ECONOMIA MILITARE

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STATO MAGGIOR E AERONA UTICA UH·ICIO STO RICO

GIUSEPPE MA YER

ECONOMIA MILITARE STORIA E TEORIA

ROMA 1981



Ai giovani che si sono avvicendati e che si avvicenderanno nell'Accademia Aeronautica, fucina ineguagliabile di Uomini, di Soldati, di A via tori. G.M.



INTRODUZIO E

L'uomo, per la sua stessa natura, è portato a guardare al futuro proiettandovi azioni e attività presenti, nell'ansia continua di migliorare una situazione raggiunta o, quanto meno, di mantenerla; l'uomo, però, affonda radici nel passato e dal passato eredita esperienze e vincoli: gli usi, le tradizioni, i costumi costituiscono una specie di struttura mentale di pensiero dalla quale individui s ingol i o gruppi sociali non si liberano allorquando prendono una decis ione a qualunque materia essa appartenga. Da questa verità, un'altra ne discende e cioè che, volendo procedere ali' analisi dei fenomeni umani in genere e sociali in particolare, non può essere ignorato l'aspetto storico del fenomeno in esame. Ogni contraria condotta porta a conclusioni fallaci. Il discorso acquista più ampia rilevanza nei fenomeni economici, dove l'addentellato col passato ha maggior risalto. Una teoria economica, pur essendo fr utto di un'astrazione di fenomeni reali, se non vuole restare priva di interesse, deve riferirsi ad un modello che non sia troppo lontano dalla realtà e realtà significa fatti presenti e fatti passati. Uno stud io sul susseguirs i nel tempo di certi fenomeni economici, implica raccolta di dati, critica e interpretazione di essi e, infine, esposizione del racconto storico. Ma è possibile una critica certa e un'interpretazione scevra da errori, non tenendo presente la teoria economica elaborata al riguardo? Attualmente economia e storia seguono ciascuna la propria strada tracciata dal diverso metodo seguito da ognuna, sicchè consegue che nelle trattazioni economiche l'aspetto storico è di solito trascurato, così come si sorvola sugli aspetti economici nelle opere storiche. Ne risulta una trattazione monca e incapace di rispondere a pressanti interrogativi intorno a fenomeni economici quando si tralascia l'elemen to storico di quei fenomeni; ed a ltrettanto monca ed incapace di spiegare appieno un avven imento storico allorquando non si è indagato sul suo eventuale aspetto econom ico.


ScHUMPETER (1) nella sua opera monumentale sulla storia dell'analisi economica sostiene che l'economista "scientifico" deve possedere la padronanza di tecniche, classificabili in quattro gruppi: storia, statistica, sociologia e teoria. Di tali campi fondamentali - scrive ScHUMPETER - la storia economica, che sbocca nei fatti dei nostri giorni e li comprende, è di gran lunga quello più importante, per tre motivi. Il primo è che l'oggetto dell'economia è essenzialmente un processo unitario nel tempo storico. Non si può sperare di comprendere i fenomeni economici di una qualsiasi età, compresa quella presente, senza un'adeguata padronanza dei fatti storici e un'adeguata misura di senso storico e di quella che può essere chiamata "esperienza storica". Il secondo motivo è che l'esposizione storica non può essere puramente economica, ma riflette inevitabilmente, anche fatti "istituzionali" che non sono puramente economici : perciò lo studio della storia costituisce il metodo migliore per comprendere come i fatti economici e non economici sono in relazione gli uni con gli altri e come le varie scienze sociali debbono essere messe in rapporto fra loro. Il terzo motivo è il fatto che par certo che la massima parte degli errori fondamentali comunemente commessi nell'analisi economica è dovuta alla mancanza di esperienza storica più che a qualsiasi altra deficienza nel corredo scientifico dell'economista. Anche BRAUDEL (2) ritiene che nella ricerca storica la vita e le vicende dell'uomo possono essere colte nel profondo solo sfruttando il maggior numero di punti di vista possibili: dalla sociologia alla antropologia, dalla geografia all'etnologia, dall'economia alla demografia. Sulla scia del pensiero dei citati autori e nella considerazione che il formalismo delle teorie economiche e il fattualismo della storia economica potranno essere corretti nella misura in cui si riesca a creare, ripartendo dall4 realtà, un più saldo collegamento fra le due sciep.ze (3), abbiamo improntato il presente lavoro ad un criterio che tendé a colmare la frattura esistente fra storia e economia. Per conseguire un'analisi completa del fenomeno economico-militare, partiamo da un fatto storico: la guerra - questo orribile fenomeno antico quanto l' uomo (HoBBES) - indagando sulla sua natura e cercando di coglierne ogni aspetto - umano, ideologico, religioso, politico, sociale ed economico-. Tale indagine preliminare, oltre che farci conoscere le cause profonde della guerra, da non confondere con le occasioni .-- casus belli - ci permetterà d'impostare, su basi storiche, la ricerca del contenuto e dei modi di manifestarsi dell'economia militare, fin dai tempi più antichi. Un particolare rilievo viene riservato alle concezioni più recenti, partendo dalla importante opera del duca CARAFA, per poi considerare i mercantilisti, i fisiocrati, i classici, la scuola storica e il pensiero socialista. La concezione produttivistica dell'attività statale di STEIN e WAGNER costituisce l'aspetto nuovo dell'economia militare e l'addentellato per le moderne teorie di tale scienza. Successivamente è posta nel giusto rilievo tutta la teoretica formatasi anteriomente e durante la prima guerra mondiale.

( 1)

SCHUMPETER,

(2)

BRAUDEL

Storia de/l'analisi economica, trad. il. Torino 1959, Voi. I, pag. 16. F. Il mondo alfuale, trad. it. Milano 1963; Capitalismo e civiltà materiale, trad. il. Milano 1967: Scrilfi di Storia, trad. il. Milano 1981. (l) M . CARMAGNANI, A. V ERCELLI, Economia e storia, Firenze 1978, Voi. I, pag. 6.

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L'analisi della teore tica attuale, consolidatasi a ridosso e subito dopo la seconda guerra mondiale, conclude la prima parte dell'opera fornendo tutti gli elementi per iniziare, con la seconda parte, l'analisi dei fenomeni economico-militari propri di un moderno strumento militare. Nella seconda parte viene svolto il concetto moderno di attività militare e di economia militare, di organismo della difesa e di strumento militare, concetti che servono per introdurre il lettore alla comprensione del fenomeno della "produ zione del servizio difesa". È questa una recente concezione dovuta agli economisti HrTCH e Mc KEAN, che riprendendo le teorie di D1ETZEL e di WAGNER sullo "stato produttore" di beni e servizi pubblici, sono giunti a formulare una teoria sul processo di produzione dello strumento militare, processo, però, non soltanto conce ttuale, ma reale, che permette di conseguire, mediante l'impiego di fat tori di produzione - infrastrutture, sistemi di arma, personale e organizzazione - secondo il "principio di economicità ", un dato prodotto - stru mento militare - col minimo impiego possibile di mezzi; oppure di ottenere, con determinati mezzi, la massima quantità o la maggiore efficacia possibile d i uno strumento militare. In tale ottica viene considerato il "defence management" e i suoi strumenti decisori : cost-benefit, cost-effectiveness, systems analysis, PPBS ed altri sistemi avanzati. Nella terza parte si affronta un altro aspetto notevole dell'economia militare e cioè le conseguenze della spendita dei mezzi finanziari assegnati alla difesa a seconda del tipo di sistema economico nazionale in cui si manifestano tali spese, distintamente per settore economico. La quarta parte comprende quella che a lcu ni economisti denominano "economia di guerra", considerando le variabili esogene ed endogene del conflitto, gli elem enti e le strutture del piano economico di guerra, nonchè il costo e il suo finanziamen to. La quinta ed ultima parte considera le conseguenze economiche di un disarmo rapido e totale, nei paesi ad economia di mercato, ad economia collettivista e nei paesi sottosviluppati. Concludiamo questa breve introduzione, osando sperare che questo lavoro, frutto di esperienze maturatesi in circa un trentennio di insegnamento presso Istituti mili tari - Accademia Aeronautica, Scuola di guerra aerea, Centro alti studi mil itari - possa servire a colmare la grave lacuna della mancanza, nel nostro Paese, di un'opera di economia mili tare.

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INDICE GENERALE INTRODUZIONE

PARTE I -

LA GUERRA

I. 2. 3. 4. 5.

Capitolo I - LA GU ERRA Il fenomeno della guerra e le sue cause .. ............. ........... .. ...... . Cenni sulle teorie della guerra ............................. ... ........ .. ....... . Tipi e periodicità della guerra ............. ................ ........... .. ....... . Caratteristiche delle guerre moderne .............. .............. .. ....... . Il deterre nt ...... ......... ..... ....................... ............... ............. .......... ..

6. 7. 8. 9. I O.

Capi tolo II - L'ATTIVITÀ ECONOMICO-MILITARE NELL'ANTICHITÀ Concetti prelimina ri ............ .. ......... .... ................................... .... . Egitto ...... .. .......... ............................... .... ................................. ....... Grecia ... ...... ......... ............ ................ ............... ....................... ....... . Roma .................... ........... .... ........... .............. ... ......... .. .......... ....... . Medio Evo ed Età Moderna .................... .... .......... ... ........ ......... .

11. 12. 13. 14. 15.

Capitolo III - VERSO UNA PIÙ ORGANICA CONCEZIONE DELL' ATTIVITÀ ECONOMICO-MILITARE Il pensiero dei mercantilisti ... .... ........... ............. ... .. ................. . Il pensiero dei fisiocrati ............ ....... .... .. ................ ........... ........ . La concezione classica ......... ... .. ............ ,................ .......... .......... . La scuola storica ....... ......... .... ............ .................. ........... .......... . La corrente social ista ......... .. .... .......... ................ ........... ..... ....... .

Capitolo IV - LA FORMAZIONE DEI PRI CIPJ TEORICI 16. Il pensiero economico-militare : a) alla vigilia della prima guerra mondiale ................. .... ........... .. ....................... ................ . 17. b) durante e immediatamente dopo la prima guerra mondiale ............ ........ .................. ... ........ ..... ........... .. .......... ... ..... .. ....... . 18. e) immedi atamente prima e durante ìa seconda guerra mondiale ............. ........................... ............... .............. ........ ......... .

19. 20. 21. 22. 23. 24. 25.

PARTE lI - LE ATTIVITA MANAGERIALI DELLA DIFESA Capitolo I - CONCETTI PRELIMINARI Delì' attività economica in generale ...... ................. .................. . Nuove teorizzazioni delle attività economico-militari .. .. ...... . L'economia militare .... ............................ ... ...................... .. ......... Concetto delle attività militari ........... ... ........................ .. ......... . Contenuto dell'economi a mili ta re ...... ... .................................. . Servizio difesa, organismo militare e strumento miìitare ... . Le attività militari intese come processo produttivo ........... .

Capitolo II - I BENI MILITARI 26 . Beni e servizi militari in senso oggettivo e in senso soggettivo ...................................... .. ........... ............ .. ........ ..... ............ ..... ..

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27. Un tentativo di classificazione dei beni militari sotto l'aspetto economico-militare ................. ................ ............. ....... 28. La classificazione della NATO in funzione della spesa militare ................................................................................. .............. . 29. Alcuni dati sulle spese militari ...... .... ......... ............ ........... .. .... . Capitolo III · LA DETERMINAZIO E DELLA QUOTA DI REDDITO NAZIONALE PER FINANZIARE LA PRODUZIO· NE DEL "SERVIZIO DIFESA" 30. Le fonti di finanziamento dei servizi pubblici ............ .... ....... . 31. Il problema della dimensione dei servizi pubblici ................. 32. La determinazione della quota di reddito da destinare al "servizio difesa" ..................... ... ................................... ............. . Capitolo IV · LA DOMANDA MILITARE 33. Concetto di domanda militare .... ........................... .................... 34. Un approfondimento della domanda militare: elementi da cui dipende la domanda militare ............... .. .......... ................... 35. L'elasticità della domanda militare rispetto al prezzo ed al bilancio ............................................................ ............ ................ . 36. Elasticità incrociata della domanda militare ed elasticità di sostituzione ............ ............ ..................................... ................. 37 La variabilità della domanda militare rispetto alle preferenze ................ .... ......... ......................... ............................. ... ........ 38. Le cause della scarsa elasticità della domanda militare ...... Capitolo V· IL MERCATO DEI BENI MILITARI 39. Il mercato dei beni militari: a) beni non tipicamente militari ... .. ........... ..................... ................. .. ........... .. ...................... ........ . 40. b) beni tipicamente militari ...................................................... . 41. La cooproduzione fra organismo m ilitare e industria e nel campo internazionale ...... ............ ............. .................................. Capitolo VI · CARATTERISTICHE DEL PROCESSO PRODUTTIVO DELLO STRUMENTO MILITARE 42. Il processo produttivo dello strumento militare .............. ...... 43. L'aumento delle dimensioni dello strumento militare: a) cause poli ti che ... ... ............. .. ............ .............. ............ .............. 44. b) cause tecnologiche............. .............. .. ........... ........ ... .............. .

45. 46. 47. 48.

12

Capitolo VII · ELEMENTI DEL PROCESSO PRODUTTIVO DELLO STRUMENTO MILITARE Fattori lirnitazionali e sostituibil i, fattori fissi e variabili ... La produttività: la legge delle produttività marginali decrescenti .......... ..................... ............................. .. ....................... ....... . Concetto di costo di produzione dello strumento militare: alcune precisazioni ............ ... ........... ......... ................ ............. ... .. Categorie di costo nel processo produttivo dello strumento militare ..... ............................. ...................... ............. ................... .

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49. Opportunity cost .......... ,................................................... ........... APPENDICE: Prodotto totale, medio e marginale ................. .

50.

51. 52. 53.

Capitolo VIII -L' EQUILIBRIO DELLA PRODUZIONE DELLO STRUMENTO MILITARE Alla ri;,erca di elementi di analisi "diversi" nel processo produttivo dello strumento militare ............... ...................... ... Il problema economico della produzione dello strumento militare e la funzione della produzione mil itare... .. ............... Possibilità di misurare la produttività ..... ............... ....... ........ . 11 problema della combinazione ottima dei f?tttori basata sulla misurabilità della produttività ...................... ........ ..........

Capitolo IX· ANCORA SULL'EQUILIBRIO DELLA PRODUZIONE DELLO STRUMENTO MILITARE 54. Il problema della combinazione ottima dei fattori basata sul metodo delle curve d'indifferenza: a) produzione di un solo bene (output) con due fattori di produzione (input)....... 55. b) produzione di due beni (output) con due fattori di produzione (input) ......... ............ ............. .. .......... .. ............ ........ .............. 56. e) produzione di due beni (output) con un solo fattore di produzione (input) .... ............................. .. ............ ........................ APPENDICE: 1. Delle curve d'indifferenza. 2. Caratteristiche delle curve d'indifferenza. 3. Tipi di curve d' indifferenza ............ ............ .................................. ......... ................... ... .......... .

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57. 58. 59. 60. 61.

Capitolo X - DEFENCE MANAGEMENT : IL PROCESSO DECISORIO Management e defence management....................................... Decisioni e processo decisorio ........... ........... ... .......... ........... .... Metodi scientifici di decisioni sistematiche; a) R.O. .............. b) systems analysis ........................................ :...................... ....... e) analisi marginalistica: richiamo ....... ... ............... .......... .... ....

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62. 63. 64. ' 65. 66.

Capitolo XI . DEFENCE MANAGEMENT: GLI STRUMENTI DEL PROCESSO DECISORIO I modelli: a) definizione di modello ...... .............. ...................... b) classificazione dei modelli: i modelli militari....... ........... .. e) costruzione e verifica dei modelli .................. .......... ............ . Criteri di scelta alternativa: a) probabilistici......................... b) cost-benefit analysis e cost-effectiveness analysis .............

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67. 68. 69. 70.

Capitolo XII · DEFENCE MANAGEMENT: LA PROGRAMMAZIONE MILITARE Concetti preliminari: a) cause, concetto e tipi di programmazione ........ ... ........... ............. ... ........ ... ..................... ................. .. b) la programmazione dello stato: pianificazione collettiva e programmazione di mercato ....... ... .................................. ...... e) il piano finanziario ........ ............................. .. ..................... ...... La programmazione militare ..................... ........................ ........

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71. Il P.P.B.S. quale strumento di decisioni s istematiche e programmate ..... .... ...................... ..... .............. ........... .. ................ ...... 72. Altri sistemi avanzati usati nella programmazione militare

250 254

76. 77.

PARTE III - L'OBIETTIVO DEL DETERRENT Capitolo I - LA SPESA PUBBLICA L' attivi tà economica dello stato secondo il pensiero dei classici : la finanza fiscale e la teoria ne utrale del bilancio . Nuove teorie sull'attività dello s tato ........ ............................... L'attuale concezione teorica dell'attività finanziaria dello stato ......... ... .......................................... .............. .... ........... ........ .... In particolare: a) la fiscal pol icy .................... ................. .. ........ b) il deficit spending e i suoi effetti .... ......................................

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78. 79. 80. 81. 82.

Capitolo Il - EFFETTI DELLE SPESE PUBBLICHE SUI CONSUMI, SULLA PRODUZIONE, SUI PREZZI E SULLA DISTRIBUZIONE DEL REDDITO GI i effetti delle spese pubbliche: a) premesse ........................ b) sui consumi ..................................................... .... ........ ............. e) sulla produzione .. .... ......... ..,......... ...... ............... ..... ................ . d) sui prezzi .. .............. ... ............. .......... ... .. ........... ............ ............ e) sulla distribuzione del reddito ......... ......................... .. ... .......

275 275 276 27 6 277

73. 74. 75.

83. 84. 85. 86. 87.

Capitolo III - EFFETTI DELLE SPESE MILITARI IN GENERALE Considerazioni generali ...... ........... .. ........................ ................ ... Effetti della spesa militare: a) sui prezzi .... .......... ... ............... b) effetto moltiplicatore e acceleratore ................ .... ............... e) sul reddito, mediante il progresso tecnologico conseguente alla produzione di armamenti ......... ................... .. ........ Le spese militari in funzione stabilizzatrice e in funzione di sviluppo ....... .... .......... .............................. ................ .. ...................

Capitolo IV - OBIETTIVO DEL DETERRENT 88. Qualche osservazione preliminare .... ............ ... ...................... .. 89. Conseguenze economiche e finanziarie dovute al potenziamento militare di breve e medio termine: a) nei paesi ad economia rigida ...... ............................... .. ............ ..... ................... 90. b) nei paesi ad economia estensibile .... .................................... 91 . e) nei paesi con sottoccupazione ............ ................ ................... 92. d) nei paesi dualistici ............................... .. ... .......................... ,... 93. e) nei paesi collettivisti .................... ...................................... ..... PARTE IV - OBIETTIVO DELLA GUERRA Capitolo I - EFFETTI DELLE SPESE MILITARI I PERIODO DI GUERRA 94. Il fenomeno della guerra come elezione di fini ............ .......... 95. L'economia militare, in tempo di guerra, richiede un processo di trasformazione e di sostituzione delle attività economiche del paese ........ .... ......................... .. ............. ............ .......

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96 . L'economia militare, in tempo di guerra, richiede la mobilitazione di tutte le risorse del paese e risulta un tipo di economia pianificata e vincolata .... ............ ............ ................ .. 97. Presupposti ed estensione del piano economico di guerra: a) promuovere la conversione delle industrie dalla produzione di pace a quella di guerra; potenziare .1·agricoltura e i trasporti .......... .. ...................... ............................. .. ................... . 98. b) disciplinare i consumi - specie nel settore alimentare - limitandoli aJJo stretto indispensabile ........ .. ..................... . 99. e) controllare l'andamento del mercato ....................... .. ........ . 100. d) regolare le importazioni e le esportazioni in funzione delle necessità della guerra .............. .. ..................... ................. . 101. e) controllare la circolazione monetaria e l' espansione del credito, la formazione e l'impiego del risparmio .... ......... ..... . 102. Struttura della pianificazione econom ica della guerra ....... . 103. Più vantaggiosa si presenta la situazione degli stati a tipo collettivista a motivo della pianificazione, sia della produzione, sia del consumo, da essi attuata fin dal tempo di pace ...... ................... .............. ... ..................... .. ........................... .. ..... . 104. I piani nel quadro degli "aiuti reciproci" fra alleati. Prestiti interalleati. La "legge affitti e prestiti", il Patto Atlantico ......... ............: ... ................... ................. ... ..................... ............. . Capitolo II - IL PROCESSO PRODUTTIVO DELLO STRUMENTO MILITARE DI GUERRA 105. Concetti prel iminari ..................... .. .......................... .... ............. . 106. Fonte dei fattori produttivi da investire in produzioni di guerra ........ ........................ ....................... .................. ........... ....... . 107. La nozione di costo di una guerra ......... ... ........ ............... ........ . Capitolo III - IL FINA ZIAMENTO DI UNA GRANDE GUERRA 108. Concetti preliminari ... .. ...................... .. .......................... ........... . 109. Mezzi ordinari: minori spese, maggiori tributi .......... .. ......... . 11 O. Mezzi straordinari: a) imposta straordinaria sul patrimonio e imposta sui sovraprofitti .................... .... ......................... . 111. b) prestiti pubblici ................. .. ............ ......... ... ............. ,............. . 112.c) prestiti dall'estero ......................... ... ................... ... ............. .... 113. d) l'espediente dell'inflazione ........ .. ........... ............ ......... ........ . 114. Possibilità di alternative all'inflazione ..... .. .......... .......... ..... ,.. . 115. Limite alla finanza straordinaria .......................... ........... ....... . PARTE V - OBIETTIVO DEL DISARMO Capitolo I - I PROBLEMI DEL DISARMO 116. L'obiettivo del disarmo: un ten tativo recente per conseguirlo .............. ........................ ... ...................... ................. ............ . 117. I problemi de l disarmo: a) livello della domanda effettiva .. 118. b) mutamento strutturale ... ........................ .............................. ..

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Capitolo II - CASI PARTICOLARI DEL DISARMO 119. I presupposti per la conversione conseguente al disarmo e la politica economica della conversione : a) nei paes i ad

economia di mercato altamente industrializzati ................... . l 20. b) nei paesi ad economia pianificata ...................................... .. 121. e) nei paesi sottosviluppati ....................................................... . BIBLIOGRAFIA............................................................................. INDICE DEGLI AUTORI.. ......................... ..................................

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PARTE PRIMA

LA GUERRA

Bella, horrida bella {VIRGILIO, AEN. VI, 86)



CAPITOLO I

LA GUERRA

l. Il fenomeno della guerra e le sue cause. - 2. Cenni sulle teorie della guerra. - 3. Tipi e periodicità delle guerre. - 4. Caratteristiche delle guerre moderne. S. Il deterrent.



1. Il fenomeno della guerra e le sue cause.

Il fenomeno della guerra è antico quanto l' uomo." Homo homini lupus", ebbe ad osservare HoBBES (1 ), a cui fa seguire - logica conseguenza - un' altra affermazione: "bellum omnium contra omnes". E purtroppo millenni di storia non fanno che confermarle. In effetti la guerra è un concetto saldamente radicato in tutti i popoli - civili e arretrati - come un avvenimento immane, proprio dei consorzi sociali (2), che non può essere evitato perchè è un aspetto dei rapporti umani degli stessi consorzi sociali e si presenta in tutta la sua crudezza allorquando quei rapporti si guastano e non possono essere più ricomposti. Allora un gruppo sociale cerca d'imporre un nuovo rapporto con la forza per costringere, mediante la violenza, il gruppo antagonista a sottomettersi alla propria volontà. Ma perchè ad un certo momento fra due o più gruppi sociali si guastano i loro rapporti? Rispondere a questo interrogativo significa individuare le cause della guerra. Quali dunque le cause della guerra? Filosofi, moralisti, sociologi, politici, economisti e giuristi hanno cercato di definire le cause della guerra, pensando ognuno di individuarle nel proprio ambito, però non sono approdati ad alcunché di concreto, perchè la guerra non è dovuta ad una sola causa, ma ad una serie di cause di natura ideologica, religiosa, sociale ed economica. Il fenomeno della guerra può essere raffigurato come una fune che, non è fatta di un solo canapo, più o meno grosso, ma da un intreccio di parecchie funicelle ognuna delle quali è un intreccio di vari fili. (3) Gli animali si fanno la guerra per istinto, sia fra specie diverse, sia - in certe circostanze - fra individui della stessa specie. Le cause sono diverse: la lotta per l'esistenza, il possesso della femmina o la supremazia sul branco, oppure su un certo territorio. Gli uom ini primitivi facevano la guerra per difendere il territorio del proprio clan e con esso le sue risorse, da spoliazioni esperite da altri clan. Ma se per l'accrescersi della popolazione, le risorse non sono più sufficienti, si cerca di acquisire nuove terre, nuovi pascoli, togliendoli con la forza ai clan fin itimi: è la guerra di conquista per assicurarsi l'esistenza e per sopravvivere che in tempi successivi diverrà l'atto conclusivo della politica degli "spazi virali" dei moderni imperialismi. Ma i popoli primitivi si facevaMo la guerra anche per altre cause: il piacere di mostrare la propria superiod tà fisica e il ratto delle donne, sono motivi ricorrenti che trovano addentellati nelle lotte fra animali. Nei secoli che seguiranno, i consorzi umani ebbero maggiore consistenza nu. merica e territoriale, raggiungendo anche estensioni vastissime e compren. dendo intere popolazioni: Egitto, Impero assiro-babilonese, Impero macedone, Impero romano, Islam, ecc. Il loro processo formativo fu un susseguirsi di guerre, condotte da capitani abili e coraggiosi, con impiego di milizie

( ') T. Hoeses, Le viathan, trad. it. Bari 1911, pag. 104. La frase è di PLAUTO, Asinaria, Il,4,88. Contra: C.L. M ONTESOuIEU, Espris des lois, I. 4-5, che ri teneva che la pace fosse la conseguenza della legge fondamentale della natura. (' ) Anche i ragazzi la imitano istintivamente nei loro giochi e spes·so, presi da un· affascìnante seduzione, finiscono col darsene di santa ragione. (l) G. D EL VECCHIO, Politica economica, Padova 1937, pag. 298.

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numerose e bene addestrate e con dovizia di mezzi. Brama di potere, desiderio di maggiori ricchezze, motivi ideologici e re ligiosi sono via via il movente di queste espansioni violente che modificarono, nel tempo, le costellazioni etnografiche e politiche dei popoli. Fra tutti quei moventi, basterà ricordare la coscienza del!' "alto destino" del popolo Romano che V1Rc1uo (AENE1s, LJB. v,. 852-854 ) eternò nei celeberrimi versi: Tu regere imperio populos, Romane, memen to, Hae tibi erunt artes: pacisque imponere morem, Parcere s ub iectis et debellare superbos. Tornando alle possibili cause della guerra è dato notare che presso alcuni popoli i conflitti sono più frequenti che in altri. Tale circostanza, sia pure con la dovuta prudenza, ci porta, come conclusione di primo approccio, a ritenere che, in gran parte, le cause della guerra dipendono dalle istituzioni politiche e dalle ideologie di un popolo. Anche il sen timen to religioso gioca la sua parte, però b isogna essere cau ti nel generalizzare: ad esempio, il discorso è valido per le guerre intraprese dall'Islam, perchè secondo il Corano la sua diffusione per mezzo delle armi è un dovere religioso : la guerra agli infedeli è santa; ma non è più valido per le Crociate, in quanto al sentimento r eligioso che le animò, si aggiunsero gli interessi dei mercanti e delle Repubbliche marinare che avevano visto ch iudersi la "via dell'India", delle spezie e della seta e il desiderio di conquista di principi in cerca di vasti possed imenti. Devesi, inoltre, osservare che l'elemento economico molto spesso non è un elemento collaterale come avvenne nelle Crociate, ma un movente decisivo: le guerre coloniali comb attute da spagnoli, portoghesi, olandesi e inglesi ebbero lo scopo d i assicurare notevoli guadagni alla madre-patria, anche se insieme a i guadagni si accreb be la potenza pol itico-militare di quei vast i imperi. C' è, infine, la cosiddetta politica degli "spazi vitali", che vede nella conquista di n uovi territori - spesso posseduti da paesi scarsamente popolati - l'unica possibi lità di sopravvivenza da parte cli paesi sovraffollati e con a lti tassi d'incremento demografico, costretti a vivere in territori troppo angusti e con scarse risorse naturali. È questa una teoria, che come vedremo in seguito, era già stata accettata dai fisiocrati - considerati pacifisti - ad opera di VANDERUNT (4) che, pur condannando la guerra in generale, giustifica la guerra di aggressione in caso d i sovrappopolazione, a llorquando il paese lim itrofo che abbia abbondan ti territori si rifiuti di farne parte a condizioni amichevoli e ragionevoli. Ma non v'è chi non veda la pericolosità di siffatta teoria che venne fatta propria da HITLER per scatenare la seconda guerra mondiale. Concludiamo questo paragrafo osservando che le guerre dei popoli primitivi erano una specie di sport; q ue lle combattu te intorno a l secolo XVIII uno svago dei principi che si d icevano illuminati da Dio; quelle di oggi sono una catastrofe e quelle di domani saranno un cataclisma.

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4

)

22

J. V ANOERll!>lT, Mo11ey ans wers al/ th ings, London 1734, S ulla teoria dello "spazio vitale" (Seopo· l itik) vedasi: R. S TRAUSS Hurc. Geapoli1ik Doctrine of Na1ional self-su fficien ty a11d Empire, Baltimo re 1942 H. J. M c K 1NDER. Democrmic /dcals all(/ Rca /1ies, London 19 19


2. Cenni sulle teorie della guerra. È natu rale che un fenomeno così complesso e così denso di conseguenze in tutti i campi che interessano l'esistenza e lo sviluppo del vivere sociale, come quello della guerra, sia motivo di considerazione da parte di teologi, filosofi, politici, giuristi, sociologi, economisti e, ovviamente, di militari. Riportare, anche in sintesi, il pensiero espresso nei diversi campi, r ichiedere bbe uno spazio non compatibile con la struttura del presente lavoro, epperò ci limitiamo a qualche accenno essenziale, rinviando il lettore che volesse approfondire gli argomenti ad opere specifiche. I. Aspetto teologico. L' aspetto teologico nelle guerre dell'antich ità è ricorrente. I miti dei tempi più remoti ricordano le guerre alle quali gli dei hanno preso parte insieme agli eroi. Presso gli ebrei, la Bibbia considera la guerra santa qu ando è condotta contro gli idolatri e Dio è il " Dio degli eserciti" che guida e protegge il popolo eletto. Poi, quando le cose volgono a l peggio, la guerra diviene un castigo di Dio: è la collera dell'Eterno per i peccati commessi. Il Nuovo Testamento è sostanzialmente contro la guerra : "chi colpisce di spada, perirà di spada", ma col tempo tale intransigenza si ammorbidisce ad opera di SANT' AGOSTINO e, finalmente, con le Crociate la guerra diventa santa. E SAN TOMMASO D' AQUINO elaborerà la sua celebre teoria sulla guerra giusta (5) . Per il Corano la diffusione dell a fede per mezzo delle armi è un dovere religioso e la guerra contro g li infedel i è santa. Il. Aspelto filosofico. Ad eccezione della filosofia cinese che non ha mai esaltato la guerra, un po' tutti gli altri f ilosofi, condannandola, hanno finito con l'ammetterla. Così si sono regolat i i filosofi greci e romani . ARISTOTELE, dopo aver affermato che "il fine o lo scopo della guerra è la pace" e c~e bisogna "conoscere l' arte della guerra non per assoggettare, ma per non essere assoggettati", finisce col d ire che" la guerra è la madre di ogni cosa", anche se produce più uomini cattivi di quanti non ne distrugga. SOCRATE e PLATONE si dimostrano di diverso parere, anche se quest'ultimo, nelJa costruzione ideale della sua " Repubbl ica", cons idera i guerrieri la casta p iù importan te subito dopo quella dei magistrati. TuctDIDE ed ERACUTO vedono la fatal ità della guerra; in particolare per ERACUTO "la guerra è comune a tutti gli esseri", perchè "p6lemos ha generato il mondo, p6lemos regna sul mondo", epperò p6lemos, la guerra, gli appare la legge stessa dell'universo ( k6smos) (6 ).

( 5)

( 6)

Per S. TOMMASO o' Aou1NO le condizioni affinché una guerra sia giusta sono : I) I" a utor ità del principe; 2) una causa giusta, come ad esempio, la riparazione di un' ingiustizia; 3) la retta in· tenzionc ( Summa 1heologica ). ARISTOTELE, Politica, cap. I, 9. PLATONE, La repubblica, trnd. it., Firenze 1943, Lib. II, cap. XX-XXI. Inoltre, Pi.ATONE giustifica la guerra quando l ' accresc iuta popolazione d i uno stato renda necessari più vast i territori (ib., lib. I, cap. XIV). Tucm,08, lstorìe, li b. I, cap. 124 ERACLITO, In torno alla naiura, framrn . LIII.

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I filosofi romani, quasi tutti deplorano i guasti e la crudeltà della guerra, ma nessuno condannò apertamente la guerra che per molti secoli fu "l'industria nazionale" più redditizia di Roma; eppoi le guerre combattute dai romani portavano sempre alla pax romana - ORAZIO, C1CERONE, SENECA (') . Durante il secolo XVI, in parte per la spinta avuta dal rinnovato studio delle discipline giuridiche nel primo Rinascimento e in parte per le conseguenze dovute all'evoluzione dell'arte della guerra e all'impiego di grandi masse di combattenti e dell'artiglieria, sono sorti alcuni tentativi di teorizzare l'alternativa di una pace duratura in Europa. Nel 1713 compare l'opera di SAINT PIERRE sulla pace perpetua. KANT, dopo aver scritto anch'esso un progetto per una pace perpetua, riconferma nella "critica del giudizio" la condanna della guerra, però ritiene che essa sia formativa dell'animo del popolo e scuola di coraggio. Elabora Un progetto di trattato di pace universale e perpetua anche BENTHAM (8). HEGEL (9) è un apologista della guerra che cons idera una specie di "giudizio di Dio" che fa prevalere il migliore, portandolo a dominare, per la sua superiorità, sugli altri popoli. Tali concetti aberranti sono serviti a giustificare il • pangermanesimo hitleriano, fondato sulla superiorità della razza. Sim ilmente ad HEGEL che ne è stato l'ispiratore, PROUDHOM (10) non si preoccupa neppure di fare una distinzione fra guerra giusta e guerra ingiusta e vede nella guerra un "/atto di vino" e ritiene che uno stato abbia tanti diritti quanti ne può esercitare. H EGEL e PROUDHON ebbero un bel numero di emuli in Germania e in Francia. Di pensiero opposto, dopo le idee espresse da TOMMASO MoRo ed ERASMO, sono RoussEAU che, fra l'altro, dice che il vincitore, divenuto più debole, non ha altra consolazione che vedere il vinto divenuto più debole di lui, e gli altri enciclopedisti: DIDEROT, MABLY, MlRABEAU, CONDORCET e gli economisti classici: S. M1.LL, FouRIER, BAsTIAT e SAY. Per VOLTAIRE, la guerra è spoliazione e furto.

(7)

ORAZIO : Be ll a quc mat ribus detestata ( Odi, I, 1,24-25-). C1cERONE: Suspicienda quidem bella sunt ob eam causam

ut sinc iniura in pace vivalUr ( De of· fic. 1,12,35 ). S ENECA : Nunquam imperatur ita paci crcdat, ut non se bello pncpara t ( De vita beata, 26). ('} SAINT P1i;RRE, c. IRENÉE CASTEL de, Projet de paix perpetue/le, Utrech t 17 13. E. KANT, Progeria p er una pace perpewa, trad. it. dell' cd. orig. del 1795 - Cri1ica del giudizio, trad. it. dcli' ed. ori g. del 1798. J. BliNTIIAM, An inrroducrion 10 the principles of mo rais and legisla1ion, London 1789. In questo lavoro trovasi il primo approccio della "pace un iversale e perpetua " che, pera ltro, apparve in un articolo a sé stante nel 1843. ( 9) G.F. HECEL, Enciclopedia filosofica, trad i l . dell' cd. 1850 - Filosofia del dirillo, trad. il.. dell' ed. 1821 ( 10 } P.G. PROUOHON. La guerra e la pace, trad. it., Tomo I, pag. 33.

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III. Aspetto morale e giuridico. Fin dall'antichità si riscontrano norme giuridiche sulla condotta della guerra: nella Bibbia, nel codice di Hammarubi, presso i Romani, eppoi nel Medioevo. el Rinascimento MACHlAVELLI (11 ) impronta le sue considerazioni politiche e giuridiche sulla verità effettuale, anche se essa è cruda: "una guerra è giusta quando è necessaria" e la propria patria va difesa "con ignominia o con gloria poco importa, tutti i mezzi sono buoni purchè sia difesa"; la patria è ben difesa quando si è i primi ad attaccare: una guerra non si evita e il differirla è sempre a vantaggio del nemico. Sostanzialmente, ma con più prudenza, Gu1CCIARDTN1 (12) esprime le stesse opinioni. Un secolo dopo GR0210 (13) pone le basi del diritto naturale in pace e in guerra. MONTESQUIEU {14), l'autore de ll' Esprit des lois, fa soltanto un brevissimo accenno alla guerra. Più vigorosa è, invece, la corrente del pensiero giuridico tedesco che, direttamente o indirettamente s'inspira alla fi losofia hegeliana. RosSELER (15) sostiene che l'esito della guerra è la sentenza che decide delle liti tra i popoli e il suo decreto è sempre giusto, riecheggiando così la frase che avrebbe pronunciato BRENNO: "vae victis" per giustificare le angherie poste neJJa esecuzione dei patti imposti ai vinti e i celebri versi di V1RG1uo (1 6 ): "Una salus victis nullam sperarem salutem " . Infine il pensiero di voN JHERING (17 ) e di HHNS {18 ) si fonda sulla concezione filosofica d i NIETZSCHE che può essere considerato anch' esso un teorico della guerra e dell'obbedienza m ilitare. IV. Aspetto sociologico. Un gru ppo di sociologhi - SAINT S1MON, CoMTE, SPENCER, DARWIN e TARDE - vede nella guerra - sia pure con diverse sfumature di pensiero - un momento evoluzionistico della società. Consegue che la guerra, connessa a certe forme soci a l i e. psicologiche, sparirà a llorquando saranno raggiunte forme più evolute. MARX e la corrente del pensiero socialista non si sono schierati apertamente contro la guerra. Devesi tuttavia osservare che il pensiero di PRouDHON e di GuMrLow1cz costituisce l'apologia più avanzata della guerra. MILLS (19), invece, non accetta il fenomeno della guerra, voluto contro la volontà del popolo dai general i che chiama "i signori della guerra", unitamente a l potere industriale, gli uni per bramosia di carriera e di onori e gli altri per sete di guadagni sempre crescenti. Il tutto mediante una escalation ben predisposta: corsa agli armamenti, guerra fredda e guerra guerreggiata. Anche MELMAN (2°), sia pure in termini meno passionali, esprime concetti non molto dissimili. ·

N. MACHIAV ELLI, li principe, - Discorsi sulla prima decade di Tito Livio . F. Gu1cc1AR01N1, Storia d'Italia: Ricordi politici e civili . (ll) U. G1<oz10, De jure belli ac pacis. Pr ima d i Grozio, AL8ER1co GENTILE aveva scritto la s ua famosa o pera De jure l1elli.

( 11 ) ( 12)

( 14 )

( 15 )

C.L. MONTESQUIEU, Esprit des lois, cap. IV. B. Rossf.l.ER, 5 ystem der Staats, Leida 1857. Aen. !l,353. R. VON J HER!N C . Espri1 du droit romain, tomo I, pag. 178, 246-248, 254. S. JAHNS, Ueber Krieg, pag. 430. F. N 1ETZcHi;, Cosi parlò Zarathustra, p ag. 58 e seg. C.W. M1 LLS, L'élite del potere, trad. it. Milano 1959. S. M E ~MA N, Capitalismo militare, trad. it. Torino 1972.

( 16) V I RG I LIO,

( 17 ) ( 18 ) ( 19 ) ( 20)

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3. Tipi e periodicità delle guerre.

Le guerre vengono distinte in: guerre internazionali, imperialistiche e civili.

Le guerre si dicono interna zionali quando sono combattute da due o più stati aventi uno stesso rango politico e sociale; si dicono invece imperialistiche oppure coloniali, quando la lotta è fra paesi di diverso livello di civiltà. Attualmente tale tipo di guerra è praticamente scomparso. Vi sono, infine, le guerre civili, combattute fra le forze ufficiali di un paese e un gruppo di ribelli o di insorti del paese stesso (2 1). Circa la periodicità delle guerre, osserviamo che fra gl i uomini primitivi esisteva uno stato di lotta perenne, definita: "bellum omnium contra omnes". Poi, a mano a mano che i consorzi hanno raggiunto stadi più avanzati della civiltà e soprattutto allorquando dalla pastorizia, sono passati all' agricoltura, è venuto meno quello stato di guerra perenne, ma la frequenza della guerra restava ancora alta per la necessità di procurarsi la terra coltivabile. Col formarsi di grandi stati le guerre divengono meno frequenti: ciò si è verificato sia nel!' antichità, sia in tempi recenti. La "pax romana" e la "pax britannica" avvalorano questa considerazione; invece nel Medioevo il feudalesimo, i Comuni e le Signorie fecero aumentare il numero e la frequenza delle guerre. Si ebbe poi il periodo della formazione degli stati-nazione con il conseguente allargamento del teat ro d i operazione e il rivoluzionamento delle operazioni militari - comparsa delle artiglierie e di grandi masse di fanterie -. In Europa si combattono guerre lunghissime - la guerra dei cento anni, la guerra dei trenta anni, ecc. - e guerre più brevi. Alcuni storici hanno inteso di riscontrare in Europa a partire dal Med ioevo, due serie tra loro concatenate di conflitti armati: a) una guerra di tipo moderato in media ogni trenta anni e cioè una guerra per ogni generazione; b) un grande conflitto generalizzato, corrispondente ad un periodo di massiccia distruzione, pressappoco verso la fine di ogni secolo (2 2 ). on sembra, però, che, malgrado tali sforzi di ricerca sistematica sia possibile ritenere che sia stata scoperta una uniformità nella frequenza delle gu erre. 4. Caratteristiche delle guerre moderne.

Il primo conflitto mondiale segnò un punto di svolta nelle dottrine sulla condotta della guerra. Per la prima volta, dopo le guerre napoleoniche, un conflitto armato assumeva una grande estensione, con impiego di mezzi di offesa e di difesa molto specializzati e con grandi masse di combattenti. Grande di conseguenza, fu lo sforzo economico per a limentare un siffatto apparato militare : agricoltura, industria, trasporti, moneta e credi to si trovarono a fianco degli eserciti, a combattere la loro dura battaglia. Si faceva così strada l'idea di una "guerra totale " , il cui concetto venne e laborato intorno agli "anni '30", appunto sulle esperienze della prima guerra mondiale.

(2 1 ) Su 278 guerre ver ificate si dal 1480 a l 1939, 135 sono state internazionali, 65 im perialistiche e 78 civil i. ( 22 ) G. Bournou1., l,e guerre, Milano 195 l, pag. 559.

