle quali rispondo verso i miei superiori e la mia coscienza, avvenga secondo i criteri e le modalità che spetta solo a me di definire dopo aver io stesso vagliata la situazione. Gli è perciò che - a seguito dei provvedimenti disciplinari che ho dovuto prendere (402> per quanto è successo dopo il rapimento della maestra Pelluti - ho altresì confermato ai comandi ed alle truppe da me dipendenti i precisi concetti che qui - in applicazione di ordini superiori - debbono presiedere all'impiego delle truppe che venissero richieste dalle autorità civili». Di fronte a questa lettera che, oltre al contenuto, né in apertura né in chiusura conteneva una parola di cortesia o di saluto, Bastianini scattò e, di proprio pugno, il 15 luglio, rispose ad Armellini nei seguenti termini '(403): «Egregio Generale, Vi rispondo subito per chiarire ogni dubbio circa l'ultima lettera che mi avete inviato. Finché io sono al mio posto e Voi al Vostro le nostre reciproche attribuzioni sono: le Autorità Civili ai miei ordini con tutti gli organi da me dipendenti; le Autorità Militari ai Vostri con le truppe che hanno alle loro dipendenze. Io faccio la politica e l'amministrazione e Voi fate la guerra. Tutto è molto chiaro. Io non ho il gusto della polemica e dinanzi al nemico il polemizzare mi disgusta.

Da due mesi la provincia di Zara è infestata da ribelli. Mi fu assicurato che in pochi giorni la situazione sarebbe stata ristabilita. Questo non è avvenuto. Vi chiedo di ricondurre il territorio della provincia di Zara alla normalità adottando i criteri e le modalità di azione che volete purché lo scopo sia raggiunto. Tale richiesta non esorbita dai miei compiti e Vi prego di voler dare ad essa il massimo peso.


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Il prolungarsi in una Provincia Italiana di una situazione come questa lede il prestigio dell'Italia. A Cattaro in quaranta giorni le truppe hanno disfatto il ribellismo. Non credo che per raggiungere lo stesso scopo in Provincia di Zara sia necessario abolire Prefettura, Provincia, Comune, Questura ecc..; so bene, perché lo avete detto a me e ad altri, che Voi considerate il Governo della Dalmazia una cosa che non ha ragione di esistere e che si dovrebbe abolirlo o passarlo al Comando delle Truppe che vanno e vengono, ritornano e ripartono nella Dalmazia Italiana. A prescindere dalla mia persona che non ha, credetelo, nessun bisogno della scomodissima sedia governatoriale, per • ragioni politiche contingenti e future che sono di tutta evidenza, il Vostro modo di pensare su tale argomento non sarebbe utile all'Italia se trovasse applicazione perché dimostrerebbe ad alleati e nemici che l'Italia in Dalmazia ha dovuto ricorrere al Governo Militare per mantenervisi. Comunque finché il 'Governo della Dalmazia c'è, fatemi il favore di lasciarlo tranquillo al suo lavoro. Io non sono né un Vostro dipendente né un Vostro tollerato. Servo il Paese ed il mio Capo in pace ed in guerra da un quarto di secolo. Sono più rivolto all'azione che alla polemica. Ad ogni mia preghiera, o richiesta, o opinione, fin dal primo giorno che vi ho conosciuto ed accolto con sincera cordialità, Voi mi avete opposto difficoltà, contrarietà e polemiche. · Non so come si debba fare per collaborare con Voi. Mi ci sono provato, ma Voi in ogni Vostra lettera Vi siete sforzato di dimostrare che questo non è possibile. lo non sono un ufficiale del Vostro Corpo d'Armata e perciò posso parlarVi francamente. L'ho fatto e lo faccio. Nel mio campo, nella sfera a me assegnata dal Duce e dalla legge io opero. Vi chiedo di operare nella Vostra, affrontando le formazioni ribelli che scorrazzano da un capo all'altro del territorio di Zara. Con distinti saluti». Bastianini inviò copia della lettera al generale Roatta, accompagnandola con una nota decisamente dura: «Adesso mi pare che basti. Né io né i prefetti dipendono da lui [ArmeJlini - n.d.a.]. La mia sopportazione per ragioni di amor patrio non deve essere interpretata dal gen. Arme!lini come cretineria e mancanza di dignità. Non sono un suo dipendente e neanche, a dir vero, un suo inferiore di grado. Credo che fra i suoi doveri ci sia anche quello di rispettare chi in questa terra rappresenta il Governo del Re d'Italia e governa i1t nome di quello» <404l. Un'altra copia la inviò a Luigi Russo, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, dicendo-


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gli fra l'altro: «Io non sono un fomentatore di beghe nemmeno in tempi normali, figurati se in questo momento ne cerchi! Ma ti assicuro che il contegno dell' Armellini nei miei confronti è diventato tale da disgustare, così come la sua inattività nei confronti dei ribelli è riprovevole» <405>_ Roatta, mentre non aveva ancora ricevuto la lettera di Bastianini, gli faceva sapere che, essendogli pervenuto l'ordine dal Comando Supremo, di cedere alle 'Truppe Montenegro' le divisioni 'Taurinense' e 'Perugia', non gli era possibile «costituire una G.U. [grande unità - n.d.a.] (od altro Raggruppamento di forze a se stante) incaricato del mantenimento dell'ordine e della difesa delle provincie di Zara e di Spalato, ed indipendente dalle forze incaricate del presidio e difesa dell"antemurale' croato» <406>. Proponeva che il mantenimento dell'ordine pubblico e la difesa delle cinte di sicurezza delle città di Zara, Sebenico e Spalato, fossero assunti dalle forze del Governatore, mentre il resto del territorio sarebbe passato sotto giurisdizione militare. In caso di necessità, la difesa sarebbe stata assunta dai militari, e tutte le altre forze (battaglioni squadristi, carabinieri del Governatorato, guardie di finanza, agenti di pubblica sicurezza) sarebbero . passati per l'impiego operativo ai loro ordini <407>. A parte 'il momento in cui questa comunicazione pervenne a Bastianini, il suo contenuto andava contro gli orientamenti del Governatore, proprio quando, tramite il prefetto di Zara, aveva fatto chiedere al generale Cassata l'istituzione di nuovi presìdi su alcune isole della provincia <408>. Per di più, il 16 luglio (giorno successivo alla data della lettera ad Armellini), aveva convocato il comandante delle 'Truppe Zara', invitandolo a sgomberare «tutta la· provincia di Zara dai ribelli et clie siano ristabiliti tutti i presìdi delle isole quali erano nel maggio u.s. [... ]». «Richiesta motivata - riferiva il generale Cassata - da ripetute azioni compiute nei giorni scorsi da ribelli contro popolazioni per imporre loro reclutamento per formazioni partigiane (,) impedire anche con uccisioni loro adesione bande anticomuniste et imporre loro contributo viveri» <409 >. Il 18 luglio, Bastianini rispose alla lettera di Roatta sulla riduzione delle forze e, riconoscendo le difficoltà insorte, gli assicurò il proprio interessamento a Roma perché fosse «lasciata almeno una divisione la quale assolva iÌ compito urgentissimo di liquidare i sette od otto gruppi partigiani che terrorizzavano la gente in provincia di Zara>> <410>. Nel corso della giornata, telegrafò a Mussolini facendo presente che, sottraendo al generale Roatta due divisioni, non era più possibile «dare alle provincie italiane della Dalmazia quella sistemazione che vi ho esposto nel mio appunto in data 9 luglio e che era sembrato necessario per cominciare anzitutto un'azione militare contro i ribelli ed assicurare poi un presidio permanente alle


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provincie di Zara e Spalato» <41 1>. Da questa premessa passava ad un esplicito atto di accusa contro Armellini. · «Ho il dovere, Duce, di informarvi che a tutt'oggi il diciottesimo Corpo d'Armata che ha tutte le truppe al di là della frontiera, non ha iniziato nessuna azione di forza contro gli otto nuclei di ribelli che stanno alla macchia in località bene individuate entro la provincia di Zara e che da due mesi terrorizzano le popolazioni della campagna» C412>. Aggiungeva che i ribelli <~continuano a permanere nel territorio incoraggiati e rafforzati da elementi che attraversano il confine non fortificato né sorvegliato del Jorka [recte: della Cherca], entrano quando vogliono nel nostro territorio» <413>_ Infine, Bastianini aveva buon gioco nel contrapporre la situazione in provincia di Cattaro, dopo i successi conseguiti dal generale Dalmazzo, a quella di Zara. Ma se nella prima parte del telegramma adombrava la possibilità che in Dalmazia, l'inattività del generale Armellini fosse determinata dallo schieramento delle divisioni proiettate verso l'interno della Croazia, alla fine coinvolge,va anche la responsabilità degli Alti comandi, ricordando che alle sue «ripetute richieste e preghiere di affrontarli [i ribelli n.d.a.] con azione rapida e conclusiva come quella svolta a Cattaro, il comandante del corpo d'armata mi ha sempre risposto di non avere truppe sufficienti» C414>. Che questa non fosse un'affermazione di comodo da parte di Armellini, ma una effettiva realtà anche per Bastianini, era confermata nelle ultime righe del telegramma: «Ritengo pertanto sia indispensabile dare alla Dalmazia italiana almeno una divisione col compito preciso di fare una immediata azione contro gli 8 nuclei partigiani esistenti» <415>. Mentre la questione della sicurezza in provincia di Zara veniva posta ai massimi livelli, il 19 luglio Armellini replicò alla lettera del Governatore, inviandone copia al generale Roatta ed allegandovi quella di Bastianini, cui rispondeva, definita «astiosa, arrogante, inammissibile», indicando il Governatore come «un uomo che, non avendo mai avuto la chiara idea di quali fossero i limiti del suo potere, credeva dovesse essere illimitato [... ]. Ho ponderato 24 ore e gli ho risposto con quella che pure unisco» <416>. «Signor Governatore <4 17>, ho ricevuto la Vo stra lettera del 15 corr. È una di quelle lettere che - a .chi le riceve - presenta l'alternativa: o respingerla alla prima lettura, o rispondere punto per punto dopo averla ben riletta. Vincendo il disgusto che ho anch'io per la polemica, mi attengo a questa seconda soluzione, per darVi ancora una nuova prova della mia buona volontà.


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Voi, nella lettera definite esattamente le nostre reciproche attribuzioni. Ma nella pratica, mel).tre io non ho mai neppure lontanamente pensato d'intromettermi fra le autorità civili ai Vostri ordini, Voi e talvolta i Vostri dipendenti lo avete fatto assumendo per di più un tono ed un atteggiamento da superiore ad inferiore. Tono ed atteggiamento per me inaccettabili e che hanno provocato la mia reazione, pur con scarso risultato, se a.p.cor oggi ricevo una lettera della Vostra Direzione Generale di Polizia che mi invita a ripristinare un certo distaccamento, rinforzarlo eventualmente e fornire assicurazione! Voi sempre nella lettera dite: io faccio la politica e l'amministrazione e voi la guerra. Ma nella pratica se Voi fate, incontrastato, politica ed amministrazione, la guerra non la faccio io ma la facciamo in parecchi, Voi, io e i commissari civili quali ufficiali di P .S .. Guerra della quale io nulla so fino al momento in cui sono chiamato a concorrere colle mie truppe - (in questi ultimi due mesi tali concorsi si sono verificati una ventina di volte) - a organizzare rifornimenti, a stendere collegamenti etc. etc. proprio come se io fossi un organo esecutivo del Governatorato. Voi mi richiedete di ricondurre il territorio della provincia di Zara alla normalità. Se non erro l'anormalità maggiore si verifica dove Voi agite con i Vostri battaglioni e io proprio credevo che il compito che Voi chiedete a me di espletare, fosse a Voi devoluto. Voi mi pregate di dare alla suddetta richiesta 'il massimo peso'. Vi debbo francamente dire che non capisco il valore di questa frase sulla quale quindi sorvolo. Voi mi attribuite il programma di voler giungere all'abolizione del Governo, Prefetture, Questure, Provincie e Comuni. È per lo meno inesatto. Il mio pensierò che già Vi ho espresso è quello che ora Vi confermo. L'aver creato Governo, Prefetture, Questure, Provincie e Comuni, è stato un grosso errore, e molti la pensano come me. È stato un altro errore l'aver creduto di poter in breve tempo realizzare una attrezzatura che non poteva agire in profondità, tanto più in un ambiente difficile, eterogeneo come questo e a noi ostilissimo. È stato un altro errore proclamare che dietro alla -debole e malsicura facciata - il cuore della Dalmazia batteva all'unisono col cuore della Madre Patria. Di questi errori commessi, il primo - per le stesse ragioni di prestigio cui accennate - io ho sempre pensato fosse insopprimibile, non così però gli altri errori.


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Se mai quindi io ho pensato sì potesse giungere alla abolizione dì Governo, Prefetture, Questure etc. etc., sempre invece ho pensato si dovesse diversamente agire - almeno dopo che avevo conosciuta la reale situazione in Dalmazia, la situazione cioè che si era venuta creando dopo quasi un anno dì nostra annessione. Così ho pensato dovesse almeno l'azione politica essere armonizzata con le possibilità militari, visto che la Patria non poteva fornire tante forze quante sarebbero state necessarie per imporre colla forza una politica che dalla popolazione non era volontariamente accettata. Cbsì soprattutto ho pensato fosse necessario impiegare le forze con stretto criterio economico ed unitario, non perché ciò fosse imposto dalle più elementari norme di guerra, ma bensì da una necessità di carattere superiore e contingente, che tanto più si appalesava, quanto più le forze accennavano a diminuire. Voi mi dite: fate i] favore di lasciar lavorare tranquillo il Governo. Se dicendo così pensate alla tranquillità che manca quando si lavora su un campo minato, io Vi assicuro che i1 Vostro campo non ho mai cercato di minare quando esprimevo francamente il pensiero che più sopra ho riassunto. Così non ho neppure lontanamente pensato - e come lo avrei potuto? - che Voi foste un mio dipendente, non dico tollerato che certo Vi è scappato dalla penna. Ho invece pensato - questo sì - che io non fossi un Vostro dipendente. Voi mi dite che non sapete come collaborare con me, ché sempre ho cercato di dimostrarvene l'impossibilità, opponendo difficoltà, contrarietà e polemiche, mentre Voi fin dal giorno che mi conosceste, mi avete accolto con sincera cordialità. Bisogna distinguere, Eccellenza, collaborazione da cordialità. Della vostra iniziale cordialità io Vi dò atto, ma a questa cordialità è andato subentrando un senso di astiosità man mano che il mio pensiero si manifestava. L'ostilità che mi dimostrate anche ora, trasformando in una questione personale, una questione di principi e di servizio. La mia collaborazione invece è stata sempre costante dal momento che - sempre che fosse nelle mie possibilità - sempre e tutto quanto mi avete chiesto ho concesso. Quel che Voi chiamate inesattamente difficoltà, contrarietà, polemiche, non sono stati che reiterati tentativi per far capire - pur cedendo - che le richieste non dovevano essermi rivolte come ad un Vostro organo esecutivo.


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Della Vostra collaborazione io ho invece dubitato: da principio quando avete negato che mi fossero fornite le notizie che chiedevo [questione che non risulta dai documenti esaminati - n.d.a.) da ultimo quando avete negato al mio comandante dei CC.RR. di partecipare al Vostro rapporto. Quel rapporto durante il quale avete trovato modo di criticare l'azione di 'un'alta personalità militare' sul campo disciplinare C418>. E Vi assicuro che avete fatto più male a Voi che a me. Perché gli ufficiali dei CC.RR. - non già corpo di polizia, ma prima arma dell'Esercito - arma del sacrificio e della disciplina - non avranno potuto formarsi un alto concetto del come Voi concepite la disciplina se, dalla Vostra alta posizione, avete criticato un loro elevato superiore, solo perché costui, nell'amministrare la disciplina, non ha usato due pesi e due misure: una per la gran massa degli ufficiali, l'altra per coloro che nella vita civile ricoprono o hanno ricoperto incarichi politici o di partito <419>. Voi affermate di servire la Patria da un quarto di secolo; io la servo da 35 anni e per la Patria, oltre un quarto di secolo fa io avevo versato il primo sangue. E la ho sempre servita - credetelo - esattamente come il Duce vuole: con dedizione assoluta, con disciplina consapevole, dimostrando amore al combattimento, facendo del pericolo abitudine, compiendo con coraggio il dovere della verità, con disinteresse nelle funzioni di comando, sapendo sempre nettamente separare il sacro dal profano, manifestando schietta lealtà nei rapporti personali. L'ho servita cioè secondo quanto ha recentemente proclamato il Direttorio del Partito, da perfetto fascista anche quando il Fascismo non era sorto. Ed ora Eccellenza è il momento di chiudere. Fra di noi sussiste l'equivoco che io credevo aver dissipato con le franche mie dichiarazioni nel colloquio del 28 maggio u.s .. Io torno a riconoscere di aver un temperamento difficile, di essere suscettibile, di essere uno di quei rudi soldati di altri tempi. Ma affermo con sicura coscienza, che la mia dirittura e la mia lealtà compensano ad usura i deplorevoli miei difetti. lo sono qui per fare la guerra, incondizionatamente. La guerra va a rimorchio della politica, la segue e la conchiude. La politica però deve adeguarsi alle possibilità della guerra.

Voi mi avete scritto: io faccio la politica e Voi la guerra; giusto, ma chi fa la politica non deve trascurare chi dovrà poi fare la guerra. In questo elevato concetto sta la vera collaborazione che deve legare la nostra reciproca opera. Politica e possibilità di guerra sono due termini inseparabili, perché se la politica porta ad una guerra per la quale non vi siano forze sufficienti, casca la politica e casca la guerra. Ed è un pò quello che sta accadendo qui.


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Non è vero - credetelo - che con me non si possa andare d'accordo, a meno che - per andare d'accordo - si intenda non già procedere parallelamente, ma superiormente. Voi chiudete la Vostra lettera chiedendomi di affrontare le formazioni ribelli. Certo nella foga dello scrivere avete dimenticato che Vi rivolgevate ad un generale comandante di C.A .. Ed io, per dimostrare ancora una volta la mia buona volontà, scuso la dimenticanza. Con distinti saluti». Il generale Roatta, non appena lesse questa lettera, telegrafò ad Armellini ordinandogli di astenersi da qualsiasi comunicazione con il Gover• natore; anche le «relazioni di servizio devono passare tutte tramite mio. Riserva ulteriori precisazioni» <420J. Da parte sua, Armellini, il 25 luglio, con marconigramma, lo avvertiva che «ieri Bastianini Giuseppe partito per Roma risulterebbe per chiedere mia testa. Spero se si [ manca una parola, forse 'ritiene' - n.d.a.. ] accordargliela miei superiori prima mi sentiranno» c421J. Non si sa se a Roma, come probabile, il Governatore abbia avuto un colloquio con Mussolini; certo conferì con il capo di Stato Maggiore Generale, maresciallo Cavallero, che nel proprio diario scrisse: «Ricevo l'Ecc. Bastianini. Mi dichiara che vuole il comando delle truppe a Zara» (4nJ. La richiesta dovette prendere Cavallero di contropiede poiché, secondo il diario, gli avrebbe opposto «che queste questioni non sono di mia competenza e debbono esser risolte con il gen. Roatta» C423 >_ La risposta, di per se non molto logica, specie da parte del capo di Stato Maggiore Generale, probabilmente ebbe uno scopo dilatorio, anche in relazione al fatto che il Governatore - come ancora ricorda Cavallero - s'era lamentato di Armellini che aveva «ritirato presìdi senza dirglielo», ed aveva avuto «frasi inopportune sui 'governatori di trent'anni'»; inoltre Bastianini disse a Cavallero di non voler «dividere i poteri di Governatore» ma, anzi, di «estenderli anche dove [sono] in corso operazioni militari» <424>. Evidentemente Bastianini si era mosso avendo la certezza che con il telegramma del 18 luglio a Mussolini aveva già scalzato tutti o quasi i puntelli di Armellini, poiché non appare in alcun modo che il maresciallo Cavallero abbia reagito all'anormalità delle richieste, e soprattutto perché, quello stesso 25 luglio, il generale Giovanni Magli, addetto al Comando Supremo, inviava a Roatta il seguente telescritto: «Informasi che per ordine Duce generale Spigo assume comando XVIII Corpo Armata. Generale Armellini avrà altra destinazione in patria» <4251 • In calce, di pugno di Roatta venne posta una nota: «Bella figura che ci facciamo! A non aver coraggio, questo ci tocca» <426l.


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Tre giorni dopo Armellini inviò a Roatta una lettera autografa, con il 'tu' amichevole, che può esser considerata il suo atto di congedo. Ma anche in quest'occasione ribadì al comandante di Supersloda, «non per darti un consiglio [...],che è assolutamente necessario una linea di condotta intransigente. Tutte le forze in mano, tutte le responsabilità all'autorità militare al fine di evitare grossi guai» <421J. Asseriva di non aver rimorsi, poiché aveva riferito situazioni, inconvenienti, rimedi, anche se non era stato ascoltato, ed ora ne pagava le conseguenze. Ma concludeva: «Pazienza, se ciò portasse a buoni risultati. Ma i buoni risultati si ottengono solo se avrai tutte le forze in mano e tutta la responsabilità su di Te, sbaraccando energicamente - qui c'è una compagnia lanciafiamme! - la ridicola, operettistica organizzazione militare del Governatorato» <42sJ. II comandante di Supersloda - che il generale De Blasio, ancora il 28 giugno, aveva consigliato di andare a Roma per risolvere il conflitto Armellini-Bastianini - il 1° agosto si recò da Cavallero e, forse sperando di riequilibrare la situazione, gli disse che il Governatore si arrogava «la responsabilità della difesa del Paese [cioè della Dalmazia - n.d.a.]» <429l, che i battaglioni squadristi davano fastidio, e la popolazione ne era irritata. Di fronte al quadro prospettato da Roatta, il maresciallo Cavallero, dimostrandosi meglio orientato di quanto era apparso durante il colloquio con il Governatore, confermò al comandante di Supersloda «che la responsabilità della difesa del Paese spetta all'autorità militare. Solo l'ordine pubblico delle città rientra nella competenza dell'Ecc. Bastianini» <430>. Quello stesso 1° agosto, anche il Governatore era a Roma, e fu ricevuto da Mussolini <431>, ma non si hanno ragguagli sul colloquio, che certamente avrà trattato le questioni della sicurezza della Dalmazia. Bastianini, si recò nuovamente dal maresciallo Cavallero, e chiese al capo di Stato Maggiore Generale d'istituire, con sede a Zara, un comando per le truppe operanti nelle province di Zara e Spalato, che avrebbe dovuto agire nel più stretto contatto con il Governatore. Inoltre domandò di far presidiare le due province con una forza che fosse in grado di liquidare i ribelli <432>, cioè rinnovò le proposte fatte a Mussolini con il telegramma del 18 luglio. II maresciallo Cavallero annotò nel diario che Bastianini gli aveva sollecitato «maggiori forze di guarnigione sul confine e sul retroterra[... ]; che i ribelli sono concentrati in otto punti bene individuati e che se avesse le forze saprebbe agire efficacemente contro di loro» <433>. Cavallero, questa volta, probabilmente in concordanza con quanto poco prima aveva detto al generale Roatta, gli rispose «che la situazione è delicata e complessa, ma bisogna affrontarla con pazienza» <434>,


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Il 3 agosto, il tenente colonnello Luigi Carcelli, comandante dei carabinieri dipendenti da Supersloda, con un pro memoria riservato informava il generale Roatta che la notizia del trasferimento del generale Armellini aveva prodotto fra i militari, specialmente a Spalato, «una impressione molto sfavorevole» (435J. Era convinzione generale che l'allontanamento del comandante del corpo d'armata fosse stato «chiesto ed ottenuto a Roma dal Governatore della Dalmazia, essendo noto che fra le due personalità esisteva un conflitto di vedute» <436J. Ma, godendo il generale Armellini «di largo prestigio, era naturale che l'ambiente militare vedesse nell'azione del proprio Capo la via più idonea per fronteggiare con successo l'attuale non facile situazione» <437>. Per di più «il provvedimento unilaterale» aveva dato «la sensazione netta - e non solo nell'ambiente militare dell'Esercito e della Marina ma a11:che in quello civile - di un prevalere del potere e dell'autorità politica sul potere e sull'autorità militare con conseguente discapito del prestigio di quest'ultima» (43sJ. Le conclusioni dell'ufficiale dei carabinieri erano esatte, ma obiettivamente neppure Bastianini, pur con un aumentato prestigio politico, usciya indenne da questo conflitto, determinato esclusivamente dal giusto desiderio dei due antagonisti di adempiere il meglio possibile ai propri doveri. Ma ambedue ebbero il torto di considerare le rispettive funzioni come impenetrabilmente contrapposte, e non seppero - forse a causa dei loro temperamenti - trovare quel necessario contemperamento che, in Dalmazia, avrebbe dovuto apparire, specie di fronte agli occhi dei croati, come una sintesi monolitica. L'8 agosto, il generale Umberto Spigo assumeva il comando dei XVIII Corpo d'armata ma, se il contrasto .Armellini-Bastianini aveva termine, i problemi sottostanti rimanevano in gran parte insoluti ed altre questioni, frattanto, emergevano con i croati e con i tedeschi.



NOTE AL CAPITOLO II



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(I) Salvatore Lo1 - Le operazioni delle Unità italiane in Jugoslavia (1941-1943) - Ministero della Difesa - Stato Maggiore dell'Esercito - Ufficio Storico - Tipografin Regionale Roma, 1978 - Pag. 194 e seguenti.

(2) Quirino ARMELLINJ - Diario di guerra - Nove mesi al Comando Supremo - Editore GARZANTI - Milano, 1946 - Pag. 11. Quirino ARMELLINI (Legnaro PD 1889 - Roma 1958). Tenente nella guerra italo-turca (1911-1912); capitano durante la prima guerra mondiale; colonnello e generale di brigata nel conflitto italo-etiopico (1935-1936) con l'incarico di capo Ufficio operazioni del generale Pietro BADOGLIO. Comandante delle Truppe del Governo dell' Arnara (1939-1940). Chiamato dal maresciallo Pietro BADOGLIO a prestare servizio ai suoi ordini al Comando Supremo (aprile 1939 - gennaio 1940). Dal IS: febbraio all'8 agosto 1942 comandò il XVIII Corpo d'armata, con sede•a Spalato. Dopo il 25 luglio 1943 venne nominato comandante generale della Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale (M.V.S.N.) con il compito di attuarne lo scioglimento. Indi comandante del fronte clandestino della resistenza a Roma. Nel dopoguerra, presidente del Consiglio Superiore delle Forze armate. (3) Ubaldo Sooou (Salerno 1883 - Roma 1949). Dal 31 ottobre 1939 al 29 novembre 1940, sottosegretario di Stato al ministero della guerra. Sottocapo di Stato Maggiore dal 13 giugno al novembre 1940. Comandante Superiore delle Forze armate in Albania dall'8 novembre al 30 dicembre 1940. - Attilio TERUZZI (Milano 1882 - Procida 1950). Eletto deputato nel 1924 nelle liste del Partito Fascista, dopo esser stato nel 1921 vice-segretario del Partito Nazionale Fascista (P.N.F.). Nel 1926 fu inviato in Cirenaica quale Governatore, sino al 1928. Nel 1929 venne nominato capo di Stato Maggiore della M. V.S.N .. Lasciò quest'incarico nel 1935, quando venne nominato sottosegretario di Stato per l'Africa italiana. Dal 31 ottobre 1939 al 25 luglio 1943 ministro per l'Africa italiana. (4) Vedi n. 2 - Annotazione 11 novembre 1940 - Pag. 81. (5) Ibidem - Annotazione 7 novembre 1940 - Pag. 140. (6) Ibidem - Annotazione 9 novembre 1940 - Pag. 146. (7) Ibidem - Annotazione 31 dicembre 1940 - Pag. 243. (8) Quirino ARMELLINI - Con Badoglio in Etiopia - Editore Arnoldo MONDADORI Milano, 1937 - Pag. 23. (9) Ibidem.

(10) Ibidem - Pag. 43. ( 11) Vedi n. 2 - Annotazione 26 gennaio 1941 " Pag. 287. (12) A.C.S. - Mkrofilm n. 53 - Serie T. 821 - Fotogrammi 1173 - 1178 - (Foglio n. 1511 di prot. - Segreto - Da consegnarsi a mano a mezzo ufficiale - Da Comando 2• Armata - A Stato Maggiore esercito - Firmato generale Mario ROATrA - P.M. 10, 30 gennaio 1942). (13) A.C.S. - Microfilm n. 51 - Serie T. 821 - Fotogrammi 251 - 253 - (Lettera del generale Quirino ARMELLINI - A generale Ettore DE BLASIO, capo di Stato Maggiore della 2• Armata - Senza luogo di spedizione - Quasi certamente Spalato, 9 marzo 1942).


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284 (14) Ibidem. (15) Ibidem.

