STAT O MAGGIORE DELL'ESERC IT O UFFICIO STORICO
ODDONE TALPO
DALMAZIA UNA CRONACA PER LA STORIA (1942) Parte 2
Roma 2000
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«Considero i soldati italiani buoni, miti, umani con la nostra gente[. . .]. Riconosco che il nostro sistema di lotta contro di voi non è leale, in quanto colpiamo i vostri a tradimento. La nostra massima per la lotta è: colpire il nemico in tutti i modi e con rutti i mezzi, compiendo ovunque possibili atti di terrorismo e di sabotaggio [. . .j. Riconosco che gli italiani si sono comportati bene nei riguardi del popolo serbo; non possiamo però dimenticare che essi sono gli allea ti degli ustascia croati». (Dichiarazioni del capo comunista $ime Tadìt. Giugno 1942).
«Se voi girate un po' le nostre terre, vedrete che gli intellettuali sono spariti perché uccisi o dagli ustascia o dai partigiani, e se trovate che qualcuno è vivo vuol dire che è stato salvato dagli italiani. Tutti noi qui presenti siamo ancor vivi perché siamo stati salvati dai soldati italiani. La nostra gratitudine sarà eterna>>. (Da un discorso del pope Mom~ilo Djujié - Tenln, 7 dicembre 1942).
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CAPITOLO Ili
INTESE DI ZAGABRIA CON I CETNICI E SGOMBERO DELLA TERZA ZONA DA PARTE ITALIANA
INDI CE DELLE CARTINE
Indice delle cartine
Cartina n. J4 - LocalitĂ dell'operazione del btg. bersaglieri 'Zara' su Monte Sopalj (Sebenico) })
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n. 15 - Zona dei Monti Albi (Biokovo) - Operazione 'Albia' (28 agosto - 2 settembre 1942) n. 16 - Schi-2.20 del primo tempo della fase finale dell'operazione 'Albia'
n.
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580
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590
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594
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596
17 - Schizzo del secondo tempo della fase finale
dell'operazione 'Albia'
Dalmazia -. Una cronaca per la storia (/942)
CAPITOLO III
INTESE DI ZAGABRIA CON I CETNICI E SGOMBERO DELLA TERZA ZONA DA PARTE 1TAUANA
La ricostituzione del Sabor .............................................. ........ ....
Pag.
379
Porto Tolèro (Ploèe) - Tentativo tedesco di affacciarsi in Adriatico . ......................................................................................................
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387
I preliminari del!' Accordo italo-croato del l 9 giugno 1942
})
401
Il ripiegamento dei presidi di Kljuc e di Bosanski Petrovac
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411
Intese serbo-croate a Tenìn - Uccisione di Pajo P opovié
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419
L'Accordo del 19 giugno 1942 ........................ ........................... .
>}
424
Reazioni all'Accordo - Deroghe ed inadempienze ......... ....... .
>>
43 1
Indice generale
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L'affermarsi dei.cetnici e la crisi dei comunisti nella Bosnia Orientale ..........................................................................................................
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438
Il convegno di Pustopolje ....................................., ...............................
»
445
NOTE
»
457
Pag.
493
2 - Relazione del generale Renzo Dalmazzo, comandante del VI Corpo d'armata, sulle attrezzature di Porto Tolèro (Ploce) - P .M. 39, 26 maggio 1942 .........
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495
3 - Nota verbale de1la Legazione di Croazia a Roma sull'insicurezza di Porto Tolèro a causa dei ribelli ·_ Roma, 7 aprile 1942 ................................................................
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499
4 - Relazione del generale Renzo Dali:nazzo sull'atteggiamento assunto dalle autorità croate, in relazione ad un incidente creato dal colonnello Francetié P.M. 39, 24 maggio 1942 .....................................................
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500
n. ·5 - Memorandum germanico sui lavori a Porto Tolèro - Roma, 30 maggio 1942 .....................................................
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505
6 - Appunto per il ministro Ciano sulla reazione dei serbi contro i croati - Roma, 30 gennaio 1942 .......
»
507
7 - Appunto per il Duce del ministero degli affari esteri circa quanto esposto dal ministro croato Kofak durante la sua visita a Roma - Roma, 15 maggio 1952
»
508
8 - Nota verbale del ministero degli affari esteri italiano alla Legazione di Croazia a Roma, per un nuovo accordo militare e politico - Roma, l O giugno 1942
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511
9 - Nota del generale Renzo Dalmazzo sullo sgombero dei presìdi, con allegata lettera dell'onorevole Dobroslav Jevdjevié - P.M. 39, 9 giugno 1942 .............
»
515
DOCUMENTI n.
n.
n.
n.
n. n.
n.
n.
- Lèttera di Ante Pavelié a Mussolini e risposta di M;ussolini - Zagabria, 12 febbraio - Roma, 18 febbraio 1942 ......................................................................................
Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942)
n. 10 - Lettera del Capo di Stato Maggiore Generale, generale Ugo Cavallero al ministero degli affari esteri circa alcune proposte del generale Nedié, per una collaborazione contro i comunisti - P .M. 21, 8 giugno 1942
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519
n. 11 - Disposizioni del generale Quirino Armellini sulla linea di condotta da tenere con le autorità croate P.M. 118, 16 maggio 1942 ..................................................
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521
n. 12 - Lettera del Capo di Stato Maggiore croato, Vladimir Laxa a Supersloda, sul ritiro delle truppe croate da Bosanski Petrovac - Zagabria, 21 maggio 1942 ......
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523
n. 13 - Relazione del generale Mario Roatta sulla situazione della Croazia - P.M. IO, 12 giugno 1942 ...................
»
524
n. 14 - Testo dell'Accordo del 19 giugno fra Supersloda ed il Governo croato - Zagabria, 20 giugno 1942 ........
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533
n. 15 - Notiziario giornaliero della divisione 'Sassari' che riporta le dichiarazioni del commissario politico di una formazione partigiana .- P .M. 86, 26 giugno 1942 ...................................................................................................
»
543
n. 16 -Appunto per Ciano del ministro Luca Pietromarchi sul ritiro dei presìdi italiani dalla terza zona - Roma, 2 luglio 1942 ............... ........ .... ......... .... ...............................
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545
n. 17 - Relazione del console generale d'Italia a Ragusa, Amedeo Mammalella sulla situazione in Bosnia ed Erzegovina - Ragusa 1° agosto 1942 .............................
»
546
n. 18 - Comunicato dell'Agenzia Croatia sulle misure di difesa nelle zone del litorale croato - Zagabria, 23 luglio 1942 ..... .... ..............................................................................
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549
n. 19 - Supplemento al Notiziario del VI Corpo d'armata sulla 'Situazione a fine settembre' - P.M. 39, 30 settembre 1942 ...................................................................................
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551
n. 20 - Discorso pronunciato dal giornalista Milan Santié a Trebinje, ad una riunione di capi cetnici - Trebinje, 23 luglio 1942 ..............................................................................
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557
n. 21 - Appunto per Ciano circa l'opportunità di coltivare i contatti con i capi cetnici - Roma, 22 giugno1942
»
560
Indice generale
CAPITOLO IV
L'APPORTO DEI CETNICI ED IL POTENZIAMENTO MILITARE DELLA · DALMAZIA
Il concorso dei cetnici nelle operazioni anticomuniste .........
Pag.
563
Tecnica della propaganda comunista .............................................
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576
Attentati ed aggressioni nelle province di Zara e Spalato
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579
L'operazione 'Albia' e l'impiego dei battaglioni cetnici
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588
Le conseguenze dell'operazione 'Albia' ......................................
»
598
L'inquadramento dei cetnici e le formazioni ustaska pripremna ..............................................................................................................
»
606
La Divisione 'Zara' contropartita d'una transazione ...........
»
617
L'ordine pubblico e l'impegno di Bastianini per ottenere una nuova divisione ........................ ..................................................... .
»
623
Nasce la Divisione 'Zara' ._. ................................................................... .
»
627
Bastianini ottiene un'altra divisione ...............................................
»
630
NOTE
»
643
•
DOCUMENTI n. n.
n.
n.
1 - Convegno italo-croato di Ragusa; sintesi degli accordi - P .M. 10, 31 agosto 1942 ......... ...................................
Pag.
681
2 - Disposizioni del generale Paolo Berardi, comandante della divisione 'Sassari', per la costit uzione delle formazioni della Milizia Volontaria Anti Comunista (M.V.A.C.) - P.M. 86, 13 settembre 1942 ........
»
684
3 -Appunto per Ciano, a firma del ministro Luca P ietromarchi, in relazione alle attività antitaliane in Dalmazia, probabilmente ispirate da Zagabria - Roma, 15 settembre 1942 ..........................................................
»
697
4 - Ordini del generale Mario Roatta per la trasformazione del 'Comando T ruppe Zara' in divisione 'Zara' - P.M . 10, 6 agosto 1942 ............................................ .
»
698
Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942)
n.
5 a Disposizioni dello Stato Maggiore dell'Esercito per l'assetto organico della nuova divisione di fanteria 'Zara' - P.M. 9, 15 agosto 1942 ......................................
»
701
n. 6 - Direttive del generale Carlo Viale, comandante la divisione 'Zara' sui compiti della divisione - P.M. 141, 22 settembre 1942 ................................... ...................... n. '
n.
n.
>>
705
7 - Relazione del generale Francesco Giangrieco, comandante del settore di Spalato, sulla situazione in quella città - P .M. 118, 16 settembre 1942 ...............
»
715
8 - Lettera del colonnello Eugenio Morra, capo del Gabinetto militare del Governo della Dalmazia, sulla situazione dell'isola di Mèleda - Zara, 14 settembre 1942 ............................................,......................................................
»
717
9 - Istruzioni del partito comunista per il potenziamento delle attività in Dalmazia - P.M-:-- 9, 30 luglio 1942
»
718
»
722
rr: IO - Telegramma di Giuseppe Bastianini alla Presidenza del Consiglio dei ministri, per l'aggravarsi della minaccia comunista nella Dalmazia annessa - Zara, 15 ottobre 1942 .............. ..................................................................
LA RICOSTITUZIONE DEL 'SABOR'
Il 22 gennaio 1942, il Governo di Zagabria deliberò la ricostituzione del Sabor, cioè della Dieta o Assemblea parlamentare (J> che, nelle alterne vicende della storia del popolo croato, sin dal lontano 1273, aveva rappresentato il- senso dello Stato. Il Sabor era un organo elettivo, in origine composto dai rappresentanti della nobiltà, del clero, del popolo, e delle città libere che, sotto la guida d'un Bano, amministrava il paese, dichiarava le guerre, proclamava i re di Croazia c2> Pavelié, il 24 gennaio, ricos_tituì il Sabor. Il Poglavnik, in considerazione delle difficoltà del momento, non indisse alcuna consultazione elettorale, ma procedette alla nomina diretta dei membri della Dieta scegliendoli fra le categorie benemerite della causa croata: gli ex-deputati eletti al Sabor ancora nel 1914 e rimasti in carica sino alla costituzione dello Stato jugoslavo; quelli che dal 1938 in poi, pur facendo parte della Skupstina (parlamento jugoslavo) si erano astenuti dal partecipare alle sedute; i componenti del direttivo del partito croato dei contadini che, dopo la morte di Stefano Radié, non erano stati più convocati da Vladko Macek, nuovo capo del partito; gli ex-deputati eletti a suo tempo nelle liste del partito del diritto, e fra di essi lo stesso Pavelié; infine i rappresentanti del movimento ustascia che nella gerarchia del partito avevano i gradi di Doglavnik (vicecapo) e di Pobocnik (aiutanti) (3)_ Il nuovo Sabor era provvisorio, ed i suoi membri sarebbero rimasti in carica sino alla fine del 1942 C4>; in tal modo la Dieta ebbe, più che altro, le caratteristiche d'una costituente. Il Sabor successivo sarebbe stato elettivo su basi corporative, con la rappresentanza delle categorie produttive sindacalmente organizzate, secondo un ordinamento ispirato ai princì pi della legislazione italiana <5>. Con decreto dell'l l febbraio <6>, i 204 membri del Sabor furono convocati per il 23 dello stesso mese, e l'assemblea rappresentò abbastanza equamente le classi sociali (ventinove liberi professionisti; trentadue impiegati; undici fra commercianti ed industriali; cinque militari; nove sacerdoti <1>; sette possidenti; sessantadue contadini; dieci fra operai ed artigiani; trentanove di varia provenienza). Dal punto di vista politico era preminente la componente paveliciana (centoventiquattro membri, compresi ventotto rappresentanti del movimento ustascia), ma era consistente anche la presenza di ex-macekiani (sessantadue); dodici gli ex-deputati del vecchio
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Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942)
partito del diritto; quattro ex-ministri in carica sino al 1918; due rappresentanti del gruppo nazional-socialista croato ed altri non esattamente identificabili. Squilibrata, invece, la composizione dal punto di vista delle religioni con centottantanove cattolici, dodici mussulmani e solamente tre ortodossi in rappresentanza dei due milioni di correligionari che costituivano un terzo della popolazione dello Stato croato (S> . Assumendo l'incarico, i deputati prestarono giuramento alla persona di Pavelié con la seguente formula: «Giuro dinanzi a Dio onnipotente di esser leale al Poglavnik, capo dello Stato indipendente, e di adoperarmi per il benessere dello Stato, di adempiere coscienziosamente i miei doveri secondo le norme parlamentari. Amen» (9>. Date !'esasperazioni nazionalistiche dei vari gruppi etnici e religiosi, le stragi della precedente estate in parte non ancora cessate, la lotta armata che divideva il paese, Pavelié con la ricostituzione del Sabor sperava d'ottenere un più vasto consenso popolare. In questa politica aveva l'appoggio della chiesa cattolica e l'arcivescovo di Zagabria, monsignor Alojzjie Stepinac in una allocuzione diretta al Poglavnik gli aveva detto che «la riapertura del Parlamento croato è la prova di quanto voi siate profondamente consapevole delle vostre responsabilità, un onere che vi proponete di condividere con i vostri connazionali [... ], che essi possano proficuamente aiutarvi nella ricostruzione e nella resurrezione della nostra amata terra» (JoJ . Invece, sin dalla seduta inaugurale mancò l'unitarietà del consenso; «su 205 [recte: 204] deputati erano presenti soltanto 133 e, tra questi soltanto 15 macekiani» ( I 1>. Della sessantina di rappresentanti scelti fra le file dell'ex-partito croato dei contadini, salvo i quindici, quattro avevano declinato la nomina ringraziando , gli altri neppure risposero (12>. In ogni modo, la convocazione del Sabor costituì un fatto politico di rilievo poiché era il primo tentativo di dare una struttura istituzionale allo Stato croato ed una sua qualificazione; inoltre rendeva concreta la possibilità dell'elevazione al trono di Croazia del duca di Spoleto, poiché ora esisteva l'organo costituzionalmente e tradizionalmente legittimato a proclamare il sovrano. Roma, anche se incaricò il ministro Casertano di far presente al Poglavnik l'opportunità di «un riferimento dinanzi al Sabor della questione monarchica», gli dette contemporaneamente istruzioni d'esprimere a Pavelié il «desiderio che le dichiarazioni ufficiali al riguardo» fossero «contenute in termini generici, limitandosi a porre in rilievo i vincoli che verranno a stabilirsi fra la Corona di Croazia e la Casa Sabauda <13>». Evidentemente Roma sentiva le implicazioni che, in quei momenti, la questione d'un sovrano italiano avrebbe potuto sollevare sia nelle sfere di Zagabria sia nel-
Intese di Zagabria con i cetnici e sgombero della terza zona da parte italiana
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l'opinione pubblica croata, tanto da consigliare al Poglavnik di «non scendere in particolari circa persona Sovrano (,) circa data incoronazione né su altre circostanze al riguardo» l 14>_ La notizia della convocazione del Sabor suscitò «viva attesa» <15> fra le popolazioni della Croazia, anche perché correvano voci di cambiamenti nella compagine governativa, ed a Ragusa si parlava d'una prossima unione della Croazia all'Ungheria, come al tempo degli Asburgo, ma questa volta attraverso la persona del duca di Spoleto che, oltre alla corona di Zvonimiro, avrebbe assunto anche quella ungherese di Santo Stefano 061 • Il J2 febbraio, il maresciallo Kvaternik, a capo d'una missione militare si recò in visita ufficiale a Roma; accompagnato dal capo di Stato Maggiore Generale, Ugo Cavallero, venne ricevuto da Mussolini; il duca e la duchessa di Spoleto, sovrani designati di Croazia, gli concessero apposita udienza (17>. Il maresciallo era latore d'una lettera di Pavelié per Mussolini nella quale il Poglavnik, oltre a chiedere u.n incontro a data ravvicinata, gli annunciava d'aver convocato il «Sabor provvisorio, che segnerà il passaggio dal passato alla nuova era nazionale, mentre il nuovo Sabor sarà convocato al principio dell'anno prossimo nelle forme e nello spirito della nostra ideologia» cisJ. Mussolini gli rispose dicendo di considerare «questa vostra iniziativa come molto opportuna e tempestiva» 0 9J_ L'inaugurazione della Dieta ebbe luogo alla presenza dei membri del Governo, delle alte cariche civili e militari dello Stato, del corpo diplomatico accreditato a Zagabria <20>, del Visitatore apostolico, abate Ramiro Marcane, delle missioni militari, d'una delegazion~ straordinaria del Partito fascista . La presidenza del Sabor fu assunta dal decano Marko Dosen, già deputato alla Dieta croata dal 1913 al 1918, il quale dopo la costituzione dell'ufficio di presidenza pronunciò un breve discorso e, secondo la tradizione del Sabor, costituì una delegazione di diciannove deputati che si recarono alla residenza di Pavelié per invitarlo ad inaugurare la sessione <21>. Pavelié, dinanzi all'assemblea, dette lettura d'un messaggio <22J e, dopo aver reso omaggio alle lontane generazioni croate che avevano incardinato l'organizzazione della vita nazionale e statale nella Dieta, ricordò che l'ultima seduta del Sabor aveva avuto luogo il 29 ottobre 1918. «Sebbene questo Sabor non sia stato né chiuso né sciolto, esso non si è più potuto riunire, poiché il I O dicembre dell'anno 1918 con violenza e con inganno fu eseguita l'inclusione delle terre croate nella nuova ingiusta ed innaturale creazione statale di Versailles» <23 >. Ma il regno di Jugoslavia era stato travolto dagli eserciti italiani e tedeschi, e «grazie alla resistenza ed alla com-
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Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942)
battività ed allo spirito di sacrificio del movimento ustascia e di tutto il popolo croato, specialmente dei contadini, fu ristabilito il 10 aprile 1941 lo Stato indipendente di Croazia. Con esso, ecco risorgere la sua antica Dieta» c24>, Il Poglavnik ringraziò Mussolini ed Hitler, che «le future generazioni del popolo croato ricorde.ranno con giubilo e gratitudine» c25>. Esaltò l'opera dei patrioti croati ed esortò i deputati a lavorare per il bene della nazione. Terminò il messaggio con un saluto alle forze armate ed ai reparti croati che da qualche mese combattevano sul fronte russo. Quindi, ai membri della Dieta disse di aver «piena fiducia che voi con tutta dignità, coscienti del dovere verso la nazione e lo Stato, adempirete il vostro incarico prontamente e con entusiasmo nell'opera di sacrificio che vi attende. L'Onnipotente faccia scendere la sua larga benedizione sul vostro lavoro per la gloria e la felicità del popolo croato e per lo Stato indipendente di Croazia. Con ciò dichiaro aperto il Sabon> c26>. · Il presidente Dosen, dopo un indirizzo di ringraziamento al Poglavnik, sospese la seduta; i deputati, i membri del Governo, le autorità si recarono nella vicina chiesa di San Marco, dove l'arcivescovo Stepinac celebrò un solenne Te Deum c27>. Organizzate dagli ustascia, nei principali centri della Croazia ebbero luogo manifestazioni di giubilo; il maresciallo Kvatennik, quella sera, parlò alla radio dando rilievo al suo recente viaggio in Italia, alle realizzazioni del fascismo, ed inviò un saluto in lingua italiana al Re d'Italia ed a Mussolini <281 • Durante i cinque giorni della sessione, presero la parola gli esponenti del Governo, fra i quali Himlja Beslagié, ministro per le comunicazioni ed i lavori pubblici, quello per l'educazione nazionale Stjepan Ratkovié, e ciascuno espose i problemi dei rispettivi dicasteri c29>. Gl'interventi di maggior rilievo furono quelli del. ministro per le forze armate, Slavko Kvaternik, e per gli affari esteri Mladen Lorkovié. Quest'ultimo illustrò le linee della politica estera croata, parlò dell'opera svolta pér stabilire, su fondamenti storici, culturali e ·territoriali, nel quadro della Nuova Europa, le frontiere dello Stato croato; espose le iniziative assunte per il potenziamento della Croazia sul piano internazionale, i rapporti con gli altri Stati, ponendo in rilievo che il popolo croato, fin dai tempi più remoti, aveva indissolubilmente assimilato la religione e la cultura di Roma. Rese omaggio alla figura di Mussolini poiché «solo con l'aiuto dell'Italia fascista la Croazia poté risorgere» <30>. Parlò dei patti di Roma, della delimitazione dei confini con l'Italia, asserendo che il trattato di garanzia e di collaborazione, firmato il 18 maggio 1941, era determinante per l'avvenire della Croazia. «Il popolo croato è profondamente grato al Duce, e ha costituito garante dei suoi confini e della sua indipendenza
Intese di Zagabria con i cetnici e sgombero della terza zona da parte italiana
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la forza politica e imperiale dell'Italia fascista» <31l. Il discorso di Lorkovié ebbe risonanza anche a Roma, ed il senatore Francesco Salata, durante la discussione al Senato sullo stato di previsione della spesa del ministero degli affari esteri, lo giudicò «la prima esposizione organica della politica estera della Croazia, [ ... ] ne traccia le direttfve generali e ne espone le applicazioni particolari nei riguardi dei vari Stati, tra i quali l'Italia tiene, o dovrebbe tenere[ ... ] il primo posto» t32i. Il maresciallo Kvaternik, dal canto suo, pose in evidenza l'importanza dell'esercito, «espressione della forza e di tutte le virtù tradizionali di una nazione, la scuola alla quale si temperano le virtù militari di un popolo» <33). Parlò aei soldati croati che mille anni prima avevano conquistato il territorio del paese. Sottolineò l'importanza geo-politica della Croazia e la necessità di costituire un esercito che fosse genuina espressione del popolo. Rivolse un caldo saluto ai reparti croati che si stavano battendo sul fronte russo, ricordando le caotiche condizioni in cui si erano trovate le forze armate .al momento del crollo della Jugoslavia. Asserì che la ricostruzione dell'esercito procedeva a ritmo serrato ed elogiò la legione croata che si stava addestrando in Italia fra l'ammirazione degli ufficiali istruttori italiani e l'affetto delle popolazioni. Parlò del soldato italiano e dell'eroismo con cui combatteva in Bosnia, per concludere che «solo col concorso dei nostri alleati, l'Italia e la Germania; è stata resa possibile la formazione dell'esercito croato. Noi abbiamo conquistato con le armi questo Paese e con le armi lo conserveremo. I Croati furono qui nel passato, ci si trovano e ci rimarranno per sempre» C3 4J, Non altrettanto successo ebbero gl'interventi del ministro per l'interno, Andrija Artukovié, e del ministro per la giustizia ed il culto, Mirko Puk. Le affermazioni -del primo - «non si deve permettere che siano gli ebrei a tenere le redini del potere. Bisogna metter al bando i sentimentalismi, quando è in giuoco il destino di un intero popolo» <35J - furono «ascoltate tra il silenzio glaciale dei presenti» <36>. Quelle del ministro Puk sul problema degli ortodossi - «dich.iaro fermamente che lo Stato indipendente di Croazia non intende riconoscere la chiesa serbo-ortodossa. Le persone che, per varie ragioni, non accettano queste decisioni e questa irrevocabile legge, sono liberi di lasciare il territorio dello Stato» <31J determinarono una risposta dello stesso Poglavnik nella replica finale. La sessione del Sabor si chiuse il 28 febbraio con un ampio discorso di Pavelié che, ancor oggi, lascia trasparire come non tutto si fosse svolto secondo le aspettative. «Ho ritenuto necessario - disse il Poglavnik chiedere ai membri del Governo di fare un'esposizione di quello che avevano fatto. Avete sentito i loro resoconti, alcuni sono stati approvati più,
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Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942)
altri meno; altri ancora forse non vi hanno accontentato affatto» t3si, ma abilmente svuotò le critiche dicendo di accettarle come un confronto d'idee sul piano della reciproca collaborazione. «Volevo che vi r.endeste conto sin dal principio, sia pure sommariamente, di quanto fu fatto affinché ora possiate giudicare che cosa è utile, che cosa c'è da correggere, da completare e quindi esporre nelle sedute delle singole commissioni le vostre proposte. Così quello che vi era di buono si potrà continuare, migliorare, e quel che non era buono, emendare» c39l. Pur avendo iniziato con tono conciliante, Pavelié a sua volta fu critico sino alla sconfessione di quanto il ministro Puk aveva detto in merito agli ortodossi. Non è da escludere che il Poglavnik abbia sentito la necessità d'una rettifica, se non per accattivarsi gli ortodossi, almeno per non incattivirli, oppure perché in presenza del corpo diplomatico che seguiva le sedute, determinate situazioni andavano ovattate. Pavelié affrontò l'argomento dicendo che «forse il ministro di grazia e giustizia e del culto ha detto nel suo discorso una piccola inesattezza, ci pare almeno», e gli ricordò un vecchio proverbio croato secondo il quale «il nostro fratello ci è caro di qualunque religione sia» C40>_ Se gran parte della popolazione era cattolica, vi erano anche mussulmani ed evangelici e, pur non nominando esplicitamente gli ortodossi, tese loro la mano. «È interesse dello Stato disse il Poglavnik - che non ci siano malintesi, e specialmente contese in fatto di religione. Per noi ciò ha un interesse speciale essendo noi ai confini dei Balcani. Siamo stati per secoli in contatto coi Balcani, anzi siamo anche stati sotto l'oppressione di questi Balcani nei quali il popolo era diviso per religione. La nazionalità fu - per così dire - quasi soppressa dinanzi alle differenze religiose. Ciò appartiene al passato. Oggi siamo uniti in un solo Stato con una potente coscienza nazionale e tutti gli altri attributi necessari; non possiamo permetterci che altri aspetti sia pure religiosi, introducano tra noi dei malintesi» <41 >. Se Pavelié fu abile nel destreggiarsi fra le molte critiche e riserve, non lo fu altrettanto parlando di Macek. La questione dell'arresto e del domicilio coatto imposto all'ex-capo del partito croato dei contadini era stata sollevata durante i lavori, ed ìI Poglavnik l'affrontò partendo da lontano. Rivolgendosi all'assemblea disse di aver convocato il Sabor non «per parlare a vanvera, non per creare due o tre campi opposti che si accoltelleranno a vicenda, ma per lavorare concordemente in una nobile gara, tutti sulla stessa linea per il bene del popolo croato e la sua Patria». Poi aggiunse, «se qualcosa non va, se c'è del male, se ci sono dei malintesi , ditelo a me e cercheremo insieme di rimediarvi» <42>. Mentre sembrava porsi al di sopra delle parti, Pavelié, forse per troppa sicurezza_, nel seguito della replica
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osservò che «alcuni di voi [... ] mi fecero una domanda, alla quale risponderò volentieri, seriamente, lealmente e francamente. Mi domandavano che cosa avrei fatto col dottor Macek? Darò una risposta precisa e chiara a voi, a tutto il pubblico. Ma prima mi sia lecito fare una piccola digressione» <43>. La digressione fu alquanto lunga e progressivamente meno chiara. Cominciò ricordando che i croati avevano avuto nella loro storia due «immensi capitali», quelli ereditati da Ante Starcevié e da Stefano Radié, ma erano stati dilapidati dai loro successori (con evidente riferimento al dottor Macek). Secondo Pavelié, nei primi mesi del 1941, i capi croati, cioè Macek, erano venuti meno al loro compito. «Non domanderemo il perché. Sono ,ontano dall'attaccare l'onestà di chicchessia. Può darsi che ci fosse della pressione, dell'inganno oppure una pura combinazione, ma è un fatto che i capi d'allora avevano mancato [... ] . Se le cose si fossero svolte secondo il contegno dei capi di allora non vi sarebbe oggi una Croazia» <44>_ Quindi, rispondendo a qualche proposta avanzata nel corso del dibattito affermò che per i motivi su ricordati quei capi «non possono oggi attivamente partecipare al Governo dello Stato». Dopo queste parole, che per l'uso dell'avverbio 'attivamente' non erano rigidamente preclusi~, il Poglavnik asserì d'aver fatto il possibile perché ai rappresentanti del partito dei contadini fosse evitato qualsiasi danno, anche se mantenevano ancora contatti con il Governo jugoslavo fuggito a Londra. «li peggio è - continuò Pavelié - che alcuni, volendo immischiare anche altri nella faccenda, andarono da Macek per creare una situazione che avrebbe per effetto di far cadere anche lui sotto la competenza delle leggi penali, anche contro la sua volontà» <45 >, Il Poglavnik confermò la propria disponibilità nei confronti di Macek dicendo ancora d'aver «voluto impedirlo e perciò ho stabilito per lui una dimora confinata [domicilio coatto - n.d.a.] per escludere un tale contatto politico, e questo nel suo stesso interesse, nell'interesse della Nazione e dello Stato», aggiungendo - senza ironia - che si trattava d'un isolamento «degno dell'emerito presidente e degno finalmente di noi tutti» <46>. In altre parole Pavelié lasciava intendere di non rifiutare un'eventuale appoggio da parte di Macek, ma queste dichiarazioni distensive furono incrinate dalle successive parole, probabilmente intese dai deputati ex-macekiani presenti come una minaccia. Quando affermò che la politica è sempre «un terreno assai scivoloso, poiché un uomo politico deve essere pronto ad essere arrestato, internato, processato, deve affrontare pure l'eventualità di venir assassinato» <47>, anche se, proprio per questo motivo, aveva protetto Macek ed i suoi familiari, un quattro o cinque deputati ex-macekiani abbandonarono l'aula <49>_
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Un altro passaggio non tanto agevole per Pavelié dovette essere la questione della restaurazione della corona di Zvonimiro e della designazione del duca di Spoleto a re di Croazia, dibattuta durante i lavori del Sabor malgrado le sue direttive, poiché, assumendosi ogni responsabilità, affermò di aver «ritenuto inevitabilmente opportuno per la nazione croata restaurare la corona di Zvonimiro, come portatore della sovranità dello Stato croato. Compii l'atto necessario, offrii la corona ad un membro della gloriosa Dinastia Sabauda» e - chiaro richiamo a qualche deputato ricordò di non aver «mai permesso una discussione su tale argomento, così grande da non dover divenire oggetto di discorsi nei caffè e di agitazioni per le strade» C49>. Parlò del suo esilio in Italia, accennò al governo di Pietro II a Londra, si soffermò sulla creazione del movimento ustascia, «espressione della individualità della nazione croata». Quasi per rafforzare quanto aveva detto in apertura sul ripristino della Dieta («senza essere invitato, senza essere costretto da alcuno, e nemmeno richiesto da alcuno, emanai il decreto-legge:: per la ricostituzione del Sabor»), dichiarò di essere perfettamente al corrente che «quando questo decreto-legge fu pubblicato sorsero delle voci che domandavano come mai un Parlamento fosse compatibile con uno Stato autoritario». Non escluse, inoltre, «che qualcuno dica che lo Statuto del Sabor sia reazionario perché messo in vigore per decreto; può darsi che ci sia qualcuno di tale parere perché non mancano coloro che pensano che il nostro Sabor sarebbe una caricatura del Parlamento» <50>. Ma per il Poglavnik, al di là delle critiche, restava ferma la preminenza del sistema totalitario sulla democrazia, specialmente su quella che aveva dominato per venti anni a Belgrado. Accennò all'influenza della massoneria, al valore del lavoro, che in Croazia doveva avere sempre il primo posto e, a giustificazione degli ustascia, sostenne che non ci si doveva meravigliare se «l'elemento nobile ustascia, guidato dalle più elevate e sublimi idee, consacrato col sangue ed il sudore di tanti, fosse talvolta profanato dall'elemento più abominevole e basso [... ]. Non c'è da meravigliarsi che la divisa non faccia l'uomo e che qua e là succedessero gravi abusi. A suo tempo decretai che tutti gli indegni, e che sono talvolta dei veri malfattori, siano allontanati e esclusi da qualsiasi ufficio o carica» <51>. Non mancò un passaggio sugli abusi degli impiegati e dei funzionari e, quasi per contrappeso, rivolse un plauso ai contadini, agli operai, che dimostravano di sentire la grandezza del momento, a differenza di molti intellettuali o di gran parte dei ceti abbienti, tanto che «le autorità, che devono combattere il comunismo a Zagabria e in tutta la Croazia, non
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hanno a che fare con operai comunisti, perché tra gli operai croati, i comunisti quasi non esistono. Tutto il nostro contingente comunista è formato da intellettuali [... ], contro il comunismo che mette in pericolo le nostre vite ed i nostri beni, noi combatteremo con tutte le nostre forze armate, a fianco dei nostri alleati, fino alla fine, poiché dovrà rimanere o il comunismo o noi» <52>. Chiuse la lunga replica ricordando che il vero lavoro del Sabor avrebbe avuto inizio con la prossima Dieta, «ed allora discuteremo tutte le questioni importanti in modo degno di noi, degno dei nostri maestri Radié e Starcevié, come degnamente abbiamo agito finora dinanzi agli occhi della nazione, del mondo intero, per il bene nostro e delle future generazioni croate, per compiere il nostro dovere ed essere, oggi e sempre, per la Patria pronti» <53>. Il discorso di Pavelié fu anche coraggioso; non eluse i problemi ma, forse, affrontandoli sottolineò le diversità d'orientamento e la mancanza d'una comune intesa proprio in quel Sabor da lui ricreato per dimostrare, soprattutto agli stessi croati, l'unità del regime. Questo aspetto non sfuggì all'analisi dei commentatori politici ai quali apparve «evidente che il coronamento dell'opera ora felicemente iniziata non potrà aver luogo in modo definitivo che quando, cessata la presente crisi mondiale, le condizioni saranno tornate normali e più propizie ad un'azione che deve essere svolta in profondità, e quando la Croazia, come ogni altro paese europeo, potrà trovare la sua sistemazione organica nel Nuovo Ordine» <54>, In altre parole, il ripristino del Sabor era stato prematuro di fronte alla realtà di un paese dove, oltre alla lotta armata fra ustascia, cetnici, partigiani, agli interventi militari italiani e tedeschi, si stava accentuando la sorda e non sempre lineare concorrenza della Germania nei confronti dell'Italia, coinvolgendo il Governo di Zagabria.
PORTO TOLÈRO (PLOCE) TENTATIVO TEDESCO DI AFFACCIARSI IN ADRIATICO I tedeschi, sin dal 1940, per promuovere e coordinare le attività economico-commerciali della Germania nell'area sud-orientale dell'Europa, avevano creato la 'Sudosteuropa Gesellschaft' con sede a Vienna <55>, Questo ente, in uno studio del 1943 sulla presenza economica dell'Italia nei Balcani, avrebbe scritto che «per necesssità naturale l'Italia deve vedere il suo effettivo campo d'azione nel mare Mediterraneo, e nei paesi del suo bacino orientale uno dei più importanti, perlopiù [sic] il più importante settore della sua espansione economica» <56), e subito dopo precisava: «nel-
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l'ambito del bacino orientale i paesi danubiani e balcanici rivestono per l'Italia un'importanza tutta particolare» <m. Quindi, considerando che i tradizionali traffici dell'Italia con i paesi extra-mediterranei erano cessati a causa della guerra, lo studio riconosceva l'importanza che il settore balcanico aveva per l'economia italiana, - «nulla di quanto accade e si sviluppa in quest'area può essere indifferente per l'Italia» <SB> - anche se in queste zone, «quale unica concorrente seria e superiore si contrappone la . concorrenza tedesca di fronte alla quale, com'è comprensibile, l'Italia oppone i suoi sforzi per mantenere, nella misura del possibile, le posizioni» (S9J, Passando dai concetti alle cifre, in Croazia, a giugno 1942, il capitale complessivo di tutte le società per azioni ammontava a 3.960 milioni di kune e, con le acquisizioni effettuate ancor prima della guerra, la Germania vi partecipava per 2.002 milioni, l'Italia per 73,8 milioni di kune, il resto era costituito da capitali croati e di paesi terzi. In percentuale, rispetto al 50,51 per cento della Germania, presente in cinquecentotre società, la quota dell'Italia era limitata all' 1.86 per cento, avendo cointeressenze soltanto in diciotto società <60>. Con la creazione dello Stato di Croazia, la linea di tendenza dell'economia italiana aveva dimostrato un maggior dinamismo ma sempre nettamente inferiore a quello tedesco. Nelle ventisette società per azioni sorte durante il 1941 (capitale complessivo 143.8 milioni di kune) la partecipazione tedesca era stata di 66 milioni, pari al 46,33 per cento; quella italiana di 2, 7 milioni, cioè l' 1. 91 per cento; il resto era capitale croato o di paesi terzi. L'anno dopo, la presenza italiana fu più consistente, ma il capitale germanico, pur regredendo percentualmente, avrebbe ancora surclassato quello italiano: nelle quarantotto società costituite in quell'anno, pari ad un capitale di 210,5 milioni di kune, i tedeschi concorrevano per 63,6 milioni, scendendo al 30 per cento, mentre la quota italiana era aumentata al 3,61 per cento con 7 ,5 milioni di kune, e si ampliava sensibilmente la presenza di capitali croati o di altra provenienza (143.9 milioni di kune, pari al 63,64 per cento circa) <61 >. In merito agl'interessi economici dell'Italia il capo della legazione italiana a Zagabria, Raffaele Casertano, in una relazione di fine luglio 1942, segnalava a Roma di aver posto più volte «in rilievo il crescente esclusivo interesse che da parte germanica si dimostrava all'economia croata; interesse rivolto all'industria, alle miniere, ai commerci, persino al patrimonio terriero» <62>. Pur avendo richiamato il Governo di Zagabria al rispetto dei patti di Roma che avevano costituito l'Italia unica garante del consolidamento economico della Croazia, e pur rientrando il nuovo Stato croato
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nello spazio vitale iialiano - come più volte esplicitamente ammesso dagli stessi tedeschi - il ministro rilevava che i croati evitavano d'impegnarsi in una concreta collaborazione. Questo comportamento, secondo Casertano, era dovuto ad «uno stato d'animo d'ineluttabilità che ha già conquistato gran parte della classe dirigente» croata; alla «impressione che neppure l'Italia sia in grado dì infrenare o di equilibrare, mediante intese specifiche·, la volontà monopolistica germanica, anche quando essa non si giustifica con l'imperativo categorico della condotta della guerra»; all'impressione diffusa a Zagabria che «i patti italo-croati siano subordinati, nella pratica applicazione, al manifestarsi dell'interesse tedesco, ed alla spinta di uomini e capitpli tedeschi» 163>. Da ultimo, il ministro italiano esprimeva l'avviso che fosse «indispensabile esaminare e trattare preventivamente a Roma con codesta rappresentanza germanica le questioni di rilievo economico, allo scopo di evitare, a tutto nostro svantaggio, di trovarci di fronte a fatti compiuti [... ] la cui revisione sembra poi difficile ad ottenersi» <64>. Considerando che queste valutazioni erano state scritte il 27 luglio 1942, certamente uno dei 'fatti compiuti' doveva essere quello del porto di Ploce ( = porto Tolèro - oggi Kardeljevo), che stava preoccupando Palazzo Chigi, Comando Supremo, Supermarina e Supersloda. Il Governo jugoslavo, sin dal 1932, aveva iniziato gli studi per lo · sfruttamento intensivo delle ricchezze minerarie e forestali dei bacini di Sarajevo, di Mostar e, più nell'interno, di Gacko, Foca, Plevlja, ma con particolare interesse per le miniere di bauxite (Siroki Brijeg, !moschi, Citluk, Rudine, Zednica-Varés) sino allora condizionate dalla scarsità di co-municazioni via terra e, soprattutto, dalla mancanza d'un porto adeguatamente attrezzato per l'esportazione. Il progetto del porto, completato fra il 1935 ed il 1936, prevedeva la deviazione del corso inferiore della Narenta ( = Neretva) creando· fra le località di Kula e Polace un ampio canale accessibile a naviglio d'un certo tonnellaggio sino a Metcovich ( = Metkovié), e per la costruzione d'un vasto porto commerciale nel golfo di PolaceNeum (canale di Stagno Piccolo) collegato sia per ferrovia sia per strada con Metcovich e Sarajevo <65>. I lavori, dopo il potenziamento della rotabile Neum-Metcovich, non si sa per quale ragione, erano stati abbandonati. Venne approntato un nuovo progetto che prevedeva la costruzione del porto, invece che a Neum, nella non lontana Ploce - sempre alle foci della Naren.ta - con la costruzione d'un anello fluviale a senso unico da Ploce a Metcovich, dragando ed ampliando il canale della Narenta Vecchia (=Stara Neretva). Il porto sarebbe stato allacciato per strada e ferrovia con Metcovich-Sarajevo, e con una rotabile lungo la costa, verso nord, sino a Macarsca e Spalato. I
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Po rto Tolèro ( = Ploce, oggi Kardeljevo) e gli apprestamenti difensivi nell'autunno 1942.
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lavori, iniziati alcuni mesi prima della campagna di Jugoslavia, erano stati sos'J)esi a causa del conflitto. Sorto lo Stato di Croazia, il nuovo ministero delle comunicazioni li aveva ripresi, prevedendo di completare l'opera nel. l'ottobre del 1942 <66). (CARTINAN. 10). A fine maggio 1942, la nuova linea ferroviaria, km 21 ,358 a scartamento ridotto (0.76 m), ma ancora senza armamento, e con la stazione in corso di completamento, da Metcovich raggiungeva la località di Rogotin, mentre era stata completata la strada Metcovich-Ploce (24 km, larghezza 6 m, pendenza max. 6 per cento) anche se i ponti di Rogotin (40 m) e di Rastoèe (30 m), previsti in cemento, erano stati provvisoriamente costruiti in legho, limitandone la portata. Nel porto si lavorava, ma senza troppo impegno, al dragaggio dei fondali, alla costruzione dei manufatti, agli allacciamenti con la stazione ferroviaria. Per l'immediato trasporto dei minerali era stato attrezzato il porto di Stara Rijeka (=Fiume Vecchio), con pontoni di legno che consentivano l'attracco di navi non superiori a 1.000 tonnnellate. L'opera, di rilevante interesse economico, richiamò l'attenzione della Germania che, senza avvertire Roma, e neppure i comandi militari italiani, ma in accordo con il Governo croato, intervenne con apporto di capitali e, soprattutto, ponendo i lavori sotto la direzione ed il controllo della Organizzazione Todt <61>. Il nome di Ploce," probabilmente sin'allora ignoto, cominciò a circolare negli ambienti romani a seguito d'una 'nota verbale' della legazione di _Croazia a Roma <68l che, il 7 aprile 1942, riferendosi ad un'incursione di ribelli in quella zona e nel vicino paese di Gradac ( = Grado), dove un gruppo d'armati s'era impadronito d'una parte del carico di viveri trasportati da un veliero, facev a presente a Palazzo Chigi che le autorità croate avevano chiesto al comando della 2a Armata d'istituire un servizio di vigilanza marittima nel settore di Ploèe, ma non avevano ricevuto risposta. Ora la legazione di Croazia, in via diplomatica, chiedeva <<che l'Italia mettesse a disposizione delle autorità marittime croate sei unità della flottiglia della finanza costiera, fra le quali le vedette a motore Mosor e Velebit, e barche da 12 tonn. di tipo nuovo <69>. Non si conosce la risposta di Roma, ma è senz'altro da ritenersi negativa poiché i trattati del 18 maggio 1941 escludevano che lo Stato croato potesse avere una marina militare e, d'altra parte, le sei imbarcazioni - catturate dall'Italia prima dell'entrata in vigore dell' armistizio con la Jugoslavia - erano preda bellica. Alcune settimane dopo, nella notte fra il 2 ed il 3 maggio, a Ploce, più che un attacco vi fu l'incursione d'un nucleo di quattro o cinque ribelli <70>. Verso la mezzanotte, gli operai croati che dormivano a bordo delle draghe,
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erano stati svegliati «da persone armate che ingiunsero di radunare rapidamente i loro effetti d'uso e di prepararsi ad abbandonare il bordo [... ]. Sulla draga n. 4 sembra siano stati aperti i chingston [recte: kingston valvole di fondo] mentre su quella n. 4 [recte: n. 5] fu anche reso inutilizzabile il macchinario elettrico. Anche il personale del fanale sito alla foce della Narenta fu svegliato da quattro armati che asportarono il telefono, un binocolo e tagliarono i fili telefonici. Gli equipaggi furono. portati a terra dove furono lasciati in libertà con l'ingiunzione di allontanarsi» <7 1>. Il comandante del porto di Metcovich, Bruno Gregoretti, di fronte alle caratteristiche di questo atto di sabotaggio, espresse il parere che l'affondamento delle draghe fosse- stato realizzato da «personale tecnico che si trovava tra i ribelli o con la complicità di qualche persona degli equipaggi» (72). In zona furono inviati reparti italiani che procedettero ad un ampio rastrellamento <73l, ma senza alcun risultato apprezzabile. I tedeschi, certamente ben poco soddisfatti, non tanto per la forzata sospensione dei lavori, quanto per la presenza dei soldati italiani, manovrarono in modo che da parte croata, «senza dare importanza alla domanda stessa» <74>, fosse chiesto al generale Roatta il consenso d' inviare a Metcovich una compagnia d'ustascia per la protezione dei lavori, ma con l'obiettivo di estromettere gl'italiani. Ottenuto l'assenso, il 21 maggio, a Sarajevo, il tenente colonnello ustascia Juraj_Francetié, alla presenza del comandante della 71ga divisione di fanteria tedesca, s'incontrò con il generale Lukié comandante del III Corpo d'armata croato, e con il commissario governativo per la Bosnia e la provincia di Mostar, Sandor Benak (75>_ A conclusione del convegno, un intero battaglione d'ustascia, già pronto ed in attesa nelle stazioni di Sarajevo e di Alipasin fu trasferito immediatamente a Mostar. Il movimento ·del battaglione fece sorgere molte voci a discredito delle forze armate. italiane, poiché «gli ustascia spiegavano spedizione dovuta at richieste di aiuto di italiani essendo essi incapaci reprimere [...] ribellione» <16>. In tal modo, «senza alcun preavviso e senza tener conto della comunicazione fatta dal comando dell'Armata [italiana - n.d.a] che la compagnia avrebbe dovuto portarsi a Metkovié» <77l, inaspettatamente - invece di una - giunsero a Mostar sei compagnie di ustascia per un totale di l.300 uomini, con una sezione d'artiglieria, notevoli quantità d'armi, munizioni e mezzi (7B> . Nella stessa giornata arrivarono a Mostar il tenente colonnello Francetié, il generale Lukié, il direttore delle ferrovie, il direttore centrale di polizia Svjevié e quarantaquattro agenti della polizia politica. Gli ustascia, con gli agenti, assunsero subito il controllo dei posti di blocco, della ferro-
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via, della prefettura, della questura, dell'ufficio delle poste e telegrafi <79>. Nella notte si ebbero incidenti anche gravi con i soldati italiani ed un vicebrigadiere dei carabinieri rimase ucciso. Con perfetta sincronia, in vari centri della provincia riapparvero gli «ustascia locali che hanno svolto azione intirnidatrice nei confronti della popolazione serbo-ortodossa e mussulmana ed uccisioni sulla cui gravità si stanno svolgendo, al presente, le opportune indagini» <50>. Il generale Dal mazzo, in relazione a questi incidenti, riferì che, «i capi mussulmani ed ortodossi - quelli stessi che di recente il Ministro Vrancié aveva avvicinato a Spalato e a Ragusa per indurli a collaborare con il Governo croato - sono stati apertamente minacciati cli morte», e che «da parte del Governo croato e dei dirigenti ustascia» vi era stata «una premeditazione ed accurata preparazione dell'azione, allo scopo di porre il nostro comando di fronte al fatto compiuto di una ripresa dei poteri nella città e nel distretto di Mostar e di contemporaneo ritorno alla politica di persecuzione e violenza es ii. Ma l'arrivo del battaglione ed il tentativo di assumere i poteri civili costituivano piena violazione degli accordi stipulati dal comando della za Armata con il Governo di Zagabria <~ 2> che chiaramente escludevano la presenza di formazioni armate ustascia nella seconda zona e ponevano le autorità civili croate sotto il controllo italiano. Queste clausole dovevano pesare notevolmente sull'elemento oltranzista croato, ed il maggiore Cargnelli, del centro informazioni di Sarajevo, il 22 maggio, riferiva che il colonnello Francetié aveva voluto dare corpo alla «idea approvata da Governo Zagabria di approntare per marcia verso Adriatico preconizzata recentemente da gerarca Orsanié [capo della gioventù ustascia - n.d.a.] un intero battaglione» <93>. Il generale Dalmazzo intervenne energicamente e, tramite l'ufficiale italianò di collegamento presentò formale protesta al comando del III Corpo d'armata croato, di stanza a Sarajevo <94>; ordinò al comandante della divisione 'Marche' (generale Giuseppe Amico), che aveva giurisdizione su Mostar, d'imporre l'immediata partenza di cinque compagnie ustascia ed il trasferimento - come convenuto - della sesta a Metcovich. Francetié per due volte ignorò l'ordine di movimento, ma di fronte ad un'ulteriore tassativa ingiunzione fece partire le compagnie assicurando che egli sarebbe rimasto a Mostar, a disposizione del comando italiano sino a chiarimento dell'incidente. Invece, nello stesso giorno, cercò cli prendere un aereo per Sarajevo, e fu fermato. «Tratto a mezzo CC.RR. al comando, emanava finalmente, sotto minaccia di esser trattenuto prigioniero, l'ordine al reparto ustascia ancora a Mostar, di raggiungere Metcovich» <55>. Francetié, assieme al capo della polizia Svjevié, giunto a Metcovich, si recò dal coman-
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dante della divisione 'Murge', generale Paride Negri, (comandante del settore della bassa Narenta), ed asserendo d'essere agli ordini diretti del maresciallo Kvaternik, dichiarò di aver avuto l'incarico di «ristabilire l'ordine in vista degli incidenti di recente verificatisi in zona Mostar [... ) e per epurare la zona dagli elementi perturbatori mediante arresti su vasta scala» <86>. Nella sua relazione, il generale Dalmazzo mise in evidenza anche un altro fatto di non secondaria importanza: «con la scusa della necessità di difesa degli interessi germanici in zona (sfruttamento di giacimenti di bauxite)» <S7>, il Francetié e lo Svjevié si erano fatti accompagnare da un capitano tedesco, ed in ogni occasione avevano cercato «di trincerarsi dietro pretese autorizzazioni ed ordini dell'ufficiale stesso, ripetutamente qualificato [... ) come 'generale germanico', ed in seguito come ufficiale di collegamento tra il battaglione ustascia ed il cémando germanico» l88>. Dalmazzo faceva anche notare che, a seguito di questi incidenti, «il panico tra la popolazione mussulmana e ortodossa si è diffuso immediato ed imponente ed ha avuto ripercussioni gravi non solo a Mostar ma in tutte le zone dei cetnici che attualmente combattono con valore, sotto il diretto comando del Generale Lusana, contro le formazioni comuniste. Soltanto il nostro energico intervento e il pronto allontanamento del battaglione ustascia ha evitato incidenti gravissimi e soprattutto la fuga sulla montagna e quindi alla mercé dei ribelli, di tutti gli uomini dai 15 ai 50 anni, subito deliberata e da noi impedita con notevole difficoltà» <89>. Inoltre, sul piano politico, valutava che «i fatti [... ) dimostrano come le autorità croate siano ben lungi dal comprendere sia l'azione che con tanti sacrifici noi stiamo da tempo conducendo nell'interesse stesso dello Stato Croato, sia la necessità di una saggia politica di riavvicinamento e di pacificazione [... ). Gli episodi odierni invece hanno provato come alle parole non rispondano per nulla i fatti; come i diretti collaboratori del Poglavnik conducano ancora la vecchia deprecata politica che ha portato il nuovo Stato all'orlo della catastrofe; come, nei nostri confronti, non solo non si nutrano sentimenti di schietta amicizia e volontà di collaborazione ma si persista in una ostilità manifesta e soprattutto in una condotta di slealtà inqualificabile» <90>_ L'incidente, troppo clamoroso per restare circoscritto nell'ambito militare, assunse proporzioni sempre maggiori. Il generale Roatta, tramite il capo della missione militare italiana presso il Governo croato, generale Oxilia, fece le proprie rimostranze direttamente a Pavelié. Questi, convocato a Zagabria il tenente colonnello Francetié <91>, cercò di dare ai fatti una giustificazione tutt'altro che convincente e Roatta, diplomaticamente, ritenne opportuno accettarla, incaricando Oxilia di comunicare al Poglavnik quanto fosse «lieto di apprendere che improvviso arrivo delle note forze
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ustascia et polizia [... ] est dovuto ad un equivoco et a desiderio di concorrere at nostre operazioni con forze superiori at quelle già convenute, per Metkovic di una compagnia» <92>, ma precisandogli che la questione «della presenza delle formazioni ustascia nella seconda zona est tutt'ora in esame presso le autorità centrali» <93>_ Il 29 maggio, il battaglione ustascia rientrò a Sarajevo, «non senza aver dato nuovi segni dell'animosità che regna nell'elemento ustascia sia nei nostri riguardi [degli italiani - n.d.a.J che verso i serbo-ortodossi (significativo l'attentato a Mostar contro un noto capo ortodosso amico dell'Italia [... J e la sparato ria dal treno contro una nostra caserma)» i94J. Il capo ortodosso era Dobroslav Jevdjevié contro il quale erano state lanciate due bombe a mano, ma senza conseguenze; degli attentatori uno venne ucciso sul posto, l'altro riuscì a fuggire. Ma questi avvenimenti misero allo scoperto le intese tedesco-croate per il porto di Ploce. Roatta, il 27 maggio, segnalava al Comando Supremo che «il battaglione Francetié, giunto inopinatamente a Mostar, asseriva di dover, fra l'altro, proteggere i lavori per una base tedesca da costruire a Ploèe, e destinata al carico della bauxite proveniente dall'interno» <95>. Avvertiva che l'Organizzazione Todt, «in parte apparentemente ed in parte senza apparire» <961 si occupava dei lavori; un reparto ausiliario di avieri tedeschi, di stanza a Mostar, s'interessava della bauxite, ed a Metcovich operava un nucleo di tecnici della Todt <97 l_ I tedeschi, intuendo che il loro interesse per Ploèe non era più un segreto, cercarono di prevenire qualche reazione italiana, ed il 30 maggio il ministro di Germania a Zagabria, Siegfried Kasche, comunicò fo rmalmente a Casertano che il Governo del Reich era venuto nella determinazione di servirsi di Ploce per il trasporto della bauxite, «di cui habet concessione da Governo croato» <93>, poiché le comunicazioni con Ragusa non erano più in grado di sopportare un aumento del traffico. La società 'Goeringwerke' avrebbe attrezzato il porto anche per navi di medio tonnellaggio, ed i lavori di dragaggio sarebbero stati affidati ad una ditta di Trieste. Faceva sapere che erano già stati presi accordi con il Governo croato, e che l'ambasciatore tedesco a Roma aveva ricevuto istruzioni per informare il Comando Supremo italiano. Frattanto alcuni tecnici della Todt, accompagnati da ufficiali croati, si sarebbero recati a Ploce ed a Metcovich per studiare sul posto l'attuazione del progetto ed esaminare le soluzioni più adeguate per la sicurezza dei lavori, prendendo contatto con le autorità militari italiane del posto <99>_ Ma i tedeschi che giunsero a Ploèe, evitarono qualsiasi contatto con i comandi italiani tanto che Roatta, il I O giugno, chiedeva al Comando Supremo se fossero stati autorizzati «a visitare et
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prendere rilievi nelle zone di Porto Tolèro (Ploce) et canale Narenta Vecchia» <100>. La risposta fu inequivoca, «tecnici tedeschi non(,) dicesi non(,) sono autorizzati visitare et prendere rilievi» <101>. II generale Oxilia, riferendo a Supersloda le comunicazioni fatte da Kasche a Casertano, avvertiva che la questione di Ploce stava molto a cuore del Poglavnik, e che il comando tedesco di Mostar aveva «ricevuto ordine di assicurare la protezione del porto di Ploka [sic] con forze ustascia che erano giunte in seguito ad autorizzazione Supersloda at Metkovié et che era previsto l'arrivo at Ploka di un reparto dell 'organizzazione Todt dotato anche di M.A.S. per la difesa dal mare» 002>. Roatta invitò il generale Oxilia a chiedere piu precisi ragguagli anche alle autorità militari tedesche di Zagabria, facendo loro sapere che «Supersloda, come in passato, non avrebbe mancato di agevolare, ma con sue truppe e mezzi, il trasporto bauxite at scopi bellici» <103>. Però il comando germanico rispose evasivamente, dicendo che vi sarebbe stata una riunione presso la legazione di Germania in merito a questo problema <104>. Così, la questione passò dalle mani dei militari a quelle della diplomazia, e non senza preoccupazione degli ambienti romani, poiché oltre agl'immediati interessi germanici di carattere economico, lasciava trasparire intendimenti o sviluppi politici non certo a vantaggio dell'Italia. Per di più i tedeschi dimostravano un'allarmante fretta, ed il 31 maggio l'incaricato d'affari della legazione del Reich nella capitale croata, ebbe un ulteriore colloquio con Casertano ripetendogli che da parte germanica si riteneva «estremamente necessario» l'uso del porto di Ploce, tanto che una commissione di tecnici, accompagnati da funzionari della legazione germanica a Zagabria, si sarebbe recata sul posto. Ma introdusse anche un nuovo argomento, del quale sino a quel momento i tedeschi non avevano fatto cenno, cioè che il Reich, «in attesa dei risultati trattative da svolgere a Roma, riteneva assolutamente conveniente che sicurezza in posto [fosse affidata] at compagnia ustascia che già a suo dire si trovava ancora in quella località» <105>. Al generale Oxilia sembrava «logico dedurre [... ] che permanenza in Metkovié di una compagnia ustascia interessa vivamente Legazione germanica et che urgenza passi fatti da inèaricato d'affari at ore 14.00 di domenica avesse scopo per revocare ordine partenza compagnia» <106l, già dato dal generale Dalmazzo. Il 1° giugno, l'ambasciata tedesca a Roma pose ufficialmente la questione al ministero degli affari esteri italiano <101>, ed il giorno successivo, nel pomeriggio, ebbe luogo la prima riunione italo-tedesca. Preventivamente, però , presso il ministro Luca Pietromarchi, capo dell'ufficio Croazia, s'erano riuniti l'ammiraglio Giuseppe Raineri Biscia di collegamento
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fra il ministero della Marina e quello degli affari esteri, il console Vittorio Castellani funzionario degli esteri di collegamento con Supersloda, il tenente colonnello Remigio Vigliero del Comando Supremo, il tenente colonnello Domenico Michelotti, inviato da Supersloda (tos>, al fine di esaminare le richieste che i tedeschi avevano condensato in un memorandum c109>. Nel documento, dopo aver posto in evidenza che «l'aumento dell'estrazione e dei trasporti di bauxite dalla Croazia è di decisiva importanza nell'attuale economia di guerra» c110>, si attribuiva ad un'iniziativa di Zagabria l'interve.nto della Germania nella questione di Ploce poiché, non essendo il Governo croato «in grado di attuare con propri mezzi gli aumenti di cui sopra [... ], si è rivolto al Governo del Reich chiedendo il suo appoggio in modo specifico per quanto riguarda le costruzioni da effettuarsi» <111 >. Di fronte a questa richiesta - proseguiva il memorandum - il ministro del Reich per gli armamenti e le munizioni, aveva incaricato l'organizzazione Todt di assumere «nel comune interesse dell'economia di guerra» cmi la responsabilità dei lavori a Ploce. Dopo queste istruttive premesse, venivano indicati a grandi linee i lavori da intraprendere, ma la parte più importante erano le richieste al Governo italiano: pieno appoggio dell'esercito e della marina ai lavori della Todt; autorizzazione alla Todt di proçedere «direttamente alla protezione armata [dei lavori - n. d.a.] rafforzando eventualmente questa mediante gli ustascia», con la precisazione che <<a protezione del cantiere di Ploce le navi necessarie all'organizzazione Todt sono armate» r113>_ Il dragaggio dei fondali sarebbe stato assegnato ad un'impresa italiana, mentre le autorità portuali «dell'Adriatico», (cioè non solo della Dalmazia) avrebbero dovuto facilitare il noleggio dei natanti necessari ai lavori. I tedeschi, per di più, chiedevano la consegna dei mezzi galleggianti e dei materiali di proprietà dell'ex-Governo jugoslavo che si trovavano a Picee prima dell'aprile 1941; l'utilizzazione dei materiali di proprietà delle imprese ex-jugoslave già allora destinati ai lavori del porto; la consegna delle gru che il Governo jugoslavo, a suo tempo, aveva ordinato agli stabilimenti Skoda per il porto di Sussa [ = Susak]. Infine, sollecitavano il recupero e la messa in efficienza delle due draghe affondate dai ribelli, per concludere con un'offerta all'Italia: l'organizzazione Todt era disposta a venire incontro, nei limiti dei propri mezzi, ai desideri italiani circa l'esecuzione degli impianti speciali come, ad esempio, «per i trasporti di carbone e di legname dalla Bosnia non appena si avranno a verificare risultati pratici per i carichi di bauxite» 014>; in altre parole, mai o quasi mai. Nella riunione da Pietromarchi venne deciso che, non essendo opportuno un rifiuto, conveniva accontentare i tedeschi, ma contenendo il pro-
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blema in un campo strettamente tecnico, senza assumere né concedere alcun impegno di carattere politico e risolvendo ogni questione con esclusione dei croati <115>, Era, quest'ultima, una naturale risposta agli impegni presi da Zagabria con i germanici senza avventire Roma. Nel pomeriggio, presenti un funzionario dell'ambasciata tedesca e due della Todt 016', si concordò che alla costruzione della strada dalle miniere di bauxite alla ferrovia vi avrebbero provveduto imprese germaniche; per la ferrovia Metcovich-Ploce i lavori sarebbero stati completati dall'amministrazione ferroviaria croata che li aveva già iniziati; la sicurezza della zona era assunta dalle autorità militari italiane; nel porto di Ploce tutte le costruzioni e le installazioni sarebbero state eseguite «a cura e conto del Governo italiano» 011'. Roma s'impegnava di pontare i fondali dagli attuali tre metri e mezzo a nove' metri, oltre a costruire banchine e depositi per un movimento giornaliero di tremila tonnellate di bauxite e per un tonnellaggio non ancora determinato di carbone e legname; infine, sempre a sua cura, sarebbero stati costruiti gli alloggi ed i servizi per dirigenti ed operai. I particolari ed i dettagli tecnici erano rinviati, per la definizione, a successive riunioni <115>. L'Italia, pur di prevenire uno stabile insediamento tedesco in Adriatico, ed evitare complicazioni di carattere politico, si assunse gravosi oneri finanziari. Il duca di Spoleto, non ancora a conoscenza dei termini dell'accordo, ma avendo avuto notizia dell'iniziativa tedesca, si domandava se la Germania non volesse «trarre occasione propizia, non facilmente rinnovabile, di avere uno sbocco diretto in Mediterraneo per la corrente dei suoi traffici e per la via più breve» 019>. Si chiedeva anche se il Governo italiano non dovesse evitare che la Germania raggiungesse «quest'intento attraverso un porto della Croazia, e appoggiando [la Germania - n.d.a.] sia pure ascosamente, lo Stato croato nelle rivendicazioni su Spalato>) 020' come contro partita. Il 24 giugno, il colonnello Agenore Bertocchi 021l collaboratore del duca, nel comunicare al Sovrano designato i termini dell'intesa italo-tedesca, osservava che le condizioni concordate, «che dovrebbero avere carattere di garanzia», di fatto erano «prive di valore reale e concreto [... ]: il porto italo-tedesco-croato in Adriatico è ormai un fatto compiuto che difficilmente potrà essere modificato dall'Italia [... ], ma non è a fare un'ardita profezia se si pensa che esso verrà attrezzato in maniera da consentire un largo movimento mercantile» c122l per la Germania. Esprimeva, quindi, il parere che «il traffico di naviglio mercantile e l'esistenza d'interessi commerciali marittimi tedeschi in Adriatico consentiranno la presenza, sia pure s;:tltuaria ma frequente di navi da guerra germaniche nel nostro mare [... ] . È altresì evidente che il presidio militare italiano nel porto di Ploce non potrà durare che per il tempo di guerra» <123l.
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A Ploèe, intanto, era stata recuperata una delle draghe affondate t 124i. Il 1° luglio il tenente colonnello Fabio Bollo assumeva il comando del porto <1251 , e dieci giorni dopo il capitano di vascello Carlo Fecia di Cossato il comando militare marittimo ll 26>. Sul fronte a terra il generale Dalmazzo, il 27 giugno, aveva istituito il nuovo settore di Metcovich 0 21>, ed il 24 luglio disponeva la costruzione nella zona di Ploèe d'un sistema difensivo, «adeguato all'importanza dell'orgazzazione che vi va sorgendo» ll28), con opere permanenti di grande capacità, integrate dallo schieramento delle artiglierie. Ordinava che i lavori fossero eseguiti con celerità, impiegando quanto era necessario, però «senza sciupio di materiale ma senza grettezze» 0 29>, F~attanto a Roma proseguivano i contatti dei rappresentanti della Todt con le autorità italiane ed il ministro per-,i lavori pubblici, Giuseppe Gorla, ai primi d 'agosto ricevette una commissione di tecnici tedeschi, accompagnati dal ministro Pietromarchi e da un consigliere dell'ambasciata di Germania, che gli chiesero di mettere a disposizione, per l'escavazione dei fondali, le quattro più grandi draghe di proprietà del ministero. Gorla rispose che tutte erano impegnate e, comunque, il ministero non le avrebbe consegnate; se mai si sarebbe potuto pensare ad una assunzione in proprie dei lavori da parte dei tecnici italiani. I tedeschi opposero «alquanto altezzosamente», che questo rifiuto «sarebbe stato superato dagli accordi che il Maresciallo Goering avrebbe preso con Mussolini» <U0>. La questione di Ploce, ormai, stava diventando un problema di Stato, e soprattutto allarmati erano gli ambienti della marina militare. Anche l'ammiraglio Raineri Biscia si rivolse a Gorla facendogli presente che l'Italia aveva «lottato per due generazioni per scacciare i tedeschi dall'Adriatico e la Germania ora vi è tornata, ha innalzato la bandiera della sua marina da guerra a P iace e vuoI costruire un grande porto con pretesti commerciali ma in realtà per farne un porto militare [... ], se si trattasse solo di bauxite avrebbe già il porto di Spalato, pochi chilometri distante, del quale invece non vogliono sentir parlare» <13 1>. Il 10 agosto, la commissione tedesca tornò da Gorla e gli comunicò che, a seguito degli accordi intervenuti fra Goering e Mussolini, il ministero dei lavori pubblici doveva consegnare gli escavatori. Ma Gorla oppose di non aver ricevuto alcuna istruzione e, quindi, non riteneva di mutare il proprio punto di vista. I tedeschi, piuttosto seccati, replicarono che gli ordini sarebbero venuti direttamente da Mussolini stesso m 2>. Il ministro, partiti i tedeschi, chiese telefonicamente di conferire con il Capo del Governo, che lo ricevette subito. A Mussolini, la questione di Piace e delle intese che, a detta della c.ommissione tedesca, sarebbero inter-
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corse fra lui e Goering, giunsero completamente nuove, e Gorla lo ragguagliò . «Durante il mio racconto - avrebbe poi scrit.t o il ministro - Mussolini mi aveva ascoltato con la più grande attenzione e mi osservava in modo particolare, come si può osservare qualcosa fuori del comune [... ]. Quando incominciò a parlare [... ] aveva una voce strana che sembrava venire di lontano, non riusciva inoltre a nascondere l'evidente imbarazzo in cui si trovava. Disse che per ragioni intuitive, che non dubitava io dovessi comprendere, egli non poteva rispondere ai tedeschi con un rifiuto categorico come avevo fatto io. Il massimo aiuto che egli mi poteva dare era quello di trincerarsi dietro la competenza del ministero dei LL.PP .; non avrei potuto aspettarmi un aiuto diretto da lui e perciò avrei dovuto affrontare la commissione tedesca in quanto egli l'avrebbe rinviata da me. "Dovrete opporre loro argomenti formidabili se volete resistere, li avete?" "E vi sentite in grado di resistere alle loro pressioni?" Lo assicurai che avevo argomenti decisivi e che mi sentivo di resistere purché egli mi garantisse che non mi avrebbe mai inviato, né scritto né verbale, l'ordine di consegnare le draghe» (133l. La commissione tedesca tornò da Gorla e, dal modo con cui affrontò l'argomento, apparve evidente che Mussolini non aveva ceduto alle loro richieste. Questa volta i tedeschi «si sono degnati di discutere e trattare» <134>, convenendo che il ministero dei lavori pubblici avrebbe eseguito in proprio e con propri mezzi i lavori di escavazione, mentre per i manufatti si sarebbe servito dei materiali forniti dai tedeschi stessi. Poiché da parte germanica venivano posti dei termini molto brevi per la consegna dei lavori, Gerla fece includere nella convenzione una clausola che subordinava l'esecuzione nei tempi richiesti alla regolare consegna da parte dei tedeschi dei materiali: sarebbe stata dichiarata inadempiente quella delle due parti che per prima fosse venuta meno ai patti (135). ***
Ai primi di settembre, il ministro Casertano, ospite del generale Roatta, fece una crociera in Dalmazia con la motonave Abbazia e visitò anche il porto di Ploce (136>. Vi lavoravano le draghe Tirreno, Etruria, Adriatico e l'idroescavatore Plutone, con una produzione giornaliera di tredicimila metri cubi. Sul posto c' erano circa cinquecento persone fra operai e tecnici della 'Ferrobeton' e personale del ministero dei lavori pubblici, alloggiati in baracche appositamente costruite, con annesso refettorio e servizi, dotati di luce elettrica prodotta da un generatore autonomo l 131l. Casertano, riferendo a Pietromarchi le impressioni riportate, scriveva: «I lavori procedono con ritmo celere e con ampiezza. Sarà un'opera della quale veramente potremo andare orgogliosi» <138>. Oggi è il porto di Kardeljevo.
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I PRELIMINARI DELL'ACCORDO ITALO-CROATO DEL 19 GIUGNO 1942 Mentre si dipana va la questione di Piace, il generale Roarta, per designaziOJ.?-e del Comando Supremo, il 19 giugno firmava con Pavelié un accordo che modificava le intese politico-militari stabilite a Zagabria il 29 agosto 1941 <139>, quando le forze armate italiane avevano assunto il presidio della seconda e della terza zona, e l'esercizio dei poteri civili nella seconda. Se nell'estate del 1941 le ragioni che avevano indotto l'Italia ad intervenire su larga parte del territorio croato erano state dettate dalla necessità di far cessare le stragi perpetrate dagli ustascia, di reprimere la rivolta dei serbo-ortodossi, di contrapporsi alle prime bande comuniste, di sostenere il regime di Pavelié, ed anche di tutelare gl'interessi italiani, non altrettanto chiari appaiono i motivi del nuovo accordo, che comportò il ritiro dei presidi dalla terza zona e la parziale retrocessione dei poteri civili nella seconda. Questi cambiamenti avrebbero dovuto presupporre una capacità militare ed un'efficienza amministrativa del Governo croato, che notoriamente era ben lungi dall'avere ma, a Roma, il Comando Supremo non ne tenne conto nonostante reiterati e precisi avvertimenti. L'accordo, in pratica,. non portò vantaggi né all'uno né all'altro dei contraenti; tuttavia - almeno nei primi momenti - ebbe un aspetto positivo, poiché il Governo croato assunse l'impegno di trovare un'intesa con i cetnico-ortodossi. Politicamente il nuovo orientamento di Zagabria, sembrava semplificare il groviglio croato; militarmente, almeno sulla carta, tendeva all'eliminazione d'un avversario, e chi avesse ancora portato le armi contro lo Stato croato non poteva che essere comunista. Le origini del nuovo accordo, probabilmente, risalgono a gennaio del 1942. il generale Vittorio Ambrosia, non appena nominato capo di Stato Maggiore dell'esercito, aveva riferito al Comando Supremo che Zagabria intendeva riprendere il controllo militare della terza zona, e che lo stesso Pavelié gli aveva chiesto «in modo esplicito, se non lo sgombero, almeno la limitazione dei poteri dell'autorità militare italiana sulla 2a zona» <140>, motivando la richiesta con la pretestuosità che «il territorio da noi [italiani - n.d.a.] occupato sarebbe in pieno fermento in quanto la politica da noi perseguita avrebbe impedito alla sovrana potestà croato-ustascia di assicurarvi l'ordine ed il pacifico svolgersi della vita interna» C141>. Questa iniziativa, presa nel momento in cui la 2a Armata stava affrontando la crisi invernale, dovette suscitare in Ambrosia più d'una perplessità, data la <<sistematica inadempienza ai patti ed agli accordi» C142> da parte del Governo croato, particolarmente a quelli che «statuivano l'indirizzo economico-aro-
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ministrativo da instaurarsi nei territori della 2a zona» <143>_ Inadempienza, secondo il generale, non occasionale, poiché risp ondeva «a direttive degli organi centrali», che cercavano di «menomare il nostro prestigio e rappresentarci ai serbo-ortodossi come desautorati, come inadempienti alla nostra volta alle promesse contenute nel bando del 7 settembre e nel proclama del 25 dicembre u.s.» <144>_ Non era quindi azzardato supporre ché le nuove proposte tendessero a precostituire ulteriori motivi per alimentare questo genere di propaganda. In quei giorni, anche un informatore da Zagabria, citando alcuni articoli apparsi sul giornale Ustaska Uradnica ( = Lo scopo ustascia) che usciva a Banja Luk a, «vivacissimi [... ]di eccitamento per la piena indipendenza e per ottenere in qualsiasi modo il ritiro delle truppe [italiane n.d.a.]» 0451 - segnalava a Roma inquietanti sintomi di «una affannosa politica che tende ad ostacolare ed a disperdere con ogni mezzo le favorevoli disposizioni della popolazione Bosniaca verso l'Italia» <1461 • Lo stesso Ambrosio, ancora da comandante della 2 3 Armata, aveva avvertito che in varie zone della Croazia si stava diffondendo una subdola propaganda antitaliana «ad opera di organi responsabili» <147>, ed al primo posto collocava il commissario generale amministrativo, dottor Ante Karcié, con il personale dell'ufficio, formato in massima parte da croati, fuorusciti dall' ltalia negli anni '30. Stretto collaboratore di Karcié era il dottor Kiraz, «vera eminenza grigia», con tali precedenti d'antitalianità, che Palazzo Chigi era stato interessato per ottenerne l'allontanamento <1481 . Ma, propaganda a parte, il problema del co mmissariato amministrativo non era dei più semplici. Ciano stesso era del parere che con la sua abolizione «se ne avvantaggerebbe molto la diretta collaborazione tra le nostre autorità e quelle croate» <149>, apparendo più semplice risolvere sul posto le varie questioni con le autorità periferich e, piuttosto che trattare problemi locali attraverso il commissariato generale e l'Armata. Un intervento, per la soppressione del commissariato - secondo Ciano - avrebbe avuto «il vantaggio di poter esser presentato ai Croati come una semplificazione dell'attuale sistema di controllo della 2a zona», al quale il Governo croato, aggiungeva il ministro, «ci ha più volte chiesto di rinunciare» <150l, ma escludeva, per il momento, l' opportunità d'un passo del genere. La questione, invece, fu posta dai croati durante la conferenza plenaria della commissione economica permanente. Nella riunione che ebbe luogo a Roma dal 28 al 30 genniaio 1942 sono la presidenza del conte Volpi, erano state approvate le procedure per gli scambi con la Croazia, attraverso una formula molto prossima all'unione doganale; inoltre l'Italia ottene-
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va lo sfruttament,o dei boschi nelle zone croate presidiate dalle proprie forze amate; il passaggio della 'Standard Oil' croata all'A.G.I.P. (Azienda Generale Italiana Petroli); la ricerca e lo sfruttamento di giacimenti minerari e bauxitici; la partecipazione in imprese ebraiche sequestrate da Zagabria, d'interesse per la propria economia; la costruzione in Croazia d'una fabbrica di fertilizzanti da parte della 'Montecatini'; l'apertura d'una rappresentanza di questa società a Zagabria; la ripartizione paritaria del mercato assicurativo croato; la creazione d'una società italo-croata per il finanziamento e l'esecuzione di lavori pubblici in Croazia ed altre concessioni di minor conto (151l. fl 'pacchetto' - con tutte le riserve per la sua effettiva applicazione - era molto interessante per l'Italia, ed i croati probabilmente largheggiarono al fine di ottenere la contropartita che più stava loro a cuore: riassumere l'esercizio dei poteri civili nella seconda zona ed il controllo militare nella terza. La manovra fu condotta con indubbia abilità, dissimulandola con la questione del versamento mensile di duecentocinquanta milioni di kune (circa ottanta mili<:mi cli lire dell'epoca) che Zagabria corrispondeva per le spese di presidio della 2a Armata <152l. L'importo costituiva un notevole aggravio per le finanze croate, ed i delegati di Zagabria .sostennero la necessità di ridurre l'ammontare, ma non posero in discussione la validità o meno del sistema di calcolo (ragguagliato al numero dei militari italiani in Croazia). Chiesero invece, genericamente, di ridurre la presenza dei soldati. Di questo problema, in particolare, fu portavoce il dottor Dragutin Toth, ministro per l'industria ed il commercio che, dopo la riunione di Roma, più volte e sempre più vivacemente tornò ad insistere presso Volpi, poiché «la presenza della ·2 a Armata, così numerosa» pesava sulla Croazia <<per gli acquisti di viveri in loco, i conseguenti aumenti di prezzi e la richiesta dei fondi in kune per i pagamenti» <153)_ Il conte Volpi, verso la fine d'aprile, sottopose la questione a Mussolini, facendo osservare che i versamenti già effettuati da Zagabria - 1.500 milioni di kune - costituivano una « cifra che per la finanza croata è di notevole entità e che si ripercuote sulla circolazione monetaria» {l 54l_ Perciò prospettò l'opportunità di alleviare l'onere con un raggruppamento delle truppe in un territorio più ristretto, «attestandole al crinale delle Dinariche» 0 55l. Mussolini si dichiarò d'accordo, aggiungendo d'aver già interessato il capo di Stato Maggiore Generale, Ugo Cavallero (156>, essendo necessario «evitare di soffocare la Croazia che deve la sua nascita all'Italia 0 57l_ Volpi riferì l'esito del colloquio a Cavallero e questi gli confermò «pienamente l'opportunità di ritirare la 2 a Armata prima del prossimo inverno sul crinale delle Dinariche o5sJ,
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anche perché Io Stato Maggiore dell'esercito, sin eia gennaio, aveva proposto di portare Io· schieramento delle truppe in Croazia «su una linea facilmente sbarrabile ed economica» o59>. Zagabria, dopo il successo ottenuto per l'intermediazione del conte Volpi (che probabilmente valutò tutta la questione come una vantaggiosa transazione economica) affidò al capo della legazione croata a Roma, Stijepan Perié, l'incarico di proseguire i contatti con Palazzo Chigi <160>. L'll maggio tornò a Roma il ministro delle finanze Vladimir Kosak, che Pietromarchi accreditava come «il più fervido sostenitore della nostra politica in seno al Governo croato» <161 >, e che già a fine gennaio, in un'udienza concessagli da Mussolini, aveva chiesto l'aiuto del Governo italiano per alleviare la Croazia dalle difficoltà economico-finanziare in cui si dibatteva c162>. Nella sua visita di maggio, il ministro croato non incontrò Mussolini (in quei giorni in Sardegna) <163>, ma fu ricevuto al ministero degli affari esteri, quasi certamente da Ciano sia per l'importanza degli argomenti da trattare, sia perché il colloquio venne condensato in un 'Appunto per il Duce' 064>. Questa volta, Kosak si mostrò più ottimista sulla situazione della Croazia; il regime di Pavelié appariva notevolmente consolidato; le strutture dello Stato si stavano perfezionando, ed un esempio era la ricostituzione del Sabor; nel campo sociale, le provvidenze in favore delle categorie operaie e contadine, adottate sulla falsariga della legislazione italiana, avevano avuto favorevoli ripercussioni; le stesse celebrazioni del primo annuale della fondazione dello Stato croato non avevano dato luogo a reazioni negative fra le popolazioni. Ma rimanevano altri problemi che solamente l'Italia poteva risolvere. Il primo, naturalmente, era quello dei duecentocinquanta milioni di kune, e Kosak seppe abilmente collegarvi lo sgombero della terza zona e la restituzione dei poteri civili nella seconda, facendo osservare che, nonostante l'irreprensibilità dei reparti italiani, era inevitabile che si verificassero «incidenti di vario genere[ ... ] per la presenza di un esercito così numeroso, soprattutto dove i poteri civili sono stati assunti dal Comando italiano» <165>. Su questo tema, il ministro croato, fu anche convincente, sostenendo che <<ogni condanna, ogni repressione, ogni coercizione praticata dal Comando italiano, vengono considerate con insofferenza e malanimo, perché non promanano diretiamente, e neanche formalmente, dalle Autorità croate, ma da un'autorità straniera che esercita in realtà i diritti dell'occupante>> 066>. E, persuasivamente, aggiunse che ne derivava «uno stato d'animo di scontento e di sordo rancore» fra la popolazione. Per evitare questi inconvenienti sarebbe stato utile, per tutti, che l'Armata restituisse i poteri
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alle autorità croate, e queste avrebbero agito con la severità necessaria, d'intesa con le Autorità militari italiane. In tal modo, disse ancora Kosak «si otterrebbero effetti certo meno negativi dal punto di vista psicologico» <16'). Il ragionamento aveva la sua logica, ma dava per scontato quello che, invece, mancava: la capacità delle strutture croate, civiJi e militari, di far fronte ai nuovi compiti. Però di questo non risulta che alcuno ne abbia parlato. Sul piano militare, Kosak oltre alla riduzione dei contingenti italiani, auspicava «forme pratiche di collaborazione» fra le forze armate dei due paesi, poiché quelle croate, conoscendo il terreno e l'ambiente, apparivano le più adatte a fronteggiare la guerriglia. Con molto ottimismo - considerando•che «la Milizia fascista si è dimostrata più pronta ad intendersi con quella ustascia, per motivi di affinità rivoluzionarie e spirituali» 068' - affermò che «due divisioni di CC.NN. [camicie nere - n.d.a.J sarebbero in Croazia sufficienti a stroncare, in collaborazione coi battaglioni ustascia, tutte le forze comuniste e ribelli» <169>. Inoltre, anche per la protezione delle ferrovie vedeva positivamente un'intesa operativa fra la milizia fascista e quella ustascia. È probabile che, attraverso questa collaborazione, limitata alle formazioni armate dei rispettivi Partiti - e che escludeva l'esercito Kosak cercasse di preparare il terreno per un ritorno delle milizie di Pavelié nella seconda zona. Molto interessante l'altra proposta del ministro croato, quella di «armare, sotto il controllo comune italo-croato, gli elementi più sicuri, nativi del posto, formando bande di militi volontari a protezione delle case e delle popolazioni contro qualunque minaccia» <170). A sostegno di questa ipotesi, ricordò i buoni risultati ottenuti durante le operazioni in Bosnia dalla legione ustascia del colonnello Juraj Francetié che, partito da Zagabria con ottocento uomini, aveva portato i propri effettivi ad oltre tremila, arruolando sul posto, «d'accordo con il comando tedesco», bande di volontari mussulmani <111l. Questi argomenti, condensati nell"appunto', ebbero l'approvazione di Mussolini, e ne fu informato il Comando Supremo. Il 22 maggio, il generale Cavallero comunicava, per iscritto a Palazzo Chigi che la riduzione delle truppe in Croazia coincideva «coi nostri attuali interessi militari» <172> essendo già in corso un raggruppamento dei presìdi. Però suggeriva che lo sgombero delle guarnigioni non fosse «annunciato al Governo croato in blocco e sotto forma di accettazione della richiesta da loro inoltrata, ma volta a volta, presidio per presidio, in tempo utile affinché le autorità militari croate, possano, se lo credono, sostituirvi loro truppe alle nostre» mantenendo, così, «immutati i nostri diritti di operazioni e di occupazione delle intere 2a e 3a zona» (173>.
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Nessuna obiezione sulla riduzione del versamento mensile in kune; però, «per ragioni d'ordine pratico e per consentire la maggiore indipendenza dal punto di vista militare», proponeva «di non ragguagliare detta cifra alle forze che rimarranno in ogni singolo presidio [... ], ma di stabilire una cifra globale, che abbia, se si vuole, la figura di contributo economico dello Stato croato al sostentamento delle forze italiane nel suo territorio ed a suo vantaggio» 0 74 >. Naturalmente, per Cavallero, la lotta contro i comunisti ed il mantenimento dell'ordine pubblico nelle zone sgomberate dalle guarnigioni italiane, dovevano esser assunti dai croati. Tuttavia, pur affermando che i croati «avrebbero così campo di dimostrare la tesi recentemente sostenuta di esser pienamente e facilmente in grado di farvi fronte» 0 75> - e con ciò lasciando trasparire i propri dubbi - non sembra che il Capo dello Stato Maggiore Generale abbia valutato in tutta la sua estensione le conseguenze d'un generalizzato ritiro dei presìdi. Considerava possibile la partecipazione di truppe croate, ed eccezionalmente di minori formazioni ustascia, al mantenimento dell'ordine pubblico ed a piccole azioni locali nella seconda zona, ma «per ovvie ragioni - scriveva Cavallero - conviene che l'impiego di formazioni ustascia [... ] rappresenti una concessione più formale che sostanziale, lasciando poi l'attuazione al Comando Superiore delle FF.AA. Slovenia-Dalmazia» <116>. Circa la costituzione delle bande armate, propose una soluzione più riduttiva e prudenziale di quella del ministro Kosak, limitandosi a prevedere la possibilità d'armare «sotto il controllo comune italo-croato elementi sicuri di alcuni villaggi per metterli in grado di difendere le proprie case e famiglie» <177>, Sorprende, invece, la sua adesione alla proposta d'affidare alle truppe croate, «sia come protezione in posto, sia come scorta ai treni» alcuni tratti di ferrovia che giudicava «meno importanti» <178>. Tenendo presente lo scarso sviluppo del sistema ferroviario in Croazia, qualsiasi tratto della ferrovia Fiume-Spalato diventava essenziale, essendo l'unica linea che raccordava la Dalmazia al territorio italiano. Circa la questione dei poteri civili nella seconda zona, dove le autorità italiane esercitavano più che altro un potere di veto, Cavallero non ne escluse una parziale restituzione, purché i comandi italiani continuassero ad esercitare «quelli propri delle 'truppe operanti' mantendo alle proprie dipendenze le autorità civili croate locali» <179>. In chiusura della lettera comunicava d'aver dato incarico al comandante di Supersloda di concordare con Palazzo Chigi, e «proporre a questo Comando, lo schema di accordo per quanto concerne i poteri civili» <180>. Il generale Roatta preparò un pro memoria che discusse con Pietromarchi, ed il 25 maggio il ministero degli affari esteri faceva pervenire al Comando Supremo uno schema di norme
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per l'esercizio dei poteri civili che, «mentre lascerebbe invariata la sostanza dei poteri esercitati [... ), darebbe al Governo croato una soddisfazione, sia pure formale, ma che sarebbe certamente da esso apprezzata» 081 l, e la bozza venne approvata. Queste norme furono integralmente inserite nella 'nota verbale' <182> che Palazzo Chigi, il I O giugno, presentò alla legazione di Croazia a Roma. Ma il ministero degli affari esteri, dopo questo passo, incomprensibilmente, si astenne da ogni ulteriore intervento nella trattativa. Non è agevole comprendere il motivo che indusse la diplomazia italiana - qu<\,Si fOS'se insorto un ~onflitto con il Comando Supremo - a disertare la fase conclusiva dél negoziato, anche se nella stessa 'nota' era stato specificato che «le modalità pratiche per l'applicazione dei criteri sopra accennati potranno esser concordate dal Comandante delle FF.AA. della Slovenia e Dalmazia in diretti contatti col Governo croato di Zagabria» <183l. È vero che l'accordo considerava prevalenti questioni militari, ma stupisce che il ministero degli affari esteri se ne sia disinteressato, poiché le clausole, direttamente o indirettamente, avevano il loro peso nelle relazioni politiche con la Croazia. Di questa situazione, invece, si preoccupò il console Castellani, ed in una lettera dell' 11 giugno a Pietromarchi, gli scriveva che «le trattative in q'!estione» costituivano «un accordo di carattere internazionale ed essendo la continuazione ed il coronamento di quelle iniziate a Roma [ ... ] con la nota verbale del 1° éorr., sarebbe perciò logico che il progetto di accordo (che oltre a questioni di carattere militare tratta anche importanti questioni politiche) fosse preventivamente approvato dal Comando Supremo e dal Ministero degli Esteri» <184>. Castellani non aveva torto sia perché le istruzioni impartite dal Comando Supremo a Roatta erano molto generiche, sia perché questi - dapprima - per le modalità pratiche, aveva incaricato l'ufficio affari civili di Supersloda di preparare una bozza che «potesse bene o male servire di base ad una discussione» c1s5J. Quindi l'aveva affidata al colonnello Giacomo Zanussi, suo sottocapo di Stato Maggiore e uomo di fiducia, per un riesame. Però questi la rielaborò in modo così radicale da trasformarla in un nuovo testo, che il capo di Stato Maggiore, generale Ettore De Blasio ritenne «assolutamente inadeguato per la tutela degli interessi militari italiani» <186l. Castellani, condividendo le riserve di De Blasio, fece presente a Pietromarchi la pericolosità del testo Zanussi che, fra l'altro, affidava il tratto della ferrovia Ogulin-Tenìn - «arteria fondamentale dal punto qi vista militare ed economico» <187l - all'esclusiva sorveglianza dei croati i quali, in tal modo, a parte la capacità di assolvere adeguatamente il servizio,
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avrebbero avuto il più ampio controllo sul movimento delle truppe e sull'attività commerciale fra l'Italia e la Dalmazia. Il console, poi, escludeva che i comandi italiani potessero avere alle proprie dipendenze reparti croati solamente per l'impiego operativo poiché, se s'inteqdeva mantenere un certo controllo sulle zone sgomberate, le forze armate croate avrebbero dovuto dipendere dalle autorità militari italiane anche per la disciplina, la dislocazione, l'accasermamento; «altrimenti - scriveva Castellani - ci verremmo a trovare in situazione peggiore di quando le nostre truppe occuparono la 2 3 e la 3a zona in qualità di 'ospitate•»< 188>. Era una prospettiva tutt'altro che rassicurante, anche perché con il progetto Zanussi i reparti italiani difficilmente avrebbero potuto intervenire al di fuori dei limiti dei rispettivi presìdi. li console, alla lettera, allegò copia del testo elaborato da Zanussi con le modifiche suggerite da De Blasio, ma non sappiamo se quello che venne firmato a Zagabria il 19 giugno sia stato il testo dell'ufficio affari civili, o del colonnello Zanussi, oppure il contro-progetto Castellani-De Blasio, non escludendo qualche ulteriore rifacimento. L'unica cosa certa è che Pietromarchi, in testa al primo foglio della lettera di Castellani scrisse di proprio pugno: «Stare alla nota verbale» <189>, cioè a quella che il l O giugno era stata presentata al ministro croato a Roma. Se il console esternava le proprie preoccupazioni a Pietromarchi, altrettanto aveva fatto il generale Dalmazzo con Roatta. «Mi permetto - gli aveva scritto il 9 giugno - insistere ancora sulla necessità assoluta che siano ben definiti [i] nostri poteri sia nella 3 a che nella 2 a zona per evitare tutte le sicure dannose conseguenze che possono derivare da accordi non precisi, sia dai rapporti con i croati sia dalla situazione morale ed economica della popolazione» <190>. Per Dalmazzo, il ritorno delle formazioni ustascia nella terza zona poteva aver pesanti conseguenze. In primo luogo, essendo i battaglioni del colonnello Francetié alle dipendenze della 718a divisione tedesca, non era da escludere che una loro dislocazione nelle zone di Foca, Jeleé, Kalinovik, ricche di minerali, sottintendesse «scopi anche di sfruttamento economico di notevole importanza» 0 91 >. Ai fini della pacificazione, poi, la presenza degli ustasia era da considerarsi assolutamente negativa, «se non si vuole nuovamente gettare in poco tempo l'Erzegovina nel disordine e nelle braccia dei comunisti» <192>. Circa l'esercito croato, non riteneva che i domobranci fossero in grado di sostituire i reparti italiani e neppure d'assumere la protezione della ferrovia, se non altro per la materiale mancanza d'uomini. Dal punto di vista militare, era contrario all'abbandono della zona Gacko-Borac, che costituiva il naturale accesso all'Erzegovina; «la chiusura di quella porta è[ ... ] indispensabile[ ... ] data l'enorme impor·tanza di quella regione, non solo· per se stessa, ma per il possesso, controllo ed ordine in tutto il cuore dell'Erzegovina» <193i .
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Dalmazzo riferiva che, già alle prime voci d'una riassunzione dei poteri da parte croata e del ritorno degli ustascia, vi erano state reazioni negative. «L'on. Jevdjevié, che alcuni giorni or sono, era disposto a fare dichiarazione di vera e aperta collaborazione con lo Stato croato>><194>, ora, con una lettera molto significativa lo aveva avvertito che «in questo momento in cui la lotta contro i comunisti è in pieno sviluppo, ogni accordo con i croati provocherebbe grande malcontento e farebbe ritornare le masse ai comunisti» <195>. Inoltre, la pubblicazione da parte croata della notizia d'un accordo concluso da Zagabria con i cetnici (probabilmente quelli dell'Ozren) aveva «provocato nuovamente un movimento rivoluzionario nella Bosnia centrale e ha vivificato i comunisti» <196>•
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Jevdjevié aggiungeva che se sulla stampa fosse apparsa qualche indiscrezione, vera o falsa che fosse, d'una sua intesa con Pavelié, inevitabilmente avrebbe perduto ogni ascendente sui cetnici, «e rimarrei solo, e ciò pregiudicherebbe l'Italia ed il nostro popolo» (191>. Occorreva, invece, a suo giudizio «chiudere la frontiera montenegrina [... ] annientare il grosso delle forze comuniste [ ... ] ed allora potremo fare delle concessioni diplomatiche ai croati» <1981; «per l'Armata è importante che prima dell'inverno abbia assicurata la zona della Erzegovina e del Montenegro anziché avere la benevolenza del Poglavnik» 0 ~>. E concludeva: «se ciò non è possibile io mi devo ritirare giacché non voglio fare delle promesse fittizie>> <200>. Da ultimo, riferendosi ad una sua precedente lettera d'impegni con il comando italiano, pur riconfermando «la nostra volontà decisa per la ricostruzione e la collaborazione», escludeva di poter «addivenire ad un accordo diretto con il Governo Croato» C201>. Era quindi naturale che Dalmazzo manifestasse al generale Roatta «l'apprensione che si possa capovolgere la situazione risultante dagli attuali successi delle nostre armi e che si rigetti il paese nella rivolta con tutte le conseguenze civili, politiche e militari che ne deriverebbero» <202>. Probabilmente la presa di posizione di Jevdjevié era stata determinata anche dal timore che l' accordo dei croati con i cetnici dell'Ozren, e quello che stavano per concludere con Roatta, ponesse in crisi un più ambizioso progetto dei serbi, già avviato con Roma, ma del quale Dalmazzo non doveva essere a conoscenza. Lo stesso giorno in cui Jevdjevié scriveva la sua lettera, il generale Cavallero informava Palazzo Chigi che, «come noto a codesto ministero» il generale Milan Nedié, capo del Governo di Belgrado, aveva preso l'iniziativa di promuovere «un'eventuale collaboraziòne italo-serba nel campo militare per la repressione del comunismo» <2031 e che, su autorizzazione di Mussolini, l'addetto militare italiano a Belgrado aveva preso contatto con Nedié. Questi, dopo alcuni sondaggi circa la possibilità
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di ottenere dall'Italia il consenso «all'occupazione già in atto da parte dei cetnici serbi del distretto di Nova Varos, e all'estensione di essa a Sjenica», aveva proposto «il riconoscimento ufficiale di un'occupazione italo-serba neila zona del Sangiaccato, oppure [la] costituzione di una commissione mista italo-serba per coordinare un'azione in comune contro il comunismo» <204J. Mettendo in relazione con questo progetto alcune frasi della lettera di Jevdjevié - «non si deve dimenticare che ora i cetnici battono i comunisti in tutto il Sangiaccato di Novi Pazar» [località a 60 km. in linea d'aria da Nova Varos - n.d.a.], «un accordo con i croati farebbe ritornare tutto il Sangiaccato ai comunisti» <205> - , sembra che il capo cetnico fosse a cono- · scenza di queste trattative e che un'adesione dell'Italia al progetto Nedié avrebbe rappresentato una soluzione ben più favorevole di qualsiasi accordo con i croati. Oltre alle segnalazioni di Dalmazzo anche il generale Quirino Armellini, da Spalato, reiteratamente prospettò a Roatta le difficoltà che si sarebbero verificate con il ritiro dei presìdi, non ritenendo che le truppe croate fossero in grado di fronteggiare da sole la situazione nella terza zona e, nello stesso tempo, assicurare un'adeguata protezione alle popolazioni. Già il 3 maggio, nella Relazione periodica, il comandante del XVII1 Corpo d'armata aveva lamentato la scarsa collaborazione delle autorità militari croate nella lotta contro i comunisti, attribuendola «più che a malvolere, alla situazione dei reparti, male inquadrati, malamente equipaggiati pagati e vettovagliati. Ciò porta malumori nei gregari e scarsezza addirittura mancanza di spirito militare e guerriero. Non infrequenti i casi di diserzione di militari od addirittura di interi reparti» <206J. Ancora, il 15 maggio, in r~lazione ad alcune direttive impartite da Roatta, inviava al comandante di Supersloda una lettera in cui esprimeva 'francamente' il proprio pensiero sul Governo croato, «impari al compito che gli spetta: per deficienza qualitativa e quantitativa degli uomini; per la tutt'ora pressoché completa disorganizzazione del paese, specie in materia alimentare; per l'odio che divide le popolazioni; per la sfiducia che più o meno dimostrano tutti, croati compresi; per la nessuna o almeno assai scarsa considerazione in cui è tenuto l'esercito» <201>. Dopo aver scritto questa lettera, Armellini, il giorno successivo, in una nota personale e riservata, ai comandanti delle divisioni 'Sassari', 'Bergamo', 'Perugia', metteva in rilievo che «in un certo ambiente di Zagabria [... ] si crede che la Croazia possa ormai fare da sé e che, pertanto, la bardatura italo-tedesca sia superflua e lesiva della dignità nazionale [croata - n.d.a.]» <208 >. Come «frutto di tale corrente euforica e di questi
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sentimenti anticipatori rispetto alla situazione reale», avvertiva che il Governo Croato non soltanto stava facendo «assaggi per giungere alla abolizione dei nostri poteri civili nella seconda zona» <209> ma anche chiedeva di inviarvi la milizia ustascia. Ed il comandante del corpo d'aroata faceva seguire una frase significativa: «il nostro Governo sta esaminando la richiesta che non ha senz'altro respinta» <210>, e la sottolineatura al 'non', da lui apposta, sintetizzava un intero discorso. Seguivano, quindi, le istruzioni per mantenere il massimo equilibrio fra croati e cetnici, prendendo quest'ultimi sempre più saldamente alla mano. IL RIPIEGAMENTO DEI P RESÌDI DI KLJUC E DI BQSANSKIPETROVAC Le riserve di Armellini sull'efficienza e sulla capacità dell'esercito croato non erano teoriche, poiché avevano già avuto riscontro in una serie di fatti durante lo sgombero di Bosanski Petrovac. Questa località si trova al vertice d'un angolo retto formato dalla rotabile che, dopo una quarantina di chilometri verso est 1 arriva a Kljuc, e dalla strada che, in direzione sud, raggiunge Dervar, ad }lna trentina di chilometri. (CARTINA N.11). Per far ripiegare il presidio di Kljuc su Dervar era indispensabile sbloccare il vertice di Bosanski Petrovac, circondato dai comunisti, ed il comando della 'Sassari', il 4 maggio, avev'l iniziato l'operazione con due colonne: una, al comando del maggiore Barnabò, che mosse da Kljuc, l'altra, del colonnello Zanotti, da Dervar <211 >. Ambedue trovarono scarse resistenze e la sera del 5 maggio giunsero quasi coqtemporaneamente a Bosanski Petrovac. Sbloccato il paese, era riecessario garantire le comunicazioni, relativamente agevoli con Dervar, an,che se per consentire il transito degli automezzi fu necessario il lavoro d'ut1a intera giornata per rimuovere le numerose abbattute d'alberi. Diversa h,1 situazione lungo la strada per Kljuc, dove gravitavano circa tremila ribèlli <212>. Mentre il presidio di questo centro si teneva pronto ad ogni eventµalità, altri reparti furono scaglionati sulle quote dominanti il percorso (quota 1097 di Gradié, quota 663 del bosco di Debelo Strano, zona Babié). M;a il battaglione squadristi 'Milano', non appena attestatosi a Bravsko, venne attaccato da un migliaio di armati. «Il battaglione ha resistito validamente - si legge sul diario storico della 'Sassari' - senonché un plotone di una cinquantina di cc.nn. che era stato inviato a prendere acqua [ ... ) a circa 2 km. di distanza, è stato sopraffatto: 24 morti, 19 feriti. Risulta no che ad essi sono state fatte vessazioni di ogni sorta e torture» <213>. Da Bosanski Petrovac e da Dervar furono inviati rinforzi, che sgominarono j ribelli <214 >.
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CARTINA N. 11
(scala (l :275.000)
L'asterisco indica la località di Bravsko dove, il 6 maggio 1942 caddero ventiquattro camicie nere durante il ripiegamento del presidio di Kljué. L'ovale indica la località di mirelj.