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Secondo la teorizzazione che ne conseguì, il concetto della guerra totale implica: a) l'estensione della guerra a tutti i principali paesi del sistema politicoeconomico mondiale e ai paesi satelliti di tali potenze, con possibilità di riflessi, più o meno sensibili, anche sui paesi neutrali; b) la completa mobilitazione di tutte le strutture e di tutte le forze economiche di ogni paese belligerante (2 3 ). Ciò significa che nel concetto di guerra totale si riscontra sia una componente di natura storico-politica, sia una componente economico-finanzaria. Il secondo conflitto mondiale, con l'accentuazione della tecnicizzazione e della motorizzazione delle armate e con l'impiego massiccio dell'arma aerea che portò distruzioni imponenti anche alle strutture economiche dei paesi belligeranti, consolidò la concezione di guerra totale elaborata precedentemente. Però un fatto nuovo sul finire del conflitto pose le basi di un profondo rivolgimento delle dottrine di" guerra. I tremendi bagliori che in un attimo distrussero Hiroshima e Nagasaki non significarono soltanto la fine della seconda guerra mondiale, ma l'inizio di un'era nuova, in cui la più grandiosa scoperta della mente umana è stata subito impiegata per distruggere, in un attimo, milioni di uomini. Le bombe atomiche e poi quelle termonucleari hanno totalmente sconvolto le dottrine militari correnti sulla guerra. Oggi in pochi minuti è possibile cancellare una città di alcuni milioni di abitanti e un intero territorio con tutto il suo potenziale produttivo. Ciò significa c he una guerra fra potenze nucleari può anche risolversi nel giro di pochi minuti, o meglio, nei primi minuti delle ostilità, votando a morte sicura milioni di individui e alla distruzione totale un intero paese che resterà, in ogni caso, contaminato ed inabitabile per un lungo periodo di tempo a causa della radioattività. Se poi al paese colpito resta la possibilità anche di una sola rappresaglia, la stessa sorte colpirà ]'avversario, accomunando così in una stessa distruzione apocalittica, aggredito e aggressore. Di fronte alla nuova dottrina bellica il concetto di guerra totale resta sostanzialmente valido, ma abbisogna di alcune qualificazioni. Allorquando venne formulato, tale concetto implicava sia la componente dell'estensione, sia quella dell'impiego, di tutte le risorse dei paesi belligeranti. Al presente le armi termonucleari hanno prodotto un profondo mutamen to alla dottrina di guerra. Nell'era atomica i tipi di guerra che possono verificarsi sono : a) rispetto ali' estensione: generali e loca] i; b) rispetto all'impiego dei mezzi: totali e limitate. Una guerra generale coinvolge tutte le principali potenze mondiali; ad una guerra locale, invece, partecipano solo alcuni paesi. Una guerra totale è combattuta con un massiccio impiego di armi sofisticate - comprese quelle termonucleari - sicché il grandioso spiegamento di forze implica l'impiego di mezzi e di risorse economiche fin dal tempo di pace; al contrario una guerra limitata è combattuta con un ristretto numero di combattenti e con armi convenzionali che non richiedono la mobilitazione e l'impiego massiccio delle risorse del paese. Devesi inoltre osservare che una guerra generalizzata sarà sempre totale - o più propriamente integrale, secondo la terminologia di DouHET - perchè

(") L.

P.

Russo. Corso di poli1ica economica. Roma 1935, pag. 29. Vecchie e nuove visioni in tema di economia e finan za di guerra, Roma 1968, pag. 8.

FONTANA · AitMAl'<I,

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il potenziale militare è costituito, oltre che dall'armata, da tutte le strutture e da tutta la popolazione dei paesi belligeranti, epperò tutto il territorio, strutture, colture e popolazione costituisce w1 unico obiettivo militare da difendere e da distruggere. Invece una guerra localizzata potrà essere limitata o totale. Una guerra locale limitata assume le stesse caratteristiche che presentavano i conflitti coloniali: una modesta armata con armi ed equipaggiamenti tradizionali non molto tecnicizzati che agisce in un teatro operativo ristretto. Tale tipo di conflitti, proprio dei paesi in via di sviluppo con scarse risorse - Africa, America latina, ecc. - determina problemi di scarso rilievo e con modeste ripercussioni sul sistema economico. In una guerra locale totale, l'armata impiegata nelle operazioni belliche è fornita di armi tecnicamente molto avanzate ed è appoggiata ad infrastrutture complesse e costose. Consegue che l'alto costo dello strumento militare e della sua rapida rinnovazione a mano a mano che va perduto, nonchè della distruzione delle strutture militari e di quelle di supporto, operate dall'arma aerea, richiede uno sforzo economico ingentissimo che comporta la mobilitazione e la pianificazione di tutte le risorse economiche, così come avviene per una guerra generalizzata. Unica differenza è data dal commercio estero: una guerra locale totale non interrompe il flusso delle·importazioni e, se l'apparato industriale e agricolo del paese belligerante lo consente, può continuare anche il flusso delle esportazioni per alleggerire il deficit della bilancia internazionale dei pagamenti. Prima di concludere l'argomento osserviamo che le guerre locali totali dovrebbero rappresentare l'unico tipo di guerra guerreggiabile dei nostri giorni, perchè il deterrent nucleare dovrebbe tener lontano le potenze intercontinentali - e cioè le leadership dei grandi blocchi politico-militari entro cui gravitano le potenze minori - dallo scatenare una guerra che immediatamente si generalizzerebbe, votando l' universo intero ad un'immane rovina. Sono altresì possibili guerre locali limitate, ma esse non danno luogo a gravi ripercussioni, data la loro scarsa rilevanza. Da quanto osservato sembra perciò possibile concludere che ormai il concetto di guerra totale sia più che altro riferibile alla componente economicofinanziaria, nel senso che, come detto, anche una guerra locale può assumere la caratteristica di guerra totale (2 4 ). 5. il deterrent.

Con il termine deterrenl, che riteniamo di poter tradurre con la voce dissuasione, viene intesa una· moderna dottrina di politica militare avente lo scopo di indurre uno o più paesi a non intraprendere un'azione bellica o un qualunque attacco, in quanto lo sforzo militare del paese attaccato è tale da scatenare una risposta massiccia che distruggerebbe o, quanto meno, ridurrebbe a mal partito l'attaccante. La dottrina del deterrent affonda le sue radici nel passato. La saggezza del popolo romano ammoniva che "si vis pacem, para bellum ", ma è derivabile addirittura dall'osservazione dei rapporti naturali o di quelli degli individui di un qualunque consorzio sociale. Fra gli animali della stessa specie ed anche di specie diverse, il soggetto maggiormente dotato incute timore e difficilmente viene attaccato da altri ani(2 4) Si pensi alle guerre recentemente combanute nel Medio Oriente e nel Sud Est Asiatico che, in-

dubbiamente hanno avuto il carattere di guerre locali totali.

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mali che istintivamente sentono di soccombere in una lotta impari. Né diversamente si comportavano i membri dei consorzi sociali primitivi: il soggetto fisicamente più dotato o che disponeva di una tecnica combattiva più raffinata o che era meglio armato, il più delle volte, imponeva la sua volontà con la sua sola presenza fisica che era, al tempo stesso, dissuasione da un attacco e minaccia di una reazione disastrosa per l' incauto che passasse a vie di fatto. Queste conclusioni sul comportamento degli animali e dei singoli individui sono valide anche per i consorzi sociali, stati compresi. La storia offre innumerevoli esempi di paesi, anche di grande civiltà che sono stati vinti e sottomessi, perchè non possedevano una forza militare potente e bene addestrata, in quanto - come realisticamente ammonisce MACHIAVELLI (2 5 ) - "li uomini sono sempre nimici delle imprese dove si vegga difficultà, né si può vedere facilità assaltando uno che abbia la sua terra gagliarda". I Romani tennero sempre in grande considerazione questa verità e ordinarono il loro stato ponendo la massima cura nell'approntamento della loro ordinanza, forte, bene armata e pronta ad ogni evenienza. Tale politica militare, adattata, con senso di illuminato pragmatismo, alle nuove necessità, via via che lo stato s' ingrandiva, fu sintetizzata da VEGEZIO (26) con la nota sentenza, poi rimasta celebre nei secoli: si vis pacem, parabellum". Anche i Greci non la pensavano diversamente (2 7 ) e l'Inghilterra ne fece il fondamento della sua "pax britannica". Ai giorni nostri la dottrina del deterrent, a motivo della strategia nucleare, assume una maggiore capacità di dissuasione di quanto non potesse esercitarne all'epoca dei conflitti con armi convenzionali. Nel passato, ivi compresa l' epoca delle due guerre mondiali, il deterrent delle armi convenzionali non ha potuto impedire il sorgere di conflitti per i seguenti motivi: a) il tipo di armamenti usati in un conflitto rendeva pensabile e realizzabile una vittoria di conquista; b) le popolazioni, in caso di guerra, non venivano direttamente implicate nel conflitto propriamente detto e le distruzioni fisiche che subivano avevano un valore psicologico e militare importante.ma non determinante; c) il vasto impiego, nelle battaglie del fattore umano, rendeva il loro esito fortemente imponderabile; d) la capacità distruttiva delle armi convenzionali, per quanto rqevante, era infinitamente inferiore a quella delle armi nucleari; e) l'esito rovinoso di una battaglia, generalmente non comprometteva l'esito della guerra - nella seconda guerra mondiale le spettacolari vittorie della Germania non sono servite a vincere la guerra - perchè c'erano margini per l'impiego di riserve e per spingere a più alti livelli la mobilitazione militare ed economica del paese e perchè c'era tempo per l'autorità politica di creare nuove alleanze e nuovi schieramenti.

(") N. MACHIAVELLI, li principe, op. ci\. cap. X . ( 26) VEGEz10, lnstit. rei militar.. lib. Ill, prologo CICERONE, (Philip. VII,6, 19) che pur non amava la guerra, d ice addiriuura: "Quare s i pace frui volu mus, bellum gerendum est". Anche SALLus1·10 ( Cari/in. cap. LVUJ) dice: " Nemo, nisi victor, pace bellum mutavi!". ( 27) TUCIOll)E, (Istori.e, lib. I, cap. 124 ). CoRNELJO NEPOTE, ( Vita di Epaminonda,§ 5) riporta le seguenti parole pronunciate da Epaminonda: "Nam paritur pax bello".

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Al contrario, la fulm ineità e la potenza distrut tiva di un conflitto nucleare, la rapidità con il quale si risolve e soprattutto il fatto che da esso non escono vinti e vincitori - risulta un evento teorico per l'aggressore la possibilità d i non subire un attacco di rappresaglia - fa sì che la funzione delle armi nucleari sia sostanzialmente di deterrent. Però il possesso di armi nucleari è una condizione necessaria, ma non sufficiente per esercitare un valido potere di dissuasione. Occorre u n altro elemento e cioè la credibilità del deterrent stesso - effetto minaccia - i cui elemen ti sono in parte politici e in parte militari. Sono elementi politici: a) la volontà ripetutamente espressa e con chiarezza di far uso dello st ru mento nucleare qualora si verifichino situazion i intollerabili; b) la fermezza nel proprio atteggiamento di fronte alle situazion i create dal contendente, senza tuttavia acutizzarle. Sono elementi mili1ari: a) l'invulnerabilità delle forze strategiche ; b) la relativa invulnerabili1à della popolazione; c) l'esistenza di forze convenzionali per limitare e gradualizzare un eventuale conflitto; d) u n sistema efficace di informazioni e comunicazioni per prevenire elementi destabilizzanti (2 8 ). Concludiamo l'argomento con una definizione del deterrent di M ILLS (2 9) che ne focalizza in pieno la sua funzione: "in guerra le nazioni possono scomparire; con il reciproco timore della guerra le nazioni sopravvivono".

( 23) ( 29 )

30

F. CE1, l.F.TT1. La lancia e lo scudo: missili e antirnissili, Bologna 1970, pag. 7&-80. C.W. M1LLS, La élite del potere, op. cil. pag. 178.


CAPITOLO II

L'ATTIVITÀ ECONOMICO - MILITARE NELL'ANTICHITÀ

6. Conce tti preliminari. - 7. Egitto. - 8. Grecia. - 9. Roma. - 10. Medio Evo ed età moder na.



6. Concetti preliminari. Babilonesi e Assiri.

La conoscenza dell'economia militare in tempi antichi, da quanto è possibile ricavare da poche e frammentarie notizie pervenuteci, consisteva in alcuni precetti di ordine pratico sulla predisposizione e sull'impiego delle risorse nella guerra. Si è cioè, ripetuto, anche in questo campo, il modo di operare dell'uomo: in principio c'è l'azione, poi viene - alcune voi te anche dopo tempi lunghi - la teorizzazione. Malgrado la genericità e la frammentarietà delle not izie, è possibile dedurre che una certa attività economico-militare era conosciuta e praticata da popoli antichi: Egiziani, Assiro-Babilonesi, dal popolo di Israele (1), Cinesi e, soprattutto dalla Grecia e da Roma, epperò daremo un cenno di tali attività presso alcuni di questi popoli. Il regno babi lonese e il regno assiro sorsero pressochè contemporaneamente intorno al terzo millennio a.e. Il primo si estendeva nella regione compresa fra il corso inferiore del Tigri e dell'Eufrate e il secondo nel bacino superiore e medio del Tigri. Si può dire che le due potenze furono in perenne conflitto fra di loro, con alterne vicende di soggezione e di dominazione, finchè verso la fine del secolo VIII l'Assiria conquistò e tenne soggetta per più di un secolo la Babilonia. Il regno di Babilonia aveva un'economia pianificata e vincolata. Il popolo era diviso secondo il codice di Hammurabi - in caste e gran parte delle terre coltivabili appartenevano al re. I lavoratori di quelle terre ricevevano per il loro sostentamento, una parte dei raccolti ammassati nei magazzini reali. Una complessa organizzazione amministrativa ed economica regolava tutte le attività del paese e provvedeva alle necessità dell' armata. Frequenti erano le corvées, imposte ai lavoratori per i bisogni delle milizie. Nel regno Assiro tutta l' organizzazione amministrativa ed economica era in funzione di quella militare, perchè caratteristica saliente di questo regno è che si fondava esclusivamente s ulla forza delle armi e su un rigido governo militare. Nelle terre conqu istate venivano fondate numerose colonie i cui terreni fertil i erano dati in concessione ai militari che li facevano coltivare, in condizioni servili, alle popolazioni vinte. Tali colonie, oltre a costituire valid i presidi militari, erano, con i loro raccolti, anche una fonte sicura di rifornimento delle milizie di occupazione. 7. Egitto.

L'Egitto era suddiviso, fin dal V millennio a.C. in due soli regni 7" regnò del!' alto Egitto e regno del basso Egitto - che vennero unificati, a quanto ci narra ERODOTO (2), intorno al 3400 a.e . da MENES, re del basso Egitto. L'esistenza di un così vasto dominio in epoca tanto remota, quando presso altri popoli mediterranei l'organizzazione socio-economica ricorrente era la familia inquadrata nella tribus, si spiega con la necessità di regolare le piene del Nilo che costituiscono un comune interesse e richiedono grandiosi lavori idraulici. L'antico Egitto non era altro che la valle del medio e basso Nilo, da Assuan al le foci: una stretta e lunghissima oasi, estesa circa 30.000 chilome(' ) Numerosi riferimenti si trovano nei libri di contenut0 giuridico e amministrativo della Bibbia. In particolare vedasi il Deuteronomio, XX .14; I Re, V,13. (2) ERODOTO, Le storie, 1rad. it. Milano 1953, lib. II, 4 e 94.

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tri quadrati, la cui fertilità è dovuta alle periodiche piene del Nilo. La superficie coltivabile era così suddivisa: la gran parte dei terreni migliori, coltivabili a frumento, altri cereali, lino - che producevano anche tre raccolti ali' anno - a vigneto e a olivo, restavano proprietà del faraone; larimanente parte di tali terreni era assegnata ai templi - terra sacra - e i raccolti, andavano ai sacerdoti; i terreni meno fertili, per lo più suddiv isi in piccoli appezzamenti, erano assegnati a coloni che li coltivavano direttamente. Si può pertanto concludere, che tutto il suolo coltivabile del!' Egitto rientrava in due categorie: la terra faraonica, amministrata direttamente dalla corona e la terra data in concessione - templi, guerrieri, coloni - per essere coltivata, che peraltro, rimaneva di proprietà del faraone. I terreni faraonici venivano coltivati direttamente dalla corona, oppure dati in fitto ai grandi dignitari di corte, dietro pagamento di un canone annuo da corrispondere in natura e in danaro. In entrambi i casi si provvedeva alle coltivazioni con mano d'opera servile. Anche i terreni sacri erano coltivati direttamente, ma più spesso venivano dati in fitto. Ai guerrieri erano assegnati 12 campi di terreno fertile (circa 3 ettari e 1/3) esenti da ogni tributo. Il regime imposto alla terra e la necessità di regolare il suo unico elemento fertilizzante, fecero sì che l'economia egiziana fosse orientata su un tipo di economia pianificata e vincolata. La regolazione delle piene del Nilo implicava un particolare regime dei terreni e grandiose opere di canalizzazione e irrigazione che non potevano essere effettuate dagli agricoltori singoli. Di qui una imponente e capillare organizzazione sociale, amministrativa ed economica che contava numerosissimi dipendenti : ingegneri, agronomi, geometri, scribi, contabili, gabellieri, magazzinieri, sorveglianti e una massa imponente di lavoratori, servi, liberi coltivatori dei campi e artigiani. Ma tale organizzazione aveva anche un substrato e una funzione militare. Lavori di fortificazione presso gli accessi dei baluardi naturali che cingono l'Egitto nel deserto libico ad occidente ed arabico ad oriente, costruzione di navi e di carri da combattimento, erano effettuate mediante corvées imposte ai liberi lavoratori, artigiani e contadini ai quali venivano affiancati, per i lavori più pesanti, grandi masse di servi. Inoltre i raccolti dei terreni del faraone venivano ammassati nei silos di stato e servivano, non soltanto al mantenimento della corte e per sopperire ai bisogni della popolazione negli anni di carestia, ma anche al vettovagliamento del!' esercito; la stessa funzione avevano i canoni di fitto per la concessione di terre, pagati in natura e le gabelle - decima - versate anch'esse, per lo più in natura. :È infine da ricordare l'organizzazione delle colonie, costituite da appezzamenti di terra coltivabile assegnate ai militari, allo scopo di avere dei presidi permanenti in punti strategici delicati del paese, difesi da contadini soldati e con un'organizzazione logistica autosufficiente. Per ciò che concerne le finanze di guerra, si provvedeva prevalentemente con prestiti forzosi in natura che potevano arrivare a quote elevatissime del patrimonio posseduto, perchè in un' economia pianificata su basi naturali come quella istituita in Egitto, di scarso effetto sarebbe stata un'imposta straordinaria (3). Invece il tesoro del faraone aveva anche la funzione di "tesoro di guerra" e forniva il danaro necessario per completare il fabbisogno dell'armata.

(3) I Tolomei introdussero un sis tema tributario complesso, molto simile a quello ateniese.

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8. Grecia Il pensiero greco, così vasto e raffinato in diversi campi, non lo è stato. parimenti in economia. PLATONE, SENOFONTE e ARISTOTELE hanno scritto di economia, ma non hanno fat to una teoretica economica. Si è trattato per lo più di osservazioni frammentarie o di semplici descrizioni di fatti reali, neppure accompagnati da una loro analisi critica. E quel che più colpisce è che pur avendo la Grecia una profonda tradizione militare, manifestatasi in una continuità di guerre, non sia dato trovare uno scritto organico di economia militare. Ciò non toglie, però che nei documenti e negli scritti pervenutici sia possibile rinvenire interessanti notizie sulle attività economico-militari delle città-stato della Grecia, fra cui principalmente Atene e Sparta. Fino al V secolo a.C. i cittadini sostenevano lo stato con le loro vite e con i loro beni in pace e in guerra. Il servizio militare era gratuito e l'armamento e il sostentamento dei combattenti era a loro completo carico. Solo più tardi, durante la guerra del Peloponneso, venne istituita la paga alle milizie. Ad Atene i più ricchi erano gravati da pesanti oneri, detti liturgie, che avevano formalmente carattere di liberalità; la più gravosa era la trierachia che consisteva nell'accollarsi l'onere della manutenzione e conservazione di una triremi e della sua attrezzatura, nonchè l'obbligo di corrispondere ali' equipaggio (4 ) un supplemento di paga e, in certe occasioni, anche il vitto. Inoltre il trierarca aveva anche l'onere del comando della nave. Alla finanza di guerra si provvedeva, oltre che con l'inasprimento delle normali imposte - specialmente quelle indirette - con l' eisforà - imposta straordinaria sul patrimonio (5 ) - con la proeisforà che rappresentava un anticipo dell' eisforà ed alcuni contributi volontari - epidosis -. Largo era il ricorso ai tesori pubblici - fra cui quello di Delo - alimentato con i contributi degli alleati - e quello di Athena (6), che avevano lo scopo di veri e propri tesori di guerra. Il bottino di guerra era istituzionalizzato - argirologia. . Le spese militari erano sostenute attingendo ad una cassa militare, detta stratiotika, alimentata dal theoricon, specie di dicastero delle finanze e dai proventi delle miniere di argento del Laurio (7). Sparta era governata da una stretta oligarchia militare organizzata su un tipo di economia collettivista pianificata e vincolata, subordinata alle esigenze delle attività militari. La terra era distribuita uniformemente fra i cittadini e veniva coltivata da mano d'opera servile - gli iloti - legati indissolubilmente al fondo. Con i prodotti della terra i cittadini dovevano provvedere anche al loro armamento e all'equipaggiamento militare; inoltre in pace e in guerra, erano tenuti a partecipare alla mensa militare comune, sostenendone il relativo onere.

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L' equi paggio di una triremi era normalmente di circa 200 uomini. Devesi però ricordare anche l' es istenza d i una speciale eisforà, riscossa per 25 anni, dal 347 al 323 a .C. per la costruzione d i baci ni e di altre infrastrutture per la difesa nazionale. Di tale imposta un sesto gravava sui meleci. Il tesoro di Delo e di Athena raggiunse 6.000 talenti fra il 443 e il 440 a .e., ma alla fine della guerra del Peloponneso era presso che esaurito. Per una conoscenza completa delle finanze di At.ene, vedasi l'acuto studio del GERA (G. GER,,, L'imposizione progressiva nell'an1ica A1ene, Roma 1975) dal quale abbiamo attinto preziosi ri· ferimenti.

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Le industrie e il commercio erano praticati da una categoria intermedia: i perieci, privi di diritti politici che, però in caso di bisogno potevano essere chiamati alle armi. Per tali attività erano soggetti ad alcuni tributi che servivano per finanziare le spese statali, peraltro modeste data la semplice organizzazione postasi e il tipo di vita imposta ai cittadini e ai sudditi, presso i quali era quasi sconosciuto l'uso della moneta. 9. Roma

Il carattere peculiare dello stato romano, fin dalle origini, fu il senso della praticità. Un popolo rozzo, in prevalenza contadini, uso ad adoperare, con la stessa dimestichezza e capacità, l'aratro e la spada, non concepisce la speculazione teoretica. Questo modo di pensare spiega perchè i romani abbiano creato quell'ineguagliabile monumento del diritto romano, imperituro nei secoli, e come scarso e presso che insignificante sia stato il loro apporto teorico nell'economia in generale. Al contrario, negli scritti pervenutici (LIVIO, E UTROPIO, VEGEZIO, ANNEO, PLINIO, ULPlANO, APPIANO, SALLUSTIO, PLUTARCO, CESARE, PoLIBJO, TACITO, ecc.) si trovano frequenti e interessanti notizie sull'attività economico-militare dello stato romano, che testimoniano l'alto livello organizzativo raggiunto in tale settore. Tutto ciò si spiega considerando che per i romani la guerra è stata la loro attività industriale più redditizia. Il contadino romano si procurava terreni coltivabili sia con l'aratro, sia con la spada, abituato com'era a maneggiare e l'uno e l'altra. Scrive Crccorn (8) che le guerre romane "possono considerarsi come imprese per la conquista della terra; e la conquista della terra come base per lo sviluppo demografico, economico e politico dello stato, traeva continuamente a disegni e azioni di carattere più complesso e più vasto". Soli tamente ai vinti veniva tolto un terzo del loro territorio che diveniva ager publicus; di esso una parte - agri quaestori - era assegnata ai coloni - solitamente i veterani - ma una parte era venduta o data in affitto e la restante parte veniva concessa in godimento a chi ne faceva rich iesta, dietro pagamento di un canone, a condizione che venisse coltivata. Una siffatta politica comportava un complesso di a ttività economico-militari che il pragmatismo romano aveva previsto e regolato con lungimiranza ed efficacia. Vediamo perciò di e ~_arne alcune. Fino all'epoca della guerra di Veio (406- 396 a.C.) i legionari romani non ricevevano paga e, secondo l'ordinamento serviano, dovevano provvedere a loro spese all'armamento, ali' equipaggiamento e al vitto.

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E. C1ccoTT1, Lineamenti dell'evolu zione tributaria nel mondo antico, Milano 1921, pag. 86. Non diverso il pensiero di .Mommsen (T. MOMMSEN, Storia di Roma, trad. it. Roma 1938, Voi. 1, pag. 218) che così si esprime: " Tutta la politica guerriera e conquistatrice dei romani era basata, come la costituzione, sulla proprietà; e allo stesso modo che nello slalo non contava se non il proprieiario, così lo scopo della guerra era quello di aumentare il numero degli abitant i con domicilio e proprietà ne l comune ". MAsINI (G. MAs1N1, li Commissariato militare aeronautico nel suo profilo storico, Roma 1977. Voi. I, pag. 48) indiv idua nel l' ordinamento della familia e della gens la struttura aziendale dell'impresa di guerra volta a procacciare un profitto a quesli imprenditori sui generis. È tuttavia da ricordare che il concetto di guerra come industria - industria naturale, un itamente alla paswrizia, ali ' agricoltura, a lla caccia e alla pesca - è più antico ed è stato espresso da AiuSTOTILE (Politica, 1,9).


Ciò comportò da parte delle familiae l'obbligo di accantonare annualmente determinati quantitativi di derrate alimentari - soprattutto cereali - che a llorquando la legione si metteva in campagna, venivano avviati in zona di operazioni mediante carraggi che facevano la spola fra i magazzini delle familiae e il fronte, sicchè ogni contingente familiare - manus familiaris aveva al seguito i propri carri di vettovaglie. La politica delle colonie (9) ebbe un'importanza economico-militare rilevante. Abbiamo· già osservato che ai vinti, di norma, veniva tolto un terzo del territorio che diveniva ager publicus del popolo Romano. Su una parte di tale territorio - costituente posizioni strategiche - venivano costituite delle colonie e le terre erano cedute in proprietà o in godimento ai veterani per essere coltivate. Di solito, non lo.ntano dalle fortificazioni - cast ra - sorgeva il centro urbano, cosicchè la colonia, che presto diventava un municipium, col suo complesso militare e cittadino, assolveva i più svariati compiti, come di assimilazione etnico-politica, di avamposto militare in zone strategiche di confine e di base logistica di capitale importanza, perchè ai coloni veniva imposto l'obbligo di effettuare certe coltivazioni - soprattutto i cereali - che dovevano essere ceduti a pagamento ai magazzini militari - annona mi litaris (10) - per assicurare l'approvvigionamento delle legioni in caso di operazioni belliche. C'era poi un complesso sistema di corvées dette operae per la costruzione di fortificazioni permanenti, porti, strade e per la loro manutenzione (11 ). Alle corvées erano tenuti gli humiliores e cioè le categorie inferiori della popolazione e consistevano in cinque giorni ali' anno di lavori manuali, di cui tre con buoi, aggiogati al carro, per quelli che ne possedevano. Dalle corvées erano esentati i legionari in servizio e i veterani congedati con onore. E' da ricordare, infine, che erano state istituite diverse fabricae, distribuite secondo le necessità militari e in vicinanza di centri fortificati, per l'approntamento di armi individuali, da assedio, da ponte, ecc, nonchè di altri materiali occorrenti per l'armata e per la flotta. Alla pari dell'economia militare, i romani curarono la finanza di guerra.

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Sullo s tanziamento di co lon ie lungo i limites, vedasi i "quaderni '' dell' 1st. di S tudi Romani " s ui limites e le strade romane" editi negli anni J937-'39. Con l'espress ione "annona militaris ", ai tempi di Diocleziano, si designò un'imposta fond iaria introdotta per i bisogni dell'esercito che lo sviluppo e le condizioni dcli ' Impero avevavo portato ad una "cifra calcolata in me1.zo milione di uom ini (E. C1cc0Tn, Lineamenti, op. ci t. pag. 190). La rete viaria romana, con le sue stationes (quart ieri pres idial i dai mi/es viarum, con sei-vizi di pronto soccorso medico, veterinario, di mascalcia e di carradori), mansiones (locan de con stai· le e r imesse, caravanserragli, ecc.), mutationes ( cambi d i cavall i ), costituiva il capolovaro dell' organizzazione tecnico-logistica che perm ise il rapido e s icuro spostamento delle legioni e dei corrieri d i s taio - cursus c laburaris e c urs us velox - da un capo all'altro del vasto impero. Ai confini la rele viaria s'in tegrava con la rete delle fortificazioni dei limites, costituita da· moenia (muraglie), val/a (fossati), castra . detti più propriamente castra s,ativa - (accampamen ti fortificati permanenti ), caste/la (fortezze), burgi (posti fortificati intervallati ai castella, non d iss im ili dalle stationes), formando un unico sistema difensivo. Allorquando in un castrum stativum le opere campa li costituenti le fort ificazioni, i quartieri, il pretorio, i magaz1.ini, ecc. venivano sostituite con costruzion i m urarie, sorgeva un oppidum.

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Dapprima fu suffic ien te il ricorso al tesoro di guerra - aerarium sanctius 12 ), costituito prevalentemente con le prede b elliche e con i tributi imposti ai popoli vinti (13) . Ma il graduale esaurimento delle possibilità di ulteriri conquiste, rese necessario trovare nuove fonti di finanziamento per le ingenti spese militari dovute al mantenimento di un 'armata forte di oltre mezzo milione di legionari - i veterani erano circa il doppio - alle costruzioni di fortificazioni permanenti lungo il confine dal Reno ali' Eufrate ed oltre e della flotta, al fun zionamento del sistema viario e delle comunicazioni, a l vettovagliamento e ali' equipaggiamento del!' armata di terra e del mare. Alla cassa militare - aerarium militare, gestito da due quaestores militaris, che serviva per pagare anche i veterani - venne fatta affluire la vigesima hereditarium istituita da Augusto, la centesima re rum venalium sulle vendite, nonchè l'annona militaris che ai tempi di Diocleziano divenne una pesan te aggiunta dell'imposta fondiaria - iugatio e capitatio -. A molte altre necessità dell'armata si provvedeva con alcuni munera poersonalia e munera patrimonii, che in un certo senso si riallacciavano a lle liturgie di Atene. Le più ricorrenti consistevano n ell'obbligo di dare ospitalità ai militari in servizio, fornire la quarta parte del raccolto (cereali, ol io, vino, ecc. ) a prezzi r idotti, bestiame da soma, cavalli, carriaggi e materiali vari d'uso generale per l'esercito. L'importanza che i Romani diedero alle possibilità d i finanziamento delle spese militari la troviamo nella celebre sentenza di C1cERONE (Philipp . V, 2): ervos belli pecuniam. Concludiamo questo paragrafo, osservando che alla politica militare romana si deve il concetto originario di deterrent che VEGEZIO (Instit. rei militar. lib. III, prologo) sintetizzò nella frase: Si vis pacem, parabellum, concetto che CICERONE (Philipp. VII, 6, 19) aveva già esposto nella sentenza: Quare (

si pace fruì volumus, bellum generandum est. La validità di tale polit ica portò alla pax romana, che V1Rc1uo idealizzò nei mirabili versi del VI Libro del!' Eneide e che ORAZIO cantò nel suo Carme secolare.

10. Medio evo ed età moderna. Rotto l'Impero romano di occidente, le orde barbariche conquistatrici dissolsero tutto l'ordinamento sociale e militare costruito dalla saggezza romana.

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L' aer a ri um sanc ti us, coslitu ito intorno al IV secolo a.C. e custodi to nel Tempio di Saturno su l Cam pidoglio, ammontava a 4.000 libbre d' or o e venne intaccato per la prima volta dopo la disfa tW di Canne, per ricos titu ire l'eserc ito. Ecco alcuni dati forn iti da P 1, 1N10 (Storia natu rale): " La vittoria alle isole Egadi fru ttò 2.200 talenti ; la battagli a del Meta uro 3.000.000 di sesterzi e 800.000 ass i librali ; la campagna di Spagna 14.342 libbre d' a rgento grezzo e u n'ingente quan tità d i argento mone tato ; la gue rra contro i Galli 320.000 a ssi li brali e 101.500 li bbre d' a rgen to ; la vittoria s ui Liguri e sui C a.li i (del 197 a.C. ) 237.500 libbre di bronzo e 79.000 d' argento monetato ; la success iva campagna contro i Gallj 320.000 libbre di bronzo e 234.000 di a rgento m onetato; la conquista della Siria 283 corone a uree, 137.420 li bbre di argem o, 258.000 tet radracmi att ici, 453.000 cistofori, 140.000 fil ippe i d' oro; la guerra contro i Gala1 i 212 corone, 2.103 libbre d' oro, 127.000 tetradracmi a ttici, 250.000 c itosfori, 220.000 libb re d' argen to, 16.320 filippe i. Dopo la vi lloria di Piclna ( 168 a.C.) nella terza gue r ra macedone, Roma aveva nelle s ue casse un fondo d i riserva d i 17.4 1O libbre d' oro, 22.070 d' arge nto e 6 1.035.400 d i moneta correni e.


Sul piano militare le armate barbariche non potevano definirsi eserciti, ma solo orde prive di conoscenze strategiche, tattiche e di organizzazione logistica; vivevano alla giornata, saccheggiando e depredando quanto veniva a portata di mano : città, villaggi, campi coltivati. Né l'Impero di Carlo Magno ebbe una diversa organizzazione militare. Feudalesimo e Comuni, portarono, il primo, al frazionamento degli eserciti in tanti reparti eterogenei e di poca consistenza, i secondi a milizie cittadine chiamate alle armi solo in caso di necessità per la difesa del centro cittadino e del contado. Alcune basi logistiche fortificate, come ad esempio, Laodicea, T ripoli di Soria, Tyro, ecc ., vennero costituite dalle Repubbliche marinare durante le guerre crociate, ma non si può parlare di attività economico-mi litari;semmai costituirono gli addentellati di attività economiche delle stesse repubbliche marinare da servire come basi di appoggio ai loro traffici marittimi con l'Oriente. Solo agli albori del Rinascimento, l'ansia di riscoprire il passato per trarne materia di nuove ricerche, spinge uomini illuminat i verso nuovi studi sull'arte del governo dello stato - tale denominazione venne usata per la prima volta da MACHIAVELLI (14) - . Compaiono nel XV secolo alcuni trattati di rilevante importanza: il De regis e t boni principis officio, d el duca CARAFA e le grandi opere di MACHIAVELLI: il Principe, i Discorsi sopra la prima decade di Tito Livio e l'Arte della guerra. Tali opere trattano ampiamente dell'arte della guerra e delle attività politiche, sociali ed econom iche ad essa connesse. Su di esse torneremo nel prossimo capitolo, esaminando il pensiero dei mercantilisti e dell'ambien te in cui operarono.

( 14 )

N.

MAC IIIAV El..t.T,

!I principe, 1513, cap . I.

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CAPITOLO III

VERSO UNA Più ORGANICA CONCEZIONE DELL'ATTIVITÀ ECONOMICO-MILITARE

11. Il pensiero dei mercantilisti. - 12. Il pensiero dei fisiocrati . - 13. La concezione classica. - 14. La scuola storica. - 15. La corrente socialista. -



11. Il pensie ro dei mercantilisti.

La scoperta di n uove terre - l'America e la "Via delle Indie " - la lenta trasformazione erosiva delle monarchie feudali e la concezione dello "stato,, come espressione di forza - secondo il pensiero di MACHIAVELLI - hanno portato, fra il XIV e il XVII secolo, alla formazion e e a l consolidamento di grandi s1ati-nazionali - Francia, Spagna, Portogallo, Inghi lterra - sotto forma di monarch ie assolute. Invece il processo di formazione statale non andò oltre quello d i stato-regionale o di principato in Italia, per la presenza del pontefice e per il grande sviluppo della vita e delle autonomie cittadine e in Germania, per la tradizione del!' Impero universale. I nuovi stati presentano una struttura completamente diversa da quella dello stato feudale fondato sopra un'economia naturale federalistica: lo scambio trovò ben presto più ampio spazio e maggiore consistenza e, con esso, crebbe l' impiego e l'importanza della moneta. Commercio e danaro diventano dunque gli elementi di potere politico dei nuovi stati. Inoltre, la delineazione delle funzioni politico-amministrative in un sistema piramidale, al cui vertice stava il sovrano, richiedeva la formazione di una burocrazia professionale, stipendiata dal re, dipendente direttamente dall'autorità regia e la creazione di un esercito permanente stipendiato - composto prevalentemente di fa nterie e di artiglierie - secondo la profonda trasformazione della tecnica militare maturatasi in quell'epoca in conseguenza della scoperta della polvere - che rendesse lo stato sufficientemente forte di fronte ai n emici interni ed esterni. Ma una siffatta struttura mise il sovrano nella necessità di disporre di un abbondante stock di moneta e di un pingue "tesoro di guerra" formato da metalli preziosi. Nota ScHuMPETER (1 ) che i nuovi poteri sovrani erano bellicosi in forza delle strutture sociali. Nessun sovrano aveva tutto ciò che voleva; ciascuno aveva ciò che a ltri volevano. Sia a causa di tale situazione, sia a motivo della struttura sociale dell'epoca, l'aggressione o che è lo stesso, la "difesa" divenne il cardine della politica. Tutto ciò contribuì a far sorgere governi forti; ma governi forti, con ambizioni sempre maggiori dei loro mezzi economici, erano spinti a tentare di divenire ancora più forti, sviluppando le risorse dei loro territori. Tale politica portò ad un'economia pianificata, in vista della guerra. Ne seguì che i principi economici elaborati per conseguire una siffatta politica dovevano necessariamente e ssere aderenti allo spirito nazionalista ed agli obiettivi di potenza degli stati nascenti. Gli autori di tale corrente politica vennero denominati "mercantilisti" intorno a l secolo XIX, principalmente ad opera di SMITH e MARX per meglio confutare il loro pensiero e, ancor oggi, vengono distinti con questa discutibile denominazione. La politica m ercantilista, fra il XVI e XVII secolo, attraversò tre fasi: la prima, detta monetaria o bullionista, nella quale si proibì l' esportazione di moneta e si fissò d'autorità il rapporto in cui la moneta di un p aese doveva essere scamb iata con quella di altri - vale a dire il corso dei cambi · nell'in-

( ') J .

S e>ll.lMPETF,R,

S10ria de/l'analisi economica, op. cit. pag. 178-179.

(Z) li termine "mercantilismo " è stato usato per la prima voha da

SMtTH nel famoso auacco a quel sistema che chiamò appunto "commerciale o mercanti le" (A. SMtTH, Ricerche sopra la natu ra e le cause della ricchezza delle na,)oni, trad. il. Torino 1945, lib. IV).

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tento di evitare la fuoriuscita di metalli preziosi dal proprio paese; nella seconda, s i tenta di raggiungere lo stesso scopo attraverso la bilancia dei pagamenti, obbligando i commercianti nazionali che vendevano i loro beni all'estero di riportare in patria il ricavato delle vendite stesse e facendo analogamente obbligo ai venditori stranieri d'impiegare il ricavato della vendita nell'acquisto di beni del paese in cui avevano venduto i loro beni ; nella terza, infine, la conservazione e possibilmente l'incremento dello stock di moneta si ottiene per mezzo della bilancia del commercio, facendo in modo che le esportazioni superino sempre le importazioni, sicchè il saldo attivo venga pagato in moneta. Siffatta politica implicava l'imposizione di forti dazi all'importazione di merci estere e la concessione di varie facilitazioni alle esportazioni di merci nazionali e alle importazioni di materie prime da lavorare in patria e ad altri beni strumentali necessari all'industria nazionale. Delle tre politiche, solo la terza, elaborata da M uN (3), ha avuto più vasta applicazione e migliore successo. Il sistema mercantilista con i suoi principi sul monopolio delle esportazioni, sul controllo della moneta, dei cambi e della b ilancia commerciale, viene ad essere il sistema della politica economica degli stati-nazionali che, con i loro interventi in materia economica, tendono a porre, su basi più solide, l'unità statale e a ·fare cieli' incremento della ricchezza nazionale - di cui la moneta era, secondo i mercantilisti, la manifestazione e non l'essenza - uno strumento per aumentare la forza dello stato stesso nei suoi rapporti con l'estero (4). Questo, a nostro sommesso avviso, è l'aspetto più caratteristico del s istema mercantilista (5 ). Il problema militare che maggiormente preoccupava il monarca era quello di disporre di una abbondante quantità di moneta per pagare il soldo e le spese di equipaggiamento delle truppe, anche se non possedeva miniere d'oro e d'argento. "Pecunia nervus rei publicae", oppure "c'est l'argent qui fait la guerre", sono le frasi che il sovrano s i sente ripetere più di frequente. E quali furono i suggerimenti dei mercantilisti? Un esame breve e sintetico del pensiero degli autori più rappresentativi della corrente mercan tilista iniziando dai cosiddetti "consiglieri-amministratori" e dai "saggisti", secondo la denominazione di SCHUMPETER, che in un certo senso possono essere considerati i precursori - ci permetterà di fissare i punti essenziali di queg li studi che, tuttavia, non possono ritenersi elaborati su un fondamento analitico. Fra i "consiglieri-amministratori" emerge CARAFA (6 ), statista-soldato napoletano che intorno al 1480 pubblicò il trattato "De regis et boni principis

England's tresure by foreign rrade, London 1664. Storia del/' analisi economica, op. cit. pag. 423 e 430. A. S,11ni (op. cit. pag. 383 e segg.) nel fare l'esposizione e la critica del mercantilismo, si diffonde a dimos trare che quel sistema economico constava di una politica monetaria indirizzata ad aumentare, entro lo stato, la disponibilità di danaro e di una poli tica protezionistica che concorre allo stesso scopo, volgendo in favore la bilancia commerciale, mediante ostacoli e divieti alle importazioni. In qu esto modo, però, SMtTII trascurò, anche se non ignorò, l'aspetto più importante del mercant ilismo. D . CARAFA, De regis et boni principis officio 1480 ( ?). L'opera i, divisa in quattro parti: nella prima disc ute i principi di poli tica generale e della difesa, intravvedendo felicemen te quella che poi d iverrà l'economia militare; nella seconda trat ta l'amministrazione della g iustizia e nella te rza discute, con grande acutezza, di finanza pubblica: nella quarta, infine, rappresenta le proprie o pin ioni in materia di politica economica vera e propria.

(') TH . M uN, 4 ( )

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J.

SctrnMPETER,


officio", nel quale si diffuse a discutere i principi di politica generale e della difesa dello stato. Devesi r icordare in questo quadro, anche l'opera di MACHIAVELLI che in alcune sue opere: Il Principe ( 1513 ), i Discorsi sopra la prima Decade di Tito Livio (1513-21) e de L' arte della guerra (1519-20) sostiene un'opinione nettamente contraria a quella corrente e cioè che soltanto i buoni soldati, bene armati e bene istruiti, servono alla guerra. In particolare, nel capitolo X del secondo libro dei Discorsi sopra la prima decade di Tito Livio si sofferma a dimostrare che "non può essere più falsa quella comune opinione che dice che i danari sono il nervo della guerra", perchè la guerra si fa col ferro e non con l'oro; epperò, conclude che non il danaro, ma i buoni soldati sono il nervo della guerra. L'affermazione di MACHIAVELLI è sostanzialmente esatta, la guerra non si combatte con l'oro; però è anche vero che l'oro è il mezzo mediante il quale si possono ottenere i fattori di produzione per fabbricare sistemi di arma, munizionamenti ed equipaggiamenti, pagare le forze e le importazioni di materie prime e di fonti di energia, ecc.; epperò è sotto questo aspetto che va intesa la massima: "Nervos belli pecuniam" (7). BooTN (8 ), nell'ultimo libro della sua opera fondamentale, oltre a stimare la guerra una istituzione provvidenziale, destinata a mantenere vivo l'onore e la virtù della nazione, la ritiene anche una fonte di entrata per le finanze dello stato, perchè conferisce un diritto legittimo sui beni appartenenti allo stato vinto e sui beni dei suoi sudditi. Il pensiero di MONTCHRÉT!EN (9), espresso nel suo. Traité de oeconomie politique, risulta ancora più chiaro ed esplic ito: riprendendo un'antica locuzione romana, giudica la moneta "nervus belli " ; considera i commercianti stranieri delle sanguisughe ed auspica, in ogni caso, una bilancia commerciale favorevole, perchè il commercio è il mezzo più rapido per arricchirsi e perchè "ricchezza" significa "potenza"; invita il monarca a favorire, a qualunque prezzo, la produzione nazionale e a preparare la guerra durante la pace, secondo il pensiero romano: "si vis pacem, para bellum" (1°). BoTERO (11 ) e MuN (1 2 ) sostengono che il tesoro di guerra è indispensabile al sovrano per fronteggiare le spese militari - gli eserciti erano a quel tempo formati prevalentemente da milizie mercenarie - anche se si dimostra un'arma a doppio taglio, perchè la sua costituzione è molto onerosa dal punto di vista economico. Ciò significa, che i mercantilisti o, quanto meno, alcuni di essi, distinguevano fra argomento poliiico e argomento economico,

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( 8) (9) ( 10 ) ( 11 )

( 12 )

Al r iguardo con grande r ilievo si manifesta il pensiero di EINAUDI (L. EINAUDI, Principi di scienza delle finanze, Tori no 1945, pag. 340) su c hi sostiene l'onere de lla guerra, che cosl si esprime: « Con le pallottol e ancora da fondere, con i vestiti da cucire o da tessere. con materie prime ancora da est rarre o far vegetare e crescere, con cannoni ancora da cos tr uire non si conduce ness una guerra, non s i vince nessuna battaglia •. J. B001r,;, Les six li vres de la Republique, Pa ris 1580. A. MONTCHRETIEN D E WATTEVI LLE, Traité de oeconomie politique, Paris 16 15. C. V EGEZIO, op. e loc. c it. G. Bon ,Ro, Della ragione di S1ato, 1589 ; De/Je'cause della grandezza e magnificenza delle città, 1596, pag. 86; Relazioni universali, 1592. TH. MuN, England's treasure, op. cit.; Discourse of trade /rom England into the East !ndies, London 162 l.