(16) La lettera 'M' significava 'mobili'. Essendo questi reparti costituiti esclusivamente da camicie nere particolarmente selezionate, la 'M' veniva comunemente interpretata come la iniziale di MUSSOLINI. (17) A .C.S. - Presidenza Consiglio dei ministri - Anni 1941-1943 - Posizione I. I .13 Busta 321 - Fascicolo 16452 - Sottofascicolo 76 - (Telegramma n. 36~/2447/Gab. P.S. - Da Giuseppe BASTIANINI - A P residenza Consiglio dei ministri - Zara, 22 dicembre 1941). (18) Comando Supremo - Commissione consultiva per il diritto di guerra - Raccolta dei bandi, delle ordinanze e dei decreti emanati dal Comandante delle truppe operanti su tutte le fronti e dai Comandanti Superiori delle Forze armate - Pubblicazione in quattro fascicoli - Istituto Poligrafico dello Stato - Roma, 19.43 - («Bando del DucE del 20 gennaio 1942-XX n. 107, concernente la condizione giuridica degli appartenenti dl!e Forze armate italiane dislocate nei territori annessi al Regno d'Italia e in quello di Croazia») - Fascicolo IV - Pag. 72. (19) A.C.S. - Presidenza Consiglio dei mirustri - Anni 1941-1943 • Posizione 1.1.13 • Busta 321 • Fascicolo 16452 • (Telegramma n. 3826 • Oggetto: «Decreto Duce per ordine pubblico in Dalmazia» . Da Presidenza Consiglio dei ministri . Firmato sottosegretario di Stato, Luigi Russo - A Governat0re della Dalmazia - Roma, 19 gennaio 1942 - VEDI DOCUMENTO N. I ALLEGATO AL PRESENTE CAPITOLO. - U.S. -S.M.E. - Busta 585 - Comando VI Corpo d'armata· (Foglio n. 345/A.C. ·di prot. - Oggetto: «Bando [recte: decreto] del Duce del 19 gennaio 1942» - Firmato generale Renzo Dalmazzo. A comandi dipendenti - P.M. 39, 24 gennaio 1942). Non si conosce la ragione per cui il decreto non venne compreso nella «Raccoita dei bandi, delle ordinanze, ecc.» • (Vedi n. 18). (20) Ibidem • Articolo 1.

(21) Ibidem. (22) Ibidem. (23) Ibidem. (24) A.C.S. - Presidenza Consiglio dei ministri· Anni 1941-1943 • Posizione 1.1.13. Fascicolo 36146. (Foglio senza n. di prot. • Oggetto: «Rapporti fra}.'autorità militare e quella civile nelle provincie annesse al Regno» • Da Presidenza Consiglio dei ministri • Firmato sottosegretario di Stato, Luigi Russo • Al ministero dell' interno - Gabinetto - Roma, 24 gennaio 1942).

A.C.S .• Presidenza Consiglio dei ministri· Anni 1941-1943 • Posizione 1.1.13 • Fascicolo 36146. (Telegramma n. 5144 - Da Presidenza Consiglio dei ministri - Firmato sottosegretario di Stato, Luigi Russo· A Giuseppe BASTIANINI - Roma 24 gennaio 1942). (25) U.S.-S.M .E .• Busta 546 • Comando 2• Armata· (Foglio n. 1780 di prot. • Segreto - Oggetto: «.Applicazione del Decreto del DVCE del 19 gennaio 1942-XX» - Da comando 2' Armata - Firmato generale Mario RoATTA • Ai comandanti del VI e XVlll Corpo d ' armata • Per conoscenza al Governatore della Dalmazia· P.M. IO, 12 feqbraio 1942).


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(26) Il generale Mario ROATTA esemplificava come casi di 'difesa' dell' ordine pubblico la sorveglianza, protezione e difesa di edifici, impianti e simili; divieti o limitazioni di circolazio ne; rastrellamenti, perquisizioni, arresti; prevenzione assembramenti; loro scioglimento. Nella 'tutela' dell'ordine pubblico comprendeva le misure d'ordine politico, morale, amministrativo e di polizia (all'infuori di quelle sopra indicate) espletabili senza l'intervento dell'autorità militare. (27) U.S.-S.M.E. - Busta 642- Comando XVIII Corpo d'armata -(Diario storico- P.M. 118, 19 marzo 1942).

li Governatore delegò ai prefetti delle tre province dalmate la facoltà di chiedere l'intervento dell'autorità militare per il servizio d'ordine pubblico. (28), U.S.-S.M.E. - Busta 642 - Comando XVIII Corpo d'armata - (Diario storico - P.M. 118, 23 marzo 1942). · (29) U.S.-S.M.E. - Busta 642 - Comando XVIIJ Corpo d'armata-(Diario storico -P.M. Jl8 , 24 marzo 1942). (30) Ibidem .

(31) U.S.-S.M .E . - Busta 642- Comando XVIII Corpo d'armata-(Diario storico- P .M. 118, 25 marzo 1942). (32) U.S.-S.M.E. - Busta 546 - Comando xvm Corpo d'armata - (Foglio n . 1619/0p. di prot. - Oggetto: «Rapporti coll'autorità politica» - Da generale Quirino ARMELLINI - A comandante 2• Armata - P unto 2 - P .M. I 18, 29 marzo 1942).

(33) U.S.-S.M.E. - Busta 546 - Comando 2• Armata - (Foglio n. 1/44.3.1941 di prot. - Riservato - Oggetto: <<Attività comunista}) - Da comand o carabinieri della Dalmazia ·· Firmato colonnello Giuseppe BUTTI - A Governo della Dalmazia, a comando 2• Armata, a comando VI Corpo d'armata, a comando 'Truppe Zara' - Zara, 22 gennaio 1942). (34) Ibidem. (35) U.S. -S.M.E. - Busta 514 - Comando 2• Armata - (Foglio n. 91 di prot. - Da Giuseppe BASTIANINI -A generale Mario RoATTA - Zara, 2 febbraio 1942). (36) Ibidem. (37) Ibidem. (38) Ibidem . - U.S.-S.M.E. - Busta 546 - Comando 2• Armata - (Foglio n. 2616 di prot. - Oggetto: «Situazione in zona Cattaro» - Da Comando VI Corpo d'armata - A Comando 2• Armata - P .M. 39, 14 febbraio 1942). VEDI DOCUMENTO N. 2 ALLEGATO AL PRESENTE CAPITOLO. (39) A .C.S. - Presidenza Consiglio dei ministri - Anni 1941-1943 - Posizione t. 1.13 Fascicolo 16452 - Sottofascicolo 161 - (Relazione del Governatore della Dalmazia a Benito MussoUNI - Paragrafo; «Situazione politica» - Zara, 9 febbraio 1942). ( 40) Ibidem. (41) A.C.S. - Presidenza Consiglio dei ministri - Anni 1941-1943 - Posizione 1. 1.3 Fascicolo 16452 - Sottofascicolo 21/ 1 - (Telegramma n, 1054 - Precedenza assoluta - Per il DucE - Firmato, Giuseppe BASTIAN!NI - Zara, 15 febbraio 1942).


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286 (42) Ibidem.

(43) A.C.S. - Microfilm n. 60 - Serie T . 821 - Fotogrammi 344 - 345 - (Foglio n. 001671/Gab. P .S. di prot. - Riservato - Oggetto: «Cattaro -Attività dei ribelli» - Da Governo della Dalmazia - Direzione generale di polizia - Firma illegibile - A ministero dell'interno Direzione generale di P.S. - Zara, 27 febbraio 1942). (44) Ibidem. (45) Vedi n. 39 - Paragrafo: «Sicurezza ed ordine pubblico».

(46) Ibidem - Paragrafo: «Situazione politica». (47) Vedi n. 35. (48) A.C.S. - Microfilm n. 55 - Serie T. 82! - Fotogramma 972 -,(Co mando XVIII Corpo d'armata - Foglio n. 1248/06 di prot. - Oggetto: «Nuova organizzazione militare del territorio - Raggruppamento presidi» - Da generale Quirino ARMELLINI - A Governatore della Dalmazia -Ai prefetti di Zara e Spalato - P.M. 118, 23 marzo 1942). La nuova organi zzazione militare del territorio seguiva i criteri di riunire i reparti in presìdi dalla forza almeno di un battaglione; di dominare e sorvegliare il territorio con il movimento; d'assicurare la protezione delle sole linee ferroviar ie; d'abolire la vigilanza delle rotabili che sarebbero state protette dalla presenza dei presidi e dal movimento dei reparti. (49) U.S.-S.M.E. - Busta 546 - Comando XVIll Corpo d'armata - (Marconigramma n. 2082 - Riservatissimo personale - Da Governar.ore della Dalmazia - A generale Quirino ARMELLINI - Zara, 27 marzo 1942). - U .S.-S.M.E. - Busta 642 - Comando XVIII Corpo d'armata - (Diario storico - P.M. 118, 27 marzo 1942). (50) Ibidem - Marconigramma. (5 1) Ibidem. (52) Ibidem. (53) Vedi n. 32. (54) Ibidem. (55) Ibidem. (56) Ibidem. (57) Ibidem. (58) U.S.-S.M.E. - Busta 546 - Comando 2• Armata - (Foglio n. 04092 di prot. - Riservato alla persona - Da Giuseppe BASTIANINI - A generale Mario ROATTA - Zara, 31 marzo 1942).

In allegato al foglio, Pro memoria per il comandante del XVIII Corpo d'armata. VEDI DOCUMENTO N. 3 ALLEGATO AL PRESENTE CAPITOLO. (59) Ibidem. (60) Ibidem.


Il conflitto fra il Governatore Bastianini ed il generale Quirino Arme/lini

287

(61) Ibidem . (62) Ibidem. (63) Ibidem - Pro memoria - Punto 4. (64) Ibidem - Pro memo.ria - Punto 3. (65) Ibidem - Pro memoria - Punto 8. (66) Ibidem - Pro memo.ria - Punto 9. (67) Ibidem. (68) Ibidem - Pro memo.ria - Punto 10. (69) •Ibidem. (70) Sussa ( = Su~ak) è il rione di Fiume, sulla sponda sinistra del fiume Eneo che, col suo solco, prima della seconda guerra mondiale, segnava il confine fra l' Italia ed il Regno di Jugoslavia. Il Comando della 2• Armata, per alcun tempo, dall'aprile del 1941 in poi, era stato posto a Karlovac, indi trasferito a Sussa, dove ebbe sede anche quando fu trasformato in Comando Superiore delle Forze armate 'Slovenia-Dalmazia'. (71) U.S.-S.M.E. - Busta 546 • Comando 2• Armata - (Telescritto n. 6621. Da generale Mario RoATTA - A Giuseppe BASTIANINI - P.M. IO, 2 aprile 1942). (72) U.S.-S.M.E. - Busta 642 - Comando XVfll Corpo d'armata-(Diario storico -P.M. I 18, 3 aprile 1942). Il colloquio ebbe inizio alle ore 16.30 e durò sino alle 20. (73) U.S-S.M.E. - Busta 546 - (Foglio n. 6910 di prot. - Da generale Mario ROAITA A Giuseppe BASTIANINI - P.M. IO, 4 aprile 1942). La lettera era scritta familiarmente con il 'tu'. (74) Ibidem. (75) Ibidem. (76) Ibidem . (77) Ibidem.

(78) U.S.-S.M.E. - Busta 546 - Comando 2• Armata - (Foglio n . 6911 di prot. - Segreto - Da consegnarsi a mano - Oggetto: «Rapporti con l'autorità politica» • Da generale Mario ROATTA · A generale Quirino ARMELLI NI - P.M. IO, 6 aprile 1942). Zara, 19 aprile 1942). (79) Ibidem. (80) U.S.-S.M.E. -Busta 642 - Comando XVIII Corpo d'armata. (Diario storico - P.M . 118, 7 aprile 1942). (8 1) U.S.-S.M.E. · Busta 647 - Comando 2• Armata - (Foglio senza n. di prot. - Da Giuseppe BASTIAN!Nl - A generale Mario ROAITA - Zara, 19 aprile 1942). VEDI DOCUMENTO N. 4 ALLEGATO AL PRESENTE CAPITOLO. (82) Ibidem .


Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942)

288 (83) Ibidem.

(84) Ibidem. (85) U.S.-S.M .E. - Busta 647 - Comando 2• Armata - (Foglio n. 2047/0p. di prot. Segreto - Oggetto: «Nuova organizzazione del territorio - Situazione» - Da Comando XVIII Corpo d'armata - A Comando 2• Armata - Parte prima - Lettera e) - F.M. 118, 17 aprile 1942). (86) BASTIANINI, durante le feste pasquali, aveva visitato alcuni centri del litorale e delle isole. Lunedì di Pasqua «accompagnato dal Prefetto di Spalato, Ecc. ZERBINO, dal Federale cons. naz . .CAPPI e da/l'ammiraglio BOBBIESE, si è recato, insieme con D[onnaj Vittorina BASTIA NINI, a visitare il piccolo centro di Stomora [ = Stomorska] e la isola di Solfa f .../ nel pomeriggio Capocesto». (/1 Popolo di Spalato - Quotidiano - 8 aprile 1942). (87) Vedi n. 85. (88) Ibidem • Parte II - Lettera c). (89) U.S.-S.M.E. - Busta 642 • Comando XVIIl Corpo d'armata - (Foglio n. 3007/0p. di prot. - Oggetto: «Attività operativa»· Da Comando XVIII Corpo d'armata· A Comando divisioni 'Sassari', 'Bergamo', 'Perugia', 'Truppe Zara', e Comando artiglieria e genio del XVIII Corpo d'armata· P .M. 118, 3 maggio 1942). (90) U.S.-S.M.E. • Busta 546 • Comando 2• Armata· (Foglio n. 2064/0p. di prot. • Oggetto: «Colonia 'Littorio' di Castelvitturi» • Da Comando federale. della Gioventù Italiana del Littorio di Spalato· A Federazione fascista dei fasci di combattimento di Spalato - Spalato, 24 marzo 1942).

(91) U.S.-S.M.E .• Busta 546 • Comando 2• Armata - (Foglio n. 2324/0p. di prot. • Oggetto: «Presidio militare della Fabbrica Alluminio S.A. ausiliaria - Losovazzo» • Da Comando XVIII Corpo d'armata. A Comando 2• Armata· P.M. IJ8, 16 aprile 1942). Allegato - Foglio n. l 180/FG/5446 di prot. • Oggetto: «Presidio militare della Fabbrica Alluminio S.A. ausiliaria· Losovazzo» - Da Governo della Dalmazia - Ufficio Fabbriguerra - A Comando presidio militare di Sebenico - Zara, 10 aprile 1942. (92) U.S.-S.M.E. - Anno 1942 - Busta 647 - Comando 2• Armata - (Foglio n. 43/R.P. di prot. • Riservata personale • Oggetto: «Rapporti con le autorità politiche» - Da generale Quirino ARMELLlNI • A generale Mario RoATTA - P.M. 118, senza data, probabilmente dei 2 maggio 1942). (93) Ibidem. (94) Per far fronte ai servizi igienico-sanitari del territorio del Governatorato, BASTIAaveva ottenuto che ufficiali medici e veterinari prestassero la loro opera anche in campo civile, ma senza emolumenti integrativi della normale paga dell'esercito.

NINI

(95) Vedi n. 92. (96) Ibidem. (97) Ibidem. (98) U.S.-S.M.E. - Busta 647 - Comando 2• Armata - (Foglio senza n. di prot. · Oggetto . «Presìdi» - Da generale Mario ROATTA - A generale Quirino ARMELLlNI - P .M . 10, 2 maggio 1942.


li conflitto fra il Governatore Bastianini ed il generale Quirino Armeilini

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Allegaco - Foglio senza n. di prot. - Oggetto: «Promemoria sui presìdi a difesa della frontiera nelle provincie di Zara e Spalato» - Senza data. In provinèia di Spalato, al confine con la Croazia, c'erano i posti di blocco di Stobrezio

(= Stobreé), Clissa ( = Klis), Castelvecchio ( = Kastel Stari), Pergomet ( = Prgomet) e Sustié. Più arretrati i presidi di Zabin e Salona. Il prefetto chiedeva il ripristino del presidio di Zcrnovizza ( ~ Znovnica), il rafforzamento di quello di Zabin, l'istituzione dei nuovi a Campolongo ( = Dugopolje) e Vucevizza ( = Vutevica) ..Eventualmente a Traù. (99) Ibidem. (100) Ibidem.

(101) Ibidem .

Nel 'diario storico' del comando 'Truppe Zara' (U.S.-S.M.E. - Busta 697) del 5 gennaio 1942 è registrata la soppressione dei distaccamenti di Nona ( = Nin) e di Possedaria; l'istituzione dei distaccamenti di Manoilovaz, Roskislap, Monastero Sant'Arcangelo, Raducicco, Losovazzo, Biline, Cherca, Ervenico, tutti dalla forza di un plotone; a Mokropolje (Campomollo) vennero destinati due plotoni. Sotto la data dell' I I maggio, il 'diario storico' registra il trasferimento a Sebenico del comando del 'Fronte a terra', del comando del reggimento di fanteria del 'Fronte a Terra', della compagnia di formazione reclute, di una compagnia del battaglione bersaglieri 'Zara', della compagnia cannoni da 47/32, tutti delle 'Truppe Zara' . In data 12 maggio è annotato che i battaglioni territoriali mobili (T.M.) 228° e 229° del comando ' Truppe Zara', che presidiavano le isole della provincia di Zara, sono trasferiti alle dipendenze della divisione 'Sassari'. Di conseguenza, sulle isole venivano inviati i seguenti reparti: - un plotone, rispettivamente, ad Oltre, Ugliano, Pasmano, della 7• compagnia del 'Fronte a terra'; - un plotone, su ciascuna àelle isole di Selve, Melada e Puntadura, della 2• compagnia mitraglieri del 'Fronte a Terra'; - un plotone, rispettivamente, ad Hramina sull 'isola di Morter ed a Zlarino ( = Zlarin) sull'isola omonima, della compagnia di formazione complementi del battaglione bersaglieri 'Zara'. Sulle isole venivano soppressi i presìdi di Premuda, lsto, Bozava, Sale, Eso Grande, Cale, Cuclizza, Nevigiane (isole zar atine); di Capri ( = Kaprije) e Provicchio nel settore di Sebenico. Sulla terraferma, la I• compagnia del reggimento di fanteria del 'Fronte a Terra' inviava un plotone rispettivamente a Losovazzo, Cherca e Ponti di Breberio. (102) U.S.-S.M.E. - Busta 647 - Comando 2• Armata - (Foglio senza n. di prot. - Senza oggetto - Da generale Quirino ARMELLINI - A generale Mario ROATTA - P .M. 118, 8 maggio 1942). Allegato - Foglio n. 8600/0p. di prot. - Senza oggetto - Da generale Mario ROATTA. A Giuseppe BASTIANINI - P.M. 10, 12 maggio 1942.


Dalmazia - Una cronaca per la storia (I942)

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(103) U.S.-S.M.E. - Busta 647 - Comando Superiore delle Forze armate 'Slovenia e Dalmazia' (in seguito 'Supersloda') - (Foglio n. 9191 di prot. - Da generale Mario RoATTA - A generale Quirino ARMELLINI - P.M. 10, 12 maggio 1942). Allegato - Foglio n. 8600/0p. di prot. - Senza oggetto - Da generale Mario ROATTA - A Giuseppe BASTIANINI • P.M. 10, 12 maggio 1942. (104) Ibidem - Allegato. (105) Ibidem - Allegato. (106) Ibidem - Allegato. (107) Ibidem - Allegato. (108) U.S.-S.M.E. - Busta 642 - Comando XVIII Corpo d'armata - (Foglio n. 32/20/0p. di prot. - Oggetto: «Presìdi delle 'Truppe Zara' e della Df [divisione fanteria - n.d.a.] 'Perugia'» - Da Comando XVIII Corpo d'armata - A Comando divisione 'Perugia' e 'Truppe Zara' - P.M. 118, 18 maggio 1942). {109) Ibidem. (llO) Ugo CAVALLERO - Comando Supremo· Diario 1940-43 del Capo di S.M.G. - Editore CAPPELLI - Bologna 1948 - Annotazione 14 maggio 1942.

(111) Ibidem - Annotazione 18 maggio 1942, (J 12) U.S.-S.M.E. - Busta 585 - Comando VI Corpo d'armata - (Notiziari nn. 256 e 257 - P.M. 39, 15 e 16 gennaio 1942).

(113) Vedi n. 33. - U.S.-S.M.E. - Busta 585 - Comando VI Corpo d'armata - (Notiziario n. 267, per Giovanni ZUPAN - P .M. 39, 2p gennaio 1942). (114) U.S.-S.M.E. - Busta.1264 · Comando VI Corpo d'armata· (Notiziari nn. 259 e 263 - P .M. 39, 18 e 22 gennaio 1942). (1 15) U.S.-S.M.E. - Busta 1264 - Comando VI Corpo d'armata - (Notiziari nn. 285 e 288 - P .M. 39, 13 e 16 febbraio 1942). (116) li Popolo di Spalato - Quotidiano - 13 febbraio 1942. (l17) Ibidem - 6 marzo 1942. (118) U.S.-S.M.E. - Busta 687 - 15• Legione Contraerea - (Diario storico - Zara, 12 marzo 1942).

Giornale di Dalmazia - Quotidiano · Zara, 12 aprile 1942 - Porta la notizia che la Milizia contraerea ha preso l'iniziativa di erigere un cippo a ricordo dei due caduti. (1 19) li Popolo di Spalato - Quotidiano - 18 marzo 1942. (120) Carte del dottor Manlio CACE - Brogliaccio - Annotazione 4 aprile 1942. Si tratta di un 'brogliaccio' giornaliero con annotate varie notizie. Il dottor Manlio CACE (Sebenico 1899 - Firenze 1975) studiò al ginnasio-liceo di Zara. Nel 1919 si trasferì a Roma - Laureato in medicina e chirurgia nel 1923. Con la seconda guerra mondiale, con il grado di maggiore medico della R. Marina, ven ne assegnato dapprima all'Ospedale civile di Castelnuovo di Cattaro e successivamente a quello di Sebenico.


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Per maggiori dati sul dottor Manlio CACE vedi La Rivista Dalmatica - Periodico dell'Associazione Nazionale Dalmata - Roma - Fascicolo III-IV del luglio-dicembre 1975, Tipografia Ambrosini) e in Atti Accademia Lancisiana 1977, pag. 630 e seguenti, che contiene la commemorazione effettuata dal prof. T ullio CHIARIONI. (121) Ibidem - Annotazione 12 aprile 1942. (122) Ibidem - Annotaz1.one 15 aprile 1942. (123) U.S.-S.M.E. - Busta 772 - Comando XVII! Corpo d'armata - (Notiziario n. 83 P.M. 118, Il maggio 1942). (124) U.S_.-S .M.E. - Busta 999 - Comando divisione 'Sassari' - (Notiziario giornaliero Paragrafo: «Plavno» - P .M . 86, 14 maggio 1942) .

(125) U. S.-S .M.E. - Busta 999 - Comando divisione 'Sassari' - (Diario storico - P.M. 86, 13 maggio 1942). (126) U.S.-S.M.A. - Jugoslavia 1942 - Elemento 7518 - B/0 49 - Relazioni di carattere operativo - (Da Supersloda - A Comando Supremo - A missione militare italiana a Zagabria - P .M. IO, 15 maggio 1942). (127) U.S.-S.M.E. - Bus ta 647 - Comando Supersloda - (Lettera senza n. di prot. - Da Giuseppe BASTIANINI - A generale Mario ROATTA - Zara, 16 maggio 1942). (128) Ibidem. (129) Ibidem. (130) Ibidem . (131) Ibidem.

(132) U .S.-S.M.E. - Busta 999 - Comando divisione 'Sassari' - (Diario storico - P.M. 86, 18 maggio 1942). (133) Ibidem.

Vedi, inoltre, il diario storico del 19 maggio 1942. (134) U.S.-S .M .E. - Busta 999- Comando divisione 'Sassari' - (Diario storico - P.M. 86, 19 maggio 1942). (135) Remo de ZAMBOTTI - Guerra in Dalmazia con la 547° compagnia mitraglieri G.A .F. - Casa E ditrice INNOCENTI - Trento, 1980 - Pag. 38 e seguenti. • (136) Ibidem . (137) U .S.-S.M.E . - Busta 732 - Comando 'Truppe Zara' - (Foglio n. 2046 di prot. Oggetto: <<Relazione combattimento Ervenico del 20, 21, 22 maggio» - Da colonnello Vincenzo CARLA - A Comando 'Truppe Zara' - P .M. 141, 1° giugno 1942). U .S.-S.M.E. - Busta 697 - Comando 'Fronte a terra' del Comando 'Truppe Zara' - (Diario storico - P .M. 141, 20, 21, 22 maggio 1942). (138) Ibidem - Relazione CARLA. La colonna CARVIN era formata dalla 10• compagnia (battaglione 'Rismondo') meno un plotone; da un plotone mitraglieri della 547' compagnia, da una squadra mortai da 45 .


Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942)

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La colonna SORICH era formata della 2 • compagnia (battaglione 'Diaz') meno un plowne, da un plotone fucilieri della !6° compagnia, da un plotone mitraglieri della 547• compagnia, da una squadra mortai da 45. (139) Ibidem - Relazione CARLÀ. (140) Ibidem. (141) Ibidem - Diario storico. (142) Ibidem - Relazione CARLA. (143) Ibidem. - U.S.-S.M.E. - Busta 697 - Comando 'Truppe Zara' - (Telescritto n. 2270/ 0p. - Da Comando 'Truppe Zara' - Firmato generale Ruggero CASSATA - A Comando XVIII Corpo d'armata - Ore 22.30- P.M. 141, 20 maggio 1942). (144) Vedi n . 137 - Relazione CARLA. (145) Ibidem. (146) U .S.-S.M.E. - Busta 999 - Comando divisione 'Sassari' - (Diario storico - P.M. 86, 21 maggio 1942). (147) Vedi n. 137. Dei dieci caduti fra sottufficiali e truppa, si hanno i seguenti nove nominativi: sergent.i, Dionigi PERL!NI e Augusto DONATI; fanti, Donato DE CARLO, Giuseppe BORETTAZ, Antonio FiORINI, Sante ]ULIANO, Vittorio MANCINELll, Guido BATTENTI, Rocco PETERNICOLA. I nomi dei tre ultimi caduti sono stati ripresi dall'articolo scritto nel ventinovesimo anniversario della morte del sottotenente Diego BATTESTIN, universitario d i Zara, sul settimanale Difesa Adriatica, pubblicato a Roma, del 22 maggio 1971. Remo de ZAMBOITI scrive: «Si è parlato molto, in seguito, della tragica battaglia del Ve!ebit. Qualcuno disse che il numero dei partigiani superava il migliaio. Secondo me, la formazione partigiana non comprendeva più di 400 o 500 uomini. Si trattava di gente animata da un alto spirito combattivo [.. .] ma il motivo principale, a mio modesto avviso, è che i partigiani poterono contare su alcuni fattori determinanti. In primo luogo, dall'alto dei costoni del Velebit, essi ebbero la possibilità di valutare con sufficiente precisione l'entità delle nostre forze, che salendo da Ervenik e da Paic /recte: Paijéj, andavano ad incontrarli. Di conseguenza con tutta tranquillità poterono preparare il p iano per affrontare i nostri reparti. In secondo luogo, i partigiani, scegliendo il terreno dove sarebbe avvenuto lo scontro, a loro ovviamente più congeniale, godevano di una posizione strategica invidiabile, potendo manovrare e far intervenire le riserve nei punti ove la situazione fosse divenuta più critica. [... ). I morti del Velebit vennero raccolti due giorni dopo il combattimento [...). Fra i caduti, si trovavano pure quei soldati presi dai partigiani e da essi fucìlati all'alba del 21 maggio[.. .]. La notizia del massacro dei prigionieri venne portata da tre soldati miracolosamente scampati alla morte. Quando i tre uomini, assieme agli altri prigionieri, erano stati invitati ad andarsene, i partigiani improvvisamente spararono loro nella schiena>). (Pag. 51-52). (148) U.S.-S.M.E. - Busta 697 - Comando 'Truppe Zara' - (Diaro storico - P.M. 141, 21 maggio 1942). (149) Vedi n. 135 - Pag. 52.


li conflitto fra il Governatore Bastianini ed il generale Quirino Armellini

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(150) U.S.-S.M.E. • Busta 647 • Comando Supersloda · (Lettera n. 04675 di prot. · Da Giuseppe BASTIANINI • A generale Mario ROATTA · Zara, 22 maggio 1942). VEDI DOCUMENTO N. 5 ALLEGATO AL PRESENTE CAPITOLO. (151) Ibidem. (152) Ibidem. (153) Ibidem. (154) Ibidem . r (155) Ibidem.

(156) Ibidem. (157) Ibidem. (158) U.S.-S.M .E. • Busta 647 • Comando Supersloda. (Foglio n . 5/C di prot. • Da colonnello Eugenio MORRA, capo del gabinetto militare del Governo della Dalmazia . A Comando Supersloda • Zara, 22 maggio 1942). (159) A.C.S. • Microfilm. n . 63 • Serie T. 821 - Fotogramma 989 - (Telescritto n. 3722/0p . • Oggetto: <<Tranquillità provincie dalmate» - Da Comando XVIII Corpo d'armata: Firmato generale Quirino ARMELL!N! • A Comando Supersloda • P .M. 118, 23 maggio 1942). (160) Ibidem. (161) Ibidem. (162) Ibidem. (163) A.C.S. • Presidenza Consiglio dei ministri - Anni 1941-1943 - Posizione 1.1.1 3 · Fascicolo 16452 • Sottofascicolo 74 - (Foglio n. 04694 di prot. • Da Giuseppe BASTIANINI A Luigi Russo, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei miniscri - Zara, 23 maggio 1942). (164) Ibidem . (165) Ibidem. (l66) Ibidem. (167) ibidem. (168) U.S.-S.M.E. • Busta 642 - Comando XVIII Corpo d'armata - (Foglio n. 3788/0p. di prot. - Oggetto: «Situazione» - Da Comando XVIII Corpo d' armata • Firmato generale Quirino ARMELLINI - A Comando Supersloda • P.M. 118, 25 maggio 1942). (169) Ibidem. (170) Ibidem . (171) Ibidem. (172) U .S.-S.M.E. - Busta 629 - Comando XVIll èorpo d'armata. (Foglio n. 3626/0p. di prot. • Oggetto: «Relazione periodica» • Da Comando XVIII Corpo d'armata - A Comando Supersloda • P.M. 118, 2 luglio 1942).


Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942)

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(173) Vezio ORAZI (Roma, 1° novembre 1904- :legar, 26 maggio 1942). A Roma, prende parte ai primi movimenti del fascismo. Nel 1922 organizza le formazioni giovanili dell'Urbe. Si laurea in giurisprudenza a Roma, nel 1927. Nello stesso anno, per incarico del Partito fascista, organizza il primo Congresso universitario ed i Giuochi universitari internazionali dello sport. Gli viene, quindi, affic\ata la direzione dell'Uffièio esteri della segreteria nazionale dei Gruppi universitari (G.U.F.) e, subito dopo, il Segretario nazionale del P.N.F., Arturo MARPICATI, lo chiama a far parte d'una commissione di studio per l'elaborazione della legislazione fascista. Nel 1928 è nominato Vice-segretario nazionale dei G.U.F .. L'anno successivo assume anche la segreteria nazionale dei Gruppi degli assistenti e dei professori universitari. Nel novembre 1933 viene nominato Segretario federale di Roma. Il 26 marzo 1935 parte volontario per l'Africa Orientale. Partecipa alla campagna etiopica (conquista di Gondar; marcia su Addis Abeba, come tenente nel 3° reggimento bersaglieri). Il 9 maggio 1936, ad Addis Abeba, fonda il fascio locale, e dopo due settimane inizia la pubblicazione del Giornale di Addis Abeba, di cui è direttore. D'ordine di MussoLINI rientra in Italia 1'11 agosto 1936 e riprende l'incarico di Segretario federale di Roma. Dopo tre mesi è nominato prefetto del Regno con sede a Cuneo; quindi a Gorizia. Nominato direttore generale della cinematografia italiana assume anche la presidenza dell'Ente nazionale industrie cinematografiche (E.N.I.C.). Dall'ottobre 1940, volontario nella campagna di Grecia. Il 26 ottobre 1941 è nominato prefetto di Zara. (174) A.C.S. - Presidenza Consiglio dei ministri - Anni 1941-1943 - Posizione 3.3.13 Fascicolo 46747 - (Telegramma n. 14140 - Da Comandante carabinieri della Dalmazia, colonnello Giuseppe Burri - A ministero dell'interno - Ore 17,30 - Zara, 14 maggio 1942). (175) Ibidem. (176) U .S.-S.M.E. - Anno 1942 - Busta 697 - Comando 'Truppe Zara' - (Foglio n. 2933/0p. di prot. - Oggetto: «Incidente Eccellenza Vezio ORAZI>> - Da generale Ruggero CASSATA - A Comando XVIII Corpo d'armata - P.M. 141, .27 maggio 1942). (177) A.C.S. - Presidenza Consiglio dei ministri - Anni 1941- 1943 - Posizione 3.3.13 Fascicolo 46747 - (Foglio n. 5000/0010359/P.S. di prot. - Da direttore generale della polizia del Governo della Dalmazia, prefetto Giuseppe STRACCA - A ministero dell'interno - Direzione generale di polizia - Zara, 26 maggio 1942). (178) Vedi n. 176. (179) Vedi n. 176 e 135. La narrazione di Remo de ZAMBOTTI si basa su ricordi personali. (180) Vedi n. 176. (181) Sibe KvES1é - Dalmacija u Narodnooslobodilackoj Borbi ( = La Dalmazia nella guerra di liberazione) - Collana della Biblioteca della Rivoluzione nazionale - Zagabria, 1960 - Pag. 325. - U.S.-S.M.E. -Anno 1942 - Busta 782-Comando XVIII Corpo d'armata - (Notiziario n. 137- Paragrafo: «Chistagne» - P.M. 118, 4 luglio 1942). È scritto che: «LALié Jovo interrogato dichiara [...] che all'attentato dell'Ecc. ORAZI parteciparono 30 elementi del battaglione 'Bude Borjan' e 10 del battaglione 'Vuvusf [recte: VLADUSié/».


Il conflitto fra il Governatore Bastianini ed il generale Quirino Arme/lini

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(182) Vedi n. 176. (183) I nominativi degli artiglieri caduti sono ripresi dal Giornale di Dalmazia - Quotidiano - Zara, 28 maggio 1942. Il Giornale di Dalmazia del 26 maggio 1943, nel primo anniversario della morte di Vezio ORAZI, porta un articolo di Franco DELL'ARTE, segretario particolare del prefetto. Nell'articolo si legge: «L'autista Pietro BARDELLONI (un bresciano leonino!) ed il carabiniere GORLIC che gli è vicino offrono il petto ai primi colpi». Nello stesso numero del giornale, in un articolo intitolato «L'olocausto di Bonassisi», non firmato, è scritto: «una scarica di mitragliatrice partila da pochi metri frantuma i cristalli,

colpisce a morte l'autista e un carabiniere che gli è a lato». Pertznto, all'elenco dei caduti dovrebbe essere aggiunto il nome di GORLIC, mai citato nei necrologi e nelle relazioni dell'anno prima. (184) Giornale di Dalmazia - Quotidiano - Zara, 27 maggio 1942. · Il tenente Enrico NATLACEN raccolse le ultime volontà di Vezio ORAZI. (185) Vedi n. 176, (186) U.S.-S.M.E. - Busta 697 - Comando 'Truppe Zara' - (Telescritto n. 2907 - Da comando 'Truppe Zara' - Firmato generale Ruggero CASSATA - A comando XVIII Corpo d'armata - P.M. 141, ore 03 .20, 27 maggio). (187) Vedi n. 181. (188) Relazioni Internazionali - Settimanale - Edito dall'Istituto Studi di politica internazionale (l.S.P.I) - Anno 1942 - Pag. 638. Riporta il testo integrale del comunicato stampa e del Foglio disposizioni del Partito nazionale fascista. (189) Bruno SoRICH, nato a Zara, vogatore del Circolo canottieri 'Diadora' di Zara. Nel 1922 fu due volte campione d'Italia nel fuori scalmo e nella iole ad otto, sul campo di regata di Napoli. Nel 1923, a Como, conquistò nuovamente il titolo italiano nel fuori scalmo ad otto e, sempre a Como, con la stessa imbarcazione, il giorno successivo, si laureò campione d'Europa . Nel 1924 alla VII Olimpiade di Parigi, difese i colori dell'Italia e si classificò terzo nello stesso tipo di imbarcazione. Sorich fu costantemente l'ottava voga dell'armo. Per maggiori ragguagli, vedi Oddone TALPO - Eugenio Dario RusTIA TRAINE - Narciso DETONI: I cento anni della Società Ginnastica Zara - Edito sotto l'Alto patronato del C.O.N .I - Stabilimento Tipografico' Julia' - Roma, 1976 - Pag. 657 e seguenti. (190) Sottotenenti Ignazio THOR1NOER ed Antonio PERA.STI; tenente Marino JELLICI. (191) U.S.-S.M.E. - Busta IT 644 - Comando Supersloda - (Telegramma n . 2/G.M. - Da Governatore della Dalmazia - Al generale Mario ROATTA - Zara, 26 maggio 1942). Il testo del telegramma, in riproduzione fotostatica, è riportato nel volume di Drago G1ZD1C: Dalmacija 1942 - Edito dal Comitato dell'Unione dei Combattenti della Croazia Tipografia Ognjen PRICA - Zagabria, 1959 - Pag. 259. Per la morte di Vezio ORAZI, vedi:


Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942)

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Giornale di Dalmazia - Quotidiano - Zara, 27, 28 e 29 maggio 1942.

- A.C.S. - Presidenza Consiglio dei ministri - Anni 1941- 1943 - Posizione 3.3.13 - Fascicolo 46743 - (Telegramma n. 15611 - Da direttore generale della polizia del Governo della Dalmazia, prefetto Giuseppe STRACCA - A ministero interno - Direzione generale di polizia - Zara, ore 20.00, 26 maggio 1942). - U.S.-S.M.E. - Busta IT 644 - Comando Supersloda - (Telegramma n. 2/G.U. - Da Governatore della Dalmazia - A generale Mario ROATTA - Zara, 26 maggio 1942). - U.S.-S.M.E. - Busta 697 - Comando 'Truppe Zara' - (Telescritto n. 2907 - Da Comando 'Truppe Zara' - Firmato generale Ruggero CASSATA -A Comando XVIII Corpo d'armata - P.M. 141, ore 03.20, 27 maggio 1942). La signorina Nora TALP0, sorella dell'autore, ricorda che la mattina del 26 maggio, verso mezzogiorno, si trovava al Caffè Lloyd di Zara. Al tavolo vicino c'era la moglie del prefetto, Renata, con la quale si mise a discorrere. Fra l'altro, la signora ORAZI accennò che quel mattino il marito aveva preso l'automobile di servizio senza dire dove andasse e senza precisare se sarebbe tornato per la colazione. (192) A.C.S. - Microfilm n. 67 - Serie T. 821 - Fotogramma 899 - (Telegramma n. 9603 - Da generale Mario RoATTA - A Governatore della Dalmazia - P.M. IO, 27 maggio 1942). (193) Ibidem. (194) Le onoranze funebri a Vezio ORAZI furono imponenti. La sera del 27 maggio, il Governatore BASTIANINI, a Radio Zara, ricordò la figura del prefetto (per il testo della rievocazione, vedi Giornale dì Dalmazia, quotidiano di Zara, del 28 maggio 1942). La camera ardente per le salme del prefetto, del capitano Umberto BONASSISI, del sottotenente Giacinto TRUPIANO e del brigadiere di P .S. Pietro BARDELLONI, fu allestita nel palazzo della prefettura. Vegliavano a turno le autorità di Zara, funzionari della prefettura, ufficiali dell'esercito. MUSSOLINI personalmente inviò le proprie condoglianze alla famiglia ORAZI e si fece rappresentare ai funerali dal Governatore BASTIANINI. Il prefetto STRACCA rappresentava il sottosegretario di Stato all'interno, Guido BuFFARINI GUIDI. Giunse a Zara il Vice-segretario nazionale del P.N.F., Ennio BARBERINI, in rappresentanza del Segretario nazionale Aldo VIDUSSONI. Il corteo funebre mosse dal palazzo della prefettura alle 17 .30 e per il Viale Tommaseo raggiunse il Duomo di Sant'Anastasia. Dietro il crocefisso, che apriva il corteo, seguivano sessantasei corone di fiori. Tutta la popolazione di Zara fece ala al passaggio delle bare; sui muri delle calli erano affissi i necrologi del Direttorio federale di Zara e del Comune. Lungo le vie pavesate con bandiere tricolori e dalmate a lutto, una ininterrotta pioggia di fiori dalle finestre. Il corteo, lunghissimo, con le rappresentanze di tutte le organizzazioni del Partito, delle Forze armate, con le autorità civili, militari, politiche della provincia e del Governo della Dalmazia, raggiunse la Cattedrale, dove l'arcivescovo Pietro Doimo MUNZANI, coadiuvato dal vescovo cattolico di Sebenico, monsignor Girolamo MILETA, celebrò il rito funebre. Il corteo si ricompose e sfilò per Calle Larga. In Val de' Ghisi, all'altezza dello stadio, il Vicesegretario del P.N.F. fece l'appello dei caduti. Le salme furono provvisoriamente tumulate nel cimitero di Zara. La salma di Vezio ORAZI partì da Zara il 16 giugno, per Ancona, su una nave da guerra, accompagnata da una rappresentanza delle autorità di Zara. A Roma, nel trigesimo, venne celebra to un servizio funebre nella basilica di Santa Maria degli Angeli.


I{

conflilfo fra il Governatore Bastianini ed il generale Quirino Armellini

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(195) U.S.-S.M.E. - Busta 772 • Comado XVlll Corpo d'armata· (Diario swrico - P.M. I 18, 28 maggio 1942).

(196) Ibidem. (197) Ibidem. (198) A.C.S. Microfilm n. 51 - Serie T . 821 • Fotog rammi 685 · 691 - (Foglio n. 4016 di prot. - Segreto - Oggetto: «Sistemazione futura del C.d.A.» ~ Da Comandante XVIII Corpo d'armata· A generale Mario ROATTA - P.M. 118, 29 maggio 1942) . • VEDI DOCUMENTO N. 6 ALLEGATO AL PRESENTE CAPITOLO. (199) Ibidem • Paragrafo I O : «Territorio da conservare». (200) Ibidem - Paragrafo 2°: «Compiti deì Corpo d'armata». (201) Ibidem - Paragrafo 6°: «Linea di condotta». (202) Ibidem. (203) Ibidem. (204) Ibidem. (205) Ibidem . (206) Ibidem. (207) A.C.S. - Presidenza Consiglio dei ministri - Anni 1941-1943 - Posizione 1.1.13 Fascicolo 16451 - Sotto fascicolo 31/1 - (Telegramma n. 505/0010447/Gab. P.S. - Da direttore generale della polizia in Dalmazia, prefetto Giuseppe STRACCA - A ministero dell'interno · Zara, 29 maggio 1942). (208) A.C.S. • Presidenza Consiglio dei ministri · Anni 1941 -1943 - Posizione 1.1.13 • Fascicolo 16452 • Sottofascicolo 3 I / I - (Telegramma n. 515/0010359/Gab. P .S. • Da direttore generale della polizia in Dalmazia, prefetto Giuseppe STRACCA - A ministero dell'interno Zara, I giugno 1942). (209) A.C.S. - Microfilm n. 67 - Serie T . 821 - Fotogramma 872 • (Telescritto n. 11886 - Da Supersloda - A motonave Abbazia per generale Mario ROATTA - P.M . IO, 31 maggio 1942). Ritrasmette il telescritto n. 11/G.M. · Da Governatore della Dalmazia· A comandante XVIII Corpo d'armata· Senza data, probabilmente del 30 o 31 maggio 1942. (210) Ibidem. (211) U.S.-S.M.E. - Busta 732 • Comando 'Truppe Zara'· (Fonogramma n. 522/C.F. Da Comando XVIII Corpo d'armata - A Comandante ' Truppe Zara'. P.M. I 18, I O giugno 1942). (212) U.S.-S.M.E. • Busta 732 • Comando 'Truppe Zara' - (Foglio n. 2998/0p. di prot . • Oggetto: «Azioni di rappresaglia in zona Komasec (recte: Komazec}» - Da Comando 'Truppe Zara' - Ai comandi: Fronte a terra; Fronte a mare; 107• legione camicie nere di Zara; II battaglione 25° fanteria; VI battaglione 'Rismondo'; presìdi di Chistagne, Raducicco, Mokropolje, Ervenico, Zegar, Bilisane, Obrovazzo; XXX battaglione genio - P.M. 141, 1° giugno 1942).


Dalmazia - Una cronaca per fa storia (1942)

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L'azione si svolse su tre colonne, rispettivamente comandate dal tenente colonnello Antonio DESTINO; dal capitano Antonio DE VESCOVI; dal maggiore Giulio FLAVON!. Le prime due con obiettivo Komafoc, la terza il monte Prosek. (213) A.C.S. Segretaria particolare del Duce - Carteggio riservato - Anno 1942 - Busta 3 - (Appunto per il Duce - Non firmato - Roma - 31 maggio 1942). (214) Ibidem. (215) A.C.S. - Microfilm n. 51 - Serie T. 821 - Fotogramma 1031 - (Telescritto n. 12254 - Da Comandante Supersloda - A Comando Supremo - P.M. IO, 4 giugno 1942). (216) Ibidem . (217) U.S.-S.M.E. - Busta IT 525 - Comando Supersloda - (Telescritto n. 12287 - Da generale Mario RoATTA - A Governatore della Dalmazia - P .M. 10, 5 giugno 1942). VEDI DOCUMENTO N. 7 ALLEGATO AL PRESENTE CAPITOLO. Ritrasmette il testo delle istruzioni impartite al generale Quirino ARMELLINI. (218) Ibidem. - U.S.-S.M.E. - Busta 772 - Comando XVIII Corpo d'armata - (Foglio n. 4919 di prot. - Oggetw: «Pro memoria sul/a difesa dei confini» - A firma _generale Quirino ARMELLINI P .M. 11, 23 giugno 1942). VEDI DOCUMENTO N.8 ALLEGATO AL PRESENTE CAPITOLO. (219) U.S.-S.M.E. - Busta 732 - Comando 'Truppe Zara' - (Foglio senza n. di prot. - Da Comando presidio Chistagne - Firmato maggiore Andrea BAOINI - A comando 'Truppe Zara' - P.M. 141, 4 giugno 1942). Vedi inoltre: - A.C.S .• Microfilm n. 51 - Serie T. 821 - Fotogramma 754 - (Telescritto n. 427 1/0p. - Da Comando XVIII Corpo d'armata - A Supersloda - P.M. 118, 4 giugno 1942). - A.C.S. - Presidenza Consiglio dei ministri - Anni 1941 -1943 - Posizione 1.1.13 - Fascicolo 16452 - Sotto fascicolo 31 / 1 - (Telegramma n. 5249/0010671 /Gab. P .S. - Da direttore generale della polizia in Dalmazia, prefetto Giuseppe STRACCA - A ministero dell'interno Zara, 4 giugno 1942). - U .S.-S.M.E. - Busta 772 - Comando XVIII Corpo d'Armata - (Telescritto senza numero - Da Comando XVIII Corpo d'armata - A Comando Supersloda - P.M. 118, 4 giugno 1942). - U.S.-S.M.A. - Elemento 7518 - B/0 49 - Relazioni operative di Supersloda - (Da Comando Supersloda - A Comando Supremo· A missione militare italiana a Zagabria - P .M. IO, 5 giugno 1942). (220) Ibidem - Foglio firmato dal maggiore Andrea BAD1N1. (221) U.S.-S.M.E. - Busta 732 - Comando 'Truppe Zara' - (Seguito telescritto n. 3085/0p. - Da Comando 'Truppe Zara' - A Comando XVIII Corpo d'armata - P.M. 141, 4 giugno 1942). (222) U.S. -S.M.E. - Busta 732 - Comando ' Fronte a terra' - (Diario storico - P.M. 141. 4 giugno 1942).


Il conflitto fra il Governatore Bastianini ed il generale Quirino Armellini

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(223) U.S.-S.M.E. - Busta 999 - Comando 'Truppe Zara' - (Diario storico - P.M. 86, 4 giugno 1942). (224) U.S.-S.M.E. - Busta 732 - Comando 'Truppe Zara' - (Telescritto n. 3109 - Da Comando 'Truppe Zara' -A Comando XVlll Corpo d'armata- P.M.131 , 5 giugno 1942). Le parole Narod Os/obod probabilmente sono l'abbrevazione di Narodno Oslobodjenje «Liberazione nazionale» oppure «popolare». La 2• compagnia del battaglione 'Bude !3orjan' sarebbe stata composta da 77 uomini, inquadrati in tre plotoni. Probabilmente la loro infiltrazione nel territorio della provincia di Zara era avvenuta dalla zona di Pagene. (225),U .S.-S.M.E. - Busta 732 - Comando artiglieria 'Truppe Zara' -(Diario storico - P .M. 141, 5 giugno 1942). (226) U.S.-S.M.E. - Comando 'Truppe Zara' - (Da Comandante 'Truppe Zara' -A Comando XVIII Corpo d'armata - P.M. 141, 5 giugno 1942). (227) Ibidem. (228) U.S.-S.M.E. - Busta 772 - Comando XVIII Corpo d'armata - (Diario storico P .M.118, 5 giugno 1942). (229) A.C.S. - Microfilm n. 64- Serie T. 821 - Fotogrammi 474-476- (Foglio n. 25/0.M. di prot. - Da Governatore della Dalmazia - A Comando battaglioni squadristi 'Dalmazia' Per consocenza ai prefetti di Zara e di Spalato; ai Comandi del XVIII Corpo d'armata, delle 'Truppe Zara', dei carabinieri della Dalmazia - Zara 4 giugno I 942). (230) Ibidem. I presidi di nuova costituzione erano, a nord della Cherca: Rasanze, Polisseno ( = Polesnik), Clambette. Bogarnié, Birkié, lvoscvci, San Giovanni di Dobropolje, Smerdele ( = Sem rdelje), Pristeg, Pirovazzo, Zaton. A sud della Cherca: Ljubitovica, Strifiéi (bivio rotabile Traù-Sebenico con la strada per Dernis), Kru~evo, Capocesto ( = Primo~ten), Sonjié (sulla strada tra Rogosnizza e Marina).

(231) Ibidem. (232) Ordinanza 7 giugno 1942-XX, n. 150 - «Provvedimenti a carico degli abitanti del territorio annesso alla provincia di Zara che sono passati ai ribelli» - Pubblicata mediante affissione - Il testo non è stato riportato nel Giornale Ufficiale del Governo della Dalmazia. (233) Ibidem. (234) U.S.-S.M.E. -Busta 772-Comando XVIII Corpo d'armata -(Diario storico -P. M. I 18, 6 giugno 1942). (235) Ibidem. (236) Ibidem. (237) Ibidem. (238) U .S.-S.M.E. - Busta 999 - Comando divisione 'Sassari' - (Diario storico - P.M. 118, 6 e 7 giugno 1942).


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942)

- U.S.-S.M.E. - Busta 732 - Comando battaglione genio del Comando 'Truppe Zara' - (Diario storico - P.M. 141, 7 giugno 1942). (239) Ibidem - Divisione 'Sassari' . (240) U.S.-S.M.E. - Busta 732 - Comando 'Truppe Zara' - (Diario storico - P.M. 141, 7 giugno 1942). Allegati fonogrammi n. 3159/0p. e n. 3164/0p. - Da Comando 'Truppe Zara' - A Comando XVIII Corpo d'armata - P.M. 14, 7 giugno 1942. Vedi anche: - A .C.S. - Presidenza Consiglio dei ministri - Anni 1941-1943 - Posizione 1.1.13 - Fascicolo 16452 - Sottofascicolo 31/1 - (Telegramma n. 5336/0010717/Gab. P.S. - Da Governo della Dalmazia - Firmato questore Vincenzo AGNESINA - A ministero dell'interno - Zara, 7 giugno 1942). - U.S.-S.M.E. - Busta 772 - Comando XVIII Corpo d'armata - (Telescritto senza n. di prot. - Da generale Quirino ARMELLINI - A Comandante Supersloda - P.M. 118, 8 giugno 1942). - U.S. -S.M.E. • Busta 732 • Comando 'Truppe Zara' - (Fonogramma n. 3175 - Da Comando 'Truppe Zara' - A Comando XVIII Corpo d'armata - P.M. 141, 8 giugno 1942). (241) U.S.-S.M.E. - Busta 772 - Comando XVIII Corpo d'armata - (Diario storico - P .M. 118, 8 giugno 1942). (242) U.S.-S.M.E. - Busta 999- Comando divisione 'Sassari' - (Diario storico - P.M. 86, 7 giugno 1942). (243) Ibidem. (244) U .S.-S.M.E. - Busta 772 - Comando XVIII Corpo d'armata - (Diario storico - P .M. 118, 7 giugno 1942). (245) U.S-S.M.E. - Busta lT 578 • Comando VI Corpo d'armata - (Telescritto n. 04373 - Da Giuseppe BASTIANINI - A generale Renzo DALMAZZO - Zara, ore 16.15, 5 giugno). (246) A .C.S .• Presidenza Consiglio d ei ministri - Anni 1941-1943 - Posizione 1.1.13 Fascicolo 16452 - Sottofascicolo 31/1 - (Telegramma n. 6591/94879 - Da Governatore della Dalmazia - A ministero dell'interno - Zara, 6 giugno 1942). (247) M.A.E.-A .S.D. - Jugoslavia 1942 - Busta 131 - Fascicolo 1 - (Telespresso n. 1919/260 - Oggetto: «Bande cetniche nella zona di Ragusa» - Da console generale d'Italia, Amedeo MAMMALELLA - A legazione d'Italia a Zagabrìa - Per conoscenza a ministero affari esteri - Ragusa, IO giugno 1942). (248) Ibidem. (249) Ibidem. (250) U.S.-S.M.E. - Busta 772 - Comando XVIII Corpo d'armata - (Diario storico - P.M. 118, 8 giugno 1942). (251) Ibidem.


li confliuo fra il Governatore Bastianini ed il generale Quirino Arme/lini

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(252) U.S.-S.M.E. - Busta IT 525 - Comando Supersloda - (Telegramma n. 36/G.M. Da Giuseppe BA~TIANINI - A generale Mario RoATTA - Zara, senza data, quasi certamente 7 giugno 1942). VEDI DOCUMENTO N. 9 ALL,EGATO AL PRESENTE CAPITOLO. (253) Ibidem. (254) Ibidem. (255) Ibidem. (256) A.C.S. - Microfilm n. 64 - Serie T. 821 - Fotogramma 866 - (Telescritto n. 4000 Oggetto: «Operazioni prov. Zara» - Da generale Mario ROATTA - A Supersloda per Comando Supremo - Da motonave Abbazia - P.M. 10, ore 23.00, IO giugno 1942). (257) Ibidem .

(258) Ibidem. Il testo del telegramma a firma del questore Vincenzo AGNESINA non è stato trovato. Se ne parla in questo telescritto, ed al punto I) dell'ordine di operazione in provincia di Zara (vedi n. 262) del 19 giugno 1942. In quest'ultimo documento si legge: «Formazioni ribelli, costituite in gran parte da gente affluita da oltre Zerman)a ed in parte da gente locale, sono segnalate nella zona montuosa ad ovest di Ervenico. La loro forza è valutata dalle autorità locali di polizia a 4000 uomini e dal servizio informazioni militari ad un migliaio di uomini». Vedi anche documenti richiamati alle note 268, 294 e specialmente al n. 382. (259) Galeazzo CIANO - Diario 1937-1943 - Editori Rrzzou - Milano, 1980 - Annotazione IO giugno 1942 - Pag. 629. (260) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1942 - Busta 133/11 - Fascicolo I - (Telegramma n . 368/31 - Segreto · Non diramare -·Da console Vittorio CASTELLANI - A ministero affari esteri - Sussa, 12 giugno 1942). (261) Ibidem. (262) A.C.S. - Microfilm n. 64 - Serie T. 821 - Fotogrammi 884 a 886 - (Foglio n. 4002/0p. - Segreto - Da consegnarsi a mano - Oggetto: «Operazioni nella provincia di Zara (Carta al 100.000 della zona)» - Da generale Mario ROATTA, - A Comandante XVIII Corpo d'armata - Senza indicazione di località, quasi certamente Zara, IO giugno 1942). Una nota a firma RoATTA dice: «Dato direttamente all'Ecc. Armellini a Zara». (263) U.S.-S.M.E. - Busta 772 - Comando XVIII Corpo d' armata - (Diario storico - P.M. 118, !O giugno 1942). (264) Vedi n. 262. (265) U.S.-S.M.E. - Busta 732 - Comando 'Fronte a terra' del Comando 'Truppe Zara' - (Diario storico - P.M. 141, 11 giugno 1942). (266) U .S.-S.M.E. • Busta 772 - Comando XVIII Corpo d'armata - (Diario storico - P .M. 118, IO giugno 1942). (267) Vedi n. 265. La colonna CARLÀ era formata da tre battaglioni, più un plotone di carri 'L' (Leggeri). La collonna F ALLETTI era composta da due battaglioni, di cui uno di camicie nere, e da due sezioni cannoni da I 00/ 17.


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942)

(268) U.S.-S.M.E. • Busta 732 • Comando 'Fronte a terra'. del Comando 'Truppe Zara' · (felescritto n. 27/0p. - Da Comando tattico XVIII Corpo d'armata - A Comando tattico 'Truppe Zara' e divisione 'Perugia' - P.M. 118, 12 giugno 1942). - U.S.-S.M.E. - Busta 772 · Comando XVIII Corpo d'armata - (Diario storico - P.M. 118, 12 giugno 1942. (269) U.S.-S.M.E. • Busta 732 • Comando 'Fronte a terra' del Comando 'Truppe Zara' · (Diario storico· P.M. 141, 12 giugno 1942). In esecuzione di quest'ordine vennero istituiti posti di blocco sulle strade che portano a Zara: rotabili di Diclo, Carino, Boccagnazzo, Murvizza, Zemonico, Sant'Elena. (270) U.S.-S.M.E. · Busta 732 · Comando 'Truppe Zara'· (Fonogramma n. 2965/0p. - Da Comando 'Truppe Zara' -A Comando tattico XVIII Corpo d'armata - Bencovazzo, ore 15.15, Il giugno 1942). (271) Ibidem . (272) U.S.-S.M.E. - Busta 772 - Comando XVIII Corpo d'armata· (Diario storico - P .M. 118, 12 giugno 1942). (273) U.S.-S.M.E. • Busta 732 • Comando 'Truppe Zara' · (Diario storico - P .M. 141, 12 giugno 1942). (274) A.C.S. • Microfilm n. 64 - Serie T. 821 · Fotogramma 918 - (Telescritto n. 56/0p. • Da Comando tattico XVIII Corpo d'armata - Firmato generale Quirino ARMELLINI - A Comando Supersloda • P. M. 118, 14 giugno 1942). (275) Ibidem. (276) U.S.-S.M.E. · Busta 732 · Comando 'Fronte a terra' del Comando 'Truppe Zara' • (Foglio n. 108/0p./T. • Firmato generale Ruggero CASSATA - A Comando tattico XVIII Corpo d'armata - P .M. 141, ore 18.00, 17 giugno 1942). (277) U.S.-S.M.E. - Busta 628 - Comando Supersloda - (Telescritto n. 176/0p./T . • Da comando tattico XVIII Corpo d'armata • A Supersloda · P .M. 118, 21 giugno 1942). VEDI DOCUMENTO N. IO ALLEGATO AL PRESENTE CAPITOLO. (278) Ibidem. (279) Ibidem. (280) Ibidem. (281) Ibidem. (282) Vedi n. 274. (283) Benito MussoLINl - Opera Omnia · A cura di Edoardo e Duilio SusMEL - Discorso «A I Direttorio nazionale del P. N.F. » · Volume 31 ° - Pag. 70 - Edizione 'La Fenice' . Firenze 1960 · Roma. 18 maggio 1942. (284) Ibidem. (285) Ibidem.


li conflitto fra il Governatore Bastianini ed il generale Quirino Arme/lini

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(286) Ibidem. (287) U.S.-S.M.E. - Busta 772 - Comando XVlll Cor po d'armata - (Diario storico - P .M. 118, 18 giugno 1942). (288) A.C.S. - Microfilm n. 67 • Serie T. 821 - Fotogramma 1112 • (Telescritto n. 11715 • Da Comando Supersloda - Firmato generale Ettore DE BLAS!O - A 'Malaga' (nome convenzionale del Comando tattico del generale Mario ROATTA) • P.M. 10, 18 maggio 1942).