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Riottenuto il controllo della rotabile, 1'8 maggio ebbe inizio lo sgom-_ bero di Kljuc. La precarietà in cui si sarebbe trovata l'intera zona una volta partito il presidio italiano, senza una corrispondente ed immediata sostituzione con reparti croati, trovò riscontro nel telegramma-radio inviato al ministero della difesa di Zagabria dal capitano distrettuale Kulenovié e dal tenente Dizdarevié, comandante del reparto croato di stanza a Kljuc. «Sgombero distretto da parte truppe italiane lascia quasi indifesa città Kljuc et 28 villaggi alt Urge immediato invio truppa aut se possibile armi alt Necèssita almeno 500 fucili, 10 mitragliatrici et congruo numero munizioni alt. Invio deve essere fatto a mezzo aereo [... ] alt Provvedimento est della mfssima urgenza per tranquillizzare popolazione atterrita da grandi masse comuniste periferia alt>> c215l, Era una dimostrazione del vuoto che si creava fra la vantata capacità in sede politica e la realtà obiettiva sul terreno, con la conseguenza che le popolazioni ed i reparti domobranci abbandonati a se stessi, il più delle volte, per salvare vita ed averi, sarebbero stati indotti a correre l'alea di dimostrarsi favorevoli ai comunisti o, addirittura, far causa comune con loro . Il telegramma non modificò il piano di ripiegamento, e nel diario della 'Sassari', sotto la data del!' 11 maggio, fu annotato: «Stamani è stato ultimato lo sgombero del materiale del presidio di Kljuc. Alle 14. 10 le truppe rimanenti del presidio al comando del ten. colonnello Biddau iniziano il movimento. Al passaggio per q. 663 la colonna rileva il battaglione bersaglieri 'Zara' e prosegue per Bravsko» <216>. 1112 il diario riporta: «Prosegue il movimento iniziato il giorno precedente. Alla colonna si riunisce il battaglione squadristi 'Milano' [ ... ]. Giunta all'altezza della q. 1097 (Gradié) la colonna si arresta proteggendo il recupero delle salme dei caduti nei combattimenti dei giorni precedenti. Alle 11.30 la colonna riprende la marcia portandosi verso la zona di Lerkovac e si attesta sulla rotabile. Il movimento della colonna da Bravsko in poi viene protetto dall'artiglieria che aveva preso posizione in zona Lerkovac. Alle 17 .15 tutti i reparti sono giunti a Petrovac» <211>. Purtroppo, fra lo sbloccamento di Bosanski Petrovac ed il ritiro del presidio di Kljuc, si ebbero quaranta morti e quarantacinque feriti. Sgomberata Kljuc, le bande comuniste spostarono la loro pressione sulla strada Bosanski Petrovac-Dervar, ed il 15 maggio presso Ostrelj (13 km a sud di Bosanski Petrovac) tesero un'imboscata ad un autocarro, scor~ tato da una squadra del battaglione bersaglieri 'Zara' . L'automezzo riuscì a passare, ma con un morto e cinque feriti a bordo <218l. Il 16, verso le 14.30 ad un chilometro a sud di Ostrelj, altra imboscata contro due autocarri provenienti da Dervar, scortati da una ventina di
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militari. Alla prima raffica cadde un bersagliere, ed il comandante della scorta, schierati gli uomini, fronteggiò i ribelli consentendo ai mezzi di proseguire. Intervenne l'artiglieria da Ostrelj, e la banda comunista si disperse. Un paio d'ore dopo, da questo caposaldo, uscirono altri due autocarri che rimasero bloccati dal fuoco di alcune armi automatiche; la scorta impegnò combattimento, e con l'arrivo di rinforzi i comunisti ripiegarono. Quel pomeriggio le perdite italiane ammontarono a tre morti e due feriti, tutti «colpiti da pallottole esplosive» <219J. II giorno successivo si ebbe un altro e più grave scontro. AI mattino uscì da Bosanski Petrovac una compagnia del XXXI battaglione bersaglieri, rinforzata da una sezione pezzi da 75/13, per occupare una quota dominante e dare protezione ad un'autocolonna che sarebbe partita da Ostrelj. La compagnia, <<attaccata da forti formazioni ribelli[,) impegnava combattimento in condizioni di inferiorità, tanto che i ribelli riuscivano a catturare i due pezzi; da Petrovac usciva una compagnia [... ] e dopo combattimento riusciva a prender contatto» con i bersaglieri <220>. Caddero il capitano Lombardi e due bersaglieri; sedici i feriti di cui due ufficiali; diciassette i dispersi; i ribelli, oltre ai due pezzi s'impadronirono di dodici muli <221 J. Lo Stato Maggiore croato era stato informato del prossimo ripiegamento da Bosanski Petrovac sin dal 25 febbraio, ma se il telegramma-radio spedito da Kljuc aveva dimostrato le difficoltà in cui venivano a trovarsi i reparti croati, ancor più significativa, fu la risposta del generale Vladimir Laxa, capo di Stato Maggiore, all'annuncio dello sgombero del presidio. Egli non soltanto scrisse a Roatta che «le forze armate croate non dispongono [... ] truppe, che potrebbero esser dirette a Bos. Petrovac per dare cambio alle truppe italiane», ma lo pregò «di voler trasferire da Bos. Petrovac [... ] il presidio croato, nel caso che sia ritirato il presidio italiano» <222J. E, quasi a conferma delle tante - e per molti aspetti inesplicabili - carenze dell'esercito, il generale Laxa aggiungeva, «siccome noi non abbiamo comunicazioni con Bos. Petrovac prego il Comando Superiore FF.AA. Slovenia-Dalmazia di voler emanare ordini in oggetto al nostro presidio» <223J_ Così, invece di sostituire i reparti italiani, anche quelli croati venivano ritirati abbandonando popolazioni e territori. Il ripiegamento da Bosanski Petrovac ebbe inizio il 25 maggio. Le prospettive erano poco favorevoli dopo le imboscate, ed i morti della precedente settimana e d'un nuovo agguato, sempre presso Ostrelj, ad un autocarro, con quattro morti e undici feriti <224J_ Tuttavia l'operazione si concluse in due giorni quasi senza reazione da parte dei ribelli, tenuti a rispetto da un robusto servizio di sicurezza. Il nemico tentò di interferire, ma venne disperso con il fuoco delle artiglierie e dei mortai; complessivamente le perdite italiane furono limitate ad un morto e due feriti <225 >.
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Però, l'accurata manovra di ripiegamento aveva corso il rischio di venir compromessa da un'imprevista complicazione: «la popolazione di Petrovac, per timore di rappresaglie da parte dei comunisti», abbandonò le case e si riversò a Dervar, «intasando la rotabile con carri e masserizie» <226>. La situazione fu risolta caricando sui mezzi militari donne e bambini che, con due viaggi dell'autocolonna furono portati a Dervar, mentre gli uomini con i carri ed il bestiame, procedendo a piedi sotto la protezione dei soldati, arrivarono il giorno successivo. Il problema non era stato dei più semplici, trattandosi quasi dei due terzi degli abitanti di Bosanski Petrovac, oltretutto senza viveri, per cui fu anche necessario provvedere al loro vevovagliamento lungo la strada. Il comando italiano riuscì far fronte all'emergenza distribuerdo circa quattromila razioni <221>. Armellini, riferendo a Supersloda, poteva obiettivamente dire che «la perfetta esecuzione degli ordini, sia di natura tattica che logistica, da parte delle truppe impiegate, ha permesso di attuare con tutta regolarità e col minimo di perdite un movimento non certo facile data la presenza di numerose forze ribelli e circa 2.800 mussulmani in fuga, in maggioranza donne e bambini che, sebbene disciplinati ed ossequienti agli ordini, costituivano un peso tutt'altro che indifferente all'esecuzione del movimento stesso» (228>. Con le truppe italiane ripiegò anche il reparto croato, ma avvenne quello che doveva succedere. «Mezz'ora dopo l'uscita delle nostre truppe dal paese, la bandiera rossa v.eniva inalberata sui minareti ad opera del vice-prefetto Osman lbrakovié, ustascia e mussulmano, di due soldati e di due gendarmi» <229>. I profughi furono trasferiti a Tenìn e da qui, per ferrovia, verso l'interno della Croazia. Ma se l'esodo da Bosanski Petrovac non rese attente le autorità croate, preoccupò i comunisti. Questi, alcuni giorni dopo (2 giugno), in una riunione ad Orasevac (presso Dervar) ne esaminarono le cause e ben presto la discussione degenerò in rissa con due morti e sei feriti. Lo scontro avvenne perché alcuni sostenevano che, mentre «noi combattiamo per il popolo, [... ] esso ci fugge come la peste. Tutta Petrovac ha evacuato in due ore per nostra paura, ora sgombra pure la popolazione di Drvar. Ciò dimostra che il popolo non approva il nostro operato, poiché quando può scegliere tra noi e gli italiani, preferisce questi ultimi, benché non obblighino nessuno ad evacuare» c230l. Era una sconfessione della propaganda e degli effetti della politica comunista, e qualcuno, per evitare un ulteriore esodo da Dervar, propose anche di trattare con il comando italia*** no (23t>. Il 30 maggio il presidio di Dervar iniziò i preparativi per lo sgombero che, data l'importanza della base, si sarebbe concluso solamente il 1° lu-
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glia. L'operazione, in prospettiva, faceva prevedere difficoltà simili a quelle incontrate a Kljuc ed a Bosanski Petrovac, ma forse più delicate sul piano politico e psicologico. Il 31 maggio, nel Notiziario giornaliero della 'Sassari', il generale Paolo Berardi fece il punto della situazione di Dervar dove «l'abbandono di Petrovac ha avuto delle ripercussioni molto gravi sulla popolazione, [... ] moralmente già scossa dagli avvenimenti dell'inverno e tutt'ora sotto l'incubo della fame, [... ) la popolazione, convinta inoltre che le truppe italiane lasceranno anche Drvar, chiede, in numero notevole, di abbandonare il paese. Com'è noto alla nostra occupazione, 25 settembre u.s., la popolazione di Drvar era in gran parte comunista o filocomunista. Il lungo e metodico lavoro di propaganda e di persuasione ha fatto sì che oggi una metà della popolazione è con noi, l'altra metà ha tenuto verso di noi, anche nei momenti più duri un bu~m comportamento. La massa dei cetnici, che ora combatte i comunisti in un duello mortale, era comunista o filocomunista[ ... ). In conc.lusione una buona metà della popolazione ha nei ribelli, non solo dei nemici. mortali, ma addirittura dei carnefici capaci, come di solito, delle torture più atroci» <232>. Quindi il generale considerava la necessità di preparare sin d'ora, gradualmente, «il loro sgombero da Drvar, portandosi al seguito tutti i loro averi: agevolare cioè tutti quelli che chiedon_o di trasferirsi» <233>, «In caso di nostro abbandono di Drvar, prevedo che la metà della popolazione ci seguirà [ ... ]: il numero non è facilmente definibile. Di questi forse i 2/3 (benestanti, commercianti, impiegati della SIPAD-Cellulosa) affluirebbero a Tenìn per ripartire per altre città, mentre l/3 cetnici e famiglie potrebbero esser riuniti a Bos. Grahovo costituendo in questa zon11 una forte base cetnica. Bisognerà cercare che i loro averi possano esser messi in salvo» <2341. Già nel Notiziario giornaliero del 21 maggio, il comandante della 'Sassari' aveva ricordato che i cetnici di Dervar «sperano solamente in noi date le contingenze attuali» <235 >, Lo sparuto gruppo di quindici anticomunisti del precedente inverno aveva ora la forza di centoc.inquanta uomini, compresi quaranta di Bosanski Petrovac, e se anche scarsamente armati non chiedevano altro «che combattere il comune nemico al nostro fianco» <236>. A giudizio di Berardi, il movimento dei cetnici stava assumendo aspetti interessanti poiché, «oltre a non svolgere più propaganda anticroata», si andava «lentamente orientando verso la Croazia stessa» <231>. Intanto gli impiegati della SIPAD avevano cominciato a trasferirsi in altre località; i contadini, per sfuggire ai partigiani che dominavano la campagna, cercavano protezione nel paese ed occupavano le abitazioni abbandonate; commercianti ed industriali si preparavano a partire <233> ben
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sapendo che i comunisti, in un modo o in un altro intendevano riscattare lo scacco subìto il 25 settembre dell'anno precedente, allorché le truppe italiane avevano posto fine alla 'repubblica' di Dervar creata da Ljubo Babié (Vedi volume primo, pag. 543). Il modo con cui i ribelli pensavano di celebrare la rivincita venne precisato dal loro capo Stevo Kecman, additando alla vendetta dei suoi uomini il capitano Vincenzo Marussi, commissario civile di Dervar, artatamente imputato di essersi servito degli ustascia (e cosi Kecman accreditava agli italiani se non altro la compartecipazione alle stragi commesse dagli uomini di Pavelié) «per annientare il popolo serbo e il nostro onesto partito comunista che è l'unico rimasto in mezzo a tutti i1 popoli onesti e specie in mezzo a noi serbi di Drvar, che abbiamo l'incarico di salvaguardare il nostro popolo dalle barbare orde del capitano Marussi e dei suoi servi cetnici» <239'. Ma Stevo Kecman, nei suoi propositi di vendetta, comprendeva anche gli abitanti di Dervar che potevano aiutare gl'italiani: «non avremo pietà per quelli che, rimasti nelle loro case coi loro averi, permetteranno che gli italiani tolgano loro il bestiame e la farina»; ed aggiungeva «fra breve entreremo a Drvar, città guasta e maledetta, prenderemo il capitano Marussi ed i suoi servi cetnici e li porteremo davanti a voi perché Ii giudichiate. E quando entreremo a Drvar, città corrotta, ammazzeremo tutti ed allora cominceremo a formare il nuovo cittadino» <240'· Non doveva, quindi, stupire se chi poteva cercasse di mettersi in salvo. Quello che il comandante della 'Sassari' aveva riferito per Drvar, poteva adattarsi con poche varianti a qualsiasi altro centro presidiato dagl'italiani. Era ovvio, pertanto, che il generale Armellini segnalasse un indubbio peggioramento della situazione nell'ambito del proprio corpo d'armata anche se, dal punto di vista militare, nel settore della 'Bergamo', il ripiegamento del presidio di Glamoc era avvenuto senza difficoltà. Invece aveva avuto delle conseguenze sul piano politico, poiché le autorità civili croate erano fuggite dal paese prima ancora che i soldati italiani fossero partiti, e la popolazione era terrorizzata. Sul posto era rimasto solamente un reparto di duecentocinquanta croati al comando d'un sottotenente, mentre sulle colline circostanti venivano alzate bandiere rosse dalle bande di Ljubo Babié (241). La fuga delle autorità croate, la precarietà della situazione di Glamoc si ripercossero nella zona, mettendo in agitazione le popolazioni, e 1'8 giugno, il generale Sandro Piazzoni, comandante della 'Bergamo', per riportare un po' di calma, alla presenza d'un ispettore degli ustascia giunto da Jajce, convocò il comandante della guarnigione croata di Signo, assieme alle autorità civili di Livno, poiché in questa località non esistevano reparti
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croati. Il generale chiarì che lo sgombero dei presìdi dalla terza zona veniva effettuato «su richiesta del Governo croato il quale ha dichiarato di essere in grado di provvedere con propri mezzi alla tutela ed all'ordine pubblico» <242> e, pertanto, la situazione di Glamoè, bloccata ed affamata dai comunisti doveva esser risolta dalle autorità croate. Tuttavia per un senso di umanità verso la popolazione e per non fornire ai partigiani ulteriori motivi di propaganda con una immediata conquista del paese, assicurò che i reparti della divisione avrebbero scortato un convoglio di viveri, dando nello stesso tempo protezione ai rinforzi che i comandi croati avessero fatto affluire <243 >. Frattanto, sempre nel settore della 'Bergamo•, il 1° giugno la guarnigione di Prozor era stata ritirata a Bugojno, e dal 4 all'8 dello stesso mese, assieme ai soldati di questo presidio, sgomberò su Livno <244>. Era inevitabiie che ogni ripiegamento, senza il contemporaneo arrivo di reparti croati, determinasse l'afflusso dei ribelli, ne stimolasse l'aggressività, favorisse la propaganda ed agevolasse la loro organizzazione. Alle spalle della Dalmazia, era già sorta la 'repubblica di Srb', un vasto territorio da Korenica a Lapac, da Kulen Vakuf a Bosanski Petrovac, «con scuole per bambini, scuole ufficiali e sottufficiali ed informatori, laboratori per bombe a mano e mine, stazioni radio di propaganda (Nuova Jugoslavia), attrezzature con macchine da scrivere e stamperie» <245 >_ Il 20 giugno ripiegò la guarnigione di Tomislavgrad (oggi Duvno), dopo aver provveduto al trasporto dei materiali con circa ottanta viaggi di autocarro; dal 23 al 29 ebbe luogo lo sgombero di Livno con quattrocentocinquanta viaggi-autocarro, senza che i ribelli, tenuti in rispetto da un robusto sistema di protezione, disturbassero i movimenti c246>. Più complesso, nel settore della 'Sassari', il ripiegamento da Dervar, base logistica e di supporto per le guarnigioni della terza zona, con ampi magazzini e depositi. Lo sgombero si protrasse per tutto il mese di giugno, ed a Tenìn vennero portati, oltre le dotazioni militari, «parecchie centinaia di profughi con masserizie», «importanti materiali di ferro e di rame appartenenti alla SIPAD (fabbrica di cellulosa)» C247>, e le salme dei novantanove soldati italiani, tumulate in quei mesi nel locale cimitero. Per proteggere i movimenti, che alcune volte si svolsero sotto la pressione delle bande comuniste, il comando della 'Sassari' impiegò quattro battaglioni di fanteria, un gruppo d'artiglieria, una compagnia carri ' L' <24s>, e negli ultimi tre giorni intervenne l'aviazione <249>.
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INTESE SERBO-CROATE A TENÌN UCCISIONE DI PAJO POPOVJé Mentre il comando della 'Sassari' era impegnato con il ripiegamento dei presìdi, a Tenìn, forse anche per timore che la città, con lo sgombero delle guarnigioni dell'interno, venisse a trovarsi esposta, si ebbero due fatti di notevole rilievo: un deciso avvicinamento dei cetnici agl'italiani sino alla collaborazione armata, e la riconciliazione - almeno formale - degli ortodossi con le autorità croate locali. Il 2 giugno, il pope Djujié assieme al colonnello ex-jugoslavo Demetrio Ufolcevié ed al capitano montenegrino Radovan Ivanisevié, ebbe un colloquio con il generale Berardi, comandante della 'Sassari' <250>. I tre ortodossi - senza esagerare le cifre - riferirono che al di là dell'allineamento Gospié-Gracac-Tenìn-Signo c'erano oltre diecimila partigiani bene armati e comandati, pronti ad agire contro i presìdi italiani della seconda zona e, nell'illogicità della logica balcanica, «segretamente aiutati dai croati stessi» <251>. Djujié, nell'«interesse comune degli italiani, e delle bande anticomuniste ortodosse di combattere i comunisti», chiese al generale l'autorizzazione «di portare il numero degli antipartigiani della regione dai 2.000 attuali ad 8.000» assicurando d'esser pronto ad «esercitare azioni proprie su vasta scala nel territorio bosniaco» <252>, purché i comandi italiani gli fornissero un adeguato armamento <253l. Garantiva di liberare la zona dai comunisti, s'impegnava ad operare d'intesa con i comandi italiani, assic.urava di tenerli informati delle azioni che avrebbe intrapreso, ma insisteva per una sollecita consegna delle armi, «entro una quindicina di giorni», in modo da «essere in grado di agire nelle migliori condizioni, essendo il tempo a vantaggio del perfezionamento delle organizzazioni locali» <i 54>.
Il generale Berardi colse l'importanza della proposta e l'appoggiò presso il corpo d'armata poiché, a suo giudizio, avrebbe facilitato «il compito delle forze italiane in seguito al ripiegamento [dei presìdi - n.d.a.] in corso e al possibile assottigliamento delle forze disponibili. Essa creerebbe intorno alla nostra occupazione una fascia di sicurezza estendentesi fino a tutta la 3 • zona, alleggerirebbe la pressione contro i nostri presìdi e contro la Dalmazia delle formazioni ribelli e si svolgerebbe all'infuori del territorio occupato da noi» <255 >_ Il progetto non venne immediatamente realizzato forse per evitare che, in quei momenti, la costituzione di grosse formazioni cetniche intralciasse il corso dei negoziati fra Supersloda · e Zagabria in relazione alla nuova politica che il Governo croato intendeva adottare verso gli ortodossi (256l.
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Il secondo fatto - la riconciliazione a Tenìn fra cetnici e croati ebbe luogo il 13 giugno, data tutt'altro che gradita dagli ortodossi, ricorrendo l'onomastico {Sant' Antonio) di Pavelié. Per onorare il Poglavnik era stata celebrata con grande solennità una messa alla presenza delle autorità croate ed italiane, ma gli esponenti ortodossi avevano disertato la cerimonia religiosa. Però, mentre le autorità si stavano dirigendo verso la prefettura, dove il prefetto Sincié offriva un ricevimento, il generale Berardi vide un gruppo dei più ragguardevoli ortodossi, visibilmente incerti se aggregarsi o meno agli altri invitati. Berardi, intuendo la situazione, si mise «alla testa del gruppo riluttante, per guidarlo al ricevimento» (2571. In prefettura, come se nulla fosse successo, il gran zupano Sincié rivolse un saluto agli ufficiali italiani, auspicando alla vittoria e «ringraziando per l'opera da essi spiegata per la pacificazione della zona[ . .. ]. Alle rappresentanze serbe [... ] ha rivolto brevi parole invitando i serbi a collaborare per la pacificazione della zona, dimenticando i 'piccoli incidenti' successi lo scorso anno i quali sono stati la causa prima della lotta fra serbi e croati. I serbi - precisa il diario storico della 'Sassari' - hanno ascoltato con espressione molto dignitosa e con faccia impenetrabile» !25sJ. Che gli ortodossi, ad un anno dall'inizio dalle stragi commesse dagli ustascia, avessero varcato la soglia della prefettura, e almeno nella forma, superate le tante riserve, dimostrava quanto cammino fosse stato percorso grazie alla costante mediazione dei comandi italiani. La decisione dei serbi, inoltre, doveva essere ben meditata poiché resse al duro collaudo cui venne sottoposta quello stesso giorno, quando a Tenìn giunse la notizia del massacro di tre ortodossi (un uomo, una donna ed una bambina) da parte di alcuni croati nel non lontano paese di Kovaéi <259>, Se il fatto in se era grave, gravissima sembrava la provocazione poiché quell'inutile strage, determinata da un banale diverbio per la raccolta della legna, poteva apparire quasi una macabra offerta dei croati a Pavelié nel suo giorno onomastico. È vero che il generale Berardi dovette ricorrere alla sua autorità ed al suo prestigio per impedire ritorsioni dalle imprevedibili conseguenze <2601 ma i cetnici non reagirono. Anzi, due giorno dopo, l'ex-deputato serbo Stevo Redjenovié, su invito del gran zupano Sincié, si recò in prefettura e, di comune accordo, esaminarono il modo migliore per pacificare la zona. L'interesse che Sincié dimostrava p'e r arrivare il prima possibile a sempre più strette intese con gli ortodossi era anche alimentato dalla personale ambizione di dimostrare a Zagabria le sue qualità di politico. Pur di riuscirvi, «durante il colloquio [. .. ] - riferì il comandante della 'Sassari' avrebbe offerto al Redjenovié un posto al Sabor croato ed aiuti materiali per un'eventuale azione di pacificazione serbo-croata» <26 11. Inoltre gli
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avrebbe posto a disposizione, ricevendo un netto rifiuto, centomila kune per indurlo «a far accorrere alla leva almeno dieci ortodossi, affinché precisava Berardi - egli potesse propalare a Zagabria di esser riuscito ad attirarsi l'elemento ortodosso nell'?rbita croata» <262>. In quei giorni anche altri capi cetnici erano stati «cordialmente ricevuti .dal Prefetto», e Mane Rokvié aveva «ottenuto armi, munizioni e notevoli quantità di viveri». Solamente il pope Djujié rifiutò gli inviti del prefetto <263>. Inoltre cominciò a correre insistente la voce che Sincié, nella ricerca di qualsiasi mezzo valido per accaparrarsi la benevolenza dei cetnici, avesse fatto consegnare «varie decine di fucili e [... ] quattro mitragliatori alle bande èetniche di Grahovo» <264>. Però, mentre si sbilanciava verso gli ortodossi, sembrava che «alla chetichella» avesse fatto distribuire armi «alla popolazione cattolica nei pressi di Tenìn, armando elementi ustascia ascopo di loro inquadramento militare e altresì di calmare la popolazione cattolica alla quale era stato promesso l'arrivo imminente di battaglioni usta-scia e che aveva visto invece giungere baldanzosi armati serbi» <265>. Questo giuoco su due scacchiere non tranquillizzò i croati, ed insospettì i cetnici (266) _ Sulle possibili conseguenze di queste forniture d'armi, che sfuggivano al controllo dei comandi italiani, e su quelle dei sempre più stretti contatti fra croati e cetnici, il generalé Berardi non era troppo tranquillo poiché come scriveva al corpo d'armata - sino a quando gli italiani fossero rimasti i soli o i prevalenti fornitori, i cetnici avrebbero continuato a collaborare; ma se fossero riusciti ad ottenere armi e viveri in maggiori quantità dai croati, non escludeva la possibilità che <<ci abbandonino per inquadrarsi nelle formazioni croate» <261>. Una simile prospettiva, già di per sé 'deprecabile', gli appariva pericolosa; imboccata questa strada, non era da escludere che fra serbi e croati si arrivasse ad «un fronte unico contro di noi, considerati occupatori o causa prima dei mali che affliggono questo popolo», anche se - aggiungeva Berardi - «sino ad ora permangono le profonde cause di dissidio fra croati e cetnici)). Ma «nei nostri riguardi questo è un bene», in quanto, faceva notare il generale, «a noi sono utili tanto i dissidi sentimentali tra cetnici e croati, quanto i piccoli insuccessi delle azioni cetniche, perché ostacolano da una parte il formarsi del fronte unico antitaliano e dall'altro umiliano la burbanza dei capi cetnici» <268'. Il generale Berardi, di fronte all'attivismo del prefetto Sincié, alla positiva risposta dei cetnici, al timore di vedersi estromesso dal giuoco forse anche confortato da notizie sull'andamento dei negoziati fra Supersloda e Governo croato - per mantenere il controllo della situazione, tentò la via più difficile: ottenere t1i:a collaborazione croato-ortodossa sul piano
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militare. Il 19 giugno giocò la sua carta e convocò nel proprio ufficio «i capi cetnici della zona per discutere accordi circa la comune azione contro i ribelli» <269l.• La presenza dei serbi era scontata; incerta quella dei croati, ma anch'essi parteciparono alla riunione avendo «superato - almeno per ora - la rivalità contro i cetnici per fare causa comune contro i comunisti» <210J. Sul diario storico della 'Sassari' veniva annotato che l' «accordo tra i serbi ed i croati nella lotta antibolscevica è .un risultato di grande e paziente opera da noi svolta per un anno al fine di portare la pacificazione nella zona; l'esser riusciti a metter d'accordo serbi e croati e far loro dimenticare il sangue versato un anno fa, può considerarsi una vittoria che potrà dare ottimi frutti nella lotta anticomunista sia perché tutti gli sforzi saranno uniti, sia perché concorreranno senza distrazioni di rancori reciproci alla comune causa» <271l. Quasi a sottolineare la necessità di questa riuscita iniziativa, e dell'opportunità d'un coordinato fronte anticomunista, quello stesso giorno, a Kosovo (tre chilometri a sud di Tenìn) veniva ucciso dai comunisti Pajo Popovié. Assieme al pope Momcilo Djujié era una delle figure più rappresentative della zona. Ambedue si erano sempre dimostrati convinti collaboratori delle autorità italiane, e se Djujié lo aveva manifestato apertamente, l'azione di Popovié era stata più cauta, quasi coperta, ma ben valida, tanto che i comunisti lo consideravano «il più furbo agente italiano» <272l_ I suoi contatti con il comando della 'Sassari' avevano luogo quasi esclusivamente attraverso il tenente Guido Lucich-Rocchi dell'ufficio 'I'; e quale fosse l'importanza della sua collaborazione appare anche dall'ampio spazio che il Notiziario Giornaliero della divisione dette alla sua scomparsa. Ricordava che Popovié «aveva contatti con ufficiali di questo comando ai quali ha fornito precise informazioni e fatti evidenti della sua filo-italianità. Prove evidenti sono: che durante 13 mesi non un nostro soldato è stato fatto segno a attentati ,nella zona che da Topolje per Biskupjia, Orl.ié, Kosovo va a Raidane [recte: Ridjane]; che per 13 mesi tanto la linea ferroviaria quanto la rotabile Tenìn-Dernis furono sempre libere al traffico non subendo alcuna interruzione; che nel momento della decisione definitiva egli ha opposto netto rifiuto di seguire i comunisti per combattere gli italiani, rifiuto che gli è costata la vita» <273l _ Sulla scomparsa di Popovié corsero subito le voci più disparate e si diffuse - o fu ad arte propalata - la diceria che al suo posto fosse stata sepolta altra persona (274l_ La voce era tanto insistente che il comando italiano ordinò l'esumazione della salma, ed il cadavere fu identificato <275l. I funerali, imponenti per la folla accorsa, con i reparti cetnici in arrni che resero gli onori, ebbero luogo nel pomeriggio del 21 giugno <216l. La notizia
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dell'uccisione arrivò sino a Zagabria, ed il console Vittorio Castellani, certamente attingendo a fonti croate, interessate a seminare zizzania fra i cetnici, informò Roma che «circa la sua morte si danno molte e contraddittorie versioni; chi la attribuisce ai partigiani, chi ai croati, chi ai cetnici. Quest'ultima versione è quella che trova maggior credito tra i nostri informatori. Sembra infatti che da qualche tempo l'atteggiamento del Popovié legittimasse il sospetto che egli avesse qualche contatto in campo comunista. Convintosi di ciò, il Pope Mancilo Diujich [recte: Momcilo Djujié] comandan.te delle bande cetniche del settore di Knin che operano ai nostri ordini - lo avrebbero convocato per dare spiegazione e, more balcanico Io avrebbe fatto senz'altro sopprimere» (277J. II ritrovamento di alcuni documenti e la diffusione d'un comunicato da parte comunista, chiarirono i fatti. Popovié, non molti giorni prima d'essere ucciso, aveva ricevuto una lettera anonima, densa di minacce: «sarebbe meglio che ti tranquilli [sic], perché altrimenti presto sarai finito (ammassato) [... ] sappi bene che gli italiani non rimarranno sempre nella Dalmazia e dovrai fuggfre, ma non avrai dove fuggire. Conoscerete voi signoroni serbi chi sono i croati [. ..]. È meglio che ti tranquillizzi assieme ai tuoi capi e se non vi tranquillizzate, in una notte sarete tutti incendiati. Non pensate puttane serbe che esiste il regime jugoslavo, · questa terra è croata» <218'. Secondo il comunicato emanato il 20 giugno dai comunisti dello «Stab IV - Base d'operazione», il I battaglione dalmato d'assalto aveva «avuto ordine di portare in questo comando Pajo Popovié, comandante di un reggimento cetnico per· interrogarlo perché ha dichiarato dinanzi a tutti di voler collaborare con i partigiani mentre dall'altra parte, con tutte le informazioni in possesso di questo comando, lui stesso collaborava con gli italiani» (2191 • Quindi, «piena la stanza di comandanti e combattenti per invitarlo a seguirli, Pajo Popovié ha imbracciato il fucile mitragliatore che aveva sottomano e per questo motivo è stato fucilato sul posto» (280J. Molto probabilmente successe qualcosa di diverso, poiché sulla salma furono riscontrati tre colpi di rivoltella, una baionettata al fianco e due agli arti inferiori <281'. I partigiani legittimarono l'uccisione di Popovié richiamandosi a documenti trovati nel suo archivio e dai quali risultava una continua collaborazione con gli italiani. Quasi ad avallo, ma principalmente - lo riteniamo - per influire più decisamente sui cetnici, ai quali il_ comunicato era destinato, i comunisti lo fecero sottoscrivere da sette gregari del Popovié catturati al momento dell'assassinio, e le prime firme erano di due suoi comandanti di battaglione <292>. Indipendentemente dalle modalità della soppressione e delle ragioni addotte, se la morte di Popovié
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fu una perdita per il comando italiano, ancor più lo fu per le popolazioni della zona da lui controllata alle quali venne a mancare quella tranquillità che egli aveva saputo assicurare. Nella stessa giornata del 19 giugno, che aveva visto il successo politico del generale Berardi nell'avviare le intese sul piano militare fra cetnici e croati, che doveva registrare la perdita d'un collaboratore come Pajo Popovié, a Zagabria venivano firmati gli accordi fra il generale Roatta e Pavelié.
L'ACCORDO DEL 19 GIUGN0.1942
Malgrado la concordanza delle segnalazioni sulle carenze del!' esercito croato, la dimostrazione di quanto era avvenuto a Kljuc, a Bosanski Petrovac, a Glamoc per l'imprevidenza dei comandi croat i e per le difficoltà dei domobranci di reggere alla pressione dei partigiani, di quello che poteva succedere a Dervar, Roatta e Pavelié firmarono il nuovo accordo . Non è da escludere che eventuali remore o riserve da parte italiana fossero state condizionate dal comunicato del Quartier Generale del Poglavnik su intese concluse fra croati e cetnici: le formazioni serbo-ortodosse dell'Ozren e del Trebovac Planina avevano accettato di desistere dalla lotta contro i croati, di rispettare la sovranità dello Stato croato, di riconoscere l'autorità di Pavelié e di combattere esclusivamente i comunisti PS 3l_ Ma non è neppure da escludere che. i comandi italiani siano stati indotti a concludere l'accordo anche per le insistenti voci che le intese cetnico-croate dovevano «essere [.. . ] approvate dal generale Fortner» e che, «d'ora innanzi le trattative coi cetnici e coi ribelli in genere» sarebbero state «condotte esclusivamente dal comando germanico», il quale avrebbe anche «fatto espresso divieto» alle autorità croate «di adottare iniziative al riguardo senza il preventivo benestare del predetto comando» <284>. Questo improvviso intervento dei tedeschi apriva complesse prospettive, che le autorità italiane non potevano trascurare, soprattutto perché si trattava d'una condotta ben diversa da quella tenuta dai comandi germanici durante l'operazione 'Trio', quando avevano imposto di trattare i cetnici alla stessa stregua dei comunisti. Il nuovo orientamento, la sua problematica, l'incertezza delle previsioni, quasi certamente sospinsero le autorità italiane a stringere i tempi per non vedersi scalzare nella considerazione degli ortodossi, e per non lasciare senza risposta il nuovo corso della politica tedesca.
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Così, mentre Zagabria s'inorgogliva, ritenendo che l'evacuazione dei reparti italiani dalla terza zona costituisse un rafforzamento del proprio prestigio, per le alte sfere di Roma, oltre all'interesse economico di veder onorato il 'pacchetto' offerto dai croati durante la sessione della commissione economica, e quello militare di ridurre le forze dislocat.~ in Croazia, s'aggiungeva questo non secondario motivo, e tutto prevalse anche sugli avvertimenti di Casertano. II 17 giugno, solamente due giorni prima dalla firma dell'accordo, il capo deIIa legazione italiana a Zagabria, pur confermando che Pavelié, personalmente, era sempre riconoscente all'Italia, faceva presente che, nell'ambito del Governo, questa gratitudine non aveva peso, poiché lo stesso Poglavnik era condizionato dalla preoccupazione di non urtare la 'devozione' filotedesca di molti suoi collaboratori, ed in primo luogo queIIa del maresciallo Kvaternik (2s5)_ Secondo Casertano, oltre al gruppo filotedesco ne esistevano altri due: quello dei 'presuntuosi' e quello degli 'espansionisti ad oltranza' . Nel primo comprendeva coloro che consideravano Io Stato croato ormai maturo per una totale indipendenza politica, per l'autosuffi.. cienza economica, convinti che i croati da soli fossero in grado di realizzare il consolidamento della Croazia, e «con tale ideale - commentava il ministro - è evidentemente in contrasto il presidio militare italo-tedesco, particolarmente quello ital~ano perché il più numeroso e perché gravita sulla zona costiera» <286). Il secondo gruppo, quello degli 'espansionisti', considerava provvisori gl'impegni assunti da Zagabria con i patti di Roma, non riteneva definitivo l'assetto politico-territoriale del paese, attendeva la fine della guerra per una nuova delimitazione delle frontiere che, con l'appoggio germanico, sarebbero state tracciate secondo le loro mire più accese. Da qui l'avvertimento di Casertano: «un disinteressamento nostro in Croazia, nel campo del presidio militare, è certamente per ora prematuro. Ci si potrà gradualmente arrivare, soltanto quando l'organismo delle forze armate croate sarà così strettamente controllato ed indirizzato da noi, da avere sicuri e completi elementi sulla capacità dei croati a fronteggiare ogni eventualità in pieno e perfetto accordo coi nostri intendimenti» <281>. Ma anche questa ragionata valutazione cadde nel vuoto. A completare le diffuse incertezze sulla opportunità dell'accordo, il giorno stesso della firma, Roatta - si direbbe quasi per premunirsi e per dissociarsi 'a futura memoria' dalle direttive del Comando Supremo inviò a Roma un'ampia relazione sulle condizioni in cui si dibatteva il Governo croato, a causa del conflitto fra i gruppi etnici, della situazione economica, della politica razziale spinta all'esasperazione, della «mancanza di omogeneità, compattezza e serietà politica in taluni organi direttivi
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centrali» <25s). Anche le riforme volute dal Poglavnik non erano state comprese dalla popolazione perché attuate senza un'adeguata preparazione dell'opinione pubblica e, quindi, non doveva sorprendere se il Governo era avversato, se si registrava un sempre più profondo senso di sfiducia e di diffidenza verso il regime <259). In merito alle forze armate, Roatta riconosceva l'impegno posto da Zagabria per la loro riorganizzazione, ma mancavano le condizioni morali e materiali indispensabili per una buona riuscita: scarsa disciplina, frequenti le diserzioni, non curata l'istruzione, difettosi l'armamento e l'equipaggiamento, insufficiente l'alimentazione, vivo i[ contrasto fra domobranci ed ustascia, gravi le defezioni dell'aviazione (negli ultimi dieci giorni tre piloti con i loro apparecchi erano passati ai ribelli) <290J, scarso il gettito della leva per i numerosi renitenti, che finivano con l'ingrossare le file comuniste. Naturale, perciò, quel diffuso senso di stanchezza, di apatia, di sfiducia, che si ripercuoteva sul morale delle truppe, compromettendo ogni residua efficienza. Ed il generale Roatta concludeva l'analisi in modo inequivoco: le «forze armate croate, mancanti in genere di coesione e di spirito militare, non sono in grado di fronteggiare da sole il movimento ribelle» (29IJ. Se il Governo ed i politici di Zagabria, accreditavano all'esercito piena capacità, anche il Governo italiano o, più esattamente, il Comando Supremo, persistette nel credere all'efficienza dei reparti croati, e l'accordo fu firmato. L'«Accordo tra il Governo dello Stato indipendente di Croazia ed il Comando Superiore FF.AA. Slovenia-Dalmazia» (292>, era diviso in cinque capitoli, ciascuno con diretto riferimento al corrispondente punto della 'nota verbale' presentata il 1° giugno da Palazzo Chigi alla legazione di Croazi11 a Roma. Concettualmente regolava questioni militari, poteri civili, rapporti con i cetnici, e questioni economiche. Per quest'ultimo argomento si convenne che il versamento mensile in kune sarebbe stato regolato non più in relazione al numero dei soldati italiani presenti sul territorio croato, ma con un importo globale - tesi Cavallero - e la determinazione dell'ammontare venne rimessa alla commissione economica permanente italocroata. Per l'esercizio dei poteri civili si stabilì che nella seconda zona il mantenimento dell'ordine pubblico, competeva «solidariamente alle Autorità civili croate ed alle Autorità militari italiane» <293l. Ma si trattò d'una tortuosa soluzione poiché i comandi italiani mantenevano il controllo sulla detenzione d'armi, munizioni, esplosivi, materiale bellico, sul coprifuoco
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e l'oscuramento. Alle autorità croate, spettava l'esercizio dei poteri sull'uso degli apparecchi radio, sul controllo della circolazione (automezzi e persone), sul rilascio dei documenti di riconoscimento, dei lasciapassare, sulla disciplina degli assembramenti in occasione di fiere, mercati, feste religiose, e così via. Questa suddivisione, però, non si applicava ai terrftori del litorale e delle isole croate - cioè alla cosiddetta ma indefinita ··p rima zona' - dove permaneva l'esclusiva responsabilità dei comandi italiani; ma nelle città che in queste zone erano sedi di prefetture croate come a Segna; Almissa, Ragusa, si riapplicava la divisione dei poteri. Tuttavia, in caso di rivolta o di operazioni militari, ed indipendentemente dalle località, i comandi italiani avevano il diritto di riassumere automaticamente tutti i poteri <294>. L'aspetto più delicato era quello della circolazione delle persone, collegato al rilascio dei documenti personali, dei lasciapassare, del loro controllo, che ai posti di blocco - anche se tenuti da militari italiani - diveniva competenza esclusiva dei croati i quali, in tal modo, divennero gli àrbitri d'un servizio estremamente delicato. A ciò si aggiungeva la complessità della procedura: qualsiasi persona per uscire da un presidio italiano doveva procurarsi il nulla osta dal comando militare e, solo in base a questa autorizzazione, le autorità civili croate potevano rilasciare il lasciapassare; chi voleva entrare, doveva munirsi d'un permesso dalle autorità croate della località di provenienza e, una volta a destinazione, farlo vistare dal comando italiano. A questi lasciapassare si aggiungeva quello per la circolazione nell'ambito del presidio, di competenza della gendarmeria e vistato dall'autorità militare italiana; però, durante il coprifuoco, nessuno di questi documenti era valido: bisognava munirsi di apposito salvacondotto dei comandi italiani C295l. Una normativa così complessa ebbe le sue inevitabili conseguenze anche nei confronti della Dalmazia annessa, ed a fine luglio il XVIII Corpo d'armata avrebbe segnalato che a Spalato «le severe applicazioni per il rilascio dei salvacondotti e lasciapassare. ha provocato la quasi assoluta mancanza di prodotti ortofrutticoli e della pesca [... ]. Se il controllo delle persone che transitano i posti di blocco è norma d'applicare rigorosamente, una certa larghezza nel lasciar importare prodotti del suolo e bestiame, sarebbe auspicabile. Si sono visti respingere negli ultimi giorni [... ] molte decine di contadini che portavano a Spalato carne, pollame e uova» <296l. Sempre nel campo dei poteri civili i croati avevano l'obbligo d'informare i comandi italiani dei provvedimenti che, esorbitando dall'ordinaria amministrazione, potevano ripercuotersi sull'ordine pubblico. Ma ai comandi italiani spettava il controllo su ogni iniziativa degli organi croati,
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che avevano il dovere di conformarsi «immediatamente e direttamente» alle decisioni di parte italiana. Il termine 'direttamente' stava a significare che, pur essendo stato conservato il commissariato generale amministrativo - contro il parere di Ciano - i problemi andavano trattati e possibilmente risolti sul posto <297J. Il traffico marittimo, la pesca, il movimento dei natanti di qualsiasi tipo, la protezione e la difesa delle isole e del litorale, restavano d'esclusiva competenza italiana. In merito, il Governo croato rilasciò anche una 'dichiarazione', allegata all'accordo, in cui si affermava «nel modo più esplicito» di non aver alcuna intenzione di costituire una ' marina da guerra', e che questo termine, - inserito, alcune settimane prima, nel decreto-legge sulla organizzazione delle forze armate croate - si riferiva unicamente «ai natanti fluviali armati ed ai loro equipaggi, destinati al servizio militare sui fiumi del Bacino Danubiano per esigenze di polizia e di finanza». Inoltre, con la stessa 'dichiarazione' il governo croato s'impegnava ad abrogare un'ordinanza che per alcune località marittime della Dalmazia aveva mutato la denominazione di 'Comando di porto' in quello di 'Comando costiero' <298>, termine già usato dalla marina da guerra ex-jugoslava. La dichiarazione era stata sollecitata da parte italiana poiché, in applicazione dei patti di Roma, la Croazia non poteva avere una marina da guerra ma, sin dai primi momenti, questa limitazione aveva determinato fra i croati una reazione nazionalistica, seconda soltanto a quella per Spalato. Zagabria, a parte l'emotività, per non disperdere la propria marineria da guerra aveva aggirato il problema costituendo diverse società di piccolo cabotaggio con personale e mezzi ben superiori alle necessità del traffico. In tal modo era riuscita a mantenere in esercizio circa cinquecento uomini fra ufficiali e marinai, ed il personale navigante della marina mercantile fu posto alle dipendenze del ministero della difesa <299>. Mentre le autorità italiane cercavano di esercitare uno stretto controllo per il rispetto dei patti, la propaganda marinara croata ricevette un particolare impulso proprio ad opera del Governo italiano. Quando Roma concesse a Zagabria di alzare la bandiera croata sul naviglio mercantile, sia pure limitatamente a quello di stazza non superiore alle trecento tonnellate, l'avvenimento venne «solennemente festeggiato in t utto lo Stato croato. A Ragusa, alla cerimonia dell'alzabandiera ha presenziato - scriveva il comandante del XVIII Corpo· d'armata - il generale italiano Dusmet accompagnato da altri ufficiali[ ... ]. Il giornale Spremnost [ = Decisione], organo della propaganda ustascia si è affrettato a scrivere che quel giorno rimarrà memorabile nella storia del libero Stato croato perché segna il ritorno della bandiera croata nell'Adriatico)) <300J. Perciò la 'dichiarazione' rilasciata il 19 giugno, dovette pesare parecchio a Zagabria, tanto che venne circondata dal massimo riserbo.
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Per la parte militare, l'Italia confermava il ripiegamento dei presidi, ad eccezione di Karlovac nella terza zona, e di qualche altro nella seconda; comunicò che le guarnigioni di Jastrebarsko, Bihaé, Bosanski Petrovac, Glamoc, Bugojno, Prozor, e Konjic erano state ritirate; lo sgombero dei presìdi di Dervar, Bosansko Grahovo, Livno, Tomislavgrad e Gacko, sarebbe stato completato entro il IO luglio; rimase in sospeso la data per il ripiegamento delle guarnigioni di !moschi, Stolac, Ljubinje, Nevesinje, Bileéa e di alcune minori (30 IJ. Supersloda si riservò di dare notizia alle autorità croate dei movimenti di ciascun presidio con un anticipo di dieci giorni. Nello stesso tempo il comando italiano si riservava il diritto di ripristinare i presidi, e se necessario costituirne altri nuovi in caso di necessità militari o di ordine pubblico. Però, se sul piano politico il ritiro delle guarnigioni italiane era int,eso come un successo che lusingava il prestigio del Governo di Zagabria, lo Stato Maggiore croato, ancor prima della firma aveva, molto obiettivamente, avvertito il generale Roatta che «non era d'accordo con richiesta proprio Governo circa ritiro presidi(,) non avendo modo di sostituirli in tempo utile et con forze sufficienti» <302>. Era la conferma, e questa volta da parte croata, dell'esattezza delle tante segnalazioni dei vari uffici italiani, ma l'unica soluzione adottata da Roatta - o che poté adottare - fu quella di concedere un più lungo termine di preavviso per ciascuno sgombero, portandolo a trenta giorni. Però, subito dopo, anche questa dilazione venne superata dalla stessa realtà ed il ripiegamento dei presìdi del VI Corpo d'Armata, su suggerimento del generale Dalmazzo, venne rinviato ad ottobre <303>. I reparti dei domobranci, degli ustascia e quelli della gendarmeria, di stanza nel territorio controllato dagli italiani, passavano per l' impiego alle dipendenze dei comandi italiani; lo Stato Maggiore croato s'impegnava di concordare con Supersloda la dislocazione e comunicare le variazioni di forza delle proprie truppe presenti nella seconda zona. Nella terza, le autorità militari croate potevano utilizzare liberamente i loro reparti, ma sempre alle proprie dipendenze o a quelle delle autorità militari italiane; cioè, senza dirlo e~plicitamente, s'intese stabilire che le formazioni croate non dovevano esser sottoposte a comandi tedeschi, salvo in caso «di operazioni concordate, anche da parte italiana, colle autorità germaniche» <304>. In relazione all'applicazione delle clausole militari si convenne che dal l O luglio, presso il comando di Supersloda, fosse istituito un 'commissario generale militare' <305>, e secondo le istruzioni, impartite dal maresciallo Kvaternik, gli venne affidato «il comando di tutte le forze armate (domobranstvo, milizia ustascia, milizia ferroviaria, milizie ecc.) dal punto di
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vista tattico e da quello disciplinare». Aveva facoltà di «condurre tutte le azioni di rastrellamento con le Forze croate, oppure presentare proposte al Comando Supersloda per tali azioni», oltre all'obbligo di «armonizzare il ìavoro fra le forze armate italiane e croate» <306>. Le disposizioni militari e quelle sui poteri civili sarebbero entrate in vigore l' 11 luglio, ma la protezione da parte delle truppe croate della ferrovia Karlovac- Ogulin-Tenìn e di quella Mostar-Konjic <307>veniva momentaneamente rinviata. Però, il punto più importante dell'accordo, dati i suoi riflessi politici - e che ben presto avrebbe determinato le vivaci proteste di Zagabria consistette nella decisione di 'continuare' nella seconda e nella terza zona, «sotto controllo delle Autorità militari italiane, o sotto quello delle Autorità civili e militari croate, o sotto il controllo comune, il processo - già ftlicemente in corso - di organizzazione di 'bande anticomuniste' armate, mobili o con compiti di protezfone locale, formate da elementi sicuri» <308>. La formula, prevedendo formazioni 'mobili', andava oltre l'originaria proposta del ministro Kosak («nativi del luogo [... ] formando bande [... ] a protezione delle case e delle popolazioni») e del punto di vista del generale Cavallero («elementi sicuri di alcuni villaggi per [ ... ] difendere le proprie case e famiglie»). Con la soluzione adottata, in pratica, vennero ratificate le iniziative prese dal generale Dalmazzo in Erzegovina e nella Bosnia sud-orientale, oltre a quanto si era spontaneamente manifestato nel territorio della 'Sassari'. Ma soprattutto apriva nuove prospettive sia nei rapporti dei croati con i cetnici legalizzandone la posizione, sia nei rapporti e negli sviluppi che i comandi italiani intendevano dare alle formazioni serbo-ortodosse. I cetnici, dal canto loro, dovevano «impegnarsi. a riconoscere e rispettare la sovranità dello Stato Indipendente di Croazia e le Autorità di esso, come pure rispettare le Autorità militari italiane» <309l. Il Governo croato, a sua volta, . garantiva che non sarebbero stati «commessi in alcun modo soprusi o rappresaglie verso le bande, e componenti di bande, già formate sotto il controllo delle autorità militari italiane» <310>, e si obbligava di rispettare 'scrupolosamente' gli impegni presi dai comandi italiani con i cetnici. Ma, forse ancor più importante, Zagabria garantiva d'osservare sempre e «scrupolosamente [... ] gli impegni assunti dalle Autorità militari italiane, per incarico del proprio Governo, di fronte alle popolazioni civili [cioè i serbo-ortodossi - n.d.a.] per la tutela dei loro fondamentali diritti ed interessi», assicurando che non sarebbero stati commessi «in nessun modo soprusi e rappresaglie» <311> nei loro confronti. Militarmente, l'organizzazione delle formazioni anticomuniste lasciava intravedere interessanti prospettive; politicamente dimostrava, da un
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lato, l'evoluzione dell'atteggiamento croato nei confronti degli ortodossi, prima avversati con le armi, poi blanditi nel tentativo di sottrarli all'influenza italiana, quindi oggetto delle contrastate iniziative del dottor Vrancié, e dall'altro il convincimento di Zagabria di aver trovato il modo di agganciare i serbi inserendoli - almeno a parole - di pieno diritto nella realtà croata. Previsioni, queste, senz'altro auspicabili ma necessariamente incardinate sulla lealtà delle due parti nel rispeUo delle singole clausole. Però, già il 7 luglio, il vice-console italiano, Oberto Fabiani, dopo un incontr9 con Pavelié, segnalava che il Poglavnik, durante una visita a Banja Luka, gli aveva esplicitamente detto: «gli accordi con i cetnici sono da considerarsi soltanto provvisori» <312l . Il maresciallo Kvaternik, dal canto suo, nelle direttive impartite al commissario generale militare, gli prescriveva di assumere anche il comando delle bande cetniche, ma con il compito di «cercare di intraprendere il disarmo di tali formazioni, appena le circostanze lo consentiranno» <313J_ Non era, quindi, da escludere che l'ombra dei riservati propositi di Pavelié e di Kvaternik potessero proiettarsi anche sui territori controllati dalle forze armate italiane, e che i cetnici da parte loro coltivassero altrettante riserve nei confronti del Governo di Zagabria.
REAZIONI ALL'ACCORDO - DEROGHE ED INADEMPIENZE Il 28 giugno, Supersloda diramò una circolare sul nuovo, limitato, esercizio dei poteri civili; un'altra, illustrativa di tutto l'accordo <314>, fu emanata dal Governo croato a firma di Andrjia Artukovié, ministro per l'interno, di Mladen Lorkovié, per gli affari esteri, e di Vjekoslav Vrancié, nuovo commissario generale amministrativo (in sostituzione del dottor Karcié). Ovviamente, Zagabria intendeva dare un chiaro rilievo politico ed uno spiccato significato nazionalistico alla parziale riassunzione dei poteri. Con il pretesto - anche giustificato - che la sola circolare non era sufficiente per superare incertezze o difficoltà applicative, inviò nelle città sede di prefettura alcuni ministri: Lovro Susié a Segna, Jozo Dumadzié a Gospié, Janko Tortié a Signo, Vladimir Kosak a Ragusa <315l_ Il trapasso dei poteri doveva avere la sua solennità. Ma i generali Armellini e Dalmazzo non erano dello stesso parere, ed il comandante del XVIII Corpo d'armata emanò l'ordine che le consegne ai croati dovevano esser effettuate «senza alcuna manifestazione particolare che possa assumere o nella quale si possa ravvisare un significato politico; il passaggio delle consegne è e deve essere interpretato come un semplice fatto amministrativo» 1316l. A sua volta il generale Dalmazzo, da Ra-
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gusa, prescriveva che «il passaggio dei poteri in queste zone alle autorità croate deve avvenire gradatamente, senza scosse, senza intervento di elementi perturbatori; lo scopo che il comando si propone è quello di ottenere che pacificamente avvenga l'avvicinamento dei gruppi contrastanti» <311>. Ma il generale, quando impartiva queste disposizioni, doveva esser contrariato da qualche fatto specifico, poiché aggiungeva: «è questo un interesse evidente della Croazia anche se molti microcefali e all'oscuro di situazioni locali non vogliono considerare» <318>. A parte i tentativi di trionfalismo nazionalistico, l'impegno di Zagabria verso i cetnici sembrò since{o, e Roatta, di fronte ad alcune riserve del generale Dalmazzo, lo assicurava che il «Governo croato [... ] habet dimostrato seria intenzione condurre trattative con note bande anticomuniste» <319> della Bosnia orientale, tanto da inviare a Ragusa il colonnello della gendarmeria Josip Bojié ed il capo della polizia di Mostar, Roko, «per concretare con Eccellenza comandante sesto corpo armata modalità sviluppo trattative con bande zona Foca-Kalinovik et relativo modus vivendi» (320). L'iniziativa era stata determinata dal non troppo soddisfacente risultato dei colloqui che Kosak, alcuni giorni prima, aveva avuto a Ragusa con i capi ortodossi. Questi, pur dando formale assicurazione che «fino alla fine della guerra, la comunità ortodossa e le formazioni anticomuniste continueranno nella lotta contro i sovversivi e si regoleranno nel pieno rispetto delle leggi yigenti» <321>, non si erano pronunciati sul punto che più stava a cuore di Zagabria: il riconoscimento della sovranità dello Stato croato. Per contro, a Travnik, il colonnello Simié si era pienamente accordato con il capo Uro~ Drenovié, e con le bande cetniche di Glamoc, Livno, Kupres <322>. Da Sarajevo, giungeva notizia della diffusione d'un manifesto da parte del Dri.avni Jzvjestajni i Promicbeni Ured (Ufficio statale di propaganda ed informazione) per assicurare gli ortodossi che sarebbero stati trattati come i cattolici ed i mussulmani; li esortava a «chiudere gli occhi sul tormentato passato», seguendo l'esempio dei cetnici dei territori fra la Sava, la Bosna e la Drìna, che avevano desistito dalla guerriglia dichiarando di «riconoscere la sovranità dello Stato croato e di essere disposti a collaborare con le truppe croate» <323>. Ma il vice-console Oberto Fabiani, nel trasmettere da Banja Luka queste informazioni, non riteneva «facile far dimenticare agli ortodossi ed anche alle persone di altra religione, ma dotate di sentimenti di umanità [... ] le feroci persecuzioni, che hanno scavato un abisso, difficilmente colmabile tra ortodossi e cattolici ed hanno reso quanto mai impopolari le milizié ustascie» <324>.
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Gli stessi avvenimenti nella zona di Tenìn, pur se favorevoli, non lasciavano tranquillo il generale Armellini. Il comunicato emanato dai comunisti dopo l'uccisione di Pajo Popovié, molto probabilmente aveva raggiunto lo scopo di alimentare dubbi ed incertezze fra gli stessi cetnici, e non è da escludere che la cerimonia organizzata dai loro capi a Kosovo - paese del Popovié - il 28 giugno, ricorrenza della festa serba di San Lazzaro, abbia avuto lo scopo di condizionarne gli effetti. Alla riunione presero parte il pope Djujié, i capi Mane Rokvié, Branko Bogunovié, Vlade Novakovié, con circa cinquecento cetnici in armi, oltre a numerosi contadini, per un complesso di mille persone <325>. Durante la Messa furono commemorat~i cetnici caduti in combattimento contro i comunisti e gli ortodossi uccisi dagli ustascia. Dopo il rito religioso, il pope, parlando alla folla, rivolse un appello ai serbi che erano alla macchia, esortandoli a tornare alle case; quindi, incitando gli ortodossi .alla lotta contro i partigiani, quasi a voler svuotare d'ogni significato il recente avvicinamento ai croati, non solamente asserì che «il comunismo è formato nella maggior parte da elementi ustascia che cercano di mettere in cattiva luce l'elemento serbo presso gli italiani», ma mostrò anche alla folla «un comunista catturato alcuni giorni or sono, il quale ha dichiarato di essere ustascia» <326>. Djujié, insistette sul fatto che ustascia, mascherati da comunisti, cercavano di porre serbi ed italiani gli uni contro gli altri, ed a riprova fece notare che «tutti gli attacchi contro le autocolonne e contro gli italiani sono stati sferrati in zone in cui vi dimorano serbi, onde non compromettere la situazione dei croati» <327l. Le tesi del pope, su queste intese fra croati e comunisti, resero attenti i comandi italiani, poiché trovavano conferma nelle dichiarazioni del commissario politico dei partigiani di Nagrade (Dervar), Sime Tadié. Durante le trattative con il capitano Marussi per uno scambio di prigionieri, non soltanto gli aveva detto «siamo bene armati e riceviamo aiuti da tutte le parti» ma, anche, che le armi in «buona parte ci provengono dai croati» <328>. Nel contempo il generale Berardi informava il corpo d'armata sulle voci sempre più insistenti, che accusavano le autorità croate, o quanto meno i maggiorenti della collettività di Tenin, di finanziare i comunisti, e del convincimento sempre più diffuso fra la gente che, per questo motivo, i partigiani si erano «sin'ora astenuti dall'attaccare i villaggi abitati da cattolici (Kjevo, Vrlika, ecc.)». Per il generale era indubbio che «i ricchi commercianti di Tenìn., forse per paura» avevano «passato ingenti somme ai comunisti)) <329i, e per questo motivo il commerciante Drago Slavié era stato internato. Ma non escludeva che altri benestanti potessero seguire la stessa sorte.
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Anche un altro passo del discorso del pope, richiamò l'attenzione dei comandi italiani. Djujié, pur esaltando l'opera del soldato in favore dei serbi, espresse un concetto, certamente gradito a tutti i presenti - comunisti, ortodossi, croati, ustascia, che fossero - quando affermò che gl'italiani presidiavano quelle zone «per mantenere la pace e l'accordo», ma «poscia abbandoneranno questi territori, in quanto crede che essi non abbiano necessità di tenerli poiché non valgono niente» <330>. A parte la inconsueta motivazione, la sostanza del pensiero lasciava trasparire riserve e propositi che i comandi italiani non potevano trascurare, anche perché nel corso della riunione erano affiorati fatti piuttosto ambigui. Fra la gente convenuta vi erano diverse persone note per le loro tendenze comuniste, che nessuno aveva obbligato a partecipare. Potevano essere dei curiosi o degli osservatori, ma sorprendentemente promisero di aderire al movimento cetnico, giurando assieme agli altri di combattere i comunisti <331>. D'altro lato, non va trascurato il fatto che, durante la riunione, il pope ed i capi cetnici, avevano «esaminata la sostituzione dei comandanti [cetnici n.d.a.J che si sono uniti ai comunisti» <332>, certamente dei due sottocapi di Popovié; ma più di un dubbio cominciava a sorgere sulla teorica impenetrabilità fra cetnici e comunisti. Di fronte a questa situazione 'fluida', con possibilità d'improvvise fratture e coagulazioni, i cetnici dovevano esser attentamente seguiti poiché, se il loro atteggiamento era in funzione anticomunista, il loro convinto orientamento era sempre anticroato <m>. Di fronte alla tutt'altro che chiara evoluzione in atto, Armellini, per conoscere gli umori e le reazioni dei serbi nella zona controllata dalla 'Sassari', anche in relazione al recente accordo con Zagabria, non si servì dell'ufficio 'I', ma incaricò il vojvoda Ilija Trifunovié-Brcanin, che viveva a Spalato, di recarsi a Tenìn (ed in tal modo ne legittimò funzioni e preminenza). Il ;•ojvoda, il 29 giugno, accompagnato dal capitano Ivanisevié (alias Katanié), da un altro ufficiale serbo e da uno italiano, s'incontrò con i capi cetnici Momèilo Djujié, Mane Rokvié, Branko Bogunovié, Vlade Novakovié <334>. Tornato a Spalato, Trifunovié-Brcanin riferì in modo positivo sulle formazioni del pope, anche se inadeguatamente armate; però, precisò che sul piano politico «queste organizzazioni anticomuniste non potranno mai agire nell'orbita della Croazia dalla quale i greco-ortodossi sono divisi da un sentimento di odio profondo» cml. Il generale Armellini, dalla relazione del vojvoda, trasse ulteriori elementi per rafforzarsi nel convincimento che «i cetnici stanno con no: e tendono a organizzarsi sempre più saldamente con noi per combattere, nel complesso, il croato ed essere pronti per l'av-
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venire», ma anche - e cosa più preoccupante - di non dover sottovalutare l'eventualità che un giorno, «convincendosi che la nostra amicizia con lo Stato croato è sincera e durevole, ci voltassero le spalle>> <336>. Altri campanelli d'allarme, questa volta per l'atteggiamento dei croati, suonavano da Roma, dove a soli cinque giorni dalla firma dell'accordo, Luca Pietromarchi informava Ciano che i «battaglioni ustascia, non tenendo alcun conto dei noti accordi di reciproca azione anticomunista stipulati fra il Governo croato e i rappresentanti dei cetnici», avevano «rinnovato violenze ed ostilità contro i cetnici stessi con conseguente aggravamento della situazione» (337l . Avvertiva che gli «ustascia mostrano di non voler obbedire alle autorità militari croate e di essere insofferenti di ogni disciplina» <33sJ: In quelle settimane, non solamente la situazione interna croata era tutt'altro che chiara, ma anche i rapporti con l'Italia si stavano appanando, tanto che Casertano venne incaricato di richiamare ufficialmente l'attenzione di Pavelié <<sulla situazione anormale che era venuta determinandosi[ ... ] nei nostri confronti [dell'Italia - n.d.a.]» <339>_ «Gli dissi - avrebbe, poi, scritto Casertano - che il R. Governo [italiano - n.d.a.] alleato della Croazia e garante della sua indipendenza, doveva constatare che il regime ustascia non era orientato verso l'Italia come avrebbe dovuto essere; che l'alleanza venticinquennale era considerata come una alleanza contingente [... ]; che da parte di uomini responsabili croati si faceva del binomio Italia-Germania un termine di paragone antitetico, rivolto in funzione antitaliana, a scapito della posizione dell'Italia; che il sentimento politico dei croati non era favorevolmente disposto, né opportunamente diretto dall'azione di governo e dalla propaganda; che le manifestazioni irredentistiche, non sempre spontanee, quasi sempre tollerate, venivano represse soltanto. per mio intervento; e che avremmo potuto trovarci, qualora Egli non avesse agito tempestivamente sull'opinione pubblica, in situazione incresciosa, analoga a quella esistente al tempo della Jugoslavia» <340>. I rilievi di Casertano, già di per se pesanti, furono formalizzati con la contestuale consegna a Pavelié d'un memorandum, dov'erano condensati i punti ed i concetti esposti dal ministro. Però, aggiungeva Casertano nella sua relazione, «ebbi assicurazioni formali, ma nulla fu fatto» <34 n. Anche per Roma iR momento non doveva essere dei più semplici, ed il 2 luglio, con un altro 'appunto' per Ciano, il ministro Pietromarchi sembrò voler dissociare eventuali responsabilità di Palazzo Chigi di fronte alle prime inesecuzioni dell'accordo del 19 giugno da parte croata, ricordando che «come noto, per le insistenze del ministro Kosak [... ] nonché a seguito delle replicate richieste in tal senso del Ministro Perié, il Comando
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Supremo ha acconsentito a ritirare i presìdi» <342> dalla terza zona. Senonché, proseguiva Pietromarchi, proprio a Zagabria, i croati avevano pregato il generale Roatta di soprassedere allo sgombero, trovandosi «nell'assoluta impossibilità di assolvere il compito che si sono addossati» <343>. Faceva notare che nelle zone controllate dal soldato italiano, la pacificazione aveva fatto notevoli progressi, mentre altrove la rivolta stava nuovamente divampando. Nella Bosnia i ribelli tenevano le posizioni; «qualche presidio croato è circondato; puntate ribelli penetrano persino nella Croazia settentrionale, nella Slovenia e nel Sirmio» C344l. E Pietromarchi concludeva con una nota di censura nei confronti del Governo croato, ma anche, e non molto indirettamente, del Comando Supremo poiché, «per aver voluto rinunciare in parte alla collaborazione preziosissima che la 2a Armata rendeva alla Croazia [la situazione] andrà fatalmente aggravandosi» <345l. Il ministro non era lontano dal vero, ed il 1° agosto, il console generale d'Italia a Ragusa, Amedeo Mammalella, avvertiva che «numerosi eccidi sono avvenuti in tutte le località dalle quali noi abbiamo ritirato i presìdi. Così a Livno , a Prozor, a Ljubinje, Stolac, a Kula, a Davidoviéi e a Konjic, subito dopo la partenza delle nostre truppe», e «ancora ieri [31 luglio n.d.a.] a Foca sono stati uccisi una trentina di serbi; e subito dopo, per reazione, un gruppo di cetnici ha attaccato e trucidato quaranta uomini della formazione ustascia» C346>. Era quasi naturale che l'improvviso ed apparentemente radicale mutamento della politica di Zagabria nei confronti dei cetnici - oltre allo sgombero dei presìdi italiani - favorisse nuovi contrasti e nuovi conflitti, date le numerose riserve mentali e simulazioni tanto dei croati quanto dei serbi, mentre altri fattori facevano sentire la loro incidenza, alimentando dubbi ed incertezze sulla tenuta delle intese croato-ortodosse e croato-italiane. I reparti domobranci, il più delle volte, non erano in grado d'opporsi alle formazioni comuniste; le popolazioni perdevano anche la residua fiducia nei confronti di Zagabria, e nella protezione dell'esercito italiano vedendo partir nuovamente i suoi soldati. I comunisti, che dopo l'esodo della popolazione di Bosanski Petrovac avevano cominciato a dubitare dell'efficacia d'una propaganda spiccatamente marxista, stavano mutando i temi loro carr, e da Ragusa il console Mammalella faceva presente «che oggi le formazioni partigiane tendono a ripudiare i principi ed azione comunisti e a proclamare ostentatamente la loro volontà di difendere le popolazioni contro lo Stato croato e contro di noi che Io sosteniamo» <347>. Di fronte a questa nuova impostazione della propaganda comunista, il generale Dalmazzo espresse il timore che simili assunti potessero «avere facile preda sulle masse e provocare un capovolgimento della situazione nel caso di
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sgombero di vasti territori da parte delle nostre truppe e di effettiva e non controllata ripresa dei poteri da parte dei croati» <34sJ. I cetnici, dal canto loro, imbaldanziti, creavano situazioni delicate, coinvolgendo i comandi italiani, con atti di jattanza nei confronti delle autorità croate. Da Sarajevo, il console generale d'Italia Alberto Calisse riferiva d'aver ricevuto dal generale Mihajlo Lukié, comandante del locale corpo d'armata, un foglio c349> che il capo cetnico Maksim Knezevié aveva inviato al comandante del presidio croato di Konjic ed «a tutte le colonne che avanzano da Konjic (da ambo le parti del fiume Neretva) qualunque fossero, eccetto a quelle italiane» c3 so1. Knezevié, faceva presente «di aver ricevuto l'ordine dal generale delle truppe italiane di liberare e spazzare il terreno dai commùsti, ciò che abbiamo eseguito» <35 1>. Sin qui si restava nell'ambito d'una normale informazione di carattere militare, ma subito dopo il tono cambiava e diventava un'ordine: <<Sul territorio liberato da Konjic fino a Montenegro dove sono le unità dei cetnici, ne~sune truppe [sic] non possono avanzare ne formare delle autorità, senza approvazione-consenso del generale Luzzana [recte: Lusana] e d'accordo con S.M. dei cetnici di Nevesinje» <352l. Quasi non fosse stato sufficientemente chiaro, Knezevié ordinava ai croati, «per evitare disaccordi nonché per risolvere tutto pacificamente, ritiratevi subito a Konjic ovvero là dove siete venuti. Al contrario sarete ricevuti con fuoco e respinti» <353>. Era comprensibile che il generale Lukié - forse già non molto convinto della linea assunta da Zagabria verso i cetnici - pregasse il console Calisse «per una affettuosa intervenzione, nonché pure per un chiarimento» <354>, e chiedesse di conoscere «quali furono infatti le garanzie date ai cetnici, e se sono loro autorizzati per un così minaccioso comportamento e contegno in nome del Comando italiano, e in ultimo se ci sono le possibilità di convincerli ad una lojalità assoluta non sol.o verso Italia, ma in primo luogo ed in tutti i riguardi anche a Croazia» (355l. A Tenìn, il prefetto Sincié protestava presso il comando della 'Sassari' «perché una banda cetnica nel recarsi a compiere una azione contro i comunisti ha sfilato (ore 6 del mattinò) per Tenìn con bandiera serba in testa alla banda» <356>. Sempre a Tenìn, i cetnici cominciarono a dimostrare insofferenza anche verso le autorità italiane. Il 28 giugno Mane Rokvié, mentre con la sua formazione di armati si dirigeva alla stazione ferroviaria per recarsi alla riunione di Kosovo, all'invito di non far sfoggio di vessilli serbi, aveva risposto che «avrebbe ripiegato le sue bandiere quando italiani e croati avrebbero tolte le proprie da Tenìn» <357>.
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Da Banja Luka, il vice-console Fabiani, pur riconoscendo ai cetnici della zona, dopo l'accordo concluso con le locali autorità croate verso la fine di maggio, di battersi decisamente contro i comunisti, avvertiva che, proprio «basandosi sugli accordi conclusi, continuano a spadroneggiare nelle zone montagnose precedentemente occupate e scendono in città [a Banja Luka - n.d.a.] ostentatamente armati, indossando le vecchie uniformi dell'esercito jugoslavo e recando sul berretto le insegne jugoslave» <35s>.
L'AFFERMARSI DEI CETNICI E LA CRISI DEI COMUNISTI NELLA BOSNIA ORIENTALE AI di là di questi incidenti o attriti, il movimento cetnico trasse nuova vitalità dall'accordo di Zagabria, e Dobroslav Jevdjevié si mise a completa disposizione dei comandi italiani. A metà giugno, quale 'commissario politico nazionalista' controfirmava un appello lanciato da Petar Samardzié e Rodojika Perisié, dello Stato Maggiore cetnico di Nevesinje, per invitare gli ortodossi che militavano nelle bande comuniste a desistere <<da qualunque scontro con le truppe italiane operanti nella zona di Cajnice-Gorazde, Kalinovik e Foca» C359>_ Ricordava loro come fossero stati «costretti con la violenza e terrore a unirsi ai comunisti»; ordinava «di liquidarli con [i] loro commissari, e sotto le armi comandati dai vostri capi annunziatevi al più vicino comando delle truppe italiane». Li assicurava che «si garantirà per le vostre vite e possedimenti, e con vostre armi sarete incorporati nelle unità dei cetnici volontari». Infine faceva sapere che «l'Armata italiana garantisce che nessuno [... ] sarà reso responsabile per fatti e avvenimenti del tempo della sollevazione. Gli ustasci con loro milizia non vi possono fare nulla» l360J. Era il momento dei cetnici. Il VI Corpo d'armata, a fine giugno, ricordava che «neppure due mesi or sono le formazioni anti-comuniste non disponevano che di sparuti gruppi di armati che, più volte battuti, erano costretti a mantenersi presso i nostri presìdi per trovare salvezza nella protezione delle nostre truppe; in breve volgere di tempo le formazioni predette hanno raggiunto la forza di oltre 5.000 uomini, si sono organizzate in reparti organici ben armati, disciplinati, ossequienti agli ordini del nostro comando e dei capi da noi scelti, hanno agito e combattuto con slancio ed ardimento, battendo le più forti bande nemiche» <361>. A luglio, per il loro inquadramento, Dalmazzo aveva costituito, presso il proprio corpo d'armata, un 'Comando Superiore delle formazioni Anticomuniste' dal quale, già in agosto, dipendevano dieci battaglioni,
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ciascuno di trecentonovanta uomini; altri tre erano in corso di costituzione nella zona di Kalinovik e quattro in quella di Foca, più una compagnia autonoma ad Ulog c362l. Queste formazioni erano costituite esclusivamente da serbo-ortodossi della Bosnia e dell'Erzegovina, ma - fatto nuovo vi erano anche due formazioni di mussulmani con centoventi armati nella zona di Krusevljani (nord di Nevesinje), trece,nto a Gacko, ed in fase d'approntamento un battaglione di cattolici a Ljubuskj <363l_ L'armamento individuale consisteva nel fucile con cinquanta cartucce, due bombe a mano, oltre ad un fucile mitragliatore per plotone con duecentocinquanta colpi. In provincia di Cattaro, il comando divisione, con la collaborazione della ptefettura, aveva organizzato una milizia anticomunista a carattere territoriale (nella piana di Zupa milleventicinque uomini e centoventi nella zona di Gruda). Questi elementi venivano mobilitati solamente in caso di necessità militari o di difesa locale, e le armi erano loro consegnate di volta in volta; però, per far fronte a situazioni improvvise, era stato costituito un battaglione mobile permanente su due compagnie di centosettanta uomini ciascuna <364l. Il generale Armellini, dal canto suo, il 25 luglio raccomandava al comandante della 'Sassari' di dare alle bande cetniche una struttura che, pur conservando le caratteristiche di mobilità e duttilità loro proprie, ne consentisse l'impiego con· i reparti dell'esercito e lo autorizzava a procedere «all'armamento senza soverchie preoccupazioni per il futuro» <365), valorizzando gli ufficiali ed i sottufficiali ex-jugoslavi, che il comando del corpo d'armata aveva selezionato (quasi certamente in accordo con il vojvoda Trifunovié-Brcanin). Quelli di grado più elevato dovevano «essere tenuti vicino a noi» per far nascere una «reciproca confidenza e comprensione», senza «lesinare nel concedere premi e sussidi, segnatamente agli ufficiali ex-jugoslavi dei quali molti si trovavano in ben tristi condizioni economiche» (366). Le formazioni cetniche andavano attentamente seguite sia per un opportuno controllo, sia per valutare le loro effettive capacità, e l'incarico fu affidato al capitano Vincenzo Marussi, mentre veniva posto allo studio il distacco d'ufficiali italiani presso ciascuna formazione <367l. Il lavoro della 'Sassari' fu positivo: ad agosto erano state organizzate nove bande per complessivi dodicimilac.inquecento uomini, ma l'armamento, pur di per sé consistente (sette mitragliatrici, ventisei mitragliatori, duemilacinquecentosessantaquattro fucili, sessantatré pistole, tremilatrentaquattro bombe a mano) risultava inadeguato rispetto alla forza disponibile. Comandante di queste formazioni - meno quella di Gracac, dipendente dal V Corpo d' armata - era Momcilo Djujié che «ha un reale ascendente sui cetnici [... ],
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e nei nostri riguardi - scriveva Armellini - già da tempo ebbe a dichiarare che non avrebbe mai attaccato le truppe italiane» <368>. Capo spirituale il vojvoda Ilija Trifunovié-Brcanin, il quale più volte aveva affermato la propria lealtà all'Italia. Tuttavia l'ufficio 'I', avvertiva che i cetnici combattevano il comunismo solamente per ricreare lo Stato serbo e se, per conseguire questo obiettivo, fosse stato necessario «combattere contro di noi [italiani - n.d.a.], essi non esiterebbero un istante infischiandosi di tutte le parole date» <369l. Però, in quell'estate, ai comandi italiani sembrava conveniente correre i rischi di questa avventura. Fra giugno e luglio, nel settore del VI Corpo d'armata, i comunisti avevano perduto compatezza ed aggressività, anche in conseguenza delle decise azioni di rastellamento condotte sin dalla fine di aprile. In provincia di Cattaro le formazioni partigiane, a corto di viveri e munizioni, si erano sottratte all'azione dei reparti italiani, raccogliendosi in due battaglioni (I e II Orjen), ma non poterono evitare l'effetto disgregatore dei gruppi cetnici <37~l. Analoga situazione nella Bosnia e nell'Erzegovina, dove le bande comuniste, che nei primi mesi dell'anno avevano dominato quasi incontrastate, erano in via di sfaldamento. In merito il generale Dalmazzo segnalava che «intere formazioni già partigiane» erano «passate con le armi al movimento anticomunista», e che altre «demoralizzate e disperse, dopo aver cercato più volte di evitare la completa distruzione sottraendosi al combattimento e spostandosi di zona in zona, hanno compreso l' inutilità del loro sforzo e, nella massima parte sono state sciolte» <371l. Molti partigiani si erano presentati ai comandi italiani facendo atto di sottomissione, oppure erano tornati alle proprie case. Nella seconda metà di giugno, le superstiti formazioni al comando di Tito, si trovavano concentrate nella zona montuosa dei Piva (confine del Montenegro ad est di Gacko) e le difficili condizioni in cui si dibattevano - deficienza d'armi, munizioni, viveri - suggerirono il disperato, ma riuscito, tentativo di portarsi con la nota 'lunga marcia' verso la Croazia· propriamente detta. Era il 24 giugno. Tito lasciò nella zona di Curevo (nord-est di Gacko) la V brigata proletaria, discretamente armata ma con scarse munizioni e vettovagliamenti. La brigata proletaria, si spostò sino a Borjia (Sarajevo), distaccando a protezione del movimento alcuni forti nuclei a èurevo e Vrbnica, ma fu attaccata dalle formazioni anticomuniste di Kalinovik, Foca, Ulog, Gacko. In tre giorni di combattimenti i comunisti lasciarono sul terreno centocinquanta morti, notevoli quantità d'armi, ed i superstiti si sbandarono nelle zone di Trnovo e 4i Konjic <372J. «La impossibilità di passare attraverso l'Erzegovina - scriverà il generale Dalmazzo - perché da noi saldamente tenuta, od attaccare la Bos-
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nia orientale perché presidiata dai tedeschi, ha consigliato la marcia attraverso i territori della 3 a zona che, essendo presidiata solo da croati, potevano costituire 'un corridoio' relativamente facile. Il piano è riuscito completamente: portatisi in zona di Kalinovik i pa,rtigiani non hanno incontrato resistenza nelle truppe croate rimaste asserragliate nelle loro caserme, ma hanno avuto la strada sbarrata dalle formazioni anticomuniste; sfilando a nord, essi si sono allora spostati verso Konjic e Prozor. I risultati sono ben noti: al primo attacco le autorità e le truppe croate sono fuggite in disordine; le comunicazioni fra Mostar e Sarajevo sono state tagliate; nei maggiori centri occupati i ribelli hanno potuto largamente rifornirsi di armi, mup.izioni e viveri che i croati, nella loro ritirata non si erano dati cura di distruggere» <373>. In tal modo il colasso, quasi inesplicabile, delle forze croate consenti alle scompaginate formazioni partigiane di riorganizzarsi, e già ai primi di agosto l'ufficio 'I' di Supersloda scriveva che «il gruppo Tito ha· potuto raggiungere la sua efficacia [recte: efficienza] soltanto sopraffacendo i presìdi croati che ha incontrato sul suo cammino [... ], ridotto in miserevoli condizioni di equipaggiamento e di armamento, non avrebbe resistito a lungo, se la caduta di Konjic, dopo resistenza irrisoria, non lo avesse abbonda~temente rifornito di armi e munjzioni, aprendogli il varco verso la terza zona. La successiva resa dei presidi croati di Prozor, G. Vakuf [Gornji Vakuf - n.d.a.], Tomislavgrad ed altri minori presìdi di gendarmeria, ha dato a questo gruppo apporto di rifornimenti di ogni genere ed alle popolazioni l'impressione di una marcia irresistibile» <374>. L'ufficio informazioni faceva seguire le proprie valutazioni che, in successione di tempo, la obiettività dei fatti avrebbe per larga parte confermato. «L'atteggiamento di questo gruppo determinerà la situazione futura di tutta la regione centrale; non pochi indizi però consentono di prevedere che non oserà tentare l'attacco alla rete dei nostri presìdi avanzati e, mentre parte di esso si sistemerà nella zona occupata per vivere e riorganizzarsi, l'altra parte tenterà di forzare il passaggio verso Travnik o proseguire il movimento verso nord-est, lungo la terza zona, per riunirsi alle maggiori formazioni ribelli della regione centrale» <375> della Croazia. A luglio, sul territorio del VI Corpo d'armata restava, ancora, nella zona di Metcovich-Vergoraz un gruppo di circa seicento partigiani, forti di quattrocento fucili e con una decina di armi automatiche, ma erano particolarmente pericolosi, poiché vivevano nelle case, lavoravano i campi, nascondevano le armi, ed erano abilissimi nel concentrarsi, aggredire, e rapidamente disperdersi, mimetizzandosi fra gli abitanti della zona. Sulle isole era stata segnalata una banda di cinquecento uomini a Lèsina; altri trecen-
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to sulla penisola di Sabbioncello, ed ambedue i gruppi avevano adottata la tattica di quelli di Metcovich l376l. Mentre Zagabria si dimostrò sollecita nel riassumere i sia pur limitati poteri civili e nel cercare intese con i cetnici, diverso fu il suo atteggiamento nell'esecuzione della parte militare dell'accordo, ed in particolare nell'assunzione dei presìdi. Il 7 luglio, il capo della missione militare italiana, generale Giovanni Oxilia, informava Supersloda che dal Quartier Generale del Poglavnik era giunta la richiesta di mantenere ancora le truppe italiane in servizio di sicurezza sulle linee ferroviarie, ma senza precisare sino a quale data. Pavelié si era limitato a dire che <<tale sostituzione verrà accelerata il più possibile» (37_7l. Inoltre Zagabria domandava che i presìdi di Imoschi, Stolac, Ljubinje, Trebinje, Bileéa e Nevesinje rimanessero in posto sino a tutto settembre <378l. Le richieste furono accolte, anche perché alcuni giorni prima il maresciallo Cavallero, riferendosi alla «recrudescenza attività ribelli in zona Bihaé, Foca Kalinovik, Glamoc dopo nostro sgombero, et necessità non scoprire Montenegro», aveva ordinato di «sospendere sine die sgombero località seconda zona in bassa Erzegovina» <379>. Ma Cavallero andava ancora più oltre, ed invitava Roatta a «seguire vicende in corso alta Drina in modo provvedere tempestivamente sua rioccupazione ove situazione si aggravasse», evitando «in ogni modo [... ] ricaduta in mano ribelli» <380l. Queste istruzioni non erano determinate da fattori altrimenti imprevedibili, dopo le tante segnalazioni che avrebbero dovuto consigliare una più ponderata valutazione prima di concludere le trattative con Zagabria. Se dopo l'esperienza dell'inverno i comandi italiani avevano deciso di raggruppare i presìdi anche per disporre d'una forza mobile, l'ordine di Cavallero, le richieste e le inadempienze croate, rimisero tutto - o quasi in discussione. Il VI Corpo d'armata manteneva buona parte dei propri presìdi; il XVIII arretrava dalla terza zona, ma non era in grado di costituire quei reparti di manovra di cui aveva bisogno dovendo cedere per altro impiego la divisione 'Perugia' ed alcuni battaglioni 'sfusi' <38 1>. Gli altri corpi d'armata (V e XI) vennero anch'essi ridotti di forza e, complessivamente, Supersloda cedette due divisioni ('Perugia' compresa) e tre reggimenti <382>; in tal modo, anche se a nord ed al centro dello schieramento il territorio da presidiare era meno esteso, non si realizzò l'auspicata disponibilità di uomini e di mezzi. D'altro lato, con l'accordo di Zagabria, i comandi italiani avevano considerato anche la possibilità d'un apporto, sia pure limitato, dell'esercito croato, ma ben presto il generale Oxilia dovette inviare tanto al maresciallo Kvaternik, quale comandante delle forze armate, quanto al Quartier
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Generale del Poglavnik ed allo Stato Maggiore croato una nota di richiamo. Premesso che si era pervenuti all'accordo di Zagabria per le reiterate richieste del Governo croato, Oxilia faceva rilevare che i comandi stavano dimostrando di non essere in grado di sostituire le guarnigioni italiane né di assumere la protezione delle ferrovie, malgrado gli impegni spontaneamente presi. Dal canto suo, Supersloda, rendendosi conto delle difficoltà ed al solo scopo di evitare il peggio, aveva ·mantenuto presìdi e servizi prevedendo anche la rioccupazione dell'alta valle della Drina; ma tutto ciò - sottolineava Oxilia - non esimeva le forze croate dall'onorare gli impegni assunti <3&3l . AQche Roatta, il 4 agosto, ripetendo sostanzialmente i rilievi del capo della missione militare, scrisse al generale Vladimir Laxa: «così non si può fare del buon lavoro» l3S4l. Non sappiamo come i comandi .croati abbiano risposto ma, in tardiva esecuzione dell'accordo, venne almeno nominato il commissario generale militare nella persona del colonnello Stijepan Pericié (Jssi. Frattanto Roatta, di fronte al vuoto determinato dal ripiegamento dei presìdi italiani, non colmato dall'esercito croato, ed occupato dalle bande partigiane, ordinò ai comandanti del VI e del XVIII Corpo d'armata di «tenere occhi ed orecchi bene aperti su quel che succede intorno a noi» <386l , di mantenere ad oltranza i presìdi che davano garanzia di poter esser difesi ed agevolmente riforniti, abolendo gli altri, tenendosi pronti a reagire in caso di necessità. In mezzo a queste incertezze e cambiamenti di direttive, si poneva il problema delle popolazioni che, anche quando non erano direttamente coinvolte negli scontri o nei combattimenti, ormai ipersensibilizzate, reagivano ad ogni minima notizia, vera o falsa che fosse. Ai primi di giugno, quando erano cominciate a circolare le voci sulla riassunzione dei poteri da parte croata e sullo sgombero delle guarnigioni italiane, allarmi e panico non erano mancati tra gli abitanti delle zone più esposte, temendo maggiormente l'arrivo degli ustascia che quello dei comunisti, ed i comandi italiani avevano dovuto impegnarsi in una capillare opera di chiarimento e di persuasione C387l_ Anche il console generale d'Italia a Ragusa, Amedeo Mammalella, avvertiva che, dopo la firma dell'accordo, si era nuovamente «verificato uno stato di allarme in tutte le popolazioni, e senza differenza di etnia, aggravato dal fatto che la propaganda croata ha montato l'avvenimento facendolo comparire come il preludio di un nostro imminente abbandono anche della 2a zona» <388l. I comandi italiani, subito dopo, segnalarono «un indescrivibile panico» quasi ovunque <389l, e questo nuovo allarme era stato causato da un comunicato emanato dal Governo di Zagabria.
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Il 20 luglio, il Poglavnik, in un incontro a Zagabria con il generale Roatta, gli aveva espresso il desiderio di diramare, di comune accordo, un comunicato per portare a conoscenza_delle popolazioni quello che egli chiamava «il trasferimento dei poteri civili nella zona litoranea)> C390l. Il comandante di Supersloda gli espresse le proprie riserve, non ritenendo opportuno dare troppo rilievo al passaggio dei poteri, pòiché «le popolazioni ortodosse avrebbero potuto interpretare tale notizia come la abolizione delle garanzie che erano state loro ripetutamente date» C39 n, e la cosa - almeno con Pavelié - non ebbe seguito. Pochi minuti prima di partire dalla capitare croata, Roatta venne informato che il ministro per gli affari esteri, Lorkovié, desiderava intrattenerlo sul comunicato, ma il generale fece rispondere che, mancando obiettivamente il tempo per un colloquio, lo pregava d'inviargli il testo, riservandosi di fargli conoscere il proprio parere. · Lorkovié non si fece vivo né gli inviò il testo <392>. Il mattino successivo, Roatta giunto a Lubiana, trovò sul Hravtski Narod ( = Il Popolo Croato) e sulla Nova Hrvatska ( = La Nuova Croazia) un comunicato dell'ufficiosa agenzia 'Croazia', dove era detto che, in conformità all'accordo di Zagabria, «il mantenimento della sicurezza e dell'ordine pubblico spetta solidalmente di obbligo alle autorità militari italiane e a quelle civili croate. Le autorità civili croate terranno inoltre l'amministrazione civile, compreso il servizio di polizia per il mantenimento dell'ordine pubblico». Per contro «le autorità militari italiane, nei luoghi dove si trovavano guarnigioni italiane tratterranno le normali attribuzioni collegate all'autorità militare tendente al mantenimento dell'ordine pubblico» (393J . Era ovvio che chi leggeva questo testo traesse la sensazione d'una quasi completa assunzione dei poteri civili da parte delle autorità croate ma, più grave ancora, il comunicato non faceva alcun cenno all'obbligo assunto da Zagabria di rispettare le garanzie date dai comandi italiani alle popolazioni ortodosse ed alle formazioni cetniche. Inoltre, il comunicato, dopo aver ricordato che ad agosto dell'anno precedente Roma e Zagabria avevano «preso particolari misure di difesa e sicurezza» nella zona costiera, con l'intensa che «tali misure sarebbero state di carattere temporaneo» , affermava che «in seguito ?J miglioramento delle condizioni della zona costiera e alle riuscite operazioni dell'esercito italiano compiute per la pacificazione delle regioni sopra accennate e per l'annientamento dei reparti ribelli» era stato stipulato un accordo che, <<pur prevedendo una ulteriore stretta collaborazione di difesa», stabiliva «nella zona costiera nuove basi in relazione alle sopravvenute circostanze» <394l , Il fatto che si parlasse solamente del litorale dove vi sarebbe stata una 'collaborazione di difesa'
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poteva bene far supporre che le forze armate italiane avessero abbandonato o stessero abbandonando le altre zone. Se alla precarietà di queste situazioni alimentate da voci e da comunicati, si aggiungevano quelle determinate da scontri e violenze nella località sgomberate dal soldato italiano, si può capire lo stato d'animo delle popolazioni che vi erano coinvolte. A Konjic, partite le truppe italiane, i partigiani erano entrati in città ed avevano «assalito la ferrovia, distrutto ponti, distrutto locomotive e vagoni. Il battaglione croato non ha potuto far altro che deporre le armi» C395l. Dopo lo sgombero di Ljubinje il generale Dalmazzo, riferiva che «le autorità civili croate, mancando ai loro doveri» • avevano «abbandonato la zona il giorno stesso della partenza delle nostre truppe; le popolazioni prive di controllo, assistenza, difesa, hanno manifestato agitazione e risentìmento per l'abbandono in cui venivano lasciate; frequenti gravi incidenti hanno ripetutamente imposto l'intervento dei nostri presìdi viciniori. Ancor oggi [31 luglio - n. d.a. J le autorità croate non hanno fatto ritorno in sede, nonostante le ripetute pressioni fatte presso la grande zupanija di Ragusa» c3%>. La pericolosità di queste situazioni, che potevano sospingere contadini ed abitanti dei paesi verso i comunisti, preoccupò i capi cetnici e, come scrisse il console Mammalella, «l'on. Jevdjevié ed il vojvoda colonnello Trifunovié non sono rimasti insensibili élll'allarme delle popolazioni erzegovesi ed hanno cercato, come hanno potuto, di fronteggiare la situazione che si poteva produrre e che certamente si produrrà in caso di nostro effettivo ritiro dalle posizioni tuttora mantenute» t397l_ Ed i due capi ceìnici, al convegno di Pustopolje convocato dal generale Mihajlovié, parlarono anche di questo.
IL CONVEGNO DI PUSTOPOLJE )
Se i cetnici potevano valutare positivamente l'accordo di Zagabria per la legittimazione ricevuta dal Governo croato, diverso dovette essere il loro giudizio sullo sgombero del soldato italiano dalla terza zona. Jevdjevié e Trifunovié-Brcanin, per dare protezione alle popolazioni, cercarono di migliorare l'organizzazione delle formazioni cetniche (d'altro lato rientrava nell'interesse degl'italiani); di trovare un più stretto collegamento con i «nazionalisti montenegrini, con i quali del resto erano sempre stati in contatto»; d'intendersi con i «nazionalisti cetnici» èhe agivano «nell'orbita politica [e] militare del generale Mihajlovié» C395>; d'ottenere dalle autorità croate più precise garanzie.
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Per realizzare questi obiettivi era necessario coordinare l'azione dei capi delle formazioni anticomuniste, oltre ad orientare gli esponenti delle comunità serbo-ortodosse, e Jevdjevié, dalla fine di giugno in poi, fu particolarmente attivo nelle zone di Mostar, Kalinovik e Gacko. Indisse assemblee, sviluppò contatti, presenziò convegni, inducendo gli ortodossi ad assumere «un atteggi~mento di fermezza che - come segnalava il comando della 'Murge' - ha condotto, nelle frequenti riunioni tenute, alla concretizzazione delle proposte [... ] che 1'8 corrente [luglio - n.d.a.J hanno sottoposto alle Autorità locali» <399J croate di Mostar ..Chiedevano il rilascio dei serbi detenuti nei campi di concentramento e nelle prigioni; la non punibilità per i delitti politici; la riammissione negli uffici e nei posti di lavoro; specifiche garanzie per quelli che tornavano alle case, dopo essersi nascosti in montagna per sfuggire alle persecuzioni degli ustascia; garanzie per i commercianti; libertà di esercizio per le imprese; allontanamento dei croati colpevoli di vessazioni; pacificazione; costituzione di commissioni miste (due croati, due mussulmani e due ortodossi) da affiancare alle autorità croate nelle amministrazioni locali <400l. Le richieste andavano oltre i poteri del gran zupano di Mostar, e Zagabria inviò sul posto il ministro per l'interno Andrija Artukovié che, l' 11 luglio, ricevette «presso la locale Prefettura una comrr;i.issione di 15 serbi nominativamente convocati dalle autorità croate» <401 >. Pur riservandosi ogni decisione, il ministro non escluse che le proposte, ad eccezione delle commissioni miste, potessero venir prese in considerazione !4o2J. Indipendentemente dall'esito di questo incontro, Jevdjevié proseguì nella sua attività ed il 15 luglio, alla presenza di Trifunovié-Brcanin, tenne ad Avtovac (Gacko) una riunione di «numerosi armati della F.V .A.C. [formazioni volontarie anticomuniste - n.d.a.J durante la quale - riferiva la 'Murge' - hanno parlato !'on. Jevdjevié e l'altro personaggio. Entrambi hanno inneggiato all'amicizia co11 l'Italia, incitando a continuare la lotta contro il comunismo, affiancandosi all'Esercito italiano» <4o3J_ Però, il comandante italiano del posto, non essendo stato preavvertito del convegno, richiamò e redarguì Milorad Popovié, capo della locale M.V.A.C., ma questi oppose che «era sua convinzione che il comando [... ] fosse a conoscenza della riunione, perché questa era stata fatta per ordine del Corpo d'armata» !404l_ Se la giustificazione corrispondeva a verità, i convegni sarebbero stati autorizzati dal generale Dalmazzo ed avrebbero dovuto servire alla pacificazione della zona, grazie al prestigio di Jevdjevié e di Trifunovié~Brcanin. Ma queste riunioni - intuitivamente - oltre ad un aspetto che si potrebbe ritenere ufficiale, avevano scopi ed intendimenti riservàti, come
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riservati e segreti erano i messaggi, le informazioni, la corrispondenza che i capi cetnici inviavano a Mihajlovié. Trifunovié-Brcanin, il 16 luglio, gli scriveva dicendo: «sono felice per non esser molto lontano da Voi e perché forse fra non molto potrò vedervi» <405>. Gli annunciava una relazione del «vostro delegato e mio amico Pero [diminutivo di Petar - n.d.a.] Baéovié» che aveva «compiuto con abilità, serietà e coscienza l'incarico che Voi gli avete affidato [.. . ]. Baéovié ha ispezionato con me un gran numero di formazioni cetniche in Erzegovina per avere un chiaro quadro della loro efficienza» <406>. Baéovié, da parte sua, avrebbe riferito a Mihajlovié che «in Erzegovina tutte le formazioni cetniche erano state legittimate dagl'italiani, rice~endo cibo, armi e munizioni. Non ricevevano la paga, ma di tanto in tanto venivano loro distribuite piccole somme di denaro. Il numero dei cetnici organizzati sul territorio dell'Erzegovina è fra i 6 e 7 mila. Essi hanno circa 6.000 fucili e molte armi automatiche» C401>. Inoltre gli face\;'a sapere che il comando italiano aveva concesso al vojvoda di fermarsi nella zona di Gacko per un sei o sette giorni <408>. Trifunovié-Brcanin, in attesa della convocazione da parte di Mihajlovic, il 16 luglio si recò a Bileéa, «ove è stato festosamente accolto dagli ortodossi della località» <409>; il 17, J evdjevié partiva da Gacko per Kalinovik - ma per cinque giorni sfuggì al controllo dei comandi italiani - ed il suo arrivo venne registrato solamente il 23 come proveniente da Ragusa <410>. Il 18, il vojvoda era ·a Gacko, ed ebbe un colloquio con il console generale (grado della milizia fascista equiparato a generale di brigata) Alessandro Lusana <411 >. Mentre di Jevdjevié non si avevano notizie, la 'Murge', il 21 luglio avvertiva che «le persone che hanno partecipato alla riunione tenuta a Gacko il 15 corrente, si trattengono ancora in quella località per il fatto che il colonnello Ilija Trifunovié-Brcanin trovasi malato» <412J. Malattia probabilmente diplomatica - resa credibile dal fatto che la salute del vojvoda era molto cagionevole - per prorogare oltre i termini concessi la presenza in zona, poiché la riunione con il generale Draza Mihajlovié avrebbe avuto luogo il 22 luglio. Mihajlovié, dopo la crisi dei comunisti nella Bosnia orientale, dopo l'accordo di Zagabria, dopo il ripiegamento di Tito con il resto delle sue forze verso la Bosnia nord-occidentale, aveva ritenuto che il momento fosse favorevole per consolidare l'affermazione del movimento con l'unificazione di tutti i cetnici sotto un unico comando, e nello stesso tempo vedeva «nella nuova situazione maturata buon terreno per tentare di estendere I.a sua influenza nelle zone meridionali dello Stato Indipendente Croato» (413>_ Con questi intendimenti, <<dopo accurata e segreta preparazione» <414>, nella quale certamente rientravano le riunioni e gli spostamenti di Jevdjevié e di
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Trifunovié-Brcanin, il 22 luglio, nella località di Pustopolje, sulla strada fra Avtovac e Stepen, presso Gacko, il comandante generale dei cetnici s'incontrò con i più importanti capi della Bosnia-Erzegovina, del Montenegro, della Serbia, ed alla riunione parteciparono il maggiore Petar Bacovié, Pavle Djurisié, Bajo Stanisié, il pope Perisié, Milorad Popovié, i capitani Radovan Ivanisevié e Milan Santié, il maggiore Zaharije Ostojié, oltre a Jevdjevié e Trifunovié-Brcanin C415 >. Non si conoscono esattamente gli argomenti trattati e le decisioni prese, ma molto può esser dedotto dal discorso tenuto dal capitano Santié, il giorno successivo all'incontro con Mihajlovié, durante un convegno, anche questo segreto, dei capi cetnici della zona di Trebinje <416>. Il capitano parlò su richiesta di Trifunovié-Brcanin, presente alla riunione, ed evidentemente ricalcò temi ed argomenti dibattuti con Mihajlovié. Nel suo esordio espose le finalità che i capi cetnici dovevano perseguire: «nostro scopo è di organizzare militarmente il popolo serbo e di fornirgli ad ogni costo e quanto è più possibile le armi, come pure di preparare moralmente il popolo e di istruirlo come ha da procedere e chi deve seguire il giorno della rivincita. Noi abbiamo riunito in tutto il territorio e in tutte le regioni serbe le file disperse e scoraggiate del popolo serbo [... ]. Noi tutti siamo ora condotti da un'idea unica ed in attçsa del nostro risorgimento, eia.è 'il ristabilimento della Grande Serbia'» sotto la guida del «nostro comandante comune e stratega geniale[... ] Draza Mihajlovié» <411>. Dopo gli obiettivi, Santié precisò la linea di condotta da tenere nei confronti dei tedeschi, degl'italiani e croati. Ai primi - problema non attuale in Erzegovina - dedicò poche parole, ed asserì soltanto che Mihajlovié era «un avversario risoluto di ogni collaborazione con i tedeschi in Serbia. Perciò è nemico mortale di Nedié e di Ljotié)) t418l, cioè dei capi del Governo di Belgrado e del partito filo-nazista serbo. Ampia, invece, fu la parte riservata all'Italia: assicurò che Mihajlovié approvava la collaborazione con gl'italiani, poiché «anzitutto è[ ... ] nostro dovere salvare dalla fame la popolazione di queste regioni [Bosnia ed Erzegovina - n.d.a.] disagiate e passive [e] noi dobbiamo trarre il massimo possibile vantaggio dal soccorso degli italiani>>. Sottolineò che, «nelle attuali circostanze essi ci sono assolutamente indispensabili. Essi ci hanno possibilitato di consolidarci e di aggiustare i conti con i partigiani [... ]. Inoltre gli italiani ci forniscono armi e munizioni. Nelle regioni dell'Erzegovina noi possediamo oggi 8.000 fucili e più di due milioni di cartucce di riserva. Draza disse 'accettate armi da chiunque ve le dia'. Inoltre riceviamo giornalmente dagli Italiani circa 5.000 pagnotte. Voi sapete che cosa ciò
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significhi oggidì, ove persino nelle città regna la penuria. Per noi è la cosa essenziale rimanere in vita e di ritenere le armi» <419>. Tuttavia i cetnici non dovevano sentirsi vincolati da questa benevolenza, né aver timore degl'italiani; «il loro esercito - disse Santié - non sarà per noi un pericolo di vita. Essendo noi armati, essi sono incapaci di annientarci nelle nostre montagne [... ]. Noi invece sappiamo che con loro bisogna essere cauti e che alle loro parole non si può mai prestare fede. Essi tenteranno di toglierci le armi in bella maniera, però né l'astuzia né la diplomazfa e neanche la forza non gioveranno a nulla. Le armi sono una cosa sacra, sono la libertà, sono la nostra esistenza» <420>. In' altre parole, le forze armate italiane dovevano rappresentare la classica mucca da mungere, ed anche senza troppi riguardi, poiché quell'accattivante frase 'dobbiamo comportarci bene', fu spiegata nella sua sostanziale portata da Santié stesso quando parlò dei croati. «Noi non riconosceremo mai la Croazia, neanche formalmente. Con la Croazia collaboreremo soltanto in ·quelle regioni ove siamo in assoluta minorità, ma neanche lì lealmente e sinceraplente. Pel momento dobbiamo tenerci in buone relazioni coi malcontenti croati e mussulmani, onde poter in ogni caso di bisogno intraprendere, ove sia, attacchi ed atti di sabotaggio, contro gli Italiani, e dobbiamo fare tutto il possibile che ciò venga commesso dai cattolici o mussulmani al fine di presentarli presso gli Italiani quali malfattori ed in tal modo rinforzare ancora di più la nostra posizione presso gli Italiani» <421 >. Il chiarimento, per quanto concerneva l'Italia, era istruttivo. In merito alla Croazia Santié concluse affermando che «non esiste un serbo che creda seriamente alle promesse croate. Noi non nascondiamo il nostro disprezzo e il nostro ripugno per la Croazia, ma loro non ci possono [far] nulla» <422>. Circa la sorte dei gruppi etnici compresi nelle zone che avrebbero dovuto far parte della più Grande Serbia, il discorso fu altrettanto chiaro. «I territori serbi devono esser spazzati da tutti i cattolici e i mussulmani. Ivi potranno vivere solamente i serbi. Noi li rigettiamo ed annienteremo tutti, senza eccezione e senza pietà. Questo sarà il punto di partenza della nostra liberazione. Ciò deve succedere presto e con slancio rivoluzionario {... ], i mussulmani sono sempre stati finora nostri nemici [...]. Essi sono sempre da parte di quelli che fanno persecuzioni ai serbi» <423>. Dalle parole di Santié - anche se a partigiani e comunisti dedicò incidentalmente soltanto qualGhe accenno - il programma e le direttive di Pustopolje apparivano sufficientemente disegnati, con le connesse tortuo .. sità ed implicazioni. Nel complesso, però, non si trattava di piani astratti
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o velleitari, poiché alla fine di luglio il movimento cetnico si era affermato, ed il capitano, a ragione poteva dire che «oggi si può viaggiare liberamente col lasciapassare cetnico da villaggio a villaggio, da Trebinje sino a Skoplje. In ogni villaggio serbo noi abbiamo il nostro comitato e le nostre forze militanti, ed in ogni località dove vivono due serbi noi abbiamo il nostro commissario [... ] . La Bosnia orientale oggi è nostra più c~e mai. La Drina è oggi confine meno che mai» <424>. Queste affermazioni non erano state dette per compiacere all'orgoglio ed al nazionalismo dei presenti alla riunione; esse trovavano riscontro in una realtà che il comando della 'Taurinense' aveva già parzialmente posto in evidenza, segnalando che i cetnici stavano creando «una loro organizzazione distrettuale, senza dipendere dalle nostre autorità», e che «a Potepeé (Zabljak ZI-BL) e Kosarevina (Sarajevo VN-BZ) sarebbero in corso di costituzione nuclei di gendarmeria alle dipendenze dei capi nazionalisti» (425>. Santié, invece, non parlò dell'organizzazione militare, della creazione àei comandi, delle dipendenze gerarchiche, decise da Mihajlc,wié che, a Pustopolje, aveva nominato «Brcanin comandante della Dalmazia, Lika e Bosnia occidentale ed il capitano Ivanisevié capo di Stato Maggiore di Brcanin, inoltre Petar Baéovié comandante della Erzegovina e della Bosnia orientale, Pavle Djurisié comandante del Montenegro sino a Niksié, Bajio Stanmé comandante del vecchio Montenegro, e pose Djurisié e Stanisié alle dipendenze del generale Blazo Djukanovié, che egli aveva già nominato comandante generale del Montenegro» <426>. A Jevdjevié, quale 'delegato del Comando Supremo', era stato affidato l'incarico di tenere - in via esclusiva - i contatti con le autorità militari italiane <421>. Anche se i comandi italiani non ebbero conoscenza delle decisioni organizzativo-militari, tuttavia il VI Corpo d'armata, nella Situazione di fine settembre perveniva alla conclusione che, a Pustopolje, Mihajlovié doveva aver «indubbiamente date le direttive per l'unione in un'unica organizzazione di tutte le comunità ortodosse, di tutte le formazioni armate composte da serbo-ortodossi», poiché era ormai «certo che non solo i capi, ma gli stessi gregari serbo-ortodossi delle singole regioni non si preoccupano più, isolatamente, della limitata necessità dei rispettivi territori ma, almeno idealmente, accarezzano il vecchio sogno della Patria,.forte dominatrice dei Balcani; non si considerano più milizia territoriale a difesa della propria popolazione ma soldati di un nuovo esercito ·destinato a battaglie d'importanza nazionale» <428'; e da settembre in poi nei documenti dei comandi italiani si sarebbe parlato abbastanza frequentemente d'un 'comando supremo panserbo' <429>. Ma il convegno di Pustopolje mise in serie difficoltà Jevdjevié e Trifunovié-Brcanin poiché - malgrado la segretezza - i comandi italiani
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ebbero sentore della riunione, della presenza di Mihajlovié, e d'un emissario di Londra. Queste voci li misero in allarme anc~ perché il frequente lancio con il paracadute di agenti inglesi e gli sbarchi da sommergibili lungo la costa dalmata, per cercare collegamenti con Mihajlovié e con i cetnici, suffragavano l'ipotesi di un qualcosa di anomalo. D'altro lato, la prospettiva d'un inserimento dell'Inghilterra nel già complesso giuoco balcanico non era sottovalutata neppure a Roma, e sin dal 22 giugno il ministro Luca Pietromarchi, in base ad elementi forniti dal console italiano a Mostar, Renato Giardini, aveva avvertito Ciano che «alcuni capi cetnici che sono in stretto contatto con i nostri comandi in Croazia farebbero capo ad una vasta organizzazione di spionaggio a favore dell'Inghilterra» (430>. Pietromarchi, conoscendo il naturale orientamento dei comandi italiani verso i cetnici, e nella supposizione che per convenienze tattiche fossero portati a minimizzare l'importanza di questi collegamenti che, se sul piano militare non avevano riflessi immediati, non potevano venir ignorati da Roma per le possibili implicazioni politiche a medio e lungo termine, chiese a Ciano l'autorizzazione di «entrare in contatto con il Comando Supremo, allo scopo di rivedere insieme la nostra politica di contatti con alcuni elementi» (43 1>, e fece i nomi di Jevdjevié, TrifunoviéBrcanin, Radmilo Grdjié, Milan Santié. Dava, però, atto alle formazioni cetniche del «notevole apporto alle nostre truppe nella lotta contro i comunisti» <432>, ma non riteneva che si dovesse far affidamento sui maggiori esponenti essendo «molto probabile [che] tengano contatti con il Governo di Belgrado e forse con il nemico» (433>, cioè l'Inghilterra. Se per Pietromarchi questo inquietante giuoco era 'molto probabile' , per il console italiano a Mostar non esisteva alcun dubbio che i cetnici, e Jevdjevié in particolare, fossero in contatto con gli inglesi. Egli doveva considerare che un fatto del genere fosse ormai, di comune conoscenza e tutt'altro che riservato, tanto che, circa due settimane dopo il convegno di Pustopolje, il colonnello Armando Damiani (comandante del 260° reggimento, della 'Murge') annotava nel diario storico: «avvicinando a Mostar il R. Console d'Italia so che da lui è stato segnalato al Ministero degli affari esteri che l'on. Jevdjevié lavora a nostro danno al soldo degli inglesi» <434>_ Non sappiamo quali fossero le fonti cui attingeva il console ma, è certo, doveva ritenerle attendibili, poiché il 25 settembre avrebbe inviato a Roma una relazione che, significativamente, portava come oggetto: «Jevdjevié Dobroslav - serbo emissario di Londra» <435>: Giardini, avvertendo che Jevdjevié aveva diretto ai mussulmani di Mostar un manifesto per cercare «con promesse e con minacce [... ] di conseguire una maggioranza sufficiente da contrapporre all'elemento croa-
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to» <436> locale, non soltanto faceva presente che i cetnici intendevano «agire decisamente, senza alcuna finzione, per distruggere Io Stato croato e costituire la più Grande Serbia», ma anche che i loro piani «erano appoggiati dalla propaganda inglese - che fa capo a Mihajlovié - e che mira al perfezionamento del secondo fronte nella zona dei Balcani» <437 >. Dei cetnici, quindi, non ci si doveva fidare anche perché le «cosiddette bande anticomuniste», erano formate da «elementi che ci avevano sempre accanitamente combattuto» <435> e se si erano schierati con gli italiani ciò era dovuto al fatto che durante i rastrellamenti di aprile-maggio (operazione 'Trio') erano rimasti senza viveri, senza munizioni, ed incalzati dalle truppe italiane non avevano avuto altra via di scampo che la resa. «Nelle condizioni di cui sopra - scriveva Giardini - e dopo aver sparato fino all'ultima loro cartuccia contro i nostri soldati chiesero ed ottennero di essere affiancati al nostro Esercito» <439>. Osservazioni, queste, incomplete poiché ignoravano l'opera svolta dal generale Dalmazzo che, sfruttando le circostanze, era riuscito a trasformare l'avversario almeno nel momentaneo non-nemico. Giardini, però, aggiungeva che il «passaggio alla nostra parte dei relitti dell'esercito jugoslavo, nelle condizioni di cui sopra, era stato certamente previsto da Mihajlovié o magari suggerito da Londra stessa[.. .] pur di ottenere armi e munizioni, mantenere viva la ribellione in questa regione ed al momento opportuno combatterci di nuovo in campo aperto» C440l. Da ultimo, le formazioni cetniche, oltre a fare il giuoco dell'Inghilterra, compromettevano il prestigio dell'Italia poiché «non hanno fatto altro sotto i nostri stessi occhi, che massacrare e predare popolazioni inermi, sia cattoliche che mussulmane, e darsi poi alle loro tradizionali vandalistiche orgie ed alle più ignobili turpitudini, attirando su di noi l'odio ed il disprezzo di quelle popolazioni, che pur ci avevano, specialmente le mussulmane, dimostrato fiducia e simpatia. Danneggiano i nostri interessi, perché avendo noi armato i nemici dello Stato, il Governo croato potrebbe esser indotto ad ostacolare la nostra penetrazione economica» <441 >. Considerazioni, queste, che non tenevano conto del recente accordo di Zagabria, dell'invadenza economico-commerciale tedesca, del fatto che i cetnici, specialmente quando agivano autonomamente, ed in particolare gli 'indipendenti' (cioè le formazioni non controllate né degli italiani né da Mihajlovié), seguivano quei metodi e quei sistemi che venivano applicati nei loro confronti tanto da comunisti quanto da ustascia. Ciò non avrebbe dovuto far stupire poiché tutti erano parté di quelle stesse popolazioni che, sin dalle insurrezioni contro la dominazione ottomana, avevano sempre considerato l'annientamento dell'avversario il modo più valido pe.r affermare una preminenza.
