STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO UFFICIO STORICO
FLAVIO RUSSO
LA DIFESA COSTIERA DEL REGNO DI SICILIA DAL XVI AL XIX SECOLO TOMOI
ROMA, 1994
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© By S.M E - Ufficio Storico - Roma 1994
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PRESENTAZIONE
L'ingegnere Flavio Russo, dopo aver illustrato l'organizzazione difensiva del Regno di Napoli e del Regno di Sardegna, con il presente volume prosegue l 'interessante esame della problematica costituita dalla difesa costiera dell'Iwlia. Anche quest'opera, al pari delle precedenti, è dedicata alla analisi storica della struttura d(fensiva di un'isola, la Sicilia appunto, e, pertanto, si contraddistingue per la specificità del problerna, argomento che si pone in. evidenza per la sua basilare importanza allorquando viene messo in rapporto con. la più generale problematica della difesa di un settore costiero di un territorio continentale. La peculiarità della difesa costiera della Sicilia, inoltre, viene ad essere notevobnen.te aumentata se si considera che nel periodo in esame, dal XVI al XIX secolo, l'isola si poneva all'attenzione del contesto geopolitico internazionale per la sua ricchezza di risorse umane e naturali, per la sua posizione strategica nel Mediterraneo e, quindi, per la possibilità di essere utilizzata per un efficace controllo delle rotte commerciali e delle vie di comunicazione marittime. Non è possibile infzne dimenticare che la Sicilia è sempre stata una terra di frontiera tra il mondo cristiano ed il mondo musulmano. L'opera, secondo uno stile ormai consolidato dell'autore, non solo illustra con rigore scientifico le peculiarità dell'organizzazione d(fensiva dell'isola ma, fornisce una sintesi storica degli eventi che ne hanno contraddistinto il trascorrere dei secoli in una forma avvincente e di assai piacevole lettura. All'ingegnere Russo il ringraziamento dell'Ufficio Storico per questa sua ulteriore fatica che porta alla ribalta una problematica destinata a non tramontare mai, legata all'importanza del fronte meridionale ed all'incontro tra due grandi realtà etico sociali ed economiche quali quelle 1el mondo islamico e di quello cristiano. IL CAPO UFFICIO (Col. a. s. SM Stefano ROMANO)
PARTE PRIMA Origini e formazione del sistema
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PREMESSA
Specifìcità della difesa costiera siciliana Il complesso apparato di strumenti atti vi e passivi posti lungo le marine di uno stato,finalizzati a renderne improba ad un eventuale attaccante la violazione, viene correntemente nella trattatistica militare definito d(fesa costiera È implicita nella specificazione l'essere questa relativa ad una frazione delle frontiere naz ionali, per l'appunto quella prosp iciente il mare, più o meno estesa, ma non l'unica. Considerando poi che la potenzialità offensiva contro la medesima, da intendersi e come assalto anfibio o come semplice incursione, non è stata mai ritenuta in età contemporanea2 tra le maggiormente temibili per le notevolissime difficoltà connesse alla dinamica operativa, ne consegue congruo il significato riduttivo e marginale accord atele. Allorquando però le coste rappresentano la totalità de i confini, ed è il caso di uno stato insulare - tipico per tutti la Gran Bretagna - l'accennato significato riduttivo scompare sostitui to per contro eia uno totalizzante. Qualunque attacco presumibile infatti, dall ' insid iosa razzia alla massiccia ondata cl i sbarco, deve necessari amente confrontarsi con quella, che assurge così a "difesa" per a ntonomasia. Questo libro segue nell'ordi ne quello inerente alla d ifesa costiera del Regno di Napoli3 e quindi del Regno d i Sardegna4: nel primo la presenza anche di una fro ntiera terrestre inficiava la predetta totalizzazione e nel secondo, pur trattandosi di un' isola, la scarsità di risorse e la insignificante consistenza demografica ne impedirono di fatto uno sviluppo adeguato. In entrambi i casi perciò non si sono potuti cogliere ed evidenziare i caratteri, massivi e precipui, che invece sbalzano immediatamente per il Regno di Sicilia5 . Relativamente alla Sardegna occon-e aggiungere addirittura che il suo apparato difensivo - come peraltro si sottolineò più volte nel corso dell'esposizione - pur nella sua evidente leggerezza<>, anelava principalmente ascritto non già ad una lodevole finali tà protettiva dei suoi ab itanti, ma alla preservazione dell'integrità territoriale del loro Regno "satellite" di Madrid, recepito quindi come antemurale dello stesso impero. Si trattò in definitiva di una impropria difesa costiera, assimilabile nei fatti a quella d i una fortezza e retta su di uno scoglio antistante una città portuale. 1
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Cfr. Enciclopedia Mili tare, alla voce " Coste" . Il discorso nei secoli passati invece era molto diverso per vari ordini di ragioni. Infatti il mare rappresentava la migliore via di comunicazione, priva cli pendenze e di limiti di carico, percorsa dai mezzi d i trasporto pi ù veloci in asso luto, a trazione non necessariamente animale e quind i liberi da vincolanti e costosi rifornimenti. Ciò la qualificava come la v ia invasiva ed incursiva per antonomasia almeno sino all'avvento di una efficace artiglieria. Sull'argomento Cfr. F. BRAUDEL, Le slruflure del quo1idic1110, Torino, 1982, pp. 390-398; ed ancora, U. FORTI, Sloria della Tecnica, Torino, 1974, voi. II, pp. 288-300; F. RUGE, La guerra sul mare 1939-45, Milano, 1970, pp. 4-22; E. BR AVETI,\, La grande guerra sul mare, Verona, 1925, pp. 17-45. :; Cfr. F. Russo, La difesa costiera del Regno di Napoli dal XVI al XIX secolo, Bari, 1989. 4 Cfr. F. Russo, La difesa costiera del Regno di Sardegna dal X VI ai XIX secolo, Bari, 1992. 5 A litolo di immediato raffronto per l'epoca in esame basti considerare che lo schie ramento difensivo sardo constava ùi tre piazzaforti ed una setlanlina di torri, difesa statica integrata sul mare per l'imercettazione ùa ùue galere. Quello sici.liano invece oltre ad un ven tina di piazze, alcune di notevo le mole, ed a poco meno di 200 to!Ti, possedeva una squadra di o ltre una decina di galere. In merito cfr. A. M ATTONE, Le istiluz.ioni militari, in Storia dei Sardi e della Sardegna, Milano, 1989, vo i. II, pp. 65103; ed anche S. MAZZARELLA e R. ZANCA, li libro delle Torri, Palermo, 1985, pp. 25-35. 6 È importante infatti per una coerente valutazione ricordare che negli stessi anni mentre una torre de l Regno cli Napoli costava all'incirca 800-1.000 ducati, ed una del Regno di Sicilia 200-400, quella del Regno dì Sardegna, nella stragrande maggioranza dei casi, soltanto 150. Circa poi la loro semplicità architettonica cfr. F. Foiso, Torri spagnole e forti piemontesi, Cagliari 198 1, parte prima . 1
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La difesa costiera del Regno di Sicilia dal XVI al XIX secolo
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1. Cartografia della Sicilia in epoca borbonica. B.N.Na, sez. Ms. 2. Cartografia della Sicilia in epoca borbonica.
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Premessa
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3. Cartografia della Sicilia in epoca borbonica. 4. Cartografia de lla S~cilia in epoca borbonica.
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La difesa costiera del Regno di Sicilia dal XVI al XIX secolo
Assolutamente diversa in materia la situazione ciel Regno cli Sicilia, tanto per scansione cronologica di opere e mezzi, quanto per la loro evidente ridondanza. Ad una ubicazione di "frontiera" non dissimile - anzi se mai peggiore - di quello sardo 7, univa una ricchezza di risorse materiali ed umane da renderlo, oltreché il perno strategico del Mediterraneo, un ambitissimo compenso per un diuturno contendere. Il suo possesso, infatti, se eia un lato garantiva il controllo pieno delle rotte trasversali e longitudinali, ovvero il dominio discrezionale ciel commercio con il nord-Africa ed il medio Oriente, dall 'altro per la sua acclarata feracità agricola, per la sua variegata disponibilità mineraria, per le sue consistenti risorse ittiche e, non ultima, per la sua estesissima buona stagione, lasciava prefigurare una floridezza esistenziale eccezionale. Purtroppo quelle straordinariamente propizie connotazioni si tramutarono per gli abitanti in altrettante calamità fatali. Basti per tutte sottolineare che persino il clima si ritorceva a loro danno in quanto, consentendo la navigazione militare persino durante l'inverno, privava l'isola della universale tregua8. Questa peculiarità del Regno di Sicilia lo pose da sempre, sotto il profilo difensivo, in prima posizione nello schieramento antislamico, obbligando ogni dinastia avvicendatasi al suo governo alla rielaborazione delle fortificazioni foranee, incombenza protrattasi peraltro anche dopo la scomparsa della "corsa'', fin quasi agli ultimi eventi bellici dei nostri giorni9. L'accennata estrema rilevanza strategica, come pure le menzionate attrattive, infatti non si attenuarono dalla dissoluzione dell'Impero Romano, tanto per i bizantini, quanto per gli arabi, per i normanni, per gli svevi, per gli angioini, per gli aragonesi, per gli spagnoli, per gli austriaci, per i piemontesi, per i napoletani ed infine per gli stessi italiani. Tutti , indistintamente, sebbene in maniera adeguata alla tecnologia del particolare momento ed alle loro disponibilità economiche, innalzarono fortificazioni costiere, o per lo meno aggiornarono quelle ereditate, evitando generalmente di smantellare persino quelle ormai giubilate. Questa curiosissima procedura trovava la sua ragion cl' essere nella intrinseca natura dell'offesa presunta, che proprio in quanto incursiva o più raramente invasiva, ben difficilmente avrebbe potuto applicarsi a sistematiche campagne ossidionali. La prassi razziatoria barbaresca, poi, evitava a priori ogni coinvolgimento contro le opere, finendo per restituire credibilità, e quindi deterrenza, pure alle scalcinate vestigia difensive medievali 10• Il particolarissimo andazzo ci ha posto perciò di fronte - caso alquanto raro e di notevole valore documentario - ad,un disparatissimo assortimento di fortificazioni costiere. Spesso molti manufatti fra loro spazialmente adiacenti, risultano intervallati cronologicamente di oltre sette secoli, e nonostante ciò è documentato che in contesti critici abbiano cooperato entrambi per lo stesso fine. Una emblematica esemplificazione dell'esposto potrebbe cogliersi presso il medievale castello di Brucali, aggiornato ovviamente nelle epoche successive: ai piedi delle sue antiche e corrose cortine, lambito e flagellato dalle identiche onde, si erge, senza una sensibile differenziazione cromatica, un corroso cemento armato di una grossa casamatta, sulla quale ancora spicca la dicitura rossa: Genio Militare-Opera n° . . . ! Impossibile allora, per quanto affermato, estrapolare il singolo manufatto dalle sue preesistenze limitrofe, assurte frequentemente a concatenazioni coev.e. L'estirpazione annienterebbe qualunque
7 Va tenuto costantemente presente che la Sici.lia dista dal nord-Africa appena 140 km, rotta percorsa dal naviglio corsaro delJ'epoca in meno di 10 ore, e nei casi più propizi in sole 5. 8 Circa il periodo di navigazione nel Mediterraneo cfr. F. Brauùel, Civiltà e imperi del Mediterraneo, Torino, 1976, pp. 902906; ed ancora J. MORDAL, Venticinque secoli di guerra sul mare, Torino, 1973; J. MERRIEN, La vita di bordo nel medioevo, Torino 1973, pp. 161-220. 9 È interessante ricordare al riguardo che il 13/4/1942 circa la fortificazione costiera così prescriveva lo Stato Maggiore R. Esercilo: " . . . Sicilia -Sardegna: sono possibili operazioni di sbarco anche in grande stile. In dette ·isole pertanto ci si dovrà preoccupare di creare innanzi tutto una organizzazione aua a stroncare sul nascere o quanwmeno a comenere sul Litorale ogni sbarco avversario in corrispondenza delle zone più importanti della regione .. . In dette z.one sarà prevista una organiz.z.az.ion.e completa, più o rneno consistente, con lavori adiacenti al mare ... . " da N. DELLA VOLPE, Difesa del territorio e protezione antiaerea (1915-1943), Roma, 1986, pp. 304-305. 10 Per i corsari infatti il problema non era quello di assaltare in maniera militare, ma quello cli catturare prede e beni in maniera piratesca, avvantaggiandosi quindi per la perfetta riuscita della sorpresa, del silenzio e dell'oscurilà. Sull'argomento cfr. P. GROSSE, Storia della pirateria, Firenze, 1962, pp. l l-89.
Premessa
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5. Brucoli (Sr): Caslello medievale e casamatta II Guerra Mondiale.
ricostruzione storica, privandola della indispensabile falsariga logica. Inevitabile quindi fornire almeno una griglia cronologico-dinastica, nel.la quale collocare le fasi salienti delle realizzazioni di fensive. Non è irrilevante, infine, sottolineare che forse proprio in virtù di una siffatta concezione, disomogenea ma indubbiamente funzionale, la Sicilia vantò sin dal Medioevo, e forse anche molto prima secondo diverse e qualificate fonti , una continuità semaforica perimetrica mediante i segnali ottici , a fuoco e fumo, dei suoi caposald.i forane.i 11• La designazione, che nel corso della trattazione incontreremo con frequenza, ce li ha tramandati comefani, dall'esplicito etimo greco 12, ulteriore conferma dell' esposto. Precisato ciò trattare della difesa costiera della Sicilia, anche solo relativamente al XVI secolo, epoca della sua massima necessità - neII'arnbito de)l'irnmane e plurisecolare confronto tra Impero Ottomano e Spagnolo - significa in pratica ripercorrere le tappe fondamentali della sua storia militare, ben oltre quindi una sempl ice esposizione inventariale cli manufatti eretti lungo le sue marine, snodantesi per circa 1.500 km. In ossequio a tale logica non ci si potrà esimere dal tracciare, in maniera ovviamente schematica, una panoramica delle vicende belliche che coinvolsero l'Isola ed i suo i apparati militari che presidiavano, o facevano capo, a quelle ridondanti strutture difensive, lungo quella delicatissima frontiera marittima.
11 Di siffatte torri semaforiche ne fa cenno persino Cicerone nelle sue invettive contro VeITe, accusandolo di aver provocato la perdita cli una squadra navale presso Capo Pachino per aver trascurato l' impiego dei segnali ouici. Di certo a partire dal 1324 ai tempi cli re Pietro vi eran o esplici ordini circa l'obbligo della segnalazione semaforica mediante fuoco e fumo in materia cli avvistamenti di naviglio. Qualche perplessità rimane sulla effettiva continuità perimetrica di tal i dispositivi, che similmente a quanto anche esistente all' epoca nel Regno cli Napoli erano per lo piL1 di allertarnenco zonale. 12 Fani erano chiamate le torri adibite ai segnali ottici a fuoco e fumo, come pure gli stessi segnali. Deriva dal verbo greco <jlCXtvffi dal quale deriva pure, cd è per noi di uso corrente, la parola fanale .
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La d(f'esa costiera del Regno di Sicilia dal XVI al XIX secolo
La conflittualità arabo-bizantina La menzionata ricostruzione storica, che andremo nelle pagine seguenti a scandire per grandi linee, ci prospetterà una sequela di operazioni navali, praticamente priva cli significative soluzioni cli continuità. Scontri tra flotte, s barchi, incursioni e blocchi marittimi, caratterizzeranno i torme11tati secoli che precedettero la costituzione in regno autonomo della Sicilia, ma non cesseranno affatto neanche dopo tale data. Rappresenteranno invece, con un avvicendamento meno vorticoso, il normale scenario esistenziale, funestando con uno stillicidio tragico il vivere civile della sua popolazione. A ben pensarci è la ovvia conseguenza di quanto innanzi affermato. Infatti se per un'isola la difesa costiera è quella per antonomasia, l'attacco dal mare è anch'esso l'introduzione bellica per antonomasia. Tuttavia al riguardo è indispensabile rimarcare irrunediatamente una basilare puntualizzazione, poiché se ancora oggi la cronaca - piì:t che la storia - ci ripropone ricorrenti esemplificazio ni cli azioni militari anfibie, da oltre un secolo e mezzo una grossa tipologia estrinsecativa, apparentemente simile, è ciel tutto scomparsa, pur contemplandosi fino a quel momento in un ambito cli riconosciuta liceità internazionale. Intendiamo parlare della guerra di corsa 13 • Tale particolare forma cli conflittualità navale, una s01ta di belligeranza di iniziativa privata e parallela, può ritenersi una antica costante mediterranea sulla cui attuazione non si ebbe mai una significativa disapprovazione, nè materiale nè morale. Gli stessi Cavalieri di Malta 14, come peraltro quelli di S . Stefano 15, possono a pieno titolo farsi rientrare in questa categoria cli combattenti. Pur restando i suoi precisi contorni molto discrezionali e spesso totalmente coincidenti con la pirateria, l'appartenenza cli simili avventurieri ad uno dei due blocchi ricordati li qualificava come corsari 16, con le intuibili differenziazioni giuridiche. È però per noi fondamentale aprire una significativa parentesi su lla genesi cli siffatta procedura bellica, scarsamente nota, a cominciare proprio dall'etimo di "corsa". La precarietà istituzionale che subentrò in Sicilia dopo lo sfaldamento dell'Impero Romano, si protrasse per alcuni secoli, sebbene permanesse almeno fo nnalmente la sudditanza dell 'is ola a Costantinopoli. L'avvento della marineria islamica, che meglio esamineremo in seguito, frantumò anche questa estrema parvenza di ordine, tramite una esasperante sequela di razzie ed incursioni. Che queste fossero la premessa di un'invasione, appariva allora poco credibile per la irrilevanza militare dei contingenti s barcati e delle loro capacità combattive. Disgraziatamente però il rintuzzare quelle destabilizzanti provocazioni , esulava dalla reale potenzialità della flotta bizantina di stanza nell ' isola. Il risultato fu l'in.staurarsi cli una situazione di stallo, prolungatasi per oltre un secolo e mezzo. In quel lasso di tempo, in perfetta osservanza della consuetudine marinara mediterranea, all' avvento di ogni primavera si avviavano gli scontri lungo le coste siciliane, e spesso sulle stesse, fra le squadre bizantine e gli incursori , per cessare ad autunno inoltrato 17 •
13 L'a bolizione della cosiddetta "guerra di corsa" fu sottoscritta dalle di verse potenze mondiali a P arigi nel 1856. In Italia l'armamento in corsa è abolito dall'articolo 208 de l Codice per la Marina Mercantile . Parimenti norme dello Stato Maggiore della R. Marina lo considerano anche per il naviglio militare sostanzialmente abo lito, fatti salvi eccezional i casi di rappresaglia. 14 Cfr. G. C. B ,\SCAPÉ, Gli ordini cavallereschi in Italia, s1oria e diritro, Milano, I972, pp. 148-15 l ; ed ancora, A. MENNA, Storia dell'isola e dell'ordille di Malta, Napoli, 1978, pp. 23-34. 15 Cfr. G. G. G UARNIERI, Storia della marina s1efc111iana, Chiavari, 1935, pp. 9-89. 16 Molti autorevoli storic i parlano sem plicemente di pirateria senza alcuna distinzione ritenendola, e spesso fu così, una differenza inesistente nei faui . In realtà su tutti i documenti del l'epoca, pur essendo ben nota la parola pirata, si ritrova sempre quella cli corsaro, volendo perciò sottintendersi una ri marchevole differenza fra le due comunque deleterie auività. Ai contemporanei infatti appariva più evidente la moti vazione d i q uesti ultimi rispetto ai primi. In merito cfr F. BRAU DEL, Civiltà ... , op. cit., pp. 919-948. 17 La pausa invernale fu rispettata dai musulmani fino alla conquista dell'intero nord-Africa, dopo cli che per l'insignificante distanza dalla Sicilia, e dalle sue isolette vantaggiosissime per i corsari, non costituì più una inevadibi lc necessità. Spesso risulta addi rittura che inte re sq uadriglie svernavano su quelle, trasformandole pertanto in basi avanzate temibilissime.
Premessa
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Quelle inconcludenti e sin istre campagne di gue1Ta navale e terrestre ebbero ben presto nella trattatistica militare bizantina un preciso nome: XOUPIOI. li significato deriva a sua volta dal greco classico della fom1a verbale: XOUPI.EUQ, saccheggio - saccheggiare, di immedi ata recepibilità 18 . Di conseguenza quello che, per una fin troppo fac ile ed ovv ia assonanza con il verbo italiano "correre", sembrava essere una forma di belligeranza disinvolta e rapida - ben calzante nella nostra romantica immagi nazione ai temerari "corsari" - acquista una pregnanza di contenuto di tutt'altra natura. Le ricordate campagne estive bizantine quindi, lungi dal proporsi rigidamente finalizzate alla difesa ten-itoriale, costituivano sanguinose e sanguinarie crociere razziatorie, specularmente similì a quelle della loro controparte islamica. Per gli uni e per gli altri, infatti, l'immediato profitto si anteponeva a qualsiasi ipotesi di onore e di lealtà militare. È in questa ottica che si deve co1Jocare l'ingenerarsi della guerra dì corsa mediterranea, accentuata ed aizzata a dismisura dal reciproco fa nati smo religioso delle due civiltà monoteiste, confinanti proprio lungo una direttrice orizzontale, corrente al centro del mitico mare. Sarà questa quella, in precedenza menzionata, "frontiera marittima" fra i due universi irriducibilmente ostili ed inconciliabili, dove ogni modalità bellica divenne lecita e tacitamente ammessa, da un parte e dall'altra, con un innalzarsi a prassi legale della più sfrenata illegalità, ed a comportamento morale della più aberrante immo ralità. Ed entrambe le religioni poggiavano - e poggiano - su di una base dottrinaria tesa alla massima tolleranza! La gue1Ta corsara sarà pertanto una peculiarità cli quei secoli, forse la principale, distinta dalla pura conflittualità militare navale che peraltro non mancò affatto. La difesa costiera quindi, a partire dal periodo bizantino dovette farsi carico, lungo le marine dell'Isola, di frustrare innanzitutto le atroci estrinsecazioni di quella e secondariamente - per frequenza - le operazioni militari anfibie, e non ultimo di salvaguardare il traffico mercantile, gli impianti industriali litoranei, e persino la coltivazione della parte più fertile del territorio: quello appunto costiero.
18 " .• .la guerra regolarmente in corso fra arabi e bizantini si esp1:imeva in singole campagne estive . .. che si svolgevano sia per terra sia sul mare. Da qui col passar del tempo si sviluppò la pirateria, il terri bile flagello del Mediterraneo occiden tale, man mano che i grandi regni si frantumavano in piccoli stati. Anche il nome «corsaro» deriva etimologicamente dalla parola xoCipaeov. " da Cambridge University Press, Storia del Mondo Medievale, Milano, 1979, voi. II, p. 86.
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CAPITOLO PRIMO Gli antefatti
La dominazione araba Il rapido dissolversi dell'Impero Romano d'Occidente comportò per le molteplici regioni che locostituivano sorti sostanzialmente simili , pur nella specificità imposta dalle rispettive ubicazioni geografiche. Per siffatta motivazione le grandj isole del Mediten-aneo furono raggiunte dalle ondate invasive barbare con leggero ritardo, rispetto alla Penisola, ma disgraziatamente per loro, con maggior violenza devastatrice 1• Per l'identica ragione inoltre gli aiuti militari provenienti da Bisanzio stentarono - quando pure ne furono in grado - a ricacciare gli assalitori, riconquistando i predetti territori alla sovranità imperiale orientale. Dal 476, in concreto, non si ebbe più alcun imperatore romano occidentale, estintasi con la deposizione di Romolo Augustolo tanto la carica che l'istituzione2 • Da Costantinopoli tuttavia la fase di collasso dell'ordine costituito e di anarchia conseguente, nonché la formazione della miriade di effimeri staterelli barbarici, si riguardò sempre con orientale sufficienza. La si reputò una pura aggregazione temporanea, una sorta di fase transitoria, comunque facilmente riconducibile con alcune brevi campagne militari, all'originaria configurazione geopolitica. In effetti già sotto l'impero di Giustiniano (527-565) la convinzione bizantina parve riscuotere una sua sostanziale conferma. In breve volgere le antiche pe1tinenze del nord-Africa, dell'Italia, della Spagna e delle Isole, tornarono a far parte integrante dell'universo romano orientale, intorno al 553. Lo sforzo bellico sostenuto da Giustiniano però non ebbe per nulla i connotati di facilità supposta ma, al di là del btillante risultato, dissanguò le potenzialità di Bisanzio, pregiudicm1done il successivo stabile dominio3. Non era infatti ancora scomparso Giustiniano che i primi lampanti sintomi della debolezza militare bizantina in Italia presero minacciosamente a riproporsi. La pressione longobarda a nord della Penisola frantumò in pochi decenni il fragile schieramento imperiale, dilagando ovunque. Solo le località urbane meglio fortificate e presidiate permasero nell'orbita bizantina4 • Anche per le isole da quel momento ini-
Riguardo alle principali migrazioni barbare cfr. E. GrnRON, Storia della decadenza e caduta dell'Impero Romano, Torino, Ristampa I 967, Voi. II, pp. I 4 I5 e sgg. È interessante inoltre 1icordare per ulteriore conferma dell'esposto che i Goti nel 41:1, dopo aver saccheggiato l'Italia, non riuscirono a raggiungere la Sicilia, cfr. H. SCHRf:'lBER, / goti, Milano, 1981, pp. 153 e sgg. I Vandali invece, dopo aver conquistato il noi-d-Africa al comando di Genserico, intorno al 430, e presa Cartagine nel 439, avviarono le operazioni navali contro la Sicilia, precedute da una fase di incursioni e razzie. Nel 440 fu eseguito il progettato assalto anfibio, riuscendo però ad impossessarsi realmente dell'isola solo nel 468. Cfr. Cambridge University Press, Storia del mondo medievale, Milano 1978, Voi. I, pp. 301 e sgg. 2 L'ultimo imperatore romano si spense tra i ruderi di quella che era stata la splendida villa di Lucullo a Napoli, sull'isolotto di Megaride, dove al presente si erge Castel dell'Ovo. Sull'argomento cfr. E. PlROVfNE, Napoli e i suoi castelli, Napoli, 1974, pp. 15-9, ed anche: F. FERRAIOLI, I castelli di Napoli, Napoli, 1964, pp. 17- 18. 3 È interessante ricordare che le forze militari che portarono Belisario alla riconquista dell'Africa furono soltanto 15.000 uomini più qualche scarsissimo contingente alleato. Per la liberazione della Sicilia e quindi dell'Italia meridionale fino a Roma, risultano ancora inferiori, non oltre infatti i 7.000 con 500 alleati. Sull'argomento cfr. A. H. M. JONES, Il tramonto del mondo antico, Bari, 1972, pp. 339-340. 4 "L'occupazione longobarda avvenne in un conLesto di scarsissima ostilità dovuta anche all'insignificante densità demografica delle località investite dalle correnti migratorie nel Me1idione: esse occupavano infatti preferibilmente il territorio appenninico, e non si spinsero mai decisamente contro i centri costieri dove la permanenza bizantina e la consistenza abitativa agivano da temuto deterrente", da F. Russo, Dallo stazzo alla cinta bastionata, Firenze, riv. L'Universo, n° 4-5-6, anno LXlll, 1983, p. 938. 1
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La d(fesa costiera del Regno di Sicilia dal XVI al XIX secolo
ziò un processo di costante degradazione difensiva, accentuato dal riacutizzarsi delle ostilità tra Bisanzio e la Persia, a partire dal 5725. Il rimedio escogitato consistette nell'instaurare, nelle diverse province e territori fin lì inviolati, una sorta di autonomia nùlitare. Il tentativo tradiva da un lato la ormai inevadibile esigenza di un più pronto ed immediato impiego delle forze annate disponibili e dall' altro la pari impellente urgenza di scrollarsene, per quanto possibile, i relativi oneri economici. La ricordata disposizione troverà definitivo compimento poclù decenni dopo nella istituzione dei Temi6 . L'assoggettamento longobardo di gran parte della Penisola e lo stabilirsi della loro capitale a Ravenna, fecero registrare in Sicilia un significativo contrappunto, elevando Siracusa a metropoli primaria dei donùni imperiali occidentali. La città assurse quindi al rango di base navale bizantina avanzata "per antonomasia, dotandosi di tutte le tipiche strutture, marittime e militari, proprie di una opulenta capitale. Conferma di quanto accennato può essere colta nel trasferimento operato da Costante II - figlio di Costantino III ed imperatore dal 630 - della sua corte proprio a Siracusa7, nel quadro di una ennesima ticonquista dell'Italia, intorno alla metà del VII secolo. Lo straordinario, quand'anche transitorio, "trasloco" della sede imperiale, non rappresentò purtroppo il principale evento accaduto sotto Costante II. Pochi anni dopo infatti la sua ascesa al trono, per l'esattezza nel 632, un imponderabile avvenimento si materializzò sullo scenario mediterraneo, destinato a sconvolgerne, in pochi lustri, tutti gli equilibri così faticosamente conseguiti: in una remota località mediorientale moriva Maometto. Fino a quel momento tale nome risultava assolutamente ignoto alla quasi totalità delle cronache occidentali. Nulla in realtà lasciava minimamente arguire quella che, soltanto nel giro cli pochi anni, sarebbe stata la travolgente espansione islamica8 . È ancora oggi difficile, del resto, realizzare la subitanea violenza della propagazione araba, proiettatasi contemporaneamente verso l'Asia e verso l'Europa. Indubbiamente lavorava a favore dei fanatici eredi del profeta un particolarissimo contesto storico, caratterizzato dalla inusitata, reciproca spossatezza dei due grandi imperi, persiano e romano, incapaci perciò e di valutare e, meno che mai, di stroncare la perniciosa potenzialità emergente. E se, nelle estrinsecazioni dell'inarrestabile dilagare arabo, si può con sufficiente aderenza cogliervi strette analogie con quello effimero delle orde di un Attila o di un Gengis Kan, di natura diametralmente opposta si dimostrò l'insediamento del credo musulmano. Indiscutibilmente infatti da quei giorni, in ogni località in cui fu introd6tto non ha subito, sino ad ora, sensibili retrocessioni9 • Giocò un ruolo basilare al riguardo la perfetta calibrazione della precettistica della dottrina islamica, alla tradizione araba ed alla naturale indole orgogliosa e bellicosa delle instabili tribù. Nessuna invasione barbara, nell'ambito socio-religioso dell'Impero Romano, ebbe mai uno stesso impatto scardinante, proprio perché mai erano state messe in discussione la superiorità etnica e culturale dei suoi sudditi, come accadde invece con l'avven-
5 Le guerre con la Persia costituiscono un sottofondo costante per tu tta la metà del VI secolo e di quello successivo. Sull'argomento cfr. D. 0 BOLENSKY, Il commonwealth bizantino, Bari, 1974, pp. 63 e sgg. 6 La formazione dei "Temi" può essere fatta risalire al VII secolo a partire dalla regione anatolica, d'importanza strategica per l' impero. Questa fu divisa appunto in tre grandi distretti militari, forti ciascuno dell'equivalente odierno di un Corpo d'Annata, agli ordini di un rispettivo generale - straregos - . L'espediente conobbe successivamente una universale applicazione alle diverse regioni dell'impero, per cui la definizione 'tema' sostituì gradatameme quella di provincia. 7 In merito cfr. V. GUARDO, Le fortificazioni siracusane, in Rassegna Siracusana n° 10-1 1-12, I 970 e 1, 1971, parte III, p. 7 8 Precisa H. PIRENNE, Maometto e Carlomagno, Bari, 1976, pp. 138-139: "Quando Maometto morì nel 632, niente rivelava il pericolo che si manifestò fulmineo due anni più tardi. Nessuna misura era stata presa alla frontiera ... Il successo dell'attacco si spiega con l'esaurimento dei due imperi confinanti con l'Arabia, il romano ed il persiano, in seguito nlla lunga lotta che li aveva spinti l'uno contro l'altro ... ". 9 Secondo alcuni autorevoli studiosi dell'argomento l'espansione dei saraceni fu soltanto la fase finale di un processo lateme eia secoli e l'ls.lam il suo detonatore. Grazie alla nuova fede essi riuscirono a trovare una motivazione univoca per cui combattere. L'Islam in altre parole fornì una base politica canalizzando l' irrequietezza araba, esplicitata dalla tradizionale belligeranza intenribale, verso fini superiori, nazionali. La diffusione della religione pertanto in questa ottica assume valenza esclusivamente di necessità politica. Sull'argomento cfr. Cambridge University Press, Storia del inondo medievale, op. ciL, Voi. II, pp. 34 e sgg.
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to dell'Islam. Il Mediterraneo quindi da crogiolo di civiltà, ormai sostanzialmente omogeneizzate ed amalgamate, si tram utò in una sorta di frontiera fra due uni versi profondamente ed antiteticamente ostili fra loro. Nessuna concordanza d 'intenti - al cli fuori dello scontro armato - sarebbe stata perciò possibile, per il futuro, fra i due blocchi incomunicanti, almeno a livello ideologico. Il ritrovarsi, come accennato, geograficamente ubicata lungo la direttrice di massimo attrito di quella sensibilissima frontiera, implicò per la S icilia la immediata sperimentazione della aggressività islamica e della sua famelica brama di conquista. Per quanto ci è dato conoscere dalle fonti, la prima incursione araba si abbattè sulle coste siciliane giusto venti anni dopo la mo1te di Maometto, nel 652, gettando nel terrore gli igQari abitanti, completamente all'oscuro del nuovo feroce nemico. La base di partenza per quell'iniziale raid non fu la costa nord-africana prospiciente l'isola, ma quasi certamente la Siria 1°, vanamente difesa dalle truppe di Bisanzio nel biennio 634-35, e sottratta all'impero, integralmente e definitivamente, agli inizi degli anni 40 11 • Secondo altri autori invece quella remota incursione, foriera cli infi nite sciagure per l'isola, si originò dalla Pentapoli 12 . Resta comunque significativo ed emblematico che capofila dei bersagli oltremare dei musulmani fu appu nto la Sicilia. Due conseguenze ne derivarono immediatamente per gli attaccanti: la prima consistette nella constatazione della loro capacità nautica, affatto supposta e sperimentata per l'innan2:i. La seconda, ancora più grave per gli occidentali, si colse nella riconfermata inettitudine bizantina a difendere il proprio impero, pure sul mare, almeno nelle sue propaggini estreme. Circa il punto esatto cli atterraggio di quell'antesignana operazione corsara, le cronache coeve nulla aggiungono. Per contro sono alquanto fac ili da ricostruire le modalità estrinsecative, archetipo delle innumerevoli successive. In linea di massima, sbarcati un centinaio di uomini lungo un litorale deserto, immediatamente, senza frapporre alcun indugio, questi si diressero verso i villaggi limitrofi, ponendoli a sacco. Masserizie, prodotti agricoli , bestiame e soprattutto abitanti costituirono il bottino di quei predoni, che contestualmente all'estendersi degli assalti, imbrancavano verso la piccola testa di ponte. La tragica procedura si ripetette per giorni, allargando progressivamente il raggio di penetrazione, agevolata dall'incontenibile terrore. La capacità di trattenersi precariamente sul suolo nemico perciò, deve essere ascritta in massima parte alla paralisi ed alla disorganizzazione delle forze siciliane per lo choc emotivo - altrimenti di gran lunga preponderanti nei confronti dei temerari razziatori - , e non semplicisticamente alla tracotanza dei secondi. L'invio da parte di Roma, fatta carico della salvaguardia dell'isola, cli un contingente agli ordini dell'esarca Ol impio 13 testimonia, indirettamente ed a sufficienza, l'abnorme protrarsi dell' insostenibile drammatico contesto. Nè l'incursione si concluse lì. Infatti le truppe giunte finalmente dall'Urbe, non risultarono in grado cli ributtare a mare i musulmani, nè questi a loro volta di annientare i difensori. Il palese stallo si risolse soltanto con la morte, di peste, di Olimpio e con il reimbarco dei predoni, resi pa-
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Così ricostruisce l'episodio lv1. AMARI, Storia dei musulmani in Sicilia,..., ristampa I 986, pp. 59 e sgg.: "E alta nuova stagione, che fu del secentocinquan tadue, qu attro anni appunto dopo la prima lor prova a me tter pie' sopra una barca nel Mediterraneo, solcavano a golfo lanciato, volgendo le prore alla Sicilia ... Sbarcarono nell'isola i Musulmani con forze non pari al conquisto; occuparono qualche luogo su la costiera, e a lor costume mandarono gualdane a battare il paese, e pur non bastavano ad espugnar terre murate. Ma tale debo lezza del nemico non si potea scernere dai C1istiani tra i primi spaventi di quell'assalto, non aspettato nè creduto possibile; di que l terri bile nome di Saraceni; di quelle nuove fogge, sembianti, linguaggio e impeto di combattere. ". 11 La conquista della Siria ai danni di Bisanzio fu avviata nel lug lio del 634. L'anno seguente le forze arabe erano innanzi a Damasco che capitolò dopo sei mesi. Entro la fine di quell'anno l'intera Siria ad eccezione di alcune piazzeforti marittime, situazione analoga a que lla italiana, dove la flotta bizantina aveva buon gioco, era conquistata. Infine tra il 636 ed il 640 le truppe islamiche con una se1ie di campagne condussero a termi ne la "bonifica" del territorio, eliminando le ultime sacche di resistenza cristiana. Sull'argomento cfr. R. FoLz, Origine e formazione ... , op. cit., pp. 2 [5 -217. 12 Cfr. Cambridge Universi ty Prcss, Storia del. .. , op. cit., Voi. III, p. 86. 13 L'esarca Olimpio fu inviato a Roma dall'imperatore Costante II ne l 649. In merito cfr. A. GurLLOU, Aspetti de/La civiltà bizantina in balia, Bari, 1976, p. 87.
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vi.di dal diffondersi di voci circa un prossimo sopraggiungere dei clromoni di Bisanzio. Gli infelici prigionieri non potettero tuttavia sfuggire al loro destino 14 • La paventata squadra imperiale disgraziatamente non comparve, nè ali ' orizzonte nè sulla rotta di rientro delle imbarcazioni corsare, incrementando così la fanatica tracotanza islamica, con le ovvie conseguenze. Le razzie si succedettero con andamento stagionale, e quella che si abbattè sull'isola nel 669 - ricordata come la seconda - tale fu relativamente alle maggiori 15 • In quella circostanza infatti una poderosa formazione musulmana, forte cli 200 vele, attaccò la stessa Siracusa, devastandola atrocemente. Gli abitanti, ormai resi edotti dalle precedenti sanguinose esperienze, scamparono la cattura in parte rifugiandosi, al profilarsi della sciagura, nelle numerose fortezze isolane, riattate e munite alla meglio, in parte rintanandosi sulle montagne interne. Ma trattenendosi il grosso contingente in terra siciliana per oltre un mese, le prede catturate ascesero comunque a molte centinaia di inermi cittadini, oltre ad una ingentissima massa di oggetti preziosi, razziatù dalle chiese. Non diversamente dall'impresa precedente l' incursione risultò fine a se stessa, essendo in definitiva l'entità delle forze islamkhe inadeguata alla conquista dell'intera isola. Purtroppo però anche la reazione bizantina si mostrò inferiore all'offesa, esulando dalla sua potenzialità la significativa interdizione delle coste siciliane. Ne scaturì una conflittualità endemica e senza quartiere lungo quelle marine, specie nel corso della buona stagione, tanto da far coniare per simili .inconcludenti scorribande il ben preci so appellativo, innanzi menzionato, di XOUPI,OI. Nel mentre si logoravano le navi bizantine e siciliane in estenuanti crociere costiere, nella vana illusione di contrastare i raid corsari arabi, sullo scenario internazionale l'avanzata islamica terrestre non concedeva tregue. Ancora, infatti, non si poteva considerare la Siria completamente conquistata, che già le armate musulmane, scavalcato Suez dilagavano nella valle del Nilo: Alessandria capitolò nel settembre ciel 642. E, nuovamente, altrettanto inarrestabile riprese la marcia verso ovest. La Tripolitania fu inglobata intorno al 655, e quindi fu la volta di Tlemenc nel 677 , ed ancora, tra il 680 ed 683, caddero Tangeri ed Agadir. Allo scadere del VII secolo l'intero litorale nord-africano era saldamente in mano musulmana 16. Le conseguenze per la Sicilia non si fecero attendere, incrementandosi a dismisura il crescendo delle razzie e delle incursioni. La dinamica espansiva islamica tuttavia, lungi dall'essere esaurita, si protese ad una nuova strabiliante impresa, avviata agli albori dell 'VIII secolo: la conquista della Spagna. Anche in questo caso, la premessa si può cogliere in un temerario sbarco cli un corpo di spedizione berbero di 7 .000 uomini, effettuato nella baia di Algesiras nel 711 . In pochi mesi, Cordova e Toledo capitolarono. Allorché poi, nell' anno seguente, ulteriori rinforzi ingrossarono gl i attaccanti, l'assoggettamento divenne stabile, e per molti secoli irreversibile. Per le coste della Penisola e per le isole ciò significò la materializzazione delle più funeste ipotesi: infatti le razzie, da quel momento in poi, provennero tanto dalla costa africana, quanto da quella spagnola, ovvero eia una sorta di micidiale tenaglia islamica rapacissima e sanguinaria, senza prevedibili soluzioni di continuità. La fascia costiera pertanto prese dovunque a spopolarsi. Al posto delle fiorenti culture subentrò la palude, con il suo corollario di esalazioni mefitiche e di malaria. Il florido commerciò si arrestò totalmente. L'affermazione di lbn-Khanaldun: "i cristiani non possono far galleggiare nemmeno una tavola!'', non sembrava, di giorno in giorno, l' ennesima smargiassata araba.
"Così C. MANFRONI, Storia della marina italiana, Livorno, 1899, Voi. I, p. 33, stigmatizza l' episodio: "Nell'assalto del 653 per la prima vo.lta le popolazioni italiane del mezzodì pronunciarono con te1Tore il nome degli Arabi; ma non pensarono, nè potevano pensare alla propria difesa, che spettava ai loro dominatori, ai Greci. Ma i Greci, che pur racco]sero forze navali anche dall'Italia, specialmente dalle isole e dalla Campania, pensavano alla difesa della loro capitale, onde già nel 659 una nuova e più terribile invasione colpì la Sicilia". 15 Circa la data di questa seconda massiccia incursione non vi è sostanziale concordanza fra gli storici. li Manfroni parla infalli del 659, mentre l' Amari appunto del 669. In assol uto la data non è rilevante tanto pìù che tra le due ve ne dovettero essere numerose altre di. entità minore, tali comunque da rendere perfettamente edotta la regione in materia di assalti dal mare. 16 Sull' argomento cfr. A. GALLICO, Tunisi, i berberi e l'Italia nei secoli, Ancona, I 928, pp. I OI e sgg.
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1.:.--..U...-------------------~-'----------·- ·- - - - -- - - 6. Carta cinquecentesca spagnola del nord-Africa, A.G. Simancas.
Per la Sicilia e la Sardegna la situazione divenne - se possibi le - ancora peggiore, in quanto già da anni alla flotta bizantina l'iniziativa era sfuggita di mano. Il problema arabo per Costantinopoli perciò da provocazione saltuaria, s.i andava trasformando, agli inizi dell' VJJI secolo, in piaga inguaribile ed assillante. li ricorso, almeno sul piano istituzionale, a congrue contromisure non ammetteva ulteriori deroghe. Essendo evidente che l ' esiguo margine tra sopravvivenza e sopraffazione della sovranità imperiale per molte province mediterranee - in particolare per quelle occidentali - si disputava, con la controparte araba, sul mare, i principali provvedimenti riguardarono proprio l'adeguamento della flotta alla nuova logica strategica. Occorreva infatti un'arma non solo poderosa, ma anche e soprattutto immediata, pronta ad intervenire su brevissimi allettamenti, contro un nemico insidioso e sfuggente. Il trasferimento alle aree costiere ciel sistema dei "temi" parve la soluzione per antonomasia. "L'Impero bizantino, molto più dell' Impero romano, era uno Stato marittimo, profondamente interessato ai problemi del commercio e dell'industria. Le strutture militari rese necessarie dalle quasi continue guerre difensive erano molto costose, così come molto costose erano le esigenze della corte imperiale e della burocrazia e, infine, della diplomazia bizantina . .. L' importanza del com merci o spiega l' interesse dedicato ai problemi della marina. Compito della marina imperiale era quello di vigilare non su grandi territori ma su importanti centri commerciali bizantini e sulle rotte che li collegavano con aree commerciali straniere. Ciò significava il controllo, diretto o ind iretto, della costa della Crimea, dello stretto di comunicazione, vitale tra il Mar Nero e il Mediterraneo, delle città portuali dell'Adriatico .. . Nell'ottavo secolo l' estensione dei terni alla mm·ina diede al sistema navale bizantino la sua forma finale. La marina permanente contava allora cinque flotte: la flotta imperiale cli base a Costantinopoli, e flotte provinciali di stanza sulla costa meridionale del l'Asia Minore, a Ravenna, in Sicilia e nelle isole dell'Egeo. Come nei temi terrestri, ogni distretto navale, comandato da uno strategos, pagava la maggior parte dei co-
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sti della flotta assegnatagli. " 17 • Quest'ultima precisazione mette a fuoco un altro grosso problema bizantino, insito nel ricorso ad un esasperato ed inumano fiscalismo, che lungi dal far reperire le crescenti masse monetarie ingoiate da un insipiente apparato difensivo, alienava inevitabilmente le residue simpatie indigene. In pratica la logica formativa dei temi marittimi rispondeva ad un criterio di decentramento delle forze, per meglio adeguarle alle diverse esigenze dell'impero. Pertanto, più in dettaglio. per il conseguimento dell' intento, il: "comando unico della flotta fu soppresso e si crearono comandi marittimi regionali indipendenti, ma che dipendevano da Costantinopoli nelle regioni minacciate dagli Arabi. Si tratta della flotta dei Temi, distinta da quella di stanza a Costantinopoli. Ogni flotta regionale è sotto il comando dello stratega del tema, se questo è unicamente mariltimo (flotta tematica), o di un ufficiale subalterno, il drongario, che dipenderà in questo caso dallo stratega del tema (flotta provinciale). Le flotte tematiche per la maggior parte sono equipaggiate e mantenute (uomini e denaro) dalla provincia, mentre le flotte provinciali, meno importanti, sono essenzialmente a carico del potere centrale . Questa riforma modifica quindi la struttura della marina bizantina di fronte alla flotta araba: a)la flotta imperiale, composta di navi pesanti, è riservata alle spedizioni lontane e al controllo delle vie marittime internazionali; b)la flotta provinciale, costituita di battelli leggeri, è addetta alla guardia delle coste; c)la flotta tematica, che comprende navi di ogni sorta, amrnte di fuoco greco, protegge il proprio paese d'origine e attacca il nemico in largo raggio d ' azione" 18 • In virtù del dispositivo citato, e forse addirittura prima della sua effettiva e definitiva elaborazione, la Sicilia sembra disporre, intorno alla metà clell' VIII secolo, cli una sua considerevole flotta, cli tipo tematico, ovvero di numerose e diversificate unità, di costruzione isolana, ed annate - puntualizzazione basilare - con il micidiale fuoco greco, arma segreta e terrore della marineria araba. Non ci appare fuor di luogo, considerato il ruolo di supremazia navale che garantì a Costantinopoli per diversi secoli, aprire una brevissima parentesi tecnica circa l'enigmatico "fuoco greco". Questo, noto anche come " fuoco di Callinico ' consisteva probabilmente - ed il probabilmente è d'obbligo rappresentando il segreto tecnologico militare più gelosamente custodito dai bizantini - in una miscela liquida alquanto vischiosa. Quasi certamente gli ingredienti base dovevano essere il salnitro, lo zolfo, la resina o il bitume ed immancabilmente la calce viva. Forse, ed è una tesi molto suggestiva, si trattava cli un miscuglio a base di nafta - i cui affioramenti spontanei in area medio-orientale si riscontravano con frequenza - e di olii di provenienza vegetale, quali per tutti, data la regione, quello di palma. Posta in questi termini la composizione, peraltro abbastanza semplice e fattibile anche per quei tempi, ci troveremmo di fronte alla antesignana invenzione ed ad un remoto impiego bellico ciel "napalm" 19 . Molti dettagli sembrerebbero confermare la tesi : la miscela infatti bruciava furiosamente con fiamme inestinguibili, aderendo intimamente a qualsiasi superficie e penetrando sin nei più minimi interstizi, tanto per citare le sue più note peculiarità, perfettamente coincidenti con il moderno liquido incendiario. Riguardo infine al suo innesco entrava in gioco la calce viva, che al momento della proiezione della miscela - attraverso sifoni ad acqua - con la violentissima reazione di idratazione forniva il calore di attivazione. Ciò spiegherebbe pure l'inusitato ed all'epoca ten-ificante fenomeno del riattizzarsi delle fiamme allorché cosparse cli acqua. La grande flessib ilità d' impiego ciel miscuglio infernale lo trasformò in arma navale per antonomasia. È facilmente immaginabile, del resto, la sua straordinaria efficacia contro le imbarcazioni di legno stagionato e calafatato. Lanci di fiamme con gittate dell'ordine del centinaio cli metri ponevano fine a qualunque combattimento: un'agguerrita squadra da battaglia rischiava di essere incenerita, con pochi getti, da un unico dromone lanciafiamme, per giunta, assolutamente invulnerabile! Non mancarono tuttavia impieghi terrestri, negli assedi o negli scontri campali, sempre tramite sifoni-proiettori, e persino mediante apparati spalleggiati per un singolo soldato. In ogni modo i sinfatri ba-
Da R. A. PRESTON e S. F. WJSE, Storia sociale della guerra, Verona, 1973, pp. 7 1-72. Da R. FoLz, Origine e forma zione ... , op. cil., p. 294 . 19 La comparsa della miscela incendiaria sembra potersi far rimontare intorno alla metà del VII secolo. Per L'Enciclopedia Militare In sua composizione constava di grnssi vegetali (tipo il palmilato) e di olii di nafta (tipo appunto la nafta). È in definitiva anche per tale testo la proposizione anticipata del famigerato napalm. 11
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gliori dei lanciafiamme bizantini dominarono il Mediterraneo per diversi secoli, contribuendo a mantenere un minimo di soggezione nei confronti della flotta imperiale. Ad onta degli ingenti sforzi di Bisanzio però, il suo apparato militare fu soltanto in grado di alleviare la pressione musulmana sulle marine italiane, e nemmeno in maniera definitiva. Infatti I' incursività agli inizi del IX secolo ostentò un gravissimo riacutizzarsi. La frequenza e la consistenza dei raid assunse una connotazione massiccia, sfociata nell' 827 nel primo poderoso tentativo di conquista della Sicilia. Stando aJle cronache coeve - nei limiti della loro attendibilità - alle spalle dell'invasione araba sembrerebbe potersi individuare una quinta colonna. Non appare invero incredibile che, in quel clima estremamente precario, qualcuno presumesse di avvantaggiarsi della presenza destabilizzante dei predoni musulmani, per conseguire i propri meschini interessi. Tale fu un generale siciliano che, suscitata una rivolta contro il legittimo governo, non riuscendo a venirne a capo, sollecitò gli Aghlabiti all'intervento. Gli invasori, un'orda multirazziale, non si fecero ovviamente pregare, e perfettamente consci della insperata occasione, attratti dalla ben nota abbondanza del possibile bottino, sbarcarono a Mazara, dirigendosi, second_o gli accordi, verso la capitale, Siracusa, per investirla d'assedio. Vuoi per la notoria incapacità araba nella guerra ossidionale, vuoi per le pestifere esalazioni delle paludi circostanti, la città per quella volta scampò la rovina 20. Ma diversamente dalle precedenti incursioni, i predoni non ripresero il mare, preferendo accamparsi in una vasta testa di ponte, istigati alla insolita procedura proprio dalla eccezionale abbondanza e facilità di bottino. Analogamente poi alla conquista della Spagna, nel '30 furono raggiunti da un secondo grosso corpo di spedizione, che con la presa cli Palermo avviò di fatto l' assoggettamento clell ' intera isola. Nel frattempo per i litorali peninsulari la situazione appariva sostanzialmente simile. Nell'846 ad esempio i: "Saraceni, rimontando il Tevere, arrivati fin sotto le mura di Roma, non potendo entrare in città, guastarono, saccheggiarono, incendiarono le basiliche di San Pietro e di San Paolo, situate fuori le mura"21. Tutto quindi lasciava presumere una fase di imminente conquista anche per l'intera Italia. Tralasciando di addentrarci ulteriormente nei dettagli della incredibile epopea, per restare al nostro terna, ci preme evidenziare che nell'843 capitolò Messina ed Enna nell' 859. Siracusa a sua volta si arrese diciannove anni dopo, e la resistenza bizantina nell' isola, ridottasi ormai agli estremi impervi lembi abitati, cessò a Taormina nel 902 - ultima loro splendida capitale22 - e nel 965 a Rometta, consegnado così l'intera isola agli arabi. La Sicilia divenne pertant<;> una ennesima provincia dello sterminato impero arabo: i minareti si stagliarono in rapida successione sui suoi orizzonti urbani e le consuetudini degli abitanti si trasformarono in conformità dei costumi dei vincitori. È importante ricordare per meglio valutare gli eventi successivi che l'avvento della dominazione araba e per l'accorta politica adottata, e per la eliminazione dell'accennato sterile fiscalismo bizantino e, soprattutto, per la ricchezza commerciale che indusse, non determinò affatto violente repulsioni o rabbiose resistenze guerrigliere, ma agì eia stimolo evolutivo, trasformando - almeno secondo le solite cronache dell'epoca - l'isola stessa in un immenso giardino, dalla florida economia. Persino nell'ambito strettamente religioso, non si promulgarono particolari restrizioni o abiure coatte, tanto più che godendo i credenti dì esenzioni ed agevolazioni impositive, nessun interesse aveva il governo ad ampliarne il numero. Una volta inglobata nel mondo islamico, la Sicilia beneficiò logicamente di una proficua incolumità incursiva, ed anzi da quel momento la sponda nord-africana divenne il suo sbocco mercantile per antonomasia, vero propulsore della rapidissima ascesa economica. Parimenti non necessitandole ormai un massiccio apparato difensivo statico, non dovette sacrificare una sostanziosa aliquota delle risorse per la
20 Riguardo a] Ja ricostruzione storica dell' invasione cfr. D. l'vlACK SMITH, Storia detta Sicilia medievale e moderna, Bari, 1971, pp. 9- LO. 2 1 Da G. SOMMELLA BEDA, Roma le fortijìca zioni del trastevere, Lucca, 1973, p. 19. 22 La presa della cittadina è datata 17 lugl io 902, allorché sotto il comando di Ibrahim, le orde musulmane assal irono ed in breve ebbero ragione del montuoso caposaldo, eroicamente difesosi per anni. Cfr. E. MA UCERJ , Taormina , Catania, pp. 23-24.
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8 7. Siracusa: rovine dell'antichissimo Caste llo Eurialo. 8. Siracusa,: Caste llo E urialo, dettaglio dei sotteranei.
sua rifortificazione: si ritennero per lo più sufficienti le tradizionali opere urbane, di eredità bizantina. È singolare osservare che, paradossalmente, la dinamica proiettiva dell ' isola, fintantoché ebbe per capitale Siracusa si estrinsecò verso il bacino ionico, ovvero verso il levante, ma dopo la conquista araba - trasferita la capitale a Palermo - assurse a sua precipua quella tiITenica occidentale. In altre parole se, sotto il profilo dei costumi, l'isola si andava orientalizzando, sotto quello degli interessi invece, nel contempo, si occidentalizzava, in netta contrapposizione a quanto presumibile dalla successione delle sfere di appartenenza. Ciò si riscontra, facilmente, persino nella rotazione, di circa 90° delle sue linee marittime-commerciali: infatti a quelle longitudinali - da e per Bisanzio - si sostituirono quelle trasversali da e per il nord-Africa.
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Come spesso si evince nel corso della Storia, l'apparente singolarità di un episodio, specie politicomilitare, trova in breve una sua riedizione strategica o tattica. È in ultima analisi il motivo principe della ricerca storica, ritenuta perciò valida e, sostanzialmente, attendibile indicatrice di futuri sviluppi evolutivi. Disgrnziatamente però, sempre dalle sue pagine - e proprio per l'osservazione predetta - una simile anticipazione, quasi mai trovò menti in grado di recepirla coerentemente. Da qui !'altrimenti incredibile riproposizione fattuale degli eventi, legata in pratica ad una carenza cli possibili svolgirnenti23 . Premesso ciò, anche in Sicilia, per gli arabi le difficoltà iniziarono alquanto rapidamente a sollevarsi . Una prima fase fu caratterizzata dall' insorgere e dal divampare cli perniciose ribellioni, fra i diversi membri della casta militare e lo stesso califfo, per assurde rivalità religiose. Inoltre lo scadere, sul piano imperiale, della compattezza islamica, frammentata da eresie24 e scissioni, implicò per l' isola un deleterio incremento di autonomia, ulteriormente destabilizzante. Per contrappunto la sicurezza, fin lì goduta, prese a contrarsi rapidamente e parallelamente allo sgretolarsi della potenzialità militare musulmana dilaniata ormai, cli giorno in giorno, dalle crescenti conflittualità intestine. Intorno al mille la dominazione araba sicìliana mostrava una palese insufficienza difensiva, resa ancora più debilitante dalle inestinguibili guerriglie fratricide e dal rapido innalzarsi della potenza navale delle mitiche Repubbliche Marinare25 . Nel 1030, secondo un copione collaudato, l'emiro dell'isola, disperando cli venire a capo della generale conflittualità dei suoi indocili con-eligionari, stipulò un trattato con Costantinopoli, mediante il quale sollecitava l'invio cli un contingente militare bizantino, per ripristinare la sua sovranità. La favorevolissima circostanza non fu lasciata assolutamente inevasa ed, a stretto giro, un consistente esercito imperiale, agli ordini ciel generale Maniace26, sbarcò a Messina, accolto - se non amichevolmente di certo non ostilmente - dagli alleati arabi legittimisti. La scelta della cittadina tradiva la perfetta conoscenza bizantina dell'isola e della problematica navale. Il suo magnifico porto naturale, infatti, costituiva sicuramente il migliore scalo per una grossa formazione navale e per cli più si apriva, ad irrisoria distanza, dal "tema" di Calabria. Nei suoi immediati paraggi si accampò quindi il Maniace e la sua annata, della quale facevano parte oltre ai militi russi della guardia varega, una frazione cli alcune centinaia di indisciplinati mercenari dai biondi capelli: i normanni. La loro consistenza numerica, stando almeno alle solite fonti, non eccedeva le 500 unità2 7, ed era la prima volta che Bisanzio attingeva a quella genia di razziatori, per una sua campagna mediterranea.
23 Circa la validità dello stud io della storia ai fini militari cfr. E.SCALA, La guerra del 1866 ed altri seriai, Roma, 1981, pp. 205-215. 24 La piincipale e pilt an1ica delle eresie è quella Sciita, che iniziò a manifestarsi pochi decenni dopo la morte del profeta, e si incrementò con la conquista della Persia sua patria elettiva. Non erano infatti estranei a quella i motivi cli rancore e le rivalse dei musulmani di origine non araba che si sentivano in qualche modo discriminati ed allontanati dal potere. 25 Circa la genesi, lo sviluppo e la decadenza delle Repubbliche Marinare cfr. il sintetico saggio cli M.A. BRAGADIN, Le Repubbliche Marinare, Milano, 1974. 26 È questo il prirno personaggio che incontremo nell' analisi del.le fortificazioni costiere siciliane, ed in particolare di quelle di Siracusa, dove per sua volontà fu eretto il castello che da allora conserva ancora il suo nome. 27 La ricostruzione storica esposta si riallaccia perfettamente ad una delle tante saghe vichinghe, quella di Harald, dal nome ciel suo protagonista. Questi dopo aver combattuto in Russia, prendendo parte alla campagna polacca, nel 1031: " tre anni dopo, con un seguilo personale di cinquecento guerrieri, si recava a Bisanzio ed entrava nel servizio imperiale... Era un professionista che combatteva su qualsiasi teatro d i operazioni dove lo mandasse il suo datore di lavoro, comprese le isole greche, l'Asia Minore, ... la S icilia..." . In parti.colare: " l'imperatore... lo inviò con la sua compagnia in Sicilia perché l' esercito bizantino stava conducendo una guerra in quell'isola. Ed egli vi andò e fece possenti imprese. E quando la Sicilia fu conquistata con la sua truppa ... l'imperatore... lo nominò "manglaves" [onorificenza dell' epoca]". Anche suo fratel lo seguì la medesima strada tant'è che sempre dalla stessa saga questi afferma: " anch' io combattei per l' imperatore... appena raggiungemmo Messina ... [fui nominato) "spatharokandates" [condottiero di truppe, altro titolo onorifico]" , da G. JoNES, 1 Vichinghi , Roma, 1978, pp. 428-429, e nota n° 6.
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9 9. Siracusa: all'estremo lembo della piccola penisola si erge Castel Maniace.
In breve volgere il Maniace occupò buona parte della Sicilia orientale, devastandola però selvaggiamente nel corso delle reiterate campagne di riconquista. Non mancò comunque di provvedere alla 1ifortificazione dei punti urbani nodali , in perfetta osservanza della canonica mi litare bizantina : primi fra tutti i caposaldi siracusani , nell 'esplici to intento di recuperarne la funzione di raccordo con Costantinopoli. Pochi anni dopo, il generale venne richiamato ad onta dei suoi successi. - o proprio per invidia di quelli - in patria, sotto l'accusa di tradimento28 . La sua partenza poneva fine all'ultimo serio tentativo imperiale di riacquisizione della Sicilia: le sue vittorie anelarono rapidamente ed irreversibil/ mente vanificate dall'insipienza dei successori . Di certo però ai famelici normanni non era sfuggito nel corso dei combattimenti la ricchezza dell'isola e la sua inconsistenza militare. La loro privata e diretta iniziativa non si sarebbe fatta attendere. -
La doniinazione normanna Prescindendo dalla visione romantica delle saghe, non diversamente dai primi arabi, pure i normanni furono attratti in Sicilia dalle sue r icchezze e dalla palese facilità cli bottino. Non diversamente dai predoni musulmani, loro predecessori, anch'essi approdarono con le loro sottili imbarcazioni, avvantaggiandosi di un contesto di dequalificazione militare dell'isola. Assumendo logicamente come fals ariga operativa quella del Maniace, presero terra a Messina nel 1060, sotto il comando, ma sarebbe meglio dire la gu ida, cli Ruggero di Altavilla, fratello del più noto Roberto, detto il Guiscarclo29 .
28 Sotto Michele V il Maniace fu riabilitato e tratto dal carcere. Riebbe il comando generale in Italia. Nel 1042 fu richiamato da Costantino IX in patria, tentando l'usurpazione del trono, ma nel corso dell'avvicinamento vittorioso a Costantinopoli fu ucc iso da una freccia, intorno al marzo del 1043. 29 Oltre ai mercenari normanni assoldati da Bisanzio, altri in quegli anni si aggiravano per l'Italia, offrendosi in molti casi come mercenari, e corn portandasi in concreto come brigami. Tra questi spiccavano quelli appartenenti alla casata degli Altavilla, figli di Tancredi, il più "valoroso" dei quali era appunto il Guiscardo. Sulle figure di Roberto e di Ruggero di Altavilla cfr. E. PONTIERI, Tra i normanni nell'Italia meridionale, Napoli, 1964, pp. 75-80.
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10 I O. Carta borbonica della Puglia, B.N.Na., sez. Ms.
Quest'ultimo accattivatosi con la sua astuzia e la sua intraprendenza la fiducia papale, ne guadagnò l'investitura feudale per la Puglia, ed una sorta di incarico per la riconquista della Sicilia - quasi una crociata ante litteram - , cli cui molto famosamente la Santa Sede rivendicava un remoto possesso30 . La direzione militare delle operazioni, in base ad un accorcio tra i due fratelli , spettò a Ruggero, che dando prova di eccezionale tempestività e mettendo a frutto gli ormai endemici contrasti e rancori tra i vari clan musulmani dell' isola, recependone anzi, spesso e volentieri, le profferte cli alleanze, con uno scheletrico contingente cli sessanta cavalieri avviò l'impresa. Basterebbe soltanto questo ultimo dato a stigmatizzare la irrilevanza difensiva, in cui era sprofondata la Sicil ia ed il suo stato cli anarchia insanabile. È comunque presumibile che, ancora una volta, l'epopea cli acquisizione dell' intera isola prendesse spunto da una iniziale razzia, trasformatasi nel corso della sua attuazione - configuratasi di estrema facilità - in definitiva conquista. Tra le due fasi , ovviamente, il solito secondo corpo cli spedizione andò ad ingrossare ed a rinsanguare le fila del primo, ribadendone le occupazioni. Di certo , intorno al 1064, la sezione nord-orientale dell' isola si trovava sotto l'assoluto controllo normanno, la cui entità nel frattempo aveva raggiunto il migliaio di combattenti. Grazie alla eccezionale validità dello scalo marittimo di Messina, e forse incentivati proprio a meglio utilizzarlo, gli uomini cli Ruggero impostarono la costruzione di una flotta, arte per loro atavica. L'esigenza nasceva dalla constatazione che quasi tutte le principali località d'assalire, si ergevano sul mare, prive per giunta della protezione della ormai striminzita flotta araba.
31> La pretesa nasceva da una dubbia 'donazione' fattane al papa prima da Costantino e poi dagli imperai.ori carolingi. In rneriLO al.l'investi tu ra feudale il: "cronista Amato ci dice che il Guisc<lrdo si dichiarò vass<lllo della Santa Chiesa di Roma ... ", da R. MoRGHE:sJ, Il medioevo cristiano, Bari. 1978, p. 115.
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Trascorse in tal modo quel decennio, contraddistinto sul piano insediativo dal progressivo sviluppo urbano di Messina, e nel 1071 la nuovissima squadra navale normanna fece rotta per Palermo31 • Sotto i diretti e personali ordini ciel Guiscardo, la capitale fu serrata in una impenetrabile morsa, eia mare e eia rerra. L'investimento ossidionale, condotto con una inusitata abbondanza di mezzi tecnici , si protrasse per circa cinque mesi, al termine dei quali la città capitolò, finendo inglobata nella nascente compagine statale. La lungimiranza dei conquistatori, unita alla evidente irrisorietà dei propri organici, li indusse ad attuare una politica di grande tolleranza, ciel tipo cioè cli quella che già gli arabi a loro tempo applicarono. Nessuna discriminazione o persecuzione colpì la dirigenza e la popolazione musulmana e persino gli stessi arcieri trovarono immediata collocazione nell'esercito di Ruggero, peculiarità destinata a protrarsi per oltre un secolo e mezzo32 • Nonostante quella splendida acquisizione, nell' ottica strategica degli Altavi lla, Messina continuava a rappresentare la chiave dei loro possedimenti, l'anello di congiunzione tra i domini continentali e quelli insulari. Pertanto i già ricordati sviluppi urbanistici si intensificarono, innalzando il piccolo centro a prestigiosa città. Nel 1081 fu dotata di vistose fortificazioni perimetrali urbiche, nonché cli sede vescovile e di un fastoso palazzo principesco, dove Ruggero soggiornò sempre maggiormente33 . Sintetizzando gli avvenimenti successivi, la caduta di Castrogiovanni [Enna] nel 1088 - da riguardarsi come l'ultima piazzaforte araba isolana - ed infine quella di Noto tre anni dopo, consegnava l' intera Sicilia a Ruggero, restituendola così all'Occidente cristiano. L'immane opera cli recupero e di ricostruzione, cli gran lunga più complessa e delicata della stessa conquista, si originò da quel momento. Sintomaticamente però il commercio del grano con il nord-Africa era già stato riatti vato 34, ed in breve volgere tornò a rappresentare una delle principali fonti di introito dell ' isola . Il perché poi questo fosse così particolarmente ricercato, derivava eia alcune sue spiccate singolarità, che per il ruolo che rivestiranno nel corso della nostra ricerca, meritano una piccola parentesi . "In questo campo la Sicilia godeva di un vantaggio inestimabile: il suo clima e il suo suolo erano adatti ad un tipo di grano molto duro che probabilmente era stato portato dagli arabi del Nord Africa. Questo grano duro dava un reddito relativamente scarso e non era facile da macinare, ma aveva un contenuto in glutine molto elevato e cresceva senza difficoltà in un clima caldo e poco piovoso. Soprattutto, era /straordinariamente durevole ed adatto a costituire riserve a lunga scadenza contro la
3 1 All'epoca Palermo rappresentava una delle p iLL grosse metropoli europee, capitale dell'emirato musulmano di Sicilia. Da stime attendibili la sua popolazione va collocata ai giorni dell'assedio fra i 100.000 ed i 300.000 abitanti. La sua importanza e munificenza non fu tuttavia ridimensionata e danneggiata dalla conquista, che in sostanza arrecò pochi danni anche alle strutture difensive, peraltro di insignificante consistenza. 32 Precisa al riguardo E. PONTIERI, Tra i normanni ... , op. cit. pp. 466-467: " Gli arabi dopo la caduta di Palermo non stentarono a convincersi ch' essi non sarebbero stati mai in grado di cacciare dall'isola i Normanni, nè si fecero illusioni che questa forza liberatrice potesse venire dai califfati nord-africani, angustiati dagli stessi contrasti intestini... la vicenda normanna assumeva per loro l'aspetto di qualcosa di fatale, contro cui sarebbe stato vano resistere. Ne derivò che anche ques to stato d'animo, tipicamente islamico, contribuì ad agevolare l'avvicinamento dei musulmani di Sicilia al conte Ruggero... ". Da parte sua quest'ultimo - come meglio vedremo con il suo discendente Federico Il - pur professandosi sincero difensore del papaco e della Chiesa, si guardò bene di cedere le conquiste effeuuate, ma ipotizzando una pm sempre possibile debilitante scomunica, non stimò irrilevante mantere un contingente musulmano assolutamente immune alle iniziative romane. e sulla cui fedeltà perciò poteva fare completo affidamento. 33 G. M ,\LATER RA, De rebus gestis Rogerii Calabriae et Sici/iae comitis et Roberti Guiscardi ducisfrairis eius, l. 11, 32, p. 77 così ricorda la fabbrica: "Eodem anno [108.l J idem comes, sumpti/Jus pluribus apparatis, undecwnque terrarum artificiosis caem.entariis conductis, fondamenta castelli, turresque apud Messanam jacens, aed{ficare coepit: cui operi srudiosos magistratus, qui operariis praeessen.t, statuii. !nterdum ipse visum veniens, ipsos per semeTipswn cohortando Jesrincmtiores reddens, brevi tempore turrim et propugnacolum immensae altitudini.1· mirifico opere consun1111avit". ,• Nel J.075 infatti Ruggero aveva stipulato un trattato di sostanziale amicizia, forte proprio dell' ormai ben nota sua tolleranza verso i musulrnani siciliani, con il capo degli Ziriti cli Tunisi, inviandogli i prinù convogli di grano. Analoghi accordi peraltro avevano concluso proprio nello stesso decennio anche alcune altre città marinare italiane.
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carèstia e come razione di base per i marinai sulle navi" 35 . Quest' ultimo dettaglio lo connotava come risorsa strategica: basta infatti immaginare le scorte che si imponevano in ognuna delle innumerevoli fortificazioni - che si edificavano febbrilmente in tutto il bacino mediterraneo - per rendersi conto della sua incontenibile richiesta. Ruggero sopravvisse al fratello cli sedici anni, ma la sua opera non anelò oltre la mera conquista e pacificazione dell'isola. Nel 1101 morì lasciando il suo dominio ancora privo di una vera capitale, estremo retaggio dell'origine di nomade vichingo. Gli successe la terza moglie Adelaide e quindi il figlio Ruggero II. Alla sovrana si attribuisce la eliminazione cli quella assurda lacuna, riconducendo a Palermo la sede del governo; all'erede invece - subentratole sul trono prima ciel 1113, anno in cui la regina si trasferì a Gerusalemme per sposarsi con Baldovino I - la trasformazione della Sicilia da contea a Regno, includendovi anche i possedimenti calabri e pugliesi. La fastosa cerimonia che sancì ufficia lmente l'elevazione isolana, si celebrò però soltanto nel 1130, allorché , nella ex moschea palennitana, riqualificata a ricchissima cattedrale, i] novello sovrano ratificò il suo stato reale, alla presenza dei sudditi riuniti, che ovviamente acclamarono entusiasticamente l'evento. Il Regno, per l'esattezza, si estendeva fino alla frontiera con lo Stato Pontificio, lungo la direttrice del Tronto-Garigliano, in perfetta identità tenitoriale con quello che secoli appresso sarà il Regno delle Due Sicilie36 . La figura di Ruggero II consegnataci dalla storiografia coeva è quella cli un monarca mitico, una peifetta sintesi tra lo splendore cli un califfo e la maestosità cli un imperatore romano. La sua corte, infatti , attingeva ad entrambe le civiltà in maniera originale e creativa, suscitando nei contemporanei la più stupita ammirazione. Da conscio rappresentante dei suoi tempi, e perfettamente edotto dai trascorsi siciliani, curò scrupolosamente l' aspetto militare difensivo del suo Regno, eliminando con puntigliosa e drastica efficienza i vari centri di potere privato - specie quelli litoranei - spianandone inesorabilmente i relativi castelli, considerati arbitrari . Per contro innumerevoli furono le fortezze innalzate sotto il suo regno per sua volontà, finalizzate all 'ambizioso progetto di rendere irreversibile la dominazione, e garantirsi eia qualunque, pur sempre temibile, iniziativa musulmana. Nonostante ciò, a differenza della stragrande maggioranza dei suoi compatrioti e familiari, non partecipò alla prima crociata37 , ostentando per giunta un netto rifiuto a qualsiasi forma di coercizione, in materia di religione, da introdurre in Sicilia. Relativamente alla rifortificazione della sua isola è importante sottoli neare che la maggior aliquota delle strutture fu edificata proprio nel periodo antecedente alla proclamazione del Regno, quando cioè maggionnente precaria ed effimera ne appariva la conquista. Si spiega così la loro iniz iale concentrazione nord-orientale, e solo successivamente la diffus ione, più omogenea, lungo l' intera fascia costiera, ovviamente con una particolare attenzione per quella di levante. "Le linee «forti» dell ' età normanna, ad una prima lettura ragionata delle più importanti manifestazioni, circondano l'isola sottolineandone il perimetro costiero, la attraversavano in direzione della Palermo-Catania, passando per il fulcro cli Enna-Calascibetta, si chiudono in circuiti chiusi in corrispondenza di particolari situazioni geografiche. Alle falde dell'Etna, lungo le linee del Simeto (a sud) e dell' Alcantara (a nord), a guardia cli Catania come uno tra i caposaldi strategici per il possesso della fascia ionica e sbocco commerciale per la Sicilia in tema, si individua nettamente il sistema dei forti che, ai margini dei due fiumi, controllano l'accesso all'entroterra. A nord, sulle rive dell' Alcantara, riusciamo ad individuare, nel riuso di preesistenze o nell' impianto ex novo, Taormina, Castel Mola, Calatabiano, Motta Camastra, Francavilla, Castiglione, Roccella, Randazzo; a sud, sulla costa, Aci Castello e Catania; in linea col Simeto, Motta S. Anastasia, Paternò, l'abbazia di S. Maria cli Licodia, Adrano, l'abbazia di Maniace. Il castello cli Lentini, inoltre domina da sud il territorio della piana.
Da D. MACK S MITH, S1oria deLla Sicilia ... , op. c it., p. 32. La costituzione in età moderna del Regno delle Due Sicilie è datata 1734. 37 Sull'argomento cfr. J. L EHMANN, / crociati, Milano, I 978, pp. 51 e sgg .. 35
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11. Foce del Simeto. 12. Taormina: Castel Mola.
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Si tratta certamente di un disegno politico-economico legato in primo luogo all'azione di conquista e, poi, al mantenimento delle posizioni acquisite contro ogni attacco dall'esterno e dall'interno ... Altri sistemi, meno unitari allo stato attuale degli studi, sono riconoscibìli sulla costa settentrionale e, ad occidente, in coincidenza con i vertici cli Erice, Caltabellotta, Mazara."38• È fondamentale ribadire lo schema elencato in quanto costituirà, con i logici incrementi ed adeguamenti successivi lo scheletro dell'intero apparato difensivo dell'isola, e molte delle realizzazioni normanne sopravviveranno inglobate e riqualificate nelle fortificazioni posteriori, spesso fino ai nostri giorni . La visione strategica del grande Ruggero Il non si limitò tuttavia a cingere il suo Regno di solidi castelli, ma ai fini di una credibile sicurezza spinse la sua intraprendenza all'assoggettamento di un ampio settore costiero nord-africano, covo endemico di infidi predoni e razziatori. Sfruttando ancora una volta le perenni diatribe interne musulmane, aggravate dalle ondate crociate, nel 1135 occupò l'isolotto di Gerba, e quindi progressivamente le altre local ità al punto che intorno al 1148 l'intera sponda eia Capo Bon a Kairouan era sotto il suo stretto dominio 39. Pochi anni dopo, nel 1154, il leggendario sovrano scompariva, lasciando quegli estesissimi e floridi domini al suo erede Guglielmo, detto " il malo", che restò sul trono fino al '66, succeduto a sua volta dal figlio tredicenne Guglielmo li il "buono" . Le immense ricchezze accumulate dall'avo consentirono il protrarsi del-benessere nell' isola, a dispetto della insipienza degli ultimi sovrani. I segni però di una incombente crisi iniziarono a manifestarsi graduahnente ed inesorabilmente. Guglielmo II morì prematuramente ad appena 36 anni, nel 1189, per giunta senza lasciare eredi, gettando così il Regno in preda ad una temibilissima crisi di successione. Ci si ricordò allora di una figlia postuma di Ruggero II, sua erede legittima, Costanza, maritata con Enrico Hohenstaufen, notevolmente più giovane di lei e futuro imperatore Enrico IV. Per grandi linee, mentre la situazione interna del Regno precipitava, essendosi con il vuoto di potere riattizzate ed esplose le latenti rivalità religiose fra le diverse etnie, Enrico IV attratto dalle ben note ricchezze dell'isola, ne rivendicò il possesso. Di fatto però fu nel 1191 che mosse dalla Germania alla volta di Palermo, e soltanto nel 1194 - dopo varie peripezie - riuscì ad incoronarsi, il giorno di Natale, re di Sicilia. Lo splendido Regno di Ruggero divenne da quel momento una provincia estrema nell'ambito del vasto Impero.
La dominazione sveva La figlia di Ruggero II quel festoso Natale non potette però essere accanto al marito. Costanza infatti, che molti a causa dell'età reputavano ormai sterile, improvvisamente - quasi a voler dar corpo alle innumerevoli previsioni e dicerie che vaticinavano l'imminente avvento di un nuovo salvatore - era rimasta incinta nel 1194. Il 26 dicembre di quell'anno, il giorno seguente alla incoronazione siciliana di Enrico IV, metteva al mondo il suo erede Federico Il, in un padiglione appositamente allestito sulla piazza di Jesi, nella provincia di Ancona40 . Il padre riuscì appena a vederlo che, nel 1197, proprio in quella Sicilia tanto ardentemente ambita, colpito probabilmente da un attacco di dissenteria nei pressi di Messina, moriva, lasciando l'impero in frangenti disperati. L'odio contro i tedeschi dilagava, fomentato in grande misura dalla loro ottusa bruta-
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Da M .G!UFFRÉ, Cas1elli e luoghi forti di Sicilia XII-XVII secolo. Palermo, I 980, pp. 13- 14. L' argomento è approfondito da G. LA lvlANTJA, la Sicilia ed il suo dominio nell'Africa se11e111rionale, in Archivio Storico Siciliano, N. S .. Anno XLIV, 1922, pp. 160 e sgg. 40 Precisa al riguardo G. MASSON, Federico II di Svevia , Varese. L978. p. 22: '"La nascita d i Federico avvenne nella marca di Ancona, nella cittadina ventosa di Jesi. Suo padre avrebbe desiderato che nascesse in Sicilia. Quando, dopo vari anni di inutile attesa, fu certo c he. Costanza stava per dargli un figlio, Enrico la richiamò nel suo Regno natale. Il lungo viaggio dalla Germania all'Italia meridionale dovette essere molto faticoso per. .. Costanza, la quale fu assalita dalle doglie del parto, appunto nella remota cittadina <li Jesi." . 39
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lità, e la eccessiva estensione dei domini, frammentati tra il nord ed il sud contribuiva alla disgregazione della fragile compagine statale. Nell'isola, in particolare, la scomparsa di Enrico IV sembrò preannunciare la ritrovata indipendenza, ed innescò per conseguenza ribel lioni e rivalse devastanti. Costanza, con il figlio di tre anni , non riuscì a padroneggiare da Pale1mo la destabilizzante situazione, contribuendo per cli più con il suo astio antigermanico al propagarsi delle violenze. La visione rinunziataria di Costanza trovò molti sostenitori, ovviamente interessati alla frantuma zione dell'impero, primo fra tutti lo stesso papa, che temeva il ritrovarsi ciel suo stato tra le ganasce imperiali. Il fanciullo crebbe perciò in Sicilia, come potè, nel perdurante clima di disordini e di anarchia, privo per giunta di mezzi adeguati di sussistenza, essendosi da tempo dileguati i favolosi tesori degli antenati : spesso dovette al buon cuore dei palermitani persino il semplice desinare. Per contro, il contatto immediato e diretto con la variegata umanità dei suoi sudditi rappresentò per lui la migliore scuola. Imparò così le diverse lingue parlate correntemente nell'isola, dall' arabo al tedesco, nonché a discernere negli uomini le concrete capacità ed a prendere gradualmente coscienza delle proprie. Ad appena 14 anni infatti, per l'esatteza dal 26 dicembre del 1208, Federico si affrancò dalla tutela papale ed iniziò autonomamente a governare. 11 Regno giaceva ormai nel caos assoluto con l'economia allo sfascio: il compito che lo attendeva appariva anche ai piì1 ottimisti clisperato4 1• Tralasciando, perché esulante dalla stretta logica della nostra trattazione, la ricostruzione della politica imperiale federiciana - peraltro ampiamente nota - ci riportiamo alla rielaborazione difensiva del Regno di Sicilia, a partire dal suo rientro nell'isola nel 1221, finalizzato esplicitamente ad una stabile riorganizzazione dello stesso, dopo gli oltre trent'anni di selvaggia illegalità. La rigida volontà cli Federico di riacquisire allo stato tutte le fortificazioni, costruite sul territorio imperiale, connota quel delicatissimo scorcio storico. Moltissimi castelli, in realtà ostentavano una finalità feudale, in netta antitesi con Ja sua visione centralizzata, e per di più risultavano innalzati senza alcuna autorizzazione sovrana. La loro espropriazione - quando non seguita da radicale demolizione per palese utjlità del manufatto - reinserendoli nel reticolo delle innumerevoli opere militari in allestimento, andò a formare l'impalcatura difensiva statica del Regno. Nucleo di condensazione della nascente compagine era pur sempre-l'originario scacchiere normanno, le cui realizzazioni si videro oggetto di grandiose ristrutturazioni ed aggiornamenti, in ossequio alla promozione in fortezze reali. E, sebbene per siffatta poderosa impresa tutti gli abitanti limitrofi fossero forzatamente impiegati, l'avanzamento del piano andò a rilento, forse proprio per la sua inusitata imponenza 42 . Tra i primi provvedimenti legislativi promulgati nell'isola dall 'imperatore, spicca il 1ipristino delle antiche normative tributarie destinate al finanziamento ed al mantenimento della flotta regnicola. In breve volgere i proventi del restaurato gettito consentirono, a Federico, di varare una ragguardevole marina, che già nel 1222 faceva garrire su due squadre da combattimento le insegne sveve43 . J tempi, fin troppo contenuti, di approntamento della flotta feclericiana tradiscono le sue maniere spicce di procedere. Infatti: "l'imperatore non andava tanto per il sottile: i comandanti di flotte delle
4 1 Circa lo scenario esistente in Sicilia all'epoca e l' opera di Federico II cfr. E. KANTOROWICZ, Federico II imperatore, Milano, 1976, pp. 20-63. 42 Per avere un'idea della dimensione del piano, basti considerare che i castelli rientrati in possesso della corona furono oltre 200, tanto che, corne precisa E. KANTOROWJ CZ, Federico !!. ... op. cit., p. 107: "Federico dovette creare un nuovo corpo cli funzionari che soprintendessero a questo «organismo per la difesa ciel paese», vigilando sull'amministrazione e manutenzione dei castelli ..." , che in quanto proprietà dello stato servivano per la sicurezza della nazione e non più del singolo feudatario. ' 1] Precisa G. MASSON, Federico ll... , op. cit., pp. 96-97: "Le antiche leggi normanne avevano previsto una serie di provvedimenti grazie ai quali era possibile creare e mantenere sempre in ottima efficienza una flotta. I proprietari di alcuni feudi e varie città e centri importanti del Regno erano obbligati a fornire legname per la costruzione e denaro per la man utenzione della flotta - questi tributi erano conosciuti sollo il nome di ligna111ia e marinaria - nonché un certo numero di marinai per equipaggiarla. Federico ripristinò quelle leggi, cosicché alla fine del 1221 poteva già contare su due squadre navali".
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I 3. Lucern: panoramica della colonia saracena federiciana.
città marinare italiane o i capitani delle navi mercantili che atu-accavano in Sicilia, venivano invitati (o costretti) a noleggiare o a vendere i loro legni ... Ma le navi mercantili non bastavano: servivano quelle da guerra, le galere, alla cui costruzione Federico cominciò subito ad applicarsi... nelle sue intenzioni .. . cento galere e cinquanta navi da trasporto dovevano essere pronte per il 1225 .. . In ogni caso, l'imperatore si creò un forte naviglio mercantile ed un'eccellente flotta da guerra, che gli resero innumerevoli servigi ... e gli valsero più di una vittoda. Certo, per il momento non si trattava che cli una flotta siciliana, ma presto sarebbe divenuta la flotta dell'impero romano, come lo provava sin dall'inizio 1o stemma degli Staufen - l'aquila romana in campo d'oro - dipinta sulle bandiere: per la prima volta al tempo di Federico una flotta imperiale romanogermanica correva il mar 'firreno e lo Jonio ... A capo della nuova flotta fu nomi nato il conte Enrico di Malta ... Contemporaneamente, l'imperatore cominciò... in Sicilia ... a fortificare le coste, non solo per difendersi da navi nemiche, ma in previsione di una guerra contro i saraceni negli anni a venire. " 44 • Il conflitto saraceno che realisticamente si prefigurava l'imperatore, trovava spiegazione - quale ovvia ritorsione - a quanto stava per accingersi ad intraprendere appunto nel Regno. Frustrava, infatti, il ristabilimento della normalità esistenziale ìl degrado dell'ordine costituito, funestato dalle ruberie e dall'anarchia de.i saraceni indige1ù, annidiatisi sulle aree montuose interne dell'isola. Scartata a priori l'ipotesi di un minuzioso genocidio, sia per la tollerenza se non addirittura per l' ammirazione del sovrano verso la cultura araba - della quale si dichiarava un fervente estimatore - sia per-
"" Da E.
KAKTOROWICZ, Federico
li..., op. cit., pp. 121- 122.
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14. Lucera: detLaglio delle mura federiciane.
ché avrebbe ulteriormente esacerbato i già cruenti rapporti tra le due etnie, Federico optò per una loro deportazione a Lucera45 , da effettuarsi contestualmente alle progressive catture militari. Traendo partito dalla sua potente marina da guerra, avviò la risoluzione del problema dei saraceni siciliani, troncando innazitutto i loro incessanti rapporti con il nord-Africa. Da quel momento in poi, nessun serio ostacolo si frappose alla iniziativa imperiale, protrattasi nonostante ciò per diversi anni. Oltre 16.000 saraceni finirono in tal modo deportati a Lucera, dove parallelamente Federico aveva fatto erigere una inusitata colonia militare, di tipica connotazione islamica, con un fastoso palaz.zo46 . Qui, guadagnatasi rapidamente la stima e la graditudine degli stessi, che vedevano in lui un leale ''sultano", trascorse frequenti soggiorni, fanaticamente protetto dai fedelissimi arcieri musulmani della guardia, in perfetta identità cli intenti con il suo glorioso nonno materno. Aci onta degli sforzi e dei desideri dell'imperatore, la riqualificazione difensiva della Sicilia richiese un lungo periodo d'incubazione e di effettiva realizzazione. A partire dagli anni '30 però, la prorompente dinamica federiciana trovò in materia, generalizzata esecuzione. "All'idea di castello come insediamento residenz iale e, insieme, fortificato , luogo di eliporto e presidio militare, Federico assegna in coincidenza con le necessità dei luoghi, un ruolo valido non so.lo in se stesso ma in rapporto, soprattutto, al sistema ragionato cli cui partecipa, alla creazione di una linea «forte>> garante di una «pr.ivata» circolazione tra la Germania e l'Italia meridionale. Tale linea, superato lo stretto di Messina, tenderebbe a privilegiare la Sicilia orientale lungo una direttrice costiera nord-sud...
4 ; Lucera fu a suo tempo una colonia militare rornana. All'epoca degli Staufcn era una proprie tà demaniale sostanzialmente deserta. 46 La cittadella cli Luccra, meglio nota come " recinto fortificato cli Lucera", s i: "estende su un colle presso la città, [eJ fu cardine principale de l sistema difensivo federiciano in terra pugliese. Esso è costituito da una cinta pentagonale turrita di circa 900 metri, eretta dal re svevo... Nell'interno sono i resti ciel palazzo cli fcdcrico , grandioso dongione realizzato ne l 1233 ove aveva sede la corte. li recinto in grado di contenere un esercito cli 8.000 uomini, accolse contingenti cli guei-ricri saraceni che furono i più fedeli difensori dell ' imperatore." . Da A. CASSI R AMELLl, Casrelli efortificazioni, Milano, 1974, p. 156.
Gli w11efatti
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15. Catania: Castello Ursino, prospetto principale. 16. Catania: Castello Ursino, prnspello posteriore.
I castelli di Catania, Augusta, Siracusa, costituiscono nel panorama orientale, e per le caratteristiche e per la dislocazione, una sequenza omogenea e continua che permarrà valida anche nei secoli XVI e XVII, quando saranno accom unati come elementi <<vecchi» da inserire in nuovi contesti"J7 • I lavori febbrilmente condotti innanzi interessarono quindi, oltre alla triade citata - per la quale è lecito parlare di sostanziale ricostruzione - anche Trapani, Termini Imerese, Lentini, Milazzo, Palermo, Calatafimi, Licata, Salemi, tanto per citare i principali interventi.
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Da M. GIUFFRÉ, Castelli e... , op. cit., pp. 21-22.
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La di,fesa costiera del Regno dì Sici!iC1 dal XVI al XIX secolo
17 17. Siracusa: Castel Maniace, nella ricostruzione federiciana.
Onde accelerare al massimo l'approntamento di tale linea cli castelU costieri, si studiarono ed attuarono, in concerto con guanto stava avvenendo anche nelle altre regioni dell'impero, criteri di progettazione e di edificazione assolutamente originali. Già da una prima sommaria osservazione dei castelli feclericiani , sia siciliani che continentali, balza evidente, pur nella veste deformata con cui ci sono per lo più pervenuti, un ' idea creativa essenziale e severa. Quei castelli infatti dalla pianta rigidamente geometrica - nella stragrande maggioranza dei casi quadrata - ricchi di reminiscenze crociate48 o comunque classiche, rappresentavano l'elaborazione architettonica - militare della precettistica gotica - cisterccnse49 . L'aspetto innovativo non si limita quindi alla semplice organizzazione planimetrica, ma investe persino la natura dei progettisti, infatti: "l'incarico come architetti e capimastri per la edificazione dei suoi castelli viene dato ai fratelli laici cieli ' ordine cistercense. Nè mancano i documenti di tale attività... Ed ecco che i castelli di Federico II già impostati in maniera strutturalmente nuova, non essendo più feudali, ma statali, inaugurano anche un nuovo stile architettonico sotto il patrocinio dell'ordine cistercense. Non dovendo infatti i castelli servire all'abitazione di una famiglia ... bensì soltanto al soggiorno cli scolte militari, potevano essere costruiti come i "castra" romani, secondo un sistema unico con poche varianti che, anche esteriormente, offriva il massimo cli semplicità e sobrietà matematica: un quadrato di pietra con una torre in capo ad ogni lato ...
48 In merito alle " reminisce nze crociate'', negate da d iversi autori, bisogna osservare che non si riferiscono semplicisti camente nè ad un particolare tipo di pianta nè ad una particolare soluzione struttura le architettonica. Valga per llltti l' impiego dell'arco acuto: '·elemento cost.ant.emcnt.e usato nell'architellura romanica di Terra Santa è l' arco a sesto acuto. sia che la strutLura presenti volte a botte che a crociera; ta le forma dell'arco non era estranea alla Francia del primo scorcio del Xli secolo, ma neppure usata con la meùesirna costanza. Non si può perciò affermare che l'arco a sesto acuto possa essere stato introdotto nell'architettu ra occidentale proprio tramite il movimcnLo delle Crociate; si può affermare c he a contatto co n l'architettura dell'Islam che g ià da tempo si serviva di tale forirn1, l'uso si sia consolidato e sia divenuto costante, insostituibile. ··• da S: LANGE'', Archi1e11ura delle crociate in Palestina, Como, I 965, pp. 14 1-143. 49 Sull'argomento cfr. L. CìRODECK IL, Archi/e/tura E;Olica. Venezia, 1976, pp. 36 e sgg . .
Gli antefa lfi
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18. Torre di Vendicari (Sr), di epoca s veva.
Quando parliamo di architettura cistercense ci riferiamo ad un'architettura altrimenti eletta gotica rudimentale o gotica - nascente ... [dove] è presente abbondantemente il principio dell ' arco a sesto acuto, delle colonne e nervature come elementi di forte tensione verso l'alto... "50 . Ai castelli così innalzati, o restaurati radicalmente, vanno aggiunte anche le toni costiere, che in numero imprecisabile furono erette, e delle quali ancora qualche testimonianza chiarificatrice ci è pervenuta. L'imperatore , in ogni caso, deve reputarsi il costruttore per antonomasia cli fortificazioni in terra siciliana, la maggioranza delle quali lungo le coste. Mediante siffatta catena Federico restò, in pratica, garantito 11011 solo della difesa ciel Regno, ma anche della rendita fiscale e commerciale. Infatti , a sua discrezione, poteva in qualunque momento interrompere qualsiasi contatto da e per l'esterno. L'isola pertanto, più che racchiusa da fortezze, assurgeva per la sua interezza al rango di una unica struttura: la Fortezza Sicilia. Parimenti, il controllo militare dei porti significava il controllo rigido dei monopoli, quali il sale, il ferro , la canapa - questi ultimi due in specie strettamente correlati agli armamenti terrestri e navali - dei quali l'imperatore, per fin i strategici, fu sempre un geloso custode. La grandiosa e per tanti versi avveniristica organizzazione statale di Federico II di Svevia, la sua stringente visione imperiale e la sua esasperata curiosità scientifica e culturale, foriera di significativi sviluppi, erano destinate purtroppo a svanire altrettanto rapidamente cli come apparse. I suoi discenden ti, ammesso pure che fossero all'altezza dell 'immane eredità, non ebbero destino propizio, ché anzi una tenebrosa tragedia li condusse, in breve volgere, alla completa estinzione. Manfredì che pervenne al trono di Sicilia, incoronato a Palermo nel 1258, fu ucciso nella battaglia di Benevento5 1 contro le forze angioine nel 1266. I suoi figli si spensero miseramente, dopo lunghissima ed atroce prigionja, nel mitico Castel del Monte52, a loro volta senza alcun erede.
so Da F. Russo, Canoni dell 'arc/1itet1ura federicicma nel casrello di S. Felice a Cancello, in "L' Universo" riv. IGMl, n° 5. Firenze, 1980. pp. 860-861. 51 Sull'episodio della morte cli Manfredi cfr. G. V. CJMl L,\ NTI, Memorie his1oriche del Sannio, Isernia, 1644, lib. IV, cap. XIX, p. 354. 52 Al riguardo cfr. G. A. L AU RI."., li Cas1el/o del i'vJon1e in terra di Bari, s!Udi e pensieri, Napoli, 186 1, pp. 50-51.
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Della seconda generazione il giovane Corradino, tentando nel 1268 d i riconquistare l'impero avito, si avventurò in Italia con uno striminzito esercito. Sconfitto a Tagliacozzo e tradito durante la fuga, presso Torre Astura, dai Frangipane53, finì decapitato a piazza Mercato a Napoli, all'età di appena 17 anni, per volontà cli Carlo d 'Angiò. Non diversamente da quanto accaduto meno di un secolo innanzi con la dinastia normanna, fu una donna a perpetuare l'estrema eredità sveva, anch'essa per ironia della sorte di nome Costanza. Figlia cli Manfredi, unica scampata dalle mani dell'angioino, andò in sposa a Pietro d'Aragona, sulle cui vicende nell'ambito della storia del Regno di Sicilia avremo occasione di ritornare. La scomparsa di Federico vanificò rapidamente i traguardi socio-economici raggiunti dall'isola. Le iniziative imprenditoriali e commerciali da lui varate si dissolsero in pochi anni, e con loro anche la partecipata motivazione intellettuale che connotò quella illuminata prima rinascita. La più ottusa anarchia tornò a dilagare nel Regno, ridestando anacronisticamente un feudalesimo gretto e suicida.
La dominazione francese La conquista francese della Sicilia assunse dopo la morte di Manfredi estrinsecazioni talmente violente, da potersi assimilare, ancora una volta, quasi ad una crociata54. Allorché Carlo cl' Angiò si acci nse ad attraversare lo stretto di Messina non diversamente da tutti i suoi predecessori , arabi compresi, trovò ad attenderlo in terra siciliana significati vi alleati , cli indubbio vantaggio per il prosieguo delle operazioni. Proprio Messina e Siracusa infatti si dimostrarono ottime basi logistiche, consentendogli in breve volgere la presa di Palermo e quindi dell'intera isola55 . Le truppe frances i al seguito dell'angioino composte, come regola per l'epoca in questione da avidi mercenari56 e saccheggiatori, non sembrano differenziarsi in tale negativa connotazione da quelle degli altri condottieri fino ad allora avvicendatisi in Sicilia. Eppure con il loro avvento si ingenerò nella popolazione isolana una insofferenza astiosa e vendicativa, affatto endemica e tragicamente premonitrice. Non sarebbe azzardato intravedere in questa crescente repulsione, la reazione all'arroganza ed alla prevaricazione religiosa degli ultimi arrivati, in una terra per tradizione tollerante. Forse anche la "marginalizzazione" della Sicilia nell'ambito dell'intero Regno 57 , contribuì sensibilmente al destabilizzante fenomeno 58 : cli certo dopo poco al taciturno disprezzo subentrò l'aperta resistenza. Le immancabili atroci rappresaglie francesi, lungi dallo stroncarne l'insorgenza la aizzarono esponenzialmente.
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In merito cfr. G. M. DE Rossi, Torri costiere del Lazio, Roma, 1971 , p. 76.
"Nel XIII secolo lo "strumento" delle Crociale non fu più vo lto a battere gli infedeli, ma gli eretici cr.istiani. Quando nel 1255, papa Alessandro IV predicò la crociata contro Manfredi, ..., Matteo Paris scrisse: «Venuti a sapere di un tal proposito, i veri Cristiani furono stupiti ed attoniti cli sentirsi promettere, per versar sangue di altr.i C ristiani. lo stesso cornpenso ricevuto per combattere gli infedeli. L' incostanza e la flessibilità dei preti suscitò riso e beffe. »", da, J. F. C. FULLER, Le /Jarwglie decisive del mondo occidentale e La loro influenza sulla storia, trad. G. GtANNETrJ, Roma l.988, Voi. I, p. 384. 55 Cfr. D. MACK SM tTH, Storia della Sicilia ... , op. cit., pp. 88-89. 56 Precisa al riguardo M. MALLETT, Signori e mercenari, Urbino, I 983, p. 22: "nel sud della Penisola , i mercenari furono la forza principale degli eserciti pontifi~i, imperiali e angioini per tutto il secolo decimoterzo. Usando il termine «mercenari» vogliamo all udere soprattutto ai sold ati cli mestiere 0011 italiani ... Nel tempo di cui stiamo parlando tutti i soldati erano pagati ... I mercenari del Duecento erano reclutati individualmeme e come tali ser vivano chi li aveva ingaggiati ... NeJJ' Ital ia meridionale ... il grosso della cavalleria di Carlo d'Angiò era costituito sicurame nte da francesi, molti cli loro erano, tuttavia, non già dei vassalli feudali, bensì degli avventurieri mercenari... ". 57 Gli angioini mantennero sempre ed unicamente la loro capitale a Napoli: poiché le funzioni dirigenziali avvenivano per opera della corte e dei suoi componenti su in.iziativa sovrana, per l'antico Regno d.i Sicilia si verificò una sorta di declassamento a livello di umile colonia. Circa la struttu ra di governo e le varie cariche amm inistrative angioine cfr. Y. REKOUARD, Le c:iuà italiane dal X al XIV secolo, Milano, 1976, Voi. II, pp. 244-248. 58 Sulle conseguenze in campo culturale della nuova dominazione cfr. F. SABATlNl, Napoli angioina, cultura e societù, Napoli, 1975, pp. 15-50. 54
Gli antefatti
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Augusta ad esempio, mantenutasi con ostentata fierezza fedele alla dinastia sveva, o più verosimilmente non disposta a subire le vessazioni francesi, fu rasa al suolo, ed i suoi abitanti passati per le armi. A quella esplicita conferma cli insubordinazione ne seguirono in tutta l'isola innumerevoli altre, e soltanto a prezzo di reiterate devastazioni, i dominatori di. turno soffocarono le ribellioni, senza peraltro ottenere mai un credibile consenso. Come se non bastasse, l'eccessivo carico fiscale imposto dall'inviso governo innescò la resa dei conti 59 . Alla fine di marzo ciel 1282 la parossistica situazione si risolse in quella notissima sanguinosa rivolta, passata alla Storia sotto il romantico nome cli " Vesperi Siciliani". In realtà si trattò della indistinta sommaria elinùnazione fisica della presenza francese dall ' isola: al di là di una sacrosanta riaffermazione di indipendenza, la prevedibile rivoluzione si trasformò in realtà in una indiscriminata mattanza. Sfumata dopo il massacro la truce euforia, profilandosi inoltre la prevedibilissima vendetta reale, la più responsabile dirigenza sici liana cercò, senza frapporre indugi, un solido protettore, ovvero un alternativo monarca. E subito fu individuato nel marito cli Costanza, il già ricordato re Pietro III d'Aragona, eletto il Grande. L'essere consorte dell ' unica erede legittima vivente - non reclusa - dei rimpianti normanni - svevi, contribuì non poco alla sua designazione. Per molti osservatori contemporanei però, l'astuto sovrano apparve se non l'ispiratore almeno l'istigatore della insurrezione ed , il suo farsi lungamente pregare per intervenire in aiuto dell'isola, sembra in un certo qual modo avvalorare quei sospetti.60 • Comunque sia, le navi di Pietro d ' Aragona intorno agli inizi cli giugno facero vela verso la Sicilia, dove gettarono l'ancora soltanto alla fine di agosto, a Trapani, a causa dei lunghi scali effettuati alle Baleari ed in nord-Africa. Secondo le migliori tradizioni del Regno il 4 settembre dello stesso anno, nella superba cattedrale di Palermo, si celebrò il fastoso rito d' incoronazione. Con re Pietro d 'Aragona la Sicilia entrò nell 'orbita spagnola, permanendovi per oltre quattro seco li. Restava tuttavia da completare la conquista dell'isola, in quanto Messina continu ava ad essere cinta d'assedio dalle truppe angioine protese in un estremo tentativo di recupero, resistendo epicamente. La flotta aragonese perciò si diresse prontamente in soccorso della cittadina, raggiunta in un secondo momento anche dalle forze terrestri. l francesi, a quel punto, si. videro cosb·etti ad un umil iante sganciamento, durante il quale persero una consistente aliquota delle loro navi . Il cocente smacco subì un' ulteriore riproposizione allorché, nel 1284, lo stesso ammiraglio aragonese Ruggiero di Lauria, replicb nelle acque di Napoli il successo: in tale circostanza per di più cadde in mano di re Pietro il figlio del suo odiato avversario, Carlo lo Zoppo61. Da quel momento le mire angioine sulla Sicilia si vanificarono irreversibilmente. Sotto il profilo strettamente militare ed in particolare difensivo dell'isola, pochissime iniziative possono attribuirsi con certezza al ristretto periodo francese tranne, forse, alcuni sommari restauri a qualche fo rtezza federiciana di rilevanza strategica. È probabile tuttavia che, per meglio legare la Sicilia alla restante parte continentale del Regno, venisse incrementata la em brionale rete esistente di ton-i di segnalazione foranea, ma al riguardo labilissime reminiscenze ci sono pervenute. È però credibile che negli anni immediatamente antecedenti ai Vesperi, identiche norme fossero promulgate in materia di difesa costiera per l'intero Regno, di qua e di là del Faro. Ne conseguirebbe pertanto che anche in Sicilia: "già
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Carlo d 'Angiò non solo mantenne intallo il g ià sensibile carico fiscale svevo, ma vi aggiunse d.i suo una serie vastissi ma di corvées, cui persino Federico II aveva dovuto rinunciare per la immediata intolleranza popolare. 60 I preparativi aragonesi per \a conquista militare della Sicilia fervevano da tempo, sebbene fossero tenuti gelosamente segreti, proclamando che obiettivo del sovrano sarebbe stata la conquista di Tunisi. I.n li nea di massima si può stimare che la forza d ' intervento aragonese approntata per la Sicilia fosse di almeno 10.000 fanti, 300 cavalieri, una ventina cli galere, alcuni grossi vascelli e numerose navi minori di appoggio e trasporto. 6 1 Per una migliore val utazione delle indubbie capacità dell'a mmiraglio, è fondamentale 1icordare che dopo la lezione inflitta agli angioini dinanzi Messina, seguì nel 1283 una disastrosa sconfitta della loro flotta nelle acque di Malta, ed ancora nel 1284 la cattura cie l p1incipe ereditario e qui ndi sempre sotto il comando del Lauri a nel 1285 la conqllista cli Taranto, ed ancora la disfatta francese a San Felice di Catalogna nello stesso anno. Tuttavia entrato in urto con la dinastia aragonese il celebre ammi raglio ne sconfisse la floua, già sua, presso Capo d'Orlando nel 1299, ponendo successivamente in Spagna termine alln gloriosa carriera. Sulla conquista aragonese della Sicilia cfr. T. Ci=.1.orn, Storia di Spagna, M ilano, 1940, pp. 274-292.
la d(fesa costiera del Hegno di Sicilia dal XVI al XIX seco lo
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dall'inizio del regno di Carlo I era stata data particolare attenzione alle difese costiere. Da Napoli, infatti, il sovrano, sin dal 1269, ordinava (1 8 novembre) «di munire con sentinelle, riparare e fortificare le torri di tutto il Regno per difesa contro i pirati e contro i nemici>>." 62 • Assodato che i pirati flagellav ano s pecialmente le coste dell'isola e che, per quanto ricostruito, i nemici dell'ang ioino, fortiss im i sul mare, miravano incessantemente ad alienargliela militarmente, ci sembra estremamente sensato l' asserto .