La cerimonia ebbe carattere spiccatamente militare, con la partecipazione delle rappresentanze cli tutte le forze armate. Dopo l'inaugurazione del cippo, donato dal Comune di Spalato, furono distribuite le ricompense al valore militare ai marinai. Tommaso Gutu (Faenza, 17 novembre 1879 • Spalato, 12 luglio 1920). Guardiamarina nel 19<12, imbarcato sulla Carlo Alberto. Sottotenente di vascello nel 1904; sul Marco Polo compie una lunga campagna in Cina sino al 1907. Durante la guerra italo-turca (1911 -1912) si distingue nell'attacco ai forti dei Dardanelli. All'inizio della prima guerra mondiale (19151918), era imbarcato sulla Regina Margherita, affondata nel 1916. Passò ai treni armati, quindi ebbe il comando della torpediniera 29 AS. Promosso capitano di corvetta nel 191 8. Con la fine della prima guerra mondiale, la Marina italiana procedette all'occupazione dei porti s~lle coste della Dalmazia e dell'Istria assegnate all'Italia dal patto di Londra (25 aprile 1915), come Trieste, Pola, Zara, Sebenico e delle isole antistanti, oltre al gruppo più meridionale delle curzolane. La città cli Spalato non era stata attribuita all'Italia dal patto Londra, ed in attesa delle decisioni della Conferenza della pace a Versailles, la Potenze interalleate avevano inviato nel porto di Spalato proprie navi da guerra (americane, francesi, italiane). In città, dov'era notevole il nucleo di italiani, ma minoritario rispetto ai croati, quasi subito dopo il crollo dell'Austria-Ungheria, gli slavi avevano creato il 'Governo provvisorio della Dalmazia', con presidente il dott. Ivo KR!lTE (da Sebenico), vice-presidente il dottor MAKALE, consiglieri il dottor Ante TRUMBIC ed il dottor Josip SMODLAKA. Il capitano cli corvetta GULLI era imbarcato sulla R.N. Puglia, giunta a Spalato il 19 gennaio 1919, al comando del capitano d i fregata Giulio MEN1N1, per tutelare i diritti dell' Italia e per sostenere gl'italiani di Spalato, guidati dall'avvocato Antonio TACCONI (senatore del Regno dal 1920 al 1943) e dal dottor Leonardo rezzou, di fronte alle continue angherie dei croati. Gl'italiani avevano il loro centro politico-culturale nel 'Gabinetto cli Lettura'. Il 5 febbraio 1920, Tommaso GÙLLI assunse il comando della R.N. Puglia, avvicendando il comandante MENINI, proprio quando in relazione all 'andamento della Conferenza della pace, le difficoltà per gl'italiani di Spalato aumentavano di momento in momento. L' l I luglio 1920, di navi italiane a Spalato, vi erano la Puglia ed un M.A.S. Quel giorno ricorreva la vigilia della festa di re PIETRO di Serbia e gli slavi avevano organizzato grandi festeggiamenti con dimostrazioni a ntitaliane. Al Teatro Civico, il cieco di guerra, capitano LOVRJC, tenne un violentissimo discorso contro l'Italia. Nel pomeriggio gli oltranzisti eccitati, devastarono il Caffè NANI, ·e cominciò la caccia all'italiano. QueIJi di Spalato e gli ufficiali della Puglia che si trovavano a terra, si rifugiarono al 'Gab inetto di Lettura'. Un marinaio che tentava di torna re sulla Puglia venne ingiuriato da una donna, che da una finestra a p iar:otcrreno agitava una piccola bandiera croata; il marinaio strappò di mano alla donna la bandiera. L'incidente, risaputo ed ingigantito, venne inteso dagli slavi come una provocazione. Il co mandante GL!LLI, al quale il marinaio aveva co nsegnato la ba ndiera croata, incaricò i tenenti di vascell'> FONTANA e CATALANO di portarla sulla nave americana (cacciatorpediniere Long) perché fosse restituita alla proprietaria. I due ufficiali sbarcarono al Molo San


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Pietro, ma vennero aggrediti dalla folla. Quantunque feriti, si fecero autorevolmente strada con la forza delle mani, e raggiunsero il caccia americano dove rimasero bloccati. Nel timore che anche altri ufficiali a terra si trovassero in difficoltà per rientrare, il comandante GULLJ inviò un motoscafo che tentò d'attraccare al Molo Veneto. L'imbarcazione, per l'opposizione della folla sempre più eccitata, non poté toccare terra e parecchi colpi di pistola furono sparati dalla riva contro l'equipaggio. Il tenente d.i vascello GALLO, che comandava l'imbarcazione, lanciò i segnali 'Very' per richiamare l'attenzione della Puglia.

Il comandante GULLI fece partire il M.A.S., prendendone personalmente il comando. Giunto nei pressi della riva, dalle file arretrate della folla venne lanciata una bomba a mano che scoppiò sull'orlo della banchina. Una scheggia colpì il comandante GULLJ all'addome, mentre i gendarmi da terra aprivano il fuoco con i fucili; colpirono a morte il motorista Aldo Rossi e ferirono il cannoniere PAVONE. Gli altri marinai dettero mano ai moschetti e stavano puntando la mitragliera. Il comandante OuLLJ, ancora lucido, impose di desistere ed ordinò il rientro. Il M.A.S. tornò alla Puglia, dove l'equipaggio, alla vista dei feriti, armò i cannoni, ma ancora una volta GULLI si oppose, e riuscì a mantenere la disciplina. L'ufficiale medico di bordo era assente, asserragliato nel 'Gabinetto di Lettura' e neppure sul caccia americano si trovò un medico. Solo dopo le 23, il medico ZUCCHJ riuscì tornare a bordo e constatò il gravissimo stato di GuLLJ, mentre il motorista Rossi agonizzava; il cannoniere PAVONE non destava molte preoccupazioni. Per il comandante GLJLLJ era impellente un intervento chirurgico. Si prestò volontariamente il dottor RACié, croato, che a Spalato aveva una propria clinica dove Guu.1venne trasportato in barella. L'intervento iniziò alle 2.30 del 12 luglio, ma per le lunghe ore di dissaguamento dovute a nove perforazioni intestinali, il comandante GULLI non resse, e spirò alle 4 del mattino del 12 luglio. (Vedi: Giulio MEN1Ni - Passione Adriatica - Ricordo di Dalmazia - 1918-1920 - Editore Nicola ZANICHELLJ - Bologna, 1926 pag. 201 e seguenti; Guido CALBIANJ - Tommaso Gulli - Aldo Rossi (Spalato 11 ìugfio 1920), in La Rivista Dalmatica - Periodico dell'Associazione Nazionale Dalmata - Roma, Tipografia Ambrosini - N. II - aprile-giugno 1970 - Pag. 3 e seguenti). Il Comandante Tommaso GULLI venne decorato con la medaglia d'oro al Valor Militare, alla memoria. Nella motivazione si legge: «Fatto segno a lancio di bombe a mano, nascondeva con grande serenità di spirito la gravità del suo stato e, con contegno eroico e sangue freddo ammirabile, manteneva l'ordine e la disciplina fra i suoi subordinati, evitando che nell'eccitazione degli animi il M.A.S. con il cannone e la PUGLIA con le artiglierie, usassero rappresaglia». (Le Medaglie d'oro al Va/or Militare - A cura del Gruppo Medaglie d'oro al Valor Militare -Tipografia Regionale - Roma 1968 - Voi. llI - pag. 264).

(289) A.C.S. - Microfilm n. 64 - Serie T. 821 - Fotogrammi 331 - 325 - (Foglio n. 59/R.P. - Oggetto: «incidenti provocati in Spalato da militi del l btg. squadristi 'Toscana'» - Da Comando XVIII Corpo d'armata - Firmato generale Quirino ARMELLINi - A Supersloda P .M. 118, 17 giugno 1942). (290) A.C.S. - Presidenza Consiglio dei ministri - Anni 1941-1943 - Posizione 1.1.13 Fascicolo 16452 -Sottofascicolo 31/1 - (Telegramma n. 5505/0010973/Gab. P.S. - Da Governo della Dalmazia - Firmato questore Vincenzo AGNESINA - A ministero dell'interno - Zara, 16 giugno 1942). (291) Vedi n. 289. (292) Ibidem.

(293) Ibidem.


li conflitto fra il Governatore Bastianini ed il generale Quirino Arme/lini

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(294) U.S.-S.M.E. · Busta 628 · Comando Supersloda · (Telescritto n. 57/R.P .. Da Generale Quirino ARMELLINI · A generale Mario ROATTA • P .M. 118, 14 giugno 1942). (295) Ibidem . (296) U.S.-S.M.E. • Busta 1266 • Comando VI Corpo d'armata - (Diario storico - Allegato Il Popolo di Spalato - Quotidiano - Reca il servizio sull'inaugurazione del cippo - P.M. 118, 11 giugno 1942). (297) A.C.S. - Microfilm n. 64 - Serie T. 821 - Fotogrammi 336, 337. (Lettera, senza n. di prot., del vescovo cattolico di Spalato, monsignor Clemente Quirino BONEFAéré - A generale Quirino ARMELLINI - Spalato, 13 giugno 1942). (29~)' Vedi n. 289. (299) Ibidem . (300) Ibidem.

(301) A.C.S. - Microfilm n. 64 - Serie T. 821 • Fotogramma 328 • (Foglio n. 113/ 16 Ris. di prot. - Oggetto: «Incidente toccato ad un ufficiale ad opera di milici squadrisci» - Da Comando gruppo carabinieri di Spalato - Firmato maggiore Angelo Picc1ouN1 - A Comando presidio militare di Spalato • Spalato, 24 giugno I 942). (302) U.S.-S.M.E. • Busta lT 627 • Comando Supersloda · (Telescritto n. 6334 • Da generale Mario ROA TI A • A Giuseppe BASTIANINI - P .M. 1o, 28 giugno I942). (303) U.S.-S.M.E. - Busta 618 - Comando Supersloda - (Telescritto n. 66/R.P. - Da Comando XVIII Co rpo d'Armata. A Comando Supersloda. P.M. 118. 9 luglio 1942). (304) A.C.S .• Microfilm n. 64. Serie T. 821 • Fotogrammi 431 · 432 - (Foglio n . 05284 di prot. - Da Governatore della Dalmazia - A Comando Supersloda • Zara 11 luglio 1942). (305) U.S. -S.M.E. -Busta 628 - Comando Supersloda-(Foglio n. 4874 di prot. - Oggetto: «Operazioni condotte dal Govemacore e fo rze a sua disposizione» - Da Comando XVIll Corpo d'armata · A Comando Supersloda - P .M . 118, 22 giugno i942). Carte dottor Manlio CACE - Brogliaccio· A nnotazione 19 giugno 1942. (306) U.S.-S.M.E. - Busta 772 · Comando XVIII Corpo d'armata- (Foglio n. 349 di prot. . Oggetto: <<Azioni giorno 12 giugno» - Da Comandante settore Sebenico· Firmato colonnello Vincenzo CARLÀ. A Comando 'Truppa Zara' - Paragrafo II - P.M. 141, 16 giugno 1942). (307) Ibidem. (308) Ibidem . Vedi n. 305 . Carte dottor Manlio CACE - Riporta l'elenco dei e.aduli nell'imboscata: sottotenente della Guardia di finanza Leone· BENVENUTI; brigadieri della Guardia di finanza: Giuseppe BARLETTA e Francesco FAEDDA; guardie di finanza : Mario TEDESCO, Tommaso LEMBO, A ntonio VIRGILIO. Carabiniere: Angelo TROOU. Granatieri: Bartolomeo MORUZZI , Luigi Nozz1BELLI. Inoltre cadde il capovilla di Stretto, Antonio PILIZA (o PILICA). Dispersi il vice-brigadiere dei carabinieri Matteo Bos1cH (altrove BONO o Boso), il sergente dei granatieri Guglielmo PELIZZARI e il civile Stipe MESTROV. (309) Vedi n. 305. Carte dottor Manlio CACE. - Non accenna alla sone di Luigi BOTIRI· OHI. Brogliaccio · Annotazione 19 giugno 1942.


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(310) Vedi n. 305 - Foglio n. 4847 di prot. - Parte I, lettera a). (311) Vedi n. 306 - Paragrafo IV. (312) Ibidem. (313) Ibidem. (314) Ibidem. (315) Vedi n. 305 - Foglio n. 4847 di prot. - Parte I, lettera b). (316) Ibidem. (317) U .S.-S.M.E. - Busta 628 - Comando XVIII Corpo d'Armata - (Telescritto n. 4579/0p. - Da Comando XVIII Corpo d'armata - A generale Mario ROATIA - P .M. 118, 14 giugno 1942).

(3 I 8) Ibidem. (319) Vedi n. 305 - Foglio n. 4874/0p. - Parte I, lettera c). (320) U.S.-S.M .E. - Busta 627 - Comando Supersloda - (Foglio n. 81 di prot. - Oggetto:

«Operazione di polizia nella zona tra Pirovazzo ed il Kerka. Carta 1/100.000. NovigradKnin». - Da Governo della Dalmazia - Gabinetto Militare - A Comando gruppo battaglioni squadristi 'Dalmazia' - Per conoscenza a: Comando XVIII Corpo d'armata; vice-prefetto di Zara; direzione generale di polizia, Zara; Comando 'Truppe Zara'; Comando carabinieri della Dalmazia - Zara, 13 giugno 1942). (321) Ibidem . (322) A.C.S . - Microfilm n. 64 - Serie T. 821 - Fotogramma 802- (Foglio senza n . di prot. - Oggetto: «Rapporto su/l'azione di rastrellamento effettuata nei giorni 15 e 16 giugno '42XX» - Firmato capitano d'artiglieria Marco NAPOLEONE - Sebenico, 17 giugno 1942). (323) Vedi n. 305 - Foglio n. 4874/0p. - Parte I, lettera c). (324) Ibidem.

(325) Ibidem. - U .S.-S.M.E. - Busta 772 - Comando XVIII Corpo d'armata - (Telescritto n. 70/0p/T. - Da generale Quirino ARMELLINI - A Comando Supersloda - P .M. 118, 15 giugno 1942). (326) Vedi n. 305 - Foglio n. 4874 di prot. - Parte I, lettere d) ed f.). (327) A.C.S. - Presidenza Consiglio dei ministri - Anni 1941-1943 - Posizione 1. 1.13 Fascicolo 16452 - Sottofascicolo 31/1 - (Telegramma n. 5527/04978 - Da Governatore della Dalmazia - A Presidenza Consiglio dei ministri - Per Benito MUSSOLINI - Zara, 18 giugno 1942). VEDI DOCUMENTO N. I I ALLEGATO AL PRESENTE CAPITOLO. (328) Ibidem. (329) Ibidem. (330) Ibidem . (331) I battaglioni squadristi in Dalmazia, erano: VII 'Milano'; LXVIII 'Toscana'; CXI 'Tevere'; CLXX 'Vespri'. +


Il conflitto fra il Governatore Bastianini ed il generale Quirino Armellini

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(332) Vedi n. 327. (333) Ibidem. (334) U.S.-S.M.E. - Busta 628 - Comando Supersloda - (Foglio n. 106 di prot. - Oggetto: «Dislocazione reparti CC.NN. » - Da Governo della Dalmazia - Gabinetto Militare - Firmato colonnello Eugenio MORRA - A Comando gruppo battaglioni squadristi 'Dalmazia' - Per conoscenza a: Comando XVIII Corpo d'armata; prefettura di Zara; Comando 'Truppe Zara'; Comando carabinieri della Dalmazia - Zara, 16 giugno 1942). (335) Carte dottor Manlio CACE - Brogliaccio - Annotazione 23 giugno 1942. (336) / bidem - Annotazione 13 giugno 1942. (337) Ibidem - Annotazione 16 giugno 1942. (338) Ibidem - Annotazione 19 giugno 1942. (339) A.C.S. - Presidenza Consiglio dei ministri - Anni 1941-1942 - Posizione 1.1.13 Fascicolo 16452 • Sottofascicolo 31/1 - (Telegramma n.5571/0011603/Gab. P .S .• Da Governo della Dalmazia· Firmato questore Vincenzo AGNESINA - A ministero dell'internc. Zara, 19 giugno 1942). (340) U.S.-S.M.E. - Busta 999 - Comando divisione 'Sassari' - (Notiziario giornaliero • Paragrafo: «Grafac» • P.M. 86, 31 maggio 1942). Carte dottor Manlio CACE - Brogliaccio -Annotazione 26 giugno 1942- «Molti contadini hanno incontrato tali Grgunev Antonio e Grgunev Andre e ancora qualche altro, i quali indossavano uniformi di RR.CC. /Reali carabinieri - n.d.a.j».

- Ibidem - Annotazione del 12 luglio 1942 - «Ieri sera gruppo circa 300 ribelli armati et parte vestiti divise italiane[. . .}». (341) A.C.S .• Presidenza Consiglio dei ministri - Anni 1941- 1943 · Posizione 1.1.13 Fascicolo 16452 - Sottofascicolo 74 - (S intesi di vari documenti). Emilia CALESTAN! - Memorie - Zara 1937-1944 - Edizione fuori commercio· S.T.E.M. · MUCCHI - Modena, 1979. «Ma oltre un mese dopo la sua sparizione [della PELLUT1 • n.d.a) venne da me l'Ispettrice Scolastica e mi cor.jìdò di aver saputo, sotto il vincolo del segreto, che la m_aestra era viva e che i ribelli l'avrebbero restituita in cambio di un loro capo che era in prigione a Zara. Voleva parlare al Governatore e mi chiedeva una presentazione. Proprio l'indomani dovevo andare andare al Governatorato [...}. L 'indomani vado [...} a rendere omaggio al Governatore, poi chiedo un colloquio privato[... } io faccio il mio bel discorsetto perorando lo scambio della maestra con il capo ribelle, appellandomi al cuore di padre, ecc. ecc. e vedo la faccia del Governatore stupefatta, sbigottita... Poi una esplosione d'ira: «Ecco come sono tenuto al corrente dai miei uffici! Devo sapere una cosa simile da estranei!». Era a fuori della grazia di Dio! Ma io rimasi un pizzico. Mi congedai rapidamente, ma l'indomani ritornò l'Ispettrice tutta in lacrime. Pare che il Governatore avesse fatto una scenataccia al Capo Gabinetto, che ne avrebbe fatta un 'altra all'Ispettore che a sua volta se la prese con l'Ispettrice che non aveva tenuta la cosa segreta, perché non si doveva sapere in città, ecc. ecc. [...} dopo undici giorni [la PELLUTl • n.d.a.Jfu liberata col famoso scambio. Pag. 53 e seguenti.


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(342) U.S.-S.M.E. - Busta 999 - Comando divisione 'Sassari' - (Diario storico - P.M. 86, 21 giugno 1942). (343) U.S.-S.M.A. - Elemento 7518 - B/0 49 - Relazioni di carattere operativo di Supersloda - (Da Comando Supersloda - A Comando Supremo; a missione militare italiana a Zagabria - P .M. IO, 26 giugno 1942). (344) A .C.S. - Microfilm n. 64 - Serie T. 821 - Fotogramma 963 - (Foglio n. 3516/1 di prot. - Oggetto: «Arresti favoreggiatori dei ribelli» - Da Comando XVIll Corpo d'armata A Comando Supersloda - P .M. 10, 26 giugno 1942). (345) A.C.S. - P residenza Consiglio dei ministri - Anni l941 - 1943 - Posizione 1.1 . 13 Fascicolo 16452 - Sotto fascicolo 31/1 - (Telegramma n. 5801/05131 - Da Giuseppe BASTIANINI - A Presidenza Consiglio dei ministri - Per Benito MUSSOLINI - Zara, 29 giugno 1942). (346) Ibidem . (347) U .S.-S.M.E. - Busta 732 - Comando 'Truppe Zara' - (Foglio n. 3677/0p. di prot . • Da Comando 'Truppe Zara' - A Comandi dipendenti - P.M. 141 , 29 giugno 1942). (348) U.S.-S.M.E. - Busta 782 - Comando XVIII Corpo d'armata - (Foglio n. 5399/0p. di prot. - Da Comando XVIII Corpo d'armata - A prefetto di Spalato. P .M. 118, 4 luglio 1942). (349) U.S.-S.M.E. - Busta 782 - Comando XVIII Corpo d'armata - (Foglio n. 5422 di prot. - Da Comando XVIII Corpo d'armata - A Comando divisione 'Perugia' - P.M. I 18, 4 luglio 1942). (350) U.S. -S .M.E. - Busta 628 - Comando Supersloda - (Foglio n. 05274 di prot. · Da Governatore della Dalmazia - A: prefetto di Zara; Comando carabinieri della Dalmazia; Comando Tr.uppe Zara; Direzione Generale di P.S. Zara; Comando gruppo battaglioni squadristi · Zara, 12 luglio 1942). VEDI DOCUMENTO N. 12 ALLEGATO AL PRESENTE CAPITOLO. (351) Ibidem . (352) Ibidem . (353) Ibidem. (354) A.C.S. - Presidenza Consiglio dei Ministri - Anni 1941-1943 • Posizione 1.1.3. Fascicolo 16452 - Sottofascicolo 74 - («Appunto per il DucE» - Roma, 10 luglio 1942 - Con allegata relazione di Giuseppe BASTIANINI • Zara, 9 luglio 1942). VEDI DOCUMENTO N. 13 ALLEGATO AL PRESENTE CAPITOLO. (355) Ibidem. (356) Ibidem . (357) Carte dottor Manlio CACE - Brogliaccio· Annotazione 2 luglio 1942. Vedi anche: - U.S.-S.M.E. - Busta 732 - Comando 'Fronte a terra' del Comando 'Truppe Zara' (Diario storico - P.M. 141, 2 luglio 1942). A .C.S. - Presidenza Consiglio dei ministri -Anni 1941 -1943 - Posizione l.l.l3 -Fascicolo 16452 - Sottofascicolo 31/1 - (Telegramma n. 6006/0011409 - Da Governo della Dalmazia Firmato prefetto Giuseppe STRACCA - Per ministero dell'interno - Zara, 3 luglio ì942).


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(358) Vedi n. 354. (359) Ibidem. (360) Ibidem. (361) Ibidem. (362) Ibidem. (363) Ibidem. (364) Ibidem . (365) Vedi n. 305 - Parte Il - Considerazioni. (36q) Ibidem. (367) U .S.-S.M.E. - Busta 772 - Comando XVIII Corpo d'armata - (Diario storico - P .M. 118, 22 giugno 1942). (368) ibidem. (369) Ibidem. (370) U .S.-S.M.E. - Busta 772 - Comando XVIII Corpo d'armata - (Diario storico - P .M. 118, 22giugno 1942). (371) A.C.S. - Microfiam n. 64 - Serie T. 821 - Fotogrammi 306 - 311 - (Foglio n. 242/G.M. di prot. - Oggetto: «Costituzione del corpo volontari anticomunisti della Dalmazia italiana» - Dal Governatore della Dalmazia - A prefettura ed altri organi dipendenti - Zara, 23 giugno 1942). VEDI DOCUMENTO N. 14 ALLEGATO AL PRESENTE CAPITOLO. (372) Ibidem. (373) A.C.S. - Microfilm n. 63 - Serie T. 821 - Fotogramma 980 - (Telescritto n. 3742 Da Comando XVIII Corpo d'armata - A Comando Supersloda - P .M. 118, 4 luglio 1942). (374) Ibidem. (375) U .S.-S.M.E. - Busta 628 - Comando Supersloda - (Foglio senza n. di prot. né intestazione - Appare come una sintesi per uso ufficio delle notizie date al Comandante del XVIII Corpo d'armata - P. M. 10, 26 giugno 1942). (376) Ibidem. (377) Ibidem.

(378) A.C.S. - Microfilm n. 64 - Serie T. 821 - Fotçgramma 967 - (Foglio senza n. di prot. - Oggetto: «Questione Eccellenza Bastianini-XV!ll» - Non firmato - P.M. 10, 25 giugno 1942). (379) Ibidem. (380) Ibidem. (381) Ibidem. (382) U.S.-S.M.E. - Busta 629 - Comando Supersloda - (Foglio n. 3625/1 di prot. - Oggetto: «Organizzazioni militari in Dalmazia» - Da generale Quirino ARMELLJNI - Al Comandante di Supersloda - P .M. 118, 2 luglio 1942). VEDI DOCUMENTO N. IS ALLEGATO AL PRESENTE CAPITOLO.


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942) (383) Ibidem. (384) Ibidem. (385) Ibidem. (386) Ibidem. (387) Ibidem.

(388) U.S.-S.M.E. - Busta 772 - Comando XVIII Corpo d'armata - (Foglio n. 5306/0p. di prot. - Oggetto: Nuova sistemazione e nuovo atteggiamento - Da comando XVIII Corpo d'armata - Firmato generale Quirino ARMELLINI - Al comandante di Supersloda - P.M. 118, I O luglio 1942). VEDI DOCUMENTO N. 16 ALLEGATO AL PRESENTE CAPITOLO. (389) Ibidem. (390) Ibidem. (391) U .S.-S.M.E. - Busta 772 - Comando XVIII Corpo d'armata - (Telegramma n. 5812/0p. - Da Comando XVIII Corpo d'armata - A Giuseppe BASTIANINI - P.M. 118, Il luglio 1942). (392) U. S.-S.M.E. - Busta 772 - Comando XVIII Corpo d ' armata - (Lettera senza n. di prot. - Da Giuseppe BAST!ANINI - A generale Quirino ARMELLINI - Zara, 13 luglio 1942). In questo rapporto, molto probabilmente, venne presentato il riassunto dell'attività dell'Arma dei carabinieri in provincia di Zara - VEDI DOCUMENTO N. 17 ALLEGATO AL PRESENTE CAPITOLO. (393) Ibidem. (394) U.S.-S.M.E. - Busta 772 - Comando XVIII Corpo d ' armaia - (Telegramma n. 5902/0p. - Da generale Quirino ARMELL!Nl - A Giuseppe BASTJANJNI - P .M. 118, 13 luglio 1942). (395) U.S.-S.M.E . .- Busta 772 - Comando XVIII Corpo d'ar mata - (Foglio n. 5912/0p. di prot. - Oggetto: «Corrispondenza col Governatore BASTIANINI» - Da generale Quirino ARMELL!NI - A Supersloda - P.M. 188, 13 luglio 1942). (396) Vedi n: 306. (397) Ibidem. (398) U.S.-S.M.E. - Busta 782 - Comando XVIII Corpo d'armata - (Foglio n. 05229 di prot. - Oggetto: «Azione Commissario civile di Stretto» - Da Governatore della Dalmazia A Comandante XVIII Corpo d'armata - Zara, 7 luglio 1942). (399) Ibidem. (400) Ibidem.

(401) U.S.-S.M.E. - Busta 782 - Comando XVIII Corpo d'armata - (Foglio n. 5889/0p. di prot. - Oggetto: <<Azione Commissario civile di Stretto» - Da generale Quirino ARMELL!NI - A Governatore della Dalmazia - P.M. 118, 13 luglio 1942). (402) Il Colonnello Vincenzo CARLA, nella relazione sui fatti di Putifanje (Vedi n. 306 • Paragrafo II) aveva scritto: « Vi è da osservare che non era presente in Stretto il comandante del distaccamento - s.ten. PuccIO lvan - [. ..} avendo chiesto molti giorni prima ed ottenuto dal suo comandante di compagnia - capitano .M ELOTTI - di recarsi a Sebenico,


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aveva creduto di usufruire di tale permesso proprio in quel giorno, ragione per cui sono da punire tanto il capitano ME.LOTTI che ha concesso un permesso che non era nelle sue facoltà concedere, quanto il s. ten PuccIO che per allontanarsi dal presidio, aveva l'obbligo di informare questo comando di settore o codesto Comando Truppe, come da precise disposizioni esistenti». Il generale ARMELLINI, con foglio n. 5009/0p. di prot. (U.S.-S.M.E . - Busta 782) richiamò formalmente il comando del settore «per quanto è avvenuto, affinché svolga in circostanze del genere, una più tempestiva azione di controllo» - P .M. I 18, 25 giugno 1942. (403) A.C.S. - Presidenza Consiglio dei ministri - Anni 1941-1943 - Posizione l.1.13 Fascicolo 16452 - Sollofascicolo 120 - (Copia di lettera senza n. di prot. - Da Giuseppe BASTIANINI - A generale Quirino ARMELLCNJ - Zara, 15 luglio 1942). (404) U.S.-S.M.E. - Busta IT 628 - Comando Supersloda - (Lettera senza n . di prot. - Da Giuseppe BASTIANINI - A Luigi Russo, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri - Zara, 16 lugli o 1942). (405) A.C.S. - Presidenza Consiglio dei ministri - Anni 1941-1943 - Posizione l.1.13 Fascicolo 16452 - Sottofascicolo 120 - (Lettera senza n. di prot .. Autografo di Giuseppe BASTIANINI - A Luigi Russo, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri - Zara, 16 luglio 1942). (406) U.S. -S.M.E. - Busta IT 628 - Comando Supersloda - (Foglio n. 15294 di prot. Oggetto: <<Pro memoria per Eccellenza BASTTANINI- Da generale Mario ROATTA - A Giuseppe BASTIANINI - P.M. IO. 15 luglio 1942). (407) Ibidem. (408) U.S.-S.M.E. -. Busta 772 - Comando XVIII Corpo d'armata - (Foglio n . 61 IO/Op. di prot. - Oggetto: «Situazione presìdi della Dalmazia» - Da Comando XVIII Corpo d'armata - A Comando Supersloda - P.M. 118, 18 luglio 1942). VEDI DOCUMENTO N. 18 ALLEGATO AL PRESENTE CAPITOI.O.