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In questo quadro, il console collocava la figura di Jevdjevié, che «va sempre più delineandosi. Egli ha già assunto un netto atteggiamento di ribellione nei nostri riguardi e tende, sempre più, ad affermare la sua posizione di capo nazionalista serbo, al solo servizio di Re Pietro e del suo Governo di Londra» <442>. Affermazioni gravi, che chiamavano in causa anche la responsabilità dei comandi italiani per le intese che avevano concluso con lui, per gli appoggi che gli concedevano. In aggiunta, anche se incidentalmente, il console accennava ad un fatto che, nella sintesi dell'esposizione, avvalorava i motivi delle sue preoccupazioni e riserve: «è accertato che Jevdjevié è sempre stato un emissario dell'Inghilterra (il console generale Lusana, dopo il convegno di Pustopolje, lo aveva tratto in arresto e voleva fucilarlo) venendo meno alle reiterate promesse di lealtà fatte alle nostre Autorità militari» <443>. Un arresto di Jevdjevié, una minaccia di fucilazione, dovevano esser stati determinati da fatti di rilevante gravità, come ben poteva essere la segretezza di un convegno tenuto nell'ambito di territori presidiati dalle forze armate italiane, già giuocate proprio da Jevdjevié, assieme a Trifunovié-Brcanin, nell'altra recente riunione segreta del 15 luglio ad Avtovac. Questa volta, per di più, si parlava della presenza di Mihajlovié, di quella d'un emissario inglese, ed il convegno diventava un complotto di nemici dell'Italia. In aggiunta, nello spazio di ventiquattro ore, voci ed indiscrezioni avevano trovato una obiettiva conferma. «Il giorno 24 corrente, come riferiva la 'Murge' - su ordine del Comandante del Presidio di Gacko, i RR.CC., scortati da un plotone del Il/260 [Il battaglione del 260° reggimento - n.d.a.], hanno preceduto, in Avtovac, alla cattura di un suddito inglese, identificato per il tenente Ronald Houghton Jones, da Melbourne, dell'8° battaglione della 6 8 divisione A.I.F. [Australian Infantry Force - n.d.a.]» C444>, Le voci, ora, avevano un preciso riscontro, e la posizione di Jevdjevié e di Trifunovié-Brcanin divenne delicatissima anche se l'australiano affermò «di essere un ex-prigioniero di guerra della Germania, e di esser riuscito a fuggire dalla prigionia in Creta» C445l , Dichiarazioni tutte da controllare, poiché appariva poco credibile che un ufficiale catturato a Creta (se era vero) fosse riuscito a sfuggire ai tedeschi, e si trovasse per puro caso ad Avtovac, nella stessa zona e nello stesso momento del convegno indetto da Mihajlovié. Il comando italiano di Gacko, in quei primi momenti, ritenne più verosimile che l'ufficiale fosse sceso «da un aereo a Niksié, sin dal novembre dello scorso .anno» <446), confondendolo probabilmente con il capitano Douane T. Hudson, del quale i comandi italiani dovevano avere notizia, pur ignorandone il n,m1e c.w 7J.
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Jevdjevié, e Trifunovié-Brcanin (44Sl vennero fermati, e probabilmente rischiarono di esser messi al muro per intelligenza con il nemico, come in effetti lo erano Mihajlovié e Houghton. I due capi cetnici furono posti a disposizione del comando del VI Corpo d'armata, ed anche l'ufficiale australiano venne tradotto a Ragusa. Questi poté dimostrare d'esser stato catturato a Creta dai tedeschi, d'esser riuscito «a fuggire unitamente ad un compagno di prigionia, tale ten. Lawrence [Christie Lawrence - n.d.a.], gettatosi dal treno, mentre veniva trasportato da Salonicco verso un campo di concentramento germanico» C449>, «Nel lungo interrogatorio reso - precisava il VI Corpo d'armata - e dai documenti sequestrati risulterebbe che [l'Houghton - n.d.a.], dopo aver trovato protezione presso contadini in piccoli villaggi della Serbia meridionale, ebbe ad unirsi a formazioni anticomuniste del Montenegro, con le quali ha partecipato alla lotta contro i partigiani» <45 oi. Anche i due capi cetnici furono sottoposti ad interrogatorio per sapere chi aveva partecipato al convegno ed in particolare per conoscere quanto era stato deciso. Il console generale d'Italia a Ragusa, Amedeo Mammalella, il 1° agosto, riferiva che Trifunovié-Brcanin e Jevdjevié si erano incontrati con il generale Mihajlovié «insieme ad altri capi cetnici e montenegrini», «tutti identificati>>, e che «un'inchiesta eseguita» aveva consentito <<di ricostruire tutta la conversazione che si è svolta nel convegno» <45 1>. Questi incisi lasciano comprendere il 'torchio' cui i capi cetnici furono sottoposti e, per ridurre i possibili danni - come scrisse Mammalella - Jevdjevié e Trifunovié-Brcanin «hanno nell'occasione rinnovato ai nostri comandi la promessa di collaborare senza riserve nella comune lotta contro le formazioni comuniste>>. Non apparendo «imputabile alcuna slealtà nei nostri riguardi» <452>, furono creduti. In merito a questa situazione, il comando del VI Corpo d'armata nel Notiziario del 31 luglio, senza parlare di interrogatori o di misure coercitive, quasi si trattasse di un fatto d'ordinaria amministrazione riportava che: «in un villaggio nei pressi di Avtovac, i noti capi anticomunisti della Bosnia ed Erzego.vina, vojvoda Trifunovié ed on. Jevdjevié, si sono incontrati con il generale Drafa Mihajlovié con il quale hanno avuto scambio d'idee sulla attuale situazione in Serbia, Montenegro, Bosnia ed Erzegovina. Nel corso del colloquio, i capi dell'Erzegovina avrebbero esaltato l'opera delle truppe italiane nei territori della Croazia abitati da popolazioni ortodosse e avrebbero quindi sostenuto la necessità di continuare la collaborazione in atto per la lotta ai comunisti e per la normalizzazione» <453>. Mihajlovié «avrebbe approvato la politica dei capi della Bosnia ed Erzegovina ed avrebbe assicurato che anche da parte sua non avrebbe, per l'avve-
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nire, compiuto atto alcuno ostile alle truppe italiane» <454>. Quindi, non seml:aava che ci si dovesse preoccupare. Il Notiziario proseguiva - ma sempre senza darvi rilievo - con l'ammissione, non tanto indiretta, di Mihajlovié d'essere in contatto con Londra. «Interpellato dal Trifunovié sui suoi disegni operativi, il generale [... ] avrebbe dichiarato di aver avuto pressioni dal Governo di Londra perché riaccenda la guerriglia contro le truppe dell'Asse in Balcania» <455>, però Mihajlovié «avrebbe risposto che l'intervento dei serbi nella lotta 'potrà esser preso in esame soltanto quando i russi saranno a Budapest e gli inglesi a Sofia'» C456l. I clue capi cetnici, ammettendo qualcosa, dicendo cose gradite ai comandi italiani, tacendo sull'organizzazione militare, sui programmi per l'eliminazione dei croati -e dei mussulmani, sul sabotaggio contro le forze italiane, accennando genericamente ai rapporti di Mihajlovié con l'Inghilterra, e soprattutto perché era stata riconosciuta la casualità della presenza del tenente australiano ad Avtovac, uscirono indenni dall'interrogatorio, riebbero libertà di movimento, e ripresero la loro attività. Le disavventure di Jevdjevié e di Trifunovié-Brcanin erano state seguite dagli altri capi cetnici con preoccupazione, ma senza trovare un accordo sul modo di fronteggiare le possibili consegue_nze, ed il 3 agosto, il maggiore Baéovié informava Mihajlovié che «sin dal momento della vostra partenza, qui, fra di noi vi sono stati continui contrasti» <457 ). Lo ragguagliava che «Jevdjevié finalmente è stato liberato dalla sorveglianza della polizia» e che ora stava viaggiando con un generale italiano, «che è giunto da Roma e che, da tutta l'apparenza, appartiene al servizio segreto» <45sJ. Si trattava del generale Guglielmo Morgari, dello Stato Maggiore del1' esercito, inviato a Mostar per controllare la situazione dopo le agitate conseguenze del convegno di Pustopolje, ed accertare se la questione Jevdjevié-Trifunovié-Brcanin avesse avuto degli strascichi fra le formazioni anticomuniste ed i loro comandanti. Morgari, accompagnato da Jevdjevié, visitò diversi reparti della M.V.A.C., ed «il generale - come fu annotato sul diario storico del 260° reggimento della 'Murge' - ha parlato ai militi [... ] . .I capi [cetnici - n.d.a.] a loro volta hanno risposto al generale assicurando la loro fedeltà e la loro devozione all'Italia, esaltando concordi l'opera dell'ex-on. Jevdjevié» C459l, Ma per il colonnello Damiani (comandante del 260° reggimento) l'ispezione di Morgari e la conclamata esaltazione del capo cetnico apparvero «tutta una montatura preparata a bella posta per riabilitare costui [Jevdjevié - n.d.a.1, la cui persona era molto compromessa dalle indiscrezioni di Pustopolje [... ] ed in procinto di essere internato» (460> .
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Il viaggio a Mostar di Morgari non aveva solamente lo scopo di riqualificare Jevdjevié (se lo aveva), ma anche di entrare, possibilmente, in contatto con il maggiore Baéovié (461 l che, sino a quel momento, si era tenuto lontano dai comandi italiani. Inoltre, e ben più importante, il generale doveva accertare se esistevano le condizioni per arrivare ad un incontro con Mihajlovié poiché, secondo quanto era stato detto nel corso degl'interrogatori da Jevdjevié e dal vojvoda, Mihajlovié stesso, avrebbe «lasciato intendere che egli non sarebbe alieno di venire in contatto diretto con i nostri ufficiali [italiani - n.d.a.] di S.M.» l462>. Le ripercussioni del convegno di Pustopolje non dovettero placarsi tanto facilmente se Roatta, il 10 ed il 21 settembre, durante i due incontri che avrebbe avuto a Sussa (Susak) con Trifunovié-Brcanin, insistette nel chiedergli quali fossero gli effettivi obiettivi del movimento cetnico, e se le formazioni anticomuniste sotto il suo comando fossero anche alle dipendenze di Mihajlovié (463l. Il vojvoda, eluse la domanda, e rispose diplomaticamente asserendo che Draza Mihajlovié «è il capo effettivo soltanto della vecchia Serbia e della Macedonia ed in questo agisce d'accordo con il Gen. Nedié, capo del Governo Serbo [cioè il contrario di quanto dichiarato da Santié nel suo discorso - n.d.a.]. Per le altre regioni è solo un capo morale, con il quale i comandanti cooperano in quanto i suoi ordini tengono conto dei veri interessi dei serbi» . Poi, aggiunse l'argomento accattivante: «ora, in Bosnia, ed Erzegovina il popolo serbo nutre tali sentimenti di riconoscenza per l'Italia che non potrebbe fare mai nulla contro di essa, anche se ordinato dal Mihajlovié o da altri» C464l.
NOTE AL CAPITOLO III
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(I) Gian Nicola AMORETTI -La vicenda italo-croata nei documenti di AIMONE DI SAVOIA (1941-1943) - Editrice ' Ipotesi' - Rapallo, 1979 - Punto stimato della situazione croata a fine gennaio 1942 - XX - Paragrafo: «Costituzione del Parlamento» - Pag. 47. /
- Edmond PARIS - Genocidio nella Croazia satellite /941-1945 - Ed. Club degli Editori - MilanoJ976 -Traduzione dall'inglese e note storiche di Salvatore Loi - Pag. 178. (2) Fra le più importanti decisioni del Sabor si possono ricordare, nel 1526 l'offerta della Corona di Croazia alla Casa d'Asburgo; nel 1848 la richiesta a Vienna di staccare la Croazia e la Slovenia dal Regno d'Ungheria per formare la terza componente dell'impero asburgico, oltre ali' Austria ed all'Ungheria; l' accordo croato ungherese del 1868 che riconobbe al Sabor una limitata funzione legislativa nel campo amministrativo, dell'istruzione, della giustizia, della religione ed il potere di approvare il proprio bilancio. Le 'decisioni del Sabor dovevano essere approvate dall ' imperatore d'Austria. Verso il 1870 partecipa va all'elezione del Sabor solamente un 6 o 7 per cento della popolazione; verso il 1910 la percentuale era del 30 per cento circa. (3) Vedi n. I - Gian Nicola AMORETTI - pag. 48. (4) Ibidem - pag. 52.
(5) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1942 - Busta 132 - Fascicolo 3 - (Lettera senza n. prot. - Intestala Poglavnik Nezavisne Drf.ave Hrvatske - Firmata Ante PAVELIC - Per Benito Mus. SOLINI - Zagabria, 12 febbraio 1942).
(6) Relazioni internazionali - Pubblicazione settimanale dell'Istituto Studi di Politica lnterna.z ionale (1.$.P.I.) - Milano, 1942 - «Messaggio del Poglavnik al Sabon> - Pag. 310 e seg .. (7) Ibidem - «Sviluppi costituzionali in Croazia» - pag. 263. - Vedi n. I - Edmond PARIS. L'autore afferma che i sacerdoti chiamati a far parte del Sabor erano 11 e, precisamente: arcivescovo Alojzije STEPINAC, vescovo Antun Al<SAMOVIC, IRGOLIC, Ante LONCARIC, Stjepan PAVUNtC, Juraj M1KAN, Matija Pouc, Torna SEFEROVtC, Bonifacio SJPIC, Franjo SKRINJAR , Stjepo VuCETJC - Pag. 180. (8) Ibidem - «Sviluppi costituzionali in Croazia». (9) Vedi n. I - Edmond Paris - Pag 179.
Il testo del giuramento venne pubblicato su le Narodne Novine del 27 gennaJo 1942. (10) Ibidem - Edmond PARIS - Pag. 179. L'arcivescovo Alojzjie STEPINAC rivolse l'allocuzione a PAVELtC il 23 febbraio 1942 all'ingresso della Chiesa di San Marco a Zagabria, quando il Poglavnik si recò ad assistere al Te Deum di ringrazi amento per l'inaugurazione del Sabor. (11) Vedi n. I - Gian Nicola AMORETTI - Punto stimato sulla situazione politico-militare della Croazia al 15 aprile 1942-X X - Paragrafo: «Atteggiamento dei macekiani degli ex-deputati del partito dei contadini - Questione ebraica» - Pag. 69. (12) Ibidem .
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(13) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1942 - Busta 130 - Fascicolo 2 - (Telegramma n. 41/R - Da Ministero affari esteri - Gabinetto - Con una sigla probabilmente del ministrn Galeazzo C1ANÒ - A ltaldipl-Zagabria - Roma, ore 23, 3 febbraio 1942). (14) Ibidem. (15) U.S.-S.M.E. - Busta 585 - Comando VI Corpo d'armata (Notiziario - Dalla 2 • zona - Paragrafo: «Ragusa» - P.M. 39, 19 febbraio 1942). (16) Ibidem. (17) Vedi n. 11 - Paragrafo: «Visita del Maresciallo KV.'\TERNIK in Italia» - Pag. 69.
- Il Popolo d'Italia - Quotidiano - Milano - 15, 17, 19 febbraio 1942.
Il maresciallo KvATERNLK, accompagnato dal generale PERCEVIC, dai tenenti colonnelli FILIPEK e RESCH, dai maggiori ,RUBELLI, L1SAK, VERNiè-TURANSKI , S!MURINA, dagli ustascia KATiè e STARCEVIè, fece visita ai ministeri della guerra, dell'aereonautica, al comando generale della milizia, dove il Luogotenente generale GALBIATI gli offerse un pugnale da legionario. Accompagnato da MUSSOLINI visitò gl'impianti sperimentali dell'aeronautica a Guidonia. Partì per Firenze, indi a Milano dove visitò gli stabilimenti dell'Innocenti e della Caproni ed in una località dell'Alta Italia (Riva del Garda?) passò in rassegna la Legione croata in addestramento, prima di esser inviata al fronte russo. Galeazzo Ciano - Diario 1937-1943 - Rizzoli Editore - Milano, 1980- «13 febbraio - [ . .. ]. Ricevo il Maresciallo KvATERNIK, che mi ha rimesso una lettera di PAVEL!è. Vuole incontrare il DUCE» - Pag. 590. (18) Vedi n. 5 - VEDI DOCUMENTO N. 1 ALLEGATO AL PRESENTE CAPITOLO. (19) Vedi
11.
13.
(20) Il Popolo d'Italia - Quotidiano - Milano - 24 febbraio 1942. L'articolo «La Dieta croata inaugurata dal Pog/avnik» riporta la presenza dei ministri d'Ungheria, Bulgaria! Romania, Spagna, Finlandia, Slovacchia oltre a quelli d'Italia e Germania. (21) Ibidem. (22) Vedi n. 6.
- li Popolo di Spalato - Quotidiano - 24 febbraio 1942 - «Un messaggio del Poglavnik alla Dieta dello Stato croato». (23) Ibidem. (24) Ibidem. (2S) Ibidem. (26) Ibidem. (27) Ibidem. (28) Il Popolo di Spalato - Quotidiano - 24 febbraio 1942 - «KVATERN!K parla alla radio del suo viaggio in Italia» - «Manifestazioni di popolo in tutta la Croazia».
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(29) Il Popolo d'Italia - Quotidiano - Milano - 29 febbraio 1942 - «MUSSOLINI ed HITLER acclamati alla Dieta croata durante la relazione di KVATERNIK». (30) Vedi n. 6 - «Dichiarazioni di LORKOV!C al Sabor sulla politica estera» - Anno 1942 - Pag. 272. (31) Ibidem.
(32) Senato del Regno - XXX Legislatura - I• della Camera dei Fasci e delle Corporazioni • Disegni di legge e relazioni - Stampato n. 1893/A - Relazione al disegno di legge sullo «Stato di previsione della spesa del Ministero degli affari esteri per l'esercizio finanziario dal 1° luglio 1942-XX al 30 giugno 1943-XXI». (33) Vedi n. 29.
•
(34) Ibidem.
(35) Vedi n. 1 • Edmond PARlS- Riportato dalle Narodne Novine- Zagabria, 25 febbraio 1942. (36) Vedi n. 1 • Gian Nicola AMORETfl - Pag. 69. (37) Vedi n. 1 - Edmond PARIS - Riportato dalle Narodne Novine - Zagabria, 26 febbraio 1942. (38) Vedi n. 6 • La nuova Croazia - «Discorso di Ante PAVEUC al Sabor» - Anno 1942 - Pag. 332 e seg.
Per le impressioni sui cinque giorni di discussione vedi n. 1, Gian Nicola AMORETTI: <<neppure il più ottimista tra i pavelic;iani può asserire che il Sabor rappresenti gli umori e tanto meno la volontà del Paese» - Pag. 69. (39) Ibidem. (40) Ibidem. (41) Ibidem.
(42) Ibidem. (43) Ibidem. (44) Ibidem.
(45) Ibidem.
(46) ibidem. (47) Ibidem. (48) Vedi n. 1 - Gian Nicola AMORETTI - Pag. 62.
(49) Ibidem. (50) Ibidem. (51) Ibidem.
(52) Ibidem.
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(53) Ibidem - Le parole «Per la Patria pronti» erano il saluto ufficiale degli ustascia, come «A Noi» per il fascismo. (54) Vedi n. 7 - «Sviluppi costituzionali in Croazia» -Anno 1942 - Pag. 263. (55) Enzo COLLOITI e Teodoro SALA - Le Potenze dell'Asse e la Jugoslavia - Saggi e documenti 1941-1943 - FELTRINELLI Editore - Milano, 1974 - Pag. 125 e seg .. Secondo il SALA questo ente «rappresentò nel corso della guerra uno degli strumenti più efficaci della penetrazione tedesca nell'Europa sud-orientale» - Pag. 125. (56) Ibidem - Parte I - «Fondamenti generali dell'interesse italiano nei confronti dell'Europa sud-orientale» - Pag. 133. Lo studio, ciclostilato, è conservato pre;so la «Osterreichische Nationalbibliothek» di Vienna, e porta il titolo «L'influenza dell'Italia sull'industria dell'Europa sud-orientale dall'inizio della guerra, in un rapporto della. Sudosteuropa Gesellschaft». Detto studio è riportato integralmente nel volume, nella traduzione di Francesca Tosi FERRATINI - Pag. 132 e seg .. (57) Ibidem. (58) Ibidem - l - Considerazioni generali - n . 3 - Pag. 138. (59) Ibidem. (60) Ibidem - II - Parte speciale - Paragrafo c): «Croazia}> pag. 148 e seg .. (61) Ibidem. (62) Ibidem - Pag. 177. Riporta il testo integrale del telespresso n. 8/1311 - Oggetto: «Penetrazione economica tedesca in Croazia» - Da ministero affari esteri - A [indirizzi omessi) - Roma, senza data, probabilmente 28 luglio 1942 - (Mic~ofilm n. 400 - Ser ie T. 821 - Fotogrammi 378-380). (63) Ibidem. (64) Ibidem . (65) U.S.-S.M.E .. - Busta 585 - Comando VI Corpo d'armata - (Foglio n. 4361/Inf. di prot. - Oggetto: «Attrezzatura. del porto di Ploéa [recte: Piace)» - Firmato generale Renzo DALMAZZO - A Comando Supersloda - P.M. 39, 26 maggio 1942). VEDI DOCUMENTO N. 2 ALLEGATO AL PRESENTE CAPITOLO. (66) Ibidem .
li ministero croato delle comunicazio·ni aveva stanziato per j lavori 80 milioni di kune, affidando all'ingegnere Paolo RADULOVIC gli allacciamenti ferroviari e gl'impianti idrici del posto; all'ingegnere Stefano lVCEVIC i lavori stradali e le sistemazioni per il traffico portuale e l'approdo delle navi. (67) Ibidem. (68) A.C.S. - Microfilm n . 60- Serie T. 82 1 - Fotogramma 701 - (Foglio senza n. di prot. . Segreto - Da legazione di Croazia - A ministero degli affari esteri - Roma, 7 aprile 1942) • VEDI DOCUMENTO N. l ALLEGATO AL PRESENTE CAPITOLO.
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(69) Ibidem. (70) U.S.-S.M.M. - Sett,ore Jugoslavia-Albania-Dalmazia - Busta 45 - Fascicolo 1 - (Maridalmazia - Diario storico - Spalato, 3 maggio 1942). (71) A.C.S. - Microfilm n. 68 - Serie T. 821 - Fotogrammi 488-490 - (Foglio n. 435 di prot. - Segreto - Argomento: «Missione»· Da Comando Marittimo italiano di Metcovich Firmato il capitano di porto comandante, Bruno GREOORETTI - A Comando presidio R. Esercito, Sede - Per conoscenza a Comando 2• Armata, P.M. IO - Maridalmazia, Spalato-Metcovich, 7 maggio 1942). (72) Ibidem.
(73). Vedi n. 70 - Annotazione Il maggio 1942. (74) U .S.-S.M.E. - Busta 638/IT - Comando VI Corpo d'armata - (Foglio n. 0152/1 di prot. - Oggetto: «Atteggiamento autorità cropte» - Da generale Renzo Dalmazzo - A comando tattico Supersloda - Per conoscenza a Supersloda - P.M. 39, 24 maggio 1942 - VEDI DOCUMENTO N. 4 ALlEGATO AL PRESENTE CAPITOLO.
Il generale RoArrA il 15 maggio comunicava al Comando Supremo ed alla Missione militare italiana a Zagabria: «Col. FRANCETIC mi ha fatto esprimere desiderio venire Erzegovina con truppe ustasce per concorrere nostre operazioni contro comunisti. Assicura disciplina dette truppe et contegno corretto fronte popolazione - (U .S.-S.M.A. - Elemento 7518 - B-0 49 - Cartella 18 - Relazioni di carattere operativo di Supersloda - P.M . 10, 15 maggio 1942). (75) A.C.S. • Microfilm n. 66 - Serie T. 821 - Fotogramma 231 - (Foglio senza n . di prot. - Stralcio telescritto - Da Centro 'I' Sarajevo - Manca destinatario - Firmato maggiore CARGNELLJ - Sarajevo, 22 maggio 1942). (76) Ibidem. (77) Vedi n. 74.
(78) Ibidem. (79) Ibidem. (80) Ibidem. (81) Vedi n. 74. (82) Ibidem. (83) Vedi n. 75 . (84) Ibidem. (85) Vedi n. 74. (86) Ibidem. (87) Ibidem. (88) Ibidem. (89) Ibidem.
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- A.C.S. - Microfilm n . 66 - Serie T. 821 - Fotogramma 543 - (Telescritto n. 4365/I Da Comando VI Corpo d'armata - A Comando Supersloda - P.M. 39, 26 maggio 1942). Il generale Renzo DALMAZZO informava che: «Capi serbi et mussulmani prima volta in unica delegazione habent rappresentato grave agitazione perché autorità croate dopo nuovo arrivo Mostar FRANCET!è et SEGVJEVIC diffuso voce che est imminente accordo fra legazione italiana Zagabria et Governo croato per ritorno et passaggio poteri usrascia». (90) Vedi n. 74. (91) A.C.S. - Microfilm n. 66 - Serie T . 821 - Fotogramma 48 - (Marconigramma cifrato - Senza n. di prot. - Da nucleo 'I' Sarajevo - Firmato maggiore CARGNELLI - A Supersloda - Sarajevo, 26 maggio 1942). (92) A.C.S. - Microfilm n. 53 - Serie T. 821 - Fotogramma 553 - (Telescritto n. 9564 -. Da generale Mario RoAT'rA - A Supersloda per generale Giovanni OxrLIA - P.M. 10, 26 maggio 1942). (93) Ibidem. (94) U.S.-S.M.E. - Busta 585 - Comando VI Corpo d'armata - (Notiziario - Situazione a fine maggio 1942 - Paragrafo: «2' e 3 • zona» - P .M. 39, 1 giugno 1942). Per l'attentato a Dobroslav JEVDJEVIé vedi: U.S.-S.M.E. - Busta 1261 - Comando 2• Armata - Telescritto n. 8856/0p. - Da generale Renzo DALMAZZO - A Comando Supersloda - P.M. 39, 30 maggio 1942. (95) A.C.S. - Microfilm 65 - Serie T. 821 - Fotogramma 537 - (Foglio 9625 - Segreto Oggetto: «Attività economica tedesca nella Valle Narenta» - Da Comando Supersloda - A Comando Supremo - P.M. 10, 27 maggio 1942). (96) Ibidem. (97) Ibidem. L'organizzazione TODT prese il nome dal suo capo, generale Fritz Toor (Pforzheim presso Stoccarda, 1891 - Morto nel 1942 in un incidente aereo) ingegnere. Militante nel partito nazional-socialista dal 1922. Nel 1933 ebbe da HITLER l'incarico di creare una organizzazione a carattere para-militare inquadrando i disoccupati per la realizzazione d'un piano d'opere pubbliche. Nel 1940 Toor fu nominato ministro per gli armamenti e le munizioni. L'organizzazione era dotata di amplissimi mezzi con uno staff d'ingegneri altamente qualificati. Dimostrò sempre, nello studio dei problemi e nella loro pratica solu.zione una buona efficienza. Dal 1937 al 1940 costruì la Linea Sigfrido. Durante la guerra eresse il Vallo Atlantico, le linee Gustav e Gotica. (98) A.C.S. - Microfilm n. 65 - Serie T . 821 - Fotogramma 519 - (Telescritto senza n. di prot. - Da Comando Supersloda - Firmato generale Ettore DE BLASIO - Per generale Mario ROATTA- P.M. 10, 29 maggio 1942). Trasmette copia del telescritto n. 2575 della Missione militare italiana a Zagabria. (99) Ibidem. (100) A.C.S. - Microfilm n. 67 - Serie T. 821 - Fotogramma 1087 - (Telescritto n. 9726 - Da 'Malaga' [nome convenzionale del comando operativo di Roatta - n.d.a.] -A Supersloda per Comando Supremo - P.M, 10, l O giugno 1942).
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(101) A.C.S. - Microfilm n. 65 - Serie T. 821 - Fotogramma 497 - (Telescritto n. 21870 - Da Comando Supremo - Firmato generale Giovani MAGLI - A Supersloda - P.M. 21, ore 13.50, 3 giugno 1942). (102) Vedi n. 98.
(103) Ibidem. (104) Ibidem. (105) A.C.S. - Microfilm n. 65 - Serie T. ~21 - Fotogramma 518 - (Telescritto n. 12066 . Da Supersloda operazioni - Firmato colonnello MORGARI - A motonave Abbazia, per 'Malaga' (nominativo del comando tattico di ROATTA).
Ritrasmette il telescritto n. 2629 della Missione militare italiana presso il Governo croato al Comapdo Supremo e per conoscenza a Supersloda. (106) Ibidem. (107) A.C.S . • Microfilm n. 65 - Serie T. 821 • Fotogramma 527 - (Telescritto n. 12041 . Massima precedenza assoluta su MPA [massima precedenza assoluta - n.d.a.] - Da Supersloda operazioni - Firmato generale Etcore DE BLASIO - A 'Malaga' - P .M. 10, 1° giugno 1942). (108) A.C.S . • Microfilm n. 65 - Serie T. 821 • Fotogramma 511 - (Pro memoria- Oggetto: «Porto di Piota - Questìoni varie» - Firmato tenente colonnello Domenico M1CHELOTT1 • P.M. IO, 3 giugno 1942.
Contiene la sintesi degli argomenti trattati nella riunione e delle decisioni prese. (109) A.C.S. - Microfilm n. 65 - Serie T. 821 -Fotogrammi 505-506 - (Foglio dattiloscritto . In testa, a mano, la dicitura «Memorandum germanico» - Non firmato - Roma, 30 maggio 1942) • VEDI DOCUMÉNTO N. 5 ALLEGATO AL PRESENTE CAPITOLO. (110) Ibidem. (111) Ibidem. (112) Ibidem. (113) Ibidem. (114) Ibidem. (115) Vedi n. 108. Parte I - «Porto di Piota» - Paragrafo 2°. (116) A.C.S. - Microfilm n. 65 - Serie T. 821 - Fotogrammi 508-510 (Foglio senza n. di
prot. • Segreto - Comando Supremo - «Attività economica tedesca in Val Narenta» • Non firmato - P.M. 21, 3 giugno 1942).
È un verbale molto sintetico della riunione italo-tedesca che ebbe luogo a Roma presso il ministero degli affari esteri alle ore 18.30 del 2 giugno 1942. Alla riunione erano presenti: per il ministero degli affari esteri, Luca PIETROMARCHI, dottor BASSI; barone SCAMMACCA di collegamento con il Comando Supremo; dottor Vittorio CASTELLANI di collegamento con Supersloda; per la Marina militare ammiraglio Giuseppe RAINERI B1sc1A; per la Marina mercantile il direttore generale Giulio INGIANNI generale di Capitaneria di porto; per il ministero dei lavori pubblici comm. BATTISTINI e comm. CAMANz1; un rappresentante del ministero delle corporazioni; tenente colonnello Remigio VIGLIERO del Comando Supremo; un rappresentante dell'ambasciata tedesca a Roma; due rappresentanti dell'organizzazione TODT.
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(I 17) Ibidem - Punti I, 2 e 3. (118) Ibidem· Punto 4. (119) Vedi n. I - Gian Nicola AMORETTI - Punto stimato af 15 giugno 1942 - Paragrafo: «Considerazioni» - Pag. 86. (120) Ibidem. (121) Il colonnello di commissariato, Agenore BERTOCCHI era legato al Duca di Spoleto da vincoli di amicizia e di collaborazione. li Duca, designato re di Croazia, istitul un proprio ufficio per raccogliere e vagliare le notizie e gli avvenimenti relativi alla Croazia, affidandone la direzione al colonnello. (Vedi n. I • Gian Nìcola AMORETTI - Pag. IX e XXX). (122) Vedi n. I - Gian Nicola AMORETTI - «Notizie politiche sulla Croazia al 24 giugno 1942 -Considerazioni» · Pag. 90. (123) Ibidem. (124) U.S.-S.M.A. • Elemento 7518 - Busta 49 - Fascicolo 18 - (Relazioni di carattere operativo di Supersloda - A Comando Supremo • Per conoscenza a Missione militare italiana a Zagabria - P.M . IO, IO giugno 1942). (125) U.S.-S.M.M. - Scacchiere Jugoslavia - Albania-Dalmazia - Busta 45 - Fascicolo I 0 - Maridalmazia - Diario storico - Spalato, I O luglio 1942). (126) Ibidem - Spalato, IO luglio 1942. (127) A.C.S. - Microfilm n. 51 - Serie T. 821 - Fotogrammi 785-786 - (Foglio n. 10590/0p. di prot. · Oggetto: «Costituzione settore Metkovié» - Da comando VI Corpo d'armata - A comando divisioni 'Messina ' , 'Marche', ' Murge'; al generale di brigata Carlo BORGHI . Per conoscenza: a Supersloda; a comando Intendenza Supersloda; a comando Piazza militare di Cattaro - P.M. 39, 27 giugno 1942). (128) A.C.S. - Microfilm n. 51 - Serie T. 821 • Fotogrammi 160-162 - (Foglio n. 12846 di prot. - Oggetto: «Organizzazione difensiva e favori zona Pfoée» · Da comando VI Corpo d'armata - A comandi: Settore militare di Metcovich; Artiglieria VI Corpo d'armata; Genio VI Corpo d'armata; Militare marittimo della Dalmazia - P .M. 39, 24 luglio 1942). (129) Ibidem. - Il Comando Supremo, in data 5 luglio 1942 inviava il seguente telcspresso a Supersloda: «N. 22365 - Giungeranno in zona Porro Pfoée quattrocento operai italiani. Code.sto Supercomando est pregato: Primo, autorizzare prelevamenti viveri presso magazzini militari; Secondo, provvedere at inquadramento detti operai cui potrà essere distribuito armamento individuale nella misura ritenuta necessaria. D'ordine, generale MAGLr». (U.S.-S.M.E. - Busta 1477 - Comando Supremo).
(130) Giuseppe GORLA - L'Italia nella seconda guerra mondiale - Diario di un milanese, ministro del Re nel Governo M USSOLJNI - BALDINI e CASTOLDI Editori - Milano, 1959 - Annotazione IO agosto 1942 - Pag. 337. (131) Ibidem. (132) Ibidem - Pag. 338.
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(133) Ibidem. (134) Ibidem. (135) Ibidem. (136) M .A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1942 - Busta 132 - Fascicolo 27 - (Lettera n. 4422 di prol. - Riservata personale - Da ministro Raffaele CASERTANO - A ministro Luca PIETROMARCHI - Zagabria, 12 settembre 1942). (137) U.S.-S.M.E. - Busta 1268 - Comando VI Corpo d'armata - (Notiziario - Paragrafo «Metcovich» - P.M. 39, 13 ottobre 1942). (138) Vedi n. 136. (139) Vedi volume primo di questo lavoro - Capitolo III, pag. 327. (140)' U.S.-S.M.E. - Busta 1361 - Stato Maggiore Esercito - (Foglio n. 11 41 di prol. Oggetto: «Politica croata nei territori della 2• e 3" zona» - Dal Capo di Stato Maggiore Esercito, generale Vittorio AMBROSIO - A Comando Supremo - P.M. 9, 23 gennaio 1942). (141) Ibidem. (142) Ibidem. (143) Ibidem. (144) lbidem. (145) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1942 - Busta 130 - Fascicolo l - (Pro memoria - Senza n. di prot. - Da ministero dell'interno - Senza destinatario - Roma, 15 gennaio 1942). Allegato alla lettera n. 8/08336 di prot. - Da ministro Luca PIETROMARCHI - A Raffaele CASERTANO, capo della Legaiione d'Italia a Zagabria - Roma, 17 gennaio 1942. (146) Ibidem. (147) ·u.S.-S.M.E. - Busta 521 - Comando 2• Armata • (Foglio n. 810/0p. di prot. Segreto . Oggetto: «Politica croata nei territori della 2• zona» - Da Comando 2• Armata· A firma generale Vittorio AMBROSIO - Per Stato Maggiore esercito · P.M. 10, 13 gennaio 1942). (148) lbidem. (149)M.A.E.-A.S.D. - J ugoslavia 1942 - Busta 130 - Fascicolo I· (Telespresso n. 8/08521 - Oggetto: «Personale del Commissariato Generale Amministrativo croato» - Da ministero degli affari esteri - A firma ministro Galeazzo CIANO • Per comando 2• Armata • Ufficio Affari Civili - Roma, 25 gennaio 1942). ' (150) Ibidem. (151) Vedi n. 1 - Gian Nicola AMORETTI - «Punto stimato a fine febbraio 1942» - Paragrafo: «Lavori della Commissione economica permanente italo-croata» . Pag. 53 e 55. A pag. 55 si legge: «Gli accordi di indole economica con la Croazia, attraverso i lavori della Commissione economica permanente, sono stati in effetti notevoli, sia nel campo finanziario, come in quelli economici, industriali, assicurativi; e secondo quanto viene affermato nella visita del Ministro croato KoSAK al DucE ed alle nostre Autorità del Governo, sarebbero state gettate le basi di ulteriori accordi per una più vasta e profonda penetrazione economica nel Paese. Purtroppo è logico presumere che lo sviluppo di questi accordi e la loro esecuzione troveranno un serio ostacolo nello stato rivoluzionario del Paese che non consente libertà di azione, tranquillità di lavoro e sicurezza dei traffici».
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- M.A. E.-A.S.D. - Jugoslavia 1943 - Busta 138 - Fascic olo I - (Complesso di 20 fogli - Senza n. di prot. - Senza intestazione - Senza firma - Senza data - Cominciano con un 'Signor Ministro' - Probabilmente databile al luglio 1943). La data e la località della riunione plenaria della commissione economica permanente sono stati rilevati da questo documento esteso da un funzionario croato in collaborai.ione con l'addetto commerciale italiano a Zagabria, dottor Ton-LOMBARDOZZI. Lo studio, che contiene diverse tabelle, deve esser stato elaborato per conto del Governo croato, al fine di poter valutare l'andamento della bilancia commerciale e dei conti fra lo Stato croato e quello italiano. (152) Ibidem - M.A.E.-A.S.D.
li Governo croato si era assunto le spèse di presidio della 2• Armata con un accordo stipulato il 27 ottobre 1941 , mettendo a disposizione del comando italiano un importo mensile in kune da spendere in Croazia. L'ammontare, che veniva fissato di mese in mese era ragguagliato sulla presenza dei soldati italiani e dei quadrupedi (Da 150.000 a 185.000 soldati, da 25 a 30 mila equini). (153) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1942 - Busta 132 - Fascicolo 3 • («Appunto per il Ministro» [CIANO] - A firma ministro Luca PIETROMARCHI - Roma, 29 aprile 1942). (154) Ibidem. (155) I bidem.
Questa proposta colli mava con le istruzioni impartite da MUSSOLINI al generale Vittorio AMBROSIO, quale comandante della 2• Armata, nell'udienza del 28 dicembre 1941 - Vedi volume p rimo di questo lavoro, capitolo VIII. (156) Ibidem. (157) Ibidem.
(158)Ibidem. (159) Vedi n. 140. (160) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1942 - Busta 131 - Fascicolo 2 - («Appunto per l'Eccellenza il Ministro» [CIANO] - A firma ministro Luca P1ETROMARCHI - Roma , 2 luglio 1942). (161) M .A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1942 • Busta 130 - Fascicolo l · (Foglio intestato 'Ministero affari esteri;Roma' - «Appunto per l'Eccellenza il Ministro» [CIANO) - A firma mini-
stro Luca P11!TROMAROII • Roma , 30 gennaio 1942). VEDI DOCUMENTO N. 6 ALLEGATO AL PRE· SENTE CAPITOLO. (162) Ibidem.
li ministro Vladimir KOSAX si trovava a Roma in occasione della terza riunione plenaria della commissione economica permanente italo-croata. (163) Galeazzo CtANO - Diario 1937-1943 - R1zzoL1 Editore - Milano 1980 - Annotai.ione del 10 maggio 1942. (164) M.A.E.-A.S .D. - Jugoslavia 1942 - Busta 132 • Fas cicolo 3 - («Appunto per il DUCE.)> - Non firmato - Quasi certamente del ministro Galeazzo CIANO - Roma, 15 maggio
1942) • VEDI DOCUMENTO N. 7 ALLEGATO AL PRESENTE CA PITOLO.
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(165) Ibidem. (166) Ibidem . (167) Ibidem . (168) Ibidem. (169) Ibidem.
(170) Ibidem. (171) Ibidem.
(17! ) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1942 - Busta 132 - Fascicolo 3 - (Foglio n. 21706/0p. di prot. - Oggetto: «Colloquio con il Ministro KoSAK» - Da Comando Supremo - A firma del Capo di Stato Maggiore Generale, Ugo CAVALLERO - Per Ministero affari esteri - Ufficio Croazia - P.M. 21, 22 maggio 1942). (173) Ibidem. (174) Ibidem. (175) Ibidem. (176) ibidem. (177) Ibidem. (I 78) Ibidem. (179) Ibidem.
(180) Ibidem. (181) M.A.E.-A.S .D. - Jugoslavia 1942 - Busta 132 · Fascicolo 3 - (Telespresso n. 8/12029 di prot. - Oggetto: «Poteri civili nella wna occupata della Croazia» - Ministero affari esteri - Ufficio Croazia - A firma ministro Galeazzo CIANO - Per Comando Supremo - Roma, 25 maggio 1942). (182) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1942 - Busta 132 - Fascicolo 3 - (Foglio n. 8/12288 di prot. - Ministero affari esteri - Ufficio Croazia - «Nota Verbale» - Non firmata - Per Legazione di Croazia presso la Real Corte, Roma - Roma, 1 giugno 1942) - VEDI DOCUMENTO N. s ALLEGATO AL PRESENTE CAPITOLO. (183) Ibidem. (184) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1942 - Busta 132- Fascicolo 3 - (Foglio n. 362 di prot. - Segreto - Da ministero affari esteri - Ufficio collegamento con Supersloda - Firmato console Vitwrio CASTELLANI - Per ministro Luca PU:.TROMARCHI, Roma - Zagabria, 11 giugno 1942). (185) Ibidem. (186) ibidem. (187) Ibidem.
(188) Ibidem.
Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942)
470 (189) Ibidem.
(190) A.C.S. - Microfilm n. 55 - Serie T. 821 - Fotogrammi 556-560 - (Foglio n. 4974 di prot. - Oggetto: «Sgombero presidi» - Da comando VI Corpo d'armata - Firmato generale Renzo DALMAZZO - A Comando Supersloda - P.M. 39, 9 giugno 1942) - VEDI DOCUMENTON. 9 ALLEGATO AL PRESENTE CAPITOLO. (191) Ibidem. (192) Ibidem.
In data 28 maggio, il generale Renzo DALMAZZO inviava il seguente telescritto n. 4645/1 a Supersl oda: <<Generale LUSANA est riuscito dopo lungo lavoro per vincere timori dei principali capi serbi et mussulmani di Kalinovik er Fola ad ottenere da essi che in occasione imminente arrivo reparti .ustascia si astengano da qualsiasi ostilità et che continueranno cooperazione lotta anticomunista. Capi suddelli esigono però presenza in località suddette di nostri due ufficiali, quali rappresentanti et tutori loro diritti et incolumità et coordinatori lotta antibolscevica. Tutto il lavoro inteso a sfruuare forze anticomuniste et a ottenere così primo riavvicinamento croati a serbi et mussulmani deve trovare comprensione presso autorità croate. Senza di questo tutti i nostri sforzi saranno vani et situazione ritornerà fatalmente punto di partenza con sicuro nuovo dilagamento di forze comuniste ai loro e purtroppo anche ai nostri danni». (A.C.S. - Microfilm n. 53 - Serie T. 821 - Fotogramma 131). (193) Ibidem. (194) Ibidem. (195) Ibidem. Vedi lettera inviata da Oobroslav JEVDJ EVIC al generale Renzo DALMAZZO - Ritrascritta nel foglio di cui al n. 190 - Senza n. di prot. - Senza località di spedizione - Data 8 giugno 1942 - VEDI DOCUMENTO N. 9 ALLEGATO AL PRESENTE CAPITOLO. (196) Ibidem_ - Lettera annessa. (197) Ibidem. (198) Ibidem. (199) Ibidem. (200) Ibidem. (201) Ibidem.
(202) Vedi n. 190. (203) A.C.S. - Microfilm n. 53 - Serie T. 821 - Fotogrammi 1073-1074 - (Foglio n. 21945/0p. di prot. - Oggetto: «Proposte da parte serba di collaborazione nella lotta contro il comunismo - Da Comando Supremo - Firmato Capo di Stato Maggiore Generale, Ugo CAVALLERO - Per ministro affari esteri - P.M. 21, 8 giugno 1942) - VEDI DOCUMENTO N. 10 ALLE.GATO AL PRESENTE CAPITOLO. (204) Ibidem.
(205) Vedi n. 195 - Lettera annessa.
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(206) U.S.-S.M.E. - Busta 647 - Comando XVIII Corpo d'armata - (Foglio n. 1827 di prot. - Segreto - Oggetto: «Relazione periodica» - Da generale Quirino ARMELLINI - A Comando Supersloda - Paragrafo: «Attività[.. .] delle forze armate» - Punto VI - P.M. 118, 3 maggio 1942). (207) U.S.-S.M.E. - Busta 642 - Comando XVIII Corpo d'armata - (Foglio n. 2169/1 Riservata personale - Oggetto: «Linea di condotta e modalità d'azione» - Da generale Quirino ARMELLINI - A generale Mario ROATTA · P.M. 118, 15 maggio 1942). (208) U.S.-S.M.E. - Busta 642 - Comando XVIII Corpo d'armata - (Foglio n. 2198/1 Segreto - Strettamente personale - Oggetto: «Linea di condotta» - Da generale Quirino ARMELLINI -A comandanti divisioni 'Sassari', 'Bergamo', 'Perugia' - P.M. 118, 16 maggio 1942) • VEDI DOCUMENTO N. l i ALLEGATO AL PRESENTE CAPITOLO .
•
(209) Ibidem. (210) Ibidem.
(21 I) U .S.-S.M.E. - Busta 999 - Comando di_visione 'Sassari' - (Diario storico - P.M. 86, 4 maggio 1942). La colonna BARNAB0 era formata da: XXXI battaglione bersaglieri; battaglione squadristi 'Milano'; una sezione canoni da 65/17 della 258• compagnia; una sezione da 75/13 della 9• batteria del 34° reggimento artiglieria. La colonna ZANOTTI era composta da: I e III battaglione del 151 ° reggimento fanteria; una batteria d'accompagnamento; una compagnia mortai da 81; 12• compagnia cannoni da 47/ 32. Questa colonna aveva l'appoggio del I Gruppo del 34° reggimento d'artiglieria e di una batteria da 105/32, comandati dal tenente colonnello Rosario DANZI. Parteciparono, inoltre, all'azione una compagnia carri 'L' ed il II battaglione del 152° reggimento di fanteria. (212) U.S.-S.M.E. - Busta 999- Comando divisione 'Sassari' - (Diario storico - P.M. 86, 6 maggio 1942). (213) U .S.-S.M.E. - Busta 999 - Comando divisione 'Sassari' - (Diario storico - P .M. 86, 7 maggio 1942). (214) Ibidem. Furono inviati in soccorso il battaglione bersaglieri 'Zara', una batteria da 75/13, una da 105/17, una compagnia carri 'L' . (215) U.S.-S.M.E. - Busta 999 - Comando divisione 'Sassari' - (Diario storico - P.M. 86, 9 maggio 1942). Radiogramma n. 1175 - Da comando presidio italiano di Kljuc - A comando divisione 'Sassari' - Inizia con: «Autorità politiche et militari distretto Kliuc pregano trasmettere seguente radio al Ministero guerra Zagabria» - Kljuc, 9 maggio 1942). (216) U.S.-S.M.E. - Busta 999 - Comando divisione 'Sassari' - (Diario storico - P.M. 86, Il maggio 1942). (217) U.S.-S.M:E. - Busta 999 · Comando divisione 'Sassari' - (Diario storico - P.M. 86, 12 maggio 1942) . .
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(218) U.S.-S.M.E. - Busta 999 - Comando divisione 'Sassari' - (Diario storico - P.M. 86, 14 maggio 1942). (219) U.S. -S.M.E. - Busta 999 - Comando divisione 'Sassari' - (Diario storico - P.M. 86, 17 maggio 1942). I morti ed i feriti nei due agguati facevano parte del battaglione b,\rsaglieri 'Zara'. (220) Ibidem.
(221) Ibidem. (222) A.C.S. - Microfilm n. 55 - Serie T. 821 - Fotogramma 907 - (Foglio n. 1833 di prot. - Segreto - Oggetto: «Ritiro rmppe croate da Bos. Petrovac» - Da Ministarstvo Hrvatskog Domobranstva-Glavni Stof.er» [Ministero della difesa croata-Stato Maggiore] - A firma generale Vladimiro LAXA, capo di Stato Maggiore - Per comando Supersloda - Per conoscenza a Missione militare italiana in Croazia - Zagabria, 21 maggio 1942) - VEDI DOCUMENTO N. 12 ALLEGATO AL PRESENTE CAPITOLO. Un'annotazione in calce, a matita, siglata dal generale Ettore DE BLASIO dice: <(Chiede far ritirare con nostro Presidio Petrovac, anche presidio croato. Dirlo XV!/! C.A. che provveda. - Per telescritto». - A.C.S. - Microfilm n. 55 - Serie T. 821 - Fotogramma n. 918 - (Telescritto n. 2392 Da capo Missione italiana in Croazia, generale Giovanni OXILIA - A Supersloda - Zagabria, 19 maggio 1942). Riferisce sulle conversazioni avute con lo Stato Maggiore croato per l'invio di reparti croati a Bosanski Petro".ac e sulla indisponibilità di uomini e di mezzi da parte croata. (223) Ibidem - Foglio n. 1833. (224) U.S.-S.M.E. - Busta 999 - Comando divisione 'Sassari' - (Diario storico - P.M. 86, 23 maggio 1942). (225) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1942 - Busta 143 - Fascicolo 1 - (Foglio 4381 / 0p. di prot. - Oggetto: «Sgombero Petrovac» - Da comando XVIII Corpo d 'armata - A firma generale Quirino ARMELLINI - Per comando Supersloda - P.M. I 18, 9 giugno 1942). (226) U.S.-S.M.E. - Busta 999 - Comando divisione 'Sassari' - (Diario storico - P .M. 86, 25 maggio 1942). - Vedi n. 225. (227) Ibidem - Diario storico - 25 maggio 1942. (228) Vedi n. 225. (229) Ibidem. (230) U.S.-S.M.E. - Busta 999 - Comando divisione 'Sassari ' - (Notiziario giornaliero Paragrafo: «Drvar» - P .M. 86, 6 giugno 1942. (231) Ibidem. (232) U.S. -S.M.E. - Busta 999 - Comando divisione 'Sassari' - (Notiziario giornaliero Paragrafo: «Drvar» - P.M. 86, 31 maggio 1942.
Intese di Zagabria con i cètnici e sgombero della terza zona da parte italiana
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Circa i cetnici in origine filocomunisti, il generale Paolo BERARDI, comandante della 'Sassari' , ricorda il caso del capo cetnico Mane RoKVIC, «persona al nostro arrivo filocomunista e che si riusci con lavoro di pazienza a 'togliere dal bosco '». (233) Ibidem. (234) Ibidem . (235) U.S. -S.M .E. - Busta 999 - Comando divisione 'Sassari' • (Notiziario giornaliero· Paragrafo: <<Situazione politico-economica di Drvar» • P .M. 86, 21 maggio 1942). (236) Ibidem. (237) Ibidem . (238)•Ibidem. (239) U.S.-S.M.E. • Busta 999 - Comando divisione ' Sassari' · (Notiziario giornaliero • Paragrafo: <<Drvar» • P.M. 86, 16 maggio 1942. (240) Ibidem. (241) A.C.S. - Microfilm n. 55 - Serie T. 821 - Fotogramma 865 • (Telescritto 18/0p. • Da generale Quirino ARMELLINI • A comando Supersloda • P.M. 118, 13 giugno 1942). - U.S.-S.M.E. - Anno 1942 - Busta 629 · Comando XVIII Corpo d'armata· (Foglio n. 3626/l di prot. · Oggetto: «Re/azione periodica» • Paragrafo: «Situazione politica in genere» • Da comando XVIIl Corpo d'armata - A comando Supersloda - P.M. 118, 2 luglio 1942). (242) U.S.-S.M.E. • Anno 1942. Busta 629. Comando divisione 'Bergamo'· (Fonogramma a mano • Da generale Sandro Piazzoni - A comando XVIII Corpo d'armata • PM. 73, 10 giugno 1942). (243) Ibidem. (244) A.C.S . • Microfilm n. 55. Serie T. 821 - Fotogrammi 761-764. (Foglio n. 5526/0p. di prot. · Oggetto: «Sgombero dei presidi avanzati della divisione 'Bergamo' e del presidio di Drvar» • Paragrafo I - Da comando XVIII Corpo d'armata - A Comando Supersloda P.M. 118, 6 luglio 1942). «Nell'imminenza dello sgombero di Livno, il 27 corr. [.. .]il generale GR!MALDI, comandante della fanteria divisionale della 'Bergamo', con semplice cerimonia deponeva una corona di quercia sulla stele commemorativa dell'eroe nazionale croato Tomislav I. La cerimonia è stata molto appropriata e favorevolmente commentata dalle autorità e dalla cittadinanza che in tale occasione hanno espresso la loro gratitudine e la loro simpatia per l'opera svolta, da oltre un anno, dalle truppe italiane della zona di Livno». (245) U.S. -S.M.E. - Busta 999 - Comando divisione ' Sassari' - (Foglio senza n. di prot. ·Promemoria, con allegati, per il comandante del XVIII Corpo d'armata. Punto 2. A firma generale Paolo BERARDI • P.M. 86, 2 giugno 1942). (246) Vedi n. 244. (247) Ibidem - Parre II - <<Sgombero di Dervarn. (248) Ibidem.
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Le forze impiegate per il servizio di sicurezza erano: I e II battaglione del 152° reggimento di fanteria, battaglioni bersaglieri 'Zara' e XXXI, Il Gruppo del 34° reggimento d'artiglieria, una compagnia di carri 'L' (leggeri). (249) Vedi n. 244 - Parte II. (250) Vedi n. 245. (251) Ibidem - Punto 3). (252) Ibidem - Punto 4). (253) Ibidem - Allegato. Al Pro memoria è allegai.o un «Elenco dei mezzi richiesfi dai capi anticomunisti per armare e far sicure le bande». Il pope Djujié chiedeva: 4.000 fucili possibilmente ex-jugoslavi; 50 mitragliatrici; 100 fucili mitragliatori; 12 mortai da 81 con almeno 70 colpi ciascuno; 100.000 cartucce per fucili; 20.000 bombe a mano; 7 radio; 3.000 scarpe; IO binocoli; 10 bussole; carte topografiche al 500.000 ed al 100.000; viveri (farina) per 5.000 uomini per un mese. (254) Ibidem · Punto 4). (255) Ibidem - Punto 6). (256) Vedi, in questo capitolo, le parti d.edicate a «J preliminari dell'accordo italo-croato del 19 giugno 1942» e «L'accordo del 19 giugno 1942». (257) U.S.-S.M.E. - Busta 783 - Comando XVIII Corpo d'armata - (Foglio n. 1082/1 di prot. • Oggetto: «Segnalazione del Prefetto SINCTC» - Punto 4, lettera b) - Da comando divisione ' Sassari' - Firmato generale Paolo BERARDI - A comando XVIII Corpo d'armata - P.M. 86, 23 settembre 1942). - U.S.-S.M.E. - Busta 783 - Comando XVIII Corpo d'armata- (Foglio n. 6872/1 di prot. • Oggetto: «Segnalazione del Prefetto SINC!C · Incidenti [ed} eccessi attribuiti ai cetnici» . Da Comando XVIII Corpo d'armata - Firmato generale Quirino ARMELLINI - A Comando Supersloda · P.M. 188, 30 settembre 1942). (258) U.S.-S.M.E. • Busta 999 · Comando divisione ' Sassari' - (Diario storico. P .M. 86, 13 giugno 1942). (259) U .S.-S.M.E. • Busta 999 · Comando divisione 'Sassari' - (Notiziario giornaliero Paragrafo: «Tenìn» • P.M. 86, 16 giugno 1942). (260) Vedi n. 257 - Punto 4, lettera c) · Foglio n. 1082/1. (261) Vedi n. 259 • Paragrafo: «Tenin». (262) Vedi n. 257 • Foglio n. 1082/1 - Pun10 4, lettera a), e n. 259 · Paragrafo: «Tenìn». (263) U.S.-S.M.E. - Busta 783 · Comando XVIII Corpo d'armata • (Foglio n. 3696/1 di prot. · Segreto - Oggetto: «Situazione divisione 'Sassari'»· Firmato generale Quirino ARMEL· LI NI· A comando Supersloda · P.M. 118, 3 luglio 1942). In allegato, foglio n. 436/I di prot. - Comando divisione 'Sassari' . Oggetto: «Attività e contegno Prefetto di Tenìn» • Punto 2) e 7) · Firmato generale Paolo Berardi . A comando XVlll Corpo d'armata - P.M. 86, 29 giugno 1942.
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(264) Ibidem - Foglio allegato - Punto 4). (265) Ibidem . (266) Ibidem. (267) Ibidem - «Conclusioni». (268) Ibidem . (269) U.S.-S.M.E. - Busta 999 - Comando divisione 'Sassari' - (Diario storico - P.M. 86, 19 giugno 1942). (270) Ibidem.
(271 ) /bidem. (272) U.S.-S.M.E. - Busta 999 - Comando divisione 'Sassari' - (Traduzione di un articolo intitolato «Come e quando si è rafforzato il partito partigiano nella Lika», stampato su un giornale comunista - Non precisato - Trovato addosso ad un partigiano - Senza data - Probabilmente della seconda metà di luglio 1942). (273) U.S. -S.M.E. - Busta 999 - Comando divisione 'Sassari' - (Notiziario giornaliero Paragrafo: (<Tenìn» - P.M. 86, 23 giugno 1942).
-
U.S.-S.M.E. - Busta 999 ·· Comando divisione 'Sassari' - (Diario storico - P.M. 86,
19 giugno 1942.
In contrasto con quanto scritto nel Notiziario giornaliero, il diario storico riporta che P0Pov1é «non ha mai destato fiducia e che si barcamenava fra italiani e cetnici e comunisti». Probabilmente questa contraddizione è dovuta al fatto che l'estensore del diario non era a conoscenza dei contatti che P0Pov1é aveva con l'Ufficio 'l'. (274) Ibidem - Diario storico. (275) Ibidem - Notiziario giornaliero.
L'identificazione della sallma di POPOV1é fu effettuata da un ufficiale italiano (probabilmente il ten. Guido Luc1CH:RoccH1 dell'Ufficio 'I'), dal pope MomWo Djujié, dal capo cetnico Branko BoouNOVlé, dall 'ex-deputato serbo Stevo REDJENOVlé. (276) Ibidem. (277) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1942 - Busta 130 - Fascicolo 1 - (Telespresso n. 406 Dall'Ufficio di collegamento con il Comando Supersloda - Firmato console Vittorio CASTELLANI - A ministero affari esteri, Roma - Alla legazione d'Italia a Zagabria - P.M. 10, 27 giugno 1942). (278) U .S.-S.M.E. - Busta 999 - Comando divisione 'Sassari' - (Foglio senza n . di prot. - Senza intestazione - Senza località - Datato 13 giugno 1942 - Allegato al foglio n. 436/1 del comando divisione 'Sassari' - P.M. 86, 29 giugno 1942). (279) U.S.-S.M.E. - Busta 999 - Comando divisione 'Sassari' - (Notiziario giornaliero P.M. 86, 3 luglio 1942).
In allegato, foglio intestato «Stab IV - Base d'operazione» : Non firmato - Senza località, 20 giugno 1942.
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Dalmazia - Una cronaca per la storia (I942) (280) Ibidem - Allegato. (281) Vedi n. 273 - Notiziario giornaliero - Paragrafo «Tenìm>. (282) Vedi n. 273 - Allegato.
Le firme erano di Alexander Jov1é (comandante di battaglione della formazione del Po. POV!é); Bogdan JAKOV!é (comandante di battaglione); Branko BAR1é (allievo giudice); Ante MONTI (possidente); Petar KEKOv1é (negoziante); Kenad S!NOBAD (professore); Davor TR!PALO (studente). Le qualifiche dei singoli sono state rilevate dal Notiziario giornaliero, del 3 luglio - Vedi n. 279. (283) M.A.E. -A.S.D. - Jugoslavia 1942 - Busta 131 - Fascicolo I (Foglio n. 32/001983/143 di prot. - Segreto - Ministero degli affari esteri, Roma - «Appunto per il Gabinetto A.P.» [Affari politici] - Firma incerta, forse GALJNA - Roma, 7 giugno 1942). - M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1941 - Busta 131 - Fascicolo 1 - (Telegramma n. 20282/P.R. - Oggetto: «Comunicato n. 4 del Quartier Generale del Poglavnik» - Da Ministero degli affari esteri - Ritrasmette un telegramma della legazione d'Italia a Zagabria del 6 giugno - Ad enti vari - Roma, 9 giugno 1942). li testo del 'Comunicato', nelle sue parti essenziali, è il seguente:
«Già da alcune settimane si è osservato che i cetnici che erano in conflitto con le Autorità dello Stato Indipendente Croato su diversi territori manifestavano la volontà di ritornare alle proprie case alla vita normule / ... /. I cetnici di diversi territori hanno espresso anche per iscritto questo loro desiderio. Lo Stato Maggiore ha ordinato alle Autorità militari e civili di far fil} possibile che tutti quelli che dimostrano buona volontà e che si sottomettono alle condizioni imposte facciano ritorno alle proprie case e alla vita tranquilla e regolare. Sono stati pertanto pacificati i seguenti cerritori/.. .j. Questi cetnici hanno sottoscritto una dichiarazione nella quale riconoscono la sovranità dello Stato Indipendente Croato dichiarando che come cittadini croati esprimono la volontà di obbedire al loro Capo, il Poglavnik, riconoscono lo Stato Indipendenie Croato, e dichiarano di interrompere ogni ostilità contro l'Autorità militare e civile. Nello stesso tempo si dichiarano pronti a combattere con tutti i mezzi contro i partigiani e ad aiutare/.../ le Autorità statali ne{{a normalizzazione della situazione. Le Autorità del canto loro garantiscono tllfti i diritti che hanno gli altri cittadini croati, che danno loro gli appoggi per eliminare le cause per le quali il loro territorio soffri per lo stato di cose ora esistente. Questi ribelli potranno anche nella loro regione assolvere incarichi amministrativi locali e unirsi ai volontari nella lotta che contro partigiani conducono le bande militari, sotro il comando di queste/.. .}>>. (284) Ibidem - M.A.E.-A.S.D. - Foglio 7 giugno 1942. (285) U.S.-S.M.E. - Busta 1361 - Stato Maggiore Esercito - (Telespresso n. 8/12678 . Segreto - Oggetto: «Situazione interna in Croazia-Rapporti con le nostre Autorità militari» - Ritrasmette un telegramma della legazione d'Italia a Zagabria, a firma Raffaele CASERTANO (senza data) - Da ministero affari esteri - D'ordine del ministro - A firma Corrado BALDONJ - Per Stato Maggiore Esercito - Per conoscenza a Governo della Dalmazia, Zara - Per Ufficio di collegamento con Supersloda, a Zagabria - Roma, 17 giugno 1942).
(286) Ibidem . (287) Ibidem.
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(288) U .S.-S.M.E. - Busta 993 - Comando Supersloda - (Foglio n. 1/9435/S di prot. Oggetto: «Relazione su Ifa Croazia» - Paragrafo I: «La situazione politica interna>> - Da Comando Supersloda - Firmato generale Mario RoATTA - Per Comando Supremo-S.I.M. - P .M. IO, 12 giugno 1942) - VE.Di DOCUMENTO N. 13 ALLEGATO AL PRESENTE CAP ITOLO. (289) Ibidem. (290) Ibidem - 'Conclusioni'. (291} Ibidem. (292) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1942 - Busta 132 - Fascicolo 3 - (Telespresso n. 2920 - Oggetto: «Testo Accordo poteri civili 2" zona» - Da legazione d'Italia a Zagabria - Firmato G1usnNIANi - A ministero affari esteri, Roma - Zagabria, 20 giugno 1942). In allt!gato il testo dell'«Accordo tra il Governo delfo Stato Indipendente di Croazia ed il Comando Superiore delfe FF.AA. 'Slovenia-Dalmazia' - Zagabria, 19 giugno 1942 - VEDI DOCUM ENTO N.
14 AL PRESENTE CAPITOLO.
(293) Ibidem - «Accordo» - Capitolo II. (294) Ibidem . (295) Ibidem.
- - U.S.-S.M.E. - Busta 993 - Comando Supersloda - (Circolare n. 7000-0ggetto: «Norme interprecative delle disposizioni per la tutela dell'ordine pubblico in relazione all'Accordo 19 giugno 1942-XX, stipulato a Zagabria fra il Governo dello Stato Indipendente di Croazia ed il Comando Superiore FF.AA. 'Slovenia-Dalmazia' (2° Armata) - Firmato generale Mario ROATTA - P.M. 10, 1° luglio 1942). (296) U .S.-S .M.E. - Busta 999 - Comando divisione ' Sassari' - (Notiziario - Paragrafo: <<Spa lato» - P.M. 118, 27 luglio 1942) . (297) Vedi n. 292 - <<Accordo» - Capitolo Il. (298) Vedi n. 292 - «Dichiarazione allegata» - Copia non firmata - Zagabria, 18 giugno 1942. - In una nota di servizio {N . 2134/1942) del1'8 giugno 1942, il Comandante di Porto di Ragusa, Vladimir Sv1LOKOè, rendeva noto ai comandi dipendenti che: «In riferimento all'art. 63 dell'Ordinanza n. 7 del Comando Marina del 1° maggio 1942, ne/futuro bisognerà usare per questo comando la nuova denominazione 'Coma ndo Militare di Ragusa'; l'indirizzo telegrafico è: 'Marobal Dubrovnik'. Nelle comunicazioni e negli scritti con le Autorità italiane si continuerà a usare la denominazione 'Comando di Porto-Ragusa' » - (U .S.-S.M.E. Busta 520/R-I - Stato Maggiore Esercito - Allegato n. 2 al Pro memoria per il capo di S.M. dell'esercito). (299) U.S.-S.M.E. - Anno 1942 - Busta 629 - Comando XVIII Corpo d 'armata - (Foglio n. 3626/1 di prot. - Segreto - Ogget to: «Relazione periodica» - Da comando XVIII Corpo d'arrnara - Firmato generale Quirino ARMELtJNI - Per comando Supersloda - P.M. 118, 27 luglio 1942). In allegato: «Situazione Spalato» - Non firmata. Il generaie ARMELLINI , nel t rasmetterla a Supersloda, scrive: «Unisco copia di una memoria pervenuta a questo comando, compilata da persona che ben conosce l'ambiente per avervi vissuto a lungo in varie riprese» - Spalato, 22 giugno 1942.
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Dalmazia - Una cronaca per la storia (I 942) (300) Ibidem - «Relazione periodica». (301) Vedi n. 292 - «Accordo» - Capitolo I.
(302) A.C.S. - Microfilm n. 55. Serie T. 821 • Fotogramma 166 • (Telescritto n. 14400 • Da comando Supersloda • Firmato generale Mario ROAITA - A Comando Supremo· P.M. IO, 4 luglio 1942). (303) Ibidem. (304) Vedi n. 292 - «Accordo»· Capitolo II. (305) Ibidem· Capitolo Ili. (306) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1942 - Busta 132 - Fascicolo 3 • (Istruzioni del maresciallo Slavko KVATERNIK • Senza data - Allegato al telespresso n . 3292/890 - Oggetto: «Norme militari relative all'Accordo del 19 giugno» - Da legazione d'Italia a Zagabria • A ministero affari esteri, Roma· Zagabria, 11 luglio 1942). (307) Vedi n. 292 ·«Accordo»· Capitoli II e III. (308) Ibidem -«Accordo»· Capitolo V. (309) Ibidem. (310) Ibidem. (31 I) U.S.-S.M.E - Busta 520/RI - Stato Maggiore Esercito - (Foglio n. 183/1942 di prot. ·• Senza oggetto - Da Comando genera\e Ustacia - Servizio di sorveglianza - Firmato Eugenio KVATERNIK - Alle prefetture - Al Commissario di Stato di Sarajevo - Alla Direzione di polizia - Zagabria, 29 maggio 1942). Il documento è allegato ad un «Pro memoria per l'Ecc. il Capo di S.M. dell'Esercito» predisposto dal Servizio informazioni esercito (S.I.E.) del 7 luglio 1942. (312) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1942 • Busta 130 - Fascicolo I - (Telespresso n. 1912 • Oggetto: «Accordi con i cetnici e trattamento degli ortodossi» - Da vice-consolato d'Italia a Banja Luka. Firmato vice-console Oberto FABIANI • A legazione d'Italia a Zagabria - Per conoscenza a consolato generale d'Italia a Sarajevo· Banja Luka, 7 luglio 1942). (313) Vedi n. 306 - Istruzioni· Capitolo Ili· n. 4 • Lettera c). (314) M .. A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1942 - Busta 132 • Fascicolo 3 • (Telespresso n. 3289/887 - Oggetto: «Accordi militari 19 giugno 1942» • Da legazione d' Italia a Zagabria A ministero affari esteri, Roma - Zagabria, 11 luglio 1942). In allegato le «Norme generali» per l'applicazione dell'accordo emanate dal ministero dell'interno di Croazia - Senza data. A seguito dell'Accordo, da parte italiana furono, inoltre, emanati:
- da comando Supersloda: «Chiarimenti all'accordo di Zugabria del 19 giugno 1942» (U.S.-S.M.E. - Anno 1942 - Busta 524 IT · Foglio n. 6871/ AC. di prot. • P .M. 10, 28 giugno 1942). - da comando Supersloda: «Nuova sistemazione e nuovo atteggiamento» - (U .S.-S.M.E. • Anno 1942 - Busta 629 - Foglio 12810/0p. di prot. - P.M. IO, 23 giugno 1942).
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- Vedi n. 295 - «Circolare n. 7000» - Comando Supersloda. (3 15) U.S.-S.M.E. - Busta 1358 - Comando Supersloda - (Notiziario n. 25 -Affari Civili - P.M. IO, 31 luglio 1942). - U.S.-S.M.E. - Busta 1477 - Comando Supremo- (Messaggio n. 3231 di prot. -Allegato al diario storico - Da Missione militare italiana in Croazia - A Comando Supremo - P.M. IO, senza data). (316) U.S.-S.M.E. - Busta 629 - Comando XVIII Corpo d'armata - (Foglio n. 1956/AC. di prot. - Oggetto: «Accordo fra lo Stato croato e Supers/oda» - Da comando XVIII Corpo d'armata - A comando divisioni 'Perugia', 'Bergamo', 'Sassari' - Per conoscenza a comando Truppe 'Zara' - P.M. 118, 29 giugno 1942). (317) U.S.-S.M.E. - Busta 1265 - Comando IV Corpo d'armata - (Notiziario - «Situazione a fine giugno» - P.M. 39, 1° luglio 1942). (318) Ibidem. (319) A .C.S. - Microfilm n . 60 - Serie T. 821 - Fotogramma 151 - (Telescritto n. 13919 - Da comando Supersloda - Firmato generale Mario ROATTA - A comando VI Cor.po d'armata - P .M. IO, 27 giugno 1942). (320) Ibidem. (321) U.S.-S.M.E. - Busta 1265 - Comando VI Corpo d'armata - (Foglio n. 7080/lnf. di prot. - Segreto - «Supplemento al notiziario» - «Situazione a fine luglio 1942» - P.M . 39, 31 luglio 1942). (322) U.S.-S.M.E . - Anno 1942 - Busta 732 - Comando Divisione 'Bergamo' - (Diario storico - P .M. 73, 11 giugno 1942). Per gli accordi con URÒS DRENOVIC e LAZO TESANOVIC, vedi microfilm n. 566 - Serie T. 314 - Fotogrammi 359-361, citati da Jozo TOMASEV!C nel volume 'The Cetniks' (Stanford University Press Stanford - California, 1975) - Nota n. 86 a pag. 227. (323) Vedi n. 312. (324) Ibidem. (325) U .S.-S.M.E. - Busta 782 - Comando XVIII Corpo d'armata - (Foglio n. 3668/1 di prot. - Segreto -Oggetto: «Riunione cetnica di Kosovo» - Da comando XVIII Corpo d'armata - Firmato generale Quirino ARMELL!NI - A comando Supersloda - P .M. I 18 - 6 Iuglio 1942). In allegato: foglio n. 458/I di prot. - Segreto - Oggetto: «Riunione cetnica di Kosovo» Da comando divisione 'Sassari' - Firmato generale Paolo BERARDI - A comando XVIII Corpo d'armata - P .M. 86, 30 giugno 1942). · (326) Ibidem - Allegato. (327) Ibidem - Allegato. (328) U.S.-S.M.E. - Busta 999 - Comando divisione 'Sassari' - (Notiziario giornaliero Paragrafo: «Dervar» - P.M. 86, 26 giugno 1942). Il colloquio del capitano Vincenzo MARUSSI con il commissario Sirne TADIC, ebbe luogo in occasione delle trattative per i[ rilascio del soldato Gino· RAMPALDO della 2• compagnia del 151° reggimento di fanteria, catturato il 20 maggio 1942 in una imboscata a Peéi, e concluso contro il rilascio di due civili croati detenuti.
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Per il testo integrale delle dichiarazioni di Sime TADié • VEDI DOCUMENTO N. 15 ALLEGATO AL PRESENTE CAPITOLO. (329) Vedi n. 263 - Alleg3to - Punto IO. (330) Vedi n. 325 - Allegato. (331) Ibidem. (332) Ibidem. (333) Ibidem - Foglio n. 3668/1 - Firmato generale Quirino ARMELLINJ. (334) U.S.-S.M.E. • Busta 999 - Comando divisione 'Sassari' - (Notiziario giornaliero Paragrafo: «Tenin» - P.M. 86, I O lugho 1942). · (335) U.S.-S.M.E. - Busta 642 - Comando XVIII Corpo d'armata - (Diario storico - P .M. 118, 2 luglio 1942). (336) Vedi n. 325. (337) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1942 - Busta 130 - Fascicolo I - (Ministero affari esteri, Roma - «Appunto per l 'Eccellenza il Ministro» [CIANO] - A firma Luca P1ETROMARCH1 Roma, 24 giugno 1942). (338) Ibidem. (339) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1943 - Busta 138 - Fascicolo I - («Appunto per l'Eccellenza il Sottosegretario» [a questa data Giuseppe BASTIANIN!] - Firmato Raffaele CASERTANO - Roma, 15 febbraio 1943).
In allegato il testo dei rilievi presentati da CASERTANO a PAVELré - Senza data - Da collocarsi a fine giugno 1942. (340) Ibidem - «Appunto». (341) Ibidem - «Appunto». (342) Vedi n. 160 - VEDI DOCUMENTO N. 16 ALLEGATO AL PRESENTE. CAPITOLO. (343) Ibidem. (344) Ibidem .
(345) Ibidem. (346) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1942 - Busta 131 - Fascicolo 2 - (Telespresso n. 4194/353 - Segreto - Da consolato generale d'Italia a Ragusa - Firmato console generale
Amedeo. MAMMALELLA - Per legazione d'Italia a Zagabria - Per conoscenza a ministero affari esteri, Roma - Ragusa, I O agosto 1942) • VEDI DOCUMENTO N. 17 ALLEGATO AL PRESENTE CAPITOLO. (347) Ibidem. (348) Vedi n. 321. (349) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1942 - Busta 130- Fascicolo I - (Foglio senza n. di prot. • Intestato «Generale Croato a Sarajevo» - Firmato generale Mihajlo LUKJé - Per console generale d'Italia a Sarajevo, Alberto CALISSE - Sarajevo, 22 giugno 1942).
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La lettera ha due allegati: a) proclama diretto «Ai cetnici serbi», firmato da «Stato Maggiore degli [sic} cetnici Nevesinje-Gacko Pelar SAMAJWtJé, prete Rodojica PERISié>,. Il proclama è controfirmato dal «Commissario politico nazionalista, Dobroslav ] EVDJEVIé». b) foglio n. 20 di prot. - Intestato «Per operazioni - Comandante del bat:agiione verso Konjic», ed è diretto «Al Comandante delle truppe croate, dove sarà». Firmato Maksim KNE2.Ev1é, senza località, ore 20, 15, del 18 giugno 1942. (350) Ibidem - Allegato b). (351) Ibidem - Allegato b). (352) {bidem - Allegato b). (353) Ibidem. (354) Ibidem - Lettera gen. LuK1é. (355) Ibidem. (356) U.S.-S.M.E. - Busta 999 - Comando divisione 'Sassari' - (Diario storico - P.M. 86, 22 giugno 1942). (357) U.S.-S.M.E. - Busta 999 - Comando divisione ' Sassari' - (No1iziario giornaliero Paragrafo <ffenìn» - P.M. 86, 1° luglio 1942). (358) Vedi n. 312. (359) Vedi n. 349 - Allegato a). (360) Ibidem . (361) U.S.-S.M.E. - Busta !265 - Comando VI Corpo d'armata -(Notiziario - «Situazione a fine giugno 1942» - Paragrafo: «Seconda e terza zona» - P .M. 39, l O luglio 1942). (362) Ibidem - Paragrafo: «Formazioni Volontarie Anticomuniste».
- U.S.-S.M.E. - Busta 1265 - Comando VI Corpo d'armata - (Notiziario - Paragrafo: «Formazioni Anticomuniste in Erzegovina e Bosnia sud-orientale» - P .M. 39 - Manca il primo foglio con la data - Collocabile a metà luglio 1942). Dal coordinamento delle tabelle riportate nei due documenti sopraindicati, il quadro dell'organizzazione delle formazioni anticomuniste, a fine luglio, nel settore de! VI Corpo d'armata appare il seguente: SECONDA ZONA
Formazioni di Gacko - Ufficiale italiano di collegamento, capomanipolo FRACASTORO Enrico. 1 battaglione, comandante STAR<".:Ev1é Ante, sede comando ad Avtovac - 1• compagnia a Kazanci, 2• a Stepen-Kobilja, 3° a Cermeno.
H battaglione, comandante PER1S1é Petar, sede comando a Gacko - 1• compagnia a èemerno, 2• ad Avtovac, 3• a Sukovica.
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Formazioni di Nevesinje - Ufficiale italiano di collegamento, capomanipolo P ASSALI Giulio Cesare.
III battaglione, comandante GOLJANIN Mitar, sede comando a Nevesinje - t • compagnia a Trusina, 2• ad Odzak, 3• a Nevesinje. Battaglione Zimlje, comandante DAD1é (o forse BABié) BoZo, sede comando a Cesim I• compagnia a Cesim, 2• a Drami~evo, 3• a Gornji Zimlje. Battaglione Stolac, comandante GUTié VASO, sede comando a Berkoviéi - 1• compagnia ad Hrgud, 3• a Prilovci.
Formazioni di Trebinje e Bileéa - Ufficiale italiano di collegamento, centurione POLAZZINI Giorgio. V battaglione, comandante P EJANOv1é Radovan, sede comando a Trebinje • 1• compagnia a Mo~ko, 2• a Lastva, 3• a Zubci. Vl battaglione, comandante D1M1TRJEv1é Dragoljub, sede comando a Hum - 1• compagnia a Dobromani, 2• Zacula, 3• a Ljubinje.
VII battaglione, comai;idante KuRES Milos, sede comando a Bileéa • 1• compagnia a Bileéa, 2• a Plana e Korita, 3• Zvijerina. VIII battaglione 'Bosniaco', comandante UGRENOVlé Doko, sede comando e delle tre compagnie a Kifino Selo (Nevesinje).
IX battaglione, comandante VuKOVIé Dufan, sede comando a Grab - I• e 2• compagnia a Grab, 3• a Slivnica. Ogni battaglione era costituito su tre compagnie ciascuna di 121 uomini, più un reparto comando di 27 cetnici. La forza di un battaglione era di 390 uomini. Quindi, a fine luglio 1942, nella 2• zona, il Vl Corpo d'armata aveva organizzato 4.290 uomini. TERZA ZONA
Formazioni di Kalinovik - Ufficiale italiano di collegamento, 1" seniore CELEBRANO Enzo.
I battaglione, manca il nominativo del comandante, sede a Kalinovik, forza 450 uomini. II battaglione, comandante GovEDARICA Uro~, sede a Miljevina, forza 187 uomini. Il! battaglione, probabilmente comandante GovEDARJCA Uro~, sede in località indecifrabile, forza 450 uomini.
Formazioni di Foéa - Ufficiale italiano di collegamento, capomanipolo FARNESE Ettore. Mancano i nomi dei comandanti di battaglione. I battaglione sede comando a Zakmur - Forza 530 uomimi.
II battaglione sede comando a Jofanica - Forza 560 uomini. III battaglione sede comando a Ustikolina • Forza 480 uomini. Da altra fonte appare che il II battaglione, con sede a Bunovi, era comandato da BoD1ROGA Vasilje • Forza 660 uomini. Ad Ulog c'era una compagnia auton_oma con 120 uomini.
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Le formazioni di Foca, al 31 luglio 1942, erano dislocate ad est della Orina, nella zona fra Gora!de e Curevo. Complessivamente, nella terza zona le forze cetniche organizzate, o in via di organizzazione, ammontavano a 3.202 uomini. (363) Vedi n. 361 - Paragrafo: <<Formazioni Volontarie Anticomuniste». (364) Vedi n. 321 - Paragrafo: «Milizia Volontaria Anticomunista della provincia di Cattaro.». In provincia.di Cattaro le forze anticomuniste erano divise in due settori.
Settore di tupa: comandante sottotenente CITIAR Giulio - Forza 1.020 uomini. Setto~e di Ledeniée:.comandante sottotenente LUNAZZI Giorgio - La formazione era articolata in cinque plotoni: plotone di Crkvice - comandante SAMARD2Ié Acim, 51 uomini. plotone di.Zveèava - comandante VuKuRov1(; Jovan, 24 uomini. plotone di Grahovo - comandante SAMARD:tié Vaso, 46 uomini. plot0ne di Grhavac - comandante SAMARD2Ié Marko, 28 uomini. plotone di Ubli, a disposizione del 120° rgt. fanteria, 16 uomini. (365) U.S.-S.M.E. - Busta 629 - Comando XVIII Corpo d'armata - (Foglio n. 4616/I di prot. - Oggetto: «Formazioni M. V.A.C.» - Da comando XVIII Corpo d'armata - Firmato generale Quirino ARMELLINI - Per comando divisione 'Sassari' - Per conoscenza comando divisione 'Bergamo' - P.M. 118, 25 luglio 1942). (366) Ibidem. (367) Ibidem. (368) Ibidem. - A.C.S. - Microfilm n. 64 - Serie T. 821 - Fotogrammi 285-286 (Foglio senza n. di prot. - Senza destinatario - Comando XVIII Corpo d'armata - Firmato maggiore Renato BARSOTTI - P.M. IIS, Il agosto 1942). Ai primi di agosto 1942, le forze cetniche organizzate nel settore della divisione 'Sassari' ammontavano a 8.540 uomini, così ripartiti:
Formazione di Bosansko Grahovo - Comandante Branko BoGUNOVIé - Uomini 2.000 Mitr. 1 - F. mitr. 5 - Fucili 400 - Bombe a mano 350 - Pistole 30 - Zona d'operazioni: Uilica, Dinara. Formazione di Strmica - Comandante Momcilo Drnné- Uomini 2.400- Mitr. 4 - F. mitr. 8 - Fucili 570- Bombe a mano 800 - Pistole 15 - Zona d'operazioni: Dinara, Lika. Formazione di Bosanski Petrovac - Comandante Mane RoKVIé - Uomini 500 - Mitr. 1 F. mitr. 6 - Fucili 215 - Bombe a mano 500 - Pistole 6 - Zona d'operazioni: Dinara, Lika.. Formazione di Graéac - Comandante Dane STANISLA VUEVIé- Uomini 600 - Mitr. nessuna - F. mitr. nessuno - Fucili 2'.30 - Bombe a mano nessuna - Pistole 3 - Zona d'operazioni: Alpi Bebie (Velebit), Bruvno. ·
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Formazione di Otrié - Comandante Mirko MARlé - Uomini 1.500 - Mitr. 1 - F. mitr . 3 - Fucili 230- Bombe a mano 500 - Pistole 7 - Zona d'operazioni: Zermagna, Otrié. Formazione di Padjene - Comandante Vlade Nov AKOVIé - Uomini 940 - Mitr. nessuna F. mitr. I - Fucili 183 - Bombe a mano 384 - Pistole 5 - Zona d'operazioni: Plavno, Radu-
cicco. Forma7.ione di Kosovo - Comandante Milan MILJEVlé - Uomini 4.000 - Mitr. nessuna F. mitr. 371 - Bombe a mano 500 - Pistole 11 - Zona d'operazione: Krupa ed Ervenico. Formazione di Topolje - Comandante Nikola BER1é - Uomini 100 - Mitr. nessuna F. mitr. nessuno -Fucili 50- Bombe a mano nessuna - Pistole 2- Zona d'operazioni: Topolje, Polaca. Formazione di Krupa - Comandante Odbrad BuANKO - Uomini 400 - Mitr. nessuna - F. mitr. nessuno - Fucili 150 - Bombe a mano nessuna - Pistole 4 -. Zona d'operazioni: Krupa, Ervenico. (369) Ibidem - A.C.S. (370) Vedi n. 361. (371) Ibidem. (372) Vedi n. 321 - Paragrafo: «Situazione politica e militare nei territori soggetti alla giurisdizione del corpo d'armata» - Paragrafo: «Consistenza e dislocazione forze ribelli».
Le armi cadute in mano dei cetnici furono: 2 mortai, 4 mitragliatrici, 6 fucili mitragliatori, molti fucili e munizioni. (373) Ibidem - Paragrafo «Situazione militare e politica, ecc.». (374) U.S.-S.M.E. - Anno 1942 - Busta 1359 - Comando Supersloda - (Notiziario n. 17 - Ufficio 'I' - Paragrafo: «Regione centrale» - P .M . 10, 5 agosto 1942). (375) Ibidem. (376) Vedi n. 321 - Paragrafo: «Consistenza e dislocazione forze ribelli». (377) A.C.S. - Microfilm n. 55 - Serie T . 821 - Fotogrammi 225-226 - (Foglio n. 3220 di prot. - Segreto - Oggettò: «Ordini dati da autorità croate circa il ritiro delle guarnigioni italiane dalla 2• e 3" zona» - Da Missione militare italiana a Zagabria - Firmato generale Giovanni OXILIA - Per comando Supersloda - Per conoscenza a ministro d'Italia a Zagabria - Zagabria, 7 luglio 1942). (378) Ibidem.
(379) A .C .S. - Microfilm n. 55 - Serie T. 821 - Fotogramma 169 - (Telescritto n. 22313/0p. - Da Comando Supremo - Firmato generale Ugo CAVALLERO - Per comando Supersloda - P.M. 9, 3 luglio 1942). (380) Ibidem. (381) U.S.-S.M.E. - Busta 782 - Comando XVIII corpo d'armata - (Notiziario - Paragrafo: «Riassunto situazione a fine luglio» - P .M. 118, l O agosto 1942). (382) U.S.-S.M .E. - Busta 547 - Comando Supersloda - (Foglio n. 15673/0p. di prot. Segreto - Oggetto: «Reparti croati a presidio località a protezione ferrovie nella 2" zona» Punto Il - Da comando Supersloda - Firmato generale Mario ROAITA - A generale Giovanni Ox1uA, capo missione militare italiana a Zagabria - P.M. 10, 24 luglio 1942).
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(383) M.A.E .-A.S.D. - Ju.goslavia 1942 - Busta 131 - Fascicolo 2 - (Foglio n. 3548 di prot. - Segreto - Oggetto: «Reparti croati a presidio località e protezione ferrovie 2° zona» - Da Missione militare italiana a Zagabria - Firmato generale Giovanni OxtLIA - Per maresciallo Slavko KvATERNIK - Per Quartier Generale del Poglavnik - Per Stato Maggiore esercito croato - Zagabria, 28 luglio 1942). (384) U.S.-S.M.E. - Busta 993 - Comando Supersloda - (Foglio n . 16400/0p. di prot. Segreto - Oggetto: «Applicazione accordo Zagabria e provvedimenti per efficace co{{aborazione truppe italo-croate» - Da comando Supersloda - Fi~mato generale Mario RoATTA - Per generale Vladimir LAXA, capo Stato Maggiore esercito croato .. P .M. IO, 4 agost0 1942). ,(38~) i\.C.S. - Microfilm n. 52 - Serie T. 821 - Fotogramma 176 - (Foglio n. 150 di prot. Oggetto: «Attività del Commissariato generale militare croato>) - Da Commissariato generale mj!itare croato - Firmato ten. colonnello Hinko REScH - A comando Supersloda - Sussa, 10 • agosto I942). Oltre al colonnello Stijepan PER1C1é, commissario generale militare, furono nominati: ten. colonnello Hinko RESCH, vice-commissario generale e capo ufficio collegamento con comando Supersloda; maggiore Robert MERSLAVJC, capo di Stato Maggiore; capitano Eneas ToMié, aiutante. Il I O settembre, il colonnello PER1C1é comunicava a Supersloda di aver diviso la seconda zona in tre settori per una miglior organizzazione militare del territorio, affidando: il primo settore al colonnello Dragutin CARJé, con comando a Gospié; il secondo al tenente colonnello Jakov POTOCN1K, con coman-do a Signo, il terzo al colonnello Franjo PACAI<, con comando a Mostar. Questi avevano anche l'incarico di costituire formazioni anticomuniste - (A .C.S. Microfilm n. 52 - Serie T. 821 - Fotogramma 358). (386) A.C.S. - Microfilm n . 50 - Serie T . 821 - Fotogramma 895 - (Telescritto n. 16450 - Da comando Supers!oda - A comandanti VI e XVIII Corpo d'armata - P.M. 10, 5 agosto 1942). (387) Vedi n. 321. - A.C.S. ·· Microfilm n. 53 - Serie T. 821 - Fotogramma 131 - (Telescritto n . 4645/1 Da Supersloda operazioni - A motonave Abbazia - Per 'Malaga' [nome convenzionale del comando tattico del generale Mario ROATI'A] - Ritrasmette telescritto del 28 maggio 1942 Da comando VI Corpo d'armata - A Supersloda - P .M. 10, 1° giugno 1942). (388) Vedi n. 346. (389) Vedi n . 321 - Paragrafo: «Situa.zione politica e militare, ecc.». (390) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1942 - Busta 131 - Fascicolo 2 - (Telespresso n. 476 Oggetto: «Comunicato circa il trasferimento dei pote;i civili nella 2° zona» - Da Ufficio collegamento del ministero affari esteri con il comando Supersloda - Firmato console Vittorio CASTELLANI - Per ministero affari esteri, Roma· Per conoscenza a legazione d'Italia a Zagabria - P.M. IO, 23 luglio 1942). (391) Ibidem. (392) Ibidem. (393) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1942 - Busta 131 - Fascicolo 2 - (Telespresso n. 3585/982 - Oggetto: «Comunicato dell'Agenzia 'Croazia' su{{e misure di difesa e di sicurezza ne{{e zone del litorale croato» - Da legazione d'Italia a Zagabria - Per ministero affarì esteri, Roma - Per conoscenza a ministro cultura popola:·c, Roma - Zagabria, 23 luglio 1942). VEDI DOCUMENTO N. 18 ALLEGATO AL PRESENTE CAPJTOLO.
Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942)
486 (394) Ibidem. (395) Vedi n. 346.
(396) Vedi n. 321 - Paragrafo: «Situazione politica e militare, ecc.». (397) Vedi n. 346 - Relazione MAMMALELL-A, I O agosto 1942. (398) Ibidem. (399) U.S .-S.M.E. - Busta 735 - Comando divisione 'Murge' - (Notiziario n. 40 - Paragrafo : «Seconda zona: Mostar» - P.M. 154, 14 luglio 1942). (400) Ibidem.
(401) Ibidem. (402) Ibidem. (403) U .S.-S.M.E. - Busta 735 - Comando divisione 'Murge' - (Notiziario n. 43 - Paragrafo: «Terza zona: Gacko» - P.M. 154, 17 luglio 1942). (404) U.S .-S.M. E. - Busta 735 - Comando divisione 'Murge' - (Notiziario ·n. 44 - Paragrafo: «Terza zona: Gacko» - P.M. 154, 18 luglio 1942) . . (405) The Tria! of Dragoljub-Drata MIHAILOVIC ( = Il processo di Dragoljub-Drafa M1HAJLOv1C) - Resoconto stenografico e documenti - Edito dall'Unione delle Associazioni dei gi_ornalisti della Repubblica Federativa di Jugoslavia - Belgrado, 1946 - Documenti allegati: Leuera di TRIFUNOVlé -BRCANIN a MtHAJLOVIé - Pag 441. (406) Ibidem. (407) Ibidem - Lettera del maggiore Petar BACOVIC a MIHAJLOVIC. (408) Ibidem. (409) U.S.-S.M.E. - Busta 1266 - ·comando VI Co rpo d'armata - (Notiziario - Paragrafo: «Terza zona: Gacko» - P.M. 154, 2 1 luglio 1942). (410) U.S.-S.M.E. - Busta 735 - Comando divisione 'Murge' - (Notiziario n. 48- Paragrafo: «Terza zona: Gacko» - P.M. 154, 24 luglio 1942). (41 I) Vedi n. 403. (412) Ibidem. (413) Vedi n. 346. (414) U.S .-S.M .E. - Busta 1267 - f:omando VI Corpo d'armata - (Fog lio n. 9810/1 di prot. - Segreto - Supplemento a Notiziario • «Situazione a fine settembre 1942» - P.M. 39, 30 settembre 1942) - VEDI DOCUMENTO N. 19 ALLEGATO Al. PRESENTE CAP ITOLO. (415) Ibidem. - Vedi n . 405 - Atto d'accusa - Paragrafo : «Nel periodo da luglio alla fine di novembre 1941» - Punto 12 - pag. 31. Nel volume del 'Processo', la località dove ebbe luogo la riunione è indicata come <<Zimonjca Kula (Avtovac)» (pag. 3 I) oppure come «Zimonica Tower>} (pag. 161). I documenti italiani parlano costantemente di Pustopolje, scritto anche come Pusto Polje. Nel testo di questo lavoro si è riportato il nome nella forma di 'Pustopolje'.