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ma anteponevano quello a questo (13) . Ammesso che la moneta sia il n erbo della guerra, ne consegue che il sovrano, che non voglia soccombere di fronte ali' aggressione altrui, deve disporne in abbondanza, anche se il paese difetti di miniere d' oro e d ' argento: perchè ciò possa avvenire, basta che la b ilancia commerciale - a quell' epoca quasi si confondeva con la bilancia dei pagamenti - sia sempre favorevole. In tal modo si assicura un flusso continuo di metalli preziosi. Questo è quanto suggerisce BR1scoE (14) per accrescer e lo stock. metallico. Tuttavia MA5 LYNES (1 ) dimostra che nessun paese può accumulare una quantità eccessiva di metallo prezioso, senza rischiare di veder salire i suoi prezzi interni e divenire sfavorevole la bilancia commerciale; analogo ragionamento fecero C HILO (1 6 ) e MuN (1 7 ) che pose anche la distinzione fra bilancia commerciale e bilancia dei pagamenti ed osservò che la bilancia commerciale non è idonea a far conoscere la situazione reale di una nazione, perchè, al contrario, occorre tener conto della bilancia dei pagamenti con tutti i suoi elementi finanziari e commerciali. Ed ora cerchiamo di trarre qualche conclusione dal pensiero dei mercantilisti sulla politica economico-militare . .È stato osservato che i mercantilisti fossero pervasi da spirito bellicista (18 ), il che a nostro sommesso avviso, non sembra esatto, perchè se è vero, come è vero, che essi - meno gli scrittori italiani - furono tutti acutamente sensibili alla politica di polenza dell'epoca, è pur vero però che essi si limitarono a ricercarne - anche se non ci riuscirono in profondità - l'aspetto analitico. Il loro contributo analitico si polarizzò verso un tipo di economia orientala alla gue rra, proprio dell'epoca - spingendosi a delineare i preliminari del piano economico di guerra - e il finanziamento della guerra stessa; in tale ottica è vista la moneta che in nessun caso è confusa con la ricchezza, ma considerata come un mezzo per svilupparla. In senso più generale, nota SCHUMPETER (19), i mercantilisti cercarono di razionalizzare la pratica del loro tempo, sia nel senso che cercarono di esprimere quelli che ritenevano essere gli scopi e le esigenze dei loro tempi e dei loro paesi, sia nel senso che cercarono di porre un certo ordine logico n el cumulo irrazionale delle misure e delle pratiche vigenti.

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Cmw (J. CH11, o , Discourse abouc trade, London 1690) difende la polit ica delle« Leggi di navigazione» con l'a rgomento della potenza. pu r ammettendo che, da un punto di vis ta streuamente econom ico, ci possono essere forti argomen ti contrari. 14 ( ) J. BR1scoE, Discourse on the /ace fou nds, London 1694, pag. 29. 15 ( ) G. MALYNE;S, A crea1ise of the con ker o/ England's Commowea/rh, 160 1. 16 ( ) J. CH11, o , Discours, op. cil. 17 ( } Tu. M,m, England's t reasure, op. cii. 18 ( ) E. S tlBERNER, La guerre dans la pensée écon.omique du XVI au XVII siecle, Par is 1939; La gue rre et la paix daus l'histoire des doctrines économiques, Pa ri s 1957, pag. XXXVlll Cosi' si esprime SllBERNER (op. e loc. cil.}: Tradotta in lingua volgare, la politica mercantilista s ignifica: proibizioni, ritorsioni, premi all'espo rtazione, regolamen tazioni, guerre commerciali cont inue e con flitti arma ti a non fin ire. Essa porta fatalmente alla guerra perchè vuole imporre agli a ltri obblighi inaccettabili, in quanto assolutamente privi di reciproc ità .... 11 mercantilismo é una concezione economica pervasa di bellicismo. Le idee monetarie e commerciali dei mercantilisti non sono comprensibili che alla luce delle loro dottrine di guerra. La loro autarchia non s i spiega che con la loro voloni à d i dominare economicamente e pol it icamente le a ltre nazioni. Infine, la loro xenofobia non è che un coro llario della loro concezione be ll icista del commercio internazional e. In breve, il mercantil ismo è domi nato dal fattore guerra. 19 ( ) J. S CHUMPETER, Storia Op. cit. pag. 430 (

)

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Il mercantilismo è dunque la polit ica economica propria dei nascenti stati nazionali. 12. Il pensiero dei fisiocrati. Verso la fine del secolo XVII e l'inizio del XVIII il mercantilismo attenuò molti precetti che in precedenza erano stati i canoni fondamentali della sua stessa concezione. Alcuni autori, fra cui MELON (2°), FARBONNAIS (2 1) e DuTOT (2 2 ), non chiesero più proibizioni e dazi doganali per comprimere le importazioni, ma, al contrario, auspicano la realizzazione dell'equi librio commerciale mediante l'espansione degl i scambi. Del pari, si auspica una maggiore libertà per le imprese ed una minore credibilità alle corporazioni di mestiere e alle manifatture regie così care a CoLBERT (2 3 ). Nel frattempo, sul piano filosofico-giuridico, si era fatto strada il p ensiero d i GRoz10 (2 4 ) , HoBBES (2 5 ), LoCKE (2 6 ) e RoussEAU (2 7 ), i quali avevano posto i concetti di stato e di individuo su nuove basi, fondate sul diritto naturale che presuppone l'individualismo. GRoz10 è considerato il capostipite della corrente gius-naturalista che pone a base dello stato la volon tà del cittadino titolare di diritti inalienabili e indistruttibili. Ma è HoBBES che costruisce, con criteri rigidamente individualistici, la teoria della convivenza politica degli uomini, riconducendo lo stato alla volontà e a lla ragione umana. Più tardi LocKE, att raverso un suo tentativo d i dare forma razionale alla vita umana e sociale, teorizza lo stalO costituzionale. Sarà infine RoussEAU a delineare il concetto di stato moderno che trae la sua esistenza dalla volontà popolare e che governa attraverso l'istituto della maggioranza, assicurando a tu tti i cittadini libertà ed eguaglianza. Tale nuova concezione dello stato - stato di diritto - e dei diritti natu rali e inalie nabi li de ll' individuo-cittadino, che ebbe il banco di prova nella Rivoluzione francese, portò un clima di libertà - secondo un certo ordine naturale - anche nel campo economico. Questa nuova corrente venne denominata fisiocrazia e cioè governo secondo natura. La concezione economica d ei fisiocratici si fondava sull'assunto che l' interesse individuale coincidesse con l'interesse generale e che tale interesse armonizzasse col giusto, così come ebbe ad insegnare poco dopo BENTHAM (2 8 ) sull'utilitarismo. Tutto ciò, secondo un "ordine naturale" che, come per il diritto, trova le sue basi nelle leggi della natura.

(2°) J. F. M ELON, Essai politique sur le commerce, Paris 1734 (2 1 ) F. V. D uvERGER DE FoRBONNAIS, Eléments du commerce, 1754; Principes et observations économiques, 1767 (2 2) S. DuTor, Réflessions politiques (2J) Vedasi S. C LEMENT, Arti e loro corporazioni sollo Colbert, in II serie, Voi. Tll, bibl. econ. Torino 1863 (2' ) U. GROT1us, De jure belli ac pacis, op. cit. (2S) T. H OBBES, Leviathan, 1651; De cive, 1642 (26) J. LOCKE, Two treatises on govemment, 1690 (27 ) J. J. ROUSSEAU, Du contrai socia/, Genève, 1762 (28 ) J. B ENTHAM, An introduction 10 the principles of mora/s and legislation, London 1789

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Da siffatta concezione discendeva il criterio assoluto del "laisser fai re, laisser passer" (29 ) che restringeva i compiti dello stato ad una funzione puramente negativa, rivolta ad assicurare il libero svolgersi delle azioni dei s ingoli. Premessi questi brevi cenni sull'origine della fisiocrazia - che peraltro ebbe vita breve, limitata ad un paio di decenni, fra il 1760 e il 1780 - e sui propri a ssunti, cerchiamo di cogliere il pensiero dei fisiocrat i sulle attività economico-militari. Per essi la potenza politica e militare non è fattore indispensabile per il progresso economico: è l'agricoltura la sola fonte di rie· chezza; epperò, in tale clima, i fisiocrati che trattavano del fenomeno della guerra, ne misero in risalto i dati negativi. QuESNA Y (3°) osserva che il commercio internazionale in sé non offre motivi di guerra, ma che spesso sono proprio i suoi operatori che s'industriano a provocare guerre, utili per loro, ma non certamente al progresso economico e ai paesi. Non diverso il pensiero di MERCIER (3 1), secondo il quale tutte le nazioni hanno il medesimo interesse ad evitare la guerra, perchè "la pace è lo stato naturale nel quale dovrebbero vivere le nazioni" {3 2 ); aggiunge, inoltre, che poichè uno stato che cerca di opprimere un altro si mostra nemico di tutti, bisognerebbe costituire una forza comune capace di garantire a ciascuno di essi il loro territorio (33 ) . Anche DuPONT OE NAMOURS (3 4 ) esprime idee non dissimili. Partendo dal presupposto che la guerra è un atto di barbarie che opera contro gli stessi interessi di chi la provoca, presentò all'Assemblea Nazionale un progetto di legge, di cui l'articolo primo era così formulato: "La Nation françoise ne se permettra aucune guerre offensive pour s' emparer du territoire d'autrui, ni pour porter atteinte aux droits ou à la liberté d'aucune Nation" (35 ) . Però auspica anche un sistema militare difensivo per mantenere la pace in Europa, facendo raffiorare, sebbene in funzione difensiva e di tutore della pace, iI concetto di "potenza" proprio dei mercantilisti. LE TROSNE {36 ) sostiene che la politica dovrebbe essere l'arte di conservare la pace, prevenire i dissensi e conciliare le pretese; comunque ammette che un sovrano, giusto e cosciente, possa decidere la guerra quando sarà costrettovi da eventi che sfuggono al suo controllo. MIRASEAU (3 7 ) condanna severamente la politica di guerra, perchè i conflitti

(2 9) S econdo la tradizione, la frase sembra derivata da una ris pos ta data da un mercante, un certo LEGENDRE a CoL8 ERT. Avendo Col8ERT chiesto a LEGENDRE: "Que /aut il /aire pour vous aider?" LEGENORE rispose: "Laisser nous fai re" . La frase d ivenne popolare do po c he A. S.'1JTH la citò nella sua opera: Ricerche sopra la natura e le cause della ricchezza delle nazioni. (3°) F . QuESNAY, Du commerce, Paris 1766; Oeuvres économiques et philosophiques, a c ura di A. ONCKEN, Paris 1888 (3 ') P. P. MERCJER DE LA RIVIERE (LE M ERCIER) De l'origine et des progrés d'une science nouvelle, Paris 1768 (-'2 ) A siffatta affer mazione si può co ntest are che po ic hè nella storia dell'umanità sono s tate con tate piu' di 2000 guerre è, pur troppo, piu' appropriaw dire c he la pace non è che un periodo, piu' o meno b reve, fra due guerre. 33 ( ) Idea paradossale c he, per combattere il ricorso a lla forza, invoca la costituzione e l'impiego della forza. E' ques ta u na idea che ricompa re spesso, anche in epoche recenti . 34 ( ) P. s. OUPONT DE NEMOURS, Projet de décret, Paris 1790 (3 5} P. S. DUPONT DE NEMOURS, Projet de décrel, c it. 6 (-' ) G. F. LE TROSNE, De l'ordre socia/, Paris 1777; La liberté du Commerce des grains Paris 1765 (' 7) V. M1RA8EAU, L'ami des hommes ou traité de la population, Vo i. I-Vl, Paris 1756-1760.

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sono dannosi per tutti, ancor più che per le devastazioni e le perdite dirette prodotte, per la diminuzione di produzione da esse provocata. VANOERLINT (3 8 ) sostiene che la guerra è sempre disastrosa, anche per le sue conseguenze economiche; sono disastrose le stesse guerre di conquista, perchè rovinano il paese vinto e schiacciano sotto il peso delle imposte il vincitore. Le guerre sono contrarie al la natura; però ammette la necessità della guerra di difesa e giustifica la guerra di aggressione solo in caso di sovrappopolazione, allorquando il paese limitrofo che abbia abbondanti territori, si rifiuti di farne parte a "condizioni amichevoli e ragionevoli". Per HuME (39 ) l' ambizione di conquis te territoriali è la causa più frequente della rovina degli stati. Auspica una legge fondamentale contro le conquiste, ma realisticamente, non si fa illusioni sulla sua efficacia, perchè sono troppo grandi le difficoltà di una politica internazionale fondata soltanto sul diritto: gli stati, come gl i individui - osserva - hanno le loro ambizioni e gli interessi contingenti fanno troppo spesso dimenticare agli uomini di governo ciò che può loro riservare l'avvenire. Della sintesi del pensiero degli autori più rappresentativi della corrente fisiocratica che si sono occupati del fenomeno della guerra, è possibile concludere che la fisiocrazia, rifacendosi ad un ordine naturale e propugnando la libertà dei commerci e il non intervento dello stato, si mostra conseguentemente orientata contro la guerra e le attività svolte a prepararla, epperò i fisioc rati sono detti "pacifisti" in contrapposto al "bellicismo" dei mercantilisti. A nostro sommesso avviso può anche essere vero che i fisiocrati fossero dei pacifisti convinti e che sotto tale spinta abbiano formulato le loro teorie, però non può sottacersi che durante il periodo in cui le loro teorie riscossero generali consensi, si verificarono la guerra dei sette anni, la guerra di spartizione della Polonia, nonché la rivoluzione americana e la conseguente guerra di indipendenza. 13. La concezione classica.

Sotto l'impulso dato dai fisiocrati ali' analisi razionale e sistematica dei fenomeni econom ici si formò nel!' ultimo quarto del secolo XVIII una nuova corrente di pensiero che più tardi fu detta "scuola classica". A questa corrente che va dal 1796 al 1848 - oppure a l 1878, secondo alcuni - appartengono, oltre al fondatore ADAMO SMLTH, MALTHUS, RICARDO, SENIOR, J. M1LL, S. MILL e i francesi SAv e BASTIAT, per citare soltanto i più rappresentativi. I classici operarono le loro indagini in un ambiente i cui presupposti filosofici erano l'illuminismo, il razionalismo e l'individualismo. Conseguentemente la loro elaborazione scientifica prese l'avYiO dai seguenti principi fondamentali (40 ): a) utili1arismo: 1' individuo opera in virtù d' innati sentimenti psichic i, per il conseguimento dell'utile personale o tornaconto individuale (41 );

(3 8) J . VANDER1.1Nt', Money an~wers ali thi,1gs, London 1734 (3 9) D. HUME, O/ the ba/ance o{ trade, in Politica/ discounes, London 1752 (40 ) F. V1To, lntrodu:ione all'economia politica, Milano 1957, pagg. 80-91 e 93 I"') L·u1ilitari~mo. di cui si riscontrano le prime tracce in EP1ci;Ro, ha trovato la sua espressione moderna in BtNTHAM (J. BEl'>THAM, lntroduction to the principles of morals and lcgislation, op. cit.)

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b) individualismo: la società non è che la somma degli individui; pertanto basta fermarsi ad indagare l'agire del s ingolo individuo per dedurre le leggi dell'economia (42 ); c) liberalismo: poichè regna in natura l'armonia fra i sentimenti degli individui, è vano chiedere che lo stato intervenga a migliorare i risultati del!' azione individuale che sono già i più benefici che si possano immaginare (43). Coerenti a questi principi, i classici hanno elaborato un sistema economico - nel quale è preso a base lo scambio - che è la risultante o meglio la somma delle azioni economiche individuali. Poichè l'attività economica è ispirata all' interesse materiale dei singoli e poichè il singolo individuo è il giudice migliore del proprio interesse, il sistema economico si realizza nella libera concorrenza, che spinge il produttore ad ottenere i fattori di produzione al più basso costo possibile; anche i consumatori ottengono i beni al prezzo più basso possibile. Inoltre, ciascun individuo tende a cercare l'attività più adatta alla propria capacità; in tal modo tutte le classi della società rea1izzano il proprio vantaggio. Si raggiunge, così, l'armonia d'interessi senza bisogno che lo stato debba svolgere alcun compito, tranne quello di assicurare la libertà d'azione dei singoli individui {44 ). Vedremo in seguito che in seno al pensiero classico si delineò, ad opera di alcuni autori, una corrente pessimista in merito ali' armonia spontanea del sistema. Delineati a grandi tratti, presupposti e caratteristiche del sistema economico dei classici, vediamo di sintetizzare il pensiero degli autori più rappresentativi sui fenomeni economico-militari. Caratteristica comune a tutti i classici, è quella di non aver trattato specificamente di attività economico-militari, ma soltanto nel corso di più ampie trattazioni generali. ADAMO SMTTH ha dedicato la prima parte di LUl capitolo del suo trattato sulla Ricchezza delle nazioni (45 ) alle attività militari, al loro costo ed alle fonti di finanziamento. Dopo aver considerato il costo della guerra in relazione alle invenzioni e ai progressi tecnologici del!' epoca, pervenne alla conclusione che lo sforzo massimo sostenibile per un paese europeo non poteva essere superiore ali' approntamento di un'armata formata da non più di un centesimo dei suoi abitanti, pena la rovina di quel paese. Secondo SMITH, le spese di guerra debbono essere finanziate con le imposte · ordinarie e straordinarie· però, raccomanda di tenere ben presenti le loro fonti, osservando a] riguardo che "quella nazione che dal prodotto ann uo della sua industria, dal reddito annuo delle sue terre, dal suo lavoro e dal suo stock consumabile, ha

(") L'individualismo, come teoria molecolare, atomistica, risale all'HossEs (T. HossEs, Leviathan; De cive, op. c it.) e venne propagata da BENTHAM (op. cit.) per il quale la socie tà è "un organismo fiuizio, composto di individui che sono considerati come se fosse ro i suoi membri." L'interesse della società è la somma degli interessi dei vari membri. (4 3) li liberismo, qua le esprcsione della libertà economica· li bera li smo è, invece l'espress ione della libertà politica . è sorlo per reazione a ll'assolutismo economico del mercantilismo. Sul li berismo vedasi: J. ScHUMPF,TF.R, Storia dell'analisi economica, op. cit. nonchè G. OF, Ruc• GJERO, Storia del libera li smo europeo, Bari 1945. 44 ( ) F. VITO, Introduzione, op. cil. pag. 102. Devesi. inoltre r il evare che siffatta politica venne compendiata nella nota frase: "Laisser /aire, laisser passer" (vedasi ante, nota 29). 4 ( ' ) A. SMJTH, Wea.lih of n.arions, Glasgow 1876 bib. econ. IV, op. cii. nella trad. it.

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di che comprare beni consumabili in paesi lontani, può condurre guerre .. . " (46).

'È da ri levare, infine, che secondo SMITH la guerra è ammissibile solo quando è giusta e cioè quando un paese si deve difendere perchè i suoi diritti sono stati violati. Altri casi di guerra legittima sono l'invasione del territorio, l'uccisione e l'imprigionamento di cittadini, la rottura di un trattato e il mancato pagamento di un debito. Come si vede SMITH aveva un concetto ab bastanza largo di guerra giusta e cioè legittima (47 ). MALTHJUS ha studiato l'aspetto demografico della guerra nel suo An assay on the principle of population (48 ) e quello economico nei Principles of politica! economy (49 ). Sotto il primo aspetto considera la guerra fra gli ostacoli distru11ivi che eliminano l'eccedenza della popolazione. Con frequenza ricorre in MALTHIUS l' affermazione che la guerra è uno dei fattori che contengono la popolazione entro certi Iimi ti e ne eliminano l'eccedenza. Nel ricercare le cause della guerra giunge alla conclusione che è il prodotto della miseria e, al tempo stesso, uno strumento per ristabilire l'equilibrio fra popolazione e mezzi di sussistenza. Rileva, inoltre, che scarsità di lavoro e di alimenti spingono gli individui ad arruolarsi negli eserciti mercenari. "L'ambizione dei principi - osserva con amarezza - non avrebbe strumenti di dis•-uzione se la disperazione delle classi più povere non le spingesse ad arruolarsi sotto le bandiere dei loro sovrani (50 ) . Il progresso economico, qualora riuscisse a m igl iorare anche le condizioni delle classi lavoratrici, sarebbe il mezzo verso la pacificazione mondiale. Ci rca i possibili rapporti fra il commercio internazionale e la guerra, MALTHJUS sostiene, senza mezzi termini, che il liberismo ass icura al mondo grandi vantaggi economici, ma non costituisce un rimedio contro la guerra (51 ) MAL rn1us si è anche soffermato ad esaminare gli effetti economici dovuti al passaggio da un'economia di guerra ad una di pace, prendendo per modello le guerre napoleoniche. Al riguardo osserva che durante tutto il periodo di guerra la situazione economica era stata buona, sicchè la popolazione era cresciuta. La crisi incominciò più tardi, dopo la conclusione della pace nel J815. MALTHJUS si domanda il perchè di tale fenomeno che aveva comportato un aumento della produzione e del consu mo durante lo stato di guerra e una improvvisa caduta del consumo su bito dopo la pace. MALTHIUS spiega questa apparente contraddizione, affermando che con la cessazione delle ostili tà era venuta meno la necessità di esigere le imposte straordinarie che servivano per alimentare le spese di guerra (armamenti, equipaggiamenti, vettovagl iamenti, ecc. ) e che i contribuenti avevano incominciato a risparmiare gran parte della quota di reddito che prima veniva loro sott ratta sotto forma di imposte. Da questa posizione di squilibrio fra r isparmio e investimenti, nonchè dalla limitazione della produzione per l'in-

Ricerche sopra la natura e·J e cause della ricchezza delle nazioni. op. cit. Lecture on just ice, police, revenue and arms, dclivered in the University o f Glasgow, reported by studen ts in 1763, Oxford 1896, pag. 266. (48 ) T. R. MALTHUS, An essay on thc principle of population, 6 ed. London 1826 ( 49 ) T. R. MALn1us, Ptinciples of politica/ economy, London 1820 (S") T. R. MALTHUS, An assay, op. cit. pag. 278 (") T . R. MALTIIUS, An assay, op. cit. pag. 441 ( 46)

A. SMITH,

(47 ) A. SMITH,

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sufficienza della "domanda effettiva" - considerazioni che verranno poi espresse da K EYNES per formulare la sua "teoria generalé" - MALTHUS pervenne alla conclusione che i danni economici della guerra consistono in una lievitazione anomala della domanda, la cui brusca diminuzione a l momento della pace, provoca squilibri tanto più gravi, quanto più è sviluppata l' industria nazionale (52 ). Concludiamo questa breve sintesi del pensiero di MALTHUS sulle attività economico-militari, osservando che egli non fece mai alcuna apologia della guerra e pose i militari - insieme ai giudici, gli avvocati, i sacerdoti, i funzionari pubblici e i domestici - nella classe improduttiva. Di R1cARDO devesi osservare, in via preliminare, che le teorie sul trasferimento degli impieghi del capitale, sui mutamenti improvvisi delle vie del traffico e sull'identità degli effetti del prestito e del!' imposta straordinaria, vennero trattate con puntuale riferimento a ll'economia di guerra; le gue rre napoleoniche sono presenti in tutta l'opera di RICARDO. Tuttavia RICARDO non ha lasciato alcuna opera sistematica sui rapporti fra la g uerra e l'economia, né tanto meno sulle cause della guerra. Sul trasferimento degli investimen ti a causa della guerra, R1cARDO nota che l'inizio delle ostilità dopo un lungo periodo di pace o l'inizio della pace dopo un lungo periodo di guerra preclude, di solito, un grande turbamento nell'industria , nell'agricoltura e nei traffici in generale. Muta, in larga misura, la natura degli impieghi del capitale; per tutto l'intervallo di tempo lungo il quale si vengono adattando alle situazioni che le c ircostanze hanno reso più vantaggiose, parte del capitale fisso è privo d'impiego - fors' anche del tutto perduto - e incompleta è l'occupazione operaia. La durata di tali malanni è più o meno lunga a seconda della diversa intensità della riluttanza che la maggior parte degli imprenditori ha ad abbandonare la forma d' impiego di capitale a cui era da tempo assuefatta. Inoltre, tale rivolgimento produce un maggior turbamento nei paesi ricchi e possenti, in cui grandi masse di capitali sono investite in macchinari e molta è la quantità del capitale circolante e la massa delle maestranze. Da tale turbamento non va esente neppure l'agricoltura, perchè l'interruzione o le variazioni dei trasporti, fanno sì che vengano messe a coltura - particolarmente grano - terre incolte il cui costo di produzione non reggerà la concorrenza dei paesi esportatori una volta che la cessazione delle osti! ità consentirà di riprendere i traffici interrotti dalla guerra, a meno che, per un limitato numero di anni, non sia protetta da un dazio sull'importazione (53 ) . Quanto acutamen te affermato da RICARDO costituisce l'addentellato sul quale più tardi PANTALEONI e Prcou ebbero ad indagare sugli ostacoli e i vincoli frapposti ai processi di trasformazione e di sostituzione che si rendono necessari nei confronti di alcune industrie in tempo di guerra (54 ). Assertore convinto del libero scambio, RrcARDO non crede invocabile il protezionismo neppu re per motivi di d ifesa nazionale, in quanto è del parere che, anche in caso di guerra l'Inghilterra sarebbe stata in grado di procurarsi egualmente il grano necessario presso i paesi neutrali, sia pure ad un

('Z) (B) (5 ' )

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T. R. MA'fLHUS, Principles, op. cit. pag. 396 O. R1CA1<DO, Principles, o p. ci t. pag. 196-197 della t rad. it. Vedasi più oh re, nell a TV pa rte, il ca p. 2.


prezzo più elevato. Tale affermazione ha valore puramente storico e non appare generalizzabile perchè si riferisce al caso particolare dell'Inghilterra nel momento in cui si era affermata la sua supremazia navale che garantiva la sicurezza dei trasporti marittimi. Sul finanziamento della guerra, R1CARDO si è soffermato a trattare I' identità degli effetti del prestito e dell'imposta straordinaria. Tuttavia giudica preferibile il ricorso all'imposta, perchè addossare l'onere finanziario della guerra a chi l'ha voluta, anzichè alle generazioni future, costituisce una precauzione efficace contro le guerre superflue e un buon motivo per renderle più brevi (55 ) . Inoltre, l'imposta, più che il prestito, spinge i contribuenti a contrarre i propri consumi (56 ) . Mc CvLLOCH, conosciuto soprattutto come il volgarizzatore di RlcARDO, ha dedicato largo spazio ali' analisi del fenomeno della guerra, sia nei suoi Discours (57 ), sia nei Principles of politica! economy (58 ). Mc CuLLOCH, pur mostrandosi un convinto pacifista, pone in rilievo la necessità, per tutti gli stati, di possedere una forza armata idonea a far rispettare l'ordine interno e a difendere il territorio nazionale dalle aggressioni nemiche. Le forze armate - afferma Mc CuLLOCH - hanno una funzione essenzialmente militare, ma esse esercitano indirettamente anche una importante funzione economica, in quanto assicurando ordine e sicurezza, rendono possibile il buon funz ionamento dell'economia nazionale, epperò i militari debbono essere considerati eminentemente produttivi (59 ); tali considerazioni portano Mc CULLOCH a preferire un'armata di mestiere. Un'armata numerosa può costituire una grande forza nazionale solo se ha un forte appoggio economico. E poichè i conflitti moderni - continua Mc CULLOCH - implicano spese enormi, occorre una grande disponibilità di moneta, perchè essa è il nervo della guerra; i popoli che possiedono abbondanti ricchezze non difetteranno né di soldati né di armamenti; al contrario, essi si permetteranno di coprire la terra d i armate e gli oceani di flotte e contro di loro lotteranno difficilmente patriottismo e coraggio (60 ). Ma poichè la fonte maggiore della ricchezza è, secondo Mc CuLLOCH, il commercio internazionale, risultano controducenti anche ai fini della difesa nazionale, le misure ristrettive del libero commercio, epperò i motivi di ordine militare con i quali si giustifica il protez ionismo sono, per lo meno, esagerati. A noi sembra che questa opinione di Mc CuLLOCH non sia più presentemente accettabile, perchè la guerra moderna implica l'impiego di uno strumento militare costituito da sofisticati sistemi di a rma che comportano lunghi tempi per la progettazione e la conseguente produzione, epperò un alto reddito nazionale è condizione necessaria, ma non sufficiente per avere un

(55 )

D. RICARDO, Essay on rhe funding system, London 1820 Le imposte di guerra sono piu' economiche, perc hè quando esse ve ngono pagate, ci s i sforza di rispann iarc l'ammontare tota le della spesa pubblica, lasc iando intatto il capitale nazionale. Nell'altro caso c i si sforza soltanto d i risparmiare l'ammontare dell'interesse sopra tale spesa e quindi d iminu isce la quantità del capitale nazionale (D. RtCAROO, Essa)' an 1he funding system, op. c it.; Principles, op. cit. Voi. I, pag. 247). (") J. R. Mc CuLLOCH, Discours sur l'origine, /es progres, /es obje1s parriculiers e1 l'importance de l'économie polirique, t rad. fran. Génève 1825 (58) J. R. Mc CuLLOCH, Principles of politica/ economy Edimburgh 1825 ( 59 ) J. R. Mc CuLLOCH, Princip/es, op. cit. pag. 302 (60 ) J. R. Mc CULLOCH , Principles, op. cit. pag. 182·1 83 ( 56 )

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potente strumento militare: occorre anche e soprattutto un'appropriata struttura del sistema economico. JAMES MILL esamina i problemi della guerra nel corso della polemica contro CoBBET (61 ) e SPENCE (62 ), i quali sostenevano che la causa della maggior parte delle guerre è il commercio internazionale. SPECE, inoltre, aveva sostenuto che in tempo di guerra, quando le imposte sono molto elevate, gran parte della popolazione gode di una prosperità superiore a quella raggiunta in qualunque altro periodo. MILL contesta vigorosamente questo assunto, sostenendo, al tempo stesso, che il commercio internazionale non è la causa delle guerre; è semmai, un pretesto specioso per nascondere la vera causa e cioè il colonialismo. Le colon ie - sostiene M1LL - non procurano vantaggi alle nazioni, ma soltanto alla classe dirigente che riesce ad assicurarsi il monopolio di alcuni commerci molto lucrativi (63 ) . Sorprendono siffatte opinioni espresse nel momento in cui l'Inghilterra si avviava verso la massima espansione del suo impero coloniale; ma MILL in nom.e del suo ideale liberale e del liberismo spinto al di là di ogni frontiera, è portato a respingere il colonialismo che comporta limiti alle libertà e a condannare la guerra come una pratica dannosa per tutti. Conseguentemente queste opinioni lo portano a raccomandare di non seguire una politica economica in vista della guerra che auspica sostituibile con un arbitrato internazionale, secondo il progetto di pace perpetua che BENTHAM pubblicherà più tardi, ma del quale aveva avuto notizia (64 ). JHON STUART MILL, al quale si deve la più felice e brillante sintesi del pensiero classico non si è soffermato molto sull'analisi delle attività economico - militari di guerra. Devesi, comunque, osservare che la sua adesione a l pensiero liberale non gli impedisce di accettare il protezionismo di alcune industrie indispensabili alla difesa nazionale e di esprimersi in favore degli "aui di navigazione" fondati, sia nella teoria, sia nella pratica, sulla necessità di conservare un " vivaio di marinai" per la marina militare (65 ) . Più tardi; intorno a l 1850, allorquando la marina mercantile inglese, appoggiata da una potente flotta da guerra, non ebbe più rivali temibili, STUART MILL sostiene che non esistendo più i motivi che avevano giustificato gli atti di navigazione, "non c'era ragione di mantenere questa eccezione odiosa alla regola generale degli scambi" (66 ). Ciò porta alla conclusione che in STUART MTLL il pragmatismo anglosassone è stato più forte dell'ideale liberale puro di suo padre e gli ha fatto formulare molti "distinguo", nell ' interesse politico ed economico del paese. Inoltre, a differenza di quanto sostenuto da suo padre, non considera disastrose per la vita economica del paese le perdite provocate dalla guerra, perchè la ricostruzione del capitale è sempre possibile e abbastanza rapida.

( 61 )

( 62 ) ( 63 ) ( 64)

(65 ) ( 66 )

54

W. CoBBET, Paper against gold. London 18 10-11 T. SrENCE, Britain indipendent commerce, London 1807 J. MJLL, "Colony'' s upplernem to the "Enciclopedia" Britannica, lii 1824, pag. 263-272 J. M1LL, law of Nations, supplcmcnt to thc Encyclopcdia Britannica, VI 1824. L'articolo di BENTHAM sulla pace perpetua è del 1843, ma la bozza della stesura risale al I 78689. J. S. M1u., Principles of politico/ economy, 1rad. it. 1954, pag. 872 J. S. M1LL, Principles, op. cit. pag. 872


Oppositore delle teorie belliciste, STUART MtLL giudicò inique le guerre di aggressione, a meno che esse si rendano necessarie per allontanare un danno nazionale (67), mostrando anche in questa affermazione, quanto il suo pensiero sia stato influenzato dalla concezione pragmatistica anglo-sassone e dalla teoria utilitaristica benthamiana ereditata da suo padre e della quale non si era mai potuto liberare appieno (68 ). SAY e BASTIAT sono considerati gli esponenti dell'ala francese della corrente classica otlimista; in essi raffiora, in certi casi esasperata, la concezione fideistica smithiana della "mano invisibile" che crea le "armonie economiche" spontanee che fanno coincidere l'utile individuale con l'utile sociale. Per quanto concerne il particolare argomento delle conseguenze economiche delle attività militari, SAY, assertore deciso del liberismo, strumento insostituibile degli equilibri spontanei, apportatore di vantaggi per tutti, non può non esprimersi che criticamente nei confronti delle attività economicomilitari. Avversario del bellicismo, a bbozza un elenco delle devastazoni della guerra e degli effetti che essa provoca nell'economia, per giungere al la conclusione che, allorquando non è ordinata per l'assoluta necessità di difendersi, deve essere intesa come il più esecrabile misfatto. SAY si sofferma anche a considerare le cause dei confl itti. La pace - secondo SAY - è indispensabile allo sviluppo delle nazioni, epperò è interesse di tutti evitare la guerra. L'armata e le spese militari sono da considerare me:ai spiacevoli, ma necessari per assicurare la sicurezza. I militari, però, sono di frequente i responsabili dei conflitti armati fra le nazioni, perchè in essi vedono avanzamento e fortuna. È da osservare, inoltre, che SAY è portato a dare una spiegazione economica della storia, anticipando MARX che, peraltro, gli mostrò una secca avversione. Da siffatta concezione è risultato che il movente economico è la causa fondamentale delle guerre; il desiderio di maggiori ricchezze - in specie materie prime - esistenti in altri paesi: ecco la causa delle gu erre. Similmente le conquiste coloniali hanno il medesimo movente e servono ad arricchire una stretta cerchia di monopolisti (69 ). Anche le spese militari costituiscono un onere gravoso per il paese a causa del progresso tecnico che ha reso le guerre più dispendiose; sicchè il loro finanziamento grava pesantemente sul reddito e sul risparmio e impone pesanti sacrifici alla classe lavoratrice. Occorre pertanto mantenere una milizia, piuttosto che un'armata permanente, dando così ali' apparato militare un carattere difensivo, anzichè aggressivo. Anche la nota "legge degli sbocchi" ha una funzione pacifista. A mano a mano che aumenterà la produzione, aumenterà anche la ricchezza per tutti, epperò gli uomini e i governi non avranno più interesse a cercare la ricchezza con la forza in altri paesi. Ciò porterà ad uno stato di "pace durevole", senza neppure dover ricorrere ali' istituzione di un tribunale internazionale, così come auspicato da J. M11.L e da altri prima di lui, fra cui RoussEAU.

J. S.

MILL, A few words on non-inrerven1ion. 1859, ripubblicato in Disserlation and discussions, Vol III. pag. 17 1, London 1867 (63) Dovesi. comunque notare che S. l\•hLL ha durament e bollato come "non scientifica" la teoria politica della scuola bcnthamiana (Logie. cap. 8, par. 3) (69) J. B. SAY, Trai1é d 'économie, op. c it. 1-T, chap. XIX; Cours, o p. cit. 4• pane c.hap. XXII - XXIll. (67 )

55


A questo punto sembra possibile considerare tutta l'analisi di SAY sulle attività economico-militari improntata su alcuni presupposti teorici e su certe astrazioni che non autorizzano conclusioni fattuali reali: l'homo ceconomicus, l'individualismo, il libero scambio assoluto, la pace universale, sono assunti di cui SAY era persuaso della loro irrefutabilità anche quando dovevano essere applicati alla difesa nazionale - mentre vanno verificati di volta in volta. Ad esempio, se è corretto ammettere che la popolazione di un certo paese, nel suo complesso, desidera la pace, è corretto concludere che tutte le classi socio-economiche formanti quella popolazione siano animate da spirito pacifista ? Ottimismo e fideismo hanno certamente forzato il pensiero di SAY, in materia economico-militare, spingendolo a conclusioni ipotetiche molto distanti dalla realtà. BAsnAT è l'altro esponente dell'ala ottimista francese della corrente classica: il suo ottimismo fideistico lo porta molto al di là della "mano invisibile", della costruzione teorica smithiana. Più saggista che teorico ScHUMPETER sostiene che non è stato affatto un teorico (7°) - le sue "armonie" risultano patentemente illusorie e non si può sostenere che abbia fatto compiere un qualsiasi progresso alla teoria economica. Tale sua predisposizione di pensiero lo porta a trattare della guerra fuori della realtà (7 1) . Libero scambista e pacifista, sogna misticamente uno stato di benessere universale, in un clima di pace perpetua, attraverso la libertà degli scambi fra tutti, secondo una politica di disarmo non solo militare, ma anche econom ica. 14. La scuola storica.

La scuola storica e la corrente socialista sono sorte pressoché contemporaneamente, intorno alla fine della prima metà del secolo XIX, in funzione critica della concezione utilitaristica, individualistica e liberistica dei classici e della loro teoria sull'equilibrio spontaneo delle forze economiche. Come già fatto per le altre correnti di pensiero, ne tratteremo in questo paragrafo in relazione alla concezione dei loro più importanti autori in materia economico-militare. La miseria più squallida e lo stato di profondo abbrutimento in c ui vivevano le masse operaie fra cui numerose donne e bambini, neppure decenni, avevano già sollevato aspre critiche al liberismo smithiano e dei suoi segueci. La scuola storica prese le mosse da questo e da altri stat i di fatto che non "quadravano" con le teorie classiche. RoscHER sostenne che la scienza economica, se voleva essere una scienza, doveva restare in contatto con le altre scienze sociali: la storia del diritto, la storia politica e la storia delle civiltà. Respinta la concezione individualistica, negato il principio dell'egoismo individuale come unica molla che muove l'operare umano, riconosciuta la funzione positiva dello stato nella vita economica, specie i seguaci della "giovane scuola storica" : SCHMOLLER, WAGNER, BRENTANO, per citare solo i più importanti, posero l'analisi su nuove basi. Invece di procedere per deduzione

('0)

J.

56

Storia, op. c it. Voi TT. pag. 607 . Storia del pensiero economico, trad. it. Milano 1963, pag. 139.

ScHUMPETER,

(' ' ) J. JAMES,


partendo cioè da principi considerati evidenti a volte a torto, da cui far discendere attraverso una lunga catena di ragionamenti - nel corso dei quali la logica poteva avere la possibilità di sviarsi - per giungere a formulazioni di carattere generale, la scuola storica ritenne di pervenire alla formulazione delle leggi seguendo il metodo induttivo. La scienza economica tende alla verità, disse ScHMOLLER, "ma unicamente grazie all'impiego di tutti i materiali storici, descrittivi e statistici che oggi sono accumulati e non continuando a distillare proposizioni astratte del!' antico dogmatismo (7 2 ). La scuola storica ha inoltre, originato la "sozialpolitik", sorta ad opera di STEINE, MoHL, s ulle radici della filosofia idealista tedesca (F1cHTE, ScHELLING, BAODER, HECEL) che aveva sviluppato il concetto organico dello stato e della scuola giuridica (STAHL, ARENS, RODER) che, liberatasi dal diritto dinatura, elabora anche un sistema dell'intervento regolatore dello stato. Alla politica sociale aderirono ScHiiFFLE, ScHMOLLER, WACNER e quas i tutti i professori universitari tedeschi di economia, i quali fondarono, nel I 873, il "Varein filr sozialpolitik", associazione scientifico-culturale che assurse in breve a grande rilevanza. La politica sociale può essere considerata come un organico e duraturo intervento della total ità per quei suoi gruppi e membri che nella lotta economica hanno svantaggi costitutivi e permanenti (' 3 ) . Conseguentemente la politica sociale è diretta: a) ai contratti di lavoro, ferie, lavoro notturno e dei fanciulli, assicu razioni obbligatorie e contro le malattie e gli infortuni, l'invai idità, la vecchiaia, ecc.; b) alla famiglia e all'educazione di base e professionale; e) al consumo e alle abitazioni; d) ad un sistema tributario che favorisca i meno abbienti. La scuola storica si sofferma a lungo anche sul fenomeno della guerra. Innanzi tutto, non ritiene, a lla luce dei fatti, che sia possibile organizzare una pace perpetua: non soltanto l'unificazione politica del mondo, ma anche quella più modesta dell'Europa è un sogno. L'unico modo per scoraggiare un'aggressione è una forza armata ben equipaggiata. Ammette che il progresso scientifico e tecnico comportano strumenti mi litari sempre più avanzati nel!' armamento, epperò più costosi, ma l'incessante sviluppo economico, l'industrializzazione e lo sviluppo del credito consentono i crescenti finanziamenti . Infine, coerente con le teorie della "produzione" o della "riprodu zione" dei servizi pubblici, sostiene anche la "produllività" delle spese militari, in quanto i benefici che esse assicurano - libertà, benessere sociale ed economico, sicurezza, ecc. - sono di gran lunga maggiori del costo di produzione dello strumento militare. Devesi pure osservare che la scuola storica ha elaborato il principio delle spese militari intese come premio di assicurazione contro le aggressioni, nonchè quello del deterrent . Ciò premesso, cercheremo di sentetizzare il pensiero di alcuni seguaci della scuola storica. L1sT non può essere considerato un esponente della scuola storica, ma

( 72)

('3)

G. ScHMOLLER, Lineamenti di economia nazionale generale, trad. it . in bibl. econ. serie III Voi. IO e serie IV, Voi. I Torino 1904 e 1913. O. SPANN, Breve s1oria delle do11rine economiche, Firenze 1947 pag. 214. Devesi, inoltre, ricordare che il riform ismo sociale dei seguaci della polilica sociale fu chiamato per schermo socialismo della cattedra.