I nuovi presìdi dovevano essere quelli di Bozava e Sale sull'Isola Lunga; Premuda; Eso Piccolo; Nevigiane sull'isola di Pasmano, in modo da completare quelli esistenti a Oltre e ad Ugliano sull'Isola di Ugliano, a Pasmano sull'isola omonima, e s ulle isole di Selve, Melada, Puntadura. (409) Ibidem. (410) U.S.-S.M.E. - Busta IT 628 - Comando Supersloda - (Telescritto n. 6290 - Da Giuseppe BASTIANINI - A generale Mario ROATTA - Zara, 18 luglio 1942). (41J) A.C.S. - Presidenza Consiglio dei ministri - Anni 1941-1943 - (Telegramma n. 6292/05345 - Da Giuseppe BASTIANINJ - A Benito MUSSOLIN I - Zara, 18 luglio 1942). (412) Ibidem. (413) Ibidem.

(414) Ibidem. (415) Ibidem . (416) A.C.S. - Microfilm n. 64-Serie T. 821 - Fotogramma 436- (Foglio senza n. di prot. - Da generale Quirino ARMEl,LINI -A generale Mario ROATTA - P .M. 118, 21 luglio 1942). (417) U.S.-S.M.E. - Busta IT 628 - Comando Supersloda - (Foglio senza n. di prot. - Da generale Quirino ARMELLCNI - A Governatore della Dalmazia - P .M. 118, 19 lugl io J 942).


Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942)

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(418) Il generale ARMELLINI aveva ricevuto una relazione sul rapporto da BAST IA NIN I agli ufficiali dei carabinieri dipendenti dal governo della Dalmazia. Nella relazione riservata - è detto che «ha fatto indirettamen1e un cenno riguardanle la persona del-

l'Ecc. il comandanle del XVIJJ Corpo d'armata, quando ha detto che da un 'alta autorità militare era stato punito per lieve infrazione un milite, squadrisla e consigliere nazionale» - (A.C.S. - Microfilm n. 64 - Serie T. 821 - Fotogra mma 906 - Foglio senza n. di prot. - Oggetto: «Promemoria R.P. {Riservato personale - n.d.a.j» - Dal Comandante dei carabinieri del XVIII Corpo d'armata - P .M. 118, 14 luglio 1942). (419) Il consigliere nazionale, cioè deputato, che aveva fatto parte del gruppo di squadristi, che a Spalato, il 21 giugno 1942, aveva minacciato il Lenente AZZARRIO. (420) U.S.-S.M.E. - Busta 782 - Comando XVIII çorpo d'armata - (Telescritto n. 15503 - Da Comandante Supersloda - A Comandante XVIII Corpo d'armata - P.M. 10, 21 luglio 1942). (421) U .S.-S.M.E. - Busta IT 628 - Comando Supersloda - (Marconigramma n. 938 - Da generale Quirino ARMELLINI - A generale Mario ROATIA - P .M. l 18 25 luglìo 1942). (422) Vedi n. l 10 - Annotazione 25 luglio 1942. Giuseppe GORLA - L'Italia nella seconda guerra mondiale -Diario di un milanese, ministro del RE nel Governo MUSSOLINI - BALD!NI e CASTOLDI - Editori - Milano, 1959. Sotto la data del 23 luglio, Giuseppe GORLA, che era ministro dei lavori pubblici, annota: «Ricevo la visita di BASTIANINI che mi informa come in CroatJa la rivolta divampi ovunque e che vi sono ribelli in ogni luogo». Da questa annotazione si deve concludere che BAST!ANINI era partito per Roma prima del 24 luglio 1942. (423) Ibidem - Annotazione 25 luglio 1942. (424) Ibidem .

(425) A.C.S. - Microfilm n. 64 - Serie T. 821 - Fotogramma 385 - (Marconigramma n. 11124/0p. - Da Comando Supremo - A firma generale Giovanni MAGLI - Per generale Mario ROATTA - d.n. 21, 25 luglio 1942). (426) Ibidem . (427) A,C.S. - Microfilm n. 64 - Serje T . 821 - Fotogramma 375 - (Lettera senza n. di prot. - Da generale Quirino ARMELLINI - A una «Eccellenza» - Certamente il generale Mario ROATTA - Spalato, 28 luglio 1943). VEDI DOCUMENTO N. 19 ALLEGATO AL PRESENTE CAPITOLO. La lettera è autografa e scritta con il 'tu' familiare. (428) Ibidem . (429) Vedi n. 110-Annotazione 1° agosto 1942. (430) Ibidem. (431) A.C.S. - Presidenza Consiglio dei ministri - Anni 1941-1943 - Posizione l.l.13 Fascicolo 16452 - Sottofascicolo 120 - (Foglio n. 05838 di prot. - Da Giuseppe BASTIANINI A Luigi Russo, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri - Zara, 3 settembre 1942).


li conflitto fra il Governatore Bastianini ed il generale Quirino Arme/lini

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(432) Ibidem.

(433) Vedi n. 429. (434) Ibidem. (435) A.C.S. • Microfilm n. 64 · Serie T . 821 • Fotogramma 361 • (Foglio senza n. di prot. • Oggetto: «Promemoria riservato personale n. 85» · Da tenente colonnello dei carabinieri Luigi CARCELLI · Al generale Mario ROATrA · P.M. 10, 3 agosto 1942). VEDI DOCUMENTO N. 20 ALLEGATO AL PRESENTE CAPITOLO.

(436) ·Ibidem . (437) Ibidem. 1

(438) Ibidem .



DOCUMENTI ALLEGATI AL CAPITOLO II



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Documenti - Allegati al capitolo Il DOCUMENTO

De.c ifrato da AP.

N. 1

TELEGRAMMA IN ARRIVO Da Roma - n . 313 II Capo dell'Ufficio Cifra Prizia

MiHente: Presidenza Consiglio M .ri lì 1911142 ore 19122

Zara, lì 2011/2 ore 7

ECC. GIUSEPPE BASTIANINI GOVERNATORE DALMAZIA

OGGETTO:

Decreto del Duce per ordine pubblico in Dalmazia.

3826. Comunicasi seguente decreto Duce regolante rapporti tra Autorità militari et quella civile in materia P.S. et ordine pubblico in provincie Zara Cattaro Spalato et Lubiana et territori annessi provincia Fiume. «Nelle provincie di Zara Spalato Cattaro Lubiana e nei territori annessi alla provincia di Fiume nel conseguimento dell'ordine pubblico entrano in vigore dal giorno 20 gennaio 1942 XX 0 le seguenti disposizioni. Articolo 1° - La difesa dell' ordine pubblico est affidata all' Autorità Militare, la quale interviene su richiesta del Governatore della Dalmazia per le provincie di Zara Spalato Cattaro, del!' Alto Commissario per quella di Lubiana et del Prefetto di Fiume per i territori annessi quella provincia aut interviene di propria iniziativa se da essa ritenuto necessario informandone le predette Autorità civili. Articolo 2° - Le modalità d'impiego delle forze militari nella difesa dell'ordine pubblico sono di esclusiva competenza dell'Autorità Militare. Articolo 3° - La polizia giudiziaria et amministrativa oltre che la tutela dell'ordine politico et morale rimane affidata agli organi di Polizia». SOTTOSEGRETARIO STATO RUSSO


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942) DOCUMENTO

N. 2

COMANDO VI CORPO D'ARMATA STATO MAGGIORE · UFFICIO OPERAZIONJ

N. 2616 di Prot. Op. - Segreto

P.M. 39, 14 febbraio 1942 - Anno XX

AL COMANDO DELLA 2• ARMATA POSTA MILITARE 1O

OGGETTO:

Situazione in zona Cattaro.

Le notizie posteriori alla mia andata a Cattaro, che mi pervengono, sia dal comandante della divisione 'Messina', sia dall'Eccellenza il Prefetto, sia dal comando Marina, mettono in evidenza che la situazione in zona delle Bocche di Cattaro si è aggravata. L'aggressione dei ribelli è molto aumentata ed ormai essi premono sulla strada costiera con puntate anche in forze, cosa che finora non si era mai verificata. Queste puntate sono accompagnate da minaccie, intimidazioni ed anche uccisioni su quella parte della popolazione che era rimasta finora incerta o favorevole a noi e che ora vive terrorizzata e chiede protezione. Anche l'Arsenale Marittimo, che conta circa 1500 operai della zona vede diminuire i suoi lavoratori per tali pressioni, in modo preoccupante, ed il comando Marina teme qualche manifestazione anche tra le stesse maestranze, finora apparentemente tranquille. Tutta la popolazione della zona vive sempre più nel timore di rappresaglie, attacchi, violenze. Riterrei molto utile poter iniziare in poco presto [sic], l'operazione per il rastrellamento del not~ triangolo od anche altra limitata a dare il respiro alle Bocche; wa in attesa ritengo molto urgente, sia sotto il punto di vista prettamente foilitare, sia sotto quello morale, ottenere almeno qualche btg. di G.a.F. [ Guardia alla frontiera - n.d.a.] o di fanteria per sostituire altrettanti reparti della 'Messina' nei loro compiti attuali puramente difensivi e statici e fornire così alla divisione qualche possibilità di reazione.


Documenti - Allegati al capitolo Il

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La impossibilità attuale di reazione si fa sentire oggi gravemente e più si farà in avvenire, se non sarà possibile provvedere in tempo. IL GENERALE COMANDANTE DEL CORPO D'ARMATA R. DALMAZZO


Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942)

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DOCUMENTO

N. 3

IL GOVERNATORE DELLA DALMAZIA Prot. n. 04092

Zara, 31 marzo 1942-XX

Riservato alla persona

Caro Roatta, ti unisco un promemoria che dopo la conversazione avuta con te mi è parso opportuno redigere per il Comandante del XVIII Corpo d'Armata, poiché è mia intenzione illustrarglielo quando egli verrà da me, come mi ha fatto sapere, in uno dei primi giorni di questa settimana. Come vedrai, in esso ho precisato per lui taluni di quei punti che hanno costituito oggetto della nostra conversazione e che tu hai accolto. Ritengo che Armellini si renderà perfettamente conto delle ragioni per le quali è assolutamente necessario mantenere integra la frontiera, che non è nella città di Spalato, anche se poco distante da tale città, e non lasciarla incustodita per andare a difendere l'ordine pubblico dentro la città, dove se la frontiera verrà costituita, i servizi di polizia e di presidio danno ogni garanzia. Non vorrei in sostanza che, ritirando dalle frontiere di Spalato e di Zara i Presidi, invece di stabilirvene di saldi, Armellini facesse come ha fatto Pirzio Biroli a quella frontiera di éattaro che tu, appena arrivato, hai dato ordine di ristabilire, in qualche modo e come la situazione adesso poteva permettere. Se Armellìni abbandona la frontiera, è chiaro che potremo avere e avremo gruppi armati che penetreranno non solo fino a Spalato, ma anche fino a Bencovazzo ed a Zara, nel qual caso avremo da affrontare non la difesa dell'ordine pubblico, ma la guerra sul nostro territorio. Questo io dirò ad Armellini dandogli in cambio di quello che gli domando, tutte le assicurazioni che gli può dare chi ha da dieci mesi il polso della Dalmazia italiana nelle mani e la sorveglia con tutta l'attenzione necessaria. Nel ringraziarti per la tua cordiale accoglienza dell'altro giorno ti prego di credere alla mia più sincera amicizia. Tuo aff.mo Eccellenza Mario ROATTA Generale d'Armata - Comandante II Armata Posta Militare 10

Giuseppe BASTIANINI


Documenti • Allegati al capitolo II

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IL GOVERNATORE DELLA DALMAZIA Segreto PROMEMORIA PER IL COMANDANTE DEL XVIII CORPO D'ARMATA 1) Il territorio del Governatorato della Dalmazia definito dal Trattato italo-croato del 18 maggio 1941, annesso al Regno d'Italia con R.D.. 18 maggio 1941-XIX, n. 452, comprende le seguenti tre Provincie: ZARA

-

di cui fanno parte i Comuni di: Zara - Bencovazzo Bozava - Chistagne - Eso Grande - Nona - Novegradi - Obbrovazzo - Oltre - Sale - Scardona - Sebenico Selve - Stancovazzo - Stretto - Timeto - Vodizze - Zaravecchia - Zemonico - Zlarino, e loro frazioni.

SPALATO -

coi Comuni di: Spalato - Blatta di Cùrzola - Castella Inferiore - Castel S. Giorgio - Castel Vitturi - Comisa - Curzola - Lissa - Mèleda - Solta - Traù - Vallegrande - Lagosta e loro frazioni.

CATTARO -

coi Comuni di: Cattaro - Cartolla - Castelnuovo di Cattaro - Dobrota - Gruda - Persagno - Lastua - Lustizza - Mulla - Perasto - Risano di Cattaro - Stolivo - Sutorina - Teodo - Zuppa e loro frazioni.

2) I confini del predetto territorio nazionale, per quanto non ancora segnati definitivamente. sul terreno, sono delimitati dalla Convenzione italo-croata e dividono nettamente il Governatorato della Dalmazia della 2 2 Zona che è zona d'occupazione e territorio croato. 3) L'Ordinamento politico e amministrativo delle tre Provincie del Governatorato, è stato in 10 mesi di Governo creato in ogni sua parte in assoluta identità con quella delle altre Provincie del Regno. È in corso l'emanazione degli ultimi provvedimenti e l'estensione delle ultime leggi del Regno che completeranno entro il mese di aprile la struttura politico-amministrativa delle tre Provincie. In esse hanno già vigore con gli stessi principi ed a mezzo degli stessi organi del Regno, lo Statuto del Regno e le Leggi principali dello Stato Italiano. 4) Il Governo della Dalmazia creato con R.D. del 7 giugno 1941-XX n. 453, esercitando in loco alle dirette dipendenze del Duce tutti i poteri del Governo Centrale presiede a tutte le attività politiche, amministra-


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942)

tive e sociali delle tre Provincie. Il Governatore oltre esercitare i pieni poteri attribuitigli dal suddetto decreto sovraintende anche alle attività del Partito Nazionale Fascista del quale è l'Ispettore per la Dalmazia. 5) Il Governatore ha alle sue dipendenze: a) i tre Prefetti b) il Comando RR. Carabinieri del Governatorato c) · il Comando R. Guardia di Finanza del Governatorato d) alcuni Reparti di Camicie Nere e) la Capitaneria di Porto e la Direzione Marittima f)

gli Uffici della Polizia, della Finanza, dell'Agricoltura, dell' Educazione Nazionale, dell'Igiene e Sanità, del Lavoro, delle Comunicazioni, dei Lavori Pubblici, dell'Ente Turistico, dell'Alimentazione, le direzioni dei quali costituiscono il Governatorato della Dalmazia.

6) L'amministrazione delle Provincie, viene esercitata in ogni Comune e frazione, come nel territorio del Regno, a mezzo degli organi appropriati: a) Commissari ai Comuni b) Stazioni RR. Carabinieri e) Uffici finanziari, agrari ecc. d) Brigate RR. Guardie di Finanza e) Medici f) · Insegnanti medi ed elementari

dislocati durante i primi dieci mesi di azione ordinatrice del Governatorato, secondo le necessità riscontrate per assicurare il normale svolgimento della vita civile. 7) Il Partito è organizzato nelle tre Provincie identicamente alle altre provincie del Regno, con: a) Federazioni Fasciste b) Fasci di Combattimento e Fasci femminili in tutti i centri abitati dove risiedano un certo numero di cittadini italiani


Documenti - Allegati al capitolo II

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c) Organizzazioni Giòvanili d) «Dopolavoro» e) Massaie rurali f)

Organizzazioni assistenziali

8) Questo ordinamento amministrativo e politico si estende per l'intero territorio annesso, sia di terraferma che delle isole, cosi che la vita civile del territorio è precisamente organizzata con le leggi, le norme e gli organi dello Stato Italiano di cui è ormai parte integrale. 9) Manca per contro una corrispondente organizzazione di Presidi Militari territoriali [Nota a margine del gen. Roatta: «non esiste neppure in Italia»]. Eccettuate le poche truppe di tre battaglioni presidiari e qualche altra, tutte le truppe che si trovano in Dalmazia appartengono a Unità mobilitate frazionate fra il territorio annesso e il territorio al di là della frontiera. I compiti di tali unità sono differenti nei due territori dovendo di qua esercitare un servizio territoriale [nota a margine del gen. Roatta: «non è esatto - fra l'altro è tutta 'zona d'operazione'»] e di là dalla frontiera un servizio di guerra il quale comporta operazioni e disposizioni che, se applicate al di qua della frontiera potrebbero talvolta essere non in armonia con le leggi che vigono nel territorio annesso e dar luogo a conseguenze sfavorevoli alla linea politica seguita per su·periori direttive dal Governatore. Poiché il solo responsabile per legge della situazione delle tre Provincie è il Governatore, appare indispensabile il più stretto collegamento fra questi e l'Autorità Militare [nota a margine del gen. Roatta: «questa è l'accusata»] superiore del territorio da lui governato. Giova tener presente che la sede del Comando del Corpo d'Armata essendo a Spalato e quella del Governo a Zara, un tale collegamento non è così stretto [nota a margine del gen. Roatta: «non è possibile»] come sarebbe necessario. 10) Si precisa che per l'ordinato svolgimento della vita civile in Dalmazia, occorre distinguere nettamente il territorio annesso e tutto il complesso della sua organizzazione civile e militare dalla 2 a Zona dove l'Autorità militare ha anche la responsabilità del potere civile, applicando nel territorio annesso le stesse norme e disposizioni che vigono nelle Provincie del Regno [nota a margine del gen. Roatta: «non sono, dette


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942)

provincie, zona d'occupazione»]. La modificazione di tale situazione nel territorio annesso non può avvenire, a norma del Decreto del Duce in data 20 gennaio u.s., che a richiesta del Governatore [nota a margine del gen. Roatta: «non c'entra, in Italia l'autorità politica non sposta i presidi»]. Occorrerà pertanto che d'accordo fra le due Autorità Militare e Civile, in loco, si proceda allo stabilimento del servizio presidiario militare nel territorio annesso [nota a margine del gen. Roatta: «No»]. La disposizione tanto opportunamente data dal Comandante della 2• Armata per il concentramento dei Presìdi e l'abolizione di quelli troppo esigui, eccentrici e isolati, nella 2a Zona e nella 3a, non può riguardare il territorio annesso [nota a margine del gen. Roatta: «ma chi lo dice?»], dove invece occorre allargare i Presidi in modo da comprendere oltre la linea di frontiera, le città e i centri abitati di importanza industriale, commerciale e politica, nonché quegli stabilimenti di particolare valore e interesse che si trovino fuori delle città come le centrali idriche e idroelettriche, nonché i ponti e viadotti posti sulle linee stradali di grande comunicazione alla stessa maniera, agli stessi scopi e con le stesse norme del territorio del Regno [nota a margine del gen. Roatto: «che nel Regno sono fissate unicamente dalle autorità militari»]. 11) Poiché per i suddetti servizi il numero delle truppe richiesto è già ingente, il Governatore non ritiene, anche per ragioni di prestigio del R. Esercito e per ragioni tecniche del servizio di Polizia, che tale servizio di ordinaria tutela dell'ordine pubblico, debba essere svolto dalle truppe. Per questa ragione ha domandato al Duce ed ottenuto alcuni Reparti di Camicie Nere destinati a rafforzare i RR. Carabinieri [nota a margine del gen. Roatta: «si attendono ordini superiori»] particolarmente per quelle operazioni di polizia di maggior mole che sono talvolta necessarie per il rintraccio di criminali, le perquisizioni domiciliari, la scoperta di attività politiche clandestine e per il completamento di indagini compiute dalla polizia e dai RR. Carabinieri. 12) Il Governatore domanda all'Autorità militare del territorio posto sotto la sua responsabilità che, qualunque sia la situazione politica della 2a Zona e le disposizioni militari da adottarvi, venga tutelata dalle truppe la custodia della frontiera italo-croata dove sono in essere da dieci mesi tutti i servizi civili, facendo solo presente che la situazione del territorio annesso richiede: a) l'assoluta necessità di mantenere in ogni caso integra la frontiera e di evitare che dalla 2 • Zona possano spostarsi nel territorio della


Documenti -Allegati al capitolo II

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Dalmazia italiana reparti o gruppi di ribelli [nota a margine del gen. Roatta: «accade spesso l'inverso»]; b) la non meno assoluta necessità di evitare che una qualunque zona di frontiera del territorio annesso possa con l'invasione o l'infiltrazione di gruppi armati, provenienti dalla 2a Zona, diventare o «terra di nessuno» o «terreno di combattimento». 13) Organizzati armonicamente secondo i punti 10, 11 e 12 i compiti ed i servizi civili e militari, il Governatore ritiene per certo che nella Dalmazia italiana, retrovia dell'Esercito combattente, l'Esercito possa essere del' tutto sicuro di trovare quel normale svolgimento della vita civile e quella tranquilla attività che secondo le direttive superiori deve essere anche per ragioni politiche interne ed internazionali assicurata a questa Regione.


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942) DOCUMENTO

N. 4

IL GOVERNATORE DELLA DALMAZIA Zara, 19 aprile 1942-XX

Caro Roatta, rispondo solo adesso alla tua del 4 corrente perché ho atteso di aver ricevuto dai Prefetti delle due Provincie di Spalato e Zara le loro proposte riguardo ai Presìdi Militari in connessione alla sicurezza dei rispettivi tratti di frontiera. Tali proposte ho trascritto nel pro-memoria che ti unisco (Allegato 1) [una nota a margine: il promemoria annesso è stato inviato al comando del XVIII C.d.A. per esame]. Ti ringrazio di darmi l'occasione di ripeterti la mia soddisfazione per la tua decisione che le questioni fondamentali relative alle esigenze delle tre Provincie del Governatorato connesse con quelle militari vengano trattate direttamente fra noi due. Si tratta infatti di coordinare le disposizioni e talora anche i mezzi, in modo da assicurare, tu ed io, il pieno raggiungimento degli scopi in armonia con le direttive che riceviamo e con i diversi compiti che ci sono riservati. 1. È vero che la situazione delle Provincie di Zara e Spalato pur essendo apparentemente tranquilla, risente della situazione di rivolta che esiste immediatamente al di là dal confine. Ne risente per due motivi:

a) perché la frontiera non essendo sbarrata né da ostacoli naturali né da una linea invalicabile, i criminali che sono perseguiti dalle forze di polizia ed i ribelli che sono colpiti dalle tue truppe, possono attraversarla facilmente; b) perché fino a quando per un tratto abbastanza largo oltre la frontiera la ribellione non sarà stata domata, come dalla tua venuta al Comando della za Armata, si è cominciato brillantemente a fare, la pressione o il richiamo delle forze ribelli sulle popolazioni deJle tre Provincie sussisterà e manifesterà in forme diverse. D'altro canto se io avessi sospeso, o sospendessi, a causa di questa situazione da lui provocata, l'organizzazione politico-amministrativa delle tre Provincie del Governatorato, avrei dato o darei al nemico la soddisfazione di aver raggiunto il primo dei suoi obiettivi. Non l'ho infatti né sospesa, né rallentata ed ho creato quella struttura amministrativa di esse per


Documenti - Allegati al capitolo Il

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la quale si sono potute estendere qui le leggi e gli ordinamenti delle altre Provincie del Regno. A tale struttura occorre venga assicurato il suo funzionamento. 2 - Per ottenere ciò mi valgo delle forze ordinarie di Polizia assegnate alle tre Prefetture, e dei Reali Carabinieri del Governatorato e non intendo in alcun modo domandare reparti del R. Esercito a mia disposizione. È stato ed_è mio assoluto proposito evitare per quanto possibile di chiedere che vengano distratte truppe per servizi di ordine pubblico e per questo ho chiesto i Btg. Squadri* che mi sono stati assegnati.

Con tali Btg. io mi propongo, non solo di essere pronto a qualunque eventuale improvvisa necessità, ma anche di assicurare i servizi ordinari di O.P. [ordine pubblico - n.d.a.] richiesti dalla speciale configurazione topografica di Spalato e Sebenico e dalla situazione politica, evitando per quanto possibile che i Prefetti si valgano della facoltà che è loro data dalle <<Norme per il servizio di Presidio» [nota a margine: Qui non hanno applicazione], di richiedere contingenti di truppe per tale genere di servizi anche nelle nuove Provincie [poiché] mi sembrano incompatibili con l'alto prestigio di cui deve godere l'Esercito combattente. Ho appreso che la Germania ha in uso nei territori del Governatorato di Polonia e delle provincie annesse ex-francesi un sistema uguale a questo, impiegando in servizi di O.P. le formazioni del Partito in unione alle forze di Polizia ordinaria. ·È chiaro che a me non riguarda in alcun modo la dislocazione dei Reparti dell'Esercito nel territorio del Governatorato, bastandomi che siano assicurate le frontiere terrestre e marittima e la sorveglianza delle linee di comunicazione principali, dei ponti, centrali elettriche, sorgenti di acquedotti urbani ecc ..

In tal senso si sono espressi i Prefetti delle Provincie facendomi alcune proposte circa la dislocazione di reparti militari a copertura e difesa della frontiera. 3 - Non so che cosa io debba intendere con la parola «orientati» al comma V, 2° capoverso della tua lettera; ma sono d'accordo sull'impiego e le dipendenze della Polizia, RR.CC. e R. Guardia di Finanza. Circa i due Battaglioni 'M' mi è stato confermato che essi sono a disposizione dell'Armata che può impiegarli in operazioni di guerra. Spero che mi verranno rimpiazzati con Btg. Squadristi.