Intese di Zagabria con i cetnici e sgombero della terza zona da parte italiana
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Matteo J. MILAZZO, nel suo libro «The Cetniks Movement and the Yugoslav Resistence» Il movimento cetnico e la resistenza jugoslava) - The Johns Hopkins University Press Baltimora - Londra, 1975, accenna ad un incontro durato due giorni e solamente fra MIHAJLOVJé, JEVDJEVIé e TRIFUNOVlé-BRCANIN · pag. 94.
(=
(416) Matteo J. MILAZZO (Vedi n. 415), si richiama ad un rapporto del consolato tedesco di Sarajevo, diretto, sotto la data del 20 agosto 1942, alla legazione germanica di Zagabria, ed intestato «Milan Santié vor Cetnici-FfJhrern in Trebinje» ( = Milan SANTié ai capi cetnici di Trebinje). Nota n. 11 a pag. 95.
- M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1942 - Busta 135 - Fascicolo I • (Foglio senza n. di proc. • lntesta~o: «Nezavisna Drtava Hrvatska Ministarstvo Vanjskih Poslova • Zagreb>> ( = Stato Indipendente di Croazia - Ministero degli affari esteri - Zagabria) - Il documento porta il seguente i itolo: «Contenuto del discorso pronunciato da A1ilan SANTié (presente il Capo dei Cetnici BRéANIN ed a sua richiesta) a Trebinje nella seconda metà di luglio 1942 durante una riunione confidenziale dei cetnici» • Non firmato - Senza data). VEDI DOCUMENTO N. 20 ALLEGATO AL PRESENTE CAPITOLO. (417) Ibidem - M.A.E.-A.S.D. (418) Ibidem . . (419) Ibidem. (420) Ibidem. (421) Ibidem. (422) Ibidem. (423) Ibidem. (424) Ibidem. (425) Ibidem. (426) Vedi n. 405 - ,'.\tto d'accusa • Paragrafo: «Nel periodo da luglio alla fine di novembre 1941» • Punto 12 • Pag. 31. (427) Deduzione dell'autore in base alla lettera del maggiore Petar BAéov1é, inviata il 3 agosto 1942, a MIHAJLOVIé, dove dice: «JEVDJEVIC mi ha informato che il generale italiano [generale MoRGARI dello Stato Maggiore - n.d.a.] ha chiesto di incontrarmi per avviare dei negoziati. Ho rifiutato l'incontro per la semplice ragione che tutti i negoziati con gl'ltaliani debbono esser fatti da ]EVDJJZVJ6> (Vedi n. 405 - Documenti allegati • Lettera di «TgTVAN (Petar BAéOVlé) a éika DOKA (~IHAJLOVIé)» • Pag. 448). (428) Vedi n. 414. (429) U.S.-S.M.E . - Busta 1266 - Comando VI Corpo d'armata - (Foglio n. 95 10/Inf. di prot.. Segreto - Notiziario • Paragrafo: «Mostar»· P.M. 39, 23 settembre 1942). (430) M.A.E.-A.S.D. • Jugoslavia 1942 - Busta 130 • Fascicolo 1 • (Foglio senza n. di prot. - «Appunto per ty:;ccellenza il Ministro» [CIANO] - Firmato Luca PIETROMARCHI · Roma, 22 giugno 1942) • VEDI DOCUMENTO N. 21 ALLEGATO AL PRESENTE CAPITOLO. (431) Ibidem.
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Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942) (432} Ibidem. (433) Ibidem.
(434} U.S.-S.M.E. - Busta 859 - Comando divisione 'Murge' - (Diario storico del 269° reggimento fanteria - P.M. 154, 5 agosto 1942). (435) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1942 - Busta 131 - Fascicolo l - (felespresso n. 3030/164 - Riservato - Oggetto: «JEYDJEV!é Dobroslav-Serbo emissario di Londra» - Da console Renato GIARDINI - A ministero affari esteri, Roma - A legazione d'Italia ·a Zagabria - A consolato generale d'Italia a Sarajevo - Mostar, 25 settembre 1942). Per una più esatta valutazione di questa relazione, forse è opportuno tenere presente che i rapporti personali del console GIARDINI con il comando itaUano non erano dei migliori, e già il 12 settembre 1942 Raffaele CASERTAN9, da Zagabria, in una nota autografa in calce ad una lettera diretta a PIETROMARCHI, diceva: «Ti unisco copia del mio rapporto sulla questione GIARDINI. Mi sono reso conto che la situazione determinatasi tra il console e l'Autorità militare è divenuta insostenibile, secondo quanto già mi aveva segnalato MAMMALELLA» (M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1942 - Busta 132- Fascicolo 2). (436) Ibidem. II 'Manifesto', altrove definito ' lettera', firmato da 1EVDJEVIé, nel quale questi si qualifica 'Delegato del Comando Supremo cetnico', è allegato al Notiziario del VI Corpo d'armata del 23 settembre 1942, e veniva commentato nei seguenti termini:
«Non è stato ancora possibile accertare se la lettera in oggetto proviene effettivamente dall'lEVDJEVIé e se questi ha agito di propria iniziativa o previ accordi con i capi del movimento nazionalista panserbo. In tal caso, essa rivestirebbe carattere di particolare importanza per chiarire le direttive del 'comando supremo panserbo ', specie per quanto riflette i rapporti futuri con i mussulmani. In primo luogo è confermato una volta ancora l'indirizzo attuale di tutto il movimento ortodosso tendente all'unione delle forze cetniche per la costruzione della 'Grande Serbia' comprensiva della Bosnia-Erzgovina,· la conseguente volontà di lotta senza quartiere contro lo Stato croato e gli ustascia 'massacratori' del popolo serbo ed occupatori di territori etnicamente e storicamente serbi. Quanto ai rapporti con i mussulmani, è noto che nel maggio u.s. allorquando più accesa era la lotta contro i partigiani e nel contempo si profilava la possibilità del ritorno di formazioni militari ustascia (arrivo a Mostar del 'battaglione nero' di FRANCETié) capi serbi e mussulmani si accordarono per dimenticare il passato e condurre una politica comune tendente alla indipendenza della Bosnia ed Erzegovina sotto protettorato italiano {.. .}. Quale sia la portata e le conseguenze dell'appello in oggetto non è dato di sapere [. ..] tanto più che si pone come condizione del futuro accordo [chiesto da JEVDJEVtC ai mussulmani - n.d.a.] la formazione di bande armate mussulmane incaricate unicamente di sterminare gli stessi correligionari che nel prerente o nel passato hanno fatto causa comune con gli ustascia» (Vedi n. 429). (437) Ibidem. (438) Ibidem. (439) Ibidem. (440) Ibidem. (441) Ibidem.
Intese di Zagabria con i cetnici e sgombero della terza zona da parte italiana
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(442) Ibidem. (443) Ibidem. (444) U.S.-S.M.E, - Busta 735 - Comando divisione 'Murge' - (Foglio n. 2888 di prot. - Notiziario n. 49- Paragrafo: «Terza zona: Gacko» - P.M. 154, 16 luglio 1942). (445) Ibidem. (446) Ibidem. (447) Il capitano Douane T . HuosoN (detto Bill) era sbarcato il 20 settembre 1941, da un sottomarino, vicino a Castellastua (Petrovac na moru) sulla costa montenegrina. Con lui sbarcarono due ufficiali ex-j ugoslavi, l'aliora capitano Zaharije 0STOJ1é ed il maggiore Mirko LALATO~Ié, oltre al radiotelegrafista Veljko DRA21Cev1é. Essi avevano il compito di entrare in contatto con MIHAJLov1é. Ma, allo sbarco, il gruppo venne aiutato da una banda di partigiani che condussero HuosoN al comando di TITO. Da qui, il capitano HuosoN poté ripartire solamente a fine ottobre per raggiungere M1HAJLOVIé.
Questi rimase molto freddo con l'ufficiale inglese per i contatti che aveva avuto c,o n TITO. I rapporti con M1HAJLOv1é migliorarono solo nel maggio 1942. HuosoN rimase presso il comando cetnico sino alla primavera del 1943. (448) U.S.-S.M.E. - Busta 735 - Comando divisione ' Murge' - (Foglio n. 2850 di prot. - Notiziario n. 48- Paragrafo: «Terza zona: Gacko» - P.M. 154, 24 luglio 1942). (449) U.S.-S.M.E. - Busta 1266 - Comando VI Corpo d'armata - (Notiziario - Paragrafo: «Dalla 3• zona: Gacko>> - Lettera b) - P.M. 39, 31 luglio 1942).
Christie LAWRENCE ha pubblicato il volume «Irregular Adventure» ove racconta la sua vita fra i cetnici, ma non accenna all'episodio. Edito da FABER and FABER , Londra 1946. (450) Ibidem. (451) Vedi n. 346. (452) Ibidem. (453) Vedi n. 449 - Paragrafo: «Dalla 3• zona: Gacko» - Lettera a). (454) Ibidem. (455) Ibidem. (456) Ibidem. (457) Vedi n. 405 - Documenti allegati -Lettera di ' lilTVAN'. (Petar BAéov1é) dove dice a MIHAJLOVIé (vedi n. 457): «JEVDJEVJé vi ha scritto a lungo sul caso suo e del Vojvoda, ed anche che gli italiani desiderano avere un colloquio con voi». (458) Ibidem. (459) U.S.-S.M.E. - Busta 859 - Comando divisione 'Murge' - (Diario storico del 260° reggimento fanteria - P.M. 154, 2 agosto 1942). (460) Ibidem. (461) Vedi n. 427.
:::..
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Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942) (462) Vedi n. 346.
La notizia trova conferma - ma attribuendo l'iniziativa ai comandi italiani lettera del 3 agosto 1942 del maggiore Petar BAéov1C a MlHAJLOVJé (vedi n. 457).
nella
(463) A.C.S. - Microfilm 63 • Serie T. 821 - Fotogrammi 690-693 - {Comando Supersloda - Foglio senza n. di prot. - Oggetto: «Sunto del colloquio col Vojvoda TRIFUNOVIé del JOsettembre» - P .M. IO, Il settembre 1942).
- U.S.-S.M.E. - Busta provvisoria J/1 - (Comando Supersloda - Senza n. di prot. Porta l'intestazione: «Sintesi del colloquio tra l'Eccellenza Roatto, il Vojvoda Ilija TRIFUNO· v1é e l'onorevole Dobroslav JEVDJEVJé>> - P .M. 10, 21 settembre 1942).
DOCUMENTI ALLEGATI AL CAPITOLO III
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Documenti - Allegati al.capitolo III
DOCUMENTO
N. 1
POGLAVNIK NEZA VIS NE DR2A VE HRVATSKE
Zagreb, Il 12febbraio 1942
Duce, colgo l.' occasione della visita del Maresciallo Kvaternik a Roma per · inviarvi questa lettera e pregarvi per un prossimo colloquio. Dato che dall'ultimo colloquio sono passati più di sei mesi, sento il bisogno di esporVi personalmente la situazione in generale nonché le diverse questioni importanti per il maggiore sviluppo dei legami che uniscono la Croazia all'Italia nei comuni interessi. Il giorno 23 corr. si riunirà per la prima volta il Sabor provvisorio che segnerà il passaggio dal passato alla nuova era nazionale, mentre il nuovo Sabor secondo mia previsione sarà convocato al principio dell'anno prossimo nella forma e nello spirito della nostra ideologia. La sessione del Sabor provvisorio durerà circa cinque giorni, nei quali si adempirà alle formalità di costituzione del Sabor stesso. In seguito i Ministri riferiranno sul lavoro compiuto nei relativi Ministeri. Alla fine darò io in un discorso politico le dichiarazioni necessarie. · Il Ministro Casertano sarà questi giorni informato sul programma più dettagliato. Subito dopo, cioè dopo i primi di marzo sarò a Vostra disposizione per il Colloquio, quando e dove vorrete stabilirlo. Vi assicuro, Duce, della mia sempre uguale e sincera devozione. ANTE PAVELié
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Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942)
IL DUCE DEL FASCISMO CAPO DEL GOVERNO
Roma, 18febbraio 1942-XX
Caro Pavelié, il Maresciallo Kvaternik mi ha portato la Vostra lettera.
Vi ringrazio per quanto mi dite circa il nuovo «Sabor». Considero questa Vostra iniziativa coine molto opportuna e tempestiva. Ritengo anch'io che un nostro incontro può essere utile ai fini comuni e potrebbe avvenire entro il prossimo mese di marzo in località da stabilire. Vi prego di credere, caro Poglavnik, alla mia cortese amicizia e gradire i miei cordiali saluti.
MUSSOLINI
AL POGLA VNIK Zagabria
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Documenti • Allegati al capitolo Ili · DOCUMENTO
N. 2
COMANDO VI CORPO [)'ARMATA STATO MAGGIORE. UFF. INFORMAZIONI
N. 4361/inf. di prot.
P.M. 39, lì 26 maggio 1942-XX
ALL'ECCELLENZA COMANDANTE SUPERSLODA POSTA MILITARE 10
OGGETTO:
Attrezza~ura del porto di Ploca [recte: Ploce].
A seguito richiesta verbale di ieri comunico: 1) Porto di PIoca
Le ricchezze minerarie e forestali delle conche di Sarajevo, Mostar, Gacko, Foca, Plevlja ed in particolare le miniere di bauxite di Siroki Brijeg - Im~tski - Citluk - Rudine ed il bacino minerario di Zednica-Vares trovano un ostacolo al loro sfruttamento intensivo nella deficienza di comunicazioni ed in particolare nella mancanza di un collegamento diretto con un porto accessibile a naviglio di medio e grande tonnellaggio. Il governo jugoslavo fin dal 1932 cominciò ad esaminare le possibilità di ovviare a tali inconvenienti. In un primo tempo fu pertanto progettata (1935-36) una deviazione del corso inferiore della Narenta tra Norinska Kula (Mostar AB-01) e Polace (O.Mljet GS-01) mediante creazione di un ampio canale fra Kula (id. GU-OI) e Polace allo scopo di renderlo accessibile a naviglio di maggiore pescaggio fino a Metkovié e di attrezzare parallelamente il golfo di Polace-Neum a vasto porto commerciale allacciandolo a Metkovié-Sarajevo anche a mezzo ferrovia (in seguito a tale progetto fu potenziata la rotabile Metkovié-Neum e fu costruito il collegamento rotabile con Polace (id. GS-01). Questo progetto fu però abbandonato, sembra per mancanza di iniziativa e deficienza di personale tecnico competente, quando si trattò di passare alla sua attuazione pratica. In un secondo tempo (1939-40) fu approvato il progetto di allac-
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Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942)
ciare Metrovié-Plofa attrezzando quest'ultima località a porto commerciale e collegandola: a mezzo rotabile e ferrovia con Metkovié-Sarajevo a mezzo rotabile con Macarsca-Spalato creando un anello fluviale per il collegamento con Metkovié dragando ed ampliando il canale di Stara Neretva (navigazione in senso unico alle foci della Narenta). I lavori di attrezzatura portuale e di allacciamento rotabile e ferroviario iniziati pochi mesi prima della guerra furono sospesi per la durata di questa e nel periodo di prima organizzazione dello Stato Croato. Nel giugno 1941, il governo croato affidò all'ing. Radulovic Paolo il compito di portare a termine i lavori per l'allacciamento ferroviario ed impianti idraulici-meccanici del porto; all'ing. Ivcevié Stefano i lavori stradali e la sistemazione di approdo e del traffico portuale. Sintesi dei progetti (planimetria l :50.000 allegata), stanziamenti e stato attuale dei lavori: a) -
Ferro via Metkovié-P/oca scartamento ridotto: m. O,76 binario semplice lunghezza totale: km. 21.358 esercizio a vapore tracciato affiancato alla riva destra ed in prevalenza in rilievo con brevi tratti a mezza costa, 5 brevi gallerie, 3 ponti, opere varie di scarsa importanza (vedasi profilo longitudinale allegato).
I lavori di allacciamento ferroviario, compreso l'armamento della strada .ferrata sono stati portati a termine il mese scorso fino a Rogotin quota 50 (I cm. N.E. quota 40 LI-AD) - manca ancora l'armamento; la stazione ferroviaria non è ancora ultimata. I lavori condotti ad economia direttamente dal Ministero delle Comunicazioni croato - capitale ufficiale stanziato 80 milioni di kune - fino al marzo scorso (termine dei lavori previsto per l'ottobre 1942) sono ora sotto controllo dell'organizzazione Todt che si [è] anche accollata l'onere delle maggiori spese derivanti dall'anticipo del completamento lavori (termine dei lavori previsto per luglio). b) Rotabile Metkovié-P/oca
Era stata costruita ed ampliata nell'anteguerra fino a Kula-Narinska
Documenti - Allegati al capitolo III
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[recte: Norinska Kula] (Bivio per Vergorac). È stata completata in questi giorni.
lunghezza rotabile Metkovié-Ploca: km. 24 larghezza: mt. 6 raggio minimo delle curve: mt. 50 pendenza massima 6% Due grandi ponti: -
•
uno a Rogotin: luce m. 40 uno a Rastoca: luce m. 30
previsti in cemento ma costruiti provvisoriamente in legno con portata limitata. Percorso par'allelo alla ferrovia. Allacciamento con Makarska ultimato. Partecipazione di capitali e direzione tecnica tedesca (occulta) pel tratto Metkovié-Ploca. Nessun interessamento invece per il tratto Ploca-Makarska. c) Sistemazione del porto
Mentre proseguono i dragaggi per l'eliminazione dei bassi fondi dinanzi al porto di Ploca e sono stati iniziati costruzioni dei molì, banchine, di attrezzature di caricamento, 'scarico ed allacciamento portuale con la stazione ferroviaria, è attrezzato per l'utilizzazione immediata il porto di Stara Rjeka. Larghezza ,dell'imbocco: mt. 25 Profondità all'attracco: mt. 4 Accessibile a navi di tonnellaggio non superiore a 1.000 tonnellate. Pontoni provvisori di legno per l'attracco - banchine e moli in muratura in corso di costruzione. Il completamento dei lavori per Ploca e Stara Rjeka è ora diretto e sovvenzionato dall'organizzazione Todt interessata anche per il trasporto di minerali (bauxite, carbone e limonite). Sembra che la Todt stia trattando col Governo Croato per un reclutamento coatto di lavoratori allo scopo di completare entro luglio tutti i lavori in corso. Contemporaneamente a ciò starebbe perdendo tempo «ufficialmente» a Zagabria una commissione italo-tedesco-croata per l'esame dei progetti di lavoro, partecipazione finanziaria e tecnica etc ..
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Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942)
Tutti [i] lavori sono stati sospesi in questi giorni in seguito alle azioni svolte dai partigiani ed astensione dal lavoro delle maestranze. IL GENERALE COMANDANTE DEL CORPO D'ARMATA R. DALMAZZO
1
Documenti - Allegati al capitolo III
499 DOCUMENTO N. 3
LEGAZIONE DI CROAZIA S EGRETO
Roma, li 7 aprile 1942
NOTA VERBALE
La Legazione di Croazia ha l'onore di rivolgersi al R. Ministero degli Affari Esteri comunicandogli quanto segue. Alla fine del mese di gennaio e.a. i cetnici e comunisti assalirono il porto di Piace e la località di Gradac, situata sul corso inferiore del fiume Neretva. Al momento dell'assalto era ancorato a Gradac un veliero a motore carico di una decina di vagoni di viveri destinati per le isole Brac e Hvar [=Brazza e Lèsina - n.d.a.] . I ribelli scaricarono una parte della merce trasportandola a mezzo barche nei villaggi vicini. Riferendosi a questa aggressione, il Ministero dell' esercito croato s'è rivolto col suo scritto del 14.Il.1942 al Comando della 2a Armata, pregandolo di voler disporre perché le unità italiane assumessero il servizio di polizia marittima sul nominato settore costiero, per evitare altri incidenti di questo genere, nell'interesse della popolazione di quella regione, dove regna una grave situazione alimentare. Dal sopradetto risulta evidente che la navigazione nel!' Adriatico non è più sicura, poiché le nostre autorità - per insufficienza di mezzi - non sono in grado di proteggere la navigazione nelle acque territoriali, non disponendo nemmeno di una vedetta che già apparteneva alla guardia di finanza marittima. Per la sicurezza della navigazione nell'interesse di ambedue le parti, la Legazione di Croazia ha l'onore di rivolgersi alla abituale cortesia del R. Ministero degli Affari Esteri, pregandolo di voler benevolmente intervenire presso le autorità competenti, affinché vengano messi a disposizione delle autorità marittime croate sei unità della flottiglia della guardia di finanza costiera, fra le quali le vedette a motore M osor e Velebit e barche da 12 tonn. di tipo nuovo. Con questo, naturalmente, non si pregiudicherebbe la definitiva spartizione del naviglio dell'ex-Jugoslavia. La Legazione di Croazia ringrazia anticipatamente il R. Ministero degli Affari Esteri. AL R. MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI ROMA
500
Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942) DOCUMENTO
N. 4
COMANDO VI CORPO D'ARMATA STATO MAGGIORE - UFFJCJO INFORMAZIONI Comando Tattico
N. 0152/I di prot.
P.M. 39, li 14 maggio 1942-XX
AL COMANDO TATTICO DEL COMANDO SUPERIORE FF.AA. SLOVENIA E DALMAZIA P.M. 10 e, per conoscenza
AL COMANDO SUPERIORE FF.AA. SLOVENIA E DALMAZIA
OGGErro:
Atteggiamento autorità croate.
Ho già dato notizia con telescritti n° 4126-1 - 0132-I - 775 - 777-0p. di quanto è avvenuto a Mostar in questi giorni per l'improvviso arrivo del noto battaglione ustascia. Ritengo ora necessario esaminare i diversi episodi che lo hanno preceduto e seguìto per~hé, coordinati in un quadro generale, permettono di trarre considerazioni e conclusioni di notevole importanza militare e politica. Innanzi tutto, è evidente che da parte del Governo Croato e dei dirigenti usta.scia vi è stata una premeditazione ed accurata preparazione dell'azione, allo scopo di porre il nostro comando di fronte al fatto compiuto di una ripresa dei poteri nella città e nel distretto di Mostar e di contemporaneo ritorno alla politica di persecuzione e di violenza. Tutto ciò in aperto contrasto con gli accordi di cui al Bando 7 settembre 1941 e con i numerosi ordini e proclami del Poglavnik; in particolare la circolare n° 144/42 diretta il 30 marzo u.s. al Gran Zupano di Mostar (v.e di Notiziario di questo comando n° 380). Con evidente malafede, il comando croato, allo scopo di permettere l' effettuazione del piano d'azione di cui sopra ha chiesto, senza dare ecces-
Documenti - Allegati al capitolo III
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siva importanza alla domanda stessa, il permesso di dislocare in territori della 2 a zona una compagnia ustascia da passare, naturalmente, alle dirette dipendenze del comando italiano. Ottenuto l'assenso dell'Eccellenza Roatta, senza alcun preavviso e senza tener conto della comunicazione fatta dal comando dell'Armata che la compagnia avrebbe dovuto portarsi a Metkovié, sono state inviate a Mostar, in modo che giungessero quasi contemporaneamente, nelle prime ore della mattina del 21 corrente, sei compagnie (1300 uomini) con una sezione d'artiglieria, ingente quantitativo di armi, munizioni, mezzi, rifornimen\o viveri. Inoltre, la mattina stessa dell'arrivo del battaglione, sono giunti a Mostar il Ten. Col. Francetié, comandante di tutti i reparti ustascia della Bosnia, il Generale Lukié, comandante del C.A. di Sarajevo, il commissario governativo per la Bosnia, Sandor Benak, un commissario di Polizia, 48 agenti di polizia politica con tre capi specializzati; è stato iniziato il servizio di controllo con agenti ed ustascia, di tutti i posti di blocco della città e dei principali uffici (ferrovia, prefettura, posta e telegrafi); nella notte sul 21 si sono avuti incidenti con uccisione di un vice-brigadiere CC.RR. (episodi del genere non si erano mai verificati in precedenza in Mostar); in numerosi centri abitati della provincia è stata ripresa intensa attività degli elementi ustascia locali che hanno svolto azione intimidatrice nei confronti della popolazione serbo-ortodossa e mussulmana a noi favorevole e condotto ad atti di violenza ed uccisioni sulla cui gravità si stanno svolgendo, al presente, le opportune indagini; i capi mussulmani ed orto-· dossi a noi favorevoli - quelli stessi che di recente il Ministro Vrancié aveva avvicinato a Spalato e a Ragusa per indurli a collaborare con il Governo Croato - sono stati apertamente minacciati di morte da elementi del battaglione ustascia del Colonnello Francetié. Dopo ottenuto, a costo di intimidazioni e minacce, la partenza del battaglione, il Ten. Col. Francetié ha per due volte disdetto l'ordine e lo ha fatto rientrare; ha infine tentato di mancare in parte alla parola data lasciando a Mostar un reparto di ben 220 uomini e due pezzi che hanno poi raggiunto il grosso del battaglione solo dopo nuovo energico intervento e tassativa ingiunzione al comandante. La malafede del comando croato può desumersi anche dal fatto che il Ten. Col. Francetié, dopo aver preso impegno formale con il comando della Df. 'Marche' di rimanere in posto a sua disposizione è partito nella notte sul 23; si è recato a Vrgorac da dove ha comunicato che per ingiunzione del comando di corpo d'armata, si doveva recare a Mostar. Quivi giunto, il Francetié, è stato fermato mentre, senza presentarsi ad alcuna
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Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942)
autorità italiana, stava per ripartire, in aereo, per Sarajevo. Tratto a mezzo CC.RR. al comando, emanava finalmente, sotto minaccia di esser trattenuto prigioniero, l'ordine al reparto ustascia ancora a Mostar di raggiungere Metkovié. Effettuato quanto sopra, ritenendosi ormai sicuri di averci posti, come si è detto, di fronte al fatto compiuto, i capi ustascia hanno gettato la maschera e dichiarato apertamente le loro intenzioni. Nella prima visita fatta al Comandante della Df. 'Murge', il Ten. Col. Francetié e il capo della polizia Svjevié hanno dichiarato di essere giunti «per ristabilire l'ordine in vista degli incidenti di recente verificatisi in zona di Mostar (particolare rilievo è stato dato al conflitto della notte ed all'uccisione del nostro vice-brigadiere CC.RR.) e per epurare la zona dagli elementi perturbatori mediante arresti su vasta scala. Inoltre, alle rimostranze del nostro comando, è stato risposto che i nuovi venuti, dipendono direttamente dal Maresciallo Kvaternik per cui avrebbero agito solo in base agli ordini loro impartiti dal Maresciallo stesso. Le conseguenze sono ben note: il panico tra la popolazione mussulmana ed ortodossa si è diffuso immediato ed imponente ed ha avuto ripercussioni gravi non solo a Mostar ma in tutte le zone limitrofe fino a Nevesinje e Gacko; in particolar modo tra le file dei cetnici che attualmente combattono con valore, sotto il diretto comando del Generale Lusana, contro le formazioni comuniste. Soltanto il nostro energico intervento e il pronto allontanamento del battaglione ustascia ha evitato incidenti gravissimi e soprattutto la fuga sulle montagne e quindi alla mercé dei ribelli, di tutti gli uomini dai 15 ai 50 anni, subito deliberata e da noi impedita con notevoli difficoltà. I fatti di cui sopra dimostrano come le autorità croate siano ben lungi dal comprendere sia l'azione che con tanti sacrifici noi stiamo da tempo conducendo nell'interesse stesso dello Stato Croato sia la necessità di una saggia politica di riavvicinamento e di pacificazione. Da mesi non mi sono stancato di insistere presso i superiori comandi e le stesse autorità croate per ottenere l'invio nei territori soggetti alla giurisdizione del mio Corpo d'Armata di funzionari capaci ed onesti che collaborino con noi lealmente ed intelligentemente per l'opera di pacificazione e di avvicinamento dei diversi gruppi etnici che compongono Io Stato Croato. Le ripetute solenni affermazioni del Poglavnik, il riconoscimento ufficiale della chiesa ortodossa, la circolare 144/42 del Ministero degli Interni
Documenti - Allegati al capitolo III
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lasciavano ben sperare sulla comprensione del Governo e delle autorità croate delle necessità di leale cooperazione di cui sopra. Gli episodi odierni invece hanno provato come alle parole non rispondono per nulla i fatti; come i diretti collaboratori' del Poglavnik conducano ancora la vecchia deprecata politica che ha portato il nuovo Stato all'orlo della catastrofe; come, nei nostri confronti non solo non si nutrano sentimenti di schietta amicizia e volontà di collaborazione ma si persista in una ostilità manifesta e sop,rattutto in una condotta di slealtà inqualificabile. A questo proposito non devesi dimenticare l'affannosa ricerca di appoggio delle autorità tedesche, sempre a nostro danno, anche a costo di notevoli sacrifici. Con la scusa delle necessità di difesa degli interessi germanici in zona (sfruttamento di giacimenti di bauxite) il Francetié e lo Svjevié si sono fatti accompagnare da un capitano tedesco ed in ogni occasione hanno cercato di trincerarsi dietro pretese autorizzazioni ed ordini dell'ufficiale stesso, ripetutamente qualificato - nella illusione di impressionarci - come «generale germanico», ed in seguito, come ufficiale di collegamento tra il battaglione ustascia ed il comando germanico. Quanto all'attività degli ustascia ai fini della pacificazione e normalizzazione della vita politica ed economica dello Stato, ancora una volta, non si sono volute comprendere le necessità che la situazione impone. Fin da quando il Dr. Vrancié è venuto da me per chieder il mio pensiero circa la dislocazione di un reparto ustascia in zona soggetta alla mia giurisdizione ho detto chiaramente che cosa occorreva fare per raggiungere lo scopo che il Governo Croato e noi ci ripromettiamo. Come siano giudicati gli ustascia da tutta la popolazione - non esclusa quella croata ben pensante - dopo gli eccidi dell'estate 1941 è a tutti noto. Per vincere la naturale e logica ostilità delle popolazioni, i compiti da affidare agli ustascia non possono essere di polizia e di forza se non si vuole aumentare ancora l'odio ed il distacco attualmente esistente a convincere tutti che l'ustascia è elemento di distruzione e non di ricostruzione. Occorre affidare loro incarichi di assistenza, di aiuto alla popolazione, di collaborazione leale con manifesta comprensione delle necessità del popolo in relazione alle differenti razze e confessioni religiose, allo scopo di convincere tutti che vi è stato un effettivo mutamento d'indirizzo, che la epurazione cento volte promessa è stata effettuata, che gli ustascia del
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Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942)
Poglavnik sono onesti cittadini croati che vogliono tradurre in pieno la volontà del capo conforme all'indirizzo politico e sociale sulle cui basi deve provvedersi alla nuova organizzazione europea secondo le direttive di Mussolini e di Hitler. Ripeto una volta ancora: se si inizierà finalmente una saggia politica di pacificazione e si affiancheranno ai nostri comandi funzionari capaci ed onesti, la attuale grave situazione potrà trovare favorevole risoluzione; se all'opposto si verificheranno nuovi episodi quale quello in esame, tutta l'opera nostra andrà perduta e lo Stato Croato non potrà evitare - presto o tardi - la rovina e la dissoluzione. IL GENERALE COMANDANTE DEL CORPO D'ARMATA R.DALMAZZO
Documenti - Allegati al capitolo III
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DOCUMENTO
N. 5
· MEMORANDUM GERMANICO
L'aumento dell'estrazione e dei trasporti di bauxite dalla Croazia è di decisiva importanza nell'attuale economia bellica. Il Governo croato non è in grado di attuare con propri mezzi gli aumenti di cui sopra, e pertanto si è rivolto al Governo del Reich chiedendo il suo appoggio in modo speciale per quanto riguarda le costruzioni da effettuarsi. Il Ministro del Reich per g!i Armamenti e per le Munizioni ha incaricato la Organizzazione Todt a proce'dere di propria responsabilità ai lavori necessari in Croazia. Tra la Legazione Italiana e Germanica di Zagabria e con la partecipazione del Governo croato hanno avuto luogo delle trattative al riguardo di quanto sopra e si è d'accordo che dovrà essere intrapreso tutto per facilitare con appoggi reciproci all'Organizzazione Todt nel suo lavoro, che è nel comune interesse dell'economia bellica. I lavori comprendono in primo luogo la costruzione di banchine d'ancoraggio presso il paese di Ploce alla foce della linea ferroviaria da Metkovié a Ploce, attualmente in corso di costruzione da parte dell'Amministrazione delle Ferrovie croate e lavori di ampliamento e di manutenzione delle strade che conducono dalla miniera di bauxite alle rispettive stazioni ferroviarie. L'ampliamento degli impianti esistenti nel porto di Ragusa è così difficile per lè speciali ragioni geografiche che non può essere effettuato in breve tempo quale lavo,ro bellico, a prescindere dal fatto che rimane limitata la capacità della ferrovia tra Metkovié e Ragusa per una perdita di dislivello di 500 metri. Si prega di appoggiare la pratica esecuzione dei lavori e preciasamente: 1) di dare delle disposizioni a tutte le Autorità Italiane in Croazia e specialmente anche alla II Armata, alla Marina da Guerra ed alle Autorità portuali di facilitare alla Organizzazione Todt i suoi lavori; 2) di impartire al membro italiano di una commissione mista italo-germanico-croata - che esamina d'accordo con la Legazione d'Italia a Zagabria e con il Governo croato sul posto le modalità circa la protezione dei lavori dell'Organizzazione Todt - disposizioni di aderire che l'Organizzazione Todt proceda direttamente alla protezione armata rafforzando eventualmente questa mediante gli Ustascia.
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A protezione del cantiere di Ploce le navi necessarie all'Organizzazione Todt sono armate; 3) di incaricare un'impresa italiana di dragaggio che per incarico dell'Organizzazione Todt dovrebbe procedere a Ploce a dragaggi e di impartire disposizioni alle competenti Autorità portuali dell'Adriatico di facilitare il noleggio di navigli per i lavori dell'Organizzazione Todt; 4) di mettere a disposizione gli impianti speciali di costruzione e materiale galleggiante di proprietà dell'_ex-Governo Jugoslavo che si trovavano all'inizio delle ostilità in costruzione e che nel frattempo sono stati ultimati, e di mettere a disposizione altro materiale di proprietà di eximprese di costruzione jugoslave che era già destinato tra l'altro per i lavori a Ploce; 5) di mettere a disposizione alle imprese che attualmente procedono al ricupero e alla rimessa in efficienza di 2 impianti di dragaggio già installati presso Ploce che sono stati affondati ultimamente dai ribelli, di ultimare tali lavori con la massima sollecitudine affinché tali impianti possano essere rimessi al più presto a disposizione dell'Organizzazione Todt. I lavori di Ploce avranno già nell'anno corrente dei risultati favorevoli per i carichi di bauxite e dopo un anno di lavori ne dovrebbero risultare delle facilitazioni in genere per tutto il traffico marittimo di questa zona. L'Organizzazione Todt è disposta a venire incontro nei limiti dei propri mezzi ai desideri italiani circa l'esecuzione di impianti speciali e cioè per esempio pér i trasporti di carbone e di legname dalla Bosnia non appena si avranno a verificare risultati pratici per i carichi di bauxite. Roma, li 30 maggio 1942-XX.
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DOCUMENTO
N. 6
MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI Gabinetto A.P. • Croazia
APPUNTO PER L'ECCELLENZA IL MINISTRO Il Ministro Kosak da accenni fatti all'Eccellenza Testa ha fatto comprendere che nell'udienza di questa mattina dal Duce intende parlargli della ripresa 'della rivolta serba contro i Croati, soprattutto per i nuovi eccidi e le nuove persecuzioni commesse dalla Polizia ustascia a seguito degli ordini di Kvaternik junior. Come è noto, il Comando della 2a Armata e lo stesso Comando Supremo si sono rivolti a questo Ministero perché siano fatti energici passi presso il Governo croato perché si metta termine a questa nuova on.data di eccidi e siano mantenuti da Zagabria gli impegni presi con gli Accordi di Abbazia del 16 novembre per una piena pacificazione. Il Ministro Kcisak, che è il più fervente sostenitore della nostra politica in seno al Governo croato, desidera richiamare l'attenzione del Governo italiano sulla gravità della situazione che si viene in tal senso determinando. Egli ha dichiarato testualmente che, se entro febbraio la situazione non verrà chiarita con l'allontanamento del Capo della Polizia Kvaternik jr., il Governo croato si troverà in una situazione precaria. Egli ha aggiunto che il Governo italiano con i patti di garanzia e di assistenza ha, agli occhi della popolazione croata, una qualche forma di responsabilità per quanto riguarda la politica del Governo di Zagabria. Sono noti gli sforzi da noi fatti coi successivi bandi della 2 a Armata per far cessare gli eccidi, e oggi la popolazione si attende da parte nostra che le garanzie e gli impegni assunti verso l'opinione pubblica siano mantenuti.
Roma, li 30 gennaio 1942-XX.
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Dalmazia - Una cronaca per la storia {1942) DOCUMENTO
N. 7
MINISTERO DEGLI AFFAR1 ESTERI
APPUNTO PER IL DUCE Riassumo qui di seguito le dichiarazioni fattemi dal Ministro delle Finanze croato, durante un colloquio avuto con luì l' 11 corrente. Kosak mi ha esposto la situazione della Croazia, dove il regime, durante un anno di Governo, è andato notevolmente consolidandosi, malgrado le difficoltà derivanti dalla guerra, e dove l'organizzazione statale si è sviluppata e affermata progressivamente. Anche nel campo sociale, le provvidenze del regime a favore delle categorie rurali e operaie, adottate sull'esempio della legislazione fascista, hanno prodotto benèfici effetti politici e morali sulle masse lavoratrici. Egli mi ha confermato l'intenzione del Poglavnik e dei suoi più fidati collaboratori di dare alla politica croata un orientamento sempre più deciso verso Roma . «Noi sappi.amo - egli ha detto-· che l'indipendenza croata è stata voluta dal Duce ed è stata garantita dal.l'Impero fascista; perciò siamo convinti che nell'Italia troveremo sempre appoggio e comprensione per risolvere i problemi della nostra vita nazionale». Ho risposto al Ministro Kosak che il Governo fascista segue con soddisfazione i progressi del regime ustascia ed ha il massimo rispetto dell'indipendenza croata. Questa è del resto la nostra linea politica nei riguardi dei Paesi che hanno legato al nostro il loro destino. La Croazia può quindi contare sulla nostra amicizia e sull'appoggio concreto dell'Italia. Pur diversa dalla Croazia per livello di civiltà e di cultura, l'Albania si avvia, con l'aiuto dell'Italia, verso un avvenire sempre migliore, vede garantita e rispettata la libertà, ripristinata la propria bandiera nazionale e gode i vantaggi della comunione di interessi per i forti vincoli che ha stabilito con noi. Kosak ha accolto le mie parole con espressione di aperto consenso, dandomi l' impressione che i croati sono particolarmente sensibili e attenti nell'osservare gli sviluppi della nostra azione politica verso il Regno d ' Albania. È passato quindi a parlare di questioni politiche, finanziarie e militari. Durante un viaggio recentemente compiuto per ordine del Poglavnik nel-
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l'Erzegovina e a Ragusa, egli mi ha detto di essersi reso conto che quelle regioni risentono della politica particolarmente rigida che si fa in Dalmazia, politica che non sembra ispirata a comprensione e collaborazione. I reparti italiani sono irreprensibili per il loro comportamento verso la popolazione. Il numero delle truppe italiane che stazionano in Croazia - egli ha osservato - è però talmente denso che costituisce un onere troppo grave per l'economia, e anche per le finanze croate. Infatti per gli acquisti che l'Armata italiana, forte di oltre duecentomiìa uomini, deve far sul territorio croato, il Governo di Zagabria, accogliendo la richiesta italiana, ha sinora corrisposto 250 milioni di kune mensili, raggiungendo la cifra di un m\Iiardo e 250 milioni a tutto il 30 aprile come anticipazioni in valuta del paese. Sopra una circolazione complessiva di otto miliardi la Croazia, alla fine del prossimo giugno, avrà anticipato un miliardo e mezzo al!' Armata italiana. Ha aggiunto che si verificano incidenti di vario genere come inevitabile per la presenza di un esercito così numeroso, soprattutto dove i poteri civili sono stati assunti dal Comando italiano. L'esercizio dei poteri civili ha presso le popolazioni locali e, di conseguenza, presso l'opinione pubblica croata, una ripercussione che non è favorevole all'Italia, e neppure allo sviluppo dei rapporti italo-croati, nel senso desiderato dal Duce e dal Poglavnik. Ogni condanna, ogni repressione, ogni coercizione praticata dal Comando italiano vengono considerate con insofferenza e malanimo, perché non promanano direttamente, e neanche formalmente, dalle Autorità croate, ma da un'autorità straniera che esercita in realtà i diritti dell'occupante. Ne deriva uno stato d'animo di scontento e di sordo rancore. Se invece i poteri civili fossero restituiti al!' Autorità croata, si potrebbe agire con la severità necessaria, d'intesa con le Autorità militari italiane, e si otterrebbero effetti certo meno negativi dal punto di vista psicologico. Ha quindi osservato che quella che si conduce in alcune regioni della Croazia non è guerra nel senso militare della parola, ma è vera e propria guerriglia. Sarebbe perciò desiderabile che, con l'alleggerimento dei contingenti italiani, si stabilissero forme pratiche di collaborazione fra truppe croate e italiane, essendo le prime adatte alla guerriglia che conducono comunisti e ribelli, in un terreno che esse conoscono meglio dei nostri reparti. Sul tema della collaborazione militare nel territorio croato Kosak si è lungamente soffermato, dichiarando che la Milizia fascista si è dimostra-
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ta più pronta ad intendersi con quella ustascia, per motivi di affinità rivoluzionarie e spirituali. Kosak ritiene che due divisioni di CC.NN. sarebbero in Croazia sufficienti a stroncare, in collaborazione coi battaglioni ustascia, tutte le forze comuniste e ribelli. Gli esperimenti che sono stati fatti nelle operazioni nel Kordun, a sud di Karlovac, impiegando un battaglione ustascia e due plotoni di milizia fascista e a Virgin Most, dove reparti italiani hanno cooperato efficacemente con le formazioni ustascia, costituiscono due significativi esempi. Così pure una stretta collaborazione tra Milizia ferroviaria fascista e milizia ferroviaria ustascia, varrebbe a garantire il funzionamento delle linee ferroviarie che interessano i due paesi, mentre oggi i trasporti sono quotidianamente insidiati dagli atti di sabotaggio dei comunisti che, oltre a produrre le interruzioni del traffico, costano la vita a tanti soldati e cittadini italiani e croati. Le cifre dei caduti in imboscate e atti di sabotaggio sulle linee ferrov_iarie e sulle vie di comunicazione in genere stanno a confermare l'opportunità di adottare misure in tal senso, promuovendo la collaborazione tra militi ferroviari fascisti e ustascia. Kosak ha poi detto che sarebbe utile in certe zone, e specialmente in alcuni villaggi, armare, sotto il controllo comune italo-croato, gli elementi più.sicuri, nativi del posto, formando bande di militi volontari a protezione delle case e delle popolazioni contro qualunque minaccia. ·Questo darebbe buoni risultati militari, e avrebbe felice ripercussione, come è stato constatato in Bosnia, sulle popolazioni stesse, che oggi si sentono poco tranquille. A questo riguardo Kosak ha ricordato che in Bosnia, presi accordi col Comando tedesco, la Legione ustascia del Col. Francetié che era partita da Zagabria con 800 uomini, ha portato i suoi effettivi a oltre 3000, arruolando sul posto bande di volontari mussulmani e ha potuto così decisamente condurre le azioni in territorio di montagna che i volontari conoscono palmo a palmo, azioni che recentemente hanno permesso di catturare parecchie migliaia di comunisti armati. Sugli argomenti di carattere squisitamente militare non ho potuto dare a Kosak affidamenti. Roma, li 15 maggio 1942-XX.
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DOCUMENTO
N. 8
MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI Gabinetto A.P. • Uff. Croazia
N. 8/12288
NOTA VERBALE Il R. Ministero degli Affari Esteri ha l'onore di riferirsi alle comunicazioni 'fatte dal Ministro delle Finanze dello Stato Indipendente di Croazia Dottor ·Kosak per conto del Governo croato in merito alla situazione militare in Croazia. 1. Il Ministro Kosak, in particolare, ha fatto presente che il numero delle truppe italiane stanziate in Croazia costituisce un onere grave per l'economia e per le finanze croate, in conseguenza degli acquisti che esse compiono sul territorio croato e degli anticipi in kune che vengono ad esse corrisposti.
2. Il Ministro Kosak si è anche riferito all'esercizio dei poteri civili da parte del Comando italiano, e alle ripercussioni che ne derivano nella opinione pubblica croata. 3. In relazione allo stato di guerriglia, che imperversa in alcune zone, il Ministro Kosak ha espresso il desiderio del suo Governo che si addivenga
a una più stretta collaborazione fra truppe croate e italiane, essendo le prime adatte alla guerriglia in un terreno che esse conoscono meglio dei reparti italiani. 4. Egli si è riferito altresì all'opportunità di una stretta collaborazione tra Milizia Ferroviaria fascista e Milizia Ferroviaria ustascia per proteggere il funzionamento delle linee ferroviarie che interessano i due Paesi. 5. Infine egli ha accennato all'utilità che in alcune zone vengano armati gli elementi locali più sicuri sotto il controllo comune italo-croato, in modo da formare delle bande di militi volontari a protezione delle popo1Iazioni. II Governo Fascista ha considerato le comunicazioni predette del Ministro Kosak con quello spirito di cordiale amicizia che presiede ai rapporti fra i due Paesi, e tiene a far noto quanto segue: 1. Al termine delle operazioni combinate condotte dal 23 aprile al 14
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maggio da parte delle truppe croate, tedesche e italiane, il Comando Supremo italiano ha riesaminato la situazione militare in Croazia e, tenuto conto dei risultati ottenuti, è venuto nella determinazione di procedere a una nuova dislocazione delle forze dell'Armata della Slovenia e Dalmazia. Per effetto di tale nuova disposizione, è previsto il graduale ritiro di alcune guarnigioni dagli attuali centri di presidio. Il Comando dell'Armata terrà volta a volta informate le Autorità militari croate della sua intenzione di ritirare l'una o l'altra guarnigione, in tempo utile affinché le Autorità militari croate possano, se lo credono, sostituirle con le loro truppe. Resta tuttavia inteso che, in considerazione degli impegni assunti dal Governo italiano di fronte alle popolazioni civili dei territori surriferiti per la tutela dei loro fondamentali diritti e interessi, al fine di affrettare il ritorno a una piena pacificazione e normalizzazione, il Governo italiano si attende che il Governo croato garantisca che nei presidi che fossero da noi sgomberati l'ordine pubblico venga assicurato nel modo più efficace e osservati scrupolosamente gli impegni da noi assunti. In particolare il R . Governo si attende dal Governo croato una precisa garanzia che non vengano commessi in àlcu~ modo soprusi o rappresaglie verso le popolazioni. La situazione che risulterà dal ritiro delle guarnigioni predette, sarà tenuta presente per determinare l'ammontare globale delle mensilità in kune da mettersi a disposizione del Comando del!' Armata da parte del Governo croato. 2. Per quanto riguarda l'esercizio dei poteri civili da parte del Comando Superiore FF.AA. Slovenia-Dalmazia, si propone che a modifica degli accordi a suo tempo intervenuti tra il Governo italiano e quello croato, valgano, dalla data da stabilirsi, le seguenti intese: a) La collaborazione più stretta dovrà essere mantenuta nel territorio croato temporaneamente occupato da truppe italiane fra le autorità civili croate e le autorità militari italiane, in considerazione del fatto che alle une ed alle altre incombe solidariamente il mantenimento del1' ordine pubblico. b) In conseguenza di detto criterio, le autorità civili croate terranno costantemente informate le autorità militari italiane di tutti i provvedimenti che, esorbitando dalla sfera della ordinaria amministrazione, possano in qualunque modo avere una ripercussione sulle condizioni dell'ordine pubblico. c) Le autorità militari italiane, nel territorio croato temporaneamente occupato da truppe italiane, conservano, oltre alle ordinarie attribuzioni
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inerenti alla attività militare intesa al mantenimento dell'ordine pubblico, anche il diritto di indicare alle autorità civili croate quei provvedimenti (da dette autorità preventivamente - come detto sopra- comunicati, o comunque venuti a conoscenza), o che non dovranno essere mantenuti. Le autorità civili croate saranno tenute a regolarsi, immediatamente e direttamente, in conseguenza di tali indicazioni. d) La quantità e dislocazione delle truppe croate (dell'esercito ed ustascia) impiegate nel territorio in questione saranno concordate fra lo S.M. croato ed il Comandante Superiore FF .AA. Slovenia-Dalmazia. De'tte truppe saranno, per l'impiego, agli ordini delle autorità militari italiane. Lo stesso avverrà per la gendarmeria croata quando impegnata in operazioni che esorbitino dalla polizia ordinaria. e) I civili imputati di atti di ostilità alle truppe italiane, o di inosservanza di prescrizioni delle autorità militari italiane in vista della attività bellica inerente al mantenimento dell'ordine pubblico, continueranno ad essere giudicati dai tribunali militari italiani. 3. Il desiderio del Governo croato di addivenire a una sempre più stretta collaborazione tra le Autorità militari, di Polizia croate è le formazioni Ustascia da una parte, con le Forze militari italiane dall'altra, trova piena rispondenza in analogo desiderio da parte del Comando Supremo italiano. In conformità a tale criterio diretti accordi potranno essere presi fra il Comando Superiore FF.AA. Slovenia-Dalmazia e le Autorità militari croate per quanto riguarda l'inquadramento delle truppe croate operanti e la condotta di azioni in collaborazione. 4. Il Governo italiano vedrà favorevolmente che alla sorveglianza delle linee ferroviarie, che interessano i due Paesi, partecipino reparti croati, sia per la protezione delle linee sia come scorta ai treni. A questo riguardo accordi diretti potranno intervenire fra Comando italiano ed Autorità croate. Il Comando Superiore FF .AA. Slovenia-Dalmazia deciderà sui provvedimenti più opportuni per garantire la piena sicurezza delle linee ferroviarie che interessano i due Paesi. 5. Infine nulla si oppone da parte del Governo italiano a che elementi sicuri locali vengano organizzati in bande armate sotto il controllo delle autorità croate e italiane.
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Le modalità pratiche per l'applicazione dei criteri sopra accennati potranno essere concordate dal Comandante delle FF.AA. della Slovenia e Dalmazia in diretti contatti col Governo croato a Zagabria. Roma, li 1 ° giugno 1942-XX.
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DOCUMENTO
N. 9
COMANDO VI CORPO D'ARMATA STATO MAGGIORE - UFFICIO INFO RMAZIONI
P.M. 39, 9 giugno 1942-XX
N. 4974/1. di prot.
AL COMANDO SUP ERIORE FORZE ARMATE «SLOVENIA-DALMAZIA» POSTA MI LIT ARE 10
OGGETTO:
Sgombero presìdi.
Mi riferisco al tele 12472 circa sgombero presìdi. Mi permetto insistere ancora sulla necessità assoluta che siano ben definiti i nostri poteri sia nella 3a che nella 2 a zona per evitare tutte le sicure dannose conseguenze che possono derivare da accordi non precisi, sia dai rapporti con i croati sia d~lla situazione morale ed economica della popolazione. Come segnalato con mio tele n. 4851/I è da tener presente l'insistenza nel voler far continuare la dipendenza delle formazioni 'U' del Francetié dalla 718 8 divisione tedesca. Tale inframmettenza è resa palese nel caso dell'invio del battaglione 'U' nella zona di Mostar (come è noto tale decisione è stata presa in seguito a due riunioni avvenute in presenza del comandante la 718 8 divisione tedesca). L'invio di reparti 'U' anche nella zona di Foca-Jelec-Kalinovik, lasciando in zona solo la gendarmeria come a Foca o poche truppe come a Kalinovik che agiscono contro i residui elementi comunisti per opporsi ad una quasi sicura ripresa di ostilità in seguito alla nostra partenza, potranno servire uttlmente per mettere alla prova la possibilità di collaborazione con tutti i croati (cattolici, mussulmani o ortodossi) ad esclusione degli ustascia. Se tale esclusione di reparti 'U' è suggerita dalle considerazioni di cui sopra per la zona di Foca-Jelec-Kalinovik, considerazioni di ben maggiore import.anza consigliano l'esclusione per ora assoluta di formazioni 'U' dall'Erzegovina.
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Questo se non si vuole nuovamente gettare in poco tempo tutta l'Erzegovina nel disordine e nelle braccia dei comunisti; e ciò perché malauguratamente Io sgombero dei presìdi segue a troppo poca distanza lo svolgimento delle operazioni che hanno avuto così tangibile successo, ma che occorrerebbe consolidare per spegnere immediatamente quei piccoli focolai di infezione che torneranno ad affiorare qualora per un certo periodo non si mantenga in tutta la zona una notevole attività e non si lasci tempo alle formazioni anticomuniste di stendere una completa ed efficace rete di controllo su tutta la zona. Ritengo che lo Stato Maggiore Croato che ha dichiarato di non poter dare neppure un battaglione per l'occ'upazione di Foca difficilmente potrà dare truppe per occupare in forza Gacko-Nevesinje-Stolac-Ljubinje e Bileéa e pure elementi a protezione della ferrovia a nord di Mostar, che io vorrei ricevere anche subito. Ritengo però che sia realizzabile la soluzione di lasciare il presidio croato non molto forte o di forza pari a quella attuale nei vari presìdi da sgomberare ad eccezione di Gacko e Bileéa . . La regione Gacko-Borac è sempre stata, e nelle operazioni attuali si è confermata, la grande porta d'invasione dell'Erzegovina dalle inospiti e selvagge regioni del nord e dell'est. Le operazioni attuali dimostrano che su quella porta il nemico conta ancora e cerca di difenderne gli accessi e di mantenerne il possesso: è verso quella zona infatti che gli elementi riusciti a sfuggire recentemente ai nostri rastrellamenti si sono diretti. La chiusura di quella porta è pertanto indispensabile e ritengo che se l' esercito croato avrà qualche reparto disponibile dovrà essere colà avviato data l'enorme importanza di quella regione, non solo per se stessa, ma per il possesso, controllo ed ordine in tutto il cuore dell'Erzegovina. Ai reparti dell'esercito che saranno destinati a Gacko si affiancheranno le note formazioni antibolsceviche che saranno all'uopo predisposte, ma il tempo sarà tutto a favore del loro ordinamento e consolidamento. Per quanto riguarda i presìdi di Nevesinje, Stolac e Bileéa, farò proposte appena avrò, dopo l'attuale ciclo di operazioni, elementi più precisi. A scopo di orientamento e di assaggio ho disposto per il ritiro del presidio di Ljubinje: ne seguirò da vicino le conseguenze e ne terrò informato Codesto Comando.
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Lo sfruttamento propagandistico che elementi irresponsabili hanno fatto in tutta l'Erzegovina e Bosnia sud-orientale circa l'assunzione di tutti i poteri da parte croata ed il ritorno degli ustascia con l'incarico di 'rimettere le cose a posto' , ha già avuto i suoi primi spiacevoli effetti. L'onorevole Jevdjevié che, alcuni giorni or sono, era disposto a fare dichiarazione di vera e aperta collaborazione con lo Stato croato, oggi modifica parzialmente il suo atteggiamento e ne dice le ragioni (vedansi aliegati l e 2 alla presente) . La delicatezza della situazione in Erzegovina e Bosnia sud-orientale permaqe, e, sarebbe necessario, che da parte dello Stato croato si comprendesse tale situazione e si venisse incontro alle necessità locali con un'ampia visione dei vantaggi che la situazione presenta. Non posso infatti vedere senza apprensione che si possa capovolgere la situazione risultante dagli attuali successi delle nostre armi e che si rigetti il paese nella rivolta con tutte le conseguenze civili , politiche e militari che ne deriverebbero. Il lavoro da svolgersi qui è un lavoro che richiede tempo, comprensione, nessun irrigidimento iniziale, volontà di gettare le prime basi di un'intesa e di una coliaborazione feconda che nel piano della lotta antibolscevica potrebbe avere i primi fondamenti. Le necessità militari generali e particolari mi sembra possano influire per la loro grande importanza sulla visione della situazione. È infatti evidente che il consolidamento e lo sviluppo delle formazioni antibolsceviche costituisce un notevole apporto di· forza nella nostra lotta sia nell'Erzegovina e Bosnia sud-orien:tale sia verso le zone viciniori. Tutto pertanto sembra suggerire la necessità ed utilità di non lasciare per ragioni politiche diminuire o disperdere l'efficienza di tale forza, ma invece di sempre maggiormente sviluppare in numero ed in potenza nelle nostre mani e sotto nostro controllo. [L GENERALE COMANDANTE DEL CORPO D'ARMATA R.DALMAZZO
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Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942)
Ali. 2 al foglio 4974/I ALL'ECCELLENZA IL GENERALE DAL.MAZZO COMANDANTE DEL VI C.A.
Eccellenza! In questo momento in cui la lotta contro i comunisti è in pieno sviluppo, ogni accordo con i croati provoche_rebbe grande malcontento e farebbe ritornare le masse ai comunisti. La pubblicazione fatta dall'autorità croata che sarebbe intervenuto un accordo con i cetnici ha provocato nuovamente un movimento rivoluzionario nella Bosnia centrale ed ha vivificato i comunisti. Qualora la stampa croata rendesse di pubblica ragione che ho concordato un accordo col Poglavnik, io perderei tutti gli uomini e rimarrei solo e ciò pregiudicherebbe l'Italia,ed il nostro popolo. Per ora è sufficiente che si sia arrivati ad un accordo con i mussulmani. Occorre subito: chiudere la frontiera Montenegrina - ove siamo già giunti - annientare il grosso delle forze comuniste che si è ritirato tra Foca ed il Montenegro ed allora potremo fare delle concessioni diplomatiche ai croati. Non si deve dimenticare che ora i cetnici battono i comunisti in tutto il Sangiaccato di Navi Pazar, ed un accordo con i croati farebbe ritornare tutto il Sangiaccato ai comunisti. Per l'Armata è importante che prima dell'inverno abbia assicurata la zona dell'Erzegovina e del Montenegro anziché avere le benevolenze del Poglavnik. Se ciò non è possibile, io mi devo ritirare giacché non voglio fare delle promesse fittizie. Devotissimo f.to Dobroslav JEVDJEVIé
P .S. Il massimo che noi possiamo fare in questo momento sono le obbligazioni che abbiamo preso nella lettera ufficiale indirizzata a Voi. Con questa lettera noi manifestiamo praticamente la nostra volontà decisa per la ricostruzione e la collaborazione, ma non possiamo addivenire ad un accordo diretto con il Governo Croato.
Documenti· Allegati al capitolo III .
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DOCUMENTO
N. 1O
COMANDO SUPREMO I O Reparto Operaz.-Scacch. Orient. Prot. n. 21945/0P.
P.M. 21, lì 8 giugno 1942
AL MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI Gab. A.P. ROMA OGGETTO:
Proposte da parte serba di collaborazione nella lotta contro il comunismo.
Seguito foglio 20910 in data 18 marzo di questo Comando Supremo. Come noto a cotesto Ministero, il R. Addetto Militare a Belgrado è stato autorizzato a suo tempo dal DUCE a stabilire contatti con il Generale Milan Nedié, su richiesta di quest'ultimo, circa un'eventuale collaborazione italo-serba nel campo-militare per la repressione del comunismo, con astensione però da qualsiasi impegno nel campo politico. Il gen. Nedié, dopo alcuni sondaggi circa un'eventuale nostra autorizzazione all'occupazione già in atto da parte di cetnici serbi nel distretto di Nova-Varos, e all'estensione di essa a Sjenica, ha ulteriormente presentato le seguenti proposte: riconoscimento ufficiale di un'occupazione italo-serba nella zona del Sangiaccato; oppure costituzione di una commissione mista italo-serba per coordinare un'azione in comune contro il comunismo. Al riguardo si fa presente che ogni nostra collaborazione nel Sangiaccato con formazioni armate aventi rapporti ufficiali o non con il Governo di Belgrado, è stata fino ad oggi accuratamente evitata. Il mantenimento di tale linea di condotta è più che mai indispensabile, date le note aspirazioni serbe su quella provincia del Montenegro ed i riflessi sfavorevoli che qualsiasi nostra concessione in tale campo potrebbe avere sulla cooperazione - sempre più efficace - che attualmente danno alle nostre truppe formazioni nazionaliste montenegrine.
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Al riguardo aggiungo che in data odierna il Governatore del Montenegro ha ordinato che Nova-Varo~ e Sjenica siano rioccupate da truppe italiane. Ritengo quindi che le proposte serbe [non] offrano alcuna conveniente base di discussione nel campo militare e rimetto la questione a cotesto Ministero, per gli eventuali sviluppi di essa nel campo politico .. Il R. Addetto Militare a Belgrado ha ricevuto istruzioni di astenersi da ulteriori contatti sull'argomento con esponenti del Governo NediĂŠ. IL CAPO DI STATO MAGGIORE GENERALE F. to: V go CAVALLERO
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521 DOCUMENTO
N. 11
COMANDO XVIII CORPO D'ARMATA UFFICIO INFORMAZIONI P rot. n . 2198/I - SEGRETO
P.M. 118, 16 maggio 1942-XX
Stre/lamente Personale
AL COMANDANTE LA DIVISIONE 'SASSARI' P.M. 86 AL COMANDANTE LA DIVISIONE 'BERGAMO' P.M. 73 AL COMANDANTE LA DIVISIONE 'PERUGIA' P.M. 151 OGGETTO:
Linea di condotta.
L'atteggiamento assunto da talune autorità croate periferiche, mi ha fatto pensare che un diverso atteggiamento nei riguardi della condotta fos. se intervenuto presso le autorità croate centrali. Chieste precisazioni al Comando Superiore, posso comunicare quanto segue per vostro orientamento e perché possiate adeguare la vostra linea di condotta. 1) In un certo ambiente di Zagabria - mentre il Poglavnik conserva un vivo senso di riconoscenza verso l'Italia e dimostra l'intenzione di stringere sempre più i legami fra il suo ed il nostro paese - si crede che la Croazia possa ormai fare da sé e che, pertanto, la bardatura italo-tedesca sia superflua e lesiva alla dignità nazionale. 2) Frutto di tale corrente euforica e di questi sentimenti anticipatori rispetto alla situazione reale, il governo croato: sta facendo assaggi per giungere alla abolizione dei nostri poteri civili nella seconda zona; ha chiesto che venga autorizzata la creazione della milizia ustascia nella seconda zona. (Il nostro governo sta esaminando la richiesta che 'non' ha senz'altro respinto). 3) Basandosi sul fatto che i cetnici dell'Erzegovina - croati di razza, ma ortodossi di religione e perciò più o meno serbizzati, pur combattendo al nostro fianco contro i comunisti, mantengono un 'modus vivendi'
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coi croati, il governo croato insorge contro la collaborazione che a noi _d anno quei cetnici - specie nella provincia di Tenìn - i quali più o meno conservano tutti un atteggiamento anticroato. 4) Data questa nuova atmosfera che si sta creando e che potrebbe avere sviluppi nel senso desiderato dai croati, le istruzioni sulle quali adeguare la vostra linea di condotta sono le seguenti: a) Esercitare in pieno tutti i poteri che ci sono concessi, senza a nulla rinunciare, ma senza per nulla eccedere. Conservare il più perfetto equilibrio e la più assoluta imparzialità verso tutte le popolazioni di qualsiasi razza.e religione. Agire col più assoluto senso di giustizia. b) Continuare a mantenere con le autorità croate i più cordiali rapporti. Non accettare mai intimazioni da nessuno; rispondere trincerandosi dietro disposizioni superiori (esistenti o meno). Se le autorità croate scrivessero prospettando talune questioni che importassero cambio di indirizzo, rispondere che di tali questioni sono state investite le autorità superiori. In conclusione, essere .molto gentili e amichevoli, non compromettersi, tirare diritto. c) Continuare a trattare con i capi cetnici prendendoli sempre più saldamente in mano. Migliorare e aumentare, se possibile le bande ai loro ordini da impiegare nella lotta anticomunista. Far loro però chiaramen_te e gradatamente intendere che debbono smettere il loro contegno anticroato perché su tale terreno non possiamo seguirli. Se non cambiano contegno mollarli, o, se il loro contegno fosse ambiguo e lasciasse prevedere il peggio, fermarli addirittura e al caso internarli. Intanto evitare ostentate manifestazioni esterne (ufficiali in pubblico passeggio a fianco dei capi cetnici e simili) che non servono a nulla. IL GENERALE COMANDANTE Q. ARMELLINI
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DOCUMENTO
N. 12
Nesavisna Drfava Hrvatska MINISTARSTVO HARVATSKOG DOMOBRANSTVA GLA VNI ST02ER-0PERATIVNI ODJEL
Prot. n. 1833 Urgente - SEGRETO
U Zagrebu, dne 21. V.1942
COMANDO SUPERIORE FF.AA. SLOVENIADALMAZIA
e, per conoscenza: R. MISSIONE MILITARE ITALIANA IN CROAZIA
OGGETTO:
Ritiro truppe croate da Bos. Petrovac.
Con riferimento al foglio n . 2409 del 19 m.c. della R. Missione Militare Italiana in Croazia in riguardo al ritiro del presidio italiano da Bos. Petrovac e poiché le fo_rze armate croate non dispongono con truppe, che potrebbero essere dirette a Bos. Petrovac per dare cambio alle truppe italiane - come ho già comunicato con foglio n. Op. 1801/segreto del 18 m.c. - prego di voler trasferire da Bos. Petrovac anche il presidio croato, nel caso che sia ritirato il presidio italiano. Prego di voler dirigere il nostro presidio assieme col presidio italiano nel presidio più vicino, e cioè i gendarmi nella più vicina stazione di gendarmeria croata. Siccome noi non abbiamo comunicazione con Bos. Petrovac, prego il Comando Superiore FF.AA. Slovenia-Dalmazia di dover emanare ordini in oggetto al nostro presidio a Bos. Petrovac e di informare questo S.M. in quale località sarà diretto il nostro presidio, affinché sia possibile a questo S.M. emanare l'ordine necessario per il ritorno del presidio croato nella sua sede di deposito. Vi sarò grato per un cenno di cortese risposta. CAPO DI STATO l\1AGGIORE Tenente Generale Vlad. LAXA
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DOCUMENTO
N. 13
COMANDO SUPERIORE FORZE ARMATE «SLOVENIA- DALMAZIA» UFFICIO INFORMAZIONI
P.M. 10, lì 12 giugno 1942-XX
N. 1/9435/S di prot.
AL COMANDO SUPREMO - S.I.M. POSTA MILITARE 21
O GGETTO:
Relazione sulla Croazia.
SITUAZIONE POLITICA I) LA SITUAZIONE POLITICA INTERNA
Lo Stato Indipendente Croato attraversa tuttora un travagliato periodo di assestamento a causa dei gravi problemi dell'ora presente, rappresentati soprattutto dalla necessità di provvedere alla pacificazione del Paese straziato dalle lotte intestine e di far fronte alla critica situazione economica. Mancanza di omogeneità, compattezza e serietà politica in taluni organi direttivi centrali, contribuiscono a rendere più complessa e delicata la situazione. La politica razziale, spinta fino alla esasperazione affermando come ragione di Stato la superiorità della razza croata, ha privato'gli altri gruppi etnici dì ogni diritto politico e civile, compreso quello della stessa immunità della persona fisica. Nellà riorganizzazione dello Stato le autorità croate hanno seguito fedelmente e forse con troppa precipitazione il modello offerto dalle organizzazioni fasciste e naziste, affermatesi nelle rispettive nazioni attraverso un lento processo di evoluzione. Le grandi riforme, attuate senza la necessaria preparazione del Paese, ancora scosso e stordito dagli avvenimenti di guerra, non sono state comprese dalla massa della popolazione, hanno provocato la reazione di molti strati sociali direttamente colpiti, hanno infine contribuito ad aumentare la confusione. Lo sforzo organizzativo compiuto per diretto impulso del Poglavnik non è sempre stato sostenuto dall'energica azione degli organi centrali e
Documenti - Allegati al capitolo !Il
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delle autorità periferiche e le grandi direttive della politica interna sono state spesso svisate dall'intervento arbitrario delle minori gerarchie influenzate da particolari situazioni politiche locali. Il Governo croato è ancora oggi avversato dalla maggioranza della popolazione; cattolici e mussulmani sono animati, sebbene con gradazioni diverse, da un senso di sfiducia verso il regime; gli ortodossi manifestano una comprensibile diffidenza. La situazione politica interna, compromessa dal profondo secolare distacco fra i grandi gruppi di razza e di religione, è resa ancora più difficile dalla coesistenza di vari partiti politici, quasi tutti contrari all'attuale regime. Il Partito Ustascia è l'unico che abbia riconoscimento ufficiale. Creato sull'impronta dei grandi partiti politici unitari esistenti in Italia ed in Germania, è ben lontano dall'avere l'adesione totalitaria della popolazione. Costituisce tuttavia un blocco che seppure incrinato da divergenze politiche fra i suoi stessi gerarchi, è fedele sostenitore del Poglavnik e del suo Governo. Altri numerosi partiti continuano a sussistere di fatto ed esercitano notevole influenza sull'orientamento politico delle popolazioni. II partito nazional-socialista, appoggiato dal gruppo etnico tedesco, agisce nella sfera dell'influenza germanica e vede l'avvenire della Croazia nel quadro della grande nazione tedesca; il partito democratico e quello cattolico hanno scarso seguito ed in potenza. Il partito macekiano è l'espressione più genuina della parte rurale della popolazione croata: oppone una resistenza passiva al Governo del Poglavnik ed aspira alla costituzione di uno Stato democratico federale jugoslavo in cui la Croazia abbia piena autonomia economico-amministrativa. Il partito comunista è il più attivo e pericoloso avversario del nuovo regime. Molto diffuso, specialmente fra la gente di mare, gli operai delle fabbriche, piccoli funzionari, maestri elementari, liberi professionisti, si propone la fo:mazione di una repubblica sovietica confederata con le altre che dovrebbero sorgere nella Balcania. Favorito dallo stato di malcontento generale, dall'opera dissolvente dei vari partiti, dalla debole reazione delle forze armate, ha assunto la direzione del movimento insurrezionale. La politica razziale, adottata fin dall'inizio dallo Stato Indipendente croato, si era estesa anche al campo religioso riconoscendo come religioni di Stato la Cattolica e la Mussulmana. La chiesa serbo-ortodossa, che di-
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pende dal Patriarca di Belgrado, non solo non ha avuto originariamente alcun riconoscimento ufficiale ma è stata coinvolta nelle lotte di razza che hanno portato ai noti eccessi. Il Governo centrale, conscio della gravità della situazione, compie notevoli sforzi per modificarla in suo favore. Con il riconoscimento della Chiesa autocefala ortodossa (dipendente soltanto dal Metropolita di Zagabria) e modificando il suo atteggiamento verso i giuppi serbo-ortodossi di alcune zone, ha dato origine, nel campo dei ribelli, ad un movimento di scissione, suscettibile di più larghi sviluppi. Per normalizzare la situazione ha tentato di frenare gli eccessi dell'azione ustascia infliggendo sanzioni disciplinari e penali a membri e gerarchi de! partito; fofine ha vietato, almeno formalmente, la propaganda irredentistica per la Dalmazia. In complesso la situazione politica, malgrado qualche manifestazione di ottimismo per i successi effimeri riportati dalle forze militari ed ustascia in alcune zone, conserva evidenti caratteri di instabilità.
II) l RAPPORTI CON L'ITALIA E GLI ALTRI STATI
La regione croata, per ragioni storiche e geografiche, ha sempre subìto l'influenza germanica. Il nuovo Stato croato non ha potuto sottrarsi a questa influenza soprattutto oggi dopo .le manifestazioni di potenza della nazione tedesca nel campo militare, industriale, commerciale. La grande attività del gruppo etnico tedesco, la multiforme attivissima azione di penetrazione e propaganda, le simpatie largamente raccolte fra le alte gerarchie civili e militari, hanno creato un ambiente assai favorevole per lo sviluppo dell'azione germanica, a tutto svantaggio della nostra attività e in taluni casi anche del nostro prestigio. Atteggiamenti e provvedimenti di organi centrali e periferici non sono sempre in armonia con i rapporti che ufficialmente legano la Croazia all'Italia; prevale in genere un senso di diffidenza e di malcelata ostilità verso di noi che provoca talvolta situazioni di attrito per l'interpretazione spesso arbitraria e malevole di nostri provvedimenti. Origine prima di questa ostilità è l'irredentismo dalmata tenuto abilmente desto da autorità civili e militari e soprattutrt) dal partito ustascia.
Documenti - Allegati al capit~lo !Il
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Governo e autorità ustascia hanno tentato più volte di modificare, in determinate zone, a proprio vantaggio, situazioni derivanti da accordi precedentemente stabiliti. Anticipando, con il concorso delle autorità germaniche locali, l'inizio delle operazioni nella Bosnia orientale, hanno cercato di creare una situazione di fatto che rendesse superflua la partecipazione di nostre grandi unità alle operazioni in territorio bosniaco. Approfittando delle preoccupazioni germaniche per la sicurezza della linea ferroviaria Ragusa-Mostar (necessaria per il trasporto al mare della bauxite>) e di un accordo verbale che autorizzava l'invio di una sola cp. ustascia a Metkovié, hanno tentato di porre piede in Erzegovina inviando a Mostar, senza alcun preavviso, 1300 ustascia al .comando del ten. col. Francetié, ~fficiale energico, ma anche indisciplinato e con responsabilità non ben definite. Questo tentativo aveva lo scopo di estendere l'azione ustascia nella zona meridionale dell'Erzegovina e di dimostrare al comando germanico che l'intervento avrebbe assicurato il perfetto funzionamento della ferrovia. La nostra energica reazione ha provocato il pronto ritorno in Bosnia degli ustascia di Francetié; operazioni svolte dalle nostre truppe nella regione hanno assicurato il normale funzionamento della linea ferroviaria. Anche nella politica da noi seguita verso il gruppo etnico serbo-ortodosso le autorità croate non hanno seguìto una linea di condotta perfettamente corretta. La nostra azione di avvicinamento al gruppo serbo-ortodosso è stata apertamente osteggiata fin dall'inizio; i primi tentativi di costituire bande cetnico-nazionaliste hanno suscitato proteste e risentimenti. Quando però le autorità centrali hanno constatato che il movimento poteva avere sviluppi assai vasti, sono intervenuti con trattative dirette per sottrarre il movimento alla nostra azione direttiva. Ill)
A TIEGGIAMENTO DELLE POPOLAZIONI
L'atteggiamento delle popolazioni nelle zone occupate varia secondo i gruppi etnici e religiosi e gli strati sociali che di essa fanno parte. L'elemento croato non nasconde la sua avversione per l'Italia; sono soprattutto ostili i possidenti, gli operai, il clero, mentre i contadini sono indifferenti e gli intellettuali si mostrano in genere riservati.
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Tra i croati che abitano nella zona litoranea è diffusa una viva simpatia per la Germania dalla quale sperano aiuto per la risoluzione del problema irredentista dalmate. L'elemento serbo-ortodosso, nella grande maggioranza, segue con fiducia la nostra azione. Nelle regioni da noi direttamente controllate i mussulmani, in genere astuti ed opportunisti, ci dimostrano simpatia e deferenza; parte dell'elemento rurale ed un certo numero di dirigenti ed intellettuali, sono apparentemente favorevoli a noi. Le provvidenze emanate dall'Italia (sussidi, assistenza sanitaria, refezioni), nonostante sussista prevenzione verso di noi da parte delle popolazioni, hanno fatto buona impressione sulle masse; le misure restrittive (coprifuoco, limitazione della pesca, lasciapassare) sono subite senza reazione.
SITUAZIONE MILITARE
IV) LA SITUAZIONE IN GENERE
La situazione militare è dominata dalla lotta contro i ribelli; questi, suddivisi nelle due grandi categorie di cetnici e partigiani, lottano in alcune zone affiancati, in altre si combattono fra di loro. Mentre il movimento partigiano - del quale i capi sono in prevalenza comunisti - è bene organizzato, omogeneo ed ha chiari e ben precisati obiettivi finali da raggiungere, che si identific;rnc con gli scopi del partito comunista, i cetnici, pur non seguendo ancora una linea di condotta chiaramente definita, vanno assumendo un orientamento antipartigiano suscettibile di favorevoli sviluppi. Bande cetniche hanno recentemente concluso accordi con le autorità croate per una collaborazione armata contro il comunismo. In questo movimento, eminentemente nazionalista, si sono formate recentemente due correnti divergenti fra di loro sia per i principi politici sia per le modalità di azione nei. riguardi dell'attività insurrezionale. La prima, che faceva capo al maggiore Dangié, tende alla ricostruzione di una grande Serbia e si appoggia alle Potenze dell'Asse collaborando nella lotta anticomunista; la seconda che fa capo al generale Mihajlovié, mira alla ricostruzione della Jugoslavia ed agisce nel quadro dell'alleanza
Documenri - Allegali al capilo/o III
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con l'Inghilterra. Il recente arresto del Dangié da parte dei tedeschi non ha modificato l'atteggiamento della corrente anticomunista. L'azione politica del generale Mihajlovié non è ben chiara; mentre l'accordo con Novakovié (ex-ministro jugoslavo, capo dei partigiani del Sangiaccato e della Serbia meridionale) manifesta la tendenza verso la cooperazione cetnico-partigiana, recenti atteggiamenti del generale Mihajlovié lascerebbero presumere una netta presa di posizione contro i comunisti. Le formazioni ribelli controllano vaste zone del territorio. Mentre la situazione nella Bosnia orientale è notevolmente migliorata dopo le recenti grandi operazioni di rastrellamento, nella Bosnia centrale si è notevolmente aggravata in conseguenza dell'improvvisa ripresa di attività del gruppo ribelle del Kozara Planina che ha attaccato e saccheggiato Prijedor, facendo largo bottino di armi, munizioni e viveri. L'attività ribelle, che si svolge intensa anche in altre regioni della Croazia e nelle zone da noi occupate, si è estesa alla Slavonia per opera di gruppi ribelli che operano nel Sirmio e nella regione di Virovitica.
V) LE FORZE ARMATE CROATE
Il Governo croato, vivamente preoccupato della situazione militare, svolge un'intensa attività per la riorganizzazione delle forze armate che finora non si sono 'dimostrate in grado di fronteggiare adeguatamente il movimento insurrezionale. Nell'esercito croato infatti le condizioni materiali e morali sono deficienti, la disciplina è scarsa; frequenti sono le diserzioni, non curata l'istruzione, difettosi gli armamenti e l'equipaggiamento, insufficiente l'alimentazione. L'antagonismo esistente fra esercito e miljzia ustascia e la posizione di privilegio di cui quest'ultima gode vanno a detrimento del morale degli ufficiali e della truppa, che si vedono messi ad un livello inferiore rispetto gli ustascia. Gli ufficiali in genere, e più particolarmente quelli provenienti dall'esercito jugoslavo, sono sospettati di dubbia fede, cosicché frequenti sono gli arresti, le inchieste e le dimissioni. Impiegati contro i ribelli, i reparti non hanno dato buona prova dimostrando scarsa combattività, cedendo facilmente le armi e, talora, disertando in massa.
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La milizia ustascia più che temuta è odiata, perché ad essa si addossano gli eccessi contro gli ortodossi e gli ebrei; i suoi reparti però, nonostante la cattiva fama e l'avv~rsione da cui sono circondati, hanno dato generalmente prova di possedere discrete doti militari, dimostrando fedeltà al regime e spirito di sacrificio. Nei ranghi dell'aviazione sono segnalati gravi casi di defezioni; nell'ultima decade di maggio tre piloti con i relativi apparecchi sono passati ai ribelli. Lo sforzo del Governo centrale per potenziare l'esercito è sempre intenso. Sono in via di costituzione quattro nuove unità da montagna, denominate «Gorski Zdrug» formate di reggimenti di fanteria da montagna e aliquote di artiglieria e servizi; è anche in progetto la formazione di grandi unità con armamento ed equipaggiamento tedesco, da inviare al fronte russo. Lo scarso gettito della leva croata, per i numerosi renitenti alla leva che in alcune zone hanno raggiunto percentuale altissima rappresenta un notevole ostacolo per lo sviluppo delle forze armate. VI) LE OPERAZIONI MILITARI
Le forze armate croate hanno compiuto due operazioni di una certa importanza nella Petrova Gora e nella Bosnia orientale, impiegando in prevalenza formazioni ustascia. Queste operazioni, portate a conoscenza del pubblico a mezzo di comunicati del Poglavnik, sono state sopravvalutate a scopi politici e propagandistici e soprattutto per creare, nel giovane esercito croato, tradizione e spirito militare, non ancora esistenti. Le azioni svolte nella Petrova Gora non hanno dati i risultati sperati; la situazione nella regione conserva oggi gli stessi caratteri di gravità che aveva prima dell'inizio delle operazioni. Formazioni ustascia, al comando del ten. col. Francetié, hanno liberato il territorio dell'ansa del Orina, in regione di Srebrenica, da notevoli gruppi ribelli; le stesse forze, sempre al comando di Francetié, hanno preso parte alle operazioni tedesco-italo-croate nella Bosnia orientale. Le unità dell'esercito croato sono state largamente impiegate nella logorante azione di protezione delle linee di comunicazione sempre minacciate dalla pressione dei ribelli e nella costituzione di presìdi spesso insufficienti e male collegati fra loro. La mancanza di riserve impone continui
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spostamenti delle truppe verso regioni più minacciate. Si è diffuso nei re, parti dell'esercito croato un senso di stanchezza e di sfiducia che si ripercuote gravemente sul morale delle truppe, compromettendone l'efficienza militare. Nello stesso periodo di tempo le nostre truppe hanno svolto intensa attività operativa nelle zone .occupate del territorio croato. In Erzegovina e in Bosnia orientale si è affermato il successo delle grandi pperazioni di-rastrellamento che, energicamente condotte, hanno disperso le grandi formazioni partigiane dando origine ad un movimento di disgrpgazione delle forze ribelli che va sempre più accentuandosi.
SITUAZIONE ECONOMICA VII)
ASPETTI DELL'ECONOMIA IN GENERE
La situazione politica ha provocato il collasso dell'economia del Paese arrestando il lavoro produttivo ed interrompendo i traffici; la rarefazionedei manufatti e dei prodotti alimentari, l'aumento generale dei prezzi e l'incertezza della valuta contribuiscono ad aggravare la posizione economica del Paese.
VIII)
RISORSE DELLA CAMPAGNA, DELL'INDUSTRIA, DEL SOTTOSUOLO
I prodotti della campagna rappresentano per il Paese, eminentemente agricolo, il principale fattore del benessere nazionale. Tuttavia oggi l'attività rurale va languendo per mancanza di mano d'opera, di sementi e di macchine agricole e soprattutto per l'insufficiente sicurezza del territorio. Lo stato di guerra, la carestia e le razzie minacciano di ridurre al minimo il ricco patrimonio zootecnico che potrà essere ricostituito soltanto dopo un lungo periodo di tempo. Nel campo commerciale, le restrizioni imposte dalle esigenze di guerra (requisizioni, ammassi, contingentamenti) e la difficoltà dei trasporti hanno ridotto l'attività delle grandi e piccole aziende. Il capitale tedesco si è assicurato il controllo della maggior parte delle industrie tessili e metallurg~che; l'industria del legno invece presenta ancora
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notevoli possibilità per le nostre eventuali iniziative, poiché, sebbene oggi in parte paralizzata dall'attività ribelle, è suscettibile di importanti sviluppi in un prossimo avvenire. Le risorse minerarie e soprattutto i ricchi giacimenti della Bosnia e dell'Erzegovina, sono quasi interamente in mano alla Germania, la quale, anche nei territori presidiati d_alle nostre truppe, tenta di invadere ogni campo dell'economia, continuando l'opera di penetrazione già iniziata prima dell'occupazione della Jugoslavia. Le fabbriche di tabacchi sono sfate già rilevate dal capitale tedesco. La produzione di bauxite è quasi completamente in mano ai tedeschi, i quali avrebbero intenzione di creare a Signo o ad Imotski un grande stabilimento per la produzione dell'alluminio. La società «Hans Leichtmetall», con capitale e persone germaniche si è accaparrata i bacini carboniferi di Livno e Tomislavgrad.
CONCLUSIONE La posizione dello Stato Indipendente Croato, nonostante gli sforzi compiuti in ogni campo, è ancora lontana dall'essere stabilizzata. Le forze armate croate, mancanti in genere di coesione e spirito militare, non sono in grado di fronteggiare da sole il movimento ribelle. Nei territori occupati la situazione militare presenta un miglioramento nell'Erzegovina in conseguenza delle recenti operazioni; nelle altre regioni l'attività delle nostre truppe contiene efficacemente l'attività delle formazioni ribelli. IL GENERALE COM.TE DES. D'ARMATA F.to M . ROATTA
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N. 14
R. LEGAZIONE D'ITALIA T elespresso n. 2920
Zagabria, addì 20 giugno 1942-XX
R. MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI ROMA
OooErro: Testo accordo esercizio poteri civili 2a Zona.
R IFERIMENTO:
Mio telegramma n. 779 del 19/6/1942 .
A seguito del telegramma sopra citato, trasmetto il testo dell'accordo firmato ieri dal Poglavnik e dal Gen. Roatta in merito alle modalità di applicazione dei principi stabiliti nella Nota Verbale in data 1/6/1942 diretta da codesto Ministero alla Legazione di Croazia a Roma in merito all'esercizio dei poteri civili della 2 a zona e ad altre questioni (Ali.A).
Unisco pure copia della dichiarazione firmata dal Poglavnik in merito alle richieste avanzate ,dal R. Ministero della marina circa alcune inadempienze croate all'art. 2 dell'accordo militare italo-croato del 18 maggio 1942 (AH. B). GIUSTINIANI
ACCORDO tra IL GOVERNO DELLO STATO INDIPENDENTE DI CROAZIA ED IL COMANDO SUP ERIORE FF.AA. «SLOVENIA-DALMAZIA»
In applicazione della Nota Verbale n. 8/ 12288 presentata in data l 0 giugno 1942-XX dal Ministero Affar.i Esteri Italiano alla Legazione di Croazia ed il Comando Superiore FF.AA. «Slovenia-Dalmazia» ('Supersloda'), incaricato dall'ultimo alinea della 'Nota' di cui sopra per concordare le modalità pratiche per l'applicazione dei criteri dalla Nota stessa accennati, si conviene quanto segue:
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CAPITOLO I CIRCA IL PUNTO I DELLA 'NOTA VERBALE' IN RIFERIMENTO
A) Supersloda procederà al graduale ritiro delle attuali guarnigioni dalla cosidetta «terza zona» (zona compresa tra la «linea di demarcazione» e la «linea di demilitarizzazione»), eccetto quella di Karlovac, e al graduale ritiro di alcune delle attu.ali guarnigioni della cosidetta «seconda zona» (zona compresa tra l'anzidetta «linea di demilitarizzazione» ed i confini dei territori annessi all'Italia ed il mare; vi sono comprese le isole croate). Supersloda terrà informato volta a volta lo S.M. Croato (come ha già cominciato a fare) della sua intenzione di ritirare l'una o l'altra guarnigione, in tempo utile (un mese), affinché detto S.M. Croato possa, se lo crede, sostituirle con truppe proprie (*). Allo stato attuale delle cose in anticipato rapporto al presente Accordo: sono stati già sgomberati i presìdi di Jastrebarsko, Bihaé, Bos. Petrovac, Glamoc, Bugojno, Prozor e Konjic; è stato notificato allo S.M. Croato, in data 7 corrente (con riserva di precisare per ogni presidio la data), che entro il IO luglio p.v. saranno sgomberate le guarnigioni di Drvar, Bos. Grahovo, Livno, Tomislavgrad e Gacko, e saranno ritirati i reparti di protezione alla ferrovia a nord di Mostar. Supersloda sgombererà inoltre, entro una data che specificherà ulteriormente, i seguenti altri presìdi: Imotski - Stolac - Ljubinje - Nevesinje - Bileéa - ed eventualmente alcuni altri. Supersloda conserva il diritto, nelle intere «seconda>> e «terza» zona, di ripristinare, con truppe proprie - le guarnigioni abolite, di costituirne altre e di condurre operazioni, in concorso o meno con truppe croate, quando lo giudichi necessario, sia agli effetti della azione militare vera e propria, sia agli effetti del mantenimento dell'ordine pubblico. Informerà tempestivamente di quanto sopra lo S.M. Croato. B) Il Governo Croato garantisce che nei presìdi sgomberati, come detto sopra, dalle truppe italiane e nel circostante territorio, l'ordine pubblico verrà assicurato nel modo più efficace e che saranno osservati scru(*) Per 'truppe croate' si intendono - in tutto il testo del presente Accordo -· le tn.:ppe dell'Esercito, dell'Aviazione, delia Gendarmeri~ e della Milizia Ustascia.
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polosamente gli impegni assunti dalle Autorità militari italiane, per incarico ed in nome del proprio Governo, di fronte alle popolazioni civili dei territori surriferiti per la tutela dei loro fondamentali diritti ed interessi. In particolare il Governo Croato garantisce che non verranno commessi in nessun modo soprusi e rappresaglie verso le popolazioni. C) La situazione che risulterà dal ritiro delle guarnigioni di cui al prece-
dente articolo A) sarà tenuta presente per determinare l'ammontare globale delle mensilità in kune da mettersi a disposizione di Supersloda da parte del Governo Croato. Le modalità d'attuazione di tale criterio saranno concordate ulteriormente fra gli organi tecnici competenti nel quadro generale dei rapporti economico-finanziari italo-croati. CAPITOLO II CIRCA IL PUNTO 2 DELLA 'NOTA VERBALE' IN RIFERIMENTO
A) In considerazione del fatto che nella «seconda zona» il mantenimento dell'ordine pubblico incombe solidariamente alle autorità civili croate ed alle Autorità militari italiane, sarà mantenuta fra dette Autorità la collaborazione più stretta.
In quest'ordine di idee seguiterà a funzionare il «Commissariato generale civile amministrativo dello Stato Indipendente di Croazia», presso Supersloda. B) Le autorità civili Croate, in conseguenza del criterio di cui in A), terranno costantemente informate le Autorità militari italiane corrispondenti (secondo la giurisdizione territoriale che verrà precisamente indicata), di tutti i provvedimenti che, esorbitando dalla sfera della ordinaria amministrazione, possano in qualunque modo avere una ripercussione sulle condizioni dell'ordine pubblico. Dètte Autorità civili croate si regoleranno come stabilito al seguente articolo C) di fronte alle indicazioni che loro perveranno da parte delle corrispondenti Autorità militari italiane. C) Le Autorità militari italiane conservano, nella «seconda zona>>, il dirit-
to di indicare alle corrispondenti Autorità civili croate quei provvedimenti (da dette Autorità civili preventivamente comunicati, o comunque venuti a conoscenza), che giudichino pregiudizievolì alle operazio-
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ni militari vere e proprie, al mantenimento dell'ordine pubblico, od alla pacificazione e normalizzazione in genere, provvedimenti a cui pertanto non verrà dato seguito o che dovranno -essere aboliti o modificati. Le Autorità militari italiane hanno pure il diritto nella predetta «seconda zona», di indicare alle corrispondenti Autorità civili croate le misure che giudichino non conformi all'impegno assunto dal Governo Croato, di cui all'articolo B) del Capitolo I del presente Accordo, misure a cui, analogamente, nori dovrà esser dato seguito o che dovranno essere abolite o modificate.
Le Autorità civiii croate della «seconda zona» saranno tenute a regolarsi, immediatamente e direttamente, in conseguenza di tali indicazioni. Qualora in qualche punto della «seconda zona», subentrino, alle Autorità civili croate, Autorità militari croate, vale per queste ultime quanto sopra stabilito per le prime. D) Le Autorità militari italiane, nelle guarnigioni della «seconda zona» tenute da truppe italianè e nelle regioni a dette guarnigioni legate dal punto di vista operativo, conservano le ordinarie attribuzioni inerenti all'attività militare intesa al mantenimento dell'ordine pubblico. Detta disposizione sarà applicata come segue: 1) Saranno di competenza delle Autorità militari italiane le prescrizioni concernenti: - porto e detenzione di armi, munizioni, esplosivi e materiali bellici; - coprifuoco; - oscuramento. Tali prescrizioni saranno dalle Autorità militari italiane notificate alle popolazioni mediante proprie «ordinanze». Saranno invece di competenza delle Autorità civili croate, sotto controllo delle Autorità militari italiane, le prescrizioni concernenti: -
uso di apparati radio;
- impiego di automezzi e motomezzi; - limitazioni alla circolazione;
Documenti · Allegati al capitolo Ili
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- documenti di riconoscimento e «lasciapassare>); - disciplina di assembramenti per manifestazioni, fiere, mercati, cerimonie religiose e simili. Tali prescrizioni saranno dalle Autorità civili croate notificate alle popolazionj mediante proprie «ordinanze». 2) Nelle guarnigioni tenute da truppe italiane, situate sulla costa, nelle regioni a dette guarnigioni legate dal punto di vista operativo, nelle isole, tutte le prescrizioni di cui al precedente n. 1), saranno di competenza delle Autorità militari italiane. Faranno eccezioni le «città» (nel senso di conglomerato cittadino), sede di Prefettura (V. Zupanija), nelle quali verrà applicato quanto previsto al precedente n. l ); E) Su tutta la costa continentale ed in tutte le isole croate, tutti i provvedimenti riguardanti il traffico marittimo, la pesca ed il movimento in genere di qualsiasi tipo di natante, nonché la protezione e difesa delle coste e isole e della navigazione rimangono di esclusiva competenza delle Autorità militari italiane, le quali notificano le prescrizioni in materia alle popolazioni mediante «ordinanze» proprie. F) I civili imputati di atti di ostilità alle truppe italiane, o di non osservanza alle «ordinanze» emanate dalle Autorità militari italiane, continueranno ad essere giudicati dai Tribunali militari italiani. G) La quantità e dislocazione delle truppe croate nella «seconda zona», sia nelle guarnigioni sgomberate dalle truppe italiane sia in altre, od in detta «seconda zona» impiegate in operazioni, saranno concordate fra lo S.M . Croato e Supersloda. Quelle fra dette truppe che saranno dislocate in guarnigioni tenute da truppe italiane, o nelle regioni a dette guarnigioni legate dal punto di vista operativo, saranno per l'impiego alla dipendenza delle corrispondenti Autorità militari italiane. Le rimanenti truppe croate della «seconda zona» saranno alle dipendenze delle Autorità militari italiane corrispondenti nel caso di operazioni combinate colle truppe italiane. Sono competenti a disporre ger dette operazioni ed a dare gli ordini conseguenti, Supersloda ed i Comandi di C.A. e di divisione italiani, interessati per giurisdizione territoriale.
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Supersloda si riserva di inviare presso le truppe contemplate nel presente capoverso propri Ufficiali di collegamento. In conseguenza del primo paragrafo del pr~sente articolo G), varianti nella dislocazione e composizione delle truppe croate nella «seconda zona» debbono esser preventivamente concordate fra lo S.M. Croato e Supersloda. Varianti improvvise, conseguenti ad urgenti necessità operative sono ammesse tranne nelle guarnigioni tenute da truppe italiane o nelle regioni a dette guarnigioni legate dal punto di vista operativo. Di dette varianti dovrà essere data però al più presto concoscenza alle Autorità militari italiane interessate. H) Nella «terza zona» lo S.M. Croato ha il diritto di dislocare e di impiegare le proprie truppe come ritiene opportuno. Nel caso però che dette truppe siano o vengano a trovarsi in guarnigioni tenute da truppe italiane o nelle regioni a dette guarnigioni legate dal punto di vista operativo, o nel caso che dette truppe concorrano ad operazioni combinate con le truppe italiane, vale anche per esse quanto stabilito al precedente articolo G). I) Le truppe croate dislocate od operanti nella «terza zona», ossia nell'interno della «linea di demarcazione», non possono essere ad altra dipendenza che di comandi croati od italiani, salvo nel caso di operazioni concordate, anche da parte italiana, colle Autorità militari germaniche. L) Quanto convenuto nel presente Capitolo II entrerà in vigore dal giorno Il luglio p.v. Il Governo Croato provvederà affinché per tale data tutte le Autorità civili e militari dipendenti interessate siano edotte di quanto stabilito, ed invierà inoltre in tempo utile presso le Prefetture (V. Zupanije) della «seconda zona» propri alti delegati per assicurare il regolare trapasso dalle disposizioni attualmente in atto alle nuove. Supersloda provvederà, da parte sua, affinché per la data di cui sopra le Autorità militari italiane dipendenti interessate siano edotte di quanto stabilito.
Documenti - Allegati al capitolo 111
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CAPITOLO III CIRCA IL PUNTO 3 DELLA 'NOTA VERBALE' IN RIFERIMENTO
A) Circa la collaborazione operativa fra le truppe italiane e le truppe croate, valgono le Norme di cui al capitolo II del presente Accordo. B) Circa l'inquadramento, la collaborazione addestrativa ed il maggiore possibile affiatamento fra le Autorità militari italiane e le truppe italiane da una parte, e le truppe croate, la polizia croata e formazioni ustascia dall'altra parte, valgono gli Accordi già presi in proposito, quelli di cui al presente documento, e quelli che verranno presi di volta in volta in seguito. C) Analogamente a quanto già in atto nel campo civile-amministrativo, per facilitare la collaborazione di cui ai precedenti articoli, A) e B), il
Governo croato istituirà, per il 1° luglio p.v. presso Supersloda un «Commissario Generale Militare dello Stato Indipendente di Croazia». CAPITOLO IV CIRCA IL PUNTO 4 DELLA 'NOTA VERBALE' IN RIFERIMENTO
A) Dalla data e colle modalità di dettaglio da stabilire per accordo fra Io S.M. Croato e Supersloda, sarà gradualmente affidata a truppe croate la protezione delle linee ferroviarie seguenti: - Karlovac - Ogulin (ad eccezione di Ogulin) -· Ogulin - Knin (ad eccezione di Ogulin e Knin) - Konijc - Mostar (ad eccezione di Mostar) Dette truppe saranno agli ordini delle corrispondente Autorità militari italiane. B) L'esercizio dei tratti di linea in parola sarà, come in passato regolato dalle Autorità militari italiane. C) Saranno presi accordi successivi fra lo S.M. Croato e Supersloda, per
un eventuale maggiore concorso di truppe croate alla protezione delle ferrovie, e per il loro concorso al servizio di scorta ai treni.
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CAPITOLO V CIRCA IL PUNTO 5 DELLA 'NOTA VERBALE' IN RIFERIMENTO
A) Nella «seconda e terza zona» sarà continuato, sotto il controllo delle Autorità militari italiane, o sotto quello delle Autorità civili e militari croate, o sotto il controllo comune, il processo - già felicemente in corso - di organizzazione di «bande anticomuniste», armate, mobili o con compiti di protezione ìocale, formate da elementi sicuri. B) Dette «bande anticomuniste» debbono impegnarsi a riconoscere e ri-
spettare la sovranità dello Stato Indipendente di Croazia e le Autorità di esso, come pure a rispettare le Autorità militari italiane. C) Nella «seconda» e «terza zona» le bande, da qualsiasi autorità costitui-
te, dislocate in guarnigioni tenute da truppe italiane o nelle regioni a dette guarnigioni legate dal punto di vista operativo, od in regioni dove operino truppe italiane, saranno alle dipendenze delle Autorità militari italiane. Nelle medesime «zone» le rimanenti «bande», da qualsiasi autorità costituite, saranno alle dipendenze delle autorità civili o milìtari croate. D) A prescindere dalle dipendenze di cui sopra, Supersloda avrà il dirit-
to: di trasferire da una «zona» all'altra, o da una regione all'altra di una medesima «zona», o di sciogliere le bande costituite dalle Autorità militari italiane; di far trasferire da una «zona» all'altra o da una regione all'altra della medesima «zona», od oltre la «linea di demarcazione», o di fare sciogliere le bande, costituite dalle Autorità civili o militari croate, la cui presenza venga da esso giudicata pregiudizievole alle operazioni di guerra, ed al mantenimento dell'ordine pubblico. E) La costituzione nella «seconda zona» di nuove bande da parte delle Autorità croate, e l'afflusso a detta zona di bande altrove formate dalle Autorità stesse, deve essere concordata con Supersloda. Supersloda a sua volta terrà informato lo S.M. Croato della creazione di nuove bande da parte delle Autorità militari italiane, e degli spostamenti delle bande da dette Autorità dipendenti. F) In analogia allo spirito dell'articolo B) del Capitolo I il Governo Croa-
Documenti -Allegati al capitolo III
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to si impegna che non vengano commessi in alcun modo soprusi o rappresaglie verso le bande, e componenti di bande, già formate sotto il controllo delle Autorità militari italiane e che, per effetto dello sgombero delle guarnigioni di cui all'art. A) del Capitolo I, vengano a trovarsi in regioni della «seconda o terza zona» presidiata unicamente da truppe croate. Il Governo Croato si impegna del pari· a che siano scrupolosamente osservati gli impegni assunti dalle Autorità militari italiane con dette bande. , Presso dette bande, o gruppi di bande, rimarranno degli ufficiali italiani di collegamento per il periodo da Supersloda giudicato opportuno, per facilitare il passaggio delle bande in parola dalla dipendenza italiana a quella croata. li<
* *
Il presente accordo è redatto in lingua italiana che fa testo per le due parti interessate. IL COMANDANTE SUPERIORE DELLE FF.AA.
IL POGLA VNIK DELLO STATO INDIPENDENTE
SLOVENIA-DALMAZIA
DI CROAZIA
(Generale MARIO ROA TTA)
(Dott. ANTE PA VELié)
Zagabria, 19 giugno 1942-XX
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Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942)
DICHIARAZIONE
1) Il Governo Croato conferma nel modo più esplicito che non ha nessuna intenzione di addivenire alla costituzione di una «Marina da Guerra» e che pertanto l'inclusione della marina nell'art. 1 del Decreto Legge sulle Forze Armate dello Stato Indipendente di Croazia, in data 18 marzo 1942, si riferisce ai servizi di polizia e di finanza, come nella lettera e nello spirito dell'Art . 2 dell'Accordo tra il Regno d'Italia ed il Regno di Croazia su questioni di carattere militare, concernenti la zona litoranea adriatica (Roma 18 maggio 1941). 2) Il Governo Croato coglie l'occasione per far conoscere, che l'espressione «Marina» usata nella legge suddetta, si riferisce ai natanti fluviali armati, ed ai loro equipaggi, destinati al servizio militare sui fiumi del Bacino Danubiano. 3) L'Ordinanza del Comandante della Marina Croata in data 1° maggio 1942 che cambia la denominazione di «Comando di Porto» in «Comando Costiero» è stata abrogata telegraficamente con ordinanza del medesimo Comando in data 8 maggio 1942 e sarà pubblicata nel prossimo Foglio d'ordine n. 8. Zagreb 18 giugno 1942.