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piuttosto l'iniziatore. Infatti, nel tentativo di difendere le tendenze protezionistiche in Germania, basò i suoi ragionamenti su esempi storici, nonchè sul condizionamento deìle istituzioni economiche ai fatti che determinarono la vita dei singoli popoli. LrsT si è anche occupato del fenomeno della guerra. La guerra esercita un'azione distrutliva sul commercio internazionale. Ciò comporta nuovi investimenti nell'agricoltura e nelle industrie nazionali. Al termine delle ostilità, gli scambi commerciali riprendono e così la concorrenza straniera potrebbe soffocare sia l'agricoltura, sia le industrie nazionali, ma agricoltori e industriali, uniti insieme, chiedono privilegi, mediante dazi protettivi sui prodotti stranieri (7 4 ) . Secondo L1ST la guerra non è sempre distruttiva, perchè può anche contribuire all'industrializzazione del ,paese determinandone le spinte necessarie (7 5). RoSCHER ha svolto un'attenta analisi del fenomeno della guerra che provoca distruzioni materiali, perdite indirette dovute alla flessione del livello di produzione e crisi ciel sistema economico ad ogni passaggio dalla pace alla guerra e viceversa. Sul piano internazionale, poi, è una perdita secca per l'umanità: il vincitore ottiene meno di quanto perde il vinto. Comunque RosCHER non si fa illusioni sugli sforzi compiuti per abolire le guerre: dopo ogni guerra, tutti pensano che siano mature le condizioni per giungere ad una pace perpetua; e invece poco dopo scoppia un'altra guerra, più lunga e più sanguinosa della precedente. Secondo RoscHER la guerra è un fatto storico destinato a durare, epperò uno srumento militare considerevole resta sempre il mezzo migliore per mantenere la pace (7 6 ). Tale concezione,mutuata dalla saggezza romana espressa nella nota sentenza: "s i vis pacem, parabellum", porta RoscHER ad essere considerato come un precursore della moderna dottrina del deterrent. I preparativi alla guerra, se condotti razionalmente e secondo il principio di economicità, possono anche essere vantaggiosi ali' economia nazionale. In ogni caso bisogna por mente che gran parte dei prodotti necessari alla guerra, non possono essere fabbricati durante le ostilità, anche perchè il conseguente brusco e intenso aumento della domanda di beni militari provocherebbe una notevole lievitazione dei prezzi e non potrebbe essere soddisfatta tempestivamente. In un' epoca in cui la tecnica si perfeziona diuturnamente è oneroso mantene're il passo in materia di armamenti; tuttavia è necessario fare di tutto per essere equipaggiati il meglio possibile in vista della guerra (7 7 ). Riteniamo di non dover aggiungere alcun commento al pensiero di RoSCHER se non quello che sembra di leggere un trattato di economia militare dei giorni nostri.

(") F. L1sT, Le sys1ème nawrel d'économie politique, trad. frane. Paris 1837 pag. 246-250 (' 5) F. L1ST. Le systèine, op. cit. pag. 294 (' 6 ) \V. RosCHER, Geschiehte der National okonomie in Deutschland, Mi.inchen 1874, pag. 11 5-590; Grundriss zu Verleungen uber die S1aamvir1scha1 nach -geschichtlicher Me1hode, Gocuingcn 1843, pag. 139 7 (' ) \\I. Rosc1mR, Sys1em der Wolkswir1scha/1, Stuttgarcl 1854, JV, par. 119-120

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KNIES è del!' opinione che la guerra distrugge i beni e fa diminuire la produzione, epperò è doppiamente dannosa. Rivela, però, che nella storia umana gran parte delle guerre hanno avuto motivazioni economiche; e quando i motivi sono stati di altra natura, il vincitore si è sempre sforzato di trarre il beneficio materiale. K.Nrns sostiene che debbano considerarsi legittime anche le guerre di aggressione quando servono a prevenire un sicuro attacco nemico. Circa gli effetti economici delle spese militari, KNIES rileva che in pace il "servizio produttivo" dell'armata consiste nell'impedire una possibile aggressione, asicurando così il mantenimento della pace; in tempo di guerra difende il paese e le sue ricchezze, epperò se tale difesa è, comè in effetti è. una necessità alla quale lo stato non può sottrarsi, le spese mili tari debbono essere considerate come le più produttive di tutte le spese pubbliche, perchè assicurano i presupposti indispensabili alla vita sociale e al benessere economico del paese (7 8 ). Per Srn1N la guerra è un fenomeno durevole, dovuto all'istinto di dominazione profondamente radicato nella natura umana; epperò è un fenomeno naturale (7 9 ). STEJN, coerente col suo pensiero sulla riproduttività dei servizi pubblici (80 ), considera economico il costo di produzione dell'armata, pcrchè preserva dalla distruzione valori di gran lunga superiori. STEJN è stato anche il primo a paragonare le spese militari ad un premio di assicurazione sociale che un paese paga per garantirsi, entro certi limiti, dalle aggressioni e cioè dalla perdita della libertà e della ricchezza nazionale. Per primo esprime il concetto di "economia dell'esercito" e rivela, inoltre, che nei moderni sistemi economici, l'industrializzazione e lo sviluppo del credito rendono superfluo il possesso di un tesoro di guerra. STEIN non crede alla pace perpetua e afferma che il mezzo più economico e più razionale per garantire la s icurezza del paese è un'armata bene equipaggiata (8 1) . SCHAEFFLE si occupa di alcuni effetti delle attività militari: le cause della guerra e le perdite da essa provocate, la possibilità di addivenire ad una pa· ce universale e ad un conseguente disarmo generale, l'improduttività delle spese militari e la loro tendenza a provocare crisi economiche {8 2 ). Vediamo di accennare brevemente al pensiero di ScHAffLE su tali argomenti.

(78 ) K. KN1Es, Die polirische Oekonomie von Standpunkre der geschic/11/ichen M.erhode, Brunswick 1853; Die Diensrleistu11g des Soldaren umi die Mii11Kel der Conscriptio11s-praxis. Eine volkswir1schaf1/ich-finanzielle Erorterung, Fre iburg 1860; Das moderne Kriegswesen. Eine Vo1·1rag, Berlin 186i (' 9) L. STE1N, System der Staarswissenschaften, Stultgan, 1852, lit. !I, pag. 132 (" 0 ) L. STE1N. Finanzwissenschafr, Aufh 1875, pag. 25 ("') L. Srn1N, Lehre von Heerwesen, Stuttgart 1872, pag. 21 (112) A. SwAFl'Lll, Kapitalism und socialismus, Ti.ibingen 1870; Das gesellschafliche System der menschlichen Wi rtscha{t, TUbingen 1873, 2 Voli. Deutsche Kern un Zeifragen, Berlin 1904. Vedasi anche nella tradu7jone italiana,: li sisrema so-

ciale del/'ecorzomia umana, preceduro da una inrroduzione di G. BoCCARDO, in bibl. econ. III serie, Voi. V Torino 1879. Devesi comunque rilevare che Sc:11Al'l'Lll non appartiene a lla sc uol a storica. T uttavia, le numerose affinità e i frequenti punti di con tatto con essa, ci hanno indotto a considerarlo come suo aderente.

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Sulle cause della guerra, SCHAEFFLE rileva che sono molteplici: super popolazione, fame, cupidigia di ricchezze, sete di gloria militare, fanatismo religioso, superstizione, odio di razza, orgoglio nazionale ed altre ancora, spesso unite e interagenti fra loro. Queste cause, si domanda ScHAEFFLE, si possono eliminare con un trattato di pace universale ? Un disarmo generale può eliminare l'odio fra popoli poveri, in cui c'è solo la fame e disoccupazione, e popoli ricchi con territori abbondanti? Non sembra neppure possibile giungere - secondo ScHAEFFLE - ad una riduzione proporzionale degli armamenti che, dovendosi basare su un dato rapporto di forze fra i diversi paesi, finirebbe per avvantaggiare i più forti a danno dei più deboli. Al contrario è soltanto un'armata bene equipaggiata a dissuadere da un'aggressione. Ciò significa, però, che i popoli poveri che non possono permettersi un'armata potente, resteranno sempre esposti alle aggressioni da parte dei paesi ricchi e bene armati. Circa l'improduttività delle spese militari, ScHAEFFLE non mostra esitazioni: le spese militari sono produttive come le spese per la lotta contro le calamità naturali - inondazioni, incendi, epidemie, ecc. - perchè assicurano un vantaggio sociale certamente superiore al loro costo, ponendosi così, insieme a STETN, nella posizione di precu rsori della teoria del costo-beneficio di cui si parlerà nel capitolo 11 ° della seconda parte. Altro argomento sul quale di sofferma SCHAEFFLE è quello tendente a conoscere se le spese militari possono provocare o meno crisi economiche. Secondo ScHAEFFLE non è esatto affermare che le spese di guerra debbano necessariamente originare crisi economiche, perchè i fatti stanno a d imostrare che ci sono state molte crisi in periodi di pace profonda. Tuttavia è certo che una politica di armamenti pianificata genera meno squilibri di quella del d isarmo. SCHMOLLER è il fondatore della "nuova scuola storica" che a d ifferenza della prima scuola storica, prescinde da ogni ricerca delle leggi e segue con maggior rigore un metodo storico-descrittivo e statistico-realista, ma, al tempo stesso, si pone un indir izzo p iù sociologico e soprattutto politico-sociale (83). Ma il suo contributo all'analisi delle attività militari è modesta: solo qualche spunto in alcuni argomenti particolari : impossibilità di pervenire ad u na pace universale e utilità del servizio militare anche in fu nzione educativa e di specializzazione dei lavoratori (8 4 ). Da rilevare, inoltre, che ScHMOLLER, che fu anche membro dello S taatsrat della P russia, auspicò la creazione di una flotta tedesca per bilanciare il potere, in netta espansione dell'Inghilterra e quello russo, nonchè l'acquisto di nuove colonie per sviluppare il commercio internazionale della Germania. WAGNER, seguace della nuova scuola storica, aderì a lla corrente di pensiero del socialismo riformista - socialismo della cattedra - secondo i principi della sorgente "sozialpolitik". Di contro all'individual ismo dei classici, vede nello stato l'elemento equilibratore degli squ ilibri permanenti del sistema economico teorizzato da

(8 3) O. SrANN, Breve storia, op. cit. pag. 208 {8 4 ) G. S CHMOLLER, Lineamenti di economia nazionale generale, trad, it. op. cit; Die Socia/ Frage und der Prussische Sraat, Leipzig 1874, pag. 39

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essi, nonchè l'agente produttore di beni e servizi pubblici (8 5). In particolare oltre a considerare lo stato come l'organo della solidarietà morale incapace di restare indifferente alle miserie dei cittadini, ne dimostra la sua caratteristica di agente economico, tutte le volte in cui si prospetti la necessità di un indirizzo duraturo, uniforme, rispo ndente a bisogni vasti; affermando criteri che giustificano a un tempo l'attività dei più importanti rami dell'amministrazione pubbl ica - strade, ferrovie, canali, acque, -; la nazionalizzazione di talune imprese, come quella dei trasporti; la municipalizzazione di taluni pubblici servizi; giungendo a formulare la teoria dello stato produttore di beni e servizi pubblici e la sua" legge della spesa pubblica". In tale quadro WAGNER si è occupato anche delle attività economico-militari (86). A WAGNER, infatti si deve la prima definizione di economia militare, intesa come "il complesso delle condizioni che concernono il fabbisogno finanziario dell'esercito e della flotta" (87 ), d istinta in economia militare di pace e di guerra, anche se, - osserva WAGNER - l'organizzazione militare, in ultima analisi, anche in tempo di pace è istituita per la guerra. L'analisi delle attività economico-militari si estende alla domanda dei beni occorrenti ali' armata - viveri, vestiario, equipaggiamenti, armi e munizioni - nonchè alla costruzione di navi, fortezze, ecc. - considerando sia la domanda sul mercato, sia la produzione diretta in appositi stabilimenti m ilitari; vengono, altresì, considerate le spese per il personale. Nella sua economia m ilitare di guerra WAGNER distingue le attività e, conseguentemente, le spese per la mobilitazione e il concent ramento dell' armata sul teatro di guerra e per la condotta delle operazioni. Al finanziamento delle spese si provvede col tesoro di guerra, nonchè con un sistema di imposte supplementari e, se necessario, con prestiti obbligatori. A questa politica finanziaria, si potrebbero aggiungere alcune prestazioni in natura obbligatorie da par te di ent i locali . Completano l'analisi alcune cons iderazioni sul disarmo, sulle spese conseguenti la guerra - pensioni, indennizzi, ecc. - e sulle riparazioni imposte al paese vinto. Circa il pagamento di tali riparazioni, WAGNER ritiene che il più appropriato modo di pagarle sia l'emissione di un prestito pubblico. Osserviamo infine che WAGNER riteneva la guerra dovuta a conflitti profondi e insormontabil i (88 ), epperò auspicava il mantenimento di un'armata permanenLe (89 ) .

WAGNER,

A. WAGNcR, Finanzwisscnscha/1, 4 voli. Leipzig 1877- 1901, t rad. it. La scienza delle finanze, in bibl. ec. se rie lll, Voi. X, ptlne '2°, Torino 1891, pag. 14-15 Tale teoria è propria anche d i D1ETzeL (E. DIETZEL, Die Wolkswirtschaft t11l(/ ihr verhalmiss zu Gesellscha/t unti Staai, 1864}. Deves i t u ttavia rilevare che la concezione de llo staio fattore di produzione è piu ' an t ica: risale ai fisiocrati e presenta schemi teorici e prove storic he in FERRARA, J EVONS., PANTALEONJ, .MARSHAI.L, EINAUDI, BENIN! e molti altri. Per una diffusa bib liografi a in materia vedasi C, ARENA, Teoria generale della finanza pubblica, Napoli, 1945, cap. Vll. ("6 ) A. WACNcR, La scienza delle finan~e. op. c it. 227-252; Ordinamento dell'economia finanziaria e credito pubblico in bibl. econ. serie 111 Voi. XIV, parte Il, Torino 1892 La "legge sulla spesa pubblica" di WAGNER si basa "'su ll' urgema di un processo sociale e sui relativi combiamen ti nelle sfere concernenti l'econom ia s ia pubblica, sia privata e soprattutto que lla pubblica coatt iva". ( 81 ) A. WAGN J,R, Les fondaments de l'économie politique, trad . frane . Paris 1904, cap. VI. (88 ) A. WAGNER, Finan zwissenscha/1, op. cil. pag. 4 19 ("9 } A. WAGNER, Finanzwissenscha/1, op. cii. pag. 418 (" 5 )

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A conclusione di questa breve rassegna del pensiero dei seguaci di maggior rilievo della scuola storica sulle attività economico-militari, sembra opportuno notare che la scuola st0rica, pur annoverando aderenti in vari paesi, rra cui principalmente negli Stati Un iti, ha però avuto il mass imo rigoglio in Germania dove è stata di "supporto" alla trasformazione del sistema economico tedesco, determinatosi nella seconda metà del secolo XIX e alla politica di Guglielmo I di Prussia e di Guglielmo II che, con una serie di gu erre di espansione e con una politica coloniale avveduta - per assicurare uno sbocco alla popolazione in rapida espansione e ai prodot~i industriali - e con la formazione di una flotta militare, seconda soltanto all'Inghilterra, avevano fatto, in poco più di un trentennio, della Ge rmania una potenza europea temibile economicamente e politicamente. Non certamente senza u na profonda convinzione di tutto ciò ScHMOLLER, il capo della nuova scuola storica, auspicò la creazione di una potente flotta e l'acquisto di nuove colonie. 15. La corrente socialista. Così come è avvenuto per la scuola storica, anche la corrente socialista affonda le sue radici nella miseria delle masse lavoratrici costrette a lavorare, in condizioni inumane, anche quattordici ore al giorno e nella mancanza di una sicura concordanza fra la teoria dei classici e la realtà dei fatti economici, specie per quanto riguarda la distribuzione del reddito e gli equil ibr·i di occupazione. DE StSMONDI intese questo triste stato di fatto e volle denunciarlo per trovare i rimedi possibili. Devesi però osservare che DE S1SMONDI è da considerare solo un precursore del social ismo che, invece, prende una certa forma e consistenza con SAtNT StMON, OwEN, FouRIER e BLANC che però restano dei "sognatori". In seguito PROUDON, CHEVALIER ed altri reclamano una più larga ingerenza dello s tato nella vita economica, ma a porre le basi del socialismo scientifico è RoDBERTUS; e a darne l'assetto definitivo sarà MARX insieme ad E NGELS. Non è questa la sede adatta per fare una sintesi del pensiero di MARX: ci li m itiamo ad accennare alcuni punti salienti. Innanzi tutto MARX ritiene che solo il lavoro sia produttivo, epperò il sistema di produzione capitalistico si fonda sulla appropriazione di un lavoro non remunerato - il plus valore dei prodolli -; enuncia poi il principio della concentrazione del capitale e delle aziende basata sull' accumulazione del plus valore e cioè del capitale; deriva da HEGEL il principio del materialismo storico, nel senso che tutto il progresso storico è determinato dallo sviluppo dell'economia; concepisce una società socialista come libera associazione degli individui in assenza del dominio di un uomo sugli altri uomini, dove - dopo un periodo transitorio in cui ciascuno ha secondo le proprie capacità - ognuno riceve secondo i propri bisogni . Concludiamo questi brevi cenni sul socialismo, r icordando che il socialismo riformista - denominato ironicamente dagli avversari "socialismo della cattedra" - non rientra nella concezione del socialismo scientifico di MARX.

Ciò osservato, vediamo di delineare il pensiero socialista sul fenomeno della guerra e delle conseguenti attività economiche militari. Per i socialisti la guerra è un problema legato a lla questione sociale, epperò non è indipendente dall'istituto della proprietà; tuttavia cambia as petto a seconda che la proprietà sia privata o collettiva. L'avvento del socialismo sopprimerà le più gravi sofferenze della società umana e, conseguentemente, la guerra.

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SAINT StMON si occupa del problema della pace, sia sotto l'aspetto politico (9°), sia sotto quello economico (9 1) : auspica una specie si confederazione europea e condanna la guerra, perchè dannosa all'industria e ai commerci; condanna, altresì "i monopoli, il colonialismo e i divieti commerciali che hanno insanguinato tutte le terre e tutti i mari" (9 2 ). I sansoniani, continuando l' opera del loro maestro, si spingono ad ipotizzare la lrasformazione dell'armata, non più strumento di guerra, ma organismo di pace: una scuola pratica e teorica di artisti, di sapienti e di industriali, dove le classi più umili e più povere potranno ricevere una istruzione adeguata alle loro inclinazioni (9 3) . OwEN e BLANC non si diffondono sul problema della guerra : si limitano a condannarla come "espressione della follia" (9 4 ). 81.ANC vede nelle riforme sociali la possibilità di evitare la guerra (9 5). PROUDON, il noto autore del libro: "Che cos'è la proprietà?" è un rivoluzionario che ha assimilato il pensiero di HEGEL. Ciò l'ha portato a vedere nella guerra un atto di forza per rompere un precedente equilibrio, per sovvertire un. ordine costituito e a prendere, conseguentemente, posizione in suo favore (9 6), anche a costo di contraddire il suo restante pensiero economico-sociale che, invece, lo spingeva a propugnare "federazioni di federazioni" per sostituire al potere politico la forza economica. FouRJER si occupa della guerra, più di quanto non abbiano fatto gli autori g ià citati. Anch' egli raccomanda di sostituire alle "armées destructives" le "armées bien.faisanles ". Ovviamente è la concezione dei /alanstèri che FouRJER sviluppa in vari settori e che, in questo caso, dovrebbero provvedere a lavori di rimboschimento, d'irrigazione e di prosciugamento di zone paludose, tali da mutare la faccia della terra (9 7). FouRJER condanna aspramente la guerra, apportatrice di lutti e di distruzioni, tuttavia, per amore della sua costruzione utopistica, sviluppa un progetto di unificazione del genere umano che si fonda sulla "conquista del mondo intero" da parte di un "despota geniale e generatore illuminalo". Purtroppo, non trovando l'uomo adatto, r id imensiona il sogno nella sua creatura ideologica: i falansteri. Le idee di FouRIER sono state in seguito riprese da un suo allievo: CoNSJDE· RANT (98 ). Secondo MARX la guerra e un fenomeno sociale e politico, la cui essenza affonda le sue radici nella su perstruttura giuridica e politica della società (9 9 ),

('") H. DE SAINT S1MoN, De la réorganisation de la societé européerme, Pari;; 1814 (' 1 ) H. Oc SAINT S1MON, L'industrie, Par i;;, 1817; uures de HF.RRY OF. SAINT S1MON à wi Americain, Paris 1817; Le parti national ou industrie/ compare! au parti anti-11ational, Paris 1819; Essai sur la poli1ique, Pari;; 1819; L'organisateur, Paris,

1819-1820. (l") H. DE SAJNT S1M0N, L'industrie, op. cit. Torino I, pane 2• pag. 54-55 e 79. ("') G. B1ARn Aperçu des vues mora/es et industrie/les des Saint Simoniens, Blois 1822, pag. 12 (9 4) R. OwEN, The new exis1ence of man upon earth, London 1854, pag. LXXII. (9S) L. BLANC, Organisation du travail, Paris 1839, r ag. 117 (''°) P. .J. PRouooN, La guerre e1 la paix, Paris 1861; Correspo11.dance, Paris 1875, IX Voi. pag. 84, Xll Voi. pag. 366. (97 ) C. FouRIF.R, Tlteorie des quatre mouvemems et des destinées genera/es, Paris 1808, pag. 265-266; Theorie de l'unité w1iverselle, Paris 1822, lii pag. 563-564. (93) V. CONSWERANT, La paix ou la guerre, Pari s 1839; La dérnière guerre et la paix dé/initive en Europe Par is 1850: Prédictions s11r la guerre, Paris 18i0. (") C. MARX, Contrib11tion à la cri1ique de téconomie po/i1ique, 1859.

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epperò risulta condizionala come tutti i fenomeni sociali, al modo di produrre della vita materiale. Tale modo di produrre ha carattere antagonistico, sicchè provoca lotte di classe ali' interno dei consorzi sociali e conflitti armati ali' esterno, fra diversi paesi; però, mentre la lotta di classe è un elemento indispensabile alla dottrina sociaIista, la guerra non le offre alcun vantaggio (100).

MARX non mostra benevolenza verso il protezionismo, in quanto considera tale sistema come l'organizzazione di uno stato di guerra in tempo di pace che, diretto verso un paese economicamente nemico, finisce per ritorcersi contro ch i l'attua. Osserva tuttavia, che il libero scambio può essere vantaggiosamente attuato soltanto da un consesso di nazioni e non da singoli paesi. ENGELS, più di MARX, si è occupato della guerra. Sulla struttura del I' armata e della flotta, afferma che, armamenti, organizzazione militare, tattica e strategia dipendono dallo sviluppo della produzione e delle comunicazioni: è dunque l'economia che condiziona l'arte e la tecnica militare (101 ). Mentre SMITH riteneva che un paese potesse mantenere un'armata non superiore ad un centesimo della sua popolazione, ENGELS sostiene che il progresso economico può consentire l'equipaggiamento di un numero di combattenti fino al 15-20 per cento della popolazione. Osserva, luttavia, non senza una punta di compiacimento, che il militarismo che domina e che divora l'Europa, porta in sé il suo stesso declino; esso diviene di giorno in giorno più costoso ed accelera il crollo finanziario dello stato. D'altra parte, il servizio militare obbligatorio familiarizza tutta la popolazione col mestiere delle armi. Le classi lavoratrici acquistano così la possibilità di opporsi con le armi ai regimi capitalistici. Al momento giusto esse non perderanno l'occasione per impadronirsi del potere. Subito dopo aver conquistato il potere, metteranno (ine alle armate permanenti e al militarismo (102). Anche ENGELS, in linea di principio, non è contrario al liberismo; ciò non toglie però, che consideri la concorrenza come la più perfetta espressione della guerra di tutti contro tutti: individui contro individui, classi sociali cont ro classi sociali e nazioni contro nazioni. In definitiva ENGELS approva la concorrenza perchè è strumento di lolla che può spingere ad ulteriori lotte (1° 3 ) . È da notare inoltre che ENGELS non è neppure un pacifista, perchè rappresenta un credo contrario alla sua ideologia. Ins ieme a MARX, sostiene che la storia mostra che nulla si raggiunge senza violenza e brutalità, epperò essi non si oppongono alla lotta armata come tale: ne approvano l'impiego ali' interno dello stato, come pure fra stati, ogni qualvolta favorisce gli interessi del proletariato, sia essa difensiva o aggressiva (104). Circa la possibilità di una pace durevole MARX e ENGELS sostengono che essa è possibile soltanto quando saranno conseguite profonde trasformazioni del regime economico e sociale e soprattutto quando sarà stato distrutto il

( 100 )Tale

affermazione non sembra esatta, perchè i fatti storici dimostrano che in piu' casi l'ideologia marxista si è politicamente affe1mata proprio per affetto di una guerra rovinosa. (101 )F. ENGELS, Anri . Diihring, Stuttgart 1878, pag. 173-176. (102 )F. ENGELS, Anri. Diihring, op. c it. pag. 177- 18 1. (103 )F. ENGELS, Die Lage der arbeitenden Kla.sse in England 1845, pag. 77; Zwei Reden in Elberfe/d, 1845, pag. 387; Umrissc zu ciner Kririk der Narionalohonomie, 1843, pag. 393 ( 10'JF. ENGELS, Der demokra1ische Pa11slavismus, 1849, pag. 255

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capitalismo e il proletariato avrà assunto ogni potere. Solo allora il socialismo non avrà più bisogno di armate permanenti. Questa possibi lità ha suggerito ad ENCELS di redigere in vecchiaia un progetto di disarmo (1° 5). Concludiamo questa sintesi del pensiero socialista sulla guerra e sulle attività economico-mi litari in genere, osservando che i socialisti e princialmente·MARX ed ENCELS - conseguenti al loro materialismo storico - fanno dipendere la guerra esclusivamente da cause economiche, il che non è vero. Inoltre, pur condannando la guerra in linea di principio, l'approvano, quando essa - difensiva o aggressiva - serve agli interessi del proletariato. Ciò significa che il loro pensiero, anzichè m irare all'analisi (106) è tutto orientato a l conseguimento d i un obiettivo sociale : la vittoria universale delproletariato con qualunque mezzo.

( 105)

( 1••)

F. ENGELS, Kam Europa abrusie,1' 1893 Verso la fine del secolo XIX. il d iffondersi del pensiero socialis1a aveva posto l'inte rrogat ivo sul come assic urare l'equ ili brio fra produzione e consumo in un sistema economico senza proprietà privata dei fattori d i produzione e conseguentemente sen:t,a preui. Marx ha sempre evitato d i formu lare un piano de ll a "cillà futura". s i ricord i il ben noto rifiuto di "fornire rice tte per la cucina dell 'avvenire "· e i contributi dei marxist i e neomarxisti a ta le prob lema si sono concl usi con insuccessi comple ti. E cosi' il caso ha volulO eh" toccasse a BARON'E (E. BARONE, /I ministro della produzione nello stato col/ellivista, in Giorn . econ. apr.-lugl. 1912), os tile a l social ismo. cli dare un assetto teorico definit ivo a ll a dottrina economica socialista, pe rchè i l s uo "modello" ha resistito nella sos tanla, alle esperienze e ai contributi che sono venuti di poi · von HAYEK, LANGe, Dooo ed al tri, hanno portato, piu' che altro, aggiornamenti soltanto .in particolari cli importanza relativa ·.

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CAPITOLO IV

LA FORMAZIONE DEI PRINCIPI TEORICI

16. Il pensiero economico-m ilitare: a) alla vigilia della prima guerra mondiale. - 17. b) durante e immediatamente dopo la prima guerra mondiale. - 18. e) immediatamente. prima e durante la seconda guerra mondiale.



16. Il pensiero economico-militare: a) alla vigilia della prima guerra mondiale

Nell'ultimo scorcio del secolo XIX, malgrado la notevole espansione del-

k funz ioni dello stato, quale elemento moralizzatore e di giustizia sociale, i principali paesi europei risu ltavano sostanzialmente improntati al principio della libera concorrenza. Anche la pace relativa che si ebbe in qu el periodo, turbata soltanto <la modesti conflitti di breve durata nei Balcan i, contribuì a ra(forzare siffatta pol itica economica. Sul piano poli tico, poi si riteneva che il principio del " balance of po,ver" potesse ancora, se non evitare i conflitti, almeno limitarne l'estensione. Tale modo d i operare non mutò neppure quando l'imperatore Guglielmo.II organ izzò un poderoso strumen to mil itare appoggiato da una flotta che faceva della Germania una potenza navale seconda soltanto a ll'Ingh ilterrn. È opinione unan ime degli storici che la prima guerra mondiale trovò impreparati, sul piano economico, tutti i paesi, compresa la stessa Germania, che preoccupata di mandare avanti la politica degli armamenti, non si era data carico di sviluppare un'appropriata analisi delle relative attività economico-militari. Consegue che nel periodo in questione non si è avuta un'importante letteratura di economia militare e neppure del più specifico campo del\' economia di guerra. Sono di questo periodo i lavori di DELBRUCK (1), lo storiografo dello Stato Maggiore tedesco e di BERNHARDJ (2), che si chiede se la Germania fosse economicamente pronta alla guerra, di HELLFERICH (3), di RlESSER (4 ) che, fra I' altro, propone u no stato maggiore economico e una organizzazione corporativa commerciale per la produzione bellica. Non prive di interesse si mostrano anche le trattazioni più specifiche di STROLL (5 ), BIERNER (6), NEBURGER (7). HENKE (8) e voN RENAUD (9 ) che nel coro delle profezie più sbagliate, ebbe il merito di prevedere, abbastanza esattamente, il costo e le conseguenze economiche di una guerra fu tura. Circa la finanza di guerra, oltre alle vecchie trattazioni di STEIN, DIETZEL, WACNER ed altri (10), la scuola fi nanziaria italiana che ha sempre dato i più alLi contr ibuti in ogni campo, ha avuto modo di esprimersi a l rigu ardo: FLORA ( 11 ) del inea con sicurezza l'assetto razionale delle finanze di guerra per attenuare i danni econom ici e sociali del confl itto e E1NAuo1 (12 ) ribadisce la dimostrazione di DE Vm DE MARCO sulla identità di effetti tra imposte straordinarie e prestiti.

( 1)

(2) (3) (') ( 5) (•) (') (")

(9) ( 10)

( 11 )

(12 )

Geschichte der Kriegskunsl in Rahmens der Geschichte, 1907. Deutschland und der niichste Krieg, 1913; fst Deustsch/and wirtscharlich eine,n grusse11 Krieg gewachsen ? 19 13 HELLFERICH, Das Gdd in russisch-japanischen Krieg, 1916 R1cssi;K, K riegsbereitscha/1 und Kriegsfuhrung, 1913 STROLL, Ueber das deutsche Geldwessen in. Kriegsfall, 1899. 811, RMF.R, Die finan zielle Mobilmaclzung , 1913 NF.BURGER, Die Kriegswirtsclza/1 der dewschen Geld und Kapitalmarktes, 1913. H i,N KE, Das deulsche Geldwessen iln Krieg, 19 13. Vor,; RENAUO, Die finanzielle Mobilmachung der dentschen Wehnvirtscha/1, 190 1. STF.IN, Die Lhere von Heenvesen, op. cit. D1ETZEL, Die Wulkswirtscha/1, op. cit. WAGNER, Finanz1Vissenschaft, op. cit.; Die russische, Papier Wiihrung, 1865 FWRA, Comunicazione all'Accademia delle scienze, Bologna 19 12. E1NAuu1 . La scienza delle finan ze e delle opere pubbliche, 1914. DELBRUCK,

BcKNHARu1,

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Sulla dottrina finanziaria presso altri paesi, sono da ricordare le opere di LEROY-B EAULIEU, JEZE, BASTABLE e ADAMS (13). 17. b) durante e immediatamente dopo la prima guerra mondiale Perchè si possa giungere a qualche elaborazione sistematica del concetto di economia-militare bisogna giungere a tempi abbastanza recenti e cioè ali' epoca della prima guerra mondiale. Si tratta, tuttavia, di contributi modesti che hanno per oggetto soltanto i fenomeni economici dovuti alla guerra combattuta - economia di guerra - perchè il marcato carattere locale dei conflitti verificatisi dopo le guerre napoleoniche, la loro breve durata e la scarsa specializzazione di mezzi di offesa, non impl icavano la necessità di mantenere un' armata permanente, essendo possibile effettuare la mobilitazione in brevissimo tempo. I primi contributi in materia furono dovuti agli economisti tedeschi NEuRATH, EULEMBURG e LEDERER. NEURATH (1 4 ) dopo aver osservato che la guerra introduce un nuovo bisogno collettivo nella serie dei bisogni preesistenti - l'idea sarà successivamente ripresa da PANTALEONT con rigore scientifico - formulò la sua teoria sull'economia di guerra, sui seguenti punti : 1°.l'economia di guerra è una disciplina speciale con principi sistematici a sé stanti che s i devono ricavare precipuamente dall'esame e dalla comparazione dei fenomeni economici delle varie guerre; tali fenomeni sono diversi fra loro - come del resto lo sono quelli dell'economia di pace ma ciò non impedisce di poter risalire a principi generali; 2°.l'economia di guerra non può essere considerata soltanto come una deviazione e un turbamento dell'economia di pace, perchè si caratterizza in un' organ iaa:Lione centrale e in un'economia di amministrazione, dove moneta e credito, pur sopravvivendo, perdono gran parte delle loro ordinarie funzioni; 3° .l'economia di guerra porta a nuovi indirizzi econom ici e a regimi fondati sopra un'economia di amministrazione o addirittura naturale. Le teorie di NEURATH - in particolare l'assunto di cui al punto 3 - non hanno trovato riscontro nella realtà, tuttavia mostrano i possibili punti di contatto fra economia di guerra ed economia pianificata. EuLEMBURG (15) ha trattato con ampiezza ed efficacia alcuni problemi che sorgono con la guerra: l'inflazione, la regolazione dei consumi, ecc. Inoltre ha sostenuto che :

( 13 )

(

14

)

( 15 )

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Traité de la science des finances. 19 12, trad, it. in bibl. ccon. lii serie, Voi. X. Torino 1887; Recherches économiq11es historiques et statistiques sur Ics guerres contemporai,zes 1858 · 1866 · 1869 B ASTABI.F., Pu blic {inance, 1865 AoAMS, Scie11ce o{ fin ance, I 898 JEZE, Science des finances, 1912 O. NF.URATH, Durclz die Kriegswirtscha{t am Narurwirtscha{t, 191 9; Vollsocialismus, 1920: Wirtscha{tsplan tmd Natu ralrechnung, 1925. In precedenza numerosi articoli di NEURATII erano comparsi nel Jahrbuch der neueren Wiencr Haldclsakadcmie (1910), nel Wc1wir1schaflichc Archiv (19 11). nel Zeiischrift f.d. gcsamc Staalwisscnschaflcn ( 19 13). L. Euu.\MBURC, Scrilli vari pubblicali nell'Archiv fUr Socialwilssenschaft und Socialpolitik, 1916-17, pag. 175-349; 1917-18, pag. 447. LEROY. BEAULIEU,


l O • non si può costruire u n sistema teorico di economia di guerra senza risalire ai principi e ai presupposti general i su cui si fonda la scienza economica, epperò l'economia di guerra non è un ordine <li pensiero a sé stante, ma u na forma laLerale d i modifica, che tuttavia si riconduce ad uno stesso sistema generale; 2° . l'economia di guerra, nella sua sostanza, non è qualcosa di irriducibilmente d iverso e contrario ai sistemi economici di pace, perchè si basa, anch'essa, su una struttura di scambi, d i capitali, di produzione con imprese e proprietà privata, anche se si verificano alcuni "disturbi" (mutazioni, perturbazioni e perfino rovesciamenti ) nel processo produttivo e nei precedenti equil ib r i ; 3 °. i disturbi sono stati classificati come segue : a . mutamenti nei consumi dei beni (per i bisogni delle forze armate, per la contrazione dei bisogni privati, per la distruzione di beni e la diminuzione di valori e per i minori consumi di beni non attinenti alla guerra); b. perturbazioni nel mercato e m u tamenti nella formaz ione dei prezzi (per la ristrutturazione dei mercati nazionali, per le alterazioni della domanda e dell'offerta, analoghe ma non uguali a quelle che si presentano in periodi di crisi econom iche); c. perturbazioni nel processo di circolazione (per la scadenza e la durala dei cicli produt tivi, per la tendenza alla discesa della produzione, per le controtendenze che possono sviluppare ed accrescere la produzione, per l'influenza che esercitano sul mercato le forniture e le commesse pubbliche); d . infl uenza esercitata dalla moneta. In materia finanziaria E uu!MBURG ritiene che l' inflazione porli avanti una forza di acquisto che agisce come se fosse reale, ed è, invece, fittizia e artificiale, senza controvalori e senza aumenti effettivi nella capacità di prestazione del!' economia nazionale. Non si può, durante al guerra, contenere la domanda,perchè c'è un compratore marginale a domanda illimitata; diminuisce, è vero, la velocità di circolazione dei mezzi di pagamento, ma, per contro, aumenta la circolazione - provocando la svalutazione della moneta e l'aumento dei prezzi - perchè si acquista senza vera ·• forza di acquisto". TuLto ciò porta ad un'alta congiuntura solo apparente che produce in seguito pericolosi effetti. È da rilevare, infine, che secondo EULEMBURG, l'economia di guerra è soltanto un capitolo di politica economica da ricondursi ai sistemi economici general i. LEDERER ( 16 ), alla luce dei fatti, ritenne che l'economia di guerra passi per le seguenti fasi: I O • fase d i alta congiuntura (uLil izzazione delle risorse latenti); 2°. fase d i maggiore ingerenza dello stato ( disciplina della produzione e dei consumi); 3°. fase di "decapitalizzazione" (accelerazione del processo di staticizzazione dell'economia).

( 16)

S. LF.OE.RF.R, Scritti vari pubblicati nell'An:hiv for Socialwissens<.: ha rt, op. c it. 1915- 16, pag. 737; 1917-18, pag. 430; 19 18-19, pag. 261

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Secondo LEDERER si viene così a creare un regime intermedio fra capitalismo e socialismo, in cui lo stato, pur addentrandosi in più diretti intenrenti, non si distacca, però, dalle leggi che regolano la produzione, secondo il rendimen to privato. Gli autori di lingua inglese hanno portato notevoli contributi in materia di economia e finanza di guerra. P1cou (17) è del parere che bisogna dare cittadinanza, nell'ambito della scienza economica, ali' economia politica di guerra; ma aggiunge che bisogna tener presente anche "l'ombra della guerra", perchè tale ombra fa sì che gli stati deviino, sia pu re parzialmente, dalla loro azione ordinaria c he è quella di promuovere il benessere economico, destinando a scopi non economici parte delle loro risorse. Comunque, l'economia della preparatione bellica è diversa dall'economia di guerra combattuta. Nella sua trattazione, dopo un richiamo al principio del minimo m ezzo, P1GOu mette in r ilievo il concetto della diversificazione delle risorse in relazione ai canoni in cui vengono investite. Analizzando la nozione di costo della guerra, mostra che esso consiste in beni reali, cosicchè giunge alla conclusione che non si possono adoperare che le risorse effettive, sia pure latenti, epperò si rende necessario trasferirle da a ltre loro destinazioni alle esigenze d i guerra. Comunque, per la guerra devesi costituire un fondo reale formato da : a) l' a umento della produzione; b) la diminuzione del consumo dei privati; e) la riduzione degli investimenti di capitali da parte di imprese non belliche; d) l' esaurimento del capitale esistente. Inoltre, lo stato deve procedere ad accentrare tutte le funzioni economiche di rilievo, procedendo alla manovra del potere di acqu isto, anche per esercitare il cont rollo dei prezzi, oltre che con i calm ieri, anche con l'arma fisca le. In materia finanziaria P1cou nota che non vi è antitesi fra il metodo di finanziamento della guerra con imposte e quello con prestiti, perchè i prestiti si risolvono in imposte. Confuta i due errori ricorrenti che l'imposta colpisca il reddito e il prestito il capitale e che la prima attinga a risorse presenti e la seconda a quelle future. Tuttavia, conviene che l'istinto popolare non sbaglia quando attribuisce al prestito la caratteristica di gravare sul futuro: basti infatti pensare che la poli tica dei prestiti - se non altro per il fatto che assorbe ed esaurisce più facilmente i capitali esistenti - r iduce la disponibilità e le risorse economiche dell'avvenire. Rileva, inoltre, che l'imposta è una leva e tutto finisce con essa ; il prestito, invece, apre la via a future imposte che sollevano frizioni economiche e che agiscono in modo ingiusto sulla distrib uzione dei redditi. In ogni modo, PJGou sostiene che la guerra deve essere finanziata principalmente con le imposte: imposte sul consumo dei generi non confacenti col clima di guerra, imposte sui sovraprofitti di guerra, colpendo, non soltanto i guadagn i eccessivi, ma anche quelli superiori ai normali rendimenti di pace. In ogni caso, b isogna rivedere, inasprendolo il principio della progressività, perchè in tempo di guerra, i poveri sopportano maggiori sacrifici. Quando le imposte sui redditi diventano insufficienti, bisogna far r icorso al risparmio ; al riguardo P,cou si addentra ad esaminare la tecnica dei prestiti e della loro emissione, nonchè i loro effetti, giungendo alla conclusione che i prestiti favoriscono l'inflazione più di quanto awiene con le imposte.