La dorninazione aragonese L'incoronazione di re Pietro d'Aragona gettava il presupposto, almeno secondo la sua visione poli tica, di una graduale conquista dell'intera Italia meridionale. Il grandioso progetto cozzava, ovviamente, con quello antitetico angioino mirante alla riconquista della Sicilia. Ne conseguì un periodo di aperta e diffusa ostilità. La morte di Carlo I d' Angiò, nel gennaio del 1285, e quella di Pietro III cl ' Aragona, nel novembre dello stesso anno, lungi dal d irimere la contesa la rinfocolò negli eredi, specie nel campo aragonese. TI trattato di Anagni63 del 1295, caldeggiato da Bonifacio Vlll, sembrava aver finalmente risolto il nodo del Regno cli Sicilia, contemplandone la restituzione agli angioini, in ca1nbio di quelli cli Sardegna e Corsica per i loro antagonisti. Ma la sua sola enunciazione bastò a far riesplodere immediatamente nell' isola furibonde insurrezioni. I baroni paventando infatti il ritorno degli odi ati francesi , osarono sfidare apertamente le decisioni del sovrano , Giacomo d'Aragona, nominando suo frate llo Federico re cli S.icilia. L'incoronazione di quello, che sotto ogni profilo poteva considerarsi un usurpatore, avvenne nel 1296, ed il discutibile monarca assunse il nome emblematico cli Federico III, e ne riesumò sulle insegne le mitiche aquile imperiali. Ciò che desta la maggiore perplessità al riguardo è la eccezionale longevità del suo governo protrattosi per ben quarant'anni, contro di cui tutti si dichiararono, per una ragione o per l'altra, ostili come il papa, gli angioi ni ed anche Giacomo d ' Aragona, che finì per condurgli guerra. Una classica soluzione cli compromesso nel 130264 gl i valse il mantenimento della corona, ma non la pace un iversale. La guerra infatti si riaccese con gli angioini nel 13 12 e si può agevolmente ritenere che si protrasse, con fasi di latenza ed improvvise riacutizzazioni, fino al 1372, con un continuo still icidio di operazioni incursive lungo le marine isolane. Non poche località litoranee della Sicilia, infatti, i n quel lungo lasso di tempo tornarono, sia pur saltuariamente ed effimeramente, sotto la sovranità dei cl' Angiò, ma mai vi rimasero a lungo. L'andazzo, oltremodo deleterio per la stabilità esistenziale di qualsiasi stato, impose la prioritaria riqualificazione dell'apparato difensivo permanente costiero, per lo più retaggio normanno-svevo, e della flotta, unici garanti cli credibile possesso65 . Sotto l'aspetto politico, tuttavia, la logorante resistenza alle pur deboli incursioni nemiche, corrodeva in maniera inarrestab.ile il potere sovrano a tutto vantaggio dei baroni, al cui aiuto materiale e militare la corona, di giorno in giorno e sempre più massicciamente, doveva far ricorso. Il feudales imo perciò registrò nell ' isola una ennesi ma rifioritura a discapito delle prerogative sovrane, svendute per le assillanti incombenze imposte dalla incessante conflittualità.
Da L SANTORO, Castelli angioini e araRonesi nel Regno di Napoli, Milano, 1982, p. 93. I termini del trattato contemplavano: la restituzione da pane di Giacomo II della Sicilia a Carlo II d' Angiò, nonché le fortezze e le terre occupate in Calabria ed in Basilicata dagli aragonesi nel corso degli scontri successivi ai "Vesperi'"; il matrimonio tra la figlia secondogenita cli Carlo Il e Giacomo, il rientro della scomunica papale nei confronti di quest'ultimo cd infine il trono di Corsica e Sardegna. Disgraziatamente Federico, allora vicerè in Palermo non si lasciò allettare dalle promesse pontificie. 6• Si trattò oltre a clausole cli natura co1nmerciale, quali la l'acilitazione delle esportazioni granarie verso lo Stato Pontificio, di vere e proprie cavillosità politiche, quali il doversi chiamare ''Re di Trinacria" e non di Sicilia, ed infine di dover restituire alla sua morte il Regno agli angioini. 65 Frutto di tale contesto cli continuo pericolo di incursioni costiere deve essere stato il diploma del 1329 di re Federico "De jtendis fan is in locis consuelis", nel quale peraltro si prescrive la rigida osservanza delle normative di avvistamento e scgnul.azione costiera già in vigore da tempi remoti. Cfr. AONELLO, Le /orri costiere di Siracusa nella lot1a anticorsara, in Archivio St0rico Siracusano. Siracusa, voi. I, p. 53. 62 63
Gli an1efatli
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Tralasciando un ulteriore approfondimento del tormentato scorcio storico - peraltro non strettamente necessario ai fini della nostra ricerca - ci basti ricordare che Federico III morì nel 1337 ed a lui successe Pietro II, 1337-1342, e quindi Luigi, 1342-1355, ed ancora Federico IV, il quale ereditò un Regno soltanto formalmente libero, ma onnai privo di qualsiasi autorità all'interno e di qualsiasi riconoscimento all'esterno. Gli subentrò con la sua scomparsa nel 1377 la figlia Maria, unica discendente diretta, data in moglie a Martino nipote del re d ' Aragona, riannodandosi in tal modo l'incorporazione della Sicilia nei possedimenti della Corona d'Aragona. La spedizione di definitivo assoggettamento dell' anarchica isola, si attuò nel 1392, risolvendosi nell'ascesa cli Martino al rango di Rex Siciliae, dalla limitatissima autonomia decisionale. A Martino I successe Martino II, ma nel 141 O il trono rimase nuovamente privo di eredi legittimi. Nel 1412 Ferdinando venne prescelto in Spagna fra i possibili pretendenti della dinastia ed, ai suoi molti titoli, aggiunse così anche quello cli Re cli Sicilia66 . Da quel giorno però iniziò per il Regno la latitanza del sovrano, ricadendo il suo governo corrente su di uno specifico funzionario detto vicerè. La carica, raramente peraltro ricoperta da siciliani, si sarebbe protratta per i successivi quattro secoli, aprendosi il nutritissimo avvicendamento proprio con il figlio cli Ferclinanclo, don Juan de Pefiafiel. Inutilmente il baronato isolano tentò cli innalzare quest'ultimo a proprio re: l'intento fallì miseramente nè fu mai più ritentato. A Ferdinando I, nel 1416 subentrò il figlio maggiore Alfonso V, meglio noto come il Magnanimo, che riuscì a guadagnarsi pure il Regno cli Napoli nel 1435, ritrovandosi a quel punto monarca delle Due Sicilie, più italiano che spagnolo. Dal 1443 infatti risiedette continuatamente ed esclusivamente a Napoli 67 : dei 42 anni del suo regno ben 29 li trascorse in Italia, di cui 26 senza spostarsi minimamente! La stabilizzazione dinastica aragonese produsse anche nell'isola un tifiorire del commercio, giocando un ruolo non secondar.io il flusso di denaro derivante dalle forniture militari. Disgraziatamente però la ricomparsa sulla scena internazionale dei prodotti regnicoli suscitò risentimenti e concorrenze spietate negli altri stati occidentali: in tale contesto si deve ricondurre l' attacco effettuato dai veneziani al porto cli Siracusa nel 1446. Ad Alfonso successe, per i domini esterni a Napoli, il fratello Giovanni, che rimarcò immediatamente l'appartenenza ciel Regno cli Sicilia alle altre pertinenze aragonesi. Fu la volta quindi alla sua morte, nel 1479, del figlio Ferdinando TI che ereditò oltre ai troni d'Aragona, di Catalogna, di Valencia e Maiorca anche quello di Sicilia. In virtù del suo matrimonio, celebrato nel 1469 con la notissima Isabella cli Castiglia - infante dell' altra grande dinastia iberica - nei primi anni '80 ciel XV secolo, iniziò ad emergere dal dissolversi del medioevo, l'immenso Impero Spagnolo. Superate le difficoltà interne, prima fra tutte l'eliminazione della comproprietà islamica - dopo oltre sette secoli - Isabella e Ferdinando dedicarono i loro sforzi a governare in maniera originale l' inusitato coacervo di stati. La formula rituale: "Don Ferdinando e dona !sabei, per grazia di Dio sovrani della Castiglia, del Leòn, dell'Aragona e della Sicilia... "68 , stava appunto a sottolineare maggiormente la sostanziale autonomia da essi voluta per ciascun dominio. La riprova potrebbe cogliersi nel particolare dell'assenza di una stabile capitale del loro vastissimo regno. Per la definitiva riappropriazione di tutti i territori però occorse una ennesima dura campagna cli guerra. Infatti a minacciare la sovranità dei "Re Cattolici" sul Regno di Napoli e di Sicil.ia incombevano le pretese di Carlo VIII, entrato trionfalmente a Napoli nel 1495. L'energica reazione militare delle truppe spagnole comandate dal "gran capitano" don Gonzalo de Cordova, scongiurò irreparabilmente le mire francesi, gettando per di più le premesse tecniche per la costituzione del futuro esercito imperiale e dei sui famosi "Tercios" .
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Per un approfondimento degli eventi appena schematizzati cfr. T. CELOTIJ, Sroria di ... , op. cit., pp. 327-345 . Circa questi avvenimenti cfr. Cambridge Universit.y Press, Storia dei Mondo ... op. cit., voi. VII, pp. 546-575. <>s Da J. H. ELLJOTT, la Spagna imperiale... , op. cit., p. 84.
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Le, difesa costiera del Regno di Sicilia dal XV! al XIX secolo
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Ad Isabella e Ferdinando avrebbe dovuto succedere il loro unico maschio Giovanni ma la sua prematura morte, pri va per giunta di un discendente, seguita anche da q uella della sorella Isabella, sconvolse il normale avvicendamento dinastico. Toccò perciò all' ultima figlia dei sovrani Giovanna, moglie di Fi lippo il Bello ed instabile cli mente, la pesante incombenza, e per lei quindi al suo pri mogenito Carlo.
Il Regno nell'Impero Asburgico Al la fine del 1517 il nuovo sovrano Carlo 1, raggiungeva avventurosamente, per una serie di contrattempi e cli avversitù, la Spagna dove nel gennaio successivo riceveva il giuramento di fedeltà delle Cortes: nelle sue mani si ven ivano così a trovare tanto i possedi menti spagno li quanto quelli centroeuropei asburgici. Era in sostanza la imprevedibile riunificazione cli buo na parte clell' antico Sacro Romano Impero del quale l'inesperto e goffo giovane, ovviamente, assu nse il titolo di imperatore, divenendo pertanto Carlo V Ne avrebbe retto le sorti nel bene e nel male per i successiv i q uarant'anni. "Due conseguenze importanti derivarono dal fatto che l'impero di Carlo V non era ch e un aggregato di territori collegati in maniera presso che fortuita da un sovrano a tutti comune. In primo luogo, gli ordinamenti costituzionali tipici d i ognuno dei vari territori o domini ebbero una sorta di congelamento o cristallizzazione. Ogni domin io, infatti, fu q uanto mai sensibile ad ogni minaccia reale o presunta al proprio assetto tradizionale e proprio questa gelosa difesa... impedì che si ponesse mano ... ad un ordinamento istituz ionale comune all'Impero nel suo complesso ... In secondo luogo, ne ris ultò impedita la formazione di più stretti vincoli tra i diversi dominii sia sul piano economico sia su l p iano pol itico ... Mancando tale mistica, i dominii di Carlo continuarono a pensare solo a se stessi ... [tuttavia l l'irnp ianto nella penisola dell 'egemonia spagnola, ebbe... fo ndamentali vantaggi strategici ... : il controllo del bacino centrale ed occidentale del Mediterraneo, allora sempre più esposto alla minaccia di un'avanzata turca. Proprio il profilarsi di una sempre più grave minaccia turca nel Mediterraneo occidentale doveva in pratica avere un'influenza decisiva sulla forma che la potenza spagnola doveva assumere nel C inquecento e sui suoi peculiari sviluppi. L'Europa di Carlo V si trovò a dover fare i conti con una potenza la cui organizzazione interna era fi nalizzala specificamente per fare la guerra... Le coste spagnole erano esposte alle incursioni... le derrate provenienti dalla Sicilia potevano fac ilmente essere intercettate .. . La S pagna ... si trovava in prima linea... e fu proprio in funzione anti-turca che il programma imperiale di Carlo V trovò una sua ragion d'essere ... Per quanto deboli fossero i legam i tra i s uoi vari dom in ii, essi costituivano pur sempre un insieme sufficientemente solido per opporsi... laiJ turchi... " 69. In tale variegata compagine il Regno di Sicilia pur non rivestendo un ruolo particolarmente significati vo, nè rilevante, assolveva per contro una funzione strategica primaria: quel la di indiscusso avamposto cristiano nella frontiera antiturca, vera punta d i diamante del ricordato schieramento. La caduta di Costantinopoli nel 1453 70, la conseguente conquista dei paesi balcanici, l'atroce presa di O tranto nel 148071 , avevano scandito cupamente l'inarrestabile dilagare della marea ottomana, contro la cui tremenda minaccia non era più possibile tergiversare. L'isola si venne a trovare perciò in quel vorticoso fi ne secolo nuovamente, ad immediato ridosso del temutissimo nemico per an tonomasia, ed i suoi migliori scali naval i, Messina innanzitutto, si trasformarono in altrettante munitissime piazzeforti marittime.
Ib. pp. 187-190. ìo Sull'argomento e sulle reazioni all'epoca cfr. A. PERTCSI, La caduta di Cos/aruinopoli, Verona, 1976, Voi. I e 11. 71 I sovrani aragonesi erano perfettamente consci ciel pericolo dell'avanzata turca e della eccessi va espos.i?.ione del loro Regno anche li111itaLarnente alla sola parte peninsulare. Soleva infatti affermare re Ferrante d'Aragona in quei medesi mi anni: ··Ricordino i Principi che i l nostro regno ha 2000 miglia di coste aperte ad ogni assalto nemico" , eia A . RovrGHr, L'Occide,ue cristiano di }i-onte a//'r!ffe11siva 111 rca, in M.cmorie Storico M ili tari, Roma, 1980, p. 26 1. Sulla guerra otrantina in relazione all'evoluzione dell ' archi tettura mi litare cfr. L. A. M AGG IOROTTI, Le origini della fortiffr:azione bas tionata e La guerra d'Ommto, in Riv. cl' Artiglieria e Genio, Roma, Gennaio, 193 1. 69
Gli antefatti
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'Il perché del riesplodere del problema islamico dopo una quiescenza di alcuni secoli, va imputato alla eccezionale forza espansiva impressa dagli Osmanli ed alle incessanti discordie degli europei. Un chiaro indicatore del mortale pericolo fu proprio il riproporsi, con un crescendo esponenziale, della piaga delle razzie barbaresche sulle coste occidentali, peninsulari in particolare. Senza voler ripercorrere le fasi che portarono alla rapida fortuna delle città-stato corsare nord-africane72 - già delineata nel precedente volume sulla difesa costiera del Regno di Napoli - ci preme invece riallacciarci a quella che in tale esposizione fu ritenuta una delle prede più ambite della corsa: il grano. Nella ricostruzione storica, infatti, osservammo che il sistema difensivo napoletano dei litorali si progettò e real izzò facen d ogli carico della salvaguardia cli una fasc ia cl i acqua costiera. Questa, in seguito meglio definita come acqua territoriale, garantita dalle gittate dei cannoni delle torri, rappresentava e così era indicata nei documenti coevi - la via del gran.073, ovvero il ristretto margine entro cui i mercantili granari cabotavano incessantemente per rifornire Napoli dalla Puglia. Osservammo pure, come a siffatto estenuante periplo non vi fosse alcuna alternativa terrestre, per l' inesistenza di trasporti congrui. Lungo il mare quindi doveva fluire il vitale alimento, attraendo nel suo itinerario i famelici predoni nord-africani, specializzatisi nel la caccia a s imili convogli. È a questo punto che la nostra esposizione può contare su di una ulteriore precisazione, che varrà a meglio chiarire il perché dell' insorgere ciel turpe fenomeno, e del s uo parossistico incremento con l' avvento ciel XVI secolo. La Sicilia, e lo abbiam o più volte ricordato, grazie alla sua inusitata feracità aveva fornito dall'alto medioevo il grano al nord-Africa, con reciproca soddisfazione, sotto qualsiasi dominazione avvicendatasi, indifferente a qualunque contesto dinastico-religioso ivi vigente. Ancora agli inizi del XV secolo scambi del genere, si svolgevano nella massima tranquillità senza alcuna significativa limitazione politica. Ma in breve volgere, complice l'i ntolleranza religiosa spagnola, iniziaro no a manifestarsi i primi inceppamenti del delicato equilibrio. Tra il 1458 ed il 1474 il parlamento siciliano sollecitò più volte la corona 74 a riconfermare i tradizionali impegni commerciali, in materia di esportazione granaria, non ricevendone alcuna positiva risposta. Al di là del fattore religioso tuttavia due ordini di motivazioni sembrano potersi individuare alla base del reiterato diniego, entrambi cli natura strategica: privare il nemico di quel vantaggiosissimo grano a lunga conservazione, e, proprio perché tale, accaparrarselo per gli innumerevoli presidi imperiali. Le conseguenze sotto il profi lo militare non si fecero attendere: quanto vietato per via commerciale legittima divenne il ricercato bottino dei tantissimi razziatori del mare. Centri di produzione, magazzini cli stoccaggio, porti caricatori, e mercantili in navigazione, assursero a bersaglio prediletto dei corsari, per la faci lità della cattura e per la remuneratività della preda, dovunque e comunque sempre richiestissima. È interessante constata re che i premi assicurativi applicati per i mercantili granari eia e per la Sicilia risultano a partire dal 1500 i più cari. "L'infoltito insediamento musulmano lungo le coste occidentali africane, la costituzione di stati barbareschi dediti al la pirateria ; le infel ici spedizioni spagnole per l'occupazione cli q uelle terre, e la disunione degli stati europei, crearono nel Mediterraneo una situaz ione di molto .rischio per la nav igazione mercantile.
72 Sull'argomento cfr. C. MANCA, li modello economico delle città marillime barbaresche dopo Lepanto, Napoli, 1982, pp. I 1-25. 73 Cfr. R. C!STERNINO , G. PORCARO, La marina mercanrile napoletana dal XVI al XIX secolo, Napoli, 1954, pp. 30 e sgg. 7·1 È sintomatico al riguardo ricordare che proprio tra il 1455 ed il 1492 si compirono in Spagn.J una sanguinosa serie di campagne militari per elimanare una volta per tutte la secolare presenza islam ica dal regno. Dopo la conquista <li Granada che sancì il conseguimento cli tale intento. ad una iniziale tolleranza verso l'elemento "moro' subcnu·ò nel '99 con il Cisneros una rigidissima ortodossia, sfociata in conversioni coatte, espulsioni e soppressioni , ed ovvi.Jmcntc nella drastica interruzio ne cli qualsiasi rapporto con popolazioni non cristiane. Sull'argomento cfr. J. H. Eu .10TT, La Spagna imperiale 1469-1716. Urbino, 1982, pp. 48-55.
La d(/l!SO costiera del Regno di Sicilia dal XVI al XIX secolo
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li mutamento dell 'ambiente politico ed economico, e l'esasperazione ciel rischio ebbero dirette ripercussioni sul mercato assicurativo ... un freno ai soverch ianti rincari venne trovato nel maggior ricorso ai convogli.. . " 75 • La misura purtroppo non risolse affatto il problema, tant'è che: " il I 6 aprile ciel 15 I 6 ... l Kurtògoli] s'i n1 possessèJ in un solo colpo nelle acque siciliane, di una flotta cli 16 bastimenti carichi cli grano ... " 76 . Parallelamente all' organi 7.7arsi della dirigenza spagnola in Sicilia, ormai provincia dell' impero, simili dolorosi epi sodi, sebbene cli entità numerica inferiore presero a s usseguirsi con allucinante frequenza 77 . Poche le possibilità cli interdire l' insostenibile salasso direttamente in mano ai nuovi vicerè. Q uesti infatti nell' ambito della amministrazione imperiale non godevano cli identid poteri clirigcnziaii di quell i aragonesi: erano scaduti in pratica al .livello di semplici governatori , le cui decisioni per assennate e pronte che fossero , anche in materia d i emergenza difensiva, dovevano sottostare alla trafila burocratica vigente. "La catena del le comunicazioni che andava dal vicerè al Consiglio, poi al re e d i nuovo al vicerè assicurò, nel governo della monarchi a spagnola, una copertura completa di tutti gl i affari cli qualche importanza: nul la di importante insomma, poteva sfuggire alle maglie del controllo governativo. E infatti non c i fu Stato e uropeo che nel Cinquecento fosse pii:1 «governalo» dei clomin ii del re cli Spagna, se prendiamo a criterio la somma d i discussioni dedicate ad ogni singolo problema e la quantità di carte che si riempivano pri ma cli giu ngere alla sua solu zione" 78 . Se tale esasperante procedura implicò ind ubbiamente notevoli ritardi per l'esecutivo, rappresenta attualmente la migliore fonte per l'indagine storica di q uel tormentato periodo, consentendoci in tal modo cli uscire dal generico e dalle supposizioni, anche in merito alla d ifesa costiera ciel Regno di Sicilia cd alla s ua riqual ificazione rinascimentale e moderna . Per una migliore comprensione cronologica degli eventi che andremo ad esporre, ci è parso uti le fornire l'elenco dettagl iato di tutti vicerè, luogotenenti e presidenti, avvicendatisi alla guida ciel regno cli Sicilia, dalla istituzione della carica nel 1415 alla sua defini tiva abol izione nel 1786.
1415 1416 1419 1421 1422 1423 1424 1425 1429 1430 1432 1435 1438 1439 1440 1441 1443 1445 -
Vicerè don Giovanni di Castiglia. conte di Pegniaficl, infante di Castiglia Vicerè Domenico Ram, vescovo di Lericla e Antonio Cardona Vicerè Antonio Cardona e Ferdinando Velasquez e l'vl artino cle Turribus Vicerè Giovanni de Podio Nuchi e Arnaldo Ruggiero de Pal las e Niccolò Castagn a Vicerè Giovanni de Podio Nucbi e Arnaldo Ruggiero de Pallas e Ferdinando Velasquez Vicerè Niccolò Speciale Plenipotenz iario l' Infante di Aragona P ietro Vicerè Niccolò Speciale Vicerè Niccolò Speciale e Guglielmo Moncada Vicerè G iovanni Ventimiglia Conte d i Geraci e Niccolò Spec iale e Gugl ielmo Moncada Presidenti Pietro Felice e Adamo Asrnunclo Plenipotenziario l'Infante Pietro cli Aragona Vicerè Ruggiero Panna Vicerè Ruggiero Paruta Vicerè Bernardo Requesens Vicerè Gilberto Centelles e Battis ta Platamone Vicerè Raimondo Perellos Vicerè Ximenes de Urrea Vicerè Lupo Ximenes
Da G . G !ACCHERO, Swria delle assicurazioni mari/lime, Genova, i 984, p. 91. Da R. PANETIA, Pirati e corsari rurch i e barbareschi nel Mare Nosirum. Torino, 1981 , Voi. I, p. 22. 77 In merito cfr. S. BONO, La Sicilia e i barbareschi, in «Storia della Sicilia» voi. VII, Napoli, 1978. 7 ~ Da J. H . ELLIOTI, La Spagna imperiale .... op. cit., p. 198. 75
•16
Gli an.tefmti
1446 1449 1452 1453 1456 1459 1463 1465 1475 1477 1478 1479 1483 1487 1489 1494 1495 1506 1507 1509 1512 1516 -
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Presidenti Antonio Rosso Spaclafora Conte cli Sclafani Presidenti Adamo Asmondo e Pietro Speciale e Pietro Gaetano e Presidenti Antonio Rosso Spadafora Conte di Sc1afani Presidente Simone di Bologna Presidenti Antonio Rosso Spadafora conte di Sclafani Vicerè Giovanni de Moncayo Vicefè Bernardo Requeses Vicerè Lupo Ximenes de Urrea Presidente Giovan Tommaso Moncada;Vicerè Guglielmo Pujades e Guglielmo Peralta Vicerè Giovanni Cardona Conte di Prades Presidente Giovan Tommaso Moncada Vicerè Gaspare de Spe Presidente Raimondo Santapau e Giovanni Valguerra Presidente Raimondo Santapau e Giuseppe Centelles Vicerè Ferdinando de Acugna Presidente Giovan Tommaso Moncada Vicerè Giovanni la Nuca Presidente Giovanni Paternò Vicerè Raimondo de Cardona Presidente Giovanni Paternò; Guglielmo Raimondo de Moncada; Vicerè Ugo de Moncada . Presidente Bernardo Bologna; Pietro Sanchez de Catalayucl Presidente Simone Ventimiglia Mare. Geraci; Matteo Santapau Mare. Licoclìa e Giovanni Vincenzo de Luna Cont. Caltabellotta 1517 - Luogotenente Cap. Generale Ettore Pignatelli, Cont. Monteleone 1518 -- Vicerè Ettore Pignatell i 1522 - Presidente Camillo Pignatelli e Giovanni Alliata Bar. Castellamare 1526 - Presidente Arrigo de Cardona Arciv. Monreale 1535 - Presidente Simone Ventimiglia Mare. Geraci; Vicerè e Cap. Generale Ferrante Gonzaga 1536 - Presidente Giovanni Moncada Cont. Ai tona 1.538 - Presidente Arnaldo Albertino Vesc. Patti 1539 - Presidente Giovanni di Aragona Tagliavia, Mare. Terranova 1540 - Presidente Ponzio Santapau 1541 - Presidente Simone Ventimiglia 1542 - Presidente Alfonso di Carclona Cont. Chiusa 1544 - Presidente Giovanni di Aragona Tagliavia 1546 - Presidente Ambrogio Santapau 1547 - Vicerè e Cap. Generale Giovanni de Vega 1550 - Presidente Ferdinando de Veg 1557 - Presidente Pietro di Aragona; Tagliavia Card. Arciv. Palermo; Vicerè e Cap. Generale Giovanni della Cerda; Due. Meclinacoeli 1558 - Presidente Niccolò Maria Caracciolo Vesc. Catania 1559 - Presidente Ferdinando de Si lva Mare. Favara 1565 - Presidente Barto lomeo Sebastiano Vesc. Patti; Vicerè e Cap. Generale Garzia de Toledo; Presidente Antonio Doria Mare. S. Stefano 1566 - Presidente Bartolomeo Sebastiano; Carlo di Aragona e Tagliavia Princ. Caslelvetrano 1568 - Vicerè e Cap. Generale F. Ferdinando Avalos de Aquino Mare. Pescara 1571 - Presidente Giuseppe Francesco Landriano; Carlo cli Aragona e Tagliavia 1.577 - Vicerè e Cap. Generale Marcantonio Colonna; Due. Tagl iacozzo 1582 - Presidente Fabrizio Russo Cont. Sinopoli 1585 - Vicerè e Cap. Generale Diego Enriquez de Gusman Con.t. Albadalista 1592 - Vicerè e Cap. Generale Arrigo de Gusman Cont. Olivares
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La difesa costiera del Regno di Sicilia dal X\!! al XIX secolo
1601 - Presidente Giorgio de Cardines Mare. Elc 1602 - Vicerè e Cap. Generale Lorenzo Suarez de Figuera Due. Feria 1606 - Presidente Giovanni Ventim iglia Vicerè e Cap. Generale Giovanni Fernanclez Paceco Mare. Vigliena 1610 - Vicerè e Cap. Generale Giovan Giannettino; Doria. Card. Arciv. Palermo 1611 - Vicerè e Cap. Generale Pietro Giron Ossuna; Due. Ossuna 1616 - Luogotenente G. Gìannettino Doria; Vicerè e Cap. Generale Francesco di Lemos Cont. Castro 1622 - Vicerè e Cap. Generale Emanuele Filiberto di Savoja Princ. 1624 - Luogotenente Giov. Giannettino Doria 1625 - Vicerè e Cap. Generale Antonio Pirnentel Mare. Tavolara 1627 - Presidente Arrigo Pimentel Cont. Villada; Vicerè e Cap. Generale Francesco Fernandez de la Cueva Due. Alburquergue 1632 - Luogotenente e Cap. Generale Ferdinando Afan de Ribera Due. AJcalà 1635 - Presidente Luigi Moncada Due. Montalto 1639 - Vicerè e Cap. Generale Francesco di Mello di Braganza Cont. Assumar; Luogotenente Giov. Giannettino Doria J.641 - Vicerè e Cap. Generale Giovanni Alfonso Henriquez de Caprera C:ont. Modica 1644 - Vicerè e Cap. Generale Pietro Fuxardo Zuniga e Requenses de los Veles; Presidente Giovanni Torresiglia Arciv. Monreale 1647 - Presidente Giuseppe Gusman Mare. Montallegro e Teodoro Trivulzio Card. 1649 - Vicerè e Cap. Generale Serenissimo Giovanni cl ' Austria figlio nat. Filippo IV 1650 - Luogotenente Melchiorre Centelles de Borgia 1651- Presidente Antonio Bricel Ronchiglio e Martino de Leon Arciv. Palermo; Vicerè e Cap. Generale Rodrigo Mencloza Roxas e Sancloval Due. del l' Infantado 1655 - Vicerè e Cap. Generale Giovanni Treglies de Giron Due. Ossuna 1656 - Presidente Francesco Gisulfo e Osorio Vesc. Cefalù; Luogotenente e Cap. Generale Martino de Redin Priore cli Navarra 1657 - Presidente Giovan Battista Ortiz de Espinosa e Pietro Martino Rubeo Arciv. Palermo 1660 - Vicerè e 'Cap. Generale Ferdinando di Ayala Cont. Ayala 1663 - Vicerè e Cap. Generale Francesco Gaetano Romano Due. Sermoneta 1667 - Vicerè e Cap. Generale Francesco Fernandez de la Cueva Due. Alburquerque 1670 - Vicerè e Cap. Generale Claudio Lamoralclo Princ. L ignè 1674 - Vicerè Francesco Bazan de Bonavid Mare. Bajona Mare. Bajona; Vicerè e Cap . Generale Federico Toledo e Osorio Mare. Villafranca 1676 - Vicerè e Cap. Generale Aniello de Gusman Mare. Castel Roderico 1677 - Governatrice Eleonora cli Mora Mare. Castel Roderico; Luogotenente Ludovico Fernandez de Portocarrero Card. Arciv. Toledo 1678 - Vicerè e Cap. Generale Vincenzo Gonzaga de' ciuchi di Mantova 1679 - Vicerè e Cap. Generale Francesco Bonavides Cont. S. Stefano 1687 - Vicerè e Cap. Generale Giovan Francesco Paceco Due. Uzeda 1696 - Vicerè e Cap. Generale Pietro Colon Due. Vergas 1701- Vicerè e Cap. Generale Giovanni Emanuello Fernandez Paceco Due. Ascalone 1702 - Vicerè e Cap. Generale Francesco ciel Giudice Card. 1705 - Vicerè e Cap. Generale Isidoro de la Cueva e Bonavicles Mare. Bedmar 1707 - Vicerè e Cap. Generale Carlo Anton io Spinola e Colonna Mare. Balbases 1714 - Vicerè e Cap. Generale Annibale Maffei Cont. 1718 - Vicerè e Cap. Generale Giovanni Francesco di Bette Mare. Lede 1719 - Vicerè e Cap. Generale Niccolò Pignatelli Due. Monteleone 1720 - Vicerè Niccolò Pignatelli 1722 - Vicerè e Cap. Generale Fra'Gioacchi no Fernandez Cont. Palma Balì cli Malta 1728 - Vicerè e Cap. Generale Cristofo Fernandez de Cordova Cont. Sastago
Cli ontefatti
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1734 - Vicerè e Cap. Generale Giuseppe Carlillo Albonoz Cont. Montemar; Preside nte Co nte d i Marsigliac 1735 - Presidente e Cap. Generale Pietro de Castro Figueroa Mare. Grazia Reale 1737 - Vicerè e Cap. Generale Bartolomeo Corsini Princ. Gismano 1747 - Vicerè e Cap. Generale Eustachio Due. Viefuille 1754 - Presidente e cap. Generale Giuseppe Gri n1au Cont. 1755 - Presidente e Cap . Generale Marcello Papiniano Arciv. Palermo; Vicerè e Cap. Generale Giovanni Fogl iani Due. d'Aragona 1768 -Presidente e Cap. Generale Egidio Pietra - Santa Princ. S. Pietro 1773 - Governatore Serafino Filangeri Arciv. Palermo 1775 - Vicerè e Cap. Generale Marcantonio Colonna Princ. Alliano 1778 - Pres idente e Cap. Generale Antonio dc Cortada y Brù 1781 - Vicerè e Cap. Generale Domenico Caracciolo Mare. Villarnarina 1784 - Presidente e cap. Generale Francesco Ferdinando Sanseverino Arciv. Palermo 1786 - Presidente e Cap . Generale Gioacchino Fons de Viela; Vicerè e Cap. Generale Francesco d i Aquino, Princ. Caramanico79•
» Da G. E. D1 BLASt, Storia cronolog ica de ' Vicerè, L11ogo1e11e11ti e Presidellli del Regno di Sicilia. Palermo, 1974, Voi. I, pp. 623-83.
CAPITOLO SECONDO
Riqualificazione della difesa costiera nel XVI secolo
Il contesto storico I primi decenni del XVI secolo trascorsero per l'impero spagnolo angustiati da una duplice emergenza militare, frutto di un'avversa casualità storica. Da una parte infatti si registrava una ennesima, improvvisa cris.i espansiva dell'universo musulmano, dilagante come innanzi accennato dai Balcani al Nord-Africa, con dinamiche travolgenti ed apparentemente inarrestabili 1• Dall'altra poi, la altrettanto imprevedibile, nella sua inusitata rapidità, evoluzione tecnologica dei mezzi di attacco, prima fra tutti la diffusione di una micidiale artiglieria2, aveva cli colpo reso obsoleto ed inaffidabile l'intero schieramento fortificato dei regni mediterranei dell'impero asburgico, meglio connotati con la calzante definizione di "frontiera marittima"3 • La fitta teoria di fortezze costiere, di castelli litoranei e di piazzeforti marittime, erette nel corso dei secoli precedenti con esplicita funzione antinvasiva e continuamente restaurate, sempre sotto il terrore di iniziative di conquista islamica, apparivano a quel punto anacronistiche ed antiquate, pateticamente vulnerabili e fragili contro la montante minaccia. Ad aggravare ulteriormente le angosce contribuiva il progressivo incrementarsi della pirateria nordafricana, che riproponeva, accentuate, le gesta degli antichi corsari saraceni4 • La gravità del momento non sfuggiva affatto alla dirigenza imperiale spagnola, perfettamente aggiornata dagli incessanti rapporti sull'i ncontenibile salasso di uomini e mezzi, ma incentivava disgraziatamente logiche ostative divergenti. Per molti infatti soluzione per antonomasia all'angustiante dramma sarebbe consistita in una nuova crociata5, finalizzata alla conquista massiccia dell' intera Africa settentrionale, debellando una volta per tutte la piaga endemica dei corsari. Per ,ùtri invece, fra i quali l'impe-
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Sull'argomento cfr. F. BRAUDEL, Civiltà e imperi... , op. cit., pp. 695 e sgg. Molto acutamente E.BRA VETIA, L'artiglieria e le sue meraviglie,Milano,1919, p. [33, afferma: ''l i vero progresso delle artiglierie da fuoco cominciò nel XVI secolo,quando,cioè, tecnici e principi cominciarono a persuadersi della necessità di sottoporne la costrnzione a regole determinate e fisse". Riguardo poi alle conseguenze nel settore della fortificazione,di portata travolgente le sintetizza magistralmente W. H. McNEJLL,Cacc ia al potere, tecnologia, armi, realtà sociale dall'anno M'i/le,Varcse,1984, pp.77-78: "Eppure l'ingegnosità italiana... non avrebbe subito a lungo il maggior potere dei parchi d 'assedio: ..... il problema aveva adesso un carattere di urgenza assoluto ... tanto che alla ricerca della soluzione si dedicarono i miglio1i cervelli del Paese,tra i quali Leonardo e M.ichelangelo ... G li ltaliani furono i primi a scoprire che la terra di scavo a minimo compattamento poteva neutralizzare i colpi d'artiglieria grazie al!' assorbimento ... Entro gli anni venti del 1500 le fortificazioni del nuovo modello italiano erano nuovamente in grado di resistere anche agli assalitori meglio equipaggiati.Comportavano però un costo enorme:soltanto gli Stati più opulenti e le città più ricche potevano permettersi il lusso delle dozzine di bocche eia fuoco e degli immani lavori d'ingegneria necessario per quella che ormai v~niva chiamata... la trace italianne". 3 La definizione si incontra già nei documenti del XVI secolo. 1 · Sull'argomento cfr. R. P ANETTA, / Saraceni in Italia, Milano, 1973, ed ancora P. GROSSE, Storia della pirateria, Firenze, 1962, pp. 11 -112. 5 Precisa J. H. ELUOT, La Spagna. imperiale... ,op. cit., pp. 56, in merito alle motivazioni delle imprese del 1505-1509: "i castigliani presero effettiva coscienza ciel pericolo che poteva venire dall'Africa settentrionale... [facendogli) richiedere a gran voce una crociata contro l'Islam, impresa ardentemente sostenuta dal Cisneros e dalla regina. Tuttavia quando Isabella morì nel 1504, nulla era stato fano in merito e spettò allora al Cisneros far valere l'ultimo desiderio della regina morente e cioè che il suo sposo si dedicasse «senza indugio alla conquista del!' Africa e alla guerra per la fede contro i mori»''. 2
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La difesa costiera del Regno di Sicilia dal XVI al XIX secolo
ratore stesso, sarebbe stato sufficiente il semplice controllo della fascia costiera nord-africana mediante opportuni caposaldi fortificati, meglio noti come "presidi"6, interdicendo così l'accesso al mare alla fanatica genia dei razziatori. In entrambi i casi tuttavia si richiedeva un immenso sforzo militare, che l'apparato non sembrava affatto in grado di sostenere. Doveva, tra l'altro, fronteggiare pur sempre la persistente spinta espansiva turca, le cui mire sull'Italia meridionale ed insulare costituivano l'incubo per antonomasia, specie alla luce della ricordata dequalificazione difensiva. Di giorno in giorno però la inevitabilità del feroce confronto ne stemperava quasi il terrore, caratterizzando in definitiva in maniera monopolistica la politica di Carlo V. Purtroppo a differenza di una operazione militare di conquista, un affidabile progetto di difesa globale per una frontiera marittima così estesa e così articolata, quale quella costituita dai tre regni cli Napoli, di Sicilia e di Sardegna, si prospettava impresa improba e costosissima. In pratica avrebbe ingoiato per lunghi decenni ogni loro risorsa economica. Si imponeva pertanto, prima di ripiegare sulla pura difensiva, applicare la forza militare coalizzata per tentare di annientare il secolare nemico, almeno laddove non si mostrava ancora particolarmente poderoso, ovvero proprio sulla costa della Barberia. Dal prefigurato successo dell'operazione scaturiva oltre alla neutralizzazione dei corsari pure un salutare esempio per lo stesso impero ottomano. Le mosse antesignane di tale prospettiva possono ravvisarsi nella spedizione del 1505, e quindi in quella del 1509, che consentirono la conquista di Orano e cli altri punti chiave. Ma furono proprio quelle epidermiche occupazioni, in ultima analisi, ad innescare una maggiore virulenza all'aggressività barbaresca, motivandola ad una loro riappropriazione. Già nel 1516 infatti i tristemente celebri fratell i Barbarossa, di cui Ariadeno - o per meglio dire Khair ed - Din - assurgerà a flagello per antonomasia delle marine occidentali, si insediarano nell' isoletta di Gerba, contrastando la menzionata linea tendenziale spagnola 7 . In breve divennero signori cli Algeri. Rimasto solo nel 1518, il grande pirata dando prova di eccezionale acume politico, si proclamò fedele vassallo del Sultano, che blandito dai suoi doni e dalle sue profferte, nonché stimolato dall 'acquisire una forza navale ausiliaria di combattimento di sperimentata capacità, accettò con gioia la proposta, promuovendolo di fatto al rango cli corsaro8 . Tralasciando di approfondire l'operato del Barbarossa in nord-Africa, rileveremo soltanto che nel 1534 riuscì con un abile assalto ad appropriarsi anche di Tunisi, facendo a quel punto scattare la reazione spagnola. Del resto le sue continue incursioni e crociere razziatorie, la sua inafferrabile onnipresen-
6 Circa la logica tutta spagnola dei Presidi, precisa F. BRAUDEL, Ci viltà e im11eri ... ,op. cit.: "!questi] in balia de l solo commercio dei mercanti ambulanti e dei vivandieri, non hanno nè prosperato nè messo radici. .. La vita dei presidi non poteva non essere miserabi le. Nei pressi dell'acqua, i viveri imputridiscono, gli uomini muiono cli febbre; il soldato alla lunga muore di fame ... Le guarnigioni vivevano dunque generalmente come equipaggi d.i navi, non senza rischi ...quanclo s'imbarcavano truppe destinate ai presidi [si era soliti] non dire in anticipo la destinazione, e quando vi si trovavano, di non dar piLt loro il cambio ...Solo i malati, e non sempre, potevano ritornare agl i ospedali di Sicilia e di Spagna. In realtà i presidi erano località di deportazione: nobili e ricchi vi andavano ad espiare le loro colpe". Afferma ancora al riguardo G. P ARKER, La rivoluzione militare, Bologna, 1989, p. 99: "Fra il 1608 ecl il 1619, non meno di 4.211 soldati spagnoli della guarnigione di Orano... scelsero di disertare e di darsi schiavi ai loro nemici musulmani, piuttosto di continuare a difendere la città loro affidata" . 7 Sull'argomento cfr. C. MANCA, Il modello di sviluppo econo,nico delle città marittime barbaresche dopo Lepanto, Napoli, 1982, pp. 10 e sgg. 8 Avendo trovato una bandiera sotto cui continuare i suoi traffici, ma con la quale dividerne pur tuttavia una parte dei proventi, il predone cessava di essere un volgare pirata, da tutti disconosciuto, per divenire un corsaro ovvero un combattente irregolare, ma riconosciuto e quindi garantito da una delle due parti in lotta. Sulla figura dei corsari poi vi era dalle due parti dello schieramento una sostanziale accet.tazione.
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za, la deportazione sulle .sue galere di diverse migliaia di infelici sudditi imperiali9, avevano da tempo prodotto una volontà rabbiosa di rivincita, in perfetta continuità storica con le premesse del 1509. Carlo V pressato dagli eventi e dalle intime convinzioni, edotto dai menzionati precedenti e impedito probabilmente ad agire in maniera diversa, programmò una poderosa campagna in Barberia, ponendosi personalmente alla testa della sua multinazionale armata10. "Deliberata nel 1535 l'azione offensiva, furono fatti i necessari preparativi di navi, galere ed altri legni in Spagna, in Fiandra e in Italia: vi si unirono anche navi fornite dal re del Portogallo e dai genovesi ed altre inviate dal papa e dai Ca val ieri di Rodi 11 • La conquista della città fortificata di Tunisi «presentava non poche di fficoltà - scrive il Maggiorotti 12 - perché la spedizione doveva svolgersi attraverso una zona di mare che era percorsa da arditi e numerosi corsari musulmani; e inoltre bisognava attaccare opere di fortificazione potentemente difese; perciò l'imperatore chiamò a raccolta i più valenti ingegneri militari tra quelli che erano al suo servizio .... di italiani vi parteciparono il eia Ravenna, Gabriele clej Tadini 13 di Martinengo, Pietro Librano, Antonio Ferramolino ... »" 14• L'assedio asprissimo vide circa tre settimane cli bombardamento preparatorio, inframmezzato da frequenti scontri di fanteria e cavalleria fra le due compagini: in uno di questi spiccò per coraggio e valore il giovane capitano generale dei cavalleggeri imperiali Fen-ante Gonzaga 15 • Seguì quindi la presa della Goletta e poi della stessa Tunisi. L'assedio infine fu risolto molto probabilmente proprio dalla massa di schiavi cristiani che il Barbarossa aveva accumulato all'interno della città. Stando infatti alle cronache: "gli schiavi cristiani , riesciti a libertà, avevano uccisi due cento Turchi e avevano innalzato sulle mura una bandiera, con cui invitavano gli imperiali ad entrare" 16 • La presa avvenne con una particolare efferatezza, quale solo le gueJTe di religione sogliono ostentare: per le fonti coeve infatti diverse centinaia cli nùgliaia di abitanti vennero trucidati, indiscriminatamente, dettaglio destinato non certo a fomentare entusiasmi verso il nuovo sovrano da parte dei sopravvissuti e dei musulmani tutti. Per contro invece ammontarono a più di 20.000 gli schiavi liberati in tale circostanza, tra uomini e donne di ogni età e nazionalit.à, non esclusi persino i francesi. Di essi la maggiore aliquota risultava quella dei siciliani, pari a 4.500 17•
9 Basti ricordare che soltanto nel 1534 la squadra di 80 galere comandate dal Barbarossa compì nella sua crociera le seguenti imprese: massacro della guarnigione spagnola di Corone, di circa 3.000 uomini, eliminnzione dei presidi nel golfo di Patrasso, attacco alle coste di Sicilia e cli Calabria con distruzione del paese di S. Lucido e cattura dell'intero abitato, distruzione ed incendio di Cetraro, sbarco a Capri, con grande bottino e numerosissime prede, assalto a Procida con identico rituale, sbarco a Sperlonga con saccheggi e devastazioni del paese, attacco a Fondi, qu indi Te1Tacina, ed ancora Ostia. Finalmente sul licio di Roma completati i rifornimenti di acqua e legna ri fece rotta per Tunisi. 10 Le forze al comando di Carlo V constavano di 25.000 fanti e 2.000 cavalieri, di nazionalità spagnola italiana e tedesca trasportati su 400 navi. 11 I Cavalieri cli Malta, prima di chiamarsi così dal nome della loro ultima sede, erano stati di Rodi, isola che avevano strappato ai musulmani nel 1308 occupandola fino al 1522, allorché la stessa fu conquistata al secondo tentativo dalle forze cli Maometto II. Soltanto dopo un breve periodo cli soggiorno in Italia ottennero nel 1530 da Carlo V l' isola di Malta quale loro sede, mutando di concerto il nome. 12 1. A. MAGGIAR01TI, Gli architetti milirari, in «Il Genio Italiano all' estero» - Roma, 1933. 13 Sulla figura dei celebre architetto militare Gabriele Tadino è interessante citare alcuni dati biografici di A. M".SOTTr, Gabriele Tadino e Niccolò Tartaglia, Atti dell'Ateneo di Scienze, Lettere cd Arti, Bergamo, Voi. XXXVIII, 1973-74, pp. 363 e sgg.: "Gabriele Tadino è stato giustamente clesignato ...come eroe della difesa di Rodi, contro i Turchi assedianti, nel 1522...durante la quale una palla d ' archibugio privò il Tadino dell ' ot:chio desu·o ... Nel 1543 al Tadino, ammalato, il Tartaglia dedicava la sua traduzione italiana di Euclide... moriva poco dopo il 4 giugno 1543 ...". 14 Da G. TAD!Nf, Ferramolino da Bergamo l 'ingegnere militare che nel '500/ortific<Ì la Sicilia, Bergamo, 1977, pp. 37-38. 15 Cfr A. ULLOA, \lita del valorosissimo e gran capitano Don Ferrante Go11wga, Venezia, 1563, pp. 70-73. 16 Da E. PELAEZ, La vita e fa storia di 11riadeno Barbarossa voltate in italiano dalla inedita versione spagnola di un originale turco, in Archivio Storico Siciliano, d ' ora innanzi A. S. S., n. s.,anni V-XI, 1880-1887. 17 lb. pp. 386-387.
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Conclusasi felicemente la spedizione l'imperatore fece vela per la Sicilia, la quale peraltro aveva sostenuto un ruolo affatto secondario nel finanziamento dell'impresa. li 13 settembre entrò trionfalmente in Palermo. Carlo V, quasi certamente al di là delle ovazioni tributategli, si rendeva pe1fettamente conto che il colpo inferto ai barbareschi non era affatto mortale e che, come la passata esperienza aveva insegnato, ne avrebbe vieppiù attizzato lo spirito cli vendetta. Il truce Barbarossa, per giunta, non figurava nè tra i prigionieri nè tra i morti. Sarebbe pertanto occorsa una reiterazione della spedizione, e forse più di una, per poter considerare estirpata la parassitaria istituzione. Per l'immediato, però, tutto lasciava presumere una imminente impennata della guerra corsara, e forse anche dei raid in grande stile della flotta turca contro la frontiera marittima. Giusta.mente si osservava in materia di difesa dell'Isola che: "la trascuratezza avrebbe potuto essere scusata prima dell'acquisto di Tunisi da parte del Barbarossa, dopo, e più adesso che il pirata ne era stato spogliato, l'inerzia sarebbe stata colpa grave ... Questo dava ora un' importanza storica tutta nuova alla Sicilia ... " 18• La permanenza in Sicilia dell'imperatore si protrasse per un mese intero, conferma esplicita della gravità della situazione. Non perse occasione, infatti, per ispez ionare cli persona le princi pali città marittime e le loro difese, ricavandone ovviamente scoraggianti impressioni. Antiquate ed inefficienti, spesso addirittura cadenti gli apparvero le vetuste fortificazioni dell'Isola, penoso retaggio delle precedenti dinastie. Rade e malridotte le misere torri di avvistamento ancora in piedi, sparuta ed oberata cli compiti la flotta da intercettazione del Regno 19, scalcinata e disarmata la insignificante nùlizia20 . In altri termini, laddove la minaccia si stimava parossistica la situazione difensiva appariva vacua ed inconsistente, ed il tempo per correre ai ripari quasi inesistente. In realtà non si coglieva più una significativa interruzione delle razzie, al punto che lo stesso parlamento siciliano doveva sconsolatamente notificargli che: "ogni giorno, e specialmente d'estate, questi uomini fanno infinite incursioni nelle zone costiere ... ed ogni anno portano via gran numero d i anime cristiane e di navi appartenenti alla Vostra Maestà Imperiale ... " 21• E non era mera retorica! "Le dimensioni assunte dalla pirateria e dalle azioni delle navi corsare ... erano espressione della estrema modestia dell'impegno si)agnolo .in Sicilia e della incapacità degli isolani a fornire un contributo notevole alla propria difesa. Era questo uno dei motivi per cui Messina e Palermo non potevano competere sul piano commerciale con le città del nord... " 22 • "Perché la Sicilia fu colta impreparata e sguarnita di fortificazioni moderne dagli avvenimenti della guerra fra l'impero cli Carlo V e la coalizione franco -turca? Ci si può stupire che l'Isola ... non avesse nulla di simile alle fortificazioni di isole notevolmente più piccole come Cipro, Creta, Rodi, Kos, Negroponte, ecc. 23 . La nostra sorpresa viene però mitigata da una considerazione fo ndamentale. Nessuno in Sicilia avrebbe mai pensato che l'Impero Ottomano potesse pianificare in un futuro più o meno lontano un attacco alla Sicilia...
Da G. CAPASSO, Il governo di Don Ferrante Conzaga in Sicilia dal 1535 al 1543, in A. S. S.,n. s.,XXX e XXXI, Palermo 1905-1906, p. 448. 19 Relati vamente a quello scorcio storico la flotta del Regno di Sicilia consis1eva in IO galere di cui 6 ordinarie e 4 straordi narie. Le 4 ultime erano in effeui di proprietà privata e veni vano in un certo senso "noleggiate" per la difesa, secondo le particolari esigenze ciel momento. La procedura, alquanto usuale all'epoca, andava sotto il nome di "contratto di assiento". Carlo V accrebbe il numero di queste seconde a 6, due delle quali appartenenti al Signore di Monaco. 2 Circa la milizia siciliana le cui origini feudali furono trattate eia R. GREGORIO, Opere scelte, voi. un ico, Palermo, 1845, pp. 734-737, in epoca più recente, ovvero nel 1518 fu riproposta dal parlamento l'istituzione di una milizia stanziale cli 150 uomini cl' anne regnicoli, sulla falsariga del Regno di Napoli. Nel 1534 venivano mantenuti circa 10.000 fanti per la difesa dell' isola con un esborso di 300.000 fiorini l' anno. 21 Da D. MACK SM!TH, Storia della ..., op. cit., p. 174. 22 lb. p. 175. 23 Sulle fortificazioni di Creta cfr. P. l\tL.>,RCHESl , For1ezze veneziane 1508- I797, Bergamo, l 984, pp. 94- 105. 18
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La Sicilia, uscita militarmente sguarnita da un lungo periodo di pace, era venuta quindi a trovarsi nel corso del XVI secolo al centro di un ampio teatro di guerra navale, grande quanto il Mediterraneo centrale, e costituito dall'ingigantirsi di due grandi pericoli che, come le branche di una tenaglia, stringevano nel loro centro la fragile Isola. Ad ovest e a sud le munite basi della pirateria barbaresca... che si può dire tenessero sotto una pressione quotidiana i traffici marittimi e le coste dell' Isola. Ad est la grande armata navale turca, costituita in massima parte da naviglio egiziano ed anatolico ma con basi in tutti i porti della Grecia occupata, e con l'appoggio logistico della flotta e dei pur lontani porti francesi, annata navale che esercitava indiscriminatamente sia la pirateria spicciola che vere e proprie azioni di guena quasi esclusivamente però sulle coste orientali della penisola italiana e della Sici lia, mentre le coste di ponente erano lasciate all'iniziativa dei Barbareschi. [Pertanto] ... tutto l' interesse difensivo fu ... concentrato in due direzioni: l) Fortificare le città portuali; 2) Completare e perfezionare la linea delle torri costiere d'avviso"24 • Si trattava in altri termini di riqualificare entrambe le componenti della duplice natura della difesa costiera meditenanea rinascimentale, ovvero quella antinvasiva, con le piazzeforti marittime e le città portuali, ed quella antincursiva, con le torri. La gravità della situazione del Regno di Sicilia non era tuttavia una novità assoluta presso la dirigenza militare imperiale, essendosi già da alcuni anni riconosciuta la sua eccessiva debolezza, tentandosi persino alcuni interventi per ovviare ai casi più disperati e rischiosi. Il vicerè Pignatelli, duca di Monteleone, ad esempio così scriveva all' imperatore il 13 novembre del 1533: "Essendo di poi pervenule le dette notizie dell'armata del Turco, sembrandomi molto necessario mettere anche maggiore solecitudine nelle indicate fabbriche e fortificazioini dela città di Siragusa e del paese di Milazzo, affinché al meno nel mese di aprile sia fatto nelle fortificazioni tanto, che si trovino in grado di ben difendersi, stimai tornare a spedire il detto Conservatore nella ricordata città di Siragusa e nel paese di Milazzo, e con lui il mentovato ingegnere ed anche l'ingegnere Ferramolino, che era venuto da Carone e stava per portarsi da V. A. e lo feci trattenere a tal uopo per andare col detto Conservatore ad osservare quello che si è eseguilo e che è stabilito doversi praticare nelle fortezze e fabbriche delle comuni che si fortifichino in questo regno, onde dare su ciò il suo parere, perché in vero mi sembra abile ed esperto in queste cose, levarono tutti i piani di quello che nelle dette fortificazioni era stabilito praticarsi onde poter meglio deliberare ciò che era conveniente. Ho dato ordine si portino altresì nella città di Agosta, ne facciano la ricognizione, e osservino i piani, che pria si erano stabiliti, col parere di molti capitani ... onde tornare a vedere se ciò può farsi con minore dispendio di quello previsto... " 25 .
Dalla lettera si deduce agevolmente che si stava, lentamente, iniziando a vagliare la ricostruzione della difesa antinvasiva del Regno, ma che permanevano, oltre alla cronica carenza di denaro, notevoli dubbi tanto da far quasi sequestrare un promettente ingegnere imperiale: il Ferramolino. Il tecnico, indubbiamente valente, nel corso dell ' assedio d i Tunisi aveva già suscitato l'interesse dello stesso imperatore, guadagnandosene la stima. In pochi anni, tramite le sue prestazioni professionali, le maggiori piazze della Sicilia avrebbero trovato una più consona definizione. Un secondo personaggio non sfuggì all' attenzione sagace di Carlo V, sempre nel corso di quel fortunato assedio, ad onta della sua giovanissima età: Ferrante Gonzaga. Salpando dalla Sicilia, il 13 ottobre del 1535 infatti l'imperatore lo lasciava, a soli 28 anni, vicerè di quel Regno confidando sulla sua energia e capacità per l'attuazione cieli' immane compito della riqualificazione difensiva del Regno, per tanti versi quasi disperato. "La Sicilia non era facile a difendersi, tuttavia gli spagnoli fecero quanto era in loro potere nei limiti dei mezzi di cui disponevano ... il giovane e bellicoso vicerè Ferdinando Gonzaga, assunse Ferramolino da Bergamo, uno dei più famosi ingegneri militari dell'epoca, per fare una revisione approfondita ecostruire nuove fortificazioni negl i anni successivi al 1535 .. . " 26 .
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Da R. SANTORO, For1ificazio11i bascio11ate in Sicilia, in A. S. S.,S. IV, Voi. IV, anno I 978, pp. I 71 - 173. Biblioteca Comunale cli Pa1ermo, d'ora innanzi BCPa, Ms. Qq. H, 259. 26 Da D. MACK SMITH, Storia della ... ,op. cit., p. 176. 25
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In realtà il Gonzaga gli riconfermò ampliati, avendo avuto modo peraltro di vederlo direttamente sul campo, gli incarichi già precedentemente attribuitigli, come prospettato innanzi. Il grandioso programma di rifortificazione dell'isola prese così l'avv io, distinguendosi però nella sua attuazione due momenti fondamentali. Un primo, conclusosi intorno alla metà ciel XVI secolo potrebbe riternersi cli emergenza, e si spese in un frenetico quanto sommario aggiornamento delle fortificazioni esistenti, rinunciando per motivi cli tempo e cli risorse ad una generalizzata applicazione delle cognizioni architettoniche avanzate, ma limitandole soltanto alle principali piazze marittime. Fu altresì intrapresa la erezione di un primo nucleo di ton-i di avvistamento. Un secondo momento, culminante negli anni a ridosso dello scontro cli Lepanto, vide invece un più accurato e approfondito ricorso alla fortificazione costiera, sia antinvasiva, con riqualificazione massiccia delle piazze, che antincursiva, con il completamento dell'avviato piano di costruzione delle torri. I lavori logicamente mai potettero dirsi conclusi definitivamente, richiedendo incessanti adeguamenti ed interventi restauratori, ma intorno alla fine del secolo ed ai primi decenni del successivo conseguirono la connotazione precipua che poi avrebbero conservato, in definitiva, nei seguenti, fatte salve le menzionate migliorie.
Il vicerè e l'ingegnere Il nuovo vicerè, che assunse, l'incarico nel 1535 era nato nel 1507 dal marchese cli Mantova Gian Francesco II e da Isabella d' Este, terzogenito dopo i fratelli Federico - erede del titolo e del ducato - ed Ercole, futuro cardinale. Abbracciata, giovanissimo, la vita militare alla corte di Carlo V, si distinse per valore e per saggezza, divenendo alquanto familiare con l'imperatore. La nomina quindi a vicerè della Sicilia coronava, in un certo qual modo, la sua folgorante carriera, ma lo inseriva in un contesto estremamente problematico e precario, in un momento storico gravissimo. Per contro invece le origini dell'ingegner Ferramolino sono avvolte in una certa approssimazione. Da accurate indagini si è potuto stabilire che: "doveva essere nato necessariamente non sul principio del XVI secolo ma «sul finire del secolo XV», non più tardi ciel 1495." 27 • Quasi sicuramente intorno al 1515 militava nelle truppe veneziane agi i ordini di Gabriele Tadino. Successivamente si occupò a Verona della c011duzione cli un laboratorio di salnitro, impiegato per la preparazione delle polveri da sparo, prima presa di contatto con la professione di tecnico militare. Negli anni'20 diresse con il Tadino la costruzione delle fortificazioni di Candia. La sua can-iera proseguì, divenendo nel'24, per quanto è lecito dedurre dagli archivi, capitano di una compagnia di archibugieri. Nel '27 comandò non solo la predetta compagnia ma anche un raggruppamento di artiglieria a Cremona. Nel settembre del '32 lo troviamo schierato a difesa di Vienna con l' esercito imperiale, contro i Turchi, esperienza decisiva sotto la bandiera asburgica contro l'armata ottomana. Infine nel '33 il Ferramolino, nel ruolo cli ingegnere, fortifica in previsione di un imminente attacco turco Corone. L'impossibilità di una resistenza ad oltranza lo costrinse ad abbandonare quella piazza nel novembre, facendolo giungere a Messina dove fu trattenuto, come accennato dal Pignatelli. Iniziò così la sua vicenda siciliana, formalizzatasi concretamente verso la fine dello stesso anno, come la seguente missiva conferma: "Messina 7 dicembre 1533 Il duca Monteleone a Carlo V V. M. ordina che si eviti la partenza dell'Ingegnere feJTamolino, venuto da Corone, perché potendo qui servire non vada a perder tempo ... Ho indicato al detto Ingegnere Ferramolino qual è la volontà di V. M. ccl egli con dimostrazione cli molto ben volere e zelo per il servizio di V. M. resta contento di essere qui impiegato, e con molta diligenza attende a tllltO, quello ch'è necessario, e lo fa bene; ed è tanto più necessario , perché l'ingegnere che tiene qui d' ordinario V. M., che si chiama Pietro Antonio Tomasello, è molto mal andato, e dubito che ab-
Da G. TADINI, Notizie sulla giovinezza di Anlonio Ferramolino da Bergamo, in Atti Ateneo Scienza, Lettere cd Arti Bergamo, Voi. XL, 1976-78, p. 41. 27
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bia pochi giorni di vita, benché non tralasci di servire per quanto può. Il detto Ferramolino chiede di esser pagato di quello che gli è dovuto per il salario del tempo passato e del tempo in cui è s tato a Corone; ciò che non ho voluto esegui re senza un ordine di V. M.. Gli ho fatto dare un soccorso di cento ducati, finché saprò quello che V. M. ordini che si pratichi con lui. Se V. M. l'approva gli si potrebbero corrisponde re trecento ducati all'anno, come si dà a questo ingegnere, che sta qui, sin dal tempo che andò in Corone. V. M. voglia ordinare che così si esegua. " 28•
Il Ferramolino quindi già dalla fine del 1533 prese ad operare sulle fortificazioni delle principali piazze del Regno, nel disperato ed impellente tentativo di porle almeno in condizione di resistere ad un probabi lissimo, imminente attacco turco-barbaresco. Nessuna di quelle, infatti, offriva la benché minima garanzia cli validità, nè peraltro i parziali rimedi adottati parevano all'altezza della bisogna, inficiati dalla cronica carenza cli denaro e da un 'ancora più grave insipienza tecnka. Il carteggio tra il vicerè Pignatelli e Carlo V ci consente una rapida panoramica sull'immediato inserimento del tecnico nella pressante opera di riqualificazione, lasciandoci arguire una ufficiosa accettazione delle sue richieste di compenso. "Messina 3 febbraio 1534
Il duca di Monteleone a Carlo V Il castello di Agosta, considerato quant'è importante per il porto che vi è, con molta diligenza si è atteso a fortificarlo, ed a tale scopo ho fatto dimorare ... Ferramolino ... il quale mi scrive che in questo mese di marzo sarà riparato, giusta il piano che mi mostrò, e di tal sorte che non potrà prendersi d' assalto, perviolento che sia ... Ho disposto che vada subito... l' ingegnere in Trapani, perché si faccia ogni sforzo possibile per risarcire quella città il meglio che si possa, e si porterà a compimento una parte della fabbrica, che resta ad eseguirs i sulla torre della Colombaia, che si trova nel po1to di quella città ... l marzo 1534
è partito l'ingegnere Ferramolino da Agosta per Trapani, ed ha lasciato le disposizioni di ciò che durante la sua assenza dovrà eseguirsi per la fortificazione del caste]Jo di Agosta, e mj ha detto, che per il I 0 di aprile sarà riparato, e s i potrà ben difendere ... 7 aprile 1534 Nella città di Trapani ... l' ingegnere Ferramolino... mi ha scritto che si attende già al lavoro della detta città e dei suoi caste lli, come si conviene; e nella fortezza che s i è cominciata nel .Monastero del salvatore alla punta del braccio di ques to porto, come ho scritto, si continua con ogni accuratezza possibile il lavoro ... " 29 •
L'assunzione ufficiale dell'ingegnere fu sancita comunque soltanto il 14 giugno cli quell' anno con esplicita missiva: "Con l' ingegnere Ferramolino si praticherà quello che ordina V. M. per l'assento di trecento ducati di salario l'anno per servire in questo Regno, come per farlo pagare per il tempo in cui ha servito in Corone." 30 •
Disgraziatamente però le esigenze economiche della ormai prossima spedizione imperiale contro Tunisi, assorbirono totalmente le già misere risorse del Regno, particolarmente coinvolto come ricordato nell'impresa nord-africana, e lo privarono persino della presenza del Ferramolino. Si deve pertanto concludere che quelle brillanti e dinamiche premesse restarono tali nella sostanza, tornando a languire i lavori alle piazze. Si sperava del resto che, una schiacciante vittoria, avrebbe definitivamente posto al riparo l'Isola dai suoi tradizionali grassatori. Le vicende invece, pur concludendosi nella maniera auspicata, mo-
B. C. Pa. Qq. li , 259, pubblicata da V. pendice. 29 lbidern. 30 Ibiclern. 28
DI G IOVANNI,
Leforl(ficaz.ioni di Palermo del secolo XVI, Palermo, 1986, ap-
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strarono ben presto il permanere immutato del pericolo, e la improcrastinabile esigenza di attuare il trascurato impegno. Parve ovvio che fosse lo stesso tecnico, di ritorno da Tunisi, a riprendere laddove aveva sospeso il compito. Parve altresì ovvio che, per tale urgente e colossale programma, occonesse un più volitivo vicerè. La scelta imperiale perciò confermò il Fenamolino e promosse il Gonzaga. Nei suoi primi dispacci a Carlo V in materia di rifortificazione siciliana, il Gonzaga tracciava una sorta di scaletta di esposizione dell'isola al pericolo turco-barbaresco, individuandone per conseguenza le logiche priorità e le linee di tendenza, peraltro non del tutto originali. Affermava infatti che, mentre la sponda nord del Regno era montuosa e quindi sostanzialmente inaccessibile e per di più interna, mentre quella sud risultava la peggiore per l'eccessiva violenza del mare che su di essa si infrangeva, priva per giunta di sicuri porti per la flotta, quella ad est invece rappresentava una sorta di comodissima porta cli accesso per l'interno. Notevoli i porti e le città marittime: inevitabile perciò riqualificare le opere di Messina, Catania, Siracusa ed Augusta, apparsegli in quei giorni: «abandonate e senza alcun pensamento di defenderle»3 1, ennesima testimonianza dell'accantonamento dei menzionati programmi del Pignatelli. Il prestigio dell'uomo, purtroppo, privò quasi subito la Sicilia del suo fattivo apporto: appena due mesi dopo infatti don Ferrante, richiamato dal!' imperatore, partiva per assumere importanti incarichi nella guena contro la Francia. Restava invece il Ferramolino, con un ben preciso pian.o di lavoro, spogliato però dell'energica volontà del Gonzaga, aJla cui vece suppliva un presidente: il Moncada. Quasi quindici mesi si protrasse l'assenza del vicerè e quando finalmente nel 1537 potè rientrare al suo incarico, che in concreto, sia pur per via epistolare, mai aveva abbandonato completamente, trovò in fase alquanto avanzata i lavori da lui soltanto tratteggiati con il Fenamolino. Disgraziatamente le missive imperiali prospettavano il profilarsi incombente di un massiccio attacco turco-barbaresco, teso alla conquista dell'intera Isola, conu·o .il quale, nonostante gli accennati progressi, nulla poteva lo schieramento difensivo siciliano. In tale contesto, se non prima addirittura allorquando il Gonzaga realizzò la pochezza difensiva del Regno, maturò nell'ambizioso vicerè una straordinaria trama, tesa, qualora coronata da successo, a stravolgere l' intero quadro geopolitico ciel Mediterraneo. La riassumiamo brevemente con le parole del protagonista, per fornire un emblematico tassello della lotta senza quartiere che divampava in quegli anni, combattuta s·ul mare, lungo le coste e non ultimo mediante trattative segrete e spionaggio. "Messina 24 aprile 1537 don Ferrante a Carlo V Essendo capitato quì il presente gentilhuomo Alonco de Alarcon col rapporto che da lui medesimo la Maestà Vostra intenderà veduto io di quanta importanza il negozio sia, et con quanta cele1ità sia bisogno trattarlo ... non posso lasciare... cli exhortarla ... considerare et examinare bene tutto questo negocio, il quale se bene da un canto può recarle suspicione ... et farli dubitare alcuna fraude ... Dal altro canto poi è tanto il frutto che rapresenta il fine della pratica che mi pare che metta buon conto di prestarvi orecchie et di farne quel capitale che si devria fare de occasione qual mi pare che sia questa da tirare a fine ogni disegno che habbia la Maestà Vostra ... Et perché questa speranza le tornasse più certa non lascerei di tentar oltra l'offerta che fa barbarossa di appartarsi con le galere sue dal armata del turcho poterlo disporre Vostra Maestà si potesse servire dele sue galere... il quale servitio seria tale che a mio giudizio non si potria comparare con premio alcuno ... " 32.
La spregiudicata trattativa quindi s'imbastiva su di una probabile disponibilità del Barbarossa a cambiare padrone. Ad onta dei te1Tibili precedenti del predone, minimamente riassunti nel corso del saggio - tra i quali anche il tentato ratto di Giulia Gonzaga, parente peraltro di don Ferrante, nel 1534 a Fondi - l'iniziativa suscitò ciniche illusioni nella cerchia imperiale, dipanandosi per alcuni anni addirittura.
31
B. N. Parigi, ltal.,772, ff. 164 e sgg., in F. BRAUDEL. Reg. delle cose del Governo di Sicilia, 1535-1539, ff. 61-62, Carte Gonzaga, A. S. di Parma, in G. CAPASSO, ll governo ... , op. cit., pp. 432-433. 32
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" Messina 3 agosto 1537 don Femrnte a Carlo V ... Al onco de Alarcon ... veni va da Costantinopoli dicendo che era s tato cinque anni in mano di Barbarossa et che s'era ricattato per Ylll cento ducati et che portava commissione di trattare con Vostra Maestà certa prattica d'accordo tra esso et barbarossa ... " 33 . "Messina 1 agosto 1539 don FeITante a Carlo V ... non sarà fuor di proposito di renovare la pratica che s'è tenuta con barbarossa per mezo di alonco d' Alarcon .. . L' ordine che dello Alarcon porta da me come s'habbia a governare in detta pratica è, cli manteners i sul generale il più che potrà senza resu·ingersi a particularità alcuna... Et questo con quanto maggior celerità sia possibile per il beneficio che forse potria resultà da questa prattica se nostro S. r lddio havesse ordinato che barbarossa vi tenesse quella inclinatione che soleva." 3<•. "Messina 12 settembre 1539 don Fe1rnnte ad Andrea D' Oria ... Sua Maestà responde capitolo per capiLOlo a quello che di qua f u scritto sopra la pratica cl.i Barbarossa, onde per la poca differenza che si conosce da quello che Barbarossa ricerca a quello che Sua Maestà offerisce parnu si posssa sperare in detta ... buona conclusione... " 35. '' Messina 27 aprile 1540 don Ferrante a Carlo V Inanzi ch'io partissi di qua per venire a basciare le mani di Vostra Maestà mi risolsi per mantenere viva la pratica con Barbarossa di inviarli un huomo a posta per notificarli l'andata mia, et mostrarli non essere ad altro fine che per dare compimento al negocio ... ... al giudicio mio ... non si può dubitare che in lui sia fraude se non vera intcntione ed desiderio ardentissimo di concertarsi et di redursi al servitio di Vostra Maestà... Di che segue che se il Turco non arma quest'anno come mostra Vergara esser fatto per opera di barbarossa ... Vostra Maestà sia secura di non avere impaccio eia lui, cosa che al parere mio compie .infinitamente a suo Imperia! servitio ... " 36•
In termini brevi, mentre gli imperiali proponevano al Barbarossa di staccarsi con le sue 50-60 galere dal grosso della flotta turca e raggiungere Messina, impegnandosi a bloccare tutte le prodezze corsare barbaresche, questi a sua volta chiedeva una massiccia azione della squadra spagnola contro Lepanto a titolo cli garanzia - e quindi la sovranità su Algeri e Tunisi. Entrambi cioè volevano avere, prima di dare, col risultato che, nonostante gli sforzi del Gonzaga, la trattativa si arenò definitivamente. Concludiamo la parentesi con il ponderato giudizio del Manfroni:"erano in buona fede i due contraenti, o tendevano ad ingannarsi reciprocamente? Della buona fede di Carlo si può dubitare... poteva bene pensare di tradir Barbarossa, quando fosse venuto ai suoi servizi. Il corsaro, astutissimo, avvezzo a mancar cli fede ... forse era meno disonesto questa volta... egli voleva Tunisi; se lo avesse ottenuto, forse sarebbe rimasto fedele.'' 37 • Al cli fuori comunque di quegli utopistici quanto sterili patteggiamenti, l'ingegner Ferramolino proseguiva in quegli stessi anni la sua indefessa fatica per adeguare la Sicilia alla costante minaccia. Tracceremo pertanto un quadro cli quel suo colossale impegno, procedendo in ordine geografico a partire da Messina, ruotando in senso antiorario, che era poi in sostanza l'ordine di priorità, eccezion fatta cli Palermo.
33
Ibidem, ff. 105- I 06.
34
Reg. di cose di guerra, 1538-40, ff. 49-50, Cane Gonzaga, A. S. di Panna, in Cì. Capasso.
Ibidem, su foglio distaccato: minuta. Ibidem, 1540-43, ff. 1-4, Carte Gonzaga , in Cì. Capassu. 37 Da C. Manfroni, Storia della marina ... op. cit.,Yol. III , p. 334.
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l 9. Planimetria della fortezza del S. Salvatore di Messi na, B.N.Na.. Sez. Ms.
Le piazzeforti marittime
MESSINA Agli inizi del '500 Messina appariva, sotto il profilo difensivo, sostanzialmente immutata dall'epoca normanna, tranne che per una naturale decadenza delle strutture. Per formidabili che fossero state ai giorni del conte Ruggero, nulla potevano ormai contro l'artiglieria, sia pure di mediocre prestazione, quale quella turca 38 . Volendo ripercorrere cronologicamente le tappe principali antecedenti l' avvio dei massicci lavori di rifortificazione della piazza marittima isolana per antonomasia, trascurando le iniziative del 1527 e del '32 , fu soltanto dal 1533, con la venuta de l Ferramolino, che si concretizzò la sospirata trasformazione 39 . Affiancò l'esperto ingegnere, con ruolo probabi lmente di consulente e di studioso locale, il matematico ed insigne umanista, Francesco Maurolico. Essendo la città funzione del porto, fu scelta obbligata che proprio da quello si intraprendesse la sua riqualificazione difensiva. Esistevano dall'epoca aragonese alla estremità della penisola falcata che lo racchiudeva, un poderoso torrione detto di S. Anna, tipico esponente dell' architettura m ilitare coeva, e quindi il Monastero del S. Salvatore. Ebbene, come in molti casi analoghi nel Regno cli Napoli 40 , glielaborati di progetto ne proposero la promozione a fortezza, fondendo gli elementi validi in un'unica strnttura triangolare allungata, cli cui il torrione costituiva il vertice principale.
-'~ Che l'artiglieria turca Cosse tecnologicamente inferiore all'occidentale era risaputo anche allora, sebbene quella d' assedio fosse comunque temibile. Scri veva al riguardo R. MONTECUCCOLJ, Discorso della guerra contro il wrc o, Ristumpa SIV!E, Roma 1988, voi. 11, p. 2 1O: "Questa artiglieria del turco fa ben maggiore effetto dela nostra, ma a riscontro ella è molto piLt diffic ile a condursi, a maneggiarsi e più lenta a ritirarsi e a raggiustarsi, consuma più munizioni e fracassa e rompe le !avette laffusti l,le ruote, i ta volati e le stesse trinccre e terrapieni". :;•>Cfr. F. RuvoLO, Le fort!fìcazioni di lvfessina nel/" a!lonte inedito di Negro, in Brutium, n. s ..anno LXV, Reggio Calabria, 1986. 11.2, p. 5. •10 Una anal<>ga disposizione fu adottata alla fìne del XV secolo per il Castello di Taranto, collegandolo mediante un lungo rivell ino acl un torrione esterno. Cfr. G. C. SPEZIA LE, Storia militare di Taranto, Bari, 1930, pp. 23-54.
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20. Ved uta atwale della stessa. 21 . Forte del Salvatore nella visione di F. Negro 1630, B .N . Madrid, Ms. l.
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22 22. Planimetria della città di Messina con le sue fortificazioni, B.N.Na, sez. Ms.
La fortezza del S. Salvatore così concepita dal Ferramolino, per la sua validità difensiva garantiva ampiamente l'in(ero anc.oraggio, e trovò una immediata attuazione, tant'è che i documenti contabili pervenutici la cqnfermano in esecuzione già jn quel "33, ad opera di imprenditori provenienti per lo più da Cava dei Tirreni 4 1• Concettualmente la struttura realizzata in breve volgere ricordava, sia sotto il profilo planimetrico sia per la dispos izio ne dell 'armamento, il ponte di coperta di un vascello, del quale il torrione rappresentava la prua. Analogamente a quello, infatti, i pezzi disposti in batteri::i potevano far fuoco eia ambo le murate, ritrovandosi postati quasi a "spina di pesce". La "poppa", invece, era costituita eia un fronte bastionato a tenaglia42 . Nel frattempo si completava il progetto per la cerchia urbica. "Carlo V imperatore - ricorda il Fazello - bavendo espugnato Tunisi, l'anno MDXXXV, del mese cli Novembre ... c inse [Messina] di bastioni e muraglie e di grossi baluardi, restaurando le cose vecchie, e rifacendone delle nuove, o nd'ei la fece fo rtissima"43 .
•1
Tra questi i De Marinis, attivi come " partitari." proprio a cavallo fra i secoli XV e XVI. Conferma l'esp osto inoltre il dato che provvedendo il Fcrramolino anche alle fortificazioni cli Ragusa-Dubrovnik-intorno agli anni '40, troviamo ancora una vo lta gli stessi imprenditori di Cava, quasi che ormai costituissero un ' append ice scontata dell'ingegnere. Sul l'argomento cfr. P. PEDUTO, Nascita di un m.esfiere, lapicidi, ingeg11eri, architetti di Cava dei Tirreni, Salerno 1983, pp. 22-66. • 2 Circa la nomenclatura e le caratteristiche planirnelriche del fronte bastionato, cfr. A . CASSI R Al'vl EL L.I, Dalle caverne ai rifu gi blindali, Milano, 1964, pp. 338-363. 43 Da E. Tocco, Ilfor,e del SS. Salvc11ore in J\!Jessina, in Sicilia n"62, 1970, p. 118.
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Da quanto sinteticamente esposto dalla cronaca coeva possiamo agevolmente ricondurre l'avvio dei lavori alla cerchia cli Messina alla fine di quell'epico '35, sulla spinta della volontà imperiale e dell'entusiasmo popolare, conseguenti alla vittoria a Tunisi. Scriveva il Gonzaga al riguardo: " ... primamente ordinai che si fortificasse Messina tenuta fin all'ora empresa molto difficile, et cura dcsperata, considerando che se bene detta città è circondata da montagne per tutto e perciò facesse difficile il poter per quella penetrare il cuore del regno non cli meno quella occupata, si può dire che fussc occupata la chiave di esso, et del regno di Napoli, per la vicinità di Calabria". 4' 1
In concreto il principale problema che angustiava i progettisti scaturiva, paradossalmente, proprio da una delle peculiarità difensive della città: le sue numerose alture limitrofe. La tormentata orografia che la cingeva da nord-ovest a sud-est, infatti rendeva improbe, a qualunque attaccante, le operazioni di assedio e cli avvicinamento. Ma al contempo gli consentiva, per il dominio che tali colline possedevano sulle fortificazioni urbane immediatamente sottoposte, di spianarle con un intenso tiro di artiglieria, una volta insediatovisi in cima. Procedere pertanto alla costruzione dei massicci e costosissimi bastioni, completi di fossati e cortine ten:apienate, permanendo quella frustrante connotazione ubicativa avrebbe significato sperperare avventatamente una immensa ricchezza. La soluzione adottata dal Ferramolino per stornare l'accennata gravissima limitazione, consistette nella realizzazione di due munitissimi forti arroccati su altrettanti cocuzzoli. Divenne possibile, a quel punto, condurre la nuova cerchia bastionata aderendo quasi alle: "rientranze e le sporgenze dei «piedi» delle colline o della calata delle fiumare verso la città, tutti punti estremamente pericolosi per un attacco proveniente dai monti"45, che invece grazie ai due caposaldì ricordati risultava scongiurato. In merito ai due forti menzionati, va ricordato che si trattò cli quelli passati alla storia con il nome di Castellaccio e di Gonzaga, il primo prospiciente la cerchia urbica in corrispondenza dei bastioni della Vittoria ed il secondo ciel tenaglione dello Spirito Santo. Il sistema escogitato riecheggia per alcune soluzioni tattiche quello impiegato, quasi negli stessi anni a Napoli, sovrastata anch'essa dalla collina di Capodimonte, e munita pertanto in posizione apicale, con identica finalità, del minaccioso forte di S. Elmo46 . Ultima drammatica questione da risolvere restava il finanziamento delle opere, tanto più che oltre ai normali costi cli edificazione, già imponenti: "occon-eva abbattere non meno di 175 case, oltre a gran numero di piante e alcune chiese, per cui si prevedeva una spesa di 50.000 ducati, e i messinesi, prima di metter mano alla borsa, avevano voluto che Carlo V riconoscesse coi fatti l'anteriore accordo intervenuto fra la città e il viceré cli Monteleone, per cui la regia corte doveva pagare la metà delle spese di demolizione"47. Ancora nel '37 si procede a vaste demolizioni, non fermandosi nemmeno dinanzi alle chiese ed ai monasteri, ignorando le angosce e le paure cli quanti recepivano in quell'opera una sorta di sacrilega determinazione, foriera di nefaste conseguenze. Agli inizi degli anni '40 i lavori a Messina sembrano volgere al te1mine, tant'è che tre anni dopo se ne prevedeva l'entrata in servizio nell'arco di pochi mesi, preparandosi con solerzia l'armamento relativo: "26 febbraio 1540 I giurati di Messina a don Ferrante Le fabbriche hanno tutta quella solecitudine che è possibile..."48 .
44 Da F. C. C,,RRFR I, ReLazi()lii delle cose di Sicilia fatte da D. Ferrante Gonzaga all'imperatore Carlo V, 1546, Palermo, 1896, p. 8. ,i; Da R. S ANTORO, Fortificazioni bastionate i11 Sicilia, in A. S. S.,S. IV, Vo i. IV, anno 1978, p. 198. ·16 Sull'argomento cfr. L. SANTORO, Le mura di Napoli, Napoli, 1984, pp. l 04-1 06. ' 17 Da G. C\PASSO, IL governo di Don Ferrante ... ,op. cit., p. 460. ' 18 Da B ERTOLOTTJ, Architetti, ingegneri e 1na1ematici in relazione coi Gonzaga, p. 8.
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Ma complice il tremendo terremoto del "42 e le ristrettezze economiche gravissime imposte dalle imprese nord-africane dell'imperatore, tra le quali spicca quella tragicamente conclusasi nel '41 dinanzi ad Algeri - come meglio in seguito esamineremo - i lavori ben presto rallentarono drasticamente tant' è che: "IO aprile 1544 I giurati di Messina a don Ferrante Inteso ancora qualmente la Ex.a Vostra desidera intendere in qual essere si retrovano le fabbriche de la fortificatione de questa città onde li facimo a sapere come dal canto nostro maj se ha mancato de non far actendere con ogne sollecitudine a <lieti fabriche cl in sino al presente la fortezza de Gonzaga è quasi finita, et per lo presente mese sarà in tutto finita, quella de sancto Iacobo è quasi in fine, a Baisco se ha lavorato et lavora fortimente cossì ancora al spiritu Sancto... et s' actende tucta via a far de novo pezi d'artiglieric de bronzo per le guardie di dicti bastioni..." 49.
In realtà però la data di effettiva ultimazione sembrava allontanarsi di giorno in giorno. Lo stesso imperatore iniziò dal '46 a sollecitarne il completamento, che si protrasse fin oltre la metà di quel secolo. Venendo ad un 'analisi tecnica delle fortificazioni cli Messina, ci sembra necessario ricordare che esse costituivano il primo esempio di fronte bastionato nell'isola, pochissimi anni dopo il suo avvento 50, riprova della importanza assegnata alla difesa della Sicilia e della preparazione dei tecnici incaricati. Stando ad una descrizione del 1606 così risultavano le fortificazioni urbane perimetrali: "Gira dunque Messina nel sito presente, cinque miglia, e quattro ne gira il porto in forma lunare di profondità mirabile, dove le navi grossissime s'accostano in te1i-a cariche, come piccole scafe, e in particolare, dirimpetto la campana della fortezza del Salvadore è tenuto per fondo d'abisso. È questo porto di certa sicurtà e marzo [ancoraggio], la cui bocca vien guardata e difesa dalla Rocca del Salvaclore, da baluardi di S. Jacopo, cli San Giorgio, e del molo vecchio, ma per tutto il suo circuito cinto è da molo, così parimente la muraglia che la circonda appoggiata è in grossi, e rassodati terrapieni, e cli fuori ha larghi e profondi fossi. Difendono tutte le cortine, quattordici Baluardi, oltre delle quattro fortezze Regie, q uai sono le rocche di Gonzaga, ciel Castellazzo, con la Guelfonia e del Salvadore ..." 51• Più in dettaglio, in una pubblicazione antecedente alla tragica distruzione della città per l'immane si. / sma del 1908, redatta quando ancora molte delle opere descritte erano visibili, così vengono sintetizzate le sue fortificazioni: "Dal lato del porto alle antiche mura ed alle torri ricordate dal Folcando, che stendevasi dal palazzo reale, prima fortezza del Regno, alla porta Cannizzari, in sullo sbocco ciel torrente Boccetta, ove era il forte cli S. Giorgio a Molovecchio, fu prolungato altro tratto fino al forte di S. Giacomo, detto poi il Portoreale, dalla vicina porta della città, così chiamata per l'ingresso fatto da D. Giovanni d'Austria nel 1571... Dal forte S. Giacomo la cortina delle mura, rasentando presso a poco la via Cossata, univasi a nord al bastione S. Vincenzo e risaliva all'ovest circondando il colle Oliveto su cui leva vasi il forte Andria. Da qu.i lunga muraglia cingeva la città nella parte occidentale scendendo alla porta Boccetta, dove era il bastione S. Stefano e rannoclavasi al monte della Caperrina, alla cui vetta stava il fortilizio di Torre Vittoria o di S. M. dell'Alto. Indi scendeva verso Gentilmeni, e lasciando la diagonale delle antiche mura di cui si vedono gli avanzi nel giardino dell'ex palazzo Brunaccini , oggi Puglietti, seguiva verso mezzo-
lbidern. Precisa al riguardo I. HoGG, Storia delle fortifica zioni, Novara, l982, p. 110: "Gli storici hanno versato fiu mi d'inchiostro per stabilire a chi spetti la priorità nell ' invenzione del bastione. Per lungo tempo, sull'autorità del Vasari, la sua paternità venne attribuita a Michele Sanmicheli. Tuttavia recenti ricerche hanno dimostralo che.. l'idea si era affacciata prima del 1527, anno in cui, secondo le cronache, Sanmicheli l'avrebbe elaborata ... ".ln ogni caso si tratta di pochissimi anni prima della loro comparsa in Sicilia. 5 1 Da G. e C. BoNrJGUO. Messina città nobilissima descritta in \/Ili libri, Venezia I 606, pp. 13-14. ·1Y
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__) ì~ 23. Forte Goozaga, dalla racc.:olla di F. Negro, l 630, B.N. Madrid. Ms. I
giorno sino alla porta delle Lascinee o Portalegna, così detta dal jus lignandi che in antico la Curia Arcivescovile avea su que l territorio ... Ascendevano da qui le muraglie al monte Tirone ossia cli Ierone, quale era fortificato da baluardi dello Spirito Santo e del Segreto, che guardavano la intiera parte meridionale nelle cui vicinanze era la porta Imperiale, così detta in onore di Carlo V che eia essa fece l'ingresso nel 1535, e che venne decorata da ricche sculture nel 1621. Scendendo quindi in linea retta la cortina si avanzava fino al forte cli D. Blasco-«propugnacolum contra Maurus>>- dice la iscrizione tuttora esistente (nel 1902) - in sulla riva di Mare Grosso, lasciando aperta nello stesso lato anche la porta nuova o della Maddalena, detta poi Laviefaille(l 753) la quale era guardata dal baluardo S. Bartolomeo, a cui seguivano gli altri fortilizi di Mezzo Monclello poi Pizziclari . e cl i S. Giovanni Boccadoro, poi S . C hiara presso il monastero omonimo" .52 . Esaurito il perimetro difensivo urbano, si impongono alcune precisazione sui forti esterni, dalle piante all'epoca alquanto insol ite. "Il «Gonzaga» ci appare tracciato s u una forma geometrica inusitata; a prima vista appare come un fitto susseguirsi cli ostici puntoni, poi ne scopriamo il perimetro simile ad una enorme farfalla ad ali spiegate la cui testa si sia ingigantita in una sorta d i grande rivellino incorporato con un esile «collo» al corpo del forte . Il complesso ci appare come un superamento dei rigidi schemi geometrici dei manuali rinascimentali ed in questo il Ferramolino .. [mostra] una sua certa libertà inventiva..." 53 . fl Castellaccio a sua volta si eresse a metà del '500 su di una co llina vicina a quella del Gonzaga. "La s ua pianta bloccata, quadrangolare con baluardi angolari è tradizionale nella trattatistica d 'architettura militare. Originale sembra invece il materiale usato, tena rinforzata da un'architettura in legno, cl'influenze nordiche. La ragione è piuttosto il carattere provvisorio dell'opera o la s ua rapidità di esecuzione, utilizzando il terriccio dei grandi lavori cli sbancamento connaturale alla messa in opera delle fortificazioni" 54 • In
52 Dalla guida compilata dal. Municipio di Messina nel 1902, Messina e dintorni, in G. T A DINI , Ferranwlino ... , op. cit., pp. 104- 106. 53 Da R. SA:-rTORO, For!ificazioni... , op. cir., p. 199. 54 Da F. RuvoLO, Le.fonijicaz.ioni di..., op. cit., p. 3.
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24 . Forte Gonzaga oggi. 25. Forte Castellaccio, dalla raccolta di F.
egro, 1630.
realtà la prima fase nella costruzione di qualsiasi opera bastionata, consisteva proprio nel formare i rilevati in terra con i materiali d i risulta dello scavo dei fossati, stabi lizzati con orditure in legno e fasc ine . Superato poi il periodo cli assestamento, a questa approssimata configurazione, seguiva la realizzazione delle camicie di contenimento, in laterizi, con i profili e le piante definitive. In questo caso pertanto è probabi le che per l" urgenza, si li mitassero alla sola "imbastitura". È interessante in merito ai forti esterni cli Messina, ricollegandoci alle precedentemente rilevate analogie tattiche difensive con Napoli , osservare come pure a livello d'impianto planimetrico sussistano singolari affi nità. " Queste due fortezze sono form almente molto legate rispetti vamente al caste llo S. Elmo a Napoli e
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26. Forte Matagrifone, pianta, da F. Negro. 27. Forte Matagrifone, assonometria, da F. Negro.
Castel clell' Aquila (ma anche quello di Capua) dell'ingegnere spagnolo ma formatosi sotto il duca d'Urbino, Pedro Luis Scrivà, iniziati nel 1534 e 1538"55 . Restava racchiuso nel perimetro urbano, un altro forte di antichissima origine, detto di Matagrifone56, in posizione simmetrica, rispetto alla bocca ciel porto, a quello di S. Salvatore, sebbene leggermente arretrato dalla linea di costa. " La lettura della sua pianta è eloquente: un donjon poligonale
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Ibidem, p. 5. Era noto anche sotto il nome di Rocca Guelfnnia, e quindi di MonLe Griffone . L ' attuale denomi nazione corrente sembrerebbe ricordare ne l suo etimo l'odio contro i greci, stando a significare: "ammazza.. .''. 56
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svetta sul quadrilatero svevo, con l'addizione aragonese ad una quota più bassa, delle torrette a semicerchio; raccorda il tutto un "monte scarpato" tagliato da una strada coperta e lunghe scalinate che risolvono i dislivelli artificiali"57 . Furono proprio quelle poderose scarpature articolate, quasi a foggia cli bastioni, i rimedi riqualificatori adottati dal Ferrarnol ino, per recuperare il valore difensivo del manufatto. La sua potenzialità agli inizi del XVI secolo infatti appariva decisamente giubilata, e si propose persino di ridurlo a semplice carcere, privandolo della sua normale guarnigione. In ogni caso già la sua ubicazione interna alla cerchia lo relegava al rango cli semplice ridotta. Un ultimo forte ci tramanda la trattatistica coeva, quello di Don Blasco, che sarebbe più appropriato ritenerlo una sorta di bastione maggiorato, e come tale in precedenza lo abbiamo elencato. Si strutturò nel contesto globale della rifortificazione di Messina in corrispondenza dell'angolo meridionale della cerchia, sulle presistenze di una più antica opera militare di analogo norne 58 . Si trattò pertanto di una evoluzione cli un baluardo a fortezza angolare. Nel primo ventennio cli lavori cli aggiornamento della piazza cli Messina, risultano s pesi , eia minuziosi quadri contabili, oltre 170.000 once, pari quasi a 340.000 ducati 59, cifra immensa che, quand'anche ripartita annualmente, risulta pur sempre cli ben 17.000 ducati, riprova incontrovertibile della opulenza della città e della sua volontà difensiva, al cli là dei retorici successivi disconoscimenti.
CATANIA Durante l'ispezione compiuta al suo ritorno nel '37, e sotto l'incalzare minaccioso degli avvenimenti, il Gonzaga visitò anche Catania, la quale pur non avendo un porto propr.iamente eletto, per un intero lato fiancheggiava la riva ciel mare. L'impressione riportatane fu particolarmente scoraggiante e trapela in pieno dalle sue parole: " te rra grossa et populosissima et tanto fiacca et irremediabile che no n si può far d ' essa altro diseg no che pensar di habandonarla"60
Il proponimento enunciato contemplava, al profilarsi concreto del pericolo turco-barbaresco, la immediata e totale evacuazione della città, ed in special modo - dati i costumi bellici ciel secolare nemico - delle donne e dei fanciulli. La grave iniziativa, provenendo da un uomo notoriamente combattivo, costituisce una indiscutibile conferma della assoluta vacuità difensiva della città. Come se non bastasse, sempre in quell'anno, una spaventosa eruzione dell'Etna si abbattè sulla stessa e sulle sue ubertose contrade, provocando danni ingentissimi, tanto ai beni materiali quanto alle attività industriali, prima fra tutte quella della seta6 1•
57
Da F. Ruvoto, Le fortificazioni ..., op. cit., p. 3. Circa il forte di Don Blasco e la sua vicenda storica cfr. Puzzoto SIGILLO, Una vecchiafonezza messinese rovinara: Don Blasco, origini e vicende, in Boli. Is t. Genio n° 4, XXlV, Giugno 1936. 59 Una interessantissima sintesi delle spese delle fonificazioni di Messina è data: "dal Codice Natoli , edito da A. Morabello, in Archivio Storico Messinese 1921 -22, p. 121, che trascrive nel '700 alcuni Notamenti in contabilità, tra il 1533-87" in F. Ruvolo, Le fortificazioni ... , op. cit., p. 5 60 Da E. COSTA. Registri di Lertere di Ferrante Gonzaga, pubblicati a cura della R. Dep. di Storia Parria delle prov. Parmensi, Parma, 1889, pp. 52-3. 61 Scriveva al riguardo il Gonzaga, il 24 maggio: "Non voglio lasciare di ragguagliare la i\tlaestà vostm del/i ejfetri di che fa quest'anno il mome... /l danno che ha farw detto fuoco fin al presente in ruina di Case vigne er altri alberi nel paese al inromo si stima del valore di cento milia ducati ... Ed ancora il 25 giugno: ... majin allora non. si s'era scoperw un altro danno ... essere ... quello della cenere ... che trasportata dal Fenro... [lasciava'I cli se imbrul/ata qualunque cosa ... del quale accidente è succeso di poi che i vermi della sera pasturando le fronde del ielso... sono venuti timi a morire ... che rwra la seta di quest'anno è perduta .. [con perdita per il solo dazio <li I VIII et X mila ducati è iJoi da considerare il danno universale del paese che importa inromo a cc mila ducati et delle povere gente che vivendo da la industria di della sera non resta altro loro di che vivere né manera alcuna di campara se 11011 habanclonare le proprie case et ire a cercare nuovo paese per iuadagnarsi il vitto ..." in Registro delle cose del Governo di Sicilia, I 535-39, fol. 89, Carte Gonz.aga, A.S. Parma. 58
Riqual(ficaziune della difesa costiera nel XVI secolo
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Il ritrovarsi pertanto la città sostanzialmente indifesa, alla mercè per giunta delle ire del Vulcano, ed il contemporaneo annunciarsi cli una imminente e grandiosa iniziativa turca62, suggerirono per quel momento di soprassedere ai lavori di riqualificazione difensiva, che, comunque, in un prossimo futuro si sarebbero dovuti affrontare. Agli inizi del '41 , con up contesto storico stimolato dalla speranza della prossima spedizione militare contro Algeri e, forse ancor di più, dal timore delle conseguenze cli un suo non improbabile fallimento, si stimò ormai inderogabile l'avvio dei lavori, e: "Catania, persuasa della necessità e utilità dei lavori, si obbligò a dare per essi 40.000 ducati nello spazio cli quattro anni" 63. ìv1a qual era in realtà l'apparato difensivo che fino a quei giorni, aveva garantito, se non altro, una parvenza difensiva alla città? " La storia di Catania come <<città murata» si limita, sino alla prima metà del '500, ad una manutenzione della vecchia cinta muraria con torri, da attribuire ai tempi normanni (pur nel recupero di materiali risalenti all'età classica), e dello svevo castello Ursino ... rel della chiesa - cattedrale con ruolo cli fortezza"64. Un apparato di cerchia pertanto non solo concettualmente giubilato, ma anche parzialmente diruto dalla lava e dappertutto fatiscente , rimontando l'ultimo assedio, e quindi l'ultima sua esigenza concreta, al 1394. A seguito delle successive vicende della città, martorizzata oltre che dalle guerre, dai teffemoti e dagli sconvolgimenti eruttivi, il ricostruire l'azione ciel Gonzaga e dei suoi tecnici e la sua effettiva portata appare notevolmente arduo e privo di ampi riscontri tangibili in loco. Tuttavia, grazie proprio alla secondarietà della città nell'ambito delle piazze marittime; è fortemente presumibile, ed il materiale di archivio lo conferma, che allle sue opere dopo l'intervento riqualificatore della metà del XVI secolo, pochissime ulteriori modifiche vennero apportate per buona parte del successivo. È lecito pertanto sulla scorta di un prezioso verbale ciel 1621, dell' ingegnere Lucaclello65, incaricato cli una ennesima ispezione ricognitiva, dall'allora Luogotente ciel Re don Francesco Lemos Conte di Castro, riproporne l'articolazione e le caratteristiche salienti. Concetto informale dell' intero intervento, stante la sottolineata parvità deJle disponibilità economiche e, non ultimo, il basso profilo della minaccia diretta per essere la città importuosa e cli azzardoso attracco, fu il risparmio. La riqualificazione quindi, più che come ricostruzione radicale in ossequio ai vigenti canoni dell'architettura militare, si intese come semplice adeguamento, per quanto possibile, dell'esistente alla dinamica, offensiva e difensiva, delle artiglierie, perseguita mediante l'inserimento cli approssimati bastioni nei vertici critici della medievale cerchia. "Difesa provvisoria che il Lucadello consigliò ... di rafforzare con dei rivellini ... disposti fra un bastione e l'altro a tiro cli fucile fra cli loro per potersi fiancheggiare a vicenda ... Si ebbe maggior cura nel disporre le difese ciel fronte cli mare, che fu ciel resto il solo portato a compimento come quello il più esposto alle eventuali offese nemiche, ma che restò debolmente armato con soli 14 pezzi di vecchia artiglieria."66.
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Il clima di angosciosa attesa che regnava agli inizi del '37 nello schieramento filospagnolo, in conseguenza di quella passata ali.a storia col nome di ''Empia Alleanza". è così descritto dal C. lvl."<NrRONJ, Storia della ,narina ... , op. cit. , Voi. III, p. 318: "Tutti tremavano in Europa al l'annunzio degli apparecchi tu rchi che i Francesi ad arte esageravano; papa Paolo III faceva rinforzare i presidi della costa; Carlo V mandava fanti spagnuoli nel reame cli Napoli e Sicilia; in Toscana, a Genova si prendevano straordinari provvedimenti di difesa.". 63 Da G. CAPASSO, Il govemo di don Ferrante ..., op. cit., p. 402. Quanto poi in concreto potessero risolvere i predetti 40.000 ducati, basti ricordare che per un solo bastione moderno se ne ritenevano a mala pena sufficienti 50.000! 64 Da M. GIUFFRE, Cas1elfi e luoghi .... op. cit .. p. 56. Riguardo poi a Castello Ursino, è importante ricordare che esso fu iniziato d' ordine cli Federico II nel 1239, sotto la supervisione di Riccardo da Lentini. 6; La relazione fu redatta il 15 gennaio 1621 dall'ingegnere Raffaello Lucadello, e si trova stando a R. PENNJSI, Le mura di Catania e le loro fortifica zJoni nel 1621, in A. S. S. orientale, s. II, a. XXV, 1929, al foglio 189 ciel voi. 155 degli A11i diversi del Senato di Ccuania. 66
Ibidem, p. 114.
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28. Pianta della c ittà di Catania nel 1630, da F. Negro. 29. Dettaglio dell'inserimen to d i Castello Ursino tra i bastio ni . da F. Negro.
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30. Vista assonometrica di Castello Urs ino, da F. Negro. 31. Porta Uzeda, traslazione barocca dell'antica Porta dei Canali.
Passiamo quindi a descrivere brevemente le caratteristiche salienti della cerchia cli Catania, sulla falsariga della relazione dell'ingegner Raffaello Lucaclello. "ln recevere la carta di V. E. e Rea l Patrimonio, mi conferii nella ci ttà di Cat.a dove al presente mi trovo è co nforme l'ordine che in essa si comiene ho principalmcnt.c visto è riconosciuto il suo recinto è co mpreso di Moragli intorno è disti ntamente ho andato notando llllle le sue parti del rnoclo et forma che al presente si trovano ... che con qucsw anderò rappresentando a V. E. con quella magg ior brevi tà di scriptura che a me sarra possibile ..." 67 •
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Ibidem, p. 1 I 8.
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Il percorso ricognitivo prende l'avvio dal bastione immedìatamente a ridosso di Castel Ursino, chiamato di S. Giorgio, distante all'epoca circa 50 m. dal mare. Consisteva in un vero e proprio bastione completo, con fianchi rientrati ad orecchione68. La sua efficacia difensiva però doveva risultare modesta, in quanto le sue cannoniere "traditrici', erano in grado di battere, sia verso nord che verso sud, soltanto una parte di cortina, conservando la stessa le originali tortuosità d'impianto medievali. Proseguendo sempre lungo il fronte a mare, si incontrava il secondo bastione, detto di S. Croce, cli tipo asimmetrico, ovvero con un unico fianco rientrato - quello rivolto alla Porta dei Canali - distante circa 200 m .. La soluzione, di evidente ripiego, consenti va comunque il controllo balistico ciel varco e cli parte dell'antistante licio. Il complesso risultante, bastione - Castello Ursino, fungeva eia approssimata cittadella. A difesa immediata della porta provvedeva una sorta d.i "spalla" quadrata, sostenente una massiccia volta, impiegata superiormente come piazza d'anni per alcuni cannoni, in grado di incrociare i loro tiri con quelli delle cannoniere di S. Croce. Un altro segmento di cortina si originava dalla suddetta spalla e si protraeva, rettilineo, per oltre un centinaio cli metri, deviando quindi verso l'esterno per ulteriori 50 m., in modo da formare un ampio rientrante, esposto all'impeto dei marosi. Quasi al centro di tale irregolare semicerchio, una accorta insaccatura, cli circa 25 m., alloggiava una seconda porta detta del Porticello, e quindi Vega69 . Ovviamente i suoi fianchi ospitavano alcune cannonniere, destinate a proteggere l'intera minuscola darsena, nota anche come "Porto Saracino', prospiciente la murazione tra il secondo ed il terzo bastione, detto Don Perrucchio di analoga configurazione ridotta, o "piatto". Dopo circa un centinaio di metri, la c inta compiva una virata verso ponente cli quasi 90°, formando un indifendibile vertice: obbligato pertanto l'impianto del quai10 bastione detto del Salvatore o cli Porto Puntone, od ancora Bastione Grande. Si trattava di un'opera pentagonale di mediocre conformazione ma: "di sblendidissima et Ricca fabrica construtto tutto di quarti intagliati di pietre durissime70 del proprio paese et eo fine e termine di tutto l'aspetto d ' essa Città sopra il mare"i 1•
In effetti con quello terminava il fronte a mare di Catania, peraltro di scarso valore militare. Circa la partecipazione ciel Ferramolino a tali approssimative strutture, frutto dell'indigenza, abbiamo esplicita conferma dalle cronache contemporanee: "lu ingegneri fu uno mastro Antonio Ferrentino brexano ... et fu comandatu per lu signori vicerre si incomenciasse la fabrica, et ordinati li cosi necesarii ... in li ultimi jorni di lo misi di noemhre prLmo indilionis
1542... " 72 •
Circa la nomenclatura dei basLioni, cfr. l' Enciclopedia Militare, ed. fl Popolo d'Italia, alla voce "Bastione". L'appellativo della porla, sca chiaramente ad indicare che la sua esecuzione avvenne appu nto sollo il viceregno del dc Vega, ovvero dopo il 1547. 10 Il ricorso per l'estradosso ai conci di materiale lavico, di estrazione locale e quindi di indubbio sgravio economico. lungi dal connotarsi come. una brillante realizzazione - come appare al relatore - si confermava ancora una volta di superatissima concezione e di pericolosa validiLà. proprio per la durezza dei suoi componenti. In merito ri.porta F. Russo, La mura zione aragonese di Napoli, il limite di un'era, A. S. P. N.,Napoli, 1985, p. 112, proprio in quegli an ni: "Carlo V ... nel 1537 quando venne a Napoli Lirando le mura dalla parte cli dietro... le continuò ... insino alle falde del monte di$. Martino, nella maniera che ora si vedono: ma le fabbricò non già di piperno [pietra lavica del Vesuvio identica a quella dell' Etna in questione],ma con pietra dolce del monte del paese, con nuovo modo di fortificare ... ", e quindi in conclusione: "La dura corazzatura dj piperno grigio rappresentava quan to cli meno adatto a frontegg iare i proietti cli ferro. La loro aumentata energia cinetica [si parla del 1484] trovava proprio nella resistenza della pietra una facilitazione nell'opera di smantellamento della cortina, a caus.i dello scuotimento indotto sulle strutture retrostanti: la corazzatura si comportava, infatti, come conduurice energetica invece che. come isolanle". 7 1 Cfr. R. PENNISJ, Le mura ... op. cit., p. 123. 72 1vi, p. 122. 68
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33 32. Mura dell'Arcivescovado lungo via Dus rnet ripropo nenti q uelle cinquecentesche. 33. Dettaglio mura lungo via D usmct.