Documenti - Allegati al capitolo Ili
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DOCUMENTO
N. 15
COMANDO DIVISIONE 'SASSARI' Sezione 'I'
P.M. 86, 1126 giugno 1942-XX
AL COMANDO NEL XVIII CORPO D'ARMATA - Ufficio Informazioni · - Ufficio Operazioni
POSTA MILITARE 118
AL COMANDO DIVISIONE FANTERIA «BERGAMO» POSTA MILITARE 73 AL COMANDO DIVISIONE FANTERIA «RE» POSTA MILITARE 93 NOTIZIARIO GIORNALIERO
... Omissis ...
II commissario politico della 'Ceta' di Nagrade (Drvar TR-EK) Sime Tadié, durante un colloquio avuto con il capitano Marussi in occasione delle trattative per lo scambio dei prigionieri, si è espresso nel modo seguente: «Noi comunisti siamo sicuri della vittoria finale. Anche se ciò non fosse, combatteremo con tutte le nostre forze e per la libertà del nostro popolo e per cacciare da questa terra gli occupatori italiani. Tutto il nostro popolo è d'accordo con noi; con noi stanno mussulmani .e buona parte dei croati. I cetnici sono gente venduta allo straniero e non eseguono fedelmente gli ordini del generale Orafa Mihajlovié. Nella lotta che abbiamo ingaggiata contro Mussolini, H itler e Pavelié, abbiamo già raggiunto un grande risultato: quello di avere agganciato in queste zone molte divisioni italiane, tedesche e croate che, altrimenti, sarebbero state disponibili per la Russia. Considero i soldati italiani buoni, miti, umani con la nostra gente; ma penso d'altra parte che ciò è frutto non di vera bontà d'animo, ma di sistema propagandistico. Riconosco che il nostro sistema di lotta contro di voi hon è leale, in quanto colpiamo i vostri soldati a tradimento. La nostra· massima per la lotta è: «colpire il nemico in tutti i modi e con tutti i mezzi, compiendo ovunque possibile àtti di terrorismo e di sabotaggio». Noi crediamo ciecamente in Stalin e nelle notizie di radio Mosca che sono le uniche veritiere.
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Il nostro servizio di spionaggio è vastissimo: ci serviamo di donne, vecchi e bambini. Siamo bene armati e riceviamo aiuti da tutte le parti: buona parte ci provengono dai croati. Hitler è il solo colpevole di questa guerra; è lui che ha attaccato per primo la Russia la quale aveva alla frontiera solo circa 100 divisioni per difendersi . Pavelié, creatura di Hitler, ha provato con i suoi ustascia di far ammazzare tutti i serbi della Bosnia dietro ordine di Hitler. La politica italiana di questi giorni non è possibile definire. Riconosco che gli italiani si sono comportati bene nei riguardi del popolo serbo; non possiamo però dimenticare che essi sono gli alleati degli ustascia croati con i quali abbondano di aiuti». . .. Omissis ... IL GENERALE COMANDANTE LA DIVISIONE (Paolo BERARDI)
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Documenti - Allegati al capito.lo III
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DOCUMENTO
N. 16
MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI GABINETTO A.P. - CROAZIA
Roma, li 2 luglio 1942-XX
APPUNTO PER L'ECCELLENZA IL MINISTRO Come è noto, per le insistenze del Ministro Kosak in occasione della I sua visita a Roma nel maggio scorso, nonché a seguito delle replicate richieste in tal senso del Ministro Perié, il Comando Supremo ha acconsentito a ritirare i presìdi dell'Armata Slovenia-Dalmazia dalla maggior parte delle località della terza zona. All'evacuazione di dette località avrebbe dovuto tener dietro quella di alcuni presìdi anche della seconda zona. Senonché i croati, nelle conversazioni avute da Roatta a Zagabria, hanno pregato di soprassedere a tale ulteriore evacuazione, data la difficoltà che essi hanno di sostituire le nostre guarnigioni. Oggi la situazione è la seguente: i Croati sono nella assoluta impossibilità di assolvere il compito che si sono addossati. Mentre nella seconda zona la pacificazione, grazie al concentramento delle truppe italiane ivi raccolte, ha fatto in queste ultime settimane notevolissimi progressi, come è dimostrato dall'esiguo numero delle perdite, che è forse il più basso da alcuni mesi a questa parte, la rivolta sta divampando in tutto il resto della Croazia. E ciò non solo nella Bosnia Orientale, dove molti nuclei di ribelli si stanno organizzando su posizioni fortificate, ma [anche] nella Bosnia Occidentale dove nonostante l'intervento delle forze tedesche i ribelli tengono fortemente le loro posizioni. Qualche presidio croato è circondato; puntate di ribelli penetrano persino nella Croazia Settentrionale, nella Slavonia e nel Sirmio. È perciò da attendersi che per aver voluto rinunciare in parte alla collaborazione preziosissima che la 2 a Armata rendeva alla Croazia, a costo di duri sacrifici e di dure perdite, la situazione in Croazia andrà fatalmente aggravandosi. L. PIETROMARCHI
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Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942) DOCUMENTO
N. 17
R. CONSOLATO GENERALE D'ITALIA RAGUSA (Croazia)
Telespresso n. 4194/353
Ragusa, J O agosto 1942-XX
SEGRETO
R. LEGAZIONE D'ITALIA - ZAGABRIA e.p.c. . R. MINISTERO AFFARI ESTERI - ROMA
Come immediata e prevista conseguenza degli accordi intercorsi per la modifica del regime della nostra occupazione nei territori della 2a e della 3a zona, si sono verificati avvenimenti e situazioni di notevole importanza. Numerosi eccidi sono avvenuti in tutte le località dalle quali noi abbiamo ritirato i presìdi. Così a Livno, a Prozor, a Ljubinje, a Stolac, a Kula, ~- Davidoviéi e a Konjic, per non citare che i casi più gravi. In quest' ultima ìocalità, subito dopo la partenza delle nostre truppe, i partigiani sono entrati in città, hanno assalito la ferrovia, distrutto ponti, distrutto locomotive e vagoni. Il battaglione croato non ha potuto fare altro che deporre le armi. L'episodio ha formato anche oggetto di un comunicato Radio Londra che ha speculato con esagerazioni e falsificazioni. Ancora ieri a Foca sono stati uccisi una trentina di serbi; e subito dopo, per reazione, un gruppo di cetnici ha attaccato e trucidato quaranta uomini della formazione annata ustascia. Si può dire che in genere i presìdi croati che hanno assunto la successione dei nostri hanno ceduto alla pressione degli avversari, e che i loro comandanti sono stati i primi ad invocare il ritorno dei nostri reparti. Non è perciò da ritenere che i conflitti siano da attribuire al solo periodo di sostituzione dei presidi, perché sembra ormai già dimostrato dai fatti d1e le forze armate croate, allo stato attuale, non hanno la capacità o la possibilità di assumere la successione. Lo ha riconosciuto lo stesso Generale Comandante della divisione croata in Erzegovina meridionale, il quale ha comunicato al comandante del nostro presidio in Gacko di aver richiesto al Governo di Zagabria di scongiurare il ritiro delle truppe italiane dalla zona. Tutto questo soltanto da un punto di vista tecnico militare nei
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riguardi della lotta contro i partigiani che, dispersi dalle nostre truppe, tendono nella 3 a zona a riapparire e ricostituirsi quando le nostre truppe si sono allontanate; e senza ciò tener conto delle difficoltà ambientali che la situazione crea alle truppe croate quando devono assicurare tranquillità in territori abitati da maggioranza o da forti aliquote di serbi-ortodossi e di serbi-mussulmani. Ma più importanti si delineano i riflessi per ora puramente politici dell'avvenuta modifica del regime di occupazione nella 3a zona. In primo luogo si è verificato uno stato di allarme in tutte le popolazioni, ~ senza differenza di etnia, aggravato dal fatto che la propaganda croata ha montato l'avvenimento facendolo comparire come il preludio di un nostro imminente abbandono anche della 2a zona. Le popolazioni serbe-ortodosse, ed in larga parte anche quelle mussulmane che si sono negli ultimi tempi più o meno scostate dall'elemento croato dopo la complicità negli eccidi del 1941, hanno visto allontanare cosl la garanzia di vita che noi abbiamo offerto a tutti durante un anno di azioni militari. Ed è pertanto avvenuto che gli stessi capi cetnici a noi più sinceramente legati, quali l'On. Jevdjevié ed il Voivoda Colonnello Trifunovié, non sono rimasti insensibili all'allarme delle popolazioni erzegovinesi ed hanno cercato, come hanno potuto , di fronteggiare la situazione che si poteva produrre, e che certamente si produrrà, in caso di nostro effettivo ritiro dalle posizioni militari tuttora mantenute. La naturale conseguenza di tale stato di animo è stato un avvicihamento di questi capi ai nazionalisti montenegrini - con i quali del resto erano sempre stati in contatto - ed ai nazionalisti cetnici che agiscono nell'orbita politica mHitare del Generale Mihajlovié . Questo Generale, per conto suo, avrà anche trovato, nella nuova situazione maturata, buon terreno per tentare di estendere la sua influenza nelle zone meridionali dello Stato Indipendente Croato. Le nostre autorità militari, le quali come è noto, pure avvalendosi dell'opera dello Jevdjevié e del Trifunovié, non hanno mai tralasciato di sorvegliarli strettamente, hanno di fatto potuto appurare che la sera del 22 luglio, in località Pustopolje, sulla strada da Avtovac a Stepen, presso Gacko, si sono incontrati il predetto Generale Mihajlovié, l' On. Jevdjevié ed il Colonnello Trifunovié, insieme ad altri capi cetnici e montenegrini tutti identificati. Era nella località della riunione, ma forse non ha ad essa partecipato, anche un ufficiale australiano sfuggito alla prigionia dei tedeschi ali' epoca della campagna di Grecia ed ora catturato dai nostri soldati. Una inchiesta eseguita ha dato modo di ricostruire tutta la conversazione che si è svolta nel convegno ed è emerso che in tutti i partecipanti era
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Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942)
comune l'apprensione per la situazione che verrà a crearsi con il ritiro delle truppe italiane. Lo Jevdjevié ed il Trifunovié, ai quali non sembra imputabile alcuna slealtà nei nostri riguardi, hanno insistito nel mettere in evidenza il sacro debito di riconoscenza assunto dai serbi ortodossi verso l'Italia, che li ha salvati dal massacro, ed hanno promesso che da parte loro, da parte dei loro gregari e da parte di tutta la popolazione che li segue, mai, per nessuna ragione, sarà fatto o tentato cosa a noi ostile. II Generale Mihajlovié, e questo mi pare il punto più importante di quanto riferisco, ha pienamente concordato con gli interlocutori, aggiungendo che, anche indipendentemente dalle sue intenzioni verso l'Italia, ogni azione militare cetnica esclusa quella difensiva nei confronti di una aggressività croata, non può ormai che essere subordinata all'arrivo dei Russi a Budapest e degli inglesi a Sofia. Il Generale Mihajlovié ha anche lasciato intendere che egli non sarebbe alieno da venire in contatto diretto con nostri ufficiali di S.M., e credo che Supersloda consideri la convenienza di un incontro. L'On. Jevdjevié ed il Voivoda Trifunovié hanno nella occasione rinnovato ai nostri Comandi la promessa di collaborare senza riserva nella comune lotta contro le formazioni comuniste. Un'altra notevole situazione derivata dall'annunziato nostro sgombero della 3a zona e dalla cessione dei poteri civili nella 2a zona è il mutato atteggiamento dei capi partigiani nella tattica di lotta. Le informazioni raccolte e qualche bollettino partigiano che di tanto in tanto arriva in possesso dei nostri Comandi, rivelano difatti che oggi le formazioni partigiane tendono a ripudiare principi ed azioni comunisti e a proclamare ostentatamente la loro volontà di difendere le popolazioni contro Io Stato croato e contro noi che lo sosteniamo. Le nostre autorità militari seguono attentamente questo mutato atteggiamento che potrebbe avere buona presa sulle masse e provocare nuove spiacevoli situazioni in caso di effettivo sgombero delle nostre truppe dalla 3a zona e di non controllata ripresa croata dei poteri civili. IL R. CONSOLE GENERALE (A. MAMMALELLA)
Documenti - Allegati al capitolo l/1
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N. 18
R. LEGAZIONE D'ITALIA ZAGABRIA
Telespresso n. 3585/982
Zagabria, addl 23. VII. 1942 - Anno XX
Jndirizzato a
R. MINISTERO DEGLI AFFARi ESTERI e p.c. R. MINlSTERO DELLA CULTURA POPOLARE ROMA
OGGETTO:
Comunicato dell 'Agenzia 'Croazia' sulle misure di difesa nelle zone del litorale croato.
I quotidiani Hrvatski Narod e Nova Hrvatska pubblicano in data 21 corrente, il seguente comunicato dell'agenzia ufficiosa 'Croazia', che si trascrive integralmente: «Circa la situazione nella zona costiera, e cioè nelle regioni dello Stato Indipendente di Croazia lungo le coste del!' Adriatico, ed in seguito al pericolo di attacchi esterni contro questo territorio, l'alleato Esercito Italiano verso la fine dell'agosto 1941, e di comune accordo con il Governo Croato, aveva preso particolari misure di difesa e di sicurezza ed aveva assunto nello stesso tempo, in misura preminente, il potere per il mantenimento dell'ordine e della sicurezza in queste regioni, come fu annunciato col comunicato del 22 agosto 1941. Secondo l'accordo stabilito in quel giorno, tali misure sarebbero state di carattere temporaneo e previste per la durata del tempo necessario ad una comune azione rivoìta ad assicurare militarmente il suddetto territorio. In seguito al miglioramento delle condizioni della zona costiera ed alle riuscite operazioni dell'Esercito Italiano compiute per la pacificazione delle regioni sopraccennate e per l'annientamento dei reparti ribelli, - operazioni alle quali hanno partecipato anche le forze armate croate, - in seguito alla decisione assunta dal R. Governo Italiano e da quello Croato, fra il Governo Croato e l'Alto Comando delle Forze Armate Italiane in Sussa, si è addivenuti ad un accordo d1~, pur prevedendo una ulteriore stretta
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Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942)
collaborazione di difesa, stabilisce nella zona costiera nuove basi in relazione alle sopravvenute circostanze. In conformità del suddetto accordo, il mantenimento della sicurezza e dell'ordine pubblico spetta solidalmente di obbligo alle autorità militari italiane e a quelle civili croate. Le autorità civili croate terranno inoltre l'amministrazione civile, compreso il servizio dì polizia per il mantenimento dell'ordine e della sicurezza pubblica. Le autorità militari italiane, nei luoghi dove si trovano guarnigioni italiane, tratteranno le normali attribuzioni collegate all'attività militare tendente al mantenimento dell'ordine pubblico. Misure di carattere particolare restano in vigore nei territori della stessa costiera croata e delle isole, dove appunto le condizioni richiedono specifiche misure di sicurezza militare. Allo scopo di assumere il potere per il mantenimento dell'ordine pubblico e della sicurezza nella zona costiera, - assunzione che ha avuto luogo il 12 corrente, - sono stati inviati ministri croati nelle sedi delle grandi 'zupe' e negli altri principali territori. Essi si sono recati sopralluogo allo scopo di controilare detta assunzione dei poteri, di impartire le necessarie direttive aile locali autorità croate e di esaminare, in tale occasione, la situazione e le misure da prendere per la migliore stabilizzazione delle condizioni nella zona costiera e per la definitiva pacificazione di essa». CASERTANO
Documenti - Allegati al capitolo III
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ALLEGATO
N. 19
COMANDO VI CORPO D'ARMATA STATO MAGGIORE. UFFICIO INFORMAZIONI
N. 9810/Inf. di prot.
P.M. 39, Il 30 settembre 1942-XX
SEGRETO.
SUPPLEME NTO AL NOTIZIARIO N. 512 Situazione a fine settembre 1942-XX
.... Omissis .. ... A parte le considerazioni prudenziali predette, la ottimistica premessa potrebbe lasciare pensare che ormai, per i territori controllati dal C.A., non si hanno più serie preoccupazioni per l'avvenire. Ciò non è esatto che in modo relativo poiché la rapida vittoria sulle bande ribelli sia in Erzegovina sia in Montenegro ha portato ad un mutamento di situazione in campo politico; ma essa, anche senza voler drammatizzare, giacché non è il caso, non è scevra da pericoli. Intendiamo acc,ennare al nuovo indirizzo della comunità serbo-ortodossa e delle formazioni volontarie anticomuniste. È noto che le feroci persecuzioni ustascia dapprima, la altrettanto feroce rivolta partigiana di poi indussero, nell'inverno 1941-'42, le popolazioni ortodosse ad azioni di difesa e di riscossa.
Incapaci ed impotenti ad agire da sole, le masse perseguitate e decimate degli ortodossi, attraverso un piccolo gruppo di uomini di indubbia capacità ed energia, chiesero il nostro aiuto ed .offrirono i loro servigi per concorrere alla lotta contro i partigiani. Non pretesero allora compensi né materiali né politici: garantirono, fino a guerra vittoriosa ultimata, la loro incondizionata fedeltà alla nostra causa. Nel corso di pochi mesi gli sparuti, pressoché insignificanti gruppi di cetnici della Bosnia ed Erzegovina, di nazionalisti del Montenegro, si sono trasformati in numerosi battaglioni ben organizzati, ben armati, consci del proprio valore e della propria forza. · I capi politici e militari del movimento serbo-ortodosso che nel passato, zona per zona, guard.avano solo a salvare il salvabile del loro popolo
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martoriato, mossi ad un tempo da ambizione, da alto senso patriottico, dallo spirito combattivo che alberga in ogni cuore serbo, hanno compreso quanto favorevole fosse il momento per riprendere la lotta per l'unione di tutti i serbi della Balcania · e per la successiva ricostruzione della 'Grande Serbia' sotto lo scettro di Re Pietro II. A fine l.uglio, nei pressi di Avtovac, dopo accurata, segreta preparazione, il generale Drafa Mihajlovié si è incontrato con i capi cetnici della Bosnia, dell'Erzegovina, del Montenegro, nella vecchia storica Serbia ed ha indubbiamente dato le direttive per l'unione in un unica organizzazione di tutte le comunità ortodosse, di tutte le formazioni armate composte di serbo-orotodossi. Attualmente è certo che non solo i capi ma gli stessi gregari serbo-ortodossi delle singole regioni non si preoccupano più, isolatamente, della limitata necessità dei rispettivi territori ma, almeno idealmente accarezzano il vecchio sogno della Patria Grande, forte, dominatrice dei Balcani; non si considerano più milizia territoriale a difesa della propria popolazione ma soldati di un nuovo esercito destinato a battaglie di importanza nazionale. Quali le conseguenze di tale rapido evolversi della situazione, per il presente e per l'avvenire? Per il presente, la mutata situazione non presenta serie preoccupazioni poiché, dopo alcune manifestazioni di indisciplina, di indiretto tentativo di far comprendere alle autorità croate ed alle volte anche a noi il nuovo spirito di indipendenza ed autorità che anima le formazioni ortodosse anticomuniste, si sta registrando un ritorno ·a1 senso della realtà e della responsabilità. Il nostro comando, non ha mancato di richiamare subito ed energicamente capi e gregari al rispetto dei propri obblighi, al senso di disciplina; i responsabili di alcuni atti di violenza a danno di popolazioni croate e mussulmane sono stàti arrestati ed internati in attesa di eventuali più gravi sanzioni; l'organizzazione delle formazioni volontarie anticomuniste è stata riveduta con opportuni provvedimenti in ispecie, riunione dei btg. in diversi gruppi regionali sotto diretto controllo e comando di nostri ufficiali.
Per quanto riflette l'avvenire, è certo che i dirigenti serbi, cercheranno di perfezionare l'organizzazione per quella unione di forze e di direttive a cui sopra si è fatto cenno. Raggiunta l'unione predetta, i capi terranno i loro uomini pronti per una eventuale azione.
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In merito, tutte le informazioni fino ad ora pervenute concordano nel senso che i dirigenti del movimento, ivi compreso il generale Mihajlovié, valutate le perdite ed i sacrifici già sopportati dal popolo serbo, non intendono gettare questo in nuove avventure per cui, nonostante gli incitamenti di Londra, non riprenderanno la lotta se non quando essi riterranno che le sorti della guerra volgano decisamente a favore delle potenze anglo-sassioni, e se non quando le possibilità di successo siano notevolissime. D'altra parte, i capi conoscono quanto sia diffusa negli ortodossi la simpatia per le nostre truppe per cui di questo fattore importantissimo essi debbono e dovranno tenere il dovuto conto .
•
La situazione sopra esposta relativa al movimento serbo-ortodosso ha naturalmente influenza preponderante sia per quanto riguarda l'esame della situazione nei confronti dello Stato, delle autorità, della popolazione croata di queste zone sia per quanto riflette le relazioni fra i popoli di diversa razza e religione dell'Erzegovina. Quanto ad atteggiamento delle autorità e delle popolazioni croate, non si sono verificati mutamenti di rilievo rispetto al mese precedente. La debolezza dello Stato, l'insufficienza e la disorganizzazione dell'esercito, la impreparazione degli organi dirigenti si manifestano sempre più evidenti. Nei nostri con fronti, le autorità non hanno dato motivo a lagnanze di particolare rilievo né hanno modificato l'indirizzo di almeno apparente collaborazione con noi nell 'opera di normalizzazione. Manifesta la preoccupazione per le crescenti possibilità dell'elemento serbo-orotodosso contro il quale nulla assolutamente possono autorità, esercito e gendarmeria croata; contro il quale si limita l'azione ad una continua propaganda denigratrice attribuendo le responsabilità ·di ogni incidente, di ogni delitto ai V.A.e. [volontari anticomunisti- n.d.a.). Ciò non toglie che di recente, sotto l'egida dei nostri comandi vi siano stati diretti contatti fra autorità croate e capi di formazioni A.C. per risolvere, di comune accordo, gravi problemi di natura economica ed amministrativa. Contatti che hanno indubbio valore quale nuovo passo delle autorità croate verso quella politica di saggia realistica comprensione che da tempo i nostri comandi vanno consigliando quale prova della nostra attuale influenza ed autorità sui capi ortodossi e sui comandanti delle formazioni anticomuniste. Nell'ambito del partito e della milizia ustascia devesi registrare unicamente l'attività di recente svolta dal colonnello ustascia Servatzy Vjekoslav per preparare il terreno adatto alla creazione di battaglioni territoriali usta-
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scia nella 2 a zona, nella evidente speranza: di rafforzare la scarsissima autorità dello Stato e del Regime; di contrapporre nuovi reparti armati alle formazioni anticomuniste; di creare disordini ed incidenti fra noi ed i volontari anticomunisti in quanto questi saranno sicuramente indotti ad accusarci di indiretta partecipazione nella organizzazione degli ustascia per i quali irriducibile è l'odio degli ortodossi. Il tentativo appare inefficace e pericoloso: inefficace in quanto è più che dubbio che le autorità croate riescano ad organizzare efficienti battaglioni territoriali dato lo stato d'animo, la scarsa fede e combattività delle popolazioni; pericoloso poiché la presenza di btg. ustascia in queste zone provocherà indubbiamente gravi incidenti che logicamente non potranno che ritornare a tutto danno degli 'ustascia stessi data la loro inferiorità di forze e di spirito. In merito, i fatti di Foca dell'agosto u.s. sono più che significativi. Nulla di nuovo da dirsi circa l'atteggiamento delle popolazioni croate. Accentuato. senso di sfiducia, disinteresse assoluto per i problemi del momento, desiderio di sottrarsi ad ogni responsabilità ed onere, specie per i doveri relativi al servizio militare. Nei nostri confronti, poca simpatia e diffidenza, anche se, ufficialmente, si vuole ostentare maggior senso di fiducia e considerazione. Assai modificata ed aggravata la situazione nel campo dei mussulmani e nei loro rapporti con gli ortodossi. Nel maggio u.s ., nel periodo culminante dell'azione contro i ·comunisti i çapi serbi e mussulmani dell'Erzegovina raggiunsero l'accordo per unire le proprie forze nella lotta contro i ribelli, a difesa dei loro popoli; per condurre una politica comune atta a preparare il terreno per sottrarsi alla sovranità croata ed ottenere la indipendenza della Bosnia-Erzegovina. L'accordo fra i dirigenti fu completo, apparentemente sincero, e portò ad azioni comuni, anche nei minori centri e nelle campagne, per vincere la secolare ostilità fra le masse e riavvicinare i due popoli. In effetti però non si è agito né dall'una né dall'altra parte con effettiva convinzione e con decisa volontà. Alla lotta anticomunista, i mussulmani sono rimasti sostanzialmente estranei lasciando tutto il peso dell'azione sugli orwdossi; in alcune zone (particolarmente Konjic e Prozor), in occasione dell'ultimo ritorno offen-
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sivo dei ribelli, la popolazione mussulmana, se anche non ha fatto causa comune con i partigiani, non li ha osteggiati; ovunque i mussulmani hanno dimostrato il loro tradizionale desiderio di non impegnarsi per non. compromettersi e per potere poi approfittare della si.tuazione appena giunta ad una effettiva chiarificazione. Alla loro volta, gli ortodossj, imbaldanziti per i successi ottenuti, sicuri della propria forza, non solo hanno dimostrato di non desiderare più l'unione con i mussulmani ma, sco.mparso il principale nemico, hanno sentito rinascere in loro il vecchio tradizionale odio. Soho sorti così incidenti tra i due gruppi, alle volte anche di notevole importanza e si sono avute serie minacce di azione in grande stile, specie nel distretto di Gacko. L'impellente pericolo ha scosso l'elemento mussulmano che si è rivolto a noi sia per avere protezione sia per potere organizzare formazioni armate sulla stessa base e con gli stessi diritti delle formazioni ortodosse. Ciò ha maggiormente inasprito i serbo-ortodossi in quanto essi non vedono una ragione nella creazione delle bande armate predette proprio quando la lotta anticomunista ha raggiunto risultati decisivi; in quanto ritengono che in realtà i mussulmani vogliono armarsi contro di loro .. Il nostro pronto, .energico intervento è valso ad evitare maggiori incidenti e ad indurre capi e gregari a riprendere la politica di collaborazione. La nostra azione pacificatrice è attualmente in pieno sviluppo per condurre ad un accordo sulle seguenti basi: impegno dei capi di agire in ogni occasione, con massima energia per imporre ai gregari il reciproco rispetto e possibilmente la fattiva collaborazione; creazione di formazioni armate mussulmane aventi le stesse finalità delle formazioni ortodosse A.C., nelle sole zone abitate da mussulmani e con dislocazione tale da evitare possibili contrasti e conflitti con formazioni costituite da elementi di altra razza o religione. Della rinnqvata tensione fra le due comu~tà maggiori della Bosnia ed Erzegovina hanno cercato naturalmente di approfittare le autorità croate assumendo un atteggiamento favorevole ai mussùlrnani. Fino ad oggi però nessun risultato positivo è stato raggiunto poiché la maggioranza della popolazione islamica è decisamente ostile ai croati. D'altra parte nessuno ha fiducia nell'avvenire del nuovo Stato perciò si
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ostenta la ostilità predetta, nel timore di reazioni e persecuzioni per l'avvenire. Nel campo economico ed alimentare, la situazione permane assai grave. La kuna perde sempre più il suo potere di acquisto per cui, nelle città, i prezzi continuano ad aumentare in modo impressionante e rovinoso, ponendo in serie difficoltà non solo le popolazioni ma le nostre stesse truppe, che con il mantenimento del vecchio rapporto ufficiale tra lire e kune vedono praticamente ed ingiustamente ridotto ai minimi termini il trattamento economico loro spettante. Ciò crea uno stato di malumore e di disagio che non è possibile combattere poiché non vi è forza di ragionamento che possa eliminare la lampante verità dei fatti . Nelle campagne la moneta non viene più accettata da alcuno; ogni contrattazione avviene ormai con scambi in natura. Quanto sopra contribuisce ad aggravare la situazione alimentare poiché i contadini, già duramente provati dalle razzie e dalle requisizioni, non si sentono per certo invogliati ad incrementare la produzione e comunque evitano di portare nei maggiori centri abitati i loro prodotti non potendo interessare loro un compenso di danaro che a ben poco serve per il presente, forse a nulla per l'avvenire. IL GE NERALE COMANDANTE DEL CORPO D'ARMATA (U. SANTOVITO)
Documenti - Allegati al capitolo III
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DOCUMENTO
N. 20
NEZAYISNA ORZAVA HRVATSKA MlNISTARSTVO VANJSKIH POSLOYA ZAGREB
Discorso pronunciato da Milan Santié (presente il Capo dei cetnici Brcanin ed a sua richiesta), a Trebinje nella seconda metà di luglio 1942 durante una riunione confidenziale di cetnici.
* ** In nome del nostro Comando e della nostra organizzazione, vi riferirò sulla nostra organizzazione, sui suoi fini e sulla sua attività. Il nostro scopo è di organizzare militarmente il popolo serbo e di fornirgli ad ogni costo e quanto più possibile armi, come pure di preparare moralmente il popolo e di istruirlo come ha da procedere e chi deve seguire il giorno della rivincita . Noi abbiamo riunito in tutto il territorio e in tutte le regioni serbe le file disperse e scoraggiate del popolo serbo. Oggi si può viaggiare liberamente col lasciapassare cetnico da villaggio a villaggio, da Trebinje fino a Skoplje. In ogni villaggio serbo noi abbiamo il no.stra comitato e le nostre forze militanti ed in ogni località dove vivono due serbi noi abbiamo il nostro commissario. Noi tutti siamo ora condotti da un'idea unica ed in attesa del nostro risorgimento, cioè il ristabilimento della Grande Serbia. Il nostro comandante comune e stratega geniale è Draza Mihajlovié. Egli vive in Serbia qual semplice contadino, . porta gli opanchi [recte: le opanche] e la sciubara serba, però il suo sacco di contadino contiene delle carte di Stato Maggiore. I contadini serbi lo custodiscono come la loro pupilla. Egli è un avversario risoluto di ogni collaborazione coi Germanici in Serbia. Perciò è nemico mortale di Nedié e di Ljotié. Purtroppo posizioni dirigenti del partito di Ljotié a Belgrado sono tenute dai nostri Erzegovesi (da Trebinje e Nevesinje). La gendarmeria serba è composta per 80% di pertinenti della Serbia. Tutta la Serbia è per Drafa Mihajlovié. La nostra collaborazione cogli Italiani è stata approvata da Draza. Anzitutto é il nostro dovere di salvare dalla fame la popolazione di queste
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regioni disagiate e passive e noi dobbiamo trarre il massimo possibile vantaggio dal soccorso degli Italiani. Nelle attuali circostanze essi ci sono assolutamente indispensabili. Essi ci hanno possibilitato di consolidarci e di aggiustare i conti coi partigiani. Noi li abbiamo annientati non per conto degli Italiani ma per nostro conto proprio . Loro hanno ucciso la nostra gente più in vista ed i migliori Serbi nei villaggi. Verrà il giorno ove scacceremo facilmente i nostri nemici, gli Italiani e i Tedeschi. Essi si disperderanno da se stessi, ma se i partigiani fossero penetrati di più nel popolo serbo, noi stessi ci saremmo perduti, ed il nostro avvenire sarebbe stato compromesso. Inoltre gli Italiani ci forniscono armi e munizioni. Nelle regioni dell'Erzegovina noi possediamo oggi 8000 fucili e più di due milioni di cartucce di riserva. Orafa disse: 'Accettate armi chiunque ve le dia!' Inoltre riceviamo giornalmente dagli Italiani circa 5000 pagnotte. Voi sapete che cosa ciò significhi oggidì, ove persino nelle città regna le penuria. Per noi è la cosa essenziale di rimanere in vita e di ritenere le armi. Degli Italiani non abbiamo paura. Il loro esercito non sarà mai per noi un pericolo di vita . Essendo noi armati, essi sono incapaci di annientarci nelle nostre montagne. Noi dobbiamo comportarci bene con gli Italiani. Essi hanno fiducia in noi perché combattiamo i partigiani. Noi cercheremo di ottenere da loro anche dell'artiglieria. Ciò esigeremo dal generale Dalmazzo. Egli ci disse l'ultima volta a Ragusa che non ci fornirebbe tante armi se non avesse fiducia in noi. Noi invece sappiamo che con loro bisogna essere cauti e che alle loro parole non si può mai prestare fede . Essi tenteranno di toglierci le armi in bella maniera, però né l'astuzia né la diplomazia e neanche la f~rza non gioveranno loro nulla. Le armi sono una cosa sacra, sono la libertà, sono la nostra esistenza. Colle armi noi siamo liberi nei nostri boschi. Nessuno può controllarci. Noi ci riuniamo coi nostri nel Montenegro ed in Bosnia, teniamo conferenze comuni, ci consigliamo e progettiamo piani. Noi inviamo i nostri uomini a Belgrado e perfino a Drafa. Dobbia_m o esser pronti quando scocca la nostra ora. I territori serbi devono essere spazzati da tutti i cattolici e i mussulmani. lvi potranno vivere solamente i Serbi. Il detto spazzamento sta effettuandosi con sistema. Noi li rigettiamo ed annienteremo tutti, senza eccezione e senza pietà. Questo sarà il punto di partenza della nostra liberazione. Ciò deve succedere presto e con slancio rivoluzionario. Noi non riconosceremo mai la Croazia, neanche formalmente. Con la Croazia collaboreremo soltanto in quelle regioni, ove siamo in assoluta minorità, ma neanche lì lealmente e sinceramente. Per il momento <lobbia-
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mo tenerci in buone relazioni coi malcontenti croati e mussulmani, onde poter in caso di bisogno intraprendere, ove sia, attacchi od atti di sabotaggio, contro gli Italiani, e dobbiamo fare tutto il possibile che ciò venga commesso dai cattolici o mussulmani al fine di presentarli presso gli Italiani quali malfattori e in tal modo rinforzare ancora di più la nostra posizione presso gli Italiani. Non ésiste un serbo che creda seriamente alle promesse croate. Noi non nascondiamo il nostro disprezzo e il nostro ripugno per la Croazia, ma loro non ci possono [fare] nulla. In un caffé a Dubrovnik [Ragusa - n.d.a.] il Jevdjevié, essendo in compagnia d'ltaliani, scorse, poco tempo fa, l'immagine •di Pavelié e disse: «Ci sono ancora delle immagini di costui a Dubrovnik?»: Recentemente mi trattenni in Montenegro ove vidi i «golaéi» del capitano Djuraskovié, dell'eroe degli eroi. Le sue truppe da sole sarebbero in grado di frantumare i reggimenti italiani. La Bosnia oriental,e è nostra più che mai. La Drina è oggi confine meno che mai. Ll non ci sono più croati eccetto alcuni miseri mussulmani nelle città. Questi giorni ricevemmo un dispaccio, che Foca si riunì a noi. Di nuovo abbiamo scacciato gli Ustascia da Foca. Inoltre ci giunse una notizia, che i nostri sono penetrati a Konjic. I mussulmani sono sempre stati finora nostri nemici. Nel 191 1 i mussulmani, senza che noi abbiamo loro fatto nulla di male, si presentarono al 'Corpo di Difesa' ed entrarono in servizio del nostro più grande nemico. Essi sono sempre da parte di quelli che fanno persecuzione dei Serbi. Trebinje, 23 luglio 1942.
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DOCUMENTO
N. 21
MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI GABINETTO A.P . - CROAZIA
APPUNTO PER L'ECCELLENZA IL MINISTRO Il R. Console in Mostar segnala che, secondo fonte da ritenersi seria, alcuni capi cetnici che sono in stretti contatti con i nostri Comandi in Croazia, farebbero capo a una vasta organizzazione di spionaggio in favore dell'Inghilterra, la quale avrebbe ricevuto la missione di rendere difficili i nostri rapporti con lo Stato Croato, di creare frizioni fra noi e i tedeschi e di tentare sopralluoghi in Italia per fornire notizie sulla situazione interna e sull'efficienza bellica. Si ricorda a questo proposito, che nel febbraio scorso fu rinvenuta una lettera diretta al Generale Mihajlovié, nella quale erano contenute alcune informazioni fornite dal noto ex-deputato Jevdjevié, il quale aveva compiuto un lungo viaggio in Italia accompagnato da un ufficiale del Comando della 2a Armata. Altri capi catnici, ai quali Grgié e il Santié, hanno chiesto, nei primi giorni di giugno, il passaporto per l'Italia. Si chiede, Eccellenza, se Voi autorizzate l'Ufficio a entrare in contatti con il Comando Supremo, allo scopo di rivedere insieme la nostra politica di contatti con alcuni elementi cetnici. Mentre da un lato non è dubbio che le formazioni nazionaliste serbe recentemente costituite hanno dato un notevole apporto alle nostre truppe nella lotta contro i comunisti, sembra d'altra parte che non sia da fare troppo affidamento su alcune personalità serbe che è molto probabile tengano contatti con il Governo di Belgrado e forse anche con il nemico. Il Governo croato, pur avendo ora mutato il suo atteggiamento verso i serbi nel senso da noi indicatogli più volte, ha continuamente guardato con sospetto e diffidenza i nostri rapporti con dette personalità. Sembrerebbe quindi il caso di riesaminare tutta la questione e di risolverla in maniera definitiva. L. PIETROMARCHI
Roma, lì 22 giugno 1942-XX.
CAPITOLO IV
L'APPORTO DEI CETNICI ED IL POTENZIAMENTO MILITARE DELLA DALMAZIA
IL CONCORSO DEI CETNICI NELLE OPERAZIONI ANTICOMUNISTE
Dai pr~mi mesi del 1942 sino a novembre dello stesso anno, le azioni locali quanto i cicli operativi delle forze armate italiane furono caratterizzati da una sempre più qualificata partecipazione dei cetnici, dapprima come bànde, quindi raccolti in formazioni, da ultimo inquadrati in battaglioni. A gennaio «le bande cetniche ribelli al Governo croato» si erano dimostrate «perlopiù [sic] favorevoli all'Italia» <1>, ed alcuni loro esponenti avevano preso contatto con i comandi italiani anche se, in quel periodo, il comandante della 2a Armata avanzava riserve su «quanto possano valere questi contatti 'alla macchia')) (2) . Tuttavia, considerando che per qualunque esercito - come avrebbe scritto il generale Ambrosio qualche giorno prima della sua nomina a capo di Stato Maggiore dell 'esercito - <<il problema ultimo ed il corollario della convenienza» è sempre quello «di ridurre al minimo gli avversari» (3), era naturale che si arrivasse alle intese. A marzo, per lo sbloccamento di Srb <4l, alcune bande erano state impiegate con compiti d i protezione a largo raggio, senza coinvolgimenti nelle azioni tattiche dei reparti italiani. Ai singoli capi, nei limiti delle direttive impartite, veniva lasciata ampia iniziativa. Le bande, impegnandosi soprattuto nella difesa dei rispettivi villaggi, nei primi tempi operavano senza coordinamento fra di loro, ed i gregari, più che dalla disciplina, si sentivano vincolati dal prestigio del capo.
Nel territorio della 'Sassari' si affermò la personalità del pope Momcilo Djujié. Riconoscente per la protezione che il soldato italiano aveva dato agli ortodossi, e considerando vantaggioso per la causa cetnica, si avvicinò sempre di più ai comandi italiani <5>. Quando, in accordo con un'altro capo cetnico, Branko Bogunovié, respinse i partigiani da Marinkoviéi (nord-est di Tenìn), aveva avuto l'appoggio dell'artiglieria italiana (6>. Pochi giorni dopo, quasi si fosse reso conto della capacità dei propri uomini, rastrellò le zone di Plavno <7 l e di Tiskovac (nord di Tenìn, alta valle del Cherca), ed ebbe ragione di consistenti nuclei ribelli <Bl. Nel generale Paolo Berardi, comandante della 'Sassari', che seguiva attentamente il sempre più marcato evolversi in senso anticomunista dei cetnici, maturò il convincimento che, se fossero stati posti in grado di sviluppare il loro potenziale combattivo, avrebbero costituito un valido
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aiuto contro i partigiani. Constatando che nelle zone intorno a Tenìn le bande del pope avevano determinato fra i comunisti «un'ondata di panico, e l'intenzione specie nei contadini di lasciare i ribelli» <9J, si chiedeva quali risultati si sarebbero conseguiti con la «riunione delle bande del Drenovié [operava oltre la linea di demarcazione - n.d.a] con quelle del pope Djujié, e la loro azione in comune appoggiata dalla nostra artiglieria e dalla nostra aviazione)) <10>. Non dissimili erano le valutazioni del comandante del XVIII Corpo d'armata. A giudizio di Armellini, «per debellare il comunismo che, almeno per ora e nel mio territorio, è guerriglia mista ad abile lotta di briganth>, c'era «bisogno di briganti dello stesso stampo se non dello stesso colore» <11 >. Dopo questa vivace immagine, il generale giungeva alla conclusione che, sul piano militare, «l'organizzazione dei cetnici è quindi quella che fa per noi [... ]. Quanto più l'organizzazione sarà perfetta, quanto più le formazioni cetniche entreranno saldamente nelle nostre mani, tanto più vigorosa sarà l'azione contro il comunismo» 0 2>. D'altro lato, una impostazione del problema in questi termini gli appariva valida anche nei confronti di Zagabria poiché, «disciplinate le bande, potremo meglio svolgere quell'azione conciliativa che porterà all'avvicinamento dei croati e cetnici» <13>, Conciliare l'antagonismo di Zagabria nei confronti degli ortodossi e viceversa - era un progetto irto di difficoltà, ma fu agevolato dalla sempre più aggressiva presenza dei partigiani. Il pericolo comunista portò i cetnici ad attenuare le reazioni contro gli ustascia ed i croati e - riconoscendo nei partigiani la vera minaccia - s'intesero sempre più con i comandi italiani. D'altro lato le autorità di Zagabria, almeno in parte, ammorbidirono l'avversione 'nei confronti degli ortodossi, e constatando che domobranci ed ustascia non erano in grado di opporsi ai comunisti, apparve loro utile - sia pure fra molte riserve - trovare un accomodamento con i cetnici. Per i comandi italiani, di fronte ai risultati che il generale Dalmazzo stava conseguendo con i cetnici nella Bosnia-Erzegovina, ed il generale Berardi nel settore della 'Sassari', s' impose la convenienza di sostenere gli ortodossi, sfruttando quella prevalenza soprattutto psicologica che stavano conquistando sui comunisti, e che sottraeva loro , in molte zone, l'appoggio delle popolazioni.
••• Cadute - almeno formalmente - con l' Accordo di Zagabria gran parte delle pregiudiziali antiortodosse dei croati, ai comandi italiani si offrì la possibilità di realizzare un più ambizioso progetto: far collaborare le forze armate crote con le formazioni cetniche e, impiegandole unitariamen-
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te assieme ai reparti italiani, portarle a superare animosità e rancori reciproci. Far operare sul terreno i domobranci - ed in particolare gli ustascia - con i cetnici, era un problema a molte incognite, però valeva la pena di affrontarlo e tentare di risolverlo. Agli inizi, però, non furono tanto gli attriti etnici ed i risentimenti a creare difficoltà quanto il diverso modo di concepire gli ordini, di eseguirli, 'd 'assumere iniziative, in rapporto al diverso grado d'addestramento ed al modo d'affrontare l'avversario. I cetnici, in genere, agivano di slancio, si sparpagliavano sul terreno, ma il più delle volte condizionati dal terreno stesso, senza comaitdanti in sottordine per guidare i gruppi minori o dirigere il fuoco, erano portati pericolosamente allo sc'operto dalla loro aggressività. I domobranci, invece, scarsamente addestrati e male equipaggiati, pur essendo buoni soldati se adeguatamente comandati e curati, mancavano di motivazione e di convincimento; migliore il rendimento degli ustascia. Senza pensare ad un amalgama, ma solamente per mettere insieme elementi tanto eterogeni, coordinandoli alla tattica del soldato italiano, sarebbe stato necessario un lungo lavoro; nelle formazioni cetniche, in particolare per formare i comandanti dei piccoli gruppi; nei reparti domobranci per infondere il convincimento che combattevano per il proprio paese, per una causa giusta e necessaria; negli ustascia per contenere autonomia e improvvisazioni. Ma i comandi italiani, sia per mancanza di tempo (o più realisticamente per carenza di ufficiali e sottufficiali ai quali affidare questi compiti) sia per noti sollevare reazioni a livello politico con le autorità di Zagabria o con quelle tedesche, portarono sul terreno cetnici e domobranci (gli ustascia costituivano un problema a se) confidando che il comune pericolo determinasse l'affiatamento e l'affinamento, e che il fatto compiuto superasse ~ventuali riserve a livello politico. Il 19 giugno, a Tenìn, il generale Berardi era riuscito, per la prima volta, a riunire i capi cetnici con i locali comandanti croati convincendo e gli uni e gli altri a partecipare ad un'azione congiunta: il rastrellamento del quadrilatero Tenìn-Kosovo-Miocié-Verlicca (l 4l , che racchiude i rilievi del Kosjak (quota 1207). (CARTINA N . 12). I risultati, però, furono tutt'altro che incoraggianti. L'inizio dell'operazione - avanzata da sud dei' reparti italiani, da nord dei cetnici, da ovest dei croati - era stato positivo, e durante la giornata i partigiani avevano lasciato sul terreno una sessantina di uomini. Ma, mentre si profilava il successo, «a sera le truppe croate riporta il diario storico della 'Sassari' - se ne sono andate a Knin per conto loro, ed i cetnici demoralizzati per le perdite avute [dieci morti e nove feriti - n.d.a.] sono rientrati a Topolje» (isi . Forzatamente, anche i reparti italiani dovettero desistere dall'azione l16l
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(scala l :325.000)
A sud-esr di TenĂŹn ( = Knin) la zona dove il comando della divisione 'Sassari' pro mosse i primi tentativi di operazioni congi unte cctnico-croate contro i partigiani (giugno 1942). La linea indica il confine fra la Dalmazia annessa e lo Stato di Croazia.
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Alcuni giorni dopo si ritentò l'esperimento con il rastrellamento del monte Promina <17l, rifugio di partigiani e loro base per le incursioni nei paesi vicini. Anche quarantotto ore prima dell'azione italo-cetnica-croata, nella notte del 28 giugno, circa duecento comunisti erano scesi dal Promina ed avevano razziato il paese di Citluk (13 km a sud-ovest di Tenìn). Uccisero il frate Petar Silov che si era difeso con un fucile mitragliatore, ed asportarono dalla sua casa trecentomila kune e la radio <18>. Un paio d'ore dopo entravano nella non lontana Oklaj, ed i ventitré gendarmi del posto, nascoste le munìzioni, si rifuggiavano a Dernis ed a Siritovci <19' . I comunisti, indisturbati, scassinarono la cassaforte del comune e quella dell'ufficio postale;, s'impadronirono di circa mezzo milione di kune; presero la farina e lo zucchero che il capovilla aveva ricevuto giorni prima per i bisogni della popolazione. Caricati una trentina di quintali s'un autocarro, distribuirono il resto ai contadini del luogo; presero altri apparecchi radio, ed obbligarono il medico del posto, un croato di origine russa, a seguirli l 20l. Due giorni dopo, le truppe italiane con tre formazioni cetniche ed un reparto di domobranci avrebbero dovuto circondare il monte Promina e rastrellarlo. Ma, sin dall'inizio, il piano venne compromesso per la «defezione dei cetnici i quali si sono presentati in ritardo ed in piccolo numero» <211 • Parte dei ribelli riparò fra le balze del monte, ed altri si misero in salvo oltre il fiume Cherca. L'azione, tuttavia, non fu sospesa ma, necessariamente, si trasformò in un movimento frontale del battaglione "Fenestrelle' <22', che s'inerpicò sul massiccio facendo retrocedere i comunisti; questi, dopo aver avuto una cinquantina di morti, si sganciarono <23l _ Il gruppo che si era portato al di là del Cherca venne intercettato (4 luglio) nella zona di Vujasinoviéi (7 km a nord di Chistagne), ed ebbe diciotto morti <24>, abbandonando in mani italiane anche parte dell'archivio della banda di Vice Buljan <m. L'azione, in se, aveva dato qualche risultato, ma l'apporto cetnico era mancato, e quello croato si era dimostrato decisamente modesto. Malgrado quest'ultimo insuccesso si predispose una nuova operazione congiunta lungo la parte meridionale delle Alpi Bebie (operazione 'Velebit'), altro rifugio di bande che agivano prevalentemente contro la ferrovia Fiume-Spalato, essenziale per i trasporti militari e per il vettovagliamento della Dalmazia. I partigini, di norma, facevano sentire la loro pressione nel tratto fra Gracac e Pribudié, ma non trascuravano la linea a scartamento ridotto Tenìn-Dervar, costringendo i reparti italiani a continui interventi. Il 17 giugno, su questo tracciato, vicino a Kaldrma, era stata attaccata una pattuglia di sorveglianza che ebbe un ferito e cinque dispersi <261• Nella notte sul 19, invece, venne danneggiata la linea fra Gracac e Raduè: una tradot-
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ta, costretta a fermarsi per l'interruzione del binario, cadde sotto il fuoco dei ribelli, e fortunatamente rientrò a Gracac con un solo ferito (27l _ La mattina del 20 veniva attaccato un casello fra Zermagna-Otrié e Malovan: un soldato fu ucciso, e nove i feriti ' 28l. La squadra d'operai che, protetta da una scorta, era stata inviata a riparare i danni, venne accolta da un insistente fuoco d'armi automatiche, e dovette ripiegare; nei due giorni seguenti, ulteriori tentativi non ebbero miglior esito. Soltanto con l'intervento d'un intero battaglione di alpini fu possibile ristabilire il transito <29>_ Però, nella notte del 23 i partigiani, nel tratto Malovan-Zermagna, rimossero tre longarine provocando lo sviamento d'un treno armato in servizio di sicurezza, e due vagoni presero fuoco <30>. Fra il 24 ed il 25 vennero sbullonate dieci campate del binario, a sud della stazione di ZermagnaOtrié <31J. Il I O luglio vi furono movimenti di bande fra Otrié, Velika Popina, Zermagna-Vrelo, e ventiquattro ore dopo venne attaccato un carrello armato di sorveglianza alla linea. Un soldato rimase ucciso, due i feriti gravi, due leggeri; i partigiani catturarono il manovratore, e si impadronirono d'una mitragliatrice pesante, d'un fucile mitragliatore e di alcuni moschetti <32>. Il 7 luglio, fra Plavno e Pribudié, al passaggio d'un treno blindato scoppiò un ordigno esplosivo, senza arrecare danni apprezzabili, e nella notte fu nuovamente attaccato il casello di Malovan <33>. Per contrastare queste persistenti iniziative venne armata una formazione di centocinquanta cetnici delle zone di Krupa e di Golubié, al comando di Odbrad Bijanko <34>, ma il 9 luglio si dovette ricorrere ancora una volta agli alpini per aver ragione dei partigiani che avevano interrotto la linea. La compagnia, inviata sul posto non riuscì superare la resistenza di <<forti reparti ribelli provenienti da Velika Popina e da Zermagna [... ]. Il combattimento è durato sino a sera [...]. Perdite nostre oggi 2 morti e 5 feriti» (m. Fu necessario far confluire un intero battaglione che, individuati i ribelli, «con l'intervento dell'artiglieria e con la manovra, è riuscito a snidarli e a metterli in fuga infliggendo loro perdite» <36>. La situazione richiedeva provvedimenti radicali, e fu dato corso all'operazione 'Velebit' , programmata sin dal mese d'aprile, ma sempre rinviata per il sovrapporsi di nuove e più ·urgenti necessità. Dapprima si dovettero superare notevoli difficoltà per raccogliere una sufficiente forza mobile, e solamente verso il 20 maggio era stato possibile disporre di due battaglioni di fanteria e d'un battaglione 'M'. Però, a seguito dei combattimenti di Ervenico (20-22 maggio) e dell'imboscata al prefetto Orazi, non essendovi altre forze disponibili, vennero impiegati in provincia di Zara. Subito dopo furono utilizzati per proteggere il ripiegamento dei presìdi della 'Sassari' dalla terza zona <37l.
L'apporto dei cetnici ed il potenziamento militare della Dalmazia
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Con l'arrivo del 3° reggimento alpini e del gruppo d'artiglieria 'Susa', posti temporaneamente a disposizione del XVIII Corpo d'armata, l'operazione 'Velebit' tornò d'attualità. Il piano prevedeva l'impiego della 'Sassari' da sud; di unità del V Corpo d'armata da nord, oltre a reparti croati e formazioni cetniche. Si dovevano accerchiare e, possibilmente, distruggere le bande arroccate sulle Bebie, quindi puntare «verso Srb allo scopo di scompaginare tutta l'organizzazione della cosiddetta 'repubblica comunista' <35>, sorta alle spalle della Dalmazia italiana. L'operazione si sarebbe svolta dal 15 luglio al 10 agosto, ma Supersloda, all'ultimo momento, limitò la disponibilità degli alpini al 25 luglio, e contem\:)oraneamente venne meno il concorso del V Corpo d'armata <39J. I piani, necessariamente, furono modificati, rinunciando alla manovra di accerchiamento ed alla conversione su Srb . I reparti avrebbero eseguito soltanto un'avanzata frontale, rastrellando il quadrilatero Pàgene-Obrovazzo-Stazione di Zermagna-Gudura, cioè la parte meridionale delle Alpi Bebie, avendo come obiettivo la «distruzione di tutte le possibilità di vita nel territorio percorso {... ) al fine di assicurare al di là del confine dalmata una zona di sicurezza inabitabile dalle bande ribelli» <40J. L'ordine, di per se drastico, era determinato dalla constatazione che i partigiani, per conservare rapidità di movimento nelle improvvise aggres-
sioni e nei subitanei sganciamenti, facevano a meno di qualsiasi organizzazi.o ne logistica che li avrebbe appesantiti. Essi risolvevano il problema del vettovagliamento razziando beni, scorte, viveri, bestiame, nelle località dove sostavano o combattevano. In tal modo ogni abitato diventava una potenziale base di sussistenza. Per inaridire queste fonti - benché sul piano umano fosse una decisione molto difficile - era inevitabile coinvolgere gli abitanti delle singole località che, sostenendo volontariamente o coattivamente i partigiani, diventavano favoreggiatori di combattenti illegittimi, quali erano i ribe1li, e fatalmente subivano le conseguenze della legge di guerra. I partigiani, certamente, non erano milizie volontarie dello Stato jugoslavo, a parte il fatto che più non esisteva, e che il Governo di re Pietro in esilio a Londra aveva firmato un regolare armistizio con le forze dell' Asse. Non combattevano, ovviamente, per il Governo del generale Nedié in Serbia, ed il movente ideologico, per il quale asserivano di lottare (condiviso solamente da un'esigua minoranza), allora non· era protetto da leggi internazionali o da convenzioni <41 >. Come combattenti non risultavano · «sottoposti ad un capo per essi responsabile» <42>, ed il nome di Tito era ancora scarsamente l).Oto fra gli stessi uomini delle bande; non operavano «a favore di uno dei belligeranti» <43 > poiché, nel 1942, il loro apporto era
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.ininfluente e non coordinato agli altri fronti essendo troppo lontane e Russia e Inghilterra. Non indossavano 'uniformi', portando abiti borghesi oppure divise ex-jugoslave o, peggio, italiane; non avevano un «distintivo fisso comune a tutti e riconoscibile a distanza» <44J, poiché la stella rossa sul berretto, per parecchio tempo fu limitata alle sole 'brigate proletarie'. Non portavano apertamente le armi, ed erano addestrati secondo una normativa che insegnava loro «prendere posizione, mascherandosi bene, nei luoghi dove passa il nemico, attaccandolo possibilmente alle spalle e distruggerlo [... ] . Nel territorio occupato dagli italiani, 1~ piccole unità vanno attaccate alle spalle; dove ci sono forze maggiori gli attacchi si devono fare di notte [.. .], si deve cercare un modo di guerra da guerriglieri e non da fronte continuo» <45J. L'agguato e l'imboscata diventavano sistema di lotta volutamente proditoria. Essendo per tutto il complesso di questi motivi 'belligeranti illegittimi', i partigiani ricadevano sotto la legge di guerra. Ma legittimi o illegittimi che fossero, la loro principale colpa era quella di non attenersi alle leggi ed agli usi di guerra specialmente nei confronti dei feriti e dei prigionieri, in modo particolare se camicie nere. Verso la metà di gennaio, un magistrato di Varkar Vakuf aveva fatto sapere che «a Pliva (Jajce ZR-DX) presso il comando della banda Solaja sarebbero stati trasportati i prigionieri italiani - divisione 'Bergamo' che, stando a quanto asserito ammonterebbero a 27. Tali. prigionieri sarebbero stati spogliati delle loro divise, bastonati e lasciati spesso senza mangiare» <46J. A fine mese, il comando della 'Sassari' annotava nel diario sto. rico che i partigiani della zona di Dervar avevano «compilato un elenco di italiani condannati a morte [... ]; hanno inoltre deciso che tutti gli ufficiali e sottufficiali fatti prigionieri saranno passati per le armi. I soldati, invece, debbono esser tenuti prigionieri per essere scambiati con prigionieri fatti da noi [italiani - n.d.a.]» <41>. Per la difficoltà di conoscere quanto avveniva nei boschi, non si ebbero subito elementi concreti, pur correndo fra i soldati ed i comandi la voce di soppressioni, avvalorata dal fatto che negli scambi di prigionieri i partigiani rilasciavano soltanto uomini di truppa. Poi cominciarono ad affiorare le prove. Il 14 febbraio, nei pressi della Cappella di San Geremia, tra Kamerari e Balza ( = Baosiéi, nelle Bocche di Cattaro) i partigiani avevano trucidato un ufficiale ferito, ed i comandi italiani riuscirono ad individuare l'autore dell'assassinio <4 sJ. A maggio, era stato torturato ed ucciso il carabiniere Alfredo Gregori, caduto in mani partigiane nell'interno della Croazia <49>_ Il 7 dello stesso mese, la 'Sassari', precisava che «un plotone di una cinquantina di camicie nere [... ] è stato sopraffatto: 24 morti e 19 feriti. Risulta che ad essi sono state fatte vessazioni di ogni sorta e torturati» <50>. Fra il 20 ed il 22 maggio, durante i
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combattimenti di Er·venico, i comunisti avevano catturato quarantanove soldati ed il sottotenente Giuseppe Senatore. Due giorni dopo rastrellando il terreno dello scontro si scoprì che «fra i caduti» si trovavano «quei soldati presi dai partigiani. e da essi fucilati all'alba del 21 maggio [ ... ]. La notizia del massacro venne portata da tre soldati miracolosamente scampati alla morte» <51 }, che confermarono anche l'assassinio del sottotenente. Quasi contemporaneamente, a Grabarski Naslom (Dervar) veniva ucciso in analoghe condizioni il fante Marcello Benvenuto l52l; a giugno, il pope di Otisié avvertiva che il centurione Vivarelli, caduto prigioniero, era stato fucilato <53 >_ Il 14 dello stesso mese, un reparto della 73a legione camicie nere avfVa avuto in uno scontro alcuni morti, oltre a feriti e dispersi; sul diario storico della legione, sotto la data del 16, si legge: «i 9 legionari ritenuti dispersi risultano esser stati fucilati, oggi dai comunisti, nella piazza di Bruvno» <54>_ Nonostante queste segnalazioni, da parte italiana si persisteva nel ritenere che le esecuzioni fossero dovute all'iniziativa dei singoli, oppure a particolarì situazioni d'animosità o di asprezza. Ma, proprio nei giorni dell'operazione 'Velebit' , il VI Corpo d'armata era venuto in possesso d'un «ordine di fucilazione di 87 nostri militari prigionieri dei ribelli» <55 >_ L'ordine, risaliva al 1° aprile ed era diretto al «Comando btg. Part. Naz. Div. 'Luka Vukalovié' - ovunque si trovi», e firmato dal capo partigiano Sava Kovacevié e da Milovan Djubas, quale «delegato del Comando Supremo dell'Esercito Nazionale di Liberazione». Nell'ordine si precisava che, «in accordo col delegato del Comando SuI?remo, questo comando ha preso la decisione che vengano fucilati gli ufficiali, i sottufficiali e soldati italiani che si trovano internati a Zubci a causa dei misfatti commessi dalle truppe di occupazione nel territorio dello 'Orjenski Bataljon', e cioè incendi di case, saccheggi, uccisioni e maltrattamenti degli abitanti» l56>. Per ciò, il comando del battaglione 'Luka Vukalovié' doveva procedere alla «fucilazione, entro il termine di 24 ore dal ricevimento di quest'ordine, dei militari delle truppe di occupazione che si trovano internati presso di voi», e seguiva una strana precisazione, quasi l'ordine non provenisse da comandi superiori: «per far ciò non occorre che chiediate o cerchiate autorizzazioni dal Comando Supremo operativo per l'Erzegovina». Ma più illuminante il periodo successivo:« a fucilazione avvenuta [... ]date notizia al competente comando nel modo eguale a quello adottato dal comando operativo in occasione della prima fucilazione dei loro militari» <m. Cioè vi erano· state precedenti fucilazioni, disposte da un 'comando operativo', e non per incontrollata iiniziativa di capi periferici.
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(scala 1:400.000) Operazione 'Velebit' - Dal 16 al 19 luglio 1942 rastrellamento del quadrilatero Padjene-Zermagna Vrelo-Gudura-Obrovazzo, e dal 21 al 24 luglio azione da Gracac su Bruvno. La linea inferiore ind ica il confine della Dalmazia annessa con lo Stato croato, quella superiore il limite fra la 2â&#x20AC;˘ e la 3" zona del presidio italiano della Croazia.
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Il comando del VI Corpo d'armata riportando nel Notiziario il testo integrale dell'ordine faceva sapere che, «in relazione a quanto sopra, è stato provveduto alla fucilazione, a titolo di rappresaglia, dei seguenti individui, tutti noti comunisti, già arrestati: per accertata appartenenza al movimento partigiano, contravvenzione al Bando del 7 settembre 1941, per detenzione d'armi, favoreggiamento per i ·ribelli» t5s>, e seguivano ottantasette nomi. Ormai la lotta si stava radicalizzando. Ma ad ogni lesione dei diritti del soldato italiano, combattente o prigioniero, non sempre, vi sarebbe stata una risposta, anche se il 15 luglio, da Roma, il Comando Supremo comunicava a Roatta: «Duce[ ... ] approva che legge taglione venga applicata sempre quando sia richiesta dalla flagranza della offesa» <59>, Il 16 luglio ebbe inizio l'operazione 'Velebit' agli ordini del generale Ettore Giannuzzi, comandante della fanteria della divisione 'Sassari'. Otto battaglioni italiani, due compagnie mitraglieri, una mortai, ed artiglieria, con tre formazioni cetniche mossero da sud-est e da est; i reparti domobranci da nord. Le informazioni sul nemico davano forze relativamente modeste - quattro o cinquecento uomini - sulle Bebie C60J, ma verso Bruvno (ad est) erano segnalati cinque battaglioni al comando di Djoko Jovanovié, un sesto fra Plavno ed Otrit\ un altro formato quasi esclusivamente da dalmati a Rujiste, dove i partigiani avevano attrezzato un'ospedale; tra Zermagna-Vrelo e Palanka una compagnia del battaglione 'Branko Gladovié <61 J. Considerando una media prudenziale di cento armati per battaglione, oltre a quelli delle'Bebie, i partigiani ammontavano ad un milleduecento uomini, «tutti fortemente armati di armi automatiche» anche se «con scarse munizioni» <62l. Il terreno, difficile ed impervio, con un susseguirsi di massicci e di quote sino a 1400 metri, era attraversato da poche e difficili mulattiere; il fondo delle depressioni, disordinatamente accidentato, rendeva favorevole la difesa «da parte di elementi mobili ed abili nello sfruttare il terreno, quali sono i partigiani» <63). (CARTINA N . 13). Nelle prime quarantott'ore, le principali difficoltà per le colonne avanzanti, furono quelle del terreno. Il 18, invece, si ebbe un violento scontro sul monte Vrsa, risolto all'arma bianca dal III battaglione del 151 ° fanteria, appoggiato da una banda cetnica. Nello stesso giorno, la località di Gudura (circa 3 km. a sud-est della ferrovia, presso Stikada) vertice settentrionale del quadrilatero ed obiettivo finale dell'operazione, venne occupata da reparti dell' esercito croato <64>. Il comandante della 'Sassari', avendo a disposizione per altri sette giorni gli alpini, chiese al corpo d'armata l'autorizzazione d'attuare, anche se parzialmente, la seconda fase dell'originaria operazione 'Velebit' , con-
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vergendo su Bruvno. Ottenuto l'assenso, il generale Giannuzzi attestò i reparti sull'allineamento Gracac-Glocovo, e chiese il concorso della 73a legione camicie nere di stanza a Gracac, nonché delle formazioni cetniche locali <65l per un appoggio sulla sinistra. Il 21 mattina mosse con tre colonne: quella di destra (I e II battaglione del 151 ° fanteria e formazioni cetniche) incontrò subito e per tutta la giornata notevoli resistenze; la colonna di centro (battaglione alpini 'Pinerolo') fu impegnata da consistenti bande ribelli che si manifestarono sul fianco sinistro per la mancata occupazione di Monte Nero (quota 1012) da parte dei cetnici di Gracac; quella di sinistra (battaglioni alpini 'Exilles' , 'Fenestrelle' e gruppo d'.artiglieria 'Susa'), superate le resistenze, occupò gli obiettivi prestabiliti. I reparti sostarono sulle posizioni, ed il 23 la colonna di destra, con il I battaglione del 151 °, presa d'assalto la quota 1210 di Sedlo, procedette su Vrani, mentre gli altri reparti avanzavano combattendo verso la piana di Bruvno. Il mattino successivo la colonna di destra entrò a Bruvno, che fu data alle fiamme <66J. I comunisti, durante il ciclo operativo, ebbero centoventi morti ed i superstiti, in ripiegamento, furono incalzati dall'aviazione «con mitragliamenti di uomini, carreggi e bestiame[ ... ] sulla rotabile Bruvno-Mazin e con spezzonamenti di abitati e bombardamento di Srb e Lapac» <61 >. Da parte italiana caddero un ufficiale e quattro soldati, rimasero feriti cinque ufficiali e quarantacinque soldati <68>. Non risultano le perdite delle formazioni cetniche, né esattamente quale sia stato il loro rendimento. Molto probabilmente fu più concreto di quello dimostrato durante le operazioni del Kosjak e del Prornina, anche se le formazioni di Gracac non avevano tempestivamente eseguito gli ordini. Nella relazione sull'operazione si legge che i cetnici si erano dimostrati <<normahnente capaci soltanto di azioni di fuoco ben mirato da buoni appostamenti, ma poco idonei all'attacco delle posizioni avversarie» <69>. In ogni modo, c'era stato un inizio di cooperazione.
·n rastrellamento delle Bebie ebbe favorevoli ripercussioni fra gli abitanti della Lika, e gli stessi cetnici si espressero «in maniera lusinghiera» per «la resistenza alla fatica dei nostri fanti ed alpini; ammiratissimi i nostri fanti che per due volte si sono lanciati all'attacco alla baionetta» <70>. La 'repubblica di Srb' era stata scompaginata e la parte meridionale delle Bebie resa inabitabile. Ma gli abitanti non erano stati coinvolti dall'azione dei reparti italiani, poiché i comunsti li avevano obbligati ad abbandonare le case, ed a ritirarsi con loro portando seco masserizie e bestiame <71 >. «Se qualcuno come riferirono alcuni contadini - osava dire una sola parola o non si decideva di fare presto ·veniva subito percosso col calcio del fucile e poi,
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con le punte delle baionette alle reni, ci obbligava~o a far presto ed addirittura uccidevano quelli che si rifiutavano di andarsene. Così è avvenuto che qualche povera donna sia stata uccisa>> <72>. «Per giornate intere abbiamo camminato attraverso i boschi ed i monti senza mangiare e perdendo per istrada parte delle masserizie e del bestiame, sopportando infiniti disagi e vedendo perire sotto i nostri occhi parecchi bambini senza poter nulla fare per aiutarli» l73>, Una novantina di persone (vecchi, donne, bambini), sfuggite ai comunisti, si erano invece affidate ai soldati italiani, e furono trasferite a Tenìn <74>, I contadini della zona fra le Bebie e Bruvno accolsero i soldati italiani. con viva riconoscenza. Quelli di Velika Popina, che per oltre otto mesi avevano subìto la presenza dei comunisti, si presentarono «ai capi delle bande antipartigiane per dimostrare la gioia di esser stati finalmente liberati dalla persecuzione e dal terrorismo dei partigiani, chiedendo di non venir più abbandonati e soprattutto di esser difesi da eventuali nuove aggressioni» <75 >. A conclusione dell'operazione 'Velebit', il generale Armellini scrisse nella relazione che, se «le perdite dei ribelli erano state gravi, gravissime le distruzioni effettuate: abitati, risorse, pozzi, ecc.» <16>. Ma, pur avendo creato il vuoto, non si faceva illusioni sulla sicurezza del confine con la Daimazia annessa, prevedendo che ben resto, la ribellione si sarebbe rinnovata in quelle stesse zone, poiché non vi era la possibilità di presidiare adeguatamente il .territorio per mancanza di truppe (n>. Poté utilizzare solamente la banda di Odbrad Bijanko, dislocandola fra Krupa e Ruijste, con il compito di proteggere la ferrovia, d'intensificare il servizio informazioni, di svolgere propaganda anticomunista fra le popolazioni <78>. Ma già il 7 agosto una formazione di cetnici che presidiava il monte Stoziste, attaccata da circa duecento partigiani, avrebbe dovuto cedere terreno <79>, In quell'estate, anche il raccolto stava diventando un problema militare, specialmente nelle località dove più frequente era il fluttuare delle formazioni partigiane o cetniche o delle truppe croate. Se i comunisti cercavano d'impadronirsi dei prodotti per le loro necessità, oppure non potendoli asportare, li distruggevano, i cetnici facevano il possibile per assicurarsene la disponibilità, ma su tutti prevalevano le autorità croate nel timore di carestie invernali. Talvolta, in questa contesa restarono coinvolte le truppe italiane, come nella zona del monastero di Dragovié, presso Verlicca. Per dare sicurezza ai mietitori, le autorità croate avevano chiesto la protezione di reparti italiani, ed il comandante della 'Bergamo' inviò un battaglione di camicie nere con due plotoni mortai da 81, uno mitraglieri ed uno di domobranci. II grano mietuto fu «portato dal LXXXIX battaglione camicie nere a Verlicca e regolarmente consegnato al capovilla loca-
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le» csoJ. «Durante la mietitura - come venne annotato sul diario storico i ribelli hanno continuamente da lontano effettuato tiri di fucileria e di armi automatiche dalla [recte: sulla] zona. I nostri reparti a loro volta hanno tenuto sotto il fuoco delle mitragliatrici e dei mortai da 81 le sorgenti del fuoco avversario» <81 >. Una, non pacifica, 'battaglia del grano'.
TECNICA DELLA PROPAGANDA COMUNISTA Il raccolto di Dragovié doveva premere ai partigiani, poiché il giorno dopo attaccarono, ma senza successo, Verlicca, lasciando sul terreno una ventina di morti <82>. Contemp~raneamente altre bande, allo scopo di razziare, cercarono di penetrare nei circostanti villaggi che, privi di presidio militare, erano difesi dagli stessi contadini. «II paese di Jezevié - avrebbe segnalato il comandante della 'Sassari' - ha ben combattuto sino all'esaurimento delle cartucce; il paese di Cetina invece ha tradito passando ai rossi, che si sono ritirati sulle montagne dopo aver fatto il colpo» <83l_ A Jezevié - paese quasi completamente serbo - i partigiani si erano trovati di fronte ad un'inaspettata reazione, ed il comando comunista, temendo che la notizia dello scacco potesse indurre i contadini di altri villaggi a seguirne l'esempio, cercò di mascherare l'insuc,cesso con la propaganda. Lo «Stato Maggiore del N. O .P. per la Dalmazia» <84>, il giorno dopo lo scontro emanò un comunicato addomesticando i fatti. Raccontava che i comunisti erano entrati a Jezevié unicamente «con l'intenzione di disarmare quelle persone che erano pronte a voltare le armi contro i partigiani», e <<per invitare l'intero ·villaggio all'aiuto ed alla collaborazione coi reparti dei partigiani, [.. .]con l'intenzione di restituire la vecchia pace e l'amicizia, di quel paese con i paesi vicini serbi» (85l . I partigiani, sempre secondo il comunicato, erano entrati nel paese senza usare violenza, ma il capovilla' aveva aperto il fuoco, «mantenendolo per lungo tempo assieme ad altri agenti ustascia del suo paese. Nel combattimento ha ucciso tre nostri compagni ferendone degli altri. Con [il] fuoco che ha aperto sui propri paesani, che stavano tranquillamente discorrendo con i partigiani, ha ucciso due uomini ed una donna» C86l. A parte la parola 'combattimento' e la precisazione delle perdite, il comunicato non parlava dell'attacco dei comunisti, né accennava al sequestro della maestra Zorana Rubignoni, italiana nativa di Traù, ma sottilineava che i partigiani avevano risposto al fuoco dei contadini soltanto «con l'imprigionare trenta paesani [... ]e con il contemporaneo sequestro di gran numero di bestiame e di altri beni del paese» <31>. Però, dopo queste premes-
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se quasi accattivanti, il comunicato cambiava tono. Gli abitanti di Jezevié venivano avvertiti che «tutti i prigionieri, tutto il bestiame e tutti i beni del villaggio [ ... ] saranno restituiti [... ] soltanto sotto le seguenti condizioni: a) che il villaggio consegni tutte le armi ai partigiani; b) che prometta che non si armerà contro i partigiani [... ]; c) che si espelli dal villaggio il capovilla Bozinovié Stefano, il quale in qualità di agente italiano è colpevole del conflitto sorto con le armi in generàle, ed in particolare della morte di tre partigiani» l88l. In caso contrario avrebbero fucilato almeno sei prigionieri confiscando il bestiame e gli altri beni razziati. Per rafforzare l'effetto delle minacce, alla fine del comunicato inserirono una dichiarazione sottoscritta da dieci contadini presi prigionieri, ai • quali veniva fatto dire: «Noi accettiamo ed approviamo la decisione. Invitiamo i nostri fratelli contadini del villaggio di Jezevié di accettare le sopraesposte decisioni, che consegnino le armi e che espellano il capovillaggio, perché solamente così sarà assicurata la pace coi partigiani e con i villaggi vicini» <89>. Forse nel timore che il solo comunicato non fosse sufficiente, i comunisti diffusero contemporaneamente altri due documenti: uno intitolato «Dichiarazione dei Contadini Prigionieri del Villaggio di Jezevié», e l'altro «Agli Amici di Jezevié e Duvnjak» (località quest'ultima non molto distante). Nella 'dichiarazione' i prigionieri si rivolgevano in prima persona ai compaesani, facendo .sapere che il comando partigiano aveva discusso con loro «in qual moçlo si potrebbe, in questo paese [Jezevié - n.d.a.J raggiungere la pace, la fratellanza tra serbi e croati e l'unità di tutto il popolo nella sua azione per la liberazione» <90>, Per «eliminare tutte le varie e difficili questioni nei nostri villaggi», invitavano i loro amici a mantenere con i partigiani «sincere ed amichevoli relazioni» ed a rispettare la loro azione, «perché essa tende alla liberazione di tutta la nostra terra e di tutto il nostro popolo» <91 >. Ma li sollecitavano anche a segnalare i movimenti del soldato italiano, «principale colpevole dell'attuale male del popolo croato e serbo in questo paese e in tutta la nostra terra», poiché «prima di tutto ci ha fatti prigionieri, poi ci ha messi in lite fra noi e insanguinati, ed ora vorrebbe che gli uni e gli altri combattessero contro i partigiani» (92>, Assicuravano «che oggi l'unica via per il nostro popolo» era «I) l'unificazione del popolo croato e serbo; 2) aiutare il movimento dei partigiani che ci porterà la libertà, la fratellanza e la migliore esistenza» (9.'J. Alla fine del documento venne apposta una nota, questa volta del comando partigiano, che assicurava di condividere il pensiero dei prigionieri, e dichiarava che i comunisti stavano lottando per «unificare tutto il nostro popolo croato e serbo ed impedire lo spargimento di sangue fra fratelli , compito che tutti conduciamo nell'azione contro il principale col. pevole, l'occupatore, e contro i suoi stipendiati ustasci e cetnici» <94>.
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li proclama «Agli Amici di Jezevié e di Duvnjak», invece, era firmato dai capi partigiani Buljan, Milié, Marié, e sostanzialmente ricalcava i temi degli altri due, usando però una forma più insinuante, quasi confidenziale. «Desideriamo scrivervi alcune parole non più ufficialmente, in nome del1'esercito, ma come uomini, quali vostri fratelli e figli, per spiegarvi il motivo del nostro operato e cosa infatti noi cerchiamo da voi» <95>. Esaltavano il valore della lotta per liberare «questa misera terra dagli stivali italiani, tedechi, bulgari e ungheresi» <96>, garantendo che, cacciati gli invasori, né croati, né serbi avrebbero prevalso gli uni sugli altri. Dicevano agli abitanti di Jezevié, «per ora, non pretendiamo che combattiate contro nessuno» <91>; li invitavano a non sparare, e «sopra tutto non dovete sparare verso alcun croato, sia pure stato ustascia o lo sia attualmente» 198>. Però, aggiungevano, «la cosa principale è che voi non spariate verso di noi, che cì lasciate completame:ite liberi e che ci accettiate nel vostro villaggio» <99>. Chiedevano la consegna delle armi e, «se non vi sentite di aderire alla consegna di tutti i fucili», proponevano un accordo, «affinché una parte rimanga da voi e l'altra consegnate a noi» <100>. Proseguivano, quindi, in modo piuttosto ingenuo, dicendo che, «se non c,redete alla nostra onestà fatene la prova e ve ne accorgerete. Se vi sembreremo disonesti rivoltatevi pure contro di noi, ma siamo sicuri che, appena allora, quando cioè ci avrete conosciuti, vi avvicinerete a noi» <101>. Ma, dopo altri accenni alla causa partigiana, alla lotta per la libertà, il tono suadente mutava registro. <<Tenete presente, che noi non potremo sopportare che voi ci provochiate e facciate servizio per lo straniero nemico nazionale. Noi vi invitiamo di unirci a noi o per lo meno (!i non mettervi contro di noi. E così deve essere. Se così non sarà, badate che non avremo alcuna misericordia, che agiremo secondo i nostri doveri, senza tener conto delle vittime che ne cadranno.» <J02>.
Proclama, invito, comunicato, furono affidati a quattro prigioneri, che vennero posti in libertà, con il compito di diffonderli fra gli abitanti di Jezevié. Invece, li consegnarono al comando italiano di Verlicca, riferendo su quanto avevano visto, sui partigiani riconosciuti, sui loro nomi di battaglia <103>. La maestra Rubignoni, rilasciata dopo tre giorni, fornì ulteriori informazioni <104>. Durante l'estate, i comunisti intensificarono a'attività terroristica, appoggiandola con una continua propaganda, che non parlava più di marxismo, ma di pace, di fratellanza, concetti naturalmente accessibili e sentiti. Anche nella scelta delle parole furono abili come lo erano nella tecnica di far sottoscrivere i loro comunicati da persone degli stessi villaggi ai quali indirizzavano gli appelli. Con il metodo di individ\lalizzare la propaganda,
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l'effetto era senz'altro più penetrante e credibile, mentre coloro che spontaneamente o coattivamente - apponevano le firme, si compromettevano, ed il più delle volte avevano di fronte a sé un'unica via: restare con i partigiani.
ATTENTATI ED AGGRESSIONI NELLE PROVINCE DI ZARA E SPALATO ijel mese di luglio, in provincia di Zara, polizia e soldati furono impegnati in continue azioni di sicurezza. Il 28 giugno erano scaduti i termini dell'ordinanza di Bastianini, che faceva grazia ai latitanti qualora, abbandonate le formazioni comuniste, fossero rientrati alle proprie case <H>5>, in caso contrario, i componenti delle rispettive famiglie sarebbero stati internati. Il 5 luglio vennero trasferiti nel campo di raccolta sull'isola di Melàda (nord di Zara) i familiari di quarantaquattro latitanti della zona di Zaravecchia (Biograd na Moru) <106>. Sull'isola di Zlarino (Sebenico), i carabinieri arrestavano undici donne che avevano costituito un'organizzazione p·er procurare viveri ai partigiani 007>; a Zemonico (est di Zara), presso il campo d'aviazione, il 4 luglio, venivano sorpresi e passati per le armi sei comunisti armati, ed altri cinque furono catturati nella zona di Vodizze (nord-est di Sebenico) <108>. Il 9 luglio, durante un pattugliamento fra Zaton di Sebenico e Gacelezi il carabiniere Giuseppe Cossa restava ucciso in un'imboscata <109>. La sera dell' 11, una banda d '·armati, «parte vestiti in divise italiane», invadeva il paese Rasline (Sebenico), sequestrando quattro giovani del posto, saccheggiando alcune case, distruggendo quella del capovilla Olivari, che si salvò per mare con una barca <110>. Il 15, presso Vodizze, i ribelli non avendo trovato i due Spanja, padre e figlio, uccisero la moglie e madre Andreana cu•>; a Rastane (est di San Cassiano) in frazione San Giuseppe, furono massacrati il capovilla Galesié con il figlio Mirko, Nikola Sarié e Mile Jukié perché simpatizzanti per l'Italia <112>. A metà pomeriggio del 18 luglio, una moto-maona in servizio passeggeri fra Scardona e Sebenico, con a bordo quindici persone, giunta di fronte a Punta Lupara, dove il lago di Procliano (Prokljan) si dirama nel canale di Zaton, fu presa sotto il fuoco di armi automatiche appostate a terra. Un proiettile perforò il tubo della nafta e là moto-maona si fermò. Dalle sponde del canale si staccarono due barche a remi con a bordo una ventina di ribelli, e tenendo il natante sotto il fuoco lo abbordarono. Sopraffecero l'unico carabiniere, che a colpi di moschetto aveva cercato di impegnare gli aggressori, lo denudarono (le divise italiane erano preziosissime per mime- .
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CARTINA N .
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(scala I :250.000)
Zona dell'operazione antipanigiana del btg. bersaglieri 'Zara' su Monte Sopalj {indicato con asterisco) il 24 luglio 1942.
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tizzarsi) e lo ammazzarono . Quindi, su una barca caricarono i corpi degli uccisi, i feriti ed i superstiti, portandoli a terra; tentarono di far saltare la moto-maona con la dinamite, ma il natante si arenò su un bassofondo. Dopo circa mezz'ora, dalla base della Maddalena (Sebenico), giunsero due rimorchiatori armati; trovarono una barca alla deriva con sei cadaveri (una donna e cinque uomini) e tre feriti <113>. La strage e l'atto di pirateria impressionarono gli stessi croati di Sebenico, sentendosi esposti agli agguati dei partigiani. L'opinione pubblica stigmatizzò i comunisti per la crudelcà dell'indiscriminato massacro, per l'inutile terrorismo a danno di civili, poiché il carabiniere che si trovava a bordo era solamente un fortuito passeggero .
•
Il massacro non poteva restare senza risposta, ed anche per rassicurare la popolazione, il comando italiano dispose il rastrellamento del quadrilatero Pirovazzo (Zlosela)-Mala Cista-Zaton-Vodizze <114>. (CARTINA N. J4). Il mattino del 24, il battaglione squadristi 'Vespri' ed una banda cetnica presero posizione sulle alture di Kovca, per impedire un prevedibile riflusso dei ribelli verso nord-est; il battaglione bersaglieri 'Zara' portato la sera prima via mare a Trebocconi ( = Tribunj), mosse da questa località rastrellando in direzione nord; il Il battaglione del 26° reggimento di fanteria (divisione 'Bergamo') da Mala Cista avanzò verso sud per prendere i ribelli tra due fuochi . II battaglione squadristi 'Tevere', dalla base di Stancovazzo ( = Stankovci), a causa della distanza non raggiunse tempestivamente le posizioni verso sud-ovest 1115i. Il battaglione 'Zara' agganciò i partigiani che gradatamente ripiegarono verso il costone del monte Sopalj , offrendo dura resistenza, su un terreno che si prest~va alla difesa. Verso mezzogiorno, i bersaglieri, attaccando alla baionetta e con lancio di bom be a mano, occuparono il bastione del Sopalj; tennero agganciato iJ nemico e, sempre combattendo, dopo un ' ora circa, conquiscavano la quota di Gradina. Verso le 14 prendevano contatto con gli elementi esploranti del U battaglione del 26° fanteria che stavano salendo sul rovescio delle posizioni ormai in possesso del battaglione 'Zara'. Caddero undici bersaglieri (due ufficiali, un sottu ffi ciale, otto soldati) e ventuno furono i feriti; il battaglione di fanteria ebbe due morti e tre feriti, ed il 'Tevere' tre feriti . I ribelli lasciarono sul terreno ottantatré morti, tra i quali sedici donne in abiti maschili, e cinque bambini utilizzati come rifornitori () 161 • Due mesi dopo, in una caverna sarebbero stati trovati gli scheletri di dieci partigiani, probabilmente deceduti a seguito delle ferite riportate in quel combattimento <117>. La situazione sulla terraferma, malgrado i continui rastrellamenti, rimaneva confusa, ed i servizi delle corriere sui tratti Zara-Spalato, ZaraChistagne, Sebenico-Chistagne, vennero ridotti ad una sola corsa giornaliera, con gli automezzi in colonna. Le altre linee, ad eccezione dei percorsi
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Zara-Nona, Spalato-Traù, Spalato-Stobrezio-Zernovizza, furono soppresse. Le autocorriere che collegavano i paesi situati oltre confine, non essendo possibile organizzare un servizio continuativo di protezione armata, furono autorizzate ad aggregarsi ai convogli militari, oppure viaggiavano a proprio rischio e pericolo 018 >. Il 20 luglio, dopo quello della moto-maona a Sebenico, si ebbe un altro atto di pirateria, questa volta nel porto di Zigovosée, a sud di Macarsca, quasi di fronte all'isola di Lèsina. Verso le 15.30, l'Jca, un piccolo piroscafo di 160 tonnellate, adibito al servizio di linea fra Macarsca, Stagno e Metcovich, stava attraccando alla -banchina. Improvvisamente, dalle case lungo la riva, uscirono una quarantina di ribelli e, aperto il fuoco contro il piroscafo, attaccar_o no con bombe a mano. Due gendarmi croati che si trovavano a bordo furono uccisi, e due passeggeri restarono feriti. Sotto la minaccia delle armi l'equipaggio e le altre persone vennero fatti sbarcare. I ribelli, impadronitisi del carico, dettero fuoco all' Jca, che affondò a circa centocinquanta metri dalla riva <119l . Due giorni dopo la torpediniera T5, al comando del capitano di fregata Nino Sauro, agì in rappresaglia, e con il cannQOe demolì o danneggiò buona parte delle case usate dai partigiani come base per l'agguato <120l. Di fronte a questo nuovo sistema di lotta, che insidiava il traffico marittimo, gli approdi dei servizi di linea furono limitati ai porti presidiati da truppe italiane, ed i motovelieri, nel tratto Baska Voda-Foci della Narenta, vennero fatti navigare in convoglio 021)_ La turbolenza si era estesa anche sull'isola della Brazza, dove «la quasi totalità dei coscritti militari [croati - n.d.a.] diventano renitenti, rifugiandosi nei boschi dell'isola stessa» (t 22J. Il 29 giugno, a Bo! (sud dell'isola) era stato ucciso il gendarme Antonio Jadrijevié ed un altro ferito; a Povia (=Povlja), sempre sull'isola, veniva soppresso il commerciante Stefano Dragicevié. Nella notte del 2 luglio, nelle acque di Postire (costa nord dell'isola), i ribelli avevano abbordato e catturato un veliero; a terra erano stati rapiti due giovani (Jakelié e Kovacié), una ragazza (Dinka Perajca) ed ucciso il negoziante Giovanni Rakola <123J. Nello stesso giorno i partigiani penetrarono nel paese di Praznica (zona centro orientale dell'isola). Circondarono l'edificio della scuola comunale adibito a caserma dei gendarmi e di un nucleo di domobranci, complessivamente non più d'una ventina d'uomini, che alla prima intimazione di resa consegnarono le armi e le munizioni, dandosi poi alla fuga . La scuola venne incendiata ed i partigiani se ne andarono indisturbati <124>_ Uno dei loro capi era Giovanni Biocina, nativo di Postire, arrestato già nel 194 I dalle autorità italiane per propaganda sovversiva, ma rilascia-
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to. In suo favore s'erano mossi i maggiori esponenti della comunità italiana dell'isola, poiché il padre del Biocina era stato uno dei capi più attivi dell'associazione irredentistica «Unione Dalmatica» che, sin dal periodo a1,1stro-ungarico, aveva lottato per l'annessione dell'isola all'Italia <125>_ Non sappiamo se sia stato per la tradizione irredentistica della famiglia, o per riconoscenza verso le autorità italiante che non lo avevano trattenuto in carcere, il Biocina, durante un concentramento a Postire (25 giugno 1942) di duecentocinquanta renitenti aveva posto alcuni di loro a guardia della Casa del Fascio, «per evitare che si recasse offesa all'Italia», ed il commissario civile d el posto, dotior Ruggero Tommaseo Ponzetta non • subì alcuna molestia <126>. Malgrado questo particolare atteggiamento del Biocina, che probabilmente avversava più i croati degl'italiani, le autorità militari di Spalato non erano tranquille poiché i ribelli, disarmando progressivamente i piccoli presìdi croati dell'isola, erano ormai in possesso d'un discreto numero di fucili e di alcune mitragliatrici, che costituivano un armamento superiore a quello dei pochi nuclei di finanzieri e di marinai italiani presenti sull'isola <121>. Durante il mese di giugno la situazione peggiorò anche sull'isola di Lèsina; la località di Bogomolje (nella parte orientale dell'isola) era stata attaccata per tre volte dai ribelli. L'ultima volta, penetrati nel paese, avevano saccheggiato il comune e s'erano impadroniti della dinamite custodita nel municipio per i lavori nelle cave di pietra. I gendarmi croati non erano intervenuti, limitandosi «a fare le constatazioni quando gli aggressori erano già lontani» <128>. In quei giorni, in località Salem di Cittavecchia (sempre sull'isola) venne ucdso Francesco Duzdevié <129>. Quasi p~r naturale reazione alla mancanza di sicurezza ed alla precarietà alimentare, tanto alla Brazza quanto a Lèsina - come riferiva il comando della ' Perugia' - fra la popolazione meno impegnata politicamente con gli ustascia o con i comunisti , serpeggiava «una corente [...]che vorrebbe che l'Italia si annettesse i luoghi suddetti» <130>. Per prevenire sorprese fu disposto il rastrellamento delle due isole. Il 9 luglio, su sette motovelieri, partì da Spalato il 130° reggimento di fanteria (divisione 'Perugia'), che prese terra a San Giovanni ( = Sutivan) ed a Postire sulla costa nord dell'isola, nonché sul lato meridionale a Bol c131l. L'operazione durò sino al 12, quando il reggimento s'imbarcò per Lèsina, dove, anche qui, nei tre giorni .successivi effettuò un rastrellamento, ma in tutti e due i casi senza alcun risultato o32J. Il Governo di Zagabria, pensò di trarre vantaggio da questa situazione, ed il 21 luglio, tramite il commissario generale amministrativo, dottor
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Vrancié, presentava a Supersloda un promemoria sulla scarsa sicurezza delle due-isole, e chiedendo al generale Roatta l'autorizzazione d'inviare sul posto «due compagnie ustascia [... ] allo scopo di intraprendere assieme alle truppe italiane i necessari rastrellamenti» <133>, Roatta, per ragioni preminentemente politiche, evitò un rifiuto, ma frustrò le intenzioni di Zagabria fissando come sede d'una compagnia la località di Segna ( = Senj), all'estremità nord del Canale della Morlacca di fronte all'isola di Veglia, e l'altra ad Almissa, ambedue sul mare ma non sulle isole <134>, Nonostante questa sostanziale limitazione, Pavelié stesso, telefonicamente, comunicava al nuovo capo della missione militare italiana a Zagabria, colonnello Gian Carlo Re, d'aver pronte due compagnie già istruite, ma prive di armamento, e che per non perdere tempo avrebbe utilizzato le armi in dotazione ad altri reparti; però ne chiedeva il reintegro ai comandi italiani. Il colonnello Re, sorpreso da questa non usuale rapidità di decisioni, e non molto persuaso da una presenza ustascia nelle zone del litorale - i comandi italiani sino a quel momento li avevano accuratamente esclusi cercò di prendere tempo, e rispose al Poglavnik che «autorizzazione data al dottor Vrancié era da considerarsi di massima poiché Eccellenza il Comandante [Roatta - n.d.a.] si riservava di disporre dopo aver regolate queste questioni militari con Commissario Militare» <135l. Risposta abile, poiché Zagabria non aveva ancora nominato il commissario. Contemporaneamente il capo della missione militare richiamava l'attenzione di Roatta, poiché «insistenza e prontezza con la quale Governo croato si dimostra pronto a provvedere invio compagnie ustascia in seconda zona et specie in zon a costiera>> stavano «a denotare un malcelato particolare interessamento per tali località anche tranquille da noi presidiate» <136'. Frattanto, quasi per dar ragione alle premure di Pavelié, conclusi i rastrellamenti, le condizjoni della Brazza e di Lèsina erano tornate quelle di prima, se non anche peggiorate. Il prefetto di Spalato, Paolo Zerbino, il 24 luglio segnalava a Roma che le due isole erano «praticamente passate in mano ai ribelli. Podestà capivilla et funzionari croati at seguito lettera minatoria hanno senz'altro abbandonato territorio» <137>. Secondo il prefetto si erano imposti «comunisti veri et propri collegati con elementi ribelli del continente residenti costa Makarska et penisola Sabbioncello et renitenti leva, ovvero quasi totalità giovani chiamati alle arrni dallo Stato Croato» o 3sJ. Zerbino faceva notare che «estrema facilità conquista isole et[ ... ] distribuzione viveri alle popolazioni prelevati mano armata da magazzini vari et fabbriche sardine» avevano «imbaldanzito bande partigiane» <139> delle località vicine. D'altro lato, gli scarsi nuclei d.i militari italiani (finanzieri, marinai di guardia ai fanali) non erano in grado d'intervenire, mentre
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i partigiani, «dimostrando senso politico et preciso calcolo forze, non hanno arrecato ai medesimi molestia alcuna» <• 40l , In altre parole confermava il particolare atteggiamento del Biocina. Ma se il dottor Vrancié insisteva per l'invio delle compagnie ustascia, il prefetto Zerbino sollecitava «intervento nostre forze armate con relativi poteri civili» o41l. Il generale Armellini, informato dallo stesso prefetto del telegramma inviato a Roma, avvertì Supersloda che «situazione Brazza est nota et delicata», ma «non est così tragica quanto viene descritta» <142l. Invece chiamò in causa i comandi superiori facendo osservare che «senza truppe sufficienti bisogna adattarsi e fare quello che si può» Ct 43l, A suo giudizio, l'unica • possibile era lo «spostamento reparto granatieri da isole interne soluzione [quelle prossime alla costa - n.d. a] ad isole esterne» <144l, però con la previsione di <<nuove proteste da parte Governo [della Dalmazia - n.d.a.] che non saprò come tacitare per indisponibilità destinare altri reparti a presidio · isole» <145>.
Le complicazioni, invece, arrivarono da Roma con un richiamo. Il 27 luglio, lo Stato Maggiore dell'esercito faceva presente a Supersloda che, secondo fonti fiduciarie, la situazione sulle isole della Brazza e di Lèsina «era molto grave»; che i «ribelli sarebbero praticamente padroni dette isole et nostri presìdi insufficienti fronteggiare situazione». Rilevava che «queste notizie contrastano con quanto segnalato in vostro notiziario settimanale n. 14, pagina 5, et in bollettino giornaliero n. 126», per concludere con un «pregasi confermare et precisare attuale situazione» 046l. Mentre il problema di Lèsina e della Brazza investiva le sfere di Zagabria, di Supersloda, e di Roma, la presenza dei partigiani si fece sentire anche sulle isole di fronte a Zara. Quell'equilibrata intesa, che da oltre un anno si era stabilita tra la popolazione e le autorità italiane, si stava rompendo. Il motivo remoto, ma assolutamente incolpevole del cambiamento, può farsi risalire ad un'ordinanza di Bastianini dell'ottobre 1941 <141>, con la quale il Governatore aveva reso obbligatorio l'ammasso dell'olio, come lo era nelle altre province del Regno. Ogni produttore poteva trattenere dodici litri per ciascuna persona di famiglia 0 48 >, e quello conferito - secondo il grado di acidità - veniva pagato da 1300 e 1550 lire al quintale (149). Causa prossima, fu l'altra ordinanza (7 giugno 1942) con la quale Bastianini dava tempo, a coloro che avevano abbandonato ii luogo di residenza per unirsi ai ribelli, di rientrare alle case entro il 22 giugno (termine prorogato al 28 dello stesso mese), garantendo la impunità cisoJ. Ma, se catturati dopo tale data, sarebbero stati passibili della pena di morte ed i
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familiari considerati ostaggi, con l'obbligo di non abbandonare il luogo di residenza pena la fucilazione. Analogamente era comminata la pena di morte per coloro che avessero dato ricetto o aiuto ai latitanti 0 51l. Però, imponendo ai familiari di restare nelle case, non si raggiunse lo scopo d'isolare i partigiani, poiché furono gli stessi latitanti a recarsi presso le famiglie e rifornirsi, specialmente di viveri. Per tagliare le basi di sostentamento non restava che internare i componenti delle singole famiglie. Ma anche questo provvedimento, come avrebbe osservato il comando del XVIII Corpo d'armata, si dimostrò «inutile, in quanto, essendo ad esse [famiglie - n.d.a.] assicurate condizioni di vita migliori di quelle nelle quali si trovavano, l'esodo dei fuggiaschi non viene per questo frenato» 0 52>. Nell'estate del 1942, l'isola di Eso (18,2 km quadrati), nel Canale di Mezzo, fra l'isola Lunga (o Grossa) e l'isola di Ugliano, a sud-ovest di Zara, aveva una popolazione di circa 2500 abitanti, prevalentemente raccolti nei villaggi di Eso Grande, verso nord, ed Eso Piccolo a meridione Cl 53l_ Sin dall'estate precedente, come accertato dai carabinieri del posto, alcuni giovani avevano abbandonato l'isola per unirsi ai partigiani sulla terraferma. Con la primavera del 1942, le fughe si erano intensificate, ed il brigadiere Salvatore Scilleri, comandante la stazione, in esecuzione dell'ordinanza di Bastianini, il 20 luglio procedette all'internamento sull'isola di Melàda di centodieci familiari di ventisette latitanti <154l_ Molto probabilmente questo provvedimento fu l'innesco di quanto accadde sei giorni dopo. Sull'isola, il raccolto delle olive era stato buono, e l'olio regolarmente conferito. Incaricato dal 'Consorzio Provinciale tra i produttori dell'agricoltura' <155> il dottor Angelo Languasco, con due finanzieri, passava d'isola in isola per ritirare l'olio. Il 26, con la motobarca Sofia (20 tonnellate), sbarcò ad Eso Grande. Recatosi ad Eso Piccolo, dov'era il magazzino, dovette constatare che l'olio era sparito, e distrutte le cisterne di pietra che lo contenevano <156l. Il brigadiere Scilleri, con i sette carabinieri della stazione, radunò gli abitanti del paese cercando d'individuare i responsabili. Visto il compatto muro di silenzio, fermò le persone più sospette, circa una ventina, comprese alcune donne <157>, e le imbarcò sulla motobarca Sofia per tradurle a Zara. Sull'imbarcazione salirono il brigadiere con tre carabinieri, i due finanzieri, il dottor Languasco, ed il maestro Beniamino Perego, insegnante ad Eso, con la madre ottantenne, diretti a Milano per le ferie <158>. Non appena staccati dalla riva <159> i fermati, che non erano stati ammanettati, aggredirono i carabinieri e le guardie di finanza. I militari, seppure colti di sorpresa, si difesero con le armi - uno dei ribelli rimase ucciso e sette feriti <160> - ma vennero sopraffati. Il brigadiere Scilleri, il maestro
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Perego e la madre furono uccisi; il dottor Languasco ed i carabinieri Boldono e Sassaroli buttati a mare perirono annegati; feriti il vice-brigadiere Rizzo ed il finanziere Nino 060 • I rivoltosi, ripreso terra, uccisero tre contadini di sentimenti italiiani, e cercarono d'impadronirsi delle armi custodite nella caserma dei carabinieri 062>. Subito dopo, prevedendo una reazione da parte italiana si rifugiarono sulla vidna isola di Rava con gran parte della popolazione di Eso Piccolo. Da qui, un gruppo passò sull'Isola Lunga dove, nella notte, a Sale ed a Bosava furono assaltate, ma senza successo, le clt?;erme dei carabinieri 063>. La notizia del massacro giunse a Zara quello stesso 26 luglio 0 64l, ed il genetale Ruggero Cassata, comandante le 'Truppe', dispose l'invio ad Eso d'una compagnia di soldati al comando del capitano Roberto Concina, oltre a venti carabinieri con il tenente Renzo Ricciotti. Gli ordini erano: «rastrellare l'isola, specialmente gli abitanti di Eso Piccolo, e boschi circostanti per liberarla da tutti gli elementi ribelli. Contro le famiglie dei ribelli assenti devono esser prese severe misure di rappresaglia; le donne ed i bambini saranno arrestati; gli averi distrutti» (165l. Soldati e carabinieri s'imbarcarono sulla torpediniera Giovannini, mentre con il P.P.R. 138 (piro-peschereccio requisito) partirono altri centodieci militari per rinforzare i presìdi dell'isola (166)_ La Giovannini, nel primo mattino del 27, raggiunse l'isola ed i soldati, sbarcati ad Eso Grande, procedettero al rastrellamento in direzione di Eso Piccolo, che venne trovata quasi deserta. Le ricerche proseguirono il giorno successivo, e furono estese all'isola di Rava, agli adiacenti approdi dell'isola Lunga. A Rava vennero trovati trecentotrentatré fuggiaschi 0 67l, che furono riportati ad Eso Piccolo ed interrogati. Il 29 venne costituito il tribunale di guerra. Accertate le responsabilità furono pronunciate sette sentenze di morte, subito eseguite alla presenza della popolazione (168' . Trecentosessantuno fra uomini donne e bambini, cioè i familiari dei latitanti, vennero internati a Melàda <169>; le case degli assenti bruciate. Le autorità italiane, constatando che circa duecentocinquanta abitanti di Eso Piccolo mancavano all'appello, posero il blocco alle isole di fronte a Zara, ed il 1° agosto ebbe luogo un nuovo rastrellamento di Eso e dell'Isola Lunga, ma nessun latitante venne rintracciato <110l . Il 3 agosto, il comando 'Truppe Zara' dispose un'ulteriore ricerca sull'isola Lunga, impiegando due compagnie del battaglione 'Zara', e due bande anticomuniste del Governo della Dalmazia 071) _ Nella parie meridionale dell'isola, ad est di Guardia Grande ( = Vela Strafa - quota 338), fu trovato un accampamento con quarantotto persone, fra questi trentacinque familiari di assenti che vennero internati <112>. Il 16, furono rastrellate l'isola di Zut, a sud-est
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dell'isola Lunga, dove alcune perone vennero fermate per accertamenti, e l'isola Incoronata ( = Kornat) cm,. Nel complesso, le operazioni non dettero risultati apprezzabili, e nessuno dei rivoltosi di Eso Piccolo fu catturato. Erano riusciti a sfuggire tenendosi nascosti per una quarantina di giorni fra gli anfratti dell'isola Lunga; quindi passarono sull'Incoronata e, successivamente, sulla terraferma fra Stretto e Trebocconi (l74J. Aiutati dai comunisti del posto, proseguirono per la Lika dove, «con decisione del Comitato circoscrizionale del P. C . della Dalmazia settentrionale, con i neo-sopraggiunti di Eso fu costituito un battaglione partigiano che ebbe per comandante Sime lvas e per commissario Zdravko Bego» cm>. L'OPERAZIONE 'ALBIA' E L' IMPIEGO DEI BATTAGLIONI CETNICI Il 5 agosto, nel diario storico di Supersloda veniva annotato che il «vuoto creato a seguito dello sgombero delle nostre truppe dalla 2 3 e 3a zona, non colmato dalle truppe croate, va riempiendosi di formazioni partigiane» <116>. I ribelli, ovviamente, stavano sfruttand~ il vantaggio offerto da un territorio rimasto senza controllo, raggruppandosi in formazioni sempre più consistenti , mentre la loro propaganda traeva nuova efficacia dal ripiegamento delle guarnigioni italiane, sbandierato come una vittoria comunista <177>. In quelle settimane d'agosto, il movimento partigiano si rafforzò anche per una serie di successi ottenuti contro reparti croati che avevano sostituito i presì<li italiani. La conquista di centri come Livno e Tomislavgrad (oggi Duvno) da parte dei partigiani era grave, ma più grave ancora il fatto che i ribelli avevano trovato notevoli quantità di armi che i croati non si erano preoccupati di rendere inservibili. Da queste località, i partigiani cominciarono a gravitare verso sudovest, ed. a metà agosto il Quartier Generale del Poglavnik informava i comandi italiani che si stava preparando una «forte. pressione ribelli armati con cannoni e lanciabombe in direzione Imotski e Posusje [sulla strada !moschi-Mostar - n.d.a.], con evidente intenzione puntare poi sulla costa>> <118'. Valutava la situazione molto preoccupante» <179>, poiché le forze croate poste a presidio di quei centri erano poco consistenti, e dotate soltanto di armi leggere. La situazione sulla terraferma e l'attività comunista sulle isole vennero analizzate dai comandi italiani, e le conclusioni non furono tranquillizzanti. Appariva probabile «che fosse intendimento <lei forti gruppi di ribelli della zona Tomislavgrad-Livno e Glamoé spingersi verso il Biokovo [ = Monti Albi, alle spalle di Macarsca - n.d.a.] per effettuare il congiungimen-
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to con le bande colà operanti e rompere così la continuità della nostra occupazione costiera» 0 80l. Secondo la valutazione, «le formazioni partigiane locali [zona della divisione ' Bergamo' - n.d.a.] , rinforzate da robusti ed aggressivi contingenti montenegrini, avevano iniziata la spinta verso est [recte: ovest] per realizzare una manovra che, travolgendo i nostri presìdi di Imotski e Zadvarje, avrebbe dovuto permetter loro di unirsi alle formazioni del Biokovo e del Mosor [ ;: Monti Aurei - n.d.a.] e quindi di procedere all'occupazione di un buon tratto della costa comprendente i centri quali Makarska ed Almissa; con l' appoggio delle bande operanti nelle isole antistanti avrebbero così in quella zona anche il controllo del mare» (181l. Queste intenzioni attribuite ai partigiani sembravano trovare conferma nel• la «informazione secondo la quale essi avrebbero ricevuto ordini da Londra di costituire un fronte sulla costa dalmata» <182l, e nella presenza a Livno «dei capi più importanti del movimento partigiano (Mose Pijade, Arsa Jovanovié, Tito)» c183l che sembrava sottolineare l'importanza di quest'azione per i comunisti. A metà agosto, le formazioni partigiane - dall'interno verso la costa - risultavano addensate su tre linee: la più interna da Glamoc a Livno ed a Tomislavgrad (Duvno); la intermedia Arfano-Imotski, a circa venti chilometri dalla precedente; la terza a ridosso della costa nella zona dei Monti Albi (sud-est di Spalato), strapiombanti sul mare (CARTINA N.15). Fra le tre linee, deboli reparti croati e qualche presidio italiano. Nel quadro generale non andava trascurata la presenza di ribelli sulle isole - il 30 luglio era stato assalito e saccheggiato il municipio di Cittavecchia sull'isola di Lèsina (tS4 l - e la sempre più frequente comparsa di sommergibili inglesi in Adriatico . Ai primi di aprile , secondo informazioni attendibili, due sottomarini avrebbero sbarcato sull'isola di Lèsina centosessanta fucili con relative munizioni; presso Punta Planca, il piroscafo Borsini era stato attaccato con due siluri ma senza danni (185>. Il 26 dello stesso mese, un sommergibile era stato avvistato a cinque miglia da Trieste 086>. Alcuni giorni dopo, nuovo avvistamento a Punta Peneda (Isola Brioni), ed il traffico marittimo a nord dell'allineamento Punte Bianche (Zara) - Ancona venne sospeso <181). Altre voci riferivano insistentemente che sull'isola della Brazza erano state sbarcate armi e munizioni 088l. Il 3 agosto, all'altezza di Punta Planca, fra Spalato e Sebenico, il piroscafo Pluto fu attaccato con due siluri, ma uno finì in Val Losizza ( = Lozica) senza esplodere e l'altro affondò 089>. Il 16 agosto, un sommergibile veniva segnalato «nella zona compresa fra Punta Planca e l'isola di Zuri, nascondendosi di notte nel gruppo di isolotti del-· l'Incoronata, le cui coste sono completamente deserte» 0 90>.