( 17)

72

A. C. P,cou. Po/i1ical Economy of war, London 1921.


EoGEWORTH (18) ha posto in luce il principio che in tempo di guerra la funzione dell'economista non è più quella di "spettatore" come avviene in tempo di pace: da esso ci si attende molto di più, quando, nella febbre del momento di guerra, la facile corsa del "laissez fai re" è evidentemente inammissibile: la teoria è fatta di astrazioni, mentre in guerra bisogna essere aderenti alla cruda realtà. EoGEWORTH si è occupato del costo della guerra, nonchè d i. moneta e di finanza di guerra; in particolare ad esso si devono alcune analisi sulle variazioni quantitative della circolazione e dei prezzi. In materia di prezzi non è completamente d'accordo con R1cARDO sulla identità degli effetti fra prestiti e imposta straordinaria. ScoTT (19) si è dedicato a lla trattazione di a lcun i aspetti particolari dell'economia d i guerra, fra cui la navigazione aerea e i commerci intemazional i, l'organizzazione industriale e la finanza di guerra. Ritiene che in tempo d i guerra lo stato sia il "trustee" delle economie private e che, pur essendo deside rabile il rapido smantellamento delle bardature economiche di guerra, è probabile che esse permangano a lungo. Nel campo finanziario ScoTT è favorevole alla "coscrizione del capitale" che presenta analogie con la coscrizione militare, però ritiene che la base migliore resti sempre l'imposta sul reddito, opportunamente modificata. SEUGMAN (2°) è l'economista degli Stati Uniti che ha portato maggiori contrib uti a ll'economia da guerra. Si sofferma sulla distinzione fra costi monetari e costi reali di guerra e s ulle "diversioni" (2 1) che l'economia di guerra provoca nel patrimonio e nel reddito nazionale per effetto dei diversi cambiamenti nel fondo e nel flusso delle ricchezze; esamina, altresì, le varie categorie dei fenomeni di distruzione di beni: a) perdite nell'accumulazione da parte dello stato; b) impoverimento delle risorse naturali; c)contrazione del prodotto nazionale per la minor forza d i lavoro, mancato rinnovo del capitale fisso, ecc.; contrapponendovi una trasformazione della produzione, dei processi produttivi, delle relazioni fra capitale e lavoro, ecc. Esaminando gli effetti degli oneri finanziari della guerra nel tempo, SELJCMAN giunge alla conclusione che il prestito aumenta la produzione e alleggerisce il sacrificio d i chi effettua il prestito in luogo del pagamento dell'imposta; l'imposta invece non r iduce i sacrifici attuali. Non accetta l'affermazione di P1cou secondo la quale i prestiti generano inflazione e dimostra che tali prestiti non producono inflazione se sottoscritti con risparmi esistenti o con rinunce a futur i consumi; per contro, imposte troppo gravose provocano il ricorso a l prestito privato, epperò possono essere inflazionistiche. Con senso realistico - basato sulla considerazione che le guerre si fanno sempre più costose - sostiene u n metodo misto di finanziamento: imposte, fino al lim ite oltre il quale danneggerebbero la produzione, e poi ricorso a l prestito. Hou.ANOER (2 2) d istingue fra prestiti di risparmio - fatti mediante risparmi

( 18 )

( 19)

(2°) (2 1) (2 1)

F. Y. Eocr;wo RTH, The cos i of the war, London 1915; Le relazioni de/l'econom ia politica con la guerra, t rad. it. in Riforma sociale, 1916. W. R. Sc on , Economie p roblem s of peace af1e r war, l91i-18. E. R. A. SEUCMAN, Siudi sulle finanze pubbliche, N.C.E. Torino 193i. Voi. VIII. Sul concetto di diversioni si sofferma a nche BLAKLiv (8 1.,,Ke v, Shifring the war burden upo11 the fuiure, 1917). N. Hou,,NDER, Do Covernmcnt loans wuse in flation ? in Annals o{ amer. Acadcmy o f poi. and soc. scicncc, 1918, pag. 115

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ed economie - e prestiti d i crediti - con l' esposizione di crediti scoperti di banca e con l'inflazione - e considera da incoraggiare i primi e da evitare i secondi , sicura fonte di in flazione . PANTALEONI (2 3) ha dato un notevole contribu to all'economia di guerra. Secondo PANTALE ONJ il fenomeno della guerra comporta un nuovo bisogno nella serie dei bisogn i da soddisfare, secondo la legge dell'uguaglianza del!' utilità marginale ponderata. La guerra è dunque domanda di certi beni - armi, mu nizionamento, vestiario, viveri, equipaggiamenti, ecc. - e non costa in realtà denaro, ma beni e servizi - presenti e non futuri - o meglio, costa la perdita del l'util ità conseguita negli impieghi "anLebellum ". Ma tale 1rasformabilità e traferibilità non è infinita; da qui i limiti economici della guerra. I mezzi bellici - osserva PANTALEONI - sono un flusso, ma il flusso viene da un serbaLOio, la cui alimentazione può essere superata da un deflusso. Il serbatoio è dato dagli sLocks dei beni esistenti, più il flusso di quell i che si aggiungono durante il corso della guerra (2 4 ) . Ovviamente il serbatoio di cui parla PANTALEONI, è il patrimonio nazionale, non tanto nella sua consistenza reale, quanto nella sua possib ilità di trasformazione in beni di guerra, trasformazione che, in ogni caso, implica un costo (2 5) . In tema d i prestiti, PANTALEONI osserva che soltanto i prestiti esteri spostano il loro onere nel futuro; ritiene inoltre che mediante i prestiti sia poss ibile impegnare il paese oltre i limiti delle loro possibilità attua li. Ovviamente, a guerra finita, occorre trovarsi in una posizione economica tale da fronteggiare gl' impegni presi. BARONE (2 6 ) ha dato un vasto apporto a ll 'analis i dell ' aspetto economicofinanziario della guerra, perchè la s ua astrazione militare, gli consentiva u na conoscenza profonda delle caratteristiche fondamentali della guerra e dell' arte di condu r la . BARONE, r iprendendo il pensiero di PANTALE ONI , a l quale era legato da vincoli d i profonda stima, ved e nei fenomeni economici della guerra un gigantesco cambiamento del precedente equilibrio. Allo scopo d i analizzare siffatto cambiamento, ne considera i fatti più rilevanti, dei qu ali, alcuni a ssume come cause e i rimanenti effetti. Tali fatti, secondo BA RONE, sono venti, di cu i tre sarebbero le cause e i restanti gli effetti. Le cause sono: 1°. una violenta e profonda a lterazione nella distribuzione dei fattori di produzione, fra cui principamente il lavoro; 2° . u na distruzione di molto risparmio; 3° . un forte aumento delle spese di trasporto nel commercio internazionale;

{2 3) {2') (15) {2 6 )

74

M. PANTALEONI, Fa11i econumici della gue rra, in Giorn. econ. N° 3, 1916. M. PANTALEONI, Fenomeni economici della guerra, in Gio rn . e<.:on. n° 3, 19 16. op. cit.; Tra le incogni1e. Ba ri 19! 7. Offrono magg ior i po ssibil ità d i t rasformazione e minore onerosità, g li e le me nti mobiliari del pa trimonio. E. BARONE, la guerra e i fenomeni economici; la guerra e la fi nan:a. in E. BARONF., Opere economiche; Bologna 1936 Vo i. U e III. BARONE era s ta to u ffi ciale d i S ta to Magg io re dc ll 'Escrcico e a veva lasc iato il servizio attivo col grado d i <.:0lonne llo . Per una si ntesi s ull 'ope ra d i BARONF. s i r invia il le ttore alla commemorazione del c inquante nario della s ua morte, te nu ta d a ll ' Amm in ist ra1.ionc della Difesa n° 3-4. 1974. a lla qua le ha n no partec ipato con sc ri tti CAFFÈ, STEVE, MA ve R.


Gli effeui sono : 1°. Diminuzione della disoccupazione operaia; 2°. Diminuzione dei beni di consumo; 3°. Aumento del livello generale dei prezzi; 4°. Diminuzione del reddito complessivo che si poteva rivolgere al consumo o al risparmio; 5°. Rivoluzione dei redditi e cioè formazione e distruzione di grandi fortune; 6°. Diminuzione dei salari reali, tranne in alcuni centri dell' industria bellica; 7°. Diminuzione dei consumi da parte della popolazione; 8°. In com posti movimenti di ascesa dei salari nominali durante e dopo la guerra; 9° . Diminuzione del commercio internaiionale; 10°. Necessità, per i paesi belligeranti, di accrescere le importazioni dai paesi neutrali, di materiali bellici e di u so civile; 11 °. Formazione di correnti monetarie dai paes i belligerant i verso i neutrali; 12°. Tesoreggiamento dell'oro e divieto alla sua esportazione; 13 °. Differenze notevoli, fra paese e paese, nel potere di acquisto della moneta ; 14°. Espansione della circolazione creditiiia; 15°. Aumento temporaneo del saggio dello sconto e dcll' interesse; 16°. Esportazione dei titoli dai paesi belligeranti verso i neutrali; 17°. Dilatazione dei punti dell'oro nei fenomeni di cambio e aumento del cambio dei paesi belligeranti sui neutrali. BARONE si sofferma a considerare anche i vari interventi dello stato nei diversi settori economici: nel campo della produzione - controlli e requisizione delle industrie, militarizzazione del personale, ecc. - della circolazione, degli scambi interni e dei consumi - tesseramento, calmieramento - , mostrandosi, ad esempio, favorevole a l tesseramento, ma non ai prezzi d' imperio che servono soltanto a far sparire i generi dal mercato ordinario, facendoli confluire verso altre desti nazioni - mercato nero - . BARONE s i è occupato anche delle attività finanziarie di guerra. Dopo essersi soffermato sugli effett i del corso forzoso, che di per sé non reca gran danno fino a quando non si ecceda la circolazione normale . In pratica l'imposta è un processo molto lento, il prestito ordinario pure, epperò, per fornire le risorse necessarie dei prim i giorni può sovvenire un'emissione di biglietti che però dovrebbe essere r itirata non appena affluisce il gettito delle imposte e dei prestiti. Circa la nota disputa se siano preferibili le imposte ai prestiti, BARONE si esprime con senso profondamen te realistico. Essendo cresciuto oltre ogni immaginazione il costo delle guerre moderne, a causa della loro tecnicizzazione, le necessità d i finanziamento sono di tale entità che è impossibile farvi fronte con le sole imposte; le imposte vanno spinte fino all'estremo limite tollerabile, poi si fa ricorso al prestito interno . FANNO (2 7 ) parte dal presupposto che il prodotto lordo di u n paese consta

(27)

M. FANNO, Economia e finanza di pace e di guerra, in Problemi d i finanza fascista 1937; l ezioni di scie11za economica Torino 1936; Elementi di scienza delle finanze, Torino 1951.

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d i quattro categorie d i flussi - ognu na delle qu ali presenta un flusso reale (ben i, servizi) ed uno monetario (esborsi) - destinati: a) ai consumi immediati; b) a i reintegri dei capitali che si logorano nella produzione; e) ai nuovi investime nt i per aumentare la potenzialità produttiva; cl) ai servizi pub blici; per giungere al la conclusione che in tempo di guerra s i rompe l' equilibrio fra i vari flussi, cosicchè lo stato deve intervenire per ristabi li re un nuovo equilibrio in funzione del bisogno eccezionale della produzione bellica. Tale equilibrio viene ottenuto comprimendo il più possibile i consumi, nonchè i reintegri di capitale e i nuovi investimenti nelle produzioni non di guerra. Nel campo finanziario il contributo d i FANNO è stato molto vasto. on è d'accordo con la tesi di RICARDO secondo la quale è identico l'effetto dell' imposta straordinaria e del prestito nella ripartizione del carico tributario fra le varie generazion i. Circa gli effetti fra imposte e prestiti, nota che le imposte riducono il consumo e spingono al risparmio. Su lla circolazione monetaria, giudica l' inflazione un'imposta sul consumo e sul risparmio; delle tre forme di f inanziamento è certamente la peggiore, ma in molti casi è inevitabile, perchè le imposte straordinarie non possono andare oltre il limite in cui provocano fughe e diventano improduttive, oppure q uando costringono il contribuente a ricorrere a l prestito bancario per pagarle, generando così inflazione. Anche il prestito pu bblico genera inflazione allorquando non è coperto da risparmio, di modo che viene sottoscritto mediante manovre combina te con emissione di carta moneta e operazioni bancarie. S UPINO (2 8 ) considera l'economia di guerra come uno spostamento di bisogni e di consumi, epperò anche di produzione. In particolare lo spostamento dei bisogni avviene verso quelli pubblici e a dan no di quelli privati. Infatti, in tempo d i guerra, l'economia deve fornire: a) i prodotti ind ispensabili per il fronte; b) il necessario per la popolazione civile; e) merci esportabili per pagare i prodotti e gli alimenti necessari per il fronte e per il paese. ElNAUD1 (2 9 ) esamina i problemi di tecnica finanziaria dei prestiti e delle imposte e dei rispettivi effetti . Pur accettando, in linea di massima, la teoria di RICARDO sulla identità degli effetti del!' imposta straordinaria e dei prestiti, pone alcune qu alificazioni a l riguardo e cioè : a) nella categoria dei capitalisti, preferiscono il debito coloro che sono capaci d i im piegare bene i loro capitali; b) la rendita ricardiana esiste in modo assoluto solo per quei capitalisti che abb iano capitale disponibile per impieghi uguali a quello offerto dallo stato per il debito pubblico; e) è probabile che lo stato, se bene amminisLrato, riesca a contrarre prestiti ad un saggio minore di quello che il capitalista, con capitale tutto impiegato in beni immobili, dovrebbe pagare per u n m utuo privato acceso per assolvere l' imposta straordinaria ; (a tale categoria di capitalisti è d unque favorevole l'alternativa del debito pubblico); d) è favorevole l'alternativa del debito pubblico ;rnche alla categoria dei professionisti e dei lavoratori.

(") (2 9)

76

C. S1!PINO, Le fonti eco11omiclze della guerra, in Scientia, 1916. L. E1NAUD1, La guerra e il sistema 1ribUTario italiano, 1927; La condotta econontica e gli effe11i sociali della guerra iialiana, 1933; Guerra e economia in Prediche, Bari 1920; La guerra e l'unità europea, Mi lano I 950; Principi di scienza delle finanze, op. cit. E 1NAUDL, inoltre, ha d iretto, per la sezione italiana la "collana Carncgic"' sugl i effetli economici e finanziari della prima guerra mondiale.


Considera, inollre, gli effetti dell'imposta e del presti to rispetto a lle generaLioni future, negando che il prestito possa spostare l'onere su generazioni future (3°). BACHI (3 1) porta l'analisi nell'economia di guerra a livelli non raggiunti prima. Riconosce che per i fenomeni economici della guerra occorrono analisi e ricerche particolari, che tuttavia non autorizzano ad individuare I' economia della guerra come una dottrina speciale, perchè la guerra muta parte delle condizioni di svolgimento di alcune forze e resistenze di agenli a determinare i fenomeni economici e perchè non smen tisce, an.li comprova, i principi e le leggi economiche affermate dalla scienza. Anche per BACHI l'economia di guerra implica spostamento del le condizioni dell'equilibrio economico ed alterazioni nel sistema dei bisogni e degli ostacoli, dovuti all'inserimento di un nuovo bisogno collettivo avente priorità assoluta: la g uerra, durante la quale, lo stato assume la figura di imprenditore e di operatore "sui generis". La scheda di domanda dello stato-imprenditore si presenta su un mercato modificato dal potere politico dello slcsso; ne consegue un socialisrno di stato che coesiste con l'attività delle imprese private. DEL VEcc 1110 (32 ), correggendo il pessimismo di PANTALEONJ, si mostra del parere che durante la guerra si possa accrescere la produzione mediante nuove combinazioni dì coefficienti reali e soprattutto di coefficienti personali che sono suscettibili dì notevole espansione. La fonte economica dell'espansione è dunque il lavoro che può essere aumentato nei confronti di quello del periodo di pace. AMOROSO (33 ), oltre ad una analisi dei costi, esamina come si possa far fronte alla distruzione dei beni mediante prelievi : a) dal flusso dei redditi correnti con produzione diretta nel periodo di guerra; b) dal flusso dei redditi passati e c ioè dallo stock dei capitali accumulati; e) dal flusso dei redditi fu turi. CABIATI (3 4 ), nella sua trattazione teorica dei fenomeni economici di guerra, giunge alle seguenti concl usioni: a) una parte cospicua della ricchezza privata viene deviata e, entro certe proporzioni, viene distrutta; b) la domanda per i bisogni dello stato è assolutamente preminente e anelas tica. In uno studio sulla produzione, sui rendimenti crescenti e decrescenti e sulla trasferibilità dei tributi in relazione alla rigidità e all'urgenza della domanda (3 5 ),

(>0 )

( 11 )

(3 2) (>>) (l4)

(JJ)

Riporliamo al riguardo una pagina di E1,A1;u1 da meditare (L. El'<AUDI , Pri11cipi di scic11;:.a delle finan:e. op. ciL pag. 340): Talun moralitsla grida contro le guerre osservando che i vivi le ranno e ne ottengono i frutti e i poslcri pagheranno lo scotto. Forsechè le pallottole con cui rurono ucc isi e vinti i nemici furono formate con materiale scavalo e fuso e mes\o nei fucili dai nipoti non ancora vivi? Non so lo .:rano vivi gli uomin i che sacrificarono la vi1a per la pa1ria; ma erano att uali i vcs1i1i, i viveri, lt: muni1.ioni. le armi per cui essi furono in grado di combattere. Gli uomini che dietro i confini difesi, faticarono a produrie ,·iveri, ve;titi. armi e munizioni erano bene uomini di oggi. R. BArn1, /,'economia di ,:uerra. rnce "economia·· dell'Enciclopedia italiana; L'alimentazione e la pol,11ca ammonaria i11 Italia, Fondazione Carnegic 1926. C . DEL V 1ccc1110. Lezioni di economia applicata, parte Il, Padova 1936; Quesrioni di economia 1eorerica relative alla g11erra, in Giorn . «con. 19 I 6. L. AMOROSO, I/ cos10 della guerra, in Giorn. ec. 1917 A. CABtATt , I/ fi11an;:.iamento di ,ma graude guerra, Torino 1941; 0.;.;en:aiioni ml pri11cipio "produ11il'istico"' di un .;itema 1ributario di guerra, Torino 1927 A. CAlllA'n , Problemi fina,i .,iari di guerra. 1916.

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combatte l' imposta sui sovraprofitti, perchè è dell'avviso, che in momenti di gravi difficoltà n ei quali è in gioco l'avvenire, è meglio che la ricchezza si concentri nelle mani di un centinaio di capitani d'industria che prepareranno più vasti mezzi alla preparazione bellica e ali' assetto futuro. Sugli effetti dei prelevamenti extra normali (3 6) considera varie ipotesi di mercato, statico e dinamico, chiuso e aperto e riconosce che se il prestito favorisce le classi abbienti, tuttavia, ha il vantaggio, rispetto all'imposta, di recare minor disturbo all'equilibrio economico; per contro, l'imposta limita i consumi. Per conseguire un razionale piano economico, lo stato deve accentrare presso di sé i beni di consumo generale e di prima necessità, regolandone la distribuzione alla popolazione: ciò limiterebbe distruzioni di ricchezza e formazione di sovraprofitti non guadagnati per una larga categoria di prodotti. Quanto alla mobilitazione del risparmio mediante la combinazione di prestiti e l'emissione di carta moneta, osserva che l' inflazione è l'ultimo mezzo tecnico per ottenere la mobilitazione del patrimonio nazionale necessario agli scopi della guerra. CABIATI raccomanda anche - anticipando un suggerimento di KEYNES formulato nella seconda guerra mondiale (3 7) l'opportunità che lo stato obblighi i datori di lavoro ad accantonare una quota parte dei maggiori salari corrisposti agli operai per meglio distribuire nel tempo il loro benessere. Sono inoltre da ricordare D E VITI D E MARCO (3 8 ) che, sebbene non abbia scritto di finanza di guerra, ci ha lasciato la più valida dimostrazione sul la eguaglianza degli effetti tra imposta straordinaria e prestito pubblico e GR1 ZIOTT1 (3 9 ), per la sua critica a siffatta concezione, fondata sull'assunto che non si ha eguaglianza di effetti se non si ammette il presupposto dell'invarianza e della continuità nel tempo e nello spazio tra generazioni successive e tra categorie diverse di contribuenti. 18. c) immedia1amente prima e durante la seconda guerra mondiale.

Contemporaneamente al surriscaldarsi della tensione poi itica internazionale e al riarmo da parte di molti paesi, si veniva diffondendo la dottrina dell'economia orientata alla guerra. Infatti verso la metà degli "anni '30" in Germania fu tutto un fiorire d i studi economici che presero il nome di Wehrwirtschaft, espressione difficile a tradursi, perchè il contenuto era più ampio del suo significato letterario. PIATIER (40 ) propose di tradurla "economia di guerra in tempo di pace"; altri: "economia del riarmo" ed altri ancora "economia di pace orientata alla guerra". Oltre a trattazioni di carattere generale (4 1 ) , si ebbe tutta una serie di argomenti particolari, fra cui la mobilitazione industriale, sulle materie prime e le fonti di energia, sull'alimentazione, sulle forze di lavoro. Ma i contributi {36) (37 )

(") (39)

(4°) (4 1)

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A. CAOIATI, Osse rvazioni sul principio "produtlivisticu", op. c it. A. CAB1AT1. Il finam,iamento, op. c it. pag. 32. J. M. K e YNES, Huw rv pay for rhe war, London

1939. A. DE Vm DE MARCO, Principi di economia finanziaria, op. cit. B. GR121orn, La diversa pressione 1ribuiaria del prestito e dell'imposra, in Giorn. econ. 1917; Come ripartire il carico delle spese di guerra, i n G iorn. ccon . 1918; La poli1ica dei prestiti di guerra, in Giorn. econ. 19 18. A. P1 AT1ER, L'économie de guerre, Paris 19 39. HEssE, Der Kriegwirtshafrliche Gedanke, Ha nbu rg 1935.


maggiori sono quelli forniti da JECHT (42), RATH (43), THAl,HElM (44 ) e WAGEMANN tendenti a delineare i mutamenti e le trasformazioni della produzione richiesti dalla guerra, la maggiore importanza assunta dalla produzione e dal lavoro in ispecie rispetto alla moneta, che, tuttavia, non può essere riguardata come un " velo " dei fenomeni reali, perchè al contrario, la politica monetaria si integra e si completa con la politica dei salari e dei redditi, con la politica fiscale e con quella del risparmio e dei prezzi. PAPl ritiene che il prestito si presenti più opportuno degl i aggravi delle imposte, perchè riduce meno il reddito ed evita i danni dovuti all'eccessiva progressività dei tributi richiesti dalla vastità delle spese di guerra, mostrandosi così lo strumento p iù economico di una finanza straordinaria . Sull'inflazione PAPI osserva che se è moderata, esercita scarsa influenza sulla formazione del ri sparmio, mentre se è abbondante accentua, forse, l'aumento dei redditi e del risparmio, ma è subito neutralizzata dagli effetti che esercita s ui prezzi, ond'è che non riesce a fornire sensibili risparmi allo stato; dubita, comunque, che sia possibile realizzare u n sistema di inflazione controllata e perviene alla conclusione che una ben ponderata politica economica di regolazione dei consumi, della produzione, del commercio, del credito, ecc. ha molte maggiori probabilità di successo di un'inflazione dalle conseguenze imprevedibili. Unica giustificazione del ricorso, in tempo di guerra, all'inflazione è data in caso di resistenza da parte del pubblico a cedere risparmio e ad astenersi da consumi ( 46 ) . Resterebbero da ricordare gli imporatanti contributi di BoRGATTA, CABIAn , DE STEFANI, VON HAYEK, ROBBINS, KEYN ES e DuRBIN (47 ), ma preferiamo menzionarl i nella quarta parte, trattando degli effetti econom ici, del costo e del finanziamento della guerra. Concludiamo il presente paragrafo rilevando che è proprio di questo periodo la teorizzazione del concetto economico di "guerra totale", in cui, come già osservato, si riscontra sia una componente di natura storico-politica, sia una componente economico-finanziaria. ( 45 )

{42 )

(4l)

("} { 45 ) (46 )

( 47 )

W. JECHT, Kriegs fincm zen, in Wir1schaf1 und Weh r, 1939 S. RATU, Die produk1iven Aufgaben der Kriegsfinanzierung 1940. A. THA~HEIM , Die Crundhage der deutschcn Finanzierug, in Wirtscha/1 und Wehr, 1939. F. vVAGEMANN, Wu Kummi1 das vie/e Geldher? Geldschi:ipfung und Finan zierung in Krieg und Frieden, 1940. G. U. PAPI, Di un particolare ubie11ivo della inflazione nella finanza di guerra, in Ri v. Ba nc. 1940; L'inflazione nella finanza di guerra, Ace. d'Italia 1941: Costo e finanziamento di una grande guerra Roma 1943, pag. 188; Preliminari ai piani per il dopoguerra, Roma, 1944, pag. 176 G. BoRGAlTA, la finanza della guerra e del dopoguerra, Alessandria 1946 A. DE S TEFANJ, La legislazione economica della guerra, Roma 1926. E. F. 0 UR81N, How tu pay fur the war, London 1940 A. voN HAY EK, Princing versus rationing, in The banker 1939. J. M. Kl!YllS, How to pay {or the war, London 1940. L. RouatNS, How Brilain will fina11ce 1he war, in Foreign Affairs 1940.

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PARTE

LE ATTIVITÀ

SECONDA

MANAGERIALI

DELLA DIFESA

ll defence management è una rivoluzione che ancora è poco compresa all'esterno. (S. ENKE, Defense management)



CAPITOLO I

CONCETTI PRELIMINARI

19. Dell'attività economica in generale. - 20. uove teorizzazioni delle attività economicomil itari. - 21. L'economia militare. - 22. Concetto delle attività militari. - 23. Contenuto dell 'economia mili tare. - 24. Servizio difesa, organismo m ili tare e strumento militare. - 25. Le attività militari intese come processo produttivo.



I 9. Dell'attivita economica in generale.

Nel consorzio umano ogni individuo, in quanto tale, ha dei fini da raggiungere (1). Questi fini possono riguardare la stessa esistenza del!' individuo, oppure avere un contenuto morale o spirituale . In ogni caso, però, occorrono dei mezzi per raggiungere siffatti fini, mezzi che traggono origine dal reddito. I fi. ni sono l'oggetto e il movente delle azioni ed esistono in quanto esiste l'uomo; inoltre, le altre caratteristiche della natura umana - mutabilità e perfettibilità dello status umano - portano alla conseguenza che la realizzazione di un fine implichi l'elezione di u n altro di ordine superiore o più complesso, e così via come in un fenomeno di reazioni a catena. Ciò consente di affermare che i fini sono illimitati. Alcuni fini per la loro complessità, non potrebbero mai essere realizzati dai singoli. Si pens i alle opere per la costruzione di laghi artificiali o alla necessità di provvedere alJa difesa delle persone, del suolo su cui vivono e dei loro beni. Allora gli individui si ngoli, per non rinunciare ad un maggior benessere, si organizzazo a stato, cosicchè in quello stesso momento, vengono a coesistere - accanto ai fini individuali - i fini dello stato e cioè della collettività. Sono adunque fini dello stato quegli scopi che, per complessità e dimensione o per il tempo occorren te alla loro realizzazione, trascendono le possibilità dei singoli. Anche i m ezzi per realizzare i fini dello stato traggono origine dal reddito o ad esso si riallacciano. Il momento della elezione dei fini del singolo è proprio della morale ; quello dei fini dello stato appartiene alla poliiica. In entrambi i casi, però, I' elezione dei fini <leve avere anche un fondamento economico, nel senso che non possono assumersi fini contradditori o sproporzionati ai mezzi disponibili. La realizzazione dei fini implica l'impiego di mezzi appropriati, epperò i mezzi, in senso economico, sono costituiti dai beni che debbono essere impiegati per il conseguimento dei fini eletti . E poichè: a) i mezzi disponibili sia quelli offerti dalla natura, sia quelli prodotti dall'attività umana - sono limitati; b) i fini eletti dall a vita singola o collettiva sono illimi1a1i; consegue che i mezzi risultano scarsi e inadeguati rispetto ai fini eletti. Ciò porta alla necessità di porre in essere un'appropriata attività - "attività economica" (2) che implicando la ricerca e la scelta di un mezzo tra tutti i possibili minimo, rende app unto più efficace il complesso dei mezzi disponibili e quindi massima la realizzazione del fine o dei fini proposti; come pure significa che l'uomo di

(1)

(2)

Gli enti, inlesi nel significalo di «essere» e cioè di soggello - s ia esso una persona fisica che un'associa,.ion,: di ind ividui - hanno sempre dei fini da raggiungere. Ma qualunque possa essere il loro scopo o la loro struttura, esisterà sempre un fine economico: sarà il fi11e principale, se l'ente s i proporrà uno scopo di lucro · enti economici ne l fine - oppure sarà il fine secondario è cioè il mezzo volto ad assicurare i beni economici necessari al fine elctw, in caso diverso - cmi econom ici nel mezzo. Kell'economia aziendale i fini vengono piu' frequemcmcntc denominali obieltivi. Volendo però pervenire ad una maggiore qual ificazione, gli obiellivi possono essere definili come /'espressione dei fin i. Alcuni Autori usano il lerm ine scupo - verso cui tende un individuo o un gruppo organizzalo - aziende comprese. L. E1NAuo1, Morale et économique, in Rev. d'écon. polit. Pari s 1936 L. Rooo1NS, Essays 011 1he nalure cmd significance o/ economie science, London 1937 e traci. ila!. Torino 1953 G. U. PAPI , Equilibrio fra attività economica e fi,zanziaria, pag. 13 e seg. Milano 1943 F. Vrrn, Alcune osse1vazioni inromo ai rappor1i fra economia corporativa e etica, in Racc: S1udi in onore di R. della Volta, pag. i estratto F. VtTO, Introduzione all'eco110111ia politica, Milano 1959.

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governo che ricerca i mezzi atti a raggiungere i fini collettivi e trovatili scarsi, a spenderli in misura minima, svolge anch'esso attività economica (3). 20. Nuove Leorizzazionì delle attività economico-militari. È noto che si giunse alla prima guerra mon diale econom icamente impreparati. Ciò dipese principalmente: a) dal marcato carattere locale dei conflitti verificatisi dopo le guerre napoleon iche; b) dalla breve durata di ess i connessa ad un impiego di mezzi bellici scarsamente specializzati e poco costosi. In queste condizioni lo strumento militare non assu meva dimensioni vaste ed una rapida mobili tazione militare consentiva all'armata la possibilità di entrare in campagna in tempi molto brevi. Circa il fi nanziamento delle operazioni il tesoro di guerra e qualche provvedimento di finanza straordinaria, serviva a coprire le non troppo pesanti necessità finanziarie. La prima guerra mondiale cambiò radicalmente l'impostazione delle operazioni militari: vasto teatro operativo, grandi masse di combattent i, esteso processo d i tecnicizzazione dei mezzi bell ici e grande sviluppo della motorizzazione, con conseguente necessità di un notevole consumo di materiali be llici che dovevano essere incessantemente reintegrati con imponenti produzioni. Il fron te e l'officina divengono medesimi elementi di guerra; la guerra non è più combattuta soltanto dagli eserciti, ma da tutto il paese: industria, agricoltura, trasporti, commercio, sono mobilitati e la guerra diviene "guerra totale" e cioè combattuta con tutte le forze e le risorse del paese e non c' é settore in cui si possa dire "è meno importante" ai fini della vittoria. Anche le conseguenze della guerra furono gravissime, mai verificatesi in precedenti conflitti. Il mondo dal quale sono usciti i paesi belligeranti e neutrali è un mondo completamente d iverso da quello del 1914. Con il 1914 si chiude un'era in cui il liberismo, il gold standard, la finanza pubbl ica "neutrale" erano i principi fondamentali dei sistemi economici europei; a guerra fin ita, l'Europa si ritrova economicamente indeboli ta : non è più creditrice di lutti i paesi del mondo, vien meno la stabil ità che da circa un secolo costituiva il suo prestigio; rinasce il protezionismo per man tenere in piedi quelle industrie che, sorte o potenziate durante la guerra, non trovano più sbocchi adeguali e soffrono la concorrenza della sorgente potenza economica statunitense. Tutte queste esperienze Fatte durante o subito dopo la prima guera mondiale sono servile per teorizzare il concetto de ll'economia di guerra, intesa come "scienza di mezzi economici scarsi applicati al fine guerra - enormemente vasto - mediante sce lte a lternative". L'economia d i guerra è dunque un sistema di mezzi a fini, ma più propriamente di "mezzi minimi" secondo il principio di economicità. ln ciò sta appunto il fondamento economico del l'economia di guerra. L'economia cli guerra viene, inoltre, teoriu.ata come deviazione degli schemi economici tradizionali e come economia pianificata, autarchica e coerc iti va. Nel secondo conflitto mondiale, l'accenuata tecnicizzazione e la ·meccanizzazione degli eserciti e l'impiego massiccio dell'arma aerea, anche a grandi distante - che ha sconvolto l'assetto economico dei paesi belligeranti a portata

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G. U.

PAPI.

Pri11cipi di economia, Voi. I, pag. 8, Padova 1958.


di lancio degli aerei - hanno trascinato tutto il paese a partecipare e a su bire la guerra, sicchè essa più che guerra totale è divenuta "guerra integrale". Ment re le forze a rmate combattono le più sanguinose battaglie sui fronti, nei mari e nei cieli, la popolazione civile lavora nelle fabbriche, sotto la minaccia aerea, nei campi, nei trasporti e in altre attività; vede ridotti i suoi consu mi, anche quelli essenzial i ; è assoggettata ad una pesante tassazione e obbligata al risparmio in u n regime di crescente inflazione che corrode gli aumenti dei salari monetari; e a g uerra finita, è chiamata a partecipare a lJa gravosa ricostruzione , pesantemente onerosa per tutti: vinti e vincitori. Però a ltri dolori e altri sacrifici si sono profilati per la popolazione di molti paesi: era da poco cessato il rombo del cannone, il sibilo delJa "V2" ; si era spenta la luce accecante delle bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki - ma non i loro in umani torment i - ; e già si profilano, cupe e minacciose, le nubi dell'espansionismo sov ietico che, in nome dell'ideologia del comunismo e della lotta di classe, prepara una mobil itazione massiccia per sottomettere popoli Iiber i. Gli uomini di governo e i popoli hanno appreso dalla seconda guerra mondiale un'altra lezione e cioè che le spese per gli armamenti nel]' era atomica sono enormi: il costo delle armi nucleari risulta ingentissimo e sostenibile soltanto da "stati-continente" e cioè da potenze che per estensione territoriale, per entità della popolazione e delle risorse economiche, trascendono la vecchia concezione dello stato nazionale. Conseguentemente, d i fronte all'esistenza e al perdurare della minaccia, si sono ven ute a formare delle costeiIazioni politiche intorno a leade r-ship, costituite da "stati-continente" : si è formato così il "blocco occidentale" intorno agli USA ATO - e il "blocco orientale", intorno a ll' URSS- Patto di Varsavia-; c'è poi il blocco del cos idetto "Terzo mondo", molto eterogeneo e con finalità non chiaramente delineate - i cosidetti paesi non allineati, alcuni dei quali possiedono gran parte delle risorse energetiche mondiali - ; i noi tre, in Estremo Oriente, la sorgente potenza economica giapponese ha recentemente stipulato un trattato con la potenza militare cinese. Con il perdurare della minaccia in tempo di pace è venuta meno ogni possibilità di disarmo : anzi si è reso necessario mantenere permanentemente lo strumento militare ad un alto livello di efficienza. Ciò implica una pol itica economica quanto mai complessa, perchè si deve conci liare sistemi e metodi e istituti propri dell'economia di guerra con la normale attività di pace, sottraendo ampie quote di reddito nazionale ad importanti servizi pubblici o ad interventi sociali essenziali, per destinarle ad un riarmo massiccio (4 ). Orbene, l'analisi sistematica di tale complesso di attività economico-mil itari, da parte dei singoli stati, ha dato luogo ad u na rielaborazione della scienza econom ica che finora si era occupata di att ività militari: in luogo dell' economia di gue rra che analizza i fenomeni economici temporanei, conseguenti a lle aLtività bell iche, sorge l'economia militare che considera i fenomeni economici militari non soltanto in tempo d i guerra, ma anche nel più lungo periodo di pace che, per effetto d i una politica contingente che oramai dura da alcuni decenni, rappresenta un vero e proprio periodo di "guerra fredda".

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O. fANl'INt , Po/irica econom ica e finanziaria, Roma 1957, pag. 669 e scgg.; Lineamenti di poli1ica economica cli guerra, Rorna 1956, rag. IO

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Da guanto abbiamo avuto modo di esporre in questo paragrafo, possiamo concludere che: a) durante e subito dopo la prima guerra mondiale è stata teorizzata l'economia di guerra; b) subito dopo la seconda guerra mondiale viene teorizzata l'economia m ilitare, della quale l'economia di guerra è divenuta parte. 21. L'economia militare.

La tendenza sviluppatasi da qualche decennio per effetto d i un sempre più frequente ricorso ali' analisi quantitativa e ai modelli matematici, verso trattazioni separate delle diverse branche economiche - moneta, credito e banche, produzione e imprese, prezzi e mercati, agricoltura, trasporti, reddito nazionale, finanza pubblica e condotta economica dello stato, ecc. - e l' alto livello, a carattere stabile, dello strumento militare, anche in tempo di pace per ass icurare la politica del de1e rre n1, hanno portato a considerare I' opportunità di una trattazione sistematica dell' auività economica degli organi militari - organismo mi litare - per conseguire il " fine difesa ", nel senso che una siffatta trattazione è suggerita: a) dall'importanza, dalla vastità e dalle caratteristiche del fine da conseguire; b) dalla notevole entità, in continuo aumento, dei mezzi occorrenti - spesa militare -. Devesi, tuttavia, osservare che il concetto di economia militare non è nuovo. È stato infatti WACNER (5 ) a definire l'economia militare "la materia che considera le condizioni che concernono il fabbisogno finanziario de ll' esercito e della flotta". Ma - come già notato al paragrafo 20 - un complesso di cause politiche, fra cui la formazione di super-potenze continentali e di cause tecniche, fra cui principalmente la meccanizzazione e la tecnicizzazione delle forze armate, originatesi, le prime, alla fine del secondo conflitto mondiale e le seconde, fin nel corso del primo conflitto, hanno portato alla realizzazione di sistemi di arma aventi una potenza distruttiva sempre maggiore, ma contemporaneamente sempre più costosi. La escalation dei cos ti dello strumento militare è una realtà dovuta alla necessità d i approntare o mantenre, in via permanente, un "potenziale bellico" che costi tuisca elemento di dissuasione per i nemici di domani - dottrina del dete rrent -. Ne risulta che l'attività militare ha attualmente assunto una ben diversa dimensione che porta ad una più ampia dimensione della conseguente allività economica; inoltre, l'attività econom ica per l'approntamento del deterrenl è quanto mai complessa, perchè - come già accennato - deve conciliare sistemi e metodi, azioni e istituti propri della politica economica di guerra con la normale attività di pace (6 ). Tutto ciò porta a considerare in maniera d iversa il concetto e il contenuto della moderna economia militare, considerando anche in modo unitario il "fine difesa" sia in pace, sia in guerra, distinguendolo solo per gradi, a sernnda degli obiettivi da raggiungere - obiettivo del "dete rrent " (7), obiettivo della "guerra combattuta" e, qualora mutate condi(5)

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A. WAGNER, Finanzwissenschaft, 4 Volt., Lips ia 1877-1901 (t rad . it. col tit olo: La scien~a delle fi nan ze, in bibl. econ. ser ie lii, voi. X, parte 2. Torino 1891 , pag. 227-252). K. H. R.Au, Leh rbuch de r poli1ischen okonomie, voi. 11T Lipsia 1826-1837 S rn1N usò il te rmine "economia de/l 'e sercito (L. S T EIN, Lehre von Heerwescn, op. ci t.) G. MArnR. Teoria economica delle spese mi/ilari, Roma 1962, pag. 47; l'economia m ilirare a base del piano di produzione del «serviziu difesa», in Rivi sta Ae ronau tica n . l l, 1967 E. G F.I.AS . J,'économie e/es décisions militaires, in Forces Aer iennes, n. 274, 1970 In luogo di obi ettivo del deterrent, i tedeschi parlano di We hrwirtschaft e i francesi di économie du réannement.


zioni politiche lo consentano, della "riconversione" (8). Dopo questa breve premessa, pensiamo di delineare il concetto della moderna economia militare. Una volta eletto dalla colletti\·ità il fine "difesa", l'attività militare, nel contrasto tra la scarsità dei mezzi a disposizione e l'ampiezza del fine da realizzare, è portata ad attuare quel fine con un dispendio minimo dei mez1i disponibili. Lo studio sistematico di tale attività economica costituisce l'economia militare, che può essere definita: "lo studio della condotta degli organi militari come relazione tra il fine difesa eletto dalla collett ività e i mezzi scarsi applicabi li a usi a lternati". Da circa un trentennio l'attenzione di gran parte dei paesi si è portata sui problemi economico-militari, cosicchè l'economia militare, uscendo dal c hiuso del proprio ambiente, è divenuta oggetto di stud i sistematici a livello universitario o addirittura presso istituti post-universitari a ltamente specializzati (9) e, per la prima volta, nuove metodologie, come la sys1ems analysis - basata sull'analisi economica, il calcolo delle probabilità ed altre teorie avanzate - sono state messe in atto per impostare e risolvere il problema della dimensione dello strumento militare in funzione degl i obieLLivi e delle missioni che è destinato a compiere e quello della combinazione più efficiente degli elemen1i - forze, sistemi d'arma, strutture e organizzazione - dello stesso strumento militare, allo scopo di massimizzarne l'efficacia in vista della scarsità delle risorse disponibili. Ma l' analisi economica militare non si limita a siffatti problemi, epperò riteniamo opportuno fare un'esposizione più ampia dei suoi d iversi aspetti. L'economia militare presenta un aspetto teorico cd uno normativo. L' indagine 1eoretica è rivolta alla ricerca di uniformità o di rapporti di probabilità di determinate linee di condotta dell'organismo militare o di interventi pubblici che si rendono necessari in certe circostanze. Al riguardo, assumendo il principio che le attività per la realizzazione del "servizio difesa" (1°) costituiscono un processo produttivo {11 ) e che gli "operatori militari" agiscono razionalmente secondo il principio economico, si giunge a determinare le conseguenze d i alcune ipotesi formulate med iante l'astrazione.

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Tale era l'opinione di WAG1'~R (La scìc,iza delle fi,urn ie, op. ci l. pag. 228) il qua le si esprime nel senso che «l'organizzazione mili1an: in ultima analisi. anche in pace è isti1ui1a per la guerra•. egli Stati Uniti ;i occup:ino di economia militare le l,ni,ersità della California, del Michigan, del Ohio e della Pennsylvania. la t.:S l'{a,al Postgraduatc School di Monterey (California). la Air Univcrsity a Max"d, ollre che luttc le Accademie e Scuole militari. Si occupano inoltre di st udi e d i ricerche, aharnenle sofisticate, alcu ni ist ituti spccialinati fra cui: la RAND Co a Sanla Mon ica (California), la Stanford Research lnsiitul a l\•feulo Park (California), la Sys tcms Research Dep:inmcnt of the Bendix Aero;,pace System Di"ision a Ann Arbor, l'lnstitut for Defensc Analysis a Airlington, la Mitre Co. ~cl Regno Uni,10 si occupano di economia militare le Uni\'ersità di Aberdeen, di Binninghan. di Edimburt1h, di Lancaster, di Southhampton, nonche alla London School of Economics. f ra gli is tituti specializzat i per le questioni di e<.:onomia mi litare figurano in primo piano l'lntemationa l lnstitutc for Strategie Studies di Londra, il Ccntcr for thc analysis of eonflit, il Ro ,·al Institute of intemational affairs e il Rovai united scnicc institution, tutti situati a Londra. lr; Francia, l'Università d, Parigi Il ha btituiio un corso di diploma di studi ~U· pcriori spec ialinati (DESS) di difesa. Nella Repubblica Federale Tedesca, lezioni di economia mi liiarc fanno p;irtc dell'ordinamento degli sludi del le Università militari di Monaco e Amburgo. Su l concetto di •scn i:i:io difc-.a • ,·eda,i il paragrafo 4 C. J. I IITCH, R. N. McKEAN, The economie; o/ defe11Se in the m,clellr age, New York 1966, pag. 3 R. TRE.MEU..ON1, Pre;entazione, in 1.·Amministrazionc de lla Difesa 11. I. 1968. \lcda~i oltre al paragrafo 25

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Si costruisce cioè una Leorematica economico-militare che è la schematizzazione concettuale del possibile. Si ricorre poi - q uando possibile - ali' induzione per stabilire se le ipotesi assunte dalla teoria trovano fondamento nella osservazione della realtà fenomenica; inoltre, l'induzione consente di ricevere dall'esperienza le uniformità di comportamento che, per il loro ripetersi, si generalizzano in leggi sperimentali o, quanto meno, in regole di comportamento. L'indagine norma riva - avvalendosi delle relazioni accertate in via teoretica, tende, sulla base di ipotesi concrete con l'ausilio degli strumen ti e delle tecn iche disponibili dell'analisi, alla considerazione sistematica di alternat ive logiche che costituiscono "guida all'azione " a chi ha il potere e la responsabilità delle decisioni militari, di pervenire ad un apprezzamento sintetico finale dei vari elementi in gioco. Sarà poi compito del militare di prendere, tra tutte le alternative logiche possibili, quella che secondo tempi, luoghi e circostanze consente di realizzare più efficacemente il fine eletto. Tale attività ha u n carattere tipicamente militare. 22. Concetto delle attività militari.