Questa datazione tuttavia ci lascia motivatamente presumere che in quella circostanza il Ferrarnol ino si occupasse in realtà di riavviare i lavori scompigliati e devastati dal sisma dell ' agosto dello stesso anno. È infatti plausibi le ritenere che del poco fatto, dopo l'apocalittica notte del 10 agosto ciel ' 42, nulla o quasi rimanesse intatto. Tornando alla cerchia, scapolato il quarto bastione, dopo circa 250 m. la cortina perfettamente rettili nea. si arrestava nei fianchi del quinto, detto cli S. Giuliano. La tipologia di quest'ultimo appare sostanzialmente analoga a quella del primo: fianchi rientrati e spalle ad ' orecchione'. La tratta interposta alloggiava, ad appena una trenti na cli met1i dal Salvatore una nuova porta, nota coll ' appellativo 'di ferro' . Oltrepassato il San Giuliano, il pedante relatore osservava che il suo prosieguo, per almeno 150 metri, costituiva la sezione più debole in assoluto di tutto il fronte a terra. Appariva infatti di vetusta me-
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moria, munita ancora delle originali torrette quadrate aggettanti, previste per archi e bafostre, per giunta di insignificante spessore e di pessima fattura ed in più parti sbrecciata. Per usare le sue incisive parole: " non è parte di essa che l'inimico non possa in diversi modi con facilità grandissima espugnare ... " 73 .
E questo nell'anno 1621 ! Siffatto fatiscente contesto si riproponeva sino alla successiva porta detta di Aci, con una teoria ininterrotta di squallide casupole aderenti alla medievale muraglia, forata, per giunta, da numerose finestre. Allorché qualche illustre personaggio sopraggiungeva in visita, si soleva indistintamente mu rarle, ma altrettanto inevitabilmente, si riaprivano al suo allontanarsi. Da alcune addirittura, ricordava l'allibito ingegnere, si scorgevano delle scalette che consentivano ai proprietari di scendere agevolmente nei .loro orticelli sottostanti, in quello che altrimenti avrebbe dovuto essere un ordinato ed invalicabile fossato t Proseguendo il giro, era la volta del sesto bastione clùamato di S . Michele, da un omonimo santuario limitrofo, di configurazione canonica ma rimasto sciaguratamente incompiuto. Il prob.lema dipendeva logicamente dalla carenza di risorse, tanto maggiore in quanto come attesta una memoria del '46, a Catania si doveva procedere contando soltanto sulle proprie dsorse economi"che74,come a dire a sprazzi e puntate occasionali! Dopo circa altri 300 m.,sempre cli antica muraglia, con relative torrette quadrate ed incongruenze planimetriche, sopraggiungeva il settimo bastione detto di S. Agata, ma meglio noto come del Santo Carcere. Ancora una volta alla base dell'appellativo una preesistente cbiesetta, dedicata in questo caso al culto di S. Agata ed eretta, secondo la tradizione, sul sito del carcere romano in cui fu rinchiusa la Santa. A ridosso quasi di questo bastione si apriva la porta di Aci , dalla quale si dipartiva una ennesima tratta cli fatiscente cortina, fino al vertice occupato dall' ottavo bastione noto come degli Infetti o del Vescovo. L'appellativo suggerisce, già di per sè, la presenza almeno occasionale di un lazzaretto75 e la struttura languiva ancora incompiuta ai giorni del Lucadello. A questo, separato da una estesissima cortina-oltre 600 m.-faceva seguito il nono bastione, l' ultimo cli pianta canonica, detto clell' Arcora, o del Tindaro o del Tonnara. La tratta, eccessivamente lunga, non sembra perciò validamente difesa dai suoi due bastioni estremi, e la carenza doveva apparire evidentissima anche allora, ma i soliti motivi di endemica indigenza ne avranno frustrato il rinforzo centrale. Di questo bastione il relatore ci testimonia la boona costruzione e la quasi ultimazione, restando ancora da realizzarsi parte del parapetto anteriore. La cerchia quindi snodandosi in maniera inusitatamente tortuosa, praticamente indifendibile per l'artiglieria, ostentando altre torricelle di medievale memoria, perveniva quasi mezzo chilometro dopo al decimo bastione, ennesimo eufemismo per indicare un avancorpo subpentagonale, uno dei pochi peraltro - forse proprio per la sua semplificata configurazione - a risultare completato. Non a caso, infatti, il Lucadello rilevava che, non ritrovandosi un congruo drenaggio per le acque piovane, lo stesso mostrava preoccupanti lesioni. Il nome che lo contraddistingueva era di S. Giovanni, mutuato ovviamente dalla abituale adiacente chiesetta. Distante da questo un paio cli centinaio di metri, vi era una sorta cli senùtorrione, pomposamente promosso al rango di bastione piatto, probabile premessa di qualcosa che mai trovò definizione. Rappresentava comunque l' undicesimo ed ultimo bastione deJla cerchia di Catania, detto di S. E uplio, raccordato tramite un lungo ed incoerente serpeggiamento della solita murazione medievale, al bastione di S. Giorgio.
Ivi, p. 124. Archivio Generale di Simancas, d'ora innanzi A. G. S.,E0 1117. f. 81. 75 In effetti tale nome lo ebbe in epoca successiva alla metà de l XVI secolo, essendo adibito a lazzareuo durante l'epidemia cli peste ciel 1576, che infierì tra Messina e Catania per circa due ann i. 73
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34 34. Bastione di S. Agata, o del Santo Cmcere.
Esaurita la pura, deprimente, descrizione il Lucadello non potè astenersi dall'annotarvi le sue convinte critiche contro una mentalità criminalmente facilona: "Et non mi par bona opinione di coloro che dicono che l'Inimico non possa accostar a gittar gente in terra senza difficultà è rischio grande di poterli rimbarcare adducendo che per la spiaggia il mar non lo concede ... et che dalla parte dell 'ognina7<• et del' Armeggi non si deve tampoco temere, l'una perché è lontana dui miglia e mezzo et è forzato venire per angusto sentero in rnenzo le Rocche... è che un homo del paese con una scoppetta vale per dieci et il simile vanno che sequa allo sbarco di l' Armiggì ... oltre che non è vero che la Cavalleria lo possa sturbare perché quella spiaggia è tutta renosa, è tali che li cavalli se li ficcano dentro sino a mezza gamba... ...essendo che questa Città mi pare poco disciplinata in cose di gue1Ta dove lascio giudicare ad altri quello che se ne può sperare in un inaspettato insulto dove mi pare che sia raggion grande far caso delle fiacchezze delle sue muraglie." 77 .
L'iJlustrata deficitaria situazione di Catania, a quasi un secolo dall'inizio dei suoi lavori cli rifortificazione, documenta che, al di là degli sforzi del Gonzaga e del Ferramolino, al di là degli ingenti sacrifici dei siciliani tutti, la possibi lità concrete di presidiare attivamente ogni località costiera dell'Isola appariva in definitiva una tragica utopia. Ben consci di ciò, dopo breve volgere i massimi responsabili del programma preferirono concentrare le risorse e l'impegno, soltanto su alcuni mirati caposaldi, quelli cioè che meglio si prestavano sia al la riqualificazione difensiva sia alla trasformazione in validissime basi navali, mai superflue per la politica corrente, quale ad esempio Siracusa e quindi, in un secondo
76 Il nome si ritrova in una torretta posta a breve distanza da Catania a difesa di una insenarnra, un tempo capace porto, ma poi quasi colmata dalla colata lavica del 138 I. 77 Da R. PENNJSI , Le mura di Catcmia ... ,op. cir., pp. 130-31.
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momento Augusta, Trapani, ovviamente Palermo, ed infine Mi lazzo. Per i rimanenti abitati rivieraschi si sarebbe provveduto in tempi s uccessivi, via via che le finanze ed i gettiti fiscali locali lo avessero consentito. Purtroppo però una siffatta logica strategica determinò una allucinante teoria di sciagure e d i devastazioni, in quanto:"proprio i piccoli centri ed i villaggi erano impossibilitati a difendersi con mura bastionate a causa della scarsità dei contributi che gli abitanti potevano dare per integrare il finanziamento statale. Così centri come Licata, Augusta, Patti , Lipari, Gozo furono inesorabilmente saccheggiati e messi a ferro e fuoco dalle incursioni turco-barbaresche. Soltanto nel caso che una di queste località veniva espugnata e saccheggiata e la popolazione massacrata o deportata ci si preoccupava final mente cli avviare le opere difensive come avvenne per .il forte di Licata, per i forti di Augusta e per la fortezza di Milazzo onde proteggere le popolazioni agricole e costiere fino a Patti. " 78. ln realtà la dinamica dell'intervento non avveniva, per semplice incompetenza delle autorità, a 'posteriori' ,ma spesso era disgraziatamente soltanto allora che, sotto lo stimolo doloroso, si riusciva aspremere una parte dei fondi necessari per le opere, e gli eventi contemporanei anche nella nostra Ital ia ci danno di ciò una continua conferma! Tratteremo pertanto cli volta in volta, con il presentarsi delle circostanze, anche cli questi marginali adeguamenti fortificatori, rientranti pur sempre nel vasto contesto della difesa costiera siciliana, vuoi antinvasiva, vuoi antincursiva.
AUGUSTA Circa una decina di anni dopo la costruzione di Castel Ursino a Catania - per l'esattezza nell'aprile ciel 1249 - il suo architetto, Riccardo cla Lentini, aguistò un'abitazione in Augusta 79 .Per un singolare caso tra le prime certificazioni della c ittà vi è proprio quell' antico rogito, confermante, tra l'altro, la rilevanza che la stessa doveva aver raggiunto già intorno alla metà ciel XIII secolo. A meno di venti anni, infatti, dalla sua fondazione80 voluta da Federico II e del quale ne riecheggiava l'appellativo, non disdiceva al suo celebre tecnico l'abitarvi. La validità stfategica del sito, la capace rada e la felice ubicazione baricentrica sulla costa orientale, che avevano materializzato agl i occhi dell' imperatore altrettante connotazioni ottimali per le sue ambizioni navali , costituirono i presupposti della ascesa urbanistica cli Augusta. Non può escludersi, peraltro, che il domiciliarsi in essa del protomaestro comprovi un suo maggiore coinvolgimento ai poderosi lavori programmati per adeguarla al ruolo di primaria base navale imperiale, mi li tare e mercantile, cli cui il maestoso castello costitui va l' ind ispensabile premessa. TI tragico destino degli Svev i, d isgraziatamente, troncò le aspettative e la murazione medievale, tangente alla proprietà dell'architetto, sopravvisse, ingiuriata dal tempo e dagli uomini, sempre più scalci nata e fatiscente, sin oltre la metà ciel XVI secolo.
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Da R. SANTORO, Fonijìcazio11i.. . op. cit. pp. 115-6. Recita il documento relativo all'atto vendita: "Go.ffridus de Pa/axolo et Altemilia j11gales cives Auguste eorum bona er
gratuita voluntare presencialirer vendiderunl et corporcilirer tradidenmt Domino Magisrro Riccardo de Lenlino magisrro edifìciorum ln1perialis Curie er heredibus suis in pe11Jetuu111 quandam domum sitam in Augusta cwn quodam cortile ex parre occide111is usque od murum eiusdem civitatis Augusle...",in A. S. S.. Fondo Congregazioni religiose soppresse. l\tlonastcro S. Chiara di Lentini, vol. 22, 18 aprile 1249, in L. DUFOUR, Augusta c/(1 cit1à imperiale l i città militare, Palermo, 1989, p. 213. so Precisa L. OUFOUR, Augusta... , op. cit. p. 18: ·'Augusta è nata eia una volontà, ma non dal nulla, in quanto i dati anteriori
aJla fondazione fa nno dello stesso sito un incitame nto alla creazione urbana.... Alcuni indizi sembrano indicare che Federico 11 abbia fatto leva su un insediamento umano precedente, per organizzare la fondaz ione cli Augusta. Anzitutto il tOponimo Terravecchia, che figura in tutti i docu menti successivi al XVI secolo, presuppone necessariamente una terrn nuova, sostituitasi alla vecchia col nome di Augusta ... È probab ile che Federico II abbia concepito l' idea di fonda re una città ad Augusta ... nell'aprile del J 221...[ma è negli] anni 1232-33 che si deve collocare la fondaz ione... "
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Riqualificazione della difesa costiera nel XVT secolo
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,· 36 35. Castello di Augusta, pianta da F. Negro. 36. Castello cli Augusta, assonometria eia F. Negro .
•
Per almeno trecento anni, quindi. Augusta allro non fu che una pittoresca penisola sormontata eia un tetro castello, incombente su di un sottostante borgo rnurato 81 • Il maniero infatti, come tutti guell i d i matrice feclericiana, era, ed in buona parte è ancora sfrondando le innumerevoli superfetazioni e deturpazioni, il solito blocco quadrato con torri ai vertici e corte centrale. Retaggio estremo cieli' architettura mi li tare medievale e della sua tecnologia bellica, appariva ai giorni del Ferramolino assolutamente giubilato contro le armi da fuoco, e pateticamente vulnerabile eia esse.
81
Circa il castello cli Augusta, in relazione con gli altri feclericiani, cfr. C. A.
meridion{lfe, Napoli, 1979. pp. 3 1-32.
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castelli di Federico II neLl'Italia
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La d(f'esa costiera del Regno di Sicilia dal XVI al XIX secolo
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37 37. La penisola di Augusta nel 1ilievo di F. Negro.
A sua volta la penisola d'impianto consisteva in una stretta lingua di terra, larga mediamente 350 m. e lunga quasi 1400, con l'asse maggiore orientato verso nord. Altimetricamente • per gran parre, emergeva appen'a di qualche metro dal mare. Ad immediato ridosso dell'istmo, che la collegava alla terraferma, si innalzava sino a quota 20, originando un modesto pianoro, occupato ovviamente dal castello. L'ubicazione apicale della fortificazione risultava perciò eccentrica rispetto alla proliferazione urbana successiva, ma tatticamente significativa in quanto in grado di dominare attivamente e l'abitato e le sponde dei due bacini marittimi, ad oriente ed a occidente. La configurazione planimetrica di Augùsta, funzione del sito, ostenta per conseguenza, sin dal suo originario aggregars i, una vistosa tara difensiva destinata ad accentuarsi parallelamente al suo sv iluppo. La cittadina, in pratica, risultava eccessivamente lunga, e per contro stretta 82,dando luogo ad un duplice fronte murato estesissimo e poco difendibile. Il castello, pertanto, tornava valido soltanto per il controllo e la soggezione della stessa, e non quale sua estrema e principale protezione. L' avvento dell'artiglieria ed in particolare di quella navale, sancì inappellabilmente la vetustà concettuale cli siffatta fortificazione, apicale e cli cinta, ed al contempo evidenziò l'elevatissimo onere per il
Nl Da tempo immemorabile era risaputo che la configurazione di una cittadella doveva tendere al cerchio, racchi.udendo in ta l modo la mass ima superficie con i l minimo perimetro. Quanto più ci si fosse allontanati da q uella tanto maggiormente sarebbe ri sultata indifendi bile. e per la ab norme estensione delle mura da presidiare in maniera omogenea, e per la crescente difficoltà di approvvigionare i difensori di quelle sugli spalti dall'interno della medesima. Augusta quindi sotto questo profilo si conferma quasi ag li ant ipodi della disposizione ottimale, con conseguenze future tragiche per lei e per i suoi abitanti.
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radicale aggiornamento delle opere. Le ricorrenti atroci razzie, per non parlare degli altrettanto sanguinosi assedi, dai quali fu sistematicamente funestata, rappresentano una lampante riprova cieli' asserto. È interessante citare al riguardo una cronaca, cli poco posteriore alla conquista della città nel 1287, allorché Giacomo d 'Aragona con un modesto assedio ne ebbe ragione, nel contesto della conflittu alità con gli angioini: "La città era infatti troppo estesa e perciò meno forte ... ciò che era stato cagione della perdita di lei." 83 •
Il temibilissimo profilarsi della crescente minaccia turco-barbaresca, trovò Augusta ancora nella identica miserabile impreparazione, ed in perenne angosciosa attesa di riqualificazione militare. In precedenza abbiamo ricordato che, nel 1533, il Ferramolino fu inviato d'urgenza nella cittadina a tentare di ovvi are, per q uanto consentitogli dal tempo e dalle risorse entrambi limitatissimi, alla ben nota precarietà difensiva. Il bergamasco, stretto eia tali frustranti vincoli, potè al massimo procedere alla risarcitura delle sbrecciate .secolari muraglie del castello e della cerchia, pur prospettando l'ottimale potenziamento della piazza. Solo così si può spiegare la sua affermazione di ritenere esauribili i lavori nell' arco di pochi mesi, per la precisione intorno al marzo ciel 1534. In definitiva:"Ferramolino chiamato a risolvere ... questo problema .. . ideò uno schema planimetrico generale per le difese cli Augusta. Ma la realizzazione di queste vaste opere architettoniche avrebbe eia sola assorbito buona parte delle finanze del regno ed avrebbe richiesto un impegno continuativo ...sul posto. Tutto ciò non potè avvenire ed i lavori ... procedettero a sussulti e strattoni ... " 84 . Ovviamente la situazione però al di là di quei rattoppi dell'ultimo minuto, restava comunque tragica tant'è che il Gonzaga, quando ispezionò le piazze del Regno nel '37, non potè fare a meno cli notificare in merito all' imperatore il seguente giudizio su Augusta: " la terra sta situata sopra un bellissimo porto e di tanta grandezza, che il castello non si conosce bastante a poterlo defende re et che la fortezza di detto castello è cosa molto antica, et fatta di manera che, quando fosse combattuta, con difficultà, al giudicio mio, si potria defendere"85.
Ed ancora: "il castello di Agosta, il quale per esser piccolo. senza fianchi, et con poco e nulla fosso, io per me non lo giudico difendibile et forte a resistere ad una armata realc"86
Come se non bastasse, poi, la presenza delle foci cli due fiumi, nelle immediate adiacenze della penisola, permetteva il soggiorno a grossi contingenti d'attacco, senza alcun problema cli approvvigionamento idrico, una delle più vincolanti esigenze delle operazioni ossidionali dell'epoca 87 •
x:; Dalla Cronaca di Raimondo M11111aner, scritta attorno al 1325, e citata in L. DUFOUR, Augusla... op. cit., pp. 2 15-2 16. Da R. S,\NTORO, Bastionwne,uo cos1iero in Sicilia, in Rivista Marittima, novembre, 1980, p. 78. 35 Da E. COSTA, Registri di lettere di Ferrante Gon zaga, Parma, 1889, Vol. I, p. 52. s6 A . C. S., Estaclo 1117/81. 87 La presenza di un corso d'acqua nelle immediate adiacenze cli una accampamento era sempre stata una condizione quasi indispensabile per la conduzione delle operazioni militari sin dalla pii1 remota antichità. Non è un caso infatti che quasi tu tte le più famose battaglie porli no il nome di un corso d'acqua o cli un lago, piccoli quanto si voglia - è il caso del Canne - ma basilari per gli eserciti. Identica situazione se non pure più vincolante per gli investimenti cli assedio, massimamente nel caso delle piazze costiere durante i guaii, oltre all'approvvigionamento idrico dei combattenti, occorreva provvedere anche a quello del naviglio di servizio e di blocco navale. 84
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38. Planimetrie illustranti J'evolu7.ione del castello di Augusta.
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39. Il castello di Augusta, oggi.
Precisava meglio il suo parere in una relazione riassuntiva, redatta il 31 luglio del 1546, in procinto quindi trasferirsi al suo nuovo incarico nel milanese88 : "Seguita.. .il porto... d'agosta, il qual per esser tanto grande che più tosto si può chiamar gGlfo che porto, non solo non è bastante a tenere il passo a nessun'armata che v' entri et vi stia, ma se fossero tre castella di quella sorte, non basterebbero ad assecurarlo. Questo porto è il maggior contrario ch'habbi il Regno. perché ... dona grandissimo adito a penetrare le viscere del regno et sforzare chi I'havese a difendere, di aventurare ogni cosa, come ho detto, in una hattaglia... "89.
Le accorte osservazioni del Gonzaga centravano in pieno il problema, evidenziando non solo la indifendibilità della rada dalla piazza, ma finache il suo proporsi quale comoda porta d'accesso all'intera Isola. Pur schernendosene, l'esperto uomo d'arme affermava che, nemmeno con tre distinti caposaldi, si sarebbe potuto conseguire un sufficiente controllo sul discusso porto. Paradossalmente l'ipotesi, al di là delle aspettative cli quel suo primo propugnatore, col passar del tempo andò acquistando indiscussa credibilità, come appresso esporremo. In merito al vetusto maniero, infi ne, stimava poco giovevole qualsiasi intervento, confidando soltanto nella sua radicale demolizione e sostjtuzione con una fortezza moderna. Disgraziatamente però i tempi stringevano e le finanze lang uivano, per cu i, come già più volte osservato, si ritenne quella parvenza di fortificazione se non altro credibile contro attacchi corsari, affidandosi alle forze terrestri per la salvaguardia del luogo. I grandi lavori, quindi, per la c ittà di Augusta avrebbero dovuto ancora attendere momenti migliori per essere intrapresi .
Il Gonzaga una volta trai'eritosi nel milanese quale governar.ore, nel I 546, elaborò rapidamente una sorta di ragguaglio strategico per l'imperatore, Lendence a ricompattare la compagine territo riale clel'intero sistema spagnolo, onde accentrare: "llltli i suoi sforzi nel I\·1editerraneo, là dove cioè si offrono le maggiori possibilità di successo ... revitanclo l cli occuparsi ora ciel Mediterraneo e ora della Germania... [con] una dispersione di sforzi caratteristica di tutta la politica di Carlo V; di qui il peso enorme, sproporzionato ai suoi mezzi, imposto alla Spagna", da F. C HAl-lOD, Carlo \I e il suo impero, Mi lano, 1978, p. 107. È evidente quindi che l'ex vicerè continuasse a pensare in termini costrultivi alla riorganizzazione imperiale in base alla sua esperienza siciliana. della quale ben conosceva i tragici limiti imposti dalle esauste disponibilità economiche. ~q Da F. C. CARRERI, Relazione delle cose di Sicilia fatte da D. Ferrando Gonzaga af! 'imperarore Carlo v, I 546, Palermo, 1896, p. IO. 88
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40 40. Veduta aerea di Siracusa - A -
Per contenere il teJTore si delegò l'esercito e la milizia, dislocandone una forte aliquota nel perno strategico di Lentini, dove per l'appunto s'incentivò la creazione di un vasto campo fortificato. Pur nascend'o da un contesto d'indigenza, la disposizione ostenta una notevole lungimiranza militare, configurandosi come un antesignano schieramento di contrattacco costiero arretrato, disponibile perciò ad intervenire, una volta beo nota l'area di sbarco, su di un settore molto esteso90 . Il fattore indubbiamente agevolante per siffatta impostazione tattica va individuato nella pianura limitrofa, estremamente propizia per il movimento della cavalleria, unica in grado di attuare la manovra in tempo congruo. Il dispositivo però non poteva, per ragion i cli sicurezza, prescindere dalla abituale evacuazione della popolazione civile, in coincidenza con avvistamenti navali cli rilevante consistenza. Quale fosse la situazione agli inizi degli anni '40, basta a dimostrarlo il montare della paura cli un prossimo assalto turco in grande stile ed il conseguente ennesimo giro ispettivo fatto dal vicerè. Furono perciò visitate Siracusa, Lentini, Noto, e Catania, per limitarci alle principali piazze orientali. Era infatti risaputo che soltanto una loro sufficienza difensiva avrebbe consentito di procrastinare i lavori di Augusta. L'esito dei sopraluoghi non dovette riuscire tranquillizzante, tant'è che don FeJTante iniziò a sollecitare l'imperatore affinché gli venisse restituito il "terzo"91 cli Sicilia, all'epoca di stanza in Sardegna92 .
90 La concezione di tener disponibili ingenti forze di contrattacco in posi1,ione alquanto arrctrnta rispetto ad una potenziale linea costiera di sbarco, trova la sua ultima conferma nelle divisioni corazzate germaniche dislocale in Normandia alle spalle del Vallo Atlantico. Sarebbero dovute intervenire infatti una volta ben nota la esatta ubicazione delle ondate nemiche, evitando cosl di disperdersi lungo un fronte eccessivo. 9 1 IL "tercio" di Sicilia, come pure quelli cli Sardegna e di Napoli, al di là del nome, era composto di sol<latj spagnoli, semplicemente di stanza nei presidi dei rispettivi Regni indicati. e non già costituito con elementi regnicoli. Sull'argomento cfr. A. MATTONE, Le istituzioni militari, in Storia dei Sardi e della Sardegna, Milano, i 989, Voi. III, pp. 93-94. n È interessante che il Parlamento Sardo del 1544 chiede che nel futuro si eviti di far acq uartierare i Tercios di Sicilia e Napoli nell'isola, a causa dei danni patiti dalla loro presenza nel '28 e nel '41, nonché i rimborsi di quegli ultimi.
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41. Veduta aerea di Siracusa - B -
La gravità del pericolo crebbe tanto che, con procedura a dir poco arbitraria per il contesto estremamente burocratico vigente, il Gonzaga, senza attendere alcuna autorizzazione, di prop1ia iniziativa, ne ordinò ìl subitaneo rientro. Le fanterie in tal modo ricondotte nel Regno ebbero già nei primi mesi del '42 la loro destinazione di presidio, per l'esattezza 5 compagnie a Messina, 2 a Siracusa, l ad Augusta ed l a Milazzo93 ,per restare sempre alla espostissima costa di levante.
SIRACUSA Il sito d'impianto di Siracusa si presentò ai sui antichi fondatori94 come una piccola isola a brevissima distanza dalla terraferma, dalla quale era separata da uno stretto braccio di mare di scarsa profondità. La chiamarono Ortigia, e guel nome, con l'appellativo 'isola' ,contraddistingue ancora ai nostri giorni il suo centro storico. lsola, in verità, non rimase per molto tempo, in quanto proprio in conseguenza del suo immediato sviluppo demografico e politico, fu avvertita la impellente esigenza di collegare, quell'originario nucleo, con i nuovi aggregati urbani suJla costa, procedendo mediante colmate a trasformarla in penisola.
93
Cfr. B. CAPASSO, Il go verno di Don Ferrante..., up. cit., p. 404. In meri!O S. MOSCATI, Italia Archeologica, Novara, l.980, p. 9 l, puntualizza:"ll primo insediamento greco sorse sull'isoletta di Ortigia, dove esisteva un abitato degli indigeni Siculi e dove una sorgente, che i Greci chiamarono fonte Aretusa assicurava ampie possibilità di riforniment.0 ... Je istallazioni portuali si svilupparono sui due lati di Ortigia, giovandosi della splendida posizione naturale del Porto Piccolo a nord e del Porto Grande a sud ... ".Cfr. ancora sull'argomento S. MoSC.'\Tl, La civiltà mediterranea , M ilano, 1980, pp. 105- 109. 94
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La difesa costiera del Regno di Sicilia dal XV! al XIX secolo
Lo stravolgente intervento dovette real izzarsi, almeno nella sua prima attuazione, intorno al V-IV secolo a. C .. La risoluzione peraltro non offrì soltanto vantaggi, ma mostrò subito anche i difetti, primo fra tutti la separazione dei due ottimi scali marittimi rispettivamente a settentrione e a mezzogiorno, nonché lo scadimento ciel valore difensivo derivante dal naturale fossato marittimo. Tralasciando di approfondire i trascorsi storici gloriosissimi della città, peraltro ben noti, ricorderemo soltanto la edificazione, intorno alla metà ciel mille, del suo castello Maniace95, iniziativa del protospataro bizantino del momento, la costruzione più o meno coeva e simmetrica del castel Marieth, e quindi il rifacimento del primo impostato tra il 1232 ed il 1240 per volere di Federico II. Con l'ingigantirsi della minaccia turca, Siracusa mostrava in pieno la sua arretratezza ed inacleguateha difensiva non diversamente dalle altre città del Regno, sebbene di gran lunga più allarmante se relazionata alla consistenza della popolazione, alla ricchezza del contesto urbano, alla validità degli scali marittimi ed all' antico fasto di capitale del Regno. Non mancarono, certamente, i soliti lavori cli restauro e di ripristino della vecchia murazione perimetrale, ma la sua resistenza agl'insulti dell'artiglieria restava comunque aleatoria. Conferma incontrovertibile cieli ' asserto si coglie allorquando, negli ultimi anni del XV, il gran Capitano don Consalvo di Corclova96 ,clesiderando personalmente ispezionare per sendersi conto ciel grado di affidab ilità bellica della rinomata base navale siciliana, ne riportò una cocente delusione. Gli maturò in conseguenza una altrettanto convinta esigenza cli ovviare prontamente alla riscontrata deficienza, ordinandone la riqualificazione militare ed architetton ica. In realtà un sia pur minimo intervento integrativo già era stato compiuto verso la metà del XIV secolo con l'interposizione, sul versante nord cli Ortigia, a protezione ciel Porto Piccolo, di una nuova opera, su disposizione del vicario del Regno do n A r tale Alagona , nota da a ll o r a come "Forte Casanova"97.L'iniziativa non ebbe ad ogni modo alcun timarchevole seguito, fino al 1533. Pertanto don Ferrante, nel corso della sua in iziale ricognizione alle piazze del Regno, conobbe Siracusa ancora racchiusa tra le sue arcaiche mura e tra i suoi vetusti castelli, e costernato ne ordinò, troncando qualunque titubanza, sotto lo stimolo del precipitare degli eventi, la immedi ata rifortificazione, sulla scorta dei progetti, peraltro esistenti da anni, ciel Ferramolino. Infatti, come innanzi ricordato, l' ingegnere aveva preso contatto con Siracusa nel corso del ' 33, su ordine del duc9 di Monteleone, onde studiarvi il da farsi. Ne era scaturito una sorta di progetto di massi ma degli aggiornamenti da erigersi. Al contempo, per contrarre i risch i, commissionò i lavori d i manutenzione di-improcrastinabile urgenza, destreggiandosi pertanto tra usuali e straordinarie incombenze. "Si presentavano per Siracusa le stesse difficoltà economiche che si erano presentate in tutte le altre città ciel regno, ma Siracusa fu - per g li avvenimenti particolari che ne caratterizzarono i lavori l'esempio pit1 emblematico delle difficoltà che un architetto militare poteva incontrare nel progettare il bastionamento di una città portuale. In primo luogo, i cittadini fecero subito' una vivace opposizione al versamento della quota di finanziamento che spettava alla città, in secondo luogo il Vicerè non poteva lasciarvi una guarnigione numerosa, essendo questa più utile ad Augusta. Si presentava qu.indi per il Ferramolino ... .il solito drammatico condizionamento: progettare un sistema bastionato il pi ù economico possibile che consentisse cli difen-
95 Le caratteristiche originarie di Castel Maniace vennero cancellate da lla nuova opera feclericiana che ne tramandava esclusivamente il nome. La struttura architettonica del castello consisteva in de fi nitiva in un recinto quadrar.o, con torrioni rotondi ai vertici, racchiudente un ampio spazio coperto spartito in cinque campale. La copertura cli queste avven iva tramite robuste volte a crociera sopportate da poderose colonne, con un risultato complessivo mo lto simile a quello di una moschea is lamica, dettag lio non in contrasto con l' ideologia de ll' imperatore, altri me nti nolo come il Su ltano battezzato. In meri to cfr. F. Ruvow, Castelli federiciani e ci11à della Sicilia orientale tra medioevo e rinascimento nell'atlame Negro ( 1635 c.),in Brutium, an no LXVI, aprile-giugno I987, pp. 16 2 sgg. 96 Consalvo di Cordova in vista della invasione del napoletano si accampò a Messina nel 1495. 97 Ad imperi tura memoria sul suo prospetto venne incisa la d icitura: "Rane Alagona Tuus Felicem Condidit Arcem., Magnanimus Jaimus: Sit Nova Dieta Domus" . Il terremoto del 1542 tuttavia ne sconquassò le murature obbligando i siracusani ad una sua sostanziale ricostruzione.
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42. Castel Maniace, pianta da F. Negro. 43. Castel Maniace, assonometria da F. Negro.
dere la parte più militarmente utile alla città con il minor numero possibile di soldati. Nasce così il primo progetto ... [in cui] Ferramolino è costretto a prendere in considerazione soltanto la punta estrema dell'isola di Ottigia e quindi una parte molto limitata della città."98 . Dalla fortificazione di quella contava di conseguire contestualmente il controllo diretto sui due porticcioli contrapposti. La scansione delle opere, secondo tale logica, iniziava dalla punta estrema con Castel Maniace. Analogamente ai consimili coevi fin lì incontrati, anche il maniero siracusano
98
Da R. SANTORO, Fort(ficazioni bas1ionate .. , op. cit..pp. 226-7
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45 44. Forte antistante Castel Maniace dalla estremità della penisola di Ortigia . 45. Planimetria di S iracusa da F . Negro.
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47 46. Siracusa, il centro storico. 47.Siracusa, resti forti[icazioni de l fronte a mare.
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non suscitò nel bergamasco particolare interesse, stimandolo idoneo al massimo come ridotta estrema, previo il suo isolamento con un fossato e un connesso fronte bastionato, trasversale alla penisola. A siffatta 'cuspide' avrebbe dovuto far seguito il grosso dell ' isola, inserita a sua volta in- una murazione spezzata, eretta lungo il bordo marino, vagamente bastionata e conclusa da un secondo fron te, poderosamente bastionato, verso terra. Anc he q uesto fu previsto protetto da un ampio fossato invaso dal mare, in grado perciò cli raccordare i due bacini. L' isola, in altre parole, sarebbe tornata ed essere tale mediante la profonda e vasta cesura dell 'istmo artificiale. Tramite un ponte, quindi, si previde l'accesso al terzo livello difensivo, quello del forte intermedio, posto cioè tra Ortigia e la terraferma, a sqa volta segmentato da un ulteriore fossato marino e collegato co n altri ponti alla costa. La configurazione definitiva dava luogo ad una: "form idabile «cittadella» il cui tracciamento però escludeva opere cli difesa impegnative per il resto della città che purtroppo era la parte maggiore ... [Da qui.I le proteste dei Siracusani sia perché rinunciava alla difesa di tutto il perimetro urbano sia perché per realizzare i due fossi marini con i rispettivi bastionamenti si sarebbe dovuto distruggere un intero quartiere della città nel quale ricadevano alcune delle più belle residenze delle ricche famiglie locali oltre a numerose case e chiese"99 . La eccezionale complessità del sistema escogitato dal Ferramol ino, basterebbe da sola a farne supporre gl i immani costi e i lunghi tempi di approntamento, frutto della massa di opere da compiere, del la le ntezza del reperimento dei fondi, nonché delle inusitate difficoltà insite nei lavori subacquei dei fossati. Nessuno, logicamente, si prefigurava inizialmente una simile direzione progettuale, meno che mai il Gonzaga, il quale allorché nel '37 si recò a visitare i grandi cantieri delle piazze, giunto a Siracusa rimase all ibito, e forse contrastato dalla inattesa portata assunta dalle opere, ulteriormente elaborate ed incrementate dal suo ingegnere. lnfatti:"clovette constatare che durante la sua assenza il progetto originario era stato ampliato ed il perimetro difensivo mutato radicalmente. ln pratica la cittadella ciel progetto primitivo era stata notevolmente ridotta in quanto si era pensato a salvaguardare il Caste] Maniace guarnendolo con un forte bastionato simile in tutto al S. Salvatore di Messina con il quale aveva in comune anche la similarità del dislocamento, appunto sulla estrema punta cli Ortigia. Questo forte diventava in pratica la nuova/cittadella mentre il bastionamento proseguiva con un fronte articolato che proteggeva tutta la città sul versante del porto grande mentre il disegno del doppio fosso con rivell ini, puntoni e baluardi a tenaglia era stato trasportato sulla terraferma a ridosso del canale che separava Ortigia dalla terrafenna. Tutta la città risultava così perimetrata dal sistema difensivo bastionato senza la distruzione di case, palazzi e chiese ma questo comportava una spesa ~norme, letteralmente insostenibile, rispetto al primitivo progetto. l i Vicerè fece buon viso ma successivamente scrisse della sua sorpresa nel constatare come:«il disegno vecchio .fusse male inteso, per haver allargato la forte zza più di quello, che sarebbe ne cessaria»"100. Nonostante ciò, o perché ormai troppo tardi per rimediare, o perché convinto della validità della costosa variante, ne assunse in un certo senso la difesa. Ma non potè certamente astenersi dal supporre che nessuna possibilità concreta vi fosse di vedere, con i fondi disponibili, realmente e minutamente completata la fortificazione di Siracusa. Tornò comunque ad ispezionare nuovame nte quei lavori nel 1540, al rientro da una en nesima impresa nord-africana. Proprio lì lo sorprese il primo sintomo inequivocabile del paventato collasso fina nziario essendosi ammutinate per il soldo arretrato le truppe spagnole cli presidio a Siracusa. Fu giocoforza per il vicerè rinchiudersi e trascorrere un astioso ritiro in Castel Maniace, cogliendo l'occasione per dedicarsi ad un più approfondito esame dei progetti in corso d'opera.
99
Ibidem, p. 227. u11 > Ibide m, p. 228.
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Fervevano nel frattempo le famose trattative con il Barbarossa ed anche una serie cli patteggiamenti, tra Carlo V e Solimano II, per la stipula di una tregua, sia pur temporanea tra i due schieramenti. L'agognato armistizio, vitale per le esangui finanze, si riuscì infine a concordarlo per i primi cinque mesi di quell'anno, ricavandone, peraltro, la netta conferma che pure l'impero turco annaspava sotto il peso economico della ininterrotta belligeranza, tenestre e navale, dagli oneri ormai esorbitanti ed in perenne levitazione 101. Per la carenza di denaro e per il particolare contesto in cui versava l'Isola è probabile che, tanto nel ' 40 come nel '41 , i cantieri a Siracusa procedessero saltuariamente ammesso che ancora vi si lavorasse. Occorrevano infatti nuovi finanziamenti per le colossali opere ed il Gonzaga inutilmente si sforzava di provvedervi, ricorrendo a qualsiasi espediente. Prospettando la pressante esigenza al parlamento siciliano convocato a Messina nel '41, ne ebbe per tutta risposta la dichiarazione esplicita della: "assoluta impossibilità cli versare altre somme oltre quelle già erogate ... " 102 • Le striminzite disponibilità per giunta subirono una ulteriore drastica decurtazione in favore della spedizione che Carlo V in quei giorni si accingeva a lanciare contro Algeri, risoltasi peraltro in una allucinante disfatta. "Il 24 ottobre 1m l'arn1ata ...giungeva davanti ad Algeri. Erano 71 galere: 18 cli Spagna, 20 del principe Doria, 12 cli Napoli , 1Ocli Sicilia, 7 ciel papa, 4 di Malta ... seguivano, [poiJ dei legni minori con le munizioni, le artiglierie e le vettovaglie, 300 navi da carico piene cli soldati italiani, tedeschi e spagnoli ... in totale 30.000 uomini ... La marcia dei 30.000 ebbe inizio sotto la pioggia e con un vento ... molesto ... L'avanguardia era composta da Spagnoli condotti da Ferrante Gonzaga ... " 104 • Sottoposti agli incessanti contrattacchi della cavalleria beduina, impossibilitati a far uso dei moschetti-inutilizzabili sotto la pioggia sferzante-,inceppati nella marcia dal fango viscido e tenace, i fanti imperiali iniziarono a soccombere paurosamente. Il mare, eia parte sua, si accanì con improvvisi e selvaggi fortunali contro la flotta, schiantando trasporti e galere sugli scogli. Gli spossati naufraghi che fortunosamente guadagnarono la spiaggia, finirono barbaramente trucidati dai turchi . Pervenuto nonostante tutto sotto le mura di Algeri con la truppa decimata e debilitata, privo delle artiglierie pesanti d'assedio affondate nel fango, Cado V, suo malgrado, dovette riconoscere l'impossibilità dell' investimento del protervo covo di predoni. Ordinò pertanto la umiliante ritirata, intrapresa tra l'atroce scherno dei barbareschi. La manovra si svolse in condizioni molto più penose dell' avanzata, protetta soltanto, e per quanto possibile, dalle fanterie cli don Ferrante passate eroicamente in retroguardia. All'alba del 30 quanti erano riusciti a reimbarcarsi sulle scarse e malconce navi residue, presero la via ciel ritorno. Per le tremende condizioni metereologiche, numerose altre gravissime perdite funestarono lo sventurato corpo di spedizione. Il vicerè della Sicilia risultò comunque tra gli scampati. [,a cocente disfatta in uomini e mezzi dell' armata imperiale esponeva nella peggiore delle maniere le marine italiane, e siciliane in particolare, alle prevedibilissime ritorsioni turco-barbaresche. Se mai si imponeva in qualsiasi modo di riprendere le costruzioni quiescenti, quello era il momento. Spremendo all'inverosimile le stremate finanze, svendendo persino i futu1i introiti fiscali , si riuscì a raggranellare qualche altra modesta somma, onde consentire la ripresa dei lavori alle fortificazioni. Ma per uno di quei paradossi allucinanti cli cui la storia trabocca, i disastri sembrano a volte non sopraggiungere mai isolati.
10 1 Precisa B. C."<PASSO, li governo di don ... , op. cit., p. 338: HLa tregua cli carattere generale, fu poi ottenuta dal Cantelmo ... eia gennaio a giugno 1540 ... «per cinque lune. principiando dalla lww di z.ener er.fìnirano di zugno». 102 Da T. CARPJNTERJ, Siracma cillà ... , op. cit., p. 25. 103 La partenza della spediz ione quasi alla fine di ottobre racchiude già la causa della sua disfatta. Impiegare infatti il naviglio eia guerra in autunno era ritenuto più che temerario, assurdo: se Carlo V ignorò quella risaputissima esperienza fu perché tendeva ad avere la certezza cli non incontrare la flotta turca nella traversata, ormai rientrata per svernare. Disgraziatamente però la fortu na, unica che pmeva trarlo d' impaccio come altre volte nel passato, in tale circostanza non lo assistè. 104 Da R. P AN ETT,\ , Pir{lfi e corsari turchi... , op. cit., p. 125-26
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Il Regno infatti si dibatteva in quello stato frustrante allorquando, nella notte del 5 agosto 105 un terrificante sisma, dei quali la costa orientale della Sicilia era ricorrente vittima, si abbattè da Messina a Capo Passero, infierendo in special modo nella Val di Noto, ed in Valdemone. Città e paesi vennero squassati e sconvolti, ricoprendosi di macerie e rovine, che seppellirono innumerevoli abitanti. Poche strutture si mostrarono in grado di superare indenni le tremende sollecitazioni, e tra quelle, purtroppo, non figuravano le fort.ificazioni urbane, frutto di tanti sacrifici ed apprensioni. li non essere nella maggioranza dei casi nè moderne, nè per di più ultimate, agevolò la furia devastatrice tellurica, ritrovandosi le murature non concatenate, nè terrapienate, in un equilibrio precario. Da un giorno all'altro, e nel pieno della stagione delle incursioni, il lato più vulnerabile del Regno si offrì militam1ente debilitato e pateticamente esposto. L'Isola giaceva alla mercè delle iniziative turcobarbaresche. Ovvio perciò che, fidando sul precedente della passata tregua e sulle recepite specufari difficoltà ottomane, si tentasse affannosamente cli stipularne una seconda, e che in siffatta operazione diplomatica si prodigasse in prima persona il vicerè Gonzaga. Già da alcuni mesi, infatti, proprio giocando su quella intima convinzione, suffragata certamente dall'attivissimo servizio di spionaggio operante a Costantinopoli, don Fen-ante notificava al suo imperatore il temporaneo ma significativo disimpegno della flotta turca. Scriveva al riguardo il vicerè ancora in quel luglio: " minuta per S. M. 20 luglio 1542 ...openione che universalmente si tiene per riscontro di tutti gli avisi che vengono cli levante che !armata del Turco quest'anno sia o per non uscire o per uscire molto debole et mal in ordine mi sono imaginato che le cose ciel mare siano cli gran peso al Turco et che le sostenga con molta difficoltà ...Et da questo son venuto in consideratione che quando si proponesse al turco una tregua per mare con V . M.tà cli quatro o sei anni crederei che facilmente si reclucesse ad accettarla..."'°6 .
La catastrofe abbattutasi sulla Sicilia determinò il Gonzaga a troncare ogni ulteriore indugio diplomatico. Sollecitò pertanto, direttamente e personalmente lo stesso Solimano, ad un nuovo armistizio, magari di un solo paio cli anni. Era ben conscio comunque di conseguire, in caso di esito positivo, due piccioni con una fava, ovvero la gratitudine cli Carlo V ed una dilazione, ormai improcrastinabile, sull'approntamento difensivo del Regno. Pertanto indirizzò al sultano la seguente missiva : "Palermo 26 novembre... Don Ferrante al Pascià Sol imano Ferrante Gonzaga Vicerè di Sicilia ecc. In virtù della presente, et in fede di christiano, et di Cavalliero, sopra la parola mia mi obligo, et prometto a voi Ili. mo s.or Soliman Baxa che Io .Imperatore mio S.re et Padrone per questo anno proximo 'a venire, non manderà armata di mare di sorte alcuna a danno, et ofesa delli paesi del s.or Turco. Et se pure mandera fuora alcuna armata non passerà più oltra che l'isola di Co1t'ù, promettendo anchora che sua M.ta havera per rata, et ferma questa oblogatione fatta da me senza alcuna exceptione, et controversia. Con questo perho, che V. S. Ili.ma mi mandi una fede et promessa simile a questa, in la quale si contenga che il s.or Turco parimenti non manderà armata di mare, a danno et offesa de regni, et stati dello lmp.r mio S.re nel modo et forma che di sopra si dice. Et per osservanza delle cose predette, et per cautela di V. S. Ili.ma ho fatto spedire dal mio Secretario il presente Albarano firmato di mia mano propria, et sigillato del mio sigillo secreto. Dato in la Città di Palermo alli XXVI di Novembre 1542" 107 .
Quale che fosse la risposta di Solimano l'anno seguente la flotta turca non comparve nei paraggi della Sicilia. Ma non per questo le veloci unità corsare barbaresche desistettero dalle loro abituali razzie.
105
Sull'argomento cfr. T. CARPINTERI, Siracusa... , op. cic., pp. 27 e sgg. de/li negali) del Regno, 1540-42, fo l. 114-1 15, Carte Conzaga, A. S. Parma. 107 Reg. di cose di guerra i 540-43 , fogli sciolti, Carte Conzaga, A. S . Parma. 106 Reg.
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Riqualijìcaz,ione della d(f'esa costiera nel XVI secolo
Tratteggiate, per grande sintesi, alcune concause che contribuirono al rallentamento, e spesso pure alla sospensione, dei lavori alle fortificazioni urbane sulla costa orientale, e quindi gli sviluppi politici militari conseguenti, riprendiamo la nostra analisi storica-architettonica delle altre piazze marittime del Regno. Logicamente in questo iter ci limiteremo-come accennato- alle sole reputate, in quel tumultuoso decennio, primarie, trascurando tutte le altre, di variabilissima consistenza, ma non stimate al momento di pari importanza strategica, e che vantavano pur sempre un minimo apparato difensivo perimetrale, come meglio approfondiremo successivamente. Descriveremo pertanto, con uguale schematicità, le opere di Trapani, cli Palermo e cli Milazzo, esaurendo così la prima fase dell 'intervento riqualificatore, avviato intorno al 1530 e stentatamente protrattosi fin quasi alla metà del secolo. Dopo il soggiorno ad Augusta nel 1534 Ferramolino fu inviato a Trapani, la piazza marittima per antonomasia della costa occidentale. La raccomandazione ricevuta era la solita: studiare quanto necessario per la sua riqualificazione difensiva, contenendone però al massimo le spese e dare comunque per l'immediato le necessarie disposizioni per i primi urgenti interventi.
TRAPANI Le prime angosciate richieste cli aiuto eia parte della cittadina si registrano, per quanto possiamo al presente desumere, già intorno al 1533, allorché il Barbarossa gettò le ancore nella vicinissima isoletta cli Favignana, lasciando sensatamente paventare un imminente assalto. Lo stato miserando delle sue fortificazioni perimetrali, non consentiva alcuna illusione circa la possibi lità cli resistere, anche brevemente, al predone ed ignoto rimane il motivo per cui, in concreto, Trapani sfuggì alla terribile sorte. La partenza del corsaro, lungi dal ristabilire la tranquillità esistenziale, servì da preziosa dilazione per tentare di el imin are la temibile carenza. Si interpellò e sollecitò quindi il vicerè, duca di Monteleone, il quale per quanto di sua competenza, a stretto giro come ricordato dai documenti innanzi citati, inviò il solito onnipresente ingegner Ferramolino. Il tecnico avrebbe dovuto, nei limiti delle risicate disponibilità, provvedere almeno con rappezzi urgenti, a restituire un minimo di credibilità alle fortificazioni urbane, e di fiducia alla popolazione. In effetti, già agli inizi di aprile ciel 1534, sotto la sua direzione a Trapani si intraprese il recupero delle mura esistenti ed il loro rincalzo. Non dissimi li per origine e concezione da tutte le precedenti fin qui descritte, ne differivano se mai per l'incredibile degrado ecl abbandono. Nè in migliori condizioni versavano l'armamento, le munizioni, le vettovaglie e finanche le forze cli presidio. Assoluta infine la miseria e l' ind igenza, al punto d'affermare che la derelitta comunità: «non havi da potiri spendiri quanto vali un foliuo de carte... >>" 108.Nonostante ciò, senza perdersi d' animo e senza sterili recriminazioni, il bergamasco impartì i primi ordini cli servizio, obbligando i giurati a far rimuovere con rapidità le montagne di rifiuti che costipavano le fatiscenti mura provvedendo, via via che emergevano, a risarcirne le lesioni e ad ostruirne i fori e le brecce. A sua volta il vicerè, ricevute le prime relazioni circa il deplorevole stato cli incuria e di precarietà delle fortificazioni trapanesi, ne intimò il pronto riattamento :«de forma ke in omni lato lo mar habia di batire a li mura di la cità» 109,e non agli informi cumoli di immondizie. Prometteva al contempo che, appena ultimata quella fase, avrebbe procurato alla cittadina: «tutta quilla più quantità di pezzi d'artiglieria [che] si potrà con li rn.unizioni necessari e al tempo di la necessità li genti ki bisognerann0>>110.Quest'ultimo dettaglio, pur non essendo destinato a sollevare ondate di entusiasmo, riuscendo notissim i i 'disagi' originati da un limitrofo acquartieramento di fanterie spagnole, per l' angoscia dei tempi parve accettabile.
Da V. VITALE, Trapani nelle guerre di Carlo V in Africa contro i Turchi, iw Ibidem.
108
110
Ibidem.
in A. S. S.,XXIX, p. 259.
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49 48. Planimetria delle fortificazioni della città di Trapani, da F. Negro. 49. Planimetria delle fortificazioni della città di Trapani, da F. Negro.
Finalmente, quasi in concomitanza e sotto il pungolo dei preparativi imperiali per l'impresa di Tunisi - anche troppo vicina a Trapani - il parlamento siciliano deliberò lo stanziamento di 66.000 fiorini da destinare all'ammodernamento difensivo della piazza più occidentale. 1 grandi lavori si avviarono pertanto parallelamente all'approntamento della forza di attacco anfibia contro il covo del Barbarossa. "Trapani, che era il più grande porto attrezzato fra quelli vicini alla costa africana insieme a Mazzara e Marsala, venne scelto da Carlo V come base logistica di retrovia per l'impresa africana onde sostenere adeguatamente l'attacco ed il success ivo possesso di Tunis i.... " 111
111
Da R.
S ANTORO,
Fortificazion i bastionate ... op. cit., p. 217 .
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50. Trapani, panoramica delle mura. 5 1. Trapani, dettaglio delle mu ra.
La scelta dell ' imperatore costituiva una sorta cli conferma sulla validità del sito d'impianto della cittadina e della sua riqualificazione difensiva. Non diversctmente da S iracusa infatti, anche Trapani si protendeva nel mare aderendo al ciglio frastagliato di una grossa penisola falcata, singolarme nte idonea a racchiudere una vasto porto. Una cerchia muraria dal perimetro vagamente triangolare serrava a sua volta l'abitato. Di quella il Iato minore, con andamento parallelo ai meridiani, costituiva il fron te a terra, terminando nel vertice nord-orientale con il solito vetusto castello, a pianta quadrilatera, munito di quattro alte torri angolari. Dai contemporanei si designava abitualmente castello cli 'terra', per distinguerlo eia quello 'a mare' ubicato, poco discosto, sull 'antistante isolotto della Colombaia, anch'esso retaggio di un remoto passato e di labilissima validità difensiva. "La 'Colombara' ... deriva il nome «des colombes clu mont Erix, qui se rasseur, blaient sur ce rocher, au moment de leur depart pour I' Afrique» ...
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52 52. Castello di Trapani , planimetria di F. Negro.
Orig inariamente era cli forma «ottagonale, rotonda [ma in realtà ellittica] alta canne 20 con 8 di diametro, chiusa in quel tempo con mura cli forma ovale, che distendevasi per lo circuito cli canne ottanta» ... " 112. Ad onta dell'interessamento esplicito di Carlo V, i lavori non procedettero con la solerzia immaginabile. Peraltro il loro avvio richiese lo smantellamento di alcune sezioni della vecchia rnurazione, con la rischiosa conseguenza di esporre paradossalmente ancor maggiormente la c ittadina. Tuttavia il costante afflusso di uomini e mezzi destinati alla spedizione, rappresentò fortunatamente un ottimo clete1Tente per i corsari e per gli/stessi turch i, consentendo una simile irresponsabile conduzione degli interventi integratori. Lo svolgimento di grosse operazioni militari anfibie pone alla logistica cieli' attaccante il problema dell'approvvigionamento dei materiali e delle vettovagli.e da inviare al fronte da una base, alla minima distanza eia quello. Corollario cli questa stringente dinamica, per la medesima esigenza di vicinanza, è quella più sgradevole, ma altrettanto necessaria ed urgente per il morale dei combattenti, dell'evacuazione dei fe1iti e degli ammalati. Nessun soccorso infatti sarebbe altrimenti possibile, non esistendo alcuna retrovia. La doppia procedura sintetizzata no n è certamente peculiare dei giorni nostri, ma trova nel passato infiniti riscontri. L'attacco a Tunisi del 1535, vide Carlo V promuovere - per ritrovarsi Trapani quasi a ridosso ciel teatro d' operazione - la cittadina a base per l'armata ed al contempo ad ospedale per i suoi innumerevoli feriti. Testimonianza eloquente di quanto affermato, la possiamo cogliere nei ringraziamenti riservati ai suoi abitanti dall'imperatore: " Amados y fiels n.ros. Lu mucho servisio hos tenemos e! bucn acogimiento que haveys heco alos heridos dc nostro campo q ue fueron a essa ciudad segun hauvemos visto per v.ra letra y del castellano cl come ndador Sanguessa y nos ha referido el que los traxò y tambien hos agredecemos la fruta y presente que nos embiastes. eL por que ya stamos de partida parà esse regno y podria ser que por el tiempo nostra armada o parte della locasse e n essa ciuclacl y puerto serà bien que lucgo cleys orden dela tenir bien proveyda de rcfrescos de toclo lo necesario. De que nos scrcmcs muy servido. Dat. e n Goletta XII cle agosto del anno MDXXXV Yo el Rey'' 113
112 11.1
Da S. MAZZARELL,\ e R. ZANCA, !I libro delle torri, Palermo, 1985, p. 204. Archivio Comunale di Trnpani-97, da G. T.".DIN I, Ferranwli110 .... op. ciL., p. 151.
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53. Castello di Trapani, assonometria di F. Negro. 54 . Trapani, la Colombaia.
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55 55. Trapani, la Colombaia, planimetria di F. Negro. 56. Trapani, la Colombaia, assonome tria di F. Negro.
Quasi a voler sottolineare tangibilmente la sua gratitudine, l'imperatore, di ritorno dal ]' Africa, volle sbarcare proprio a Trapani, prendendo così direttamente contatto con la realtà delle sue condizioni materiali e difensive. Ovvia in quel contesto, la supplica dei cittadini tesa ad impetrare l'adeguamento definitivo delle loro fortificazioni. Nel '37 toccò quindi al Gonzaga farsi carico personalmente cli vagliare e cli stimolare l'avanzamento di quelle opere da anni languenti. E nuovamente si delegò il Ferramolino ad attivarsi al riguardo, senza per questo venirne a capo. Delusi ed avviliti per le insormontabili lentezze, ai trapanesi non restò altra scelta, memori sempre della riconoscenza imperiale, che rivolgersi allo stesso Carlo V per l'adempimento di quanto a suo tempo solennemente promesso, ricordandogli, con estrema disperazione, che non vi era: "in questa ehilà altra defensione che l'animi di lutti chitadini intenti comno falcli vassalli di serviri per moraglia et artigliaria et moriri in servicio di sua impcrial corona"' 14 •
11' 1
Da V.
V ITALE,
Trapani e la guerra ..., op. cit. p. 280.
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Al di là della immancabile retorica la conclusione non divergeva purtroppo sensibilmente dalla realtà. Secondo i progetti, tuttavia, la città protesa sul mare, una volta compiuti i sospirati lavori, avrebbe dovuto risultare racchiusa da una massiccia murazione bastionata, ulteriormente garantita dal recupero del castello, a sua vo l.ta inglobato in poderose opere antistanti, nonché clall' antico torrione della Colombaia. Ma cli quella mu nita ed articolata configurazione, ben poco in concreto stava realizzato, per il progressivo rarefarsi dei fina nz iamenti, distratti per altre più impellenti necessità. Le relazioni ufficiali pervenuteci sembrano quasi-ed è semplice immaginarne il motivo-voler negare quel rischiosissimo contesto instauratosi . Scriveva infatti il Gonzaga nel '37 in merito: "in la fortificatione ... s'attende con ogni di ligenza possibi le... et è in huon termine ... a Trapani [dove] siè fatto un larghissimo fosso ... secondo il disegno cli Ferramoli no, l'opera delle fabriche è molto ben avanti" 115 •
Smentivano però qudle affermazioni le contemporanee lagnanze dei giurati trapanesi per i quali, dello stanziamento dei famosi 66.000 fiorini, se ne erano spesi sino ad allora soltanto 40.000 per le fortificazioni della città, destinando i restanti ad altri scopi, sempre di natura militare. Ebbene, pur ritenendo arbitraria tale procedura, consci in ultima analisi che la salvaguardia della S icilia andava vista nella sua globalità per cui, comunque quei denari avevano contribuito alla sicurezza, chiedevano tuttavia che si reperissero almeno altr i 2 .000 ducati, per ultimare le opere principali e munirle di artiglierie, ritrovandosi Trapani al momento: " tuua aperta di multi bandi di forma chi quando quod absit succhedissi repentino insuJto non porriano difendere con a l.tri a rm i nè muri si non con li nostri petti provisti di preparalo animo per la ficle lità e t servicio di la M.tà Ce." 11<>_
Messo alle strette, il Gonzaga a sua volta ribatteva che senza ulteriori finanzjarnenti non era pensabile la conclusione dei lavori per nessuna piazza del Regno, e che sarebbero occorsi come minimo 100.000 fiorini per Trapani, Siracusa e Milazzo. Alla fi ne riuscì ad averne 300.000, in tre rate annue, ed a Trapani si tornò a fortificare. Ma cli lì a breve i fondi apparvero nuovamente insufficienti ed esauriti, ingo iati dalla grandiosità d elle opere programmate. Comunque andasse, nel '40 si considerò attuato il settore nord con iJ relativo terrapieno, mentre nel '41 si mirò a r.isolvere il problema dell'autonomia idrica della città, segno del progressivo contrarsi delle disponibilità economiche. I Altra sosta quindi ed altre suppliche, ed ancora altre tasse. Nel '43 infatti sotto la spinta emotiva della presenza ciel Barbarossa in crociera il"Consiglio Generale stabiliva l'erogazione di cinque mila scucii, da trarsi da una gabella eletta «del nuovo imposto» per la fort ificazione: e l'imperatore ringrazia vivamente e poco dopo giungeva a dirigere o meglio - perché ripartiva subito - a dare le disposizioni dei lavori, l' ingegnere Ferramolino". 11 7 . Seguirono carestie, terremoti ed epidemie e solamente nel '45 i cantieri si ricondussero alla normale attività, erigendo il bastione di S. Andrea e quello Imperiale. Nel '46 accingendosi a lasciare per il suo nuovo incarico milanese la Sicilia il Gonzaga poteva affermare, fondatamente: ''Trapani è stata ri parata dalla parte del mare tal mente, che da quella pane è fortissima, bene è vero che sulla bocca del porto ha un castello che lo c hianrnno Columbara, il quale, a mio g iud iz.io, nuoce più tosto che giovi, perciò ch'egli è piccolissimo, no n ha fianc hi nè vi si puonno fare, et se ve nisse preso verrebbe ad essere cavaliere ad un bastione, che si haveva a cominc iare nominato Santo Francesco, ma se venisse spianato, il detto basti o ne, fareb be il medesimo effetto de l guardare la bocca del porto, che fa la Columbara, nè passerebbe il pericolo d'esse r preso. come può esso castello, perché non si può battere se no n con estrema di fficoltà, nè per mare, nè per terra, come ben facilmente si può battere la Columbara almeno per via di mare.'' 118•
115 Registri di Lettere di Ferrante Gon zaga \licerè di Sicilie, , Parma, 1889. Voi. I, aprile 1537. Da V. D1 G IOVi\NNI, Le fortijìcaz.ioni di Palermo nel secolo XVI. in "Documenti per servire alla storia di Sicilia"- Palermo 1896, p. 95. 116 Da V. V 1TALE, Trapani e la guerra ... , op. cit., p. 280. 117 Ibidem, p. 298. ' 18 F. GONZAGA, Relazione de1/e cose di Sicilia.fàtw da Don Ferrante Gonzaga a1/'i111pemtore Carlo \I. Palermo, 1896, p. 7.
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Intorno alla metà del XVI secolo quindi la cjttà di Trapani appariva discretamente fortificata, su progetto del Ferramolino, con una murazione estesa:"insino al meridional contromuro del castello, il quale contromuro fece anco primamente incominciar a munir di quei due grossi torrioni, che hor tuttavia inverso terra vi sono e poscia di un fosso tant'altamente intorno a tuttj gli orientali muri della città, che l'acqua del mare passandovi entro havesse fatto la città e il castello isolati; la parte di mare medesimamente prese a fo1tificare armando i bastioni , che già vi eran di teITa a' luoghi opportuni disposti di fotti e ben orrunate muraglie. Furono chiuse 1e porte della dogana e dei macelli e aperta la poita della regina" 119.
PALERMO Al tramonto del 13 settembre del 1535, Carlo V entrava in Palermo da Porta Nuova 120,fra ali di folla acclamanti e sfarzosi addobbi, dirigendosi al Duomo. Qui, riproponendo il fasto dell'antica usanza dei re dell'Isola, si impegnò, con il triplice giuramento r.ituale da secoli ormai in disuso, di perpetuare inalterati i privilegi della città 121. La massa degli schiavi liberati che l'osannavano, il tripudio dei sudditi siciliani e la magnificenza degli ornamenti profusi lungo il tragitto, non potettero però nascondergli la fin troppo palese labilità delle fortificazioni della capitale. Reduce da un fortunato assedio, valutò con perfetta cogn izione di causa la potenziali tà difensiva delle sue vetuste mura normanne, traendone conclusioni preoccupanti. Le piazze prospettate innanzi appartenevano nel XVI secolo, sotto il profilo strategico, a quella delicatiss.irna 'frontiera marittima' dell' impero spagnolo, che si estendeva da Ancona, via via ad Otranto e quindi a Crotone, Reggio, Messina, Siracusa, Trapani, Cagliari, Alghero cd a Castel Sardo. La loro scansione raffigurava quasi una sorta di mezza luna, saldamente incuneata nel Mediten-aneo centrale, irta di bastioni e di artiglierie. Una sottile corazza tenacissima quindi, con un coriaceo propugnacolo insediato a Malta, alla quale era demandata la preservazione della civiltà occidentale dalle possenti e rabbiose ondate invasive turche. Palermo, perciò, non rientrava a buon diritto nella prima linea di quel fronte avanzato, perché ritrovandosi sul bordo interno della ricordata mezza luna, non rischiava di vedersi fatta oggetto di un improvviso assalto dal mare. "La Capitale infatti era dislocata in un versante geografico del!' Isola che non costituiva di per sè uno degli obiettivi del nemico. Esso probabilmente sarebbe stato preso in considerazione d ai Turchi soltanto in un secondo tempo, qualora, presa Messina .. .In questa ottica Palermo si doveva sempre fortificare ma il pericolo non era così incombente come per Messina e le città nella costa orientale." 122 . In virtù pertanto della sua defilata ubicazione, Palermo non ebbe a lame ntare, in que l tormentato scorcio storico, le atroci traversie che devastarono ricorrentemente le piazze della ' frontiera marittima' .
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Una tanto fel ice posizione insediativa, trovava ragione nelle eccezionali originarie connotazioni geomorfologiche che l'avevano proposta all 'attenzione dei suoi remotissimi fondatori. E se a volerne meglio esternare quelle pecu liarità la si designò, proprio negl i anni della nostra indagine, come ' Conca d'oro', con un più calzante e stringente appellativo, dal perfetto etimo greco-nàvopµos, tul!o porto-i lontani colonizzatori ne tramandarono la sua più proficua caratteristica, da allora preminente. Le indangini archeologiche effettuate vi hanno confermato la presenza costante di un nucleo abitato dagli albori della preistoria, ma il concreto sviluppo, per quanto accennato, data dall' indomani della conquista fenicia e quindi punica della città. Sensato appare collocarne nascita nel VII sec. a. C. 123 ,riecheggiandosi, nelle sue vicessitudini evolutive, alcune specificità di Napoli, non ultima la distinzione in Neapolis e Palepolis. L' ubertoso suolo ed il propizio porto ne decretarono in breve volgere il vivace sviluppo, con l'instaurarsi di un notevole grado di benessere economico, pressocché generalizzato per i suoi 14.000 abitan ti, stando almeno alla narrazione di Diodoro Siculo 124.Le scarse rovi ne delle massicce mura urbiche, al limite dell 'inespugnabile, testimoniano peraltro ampiamente l' asserto 125 • Di pari passo s' impose la sua rilevanza strategica, tanto da farla ascendere a massima base militare e mercantile sicil iana di Cartagine, disgraziatamente con tulle le ovvie conseguenze. La conquista romana sopravvenne nell' ambito della r• guerra punica, nel 254, e vanamente fu perseg uita la riappropriazione della città da parte cartaginese. Seguì per Palermo un significativo calo demografico ed economico, imputabile alla contrazione dei suoi traffici, fenomeno del resto comune all'intera Sicilia, ma si determinò, per la prima volta, quella che sarebbe po i stata sempre la caratteristica più sorprendente cli Palermo, ovvero il suo multira:aisrno, favorito da una assoluta tolleranza. La città assunse perciò il ruolo cli vero crogiolo etnico-culturale del Mediterraneo, predisponendosi quasi alle future sorti. La dominazione araba ribadì tale singolarità, dando origine di fatto, per l'abnorme protrarsi dell 'assedio a Siracusa, al suo ruolo di capitale. La città però nonostante la ritrovata munificenza, conservò sostanzialmente I' apparato dife nsivo bizantino, con l' aggiunta soltanto di qualche ulteriore caposaldo, quale il Castello a mare 126. L'avvento dei normanni ed il ritorno definiti vo nell'ambito dell 'occidente cristiano, non sottrassero a Palermo lo splendore ed il sincretismo, ma l'incrementarono addirittura, riconfermandola pienamente al rango di capitale del nuovo regno di Ruggero II dal 11.30 al 1282. Sotto tale vivido impu lso si provvide anche alla riqualificazione delle fortificazioni urbane, che in pru1e o totalmente, subirono un radicale rifacimento, assumendo quelle connotazioni essenziali con cui apparvero a Carlo V. Pei· la verit~, alcuni in terventi integrativi alla cerchia furono senza dubbio apportati in epoca aragonese, e di essi se ne trova traccia anche negli "Ordini delle fortificacioni ... " del Ferramolino 127 • Risulta altresì che nel 1499, sia p ur sommariamente, si aggiornarono tanto le opere del Castello a mare quanto q uelle della mura ad esso ad i.acenti. Ma trattavasi comunque di integrazioni legate alla logica della cosieletta ' architettura di transizione" 128 e. proprio perché tali, d i effimera sopravvivenza.
123
Sull'argomenlo cfr. C. DF. SETA e L. Dr
12~ Cfr. D IODORO, XXIII. 18, 5. 125 Al riguardo cfr. S. Mosc,,Tt,
M AURO.
Palermo, Bari, 1980, pp. 7 e sgg.
ilalia archeologica, Novara, 1980, pp. 171-173. La presenza d i tale castello appare documentata sin dal XU secolo, ma aggiungono C. DE S F.T/\ e L. Dt M /\ URO, Palermo, op. cit., p. 25: " la noti zia che in esso esisteva una moschea. mostra che la costruzione risaliva ad età musulrnana...alla fine de l X secolo od ai principi dell" XI...". 121 Il manoscriuo originale, conservato nell'Archivio Comunale della Città, indicato quale Varia - n° I, dal tilolo: L 'Ordini di fa fortificacioni di fa Jelichi chita di po/ermo dato per lo magnifico Ingegnere An.tonio_Ferramolitzo, fu pubblicato integralmente da V. Dr GIOVANN I, Le fortifi cazioni di Palermo nel secolo XVI giusta /'«Ordini» de/l'ing. Antonio Ferramolino, Pa lermo, 1896. 128 Circa l'architeuura di transizione cfr. C. SACHERO. Corso di fortificazione per111a11e111e d"auacco e difesa delle piaz::.e forri. Torino, 1861, pp. 26-31. 126
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57 57. Palermo, planimetria del castello, da F. Negro.
In definitiva possiamo ritenere che, allo scadere del XV secolo, il complesso difensivo della città constasse essenzialmente della murazione perimetrale normanna e del castello. Questo a sua volta:" si presentava completo nelle sue strutture ma sprovvisto cli opere di bastionarnento. In effetti esso riusciva difficilmente attaccabile dal mare per avere mura alte e spesse ed inoltre l'antico Dongione che ancora si trovava rinserrato nel centro del perimetro funzionava da «cavaliere>> consentendo di dominare il circuito delle mura e parte della città. Dalla parte di terra l'efficienza delle mura era più precaria essendovi quasi addossate alcune costruzioni ed anche delle chiese ... " 129 Pertanto giàJlei primi decenni ciel secolo successivo, si avvertì netta l'esigenza di procedere da capo alla ricostruzione delle strutture difensive della città, in funzione della ormai trionfante canonica del fronte bastionato, munendole adeguatamente di bocche da fuoco. Molti documenti pervenutici di quegli anni testimoniano infatti un vivace sforzo militare teso allo scopo, ma la coordinazione degli intenti si coglie soltanto dopo l'arrivo del Ferramolino. La comparsa del tecnico a Palermo può ascriversi agli inizi degli anni '30, con un incarico probabilmente ricognitivo o di consulenza, tale comunque eia consentirgli la redazione di un primo programma di lavoro per la trasformazione dell'arcaica cerchia in una moderna, massicciamente bastionata. Di certo però la sua fattiva prestazione al riguardo data dalla nomina del Gonzaga a vicerè allorché, proprio per esplicito volere di quello, la rifortificazione della capitale assunse importanza prioritaria nell'ambito della riorganizzazione militare siciliana. La città di Palermo si presentava all'epoca planimetricamente affine ad un vasto rettangolo, i cui due lati maggiori la serravano all'incirca a nord ed a sud, mentre i minori ad est ed ovest. In quello volto a levante era inglobato il grande porto naturale, perfettamente vigilato dal menzionato castello a mare, saldamente impiantato sulla sua estremità settentrionale. La particolare configurazione, vagamente regolare, suggerì e consentì al Ferramolino i concetti ordinatori per la erigenda grandiosa fortificazione. Perfettamente conscio infatti, per personale e diretta esperienza in attacchi anfibi, il bergamasco volle prioritariamente garantire massicciamente il fronte a mare della città, potenziando con poderose bastionature il vetusto castello e lo spigolo a mezzogiorno del lato minore cui apparteneva. Volle, parimenti,
129
Da R. SANTORO, Fortificazioni ..., op. cit., p. 2 I 3.
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58. Palermo, assonometria del castello, da F. Negro. 59. Pianta della fortificazioni di Palermo viste da A. Giorgi, nel 1575.
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La difesa costiera del Regno di Sicilia dal XVI al XIX secolo
60 60. Palenno, planimetria delle fortifìcazionj perimetrali, da F. Negro 61. Palermo, planimetria delle fortificazionj perimetrali , da F. Negro.
creare un identico caposaldo di maggior resistenza, sul lato simmetrico al porto, sul fronte a terra, ad immediato ridosso del Palazzo Reale, conseguendo, a un tempo, l' irrigidimento della sezione più debole e la salvaguardia del prestigioso edificio. Deri vava dall ' accennata impostazione una ben chiara polarizzazione della cerchia, margine procedurale entro il quale, senza eccessivi sbilanciamenti si sarebbe dovuta realizzare l' intera costruzione nei decenni successivi. Precisati i criteri progettuali. avutone pronta confem1a dal vicerè e certamente dallo stesso imperatore, esistendo la disponibilità economica, almeno per avviarli , il Ferrarnolino ne fissò rigidamente le caratteristiche ed iJ dimensionamento, nonché l' ordine di priorit~t da rispettare in fase esecuti va. Per una fo rtunata circostanza, il pacchetto relativo ci è pervenuto interamente, consentendoci importanti osservazioni, di valore emblematico ai fin i di una motivata valutazione complessiva di tutti gli incarichi , da lui espletati in Sicilia durante i suoi diciasette anni di permanenza. La dinamica di approntamento della cerchia bastionata di Palermo, che ostentò a completamento ultimato:"in tutto ... dodeci bastioni, due di mare e dieci di terra, due da oriente, quattro dai tramontana con l'angolo, quattro da ponente con l' angolo, e due da mezzogiorno con l' angolo, che tutti si riducono ai predetti dodici " 130,avvenne, secondo la prassi abitualmente impiegata dalla dirigenza spagnola, per gradi progressivi. Si ovviava in tal modo al rischiosissimo scadere delJa sicurezza urbana derivante da una contemporanea demolizione delle vecchie strutture, in mancanza del le nuove, ed all a ancora più frustrante carenza di denaro. Al fine di evitare al massimo tale pericolo lo stesso ingegnere stabilì con pedantesca pignoleria la priorità - l 'ordini di !anteriori rate -eia assegnare all a realizzazione di ciascun bastione. Da quanto al presente deducibil e, l' approntamento dei lavori si discosta alquanto dal piano del Ferramolino, richiedendosi in pratica per i settori da lui valutati critici, e quindi da fortificare meglio, tempi di attuazione più estesi. Per Palermo lo possiamo pertanto così ricoso·uire: nel 1536, si opera lungo il lato maggiore, a settentrione, applicando all a murazione ancora idonea ed
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Da V.
D1 G 10VANN I,
Topogra.fìa amica di Palermo, Palermo, 1879. Voi. I, p. 80.
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Riqualijìcaz.ione della difesa costiera nel XVI secolo
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63 62. Palermo, bastioni in prossimità del palazzo reale. 63. Palermo, dettag lio bastione.
a quella sostitutiva i bastioni cli S. Giorgio, cli S. Giu liano, di S. Vito, e cli Porta cli Cari ni 131 ,vertice verso terra cli quel lato; contemporaneamente si procede anche su quello opposto, ovvero sul lato maggiore meridionale, erigendo i bastioni cli Porta Mazzara e di Porta S. Agata. nel 1537 si costruiscono sul lato minore, a ponente, il bastione di S. Giacomo, e quasi all'estremità ad est del lato maggiore meridionale quello del1o Spasimo. nel 1550 è la volta quindi dei bastioni sul lato minore, a mare, detti del Vega e del Tuono, e sul lato minore a terra di quello di S. Pietro a Palazzo. Gli altri , si costruirono dopo la morte ciel bergamasco, per tutto quel secolo e per parte del successivo. Tornando ali ' Ordine di Fortifìcacione ... del Ferramol ino troviamo indicati da erigersi nel 1536:"cin-
131 Circa una più accorata descrizione d i tal i bastioni cfr. V. 01 G IOVANNI , Pim1ta delfefor1ifìcrdo11i di Paler1110 esistenti 11el I 571., in Doc. per servire alla Storia Siciliana, S. S. S. P.,Quarta serie, Voi. IV, Palermo. I 896, pp. 237 e sgg.
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La difesa costiera del Regno di Sicilia dal XVI al XIX secolo
64 64. Palermo, bastione.
que belguardi, fra i quali i quattro più urgenti ad alzarsi... indicati co' nomi di belguardo dello Spasimo, belguardo a Turr i tunda, a Porta di Santagati, a Tri Tundi. 11 quinto baluardo proposto era quello di Porta di Mazzai-a. " 132_ Dalle nomenclature citate si desume la presenza dj alquanti torrioni rotondi, che finirono poi inglobati nei bastioni, e che costituiscono la riprova degli aggiornamenti aragonesi di transizione. Senza volerci addentrare ulteriorme nte nella ennesima riproposizio ne del documento del Ferramolino, indubbiamente interessantissimo ma eccessivamente specifico, ne trarremo alcune significative osservazioni di natura dimensionale e tecnica, attestanti la complessità dell'opera e la stupefacente modernità della concezione. In siffatta ottica analizzeremo per tutti, sebbene di grandezza leggennente maggiorata, il bastione dello Spasimo, peraltro il primo ad essere proposto dal Ferramolino, ricavandoci dalle quote originali di progetto espresse in canne siciliane 133 le attuali in metri.
Dati caratteristici del Bastione dello Spasimo Forma: tipica a freccia, con fianchi rientrati ad 'orecchioni ' ,profilo scarpato fino al cordone (redondone) e quindi verticale. Orientamento: verso le celle del monastero allora esistente dello Spasimo. Materiale impiegato: blocchi cli tufo con profilature con conci di pietra da taglio.
132
Da V. DI G10VANNI, Le.fortijicazio11i di ..., op. cit. p. 23. La canna siciliana risultava all'epoca costituita da 8 palmi, ed il palmo a sua volta corrispondeva all'incirca a cm. 24, dato desunto eia una scala metrica grafica lasciataci daJJ' ing. Tiburzio Spannocchi nel J.596. Ne consegue perciò che siamo in grado con notevole precisione di affermare che la canna in questione è pari a m. l. 92. 133
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66 65. Ricosrruzione del bastione dello Spasimo. 66. Sezione de.Ile mura.
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pianta
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67 67. Dettaglio cannoniera.
Superficie occupata: mq 1200 circa. Cubatura fuori terra: mc. 8.500. Lunghezza delle mura di ciascuna delle facce: 111. 52. Spessore delle suddette mura in fondazione: 111. 5.30. Altezza dalla fondazione al cordone compreso: m. 5.76. Scarpatura delle mura sull'estradosso: 16.6 %. Scarpatura delle mura sull'intradosso: 10%. Altezza delle mura sopra al cordone: 111, 1.92. Altezza del merlone della cannoniera sopra il cordone: m. 1.92. Numero delle cannoniere in barbetta del bastione: sei, tre per faccia. Dimensione della bocca esterna della cannoniera: m. 2.40. Dimensione della bocca interna della cannoniera: m. 0.50. Altezza dal livello del calpestio della bocca interna: m. 0.84. Depressione del fondo della cannoniera: verso l'esterno pari al 16.7%. In tal modo ì pezzi non potevano colpìre bersaglì vìcini al pìede delle mura meno di m. 25. Altezza della bocca esterna della cannoniera: sopra il cordone: m. 0.12 Orientamento delle 3 cannoniere di ciascuna faccia: divergente progressivamente, in modo da non sovrapporre di molto i rispettivi settori di brandeggio. Distanza tra le cannoniere: le due cannoniere contrapposte praticate verso la punta del bastione dovevano osservare una distanza tra le loro bocche ìnterne di circa m. 6; le altre due estreme, dovevano a loro volta distare ciascuna circa m. 6 dal muro rientrante del fianco; le centrali infine dovevano trovarsi assialmente alle altre. Profilo esterno dei merloni: a settore cìrcolare, ovvero a quarto di cerchio, meglio noto in seguìto come profilo balistico. /
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Dati caratteristici per le cortine laterali al bastione Lunghezza di quella a levante: m. 80, Lunghezza di quella a ponente: m. 67. Spessore in fondazione: m. 2.40. Abbattimento dell'estradosso: 16.6%. Abbattimento dell'in!l:radosso: 10%. Altezza fino al cordone: uguale a quella ciel bastione. Altezza dei merloni sopra il cordone: m. 1.44, pari a m.0.50 in meno cli quella del bastione. Cannoniere disposte lungo la prima sezione: n° 8 in basso casamattate e 11° 8 in alto in barbetta (le casamatte per le artiglierie sarebbero state cosmiite in un secondo momento, allorché si fosse terrapienata la muraglia. In tal modo si aveva già all' indomani della sua erezione un primo livello cli difesa). Cannoniere disposte lungo la seconda sezione: n° 6 in basso casamattate e 11° 6 in alto in barbetta. Cannoniere disposte vicine ai fianchi: n° 2 per lato,(meglio note come traditrici binate: nel bastione dello Spasimo però non furo no previste casamatte). Bocca esterna delle traditrici: larghezza m. 1.70 altezza m. 0.75, strombatura del fondo -10% e del cielo +5%.Squarciatura delle guance asimmetrica, tutta verso l'esterno. Distanza dalla cortina della prima bocca: m. 0.98.
Disposizioni contromine per i bastioni Rappresentano uno degli aspetti tecnici salienti della progettazione del Ferramolino, e risultano in i1otevole anticipo sui tempi. La guerra sotterranea, cli mine e contromine, infatti raggiungerà la sua compiuta definizione nell'età ciel Vauban, ovvero intorno alla metà ciel secolo successivo. Quanto ordinato perciò dal bergamasco è indicativo delle sue grandi capacità elaborative. Ne esporremo pertanto le principali caratteristiche, illustrandole con il nostro linguaggio per facilitarne la comprensione. Si definivano contromine, in pratica, delle gallerie tese ad intercettare le opere cli scavo nemiche onde neutralizzarle, per lo più mediante il brillamento di cariche esplosive appositamente predisposte e dette 'furnacchi" 134 ,cli modica potenza, onde non danneggiare con la deflagrazione l'opera che si voleva proteggere. Nel nostro caso il Ferramolino previde che queste procedessero scavate nella roccia tufacea sottostante la fondazione, con una larghezza di circa rn. 2, coperte eia una volta a botte. La galleria cli contromina avrebbe dovuto snodarsi concordante all'asse longitudinale del muro ciel bastione. In altri termini supposto questo largo m. 5, la galleria sarebbe stata scavata in maniera eia lasciare ancora per l'appoggio della predetta fondazione m. 1.5 verso l'esterno e m. 1.5 verso l'interno, per l'intero perimetro del bastione, collegando perciò un orecchione con l' altro. A completare la galleria così ottenuta ne stabilì la segmentazione in tante celle quadrate cli circa rn. 2x2x2, separate fra loro eia un settore trasversale cli circa m. 1 di spessore. In quello andava ricavato il vano di passaggio fra un ambiente e il successivo, previsto largo rn. 0.70 ed alto m. 1.20, ciascuno dotato di un robusto cancello a "lancioni". A loro volta i vani si sarebbero dovuti susseguire sfalsati, ovvero uno addossato alla parete verso l' esterno della galleria ed il successivo a quella verso l'interno, in modo cli evitare, in caso cli intrusione nemica, il tiro attaccante d'infilata lungo il cunicolo. Al centro della volta di ogni celletta prescrisse quindi cli inserire, prima della costruzione delle fondazioni, un tubo [catusoJ del diametro di cm. 24, eia condursi verticalmente, attraverso lo spessore della muraglia, fino alla superficie del bastione terrapienato o, nel caso di bastione casamattato, fino al calpestio delle casamatte.
134 Precisa in merito C. SACHERO, Corso di .forrifìcazione... , op. cit.,p. 320: "L'assediato non puù rico1Tere a .. mezzi che esigono un consumo eccessivo di polvere, danneggi.ano le sue gallerie eh'ei vuol conservare a lungo per reiterare le offese, e preparono all'agressore troppo grandi incavi: usa invece di preferenza i fornelli contigui ... i. fumacchi. .. [ed] ha il grande vantaggio dell'iniziativa e di poter prepare la maggior parte dei suoi lavori ... ". Quanto esposLO si riferiva tuttavia al secolo successivo a quello del Fe1nmo lino!
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68 68. Sezione galleria contromine.
L'impianto difensivo sotterraneo in tal modo real izzato, nel malaugurato caso di penetrazione nemica, avvenente allorché le gallerie da mina avessero raggiunto e sfondato quella di contromina, consentiva di inondare éc'.m materiale altamente infiammabile e fumosissimo i tenebrosi meandr i, cli difesa e cli attacco. Saturate dalle dense ed asfissianti esalazioni, percorse cla11e serpeggianti lave di fuoco, le anguste celle si sarebbero trasformate per gli incauti attaccanti in altrettante mortali trappole, dalle qual i difficilmente avrebbero potuto riguadagnare il cielo aperto, tanto più che per effetto della differente pressione dell'aria, la tossica miscela si sarebbe immediatamente propagata, attraverso i cancelli, a tutti i settori delle contromine: "acciocchi quando guod absit li dicti contromini fussiro prissi da inimichi per li dicti catusi sichi poza buctari foco seu artificio di foco chi li bruxa in li dicti stancii et affuca" 135.
Prescriveva inoltre che, qualora il bastione inglobasse casematte [dammusi],di praticare in quelle una botola per consentire l'ispezione diretta delle contromine. Per i restanti invece sprovvisti, come quello dello Spasimo l'accesso sarebbe dovuto avvenire attraverso un locale ricavato al cli sotto delle rampe montanti agli spalti, impiegate per la messa in batteria delle artiglierie.
Canne .fumarie nelle casarnatte Le casematte per artiglieria a11oggiate nei bastioni, presentavano la duplice esigenza cli venire illuminate naturalmente, senza cioè l'impiego cli lampade a combustione oltremodo pericolose per la presenza delle polveri, e di venir rapidamente areate dai fumi prodotti claglì spari dei pezzi, che con pochi
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Da V. DI GIOVANNI, Lefortificazio11i..., op. cit. p. 72.
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69 69. Dettaglio cannoniera di una casamatta della II G. Mondiale.
tiri ne avrebbero saturato l'ambiente. Il Ferramolino progettò pertanto la costruzione, nel "cielo" di ogni casamatta dì due grosse aperture circolari - una sorta di "occhi" come le chiamò negli Ordini - del diametro di circa m. 1 cadauna, munite d.ì opportuno risalto, idoneo ad ospitare una botola di chiusura, onde eliminare dalla sovrastante piazza d'armi pericolose voragini per la manovra delle artiglierie.
Dettagli sulle strombature delle cannoniere Le dimensioni esterne delle bocche delle cannoniere, rappresentavano una pericolosissima via d' imbocco per i proietti nemici e spesso proprio le loro strombature contribuivano ad introdurli, deviandone la traiettoria. Ancora una volta il Ferramolino dando prova di eccezionale capacità inventiva, o di perfetta padronanza della sua materia, dispose un efficace rimedio al problema, espediente divenuto di uso comune, nei secoli successivi, sino ai nostri giorni. "chi si triparta la longhiza di la cannonera cl fazano si chi in lo squarciamento tanto dalto comu di baxo et a li casi tri scaluni acciacchi quando accadissi darichi dinlro qualchi tiro di artellaria cl.i inirnnichi non pozza curriri ad im,buccari in li ditti cannoneri et dari dintro a li bucchi di lartellaria che stassi ..." 136.
Trattavasi, in altre parole, di frammetare in tre gradini il tronco dì piramide quadrangolare costituente la cannoniera, in modo che questa presentasse all'impatto dei proietti sempre piani perpendicolari e mai inclinati, gli unici in grado cli arrestare le palle senza deviarle.
Suggerimenti circa lo scavo dei fossati Per le piazze marittime essendovi la possibilità deH' allagamento con acqua salata dei fossati, si perseguiva simi le opportunità, meno insalubre di quella con acqua dolce. Lo scavo, però, si .imponeva alquanto più profondo in modo da consentire l'afflusso ed il mantenimento della quota d'invaso, in qualsiasi condizione di marea. Nel caso di Palermo prefigurandosi lo sbanco nel duro banco tufaceo d'im-
rn, Ibidem, p. 74.
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70. Palermo, Po1ta Nuova, la cui costruzione originale risale al XV secolo. 71. Palermo, Porta Felice, fatta erigere nel 1.582 da Marcantonio Colonna.
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pianto, particolarmente lungo ed oneroso, il Ferramolino suggerì di delegarlo all'iniziativa privata. Propose perciò cli cavare, a piè d'opera cli ciascun bastione, la massa cli blocchi cli tufo ad esso necessaria, obbligando poi tutti i costruttori della città ad approvvigionarsi di pietre unicamente presso quegli scavi, fino al raggiungimento delle dimensioni prefissate per il fossato che, via via, veniva così a crearsi. I lavori alla cerchia cli Palermo, pur tra le endemiche ristrettezze econom.iche 137 e penurie cli risorse di ogni tipo, sembrerebbero essersi compiuti con rimarchevole celerità, stando almeno al rapporto che nel '46, in procinto cli lasciare la Sicilia, il Gonzaga redasse al riguardo: "Io l'ho circondata cli bastioni che l'un vede l'altro, talmente che, accompagnala da un bellissimo sito piano, et per haver d'anorno assai buona muraglia, anchor che vecchia, io l'ho per incxpugnabile, nè vi si può desiderare altro per bora eccetto il fosso, il quale con alcune difficoltà vi si può fare, perché essendo il terreno cli tuffo non si può cavare se non con picconi, che se ne portano grandissimo tempo nè vi è migliore spediente che quello trovato da me, ciò è, che coloro, i quali fabricano case dentro la Cittù, faccino cavare le pietre dal luogo di detti fossi, et con questo verranno a farsi senza spesa, anchora che ne porteranno grandissimo tempo, ma in fine altro rimedio non vi si può trovare, nè per ciò è la CiLtà così debile che non sia per resistere a qualsivoglia potenza, secondo quel che giudico" 138 .
In realtà però, ,il di là della autocelebrativa esposizione ciel Vicerè, molto restava da compiere per l'approntamento significativo delle fortificazioni palermitane. Per i fossati, ad esempio, ancora nel 1570 così si periziava da parte del Cap. Montesoro: "Pcrche la fortezza di questa cita è di bavere fossi attorno le muri, li quali se trovano incomensati et non compliti, per questo li pirriaturi deveno cavar petra iJ1lro ditti fossi atalche si compliscano... [ed] è necessario promulgarsi publico bando, con pena, che non presumano li pirriaturi far petra in altra parte, salvo che in li foss i preditti; lo quali non essendo compliti come esser deveno, la cita non è forte ne in cunto nixuno se intende essere in fortiliza"Ll9.
Nel frattempo , comunque, indubbiamente la condizione raggiunta appariva se non altro meno preoccupante sotto il profilo della sicurezza, e si tendeva con eguale soJJecitudine a provvedere all'annamento, anch'esso molto costoso e di difficile approvvigionamento. Il 24 febbraio del '43 sull' onda emotiva cli un ennesimo avviso di prossimo assalto navale turco si emise il seguente bando: " Sia noto e manifesto ad omni persuna ... in quista Citati di palenno...si havi deliberato di fari alcuna quantilati di artiglaria per la clefensione di quista Cita et gia si havi incominsato a farla et gia fora finita si s'havissi potuto haviri ramo a sufficiencia. Per lo che ... officiali preturi et jurati cli quista Citati exhortano e pregano a tutt.i ...chi vogliano acornodari et aiutari .. .e vincliri tulta quilla quantita di ramo et mitallo chi omni uno potrà la quali serrà pagata di contanti .. .'' 140
Di analogo tenore un altro bando del 3 settembre ciel '43, con esplicito consenso cli acquistarlo, se indispensabile, anche al di fuori del Regno: " ...et caso chi non truvassivo a cumprari in quista Cita tutta la quantita di ramo stagno et mitallo et peLri di ferro lo quali li fossi bisogno per ditta artiglaria vi clamo licencia e facultati di putirli comprare seu fa ri veniri tanto infra qui sto regno quanto di fora ..." 141 •
137 La gravità della situazione economica conseguente le esorbitanti spese militari e gli espedienti non sempre legittimi espletali per aggirarla, possono trovare una emblematica esemplificazione nell'episodio della composizione, modo di dire spagnolo per significare completa amnistia, del marchese cli Pietraperzi.a, reo confesso di parl'iciclio e condannato a morte, per la somma di 40.000 scudi. Lo scandaloso episodio, logicamente, non suscitò la comprensione dell'imperatore, tanto più che il vicerè aveva agito di sua totale iniziativa, ma per la logica stringente delle cifre dovette far fare buon viso a cattivo gioco. E non si trattò cli un caso isolato. Su tali sit11azioni cfr. V. Sc1ur1 Russi, Astrea in Sicilia, il ministero togato nella società siciliana dei secoli XVI e XVII, Napoli, 1983, pp. 36-44. i 3R Dalla Relazione cli Ferra11te Gonzaga, op. cit.,p. 7. 139 Registro Afl.i, Bandi, Provviste, 1570-71, lnd. 14,f 386, da V. D1 GIOVANNI. 140 Ivi, I543-44, Indir. 2. 141 Ivi, I 543-44, lndit. 2.
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Nel '44 poi, essendosi probabilmente ottenuti dalle fonclerie 142 i pezzi tanto desiderati, si tentò di munirli degli affusti, per renderli utilizzabili: " ... per havirsi di fari ditti carre tti [affustil havimo accordato cum lu honorabili magnifico Joanni barda chi hagia di fari veniri la lignami et di poi hagia di fari li ditti carretti ... per la ditta arleglaria ... " 14:~
È interessante infine, dopo questa serie cli schematiche puntualizzazioni sulle difficoltà incontrate dalla dirigenza palermitana per venire a capo della colossale impresa, e di renderla operativa, spendere alcune righe circa gli uomini impiegati da1Ia difesa lungo quelle mura, su quei baluardi e dietro quei cannoni. "Generalmente si pensa che questo servizio venisse svolto da soldati veri e propri e, tenendo conto dell'epoca, si pensa subito ai fanti dei «tercios» spagnoli. Nulla di più inesatto. li serv izio di difesa dei bastioni era effettuato dai c ittadini inquadrati in forma paramilitare dalle Maestranze delle Arti e dei Mestieri. Ogni Maestranza aveva l'obbligo cli difendere con i suoi associati un tratto di mura o un baluardo e questo servizio era ritenuto un privilegio da parte degli associati. Questa consuetudine, originatasi fin dai tempi ciel «Thema» di Sicilia si era mantenuta per tutto il Medio Evo e si protrasse fino al XVTJl secolo quando le Maestranze furono disciolte." 1' 14 • Per la nostra attuale concenzione cli forza armata può sembrare assurdo immaginare gruppi cli civili impiegati sugli spalti e alla manovra delle artiglierie, ma ciò rientrava perfettamente nella logica dei tempi. Lo era del resto anche il trattamento indiscriminato, dopo la resa cli una città, che colpiva tanti i civili che i militari. Consci di ciò il votarsi alla difesa ad oltranza di tutti, spesso anche delle donne, appare scelta obbligata. Concludendo l'argomento, estremamente significativo per valutare la reale possibilità di presidiare attivamente circuiti murari a volte di diversi chilometri e di decine di bastioni, ci appare il seguente specifico documento del 4 ottobre del 1543: "lnstrucioni et ordini Iassato per nui don petro Consales de mendoza marchisi de la valli siciliana et rende Regio Collettore Consiliario io lo regno di napuli Castellano de lo Castello novo cl Capitan Generali di sua maestà in questo falele regno li quali per servitio di la maesta sua et conservationc di q uesta felici Cita di palermo si haveranno cli exequiri et observari in ditta Cita... Principalmente essendo ditta Cita divisa in cinco quartieri in li quali bisogna farse tanti Capilanei persone pratiche habile et più exeperti a la guerra se hanno da fare in questo modo: vidiliceL ad ogni 300 homini un Capitaneo il quale se farra il suo alfieri et officiali di s ua Compagnia et si farra un sergente magiore persona diligente e pratica. Item si farra subito resigna di tutti li genti di ditta Cita et allistarc quelli chi si troviranno de 18 fin a 50 anni et provedere che le persone basse et agricole se debiano conperare una pica per uno harlisani de qualsivoglia arte uno arcabuxo per uno li g intilhomini et mercanti il coxalclto et pica et li Cavaleri li loro cavalli et armi ... " 145 •
MILAZZO Se sotto il profilo puramente storico-morfologico il promontorio di Milazzo si presenta sostanzialmente identico agli altri fin qui incontrati, sotto quello architettonico se ne differenzia alquanto 146 • Non diversamente dai precedenti infatti risulta abitato, dalla più remota antichità, da nuclei sociali aborigeni 147,in virtù delle sue caratteristiche di arroccamento e cli difenclibilità spicciola.
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Da molteplici documenti risulta che intorno alla metà del XVI secolo in Sicilia erano operative diverse fonderie di can-
noni. Registro Atti, Bandi, Provviste, 1544-45, Indi!. 3, f 204, da V. D1 GJOVANNI. Da R. SANTORO, Le fortificazioni ... ,op. cit. p. 192. 145 Registro Affi, Bandi, Provviste, 1548-54, Indi!. 2, da V. D1 G IOVANN I. 146 La morfologia dei luoghi al presente risulta notevolmente diversa dall'epoca di cui trattiamo. La rupe su cui sorge il castello, pur continuando ad essere strapiombante, non lo è più su di una ristrettissima riva marina, ma su di una alquanto ampia spianata ricavata per colmata dal mare, che ha in tal modo altcnito il profilo costiero nldicalmente. 147 In merito cfr. A. MtCALE, Il castello di 1 \llilazzo, Milazzo, 1982, p. l5. 143
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Non diversamente dagli altri offre un iter rigenerativo continuo nel tempo, ma sempre w ll' identico schema fo rtiCicatorio, indifferente a lle d inastie ed alle dominazioni del parlicolare momento. Non d iversamente, infi ne, dai consimili fu ritenuto idoneo, agl i in izi ciel XVI secolo alla riqualificazione in strategica piazzaforte mari ttima. Ma al di là di tali ev identi identità, Milazzo ostenta delle singolari pecul iari tà, che la rendono in un certo senso una categoria a se stante, incl udente soltanto sparute realizzazioni, peraltro non siciliane, qual i ad esempio Castelsardo e Gaeta 148 .Il presupposto dell'anomalia va imputato alla logica informale della originaria fortificazione apicale che non racchi use mai una cittad ina, nè la generò nelle sue immediate adiacenze. Fu sempre una cittadella, ed in g uanto tale precl usa ai civi li, o comunq ue alle abitazioni civi li. Non essendoci, pertanto, alcuna pressione edilizia interna, nè a ridosso de l castello, ri uscì facile adeguarlo progressivamente con nuove strutture antistanti, e massicce opere avanzate, alle potenziate risorse offensive, senza ricorrere alla demol izione obbl igata delle presistenri e senza destreggiarsi con i rituali condizionamenti planimetrici, imposti dalle dimore eccellenti e dai particolarismi inevadibi li , assillo cli ogni progettista . TI borgo si ritrova alla sua base, sulla stretta lingua dell'istmo, ottimamente servito da un comodo porto, caricatore cli grano famoso già nel med ioevo, protetto da una seconda cinta muraria. Le acque ad esso antistanti fu ro no testimoni di grandiosi eventi storici149 ,a ri prova della rilevanza strategica del luogo. Da quanto premesso scaturisce indirettamente la seconda eccezionale unicità della fortificazione di M ilazzo, ovvero il racchiudere nelle sue strutture anche le più antiche testimo nianze architettoniche militari , assurgendo perciò ad una sorta di campionario cronologico delle estrinsecazion i dì quella scienza. Ciò premesso, ne rievocheremo, su quella comoda falsariga, le lappe salienti cli realizzazione fi no alla metà del XVI secolo. Il promontorio di Milazzo si erge sul mare per circa m. 100, dando così origine ad una spianata sommitale alquanto ampia, prescelta in epoca sveva per l'impianto cli un tipico castello quadrilatero. Artefice dell a sua progellazionc fu il piì:1 volte menzionato Riccardo da Lentini 150, che con mirabi le intuito si discostò dalla rigida canonica imperiale vigente in materia, per config urare una pianta trapezoidale, meglio aderente ai condizionamenti orografici ciel sito. Sorse così un maniero i cui due prospetti principali appaiono cli dimensioni di verse, il maggiore sul fronte a terra ed il minore a mare. Immutate permasero le connotazioni formali solite, quali le torri quadrale angolari e cli mezzeria, e la loro tetra severità accentuata dagli scuri conci lavici dei cantoni e dalle archeggiature ogivali 151 • Ma laddove il protomaestro duplicò la sua libertà creativa fu nel rispetto e quindi nell ' inseri n1ento al centro ciel prospetto minore, cli un massiccio torrione, vig il ante su l nudo apice roccioso della rupe da o ltre un secolo. Formal mente questo si presenta, pur tenendo conto degli immancabi li interventi adattativi, come un tipico dongione quadrato, dotato cli possente scarpatura basamentale 152 su tutti e quattro i lati. Prodotto quindi dell'ingegneria normanna, sebbene la tradizione locale lo abbia tramandato come torre "araba", o "saracena", etichetta che potrebbe peraltro calzare pi uttosto alla sua destinazione che a lla sua origine, come confermano le centinaia di torri "saracene" lungo le marine italiane, nessuna delle quali costrui ta da quella etnia.
1•18
Cfr. F. Russo, La difesa costiera del Regno di Sardegna, Bari, 1992, pp. 57 e sgg. Valga per tutti la battaglia navale tra ro mani e cartaginesi del 260 a. C.,ncl corso della l'' guerra punica che vide la vittoria del console Caio Dui lio. 150 Un diploma di Federico II del 17-XI- I 239, che elogiava il prororn aest.ro Riccardo eia Len tini per la sua prestazione forn ii.a per i l castrum di M.ilazzo, con ferma la paternità dell'opera e l' anno di corn pletamen to. 15 1 Sull 'argomento cfr. F. RuvOLO, Milazzo, f(ltti e una cattedra/e normanna ritrovata 11ell'atlun/e inedito di Negro, in Brutium, gennaio-marzo 1987, pp. I 1- 12. 1~2 Tale possente ri ncalzo si protrae in altezza per circa rn. I O, facendo supporre una dimensione originaria del la 101Te di almeno una tren tina. Il risultato formale conseguente, a cimatura effettuata. per ridurre la sua esposizione ai tiri dell'art iglieri a, è una st,ruU.ura eccezionalrnente si mile alle torri costiere erelle verso la lìne di quel secolo e lungo le mari ne dello Stato della Chiesa. La somiglianza potrebbe spiegare anche il nome di "saracena'',per fac ile correlazione. 149
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73 72. Milazzo, torrione normanno. 73. Milazzo, tonione normanno, dettaglio della scarpatura.
Ritenutala di ottima fattura e congrua all'opera che si accingeva ad innalzare il da Lentini la destinò a mastio del castello, conseguendo con quella scelta il rafforzamento del medesimo sul lato più esposto ed, al contempo, la soggezione alla maestosa torre, ancora di oltre m. 14 dj altezza, dell'intera area fortificata. Esplicita conferma dell'asserto è offerto proprio dalla scarpatura, presente anche verso l'interno del castello: se coeva a quello non avrebbe avuto alcun senso. In età aragonese, iniziatasi a manifestare pienamente la terribile presenza delle artiglierie negli assedi, dovunque, per motivi strategici, si ritenesse qualche castello significativo, fu g iocoforza procedere alla sua rifortificazione. L'espediente, adottato per antonomasia, consisteva nell' interporre fra quello e le presumibili batterie nemiche, una possente muraglia scandita da mastodontici torrioni circolari aggettanti diametralmente dal filo di cortina, in perfetta rispondenza formale ai canoni del Di Giorgio Martini 153 .
153
Sull'argomento cfr. F. D1 GroRGIO MARTfNl, Trattati di architettura ingegneria e arte militare, Rist. Milano, 1967, pp. 3-20.
Riqualificazione della difesa costiera nel XVI secolo
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•·
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76 74. Milazzo, panoramica della fortificazione. 75. Milazzo. planimeu·ia del Castello. da F. Negro. 76. Milazzo, assonometria del Castello. da F. Negro.
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78 77. Milazzo, la cinta aragonese. 78. Milazzo, la porta di accesso alla fortezza.
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79. Milazzo, dettaglio di un torrione aragonese. 80. Milazzo, deltaglio innesto cortina e torrione aragonesi. 81. Milazzo, dettaglio profilo balistico fortificazioni aragonesi.
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84 82. Milazzo, la «cinLa spagnola». 83. Milazzo, dettaglio cortina spagnola. 84. Milazzo, gli spalti della «cinta spagnola».
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87 85. Milazzo, dettaglio di una cannoniera «traditora» spagnola. 86. Milazzo, cannoniere in «barbetta» su un bastione. 87. Milazzo, opere avanz.ate.