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (l 942)

Circa il Battaglione Squadristi Milanesi che spero rientri presto [nota a margine: sta bene] e quelli eventuali che potranno essermi inviati, siamo d'accordo che essi sono, come la Polizia, i RR. CC. e la R. Guardia di Finanza, pienamente alle dipendenze del Governatore. 4 - Per quanto si riferisce alla difesa dell'Ordine Pubblico sono pienamente d'accordo, e del resto lo eravamo già a Roma prima ancora che tu prendessi possesso del tuo Comando, che l'Autorità Militare·interverrebbe nel Governatorato solo quando ne fosse richiesta dal Governatore ed ho preso atto della disposizione da te data col senso politico che ti distingue, che tale intervento avvenga, su richiesta per le misure da attuare a cui l'Autorità politica non possa far fronte con le forze a sua disposizione diretta. 5 - Circa la cessata comunicazione dei bollettini operativi al Governatorato, mentre ti assicuro che quando esso mi veniva comunicato mai è uscito dall'Ufficio del mio Capo Gabinetto e mai è stato riprodotto in copia o comunicato a chicchessia, prendo atto della tua decisione, mentre osservo che la tua disposizione di comunicarmi notizie sulle operazioni svolte o su quelle future non potrà avere esecuzione nei miei confronti dato che i Comandi operanti non risiedono a Zara [nota a margine: provvedere in qualche modo]. Infine circa la disposizione da te data di rinvio al Corpo di militari impiegati come attendenti, cuochi, autisti, ecc. presso enti civili, tengo a dichiararti che mosso dai tuoi stessi sentimenti, due mesi fa rinviai tutti gli autieri e le automobi!i militari gentilmente datimi dal Comando Supremo all'atto della costituzione del Governatorato, nonché i pochi militari che mi risultavano in qualche modo adibiti ad uffici da me dipendenti; avevo per tale ragione abolito anche il mio Gabinetto Militare. Ne rimasero non più di cinque o sei adibiti a quei servizi speciali non rimpiazzabili da te riconosciuti tali. Non mi risulta che ne esistano presso le tre Prefetture o presso le altre branche dell'Amministrazione civile delle Provincie. Come ti ho comunicato, la necessità di mantenere un più stretto contatto col tuo Comando e con le Autorità Militari del Governatorato dalle quali sono separato, m'impone di ricostituire il Gabinetto Militare per il quale ho scelto un valoroso Ufficiale in convalescenza per ferite e che quindi non v.iene sottratto a Reparti combattenti. A lui raccomanderò di assolvere con tutta diligenza il compito di far si che fra i miei uffici ed i Comandi da te dipendenti, in ogni momento ed in ogni occasione si stabilisca e si mantenga quell'unità di propositi e quel-


Documenti - Allegati al capitolo Il

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l'armonia di attività con le quali si servono i supremi interessi e si obbedisce alle Superiori direttive. Accogli l'assicurazione dei miei cordiali sentimenti. BASTIANINI

Eccellenza Mario ROATTA Comandante della 2 • Armata SUSSAK


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• Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942) DOCUMENTO

N. 5

IL GOVERNATORE DELLA DÀLMAZIA Prot. n. 04675

Zara, 22 maggio 1942-XX

Caro Roatta, rispondo alla tua lettera del 12 corrente dopo avere ieri personalmente visitato qualche località del confine della Provincia di Zara, di quelle.che sono da due giorni sotto la minaccia diretta dell'attacco dei ribelli provenienti dal territorio della 2 a Zona. Consentimi prima di tutto che io insista nel farti presente la necessità di organizzare in qualche modo una difesa efficace del confine che attualmente è non solo aperto, ma indifendibile per mancanza di truppe e mezzi. So che ti mancano le une e gli altri, ma io sono pronto ad unire la mia voce e le mie valutazioni, alle richieste che tu potrai fare al Comando Supremo perché l'invasione delle Provincie della Dalmazia da. parte dei ribelli sarebbe politicamente un disastro - ed io ho l'obbligo di ripeterlo - non solo per le sue conseguenze immediate, ma anche per quelle che avrebbe successivamente in rapporto al futuro aspetto adriatico-balcanico. La costituzione di una muraglia della Cina al confine fra l'Italia e la rivoluzione antitaliana è proprio quello che le necessità politiche interne ed internazionali richiederebbero. Se questo non è possibile, necessita però assicurare con altri mezzi che non spetta a me individuare, il raggiungimento dello scopo di scongiurare in maniera assoluta il pericolo che in territorio annesso e cioè in terra italiana si costituisca una zona neutra o una zona di combattimento. I ribelli si vanno ammassando al confine e si sentono così forti da inviare veri e propri ultimatum di sgombero della Dalmazia. Noi non possiamo far niente di concreto contro di loro, almeno in Provincia di Zara, dove per far fronte all'ammassamento ribelle di Ervenico abbiamo dovuto impiegare tutte le forze esistenti fra Zara e Bencovazzo. I cittadini di Zara sono alla frontiera come Camicie Nere. E non si possiede né una batteria di artiglieria, né una qualunque riserva di uomini. Poiché tali forze sono state inviate dove la minaccia era in corso ed ivi hanno combattuto con perdite, il resto del confine è aperto in quattro o cinque località di dove i ribelli potrebbero tranquillamente raggiungere Bencovazzo e il campo di aviazione di Zemonico senza incontrare che la Compagnia ad effettivi scarsi di Bencovazzo! E, se questo avvenisse, non


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si avrebbe che la sola Compagnia rimasta a Zara come massa di manovra! Artiglieria niente, autocarri tre o quattro in tutto! Mi chiedo se posso pretendere dalle popolazioni di confine ed anche da quelle del resto della regione di resistere, come hanno fatto finora, alle sollecitazioni ed alle minacce che ricevono dai ribelli se noi non potremo dare loro l'impressione di poterle difendere dalle vendette a cui sono esposte. lo ti scongiuro dunque di affrontare con ogni mezzo la questione dei confini, mentre ti assicuro che la rete di polizia (CC.RR., CC.NN., Agenti) funziona all'interno in modo encomiabile e del tutto convergente con gli sforzi che si richiedono alla frontiera alle truppe. Non so come tu possa avere appreso che esistono dei turni nel servizio di Polizia. Carabinieri e agenti, si può affermare, che non conoscono più riposo da molti mesi ed il numero e l'importanza delle operazioni da essi compiute ne sono una evidente dimostrazione. Certo essi non presidiano né le strade, né i ponti, né le centrali essendo questi servizi di spettanza dell'Esercito, ma nessuno più di me - tu lo sai bene - ha voluto evitare che le truppe fossero impiegate in servizi di pubblica sicurezza. Il Battaglione Squadristi Toscani, il solo giunto finora, anziché trattenerlo a Spalato per i servizi di Pubblica Sicurezza, l'ho inviato a presidiare i paesi della frontiera Spalatina da dove erano stati ritirati i presidi militari, per evitare sconfinamenti di ribelli in quel settore. Le Camicie Nere territoriali di Zara le ho inviate a rafforzare i deboli presidi militari di Mocropolje e Raducicco nella linea più minacciata del confine. Altre Camicie Nere non ho. Non posso distogliere da Sebenico e Spalato i RR.CC. colà in servizio. Come vedi, anziché chiedere truppe per i servizi interni ho dato tutto quello che ho potuto di forze di pubblica sicurezza per difendere il confine insieme con i soldati, ma io ·ti scongiuro di ottenere quello che ti occorre per impedire che la terra italiana della Dalmazia sia un giorno o l'altro invasa dai ribelli di oltre confine, perché le conseguenze di un tale fatto sarebbero gravi ed avrebbero un'incalcolabile ripercussione nel presente e nel futuro. Ti prego di accogliere i miei più cordiali saluti. Tuo G. BASTIANINI


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942) DOCUMENTO

N. 6

COMANDO XVIII CORPO D'ARMATA UFFICIO OPERAZIONI

Segreto Prot. n. 4016/0p. - Allegati 1

P.M. 118, 29/5/1942 - Anno XX.

ALL'ECCELLENZA IL GEN. DESIGNATO D'A. MARIO ROATT A COM/TE SUP. FF.AA. SLOVENIA-DALMAZIA RAGUSA

OGGETTO:

Sistemazione futura del C.d' A.

Il giorno 26 corrente, tornando da Ragusa, ho riunito i comandanti di divisione e dopo averli orientati sulla nuova situazione, ho impartito le direttive perché possano addivenire al più presto alla progettata riduzione di presidi. Mi riservo di comunicare i tempi e gradi entro i quali la riduzione può avvenire in modo che Voi possiate darmi gli ordini esecutivi. Nel frattempo reputo doveroso rappresentare come io vedo il problema della nuova organizzazione militare del territorio e la sua risoluzione. 1°) - Territorio da,conservare È limitato dalla linea dello Zermanja che segna, in quel tratto, il con-

fine con la Dalmazia e dalla linea Tenìn-Signo. Il territorio compreso fra questa linea ed il rimanente confine della Dalmazia si può considerare come quello necessario per assicurare spazio sufficiente e vitale al territorio annesso il cui confine da Pagiene [recte: Padjene] precipita su Spalato al mare. Reputo indispensabile che entro il nuovo confine della zona croata da noi occupata si com.Prenda Zadvarje - centro idroelettrico di grande importanza e che, si può dire, fornisce tutta l'energia alla Dalmazia - e Ba§ka Voda, sul mare, località questa che domina il canale di Brazza, compreso fra l'isola di tal nome e la terra ferma, il quale dà accesso a Spalato ed è interdetto da uno sbarramento difeso da una batteria d'artiglieria (2 pezzi) in postazione fissa. Non mi esprimo sul possesso o meno della rimanènte costa.


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Gli è certo però che: data la tendenza croata a crearsi una nuova marina contrariamente ad ogni accordo, tenuta presente la mala fede croata, i cui dirigenti, pur di farci danno, non esitano ad accordarsi anche con i comunisti per alimentare la rivolta ai nostri danni, considerato infine che la nostra marina non ha possibilità di svolgere una efficace polizia del mare, è da considerare quanto potrà essere per noi dannoso e pregiudizievole l'abbandono ai croati - cioè all'insidia di nemici tanto più pericolosi in quanto la loro inimicizia manifestano in modo subdolo - di parte delle coste dalmate .

2°) - Compiti del corpo d'armata

Nella nuova situazione che si delinea, il compito del corpo d'armata da offensivo quale era ed è tuttora, si trasforma in difensivo, strettamente difensivo. Difendere cioè e conservare a qualunque costo il territorio della Dalmazia arrotondato con quel minimo di retroterra necessario alla difesa stessa, abbandonando ogni idea di svolgere operazioni a largo raggio con le quali, fino ad oggi, si riteneva poter mantenere la padronanza di un più vasto territorio e garantirne il possesso. Per difesa della Dalmazia intendo naturalmente e la difesa dal mare (difesa costiera) e la difesa da terra (difesa terrestre) e la difesa interna (P.S. e 0.P.). Si intende pure la difesa dei due tronchi ferroviari SpalatoTenìn (colla deviazione a Sebenico) e Spalato-Signo che assicureranno ai due centri principali di Tenìn e Signo i rifornimenti provenienti esclusivamente dal mare. 3 °) - Computo delle forze

a) Difesa costiera. Si tratta della difesa di circa 430 km. di coste frastagliate e difficilmente difendibili e del possesso delle numerose isole (kmq. 1600 circa) in parte italiane e in parte croate che vi sono connesse. In un tale ambiente la situazione politico-militare si può considerare comune a quella della terra ferma, peggiorata dal fatto delle facili comunicazioni dal mare. Si può calcolare occorrano n. 6 battaglioni e n. 30 batterie. b) Difesa terrestre. Il criterio sostenuto dall'autorità di Governo, di creare cioè un forte confine fortemente presidiato, e da noi considerato inaccettabile quando sul criterio offensivo era invece basata la difesa del territorio, trova ora attuazione, senza giungere naturalmente all'idea di rendere impenetrabile il confine.


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942)

Si deve quindi prevedere: la organizzazione di una robusta linea di confine lungo lo Zermanja e il Cetina, mediante lo schieramento di un certo numero di battaglioni (e distaccamenti di compagnie) sistemati a difesa e protetti da una linea più o meno continua di reticolato, che garantiscano le principali vie di accesso e consentano la sorveglianza del confine compreso fra una linea e l'altra. Si può calcolare occorrano 10 btg; l'organizzazione di una rete di presìdi che consentano ad un tempo: di battere il territorio fra presidio e presidio, di accorrere in forze là dove l'integrità del confine è minacciata. Si può calcolare occorrono 16 btg .. c) Difesa delle ferrovie. È quella già in atto. Si può ritenere che, abbandonando il tratto Tenìn-Gracac e rinforzando i due tronchi che rimangono (i quali oggi sono protetti da un troppo debole dispositivo) occorrono 5 battaglioni. d) Servizi presidiari e delle basi. Si può considerare 3 battaglioni. In totale quindi si possono considerare occorrenti 39 btg. di cui: n. 14 di reparti speciali (T.M. - presidiari - complementi) n. 25 organici delle divisioni e sfusi di corpo d'armata. 4°) - Organizzazione del territorio

Dato il compito eminentemente difensivo su cui si basa Io studio, e facendo conto sulla disponibilità di tre divisioni non ritengo si possa attuare una ripartizione del territorio in due settori divisionali, lasciando un'in. tera div.isione riunita al centro ed alla mano. I due settori risulterebbero deboli, l'azione difensiva del comando difficile, la terza divisione irrimediabilmente condannata ad essere in permanenza divisa per rinforzare i due settori e scomparire. Ritengo pertanto che il territorio del corpo d'armata debba essere così organizzato: a) una zona di difesa costiera - per la difesa delle coste, b) una zona di difesa terrestre - per la difesa del c.onfine del territorio, c) una zona di difesa delle ferrovie.


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La zona costiera a sua volta divisa in due settori di reggimento costiero, facenti capo al comando del corpo d'armata. La zona terrestre divisa in tre settori di divisione tutti e tre affacciantisi al confine. La zona ferroviaria divisa in due settori in corrispondenza dei due tronchi di Tenìn e Signo, facenti capo al comando del C:d.A .. 5°) - Costituzione del corpo d'armata

Dato quanto è detto sopra il C.d' A. potrebbe essere così costituito: tre divisioni di fanteria, una rappresentata dalle Truppe Zara (6 btg.), due normali (8 btg. ciascuna); due reggimenti costieri su tre btg. ciascuno; due reggimenti ferroviari, uno su due ed uno su tre battaglioni; un nucleo di battaglioni sfusi a disposizione del corpo d'armata (3 btg.). Il complesso della organizzazione risulta - in forma schematica - dall'annesso schizzo. 6°) - Linea di condotta II credere di stroncare la ribellione con le sole operazioni militari è, secondo me, - per l'esperienza fatta in altri tempi e per quella che si sta ora facendo - una illusione. Le operazioni militari debbono essere - per lo meno - accompagnate da una azione politica intesa a redimere le cause che la ribellione hanno provocato. Le cause che hanno provocato lo stato di rivolta in cui ci dibattiamo, che è probabile si aggravi e che alla fine ci ha obbligato a questo abbandono di territorio, con indubbie gravi conseguenze nei riguardi del nostro prestigio, si possono così riassumere: a) l'aver creato un Governo Italiano in Dalmazia; b) l'aver creato un Governo croato nei territori ex-jugoslavi; c) lo stato di guerra con la Russia la quale unitamente all'Inghilterra, organizzato e perfeziona le sue retrovie fino al mare Adriatico.

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Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942)

Delle tre cause: quella enumerata per terza sarà rimossa dalla vittoria dell'Asse in Russia; le altre due non si possono rimuovere perché anche riconoscendo l'errore - come in genere, e ragionando a fil di logica, ritengo tutti riconoscano - non si può tornare indietro per ovvie considerazioni. È da presumere quindi che la. ribellione perduri. Bisogna per lo meno quindi ridurre gli effetti che gli insopprimibili errori commessi producono per non provocare il perpetuarsi di una infelice situazione.

Ciò a m·io parere si potrebbe ottenere: a) richiamando alla realtà il Governo della Dalmazia in modo che attui un atteggiamento che anziché esasperare gli animi ed esaltare le contrarietà e l'odio della popolazione contro di noi, attenui e smorzi questo sentimento. Un atteggiamento conciliativo cioè e non di imposizioni e di forza in armonia al passaggio - nel campo militare - dal concetto dell'offesa a quello della difesa; b) estromettendo completamente il Governo croato da quella oramai limitatissima porzione della seconda zona che occuperemo e che risulta vitale agli effetti della conservazione del territorio nazionale lasciandogli in compenso che eserciti come meglio crede la sua azione di Governo nel rimanente territorio e dimostri cosi a noi e al mondo se realmente ha raggiunto la sua affermata maturità di governare; c) eliminando in modo assoluto ogni e qualsiasi anche larvata forma di compartecipazione e condominio sull'esercizio del comando militare da parte dell'autorità di governo perché ciò - nei riguardi del Governo della Dalmazia - sarebbe dannoso, nei riguardi del Governo della Croazia sarebbe, oltreché dannoso anche lesivo del nostro prestigio. Questo studio molto sommario ed ancora impreciso, ha lo scopo di rappresentare, come io vedo, il problema e la sua risoluzione per ottenere o meno, quindi, la Vostra preventiva approvazione, onde potermi regolare nell'approfondirlo e renderlo esecutivo. IL GENERALE COMANDANTE Q. ARMELLINI


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N. 7

COMANDO SUPERIORE DELLE FF.AA. «SLOVENIA-DALMAZIA»

Telescritto

5 giugno 1942

DA SUPERSLODA AT ECCELLENZA BASTIANINI GOVERNATORE DALMAZIA

12287 alt At conferma colloqui Zara et disposizioni precedenti, ho dato at Comando XVIII Corpamiles ordini seguenti: Dato noto principio adottato di abolire diversi presidi avanzati et di concentrare le forze in territorio più ristretto et più prossimo alla costa, est possibile et, d' altra parte, indispensabile - come già comunicato - di procedere sin da ora nella misura del possibile, et mano mano che si rendono disponibili altri reparti dalle zone avanzate, a rinforzare il territorio italiano, sia sulla linea di frontiera sia all'interno. Fate subito studiare et intraprendere lavori per Io sbarramento della frontiera sulla linea più sorvegliabile et più facilmente sbarrabile. Tenete presente che in conseguenza principio cui sopra la questione essenziale est quella della tutela et sicurezza del territorio italiano. Gen. ROATTA


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Dalmazia - Una cronaca per fa storia (1942) DOCUMENTO

N. 8

COMANDO DEL XVIII CORPO D'ARMATA UFFICIO OPERAZIONI

N. 4919

P.M. 118, 23 giugno 1942-XX

PROMEMORIA SULLA DIFESA DEI CONFINI

Allegato n. 3

I.

Sulla base degli ordini impartiti da codesto comando con il telescritto 12286, data 5 giugno u.s., ho fatto studiare quale potrebbe essere la linea su cui intraprendere i lavori lungo la quale far correre un sistema difensivo, basato su una serie di caposaldi e su un reticolato svolgentesi lungo il confine.

Il complesso della sistemazione che ne risulterebbe e l'entità dei lavori - uomini - tempo - materiali - che tale sistemazione comporterebbe, appaiono dall'unita carta 1:500.000 (ove è anche riportata la presunta linea di confine) e dagli specchi allegati. II. Successivamente codesto comando con il foglio 1310, data 14 giugno, ha prospettato la convenienza di intensificare, dove possibile, la difesa del confine con la difesa della ferrovia al fine di realizzare non più due, ma una sola linea difensiva. L'andamento della ferrovia rispetto al confine della Dalmazia ha, nel territorio del Corpo d'Armata, ben due distinti caratteri. In un primo tratto - Gracac, Tenìn, Dernis - la ferrovia si discosta sensibilmente dal confine comprendendo fra questo e quella la catena del Velebit e il massiccio del Promina; in un secondo tratto - Dernis, Perkovié, Spalato - la ferrovia corre approssimativamente lungo il confine. L'andamento e le forme del terreno però non sembra consentano di abbinare i due problemi anche in questo secondo tratto: troppo contrastanti sono i criteri che debbono informare una linea difensiva, con quelli che debbono avere informato chi ha studiato e scelto il tracciato di questa difficile ferrovia di montagna costruita con criteri economici .


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Per quanto il problema non sia stato ancora studiato nei suoi particolari, sembra tuttavia potersi affermare che difficilmente difesa ferroviaria e difesa del confine possano considerarsi questioni da identificare con vantaggio.

In tale conclusione sarei anche confermato se è vero che, stando all'ultimo telescritto n. 13355 del 20 corrente, la ferrovia, nel tratto Gracac-Tenìn, verrà affidata alle truppe croate. A tali truppe infatti non pare si possa ad un tempo 'affidare - a parte ogni altra considerazione - la difesa, con la ferrovia, del nostro confine. III. Indipendentemente dalla soluzione che potrà essere prescelta, è da tener presente che entrambe richiederebbero sempre, una veramente importante quantità di personale, mezzi e tempo, il tutto aggravato dalla necessità d'organizzare cantieri, rifornimenti viveri, misure di sicurezza, etc .. È d·a tener presente infatti che su tale linea di confine, che taglierebbe in due la zona di occupazione Dalmazia-Croazia, non potrebbero esser fatte affluire tutte le truppe necessarie per affidare ad esse l'esecuzione dei lavori; ad esse stesse spettando altri compiti e conseguentemente diversa dislocazione ai margini e nell'interno della zona predetta.

Si può quindi concludere col dire che - a parte un capovolgimento di situazione che ci faccia passare dalle ristrettezze di oggi ad una dovizia di domani - un lavoro di tal genere sarebbe difficilmente realizzabile in un tempo modesto quale è quello che ci separa dall'inverno che non può trovare le truppe incompletamente sistemate.

E ciò senza contare: 1) che anche un saldo reticolato non garantisce da infiltrazioni se non

è guardato metro per metro; 2)

che sancire, fortificandolo, un iniquo confine potrebbe essere pregiudizievole per l'avvenire.

IV. Come in parte già risulta dal mio foglio 4016 in data 29 maggio u.s. avevo visto in altro modo la soluzione del problema: 1) costituire lungo i margini esterni della nostra occupazione una serie

di capisaldi di battaglione e due importanti campi trincerati con adeguato sviluppo e comprendenti forze di manovra, Tenìn e Signa;


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942)

2) staccare da ciascun caposaldo uno o al massino due capisaldi di compagnia o di plotone, in punti importanti del terreno: strette, ponti, valichi, etc.; 3) organizzare tali capisaldi - in totale 15 o 20 - in modo da poter disporre in essi di elementi fissi per assicurare il possesso e di elementi mobili, possibilmente autocarrati, per sorvegliare attivamente il terreno interposto. La difesa del territorio sarebbe quindi conseguita con il movimento e la manovra appoggiata ai perni rappresentati dai capisaldi. Ciò evidentemente non potrebbe impedire le infiltrazioni, ma consentirebbe di avere forze alla mano per prevenirle col movimento e eliminarle, all'inizio, con il pronto intervento. Nell'interno di una tale sistemazione confinaria, altre forze alla mano, opportunamente scaglionate, consentirebbero di agire secondo le necessità per dominare il territorio combattendo le inevitabili piccole infiltrazioni e soprattutto la ribellione interna che delle infiltrazioni è più pericolosa, oppure per accorrere là dove il confine fosse minacciato da infiltrazioni più robuste. Il territorio della Dalmazia verrebbe cosi solo indirettamente ma validamente garantito. Il confine comunque verrebbe sempre organizzato e vigilato, ma con mezzi più modesti e più proporzionati alle nostre disponibilità. Il territorio verrebbe dominato dalle truppe raccolte in presìdi più e meglio da quelle che venissero disseminate lungo il confine. Perché - giova tenerlo presente e l'esperienza recente lo ha dimostrato - è da temere più la rivolta interna che la infiltrazione dall'esterno. La organizzazione del confine secondo tali concetti viene a risultare dallo schizzo allegato 3. Essa potrebbe venire attuata dalle stesse truppe dislocate sulla linea esterna della zona di occupazione senza speciale organizzazione che non sia l'ausilio di reparti del genio, perché su questa linea esterna le truppe dovranno esser sempre dislocate qualunque sia la soluzione che sarà adottata secondo gli ordini che mi verranno impartiti.

IL GENERALE COMANDANTE

Q. ARMELLINI


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DOCUMENTO

N. 9

Zara, 7 giugno 1942

DA GOVERNO DELLA DALMAZIA AT ECCELLENZA ROATTA

N.R. 36 G.M. (.) Confidenti et organizzatori lotta anticomunista zona Knin segnalano notevole aumento note forze comuniste zona Drvar-Gracac. Ritengono che fra breve esse potranno raggiungere 30-40.000 uomini. Già risultano in attività fabbriche bombe a mano et bombe a pressione. Capi bande anticomuniste zona Knin ritengono essere in breve sopraffatti da soverchianti forze comuniste. Essi disporrebbero numerosi altri elementi desiderosi partecipare lotta anticomunista che non possono essere armati per mancanza armi più volte richieste ad autorità militare del luogo. Tanto ti comunico per tua conoscenza e per quanto riterrai disporre nella tua competenza. Ritengo per mio conto richiamare tua attenzione su aumentata forza espansione acquistata dalla predetta massa comunista verso nostre frontiere. Pochi nuclei molto attivi infiltratisi in zona Obrovazzo-Chistagne giornalmente da una ventina di giorni compiono aggressioni et imboscate. Non est da escludere che attività detti nuclei possa preludere ad azioni con maggiori forze tendenti a superamento schieramento presìdi di frontiera per incunearsi più profondamente nel retrostante territorio attualmente quasi totalmente sguarnito. Tale penetrazione anche se effettuata con piccqli gruppi decisi at operare atti terroristici avrebbe ripercussioni la di cui portata certamente non ti sfuggirà. Cordialmente, BASTIANINI ·


Da/mar.io - Una cronaca per la storia (1942)

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DOCUMENTO

N. 1O

COMANDO DEL XVIII CORPO D'ARMATA Telescrilto

Data e ora partenr.a 21/6/ 1942 - 10.55 arrivo 2116/ 1942 - 12.30

DA COMANDO TATTICO XVIII CORPAMILES AT SUPERSLODA

N. 176/0P.T. Faccio seguito mio 56/0P.T. Azione metodica penetrazione fra popolazioni habet dato in questi primi giorni soddisfacenti risultati. Primo punto: Si ricava anzitutto reale situazione che mi riprometto illustrare ampiamente et che qui sintetizzo. Ribelli infiltratisi Dalmazia erano almeno per quattro quinti dalmati che rientravano per sollevare paese in accordo con popolazione con cui erano continua relazione. Da questa sollevazione,· ribelli ripromettevansi grandi risultati fino conquista intera Dalmazia. Tali progetti propagandati fra popolazione sono indubbiamente origine fantastiche notizie che polizia habet raccolto con ingenuità pari at sua impreparazione agire in ambiente prettamente militare et non poliziesco et che hanno allarmato fuori misura Governo et Paese. Secondo punto: Oltre due compagnie battaglione 'Bude Borjan' costituite grande maggioranza dalmati individuati combattimenti giorni quattro et sette, può darsi che vi fosse sul territorio in via costituzione battaglione rivoltosi di cui sono trovati indizi organizzazione . Ribelli sono attualmente in parte ripassati oltre Zermanja, in parte frazionati piccoli nuclei che vagano qua e là, che possono operare qualche aggressione, ma che non ritengo possano nuocere. Vi est inoltre indizio disgregazione; finora trentina ribelli si sono presentati indotti anche da bando governatoriale che promette salva vita. Su mia proposta limite presentazione fissata at 22 corrente est stato prorogato at giorno ventotto. Terzo punto: Popolazioni grande maggioranza sono rientrate paesi origine riprendendo lavori et dimostrando fiducia. Chiedono armi per costituire bande locali et, indizio favorevole cominciano timidamente fornire notizie vincendo innato sentimento omertà. Est così suo inizio organizzazione buon servizio informazioni sul quale faccio assegnazione et che qui mancava perché noi eravamo orientati su altra via et perché Governo [della Dalmazia] non era in grado organizzarlo con le poche sparute stazioni cara-


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binieri sparse nel territorio et con le centinaia confidenti questura inadatti ad agire nella campagna et in un tale ambiente. Punto quarto: Lascio invariato dispositivo cui mio 56/0P/T. et compiti at ognuno affidati. Ieri ho per seconda volta visitato tutti reparti et parlato con ufficiali per maggior loro orientamento. Ho trovato in genere comprensione et buona volontà. Oggi rientro con Comando Tattico at Spalato lasciando tutto avviato mano generale Cassata che dà sicuro affidamento. Quinto punto: Concludendo: problema dominante Dalmazia est problema militare. Errore che sempre più appare colossale istituzione governo civile si può considerare insopprimibile, ma non deve pesare oltre bisogno. Organizzazione militare che doveva attuarsi un anno fa et che si inizia oggi deve estendersi su tutto territorio et poter agire con piena libertà azione inquadrata naturalmente direttive Governo. Due eserciti, due teste, due sistemi sono dannosi, disperdono mezzi che non sono doviziosi, sperperano forze et energie che dobbiamo invece vigorosamente risparmiare perché vita che conducono truppe da oltre un anno et che non accenna cambiare le logora et della efficienza loro siamo noi soli responsabili. Generale ARMELLINI


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Dalmazia • Una cronaca per la storia (1942) DOCUMENTO

N. 11

IL GOVERNATORE DELLA DALMAZIA Telegramma

Zara, 18 giugno 1942

ALLA P RESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI PER IL DUCE

ROMA

5527/04978 - Giorni 15 et 16 ho fatto eseguire un larghissimo rastrellamento di oltre 130 kmq. nella zona dove fu rapita la maestra dell'ONAIR Pelluti Dina. Impiegati agli ordini del console Scalchi il battaglione squa· dristi Milanesi, il battaglione Vespri, 150 camicie nere della Legione di Zara et 80 metropolitani. Nessun combattimento. Raccolti vari elementi et notizie, si è proceduto all'arresto di tutti i familiari (29 persone) di due rapinatori ai quali viene fatto sapere che se maestra Pelluti non verrà restituita sarà proceduto contro loro familiari. Sono stati passati per le armi 14 comunisti rintracciati et identificati et altri 25 si trovano ancora sotto interrogatorio. Situazione generale della Dalmazia è per ora la seguente: popolazioni dei villaggi sono terrorizzate da pochi feroci delinquenti che a causa della mancanza di presìdi militari hanno praticamente libertà di propaganda et azione. Essi compiono le loro vendette su quanti non obbediscono alle loro ingiunzioni. Le poche ed esigue stazioni dei RR.CC. pur compiendo lodevolmente loro opera si trovano nella impossibilità di prevenire et reprimere in tempo a causa della non conoscenza della lingua serbo-croata. In tal modo si rende possibile qualunque azione criminale et col terrore si viene preparando ambiente a quella invasione della Dalmazia che è uno dei piani dei forti amm;i5samenti ribelli in costituzione al di là della frontiera in tutte le località della terza e seconda zona da dove vengono ritirate le nostre truppe. Nostra controattività perciò deve essere duplice: 1. Dislocare come da tempo richiedevo all'autorità militare che non disponeva di forze necessarie, in località adatte presìdi abbastanza forti i quali ogni giorno si spostano da un villaggio all'altro rassicurando abitanti con la loro presenta et mostrando con estrema mobilità capacità a rispondere qualunque appello. Generale Arrnellini concorda et pertanto si è stabilito con lui che quattro battaglioni esercito et due 'M' at sua disposizione si rechino zona occidentale della provincia di Zara che parte dal confine, mentre i quattro battaglioni squadristi presiederanno zona sud di Zara, il


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Documenti - Allegati al capitolo II

confine tra Traù et Spalato. Solo quando sarò in possesso dei 30 autocarri che vi ho domandato, Duce, tale schieramento risponderà pienamente allo scopo perché grandi distanze et mancanza automezzi rendono infatti difficilissima per ora la mobilità necessaria ai battaglioni squadristi et il loro rifornimento. 2. Prepararsi fin d'ora con invio dì almeno una o due divisioni ad affrontare aut prevenire tentativi di invasione in forze territorio annesso che indubbiamente i ribelli si ripromettono a scadenza più o meno breve. BASTIANINI


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (/942)

DOCUMENTO

N. 12

GOVERNO DELLA DALMAZIA 05274

Zara, 12 luglio 1942-XX

PREFETTO di COMANDO TRUPPE DIREZIONE GENERALE DELLA POLIZIA DEL GOVERNATORATO COMANDO CC.RR. DEL GOVERNATORATO COMANDO GRUPPO BTG. SQUADRISTI

ZARA ZARA SEDE SEDE ZARA

AZIONE POLITICA VERSO LE POPOLAZIONI E I RIBELLI Dopo le operazioni militari che sono state svolte dai reparti del R. Esercito, dai Battaglioni 'M' e da Reparti dei CC.RR. nella Zona Est e quelle di Polizia condotte dai Battaglioni squadristi, dai CC.RR. e dalle Compagnie Agenti metropolitani nel restante territorio della Provincia di Zara, la situazione politica della Provincia si presenta come segue: l'attività dei ribelli che operano nel territorio tuttora agli ordini del comando partigiano di Rujste è sensibilmente ridotta, ma poiché la presenza di gruppi partigiani continua a manifestarsi in località diverse, le popolazioni non sono uscite dallo stato d'animo in cui furono poste da quando in assenza di nostre Forze armate, il comando partigiano poté indisturbato iniziare a sviluppare la sua azione d'intimidazione e organizzazione fra gli abitanti dei villaggi e delle campagne e quella di attacco sia contro di noi, sia contro gli individui restii alle loro sollecitazioni o contrari alla loro attività. I numerosi rapimenti seguiti dall'uccisione immediata che i partigiani hanno compiuto e compiono di abitanti che essi considerano traditori perché obbedienti alle leggi [ed] hanno resistito in qualche modo alle loro imposizioni, spiegano perché gli abitanti evitino ancora di compromettersi con noi quantunque aspirino al ritorno della tranquillità e siano ormai convinti che il movimento partigiano in Dalmazia è destinato ad una misera fine.