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(scala 1:200,000) Operazione 'Albia' - Fase prelimina re: 11-27 agosto 1942, Fase finale: primo tempo 28-30 agosto; secondo tempo 1-2 settembre.
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li VI Corpo d'armata, frattanto, avvertiva un «frequente lancio di paracadutisti [in Bosnia - n.d.a.] con probabili attribuzioni organizzative e propagandistiche». Il 28 luglio vi era stato un lancio nella zona di Grabovica (Nevesinje), ed il battaglione cetnico 'Bosniaco' sorprese «uno dei paracadutisti che, avendo fatto fuoco sugli anticomunisti all'intimazione di resa» (191), era stato ucciso. «Il paracadutista, che vestiva divisa militare color kaki e portava bustina militare con distintivo e dicitura Royal Corps of Signa/, non aveva documenti di riconoscimento 092>, pochi oggetti personali» <193>, era armato con una pistola a tamburo, un moschetto automatico, ed aveva una limitata somma di denaro in dollari e sterline oro. Fu «sepolto nel eimitero di fojnica, dopo che alla salma erano stati resi gli onori militari» <194>, Sulla croce, in mancanza del nome, venne posta l'indicazione del reparto di appartenenza. Il 12 agosto giungeva notizia d'un lancio di munizioni per fucili mitragliatori e mitragliatrici, oltre a materiali vari, nella zona di Piva (confini del Montenegro) <• 95>, Dal complesso di questi elementi i comandi italiani dedussero che «l'aumentata attività inglese» fosse da porsi «in relazione alla creazione di un 'secondo fronte balcanico' nel tentativo di far agire, contro le forze italiane, le bande cetniche indipendenti di Mihajlovié» <196>.
L'anello più importante del probabile piano comunista appariva l'addensamento delle ba~de sul massiccio dei Monti Albi, e fu deciso di colpire i partigiani in questa zona. L'operazione denominata 'Albia' al comando del generale Dalmazzo, risultò la più impegnativa tra quelle compiute in Dalmazia, sia per il numero degli uomini e dei mezzi impiegati, sia per i risultati, sia perché i cetnici furono posti in grado di dimostrare l'importanza che poteva avere il loro apporto. Del XVIII Corpo d'armata presero parte all'operazione la divisione ' Bergamo' ed un battaglione della 'Sassari'; del VI Corpo d'armata la divisione 'Messina', il 4° reggimento bersaglieri, reparti carri 'L' del raggruppamento 'San Marco', autoblindo, artiglieria con i rispettivi comandi, e servizi. Agli ordini del maggiore Enrico De Matteis furono impiegati anche i battaglioni cetnici 'Stolac', 'Nevesinje', 'Bosniaco'. L'aviazione di base a Mostar ed a Zemonico (Zara), appoggiò l'operazione; la marina, per impedire collegamenti fra la terraferma e le isole, impiegò le torpediniere T5 e T6 oltre ad alcuni natanti armati. Il generale Dal mazzo pose il comando sulla torpediniera Giovannini <19'7J. Il piano prevedeva il rastrellamento di un rettangolo di circa sessanta chilometri per tredici, delimitato a sud dal corso della Narenta (da Metcovich alla foce), ed a nord dall'allineamento Ba~ka Voda, sulla costa, a Zagvozd nell'interno. Il terreno aveva come ossatura la «aspra e iormentata catena dei monti Albi (Biokovo) che si prolunga verso sud-est fino alle
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foci della Narenta nei monti dell'Alto Litorale (G. Primorje), raggiungendo nel monte S. Giorgio (Sv. Jure) quota 1762 [... ]. La zona degli Albi e quella dell'Alto Litorale sono impervie: le comunicazioni rotabili sono periferiche ai due massicci» o9s}. Questi formano «un'altipiano brullo, carsico, tormentatissimo, costituito da un'insieme di vaste doline avendo spesso nel fondo profonde caverne; disabitato data la natura rocciosa del terreno, la mancanza d'acqua e di ogni vegetazione» <199J, Il massiccio degli Albi, battuto dai venti, inferno d'estate e ghiacciaia d'inverno, con una linea di cresta sui 1500 metri, scoscende su una ristrettissima fascia costiera, che da nord-ovest a sud-est va dalla zona di Breia sino all'unica rotabile trasversale Podgora-Kosica. Dopo la .rotabile, i rilievi sempre paralleli alla costa degradano sino alle foci della Narenta. Il 12 agosto, il generale Umberto Spigo (quattro giorni prima aveva sostituito nel comando del XVIII Corpo d'armata il generale Armellini) scriveva a Supersloda che, «indipendentemente dai risultati diretti che sulle forze ribelli si otterranno con la progettata operazione nella zona del Biokovo e nella zona costiera tra Makarska e Gradac», gli sembrava «necessario con essa conseguire almeno il risultato di rendere inabitabile la zona per i ribelli e inutilizzabili tutte le sue risorse» <200>. Chiedeva l'autorizzazione di distruggere le case, i villaggi, compresi quelli del litorale e d'internare la popolazione. Roatta non condivise la richiesta, ed in calce alla lettera di Spigo annotò: «non si può fare tutto questo. Parlato col capo di S.M. [probabilmente del XVIII Corpo d'armata - n.d.a.]; distruzioni limitate solo alle case dalle quali partono offese contro di noi ed a quelle appartenenti ai ribelli» <201>. In ogni caso, anche le disposizioni di Roatta avrebbero trovato limitata applicazione per la stessa natura desertica dei monti Albi dove, tra balze ed anfratti vivevano quasi esclusivament~ formazioni comuniste, che «da qualche mese [... } si erano ammassate [... ] scendendo ai margini per ragioni di vita, approfittando della connivenza delle popolazioni, e per ritirarsi sul massiccio qualora costrette a combattere». «Tale massiccio costituiva il ridotto centrale partigiano, organizzato con posti di comando, magazzini, viveri, infermerie etc. ed era ritenuto [ ... ] inaccessibile per la quasi assoluta mancanza di vie di comunicazione e per la protezione costituita da baluardi rocciosi» <202>. I notevoli apprestamenti denunciavano le intenzioni dei partigiani <<di trascorrere l'inverno nella zona; di minacciare il piccolo traffico marittimo del litorale di Macarsca; di costituire un appoggio per le formazioni partigiane occupanti la zona Livno-Tomislavgrad che, una volta riunite a quelle del Biokovo, avrebbero tagliato le nostre forze [italiane - n.d.a.] in due parti; di affacciarsi ai mare data la vicinanza
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del litorale che avrebbe potuto permettere facili collegamenti con le isole antistanti e con le località della fascia costiera, e con i mezzi di rifornimento marittimi del nemico» <203l.
*** L'operazione 'Albia' iniziò con un rastrellamento preliminare delle zone che sarebbero divenute le retrovie delle truppe avanzanti sugli Albi, in modo da prevenire azioni di disturbo ai rifornimenti ed agli sgomberi. Questa fase impegnò la divisione 'Messina' da 12 al 27 agosto, e la 'Bergamo' dal!' 11 al 26. La conclusiva azione concentrica, con la partecipa:lione di tutte le forze si svolse dal 28 agosto al 2 settembre. L'a divisione 'Messina' iniziò il movimento dalle foci della Narenta· verso nord-ovest, rastrellando le zone di Slivno-Ravno (12/13 agosto), Desne (14/19 agosto), Vergorac e Gradac (20/21 agosto), nord di Gradac ed Umcani (22/26 agosto), ed il mattimo del 27 si attestò sulla prevista linea da Zaostrog (al mare) sino a Vergorac nell'interno <204) . Nello stesso tempo, a nord, la divisione 'Bergamo' fu impegnata nella zona di Arzanolmoschi, ed il 20 entrò a Prolazac (nord-ovest di !moschi), occupata dai partigiani il giorno prima dopo aver sopraffatto il presidio croato ciosJ; rastrellò le zone di Lovrec e Provo (20 agosto), di Posusje (21 agosto) <206l, di Studenci (22 agosto). Nello stesso giorno occupava A;fano <201>, ed il 23 rastrellava la zona di Krstatice (sud-ovest di !moschi) ciosi. Nelle quarantotto ore successive il 25ò reggimento di fanteria, articolato su due colonne, effettuò una profonda ricognizione offensiva da Arzano verso Livno, e da Studenci oltre !moschi. Con questi movimenti venne scompaginata la seconda linea dei partigiani e fu assicurato il necessario margine di sicurezza alle spalle dei reparti italiani . Il 26, parte della divisione 'Bergamo' si attestò a Zagvozd, e parte lungo la costa da Baska Voda a Macarsca. Il 28, i reparti che si trovavano a Zagvozd iniziarono la scalata degli Albi, e sostennero un violentissimo scontro con i partigiani . Perdettero quattordici uomini, ma riuscirono prendere posizione lungo l'allineamento Passo Turje-Sant'Elia ( = Sveti Ilìja) <209l. Per la 'Bergamo', «da questa linea di sbarramento aveva inizio la fase conclusiva dell'operazione 'Albia' , che portava all'accerchiamento delle formazioni partigiane, insaccate su quello stesso terreno, accuratamente predisposto a difesa, che esse stesse consideravano imprendibile>> <2 10>. A sud, la 'Messina' aveva proseguito la sua metodica avanzata, e si era schierata, dall'interno verso il mare, lungo la linea Ravca, Vranocié (quota 486), Plana (quota 564), quota 622 e Drvenik <2 11 >. Sul mare, i mezzi della Marina incrociavano lungo la costa per impedire ai partigiani il collegamento con le isole, e per sostenere con le artiglierie di bordo i movimenti dei reparti che avanzavano sugli Albi. Il 27 ago-
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CARTINA N. 16
Operazione 'Albia' - Fase finale, primo tempo, 28-30 agosto 1942.
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sto, la torpediniera T5 centrava un deposito di munizioni occultato in «una caverna la cui imboccatura appariva protetta da opere in cemento»; lo «schermo veniva demolito e nell'interno si producevano scoppi e denso fumo» C212i. Le truppe italiane, intanto, oltre alle continue asperità naturali, stavano superando numerose e consistenti interruzioni lungo le poche mulattiere, fatte saltare per larghi tratti oppure ostruite con massi, e neutralizzavano i «vari apprestamenti [... ] costituiti da piazzole per fucilieri e per armi automatiche, fortini e osservatori» (213J. Il 28 agosto iniziò la fase conclusiva dell'operazione (CARTINA N. 16) che, per grandi linee si svolse con l'avanzata della divisione 'Messina' da sud-ov~st, creando uno sbarramento dal'bivio di Rodié (nell'interno) sino a Zigovosée (al mare), passando per Brikva e Kolovrat. Spingendo avanti le punte lungo costa prese contatto con la 'Bergamo' nella zona di !grane. La 'Bergamo', dopo una puntata offensiva da Macarsca lungo la rotabile Podgora-Sant'Eliia, fra il 29 ed il 30 agosto riportò questi reparti verso nord (a Baska Voda) per impedire il deflusso dei ribelli incalzati da tre battaglioni anticomunisti che il generale Dalmazzo, a sorpresa, aveva buttato da oriente sul fianco delle forze comuniste. I battaglioni della M. V.A.C. travolsero i partigiani attestati in località Zakuéje-Kotivo (29 agosto) e, in successione, il loro ammassamento sul Mali Vrh infliggendo pesanti perdite. I ribelli, per non farsi aggirare si spostarono verso nordovest e, sul 30, per allegerire la pressione, attaccarono il battaglione 'Stolac' ma i partigiani vennero annientati. Il 30, la M. V.A.e. persistette nella azione, ed «il nemico attaccato dall'inesorabile azione delle forze anticomuniste, si annidava fra le rocce e le caverne, e reagiva con furore, disperatamente, tentando di resistere, ma dopo breve lotta rompeva terrorizzato in fuga disordinata, abbandonando sul terreno morti e feriti» <214J. I comunisti erano rimasti sorpresi dall;intervento delle formazioni della M.V.A.C., anche perché l'impiego di queste unità - come avrebbe scritto il generale Dalmazzo - «era stato tenuto scrupolosamente segreto (non erano state nominate neppure nell'ordine di operazione); la loro mobilitazione avvenuta in zona (Stolac, Nevesinje, Gacko) lontana da quella d'impiego, all'ultimo momento (giorno 27 agosto); il loro autotrasporto in zona d'impiego è avvenuto la notte precedente la loro entrta in azione» <2 15>. Il 31 agosto le truppe sostarono, ed il generale Dalmazzo predispose uomini e mezzi per l'attacco contro i partigiani arroccati sul Monte San Giorgio. Il 1° settembre, dopo una preparazione d'artiglieria terrestre e navale, durata dalle sette alle dieci del mattino, e continue azioni di spezzonamento aereo, i soldati e le formazioni antipartigiane, con azione concentrica mossero all'attacco. «L'avversario era scovato anche in questa
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C ART INA N. 17
Operazione 'Albia' - Fase finale, secondo tempo, 1-2 settembre 1942.
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difficile, impervia zona e sanguinosamente battuto» <2 t6>. Il 2 settembre, lungo tutte le direttrici, si sviluppò un energico rastrellamento, e l'aviazione incalzò i pochi nuclei sfuggiti ~ll'accerchiamento (CARTINA N. 17). L'operazione 'Albia', basata sulla manovra e sulla celerità, nonostante il terreno decisamente impervio, fu positiva. Il comandante di Supersloda fece pervenire il proprio elogio non solamente agli ufficiali, ai sottufficiali ed ai soldati italiani, ma anche alle formazioni cetniche l211' , che furono ulteriormente citate nell'ordine del giorno emanato dal generale Dalmazzo <218'. L'operazione fece notizia sulla stampa italiana, - una delle poche se non l'unica dal fronte balcanico - ma la Stefani, con il comunicato dei 6 settembre, informava che le azioni erano state condotte, oltre che da unità dell'esercito italiano e da formazioni della M.V.A.C., anche da reparti dell'esercito croato <219>. Il corrispondente dell'Agenzia, nel telegrafare da Zagabria il servizio, aveva ripreso, senza alcun controllo, il comunicato n. 8 del Quartier Generale del Poglavnik, dove era detto che su «informazioni del Comando Superiore della FF.AA. della Slovenia-Dalmazia» le operazioni «sono state eseguite da G.U. [grandi unità - n.d.a.J dell' Esercito italiano, nonché da reparti dell'Esercito croato e da formazioni anticomuniste» <220>. Con sottile ironia, il generale Dalmazzo telegrafò a Supersloda d'esser «rimasto lietamente sorpreso di apprendere 1a bella vittoria riportata sul Biokovo dalle truppe croate in cooperazione con truppe italiane [... J come da comunicato diramato ieri a Zagabria e radiotrasmesso da nostro giornale radio ore 20» <221 >. A parte questi accaparramenti propagandistici, i risultati dell'opera7ione 'AJbia' erano stati notevoli: le perdite del nemico ammontarono a milleou o morti contati sul terreno l222l, fra i quali i comandanti della 2 a brigata proktaria e di due battaglioni; furono catturate armi, munizioni, esplosivi, archivi e materiale vario. Ma .anche da parte italiana le perdite non erano state trascurabili. La 'Bergamo' aveva avuto trentun caduti (compresi quattro ufficiali), ottantun soldati e sei ufficiali feriti ; la 'Messina' un morto e quattro feriti; le formazioni cetniche trentotto morti, trentanove feriti e cinquanta dispersi <223>. Complessivamente erano stati posti fuori combattimento centoventicinque italiani e centoventisette anticomunisti.
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Mentre era in corso l'operazione ' Albia', i partigiani avevano ceracato d'operare contro le retrovie della 'Messina'. Nottetempo gruppi ribelli, che provenivano dalla penisola di Sabbioncello, avevano attraversato il braccio di mare su alcune barche prendendo terra nella zona di Slivno-Ravno; loro obiettivo la distruzione del ponte di Bili Vir ma, intercettati dai soldati italiani, erano stati eliminati <224>_
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Sul piano militare si trattava d'una azione di 'disturbo', senza particolari caratteri di pericolosità, però attrasse l'attenzione del comandante del VI Corpo d'armata sulla penisola di Sabbioncello. Le stesse caratteristiche orografiche di questo lungo braccio di terra, il suo andamento progressivamente divergent~ dalla costa, davano da pensare. La penisola lunga 71 chilometri, percorsa longitudinalmente da due catene parallele di colline (fra i 600 e 700 metri), larga in media sui cinque chilometri, con una superficie di 389 chilometri quadrati - costituiva una zona eccentrica rispetto ai normali movimenti dei reparti italiani, offrendo un comodo rifugio ai ribelli. Per di più, verso l'estremità occidentale, la penisola è separata da un canale largo neppure un miglio dall'isola di Cùrzola, che a sua volta, si protende nell'Adriatico per un altra quarantina di chilometri. In tal modo il sistema 'penisola + isola' forma un braccio di oltre cento chilometri, proteso verso il mare aperto con un andamento quasi semicircolare; ideale per collegamenti fra sommergibili inglesi e partigiani sulla costa. II generale Dalmazzo dispose che la 'Messina', conclusa l'operazione 'Albia', prima di rientrare alle proprie basi, eseguisse un accurato rastrellamento della penisola. L'operazione, denominata 'Renia' si svolse dal 15 al 22 settembre, con l'impiego di circa quattromila uomini, l'appoggio di alcuni mezzi della Marina e l'intervento dell'aviazione. In pratica si risolse in una esercitazione logistica, poiché dal punto di vista operativo i risultati furono insignificanti. I partigiani erano scomparsi. Vennero controllati gli abitanti dei villaggi; fu fermato un centinaio di persone per accertamenti; bruciate le case dei ribelli latitanti <225 >. A Sabbioncello, conclusa l'operazione 'Renia', rimasero alcune squadre di finazieri italiani con qualche scarso reparto di domobranci. Naturalmente, dopo un paio di settimane i partigiani erano già tornati, ed a Janjina attaccarono, senza successo, la caserma della guardia di finanza; nel paese uccisero il medico condotto ed altre due persone <226>. La presenza sempre più organizzata di nuclei comunisti, lungo quel sistema 'penisola + isola', avrebbe imposto ai comandi italiani altri rastrellamenti.
LE CONSEGUENZE DELL'OPERAZIONE 'ALBIA' Il generale Dalmazzo, nella sua relazione sull'operazione 'Albia', pose in evidenza che, se i risultati numerici erano stati ragguardevoli, quelli «morali, sono forse superiori, poiché in tutte le zone circostanti si è sparsa !a eco della energica repressione, che rimane come una s~cca dimostrazione della nostra capacità di stroncare i partigiani e come una permanente mi-
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nacciosa ammonizione per i 'tiepidi' (e tiepide sono appunto le popolazioni, che formano la base logistica necessaria per i ribelli e ne tengono celati · i movimenti e le intezioni per paura ed omertà» <221>. Gli abitanti delle zone di !moschi, di Macarsca, di Zadvarje e degli altri paesi erano tornati alle abitazioni; la minaccia di un cuneo partigiano sino al mare appariva annullata; la propaganda comunista denunciava una battuta d'arresto <228l. Ma l'operazione 'Albia' ebbe anche altre conseguenze: il Governo di Zagabria, proprio nel momento in cui le formazioni cetniche stavano dimostrando la loro capacità combattiva, avrebbe insistito per ottenerne lo scio~limento, nel timore che i cetnici, consapevoli della loro capacità combattiva, ··potessero rivolgersi contro lo Stato croato. Da parte italiana tornan;mo a manifestarsi disparità di valutazioni, fra il ministero degli affari este'ri e Supersloda, sull'opportunità d'un ulteriore potenziamento delle formazioni anticomuniste. Altre divergenze sarebbero affiorate fra gl'impegni che Roatta avrebbe assunto con le autorità croate in merito all'impiego dei cetnici e l'organizzazione che sarebbe stata loro data dai singoli comandi italiani. Ma, dovendo escludere un'autonomia dei corpi d'armata e delle divisioni rispetto a Supersloda, questa contraddizione non può non essere ascritta al 'duplice binario' sul quale Roatta doveva muoversi di fronte all'esigenze della politica di Roma non sempre coincidente con l'interesse militare. Neppure un mese dopo l'accordo di Zagabria, il console Vittorio Castellani informava il ministero degli affari esteri di aver «ritenuto opportuno, in una conversazione confidenziale, richiamare l'attenzione del Capo di S.M. dell'Armata [generale Ettore De Blasio - n.d.a.] sulla necessità di usare la massima cautela nell'arruolamento ed armamento delle bande cetniche» <2.29). Pur mostrando d'apprezzare queste formazioni per le loro capacità combattive, per 1:. lealtà verso i comandi italiani, Castellani aveva esortato il generale De Blasio a non «dimenticare» che le bande cetniche «erano composte in genere di gente che - per interessi personali, per tradizioni nazionali, per aspirazioni politiche - sono l'espressione esacerbata di quel panslavismo che rappresenterà sempre il maggior ostacolo per l'espansione italiana nei Balcani» <230>. Profondamente devoti alla decaduta monarchia, erano «tutta gente che, nel proprio animo, desidera la sconfitta dell'Asse; e in fondo è umano e logico che sia così» <231>. Al conso.le, quindi, appariva 'ingenuo' che i comandi italiani facessero tanto affidamento sui cetnici, quando vi era la prospettiva «di veder domani impiegate contro di noi le armi che ora diamo loro» <232>. Secondo Castellani, il generale, pur condividendo il valore di queste osservazioni, aveva escìuso la possibilità d'un loro voltafaccia, almeno sino
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a quando le operazioni in Russia fossero state favorevoli all' Asse. De Blasio, per rassicurare Castellani che i comandi italiani si rendevano conto di questi pericoli, lo informò che le armi consegnate agli anticomunisti erano di preda bellica francese. Con questo sistema si aveva il controllo dei cetnici, poiché erano obbligati a rivolgersi unicamente ai presidi italiani per il munizionamento. Inoltre, presso ogni formazione sarebbe stato distaccato almeno un ufficiale italiano, pur se non era agevole trovare elementi idonei, dato che pochi conoscevano con una certa padronanza la lingua serbo-croata <233>. Meno fiducioso di De Blasio era apparso il sottocapo di Stato Maggiore, colonnello Giacomo Zanussi. Questi suggeriva di porre le formazioni cetniche alle dirette dipendenze di Supersloda, «in modo da poterle meglio controllare e sottrarle così ai comandi di C.A. [corpo d'armata - n.d.a.] e di divisione che, per forza di cose» subivano «facilmente l'influenza dell'ambiente locale» <234>. Questa soluzione - secondo Zanussi - avrebbe avuto il vantaggio d'una più uniforme applicazione dei criteri per la gestione e l'impiego delle formazioni cetniche e dello stesso movimento ortodosso, ma - in pratica - per le sostanziali differenze esistenti fra zona e zona, sarebbe stata notevolmente complessa e difficile. Per di più avrebbe potuto sembrare una dimostrazione di sfiducia nei confronti dei comandi che fino a quel momento avevano operato a contatto dei cetnici. Supersloda, nella ricerca d'una soluzione, e per meglio orientarsi sui molteplici aspetti del problema, inviò alcuni ufficiali presso il V ed il XVIII Corpo d'armata. Nell'ambito del V Corpo - divisione ' Re' in particolare - questi osservatori constatarono che gli ufficiali ex-jugoslavi, preposti al comando dei cetnici, avevano esteso la loro influenza sull'intero territorio della Lika, attraverso un'organizzazione che interferiva nelle azioni e nella condotta delle formazioni anticomuniste. Nello stesso tempo svolgevano un'insistente propaganda serbo-nazionalista, assumendo talvolta atteggiamenti d'indipendenza nei confronti dei comandi italiani <235>. Più a sud, sul territorio del XVIII Corpo d'armata, i cetnici, che erano guidati da capi «di grande prestigio», manifestavano «apertamente aspirazioni nazionalistiche», e le loro «continue richieste d'armi e munizioni, che non sembravano proporzionate al reale consumo», destavano più di un dubbio <236>. A conclusione di questa inchiesta, che non si estese alle zone controllate dal VI Corpo d'armata, gli osservatori convenivano sulla necessità di «rompere l'unità cetnica della Lika, ripartendo gli ufficiali ex-jugoslavi nei territori delle varie divisioni», e nell'ambito del XVIII Corpo d'armata di «contenere il movimeno cetnico nei limiti dovuti» <237>. Proposte piuttosto
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generiche, che lasciavano trasparire il sottostante interesse dei comandi italiani di non perdere, sul piano militare, l'appoggio degli anticomunisti, nonostante ogni rischio. Il più efficace fra i provvedimenti suggeriti fu quello della .. . carota, cioè «sollecitare al Ministero della Guerra la concessione dei fondi già richiesti per le formazioni anticomuniste, unico mezzo di grande efficacia che abbiamo in mano per dirigere il movimento ortodosso» ci 3sJ. In altre parole, i cetnici erano utili, andavano sostenuti, ma condizionandone le aspirazioni e l'autonomia. In quegli stessi giorni, il Governatore della Dalmazia si lamentava con Roatta che componenti «delle bande cetniche da tempo, con pretesti vari di acquisti o interessi privati» <239>, attraversavano il confine della Dalmazia italiana; che loro emissari avevano stabilito «contatti con elementi ortodossi sudditi -italiani» e questo fatto, secondo Bastianini, poteva «riserbare sorpresa per l'avvenire» <240l . Era una valutazione in sintonia con il pensiero di Castellani. Il 19 agosto, a Zagabria, il generale Roatta s'incontrò con Pavelié, principalmente per definire l'agenda dei lavori d'un convegno italo-croato, promosso dal Poglavnik stesso, che avrebbe avuto luogo a Ragusa una settimana dopo. Durante ì! colloquio, Pavelié accennò, ma incidentalmente, alla questione dei cetnici quando chiese a Roatta che i territori compresi fra i confini del Montenegro e l'alta valle della Drina fossero trasferiti dalla giurisdizione del 'Coma.ndo Truppe Montenegro' a quella di Supersloda. Il Poglavnik motivò la richiesta con la maggior facilità di contatto fra le autorità del Governo di Zagabria ed i comandi italiani in Croazia, e con «la possibilità di regolare la convivenza colle M. V .A.C. in base agli 'Accordi di Zagabria' del 19 giugno» (l4 ll, ma non aggiunse altro. Al convegno di Ragusa, invece, la questione dei cetnici fu uno dei principali argomenti. I croati chiesero di conoscere il numero e la dislocazione delle formazioni anticomuniste, facendo presente il pericolo che, una volta esaurita la lotta contro i partigiani (come stava avvenendo in Erzegovina), gregari e capi ortodossi accentuassero «la loro fisionomia serba, anticroata ed intimamente magari anche antitaliana» (242>. Tuttavia si dichiararono d'accordo «sulla loro utilità e sulla inopportunità di variare bruscamente atteggiamento nei loro riguardi» . Insistettero, però, sull'allontanamento dei cetnici provenienti dalla Serbia e dal Montenegro - essenzialmente i capi - che si riservavano d'indìcare nominativamente C243l. Roatta rispose che i pericoli erano noti, e che per questi motivi la M.V.A.C. veniva attentamente seguita e controllata, ma ricordò la positività del loro apporto contro i partigiani. In conclusione, i croati ammisero
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che «non è ancora giunto il momento di lasciar cadere le bande ortodosse» <244> data la loro utilità. Questa decisione va, quasi totalmente, ascritta all'abilità con cui Roatta seppe condurre la riunione, tacitando le critiche ed i rilievi degli interlocutori, parlando dapprima di «un limitato ulteriore potenziamento degli ortodossi a vantaggio dei cattolici e musulmani» t245>, e degli ordini dati per costituire formazioni anticomuniste - come più volte chiesto da Zagabria - composte esclusivamente da croati e mussulmani t246J. Il generale Roatta concesse alla parte croata anche di costituire una ' milizia ustascia territoriale' (ustaska prìpremna). Questa milizia sarebbe stata articolata in trentasei compagnie (poi ridotte a trentadue), a reclutamento locale, con compiti non molto dissimili da quelli degli ustascia 'attivi', ma senza funzioni di polizia (ricalcando quel rapporto che in Italia esisteva tra 'giovani fascisti' o 'premilitari', rispetto all'esercito o alla milizia fascista). Di queste 'compagnie' Pavelié ne aveva già parlato con il comandante di Supersloda durante il colloquio a Zagabria, ed a Ragusa venne precisato il loro numero, la struttura, l'inquadramento. All'armamento ed all'equipaggiamento vi avrebbe provveduto l'Italia t247l _ Nello stesso giorno (28 agosto) in cui Roatta diramava le disposizioni per la costituzione delle formazioni anticomuniste croate e mussulmane, per le ustaska prìpremna, per l'inquadramento di quelle cetniche t248>, gli perveniva dal dottor David Sincié, gran zupano di Tenìn (oltre che di Gracac nonché Jogornik, cioè segretario federale ustascia, delle due province, e vice-commissario generale amministrativo) una lettera alquanto strana (249>, Poteva apparire una richiesta di aiuto personale, oppure la precostituzione d'elementi d'accusa nei confronti della divisione 'Sassari' e del suo comandante, generale Paolo Berardi, accondiscendente con i cetnici e poco favorevole ai croati. · Non sappiamo quale sia stata la reazione di Roatta, anche alla sola lettura delle prime frasi della lettera, ma difficilmente lo predisposero a quella benevolenza alla quale forse Sincié tendeva. È più probabile che in Roatta si si_a manifestata un'accentuata posizione difensiva, poiché non gli era certo usuale, dopo la iniziale parola «Eccellenza» leggere: «Vi è ben noto che io ho abbastanza agito, sacrificato e mi sono anche esposto per l'eseguimento di quella politica, la quale è di interesse per l'Esercito italiano nella Croazia, la quale è d'interesse per l'eterna amicizia e collaborazione delle nostre Nazioni. Io molte volte per il successo della mia opera politica, mi sono impegnato così come forse nessun altro avrebbe fatto, esprimendo apertamente i miei punti di vista, le mie critiche, le mie osservazioni, le mie relazioni presso e davanti il mio Governo~> t250>. (Sinèié, pro-
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babilmente, si riferiva alla denuncia da lui fatta ai primi di gennaio di quell'anno a Pavelié circa i massacri effettuati dagli ustascia nella zona di Gracac). Ed il gran zupano continuava: «Così anche molte volte ho agito presso di Voi essendo sicuro che la sincerità deve essere la base di ogni sana ed utile collaborazione. Nell'interesse dei nostri sforzi comuni, nell'interesse della collaborazione tra le autorità croate ed italiane, nell'interesse della politica di pacificazione sento il dovere di annunciarvi[ ... ]» C251 >. Dopo questa premessa, che poteva sembrare dettata più che altro da un superiore ad un inferiore, e non pienamente giustificata neppure dalla scarsa padronanza della lingua italiana, il vice-commissario generale am• lamentava che i reparti cetnici, costituiti a Tenìn prima del 19 ministrativo giugno, non intendevano riconoscere l'accordo di Zagabria e si consideravano svincolati da quaisiasi obbligo o impegno con comandi italiani ed autorità croate. Per di più il capo di Stato Maggiore della 'Sassari' asseriva Sincié - avrebbe affermato che i comandi italiani non avevano «alcuna possibilità né dovere di immischiarsi in questa questione, così anche le autorità militari italiane non possono dare alcun appoggio alle autorità croate in occasione di qualsiasi incidente» (252>. Imputava, poi, ad alcuni ufficiali della 'Sassari' d'essersi troppo esposti con i cetnici, «e con la loro opera hanno provocato la sfiducia nella popolazione croata» c253>. Chiedeva, perciò ...;_ facendone i nomi - l'allontanamento da Tenìn del capitano dei carabinieri Rusi, del capitano Carlo Perusino responsabile dell'ufficio affari civili della divisione, dei tenenti Peterini e Craghich, quest'ultimo addetto all'ufficio di collegamento con le M. V.A.e., e l'allotanamento da Dernis del sottocapomanipolo Paolo Barbati, anch'egli ufficiale di collegamento con i cetnici <254>. Pregava il generale Roatta d'impartire istruzioni al comando della 'Sassari' sull'esatta interpretazione ed applicazione dell'accordo di Zagabria e sulla necessità di disciplinare i cetnici contenendone gli eccessi. Contemporaneamente chiedeva che i comandi italiani agevolassero la costituzione della compagnie ustaska pripremna, «poiché il mio Governo proprio questo attende, come successo e risultato della mia politica» <255>, e qui Sincié sembra, o finge, d'ignorare che il problema era stato già risolto a Ragusa. Quale fosse lo scopo di questa lettera è tutt'altro che chiaro, anche perché - e più volte - nel contesto Sincié insisteva sulla sua personale posizione: «Vi prego di darmi il pieno appoggio, il quale mi è tanto necessario davanti al mio Governo». «Io oggi nella Croazia ho dei nemici della mia politica i quali godono dei miei insuccessi» c256>. Ma il gran zupano non attese la risposta di Roatta, e tre giorni dopo, il 1° settembre, gli inviava
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un altro esposto. Asseriva che la situazione a Tenìn era «tale che io mi trovo già impossibilitato presso il mio Governo e sono convinto che l'opera politica che stavo e sto svolgendo, mira ad un sicuro insuccesso» <2rn, poiché il comando della 'Sassari' persisteva in una politica di pieno appoggio ai cetnici. Faceva notare che, con il consenso delle autorità italiane, duecento cetnici si erano recati in treno a Dernis per una manifestazione che si era conclusa con grida ostili al Poglavnik, al Regno di Croazia e minacce ai croati della zona <258>. Cambiando argomento affermava che le autorità italiane, su indicazione dei capi cetnici, procedevano ad arresti indiscriminati di molti croati. «Con questo si espande un minaccioso malcontento fra la popolazione croata, la quale con questo si spinge nel comunismo e questo è lo scopo dei cetnici» <259>. Chiedeva la liberazione di tre croati arrestati a Tenìn, su segnalazione degli ortodossi. Protestava perché «il capo dei cetnici Mane Rokvié già [da] qualche giorno ha ricevuto 400 fucili, munizioni, fucili mitragliatori, e a Spalato vengono per i cetnici stampati dei manifesti pieni d'offesa per la Croazia, per gli ustascia, tutto questo tramite il comando della divisione di Knin» <260>. Sia la lettera del 28 agosto sia questo esposto arrivarono, tramite il XVIII corpo d'armata, sul tavolo del comandante della 'Sassari'. Il generale Berardi rispose il 23 settembre <261 > con puntuali precisazioni che danno il quadro della aggrovigliata situazione di Tenìn e dell'estrema cautela con cuì era necessario muoversi in quell'ambiente ipersensibilizzato.
II generale poneva in evidenza che, già altre volte, il prefetto Sincié aveva cercato «di scaritare sul Comando della divisione 'Sassari' le conseguenze di una delicata situazione politica nel territorio della provincia di Tenìn, dove l'elemento serbo e l'elemento croato sono a contatto ed in contrasto insanabile per il ricordo della barbarie più sfrenata usata nell'estate 1941 dal secondo sul primo. E ciò egli fa ogni qualvolta la sua posizione personale pericola o la sua ambizione è in giuoco» <262>. Circa i cetnici, il_comandante della 'Sassari' aveva buon giuoco osservando che l'armamento delle bande era stato previsto dall'accordo di Zagabria e confermato durante ii convegno di Ragusa. In particolare, poi, il capo Mane Rokvié, prima ancora di ricevere le armi dalla 'Sassari' aveva ottenuto, proprio dal Sincié, cento fucili con relativo munizionamento. Berardi chiariva che durante la primavera erano state armate solamente bande che « avevano già una organizzazione sia pure embrionale, perché ci servivano molto bene nel periodo del ripiegamento dalla 3 • zona, a mantenere tranquille le allarmate popolazioni (tutte serbo-ortodosse), ed in fine perché tra gli ufficiali ex-jugoslavi inviati per l'inquadramento da codesto comando (il XVIII Corpo
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d'armata -- n.d.a.] non esisteva alcun croato e sarebbe stato fuor di luogo volere inquadrare bande croate (incapaci di organizzarsi da se) con ufficiali serbo-ortodossi» c263l. Faceva notare di aver sempre cercato di ma~tenere l'equilibrio fra i tre principali fattori in contrasto, e cioè: «l) - convenienza militare di valersi delle formazioni M. V.A.C. (inizialmente prevalentemente ortodosse) attirandone i capi nel nostro ambito, col solleticarne le ambizioni, con lo sfruttarne gli ideali, col coltivarne gli interessi»; <<2) - opera di conciliazione fra l'elemento croato e l'elemento ortodosso, non tanto cercando di convincere i croati, ben lieti di approfittare della protezione offerta dalle ban• de cetniche, quanto insistendo presso gli ortodossi, nemici giurati dei croati per le angherie subite e per le sobillazioni del nazionalismo serbo»; «3) imparzialità rigorosa nell'amministrazione della giustizia e nell'opera di mantenimento dell ' ordine pubblico. E pertanto: ricerca della perfetta armonia sia con le autorità croate sempre pronte alla protesta scritta, sia con i capi ortodossi propensi all'arroganza e alla prepotenza; dignitosa risposta alle proteste dei primi, paziente lavoro di persuasione e all'occorrenza dure reprimende nei riguardi dei secondi» c264>. Circa la riunione tenuta dai cetnici a Dernis, precisava che il convegno era stato concordato con il podestà e con il capitano distrettuale del posto (ambedue croati), tanto che vi avevano preso parte il maggiore Tomislav Draganié ed il capitano Svob (tutti e due croati) rispettivamente comandante dei domobrancì e della gendarmeria di Tenìn. La riunione era stata indetta per celebrare la festività ortodossa dell'Assunzione, e vi avevano partecipato i serbi di Dernis che costituivano un terzo della popolazione. «Se vi fu qualche eccesso oratorio - scriveva Berardi - sta di fatto che per le misure prese, gravi incidenti contro i croati furono impediti sia per l'intervento diretto dei capi ortodossi e sia per l'opera assennata di pacificazione esercitata dallo stesso comandante [italiano - n.d.a.] di presidio» c2~5l. Circa gli arresti di croati e di ortodossi , Berardi faceva rilevare che denunce contro gli uni e gli altri arrivavano da ogni parte e per i motivi più svariati, sui quali il su<? comando indagava, senza preferenze per alcuno. «Numerosi sono i casi di arrestati liberati per intervento del prefetto [Sincié - n.d.a.}, di arresti mantenuti a malgrado dell'intervento del Pope Djujié» <266>. Berardi ammetteva che i cetnici tendevano ad assumere sempre maggior indipendenza dai comandi italiani mentre i croati, dal canto loro, manifestavano un costante stato di soggezione psicologica di fronte agli ortodossi. Portava come esempio l'incidente avvenuto a Tenìn, i1 I O settembre, quando un reparto di centotrenta reclute croate al comando di un
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tenente si era recato alla stazione per imbarcarsi su un treno. Qui, cinque cetnici - in mezzo alla indifferenza dei soldati e dell'ufficiale - rapivano una recluta, tale Ante Gojceta. Unica reazione dei croati era stata la denuncia del rapimento al comando italiano di stazione e la richiesta dì rintracciare lo scomparso <261 l. (Il Gojceta, quasi certamente, era stato rapito dai cetnici perché responsabile d'un rilevante numero di uccisioni durante il massacro degli ortodossi dell'anno precedente). Il comando della 'Sassari' proibì l'accesso dei cetnìci nelle stazioni; fece diffidare dai carabinieri il pope Djujié, ordinandogli di consegnare il Gojceta ed i responsabili del rapimento; ordinò che gli ufficiali italiani addetti alla M. V.A.C. facessero sentire il peso della propria autorità <268l. L'incidente aveva determinato un raffreddamento nei rapporti fra il generale Berardi ed il pope, poiché questi non consegnò alla giustizia italiana né i responsabili del rapimento, ·né il Gojceta. La recluta era stata uccisa, ed i cetnici fecero scomparire il cadavere. Il generale Berardi, di fronte alla silenziosa ribellione del pope, gli fece pervenire la seguente lettera: «Secondo le civili tradizioni italiane avevo incaricato il cap. Mauro di far passi presso di Voi per dare sepoltura al Gojceta Ante di Drnis. Prendo atto che Voi non avete voluto dare le necessarie indicazioni per aderire a questa opera di pietà e di civiltà. Non posso fare a meno di esprimere la mia meraviglia, poiché l'atto di barbarie proviene da persona che ha autorità sulla popolazione locale e riveste un abito di pastore cristiano» (269J. Queste parole, più patetiche che imperative, dimostrano la cautela con cui Berardi doveva muoversi. Da un lato la necessità di mantenere l'ordine, dall'altro - tenendo conto degli aiuti che gli ortodossi davano ai presidi italiani - l'opportunità di non premere troppo. Berardi stesso chiariva che avrebbe «potuto, è vero , fare arrestare il Pope Djujié. Ma non l'ho fatto perché ho ritenuto l'arresto un atto di inconcepibile inopportunità politica» <210>. L'INQUADRAMENTO DEI CETNICI E LE FORMAZIONI USTASKA PRIPREMNA In questo ambiente, il comandante della 'Sassari' doveva dare attuazione alle direttive di Roatta conseguenti al convegno di Ragusa, ed operare sia sulla scacchiera croato-ustascia sia su quella cetnico-ortodossa. Per l'organizzazione d'una M.V.A.C. cattolica, si consultò con le autorità croate di Tenìn . Inizialmente, nel settore della divisione, sarebbero state costituite tre bande, una con sede a Tenìn a cura del battaglione di domo-
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branci e del suo comandante; una a Dernis alla quale avrebbe provveduto
la 73 a legione camicie nere; infine la terza ad Oklaj, sotto controllo delle locali autorità croate e della legione camicie nere <211 ). I capi sarebbero stati nominati d'intesa tra la prefettura ed il comando italiano, ed un ufficiale della 'Sassari' avrebbe tenuto il collegamento con i comandi delle tre formazioni.
Il generale Berardi, d'accordo con il vice-prefetto croato, fece diffondere un proclama-invito all'arruolamento, diretto 'Al Popolo della Lika, Bosnia, Dalmazia'. Nella premessa veniva posto in evidenza che «la lotta contro il comune nemico, il comunista, deve riunire al vittorioso Esercito ItalianÒ tutte le popolazioni che desiderano il bene della propria· terra e la salvaguàrdia dei propri interessi» <272>. Ai croati, Berardi diceva che «molto finora è stato fatto per il concorso volontario dei vostri elementi migliori: ma di più si può fare con la migliore organizzazione e con la cooperazione con l'Esercito Italiano delle popolazioni interessate al mantenimento dell'ordine e della repressione dei continui soprusi esercitati dai comunisti» (273). L'arruolamento era volontario, e tutti potevano concorrervi, indipendentemente dalla religione d'appartenenza <274), Veniva precisato che le formazioni sarebbero state di due tipi: 'mobili' per operazioni in unione alle truppe italiane; 'paesane', cioè territoriali, per la sola difesa dei villaggi e dei centri abitati. Ai volontari sarebbe stato corrisposto un assegno giornaliero, la razione viveri. distintivi, copricapi, eventualmente un'uniforme, capi di corredo, armamento e munizioni, oltre a premi e sussidi straordinari a coloro che più si fossero distinti <275 >, Il 13 settembre, il comando della 'Sassari' diramò, ad uso interno, una normativa organica per l'inquadramento sia delle formazioni cetniche già costituite, sia per le nuove composte da croati e da mussulmani <216). Nel paragrafo 'Orientamenti', il generale Berardi precisava che «per la missione d'ordine e di sicurezza che siamo chiamati a compiere in Croazia, è utile perfezionare l'organizzazione della M. V .A.C. e darle ulteriore sviluppo» <277>. Lo scopo era quello di creare «intorno alla nostra occupazione una zona di sicurezza e di osservazione, che ci tenga al corrente delle intenzioni e dei movimenti avversari, e che arresti o rallenti la eventuale penetrazione dei ribelli, sia con la difesa in posto, sia con azioni controffensive» <218>. I comandi dovevano cercare non la 'quantità' ma la 'qualità', scegliendo «elementi animati dalla idea della libertà, arditi disposti a sottostare alla necessaria disciplina» <279>. Non si dovevano fare distinzioni di etnie fra croati (cattolici), serbi (ortodossi) e mussulmani, purché fossero
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risoluti ad impegnarsi nella lotta anticomunista. «Una sola deve essere la formula ideale e materiale - precisava il generale - lotta contro i partigiani, per ricondurre la regione alla calma ed al lavoro fecondo» (280l. Le formazioni cetniche già costituite nell' ambito della 'Sassari' continuavano a dipendere dai propri capi; quelle di Gracac e Krupa da Todor Stanislavljevié detto 'Ciovara'; i cetnici della Zermagna da Djuro Marié; quelli di Stermizza dal pope Momcilo Djujié, che controllava anche i cetnici di Pàgene, Topolje, Bosansko Grahovo e Kosovo, rispettivamente agli ordini di Vlade Novakovié, Nikola Berié, Branko Bogunovié e Nikanor Kalik. In ogni località più importante si doveva gradatamente arrivare alla costituzione d'un battaglione 'mobile' e d'uno 'paesano' (ciascuno di 440 uomini, su quattro compagnie di tre plotoni) (zsii. I battaglioni 'mobili' venivano equiparati ai reparti italiani - «ne faranno parte integrante e ne vivranno la stessa vita» c2s2i - , i 'paesani' sarebbero stati alle dipendenze dei presìdi italiani. Per esercitare un più attento controllo e dare ai cetnici un migliore coordinamento, presso ciascun battaglione vennero distaccati due ufficiali italiani che, nell'ambito della 'Sassari', dipendevano direttamente dal tenente colonnello Giovanni Sabre, al quale furono attribuiti poteri ispettivi e direttivi. Dal canto loro, i cetnici avrebbero avuto nel colonnello ex-jugoslavo Mirko Jovovié il proprio ufficiale di collegamento con il comando divisione (283>. Ogni cetnico doveva portare sul braccio sinistro un'apposita fascia azzurra, con sopra il nome del capo della formazione, della località dove questa aveva la base, ed il timbro del comando della 'Sassari'. I fregi del vecchio esercito jugoslavo, ancora in uso, andavano tolti; il copricapo era di libera scelta, ma doveva portare da un lato, ben visibile, il numero del battaglione in cifre romane (2s4J. Sul davanti del copricapo, un fregio ovale argentato, racchiuso in una corona d'alloro color oro, con all'interno un teschio su due tibie incrociate, sovrapposte ad una sciabola e ad una pistola, anch'esse incrociate <285>. Oltre ai distintivi di riconoscimento, venivano stabiliti quelli di carica: un triangolo in panno di dimensioni uguali per tutti ma, secondo i gradi, di colore diverso, con o senza una stella bianca a cinque punte, bordata di nero , al centro. Il triangolo era rosso per i vice-capisquadra e per i comandanti di plotone, argentato per i vice-comandanti e comandanti di compagnia, dorato per quelli di battaglione o gruppi di battaglioni, ed andava posto al centro del bracciale. Inoltre, ufficiali e gregari sarebbero stati muniti d'una apposita tessera di riconoscimento con fotografia <286l.
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L'ammontare degli assegni per i comandanti di gruppo di formazioni 'mobili' era di 5,260 kune (circa 2.200 lire) mensili; per quelli delle formazioni 3.682 kune (circa 1.500), oltre a 105 kune per ogni giornata operativa. Per i gregari il soldo giornaliero ammontava a 21 kune, cioè una media di 245 lire al mese. A tutti veniva corrisposta la razione viveri in contanti o in natura, ma soltanto per i giorni in cui erano impiegati in operazioni disposte dai comandi italiani. Le formazioni 'paesane' ricevevano analoghi assegni, soldo e razione viveri, però limitatamente alle giornate operative, più un premio in denaro, da determinarsi di volta in volta, secondo il rendimento ed i risultati conseguiti. Per le famiglie dei caduti in combattimento e,per gl'invalidi a causa di ferite, era prevista un'indennità in denaro <2s1>. Anche il comandante del VI Corpo d'armata diramò analoghe disposizioni per le formazioni cetniche comprese nella sua giurisdizione. Ma, sin dal 18 agosto, nella provincia di Cattaro ed alle dipendenze del comando Piazza, aveva costituito uno speciale battaglione di volontari, senza alcuna discriminazione di credi religiosi, «formato da reparti scelti sotto ogni punto di vista che servano come modello e quale centro di attrazione per altri elementi>> oss>. Questi volontari dovevano svolgere compiti informativi, collaborare con le forze dell'ordine nei servizi di sicurezza pubblica, garantire la frontiera da infiltraz.io:r;ii comuniste. La ferma era di un anno, rinnovabile; le paghe in lire, dieci giornaliere per il volontario semplice e venti per il sergente maggiore. Con l'arruolamento mtti acquistavano «gli stessi diritti concessi ai militari del R.E. [regio esercito - n.d.a.]» (289l; potevano venir decorati al valor militare; essere promossi sino al grado di sergente maggiore per merito di guerra. Nei casi di morte, ferite invalidanti, mutilazioni a seguito di combattimento, il trattamento pensionistico «era quello previsto dalle norme in vigore per i militari del R.E.» <290l . Praticamente, pur avendo il battaglione una propria amministrazione, il generale Dalmazzo aveva costituito un reparto che, per lo stato giuridico attribuito ai suoi componenti, si identificava con quello dell'esercito italiano. Per di più, i volontari indossavano una divisa grigio-verde, con un basco analogo a quello del battaglione 'San Marco', che sul davanti portava un fregio costituito da due daghe romane incrociate con la scritta «BTG. Volontari dell'Orijen». I pantaloni erano alla zuava, chiusi al polpaccio da gambali o uose di tela, ed ai piedi le 'opanche' (29 1>. Il volontario portava il nastro delle munizioni incrociato sul petto, ed al bavero della giacca mostrine nere a foggia di fiamma, ma senza stellette. Nell'applicazione delle norme emanate dal comando della 'Sassari', e dal VI Corpo d'armata per la provincia di Cattaro, sorsero difficoltà con
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la 'Commissione consultiva per il diritto di guerra',. che sollevò riserve sulla legittimità di queste formazioni anticomuniste. In una nota del 6 ottobre, diretta al Comando Supremo, il presidente della Commissione, Dino Grandi, da un lato poneva il quesito se potesse «ritenersi ammissibile dal punto di vista giuridico la costituzione di reparti irregolari destinati ad operare nel territorio croato, con personale reclutato nel territorio delle provincie di Lubia~a, Fiume, Zara, Cattaro e Spalato» <292>, e dall'altro se fosse «giustificabile il ricorso alla costituzione di forze irregolari in un territorio soggetto alla sovranità dello Stato italiano, nel quale semmai, può farsi ricorso alla costituzione di volontari che dovrebbero entrare a far parte delle forze armate dello Stato medesimo» <293>_ La Commissione, attenendosi a criteri strettamente giuridici, probabilmente non aveva molto chiare le idee su quanto avveniva al di là dell'Adriatico. Naturalmente, queste obiezioni determinarono un carteggio fra Comando Supremo, Commissione consultiva, ministero della guerra, e la questione venne risolta secondo i criteri sostenuti dai militari. Infatti la Commissione, pur confermando in linea di principio l'eccezione, convenne che «in contingenze eccezionali le autorità preposte al rnantenìmento dell'ordine pubblico e della sicurezza dell'ordine e della sicurezza militare .in una parte .del territorio soggetto alla sovranità dello Stato, possono attuare di fatto un provvedimento del genere, previo s'intende - il consenso degli organi politici centrali. In tal caso, però, non sembra nemmeno ammissibile che la condizione d!egli appartenenti ai reparti irregolari costituiti di fatto venga in parte regolata da norme giuridiche; ma devesi lasciare alle stesse autorità locali che hanno proceduto alla costituzione di fatto dei reparti il compito di regolarne il trattamento ed i rapporti, con provvedimenti che non escono dall'ambito dell'esercizio delle loro attribuzioni amministrative e disciplinari» <294>. Mentre il comandante della 'Sassari' emanava le disposizioni sull'inquadramento dei cetnici, dal XVIII Corpo d'armata, a firma del generale Spigo. gli pervenne un foglio d'orientamento per la prossima costituzione delle nuove compagnie della 'milizia territoriale ustascia' (ustaska pripremna). Questa 'milizia' doveva inquadrare i giovani che non avevano ancora prestato servizio di leva (e che successivamente sarebbero passati negli ustascia 'attivi'), nonché persone iscritte al partito di Pavelié ma non obbligate al servizio militare <295>_ Ogni compagnia avrebbe avuto una forza di duecentotto uomini con due ufficiali, diciotto sottufficiali, e sarebbe stata armata dai comandi italiani con quattro mitragliatrici pesanti, quattro mortai da 45, sedici fucili mitragliatori e relativo munizionamento <296>. La questione delle ustaska pripremna, evidentemente, sconcertò Be-
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rardi tanto da indurlo ad inviare a stretto giro di posta una lettera personale al generale Spigo. Senza mezzi termini osservava che «la costituzione e l'armamento delle formazioni croate (esercito compreso) e in particolare degli ustascia, è sommamente pericoloso per noi, perché i croati sono nostri nemici e si organizzano contro di noi sotto la sicura guida del loro Governo, pur ammettendo che il Capo di questo segua verso di noi una politica di lealtà>> l297l. E proseguiva con notazioni ancor più gravi: Zagabria faceva il gioco «di incoraggiare il movimento partigiano pur avendo l'aria di combatterlo»; «le rese e le cessioni di armi ed i passaggi al nemico» dei reparti croati erano «artatamente incoraggiati ed approvati dall'alto» <29sJ,. Per contro, diceva sempre Berardi, «non si è verificato alcun passaggio in massa di cetnici ai partigiani; se ne verificano di continuo di interi reparti croati>> <299l. Non lesinò critiche neppure a Supersloda facendo notare che, «per chi vive in mezzo agli uni ed altri altri [croati ed ortodossi n.d.a.], è inspiegabile la lunga diffidenza che è esistita nelle nostre alte sfere contro i cetnici in paragone alla facilità con la quale oggi si armano i croati» <300' . Le preoccupazioni di Berardi non erano isolate. Nello stesso giorno in cui esponeva a Spigo le proprie riserve, il ministro Pietromarchi segnalava a Ciano che «indizi sempre più numerosi portano a ritenere che l'agitazione antitaliana in Dalmazia e nei territori limitrofi sia più che altro dovuta a un'opera di sobillazione, proveniente da ambienti croati anche responsabili» <301>. Il ministro, oltre a chiamare esplicitamente in causa il Governo croato - poiché simili iniziative «sembrano dover far capo aJ Ministro degli Esteri, Lorkovié» - segnalava che «da una lettera intercettata» si era raggiunta la prova «di intese tra gruppi di partigiani (comunisti} in Erzegovina e alcuni ufficiali dell'esercito croato, dirette all'annientamento di reparti cetnici da noi costituiti» <302>. Mentre a Roma Pietromarch.i consegnava a Ciano il suo 'appunto', a Tenin il generale Berardi era costretto a giostrare fra il gran zupano Sincié che accusava la 'Sassari' di parzialità, i cetnici che cercavano più ampio spazio per la loro autonomia, le deteriorate relazioni con il pope Djujié, le prevedibili manifestazioni di tracotanza da parte croata una volta riammessi gli ustascia nella zona anche se sotto forma di ustaska pripremna, l'incognita delle reazioni dei serbi di fronte alla presenza di queste nuove formazioni, e gli ordini di Supersloda di procedere senza indugi. Ma altre difficoltà si prospettavano: il proclama-invito all'arruolamento nelle formazioni anticomuniste diffuso dalla 'Sassari', rimase lettera morta: si erano presentate due persone di numero <303l, Il comando italiano, per quanto concerneva i croati, attribuì l'insuccesso sia alla tensione
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fra il gran zupano Sincié ed il generale Berardi, sia all'orientamento dei croati che «hanno tendenze nettamente antitaliane e [sono] simpatizzanti per i comunisti» 004>, e la M.V.A.C. croata rimase praticamente sulla carta. L'assenteismo degli ortodossi, formalmente, appariva determinato dal loro interesse di prestare servizio solamente per la difesa dei rispettivi paesi e non anche in reparti 'mobili', che potevano esser destinati in qualsiasi posto <305>. In realtà la freddezza degli ortodossi obbediva alle direttive àel pope Djujié: chi si arruolava doveva essere esaminato e vagliato non dai comandi italiani, ma unicamente da lui. Ed il pope la spuntò. A fine ottobre, sul diario storico della 'Sassari' sarebbe stato annotato che la costituzione della M. V.A.C. si era «realizzata perché il reclutamento è stato fatto presso gli stessi capi [cetnici - n.d.a.r anziché presso gli uffici di reclutamento italiano» <306J. Però la 'Sassari' dovette superare anche altri ostacoli che, questa volta, venivano da parte italiana. La difficoltà consisteva nell'accordare due opposte esigenze: «una è quella di dover soddisfare le bande M. V .A.e. sia per metterle in condizioni di funzionare e resistere ad attacchi ribelli, e nello stesso tempo dimostrare che dopo le molte promesse fatte sappiamo mantenerle; e l'altra è quella delle difficoltà logistiche di rifornimento in quanto le nostre coperte non possono essere date per indisponibilità; le munizioni ed i fucili Lobel in dotazione alla Serbia difettano, ed analogamente dicesi per le munizioni Mauser» <301>. Inconvenienti che, in un modo o nell'altro, vennero superati. Ma il sistema adottato per il pagamento del soldo determinò altri attriti. I capì cetnici (leggi Djujié) volevano che le paghe «fossero date a loro, anziché [. .. ] ai singoli individui». Ma per la 'Sassari' appariva ovvio che sotto la scusa che «è bene che le paghe siano date segretamente per non diminuire il prestigio dei cetnici, si nasconde, invece, l'intenzione di appropriarsi di esse o di parte di esse, per lucrare a secondi fini» <3osJ . Il comando italiano, per il momento non cedette, ed il giornale di contabilità fu tenuto dagli ufficiali di collegamento con le singole formazioni; però i cetnici continuarono ad insistere. Come se non bastasse, l'indole e le abitudini degli ortodossi impacciavano notevomente il lavoro d'inquadramento poiché non era semplice «tenere riuniti i battaglioni cetnici in caserme come la nostra truppa, sia per difficoltà inerenti ai locali, quanto per l'indole dei singoli che sono abituati a girovagare predando, e a dormire nei luoghi più disparati, insofferenti a quella disciplina 'legale' che noi vorremmo imporre inquadrando regolarmente le bande» <309J. Inoltre vi incideva la scarsa serietà e capacità professionale dei loro comandanti, ex-ufficiali e sottufficiali jugoslavi, che si
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abbandonavano «al vino, al giuoco, e di tutto si occupano (almeno la maggioranza) fuorché dei loro reparti». Ed alcuni erano stati «sorpresi nel sonno dai ribelli non avendo disposto né guardie né vedette attorno ai paesi presidiati da loro» c3 toi facendo sorgere malumori e sfiducia fra i gregari. Malgrado questi inconvenienti, le direttive di Roatta trovarono esecuzione. «Cercando di cedere da una parte e tirando dall'altra, con quella caratteristica di adattamento e di rimedi che è peculiare di noi italiani - " annotava la 'Sassari' - si stanno inquadrando questi battaglioni attraverso difficoltà, e certo riusciremo a farne un discreto strumento di lotta anticomunista» c3 i t>•
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Effettivamente la situazione migliorò non appena i rapporti fra il generale Berardi ed il pope Djujié ebbero ripreso il loro corso normale. Il pope, dopo la lettera inviatagli dal comandante deila 'Sassari' per la soppressione del Gojceta, aveva adottato il sistema della resistenza passiva. Quando la formazione del capo cetnico Mane Rokvié venne prescelta per un rastrellamento nella lontana zona di Almissa, Djujié espresse formalmente la propria contrarietà, asserendo che questa banda era «più delle altre composta di predoni a cominciare dal suo capo», e quindi «temeva che il nome dei cetnici fosse macchiato da rapine» <312l. Invece si trattava d'una questione di 'prestigio' , poiché il pope <<avrebbe desiderato scegliere lui personalmente gli uomini da inviare» c3 t 3J ad Almissa. Altro motivo di risentimento, rapportabile anche questo a ragioni di 'prestigio', si ebbe con la consegna di una partita di armi effettuata dalla 'Sassari' alle formazioni cetniche «senza la sua approvazione>> (3 t 4 J_ Per motivi o pretesti del genere, il pope si rinserrò nel suo quartier generale di Stermizza (a sedici km a nord di Tenìn), ma non è da escludere che su questo atteggiamento abbia influito anche un altro fatto . A metà settembre, da Radio Londra era stato annunciato in un'apposita trasmissione in lingua slava, che re Pietro di Jugoslavia, dal suo esilio in Inghilterra, aveva concesso decorazioni ed onorificenze a vari ufficiali cetnici per i servizi resi alla causa jugoslava. Fra gli altri nominativi vi era anche quello di Momcilo Djujié C315>. Immediato fu lo scalpore fra i croati non solamente a Tenìn ma anche a Zagabria. La decorazione, secondo una nota del ministro croato a Roma, Stijepo Perié, sarebbe stata conferita al pope «per val or militare e per il merito dimostrato nella lotta contro il nemico» <3161. Ed il diplomatico domandava <<chi è cotesto nemico, contro il quale il Djujié si distinse e meritò l' onorificenza ed il sostegno morale di Mosca e di Londra», per concludere che «è più che certo, data la sua attività finora svolta, che i nemici del Djujié sono oggi i croati [... ] come ne saranno domani gli italiani» <317l.
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Nell'ambiente ortodosso altrettanto immediato il compiacimento, ed aumento del prestigio del pope. Ma la questione assumeva un delicato rilievo nei confronti dei coml:lndi italiani: quella notizia poteva esser intesa come un tentativo per sabotare l'inquadramento dei cetnici nelle formazioni anticomuniste. Di questo fatto - per sollecitazione di Palazzo Chigi se ne interessò il servizio informazioni militari (S.I.M.). Ma le «indagini esperite [...] non hanno potuto stabilire se la segnalazione sia esatta. Lo stesso pope, interpellato in merito, ha riferito di non essere in grado di dare spiegazioni, e ritiene trattarsi di un trucco politico del Governo di Londra il quale (unitamente a Mihajlovié) ben sa che egli non combatte gli 'occupatori' ma il comunismo» c3isJ. Comprensibile, quindi, che Djujié si tenesse lontano dal comando della 'Sassari', sia pure sotto il pretesto di altri motivi, per poter comprend,ere l'importanza che la 'Sassari' e le autorità italiane ·avrebbero dato a questa mossa di Londra. Chiamato dal generale Berardi per l'esame di alcune questioni che interessavano i cetnici, non si mosse da Stermizza; una prima volta si fece rappresentare dal colonnello Mirko Jovovié, ed un'altra dal suo luogotenente Perisié <3 t 9). Era, però, un atteggiamento che non poteva durare, poiché in quei giorni troppe erano le questioni sul tappeto, e l'incidente dell'onorificenza non aveva avuto rilievo apprezzabile fra i comandi italiani. Restava, però, la questione del 'prestigio', ed evidentemente il pope intendeva che la prima mossa conciliativa - se di conciliazione si trattava - partisse dal generale Berardi. Il 5 ottobre, a Tenìn, furono celebrati i funerali dell'ex-tenente jugoslavo Veliko Ilié, ortodosso, comandante della M .V.A.C. di Dernis, caduto in un'imboscata tesagli dai partigiani <3201. Le onoranze risultarono solenni, con la partecipazione totalitaria dei serbi del posto e delle zone vicine. Una formazione di cetnici, che doveva rendere gli onori delle armi al caduto, si presentò con la bandiera serba al vento; una diplomatica, ma decisa, azione di convincimento da parte italiana riuscì a far ripiegare il vessillo senza incidenti, e prevenì le proteste di parte croata (321J. Durante la cerimonia, di fronte a tutti, il generale Berardi avvicinò il pope che stava isolato con i suoi luogotenenti. Lo invitò, assieme all'exdeputato ortodosso Stevo Redjenovié, a colazione nella sede del comando della 'Sassari' (322l. I serbi accettarono l'invito ed a mensa il clima fu più che cordiale tanto che Djujié rivolse un'indirizzo a Berardi c323J: prima la riconoscenza all'Italia; poi l'affermazione - molto delicata - che i cetnici combattevano .per il loro re (cioè un nemico dell'Italia); quindi la riserva di regolare i conti con lo Stato croato (alleato dell'Italia) sia pure a guerra finita; qualche cenno alla lotta anticomunista. Un discorso da considerarsi attentamente in quanto chiariva, senza mezzi termini, pensiero e finalità dei cetnici di Tenìn.
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«Allorché la Jugoslavia cadde per opera delle armi dell'Asse - disse il pope - la Serbia rimase sola, non aiutata neppure da potenze come l' Inghilterra di cui aveva pur detto di attendere soccorsi; in tali frangenti il popolo italiano si dimostrò amico della Serbia anche se i principali capi militari di questa si erano dimostrati indifferenti o addirittura avversari dell'Italia. Come rappresentante del popolo Serbo non dimenticherò i giorni in cui gli italiani salvarono i serbi dalla furia ustascia ed imporrò al mio popolo di non dimenticare. «Sebbene il popolo Serbo non abbia il grado di civiltà degli italiani, esso assicura che non saprà dimenticare quanto questi fecero, [e] che resterà esso riconoscente ed amico e che non andrà mai contro gli italiani. E ciò avverrà in ogni caso, anche se la vittoria dovesse arridere agli angloamericani. «Un anno di lotta comune contro il nemico comunista e la protezione degli italiani durante le stragi ustascia, mi danno il diritto di parlare così, interpretando il sentimento del mio popolo. Questo ora lotta per il suo Re e per la sua terra; noi non vogliamo togliere agli altri la terra conquistata che è ormai loro, ma vogliamo avere la terra nostra e liberare la nostra patria. «Gli italiani sanno ciò che i croati hanno fatto contro di noi; per ora noi non possiamo risolvere i problemi delle relazioni con Io Stato Croato, ma se ne riparlerà dopo la guerra; si cerca per ora di mettere la pietra fondamentale dell'amicizia italo-serba e a tale indirizzo è orientato il mio lavoro. Mi rendo garante che i serbi non andranno mai contro gli italiani anche se venissero in merito ordini da Londra o da Mosca. «Scopo essenziale della lotta serba sono la Patria ed il Re, e liberare la Serbia da chi non è nazion.alista. Tale idea ci unisce tutti; anche Mihajlovié è sostenitore di questa idea. Queste sono le parole sincere di un comandante di popolo e che si differenzia dagli altri che comandano da lontano senza essere in contatto con il popolo; e voi italiani dovete distinguere questi capi dagli altri. «Mi dispiace che i miei desideri non siano sempre accolti e che spesso voi [generale Berardi - n.d.a.] dimostriate di dubitare della mia opera; molti cattivi serbi e croati cercano di danneggiare le nostre relazioni; io sono convinto della vittoria comune perché conosco l'animo del popolo e ciò mi dà la forza di continuare la lotta» <324>, Di fronte a queste parole, al generale Berardi non restavano che due soluzioni: o arrestare Djujié, quale capo e combattente confesso di un re nemico dell'Italia, oppure, considerando preminente l'interesse dell'apporto dei cetnici sul piano ·militare, far finta di nulla. Il generale Berardi sorvolò e rispose in questi termini:
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«Rendo omaggio al buon cuore, allo spirito di moderazione e alla intelligenza da Voi dimostrate; sono lieto che fra le difficoltà che la situazione offre e delle quali vedo che vi rendete conto, il terreno d'intesa fra noi è stato il terreno militare. «Noi comprendiamo quali siano i Vostri sentimenti presenti, per aver da vicino seguito il vostro passato. «I vostri ideali meritano il nostro rispetto. Io credo che il loro raggiungimento si possa soltanto basare sulla serietà che potrete dimostrare di fronte al nemico hel condurre questa lotta anticomunista nella quale siamo collaboratori. «Non è possibile che in una lotta difficile come la nostra non nascano dei contrasti fra gli uomini chiamati a tale attività; ma queste sono piccole cose umane ed inevitabili; dobbiamo essere superiori ad esse e guardare solo al comune ideale. Ho visto in Voi un gran senso di comprensione e sono certo che in esso troverete la spiegazione della linea di condotta che io seguo. «Inneggio al raggiungimento della pace del vostro popolo attraverso lo scopo per cui combatte e nel quale tutti i popoli troveranno il loro assetto in Europa. «Ringrazio degli auguri di amicizia per il popolo italiano e assicuro di ricambiare per tutti voi uguale amicizia ed in segno di ciò vi stringo cordialmente la mano» <325>. Se lo scambio di questi indirizzi spazzò le nuvole che gravavano sui rapporti italo-cetnici, più complesse - ma non per questa ritrovata intesa - divennero le relazioni con i croati. Neanche dodici ore dopo l'incontro Berardi-Djujié, nella notte fra il 5 ed il 6 ottobre scomparve il capitano Svob, comandante della gendarmeria croata di Tenìn <326>. La notizia venne comunicata al comando della 'Sassari' dallo stesso zupano. Il giorno prima, verso le 22, il capitano, mentre in automobile si recava ad Oklaj (nordovest di Tenìn), con un sottufficiale e l'autista, era caduto in un'imboscata. Agguati, specialmente notturni, non erano avvenimenti eccezionali, ma eccezionali apparvero le modalità con cui sarebbe stata effettuata l'aggressione. Tre individui disarmati, che il zupano asseriva essere cetnici, fermata la macchina, avevano ordinato ai croati di consegnare fucili e pistole, «senonché consegnate le armi, il sottufficiale con un temperino» sarebbe «riuscito a sgozzare uno dei tre cetnici e ferire l'altro, sicché questi ed il terzo si diedero alla fuga» <327>. Ma «dopo la colluttazione il capitano Svob non è stato più visto e si ignora la sua sorte» c32s>, mentre il sottufficiale e l'autista furono in grado di tornare a Oklaj e dare l'allarme.
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L'incidente era clamoroso, e sembrava quasi precostituito per fomentare il dissidio cetnico-croato e per sabotare l'intesa di Berardi con il pope. Ampie furono le ricerche ed i rastrellamenti immediatamente disposti della 'Sassari' l329l e dal comando croato di Tenin. Vennero fermate ed interrogate circa trecento persone. Il pope fece arres~are il comandante ed il vicecomandante dei cetnici della zona dov'era avvenuta l'imboscata, ritenendoli responsabili dell'accaduto non perché l'aggressione fosse stata opera di ortodossi, ma per aver permesso che i comunisti potessero agire con tanta sicurezza. Dette «ventiquattro ore di tempo per ripulire dai comunisti il paese», e «qualora dopo tale termine ciò non sia stato fatto, sarà bruciato tutte. il paese» <33oJ. Sciolse la locale formazione, e prima di riammettere i singoli nelle proprie file, li vagliò personalmente uno ad uno <331>. Nonostante ogni impegno, né il capitano Svob, né il suo cadavere vennero trovati. «Varie sono le ipotesi che si affacciano sulla sua sparizione - annotava la 'Sassari' -· a seconda dei campi dai quali esse sono affacciate e che dimostrano ancora una volta le varie mentalità in contrasto nella zona. I croati dicono che è stato ucciso dai serbi (cetnici); i cetnici che è stato ucciso dai comunisti; i simpatizzanti ustascia dicono che egli era contrario al movimento ustascia e che per non correre il rischio di doversi iscrivere al partito esse_n do egli sloveno, si sia eclissato» c332>. Certo si è che la scomparsa del capitano Svob rimase uno·dei tanti problemi irrisolti. Ma neppure il campo cetnico era molto tranquillo: «profondi dissensi - registrava la 'Sassari' - esistono fra il pope Djujié e il Mane Rokvié; il col. Jovovié vorrebbe imporsi al pope; a sua volta questi non è ben visto da tutti i capi; in altre parole regna reciproca diffidenza nata da ambizioni personali» (333J. A Tenìn poteva accadere di tutto, ma su tutto e tutti doveva vigilare la 'Sassari' cercando di non farsi sorprendere dalla mutabilità degli uomini e dalla imprevedibilità degli avvenimenti.
LA DIVISIONE 'ZARA' CONTROPARTITA D'UNA TRANSAZIONE La variabilità delle situazioni si ripercuoteva anche nella Dalmazia italiana, ed in previsione d'un possibile aggravamento il 'Comando Truppe Zara' venne trasformato (1 ° settembre) in un comando di divisione. Però la trasformazione, più che la conseguenza d'uno studio tecnico-militare, fu il risultato d'un compromesso fra il maresciallo Cavallero ed il generale Roatta da un lato, ed il Governatore Bastianinj dall'altro.
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Bastianini - come ricordato nel II capitolo - la mattina del 25 luglio si era recato a Roma per chiedere a Mussolini il trasferimento di Armellini, ed il generale era stato rimosso dal comando <334>. Nel pomeriggio dello stesso giorno il Governatore andò da Cavallero. Durante il colloquio gli parlò della necessità di prevenire altri inconvenienti con il successore di Armellini (generale Umberto Spigo), definendo chiaramente i limiti delle rispettive «funzioni di comando del Governatore e del generale sul posto» <335l_ Espose anche le linee d'un progetto - argomento che gli stava particolarmente a cuore - sulle «forze che occorrerebbero per dare impronta da lui voluta alla organizzazione [difensiva - n.d.a.] della Dalmazia». Ma il capo di Stato Maggiore Generale, senza mezzi termini, gli oppose che «con i mezzi di cui disponiamo» <336> quel progetto non era realizzabile. Rimasero, però, d'accordo che, per «dirimere ogni vertenza» fra autorità politica e comandi militari, si sarebbero nuovamente incontrati il 1° agosto, assieme al generale Roatta ed al generale Spigo, dopo il rapporto che Mussolini avrebbe tenuto il 31 luglio ai comandanti impegnati in Croazia. Il Duce, a Gorizia, presenti il capo di Stato Maggiore Generale, Cavallero, il capo di Stato Maggiore dell'esercito, Ambrosia, tenne rapporto al comandante di Supersloda, Roatta, ai generali comandanti dei corpi d'armata Ferrere, Robotti, e Coturri, accompagnati dagli ufficiali dei rispettivi Stati Maggiori <33 7l. Il generale Roatta riferì sulla situazione in Croazia, ed espose le misure adottate, quelle in corso di attuazione, ed i programmi da svolgere. Quindi prese la parola Mussolini, ricordando che, quando l'esercito italiano aveva assunto il presidio della Croazia, «inizialmente le cose parvero procedere nel modo migliore[ ... ]. Si credette che la zona fosse tranquilla. Poi si vide, quando la crisi scoppiò, che i presìdi non erano abbastanza consistenti, e che non vi era modo di rifornirli adeguatamente» <338>. Ma, se queste ammissioni costituivano un'autocritica sul piano militare, altrettanto critiche furono le considerazioni su quello politico. «II 21 giugno, con l'inizio delle ostilità con la Russia, questa popolazione, che si sente slava, si è sentita solidale con la Russia. Da allora tutte le speranze ottimistiche sono tramontate». E la sua valutazione della linea di condotta seguita in Croazia fu crudarµente realistica, poiché all'interrogativo, «ci si domanda se la nostra politica fu saggia», egli stesso sorprendentemente rispose: «si può solo dire che fu ingenua» <339l. Da qui la decisione di passare alla maniera forte. <<Non temo le parole. Sono convinto che al terrore dei partigiani si debba rispondere con il ferro e con il fuoco» . E le direttive furono precise. «Il ritmo delle operazioni deve essere sollecito». «Non vi preoccupate del disagio economico della
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popolazione. Lo ha voluto! [... ]. Non sarei alieno dal trasferimento di masse di popolazioni» .. «Considerate senza discrimim1.zioni i comunisti; sloveni o croati, se comunisti, vanno trattati allo stesso modo». «Le truppe adottino la tattica dei partigiani! Abbiano mordente!» <340>, Mussolini fece anche intendere che l'esteso presidio della Croazia sarebbe stato ridimensionato, poiché «non possiamo tenere tante divisioni in Balcania [... ]. Attualmente la Balcania costituisce per noi una forte usura, ed occorrerebbe ridurre questo schieramento» <341l. E così, se da un lato chiedeva un più deciso impegno operativo, la previsione di possibili ripiegamenti finiva con l'alimentare l'incertezza della condotta politico-militare che si s~rebbe dovuta seguire. Il giorno dopo, a Roma, Cavallero iniziò la giornata ricevendo il comandante di Supersloda, con il quale esaminò il problema delle «dipendenze, attribuzioni, rapporti tra Ecc. Roatta ed Ecc. Bastianini» <342>. Di fronte alla constatazione che il Governatore «si assume impropriamente la difesa del paese [della Dalmazia - n.d.a.]», Cavallero e Roatta studiarono una soluzione che non scontentasse Bastianini, e nello stesso tempo non compromettesse l'autonomia dei comandi militari. Il risultato fu condensato in tre punti.: «la responsabilità della difesa del paese è dell'autorità militare»; «l'ordine pubblico delle città è invece dell'Ecc. Bastianini»; «il servizio di polizia deve essere fatto con il concorso dell'autorità militare» <343>. Stabiliti questi criteri, Cavallero si ripromise di risolvere anche la questione dei battaglioni squadristi, che erano alle dirette dipendenze del Governatore, condividendo il parere del comandante di Supersloda sull'inopportunità del loro impiego al di fuori dei comandi militari <344l . Subito dopo, alla presenza di Roatta, il capo di Stato Maggiore Generale ricevette Bastianini (il generale Spigo sarebbe intervenuto alla fine del colloquio). Fecero un'ampio giro d'orizzonte sulla lotta fra serbi e croati, sulle ripercussioni di questo conflitto di religione e di etnie, sulle condizioni politico-militari nel territorio del Governatorato. Bastianini espose il tema che più gli stava a cuore: la sicurezza della Dalmazia. Sostenne vivacemente la «necessità di un servizio di guarnigione sul confine e sul retroterra» <345> ed il rafforzamento dei presìdi. Anche questa volta Cavallero escluse l'invio di nuovi reparti non avendo forze disponibili e - soprattutto - gli fece osservare che «i problemi Croazia-Dalmazia sono perfettamente identici dal punto di vista della difesa» <346>_ Roatta, per chiarire le·parole del maresciallo, illustrò la dislocazione e lo schieramento delle unità di Supersloda, ma le obiezioni del Governatore - «dice che non bastano», «che i ribelli sono concentrati in otto punti
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bene individuati e che se avesse le forze saprebbe agire efficacemente contro di loro» <347> determinarono un risentita risposta di Cavallero. «Il capo di S.M.G. [Stato Maggiore Generale - n.d.a.] - riporta il diario storico - afferma che chi giudica è l'autorità militare e che lui [Bastianini - n.d.a.] deve rimettersi al giudizio di questa. Non si può comandare in due. Non si può neanche bloccare nell'interno [della Dalmazia - n.d.a.] una grande quantità di forze perché ciò andrebbe a discapito della manovra». Il Governatore, che non era un'interlocutore facile, insistette sulle proprie tesi, lamentando inoltre che «i comandi sono troppo lontani [da Zara - n.d.a.] e non possono conferire con lui» <34s>. Il discorso stava diventando difficile, ma il fatto che Bastianini fosse riuscito ad ottenere da Mussolini l'immediato trasferimento di Armellini, p:obabilmente indusse il capo di Stato Maggior Generale ed il comandante di Supersloda a non opporre una rigida preclusione alie richieste del Governatore. D'altra parte, si rendevano conto di non dover dare l'impressione di troppa accondiscendenza. Il dilemma fu risolto da Roatta. Con molta abilità propose di «sostituire al comando 'Truppe Zara' un comando di divisione, tenuto da un uomo capace)>, dal quale «tutte le truppe della Dalmazia dovrebbero dipendere[ ... ] anche disciplinarmente» <349l_ Cavallero colse la palla al balzo. Affermando che «le difficoltà non sono insormontabili» , convenne «sulla unitarietà [del comando militare - n.d.a.] nel Governo della Dalmazia» e sull'opportunità «che Ecc. Roatta rediga uno schema di accordo» (350> con il Governatore. Bastianini accettò la soluzione, ma sul momento gli dovette sfuggire che la formula 'sostituire il comando Truppe Zara con un comando di divisione' non significava l'invio in Dalmazia di nuove forze, e che la dipendenza disciplinare di 'tutte le truppe della Dalmazia da un unico comando militare' voleva dire che i battaglioni squadristi, le bande anticomuniste, i battaglioni carabinieri, la guardia di finanza, cioè le forze che Armellinì aveva chiamato 'l'esercito del Governatore', non restavano più ai suoi ordini.
In ogni modo, la costituzione della divisione ' Zara' non fu una occasionale improvvisazione di Roatta, poiché il problema era già stato esaminato dal XVIII Corpo d'armata e da Supersloda. Verso la fine dj marzo, il generale Ruggero Cassata, comandante delle 'Truppe Zara', aveva informato il generale De Blasio (capo di Stato Maggiore di Roatta) «d'esser stato incaricato [dal generale Armellini - n.d.a. ] di compilare uno studio per la trasformazione delle 'Truppe Zara' in divisione d'occupazione» <351l . Il cambiamento - per Cassata - non presentava particolari difficoltà, «purché venissero inviati i complementi per formare le compagnie fucilieri del secondo reggimento», e la trasformazione avrebbe.iavuto «per lo meno
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il vantaggio di dare a tutte queste truppe la sensazione di non essere più stanziali» <352). Il l 2 aprile, Cassata riceveva da Armellini la direttiva di procedere nella trasformazione, «utilizzando i mezzi attualmente disponibili» (353).
Ma l'iniziativa non convinse Roatta malgrado le motivazioni addotte da Armel!ini, e cioè che il comando 'Truppe Zara', «avente carattere di staticità» si era «dimostrato non adatto» quando aveva dovuto estendere la propria giurisdizione territoriale per aiutare la 'Bergamo', impegnata nel ripiegamento dei propri presìdi (354l. Per di più, soprassedere alla trasformazione quando era già iniziata, avrebbe creato secondo Armellini una situazione .negativa anche per le ripercussioni psicologiche che si potevano determinare fra i soldati. Roatta rappresentò la questione allo Stato Maggiore dell'esercito, e la risposta che gli pervenne anche se per larga parte negativa, praticamente non risolse il problema. «Superesercito non desidera addivenire trasformazione. organica Truppe Zara» sia per «difficoltà organiche et per indisponibilità materiali specie automezzi e quadrupedi», sia perché «unità appartenenti at comando Truppe Zara costituiranno primo nucleo delle truppe da posizione che in avvenire probabilmente saranno destinate at difesa territorio Dalmazia» <355l. Però Io Stato Maggiore non era contrario a «varianti di carattere tattico, ritenute necessarie per migliorare l'impiego dei repartj, delle armi e·ctei mezzi esistenti in zona» <356>. La questione, dati i termini con cui era stata posta, rimase aperta, e Roatta, quel 1° agosto, con la sua proposta, nel momento cruciale del contrasto fra Bastianini e Cavallero, raggiunse più d'un obiettivo: tacitò il Governatore; dette a Cavallero un modo elegante per uscire dalla discussione; risolse il problema delle dipendenze dei battaglioni squadristi; superò le riserve dello Stato Maggiore dell'esercito; e la nuova divisione divenne la contropartita dell'accordo con i Governatore. Non sappiamo quando siano stati concordati i termini dell'intesa fra Roatta e Bastianini, ma costituirono la parte essenziale delle direttive che il 6 agosto il comandante di Supersloda inviò al generale Spigo, e per conoscenza a Bastianini. Roatta faceva presente che «presi gli ordini superiori, ed in seguito ad accordi con il Governo della Dalmazia» (357>, il 'Comando Truppe Zara' veniva trasformato in comando di divisione. La giurisdizione territoriale della nuova unità si estendeva alla provincia di Spalato (concessione a Bastianini che vedeva realizzarsi il comando militare unico per la parte centrale della Dalmazia annessa). La divisione sarebbe stata formata dagli uomini e con i mezzi del 'Comando Truppe Zara', nonché dai reparti organici e dai servizi che le sarebbero stati assegnati. Alle dipendenze disciplinari ed operative del nuovo comando passavano le sei bande
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anticomuniste, i tre battaglioni carabinieri, i due della guardia di finanza, i quattro degli squadristi (concessione di Bastianini che rinunciava alle forze da lui dipendenti). P erò il loro impiego, al di fuori del territorio annesso non poteva aver luogo «senza consenso del Governatore della Dalmazia» <35s> (concessione a Bastianini), ed il reclutamento dei volontari anticomunisti restava di competenza del Governatore. Veniva conservato il gabinetto militare di Bastianini, ma come organo di collegamento tra l'autorità politica e quella militare c359>. Quale compito 'generale', la divisione 'Zara', assieme alle altre unità del corpo d'armata, doveva provvedere alla difesa dell'antemurale croato, nonché delle province di Zara e Spalato; come compito 'particolare', «da assolvere in stretto contatto con il Governatore della Dalmazia: provvedere al presidio ed alla difesa dell'O.P [ordine pubblico - n.d.a.] nelle provincie suddette» (360>. Però l'applicazione di questa clausola non sarebbe stata molto agevole. Nell'insieme, più che un 'accordo', era stato concluso un 'compromesso' - ed anche non equilibrato - poiché, mentre Bastianini rinunciava al suo 'esercito', le autorità militari, proponendo la trasformazione di un 'coman~o' in un altro, avevano eluso l'invio di nuovi reparti in Dalmazia. Ed il Governatore, quando se ne accorse, ingaggiò una lotta a fondo. A metà agosto, l'Ufficio ordinamento dello Stato Maggiore portava a conoscenza degli enti e delle autorità militari dipendenti che «con le truppe del presidio di Zara, appositamente trasformate ed integrate, sarà costituita, nel quadro dell'ordinamento di guerra e gradualmente una divisione di fanteria». «In relazione a quanto sopra-·precisava l'ufficio - saranno attuati, in un primo tempo i provvedimenti appresso indicati» 061 >. Cioè, dai 1° settembre, i comandi 'Truppe Zara', 'Fronte a terra', 'Fronte a mare_', e 'Artiglieria Zara' venivano sciolti. Ma si trattava di uno scioglimento formale: gli uomini, i mezzi, l'inquadramento restavano gli stessi. Cambiavano le denominazioni che, rispettivamente, divennero: 'Comando divisione Zara', 'Comando 291 ° reggimento di fanteria', 'Comando 292° reggimento di fanteria', 'Comando 158° reggimento d'artiglieria' <362>. Di nuovo vi sarebbero stati due generali: uno per il comando della divisione e l'altro, di brigata, per la fanteria divisionale< 363 >, oltre ad un ufficiale superiore per il comando del 292° reggimento. Ai reggimenti vennero consegnate le bandiere di combattimento <364>; lo scudetto, portato sulla manica sinistra della divisa, ebbe la nuova dicitura 'Divisione Zara', ma conservò i colori del Comando Truppe, azzurro (della scritta, del gladio, delle foglie di quercia) sul fondo bianco, ~ costituì un'eccezione rispetto
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agli scudetti delle altre divisioni di fanteria che avevano diciture, gladio e foglie di quercia in giallo-oro su fondo azzurro; le mostrine restavano quelle delle 'Truppe Zara' <365>, fondo blù con riga gialla al centro, ed una più sottile ai bordi. La divisione non soltanto nasceva senza gli uffici di sanità, di commissariato, di veterinaria, ma per disposizione dell'Ufficio ordinamento dello Stato Maggiore, la compagnia carri 'L' , i gruppi di artiglieria 'Fadini' e 'Clii', ambedue su tre batterie, il plotone chimico misto, quello anticendi, le stazioni· fotoelettriche, già del 'Comando Truppe Zara', passavano «a far parte delle truppe supplettive del XVIII Corpo d'armata» <366>. Soio «succe~sivamente - scriveva l'Ufficio - in relazione alle disponibilità di personale, di dotazioni e di mezzi di trasporto» si sarebbe provveduto «alla costituzione degli elementi mancanti, all'assegnazione dei mezzi di trasporto dei reparti, al completamento degli organici» <367>.
L'ORDINE PUBBLICO E L'IMPEGNO DI BASTIANINI PER OTTENERE UNA NUOVA DIVISIONE Durante il mese d'agosto si accentuò l'attività dei partigiani con azioni di disturbo alla navigazione. Il 9 agosto, all'altezza di San Giovanni della Brazza, abbordavano il motoveliero Vinka, impadronendosi del carico d'orzo e di ortaggi <368>. Lo stesso giorno, vicino all'isola di Morter (nordovest di Sebenico), una pattuglia italiana, su una motobarca di sorveglianza, ebbe uno scambio di fucilate con un gruppo d'armati appostati sulla costa <369>. Quattro giorni dopo, sempre nella zona di Sebenico, a due chilometri da Trebocconi, i ribelli mitragliarono da terra un natante adibito alla raccolta dell'olio per l'ammasso <370J. Il comando Marina della Dalmazia, nel tentativo di contrastare questi agguati, diede ai comandanti di porto l'autorizzazione d'a.rmare alcuni motovelieri «con mezzi di fortuna e con l'ausilio del R.E. [regio esercito - n.d.a.]», affidandone il comando a sottufficiali di marina; ma dovevano «conservare l'equipaggio civile anche se croato» <371J. Queste imbarcazioni, distinte dalla sigla N.A.P. (natante anti-partigiano), avrebbero dovuto servire, più che altro, come navi civetta, e se mantenere a bordo equipaggi croati poteva sembrare una sottile astuzia per avvicinarsi insospettati alle imbarcazioni da controllare, abbiamo la sensazione che, in pratica, sia stata una faciloneria. In quel periodo, l'ordine pubblico peggiorò nelle province di Zara e Spalato. Dai tre o quattro omicidi di luglio si arrivò a diciotto assassinii
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(comprese sei donne), in larga parte di simpatizzanti per l'Italia, di capivilla, dei loro familiari , di giovani iscritti alle organizzazioni del Partito fascista <372>, Non mancavano tagli di pali telegrafici e telefonici; danni a manufatti ed opere d'arte lungo le strade; la propaganda comunista si rafforzava, ed il 28 agosto il Governatore, facendo leva su questi fatti, iniziò la battaglia per ottenere che in Dalmazia fossero effettivamente inviati nuovi reparti. Come prima cosa mise in mora il comando del XVIII Corpo d'armata: gli fece pervenire una 'memoria' sull'ordine pubblico, corredata da cinquantadue allegati che riportavano analiticamente le descrizioni di «numerose manifestazioni delittuose, dell'ultima quindicina, da parte dei ribelli nei territori a cavallo delle foci del Kerka» <373>. Bastianini - a parte il polemico numero degli allegati inviato per conoscenza anche a Supersloda - chiedeva, in base all'accordo stipulato con Roatta, l'applicazione della clausola per cui «il comando della nuova divisione, ed - occorrendo - quello del XVIII C.A. dovevano provvedere alla tutela dell'ordine pubblico». Ma se questa tutefa poteva esser data «nei limiti consentiti dalla situazione e dalla disponibilità delle forze» (norma cautelativa evidentemente voluta da Roatta), tuttavia i comandi militari erano obbligati a tener conto «delle necessità prospettate dal Governatore della Dalmazia» <374>. Le due condizioni apparivano antitetiche, ed il comandante di Supersloda, già 1'8 agosto (cioè quarantott'ore dopo l'invio delle disposizioni per la costituzione della 'Zara'), in una lettera riservata aveva precisato al generale Spigo che, «anche se non è stato espressamente indicato nel testo {dell'accordo - n.d.a.] per ovvie ragioni di opportunità [... ] i comandi di G.U. [Grande Unità - n.d.a.] interverranno per la difesa dell'O.P. dietro richiesta delle autorità politiche» <375>, cioè avevano l'obbligo d'intervenire. Era, in pratica, la riconferma nelle norme contenute nel decreto del 19 gennaio 1942, emanato da Mussolini, per definire le competenze delle
autorità politiche e di quelle militari, in relazione alla difesa dell'ordine pubblico nei territori annessi. Ma, proprio questo decreto era stato l'origine degli attriti fra Bastianini ed il generale Armellini, e Roatta - certamente ricordando i precedenti - diceva a Spigo d'essere «sicuro che il tatto e l'avvedutezza di V.E. e del Comandante della nuova G.U. faciliteranno grandemente, caso per caso, l'applicazione delle disposizioni di cui si tratta» (376J. Nella 'memoria' inviata a Spigo, il Governatore aveva localizzato le zone più turbolente nei dintorni di Pirovazzo, di Vodizze e di Sebenico. «Si tratta di zone dall'estensione di qualche centinaio di chilometri quadrati nelle quali, la mancanza assoluta di qualsiasi rappresentanza delle nostre
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forze armate, rende possibile l'affermarsi dell'organizzazione comunista mediante la costituzione di nuclei armati» <377>. E Bastianini avvertiva che «dalle informazioni ricevute da confidenti, e da qualche documento sequestrato», non era da escludere «un grosso colpo prima dell'inverno» <37&> ad opera dei partigiani. Questa eventualità appariva anche avallata dalla nuova tattica dei ribelli: evitare le aggressioni e le imboscate a danno dei militari per non richiamare altre forze in zona; eliminare gli elementi filo-italiani della popolazione, particolarmente i capivilla. Nello stesso tempo assicurava Bastianini - stavano potenziando il servizio informazioni, l'organizzazione, la raccolta viveri, i collegamenti con le isole e, da Sebenico, una centrale comunista manteneva i contatti con oltre frontiera <379l. «Mi corre l'obbligo - scriveva il Governatore - di richiamare l'attenzione di codesto Comando sulla gravità della situazione che si è determinata nei territori in oggetto la quale, da un momento all' altro, potrebbe divenire insostenibile se non viene provveduto d'urgenza all'invio di truppe sufficienti per stroncare immediatamente l'organizzazione segnalata, ricercando e distruggendo i nuclei armati che scorrazzano nel retroterra», e nello stesso tempo disporre che «una congrua aliquota di forze permanga nel territorio per ridare prestigio alla nostra Autorità» c3soi. La 'memoria' aveva il peso d'una requisitoria, ma non vi era alcun cenno sulla consistenza numerica dei ribelli. Secondo i militari non superavano il centinaio, sparpagliati in piccoli gruppi su tutto il territorio segnalato, mimetizzati fra la popolazione, ma proprio per questo costituivano un costante pericolo. Due giorni dopo l'invio del 'memoriale', il Governatore tornò sull'argomento: per telescritto avvertiva Supersloda ed il corpo d'armata che, perno su Sebenico, «forti ammassamenti di ribelJi sono in corso» c3sn; a nord, lungo l'allineamento Aurana-Mala Cista-lago di Procliano { == Prokljan); a sud, da Sebenico a Traù. Ribatteva il concetto che in «ambedue i settori non esistono nostre forze armate, et ribelli sono padroni della situazione» '382>. Per di più «informatori attendibilissimi concordemente» segnalavano «intenzioni ribelli assicurarsi, a qualunque costo nelle prossime due o tre settimane un successo di cui abbisognano per rialzare il loro prestigio presso popolazioni et agire efficacemente sulle isole» <383>. Non escludeva che l'obiettivo potesse essere la stessa Sebenico, «poiché le due compagnie di bersaglieri dislocate in quella città non sono sufficienti né ad una azione nel territorio immediatamente circostante né a difendere la città in caso d'attacco» os4>. La memoria ed il telescritto - fermo restando il problema dell'ordine pubblico, che obiettivamente esisteva - davano una deformata impressione della realtà. Ma, proprio il ricorso al macroscopico, all'accentuazione
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dei fatti, sarebbe stata, per larga parte, l'arma vincente del Governatore. Tuttavia, pur conoscendo i motivi strumentali di questa macroscopia, abbiamo la sensazione che Bastianini fosse realmente convinto dei pericoli che denunciava. Però, in questo caso, è da domandarsi da chi venisse informato, oppure se qualcuno avesse l'interesse o la leggerezza di fornirgli dati imprecisi che - se riscontrati - avrebbero potuto sollevare più d'un dubbio sulla attendibilità delle sue valutazioni. Ad esempio, a Sebenico non vi erano solamente due compagnie di bersaglieri, bensì tre più il comando di battaglione (la quarta compagnia si trovava a Scardona, a circa 20 km da Sebenico, con un plotone a Capocesto). Inoltre, in città, vi era un battaglione presidiario con quattro compagnie (la quinta fra Losovazzo e le centrali elettriche del Cherca); due batterie - da 100/17 e 75/27 ciascuna su tre pezzi <385> ed una sezione da 105/28 .. Però non risulta che questi dati siano stati contrapposti al Governatore. Mentre le note ed i telescritti di Bastianini manifestavano un costante allarme, i diari storici, le relazioni periodiche, le segnalazioni dei comandi militari per gli stessi avvenimenti (che quasi sempre li coinvolgevano in prima persona), danno la sensazione d'una minore apprensività, e probabilmente di maggiore obiettività. Nella sintesi operativa del 'Comando Truppe Zara', per il mese di agosto, era riportato che «le numerose azioni di perlustrazione e di appostamento [ventotto in agosto - n.d.aJ effettuate dai reparti [... ] hanno costretto i ribelli ad una limitazione della loro attività in tutto il territorio. L'iniziativa nemica è stata quasi nulla» <386>. Più dettagliato il comando del corpo d'armata che, nella Relazione periodica (25 agosto) distingueva per zone le condizioni delle province di Zara e di Spalato. Nei territori a nord-est di Zara, «i partigiani, che in gran parte avevano passato il confine» rifluendo in Croazia, «cominciavano ora a rientrare [nella zona italiana - n.d.aJ ed a ricostituire le loro formazioni» ma, «elemento a noi favorevole, è l'adesione· di vari contadini, che sono rientrati volontariamente nelle bande anticomuniste» <337>. Nelle zone a nord-ovest, la situazione «continua a mantenersi tranquilla. Non si sono verificati incidenti degni di nota ad eccezione di qualche rapina commessa da elementi ortodossi a danno di cattolici» <388>. Invece, lungo il litorale, da Sebenico a Traù, _:__ ed in ciò concordemente a Bastianini - «la situazione si presenta anormale. L'attività dei ribelli si è manifestata con aggressioni ad elementi isolati e con violenze contro tutti coloro che ci sono favorevo' ;. [...). I partigiani agiscono in ambiente favorevole, aiutati dalla popolazione che è sempre restia a fornirci notizie» <389>. Per contro, sulle isole di fronte a Zara, dopo i fatti di Eso Piccolo, era tornata la normalità. In genere, «Io stato di relativa calma di quest'ultimo periodo» - per il co-
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mando del corpo d'armata -veniva comprovato dal commercio locale che «ha presentato notevole sviluppo. I vari mercati nei centri più importanti sono tornati ad esser tenuti settimanalmente, frequentati da numerosi contadini che vi si recano con vari prodotti animali e della terra» <390l. Nel Riassunto situazione a fine agosto 1942, il corpo d'armata, pur constatando che «nel quadrilatero Bencovazzo-Ponti di Bribir-ChistagneObrovazzo, anche dopo il ritiro delle nostre forze, regna una calma apparente», aggiungeva: «apparente nel senso che non si sono verificati attacchi alle nostre truppe anche se varie fonti segnalano che elementi partigiani stanno riorganizzando la zona» <39•>. Registrava, però, nel tratto costiero tra Zar!!. e Spalato, «una recrudescenza degli atti di terrore, specialmente ai danni di capivilla e delle persone a noi favorevoli»; nella zona a nord-est di Sebenico ed in quella di Sebenico-Traù, «un concentramento di elementi partigiani locali» ma «di scarsa importanza, che hanno svolto attività terroristica ed atti di sabotaggio, con qualche aggressione a nostri elementi isolati» (392>. Nei dintorni di Chistagne era stata notata «la presenza di 5/6 [dicesi 5 o 6 - n.d.a.J partigiani che sono stati messi in fuga dalla nostra banda anticomunista giunta sul posto» <393l; nel bosco di Guduéa (ovest di Sebenico) erano in corso accertamenti sulla presenza di ribelli; a Sebenico, i comunisti avevano diffuso manifestini a carattere sovversivo. Unico elemento di rilievo, u~a sparatoria avvenuta la sera del 29 agosto contro l'abitato di Pirovazzo. «Dopo uno scambio di fucileria di circa mezz'ora i ribelli si sono ritirati favoriti dall'oscurità. Nessuna perdita da parte nostra. Perdite avversarie non accertate» <394>_ Il diverso tono fra le valutazioni del Governatore e quelle dei comandi militari era evidente. Ma se nel primo caso i motivi del ricorso a registri alti sono individuabili nella loro strumentalità, nel secondo non sembra che vi sia stato un voluto o interessato uso di quelli bassi. NASCE LA DIVISIONE 'ZARA'
Il 1° settembre, il generale Carlo Viale assumeva il Comando della divisione 'Zara'; Francesco Giangrieco quello della fanteria divisionale <395). Ma questa 'Zara' era ben diversa dalle aspettative di Bastianini, e già il 3 settembre il Governatore manifestava il proprio disappunto a Luigi Russo, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Era l'inizio della pressione su Roma, ma Bastianini, quasi avesse voluto saggiare le reazioni, non usò la via ufficiale, bensì quella personale, con una lettera autografa. Come prima cosa informava il sottosegretario che, il l O agosto, - «dopo il colloquio che io ebbi col Duce» - aveva avuto «una conver-
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sazione col maresciallo Cavallero» per chiedergli tre cose: «l'istituzione a Zara del comando delle Tnippe operanti nelle due provincie di Zara e Spalato»; che questo comando agisse «nel più stretto contatto con me contro le formazioni ribelli», e «la costituzione nelle due provincie di una forza militare sufficiente a liquidare il ribellismo e a presidiarle» 1396l. Secondo Bastianini, il maresciallo aveva accolto le richieste e, decisa la costituzione del nuovo comando, «promise che avrebbe fatto il possibile contro i ribelli, dando alla nuova divisione gli uomirù ed i mezzi» <397l. Però, «allo stato attuale delle cose - proseguiva il Governatore - è giunto ieri 2 settembre [arrivò il 1° - n.d.a.] un generale a costituire il comando della divisione; non è arrivato neanche un reparto di truppa, anzi ne sono stati ritirati altri che alla data del 1° agosto si trovavano in provincia di Zara» <39sJ. A dimostrazione della scarsità delle forze poneva a raffronto il numero dei soldati alla estensione del territorio. Per difendere 3.800 chilometri quadrati della provincia di Zara vi sarebbero stati 2.200 uomini, cioè 0,7 soldati per chilometro quadrato. Aggiungendo le 1.500 camicie nere dei battaglioni squadristi, ma estendendo il presìdio alla provincia di Spalato, la proporzione non mutava. «È evidente - ironizzava Bastianini - che i ribelli possono stare tranquilli! Ma, non altrettanto tranquilli possiamo stare noi e ancora meno le popolazioni che mi chiedono armi per difendersi da sole. Tali armi non abbiamo» <mJ. Il quadro, cosi esposto, indubbiamente poteva far impressione soprattutto su chi, stando a Roma, non aveva motivo di porre in dubbio quello che il Governatore gli faceva sapere con una lettera personale. Bastianini, per di più, osservava che <<se in Dalmazia si lasceranno le cose come ora sono, avremo delle brutte giornate. Le isole sono indifese e non sorvegliate né per terra né per mare», ed oltre ai ribelli presenti fra Zara e Spalato, «molte migliaia se ne sono raggruppate fra le Dinariche ed il nostro confine». «Vi sono in mare barche pirate che non si possono ricercare per mancanza di mezzi nautici. Non esistono presidi militari nella maggior parte delle isole, e dove vi è un presidio si tratta di 20 CC.NN. [camicie nere - n.d.a.] che vi ho inviato io» <400>. Per far fronte a questo stato di cose chiedeva un sollecito arrivo - almeno - àelle reclute che, «disseminate» nei vari centri avrebbero potuto completare l'istruzione, e nello stesso tempo servire «da presidio e da remora», poiché «dove vi sono soldati italiani non vanno i ribelli, e restringendo con vari presìdi il loro campo d'azione occorreranno meno truppe per acciuffarli» <401 >. Se la lettera non era 'leggera' non era neppure fine a se stessa poiché, dopo il «Caro Russo» iniziale, Bastianini diceva di scrivergli «per tua informazione e per il ,caso che il Duce ti chiedesse qualche cosa della Dalmazia» <402>. In altre parole: parlane a Mussolini.