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La difesa costiera del Regno di Sicilia dal XVI al XIX secolo
A Milazzo allora sì eresse una cerchia siffatta, definita appunto " la cinta aragonese", che correndo trasversalmente al promontorio ne isolava l'estremità, includendo in quell 'area protetta il castello ed una vasta spianata, circondata dallo strapiombo, destinata a piazza d'armi per il fronte a mare. La cerchia aragonese si appoggiava a ben cinque torrioni semicircolari, aprendosi fra gli ultimi due, dislocati a breve interasse verso il bordo settentrionale, la porta di accesso alla cittadella. In quel contesto di aggiornamento, in perfetto rispetto dei precetti dell'archi tettura di transizione, sì cimò anche la vetusta torre normanna, riducendola alla attuale elevazione. L' interesse d'Alfonso d' Aragona nei confronti della rocca di Milazzo, facente parte del sistema strategico Milazzo-Messina-Taormina, ci viene tramandato esplicitamente da un suo diploma del 1441, così enunciante: "ALFONSUS DEI GRATIA ARAGONJS ETSICILIAE REX Considerans igitur situm atque loci dispositionem Civitatis Mylatii, quae vicina atque hostium fr·onte sita est, a1que derelictis caeteris totius regni partibus periculum, aquidem in maximum imminere: propterea volentes praecavere, atque providere .fittura, quorum praesens raLio nos dociles reddit circa custodiam, atque munitionem murorum ipsius Mylatii, quibus se intrepide tu.eri voluerunt mabori proposito... requirente fore credimus intenti sumus, praesenti igitu.r privilegi:i serie.
ALFONSO PER GRAZIA DI DIO RE D'ARAGONA E DI SICILIA Considerando dunque il sito e la disposizione del luogo della Città di Milazzo, che è prossima e di fronte a i nemici, e considerando soprattutto come sovrasti il pericolo sulle altre parti indifese dell'intero Regno: perciò, essendo nostra volontà prevedere e provvedere per il futuro, e poiché la suddetta argomentazione ci rende favorevoli alla custodia ed al rafforzamento delle fortificazioni della stessa Milazzo, che i naturali vollero difendere intrepidamente e con fermezza, crediamo e siamo fermi su tal proposito, qui da noi attestato dal presente privilegio" 154 •
La ci nta aragonese sancì in pratica il primo avanzamento della linea difensiva verso tena, ma il progredire delle armi da fuoco rese in pochi anni 155 obsolete e fragili quelle, apparentemente, inviolabili strutture. Agli inizi del XVI secolo, non diversamente dalle altre piazze costiere siciliane, anche quella di Milazzo appariva pericolosamente vulnerabile ad un ben condotto colpo dì mano. Sotto il vicerè Pignatelli, intorno al 1. 523 , si avviò pertanto una nuova riqualificazione della roccaforte, procedendo in maniera concettualmente analoga a quella degli aragonesi, erigendo cioè una seconda cerchia, questa volta bastionata, ma sempre trasversale al promontorio, che per ovvio riferimento si chiamò 'la cinta spagnola'.11 suo andamento era quindi praticamente parallelo all'altra, separato da una distanza di quasi m. 200, ma con una quota d'impianto notevolmente inferiore, in modo che tanto il castello svevo, quanto la cerchia aragonese, conservavano un vantaggioso dominio balistico sulla più recente fortificazione 156 • Per la sua difesa attiva vennero previsti due bastioni alle estremità. "L'intera cinta - il cui fronte compresi i bastioni principali misura poco più di 300 mt. - inizia a nordovest con il torrione che fiancheggia il bastione delle Isole e termina a sud-ovest, poco oltre il bastione di S. Maria con l'angolare terminale che aggetta sullo strapiombo roccioso. Sì compone di due robuste muraglie parallele e discoste, legate da una grande volta a botte che copre un gigantesco cunicolo. Nell'interno di queste grandiose mura e dei ton-ioni che le fiancheggiano sono ampie cisterne, vasti local i già adibiti a carceri, magazzini e stalle, e gli accessi di numerosi passaggi sotteranei - in gran parte franati, pressocché impraticabili ... - creati per consentire collegamenti occulti tra le fo1t ìfi cazioni e tra queste e l'esterno" 157•
154
Da A. MrCALE, Il castello.. . , op. cit.,p. 138.
Precisa F. R UVOLO, Milazzo..., op. cit. p. 15:"Qucsta nuova linea difensiva-con cortina e torrion i livellati in altezza, ampie scarpe basamentali e tagli per le cannoniere-è da assegnare forse ad anni posteriori al 1466 ...",e per analogia con una identica strnttura aragonese, quella della murazione orientale di Napoli, cfr. F. Russo, La murazione aragonese di Napoli, il limi/e di un 'era, Napoli, 1985, A. S . N. S. P.,appare ragionevole collocarla intorno agli anni '80 di que l secolo. La sua validità perciò sarebbe stata inferiore ai 30 anni, giustificando il concetto già espresso per Napoli di opera inuti le, monumento di se stessa e limite di un'era. 156 II dislivello tra la quota del castello e quello della cinta spagnola è d i oltre m. 20, valore notevole ai fì ni della difesa. 157 Da A. MtCALE, Il castello .. . op. cit. p. 24. 155
Riqual(ficazione della difesa costiera nel XVI secolo
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È diffici le dopo questa sintetica descrizione, specie per quanto riguarda i sotteranei, non correlare quei tenebrosi meandri a quelli delle contromine cli Palermo e quindi per logica trasposizione al loro progettista, il celebre ingegner Ferramolino. Che i lavori fossero avviati nel '23, non significa affatto che risultassero definiti una decina d'anni dopo 158 ,tanto più che un primo esborso cli denaro da parte della popolazione data 1527. Di sicuro l'ingegnere, che agli inizi degli anni trenta era impegnatissimo a Messina, si recò a Milazzo nel '33, e su suo parere si presero opportuni provvedimenti, quali per cominciare quelli che il vicerè Monteleone notificava all'imperatore nel 1534: " ... ho fatto andare in Milazzo una parte dell'artiglieria, che è venuta con queste altre navi, poiché a caso ve n'è una parte, e ve n'è molto bisogno, e nel tragitto io sarò in quella città di Milazzo con l' ingegnere Ferramolino, che partirà con me" 159
Il perché quel promontorio preoccupasse talmente il vicerè dipendeva dall'essersi aggregata, al di sotto delle antiche fortificazioni lungo il sottile istmo, una grossa cittadina, assolutamente indifesa e, quel che è peggio, per quel momento indifendibile. Si sarebbe perciò imposta oltre alla costruzione della cinta bastionata, anche una protezione perimetrale per quella, specie lungo il suo fronte costiero, ed in tale direzione dovette certamente operare il bergamasco, sotto il Gonzaga. Di ce1to, nel '37, al ritorno di quest'ultimo la località gli apparve con i lavori in avanzato stato di approntamento, tanto da poter affermare cli lì a breve: "Milazzo si trova assai bene fortificato, et quantunque la fortificazione non sii del tutto perfetta, è però in tal termine, che si mette per defensibile, havendo dato ordine che si fornisca per sei mesi''16°.
Ad ogni buon conto la storiografia coeva ricorda a proposito di M ilazzo che tra:"il 1538 e il 1539, vicerè don Ferrante Gonzaga, nuove muraglie contro li corsari innalzava a difesa della città e ne ristorava le antiche lo ingegnero regio Antonio Sferramulino" 161 .Jl brano citato sembra perciò confermare l'intervento del nostro ingegnere mirato preminentemente alla protezione dell'abitato, e la tesi trova ulteriori sostenitori, affermanti al riguardo che: "il Ferramolino, compiute nel 1534 le opere di rafforzamento dell'antichissimo castello, si applicò poi, negli anni in cui fu particolarmente occupato nella vicina Messina, a completare tutte le difese cli Milazzo, restaurando le antiche mura ed aggiungendo le imponenti nuove muraglie... Le «nuove» muraglie s i debbono riferire alla cinta nord-est che sorse in guel periodo a difesa della parte settentrionale della città contro gli eventuali sbarchi dei pirati ... Questa cinta fu poi ulteriom1ente ampliata negli anni s uccessivi e nel XVII secolo ... Le antiche muraglie «ristorate» dovrebbero essere, quelle ciel litorale e di sud, sud -est e cioè la cinta del XIV secolo eretta da re Giacomo d' Aragona...(Milazzo alta)." 162_ Solo in questi termini s i può spiegare il contribuire, in maniera abbastanza spontanea e generosa della cittadinanza, ai lavori in questione, al punto che lo stesso imperatore Carlo V nel 1553, ad opera ormai notevolmente avanzata, ne elogiava pubblicamente il comportamento con questa missiva: " EL REY Amados, y fieles nuestros. Nuestro Presidente de este Reyno nos ha escritto la voluntad, con que essa Ciudad continuamente nos sirve, y la suma, que nuovamente ha contribuiclo para sù fortificacion , lo que nos agradece-mos, y tenemos en mucho servicio, quc nos se sperava menos de su mucha fieldad, y a si os rogamos, que en lo que al clelantc se offreciere continueyes Io que hast.a qui, confiamos, pues que en lo que nos obrare, siempre t.en remos la memoria, que vuestros servicios mcrecer.
Al riguardo è importante ricordare che il bastione cli S. Maria fu innalzato sull' area della omonima chiesa, che si dovette allo scopo demolire. La demolizione data 1568, lasciandoci perciò concludere che prima di allora la cinta fosse tutt'altro che definita od ultimata. L' ipotesi pertanto che la paternità sia del Ferramolino non u·ova se 11011 altro obiezioni cronologiche. 159 Cfr. V. D1 G IOVANNI , Lefortijìcaz.ioni di Palermo... , op. cit. p. 94 100 Da E. COSTA, Registri di tenere di Ferrante Gonzaga, Panna, 1889, voi. .I, da G. Tadini. 161 Da G . T ,\DINI, Ferramolino ..., op. cit.. p. 112. 162 !vi, p. J 12. 158
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La difesa costiera del Regno di Sicilia dal XVI al XIX secolo
Data en Cambrai XIIIJ Dias del mes de Noviembrc de MDCLIJJ, anos. Uries Segretario.
YOELRE A los amados, y fiels nuestros los Jurados y Consejo de nuestra Ciudad de Milaco.
lLRE Amati, e fedeli nostri, il nostro Presidente di questo regno ci ha comunicato la volontà, con la quale questa Città continuamente ci serve, e la sonmrn con la quale ha nuovamente contribuito per la sua fortifi cazione, del che noi ringraziamo, e teniamo in gran conto, giacché non si sperava di meno dalla sua tanta fedeltà, e così pure preghiamo che da ora in avanti continui ad offrirsi fino a che, come confidiamo, possa arrecarci giovamento, e sempre ci ricorderemo di meritare i vosu·i servigi. Data in Cambrai il 14 novembre 1553 Uries Segretario Io il Re Agli amati e fedeli nostri giurati della nostra Città di Milazzo". 163
/
16,
Da A. .MJCALE, Il cas1el/o ... , op. cit. p. 137.
CAPITOLO TERZO Torri costiere, spionaggio, corsari ed ingegneri
Le torri costiere vicereali: la genesi Nel 1546 il Gonzaga ]asciò la Sicilia per assumere il nuovo incarico di governatore di Milano. Al di là delle sue affermazioni circa lo stato difensivo dell'isola, la realtà purtroppo lasciava facilmente arguire ancora un lungo protrarsi di ingenti lavori. Del resto il vicerè ormai da tre anni, non aveva un contatto diretto ininterrotto con l'immensa opera da lui avviata. Secondo una prassi acclarata, nella circostanza, espresse al suo ingegnere di fiducia il desiderio che lo seguisse nel milanese contando certamente, se non altro, sul richiamo delle terra nativa. Ma il Ferramolino, conscio della necessità della sua permanenza in loco, e paventando un avvenire incertissimo alle dirette dipendenze di un uomo tanto ambizioso e volitivo, stimò più conveniente per lui proseguire nel progranuna intrapreso. Sollecitò perciò, con reiterate missive, don Ferrante a non allontanarlo dal Regno. Il tono di queste ci conferma una profonda delusione nel tecnico, conseguenza probabile cli una carenza di gratificazioni, morali e materiali, ben diverse dall'entusiasmo ciel recente passato: "lii.mo et Ecc.mo S.or Per un altra mia scrissi alla Ex. V. della fortificazione di Mulfetta et della fortificazione di questo Regno affermandoli che io non farò mai se non quello che è stato l'ordine della Ex. V. et quando occorresse servirse di me saro sempre pronto. L'è il vero che desiderei che mi fosse riservato questo locho, perché ha vendo servito sì lungamente ben et ficlele, mi par ch'el servitio mio sia degno cli maggior mercede: è ben il vero che mi doleria venir di là et poi trovarmi in bianco in mia vecchiezza. Mi ha parso scriverle la presente per far certa la Ex.a V. che li son certo servitore et la priego in qualsivoglia cosa si serva di me et certo mi pareva esser degno di risposta di alcune mie scritte innanzi la partenza vostra di questo regno; pur sia come voglia starò sempre pronto ad ubidirla, et nostro S.re la guidi a salvamento et la prosperi a fel ice stato come la desidera. Da Messina 29 Maij 1546" 1•
La patetica richiesta dovette, alla fine, trovare accettazione presso il Gonzaga, ed il bergamasco ri mase in Sicilia, continuando ad esercitare la sua professione di stimato ingegnere, anche sotto la nuova dirigenza isolana. L'agognata risoluzione che, nelle sue intenzioni, avrebbe dovuto se non altro assicurargli una tranquilla vecchiaia, per ironia della sorte cli lì a pochi anni gliela avrebbe invece negata totalmente. Nel frattempo lo stato cli alcune piazze così ci è testimoniato, allo scadere proprio di quel 1546, in una relazione uffic iale all'imperatore, del presidente dell'isola: "Messina XX de octobre Sac.ma Cat.ca et Ces.a M.la Diedi avviso alla m.tà v.ra alli passati giorni che havea dato ordine accio le fabriche de q.o regno et particolarmente di q .a città si complissero per affrettar et redurre questa città nella disegnata fortezza. S' ha fatto partito con alcuni particolari2 che si sono preso cargo de fabricarle, per il che uno s'ha obbligato complir tre milia canne de muraglia dalla banda della porta di S. Antonio, per tutto il mese de giugno pross.o d'avenir, a ragion dett. 14 et grana nove la canna, et compiendole se gl i ha promesso di beveraggio3 duccnto scudi, et in caso che da lui mancasse dc completarle nel d.t.o tempo è tenuto de pagar alla città mii-
Leuera pubblicata da Bertolotti, Architetti, ingegHeri e 1natematici in relazione coi Co11wga, p. 8, .in G. Tadino. "Particolari", sta per "privati". 3 Con il termine "beveraggio" si intendeva all'epoca una sorta cli legale regalia militare, che nel caso specifico assume il va1
2
lore di incentivo per la consegna dei lavori.
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La difesa costiera del Regno di Sicilia dal XVI al XIX secolo
le scudi, et quella mara'ma4 che da lui s i trovasse fatta se gli paghi a tarì 10 la canna, eLil resto si facci a suo interesse, o nd' io credo che per non pater si g ran dano se complirà senza fallo. S'ha con un alt.o fatto partito che farà tre milia altre canne de muraglia da santo fran.co, sino al bastione de san Jacomo a raggion de tarì sedeci la canna, et promette darne fatte mille canne, per tutto li xv giorni cli febraio pross.o che viene, altre mille per tutto aprile, et mille altre per tutto il mese de giug.o et mancando alcuni di questi tempi se gli pagara la mara'ma tulta a raggione dett. 10 la canna, et quello che mancarà si facci a s ua dispesc, et pcrehe ha da esser total.te complita la muraglia del bastione de .s.to fran.eo infino a san Jacobo, mancano altre tre milia canne q.o medes.o s'è obligato ciarle finite al meclesmo punto per tutto il mese de marzo ciel anno sequen te. Per complir la fortezza de gonzaga, mancano da dui milia canne di muraglia, s'ha fatto partito, con un alt.o a tt. I 6 g. I O la canna, et è obli gato a compirle e t farà mille canne, per tutto lo mese d' aprile, et lo resto per tutto giugno prossimo d'avenir. .. Alla tela che va da Don Blasco a S.to Georgio si fabrica tullavia per quelli che l'hanno a staglio\ et sarà fernita per tutt.o il mese de marzo. Allo bastione de san Geoigio si fabrica tuttavia per quello l'haveva a staglio, et ha promesso far per tutto maggio da tre in quattro milia canne de modo che sarà q uasi in fortezza, et con dilligentia s'attende per tutto a fabricar secondo il disegno del Ili. re Don Fern.do Gonzaga. In Saragosa [Siracusa] si seguira, con quelli puochi denari che vi sono et per dar fi ne a quel damuso che se fà et a molte altre cose, per reco nciarle le mandare una bona parte da le denari se devcno haver ques to anno a conto delli 100.000 fiorini cieli fa bric he. A Cathania s' attende tuttavia a fabricar con li denari cieli loro gabelle, et così in Melazzo, ho voluto particolarmente Informarne V. m.tà .. Le cose del nuovo impuosto, non s i sono innovate, e t stan no secondo con l'altra mia gli scrissi, ne si mancara star avertito a tutto quello che sara servi. o della m.ta v.ra. I banduti quella poca parte che vi era rcmasta, sono in tal modo asenLati che non si sentono più in parte alcuna<>. Non havendo donque alt.o che degno sia delle orecchie della m .tà v.ra s.ra, inchinandomi hurnilmente baso su imperiali mani. Jddio sempre pregando su sac.ma persona conservi et prosperi feliciss.a. " 7
L' anno seguente subentrò nella carica di vicerè don Giovanni de Vega, di estraz ione militare, e che proprio perché tale, valutata con cognizione di causa la capacità del Ferramolino, non solo lo riconfermò a pieno titolo negli incarichi in corso, ma lo gratificò della sua assoluta fiducia . È pertanto logico che allorquando lo stesso vicerè, sulla falsariga di quello che il suo collega don Pedro de Toledo, nel medesimo scorcip storico, andava elaborando per la difesa costiera antincursiva del Regno cli Napoli8, prese ad interessarsi concretamente della inderogabile esigenza, l'ingegnere dovesse costituire il consigliere tecnico per antonomasia. In dettaglio, secondo la tradizione corrente, il de Vega ipotizzò, anche per la Sicilia, una catena ininten-otta cli torri costiere, cli avvistamento e difesa, otticamente collegate fra loro, in stretta correlazione concettuale con quanto già secoli innanzi presidiava le marine dell'Isola. Stando la questione in questi termini, il Fen-amolino non poteva in alcun modo essere escluso dal grandioso progetto, ma tacendo finora le fonti al riguardo, peraltro abitualmente prolisse e loquaci, siamo indotti, per ovvia conclusione, a ritenere l'iniziativa posteriore alla sua presenza, tesi che trova conforto in molti studiosi dell'argomento. " Dell'idea cli Vega e della sua concreta realizzazione si sa, purtroppo, ben poco: solo il tempo di costruzione ed il numero delle sue ton-i conosciamo, e per cli più con qualche approssi mazione.
'"!'vfara 'ma" o maragma, indicava la muraglia ordinaria.
Indicava una realizzazione valutata tramite consuntivo e tari ffe metriche prestabilite. Aggiunge in merito G.C.'\PASSO, Il goi,erno ... , op. cit., p. 428: "Della severità, usata contro malfattori ... non biasimo gli va dato, bensì lode, ché essa dimostra l'effettivo suo dcsi.d erio di migliorare l'amrninistrat.:ione della giustizia, e di sradicare completamente la mala pianta dei malviventi, la q uale, lui lontano, non lardò purtroppo a rimettere nell'isola piL1 salde radici". ; A. G. S., Estado 1117-61, leg. 1141- 1142. s Don Pedro dc Toledo iniziò ad interessarsi del problema della difesa costiera antincursiva mediante una catena di torri da erigere lungo l'intero perimetro litoraneo del Regno di Napoli intorno al 154 I, perfezionando l' intento ed a vviando la costruzio ne di alcune torri verso il 1550. Cfr. G. CONIGLIO, I vicerè spagnoli di Napoli. Napoli, 1967, p. 73. 5 6
Torri costiere, spionaggio, corsari ed ingegneri
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· Sembra dunque che le torri, il vicerè abbia itùziato a farle costruire nel 1549, e che il processo dicostruzione sia terminato nel 1553, attendendovi il Ferramolino da Bergamo, Domenico Giunti, Pietro del Prado, Arduino Andronico, celebrati architetti militari .. . Si suole poi fissare a 37 il numero delle torri edificate, che è per la verità un numero assolutamente sproporzionato rispetto alle necessità difensive dell'isola, ed al conseguente impegno che ci consta essere stato profuso negl i anni seguenti, costruendo nuove torri destinate a completare il sistema di Vega, ufficialmente considerato carente"9. Assodato che in ogni tradizione si cela un nucleo di concretezza, stimiamo indubbio che promotore dell'iniziativa sia stato il de Vega, ma nutriamo forti riserve circa la effettiva data di avvio del programma, per i motivi che ora esporremo. Scomparso da alcuni anni dal ruolo attivo il Barbarossa, capofila della corsa barbaresca, ne raccolse la turpe eredità il tristemente celebre Dragut, che in breve volgere si annidiò tenacemente nel munito covo d.i Afrodisio-Mehedia o Al-Mahdia per i turchi - non lontano da Tripoli 10 • Moltiplicandosi a dismisura le funeste razzie ciel predone, proprio nel '49 si pianificò una ennesima grande spedizione punitiva in nord-Africa, avente per obiettivo la sua agguerrita roccaforte. Come per le similari iniziative sulla sponda barbaresca intraprese da Carlo V, la Sicilia reputata la principale beneficiaria di un eventuale esito positivo, ne fu coinvolta al sommo grado, sia sotto il profilo finanziario -logistico che squisitamente militare, con uomini e mezzi. Non a caso a guidare il possente corpo di spedizione fu prescelto il de Vega, il quale ciancio tangibile dimostrazione della stima nutrita nei confronti del Ferramolino, lo volle al suo fianco come ingegnere e direttore delle operazioni ossidionali. All'uopo si selezionò uno speciale contingente, di circa 200 zappatori siciliani, profilandosi l'impiego della gue1Ta di mine, settore in cui il bergamasco - come a suo tempo osservato - eccelleva 11• Che in tale contesto febbrile , i due uomini, fossero in grado di elaborare e quindi varare il progràmma delle ton-i costiere ci sembra poco credibile. E non è tutto. Riunitesi nelle acque siciliane secondo un collaudato copione le galere genovesi, napoletane, toscane, pontificie, spagnole, siciliane e maltesi, costituenti la forza d ' attacco per un totale, trasporti esclusi, di 54 unità - in modo da non sguarnire del tutto le marine occidentali - verso la fine di aprile del '50 si misero in rotta per l'obiettivo. Le fanatiche orde turco-barbaresche del Dragut indussero con i loro rabbiosi contrattacchi, sin dallo sbarco, avvenuto il 28 maggio, a realizzare distintamente la temerarietà della missione. Allo sguardo degli imperiali inoltre si paravano le terrificanti fortificazio1ù punteggiate di cannoni, della cittadella corsara. Due cerchie di mura racchiudevano infatti il sordido covo, ed il contingente spagnolo 1itenne indispensabile, prima dell'investimento, sottoporre ad un violentissimo fuoco preparatorio le opere più esterne, eia meno cli 500 m .. Sotto la grandine dei proietti erompenti dal parco d'assedio alleato, diretto dal Ferramolino, le mura di Dragut non ostentarono vistosi segni di cedimento. Per contro le batterie della piazza scatenarono un nutritissimo controfuoco micidiale. Trascorse così un periodo cli una decina di giorni, allo scadere dei quali fu lanciata la prima ondata d'attacco, la quale pur avendo superato brillantemente le fortificazioni esterne si infranse sanguinosamente all'impatto con le successive. L'infausto esito ciel tentativo spronò l'ingegnere ad intraprendere, senza ulteriori indugi, lo scavo cli una galleria da mina, unica in grado cli annientare le terribili bastionature.
'} Da S. MAZZARELLA R. ZANCA, Il libro delle lorri, op. cit., pp. 35-37. 10 La cittadina della Tunisia fu conosciuta anche con il nome di Affrica, e la sua fortificazione originaria rimantava all'VIII secolo ad opera degli arabi. Per lo svolgimento dell'assedio cfr. Enciclopedia Militare, alla voce "Afrodisio" 11 La materia che si riallacciava alla classica procedura dello scavo di cunicoli fin sotto le mura nenùchc per farle crollare, tramite l'incendio dei puntelli, fu modernizzata dal Francesco di Giorgio Martini con l'introduzione degli esplosivi. In tale tecnica il Fe,rnmolino può essere considerato il principale prosecutore dell'opera del grande maestro. In merito cfr. E. ROCC HI, Le origini dellefortifù:azioni moderne, Roma, 1894, p. 157.
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La d~fesa costiera del Regno di Sicilia dal XVI al XIX secolo
Avvolti dal torrido clima dell'estate africana, tormentati dalla incessante fucileria nemica, e dalle non meno fitte granate, gli zappatori del bergamasco spinsero innanzi la loro oscura fatica, guidati personalmente dall'ingegnere. "Il sottosuolo di quella zona presentavasi roccioso, ma coperto da grosso strato di terra, nel quale fu possibile eseguire le così elette trincee coperte, ossia scavi profondi con pareti rivestite e su di essi una copertura di travi, di panconi e di terra." 12 Con l'avanzare del cunicolo cresceva di pari passo il numero dei morti e dei feriti, questi ultimi prontamente sgombrati con navi ospedale a Trapan:i. La imprevista resistenza barbaresca attizzò la combattività degli imperiali, che moltiplicarono i loro sforzi, impiegando persino le artiglierie navali. Dalle centinaia cli pezzi imbarcati un diluvio cli ferro si abbattè allora sulle tenaci muraglie. Come se non bastasse, da un inusitato pontone galleggiante 13, appositamente inventato, una numerosa compagine di grossi calibri batteva dal rovescio, con effetti devastanti le ostinate fortificazioni. "Un. uomo di genio, architetto e matematico, condotto in Sicilia d,ù vicerè Giovanni de Vega, squadrava il terreno: metteva il quartiere generale sopra un'altura solitaria in fondo alla gola dell'istmo ... disegnava una grande traversa con fianchi e bastioni regolari da controvvallare la piazza, e a tergo un argine ugualmente bastionato per circonvallare il campo e assicurarne le spalle in ogni evento. Tra le due linee i quartieri, le poste dell'a1tiglieria, i magazzini delle munizioni e delle vettovaglie, e gli sbocchi disegnati sul posto per andare avanti cogli approcci e colle batterie. Questo egregio uomo... era italiano, nativo di Bergamo ... di nome... Ferramolino" 14 • I difensori, chiaramente, non stavano passivamente ad ammirare il progredire degli scavi ma, valutatane esattamente la portata, concetrarono su quelli tutte le loro potenzialità offensive: "il Ferramolino là sotto colle trombe 15, coll' acqua e colla terra ad affogare ed a vincere l'inceclio ... [i barbareschi] a replicare catrame, tizzoni e archibugiate. Insomma tre volte domate, tre volte riaccese le fiamme: morendovi molti soldati e guastatori, chi cotto, chi trafitto, e urlando i turchi ad ogni bel colpo dalle feritoie basse ciel torrione. Finalmente toccò una palla in fronte anche al Ferramolino, che vi restò gelato sul colpo ... " 16 • Per ironia del destino si concludeva in una galleria da mina nell'agosto del 1550, lottando - unicità della guerra sotterranea - contemporaneamente contro i quattro elementi classici, la carriera e la vita di uno dei più illustrì tecnici di quella branca, vanamente preoccupatosi della sua vecchiaia! Afrodisio capitolò il 10 settembre, ma il Dragut si era già fortunosamente dileguato ed il de Vega, dopo di aver preso possesso della cittadella in nome dell' imperatore, ed insediatovi un consistente presidio rientrò in Sicilia. Da quel momento soltanto ebbe il tempo e l'opportunità, e forse a seguito della mancata cattura e delle prevedibili ritorsioni del corsaro, l'assillo cli occuparsi concretamente delle torri costiere, tanto più che nel corso dell'operazione nord africana· aveva avuto, per stretto collaboratore, don Garzia de Toledo 17, figlio del più celebre don Pedro.
Da I. A. MI\GIOROITl - Gli architetli militari, in: ''Il genio italiano all'es1.ero", Roma. 1933, III, p. 225. L'invenzione del "pontone galleggiante per artiglierie navali" fu dell'Arduino, tecnico che successivamente farà la sua comparsa in Sicilia. Si trattava in pratica di due barconi sostenenti un robusto tavolato, una sorta di catamarano. Su quella piattafonna, chiamata Sambuca, vennero piazzati nove pezzi d'assedio, in grado così di muoversi agevolmente ed aprire il fuoco anche da settori altrimenti impratjcabili tanto per le navi quanto per i carriaggi abituali. 14 Da A. GUGLIELMOTrl, La guerra dei pirati e la marina pontificia, Firenze, I 876, p. 201. 15 La "tromba" in questo particolare caso era una sorta di pompa idraulica per l'estrazione dell'acqua dalla galle1ia. 11' Da A. GuuuELM(HTI, La guerra ... , op. cil. p. 225. 17 Don Garcia de Toledo, figlio di don Pedro, marchese di Villafranca, alla morte del fratello maggiore, iniziò a servire nel 1539 comandando due galere, di sua proprietà, alle dipendenze del Doria. A ventuno airnj comandava la squadra ciel Regno di Napoli, operando perciò contro Tunisi, Sfax, Algeri, Kelibia e Méhédia, ed ancora in Grecia, a Nizza, in Corsica. Divenne quindi vicerè di Catalogna nel 1558, e quindi ammiraglio generale della flotta imperiale nel 1564, cd ancora dopo poco vicerè di Sicilia, in perfella auinenza al suo progello di collegare l' isola quale arsenale marittimo alla flotta, sempre sotto il suo comando supremo. 12
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Che il programma antincursivo impostato da quel vicerè rimonti agli inizi della seconda metà ciel XVI, trova una ulteriore conferma indiretta nella fulminea e comunque devastante incursione, effettuata dalla flotta del Dragut, contro Augusta nel 1551, quasi una sorta cli spietata vendetta ai danni del valoroso vicerè, che vanamente ]a osteggiò con gli squadroni a cavallo. Stralciamone dalle relazioni ufficiali alcuni significativi brani: "27 VII 1551 Antes de ayer escrivi a V. M. lo que de aca havia que decir del progresso del armada de los enemigos ... 18
... lo stesso giorno, sul tardi , giunse la detta armata al porto cli Augusta dove si diresse per approvvigionarsi di acqua, presso la foce di un torrente che lì si apre. Sbarcarono perciò alcuni uomini che, tra l'altro, diedero fuoco a delle pagliare ed a piccoli campi di grano, coltivati lungo la marina. Il cap. Vega che sì trovava nei paraggi, con 250 cavalleggeri, si precipitò ad impedire il rifornimento, costringendoli ad abbandonare il corso d'acqua, dopo un nutrito scambio di fucilate. Accortosi però dalle navi dell'inaspettata piega presa dal!' acquata, prontamente fu ordinato ad alcune galere di volgere la prua 19 verso i difensori e di aprir~ il fuoco contro gli stessi. Riuscirono così a completare comunque il rifornimento idrico. Nel mentre le altre unità, contemporaneamente, iniziarono a bombardare il castello, che a sua volta rispose colpo su colpo. La cittadina, non disponendo di mura di cinta20, fu fatta rapidamente evacuare dai suoi abitanti, e grazie a ciò, non si patì altro danno che l'incendio di qualche casa ... ". È evidente eia quanto citato che tanto la rada di Augusta, quanto specialmente la foce cli quel suo corso d'acqua, non vantassero nessuna sorta di protezione torriera, mentre avrebbero dovuto trovarsi fra i siti a godere di indiscussa priorità in caso di effettiva edificazione generalizzata, prossima per giunta alla sua conclusione, collocata dalla trattatistica nel 1553. · Torniamo, per meglio valutare le suddette affermazioni, ad un più dettagliata descrizione dell'incursione. L'assalto, apparentemente esauritosi, nel corso della notte si riaccese violentissimo, e così lo riassunse il de Vega testimoniandone dettagliatamente le modalità estrinsecative: "Los turcos proseguieron en batir y conbatir el castillo de Augusta por mar y por tierra ...21
... come già notificai con la mia precedente a V. M.. Nella notte, attraverso una breccia praticata dalla loro artiglieria nelle mura del castello, riuscirono a conquistarlo, uccidendo alquanti difensori, mentre i superstiti si rinchiusero in una torre di quello, arrendendosi dopo poco ... L'attacco avvenne con eccezionale rapidità per cui, non soltanto non si riuscì a inviarvi i rinforzi che si andavano febbrilmente radunando, ma tornò impossibile persino al marchese cli Ierace, di stanza con 600 cavalleggeri ad appena trenta miglia da lì, intervenire in tempo ... Le fuste, le galere e le galeotte che presero parte all'incursione sembra che siano state circa 150, per non parlare dei galeoni, delle galeazze e di tante altre imbarcazioni minute di difficile quantizzazione ... ". Era quella, se mai ve ne fosse stato bisogno, una ennesima tragica conferma di guanto indispensabili sarebbero state le torri costiere per porre, almeno le principali località litoranee, in condizione cli sicurezza. Una catena perimetrale cli sorveglianza foranea, poi, avrebbe scongiurato simili raccapriccianti eventi, frustrandone fi nanche i tentativi. 'Appare pertanto sensato concordare con l' Auria, il Leanti ed il
A. G. S., E 0 • 11 I 9-156, con traduzione libera. Non diversamente da un moderno aereo da caccia, la galera avendo i pezzi disposti a prua sul corridoio centrale impossibilitati perciò al brandeggio per la estrema ristrettezza dell'imbarcazione, per andare in punteria doveva ruotare appunto la prua in direzione del bersaglio. 20 Questa affermazione marginale, ci consente ancora una volta di rilevare che i lavori alla piazza di Augusta avviati dal Ferramolino erano stati insignificanti e praticamente irrilevantj ai fini della protezione dell'abitalo. 2 1 A. G. S., E. 1119-162, con traduzione libera. 18
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Mongitore22 , che fanno rimontare, concordemente, l'avvio della costruzione delle torri al 1554, sempre sotto il governo del Vega, ma in ben altro contesto e motivazione. In merito poi alla esiguità di quell'iniziale nucleo di torri, giova ricordare che pur contemplando i piani d'intenti relativi a tutti i similari dispositivi anticursivi, schieramenti foranei notevolmente più fitti, per le ben note ristrettezze materiali e tecniche, trovarono soltanto gradatamente un'effettiva soddisfazione esecutiva. Nè peraltro era possibile a priori stabilire con certezza i siti d'elezione per l'impianto cli ciascuna torre. Ma, come i casi analoghi di Napoli e di Sardegna ci hanno dimostrato, l' edificazione seguiva una sorta di tabella di priorità, anteponendosi pertanto i luoghi notariamente più esposti e ber~agliati, nonché quelli strategicamente significativi, quali appunto le foci dei corsi d'acqua ed i porti. Il raccordo sarebbe stato assicurato, nelle inevitabili more del completamento della catena, da semplici postazioni cli vecletta23 all'aperto, prive di struttura muraria, che soltanto in un secondo tempo avrebbero ottenuto. La configurazione cli progetto, corrispondente peraltro a quella ottimale di esercizio, risultava, in ultima analisi , frutto di progressive interposizioni. È interessante al riguardo ricordare che il Regno di Sardegna, con uno sviluppo costiero anche maggiore della Sicilia, partì con circa 30 torri, ed il Regno di Napoli con un centinaio. In entrambi, infine, ancora nei primi decenni dell' 800, a rid:osso cioè della conquista di Alge1i e della estirpazione della corsa barbaresca, se ne innalzavano di nuove su pressanti richieste delle popolazioni limitrofe. Una eloquente conferma della dinamica esposta, la cogliamo nella persistenza toponomastica che contraddistingue quasi tutte le alture li toranee delle nostre mar.ine: abbondano infatti gli appellati vi cli la "Guardia del Turco", la "Guardiola" , la "Vedetta", "Colle saraceno" , ecc., con esplicito riferimento alla funz ione svoltavi per lunghi anni all'epoca. Un'ultima puntualizzazione, infine, è doverosa circa la tipologia di quel primo enigmatico gruppo di torri. Nessuna loro precisa connotazione architettonica, nè funzionale, nè tanto meno d'impianto ce ne consente attualmente una sicura identificazione, come facilmente avviene con quelle napoletane, ponti ficie, sarde, ed anche siciliane posteriori al 1579. Questa singolare carenza ci convince della ipotesi di un avvio episodico, sotto lo stimolo della pressante minaccia, privo di quella s.istematicità ed omogeneità che soltanto successivamente fu elaborata. Le torri, in altre parole, si eressero sostanzialmente simili a quelle fatiscenti dei secoli precedenti - ma spesso ancora operative lungo le coste del Regno - riproponendosi, pé'r la evidente sommarietà progettuale, perché le meno onerose da edificare. Non può essere neanche del tutto escluso che il Vega si limitasse a far restaure quelle remote vestigie volute dagli svevi, dagli angioni e dagli aragonesi, raccordandole con sparute altre intermedie di nuova costruzione, o, più verosimilmente con postazioni all' aperto. Si spiegherebbe in tal modo l'assenza cli un qualsiasi progetto o relazione tecnica, in un contesto di iperattività fortificatoria, di cui ogni sia pur minima iniziativa trovava conforto di innumerevoli perizie, grafici, rapporti, preventivi e consuntivi. Non mancavano certamente gli ingegneri per poterlo fare, nè la preparazione specifica: ma la grande impresa non ha lasciato, almeno sino ad oggi, alcuna traccia, anche marginale nei cospicui fond i d'archivio, al contrario cli quanto accadrà a partire dal 1579. Per chiudere l'argomento, tornerebbe assurdo immaginare in caso contrario - con un programma ormai intrapreso da quasi un ventennio - che due celebri tecnici ricevessero pressante incarico dopo tale data, d'intraprendere una scrupolissima ricognizione foranea del Regno per localizzare i siti ottimali d'impianto delle torri, e traducessero i loro rilievi e progetti in splendide relazioni, magistralmente illustrate, perfettamente pervenuteci . I luoghi, i siti precipui, la tipologia dei manufatti, i gettiti fiscali su
22 V. AURI A, Historia cronologica de/li signori Vicerè di Sicilia dal 1empo che mancò la Personale assis1enza de' Serenissimi Re di quella, cioè dall'anno 1409, jìno al 1697, Palermo, 1697, p. 43. - A. LEANTI, Lo staio presen1e della Sicilia, ossia breve e distinta descrizione di essa, Palermo, 1761, voi. I, p. 78-A. MoNGITORE, La Sicilia ricercata, Palermo 1742, , vo i. II, p. 27. 23 La tcrn1inologia militare spagnola le definiva come "aralaja", ovvero di semplice vedetta, senza alcun m anufatto murario, mentre l'atalc1ja en torre senz.illa', rappresentava lo stesso servizio svolto su torri leggere d'avvistamento.
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88. Cifrario spagnolo della seconda metà del '500, A.G. Simancas, E0 I 127.
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cui contare per il fin anziamento delle singole torri, la presenza di obiettivi vitali da proteggere, ecc., tutto avrebbe dovuto g ià da decenni essere perrettamenle noto alla dirigenza, e non costituire più, persino per l'ultimo sprovveduto ingegnere, argomento di così accurate descrizioni. Ciò premesso ci sembra coerente valutare la paternità del de Vega, sul sistema antincursivo, analoga a quella del Toledo che, per il Regno di Napoli, indubbiamente volle le torri, ne eresse alcune e, forse, immaginò l'intero programma intorno al 1540, ma fu soltanlo a partire dal '63, con il Ribera 24 che concretamente i cantieri ne avviarono la totale realizzazione. Nel Regno di Sicilia pertanto la credi bi le data d'inizio sistematico deve essere spostata al 1579, allorché il Parl amento, su istanza del vicerè Marcantonio Colonna e su consiglio tecnico ciel suo ingegnere, Tiburzio Spanocchi, ne ratificò il 9 aprile, il nulla osta esecutivo. La precisione delle date, dei nomi e dei riscontri stilistici ed architettonici, che in seguito esamineremo, conforta pienamente questa seconda tesi, suffragata infine dal ritrovarsi a quella epoca già concluso ed operativo il sistema delle toJTi del Regno di Napoli, e dello Stato della Chiesa, significativi precedenti. È comunque dimostrato che già prima cli quella data le torri esistenti svolgevano una qualche fu nzione, e di ciò ne cogliamo una ulteriore testimonianza nel la relazione trasmessa al tempo del presidente del Regno, Ferdinando de Silva, concernente un raid corsaro avvenuto nel 1562, che ci impone però l'apertura di una breve parentesi.
Guerra di corsa e spionaggio nei mari della Sicilia È indispensabile, infatti, prima di proseguire nella ricostruzione storica delle fasi salienti cli realizzazione delle fortificazioni costiere, fo rnire qualche sintetico approfondimento, sulla base delle fonti coeve, su di una componente meno spettacolare della difesa anticorsara: lo spionaggio. Si riteneva vitale, da entrambi le parti , ma specialmente da que lla spagnola per la r ischiosissima esposizione della sua "frontiera marittima" alle incursioni turco-barbaresche, conoscere con suffic iente margine di preavviso le possibili iniziative nemiche, nonché la potenzialità navale avversaria sicuramente operativa, tanto della flotta regolare quanto di quella corsara, e di apprenderne costantemente qualunque sia pur minima variazione. Per lo scopo si impiegarono, oltre agli espedienti classici dell a diplomazia, anche una serie di agenti segreti. Il loro incarico era cli osservare, durante i viagg i cli commercio, e di relazionare al rientro, tutto c iò che avevano potuto appurare al riguardo, sti lando così dei minuziosi verbal i. Questi, indicati come "avisos", perveni vano con regolare frequenza alle autorità periferiche. Molti di tali documenti , tramandatici peraltro in numero significativo, valutati di imporlanza strategica erano quindi ritrasmessi, con co1Tieri celeri, al potere centrale, previa trasposizione in cifra, essendo le stesse linee di comunicazione sottoposte ai normali rischi della navigazione mercantile. Dall'insieme dell' incessante afflusso cli notizie, a volte di disparatissima tematica, gli uffi ciali preposti al servizio traevano stime globali e previsioni circa le intenzioni e le reali possibilità nemiche, allertando per conseguenza i settori più minacciati. Passiamo pertanto ad esaminare alcuni cli guei singolari documenti, iniziando dall 'accennata relazione del 1562. " ... De levanle los a visos continuan sicmpre... 25
... dal levante i dispacc i continuano ad affermare che non hanno preso il largo più delle XX o XXII galere che si disse ed ancora sono del parere, in merito, che se le squadre navali di V. M. si riunissero e scorressero quei mari, potrebbero conseguire propiz i risultati contro le fl ottigl ie turche o corsare, che navigano in grosse fo rmazioni, come siamo a conoscenza per quelle cli Dragut dal rapporto del gran Maestro dell ' Ordine di Malta, che allego alla presente.
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A l riguardo cfr. O . PASANIS I . La costruzione generale delle torri marittime ordinata dalla Ref?ia Corte di Napoli nel secolo XVI, in : "Raccolta di swdi di storia napoletcma in onore di Michelangelo Schipa" , Napoli. 1926. 25 /\ . G. S., E O 11 27-63, 14 giugno 1562, con traduz ione libera.
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Per questi mari apparvero alcuni vascelli e sebbene abbiano tentato alcune sconerie contro il Regno, per grazia di Dio fino ad oggi, non sono mai riuscite. Nei giorni passati stando a quanto risulta, giunsero, nel corso della notte, otto unità turche, fra galere e galeotte, sotto monte Pellegrino che si erge vicinissimo alla città di Palermo, come senza dubbio V. M. ben sa. Sull'albeggiare distaccarono alcune lance cariche di uomini affinché, navigando costa costa e proteggendosi vicendevolmente, catturassero quante più barche e persone avessero potuto. Proseguendo così pervennero presso una torre, detta di Punta del Monaco 26 , distante appena un tiro di smeriglio da una fortezza foranea, al cui riparo stavano ancorate in quarantena due galere, presunte infette di peste in conseguenza di una cattura di un vascello nemico presso Alessandria, dove per l'appunto l'anno passato infuriò una violenta epidemia. Sebbene a bordo delle due unità la combattività fosse molto debilitata e provata, scorte le lance - subito identificate per quello che concretamente erano - e l'incerta sagoma delle loro galere disalberate per meglio mimetizzarle dietro il promontorio - immediatamente ammainarono il tendone27 preparandosi allo scontro. Salparono quindi contro gli incursori, facendo fuoco con l'artiglìeria cli bordo, prontamente replicata da quella de lla fortezza, costringendo i turchi, in brevissimo volgere; ad una precipitosa fuga, dopo di aver affannosamente recuperato le loro imbarcazioni d'assalto. · Nonostante ciò quelli si diressero ancora verso la vicina torre di Mondello, cinque miglia da qui, fa cendo sbarcare gente ed attaccando la torre medesima. Essendo avvertito dell'accaduto il marchese della Favara28 , questi, senza frapporre indugi cavalcò immediatamente verso di quella ordinando che tutti gli uomini disponibili lo se.guissero armati, quindi mandò in avanscoperta cinque o sei cavalleggeri per raccogliere informazioni su quanto i turchi stessero facendo ed i luoghi dove avessero potuto tendergli un'imboscata. Purtroppo la rapidità dell' azione non consentì il radunarsi di una sufficiente quantità di armati e di cavalleggeri, ragion per cui non potette far altro che mostrarsi ai turchi, onde impedirgli di conquistare la torre attaccata, nella quale si erano rinserrate una trentina di persone con donne e bambini29 . Per i predoni infatti fu sufficiente scorgerlo per sentirsi persi, e quindi, precipitosamente si rimbarcarono, senza aver arrecato altro danno che il furto di tre o quattro buoi ... Gli assalitori saranno stati circa 400, C(;n due stendardi: giunte dopo poco le nostre forze ad un tiro di cannone i vascelli salparono dileguandosi. Ad ogni buon conto vennero lasciati in zona un certo numero di cavalieri, affinché dessero l'allarme in caso di un loro nuovo sbarco nella piana di Carini. E difatti puntualmente, come in seguito ricostruimmo, fu dai medesimi tentato. Ma avendo scorto i cavalleggeri ripresero prontamente il largo. Trascorsi quattro o cinque giorni presso il capo cli S. Vito si avvistarono altri cinque vascelli dei quali non fu possibile appurare se fossero ancora gli stessi o quelli inve-
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La torre citata nel documento non può essere assolutamente quella nominata "del Monaco" presso San Vito, costruita peraltro dopo il 1583. Potrebbe trattarsi della torre del " Rotolo" detta anche di Fra Giovanni, quasi adiacente a quella di Mondello, od anche di torre Adduara, che ospitò nel suo remoto passato una colonia di Cenobiti, anch'essa ne!Je immediate vicinanze di torre Mondello. Cfr. S. MAZZARELLA. ZANCA, Il libro ... , op. cit. pp. 136-138. TI documento tuttavia precisa che essa si trovava a 5 miglia da quella di Mondello, ed ad un tiro di smeriglio, pari a circa 500-600 m. da un caste!Jo, dati tutti che ci portano ad ipotizzare invece che si trattasse torre de!Ja Torre di Mon<lello vicinissima a quella più interna eletta della Tonnara cli Mondc!Jo, indicata dal Fazello come "fortezza moderna", corrispondente perciò al suddetto caste!Jo. Entrambi comunque sono precedenti al XVI secolo. 27 Precisa J. M ARRIEN al riguardo in, La vita di bordo nel medioevo, Milano, 1973, pp. 190-91: "Quando la galea è a!J'ancora o attraccata in porto, viene coperta con una tenda fatta di forte cannovaceio, a righe bianche e azzurre ... [che]va da una estremità alla'altra deJla galea. Sono i marinai che la fanno, a mezzo di grosse stanghe cli legno, le capre, poste a intervalli ma di lunghezza differente onde farle assumere forma a schiena d'asino. Al due lati tocca J'aposticcio, senza quasi lasciar passare l'aria... Ben tesa ... è tale che neanche la più forte pioggia può attraversarla nè la più forte buriana spostarla... D'inverno una seconda tela, fatta di bigello, è posta all'interno... ciò trattiene bene il calore e iI soggiorno è sopportabile ... ". 28 Il marchese della Favara era proprio il presidente del Regno Ferdinando de Silva. 29 Il dettaglio che nella toITe si fossero rifugiate una trentina cli persone, ce la conferma di tipo alquanto capiente, dettaglio che non contrasta con quanto precedentemente affermar.o.
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ce che avevano catturato presso la spiaggia cli Agrigento una nave che stava caricando grano, persasi, in definitiva, per non essersi accostata alla torre che li si trova30... " . Esaurita la vivida relazione, per la completezza della riproposizione, andiamo a scorrere la nota infonnativa allegata, del Gran Maestro dei Cavalieri di Malta, di incomparabile valore documentario per il loro incessante pattugliamento navale: "El senor Visorrey de S icilia ...31
mi ha comunicato il V. ordine, che è un gran soll ievo, consistente nell'inviare in questi mare Gi~nnandrea [Dorial e don Giovanni de Mendoza affinché con una nutrita squadra di galere vadano in perlustrazione, essendosi quasi distrutta la libera navigazione ad opera dei corsari turchi... Questi ladroni che dispongono di oltre 140 unità a remi, da Algeri alla Morea, osano ormai sbarcare sulla terraferma ed assaltare fortezze, come se non vi fossero nel mondo c1istiano nè galere nè armamenti ... ". Ancora più significativi per la comprensione dello spionaggio che caratterizzava quei periodi di guerra senza tregua e senza quartiere, sono le seguenti relazioni del 1563. "Lo que refieren Ju. o Andrea de Milano genoves y Ju. o de Marino raguseo patrones de sus naves que vienen de Tripol y llegaron en Mesina a XV de Junio 1563, es el seguiente que ...32
1°] Paititi il detto de Milano da Tripoli il 4 marzo ed il detto de Marino il 20 dello stesso mese con le loro navi , che erano restate in quel porto due mesi e giorni con l'intenzione di vendere alcune mercanzie che trasportavano, riscattare cristiani33, e comprare altre cose eia trasportare da noi; 2°] Raggiunsero questo porto il suddetto giorno per sbarcarvi i cristiani e le altre mercanzie che trasportavano; 3°] Al momento di lasciare Tripoli appresero che capitan Dragut stava molto male e dalla metà in giù del suo corpo non poteva servirsi, in seguito alla sofferenza che gli procurava la nnfermità. Altresì sussmTavano intorno la sua presunta intenzione di tornarsene in levante per morire nei luoghi natii; 4°) Vi erano in quella piazzaforte fino a 200 turchi e almeno 500 rinnegati, oltre ai mori. Di questi però non furono/ in e:raclo cli valutarne il numero, in quanto ogni giorno ne entravano e ne uscivano con. tinuamente. I rinnegati inoltre, saputa della malattia di Dragut, si trovavano molto contrari ai turchi, e stando alle indiscrezioni cli quelli di loro con i quali avevano avuto contatti, qualora la flotta cristiana avesse attaccato quella piazza si sarebbero ricondotti alla fede cristiana; 5°] Si stava iniziando a costruire un nuovo ''cavaliere"al versante di ponente. Tuttavia per l'intera durata del loro soggiorno non vi si lavorava, sempre per rispetto della malattia di Dragut. Dall'altra parte del porto, poi, si trovava un secondo "cavaliere", già ultimato perfettamente da due anni; ~
30 Ritorna ancora una volta la caccia ai mercantili granari, particolarmente ambiti dal Dragut e dai barbareschi in genere. Circa la torre del caricatore di Agrigento poi, S. M AZZARELLA R. ZANCA, il libro ... , op. cit. p. 242 così la descrivono: "Si chiamava anche torrione di Carlo V, per le sue dimensioni e per l'imperatore che volle costrui rla ... è praticamente inserita nel tessuto urbano di Porto Empedocle, proprio al porto, alla testa del vecchio molo edificato da Carlo 111 di Borbone, oggi un pò indietro rispetto il mare. " 0 3 ' A. G. S., E 1127-65, 21 gi ugno 1562, segue traduzione libera. 32 A. G. S., E0 1127, 169, giugno 1563,seguetraduzione libcra. 33 TI dettaglio ciel tentare di riscattare anche schiavi a Tripoli, conferisce ai due "padroni" nominati nel documento uno stato diverso da quello puramente mercantile. Grazie infatti a quel ruolo umanitario e rano ri conosciuti da entramb i le parti ed accettati senza discriminazioni, alla stregua di tutti i vari "rede ntoristi". Precisa C. IVI AKCA, Il modello di sviluppo economico delle città marittime barbaresche dopo Lepanto, Napoli, 1982, p. 96: " I rappresentanti degl i stati barbareschi manifestano contjnuamente la volontà di mantenere aperti i canali di scambio con gli stati cristiani, interpretando esattamente una fondamentale esigenza del sistema corsaro: «pues en esta ciudad - scrive Morat bey, da Algeri, a Ferdinando de' Medici - no se le a negatoni nega.rà a ningun Christiano que se podrà resca1arse»••. Ovvio pertanto che tra gli autorizzati alle trattative vi fossero gli agenti segreti.
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6] 0 Stavano ormeggiate nel porto di Tripoli 12 galere, tra cui 4 bastarde34 e due fuste35 che non apparivano operative. È certo comunque che Dragut disponga del necessario per armarle, sempre che volesse inviarle fuori, ma non può contare su uomini fidati per comandarle. Pe1tanto, e per la menzionata infermità, alcuni rinnegati sostenevano che per quell'anno non sarebbero usciti; 7°] È questo un anno particolarmente florido in Barberia e già si è avviato il raccolto; 8°] Giunto il detto G. Andrea de Milano alle Gerbe - dove vi rimarrà con la sua nave 32 giorni - vi trovò la peste. In conseguenza aveva potuto contattare pochissimi rinnegati. Peraltro ebbe occasione di osservare che non si fortificava alcunché, tranne un "cavaliere" sul fronte a mare. L'armamento contava 3 sagri per la difesa del porto, con una guarnigione nel castello di 150 uomini, 10 turchi ed i restanti tutti rinnegati; 9°] Avendo sentito il bey di quell'isola di Gerbe che l'emiro Macahudy sarebbe venuto con molti arabi per conquistarla, aveva inviato due galeotte, al passo della Cantara, per intercettarlo, ed i mori cli lì stavano molto adirati contro i turchi e si sarebbero voluti consegnare al detto emiro; 10] 0 Le nuove che venivano lì dal levante affermavano che la flotta turca sarebbe uscita, con non più di 40 galere, solo a guardia dei suoi territori; 11 °] Era giunta a Tripoli il 10 maggio lma fregata da Algeri, la quale mancava da lì da 15 giorni, ed affermava che il re di Algeri aveva assediato Orano con 40 vascelli per mare e con molta gente per terra e null'altro sull'argomento ancora si sapeva". Quest'ulti ma informazione, ben nota al momento della verbalizzazione, risultava disgraziatamente esatta. Una forza d'attacco corsara, infatti, comandata da Assan Pascià, figlio del Barbarossa - il mitico "re"' di Algeri - il 15 aprile 1563 sì era diretta contro il presidio spagnolo di Orano, investendolo da terra e da mare. L'imperatore Filippo II dovette pertanto, con priorità assoluta, allestire una squadra eia battaglia di 35 galere ed inviarla in soccorso del minacciato caposaldo, di vitale importanza strategica. Il tentativo ebbe esito positivo ed i turco-barabreschi furono costretti a desistere dall'intento, sfogando il cocente smacco con rinnovato furore nella guerra di corsa. Ma non tutte le informazioni racchiudevano il medesimo grado di attendibilità, ed è facile verificare l'asserto scorrendo un secondo verbale, posteriore al precedente appena di tre mesi. Vi si descrive una scorreria compiuta dal "moribondo" Dragut, nei mari di Sicilia. " Relacion de lo que hasta el dia de hoy que son 30 de sept. e ha hecho Dragut anaez desde los que paresciò de buelea en las mares de Sicilia ...36
Addì 26 settembre 1563, due ore prima cieli' albeggiare, il Duca di Medinaceli che sj trovava in Messina, ricevette il dispaccio del cap.o Andrada - capitano d'arme in Milazzo - enunciante che, nel corso della notte, erano stati avvistati vicino alle isole Lipari circa trenta vascelli. Pertanto ognuno lungo quelle marine vegliava in assetto da combattimento, dandosi per certo che si trattasse della flotta cli Dragut. Appreso ciò, il vicerè si levò immediatamente, fatte allertare tutte le coste del Regno e quelle della Calabria, attraverso il collegamento con Reggio, e dato ordine altresì cli rinforzare la guardia sugli spalti di Messina, si diresse con alcuni cavalleggeri alla volta della torre del Faro37, già in grado di fornire ragguagli sul)' incursione corsara. Trovandosi infatti ad appena due miglia dalla cittadina di Bagnara, in Calabria, aveva potuto scorgere come fosse questa il bersaglio dei predoni, e la strenua difesa opposta dagli abitanti. Ma il borgo ormai bruciava furiosamente, emettendo altissime colonne di fumo, sicuro
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La galera bastarda rappresentava una variante maggiorala della normale galera da combattimento, meglio idonea perciò allo stivaggio della preda, sebbene a scapito delle prestazioni nautiche. 35 Era anch'essa una variante della galera, ma diminuiliva, più sottile e con meno remi - da 18 a 22 per banda - ed in delìnitiva anche piLt veloce. Era il battello da corsa per antonomasia. 36 A. G. S., E 0 l l27- l82, 30 settembre 1563, segue traduzione libera. 37 ln merito a questa celebre torre S. M AZZARELJ.A e R. ZANCA, Il libro ... , op. cit. p. 319, così affermano: "La sua origine è an tichissima... nel 1546 per Maurolico la torre è in funzione, essendovi sopra installata una buona lanterna ... "
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89. Lo stretto di Messina, nella cartografia borbo nica, B.N. Napoli, sez. ms . indizio di atroce conquista. In breve, insperatamente, il timore si rivelò infondato poiché, trascorse due ore e subite gravi perdite, le imbarcazioni turche ripresero il largo. Dopo mezzo' giorno i vascelli, in nu mero cli 28, furono nuovamente avvistati, però in rotta dalla Calabria verso la torre del Faro. Il vicerè, supponendo che ciò precludesse ad un prossi mo sbarco, inviò don Luigi Osorio con tutta la cavalleria che era uscita da Messina e parte di quella del suo palazzo e del duca di Montalto, a rafforzare la resistenza del luogo. Lui stesso si stabilì a metà strada onde poter comandare alle forze cli Messina e socco1Tere quanti, invece, si fossero dovuti necessariamente ritirare. Trascorse poche ore sembrò i vascelli turchj volessero entrare nello stretto, poiché iniziarono ad accostare verso la Calabria costeggiandola fino a Catona, che è di fronte a Messina, ed i più si avvicinarono quasi per raggiungere la ten-aferma. Per la qual cosa, il duca ordinò a don Luigi d'imbarcarsi sulle galere e cli salpare con cinque o sei di quelle, al fine di prodursi in una azione dimostrativa di forza. Vennero perciò sparate alcune bordate, prontamente replicate dal naviglio nemico fino ali' imbrunire, senza tuttavia alcuna perdita da una parte e dall'altra. Ad un'ora di notte, gli incursori fecero rotta per andarsi ad ormeggiare presso la torre di Pentimele38 che è una buona postazione vicino Reggio per cui, stando a quanto si sa, uscì il locale governatore con uno squadrone di 60 cavalleggeri che spararono contro le imbarcazioni per l'intera notte. Sopraggiunto il giorno, che fu il 27, si ebbero scarmucce con alcuni turchi nel frattempo sbarcati. I
38 Riguardo alla torre di Pentimele, così ne tratta V. FAGLIA, Tipologia delle torri costiere di avvistamento e segnalazione in Calabria Citra in Calabria ultra dal XII secolo, Lissone, 1984, voi. Il, p. 372: "Ri.cerche non fortunate lungo la spiaggia di Pentimele, anche forse per non aver saputo leggere le strutture di alcuni modesti.ssimi ruderi ... ": Le prime notizie cene di tale torre sono comun4ue per l'espertissimo autore citar.o non antecedenti al 1639: il nostro documento abbassa pertanto notevolmente tale data.
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vascelli diressero quindi alla volta della Fossa di S. Giovanni, che si trova 5 miglia più a sud di Reggio verso levante, e nello sfilare dinanzi alla città, l'artiglieria pesante della piazza l'inquadrò con diverse salve che, per restare alle affermazioni dei sindaci, inflissero notevoli danni a due unità. In quello stesso giorno, dopo aver appiccato fuoco dovunque atterrassero su quelle marine, si portarono vicino al Capo dell 'Armi, che è in direzione di levante. Ma trovando il mare grosso, per quanto si crede, tornarono verso Cannitello, ovvero da dove erano pervenuti in Calabria, quasi di fronte alla torre del Faro. Per la loro abituale grande avidità catturarono una grossa nave carica di legname, che lì era giunta il giorno prima. Visto ciò il duca fece rientrare due galere in Messina. Trascorse così tutto il giorno senza che accadesse nulla di significativo, finché vedendo apparire una fregata presso la torre del Faro, proveniente da Palermo con solo sei uomini a bordo e carica di tonno e di altri prodotti sotto sale, non le si avventarono contro due galere. Ma i militi che si trovavano schierati lungo la costa in quel settore, si comportarono tanto gagliardamente che, a forza di archibugiate, costrinsero le due im barcazioni a ritirarsi e ad allontanarsi, senza perdere un solo uomo nonostante l'intenso fuoco d'arti glieria proveniente dalle medesime. L'episodio e gli scherni che ricevettero da terra umiliarono profondamente i turchi . La mattina seguente, il 28, i vascelli apparvero un'altra volta presso la fossa di S. Giovanni da dove furono visti dirigere ancora verso Capo dell' Armi e dopo poche ore attraversarono, sebbene con tempo perturbato, alla volta della Sicilia con rotta sud. Si stimò perciò che volessero dirigersi a conquistare il porto di Augusta - sebbene le condizioni metereologiche andassero continuamente peggiorando - o tirar dritto per Capo Passero. Il timore del resto era suffragato da un dispaccio che aveva ricevuto il vicerè da un rinnegato circa le intenzioni cli Dragut - la cui copia allego alla presente - così enunciante al riguardo: "Anlonius Stringalis ... scrissi cum Juramento lnlenogal. o se esso deposante sa che camino ha da fare dragut arraiz [capitan] et che terra ha da andare a pigliare Dix.il che per detto de Sal arraiz frate carnale di esso deposanle ha detto che .il detto dragut pretende andare a pigliare s.ta Gatte [S. Agata] cassale a retro marina et da poi vuole andare a la volta di Sciacca et cli gerg.le [Ag1igento] per pigliar una di quelle terre et caricarsi di grano 39 et fatto questo effecto se ne tornava a Tripoli pero prima vuol far ogni sforzo per pigliar il gozo [Gozzo] se ci dovesse lasciare tutti li vascelli et fatto questo effecto se acompagnarano di esso li X vascelli levantini ed a dire che detto dragut e uscito per dar luce in x.pianila [cristianità] che esso era corrutto et morto .. : 10. •
Pur non facendosi nella deposizione esplicita menzione cli Licata, essendo quella un fornitissimo caricatore di grano, di cui Dragut ha tanto impellente bisogno da uscire eia Tripoli per procurarselo, poteva rappresentare un allettante richiamo. Pertanto ben sapendo che le sue fortificazioni si ritrovano debolissime ed affatto in grado dj salvaguardarla, furono inviati per difenderla don Luigi Osorio con 100 soldati spagnoli, rincalzati dalla compagnia di cavalleggeri, sempre spagnoli, di don Hernando de Mencloza, abitualmente di stanza a Siracusa, sebbene vi fosse in loco, per capitano d'arme, un barone del Regno e molti uomini della milizia. Nel corso dei giorni che Dragut si trattenne nelle acque dello stretto, il vicerè fornì ai vascelli dei mercanti catalani un apposito salvacondotto per andare e venire da Tripoli. Grazie a ciò è stato possibile riscattare molti prigionieri, come pure acquisire importanti informazioni tramite alcuni rinnegati. Si apprese così che Dragut non è rimasto affatto soddisfatto della recente scon-eria per via dello scarsissimo utile conseguito, ad onta degli immensi danni prodotti, poiché ha catturato poche navi e per giunta fortemente compromesse dagli incendi. Gli stessi equipaggi caduti nelle sue mani rappresentano poca cosa quando ripartiti fra i 28 vascelli della squadra".
Ancora una volta l'obiettivo primario dell'incursione è l'approvvigionamento cli grano, nonostante il buon raccolto dell'anno precedente. .io Il volersi mostrare in buona salute dopo le dicerie circa il suo effettivo stato, sembra piuttosto confermare quelle che smentirle, essendo quella conferma necessaria per mantenere il potere all'interno della sua stessa organizzazione corsara. La condu7,ione poi indeterminata dell'incursione che stiamo ricostruendo è una ulteriore dimostrazione di quella pretesa incapacità. ;9
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Ed ecco infine, per comprendere come ogni evento fosse costantemente osservato, in un ennesimo rapporto di un agente greco a Tripoli, la descrizione del rientro di Dragut e delle sue prede dopo quella deludente crociera. "Lo que refiere Stavras Papadopulos patron de un navio que vino de Tripol a Mazara y otros passegeros a los V de novem.e ...4 1
l 0 ] ••• giunse Dragut a Tripoli il 26 del mese scorso, con 19 vascelli 11 galere e 8 galeotte42 , per non contare un' altra sua galera agli ordini dì Alì rais - che fu quello che catturò capitan Ci.gala43 - nonché ancora 10 galeotte di Algeri, che rimorchiavano una nave cli quelle catturate cariche di grano, delle quali 5 rimasero a Tripoli a svernare e le restanti se ne anelarono alle Gerbe. 2°1 Sì dice parimenti che è stata vista entrare a Tripoli una grossa nave, che catturarono questa estate, carica dì tavole e legname dì vari tipi oltre a dieci pezzi d ' artiglieria di bronzo ed a molti altri cli ferro colato. Furono tutti scaricati ed ammassati sulla banchina. Vi era pure una nave napoletana piena dì cerchioni e di doghe ed una catturata nel caricatore dì Sìculiana da una galeotta, caricata di grano ed infine una saettìa44 • 3°] Dragut sta costruendo a Tripoli un cavaliere presso il porto ... I castelli ed i forti si trovano come sempre con molta artiglieria e munizioni. 4°] I rinnegati affermano che Dragut si accinga ad intraprendere con la flotta turca un' azione contro La Goletta, e che perciò deve inviare grandi regali ai diversi Pascià. 5°1 Possiede Dragut più di millecinquecento prigionieri senza contare quelli dei corsari e di altri privati, tra i quali un ebreo che ne dispone cli più di venti. 6°] Si reputa per certo che nel prossimo mese di gennaio Dragut riunirà i vascelli di Bona, e pertanto con una squadra più numerosa di quella di cui attualmente dispone tenterà cli conquistare l'isola di Gozo o Licata, dopodiché vi sarà abbondanza di grano a Tripoli... ". Abbiamo potuto cogliere, da questo breve carteggio, il contesto in cui avvenivano tanto le incursioni e le crociere corsare quanto lo scambio di infonnazioni relativo alle uscite delle navi ed al movimento nelle città barbaresche, nonché l'attivazione della difesa terrestre lungo le marine siciliane e, non ulti mo, i canali istituzionali attraverso i quali si intessevano gli accordi per i riscatti. Traspare ancora abbastanza chiaro che, a tutto il 1563, sebbene alcune sparute torri presidiassero le coste sicil iane, il)oro apporto non concatenato fosse marginale. Le stesse fortificazioni delle piazze lungo la costa orientale si confermano a loro volta ben lontane dall'essere ultimate. Occorrevano, infatti, ulteriori grandi interventi per renderle realmente in grado di difendere il Regno e le rispettive popolazioni, amplificandosi cli giorno in giorno la potenzialità offensiva musulmana. Il programma del Gonzaga ed i progetti del Ferramolino andavano, di conseguenza, prontamente completati e l' impellente esigenza generò un avvicendarsi cli ispettori e di ingegneri, tutti a vario titolo coinvolti nella realizzazione di una credibile difesa costiera. Ne ripercorreremo, sulla scorta dei più significativi documenti, eia quelli redatti, le tappe fondamen tali, focalizzando il nostro interesse sugli anni a ridosso cli Lepanto, culmine, sotto il profilo conflittuale, del confronto fra i due massimi imperi meditenanei.
A. G. S., E 0 ll27-1 88, segue traduzione libera. La squadra è formata, ad eccezione delle 8 galeotte adibite a trasporti e come tali rimasti in attesa in qualche isoletta, dalle 28 unità d'attacco perfettamente quantizzate nella precedente re.Jazione. '1> Circa la cattura del visconte Cigala, padrone di 3 galere, avvenuta ad opera delle galere di Dragut nelle acque delle Eolie nel 156 1, occorre aggiungere che in tali circostanze i predoni, oltre al nob.iluomo, presero anche il suo figlioletto Scipione. Quest'ultimo condotto a Cos tantinopoli ed allevato nella religione musulmana, divenne successivamente ammiraglio turco, complice il benvolere nei suoi confronti del sultano Murad III, figlio a sua volta di una calabrese, con il nome Sinam Pascià. Nel I 594 alla guida di una flotta cli 70 galere più una trentina di trasporti raggiunse Siracusa, il 3 settembre, cercando di ritro vare, invano, i suoi familiari. Seguì all' inane tentativo una tremenda razzia. Fu soltanto nel corso cli un'altra crociera, il 21 settembre ciel 1598, che il barone siciliano nonché pascià turco potè riabbracciare la madre, i fratelli e la sorella bordo della sua ammiraglia, dopo di ché riprese la sua consueta attività. ' 14 Trattasi cli un particolare tipo di naviglio molto sottile e veloce, dota[() di tre vele latine. ' 11
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StatcJ dellefort~ficazioni alla vigilia di Lepanto L'intensificarsi della pressione turco-barbaresca contro la frontiera marittima verso la fine degli anni '60, lasciava intuire alla dirigenza imperiale l'imminenza di un grosso scontro navale e terrestre. Gli sforzi pertanto di porre in condizioni di sufficiente autodifesa ogni regno di quel delicatissimo antemurale mediterraneo furono incrementati spasmodicamente, al punto che alla vigilia di Lepanto anche la linea delle piazze marittime siciliane e delle sue forze armate risultava in grado di sopportare, almeno temporaneamente un eventuale investimento invasivo nemico. Il vicerè Francesco Ferdinando Avalo de Aquino, marchese di Pescara, al momento di lasciare l'incarico, il 2 febbraio 1571, come consuetudine redasse un dettagliato memoriale al riguardo, di eccezionale interesse al fine della valutazione globale della difesa del Regno, dandoci peraltro una indiscutibile testimonianza sullo stato di approntamento delle piazze. Ci sembra perciò opportuno riproporlo, anche per la sua ottima veste linguistica, integrandolo degli opportuni approfondimenti. "Ricordo de materie pertinenti alla d(fesa et sicurezza del regno di Sicilia CASTELLA Ho visitato le caste.Ila di questo regno, et dato quell' ordine che meglio s'ha potuto per riparar quelle cose ch' erano più necessarie, et urgenti, et alla giornata si va somministrando ricapito, accioche si riduchino a quella sicurezza, che si può pretendere secondo il sito, et la qualità cli ciascuno. I soldati, che stanno alla guardia loro, sono per lo più gente cli poco servigio, et molti di loro inutili, il che oltre la poca cura, che per il passato s'ha havuto di starci avvertito quando s'assentavano 45 ; procede principalmente per esser il soldo debolissimo come che la maggior parte non passa di due scudi al mese: molti hanno meno, et pochi tirano due scudi e mezo. Sarei di parere che S. M. ordinasse che tutti coloro, che d'or innnanzi s'erano assentati, siano buoni soldati, et atti à servire, et spagnoli, et facesse stabilir il soldo à tre scudi per ciascuno riducendo il numero à meno accioche con la medesima spesa, che hor si fà, si supplischi al bisogno, et sia più utile .il servigio. Io non saprei già anteporre, che si liccnliassero soldati inutili che or servono nelle dette Castella senza dar loro altra forma di vivere, perciòche sendo la maggior parte spag.li che han servito molti anni, et bene, supplicarò sempre S. M. che non lì lasci perir di fame. Mà si potrebbe andar incaminando queslo dissegno con gli altri soldati, che s'assenterano di nuovo nelle piazze che verranno a vacare, et se sarà confermata da S. M. la riforma che le ho proposto cerca l'Uff.o dì Provìsore spererò di poter in questa, et in altre materie stabilir molto à sua salisfattione il suo real serv .o. " 4<,.
In questa prima parte del documento il vicerè porta l'attenzione dell 'imperatore su quella che rappresentava la piaga di tutte le fortificazioni dell'universo spagnolo: la permanenza in esse dianziani militari. Il problema nasceva dal non essere prevista in quell'esercito alcuna età pensionabile, per cui in via puramente teorica il militare restava in servizio attivo fino alla morte naturale, con quale potenzialità e spirito combattivo è facile intuire. La soluzione per antonomasia consisteva nel collocare questi vecchi soldati negli incarichi sedentari, ovvero nelle piazze, presupponendole meno faticose e logoranti, e forse più necessitanti di esperienza difensiva. Purtroppo però le forticazionì marittime, per quanto fin qui esposto non garantivano affatto una loro marginalità bellica, trovandosi per lo più in prima linea contro l'aggressione turco-barbaresca, vanificando pertanto l'assunto. Il problema tornava perciò a farsi drammatico, non potendosi moralmente contemplare l'allontanamento di quegli uomini, senza alcuna provvidenza economica, dall'esercito, nè era sensato lasciarli in simili posti, con i loro acciacchi e 1e loro invalidità. Giustamente perciò il marchese di Pescara pone l'accento sulla istituzione di una diversa struttura militare, che riuscisse per entrambe le parti soddisfacente, e consentisse principalmente il ripristino della combattività lungo le difese statiche della "frontiera marittima".
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Il termine "assentare" di natura spagnola sta ad indicare il collocare, tipico perciò per i militari. A. G. S., E 1143, I. 0
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Premesso ciò, torniamo al memoriale. "FORTJFJCATJONJ Già per altre vie ho avisato à Sua M.tà ciò che m'occoreva per conto delle fortificationi di questo regno, et col S.or Reggente Cifontes mandai tra !'altre la pianta et dissegno de Trapani. Rappresentai, ch'io sarei di parere, che alla parte di terra si tirasse di fuori una cortina la quale incorporasse insieme un baluarte et un torrione che vi sono, et tra il balmu-te Impossibile, et il Castello si facesse un bastardo il quale difendesse d'ambedue le parti. lo non ho mai avuto risposta, et perché la fortificatione resta imperfetta non posso lasciar di ricordar che la risolutione è necessaria. [esto se ha visto y platicado con el FraLin47 , cuyo parescer se em/Jia, conforme al qual se puede
seguir] 48• La provigione de grani della Goletta dell'anno passato fu detenuta più di quattro mesi caricata in una nave in Sciacca per cagione del mal tempo. Il che sommamente m'aftligeva percioehe quella fortezza stava in estrema necessità, et per esser la spiaggia di Sciacca scuoperta, et inquietiss.a quella et altre navi che s i mandaveno in Spagna corsero grandissimi pericoli primache potessero spedirsi da quel caricatore. Il qual successe per essersi aventurata la conservatione di quella fortezza, mi fece risolvere a cercar forma per la quale con molta sigurezza si potesse far ordinariam.te questa provigione: et ritenendo che Trapana si come molte altre terre maritime del regno hà publico, et antico caricatore de grani, benche per non esservi stato puosto il pensiero era poco frequentato, ordinai, che le terre convicine conducessero i lor grani in quella Città si come ad altri caricatori de luoghi aperti, et soggetti à molti pericoli li conducevano. Dalche considerai haver à sucedere molti buoni effetti. Imperoche sendo Trapana tanto vicina alla Goletta che in poche ore può soccorrerla ritrovandosi fatta la provigione in quel caricatore, il soccorso à tutti i tempi è certo, et si lieva il pericolo nel quale l' anno passato viddi esser ridotte le cose. Il prezzo del grano sarebbe quivi con maggior beneficio della corte, et per esser questo porto siguro da mali tempi, et da ogni invasione maggior sarebbe quivi, che altrove il concorso de vascelli, et menor la spesa de noleggi, et de siguranze che si fanno 49: tutto in maggior benef.o non solamente cli quello che la corte hà bisogno proveder per la Goletta, et alle volte per Spagna, et altre parti, mà universalmente anchora de contrattanti, et oltre di ciò io non fo poca stima che una Città presidiata, et dc tanta importanza stia sempre munitissima massimam.te questa dove più che altra parte del regno havendosi a far imprese nell'Africa, è più pronta, et più segura la comodità di far ogni massa, et apparecchio; anzi in nessun altro luogo sarebbe comodo farlo. Con queste considerationi dunque et col parere del conseglio avviai questo caricatore, et rendo grandissime gratie a Jddio, che tal pensiero m' habbia inspirato percioche. quest'anno anchora, per quel che don Alonso scrive, se la provigione non si fosse fatta in Trapana seguiva necessariamente per puro disaggio disordine grandiss.o in quella fortezza, tali son li tempi, et gl'impedimenti che subito son poi succeduti benche s'anticipò la detta provigione quanto più fu possibile, onde realmente conosco, che era /grandiss. o servigio de S. M. et benef.o del commercio che si vadi cootinoando, et favorendo gagliardam. te questo caricar.ore. Nondimeno per havermi sua M. tà fattoscrivere in questa materia s'ha à supplicarle che sia servita farmi avisar la 1isolutione sua accioche si possi in tutto darle quella soddisfattione che desidero, et devo. " 50 •
Da quanto esposto viene confermata la dipendenza dei presidi nord-africani dai rifornimenti siciliani, e come in sostanza la riqualificazione del caricatore di Trapani si impose per quella esigenza. Il vicerè ci attesta poi, indirettamente, che il livello difensivo raggiunto dalla piazza fosse finalmente soddisfacente, tanto eia farla ritenere al riparo da colpi di mano corsari. Necessitava invece di ulteriori l~vori il fronte a terra, ma non rivestiva ai fini della sicurezza complessiva una identica rilevanza. Continua quindi il memoriale: "A' Marsala s'attende con grandiss.a diligenza, et già si è fatto grande opra. La Licata non può andar meglio, ne con più solecitudine: v'ho tenuto infin' adesso Oratio Brancatio5 1 perché per la sicurezza di quella parte, et per il progresso della fortificatione v'era necessaria persona d'esperienza".
47
I fratelli Giorgio e Giacomo Fratin, entrambi rinomati ingegneri militari, nativi di Marconce in Svizzera in quegli anni operarono in Sardegna, a Cagliari e quindi ad Alghero. 48 "Ciò è già stato esaminato e valutato con l'ing. Fratin, il cui parere si Lrasmelle, da eseguirsi in conformità", l'annotazione dovrebbe essere di mano dello stesso imperatore Filippo Il. 49 Circa i costi delle assicurazioni marittjmc ed i noli cfr. G. G1ACCHERO, Storia delle assicurazioni mari/lime, Genova, 1984, pp. 98-104. so A. G. S., E 0 1143, 1. 51 È presumibile che si tratti di un parente stretto dell'ing. Giulio Cesare Brancaccio che operò appunto in quegli stessi anni al servizio di Carlo V e di Filippo Il. Nel 1572 partecipò alla campagna di Tunisia.
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92 90. Marsala, planimetria delh1 cittù, da F. Negro.
91. Marsala, planimetria del Castello, da F. Negro. 92. Marsala, assonometria del Castello, da F. 1egro.
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93 93. Marsala, bastione della cinta spagnola, tra v.le C. Battisti e v. Colocasio.
Abbiamo così la prima testimonianza attendibile che l'intervento di fortificazione del Regno ha finalmente raggiunto anche Marsala e Licata, segno della volontà riconosciuta cli procedere ad una generale protezione di ogni centro abitato costiero. Fino al 1571 infatti la costa sud era stata ritenuta, ufficialmente, non particolarmente rischfosa e comunque secondaria in materia di difesa rispetto alla orientale e settentrionale. Venendo poi nello specifico circa le opere accennate, possiamo arguire la loro impostazione dall'atlante de} Negro 52 che, sebbene redatto quasi settant'anni dopo, doveva pur sempre ritrarre quelle premesse. Ebbene per Marsala, appare un recinto pressoché quadrato di semplicissima impostazione, con quattro bastioni angolari, dei quali quello volto a levante contiene il vecchio castello di origine medievale - probabilmente sveva - e con tre in posizione intermedia, ad eccezione del fronte a terra. La cortina risulta eccessivamente estesa, per essere protetta efficacemente da quelli, e per di più conserva ancora tutte le sue antiche torrette quadrate. Sono queste un chiaro indizio della semplice sovrapposizione di elementi difensivi integrativi, piuttosto che di un radicale rifacimento. Resta il fatto che per una offesa, supposta di tipo corsara, l'apparato tornasse congruo, e senz'altro superiore alla semp]jce cerchia turrita. Discorso alquanto diverso per Licata che mostra una piì1 articolata fortificazione, terminante verso il promontorio sul mare in una complessa opera bastionata, riecheggiante vagamente quella del Castel Maniace di Siracusa. Il suo castello del resto ostenta una genesi sostanzialmente simile a quella cli tutti gli altri finora incontrati. L'originaria denominazione lo porta ad essere identificato con la fortezza "01umpiaclos", stagliantesi presso Gela nel J.063. l normanni la conquistarono nel 1086, e trasformarono il castello a mare cli "Limpiados" in una struttura conforme alla loro canonica militare53. "La fortezza ... sorgeva sul promontorio S. Giacomo, oggi unito alla terraferma ed inserito completamente nella zona portuale, bagnato, come un'isola, da tutte le parti dal rnare"54• Sotto gli svevi anche quel remoto castello si vide oggetto di restauri e riattazioni, tanto eia venir prescelto quale residenza saltuaria del giustiziere di Federico II per i possedimenti al di quà del Salso.
52
L'atlante del Negro è titolato esattame nte dal suo autore: " Plantas de todas Las placas y.fortalecas del Reyno de Sicilia
sacadas por orde. de Su Mag. del Rey D. Phelippe Quarto, anno de I 640" . 53 Da C. C,\RJT.À, / castelli medievali di Lica1a, Roma, 1978, I. S. C. A. G, n. 35, p. 7 e sgg.. ;a [b., p.
12.
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96 94. Licata, panoramica di f. Ne::gro. 95. Licata, planimetria della cillà, da F. Negro. 96. Licata, planimetria ed assonometria del Castello, da F. Negro.
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97 97. Porto di Licata.
· Passò quindi agli angioini, ritrovandosi all'epoca prospiciente l'abitato, evolutosi nel frattempo, a cittadina rivierasca. Carlo cl' Angiò nel 1265 lo ritenne pertanto degno di ulteriori aggiornamenti, stabilendovi tra l' altro un suo castellano, tal Guglielmo Porco55 . Ancora di restauri angioini si parla nel 1270, a seguito dei danni patiti dal maniero nel corso di un assedio ad opera di ribelli. Tralasciando tutti i successivi avvenimenti, verso la fine del 1393 re Martino I vi trascorse un intero mese, promulgando da quella residenza numerosi atti governativi. Tornando all'età viceregnale anche quella rocca subì, a seguito della disastrosa scossa sismica del 1542 gravissimi danni, che sebbene riparati furono rinnovati ed amplificati dall' attacco barbaresco dei predoni di Dragut nel 1553. La stessa città cli Licata in tale circostanza subì un atroce saccheggio, protrattosi per una intera settimana. "La guarnigione ciel R. castello fu annientata, il castellano Pompeo Grugno, fu crocefisso, mentre i suoi due figli, Giovanni Pompeo e Natalino, vennero deportati assieme a 600 licatesi56 ... sei mesi dopo ... era riamasta solo un terzo della sua popolazione effettiva .... Pompeo Giovanni Grugno fu riscattato dalla schiavitù un anno' dopo con danaro pubblico e fu premiato per il suo eroismo. Natalino morì invece per le ferite riportate ... :.. nel 1559, vennero riparati i danni causati al castello ... [e solo] nel 1590 furono completati ... " 57 • Licata vantava inoltre anche un secondo castello, noto come "castel nuovo" per distinguerlo dal precedente, la cui primitiva edificazione rimontava intorno agli inizi ciel XIV secolo. Pure questo fu clistrut-
ss lb., p. 12. 56 lb., p. 19. ~7 [b., p. 20.
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99 98. Sciacca, planimetria da F. Negro. 99. Sciacca, planimetria ed assonometria del Castello, da F. Negro.
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101 100. Sciacca, panoramica della città. 1O1. Sciacca, panoramica della città .
to nel corso della menzionata incursione, in maniera però talmente grave da imporne la successiva demolizione dei ruderi. Al loro posto si costruì una caserma per il presidio spagnolo. Torniamo quindi al nostro memoriale. "Sciacca e Catania si fortificano per se stesse58 talmente che potranno resistere almeno ouo, o dieci giorni59 ad ogni impeto si che non sia bisogno ad ogni rumore d'armata deshabitar luoghi di tanta importanza. Catania è la terza città del regno, et Sciacca luogo di gran commercio per la comodità d'un caricato-
58
Fortificarsi "da se stesse" voleva significare con i propri mezzi, ovvero a proprie ed esclusive spese. La resistenza di una decina di giorni era il li mite massi mo previsto per le piazze spagnole della frontiera marittima di secondaria importanza. Si riteneva infatti che quell'intervallo fosse pili che sufficiente per far sopraggiungere i rinforzi della cavalleria e spezzare così l'assedio, sempre nel caso di attacco da parte turco-barbaresca. 59
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103 I 02. Sciacca, particolare dell'«orecchione» del bastione, e porta, di S. Salvatore. I 03. Sciacca, particolare del vertice del bastione di S. Salvatore. re abbundantissimo di grani che tiene aperto. Quelle due spiagge son pericolosiss.e il qual ris petto rende sigure le città da lunga dimora de vassclli nenùci in quelle parti60 , massimam.e potendo, menlre con la incominciata fortificatione si difendono, radonarvisi tu tte le forze del regno. Tengo in Catania il Marchese di Francofonte, et hò dato cura di Sciacca al Duca cli Bivona affinc hé al progresso dell' opera si dia lutto quel calore che sera possibile".
Relativamente a Sciacca, basandoci su grafici coevi al nostro memoriale, possiamo con certezza affermare che il suo abitato possedeva già un medievale apparato difensivo perimetrale, estremamente irregolare. Su quello, secondo la economica prassi adottata per la maggior parte delle piazze siciliane, si
60 Il fatto che il litorale delle due città si dimostrasse molto pericoloso per l'ormeggio delle navi costituiva nell'ottica della difesa antincursiva un elemento positivo, in grado di stornare le operazioni anfi bie.corsare.
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l 04. Augusta, bastioni e fossato dinanzi al Castello. l 05. Augusta, dettaglio bastione. 106. Brucoli. pianta del Castello, da F. Negro.
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l 07. Brucoli, assonometria cie l Cas te Ho, eia F. Negro. l 08. Il Castello di Brucol i, ogg i.
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109 109. Augusta, forte Vittoria e forte Garcia, planimelira di F. Negro.
intervenne, intengrandolo con l' interpos izione di alcuni bastioni moderni - ad essere generosi - , che gli conferirono quel tanto di protezione in più, da far presumere una difesa cli alcuni giorni, finalità peraltro esplicitamente perseguita dai progettisti e dalle autorità. La posizione della cittadina, de l resto, alquanto elevata sul mare le assicurava un supplemento di difesa dalle incursioni. Tl dettaglio infine, che a similitudine di Catania, della quale già eravamo a conoscenza, anche Sciacca sopperisse con le sue risorse agli oneri di fortificazione ce la riconferma quale ricco centro mercantile, ruolo indubbiamente derivatole dal suo caricatore granario di primaria importanza. "Agostilviene meravigliosa, e t dopo che s' ha havuto cura d i favorir il suo solito caricatore ogni giorno và crescendo il numero d ' habitanti, si che spero tra pochi anni serà c ittà populatiss.a con augumento notabile delle rendite della regia corte si come il p rincipio va per effetti d imostrando. Era quivi il caricatore ordinario, et antico, e t altri due si tenevan aperti in Lagnone, et la Bruca6 1 luoghi vici ni, et soggetti ad ogni minimo pericolo per esser casaJj vilissimi, e t senza alcun riparo. Si è ordinato che s i chiudino gli altri due, et si freq uenti questo solo d' Agosta dove con ogni sicurezza si riduco no i nav igl i, et già incomincia a farsi grande il concorso massima.te per essere quella la più vicina, et comoda parte di dove Yincliani possin provedersi de grani di questo regno. "
È nel memoriale enfaticamente evidenziato il crescente ruolo che ha assunto il porto cli Augusta dopo la sua riqualificazione difensiva, ideata ed avviata dal vicerè don Garzia di Toledo nel 1566, allorché su sua personale sollecitazione si intraprese la realizzazione dei due forti sull'isolette incluse nella rada. «n primo progetto di don Garcia de Toledo all 'interno ciel porto avrebbe dovuto prevedere un unico forte fondato su due isolette, ma, per ragioni che ignoriamo, saranno invece costruiti due forti, collegati da un cordone cli pietre. Questa soluzione in seguito verrà spesso criticata (anche nel momento della costruzione), per il minore impatto contro un'armata navale in movimento all'interno ciel porto. li più piccolo dei due forti, chiamato Vittoria, è un poligono aperto su una corte interna, con un solo piano tenazzato sul quale sono collocati i cannoni, previsti in numero cli 13. li secondo, castel Garcia, poligono irregolare ma più importante, consiste ugualmente di una corte interna e cli due terrazze per cannoni, una
61 T rattasi deJl' insenatura di Brucoli, munita di un piccolo castello, ed ad ibita a porto canale, nonché a caricatore di grano . .Al di là degli intenti del vicerè ancora una decina di an ni dopo il caricatore di Brucoli risulta perfettamente operativo e non dismesso.
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delle quali è sopraelevata r ispetto all'altra per consentire una doppia raffica cli fuochi, che sono in tutto 32. I difetti principali dei due forli, tuttavia, oltre alla loro dimensione ridotta, si possono individuare nelle piattaforme troppo strette per le manovre dei cannoni, nelle rampe d'accesso scomode, e nel! ' assenza cli casematte per un tiro radente" 62 . Prosegue ancora il manoscritto. "Avisai à S. M. che have ndo visto in carta il dissegno di Sarogosa, m'erano occorse alc une difficoltà per Je quali mi risolvei di far soprasseder il progresso della fortificatione infi nche con la presenza mia potessi meglio c hi arirmene. Di poi (si come anchor avisai) riconobbi sul fatto la città, et ne lineai una pianta che ma ndo con ques ta. Alla banda di Ponente il S .01: don Garcia di Toledo fece dar principio alli due baluarti che risguardano la città con intentione di chiuder quella parte a quisa di castello: nel che io hò avvertito che stando tutta quella fortificatione sopposta alle tante, et si vicine batterie, che per la pianta si si veggono, non sia servigio di S. M. che questo disscgno si segua poiché levandos i (come facilme nte si può levare) la difesa di quei due ripari, rimane la città perduta. L' opra incominciata dell i due baluarti suddetti non eccede in altezza la statura d 'un huomo, et resta anchor à farsi la cortina li neata tra li due baluarti, ne infin addesso si è puosto mano ad aprir il fosso verso tramontana dirimpetto del porto Marmoreo il che per haversi à cavar in scccaggine di mare porta seco gran spesa. La onde hò giudicato che meglio sia fortificar quella fron te della città lineata di giallo con due baluarti, et una piatta forma nel mezzo si come per il dissegno si vede, Cl sdiru pando il principio dato alla fabb rica delli suddetti due baluarti del S .or don Garzia lasciar in piedi il resto che è fatto per valersine per quanto potrà servire. La s pesa che per questo effetto sera necessaria (a mio credere) non riesce maggiore di que ll a che bisognerebbe per fenir l'opra incominciata del castello, et per aprir il fosso, et il benf.o che ne resqJta è render inespugnabile la città si come serà poiche da nessuna parte si potran levare le difese dell i due baluarti ch' io propongo di fare. Mà se bene a me pare che cosi conveng hi esseguire, nond imeno sendo l'altro clissegno approbato dà persona di tanta authorità, et isperenza, no n hò voluto far altra risolutione, che mandar à Sua M.tà il clissegno ante ponendole ciò che m' occorre, et supplicarla che lo faccia vedere nel suo conseglio, el avvisarmi con quella prestezza, che si potrà maggio re se la voluntà sua è che si siegua l' opra incominciata, ò si faccia quella ch'io propongo accioche d' una maniera, ò d' un'altra, si possi dar fine à quella fortificatione si come meglio piacerà a Sua M.tà. [Tambien esto se ha visto con el Fratin, y se remite a su parescer, e! qual se embia escripto 63].
I due bastioni in costruzione, cui fa riferimento il memoriale erano quelli cli S. Antonio e Settepunti sull'istmo cli Ortigia. Il loro avvio datava all'indomani della incursione ad Augusta ciel 1551, sotto lo shock emotivo conseguente63 . L'aver avuto quale ideatore e propugnatore don Garcia de Toledo non risultò sufficiente per farli accettare acriticamente dal nuovo vicerè, che interpellò, motivando le sue perpless ità, direttamente l' imperatore ed il suo consiglio. Tuttavia la richiesta non dovette trovare accettazione e la realizzazione, magari con qualche marginale adeguamento, proseguì nella medesima direzione, come meglio approfondiremo innanzi. "La fortificatione dn Palermo si và pcrfettionando ogn'or più con diligenza che s' usa in far aprir i fossi, et emendare alcune parti le quali havean bisogno cli maggior sicurezza di quella che l'antico dissegno rappresentava et il molo del porto d'essa Cittì1 cresce mirabilmente in guisa che sera una delle notabili macchine d'Italia. Son già fatte cento e sessanta canne, et con altre sessanta che vi s'aggiunghino, vi sera (a mio giudizio) comodità bastante per qual si voglia armata, el poiche si vede che con l' approbatione del dissegno e del progresso dell 'opra è stata conosciuta l'importanza et necesità di ques to porto, à me non resta a trattar d'altro che della forma colla quale si possi assegurarlo. Questa sicurezza si deve considerare non solamente dalla parte di mare, mà insieme dalla parte di terra si che non men bastanti siano i ripaii à defender nel porto i vasselli amici, che atti à prohibir l' entrata à i nemici. ll Castello che or si man tienc 64 non può per la lontananza, et per la qualità del sito del molo supplir all' un'effetto, ne all 'altro. Imperoche puosto caso che di giorno possi servire in vietar l' entrata, non sarebbe l'impedimento ce1to di notte, et dalla parte di te1Ta non può in alcun modo 1iparar al danno che i vasselli che dentro il porto fossero, s i potrebbe fare, et oltre di ciò questo castello accompagnato eia tante imperfet:tioni,
L. DUFOUR, Augusla... ' op. cit. pp. 38-39. "Anche questo si è esaminato con l' ing. Fratin, e ci si attiene al suo giudizio, che si trasmette per iscritto". M Circa il castello cd il molo, appresso menzionato cfr. C. DE SETA e L. D 1 MAURO, Palermo ... , op. cit., pp. 72-78.
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CASTEL GA.RSIA.
CAST.EL VITTORTA
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110. Augusta, forte Vittoria e forte Garcia, assonometria da F. Negro. 111 . Augusta, i forti Vittoria e Garcia oggi.
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112. A ugusta, i forti Vittoria e Garcia oggi. 113. Augusta, la città sullo sfondo dei forti.
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114. Siracusa, fronte di ponente, porta Marina, unico resto delle mura del XIV sec. 115 . Siracusa, resti delle mura spagnole. che à defender lo stesso non sarebbe bastevole. Et come che il molo senza sigura difesa più danno, che utile verrebbe ad aportare, hò riputato esser necessario fabricarvi principlamente una fortezza, la quale giorno e notte possi d'appresso difender l'entrata del porto, et poiche questa spesa non si può tralasciare, reputo che quanto più qualificata sia la fortezza tanto maggiore, et più seguro serv.o si ne possi aspettare. La onde sarei di parere, che vi si facesse un bel castello, il quale oltre la difesa ciel porto potesse nel modo, che dirò appresso servir anchora per freno, et sicurezza della città. Et perche (dovendosi mirar alla difesa del porto dalla parte di terra) non veggo· che tampoco questo nuovo castello, ne altro particolar riparo, che si faccia possi per lo stesso esser bastevole; considero che no n men necess.a che importante cosa sarebbe congiungerlo con la città ci ngendo di muraglia tutto quel circuito, che giace tra essa, et il molo, et aprendo, et sdinupando quella parte delle vecchie, che or chiude questo lato dela città, poiche di cio sieguono quei due buoni effetti che si pretendono. L'uno è che con questa muraglia si difende il porto dalla parte di terra (al che altro rimedio non c'è) et insieme si assegura la città per ogni successo di cose congiungendola con il castello. Et per-
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116. Palermo, planimetria da F. Negro. 117. Palermo, planimetria da F. Negro.
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che la spesa della fortezza, et d'ogni riparo, che si dissegnasse cli fare, si caricarebbe alla corte, hò atteso ad incaminar forma per la quale si possi levarle questo peso. Fù imposta una gravezza perpetua sopra la gabella dc peli, et merci per la fabrica di qucsLO molo con appu ntamento, che finita l'opra s'andasse spendendo la rendita con sentimento, el à sodisfatl.e della Citt11, et. partoler.e con riscatar l'entrate sue, che sono impegnate, et parendomi che supplito alla spesa del molo in ness una cosa si potrebbe impiegar il denaro più utilmente, che in qucst'opra, hò dato orecchie ad alcun i quali desiderando l'ampliationc della città proponevano di farlo con questo denaro. Piacqucmi di trattarne, et si fel icemente fù conchiuso il negotio, che à mè fù totalmente rimesso il dissegno et l' essecutione, Cl assegnata la spesa sopra la medesima gabella sudetta. La onde si è appuntata la pianta che serà accompagnata con questo ricordo, et stabilito, che prencipalm.le s'attendi à far il castello, per la fabbrica del quale s'offeri va anchora la Città à ritrovar spediente, per haver pronta- men.te danari co' quali si potesse incominciar l'opra mentre che si va maturando la rendita della gabella, tanto è il desiderio, et ardore co.l quale abbaccia questa impresa. Et poiche à spese altrui si può far cosa tanto importante, merita l'occasione, che s' attribuischi ciò a buona fo1tuna, cl che no n si lasci perderla, massimamente perché dovendosi rimediar la imperfettionc del castello che hor è in piedi, la spesa pur seria della corte, et non basteriano venticinq. mila scudi senza altri diecimila, che bisognerebbono per aprir una gran parte del fosso di quella parte della Città, che risguarda il molo, dove sarebbe necessariss.o quest'aiuLO in caso che rimanessero le cose si come or stanno. Conoscendosi du nq. quanto convenghi, et sia necess.o ch'el nuovo castello si faccia et. se congiunghi colla città, et che ciò serà senza spese della corte, non dovera parer inconveniente, che ne siegua l' amplificatione d'essa Città. Vogliono alcuni dire che sendo questa occasione di far concorrer gran numero de genti ad habitarvi, non è cosa sigura lasciar enfiar soverchiam.te q uesto popolo poiché ciò sare bbe anchora in preguid.o è danno di pagamenti regj . Al che mi occorre rispondere, che questa comarca di Palermo è una conca si picciola, et si piena di habitatori, che più tosto si dee aspetar, che alcuni si ne vadino ad habitar altrove per haver comodità di terreni, che creder, che il concorso di venirvi habbia ad esser di consideratione poiché non è verosimile, che sola la comodità del sito per fabricar una casa habbia ad esser cagione di ridurre famiglie forestiere ad habitar in questa comarca dove non possino sperar di ritrovar un palmo di terreno per lavorare lasciando altrove beni loro, ò comodità d' acquistarne. Mà già si è provisto anchor à questo percioche si fan no spatiose le strade, et le piazze; s'occupa gran sito con grossi teJTapieni; si fondano magnifici munestieri et cava.ri principali vi faranno alti, et ricchi palazzi. Riduravisi anchor ad habitare gran numero de medesimi Panormitani, i quali sendo state ruinate le case loro per raddrizzar, et nobilitar le contarte della Città non hanno dove stare; et vieterassi per prammatica, che nessuno possa fabricar casa la quale no n sia alta almeno due solari 65 accioche tutto questo circuito venghi ripieno di spatiosi edificij, onde siegua che il concorso d' habitatori non possi esser soverchio, ne perciò manchi bastevoi numero di difensori. Quanto à pagamenti rcgij già si sa, che Palermo contribuisce come qual si voglia altra città, et 7he quando al concorso s'havesse ft far considcreatione si ritroverebbe, che tutto ridure bbe in maggor benef.o delle gabelle, et dogane de S. M .. Mà sono tante quelle, che riscuote la cillà, et è in essa si caro il ~it.to, et il vestito che questo rispetto facilmente allontanara di quà il pensiero d' ognuno. Quanto alla guardia ciel nuovo castello percioché fernito questo non accaderà far caso dell'altro, potrassi lasciar il vecchio per casa della Inquisitione66 , et per luogo dc munitioni si come or serve, ne può ad altro servire trapassando cinquanta, ò sessanta de que' soldati alla guardia dell' altro nuovo castello. Questo è ciò che a mè occorre. Or rimane che S. M. sia servita farmi avisar la sua resolulione accioche non resti nudo il molo, onde risulti danno da dove con tanta spesa è travaglio s'ha cercato di riportar benef.o et utile. "
La lunga esposizione del vicerè, affetta come tutte le similari emesse alla fine dei rispettivi mandati, da un inten to autoelogiativ o, sottolineava ne i riguardi di Palermo alcune considerevoli novità. Innanzitutto il grandioso molo 67 che ricollocava la città nell'ambito dei principali scali marittimi mecliteranei, quindi la ricerca di una idonea sede per il tribunale del'Tnquisizione, ed infine l'ulteriore incremento delle sue difese. La visione ebbe felice esito, come vedremo, edificandosi pertanto una nuova fortezza foranea alla quale si raccordò la città medesima. Ne conseguiva, peraltro, anche quella sudditanza psicologica della popolazione nei confronti delle sue artiglierie in caso - non raro - di sommossa, in perfetta concordanza con la logica spagnola.
60 È interessante ai fini della ricostruzione della normativa urbanistica della città questa prima premessa di piano regolatore, che contemplava o.llre a strade larghe anche case non più basse di due pian.i . 66 Dal 1487 si registrò la introduzione dell'Inquisizione di lipo spagnolo anche in Sicilia. Lo stesso terribile Torquemada si curò di inviare con regolare successione inquisitori nel Regno, ciancio origine ad una istituzione perfettamente funzionante e stabile, tanto da trovar sede nello stesso palazzo reale di Palermo. 67 In merito cfr. R. LA DUCA, Cartografia della città di Palermo e an.1iche carte della Sicilia, Napoli, J 975.
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120 118. Termini Tme rese, pla ni metria della città, da F. Negro. 119. Termini Tmerese, pianla del Castello, da F. Negro. 120. Termini Trnerese, panoramica.
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121 121. Milazzo, l'abitato visto dai bastioni spagnoli.
Continua quindi il documento nella descrizione delle altre fortificazioni urbane costiere via via visitate. "Termini città nobile, et molto frequentata per la comodità della comarca, et del sito, et molto più per il comercio d'un ricco caricatore che cè de grani, soggiaceva ad ogni invasione de corsari per esser aperta. Erasi dato principio à cingerla de muraglia col ritratto de gabelle impuoste à questo effetto. Feci accumular da cittadini una somma de danari, colla quale si è attiso gagliardamente à proseguir l'incominciata opra, si che alla primavera sera servita, onde potranno star seguri da ogni impeto dc corsari.
[Esta bien68 j" .
Anche Termini Tmerese, quindi, intorno al 1571 viene cintata con nuove muraglie. TI sottolinearne eia parte ciel vicerè la finalità esclusivamente antincursiva di quelle opere, sembra quasi volerne giustificare la minima portata. Del resto la cittadina non era in prima linea, sulla frontiera marittima e ritrovandosi per di più vicinissima ai grossi presidi militari di Palermo, poteva ragionevolmente considerarsi al sicuro anche solo con un modesto intervento. Il memoriale a questo punto passa a citare Milazzo. "Melazzo è porto, et rifugio di tutto il comercio de quella cumarca, ch'è grande et abbuodante, et luogo ben popolato. Mà per la vicinità delle Isole de Lipari dove ordinariam.e s' annidano corsari stà esposto à continui pericoli da quali non tutte le fiate si ponno guardare si come dimostrano le fresche ruine d'un saccheggiamento, che quest'anni addietro vi fu fatto d'alcuni vasselli69• Per fortificar questo luogo ci bisognerebbe maggior spesa di quella che la povertà sua potrebbe fare per esser discosto dalla città il borgo nel quale consiste la maggior frequenza et numero d'habitatori. Mà per non lasciar in preda luogo di quella importanza, et per sparagnar la spesa di multa gente, che la qualità del s ito obliga à tenervisi la estate maggiormente per essere molto fiacco il castello, ho dissegnato di ridurre le habitationi, et magazzeni del borgo sotto la ciuà, ettlifesa da esso castello, et farvi quei ripari che la pianta, che si darà con questa dimostra per non esser la città capace di tal accrescimento d'habitatori et in questo modo ci sarà sigurezza bastante da ogni assalto. Il paese paga la spesa con alcune gabelle imposte, da quali in questo verno si caverà buona somma, accioche s i possi poi caldamente dar prencipio all'opra. [Idem
70]".
"D' accordo". Dovrebbe trattarsi di incursioni av venute intorno al 1561-63. 70 "Lo stesso". 68
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122. Messina, l'arsenale alle spalle del S. Salvatore, A.G. Simancas, M.P. y D. XXV-84.
Dal tenore della missiva traspare il protrarsi, ancora dei lavori così alacremente avviati, circa quarant'anni prima. La ragione anche in questo caso sembra imputabile alla endemica carenza di risorse è agli immani costi di quelle strutture. Il dover poi adeguarle continuamente ai progressi dell'arte ossidionale determinava, in pratica, un perenne aggiornamento delle opere, con conseguente collasso delle già asfittiche finanze locali. È la volta infi ne di Messina. " Ho cercato di disporre i Messinesi à fornir de fortificarsi. Ma quando per una occasione, et quando per un'altra, et principalm.te per lo sdegno della nuova gabella si son resi difficili nel provedirnento del denaro. L' astretezza loro hà bisogno d'un gran rimedio. Mà mi riserbo à trattarne con maggior fundamento. Insisto conlinoam.te al progresso dell'opra, et in questo mezo vo continuando la fabrica dell' Arsenale71 con queJJe forze che si può, et già son cuoperti dodeci archi, et altri venti sono vicini a perfettione".
Nelle brevi righe citate compare menzionato per la prima volta l'Arsenale, la cui realizzazione fu intrapresa sotto il viceregno di don Garzia de Toledo nel 1565, ed il cui finanziamento risulta già nel 1564, pari a 6.000 scudi72• In prima approssimazione, stando al documento, e ad alcuni grafici coevi, la pianta a ventaglio del grandioso edificio, sembrerebbe suddivisa in 30 campate, idonea pertanto ad accogliere un numero equivalente di unità, risultando perciò tra i maggiori del genere. Avremo comunque occasione di riparlarne successivamente.
71 L·opera stando ai rilievi conservati a Simancas risulta ultimata intorno al I 573. Cfr. A. GUIDONI l'vL\RINO, Disegni difoni.fìcazioni siciliane ne/l'archivio di Simancas, in Storia della città. Rivista internazionale di storia urbana e territoriale, 1977, n. 3, p. 52. 11 Crr. F. RuvoLO, Le fortificazioni di Messina ... , op. cit. p. 6.