È comprensibile, come mi viene da varie fonti affermato, che gli abitanti disarmati di un villaggio e di qualche casa isolata quando vengano da un gruppo di armati, richiesti di fornire immediatamente viveri o di partire all'istante con la squadra stessa, non abbiano altra scelta che o ubbidire o scontare con la vita qualunque tentativo di resistenza. E altrettanto evidente che sotto la minaccia permanente, che l'agitarsi di tali gruppi armati nelle


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zone più isolate costituisce per loro, le popolazioni che hanno già visto il compiersi di vendette feroci su persone ritenute confidenti o informatori dei CC.RR., si astengano anche dal denunciare il sopruso patito o la presenza fra loro di partigiani. Si constata perciò che molti di coloro che riforniscono i ribelli di viveri ed anche taluni inilitanti fra i ribelli, non sono partigiani, ma succubi: sono le vittime di una situazione che non è nuova in quanto si è sempre creata in ogni Paese quando il brigantaggio che operava alla macchia, per quanto braccato e talvolta anche afferrato in qualche suo tentacolo, doveva al suo speciale metodo di attività la sua impunità, la sua forza ed il suo ascendente per il q\lale faceva suoi complici necessari tutti coloro che non avevano alcuna possibilità di resistergli e di reagire e che temevano le sue vendette. Tale situazione impone di guardare alle popolazioni anche delle zone più infette con un senso di comprensione dopo che i famigliari dei ribelli tutti sicuramente rifornitori, informatori e agenti del nemico sono stati dislocati in un campo di concentramento lontano dalle località dove si svolge l'azione antipartigiana e messi nell'impossibilità di avere rapporti con i loro parenti alla macchia. Dovrà essere perciò d'ora in poi evitata ogni azione contro le abitazioni e i beni delle persone e si dovrà aver cura di evitare esecuzioni sommarie non sicuramente rispondenti al fine morale di colpire solo chi volontariamente si è posto contro la legge. Dovrà essere invece intensificata quell'azione di convincimento che accompagnata con adeguate misure di protezione riconduca la gente nelle case, la tranquillità negli animi e dia a tutti il senso della nostra umana comprensione.

CRISI DEL NEMICO Nel bollettino partigiano Il Comunista si legge il brano seguente: «Le organizzazioni partigiane del litorale attraversano da lungo tempo una specie di crisi, diciamo meglio, le organizzazioni nelle regioni unite all'Italia trovansi in una crisi derivante dalle nuove condizioni di lavoro e dall'incapacità di adattarsi alle nuove esigenze della lotta nazionale. Malgrado le loro belle tradizioni partigiane e un passato brillante, le organizzazioni partigiane nei territori annessi, date le attuali condizioni della lotta nazionale armata, non riescono a scuotersi dal torpore che le invade ed a liberarsi dalle vedute già sorpassate e da quei metodi di lavoro che potevano essere tollerati nel 'periodo di pace' trascorso .


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Ciò è notato particolarmente nelle regioni del litorale dalle quali ci si attendeva molto di più. Si sperava che le tradizioni partigiane nella zona di Sussak [recte: Sufak] che possiede un elemento proletario puro e favorevole per l'attuale momento, irradiassero nel momento opportuno l'espressione più pura e genuina della forza partigiana. Si è giunti invece all'attuale crisi. D 'altra parte le nuove istituzioni nelle rimanenti regioni del litorale vivono un periodo di crisi per l'assoluta mancanza dell'esperienza del passato tanto necessaria al movimento nazionale partigiano sempre in crescente sviluppo. Come si manifestano queste deficienze nelle nostre organizzazioni? Finora le istituzioni non sono riuscite a trovare il modo né la via per collegare ed organizzare le innumerevoli forze sane, anche se grezze a loro disposizione. Le nostre organizzazioni non sono sufficientemente affiatate con le masse perché non sono riuscite a svincolarsi dall'attuale vita settaria ed a creare e sviluppare quei rigagnoli attraverso i quali si può e si deve giungere agli strati più profondi del popolo. Brevemente, in seno all'elemento lavoratore, mancano quei legami necessari alla creazione sul terreno della linea generale del Partito. Da un lato perché le organizzazioni non hanno proceduto di pari passo con lo sviluppo del Partito quali unità inscindibili, dall'altro campo perché le istituzioni sono giovanissime e prive della necessaria esperienza e della scuola del passato. Eliminare queste manchevolezze nelle nostre organizzazioni lungo tutto il litorale, è oggi il compito più importante del Partito; l'obbligo preciso di capi e gregari perché ciò significherà contemporaneamente la risoluzione di tutti i principali problemi attuali da risolvere. Il medicamento consiste proprio nel lavoro, nella lotta per il raggiungimento di questo compito, sicché la loro risoluzione significherà nello stesso tempo anche il risanamento dei mali lamentati». Da quanto sopra appare chiaro che il nemico faceva assegnamento su una certa attività che è venuta a mancare, dei comunjsti del litorale dalmato: le ragioni per le quali tali comunisti non hanno potuto operare sono ben note e si riassumono nell'azione di assistenza morale e materiale svolta a beneficio delle masse operaie di Spalato e Sebenico dal Governo (dopolavoro, mense operaie, spacci aziendali, uffici del lavoro, assistenza alle donne e all'infanzia, adeguamenti salariali, ecc. ecc.) e nell'attività preventiva e repressiva che gli organi del Governo non hanno mai cessato di svolgere per decapitare il comunismo nelle città del litorale dove esso si manifestò subito fino dall'anno scorso, perfettamente organizzato ed astutamente guidato.


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Nei centri del litorale, dunque, la battaglia non ha dato successi né soddisfazioni al nemico il quale confessa di sentire la mancanza di quegli importanti punti di appoggio. È un fatto acquisito questo che facilita l'azione in corso contro i gruppi armati delle campagne, privati .della solidarietà attiva dei centri cittadini. Dai documenti di cui si è venuti in possesso negli scontri avuti col nemico, risulta che il nemico incontra difficoltà gravissime per assicurarsi il minimo di rifornimenti viveri. Tali difficoltà dipendono da due fatti: primo dalla dislocazione dei reparti entrati in azione, i quali gli hanno reso meno a~evole la raccolta, il trasporto e la conservazione delle derrate; secondo dalla reale mancanza dei prodotti dovuta al fatto che i nuovi raccolti non sono ancora maturi. Va però tenuto presente che grano, patate, fagioli, fave, orzo, avena, granturco, torneranno entro le prossime settimane a costituire le riserve di ogni casa in ogni villaggio e quindi entro brevissimo tempo si ristabiliranno condizioni favorevoli ai ribelli per il loro approvvigionamento. Al nemico continueranno invece a mancare la biancheria, il vestiario e le calzature che fanno difetto nelle campagne e di cui i famigliari dei ribelli erano i principali se non gli unici rifornitori. Mi pare opportuno, in vista di ciò, un'azione intelligente per condurre gli stessi ribelli a riconsiderare la loro situazione, a favorirne una qualche resipiscenza da parte loro, ad incoraggiare con promesse di clemenza il loro ritorno a casa. Facendo conversazioni in tal senso con gli abitanti dei villaggi si potrà ottenere qualche risultato che dovrà essere incoraggiato soprattutto mostrando di sapere dividere nettamente la responsabilità dei capi che in malafede o con la promessa di vantaggi e di vittoria o con la violenza, hanno condotto gli altri alla guerriglia, da quella molto minore di coloro che li hanno seguiti vittime della loro propaganda insana. Essendo apparso da altri documenti trovati nei giorni scorsi nelle mani , di alcuni ribelli che alcuni loro Capi si lamentano della paura di cui danno prova molti gregari, converrà sfruttare anche questo dato di fatto per convincere della nostra assoluta superiorità accoppiata alla umanità di cui sapremo dar prova nei confronti dei gregari che sì presentassero ai nostri soldati. Costoro potrebbero anche venir riuniti subito ai loro famigliari e far loro sapere quanto sopra potrebbe essere di qualche utilità. Queste sono le linee politiche alle quali prego volersi attenere, senza alcun pregiudizio per la continuazione dell'azione in corso contro i gruppi armati esistenti, alla quale azione - per la parte di mia spettanza svolta


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dalle forze di Polizia ai miei ordini - sia nella Provincia di Zara, che in quella di Spalato, continuo ad assegnare come direttiva, di rendere impossibile la vita al nemico con appostamenti diurni e notturni, con l'individuazione e sistematica distruzione dei suoi centri di riposo e di rifornimento, con la mobilitĂ dei nostri nuclei contrapposta alla sua mobilitĂ , con la nostra possibilmente immediata reazione in forze proporzionate, ad ogni sua azione, con la ricerca sistematica della sua presenza dovunque se ne abbia il sospetto e venga segnalato. IL GOVERNATORE Giuseppe BASTIANINI


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351 ALLEGATO

N. 13

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI GABINETTO

10 luglio 1942 -Anno XX

APPUNTO PER IL DUCE Si ha l'onore di rassegnare al Duce l'acclusa relazione del Governatore della Dalmazia. Il detto Governatore segnala in modo particolare la proposta urgente (pag. 3) che, anche a suo nome, il Generale Roatta, comandante superiore delle truppe della Slovenia e della Dalmazia, indirizzerà al Capo di Stato Maggiore Generale.

*** IL GOVERNATORE DELLA DALMAZIA

Vi ho riferito, Duce, sull'attività che è stata svolta, dagli Organi di Polizia e dalle Camicie Nere dei Battaglioni Squadristi, in Provincia di Zara, nelle ultime settimane dopo l'ingresso nella Provincia del Battaglione partigiano chiamato 'Bude Borjan'. Il Comando di tale Battaglione è ora ritornato alla sua sede di Rujste in territorio croato, ma sono state lasciate nel nostro territorio un certo numero di squadre incaricate di compiti terroristici, di organizzare con la forza altre squadre e di razziare viveri. Contro costoro la nostra attività della settimana decorsa è stata particolarmente fruttifera, in conseguenza della dislocazione da me data ai Battaglioni Squadristi che, suddivisi nelle zone di obbligato passaggio, dove continuamente veniva segnalata la fugace presenza di corrieri o di squadre partigiane, hanno avuto modo in appostamenti notturni e diurni di individuare taluni centri di raccolta di armati e di viveri e procedere alla loro rapida eliminazione. In tale azione di disinfestazione che è ancora in corso i partigiani hanno avuto forti perdite che si riassumono in cinquanta morti ed un numero imprecisato di feriti. Da parte nostra sono cadute sette Camicie Nere e ventisei sono rimaste ferite non gravemente. Nessuna perdita nei Carabinieri e negli Agenti Metropolitani che hanno concorso validamente a tale attività.


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Gli otto battaglioni dell'esercito che presidiano e rastrellano la zona est della Provincia, fra il confine, Bencovazzo e Scardona hanno avuto uno scontro con una banda la quale ha lasciato venti morti sul terreno contro due fanti caduti. L'azione dei battaglioni dell'Esercito per il suo particolare carattere militare non si svolge né così rapida, né cosi pronta come quella delle Camicie Nere che ho dislocato in forze di una Compagnia a presidio delle località più infestate. Tali Compagnie poste alla distanza massima di otto o nove chilometri l'una dall'altra, dalla costa fino alle spalle dei Reparti del Regio Esercito, hanno formato una catena entro le cui maglie incappano anche gl'individui isolati e che si stringe immediatamente intorno alle località dove si produce lo scontro. Ho l'impressione che tale metodo serva bene ad assicurare una vigilanza continua ed a garantire il successo di quell'azione di polizia che deve impedire il rifornimento, il collegamento e il trasferimento rapido dei partigiani che è la loro specifica caratteristica. In tal modo si ridà tranquillità e coraggio alle popolazioni sparse e finora senza difesa, si controlla il movimento degli abitanti dei villaggi, si impedisce quell'azione intimidatoria che a piccoli gruppi i partigiani svolgevano per le campagne, trasportando a viva forza con loro uomini e viveri, e si riesce a costruire una preziosa rete d'informatori locali. Conseguenza importante di quest'azione di polizia è che in varie località si sono offerti per costituire delle squadre d'azione anticomuniste, un ragguardevole numero di uomini validi il cui apporto ai fini anche politici non è disprezzabile. La conoscenza perfetta che tali elementi locali hanno del territorio, le qualità di resistenza e mobilità che possiedono, la lingua che parlano, fanno di essi degli ausiliari che, sia per la Polizia, che per le Forze Armate, hanno un grande valore. Le prove fornite in Provincia di Cattaro ed i risultati ivi raggiunti consigliano la loro utilizzazione ed in tal senso, pienamente d'accordo col Generale Roatta, sto procedendo ai necessari accertamenti personali prima.di dar luogo al loro impiego individuale ed a squadre. Mi preme informar Vi che detti elementi locali desiderosi di combattere il comunismo, dovranno prima di essere accolti, prestare un giuramento che nel riconoscere lo stato di fatto nella Dalmazia italiana e l'Autorità dello Stato italiano, pone il giurante ed i propri familiari corpi e beni sotto la durissima sanzione prevista per i traditori. In cambio di questa offerta volontaria di combattere il comunismo viene assicurata doppia razione di


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viveri ai famigliari e trattamenti di favore in contrasto con quelli di severità adottati a carico dei fuorusciti. Verranno date a costoro le terre di proprietà dei ribelli che hanno lasciato la Dalmazia con le loro famiglie. Col giorno 1° del corrente mese ha iniziato il suo funzionamento il campo di concentramento che ho istituito nell'isola di Melàda per i famigliari dei ribelli. Questi raggiungono il numero di circa duemila. Gli uomini vengono adibiti a lavori pubblici nell'isola e i ragazzi e le ragazze sono stati inquadrati da maestri elementari della G.I.L. i quali provvedono alla loro educazione fascista. Per mancanza di baracche in legno il campo è costituito di tende. Vi ho distaccato il necessario personale medico con la richiesta attrezzatura sanitaria. Poiché la situazione in Dalmazia, oggi più che mai, richiede il più stretto collegamento fra Autorità Civili e Autorità Militari ho esaminato col Generale Roatta la necessità che vengano finalmente eliminati i gravissimi inconvenienti di cui sono causa: a) le differenti sedi del Governatorato (Zara) e del Comando delle Forze militari dislocate in Dalmazia (Spalato); b) la non attribuzione alla Dalmazia italiana di Reparti organici del R. Esercito destinati a presidiare ed operare in maniera stabile nel territorio italiano. Col Generale Roatta si è pienamente d'accordo che un'aliquota delle forze. da lui dipendenti, calcolata secondo le reali necessità venga d'ora in poi destinata alla Dalmazia con un Comando avente sede a Zara il quale, mantenendosi a strettissimo contatto con il Governatore, disponga a seconda delle circostanze, coordinando i mezzi propri e le azioni eventuali con le necessità politiche e profittando al massimo dell'ausilio delle Forze di Polizia. Infatti nel territorio italiano della Dalmazia anche l'azione militare quando è necessaria, deve essere regolata e condotta in modo diverso che nel territorio croato di occupazione. L'impiego saltuario di Battaglioni appartenenti a differentì Divisioni che in caso di necessità s.i fanno intervenire da oltre confine e che si rimandano oltre confine subito dopo, salvo a chiamarne altri se il bisogno si ripresentasse, produce seri inconvenienti. Una certa stabilità nelle truppe in Dalmazia assicurerebbe anche quel mutuo appoggio che alle due azioni civile e militare è necessario per trarre il miglior frutto dalle rispettive e coordinate attività. E questo è particolarmente necessario nelle Provincie di Zara e di Spalato collegate territorialmente, ma aventi caratteristiche politiche molto differenti, nelle quali per-


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ciò l'azione di Governo ed anche quella di Polizia, si esplica in due diverse maniere. Poiché il Generale Roatta è d'accordo e presenterà la suddetta proposta al Comando Supremo nei prossimi giorni, io mi permetto DUCE di caldeggiarla presso di Voi. Si tratterrà di mantenere presso a poco la stessa quantità di forze che attualmente si trovano nelle due Provincie, raggruppandole sotto un Comando unico avente sede a Zara, alle dipendenze dirette del Supersloda. Cesserà cosi quella mancanza di contatti diretti di cui soffrono permanentemente i rapporti tra il Governatore della Dalmazia ed il Comandante delle truppe ivi dislocate, il quale risiede a Spalato, ma avendo la quasi totalità delle forze ai suoi ordini nel territorio croato, ha un maggior numero di necessità tecniche e militari da affrontare di là dal confine, A causa di questo si produsse fino al mese scorso, nonostante le mie ripetute sollecitazioni e rimostranze, il fatto che i territori italiani di Spaìato e Zara erano rimasti quasi privi di truppe, il confine indifeso e incontrollato e le isole, anche più lontane, sprovviste di presidi militari perché il loro impiego si era manifestato indispensabile in territorio croato. A causa di questo poté verificarsi l'ingresso nel nostro territorio del Battaglione partigiano 'Bude Borjan' e poté avere inizio l'azione partigiana che ora dobbiamo stroncare.

Vi prego, DUCE, di voler accogliere tale proposta che risponde ad una necessità più che mai sentita in questo momento, ai fini di quel coordinamento di azion.i e di scopi che è la premessa del successo e la garanzia del prestigio italiano da mantenere e rafforzare su queste terre. Zara, 9 luglio 1942-XX.

Giuseppe BASTIANIN


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355 DOCUMENTO

N. 14

IL GOVERNATORE DELLA DALMAZIA Zara, 23 giugno 1942-XX

SEGRETO N. 242 di prot. G.M.

Allegati N. 2 ZARA ALLA R. PREFETTURA di ALLA SEGRETERIA GENERALE DEL GOVERNO SEDE ALLA DIREZIONE GENERALE DI POLIZIA SEDE AL COMANDO CC.RR. DELLA DALMAZIA ZARA AL COMANDO GRUPPO BTG. CC.NN. ZARA e, per conoscenza: AL COMANDO SUPERIORE FORZE ARMATE «SLOVENIA-DALMAZIA»

P.M. 10

AL COMANDO XVIII CORPO D'ARMATA P.M. 118

AL COMANDO DELLE TRUPPE di

OGGETTO:

ZARA

Costituzione del Corpo volontari anticomunisti della Dalmazia italiana.

Numerosi elementi della popolazione locale, stanchi dei soprusi patiti dai ribelli, mi hanno chiesto di impugnare le armi a fianco delle forze armate dello Stato nella lotta contro il comunismo. Ho ritenuto pertanto aderire alla loro offerta e riunirli in un 'Corpo dei volontari anticomunisti della Dalmazia italiana', il quale integrerà l'azione delle va15e forze armate nella tutela dell'ordine pubblico specialmente nei compiti in cui, per conoscenza dell'ambiente e del terreno, meglio si prestano gli elementi locali. L'organizzazione del detto Corpo di volontari si effettuerà secondo i criteri fondamentali indicati nell'allegato, con riserva di emanare disposizioni definitive in seguito. Gli enti in indirizzo sono pregati di facilitare in ogni modo l'organizzazione che deve svolgersi al più presto.


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Le domande dei volontari dovranno essere compilate secondo il modello annesso e presentate ai locali comandi dei CC.RR., i quali le inoltreranno al Gabinetto Militare del Governo dopo aver autenticato a tergo le fotografie ed espresso il loro parere su ogni singola domanda. Considerazioni varie, non ultima quella della limitata disponibilità di armi, consigliano accogliere soltanto le domande degdi elementi che danno, sotto ogni aspetto, assoluta garanzia di ben servire. BASTIA NINI

Allegato N. 1 al foglio N. 242 in data 23-6-1942.XX

CORPO DEI VOLONTARI ANTICOMUNISTI DELLA DALMAZIA ITALIANA Sarà costituito, a cura ed alle dipendenze dirette del Governatorato della Dalmazia, ed organizzato sulla base dei seguenti criteri fondamentali. ISCRIZIONI:

Entreranno a far parte del corpo dei volontari anticomunisti della Dalmazia italiana, i nativi di questa regione che ne facciano domanda e che, a giudizio di questo Governo, saranno ritenuti, nel limite del fabbisogno, fisicamente, moralmente e politicamente idonei. Ciascun appartenente prima di essere armato, dovrà presentare giuramento con la seguente formula: «Qui davanti al Cristo Crocefisso giuro di dedicare rutto me stesso sino al sacrificio della vita per l'annientamento del comunismo combattendolo con le armi alla mano agli ordini del Governo Italiano per dare alla Dalmazia italiana pace e prosperità secondo la legge e l'Ordine Fascista. Se non obbedirò ai Capi che mi saranno dati o trasgredirò comunque al giuramento da me fatto, Dio ed il Governo Italiano puniscano me e la mia famiglia»


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L'iscritto con il giuramento si obbliga a servire sino a che lo riterrà necessario questo Governo ed è sottoposto alle leggi militari di guerra. All'atto della cessazione del servizio è tenuto a restituire l'armamento, il munizionamento ed ogni altro materiale o documento che ha avuto in consegna. FORMAZIONI:

saranno di due tipi:

Bande armate -- regolarmente costituite, al comando di capi locali suddivise in numero vario di squadre a seconda della loro forza. Saranno impiegate con carattere di mobilità per la lotta anticomunista in qualsiasi luogo della Dalmazia italiana. Paesani armati - civili che, pur continuando a risiedere nel loro paese, sono armati per esplicare servizi di sorveglianza e difesa locale in ausilio ai CC.RR. del luogo. Saranno riuniti per ciascun paese in una o più squadre con comandanti locali. INQUADRAMENTO

Comandante del corpo volontari anticomunisti della Dalmazia italiana sarà il Colonnello Eugenio Morra - capo del mio Gabinetto Militare - il quale dirigerà e controllerà ambedue le formazioni valendosi di ufficiali e sottufficiali dell'Esercito o della M. V.S.N. in servizio effettivo o nei quadri messi a disposizione. Ad essi potrà essere dato il comando di più bande. Gli incarichi di comando, i trasferimenti, i licenziamenti, e le denuncie all'autorità giudiziaria saranno disposti dal predetto Comandante del Corpo il quale darà le disposizioni esecutive e di carattere interno che riterrà necessarie. IMMATRICOLAZIONE E DISTINTIVI

Gli organizzati saranno iscritti in appositi ruoli tenuti da questo Governo - Gabinetto Militare - e su scheda personale corredata della loro fotografia e contenente le indicazioni delle generalità e dell'armamento loro in consegna. Saranno provvisti di tessera di riconoscimento con fotografia (impronta digitale per gli analfabeti) contenente le generalità e le indicazioni delle armi e munizioni in consegna. Detta tessera ha valore di autorizzazione al porto d'armi sino alla scadenza in essa indicata.


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Per ora gli armati continueranno a vestire gli abiti civili sui quali applicheranno i seguenti distintivi da distribuirsi a cura di questo Governo: per le bande armate: fregio metallico (testa da morto con pugnale fra i denti) avente sul retro l'indicazione del numero di matricola dell'organizzato cucito anteriormente sul bordo della berretta del costume locale (capizza con calotta rossa e bordo nero); per i paesani armati: bracciale sulla manica sinistra: azzurro con lo stemma dalmate bordato con nastri tricolori ed avente sul tergo stampigliato il numero di matricola dell'organizzato. ARMAMENTO

Sarà distribuito a cura di questo Governo. Consisterà di una dotazione individuale di armi e munizioni del cui uso l'organizzato è tenuto responsabile. Le bande armate avranno inoltre delle armi automatiche con armamento di reparto. RETRIBUZIONI

IL servizio sarà prestato volontariamente e gratuitamente. Questo Governo tuttavia provvederà alle seguenti distribuzioni di viveri e indennizzi: per gli appartenenti alle bande:

ai singoli armati: razione giornaliera da effettuarsi a cura dei comandanti le bande previo prelevamento presso i magazzini militari; alle persone di famiglia a carico rimaste nel paese di provenienza: assegnazione di viveri in misura doppia a quella distribuita dai comuni agli altri abitanti; da effettuarsi a cura dell'Ufficio Alimentazione del Governo. per i paesani armati:

distribuzione di viveri o indennizzo in denaro a scelta degli interessati, nei giorni in cui, per esigenze di servizio, non possono accudire alle loro normali occupazioni. Tali corresponsioni saranno autorizzate da questo Governo su proposta del Comando dei Carabinieri Reali alle cui dipendenze sono stati impiegati i paesani armati. Ai Capi banda potranno esser concessi dei fondi per i bisogni dei dipendenti e per servizi speciali riservati.


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A chi catturerà i ribelli , armi, munizioni o si segnalerà per speciali servizi po trà essere concesso un premio commisurato alla quantità ed alle circostanze in cui si è verificata la cattura.

A flegato N. 2 al Joglio N. 242 in data 23-6-1942.XX

IL GOVERNO DELLA DALMAZIA Gabinetto Militare ZARA

Io sottoscritto .......................... figlio di ... .......... . e della .... . nato a ............. il ........ .... . di professione ..... ...... .............. ..... .... . . residente nel comune di ..... ..... ........ frazione ...... ........ .... ....... ...... . chiedo l'iscrizione al Corpo Volontari anticomunisti della Dalmazia Italiana desiderando servire: nelle bande a rmate quale paesano armato Mi dichiaro disposto a prestare il seguente giuramento: «Qui davan ti al

Cristo crocefisso giuro di dedicare tutto me stesso sino al sacrifico def/a vita per l'annientamento del Comunismo combattendolo con le armi alla mano agli ordini del Governo Italiano per dare alla Dalmazia Italiana pace e prosperità secondo la Legge e l'Ordine Fascista. Se non obbedirò ai capi che mi saranno dati o trasgredirò comunque al giuramento da me fatto, Dio ed il Governo Italiano punisca me e la mia famiglia». Servizio militare prestato ............... ... .... grado ... ..... arma .............. . Famigliari a carico , ............. .. .................................................... .. A ........... lì ............... 1942 XX. L' Aspirante.

(Nell'originale, vi è a lato il testo in lingua serbo-croata).


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DOCUMENTO

N. 15

COMANDO XVIII CORPO D'ARMATA UFFICIO 'I'

P.M. JJB, 2 luglio 1942-XX

Prot. n. 3625/ 1

ALL'ECCELLENZA IL GEr-lERALE DESIGNATO D'ARMATA MARIO ROATTA Com/te Sup. FF.AA. 'Slovenia-Dalmazia' P.M. 10

OooErro: Organizzazioni militari in Dalmazia. Il foglio 242 G.M. del 23 giugno u.s. che il Governo della Dalmazia ha inviato per conoscenza a questo Comando, conferma quanto ebbi a dire più volte e da ultimo con mio telescritto n. 4856/0p. del 22 giugno u.s .. La organizzazione dell'esercito governatoriale è in atto e prosegue ininterrotta. È facilitata dalla presunzione troppo diffusa oramai che ognuno possa fare il Generale, è facilitata altresi dall'aver concesso la costituzione di un Gabinetto Militare. Sarà indubbiamente dannosa per il dualismo che si accentuerà sempre più, per lo sperpero del personale, per la dispersione delle forze e degli sforzi, che ci allontaneranno dal raggiungimento della meta.

E questo non dico sulla base di un preconcetto - il preconcetto potrebbe essere giustificato dalla esperienza che ho fatto in materia durante la mia lunga vita coloniale il cui ambiente è stranamente simile a questo ma in seguito alle osservazioni fatte qui direttamente. La situazione qui è militare perché la rivolta - che come il fuoco sotto la cenere, serpeggia e può divampare - ha carattere militare. Come è stato provato per la Dalmazia settentrionale, come notizie confermano per altre zone, qui si sta preparando - ed esistono già le cellule - la costituzione di battaglioni partigiani. Tutto ciò è sfuggito al Governo occupato e preoccupato di dare una mano di vernice in modo che vista di fuori la Dalmazia appaia costituita da tre provincie del tutto simili e ordinate come quelle d'Italia. Qui si è creduto che tutto si potesse compendiare in qualche telegramma in cui si affermasse ad esempio che il cuore della Dalmazia batte all'unisono col cuore della madre Italia.