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Nell' insieme, il quadro tracciato dal Governatore, a parte i colori foschi, rispecchiava la realtà ma - anche questa volta - come nel caso di Sebenico, alcuni dati, e tutt'altro che secondari, venivano presentati in modo inesatto. In provincia di Zara i soldati non erano 2.200. Dal 'riepilogo mensile' della forza delle 'Truppe Zara' - non contando i battaglioni squadristi, quelli dei carabinieri, delle guardie di finanza e le bande anticomuniste - risulta che al 31 agosto, su 6.860 effettivi erano presenti 5.040 uomini c4o3i . La discrepanza fra le cifre di Bastianini e quelle ufficiali - pur tenendo conto dei servizi - sarebbe stata possibile solamente se non meno di due o tre battaglioni fossero s'tati distaccati presso altre divisioni. Invece - ad ,eccezione del gruppo d ' artiglieria 'Fadini', trasferito nella zona di Spalato -- tutti i reparti si trovavano in provincia di Zara C404>. In ogni caso, anche senza considerare la diversità delle cifre, che serviva alla dialettica del Governatore, la forza della ' Zara' era ben scarsa, e le isole, pur se per nulla o quasi presidiate frazionavano ulteriormente i reparti escludendo un loro rapido intervento sulla terraferma e viceversa. Per di più il numero degli automezzi non raggiungeva il 25 per cento della dotazione in organico (405). Questa 'fragilità' era nota a Roatta, ed il 5 settembre, con un telegramma al XVIII Corpo d'armata (dandone contestualmente notizia al Governatore), informava d'aver «fatto presente alle autorità centrali l'urgenza di completare la divisione 'Zara', ripianando aliresì le deficienze causate dalla malaria» c406>. Riferendosi, poi, ai pericoli segnalati da Bastianini (telescritto dal 30 agosto), Roatta - e sembra quasi irritato - ordinava al generale Spigo di «dislocare nella zona di Sebenico, mantenendoveli fino a nuovo ordine, due battaglioni (e se occorre, tre) delle divisioni 'Bergamo' e 'Sassari'» <407l _ I battaglioni andavano impiegati «contro le formazioni ribelli segnalate nella regione ad ovest di Scardona e Sebenico, e nella regione a sud deila linea Sebenico-Traù» <403>, in concorso con i reparti della 'Zara' . In altre parole, il comandante di Supersloda, secondo i termini dell'accordo. aveva integralmente recepito le richieste del Governatore, disponendo anche che quei battaglioni «susseguentemente[... ] presidiassero dette regioni in modo da mantenerne il controllo» <409>. Ricordava, inoltre, che i! corpo d'armata {notizia per il Governatore) aveva già assegnato alla 'Zara' altri cinque battaglioni, <410> autorizzandola anche a trattenere la compagnia carri 'L' . L'8 settembre, il generale Spigo con un'ordine del giorno inviò il proprio saluto ai battaglioni squadristi, ai carabinieri ed alle guardie di finanza che, passando alle.dipendenze della ' Zara', entravano a far parte ciel corpo d'armata <411 >. Il 13, diramava le istruzioni per l'organizzazione della sicu-
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rezza nelle province di Zara e Spalato, ponendo in primo piano l'efficienza del servizio informativo. Carabinieri e guardie di finanza, non più impiegati come reparti combattenti, venivano restituiti ai compiti d' istituto per un più capillare ed attento controllo delle persone e delle popolazioni, con facoltà di servirsi anche delle M. V.A.C. locali. Il territorio, ripartito in settori e sottosettori, sarebbe stato «costellato dal maggior numero possibile di stazioni e di brigate» <412>, inserite nell'organizzazione presidiaria delle singole località. Alle truppe, tranne quelle indispensabili per i servizi, rese il più possibile 'mobili', spettava il controllo del territorio fra i presìdi. In ogni località i soldati, «comunque dislocati [... ], qualunque sia il loro incarico normale ed il compito per cui vi si trovavano dislocati (servizi, temporanea sosta, ecc), dovevano considerarsi prima di tutto combattenti»; «avere un posto ed un compito di combattimento pel caso di allarme ed essere moralmente e materialmente preparati a prontamente inserirvisi» <413J_ In fine, il generale Spigo disponeva che ogni presidio, specialmente se isolato, fosse organizzato a difesa - con adeguate scorte di viveri, acqua, munizioni completando e rafforzando i lavori <414 >, compresa la cinta di sicurezza a difesa di Sebenico, particolarmente sollecitata da Roatta <4 1~>.
BASTIANINI OTTIENE UN'ALTRA D IVISIONE
Durante il mese di settembre le condizioni dell'ordine pubblico non furono molto dissim_ili da quelle di agosto; diciassette gli assassinati, tra i quali il capovilla di Grebastica (sud di Sebenico) con il figlio, un confidente. la bidella della scuola elementare di Traù, il postino di Losovazzo <416>. Danneggiamenti alle strade; distruzione di alcuni piccoli ponti, di materiali in un cantiere di lavori stradali; ancora tagli di pali telegrafici (duecentottanta in una notte lungo la strada Spalato-Sebenico; quarantaquattro fra Salona e Clissa); rimozione di duecento metri di binario sul tratto SpalatoPerkovié; incendio d'una autocorriera in servizio di linea fra Stobrezio (Spalato) e Labin, ma senza vittime; danneggiamento della linea ad alta tensione. Il generale Giangrieco, al quale era stato affidato il settore di Spalato, il 16 settembre, riferiva sulla «sempre maggior baldanza» dei ribelli, «sicuri dell'impunità, perché agiscono in pochi e di sorpresa dove sanno di non trovare ostacoli, evidentemente informati dalla popolazione>> <411>. Per fronteggiarli avanzava alcune proposte, fino a quel momento probabilmente non considerate né dalle autorità militari né da,; quelle politiche.
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Constatando che molti giovani, specialmente della zona di Salona, apparivano disposti ad abbandonare i partigiani, esprimeva il parere che «se noi potessimo garantire loro e le famiglie dalle rappresaglie» - anche se era «cosa assai difficile per quelli che abitano in campagna ed in località non presidiate» C4tsJ - si sarebbe compiuta una notevole opera di penetrazione. Per «coloro le cui famiglie si trovano nei nostri presìdi, un buon allettamento sarebbe stato quello di garantire loro lavoro nel [... ] territorio nazionale (penisola e isole). Cosa conveniente anche per noi, dato lo scarseggiare della mano d'opera specie agricola» <4 t 9J_ Erano suggerimenti concreti, ma sembra che nessuno li abbia recepiti. L~ 'Zara' - durante il mese di settembre - aveva continuato, senza risultati apprezzabili, le perlustrazioni e gli appostamenti <420l, essendo impossibile, salvo una soffiata o incontri fortuiti, agganciare i piccoli nuclei di ribelli. Tuttavia, il S settembre, una banda anticomunista ne intercettò quindici che si dispersero perdendo un fucile mitragliatore; tre giorni dopo, la stessa banda sosteneva uno scontro ai Ponti di Breberio. Il 13, la 'Zara' inviava a nord di Chistagne tre battaglioni (dei quali uno della divisione 'Bergamo', secondo gli ordini di Roatta), quattro carri leggeri con due pezzi da 47 /32, per sorprendere una formazione di partigiani penetrata d'oltre confine. Ma i ribelli ripassarono la frontiera evitando il combattimento. 11 15 settembre, cinque battaglioni e tre bande rastrellarono la zona Pirovazzo-Mala Cista-Zaton, senza trovare gente in armi; analogamente il giorno successivo, tre battaglioni ed elementi delle bande, con reparti carabinieri e guardie di finanza, setacciarono la zona fra Traù e Marina. Dal 22 al 27, altro rastrellamento (tre battaglioni, tre bande e cento carabinieri) del territorio a sud di Sebenico, sino a Capocesto e Rogosnizza, dove fuorono riattivate le comunicazioni telefoniche C421 >. Durante le operazioni venivano controllati i villaggi; fermate le persone sospette; passati per le armi i favoreggiatori dei partigiani; date alle fiamme le loro abitazioni, e diverse saltavano per la deflagrazione delle munizioni nascoste. Nonostante questo continuo impiego di reparti, il Governatore non era soddisfatto: i complementi non arrivavano; non giungevano i rinforzi; la lettera a Russo sembrava non aver avuto effetto; i partigiani apparivano più attivi. Nel pomeriggio del 26 settembre avevano teso un agguato (simile a quello del 18 luglio) ad una moto-maona che, partita da Sebenico, stava attraversando il fiume Cherca per portare a Zaton un carico di materiali. A bordo vi erano venti camicie nere, al comando del capomanipolo Palizzi. Nascosti fra i cespugli, lungo la sponda del ·canale per Zaton, i ribelli aprirono il fuoco con armi automatiche; uccisero un caposquadra, il padrone della imbarcazione, e ferirono cinque militi. I reparti sopraggiunti non
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trovarono traccia dei partigiani <422>. Due giorni dopo, nella notte sul 29, all'altezza di Castelvecchio (Baia delle Castella - Spalato) .un carrello di sorveglianza alla linea ferroviaria con sei militi a bordo, cadde in una imboscata: un milite rimase ucciso, tre i feriti, uno disperso. Da Spalato partì un carro ferroviario protetto, ma i ribelli, che non avevano abbandonato la zona, aprirono il fuoco e vi furono altri feriti fra i soldati <423>. Nella mattinata del 2 ottobre, a nord di Zaton una banda anticomunista ingaggiava un più consistente gruppo di ribelli; caddero tre volontari della M. V.A.C. e due rimasero feriti. Intervennero due compagnie del battaglione squadristi 'Milano' che catturarono e passarono per le armi sei partigiani. Quello stesso pomeriggio al bivio di Kovca (sei chilometri a nord di Zaton) elementi del battaglione 'Vespri' impegnavano elementi comunisti, forse gli stessi della mattina. Vi furono due caduti tra gli squadristi e cinque feriti; due morti fra i partigiani, oltre ad un numero imprecisato di feriti (424). Con settembre la situazione cominciò a mutare anche sulle isole, particolarmente a Cùrzola e Mèleda. Già il 9, in un pro-memoria ad uso interno di Supersloda, veniva segnalata la possibilità che i ribelli, partendo dalla penisola di Sabbioncello, attaccassero l'isola di Cùrzola, e non si escludeva che «in avvenire i partigiani» dalle loro basi sulla terraferma, «formulino progetti analoghi su altre isole» <425>, Queste azioni - secondo la 'memoria' - non avrebbero incontrato particolari difficoltà, poiché le isole, soprattutto quelle a ridosso della costa, erano «presidiate da piccoli reparti [... ] che hanno compiti di vigilanza sui passi e sugli impianti fissi {cavi, staz. R.T., staz. semaforiche, ecc.) e da btr. [batterie - n.d.a.], sezioni di art. e reparti mtr. [mitraglieri - n.d.a.]» <426>. Ovvie le conclusioni: «se formazioni partigiane consistenti riuscissero ad affermarsi nelle isole, la difesa in discorso potrebbe diventare impossibile, o quanto meno presentare pericolose soluzioni di continuità» <427>. ~er prevenire questi pericoli, il compilatore della 'memoria' suggeriva di rastrellare le isole e le antistanti zone della terraferma; intensificare la vigilanza sui passaggi tra la costa e le isole, e tra isola ed isola ; sequestrare le barche; vietare la navigazione in alcuni canali; istituire rotte obbligate, e «l'operazione [... ] potrebbe essere iniziata nel settore del XVIII C.d.A. (questione di Sebenico e dintorni)» <428>. Pochi giorni dopo, Bastianini, con una nota a firma del colonnello Eugenio Morra, capo del suo gabinetto militare, segnalava a Supersloda che la situazione a Mèleda stava divenendo «molto precaria, in quanto non esiste un presidio militare che possa validamente opporsi ai nuclei ribelli dell'isola e agli altri che in maggior forza potrebbero sbarcare dalle isole vicine» <429>, Sul posto vi erano trenta finanzieri e quindici camicie nere,
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assolutamente insufficienti per controllare i circa novantanove chilometri quadrati dell'isola che oltre tutto, per la sua posizione geografica, rappresentava un naturale punto di raccordo fra partigiani sulla terraferma e sommergibili inglesi. Il Governatore non escludeva qualche sorpresa, anche perché alcuni mesi prima, sull'isola, era stato scoperto un centro di spionaggio, e sequestrati «un sacco contenente oltre 3 milioni di valuta italiana e degli apparecchi radio-riceventi e trasmittenti di marca americana» (430J _ Mentre Bastianini attendeva una risposta a questa nota, il 17 settembre gli pervenne, invece, un 'richiamo' dal generale Spigo. Il comandante • d'armata deplorava d'esser venuto «casualmente a conoscenza del corpo della istituzione di un comando del Corpo Volontari anticomunisti della Dalmazia» e «dell'emanazione di ordini operativi» C431 J. Non sappiamo se si trattasse del comando creato da Bastianini a fine giugno, e del quale il generale sino a quel momento non avesse avuto conoscenza - ma appare strano - oppure se fosse qualcosa di nuovo o di diverso, come sembrerebbe dalle parole di Spigo. Un comando 'politico' delle bande, dopo l'accordo con Roatta non era ammissibile, poiché i volontari anticomunisti, ormai, dipendevano dai comandi militari. Il generale Spigo, manifestando «il suo disappunto per iniziative del genere che creano situazioni disciplinari e gerarchiche militarmente incompatibili» esprimeva ' il desiderio' che il Governatore volesse «collaborare ad un pieno e definitivo chiarimento sotto ogni aspetto necessario ed urgente» <432J. Non conosciamo la reazione di Bastianini, ma in quei giorni, al degrado dell' ordine pubblico sulla terraferma e sulle isole, si aggiungevano in~istenti voci di sommergibili che lungo la costa - 'secondo fonti attendibili' - imbarcavano e sbarcavano uomini ed armi <433J_ Però, con il 20 settembre, si ebbe un avvistamento all'altezza della penisola di Sabbioncello, ed un altro al traverso della foce della Narenta C434>. Due giorni dopo ancora 'fonti attendibili' - segnalavano «tre emissari comunisti [... ] sbarcati in zona Ragusavecchia» <435J. Ma, con il 2 ottobre, non fu più necessario dare o meno credito alle voci e neppure agli avvistamenti. Verso le 10 del mattino, il piroscafo Veglia, in navigazione da Gravosa (Ragusa) per Spalato, con a bordo, oltre ai normali passeggeri, molti militari che si recavano in licenza, a circa nove miglia a sud-est di Cùrzola, venne attaccato da un sommergibile, dapprima con il cannone e successivamente con il siluro. Il piroscafo, pur gravemente danneggiato, riuscì ad arenarsi in costa, ma fu distrutto dall'incendio scoppiato a bordo <436J. Da Spalato partirono in caccia, senza esito, quattro torpediniere e sei idrovolanti. Pesanti le perdite: dieci morti, trenta i feriti, diciotto i dispersi.
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Il fatto era grave, e Bastianini telegrafò alla Presidenza del Consiglio dei ministri ed al ministero dell'interno che «attività nemica e ribelle in Dalmazia sono in questi ultimi giorni entrate in una fase evidente di stretta connessione. Sottomarino nemico dopo di aver giorni scorsi Cùrzola emesso ordini per partigiani ha ieri affondato al largo della stessa isola il piroscafo di linea Veglia». «In quest'ultima settimana - aggiungeva - oltre solite uccisioni persone devote et informatori di diverse località del territorio dalmato, [partigiani] hanno compiuto seguenti azioni: danneggiamenti gravissimi con esplosivi acquedotto Bencovazzo et Scardona; distrutti Scardona ponti Breberio; privato città Spalato della corrente elettrica facendo saltare per due volte elettrolinea subito oltre frontiera Dalmazia; rapinato oltre 400 capi besqame tra Bencovazzo et Obrovazzo; effettuato sbarco notturno isola Morter ed incendiato deposito pesce salato causando perdita 13 mila kg. di prodotto et 60 ql. di sale; attaccato motobarca tra Sebenico e Scardona causando vittime et gravi danni; assalita et incendiata autocorriera servizio quotidiano Spalato-Zernovizza (Croazia); interrotte con distruzione varie centinaia pali comunicazioni telegrafiche tra i vari centri del territorio» c437>. Quello che il Governatore denunciava ·era effettivamente avvenuto, ma la stringata sequenza dei fatti determinava un'impressione più grave dei fatti stessi che, nei documenti della 'Zara', almeno per gli avvenimenti riportati, assumevano aspetti meno drammatici. Circa la distruzione dei ponti di Breberio, i ribelli avevano «fatto saltare i ponticelli rotabile Scardona-Breberio, distanti 3 e 4 km. da Scardona» C43 s) (quelli veramente importanti di Breberio si trovano a 16 km di rotabile da Scardona). Il danno alla linea dell'alta teqsione aveva privato Spalato dell'energia elettrica per un paio d'ore, anche se per alcuni giorni l'erogazione non superò i 600 kilowat C439>_ A Scardona - per il comando della 'Zara' - vi era stato il danneggiamento del serbatoio dell'acquedotto C440>, ma non registrava quello di Bencovazzo. Corrispondevano i tagli dei pali telegrafici, l'aggressione alla maona, la distruzione dell'autocorriera. Invece non si trovano notizie sulle razzie di bestiame e sull'incendio del deposito del pesce a Morter, forse perché considerati turbative dell'ordine pubblico, che interessavano unicamente gli organi di polizia. Bastianini, nel telegramma, dopo l'elencazione dei fatti, sottolineava che «tutte le predette operazioni hanno potuto essere svolte di giorno e di notte senza alcun disturbo da parte nostra e senza che alcuno degli esecutori sia caduto neIIe nostre mani» <441 >. Asseriva che gli attentati agli acquedotti, alle linee dell'alta tensione, alla percorribilità delle strade, erano la conseguenza delle «nuove direttive [che] in connessione con piani di carat-
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tere militare» ordinavano ai partigiani di «procedere sistematicamente distruzione dette opere et organizzare possibilmente in ogni piccola località tutto quanto possa servire a coordinare energicamente all'interno del territorio e nelle isole un'azione di sbarco» <442>. L'ipotesi d'uno 'sbarco' in Dalmazia e nella penisola Balcanica non era nuova, ma con il riflusso delle operazioni sul fronte libico e russo, avrebbe, e sempre più, tormentato i comandi militari, specialmente quelli tedeschi . Il telegramma del Governatore, indubbiamente abile, terminava con una frase sintetica ma significativa: «Nostra situazione forza invariabile» <443>. Mentre Bastianini era in attesa di conoscere gli effetti di questo telegramma, il 5 ottobre vi fu un'altro siluramento. Il piroscafo Eneo, in rotta da Sebenico per Spalato assieme al piroscafo Cherso, venne attaccato con il cannone da un sommergibile emerso presso l'isolotto di Oblik (nove chilometri a sud di Sebenico). Attacco audace, poiché effettuato a ridosso della rotta di sicurezza , tanto da provocare l'intervento delle batterie di Punta Rat (isola di Zlarino), Capocesto, Zecevo, Scoglio Mulo. Il sommergibile si sottrasse al fuoco delle artiglierie, ed immergendosi lanciò un siluro che, mancato il bersaglio, esplose sulla costa. L'Eneo, danneggiato ma recuperabile, si arenò ·a Punta Truara (nel Vallone di Sebenico Vecchia), però le perdite, furono ancor più gravi di quelle del Veglia: trentacinque morti (sette ufficiali, dieci militari, diciotto civili); quarantasei feriti (quattro ufficiali, venticinque militari, diciassette civili), e sedici dispersi. In totale novantasette persone <444l. Il Cherso uscì indenne. La crociera del sommergibile (o dei sommergibili) continuò nei giorni successivi. L'8 ottobre, al traverso dello scoglio Millelire (Punta Planca) furono attaccati con il siluro, ma senza esito, i piroscafi Magliuolo e Lissa scortati dalla torpediniera T5, ed il sottomarino si sottrasse alla caccia in mare ed al fuoco della batteria di Punta Sant' Antonio (nord-ovest di punta Planca) <445 l_ Due giorni dopo i piroscafi Baroni, Margottini e Mameli con la torpediniera T7, mentre navigavano da Teodo (Cattaro) a Gravosa (Ragusa), davanti ai 'Pettini' (scogli) di Ragusavecchia, sfuggirono ad una salva di quattro siluri; tre, attraversato il convoglio, scoppiarono sulla costa, ed uno affondò <446l . Se Bastianini il 3 settembre aveva privatamente sollecitato l'attenzione di Russo, se il 4 ottobre aveva informato ufficialmente la Presidenza del Consiglio dei ministri ed il ministero dell'interno, l' 11 ottobre reiterò il proprio intervento ma questa volta con una 'requisitoria' che per la frase «ho il dovere di far presente quanto segue» <447> lasciava - non tanto implicitamente - alle decisioni di Roma ogni responsabilità per quanto poteva succedere in Dalmazia.
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Il Governatore avvertiva che, malgrado le molteplici segnalazioni da lui fatte sulle condizioni in cui si era venuto a trovare il territorio della Dalmazia dopo i combattimenti di fine maggio, non soltanto non erano state «svolte le operazioni militari necessarie a ricondurre una certa normalità nelle due provincie di Zara e Spalato», ma si era «sempre più accentuato il peggioramento della sicurezza pubblica» t44Bl. Ovvio, quindi, che i ribelli fossero ora «padroni assoluti e indisturbati di tutto il retroterra dalmato»; che i contadini per poter attendere ai lavori stagionaH ed alle normali occupazioni dovessero accordarsi con i partigiani; che, analogamente, fosse divenuta «impossibile qualsiasi attività» dell'amministrazione civile, poiché «le uccisioni consumate quotidianamente di persone sospette ai par·· tigiani di connivenza con le Autorità [italiane - n.d.a] locali» costringevano la popolazione, per aver salva la vita, «a servire i ribelli e soggiacere ad ogni loro pretesa» <449). Denunciava che nelle zone più interne della Dalmazia oltre la metà delle scuole non potevano funzionare, «essendo quelle località sotto il controllo dei partigiani e completamente sottratte alla nostra Autorità che non può né presidiarle né difenderle». Le opere stradali, gli acquedotti, venivano fatti saltare <<sistematicamente» da gruppi di partigiani che «prendono prima possesso indisturbati delle località e poi procedono alla distruzione»; impossibile effettuare le riparazioni «per mancaza di scorte militari adeguate ed impossibilità stabilirvi presìdi». Le comunicazioni telegrafiche e telefoniche «completamente distrutte»; in una sola notte i partigiani, «del tutto indisturbati>>, avevano tagliato tra Zaravecchia e Sebenico «seicento pali». Le autocorriere fra Zara, Sebenico, Spalato, potevano effettuare una sola corsa al giorno e «con una ridottissima scorta»; «cessati da qualche mese» i trasporti merci e quelli delle derrate per via ordinaria, ed ora, dopo che i «sottomarini hanno compiuto il siluramento di tre piroscafi, in piena rotta di sicurezza lungo il tratto Sebenico Spalato ed a qualche centinaio di metri dalla costa)), anche i rifornimenti via mare diventavano problematici <450l. La popolazione delle campagne, naturalmente, era «sgomenta>} perché «se non obbedisce alle ingiunzioni dei partigiani cade vittima delle loro vendette alle quali per mancanza di nostre forze non può essere sottratta, e perché se obbedisce ai partigiani subisce i rigori della legge [italiana - n.d.a.J» (451 l. Nelle fabbriche, negli stabilimenti, si riscontravano numerose defezioni fra la manovalanza croata. Operai e tecnici delle imprese italiane, «non potendo ottenere la protezione nel lavoro», insistevano per rientrare in Penisola. I lavori stradali erano stati sospesi; gravi i danni ad alcuni cantieri; difficile la prosecuzione della conduzione dell'elettrodotto
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da Losovazzo a Zara; probabile anche la sospensione dei lavori di bonifica ad Aurana; cessate le attività dei 'Cantieri Navali' di Cùrzola e di altre imprese, poiché le banche avevano sospeso i finanziamenti «data l'insicurezza più assoluta alla quale sono esposti i cantieri e gli stabilimenti». Impossibile non soltanto effettuare ammassi, ma anche provvedere ai normaii acquisti nelle località più interne, «dove i partigiani procedono per proprio conto al prelevamento 'armata mano' del bestiame e dei viveri» C452>. I ribelli, dopo aver reso «del tutto impossibile in qualche mese ogni attività amministrativa, economica e politica>>, lasciavano intendere che, «dal retroterra che essi possiedono integralmente fino alle porte delle città di Zara,' Zaravecchia, Sebenico, Traù e Spalato», erano pronti ad effettuare «azioni in grande stile contro le ciità medesime a scadenza non molto lontana». Nei tratti di costa, fra queste città, i partigiani sbarcavano ed imbarcavano emissari e rifornimenti, «sparando su chiunque si attenti ad allontanarsi appena dalle mura [delle città - n.d.a] e persino sui battelli e sulle barche che passano a tiro dei loro fucili» C453 l_ Se i fatti e gli avvenimenti, così esposti, dovevano dar da pensare a chi leggeva l'esposto, ancor più sconcertanti le valutazioni del Governatore sul disinteresse dei comandi militari. «Poiché fino da otto mesi fa ho fatto presente a Supersloda che si sarebbe giunti ad una tale situazione se non si fosse provveduto fin dal primo momento a stroncare l'inizio della criminalità partigiana, e poiché dal giugno scorso, quando cioè si ebbero le prime avvisaglie di tale attività terroristico-militare dei partigiani, non ho mai cessato - per quanto inutilmente - dal richiedere a Supersloda di intervenire con una serie di azioni decise e risolutive come quelle svolte in Provincia di Catta.ro dal Generale Dalmazzo, mi vedo obbligato a far presente Superiormente che qualunque ulteriore ritardo nelle misure che ho domandato, sarà causa di avvenimenti la cui gravità non posso nascondere e che mi è facile prevedere>> <454l_ In altre paro!e: ora spetta a voi provvedere. Ma Bastianini insistette ancora, e quattro giorni dopo inviò un telegramma alla Presidenza del Consiglio dei ministri <455> per segnalare che i partigiani stavano adottando una tattica intimidatoria nei confronti degli operai croati, precettandoli individualmente. «Oggi -- telegrafava il Governatore - hanno abbandonato il lavoro 150 operai impresa appalti lavori stradali tronco Scardona-Losovazzo», mentre alcuni giorni prima un altro centinaio aveva disertato l'allestimento dell'elettrodotto per Zara. «Ritengo - proseguiva Bastianini - che continuando indisturbati azioni ribelli tale senso, varie imprese e stabilimenti industriali di cui molti sono dichiarati ausiliari con produzione destinata Fabbriguerra saranno costretti sospendere loro attività» C456l.
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Non escludeva che le stesse fabbriche di Sebenico ed i cementifici di Spalato fossero costretti a cessare ogni attività, per concludere con un significativo: «continuo tenere informata autprità militare>> <457J. In effetti, aveva inviato a Supersloda un analogo telegramma; differiva soltanto per il numero degli operai che avevano abbandonato i lavori: 125 al posto dei 150 segnalati a Roma <458>. Nel Riassunto situazione alla fine del mese di ottobre compilato dal comando del XVIII Corpo d'armata, sarebbe stato annotato che «la mancata presentazione al lavoro degli operai non va attribuita ai partigiani, bensì a divergenze con la Ditta che non pare applicasse le tariffe sindacali» <459J_ La Presidenza del Consiglio dei ministri, di fronte alle imputazioni a carico dei militari, trasmise copia dell'esposto al Comando Supremo che, per più completi elementi di giudizio, chiese a Roatta, quale diretto interessato, di riscontrare le affermazioni di Bastianini <460>. Il comandante di Supersloda rispose il 17 ottobre. In primo luogo fece notare che le operazioni svolte dal generale Dalmazzo nella zona di Cattaro si erano concluse positivamente perché i partigiani avevano tentato d'invadere la provincia con grosse formazioni , mentre nei territori della Dalmazia agivano «bande ribelli di modesta entità, ma numerose e sparse, assai meno pericolose militarmente ma di non rapida eliminazione» <461 >. Roatta, evidentemente risentito, poneva in rilievo che le operazioni a Cattaro erano state condotte secondo le direttive «di quello stesso comando 'Supersloda' a cui oggi il governatore attribuisce insufficiente intervento in Dalmazia», e lasciava ad altri la risposta al suo naturale interrogativo: <<quale interesse - a prescindere dal concetto di 'dovere' - poteva avere l'anzidetto Comando a procedere in modo diverso da zona a zona?» <462'. ·constatava che durante l'estate il fenomeno partigiano, comune a tutta la Balcania, si era rinforzato dovunque. Riconosceva, tuttavia, che «dal punto di vista militare la situazione in Dalmazia» non era «quella di una provincia in stato normale». I sabotaggi, le rapine, le vendette, avevano come autor{ piccoli nuclei d'armati, favoriti dall'ambiente, «il quale ci è ostile», poiché sobillato non soltanto dai partigiani «ma anche dagli intrighi dell'irredentismo croato». Perciò, l'intervento delle forze armate poteva avere un carattere «più che altro di grande e piccola 'polizia'» . Il vero pericolo 'militare' per la Dalmazia, «con conseguente matematico gravissimo peggioramento dell'ordine pubblico» <463>, sarebbe stato l'ingresso nei territori del Governatorato delle grosse formazioni ribelli che operavano sul territorio croato. Proprio per sventare questa minaccia - ricordava il generale - erano state effettuate le operazioni delle Bebie ( = Velebit) , dei Monti Albi ( = Biokovo), di !moschi, di Prozor, mantenendo saldo il presìdio dell'antemurale croato 14641•
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Alla risposta, Roatta allegava gli appunti dell'ufficio 'I' del suo comando <465l, che costellava le asserzioni di Bastianini con una serie di «non è esatto». Non era esatto che i ribelli fossero padroni assoluti del retroterra dalmato poiché «i presìdi esistono, si muovono ed agiscono continuamente». Non era esatto che fosse divenuta impossibile qualsiasi attività dei contadini poiché, ai primi di settembre - almeno allora - il capo dell'ufficio 'I', durante un'ispezione al territorio di Zara, aveva visto a Chistagne un notevole mercato di bestiame; altrove gente che lavorava nei campi; ad Obrovazzo un afflusso di numerosi contadini d'oltre frontiera, ed egli stesso aveva ordinato la costruzione d'un ponte di fortuna sulla Zermagna per favorire i traffici. Non era esatto che i ribelli fossero 'indisturbati', altrimenti e soldati e partigiani caduti o feriti dovevano essere considerati «suicidi o autolesionisti>> <466) . Riconosceva che assassinii, furti, grassazioni, erano una realtà, ma effettuati da «elementi isolati o da gruppi di limitatissima entità»; concordava sull'ordine pubblico che perturbato, non poteva consentire il pieno funzionamento delle scuole, specialmente nelle località isolate. Ma il paragone fatto dal Governat ore con l'anno precedente non era esatto, poiché «allo scorcio dell'estate '41 non solo in Dalmazia, ma in tutta la Balcania la situazione era completamente diversa, essendo la ribellione agli albori». E qui, il capo dell'ufficio· 'I' tirava una frecciata osservando che, durante il precedente anno scolastico, «molte di tali scuole funzionavano di nome e non di fatto, perché la presenza degli scolari è stata sempre limitatissima». Ricordava il caso della scuola di Raducicco, con un insegnante italiano e tre maestre, di cui una croata, praticamente disoccupati, «mentre avrebbero dovuto, secondo le autorità scolastiche, istruire oltre 300 scolari» <467>. Limitava le 'sistematiche' distruzioni di manufatti e di opere d'arte sulle strade a quattro casi «operati da elementi locali che di giorno sono lavoratori e di notte briganti comunisti» <468>. Le comunicazioni telegrafiche e telefoniche non erano <<completamente» distrutte «poiché le principali funzionavano» c469l. La corsa quotidiana dell'autocorriera fra Zara e Spalato ben poteva esser raddoppiata, dato che «nulla impedisce siano due come l'anno scorso». D' altro lato la linea Zara-Obrovazzo funzionava regolarmente, ed altrettanto regolare era il servizio da Spalato per Salona, Clissa, Signo <470>. Circa l'attività dei sommergibili contrapponeva che «il siluramento dei piroscafi, avvenuto in mare aperto (ossia laddove non esiste un cordone di isole antistanti alla costa continentale, con relativo sbarramento), non costituisce fatto straordinario. Nostri mezzi d'assalto penetrano nei porti
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di Gibilterra, Malta [più che Malta: Alessandria o baia di Suda - n.d.a.] etc.; di fronte a questo la penetrazione di sommergibili nell'Adriatico è un gioco da ragazzi. Del resto questi siluramenti hanno poco da fare colla situazione interna della Dalmazia, e non interrompono il traffico marittimo se non per pochissimo tempo)) C471 J. Se il limitato effetto dei sommergibili sulla regolarità dei trasporti via mare può essere condiviso, sorprende la mancanza d'una valutazione delle ripercussioni che gli affondamenti provocavano nell'opinione pubblica. P iù sensibile il generale Francesco Giangrieco . Nella Relazione periodica inviata da Spalato il 14 ottobre al comando della 'Zara', faceva notare che «le recenti notizie riguardanti gli affondamenti di nostri piroscafi nelle acque vicinissime alla costa (notizie talvolta arrivate, e con esatti particolari, prima ai borghesi e poi alle autorità nostre)» avevano sollevato «nella massa della cittadinanza [ ... ] a noi ostile, una serie di malevoli e astiosi commenti che si possono riassumere con queste parole: 'Gli italiani dovevano difendere e custodire a qualunque prezzo la ferrovia del retroterra Fiume-Ogulin-Spalato; e, per ciò fare, al posto di compagnie dovevano addirittura impiegare reggimenti! Ora che detta ferrovia è inutilizzabile, anche la navigazione costiera è resa precaria! Di quali mezzi possono gli italiani disporre per tutte queste necessità derivanti dalla loro occupazione e per provvedere al vettovagliamento delle popolazioni indigene?» <472>. Più convincenti delle controdeduzioni sui sommergibili, le osservazioni dell'ufficio 'I' sullo 'sgomento' delle popolazioni: «la popolazione indigena non è 'sgomenta' [... ]perla semplice ragione che è nella grande maggioranza, connivente. Per questo aderisce facilmente alle ingiunzioni ed ordini dei ribelli» <473 >_ Circa le preoccupazioni delle ditte, delle imprese, degli operai italiani per le aggressioni, i pericoli, i danni, escludeva che si potesse organizzare una difesa con presìdi o scorte in ogni posto dove si lavorava. Faceva osservare che imprese e maestranze, venendo in Dalmazia, ben conoscevano i rischi, come li avevano conosciuti in Africa Orientale, e queli°'alea - prima in Etiopia ed ora in Dalmazia - - era ben pagata (474) _ Ma, chiosature, osservazioni, precisazioni, che nella sostanza confermavano la denuncia di Bastianini, già al momento della loro compilazione erano state superate da un'intervento di Mussolini. Nel pomeriggio del 16 ottobre, il Capo del Governo, al quale evidentemente era stato sottoposto 'l'atto d'accusa' di Bastianini, chiamò al telefono il maresciallo Cavallero. Non si conoscono le parole di Mussolini, poiché nel diario storico del comando Supremo sono riportate solamente le risposte del capo di Stato Maggior Generale. Frasi piuttosto aboracciate, come se Cavallero, non
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preparato sull'argomento (attendeva ancora i dati da Roatta) e preoccupato, abbia voluto rassicurare il Capo del Governo, dimostrando d'aver già tutto predisposto e previsto. «Vi riferisco - risponde Cavallero - quanto è stato concretato per la Dalmazia. La grande difficoltà è quella delle forze disponibili che ci ha sempre legato le mani. Faremo ancora uno sforzo inviando una divisione in modo da metter la Dalmazia non dico proprio ... {mancano alcune parole, forse 'in grado' - n.d.a] di pensare a se stessa ma di essere più a posto. La divisione Granatieri deve venir via dalla Slovenia per quanto Supersloda insista per trattenerla. Manderemo in Dalmazia una divisione celere da Karlova'c e la sostituiremo con la Granatieri. Invieremo inoltre 2000 complementi che sono pronti ad Ancona. Infine manderemo ancora degli auto corazzati che sono in allestimento oltre i 100 già inviati». (Parlano di altri argomenti). «La Dalmazia la mettiamo a posto e si potranno guardare materialmente le frontiere. Cattaro è tranquilla ed il Montenegro è ora in condizioni di tranquillità. Prendiamo un grosso respiro» <475>. Sotto la stessa data, nel diario del Comando Supremo veniya annotato che il capo di Stato Maggior Generale «ordina agli S. M. [Stati Maggiori - n.d.a.] R. Esercito e R. Marina l'invio urgente a destinazione dei complementi per la divisione 'Zara' . Impartisce disposizioni per il rafforzamento della nostra occupazione in Dalmazia» <476>. Il giorno dopo, Roatta informava Bastianini delle decisioni prese durante il colloquio telefonico Mussolini-Cavallero: i complementi per la 'Zara' erano in arrivo; con la fine d'ottobre sarebbe giunta la divisione celere 'Eugenio di Savoia' (due reggimenti di cavalleria, uno di bersaglieri, una compagnia motociclisti, una compagnia cannoni da 47 /32, un gruppo carri veloci su quattro squadroni) <477>. In attesa dell'arrivo della divisione, e nel caso di qualche improvvisa insorgenza, sarebbero stati inviati in Dalmazia alcuni battaglioni della 'Bergamo' e della 'Sassari'; alla 'Zara' veniva assegnata una sezione di auto-protetti <47sJ. Le insistenze del Governatore, la massiva presentazione degli avvenimenti, l'imperativo 'ho il dovere di far presente', avevano prevalso sui comandi militari. Per intervento di Mussolini, Bastianini otteneva quella divisione che il l O agosto, a Roma, gli era sfuggita. L'inserimento della 'Eugenio di Savoia' nello schieramento del XVIII Corpo d'armata, anche se per Supersloda comportava un indebolimento nella Slovenia, dava senz'altro maggior sicurezza alle province di Zara e di Spalato. Tuttavia, malgrado gli ordini e le assicurazioni, i 2.000 complementi pronti in Ancona non si sa, quando e quanti, siano giunti a Zara <479>.
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Dal canto loro i comandi militari continuavano nelle operazioni per assicurare l'antemurale della Dalmazia, e per battere i partigiani dove facevano massa. Stava per avere inizio l'operazione 'Dinara', anche con lo scopo di collaudare la collaborazione di Zagabria sul piano militare.
NOTE AL CAPITOLO IV
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(I) U.S.-S.M.E. - Busta 769 - Comando divisione 'Sassari' - (Diario storico -Premessa al bimestre febbraio-marzo - P .M. 86, 31 gennaio 1942).
(2) A.C.S. - Microfilm n. 53 - Serie T . 821 - Fotogrammi 1179-1182 - (Foglio n. 1511 di prot. - Segreto - Oggetto: Linea di condotta - Da consegnarsi a mano a mezzo ufficiale Da comando 2• Armata - Firmato generale Mario RoATTA - A Stato Maggiore Esercito P.M.10, 30 gennaio 1942). (3) Ibidem.
(4) Vedi capitolo I del presente volume - Pag. 56, nota n. 249. - U.S.-S.M.E. - Busta 769 - Comando divisione 'Sassari' - (Diario storico - P.M. 86, 24 marzo 1942).
•
(5) U.S.-S.M.E. - Busta 769 - Comando divisione 'Sassari' - (Notiziario giornaliero Paragrafo «Strmica» - P .M. 86, 17 gennaio 1942). Nel paragrafo citato, è scritto: «Ritengo doveroso segnalare il contenuto corretto ed affettuoso che gli abitanti della zona hanno tenuto nei confronti dei nostri militari bloccati ne/le vicinanze di Tiskovac. La predetta zona è sotto l'influenza del pope Momcilo DJUJIC, che anche questa volta ha voluto confermare i suoi sentimenti nei nostri confronti». (6) U.S.-S.M.E. - Busta 769 - Comando divisione 'Sassari' - (Notiziario giornaliero Paragrafo: «Bosansko Grahovo» - P .M. 86, 5 aprile 1942). Dal Notiziario giornaliero del 7 aprile 1942 risulta che i cetnici in questa azione ebbero due morti e due feriti. (7) U.S. -S.M.E. - Busta 769 - Comando divisione 'Sassari' - (Notiziario giornaliero Paragrafo: «Tenìn» - P .M. 86, IO aprile I 942).
(8) U.S.-S.M.E. - Busta 769 - Comando divisione 'Sassari' - (Notiziario giornaliero Paragrafo: «Strmica» - P.M. 86, 16 aprile 1942). (9) U.S.-S.M.E. - Busta 769 - Comando divisione 'Sassari' - (Notiziario giornaliero Paragrafo: «Dervar» - P.M. 86, 23 giugno 1942). (10) Ibidem.
(Il) U.S.-S.M.E. - Busta 772 - Comando XVIII Corpo d'armata - (Foglio n. 2169 di prot. - Riservato personale - Oggetto: Linea di condo/la e modalità d'azione - Da generale Quirino ARMELLINI - A generale Mario ROAITA- Paragrafo V - P.M. 118, 13 maggio 1942). ( 12) Ibidem.
(13) Ibidem.
(14) U.S. -S.M.E. - Busta 999 - Comando divisione 'Sassari' - (Diario storico - P.M. 86, 19 e 23 giugno 1942). (1 5) Ibidem - Diario storico 23 giugno 1942. (16) Ibidem . (17) U.S.-S.M.E. - Busta 999 - Comando divisione 'Sassari' - (Diario storico - P.M. 86, 29 giugno 1942).
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Il complesso montuoso del Promina, che prende il nome dall'antica città romana di Promona, si estende da nord a sud per circa 10 Km, e va da ovest ad est per 5 Km. La quota più alta raggiunge metri 1148. Si tratta d'un massiccio per la massima parte arido e pietroso; sulle basse pendici, invece, vi sono campi di granoturco e vigneti. Importanti le miniere di carbone fossile di Siverié, Velusié e di Tepljuh. (18) U.S.-S.M.E. - Busta 999 - Comando divisione 'Sassari' - (Notiziario giornaliero Paragrafo: «Oklaj» - P .M. 86, 1° luglio 1942). (19) Ibidem. (20) Ibidem. (21) Vedi n. 17. Per l'azione del Promina, oltre alle truppe italiane - battaglioni alpini 'Exilles' e 'Fenestrelle', I battaglione del 151 ° reggimento di fanteria, aliquote d'artiglieria - era previsto l'impiego d'una compagnia di domobranci e di tre formazioni cetniche (una del pope Djujié, 150 uomini, una del paese di Vrbnik, 100 uomini, ed una terza che avrebbe operato a nord del fiume Cherca. Le forze erano al comando del colonnello Pio Laerte Zanotti, comandante del 151 ° reggimento di fanteria. (22) U.S.-S.M.E. - Busta 999 - Comando divisione 'Sassari' - (Diario storico - P.M. 86, 1° luglio 1942). (23) U.S.-S.M.E. - Busta 999 - Comando divisione 'Sassari' - (Diario storico - P.M. 86, 2 luglio 1942). Nella prima giornata i partigiani ebbero 32 morti e furono presi 3 prigionieri; il giorno successivo le perdite dei ribelli ammontarono a 18 morti. (24) U.S.-S.M.E. • Busta 999 · Comando divisione 'Sassari' - (Diario storico - P.M. 86, 3 luglio 1942). (25) U.S.-S.M.E. - Busta 735 · Comando 26° reggimento fanteria - Divisione 'Bergamo' - (Diario storico - P .M. 73, 4 luglio 1942). (26) TJ.S.-S.M.A. - Busta 18 · Elemento 7518 - B.O. 49 - Comando Supersloda. (Relazioni di carattere informativo • Da Supersloda • A Comando Supremo - A Missione militare militare italiana in Croazia - P.M. IO e 20 giugno 1942). Nel Notiziario giornaliero della divisione 'Sassari' del 29 giugno 1942, sotto il paragrafo «Tenìn», è riportato: «li 25 corrente i cetnici del pope DJUJIC hanno passato per le armi FIRNJAK llija da Orlié, comunista da loro catturato, il quale aveva organizzato l'attacco del 17 corrente alla nostra pattuglia di vigilanza sulla linea ferroviaria_» - (U.S.-S.M.E. - Busta 999). (27) U.S.-S.M.E. - Busta 999 - Comando divisione 'Sassari' - (Notiziario giornaliero. Paragrafo: «Grafac» - P .M. 86, 29 giugno 1942). (28) U.S.-S.M.E. · Busta 999 • Comando divisione 'Sassari' - (Notiziario giornaliero . Paragrafo: «Zermagna» - P .M. 86, 23 giugno 1942). (29) Vedi n. 27. (30) U.S.-S.M.E. - Busta 999 - Comando divisione 'Sassari' - (Notiziario giornaliero. Paragrafo: «Zermagna» - P.M. 86, 26 giugno 1942).
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(31) Ibidem. (32) U.S.-S.M.E. - Busta 999 - Comando divisione 'Sassari' - Notiziario giornaliero Paragrafo: «Zermagna» - P.M. 86, 3 luglio 1942). (33) U.S.-S.M.E. - Busta 999 - Comando divisione 'Sassari' - (Diario storico - P.M. 86, 7 luglio 1942). (34) U .S.-S.M.E. - Bu~ta 732 - Comando reggimento di formazione - (Notiziario giornaliero - Obrovazzo, 7 luglio 1942). Per l'armamento della banda di Odbrad BIJANKO si era interessato personalmente, il Governatore della Dalmazia, Giuseppe BASTIANINI, il quale chiese al generale Mario RoATTA di dotar!~ «di 200 fucili et J() fucili mitragliatori ex jugoslavi, 50.000 cartucce, 1000 bombe mano». Nella richiesta faceva presenté che «efficienza detta banda che tante buone prove ha dato in questi ultimi tempi est assai importante per sicurezza territorio annesso» (A.C.S. Microfilm n. 64 - Serie T. 821 - Fotogramma 303 - Telescritto n. 243 - Zara, 23 giugno 1942). (35) U.S.-S.M.E. - Busta 999 - Comando divisione 'Sassari' - (Diario storico - P.M. 86, 9 luglio 1942). (36) U.S.-S.M.E. • Busta 999 - Comando divisione 'Sassari' - (Diario storico - P.M. 86, 11 luglio I942). (37) A.C.S. • Microfilm n. 63 - Serie T. 821 - Fotogramma 843 - (Foglio n. 6805/0p Segreto - Oggetto: Relazione sulla operazione del Velebit - Paragrafo: «Scopo» - Da comando XVIII Corpo d'armata - Firmato generale Quirino ARMELLINJ - A comando Si.tpersloda P.M. 118, 2 agosto 1942).
(38) Ibidem. (39) Ibidem. (40) Ibidem.
(41) Con regio decreto 8 luglio 1938, n. 1415, pubblicato sul Supplemento della Gazzetta Ufficiale del Regno, del 15 settembre 1938, n. 21, furono approvate la 'legge di guerra' e la 'legge di neutralità'. La 'legge di guerra' - in vigore durante il conflitto - non dava alcuna tutela alle 'bande armate' motivate da ideologie politiche e neppure ai «movimenti di resistenza organizzata». Questi movimenti sono stati riconosciuti, nelle persone dei componenti, come 'legittimi belligeranti' solamente con le Convenzioni di Ginevra del 12 agosto 1949. (Vedi art. 4, n. 2 della Convezione per la protezione dei prigionieri di guerra, ed art. 13 della Convenzione per i feriti, malati e naufraghi delle/orze di mare), ma sempre sotto determinate condizioni. I partigiani, ed i componenti dei movimenti di resistenza, durante la guerra 1940-1945, ricadevano sotto le norme dell'art. 29 della 'legge di guerra', per cui: «le persone non considerate legittimi belligeranti a norma degli arti. 25 e 27, che compiono atti di ostilità, sono puniti a termini della legge penale di guerra». Per comprendere la portata di questa disposizione espressa in senso negativo, si riportano i citati articoli della 'legge di gÙerra': Art. 25 - «Sono legittimi belligeranti coloro che appartengono alle forze armate di uno Stato, ivi comprese le milizie e i corpi volontari, che le costituiscono o ne f anno parte.
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Sono legittimi belligeranti anche gli appartenenti a milizie o corpi volontari diversi da quelli indicati nel comma precedente, purché operino a favore di uno dei belligeranti, siano sottoposti ad un capo per essi responsabile, indossino una uniforme. o siano muniti di un distintivo fisso comu11e a tutti e riconoscibile a distanza, portino apertamente le armi, e si attengano alle leggi e agli usi della guerra». A rt. 27 - «La popolazione di un territorio non occupato che, all'avvicinarsi del nemico, prende spontaneamente le armi per combattere le forze d 'invasione, senza aver avuto il tempo di organizzarsi nel modo indicato nell'art. 25, è considerata come legittimo belligerante, purché porti apertamente le armi e rispetti le leggi e gli usi della guerra».
(42) Ibidem. (43) Ibidem. (44) Ibidem. (45) U.S.-S.M.E. • Busta 520/0-2 • Stato Maggiore Esercito - (Foglio n. Z/36382 di prot. - Oggetto: Tattica seguita dai partigiani nella ex-Jugoslavia - Con un allegato - Da Servizio informazioni esercito - Firmato colonnello Edmondo de RENZ! - A Stato Maggiore Esercito, Ufficio addestramento - P.M. 9, 27 maggio 1942). L'allegato riporta due documenti trovati indosso ad alcuni partigiani, uno sull'addestramento all'agguato e l'altro sul servizio informazioni, sull'esplorazione, sull'attacco di abitati. (46) U.S.-S.M.E. - Busta 569 - Comando divisione 'Sassari' - (Notiziario giornaliero Paragrafo: «Varkar Vakuf» - P.M. 86, 17 gennaio 1942). (47) U.S.-S.M.E . • Busta 569 - Comando divisione 'Sassari' - (Diario storico · P.M: 86, 27 gennaio 1943). L'elenco dei condannati a morte si apriva con il nome del colonnello Ezio DE MJCHELJS, comandante del presidio di Dervar. (48) U.S.-S.M.E. • Busta 1268 - Comando VI Corpo d'arma.ta ·(Notiziario· Paragrafo: «Cattaro» - P.M. 39, 5 ottobre 1942). (49) U.S.-S.M.E . • Busta 647. Comando Supersloda - (Foglio a stampa, con il titolo: Il martirio del carabiniere GREGORI · A firma di Renato ALBANESE · P.M. 10, 31 maggio 1942). (50) U.S.-S.M.E .• Busta 999 - Comando divisione 'Sassari' • (Diario storico· P.M. 86, 7 maggio 1942). (51) Remo de Zambotti. Guerra in Dalmazia con la 547° compagnia mitraglieri G.A.F. • Casa Editrice INNOCENTI· Trento, 1980 · Pag. 52. (52) U.S.-S.M.E .• Busta 999. Comando divisione 'Sassari' • (Notiziario giornaliero Paragrafo: «Drvar». P.M. 86, 16 maggio 1942). (53) U .S.-S.M.E.• Busta 772 - Comando XVIII Corpo d'armata· (Notiziario - Paragrafo: «Signo» • P .M. 118, 7 giugno 1942). (54) U.S.-S.M.E. - Busta 999 - Comando 73• Legione camicie nere - (Diario storico P.M. 86, 16 giugno 1942).
L'apporto dei cetnici ed il potenziamento militare della Dalmazia
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Sotto la data del 24 luglio 1942, è annotato: «L'ufficiale informatore della Legione che ha seguito il battaglione 'Fenestrelle', del 3° reggimento alpini, durante l'operazione per l'occupazione di Bruvno, ha raccolto la notizia che altri tre legionari dati per dispersi nel combattimento dei 14 giugno, sarebbero stati fucilati nella zona di Bruvno e sepolti a Doljane». (55) U.S.-S.M.E. - Busta 999 - Comando VI Corpo d'annata - (Notiziario - P.M. 39, 23 luglio 1942). Riporta integralmente l'ordine di fucilazione, n. 22 di prot, datato I O aprile 1942. Il comando del VI Corpo d'armata, vi aveva premesso, la seguente didascalia: «Le F.M.A.C. /formazioni milizia anticomunista - n.d.a.J della zona di Trebinje hanno rinvenuto in zona Lastua l'originale de/l'ordine di fucilazione di 87 militari prigionieri dei ribelli, emanato il giorno l O aprile u.s. dal noto capo ribelle Sava KovACEVIC e dal delegato del sedicente Esercito Nazionale Liberatore, tale Milovan DJUBA!». (56) Ibidem. (57) Ibidem. (58) Ibidem. (59) U.S.-S.M.E. - Busta 1478 - Comando Supremo - (Telescritto n. 22498/0p. - Da Comando Supremo - Firmato generale Giovanni MAGLI - A Supersloda - Per generale Mario ROATIA - P .M. 21, 15 lugliol942). (60) U.S.-S.M.E. - Busta 999 - Comando divisione 'Sassari' -(Foglio n. 403/0p. di prot. - Oggetto: Operazione Velebit - Da comando divisione 'Sassari' - Firmato generale Paolo BERARDJ - A comandi: 151° reggimento fanteria, 3° reggimento alpini; 73' legione camicie nere; aereoraggruppamento Zara; CVI battaglione mitraglieri, 12• compagnia cannoni- P.M. 86, 13 luglio 1942). (61) Vedi n. 37. (62) U.S.-S.M.E. - Busta 999 - Comando divisione 'Sassari' (Notiziario giornaliero Paragrafo: «Lika» - P.M. 86, 27 luglio 1942). (63) Vedi n. 37 - Paragrafo 2): «Terreno». (64) Vedi n. 37 - Paragrafo 5): «Esecuzione». (65) Ibidem. (66) Ibidem. (67) Vedi n. 37 - Paragrafo 7): «Aviazione». (68) Vedi n. 37 - Paragrafo 6): «Perdite subite ed inflitte». (69) Vedi n. 37 - Paragrafo 8): «Comportamento dei partecipanti all'azione». (iO) Vedi n. 62.
Suscitò ammirazione «l'eroico contegno di un nostro fante che per trovare /recte: salvare/ il proprio ufficiale ferito si è lanciato in un punto scoperto e non avendolo potuto trasportare, ferito lui stesso, preparava attorno al suo superiore un muricciolo di sassi che con sicurezza lo proteggevano dalla c9ntinua sparatoria del nemico».
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(71) U.S.-S.M.E. - Busta 999 - Comando divisione 'Sassari' - (Notiziario giornaliero Parasrafo: «Tenìn» - P.M. 86, 30 luglio 1942). (72) Ibidem.
(73) Ibidem.
(74) U.S. -S.M.E. - Busta 999 - Comando divisione 'Sassari' - (Diario storico - P.M. 86, 17 Juglìo 1942). (75) Vedi n. 62. (76) A.C.S. - Microfilm n. 63 - Serie T. 821 - Fotogrammi 854 • 856- (Foglio n. 6447/0p. di prot. - Segreto - Oggetto: Situazione dopo operazione Velebit e attività futura. Comando XVIII Corpo d'armata· Firmato generale Quirino ARMELLINI - A comandi divisione 'Sassari' e 'Truppe Zara' - Per conoscenza a comando divisione 'Bergamo' - P .M. I I 8, 25 luglio 1942). (77) Ibidem.
(78) Ibidem. (79) U.S.-S.M.E. - Busta 999 • Comando divisione 'Sassari' - (Notiziario giornaliero Paragrafo: «Grafac» - P.M. 86, 9 agosto 1942). (80) U.S,-S.M.E. • Busta 732 ·· Comando divisione 'Bergamo' - (Diario storico - P.M. 73, 4 luglio 1942). (81) Ibidem. (82) U .S.-S.M.E. - Busta 999 - Comando divisione 'Sassari' - (Diario storico - P.M. 86,
5 e 6 luglio 1942). (83) Ibidem. (84) U.S.-S.M.E. - Busta 999 - Comando divisione 'Sassari' - (Si tratta di cinque fogli, probabilmente trasmessi dal comando divisione 'Sassari' al XVIII Corpo d'armata - Manca il foglio di trasmissione). I fogli contengono i seguenti documenti: 1. 'Comunicato sui fatti di Jef.evié'. Di data erroneamente indicata come '6.VIII.1942', poiché il comando italiano di Verlicca ricevette questo 'comunicato' il 9 luglio 1942; la data, pertanto, va letta come: '6 luglio 1942'.
- 2. 'Dichiarazione dei contadini prigionieri del villaggio di Jef.evié'. - 3. Proclama agli 'Amici di Jetevié e di Duvnjak'. Ante.
4. Verbale d'interrogatorio dei contadini: CoRIC Ante fu Bozo e KoDRIC Ivan fu
- 5. Verbale d ' interrogatorio dei contadini: CoR1C Stijepan fu Luka e MODRIC Bot.o di Luka. - 6. Verbale d'interrogatorio della maestra Zorana RUBIGNONI. (85) Ibidem - Documento n. I . (86) Ibidem.
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(87) Ibidem. (88) Ibidem. (89) Ibidem.
Le firme erano di: MooR1é Mate fu Ante; MoDRlé Ivan; MODRJé Bo:to; <".'.:0R1é Ante; KOR!é Cvjet ko; ZERAVJCA Petar; ZERAVICA Jandre; VuCEMILOVlé VRANJJé Jure; VuCEMILOVlé Stijepan. (90) Ibidem - Documento n. 2. (91) Ibidem. (92) Ibidem .
•
(93) Ibidem. (94) Ibidem. (95) Ibidem. (96) Ibidem. (97) Ibidem. (98) Ibidem. (99) Ibidem. (100) Ibidem. (101) Ibidem. (102) Ibidem. (103) Ibidem - Documenti n. 4 e n. 5.
(104) Ibidem - Documento n. 6. (105) Ordinanza n. 150 - Provvedimenti a carico degli abitanti del territorio annesso alla provincia di Zara • L'ordinanza non è compresa nella raccolta del 'Giornale Ufficiale del Governo della Dalmazia', forse perché pubblicata mediante affissione - Zara, 7 giugno 1942. (106) U .S.-S.M.E. - Busta 782 - Comando XVIII Corpo d'armata - (Notiziario - Paragrafo: «Zaravecchia» - P .M. 118, 5 luglio 1942). (107) A.C.S. - Presiden:z.a Consiglio dei ministri - Anni 1941-1943 - Posizione 1.1.13 Fascicolo 16452 - Sottofascicolo 31/1 - (Telegramma n. 04590 - Dalla prefettura di Zara Firmato, per il prefetto, BRUNO - A ministero dell'interno - Zara, 2 luglio 1942). (108) U .S.-S.M.A. • Elemento 7518- Busta 10- B.O. 49- (Relazioni di carattere operativo - Da Comando Supersloda - A Comando Supremo - A missione militare italiana a Zagabria - P.M. 10, 6 luglio 1942). ( 109) Carte dottor Manlio CACE - Brogliaccio - Annotazione - Sebenico, 9 luglio 1942. (llO) Ibidem· Annotazione 12 luglio i 942.
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Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942) (I Il) Ibidem - Annotazione Il luglio 1942.
(112) U.S.-S.M.E. - Busta 782 - Comando XVIII Corpo d'a{mata - (Notiziario - Paragrafo: «Zaravecchia» - P.M. I 18, 18 luglio 1942). (113) U.S.-S.M.M. - Anno 1942 - Busta 45 - Fascicolo 5 - Comando Mari-Sebenico (Foglio senza n. di prot. - Relazione avvenimenti bellici Marina Sebenico - Non firmato Sebenico, 18 luglio 1942). - A .C.S. - Presidenza Consiglio dei ministri - Anni 1941-1943 - Posizione 1.1.13 - Busta 16452 - Fascicolo 31/1 - (Telegramma n.6316/001 1818/Gab. P.S. - Da Governo della Dalmazia - Firmato Vincenzo AGNESINA - A ministero dell'interno - Zara, 19 luglio 1942). - Carte dottor Manlio CACE- Brogliaccio - Annotazione - Sebenico, 18 luglio 1942. I due rimorchiatori armati erano il N. 13 ed il N. 16. Partiti della Maddalena ( = Mandalina) base della Marina militare italiana a Sebenico, attraccarono a Sebenico città ed imbarcarono il tenente della Capitaneria di porto GuASTELLA, ed un tenente dei carabinieri che si recarono sul posto dall'abbordaggio per le prime constatazioni. (114) U.S.-S.M.E. - Busta 732 - Comando Fronte a terra delle 'Truppe Zara' - (Diario storico - P.M. 141, 24 luglio 1942). - Ibidem - Comando battaglione bersaglieri 'Zara' - (Foglio n. 3225 di prot. - Oggetto: Relazione operazione rastrellamento giorno 14 - Firmato maggiore Ernesto NARDECCHIA - A Comando Fronte a Terra - P .M. 141, 26 luglio 1942). Fra gli ufficiali caduti, il tenente Antonio de DENARO, nato a Sebenico, vissuto a Zara, al quale venne concessa la medaglia d'argento alla memoria con la seguente motivazione: «Comandante di plotone mitraglieri, in aspro combaltimento co.ntro ribelli in/orze, sistemati a difesa su quota dominante, si portava arditamente con un 'arma fin sollo le posizioni avversarie per meglio agevolare l'azione dei fucilieri. Caduto il tiratore, benché ferito gravemente, lo sostituiva, continuando il tiro, finché, esangue, si abbatleva suil'arma. - Quota 221 di Sopa(j (Zara)» - 24 luglio 1942. (115) Ibidem - Diario storico. (116) U.S.-S.M.E. - Busta 732 - Comando 'Truppe Zara' - (Telescritto n. 4342 - Da comando 'Truppe Zara' - Firmato generale Ruggero CASSATA - A comando XVIII Corpo d'armata - P.M. 141, 25 luglio 1942). - A.C.S. - Presidenza Consiglio dei ministri -Anni 1941-1943 - Posizione 1.1.13 - Busta 16452 - Fascicolo 31/1 - (Telegramma n. 6452/001 1982/Gab.P.S. - Da Governo della Dalmazia - Firmato Vincenzo AGNESJNA - A ministero dell'interno - Zara, 25 luglio 1942). Nel telegramma le perdite dei ribelli sono indicate in 156 morti. Appaiono più attendibili i dati dei comandi militari. (117) U.S.-S.M.E. - Busta 857 - Comando divisione 'Zara' - (Diario storico - P.M. 141, 16 settembre 1942). Con il I O settembre 1942, il comando 'Truppe Zara' fu trasformato nella divisione di fanteria 'Zara'. (118) U .S.-S.M.E. - Busta 782 - Comando XVlll Corpo d'armata - (Foglio n. 2885/Tr. di prot. - Da comando XVIII Corpo d'armata, Direzione Trasponi - A comando Supersloda - P.M. 118, 22 luglio 1942). ,
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(119) U.S.-S.M.M. - Anno 1942 - Busta 45 - Fascicolo 1 - Comando Maridalmazia (Diario storico - Spalato, 20 luglio 1942). Maridalmazia attribuisce l'affondamento all'apertura delle valvole di fondo (kingston). - U.S.-S.M.E. - Busta 1266 - Comando VI Corpo d'armata - (Notiziario - P.M. 39,22 luglio 1942). Nel 'Notiziario' si fa ascendere il numero dei ribelli ad un centinaio. (120) U.S.-S.M.M. - Anno 1942 - Busta 45 - Fascicolo 1 - Comando Maridalmazia • (Diario storico - Spalato, 22 luglio 1942). (121) Vedi n. 119 - U.S.-S.M.M. (122) U.S.-S.M.E. - Busta 1067 - Comando 130° reggimento fanteria- Divisione 'Perugia' . (Diario storico - Relazione del mese di luglio - P.M. 151, 1° agosto 1942). (123) A.C.S. - Microfilm n.53 - Serie T . 821 - Fotogrammi 11-12- (Foglio n. 7438 di prot. - Oggetto: Condizioni sulle isole di Brazza e Lèsina - Da Obée Upravno Povjerenistvo kod Vi!eg Zapovjed nictva Tali)anskih Oruf,anih Snaga 'Slovenia-Dalmazia' [Commissariato generale amministrativo presso il Comando superiore 'Slovenia-Dalmazia'] - Firmato commissario generale amministrativo, dottor Vjekoslav VRANC1é - A comando Supersloda - Sussak [Sussa), 21 luglio 1942). L'isola della Brazza - dopo quella di Veglia - è la più vasta e la più popolata isola dell'Adriatico. Lunga circa 45 km con una larghezza massima di 13 km; superficie 395 km quadrati; collinosa (Monte San Vito 778 m.). Lèsina, lunga 68 km, larga in media 3 km , salvo dalla parte occidentale dove raggiunge i IO km, con una superficie di circa 313 km quadrati; collinosa (Monte San Nicolò 626 m .). La renitenza alla leva sulle isole croate era un fenomeno molto diffuso, favorito forse dalla scarsità di comunicazioni con la terraferma. Ad esempio, nell'isola di Pago (nord di Zara) nell'estate del 1942 vi sarebbero stati circa 400 fra disertori e renitenti, per nulla disturbati dalla locale gendarmeria. (U .S.-S.M.E. - Busta 520/Q - Stato Maggiore Esercito - Foglio n. Z/37829 di prot. - Oggetto: Zone da/malte: renitenza alla leva nell'isola di Pago - Da Stato Maggiore Esercito - Servizio informazioni militari - Firmato colonnello Edmondo de RENZI - A Ufficio 'I' di Supersloda - P.M. 9, 26 giugno 1942). (124) U.S.-S.M.E. - Busta 520/R-2 - Stato Maggiore Esercito - (Foglio n. Z/38614 di prot. - Oggetto: Situazione nelle isole di Lèsina e Brazza - Da Stato Maggiore Esercito Servizio informazioni esercito - Firmato colonnello Edmondo de RENZt - A Ufficio 'I' di Supersloda - P.M. 9, 9 luglio 1942). (125) Ibidem. (126) Ibidem. (127) Ibidem. (128) Ibidem. (129) Vedi n. 128. (130) Ibidem.
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Dalmazia - Una cronaca per fa storia (1942) (131) Ibidem.
(132) Ibidem. (133) Vedi n. 123. (134) A.C.S. - Microfilm n. 53 - Serie T . 821 - Fotogramma 16 - (Telescritto n. 3501 Da missione militare italiana a Zagabria - Firmato generale Giovanni OXILIA - A Supersloda - Zagabria, 23 luglio 1942). (135) Ibidem. (136) Ibidem. (137) A.C.S. · Presidenza Consiglio dei ministri - Anni 1941-1943 - Posizione 1.1.13 Busta 16452 - Fascicolo 31/1 - (Telegramma senza numero - Da prefetto di Spalato, Paolo ZERBINO - A ministero interno - Spalato, 24 luglio 1942). (138) Ibidem. (139) Ibidem. (140) Ibidem.
(141) Ibidem. (142) A.C.S. - Microfilm n. 54 - Serie T. 821 - Fotogrammi 1147-1148 - (Telescritto n. 6470/0p. - Da comando XVIII CORPO d'armata - Firmato generale Quirino ARMELLIN1 - A Comando Supersloda - P.M. 118, 25 luglio 1942). (143) Ibidem. (144) Ibidem.
(145) Ibidem. (146) U.S.-S.M.E. · Busta 520/S-2 - Stato Maggiore Esercito - (Telescritto n. Z/39631 - Da servizio informazioni esercito - Firmato SIEMILES - A comando Supersloda - P.M. 9, 27 luglio 1942). (147) Ordinanza 23 ottobre 1941, n. 38 - Obbligo ammasso dell'ofio: incommerciabilità delle olive - In: Giornale Ufficiale del Governo della Dalmazia - Zara, 28 ottobre 1941). (148) Ibidem. (149) Ibidem. (150) Vedi n. 105. (151) Ibidem - Art. I. (152) U.S.-S.M.E. - Busta 782 · Comando XVIII Corpo d'armata - (Foglio n. 5767/1 Segreto - Oggetto: Relazione periodica - Da comando XVIII Corpo d'armata - Firmato generale Umberto SPIGO · A comando Supersloda - Paragrafo: «Ripercussioni di nostri provvedimenti» - P.M. J 18, 25 agosto 1942). Subito dopo la guerra, il Governo di Belgrado nominò una Commissione statale per l'accertamento dei delitti dell'occupatore, per giudicare quali 'criminali di guerra' le autorità italiane, come il Governatore Giuseppe BASTIANINI, che avevano ordinato l'istituzione dei campi di raccolta, nonché gli ufficiali ed i sottufficiali che erano stati preposti a questi campi.
L'apporto dei cetnici ed il potenziamento militare della Dalmazia
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L 'avvocato TullioN1coLETn, già commissario civile a Sebenico, confutando le asserzioni della Commissione circa i maltrattamenti che sarebbero stati inflitti agli internati, nel giugno 1945 scriveva: «È una solenne mistificazione affermare che il campo di Melàda fosse una
tomba dei vivi o alcunché di simile. I miseri contadini che vi erano ospitati non stettero certamente male, anzi molto meglio che nei loro luridi tuguri, non patirono la fame, le loro donne cucinavano per le famiglie e i bambini andavano a scuola. Certamente che persone con esigenze maggiori non vi si trovavano a loro agio, come del resto in ogni campo d'internamento di qualunque paese del mondo» (Da una 'memoria' di dieci fogli dattiloscritti, consegnata dalla moglie dell'avvocato N1COLETTI all'autore del presente lavoro). (153) Per altri dati, vedi Consociazione Turistica Italiana - Dalmazia - Ristampa della prima edizio.ne del 1934 - Pag. 135 (Tipografia G . COLOMBO & c. - Milano, gennaio 1942). (154) U .S.-S.M.E. - Busta 782- Comando XVlll Corpo d'armata - (Notiziario - Paragrafo: «Zara» - P.M. I 18; 23 luglio 1942).
Alla data dell'll luglio 1942, nel campo di raccolta di Melàda si trovavano 351 uomini, 556 donne, 294 bambini. - Alfredo PoLESSI - La rivolta di Eso Piccolo - È uno studio di otto cartelle dattiloscritte con tre cartelle di note. Dalle note appare che la ricostruzione dei fatti è stata condotta su fonti di parte jugoslava, in particolare in base al volume di Sime LUKIN (all'epoca fiduciario del partito comunista per l'isola di Eso) Sjeéanje na ustanak u Malom [f.u (Ricordi della rivolta di Eso Piccolo), in Zadarsko Otocje. Zbornik (L'insulario zaratino. Miscellanea) Edito a Zara nel 1947 - Pag. 274 e seg .. - Sibe KvES1é - Da/macija u Narodnooslobodi/ackoj Borbi (La Dalmazia nella guerra di liberazione). Nella collana 'Biblioteca della Rivoluzione Nazionale' - Zagabria, 1960. (155) - Vedi n. 154 - Notiziario. (156) - Vedi n. 154 - Alfredo POLESS!.
- Relazione n. 53 della Commissione statale per l'accertamento dei delitti degli occupatori e dei loro collaboratori - Firmata dal dott. Dusan NEDJELKOVIC, presidente, e dal dott. Ivan GRGIC, segretario. - S1sE KVESIC (Vedi n. 154) scrive: «I membri della organizzazione del partito di Eso Piccolo nella notte sul 25 luglio penetrarono nel magazzino itafiano trqfugando due barili d'olio. Non avendo il tempo necessario per portar via anche i restanti quantitativi d'olio, ruppero due cisterne in pietra facendo fuoriuscire l'olio». (157) U.S. -S.M.E. - Busta 732 - Comando 'Truppe Zara' - (Foglio senza n. di prot. Oggetto: Rastrellamento isola di Eso - Da comando 'Truppe Zara' - Firmato generale Ruggero CASSATA - A capitano Roberto CoNCINA - A comando Gruppo carabinieri XXU battaglione mobile - P .M. 141, 26 luglio 1942). II numero dei fermati fra gli abitanti di Eso Piccolo varia a seconda delle fonti. Nel suo documento, il generale CASSATA parla di: «20 contrabbandieri». La Commissione )ugoslava per i crimini di guerra scrive: «in tutto circa 50 giovanotti e 4/5 donne». Alfredo POLESSI (Vedi n. 154) scrive: «Furono }ermate una cinquantina di persone». In una nota al suo saggio, PoLESSI scrive ancora: «i rapporti parlano di 50 persone, le fonti croate di circa 80>>. Date il tonnellaggio della motobarca Sofia (20 tonn.) è più verosimile che i fermati siano stati una ventina, altrimenti l'imbarcazione non avrebbe potuto trasportare tutti, compresa la scorta dei carabinieri, finanzieri, equipaggio, ed altri tre civili che salirono a bordo.
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(158) Vedi n. 154 - Alfredo PoLESSI • Nel suo saggio scrive che a bordo salirono otto fra carabinieri e finanzieri. (159) Vedi n. 154 • Sibe KvES1é. (160) Ibidem. (161) Vedi n. 154 - Alfredo PoLESSI - Alla nota n. IO del suo saggio scrive che secondo i rapporti italiani, il bilancio delle vittime fu di 9 morti e 2 feriti. - U.S.-S.M.E. · Busta 782- Comando XVIII Corpo d'armata - (Telescritto n. 6549/0p. - Da XVIII Corpo d'armata • Firmato generale Quirino ARMELLINI - A comando Supersloda · Per conoscenza a V e VI Corpo d'armata - P .M. I 18, 27 luglio 1942). li telescritto dà come perdite di parte italiana: uccisi, I brigadiere dei CC.; dispersi, 2 CC. ed un funzionario civile; feriti, I vice brigadiere ed un finanziere. Non accenna al maestro PEREGO ed alla madre.
(162) Vedi n. 154 · Alfredo POLESSI. (163) U.S.-S.M.M. - Anno 1942 - Busta 45 - Fascicolo I - Comando Maridalmazia (Diario storico - Spalato, 27 luglio 1942). (164) Vedi n. 157. (165) Ibidem. (166) Vedi n. 163. (167) U .S.-S.M.E. - Busta 782 - Comando XVIII Corpo d'armata - (Diario storico - P. M. I 18, 29 luglio 1942). Sull'isola di Rava furono trovati 48 uomini, 147 donne e 161 bambini. (168) Vedi n. 154. Sibe KVES1é, senza parlare della costituzione del Tribunale militare, scrive che «gli italiani fucilarono ad Eso Piccolo 6 persone e ad Eso Grande 7 patrioti». Nessun altra fonte parla della fucilazione di 6 persone. Alfredo PO LESSI, alla nota n. 13, citando il saggio di Uranija VALENTIN, /zbor dokumenta o ustanaku u Malom Jf.u (Scelta di documenti sulla rivolta di Eso Piccolo) in Zadarko Otocje, (Insulario zaratino), pag. 294, precisa che il Tribunale di guerra era composto da: capitano Roberto CoNCINA, presidente; capitano Ezio MARONOIO (forse p.iù esattamente: MARONGIU), tenente dei CC. Renzo R1cc1on1, e da Giovan Battista RoMBOLLI, commissario civile al comune di Eso. (169) Vedi n. 154. Alfredo Por.ESSI, nella nota n. 14 del suo saggio, cita la lettera n. 0012050/73 Gab. di prot. del Governo della Dalmazia, diretta al ministero dell'interno, sotto la data 3 agosto l 942. Riportata in Uranija VALENTIN. (170) U.S.-S.M.E. - Busta 857 - Comando 'Truppe Zara' - (Diario storico - P.M. 141, I O agosto 1942). (171) U.S.-S.M.E. - Busta 857 - Comando 'Truppe Zara' - (Diario storico - P.M. 141, 3 agosto 1942).
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(172) U.S.-S.M.E. • Busta 857 · Comando 'Truppe Zara'. (Diario storico. P.M. 141, 4 e 6 agosto 1942). (173) U.S.-S.M.E. - Busta 857 - Comando 'Truppe Zara' - (Diario storico - P.M. 141, 17 agosto 1942).
L'isola di 2ut, lunga 1 i km, si. trova ad est dell'isola Incoronata, ed è separata da questa da un canale largo al massimo un paio di km. La quota più alta raggiunge i 165 metri. All'epoca aveva una popolazione di 550 abitanti. L'isola Incoronata (Kornat), lunga 24 km (larga non oltre i 750 metri) con una superficie di 18 km quadrati, è la naturale continuazione verso sud-est dell'isola Lunga. Il punto più alto è quota 235 (Vrh Metline). L'isola è circondata da centinaia di scogli, isolette, e da ciò il nome di 'Incoronata' .
•
(174) Vedi n. 154 • Afredo POLESS!. (175) Vedi n. 154 - Sibe KvESIC. (176) U.S.-S.M.E. · Busta 99 • Comando Supersloda • (Diario storico - P.M. 10, 5 agosto 1942). (177) U,S.-S.M.E. • Busta 782- Comando XVIII Corpo d'armata- (Notiziario-Riassunto a/ine luglio 1942 - Premessa - P .M. 118, 1° agosto 1942). (178) Salvatore L01 - Le operazioni delle Unità italiane in Jugoslavia (1941-/943) - Ministero della Difesa· Stato Maggiore Esercito· Tipografia Regionale, Roma, 1978.
In allegato; Telespresso n. 3888 - Da missione militare italiana a Zagabria - Firmato colonnello Gian Carlo RE - A Supersloda - Zagabria, 17 agosto 1942. (Pag. 426). (179) Ibidem. (180) U .S.-S.M.E. - Busta 782 • Comando XVIII Corpo d'armata· (Notiziario -Riassunto situazione a fine agosto I942 - Premessa - P.M. 118, 1° settembre 1942). (181) U.S.-S.M.E. - Busta 782 - Comando XVIII Corpo d'armata - (Foglio n. 7023/I di prot. - Segreto - Oggetto: Relazione periodica - Da comando XVIII Corpo d'armata - Firmato generale Umberto SPIGO - A comando Supersloda - Paragrafo: «Situazione politica in genere» • P .M. 118, 27 settembre 1942). (182) Vedi n. 180 • Premessa. (183) Ibidem - Paragrafo: «Seconda zona».
Interessante notare la coJlocazione al terzo posto del nome di TITO, essendo più noti, in quel periodo, i suoi luogotenenti. (184) Vedi n. 177 - Paragrafo: «Dalla seconda zona· Lèsina». (185) U.S.-S.M.M. • Anno 1942 - Busta 45 • Fascicolo 1 - Comando Maridalmazia (Diario storico - Spalato, 9 aprile 1942). (186) U.S.-S.M.M. - Anno 1942 - Busta 45 - Fascicolo 1 - Comando Maridalmazia • (Diario storico - Spalato, 26 luglio 1942). (187) U.S.-S.M.M. - Anno 1942 • Busta 45 - Fascicolo 1 - Comando Maridalmazia • (Diario storico· Spalato, 31 luglio 1942).
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(188) U.S.-S.M.E. - Busta 782- Comando XVIII Corpo d'armata - (Notiziario - Paragrafo: «Brazza» - P.M. 118, 7 luglio 1942). (189) U.S.-S.M.M. - Anno 1942 - Busta 45 - Fascicolo 5 - Comando Maridalmazia (Comunicazione non intestata - Senza indirizzo - Non firmata - Spalato, 3 agosto 1942). (190) U.S.-S.M.E. - Busta 1266 - Comando VI Corpo d'armata - (Notiziario - Paragrafo: «Ragusa» - P.M. 39, 16 agosto 1942). (191) U.S.-S.M.E. - Busta 1266 - Comando VI Corpo d'armata - (Notiziario - Paragrafo: «Nevesinje» - P .M. 39, 1° agosto 1942). (192) Il fatto che il paracadutista inglese fosse privo di documenti appare strano, poiché era cura dei comandi dotarli di certificazioni personali per qualificare la loro appartenzenza ad un esercito belligerante. La spiegazione di questa anomalia viene data dal Notiziario della divisione 'Murge' (U .S.-S.M.E. - Busta 859) del 1° agosto 1942. Al paragrafo: <<Gacko», è scritto: «Il 31 luglio, sulla strada Nevesinje-Gacko, all'altezza di M . Hum (SR-TN), elementi della M. V.A .C. di Nevesinje, hanno scoperto la presenza di un paracadutista inglese, che veniva ucciso mentre tentava di fuggire. L 'on. JEVDJEVIC, che si trovava a percorrere la strada suddetta, si è recato sul posto procedendo al ritiro delle armi e dei documenti di cui il paracadutista era in possesso». Il fatto che Jevo1ev1é consegnasse, poi, ai comandi italiani le armi del paracadutista, che sono analiticamente descritte nel Notiziario del VI Corpo d'armata, ma non i 'documenti', dà adito a varie congetture, anche a quella che il paracadutista fosse latore di istruzioni per MIHAJLOVIé. Ma se la sottrazione di eventuali messaggi è comprensibile, non lo è altrettanto quella dei documenti personali. (193) Vedi n. 191. (194) U.S.-S.M.E. - Busta 1266 - Comando VI Corpo d'armata - (Notiziario - Paragrafo: «Gacko» - P.M. 39, 5 agosto 1942). (195) U .S.-S.M.E. - Busta 1266 • Comando Vl Corpo d'armata· (Notiziario· Paragrafo: «Ragusa» - P.M. 39, 11 agosto 1942). (196) U.S.-S.M.E. - Busta 1266 - Comando VI Corpo d'armata - (Foglio n. 8540/Inf. di prot. • Supplemento a/Notiziario n. 483 · Situazione a fine agosto 1942 - Paragrafo: «Attività nemica» - P .M. 39, l O settembre 1942). {197) A.C.S. - Microfilm n. 59 • Serie T. 821 • Fotogrammi 627-707 • (Foglio n. 15300/0p. di prot. - Segreto - Oggetto: Operazione 'Albia' • Da comando VI Corpo d'armata • Firmato gener:;le Renzo DALMAZZO - A comando Supersloda - P.M. 39, 20 settembre 1942). Alla relazione sono uniti 10 allegati. Dall'allegato n. 3, Forze partecipanti, risulta che ali' operazione presero parte: della divisione 'Messina': XXVI e XXIX battaglione del 4° reggimento bersaglieri; II battaglione del 94° reggimento fanteria; batteria d'accompagnamento e compagnia mortai da 81 del 93° reggimento fanteria; CII e CVII battaglione e compagnia mitraglieri della 1801 legione camicie nere; I e II gruppo del 2° reggimento artiglieria; 48 1 compagnia granatieri divisionali; 18" compagnia telemarconisti divisionali; un plotone autoblindo 'San Marco'; della divisione 'Bergamo': 26° reggimento fanteria; XCVII e LXXIX battaglione dell'89• legione camicie nere; XXIX battaglione 'M'; due compagnie carri 'L' ed un plotone carri lanciafiamme del I battaglione del 31 ° reggimento fanteria carrista; LVI gruppo del VI raggruppamento artiglieria di Corpo d'armata; un plotone più altre due squadre lanciafiamme;
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della divisione 'Sassari': I II battaglione del 151 ° reggimento fanteria; della M. V.A.C.: battaglioni ' Nevesinje', 'Bosniaco', 'Stolac', 'Gacko', due compagnie del battaglione 'Ljubu~ki'; della Marina militare: t0rpediniere: Giovannini, T5, T6; cannoniere Ugliano e Pasmano; rimorchiatore armato Lilibeo; motobarche MB 37, MB 38; motoveliero armato N .A.P. l; dell'Aviazione: ricognitori della 183· squadriglia di stanza all'aeroporto di Divulje (Traù); ricognitori e bombardieri senza specificazione ulteriore, degli aerogruppi di Mostar e Zara (Zermonico). (198) Ibidem - Paragrafo: «Terreno».
(199)/bidem. (200) A.C.S. - Microfilm n. 59 - Serie T. 821 - Fotogramma 659 - (Foglio n. 7258/ 0p. di prot. - Segreto - Oggetto: Trattàmento popolazione della zona costiera fra Makarska e Gradac - Da comando XVIII Corpo d'armata - Firmato generale Umberto SPIGO - A comando Supersloda - Per conoscenza a comando VI Corpo d'armata - P.M. 118, 12 agosto 1942. (201) Ibidem. (202) Vedi n. 197 - Paragrafo: «Il nemico» - Prima parte. (203) Ibidem - Paragrafo: «Il nemico» - Seconda parte. (204) Ibidem - Paragrafo: «Lo svolgimento - Fase preliminare». (205) U.S.-S.M.E. - Busta 782 - Comando XVlll Corpo d'armata- (Diario storico- P.M. 118, 19 agosto 1942). (206) U.S.-S.M.E. - Busta 782 -Comando XVIll Corpo d'armata- (Diario storico- P .M. 118, 21 agosto 1942). (207) U.S.-S.M.E. - Busta 782-Comando XVIII Corpo d'armata - (Diario storico- P .M. 118, 20 e 22 agosto 1942). (208) U .S.-S.M.E. - Busta 782 - Comando XVIII Corpo d'armata - (Diario storico - P .M. 118, 23 agosto 1942). (209) U .S.-S.M.E. , Busta 782 - Comando XVIII Corpo d'armata - (Diario storico - P .M. 118, 26, 27 e 28 agosto 1942). (210) Vedi n. 197 - Paragrafo: «Lo svolgimento - Fase conciusiva». (211) U.S.-S.M.E. - Busta 1007 - Comando divisione 'Messina' - (Foglio n. 6210/0p. di prot. - Segreto - Oggetto: Relazione operazione 'Albia' - Da comando divisione 'Messina' Firmato generale Carlo Tuccr - A Comando VI Corpo d'armata - Premessa, lettera b) - P .M. 91, 5 settembre 1942). (212) Vedi n. 197 - Allegato n. 10 - li concorso della Regia Marina alle operazioni 'Albia'. (213) Ibidem - Paragrafo: «Il nemico». (214) Ibidem - Paragrafo: «Lo svolgimento» - Giorno 30 agosto.
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(215) Ibidem - Paragrafo: «Considerazioni». (216} Ibidem. Paragrafo: «Lo svolgimento». Giorno l O set tembre. (217) A.C.S. - Microfilm n. 59- Serie T . 821 - Fotogramma 742 - (Foglio n. 17500 di prot. - Oggetto: Elogio - Da comando Supersloda - Firmato generale Mario RoATTA - A comando VI e XVIII Corpo d'armata - P.M. IO, 2 settembre 1942). L'elogio dice: «Le operazioni contro i ribelli comunisti del Biokovo, che le balde truppe delle divisioni 'Bergamo' e 'Messina' e le formazioni M. V.A.C. ai nostri ordini hanno oggi vittoriosamente concluso dopo giornate di aspra lotta, sono state condotte in maniera veramente brillante. L'accanita resisrenza di un nemico agguerrito e bene armato, le grandi difficoltà di un terreno impervio, non hanno potuto arrestare lo slancio, né diminuire la bravura dei reparti. I risultati raggiunti sono stati di tale entità, che le formazioni avversarie della zona possono considerarsi annientate. All'Eccellenza il Generale DALMAZZO, che ha magistralmente diretto le operazioni, ai Comandanti di divisione e di colonna, ai reparti tutti che hanno dato alte prove di capacità, energia, spirito combattivo e resistenza fisica, tributo il mio elogio». (218) A.C.S. - Microfilm n. 59 - serie T. 821 · Fotogrammi 716-717 - (Foglio n. 14500/0p. di prot. · Segreto - Oggetto: Operazione 'Albia' - Da comando VI Corpo d'armata • Firmato generale Renzo DALMAZZO - Ai comandi di tutti i reparti partecipanti all'operazione • P.M. 39, 4 settembre 1942). (219) Relazioni Internazionali - Settimanale dell'Istituto per gli studi di politica internazionale (LS.P.I.) - Milano - Croazia-Distruzione di bande partigiane - Anno 1942, pag. 1012. (220) A.C.S. • Microfilm n. 59 - Serie T. 821 - Fotogramma 722 - (Foglio con in testa le parole: Dall'Hrvatski Narod [Popolo Croato] - Attività contro i rapinatori del territorio Biokovo- Vrgorac - Zagabria, 6 settembre 1942). (221) A.C.S. - Microfilm n. 59 - Serie T. 821 - Fotogramma 728 - (Telescritto n. 14626/0p. - Da comando VI Corpo d'armata - Firmato generale Renzo DALMAZZO - A comando Supersloda - P.M. 39, 7 settembre 1942). (222) Vedi n. 218. (223) U.S.-S.M.E. - Busta 1267 - Comando VI Corpo d'armata - (Telescritto n. 14395/ 0p. - Da· comando VI Corpo d'armata • Al Governatorato del Montenegro - Per conoscenza a comando XVIII e XVI Corpo d'armata - Al comando Maridalmazia- P .M. 39, 2 settembre 1942). (224) Vedi n. 211 - Parte li - Operazioni/inali - Giorno 30 agosto 1942. (225) U.S.-S.M.E. - Busta 1007 - Comando divisione 'Messina' - (Foglio n. 6750/0p. di prot. - Segreto - Oggetto: Relazione operazione "Renio" - Da comando divisione ' Messina' - Firmato generale di brigata comandante interinale, Attilio AMATO - A comando VI Corpo d'armata- P.M. 91 , 23 settembre 1942). (226) U.S.-S.M.E. - Busta 1T 9 - Comando VI Corpo d'armata - (Notiziario - Allegato: Operazioni di rastrellamento sin qui svolte nella penisola di Sabbioncello - Annotazione mese di ottobre - P.M. 39, 31 dicembre 1942). (227) Vedi n. 197 - Paragrafo: «Considerazioni» - Ultima parte.
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(228) U.S.-S.M.E. - Busta 1267 - Comando VI Corpo d'armata - (Notiziario - Paragrafo: «Ljubu~ki» - P.M. 39, 13 settembre 1942). (229) M.A.E. - A.S.D. - Jugoslavia 1942 - Busta 130 - Fascicolo I - (Telespresso n. 440 - Segreto - Da ufficio collegamento del ministero affari esteri presso Supersloda - Firmato console Vittorio CASTELLANI - A ministero affari esteri - Per conoscenza a legazione d'Italia a Zagabria - P .M. 10, 4 luglio 1942). (230) Ibidem. (231) Ibidem. (232} Ibidem. (233J La questione della scarsissima conoscenza della lingua serbo-croata e di quella slovena da parte dei militari italiari costituì un rilevante incoveniente sin dall'inizio della campagna di Jugoslavia. Per superare - almeno in parte - questa difficoltà, a cura dello Stato Maggiore Esercito, Ufficio propaganda, già a settembre 1941 venne pubblicato un Frasario italo-croato-sloveno, di 166 pagine, diviso in due parti. La prima, grammaticale, esposta in modo essenziale; la seconda (frasario generale) suddivisa in trentatré argomenti, come: esercito, marina, aviazione, posta e telegrafo, mediciana, vitto, e cosi via. Accanto alle frasi italiane erano riportate quelle croate e slovene. (234) Vedi n. 229. (235} A.C.S. - Microfilm n. 64 - Serie T . 821 - Fotogramma 284 - (Foglio senza n. di prot. - Senza intestazione - Reca al centro la parola Pro memoria - Non firmato - P .M. IO, 11 agosto 1942). (236) Ibidem. (237) Ibidem. (238) Ibidem . (239) A.C.S. - Microfilm n. 64 - Serie T . 821 - Fotogramma 747 - (Telescritto n. 1364/G.M. - Da Governo della Dalmazia - Firmato Giuseppe BASTIAN!NI - A generale Mario ROATTA - Zara, 13 agosto 1942). (240) Ibidem.
(241) U.S.-S.M.E. - Busta 993 - Comando Supersloda - (Foglio n. 17300/0p. - Oggetto: Contatti con Governo croato - Da comando Supersloda - Firmato generale Mario RoATTA A Comando Supremo - P.M. IO, 20 agosto 1942). (242) M.A.E. - A.S.D. - Jugoslavia 1942 - Busta 131 - Fascicolo 2 - (Foglio n. 18200 di prot. - Oggetto: Convengo di Ragusa - Da Comando Supersloda - Firmato generale Mario ROATTA - A Comando Supremo - P.M. 10, 31 agosto 1942). VEDI DOCUMENTO N. 1 ALLEGATO AL PRESENTE CAPITOLO. Al Convegno parteciparono, da parte croata, il ministro per gli affari esteri Mladen LORKOYié, in sostituzione del ministro per l'interno Andrija ARTUKOVIé; il dottor Vjekoslav VRANC1é nella sua nuova veste di sottosegretario di Stato alta Presidenza del Consiglio dei ministri; il dottor Nikola RuSINOVIé nuovo commissario generale amministrativo al posto del doitor VRANCIC; il colonnello ustascia Bego SERVATZY.
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(243) A.C.S. - Microfilm n. 52 - Serie T . 821 - Fotogrammi 401-404 - (Foglio senza n. di prot. - Senza intestazione - Intitolato: Conferenza fra l'Ecc. il Comandante .dell'armata e il Ministro degli esteri croato, il commisario Ru!lNOVIé, il sign. VRANé!é, un colonnello ustascia- Punto 3°: M.V.A.C. - Senza firma né data).
Si tratta del verbale della riunione, con l'indicazione analitica degli argomenti discussi: usta!ka pripremna; ustascia in licenza a Stolac; M.V.A.C.; elementi di gendarmeria croata da affiancare a nostre colonne operanti; questione degli ebrei; campo d'internamento a Buccari; approvvigionament.o ; capitolazione ribelli del Kozjak; problema pesca e navigazione; compagnia croata a Sabbioncello; questione del col. BoJIC e di due gendarmi croati; questione costituzione bande a Brazza e Lèsina. Di questi argomenti, il generale RoATTA riferì al Comando :Supremo solamente su: ustaska pripremna; questione ebrei; M. V.A.C. Aggiunse la questione della situazione in alta valle Orina che non risulta dal verbale. (244) Ibidem. (245) Vedi n. 242 - Punto 3. (246) Ibidem. (247) Vedi n. 242 - Punto I.
- Vedi anche n. 243 - Punto 1. (248) U.S.-S.M.E. - Busta 1268 - Comando VI Corpo d'armata - (Foglio n . 17490 di prot. - Ufficio M.V.A.C. - Da comando Supersloda - Firmato generale Mario ROATTA - A comandi V, VI, XI, XVIII Corpo d'armata - Per conosc,enza: a Governo della Dalinazia; al Commissario di Lubiana; a prefettura del Carnaro, Fiume; a generale intendente di Supersloda - P .M. IO, 28 agosto 1942). (249) U.S.-S.M.E. - Busta 783 - Comando Supersloda - (Foglio senza n. di prot. - Intestato: David StNélé, Vice-commissario amministrativo Generale dello Stato Indipendente di Croazia presso la 2a Armata dell'Esercito italiano - Prefetto e Segretario federale di Knin e Gospié- Firmato: David S1NC1C- A generale Mario ROATTA - Zagabria, 28 agosto 1942). (250) Ibidem. (251) Ibidem. (252) Ibidem. (253) Ibidem. (254) Ibidem. (255) Ibidem. (256) Ibidem. (257) U.S.-S.M.E. - Busta 783 - Comando Supresloda - (Foglio senza n. di prot. - Intestato: David S1Né1é, Vice-commissario amministrativo Generale dello Stato Indipendente di Croazia presso la 2° Armata dell'Esercito italiano - Prefetto e Segretario federale di Knin e Gospié - Firmato David S1NC1C- A generale Mario ROATTA - Zagabria, 1° settembre 1942). (258) Ibidem.
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(259) Ibidem. (260) Ibidem. (261) U.S.-S.M.E. - Busta 783 - Comando Supersloda - (Foglio n. 1082/I di prot. Oggetto: Segnalazione del prefetto SINCIC- Da comando divisione 'Sassari' - Firmato generale Paolo BERARDI - A comando XVIII Corpo d'armata - P .M. 86, 23 ottobre 1942). (262) Ibidem - Punto I . (263) Ibidem - Punto 2. (264) Ibidem - Punto 3. (265) Ibidem - Punto 5. (266) Ibidem - Punto 7. (267) Ibidem - Punto 4 - Lettera b) e c). (268) Ibidem - Punto 4 - Lettera c). (269) U.S.-S.M.E. - Busta 783 - Comando Supersloda - (Foglio n. 999/I di prot. - Oggetto: Sepoltura di GoJCETA Ante - Da comando divisione 'Sassari' - Firmato generale Paolo BERARDI - Al pope Mom~ilo DJuJ1é - Per conoscenza a Presidio militare di Stermizza, al signor Stevo REDJENov1é - Allegato al foglio n. 1082/I di prot. - [Vedi n. 261] - P.M. 86, IO settembre 1942). (270) Vedi n. 261 - P~nto 4, lettera c). (271) U.S.-S.M.E. - Busta 1004 - Comando divisione 'Sassari' - (Diario storico - Proclama allegato al diario storico - P.M. 86, 6 settembre 1942). (272) Ibidem.
(273) Ibidem. (274) Ibidem. (275) Ibidem. (276) U.S.-S.M.E. - Busta 1004 - Comando divisione 'Sassari' - (Foglio n. 4 di prot./ M.V.A.C. - Oggetto: M. V.A.e. - Da comando divisione 'Sassari' - Firmato generale Paolo BERARDI - Ai comandi di settore: Tenln, Grafac, Dernis, Zermagna, Stermizza, Bosansko Grahovo, Vrlika - Al tenente colonnello Giovanni SABRE - Al colonnello Mirko Jovovré - Con 6 allegati - P .M. 86, 13 settembre 1942. VEDI DOCUMENTO N. 2 ALLEGATO AL PRESENTE CAPITO· LO.
Questo documento del comandante della divisione 'Sassari' riporta fedelmente, si potrebbe dire anche nella forma oltre che nella suddivisione della materia in capitoli, le norme diramate dal generale Mario ROATTA. (277) Ibidem - Paragrafo: «Orientamenti» - Punto 1. (278) Ibidem - Paragrafo: «Orientamenti» - Punto 3. (279) Ibidem - Paragrafo: «Orientamenti» - Punto 4.
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Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942) (280) Ibidem. (281) Ibidem - Paragrafi: «Ordinamento» ed «Organici dei reparti». (282) Ibidem - Paragrafo: «Dipendenze» . (283) Ibidem - Paragrafo: «Ordinamento» - Lettera c). (284) Ibidem - Paragrafo: «Uniforme». (285) Ibidem - Allegato n. 5. (286) Ibidem - Allegato n. 6. (287) ibidem - Allegato n. 1.