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125 123. Favignana, pianla del forte di San Giacomo, da F. Negro. 124. Favignana, assonometria del forte d i San Giacomo, da F. Negro. 125. Favignana, pianta del forte di San Leonard o, da F. Negro.
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128 126. Favignana, assonometria del forte d i San Leonardo, da F. Negro. 127. Favignana, pianta del forte di S anta C aterina, da F. Negro. 128 . Favignana, assonome tria del forte di Santa Cateri na, da F. Negro.
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129. Maréttimo, pianta del forte di punta Troia. 130. Maréttimo, assonometria del forte di punta Troia. "Hò dato conto molto particolare à S. M. dclii danni, che riceve questo regno, et tutta la navigatione dalle Isole della Favignana, Levanzo, e Marcttimo, e t della necessità che cè di rimedio, et di quanto frutto è. quel poco ridotto che ho fatto nel Maretimo73 • La presenza anchora del S.or Gio. Andrea d'oria rnmc maestro dell'arte harrà potuto dar più piena informai.ione del llltto. Quanto più prestamente si anticipa la risolutione, tanto maggior servigio si fà à Dio, et a s. M. e benef.o al comercio di questo regno, et si soddisfa alla conferenza.
LQue el marques avise que medio se podra dar para remediar estos danos y de donde se podra sacar lo quefiiere menester7'1. ]"
Trattasi del forte di Punta Troia a quota 166, sull'omonimo promontorio. "Occorre provvedere a quanto il marchese comunica, nella migliore delle maniere per ovviare a quei danni, cercando da dove poter ricavare ciò che necessita per il finanziamento al riguardo". 73
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Èsaurita la sintetica descrizione, il vicerè passò ad esporre la situazione del regno in materia di armamenti, dalle galere, agli archibugi, alla fanteria, tutte componenti estremamente significative al fine della comprensione dell'effettivo stato difensivo ciel Regno alla vigilia di Lepanto. "APPARECCHI DI GUERRA Cercasi di tener in ordine le galere quanto più sia possibile accioche S. M . ne ricevi quel serv.o che da tanta spesa si dee aspettare. Si è armata la bastarda, et s'attende à fabbricar !'altre sci galere che S. M. hà ordinato, che s'atlreschino, tutto quello che le deboli forze di questo regno consentono 75. Altre fiate hò avisato à S. M. che li forzati , che di quà si ponno dare, no' son bastevoli à tener armate queste galere, et ricordai che se con l'occ.ne delli movimenti de Moreschi si havese potuto dare alcun aiuto, tutto sarebbe stato molto necess.o. Crederò che S. M. l'harrà fatto mirare et provedere come richiede il suo serv.o.
[que no los ay aqui76 ]".
Il problema della gestione delle galere ruotava sempre intorno alla carenza dei "motori", ovvero dei forzati idonei alla debilitante fatica, di difficilissimo reperimento, ad onta degli sforzi dei tribunali a comminare per molti reati quella pena. L'esorbitante numero cli ciurme necessarie per ciascuna cli essa, il loro mantenimento ed alloggiamento, nonché i costi strettamente dipendenti dall'armamento delle fragili unità da guerra, risultava insostenibile al punto che nessuno dei due grandiosi imperi riuscì mai a schierarne più cli 200, raffazzonate peraltro tra i vari alleati. È significativo al riguardo che, negli stessi anni, il Regno cli Napoli ne tenesse in organico circa 20, e mai contemporaneamente tutte operative, ed il Regno di Sardegna, nel secolo successivo non riuscì mai, per la sua flotta da intercettazione, a superare il numero di appena 2! Il ripiego perciò sulla difesa ten-estre statica per le coste appare, se mai ce ne fosse ancora bisogno, una scelta obbligata. "Ritrovasi anchor in Messina undici corpi di galere, de quali pochi ò nessuno ci sono atti à servire eccetto che per far num.o in caso cli bisogno. Ho fatto veni r da Milano una bella munitione d'archibugi lutti con palla uguaJen et una quantità d'armi inhastate 78 prencipl. e per provigione delle galee, et il M .ro che à mesi passati avisai a S. M. che si conduceva da Milano con l'aiuto ciel salario, che havea offerto la città di Palermo, attende ad armar la fanteria, et hà cura di tener ben' in ordine l' arm i che da tutte le parti hò fatto ragunare nella munitione et farve de maniera che la poca spesa che si fà è molto ben impiegata. Spero che con la nuova fabrica delle miniere del ferro concorreranno qua tanti officiali, che non sera bisogno provedersi d'arme d'altre parti già che non mancherà apparecchio, ne materia per lavoarre. È stato di grande impedimento nella funditione dell' artiglieria la perdita, che hò fatto di un eccellente m.ro per un caso succed utogli in Messina. Nondimeno lavorasi anchor in Palermo dove l'altro giorno s' incavalcaron quattro canoni bellissimi, et altri sei in Messina. Mancavami metallo, et la buona sorte hà fatto capitar qui una nave che ne conduceva una gran quantità à Venezia. Hollo comperato à mollo buon prezzo, et s'attendera gagliar.tc a proseguir quest'opra per il gran mancamento che ne hanno tutte le fortezze, et le castella del regno79.
[Esta hien80 • ]. Hò incominciato in questo regno industrie de salnitri accioche non sia necess.o comperar di fuori tutta quella quantità, che qui bisogna si come infin addesso si hà fatto. Mà per rimediare il mancamento p.nte, et
Ancora una volta risu lta imprornbo tanto l'approntamento che l'armaggio per un intero stato cli appena sei galere, il cui problema principale restava il reperimento dei forzati ed il loro mantenimento, onerosissimo. 76 "Non li ho nemmeno qui". 77 È uno dei primi documenti che mostra la preoccupazione della dirigenza militare di uniformare i calibri per semplificare gli approvvigionamenti delle munizioni. Jn questo caso s i tratta di an11i leggere ma il concetto in breve si estenderà anche alla artiglieria, ponendo fine alla anarchia imperame, per cui quasi ogni pezzo aveva un suo particolare calibro. 78 Erano così definite tanto le lance che le picche. 79 Rappresentava tale carenza un aspetto singolare della difesa: costruite le piazze spesso non si era poi in grado di armarle di congrue artiglierie per l' inusitata carenza dei pezzi, al punto che non raramente si dovevano scambiare con la flotta, alternandone gli usi per quanto rossibilc. ~0 "D'accordo". 75
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havcre con prestezza una quantità che si tenghi di rispetto, cerco di provedermine dal regno di Napoli. Non hò in fi nqui sigurezza, che habbia ad esser conccdula restrnllione et perciò s ' ha supplicare S . M. che sia servita comandare che non mi sia impedita, e t l'altra ve nghi in mio poter accioche bisognando si possa mandarl a.
fLa industria esta muy bien. yen lo demas se escrivera al Visorey de Napo/es que e111biera::.o de/o que en elio ay8 1• J Hò ritrivato d ue be lli, et inusitati ,utificj per far p olvere, uno con la forza dell' acquaR 2 il quale lavo rera ogni giorno dodici cantara di polvere d'archibugi. ò venti di cannone fuori della città d i Palermo mà molto vicino, et l'altro con J'aiulo di mu le dcnlro del medes.o castello di Palermo ne fara cento cantara al mese ·d ' arc hibugio, ò doppia q uantità di qu e lla di canno ne. L 'opra d ' ambiclue serà fini ssima, cl riuscirà a prezzo mo llo vantaggioso per la corte.
[que esw bie11sJ. J Tra gli alLr.i mancamenti, che per poca industria sono in q uesto regno è que llo d ' arti g lieri, e t officiali d 'artiglieria, impcroche le castc lle, le fortezze et ancho r le galere ne patiscono gran disaggio. cl que lli pochi che si ri trovano sono ignoranti. et di poca esperienza. Per rimedio di ciò, et affinchc il regno abundi d 'ogni essercitio . vo incam inando sotto la dottri na d' un M.ro s uffecientiss .o in theoria. et pratica una scola, la quale lratlavo ancho r d i far in M ilano al te mpo de l mio gove rno, dove o rd inariame nte s' insegnerà con lettioni, ispcrienza, et essercitio tulio quello che à q uesta professione pe rtiene . Quivi s'im parerà la elettione et la compositione de materiali, la funditione de metalli. la gi usta proportione. et le qualità del ' arti g lieria è s uoi strume nti ; le d istanze, et ]'altre m isu re; le .regole delle bntteric ; la cognitione bastevole de fortifi cationi et ripa ri ; il vantagg io nc ll'o ffesc e ne lla difesa; l' arte de l m inar, et contrornina re; le m isture, et arti ficj di fuoco, et altre cose d i questa qual ità. Seranvi assentali cento scuola ri huver artefici di diverse maniere con privilegio di portar armiSJ non prohibite, et allre preminenze tali non punto dannose, cl nessuno di loro potrà ir à servi r ad altri, che à S. M. senza licenza. A' questi s i distribuiran no le piazze secondo le occorrenze, et s'cs1e nderi1 anc hor l' ispe ri e nza 1d1 soldati, c l a ltri p oic hc publi ca serà la scuola. et l'escrcitio.
fesco ha parescido 111 11)' bie11. 85 J" Questa parte del memoriale, pur non essendo intimamente connessa al problema della difesa del regno è forse quella per noi più interessante, in quanto dimostra il primo grande sforzo teso alla sua industrializzazione. Il vicerè infatti con una lucidissima analisi ed elaborazione, aveva individuato i settori trainanti per l'evoluzione e lo sviluppo cli quello, indubbiamente legati alla prodm:ione militare, ma e.li sicuro esito fu turo. Fonderie, polveriere. miniere d i ferro, altiforni, accademie mili tari - con modernissimi piani d i studio - costituivano un pacchetto di iniziative intraprendenti cd acutamente avveniristiche non solo per la S icilia ma per l' intero occidente, almeno nella concatenazione prospettata. L' accettaz ione partecipe - tutt'altro che purame nte formale - siglata dallo stesso i mperatore testimonia che simile visione non contrastava affatto con le intenzioni della d irigenza imperiale, e che pertanto la pretesa volontà di disarmo dei regni subordinati alla Spagna, non può essere acriticamente affermata. Se mai notevole era la resistenza dei regnicoli ad intraprendere la ca1Tiera mililare, ed il ricorso a formule compensative appariscenti , come il porto d'armi od eventuali distintivi e prerogative lo conferma no sufficientemente. È diffic ile per noi, ogg i, valutare quanto in concreto si riuscì ad attuare del progetto del marchese e.li Pescara, e quanto se ne dissolse con la conclusione del suo mandato. Di alcune di quelle imprese tullavia troveremo in seguito labili tracce, convincendoci che l'esposto non fu un mero esercizio utopistico.
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'Tale industria mi sembra olli ma, e pertan to si scri verà al vicerè di Napoli per fargli inviare qua nto richiestomi". Si trattava in sostanza di macine idrauliche impiegate per raffinare la polvere. in sostituLionc di quelle notevolmente più len te e pericolose a trazione manu,1 le. 83 "M i sta bene". 8·' Nei viccregni spagnoli era severamente vietato port are anni d i qualsiasi natura, meno che mai da fuoco. Il permesso perciò specie in Sicilia rappresentava una so11a di invidiatissimo stato simbolo, in grado di favorire l'eventuale arruolamento. 8~ "Questo mi sembra molto valido". 82
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Il memoriale si conclude infine con alcune puntualizzazioni circa lo stato di efficienza concreta delle forze annate del Regno. "Restami ricordar di. nuovo à Sua M.tà che avanti, che succedessero queste novità di Barberia, et. benché non ci fosse sospetto d' armata nemica, no' può star questo regno con manco numero che d'ottocento soldati per guai·nigione di Trapani, Siragosa, et Messina, et anchor del nuovo molo di Palermo, il quale hà bisogno di guardia menu·eche non cè fortezza che lo difendi. Questo terzo86 è molto disfatto per i dissaggi patiti in mare, mà molto più per la mortalità, et inferntità, che han travagliato le compagnie, che hò incaminato alla Goletta, et esser giunte distrutte quelle che don Al.o Piment.ello hà ri mandato quà, et son ridotte le cose à termino, che benché tut.te le compagnie di questo regno, che sono nella Golettta s'unissero con le altre che qui son rimaste d ifficilmente avanzerebbero il numero de mille fanti , et gran parte di questi stanno negli hospitali infermi. Sopraggiungerà il tempo d'armare le galee, don Alonso fara nuova instanza per gente protestando della perdita di quella fortezza, et io non posso far più di quello, che queste si poche forze comportano, et riscaldandosi come ogni giorno più si riscaldano gli avisi di gran.mi apparati 87 del Turco, non veggo forma non solam.te per proveder le galee, ne la Goletta, ma ne pur di metter il presidio necessar.o in queste fortezze se da S. M. non vien dato altro rimedio, il qual benché non dubito, che harrà prevenuto, et fatto preparare son forzato per scarico mio, et per zelo del Sf rv.o de S. M. sollecitarlo con tutte le occasioni quanto più s'avvicina il tempo del bisogno, et come cosa sopra tutte importante, et necess.a la pongo quà nel fine del ricordo per sigillo di tutto q uello che don Carlo harrà a trnttar secondo le memorie dategli. Non voglio lasciar d'aggiunger, che con questa nuova numera tione, et descritione del regno, si è at.tiso con grandiss.a diligenza a rifornrnr la militia da piedi, et da cavallo in guisa che confido che con Ii buoni ordini che vi si metteranno serà d'orinnanzi di maggior servigio di quello che per il passato è stata. Mà nondimeno per esser gente populare, et comanclata88 non conviene confidar loro fortezze della qualità, che queste sono senza alcun nervo de soldati d'ordinanzaR 9, et pratichi . Per il che mi risolvo di non privarmi per qual si sia accidente degli ottocento soldati spag.li che in ogni tempo mi bisognano, se espressamente da Sua M.tà inteso lo stato sude tto delle cose non mi verrà eomesso che li dia. In Palern10 à 4 di febraro 157 J" 90_
La sconsolata e tragica conclusione del memoriale - il sigillo - come sottolineava il vicerè, dimostra che al crescere delle informazioni circa i grandi preparativi tm:chi che precedettero la giornata di Lepanto, il Regno restava affidato a pochissimi soldati. I malandati superstiti dello sfortunato "tercios" reduce dalla Goletta, risultavano però assolutamente inadeguati, fisicamente e numericamente, non solo per armare la flotta ma persino per presidiare le fortezze siciliane, uniche garanti della integrità ten-itoriale ciel Regno.
"
All'indomani della battaglia di Lepanto La gloriosa vittoria di Lepanto, sulla quale sono stati profusi fiumi d'inchiostro 91, lungi dal sancire il ritrov0to primato dell'impero spagnolo, sembrò paradossalmente risolversi in una sua maggiore esposizione alle iniziative militari e corsare turco-barbaresche. Nei due schieramenti infatti si agitavano tensioni diametralmente opposte. Da una parte si tentava, con fanatica determinazione, dì scrollarsi di dosso l'onta della disfatta navale con una schiacciante rivincita, non appena ricostituita in qualche modo la perduta flotta.
86 Il "tcrcios" in questione doveva essere quello cosidetto di Sicilia, il cui organico normale doveva ammontare a circa 3.000 uomini. 87 Il servizio informazioni indicava già da alcuni mesi gli immani preparativi che i Turchi stavano compiendo per porre la loro flotta all'altezza di una colossale missione, iisoHasi poi tragicamente per loro a Lepanto. ss Per "comandata" deve intendersi obbligata, quasi forz.ata . 89 Per soldati d'ordi nanza si intendevano quelli facenti parte regolarmente dell'esercito imperiale, inquadratj per Io più nei "tercios". 9,1 A. G. S., E0 1143, I. 91 L'epico scontro navale ispirò anche moltissimi pittori.
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Dall'altra, invece, la paura di mettere nuovamente in discussione quell'insperato e travolgente successo, bloccava qualsiasi concreta iniziativa militare contemplante l'uso massiccio della marina. Nelle more di una situazione in attesa cli definitiva stabilizzazione politico-militare, gli unici indisturbati padroni del mare restarono i barbareschi . Il Mediterraneo occidentale perciò divenne letteralmente proprietà di quei corsari imponendo un drastico riordino di tutti gli apparati difensivi costieri della frontiera marittima, tanto antincursivi quanto antinvasivi. Per la Sicil ia essendo stati temporaneamente richiamati i più noti condottieri imperiali per l'epico confronto, la dirigenza ad interim cadde sul duca di Terranova, un ricchissimo feudatario locale, di grande ambizione e disponibilità, ma disgraziatamente privo di personale e diretta esperienza in materie militari, e massimamente nel settore allora vitale delle fortificazio11i. Iniziò così un fittissimo andirivieni cli ingegneri, convocati incessantemente per derimere tutte le quotidiane questioni legate all'avanzamento dei lavori delle piazze, riattivatesi per la incombente minaccia. La particolare anomalia rappresenta ai nostri fini ricostruttivi una insperata fortuna in q uanto, sulla base di quelle innumerevoli perizie, stilate dai più illustri tecnici del momento possiamo accertare con grande precisione l'effettivo stato delle piazze del Regno, impiegando font i notoriamente scevre da intenti propagandistici, velleitari o comunque autocelebrativi. Il povero duca infatti non sembrava raccapezzarsi in quel turbinio cli cantieri, cli piante, cli preventivi, cli ingegneri più o meno famosi ed esperti. e quasi sempre in aperto disaccordo fra loro sul eia farsi. Eccolo quindi avvalersi ciel parere cli Gabrio Serbelloni92 per rivolgersi all'imperatore quasi a trovar confo1to ai suoi dubbi: "Da Palermo a XXV di giugno 1572 Scrissi ultimamente a V. M.tà l'ordine dato accioché con la presentia di gabrio serbellone si facesse il dessegno dell'ampliatione di questa Città [Palermo]. Adesso l'ho havuto finito, et lo mando à V . M .ta .. . Si come anchora ho scritto à V. M. feci rico noscere da detto Gabrio termine, et Melazo li cui dessegni mando à V. M.ta ... non mi resta altro da dirsi, el a V. M.tà bascio humilmente le reali mani, et piedi ... " 93.
Ma i dubbi invece che attenuarsi, sembrano incrementarsi di giorno in giorno, ed il preoccupato vi cerè non essendo in grado nè di decidere il da farsi, nè di capire quanto accadeva lungo le coste del / Regno, in tutti i cantieri delle piazze, cerca disperatamente un consulente tecnico privato che lo illumini al riguardo. "Da Paler mo ultimo di giugno 1572 Per altre mie ho avisato a V. M.tà haver fatto di servirvi, fin che da lei mi venghi mandato altro rimedio d ' una persona di buon giudizio, et pratica di fortificatione ... Adesso l'ho fatto venire, si ch iama G io Antonio de] Nobile Alemano il quale sono alcuni anni, che s 'è fatto vassallo di V. M.tà havendosi casato iri Catania. Sono passat i per mano sua i dissegni, che mando a V . M.tà di Palermo Termini, et Melazzo fatti di ordine, et parere di Gabrio Serbcllone, et hor lo mando a visitar le fab1iche, et fortificationi del Regno ... ... . Nessu na cosa provederà ne risolverà detto Nobile senza cominicat.ione mia, et a tal fine è stata ind rizzata la commissione datagli ... " 94.
Ci sembra tuttavia indispensabile, a questo punto, proprio per il crescente peso che d 'ora innanzi, ed in maniera irreversibile, andranno assumendo gli ingegneri militari nelle decisioni difens ive del Regno,
n Il Conte Gabrio Serbelluni (1508-1580) fu in effetti un capitano milanese ed al contempo ingegne re militare. Come cavaliere di Malta combattè nel 1543 contro Solimano quando invase l'Ungheria. Quind i a l servizio d i papa Pio IV fo rtificò la città Leonina in Roma, ed ancora sotto Filippo II, fortificò varie città del Regno cli Napoli. Combauè a Lepanto e d ifese Tu nisi, dove fu fatto prigioniero da i Turchi e rilasciato per uno scambio. Combattè ancora a l servizio della Spagna nelle guerre di Fiandra fino al 157 8. '" A. G. S., E 0 11 43, I 8. 0 9 1137 , 106. ' A. G. S., E
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ripròporre quella menzionata delibera di affidamento d'incarico, indirizzata il 15 luglio del 1572, all'ing. Giovan Antonio del Nobile, certamente simile nel suo genere alle centinaia di altre analoghe. Sarà pertanto possibile apprendere le .incombenze demandate e le spettanze elargite a i tecn ici nell'adempimento del loro compito. " /strucione a voi M. o .loan Antonio del Nobile di quello che havete di fare per servitio di Sua M.ta nel carico datove di lngegnero magiore in questo Regno. Havendove noi con 1.re n.re patente eletto lngignero magiore in questo Regno per la morte del m.o AnLonio Conte, sodisfatti della sufficientia et esperentia vostra et del bon conto che havete dato di altri incarichi in servitio di sua M.ta ci e parso darve il pr.te recordo et instrutione accioche conforme ad essa habbiate a servire. Havete a tener cura di tutte le fortificatione che gli si fanno et per lo avvenire occorrera farse di casLelli terre et città di questo Regno et procurar che secondo la traccia et disegno col quale sonno principiati ò per ordine nostro di nuovo se farranno si attende con ogni sollicitudine alla opra et che y materiali sieno di buona qualità et y maestri et off.li che vi lavoreranno sufficienti et esperti nell'arte. Havete à reconoscere generalmente in tutte le parli dove si faranno fortificatione à giornata se le persone deputate alla previsione et compra di materiali et al pagamento delle opere fanno il debito loro nella compra di tali previsioni à tempi convenienti et vantaggiosi et senza participio di interessi particolari et ritrovandovi alcuno abuso et inconvenienza ceni darete subito avi so insieme col parere vostro circa il rimedio che potrà mettercj. Ritrovando in lacuna fabbrica delle sodette fortificat:ione numero di sovrastanti maestri ò altri off.li pagati y quali siano soverchi lo avverti rete a li deputati et lo avviserete ancora a noi incontinenti accioche si ci dia remedio, et medesmamente dove vedrete usarci negligenza per mancamento di tali ministri procurarete insieme con li deputati della fabrica di supplire à tal mancamento et in casu che non lo rimedino essi darete a noi aviso del parer vostro. V'informerete se alcuno di deputati tiene a soldo della fabbrica delle fortificatione servitori schiavj ò bestij loro particolari ò vendine materiali lor propri per servigio della fabrica acioche si leva ogni occasione di trafico et intelligenza onde risulti danno all'opra. Procurerete di investigare destramente si per dettj deputatj nelli conti che tengono delle spese che si fanno in dette fabriche s i servano le istrutione et ordine a lor dati et della contraventione che introverete ci daret.e aviso con quello che vi occorrera avvertircj attorno il rimedio et pigliarete copia di tale instrutione et ordine per v.ra infomrntione et un altra simile cj manderete a noi . Provederete che dove le fabriche se fanno a' staglio coloro che haranno fatto ò faranno i partiti dello stagliamento ponghino boni materiali et facciano interamente e con la diligentia et perfettione che saranno obligati la opera lor comessa et in niss una cosa si usi negligenza ma vi si attendi con ogni solicitudini et cura. Particolarmente ha vete di visitare le fortificatione che al presente se fanno di Marsala, la Licata, Augusta et Cathania et reconoscendo l' opra fatta et la qualità s ufficienza et sollicitudine di coloro che ni hanno il carico et in esse fortificatione servino darete ordine che si vadi continuando in tali fab1ichi conforme al dissegno che retroverete fatto dal detto Ant.o Conte95 et occorrendove avvertirci cosa degna di rimedio et rimediabile celo aviserete subito insieme col parere v. tro puosto il dissegno accioche possiamo ordinarne cio che havrete à fare. Andarete ancora a' Saragosa et con il discorso fatto del cap.no Fratino96 del quale vi si da copia riconoscirete sul fatto il bisogno di quella fortificatione et ci avviserete il v.ro parere. D'attorno la fortificatione di Messina vogliamo che con molta diligentia ve informiate dello stato nel quale si retrova et di cio che altre fiàte e stato dissegnat.o per redurre quella città nella devuta segurezza... Tn Milazo si è dessegnato di far una fortificazione riconoscerete et farrete squadro della quantetà et qualità di Materiali che giudicherete che comodamente et vantaggiosamente se potranno andar preparando per dar principio alla opra tosto che habiamo resoluto in qual modo deve essere... Vogliamo ancora che andiate pa,-ticolarment.e a' recoscer lo stato nel quale si ri trovano le fortificattione principiate in Termine et Sciacca... accioche si vadi continuando con sollicitudine et del tutto ci facciate avisati et il medesimo facciate nela Alicata.
·>5 Antonio Conte, ingegnere militare a cui vanno attribuite le fortificazioni dell'isola delle Gerbe condotte nel 1560 dopo la riconquista di Filippo Il. 96 L' ingegner Fartino per essere interpellato anche sui progetti di Siracusa doveva in quel periodo trovarsi presso la corte imperiale, dalla quale ripartì quattro anni dopo per recarsi ad Alghero a completarne le fortificazioni.
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Medesimamente vi condurrete a Trapani et perché sua M.tà insieme col suddetto discorso sopra le cose di Saragosa ci ha mandato un dessegno et un parere del detto Cap.o Fratt.ino sopra la fortificatione di Trapani, vi diamo copia dell'uno et del altro accioche sul fatto le comprobiate col sito et ci aviserete... Dato ricapito a tutti questi parti li quali sono li più principali et importanti andrete discorrendo tutte le terre cossi demaniali come di pa11icolari delle Marine di questo Regno et riconoscendo il bisogno di ciascun luogo et la comodità et apparecchio che ci sarà di iimedio et. ci manderete parere v.ro sopra ogni parte. " 9 7 •
L'ultimo brano citato del documento inizia finalmente a prospettare ed ad ordinare ad un tecnico un attento itinerario ricognitivo costiero. Ancora però non mostra quella urgenza e quella necessità che di lì a breve assumerà: appare infatti subordinato alla visita alle piazze. Del resto alquanta incerta è anche la finalità della ricognizione, pur precisandosi meglio nel seguito dello stesso. "Considererete dove fosse necessario far torre et ve informerete delle terre pheghi [feudi] et luoghi convicini et qualj de tali torrj riceverebbero comodità et calcolata la spesa et fatto il dessegno ci ni manderete relattione et parere non occupandove in questo più di quello che necessarissimamente serra bisogno. "
Ecco manifestarsi appieno il limite operativo imposto dal viceré, ben sapendo forse che il suo ingegnere sarebbe stato supplicato di assumere iniziative difensive concrete da parte delle popolazioni litoranee martorizzate dai corsari. Se mai vi fosse ancora qualche dubbio circa lo stentatissimo incedere del programma di torreggiamento del Regno di Sicilia, questo documento lo fugherebbe definitivamente. Ma continuava sempre il duca di Terranova: " Reconoscerete ancora le cale delle marine et dove fosse necesario aprirne chiudere ò repararne alcuna et ci lo aviserete. Cercarete in quelle parte persone sufficienti per pingere98 di buoni col01i in tela con giusti lineamentj delle piante in prospettiva i luoghi suddetti dove si fanno ò sono dessegnati le fortificationi et. insieme il paese della comarca et retrovando maestri attj ci ni darrete aviso et del prezzo et tempo che domaderanno per fare l'opra la quale deve essere dj altezza di quattro palmi et di larghezza di sei palmj. Di tutte l'opre li quali reconoscerete cosi di fortificattioni come di torri et di cale et altri ripari et guardie che si havessero da crescere calculerete la spesa et ci ni manderete una relattione accioche maturatamente si possi fare resoluttione di quello che si doverà mettere mano ... "99.
La maniera estremamente cauta di procedere del Terranova, al limite della stasi, contrasta fortemen te con le caratte;-istiche decisioniste dei vicerè finora incontrati di provenienza militare. È emblematico perciò questo richiedere di ogni fortH'icazione di una qualche importanza, oltre alla tradizionale relazione corredata dei rispettivi grafici, persino una tela di circa cm. 120x80! Anche le torri, vuoi quelle medievali, vuoi quelle sparute del de Vega rientravano nell'ambito delle strutture da rimirarsi e ponderarsi con calma. Ma i tempi stringevano terribilmente scanditi dall'atroce stillicidio dei raid corsari. Nonostante ciò le grande massa delle risorse continuava, quasi inerzialmente, ad essere ingoiata dai cantieri delle piazze, i cui lavori sembravano non terminare mai. Stralciamo al riguardo da una relazione del 1572 dettagliatissima di Gabrio Serbelloni su Messina alcune interessanti precisazioni ai fini della nostra ricostruzione storica. "La Città di Messina si ritrova hoggi in qualche parte per anchora non serrata di muraglie, et alcune di quelle, che la circondano sono mal atte alla sua diffensione, per la natura del sito che la domina in molte parti; et per esser (si può dire) il più importante luogo di Sicilia, essendo situata verso la patte più vicina à Terraferma, et havendo cosi bella comodità di porto, merita che vi si faccia sopra ogni consideratione, et per che m'è stato commesso, ch'io la riconoscessi, et considerassi tuuo quello, che si potrebbe fare per renderla in la sicurezza possibile, dico, che questa Città si ritrova in sito tale, ch' è impossibile in alcune pa11i
A. G. S., E0 1137, 107. È interessante questo dettaglio sulla ricerca di pittori paesaggisti da impiegare nella documentazione iconografica delle fortificazioni. La prassi almeno per quanto riguarda la raffigurazione ad olio su tela era del tutto inconsueta, limitandosi per lo più a disegni acquarellati. 99 A.G S ., E 0 , 107. 97 98
Torri costiere, spionaggio, corsari ed ingegneri
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renderla sicura, per che hoggi di è sottoposta la maggior parte delle fortificat. ni a potersi superare col tempo. Vi si potrebbe fare, et merita il luogo che vi si facciano, tutti quei buoni rimedij che si possono giudicare giovevoli massime in quelle parti dove parera bene valersi delle sue muraglie solite, che adesso la circondano, come sarebbe di terapienarle meglio, di aggrandire qualche membro di Baluardo, di farli fuora il fosso ben largo, et fondo con la muraglia fuori d' esso fosso 100 , et spianar anchora certi monti di terreno che gli sono vicini, come si vede, che già era il dessegno, essendosi cominciato altre volte a volerli spianare.. . ... quel monte dove si fece à tempo del vicerè Gio. di Vega un castello di legno nel quale al presente si tiene guardia, et si chiama castellaccio, che non è cosa da potersene punto confi dare, ne manco della fortezza, che segue l'altro poggio all'incontro, detta Gonzaga, le quali si può giudicare, che fossero fatte per due effetti, l'uno per occupare quelle sommità di accioche il nemico non vi si mettesse per offendere le muraglie della Città... et l' aHra per levare la comodità dell'allogiamento all'inimico che potrebbe havere dietro queste sommità con comodità d'acqua et casamenti ... ... et dall'altra parte il detto porto della Città in forma circolare, et lunga per quale si va nella sua stremità alla fortezza del Salvatore dov'è una torre tonda... [che] non è forte di fianchi come conviene... Ma perche acanto le mura di questa fortezza andando da quella lingua verso la Città si è fatto da poco tempo in qua l'arsenale, il quale è necessario che si circondi di mura accio che non sia in poter d' un t1isto di dargli fuoco, come al presente potria succedersi... " 10 1•
La relazione dell' ingegner Serbelloni evidenziando le ben note gravissime carenze di Messina, troppo esposta e sottoposta alle alture circostanti per poter mai aspirare ad essere una piazza realmente difendibile, lascia trasparire fra le righe il peso crescente delle armi d'attacco, e la loro preoccupante evoluzione. Le sue osservazioni perciò paiono quasi suggerire che buona parte delle opere fin lì compiute, e non solo a Messina, fossero purtroppo, nuovamente in fase di superamento tecnologico per l'abnorme protrarsi delle realizzazioni, e che soltanto il dover sostenere attacchi di basso profi lo militare giu.stificava la loro permanenza. Ma al vicerè probabilmente le idee invece di chiarirsi con la consulenza del rinomato tecnico, dovettero vieppiù confondersi, tant'è che trnscorso appena un anno, con una ennesima lettera all'imperatore, annunciava di aver incaricato un nuovo ingegnere per clerirnere i suoi assillanti dubbi. "Da Palermo XV di dicembre 1573 Giulio Cesare Brancatio 102, del quale mi persuado che V. M. habbia notitia, venne qui in estima, et opinione tale de intelligenza, et pratica di fortificationi, che mi parse trattare con esso di quelle di questo regno, incominciando da quella di Messina dove prima che lui venisse qui, era s tato et l'haveva Iiconosciuta, onde ne presi da esso in carta il parere, et dissegno suo, il quale mando con questa et hebbi cura di farlo fare di forma tale, che pienm.e si potesse discernere, et pareggiare poi insieme con questo di Gabrio Serbellone, et l' altro, che prima fu fatto a me satisfà grandemente il pensiero di esso Giulio Cesare, poi che gran tempo, et danari si sparagnano, et per ragioni anteposte da lui, et per la memoria ch' io ho della qualità del sito, et del terreno, sono d' opinione io anchora, che questa forma darà magg.re fortezza et bellezza à quella si necess.a opera. Ho fatto anchora riconoscere la fortificatione di questa Città di Trapani, et poner in iscritto, et in dissegno il parere suo che sarà con questa. Avisai à V. M.tà del porto di Marsala, che sera discoperto 103 . Hora mi occorse farle intendere, che questa Città è una delle piazze di questo regno, che si difendono. Gio. di Vega fece princip.io a fortificarla, la cui fortificatione non è anchora fornita, et vi sono tante e tali concavità et grotte fatte dalla natura che vengono à toccare sino alle muraglie, che la rendono dificìle di fortifìcatione; nondimeno essendo l'opera già innanzi, et più, che in difesa, io son andato continuandola per non lasciar inutile tanta spesa fatta, havendo pensiero di rimediar di mano in mano li difetti, et incovenienti, che vi sono con quel danaro, che si potesse
Trattasi probabilmente del muro d.i controscarpa, necessario per evitare il franamento del bordo esterno del fossato. G. S., E0 1143, 2 1. 102 Giulio Cesare Brancaccio, già menzionalo in precedenza, (1515-1586), militò nelle truppe di Carlo V, raggiungendo il grado cli maestro di campo generale. La sua ultima campagna fu comunque quella della Goletta, nel 1572. All'attività di militare e di ingegnere alternò anche quella di trattatista, per cui ci sono pervenuti molti suoi lavori di argomento militare. Resta famoso tuttavia per le fortificazioni nord-africane eia lui fatte erigere. 103 Il tono della lettera sembrerebbe far menzione cli una precedente relazione circa la riapertura del porto, interrato artificialmente, in epoca non precisa. 100
101 A.
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andar levando da altre necessità, e t stava di cio con l'animo assai quieto con il presidio, che sempre secondo l'occasione si poneva in quella piazza, et con le s traordinarie diligentie, che facevano usare in quella comarca, parenclonù, che questa cura, et l'opinjone che quella Città ba di fortissima, accompagnata dalla buona fortuna di V. M.tà fusse bastevole di dare tempo al tempo fin ch'ella si riducesse à miglior forma di quella, in che si ritruova, et hora che si è scoverto il nuovo porto, ci mette obligo di molto rnagg.re studio ... il che tutto batte sopra il dcssegno del sostentamento di Tunisi intorno al quale ... hora dico che la ... in questo Regno non mancano porti et questo di Palermo è così vicino, che può molto ben servire nelle occasioni di Barberia, sarei di parere che non solo non si fortificasse, ma si procurasse di guastare, e t empire l' entrata, come à tempo cli Romani fu fatto nel porto grande... " 104 •
Dalle affermazioni. del vicerè si deduce che si stesse procedendo al dragaggio dell'antico porto di Marsala, interrato artificialmente - per la storiografia corrente sotto Carlo V - per paura di incurs.ion i, in modo da restimirlo alla città. Potrebbe parimenti trattarsi della costruzione, in so::.tituzione cli quello classico, di un altro piìl piccolo. Il Te1nnova infatti precisa che non vi è cli questo alcuna esigenza, tornando utile soltanto in funzione delle operazioni nord-africane e del presidio di Tunisi. Ovvio perciò ri chiuderlo nuovamente, o sospenderne i lavori cli approntamento, per ridurre le spese di fortificazione. Nessuna concessione quindi a quelle che potevano essere le giuste esigenze mercantili della cittadina ma una riproposizione acritica di una già a suo tempo sciagurata disposizione penalizzante. Esaminiamo ora per brevi stralci le accennate proposte cli Giulio Cesare Brancaccio, tese a far contrarre i costi della piazza di Messina, e quindi i suoi pareri circa Trapani e Palermo, per completezza documentaria. "Quanto a Messina ritrovo che la maggior importanza, che vi sia per renderla forte e sicl!.lra, et prima d'ogni altra cosa il serrare il tarzenale (l'arsenale] della maniera che l'ho fatto .... Tutto .il resto poi non bisogna mutarsi al parer nùo ... prima perché non ci basta tempo ne danari ... ne gente poi che la defenda ... ; l'altra è poi che non ostante che l'eminenrje sopra poste alle fortezze, ci danno gran fastidio, non è però una massima, che per simili alture s i perdano le fortezze quando ci è chi le sappia deffondere ... ... foccorrerebbe invece] fare gran te1Ta pieno lungo le cortine, che ne hanno bisogno, et renforzarne ancho il piano di beluardi ove ne manca gran parte ... " 105•
I rilievi del Brancaccio lungi dal contrastare radicalmente con quelli ciel Serbelloni, ostentavano, se mai, una rnaggi9re praticità militare. In definitiva, associata l'inevaclibilità per Messina dal contesto orografico limitrofo, l'ingegnere premia l'ipotesi di una difesa manovrata e comunque attiva, assegnandole una sostanziale preponderanza su quella tradizionalmente passiva delle piazze, a sua volta imposta, molto saggiamente dal dover contare su guarnigioni di estrazione non militare. Le sue osservazioni, pertanto, mostrano un superamento od una rimozione, non sappiamo quanto fondata, di quella frustra nte realtà, presumendo un regolare massiccio presidio militare preposto al delicato servizio. Naturalmente quello che, invece, colpì. il vicerè fu il prospettarsi di una immediata contrazione degli interminabili esborsi cli denaro, fagocitati dalle ingenUssin1e spese di fortificazione. Quindi, in perfetta sintonia con la decisione già esternata per Marsala, ne sposò la tesi cordialmente. Relativamente poi a Trapani così relazionava ancora il Brancaccio: "ffavendo trovato Trapana fortissimo da tutte le parti onde la circonda il mare per le s iccagne [secche e bassifondali] che ci son d'ogni intorno sarebbe al parer nùo fuor di proposito di voler mutar nulla cli quanto sta sopra il mare ma perche da questo poco front.e di terra mi par debolissima di materia et forma vorrej che si fortificasse di maniera, che l'arte paragiasse la natura cio che fusse altretanto forte d 'artifitio da quella parte come nel resto ella è di sito. La onde mi ha parso farli questo fronte che designato s i vede con un beluardo spiccato in mezzo degli clui accio in vedersi tal forma di fortezza inespugnabilissima faccia perder la speranza a qualsivoglia potentissimo nemico d'assalirla per haverne a conseguir vittoria, aggiungendosi a questo la felicità d'un maraviglioso porto ... " 106 •
s., E
0
10.1
A. G.
10s
t\ . G. S., E0 I 143, 29. A. G. S., E 0 I 143, 3 1.
11J1,
J 143,
28.
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13[
131. Marsala, aereofoto dell'antico interramento artificiale del porto. (Foto l.G.M .l.)
Anche in questo caso i rimedi esposti dal Brancaccio sono di tipo non stravolgente quasi conservativo. Sensatissima l'interposizione di un bastione rompitratta tra i due esistenti, la cui piazza avrebbe dovuto trovarsi alquanto più bassa degli estremi in modo da soggiacere, comunque, al tiro di quelli in caso di espugnazione nemica. Altrettanto valido il consiglio di terrapienare quei due bastioni, riprova di quanto affermato in precedenza circa l'incremento della potenzialità distruttiva delle artiglierie verso la fine del XVI secolo. Ma forse la nota pjù probante della sua angolazione d'analisi, tipicamente militare, si coglie nella enunciazione del fattore d'immagine erompente da una fortificazione ben impostata, che assurge proprio in quanto tale a terrifico deterrente. Veruamo infine alle sue annotazioni circa Palermo. "Quelche si trova fauo della fortificatione di Palermo al parer mio e tutto falso. E quel che si voleva fare di nuovo non mi contenta molto, ma parlando di quello che si trova gia fatto, dice che non ostante che la magg.r parte dei beluardi sian grandi son però molto deboli à causa della oltremodo piccola spalla et dei fianchi scovertissimi per non haver proportione che vaglia, ne di fronte ne di fianco ne di spalla conforme a fortificatione reale resistibile all'artiglierie nimiche. e tanto più anco per le piazze cli basso o case matte che vogliam dire le quali sono inclefensibili per esser scuove rte ... ' 'tOì_
Le critiche severissime nel caso di Palermo, derivavano certamente dalla maggiore importanza che si era voluta assegnare alla cerchia della Capitale. Ma disgraziatamente tra il progettarla, l'appaltarla ed il realizzarla erano intercorsi fino alla visita ciel Brancaccio giusto 40 anni, intervallo lunghissimo per l'evoluzione rrulitare rinascimentale. Le pertinenti critiche quindi, in quanto riferite alle conoscenze del momento, non coinvolgevano lo sfortunato progettista che per l'epoca fu anche troppo moderno, ma ancora una volta l' interminabile durata dell'esecuzione.
107
A. G. S., E0 11 43, 30.
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Per restare agli appunti specifici, il Brancaccio annotava che l'eccessiva esposizione delle casematte basse le poneva in balia dell'artiglieria nemica. L'aprirsi poi, in stretta rispondenza con i canoni del Fen-amolino, a poca distanza dalle cortine, le condannava, in caso di crollo di quelle e smottamento conseguente della massa tenosa costipata, ad essere sepolte con i loro difensori. Ma laddove, infine, le sue critiche raggiungono un'acredine inconsueta, diretta per giunta contro la categoria degli ingegneri militari e del Ferramolino in particolare, è proprio nei confronti delle contromine, dettaglio che ce lo riconferma di cultura spiccatamente militare piuttosto che tecnica. "Di più le dette piazze basse con loro entrate e vie sotterranee, che loro bisogna haver per soccorrrersi l'una a l'altra con le casematte di sotto contromine et cave per munitioni et altri bisogni d'artiglierie che dagli ingegnier si fanno loro dire per maggior fortezza et commodità dei defensori, truovo che oltre all'incredibile lor debolezza per esser voti di sotto et sostenere un peso molto diseguale ai lor fondamenti son di tanta eccessiva spesa, et ci va tanto tempo per farli che non si finiscon mai. E a questo modo restan !'opere impe1iette senza potersi giammai finire ... ,,,os.
Le critiche, ancora una volta, dirigono nel senso di una semplificazione delle opere, eliminandone ogni ricercatezza tecnica ed inventiva. Si sarebbe così ricondotta quasi, ed è estremamente esplicito al riguardo, ad una tipologia affine a quella della fortificazione campale dove si dava per scontato il ruolo attivo della difesa assolutamente militare. Il discorso poi sulle lungaggini connesse con la realizzazione di strutture complesse era, purtroppo per quanto ormai analizzato, fin troppo motivato, specie a Palermo. Quanto però in pratica si sia fatto tesoro dei consigli di Giulio Cesare Brancaccio è difficile accertarlo, congiurando alla loro cestinazione l'essere quelle osservazioni vagliate da un consiglio di ingegneri, in una epoca ed in un impero in cui il difficile, il complesso, l'elaborato, e l'artificioso gramito e superfluo , rappresentavano altrettanti crismi di indiscutibile validità, in tutti i settori, ed in quello militare in particolare. Se mai permanga qualche dubbio al riguardo basterà ricordare le uniformj in dotazione in quegli anni! Ad ogni buon conto la visione militarista del Brancaccio fece breccia nel vicerè, quasi a fornirgli un tanto sospirato appiglio per screditare autorevolmente quelle infinite diatribe tecniche ed esecutive. Forte della menzionata relazione il duca ribadì, con partecipata coerenza, l'inalienabile esigenza per la salvaguardia del Regno di disporre di congrue forze annate terrestri, magari solo nell'attesa, eufemismo appena velato, dell'ultimazione dell'armamento delle tanto sospirate e costosissime piazzeforti marittime.
Conseguenze della caduta di Tunisi Dopo la disfatta di Lepanto, come accennato, i turchi non erano rimasti affatto inerti, e pur evitando un nuovo confronto diretto con le forze navali imperiali, fanaticamente aspiravano ad una occasione di rivincita. Nel luglio del 1574 tale opportunità sembrò finalmente presentarsi a Tunisi, il cui presidio spagnolo tanti sacrifici aveva imposto all'economia siciliana. L' 11 luglio la ricostruita flotta del sultano, agli ordini di Euldj-Ali, apparve dinanzi la cittadina nord-africana. Dopo appena un mese di combattimenti, inaspettatamente e forse per irrisolutezza del comandante, capitolava La Goletta. A sua volta il forte di Tunisi affidato al Serbolloni, nostra recente conoscenza, ad onta delle esposte teorie, si arrendeva il 13 settembre. Il disastro gettò l'intero schieramento della frontiera marittima nella più profonda angoscia e paura. Vani tutti i tentativi di don Giovanni di intervenire con le sue galere in soccorso delle strategiche piazzeforti nord-africane. La flotta turca, raggiunto il pareggiamento del conto intorno alla metà di novembre rientrava a Costantinopoli, vincitrice ma provatissima: le perdite fra soldati e rematori ammontavano a quasi 15.000,
108
Ibidem.
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132 132. Don Giovanni d'Austria nel monumento in Messina.
senza contare gli almeno 50.000 caduti negli assedi a Tunisi. Salasso insostenibile anche per l'impero turco, che sebbene non lo ridusse all'impotenza, ne tarpò inesorabilmente qualsiasi futura iniziativa. Per gli occidentali invece il te1Tore sembrava essere la nota distintiva di guei giorni, privandoli persino della obiettiva valutazione delle potenzialità nemiche residue. "In quel preciso momento a Madrid, in Italia, gli Spagnuoli si disperavano davanti al_l'immensità del pericolo turco: tanto coloro che sono ai posti di combattimento (don Giovanni, il duca di Terranova, Granvelle) quanto i consiglieri nelle cui mani passavano innumerevol i documenti governativi. Che cosa farà mai il turco inorgoglito dalla vittoria? ... Ma cosa fare senza clenaro?La corsa agli armamenti marittimi era stata certamente una follia ... " 1119• Angosciato più che mai dalla situazione il duca di Terranova scriveva proprio sul finire di quell'anno all'imperatore un ampio memoriale circa lo stato militare della Sicilia, riproponendo larvatamente la sua intenzione di basarsi essenzialmente sulle forze militari, miliziane di fanteria e cli cavalleria, per la difesa del Regno dall'incombente minaccia. Ne trasmetteva pertanto gli organici e la loro dislocazione cli emergenza attuata. Il documento che andremo a citare è una trascrizione fatta a corte dell'originale rapporto, redatto su istanza dello stesso don Giovanni cl' Austria. "Palermo 28 ottobre 1574, Che quanto alla generalità dele cose non s i deve ne si puo fare fondamen.to sopra le fortezze di questo regno per non essere tutte compite, et per haver in se molte impe1fettioni, al rimedio delle quali non habbiamo ne tempo ne apparecchi dovendosi aspettar l'uscita dell'armata nemjca molto più tempo del solito et ritrovandosi tanto essausta la Regia Corte, le piazze et le castella sfornite di artiglieria, et munitioni, si lontana et difficile la comodità di poter fare la provvisio ne necessaria, et aspettandosi da S. m.tà risolutione intorno à diverse cose trattate, et che di nuovo se le propongono, circa la fortificationi et mancandoci anchora ingegneri, nel giuditio et esperienza delli quali sicuramente ci possiamR riposare. Levato adunque il fondam.to della fortezza delle mura delle piazze rimane la consideratione della difesa circa la gente. Si ritrova fondata nel Regno una mi litia di mille et secento cavalli, et novernjla fanti, et ci è di più il servitio militare al quale sono obligati i baroni del regno, che si riduce a mille e t settecento cavalli, i g.li in caso d'invasione di armata, sono obbligati a servire tre mesi dell'anno à spese loro... " 110
n )<)
11 0
Da F. BKAUDEL, Civiltà e imperi ... , op. cit., voi. 11, p. 1222. A. G. S., E0 1141 , 185.
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Il duca di Terranova forniva quindi il numero degli uomini di età compresa fra i 18 ed i 50 anni, ovvero quelli teoricamente idonei al servizio mil itare attivo, che ammontavano ad 80.000. da aggiungersi a quelli precedentemente elencati. Per i cavalli il censimento ne individuò 14.000 includendo tra essi anche le giumente e quelli da tiro o da basto, ritenuti comunque utili ai fini militari, per i trasporti e per le salmerie. Ad ogni buon conto il loro apporto sia pur risibile in normali circostanze operative, riusciva pur sempre vantaggioso contro i Turchi che provenendo dal mare erano appiedati . Proseguiva il duca, affermando cli aver sottoposto gli uomini della milizia ad un massiccio programma di addestramento all'uso delle armi, ed alla disciplina militare. Per quella bisogna, fortunatamente, già''c:la tempo si erano importate notevoli quantità cli armi e convocati qualificati ufficiali, di provata esperienza, in grado cli garantire le funzioni di comando. L'allertamento non si esauriva a quelle disposizioni, continuava il duca, ma contemplava pure l'ammasso cli vettovaglie, e la febbrile costruzione di artiglierie, munizioni e attrezzature belliche, delegando gli incarichi a personale specializzato. Pur nei limiti ricordati si attendeva, sottolineava sempre il duca, ad approntare le piazze, supplendo laddove la penuria e l' indigenza erano più gravi alla mancanza della stessa calce con opere imbastite con fascine e terra battuta. In merito allo schieramento delle fo rze così lo stesso personaggio lo riassumeva minuziosamente: "La città di Palermo ha da ventimila huomini atti alle armi à piedi, et millecinquecento à cavallo, tra quali si ritruova una banda di cavalieri che si reggono sotto il nome di congregatione, et sempre stanno provisti di buone armi, et cavalli per simili occorrenze, et nel sopradetto numero di cavalli ci si comprendono anche quelli di cocchio et di barda. Et per essere la Città accomodata à poter ricevere soccorso, et havendo vicino pare che potrà rimanere senza presidio di gente forestiera mettendosi solamente una compagnia di duecento soldati spagniuoli alla guardia ciel muoio. Trapani farà due mila huomini da combattere, et per essere città di molta importanza, et s uggctta a gran pericolo per la vicinità di Barbaria et delle Isole della Favignana, et per essere la fortificatione assai debole et piena d' imperfettioni si usa gran diligenza nella riparatione, et provisione di essa. Sara necessario mettervi mille et cluegento fanti spagniuoli et altrettanti della mi litia, et alcuna compagnia cli cavalli oltre quelli dell'istessa città. Et perche per la qualità del sito il soccorso è difficile, si reputa esser necessario far capitale del monte vicino nel quale si giudica che l'antica Trapani fosse edificata [Ericel , et hora è cinta di mura, et habitata. La ten-a chiamata di San Giuliano, dove si metteranno mille soldati della militia per tener aperto quel passo, donde sicuramente si possa soccorrere Trapani ... Il sito et il territorio di Marsala è bellissimo, et benché quella fortificat ione si truovi in assai buon termine, nondimeno per essere quei baluardi di piccoli et di mala forma, et ritrovarsi aperti, et all'una parte cli essa città alcune ampie grotte, ella si rende notabilm.te debile, maggiormente per esservi l'anno passato scoperto d'apresso un po,to capace di ogni. grande armata. Per il che seguendosi il parere del sig.r Duca di Sessa, si è fatta risolutione di far chiudere et otturare quel porto con la maggior prestezza che sarà possibile, et di già sono state mandate persone prattiche ad attendere all'opera et fatto questo il disegno è cli prepar la difesa de quella città, solam. te per scorreria per esser poco habitata, et levata la comodità de1 porto cessa l'occasione del disegno del nemico. farà la città per se stessa seccnto fan ti. Vi si metteranno almeno altrettanti spagniuoli, et sarà necessario aggiungervene mille altri della militia con alcuna banda di cavalli. "
Sembrerebbe dalle parole ciel duca poter concludere riguardo alla controversa questione dell'interramento del porto cli Marsala, che l'irresponsabile iniziativa sia attribuibile a questo contesto e non già all'epoca di Carlo V. Se così, invece, non fosse si deve necessariamente ritenere che la chiusura prospettata facesse seguito ad una recente riape1tura, procedura che se pure fattibile, per la sua eccessiva stupidità avrebbe sicuramente lasciato più esplicita memoria. Esaurita la parentesi, proseguiamo con il memoriale: "La Licata benche sia posta in ispiaggia, et che habbia un castello ridotto ad assai buon termine, non di meno per soprastare una montagna che la domina, vien ad essere debile, et non bastante à difendersi, per il che sarà necessario fare sgombrare la gente inutile ritenendo nel castello cento soldati spagniuoli per difenderla dai corsari. Siracusa è quella piazza della quale si deve haver maggior sospetto per la qualità del porto, et per la comodità grande che il nemico hà di accamparvisi con sicurezza, et principlarnente per essere posta in sito
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133
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135 133. Erice - MonLe S. Gi uliano, p la nimetria delle fortificaz io ni, da F. Negro. 134. Erice - MonLe S. Gi uliano, pianta e assonometria del castello, da F. Negro. 135. Erice - MonLe S. Giuliano, visto da Trapani.
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tale che rende difficile il soccorso. Et percio si giudica che non conviene lasciarla con meno di cinquemila combattenti, de quali potranno ritrovarsi duemila nella città mille et cinquecento se glie ne daranno di quelli della militia, et gli altri mille eLcinquecento doveranno esere soldati spagniuoli. Et perche esso Duca di Teranova ha consultato con s. M.tà l'impe1fettione, et manifesto pericolo che si scuopre in quella fortificatione per cagione di un castello che il S.r Don Garzia di Toledo vi cominciò alla parte di ponente, et si hà da spettar risolutione, bora per non perdere tempo, si attende a farvi repari di terra, et fascina, aprir fossi, rapezzar la muraglia, munirla di artiglieria, et far tutte quelle provisioni, che secondo lo stato delle cose, et le forze di questo regno, si possono fare ... Le tre castelle di Augusta, benche siano in quella perfetione che fu disegnata dal S.r Don Garzia di Toledo, nondimeno percioche nessuna di esse hà piazza dentro, et si possino battere son ripu tate di terra tutte pe1icolose, maggiormente non fortificandosi la città et il castello di terra, et poi che il tempo non consente metter mano à quest' opera si compartiranno fra le dette castella duecento soldati spagniuoli, oltre li settanta che vi sono per guarnigione ordirnu-ia. Non deve rimanere fuori di consideratione Cattania essendo la terza città del regno, ricca in paese di frumenti , et caricatore. A' tempi passati in sospetti di armata è stata sempre presidiata per difenderla, fondandosi la resolutione di farlo sopra la qualità di quella spiaggia, la quale non comporta lunga dimora di vascelli per esser fortificata dalla parte della marina, et essere assai buona la gente della città istessa e delle teITe eonvicine in numero di più di tremila huomini atti all' arme. Nondimeno il S.r Don Garzia di Toledo la fece dishabitare [evacuare], et non senza ragione perche alla parte di te1Ta è si debile che sbarcandosi gente in tera può mancare col qual essempio, et ragione maggiormente bora che le forze del nemico sono si gagliarde, il detto Duca di Teranova pensa medesimamente farla dishabilare al tempo della necessità. Segue Messina la quale si attende a 1iparar quanto è possibile con terra et fascina, et con terrapienarc le muraglie cingerla di buoni fossi et munirla delle cose necessarie alla difesa et particolarm.te del maggior numero d'artiglieria che si può havere, et d'anni sopratutto, delle quali ha gran bisogno, et di vettovaglie in gran quantità. Suole quella città havere dodeci mila combattenti compresi quelli delle forze, i quali si ritruovano a guardia della città. Di cavalli poco capitale si può fare, ma per essere frontiera di levante, et porto di tanta qualità et importanza non si può lasciare di mettervi duemila fanti spagniuoli et altrettanti di quella militia. Il qual numero di sedicimila huomini pare esser bastevole alla difesa maggiormente dovendo la persona del Reggitore ritrovarsi vicina per soccorrerla, occorrendo il bisogno da che non è cosa conveniente ch'egli si richiuda in luogo alcuno havendo a provedere et ricoITere a tutte quelle parti dove fosse maggior pericolo. Resta Melazzo nel quale per la vicinità di Messina, et per haver un castello da non sprezzare, si fa disegno di mette~vi cento cinquan ta soldati spagniuoli. Le altre teITe dela marina che seguendo col medesimo ordine sono Termine, Cefalu, Patti, Sciacca, Mazzara, et Terranova tutte si faranno dishabitare. Il numero dei soldati forestieri che sono necessa1i alla difesa delle sopradette piazze, raccolto insieme e di cinquemila novecento cinquanta.... Del qual numero 5950 dedurti 2000 che si trovano di effetto in questo regno del Terzo ordinario di esso, ne mancano tremila novecento cinquanta. È stato scritto a S. M.tà questo bisogno rappresentandole che senza il detto numero di soldati non è possibile difendere le prefate piazze con supplicarla à far provedere per insino à quatromila soldati o almeno tremilacinquecento con presupposto che questi non habbiano a servire per le galere, nè per altro senno per presidio di questo regno, eccetto quando impegnandosi l'armata in alcuna parte fuori di esso, cessi il pericolo di quello in tal caso ci sm·ebbe obligo di soccorrere con tutte le forze dove la ncesessità tirasse. La gente della militia cosi da piedi come da cavallo, la quale non accaderà mettersi nelle piazze sopradette, si scompartirà attorno alle marine in quelli luoghi, dove secondo gli avisi, et le occorrenze possono far maggior servitio. Nelli contorni di Lentini si sole fare massa di gente, et pm·ticolarmente da cavallo per esser comoda al soccorso di tutta quella parte assai esposta a' pericoli et secondo il progresso delle cose si piglierà risolutione cli fare alcun numero di cavalli pagati, ò di lasciar di farlo. Oltre à questo si terra pronta l'altra gente straordinaria, accioche in caso di necessità se ne possa far capitale et per tal occasione si te1Ta11110 prevenute vettovaglie dove sia bisogno ... Il servitio militare starà unito et pronto sotto la guida del suo generale per eseguire quello che dal Reggitore gli sarà commesso .. . " 111•
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Ibidem.
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136. Terranova - Gela, planimetria delle fortificazioni, da F. Negro. 137. Terranova, planimetria del Castello, da F. Negro.
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CASTELLO DI TERRA NOVA
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138. Terranova - Gela, asso nometria del Castello, da F. Negro. 139. Gela - Terranova, resti delle fortificazioni.
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li memoriale passava quindi ad elencare le disponibilità di vettovaglie e di armi presenti nel Regno, nonché la loro insufficknza e le ultranote penurie finanziarie, ritenute ormai parossistiche. I turchi fortunatamente, paghi di quella estrema vittoria - apice della loro potenza militare che da quel momento, infatti, iniziò l' i.nesorabile declino - altreuanto sterile quanto quella di Lepanto, non attaccarono. "È indubbio che la clecaclenza marittima... della Turchia si accentuò se non dopo il 1574, almeno dopo il 1580. E la decadenza fu brutale .... Ciò che uccise la marina turca fu l'inazione, fu la pace mediterranea... i due mostri politici mediterranei, l'impero degli Asburgo e quello degli Osmanli ... [in quegli anni] rinunciarono alla lotta ... [e] non si urtarono più con tutta la loro cieca violenza ... " 112 • Non altrettanto purtroppo accadde per la guerra di corsa, che anzi, esattamente e forse ancor più violentemente del dopo Lepanto, intensificò la sua virulenza, assurgendo in breve all'attacco costiero per antonomasia ciel Regno e della Frontiera Marittima . . E finalmente si tentò di correre ai ripari, avviando concretamente il vecchio progetto di torreggiamento del de Vega.
Un altro vicerè ed un altro ingegnere Tra gli uomini che si erano distinti nella giornata di Lepanto, spiccò il comandante in seconda della flotta confederata, l'allora ammiraglio della marina pontificia, Marcantonio Colonna. Sulla sua galera in perfetta ris pondenza della prassi dei tempi stava imbarcato, in funzione di consulente tecnico, nonché cli esperto uomo d'armi, l'ingegnere senese Tiburzio Spanocchi, destinato ad assecondare suggerendo gli opportuni espedienti sdentifici-rnilitari, l'intraprendenza ciel suo signore. Entrambi perciò a conclusione dell'epico scontro non sfuggirono alla cooptazione dell'imperatore Filippo Il, sempre attento ad individuare, con notevole acume, gli uomini validi e competenti che via via affioravano tra i diretti subordinati. Prima mansione ufficiale fu pertanto per il Colonna quella cli visitatore delle piazze ciel regno di Napoli, una sorta cioè cli superispettore con compiti dirigenziali, finalizzati alla ricognizione ed alla ispezione di ogni fortificazione così in cantiere o già operativa lungo gli oltre 2 .000 km ciel suo perimetro costiero . Indubbio perciò che in tale circostanza fosse sempre suo collaboratore lo Spanocchi, ed indubbio anche che, pe1fettamente al corrente delle realizzazioni delle torri nello Stato della Chiesa, in quanto parte in causa, avessero ora, entrambi, occasione cli esaminare eia vicino e cli valutare la funzionalità anche di quelle napoletane, ormai in servizio effettivo dal 1569, lungo tutte le marine. La destinazione perciò del Colonna nel 1577 a vicerè della Sicilia, rappresenta per la difesa costiera antincursiva dell'isola, la data effettiva del suo concreto realizzarsi, giocando al riguardo un ruolo primario proprio il famoso senese, che si vide affidare immediatamente il delicatissimo incarico della ricognizione di tutte le coste d!el Regno, per individuarvi i siti ottimali per l'erezione delle torri. Avrebbe pertanto dovuto valutarne la perfetta C(melazione con l'ambiente geografico circostante, con gli abitati, con le risorse e con le potenzialità mercantili limitrofe, redigendone via via il progetto di massima, completo di preventivo. L'intero pacchetto di schede così ricavato riunito in unico documento, sarebbe stato il progetto d"intenti da sottopone all'abituale trafila burocratica per l'approvazione e per il finanziamento. L'incarico che lo Spanocchi assolse intorno agli anni 1577-78 dette origine ad uno splendido manoscritto, riccamente illustrato con superbe vedute prospettiche e magistralmente compilato, completo di puntuali annotazioni e rilievi grafici, talmente apprezzato, poi, a corte da restarvi racchiuso tra le opere più care allo stesso imperatore.
112
Da F. BRAUDEL, Civilià e imperi ... , op. cit.. p. 1224.
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La difesa costiera del Regno di Sicilia dal XVI al XIX secolo
In virtù dj quella fottunala circostanza ci è pervenuto nella sua interezza - fatte salve alcune schede che l' autore probabilmente si riservava di completare appena possibile - rifacendosi la stesura definitiva al 1596. Ci è parso perciò per la massa documentaria dei dati contenutavi e per la ricchezza delle notizie, e per essere fin ora inedito nella sua interezza, riproporlo, previa traduzione delle parli spagnole, ottenendosi in tal modo uno spaccato, non solo difensivo dell' isola in quegli anni ma, della sua realtà sociale ed economica. Una sorta di nitidissimo fotogramma esaustivo, estrapolato dal lungometraggio sulla difesa cosliera siciliana.
CAPITOLO QUARTO
Stato della difesa costiera siciliana dopo Lepanto
Il sopraluogo di Tiburzio Spannocchi Il laborioso sopraluogo dell'ingegnere Tiburzio Spannocchi, corredato di ogni osservazione di natura geografica, economica, sociale e militare, che potesse tornare di un qualche interesse per la elaborazione del progetto di torreggiamento del Regno, fu compilato nell' italiano dell'epoca, ed essendo abbastanza comprensibile, lo abbiamo trascritto integralmente. Per la premessa teoretica ed esplicativa, nonché per le schede relative alle piazze, essendo indirizzate direttamente alla dirigenza spagnola, la lingua prescelta fu appunto quella, per giunta in maniera non perfettamente corretta. Ne è conseguito perciò, onde consentire una più agevole lettura, procedere alla sua traduzione libera. Circa le schede infine occorre dire che esse appaiono incomplete, cessando per tutta la costa settentrionale. Indubbiamente l'autore contava di completarle in seguito, ed all'uopo lasciò nella legatura di quei fogli significative sezioni in bianco. Non gli sarebbero mancate d'altronde, data la sua libera frequentazione degli archiv.i .imperiali, le monografie aggiornate cui attingere. Gli mancò se mai il tempo, purtroppo. Passiamo quindi, dopo questa rapida precisazione alla sua esposizione, sottolineando che proprio la sezione includente la trattazione dei sistem i di misura vigenti, le consuetudini metriche, ed i prezziari rappresenta per la sua unicità un documento di eccezionale interesse. ''AL PRINCIPE DON FILIPPO NOSTRO SIGNORE Nei tre anni che servendo alla Maestà del Re don Filippo nostro Signore e Padre di Vostra Altezza 1, fui presente nel Regno di Sicilia2 , mi si offrì l'opportunità, per porre rimedio alle incursioni corsare, di redigere la descrizione di tutto quel Regno e di elaborare la maggior parte delle osservazioni che in questo trattato sono contenute. Fu disposizione di Marcantonio Colonna3 (che a quel tempo governava in nome cli Sua Maestà il eletto Regno) affidarmi questa incombenza. Mi richiese al riguardo la massima diligenza possibile, sia perché quanto desunto lungo quel periplo si configurava della massima importanza per un Principe tanto grande quale Vostra Altezza (cui l'Onnipotente Iddio ha delegato il comando sulla migliore e maggiore parte del mondo) al fine di possedere cli ciascun Regno un minuzioso quadro, sia per essere poi in grado sulla sua scorta, secondo le particolari esigenze, di cogliervi le caratteristiche salienti - quelle che io per l'appunto registrai - per ordinare i necessari provvedimenti alle provocazioni
1,Trattasi di Filippo II d'Asburgo, che subentrò al padre, Carlo V, dopo la sua abdicazione, ne l 1556 al trono di Spagna. Era nato a Valladolid il 21 maggio del 1527. Morì il 13 seuembre de l 1598 presso l'Escuriale. Essendo il manoscritto dello Spannocchi redatto, nella stesura pervenutaci, nel 1596, risulta dedicato al p1incipe Filippo Ili, che iniziò il suo regno nel gior,no della morte del padre . 2 Lo Spannocchi, come meglio afferma più avanti, rimase in Sicilia circa tre anni. In merito non vi è da parte degli studiosi un sostanziale accordo. Di certo vi pervenne al seguito di Marcantonio Colonna, elettovi vicerè nel gennaio de! 1577, e nel 1578, per sua ammissione compì il periplo ricognitivo dell'imera isola. Fu quindi chiamato in Spagna dall'imperatore, forse proprio per merito di quel trattato, e quindi presumibilmente l' anno dopo, nel I 579. Così C. PROM IS. 3 Il viceregno di Marcantonio Colonna si estese dal I577 al 1582. È probabile che l'asserito incarico lo Spannocchi lo ebbe proprio nel 1578 allorché nel febbraio la Deputazione, su istanza del Colonna, lo destinò alla visita generale delle marine del Regno. Quanto ipotizzato trova riscontro nelle frasi dell 'autore, allorché ricorda ché l'incarico lo raggiunse mentre si trovava a Messina, ed iJ viaggio fu effettuato nella cattiva stagione, come alcu ni riferimenti al clima confermano. Ora l'unico invernoprimavera che l'ingegnere trascorse sull'Isola fu appunto quello del 1578.
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ed alle molestie che i cattivi vicini sogliono causare. Mi è sembrato pertanto utile riassumerle, in questo trattato, nella fo rma più esaustiva consentitami. Nella esposizione manca l'entroterra dell'Isola per aver ricevuto, proprio in quei giorni, da S. M. ordine espresso di raggiungerlo in Spagna dove ho atteso, per quanto di mia competenza, fi no ad oggi'' agli incarichi affidatimi per il suo Real Servizio. Circa l'argomento geografico contenutovi può suscitare stima ed apprezzamento soltanto in quanti al pari di me se ne sono direttamente occupati, poiché la maggioranza dei trattatisti usano rifarsi a precedenti relazioni . Da tale riprovevole prassi mi sono scrupolosamente astenuto, avendo visto con i miei occhi e percorso con i miei piedi tutto ciò che vi descrivo. Conferma l'asserto il confronto tra la mia e le mùnerose altre pubblicate su quel Regno. Essendo inoltre già diciotto anni5 che mi procuro di ultimarla, non possono essere ammesse a mia discolpa, per le sue eventuali carenze, nè la ristrettezza del tempo nè la superficialità dell'attenzione. Supplico pertanto V A. che di tanto in tanto, nei momenti liberi la scorra, reputandola un lavoro di Sua esclusiva pertinenza, poiché non è materia da divulgazione6, nè da richiedere generici pareri, come normalmente accade per qualsiasi altra ricerca speculativa. La riceva V A. con l'animo benigno che gli è proprio, e stimi degna la mia dedizione del Suo Real Servizio, che soltanto in tal modo si accrescerà il mio piccolo talento per intraprendere la Descrizione di questo fel ice Regno della Spagna, ciel quale, quasi interamente, tengo percorso e rilevato ciascun luogo con diligenza, come S. M. e V A. potranno in parte aver notato, nei brani che fino ad ora mi è stato concesso esporre. Nostro Signore riguard i V. A. per il bene della Cristianità, elargendo quella felicità che tutti i suoi creati7 impetrano e supplicano per Voi. RELAZIONE GENERALE SULLA QUALITÀ DEL REGNO DI STCTLIA BREVEMENTE DESCRITTA
Capitolo Primo Tra tutti i Regn i che si trovano sottoposti alla maestà del RE DON FILIPPO NOSTRO SIGNORE, quello di SICILIA mi sembra essere il più fruttifero e cli maggior importanza tanto per la sua fertilità, /
' 1 Le 111ansioni a cui fa ri feri111ento l'autore possono così sintetizzarsi: nel 1580-81 acco111pagnò l'Imperatore alla conquista del Portogallo, e q ui ndi fortificò Pamplona. D iven ne nell'82 membro del Consiglio (S upremo di Castiglia), e partecipò nell '83 alla conquista dell' Isola di Terzeira . Ristrutturò quindi il castello di Saragozza, e progettò la fortezza di Xacca, e numerose a lu·c ancora ai piedi de i Pirenei. Arginò in maniera efficace il Guadalquivir, e nel 1588 suggerì all' imperatore alcuni consigli per l'impresa dell ' Invincibile Armata, dove perallro persé il fratello Mario, anch'egli ingegnere. Ancora nel 1598 fu riconfermato dal nuovo i111peratore Fili ppo !Il sovraintendente delle fortificazioni in tutto l'impero, sottoposto solianto all'Imperatore medesimo cd al Supre mo Consiglio. Morì a Va lladolid nel 1606 all'età di 67 amù e fu sepolto a Madri d. ; Negli ulti111i anni del la sua esemplare esistenza, fu preso dal desiderio di pubblicare alcune del le sue opere manoscritte, in Italia, e di ciò sollecitava da Valladolid il fratello in Toscana in data 10 maggio 1604: "Provedete costì o in Fiore11za che vi serva di stampatori: e perché con detti discorsi vi vanno implicati alcuni disegni, che converria mandarli cortar in rame con bolino o acquaforte, procorate un buon cortatore [incisore], animandolo a servirvi bene, perché se mi comen/a l'opera sua, 1en?,o gran macchina di cose per intagliare; et perché quà non si trova chi serva bene, sarà bene intagliar cos/Ì o in Fiorenza, dove più vi piacerà, ecc. ". Disgraziatamente i suoi desideri rimasero tali. 6 Forse questa è una delle cause della redazione in due lingue del manoscritto, riservando quella spagnola ai giudizi ed a i rilievi sopra le fortificazioni urbane , della difesa costiera antinvasiva di importanza strategica irnperiale, e l'italiano per la li.nea delle to1Ti e delle vigilanze fo ranee, ovvero per la difesa costiera antincursiva di vali.d ità e rilevanza puramente tattica e locale. Allra probabile argo111entaz.ione potrebbe essere che la parte in italiano fosse destinata al Parlamento generale siciliano, che in effetti la ebbe e la conobbe, per i necessari provvedimenti legislativi da prendere in materia di costru zione di torri. Quella invece relativa alle piazze con annotazioni tecniche era di specifica competenza militare im periale. Ciò spiegherebbe oltre alla lingua, la presenza delle bellissime vedu te e planimetrie e le annotazioni circa la Sicilia, le sue connotazioni, le sue riso rse i suoi costi ed i suoi sistemi d i misu ra, tutte osservazioni altrimenti inutili. 7 li termine "creato", ti pico della corte spagnola, stava ad indicare una sorta d.i favori to, con un significato ancora più pregno perè> della benevolenza sov rana, quas i che quest' ul tima avesse tratto dal nulla ed innalzato alla sua gloria il fortunato.
Stato della difesa costiera siciliana dopo Lepanto
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come per esser situato al limite estremo e frontiera col peggior nemico di S. M. e della nostra Religione. La singolare supremaz:ia nel commercio del grano è un suo antico privilegio, appellandosi infatti il granaio dei romani nel lungo periodo della loro prosperità. Ciò avviene in virtù del suo eccezionale clima nel quale la natura sembra quasi aver voluto esternare tutto il proprio potere. In effetti lì la terra genera in quantità superiore di ogni altra parte del mondo, producendo - caratteristica che va evidenziata - spighe di pregevole qualità, esente per di più eia qualsiasi inframmissione di piante infestanti8 . In conseguenza il grano siciliano spunta eccellenti valutazioni sul mercato internazionale rispetto alla totalità della produzione esterna, con l'ovvio risultato di vendersi agevolmente nei suoi caricatori9 sebbene gravato dalla imposta di esportazione - ad una cifra eccedente la normale contrattazione di Genova per quelli altrove coltivati. Ciò nonostante i genovesi ne sopportano le maggiorazioni per poterlo mescolare con i grani locali. È talmente ferace la terra cli questa isola al riguardo che, in alcune zone, accade persino di svilupparsi e di trebbiarsi grano selvatico . In altre ancora è avvenuto che, dopo aver coltivati i campi per un anno, si sia raccolto per i successivi due senza alcuna cura, con notevole abbondanza, come mi ha testimoniato il barone di Bassibaida, don Bernardino de Terminy per tene del suo feu do. Per le piogge eccessive inoltre non perdono la loro fertilità nè le montagne nè le colline come in genere ho visto accadere altrove, dove la troppa acqua dilava i crinali asportandone l'humus, rendoli per '-. conseguenza sterili 10 ; lo stesso, per giunta, depositandosi a dismusura nelle valli non di rado ne vanifica le culture. Scarso bisogno dimostra poi questa terra di arature frequenti, e per la rara malerba che infesta i raccolti le cernite sono inusuali. La spiga a sua volta ostenta una particolare pienezza ciancio alla farina un inilevante contenuto di crusca. La fortunosa origine del proficuo rendimento deve imputarsi alle esalazioni del Monte Etna, una delle meraviglie del mondo, celebratissima da poeti e da scrittori antichi e moderni, (e forse in quanto appena affermato si coglie la sua primaria grandiosità, poiché da quei vapori risolventesi in copiosi acquazzoni, specie in primavera, scaturiscono rnscellamenti impregnati di sostanze solfuree fertilizzanti). Mi conferma l'ipotesi c iò che al riguardo scrive Benedetto Bordonio 11 con le seguenti parole: "Adesso venendo a trattare del monte Etna, dico che è posto sopra Catania, dalla parte di levante e la cenere da quello riversata sulle circostanti culture, molto le avvantaggia al punto che le pecore pascenti su quei campi, si soffocherebbero per la eccessiva pinguedine, se non si salassassero dalle orecchie quattro o cinque volte al mese". Appare pertanto sufficientemente dimostrato, dalla premessa citazione l'asserito ruolo benefico del vulcano. Per esaurire la parentesi ad esso inerente, va ricordata la sua straordinaria altezza, contandosi dalle falde alla e.ima circa sette leghe di asprissima salita. Dalla sommità del cratere fuorisce ininterrottamente il fuoco. Grande stupore desta il freddo pungente che in qualsiasi periodo dell'anno si avverte lì sopra e lo sgorgare negli immediati paraggi di grosse vene di acqua talmente ghiacciata da gelare i denti in maniera da non potersi bere. Accade poi con una certa riconenza di udire, tra il fuoco ed il fumo , spaventosi boati propagarsi per la pianura sottostante. Di tempo in tempo con quelli si accompagna la fuoriuscita di liquefatte masse in-
È questa una ulteriore conferma dei pregi che rendevano tanto ricercato il grano siciliano. Le osservazioni dell'autore focalizzano inoltre dettagli precisi, quali la minor componente cli crusca e l' assenza di piante infestanti. 9 Con il termine "caricatori " si intendevano i porti dai quali con apposita autorizzazione si poteva esportare il grano dall'isola. ijel secolo XVIII stando al P. (ARAFA, Sicaniae descrip1io e! delinea1io, Palermo, 1653, p. 2 1, essi erano: " Messanae, Milis, Pactorum, Brnli, Caroniae, Tusae, Malpertusi, Cephalacdis, Termarum, Solanti, Panormi, Vallunij, Castellamaris, Dreapani, Marsalae, Magarae, Saccae, Siculianae, Agrigenti, Montisclari, Leocatae, Falcunarae, Terranovac, Puzzalli, Vindicaris, Syracusarum, Augustae, Brucae, Milionis, Catanae, Schisò". 10 È estremamente interessante questa osservazione dello Spannocchi la prima forse inerente a fenomeni cli erosione accelerata dei terreni agricoli, per ruscellamento meteorico. 11 Non ci è stato purtroppo possibile rintracciare l'opera c itata. 8
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candescenti in tali quantità che, simili ad un vorticoso torrente, dilagando velocemente verso la marina, hanno distrutto ed incenerito intere contrade, provocando la morte di molta gente. Per l' immaginabile terrore, la città di Catania, tentando cli scongiurare così grave rischio, è solita, al profilarsi di quelle tragiche minacce, far uscire il popolo con il vescovo in testa, in processione, portando il velo della beata S. Agata vergine e martire, con grande devozione. E spesso perciò sono riusciti miracolosamente ad imbrigliare il furore della incandescente inondazione: ma laddove quella è scorsa la rovina è assolu ta e mai più vis.i potrà seminare nè produrre alcunché. Molte altre meraviglie possono ancora osservarsi, peraltro ampiamente descritte da numerosi autori, ai guaii conviene far ricorso: io, per evitare inutili divagazioni, mi sono limitato soltanto a queste per la loi·o stretta correlazione con la fertilità dell'Isola. Questo Regno produce in grande abbondanza ottimo vino, in d iverse località, decantato sin dall'antichità. È cli abitudine che le galere imperiali come pure quelle cli Malta, nonché navigli mercantili, si approvvigionino esclusivamente di quello cli Milazzo: persino il presidio della Goletta, finché vi fu, usava fare altrettanto 12 • Identico discorso per la produzione olearia, di eccellente qualità, specie quello cieli' intero promontorio di Lilibeo. Una ulteriore ingente risorsa è nella pesca, sia per il mercato interno sia per l'esportazione. Le varietà infatti di tonno e pescespada - dallo squisito sapore delle carni-e di sardine di cui sono ricchi i mari siciliani, dopo una ingegnosa modalità di cattura, che sarà brevemente ricordata parlando di Messina, e dopo una accurata lavorazione si inviano nelle diverse nazioni . Vi sono inoltre le industrie per la raffinazione dello zucchero con considerevoli proventi grazie sempre alla rilevante esportazione. Anche quello della seta è un commercio di notevole validità poiché la maggior parte cieli' Italia si rifornisce di quella tratta da Messina e dal promontorio di Peloro. Un discreto interesse riveste il miele raccolto sul promontorio cli Lilibeo, prelibatissimo. Riguardo al sale poi i quantitativi estratti sono tali, da poterne cm·icare a Trapani ogni anno numerose navi, dirette per lo più a Venezia. Sempre a Trapani si effettua con stimolante successo la pesca del corallo 13, del quale la richiesta estera è fortissima. Nel settore ,del!' industria boschiva si registra una ampia disponibilità di qualsiasi tipo di legname, utilissimo per le costruzioni navali. Ma sebbene le foreste circostanti l' Etna ospitino copiosissimi alberi colossali, per la irrilevante distanza dalle segherie della Calabria, economicamente al momento più convenienti, lo sfruttamento risulta scarso e marginale. Nel settore minerario infine abbondano i giacimenti di zolfo, s,ùnitro e di molti altri elementi, indispensabili per la produzione di polveri esplosive, nonché va segnalata la presenza significativa di diaspri e di altre gemme, delle quali ho personalmente riscontrato l'affioramento lungo alcune marine. Dei suddetti generi la Sicilia dispone a dismisura. Anche a voler ignorare al riguardo le affermazioni degli antichi, la riprova di quanto asserito si può, agevolmente, cogliere nel constatare la facil ità cli rifornimento goduta nel Regno, in viveri e munizioni, persino dalle maggiori flotte di S. M., ogni qual volta se ne sia manifestata la necessità. È nitido ricordo in quanti cli noi partecipammo, il brulicare cli navi eia battaglia, spagno.le , napoletane, siciliane, veneziane, genovesi, maltes i e del Sommo Pontefice 14, ap-
12 Uno dei problemi principali che poneva agli spagnoli il mantenimento di Tunisi era sostentare l'enorme numero di soldati che tra essa ed il suo presidio della Goletta vi si trovavuno, per l'esattezza circa 10.000. Scrive al riguardo F. BRAUDEL, Civiltà e imperi... , op. cit. voi. 11. p. 12 l 6: " //compito, per i 'intendenza di Sicilia e di Napoli, era gravoso; senza denaro non si pote-
van trovare 11è vino nè le carni salate 11è il grano e neppure le navi noleggiate, alle quali sempre più si affidava il trasporto di viveri e munizioni. L 'esaurimento.fìnanziario della Sicilia e di Napoli trasformava in proble,ni... insolubili ... quelle... operazioni" . 13 Sulla pesca del corallo nel Mediterraneo in quello scorcio slorico cfr. B. L1vERJ NO, Il Corallo, Bologna, 1983, pp. 70-82. Sulla scoperta dei banchi di Sciacca, pp. 199 e sgg.. 14 Lo Spannocchi partecipò all' impresa di Lepanto a bordo della galera di Marcantonio Colonna, comandante in capo dell 'annata pontificia, e vice comandante della flotta confederata.
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prov·vigionate, senza alcuna limitazione o carenza dalla gloriosa città di Messina nel cui porto convenne l'immensa armata, in occasione delle felici giornate antecedenti la Vittoria di Lepanto 15• Di ferro soltanto si soffre penuria in questo felicissimo Regno, dovendosi import.are, situazione però che potrebbe rapidamente trovare soluzione per il rinvenimento di giacimenti di remunerativa resa, non lontani da corsi d'acqua e eia boschi, fattori indispensabiU per la produzione metallurgica 16 • L'arbitraria noncuranza cli quelle potenzialità strategiche si consol idò negli ann i passati: io stesso ho potuto visitare alcuni impianti siderurgici, operativi, di recente costruzione, accompagnato dall ' ideatore del particolare procedimento fusorio. Proprio questi, tuttavia, mi ragguagliò su lle minacciose ostilità alla sua iniziativa esternate dai locali importatori di ferro. L'isola dispone di ottimi porti, i migliori che abbia mai osservato. Tipico esempio di questi è q uello di Messina, di cui minuzioso ragguaglio ne darò a suo tempo. Non va inoltre trascurato quello di Palermo, città capitale del Regno, con il suo straordinario molo, che potrebbe a ragion veduta reputarsi fra le classiche sette meraviglie 17 • Per i restanti, meno noti ma altrettanto frequentati, valgono comunque le definizioni di capaci e sicuri. Le città a loro volta appaiono ricche e sontuose, nobilitate da edifici prestigiosi sia privati che pubblici. In esse abbonda l' acqua sgorgante da altrettanto monumentali fontane di marmi pregiati: stupendi giardini con lussureggianti alberi carichi di frutta esotica, le ravvi vano e le riforniscono cli squisiti ortaggi. I suoi fiumi quand'anche di modesta portata vantano una considerevole frequenza, nè fanno difetto gli stagni salmastri ideali per l' ittiocultura, come quello cli Lentini, e persino per il rinvenimento delle sanguisughe reputate tra le migliori per la cura cli svariate afflizioni. Riguardo all'alimentazione va sottolineato l'eccezionale sapore delle carni dei suoi allevamenti. Peraltro abbonda pure di cacciagione di qualsiasi genere, volatile come di bosco. Tre arcivescovadi si contano nel Regno ovvero Palermo, Messina e Monreale con sei vescovadi, Patti, Cefalù, Mazara, Agrigento, Siracusa e Catania. Ciascuno cli questi dispone cli vaste risorse economiche, nonché di commende e di splendide abbazie. La popolazione regnicola è consistente, e nelle città e nei villaggi: limitando il censimento alle sole località costiere si raggiunge la cifra di 95.635 fuochi 18, sulla cui esatta distribuzione illustra l' allegato prospetto generale. Gli indigeni vantano un' acuta intelligenza, con significative predisposizioni alla loquela, indispensabile per i commerci in cui eccellono, e per la poesia nella quale si distinsero secoli addietro . Sotto il
i ; La riunione delle diverse squadre confederate avvenne a Messina a partire dagli inizi di agosto. Le unità spagnole al comando di don Giovanni le raggiunsero il 25 dello stesso mese. Cfr. J. MORD.A.L, Venticinque secoli di guerra sul mare, Torino, 1973, pp. 55-64. 16 Lo sfruttamento di una miniera di ferro nel XVT secolo, ed anche dopo, presupponeva una circostante ampia disponibilità di legna, per produrre il carbone vegetale necessario per la fusione, e di acqua per la forza motrice della ferriera stessa. Precisa F. BRAUDEL, Le strulfure del quotidiano, Torino, 1982, vol. I, p. 342: "la ,netallurgia rimane tradizionale, arcaica, i11 equilibrio precario. Fra tufi e le industrie essa è quella «più legata a/La natura. alle su.e risorse ... » ... al minerale che fort11na1amenle
abbonda, alla foresta sempre insufficiente ... alla.forza variabile dei corsi d'acqua" . 17 Circa il Molo Nuovo C. DE SETA e L. D 1 MAURO, Palernw, Bari, I 980, pp. 77 e sgg, così precisano: "La fonda zione del •borgo .. . segue di pochissimo quella del lvlolo nuovo ( 1567)... [che} risponde all'ormai non più procraslinabile necessità di w1 porto più ampio della vecchia Cala, e l 'amico bacino del molo si presta benissùno allo sviluppo della z.ona portuale; anche perché alla sua base sorge -dal l 545-una piccola fortificazione che in seguito ( I 621) sarà sviluppata fino a divenire un. vero e proprio forte ... Collegate con il Molo nuovo ... . sorgeranno presto «case ed osterie per dar ricetto ai marinai delle navi che trovavano rifugio nel nuovo e vas/o approdo»". Le vicende che portarono alla costrnzione cli quella fortificazione sono st:Jte
trattate nel corso delle descrizioni relative alla piazza cli Palermo. 18 II termine "vezinos" nell'antico spagnolo, o per meglio dire castigliano, stava a significare tanto gli abitanti quanto i "fuochi", ovvero i nuclei familiari, ri tenuti dalla moderna storiografia mediamente composti eia 5 persone. Premesso ciò e stimando congrua la seconda ipotesi, in linea con il fiscalismo spagnolo, la fascia costiera della Sicilia contava all'epoca oltre 500.000 abitanti.
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profilo militare va segnalata una certa capacità all'uso delle arnù, in cui peraltro si esercitano sin da g iovanissimi, non disgiunta da encomiabile arditezza: non si osserva però al riguardo una sostanziale omogeneità cli risultati. Considerevole è il numero di benestanti tra nobili titolati e cavalieri privati, cli cui sarà fornito nella trattazione un attento riscontro patrimoniale. Per tornare alla esposizione geografica, è interessante ricordare che la latitudine in cui è situato questo Regno sulla vigente cartografia nautica appare alquanto indeterminata poché alcuni redattori hanno posto il promontorio di Pachino, il più meridionale dei tre volgarmente noto come Capo Passero - a 35°, mentre altri invece a 38° . Io, dopo scrupolose rilevazioni effettuate in loco, lo stimo invece a 37° 19 • La maggioranza inoltre concorda nel sostenere che dal Peloro a Pachino interconono 2° e 30', valutazione che condivido separandoli circa 150 miglia, pari appunto all'arco indicato20. Fra To mmaso Fazzello2 1 autore della Storia del Regno invece li divarica cli ben 4° con una conseguente distanza terrestre cli oltre 200 miglia, affermazione peraltro contradetta dal medesimo allorché riporta quest' ultima a sole 160: appare perciò ulteriormente credibile la mia precisazione . CAUSE CHE M I OBBLIGARONO A DESCRIVERE IL CONTENUTO DI QUESTO LIBRO.
Capitolo Secondo Per la sua vicinanza alla Barberia22 , questo Regno è funestato ininterrottamente dalle razzie dei corsari, ivi annidiati. La coltivazione dei suoi fertili terreni rivieraschi, lo sfruttamente delle sue ricche tonnare, l'estrazione e la lavorazione dello zucchero, attività svolte appunto lungo le marine, ne risultano pe.ttanto compromesse, quando non pure del tutto annientate. Colpiti i caricatoi del grano, abbordati e dirottati i mercantili che garantiscono il commercio eia e per l'isola, rapiti per la schiavitù i contadini intenti alle loro pacifiche mansioni e terrorizzati i restanti, l'intera economia della nazione risulta profondamente sconvolta. Per ovviare in qualche modo all' insostenibile iattura si conve nne, già eia lungo tempo, di espletare molti tipi cli v igilanza costiera, tramjte cioè torri di avvistamento, ronde di uomini a cavallo e staffette di esploratori a piedi. Un incoraggiante beneficio fu immediatamente recepito. Disgraziatamente però non vantando tutte le tratte foranee una identica intensità ispettiva, nè una equivalente frequenza di torri e di postazioni di sorveglianza, il turpe fenomeno è ancora lungi dall' essere stroncato. Contribuisce al descritto contesto/ deficitario la povertà endemica cli alcuni paesi, privi di qualsiasi provento da destinare alla guardia costiera, come purtroppo anche la delinqueziale avarizia di altri che lesinano sugli uomini per tale primario servizio. Analoghe insufficienze ed omissioni affliggono gli obblighi in materia da parte dei nobili e dei feudatari. Il vicerè Marcantonio Colonna, che in quegli anni governava in nome d i S. M. questo Regno, forte dell' approvazione della maggioranza dei suoi consiglieri, si risolse a elinùnare una volta per tutte l'angosciosa vessazione23 . Affinché quindi, tutti gli usufruenti della conseguente sicurezza, contribuissero,
19 Capo Passero si trova per l' esattezza secondo le attuali misurazioni a 36° 40'di latitudine: pertamo lo Spannocchi si limitò ad un errore per l'epoca insignificame di soli 20'. Capo Peloro poi si sarebbe dovuto trovare a circa 39°contro gli effettivi 38° 16'. 20 Da yuanto affermato l' autore considera l'arco di un grado di meridiano pari a circa 60 miglia. Ora valutando il miglio uguale a krn. I.. 8, implicherebbe un settore cli km. 108, contro gli effettivi 112. Lo scarto rimane irri levante avallando la pretesa dell'autore circa l'assoluta attendibilità dei suoi rilievi canografici. 21 Trattasi di Tommaso Fazello autore Dell'historia di SiciLiae, in 2 vol umi pubblicata a Palermo nel 1558, in latino, e quindi a Venezia nel 1573. 22 Sulla storia delle relazioni fra .Italia e Barberia cfr. A. GALLICO, Tunisi, i berberi e l'Italia, Ancona, 1928. Circa poi le estrinsecazioni della guerra di corsa da lì provenienti cfr. pp. 147- I 97. 23 Marcantonio Colonna non era affatto nuovo al problema de lla cli fesa costiera mediante torri. Infatti ·il I O agosto del I 565 era stato sollecitato con una lettera da papa Pio IV a procedere alla costruzione lu ngo la marina dei suoi feudi laziali di alcune torri. A quella richiesta seguì la pronta erezione cli due torri la prima de tta Materna in onore della madre e la seconda Caldane. Entrambe furono prcssocché distrutte dag li inglesi nel 1813. Sull' argomento efr. A G UGLIELMOTII, Sror.ia delle fortificazioni nella spiaggia romana, Roma, 1880, pp. 468-471. Quanto ricordato spiegherebbe la sostanziale affinità della ti pologia architettonica adottata per le torri siciliane del dopo Colonna con quelle dello Stato Pontificio, assolutamente diverse da quelle, più vicine e di identica estrazione del Regno di Napoli.
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con· tassazione proporzionale ai rispettivi redditi, alla realizzazione di un affidabile dispositivo difensivo, ed affinché si disponesse di una attendibile ricognizione delle marine, con le loro cale e porti, indispensabile per la programmazione delle contromisure necessarie per gli abitati che su quelle gravitano, nominò per tale incarico me, ing. Tiburzio Spannocchi, Cavaliere dell'Abito cli S. Giovanni. Per meglio documentare la suddetta ricognizione, cli ciascun centro cli una qualche irnpoitanza, ne avrei dovuto tracciare la pianta e la veduta prospettica, nonché appuntarne, su schede separate, il mio giudizio tecnico mmtare in merito alle sue fortificazioni. Ai fini di una maggiore autorità nell'espletamento della delicata missione, ricevetti titolo e grado di Capitano cl' Arme, mediante il quale, a mia discrezione, potessi all'istante punire chiunque ardisse contrastare, o non si prodigasse, per la sua solerte attuazione. Accettai di buon grado, ed elaborai quanto richiestomi, allegandovi oltre alle descrizioni dei luoghi, le caratteristiche delle guardie al momento sostenute, della loro remunerazione, della ripartizione delle spese derivanti, e della tipologia delle segnalazioni via via incontrate, nonché i grafici delle toni già operative e delle loro condizioni statiche-militari. Parimenti annotai i presunti costi di restauro delle stesse e di quelle da erigersi inevitabilmente, ed i siti all'uopo previsti, indicandoli sugli stralci cartografici con punti rossi. Aggiunsi, in proposito, anche la configurazione migliore che le guardie avrebbero dovuto assumere e gli organici occorrenti. Sulle schede poi, ho evidenziato le opportune varianti eia adottare per l'ottimizzazzione e l'ammodernamento delle strutture difensive perimetrali, con i relativi preventivi di massima. Indagai, conformemente agli ordini impartitimi, sul patrimonio immobiliare e sugli utili eia quello derivanti ai singoli proprietari, onde costringere i medesimi a conllibuire secondo la propria capacità. Infine per agevolare l'analisi dell'insieme di questi dati raccolti, li ho riuniti in un sintetico tabulato di immediata consultazione. Onde conseguire .il massimo livello cli esattezza nell'interpretazione dei suggerimenti desunti dal periplo si impose il suo frazionamento in numerose tappe, corrispondenti ad altrettante sezioni della cartografia litoranea, che parallelamente disegnavo, in esatta scala, illustrante l'esposizione. Il quadro cli insieme dell'intero Regno, anch'esso in scala, precede la trattazione, dopo il tabulato statistico. Circa le tre isolette24 prospicienti Capo Lilibeo, luogo di incontro ed asilo della totalità dei corsari barbareschi, stimai opportuno fornirne la descrizione al termine ciel trattato, sottolineandovi gli improcrastinabili rimedi da intraprendere per neutralizzare l'intollerabile andazzo. Nel. corso della missione inoltre .rni imbattei in alcuni ponti sopra corsi d'acqua o burroni, distrutti o prossimi a crollare, ed ancora cli cesure dove sarebbe stato vantaggiosissimo, per i difensori, disporne cli nuovi. In ciascun caso mi premurai di progettarne la struttura compatibile al minor costo, allegandoli al termine cli questa relazione25. In molti paesi ho avuto modo cli constatare i gravissimi danni prodotti dalla vigente normativa sull 'alloggiamento dei soldati presso abitazioni private: gli stessi soldati peraltro ne soffrono per l'approssimativa collocazione26 . In qualcuno di quei centri poi, nella speranza cli eliminare simile vessazione, i cittadini si sono autotassati per edificare apposite caserme appartate. Fui pertanto sollecitato dai maggiorenti ad indicare, con relativo progetto, la conformazione ottimale di tali costruzioni e i preventivi, rilasciandone agli stessi puntuali copie. Non esistendo nell'intero Regno una appropriata sede per i vari tribunali, saggiamente il Vicerè et il suo Consiglio deliberarono in merito alla sua realizzazione, nella città cli Palermo. In essa si sarebbero riuniti sia i giudici civili che criminali, nonché il Reale Patrimonio e gli Archivi. Su mio ordine perciò,
' Trattasi dell'isola cli Maréttimo, di Favignana e di Lévanzo. questa parte ciel manoscritto nessuna traccia ci è pervenuta, lasciandoci ipotizzare che o rimase nelle intenzioni de.Jl' autore, o andò dispersa perché stralciata dal resto dell'opera . 2r•La piaga rappresentata dall'alloggiamento delle truppe era tale in ogni contrada dell'impero, vigcndo per di più la prassi di destinare a ciascuna regione reparti ad essa completamente stranieri. Sull' argomento cfr. R. Puoou, Il soldcuo gen1iluomo, Vicenza, 1982, pp. I 87 e sgg .. 2
25 Di
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dopo l'elaborazione del progetto, si procedette alacremente allo scavo delle fondazioni , ed anche dì questa utilissima impresa allego le planimetrie, insieme a quelle della città di Palermo. li periplo prese l'avvio da Messina per essere la principale piazzaforte marittima del Regno, e per averne avuto notifica mentre mi trovavo colà. Sarà quindi la prima scheda del trattato. E nel mentre attendevo ai suddetti compiti, ovvero nell'anno 1578, Marcantonio Colonna ricevette un urgente dispaccio di S. M., sollecitante l'invio di un tecnico di provata esperienza in materia di forti ficazione. Fui così destinato alla nuova missione, e dovetti tralasciare il completamento di quel lavoro, limitandolo alla sola fascia costiera27• Onde consentire la valutazione metrica delle piante esposte di seguito, nonché il confronto con quelle di altre province di diversa scala, ho riportato una tabella comparativa delle principali unità di misura delle differenti parti del Mondo, quali le canne, i piedi, i palmi, le pertiche, i trabucchi ecc ..
PARERE DEL CAVALIERE TIBURZIO SPANNOCCHI SU COSA CONVENGA PER BEN SALVAGUARDARE DALLE INCURSIONI CORSARE LE MARINE DEL REGNO DI SICILIA. Capitolo terzo È indispensabile che il Sovrano e quanti fanno parte del suo consiglio, si rimettano, per le valutazioni di fensive delle province, ai pareri prospettati dagli specialisti. Infatti le infi nite incombenze che gravano sulla sua persona, non gli consentono un diretto sopraluogo sulle immense contrade dell'impero. Riponendo inoltre fiduc ia nello scrupolo e nello zelo dei tecnici preposti allo scopo, è conseguenziale accoglierne i giudizi espressi in materia, recependoli quali i più documentati ed accertati. Consapevole di quanto affermato, mi sono recato personalmente nei diversi siti valutandone, di volta in volta, le difficoltà connesse con la vigilanza costiera e la maniera di superarle. Mi è parso indispensabile, però, enunciare un breve ragionamento finalizzato ad una migliore comprensione delle partico lari esigenze da soddisfare in merito e quindi alla esatta determinazione degli ordini indispensabili per la loro realizzazione. Va innanzitutto ricordato che la guardia che si impone lungo il perimetro costiero del Regno, sia tramite postazioni fisse, sia tramite pattugliamento, assolve a molteplici funzioni. La prima cli /queste è ovviamente quella inerente alla semplice individuazione di qualsiasi imbarcazione, tanto piccola quanto grande, da vicino come da Iontano 28 . La seconda, invece, riguarda il manten imento della corrispondenza semaforica tra le diverse unità adiacenti, mediante la quale divenga possibile l' immediata ricezione e ritrasmissione dei sègnali di allarme. Tramite quest'ultimi poi la rapida convergenza delle forze limitrofe29 . La terza è diretta alla protezione del naviglio arnico, in transito ed alla fonda, con l' i.mpiego delle artiglierie costiere di cui alcune dispongono. Parimenti i medesuni cannoni contrastano attivamente ogni tentativo di atterraggio o di agguato. Il suddetto dispositivo è indispensabile per i porti e per molte cale insidiose, note per ricovero di corsari3°.
27 Per
l'esattezza nemmeno la parte inerente la fascia costiera appare terminata completamente. Infattj le schede contenenLi i suoi pareri tecnico-militari circa lo stato delle fortificazioni urbane, ed i rimedi da apporvi, si concludono a Mazara, mancando quelle ancora importantissime Cino a Messina, prima fra tutte quella di Palermo. 2~La funzione di avvistamento era quella più antica e tradizionalmente espletata, di tipica difésa passiva. In meritO cfr. F. Russo, La difesa costiera del Regno di Napoli dal XV al XIX secolo, Bari, 1989, pp. 187-188. 29 Anche questa seconda funzione affondava le sue radici nel passato più remoto, ma già inizia ad ostentare un risvolto teso ad un presumibile intervento attivo da pane delle forze terrestri di contrattacco. È presumibile infatti che il segnale non viaggiasse di torre in torre ouusamente, in rn odo da creare in definitiva un inutile allertamcnto all'intera Isola che avrebbe finito poi per ovvie ragioni ad essere ininterrotto e quindi inutile, ma fosse destinato ad opponuni caposaldi dai quali dipendevano le forze di contrasto. 30 La protezione del naviglio mercantile, in transito o alla fonda costituiva una delle principali incombenze de.JJa di fesa costiera anticorsara, cfr. F. Russo, La difesa... op. cit. , pp. 145-148.
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Altri compiti potrebbero con facilità ravvisarsi al di fuori di questi basilari ricordati 31: resta comunque ovvio che le postazioni migliori e più indovinate, per struttura e per felicità d ' impianto, appaiono appunto quelle che riescono a farsi carico, contemporaneamente, delle elencate finalità. Disgraziatamente però delle esistenti nessuna, o pochissime soddisfano in pieno a tali requisiti . Infatti quelle congrue all'avvistamento di intere squadre nemiche32, poste perciò a notevole altezza ed all'interno rispetto alla costa, non riescono a scorgere i sotti li e sfuggenti battelli corsari, se non eccezionalmente di giorno e con l'aria limpidissima e, meno che mai, a distinguere questi da quelli non pericolosi. 1ènenclo conto, inoltre, che i razziatori si annidano di notte ed alla base dei promontori scoscesi33, non ne deriva alcuna pratica utilità per la protezione anticorsara, da questa categoria. Esemplificano a perfezione l'asserto la guardia istallata sopra Taormina, quella del Belvedere di Siracusa, quella del Castello di Cassibile, ecc .. Suppliscono alla esposta deficienza le ronde ininte1Totte cli uomini a cavallo lungo le marine, con prestabiliti punti di tappa. Il compito delle vedette montate - meglio note come Cavallari34 - include oltre alla perlustrazione diuturna, anche l'ispezione diretta, sul far dell'alba35, delle cale e delle insenature incluse nel settore di loro giurisdizione. Nel malaugurato caso cli esito positivo, gli stessi uomini si precipitano, suonando una particolare tromba, verso l'abitato, chiamando a raccolta braccianti e contadini per un primo pronto allertamento, e quindi notificano l'incombente minaccia alle postazion i di avvistamento statiche, per la trasmissione usuale della scoperta. Non sono rari, purtroppo, i casi in cui la postazione sia eccessivamente lontana per essere raggiunta in tempo utile, come pure di mancata ricezione ciel segnale dalle restanti. Oltre ai cavallari si impiegano anche esploratori appiedati, ma nel loro caso, come pure in sostanza per i loro colleghi montati, il perlustrare alla quota della spiaggia riduce sensibilmente, e pericolosamente, il margine di avvistamento sia dei segnali laterali, sia delle imbarcazioni dei predoni36, con immaginabili conseguenze. È ancora interessante precisare che di siffatte guardie se ne distinguono, in relazione ai tempi d ' impiego, due tipologie, ovvero le ordinarie, operative per 1.'intero anno, e le straordinarie limitate alla sola buona stagione37 . Un'altra suddivisione si coglie circa la loro remunerazione, osservandosi infatti che per la maggior parte percepiscono un regolare mensile, alquanto oscillante peraltro da località a località, mentre la restante ne è affato priva. Chiamansi queste ultime guardie "forzate", ovvero "comandate", costituite da infima gente, sulla cui diligenza ed attendibilità nessun affidamento conviene farsi. Analogo discorso per le cosiclette sopraguardie, una sorta di loro sorveglianti, prive in genere cli qualun-
31 Uno forse tra quelli più attenta mente perseguiti consisteva nell'impedire ogni possibile prelievo di acqua dolce, altrimenti noto come acquata, onde stroncare ogni autonomia di crociera dei corsari. Restano di quella finalità toponi mi espliciti come ad esempio " Acqua dei Corsari", presso Palermo. 32 Questa particolare sorveglianza apparentemente simile per finalità all'altra, rientrava invece nell'ambito della difesa antinvasiva, interessando per la poderosità della eventuale minaccia direttamente le forze militari regnicolc ed imperiali. 33 Le modalità di abbordaggio corsaro verso i navigli in transito avvenivano dalla terra verso il largo, dopo un pa1.iente agguato, dietro un promontorio. Qualora poi non si fosse prospettata alcuna preda l'azione razziatoria si dirigeva verso i piL1 vicini centri abitati. Cfr, F. Russo, La d!fèsa ..., op. cit., pp. 148-149. 34 Con tale parola si indicavano g li esploratori montati che erano preposti alla ispezione continua della costa, in ogni sua anfrattuosità. La loro presenza non poteva essere evitata nemmeno con la costruzione delle torri, poiché in molte tratte la possibilità di ricognizione si conseguiva solta nto recandovisi direttamente. 35 L 'al beggiare con la sua luce crepuscolare rappresentava l'ora eletti va per gli agguati, grazie alla scarsa visibilità ed alla assoluta tranquillità circostante, ed a differenza di qu ella antecedente al tramonto, lasciava tutta la giornata per le manovre di allontanamento, necessitanti della luce solare. 36 Circa i margini di preavviso dipendenti dall'avvistamento, diretto od indiretto, cfr. r. Russo, La difesa ... , op. cit., pp. I 87
e sgg . . 37 La buona stagione accresceva i pericoli , special mente in Sicilia per la sua maggior durata, per esservi la possibili tà di navigare anche con imbarcazioni a re mi, come le fuste e le galere, tipiche per la corsa, e per esservi grazie all'abbondanza dei prodotti agricoli un maggior traffico sul mare. In pratica tale periodo andava da aprile inoltrato ag li ini zi di no vembre.