Si è più volte usato il termine attività militari. Sembra opportuno darne il concetto, prima di procedere oltre nella nostra indagine, tan to p iù che tale termine viene spesso usato con significali diversi. È infatti anco,-a opinione corren te fra i più che le attività proprie del militare - anche se al vertice delle responsabilità - siano q uelle della condotta delle operazioni. Si ritiene cioè che l'attività del comandante consista in una serie di operazioni disposte in opposizione a quelle di un nem ico di cui tenta stabi li re le possibili azioni e reazioni secondo le differenti situazioni che ha assunto come ipotesi - piano -. In tale attività è prevalente il processo decisorio che, sulla base di informazioni più o meno numerose, porterà a scegliere fra le possibili alternative, quella p iù efficace per raggiungere l'obiettivo prefisso. Tale opinione però non è accettabile se si indaga più a fondo sulla estensione delle attività militari. Se un comandante può d isporre in zona cli operazioni dei mezzi adatti e sufficienti al conseguimento dell 'obiettivo, ciò è dovuto al fatto che, ad un altro livello dell'azione militare, un'altra a utorità ha preso, al momento opportuno, la decisione cli scegliere certi sistemi di arma, di approvvigionarli e di metterli in condizione cli impiegarli efficacemente. Trattasi, in altre parole, di attività volta a produrre lo strumento militare in vista del suo impiego potenziale e cioè dello stesso presupposto delle attività operative. Malgrado la differenza profonda fra il processo decisorio operativo d i una azione tattica o strategica e quello relativo al la produzione dello strumento mil itare, non p uò non riscontrarsi fra i due, una certa analogia. Però il piano d i produzione dello strumento militare è più vasto cli quello operativo: le variabili sono più numerose e maggiore è l' incertezza in cui s i deve agire. on si tratta più di un obiettivo determinato - limitato a lla su a estensione fisica e temporale - ma di un obiettivo complesso, soggetto ad una serie di circostanze particolari, non sempre prevedibili. La zona di operazioni e le attività operative sono sempre gl i eleme nti finali della decisione, ma l'area geografica è più indeterminata e quindi più estesa e dipende da fattori politici difficilmente prevedibili e mutevoli. Si tiene egualmente conto delle

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intenzioni del nemico, ma di un nemico potenziale e l'incertezza di tali intenzioni, in tutti i settori, è tanto maggiore, quanto più lontano è il momento in cui le forze pianificate dovessero divenire operative. Infine, elemento essenziale e vincolante della produzione dello strumento militare e del suo funzionamento sono le diverse risorse finan ziarie e cioè quella parte del reddito nazionale che può essere destinata alla difesa del paese. A quanto detto è da aggiungere un'altra considerazione e cioè che qualora si ritenga valida la dottrina del deterrent a mantenere uno stato di non belligeranza, si deve riconoscere che, in tal caso, è preminente l'attività militare volta a produrre lo strumento militare capace di dissuadere il nemico potenziale da azioni di guerra guerreggiata. Quanto precisato ci porta a concludere che le attività militari consistono sia nell'impiego operativo dello strumento militare per conseguire gli obiettivi prefissi, sia nella produzione dello strumento militare occorrente per l'impiego operativo. 23. Il contenuto dell'economia militare. Da quanto è stato osservato è possibile formulare alcune conclusioni di primo approccio. Il momento della elezione dei fini non appartiene all'economia, perchè è proprio deìla politica. Conseguentemente, anche il momento del l'elezione del "fine difesa" non appartiene all'economia militare, perchè anch'esso è proprio della politica; però tale momento deve avere anche un fondamento economico. perchè non possono assumersi fini contradditori o sproporzionati ai mezzi disponibili. Successivamente abbiamo notato che l'uomo, che ha la responsabilità delle attività militari, di fronte al fatto incontestabile della scarsità dei mezzi adatti a raggiungere i " fini di difesa", è indotto ad un dispendio minimo dei mezzi a disposizione; il che è quanto dire che nelle attività militari si deve conseguire il " principio di economicità". Ma per conseguire tale principio, occorre pervenire ad un "organismo della difesa". Il conseguimento del principio cli economicità è condizionato alla realizzazione di un "organismo della difesa " che riportando gli obiettivi di sicurezza militare alle attività operative, le attività operative alle forze, le forze alle risorse e le risorse alla spesa programmata, costituisca un sistema in cui ogni aspetto dello sforzo di difesa sia interrelato, interagente e interdipendente; come dire che le decis ioni su tutte le attività militari: operative, logistiche e organizzative debbano essere sottoposte al raffron to fra il risultato dell'azione e i mezzi impiegati, in un quadro unitario che consideri le varie alternative non incompatibili e non contradditorie tra di loro. Più le autorità militari, nella realtà delle vicende della politica militare, sono costrette a discostarsi da tak linea di condotta; più si è costretti a ignorare i rapporti tra le parti e il tutto e tra il tutto e le parti; più si ricorre a scelte episodiche e frammentarie; maggiormente s'incorre in interventi difformi e contradditori; tende a crescere il costo della difesa, oppure a cli m inuire il grado di efficienza della struttura e dcli' organizzazione delle forze armate. Considerando, come già detto, le attività dell'organismo della difesa come un grandioso processo produttivo nel quale combinando in diversa misura i fattori di produzione - forze, sistemi di arma, strutture e organizzazione - viene fornito alla collettività un servizio pubblico - il servizio difesa - la

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cui funzione è una specie di assicurazione contro le aggressioni, (1 2 ) si perviene alla conclusione che le principali categorie di problemi oggetto dell'economia militare sono: a) determinazione della quota di reddito nazionale per finanziare la produzione dello strumento militare col quale si realizza il " servizio difesa"; b) utilizzazione ottimale dei mezzi finanziari àssegnati alla difesa; c) analisi delle conseguenze sul sistema economico della spendita dei mezzi finanziari assegnati alla difesa, in relazione agli obiettivi da conseguire - deterrent, guerra combattu ta, riconversione a seguito del disarmo - . 24. Servizio difesa, organismo militare e strumento militare

Finora abbiamo par.lato di "servizio di difesa", di "organismo militare" e di "strumento militare"; riteniamo opportuno dame ora i concetti fondam entali. Considerato che ogni consorzio umano, accanto a i fini individuali esistono fini collettivi, l'attività che lo stato deve porre in essere per conseguire tali fini si concretizza nei servizi pubblici. Il concetto di stato produttore di beni e servizi pubblici non è nuovo; esso risale a WAGNER {13) e a D1 ETZEL (1 4 ), secondo i quali l'attività finanz iaria consiste in un processo economico collettivo di produzione mediante il quale lo stato trasforma i beni m ateriali - tratti dai singoli individui - in beni immateriali e servizi idonei a realizzare i fini eletti della collettività. Più recentemente tale concetto è stato ripreso da ARENA ( 15) che concepisce l'attività finanziaria dello stato come quella di un imprenditore che trasforma il reddito in beni strumental i, e q uesti in beni diretti e in altri beni strumentali ; sicchè in definitiva, l' a ttività finanziaria, in tutte le sue manifestazioni, visibilmente o meno, direttamente o meno, mette a disposiz ione dell'economia particolari ben i d iretti o strumentali, materiali o p iù spesso immateriali che sono fat tori pubblici di produzione e complementari dei fattori privati. Ciò ci consen te di concludere che per servizio pubblico s'intende ogni attività o forma d i organizzazione di mezzi economici ordinata a sistema e d iretta a realizzare il fine pubblico, nonchè le diverse specie di utili tà e d i beni prodotti per detto fine . Vediamo ora in che consiste il se rvizio difesa . La collettività - attraverso i s uoi organi rappresentativi - si pone il fine difesa a salvagu rdia della libertà, dell'indipendenza, delle istituzioni, delle famiglie, dei valori morali e dei beni economici, e lo stato lo realizza mediante un complesso di attività e di organizzazioni di mezzi economici ordi nate a sistema, offrendo così al la generalità dei cittadini il servizio pubblico della difesa (16). (

12

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G. U.

PAPI,

Produttività delle spese pubbliche, in !"Ammin istrazione dc llla Difesa, n: 2, 1969

G. GBRA, A proposito di una recente teoria delle spese militari, in Rassegna dell 'Arma dei Cara-

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(") ( 15) (

16 )

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binieri, N. S, 1964 Devesi tu ttavia r icordare che il cancello della s pesa militare <.:Ome prem io d i assicurazione r isale a STEIN A. WAGNER, I.a scienza delle finanze, op, cit. pag. 14 -JS. Devesi tuttavi a r ilevare che la conçezione d e llo stato fattore di produzione è piu ' antica: r isa le ai fisiocrati E. D11:nm., Die \lolkswirtscheft und ihr verhalzniss zu Gesellscsha/t ,md S1aac, Lipsia 1864 C. AR ENA, Finanza pubblica, op. cit. voi. I, pag. 8, 53 e segg. Sul concetto d i «servi1.io d ifeso» ci sia consent ito i r invio a l nost ro studio: G. M.AYER, «Servi· zio difesa» o «funzione difesa", in L'Amm in istrazione della Difesa n. I, 1975 e concra F. R1STO· RJ, li ruolo delle Forze Armate nella sociecà di oggi, in Rivista Aeronautica n. 5-6. 1974 e «Servizio d ifesa» o «funzione difesa»: una replica, in l' Amm in is trazione della Difesa n. l, 1975 S ull"a rgomen to vedasi anche R. J uso, Alcune considerazioni sulla «puhblica funzione» e sul «pul>blico servizio», in L' Amministrazione de lla Difesa, n. I, 1975


Il servizio difesa è dunque un servizio attraverso il quale lo stato assicura alla generalità de i cittad ini la difesa del territorio da aggressioni esterne. La produzione di tale servizio si concreta nell'appronta men to dello strumento militare mediante l'organismo militare, detto anche sistema della difesa. L'organismo militare è costituito dal complesso di istituti e di attività che riportando gli ob iettivi di sicurezza militare alle attività operat ive, le attività operative alle forze.le forze alle risorse, le risorse alle spese programmate, lega insieme ogni aspetto dello sforzo di difesa al principio di economicità. Ciò significa che l'organismo mili tare costituisce un sistema - sistema della difesa - in c ui ogni attività m il itare tendente a p rod u rre lo strumento militare è interrelata, interagente e interd ipendente. Per strumento militare s'intende l' insieme d i tutte le unità combattenti e di supporto, nonchè gli organi di comando e d irettivi e di qu anto altro è necessario alla difesa, che vengono approntati dall'organismo militare (17) . Concludiamo osservando che la difesa nazionale, intesa nel suo più alto significato morale e politico, olt re che materiale, implica scelte finalistiche affidate agli organi legislativi e scelte esecutive affidate ali' organismo militaré: ma le prime e le seconde devono rispondere alla maggior possibile razionalità e soprattutto alla coerenza reciproca (18 ) nel senso che pur non appartenendo il momento dell'elezione del fine difesa alla sfera dell' economia militare, perchè è proprio della pol itica, pur tuttavia deve avere anche un fondamento economico, in q uanto non possono assumersi fini contradditori e sproporzionati a i mezzi d isponibil i. 25. Le auività militari intese come un processo produttivo.

Abbiamo accennato che l'approntamento del "se rvizio difesa", real izzato attraverso lo strumento militare, costituisce un grandioso processo prod u tt ivo, il cui prodotto - output, secondo la terminologia anglo-sassone - è otten uto dalla combinazione di diversi fattori di produzione - uomini, s istem i di arma, stru ttura, organizzazione -. Tale concezione è ormai universalmen te accolta. Mc KEAN ( 19), dopo aver detto che" il problema della sicurezza nazionale, in teoria, può essere visto come un grande problema economico", aggiunge che "la difesa è una delle più grandi indust rie". I suoi costi sono enormi . .. E il suo prodotto è vitale; da tale produzione può risul tare q u alunque cosa, da consorzi sicuri e abbastanza rispettabili, a l virtuale annientamen to". TREMELLONT (2°) delineate le attività militari come " una gigantesca impresa", precisa che u na nuova ottica - l' ottica manageriale - "rientra nel grande ambi to di un moderno servizio d i sicurezza, cosicchè il problema tipicamente mil itare si innesta sempre p iù nel grande tronco dell'evoluzione ordinata del Paese " . Abbiamo accennato che il prodotto risultante dal processo produ ttivo della difesa è lo st rumento militare; aggiungiamo ora che tale prodotto ha un ( 17 )

( 18) ( 19) ('0 )

M. 0LSON, R. Z ECKHAUSER, Collective goods, comparative advantage and allia nce e fficiency in Issues in Defense economics, a cura di R. N. Mc KEAN, New York 1967 pag. 25. Secondo gl i Autori «la difesa è un class ico esempio d i bene colle llivo». R. TKE~1ELL..ON1, Ri flessioni sull'Amminis fra zione della Difesa, in L'Amm inist razione della Difesa, n. 2. 1968 C. J. H ncH, R. N. McKEAN, The econom ics defense in the nuclear age, op. ci t. pag. 3. R. N. M c K1, AN, l,sues in defense economics, New York 1967, pag. IX R. TRF.MELI.ONI, Riflessioni sull'Amnzinistra:ione della Di fesa, op. cit.

93

..


carattere st ru mentale e finale. Strumentale fino a quando col suo deterrent riesce ad assicurare l' integrità e la sicurezza del territorio e, con esse, il libero funzionamen to delle istituzioni, lo sviluppo economico e il benessere; finale, quando deve essere materialmente impiegato in un conflitto per contrastare attacchi nemici. Si tratta ora di vedere più in profondità come di realizza siffatto processo produttivo. Per l'imprenditore privato il problema dell'attività produttiva si risolve nella ricerca della combinazione più economica dei fattori di produzione, per ridurre i costi, e della dimensione ottima dell'impresa, per conseguire maggiori ricavi. Nel la soluzione di tale problema, l'imprenditore privato deve reperire, innanzi tutto, il risparmio necessario per procurarsi i fattori di produzione ; tale risparm io potrà pervenirgli dalla sua produzione precedente - au tofinanziamento - oppure potrà procurarselo attraverso il credito bancario. Nella produzione dello "strumento mili tare" il problema dell'attività produttiva resta sostanzialmente invariato. Occorre determinare la dimensione ottima dell'organismo militare in funzione degli obiettivi, per massimizzarne l' efficacia e la combinazione più economica dei fat tori di produzione, allo scopo di massim izzarne l'e fficien za. in vista della scarsità dei mezzi disponibili. Nella soluzione di tale problema, anche l'uomo di governo deve reperire in via preliminare, i mezzi finanziari per procurarsi i fattori di produzione occorrenti. In pratica tali mezzi gli provengono dal bilancio che si alimenta a l redd ito nazionale; epperò risultano limitati e quindi scarsi rispe tto ai diversi fini che lo stato deve realizzare, sicchè si rende necessaria una scelta, secondo u na scala prioritaria dei servizi pubblici e degli interventi da realizzare, decidendone, altresì, il quantum . Consegue che un siffatto processo produttivo comporta tre categorie di problemi, come segue (2 1) : a) determinazione della quota di reddi to nazionale per finanziare la produzione; b) utilizzazione migliore dei mezzi finanziari assegnali alla difesa - defense management - ; c) analisi delle conseguenze della spendita degli stanziamenti, in relazione agli obiettivi da consegui re. I primi due problemi formano oggetto della microeconomia mili tare; il terzo della macroeconomia militare.

(2 1)

94

G. U.

PAPI,

Produttività delle spese pubbiche, op. ci t.


CAPITOLO II

I B ENI MILITARI

26. Beni e servizi mil itari in senso oggettivo e in senso soggettivo. - 27 . Un tentativo di class ificazione dei beni militari sotto l' aspetto econo mico mili tare. - 28 . La classificazione della NATO in funzione della spesa militare. - 29. Alcuni dati su lle spese m ilitari.



26. Beni e servizi militari in senso oggettivo e in senso soggettivo. I beni acquistati dall'organismo m ilitare assumono il carattere militare per il loro oggetto - beni e servizi militari oggettivi - oppure in relazione al soggetto che li acquisisce - beni e servizi soggettivi - . I beni e i servizi in senso oggettivo riguardano i materiali e i servizi tipicamente militari - l'acquisto di un cannone, la produzione di un missile, la paga al personale militare, ecc. Non sempre, però, è possibile stabilire con certezza e con facil ità se un bene sia da considerare tipicamente militare o no, perchè spesse volte alcuni materiali militari non sono altro che dei beni usualmente prodotti per i settori civili, a i quali vengono apportate modifiche. Si pensi, ad esempio, ad un aereo da trasporto militare che, non cli rado, è la versione di un aereo da trasporto di linea - cargo-. Un elenco di materiali "specificamente militari" è stato predisposto dalla Comunità Economica Europea. Infatti, l'art. 223, par. I, lett. b, del Trattato di Roma stabilisce che "ogni Stato membro può adottare le misure che ritenga necessarie alla tutela degli interessi essenziali della propria sicurezza e che si riferiscono alla produzione o al commercio delle armi, munizioni o materiale bellico; tali misure non devono alterare le condizioni di concorrenza nel mercato comune per quanto riguarda i prodotti che non siano destinati a fini specificatamente militari". Al paragrafo 2 aggiunge "nel corso del primo anno successivo ali' entrata in vigore del presente Trattato, il Consiglio con deliberazione unanime stabilisce l'elenco dei prodotti cui si applicano le disposizioni del paragrafo l b ". Sulla base di tali norme è stato predisposto ed approvato ( 4 3 sessione del Consiglio, tenuta il 15 aprile 1958) il seguente elenco: "Le disposizioni dell'articolo 223, paragrafo lb) del Trattato, si applicano alle armi, alle m un izioni e al materiale bellico, enumerati in appresso, comprese le armi concepite per l'uso dell'energia nucleare: 1. Armi da fuoco e automatiche, quali fucili, carabine, rivoltelle, pistole mitragliatrici, fucili m itragliatori ad eccezione delle armi da caccia, pistole ed altre di piccolo calibro, di calib ro inferiore ai 7 mm. 2. Materiale di artiglieria e apparati fumogeni, lanciagas e lanciafiamme, quali: 'a) cannoni, obici, mortai, pezzi di artiglieria, armi anticar ro, lanciarazzi, lanciafiamme, cannoni senza rinculo; b) materiale mil itare per il lancio di cortine fumogene e di gas. 3. Munizioni destinate alle armi di cui ai precedenti articoli 1 e 2. 4. Bombe, torpedini terrestri e siluri, razzi e ordigni teleguidati: a) bombe, torpedini, granate, comprese le granate fumogene, marmitte fumogene, razzi, mine, ordigni teleguidati, bombe di profondità, bombe incendiarie; b) apparecchi e dispositivi di impiego militare, concepiti specialmente per la manutenzione, l'innesto e il disinnesto, lo scoppio e l'individuazione degli articoli di cui a l precedente paragrafo a). 5. Materiale per la d irezione di tiro per scopi militari : a) calcolatori di tiro e apparecchi di puntamento con raggi infrarossi ed altro materiale di puntamento notturno; b) telemetri, indicatori di posizione, altimetr i; e) dispositivi per l' osservazione, elettronic i, giroscopici, ottici e acustici; d) apparati di mira per il bombardamento e alzi per cannoni, periscopi per gli articoli di cui al presente elenco.

97


6. Carri e veicoli specialmente concepiti per impiego militare: a) carri; b) veicoli di tipo m ilitare, armati e corazzati, compresi i veicoli anfibi; e) treni corazzati; d) veicoli militari semi-cingolati; e) veicoli militari per la riparazione dei carri; f) rimorchi specialmen te concepiti per il trasporto delle munizioni di cui ai paragrafi 3 e 4. 7. Agenti tossici e radioattivi: a) agenti tossici biologici o chimici e agenti radioattivi adatti per produrre in caso di guerra, effetti distruttivi sulle persone, sugli animali e sui raccolti; b) materiale militare per la propagazione, l'individuazione e l'identificazione delle sostanze di cui al precedente paragrafo a); e) materiale d i produzione contro le sostanze di cui a l precedente paragrafo a); 8. Polveri, esplosivi e agenti di propulsione liquidi o solidi : a) polveri e agenti di propulsione liquidi o solidi, specialmente concepiti o fab bricati per il mater iale d i cui ai precedenti articoli 3, 4 e 7; b) esplosivi militari; e) miscele incendiarie e congelanti per l'impiego militare. 9. Navi da guerra e relativi equipaggiamenti speciali: a) navi da guerra di ogni tipo; b) equipaggiamenti specialmente concepi ti per l'ormeggio, l'individu azione e il dragaggio delle mine; e) reti sottomarine. 10.Aeronavi e relativi equipaggiamenti per l'impiego m ilitare. I I.Materiale elettronico per l'impiego militare. 12.Apparecchi per la ripresa di vedute, specialmente concepiti per l'impiego militare. 13.Altri equipaggiamenti e materiali: a) paracad ute e materiale per il lancio di paracadute; b) materiale per il passaggio di corsi d' acqua specialmente concepito per l' impiego militare; e) proiettori a comando elettrico per l'impiego mil itare. 14.Parti e pezzi speciali del materiale contemplato nel presente elenco per quanto presentino un carattere mili tare. 15. Macchine, equipaggiamento e utensili, esclusivamente concepiti per lo studio, la fabbricazione, la prova e il controllo delle armi, munizioni e ordigni per l'impiego unicamente militare, contemplati nel presente elenco". L'elenco sopra indicato non è, e non potrebbe essere d iversamen te, completo, ma rappresenta certamente la lodevole volontà, espressa anche in sede comuni taria, di stabilire, con un'approssimazione ragionevole, quali siano i prodotti "specificamente militari " e cioè quei beni che noi abbiamo definito "militari in senso oggettivo" . I beni e i servizi militari in senso soggeuivo riguardano l'acquisto di beni e servizi che formano oggetto di domanda per la realizzazione di diversi fin i nei vari settori civili e che, pertanto, acquisiscono il carattere militare solo per effetto della personalità del richiedente - amministrazione militare. I generi alimen tari di uso comune, le f'ibre tessili, il cuoio, gli automezzi

98


normali, ecc., sono beni tipici del settore civile, ma divengono militari una volta acquistati dagli organi militari, per la realizzione di fini militari. Riprendendo la distinzione posta dal Trattato di Roma ali' art. 223: prodotti destinati a fini specificamente militari - armi, munizioni e materiale bellico - e prodotti non destinati a fini specificamente militari, riteniamo di poter definire questi u ltimi quei beni che pu r potendosi di per sè utilizzare o, se si vuole, destinare a fini militari, non siano stati posti in essere ab origine per finalità specificamente militari. I beni non specificamente militari, divengono dunque militari per la destinazione finale data ad essi dagli organi militari, epperò è poss ibi le concludere che si tratta di beni militari in senso soggellivo. 27. Un tentativo di classificazione dei beni militari sotto l'aspetto economicomilitare

Seguendo il concetto economico dei beni, tentiamo di pervenire ad una classificazione dei beni militari. Anche nell'economia militare si riscontra la medesima distinzione di beni ormai accettata nell'economia: beni diretti e indiretti, ben i complementari. beni surrogati e beni alternativi. Sono beni militari diretti, tutti quei beni che presentano i requisiti per soddisfare immediatamente i bisogni militari. Tale categoria di beni è la più numerosa e può, a sua volta, essere così suddivisa: a) beni durevoli immobili infrastrutture militari (aeroporti, basi navali, posti fissi per le trasmissioni e le telecomunicazioni, quartieri generali di guerra, oleodotti, aiuti alla navigazione, installazioni di addestramento, ecc.); quartieri generali ed altre installazioni fisse ( quartieri, caserme, ospedali, depositi, altri installazioni permanenti, ecc.); b) beni durevoli mobili aerei, navi e veicoli da combattimento; armamento leggero ; mezzi di trasporto ordinari e speciali; materiale elettronico e delle telecomunicazioni; materiale del genio ferroviario; materiali di casermaggio, equipaggiamento, sanitario e di uso generale; vestiario; c) beni fugaci munizion i, esplosivi e propellenti; - materiali di consumo di uso vario; - viveri. Sono beni militari indiretti o strumentali quei beni che servono per la produzione di un bene mi li tare diretto. Un opificio militare, un arsenale o un'officina sono beni militari strumentali. Se poi, secondo un più recente orientamento, ormai affermatosi in diversi paesi - USA, Regno Unito, Repubblica Federale Tedesca. Olanda, ecc. si considera il servizio difesa nel suo complesso realizzato mediante lo strumento militare, come un processo produttivo di cui le forze, i sistemi di arma, le strutture e l'organizzazione sono i diversi fattori di produzione, ne risulta che le infrastrutture, i sis temi di arma, i sistemi elettronici e delle telecomunicazioni, i mezzi di trasporto, ordinari e speciali, le attrezzature e i

99


material i del genio, gli equipaggiamenti e le scorte, vengono considerati " beni capitale " e cioè strumentali, in quanto destinati a produrre lo" strumento militare", il quale a s ua volta, presenta - come già osservato - un carattere strumentale fino a quando, col suo de terreni riesce ad assicurare l'integrità e la sicurezza del territorio e, con esso, il libero funzionamento delle istituzioni, lo sviluppo economico e il benessere; mentre ass ume carattere finale, quando deve essere materialmen te impiegato e qu indi consumato, in un conflitto per contrastare attacchi nemici. I beni mil itari complementari appartengono a due categorie : u na prima categoria riguarda quei beni che consumati da soli non soddisferebbero un bisogno militare. Un cannone senza munizioni, u n aereo senza motore, una tenda senza picchetti, non soddisfano di per sé alcun bisogno. Appartengono alla seconda categoria quei beni che da soli non soddisfano i bisogni militari così compiutartiente, come quando si combinano con altri beni. Un autocarro con rimorchio, un mulo col basto, un impermeabile con cappuccio, soddisfano meglio o più compiutamente i vari bisogn i. Anche i beni militari strumentali sono complementari, nel senso che un bene militare diretto può essere prodotto con l'im piego simultaneo di più beni strumentali. Sono beni mi litari surrogati, quei beni che stanno fra di loro in rapporto di succedaneità. Pane o patate, vino o birra, carbone o legna, carri armati o cannoni, bombe o missili sono tutti rapporti di succedaneità che assumono un'importanza grandissima nelle attività militari, perchè le vicende belliche impongono, quasi sempre, il ricorso a beni mil ita ri s urrogati, di cui si stabilisce una gerarchia. Diconsi, infine, beni mili tari alternativi quei beni che possono essere impiegati in usi diversi ; ma, qu ando vengono adibiti ad un dato fine, non possono adoperarsi per un altro. Ad esempio, la legna può essere a doperata per costruire baracche o per essere bruciata : però un uso esclude l'altro. Nelle attività militari assumono grande importanza i beni complementari e i beni surrogati . Infatti i sistemi di arma moderni, per il loro alto grado di tecn icità, presentano u n notevole carattere di complementarietà; inoltre, l'esistenza o meno di beni succedanei condiziona spesso un programma militare. 28. La classificazione della NATO in funzione della spesa militare

i -

In relazione alla classificazione delle spese militari adottata dalla NATO beni e i servizi militari possono essere suddivisi come segue: servizi del personale; vestiario; viveri, bevande e affini ; aerei; artiglieria; veicoli da combattimento; munizioni ed esplosivi ; materiale elettronico e di comunicazione; armamento leggero; materiale del genio e materiale ferroviario; trasporti e altri veicoli; navi e imbarcazioni aeroportuali;

100


- infrastrutture comuni NATO; - costruzioni militari nazionali; - quart ieri generali ed altre installazioni militari; - aeroporti; - dispositivi d'intercettazione a terra con radar; - trasmissioni; - altre costruzioni militari, come accampamenti fissi, campi di tiro, fortificazioni, ecc.; - pezzi di ricambio di manu tenzione di grande importanza; - pezzi di ricambio di manutenzione per aerei, artiglieria, veicoli da coml1attimento, per l'elettronica e le TLC, per l'armamento leggero, per il materiale del genio e ferroviario, per i trasporti e altri veicoli, per le navi e le imbarcazioni, per il maferiale individuale e collettivo, ecc.; - prodotti petroliferi; - altri beni e servizi; Come si vede trattasi di una class ificaz ione particolare che risponde ad esigenze specifiche della NATO e che non può essere generalizzata. Abbiamo comunque ritenuto opportuno farne cenno, data l' importanza dell' Organizzazione che l' ha adottata. 29. Alcuni dati sulle spese militari

È un dato di fatto che le spese pubbliche in genere sono in continua espansione. Si narra che il Ministro francese De Villèle, nel presentare in Par lamento il bilancio del 1828 che aveva toccato il miliardo di franchi, ebbe a dire « Salutate q uesta cifra, signori, non la rivedrete mai più ! ». La profezia si avverò ma in senso opposto. Da oltre un secolo, dapprima più lentamente, poi con maggiore rapidità, i pubblici bil anci di tutti i paesi presentano un aumento crescente di spese. Occorre, tuttavia, osservare che I' aumento in cifre assolu te non rappresenta un corrispondente aumento reale delle spese stesse. Innanzi tutto si deve tener conto del deprezzamento della moneta: il suo valore va continuamen te decrescendo in ragione del p erfezionamento dei sistemi monetari e della tecnica di circolazione - circolazione creditizia: chèques, aperture di credito, ecc. (1). Inoltre in molti paesi la popolazione è in aumento. Ciò comporta, in cifre assolute, un incremento di spese per adeguare e mantenere efficienti alcuni servizi pubblici in rapporto all'espansione della popolazione stessa. onostante le accennate cause che rendono in parte apparente l'aumento delle spese pubbliche, deve r iconoscersi un incremento effellivo e reale dei bilanci pubblici. Motivi sociali, politici ed economici hanno recentemente dilatata la spesa delle attività dello stato, sicchè accanto a quelle tradizionali, molte altre se ne sono aggiunte con finalità di sicurezza sociale, di piena occupazione e di benessere. È così possibile riassumere le cause di aumento delle spese pubbliche come segue : a) maggiore giustizia sociale dovuta in gran parte ali' ascesa al potere delle classi lavoratrici; b) sviluppo della cultura e dello stesso benessere sociale; c) fenomeno dell'urbanesimo; d) nuove e maggiori funzioni dello stato che prende sempre più parte alla vita economica del paese - fiscal policy, interventi economici, partecipazioni in determinati processi (')

Ciò a prescindere dai fenomeni inflazionistici che di recente, per cause diverse, stanno colpendo, sia pure in m isura diversa, un pò tutti i paesi.

101


Riparti zione percentuale rra spese del settore civile e spese mil itari , r is petto a l reddito nazio nale lordo e le spese pubbliche dal 1913 al 1975 presso alcuni Paesi.

l-

TAB.

oN-

FRANCIA Reddito

19 13

A

8

9,8

3,6

ITALIA

Spese pubbl.

Reddito

REGNO UNITO

Spese pubbl.

Re<lcli10

STATI UNTTI

Spese pubbl.

Reddito

URSS

Spese pubbl.

e

D

A

8

e

o

A

B

e

o

73, 1

26,9

9,4

2.6

76,3

23,7

8,7

3,7

70,l

29,9

3,0

0,7

8 1,7

18,3

11,6

3.6

76,0

24,0

21,3

2,7

88,8

11,2

4,9

0.7

87,5

12,5

1929

A

13

e

D

1938

18,9

8,0

70, 1

29,9

18,9

10,1

65,0

35,0

20,9

4,9

77,0

23,0

11,5

1,6

87,8

12,2

1950

23,9

8,2

74,4

25,6

23,8

4,9

82,9

17,l

34,5

8,0

81,2

18,8

9,0

9,2

49.4

50,6

Reddito A

B

61,1

15,3

Spese pubbl.

e

o

74.3

25,7

79,9

20,l

1952

21,7

13,0

62,6

37,4

21,0

5,2

80,0

20,0

28,3

8,7

76.4

23,6

7,4

15, 1

33,0

67,0

40,7

2 1,5

65.4

34,6

1956

15,1

6,6

69,5

30,S

15,8

3,1

83.6

16,4

20,8

8,2

71,6

28,4

7,6

9,7

44,l

55,9

48,2

6,8

87,6

12,4

1959

19,4

7,8

7 1,2

28,8

25,0

3,8

86,8

13.2

32.4

8,4

79,5

20.5

8,6

11 ,7

42,S

57,5

48,8

4,2

92,1

7,9

1962

16,9

5, 1

76,7

23,3

16,8

2,8

85,7

14,3

32,6

6,6

83,2

16,8

9,9

9, 1

52,2

47 ,8

42,2

7,7

84,5

15,5

44,8

6,6

87,1

12.9

..

1965

17,2

4,2

80.4

19,6

18,7

2,6

87,8

12,2

34,0

6,0

84,9

15,1

10,3

7,4

58,S

.Jl.5

1968

17,4

4,8

78,4

21,6

20,1

3,0

87,0

13,0

30,8

5.4

85, l

14,9

12,3

9,3

55,5

44, 5

6,6

197 1

13.0

3.5

78.8

2 1,2

21,7

2,9

88,2

11 .8

26,3

s.o

84,0

16,0

13,8

7,1

60,0

40,0

6,9

.. ..

1974

15, 1

3.4

8 1,6

18.4

25,2

2,8

90,0

IO.O

37,9

5.2

88.4

11,6

13,9

6,0

69,8

30,2

..

6,8

..

..

1975

20,2

3.4

80,9

19, 1

26,2

2,6

9 1,7

8.3

..

..

89,2

10,8

14,2

5,8

7 1,0

29,0

..

..

..

A) percentuale delle spese del seuore eh ile sul reddito nazionale lordo; l:l ) percentuale delle spese militari ~u l rcddi10 na,ionale lordo; C) percentuale del le s pese del setto, e c ivile sul complesso de l le ~p~sc pubbliche; D) percen tuale delle ,pese militari s ul complesso delle spese pubb liche.

..


produLtivi, pervenendo ad un sistema ad economia mista - ; e) esLendersi della burocrazia per effetto delle nuove e maggiori funz ioni dello stato (2). Non tutte le categorie di spese pubbliche tendono a crescere con lo stesso ritmo. In taluni paesi gli au ment i più cospicui si riscontrano nelle spese volte a fini sociali - tra cui rientrano anche i miglioramenti economici alla burocrazia e negli interventi economici. Le spese di amministrazione generale, invece, si mante ngono ad un medes imo livello costante, rispetto al reddito nazionale, in quasi tutti i paesi. Anche le spese militari presentano un costanie aumento in tutti i paesi, un aumento che, spesse volte, supera l'incremento del reddito (3). Inoltre dette spese, che raggiungono livelli elevatissimi in tempo di guerra (4 ), non tornano mai ai livelli precedenti, una volta che siano cessate le ostilità. Kr:rsER osserva che "le guerre tendono a far notevolmente aumentare le spese pubbliche e nel dopoguerra non si può avere un ritorno ai precedenti livelli di spese perchè i prezzi sono inflazionati, si debbono pagare gli interess i sui debiti contratti per la guerra ed espandere i benefici per i reduci, diviene necessario un programma di aiuti economici al!' estero e la prosperità in guerra può incoraggiare l'adozione di ulteriori programmi sociali ed economici; senza conta re le spese che la "guerra fredda" rende necessarie (5). Nella TAB. 1 abbiamo r iportato l' andamen to delle spese mii i tari, r ispetto a quelle del ettore civile e del reddito nazionale - espresso in percentuali - di alcuni paesi dal 1913 al 1975. Le spese militari presentano anche un notevole grado di concentrazione nel senso che la gran parte del loro ammontare riguarda un ristretto gruppo di paesi, anche se ne lla corsa agli armament i è ricorrente il caso di paesi sottosùluppati che destinano gran parte delle loro magre risorse alle spese militari, tanto che le spese per tali paesi, dal 1951 al 1971, sono passate dal 4 % a l 9% del totale mondiale. La TAB. 2 dà una prima idea della concentrazione delle spese militari nel 1973. Dai dati espos ti risulta che su 110 paesi cons iderati, la metà ha speso meno del 9,5 % del complesso delle spese militari; questi paesi registrano oltre il 62% della popolazione complessiva e dispongono di un reddito di poco superiore al I 0% del reddito rotale. Si potre bbe concludere che trattasi d i paesi poveri. Per contro 28 paesi hanno speso per la difesa l' 83 % della spesa complessiva; questi paesi hanno una popolazione che rappresenta poco più del 24% del complesso e godono di un reddito valutato più del 73% del reddito complessivo. Fra questi, 3 paesi spendono per la difesa più del 42%

(2)

(l)

(•) {')

C . U. PAr1. Teoria della condotta eco11omica dello Stato, Milano 1956, pag. 20 1 e ,egg. U. BKOCHIFR, P. TAUATONI, /:.'conomie financière. Parb 1959, pag. 62 e scgg. H. M. GROH.s, La fi11a11:a di uno stato modemo, trad. it . .\1ilano 1953. pag. 533 e segg. C. GRoSSMAN, Sitemi economici co111para1i, Bologna 1969, pag. 93 G. Z1NGA1.1, A. A,IA ro. la spesa pubblica, Torino I965, pag. 8- 15 Ci sia concc~o il richiamo alla nostra nota G. IIIAYER, Le spe.,e militari 11el 111011<10, in L'Amministrazione della Difesa, n. 2 del 1974. Inoltre, il lcuore che volesse a,·erc maggiori notif.ie sulle spese ,ni litari, può consu ltare il Mi lit.1ry Balancc . pubb lica1.ione annuale dell' Tnternationalc ln~titut for Strategie Studic,, London. Negli Stmi Uniti d'America nel 1943 le spese militari raggiunsero il 39,6% dd reddito naziona le; nel Regno Unito toccarono il 72%. K, 1~F.R N. r ., A11alt ,i eco110111ica politica e fiscale, trad. it. Milano 1967, pag. 85

103


dell'ammontare complessivo ed hanno un reddito valutato oltre il 31 %. Trattasi degli USA, della Svezia e di Israele. Inoltre è possibile valutare con maggior precisione la concentrazione delle spese militari, considerando i valori risultanti dalla success ione dei valori osservati, disposti in ordine decrescente e in 10 classi, delle spese militari sostenute da 110 paesi nel 1973. Dalla TAB. 3 si nota che nella prima classe (10% dei paesi considerali) si concentra 1'82,84% del complesso delle spese militari e che nelle prime cinque classi (50% dei paesi considerali) si raggiunge il 98,71% (6 ) . Se poi si considerano soltanto 6 paesi (USA, URSS, Repubblica Federale Tedesca, Cina, Regno Unito e Francia) si giunge alla conclusione che tali paesi, con un reddito nazionale pari al 60% del complesso, spendono per la di fesa il 76,04% delle spese militari mondiali.

TAB.

2-

Classi delle spese di difesa pro-capire ( in dollari )

4 ( )

104

Distribuzione di 110 paesi per classi di grandezza delle spese di difesa nel 1973 N. dei Paesi N.

Popolazione

% sul Assol uta totale (in migli aia)

% su l

tota le

P.N.L. Importo in milioni

di dollari

Spese di difesa

% s ul totale

Impor1 0 in mi lion i di dollari

% sul

totale

I

4

3,64

88.6 10

2,41

4.485

O, 11

79

0,04

2-

3

14

12,73

311.180

8,46

33.406

0,86

680

0,33

4.

5

18

16,36

757.940

20,62

95.223

2,47

3.252

1,56

6 . 15

19

17,27

1.1 33.670

30,84

279.027

7,24

15.558

7,49

16 · 50

27

24,55

485.505

13,21

604.050

15,67

15.638

7,53

51 - 200

25

22,73

677.017

18,42

1.638.666

42,50

84.043

40,45

201 • 500

3

2,72

222,280

6,04

1.200.950

31,15

88.522

42,60

1 IO

100,0

3.676.202

100,0 3.855.807

100,0

207 772

100,0

li rappor to d i concentrazione é pari a 0,878, valore molto a lto, perchè, come è noto, il valore esprimente la massima concentrazione è I .


TAB.

3 -

Spese militari di 110 Paesi nel 1973 (in milioni di dollari)

Classi

N. dei Paesi

Spesa assoluta

pe rcentua le

1

Il

172. 112

82,837

2

11

17.l i2

8,265

3

11

8.296

2,993

4

11

4705

2,265

5

11

2.809

1,352

6

11

1.314

0,632

7

11

751

0,361

8

11

341

0, 164

9

Il

187

0,090

IO

Il

85

0,041

110

207,772

100.000

105



CAPITOLO IIl

LA DE TERMI AZIONE DELLA QUOTA DI REDDJTO NAZIONALE PER FINANZIARE LA PRODUZIO E DEL « SERVIZIO DIFESA»

30. Le fonti di finanziamenLo dei servizi pubblici. - 31. Il problema della dimensione dei servizi pubblici. - 32. La determinazione della quota di reddito da destinare al "servizio difesa".



30. Le fonti di finanziamento dei servizi pubblici. È stato osservato che l'imprenditore privato si pone il problema di reperire il risparmio occorrente per procurarsi i fattori di produzione necessari; e che tale risparmio potrà pervenirgli dalla sua precedente produzione - au· tofinanziamento - oppure potrà procurarselo attraverso il credito bancario. E. stato altresì osservato che anche per l'uomo di governo si pone il problema di reperire i mezzi finanziari per procurarsi i fattori di produzione occorrenti; aggiungiamo che tali mezzi di finanziamento della produzione di servizi pubblici possono alimentarsi a fonti diverse : reddito, risparmio, consumo di capitali, inflazione, anche se, in definitiva, queste diverse fonti si riallaccino tutte al reddito, perchè prestiti e inflazione - secondo l'umanime opinione della dottrina - si riconducono all'imposta sul reddito e la stessa imposta straordinaria sul patrimonio finisce con l' essere pagata col reddito; sìcchè, a lungo andare, il reddito determina l'ampiezza e l'entità dell'attività statale: il patrimonio, l'estremo limite, portandoci così alla conclusione che tutte le fonti alle quali può alimentarsi l'attività finanziaria dello stato sono limitate rispetlo ai fini eletti. Ma da siffatta verità ne discende un'altra, e cioè la disponibilità limitata dei mezzi, induce l'uomo di governo, come il privato - sol che sia razionale - ad un dispendio minimo di tal i mezzi, non da un proprio stato d'animo, sibbene da un ragionamento istintivo in chiunque, che di contro all'avvertita scarsità di mezzi, consideri la vastità dei fini da raggiungere (1); come pure non può assumere - anche se l'elezione dei fi. ni pubblici ha natura politica - fini contradditori o sproporzionati ai mezzi disponibili.

3 I. Il problema della dimensione dei servizi pubblici.

Il contrasto fra scarsità dei mezzi e vastità dei fini pone l'uomo di governo di fronte ad un problema cli scelte: scelte alternative fra possibili servizi, divisibili e indivisibili, da rendere alla collettività, oppure scelte sulla dimensione da dare ad alcuni di essi, nel senso che, sempre sotto il vincolo della scarsità dei mezzi, la scelta di un servizio in luogo di un altro costituisce un problema di priorità; mentre la scelta della dimensione di un servizio, costituisce un problema di finanziamento, perchè la dimensione dei servizi dipende dalla quantità di fatlori di produzione che ad esso vengono destinati, fattori che comportano un costo per il quale occorre trovare i mezzi di pagamento.

(')

L. E1NAUDI L.. Morale et économique, in Rev. écon. polit. op. ci t. L. R oaa1Ns, cssay on the natu re a11d significance o{ economie science, op. cit.

G. U. PAPI, Principi di economia op. cit. vol. 1. pag. 8, Equilibrio fra allivittì economica e finanziari'a, pag. 13 e segg. F. Viro, Alcune osservazioni inrorno ai rapporti fra economia corporativa ed etica, in Raccolta s tudi in onore di R. Della Volta, pag. 7; Introduzione a/l"economia politica, pag. 20, Milano I957 e conr,a.: B. GR1z10TTl. Mezzi dell'allività economica e mezzi del/"a11ività finanziaria, in studi in onore di C. Masci, voi. II, pag. 67 e segg. Milano 1943. Per una c ri tica del pensiero di GR1z1on1, vedasi B. LEONI, A proposito dei mezzi dcll'allività economica e mezzi dell'allività finanziaria» di B. Griziolli. in Riv. Dir. Fin. e Se. Fin. 1950. n. 3. Ci sia permesso inoltre il riferimento al nostro lavo ro: G. MAYF.R, Prime indagini sugli elementi di costo del/"allivittì statale, in Studi economici, 195 1 n. 3

109


Posti i termini del problema, vediamo ora come si è tentato di risolvere, sia per ciò che concerne la scelta - secondo una scala prioritaria - dei diversi servizi pubblici e degli altri interven ti da realizzare, sia riguardo al quantum di ognuno di essi. Al riguardo dobbiamo osservare che il problemaha formato oggetto di s tudio da parte della dottrina, dai classici in poi, SAY (2) con la sua teoria del consumo, SENIOR (3) e BASTIAT ( 4 ) con quella dello scambio, DrETZEL (5 ) e WAGNER (6 ) con quella della produzione e STETN (7) e L,sr (8) con quella della riproduttività, SAx (9) con quella sull'utilità marginale, MoscA ( 10), PARETO (1 1), GRIZIOTTl ( 12 ) con quella sociologica e politica, DE Vm DE MARCO ( 13) con quella dello stato monopolista e dello stato cooperativista - per citare solo le più rilevanti - hanno tentato di scoprire se la quantità del reddito che viene sottratta al s istema economico privato per essere destinata a lla soddisfazione dei bisogni pubblici mediante i servizi pubblici prodotti dallo stato e dagli altri consorzi politici, sia determinata da qualche legge scientifica, oppure se deve ritenersi indipendente e al di fuori di ogni norma (1 4 ). Secondo il pensiero prevalente della dottrina, nessuna teoria è riuscita a dimostrare che, prelevamento di redditi e loro spendila per produrre servizi pubblici, siano legati da rapporti ben determinati e costanti di causalità o, qu anto meno, di probabilità, secondo il principio di economicità ( 15 ). Dobbiamo, però, rappresentare che recentemente alcuni Autori ( 16) rifacendosi ai principi dell'economia del benessere ( 17), e richiamando certe teorie già note,

(')

J, B. SAY, Trattato di economia politica, ,rad. il. in Bibl. econ . serie I, voi. VI Torino 1854; Corso complero di economia politica, trad. it. in Bibl. econ. serie I voi. Il, Torino 1855 .. W. SENIOR, Principi di economia politica, trad. it. in Bibl. econ. serie I, voi. V Torino 1854 F. BASTLAT, .4rmonie economiche, crad. it. in Bibl. econ. serie I, voi. XII, Torino 1856 E. DtETZE~. Das System der Staatsanleihen in Zusammenhang Volkswirtschaft berrachtet, 1855 Die Volkwirtschafr und ihr verhraniss zu Gesellschafr und Staai, op. c it. Leipzig, 1864 A. WAGNER, La scienza delle finanze. trad. it. in Bibl. econ. serie III. voi. X, Torino 1891 (op.