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Forse ora si è capito l'errore, ma ciò non è bastato perché di fronte alla realtà dei primi sommovimenti dovuti alla ribellione interna il Governo della Dalmazia, nascondesse codesta verità e denunciasse a Roma la Dalmazia minacciata da 40.000 ribelli ammassati ai suoi confini e da 4.000 penetrati all'interno! In ogni occupazione territoriale contro la volontà degli abitanti - e qui la volontà è decisamente e ostinatamente a noi contraria - alla organizzazione civile deve precedere la occupazione militare. Questa prima indispensabile fase è mancata perché si è voluto - bruciando le tappe proclaqiare l'annessione e la costituzione delle tre provincie e proclamare successivamente, il sollecito procedere verso la normalizzazione. Questo colossale errore - da tutti riconosciuto, tranne forse da coloro che dall'errore traggono giovamento - è stato aggravato dai sistemi instaurati dal Governo. I quali sistemi - coartando le convinzioni, la coscienza e gli spiriti degli allogeni, convinzioni coscienza e spiriti sia pure deviati, ma che fermamente, si potrebbe dire stoicamente, si manifestano - dovevano in breve portare alla italianizzazione e alla fascistizzazione di . questi abitanti ferocemente antitaliani e antifascisti. Si è ottenuto l'esasperazione degli animi, il rinfocolare dell'odio, il desiderio di rivolta. In questi sistemi si insiste, nell'errore si persiste. L'invio dei battaglioni squadristi ne è la prova. Argomento questo delicato da trattare perché è facile che si dica: ha detto male di Garibaldi. Nessuno nega - perché nessuno nega l'esistenza del sole - che lo squadrismo abbia salvato l'Italia. Ma l'ambiente del 1919-20-21-22 in Italia non è l'ambiente del 1941-42 in Dalmazia. I sistemi del mangan(!llo e dell'olio di ricino sacrosanti allora non sono più buoni ora. Gli italiani di allora, deviati da una demagogica propaganda, erano nella quasi totalità desiderosi di ordine, di disciplina, di fecondo lavoro. Non hanno nulla a che fare con i dalmati di qua - per tradizione, istinto, atavismo balcanico - nella quasi totalità mal sofferenti di qualunque governo, specie del governo di una nazione, da essi considerata nemica e verso la quale hanno sempre coltivato il più feroce odio, che vuol violentemente piegarli. Ai danni della mancata occupazione militare, e della instaurata dannosa politica interna, si aggiungono i danni della politica internazionale


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basata sull'amicizia e collaborazione con i croati. Popolo questo nemicissimo, infido, subdolo cui l'amicizia ufficiale facilita il compito di lavorare contro di noi, per metterci sempre più contro le popolazioni, tenendo in esse vivo il sentimento dell'irredentismo e in esse alimentando la fede nella liberazione dall'invasore odiato e maggiormente odiato per i suoi sistemi di governo che agenti provocatori, emanazione degli stessi ustascia, creando incidenti, hanno cura di far inasprire. In una situazione di questo genere, data l'esperienza fatta, data la prova raggiunta che all'interno la ribellione è organizzata in perfetto accordo fra dalmati fuorusciti e quelli che all'interno mordono il freno, questi e quelli in contrasto con le organizzazioni comuniste, noi oggi dobbiamo tormue un passo indietro ed addivenire a quella tal prima fase della occupazione militare che è mancata. Addivenire - lo ammetto - con qualche compromesso, perché è evidente non esser possibile dare un colpo di spugna - come sarebbe necessario - a tutta la fittizia struttura civile. Ma qualunque sia il compromesso qualunque e per quanto debba essere lo spirito di comprensione che tutti deve animare per poter tirare avanti, il compromesso non può certo ammetteré l'esistenza di due eserciti; lo spirito di comprensione non può arrivare ad ammettere che il comando militare si possa utilmente esercitare in regime di condominio. Vi si oppone il supremo interesse della Patria, vi si oppone il prestigio del Comandante responsabile. Ora se quello vale 99 e questo solo 1, di questo uno bisogna pur tenere conto, se non fosse altro, perché il prestigio del Comandante va al di sopra della sua persona per investire il prestigio della istituzione. E l'Esercito qui, è ancora contornato da prestigio e può fare molto per ridurre all'ordine un terri'torio dove l'ordine non esiste che superficialmente, e alla ragione una popolazione che dalla ragione, dalla nostra ragione sempre più si discosta, si potrebbe dire, sempre più è indotta a discostarsi. Ma per far ciò l'esercito ha bisogno di aver mano libera mentre mano libera non ha se esso può solo intervenire se chiamato a risolvere una situazione particolare senza magari conoscere la reale situazione generale che ha determinata la situazione particolare origine della chiamata. Non vana querimonia, Eccellenza, non unilaterale visione di un problema, ma necessità d i ordine superiore mf inducono a insistere su questo argomento. Senza essere pessimista, io affermo che la situazione in Dalmazia non è chiara, che può è vero rapidamente migliorare con la nostra immancabile vittoria, ma che può anche darci sorprese. La Dalmazia an-


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nessa è insofferente e ci è decisamente ostile; confiniamo con la Croazia che ci è altrettanto e forse ancor più ostile, anche se ufficialmente quel Governo non lo dimostra o lo nasconde. Comunismo, irredentismi croato, serbo, jugoslavo o dalmata, partigiani, antipartigiani, cetnici di varie sfumature sono tutte tendenze che si intrecciano e complicano la situazione. Tenere in mano il paese saldamente è necessario: e saldamente si tiene solo con una occupazione militare che risponda ad_ un unico concetto direttivo, il concetto cioè unitario e totalitario che costituisce uno dei canoni del fascismo per il quale e con il quale il fascismo stesso ha messo ordine nel paese.

Che se a questo - che è di lapalissiana evidenza - non si volesse giungere per ragioni di opportunità o di semplice opportunismo o per riguardi a persone, io allora, Eccellenza, chiedo che si determinino chiaramente compiti, attribuzioni, sfere d'azione ecc. in modo da poter agire almeno in quella limitata sfera - con quella libertà di azione, iniziativa, autonomia con la quale deve agire un comandante di grado elevato la cui azione - in una situazione anormale come questa - non può limitarsi ad aderire alla richiesta di concorso di un battaglione o di una compagnia, cosi come si richiedeva in Italia il concorso all'epoca degli scioperi e ancor oggi l'autorità civile chiede se scoppia un incendio o crolla un edificio. IL GENERALE COMANDANTE

Q. ARMELLINI


364

Dalmazia · Una cronaca per la storia (1942) DOCUMENTO

N. 16

COMANDO XVIII CORPO D'ARMATA UFFICIO OPERAZION I

Prot. N. 5306/0p.

P.M. 118, J. luglio 1942 - A. XX

ALL'ECCELLENZA IL COMANDANTE SUPERIORE FF.AA. "SLOVENIA-DALMAZIA" POSTA MI LITARE 10

OGGETTO:

I.

Nuova sistemazione e nuovo atteggiamen.to.

Da quanto risulta dal foglio 12810/0p. in data 23 corr. [recte: giugno] e da quanto mi si disse a voce, il corpo d'armata dovrà perdere una intera divisione e due battaglioni: l'LXXXV CC.NN. 'M' ed il XXXI bersaglieri. Nella ipotesi, per me più vantaggiosa, che la divisione da cedere sia del tipo 1941 (6 btg.), le forze a mia disposizione resteranno le seguenti: Btg. fuc.

2 divisioni ftr. (Bergamo e Sassari) Truppe Zara Truppe di C.d.A. Truppe Speciali TOTALE

Btg. mtr.

16 4 2 (I) I (2) I

........................

Btg. Btg. Btg . mort. compi. T.M.

3

(4) 4

2

4

Totale

(5) 3 (6) 2

18 6 2 IO

2

36

2

(3) l

21

Btg. Gr.sq. pres. app.

3

(I) XXIX btg. CC.NN. 'M' • (2) CVI btg. mtr. · (3) I Granatieri· (4) 2ll 0 , 220°, 228°, 229° T .M.• (5) VII, X, XIII presidiari - (6) XVII e XXV gr. sq. appiedati.

Il.

Con queste truppe io debbo provvedere: a) difesa della Dalmazia annessa; b) difesa costiera (isole comprese); e) protezione delle ferrovie;


Documenti - Allegati al capitolo II

365

d) servizi di presidio; e) occupazione della 2a zona. III.

Difesa della Dalmazia annessa

Il mio compito è così definito: assicurare la inviolabilità e la tranquillità interna dei territori annessi all'Italia. La inviolabilità del territorio dovrebbe essere assicurata da una serie di opere difensive protette da un reticolato continuo da costruire lungo tutto il confine. Su un confine di uno sviluppo di circa 140 1 km. - che, seguendo le linee del terreno come le dovrebbe seguire il reticolato, diventano 200 - si possono prevedere una trentina di caposaldi per presidiare i quali occorrerebbero numerosi battaglioni, ad ogni modo non meno di 8-10 - mettiamo anche 8 - \che certo non potrebbero garantire la inviolabilità del confine. Quattro o cinquemila uomini disseminati su 200 km. non possono infatti nulla garantire . La tranquillità interna dovrebbe essere garantita da una scacchiera di presìdi di battaglioni che - vigilando tutto il territorio col movimento - lo dominasse realmente e ne controllasse le popolazioni irrequiete. La situazione della Dalmazia è nota; in essa vi è latente la ribellione che, in questi ultimi tempi, ha cercato di esplodere. Sono note pure tutte le varie difficoltà aggravate dalla duplice organizzazione civile e militare (la necessità di giungere ad una unificazione appare in ogni caso): non credo si potrebbe garantire la tranquillità della Dalmazia impiegando - almeno per un certo periodo di tempo - non meno di 10 battaglioni. IV.

Difesa costiera

Oggi pressoché non esiste, per quanto riguarda le forze di fanteria. Con la difesa costiera è collegato il problema della occupazione delle isole nelle quali, se annesse, esiste una situazione analoga a quella della Dalmazia, se croate, analoga a quella della Croazia che si esaminerà al paragrafo VII. Secondo gli studi già compiuti, e di cm e cenno nel foglio 3726/0p. del 23/5/1942, occorrerebbero non meno di 8 battaglioni, con i quali costituire una intelaiatura non certo robusta ma tuttavia sufficiente.


366

V.

Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942)

Protezione delle ferrovie Limitandosi a conservare l'attuale dispositivo, che come è noto 10 uomini al km. - è insufficiente per garantire la protezione delle ferrovie, delle opere d'arte, del movimento etc., si impiegherebbero 4 battaglioni.

VI.

Servizio di presidio Sono insopprimibili e rappresentati da numerose guardie, che ancora abbondantemente si danno anche per servizi civili quali: carceri, impianti ed industrie varie etc. - Essi richiedono i tre battaglioni che sono oggi impiegati.

VII.

Occupazione della seconda zona Il mio compito normale è di mantenere 1•ordine nella zona materialmente occupata, quello eventuale di intervenire in forma massiccia all'infuori di detta zona. La zona occupata si ridurrà - a presìdi ritirati - ad un limitato territorio. Bisogna però fare talune considerazioni: a) al margine di tale territorio - fino a tanto per lo meno che lo Stato indipendente di Croazia non vi avrà stabilito l'ordine si addenseranno tutte le formazioni ribelli, ingagliardite dalla nostra ritirata o alimentate dalla propaganda che emana dalla pseudo repubblica sovietica di Srb-Petrovac; b) tali formazioni ribelli si mantengono in stretto contatto e alimentano la ribellione - latente fino a poco fa ed ora manifesta - della Dalmazia, centro propulsore e cervello della ribellione; c) più ristretta sarà la seconda zona da noi occupata e più stretta sarà la identità delle due situazioni. Di conseguenza il compito normale che a me spetta, nella pratica dovrebbe attuarsi con modalità molto simili, se non esattamente uguali, a quelle esaminate per la Dalmazia: guardia al margine del1' occupazione, scacchiera di presìdi all'interno. Il compito eventuale richiederebbe di tener riuniti e pronti almeno due reggimenti. Per tutto ciò 14 battaglioni si renderebbero indispensabili.


Documenti - Allegati al capitolo Il

367

VIII. Tirando le somme risulterebbero occorrenti: a) b) c) d) e)

difesa della Dalmazia annessa difesa costiera protezione delle ferrovie servizi di presidio occupazione della seconda zona

btg. btg. btg. btg. btg.

18 8 4 3 14

Totale

btg.

47

La disponibilità, come abbiamo visto, è di 36 di cui però 3 mtr. e 2 mortai sono destinati ad essere decentrati: si verifica quindi una I deficienza di circa 16 battaglioni che potrebbero essere ridotti a 12 se i 4 di cui dispone il Governatore passassero a disposizione di questo comando e l'impiego della truppa avvenisse cosi secondo un criterio unitario . IX.

A tale differenza che non pare colmabile, si può rimediare in vari modi, ne cito due:

a) con un compromesso: alleggerendo cioè un po' tutto e, quindi, indebolendo un po' tutto; b) radicalmente: sceverando l'essenziale dall'accessorio o, se si vuole, quello che risponde ad un criterio militare da quello che risponde ad un criterio di opportunità. lo, senza· alcun dubbio, sceglierei questo secondo sistema

e: considererei secondo un solo punto di vista il problema Dalmazia-Croazia che, militarmente, è unico in realtà; abbandonerei l'idea della difesa del confine Dalmazia-Croazia che avrebbe lo scopo di ottenere la irragiungibile impenetrabilità; guarderei quanto meglio possibile la linea marginale della seconda zona e collocherei all'interno di tale linea una scacchiera di presidi attuata in modo da poter: dominare il territorio col movimento per mantenervi ordine e tranquillità;


368

Dalmazia · Una cronaca per la storia (1942)

raccogliere le forze per agire in forma massiccia all'infuori del territorio stesso; manterrei la organizzazione ad hoc della difesa delle ferrovie e abbandonerei invece la speciale e non raggiungibile organizzazione costiera, affidando alle divisioni un rispettivo settore da guardare con le loro stesse forze. X.

La visione che io ho del problema è, mi par chiaro, unitaria. Ciò però non vuol dire che non si tenga conto delle necessità della Dalmazia. Le necessità della Dalmazia - o per meglio dire i concetti che vi imperano e ~he si tollerano per varie ragioni, che saranno giustissime ma che contrastano con la logica militare - non debbono però farci deviare dalla nostra linea di condotta e farci procedere zigzagando come - bisogna ammetterlo - abbiamo un po' proceduto fino ad ora. La situazione della Dalmazia è tale che sbocca in un problema militare. Questo problema dobbiamo risolverlo noi in contatto e collaborazione con il Governo [della Dalmazia - n.d.a.], ma non a questi sottoposti: e tanto meno sottoposti ai suoi concetti extra militari. Il lavoro comune deve tendere a ristabilire la normalità perché dal regime militare - che bisogna attuare prima che la situazione si ingarbugli e diventi tipo Slovenia (si vedano gli intendimenti dei ribelli esposti nel f 0 1/10055/3 del 24 corr. di codesto comando Uff. 'I') - si ripassi al regime civile. La creazione di bande cui ora si dedica il Governo può concorrere a questo scopo, ma deve procedere secondo un piano e da noi e con noi concordato, ciò che finora non è avvenuto. Il Governo crede di poter far da sé e che il nostro compito sia quello di accorrere prontamente al suo S.O.S .. Non credo che così debba essere, credo anzi che ciò sia dannoso.

Xl.

Concludendo chiedo a codesto comando se, riferendomi a quanto ho scritto al paragrafo IX, io debba attuare una situazione di compromesso o quella radicale. A tale riguardo 'rappresento anche come, dal lato pratico, la costituzione dei numerosi capisaldi e del relativo reticolato continuo su 200 km. di confine incontrerà enormi difficoltà che difficilmente saranno superabili in un tempo ragionevole.


Documenti - Allegati al capitolo Il

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A parte la difficoltà di avere i materiali necessari, sta il fatto della mano d'opera: btg. artieri non ne ho né me ne saranno dati (v. f 1993/0rd. del Comando Supremo in data 19 giugno u.s.); 0

mano d'opera civile (imprese) non ce n'è, tanto che si trovano difficoltà a trovarne anche nei capoluoghi; mano d'opera fornita dai reparti. Abbiamo la sistemazione invernale - e l'inverno è alle porte - cui provvedere dati gli spostamenti effettuati. Abbiamo i lavori derivanti dalla 3C, i quali non sono lievi e sono lontani dall'essere compiuti, idem quelli dipendenti dalla protezione delle ferrovie. Abbiamo servizi di ogni genere perché, alla fine, tutti si rivolgono a noi. E si va avanti alla meglio, superando ogni difficoltà e, talvolta, senza piena soddisfazione di quanto si fa . Tutto ciò - in gran parte almeno - perché esiste disarmonia fra scopi e mezzi, fra quel che si vorrebbe e quel che si può. Ridotta la zona di occupazione, ridotte le forze, chiarita oramai la nostra posizione io penso - Eccellenza - che bisogna limitare gli scopi da raggiungere ai mezzi di cui disponiamo, agire con criterio unitario che vuol dire economico, per poter bene impiegare le nostre truppe che fanno miracoli ma che - non bisogna dimenticare - fanno miracoli da un anno e mezzo col caldo che infuoca queste lande e col gelo che imperversa nel1'inverno. La situazione che io vedrei raggiungibile è quella che appare dallo schizzo annesso. IL GENERALE COMANDANTE Q. ARMELLINI


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Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942) DOCUMENTO

N. 17

COMANDO SUPERIORE DELLE FORZE ARMATE «SLOVENIA-DALMAZIA» COMANDO DELLA 2• ARMATA

Riassunto attività di servizio Arma CC. della Dalmazia nella provincia di Zara dal 1° luglio 1941 - data della costituzione del Comando CC. RR. della Dalmazia - al 30 giugno 1942/XX.

Omicidi Tentati omicidi Attentati incolumità appartenenti FF.AA. Associazione a delinquere Sequestri di persona Lesioni personali Rapine Estorsioni Furti Ricatti Favoreggiamento Detenzione armi o traffico abusivo d'armi Attività sovversiva

48 9

42 2

25 146 84 10 884 31 131 91 535 Totale reati Scoperti

2.012 1.598

Persone arrestate Denunciate Contravvenzioni elevate Individui fermati per identificazione e motivi vari di cui trattenuti

2.242 2.205 1.213 53.446 742

Armi e munizioni sequestrate o ricuperate:

Mitragliatrici Fucili mitragliatori Moschetti e fucili vari Pistole Baionette Cartucce varie Bombe a mano

71 87 5.722 354 3.618 268.746 2.717


Documenti - Allegati al capitolo II

Ufficiali caduti Sottufficiali, appuntati e CC. Ufficiali feriti Sottufficiali, appuntati e CC. feriti Dispersi militari P.M. 10, 30 giugno 1942.

371

1 17 2

25 11


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Da/ma.zia - Una cronaca per la storia (1942) ALLEGATO

N. 18

COMANDO XVIII CORPO D'ARMATA UFFICIO OPERAZIONI

Prot. N. 61 IO/Op.

P.M. 118, 18 luglio /942-XX

ALL'ECC. COM/TE SUPERIORE FF.AA. SLOVENIA DALMAZIA (2a ARMATA) POSTA MILITARE "IO OGGETTO:

Situazione e presidi della Dalmazia.

Si affaccia la questione dei presìdi del territorio della provincia di Zara. Giorni or sono il Governo della Dalmazia - tramite R. Prefettura di Zara - ha rappresentato al comando Truppe Zarn che me ne ha dato notizia (f. 4035/0p. del 12 corr) la necessità della istituzione di presìdi nelle seguenti località dove la popolazione ci è parzialmente contraria (e dove non Io è): Bofava e Saline (Is. Lunga), Premuda, Eso Piccolo, Neviggiane (Isola di Pasmano). Ciò in aggiunta ai presìdi che le Truppe Zara hanno già potuto istituire - col btg. gr. compi. [battaglione granatieri complementi - n.d.a.J a sua disposizione - a Oltre, Pasmano, Ugliano, Selve, Melàda, Puntadura. Il giorno 16 luglio ho telegrafato al comando Truppe Zara di tenere raccolto a mia disposizione a Sebenico il btg. bersaglieri 'Zara' in vista delle operazioni di cui al mio telescritto n. 6050 in data 17 corrente. Di questo battaglione una compagnia a mia insaputa era stata inviata in distaccamento a Vodice in seguito alla partenza di colà di una compagnia del btg. squadristi 'Vespri'. Per poter aderire al mio ordine il Generale Cassata ha dovuto chiedere al Governatore (sic) di poter ritirare la compagnia. Il Governatore - chiamatolo a conferire - gli ha detto (secondo quanto mi riferisce il Generale Cassata con suo 4138 del 16 corr.) «che egli chiede autorità militari che gli sgombri tutta la provincia di Zara dai ribelli et che siano ristabiliti tutti i presìdi nelle isole quali erano nel maggio u.s. prima trasferimento btg. T.M. nel settore ferroviario. Richiesta motivata da ripetute azioni comp.iute nei giorni scorsi da ribelli contro popolazioni per imporre loro reclutamento per formazioni partigiane [et] impedire anche con uccisioni loro adesione bande anticomuniste et imporre loro contributo viveri».


Documenti - Allegati al capitolo Il

373

Evidentemente le questioni sono due: I) Sgomberare la provincia di Zara dai ribelli. È presto detto e tanto poco fatto che nella zona dove operano i battaglioni squadristi che dovevano essere il toccasana della situazione, non solo la ribellione non è spenta, ma da un mese a questa parte siamo stati chiamati ben sette volte a intervenire e siamo intervenuti d'iniziativa per dare concorso altre 10 volte. Evidentemente perché i battaglioni non erano sufficienti, e a detrimento della azione nella zona operativa che dovrebbe essere il nostro campo d;azione. , I ribelli della Dalmazia non sono le pesanti colonne di 4000 ribelli del Comm. Agnesina contro le quali si possa impegnare combattimento massiccio, vincerle e firmare poi la pace. Sono sparsi un po' dappertutto a piccoli o piccolissimi nuclei che si riuniscono e si disperdono a seconda delle circostanze e che sempre ci sgusciano di mano. Per sgomberare i ribelli dalla Dalmazia bisognerebbe poterli pigliare ad uno ad uno, bisognerebbe anche togliere le cause della ribellione. Le parecchie decine di ribelli dalmati uccisi in questi tempi non hanno spostato i termini della questione perché i morti sono stati sostituiti dalle nuove reclute di cui il Governatore vorrebbe che noi impedissimo il reclutamento. Per tener tranquilla la zona occorrerebbe batterla continuamente come nella zona operativa si fa con qualche risultato da oltre un mese. Come non credo avvenga nella zona Governatoriale dove - a malgrado del mio consiglio - i battaglioni squadristi sono stati frazionati a compagnie isolate aggravando il nostro concorso per i rinforzi che spesso ci vengono richiesti e che sempre accordiamo, per i servizi cui dobbiamo provvedere (ho dovuto rinforzare Zara con una intera autosezione) , con i collegamenti di cui dobbiamo stendere le multiple reti. Ciò speriamo duri poco dato che il Governatore nella conversazione avuta col Generale Cassata, «ha esternato il suo intendimento di restituire i btg. squadristi alle loro funzioni di polizia accentrandoli in pochi grossi centri». Anche in questo caso i tre battaglioni squadristi e i 7 battaglioni nostri non saranno certo sufficienti per una azione assidua come la situazione richiederebbe.

Ma dove pigliare i battaglioni, quando fra otto giorni tutto l'attuale settore ' Perugia' e 'Bergamo' (Imoschi compresa) sarà tenuto dai 6 battaglioni con i quali si dovrà, oltre ai vari presidi, fornire guardie


374

Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942)

a Divulje, guardie agli stabilimenti industriali, acquedotti, centrali elettriche, ponti, strade etc. etc., e la 'Sassari' troncando a metà le operazioni progettate avrà i ribelli che premeranno sulla ferrovia GracacZermania, sull'altipiano di Plavno e Strmica, cioè alle porte di Tenìn? 2) Istituire nuovi presidi. È indubbio il chiodo del Governatore, mi si permetta la parola. Io non nego che se potessimo imbastire una scacchiera di presìdi di compagnia a 2 km. o di battaglione a 10 km. o anche 20 km. l'uno dall'altro continuamente in moto, la ribellione se non si spegnerebbe, certo la si obbligherebbe a covare sotto la cenere. Ma - come è detto al n. 1 istituire i nuovi presidi nelle isole?

dove prendere i battaglioni per

Il Governatore ci richiama e pretende i presidi del maggio, ma proprio dal maggio ho cominciato a perdere i battaglioni e fra giorni i battaglioni perduti saranno complessivamente 17 e la diminuzione anziché essere compensata dal minor territorio, sarà aggravata dalla peggiorata situazione. Bisogna, Eccellenza, che il Governatore si adatti alla situazione di forza, si persuada della situazione del corpo d'armata, si riuniscano le forze ed i mezzi e si proceda con un solo criterio economico, bisogna soprattutto che ognuno di noi accetti la situazione e si accontenti delle forze che la Patria ci può dare, le manovreremo il meglio che potremo pronti a serenamente assumerci le responsabilità che ci spettano. Il Governatoré non è su questa strada; non conosce ragioni, vede solo la sua ragione e chiede presìdi e chiede che la situazione in Dalmazia sia prontamente ripristinata, senza pensare se ciò è o non è possibile, senza neppure che il dubbio che sia la sua azione di governo una delle cause della ribellione, gli turbi il pensiero. Sulla questione dei presìdi siete, Eccellenza, intervenuto due volte (v. lettera al Governatore della Dalmazia 6910 data 4 aprile e n. 8600 data 12 maggio). Intervenite una terza volta a chiarire le cose, perché se parlo io per dimostrare la mia impossibilità, il Governatore dirà che non faccio che ostacolare la Sua azione e che non collaboro con lui. IL GENERALE COMANDANTE Q. ARMELLINI


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Documenti - Allegati al capitolo Il . DOCUMENTO

N. 19

COMANDO XVIII CORPO D'ARMATA IL GENERALE COMANDANTE

Spalato, 28 luglio 1942-XX

Eccellenza, non per darti consiglio, né per riguardo alla mia persona - che credo d'aver ampi~inente dimostrato che alla mia persona antepongo il servizio senza badare alle conseguenze - io Ti scrivo per dirti, dopo aver ben pensato a tutta la mia vicenda, che è assolutamente necessario una linea di condotta intransigente. Tutte le forze in mano, tutta la responsabilità all'autorità militare al fine di evitare grossi guai. Potrei scrivere un romanzo. Ti dico solo un fatto. Il 6 giugno mi sono recato appositamente in volo a Zara per proporre a Bastianini (mancando a noi l'iniziativa!) d'effettuare operazioni fra Obrovazzo e Chistanje. Ha rifiutato dicendo che la situazione egli [la] risolveva nel campo politico a mezzo dei deprecati piccoli distaccamenti di CC.NN.: una delle ragioni dei guai successivi. E ciò alla vigilia del famoso allarme dei 40.000! Basterebbe questo. Io non ho rimorsi: ho ripetutamente rappresentati situazioni, inconvenienti, rimedi, non sono stato ascoltato e faccio ora la figura di pagare il fio. Pazienza, se ciò portasse a buoni risultati. Ma i buoni risultati si ottengono solo se avrai tutte le forze in mano e tutta la responsabilità su di Te, sbaraccando energicamente - qui c'è una compagnia lanciafiamme! - la ridicola operettistica organizzazione militare del Governatorato. Scusa se ancora una volta finisco col Tuo: delenda Cartago. Con devoti e cordiali saluti. Q. ARMELLINI

[Lettera autografa. Non è indicato il destinatario: sicuramente generale Mario Roatto - n.d.a.].


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Dalmazia . Una cronaca per la storia (1942) DOCUMENTO

N. 20

COMANDO CARABINIERI REALI DEL COMANDO SUP. FF.AA. «SLOVENIA-DALMAZIA» 2• ARMATA

P.M. IO, 3 agosto 1942 -Anno XX

AL SIG. GENERALE CAPO DI S.M. DEL COM. SUP. FF.AA. «SLOVENIA-DALMAZIA» (2a ARMATA)

OGGETTO:

Promemoria riservato personale n. 85.

La notizia dell'improvviso trasferimento dell'Ecc. Generale Armellini ad altro comando è stata appresa dagli ufficiali del Presidio di Spalato con senso di vivo dispiacere ed ha prodotto una impressione molto sfavorevole manifestatasi attraverso commenti che, pur essendo improntati ad un tono di discrezione e di riservatezza, consentono, tuttavia, di dare una precisa indicazione sui riflessi che il provvedimento ha provocato in tutto l'ambiente militare. È convinzione generale che l'allontanamento del comandante del C.d.A. sia stato chiesto ed ottenuto a Roma dal Governatore della Dalmazia essendo noto che fra le due personalità esisteva un c.o nflitto di vedute, di atteggiamenti e di carattere; e poiché, nel suo Corpo d'Armata il Generale Armellini godeva di largo prestigio, era naturale che l'ambiente militare vedesse nell'azione del proprio Capo la via più idonea per fronteggiare con successo l'attuale non facile situazione. Ora, il provvedimento unilaterale ha dato la sensazione netta - e non solo nell'ambiente militare dell'Esercito e della Marina ma anche in quello civile - di un prevalere del potere e dell'autorità politica sul potere e sull'autorità militare con conseguente discapito del prestigio di questa ultima. Questo, in sostanza, il riflesso del cambio della guardia nel comando della Grande Unità, giunto improvviso in un momento particolarmente critico della situazione anche perché in piena fase di assestamento per effetto degli spostamenti, tutt' ora in corso, delle Divisioni 'Perugia' e 'Bergamo'. Il T. Colonnello Comandante LUIGI CARCELLI




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