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que esperienza e capacità, ignoranti persino dei sentieri locali, e solite abbandonare la delicata mansione arbitrariamente. La loro prestazione non è gratuita, ma retribuita con alquanta generosità dal Capitano d' Arme'8, per cui in definitiva risultano di pesante spesa e di insignificante apporto. In tema di affidabil ità qualche perplessità si registra anche per i cavallari, in quanto non raramente per incuria ed irresponsabilità, non scorgono il battel lo incursore accampando in seguito stup.ide scuse. Altre volte invece per la impervietà dei luoghi, tralasciano in quei tratti ogni minuziosa ispezione, creando tragiche premesse di razzia. Non sono mancilti, per contro, a loro danno funesti agguati, essendo ormai ben noto ai corsari l'abituale itinerario39. I limiti della vigilanza costiera esposta nascono da una serie di frustranti impossibilità, come quella di espletare un congruo avvistamento, di impiegare sistematicamente artiglierie, cli razionalizzare ed uniformare, per periodo e modalità, il servizio di guardia, responsabilizzandone gli addetti, cli ripartire i carichi economici in maniera che non si originino, per acclarata povertà, neutralizzanti cesure locali o temporali40, onde stroncare i ricorrenti dolorosi episodi. Rimedio universale a tali variegate manchevolezze è, a mio avviso, erigere ulteriori torri in corrispondenza dei siti che ho appositamente rilevato, ed annotato, nel corso del trattato. Si contrarranno così enormemente i continui esborsi imposti dall'attuale deficitaria modalità, non potendosi però evitare del tutto per la morfologia del Regno l'impiego delle ronde dei ca vallari. Resteranno pertanto in vigore al Capo di S. Andrea sotto Taormina, al Capo di S. Croce, a Murro de Porco, a Capo Passaro, alle Concerie, alle Grotte del Querno, lungo la marina di Scicli, al feudo di S. Croce , lungo la marina di Siracusa, alla Tenda a Monte Rosso, al Capo S. Marco, a Granitola, a San Vito, al Capo del Rame ed in altre contrade d·ebitamente evidenziate. I vantaggi cli un sistema di vigilanza imperniato su di una catena di torri gioverà, non solo per la ovvia miglioria del servizio, ma anche perché indurrà nei corsari una salutare clete1Tenza4 1• Infatti alla semplice vista di quelle, non oseranno più accostare nè tanto meno appiattarsi, come è ampiamente confermato, ogni giorno, nelle adiacenze delle poche in funzione, quali quella cli Venclicari, cli Pozzallo, del caricatore di Agrigento ed di altre località ancora. In caso, inoltre, di gravi carenze nel servizio sarà facile, una volta erette, individuare, senza alcuna attenuante, i sicuri responsabili, onde punirli di conseguenza. Sarà altresì agevole reperire uomini, a modico salario, per tale compito, potendosi svolgere al sicuro ed al riparo dalle intemperie. Molti dei lavoratori limjtrofi, infatti, accetterebbero di buon grado una simile collocazione ad appena 15 tarì al fuese42, contro i 5 o 6 scudi che si versano a ciascun cavallaro per un identico periodo.
38 Il
grado di Capitano d' Arme trova un suo equivalente nel Reg no di Napoli ed altrove in Capitano a guerra, entrambi figure non Upicamentc militari ma piuttosto equivalenti a quelle di funzionari di pubblica sicurezza. La loro designazione infatti assumeva p.iena estrinsecazione nei periodi di " suspicione", ovvero nella stagione propizia alla guerra di corsa. Da loro dipendeva la manutenz ione delle fortificazioni, la sorveglianza sui cavallari e sulle guardie. 39 l risch i connessi con tale attività dovevano essere alquanto rilevanti specie nei settori più deserti e frastagliati, in quanto que.i luoghi inosp itali ottimi per i corsari, erano ben noti a molti di questi, costituiti, per lo più, da rinnegati di origine locale. Una riprova si coglie nella presenza fra gli elenchi dei riscattati sempre di un certo numero di appartenenti a tale categoria. •10 Il problema nasceva dal fatto che molti paesi per contenere le spese ponevano le guardie il più tardi possibile, ovvero agli inizi di magg io ed o ltre, e le levavano persino alla fine di agosto, riducendone peraltro il numero al minimo. Spesso poi non erano in grado di provvedere nemmeno a questo risibile impeg no: a quel pu nto la catena di vigilanza costiera si interro mpeva del tutto, esponendo oltre ai predetti comuni anche quelli limitrofi che per giunta sostenevano maggiori spese per la guardia . 41 È notevo le la co mprensione da parte dell'autore del fatwre ''immagine" insito nel le fortificazioni costiere. Che questo poi effettivamente giocasse un grande ruolo al riguardo lo conferma il ritrovarsi raffigurate sulle carte turche torri litoranee anche dove mai cos tru ite, essendo diventate in pochi decenni lo spauracch io dei corsari per antonomasia . 4 2 TI tarì era una delle monete inu·odotte da i. musulmani, ed in seguilo rimasta come tradizionale dell' isola. È interessante quanto al riguardo precisa F. D ' ANGELO, Aspetti della circolazione monetaria nella Sicilia medievafri, in : Archeologia Medievale, voi. III, 1976, pp. 390-394: « Le origini di termine tarì... [sono J nel linguaggio dialettale della Sicilia araba l'e spressione completa rubà f tarf, uguale a "quarto di dinarfresco di conio", divenne rapidamente ellittica per cui si disse semplicemente tarì=fre sco di conio. per indicare le monete bauute nell'Isola. I tarì siciliani sono tra le più prestigiose monete dell'epoca... [ma] lentamente ed inesorabilmente perdono di valore.. . sono battuti durante la prima parte del regno svevo di Federico Secondo.. . di peso e dimensione costante (grammi O, 88 di oro .. .) il sovrano angioino continua a r:oniare tarì... alme,w fino alla metà del X/Il secolo, [allorché scompare il] tarì... ". In realtà esso non scomparve affallo ma continuò a circolare ancora nei secoli successivi e lo ritroveremo nel corso dell'intera trattazione.
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Un' ulteriore ottimizzazione deriverebbe alle segnalazioni che, qualora emesse dalla sommità di una torre, sia di tipo ottico-fuoco e fumo-, sia di tipo acustico - sparo di cannoni-, risulterebbero meglio visibili ed udibili, che non il debole suono delle buccine dei cavallari43 . Ne conseguirebbe in tal modo l'eliminazione di tutte le guardie comandate, e delle sopraguardie straordinarie, il cui costo è risaputo. Occorre ancora segnalare che la regolamentazione indotta dalle torri contrasterebbe, per le guardie a carico delle baronie locali, la simulazione di servizio, ricadendo il mantenimento d i tutte sotto il Real Patrimonio44. Va tenuto conto infine che, in siffatto contesto, molti abitati e feudatari, per esser rimasti vittime della negligenza dell'attuale sciatta man iera di vigilanza costiera, accetterebbero ben volentieri nei loro settori litoranei l'impianto cli torri e ne manterrebbero economicamente i I personale occupato. Al presente, invece non si accollano spontaneamente tale gravame, convinti cli subire l'esborso a beneficio degli esentati45 • Un benefico riscontro della presenza della catena di torri si coglierà persino nell'agricoltura, consentendo la coltivazione della fascia costiera, al presente abbandonata perché troppo pericolosa. I contadini, infatti, dopo la loro costruzione, potendo trovar scampo in caso cli assalto nella parte bassa di quelle46, senza dover fuggire verso le lontane dimore, non diserterebbero i suddetti campi. Abbiamo al riguardo il significativo esempio delle numerose torri, innalzate in Calabria ed altrove47 negli scorsi anni, dalle quali si evince la perfetta soddisfazione delle aspettative- qui prospettate per il Regno di Sicilia-ed anche, come accennato, di quelle erette lungo queste coste, in tempi remoti, ma ancora operative grazie alla loro ottima fattura48 • Tra le torri esistenti, tuttavia, è possibile scorgerne alcune di proprietà privata, finalizzate alla esclusiva protezione dei loro proprietari. Nessuna modalità cli sorveglianza costiera viene ottemperata eia queste, nè tanto meno di segnalazione o corrispondenza con le altre postazioni: sarà indispensabile nella
43 La segnalazione acustica tramite artiglierie, a differenza di 4uella ottica, era indipendente dalle condizioni atmosferiche, identica per il giorno e la noue, non direzionale, non confondibile-specie all'epoca-, immediata, e recepibile anche da destinatari assonnati od al chiuso di una casa o di una torre, da tutti contemporaneamente indipendentemente dalla loro altezza sul terreno. Rimaneva perciò la migliore anche se punroppo la piLt costosa. Al fine di contenerne al massimo gli oneri si diede la preferenza ai cannoncini petrieri, o mortaretti, o mascoli, che con una minore 4uantità di polvere facevano un maggior boato. Ci è rimasto da allora il termjne mortaretto, per indicare un tipo fragoroso di fuoco artificiale. 44 Molti baroni infatti per evitarne gli oneri facevano simulare da loro dipendenti la guardia nelle torri di loro giurisdizione, salvo poi impiegarli in tutt'altre faccende, non raramente come bravi o guardia armata personale. La proposta dello Spannocchi pertanto tendeva a far rientrare la compagine dei torrieri sotto un' unica ammi nistrazione elirninando gli arbitri esposti, olt1·etutto profondamente deleteri per il servizio di guardia. 45 Molti paesi infatti, cd anche molti feudatari, sarebbero stati favorevolissimi ad accollarsi il mantenimento delle spese della guardia, derivando da ciò un incremento rilevantissimo dei profitti agricoli, mani fatturieri e commerciali per la loro arca liberata dall'incubo dei corsari, ma temendo di pagare, privi della certezza che analogamente si sarebbero comportati i vicini, o peggio di pagare anche per loro, rinunciavano all'impegno. La guardia perciò poteva riuscire validissima se tutti vi si fossero uniformati, inutile se uno solo fosse venuto meno. 46 È questa una esplicita wnferma che la tipologia che lo Spannocchi intende adottare per le erigende torri è quella dello Stato Pontificio: quelle del Regno di Napoli infatti a loro differenza non contemplavano affatto il ricovero sia pur d'emergenza di civili sotto qualsiasi titolo. Sull 'argomento cfr. G. M. DE Rossi, Torri costiere del Lazio, Roma, 1971. L'avvio della costruzione di tali torri rimonta al 1568. 47 L'ordine generale di costrnzione delle torri lungo le Marine del Regno di Napoli, Cu emesso nel 1563, ritenendosi l'opera, almeno per grandi linee compiuta nel I569. Sull'argomento cfr. O. P,,sANISI, La costruzione generale delle torri maritlime ordinata dalla R. Corte di Napoli nel sec. XVI, in Studi e storia napoletana, 1926. Le torri poi della Calabria furono, stando alla dichiarazione del suo governatore, ultimate ancora prima d.i quella dar.a, integrando nella nuova linea probabilmente tutte quelle già esistenti. SuJl'argomcnto cfr. D. DE MAIO, Fanòi, Bergamo, 1990, ed ancora la minuziosa indagine di V. FAGLIA, Tipologia delle 1orri cos1iere di avvistamento e segnalazione in Calabria Citra in Calabria Ultra, Lissone, 1984, voi. IL 48 È questo il primo accenno alle torri costruite in precedenza, forse alcune dagli svevi, e sopratu tto molte altre dai "francesi" ovvero dagli angioini. La loro muratura appare al tecnico ancora molto buona. Altre inoltre potevano essere aragonesi: resta confermata la loro significativa presenza, sempre peraltro operativa, al momento del periplo. ·
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riqualificazione dell'intero sistema obbligarle al rispetto della nonnativa, recuperandone così la spesa cli edificazione. Identico discorso anche per quelle già anticamente demaniali, ma success ivamente privatizzate, essendosi smembrato e franunentato l'originale dispositivo di collegamento perimetrale, con le evidenti tragiche conseguenze. Il risparmio si impone, del resto, per tornare economicamente impraticabile l'erezione cli una nuova torre in ogni punto, sovrastante od adiacente, ad un sito da proteggere attivamente. È stato giocoforza pertanto restringerli esclusivamente a quelli di prioritaria rilevanza, con il vincolo ulteriore, inevitabile, della reciproca visibilità. Si è stimato interasse compatibile con la perseguita validità difensiva quello di circa 3 miglia, ovvero una lega di Spagna. Qualora, però, tra due torri contigue si inteq)ongano infide cale o insidiosi nascondigli, si strutturerà in aderenza ad una di esse una "cavallerizza"49 idonea al soggiorno d i almeno due cavallari, imponendosi allora almeno tre uomini per la guardia continua. Uno di loro infatti dovrà recarsi ad ispezionare, quotidiamunente e personalmente, la defilata insenatura, con l'avvertenza che il suo mancato rientro significhi, automaticamente, la presenza cli nemici in' agguato. È in definitiva l'equivalente della mancata risposta della sentinella di guardia ad una fortezza. Sempre in tema di risparmio, tra le tante insenature ispezionate ne ho individuate molte che per la loro ridotta conformazione potrebbero facilmente "chiudersi" con una baffiera di scogli, vietandole perciò ai corsari. La spesa per interventi del genere, è notevolmente inferiore cli quella necessaria per erigere una minuscola toJTe: sarà oppo,tuno quindi provvedervi immediatamente, in base alle indicazioni da me annotate5°. Al fine di ovviare ad un deleterio andazzo che affligge al momento la vigilanza, sarà consentito il ritiro diretto degli stipendi, da parte di un unico membro del presidio torriero presso gli amministratori, soltanto nel caso che sia costituito almeno eia tre uomini, onde evitare l'abbandono completo della postazione. Moltissimi disastri, purtroppo, hanno avuto una simile stolta origine51 • D'altra parte è da sottolineare l'illegale compo1tamento di molti giurati preposti ai paga111enti delle guardie, i quali sono soliti trattenere presso di sé i mensili di quelle, spesso per sette od otto mesi, corrispondendoglieli poi, per giunta, a rate, istigando così il predetto disservizio. Non sembra insensato impiegare in molte torri i soldati della milizia per la loro maggiore disciplina. Occorre ancora aggiungere, in materia di responsabili tà del personale, di vietare drasticamente l' immissione di ragazzi nei ruoli, ed inoltre che i prescelti, ancorché idonei, siano istruiti dettagliatamente su come governare l'impianto in qualsiasi circostanza, nonché su come effettuare con-ettamente le segnalazioni di prammatica52. Dovranno infine redigere un minuzioso verbale sugli eventi s ignificativi ac-
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Il term ine "cavallerizza" starebbe ad indicare una torre dotata di stalla per il soggiorno appunto dei cavalli delle vedette montate. Ora poiché era assol utamente insensato praticare delle apertu re di diretto accesso alla torre al piano di campagna, tal i stalle erano realizzate in aderenza alle torri ed esterne quindi ad esse, non accessibili dall'interno. Altrove, come nel Regno di Napoli, siffatte torre si chiamavano "Cavallare" con identico significato e funzione. 5 Circa questi interventi cli "ristrutturazione litorale" è interessante ricordare che trovarono, sia in Sicilia che in Sardegna, alquanta attuazione. Si procedeva in pratica caricando alcu ni barconi di grossi macigni e conducendoli ad affo ndare nel sito prestabilito. Esempi illustri cli tale tecnica si ebbero all'imbocco del porto di Brindisi in epoca angioina, con risultati deleteri nei secoli successivi, ed anche alla foce ciel Temo presso Bosa in Sardagna. Per tornare alla nostra situazione non è affatto escluso che molti stagnetti costieri attualmente rinvenibili non siano il risultato di una simile irreversibile procedura difensiva. Qualcosa del genere ciel resto lo abbiamo trovato a carico del porto di Marsala. 51 Scriveva nel 1598 l'ing. Carlo Gambacorta, al rientro da un sua visita ispettiva alle torri adriatiche del Regno di Napoli, al riguardo in, Visila delle Torri di Cap.ta nel mese di dicembre del 1594 e di quelle di 1lbruzzo nel mese di ollobre del 1578, Biblioteca Nazionale cli Parigi : "E perché le medesime [paghe] che devono havere dalle Universilà, che ve le fanno mollo stemare vanno mille volle per esse ... "con l'ovvia conseguenza dell'abbandono della torre e dei prevedibil i tragici rischi. La soluzione infatti contemplava la pena della galera per i Sindaci ritardatari, proprio in relazione alla gravità del problema. Questo per evidenziare come quel particolare inconveniente non fosse locale e limitato nel tempo. 52 Quanto lo Spannocchi ritiene indispensabile per l'esercizio della professione cli Torriero, era poi in definitiva quello che nel Regno di Napoli si richiedeva ai candidati a tale compito per il rilascio della necessaria "Patente". Inizialmente questa fu peraltro riservata ai soli caporali dell'esercito spagnolo di stanza nel Regno, un ici ritenuti affidabili per il delicato compito. Al riguardo v. F. Russo, lljallore umano quale variabile indipendente nella difesa cos1iera: i Caporali castellani, in Atti del Il1 Congresso lnternazionale dell'Istituto Italiano dei Castelli, Napoli, Castel Nuovo.
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cadutigli53 nell'adempìmento del servizio. Venendo ora all'aspetto architettonico del piano, mi pare innanzitutto da segnalare che in alcune torri esistenti si imponga l'innalzamento della loro piazza, per migliorarne il settore cli avvistamento54 e la loro reciproca visibi lità: di questi interventi forn isco precise annotazioni in corrispondenza della trattazione dei singoli manufatti. Per quelle eia erigere ex novo, si richiederà una esatta determinazione del suo punto d'impianto e della conseguente altezza, poiché da quei parametri dipende la sua validità funzionale e non ultimo il suo costo. Entrambi perciò dovranno comunicarsi chiaramente al direttore dei lavori , consentendogli una tolleranza di ubicazione non superiore a 50 o 60 passi da quanto stabilito 55. Riguardo alla conformazione strutturale, per semplicità cli realizzazione, le torri da costruirsi dovranno essere appena di tre categorie. La prima racchiuderà quelle di maggior grandezza, la seconda q uelle mediocri e la terza quelle di minor dimensione e costo: tre disegni pertanto saranno sufficienti per l'intero perimetro costiero56. Qualora necessiti, in alcuni contesti particolari, una specifica torre andrà dettagliatamente indicata. I prezzi rispettivi saranno di 500 ducati al massimo per le grandi, d i 250 per le intermedie ed infi ne cli circa '150 per le piccole57 • Circa la toponomastica dei luoghi citati , mi sembra doveroso segnalare una certa approssimazione. Nonostante infatti l'impiego di guide locali - indicateci come particolarmente esperte in merito - per la loro evidente ignoranza, essendo per lo più contadini, qualche dubbio permane. Ad ogni buo n conto per i siti di notevole interesse, specie laddove si previde l'impianto di una torre, c i siamo premurati cli trascriverne persino tre o quattro diversi, con i qual i abitualmente si inclividuano 58 . Gli stessi poi dopo ulteriori controlli sono stati minuziosamente trascritti sugli stralci cartografici cli settore, dei quali converrà dar copia al direttore dei lavori . Analoghe indeterminazioni, ancora una volta imputabili alla scarsa attendibilità delle guide, si colgono nella enunciazione delle stime dei proventi dei feudi e delle proprietà comprese nella fascia costiera. Le stesse fonti, peraltro, oscillavano notevolmente al riguardo: le discordanze tuttavia non dovrebbero risultare tali da danneggiare nessuno. Per restare nell'ambito fiscale, mi è parso iniquo rapportare le quote di contribuzione per la difesa costiera alle sole migl ia d i litorale, cli cui ciascun abitato dispone. Molti centri , infatti , vantano estesissi-
53 Grazie a tale disposizione che almeno in parte dovette trovare attuazione, e che sottintendeva il saper leggere e scrivere da parte dei torrieri, ci è stato trama ndatO un interessantissimo verbale di oltre 10 anni di attività all'interno del.la torre dell 'Isola delle Femmine fra il 1620-'30, che in seguito approfondiremo. 54 La estensione del campo visivo è funzione delraltezza sul suolo secondo la formula D=3850[ml/2]~h, dove h è appunto l'altezza dell'occhio. Sull'argomcnt0 v. DIZIONARIO D'INGEGNERIA, Torino, 1976, Voi. VIII, pp. 522-543. 55 La puntualizzazione apparentemente eccessiva stava invece ad indicare che soltanto in un ben preciso punto sarebbe stato possibile erigere una torre di determinate caratteristiche costruttive, e di minor costo, soddisfacente a tutte le esigenze espresse. Un minimo spostamento ed i suoi costi si sarebbero subito innalzati, non fosse altro che per un ovvio incremento di altezza necessaria per soddisfare nuovamente le medesime prestazioni. 56 Questa precisazione dello Span nocchi , ribadita successivamente dal Camillani, confermata anche per la Sardegna dal Camos e dai successivi vicerè, ci induce a ri tenere che effettivamente tutte le torri costiere, quadrate o roto nde che fossero, nascessero in base a tre tipologie s.inteticamente: grandi, medie e piccole. Tra queste poi si collocavano le infi ni te varianti ed adattamenti particolari, al punto da far quasi ritenere ogni torre un prototipo. Ciò comunque porta ad escludere una volta e per tutte la mitica ricerca di un progetto originario dal quale derivarono le singole famiglie tipologiche. Le to rri sembrano far riferimento per i progettisti ad una lontana genesi formale notissima rielaborata e ridimensionata solo per l'alLezza e la grandezza. 57 È interessan te confrontare tali sommari preventivi ai costi di quelle del Regno di Napoli e del Regno di Sardegna, per cui cfr. La difesu costiera del Regno di Napoli ... , ciL,. e La difesa costiera del Regno di Sardegna, cil. 58 La preoccupazione dello Spannocchi è comprensibilissima. Per noi alle sue incertezze toponomastiche si sono aggiunte quelle degli arcaicismi e della grafia, obbligandoci perciò a scusarci con i lettori dei luoghi citati per le .i ovol.ontarie storpiawre. Comunque laddove è stato possib.ilc individuare il toponimo attuale maggiormente assonante con quello ma noscritLO, rosse pure di una Punta, cli una Cala, di una Collina, di un Corso d'acqua, di una Torre, di una Contrada, ecc., sulla cartografia I. G. M. I. al I00.000 abbiamo indicato tra parentesi quadre l'odierna dizione-più probabile-ed il numero del foglio.
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La difesa costiera del Regno di Sicilia dal XV! al XTX secolo
me marine, ricche cli insenature e di cale, con conseguenti improbi costi di ::;orveglianza. Altri, invece, soltanto poche miglia cli spiaggia aperta e priva cli rischi, con insignificanti oneri . Come pure parlando di feudi, ne ho visitato alcuni particolarmente esposti al mare, cli misera rendita, oberati eia esorbitanti imposizioni, ed altri interni, ad un tiro cli schioppo dalla riva, floridissimi, ed esenti eia qualsiasi tassazione59. Premesso ciò, mi preme aggiungere che a differenza delle probabili imprecisioni accennate, i grafici allegati possono stimarsi di grande esattezza al punto che, per la valutazione delle distanze , basterà impiegare il compasso trascurando discordanti pareri . Essendo la trattazione che segue destinata ad illustrare al meglio le proposte circa la fortificazione costiera, al Parlamento Generale ed al suo Presidente, ho incl uso in essa ogni utile nozione sull'argomento. Le torri che suggerisco di erigere si impongono tutte con identica pressante esigenza, ma onde scongiurare che la loro quantità possa frustrare, con ritardi o rinvii, il beneficio immenso da esse derivante, ne ho evidenziato il numero minimo indispensabile, restringendolo a quelle di primaria importanza. Un' ultima annotazione infine sui costi cli queste, che deve intendersi al netto del!' armamento, pur reputando basilare la presenza su ogni torre almeno di uno smeriglio60, con il quale difendere attivamente i vascelli amici e colpire i corsari, nonché avvertire fulmineamente, con il suo sparo, l' intera contrada circostante del pericolo incombente. In molte poi di cannoni ne occorrerebbero due o tre con il completo munizionamento. RELAZIONE SUL PREZZO DELLE COSTRUZIONI E SULLE LORO MISURE NELLE DIVERSE LOCALITÀ E SUL VALORE E QUALITÀ DELLE MONETE DEL REGNO
Capitolo Quarto Poiché ritengo importante fornire un ragguaglio circa i prezzi delle costruzioni edili ed i sistemi di misura in vigore in questo Regno, sia per un eventuale confronto con quelli praticati altrove, sia perché in un prossimo futuro potrebbero variare, ho dedicato il capitolo a tracciarne una dettagliata sintesi. Quanto esposto fu ricavato nel corso della mia ispezione, luogo per luogo: dappertutto la fabbrica si valuta e stima a canne, ed una canna risulta costituita da otto palmi. Il palmo a sua volta è pari al segmento A-B riportato ne( presente manoscritto61 . Per la calce l'unità di misura impiegata è la salma, corrispondente al carico che abitualmente è in grado di trasportare un mulo, analoga a quella usata anche per il grano62. Per la moneta qui circolante la frazione minore è il cosidetto "picciolo'', con sei dei quali si ottiene u n "grano". Venti d i questi a loro volta costituiscono un "tarì", ed una dozzina cli tarì uno "scucio". tuttavia in pratica si conteggia abitualmente in "ducati" ciascuno pari a quattordici tarì e mezzo. Al cli sopra vi è !"" oncia", formata da trenta tari
59 L' iniquità fiscale nasceva dalla sua semplicistica maniera d' imposizione, ovvero in funzione delle miglia di marina di giurisdizione cli ciascun com une o feudo. Capitava pertanto non raramente che feudi ricchissimi paralleli alla costa ma distanti eia quella solo poche ceminaia di metri, non avendo alcu no sbocco a mare fossero esentati dai contributi, mentre le lingue di terra salmas tra ad essi antistantj , assolutamente sterili ne subissero l' intero gravame impositivo. 60 Lo smeriglio era il nome di una piccola bocca da fuoco rinascimentale con le seguenti caratteristiche: peso proietto in libbre I, in kg.O, 33, calibro mm. 45, peso pezzo in kg. 150, gitlata min ima m. 160a:200, gittata massima m. 760. 6 ' Grazie alla scala grafica lasciata dallo Spannocchi ci è stato agevole calcolare esattamente le unità di misura equivalenti nel sistema metrico decimale. Un palmo siciLiano coJTisponde a cm. 23, 8 , per cui la canna è m. 1, 904 , alquanto inferiore alla omonima misura in uso nel Regno di Napoli, di quasi un metro. 62 Relativamente alla Sicilia A GUGLIELMOITI, Vocabolario marino e milirare, Roma, 1889, alla voce "salma'così ragguaglia: "la salma siciliana grossa [pari] a lirri 215; la salma piccola a /irri 172". Stimando la densità della calce poco lontana da 2kg/clmc si avrebbe anche per la quantità minore un peso di oltre 3 q. di gran lunga superiore a quanto in grado di trasportare un mulo. Si deve pertanto ri tenere che questa unità come la precedente in Sicilia nel XVI secolo fosse inferiore a quanto rilevato da l Guglielmotti, intorno a q. I, 5 al massimo.
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In Catania si intende per canna di fabbrica, quella cli otto palml di altezza ed otto di lunghezza e tre di spessore63, e in ciascuna canna di muratura vi vanno una salma e mezza di calce, al prezzo quest' ultima di tarì 3 e 10 grani, per cui la calce per ogni canna costa ..... .. .... .. . . . . ..... . ...... 5.5 La pietra si trae a carrettate e ciascuna canettata posta in opera vale 1 tarì; due canettate fanno una canna di fabbrica che varrà 2 tarì ... . ..... . . .. . . .... . . .. . . ............ . .. ... . .. . . . 2.0 La sabbia si trae con la soma che è quanto può trasportare un somaro e costa 3 grani e 4 piccioli al carico e per ogni canna di fabbrica occonono diciotto carichi che ammontano a 3 tarì e 6 grani .... 3.6 L'acqua si paga a 3 grani a carico e per ogni canna di fabbrica vi occorrono diciotto carichi di acqua che ammontano a 2 tarì e 14 grani . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.14 I mastri abitualmente si pagano 4 tarì a giornata ed i loro manovali a 2, 5 tarì, ed un mastro con due manovali innalza una canna al giorno che pertanto vanà di mano d ' opera in tutto 9 tarì ..... . .. . . 9.0 Sommano in totale per ciascuna canna 20 tarì e 5 grani . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 20.5
Prezzi della costruzione in Carlentini Vale il carico di calce in Cadenti, pari ad una salma nel calcificio 15 grani e di trasporto 1 tarì e 5 grani e ne occorre per una canna di muro due salme e mezzo, che valgono pertanto 5 tarì poste in opera .. . . .. . . ............ . . . .. . .. .. ............. ...... . .. . . . .. .... . ...... 5.0 Le pietre valgono 5 tarì al centinaio e per ciascuna canna ne occorrono un centinaio .......... 5.0 La sabbia vale a 2 [tarì] al carico che va inteso pari ad una salma ed in una canna vi stanno due salme di sabbia cli modo che ammontano a 4 tarì . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.0 T mastri si pagano a 4 tarì al giorno ed i manovali a 2, 5 e come in Catania un mastro con due manovali produce una canna di fabbrica al giorno pari a tarì 9 .................... ... . .... .. . . 9.0
Di acqua sarà necessaria per ciascuna canna di fabbrica 2 tarì . .. . . .. . . .. ............ .. 4.0 Pertanto ogni canna di muraglia varrà complessivamente tarì .. ......... .............. 25.0
Prezzi della costruzione in Augusta In Augusta la calce costa tarì 3 la salma ed in ciascuna canna vi vanno due salme e mezzo di modo che al segno costerà 7, 5 tarì ....... . . . .. . . ....... .... . . . ..... . .... . . . .. . . ...... 7 .10 La pietra 4 tarì al centìnaio come a Catania ed un centinaio per canna ..... ........ .. . . .. . 4.0 La sabbia costa 2 tarì alla sal ma ed in ciascuna canna vi vanno due salme ......... .. . .. ... 4.0 T mastri a 4 tarì ed i manovali a 2, 5 che fanno . ..... ... .......... . .. ... . . . .. . ... ... 9.0
In totale asso1mnano a tarì 24 e mezzo .. .............. . .. . .... .. . ........... ... 24.10 Prezzi della costruzione in Siracusa In Siracusa la calce costa tarì I 6 al centinaio di barili e per ciascuna canna sono necessari 36 barili che assommano a 5 tarì . . .. . . .. .. ... . . . . .. . . .. . . ............ .... . .. ............ 5.0 La pietra costa 2 tarì la barilata e per ciascuna canna occorrono due barili .. .. .... ........ . 4.0 La sabbia costa tarì l, 5 a barilata e per ciascuna canna occorrono due baril i . . . .... .. ... .. . 3.0 I mastri. ed i manovali al solito prezzo .... . .... . .. . . ................. .... . .. . .... 9.0 Intotaletarì21 .. ... .. . . . .... . .. ......... . . .. . . .... . ..... ...... . .... .... . 21.0
i,:;
La canna di fabbrica deve intendersi come unità cli misura cubica, ed è pari a c irca mc. I, 60.
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La difesa costiera del Regno di Sicilia dal XVI al XIX secolo
Prezzi della costruzione in Licata A Licala la calce costa 3 tarì e 10 grani per Ja città ma per il Re costa 2, 5 alla salma e per ciascuna canna vanno due salme . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5.0
La sabbia a tarì l , 5 la salma ed occonono due salme e mezzo per canna pari a .......... . . 2.10 La pietra si esLrac sul posto ad opera degli stessi mastri ed il suo costo è di 4 tarì per ciascuna canna . . ....................................... . .......................... 4 .0
1 mastri ed i manovali al solito prezzo .............. . . ... .. ......... .... .... . ... . 9.0 Tn Lotale assommano a tarì ................................. . ............... 20. J O Prezzi della costruzione in Agrigento Al caricatore di Agrigento, alla marina, la calce costa 5 tarì la salma e per ciascuna canna occon-e mezza salma che fa Larì . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2. 1O La pietra costa 24 tari al centinaio e con un centinaio di pietre si realizzano poco più di due canne di fabbrica per cui assommeranno a meno di tarì 1O. .... .. .............................. IO.O La sabbia costa Larì 2 la salma ed a due salme per canna ammonta a . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4.0
I mastri si pagano a 3 tarì e 10 grani ed i manovali a 2 a giornata ....................... 7.10 In totale a canna ammonta a tarì 29 ... ....... . . .. .... ... .. ......... .... ... .. . .. 29.0 Prezzi della costruzione in Sciacca In Sciacca la calce costa tarì 4 la salma e occorrono due salme per canna pari a. . . . . . . . . . . . . 8.0 La pietra a tarì 24 come ad Agrigento ed ammonta per ciascuna canna a tarì ............... I O.O La sabbia costa 2 grani e 3 piccioli per salma e occorrono per ciascuna canna dieci salme pari a tarì ... ........... .. ......... .. ... .. ................ ... ............... . . 1.10 L'acqua va 2 grani al carico ed occorrono dieci carichi a canna pari a tarì . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.0 1 mastri si pagano 3 tarì ed i manovali 2 pari. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7.0 In totale ciascuna canna costa . ................................. . ............ 27 .1 O
Prezzi della costruzione in Mazara In Mazara la calce costa 3 tarì la salma e ne occorre per ciascuna canna una e mezza pari a tarì ........................ . . .. .... ... ............. ... .. . . .. ... ... .. .... 4. 10 La pietra costa 18 tarì la canna ed una canna di pietra basta per tre canne di fabbrica .. ....... 6.0 La sabbia va a gran i 3 per carico ed occorrono sei carichi per canna pari a tarì ............. 18.0 I mastri a 3 tarì ed i manovali a 2 a giornata ...................................... 7 .O Sommano in totale 18 tarì ed 8 grani . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I 8.8
Prezzi della costruzione in Marsala A Marsala la calce costa 3 ta1i la salma e ne occorrono per ciascuna canna 1 carico e mezzo . . 4.1 0 La sabbia costa I tad alla salma e ne basta mezza per canna pari a grani l O............... 0.10 La pietra va a 12 tarì la canna pari a due canne di fabbrica. . .. . .. . ..... . ..... . ........ 6.0 I mastri a 3 tarì ed i manovali a 2 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7 .O
ln totale ammontano per ciascuna canna di fabbrica .......... ... .. .... ......... .. ..
18.0
Prezzi della costruzione in Monte di 1ì·apani Nel Monte di Trapani la calce costa 30 Larì la salma e ne occorre mezza per una canna pari a tarì 15.0 La pietra va a tarì 24 e basLa per 3 canne . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8.0 La sabbia costa
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140 140. Carta della Sicilia [tutti i disegni da questo in poi, fino alla xxx tavola, - tranne specifica dicitura - sono di Tiburzio Spannocchi, tratti dal ms. 788 custodito nella B. Nazionale di Madrid.
fo difesa costiera del Regno di Sicilia dal XVI al XIX secolo
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l mastri a 3, 5 tarì ed i manovali a 2 .... .... . .. . ..... .. ......................... 7 .1 O Sommano complessivamente
Prezzi della costruzione in Trapani A Trapani la calce costa 21 tarì la salma e per ciascuna canna ne occorre mezza pari a tarì ... 10.1 O La pietra costa 11 tarì la canna e basta mezza canna per una canna di muraglia pari a tarì .. . . . 5.10 La sabbia costa grani 5 per carico ed occorrono 5 carichi per una canna di fabbrica ... ....... 1.05 I mastri si pagano 4 tarì ed i manovali 2 pari a ........................ .. .. . ...... ..:...:..!.Q. Ammonta ciascuna canna di fabbrica a 25 tarì e 5 grani .. . .... ......... .... .. . ... .. 25.05
Prezzi della costruzione in Castellamare A Castellamare la calce costa 15 tarì la salma che serve per una canna di muraglia .......... 15.0 La pietra costa tarì 8 la canna e basta per 3 canne di muraglia .............. . ..... ..... 2.13 La sabbia costa 2 grani al carico e ne occoITono 45 carichi per canna cli fabbrica pari a ....... 4.10 I mastri a 4 tarì ed i manovali a 2 pari a .. ........ .... . .... ........ ... . ..... ... ~ Sommano in totale 30 tarì per canna di fabbrica . .............. .. . .. . .... ...... .. . . 30.0 DESCRIZIONE DELLE MARINE DEL REGNO DI SICILIA, TANTO DELLA QUANTITÀ DEI LORO ABITANTI, COME DELLE MIGLIA DI LORO GIURISDIZIONE E DELLE LORO GUARDIE, CASTELLI E TORRI, NONCHÈ DEI COSTI DI TUTTO COME RISULTA DAL CALCOLO IN CALCE, FATTO NELL'ANNO 1578 PARERE 1N MERITO ALLA FORTIFICAZIONE DELLA CITTÀ DI MESSINA, A nùo avviso la città di Messina è ubicata nel punto militarmente più importante dell'Isola, ovvero quello della sm~ estremità nord-orientale, poiché prospiciente ad esso vi è il braccio di mare, detto il Faro, che separa i due potenti Regni di Napoli e di Sicilia. Questo stretto misura nella sua dimensione nùnima appena due miglia ed in quella massima circa sette, estendendosi per almeno quindici. Al suo interno il mare appare per lo più agitato, tanto da aver constatato alcune volte, con i miei occhi, il prevalere della forza della corrente su quella del vento. Mi capitò pertanto di osservare un vascello, che con tutta la velatura spiegata e gonfia di poppa, restò bloccato con gravissimo rischio di naufragare, ed ancora due correnti adiacenti contrapposte, una diretta verso la Sicilia e l'altra verso l'Italia, defluire con tale intensità che, navigando in esse due imbarcazioni, a vele ammainate, dirigevano rispettivamente per levante e per ponente. In seguito alla pericolosa navigazione che ne deriva, Messina è obbligata a dispoITe ininterrottamente di piloti, per quando entrano le navi nel Faro: salgono perciò a bordo per condurli fin dentro il porto. Sotto il profilo difensivo, tuttavia, la deleteria difficoltà si risolve a provvido vantaggio per la città, poiché gli eventuali incursori ne vengono in maggioranza stornati. Molti esperti infatti presumono che, qualora una flotta nemica volesse assaltarla con una operazione anfibia, si vedrebbe costretta a mettere a terra i suoi contingenti a non meno di sette od otto miglia di distanza, da dove questi poi, mediante una marcia attraverso i borghi esterni, dovrebbero raggiungerla: ma pure in questi termini appare un'impresa irta difficoltà, che per essere evidenti, tralascio di annotare. Il suo porto per contro è il più bello e sicuro che io abbia mai incontrato, capace di accogliere qualunque flotta, per grande che sia, con un fondale idoneo a tutti i tipi di navi di alto bordo, al punto che, dalla sponda del mare, si può salire a bordo per mezzo di una scaletta di corda, ritrovandosi la loro poppa sulla tem:t. Eccezionale risulta a Messina la disponibilità di viveri, facendo fede all'affermazione i trascorsi concentramenti in essa, di possenti squadre ed.i enormi eserciti. Le planimetrie e le vedute prospettiche allegate illustrano dettagliatamente quanto esposto.
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141. Planimetria delle fortificazioni di Messina.
Scendendo nei dettagli, va ricordato che il molo naturale è una lingua di ten-a pianeggiante e coltivata, cli forma circolare con una larghezza di oltre 200 canne. Alla sua estremità , presso la bocca del porto vi è una fortezza antica nota come il Salvatore. Negli anni passati, sotto il viceregno di don Garzia di Toledo si intraprese, nelle sue adiacenze la costruzione di un arsenale, estremamente utile non solo per la sicurezza del porto, quanto per la produzione di tavolame, per la cantieristica navale, dai tronchi importati dalla Calabria. Si impone perciò la sua rapida ultimazione. In virtù di quanto enunciato consegue coerentemente il privilegiare questa Città, ed il suo porto in particolare, scongiurandone con ogni mezzo la conquista ad opera del nemico. Se i turchi infatti, avversari temibilissimJ , mirassero all'assoggettamento (Dio non voglia) dell'intero Regno di Sicilia, non ne verrebbero mai a capo senza aver prima espugnato Messina ed il suo porto. Resterebbe allora impedito l'afflusso dei rinforzi di fanteria, di cavalleria e di marina dalla Calabria, da Taranto, dalla Terra di Otranto ed in genarale da tutto il napoletano, essendo la Sicilia, tranùte appunto l'i nsignificante stretto _ di questa Città, sostanzialmente unita a quel Regno. TI circuito difensivo delle fortificazioni urbane mì è parso fiacco, per la debilitante soggezione che subisce dalle molte alture limitrofe. Queste infatti lo sovrastano con altezze progressivamente crescenti, come illustra il grafico relativo. Restando pertanto sottoposta all' iniziativa di una eventuale artiglieria nemica ivi dislocata, la validità della murazione scade enormemente. Come se non bastasse, inoltre, le sue fondazioni insistono su di un suolo terroso, esposte perciò all'offesa della pala, della zappa, e peggio ancora, delle mine. Per fortuna l'impervietà dei dintorni frustra considerevolmente qualunque soggiorno nemico. Onde ovviare alle predette duplici minacce, già dai tempi antichi, furono eretti sulla sonm1ità di alcune cli quelle opportuni caposalcli, che ai giorni nostri purtroppo poco valgono contro entrambe. Di questi comunque il primo si chiama Gonzaga, il secondo Castellaccio ed il terzo Matagrifone, il solo peraltro interno alla cerchia. A mio avviso un quarto sarebbe da realizzarsi presso il saliente detto La Vittoria, mantenendo però anche i precedenti. Sconsiglierei invece l'ulteriore proliferazione degli stessi,
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143. Messina, forte di S. Ranieri, in un rilievo del XVIII sec., B. N. Napoli, sez. ms.
almeno fintanto che non sia eliminata la cesura della murazione, proprio presso il bastioncino della Vittoria, evidenziato nel grafico dalla linea gialla, e sollecitamente restaurato l'intero perimetro difensivo. Parimenti per garantire credibilmente il porto è prioritario riqualificare il forte del Salvatore inglobandolo nel circuito bastionato dell'arsenale anzidetto. Al riguardo tale murazione andrebbe strutturata con due grossi bastioni agli estremi del lato prospiciente la torre di S. Ranieri, e con una massiccia muraglia non terrapienata, con piccoli baluardi muniti di sette od otto archibugiere e di due troniere per fianco, lungo il lato prospiciente il mare aperto, mentre un'altra muraglia semplice, la completerebbe verso l'interno della rada. Quest'ultima a sua volta, andrebbe costruita ad arconi, dovendo attraverso quelli scendere in acqua i vascelli approntati. Per elementare sicurezza però quelle aperture resterebbero sempre murate tranne durante la breve parentesi dei vari. Una vasta piazza d'armi ed un dignitoso acquartieramento per la truppa, resterebbero le sole impellenti esigenze da soddisfare: al presente infatti il forte del Salvatore è insufficiente come alloggio, privo per giunta di idonea piazza e pericolosamente esposto nel lato verso l'arsenale. In tema di potenziamento dell'efficacia di quel forte, potrebbe fonnarsi, innanzi al suo rivellino, una solida piattafom1a per artiglieria pesante, da postarsi radente l'acqua, in grado di battere inesorabilmente ogni battello che osasse violare l'imbocco ciel porto. L'effetto attingerebbe l'apice se una analoga piattaforma, per sei od otto pezzi si impiantasse, opposta alla prima, dall'altra parte della città64 . Un'ultima annotazione mi sembra utìle spenderla per il breve fronte bastionato opposto alla torre di S. Ranieri: fino alla sommità del suo terrapieno, andrà innalzata dal versante interno, una contromuraglia per sostenerlo e per defilarne, al contempo, i difensori (sebbene l'offesa potrebbe bersagliarli dall'altura di Matagrifone). Compiuto ciò ritengo la Città sufficientemente difesa, come pure il suo porto ed il suo arsenale, evitando qualsiasi altro intervento, che per diretta conoscenza reputo superfluo.
64 La disposizione suggerita dallo Spannocchi per questa batteria appare in notevole anticipo di tempo rispetto alla trattatistica specializzata. Infatti siamo cli fronte ad uno dei primissimi esempi di batterie da costa a pelo d'acqua, particolarmente valide per il tiro a rimbalzo sull'acqua, che diverranno poi di pratica usuale alla fine del XVIII secolo. Analogamente anche il conceitto d' incrociare i tiri di questa con una seconda simmetJica appare in notevole anticipo inventivo, riconfermandoci così la straordinaria preparazione clell'A. Sull'argomento cfr. P. Nov1, Trattato teorico e pratico delle batterie, Napoli 1830, pp. 152-164, ed anche G . B. PACCES, Tra11a10 ragionato sulle diverse batterie, Napoli, 1813, pp. 120-.130.
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MESSINA La mari na d i Messina [Messina-f. 254] e 65 circa cinquanta miglia, cioè da Messina a lo Castro [Castroreale Tenne-f. 253] che e la parte di verso trarnont.ana sono trentotto miglia incirca; et dala parte di verso mezogiorno per fino a S. Placido overo la Scaletta [Scaletta-f. 254] che sono dodici miglia nelle quali 12 miglia vi stanno per guardia 22 cavallarj pagati a ragione di cinque s. di66 e 6 tarì al mese, et sono pagati dalle terre et casalj de la Città, come La Briga, Gianpilerj L'asteria Pezzolj S. to Stefano et altri; li quali pagamenti si fanno per tassa a duj grani per casa, et. fannosi deste guardie otto mesj dell'anno; ne tiene particolar cura Don Giuseardo Marchettj, ; sono scompartitj in diversi luoghj et in scoprire vascellj vanno subito a darne avviso alla teITa, o casale convicino. Fanno cli più ancora guardie di pedonj, li qualj vanno allangara67 che simmno circa clodicj huominj per casale; una di dette guardie si fa sotto il convento di S. Placido et corrisponde con la lanterna di Messina, e t a la torre ciel faro, et dall'altra parte non ha coITispondenza alcuna perché la guardia cbe segue doppo, che e la de la Scaletta sta in luoco che no n puo scoprire detto poggio, q uesto ordine cli far guardie dicono esser di già moltj annj, credo che in parte si potrebbe dimin uire tanta spesa facendosi torrj per tale effetto ne li luochi che quj si apontano. Li benj che sono in detta marina sono vigne et tenute di diversi particularj 6R. Ne.lla spiaggia che e da S. to Placido et Messina starebbe bene una torre di mediocre grandezza la quale potrebbe piu fac ilm. respondersi con S. to Ranierj et sicurarebbe gran patte di questa spiaggia. Un'altra torre sarà di bisogno sotto S. to Placido al luoco proprio dove stà la guardia de li pedoni et questa basterà farsi de la minor grandezza per essere in luoco eminente e L potrà respondere con la della clj sopra et con l'altra che seguirà a piedi dela Scaletta. Le guardie che si fanno dalla parte cli verso tramontana parlando del distretto di Messina che non è più che sino a lo Gipso fGesso -f. 253] (poj che il restante che e fino a lo castro si domanda del distretto, et sta sotto la commissione deli Cap. ni d'arme dj Melazzo come in fine del presente libro si potrà intendere) primamente dal luoco detto L'Oliveto per fino a lo Gipso sta un cavallaro pagato dal casale dj S.to Giorgij [S. Giorgio-f. 2541 a tarì due per notte; due dalo Gipso a lo Salice pagati al medesimo prezzo dalla università de lo Gipso, due dallo Salice alla Castania pagatj dal detto casRle dello Salice a duj tarì per notte. Duj dal dètto Casale della castania [Castanea-f. 254] per fino a S.to Giorgj pagan ali istesso prezzo ciel clet.to Casale della castania. Due da S. to Giorgj persino alla fiumara della massa pagan a duy tarì per notte dal detto Casale di S. Giorgj. Due dalla detta fiumara per fino alla fiumara delo faco pagati all'istesso prezzo da li quattro Casali della massa cioè la Croce, lo lavo, la fiumara, et contarj. Quando vi è sospetto si manda un cavallaro dalla torre per fino alla grutta pagato dalla Città di Messina a duj catfo1i per notte pero non e ordinario 69 • Un altro se ne manda dalla grutta alla pace pagato dal Casale di Curcurace. Uno dalla pace per fino alla nuntiata pagato dal Casale della nuntiata a tarì due per notte. Mandasi lì più circa cento pedoni ogni notte per lj monti convicinj in diversi luochi li quali tuttj vanno allangara et sono deli sopradettj casalj . Questi territorj sono di diversi particolarj gentiluominj messinesi ne si sa guanto che possano rendere. Sarà bisogno farsi una torre dove sta la propria torre vecchia al capo di rasocolmo [C. po Rasocolmof. 254) et forse potrà servire la istessa fabb1ica fat.tavj, poj che devra farsi della minore spesa per venire in luoco eminente, et disastroso nella qual restaurazione si spendara circa vintj once et sara lontana da la dj verso Milazzo circa 8 miglia. Un altra sara bisogno farsene lontano da questa circa q11attro miglia pure della minore spesa per la detta causa la quale si scoprirà con la torre del faro et con la sopradetta. Segue a quest.a la torre del faro lontano circa 10 miglia nella quale dovria stare guardie per segniale poché non vi stanno altrj che per cura del fanale70• Fra la ditta e la città clj Messina per essere spiaggia7 1 basterà una torre di mediocre grandezza.
65
Sta d' ora innanzi il più delle volte per "è" . Abbreviazione per "scudi" . 67 Il termine "allangara" indica una prestazione personale qua.le esazione fiscale: trovasi perciò altrove riportata anche come: "angari, parangari, taglie, ecc. " da cui ci è residua la parola "angheria" nella pienezza de l suo significato dispregiativo. 68 Definizione allora in uso per "privati". 69 Per guardia ordinaria si intendeva quella istituzionalizzata e costante, sebbene magari ciclica, mentre quella s!Taordinaria rappresentava una sorta di rinforzo o rincalzo dei periodi di pericolo o di allertamenlo. 70 Di tale torre si trova notizia sin dalla più remota antichità. Di certo però la sua costruzione non è altrettanto antica: di sicuro già intorno alla metà del ' 500 esisteva con un sovrastante faro, al cui funzionamento fa esplicito riferimento lo Spairnocchi, soltOlineando che proprio ad esso il personale era preposto e non già alla vigilanza costiera. Si tratterebbe in altre parole di un rarissimo esempio di torre impiegata per essere vista e non per vedere. 7 1 La definizione "spiaggia" viene applicata esclusivamente per il litorale dritto e sabbioso, quello cioè privo di insenature o promontori, facilissimo perciò da sorvegliare, e di conseguenza inadatto agli agguati corsari. 66
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144. Torre di Rasocolmo. 145 . Torre del Faro. 146. Torre del Faro, oggi.
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147. Torre di CaP.ogrosso. 148. Torre della Scaletta.
SCALETTA Da S.to Placido per fino a Capogrosso [Capogrosso-f. 253] guarda la torre dela Scaletta con quattro huominj allangara di notte solamente li gualj stanno nel loco detto S.to Vito sotto la terra; alcuni annj sono detta guardia si faceva alla propria terra dove era dj manco giovamento perche non si possava guardare la riva del mare per l'altezza della ripa et anco nel luoco dove si fa al presente perche non si vede con la guardia di S.to Placido non e molto a proposito però sarà meglio ridurla ad una torre antica che viene più a basso la quale si corresponde con S. to Placido et con Capogrosso et potrà in occasionj offender vascellj et defender similynente. Di questa ten-a ne e barone Don Ant. Marchese il quale ha dentrata circa seimila s.di !anno. Quando si riduca la guardia sopradetta alla torre da basso sarà molto giovevole per la causa detta. Questa torre per quanto al presente si vede fu fabbricata a tale effetto, dicono li vecchj del paese al tempo de li francesi72 , et dicono di più che per tutto atomo al Regno vene erano molte altre sicome ne ho trovate similj et vestigia dele rovinate, essa e di bona fabbrica, harebbe bisogno desser accomodata cioe sbassarla una canna et farli il suo dammuso73 incima con il parapetto, una scala di legno levaticcia rifare alcuni pezzi di muro che li stanno datorno, sbassare alquanto la ripa che li sta dinanzj tutte spese che con 50 s.cti si possono fare. CAPOGROSSO overo ALI' Da la Scaletta a Capogrosso vi sono due miglia dove si suol fare la guardia di state le notti solamente la qual guardia e provvista dala terra di Alj che vi manda quattro huominj allangara, li qualj stanno in luoco alto detti lo vallone dej Ghanci, di modo che un vascello alla riva del mare non si può vedere. Questa terra et territorio e dell'Abate dela Isaia Don Geronimo Branciforte et li rende circa 3000 s.di l'anno. Doppo a questo segue il territoio di fiume d.i nisi [Fiumedinisi-f. 253) che n'è patrone Don Antonio Romano il quale ha dentrata circa 10.000 s.di l'anno, le dette guardie non si pongono ad altro effetto che
72 È questo un esplicito 1ife.1imento alle torri angioine, all'epoca del periplo ancora in molti casi operative. L'autore inoltre registrn la memoria popolare che le stesse fossero circa tre secoli prima continue per l'intero perimetro sici liano, convalidando personalmente l'asserto in base al rin venimento successivo dei loro ruderi. 73 "Dammuso" era la volta di copertura, per lo più emisferica, del locale agibile delle torri, sottostante alla piazza, dove stavano postate le artigtierie.
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per avvisare alla torre loro se si scuopre vascellj onde no n fanno segno alcuno ma solo vanno alla terra a dare avviso. Sarà bene che si riduca la predetta guardia ad una torre che sta piu al basso quivi vicino la qual torre e simile a quella de la scaletta et e stata fabbricata a tale effetto la quale e vista da molte parti e si corrisponde per una parte co11 la scaletta e per l'altra con S.to Alessio. essa è di buona fabbrica, ha bisogno desser remediata facendoli un damuso et una scala levaticcia et congiongierse un certo muro che li viene innanzi con la torre perché e stato separato come si comprende per il disegno et pianta dove la linea gialla rapresenta il cerchio et la rossa il nuovo cioè quello che si deve fare et di più terrapienare detto muro finche li resti solo un parapetto di quattro palmi che in tutti questi acconcimienti andarà di spesa circa 50 s.di.
LA FORZA - SAUC'A - S. ALESSIO Doppo il territorio di Alj [Alì Tcm1e-f. 253] segue il territorio di Sauca [Sàvoca-f. 262] et S.to Alessio [S. Alessio-f. 262] che sono circa 10 miglia nel quale spatio non si fa guardia alcuna; già soleva farsi ala propria terra di Sauca lontano data marina et di poca utilità. Nel castello di S. Alessio vi stanno quattro huomini continuj !astate et il verno sono pagati a ragione di s.di 6, 1/2 l'anno per ciascuno, il qual pagamento lo fa la terra di Sauca et la forza [Forza-f. 262] non si possette vedere il castello detto per esser infetto di peste74 , però dallj stessi guardiani si presero le sopradette informazionj, et riferirono tener comodo di far segnali di fuoco e di fumo et respondere secondo la quantità deli vascellj che vedono; essi sono de la forza et abitano in detto Castello con le loro mogli il qual castello e del barone di fomaj detto ferrante forna1j . Li tenitorj che sooo in queste 10 miglia sono di diversi gentiluominj messinesj et del detto Barone di fonarj. Perché e molto longo il tratto da Capogrosso a S. Alessio et non vi si fa guardia alcuna sara di bisogno in questo spatio tenervj nuova guardia perche è paese molto abitato et con bellj casamenti, et un vascello di
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È int.cressante 1icordare che la diffusione della peste trovò spesso in Sicilia il suo primo scalo europeo, come ad esempio nel 1347, ed in particolare a Messina, al punto da poterla ritenere endemica. Quanto alla principale epidemia nota nel XVI secolo può indicarsi in quella del 1522-1530. La peste, o almeno agli ultimi suoi strascichi cui fa riferimento lo Sparrnocchì deve ritenersi quella del 1575, che colpì tanto Messina quanto Palermo. La prima ebbe addirittura dimezzata la sua popolazione. Per ulteriori notizie su quella cfr. D. MACK SMITH, Storia della Sicilia..., op. cit. p. 258.
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153 150. Torre di Solima. 15I. Castello di S. Alessio. 152. Castello di S. Alessio, oggi 153. Castello di S. Alessio, dettaglio.
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155. Taormina, scorcio della costa nei pressi di Isola Bella. notte puo accostarsi con facilità in terra et far molto danno senza essere scoperto da S.to Alessio o da Capogrosso però sarej di parere che si tenesse guardia alla torre di Solima che vi è a basso a la mm-ina et e posta in mezzo dj questo spatio la quale e molto alta et sara lontano da Capogrosso circa 5 miglia et altrettanto da S. Alessio. Doppo essa segue il sopradetto S. Alessio che è guardia di tutto l'anno et e molto opportuna, et per questo referirono li. guardianj non ha bisogno dì rimedio alcuno non havendosj potuto entrare per non esservj scala in quel tempo a la torre.
TAURMJNA/ Taurmina [Taormina-f. 262) ha di territorio alla marina circa undigi miglia cioè sette miglia verso S. Alessio et quattro fino al fiume detto la Cantara [Alcantara-f. 262), dove la state si tiene per guardia quattro cavallari ordenarj pagati a sej s.di al mese, due deli qualj guardano da S.to Niccola a S. Alessio che sono circa sej miglia di via, et due da S,to Leo alla Cantara, che sono circa quattro miglia. Lo spatio da S. Niccola et S.to Leo che è circa un miglio e mezo dove viene il capo di S. Andrea [C. po S. Andrea-f. 262) perché è impraticabile per li cavallj, vi pone la detta città pedonj scompartiti in più luochi per esservi molte cale et luochi atti a sbarcare vascellj 75 li gualj luocbi da guardie sono, lo Landro, la Guardiola, lo Zirone et Io capo di S.to Leo dove si mandano allangara quattro huomini per parte, più et manco secondo li tempi di sospetto76 , mandano di più quattro huomini al castello pure allangara il qual castello da tre anni in qua e fatto casa privata, per innanzi solevano stare quattro huomini tutto l'anno, li qualj erano pagatj a dieci talÌ per buomo d'una gabella imposta dala città sopra il vino per tale effetto, Ja qual gabella e riscossa dal secreto77 di detta città a nome de la Regia corte, et suole ingabellarsi !anno circa 300 s.di. In tempi di maggior sospetto sogliono per sopraguardie mettere alb.i due cavallarj pagati al medesimo prezzo sopra la rendita dela città, et li quattro ordinarj li pagano li casali di Graniti [Graniti-f. 262), Caggi [Gaggi-f. 262), Muiuffi [Mongiuffi-f. 262], e Calidorj [Gallodor:o-f. 262]. Li segni che fanno li pedonj sono di notte fanj 78 et di giorno fumo respondendo allj segnj che vedono, et quando per loro stessi scopreno vascellj soglion fare per ciascun vascello un fano, et il Castello suole sparare un tiro .
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Trattasi delle località idonee agli sbarchi dei predoni, distinte per configurazione motfologica da quelle degli agguati. "Tempi di sospetto" o "tempi di scandalo" stavano ad indicare nella corrente dicitura il periodo dell'anno in cui la virulenza dele razzie corsare a te1TU era maggiore, coincidente in genere con la primavera inoltrata e l'estate. 77 "Secre10" era all'epoca l'equivalente dell'odierno segretario comunale. 78 "Fani" non erano soltant0 le torri di segnalazione, ma per estensione del concetto i segnali stessi, in particolare quelli notturni, qvvero i fuoch i, o per meglio dire con una nostra parola che in qualche modo la ricorda i "falò". 76
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156. Castello di Schisò 157. ToITe di Archirafi. Sarebbe di necessità in questo spazio di marina farvj due torrj cioè una al capo di S.to Andrea dove suole stare per ordenario la guardia deli pedoni et dove si vede vestigia di fabbrica, la quale si potrebbe fare della minor grandezza nella quale si spenderebbe qualche cento cinquanta scudj per esservj copia di pietre et comodo dj far caJce. L'altra toITe da farsi se bene non così opportuna però di molta sicurtà alla terra starebbe bene al capo di S.to Leo. nello spatio fra S.to Leo et la Cantara vi è il Castello di Schisò [Schisò-f. 262] lontano da S.to Leo qualche duj miglia, il quale e di Don Cesare Statella gentilhuomo Catanese, dove dìcano anticamente essersi fatto guardia, pero al presente non si fa guardia se non tanto quanto pare al patrone del luoco oer guardia dell'arbitrio di Cannamele79 chevi si fa. questo Castello e ben previsto d'arme cioè duj smerigli un faJconetto che sono del patrone del luoco, il quale dice non essere obbligato a guardia alcuna, et certo sarebbe a proposito assaj poiché la state vi si radunano molte barche di passo. CALATABIA.NO ET MASCARl
Segue al teITitorio di Taomuna la piana di Mascaij [Mascali-f. 262], che si estende perfino al pizillo [Pozzillo-f. 270] ed è tutta spiaggia scoperta di dieci miglia di longhezza, nella quale stanno nove cavallaij a guardia in tempo di state pagatj dallj ingabellato1j di detta piana la quale e di Mons. il vescovo dj Catania et pagansi a s.di quattro al mese et tengansj quanto e interesse di detto ingabellatore cioè dal principio di maggio et fino a mezo agosto, et anco in tempo dele semense da mezzo settembre a tutto ottobre, delli qualj cavallari sej se ne vanno verso Schisò che sono nove miglia distante da 1a torre deli Archelafi [T.re Archirafi -f. 262] et tre da detta torre a lo Pizzillo verso Catania [Catania-f. 270] che sono tre miglia in circa; si tiene di più in detta torre de li archelafi pure ad interesse et piacimento di Mons. il vescovo di Catania tre huominj li qualj sono pagati a tre s.di al mese per ciascheduno, et vi stanno quanto si a 1iposto il forment.o et in quel tempo respondeno allj segnj et fanno sinulmente essi scoprendo segnj tengono di più tre huominj a lo pizzilllo nel luogo detto torre negra pure con li medesimi pagamenti et per li detti tempi, et sono obbligatj far guardia di notte solamente. In questo spatio starebbe bene farsi una torre alo loco detto lo Junco overo al loco detto lo Altanetto dove altrevolte che galere inimiche hanno dato in detta spiaggia et depredato et Mascaij et Calatabiano hanno sbarcato quivj, et già fu oppenione di Mons. Casario già vescovo di Catania et patrone di detta piana farvj una toITe, et li mascarj concorrevano alla spesa perché in effetto di questa maniera stanno malsicmj et questa torre vorrebbe esser dc la mediocre grandezza, et considera-
79 La "cannamele" era la canna da zucchero, la cui industria costituiva una delle principali fonti di reddito isolane, e come tale degna di essere protetta attivamente, anche militarmente.
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La difesa costiera del Regno di Sicilia dal XVI al XIX secolo
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158. Castello di Ghiace.
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158 to il comodo del fabbiicarla vi anadarebbe cli spesa circa 250 s.di. La torre de li archalasi necess ita esser guardata di continuo tulto l'anno per esser in buono sito et e di ottima fabbrica. in restaurarla cioè farl i alcune scale et una volta in cima si spenderà qualche 50 s.di. Un'altra torre sara di bisogno farsi a dove si chiama Torre negra ovvero Pizzillo, che già anticamente vi era et sarebbe di molta utilità per esser vicino a una cala molto comoda per corsalj 80 . La torre d Mascarj e lontano dui miglia dalla marina et per essere strada comoda hanno causa di dubitare 81 et pero tengono di più guardie nella propria terra. CASALI DI GHIACE Li casali di Ghiace hanno di marina circa otto miglia cioè eia lo Pizzillo al Capo delle Molina LC.po Molini-f. 270] che sono sej miglia et dal Capo delle Molina al castello di Ghiace LAci Castello-f. 270] che sono due miglia, nel quale spatio per essere sassoso tengono guardie dj pedonj in più luochj pagati da li detti casalj per tassa ad un oncia il mese per ciascheduno, tengono di più in un poggio mezzo miglio dentro a terra in mezzo fra il capo delle Molina, et il Castello di Ghiace chiamato Iallarataco quattro pedonj pagatj a quattro s.di al mese per ciascheduno, et questi fanno fanj et fumo et respondono con Taurmina per una parte che e 18 miglia lontano et per l'altra parte con il Castello di Ghiace duj miglia lontano et con il Campanaro82 di Catania, la qual guardia facendosi torrj alla marina si potria levare. Fassi di più guardia in detto Castello di ghiace continua tutto l' anno con quattro huominj pagati a 15 tarj al mese eia la regia corte per il secreto di-Catania enne castellano don Pietro di Gravina, questi guardianj anno cura di prigionj83 che stanno in detto castello et insieme fanno gaurdia per vascellj facendo per ogni vascello un fono et respondono allj fanj che veggono, sono catanesi et maritati 84 alcunj et alcunj scapolj non tengono benj in nessuna parte detto castello sta fornito di pezzi di bronzo però male in ordine harebbe bisogno di qualche acconciamento. In questa marina di Ghiace sarebbe di bisogno fare una torre al capo delle Molina lo ntano dal Pizzillo 6 miglia dove al presente suole stare la guardia di pedooj eh.e si fa-
so Sta abitualmente per 81
"corsari".
È un significativo esempio di come in tale contesto di insicurezza anche una infrastruttura di notevole vantaggio civile, come una strada poteva trasformarsi in un ulteriore motivo di timore in quanto agevolante la rapidità di penetrazione degli incursori. 82 In Sicilia abbiamo già avuto occasione di affermarlo, ogni costruzione idonea alla sorveglianza costiera fu impiegata nel XVI secolo. In questo caso, non u1ùco peraltro si tratta del campanile di Cataiùa, assurto grazie alla sua altezza a tale ruolo difensivo . 83 È una testimonianza di impiego di un castello, quello di Aci Castello appunto, non solo come caposaldo per la difesa costiera ma anche come prigione, utilizzando le vedette anche come agenti di custodia dei detenuti. 8' Nella dicitura popolare dell'epoca sta abitualmente per "ammogliarj"_
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rebbe con poca spesa per il comodo della pietra et calce et per non esser di bisogno di gran macchina ma della minor grandezza pojche vie ne in luoco eminente. ne ricaverebbe beneficio li casalj di Ghiace et alcuni gentilhuominj catanesj che vi hanno benj el molina; sarebbe bene ancora fare altra torre allj faraglionj che sono isolottj lontano da detto capo mezzo miglio incirca dove sono cale comode per briganti ni 85 et già si intende pochj anni sono esservene statj et haver fatto molto dan no et questa torre ancora per essere in Juoco eminente non occorrerebbe farla mollo grande la quale defenderebbe le cale che vi sono et responderebbe con il Castello di Ghiace et con detto Capo.
PARERE IN MERITO A TAORMINA Taormina è un paese non cintato da mura, ubicato a notevole altezza, accessibile per di più soltanto dopo una ripidissima ascesa. Quanto detto trova preciso riscontro nella veduta prospettica allegata. Non possedendo un porto e ritrovandosi alquanto sparsa, non suggerisce alcuna valida motivazione per una sua fortificazione urbana perimetrale, sebbene nel passato al riguardo la si ritenne idonea, stando a quanto si desume dalla sua storia e dai ruderi dei grandi edifici chi ivi si rinvengono. Sovrasta l'abitato una aguzza cima di montagna sormontata a sua volta da un castello86, un tempo custodito e presidiato da un alcaide87 , a stipendio fi sso, ma al presente abolito del tutto. Una seconda vetta altrettanto impervia si staglia a breve distanza, sulla quale, analogamente alla precedente, è insediato un secondo castello88 , eletto della Mola, adibito a carcere per i rei di gravi delitti . Attualmente vi si è sovrapposto un forte, di cui non sono in grado di aggiungere alcunché. CATANIA La Città di Catania [Catania-f. 270] ha di marina circa sedici miglia cioè sej dal Castello di Ghiace alla città, et diecj dalla Citt.à al fiume dela giaretta [F. Simeto-f. 270) per sicurtà della q uale tiene quattro cavallarj dala parte di verso Augusta fino alla giaretta pagatj dal patrimonio dela città a s.di 6 al mese per ciascheduno. Tengono alcunj pedonj di verso Ghiace li qualj mandano a!langara et sono vignarj . Nel Campanaro de la Chiesa maggiore tengono duj huomini che fanno guardia di verno e dj state notte, et giorno, pagatj pure dal patrimonio di detta città a s.di tre al mese per ciascheduno li qualj sono pochj et non possono suplire a detta guardia; qucstj fanno segnali di fuoco la notte et fumo il giorno, et vedendo di notte da vi ntj vascelli a basso89 fanno tre fani, di vinti in su fan no diecj fanj, et di giorno da 20 a basso fanno fumo per una hora, di vinti in su fumo continuo et questo e uso da tre anni in quà incirca, et innanzi quantj vascellj vedevano tantj fanj solevan fare. Questj guardianj sono abitantj e cittadinj di Catania et artigianj et non hanno benj alcuno. Si fa guardia similmente al castello di detta città dove stanno dodici soldatj 90 pagati per il secreto della città a nome della regia corte allj qualj si da un scudo al mese per ciascheduno, et questj respondono et fanno segni conformj al Campanaro, sono maritati in Catania abitano in castello con loro famiglia; fannosi di più guardie per la città in tempi sospcttj allangara. Li beni intorno a questa marina per la parte di Ghiace sono sassi et sono comunj; dall' altra parte vi sono be nj della chiesa cioè il vaccareccio che rende al vescovo ad astaggio d. 91 20 l'anno Lo fego 92 de lo Arnigo che rende al barone d. 500 l 'anno lo fego di S. to
85 Il brigantino era una piccola imbarcazione sottile cd a rem.i del tipo della galera. Altrove veniva chiamata anche ''fusta··. I banchi di voga andavano dai 12 ai 14, ed era dotato anche di una vela latina triangolare. 86 Trattasi di Castello di Taormina a 2 km dall 'abitato, insediato su monte Tauro a m. 398. È ancora possibile identificarvi il maschio ed alcune sezioni delle mura con una torre lla. Re lati vamente poi al sottostante borgo, ne permengano attualmente tratte delle antiche mura medievali con due porle, confermandoci le osservazioni dello Spannocchi. 87 La parole "alcaide " nell a termi no logia spagnola stava ad indicare il rango di castellano, di cui erano insigniti tutti i comandanti cli qualsiasi opera difensiva, vuoi di una semplice torre. come di una grossa fortezza. 88 Il Castello di Mola sovrasta l'omonimo borgo e dista circa 5 km dal precedente. Su entrambi cfr. E. M ,\UCERI, Taormina, Catania, ... , pp. 82-87. w> Da intendersi: "da venti vascelli in giù". 90 Lo Spannocchi tiene sempre ad evidenziare per moli ai nostri giorni apparente ment.e simili ma all'epoca ben noti, la differenza fra il personale civile o miliziano delle pattuglie esploranti e della vigilanza costiera, ed i soldati propriamente eletti, di presidio, i quali a volte tuuavia contribuivano alla ricetrasmissione dei segnali, pur non essendovi direttamente obbligati. 9 1 L' unità moneL aria impiegata per la stima delle re ndite è il ducmo, "d. .,. forse perché più usato in Spagna e quindi più faci lmente recepibile come reale valore. 92 Sta per "feudo".
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159. Torre "nuova", nei pressi di Catania, detta di Ognina.
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Lonardo Soprano, et sottano che rende alla incommenda di S. to Giovannj il soprano d. 20 di denarj e salme 30 diforrnento et L'altro d. 40 l'anno. Lo fego di S.to Dirnitrio che è di don Giovanni di Gruene et li rende d. 170 luno anno per l'altro incirca. Lo fego delo pantano. In il territorio d.i detta città sarebbe bisogno di una torre nel porto di longina LOgnina-f. 270) tre miglia lontano dal Castello di Ghiace et tre lontano da Catania, nel qual porto si sogliono ridurre moltj vascellj li qualj stanno in pericolo di corsalj, et pure dj latri di terra93, dove più volte vi hanno rubato vascellj , avvj una tone fabbricata al presente la quale sebene e alquanto lontanetta però servirebbe per detta guardia et e di buona fabbrica da la qual torre sono fino a Catania 3 miglia. Un alu·a torre lontano dala Città JOmiglia sarà di bisogno farsi alla bocca del fiume dela giaretta dove alcune volte hanno sbarcato vascellj per fare aqqua et seguito94 gente fin sotto lentinj, et questa torry sarà di bisogno esser di mediocre grandezza per essere la spiaggia piana, la quale giovara ali massarj ali patronj di feghi, torrà l'aqquata a vascellj inimici et perché da Catania a S.to Calorio (dove per ogni modo si devria far continua guardia) sono 18 miglia incirca dove non è guardia alcuna di segnalj sebbene e spiaggia scoperta, con farsi detta torre si ridurrà la corrispondenza di segni a maggior vicinanza. E da notare che li feghi dechiaratj per tenitorio dj Catania sono con quello di Lentinj come appare in esso territorio segnati, et li benj che sono da Catania alla Giaretta sono di diversi particolarj et rendono tassaggio al vescovo.
PARERE IN MERITO ALLA CITI À DI· CATANIA La città di Catania non dispone di porto, nè di qualsiasi protezione per le navi che eventualmente volessero ormeggiarsi lungo la sua marina. Per una nutrita serie di motivazioni, tutte incentivanti un notevole afflusso di popolazione verso di lei, s'impone inderogabilmente di ovviare alla rischiosissima carenza. La città infatti è la prima sede vescovile dell'intero Regno, dalla rendita di giusto 16.000 ducati. Avendo dato i natali alla beatissima vergine e martire S. Agata, alla cui devozione vengono attribuiti infiniti miracoli, è meta di continuo pellegrinaggio. Un ulteriore incremento di abitanti le deriva dal vantare un 'ottima università, con ampia scelta di facoltà: al presente la sua popolazione complessiva pertanto ascende a 5. 672 fuochi.
93 È i11teressante per la raffigurazione del profilo socio-economico dell'epoca questa ammissione circa l'esistenza di predoni indige1ù, in grado per giunta di assalire persino interi vascelli per depredarli ad onta di tutto l'apparato di vigilanza costiera esistente. 9" Anche in Sicilia le toni dovevano frustrare la stringente necessità per gli incursori dell'acquata: tanto pii:1poi che a seguito di questa prendevano spunto per catturare, inseguendoli magari fin sotto le mura della stessa città, poveri viandanti.
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160. Torre di Ognina di Catania, oggi, inglobata dalla chiesa di S. Maria.
Non sono mancate nel corso della sua storia crisi di abbandono, in conseguenza di micidiali eruzioni dell'Etna o di eventi bellici altrettanto devastanti . Ma in brevissimo volgere, si è sempre assistito al suo rinascere nel medesimo sito, grazie alla eccezionale feracità dei terreni limitrofi, fertilizzati, come innanzi ipotizzato, proprio dalle ceneri ciel vulcano. In forza di quanto esposto ne consegue l' affem1ata esigenza, inevaclibile, cli riqualificazione difensiva. Attualmente la città appare racchiusa in una risibile cinta turrita cli arcaica concezione, quand'anche cli ottima fattura. Infatti molti dei suoi abitanti vi appoggiarono le loro abitazioni, costipandone le mura perimetrali ed interdicendo per conseguenza il libero cammino di ronda. Come se non bastasse, inoltre ne traforarono persino le cortine, con una incredibile teoria di finestre. Al tempo dell'imperatore CARLO QUINTO, di felice memoria, anche i bastioni che ai nost1i giorni appaiono ultimati, giacevano abbattuti e fatiscenti. Nonostante ciò, purtroppo la città continua a restare priva cli concreta ed omogenea difesa. Per tale ragione si è imposto agli abitanti una specifica tassa, con i cui proventi restaurare le fortificazioni, garantendo così la comunità eia una prevedibile incursione corsara, del tipo di quella che già la funestò nel recente passato95 . Allo scopo mi fu dato i ncarico di rilevare, e quindi di elaborare, la configurazione planimetrica ottimale che quelle avrebbero dovuto assumere. Pertanto redassi il grafico allegato nel quale tracciai, con linee nere, quanto per l'innanzi edificato, od esistente, e con gialle quanto invece da realizzarsi dietro mia indicazione. In merito alla conduzione dei lavori, mi è parso logico assegnare la priorità alla tratta occidentale, quella maggiormente esposta ad un eventuale assalto nemico proveniente dal mare, essendovi nelle immediate vicinanze molti luoghi idonei allo sbarco. L'impervietà inoltre del terreno antistante alla medesima, garantirebbe agli assalitori un sostanziale defilamento e, per contro, vieterebbe l'intervento in contrattacco alla nostra cavalleria, a differenza del fronte orientale, in ciò almeno più tranquillizzante. Entrando nel dettaglio, la sezione compresa tra il bastione S. Michele e quello S. Giuliano mi è risultata la peggiore, obbligandomi ad ordinare l'avvio dei lavori proprio da essa, ovvero eia dove piantammo i debiti picchetti. Al fine di scongiurare incertezze circa il dimensionamento delle strutture, lasciai
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L'incursione cui fa riferimento lo Spannocchi deve essere molto probabilmente quella avvenuta tra il 1550- 1560.
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162. Planimetria delle fortificazioni di Cataoja_
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presso i deputati alla fabbrica i grafici relativi alla erigenda murazione, ovvero i prospetti e le sezioni, ' ed istruii verbalmente Giovan Bartolo Alegri, capomastro designato quale direttore dei lavori. A questi, inoltre, ho pedantemente ordinato che sulla sommità dei contrafforti della muraglia si arti-· colino delle volte che, recingendola ed irrigidendola, eviteranno i terrapieni-ad eccezione di quelli dei bastioni-con un grande risparmio di tempo e denaro. È perfettamente noto al riguardo come quel poco da anni innalzato sia ancora inutilizzato per deficienza di te1npienatura96. Non si eccederà nella realizzazione di quanto brevemente accennato la cifra di 60.000 ducati, costo molto modesto a fronte degli immensi benefici derivanti in tema di sicurezza pubblica. - LENTINI TI territorio di Lentini [Lentini-f. 274) alla marina, incomincia dalla giarretta confine di Catania per fino al castello dela Bruca [Brucoli-f. 274) che sono intorno 14 miglia nel quale spatio dala giarretta fino ali Agnone [Agnone-f. 274) non stà guardia di sorte alcuna, non solo di cavallarj ma neanche al castello dell Agnone, il quale e dentro tena circa mezo miglio et viene in luoco basso che non può scoprire ne essere scoperto, et quanto si vede fu fatto per sicurtà d'alcuni magazenj et caricatore che li stanno intorno. Dall agnone alla gianetta sono otto miglia nel qual spatio (che tutto e spiaggia scoperta) sono l' infrascrittj feghi il vaccarezzo che rende al vescovo dj Catania ad erbaggio d. 20 l'anno. Lo fego di S.to Lonardo soprano et sottano della commenda dj S.ta Geon' et suole ingabbellarsi il soprano d. 20 di danarj et 30 salme di formento l'anno et il sottano d. 40. Lo fcgo di S.to Dimitrio che e di Do' Gio' di Gruene gentilhuomo catanese et li rendj d. l 20 incirca. Lo fego de lo pantano dellj eredi del codà Antonio la Sivona et li rende luno anno per l' altro d. 400 incirca. Lo fego delo Murgo che è di Blasi Scamana di Lentinj et li rende l'un anno per l'altro salme 200 di formento, et ingabella alcunj magazzenj dell agnone d. 40 l'anno, et d. 30 lì rende l'osteria . Dall agnone alla bruca sono sej miglia, dove la città dj lentini tiene per guardia duj cavallarj fra l'agnone, et il castello di S.to Calorio la state solamente pagatj a ragione di s.di 5 al mese per uno, et dal castello di S.to Calorio all arcile che sono un miglio e 1/2 tiene duj altrj cavallar:i pagatj al medesimo prezzo tuttj sopra il patrimonio di detta città ma questj stanno continouj la state et l'inverno per essere in questi luochi molte cale comode per corsalj, tiene di più detta città. In questo spatio fra l'agnone et la bruca viene il castello di S.to Calorio, et l'incomenda di S.to Jago la quale e al presente dj [manca nel testo originale]. .. et tienla ingabellata al presente a Battista de Franchj per d. 400 l'anno. Si dovrebbe per sicurtà di questa marina fare plimamente una torre vicino ali agnone tanto inanzi alla marina che scoprisse il Castello di S.to Calolio, et vonebbe esser dj buona grandezza per esser in luoco piano questa sicurarebbe maggiormente il detto Caricatore et guarderebbe dalla giaretta tutta la spiaggia fino ali agnione dove al presente non e guardia alcu9a. Nel detto Castello di S.to Calorio dovrebbe per ogni modo esser guardia continua tutto l'anno, che al presente non vi si fa se non tanto quanto piace a detto ingabellatore. Questo sta in eminente sito e visto da tutte le partj viene vicino a molte cale et e di buona fabbrica. Sonovi dentro moltj pezzi di ferro97 et e di comoda abitatione; la guardia che vi suol fare l'ingabbellatore sono duj huominj pagatj da esso a 18 tarì al mese et per ordinario fanno guardia dal primo di maggio per fino a mezo agosto, et fanno segni di fuoco et fumo responendo allj altrj et vedendo essi tanti segni fanno quanti vascellj scuopreno. Ali Archile similmente sm-à bisogno fare una torre dela minor grandezza la quale sicurerà alcune cale convicine et potrassi levare l'interesse dellj cavallarj continuj che si tengono quivj in quel luoco e lontano circa un miglio e mezzo dal S.to Calorio et due dalla bruca la quale e nel territorio dj Augusta.
PARERE IN MERITO A CARLENTINI A ventidue miglia da Catania in direzione sud-est, si incontra una cittadina chiamata Lentin i, frequentemente citata dagli storici, avendo dato i natali ad uomini illustri nelle lettere e nelle armi. Dista dal mare sei miglia, e vanta al presente 3. 869 fuochi, incluclenclo nella sua giurisdizione tre borghi, ed una montagnola su cui si erge un antico castello ormai disabitato.
96 Il problema della terrapienatura delle cerchie non assumeva connotazioni improbe, ed i tecnici non cessavano mai dal farlo notare, laddove si operava su suoli terrosi, per cui con le cubature di sbanco dei fossati si aveva già una buona parte di quelle di riporto. E comunque non rappresentava un grande problema reperirne nei paraggi. Tutt'altro discorso invece per una città su roccia o su lava, in quanto scarsissima di terreno, ed impossibilitala agli scavi. 97 Si tratta di cannoni di ferro, di qualità più scadente di quelli di bronzo, come già a suo tempo rilevato.
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163. Castello di S. Calorio.
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La città possiede due stagni-vivai dai qual i trae grandi quantitativi di pesce. Purtroppo la sua aria ne viene ammorbata dalle mefitiche esalazioni: nonostante ciò, in virtù della eccezionale fertilità dei terreni circostanti, anche la sua periferia appare densamente popolata. Per eliminare il grave inconveniente, al tempo dell' IMPERATORE CARLO QUINTO, di felice memoria, don Giovanni Vega98 che allora governava questo Regno, prefiggendosi il benessere dei cittadini, programmò la rifondazione di Lentini. Stabilì pertanto cli trasferire le abitazioni sopra una collinetta ubicata a mezzo miglio di distanza, particolarmente rispondente allo scopo sia per il clima e la salubrità dell'aria, sia per la sua intrinseca capacità difensiva, sia, non ultima, per l'abbondanza di acqua potabile. In corrispondenza della cima, formata eia una vasta spianata, infatti si attinge ad appena due canne di profondità una ottima vena. Dalla stessa inoltre, più in basso, sgorga una copiosa sorgente. Si avviarono quindi senza indugio i lavori di costruzione della nuova città partendo proprio dalla sua cerchia fortificata: ma sino ad oggi nè questa nè tanto meno quella risultano terminate. Per incentivare allora la riluttante popolazione al proseguimento della lungimirante opera ed al trasferimento in essa, si concessero ampi privilegi ed esenzioni fiscali ad ognuno che vi si fosse trasferito, innalzandovi la propria casa. Molti poveri sudditi accorsero allora da diverse parti del Regno, attratti dalle inusitate prospettive: attualmente si contano perciò circa 360 fuochi. Ma di questi poch.issimi sono originari di Lentini: quelli infatti sono rimasti dove erano, compiacendosi quasi della insalubrità delle loro contrade, appagati tuttavia dalla grandiosità delle fiere. Per il completamento delle fortificazioni, si è fatto ricorso ad alcune specifiche gabelle. Del resto il tratto eia terminare è molto esiguo. Mancando però un progetto iniziale dettagliato e reclamandaosi dai cittadini la pronta ultimazione della cerchia, per il cui fine peraltro pagano, ebbi ordine che nel contesto di questo mio periplo mi facessi carico anche della risoluzione di tale incombenza. Constatato che la predetta sezione non appare assolutamente vulnerabile dall'artiglieria, impossibilitata ad esserle postata contro in maniera congrua, ordinai la edificazione di una semplice muraglia, di quat-
Don Giovanni Vega fu vicerè della Sicilia tra il 1547 ed il 1557. La nuova città di Carlentini, così chiamata in onore dell'imperatore Carlo V, venne in effeui fondata nel dicembre del 1550 su progetto dell'ingegner Pietro Prado. Per i soliti motivi di carenze economiche, appena adombrate dallo Spannocchi i lavori subirono continui rallentamenti, protraendosi in definitiva per oltre un trentennio. 98
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tro canne di altezza, per una di spessore, priva, pe1tanto, di scarpatura e di ten-apienatura, ad eccezione logicamente dei suoi piccoli bastioni, progettati così per l'identico motivo dell'assenza di minaccia balistica. Il solito grafico allegato conferma l'esposto: di esso se ne lasciò copia conforme ai dirigenti dell'opera ed ai deputati preposti, con precise indicazioni di ciascun dettaglio, in ottemperanza all'incarico assegnatomi. Ancora una volta la linea colorata documenta 1' esistente e quella gialla il progetto da me commissionato: quelle interne punteggiate, invece, l'articolazione urbanistica. AUGUSTA La marina di Augusta [Augusta-f. 274J incomincia dalla Bruca fBrucoli-f. 274] fino la città che ve sono per mare c.;irca 8 miglia et dalla città per fino al fiume detto la cantara [T.te Càntcra-f. 274] per guardia della quale marina tiene primamente tre cava1la1j li qualj guardano dala c ittà perfino alla Bruca et pagai.i 5 mesi dell'anno di state a ragione di d.i I ta!Ì 6, per c iascheduno incominciando dal mese di maggio et pagalj per fino ott.obre1j, tiene di più tre pcdo1ù al loco detto il monticello di detta città pure di state pagatj a d.i l e 6 l.Ì et fanno segno di fuoco et fume oltre a questo tengono al loro detto la guardiola un huomo solo pagato ad.i I t.ì IO il quale fa guardia di giorno solamente. ln la città fanno guardia in cinque luochi che stanno occupatj trenta huominj in questo servizio, et questo fanno di verno e di state allangara, onde non resta nella terra 1O huomini senza guardia, cosa veramente stravagante. Al Castello dela Bruca che e lontano dal Arcile 2 miglia stanno per guardia tredicj compagnj cioè cioè I O solda~j il vicecastellano un portinaio et il bombardiere, il salario e 15 tarj al mese per soldato, e il vicecastellano 20 et il bombardiere 30, pagatj per la regia corte dal secreto dj Lentinj. Questo Castello e posto nella bocca del porto dela bruca il quale porto e cosa notabile essendo un canale che va dentro terra dui miglia et ha le ripe dalle bande alte talmente che vi si nascondeno li vascellj con lj arborj 99 , et in dette ripe è tagliata la rocca in moltj luochj a guisa dj stantia li qual.i sono magazzenj di formento onde il vascello s'accosta con la poppa a dettj magazzenj et per la pot1a riceve detto fromento. Lj guardianj dettj non fanno alcun segno per qualsivoglia occasione, ma dicano guardarlo per sicurtà deli vascellj che stanno dentro al detto porto dallj qual.i ne ricevano falangaggio 100, et pero fanno la guardia al recinto da basso et non io cima della torre la quale sebene e fabbricata in luoco molto nascosto, nondimeno per essere d altezza 16 canne è scoperta da S.to Calorio et sarebbe similmente vista dalla torre che si devria fare sopra la Cala della carnala, o poco lontano, sopra un poggio chiamato la Cilona a punta a uno scoglio, di maniera che sarebbe molto conveniente che detta guardia s'obbligasse a far segnalj come l'altre di fuoco et fumo. U Castellano e Don Antoni no Mazara Saracosano. A fronte della città d'Augusta di verso il mare vi e la torre di Avalo [T.re Avalos-f. 274] dove stanno 12 soldatj spagniolj oltre al bombardiere, vice castellano e cappellano. Al Castello vecchio 101 che e dentro la terra si fa pure guardia di vemo, e di state con trenta soldatj spagniolj pagatj dala regia corte a cl.i 1.6 al mese oltre a bombarderj, cappellano Castellano e Portere. Fassi guardia similmente alle due fortezze Castrogartia et la Vittoria102 che stanno dentro al p0110 con 35 soldatj spagnioli tuttj pagatj ad una manera oltre a cappellano vicecastellano et po1taro et tutti questi sono le guardie che si fanno nel territorio d Augusta. Li feghi che sono in questo territorio incominciando dala bruca sono lo fego di Sciamana nel quale ci viene la cala dell Arcile e dela regia corte et lo riscote lo secreto d Augusta et rende d.i ·16 l'anno. A questo segue lo fego dela gisica, lo quale e posseduto al presente da Alonzo Sanmartino il quale deve haverlo in pegno da la regia corte per 1700 once et quando li fosse liberato dice che s'obbhgarebbe farvi una torre a sua spesa questo fego li rende d.i 100 l'anno nel quale viene il Castello della Bruca et alcune cale. Segue a questo il fego de la Borgesca de lo monte quale e del comune di detta città et rende d .i 50 l'anno quale contributo l'universita l'ha concesso per 8 annj per lo reparo di certe chiese et fornisce il tempo per tutto l'anno ... [nel testol et finito detto tempo resta comune ne se ne cava introito alcuno, ma questo fego viene il proprio capo di S.ta croce [C. po S. Croce-f. 274] dove sono molte cale et si estende sino alla
99 Per eviLare infalli il pericolo di essere scorte dietro i promontori più bassi, dove si annidiavano per l'agguato, le fuste corsare erano solite ammainare l'al bero. In questo caso specifico la manovra non sarebbe stata necessaria. 100 Precisa al riguardo L. BIANCHINI, Storia delle Finanze del Regno di Napoli, Palermo, 1839, p. 40: "Diritto d'ancoraggio o ancoraggio era certo dazio che pagavano le navi nazionali e straniere nel!' entrare ne' porli, al mantenimento e alla costruzione de' quali così provvedevmi. Le piccole navi senza coperta soddisfacevano tal dazio in proporzione minore sotto il nome difa/angaggio. Da immemorabile età non solo nella Sicilia ... facevasene esazione. " 10 1 Con la defini zione di "Castello Vecchio" venivano definiti tutt.i i forti ed i castelli per lo più di età normanno-sveva, inglobati ne lle ristrutturate piazze marillime. 102 Trattasi dei forti meglio noti, come innanzi esposto, Garci.a e Vittoria.
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164. Castello della Bruca-[Brucoli]. 165. Il castello di Brucoli, oggi. 166. Il poito-canale di Brucoli, con le grotte citate nel manoscritto.
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Città d'Augusta, dalla quale pe,tino al fiume Cantara non si fa guardia alcuna per esservj a fronle le due fortezze del porto. Al Castello della Bruca 2 miglia lontano dall Arcile si dovria acconciare li darnusi nellj quattro torrionj tondj da basso e t il parapetto sopra la porta, et sarebbe di bisogno che cj fosse almeno un pezzo di bronzo perché viene in luoco opportuno et al presente non vi e altro che nove smerigli di ferro et dieci archibugi et maltenulj. Sarebbe bene fare una torre nel luoco detto il capetto a fronte a un scoglio poco lontano da terra il qual luoco e lontano dala Bruca circa 4 miglia et q uesta torre potrà farsi dela rninor grandezza. U n altra torre forse sarà bisogno farsi al prossimo capo lontano dal detto Capetto duj miglia la quale v01Ta esser dela mediocre grandezza la quale verrà nel fego de la Bengesca. Un altra torre pure nell' istesso fego al luoco detto il Capo dela terra la quale risponderà con Augusta perché dal capo non si vede la città, et forassi de la minor grandezza dove si spenderà circa 150 s.di. Seguirà a questa guardia il Castello d Augusta dove si fa guardia continua tutto l'anno, et perché nel Castel davola ne tampoco li altri duj dentro il porto sogliono far segno alcuno sarebbe bene che essi similmente rispondessero et così il territorio d Augusta sarebbe a s ufficienza guardato.
PARERE IN MERITO AD AUGUSTA La città di Augusta è ubicata in questo Regno di Sicilia su di una penisola, unita alla terraferma da una sottile lingua, che misura, nel suo punto più stretto, appena 70 canne. Un castello, o per meglio dire un fo rte, di scarsa validità mili tare ed alquanto debole, ne occupa il maggior rilievo. L'altura accennata prosegue poi con, andamento pianeggiante, per altre 600 canne e quindi termina, con ambedue i bordi in lieve scoscendimento verso il mare, cli fronte alla ton-ed' Avalos. Il suolo è comunque basso ed roccioso. A ponente di detta Penisola si apre un vasto porto, potendosi del resto considerare tale l'intera rada, fino al promontorio di Magnisi, distante circa sei miglia. Notevolmente inferiore risulta, però, la sicurezza dell'ancoraggio che in quello specchio cli mare godono i vascelli, in confronto al molo di Augusta. In direzione nord ovest, rispetto al castello, emerge una grossa secca, dell'estensione cli circa 200 canne su cui all'epoca del vicerè don Garcia di Toleclo 103 si innalzarono i forti di Castrogarcia e della Vittoria, cli immenso vantaggio difensivo, ma dì leggero intralcio per l'ormeggio, sebbene, per quanto innanzi affermato, il porto è talmente capiente da non incontrarsene, fin lì, di analoghi. Per meglio sfruttarne le potenzialità ricettive sotto il viceregno del Marchese di Pescara 104, su di un altro isolotto, prospiciente la punta estrema della città e separatone eia un braccio cli mare, di insignificante profond ità, di circa 180 canne, fu edificato un poderoso torrione 1° 5 . Le aspettative purtroppo non trovarono piena conferma, non essendo in grado cli stornare totalmente gli sbarchi incursivi, nè di evitare che nottetempo battelli corsari lanciati da più grosse unità alla fonda presso Magnisi, saccheggino o, addirittura incendino la c ittà, come varie volte accadde nel recente passato 106 . Nonostante le suddette tragiche traversie in virtù della feracità dei terreni, della disponibilità del mare ed ancora per la bellezza del sito, i suoi abitanti non rinunciarono a ricostruirvi le loro abitazioni, attestandosi al presente intorno ai 400 fuochi.
Don Garcia cli Toledo fu nominato nel 1564 Capitano Generale ciel mare e quindi vicerè di Sicilia. Ragg iunse Augusta nel 1566 dove prospettò una poderosa serie di interventi difens ivi, agevolati dal passare l'intera località al Demanio Regio nel 1567. 104 Il vicerè cl' Avalos marchese di Pescara subentrò al Toledo, proseguendone l'opera ad Augusta, facendo innalzare, intorno agli anni '70 l'omonima grossa torre fittamente casarnattata. 105 Il termine torrione è al riguardo riduttivo, dovendosi per proprietà di significato parlare piuttosto <li fc>rte a pianta circolare. In effetti si tratta di un grosso forte con una originalissima pianta che gli consentiva interventi balisticj su di un settore di circa 240°, dotato in sommità di una torretta fungente da faro e da postazione di avvistamento 106 L'incursione alla quale sembra alludere lo Spannocchi dovrebbe essere quella terribile del 1551, ma in que l periodo i forti ancora non esistevano. Si deve perciò ritenere che si tratti dell'abituale stillicidio corsaro, oppure delle incursioni ciel 1585, 1588 e 1594 senza dubbio note all'autore e precedenti la stesura definitiva del suo manoscritto, confermanti in questo caso la tesi, sulla posteriore datazione. 103
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167. Il Castello di Augusta. 168. Torre di Avalos. 169. Castrogarcia. 170. La Vittoria.
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171. J forti Vitto1ia e Garzia, oggi. 172. La Torre di Avalos, oggi vista da mare.
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1.73 173. La Torre di A valos, oggi vista da terra.
Il mio parere circa questo particolare luogo è di trovarci di fronte indubbiamente ad uno dei più significativi dell'ìntero Regno, degno pertanto di venir fortificato accuratamente, avvalendosi di diversi progetti. Pur reputando per diretta esperienza ìl porto di Messina e la città stessa di superiore rilevanza, ritengo conveniente procedere alla riqualificazione delle difese di Augusta, sia per meglio proteggerne la popolazione, sia per frustrare qualsiasi tentativo nemico di insediarvìci, sia ìnfine per salvaguardarne il magnifico porto. Scendendo in dettaglio, sono dell'avviso di attuare quanto illustrato nel grafico allegato, ovvero cli racchiudere la parte sommitale dell'intera penisola, con la cittadina e le sue vecchie mura, ìn una cerchia bastionata, escludendone la sua zona terminale fino alla torre di Avalos. Prospiciente questo spazio, per essere impraticabile alle batterie, e dominato dalla torre, !JlÌ limiterei ad un fronte guarnito da due mezzi bastioni alle estremità, ed uno completo in posizione assiale. Questi sarebbero di media grandezza, alti solo 4 canne, e quand'anche privi di fossato, non dovendo fronteggiare minacce di batterie nemiche, nè di scavi per mine, grazie alla natura rocciosa del suolo, sarebbero pienamente sufficienti. Venendo alla cerchia che costeggerà i bordi della penisola, potrà strutturarsi tramite una semplice muraglia di 6 o 7 palmi di spessore, priva di scarpa, e dotata di torrette aggettanti di almeno 2 canne, alla maniera antica 107, e con interassi non eccedenti le 80. Per tutto il perimetro di questa murazione si imporrà il ricorso a contrafforti di circa 1O palmi di larghezza per 4 cli spessore, intervallati di 18, sostenenti volte destim1te a camminamento, dell'identico tipo di quelle prospettate per Catanìa e Messina. Ritrovandosi però la sezione di levante maggiormente esposta alle mareggiate, ritengo utile incrementa-
107 Questo suggerimento progettuale dello Spannocchi dimostra se mai ve ne fosse bisogno come nei confronti dell'attacco da mare valessero ancora e si reputassero congrue le tecniche architeuoniche dovunque ampiamente superate.
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re lo spessore della cortina, munendola di una sc..u-pa di almeno sei palmi di altezza ed altrettanti cli cacciata, completamente cli salda muratura: al di sopra di questa fino alla normale quota continuerà perfettamente a piombo. Nella opposta banda, quella che guarda l'interno del porto, occorrerà completarla con un parapetto cli 3 palmi di spessore per 6 di altezza, lasciandone 1 per la retrostante banchina, da eseguirsi conforme alle sezioni di dettaglio. Occorrerà inoltre, di tanto in tanto, costruirvi una scaletta, di 10 palmi di larghezza per lo meno, per poter da più parti accedere contemporaneamente al camminamento. Nella tratta di massimo spessore, in particolare verso il nord dove non possono sostare i vascelli, si praticheranno altresì i vani indispensabili al commercio navale, proteggendoli nella migliore ma. ' mera. Il secondo fronte trasversale, quello verso terrafenna, mi sembra logico erigerlo laddove la penisola è più stretta, raccordandolo al Castello Vecchio, tenendo cura di farne sporgere in mare le estremità cli alcune canne, poiché altrimenti riuscirebbe difficile difenderlo con il tiro d'infilata della piazza. Tale ridottissima fronte andrà innalzata di 14 palmi di spessore, con la sua scarpa di 6 di cacciata e di 5 d'altezza, al di sopra ciel fossato, limitato a questa breve sezione, e largo nel centro della fronte tra i due mezzi bastioni 1O canne, e profondo fino al livello del mare: non sarà molto poiché la terra in quel punto è particolarmente bassa. I suoi contrafforti avranno 10 o 12 palmi di larghezza e 4 dj spessore con il solito interasse di 18; inoltre si farà anche il terrapieno di 7 canne dì larghezza con la controparete interna di rincalzo dotata delle tradizionali scalette. Fatto quanto esposto la piazza potrà definirsi sicura ed al riparo da qualsiasi minaccia, con il porto assolutamente sorvegliato e protetto. La spesa preventivabile appare modestissima, disponendosi in loco sia delle pietre che della calce e di. quant'altro ancora necessiti, in grande abbondanza. Con la realizzazione della descritta opera si affrancherà la derelitta e scarsa popolazione dal gravame ininterrotto, estate ed inverno, della vigilanza costiera, spesso prestata da tutti gli abitanti , come nella scorsa primavera, proprio per essere il loro litorale così vulnerabile. PARERE IN MERITO A SIRACUSA /
La città di Siracusa è edificata su di una penisola distante da Augusta 15 miglia per mare, e, 18 lungo la costa. Fossiede un porto molto sicuro, in grado di accogliere qualsiasi flotta, per grande che possa essere. Sin dalla remota antichità ebbe notevole rilevanza, e molti autorevoli storici affermano che la sua cerchia si snodasse per ben 22 miglia: .i ruderi del resto sparsi nelle adiacenze lo comprovano. Ai nostri giorni, tuttavia, Siracusa si restringe esclusivamente alla penisola chiamata Ortigia. Nel 1576 per ordine del seren issimo Signor don Giovanni cl' Austria 108 - assunto in Cielo - fu inviato ad ispezionare le piazze del Regno di Sicilia, l'ingegnere Scipione CampiI09 , governando quale vicerè il duca di Te1nnova. Tra le altre visitò anche quella cli Siracusa, elaborandone il progetto di adeguamento del fronte a terra-ancora in esecuzione-riportato sulla mia planimetria con le linee nere, dove le altre di diversi colori rappresentano le situazioni antecedenti.
108 Don Giovanni d'Austria, frate.l\astro dell'imperatore, nacque nel 1547, e già nel 1569 ebbe il comando di un'annata contro i Turchi. Comandò quindi la flotta confederata a Lepanto nel 1571, ed ancora la guidò alla conquista di Tunisi nel 1573. Nel I 576 andò governatore nei Paesi Bassi, ma vi morì d.i peste nel I 578. È pertanto ovvio che del manoscritto dello Spannocchi, le schede almeno, siano posteriori a questa data. 109 Curiosamente nelle istruzioni dettate a Giovanni di Cardona il 10 marzo di quel 1576 per un suo viaggio ispettivo, don Giovanni d'Austria così precisava in merito al Campi: ''E valutandosi /'importanza della detta isola [la Sicilia]... fu inviato con il commendator Maldonado, Ludovico Cesano suo ingegnere, affinché ispezionasse le fortifica zioni di quella e ne stendesse dettagliata relazione circa il loro stato... e su quanto .fosse a suo parere necessario fare per migliorarle. E quando si inviò il detto ingegnere si desiderò ancora inviarvi Scipione Campi, il quale per giacer gravemente ammalato non potette farlo ... " A. G. S., Estado, Nàpoles, 1072, 64.
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·Precedentemente il vicerè don Garcia di Toledo impose un prolungamento alla cerchia, fino acl includervi un vecchio castel10 110 ivi esistente, ubicato presso il restringimento iniziale di Ortigia. Il disegno perseguito contemplava che, quando si fosse tagliato l'istmo d'immissione alla città, l'intera area così risultante, fungesse da fortezza isolata. Il proponimento di per sè sembrava sensato, in quanto castel Maniace, sull'opposta estremità della penisola, con la sua posizione garantiva al contempo il controllo ideale sull'intero po1to e sulla stessa città. Ma disgraziatamente, per raccordarsi al detto castello, fu giocoforza spingere talmente innanzi la fronte prospiciente la terraferma, da ritrovarsela ad essa assoggettata ed esposta per conseguenza a qualsiasi offesa. Per l' altra fronte poi, quella verso la città, fu prescelto un luogo tanto basso, da renderla a sua volta dominata dalla medesima. Al momento della mia visita tale programma si presentava ormai in fase così avanzata cli costruzione che, nonostante tutte le deficienze rilevate, non ritenni conveniente interromperlo. Qualora si vorrà migliorarne la fronte, troppo accostata alla città, come la situò il Campi, occorrerà arretrarla, essendovi sin dall'inizio lo spazio per farla molto più riparata. In tal caso non sarebbe occorso tagliare l'altura, come invece è risultato indispensabile: proprio per eseguire quell'immane lavoro, aggravato dalle eccezionali sorgenti di acqua dolce 11 1, si profusero immense risorse dt denaro e di tempo. Al presente pertanto le opere stanno, come innanzi affermato, ad un punto che ritengo inevitabile proseguirle, reputando personalmente in materia cli fortificazioni, che una volta avviato un progetto, non convenga modificarlo con un secondo, quand'anche migliore, tranne che per quanto ancora da compiere. Nel nostro caso, perciò, si potrà evitare la scarpatura, che il Campi prescrisse: nelle sue annotazioni, non risultando intrapresa, poiché comporterebbe pesanti oneri e nessun vantaggio pratico. La conferma si coglierà nel caso venga comunque realizzata. Parimenti l'altezza della muraglia, dallo stesso prevista cli otto canne e mezzo dal livello del fosso, basterà cli appena sei e mezzo completa di parapetto, non riscontrandosi, al suo esterno, sito che la sovrasti, risultando per di più, anche ridotta, invalicabile per le scale d'assedio. Riguardo al fossato , invece, ho dato ordine di incrementarne la profondità, fino ad una canna sotto il livello del mare. Da questo particolare si desume - e me ne scuso - la scarsa esperienza che possedeva in costruzioni subacquee: le difficoltà relative infatti si accrescono enonnente con l'approfondirle, pure di un solo palmo 112 • In merito al parapetto, progettato cli ben due canne di spessore, lo ritengo eccessivo, tralasciandone la spiegazione per brevità. Le banchine impiegate per accorrere al parapetto medesimo, previste a loro volta alte due palmi, le ridurrei ad uno solo, per agevolarne al massimo l'accesso ai soldati, e renderlo inoltre più rapido, come s'impone nel corso del combattimento.
110 Trattasi dell'antichissimo Castel Marchetti, o Marchet o Mahiret: "opera degli arabi, come a giudizio del Fazello potevasi arguire "ex forma et nomine". Fortezza, questa, costruita sulle rovine del palaz.z.o di Dionisio I e poi di Ierone II e che nella sua larghezza e lunghezza occupava tutto l'istmo di Ortigia, rimanendo cinto dalle acque dei due porti. Fortezza rnun:itissimafino al tempo degli Aragonesi... "da T. CARPINTERI, Siracusa città.fortificata, Palermo, 1983, pp. 23-24. 111 La intercettazione di una copiosissima falda di acqua dolce avvenne durante il taglio dell' istmo nel I 552-53, e dell'episodio vi è testimonionza oculare e diretta del Fazello che così la descrisse: ''Carolus V Caesar... isthmum prefingere, perviisque meatibus in antiquam insulae formam reduce re longo labore, eoque non parum per maximam aquarum. dulciu.m vim ex isthm.i visceribus affluentissim.e promanantem. impeditum, conatus est. ". Ancora una volta quindi l'attJ'ibuizione a Scipione Campi urta con divergenti cronologie storiche. A meno che non si voglia intendere che nel '52-53 si rinunciò per quelle sorgenti, riten,, , tando nel '76 I' impresa, cosa che in verità appare alquanto incredibile, non fosse altro che per l'eccezionale intervallo tra i due ~ tentativi. 112 L ' abbassamento della quota del fossato dovette trovare negli anni seguente una felice conclusione tant' è che nel 1770 P. Brydone, nobile turista inglese scriveva al riguardo: "Ad ogni modo, i fossati molto utili, ... affollati come sono costantemente da barche da pesca che possono qui impiegare rete e lenza con gran profitto, anche con i tempi più cattivi.:. ", da T. CARPlNTERl,, Siracusa ... , op. ciL. p. IO.