(3) (') (') (6 )

(7) (") (9)

(10) ( 11 ) (

12 )

(' 3 )

(")

(' 5) (

(

16

17

)

)

1IO

cil.) L. STEtN, Lehrbuch der Finam.wissenschafr. Wien 1885; La scienza della pubblica amministrazione, trad. it. in Bibl. se. poi. amm. serie 111, vo i. l Torino 1897 F. Ltsr. li sistema nazio,iale dell'economia po/irica, in Nuova col l. econ. voi. llI, Torino 1932 E. SAx, Principi teoretici di economia di Stato, trad. it. in Bibl. econ. serie V, voi. XV Torino 1905 La teoria dell'utilità marginale in Italia ha avuco numerosi sosteniwri, fra cui: RJCCA·SALERNO (G . R.tccA-S11LERNO, Scienza delle finanze, Firenze 19 19; Nuove dorcrine sisrematiche della scienza delle finanze, io Giorn. econ. n. 4, 1887), GRAZIANI, (A. GRAZIANI, /s1it11zioni di scienza delle finanze;Torino . 1929), PANTALEONJ (M . PANTAt..EONJ, Contributo alla reoria del riparto _delle spese pubbliche, in Scritti vari di econom ia, 1904; Principi di economia pura, Firenzè .1 931 ) ed altri O. Mosci,, Teoria di governi e del governo parlamenrare, Milano 1925 W. PARETO, Trar1a10 di sociologia, Firenze 19l6 B. GR1z10TT1, Principi di politica, diri110 e scienza delle finanze, Padova 1929; Vecchi e nuovi indirizzi nella scienza delle finanze, Padova 1935; Le spese pubbliche nella scienza delle finanze, in Riv. dir. fin. e Se. fin. n. 1, 1937 A. Dc Vrn Dc MARCO, Principi di scienza finanziaria, Torino 1934 TI lettore desideroso di maggiori approfondi mcm i sulla teoria generale di finanza, potrà consultare le opere d i OF.t.. VEcc1110 (G. DcL VEct:1110, Economia generale, in Trat. ital. ccon. voi. I. Torino 1961; /111rodu zione alla finanza. Torino 1954) e d i ARENA (C. ARENA, Finanza pubblica, in Trall. it. econ. voi. XIV (due tomi) Torino 1963). C. MAsc,, Corso di scienza delle finanze e diri110 finanziario, Roma 1943 A.P. LERNER. The economics of contro/, N. J. 1946 Sull'Economia del benessere, si veda l'ott imo t rattato di BAUMOL /\V. J. B,\UMOL Teoria economica e analisi opera1iva, trad . ic. Milano 1968).


come quella dell'ollimo sociale paretiano, dell'utilità marginale e della opportunity cosi, ritengono che, almeno si possa determinare la quota ottima di reddito prelevabile del sistema economico privato per essere destinata alla produzione dei servizi pubblici, che a loro volta, verrebbero a rappresentare un ottimo nel complesso del sistema economico - privato e pubblico - . In particolare, tal i Autori hanno ritenuto di individuare il massimo benessere pub blico nel punto in cui il costo marginale sociale - dovuto alle spese pubbliche - è uguale all'utilità sociale marginale di un "progetto " governativo e cioè quando la soddisfazione sociale che si trae dalla spesa pubblica è uguale alla soddisfazione sociale derivante dalla spesa privata. Siffatto equilibrio generale porterebbe anche a li ' equilibrio di tutte le attività statali, nel senso c he le util ità marginali delle singole attività statali risulterebbero uguali fra loro. Conseguirebbe, pertanto, che ogni unità marginale d i moneta spesa per la difesa verrebbe a procurare un'uti li tà uguale a ll' unità marginale di moneta spesa per l'educazione, per la salute pubblica e così via. Secondo K E1St:R (1 8) il principio della marginalità sociale è accettabile in teoria, ma a llo stato a tt uale dell'analisi economica, difficile da porre in pratica, in quanto occorrerebbe conoscere i costi e i vantaggi dei "programmi" pubblici ed avere coscienza - da parte degli individui - dei costi derivanti dal non intraprendere un dato progetto pubblico; sembrerebbe pertanto di dover concludere che le metodologie per giungere a siffatte conoscenze s iano ancora imperfette, malgrado la cost-benefi1 analysis si sia notevolmente affinata e che alcu ne tecniche decisionali in campo economico si orientino verso l'analisi di problemi specifici di scelte a lternative (1 9 ) . Quanto fin qui osservato ci consente di conclu dere che il problema della scelta prioritaria e della dimensione dei servizi pubblici e degli altri intervent i del lo stato, non potendo essere risolto sul p iano econom ico - almeno al lo stato attua le delle metodologie - resta di natura prevalentemente politica. Tutt'al più, alcune metodologie di analisi economica possono mostrare all'uomo di governo talune incompatibilità che in termini logici si pongono

(' 8 )

(' 9)

N. F. KmsER, Analisi economica, po/irica e fiscale, trad. it. pag. 96, Mil ano 1967 Dello stesso parere si mostrano: ANTHONY (R. N. ANntoNv, Contabilità per la direzione, trad. il. pag. 807 , Milano 1966) e Poou.; (K. E. Poou;, in Jo inl Economie Commillee: Federai expendi iures policy, pag. 118, WashinglOn 1963). Al riguardo BAUMOl- (:,\I. J. 8AUMOI., Teoria economica e analisi operali va, op. c it. pag. 443) ha osserv.:iio acutamente che «nell'econom ia del benessere l'accento è passato, intorno agli anni 40, da un ob iett ivo preva lentemente ast ratto all'estremo opposto: ad e laborazioni a carattere applicativo e a concreti problem i d i quotidiana determinazione delle dec is ioni economiche». Invece F1SHER (G. H. FrsHER, The role of cosc-urilicy analysis in Program Budgeting, a cura di D. NovtcK, Program Analysis and Federai Budget, pag. 63, Cambridge - Mass. 1967) cosi' si esprime sui limiti della cos t-benifit analysis: «Da un punto di vista ideale, colui c he deve prendere decisioni vorrebbe pianificare la distribuzione futura dell e risorse in modo tale che pe r un dato bilancio, ad esempio, il rendimento o l'ut ilità margina le st imato in ogni piu' importan te settore di spesa, s ia uguale. Ma è pi u' facil e dire che fare q uesto; allo st.ilo atlu.:, le delle capaciti, dell 'ana lis i applicata nessuno conosce con prec is ione come possa raggiungers i «l 'ottimo generale,. Gli strumenti .:inal itic i ora dispon ibi li - particolarmente quelli quantitat ivi - non sono utili a t rattare d irettamente quest i problemi». A non diverse concl us ion i perviene GERELLI (E. GERELLI, Criteri per migliorare le decisioni nel campo delle spese pubbliche, Atti de l Convegno Nazionale d i Pavia, ottobre 1967). Ottimista si mostra in vece EcKER (11. P. EcKER, Analisi del cvslo beneficio e suo impiego nelle attività decisio11ali ma11ageriali, in L'Ammin istrazione della Difesa n. 3-4 1968 pag. 23) che vede, anche allraverso l'applicazione del planning programming budgeting systcm, la possibi li tà dì ricercare una specie di «equilibrio generale• nel qua le possano realizzars i, nella maggior misura, gli o biettivi di tu tti i servizi governativi (d ipart imenti) considerati come un tu tto unico.

111


tra diversi obiettivi, oppure l'impossibilità d i conseguire tutti gli obiettivi prefissi, stante la scarsità delle risorse disponibili. 32. La determinazione della quo/a di reddito da destinare al "servizio difesa".

Anche il problema della dimensione del "servizio difesa", rispetto agli altri servizi, resta dunque di natura prevalentemente politica ed ha un carattere pregiudiziale per la vita di un consorzio civile, cosicchè si mostra a l di fuori di ogni realtà moderna il noto slogan "burro o cannoni" così caro ad alcuni economisti e politici del secolo scorso. Infatti, considerare le spese militari come una sottrazione di risorse e di fattori d i produzione di beni di consumo o strumentali è al di fuori della realtà sociale, perchè l'elemento sicurezza è preminente in ogni consorzio civile ed è fattore essenziale in ogni sistema economico. Sarebbe desiderabile - nota PAPI (2°) - disporre di tutto il reddito di un paese per promuovere lo sviluppo economico e sociale. Però la vita odierna esige strutture preliminari: tra cui una difesa sempre più aggiornata, in rapporto a l progresso tecnologico. Si tratta perciò di u n costo che il consorzio civile sostiene per assicurarsi la sicurezza sociale e con essa le condizioni di vivere e produrre e quindi di svilupparsi. D'altra parte i classici che hanno sempre propugnato il "non intervento dello stato", avevano concordemente ammesso l'attività dello stato per assicurare la difesa del paese. In tal senso si espressero A. SMTTH e Mc CuLLOCH, per citarne solo alcuni. STETN, della scuola storica, per primo, paragona la spesa militare ad una specie di "premio di assicurazione sociale" che il paese paga per garantirsi, entro certi limiti, dalle aggressioni. Tale concetto è stato ripreso da autori recenti ( 21 ). La determinazione della quota di reddito nazionale da destinare alla produzione del "servizio difesa" sembra possibile - almeno allo stato attuale della metodologia - soltanto attraverso un'indagine ex post delle conseguenze sul sistema economico dovuto alla spe.ndita degli stanziamenti effettuati dalla difesa, collegata ad una ex ante che mostri eventuali incompatibilità tra diversi obiettivi, oppure l'impossibilità di consegui re alcuni obiettivi, stante la scarsità delle risorse disponibili.

('0 )

(' 1)

112

G. U. PAPI. Produllività delle spese pubbliche, in L'Amministra1.ione della Difesa n.2, 1969 Cfr. nota 12, cap. I.


CAPITOLO IV

LA DOMANDA MILITARE

33. Concetto di domanda militare. - 34. Un approfondimento della domanda militare: elementi da cui dipende la domanda militare. 35. La elasticità della domanda militare rispetto al prezzo e al bilancio. - 36. Elasticità incrociata della domanda militare ed elast icità di sostituzione. - 37. La variabilità della domanda militare r ispetto aJie preferenze. - 38. Le cause della scarsa elasticità della domanda militare.



33. Concetto di domanda militare. Con l'espressione domanda militare si designa l'aspirazione che I' organismo militare prova per il conseguimento della disponibilità di una certa quantità di un dato bene, in un dato istante e lungo un dato spazio di tempo. La domanda militare p uò avere per oggetto un bene materiale o un servizio. Devesi, però, osservare che l'aspirazione a conseguire il bene domandato non deve consistere in un vago o generico desiderio, ma l'effettivo e certo intendimento di compiere sacrifici, sforzi e rinuncie per raggiungere la disponibilità del bene desiderato. La domanda militare trova la sua possibil ità di realizzarsi attraverso lo scambio e l'organizzazione di mercato e cioè r inunciando ad una certa quantità di moneta, proveniente dagli stanziamenti di bilancio, per disporre del bene desiderato - un'infrastruttura, un sistema di arma, i servizi del personale militare o civile, ecc. - . La domanda militare si manifesta mediante una tabella - lista di domanda - nella quale sono indicate le quanti tà del bene che si è disposti ad acquistare ai vari prezzi, ovviamente nell' ipotesi di successive variazioni istantanee di prezzi. Per esempio, la lista di domanda di una determinala pista di atterraggio per aerei da parte dell'organismo militare potrebbe essere così formulata: LISTA 01 DOMANDA DI UNA PISTA DI ATTERRAGGIO

prezzo di f . 500 milioni per 1000 m. 1000 metri prezzo di f. 450 milioni per 1000 m. 2000 metri p rezzo di f. 400 milioni per 1000 m. 4000 metri prezzo di f. 350 milioni per 1000 m. 6000 metri prezzo di f. 300 milioni per 1000 m . 8000 metri Tale lista mostra la quantità massima di "piste" che l'organismo militare è disposto ad acquistare ad un dato prezzo; o ciò che è lo stesso, il prezzo più alto che l'organismo militare è disposto a pagare per una data quantità di "piste". È da rilevare che la domanda militare è uno schema razionale delle possibilità istantanee di acquisti in funzione del prezzo, in quanto prezzi e quantità segnati nella lista, sono soltanto possibilità alternative e non fatti. Di tali possibilità se ne realizzerà soltanto una, nel momento in cui l'organismo militare procederà all'acquisto effettivo del bene. Al paragrafo 23 abbiamo osservato che i ben i mi litari possono essere d istinti in due categorie fondamentali : beni e servizi militari in senso oggettivo e beni e servizi militari in senso sogge11ivo. Dobbiamo ora precisare che la domanda delle due categorie presenta caratteristiche diverse. Nel caso di domanda di beni militari oggellivi e cioè tipicamente militari - cannoni, missili, navi da guerra, sistemi di arma, ecc. - si crea un mercato proprio, differenziato dal mercato generale. Nel caso, invece, di domanda di beni militari in senso soggettivo - viveri, vestiario, carburanti e lubrificanti, ecc. - la domanda di tali beni è concomitante e aggiuntiva a quella formulata dal settore privato, ed eventualmente da altre amministrazioni pubbliche, sul mercato generale, concorrendo a determinare la domanda colleuiva, che risulterà costituita dall'insieme delle liste di domanda del settore privato ed eventualmente di quelle di altre amministrazioni pubbliche. È da rilevare infine, che tale domanda militare, per la peculiarità del servizio difesa, si pone in una posizione concorrenLe con quella de] settore privato. al al al al al

115


Esaminando la lista di domanda dell'organismo militare, abbiamo notato che esso è disposto ad acquistare quantità via via maggiori di "piste", a prezzi via via decrescenti. Supponendo che le due serie della lista - quantità del bene e prezzi relativi - varino per quantità infinitesima, possiamo ottener da siffatta lista, la curva di domanda dell'organismo militare del bene "pista di atterraggio". Ciò ci consente di abbozzare una nozione di primo approccio della curva di domanda militare. Tale curva indica il comportamento dell' organismo militare rispetto alla domanda di un dato bene ed ha un carattere di staticità, perchè le coordinate dei singoli punti rappresentano possibilità alternative riferite tutte a llo stesso momento di tempo.

fig. i V. 1

, oo o

2oo

o

I ,, n g h e z 1 a

:'.l o o o

p

-4 o

I

o 'l s o o o " o. 0 o

s t e

1

o0 e

La curva di domanda militare ha lo stesso andamento delle curve marshalliane: va da sinistra a destra ed è decrescente ( fig. IV. I). Ciò significa che la domanda militare è funzione del prezzo: l'ammontare domandato aumenta col decrescere ciel prezzo e d iminuisce con l'aumentare del prezzo, in un contesto di staticità. In simbol i la domanda militare di un bene è: d ma

=d

(pa)

dove d è la quantità del bene a, e p il suo prezzo.

116


È da notare che per semplicità di analisi, la curva d i domanda militare si potrebbe rappresenLare con una rella (fig. IV. 2), in modo di poter scrivere

fig. IV. 2

o o ~

o o

"' o o

.., o

,.,o <.>

o o

"'

c.

o o

o t .O o o

2000 3:lC' O

l u ngh c~ia

4 Cv0 S C>OO

61)011

7000

800 O

p,, i e

la funzione della domanda stessa sotto forma d i un'equazione li neare del tipo: p

=a

-

bq

dove p è il prezzo, q la quantità domandata, a l' intercetta sull' asse delle ordinate e b l'inclinazione della retta sull 'asse delle ascisse ( coefficiente angolare). 34. Un'approfondimento della curva di domanda militare: elementi da cui dipende.

Nel paragrafo precedente abbiamo supposto, in prima approssimazione, che la curva di domanda militare dipenda unicamente dal prezzo. Ma nella realtà le cose non stan no proprio in questi termini : il prezzo ha ripercussioni notevoli, ma non esclusive sulla domanda militare; a ltri fattori possono e in effetti influenzano l'andamento della domanda militare, epperò in una analisi d i secondo approccio non debbono essere trascurati.

117


Gli altri fattori dai quali dipende la domanda militare, sono il bilancio, i prezzi degli altri beni, l'esistenza di beni succedanei, il grado di complementarietà del bene domandato con altri beni da impiegare nel processo produttivo dello strumento militare e le preferenze. In simboli possiamo dire che la domanda militare può essere espressa come segue : dmn

= f (pn, p1. .. pn - I, B ,T)

dove d,,,,, rappresenta la domanda militare del bene n e p .. il prezzo di tale bene, p i... p n., i prezzi di Lutti gli altri beni, B il b ilancio militare e T le preferenze dell'organismo militare. Tale analisi di secondo approccio può essere effettuata considerando la variazione di un solo fattore - poniamo il prezzo - e osservando come di conseguenza muti la domanda stessa, presumendo invariati tutti gli altri fattori. In seguito si passa ad osservare la reazione della domanda a l variare di un secondo fattore - poniamo il b ilancio - presumendo tutti gli altri fattori, compreso quello che in precedenza veniva fatto variare, come costan ti. E così di seguito fino a che siano state considerate separaramente tutte le cause della variazione della domanda, secondo il principio del creteris paribus. 35. L'elasticità della domanda mili1are rispello al prezzo e al bilancio.

Abbiamo osservato che anche la domanda militare varia in funzione inversa del prezzo, ma non è dato conoscere le relazioni di siffatta funzione . È possibile invece, procedere a qualificare a lcuni comportamenti del!' organismo militare rispetto alle variazioni del prezzo, a seconda della specie del bene domandato. L' osservazione del comportamento del!' organismo militare di fronte a vari beni ci porta a concludere che per alcuni varia la domanda ad ogni variare del prezzo, mentre per altri non varia o varia di poco. Tale comportamento dipende dal!' elasticità della domanda r ispetto al prezzo, epperò con questa espressione si suole alludere alle variazioni che subisce la domanda di un bene quando varia il prezzo del bene stesso. L'elasticità della domanda militare è data da: Òq

E

-

q

-

-

(1)

p

dove E è il coeffic iente di elasticità, ò q la variazione di quantità, ò r la variazione di prezzo, p e q , rispettivamente, quantità e prezzo originari; il segno m eno sta ad indicare che quantità e prezzo variano in senso inverso. Volendo fare un'esemplificazione, se, a l prezzo di 100 si acquistano 2.000 un ità di un dato bene e al prezzo d i 11 O solo l.600, il coefficiente di elasticità sarà: 400 10 E = - - - -2 100 2.000

118


Se poi ipotizziamo funzioni di domanda continue e derivabili, l'elasticità p uò essere misurata per variazioni infinitesime del prezzo e della domanda. In tal caso il coefficiente di elasticità, o meglio il coefficiente marginale di elasticità sarà: Em

dq

=

__d_p_ p

q

(2)

e l'elasticità così misurata è della elasticità puntuale (fig. IV. 3 ), perchè è relativa a ciascun punto della curva di domanda.

fig. IV. 3

O u a 11 t

I t

a

La (2) può anche scriversi:

Em

=

clq cip

p _ __

(3)

q

J 19


Ciò consente di affermare che l'elasticità non è data soltanto dalla pendenza della curva nel punto corrispondente ad un dato prezzo - e cioè dal ·rapporto dq dp

ma da tale pendenza moltiplicata per il rapporto fra prezzo e quanp q

tità assunti nei loro valori iniziali e cioè

Devesi notare, infine, che il coefficiente di elasticità rispetto al prezzo è compreso fra O e oo Per E = O, la domanda è assolutamente inelastica e non varia al mutare del prezzo; per O < E < I, la domanda è inelastica e la sua variazione percentuale è inferiore alla variazione percentuale de"! prezzo; per E = 1, la domanda è elastica e ad ogni variazione del prezzo corrisponde la medesima variazione nella quantità: la curva è un'iperbole equilatera; per I< E < oo , la domanda è elastica e la sua variazione percentuale è superiore alla variazione percentuale del prezzo; per E = oo , la domanda è assolutamente elastica (acquisto di tutta la quantità disponibile ad un certo prezzo e nessun acquisto ad un prezzo di poco superiore). Consideriamo ora la relazione che intercorre fra domanda d i un bene da parte dell'organismo militare e il µroprio bilancio. Tale relazione viene denominata elasticità della domanda militare rispetto al bilancio. In simboli e per varia~ioni inf.illìtamente piccole del bilancio e delkr.quantità domandata, avremo: dq

dB

aq

B

dB

- - - - = - -- -

q dove

EB

B

d log q

q

d logB

----=-----

indica l'elasticità della domanda militare rispetto al proprio bilancio,

dq

dB la variazione percentuale della quantità domandata e q B la variazione percentuale del b ilancio militare. A d ifferenza dell'elasticità della domanda rispetto al prezzo che è sempre negativa, l'elasticità della domanda rispetto al bilancio è di soliio positiva, ma può essere anche nulla o negativa; inoltre, se positiva, può essere maggiore, uguale e minore dell'unità e cioè si avrà:

per

EB

dq q

E

8

EB

=}

dB B

dB per - -dq --= - --q B

per

dq q

120

>

<

dB B


In linea generale è possibile affermare che ad un aumento del livello del bilancio militare, fermi restando gli altri elementi - prezzi e preferenze l'organismo militare : a) riduce la domanda dei beni inferiori e cioè di quei beni che procurano una minore utilità o che presentano una minore efficacia e che venivano acquistati perchè disponibili a più basso prezzo; b) lascia invariata o aumenta lievemente la domanda dei beni necessari; c) accresce la domanda dei beni superiori e cioè di quei beni che procurano maggiore utilità o maggiore efficacia e che sono acquistabili a più alti prezzi. 36. Elasticilà incrociata della domanda militare ed elasticità di sostituzione. Al paragrafo 34 abbiamo osservato che la domanda di un bene militare è funzione anche dei prezzi di tutti gli altri beni domandati dall'organismo militare. Tale fenomeno è dovuto, oltre che ali' interdipendenza generale dei prezzi, anche a l vincolo del livello del b ilancio m ilitare, nel senso che, essendo determinato e fisso lo stanziamento di bi lancio, ogni aumento di prezzo di un bene implica m utamenti anche nella domanda degli altri beni. Per ciò che concerne in particolare l'interdipendenza dei pre zzi, non sempre sono determinabili i possibili rapporti. I casi in cui tali rapporti sono determinabili possono essere ridotti a due categorie di beni: i beni succedanei o surrogati e i beni complementari e il problema consiste nello stabilire che cosa succede alla domanda di un bene quando aumenta o diminuisce il prezzo di un altro bene legato a l primo da un rapporto d i succedaneità o di complementarietà. Iniziamo col caso dei beni succedanei. Consideriamo due beni: missili e bombe e vediamo che cosa succede se a umenta il prezzo di un tipo di missile. Ovviamente, l'organismo militare, finchè possibile, si orienterà verso l'approvvigionamento d i u n t ipo di bombe che assicurino effetti analoghi a quell i prodotti da quel dato missile; viceversa se il prezzo di un tipo di miss ile cala, la domanda delle bombe diminuirà, spostandosi verso i missili. Può dunque concludersi che quando il prezzo di uno dei d ue beni cresce, I' organismo mi li tare aumenta la qu antità dell'altro e viceversa. Passiamo ora a l caso dei beni complementari. Consideriamo due beni: autocarri e carburante e vediamo che cosa accade se aumenta il prezzo del carburante. Di certo l'organismo tenderà a diminuire la domanda di carburante, ma stanle il rapporto di complementarietà fra i due beni, tenderà anche a ridurre la domanda di autocarri. Si può dunque concludere che quando aumenta il prezzo di uno dei due beni m ilitari complementari, tende a dim in uire la domanda di entrambi; l'opposto accade in caso di diminuzione di prezzo. Le relazioni sovraesposte possono essere misurate considerando l' elasticità indiretta della domanda, detta anche elasticità incrociata. Tale elasticità è data dal rapporto fra la variazione percentuale della quantità domandata di un cer to bene e la variazione percentuale del prezzo di un a ltro bene succedaneo o complementare del primo. In simboli, l'elasticità incrociata è data dalla seguente espressione: Ei

dqa = ----

qa

dpb

dqa

pb

pb

dpb

qa

121


Anche se non è possibile fare generalizzazioni sulla variabilità della domanda di un bene al variare del prezzo di altri beni, risulta tuttavia, particolarmente interessante l'analisi del segno del coefficiente, potendosi al riguardo distinguere tre casi: a) il coefficiente ha segno posilivo; ciò significa che quantità domandata di un bene e prezzo del!' altro variano nello stesso senso (la derivata dqa è maggiore di zero), il che è quanto dire che quando uno dei dpb due beni diventa più caro, l'organismo militare a u menta la quan tità domandata dell'altro e viceversa; tutto c iò sta dunque a significare che i due beni sono sostituibili e cioè che trattasi di beni succedanei (ad esempio, missili e bombe); b) il coefficiente ha segno negativo; ciò significa che quantità di un bene e prezzo dell'altro variano in direzione opposta (la derivata dqa dpb è minore di zero), il che è quanto dire che quando uno dei due beni diventa più caro, l'organismo militare domanda una quantità m inore dell'altro e viceversa; tutto ciò sta dunque a significare che i due beni debbono essere usati congiuntamente e c ioè che trattasi di beni complementari (ad esempio, autocarri e carburante); c) il coefficiente è uguale a zero; ciò significa che qualsiasi variazione nel prezzo di un bene non ha alcun effetto sulla quantità domandata dell' a ldpa tro (la derivata è uguale a zero), il che è quanto dire che i dpb due beni sono fra loro indipendenti (ad esempio, carri armati e aeroplani). Prima di concludere il paragrafo, riteniamo opportuno accennare ad un caso particolare di variazione di prezzi d i beni succedanei. Dati due beni succedanei fra di loro, le rispettive domande variano non solo in funzione dei prezzi, ma anche in re lazione al cambiamento del rapporto fra i prezzi stessi. Le variazioni del rapporto fra la quantità domandata dei due beni al mutare del rapporto fra i rispettivi prezzi sono misurate dal coefficiente dell' elasticità di sostituzione. Dicesi dunque coefficiente della elasticità di sostituzione fra due beni il rapporto fra la variazione relativa del rapporto fra la quantità domandata e la variazione relativa del rapporto fra i rispettivi prezzi. Detto E s il coefficiente del!' elasticità di sostituzione ; da il rapporto delle quantità consumate ai prezzi pa e pb; qa l

)

q al qbl

122

la variazione relativa al rapporto ~ ; qb


pa pb

, il rapporto fra i prezzi dei beni a e b;

pa2

_ ~ ) :

pal

phl

pbl

(~

, la ,,ariazione relativa al rapporto

pa . pb

il coefficiente di elasticità di sostituzione è dato da: qa2 Es=

qb2

qa1

pa2

qbl

pb2

pal pbl

qal

pal

qbl

pbl

(2)

Un esempio servirà a chiarire i calcoli relativi alla (2). Sia dato che al momento t1 il prezzo di un certo tipo di m issile sia di 2 milioni e quello di una bomba di effetti s imili, sia di 1,4 milioni e che le r ispettive domande siano di 100 e 35 unità. Al momento t2 il prezzo del missile aumenta a 2,4 milioni e la domanda · scende a 90 unità; anche il prezzo delle bombe aumenta - per il fenomeno della mutua interdipendenza dei prezzi - passand~ a 1,610 milioni, mentre la domanda sale a 37 unità. Tali elementi vengono riepilogati nella seguente tabellina: L2

t1 Beni

Quantità Prezzi Quantità Prezzi (pi) (q2) (q 1) (pi)

Es =

Bombe (a)

35

1.400

37

1,610

Missili (b)

100

2.000

90

2,400

37

35

1.610

1.400

90

100

2.400

2.000

35

1.400

100

2.000

=-4

Tale coefficiente sta a indicare che alla contrazione del rapporto fra i prezzi dei due beni è seguito un aumento quattro volte maggiore nel rapporto fra le quantità consumate dei dm: beni e cioè che la domanda delle bombe è fortemente elastica come sostituto dei missi li. Inoltre il segno nega1ivo del coefficiente indica che le variazioni nei due rapporti hanno proceduto in senso opposto. 37. La variabilità della domanda mi/ilare rispetto alle preferenz.e. Tei singoli individui - secondo l'opinione prevalente degli economisti gusti e preferenze mutano soltanto nel lungo periodo. Anche KEYNES era di que-

123


sto parere. Più recentemente, però, ad opera d i alcuni economisti e sociologhi,si è fatta strada una diversa opinione, secondo la quale oggi i consumatori tendono ad influenzars i reciprocamenle , forte essendo l 'effetto imitalivo. KATONA (1) soggiunge che fattore importante nella determinazione degli atteggiamenti e delle aspettative è l'appartenenza a un "gruppo": è l' individuo che sente, pensa e agisce, ma la maniera in cui sente, pensa e agisce è influenzata dal gruppo al quale appartiene. Ciò porta anche alla conclusione che gusti e preferenze possono mutare con facilità anche nel breve periodo per l' e ffeilo imitativo. Dopo tale premessa di ordine generale, valevole per i singoli , vediamo che cosa accade i.n quel particolare campo degli organismi pubblici qu al' è l'organismo militare. Il fine difesa viene eletto dalla collettività politico-sociale attraverso i suoi organi rappresentativi a salvaguardia della libertà, dell'indipendenza, delle istituzioni, delle famiglie, dei valori morali e dei beni economici ed è realizzato dallo stato mediante il servizio pubblico della difesa. Grave è dunque la responsabili tà del]' organismo dell a difesa preposto ad assicurare la realizzazione di siffatta finalità, epperò da essa nasce l' ansia di possedere un adegu ato strumento militare dotato di sistemi d i arma tecnicamente moderni ed efficaci . Ma come si giunge alla scelta di un sistema di arma fra varie alternative possibili ? Indubbiamente attraverso un processo decisorio i cui elementi sono gli obiett ivi, le alternative e i costi. Però quando si tratta di confrontare le diverse alternative, spesso ci si trova di fronte elementi commensurabil i o ab bastanza commensurabi li, come i costi ed elementi non commensu rabili, come l' efficacia, obbligando chi deve decidere ad una semplificazione del processo decisorio, dovendosi accettare com e soddisfacente il criterio di massimizzazione dell 'efficacia fornita dal sistema di arma considerato, essendo fissato il livello dei costi; oppu re minimizzazione del costo, essendo data l' efficacia del sistema d'arma. Ora, in siffatte condizioni, se la scelta è fatta avendo assunto per data, e quindi nota, l'efficacia.come si arriva a predeterminarla? C'è, è vero, la possibilità di fa. re prove, a seconda dei casi, nei poligoni, in mare e in aria; esistono anche dati elementi tecnici forniti dalle case costruttrici, però ci si fida per lo più, dall' e sperienza, magari a ltrui . E qui s'innesta l'e ffe tto imitativo: se un certo paese possiede un sistema d'arma molto sofisticato, finisce per considerarlo indispensabile anche un altro paese, un po' per motivi s icuramente militari, ma un po' anche per motivi di prestigio. L'effetto imitativo acquista maggiore consistenza fra paes i di una medes ima alleanza. In questo caso la decisione è fortem ente influenzata dall'appartenenza ad un " gruppo" - l'alleanza - epperò si verificano sostanzialmente le stesse c ircostanze che determinano le scelte dei singoli per effetto della loro appartenenza ad un gruppo sociale. Sembrerebbe, pertanto possibile concludere che le preferenze nella domanda da parte dell'organismo militare possano essere determinate anche dall'e ffe uo imitativo, reso, in alcuni casi, determinante dall'appartenenza ad

1 ( )

124

G. KATONA, L'uomo consumatore, t rad . i l. Mi lano 1954, pag. 4 1-66 e 111 -11 3. J . A. DuF.S F,NBERRY, Reddiro, risparmio e reoriw del comportamento del co11s11ma1ore, trad. it. Mil ano 1969 Ve'aas i anche F. M. N1 cos1A, Processi di decisio11e del consumatore, Mil ano 1973, nonchè G. KATo NA. B. Srn uM PEL, E. ZAHN. li co111portame1110 economico della fam iglia,t r ad. it. Milano 1972.


una alleanza (2). 38. Le cause della scarsa elasticità della domanda militare. È opinione r icorrente che la domanda di beni militari sia scarsamente elastica. Quali sare bbero le cause d i tale fenomeno? Al riguardo riteniamo opportuno fare una premessa di ordine generale. Secondo la dottrina prevalente il fenomeno del!' elasticità della domanda poggia su diverse cause, fra cui: a) l'intensità e l'urgenza dei bisogni, nel senso che l'elasticità della domanda di un bene è generalmente in ragione inversa all'in tensità o dell'urgenza del bisogno e il suo grado è tanto minore, quanto è più spiccato il carattere d'importanza vitale del bisogno stesso; b) 1' incidenza de lla spesa sul reddito, in quanto la domanda di ben i i cui prezzi rappresentano una frazione p iccolissima del reddito di chi fa la richiesta, subisce riduzioni appena percettibili in conseguenza del rialzo dei prezzi; e) l' esistenza di un bene surrogato, perchè la possibilità di sostituzione con altri beni succedanei tende ad aumentare il grado di elasticità del bene principale e a d iminuire la r igidità della domanda degli stessi beni di prima necessità; d) 1' esis tenza di un rapporto di complemen tarietà con altri beni, rende tanto più rigida la domanda dei singoli beni complementari, tanto p iù stretti sono i vincoli d i complementarietà: infatti, affinchè una d iminuzione di prezzo riesca a stimolare la domanda, occorre che, al tempo stesso, sia possibile espandere la domanda degli altri beni complementari; e) la molteplicità d'impiego dei beni in quanto fattori produttivi e i beni in genere presentano una domanda tanto più elastica, quanto maggiore è la varietà di usi cui possono essere destinati: infatti, ogni diminuzio ne di prezzo riesce sempre a stimolare la domanda in qualcuno dei vari settori, in cui ess i trovano impiego e viceversa; ogni rialzo di prezzo finisce col ridurre l' uso in qualche settore produttivo. Ciò premesso, daìl' esamc delle caratteristiche dei beni mili tari s i nota che: 1) presentano intensità e urgenza notevole ed hanno importanza vitale, in quanto il "se rvizio difesa" investe un'esigenza essenziale del paese; 2) i sistemi d i arma moderni incidono notevolmente sul bilancio militare; 3) difficilmen te un sistema d i arma può essere surrogato con un altro sistema; 4) i sistemi d i arma, appunto perchè tali, risultano formati da un complesso di numerosi beni legati fra loro da un rapporto d i complementarietà ; 5) un siste ma di arma raramente serve a più usi. Da tale esame risulta che per i beni mil itari si verificano tutte le cause che rendono inelastica la domanda di beni. Tu ttav ia, in un esame di secondo approccio riteniamo di concludere che presen tano una domanda inelastica tu tti i beni tipicamente militari - beni militari in senso oggettivo - mentre per gli altri beni militari - beni militari in senso soggetti vo - la domanda risulta variamente e lastica in relazione al le caratteristiche dei singoli beni, alle condizioni del mercato e al grado di urgenza della loro disponibilità . Ad esempio, presenta una elasticità maggiore dell'unità la domanda di generi alimentari per il vettovagliamento dei militari; si presenta elastica anche la domanda di vestiario e di equipaggiamenti ordinari, mentre risulta inelastica la domanda di carburanti e di combustibil i.

(')

Devesi r ico rda re çhc ne i patt i di a lcune a ll eanze militari esistono cl ausole ten dent i alì a standard izzazione degli armamenti fra i va r i partners. Tale è, ad esempio, il caso della NATO.

125



CAPITOLO V

IL MERCATO DEI BENI MILITARI

39. Il mercato dei beni militari: a) beni non Lipicamente milita ri. - 40.b) beni tipicamente militari . - 4 l. La cooproduzione fra organismo militare e industria e nel campo internazionale.



39. Il m ercato dei beni m ilitari: a) beni non tipicamente militari. Le necessità dell'organismo m ilitare per progettare, produrre ed impiegare lo strumento militare sono molteplici - specie attualmente perchè la tecnicizzazione delle forze armate è spinta verso livelli elevatissim i - : conseguentemente la domanda militare è presente su tutti i mercati. Ma tale domanda si dispiega in condizioni molto diverse nei singoli settori di mercato. Per taluni beni non tipicamente militar i - i cosiddetti beni militari in senso soggettivo, come ad esempio, viveri, vestiario, automezzi, carburanti, radar, centrali elettroniche, ecc. - il cui impiego è comune al settore civile e militare, la domanda militare viene ad inserirsi nel mercato, aggiungendosi a quella dei settori civili e ponendosi in posizione competitiva e antagonista con tali settori. Nei casi in cui si abbia un mercato orientato alla libera concorrenza - concorrenza omogenea, imperfetta, monopolistica - la domanda militare vien e a trovarsi in condizioni di competitività alla stessa stregua degli operatori privati. Circa le reazioni del mercato alla domanda militare, osserviamo che il suo carattere aggiuntivo rispetto alla domanda esistente, farà sì che si avrà, a breve termine, un aumento di prezzo, aumento tanto più marcato, quanto più basso è il saggio di sostituzione del bene doman dato. A più lungo term ine, invece, le imprese possono adeguare la loro offerta all' accresciuta domanda; inoltre la loro ristrutturazione su dimensioni più economiche, mediante la piena utilizzazione della capacità produttiva già esistente o mediante l'impiego di ulteriori fattori cli produzione, comporterà la realizzazione cli economie di scala che consentiranno una riduzione dei costi di produzione e, con essa, la conseguente climinuzione del prezzo, a tutto vantaggio degli operatori civili e dell'organismo militare. Nel caso in cui si abbia un mercato in condizioni di oligopolio - automezzi, acciaio, ecc. - l'organismo militare ne subisce le conseguenze alla stessa maniera dell'operatore privato. Devesi, tuttavia, osservare che se nell'oligopolio viene perseguita una politica di espansione della dimensione dell'impresa al massimo ritmo possibile, piuttosto che del profitto ( 1), la domanda aggiuntiva dell'organismo militare accelera la realizzazione di siffatta politica. I prezzi conservano, tuttavia, una certa rigidità e risultano più alti che in regime di concorrenza ( 2). Nel caso, infine, in cui si abbia un mercato in condizioni di monopolio, l'organismo militare lo subisce alla stessa stregua degli operatori privati.

40. b) beni tipicamente militari Ovviamente la domanda cli beni tipicamente militari investe l'aspetto quantitativo e qualitativo più rilevante della domanda militare; essa crea un mercato proprio, differenziato dal mercato ordinario, perchè riguarda beni aventi caratteristiche specifiche che non interessano altri acquirenti oltre l'organismo militare. Ciò porta ad un monopolio della domanda - monopsomio - (3). (1)

(2) (3)

W. J. B AUMOL, Business behavior, value and growth, N. Y. 1959 P. Snos . LMUN1, Oligopolio e progresso tecnico, Torino 1964 E. MANSFTELO, Microeconomia, Trad. it. Bologna 1975, pag. 348 e segg. La presen te analisi è valida soltanto per un mercato chiuso. Nel caso in cui s ubentrino, a ttraverso il commerc io internazionale, gli organismi militari di altri paesi, il mercato delle armi subisce un a modificazione, nel senso che. non si ha piu' un monopolio della domanda, ma; a seconda dei casi, una domanda di pochi, o una domanda di molti organismi militari che p resentano una d iversa utilità margina le de l bene domanda to.

129


L'offerta, invece, può trovarsi in una delle seguenti condizioni: a) un unico offerente che reca sul mercato tutta l'offerta globale, cercando di ricavarne il prezzo p iù alto; b) molti offerenti in concorrenza fra loro per vendere la maggior quantità possibile al prezzo più conveniente, di guisa che nessuno di essi possa influenzare il prezzo di mercato; c) pochi offerenti, ciascuno dei quali reca sul mercato una quota rilevante dell'offerta g lobale, epperò può inflenzare il prezzo di mercato. Nella situazione sub a) si ha un monopolio bilaterale e il prezzo si formerà entro due limiti estremi costituenti una zona di equilibrio che delimita il divario delle utilità marginali ponderate. Nella situazione sub b) si ha il monopsomio di domanda pieno. In tal caso si formerà un prezzo che assicura il massimo guadagno netto - la massima rendita netta - ali' organismo militare, quale monopolista della domanda, così come nel caso di un monopolio pieno dell'offerta, si forma il prezzo che assicura il massimo guadagno netto al monopolista dell'offerta. Il prezzo che assicura il massimo guadagno netto al monopolista della domanda - organismo militare - coincide con il limite dei costi unitari medi decrescenti dell'imprenditore marginale, dell'imprenditore cioè che meno profondamente vede discendere le curve dei costi unitari, ma la cui offerta è tuttavia ancora necessaria a saturare la domanda di mercato che in questo caso è formulata soltanto dall'organismo militare. Nel caso sub e) bisogna distinguere due ulteriori situazioni: I. pochi offerenti recano sul mercato una offerta globale che non supera la richiesta dell'organismo militare : in questo caso gli offerenti non s i fanno concorrenza e la situazione che ne consegue è analoga a quella del monopolio bilaterale, di guisa che il prezzo si formerà, in base a circos tanze di fatto, entro u na zona compresa fra due livelli estremi che esprimono i massimi guadagni netti dell'organismo militare e degli offerenti considerati come un tutto unico. 2. Pochi offerenti recano sul mercato una offerta superiore alla richiesta dell'organismo militare: nel qual caso entreranno in concorrenza per escl udersi vicendevolmente. A quale livello però, si formerà il prezzo? Per r ispondere a lla domanda occorre distinguere d ue ulteriori casi: a. gli oligopolisti offerenti sono imprese aven ti le medesime dimensioni, la medesima forza economica e quindi il medesimo andamen to dei costi unitari, di guisa che per essi il punto di fuga si stabilisce allo stesso livello; g_ gli oligopolisti hanno dimensioni, forza economica e andamen to dei costi differenti: vi sono i grossi e i piccoli, cosicchè in questo caso è proprio parlare di monopolio della domanda limitato da oligopolio parziale di offerta. Nella situazione sub a) il prezzo è portato ad oscillare di continuo fra due livelli estremi: il prezzo che assicura il massimo guadagno netto ali' oligopolista che per primo inizia la vendita e il punto di fuga . Ciò è chiaro perchè: inizia Primus a vendere ed essendo temporaneamente solo, si comporta come un monopolista; subentra Secundus, il quale per attrarre verso Ja sua offerta l'organismo militare, deve ribassare il prezzo rispetto a Primus; analogamente deve comportarsi, quando subentra in gara Tertius rispetto a Secundus e via di seguito; sicchè attraverso successivi ribassi, il prezzo raggiunge il punto di fuga e a

130


questo livello l'organismo militare assorbe la maggior quantità possibile di prodotti, di modo che gli offerenti danno fondo alle loro scorte. Quando q ueste sono esau rite, quello fra gli oligopolisti che per primo riesce a ricostituirle, battendo i concorrenti sul tempo, può riportarsi ad un prezzo di temporaneo monopolio; ma poi quando gli altri avranno ricostituite le loro scorte, r iprenderà la corsa al r ibasso del prezzo fi no a l punto di fuga. E così via, incessantemente, il prezzo oscilla fra i due livelli estremi precisati. ella si tuazione su b B) si verifica ancora la corsa a l ribasso del prezzo, ma avendo i vari oligopolisti andamenti di costo diversi, il prezzo ben può raggiungere il punto di fuga di uno di essi, senza arrestarsi, ma proseguendo nel su o ribasso, ad opera d i imprenditori più forti del primo, d i modo che questo è scacciato dal mercato. Via via che il prezzo ribassa, a ltri imprenditori debbono "fuggire " e il limite u ltimo della d iscesa del prezzo è dato dal punto d i fuga più basso. Ma quando tale punto è raggiunto, la forma di mercato diviene di monopolio bilaterale, qu alificata dalla circostanza particolare che il prezzo s i forma a l livello che assicura il massimo guadagno netto ali' organismo militare, di modo che il vantaggio complessivo dello scambio, rappresentato dall ' area compresa fra i due livelli estremi, va a beneficio di uno solo degli scambisti. E ciò perchè si arriva al monopolio bilaterale, partendo non da una situazione di concorrenza tanto dal lato della domanda, quanto da quello dell'offerta, ma solo dal lato dell'offerta; cosicchè per l' organismo militare, più si sviluppa la concorrenza dal lato opposto, più sono i frutti che raccoglie dalla su a iniziale posizione d i privilegio. Spesso accade che gli oligopolist i offeren ti, inizialmen te o nel corso della gara di concorrenza, procedano ad u n accordo che pone fine alla gara medesima, med iante una coalizione. In tal caso il prezzo che la coalizione può fissare è un prezzo che assicura il mass imo profi tto netto, ma compatibilmente con la impossibilità che si riaccenda la concorrenza da parte delle imprese meno economiche che erano state eliminate dalla coalizione stessa; è il prezzo massimo a l d i sopra del q uale la coalizione perderebbe il dominio assoluto dell' offerta. 41. La cooproduzione fra organismo militare e industria e nel campo in terna-

zionale. Un sistema di arma - un velivolo FI S, un missile "polaris" ecc. - non si trova pronto sul mercato. La produzione di un dato sistema di arma è il risultato di un lungo e costoso processo tecnico a monte che passa per diverse fasi: defin izione, progettazione, costruzione del prototipo, collaudi, costruzione di serie, ecc. Le attività proprie di ogni fase sono così complesse che possono essere portate avanti soltanto in reciproca collaborazione fra industria e organismo militare che, fra l'altro deve provvedere a fornire all'industria il capitale fisso altamente specializzato {4 ) . Trattasi, infatti, di macchinari particolari, aventi un alto grado di specializzazione, u tilizzabili soltan to in una data produzione e molto costosi: nessuna industria provvederebbe al loro acquisto stante l'impossibilità di un ragionevole ammortamento. Inoltre, sia la produzione vera e propria - produzione di serie - s ia l'attuazione d i tutte le fasi "a monte"

(')

Liberty in a modem Stale, N.Y. 1949), l rad . il. col titolo: la repubblica presidenziale italiana, Mi lano 1950, ha sc rillo "....lo stabilimento meccanico è un'unità dell"esercitv".