(288) U.S.-S.M.E. - Busta 1268 - Comando VI Corpo d'armata - (Foglio n. 3963 di prot. - Ufficio ordinamento - Oggetto: Norme provvisorie per la costituzione delle formazioni volontarie cattarine - Da comando VI Corpo d'armata - Firmato generale Renzo DALMAZZO - A comando Piazza Miliare di Cattaro (Divisione 'Emilia') - Per conoscenza a Comando Supersloda - Al Prefetto di Cattaro - Agli Uffici: Operazioni; Informazioni; Servizi; Commissariato; Amministrazione, del VI Corpo d'armata - P.M. 39, 18 agosto 1942. Questo documento consta di 12 fogli, 6 allegati e 2 schizzi. (289) Ibidem. (290) Ibidem. (291) Ibidem. (292) A.C.S. - Presidenza Consiglio dei ministri - Anni 1941-1943 - Posizione 1.1.13-2944 - Busta 316 - (Foglio n. 1206/dg. di prot. - Oggetto: Trattamento economico formazioni armate anticomuniste nei territori annessi - Da Presidenza del Consiglio dei ministri - Commissione consultiva per il diritto di guerra - Firmato presidente Dino GRANDI - A Comando Supremo - Roma, 6 ottobre 1942). (293) Ibidem. (294) A.C.S. - Presidenza Consiglio dei ministri - Anni 1941-1943 - Posizione 1.1.13-2944 - Busta 316 - (Foglio n. 1365/dg. di prot. - Oggetto: Trattamento economico formazioni armate anticomuniste nei territori annessi - Da Presidenza Consiglio dei ministri - Commissione consultiva per il diritto di guerra - Firmato presidente Dino GRANDI - A Comando Supremo - Roma, 3 novembre 1942). (295) u.s·.-s.M.E. - Busta 881 - Comando XVIII Corpo d'armata - (Foglio n. 6349/1 di prot. - Segreto - Oggetto: Milizia ustascia di riserva (territoriale) - Da comando XVIII Corpo d'armata - Firmato generale Umberto SPIGO - Ai comandi delle divisioni: 'Sassari' e 'Bergamo' - P.M. 118, 14 settembre 1942) (296) Ibidem. (297) U.S.-S.M.E. - Busta 1004 - Comando divisione 'Sassari' - (Diario storico - P.M. 86, 15 settembre 1942). Il testo della lettera, di cui non è stato trovato l'originale, è riportato nel diario storico.
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(298) Ibidem. (299) Ibidem. (300) Ibidem. (301) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1942 - Busta 131 - Fascicolo 2 - (Foglio intestato: Ministero affari esteri - Appunto per l'Eccellenza il Ministro (CIANO) - Firmato Luca PIETROMARCHI - Roma, 15 settembre 1942). VEDI DOCUMENTO N. 3 ALLEGATO AL PRESENTE CAPITOLO. (302) Ibidem. (303) U.S.-S.M.E. - Busta 1004- Comando divisione 'Sassari' - (Diario storico - Premessa al bimestre novembre e dicembre - Punto I 0 : Costituzione della M . V.A .C. ortodossa e suo potenziamento - P.M. 86, fine ottobre 1942. (304) Ibidem. (305) Ibidem. (306) Ibidem. (307) U.S.-S.M.E. - Busta 1004 - Comando divisione 'Sassari' - (Diario storico -P.M. 86, 20 settembre 1942). (308) Ibidem. (309) Ibidem. (31 O) Ibidem. (311) Ibidem. (312) U.S.-S.M.E. - Busta 1004- Comando divisione 'Sassari' -(Diario storico- P.M. 86, 2 ottobre 1942). (313) Ibidem. (314) Ibidem. (315) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1942 - Busta 130 - Fascicolo 1- (Foglio n. 222/950 di prot. - Segreto - Oggetto: Capo cetnico Momcilo GJUJC [DJuJJcJ - Da Comando Supremo Servizio Informazioni militari - Firmato generale Cesare AMĂ&#x2030; - A ministero affari esteri P .M. 21, 22 novembre 1942). (316) M.A.E.-A.S.D. - Jugoslavia 1942 - Busta 135 - Fascicolo 1 - (Foglio senza n. di prot. - Intestato: Il Ministro di Croazia - Da legazione dello Stato Indipendente di Croazia Roma - Firmato il ministro Stijepo PERIC - Al Capo di Stato Maggiore Generale maresciallo Ugo CAVALLERO - Roma, 29 dicembre 1942). (317) Ibidem. (318) Vedi n. 315. (319) Vedi n. 312. (320) U .S.-S.M.E. - Busta¡ 1004 - Comando divisione 'Sassari' - (Diario storico - P .M. 86,
5 ottobre I942).
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Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942) (321) Ibidem. (322) Ibidem. (323) Ibidem. (324) Ibidem. (325) Ibidem.
(326) U.S.-S.M.E. - Busta 1004 - Comando divisione 'Sassari' - (Diario storico - P .M. 86, 6 ottobre 1942). (327) Ibidem. (328) Ibidem. (329) Ibidem. Le ricerche furono svolte dal III battaglione del 152° reggimento di fanteria, rinforzato da una batteria da 65/l 7, dal battaglione croato di stanza a Tenin, da un reparto di carabibieri, «con l'ordine di arrestare tutti i sospetti e di disarmare la popolazione». (330) Ibidem.
(331) Ibidem. Sul diario storico è scritto: «Il pope in questa occasione si ~ comportato molto bene dimostrando severità contro i cetnici e senso di giustizia nel giudizio e ne/l'azione». (332) U.S.-S.M.E. - Busta 1004 • Comando divisione 'Sassari' - (Diario storico - P.M. 86, 7 ottobre 1942). (333) Ibidem. (334) Vedi capitolo II del presente volume. - L'udienza da MussoUNI è dedotta dal testo del telegramma che il generale Giovanni MAGLI, addetto al Comando Supremo, inviò il 25 luglio 1942 a Supersloda per comunicare il trasferimento del generale ARMELLINI, e che inizia con le parole: «D'ordine del Duce». Vedi: A.C.S. - Microfilm n. 64 - Serie T . 821 - Fotogramma 385 - (Marconigramma n. 11124/0p. - Da Comando Supremo - Per generale Mario RoAITA - P.M. 21, 25 luglio 1942). (33S) U.S.-S.M.E. - Busta 1441 - Comando Supremo - (Diario storico - Paragrafo: «Attività svolta dall'Ecc. il Capo di S.M. Generale» - Il colloquio ebbe inizio alle ore 18.15. P.M. 21, 2S luglio 1942). (336) Ibidem. (337) Benito MUSSOLINI - Opera Omnia - A cura di Edoardo e Duilio SuSMEL - Edizione 'La Fenice' - Firenze 1960 - Volume 31 °, pag. da 95 a 97. - Ugo CAVALLERO - Comando Supremo - Diario 1940-1943 del Capo di S.M.G . • CAPPELLI Editore - Bologna 1948 - Annotazione del 31 luglio 1942. (338) Ibidem.
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(339) Ibidem. (340) Ibidem. (341) Ibidem. (342) U.S.-S.M.E. - Busta 1441 - Comando Supremo - (Diario storico - Paragrafo: «Attività svolta dall'Ecc. il Capo di S.M. Generale» - Il colloquio con il generale Mario RoATTA ebbe luogo dalle ore 9.30 alle 10.45 - P.M . 21, I O agosto 1942). (343) Ibidem. (344) Ibidem. (345} Ibidem. - Il colloquio con il Governatore della Dalmazia iniziò alle ore 10.45. Il generale Umberto SPIGO partecipò alla riunione dalle ore 11.45 in poi. (346) Ibidem.
(347) Vedi n. 337 - Ugo CAVALLERO - Comando Supremo -Annotazione 1° agosto 1942. (348) Ibidem. (349) Ibidem. (350) Ibidem. (351) A.C.S. - Microfilm n. 51 - Serie T. 821 - Fotogramma 1065 - (Lettera personale Senza n. di prot. - Dal comandante delle 'Truppe Zara', generale Ruggero CASSATA - A generale Ettore DE BLASIO, capo di Stato Maggiore di Supersloda - Zara, 20 marzo i942). (352) Ibidem. (353) U.S.- S.M.E. - Busta 697 - Comando Truppe Zara - (Foglio n. 2188/0p. di prot. - Oggetto: Trasformazione delle 'Truppe Zara' - Da comando XVIII Corpo d'armata - A firma generale Quirino ARMELLINI - Per comando 'Truppe Zara' - P.M. 118, 12 aprile 1942). (354). U.S.-S.M.E. - Busta 647 - Comando Supersloda - (Telescritto n. 3519/0p. - Da comando XVIII Corpo d'armata - A firma generale Quirino ARMELLINI - A Supersloda P.M. 118, 18 maggio 1942. (355) A.C.S .• Microfilm n. 65 - Serie T. 821 - Fotogramma 181 - (Telescritto n. 04843 - Da Supersloda - A firma generale Ettore DE BLASIO - Per 'Malaga ' (comando operativo del generale Mario ROATTA] - Trasmette le notizie avute: «da ufficiale da me inviato a Roma» - P.M. IO, 28 maggio 1942). (356) Ibidem. (357) U.S.-S.M.E. - Busta 993-Comando Supersloda - (Foglio n. 16502 di prot. -Segreto - Oggetto: Trasformazione del Comando 'Truppe Zara' in comando Divisione - Da Supersloda: A firma generale Mario RoATTA - Per Comando XVIII Corpo d'armata - Per conoscenza al Governatore della Dalmazia - P .M. 10, 6 agosto 1942). VEDI DOCUMENTO N . 4 AtLEGATO AL PRESENTE CAPITOLO. (358) Ibidem - Paragrafo n. 6.
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Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942) (359) Ibidem - Paragrafo n. 9. (360) Ibidem - Paragrafo n. 5.
(361) U.S.-S.M.E. - Busta 790 - Stato Maggiore Esercito - (Foglio n. 0043010/2 di prot. - Oggetto: Nuovo assetto di guerra delle Truppe del presidio di Zara - Costitu.:.ione della divisione di fanteria 'Zara' (158) - Da Stato Maggiore Esercito - Ufficio ordinamento - Per ministero della guerra - Per Supersloda - Per comando XVIII Corpo d'armata - P er comando difesa territoriale di Bologna - Per comando 'Truppe Zara' - Per conoscenza ad altri quindici fra enti e comandi militari • P.M. 9, 15 agosto 1942). VEDI DOCUMENTO N. 5 ALLEGATO AL PRESENTE CAPITOLO. (362) Ibidem - Paragrafo Il. (363) Ibidem - Paragrafo VII. (364) La cerimonia della consegna delle bandiere di combattimento ai nuovi reggimenti ebbe luogo il 4 ottobre 1942.
Attualmente, presso il Museo Sacrario delle bandiere, in Roma, al Vittoriano, sono conservate le bandiere del 292° reggimento di fanteria (bacheca n. 10) e del 158° reggimento d'artiglieria (bacheca n. 11). La bandiera del 291 ° reggimento fanteria venne bruciata dopo 1' 8 settembre 1943. La 'freccia' dell'asta è stata sotterrata a Chistagne nel cortile d'una casa. Nel Museo Sacrario è custodita anche la bandiera del 'Comando Truppe Zara' (bacheca n. 15) che era stata concessa con decreto 7 dicembre 1939. (365) Il 'Comando Truppe del Presidio di Zara' era stato costituito il 1° gennaio 1936, cd i suoi comandanti, sino al 31 agosto 1942, in successione di tempo, furono: col. Giovanni ESPOSITO; col. Manlio MORA; poi i generali di brigata: Ubaldo S CANAOATTA; Luigi ZO; Carlo RIVOLTA; Emilio G1ouou; interinalmente il col. Aldo GENTILINI, quindi il generale Ruggero CASSATA. (366) Vedi n. 361 - Paragrafo XI. (367) Ibidem - Paragrafo X. (368) U.S. -S.M.M. - Anno 1942 - Busta 45 - Fascicolo I - Comando Maridalmazia (Diario storico - Spalato, 9 agosto 1942). (369) U.S.-S.M.E. - Busta 857 - Comando divisione 'Zara' - (Foglio senza n. di prot. Oggetto: Sintesi attività operativa · Bimestre agosto-settembre • Notizia sotto la data 9 agosto 1942 - Firmato, d'ordine, il maggiore Aldo SENATORE, capo di Stato Maggiore ff.. Senza data, probabilmente primi d'ottobre 1942). (370) Carte dottor Manlio CACE • Brogliaccio - Annotazione • Sebenico, 15 agosto 1942). (371) U.S.-S.M.M. - Anno 1942 • Busta 45 • Fascicolo I - Comando Maridalmazia (Diario storico - Spalato, 21 agosto 1942). (372) Vennero uccisi: il 3 a Vodizze, ANTULOV Giacomo; il 5 a Seghetto Superiore (Traù), M1LAT Michele; il 6 vicino Sebenico, ZUPANOv1C marito e moglie; a Bencovazzo (Zara), Zup. C1C Gliso; 1'8 a Vodizze, tale TAv1c e la madre; il 21 a Seghetto Inferiore (Traù) SAVO Elena, suocera del capovilla e ZULIN Vincenza; il 22 a Cernizza, sobborgo di Sebenico, la signora PEKAS con la sorella; il 25 il capovilla di Radonié (Sebenico) ed OLIVARI Antonio capovilla di Stretto; il 26 il figlio del capovilia di Danilo Biranj (Sebenico), e vicino a Scardona KARTELO Teresa; il 29 a Dubrava (Sebenico) tre giovani iscritti all'O.N.8. - (Notizie dal 'brogliaccio' del dr. Manlio CACE, maggiore medico di Marina, dire1tore dell'Ospedale civile di Sebenico).
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(373) U.S.-S.M.E. - Busta 629 - Comando Supersloda - (Foglio n. 1789/G.M. di prot. - Oggetto: Situazione territori a cavallo delle foci del Kerka - Dal Governatore della Dalmazia - A comando XVIIl Corpo d'armata - Per conoscenza a Supersloda - Zara, 28 agosto I 942). (374) Vedi n. 357 - Paragrafo 7. (375) U.S. -S.M.E. - Busta 993 - Comando Supersloda- (Foglio n. 16617 di prot. -Segreto - Riservato personale - Oggetto: Trasformazione del comando 'Truppe Zara' in comando Divisione - Da generale Mario ROAITA - A generale Umberto SPIGO - P.M. 10, 8 agosto 1942). (376) Ibidem. (377) Vedi n. 373. (378) Ibidem. (379) Ibidem. (380) Ibidem. (381) A.C.S. - Microfilm n. 64- SerieT. 821 - Fotogrammi 724-725-(Telescritto n. 17813 - Da comando Supersloda - A motonava Abbazia - Per generale Mario RoAITA - Ritrasmette il telescritto n. 05787 del Governatore della Dalmazia, Giuseppe BASTIANINI, diretto a Supersloda ed al XVIII Corpo d 'armata - Zara, ore 0013, 30 agosto 1942). (Altra copia del telescritto in: U.S.-S.M.E. - Busta 993 - Comando Supersloda). (382) Ibidem. (383) Ibidem. (384) Ibidem. (385) U.S.-S.M.E. - Busta 857 - Comando 'Truppe Zara' - (Foglio senza n . di prot. Prospetto della: Dislocazione dei reparti alla data del 15 agosto 1942). (386) U.S.-S.M.E. - Busta 857 - Comando divisione 'Zara' - (Foglio sen7:a n. di prot. Sintesi attivitĂ operativa bimestre agosto-seltembre - Firmato il capo di Stato Maggiore ff., maggiore Aldo SENATORE- P . M. 141, senza data - Probabilmente inizio settembre 1942). Nel documento, dopo una breve introduzione sono riportate le operazioni svolte giornalmente nei due mesi, con una sintesi dei fatti. (387) U.S.-S.M.E. - Busta 782 - Comando XVIII Corpo d'armata - (Foglio n. 5767/I Segreto - Oggetto: Relazione periodica - Da comando XVIII Corpo d'armata - A firma generale Umberto SPIGO - A comando Supersloda - Ufficio Informazioni - P .M. 118, 25 agosto 1942). (388) Ibidem. (389) Ibidem. (390) Ibidem. (391) U.S.-S.M.E. - Busta 782 - Comando XVIII Corpo d'armata - (Foglio n. 6010/I di prot. - Oggetto: Riassunto situazione a fine agosto 1942 - Da comando XVIII Corpo d'armata - A firma generale Umberto SPIGO - Per comando Supersloda - P .M. 118, I O settembre 1942).
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Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942) (392) Ibidem - Paragrafo: «Dalmazia annessa». (393) Ibidem - Paragrafo: «Notizie sui ribelli>.>- Chistagne. (394) Ibidem - Paragrafo: «Notizie sui ribelli» - Sebenico.
(395) U.S.-S.M.E. Busta 857 - Comando divisione ' Zara' - (Diario storico - Premessa al bimestre settembre-ottobre 1942 - P .M. 141, I O novembre 1942).
Il 'comando' della fanteria divisionale della 'Zara' yenne costituito con quello già destinato alla divisione 'Emilia', a sua volta costituito dal deposito del 94° reggimento di fanteria. Il 4 settembre il generale Francesco G1ANGR!ECO si trasferì a Spalato, ed il 7 assunse il comando del settore Spalato-Castella, che dalla giurisdizione della divisione 'Bergamo' passava alla 'Zara'. In questo settore non vi era alcun reparto organico della 'Zara' , ma soltanto truppe 'suppletive' assegnate alla 'Zara' dal comando del XVIII Corpo d'armata. Al momento dell'assunzione del settore di Spalato-Ca.stella, il comando della fanteria divisionale era composto, dal generale GIANGR!ECO, dal capitano della riserva Aldo CHIESA, dal tenente Alfredo MARZI e dal plotone comando (46 uomini) . (396) A.C.S. - Presidenza Consiglio dei ministri - Anni 1941-1943 - Posizione 1.1.13 Fascicolo 16452 - Sottofascicolo 136 - (Foglio n. 05838 di prot. - Autografo - Personale - Da Giuseppe BAST!AN!Nt - A Luigi Russo, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri - Zara, 3 settembre 1942). (397) Ibidem. (398) Ibidem - Evidentemente si riferiva a quei reparti delle 'Truppe Zara' ora passate alle dipendenze del XVI~l Corpo d'Armata, come elementi suppletivi. (399) Ibidem. (400) Ibidem. (401) Ibidem. (402) Ibidem . (403) U.S.-S.M.E. - Busta 857 - Comando 'Truppe Zara' - (Diario storico - P.M. 141, 3 I agosto I 942).
Al 3I agosto la forza del Comando 'Truppe Zara' era la seguente: Forza
effettiva
presente
Ufficiali Sottufficiali Truppa
265 268 6.327
252 210 4.578
Totale
6.860
5.040
La differenza fra i due totali, 1.820 uomini, è data dal soldati in licenza e dai malati, specie di malaria. Ad ottobre del 1942 la forza effettiva della divisione era di 6.098 uomini, ed il decremento rispetto al 31 agosto - quasi certamente - è dovuto all'esclusione dall'organico della divisione della compagnia meccanizzata, dei due gruppi d'artiglieria, dei due plotoni chimico ed antincendi, delle fotoelettriche, in base alle disposizioni dell'Ufficio ordinamento dello Stato Maggiore Esercito. A novembre la forza presente era di 4.660. A dicembre, la forza effettiva raggiungeva i 6.649 uomini e quella presente i 5.540.
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(404) U.S.-S.M.E. - Busta 857 - Comando Truppe Zara - (Foglio senza n. di prot. Prospetto: Dislocazione dei reparti alla data del 15 agosto 1942-XX - P.M. 141, 15 agosto 1942). Dal prospetto risulta la seguente dislocazione dei reparti:
Comando 'Fronte a Terra' a Sebenico, ed i suoi battaglioni (bersaglieri 'Zara'; fucilieri 'Diaz'; mitraglieri) erano dislocati a Sebenico, Scardona, Manoilovaz, Ro~ki Slap, Dubravice, Capocesto, Chistagne, Geversche, Raducicco, Mokropolje, Ervenico. Comando 'Fronte a Mare' a Zara, ed i suoi battaglioni ('Cadorna'; 'Rismondo'; mitraglieri) erano dislocati a ·zara, Puntadura, Ervenico, Kru~evo, Carino, Bencovazzo, Zemonico, Obrovazzo; Zegar. li 15ti 0 reggimento T.M., formato dal I battaglione complementi granatieri, dall'VIII battaglione presidiario, dalla 343° compagnia presidiaria alpini, aveva i reparti a Sebenico, Losovazzo, centrali elettriche del Cherca, Juras, Bilice, Oltre, Stretto, Hramina, Provicchio, Zlarino, Zuri, Pasmano, Ugliano e Melàda. L'artiglieria, Gruppo 'Ederle' (100/17) aveva il comando a Zara, e per batterie o sezioni era schierato a Zegar, Obrovazzo, Peterzane, Ervenico.
Gruppo 'Chiarle' (75/27) aveva il comando a Sebenico (Forte San Giovanni), e le batterie o sezioni a Melàda, Zaravecchia, Selve; li Gruppo da 65/17 era suddiviso fra Bencovazzo, Sebenico (Forte San Nicolò), Chista-
gne; Il XXX Battaglione genio a Zara. (405) Il generale Carlo Viale, nella sua relazione: La divisione 'Zara' in Dalmazia, estesa dopo la guerra (copia in possesso dell'autore, senza data né firma) ricorda come, malgrado ogni impegno, sino all'8 settembre 1943, «i mezzi di trasporto rimasero limitati al 50% rispetto all'organico previsto». (406) A.C.S. - Microfilm n. 63 - Serie T. 821 - Fotogrammi 926-927 - (Foglio n. 18078 di prot. - Oggetto: Disposizioni - Da comando Supersloda - A firma generale Mario ROAITA - Per comando XVIII Corpo d'armata - Per conoscenza al Governatore della Dalmazia P .M. 10, 5 settembre 1942).
Una nota a margine, scritta a mano, precisa: «Consegnata a Gov. Dalm. tramite cap. Berio». (407) Ibidem. (408) Ibidem. (409) Ibidem.
(410) U.S.-S.M.E. - Busta 857 - Comando divisione 'Zara' - (Diario storico - P.M. 141, 1° settembre 1942). I battaglioni assegnati in rinforzo dal comando del XVIII Corpo d'armata erano: XXIX btg. camicie nere 'M'; I btg. complementi Granatieri; CVI mitraglieri di corpo d'armata; VIII battaglione presidiario; XIII btg. presidiario. I battaglioni complementi Granatieri e !'VIII presidiario erano già alle dipendenze del cessato comando 'Truppe Zara'.
Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942)
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(411) U.S.-S.M.E. - Busta 1360 - Comando XVIII Corpo d'armata - (Ordine del giorno n. 56: Ai Battaglioni Squadristi VII 'Milano', LXVIII 'Toscano'; CXII 'Teano '; CLXX 'Vespri' - Ordine del giorno n. 57: Ai battaglioni Carabinieri IX, XV. XVI, XXII, ed ai battaglioni della Guardia di Finanza /Ve XV - P .M. 118, 8 settembre 1942). Nell'ordine del giorno ai btg. squadristi, il CXII erroneamente è chiamato 'Teano' invece di 'Tevere'. (412) U.S.-S.M.E. - Busta 1360 - Comando XVIII Corpo d'armata - (Foglio n. 89\5/0p. - Oggetto: Organizzazione della sicurezza nel territorio della divisione 'Zara'. - Da comando XVIII Corpo d'armata - A firma generale Umberto SPIGO - Per comando divisione 'Zara' Per conoscenza: a Governo della Dalmazia; a comando genio del XVIII Corpo d'armata; a comando XX battaglione carabinieri; a comando carabinieri del XVIII Corpo d'armata P.M. 118, 13 settembre 1942). Vedi anche: A.C.S. - Microfilm n. 64 - Serie T. 821 - Fotogrammi da 518 a 521. (413) U.S.-S.M.E. Busta 857 - Comando divisione 'Zara' - (Foglio n. 01/500/0p. di prot. - Segreto - Oggetto: Nuova sistemazione della divisione; direttive operative - Da comando divisione 'Zara' - A firma generale Carlo VIALE - A comandi; fanteria divisionale 'Zara', (Settore Spalato); XVII brigata costiera; CC.RR. della Dalmazia; 291 ° reggimento fanteria (Settore Sebenico); 292° reggimento fanteria (Settore Zara); 158° reggimento artiglieria; R. Guardia di finanza della Dalmazia; 156° reggimento T.M.; XX battaglione genio - Per conoscenza a comandi: XVIII Corpo d'armata; artiglieria e genio del XVIII Corpo d'armata P.M. 141, 22 settembre 1942). VEDI DOCUMENTO N. 6 ALLEGATO AL PRESENTE CAPITOLO. (414) Ibidem - Paragrafo II - «Situazione». (415) Ibidem - Paragrafo II - «Situazione». (416) Durante il mese di settembre risultano uccisi: il 3, in località Brnjaka il figlio del capovilla di Grebarnca; a Traù la bidella della scuola elementare; a Seghetto Superiore (Traù) la suocera del capovilla; il 5, il capovilla di Greba~tica, ed alla periferia di Seghetto tale KAMATié Boto; il 9, un ·contadino a Scardona; il 10, un contadino a Dumié (Sebenico); il 12, una donna in località Bratgkovci (Sebenico); il 13, il contadino Carlo TUSKY alla Martinisca (Sebenico), ed in località Drage (Zara) quattro contadini; il 19, a Losovazzo il postino Marco LABOR; il 23, a Bétina (Morter) Fortunato PUNTES di anni 16; il 24, un contadino a Bétina; il 27, a Gaulire il figlio di Mario RISné. Notizie tratte dai Notiziari del XVIll Corpo d'armata; dal diario storico della divisione 'Zara'; dal brogliaccio del maggiore medico di Marina, dottor Manlio CACE, direttore dell'Ospedale civile di Sebenico. (417) U.S .-S.M.E. - Busta 857 - Comando divisione 'Zara' - (Foglio n . 6 di prot. - Da comando fanteria divisionale 'Zara' - A firma generale Francesco GIANGRIECO - A comando divisione 'Zara' - P .M. 118, 16 settembre 1942). VEDI DOCUMENTO N . 7 ALLEGATO AL PRESENTE CAPITOLO, (418) Ibidem. (419) Ibìdem. (420) Vedi n. 386. (421) Ibidem.
L'apporto dei cetnici ed il potenziamento militare della Dalmazia
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Vedi anche: U.S.-S.M.E.- - Busta 857 - Comando divisione ' Zara' - (Diario storico P.M. 141, settembre 1942). (422) U.S.-S.M.E. - Busta 857 - Comando divisione 'Zara' - (Diario storico - P.M. 141, 27 settembre 1942). - U.S.-S.M.M. - Busta n. 45 - Fascicolo 2 - Comando Maridalmazia - (Foglio n. 18000 di prot. - Da Maridalmazia - A Supermarina - Spalato, 12 ottobre 1942). - U.S.-S.M.E. - Busta 772 - Comando XVIII Corpo d'armata - (Notiziario - Paragrafo: «Sebenico» - P.M. 118, 27 settembre 1942). (423) ~.S.-S.M.E. - Busta 772 - Comando XVIJI Corpo d'armata - (Notiziario - Paragrafo: «Spalato» - P.M. 118, 30 settembre 1942) .
•
Per la protezione delle linee ferroviarie vennero impiegate speciali autoblindo che correvano sui binari. Erano armate con tre mitragliatrici Breda 38, cal. 8, ed una quarta in funzione antiaerea. Inoltre, vennero adattate delle littorine, rinforzate con apposite blindature, ed armate con due cannoni da 47/32, quattro mitragliatrici Breda 38 ed una Breda 35 da 20 m/m. L' equipaggio andava dai quattordici ai venti uomini. Analogamente vennero muniti di apposita protezione blindata una serie di carri ferroviari, con feritoie ed armi automatiche. (Francesco OGLlARI, L'Italia è piccola? - Storia dei trasporti italiani- Volume XLI - Pag. 2213 e segg. - CAVALLOTTI Editore, Milano 1981). (424) U.S.-S.M.E. - Busta 1065 - Comando divisione 'Zara' - (Diario storico - P.M. 141, 2 e 3 ottobre 1942). - U.S.-S.M .E. - Busta 1065 - Comando fanteria divisionale 'Zara' - (Foglio 01/643/0p. di prot. - Comunicato - P.M. 118, ore 12, 2 ottobre 1942). - Ibidem - (Foglio n. 01/659/0p. di prot. - Comunicato - P .M. 118, 3 ottobre 1942). (425) A.C.S. - Microfilm n. 54 - Serie T. 821 - Fotogrammi 1140-1141 - (Foglio senza n. di prot. - Senza intestazione - Porta al centro le parole Pro memoria - Punto 1 - Non firmato, P .M. 10, 9 settembre 1942). Sul margine del primo foglio, a mano, è scritto: magg. Corsi - In calce al secondo foglio, con calligrafia e sigla del generale Mario ROATTA: «Sta bene. VI ha già iniziato. XVIII seguirà». Con calligrafia d'altra mano; « Vi ha già iniziato. Adesso però prima l'operazione di Posus)e». Cùrzola, la Corcyra Nigra dei romani. Nel 1942, aveva 28.500 abitanti. Lunga 47 km e larga da 6 a 8 km, con una superficie di 274 km'. Montuosa, punto più alto Monte Cluppa (568 m.). Dista meno di un miglio marino (1853 m.) dalla penisola di Sabbioncello. Mèleda, antica Melita - Circa 3000 abitanti nel 1942. Lunga 38 km., con una superficie di 99 km' circa. Centro più importante Babinopolje. Montuosa, boschiva (macchia mediterranea in prevalenza) al 50 per cento. Punto più alto Monte Castel Grande (514 m). Dista dalla radice della penisola di Sabbioncello in media 6 miglia marine. (426) Ibidem - Punto 2). (427) Ibidem - Punto 3). (428) Ibidem - Punto 4) - Lettere a) e b).
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Dalmazia· Una cronaca per la storia (1942)
(429) U.S.-S.M.E. • Busta 993 • Comando Supersloda • (Foglio n. 2296/G.M. di prot. · Oggetto: Situazione militare isola Mèleda • Da Eugenio MORRA . Per comando SuperslodaZara, 14 settembre 1942). VEDI DOCUMENTO N. 8 ALLEGATO AL PRESENTE CAPITOLO. (430) Ibidem . (431) U.S.-S.M.E. · Busta 993 • Comando XVIII Corpo d'armata • (Diario storico · P.M. 118, 20 settembre 1942). (432) Ibidem. (433) U.S.-S.M.E. • Busta 1267 - Comando VI Corpo d'armata - (Notiziario. P .M . 86, 22 settembre 1942).
«Fonte degna di fede conferma l'imminente sbarco di ex-ufficiali jugoslavi nel tratto di costa fra Dulcigno e le Bocche di Cattaro. Si vuole che gli ufficiali siano in numero di cinque». (434) Ibidem.
«Informatori attendibili riferiscono che fra il 15 ed il 16 corr. sommergibile nemico avrebbe sbarcato tre persone in una località disabitata tra Orebié [penisola di Sabbioncello] e !'ist'l!otto Alessandra ed avrebbe imbarcato un emissario del gen. Mihajlovié». (435) Ibidem. (436) U.S,.-S.M.E. - Busta 1268 - Comando VI Corpo d'armata - (Notiziario - P .M. 86, 5 ottobre 1942). - U.S.-S.M.M. - Busta n. 45 • Fascicolo I - Comando Maridalrnazia - (Diario storico - Spalate, 2 ottobre 1942). - U.S .. S.M.E. • Busta 1268 • Comando VI Corpo d 'armata - (Notiziario. P.M. 86, 3 ottobre 1942). - U.S.-S.M.E. • Busta 1222-Comando Supersloda - (Diario storico - P .M. 10, 2 ottobre 1942). - U.S.-S.M.E. - Busta 1442 -Comando Supremo· (Diario storico· Scacchiere Mediterreneo - P.M. 21, 2 e 5 ottobre 1942). Il diario storico del Comando Supremo, sotto la data del 5 ottobre porta le perdite definitive. Le solenni onoranze funebri alle vittime, ebbero luogo a Cùrzola (U.S.-S.M.E. - Busta 1268 - Comando VI corpo d'armata - Diario storico - P. M. 86, 7 ottobre 1942). (437) A.C.S. - Presidenza Consiglio dei ministri - Anni 1941-1943 - Posizione 1.1.13 Busta 16452 - Fascicolo 31/1 - (Telegramma n. 76/06037 - Da governo della Dalmazia - A firma Giuseppe BASTIANINI - Per Presidenza Consiglio dei ministri · Per ministero dell'interno - Zara, 3 ottobre 1942). (438) U.S.-S.M.E. - Busta 857 - Comando divisione 'Zara' - (Diario storico. P .M. 141, 29 settembre 1942). (439) U.S.-S.M.E. - Busta 857 - Comando divisione 'Zara' - (Diario storico. P .M. 141, 28 settembre 1942).
Documenti - Allegati al capitolo IV
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(440) Vedi n. 438. (441) Vedi n. 437. (442) Ibidem - Sulla organizzazione dei comunisti, vedi anche: U.S.-S.M.E. - Busta 1048/F - Stato Maggiore Esercito - (Foglio n. lS/2765 - Oggetto: Attività comunista in Dalmazia - Firmato il Vice Ispettore Generale O. BARREL - A Stato Maggiore Esercito - P .M. 9,30 luglio 1942). VEDI DOCUMENTO N. 9 ALLEGATO AL PRESENTE CAPffOLO. (443) Ibidem. (444) U.S.-S.M.M. - Bus~a n. 45 - Fascicolo I - Comando Maridalmazia - (Diario storico - Spalato, 5 ottobre 1942). La Marina fissa l'ora dell'attacco alle ore 9, mentre nei documenti dell'Esercito sono I indicate le ore 10,15 o le 10,20. - Carte dottor Manlio CACE - Brogliaccio - Annotazione - Sebenico, 5 ottobre 1942. - U.S.-S.M.E. - Busta 1442 - Comando Supremo - (Diario storico - Scacchiere Mediterraneo - P.M. 21, 5 ottobre 1942). - U.S.-S.M.E. - Busta 1222- Comando Supersloda - (Diario storico - P.M . IO, 6 ottobre 1942). (445) U .S.-S.M.M. - Busta n. 45 - Fascicolo I - Comando Maridalmazia - (Diario storico - Spalato, 8 ottbre 1942). - U.S.-S.M.E. - Busta 881 - Comando XVIII Corpo d'armata - (Diario storico - P .M. 118, 8 ottobre 1942). - U .S.-S.M.E. - Busta 1222 - Comando Supersloda - (Diario storico - P .M. IO, 9 ottobre 1942). (446) U.S.-S.M.M. - Busta n. 45 - Fascicolo l - Comando Maridalmazia - (Diario storico - Spalato, IO ottobre 1942). (447) A.C.S. ¡_ Microfilm n. 64 - Serie T. 821 - Fotogrammi 579-586 - (Foglio senza n. di prot. - Segreto - Oggetto: Situazione in Dalmazia - Dal Governatore della Dalmazia - A Presidenza del Consiglio dei ministri - Al ministero dell'interno - Zara, 11 ottobre 1942). (448) Ibidem. (449) Ibidem. (450) Ibidem. (451) Ibidem. (452) Ibidem. (453) Ibidem. (454) Ibidem. (4$5) A.C.S. - Presidenza Consiglio dei ministri - Anni 1941-1943 - Posizione 1.1.13 Busta 16452 - Sottofascicolo 31/l - (Telegramma n. 8172/06244/Ris. - Dal Governatore della Dalmazia - A Presidenza Consiglio dei ministri - Zara, 15 ottobre 1942). VEDI DOCUMENTO N. IO ALLEGATO AL PRESENTE CAPITOLO.
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Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942) (456) Ibidem.
- U.S.-S.M.E. - Busta 772 - Comando XVIII corpo d'armata - (Notiziario - Paragrafo: «Sebenico» - P.M. 118, 10 ottobre 1942). li Notiziario riporta: «Dal[. . .] 29 settembre al giorno 8 ottobre, 80 operai dello stabilimento di Losovac {Losovazzo/ non si sono presentati al lavoro, ritiensi per unirsi ai partigiani».
(457) Vedi n. 455. (458) A.C.S. - Microfilm n. 64 - Serie T. 821 - Fotogramma 570 - (Telescritto n. 3397/G.M. - Da Governatore della Dalmazia -A Comando Supersloda - Zara, ore 20.50, 15 ottobre 1942). (459) U.S.-S.M.E. - Busta 996 - Comando XVIII Corpo d'armata - (Riassunto situazione alla fine del mese di ottobre - Paragrafo: «Dalmazia annesa» - P .M. l 18, 4 novembre 1942). (460) A.C.S. - Microfilm n. 64 - Serie T. 821 - Fotogrammi 577-578 - (Foglio n. 20774 di prot. - Segreto - Oggetto: Situazione in Dalmazia - Attività operativa della 2° Armata Da Comando Supersloda - A firma generae Mario RoATTA - Per il Comando Supremo - Da consegnarsi a mano - A mezzo ufficiale - P.M. 10, 17 ottobre 1942). · Al punto 6), Roatta scrive: «Restituisco l'originale del 'promemoria' del Governatore della Dalmazia, con le annotazioni richiestemi». (461) Ibidem. · (462) Ibidem. (463) Ibidem. (464) Ibidem.
(465) A.C.S. - Microfilm n. 64 - Serie T. 821 - Fotogrammi 583-586 - (Foglio senza n. di prot. - Oggetto: Annotazioni alla lettera del Governatore della Dalmazia in data I I I 10/1942 - Foglio intestato: Ufficio Informazioni - Non firmato - Senza data). (466) Ibidem - Punto 1. (467) Ibidem - Punto 2 e 3. (468) Ibidem - Punto 4. (469) Ibidem - Punto 5. (470) Ibidem - Punto 6. (47 l) Ibidem - Punto 7. (472) U.S.-S.M.E. - Busta 857 - Comando divisione 'Zara' - (Foglio n. 245/1 di prot. Oggetto: Relazione Periodica - Da comando fanteria divisionale 'Zara' - Settore di Spalato - A firma generale Francesco GtANGRtECO - Per comando divisione 'Zara' - P.M. 118, 14 ottobre 1942). (473) Vedi n. 128 - Punto 8. (474) Ibidem - Punto 9.
Documenti · Allegati al capitolo IV
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(475) U.S.-S.M.E. • Busta 1442 - Comando Supremo - (Diario storico - P.M. 21, 16 o ttobre 1942). (476) Ibidem· Paragrafo: «Direttive ed ordini impartiti». (477) A.C.S. · Microfilm n. 64 - Serie T . 821 - Fotogramma 563 - (Telescritto n. 20814 Da comando Supersloda - Per comando XVIII Corpo d' armata - P.M. 10, 18 ottobre 1942). Ritrasmette per conoscenza il telescritto n. 20697 inviato al Governo della Dalmazia, il 17 ottobre 1942. (478) Ibidem. (479) .Jn merito ai 2.000 complementi da inviare alla divisione ' Zara', co me CAVALLERO aveva assicurato a MussoLINI, nel diario storico della divisione, a tutto dicembre 1942, non è riportato alcun arrivo. Il generale Mario ROATIA, chiosava a margine la lettera inviata dal colonnello Eugenio MORRA (capo del Gab inetto militare di Bastianini) al generale Clemente PRIMIERI, (che aveva sostituito il generale Ettore DE BLASIO nell'incarico di capo di Stato Maggiore di Supersloda, il 28 ottobre 1942), là dove diceva: <<Il Comando Supremo ha assicurato essere sua intenzione che la Divisione 'Zara' sia messa in piena efficienza e di aver già disposto l'invio di tremila complemenii», con le seguenti parole: «Per ora sono 1500 reclute, non ancora armate».
DOCUMENTI ALLEGATI AL CAPITOLO IV
'·
Documenti - Allegati al capitolo IV
681 DOCUMENTO
N. I
COMANDO SUPERIORE FF.AA. 'SLOVENIA-DALMAZIA' (2' ARMATA)
Prot. 18200 - Operazioni
P.M. 10, lì 31 agosto 1942-XX
AL COMANDO SUPREMO POSTA MILITARE 21
OGGETTO:
Convegno di Ragusa.
Ha avuto luogo il 27 corrente, in forma privata. Partecipanti, oltre al sottoscritto: Ministro Esteri (in funzione Ministro interni, indisponibile) Dott. Vrancié (ex-Commissario Generale presso 'Supersloda' ed ora Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio) Dott. Rl:lsinovié (attuale Commissario Generale presso 'Supersloda') Colonnello ustascia Servatzy (Comandante della Milizia ustascia territoriale). Oltre a questioni di dettaglio, vennero trattate le seguenti: 1°) Milizia ustascia Territoriale
Si convenne (in base agli accordi generici già presi col Poglavnik nell' ultima mia visita a Zagabria) di costituire 36 compagnie di detta milizia, da impiegare anche come reparti mobili, eventualmente riunite in battaglioni, ai nostri ordini. La parte croata richiede per ogni compagnia la cessione di: 250 fucili, con baionetta; 20 pistole automatiche, con caricatori di riserva; I6F.M.; 4 mtr. pesanti; 4 mortai da 45; munizioni corrispondenti, più bombe a mano; buffetterie;
Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942)
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borracce; gavette; elmetti; teli da tenda; cucine da campo (casse di cottura).
Non disponendo delle armi, ecc., in parola, giro la richiesta a codesto C.S. non senza aggiungere che una rapida costituzione dei reparti in questione sarebbe molto utile. 2°) Consegna degli ebrei La parte croata, essendosi impegnata col Governo del Reich a cedergli gli ebrei della Croazia, chiedeva se non fosse possibile consegnare (in vista di detta ulteriore cessione) gli ebrei esistenti o rifugiatisi nella zona da noi occupata. Ho risposto che la faccenda non è di mia pertinenza, ma bensì di competenza delle.autorità centrali. Ho soggiunto che - sino ad ordini in contrario - non avrei consegnato gente che - a prescindere da qualsiasi nostra dichiarazione in proposito - si trova virtualmente sotto la nostra protezione. 3°) Capi e bande 'cetniche' La parte croata ha fatto presente il pericolo che dette bande, e specialmente i loro capi, man niano che si esaurisca la lotta contro i partigiani (caso attuale della Erzegovina), accentuino la [oro fisionomia serba, anticroata ed - intimamente - magari anti-italiana. Ho risposto che detto pericolo è noto, che le bande in parola sono attivamente sorvegliate, e che si è già iniziato il reclutamento di bande non 'cetniche', ossia cattoliche, mussulmane, o miste. La parte croata ha convenuto che non è ancora giunto il momento di lasciar cadere le bande ortodosse. 4 °) Alta Drina La parte croata, senza accennare ai recenti fatti di Foca (prova evidente che anch'essa era convinta che gli stessi erano stati provocati dagli eccessi degli ustascia), ha confermato la richiesta già fattami dal Po-
Documenti -Allegati al capitolo IV
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glavnik (vedi mio foglio n° 17300 del 20 agosto 1942) che il territorio dell'Alta Valle Drina, compreso fra la 'linea di demarcazione' ed il confine del Montenegro, VBegrad inclusa, sia compreso nella giurisdizione di questo Comando. IL GENERALE
Comandante Designato d'Armata (Mario ROATIA)
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Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942) DOCUMENTO
N. 2
COMANDO DELLA DIVISIONE DI FANTERIA 'SASSARI' UFFICIO M.V.A.C.
P rot. N. 4/M.V.A.C.
P.M. 86, 13 settembre 1942-XX
AL COMANDO SETTORE DI AL COMANDO SETTORE DI AL COMANDO SETTORE DI AL COMANDO PRESIDIO DI AL COMANDO PRESIDIO DI AL COMANDO PRESIDIO DI AL COMANDO PRESIDIO DI AL TEN. COL. SABRE AL COLONNELLO JOVOVIé
TENÌN GRACAC DRNIS ZRMANJA STRMICA BOS. GRAHOVO VERLIKA
e per conoscenza: AL COMANDO PIAZZA DI TENÌN AL COMANDO 157° RGT. FTR. T.M. AL COMANDO 34° RGT. ARTIGLIERIA 'SASSARI' AL COMANDO GENIO DIVISIONALE AL CAPO UFFICIO DI COMMISSARIATO DIVISIONALE AL COMANDO CC.RR. DIVISIONALE
OGGErro:
M. v .A.e.
I. ORIENTAMENTI l) Per la missione di ordine e di sicurezza che siamo chiamati a compiere in Croazia è utile perfezionare l'organizzazione della M. V.A.C. e darle ulteriore sviluppo. All'uopo nel territorio della Divisione 'Sassari' valgono le norme che seguono e che abrogano tutte quelle precedentemente diramate. 2) Tenuto conto delle esigenze locali e dei desideri delle popolazioni, si procederà alla costituzione di due categorie di reparti: (A) reparti con compiti eguali a quelli assegnati alle nostre truppe; (B) reparti che avranno quale compito normale la difesa di centri abi-
Documenti - Allegati al capitolo I V
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tati e dei villaggi e che saranno composti di elementi che hanno nelle località le loro case ed i loro beni. 3) Mediante l'esistenza delle suddette formazioni, dovrà crearsi intorno
alla nostra occupazione una zona di sicurezza e di osservazione, che ci tenga al corrente delle intenzioni e dei movimenti avversari e che arresti o rallenti la eventuale penetrazione dei ribelli, sia con difesa in posto, sia con azioni controffensive. Questo a prescindere dalle operazioni offensive, nelle quali saranno impiegati i reparti del tipo 'A' .
•
4)
Le formazioni M.V.A.C. rendono quando sono scelte e sicure. Pertanto non si deve ricercare la quantità, ma si deve selezionare la qualità, procedendo alla scelta di elementi animati dalla idea di libertà, arditi, disposti a sottostare alla necessaria disciplina. Dato che lo scopo cui miriamo è unicamente quello della lotta anticomunista, non occorre fare distinzione sulla tendenza religiosa degli iscritti, ma reclutare cattolici, ortodossi e mussulmani purché risoluti a cooperare alla lotta contro i ribelli. Una sola deve essere I.a formula ideale e materiale: «Lotta contro i partigiani, per ricondurre la regione alla calma ed al lavoro fecondo».
Il. ORDINAMENTO
a) Vengono costituite le seguenti formazioni: di cetnici Gracac e Krupa
capo Todor Stanislavljevié (Ciovara)
Zrmanja
capo Duro Marié
Strmica (Pactene-Topolje)
pope Momcilo Djujié capo Vlade Novakovié (per Padene) capo Nikola Berié (per Topolje) capo Branko Bogunovié capo Nikanor Kalik
Bos. Grahovo Kosovo
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Dalmazia - Una cronaca per fa storia (1942)
di croati a Tenìn a Oklaj
a Drnis
Si appoggerà al btg. dell'esercito croato di stanza a Tenìn: Si appoggerà alle truppe croate colà di stanza ed alla 73a Legione CC.NN.; Si appoggerà alla 73 a Legione CC.NN ..
b) Ognuna delle predette formazioni verrà gradualmente costituita da:
un btg . tipo 'A' (di manovra) un btg. tipo 'B' (per difesa paesana). e) Inquadramento.
Le formazioni saranno inquadrate: dai loro capi locali da ufficiali dell'ex-esercito jugoslavo (ortodossi o cattolici) da sottufficiali dell'ex-esercito jugoslavo o tratti dai migliori elementi reclutat.i. Ogni formazione sarà sotto la sorveglianza e la direzione del comandante del settore italiano competente per territorio. Inoltre ad ogni formazione verranno addetti due ufficiali di collegamento con gli incarichi di: curare la costituzione delle formazioni secondo le presenti direttive; sorvegliare l'addestramento e orientarlo secondo le vedute italiane; sorvegliare la disciplina e le tendenze onde tenere informato questo comando. Ufficiale addetto al comando di Divisione capo degli ufficiali di collegamento e custode del pensiero e delle finalità di questo comando è il Ten. Col. Sabre. Gli ufficiali di collegamento presso le formazioni dipenderanno da lui. Egli avrà i più ampi compiti ispettivi e direttivi in tutto quaPto riguarda le formazioni M.V.A.C. Organo di collegamento tra formazioni ortodosse e questo comando è il colonnello Jovovié Mirko. d) Gli ufficiali anzidetti, sia italiani sia ex-jugoslavi o croati, si cureranno per le rispettive formazioni tanto del btg. tipo 'A', quanto del btg. tipo 'B', ma concorreranno all'inquadramento dei btg. tipo 'A' che seguiranno nei suoi movimenti.
Documenti ·A/legati al capitolo IV
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e) Ogni battaglione dovrà avere un comandante e un vice-comandante responsabili. Gli ufficiali per ogni formazione oggi disponibili risultano dall'allegato 7. I restanti verranno richiesti al comando di Corpo d'Armata.
f)
III. DIPENDENZE 1) I reparti del tipo 'A' saranno;assegnati a reggimenti o battaglioni italiani; ne faranno parte integrante e ne vivranno la stessa vita. 2) Reparti del tipo 'B': dipenderanno dal presidio italiano più vicino. I
IV. ARMAMENTO Sarà attuato da questo comando, sfruttando le armi esistenti in posto e richiedendone altre. Riserva di disposizioni circa l'armamento dei btg .. Verranno date: -
armi di P .B. francesi
-
armi di tipi ~taliani
-
armi di tipo jugoslavo
Queste ultime (esistenti sul posto) dovranno di massima essere riservate ai reparti del tipo 'B'. Le armi e munizioni verranno distribuite ai comandanti di reparto, che ne risponderanno. Per le armi già distribuite, regolarizzare le ricevute. Là dove i reparti siano nei nostri presìdi, le armi non dovranno esser lasciate in distribuzione, ma mantenute normalmente in un locale guardato da nostre truppe. li munizionamento in distribuzione dovrà esser limitato a 25 colpi a persona. Le restanti munizioni saranno tenute presso il comando di settore e di presidio. V. UNIFORME
1) È necessario che le formazioni abbiano quel minimo di oggetti di uni forme che serva a distinguerle. Precisamente: tanto per i btg. 'A' quanto per i btg. 'B': -
un bracciale azzurro (allegato 4) identico per tutti, recante il bollo ad
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Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942)
umido del Comando Divisione ed il nome del capo e della località di costituzione della formazione. Sarà portato sul braccio sinistro. Per i reparti tipo 'B' : un copricapo che potrà variare da reparto a reparto per le formazioni del tipo 'B' (es.: calotta dalmata o bosniaca, ecc.). Detto copricapo dovrà essere eguale per tutti i reparti. Per i reparti tipo 'A': verranno gradualmente fornite le divise dietro richiesta al comando C.A. 2) Le divise del tipo jugoslavo già indossate da vari elementi della M.V.A.C. dovranno essere completamente sguarnite di fregi e di mostrine che possano richiamare le antiche caratteristiche e che lo Stato italiano non può tollerare per riguardo all'amico Stato Croato. 3) Sul copricapo saranno apposti: il numero del battaglione (in cifre romane) ed un fregio (come da allegato 5). I distintivi di carica, identici per tutti, saranno apposti sulla parte sinistra del copricapo e sul bracciale (vedi allegato 6). 4) In caso di necessità ai reparti tipo 'A' potranno essere distribuiti oggetti di corredo nostri, limitatamente a biancheria, scarpe, fascie gambiere, teli da tenda, coperte ed oggetti d'equipaggiamento {ad esclusione quindi di oggetti di uniforme vera e propria). VI. ORGANICI DEI REPARTI Reparti del tipo 'A':
battaglioni: su 4 compagnie di non meno di 120 uomini ciascuna; compagnie: su 3 plotoni di almeno 40 uomini. Reparti del tipo 'B': forza che si approssimi a quella sopra indicata. I battaglioni di tipo 'A' si chiameranno btg. di manovra ed avranno un numero che verrà comunicato in seguito. I battaglioni tipo 'B' si chiameranno btg. paesani e si distingueranno col nome della località nella quale normalmente risiedono. VII. ALLOGGIAMENTI
In quanto possibile, a stretto contatto e nelle immediate vicinanze delle nostre truppe.
Documenti -Allegati al capitolo IV
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VIII. DISCIPLINA
Riserva di comunicare le norme che verranno sancite d'accordo coi capi. IX. VETTOVAGLIAMENTO E SOLDO Assegni e soldo corrisposti a partire dal I O settembre e.a.; ai comandanti di battaglione saranno corrisposti gli assegni stabiliti per i capi-gruppo di formazioni; ai comandanti di compagnia e di plotone (questi ultimi nel caso siano ex-ufficiali) quelli stabiliti per i comandanti delle singole formazioni. I
Gli attuali capi cetn.ici saranno considerati comandanti di btg. 'a disposizione' e verranno loro corrisposti gli assegni stabiliti per i comandanti di battaglione effettivi. I compensi da corrispondersi risultano dall'allegato I. X. ASSISTENZA SANITARIA
In caso di ferite o malattie contratte in servizio, gli appartenenti alle formazioni M.V.A.C. saranno ricoverati e curati nelle nostre formazioni sanitarie. Xl. NORME PER LA COSTITUZIONE
a) Verrà costituito un centro di reclutamento e addestramento a Knin con diramazioni a Drnis - Strmica - Gracac - Vrlika - Zrmanja e Bos. Grahovo. Dipenderà dal Ten. Col. Sabre. Per la parte esecutiva ne dipenderanno gli ufficiali stessi di collegamento di cui alla lettera c) tit. II, i quali avranno i compiti della costituzione presso il centro e presso le diramazioni. Si varranno all'uopo di tutti gli elementi che troveranno sul posto, sia appartenenti alle formazioni sia autorità locali e aderenti al movimento anticomunista. I comandi italiani di settore e di presidio aderiranno alle richieste ed aiuteranno in ogni modo. b) Presso il centro e le diramazioni le formazioni dovranno essere reclutate, documentate, riunite, vestite, armate ed istruite. Rimarranno presso il centro e le diramazioni fino a quando questo Comando disporrà per altra dislocazione.
690
c)
Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942)
I documenti ai quali i predetti ufficiali dovranno provvedere dovranno rispondere alle seguenti finalità: assegnazione di un numero di ruolo ai reclutati (compresi i prescelti tra gli attuali iscritti) secondo allegato n. 2; registrazione su un ruolino per btg.. Ruolino unico per ogni btg. (1 copia del ruolino al centro e 1 copia al btg.); tessera con fotografia (allegato 3), numero di ruolo, btg. di appartenenza e dati caratteristici per ogni reclutato (I tessera tenuta al centro e 1 data all'individuo). Senza la tessera non si è arruolati. Essa è il documento giustificativo. L'armato privo di tessera sarà considerato ribelle. giornale di contabilità per la parte amministrativa.
d) Le rimanenti operazioni di costituzione alle quali i predetti ufficiali dovranno provvedere sotto la propria responsabilità: vestizione o applicazione del bracciale e dei distintivi; armamento e munizionamento; parte amministrativa (viveri-alloggio-paghe); formazioni organiche, inquadramento, dipendenze; addestramento; parte disciplinare; sorvegliare, consigliare, sentire gli umori, tenere al corrente questo comando (tramite ten. col. Sabre), i comandanti di settore e di presidio; tenere la corrispondenza d'ufficio. XI. INIZIO IMMEDIATO Le formazioni si intendono costituite dal 1° settembre. Costituzione graduale ma rapida quanto è possibile. IL GENERALE COMANDANTE LA DIVISIONE (Paolo BERARDI)
Documenti - Allegati al capitolo IV
691
ALLEGATO
1
COMPENSI E VIVERI ALLA M .V.A.C. a) Componenti delle unità d'impiego tipo 'A' (Battaglioni di manovra):
ai capi gruppi di formazioni kune 5260 mensili; ai comandanti delle singole formazioni kune 3682 mensili; .ti gregari kune 21 giornaliere; inoltre:
ai cap_i e comandanti delle singole formazioni: kune 105 per ogni effettiva giornata operativa;
I
a tutti: la razione viveri in contanti o in natura, per tutto il periodo di tempo in cui le formazioni saranno comunque impiegate per ordine del comando nel cui territorio di giurisdizione agiscono; b) Componenti delle formazioni locali tipo 'B' (Battaglioni paesani):
a ciascun componente: assegni e soldo e razione viveri per le sole effettive giornate operative più una somma premio da ripartirsi equamente fra gli interessati e da determinarsi di volta in volta in base all'efficacia dell'opera prestata. Gli assegni, il soldo, i premi ed i viveri in contanti di cui alle precedenti lettere a) e b) dovranno essere corrisposti in kune. Non è permesso corrispondere una parte degli assegni o del soldo in quantitativi di derrate alimentari perché non autorizzato dal Ministero della Guerra. Richieste fondi siano inoltrate a questo comando. c) A parte il soldo stabilito, potranno essere assegnati sussidi e premi straordinari a coma.ndanti, reparti, o gregari che più si distingueranno; d) potranno essere inoltrate proposte di elargizione, una volta tanto, a favore delle famiglie dei gregari caduti in combattimento e dei militi rimasti invalidi in seguito a ferite; e) di massima gli ufficiali e sottufficiali dovranno consumare i pasti alle corrispondenti mense italiane.
692
Dalmazia. Una cronaca per la storia (1942) ALLEGATO
ASSEGNAZIONE NUMERI DI RUOLO I numeri di ruolo saranno i seguenti:
da »
1 2001
})
4001
))
6001 8001 10001 14001 16001 18001
»
» ))
» )}
a »
2000 4000 )) 6000 )) 8000 » 10000 » 14000 )) 16000 » 18000 )) 20000
Grafac Zrmanja Padene Bos. Grahovo Strmica Knin Kosovo Drni~ Vrlika
2
Documenti· Allegati al capitolo IV
693 ALLEGATO
3
COMANDO (1) ........................ ..................... . P.M. 86, lì (2) .... .... .
SCHEDA PERSONALE DI (3) ......................... .. ............... ............. . . figlio di (4) ................ e di (5) ....... . ... . . ..... ...................................... . iscritto alla M.V.A.C. tipo (6) ................ di (7) .. . ................... . .......... . appartenente al btg. (8) ..... .. ..... ...... ....... . .......... .... ........... ..... ......... . . . no di ruolo . . . . . . . .. . . . . . . .. . religione .................................................... . È autorizzato a portare le armi: sempre - in caso di necessità (9)
DATI PERSONALI Altezza Capelli ... ......... ......... .......... ........... ........ ...... . . Occhi . .. ....... . .. .. .......... . ... .. ........... ........ ....... . .. Naso ............ .............. .................................. . Segni particolari ............ ........ .. ... ........ .. . .. . ...... . IL COMANDANTE (10) DEL ................... .............................. ........ . Firma ........................................................................................... .
Bollo tondo del Presidio o Settore
(i) Comando che rilascia la scheda
(2) Data del rilascio (3) Nome e cognome dell'iscritto (4) Padre (5) Madre (6) Tipo 'A' e 'B' (7) Indicare il paese (8) Indicare il numero del btg. per i soli del tipo 'A' (9) Se appartiene al tipo •A' cancellare «in caso di necessità»; se appaniene al tipo 'B' cancellare «sempre» (10) Comandante che rilascia la scheda.
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Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942)
ALLEGATO
4
Scudcuo metallico applicato sulla pane anteriore del copricapo. Il copricapo ( = kapica), simile a quello dei ragazzi addetti agli ascensori, aveva il bordo nero e la caloua rossa.
ALLEGATO
5
Bracciale che veniva portato sulla manica sin:sâ&#x20AC;˘.ra. Nel triangolo i distintivi di grndo. A sinistra il nome della localitĂ della banda, a destra quello del capo. Sul bracciale veniva apposto il timbro del comando di divisione.
695
Documenti - Allegati al capitolo IV
ALLEGATO
vice:
VICE:
C~PO Pt..OTONI!!:
~PO PLOTONE:
CAPO COMPAGNIR
C=c>
COM;,>AGNI~
CAPO B1::i7f-~Gl..l0ME:
VfC!fr CRPรง) t:,Afff:f~LfOlfI::
DISTINTIVI DI GRADO
6
696
Dalmazio - Uno cronaca per lo storia (/942)
ALLEGATO 7
ELENCO DEGLI UFFICIALI DELL'EX-ESERCITO JUGOSLAVO DISPONIBILI PER INQUADRAMENTO DEI REPARTI Gracac
capitano id. tenente s. tenente
VITAZ VIDAKOVIé DROBAé STANISLA VLJEVIé
Nikola Jefrem Bogdan Jovan
Zrmanja
capitano tenente s. tenente
SREMAC STANKOVIé VULié
Jovan Vojslav Ljubomir
Pagene
capitano tenente id. id.
PERISié BOZOVIé NEGRIJEVIé KUKALJ
Vojslav Zarko Milo! Nikola
tenente id.
CVETICANIN NIKOLié
Milan Dorde
capitano id. s. tenente id.
MLADENOVIé CURUVIJA ILié AMANOVIé
Zivadin Stevan Veliko Savo
Bos. Grahovo Kosovo
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Documenti - Allegati al capitolo IV DOCUMENTO
N. 3
MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI GAB. A .P. - CROAZIA
APPUNTO PER L'ECCELLENZA IL MINISTRO Indizi sempre più numerosi portano a ritenere che l'agitazione antitaliana in,Dalmazia e nei territori limitrofi sia più che altro dovuta a un opera di sobillazione proveniente da ambienti croati anche responsabili. Il Comando Supersloda, il Governatore Bastianini e il Generale Piéche stanno attentamente seguendo le fila di tale azione, che sembrano dover far capo al Ministro degli Esteri Lorkovié. Recentemente si è ottenuta la prova, da una lettera intercettata, di intese tra gruppi partigiani (comunisti) in Erzegovina e alcuni ufficiali dell'esercito croato, dirette all'annientamento di reparti cetnici da noi costituiti. L. PIETROMARCHI
Roma, lì 15 settembre 1942-XX.
Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942)
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DOCUMENTO
N. 4
COMANDO SUPERIORE FF.AA. SLOVENIA-DALMAZIA 2• ARMATA- UFFICIO OPERAZIONI
N. 16502 di prot. - Segreto
P.M. 10, Il 6 agosto 1942-XX
AL COMANDO DEL XVIII CORPO D'ARMATA P.M. 118 e per conoscenza: AL GOVERNATORATO DELLA DALMAZIA ZARA
0GGEITO:
Trasformazione del Comando 'Truppe Zara' in comando di Di-. visione.
Presi gli ordini superiori, ed in seguito ad accordi con il Governo della Dalmazia, comunico: 1) TI Comando delle 'Truppe Zara', in data da determinare, sarà trasformato in comando Divisione. 2) A tale data, il comando stesso, rimanendo alla dipendenza del Coman-
do del XVIII C.A., assumerà il settore corrispondente alle due provincie di Zara e Spalato (isole comprese). 3) La divisione in parola comprenderà organicamente:
i reparti delle attuali 'Truppe Zara' (trasformati, secondo quanto stabilirà lo S.M.R.E., in reparti mobili); i reparti organici e servizi che le verranno assegnati dallo S.M.R.E. 4) Dal comando della Divisione dipenderanno, dal punto di vista disciplinare e dell'impiego: a) i tre battaglioni mobili di CC.RR. (IX-XV-XVI) attualmente dislocati nelle due provincie suddette; b) i due battaglioni della R. Guardia di Finanza (IV-XI) attualmente dislocati nelle due provincie suddette;
Documenti - A /legati al capitolo IV
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c) i quattro battaglioni CC.NN. squadristi (VII-LXVIII-CXIICLXX) attualmente dislocati nelle due provincie suddette; d) i reparti delle medesime categorie che venissero successivamente assegnati alle provincie in parola; e) i reparti di altre divisioni che venissero assegnati a rinforzo; f)
i reparti di protezione alle ferrovie, di difesa costiera, e simili; situati nelle due provincie suddette;
g) le bande anticomuniste, mobili e territoriali, locali. (Dette .bande s,aranno reclutate dal Governo della Dalmazia con i particolari accorgimenti richiesti dalla speciale situazione politico-religiosa degli abitanti delle provincie dalmate) . Al loro vettovagliamento ed armamento provvederà il Comando della nuova divisione. 5) Compiti della nuova divisione: generale: provvedere, in solido con le rimanenti G.U. del XVIII C .A . alla difesa militare della antemurale croata e delle provincie in parola; particolare (da assolvere in stretto contatto con il Governatore della Dalmazia): provvedere al presidio ed alla difesa dell'O.P. nelle provincie suddette. 6) In conseguenza del compito generale di cui sopra, sono ammessi, in caso di necessità, a giudizio del comandante del XVIII C.A., movimenti di reparti dal settore della nuova divisione al territorio croato, e viceversa. (Nel primo caso, però, non possono essere allontanati dal territorio delle due provincie i reparti di cui alle lettere a), b), c), d) e g) del n. 4, senza consenso del Governo della Dalmazia). 7) In conseguenza del compito particolare di cui sopra (presidio delle due provincie e difesa dell'O.P .), il comando della nuova divisione, ed occorrendo - quello del XVIII C.A. provvederanno, nei limiti consentiti dalla situazione e dalla disponibilità di forze, a seconda delle neces- . sità prospettate dal Governo della Dalmazia. 8) Il servizio 'I' militare del Comando del XVIII .C.A. e particolarmente quello del Comando della nuova divisione, si manterranno in intimo contatto cogli organi corrispondenti delle autorità politiche (Governo della Dalmazia - Prefetture delle due provincie) in modo che le autorità politiche e militari siano perfettamente e sempre al corrente di tutte le notizie e situazioni: risultanti dal complesso degli organi in parola.
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Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942)
9) Al Gabinetto Militare del Governatore della Dalmazia resta affidato il compito del collegamento fra il Governatore, questo Comando ed i Comandi del XVIII C.A. e della nuova divisione. 10) Resta inteso che nel territorio delle due provincie in questione, rimarranno insediati, oltre al Comando del XVIII C.A. ed a quello della divisione 'Bergamo' (Spalato), anche quelle truppe e servizi che il Comando del XVIII C.A. o questo Comando riterranno necessario mantenervi dislocati, pur non facendo parte della nuova divisione. IL GENERALE COMANDANTE DESIGNATO D'ARMATA (Mario ROATTA)
Documenti -Allegati al capitolo IV
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DOCUMENTO
N. 5
STATO MAGGIORE R. ESERCITO Ufficio Ordinamento N. 0043010/2 di prot.
P.M. 9, 15 agosto 1942-XXI
Allegati n. l AL MINISTERO DELLA GUERRA Ispettorato Personale Ufficiali AL COMANDO SUPERIORE FF.AA. SLOVENIA-DALMAZIA AL COMANDO XVIII CORPO D'ARMATA AL COMANDO DELLA DIFESA TERRITORIALE DI BOLOGNA
ROMA
P.M. 10 P.M. 118
AL COMANDO DELLE TRUPPE PRESIDIO ZARA P.M. 141 AL REPARTO SEGRETERIA UFFICIALI PERSONALE DI STATO MAGGIORE SEDE ep.c. AL COMANDO SUPREMO AL MINISTERO DELLA GUERRA Gabinetto Direzione Superiore Direzione Generale - Ispet. ed enti auton.
ROMA
ROMA ALL'ISPETTORATO DELL'ARMA DI FANTERIA ALL'ISPETTORATO DELLE TRUPPE MOTOR. ROMA E CORRAZ. ROMA ALL'ISPETTORATO ARMA DEL GENIO ROMA ALL'ISPETTORATO ARMA D'ARTIGLIERIA ROMA AL COMANDO GENERALE ARMA DEI CC.RR. AI RIMANENTI COMANDI DI DIFESA LORO SEDI TERRITORIALE ALL'INTENDENTE COMANDO SUPERIORE P.M. 10 FF.AA. SLOV.-DAL. ALL'UFFICIO DEL SOTTOCAPO DI S.M. SEDE PER LE OPER. SEDE AL DIRETTORE SUPERIORE TRASPORTI SEDE AI RIMANENTI REPARTI ED UFFICI DI S.M.
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Dalmazia - Unu cronaca per la storia (1942)
0GGErro: Nuovo assetto organico di guerra delle truppe del presidio dì
Zara - Costituzione della divisione di fanteria «ZARA» (158 8 ).
Con le truppe del p~esidio di Zara, appositamente trasform~te ed integrate, sarà costituita, nel quadro dell'ordinamento di guerra e gradualmente, una divisione di fanteria su formazioni ed organici del tipo 1941XIX. Sede del comando di divisione: Zara. ln relazione a quanto sopra, saranno attuati, in primo tempo, i provvedimenti appresso indicati: I.
Scioglimento: sotto la data del I O settembre p. v. dei seguenti comandi: comando delle truppe del presidio di Zara; comando del fronte a terra; comando del fronte a mare; comando di artiglieria.
II.
Costituzione, sotto la stessa data dei sottonotati comandi: comando divisione fanteria «Zara» (158a): Stato Maggiore e quartier generale, con in meno ufficio sanità, ufficio commissariato, ufficio di ippica e veterinaria, una sezione mista CC.RR.; comando 291 ° reggimento fanteria; comando 292° reggimento fanteria; comando 158° reggimento artiglieria df.
III.
Vi provvede il comando delle truppe del presidio di Zara. Disposizioni a parte per la costituzione della Sezione mista CC.RR ..
IV.
Personale, (Ufficiali, sottufficiali e truppa): a) per il comando divisione: Ufficiali di Stato Maggiore: solo il capo di Stato Maggiore; assegnazione a cura del Reparto Segreteria di questo Stato Maggiore; rimanente personale: utilizzazione di quello appartenente al comando truppe Zara;
Documenti - Allegati al capitolo IV
703
b) per il comando 291 ° reggimento fanteria: utilizzazione del personale appartenente al comando del fronte a terra; c) per il comando 292° reggimento fanteria: comandante del reggimento: assegnazione a cura dell'Ispettorato personale ufficiali; rimamente personale: utilizzazione di quello appartenente al comando fronte mare; d) per il 158° reggimento artiglieria: utilizzazione del personale appartenente al comando artiglieria. V.
Dotazioni individuali e di reparto: quelle attualmente in distribuzione agli elementi da utilizzare per la costituzione dei comandi sopradetti.
VI.
Si sanzionano i seguenti provvedimenti organici già adottati dal comando truppe Zara: a) trasformazione dei battaglioni mitràglieri 'Diaz' , 'Cadorna', 'Rismondo' in battaglioni fucilieri, i quali conserveranno i rispettivi nominativi. b) costituzione di 2 battaglioni di 'formazione' (ciascuno su 3 cp.), mediante utilizzazione delle 6 cp. mitr. esistenti (4 da posizione e 2 del fronte a mare); c) costituzione di 2 cp. pezzi da 47 /32 di accompagnamento (ciascuna su 6 pezzi), mediante utilizzazione di materiali esistenti in posto; d) costituzione di 1 gruppo da 65/17 riunendo le btr. da 65/17, l8, za, 258a esistenti in posto.
VII.
Comando della fanteria divisionale: Alla costituenda divisione 'Zara' è assegnato il comando della fanteria divisionale costituito per la divisione «Emilia» a sensi del foglio di questo Stato Maggiore n. 0039460/3 in data 5 luglio u.s .. L'anzidetto comando, appena approntato, raggiungerà la sede di Zara. Riserva di disposizioni per la ricostituzione del comando della fanteria divisionale per la divisione 'Emilia'.
VIII. Tutti gli elementi costitutivi della divisione (eccettuati i reparti CC.RR.) conserveranno l'attuale centro di mobilitazione deposito misto truppe presidio Zara.
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Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942)
IX.
Fino a nuovo ordine i reparti conserveranno le attuali mostrine.
X.
Dallo specchio allegato risulta la formazione iniziale della divisione. Successivamente, in relazione alle disponibilità di personale, di dotazioni e di mezzi di trasporto, sarà provveduto alla costituzione degli elementi mancanti, all'assegnazione dei mezzi di trasporto dei reparti, al completamento degli organici. Per quanto riguarda in particolare i servizi, alla costituenda divisione è assegnato solo l'autoreparto di artiglieria esistente in posto, in luogo dell'autosezione mista prevista dalle formazioni. Per il resto la Grande Unità si appoggerà, fino a nuovo ordine, alla organizzazione logistica esistente nel territorio.
XI.
I sottonotati elementi delle truppe del presidio di Zara che non trovano posto nella formazione della divisione, sotto la data del I 0 settembre p. v. passeranno a far parte delle truppe suppletive del XVIII Corpo d'armata: compagnia meccanizzata: sarà assegnata quale 4a compagnia, al I btg. del 31 ° reggimento fanteria carrista; gruppo misto 'Fadini' (2 btr. cann. da 105/28 e I btr. cann. da 149/35); CIII gruppo artiglieria da 75/27 G.a.F. (btr. 9ga - 357• 358•); plotone chimico misto; plotone antincenti; stazioni fotoelettriche da 90 e da 75.
XII.
Dal 1° settembre p.v. il deposito misto truppe presidio di Zara dipenderà, per quanto ha tratto al suo funzionamento, direttamente dalla difesa territoriale di Bologna, tramite Zona militare di Ancona.
XIII. I provvedimenti di cui sopra formeranno oggetto di varianti all'I.M. IL SOTTOCAPO DI STATO MAGGIORE
INTENDENTE ROSSI
(Allegato omesso)
Documenti - Allegati al capitolo [V·
705 DOCUMENTO
N. 6
COMANDO DIVISIONE FANTERIA 'ZARA' (158•) UFFICIO DEL CAPO DI STATO MAGGIORE 1• SEZIONE
N. 01/500 di prot. Op. - Segreto
P.M. 141, 22 settembre 1942-XX
AL COMANDO FANTERIA DIVISIONALE 'ZARA' (Settore Spalato) AL COMANDO XVII BRIGATA COSTIERA AL COMANDO CC.RR. DALMAZIA • AL COMANDO 291° RGT. FANTERIA (Settore Sebenico) AL COMANDO 292° RGT. FANTERIA (Settore Zara) AL COMANDO 158° RGT. ARTIGLIERIA AL COMANDO R.G. FINANZA DELLA DALMAZIA AL COMANDO 156° RGT. T.M. AL COMANDO XXX BTG . GENIO e per conoscenza: AL COMANDO XVIII CORPO D'ARMATA Uff. Operazioni AL COMANDO ARTIGLIERIA DEL XVIII C. d'A. AL COMANDO GENIO DEL XVIII C. d' A. LORO SEDI
OGGETTO:
Nuova sistemazione della divisione; direttive operative.
ALLEGATI: Uno. I. -
COMPITO DELLA DIVISIONE
a) Generale: - provvedere in solido con le rimanenti G. U. del XVIII C. d' A. alla difesa militare della antemurale croata e delle provincie di Spalato e Zara. b) Particolare: - provvedere al presidio ed alla difesa dell'O.P. nelle provincie suddette.
Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942)
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La difesa militare va intesa nel senso di: impedire che nuclei diribelli penetrino dall'esterno nei territori annessi; eliminare i nuclei ribelli esistenti o formantisi in detti territori. La difesa normale dell'O.P. deve assicurare, con presìdi e con colonne mobili, il controllo di tutto il territorio per permettere la vita più normale possibile, e per tutelare la struttura politica e amministrativa in atto. La difesa contingente dell' O. P. è esplicata tenendo conto delle disposizioni in vigore nel territorio delle provincie di Zara e di Spalato. 11. - ·s ITUAZIONE Con le operazioni di rastrellamento testé ultimate mi sono confermato nell'idea che mi ero già fatto, e cioè che molti ribelli sono nella immaginazioae degli informatori, e che si tratta invece di nuclei di male intenzionati e nient'altro, che svolgono azione di brigantaggio, rapina e di saccheggio. Perciò la sicurezza del territorio deve considerarsi nei due aspetti: 1) necessità di solida difesa marginale alla frontiera per impedire l'infiltrazione ed il passaggio di formazioni ribelli; 2) necessità d'intensa attività informativa e di tempestiva e attiva azione di polizia per lo stroncamento immediato dei nuclei di ribelli che si aggirano nel territorio. Si tratta in sostanza - per ora - di mantenere l'ordine pubblico e di dare precisa sensazione alla popolazione della Dal!mazia della sicurezza, più che di svolgere vere e proprie operazioni belliche.
Ili. -
ORGANIZZAZIONE DELLA DIFESA
Pertanto la organizzazione difensiva del territorio della divisione va fatta con i seguenti criteri: l) presìdi di truppe ai nodi di comunicazioni, centri più importanti e lungo la linea di confine, costituiti in capisaldi comprendenti elementi statici, ridotti all'indispensabile, ed elementi mobili;
Documenti - Allegati al capitolo IV
707
2) fitta rete di stazioni CC.RR. e brigate della R.G. Finanza con la collaborazione di paesani armati ed aliquote di bande A.C. in ogni località di qualche_importanza, costituente l'intelaiatura della organizzazione informativa e repressiva sui nuclei di ribelli nell'interno del territorio; 3) elementi costituenti reparti di manovra nei centri più importanti a disposizione dei comandi di settore. Restano però ipotecati da questo comando le truppe di Zara e Bencovazzo.
*** In conseguenza l'assetto della divisione sarà quello riportato nello schizzo' al 200.000 allegato; assetto che dovrà essere raggiunto per il J 0 ottobre p. v. a cura dei comandanti di settore, di intesa con gli enti e comandi interessati. Riserva di ordini per la dislocazione del genio e dei servizi che, per ora, resta immutata.
IV -
1.
MODALITÀ
ELEMENTT Dl POLTZTA
A) CC.RR.
a) Organizzazione
Premesso che tutti i CC.RR., comunque esistenti nel territorio annesso, dipendono da questo comando, (esclusi quelli delle stazioni CC.RR. mobilitate) ivi compreso il XX btg. mobilitato, col solo vincolo·che non sia impiegato fuori della provincia di Spalato; ferma restando la dipendenza dei CC.RR. dalle autorità politiche per quanto ha tratto al servizio d'istituto, la loro organizzazione sarà attuata con i seguenti criteri:. a) costituire stazioni CC.RR. numericamente consistenti (non . meno di 25 o 30 uomini); b) ridurre al minimo nelle sedi di presidio militare la forza delle stazioni già in posto, per assicurare il normale servizio d'istituto; c) abolire molti servizi superflui e ridurre allo stretto indispensabile il personale per quelli nécessari; ciò vale specialmente per i maggiori centri urbani, dove si nota spreco di
708
Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942)
personale specializzato in servizi che spesso hanno soltanto valore decorativo; d) far coincidere, per quanto e dove possibile, la giurisdizione delle unità CC.RR. con quella dei settori e sottosettori; e) appoggiare le formazioni M.V.A.C. (paesani armati) alle stazioni CC.RR. del posto, che ne diventano elementi di-rettivi e ·di controllo, mentre tali formazioni integrano le stazioni quali elementi di forza e ancor più informativi; f)
tenere una esigua aliquota di CC.RR. di riserva.
b) Impiego
Compito dei CC.RR. è quello informativo e di polizia e pertanto non vanno impiegati come reparti combattenti, in operazioni in forze. Devono però muoversi, fare atto di presenza nei vari paesi e abitati e soprattutto intervenire decisamente e prontamente per reprimere qualsiasi azione di brigantaggio. c) Dipendenze
Le stazioni CC.RR., facenti parte integrale dell'organizzazione militare del territorio, fanno capo ai propri comandi {tenenza, compagnia, battaglione); questi - ferme restando le rispettive dipendenze d'arma - dipendono dai comandi di settore e sottosettore nel cui territorio sono dislocati, e con i quali collaborano in ogni campo, specie quello informativo. B) R.G. FINANZA'
Quanto sopra vale anche per la R.G. Finanza, il cui compito d'istituto, qui forzatamente ridotto, è in gran parte sostituito da quello informativo e di polizia. Essa però sarà essenzialmente impiegata nella difesa delle coste e delle isole.
**
*
Il comando CC.RR. ed il comando R.G. Finanza della Dalmazia, comunichino subito a questo comando e ai comandanti di settore la ripartizione delle forze dipendenti, e previe intese dirette con questi ultimi appianino ogni eventuale difficoltà. I comandanti di settore, sentito il parere dei comandi CC.RR. e R.G. Finanza dipendenti, potranno propormi eventuali modifiche alla organizzazione delle forze di polizia predette, in relazione alla situazione che verrà in seguito a verificarsi.
Documenti - Allegati al capitolo IV
2.
709
TRUPPE
a) Compito - Tranne le aliquote destinate ad assicurare il possesso materiale delle località presidiate, esse debbono essere impiegate per il controllo del territorio interposto tra i presìdi, e devono quin-
di essere mobili. Detto compito s i esplica; tenendo saldamente in nostro possesso i presìdi; man tenendo costante attività aggressiva, a mezzo di colonne mobili nell'interposto terreno; agendo - quando necessario - il J)iù possibile a massa ed in senso convergente, contro le formazioni ribelli. Le suddette modalìtà comportano: servizio informazioni attivissimo, oculatissimo e provvisto di larghi mezzi;
il saldo apprestamento difensivo di ogni presidio; la disponibilità di riserve mobilì in ogni settore, in ogni presidio per piccolo che sia , deve avere u n reparto pronto a muovere immediatamente.
È necessario perciò cambiare la mentalità: non più difesa statica, rinchiusi nelle ridotte, ma muoversi, percorrere il territorio, per
sapere, controllare, dare la sensazione che siamo ovunque presenti, piombare addosso tempestivamente agli eventuali nuclei ribelli che tentassero d i penetrare nel territorio o di sfuggire, impedire atti di brigantaggio, vandalici; evitare le vendette.
I comandanti di settore provvederanno: ad organizzare periodiche escursioni d i uno o più giorni delle truppe mobili, dei presìdi maggiori, con l'eventuale concorso di quelle degli altri presìdi interessati. Tale organizzazione è di competenza del comandante di settore; a far controllare con plotoni, eventualmente rinforzati da mitragliatrici, il terreno interposto fra le ridotte di frontiera e fra i presidi interni .
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Sulla base delle direttive dei comandanti di settore, tale organizzazione è di competenza dei comandanti di sottosettore; a far eseguire agguati e appostamenti diurni e notturni, fuori dei presidi e delle ridotte valendosi anche del concorso delle forze di polizia e delle bande A.C. Organizzazione questa pure di competenza dei comandanti di sottoseùore. Di conseguenza l'addestramento dei reparti dovrà mirare essenzialmente alla loro preparazione per l'assolvimento dei compiti anzidetti. 3.
PRESIDI
Quelli indicati nell'annessa carta al 200.000. Essi sono anche elemento di appoggio e primo rinforzo per le stazioni o brigate viciniori, con le quali si terranno in stretto contatto seguendone l'attività.
Per ogni nostro presidio dovrà essere aggiornato e compilato un progetto di difesa. Con esso deve essere disciplinato l'impiego di tutti i militari che, comunque presenti nel presidio, qualunque sia l'incarico normale ed il compito per cui vi si trovano dislocati (servizi, temporanea sosta, ecc.), devono considerarsi prima di tutto combattenti. Ciascuno deve avere un posto ed un compito di combattimento nel caso di attuazione del progetto di difesa, ed essere materialmente e moralmente preparato a prontamente inserirvisi. Nell'attuale situazione, e con la scarsezza di forze dei reparti di prima linea, non è ammissibile che presìdi i quali contano centinaia, e in qualche caso, migliaia di armati, non facciano assegnazione per la difesa su tutti indistintamente i militari presenti nel presidio stesso. Nel progetto di difesa dovranno essere previste le disposizioni per il caso di incursione aerea nemica e a tal proposito per ogni caserma e edificio militare sia predisposto un progetto di allarme in modo che ogni reparto, ogni militare sappia come comportarsi. Dovrà pure esser prevista, in caso di incursione aerea nemica, la costituzione di un reparto per l'eventuale impiego in servizio di O.P.
Documenti - Allegati al capitolo IV
4.
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SETTORI E SOTTOSETTOR!
Quelli risultanti dall'allegata carta al 200.000. Compiti dei comandanti di settori e sottosettori: a) esercitare con criterio unitario, il comando su tutti i reparti dislocati nel proprio territorio; b) svolgere l'attività di cui al capo IV, comma n. 2, ed intervenire tempestivamente per prevenire o reprimere atti ostili con le truppe mobili disponibili, senza pregiudizio della reazione immediata da •parte del presidio interessato; c) svolgere attività informativa sia a mezzo .di CC.RR., R.G. Finanza, M.V.A.C., sia a mezzo di informatori, sia infine attraverso il contatto frequente e diretto delle truppe mobili con le popolazioni. Riserva di ordini per la organizzazione del servizio informazioni.
V -
LAVORI
I lavori difensivi. dei presìdi devono avere il massimo incremento per essere completati prima dell'inverno, secondo le note disposizioni della circolare 3 C, tenendo presente altresì che: la sistemazione difensiva dei presìdi non mira ad uno scopo passivo, bensì ad uno scopo attivo ed offensivo, a quello cioè di permettere il mantenimento dei punti fermi (presìdi con il minimo di forze a profitto della consistenza dei reparti e riserve mobili); i lavori difensivi non debbono essere adeguati alla forza massima risiedente nel presidio, bensì a quella mirrima necessaria ('piano di difesa') per la difesa stessa. · Ne deriva che sui presìdi aventi una sistemazione difensiva troppo ampia, rispetto alle forze di cui sopra, si deve, senza demolire il già costruito, provvedere in modo che la difesa con le forze minime, possa essere assicurata a mezzo di alcuni caposaldi e di un 'ridotto centrale'. Per i presidi maggiori deve essere attuata una completa organizzazione difensiva più o meno esterna all'abitato, in modo da controllare tutti gli accessi e bloccarli, all'occorrenza.
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Nell'interno di questi presìdi, gli impianti ed edifici militari, devono avere una propria organizzazione difensiva ed un servizio di sicurezza proprio (V. progetto di difesa dei presìdi). Le stazioni CC.RR. e le brigate R.G. Finanza devono essere organizzate robustamente a difesa ed i lavori relativi dovranno essere subito iniziati con precedenza su gli altri; devono altresì essere decorosamente sistemate perché esse rappresentano nel paese l'Autorità Italiana. Le scorte di viveri e munizioni dei presìdi restano quelle prescritte con i fono n. 153 in data 11 corrente e n. 168 dell'8 corrente e dovranno essere completate al più presto. In particolare, le stazioni CC.RR. e le brigate R.G. Finanza, dovranno essere dotate di tre giornate di autonomia di acqua e viveri e di una scorta di munizioni adeguata alfa particolare loro situazione e dislocazione, secondo quanto stabiliranno i comandanti di settore, previa mia approvazione. Sia inoltre dato il maggior impulso a lavori relativi agli alloggiamenti invernali delle truppe e servizi, tenendo presente la necessità di attuare fin d'ora le predisposizioni relative alla difesa contro la malaria.
VI -
DIFESA COSTIERA E PRESIDIO ISOLE
Il comando della XVII brigata costiera, darà corso al più presto alla revisione della organizzazione difensiva costiera e delle isole, nel territorio della divisione, secondo gli ordini verbali da me impartiti.
VII -
M.V.A.C.
Ordini a parte per la costituzione di nuove bande e per il completamento di quelle già costituite. .
VIII -
MODALITÀ VARIE
a) La organizzazione prevista al comma IH dovrà essere attuata, ripeto, entro il 1 ° ottobre e.a. I comandanti di settore dispongano ed attuino le operazioni necessarie per assumere gradualmente tale organizzazione.
Documenti - Allegati al capitolo IV
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A movimenti ultimati mi trasmetteranno una breve e sintetica relazione dalla quale risulti: costituzione dei presìdi, loro forza, ed armamento; dislocazione delle unità mobili, forze, compiti, dipendenze; disposizioni di massima, relative all'impiego delle dipendenti forze, in relazione alla situazione contingente; eventuali proposte. b) I cbmandanti di settore inoltre mi trasmetteranno: al più presto, i progetti di difesa dei presìdi per quelli già esistenti, aggiornati; non oltre il 15 ottobre p.v. il progetto di difesa dei rimanenti presìdi; per il 15 ottobre p.v. lo stato dei lavori difensivi dei presìdi e quello dei lavori delle stazioni CC.RR. e brigate R .G. Finanza; per il 15 ottobre p.v. la situazione delle scorte dei presìdi e delle stazioni CC.RR. e brigate R.G. Finanza.
IX -
CONCLUSIONE
Il lavoro da compiere è enorme, complesso, non facile.
Lo so. Allo scopo però di far presto e bene, è necessario che i comandi interessati: scrivano poco, molto poco, risolvendo le questioni, per quanto possibile, con intese dirette e verbali fra i comandanti, non preoccupandosi di mettersi «a posto» con il foglio protocollato; scrivano soltanto in. un secondo tempo, a cose avviate, per sancire gli ordini dati, e le direttive impartite; vadano incontro, con ogni mezzo a propria disposizione e con cordiale spirito di cameratismo, alle necessità altrui senza preoccuparsi delle formalità burocratiche.
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L'essenziale è fare, onestamente, coscienziosamente, tenendo di mira il bene del proprio Paese: agiscano con larga iniziativa nell'ambito delle proprie attribuzioni, sapendosi assumere le responsabilità; mi rappresentino con franchezza in qualunque momento, le eventuali difficoltà, tenendo altresì presente che gradirò ogni proposta tendente a perfezionare la organizzazione della divisione. Gli scopi da raggiungere sono quelli di: dare un assetto organico, armoni~o e aderente alla situazione, alle numerose unità dislocate nel settore della divisione; di creare una mentalità consona alle esigenze del momento; di migliorare rapidamente la sicurezza nel territorio annesso. Confido nell'opera appassionata, coscienziosa e intelligente di tutti i comandanti e sono certo che in breve volgere di tempo la divisione 'Zara' e le truppe che con essa operano sapranno essere all'altezza del compito ad esse affidato. Segnare ricevuta. IL GENERALE COMANDANTE (Carlo VIALE) P.C.C. IL CAPO DI STATO MAGGIORE f.f. (Magg. Aldo SENATORE)
Documenti - Allegati al capitolo IV
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DOCUM ENTO
N. 7
COMANDO DELLA FANTERIA DIVISIONALE 'ZARA' COMANDO SETI"ORE SPALATO
N. 6/Pers./Ord. di prot.
P.M. 118, Il 16/9/1942-XX
(Rif. f 0 a. 07/71/l del 9 corrente)
AL COMANDO DELLA DIVISIONE FANTERIA 'ZARA' POSTA MILITARE 141
A seguito della relazione inviata con n. 4029/Per/3 di prot. del 6 core informo che.la situazione del Settore va facendosi sempre più delicata. Atti sporadici di sabotaggio commessi dai partigiani e già segnalati giornalmente, denotano che gli elementi avversari acquistano sempre maggiore baldanza, sicuri dell'impunità perché agiscono in pochi e di sorpresa, dove sanno di non trovare ostacoli, evidentemente informati dalla popolazione. Non escludo che al riacutizzarsi dell'attività dei nostri avversari in questo settore abbia contribuito il ritiro degli elementi attivi della Divisione 'Bergamo' che già vi si trovavano. Molti giovani passati ai partigiani - specie nella zona di Salona sarebbero disposti a rientrare se noi potessimo garantire loro e le famiglie dalle rappresaglie, cosa assai difficile per quelli che abitano in campagna e località non presidiate. Per coloro le cui famiglie si trovano nei nostri presìdi un buon allettamento sarebbe quello di garantire loro lavoro nell'antico territorio nazionale (Penisola e Isole). Cosa conveniente anche per noi dato lo scarseggiare della mano d'opera specie agricola. Fare che le autorità croate allettino i giovani pentiti di stare con i partigiani, con garanzie di lavoro in Croazia e specialmente a Zagabria. Si prospetta la possibilità di arruolare volontari per la costituzione di bande A.C. mobili e presidiarie. Occorrono disposizioni per propaganda. Il bando del Comando XVIII C.A. non ha dato i risultati desiderati. Una proroga della scadenza - di cui si vocifera - ritengo sarebbe dannosa al nostro prestigio, perché le popolazioni sono 'mitridatizzate' da questi bandi che si ripetono da tempo; se ne curano poco in generale. È, ovvio, che anche se un partigiano si presenterà dopo la scadenza, sarà bene accolto: è questa la migliore propaganda. A tale proposito, segnalo la preoccu-
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Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942)
pazione delle popolazioni ed il trattamento che noi cii proporremmo di fare a chi si presenta, non aderente alle promesse. Occorre ridurre al minimo indispensabile il tempo degli interrogatori e rimettere subito in libertà i rientrati. Le popolazioni rurali sono, in genere, disposte ad adattarsi alla nostra volontà; ma, per timore di reazione da parte dei ribelli o per legami familiari con alcuni di essi, si mantengono riservate o tengono contegno di connivenza con essi, soprattutto ove la nostra forza non può farsi sentire. L'elemento intellettuale è totalmente contrario a noi ed esercita sulla massa un discreto potere di attrazione alle idee antitaliane. IL GENERALE DI BRIGATA COMANDANTE (Francesco GIANGRIECO)
Documenti - Allegati al capitolo IV
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N. 8
GOVERNO DELLA DALMAZIA GABINETTO MILITARE
N. 2296/0.M. di prot.
Zara, 14 settembre 1942-XX
AL COMANDO SUPERIORE FF.AA. SLOVENIA-DALMAZIA P.M. 10
OGGETTO:
Situazione militare isola Mèleda.
L'Eccellenza il Prefetto di Spalato ha rappresentato come la situazione creatasi nell'isola di Mèlda è molto precaria, in quanto non esiste un presidio militare che possa validamente opporsi ai nuclei ribelli dell'isola e agli altri che in maggior forza potrebbero sbarcare dalle isole vicine. La forza attualmente esistente è costituita da 3 squadre finanzieri (30 uomini) adibiti esclusivamente al servizio di vigilanza costiera, e ad un nucleo di 15 cc.nn. che avrebbero il compito di mantenere l'ordine nell'interno dell'isola. Nel febbraio u.s. sull'isola vi fu un tentativo da parte di elementi comunisti di impiantarvi un centro di spionaggio ed in quell'occasione venne sequestrato dalla R.G.F. un sacco contenente oltre 3 milioni di valuta italiana e degli apparecchi radio-riceventi e trasmittenti di marca americana, sbarcati nottetempo sembra da un sottomarino nemico. Dato che non è escluso che i ribelli possano tentare qualche colpo di mano al quale le scarse forze attualmente di presidio dell'isola potrebbero non essere in grado di opporsi, vi è una certa apprensione nella popolazione dell'isola e l'Eccellenza il Governatore desidera ne sia informato codesto Comando con preghiera di esaminare la possibilità di provvedere all'invio a Mèleda di un reparto di truppa. IL CAPO DEL GABINETTO MILITARE (col. Eugenio MORRA)
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Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942) DOCUMENTO
N. 9
STATO MAGGIORE R. ESERCITO ISPETTORATO GENERALE DI POLIZIA PERISERVIZI DIGUERRA
N. IS. 2765/II.12.A di prot.
P.M. 9, I/ 30/V/I/J942-XX
ALLO STATO MAGGIORE R. ESERCITO Ufficio Operazioni I - S.l.E. SEDE OGGETTO:
Attività comunista in Dalmazia.
Allegati: uno . Si comunica per notizia: 1 -In un bivacco di ribelli in località Modrava (Aurana), è stata di recente rinvenuta, insieme ad altri documenti, la circolare che, tradotta in italiano, si allega in copia . . 2 -Essa contiene le direttive per la formazione nella Dalmazia sotto la guida del partito comunista, di un fronte unico antifascista diretto ad assorbire anche gli aderenti ai partiti borghesi preesistenti all'annessione della Dalmazia all'Italia, e detta inoltre norme per la costituzione di comitati e sottocomitati di azione. d'ordine · p. L'ISPETTORE GENERALE IL VICE ISPETTORE GENERALE F.to O. BARREL
ALLEGATO
Per ciò che riguarda l'istituzione dei N.0.0. (reparti nazionali liberatori) vediamo che voi ancora non comprendete giustamente tale problema, per quanto abbiate ricevuto la circolare C.K.K.P .H. n . 4 e due nostre lettere.
Documenti - Allegati al capitolo IV
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Non è esatto, compagni, che presso di voi formalmente non esistano i reparti N.0.0., e che di fatti esistono. Ciò è inesatto e profondamente inesatto. I gruppi di simpatizzanti che voi avete organizzato non sono la stessa cosa che i reparti N .0 .0 .. I gruppi di simpatizzanti sono organizzazioni semi-partito, attraverso le quali gli uomini passano la scuola e si preparano per il partito. I reparti N.0.0. sono organi combattivi subalterni del Fronte Unitario N.O. (Liberazione Nazionale) nella fase attuale della lotta, e dopo l'espulsione degli occupanti dalla nostra terra essi saranno gli organi del potere provvisorio popolare democratico. Dato che la nostra lotta è lotta • nazionale-liberatrice, reiigiosa e nazionale, esige una direzione (guida) unitaria che non consista in uno o più partiti politici, bensì in una direzione che sorgerà dalle disposizioni combattive delle masse. È bene che voi siate riusciti a raggruppare le masse intorno al nostro partito e che tali masse passino a noi come a comunisti, perché si sono convinte che tutti i dirigenti dei partiti borghesi hanno tradito la lotta nazionale, mentre unicamente il partito comunista è rimasto alla testa della lotta nazionale. Però tutti i dirigenti traditori dei partiti borghesi e tutti gli elementi reazionari internazionali oggi si collegano appoggiandosi all'occupante, fanno guerra ap~rta al movimento nazionale liberatore e, in primo luogo, al nostro partito, e si preparano per la presa del potere e per montare di nuovo sulla schiena del popolo. Questo oggi vedono già molti onesti appartenenti a partiti borghesi, e perciò passano dalla parte della lotta nazional-liberatrice e combattono, o sono pronti a combattere, a fianco dei comunisti per la liberazione nazionale.
Tali uomini non sono ancora comunisti, sebbene partitanti della lotta nazional-liberatrice, vale a dire del fronte unitario liberatore (J .N .O .F.). Non è però vero che tutti gli appartenenti ai partiti borghesi si siano avveduti del tradimento dei loro capi. Vi sono ancora molti che si illudono in un modo o in un altro. Ma per scuotere costoro dall'influsso dei loro capi traditori, bisogna tirarli fuori a mezzo di elementi più consci e più progrediti, che si siano già avveduti del tradimento dei capi. Appunto perciò è necessaria la istituzione dei N.0 .0. (reparti nazionali liberatori) e l'introduzione dei medesimi, accanto ai comunisti, di appartenenti a vari partiti borghesi, disillusi della politica traditrice dei loro capi. Intorno a tale N.0.0. deve raggrupparsi tutto il popolo nella lotta contro gli occupanti. I reparti N .0.0. sono politicamente indipendenti e non sono la tutela di un partito politico . Essi dirigono la organizzazione del fronte uni-
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Dalmazia· Una cronaca per la storia (1942)
tario nazional-liberatore. Le organizzazioni J .N .O.F. si istituiscono nelle imprese, per rami e per ceti. Ad esempio se nella fabbrica di alluminio vi sono onesti appartenenti dei cessati partiti H .R.S. (partito croato repubblicano) e H.S.S. (partito croato degli agricoltori) pronti a sostenere la lotta nazional-liberatrice, o che aiutano tale lotta in qualunque modo, di tali uomini e di nostri compagni, come pure cli operai o impiegati nazionalisti jugoslavi, uomini onesti e disposti a collaborare sinceramente contro la volontà dei loro capi, di tali uomini bisogna formare comitati di azione nelle fabbriche. A mezzo di tali uomini sono reciprocamente collegati tutti i lavoratori ed il comitato di azione, rappresentante del fronte unitario dei lavoratori nella fabbrica degli impiegati. Nello stesso modo fra gli operai delle città si formeranno i sottocomitati per branche, e il comitato d'azione per lavoranti urbani si compone dei rappresentanti di tali sottocomitati per branche, e di un rappresentante per sottocomitato. Cosi pure si organizzano gli agricoltori per regioni, e dai sottocomitati regionali si formano i comitati di azione degli agricoltori nelle città. Gli impiegati statali formano i sottocomitati di azione entro le singole istituzioni ed enti e di tali sottocomitati viene formato il comitato d'azione degli impiegati. Nello stesso modo si organizzano i commercianti, gli artigiani e gli industriali, gli impiegati privati e le professioni libere (notai, avvocati, ingegneri, professori, insegnanti, magistrati, ecc.). Dai comitati di azione costituiti in tal modo vengono scelti (eletti) i rappresentanti del N.0.0 .. Una volta costituito, il N.0.0. rimane il foro supremo di tutti questi comitati e sottocomitati di azione inferiore, e tutti questi agiscono sotto le sue direttive. Il compito del N.0.0. è di dirigere la lotta popolare in tutti i sensi, e precisamente: agire per l'arruolamento tra i partigiani; raccogliere contributi per il fondo popolare-liberatore il quale aiuterà la lotta popolare-liberatrice in tutti i sensi; organizzare a mezzo dei comitati di azione nel popolo il boicottaggio di tutti gli spettacoli e feste italiane; invitare il popolo a non iscriversi nelle organizzazioni fasciste; boicottare tutti coloro che collaborano con gli italiani; ostacolare lo studio della lingua italiana e gli esami che vengono sostenuti e, in special riguardo gli impiegati dello Stato; organizzare si che nessuno sottoscriva il prestito di guerra; organizzare il boicottaggio del commercio italiano, ecc .. Insomma, il compito del N.0.0. è la direzione della lotta popolare in genere.
Documenti -Allegati al capirolo IV
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Il rapporto del nostro partito con il N .0.0. è il seguente: il partito è l'iniziatore dell' J.N.0.F. e del N.0.0.; i membri del partito sono quelli che creano tali comitati, essi devono essere i più attivi, ma in nessun luogo e mai essi devono ostentare «Noi siamo comunisti», oppure «Questa è direttiva del partito». Questo mai deve accadere. Però in altro modo essi devono internamente condurre in modo impercettibile la linea del partito. La nostra organizzazione del partito rimane nel suo totale, e quale è, l'attuale. Anche in avanti si devono ricevere membri del partito, organizzare gruppi di simpatizzanti, ed in genere tutto il lavoro deve funzionare come finora. Ma la méta del lavoro deve tendere alla creazione del!' J .N.O.F. e i N.0 .0 .. Tanto gli appartenenti al partito, quanto i simpatizzanti, tutti senza distinzione, devono lavorare per la creazione dei comitati e sottocomitati d'azione ed entrarvi. Ecco i rapporti tra il partito e i N .O.O .. I reparti di partigiani sono pure parte integrante del Fronte Popolare unitario; essi pure sono compresi nei N.0.0., ma essendo organizzazioni militari, la loro direzione è indipendente e i N.0.0. devono aiutare i reparti partigiani moralmente e materialmente. Tali sono la struttura dell'J.N.0.F. e i rapporti, entro di esso, tr~ il Partito, i N.0.0. e ·i reparti partigiani. Al lavoro per la realizzazione del!' J .N.O.F ..
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Dalmazia - Una cronaca per la storia (1942) DOCUMENTO
N. 10
IL GOVERNATORE DELLA DALMAZIA Telegramma
Zara, 15 ottobre 1942-XX
N. 8172/06244-Ris.
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
ROMA
Faccio seguito miei precedenti telegrammi e da ultimo mio rapporto 06192 per informare che attività partigiani si svolge ora a forma di intimidazione e minaccia nei riguardi maestranze stabilimenti industriali, imprese stradali, cantieri, ecc. In questi con manifestini aut precettazioni viene fatta ingiunzione ad operai abbandonare lavoro, comunque non cooperare con autorità aut enti italiani. Primo effetto tali pressioni intimidatorie è stato abbandono lavoro operai fabbrica alluminio Lossovazzo cominciato da 45 circa cui numero è salito ora a 100 circa. Oggi hanno abbandonato lavoro 150 operai impresa appalti lavori stradali tronco Scardona-Lossovazzo. Ritengo che continuando indisturbati azione ribelli tale senso varie imprese e stabilimenti industriali di cui molti sono dichiarati ausiliari con produzione destinata Fabbriguerra saranno costretti sospendere loro attività. Non è da escludersi che tale campagna da parte partigiani potrà obbligare chiusura stabilimenti di Spalato, 'Dalmatienne' di Sebenico. Continuo tenere informata autorità militare. BASTIANINI