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S.imilmente i due cavalieri 11 3 che quello ordinò sui due bastioni non sembrano affatto convenienti, sia perché le piazze sovrastanti appaiono libere e sgombere, sia perché si osservano al loro esterno soltanto luoghi mol to bassi. Se mai l'altura che vi è racchiusa, potrà impiegarsi in luogo cli quelli. Quanto edificato durante il viceregno del Toledo potrà in definitiva lasciarsi inalterato, poiché non danneggia la nuova fronte, ma anzi all 'occasione potrebbe danneggiare il nemico. Quanto invece iniziato dinanzi a questa, ovvero dal Bastione Toledo al bastione Beccheria, converrà condurre a definitiva ultimazione. P,oiché uno dei bastioni della nuova fronte, quello prospiciente il porto Marmoreo, si trova al presente senza alcuna difesa, e poiché anche il torrione Casanova 11 4 che nei pressi sta eretto appare troppo esposto ed indifeso in direzione della Nunziata, sarà obbl igatorio irrobustire quest' ultimo, in conformità con la linea gialla ciel grafico allegato. Quanto affermato si rende urgente, poiché nel menzionato porto emergono alcune secche, cli indubbio vantaggio per il nemico, che potrebbe altrimenti farvi scalo. Per la restante parte della ceTchia urbana, non reputo impellente alcuna modifica. Come all'inizio accennato, sulla estremità esterna della penisola siracusana si innalza il Castel Maniace, ciel quale allego un grafico di dettaglio. Le sue strutture ai nostri giorni si configurano valide al massimo come casamatte, ma non certo per fortezza, pur essendo indubbiamente di ottima fabbrica e di ragguardevole fattura. La posizionatura per contro è felicissima per la protezione ciel porto. Ritengo conveniente all'uopo aggiungervi, nel tratto intercorrente tra quello e la punta ciel promontorio, una piattaforma, aderendo con la sua murazione strettamente al bordo marino, limitandola in altezza a sole quattro canne. La struttura sarà interamente terrapienata, munita di opportune traverse, di tanto in tanto, e di garìtte, utilizzando al massimo .il poco spazio disponibile per le artiglierie. Qualora inoltrn, si anteporrà al lato del Castello che guarda la città, una fronte bastionata-come secondo la traccia gialla ciel grafico-ne conseguirà una struttura difensiva eccezionale. Vi è infine l'opinione, in zona, che una torre impiantata sul!' altra sponda del porto, corrispondendo con detto castello, ne difenderebbe ulteriormente l' imbocco. Personalmente non appoggio la proposta, intercorrendo tra i due caposalcli una eccessiva distanza, per cui qualora alcuni vascelli volessero forzarne l'entrata, potrébbero tranquillamente accostarsi a questa banda invece che a quella, non avendosi alcun modo cl'impedirlo 115. 1v!EL!LLT Il te rri torio che guarda Melilli [Mehlli-f. 274] incom.incia da la Cantara fiume confine de l terri torio di Augusta per fino a Scola greca [Scala Greca-f. 274], ovvero capo S . ta Panagia [C.po S . Panagàa-f. 274j in rnezo del quale s pazio v iene l'isola de Manghesi [Penisola Magnisì-f. 2741 tienvisi per guardia cinque mesi di state otto cavallarj cioè quattro dalla Cantara a Scola greca, et quattro nella propria j sola li qual.i sono pagatj dala terra di Me lillj per tassa a d.i 1. ta. I 8 al mese, e fanno guardia di più de ntro la terra con dodici huorninj allangara pure di state. Al fiume del la Cantara inconùncia iJ fego di S. to Gusmano [S . Cusumano-f.
Precisa I. HOGG, Storia de/Lefortijìcazioni. Novara, 1982, p. 250, in merito al termi ne "cavaliere": "Qualsiasi opera for1(fìcata che risulti più elevata di un 'altra facente parte dello stesso complesso; più restrittivamente, il lipo di simili opere che nei primi tempi dell'architettura bastiona/a si realizza vano sull'asse dei bas/ioni o delle cortine nell 'intemo di "conumdare", con il loro.fuoco gli stessi bastioni o corline ... " 114 Il Torrione Casanova, od anche Castel di Casanuova, si ergeva sull'imbocco de l porto mi nore, ed era in definitiva unaricostruzione trecentesca di una antica torre. Fu in seguilo ad ibito a carcere e qu ind i ne l l 693, ne l corso di un e nnesimo terremoto crol.lò irreparabilmente. 115 li ragionamento de llo Spannocchi appare a prima vista alquanto inconcludente: si deve però ricordare che per l'epoca e soprattutto per i secoli successivi la validità di due postazioni opposte, come appunto alla bocca di un porto, nasceva dalla possibilità di poter incrociare i rispettivi tiri-tiri incrociati- e non già dal poter sparare ciascuna su di un settore di mare, quand'anche adiacente. Pertanto in questo caso la torre non conseguendo quello scopo sembrò all'autore irri levante, trovandosi comunque a fronteggiare un eventuale vascello incursore un fuoco semplice e non incrociato. 113
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176. Siracusa, Capo Santa Panagia. 274) nel quale e arbizzo di cannamele 116, e del Sig. Ant. Bellhuomo saracusano et li rende d.i 500 d entrata !anno. A questo fego segue il fego di Bajarj che e del Barone di Melillj Banolomeo Domino et li rende 90 d.i l'anno nell'isola deli Manghesj vi e lo fego de li vigenj del Bar. di Melillj et li rende d.i 100 l'anno. Lo fego di Mastringaro pure di detto Bar. et li rende di 200 l' anno. Lo fego delo priolo di Vincenzo Baccanese di Saragosa li rende di 160. Lo fego de li bagnolj di Giovanni di Nava di Saragosa rende d.i 100 lo fego dj bondifenj pure di Giovanni di Nava et rende d.i 120. Dall'isola deli Manghesi fino al capo di S. ta Panagia sono tre miglia, et in detto spatio viene il fego di S. ta Lucia di Don francesco Frasca rendelj d.i 50 l'anno. Lo fego de la Zasga di don Joseppe Arizzi di Saragosa rendeli d. i 100 l'anno. Sarebbe di bisogno fare una torre alla bocca del fiume la Cantara la quale devrebbe esser grande dove potessero stare duj pezzi di bronzo perché corresponderebbe con li castellj d'Augusta verrebbe del tutto assic urato il porto, dove sarebbe bisogno spendere cinquecento ducatj nella quale spesa concorrerebbe Antonio Bellhuomo si come losserisce. Al principio dell'isola deli Manghesi sarebbe necessario fare altra
116 Precisa al riguardo G. MATACENA, Architettura del lavoro in Calabria tra i secoli X\/ e XIX, Ercolano, 1983, p. 25: "in Italia la coltivazione della «ca1mamela» venne importata ncll'Xl secolo dagli Arabi, soprattutto in Sicilia... La coltivazione della canna richiede condizioni climati.c he parti.colari: non è adatta alle zone secche o, all'opposto, a quelle esposte alla probabilità di gelate invernali; richiede inol tre abbondanza d'acqua per alimentare il complesso sistema d'irrigazione che nei mesi caldi deve funzionare con continuità. La localizzazione delle «imprese di cannarnele» fu anche condizionata alla vicinanza al mare; I.a difficoltà dei tracciati viari di te1rnferma, spesso semp.lici tratturi, era tale da rendere preferibile affidare il prodouo alla navigazione ... [con] battelli di medio tonnellaggio, per lo piLifeluche, pinchi, lingueglini... Per la esecuzione [dellel ... fasi lavorative su di una superficie di 16 ettari occo1Tevano circa 14 .000 giornate lavorative nell'impresa siciliana di Ficarazz i... La successiva lavorazione <<industriale» cominciava in autunno con il taglio delle can ne o, se esaurite, con la loro estirpazione. Dopo la lavatura del raccolto, le canne erano tagliate in pezzi piccoli che venivano imrodotti nella màcina del trappet.o ... ".
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La difesa costiera del Regno di Sicilia dal XVI al XIX secolo
177. Campan ile d ell a c h iesa maggiore e castello d i Siracusa.
177 torre che conisponderebbe con la torre d ' A valo per guardia di detto porto. Un'altra torre sarà bisogno farsi in detta Isola alla punta verso S .ta Panagia per guardia di quel porto che sudetta isola et sicurtà di tutta la spiaggia fi no al capo di S.ta Panagia di spesa di cl.i 150.
SARACOSA Al capo di S.ta Panagia incomincia il tenitorio di Saragosa [Siracusa-f. 274] che e lontano dala c ittà 3 miglia, et dala Città pe1t"ino alle fontane bianche [Fontane Bianche-f. 277] confino della marina d ' Avola (Avola-f. 277) che sono circa 14 miglia che in tutto saranno 17 miglia di marina per guardia della quale tiene dala c ittà quattro cavallarj cioè due dala Città a S.ta Panagia et due dalla Cala de lo Mele lontano da Saragosa circa quattro miglia (nel qual spatio non vi si tie ne cavallarj per l'asprezza del sito) perfino alle fontane bianche e ques ti cavallarj sono pagatj a ragione di d .i 2 lo mese. Aggiongono di più allj quattro, alllj otto cavallarj in tcrnpj di maggior sospetto et per commissione di Cap.nj d'arrne a!langara, essendo che in de tta città non vi è milizia di pedoni ne dj cavalleria 117_ Tengono di p iù duj huominj al Campanaro della Chiesa maggiore due huomini pagati a d .i 2 al mese, per ciascheduno dele pene d i quellj che mancano in farla guardi a di notte per la Città, cioè q uando a comandamento del Serge nte maggiore toccando alcuno di far la guardia et si contenta pagan 12 grana questi danarj servono per pagamento del detto Campanaio, et fanno guardia di state et di verno notte et giorno, et oltre a questj la state suole andarj d ue huominj di più allangara-questi non fanno altro segno che iscoprire vascellj gridano dal campanaro a basso nella piazza dove son per ord inario il Cap.no d ' arme o genti sua . Fassi g uardia ancora nel castello di detta città dove stanno 27 soldatj spagnolj Castellano et Cappellano, li qualj non sono obbligati far segno alcuno di fuoco et fu mo hanno per ciascheduno d .i 1 . 6 tarì. Fannosi guardie per la città la notte allangara, et tutto sta ad elettione de l Cap. no d' Arme et Sergente maiore. T ie ne di più un altra guardia dentro terra in un luoco detto belvedere [Belvedere-f. 274) dove stanno 3 huominj pagatj ad cl.i 2 . 6 tarì a l mese per ciaschedu no, et fanno guardia dal primo d'aprile per fino ad altro ordine di S. E. in questo luoco non e torre alcuna. Con ia medesima condizione tengono ancora tre huomnj alla torre di Lo ng ina [T.e Ognina-f. 2771 che pu re fanno guardia dal primo d Apri le fino ad altro ordine et luno a l' altro fanno segno di fuoco , et fumo per ogni vascello un fano, et quando li vascellj fossero manco di 10 in
117 Ragguagliava circa le potenzialità della milizia siciliana nel 1574 don Giovanni d'Austria al duca di Terranova, vicerè interino di Sicilia con lali dati: "Si rilrOFCtjondata nel Regno una miliria di mille et seicento cavallli et novemila fan.li et ci è di più il servitio m.ilitare, al quale sono obligciti i baroni del regno, che si riduce a mille e settecento cavalli, i quali in caso d'invasione d'armata, sono obligali a servire tre mesi L'anno a spese loro et di poi, occorrendo il bisogno di contare più oltre, hanno da esser pagati". A.G.S., E.
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178. Torre di Longina di Siracusa.
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numero fanno un fano di più dellj vascellj , et essendo più fanno fuoco di longo' 18 . Fassi la guardia ancora a Murro di porco [C.po Murro di Porco - f. 274] per tutto il capo in diverse cale con dodici pedonj non possendovj traccheggiare' 19 cavallj per l'asprezza del sito al!j qualj tengono un caporale 120 per sopraguardia tuttj pagatj a duj d .i al mese per juomo con l'istella obbligationj che Belvedere et longina, et sono pagatj dalle infrascritte tcITe. La te1Ta di palazolo, La feria, Buremj Ciarratana Lo fego di Cassibilj et sesortino. Le qualj guardie stanno scomparti te in più luochj cioè a lo surgitore a lo Gigante fP.ta del Gigante], a Murro di Porco, et a lo Capo de lo Mele tre persone per guardia, et sogliono tenere comodità di far segnalj come a Longina et stanno alla guardia di giorno e t di notte alla Campagnia aperta. Le torri che sarcbbeno bisogno farsi in eletta ma1ina sono una al Capo di S.t.a Panagia lontano dall'ultima torre che ho detto di sopra di Manghes i circa sej miglia tutta spiaggia, dela minor grandezza, et perché da detto capo non si scopre la Città di Saragosa sarà necessità farne unaltra vicino allj due scogli dettj li due fratj , che si responderà con Sargosa et con il detto capo e t anèo sicurerà li dettj scoglj dove alcune volte sono statj vascellj inimicj et fatto assaj danno, et q uesta pura sarà dcla minore spesa, el massima che vi sarà comodo assaj di fabbricare si perché e come pietra. A questa segue il Campanaro dela Città, del qirnle si potrebbe sgravare q uando s'alzasse alquanto la torre del Castello, et li soldatj che per ordinario stanno in esso s'obbligassero a far segni di vascellj . Una torre sarebbe bene ad un luoco detto la pellegrina lo ntano dala città verso il Capo di Murro di Porco circa duj miglia in un luoco eminente et che scopre più cale e t questa basteria pure farla dela minor spesa oltreche in detto Capo a comodo molto di fabbricare di pietra et calce. Al Capo di Murro cli Porco e molto bisogno farvj torre si per esser capo molto noto come per esservj quantità di cale et pure questa servirebbe della minor grandezza per esser in luoco alto. Al Capo dello Mele ovvero CaJa delo Mele sara bisogno fare nuova torre dalla parte di verso Longina lontano dal Capo di Murro di Porco un miglio incirca perché dal detto capo non si può scoprire detta cala. Ooppo questa si tro-
118 fJ sisL ema appare fin troppo macchino.so e lento, dovendosi ritenere che i fuochi avvenissero peraltro contemporaneamente o a breve successione con il risul tato cli confondere l'intero segnale. Resta comunque confermato che il citato codice tentasse di fornire oltre che il dato esplicito cli allarme anche quello molto piL1 aleatorio circa la quantità dei vascelJi, in dettaglio fino a IO e per grossa approssimazione oltre. È da ritenersi però scarsamente applicalo. 119 Il termine "traccheggiare" sta a significare il lento trottare del cavallo, con il fine palese di osservare e quindi molestare un eventuale ne rnico, fosse anche privandolo soltanto della necessaria segretezza. 120 Il "caporale" nei diversi regni spagnoli, era una figura tipicamente militare, appartenente cioè all'esercito regolare, dal quale era distaccato per specifici compiti, spesso come comandante di una piccola fortificazione litoranea, per la sua età avanzata. Ricopriva comunque una importanza notevolmente superiore all'attuale omonimo, pari piuttosto a quella cli un ufficia le inferiore.
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la difesa cosi.i.era del Regno cli Sicilia dal XV! al XTX secolo
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179. Ruderi di torre Ognina, presso Fontane Bianche, Siracusa. 180. Castello di Cassibile. va quattro miglia lontano il Porto di Longina et in questo spatio lonLano da Longina circa un miglio vi sono alcune calette che in somma quando la torre di Longina fosse ben guardata basterebbe. Questa torre e piccola assaj et per guardare il porto e troppo alta sarebbe bisogno farli un recinto 121 a piedi di di due canne d'altezza sopra il quale potesse stare un pezzo di bronzo almeno, et alla torre farli fare il parapetto che giace cascato tutto atomo. Un altra torre sarà bisogno fare alla cala delle fontane bianche di verso Longina che. sarà quattro miglia lontano, et pure si potrà fare de la minore spesa, la quale guarderà la cala, ed vieterà l'aqquata al'ininùco et questa sara nej confinj dela marina dj Avola. Li benj che sono nel territorio di Saragosa prirnarnente al capo di S.ta Panagia il fego del Barone dela targia et li rende d.i 100 l'anno. Doppo la città segue Murro di Porco che tutto sta nel fego del Barone di Molocco et li rende cl. i 200 J'.anno; doppo il quale segue il fego dell ungarino che è al presente di Alonso Flores et lì rende d.i 150.
Trattasi più prop1iamente parlando di un'opera bassa, ovvero di un riveJlino, a volte noto pure come "falsabraga'sorta di piattafo1ma per il brandeggio delle artiglierie, necessario aggiornamento per le vecchie toJTi, o per quelle inevitabilmente molto a.Ile. 12 1
Siaw della difesa costiera siciliana dopo Lepanto
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~· .lk.c-'1 · J' · m e lfft ~ 181 . Torre di Stampace. 182. Torre di Vendicari. AVOLA A le fontane bianche ovvero le calarelle incomincia la marina dela terra d' Avola et s i estende perfino a fi ume di Noto [F. di N olo-f. 277) che sono dieci m.iglia, sej dale calarelle lo scaro 122 d 'avola et quattro da lo Scaro a fiume di Noto, in questo spatio si tiene per guardia quattro cavallaij du e dato Scaro al fiume cassibili [F. Cassìbile-f. 277] che sono qu attro miglia et due dalo scaro a fiume di Noto pagatj data terra ad.i 2 al mese; ticnsi di più nel castello di Cassibili [Cassibile-f. 277] una guardia di due trnominj pagatj a due once l'anno per uno et du e salme di formen to mezo cantaro 123 di formaggio, et lassanlj sementare meza salma dj grano 124 lanno, la qual guardia e obbligata tutto l'anno, et la paga l ' ingabellatore del fcgo di Cassibilj , il qual fcgo rende alla Baronessa di Melitello d.i 500, cvvj ancora un allro fego detto la Contessa che e pure della sopra.detta baronessa, et li rende d.i 90. 11 resto del teritorio d ' Avola e del M archese d'Avola, et lo ingabella a ducati ... [manca nel testo] l'anno. Sarà bisogno per sicurtà di queste marine fare una torre alla bocca de l fium e Cassibilj, poj che il Castello sta cinque miglia lontano dalla mari na, et non serve per altro che per sospettj d ' armate 125 per essere in luoco eminente. Q uesta torre si potrà fare dela minor grandezza per venir pure in luoco alto. Un altra torre sarà bisogno farsi a lo scaro d'Avola si perché scoprirà tutta quella spiaggia da cassibili al fiume di Noto che sono 8 miglia, si ancora perché in detta spiaggia possono i vascellj dar facilmente in terra, et tuttj sono luochj cultivatj et abitatj assaj et vi si trova comodità bone per fabricare .
122 "Scaro " era in dialetto siciliano un: '·seno di mare dentro terra dove puù trattenersi alcun tempo qualche piccolo legno" , da M. STORACI, Nuovo Vocabolario Siciliano, Siracusa, 1875, alla voce. 123 Il "cantaro" costituiva una delle unità di misura ponderai.i cd era pari, per il Regno di Napoli, e qui ndi anche di Sicilia a circa kg. 90. 124 La "salma", pur rappresentando una delle unità di misura ponderale, per le mercanzie sc iolte, pari ad un sesto di L trovava applicazione anche per la valutazione delle superfici agrarie, stimando l'estensio ne di un terreno in base alla quantità di salme necessarie per la sua semina. 125 Il ''so.1petto d 'armara" ovvero il timore di attacco da parte della flotta tur<.:a, rientrava nell'ambito della d. c. antinvasiva, o pesante. Essendo però la minaccia condotta da un grande numero di imbarcazioni, e q ui ndi priva dei connotati di insidiosità corsara, poteva scorgersi dall'alto delle co lline con un grosso margine d ' anticipo, non essendo peraltro ipotizzabile nessun interven to balistico diretto da parte del caposaldo, la cui funzione si limitava per<.:iò al solo allarme. La postazione pertanto diffe1iva sia per ubicazione che per finalità da quella della d. c. antincursiva, il più vi<.:ino possibile al la costa.
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183. Torre di Vendicari, oggi . NOTO
La citta 1i Noto [Noto-f. 277] tiene qualche 30 overo 35 miglia di mari na cioè da la bocca di fiume di Noto perfino a Castellaccio LP.ta Castellazzo-f. 277] ed la Marza LMarina d_ella Marza-f. 277-276] confina con il territorio di Spaccaforno, per guardia di quesla ma1ina si tiene la state continuamente scj cavallari pagati dal patrimonio de la città a cl.i I ta. 28 al mese eccetto quello di Capo Passaro [C.po Passero-f. 277] al quale danno 3 d.i al mese per esser luoco molto pericoloso, e perché sta lutto l'anno. L'inverno li danno d.i 2 al mese, le qualj guardie sono dispensate di questa maniera, uno cavallaro da bocca di fiume di Noto fino ala torre cli Stampace [T.re Stampace-f. 2771, un altro da Stampace a Bindicarj [T.re Vendicari-f. 277), uno da Bindicm:j al porto di Marzameme [Marzamèmi-f. 277] cala d'importanza, uno da Marzameme a t utto Capo Passaro, che è una longa distanza. L' altro fino all ' Isola deli correntj [I.la delle Correnti-f. 277] et l'altro dall isola deli correntj pe1t'i!10 alla Marza che e il confine. Tiensi di più alla torre di Stampace un huomo a guardia pagato a d. l tarì 12 al mese, et lo paga uno Alanzo Verrubio il quale ha certo teITitorio a torno detta torre datoli dal Conte di Modica con obbligazione di tenere detta guardia che vi sta la state solamente, et in vero è poca, perché un solo guardiano non può bastare a vegliare in tutta la notte et il giorno, come sarebbe necessità farsi, se bene dice non essere tenuto se non il giorno, et quando la notte li cavallarj lo avvertiscono fare segnale di fuoco et fumo conforme a quanto il cavallaro li riferisce facendo per ogni vascello tantj fanj overo respo ndendo allj segnali che vede e li sono detrj haver fatto ali.i luochj et cosi dice esser antica usanza. Sta una torre al Capo passaro il luoco che è molto vista però è lontano da lo passarino126 dove sono cale di molta importanza, qualche duj miglia, et fuor di quello che li e eletto dal cavallaro che trovandovj vascellj viene s ubbito a darne segnale ala detta toITe. esso guardiano non può vedere cosa alcu na. A questo paga la Città di Noto sette fi.orinj al mese, et guarda così la state come l'inverno, et vi sta uno et si cambia a compiacimento de .li Giuratj. Mandasi di più la state in tempo di molto sospetto sej altrj
12<,
U "Passarino", era l'isolotto prospiciente Capo Passero, e quindi il forte che su di esso vi venne costruito negli anni se-
guenti.
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184. Torre di Vendicari, con i ruderi dell'adiacente tonnara. cavallarj per sopra guardie deli sej dcttj pagatj a d.i 3 lo mese per ciascheduno et questa è tutta la guardia di questa marina la quale veramente e poca a così importantj cale come vi sono: s uol porre ancora nella torre di Vindicatj la guardia un huomo pagato da Noto ad.i I. 18 tarì al mese pero questo anno non vi è stata guardia alcuna. Le torrj che si haverebbeno da fare in questo spatio di marina sono una vicino alla bocca di fiume di Noto circa un miglio dove e una cala importante guarderebbe detta cala et in parre vieterebbe l'aqqua _a vascellj inimicj et si potrebbe fare dela minor grandezza questa torre sarebbe lontano clala gia segnata allo Scaro d'Avola qualche 5 miglia. A questa seguirebbe la torre dj Stampace lontano 4 miglia dal fiume di noto et dala torre da farsj circa tre miglia in questa torre per esser in luoco import.ante et vista da molte parti sarebbe bene tenervj molta guardia et. restaurarla rifacendoli un baglio 127 che ha da torno dove e rovinato et racconciarli il parapetto in cima dela L01Te nel che si spenderebbe circa cento d.i. Una torre sarebbe bisogno farsi alla cala de le mosche poco più d un miglio lontano da questa, la quale si responderebbe con Bindicarj sebene Bindica1j e in luoco basso et non visto dala torre di Stampace questa sarebbe corrispondente ad ambidue, et basterebbe farla de la minor grandezza. Bindicaij e lontano dala Cala delle mosche circa 3 miglia e torre non fornita et e un gran principio 128, sendo larga circa 1O canna alta otto incirca, e t di grossezza di fabbrica 14 palmj, et posta in luoco basso et piano, et non e vista da alcuna parte non alzandosi più pero viene in una cala quasi porto dove e aqqua, et comoda per caricatore d'importanza. Questa torre e del Re fu fabbricata da Matteo Giancoiro, vi stà al presente solamente un magaziniere, et rempiena di fermenti; non vi e uno stecco d' annc et quelche e peggio s ta senza porta, sarebbe necessità firnirli l' ultimo solaio farli far Ja porta et ad una cantonata sopra la grossezza del muro alzarli una torretta di dieci palmj di grossezza dove sopra potesse stare un lrnomo alla guardia, ed scoprisse un poco piu lontano nella qual fabbrica si spenderebbe circa cento once; quando vi sta detta guardia suol far
127 Il termine è stato preso in prestito dal vocabolario marino, dove significa "trave": nel nostro caso dovrebbe trattarsi di un mensolone, o gattone, sorreggente l'apparato a sporgere che ·'gira"incorno la sommitlì della torre, almeno in quelle più antiche. 128 Leggasi: "torre non finita, ma di grande impostazione ... ''.
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segno d i fuoco eL fumo alla quantità de li vascellj, et così dice essersi osservato sempre. Da B indicarj alla cala di Marzameme vi sono 5 miglia sara bisogno in detta cala nel luoco che pel desegno s.i demostra, farvj una torre dela maggior grandezza perché questa cala e grande, et q uasi porto, et e lontano dall abi tato, onde fa cli bisog no che per se stessa si difenda, et vi si possa tenere qualche pezzo di bronzo per offendere dall un capo l'altro dela cala. Alla cala della farina lontano da Mazameme duj miglia l/2 si deve fare u n altra torre cli mediocre grandezza per e ssere un luoco piano et guarderà una cala d'importanza, et aiutera a guardare alcune altre cale a presso, come la Gioppiglia, et la Moriella. Alla p unta cli Capo passsero cioè al passerino sarà bisogno fare una torre clela maniera che per il disegno segnato A si demostra qui da basso nella q uale si spenderà qualche duim. d.i 129 la quale facendosi in capo alla cala delo Casone guarderà quasi tutto il passa1ino dove sono molte cale importantj; fa cli bisogno esser di buona grandezza perché sta lontano dall abitato et quasi in Isola 130, et bisogna farla tale che possa defendersi da un paro dj Galeotte et questa e torre di molta importanza. La torre che al presente si dice di Capo passero 131 fra la Cala clela farina e t lo Casone pero in luoco alto, et non atta a scoprire cale ma si bene esser vista da moltj luochj Iontanj che serve più per sospetto d ' armata che per corsalj sebene sarej di par,e re che non si abbandonasse per essere così eminente et tanto vista haverebbe bisogno d'alcunj acconciamenti di poca portata. Passato capo passaro sarà da fare una torre ali isola deli correntj 4 miglia lontano d al Passerino et q uesta si dovrà fare a front.e ali.a detta isola in terraferma, et deuvra farsi di mediocre grandezza per esser luoco piano dove fa bisogno alzarsi con la fabbrica per esser vista, et perché con più difficoltà possa offendersi. Passata l'isola dellj correntj si trova uno spatio di 3 miglia tutto pieno di grutte, et cale dove può stare vascellj nascosti che non si possono scoprire da parte alcuna, in questo spatio vorrà essere una torre dela maggior grandezza perché guarderà molte di queste cale facendosi alta assaj , delle quali cale alcune se ne potre bbero riempire perché sono tufi facili da tagliarsi; et sonovene di qualche stretta in bocca che con tagliare la grotta che si farà con poca spesa si impedirà il comodo al corsale 132 a tutte queste sarà bisogno infabbricarle tener guardia pe r sicurtà deli opera1j perché sono in luoco dove nottano 133 continua mente corsalj et sono lon tano dall abitato. Un altra torre si devrà fare al luoco detto la Marza ovvero Castellaccio, dove e vestigia di fabbrica antica et sara lontano dale Conzane circa 5 miglia questo e luoco Li patronj et feghi che sono in questa marina sono da Stampace verso Bindicarj un fego detto rivello in comune con Gian Jacopo Borica di Saragosa con heredj di Miche! Saloma da Naso et rende d.i 130 l'anno segue a questo il fego di Boaccerj del!' Abbate dell'arco Gio. Salvo Gotto di Mesina et li rende d.i 300 l' anno doppo il quale segue il fego di rebibi che e ciel barone de lo Burgio et Ii rende d.i 600 il qual barone e dela tena di Noto detto Valerio Bla ndolina et il suo fego s'estende fino alla Marza dove incomincia il territorio di Spaccaforno. I
SPACCA FORNO Spaccaforno ha di marina dal Castelaccio seu Marza perfino a lo scaro dj S.ta Maria che sono circa 6 miglia dove stanno a guardia 4 cavallarj pagatj dalla comunità per tassa ad.i 1 .12 tarj al mese per ciascheduno due deli q ualj cavallmj stanno sej mesi dell' anno et due sono continuj la state et l'inverno et fanno segno cli fuoco e t fumo, secondo la quantità del i vascellj che scuopreno tantj fanj sogliono fare, et alcune volte in tempi di maggior sospetto sogliono dupplicar dette guardie. fossi di più guardie nella terra allangara et la quantità secondo il pericolo che corre. In tutta questa marina non vi è altro che il fego di S .to Basilio che e del Barone dj Spaccafomo et li rende tremila cl.i l'anno; le cale che vi sono e la dela Marza detta di sopra et la zimpa dela Murra duj miglia lontano, et alo scaso di S.ta Maria pure vi e comodo per briga11tinj dove e il confine di Spaccafomo con Modica.
129 In merito a ques to forte il parere corrente degli studios.i è di attribuirne la paternità all'architetto Camillo Camilliani, subentrato allo Spannocchi, dopo la sua convocazione a Cone. In realtà però il dettaglio di presumerne, da parte cli quest' ultimo, il costo in 2.000 ducati, di gran lunga eccedente perciò i 200 mediamente necessari per una torre grande, conferma la sua esplicita priorità progettuale. Le affenuazioui poi circa la sua natura maggiorata, confermano ulteriormente l'asserto. 130 La precisazione de ll'essere "quasi Isola" testimonia I.a trasformazione, già in fase avanzata del promontorio in isolotto, ancora però raggiungibile all 'epoca a piedi. 131Trattasi della tone, attualmente ridotta al misero lacerto del basamento, detta "Torre Fano". 132 La proposta consisteva in termini moderni, nel chi udere le cale più anguste, mediante colmata, proveniente dalla demolizione della sovrastante rocc ia tufacea. Per le grotte invece si suggeriva la murazione dell'apertura. Si sarebbe in tal modo scongiurato l'appiattarsi in esse dei battell i corsari in agguato. 133 Leggasi "pernottano".
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185. Torre di Capo Passero, [trattasi però di Torre Fano]. 186. Torre Fano, oggi.
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186 Le tonj che vorrebbeno essere in questo spatio sono alla Marza cioè castellaccio, in uno alto che sporge a mare dove si vede vestigia di fabbrica antica la qual torre vorria essere di mediocre spesa et guarderebbe una cala che e quasj po1to et sarebbe vista dj rnoltj luoghj. Un altra torre sarà bisogno farsi al fuoco detto la punta perché da la Marza a S.ta Maria vi sono 8 miglia che è troppa longa distanzia oltre che da S.ta Maria non si vede detta Marza opponendosi in mezzo la detta punta, dovrassi fare la torre di mediocre grandezza. MODICA
Da S.ta Maria perfino a lo pisciotto è territorio di Modica [Modica-f. 276] per guardia de la qual marina vi stanno la state et l'inverno quattro cavallarj due pagatj dal conte di Modica et due dalJa comunità per tassa a 4 d.i al mese, et in tempo di scandolo ne sogliono tenere altrj otto pagatj a giornata a tre t.arj al giorno per tassa. lj quattro cavallarj primj sono scompartitj due da S.ta Maria a la cala detta raganzino [P.ta Raganzino-f. 2761 et due da raganzino al piscìotto [Pisciotto- f. 276), confine de la marina di Scichli LScicli-f. 276) . Fra S.ta Maria et ragazzi no viene la torre del pozale [T.re Pozzallo-f. 276] la quale e cari-
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l 87. Torre di Pozzallo. 188. Torre di Pozzallo, oggi.
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188 catore et e fabbrica d' importanza, quasi la sicurtà di gran pane di quella costa marilima !omano duj miglia 1/2 da S.ta Maria. Doppo la cala di raganzino segue la punta di Cerciore con alcune cale datorn.o, et doppo alo pisciotto dove in un colle lontano non poco dalla marina stanno li sopradettj Cavallarj, et ]j Cavallarj di Scichli per esser confine. Ala torre del pozzale vi stanno quattro huominj a guardia pagatj dal conte di Modica a 18 tm:i al mese per uno et un cappellano pagato a 3 d.i mese fanno diligente guardia, e hanno tre smerigli di bronzo et alcunj falconettj moschettonj et archibugi. Questi scoprendo vascellj fanno segno con sparare un tiro; et quando vedono qualche segnale non fanno alcun motivo. Tutta questa marina e del Conte di Modica non si sa quanto li rende l'anno dalla aterraggi a vassallj s uoj . Sarebbe bisogno fare una torre a S.ta Maria de Io ficalo seu fontane dell'aqque dolci lontano da la punta 3 miglia a fronte del qual spatio detto avere qualche 3 migl ia viene un isola detta de li porrj LI.la dei Porri-f. 276), dove spesse volte sogliono stare brigantinj a settimane. Sonovj alcune cale che con facilità si potrebbero riempire per esser pietre atte a tagliarsi et le cale piccole et con poca spesa si farebbe questa opera. Da S.ta Maria alla torre del Pozzale ve sono circa 2 mi. l/2 la qual torre sebenè e di molta fabbrica e alta circa 16 canne et grossa l O et per la sua altezza non puo offendere molto li vascellj pero sarebbe bene
Stato della dife . costiera . . . .w si·c · i·t· .tana. d opo Lepanto
. La Torre d' p 189 190 , attuale conte st o urbanistico. ozzall ·m·l dettaglio. - - o ne suo . . L a Torre d', pozzallo 1
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inanzi per la parte di mare farvj una piattaforma che vi e louco dove farla nella q uale si spenderebbe qualche 150 d. i 134 • Dal Pozzale ala cala et punta di Cerciore sono 4 miglia, sarebbe a proposito in detta punta farvj una torre, et quando si volesse far tonnara 135 sarebbe bene farvj comodità per tal servizio perché huomini pratichi a questo dicono esser luoco opportuno di modo che con spendere 200 d.i si verrebbe a far tonara et torre di guardia, da Cercio ne al Pisci otto vi sono 2 miglia che e confine di Modica con Scichlj.
SCICHL! Dalo Pisciotto a la foggia di ragugia [Foce di Ragusa, ovvero dell' Jrminio-f. 2761 sono nove miglia incirca et e tutta marina de la terra di Scichli la qual terra vi tiene a guardia quattro cavalla1j la state et l'inverno pagatj a d i l . 18 tarì al mese dal patrimonio di detta terra due deli quali stanno al Pisciotto nell istesso luoco che li 4 di Modica, et due al Juoco detto Schenapesce, sonovi in questo spatio !'infrascritte cale cioè la punta di S.to Pe1j [Sampieri-f. 276) con due cale. Le Sbuffarole che sono più cale insieme. Le Grutte delo Corvo [P.ta del Corvo-f. 276] cale molto irnportantj per esser molto grandi et con ripe alte dove il vascello non si può scoprire, et tanto più che sono pietre negre 136. Doppo queste segue la cava de la cala dell alega [P.ta d' Aliga-f. 276] dove possano star quantità di Galere, et dove il cavallaro va con pericolo a discoprirle perché passa per luoco stretto, et già li turchi vi hanno perfino teso li laccj et pres i guardianj . Passata detta cala ne seguono alcune altre pure importantj dette similmente Schenapesce, et passando più avantj sono al tre cale dette lo Magazeno doppo le qualj si trova qualche sej miglia cli spiaggia dove passa una fi umarella che è il confine di Scichli con Ragugia [Ragusa-f. 276]. A tempo di scandole per ordine di S. E. sogliono mettere per sopraguardia 18 cavallarj di più, li quali sono comandatj 137 , et senza pagamento, et si levano quando da S. E. o cap.o d' armi viene comandato. Et dj più ancora in tempi di sospettj tie ne 8 pedonj per guardia dela terra in quattro luochj, cioè due a lo cozzo di Giannace d ue alla Torre di n.ra donna dj Milicj 138, due a 11.ra donna la Croce, et due allo piano dela fontana dentro la terra, et tuttj questi quando dali cavallarj vien dato avviso a lo loco di Ghiannare esser vascellj alla marina, et quantj, li peclonj che stanno in detto loco con fuogo o fumo danno segno alla guardia dela fontana facendo per ogni vascello un segno et tutte queste sono guardie alJangara. Questo territorio e pure come quello di Modica tutto del Conte non si sa quanto li rende et tutto a teraggio a suoj vassallj. Le torrj che per guardia di questa marina sarebeno di bisogno sono prirnamente una ala grutta delo Corvo lontano da Cerciore 4 miglia di spesa di d.i 100 incirca. Un'altra torre si devrà fare a lo loco detto lo Magazzeno lo ntano 3 miglia dala grutta di :spesa di d.i 100. / Un altra lontano dala di sopradetta 4 miglia al loco detto Do nnalocata [Donnalucata-f. 276] che viene vicino a~confi ne di Ragugia di spesa di d. i 100.
134 Il grafico tramandatoci dall' A. ci illustra infatti tùm grossa ed alta torre circondata da una specie di cortina merlata con torretta cilindrica angolare, del tutto diversa dall'avancorpo tronco piramidale che si osserva ai nostri giorni, segno eloquente che il consiglio trovò successiva applicazione, magari dopo la riconferma di altri tecnici. 135 Anche per le "tonnare" fisse il contributo arabo fu determinante. Si trattava di un insieme di sistemi che contemplavano dalla cattura dei grossi branchi di pesci, fino alla lavorazione e conservazione delle carni in appositi impianti a terra, sotto salamoia o sott'olio in recipienti di terracotta. Erano operative per lo più tra aprile e settembre, e si richiedeva nelle vicinanze la disponibilità di grossi quantitativi di sale. I costi di impianto per una tonnara di media grandezza, che utilizzava tra l'altro oltre J0.000 mq di rete, oscillava intorno ai l. 500 ducati. È quindi logico che chiunque fosse disponibile ad un simile investimento richiedesse un minimo di sicurezza militare nei paraggi ed appropriate garanzie, sia per il valore del prodouo sia per la vita stessa degli operai, spesso diverse centinaia. Sull'argomento cfr. F. C. D' AMlCO, Osservazioni pratiche intorno alla pesca, corso e cammino dei tonni, Napoli, 1816. 136 Questa osservazione dello Spannocchi circa la difficoltà di avvistare imbarcazioni corsare in agguato sullo sfondo di rocce nere, è forse una delle prime annotazioni militari sul "mimetismo", sebbene involontario, delle unità da guerra o da corsa. 137 Leggasi "di comandata": non a caso il Promis nella sua "Storia di Torino", avrebbe voluto sostituire il vocabolo con "angheria", dalle connotazioni alquanto simili, per quanto precedentemente visto. i:is Lo Spannocchi indica nelle adiacenze di Nostra Signora di Milicj , la presenza di una torre. Ora ad. appena un paio di km. dalla torre di Donnalucata, altrimenti nota come torre Dammuso sulla cartografia I. G. M. I., si trova il convento della Madonna delle Milizie, insolito attributo che confermerebbe perciò l'esistenza di quella anomala torre, a circa 1. 500 m. dal mare già nel 1578.
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Stato della difesa costiera siciliana dopo Lepanto
I 91. ToITe di Camarana.
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RAGUGIA Guarda la terra dj Ragugia dala foggia perfino al fiume Durillo [F. Dirillo-f. 272) confine di Modica che sono in tutto 24 miglia di marina nella quale si comprende il fego di S. ta Croce [S. Croce Camerina-f. 276], tutto questo spatio e guardato di continuo la state et l'inverno da sette cavallarj, sej pagatj del patrimonio di detta terra et uno dal barone del detto fego di s.. ta Croce tuttj a ragione di cl.i I . 18 al mese; Ii sej sono pagatj sopra il patrimonio dela città, li qualj cavallarj sono scompartitj di questa maniera, cioè due stanno ad un luoco detto li Mazarellj lontano da la foggia qualche tre miglia tre se ne stanno al Iuoco detto la Colombara lontano da mare qualche 1/2 miglio et due ad un luoco detto lo bianco grande vicino alla torre di Camarana re.o Cammarana-f. 275) circa 3 m. et alla colombara 2 incirca fra li Mazzarellj et la colombara viene il detto fego di S.ta Croce dove sta il cavallaro pagato dal barone. Di piC1 alla torre dj Camarana sta un huomo a guardia tutto l'anno con l'obbligatione di guardare no tte et giorno il quale e catanese non e maritato, e pagato da Pietro la Roccha di Ragugia patrone di detta tone et cielo terreno il quale tiene ingabellato al sopradetto guardiano per cl.i 44 l'anno, delle qual.i ne paga 32 al eletto Pietro et le 12 restano per premio della guardia che e un oncia al mese, et così dicano esser osservanza dj moltj annj . La qual persona non basta a guardare come conviene et massime in questo luoco che e cli molta importanza. In tempi cli maggior sospettj sogliono metter 10 cavallarj di più pagat.r al medesimo prezzo sopra !istesso patrimonio. Sogliano li dettj cavallaij quando scopreno vascellj di notte et giorno fan tanti segnali di fuoco et fumo quanti sono li vascelljche hanno visto; et alcunj di loro vanno per la Campagna sonando un corno et avvisando alle masserie quanto bisogna. Le cale dali Mazarellj fi no al fego cli S. Croce cioè la Secca grande [P.ta Secca-f. 276] sono duj Cale, allj mazzarellj et di poj segue la seccha dove sono mol te secche a mare dove alcune volte hanno susto 139 le galere dj Malta. La punta di piezzo fP.ta di Mezzo-f. 276) segue doppo dove pure sono più cale, seguono a queste le cale dette pantano secco, et dopo la colombara fine ciel fego di Santa Croce dove è un solo cavallaro e poca guardia a tante cale et tanto tratto dj marina. Segue alla Colombara la Canalotta dove sono cale capaci di Galere che desarbarate non si possono scoprire. Di poj segue Io bianco grande et lo bianco picciolo [P.ta Branco Piccolo-f. 275) dove sono cale che una Galeotta ancorche arborata non si scopre tanta esservj sopra per l'altezza della ripa. Tre miglia lontano da guj sta la torre di Carnarana findove li Cavallarj sogliono l'inverno condursi a far la guardia, et da detta torre fino al fiume Duri Ilo non si fa guardia alcuna per essere spiaggia scoperta, e ben vero che la state con le sopraguardie si suole arrivare fino allo Cefaglione [P.ta Zafaglione-f. 275) che sono 6 mig. et altre 6 restano sempre senza alcuna sorte dj guardie, et solamente l'anno che passò l'armata vi stetteno duj ca-
n'1 Leggi "hanno sostato".
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La d~fesa costiera del Regno di Sicilia dal XVI al XIX secolo
vallarj li qualj si corrispondevano con le guardie di Terranova [Attuale Gela-f. 272] et di Camarana da poi non vi si sono più tenutj. Questo territorio e posseduto tutto dal conte di Modica eccetto il fego dj S.ta Croce il quale ha di marina dala secca grande perfino alla canaletta, et edi Gionfranco Stasabba Sciachitano et li rende d. i 900 l'anno. A li Mazzarellj sara bisogno fare una torre di mediocre grandezza nel luoco dove si vedono vestigia di fabbrica antica dove sara comodo di fabbricare si cl aqqua come di pietra et calce. Questa torre verra lontano da donnalocata circa 4 miglia. Alla secca similmente sarà bisogno daltra torre di 200 cl.i di spesa la quale si devrà fabbricare nel luoco dove si suole condu1Te la calce per portarla a Malta, vorrà esser di buona grandezza perché la secca e quasi porto el apresso vi sono molte cale et perché vicine in loco piano et lont.ano dall abitato. Un altra torre bisognarà fars i alla colombara lontano da la secca 4 miglia cioè fra la colombara et la Canaletta di spesa di d.i 200. A lo bianco grande vicino ala disopra nominata dela Canaletta qualche 2 miglia sarà bene farvj una torre dela minore spesa per essere in luoco alto. La Torre di Camarana e cli bonissima fabbrica cinque canne larga et 12 alta, e in sito molto opportuno, et perché quando passo l' armata del turco ultimamente vi feceno certo poco di danno sarà bene raccomodarlo che e rimettere alcune pietre mancanti da piedi perché non causi maggior rovina, raccomodare una finestra che l'arcibugiate la ruppeno, li quali acconciamenti importeranno circa .lO d.i et questa torre e lontano da lo bianco grande 3 miglia et sarebbe cli bisogno di qualche smeriglio et qualche archibugiotto perché non ve ne e sorta darm' alcuna. A lo Cianfaglione lontano 6 miglia dala To!Te dj camarana sara bisogno fare un altra torre di d.i 100 che corrisppndera con la del fiume Durillo territorio dj Terranova et e tutta spiaggia aperta.
TERRANOVA Terranova tiene dj marina dal fi ume derillo perfino a Terranova che sono 6 miglia, tutta spiaggia aperta et con poco fondo , et da Terranova perfino al fego di Carrubbia [Mass.a della Carrubba-f. 272] ciel principe cli Botera che sono 8 miglia, in tutto saranno 14 miglia dj marina, per sicurtà clela quale stanno 4 cavallruj dal primo d Aprile per tutto settembre, li qualj stanno tuttj alla torre dj Manfria [T.re di Manfria-f. 272), et si vanno scompartendo la notte per scoprire le cale le qualj sono la presciata et Sferracavallo in mezzo dele qualj viene detta torre di .Manfria. Sono pagatja d. i 1 tarì 24 lo mese dalj borgarj del fego dj Manfria per rata. Di più tiene nel Campanaro dela Maggiore ecclesia tre persone pagatj a un oncia al mese dalla università per tassa li qualj fanno segno dj fuoco et fumo alla quantità dj vascellj che vedono overo allj segnalj d altre guardie allj qualj sogliono responclere conforme et questi fanno guardia dj notte et dj giorno pero la state solo. In tempi dj maggior sospetto si suole aggiongere quattro altrj Cvallarj duj de li qualj vanno per la parte di Durillo et due per la parte cli Manfrj, et questj van no allangara. Si suole in alcune occasionj far guardie per la terra di pedonj che saranno circa vintj peclonj. essendovi nuova di corsalj si partono, et vanno alla marina, et in sospetlj d'armata stanno li Cavallj di tu tta la terra che saranno circa cento (se bene in tempi sospeltj suole scasare 140 per essere sito molto fiacco) et queste sono le guardie che fa Terranova per sicurtà de la sua marina. Il territorio che e al lito del mare e tutto del duca eccetto che alla torre dj .Manf1j la quale vi è nel fego dilo domenico buglio di Meneo et li rende cl.i 250 incirca questo fego si dice fego de lo brugno. Al fiume durillo sara bene fare una torre con tutto che sia spiaggia perché vieterà l'aqqua al nemico et approssimara più li segniali a camarana et alo Ciafaglione dal quale e lontano detto fi ume 6 miglia. A questo seguirà il sopradetto Campanaro de la Chlesia il quale e atto a questo servizio si per esser alto come per esser visto da molte partj. Passato lo Campanaro segue la torre dj Manfrj la quale è incominciata in un sito molto opportuno et lontano dala tera 6 miglia incirca non si sa chi l'incominciasse et sara bisogno fornirla alzandola circa duj canne cli più et facendolj a piedj un poca dj stanza dove possa stare un cavallo per comodo de li guarclianj che vadino la mattina a scoprire le cale.
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"Scasare " significava nel gergo dell'epoca della d. c. evacuare un intero abitato, impossibilitato per deficienze fortificacorie a difendersi attivamente. Tali erano i "lugares abiertos ", per i quali sotto la minacc.ia della flotta turca si 1icorreva alla totale evacuazione.
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193. Torre Manfria, [da notare il basamento di tipo troncoconico]. 194. Torre Manina, oggi, a pianta quadrata su base troncopiramidale. 195. Torre Manfria, nel suo contesto ubicativo.
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, 196. Castello di Falconara. 197. Castello di Falconara, oggi. 198. Il Castello cli Falconara, nel suo contesto ubicativo.
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FALCONARA La falconara [Castello di Falconara-f. 272] e luoco del principe di Eutera [Butera-f. 272] e tiene qualche 7 miglia di marina cioè da lo fego cielo Brugno perfino al Sasso di S.to Nicola, avvj un principio di torre molto bella di 13 canne di larghezza et circa 10 alta, vi stanno a guardia la state duj huomini pagatj da detto Principe a d.i 1 . 12 tarì al mese fanno segnali dj fuoco et fumo alla quantità de li vascellj questi guardianj sono dall Alicata [Licata-f. 27 I] et postivj da detta città contutto che siano pagatj dal principe, non si tiene in detta marina altra guardia per esser poco atta per corsalj fuorché sotto detta torre. ln questa marina viene il fego de lo fai no che rende al Principe d.i 400 1anno. Avrebbe bisogno detta tone d esser fornita con 1 alzarsi da un canto basterebbe nella grossezza del muro una torretta tanto che capisse14 1 una scala per dove si potesse stare a scoprire la qual torretta vorrebbe essere alta circa 4 canne et costerebbe in tutto ogni acconciamento d.i 60, questa torre viene lontano da manfrj 6 miglia.
ALICATA La città dell Alicata tiene qualche sedici miglia dj marina cioè dalo Sasso dj S.to Nicola persino all Alicata che sono 7 miglia, et dall Alicata perfino alla lacciotta [P.ta Ciotta-f. 271] che e confine con Montechiaro [Palma di Montechiaro-f. 27 JJ et sono nove miglia. Al principio di Marzo perfino alla fine dj settembre sogliono tenere duj cavallarj et un pedone alla torre della Molaca 142 lontano da la città verso Girgento circa 4 miglia dj via, il pedone dentro la tone, et lj cavallari a mezza notte 143 vanno a scoprire le cale. il pedone non vi sta ad altro effetto che per porre il segno di sicuranza 144 • Quando S . E. comanda si suol porre le guardie dj fuoco et fumo, cioè duj huomini allo poro delo coffino il qual luoco e dentro terra mezzo miglio, et lontano dalla città verso Girgento [Agrigento-f. 271] duj miglia, in questo poggio vi è una casetta dove stanno li guardianj, et occorrendo far segnj respondono di verso Tenanova con la falconara che sono 9 miglia dj distanza, et di verso Girgento con la torre detta Castellaccio distante 8 miglia da lo cofino nel qual Castellaccio pure vi stanno la state duj altrj huominj uno pagato dalla città, et uno dal barone dj Montechiaro, et questi guardianj da una parte respondono con lo cofino et dall altra con Montechiaro lontano cinque miglia, queste guardie tutte fanno segnalj dj fuoco et fumo respondendo ad altrj segnj, et scoprendo esser vascellj sogliono quantj vascellj vedono tantj fuochi fare, et tuttj li det~j pedonj sono pagatj a 3 s.i al mese per ciascheduno dalla città. Li due cavallarj ordenai:j sono pagatj a d.i l . 18 al mese pure dalla città, fanno la guardia dala Petragalia lontana da la città circa 2 miglia dj via perfino al! isola dj S.to Nicola [Rocca S. Nicola-f. 271] che sono tre miglia, dentro al quale spatio sono infrascritte cale cioè la Petragalia, li vintisoli, la Caduta lontano 1/2 miglio dali ventisole, la Mollacheila [S.ra Mollatella-f. 271] lontana 1/2 miglio dala Caduta et l'isola di S.to Niccola lontana 1 J/2 miglio dalla Mollachella questi due Cavallarj sogliono andare a mezza notte alla torre della Molaca et avvertire il guardiano che faccj buona guardia, et dipoj vanno a scoprire le cale, et trovando vascellj uno di essi se ne va verso la città a notificarlo, et l'altro fattolo intendere alla torre va costeggiando il vascello. Di più sogliono li Cap.ni d'anne mandare ad arbitrio loro 9 ovvero ·10 et 12 cavallarj quando li pare, de li quali 3 .ne vanno verso ]a falconara al luoco detto la cisterna di monte grande, et ]a notte vanno a scoprire la spiaggia, e t li altrj vanno verso Castellaccio divisj in tre partj, cioè 3 alla petragalia, 3 alla Mollachella et 3 a S.to Nicola, ovvero torre della Molaca. Questi cavallac:i sono pagatj ad cl.i 2 al mese per ciascuno, et sono pagatj da quellj che tengono cavallj et giumente nella città, allj qualj tocca 3 ta1j et quando 4 tarj per persona che sarà d interesse a particolarj qualche 50 s.i al mese che con li 22 dì sopra importara alla licata et suoj cittadinj s.i 72 al mese. Mandasi di più a!langara per sopragguardie dellj pedonj allo Cofino duj alt1j et quando 3 pedonj. Fannosi ancora le guardie per la zona pure allangara. Fannosi ancora le guardie nel castello con 50 huominj pagatj a d.i 1 . 6 al mese et tre bombardierj a d .i l , 18 in detto Castello non si fa guardia dj fuoco et fumo. Di più vi sono 24 cittadinj della terra, li qualj solo godono le
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Da intendersi per ·'vi entrasse". Trattasi dell'attuale t&re S. Nicola, come del resto precisa più imianzi riferendo il toponimo d' impianto di torre Molaca. 143 L'oraùo corrispoi1dente alla mezzanotte, non è fisso nè confrontabile con il nostro, in quanto fino al '600 : "la divisione del giorno continua ad essere in due parti Ad esempio, 12 ore di notte, e 8 di giorno a metà inverno, e viceversa a metà estate. "da U. FORTI, Storia della Tecnica , Torino, 1974, voi. II, p. 257. 144 Il segnale di "sicuranza" rappresentava la notificazione che nessun nemico era in vista od in agguato. Consisteva nell'alzare: "sulla sommità della torre il solito fascio di buse o roselle, acceso in punta d' asta, finché la torre vicina rispondeva con lo stesso fano" da S. MAZZARELLA, R. ZANCA, Il libro delle Torri, Palermo, 1985, p. 75. 142
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200. Torre Mollaca, [Torre S. Nicola]. 201. Torre S. Nicola, oggi.
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francheze 145 et sono obbligatj quando suona campana per sospettj d'armata sono obbligatj andare al castello et far le guardie come soldatj, ma non vi ano alcuna paga. Questa Città non ha milizia a pie, nè a cavallo et in tempo d armata sogliono scasare. Li feghj che sono nel territorio dj questa città prima passalo lo fego dela falconara cioè de lo faino segue lo fego de Sabnj che e del Cap. Ascanio frisone et rende d.i 400, segue doppo un territorio dj Scipione Cilestrj che li rende d.i 30 dopo segue la fiumara et la città, lontano dalla quale perfine al fego dj Montechiaro non vi è fego alcuno. Alla torre de li Casi vi è una tenuta di Gionbatt. a Cimino che li rende d.i 300 incirca. ln questa Marina dell Alicata sarebbe bene fare una torre al luoco detto la cisterna del monte grande lontano da la falconara 4 miglia nel fego del Cap.no frisone et per essere spiaggia scoperta non occorrerà fino all Alicata farvj altra torre.
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Intendasi "franchigie".
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,. 202. Torre Casi.
202 Un altra torre doppo la città 2 miglia sara bene farsi nel poggio sopra Petragalia tenitorio di Cieco di Sasso lontano dalla citta duj miglia et tarassi de la minore spesa per essere un luoco alto. Doppo la dj Petragalia si faccj nuova torre l mig. 1/2 lontano al luoco detto il monte dela caduta pure dela minor spesa. Segue distante ala Caduta circa 2 miglia la torre della Molaca et e in buon sito si per esser eminente et scopre assaj come per esser a fronte l'isola dj S.to Nicola dove possono stare brigantinj nascostj allj qualj non e altro remedio che scoprirli da lontano come fa detta torre. · Evvj lontano duj miglia la torre de li Casi dove sarebbe opportuna continua guardia che al presente non vi si fa ne di vemo ne di state per esser fatta dal patrone della sopradetta tenuta Gio. batta Ciminno ,et quantunche sia in spiaggia scoperta per qualche 5 miglia con tutlo ciò scuopre molte cale del fego di Montechic1ro et anco dell'Isola di S.to Nicola.
PARERE IN MERITO A LICATA ED AL SUO CASTELLO La città di Licata conta_.. 146 abitanti, e sebbene sja all'arbitrio di una vicina collina che ia sovrasta, nonché dell' offesa navale, tanto da doversi fortificare - pur non avendo un porto - grazie alla fertilità dei campi circostanti, ed ad un caricatore di grano, rientra nell'ambito dei siti da proteggere. Si trova al presente racchiusa da una vecchia cerchia, munita cli torrette quadrate. Al suo interno si erge, molto scoscesa sul mare, una roccia sulla quale nel passato vi edificarono un piccolo castello. Nell'anno 1553 Licata fu conquistata dall'armata turco-francese, ed atrocemente saccheggiata 147 , ma, nonostante ciò, per la menzionata feracità dei terreni, si ripopolò rapidamente. In seguito ogni vicerè che si avvicendò alla guida deJla Sicilia, per stornare il ripetersi di una similie evenienza, ne curò la r.icostruz.ione del castello e delle fortificazioni urbane. Per sostenerne le spese relative, si impose una nuova gabella di cinque grani per ogni salma di gràno da lì esportata, pari ad un ammontare annuo di circa 1.500 ducati. Tramite quel gettito monetario, i deputati alle fabbriche ne hanno finanziato gli oneri da oltre un ventennio. Pertanto risultano impiegati
w, Manca nel testo originale.
Precisa in merito C. CA RITA" , I castelli medievali di Licata, Roma, 1978, pp. 18- 19: "Le orde ottomane, guidate dal pirata Dragut, alleato del re di Francia, non risparmiarono... la città di Licata, che .fì, saccheggiata per Ulla intera seuùnana, mentre furono profanati le chiese ed i con.venti e .fi,ro110 date alle .fianun.e le antiche carte dell'archivio comunale". Sull'argomento abbiamo già a suo tempo aperto una sintetica parentesi. 147
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fino ad ora già 30.000 ducati, senza alcun intervento diretto della Regia Corte, ad eccezione di qualche sporadica ordinanza. Purtroppo tale insipiente maniera cli procedere, ha prodotto risultati di ins ignificante validità difensiva. Il castello infatti soggiace comunque alla prospiciente collina anzidetta, ed i suoi difensori divengono facile bersaglio per un eventuale tiro d'infilata da quella proveniente. Onde correggere, per quanto possibile, simili gravi deficienze, pertanto reputo indispensabile che si completino le strutture i ntraprese-semplifìcanclole però al massimo-e che si innalzi, all'esterno dell'abitato, sulla sommità dell'altura eletta il "carnaio" 148, una massiccia torre. Si eliminerà così una volta per tutte, il rischio di consentire ad un attaccante cli piazzarvi una batteria di aitiglieria in grado di bo1nbarclare la città. Comandai altresì di restaurare alcune sezioni della murazione perimetrale ed, in particolare, di quelle di fronte al castello, dove il mare inizia a produrre lesioni che in breve volgere sì trasformeranno in gravissime devastazioni, bastando, invece, al momento appena 300 ducati per scongiurarle definitivamente. Oltre ai citati interventi mi si richiese cli vagliare, con scrupolo, la possibilità di gettare un ponte sul fiume Salso, la cui foce si apre ad un tiro di fucile dalla città. La proposta nasceva dalla esigenza di abbreviare al minimo i tempi cli convergenza dei miliziani, in caso di emergenza, manovra nel passato altrimenti aleatoria e spesso frustrata dalle piene, con conseguenze tragiche. All'uopo ispezionai il corso del Salso insieme al Cap.no d' Arme Morales, che risiede per l'appunto a Licata; mi accertai anche della portata dello st~sso, che defluisce per un buon tratto fino alla sua larga foce , tra sponde basse e sabbiose, prive di coerenza, con frequenti cambi cli letto. Ad entrambi, per le osservazioni elencate, ci parve che Ja migliore posizionatura per quello fosse in località "Ponticello", laddove si restringe ad appena 16 canne, con argini naturali di alta e soli.da terra, dai guaii non ha mai deviato. Ciò premesso, allego il progetto da me elaborato del ponte, che qualora confermato, potrà anelare in esecuzione, non registrandosi, per la sua impellenza, alcuna opposizione al riguardo neanche da parte del barone. Ma poiché la città è poverissima, non credo che si riesca, con una ennesima gabella a racimolare il denaro necessario: credo invece che possa supplire quella sull'esportazione del grano anche per il ponte in questione. Aci ogni buon conto il cap. Morales stabilì di riunire la giunta per discutere il da farsi: degli esiti ne informer~t V. E . . Non potetti trattenermi ulteriormente in zona per il sopraggiungere cieli' inverno, stagione prestabilita per completare l'ispezione costiera della Sicilia. MONTECHIARO
Doppo il territotio dell Alicata segue il fego dj Montechiaro che e baronia appartata incomincia dalla cala dell Acciotta [P.ta Ciolta-f. 271) a Punta bianca W.ta Bianca-f. 271] territorio di girgento [Agrigento[. 271) che sono circa 10 miglia la qual marina e tutta piena dj cale di. molto pericolo cioè la cala dell Acciotta lo conto de lo formento, Lagliarella la tenda picciola la tenda grande [P.ta Tenna-f. 271 1 lo falcone la ballatella, rosamarina le Petrecadute lo giardinazzo lo castello la foggitella la solfara et tutte sono contigue luna all'altra. Tiene il Barone per guardia di questo fego come .ho detto di sopra un huomo al castellaccio in compagnia dj quello del! Alicata, et e pagato pure a 3 s.di al mese fa l'istessa guardja et dura quanto il compagnio. Tiene di più nel Castello di montcchiaro 5 miglia lontano da Castellaccio tre huomij dertj bagli i con cavalli deli qualj la mattina due hore innanzi giorno due di essi vanno a scoprire le cale, et uno resta a guardia del Castello sono huominj pratichi fanno guardia tutto l'anno di verno e di state notte et giorno sono pagatj dal Barone a ragione cli d.i 8 l'anno per ciascuno per questo ordine di scoprire le cale non lo fanno se non dal primo dj marzo per tutto il mese cl agosto. Rende questo fego d.i 600 l'anno al barone il quale dice che se vi fossero guardie a bastanza renderebbeli più d altretanto.
148 La torre fu effettivamente costruita, probabilmente intorno alla fine del '500, e munita cli un recinto bastionato. Sorge immediatamente al di sopra dell'atluale cimitero, in perfetta rispondenza perciò con le indicazioni dello Spannocchi.
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203. Planimetria delle fortificazioni di Licata.
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204. Torre Castellaccio. 205 . Castello di Montechiaro. 206. Castello cli Montechiaro, oggi.
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207 207. Castello di Montechiaro. nel suo contesto ubicativo.
In questo Castello vi sono 9 smerigli di bronzo ma senza ordine alcuno di polvere ovvero alla monitione et malissimo tenutj. Sara bisogno grande fare una ton-e in detto fego nel luoco detto la tenda grande nel prop1io loco dove sta la vestigia di fabbrica che starà benissimo situata la quale sarà lontano eia la torre de li casj 3 miglia et dalo Castellaccio qualche duj miglia che li viene sopra più dentro terra un miglio incirca. Questo Castellaccio e guardia più per armata che per corsali pero sarej di parere che si levasse facciasi di spesa d.i 200 per esser il luoco molto visto et opportuno. Il Castello di Monte Chiaro lontano dala tenda grande circa 2 l/2 harebbe bisogno di risarcirsi eia una parte vicino all'entrata dove e rovinato certo muro che si puo facilmente saglire dentro al Castello, et con 50 ducati si remedia in tutto.
PARERE SOPRA AGRIGENTO
La città di Agrigento è sede vescovile con 3.013 fuochi. Da sempre è reputata molto bella e particolrumente stimata, attribuizioni sulle quali convengo pienamente. Rilevai la planimetria de.Ila sua cerchia urbica, che si trova di seguito allegata: dalla stessa si denota facilmente come debba ritenersi un puro ornamento piuttosto che una valida fortificazione, ritrovandosi per giunta in condizioni disastrose. La città è ubicata ad un miglio dalla costa, priva quindi di porto, nelle sue immediate adiacenze. Dispone invece cli un caricatore, come meglio esporremo innanzi. Converrà in definitiva restaurare e ricostruire, lungo l'antico perimetro, alcune sezioni della menzionata cerchia, senza perdere minimamente tempo, al fine cli consentire la rotazione ininterrotta sulla sua sommità della ronda, già per l'imminente stagione incursiva-che non è lontana. Altre cose non mi si offrirono da segnalare in merito alle sue caratteristiche. GIRGENTO Guarda girgento trentasej miglia di marina cioè da punta bianca al caricatore [Porto Empedocle-f. 271) che sono 12 miglia et dal caricatore a Capo bianco [C.po Bianco-f. 266] che sono 24 miglia, tiene in tempo dj state dal primo di marzo per tutto settembre cinque cavallarj tre dal caricatore verso punta bianca, et due
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209. Agrigento, oggi. a monte rosso [T.re di Monterosso-f. 266] pagatj a 3 s.di 6 tarj al mese quando per tassa quando sopra li benj dell università. Venendo Cap. no d'anne in detta città manda per ordine di S. E. oltre allj sopradettj altri 14 cavalla1j pagatj al medesimo prezzo eccetto due che ne tiene alla cala della salsa [Foce Salso-f. 2661, li qualj sono pagatj ad. i uno e 18. Sei di dettj cavallaij van no dal Caricatore verso punta bianca, et otto dall altra parte, scornpartiti due a Scisnebrj lontano da puntabianca duj miglia due a fiume di naro [F. Naro-f. 271] et dal Caricatore 10 miglia et due a S.to Jio [S. Leone-f. 271) lontano dal quale 4 miglia segue il Caricatore et di verso Sciacca [Sciacca-f. 271) 3 miglia lontano dal Caricatore al luoco detto li damusi duj altrj , duj a lo scavuzzo detto Cane grasso o bacatavccchia lontano un miglio da li damasi, due ne tiene a monte rossello [P. Rossello-f. 266] lontano un miglio l/2 da bacatavecchia, et due alla salsa lontano da monte rossello 12 miglia cioè due da monte rossello a monte rosso [T.re di Monterosso-f. 2661 et cliecj da monterosso a la salsa; nel quale spatio viene la baronia seculiana [Siculiana-f. 266) dove il barone tiene la state duj cavalla1j per guardia pagatj a cl.i J . 12 al mese, mandavj ancora soprag uarcfie in tempo dj sospetto a sua voluntà. Alla foneza del Caricatore 1·' 9 vi stanno sej soldatj il castellano et il bombardiere, fanno guardia tutto l'anno, sono della città dj girgento et maritatj et abitano in detta torre fuorché uno il quale abita in la città non tengano benj alcuno, sono pagatj dal sig. Monreale patrone di detta fortezza, o da suoi ingabellato1j sopra le grana tre per salma cieli formentj o vettovaglie che si estraeno da detto caricatore a ragione cl un cl.o al mese cioè compagni et castellano, lo bombardiere ad.i 1 . 18 et questo sempre s' è osservato dache il eletto sig.r Monreale è patrone di detta forteza che sarà da ·18 anni incirca, et per innnanzi non si sa come s'usava; fanno fanj et fumo respondenclo allj alt1j et vedendo vascellj fanno tantj segnj quantj sono lj vascellj vistj, et sparano un tiro. Nella città-sono altrj 12 compagnj cittadinj, li qualj sono obbliagatj a dettR fonezza in sentirla sparare subbito calano con arme per soccorso di essa, et non hanno salario alcuno, ma sono franchj di tutte le gabelle di detta città, et angarie che sogliono succedere. Questa torre e benissimo annata, et tenuta molto bene. Nel Castello della città il quale e casa plana pero vi stanno quattro huorrùnj a guardia tutto l'anno, sono pagatj dal secreto a nome de la corte a dodicj tarj al mese per ciascheduno, et di più tengono lj procaccj, fanno guardia allj carceratj suonano le hore respondentj all orologio, sono al presente cittadinj et maritatj, et si sogliono mutare a piacimento del Castellano, che e il sig .. Monreale, et non fanno ne fanj, ne fumo benché è vero che come viene un Cap.no d'arme in eletta città li fa far guardia con respondere all i segni che vedeno tengono in detto castello una botte accioche vedendo detta guardia quantità dj vascellj inimicj la brucino per dar segno alle terre convicine, che sono obbligate mandar soccorso di gente perlo bisogno che potesse occo1Tere. Tiene di più detta città un huomo la state solamente alla torre torre di Monte rosso 6 miglia lontano dal caricatore verso Sciacca pagato a 3 s.cli al mese, il quale fa guardia cli giorno solo, et la notte secondo che daHj cavallarj li e
1' 19
Si ricorda anche come "torrione di Carlo V" , implicite nel nome tanto la data cli costrnzione quanto la volontà.
La difesa costiera del Regno di Sicilia dal XVI al XIX secolo
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210. Torre del caricatore di Agrigento. 21 1. Torre del caricatore, detta di Carlo V, oggi.
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referto fa segno secondo la quantità dj vascellj visti. Tiene di più uno cavallaro pure in tempo di state il barone di seculiana alla torre dj capo bianco pagato ad.i 1 . 12 al mese, et per sopraguardia ci va di più un altro cavallaro allangara di seculiana. Alla torre dj capo bianco ancora sta uno solo huomo per guardia pagato dall ingabellatore del fego dj Platanj fa guardia tutto I anno, et fa .segnalj alla quantità del nu mero deli vascellj che vede et e pagato a d. 12 l'anno. Li feghi da punta bianca fino alla torre del caricatore sono La Mandra du la Scava [Mandrascava-f. 271] che viene in detta punta bianca e dela madre ecclesia, et e tutta spiaggia aperta a questo segue il fego detto lo Cannatello [Cannatello-f. 271] pure dela madre eclesia et ambidue li rendono d.i 300 l'anno. Doppo segue S.to Lio il quale e dj Don Frane. Venia Cappelano di S. E. et li rende cl.i 70 che pure la sua marina e spiaggia scoperta, segue a questo la Mendolosa LCon. Moddoluso-f. 27 I] dellj eredj cli Orlando di Mazara et li rende cl.i 20 l'anno, al qual seguono li vignalj fino al fego dj deruvarj delle erede d' Andreotto Ampoggiada, et li rende cl.i 60 dentro al qual viene la cala dellj damusj, segue doppo il fego dell Amendola che rende alJo Barone di rafadale cl.i 150 detto Pietro Montapalo di Girgenti dentro al quale viene la cala de lo Scarruzzo sotto monte rossetto et baiat.avecchia et anco la cala dj monte rossello. Segue a questo il fego di Monte Rosso di Gio' Anto' di caro, et li rende l'uno anno per l' altro ducati 300, in questo fego
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viene la cala dell aqque dolci la Torre di Monte Rosso et la giummarera; segue doppo il fego di Seculiana che e del Barone detto Don Blasco cli Sfichs et Coiiglia che li rende cl.i 100 viene in questo fego la cala delle Anm1azatoiia, et la calcara. Doppo segue il fego cli Galebrice et il fego della Salsa che rendono cl.i 20 alla madre ecclesia dj Girgento neUì qualj sono otto cale, cioè la cala ciel Caricatore cli Seculiana, la Milsa, la cortina, l'aqqua de la pifara, la foggia dela salsa, la Marinata, Ile pietre cadute, et portella di rena, et fiume Salado. Doppo seguono li feghi dj Platanj [F. Plàtani-f. 266] che sono del barone di seculiana et li rendono d.i 400 dove e la Torre dj capo bianco. Nel fcgo di garetinj viene il Caricatore di seculiana il quale rende al detto barone ducati ... iso_ Perché da punta bianca al Caricatore sono 12 miglia sarà bene fare una toITe a fiume cli Naro, lontano eia Puntabianca 4 miglia di s.di 250. Un altra bisognerà farsi a Santo lio lontano dal detto Caricatore 4 migl ia et altrettanto da fiume dj Naro pure di s.di 250. Dopo S.to Lio segue la torre del Caricatore, o fortezza che la vogliamo chiamare, la quale è una grossa fabbrica di larghezza dj can. 13 quadrata et altrettanto alta questa fu fabbricata meramente per guardia ciel caricatore pero non difende alcuna cala et non e molto vis1a, e benissimo fornita d'ogni sorte d'arme harebbe bisognio di rifarsi uno scalone di verso mezzodj che il mare tuttavia lo va mangiando, e dj più farli un getto per quanto tiene quella parte dove anelerà di spesa circa 40 cl.i et vi sta lontano da S.to Leo 4 miglia. Sarà molto necessario farsi una torre passato il caricatore al luoco detto Monte Rossello lontano 5 miglia dal detto caricatore, evvi molto comodo cli pietra per far calce, et gia si vede in altri tempi csservj stata fabbrica assaj, spenderassi in detta LOITe s.cli 150. Duj miglia lontano segue monte Rosso dove e una torre la quale ha bisogno d'esser restaurata ricafcndolj il damuso di sopra, et il parapetto et farli a piedi un ridotto per duj cavallj dove si spenderà circa cl.i 20. Lontano da questa circa 5 miglia segue la Cala dela Melsa dove sarà a proposito farvj torre di spesa di s.di 150. Fra la Milsa et capo bianco sono circa otto miglia, nel mezzo del quale spazio viene la foggia dela Salsa dove pure si deve far torre de la minore spesa et sara lontana quattro miglia da la toITe dj capo Bianco.
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Manca nel manoscritto.
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La difesa costi.era del Regno di Sicilia dal XVI al XIX secolo
La torre di Capo Bianco che confina con il territorio di Sciacca, la state passata fu presa dali turchi et vi presero dentro 3 huomini attacaronvj fuoco et e maltrattata 15 1, sarà bisogno alzarla almeno una canna più et 1ifarli altrj acconciamenti dove si spenderà s.di 40.
PARERE IN M ERITO A SCIACCA La città di Sciacca comprende drca 2. 400 fuochi, ed è ubicata in un luogo alto e distante dal mare appena un tiro di fucile , intervallo molto ripido formato da rocce e sabbie. È racchiusa in una murazione in parte antica, della quale gli abitanti si sono arbitrariamente impadroniti aprendovi porte e finestre, ed in parte moderna, riqualificata ai tempi dell'imperatore (Carlo V) , indicata nella planimetria allegata dalla linea nera. ln merito alla prima va evidenziato che, al momento, risulta talmente inaffidabile ed inconsistente da obbligare all'evacuazione della città ogni qualvolta incroci dinanzi ad essa la flotta nemica, con grandissimo rischio per i due conventi cli frati e di monache, impiantati nelle s ue immediate adiacenze. Pur non vantando nè un porto, nè un molo, Sciacca dispone di un caricatore, nei cui paraggi è possibile onneggiare le imbarcazioni mercantili, con relativa sicurezza. Si rende pertanto indispensabile completare l'ammodernamento della sua cerchia urbica. È mia opinione poi che si inglobino i citati conventi tramite una semplice muraglia, ritrovandosi tra l'altro la sezione delle mura ad essi prospiciente particolarmente g iubilata e fatiscente, motivo inevadibile di una sua pronta ricostruzione. La superfiéie protetta risultante da tale intervento è alquanto piana, ideale per il pascolo. La sua acquisizione inoltre stornerà la persistente iattura di soggiacere alla stessa, frustrando al nemico l'iniziativa di insediarsi nei conventi, e consentirà un attivo controllo della retrostante vallata, propizia ad una insidiosa avanzata di un qualsiasi numeroso contingente. In dettaglio, la tratta di cerchia che va dal tonfone chiamato "Castello" al bastione, indicato con la lettera A sul mio grafico, è di poco superiore a quella intercorrente tra il primo e lo spigolo B, che sarebbe peraltro la sezione fatiscente eia doversi comunque ricostruire radicalmemte. Occorrerebbe quindi aggiungere soltanto la muraglia tra A e B , per conseguire il predetto inglobamento. Quest'ultima basterebbe costituita da un semplice muro, innalzandosi sopra le asperità naturali della costa, di fronte / al mare 152 . Tornando alla cerchia esistente, indicai sul grafico con la linea gialla tutti g ]i adeguamenti indispensabili, e con le lìnee di altri colori le originarie strutture ed, infine con quelle nere, il suo stato dopo la ricordata riqualificazione imperiale, sotto la dirigenza di don Giovanni Vega l'allora viceré della Sicilia. Proprio )ungo tale sezione si può facilmente osservare che il vertice, indicato dalla lettera C, giace privo di qualsiasi fiancheggiamento 153 , costituendo per la mo1fologia del sito - sottoposto ad una altura coronata da un convento di cappuccini scalzi ad appena un tiro di moschetto - il punto di massima inconsistenza difensiva.
È questo uno dei non rari esempi di attacco corsaro ad una torre, con la ovvia finalità di neutralizzarne l'allarme. Il rischio sempre incombente sui torrieri imponeva perciò una costante vigilanza e anche il perfetto isolamento della loro torre, ovvero il ritiro della scala, o del ponticello, e la chiusura dei serramenti d'ingresso, accortenze per lo più incoscientemente trascurate. 152 fl ragionamento poggiava sulla constatazione iniziale, di trovarsi sì di fronte al mare, ma ad una certa altezza: la seconda osservazione la poneva al riparo dai pezzi navali, i quali non potevano i.n genere tirare anche con leggero alzo per tema di sfondare la coperta. Per quelli terrestri poi non vi era lo spazio, e quindi anche una strullura leggera, di semplice recinzione sul ciglio "tattico" di preistori.ca memoria tornava sufficiente alla bisogna. 153 Per "fiancheggiamento" si intendeva quel tipo pa11icolare di difesa basata sul tiro proveniente dai lati di una strnttura in modo da colpire l'avversario ai fianchi da più direzioni. Divenne tipico con l'introdu,.ione del fronte bastionato, ma le sue prime applicazioni risalgono al V millennio a. C. in Asia Minore. Lo stesso impianto delle porte Scee era un caso particolare di difesa di fiancheggiamento, obbligante a far esporre il fianco scoperto dell'attaccante in fase di avvicinamento alla fortezza. 151
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L'ingegnere Gabrio Serbelloni che ispezionò questa città alcuni anni or sono, notificò il parere che si ricostruisse il menzionato vertice secondo la configurazione esposta nel grafico dalle letthe E-D: il mio giudizio in vece limita l'intervento ad una semplice anteposizione al deficitario vertice, di un bastione, evitando in tal modo una ingentissima spesa e stringendo i tempi di approntamento. I costi preventivati per tutti gli interventi da me elencati , quasi 9.000 canne di cortina, non dovrebbe oltrepassare i 18.000 ducati, pari al prezzo vigente in zona per la semplice muratura, non ritenendosi necessario terrapienarle, ad eccezione di qualche bastione, non riscontrandosi potenzialità di offesa balistica verso le stesse. La naturale pendenza del sito d'impianto della città sta all'origine della formazione durante i grossi temporali di rovinose lave di acqua, con grave pregiudizio per la sezione di cerchia prospiciente il mare, attraversata dalla fogna. La violenza di quelle infatti corrode rapidamente il tufo della muraglia e ne sgretola le fondazioni. Gli amministratori di Sciacca, perciò, mi sollecitarono un giudizio tecnico al riguardo, onde scongi urarne i prossimi rovinosi danni. Indicai pertanto che il deflusso delle acque luride avvenisse tramite una condotta sostenuta da archi, che le portasse a scaricare ad almeno 30 pied i dalle fortificazioni. A sua volta la condotta, per evitare che fosse rapidamente erosa, consigliai di costruirla in due sezioni , in modo da spezzare l'impeto dell'acqua, conseguendosi così quanto richiesto. Fui sollecitato ancora ad indagare se le imposizioni che si esiggono nella città per finanziare la costruzione delle fortificazioni, si spendevano realmente per quello scopo e secondo quale ragione. Al riguardo di una di tali gabelle, la più antica, ne trasmisi a suo tempo una relazione particolareggiata a S.E. , congiuntamenle ad una nota dei giurati. Circa una seconda, imposta per la costruzione di un acquedotto, ispezionai le condotte, ancora in costruzione sebbene pressocché ultimate. Vi era infine una terza tassazione pari a cinque grani per ogni salma di frumento esportata dal caricatore, fornente un gettito annuo di circa 700 scudi. Quei soldi risultarono impiegati per la maggior parte neJ pagamento degli stipendi dei capitani d'arme, degli alloggiamenti dei soldati saltuariamente destinati di presidio e, soltanto nel caso che avanzi qualcosa-molto poco peraltro-de1le opere fortificatorie. Questo rappresenta tutto quanto fui in grado di stabilire e di disporre, come ordinatomi, in quella città. SCJACCA
Sciacca ha miglia quarantasej di marina incirca cioe sedici da Capobianco a la città et trenta da la città al capo di Granitola [P.ta Granitola-f. 265) che e confine con il territorio dj Mazzara [Mazara del Vallo-f. 265) la qual marina non e tutta guardata da detta città come s'intenderà più a basso; tiene di guardia continua un huomo alla torre del Capo dj S.to Marco [C.po S. Marco-f. 266] lontano da Capo bianco 20 miglia, pagato a d.i 1 al mese, et questo sta tutto l'anno. Tiene di più 4 cavallarj per ordinario la state, pagati a d.i 2 al mese, cioè due al territorio detto lo Succarito lontano da Sciacca 3 miglia verso capo Bianco, et due alla torre di S.to Marco li qualj fanno guardia tutta la state: A tempo sospetto s uol mandare altrj sej cavallarj tre dalluna parte et 3 dall altra allangara. di più a tempo di necessità fa gu ardia per le mura et bastionj, et nel castello, il quale e ridutto a casaplana che è dj Alvaro di federigo a tempo d'armata vi si fa guardia di notte et giorno per li cittadini allangara, tengono in detto tempo ancora guardia a S.to Calorio [S. Calogero -f. 266) quando duj huominj et quando quattro pagalj la città sopra la rendita della grana 5 per salma destratione. Sogliono ancora mandare quando due, et quando 4 barche armate154 a fare scoperta li quali vanno allangara, et sono marinarj , et pero son fattj franchj d'angarie et comandamenti di Cap. d arme. Da Capo Bianco dove fornisce il fego di Platanj segue il fego di S. Pietro, nel quale non viene alcuna cala, e delo Monasterio di S.ta Maria del Bosco, comune con la confraternita di S.ta Margherita et rende d.i 300 l'anno el in detto fego a tempo di state vi stà un cavallaro pagato da dettj patronj a ragione di d.i 2 al mese. Segue doppo il fego detto lo Giardinello [C. Giardioello-f. 266) che e di Don Geronimo Lucchese, rende d.i 200 l'anno, et a tempo dj state vi sta un cavallaro et lo paga detto barone a ragione di d.i 2 al
154 È questo il primo esempio che incontriamo di vigilanza foranea navale armata in Sicilia. La sua applicazione per la Sardegna invece era notevolmente più frequente, anche a causa della natura delle sue coste particolannente anfrattuose.
Stato della difesa costiera siciliana dopo Lepanto
mese, et in detto fego non vi è cala alcuna. Segue a questo lo fego de lo Cameme il quale e del duca di Bibona et rende-d . i 300 l'anno dove stanno la state duj cavallaij pagatj dal detto Duca ad.i 2 al mese. ln questo fego viene la cala dela secca grande [C.o della Secca-f. 266) lontano da Capo Bianco 4 miglia, et doppo segue la cala de lo Stincazzo. li fego de la verdura [F. Verdura -f. 266] segue allo Cameme che pure e del Duca di Bibona anzi di Alfece Elafante rendelj d . i 620 tienvj un cavallaro pagato ad.i 2, et in tempi d' armata se ne tiene un altro di più. in detto fego e la cala delo parco lontano da lo stincazzo 2 miglia. A questo segue il territorio dj beUapietra [T. Bellapietra-f. 266], et S.to Giorgio uno d'Andrea lucchese et l'altro del Monasterio dell'Abbazia uno rende d.i 130 et l'altro d.i 100, vi tengono per guardia giuntamente io tempi d' armata duj cavallarj pagatj d.i 2. Doppo segue il territorio dj Cabollace di Gio. Tommaso lo ferraro rende d.i 80 et partecipa con li due feghi sopradettj io pagar le guardie. in questo fego viene la cala delo crestallo, et la cala delo pontazzo, et in questo spatio stanno li due cavallarj dettj. Da Sciacca verso Mazara si trova primamente il fego dj S.to Marco che e dellj eredj di Cosimo di pecollo et rende circa d.i 40, tra i qual fego e la cillà sono altrj territorj di diversj particolarj. Tn questo fego viene la cala della di S. Marco et nel capo vi è la torre et doppo segue la cala de le canne et di cancalione. Doppo segue il fego de li Maraganj [C. Maragani-f. 266] membro del fego dj S.to Bartolomeo del Duca dj Bibona rende d.i 750, nel quale viene la cala de lo Tradimento [T.e del Tradimento-f. 266), vicino a la cala di S.to Marco, avvj di più la cala dellj porcarj. 11 fego di Bartolino che segue doppo e dj due patronj cioe Don Geronimo lucchese et plantilla dj Salvo et landolina, rende d.i 360 per guardia del quale vi stà un cavallaro per rata pagato da li sopradettj vi sono le cale di Candelegrandj confine del fego detto il Borgetto. Il fcgo di Borgetto doppo il detto di sopra, e del Duca dj Terranova et li rende ... 155 nel quale viene la detta Cala dj Candeligiachj di poi segue 6 miglia dj spiaggia scoperta et di poj Porto dj palo [P.o Palo-f. 265] et la Cala di Malporchetto. Doppo viene il fego di Belice [Valle Belice-f. 265] pure del sopradetto Duca di Terranova et li rende ... 156 nel quale non vi e cala alcuna. Doppo questo segue il fego di Barivaida il quale e del Barone don Bernardino di Terminj et li rende d.i 400 l'anno. questo fego perché baronia appartata si porrà nela seguente faccia dove viene la maiina sua et dove saranno poste ancora le tOITj che fanno di bisogno ne11a marina di Sciacca et di detto fego. Le cale che vi sono prima alla te1Ta dele Pulci vi sono vi sono duj cale lontano dal fiume Belice fF. Belice-f. 265) 3 miglia, di poj segue una spiaggia di circa 7 miglia, che oltre all essere scoperta et piana che non vi si può accostar vascello alcuno, e tutta arena fin un miglio dentro terra di modo che non si deve fm·vj dubbio alcuno per li corsalj. Per guardia dj questo fego, tiene la state la Terra di Castelvetrano [Castelvetrano-f. 2571 un cavallaro da la fiume Belice perfino al principio de la spiaggia, et dala fine dela spiaggia che e a tre fontane [Tre Fontane-f. 265] perfino alo Sancello che e il confine verso Mazara vi paga il detto barone un altro cavallaro tuttj a d.i 2 et t. i 12 al mese, et quello di Castelvetrano e pagato sopra il patrimonio dj eletta Città. Tonj da farsi alla marina di Sciacca Una toJTe si devrà fare alla Seca grande lontano dal capo bianco qualche quattro miglia la quale si potrà fare de la minore spesa che oltre a difender duy cale propinque torrà il comodo dell aqqua de la fiumara che li stà vicino et questa vèITa nel fego de lo Cameme del Duca di Bibona. Una ne vorra essere a lo Stincazo lontano circa 3 miglia dala secca di spesa di s.di 150 et veJTà nel fego di detto duca. Un altra alle T impe Rosse lontano 5 miglia dalo stincazzo et dopo segue,la città dj Sciacca et questa verrà nel fego di S.to Giorgio et facciasi di spesa di s.di 150. Doppo segue la città che pure devria bavere un particolar luogo per ciascuna guardia et il Castello per esser troppo lontano dalla marina non e molto a proposito ma sarebbe opportuno alcun torrazzo delle mura per tal servitio. La torre del Capo dj S.to Marco e lontano dala città 5 miglia et e in bonissimo sito ha bisogno di restaurarsi di porta e di parapetto et alcuni altrj particolarj che con 10 d. i si accomoda il tutto. Allj porca1j sarà bisogno fare una torre nel fego de lj Maraganj lontano circa 4 miglia 1/2 dal Cap. S.to
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Manca nel manoscrillo. Manca nel manoscritto.
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2 15. Torre Capo S. Marco. 216. Torre delli Marangani. Marco et farassi dela minore spesa. Potrebbe servire a ncora una to rre che vi sta fatta 157 già dal D uca La quale sebene e alqua nto lontano dala cala tuttavia la scuopre et si vede con la torre del capo 1ss. Doppo li Porca1.j segue la Cala di Candeligiachj dove starà bene nuova Torre per esservj cale et per baver vicina corrisponden7.a con la seguente di porto di palo et questa basterà di s.di 150 et verrà nel fego di Bart0lino. Altra torre sara bisognio pero ogni modo farsi a Porto di Palo per esser luogo con cale vicine et in una punta molto vista, e t dove si può a q ualche tempo ridur vascellj et vorrà esser di s.di 250 et verrà lontano da la soprad,etta 6 miglia e t sarà nel fego di Belice. Doppo passato il fiume Belice be ne farà una Terra de Je pulci [Area Selinunte T.e Pollice-f. 265) nell alto doye sono le rovine dela Città et questa pure sarà di molto giovamento perché in quella marina s i suol pescare l'anno con mol te barche et quando vi fosse una torre sarebbe di molla salvatione per li pescato,j dove ne sono presi mol~j et questa torre verrà lontano dal porto di Palo 6 miglia. Similmente vorrà essere una torre a granitola lontano dalla terra dele pulci circa 6 ò se tte miglia et facciasi di 250 s.di dj spesa et qui fornisce il fego di Bassibaida.
PARERE IN MERITO A MAZARA In ottemperanza agli ordini ricevuti, mi sono recato a Mazara, per valutarne il sito e gli accorgimenti da adottare per porla al riparo eia colpi di mano, poiché ritrovandosi priva di porto e di caricatore non ha motivo cli richiedere grand i opere difensive. Tuttavia essendo un cittadina di 1.500 fuochi, con ubertosi terreni circostanti, è giusto non privarla di una migliore protezione di queJJa di cui attualmente dispone.
157 Di questa misteriosa torre si deve presumere una erezione per iniziativa privata, da identificarsi forse con T.rc Ragana, riportata dalle carte I. G. M. I. al 100.000, proprio in vicinanza di C.o Maragani sebbene circa 1 km verso l'interno. Potrebbe perciò capirsi la titubanza dello Spannocchi al suo impiego, ed i successivi silenzi circa tale manufatto. 158 La torre del Capo di S. Marco, meglio nota come Torre del Tradimento, può ascriversi con facilità al secolo precedente il sopralluogo dello Spannocchi. La sua stessa configurazione cilindrica con basamento tronco piramidale la ricollega architettonicamente a quelle simili del Regno cli Napoli di origine angioina: e non escluso che questa a tale epoca possa ascriversi per quanto già più volte osservato.
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218. Mazara, antica porta urbica, norrnrnano-sveva.
Infatti è racchiusa da una semplice muraglia di appena 10 palmi di spessore, per giunta di estrema inconsistenza, eretta con terra e fango, senza calce, con il risultato di sgretolarsi rovinosamente in conseguenza delle infiltrazioni d'acqua dei temporali. Come se non bastasse l'intera opera risale a tempi antichi, ostentando pessime condizioni di conservazioni, al punto che molte sezioni minacciano di abbattersi completamente. Si impone pertanto cli costruire immediatamente sulla sua sommità, per tutto il perimetro, un cordolo cli copertura in ottima malta, in modo da salvare quel poco che ancora vi è di valido, come peraltro in alcune brevi tratte già fu nel passato attuato. Al pari de lle similari coeve anche questa cerchia possiede un coronamento merlato, ma per la predetta assenza di calce, i singoli componenti crollano progressivamente, lasciando così la muraglia spoglia di parapetto e sbrecciata, a sua volta devastata da parziali cedimenti. Si impone quindi cli demolire i merli superstiti e ricostruire un nuovo parapetto di 5 piedi di altezza, impiegando buona calce, e dotandolo di banchina interna e di bordatura verso l'esterno. Scandiscono la cerchia delle torrette quadrate, tipiche dell'architettura medievale, più spesse e più alte delle cortine-anche di 10 palmi- fra loro interposte, dotate di scalette di accesso, molto strette ed ammalorate. Anche per queste si impone una parziale demolizione al fi ne di ridurle tutte alla medesima quota della muraglia, completandole con un identico parapetto. È infatti lecito presumere, dalla loro pernrnnenza, un apporto difensivo in caso di improvviso attacco corsaro: tuttavia vanno immediatamente restaurate, ed in particolare la torretta A, postata sulla foce della fiumara Mazara, seriamente compromessa dalle mareggiate. In mancanza di idonei interventi i danni conseguenti saranno di vasta entità. E sempre per tutelarsi dalle offese dei marosi, sarà conveniente completare i rincalzi, già a suo tempo avviati, lungo la fronte prospiciente la spiagg ia. In tale provvedimento si vanno, ormai, esaurendo le 100 oncie stanziate in soccorso della città dalla Regia Corte, dal momento che con iJ medesimo denaro si fronteggiarono pure altre impellenti emergenze. Occorrerà quindi rifinanziarla, poiché Mazara è molto povera. Il Castello che possiede appare una costruzione di insignificante valore militare, d a restaurarsi in vari punti, primo fra tutti quello in corrispondenza di una sua cortina crollata, fungente da raccordo con la cerchia e fiancheggiante perciò il fossato. Di conseguenza attraverso la breccia prodottasi, l'accesso alla città è pericolosamente libero. Per g iunta respingendosi rec iprocamente gli oneri degli accomodi, dalla Città e dal Castello, il rischio grandissimo permane.
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219. Mazara, la foce del fiume fungente da porto.
Sarà comunque auspicabile l'anteposizione ai vertici della cerchia di moderni piccoli bastioni, come ho illustrato nel grafico allegato con la linea gialla. L'importo ipotizzato per quanto esposto non eccederà i 3.000 ducati. Venendo alle relazioni di precedenti ispezioni, che mi furono consegnate affinché le verificassi in sito, mi soffermo su quella contemplante l'allagamento dei fossati, mediante l'acqua ciel fiume. Ebbene mi è parsa un'impresa irta cli difficoltà e di ingentissimo costo, per la natura rocciosa del suolo d'impianto. Infiitti il livello auspicabile cl'inonclamento dovrebbe raggiungere almeno i 20 palmi, ma ritrovandosi il livello del pelo d ' acqua del faune 29 palmi pitt basso del piano di campagna ed i fossati a loro volta 18, occorrerebbe approfondirli cli altri 10 - immensa mole di lavoro - , per tornare, come detto, validi alla difesa. Il piano di allagamen to, inoltre, anche a volerne trascurare i costi provocherebbe facilmente l'ammorbamento dell ' aria causa delle acque stagnanti 159 , senza per contro rappresentare per un eventuale attaccante, un serio ostacolo: nelle vicinanze infatti vi è abbondante disponibilità di fasc ine e di terra comodissime per una rapida colmata . L'umidità inoltre risalente da quello non mancherebbe cli minare le fondazioni della murazione, priva, per quanto varie volte evidenziato, di calce. Aggiungendosi infine l'importo del canale cli adduzione dal fiume al fossato, cli circa 50 canne, la spesa di quella inutile opera crescerebbe vertiginosamente. In forza delle predette osservazioni il parere richiestomi da V. E. in merito a quel progetto è che debba essere respinto 160 •
159 Precisa al riguardo A. CASSI Ramelli, Dalle caverne ai ri/i.,gi blindati, Milano, 1964, p. 264: " li fossato acqueo che offre-in verità-l' incontestabile vantaggio cli poter allagare eventuali cunicoli di mina-che tentino di sorpassarlo presenta pure e sempre lo svantaggio di rinchiudere ed impedire il ritorno contro-offensivo del difensore, e l'afflusso di vettovagliamenti e di 1inforzi agli assediali, e-una vo lta riempi to dalla caduta del muro, o di quella della scarpa o dalle colmate dell'attaccante-di ri chiedere opere lunghe e difficoltose cli svuotamento. Oltre a questo, il fossato acqueo quasi sempre ammorba l'aria d 'attorno oppure spesso riesce dirottabile dal nemico ... oppure gela ... ". 160 Questa di Mazara è l' ulti ma scheda relativa a fortificazion i urbane, scrit.ta in spagnolo de l manoscritto. È presumibile che l' autore contasse cli redigere progressivamente anche le rimanenti, ritrovandosi infatti vicino alle trattazioni delle rispellive marine dei fog li bianchi numerati. Tuttavia l'intenzione rimase tale manca ndo anche i grafici e le planimetrie.
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220. Torretta di Mazara. 22 l. Castello di Mazara. MAZZARA
Sedici miglia di marina sono quelle che guarda Mazara cioè 8 verso granitola et otto verso marsala [Marsala-f. 256) fino a lo margo delo Pitorsemolo LMargi-Petrosino-f. 257) per guardia delle qualj tiene la città quattro cavallarj cioè due da Mazara a la torretta [Torretta Granitola-f. 265] et due da Mazara alo margo, lj qualj due sono pagatj dala città sopra il patrimonio et due dalj patronj di cavali.i et giumente allj qualj toccarà un tarì lo mese. Vanno di più quattro cavallaij allangara per sopraguardia Ii qualj sono dela militia et questo si fa a tempo di scandolo solamente, et li altrj primi sono ordina1j la state. Tiene di più alla Torretta, tre persone, le quali incominciano a far guardie da primo di febbraio per tutto ottobre, et più se viene comori'dato da S. E. pagatj dal patrimonio dela Città a d.i l al mese per ciascuno et sono stesso di Mazzara pero si sogliono mutare à piacimento dati giuraLj: oltre a questo fanno guardia alla Città et escono per le mura da 20 persone incirca allangara. Al Castello di detta Città vi stanno quattro Compagnj et il vicecastellano, sono pagatj dal secreto a tarì 28 al mese, fanno guardia tutto l'anno, et a tempo di state fanno fani et fumo corrispondendo allj alttj, et vedendo essi vascellj tantj segni fanno quanti sono li vascellj vistj, sono di detta citta maritatj, et abitano in detto Castello nel quale vi sono 8 smerigli di bronzo et uno dj ferro senza cavallettj et senza poter servire a cosa alcuna et e male a questa città possono andare fino su le porte li brigantinj a depredarlj che non vi e un pezzo da offenderli. Dalla torretta verso Mazaré_l incomincia il fego di S.to Nicola della incomenda dj Giovannj et rende d.i 200 l'anno. Doppo segue il fego di giletto [Cont. Gilletto-f. 265]. a beneficio di S.to Pietro di Cantarro, lo possiede don Paulo Pelicano, et li rende d.i 80 l' anno nel quale non viene cala alcuna, ma fra le tre fontane et questo e uno spatio tutto p'ieno di ·cale cioè nel fego cli Saribarida la cala dj Granitola et sancello, et in quello di S.to Nicola la cala de la Zaffatara, , cala fetente, cala grande, fronte alta et Caldara. Doppo la Città verso Marsala sono tuttj tenitorj del vescovo, et vi sono le cale cli Capo feto [C. Feto-f. 265), la cala di sej danarj , li vizartj et la Chesia ovvero margo delo petrosemolo dove fornisce detto Le1Titorio.
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Torri da farsi nel territorio di Mazzara Prima segue a granitola 3 miglia lontano la torre detta la Torretta, la quale e di bonissima fabbrica, et se bene è alquanto dentro terra, non dimeno necessita di starvj con una guardia, non ha bisogno di restaurarsi. Lontano da questa verso Mazara sarà bene farne una fra fronte alta et la Caladm·a, che sarà nel mezo fra la torretta et. la città, cioè tre miglia lontana et dall altra et devesi fare di s.di 250 et verrà nel fego di S.to Nicola. La Ciuù e tre miglia lontano et il Castello suo e opportuno per la guardia pero ha bisogno di restaurarsi in molte parti: evvj una torre senza solaio et e la più eminente, vi sono alcunj lastrichi che vanno in rovina
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et sarà bisogno acconciarli in tutte queste spese vi andara circa 150 s.di oltre allj cavallettj che si devriano fare ali otto smerigli notatj. A Capo feto sarà bene fare una torre al luoco detto li bizzazi cioè fra li bizzarrj e sej denarj et vorrrà esser di spesa s.di 250 et sarà lontano da Mazzara circa 4 miglia. Un altra bisognaria farsj alo margo cielo Petrosemolo lontano da questa circa duj miglia 1/2 pure di s.di 250 di spesa et alzarla tanto che sj vegga la torre dj Sibiliana [T.e Scibiliana-f. 257] che con poca altezza si scopria per esser tutj questj luocbi bassj et pianure. MARSALLA
Dato mm-go delo Petrosemolo fino a Marsalla sono otto miglia et da Marsalla alla fiumara dele Birgi
[F. di Chinisia-Birgi-f. 257] sono 9 miglia, dala parte di verso lo Margo tiene per guardia la Città duj cavallarj, et in tempi di sospetto se ne pongono duj altri per sopraguardie pagatj tuttj a cl.i 2 a lo mese, li qualj guardano da Sibiliana fino alla città et di più fino alo stagno. Tengono ancora alla detta torre di Sibiliana tre guarclianj continuj tutto I anno pagatj a d.i l al mese tuttj dal patrimonio dela città, li qualj fanno segnalj di fuoco et fumo alla quantità dellj vascellj, sono di Marsala et maritatj. Quando vi è sospetto cl' Armata fano guardia alla città con trenta persone. Al Castello della detta città il quale e del conte di Soccemj vi stanno 4 huomini salariatj a 18 tarì il mese, et li paga il proprio Conte; fanno guardia tutto l'anno fanno segnalj secondo la quantità deli vascellj che vedeno un segnale per vascello, stanno altrj 24 compagnj fuore del Castello, li qualj sono obbligatj andare ognj sera a far guardia in detto Castello senza salario alcuno, ma godono tutte le angarie come di guardia, mostre, posate, et lettj, et insonare la cam.pana di eletto Castello sono obbligatj andare alla guardia di quello. Alla torre dela Tonnara di S.to Isidoro [T.e S. Teodoro-f. 257] vi stanno duj huominj che guardano tutto l'anno, et fanno li segnalj solitj sono pagatj dal patrone de la tonnara Jacopo Calciano ad.i 1 t. ì 6 al mase la qual tonnara la fa il patrone proprio et li renderà l'un anno per l'altro... 16 1. Li beni che sono dato Margo delo Petrosemolo perfino alla Città clj Marsala e tutto vigna]j di diverse persone oltre che dentro a terra e molto spatio tutto rena, et spiagia scoperta non essendovi altra cala che la fossa dela nave et la Galera, et doppo segue la torre di scibiliana, et alcune volt.e alla bocca del fiume hanno dato vascellj con tutto che sia spiaggia. Dala parte verso Trapanj [Trapani-f. 248)non vi è cala alcuna per esser tutto il mare seccagne di maniera che non vi è quattro palmi d' aqqua. Sonovj alcune Isole o Seccagnie, domandate l' una L'I. di frate Janni [I.a Grande-M 0 • Fra Giovanni-f. 256] che circa 3 mi.glia di longhezza, L' T. deU alta villa [C.se Altavilla-f. 256] di longhezza di duj miglia et fra terra ferma et queste isole sono pure alcune altre Isolette alle qualj pçr nessuna parte si può accostare vascello da sej banchj 162 in sù chiamate S. Pantaleo [I. S. Pantaleo-f. 257), S.ta Maria [I. S. Maria-f. 257] et !'I. de li Sorci. Alla punta delo Berone che e pure un altra isoJa piu a mare di tutte si può accostare ogni grosso brigantino, fra lo quali e la tonnara, e un altra I. la chiamata S.to Tedoro. Li beni dentro terra sono lo fego dela spagniola di don Bartalo Stait di Marsala et li rende d.i 60 dove termina il territorio dj Marsala, evvj di più la tonnara di S.to Tecloro la quale e di Jacopo Ca! viano et li rende l' un anno per l'altro ... 163 • Tonj nel territorio dj Marsala Dala parte di verso Mazara alla prima cala detta fossa dela nave [P.ta Fossanove) starebbe bene una torre se bene e molto vicino alo Margo et a torre di Sibiliana, la quale per questo respetto non ho segnato nel desegno questa sarebbe lontana I miglio 1/2 da lo margo et altrettanto dala detta torre et basterà di 60 d.i di spesa. Doppo segue la tone di Scibiliana la quale e dj buona fabb1ica, fa bisogno accomodarsj la scala di dentro acciò possano saglire li guardiani in cima sicuramente perché sta posata in un muro a secco, di più sopra il lastrico fa dì bisogno fare un poco dj ridutto dove il guardiano in tempo di pioggia possa stare al coperto, et altrj riparj di poco momento che .in tutto importeran no circa 15 s.di et e lontana dalla sopracletta . un miglio 1/2.
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Manca nel manoscritto. Il dimensionamento immediato dei battelli a remi dai più piccoli alle galere avveniva indicando il numero dei banchi di voga: la fusta ad esempio ne contava da 18 a 22, sempre per banda, pari a I32 rematori al massimo; la galera a sua volta da 25 a 30 secondo la classe, con un totale di rematori di 180. Nel caso in questione siamo perciò di fronte ad una imbarcazione estremamente piccola forse di appena 24 rematori. 13 6 Manca nel manoscritto. 162
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224 223. Torre di Scibiliana. 224. Torre della Tonnara S. Teodoro. Alla bocca del fiume similmente si potrebbe fare una torre per levare il comodo al corsale dell aqqua, et del posser dare in tena, pero questa non e molto necesaria perche dentro e tutto arena per lungo spatio et e campagnia aperta pero m'e parso segnarla per abbundare in cautela et sarà 3 miglia lontano da Scibiliana, et visi spenderà 250 s.di. Ne la punta proprio del Capo Lilibeo [C.o Lilibèo-f. 256] sarà bene farvj una torre con tutto che sia a 1/4 di miglio lontano da la città, non di meno spesso li T urchi sono venutj et danneggiato barche date in detta et la terra non puo darli alcuno aiuto, oltre che dala terra non si cognosce così bene il vascello dj mal afare pero questa ancora e posta per abbundare di s.di I50. Dal capo Lilibeo ala punta cielo berone vi sono incirca 8 miglia [Punta Palermo-f. 257) nel quale spatio non si può accostare vascello alcuno eccetto che in detta punta dove massimamente sarà bisogno farvj una torre di 500 s.di al manco per essere in luoco tanto a proposito quanto alcun altro del Regno, si per le cale che vj sono dove nell Aliga [Punta Alga-f. 256J si può nascondere un vascello desarberato che non e visto da nulla parte, si ancora per esser tanto vicino alla favignana [I.a Favignana-f. 256), che in un attimo possono condu rsi li c-0rsalj et. si ancora per esser a mezzo del camino di Marsala et. Trapanj dove continuamente si saccheggia con barche quella marina. Due miglia lontano da questa segue la tonnara di S.todoro nella quale e una torre 164 molto bella di grandezza et sostanza dj fabbrica vi sono dentro 6 pezzj cli ferro 4 buonj et due rottj et a tempo dela tonnara il patrone ve ne mette due di bronzo, et vi tiene in detto tempo un bombardiere pagato ad.i I. 18 al mese fa segnalj di notte et dj giorno et responde alla favignana.
TRAPANI Dal fium e dela Birge [B irgi-f. 257] a Trapanj [Trapani-248] sono nove miglia et da Trapanj a lo Cappellere (P.ta del Cappelliere) quattro che tutta e marina di quella città, alla guardia della quale vi stanno quauro cavallaij di state ed inverno due cli verso la birge et due verso la Cappellere pagatj ad.i 2 ta. 12 al mese, et la state sogliono altrj due pagatj al medesimo prezzo, dellj qualj due, uno ne va dalla salina grande alla fiumara, et li quattro continoj due da trapanj alla salina grande, et due da trapanj ali aqqua santa, et si congiungeno allo cappelere con quellj del Monte. Fanno guardia dj più allj bastionj della città, hanno
164 Trattasi di Torre San Teodoro, effettivamente ancora ai giorni nostri molto imponente e <l.iscretamente conservata. A giudicare dall'apparato difensivo, comprendente caditoie e bertesche, potrebbe ascriversi all'arch.itettura cosidetla di transizione, ovvero al XV secolo.
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Stato della difesa costiera siciliana dopo Lepanto
226. Trapani, la Colombaia.
226 distinto la la città in cinque bandiere pe le mura, et questo si fa in te mpi di sospetto, ma l' inverno vanno 30 huomini solamente. · A tempo darmata, scorto numero dj vascellj escono lj cavallj clala città in diversi luochi secondo dove il Cap.o d arme ordena perche in detta città non vi e rnjlizia da piedi ne da cavallo. Si fa guardia di piu alla torre dela Colombara dove SLanno tre soldatj spagniolj due bombitrde1j et il Castellano, sono pagatj dal secreto dela Città a nome de la Regia corte ad.i 1 tar. 6 lo mese. Il Castellano cl.i 8 lo mese, lj bombardieri d . i I ta. 18 'per uno, non fanno fanj ne fumo, et vedendo va scellj sparano l' artiglieria per avvisare le barche che passeno vicine. Nel CasLello dela città pure si fa guardia similmente dove stanno 28 soldatj spagnio lj d uj bombardieri due portari, Castellano et vicecastcllano et Cappellano; li paga detto secreto cioe alo Castellano d.i 1 . t. i 18 lo mese, vicecastell.ano a tarì 15. lo Cappellano d.i I , li soldatj d.i 1 t. 6 e t alcunj di quellj con alc unj vantaggi, Bombardierj d.i 1 t. 18 et li portarj tarì 15 non fanno fanj ne fumo ma stanno solo per la guardia dj detto Castello. Dala parte di verso Marsala parimenti vi e lo fego dela Birge di Don Bartolo S tait et li rende d. i 60, dcpoj la salina grande che li rende d.i 160, Doppo segue lo fego dj Maralsa del Barone dj Vi ncenzo detto · frane. di Vincenzo et re ndelj d. 200, Doppo la salina della calcara, che e d Alfo nzo di Giulio lo gatto, et rende li cl.i 100. La salina dj Gaspano d'anselmo rende d.i 15. La salina di Vincenzo Musana rendelì d.i 20, la salina dj Simone T iempo rendeli d.i 20, la salina dj Calaci d' Agostino di Alfonzo rende cl.i 20 la salina dj Iacopello Musana rende d.i 120, la salina di Iacopo Stait rende d. i 115, la salina dj Gas pano Fardella rende d.i 115, la salina dj Simone vento d.i 200, la salina dj Cola di vento d.~25, la salina dj Iacopo dj melo d.i 40, la salina di Paccolo Iacodina d.i 50, di Nofrio d Abb1igenario rende cl.i 200, di Giovanni pignera rende cl.i 200, evvj una tonnara che non si fa el sla in lite, et suo l rendere d.i 400 I anno et e cli miche! urbano al p resente. In tutta questa marina non e dove far torre altroche al luoco detto l' alega grossa lontano dala tonnara di S.to Tecloro 4 miglia e t ne l fego di Maralsa, et sara bisogno farla di 250 s.di per esser in luoco basso nel q ual luoco puo venire ogni grosso brigantino come spesso ne sono venuti et han fatto molto danno. Doppo questa segue la Colombara1<>5 lontano 4 miglia incirca, la quale havrebbe bisogno che nel primo cortile si levasse un certo lastrico che sta sopra travj et si facesse volta da potervj maneggiare artiglieria, ne la quale opera andra c irca mille cento s .di di spesa ancorche senza quella mi pare che per il servitio che hassi da fare della colombara vi sia piazza a bastanza sebene vi sono poche stanze per 4 soldatj .
165 La "Colombara" non era in rea ltà una torre propriamente detta quanlO pimtosto una amica fortezzu a pianta c-ircolare. La sua origine secondo la tudi zione risaliva addirittura al primo millennio a. C .. Fu comunque aggiornata e ri qualificata dal viccrè Vega nel corso del suo programma di torregg iamento.
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Stato della difesa costiera siciliana dopo Lepanto
A fronte a questa marina viene l'isola della le formiche [I. Formica-f. 256] dove si recoverano brigantinj onde sarebbe molto opportuno farvj una torre perche leverebbe quel comodo al corsale et salverebbe di moltj vascellj che vanno attraverso, in essa per esser molto bassa et di notte non vedesi molto questa torre sarebbe bisogno farla di s.di 500 et verrebbe lontano da la colombara circa 4 miglia. Viene dj piu a fronte ala detta marina l'isola dj favignana ... et Marettimo [I.a Marèttimo-f256] de le quali ne ho fatto apposita relazione pero non ne dico altro in questo luogo. M. S.TO GIULIANO
A lo Cappellere incomincia il territorio del Monte S.to Giuliano [Erice-f. 248] et va continuando perfino alla Baronia dj Baida, cioè fino alla cala di Matteo di Sciacca ovvero Scopello [C.a Mazzo di Sciacca-Scopello-f. 248]. Questo spatio dj marina che e lo più pericoloso et più difficile a guardarsi che nullo altro di questo regno, si per esser luochi disastrosi dove non solo cavallai:j non possono traccheggiare ma neanco a piedi o con grandissima difficoltà, come ancora per esser vicino all'lsole con molte cale, et in luochi di continuo traffico. Tiensi per la guardia sua dal primo cl' Aprile perfino che S. E. lo comandi 4 cavallarj, deli quali due ne guardano da S.to Gusmano LC. Cusumano-f. 248] alo Cappellere, et due dalo Cappelere a la cala delo Cortiglio [Cortigliolo-f. 248] dove fornisce il temùne che li cavallarj possono discoprire, et questj sono pagatj a cl.i I t.i I 8 al mese et a tempo cli numero cli corsalj si mandano duj altrj cavallarj allangara. Tengono dì poi ne lo Cappellere duj pedonj non possendo traccheggiarvj cavallj li quali sono pagatj a d. l lo mese per ciascuno, li qualj in veder brutto suonano brogne. Tengono cli più alla montagnia di contorrana un pedone la qual montagna e lontana 14 nùglia eia o Cappellere, et e pagato a cl.i 2 lo mese di state, et alcune volte stà tutto l'anno quando li corsalj continuano. Questo vedendo di 10 vascelij a basso suona la brognìa, et da 10 in su se ne va a portar nuova alla città. A tempo darmata si fa guardia in tre luochj fuor di detta città cioè a S.to Mazao, a lo Scalera et ala Rocca di S.to Antonio, mandavj la città due pedonj per loco allangara, fossi guardia ancora per la città et escono 25 persone di notte. Lo Castello di detta Città e dela regia corte, tengono in pegno lerede cli Antonino lo Nobile rnontignano per d.i 400 stannovj a guardardia 5 eompagnj cittadini et abitantj in detto castello sono pagatj dalo secreto di detta città a nome dela Regia corte a 12 tarj al mese, fanno guardia tutto l'anno ali carceratj, non fanno segno alcuno per vascellj, evvj lo Castellano che si paga a cl. i 6 l'anno. Li beni che sono in questa marina primamente da S.to Gusrnano vi e un territorio detto lo pizo longo di Ambrogio di Lionora Trapanese et li rende d.i 40 l'anno incirca dove sono la cala rossa et lo cappellere lontano 3 miglia da S.to Gusmano, in detto telTitorio vi e a parte ancora un tale dj Capanzaro. Segue a questo la Chiana di Bonagia[Bonagia-f. 248] che è di diverse pesone trapanesj, nel principio della quale e la Cala della Mariana contigua alo Cappclere, et doppo segue la tonnara di Bonagia pure in dettj territor~ che si estendono fino allo portigliulo dove incomincia il fego de lo Vallone de la Manclra. Il fego de la Mandra de lo Vallone, e posseduto dalo barone de la Codia Marcullo provenzale trapanese et li rende d.i 60 l'anno, nel qual fego e la cala de lo portigliulo, et si estende fino alla foggia di Sanguignio. Segue doppo il fego di Sanguignio dela Comunità ciel monte, et va fino a passata la montagna dj Cofano [M. Cofano-f. 248] si ingabella cl.i 90 l'anno, nella fine del quale viene la tonnara dj Cofano, che e di Gio' Gaspino farclella et li rende d.i 600 l'anno, sonovj la Cala dela renussia, cala bianca et la cala de lo conno. Doppo segue il fego cli Castelluzzo [Catelluzzo-f. 248] pure dela Comunità del monte et li rende d.i 60 et quando si sieurasse il paese da corsalj renderebbe molto più . Sonovi la cala de lo Tono la Cala de li Giachj la ealazza [Calazza-f. 248), la Cala dj tenda, la Bucca del boe marino[Cala del Bove-f. 2481 et l'Isolilla [T.e Isolidcla-f. 248]. Segue a questo il fego clela punta del monte medesimo et li rende cl.i 20 dove sono la cala dj punta negra [P. a Negra-f. 248), Cala mancina [C.a Mancina-f. 248], et lo sca ro vicino alJa tonnara dj S.to Vito [C.po S. Vito-f. 248], la qual tonnara, e delo Barone dj fiume grande don Francesco Sierj Trapanese, rendelj cl.i 185 et pare questo fego singabelerebbe molto più quando si remediasse allj corsalj. A quattro nùglia lontano segue la cala de lo Scere [T .e dell'Uscere-f. 248] pure nell ' istesso fego, et di più Cala rossa le catara\.le, la forfine, et Grotta Marfetana [Cala di Grottazza-f. 248] tutte le più importantj cale che siano in tutto il Regno. Segue cloppo il fego cieli Lacrj pure del monte et renderebbe molto più s icurandosi: sonovj !'infrascritte cale, cioè Lompeso fT.e dell'lmpiso-f. 2481 1/2 miglio lontano da Grutta Marfatana, la cala cieli giaghj anzi cieli lavj, la cala cielo grotte le marinelle, Cala d Orlando, la cala delo zingaro ovvero rnaimone, la cala delo vado ovvero spravalde, dove fornisce il fego. Segue a questo il fego di Scopelle di Gio' Gasparro ferdella di trapanj et li rende cl.i 90 l'anno, dove viene la Cala dj Matteo Sciacca, la Cala di Scopelle, lo Sciaqquatore, la cala detta dela Tonnara, dove e una tonnara cieli eredj di don Simon S.o Clemente di Trapanj, et si ingabella cl.i 600 )anno, doppo questa cala segue I.a cala clela fungia, li ponj, la Dogala, et la bruca confine con il territorio di Baida.
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228. Torre della Tonnara. 229. Torre della Tonnara di Cofano. Torri da farsi in detta marina del Monte Le torri che si devono edificare in questo territorio del monte sono una alo Cappellere lontano da Trapanj 5 miglia dela minore spesa per essere in luoco alto, un miglio vicino a la torre dela tonnara 166 la quale non può scoprire le tre cale delo Cappellere, et viene in luoco basso et non vista da Trapanj et pero ho fatto pensiero che sia bene edificare una nuova torre alo cappaellere, pero intanto sare bbe bene che in detta tonnara si tenesse continua guardia perche salverebbe a huominj e vascellj finche non si fa nuova toITe. Un altra sara bisogno farsi in mezzo alle due cale portigliulo, et portiglio cielo boccuso dove si dice la Canalalte, et questa per esser in luoco basso sarà bisogno farla di s.di 250 et verra lontano dalo Cappellere 3 miglia ma flUesta non e di tanta necessità quanto l'altra detta. Una sarà bisogno farne a lo monte di Cofano lontano dala detta pure circa 3 miglia et basterà farla dcla minore spesa, et pur qui similmente quando non si incominci cosi hora a fabbricar potra star continua guardia /alla tonnara di Cofano, la quale viene molto nascosta pero al presente servirebbe molto quando vi fosse la guardia. Una alla Cala deli Giachj lontano da Cofano 3 miglia, et pure questa sarà bisogno farsi di s.di ·250 et verrà nel fego delo Castelluzzo, et se. bene non sarà di tanto servizio quanto l'altra pure guardara alcune cale et impedira un pozzo d aqua che e li vicino del quale li corsali si scagliano spesso. Una sarà bisogno farsi allo pizo clellj Monacj che e luoco molto importante perche sta sopra quattro o cinque cale molto comode per il corsale, et tutte le vede et può offendere questa torre sarà [ontano dal.i Giachj 3 miglia in circa e vorrà essere dela maggiore spesa dove si possa tenere un sacro 167 almeno, et perche essendo lontano dall abitato si possa defenclere eia qualche impeto di corsalj , et perche alzandosi alquanto possa scoprire la torre che si farà al capo di S. Vito. Lontano da questo poggio circa un miglio 1/2 viene la cala Mancina dove li corsalj spesse volte fanno longa stanza, et e in luoco dove il cavallaro non può anelare se non con molte difficultà a scoprirla, et sarebbe di bisogno a sua riquisitione fare una torre che non servirebbe ad altro che alla guardia sua, pero ho pensato che sarà bene riempirla con affondare qualche vascel10 168 nela bocca che si farà con circa 20 d.i di spesa, et lavarassii questo comodo al corsale, il quale e grandissimo.
166 In merito alla Torre della Tonnara va segnalato che essa fu attaccata ed incediata nel 1624 dai corsari barbareschi, in concomitanza con una razzia particolarmente efferata, e che quindi fu ricostruita immediatamente dopo come certifica la data sul suo architrave indicante 1626. 167 Il "sagro" era un 'artiglieria di piccolo calibro, con proietto pari a libbre 12-kg. 4-con peso del pezzo di kg l. 500 e gittata min. di m. 640 e mass. di m. 4. 600. 168 La tecnica di occlusione delle piccole cale prevedeva l'affondamento di vecchie carcasse caricale di grossi scogli, che una volta sommersi risul tavano inamovibili.
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230. Torre della Tonnara di S. Vito. 231 . Torre Chiesa S. Vito. Alla punta del capo pure sarà bene nell alto fare una torre, che con alzarla alquanto si potrà faci lmente scoprire con li monacj che li sarà lontano circa tre miglia, et sarà bisogno farla dj mediocre grandeza et intanto che non si fabbrica per l' urgente necesità.che hanno questi luochi di remedio sara bene tener continua guardia, dalla torre della ton nara overo alla Chiesia che sono circa 1/2 mi. lontano. Una sara bisogno farsi allo Scere capo, lontano da S.to Vito 4 miglia incirca et e luoco importantissimo perche viene alla punta del golfo di Castel a mare [Castellammare-f. 248) et il corsale ha da starvj di tuttj li de più per esservj due cale come mostra il desegno, et la torre verrà benissimo situata nel mezzo dove e eminenza, et scoprira tutto il golfo questa vorrà esser dela mediocre ~pesa, et sara di bisogno tenervj un sacro almeno. Le cale che seguono doppo sono tante et situate di maniera, che volendo ad ogni cala fare una torre sarebbero di bisogno infinite, et pero so andato eleggendo luochj çli piu giovamento si per scoprire piu cale come per defendere et offender vascellj, et quello che più importa perché si possono respondere l' una all altra come per esempio ho disegnato una torre alla cala dell impeso [T.e Impiso-f. 248] lontano dal Capo delo Scere 4 miglia, nel luoco proprio dello faraglione, dove restano le Cataratte la grutta marfetana nascoste pero per far corrispondenza con le altre torrj seguentj non vi e luoco piu a proposito di questo dove bastera farla de la minore spesa. Non me parso disegnarla alla Grutta Marfetana perche facendola quivj non posseva servire ad altro anzi non si puo fare in detta grutta di marina che guardi la grotta stessa, di maniera sta fantastica. Segueno le tonj del Capo S.to Vito Doppo lo faraglione dela cala delo impeso segue lontano 3 miglia il luoco detto lo zingaro 169 dove si dovrà far torre, si per essere in eminente sito et scoprire molte cale come per co1Tispondersi con lo impeso et forassi di s.di 150 et verra nel fego deli Lavj . Unaltra sara bene farsj fra lo sciaqquatore et cala dela to nnara, et se la torre dela tonnara non fusse fatta nelo ~coglio dentro la cala che non puo esser vista da alcuna parte essa servirebbe ma per il detto respetto sarà bene farsi nel sopradetto loco che e più visto et guarda lo sciaqquatore ancora et sarà 3 miglia 1/2 lontano dalo zingaro et pure basterà farla dela minore spesa. Tutte queste sono le torrj nel territorio del Monte S.to Giuliano doppo il quale segue la Baronia dj Baida [Baida-f. 248).
169
Poco più innanzi vi è la Riserva Naturale de "lo Zingaro".
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232. Torre della cala della tonnara. 233. La torre vista dallo Spannocchi - sulla destra -, e quella da lui prevista.
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BATDA Doppo il tenitorio del monte segue la Baro nia di Baida la quale ha quattro miglia di marina tenganvj alcune guardie lingabellatorj di detta baronia a tempo che fanno tagliar legni a, in questo spati o . vi e fabbricata una torre detta di guidaloca la quale sebenc e di bona fabbrica, e fatta in luoco che non po havere corrispondenza essendo fatta solo a comodita dellj ingabellatorj. ln tutlo questo spatio sarà bene farvj una tOtTe della mjnore spesa spesa sebene sarà un luoco di molta importanza cbe sara alquanto sopra lo scoglio che si dice la portella di Castelllo amare, et respondcra con la torre di Scopelle et dallaltra parte con castello amare.
CASTELLO A MARE Castello amare segue dopo il fego di Baida, et e del Duca di Bibona ha di mari na dala parte di verso ha ida circa 1/2 mig lio et dala parte di verso Alcamo [A lcamo-f. 249] perfino all a fogg ia d i S.to Bartolommeo che e un m.o 1/2. Si fa per sicurta di questa poca marina guardia nel castello dela terra dove sopra la porla stanno 3 huominj con obbligatione di far guardia lutto l'anno di noti.e, deli quali 3 guardianj
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235. Castellammare, oggi. 236. Castellammare, panoramica dall'alto.
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quello che fa la prima guardia e pagato dall ingabellatore di quel territorio et li da 4 s.di all'an no in denarj, due salme di fonnento, et 3 salme dj mosto, et inanzi la detta ingabellazione la pagava lo detto signor Duca. Li altri duj guardianj che fanno la seconda guardia et la diana sono pagatj dalla terra per tassa, a I 3 grana per casa et li danno d.i 6 l' anno per ognuno di loro, et a tempo dj bonaccia si mettono altrj due pedooj in la torre di mare nel detto castello allangara, queste guardie, le qualj guardie fanno fanj et fumo, et inscoprire vascellj fanno un fano più del numero cieli vascellj che scuopreno, et sparano artiglieria, sono di detto loco et maritatj non tengono benj stabili. Il Castello e ben fornito d arme, vi sono otto pezzi dj bronzo cioè una mezza colubri na, un mezzo cannone 4 falconettj e due smerigli; Di ferro vi sono un passavolante et una bombarda et sette smerigli, tienvisi un bombardiere pagato a cl.i 12 l'anno dal detto ingabellatore, et di piu paga tutta la polvere che e di bisogno a detta artiglieria. 1n un luoco detto la Balata [Balata di Baida-f. 248] I.ontano da detto Castello un miglio verso Trapanj in lo fego delo Gagliardetto per lo passato la tera dij Calatafimj del conte di Modica di notte vi tenevano duj cavallarj che facevano guardia in tempo di state per dubbio di corsalj , et pagavanlj la detta terra, et quindicj annj sono venendovj il detto Conte li cittadinj di quella terra supplicandoli dj levarsi questa graveza come impropria. et oltremodo non esser obbligatj mandarvela più, et da allora in qua non s'è tenuto altra guardia con qualche danno del paese. Questa terra di Castell amare s' ingabella seimila s.di l' anno con la tonnara che vale qualche d.i 1000 ha una cala verso la cala dela porta detta la cala dele boccerie, et per la parte di alcamo [AJcamo-f. 248]la cala dj pretTOlo. In questo spatio non vi e bisogno dal tra torre per esser poca marina et guardata dal Castello a sufficienza.
ALCAMO Alcamo ha cinque miglia di marina, cioè dall a foggia di S.to Bartolornmeo perfino al confine di Calatubo [Cast.o di Calatubo-f. 249) 170, del Duca di Bivona, con tutto cio guarda detta terra dala foggia di S.to Bart. perfino al fiume Iato [F. Jato-f. 249J che sono 9 miglia tiene per guardia di questa marina, duj Cav.ri la state, incominciando dal primo d aprile perfino anuova commissione di S. E., et si pagano a ragione di d.i 3 lo mese per uno pagandosi per tassa secundo la facoltà. Sogliono mandarvj dui alt1j ca.vallarj allangara, quaj stanno fermj in detta foggia. Tengono di più nell istesso tempo, un corpo di guardia allo magazolo, dentro allo spatio delle quattro miglia nella piu vicina spiaggia che habbi la terra, dove stanno duj alt,j cavallatj allangara; fanno guardia di più ancora la state alla cala detta la ficarotta fuor del territorio di detta terra, dentro al territorio di Partenico [Partinico-f. 249] ali abatia cielo parco; lontano da calahi no un tiro d archibugio vi tieneno duj alt1j cavallarj allangara, et detto loco viene nel fego dela Cala cielo Giudeo, et e dell abazia del parco, di piu dalla Cala dcla ficara a la Cala di Calatampone che e 1/2 miglio vi tengono duj cavallaij allangara, et da Calatampone ala foggia dj Iato che un altro l /2 miglio pure vi stanno duj allrj cavallarj allangara et questo e ordine di moltj annj sono. Nelle 5 miglia che e territorio proprio d Alcamo vjene il bosco d Alcamo che rende d.i 200 l'anno alla comunità. Doppo segue il fego di Cala tuvo del duca di Bivona et rende d.i 260. Torrj nel territorio d Alcamo Sara a proposito farsi una torre alla foggia di S.to Bartolommeo per la parte di verso Partenico, et vorra essere di 250 s.di per essere in luoco basso, questa impedirà l'aqqua al nemico, et vieterà che vascellj non entrino nella fiumara come ha successo altre volte et sarà lontano da Cast. amare circa 2 miglia. Il resto e tutta spiaggia.
PARTENJCO La marina di Partenico o per dir meglio dell ' Abatia delo parco incomincia dal confine di Calatuvo perfino a S.to Cataldo [S. Cataldo-f. 249] che sono circa sei miglia di marina, per guardia della quale fino alla foggia di Iato com 'ho detto di sopra tiene Alcamo duj cavalla1:i e di la perfino a S.to Cataldo non vi si fa altra guardia che quan to e interesse del. trappeto [Trappeto-f. 249]. Da S.to Cataldo pe1fino alla cala detta la Shiceata [C.a Sciaccotta-f. 249] vi stanno duj cavalla1j la state solamente pagati dal casale dela sala ad.i tre al mese per ciascheduno e li pagano li patronj delle possessionj dentro terra imperoche la marina e territorio dell' Abbatia del Parco la quale al presente e della regia Corte che la ingahella settemila s.cli l'anno, evvi in questo spatio il Trappeto dj Partenico il quale e dj Don Cola di Bolognia, e li rende d.i 650 l' anno, di più detto don Cola ha il resto della marina fino a S.to Cataldo con territorio in detta Abbatia
170
Sull'antico Castello di C,;1Jatuho cfr. F. D'ANGELO, Il Castello di Cala tubo, in Archeologia Medievale. IV. l 977, p. 342.
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237. Trappeto di Partenico.
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( • 237 dove sono molte vigne che li rendono cl.i 250 l'anno. Al detto S.to Cataldo vi è caricatore di vinj di Partenico. Sonovj in questo territorio cioe nel fego detto la cala delo It1deo confinante con Caltuvo, la cala di Calata cupone et la cala del trappeto. . Sarà bisogno fare una torre al luoco detto Calata cupone nell'alto che sarà lontano dalla foggia dj S.to Bartolommeo circa sej miglia tutta spiaggia scoperta et questa basterà della minore spesa. Di più sarà bene tener continua guadia almeno dj state alla propria torre del trappeto perche sta in buono luoco, et e lontano da calata cupone circa duj miglia 1/2 .. La torre dj S.to Cataldo e fatta solo per comodo del caricatore pero non puo servire per guardia non scoprendo cale et venendo in luoco nascosto.
CARINI Incomincia il territorio dj Carinj [Carini-f. 249) a S.to Cataldo perfino al territorio di Capace [Capaci-f. 249) che sono circa quindici miglia di marina, cioe sej da S.to Cataldo a li confinj del fego di cinisi [Cinisif. 249] qtiattro miglia si estende il detto fego cioè fino alla tonnara dell'orsa [T .re dell' Orsa-f. 249] et dalla tonnara, dell orsa petfino ali confinj di Capace cinque miglia incirca che sono in tutto quindici miglia di marina nella quale la terra di Carinj vi tiene per guardia la state tanto quattro cavallarj cioe due alla serra de li passi lontano dal bosco dj Partenico circa dieci miglia, et duj alti:i al luoco detto la ghiaza [T.e Ciachea-f. 249] lontano dal confine cli Capace 1/2 miglio sono pagatj dal patrimonio della terra ad.i due 18 al mese per ciascheduno. Fanno di più guardia a tempo di sospetto alla montagna di S. Giovannj lontano da Carinj 4 miglia dove stanno duj pedonj giorno e notte si pagano a d.i'due 12 al mese pure ciel sopracletto patrimonio fanno li segnj solitj inscoprendo vascellj secondo le quantità et sparano uno maschio 171 di più alla torre del Capo dela Rama [C.o Rama-f. 249) lontano da S.to Cataldo circa 8 miglia (nel qual spatio non si fa guardia alcuna) vi stanno duj huominj continuamente tutto l'anno, et fanno guardia notte et giorno, sono pagatj dalla città dj Palermo a d.i 24 l'anno et il barone ne paga 16 onde la Città pagarà in tutto cl.i 32 per detta guardia. Tiensi dj più alla torre della Tonnara dell'orsa a tempo che si travaglia guardia continua deli pedonj travagliantj giorno e notte; stanvj ancora tutto l'anno un huomo con la sua famiglia pero senza obbligazione cli guardia o far segno. In detto territorio incominciando da S.to Cataldo vi e il fego dj Paterno che e del Barone di Carinj e Ii rende d . i 136 l'anno et si estende fino alla Gruttazza dove sono la Cala della Schiaccata [C.a Sciaccotta-f. 249], Molette [C.a dei Mu!etti-f. 249], Musso dj Porco [Muso cli Porco-f. 249), overo coda dj Volpe, Le Ciaule, la balata con una fontana dentro. Doppo segue il fego di Terasini In questo territorio sarà necessità fare una torre sùpra la cala dj Muso dj Porco overo coda dj volpe lontano dal trappeto di Pa1tenico circa 4 miglia di spesa di d.i 100.
171
Con il termine "maschio" indicante la parte movibile che fungeva da otturatore nelle antiche mtigli,erie a retrocarica, si designava anche correntemente il mortaio o mortaretto, già in precedenza ricordato.
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238 238. Torre della Rama. 239. To1Te dello Molinazzo e Tonnara dell'Orsa. Alla Torre dela Rama sarà bisogno rifarli il lastrico dj sopra perche si imbeve dj aqqua onde li guardiani per la tanta umidità in tempi dj pi(?gge non vi possono stare oltre che la fabbrica tuttavia ne patisce. di più sara bisogno riaccomodarvj un condutto 172 che riceveva le aqque del lastrico, il quale è aperto, et caduta la scorza dj fuore in tuttj questj acconciamenti anderà dj spesa circa cl.i quindici, et di più sara bene in detta torre tenervj un pezzo dj bronzo per potere offendere vascellj et e lontano dala gruttazza circa 2 miglia. · Sopra Cala rossa sara pur bene farvj una toITe dela minore spesa che sarà lontano dala detta circa duj miglia. Sara bisogno fornire la torre delo Molinazzo la quale e alta da terra circa duj canne 1/2 alzarassi tre canne dj più et facciasi il suo damuso che in tutto si spenderà circa quaranta ducati et sarà lontana da Cala rossa miglia 2 1/2. Alla torre del.a tonnara dell' Orsa è necesità tener guardia continua perche viene vicino a cale, è di buona fabbrica, et stà fornita cl artiglieria tenutavj dali ingabellatorj di detta tonnara, et viene lontano dalo molinazzo 4 miglia. Unaltra torre starà bene farsene alla punta del molo dj Carinj overo servisi dela torre dela tonnara vecchia che sara lontano circa rniglie 2 1/2 da la tonnara dell orsa et facciasi di ducati 100. Non sarà fuor dj proposito fare altra torre sotto la terra di carinj con tutto che sia spiaggia scope1ta overo valersi d alcune tonj di particolarj che vi sono fatte, et questa sara lontano da la tonnara vecchia circa 3 miglia.
PALERMO La Città di Palermo [Palermo-f. 249) ha di marina circa vintiduj miglia cioe sedici dalla parte di ponente, et sej diverso levante, e per guardia della qual marina vi manda la città quindici cavallarj, et quattro cavalla1j di piu per sopraguardie, continuando cinque mesi dell anno, cioe dal p1imo di maggio per tutto settembre, li quali sono scompartiti due a sferracavallo [Sferracavallo-f. 249] nel luoco detto Barcarella [P.ta Barcarello-f. 249], due a Monclello [T.re Mondello-f. 249] sotto la fossa di Gallo [C.po Gallo-f. 249], due alla Iaura sotto monte pellegrino [M.e Pellegrino-f. 249], due alla renella [Arenella-f. 249] overo aqque dolcj, et questj sono per la pa1te di verso oriente. Verso levante uno allo sperone, due
112 Era quello il condotto discendente, altrimenti detto propriainente pluviale, che canalizzava le acque meteoriche raccolte sulla piazza nella cisterna della t0rre.
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240. Palermo, visto da Monte Pellegrino.
La difesa cosliera del Regno di. Si.ci.tia dal XVI al XIX secolo
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Stato della d(fesa costiera siciliana dopo Lepanto
241. Torre di Capace.
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all'aqqua deli corsalj [Acqua dei Corsari-f. 249], uno allo Scaro, uno alla Spina Santa, uno alla calcara, et uno allagnione dell aspra [Aspra-f. 2501 pagatj tuttj a d.i tre al mese per· ciasch_ceduno; le sopraguardie vanno una eia Sferracavallo alla fossa dj gallo, uno dalla laura alla renella, et una dallaltra palte, uno dallj staz.onj all aqua dellj corsalj, et uno da Spina Santa perfino allagnione del! aspra , et qualche volta arriva fino alla torre dj mongerbino [C.po Mongerbino-f. 250), et sono pagjltj a d.i 3 . 6 àl mese per uno. Manda di più la state solamente duj huomini alla montagna al masso della mollica sopra duj cale che vi sono; dui altri alla montagna di Gallo, et duj alla torre di monte Pellegrino, et per l' altra parte mandane duj altrj alla torre di S.to Nicola pagatj tutti a cl.i una t.ì 24 per ciascheduno al mese li qualj fanno segno di fuoco et fumo alla quantità dj vascellj che vedeno, et un segno di più, et li cavallarj suonanano la brogna et sparano un archibugiata, et la torre in sentir questo spara, et fa duj o tre fanj. Paga di piu la citta per guardie continue tutto l'anno primamente duj huominj alla torre del capo della Rama pagatj a ragione dj cl.i due per uno il mese, ma quattro mesi cieli anno ne paga uno il barone di Carini, et il resto la città; tiene duj altrj guardianj alla torre di Capace che sta a fro nte all Isola delle femmine [Isola delle Femmine-f. 249] pagatj a cl.i una 18 cieli qualj quattro mesi cieli anno ne paga uno il marchese dj Marineo; duj alt~j ne tiene alla torre di Sferracavallo pagatj a cl.i una L. 18 al mese per uno; duj alla torre dj Mondello pagatj a cl.i una 12 uno dellj qualj paga l'Arcivescovo dj Palermo, et l'altro la ciLtà; dalla parte di levante ne tiene tre alla toJTe di Mongerbino pagatj a cl.i una t. 18 per uno al mese li qualj sono obbligatj ogni mattina scoprire cinque cale che sono vicino alla toJTe le qualj di sopra la torre non si vedono; et trovandole nette alzano il segno di sicuranza, e trovando brutto uno di essi se ne va a notificarlo a Palermo et l'altrj fanno segno con tirare un maschio, et li fumj alla quantità dellj vascellj come s' e detto, et in vedere segni d altre ton:i convicine respondono a come veggono. Tiene cli piu la det.ta città duj huomini alla torre de la Zafferana pagatj a cl.i una 18 li qualj tengono l'istesso ordine in far segnj tuttj li dettj guarclianj sono la piu parte cittadini dj Palenno et accasatj. Li beni della marina dj Palermo incominciando dal confine dj Carinj vi e il territorio di Capece lCapaci-f. 249] il qnale si estende fino a capo di gallo che sono circa cinque miglia dj Marina. dove viene la torre di Capace ed alcune cale atorno, et a fronte a detta torre sta l' Isola delle femmine , la quale e dell Arcivescovo clj Monreale, et il detto marchese dj marineo ne paga al detto monsignore cl.i 40 l'anno per il comodo della tonnara che si fa alla torre di Capace; in questa Isola vi sono cale d'importanza per la parte ciel mare che non possono essere scoperte da nulla parte dj terra; passata la torre clj Capace segue la dj Sferracavallo pure nel territorio del detto marchese che pure guarda molte cale importantj; et qui fornisce il terri torio di Capace, al quale segue la montagna di Capo dj gallo et si estende fino a Mondello [Mondello-f. 249] dove e un fego detto il fego di !'v1ondello, che e dela madre ecclesia dj Palermo. Dala torre dj Mondello incomincia il fego di barta che e cieli fratj di S.to Martino. dala torre dela Vergine maria rverginc Maria-f. 249] a monte Pellegrino ci sono tre miglia dove e una tonnara della Renella che e della Regia corte, et da monte Pellegrino a Palermo e territorio cieli frati dj S.to Martino fuor d'alcuni pochi vignalj et giarclinj cli diversi particola1:j. Da palenno fino all'aqqua cieli corsalj vi sono quattro miglia et sono tutti vignali di diverse gentj. Segue doppo il trappeto dele
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La difesa costiera del Regno di Sicilia dal XVI al XIX secolo
242. Tone di Sfenacavallo e di Mondello.
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243: Torre della Vergine Maria e di Montepellegrino.
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ficarezze [Ficarizzi-f. 250] del sig.r Lucadello; et il trappeto del sig .r Pietroantonio lo campo il territorio del quale si estende fino alla valle dele mortelle dove incomincia il territorio del Barone di Solante, et fornisce la marina dj Palermo. ' Una torre sarà dj molta impo11anza farsi alla propria Isola delle femmine nel luoco più alto dove gia si vede vestigie di fabbrica il qual luoco scopre tutta le cale èlell'Isola e dj piu le cale della tone dj Capace, di maniera che quasi si potrebbe levare la guardia dela torre dj Capece imperoche in questa si corrisponde con Sferracavallo, et quelche piu importa si corrisponde con capo di gallo ~t sara lontano dala cala dj Carinj circa 6 miglia et sia dj d.i 200. La torre di Capace e lontana da questa delle femmine un miglio quando si voglia pure guardare e di bona fabbrica et non occorre restaurarla. Segue doppo la torre di Sferracavallo lontano dall'I. di Capace duj miglia sarà bisogno rifarvj il solare ultimo il quale è molto rovinato et vorrebbe esser a camuso per poter tenervj un pezzo dj bronzo perche e situata in luoco che potrebbe offendere vascellj quando fussero in alcune cale convicine si spendera in restaurarla d.i 18 incirca. Una torre vorrà essere a Capo di Gallo nella punta, overo su ali alto accio possa respondersi con l'isola delle femmine, et con mondello et ancora con monte Pellegrino, et basterà farla della minore spesa, et verrà lontano dall I.a delle fem. 3 miglia. Dala toITe di Sferracavallo a mondello vi sono 5 miglia et da capo di Gallo 3 questa torre 173 e guardia a proposito per havere intorno molte cale. Dala torre di Mondello ala torre dela Vergine Maria vi e 3 miglia questa guardia similmente e opportuna per essere un luoco dove possono nascondersi vascellj inimici non occorre restaurarla. Segue doppo la torre dj monte pellegrino la quale non e ad altro effetto che scoprire da lontano et respondersi con altre torrj et pero sebene e maltrattata non occorre altrimenti restaurarla. A palermo vi e castello arnare 174 dentro al quale stà continuo presidio di soldatj spagniolj con il castellano li qualj fanno guardia notte et giorno pero non fanno segno ne corrispondenza dj so11e alcuna. Passato Palermo lontano 4 miglia si trova l'aqqua deli corsalj dove alcune volte hanno venuto vascellj inimici, vi sono alcunj luochi attj pero sarà bene farvj una torre di d.i cento di spesa dove si ponga un pezzo dj bronzo per poter venendovj vascellj offenderlj, et questa guardia potrà levare qualche cavallaro di quellj che vi stanno al presente.
173
Trattasi della torre spesso ricordata come della "fossa dei Galli" od anche più semplicemente di Capo Gallo. Attualmente
è totalmente sc'omparsa. 174
Trattasi del Castello a Mare di Palermo e non della omonima località.
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244. Torre di Mongerbino. 245. Torre di Zafarana. 246. Torre di S. Lia e castello di Solanto. SOLANTO Incomincia il territorio di Solanto [Solanto-f. 250] dalo Ponte della Bracaria [Bagheria-f. 250], et si estende perfino alla foggia anzi la valle di Rosamarina [M. e Rosamarina-f. 259] che sono circa otto miglia di marina et e tutto territorio del Barone dove sono duj tonnare che le ingabella d.i 700 !anno chiamate S.to Lia, et Solanto. Per guardia di questa marina vi e la torre dj bongerbino [T.e Mongerbino-f. 250], dela Zafarana [C.po Zafferano-f. 250), et di S.to Lia [S. Elia-f. 250], guardate come ho detto dj sopra dala città clj Palermo. Nel castello di Solanto stà un guardiano, il quale non ha obbligazione di far segno alcuno ne corrispondenza con altre torrj piglia ancoraggio da tuttj li vascellj che passano, et paga al eletto barone d . i 50 1 anno·. Sarebbe bisogno che in eletto castello si facesse guardia dj corrispondenza perche e visto dalla parte dj termini [Termini Imerese-f. 259] molto lontano. Sarà bisogno fare una torre ala cala detta l'aspra perche dj quivi si scopriranno le cale che dj verso Palermo non può scoprire la torre dj Morgerbino per l'altezza delle ripe et questa sarà circa 3 miglia 1/2 lontano dalla aqqua deli corsalj et dalla torre dj Mongerbino un miglio 1/2 e sopra vi starà bene un pezzo dj bronzo per offendere li vascellj dentro alle cale dj spesa dj d.i I 00. Segue doppo la torre dj Mongerbino la quale e molto importante guardia si per esser cosj vista dalla Città dj Palermo come perche scuopre molte cale et potrebbe offender vascellj che vi fossero quando havesse qualche smeriglio sopra et che si rifacesse il lastrico, il quale in tempi di pioggia si imbeve di maniera che li guardiani non vi possono abitare. Quando ancora fosse piu alta una canna di quello che e al presente scoprirebbe le cale convicine assaj piu di quello che al presente non puo fare pero quando si faccia la torre sopradetta non occorrerà alzarla altrimenti. In restaurare questa torre cioe rinovarne il lastrico vi andarà di spesa circa otto o diecj once con aluj acconciamentj di poca qualit~ et sarà lontano dala che si deve fare all aspra circa un miglio. Doppo la torre di Mongerbino lontano circa un miglio 1/2 stà la torre dela Zafarana, la quale è posta in una altissima rocca di maniera che non puo scoprire le cale che li stanno sotto; vedene alcune piu lontane ma non puo offenderle potrebbesi in alcunj precipizj farsj un poco dj parapetto aciò il guardiano potesse uscito dalla torre affacciarsi per vedere le cale da basso et questa sarebbe pochissima spesa di più sarà bisogno accomodarli una cisternetta la quale guastò il terremoto. In tutto questo capo dj Mongerbino volendosi far torrj per discoprire tutte le cale che vi sono, troppo sarebbe spesa e travaglio perche vi sono molte cale che non e possibile discoprirle non vi andando di sopra pero a parer mio bastaranno le già dette le qualj sebene non sconvogliano 175 , veggono per il piu il vascello quando si approssima si come avviene in
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11 tennine starebbe ad indicare "non facciano desistere attivamente" dal porsi in agguato in quei siti.
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Stato della difesa costiera siciliana dopo Lepanto
molte partj di questo Regno et alcune cale poj nel farsi giorno, uno deli guardianj suole uscire et vedere da presso le cale sebene a ques ta dela zafarana per esser tanto eminente non si puo fare tal diligenza; in accomodare questa toJTe cioè la sua cisterna et lj parapettj narratj non arriverà alla spesa di ducati 10. Segue dopo lontano un allro miglio 1/2 la torre di S.to Lia per altro nome la lanzafoce overo S.to Nicola lontano dala zarafarana circa un miglio e mezzo. Il castello di Solanto devria far guardia continua dj fuoco et fumo, et respondere alli altrj luochj pcrche e in sito opportuno a tale effetto, a tempo dcla tonnara solamente sogliono starvj duj guardianj pagati a discrezione cieli ingabellatorj, li quali vi tengono di piu duj cavallaij pagatj a sej scudj al mese per uno, et fanno guardia duj mesi solamente quanto dura la tonnara, li quali guardano dal castello perfino al ponte rotto verso Terminj . ln questo castello vi sono tre s merigli di bronzo et duj pezzi di fcITO mallenutj et viene lontano dala torre dj S.to Lia circa duj miglia.
TERMINI La Città di terminj ha moire poche miglia di marina pero guardando essa fuore del tenitorio suo ho posto che la sua marina incominci dal confine dj Solanto et fornisca al trapelo di broccato che sono in tutto miglia quindici di marina nella quale tiene per guardia primarnente alle cale dellj digitellj lontano dal castello di solanto circa cinque miglia anzi passata detta cala alla cala dela sciapica dove nell alto stà fatta una torre detta la torre dela Mandra un miglio lontano dali digitellj dove stanno tre guardianj pagatj dalla città di termini la state et l'inverno a tarj ven tiquattro il mese per uno, et fanno guardia clj notte et dj giorno et inscoprendo vascellj tirano un maschio et fanno o fano o fumo al numero dc lj vascellj et uno di più, et respondeno con le altre guardie convicine a conformità di quanto vedono, et da qui a solanto non visi fa guardia fuor che al tempo deli trappctj cli cannamele Si fanno alcune guardie a compiacenza delli ingabellato1j del detto lrappeto; passata detta torre un nùglio lontano e il Castello di S. Niccola [S. Nicolò I' Arena-f. 250] nel quale non si fa guardia alcuna sebene si intende anticamente solervj stare guardia poiche ancora al presente tira falangaggio dalle barche che vanno et vengono, et scannaggia 176 il bestiame di passo et e luoco opportuno per guardarsi, stà in detto castello duj smerigli di bronzo et cinque masc hi di ferro che sono del detto barone. Doppo detto castello segue lontano tre miglia il castello dela Trabia [Castel di Trabìa-f. 259], dove si fa guardia d'inverno, e di state, ci sta un castellano pagato a d.i 40 l'anno un bombardiere ad.i 20 l' anno, un portiere pagato pure ad.i 20 tre guardianj ad.i una 15 t.ì al mese. Fanno guardia notte et giorno et in scoprire vascellj tirano un tiro senza fare altrimenti fanj, et tutti questi sono pagatj dal Conte di rnusumele don Cesare Lanza patro ne dj detto Castello, et tutto per sicurtà deli feghi suj. Sono in detto castello una rnoiana di dodici cantara un sacro di 12 cantara, duj falconettj di 9, sej smerigli di bronzo, tre petriere dj ferro. sette archibugionj con buona provisione dj polvere et palle. Stavvj ancora un Cappellano pagato a d.i 20 l' anno un muratore ad.i 35 l'anno un mastro d'ascia a cl.i 35 l'anno, et qui incomincia il te1Titorio clj Terminj. Lontano da detto castello dela Trabbia tre miglia stà la Città di Ternùnj in mezzo a questo spazio vi e un luoco detto la ginestra dove sara opportuno fare una torre. Tiene questa città sette cavallarj per guardia dal primo dj marzo a tutto ottobre, tre clellj qualj fan no guardia da detta Città fino a detto loco dela Ginestra pagatj ad.i due lo mese per uno et questi li pagano quelle persone che tengono cavallj o giumente di barda tassatj a cluj tarì per testa incirca. Li altrj quattro cavallar:i guardano dala città perfino alla favara di broccato pagatj dallj introiti di detta città ad.i due e t.ì 15 al mese per ciascheduno. Sogl iono far guardia a tempo di state pure per la muraglia et bastioni et usciranno ogni notte circa cento huorninj allangara dallj quar1ie1j di essa. Di piu quando succede il bisogno suole far guardia la milizia di detta città si da picdj come da cavallo servendo per sopraguardia delj dettj dj sopra. evvj di più il Castello chiamato la terravecchia dove stanno dieci soldatj spagniolj pagatj a 36 tarì al mese dal secreto dj detta città a nome dela Regia Corte, Il Castellano a d.i due al mese, et vi si fa guardia notte et giorno respondendo allj segni che vedono, et in scoprire essi vascellj tantj fanj fanno quanto sono li vascellj et dj giorno fanno fumo et sparano un maschio dove stà un pezzo dj bronzo detto mezzo sacro et una bombarda dj ferro, et dentro la città vecchia vi sono sej pezzj di bronzo cioè duj mezzj sacrj , due sacrj, due mezze colubrine et un mezo cannone quattro smerigli dj bronzo, et duj bombarde dj ferro. Paga di più detta Città tutto l'anno duj trombetti a s.di duj lo mese per uno, tre tamburj uno tutto l'anno che servia il sergente maggiore e duj per sej mesi tuti a s.di 3 il mese per ciascuno. Paga duj sergcntj per sej mesi quali scornparteno le guardie a s.di 3 il mese per ciascuno. di piu un bombardiere tutto l' anno a cl.i quindicj l'anno, tutti sopra le gabelle, et introitj di detta città.
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Era questa un' altra impos ta esatta sopra le carni macellate o trasportate al macello.
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251 248. Trappeto della Milizia. 249. Torre della Mandra. 250. Castello S. Nicola, oggi. 251. Castello di Trabia, oggi.
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252 ~ - - -- - - ----' 252. Castello di S. Nicola e Castello di Trabia. 253. Castello di Termini. Li benj di questa marina cominciando dj verso Palermo al confine del Barone dj Solanto sono, Il Trappeto de la Mileia il quale e del Conte dj Gagliano et li rende cl.i 800 l'anno, et il territorio li rende d.i 300. Segue doppo il fego di S.to Michele dela madre ecclesia dj palermo et li rende cl.i 200 l'anno nel quale vengono la cala dellj digitellj et la torre della Mandra [T.e delle Mandre-Capogrosso-f. 250) et cala dela sciapica, segue doppo il fego di S.to Nofrio pure dela madre ecclesia detta et rendeli d.i 300 l'anno. Segue doppo la torre o Castello di S. Niccola del barone dj But1j dove e un trappeto dj cannamele che li rende cl.i 250 l'anno. Doppo segue il Castello dela Trabia lo quale e di Don Cesare Lanza et li rende l'un anno per l'altro il trappeto la tonara il fego et alcunj molinj circa s.di cinquemila l'anno. Lo spatio che e di qua fino a Terminj et da terminj fino a Broccato sono benj dj diversj particola~j. Sarebbe bisogno per guardia dj questa marina tenersi guardia almeno la state alla T01re del trappeto de la milicia per esser lo spazio da Solanto allj digitelli troppo longo. Sopra la cala cieli digitellj sarà bisogno farvj una torre dj d.i 150 la quale sia posta io luoco che scoprirà quante più cale possa et in detta torre sarà bisogno tenervj qualche pezzo dj bronzo per poter nuocere ali.i vascellj che si ponessero vicino et sarà lontano dalla milcia 2 miglia incirca. Segue doppo un miglio lontano la torre dela mandra dove sarà a proposito farvj ricondurre certi pezzj dj bronzo che già vi erano, et a tempo cl un Cap.o darme circa dodicj annj sono fu ordenatj et portatj a Terminj . A Santo Niccola un miglio distante sara bisogno farsi guardia almeno la state per esser un luoco opportuno el dove sono alcune cale et la fabbrica e sufficiente. Alla Trabia che e tre miglìa lontano basterà che con l'istesse guardie che si fanno al presente si li aggionga obbligazione dj far segno dj fuoco et fumo, imperoche del resto e tanto bentenuto il Castello quanto alcun altro che sia in queste marine. Dala Trabia al luoco detto la ginestra sono circa duj miglia in questo luoco sarà bene farvj una torre dela minor spesa nella quale si faccia guardia la state solamente con l'istesse guardie che si fanno allangara dentro la Città di Terminj. · Segue doppo il castello di Termini il quale fa guardia sufficiente et e fornito deli pezzi che li bisognano et viene .lontano dal luoco detto la genestra circa un miglio. Dal Castel di Terminj alla gala secca dove sara bisogno farvj una torre di spesa dj d.i 250 della quale ne riceverà beneficio la città dj Tenninj et il trappet.o dj Broccato poco lontano et queste sono le guardie che in tal marina fanno dj bisogno. CEFALU
Innanzi che si giunga dal termine della marina dj Tenninj a quella di Cefalu rcefalù-f.251) vi è in rnezo il fego di broccato il quale sara intorno a tre miglia dj marina di poj segue la marina della Rocella [T.e Roccella-f. 259) la quale con bonfornello [Buonfornello-f. 259] incomincia da lo loco detto lo vallone perfino al fiume dj S.ta Femia che saranno circa 8 miglia dentro alla quale marina non si fa guardia alcuna,
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254. La Roccella.
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et e tutta spaiggia aperta, qualche volta il Barone per guardia de esso et sua famiglia fa stare uno in ci ma alla Torre il quale non ha obbligazione dj far segno alcuno ma in scoprire vascellj notificarlo al detto Barone solamente et al tempo dele trappetj si suole alcune volle per sicmtà deli travagliantj tenere alcunj cavalla1j. Tutta questa marina e dj detto barone dela Roccella sonovj duj trappeti non si sa quanto li rendino ne quellj nela baronia, li trappeto di Broccato che devano dire prima dj Don Ottavio lo bosco, et li rende s.di settemila incirca. In detta marina per esser tutta spiaggia scoperta bastarà fare che alla torre dela Roccella si tenga continua guardia di state e d' inverno perche e posta in buon sito scuopre molte miglia dj marina et non vi e altra tone a presso et e lontano dalla galera circa sette mi.glia. Incomincia la marina di Cefalo alla fiumara dj filetto fenaida con il Barone della Rqccel!a che fino alla città sono sej miglia et aluj sej sono dalla Città perfino al Malpert11so. Al Capo della plaia LC.o Plaia-f. 250] circa 112 miglio lontano dalla fiumara incominciano le cale cioè le cale del capo detto, et mezzo miglio lontano circa la cala del Capo deli viglianj, et doppo lontano qualche duj miglia vi e la cala di settefratj, poco lontano da questa la cala dj Mazalo fomo, et circa un miglio pure verso la città vi e la cala delo grugnio, et la grulla delo grugno lontano dalla città circa un miglio il quale e tutta spiaggia. Dala parte di verso Levante primamente vi e la cala detta la calura [la Kalurn-f. 25 IJ lontano dala Città un miglio, et sono piu cale insieme, inanzi a le qualj e uno scoglio detto l'Isola de la calura. Lontano da questa circa duj miglia pure vi e una caletta detta dj S. Ambrogio [S. Ambrogio-f. 251]. Le guardie che si fanno in detta marina. sono tutte di pedonj per esser ripe alte dove non possono trattare cavallarj se non da cefalù ala grotta delo grugno che è spiaggia come ho detto, et pochj annj sono questo spatio si guardava con duj cavallarj pero con l'esperienza anno provato esser piu sicura la guardia cieli pedonj in questo spazio pure. Al capo della plaia lontano alquanto dalla marina vi è una torre dove la città vi tiene, la state, e l'inverno notte et giorno duj guardianj, li qualj fanno segni di fuoco, et fumo, et sparano un maschio alla quantità del.i vascellj questj guardianj sono pagatj dalla città la state a tarì 34 et l'inverno per sej altrj mesi un oncia per uno, et li paga di una gabella posta a tale effetto chiamata la gabella dela torre. Tiene di piu a piedj di detta torre piu vicino alla marina un huomo la state et l' inverno la notte solamente il quale inscoprire vascellj spara un maschio, et f ugge alla montagna gridando, pagalo la città dela medesima maniera che li due dela torre con l' istessa gabella. Manda di piu t1·e pedonj la notte solamente la maggior parte dell'anno ad una torretta che stà sopra la cala detta lo grugnio, e t perche in questo luoco vi e una cala la quale non e scoperta dala to1Te mondavj in una collina poco lontano la città tre pedonj pare allangara la state et dj notte solamente, et questj sono quellj dettj di sopra che serveno in luoco dellj due cavalla1j che stavano da questa colina detta l'oliva perfino a Cefalu, il quale spatio come ho detto et tutta spiaggia. Alla montagnia che soprasta la città dove sta il Castello rovinato 177 vi si tengono tre
177 Trattasi del Castello di Cefalù eretto sulla inconfondibile rocca, in epoca medievale, ed ai giorni dello Spannocchi utile ormai solo per la vigilanza costiera, in virtù della sua altezza d'impianto.
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256. Cefalù. 257. Cefalù, antiche fortificazioni del fronle a mare iu opera megalitica. 258. Cefalù, bastìoni cinquecenteschi del fronte a mare.
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259. To1Te del Grugno, [di Santa Lucia].
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L 259 huomini: cioe alla porta pagalj a quindicj ta1:i al mese dal secret.O dela cinà il quale per ordenario suol esser castelIano et secreto et pagalj a nome della Regia corte; gia sole vano darsili 12 tarj essi fatto questo accrescimento da pochi mesi in quà stanno tre altri huominj ad una to1Te mez.za rovinata pure in detto castello chiamata talara, e t questj sono obbliga~j far segni dj fuoco et fumo, sono pagatj dal detto secreto a nome della Regia corte a duj scudi per huomo, et tuttj li dcttj sej huominj fanno guardia continua la state, et l'inverno sono tuttj di cefalu et sono scapolj, et si cambiano a piacimento dj detto secreto. Mandano la state solamcnle di notte tanto tre pedonj allangara sopra la cala detta la calura , et alcune volte in tempi di sospetto. Lontano dala detta cala circa duj miglia sopra la cala di S.to Ambrogio vj si manda un huomo il quale fa la guardia la notte solamente e di state il quale e pagato a 34 tarj il mese sopra una gabella di falangaggio ali vascelli che vanno, et vengono pagando I O grana per vascello concessa in tempo di don Giovanni de Vega, et si suole ingabellare 17 d.i l'anno, e t quello che ne avanza si suppiisce ala guardia che si fa a richiesta. Questo pedone in scoprir vascellj si tira ali alto et fa fuoco et spara un maschio. Lontano 2 miglia da questa cala nel territorio di Pollina del marchesato di Ghierace ci e unaltra cala detta capo rosso, deve la città di Cefalù vi manda un pedone pagato con le condizionj del sopra detto et fa l' istcssa guardia con li medesimi segnialj. Quauro miglia lontano da questo luoco circa tre miglia vi sono le cale dj rasichelbi [C.o Rasigerbi-f. 25 1J dove sta falla una torre per guardia, nella quale pure la città dj Cefalù v i manda duj g uardianj la state et l'inverno, notte eL giorno pagatj dallj marinarj della citta oltre a quello che avanza dclii 17 cl.i et fan no l' istessa guardia che li sopradet.tj et quj forniscano le guardie di Cefalù le qualj sono osservale cosi anticamente. Li benj di questa marina tut.tj sono dj diversi particola1j ma pagano decima al vescovo dela Città. A piedj del monte v icino alla città vi è una tonnara la quale e del ve.scovo che l'ingabella non si sa quanto. Sara bisogno per maggior sicurtà di questa marina fare una torre primamente al Capo della plaia la quale sarà lontano dala Roccella [T.e Roccella-f. 259] circa 5 miglia et facciasi sopra la p.r;opria punta acio possa da vicino vedere et offendere li vascellj che s i approssimaranno a terra et facciasi di mediocre grandezza nella quale si spende rà circa cenlo d.i, et. fatta questa si potrà levare quella dela montagnia per esser lontano dalla marina et in questa torre sarà bisogno tenervj almeno due smeriglj. Lontano da questa al luoco detto li sette fralj circa 3 miglia sarà hene fare unaltra torre pur della mediocre grandezza nella quale si spenderà d.i 100 incirca, et pure sarà bisogno tenervj due smeriglj . Duj miglia lontano verso la citta vi sta la torre detta dj sopra la quale potra servire così come stà, et tenervj le solite guardie. A questa torre detta del grugnio sta lontano il Castello di Cefalù circa un miglio dove vi stanno la sopradette guardie, et evvj la torre di talare, ma a me pareria molto meglio che si lasciasse detta torre perche viene alla fine del monte dj verso terra di maniera che non può scoprire vascello alcuno che venga dallo mare a fronte alla città, pero sarà bene farne una dove stanno le vestigia del vecchio castello e t facciasi della minore spesa nella quale non occorrera che stiano pezzi da offendere per essere in luoco molto eminente. Passato il detto monte circa un miglio distante a la cala della calura dove sarà necessità farvj una torre dj mediocre grandezza dove si s pendera d.i 100, et tengavisi duj smerigli.
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260. Castello di T usa.
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260 Sopra la cala dj S.to Ambragio sarà a proposito fare unal!ra torre pur della mediocre grandezza con cluj smeri gli et verrà lontano dalla città circa duj miglia, et qui fornisce il teritorio dj Cefa lu. E di più de lle guardie dette dj sopra fanno guardia per la terra di state e t in tempi dj sospetto con tre nta persone per nor.te comandati dal Cap.no d' arme, et non vi essendo esso clali g iuratj un q uartiere per notte a llangara.
POLLINA Alla marina dj CefalLt segue la Marina dela terra dj Pollina 1.Polina-f. 260], la quale inco mi ncia da malpertuso et si stende perfino a lla fi umara dj Pollina che saranno c irca 5 miglia dove viene la cala dj capo rosso le cal7 d i rasichelbe, et per tur.ta la mari na vi e scaro , et senza cstendermj più in longo tutta e guardata dala Città di Cefalù come di sopra ho detto q uesto. Questo territorio e de l Marc hese dj Gh ierace dove ale cale dj raisighelbe vi e una tonnara non s'e possuto sapere quello dit: rendono. Sarà bisogno in questo te rrito ri o farvj una torre ali.a cala dj Capo Rosso et facciasi dela mediocre grandezza costarà circa cl.i 100 et tcngavisi duj smerigli per posser offender vascellj de nii:ro alle cale q ua ndo vene fossero e t verra lontano da S.to Ambrogio c irca un miglio. A rais ic he lbe vi stà una torre dj bon fa bbrica pero non molto ben considerata per non scoprire le cale. et non possere offender vascellj sara bene a niio parere rifarne una al capo più verso pollina, et lasciando la torre fatta por la guardi a in questa, la q uale verà lontano dala di Capo rosso circa duj miglia. TUSA
Jl cas1ello di Tusa [Castel di T usa-f. 25 IJ , et la te rra che si domanda T usa Soprana hanno di marina circa sej miglia in tutto, cioè dal fiume d i pollina aJ Cas1ello che sono cinque e dal Castello al fi ume dj Petinia che sarà circa un mig lio sonovj di cale certi scoglie ttj d i poco momento fuorc hé uno chiamato la pietra dc lo Corvo, dove può nascondersi un brigantino et picciolo pero non e cosa di momento ma per essere il resto del.a marina non buono scaro sarà bene farvj una torre come si dirà piu a basso. Li be ni di tutta questa marina sono del Ma rchese dj Gherace et l'ingabella non so iJ quanto perché sono ingabellatj con le rendite del castello di T usa SoLtana dove a un caricatore, et la te rra cl.i Tusa Soprana. le g uardie c he vi si fanno al presente sono a l luoco detto la pietra dello Corvo lontano da tusa circa 4 miglia vi stanno cluj pedonj cioe un pedone et un cavallaro il pedone sta sopra la fi umara dj pollina nel luoco alto aciò possa in ogni occasione dar avviso alla terra di Tusa, et pagali la detta te rra a 3 s.di al mese piu, et ma nco secondo che si possono accordare et vi si tiene la state solamente, il luoco dove stanno dette guardie è un fego clele abbad ia che e cic li ospita le di Palermo. Nel caste llo di T usa Sottana vi stanno duj huornini a guardia abitanti in detto caste llo, et quando li vien comandato dal sergente maggiore dj T usa fan no segnali di fuoco e t fumo , et sicuran za sono de la terra cl.i Tusa Soprana et te ngono famiglia in detta terra. uno di essi s tà continuo nette et giorno. et l'altro la notte solamente et fanno avicenda. Sono pagati
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261. Castello di Tusa, oggi. data detta universita a tre s.di al mese per huomo. Abitanvj di piu sej fameglie Luna gente di travagl io, et J'i ngabellato re vi tiene di piu un magaziniere pagato a bene placito cli detto ingabellatorc il quale e scapolo et t ien conto del caricatore che e in detLo castello. oltre che tie ne le chiavj de l Castello. Dala parte dj levante tiene nel luoco detto la serra de la fossa duj pcdonj pagalj dala terra di Pitineo [Pet.tineo-f. 2601 per loro sicurtà a 30 tatj aJ mese la qual terra e clela Casa ferrara et fanno guardia da mezzo marzo a mezzo o ttobre. TI detto Castello dj T usa soleva bavere duj pezz i dartiglieria li qual i si mandarono a Palermo per ripararli, e t maj piu v i si sono ri portatj; usano in dclto castello piglia1·e falangaggio dalle barche che passano, cioè dalle feluche un carli no et dalle barche secondo che sono grosse. Tiensi di piu ad alto a la terra di Tnsa Soprana tre huominj alla ngara .li qua li non hanno da fare a ltro che avvertire allj segni delle marine e l son paga ti per tassa a ta nto per casa.
LA MOTA La Mota [Moua-r. 260)1 78 che segue doppo tusa (impcroché Pitineo non tiene marina a lcuna) ha circa quattro miglia di Mari na cioè dal fiume dj P iti neo per tino a T orre moza LTorremuzza-f. 25 1] la qua l marina non ha cala alcuna pero tulio e scaro per vascel lj con molto fondale, et perche sono terrenj rouj dove non possono trattare cavallarj fanvisi g uardie dj pcdonj. una guard ia si fa dalla terra dj Petanio nel luoco detto calamione, con Lre pedonj pagati a 24 d.i l'anno g uardano dal primo d'Aprile fino a mezzo settembre ad arb itrio del lj giuratj della terra; non sono obbligati in vedendo vascellj a far segno alcuno ma uno dj essi se ne va a notificarlo a lla tera, nella qual terra si fanno g uardie con cluj huominj li q uali non fanno altro che avvertire allj segnj che fanno li altrj tre compagni che stanno alla marina. La Mo ta g uarda il resto de la sua mar'ina pure con pcdonj, cioè tre a lo passo dela Bruca. tre altrj all aera cli Cosimo , et alltj tre al luoco de llo lo fondacazo, et tuttj hanno obbligazione di sonare la brognia, et gridare salva sal va, anelando uno ve rso la terra. Sono pagatj per tassa fatta dallj s ignori Giuratj , et dcputatj, più e t ma nco secondo li pagamenti a chi s'alloga delta g uardia. alla cera non vi si fa altra g uard ia poj che uno di dellj guardianj va fino dentro la te rra a notificare lo scando lo. Li benj di q uesta marina sono dj don Gasparo d. aiuto patrone di detta terra la q uale al presente stà in lite. Non occorrera in questo spazio farvj torre alc una si per esser tere rotte dove non si puo fondare come per esser marina aperta et poco il tratto.
m Il termi ne "molta" indicava la collina arti fic iale che fu ngeva eia basamento per i primi insediamenti fortificati normanni. Da essa deri va la nostra voce '·smottare" sinonimo cli l'ranare. li toponimo in Sicilia è alquanto freq uente, tramandandoci così un' ulteriore testi monianza dei s uoi trascorsi norman ni.
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MISTRETlì\
Da torre moza fino allo canneto [Canneto-f. 251) fenaida di Caronia LMari na di Caronia-f. 25 1] si estende la marina dj Mistretta [Mistretta-f. 260] che saranno circa quattro miglia la quale si guarda con cavalla1j et pedonj con tutto che sia senza cale ma con fondale per lut to vi si tengono cinque c a vallmj cioe d ue alla marina clj raetani fReita no-f. 260) casale dj Mistretta et tre nella marina dj S.to Stefano pure casale 179 di Mistretta pagatj a dodicj fiorinj al mese per ciascheduno, et alcune volte che non vi sono danari de lle comunità s i mandano allangara comandatj a piacimento ciel sergente maggiore; le qualj g uardie non s i pongono prima che venga commissione da S. E. ne tampoco si levano, et. per l'ordenario sogliono stare sej mesi, piu, et manco secondo li scandolj; mandansi di piu alcune volte le sopraguardie pure allangara, le q ualj trova ndo in fra ucle il guardiano, li tolgono il caval lo il quale suole esser dcla sopraguardia, et la pena del soprapiù sta ad arbitrio clj S. E. oltre a tre lraltj di corda 1Ro _ Questi cava\laij sogliono dalle due hore dj notte fino a giorno chiaro tultavia cavalcare et partendosene uno, l'altro viene, o nde non resta maj la marina senza continua guardia, et in scoprire vascellj suonano la brognia. T ulla questa marina è posseduta da diversi part.icola1j ne si sa quello che possa rendere. Le torrj che si devriano fa re in questa marina cioè di tusa la Mota et Mistretta saranno una alle pietre cielo corvo a faccia ali scoglj cl facc iasj di mediocre grandezza di spesa di cl.i 200 incirca la quale verrà lontano da Rasichelhe circa tre miglia dove pure vi si tengano due smerigli. Il castello di T usa Sottana sara la g uardia che seguirà doppo la pietre cielo corvo lontano quattro miglia, questo castello è dj buona fabbrica, è posto in sito molto aproposito et non occorre altrn che farvj condure qualche pezzo d' artiglieria. Dopo il caste llo di Tusa lontano qualche 5 miglia segue una fabbrica rovinata antica detta il Marghiazo nel qual Juoco sara cli bisogno farvj una torre pure dj mediocre gra ndezza di spesa clj cl.i 100, et saverra a francare in parte per la pietra che s i caverà da della fabbrica. Gia ve ne fu incominciata un altra nel luoco detto le grotte però non scrvircbe quanto in il luoco sopradctto.
CARONIA La marina dj Caronia incomincia dalo scaro delo canneto fcnaida cli Mistretta pe1fino al fiume detto lo fiurano [T. F uriano-f. 2521 che saranno intorno a dieci mig lia dj marina cioè clalo canneto alla torre della Tonnara miglia 2, et dala tonnara a lo furiano miglia otto; non vi sono in tutta questa marina altre cale che alla pietra dell orso lontano dala tonnara per la parte di levante circa sej miglia, et duj miglia più verso levante pure vi e un luoco detto lo passo de lo lauro [T.re del Lauro-f. 252) che pure alcune volte vi hanno dato vascellj) nimicj oltreche e passo molto a proposito per fuoriusc itj. Le guardie per sicurtà di q uesta marina sono tre pedonj a! luoco detto l'anti va, li qualj alcune volte sono pagatj a tre scudj l'uno et alcune volte vanno alangara, et q uando S. E. comanda si sogliono fare dj due ancora, li qualj guardiani s i pongano all'incanto et sono pagatj dalla terra a sej o sette s.di al mese per uno, anno obbligazione dale due ore dj notte fino a giorno chiaro passeggiare dal fiume cielo margiazzo, perfino alo canneto il q ual luoco e tutta spiaggia, et in scoprire vascelij uno di essj se ne va a darne avviso alla terra, et l'altro mari na marina va seguendo il vascello, non si mette questa g uardia se non vi e nuova di vascellj, overo vien comandato da S. E.. Tiensi di più tre huominj nel luoco detto le lavanche, li quali qua ndo si pagano, et quando vanno alla ng,ira, et non hanno da fare altro che dar segno alla terra se scupreno vascellj s i come ancora li altrj tre dettj sopra. Fanno tulti q uesti guardia la state solamente et in tempi dj sospetto. Quando e tempo dela tonnara sogl iono stare nella torre alla marina quando due, et quando tre tre huominij alcune volte pagatj et alcune volte allangara, et q uando si pagano si li da sej fiorinj per huomo. Lontano da questa torre circa un miglio dala parte dj levante al luoco detto le ciappe s uole mandarvisi tre pedonj pure con le medesime condizionj che li detti di sopra Cl sesi pagano ve ne vanno due solamente. Nel Castello ad alt.o che viene lontano dalla marina circa un miglio vi sla1U10 continuamente notte, et giorno la state et l'inverno, tre compagnj pagatj dal sig. Duca dj Monteleonc patrone dj detto Castello dallj per pagamento cl.i 4 I' anno per huomo, et si cambiano a piacimento del governatore che sta quivj per il detto Sig. Duca, godono privilegio dj non poter essere angariati dj sorte alcuna, et fanno guardia ali.i prigionj che Ji pagano un carlino per prigione, e t essi seli spartono fra dj loro. Questi guardianj in scoprire vascellj sparano uno maschio et fanno tantj fanj quantj sono li vascellj scopertj et uno dj piu; et anco vedendo segno alcuno delle guardie che stanno alla marina replicano l'istesso che vedono; in questo
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"Casale" sta per frazione. È emblematico il dettaglio di condannare ad una pena corporale particolarmente efferata le guardie sorprese in flagrante violazione de i loro compiti: è l'esplicitu rip rova dell'importanza assegnata agli stessi. 1811
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262. Castello e tonnara di Caronia. ·
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castello vi stà un pezzo d artiglieria che per segnale sogliono alcune volte spararlo il quale e dj sette cantara, et e del Sig. Duca. Nella torre de la tonnara oltre alle guardie solite vi si tiene di più un fondacaro il quale non ha obbligo dj far guardia alci.ma et rescote falangaggio dali vascellj che passano. Al passo delo Lauro che pure viene in questo téITitorio la comunità di S.to Fradello [S. Fratello-f. 252] per loro sicurtà vi sogliono mandare l'anno dj state duj pedonj quando allangara et quando pagatj a 3 s.di al mese per huomo li quali non hanno altra obbligazione che far segno alla teITa, et uno di essi va in persona a darne notizia alla terra. Tutto questo territorio dj Caronia e del Duca dj Monteleone et li rende l'un anno per l'altro dieci ò dodicimila scudj . Per sicurtà di questa marina converrà farsi una torre al piano nella ponta che esce piu in fora per essere piu vicina alla marina et scoprire tutta la spiag gia la quale vorrà esser dela maggior grandezza dj spesa dj cl.i 200 dove stiano alcunj pezi:i di bronzo per poter offendere, et defendere vascellj. La guardia al Castello della terra sebene e molto lontano in tuttavia sarà di giovamento per esser posto in loco alto di dove la mattinata, et la sera sul farsi notte puo discoprire molto piu chiaramente che non le torrj in luoco alto. Lontano dala torre de la punta circa un miglio sta la torre dela Tonnara dove starebbe bene qualche smeriglio per esservi continuo concorso dj vascellj li qualj non anno defentione alcuna non essendo arme in detta tone. A faccia alla pietra dell orsa sarà necessario fare una toITe dela mediocre spesa che saranno d.i 100 et verrà lontano da la Tonnara di Caronia circa cinque miglia il quale spazio e spiaggia scoperta. Lontano da questa circa un miglio viene lo passo delo lauro dove sarà dj bisogno fare una torre pur dj mediocre grandezza dj d.i 100 et sicurerà quel luoco si da li corsalj come dali fuoruscitj, et questa portara sicurtà a la torre di S.to Fradello piu che a luoco alcuno et qui fornisce il territorio dj Caronia.
S:TO FRA.DELLO La marina di S .'to Fradello si estende circa quattro miglia cioè dalo furiano perfino a lo fiume Ingannolo overo dell Oliveto [T. lnganno-f. 252], la guai marina e tutta spiaggia apert.a a guardia della guai marina vi tiene la baronessa dui huominj alla Torre del'aque Dolcj [Acque dolci-f. 252] li quali sono pagatj dali ingabellato1:j del trappclo che viene in quel mezzo detto trappeto dell'aqque dolcj, et sono pagatj ad.i una il mese per huomo, et fanno guardia continua dj notte et giorno, et in scoprire vascellj fanno un fono dj piu del numero di dettj vascellj scoperti, et respondeno all altre guardie. Ques ta torre piglia falangaggio come quella dj Caronia. Quando S. E. Io comanda si suo l mandare a guardia di questa spiaggia un cavallaro che guarda dala torre perfino ali oliveto e pagato dala università per tassa a sej s.di al mese incirca il quale in scoprire vascellj va a notificarlo alla Torre, e poj va secondando dettj vascellj. Paga di più li duj guardianj detti di sopra che stanno in teITitorio dj Caronia al passo delo lauro pagatj a s.di 3 il mese per uno, et alcune volt.e vanno allangara et quando il passo e sicuro alzano una benderola bianca 181 , et essendo brutto uno di questi va a darne notizia alla terra, et l'altro resta.
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263. Trappeto dell'Acqua Dolce. 264. ToITe di S. Agata di Militello. Questo territorio e dela baronessa dj S.to Fraclello et hallo in gabellato per sette annj a d.i 520 l'anno dove è il trappeto clellaque dolcj. Tiensi un altra guardia alla terra ne_l tempo che si pone l' altra a lo passo cielo lauro di due huominj che vanno a!langara, et non hanno da fare altro che avvertire allj segni che fanno li altrj guarclianj da basso. In questa marina sara bisogno fare una torre dela maggior grandezza alla punta inanzi allaque dolci che verra lontano dal passo cielo lauro intorno a tre miglia et si spenderà in esssa d.i 200 incirca. Di più sara bene farsi la solita guardia alla Torre ciel Trappeto la quale e dj buona fabbrica et non occorrerà .restaurarla et e lontana dalla punta un miglio.
MELITELLO Incomincia la marina di Melite1lo [Militello-f. 252] a lo fiume clell ingannolo pedino a lo fiume Rosamarina [T. Rosmarino-f. 252] che sono circa quattro miglia dj marina tutta spiaggia scoverta la quale suol guarclarsj la state sola con due-cavallatj quando da S. E. vien comandato, et sono pagatj a cl.i 3 il mese per uno incirca, et non guardano niente piu ciel loro territorio. alla terra non tengono guardia alcuna, et dicono essersi sempre costumato così. Tutta questa marina sono vignalj cli diversi particolarj dela terra dj Militello e sarà molto a proposito della torre dj S.ta Gata [S. Agata di Militello-f. 252] che viene in mezzo a la detta marina servirsene per torre dj guardia che responderebbe con l'aqque dolcj lontano circa tre miglia.
S.TOMARCO Cinque miglia ha di marina la terra dj S.to Marco [S. Marco-f. 252] tutto spiaggia aperta che e dal fiume Rosamarina perfino al fiume Zappolla [F. cli Zappulla-f. 252] tutta spiaggia tienvisi per guardia duj cavallarj la state solamente conforme a guellj di melitello si cieli pagamenti come del modo ciel guardare. In questa marina vi e un castello detto la Pietra dj Roma nel quale e un arbizzo dj cannamele dove in tempi dell arbizio per sicurtà deli travagliantj si suol tener guardie. alla terra dj S.to Marco non si fa guardia perche sono avvisati dali cavallarj. Tutto questo teffitorio e del Conte dj S.to Marco non se possato intendere quanto che li rende. Sarà bisogno al castello dj Pitra dj Roma tenervj guardia continua per esser un luoco opportuno dj buona fabbrica et lontano da altre guardie et da S.ta Gata circa cinque miglia. Ala Torre del trapeto del malvicino che viene a mezzo camino tra pietra di Roma et Capo d'Orlano [Capo cl'Orlanclo-f. 252) sara bene tenervj guardia per essere il tratto fra pietra dj Roma et il capo troppo distante et questa torre sara lontano da pietra dj Roma circa tre miglia.
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265. Castello e Trappeto di Pietra di Roma. 266. Torre dì Capo d'Orlando. 267. Torre di Capo d'Orlando, oggi.
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268. Castello di Brolo.
268 NASO
Il territorio di Naso [Naso-f. 252) si estende in otto miglia dj ma1ina cioè quattro dal fiume Zappollo al Capo d' Orlando et quattro dal capo dorlando verso calava [C.o Calava-f. 252), le prime 4 sono tutte spiaggia scoperta, et !'altre quattro tutte cale d'importanza le qualj non sono scope1te tutte dala toITe del capo, la prima cala si chiama lo canale del capo che e scoperta abastanza dalla Torre segue poco lontano la cala dela Scafa dove non stà guardia alcuna, e lontano circa 3 miglia dal detto capo vi e la cala detta la ciappeza che pure non è guardata da nessuna parte. Per guardia di questa ma1ina dal fiume Zapolla al capo vi stanno quattro cavalla1j duj pagatj dala te1Ta dj Mirto [Mirto-f. 252), et due dala terra dj Naso a tre once il mese per cavallaro li quali in scoprire vascellj danno avviso subbito alle teITe loro le quali terre non fanno guardie dj so1te alcuna nella terra. Nella torre del capo si fa guardia continua d inverno et dj state notte e giorno con duj huominj pagatj da uno ingabellatore deli territorj convicini a detta torre, allj qualj dona quindici tarì al mese per huomo uno dellj qual.i vi abita con la famiglia, et fanno segno dj fuoco et fumo alla quantità dellj vascellj. La ton-e è dj buona fabbrica et grande, et sta in luoco di molta importanza s,U'ebbe bisogno farvj fare una cisterna perché sta posta in luoco altissimo, et non si puo andare per aqua senza molto incomodo, evvi un mezo sacro di bronzo il quale e fuor dj canj 181 et sarebbe necessità condurlo ali alto nel lastrico et metterlo in ordine; il sig.r Don Carlo Ventimiglia ne e patrone. Tiensi lontano da questa torre circa mezzo miglio ad una cala detta lo boe marino che dovevo farne manzione inanzi di sopra, la quale non e scope1ta da la torre dove stanno duj pedonj la state solamente pagatj a 3 tarì per notte fra tutti due li qualj non hanno altra obbligazione che far segno alla ten-a dj Naso secondo li scandali che vedono. Tengono di più duj alt1j cavallarj li qualj guardano perfino a 1/2 miglio dentro al territorio di Brolo [Brolo-f. 252) pagati a d.i 3 al mese dala comunità dj Naso. Questo territorio e tutto del Sig. Don Carlo Ventimiglia patrone de la teITa dj Naso non se potuto sapere quanto li rende. La torre del Capo d Orlando sebene sarà circa sej miglia lontano dalla Pietra dj Roma con tutto ciò per esser da quella parte spiaggia scoperta credo io bastera a corrispondersi, et quando paresse troppo lontano nel mezzo di spazio vi e un trapeto detto del malvicino sopra al quale sta una torre sebene alquanto dentro teITa pero potra servire per guardia 182• Passato la torre del Capo lontano tre miglia segue la cala detta la ciapazza e sebene in questo spazio vi sono altre cale tuttavia so dj parere che per sicurtà di questa marina bastara fare una torre sopra detta ciapozze di mediocre grandezza nella quale si spenderanno intomo d.i 100.
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È l'equivalente del segnale di "sicuranza' trasmesso dalle torri. Per "carri" si intendevano gli affusti delle artiglierie campali, mentre erano dette "casse" quelli per i cannoni da piazza.
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270 269. Castello di Brolo, oggi. 270. Castello di Brolo, dettaglio del mastio. BROLO
La marina di Brolo incomincia al fium e dj Naso, et segue perfino a la foggi a dela zuppardina [Zappardina-f. 252] confine con La Gioiosa lGioiosa-f. 252) che saranno circa quattro miglia dj marina un miglio da fiume di aso et tre miglia dal Castello alla foggia detta, in guardia della quale vanno alcune volte li duj cavallarj di Naso che passano circa mezzo miglio dentro al territorio dj Brolo. Nel Castello vi tiene il Barone dela ficarra [Ficarra-f. 252J che n'e patrone duj guardianj continuj la state et l'inverno et fann o guardia la notte solamente, sono deJa terra de la ficara pagatj a d.i 12 !anno per huomo, et rispondono allj segni che vedeno. Nel detto Castello vi stanno por ordinario un castellano con quattro compagnj pagatj dal barone non so a quanto. il castello è di buona fabbrica et e bene in ordine danne. Nel luoco deuo la giara di verso pattj [Patti-f. 255) vi sta una guardia in un poggjo quando dj due et quando di tre pedonj mandativj dalla te1Ta di Peraino [Piraino-f. 252] della baronia di brolo mandasi allangara li qualj
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La d(fesa costiera del Regno di Sicilia dal XVI al XIX secolo
271. Torre del Capo di Calava.
271 in scoprire vascellj fanno segni di fuoco standovj la notte tanto alla quantità deli vascellj, et respondono ali altre guardie et cosi dicano esser costume dj moltj annj. Questa Marina e tutta del Barone dela ficarra et li rende circa d.i mille l'anno. --Per guardia piu sicura basterà fare una tone alla punta dj pecamo dove sono alcune cale et verrà lontano dal Castello di Brolo circa duj miglia e mezzo la quale si fara dela mediocre grandezza di spesa dj d.i 100 incirca. GIOIOSA
Incomincia la marina dela teITa dj Gioiosa a lo zappardino, et segue fino alo vallone dj minissaro confine dj Pattj che saranno intorno a 5 miglia di marina dove viene il Capo dj Calava con cale molto importantj.,Manda la detta terra un huomo alla torre del Capo di calava pagato ad.i uno al mese il quale stà in compagnia d un altro che la città dj pattj manda in detta torre. Fanno guardia tutto l'anno notte, et giorno et fanno segnialj alla quantità deli vascellj che vedeno et respondono allj segni che vedeno, et in scoprire vascellj va uno dj loro a dame notizia alla città, et 1 altro resta a guardia, questa torre di fabbrica sufficiente sarebbe bisogno tenervj qualche smeriglio per offender bisogniando vascellj per esservj vicino molte cale pericolose. Questa Torre del capo la quale verrà lontano da la punta dj peraino circa 3 miglia 1/2 et e sufficiente a guardare detta marina quando vi si ponga qualche pezzo, et perche li guardianj possano affacciarsi piu al precipizio della rocca et massima dalla parte dj verso Brolo dove sono molte cale che non si possono scoprire per nessuna parte, sara bene fare qualche parapetto sopra la ripa di dove il guardiano potra sicuramente affacciarsi a scoprire pure dette cale. La marina e tutta del Vescovo di pattj che congiunta con il vescovato li rende circa cl.i quattromila quattrociento l'anno. La torre del Capo d'Orlando sebene sarà circa s~j miglia lontano dalla Pietra dj Roma con tutto ciò per esser da quella parte spiaggia scoperta credo io bastera a corrispondersi, et quando paresse troppo lontano nel mezzo di spazio vi e un trapeto detto del malvicino sopra a1 quale sta una torre sebene alquanto dentro terra pero potra servire per guardia ,in. Passato la torre del Capo lontano tre miglia segue la cala detta la ciapazza e sebene in questo spqzio vi sono altre cale tuttavia so dj parere che 'p er sicurtà di questa marina bastara fare una torre sopra detta eiapozze di mediocre grandezza nella quale si spenderanno intorno d.i 100. PAITI
Patti ha dj marina circa sej miglia, cioè da Minissaro perfino ali Olivere [Oliveri-f. 255) cioè mezzo miglio dalo Minissaro allj magazenj, et 5 1/2 dali magazenj ali olivere, per guardia della quale manda la Città come s'e detto un huomo alla torre ciel Capo di Calava in compagnia dj quello dela Gioiosa pagato a d.i una il mese, et mandalo cosi fuore ciel suo territorio per accordo fatto anticamente. Manda dj più duj
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273. Torre dei l':'lagazeni. 274. Chiesa di Capo di Tindari. cavalhuj pagatj ad.i una et.i 12 al mese per uno dal patrimonio clella città li qua]j guardano dalo miniss,u-o a lj magazenj, et duj' altrj dallj magazenj a Mongioia [Mongiove-f. 255] pagatj pure all istesso prezzo, et tuttj si pongono et levano quando da S. E. viene comandato. Questi passeggiano la notte per la marina et in scop1ire vascellj uno dj essi va a farlo intendere alla città et un altro alla torre dellj magazzenj, et poj va secondaodo li vascellj. Nella dettta Torre deh Magazenj vi stanno a guardia duj huominj d'inverno, et dj state giorno, et notte pagatj in questo modo cioe risquoteno il falaogaggio delle barche piccole un carlino et delle grosse un tarj de li qualj denarj ne va la metà al vescovo, et li altrj se li spartono fra dj loro, et di piu dallj casali di pattj chiamatj Sorrentinj [Sorrentini-f. 255] et dale montagne riscuoteno un tarj per testa da quelli che non sono esentj come vedove paverinj soldatj et borgesi, et provisionatj, dala qual tassa si cava in tutto cl.i 18 l'anno deli qualj 4 se ne spendono in officialj per risquoterle, et 14 se ne partono in fra cli loro che ne toccara 7 per uno, et delo falangaggio ne cavaranno cl.i 3 per uno incirca. Questi in veder vascellj o sentire li cavallarj sparano un tiro grosso et fanno fuoco o fumo sempre uno piu ciel numero dellj vascellj scopertj, et respondono a!li segni che fanno li altrj. Lontano dalli magazenj tre miglia è un luoco detto mongioia che pure la state quando sogliono mettersi le guardie visi mandano duj pedonj in una rocca alta li qualj in veder vascellj fanno un fuoco et fuggono gridando Salva Salva, et vedendo segni cl' .altre guardie respondeno conforme et sono pagatj dalla Città clj Pattj a cl.i una il mese per huomo. Segue lontano dala detta un miglio una cala detta lo ciafaglione dove la città vi manda duj huominj a guardia dj state et cl inverno, notte et giorno stanno sopra una rocca pagalj la città dal suo patrimonio ad una oncia il mese per huomo et fanno listessa guardia che li altri dì clettj. Dì piu lontano un miglio incirca dalo ciafaglione vi sta la Chiesa cielo Tindaro [Tyndaris-Santuaiio-f. 255] nella quale vi stanno due guardianj tutto l'anno notte et giorno uno pagato dal vescovo di Pattj et l'altro dalo casale de li vrizzi [Librizzi-f. 255) che e pure del vescovato, sono pagatj a d . i una lo mese et fanno li segni et guardie che le sopradette. Fassì gmu-dia di piu con duj huominj allangara nel luoco detto la rocca bianca et questa va allangara. Nella città si fanno guardie pure in tempo di sospetto sopra le mura con quaranta persone incirca in questo modo che il Cap. darme comanda ali capìtanj dellj quartierj a uno per volta che farvj far la guardia dal suo quartiere il quale comanda allj partìcolarj li qualj vedendo segno alcuno lo fanno intendere al Cap. danne, et luj fa uscire gente della città secondo il bisogno che sente, et questo si fa solo quando vi e Cap. danne, et non altrimenti. Tutta questa marina e del Vescovo et va con le rendite del Vescovato sonovj alcune piccole tenute di diversi partìcolarj pero di poco momento Sara bene fare una torre alla cala detta la fetente lontano dal Capo dj calava circa duj miglia, la quale sarà nel territorio clj Gioiosa et facciasi della minore spesa per esser in luoco alto che sarà dj d.i 100. La torre dellj magazenj e dj buona fabbrica et sebene stà in luoco basso nondimeno per sicurtà del barcareccio et per esser vista dalla città quando si faccia la sopracletta con la quale si potrà corresponclere, sara bene continuare la sua guardia Sonovj dentro un mezzo sacro e duj smerigli dj bronzo et un maschio dj ferro et e lontano da la fetente 4 miglia.
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275. Castello dell'Oliveri.
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Sarà bene a lo loco detto Mongioia pure farvj un'altra torre clela minor grandezza, la quale non accrescerà altra spesa che la fabbrica poiche vi stanno per ordinario le guardie e sara lontano 3 miglia dala sopradetta. Un altra pure se ne potrà fare a lo loco detto lo ciafaglione pure della minor grandezza et come l'altra non accrescerà altra spesa che dela fabbrica poj che per ordinario vi suole star guardia et sarà lontano dala di Mongioia circa un miglio. Un altra sara bene farne pure della medesima grandezza ·sopra il Capo delo Tindaro imperoche la Chiesa non guarda il Capo venendo posta piu dentro verso Melazzo [Milazzo-f. 255) in luoco che non e clj tanto giovamento quanto sarebbe nella propria ponta.
OL!VERI L' Oliverj haverà circa tre miglia dj marina cominciando alla carrubba fino alo vallone dj Bernardo nel quale spazio vi e il Castello cielo Olivetj dove e un trappeto, et una tonnara. Questa marina e guardata solamente quando si travaglia al trappeto o alla tonnara, tienvj l'ingabellatore duj cavallarj che guardano tutta quella marina, la quale e spiaggia scoperta sono pagatj a d.i due al mese li quali in scoprire vascellj suonano una brognia et vanno gridando Salva Salva, et nel castello non si fa altra guardia. Questo territorio Castello trappeto et tonnara sono del Marchese di novara ovvero delle eredj d'Arduino et la tonnara sola l'ingabella d.i mille et dugento l' altre non sen ha havuto informazione. Sara bisogno per maggior sicurtà dj questa marina tener continua guardia al castello dell Olive1j che respondera con la Chiesa del Tindaro lontano 2 miglia.
FORNARI A lo vallone di bernardo incomincia la marina dj Fornarj [Furnari-f. 255], et segue perfino allo vigilatore confine de lo Castro [Castroreale Terme-f. 255] che saranno circa quattro miglia di marina, per guardia della quale la università vi manda duj cavallruj pagatj a s.di cinque al mese per ciascheduno, li qualj incominciano dal primo dj marzo perfino a ottobre et qualche volta fino a novembre secondo che il Cap. darme, ò sergente maggiore dj Melazzo, cognioscano il bisogno dati qualj sono comandatj ; questi vanno passeggiando per la marina uno da una parte et l'altro dall altra, et in scoprire vascellj suonano una brognia, et uno dj loro accompagnia lj vascellj, et l'altro va gridando Salva; nella tera fanno guardia alcune volte allangara quando piu et quando manco fi no a dieci huominj secondo che pare al barone. Questo territorio e tutto del Barone e non si sa quanto li rende !anno. Per esser tutto questo territorio spiaggia scoperta non occorrera farvj altra torre, et quando pure si voglia far torre che non sarà se non di qualche giovamento si potra fare allj confinj con lo Castro et farla dela maggior grandezz a che sara dj spesa cl.i 200 et verrà lontano dallo oliverj circa 5 miglia poco più ò manco.
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277. Milazzo, oggi. LO CASTRO
Lo castro ha dj marina intorno a sej miglia, cioe dallo Vigilatore [Terme Vigliatore-f. 255) perfino alo loco detto lo Tono [P.a di Tono-f. 255] confine con la te1Ta dj melazzo, mandavj l'università a guardia sej cavalla1j pagatj a s.di cinque al mese cioe da principio di Marzo perfino alj 10 dj Maggio pagatj dall università al detto prezzo, et dallj 10 dj maggio pe1fino a mezzo agosto sono pagatj dallj massarj con molte regaglie che li danno, et bisognando far piu giorni guardia pagano pure le comunità che per ordenario sogliono stare fino a tutto ottobre et quel piu che pare al Cap. d'arme, ò sergente maggiore dj Melazzo. Uno dj questi sta allo vigilatore uno al luoco detto Salga, uno al fiume del narancio uno a porcaria, uno a S.to Antonio [C.a S. Antonino-f. 255), et uno allo Tono: questi fanno la medesima guardia che quellj dj fornarj. Questa marina e tutta dj diversi particolarj cielo castro et non si può sapere quanto li renda. Nel luoco detto lo Tono vi e una Tonnara la quale per esser cattiva si fa poche volte, et quellj che l'hanno fatta vi hanno perso. In questo spazio pure si potra fare un altra to1re dela maggior grandezza scompartita a beneplacito lontano dala dello castro poiche il paese e tutta spiaggia scoperta, et questa gioverebbeno molto al borgo clj Melazzo perche dando i Turchi in terra per quella parte, non vi e piu sicura preda ne piu prossima che il detto borgo. MELAZZO
A lo Tono detto dj sopra incomincia la marina dj Melazzo, et fornisce alla fiumara di S.ta Lucia che saranno intorno a dodici o quattordicj miglia per mare, et per terra non più che quattro. Tengono per guardia di questa marina dalo Tono al fiume S.to Basilio un cavallaro pagato dalo casale dj Pozzo dj gotto [Pozzo di Gotto-f. 255] a s.di sej al mese che li colgono per tassa a tanto per casa. Stanno di più duj altrj cavallarj dala fiumana perfino a sotto il Castello dj Melazzo, pagatj dall'università dal suo patrimonio e tuttj fanno guardia al solito cieli altrj sopradettj. Nel Castello di Melazzo stanno d ordenario vintj soldatj spagniolj pagatj a s.di tre il mese per huomo, uno castellano a s.di cinque un vicecastellano a t.ì 15 tre bombardierj a t.ì 40 per huomo, duj portaij a t.ì 20, uno carraro a t.ì 25 un cappellano a t.ì 30. Fanno guardia la notte et il giorno et in scoprire vascelj sparano un tiro, et fanno fuoco et fumo uno piu dellj vascellj visti, et respondono con li alt1j segni che vedono, vanno per le loro paghe alla secreteria dj Messina Regia con molto loro incomodo. Vi
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279 278. Il castello di Milazzo. 279. To1Te della Lanterna. hanno una mezza colub1ina, un cannone rinforzato 183 et alcunj pezzettj. Passato il Castello verso la punta dela penisola vi si pone tre huominj allangara, ad arbitrio del sergente maggiore nel luoco detto le ginestrelle lontano dal castello circa un miglio, et vj sta per guardia di una cala detta dj S.to Antonino overo dela Tonnarella, un altra guardia si fa pure continua dj notte e giorno alla ponta del Capo al luoco detto S.to Nicola dove stanno duj huorninj pagatj dall'università a t.ì 40 il mese per huomo. Stanno alla campagnia, et in scoprire vascellj fanno segno di fuoco et fumo, et si fuggono sonando la brognia, et non respondono altrimenti a segni cl altre patti, segue doppo unaltra guardia lontano dala detta cluj Lirj cli schioppo di tre huorninj allangara nel luoco detto lo rotolo, fanno l'istessa guardia che quellj dele genestrelle, segue doppo all'istessa .distanzia nel luoco detto lo corvo pure una guardia dj tre huominj pure allangara, et con le medesime manzione di guardare. Un altra guardia pure all' istessa distanzia pure di tre huominj .allaogara nel luoco detto S.ta Anna, et poco lontano la detta segue la guardia allj Scappucinj pure dj tre huominj allangara li quali stanno vicini alla terra a un tiro d archibugio, nella guai terra si fa guardia in tre luochi con tre huominj per luoco, et nel luoco dove sta lo stendardo si fa guardia orclenaria tutto l'anno pure allangara quando con tre et quando con quattro huominj un altra se ne fa alla porta della terra pure continuamente quando con tre et quando con 4 huominj il giorno gentilhuominj, et la notte cittaclinj. Sonovj atomo la terra per le mura una colubrina et una mezza colubrina, 5 sagrj et dodici smerigli incirca. lontano dalle mura un tiro dj sacro dj verso al Borgo nel Juoco detto il monte un altra guardia dj tre huominj pure allangara che sguoprono il mare da tutte due le partj et fanno segnj come le altre. Lontano da questa circa mezzo miglio nel luoco detto la marina overo lo Pozzo si fa pur guardia con tre huominj allangara. Tutte queste guardie sono comandate dal sergente maggiore, et chi manca essendo comandato casca in pena dj tre trattj di corda, et altre pene ad arbitrio del Cap.o darme. Tutte le dette guardie durano eia marzo a tutto il mese d ottobre et piu ad arbitrio del sopradetto Cap.o danne. Lontano dala sopradetta guardia delo pozzo circa mezzo miglio vi tiene la terra un cavallaro pagato data università a s.di 5 al mese che guarda per fino al luoco detto la spina tutta spiaggia scoperta et fa li segni che li altij cavallarj. Doppo questo segue pure un altro cavallaro che guarda per fino al fiume S.ta Lucia fenait.a del territorio dj Melazo, e pagato pure dall università come li altrj e fa li medesimj segnj. Tutta questa marina è dj diversi partic0Ia1j di Melazzo et dj Messina ne si puo sapere quanto renda vi si fan no duj tonnare una sotto il castello nel luoco detto la tonnarella che e dj don Pietro porco et don
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Per cannone rinforzato si intendeva un' artiglieria più massiccia della normale destinata perciò a cariche di lancio maggiorate, necessarie quando si supponeva di adibirlo a maggiori gittate o ad un tiro particolarmente teso, come nel caso dei pezzi da costa.
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Andrea Porco, et la ingabellano cl.i 260 l'anno, un al tra se ne fa dall' altra parte sotto la te1rn nel luoco detto lo porto, che e del barone di Monforte messinese et la ingabella cl.i mille e dugento l'anno. Le torrj che si devriano fare in questo territorio sono una in mezzo la lingua dj te1rn alla fine del borgo nella pianura dj spesa dj cl .i mille dove stessero almeno quattro pezzj dj bronzo et a guardia continua s~j huomi.nj. Mezzo miglio piu verso il capo segue il Castello il quale da la parte dj ponente per l'altezza delle ripe e sufficiente a guardare u n gran spazio dj marina. Passato il castello pure dalla parte dj verso ponente sara bene farsi una torre lontano dal detto Castelo ci.rea un miglio sopra alcunj ridossi eh.e sono in quella parte et questa vo1Tà essere dela mediocre grandezza dj cl.i 100. Sarà molto necessario 1ifare la torre dela lanterna che viene in ultima ponta dela penisola, et facciasi dela maggior grandezza incorporandovj dentro l' istessa che e fatta al presente dela quale se ne potrebbe far pozzo 184 per comodo deli guardianj et sarà bisogno alla detta to1Te rifarvj la lanterna et poj che si piglia falangaggio per essa ordenare che visi tenga la luce che già pochi annj fa soleva tenere. Unaltra torre sara ibisogno farsi dalla parte dj ponente in alcunj ridossi dove possano dar vascellj in terra che verrà quasi a mezza la peni.sula et facciasi della mediocre grandezza et perche alcune volte sono venutj vascellj pure per questa parte dj verso ponente et hanno posto in terra sotto il Castello, et coperti dalla ripa, et d,tlle case hanno dato in terra, et depredato tutto il borgo per ovviare a questo pericolo ho pensato che si faccia una torre al luoco dellj Scappuccinj per dove si vieterà la disembarcazione da quela parte come apertamente ho clemostrato per un deseg no a pane dela terra dj melazzo et facciasi cli cl.i 200 clj spesa. Un altra ho giudicato esser bisogno farsi alla chiesa rovinata clj S.to Eramo nel mezzo del porto perche alcune volte son venutj vascellj et [?l han no mandato barchett.e a depredare il borgo et le barche tirate in terra, tutto questo si può chiaramente vedere nel disegno a parte detto, facciasi questa di cl .i 300 di spesa. Queste tre tonj di maggiore spesa perche sono fatte solamente per sicurtà del borgo di Melazzo et li abitantj s'hanno posto una gabella a tale effetto pero non occ01Tera trattare d' invenir denmj per fabbricarle poj che con tre o quattro annate dj detta gabella si compliranno tutte. S.TA LUCIA Al tenitorio di Melazo segue quello dj S.ta Lucia [S.ta Lucia del Mela-f. 255] che incomincia al fiume di S. Lucia et fornisce alla punta di Giannoso che sono circa duj miglia di via, per guardia della quale vi tiene la università duj cavallaij pagatj a cl.i 3 circa il mese per uno, et fanno la meclsima guardia che li dj Melazzo et son pagatj per tassa. In questa marina viene il fego del Barone dj Catafi [Cattafi-f. 255] che cosi a nome il fego non se possuto sapere quanto li rende per essere spiaggia aperta non ho voluto desegnarvj torre non occorrendo in siti cosi fattj far tante spesse torrj. GUATER!
Gauteri [Gualtieri-f. 255] non ha oltre uil miglio dj marina et confina con frondò [Condrò-f. 255) et per guardia vi tiene un cavallaro pagato a cl.i 2 il mese et fa l'istessa guardia che li dettj di sopra. Tutta questa marina si comprende in un fego dj S.to Placido et li rende cl.i quattrocento incirca. Non occorre farvj to1Te alcuna si per esser poca marina come per esser tutta spiaggia aperta. FRONDO
Segue la marina di frondò a quella cli Gauterj perfino a S.to Peri di Monforte [Monforte-f. 255] che pure non arriva ad un miglio et pure l'università vi manda un cavallaro pagato in questo modo. Si vende questa guardia ali incanto quando s.di cinque et quando sej et quando non hanno chi la pigli vi mandano un cavallaro pagato a tre tarì per notte per tassa et pure fa la guardia che sogliono fare li altrj. Questo territorio va pure con il fego clellj mo nacj dj S.to Placido et si comprende nella istessa rendita delle quattrocento once dette. In questo territorio viene la fiumara cielo Muto dove quando in questa spiaggia si habbia da fai· torre si polra fare alla bocca d i detta fiumara per torre questo comodo dcll aqqua al nemico et sarà lontano da Melazzo cinque sej miglia.
1s4 La pratica d'inglobare una torre antica in una più recente trova numerose esemplificazioni anche nel Regno di Napoli; tipica per tulle la Torre cli Castellabate.
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MONFORTE
Seguita doppo frondo la marina di S.to Perj casale di Monforte che e circa un miglio 1/2 di ma1ina guardata da tre cavallarj uno pagato dal detto casale, et li altij dalll'università di Monforte, alli quali danno tre carlini per notte perche hanno tempo di dormirne una parte guardando una parte della notte per uno, et fanno l'istesa maniera dj guardia che li aluj passatj. Questa marina e tutta del barone di Monforte, ne s'e possuto intendere quanto li renda. Non occorrerà farvj torre si per essere spiaggia come per esser molto vicino alla di sopra detta dela bocca del fiume delo muto. LA ROCCA
Alla punta della scala [Scala-f. 255] della Rocca incomincia la marina della Baronia della Rocca e seguita pe,fino allo vallone dj Spatafora [Spadafora-f. 255) che sarà circa un miglio, guardata da quattro cavallaij mandativj dalla università della Rocca pagati a tre carlinj per cavallaro, et fanno la guardia a duj per volta, mezza notte per uno facendo l'istessi segni che li aluj. Tutto questo territorio e del Barone della Rocca non s' e saputo quanto li renda. Non occorrera farvj altra guardia dj tonj per esser pure spiaggia scoperta, si come le altre, et come va seguendo perfino al Capo clj rasocolmo [C.o Rasocolmo- f. 254). RIMETTA
A lo vallone di Spatafora segueno alcuni terrenj di diversi particolarj clela città dj Messina peifino alla Lifia per guardia della qual marina vi manda la Comunità dj Rometta [Rometta-f. 255] duj cavallmj, et duj la università dj venedico [Venetico-f. 255) pagatj pure a tre carlinj per notte duj dellj qualj vegliano et duj dormono, sicome li sopranominatj. Non occorrerà farvj torre per li respettj datj dj sopra. SAPONARA
La marina cli Saponara [Saponara-f. 255) e circa un miglio, et vi si aggiognie di più alcunj territorj clj diversi particolarj che si estendono pe1fino ali oliveto delo Jppeso questa marina pure e guardata da quattro cavalla1j pagatj dala comunità dj Saponara a tre carlinj per notte et fanno come li altrj clettj la guardia a , vicenda con 1i istessi segnalj. Questa mmina da quella posseduta dali sopradettj particolaij in poj tutta e dela Baronessa patrona della terra. Quanto li renda non s'e possato intendere. Quando pure si voglia in questa marina farvj torre si potrà fm·e alla bocca del fiume dj Saponara per li rispettj,dettj di sopra che sara lontano dala del fiume delo muto intorno a sej o sette miglia et facciasi della mediocre grandezza et spesa. Tuttj li cavalla,j, et gaurdie della marina che sono dall Oliverj dalla parte et confino con il territorio dj Pattj perfino ali oliveto confine con lo Ipso sono comandati dal Cap.no danne clj Melazzo, et non essendo Cap.o darme dal sergente maggiore pure dj Melazzo. Alcune volte i patronj delle te1Te et baronj sogliono mandare agozzinj la notte a rivedere se li cavalla1j fanno bona guardia, et trovandolj a dormire o che non fossero venutj alla guardia, li fanno perdere il cavallo et l'armj, qualj sono del sergente maggiore dj Melazzo, et cosi altre pene di dette guardie si scompartono a quellj che lj hanno trovatj in frodo li qualj non h.anno altra provvisione. Il detto sergente maggiore, è obbligato andare ò mandare suoj creatj la notte per rivedere dettj cavallaij per tutta la detta marina, et far fare bona guardia, et esso quando vuole andare piglia mulj o cavallj dj Melazzo di quellj che sono esentj da guardie, et con sej o otto persone che piglia dela terra dj Melazzo a sua elezione va a ricognoscere et non possendo andarvj esso manda gentj sue non li dando altra provisione che le sopradette pene."