LAsK 1 (H. l.ASKI,

131


vengono realizzate mediante un complesso di commesse a varie imprese, distribuito in senso orizzontale, per componenti principali - ad esempio per un velivolo: cellula, motore, avionica, ecc. - a fornitori principali, detti capicommessa e in senso verticale, per singole parti di un componente principa le a subfornitori di primo, secondo e terzo livello, ecc. Tutto ciò comporta che non ci possa essere un prezzo di mercato per un dato sistema di arma, almeno all'atto della produzione della prima serie, né si può parlare dell' esistenza di una particolare forma di mercato, anche se la produzione bellica è concentrata in ogni paese, in poche imprese. In pratica è giocoforza far ricorso, nelle commesse piazzate dall'organismo militare, a contratti del tipo "rimborso costi più profitto percentuale". Per le armi convenzionali, invece, esiste un mercato molto concentrato: poche imprese sono in grado di assorbire tutto il fabbisogno del]' organismo militare. In alcuni paes i - Stati Uniti, URSS, Regno Unito, Francia, Repubblica Federale Tedesca, Cecoslovacchia, ecc. - la produzione bellica trova un notevole sbocco al' estero (5 ). Ciò significa che, in prima approssimazione, il mercato degli armamenti convenzionali si presenta in condizioni di monopsomio per quanto concerne la domanda e in condizioni di oligopolio per quanto riguarda l'offerta che, di norma, supera la richiesta dell'organismo militare, epperò il prezzo dovrebbe formarsi secondo quanto indicato alle lettere a e lS del punto 2 del precedente paragrafo. Però, in seconda approssimazione, devesi tener conto delle possibilità di esportazione da parte deJle industrie. Ciò indebolisce la posizione dell'organismo militare nazionale che non viene più a trovarsi in una posizione di monopsomio, in quanto si creano due oligopoli: uno della domanda e uno dell'offerta che viene ad assumere sempre maggiore forza contrattua.le (6 ). Resta ora da esam inare un ulteriore caso e cioè le cosidette cooproduzioni integrate inlernazionali. Abbiamo già osservato che soltanto le superpotenze possono fare una politica di armamenti autonoma, stante l'altissimo livello dei costi dei medesimi sistem i di arma. Il problema degli armamenti presso gli altri paesi può essere risolto soltanto con una politica di produzioni coordinate e integrate nel!' ambito di un "gruppo " , tendente a riprodurre su licenza un determinato sistema di arma prodotto da una superpotenza - di norma gli Stati Uniti, per ciò che concerne la NATO - oppure per rçalizzare in comune un nuovo sistema di arma - ad esempio la progettazione e la produzione del velivolo "MRCA Tornado", progettato e prodotto congiuntamente dalla Repu bblica Federale Tedesca, dal Regno Unito e dall'Italia. Dette produzioni prendono il nome di cooproduzioni integrate internazionali e consistono nella ripartizione, fra i paesi membri di un "gruppo", della produzione dei diversi componenti del sistema di arma. Tali cooproduzioni, dirette da un'organizzazione tecnico-amministrativa centrale, vengono realizzate attraverso il principio dei contratti a "rimborso costi, più profitto percentuale" e vige, di norma, la regola del bilanciamento

(5) (6 )

132

G. l\1AYER, Le spese m ilitari nel mo11do, op. ci t. C'è tuttavia, da osservare che la maggiore domanda, dovuta ad organismi m ilitari s tranieri, può far realizzare a lle industrie bell iche nàzional i delle econom ie di scala con conseguente riduzione di cost i e poss ibi le d iminuzione di prezzo, di cu i benefic ierebbc anche l'organi smo mi li tare naziona le.


delle lavorazioni, nel senso che in u n paese memb ro del gruppo produttore, vengono p iazzate commesse per un importo uguale alla propria quota di compartecipazione alla produzione complessiva. La caratteristica di siffatte cooproduzioni sta nel fatto che ogni paese partecipante produce un dato "componente" - ad esempio il carrello del velivolo - dell'intera qu antità da produrre; ciò consente la realizzazione di notevoli economie di scala e lo sfru ttamen to di un particolare "Know-how" di cui può essere in possesso l' industria di un paese membro r ispetto a q uella di a ltri.

133



CAPITOLO VI

CARATTERISTICHE DEL PROCESSO PRODUTTIVO DELLO STRUMENTO MILITARE

42. Il processo produttivo dello strumento militare. - 43. L'aumento delle d imensioni dello strumento militare : a) cause politiche. - 44. b) cause tecnologiche.



42. Il processo produttivo dello strumento militare.

Abbiamo osservato che il concetto di stato produttore di beni e servizi pu bblici non è nuovo, risalendo a l pensiero di WAGNER e di DrETZEL. Siffatta concezione, ripresa e perfezionata dalla scuola italiana di finanza, ha portato a delineare il concetto del processo produttivo dei servizi pubblici, fra eui quello del "servizio difesa ". Ma al di là della concezione finanziaria sulla produzione del servizio difesa, verso la fine degli "anni 'SO", motivi di ordine economico, hanno "richiesto che l'approntamento dello strumento mi li tare venisse affrontato e risolto mediante un vero e proprio processo produttivo, realizzato secondo il principio di economicità. Infatti, da circa un trentennio una cruda realtà si è posta a i governi di tutti i paesi: I' escala1ion del costo della difesa, dovuto ali' inarrestabile processo di sofisticazione dei sistemi di arma, per effetto di nuove scoperte scientifiche e del progresso tecnologico. Tale escalation porta tutti i paesi - comprese le cosidette superpotenze - a toccare il Lello delle possibilità d i spesa da dedicare a lla d ifesa, compatibili con obiettivi di stabilità economica e monetaria e di un ragionevole svi luppo. Da tutto ciò è derivata la necessità di porre sempre più attenzione ai problem i economici scaturenti dalle attività militari. In panicolare, la disponibilità d i mezzi limitati e quind i scarsi di fronte a vasti e molteplici bisogni m ili tari - obiettivi da conseguire - impone un'attività economica, sia nella scelta degli obiettivi da raggiungere, sia nell'acquisizione dello strumento militare necessario. Di qui il processo di produzione dello strumento militare, processo non soltanto concettuale, ma reale, per conseguire, med iante l' impiego dei fattori di produzione - infrastrutture, sistemi di arma, personale, organizzazione - secondo il principio di economicità, allo scopo di ottenere un dato " prodouo " - output - col minimo impiego possibile di mezzi; oppure, d i conseguire, con determinati mezzi, la massima quanti tà o la maggiore efficacia possibile di un prodotto. Tale concezione è ormai universalmente accolta, sia sul piano scientifico, sia sul piano operativo. Abbiamo già accennato che Mc KEAN (1), dopo aver detto che "i l problema della s icurezza nazionale, in teoria può essere visto come un grande problema economico", aggiunge che "la difesa è una delle più grandi industrie. I suoi costi sono enormi ... e il suo prodotto è vitale; da tale produzione può risultare qualunque cosa, da consorzi sicuri e abbastanza rispettabili, al virtuale ann ientamento". TREMELLONJ (2), delineate le attività militari come "una gigantesca impresa" precisa che una nuova ottica - l'ottica manageriale - "rientra nel grande ambito d i un moderno servizio di sicurezza, cosicchè il problema tipicamente militare si innesta sempre p iù nel grande tronco dell'evoluzione ordinala del paese" (3). Dobbiamo o ra accennare ai modi di realizzazione del processo produttivo dello strumento militare. Per l'imprenditote privato il problema dell'attività produttiva si risolve nella r icerca della combinazione più economica dei fattori di produzione, per ridurre i costi e della dimensione ottima dell'impresa, per conseguire maggiori ricavi, mediante la combinazione più vantaggiosa "prezzo-quantità". Per la soluzione di tale problema, l'imprenditore privato deve preliminarmente reperire il risparm io necessa r io per procurars i (')

(')

R. N. Mc ICEAN. l ss11es in Defense economics, ~ .Y. 1967, pag. IX . C. J. H1TCH, R. N. Mc KF.A', The economics o/ defense in rhe ,wclear age, o p. cit. pag. 3 R. TREMEJ.LONI. Presen1a zio,1e, up. c i t.

(vedi nota 3 nella segucnle pagina)

137


i fattori di produzione; tale risparmio potrà pervenirgli dalla sua produzione precedente - autofinanziamento - oppure potrà procurarselo attraverso il credito bancario. Nella produzione dello "strumento militare" il problema dell'attività produttiva resta sostanzialmente invariato. Occorre ricercare la combinazione più economica dei fattori di produzione per massimizzarne l'efficienza, mediante la riduzione dei costi e la dimensione ottima del!' organismo militare in funzione degli obiettivi per massimizzarne l'efficacia. Per la soluzione di tale problema, anche l'uomo di governo deve reperire, in via preliminare, i mezzi finanziari per procurarsi i fattori di produzione occorrenti. In pratica tali mezzi gli provengono dal bilancio, epperò risultano limitati e quindi scarsi rispetto ai diversi fini che lo stato deve realizzare, sicchè, come abbiamo già osservato al paragrafo 31, si rende necessaria una scelta, secondo una scala prioritaria dei servizi pubblici e degli altri interventi da realizzare, decidendone altresì il quantum. Concludiamo l'argomento osservando che in pratica ìl processo di produzione dello strumento militare consiste in tanti processi produttivi, quanti sono i prodotti - output - occorrenti - vari sistemi di arma, infrastrutture, munizioni, ecc. -. 43. L'aumento delle dimensioni dello strumento militare: a) cause politiche. La stabilità della costellazione politica dell'Europa si è poggiata, fino dagli inizi del XX secolo, sui seguenti principii : a)esistenza di stati-nazione, costituiti da elementi etnici - ad esempio la Francia - o politici - l'Impero Austro-Ungarico; b) ba/ance of power, mantenuto su un sistema di equilibri instabili fra gli opposti schieramenti delle stesse potenze europee. Il principio del balance of power posto in atto a Westfalia nel 1648, venne in seguito ritenuto essenziale per l'indipendenza e per il progresso sociale

(3)

138

Sul piano operalivo, l'ammiraglio E. ENKE, all'epoca in c ui era capo d i Stato Maggiore della Difesa, cosi' si espresse: " Spero non dispiaccia la terminologia economica che vuole sotto lineare il nostro comune dovere di ren dere questa azienda (la Difesa) il pi u' possibile efficiente e produrtiva (discorso alla inauguraz ione della XXIV sessione del Cent ro Alt i Studi Mi li tari. tenuta il 30.11.1972). Sul piano politico, poi !'on. ANORl'.OTT!, essendo presidente del Consiglio dei ministri. con intenti anco ra piu· estesi, ebbe a dire: Non parrà strano rich iamarsi a l concetto di azienda nel parlare dello stato .... è un concetto che a iu ta a mettere a fuoco il fatto re efficienza, (discorso al Consiglio s uperio re della pubbli ca ammin istrazione, ten uto il 20. 11.1972). Su ll a necess ità d i una cos tr u7.ione teorica de ll 'att ività economica de llo sta to, c i s ia consent ito ricordare che BRf:SCIANI . TuRRONI (C. BRESCIANI . T uRRONI, Corso di economia politica, l\•l i lano 1960, voi. I. pag. 26) ebbe a dire: "La scienza econom ica" non può continuare ad ignorare lo s r'ato, ma deve ten er conto di questo nuovo fauore economico. La descrizione dei fenomeni economici reali sarebbe incompleta, se non si studiassero anc he gli effetti degli svariati interventi dello stato e degli organi da esso creati. A non diverse conclusioni era pervenuto circa meao secolo prima LoR1A (A . LoR1A. Corso di economia politica, Torino 1945, pag. 6 11) e, prima ancora, WACNER (A. WACNER, La scienza delle finanze, op. c i!.). Piu' recen temen te l'indagine sulla condotta economica de llo stato è s tata ripresa da PAPI (G.U. PA PI, Teoria della condolla economica dello stato, Roma 1956) in una tra t tazione completa e o rgan ica che ha posto le bas i di una costruzione teorica de ll 'economia d i stato, quale atti vità di prelevamento, di spend ila di tribu t i e di interventi, per conseguire determ inati obiettivi pubblici. Della indagine venne da noi estesa al sellore delle spese militari intese a conseguire l'ob iertivo della difesa (G. MAYER, Teoria economica delle spese militari, Roma 1963).


ed economico dei popoli europei. In effetti, il ba/ance of power, pur non riuscendo ad evitare la guerra Lra i popoli europei, limitò - eccettuato il periodo delle guerre napo leoniche - l'estensione dei confliLti; si ebbero così solo guerre locali e si garentì, fino al 1914, l'indipendenza politica dei singoli S tati, fatta eccezione per la Pòlonia. Un complesso di fattori tecnologici, economici, politici e sociali determinò, circa mezzo secolo fa, la crisi del balance of powe r che garantiva la libera esistenza dei popoli europei. Venuto meno tale principio, i vari stati-nazione pe rdettero un valido strumento politico che assicurava una buona garanzia a lla .loro indipendenza e i conflitti che s i sono succeduti hanno perso la caraueristica di guerre locali limitate - per numero di contendenti e per mezzi impiegati - e di breve durata. on rimane\'a ai singoli stati-nazione che a ffrettare il riarmo per affidare, nuovamente, soltanto alla forza la propria indipendenza. L'esperienza della prima guerra mondiale, i risentimenti da essa provocati; il cieco protezionismo che apre un abisso fra « paesi soddisfatti» e « paesi insoddis fatli » e fa strada alla teoria degli « spazi vitali», trascina tutti i paesi, anche extraeuropei, ad una corsa agli armamenti (4 ). 44. b) cause tecnologiche. L' indag ine storica mostra che ogni invenzione, ogni coperta è stata sempre immediatamente posta a disposizione delle forze militari affinchè potessero risultare più effic ienti e più capac i di battere e distruggere l' avversario. L'uomo ha sempre posto la massima cura affinchè i s uoi diritti naturali, quelli della sua fami glia e del consorzio poi itico al quale appartiene non s iano manomessi da altri: ha sempre reagito con la forza e, per non soccombere ali' aggressione, si è adoperato per diventare sempre più forte. Ecosì questa gara bruta le, che provoca distruzioni e lutti innumerevoli, in atto da millenni, non accenna ad arrestars i, anzi, diviene sempre più mostruosa, sempre più distruttiva. La meccanizzazione e la tecnicizzazione delle forze armate, iniziata nel corso della prima guerra mondiale, si è andata sviluppando, parallelamente alla evolu zione delle scienze e delle tecnic he, per raggiungere, verso la fine della seconda guerra mondiale, un li\'ello elevatissimo che sfrutta ogni conqui sta del le scienze empiriche, dalla fisica nucleare a li' eleLLronica e al la cibernetica, dalla miss ilistica alla scienza delle costruzioni e alla chimica. Oggi non è più corretto parlare di armi, perchè le« nuove armi » sono costituite da un complesso di congegni e di apparecchiature complementari formanti un «sistema d'arma». Un aeroplano MRCA è un sistema d'arma, perchè oltre alle apparecchiature vere e proprie per la condotta del volo e l'armamento, di spone di a ltre apparecchiature e congegni - elettronici, ottici, magnetici, ecc. - per il rilevamento di dati, per la ricerca di bersagli e per l'uso delle armi. Altrettanto può dirs i di un missile teleguidato c he dispone di centrali di ricerca e direzionali sia a terra, sia nel corpo sLesso d el missile. Inoltre, la vita delle armi è mollo breve: nel giro di pochi anni divengono obsolescenti, perchè superate dal tecnicismo che, pre muto dalla preoccupa-

(4)

Sulla cor,a agli armamenti che prccedeltc la prima guerra mondiale, ,edasi l'opera di F. S. , 1n1, l,a disgrega~ione dell'Europa, e<l. it. Roma 19-16.

139


zione assillante degl i uomini di governo di restare indietro nella corsa agli armamenti, pone al suo servizio ogni scoperta scientifica. Da quanto già accennato non è difficile dedurre che le nuove armi sono costosissime (5 ), epperò anche un modesto programma di rinnovamento implica la soluzione di un duplice problema: l'uno economico volto alla produzione dei materiali necessari che per essere altamente specializzati, spesso debbono essere importati, con la conseguenza di promuovere mutazioni notevoli alla bilancia commerciale a motivo delle variazioni - qualitative e quantitative - del flusso delle importazioni; e l'altro finanziario per la disponibilità del fab bisogno dei mezzi monetari per finanziare il programma militare. Tutto ciò spiega - sotto il profilo tecnologico - il costante aumento delle spese militari presso quasi tutti i paesi a qualunq ue costellazione politica essi appartengano.

(S)

140

Un aeroplano Fl04G è costato oltre I mil iardo d i lire; un F4 non meno di 2 miliardi, mentre il costo orario di esercizio si aggira sui 2-2,5 mi li oni. Per aeroplan i piu' moderni, il costo è di circa 12 miliardi per t'FlS e oltre i 20 - 25 miliardi sarà per l'MRCA Tornado. li Mi rage 2000, non ancora in produzione, dovrebbe costare anch'esso sui 15-16 m iliardi. Se consideriamo che un aeroplano CR 32, ottimo cacciatore, nel 1938 costava 395.000 li re (equiva lenti a circa 70 mi lioni nel 1977), si nota l'enorme aumento dovuto allo sviluppo tecnologico.


CAPITOLO VlI

ELEM E TI DEL PROCESSO PRODUTTIVO DELLO STRUMENTO MILITARE

4S. Fallori limitazionali e sostituibili, fattori fissi e variabili. - 46. La produttività: la legge delle produttività marginali decrescenti. - 47. Concetto di costo di produzione dello s trumento militare : alcune precisazioni. - 48. Categorie di costo nel processo produLLirn dello strumento militare. - 49. Opportunity cost. APPENDICE: Prodotto totale, medio e marginale.



45. Fauori limi1a zionali e sosliLUibili. Fattori fissi e variabili. Osserviamo, in linea preliminare, che nel processo produ1tivo di ogni output mili tare occorre l' impiego simultaneo di innumerevoli fattor i di produzione che, per comodità di esposizione vengono raggruppati in quattro categorie: natura, lavoro, ca pilale e capacità organizzativa. Da quanto accennato si evince che anche nel processo produLLivo di outputs m ilitari i fattori d i produzione presentano un carattere di complementarietà, secondo un prin~ipio che potrebbe denominarsi delle proporzioni variabili, detto anche principio di sostituzione. Tale principio ammette che il rapporto di complementarietà in cui i diversi fattori entrano nelle singole produ zion i può essere variato e ntro limiti determinati dai fa/lori limi/azionali e dai tassi di sostituzione dei fattori sostituzionali. Diconsi fattori limitazionali quei fattori produttivi la cui presenza è necessaria al processo produttivo in un dato rapporto di quantità rispetto agli altri fa ttori - rapporto fissalo d a lla natura tecnica - ad esempio, l'ura nio arricchito nella fabbricazione di bombe nucleari - e ogni variazione in meno determina immediatamente variazione della quantità di prodotto che non può essere compensata da un aumento di altri fattori. J fattori sos1ituzionali, invece, possono essere sostituiti gli uni agli altri per ottenere una data quantità di prodotto. I limiti entro cui due fattori possono essei-e sostituiti sono espressi dal tasso di sostituzione, del quale s i tratterrà nel capitolo nono. De lle due suddette categorie d i fattori, ovviamen te, costituisce maggiore interesse per l'analisi economica quella dei fattori sostituzionali, perchè è proprio attraverso continue sostituzioni di fattori più costosi con altri meno costosi rispetto al rend imento, che l'organismo militare raggiunge q uella combinazione ottima o semplicemente più economica dei fattori di produzione che gli consente la massima efficacia dell'output. È da rilevare tuttavia che la riduzione dei fat tori limitazionali, attraverso le scoperte scientifiche o il progresso tecnologico - compito p u ramente tecnico - è un problema che interessa profondamente l'organismo militare, perchè tale riduzione significa, il più delle volte, possibilità d'impiego di materiali di cui si ha la disponibilità o la conoscenza, in luogo di altri indisponibili o di cui non si ha il Kno w-how. Si dicono fattori fissi del processo di produzione mil itare q ue i fattori produttivi che, entro limiti minimi e massimi di produzione, restano quantitativamente inalterati. Tali sono quei fattori che costituiscono certi impianti: infrastrutture, macchinari, servizi generali, ecc. Si dicono, invece, fattori variabili, q uei fattori produ ttivi che variano in ragione diretta delle unità prodotte: munizionamento, carburanti e in genere tutte le materie prime e i sen •izi del personale. 46. La produt1ivì1à: la legge delle produttivi1à marginali decrescenti. Il concetto di produuività trae origine dal confronto fra i risultati del processo produtt ivo e i mezzi impiega ti. Dato però che per la relazione di complementarietà che li lega, i fat tori di produzione concorrono in modo inscindibile alla produzione stessa, consegue c he il livello del prodotto è funzione, non tanto della quantità e qualità di ogni singolo fattore, quanto della combinazione fra la quan tità e qual ità di tu tti i fattori impiegati, epperò di nessun significat'o si mostra la determinazione, in termini d i produttività to143


tale, di un s ingolo fattore (1). Il concetto di produttività totale acquista dunque, un significato solo se riferito al complesso dei fattori combinati fra loro e cioè all'impresa. È invece possibile la determinazione del rendimento di un singolo fattore al margine - produttività margina le di un s ingolo fattore - epperò possiamo definire come produttività marginale di un singolo fattore l'incremento o il decremento di prodotto totale, che consegue all'incremento di un singolo fattore in ragione di un'unità finita, fermi restando tutti gli altri fattori . Se da quantità finite di un fattore s i passa a quantità infinitamente piccole è possibile tracciare la c urva della produttività marginale del fattore considerato (fig. VII. l ). fig. VII. 1

y 8

Il.

o e 0 ~

"'

A

o Fa ttore

X

lavoro • L

e

el caso cli variazioni infinitesime la produttività marginale è data dal rapporto

dy

e cioè dalla derivata prima della funzione di produ-

d, zione rispcllo al fattore che si considera variabile.

(')

144

In pralica. nella misura della produtti, ila, la produttil ità del lavoro pur rappresentando la misura nella quale il la.oro impiegato è soltanto un termine di riferimento dei risultati con· ,cguiti, con\"<!nzionalmcntc \'iene presa come misura della produllivilil globale (Cfr.: A. DE VtT A, Gli aggregati economici, Roma 1962, pag. 138).


Dobbiamo ora accennare al la legge delle produttività marginali decrescenti. La legge delle produttività marginali decrescenti venne verificata per la prima volta in agricoltura - già TURGOT ne parla nelle sue opere - ma contrariamente a quanto avevano affermato gl i economisti classici, la dottrina posteriore ha dimostrato che non si verifica soltanto nei confronti della terra, essendo di portata generale, nel senso che investe tutti i fattori di produzione. Potrà variare da u n settore produ ttivo ad un altro,!' amp.iezza della fa. se crescente della produttività - in agricoltura gli effetti della legge sono p iù marcati che in talune industrie - ma in tutte le attività produttive, presto o tardi viene il momento in cui ulteriori applicazioni di fattori variabili a fattori fissi incominciano a dare un prodotto marginale decrescente . La legge delle produttività decrescenti dice che applicazioni successive e sempre uguali di un fattore variabile o di un complesso di fattori variabili materie prime, sussidiarie, lavoro, ecc. - ad un complesso di fattori fissi, danno ciascuna un quantitativo di prodotto - prodotto marginale, con riferimento all'ultima applicazione dei fattori variabili - che, dopo una iniziale e solo eventuale fase di ascesa, decresce fino ad annullarsi; dopo di che la produttività marginale diventa negativa e si risolve in un decremento, anzichè in un incremento di prodotto totale. La conseguenza più importante det"la legge delle produttività marginali decrescenti è che se da applicazioni successive di fattori variabili a fattori fissi, si vuole ottenere u na q uantità di prodotto sempre costante, occorre che, dopo le prime applicazion i che danno un prodotto crescente, le successive appl icazioni vadano via via crescendo. In altri termini, tutto ciò significa che per mantenere costante il rapporto marginale di un'impresa, occorre, dopo un certo punto, sopportare costi via via crescenti. Studi recenti ad opera d i alcuni economisti americani, fra cui Hncn e Mc K EAN (2) hanno dimostrato che la legge delle produttività marginali decrescenti è valida anche nei processi produttivi dei divers i outputs che formano lo strumento militare. Un esempio servirà a chiarire meglio come in effetti operi la legge delle produttività marginali decrescenti nelle attività militari (3). Supponiamo che un certo piano operativo preveda la distruzione al 97 % di 100 obiettivi, mediante missili, con probabilità di distruzione unitaria del 50%. In pratica accade che successive dosi di missili provocano la distruzione di obiettivi come indicato nella TAB. VII. I.

f)

C. J. H 1TCH, R. N. Mc KEAN, The economics of defense in the nuclear age, op. cit. S. A. TUKE"R, A modem design far defense decision: A .\1c

(')

NAMARA, Hnc1 1, ENTIIOVEN Authology, Washington 1965 C. J. H ITcH, Decision-making in 1he Departmenl of Defense, Berke ley 1965 T. A. SMtTH, O. O. ALLSBROOK, The U1iliza1ion of militMy resources: Dcpa rtmenL of the Army, Washington 1968 P. CURO, O. O. ALLSSROOK, A survey of Army auiomared cast-model, Department of Lhe army, Wash ington 1968. C. J. H rTCH, Decision making in the Department of Defense. o p. c it. pag. 66.

145


TAB. VIl.1. MISSJLI IMPIEGATI PER DISTRUGGERE DATI OBIETTIVI

Saggio marginale

Distruzione

missili

N. obiettivi

100

so

-

-

0,500

0,500

200

75

100

25

0,375

0,250

300

87

100

12

0,290

0,120

400

94

100

7

0,235

0,070

500

97

100

3

0,194

0,030

N.

dei missili

degli obiettivi

media per marginale obiettivo per missile

Dalla TAB .VIl.1 appare chiaro che applicazioni successive e sempre uguali di un determinato sistema di arma - fauore variabile - ad un complesso di fattori fissi - infrastrutture, personale, organizzazione - danno un prodoLLo - capacità distruttiva - marginale decrescente. Ciò, come vedremo in seguito, rende possibile-applicare l' analisi marginalistica allo studio del comportamento dell'organismo militare - nonchè dei relativi outputs - e nella ricerca della posizione di equilibrio di tale piano.

47. Concetto di costo di produzione dello strumento militare: alcune premesse In prima approssimazione i concetti e le categorie di costo elaborati dall'economia generale sono da considerare validi per l'analisi del processo produttivo dello strumento militare, epperò, nel mentre si rinvia ai trattati istituzionali di economia per il concetto di costo in senso assoluto, riteniamo, invece, opportuno fare un breve richiamo, alla nozione e alle d iverse categorie dicosto relativo ali' imprenditore. Il costo di produzione in senso relativo a li' imprenditore può essere riguardato sotto diversi aspetti: costo totale, costo uni Lario medio, costo marginale, costo unitario marginale. 1. Costo totale. Il costo totale è la somma dei prezzi pagati dall'imprenditore per ottenere una data quantità di prodotto. I simboli, considerato che il costo totale (C1 ) è costituito dai costi fissi (K) - dovuti a fattori fissi - e da costi variabili (C,.)- dovuti a fattori variabi li - si avrà:

e,= e" +

K.

2. Costo unitario medio. Il costo unitario medio è il rapporto fra il costo totale di una data quantità di prodotto e il n umero delle unità prodotte. In simboli:

eme=

e, Q

3. Costo marginale. Il costo marginale (Cmg) è il complesso delle spese aggiuntive che l'imprenditore sopporta per produrre un quanti tativo addizionale di prodotto, finito o infinitesimo che sia. Costo marginale è dunque la differen-

146


za tra il costo totale (C, 1) che si sopporta per produrre una quantità x e il costo totale (C12 ) che si sopporta per produrre una quantità x + òx - incremento finito - o x + dx - incremento infinitesimale-. In simboli: C,,,g = C ,2 - C11· 4. Costo unitario marginale. Il costo unitario marginale è il rapporto fra il costo marginale di un quantitativo addizionale finito di prodotto e il numero delle unità che compongono il quantitativo addizionale medesimo. In simboli:

Allo scopo di rendere più comprensibil i le relazioni fra le diverse categorie di costo, riepiloghiamo le stesse relazioni nella TAa.VIl.2. Sia i costi unitari medi, sia i costi unitari marginali possono essere decrescenti, costanti e crescenti. Di massima, i costi unitari marginali decrescono più rapidamente dei costi unitari medi, eguagliando i costi unitari medi nel punto in cui questi raggiungono un minimo. Tab. VII.2-

Relazioni fra quantità di prodotto e diverse categorie di costo Costi Costi Costi variabili marginali unitari marginai" medi

Costi unitari medi

Costi fissi medi

Cmg

Cmgu

C,,,u

Crme

-

10

3,0

4.000

4

7

1,5

4,7

3.000

3

5,7

1,0

19.000

4,0

2.000

2

4,7

0,75

3.000

20.000

3,4

1.000

1

4,0

0,60

19.000

3.000

22.000

3,1

2.000

2

3,6

0,50

7.000

22.500

3.000

25.500

3,2

3.500

3,5

3,5

0,42

8.000

26.500

3.000

29.500

3,2

4.000

4

3,6

0,37

9.000

31.000

3.000

34.000

3,4

4.500

4,5

3,7

0,33

10.000

37.000

4.500

41.500

3,7

7.500

7,5

4,1

0,45

11.000

45 .000

4.500

49.500

4,2

8.000

8

4,5

0,41

12.000

54.000

4.500

59.500

4,5

9.000

9

5,0

0,40

Costi variabi li

Costi fissi

Costi tota li

Cv

K

Cv+ K

1.000

7.000

3.000

10.000

7

2.000

11.000

3.000

14.000

5,5

3.000

14.000

3.000

17.000

4.000

16.000

3.000

5.000

17.000

6.000

Quanti tà prodotta

C vme

-

48. Categorie di costo nel processo produttivo dello strumento militare. In seconda approssimazione il concetto di costo di produzione nel!' economia militare richiede ulteriori qualificazroni oltre quelle proprie dell' economia generale. Secondo la dottrina ricorrente americana, i costi di produzione di outputs militari vengono classificati come segue: a) costi di ricerca e sviluppo; b) costi di investimento; e) costi di esercizio, detti anche costi operativi. I costi di ricerca e sviluppo, sono costituiti dalle spese sostenute per studi,

147


progetti, sperimentazioni e messa a punto di determinati prototipi. I costi di investimento, sono costituiti da tutte le spese sostenute per produrre o approntare un output, nonchè quelle per modificare l'efficacia ·strutturale di funzionamento o organizzativa. Tale categoria viene ulteriormente suddivisa in: 1) costi delle infrastrutture; 2) costi di attrezzature ed equipaggiamenti; 3) costi per la costituzione di scorte; 4) costi di addestramento iniziale; 5) costi vari. I costi di esercizio comprendono le spese da sostenere periodicamente affinchè un output mantenga la propria efficienza e cioè sia in grado di svolgere i propri compiti. Tale categoria viene ulteriormente suddivisa in: 1) costi per equipaggiamenti e per il rinnovamento delle installazioni; 2) costi di manutenzione; 3) costi del personale per stipendi, paghe e indennità; 4) costi di addestramento del personale; 5) costi per i carburanti, lubrificanti e propellenti; 6) costi vari. Devesi rappresentare, inoltre, che degli outputs militari si considera un altro tipo di costo, denominato "full cost ". Tale costo - comprendente costi monetari e non monetari - considera il costo totale di un determinato output, dal momento della sua progettazione a quello in cui viene eliminato dallo strumento militare, perchè distrutto, consumato o obsoleto. E poichè la sofisticazione dei sistemi di arma moderni comporta lunghi periodi di approntamento - mediamente intorno ai tre anni - mentre la vita media di un sistema di arma molto avanzato è di circa 5 anni, il full cost comprende il costo totale sostenuto durante tutto questo arco di tempo (fig. VII. 2), la cui fig. VII. 2

70

EHrcizlo

3

anni.

4-

rappresentazione assommata è data dalla fig. VII. 3 che ha un andamento sinosuidale, sia pure molto irregolare e che rappresenta l'entità del full cost di un output durante un determinato arco di tempo, costituito dal periodo di vita del!' output stesso. 148


fig. VII. 3.

1O O

·9 O

Il

o

70

60

40

30

20

10

o

2

3

a

4 II

n

6

1

49. Opportunity cast.

Il concetto di opportunity cosi che potremmo tradurre col termine costo di opportunità, elaborato dalla dottrina economica, viene ampiamente utilizzato nell'analisi economica delle attività militari, perchè date le loro peculiari caratteristiche, spesso è possibile determinare il costo solo in termini di valore dell'alternativa che si è dovuta sacrificare per conseguire un dato obiettivo. Se ad esempio, per approntare uno stormo di bombardieri strategici stante il vincolo della limitazione delle risorse disponibili - si è dovuto rinunciare a tre stormi da caccia per la difesa del territorio nazionale, il costo dello stormo d i bombardieri strategici è dato dal costo dei tre stormi da caccia ai quali si è dovuto rinunciare o, addirittura dal valore delle distruzioni operate dal nemico in conseguenza della diminuita forza di difesa dovuta alla rinuncia ai tre stormi da caccia. Ciò premesso in linea preliminare, ri teniamo di fare un breve accenno al concetto di opportunity cost così come è stato elaborato dalla teoria economica, facendolo seguire da alcuni richiami propri dell' economia militare. 149


Il punto di partenza e, al tempo stesso, scopo dell'analisi economica è data dalla necessità di un costante adeguamento di mezzi scarsi applicabili a usi alternativi, a fini illimitati. Le decisioni del singolo o di una famiglia derivano essenzialmente dalla consistenza del loro reddito, tenuto altresì conto dei prezzi dei beni che si vuole acquistare. Consideriamo due beni: X e Y. Su un sistema di assi cartesiani, riportiamo sull'asse delle ascisse le quantità X e sull'asse delle ordinate le quantità Y. La quota di reddito che il singolo o la famiglia può destinare per l' acquisto di X e Y sia R = 120.000, tenuto conto che il prezzo unitario di X sia p , = 4.000 e di Y Py = 2.000. Il quadrante del riferimento cartesiano consiste in una infinità di punti che rappresentano le possibili combinazioni di X e Y per cui si possono costruire infinite curve di indifferenza o isoquanti. Ciascuna curva di indifferenza costituisce il luogo dei punti relativo alle combinazioni dei beni X Y che soddisfano il bisogno. Se, tuttavia, ciascuna combinazione costituisce una soluzione valida al fine di soddisfare il bisogno, non tutte queste soluzioni valide sono economicamente accettabili; epperò dobbiamo adoperarci ad individuare la soluzione economicamente accettabile, perchè la più efficace. Costruiamo, all'uopo, la cosidetta curva a spesa costante o isocosto. Se la quota di reddito per l'acqu isto di X e Y è R = 120.000 e se P, = 4.000 e Py = 2.000, la relazione che soddisfa la limitazione contenuta in R è: R = XPx + YPy (1) La (1) è l'equazione della retta che può essere posta nella s ua forma canonica: px R X (Ibis) Y= py

py

Ponendo poi alternativamente x e y uguali a O, si ottengono i due punti di intersezione con gli assi cartesiani per cui è possibile tracciare la retta BB' che può essere denominata retta a spesa costante o isocosLo.

fig. VII. 4 y B

B.. y

-1

e' e

o

X 2

150

B. X


li punto di tangenza tra l' isocosto e l'isoquanto - determinato dall'uguaglianza del saggio marginale di sostituzione col rapporto dei rclati\'i prezzi - costituisce dunque la combinazione ottimale, in quanto capace di soddisfare il bisogno, massimizzando i mezzi a disposizione. .È facile notare che il coefficiente angolare della retta indicante I' isocosto non è altro che il rapporto tra i prezzi de i due be ni, mentre l'intercetta è indicativa del livello di reddito a fronte del quale si opera la scelta. Il coefficiente angolare indica, in altri termini, il costo opporrunità - opportunity cost - di X in termini di Y. Il costo opportunità esprime dunque il grado di sostituibilità di un bene con un altro o di un fa ttore produttivo con un altro, epperò può definirsi il valore de ll a migliore opportuni tà - un bene, un fattore produ ttivo, ecc. - cui si rinuncia per disporre di un'altra. Il concetto di costo opportunità fu concepito dai fondatori della scuola austriaca nel senso che il costo di un bene sarebbe costituito dall'utilità della più prossima alternativa negletta. In seguito tale concetto è sta to a ffinato dalla dottrina americana, sostituendo al principio dcli' utilità marginale quello delle cun·e di indifferenza. Date diverse combinazioni di due beni di cui è indifferente il consumo, il costo del bene presceho è dato dal eosto del bene cui si è dovuto rinunciare. Inteso in tal senso, il costo opportunità è dato dal rapporto fra i prezzi dei rispettivi beni, c he, essendo riferiti ad una posizione di equilibrio, eguaglia il saggio marginale di sostituzione (fig. VII. 4). dy px In simboli: C0 P ·'> = dx py Con ciò non sembrano conservare molta validità le contrarie op inioni ( 4 ) su lla fondateua del concetto del costo opportunità, perchè non è più necessario fondare l'argomentazione sul diverso grado di utilità fra il bene prescel to e quello pretermesso (l'utilità di quest'ultimo bene, appunto perchè pretermesso, veniva considerata infe riore). Anche del costo opportunità possono aversi le qualificazioni di costo opportunità to1ale, corto opportunità unitari.o medio e costo opportunità marginale. li costo opportunità totale è il costo complessiYO del bene al quale si è rinunc iato per d isporre del bene prescelto ; il costo opportunità unitario medio è il costo di un'unità de l costo del bene al quale s i è rinunc iato per disporre di un' unità del bene prescelto; infine, il costo opportunità marginale di un bene in termini di un altro è la quantilà del bene cui si è rinunciato per disporre di un'unità aggiuntiva del bene presc.elJo. In pratica, il costo opportunità marginale di un bene rispetto ad un altro è èr&sfen!e (5 ) . Prima di concludere il paragrafo riteniamo utile fare un esempio per chiarire meglio i concetto d i costo opportunità. Supponiamo che l' organizzazione militare disponga di I 00 miliardi per la difesa dello spazio aereo e che tale difesa possa essere assicurata con aerei o con missili, il cui costo unitar io s ia rispettivamente d i l mil iardo e di 100 milioni. La curva di bilancio: R px X diviene y = 1000 - IOx Y= py py

(G. PAPI, Pri11cipi di eco11omia, op. c it. voi. I , pag. 11 4 - 11 5), fondando l'anal isi del concetto del costo-opportunità sul diverso grado di utilità del bene p1-escelto e di quello pretermesso (di,ersamente non ci sarebbe ,celta). mostra che il costo del bene prescelto non può c,,cre misurato da quello del bene pretermesso. (') G. B. RICHARSON, La logica della scelta, trad. it. Mi lano 1968, pag. 39-40.

(')

PAPI

I.SI


sicchè si hanno i seguenti valori di y (missili) per i diversi valori attribuiti ad x (aerei) come dalla seguente tabellina: valori y

X

o 1 2

1000 990 980

10 20

900

50

500

60 80

400

90

100

95 99

50

100

o

800

200

10

Consegue che sono possibili tutte le combinazioni comprese fra zero aerei e I 000 missili e 100 aerei e zero missili. Ma fra tutte queste possibili combinazioni risulta la più efficiente quella in cui il saggio marginale d i sostituzione eguaglia il rapporto dei rispettivi costi e cioè

Cx dv 10. dx Cy Tale combinazione sarà appunto quella di 50 aerei e 500 missili. In termini di costo opportunità, il costo dei 50 aerei sarà dato dal costo dei 500 missili ai quali si è dovuto rinunciare ( 1000 - 500); e quello dei 500 missili, dal costo dei 50 aerei ai quali si è dovuto rinunciare ( 100 - 50). Se, invece, fosse stato deciso di approvvigionare soltanto 100 aerei, rinunciando ai missili, il costo degli aerei sarebbe rappresentato dal costo dei 1000 missili ai quali si è rinunciato. In caso, invece, di approvvigionamento di 1000 missili soltanto, il costo di essi sarebbe rappresentato dal costo dei I 00 aerei di cui si è dovuto fare a meno.

=

APPENDICE AL CAPITOLO VII -

Prodotto totale, medio e marginale

. Al paragrafo 46 è stato accennato alla legge dei rendimenti decresc~nti detta anche legge della produttività marginale decrescente. La logica di tale legge sta nella circostanza di immediata evidenza che continuando ad impiegare quantità addizionali di un fattore variabile, si arriva prima o poi a livelli di impiego in cui il prodotto totale aumenta solo di poco e può anzi cessare di aumentare, per cominciare addirittura a diminuire, nel caso che si continui ad impiegare quel fattore. Si pensi al progressivo aumento di contadini impiegati nelle lavorazioni di un campicello, che finirebbe per ostacolare il lavoro degli stessi contadini, con conseguente minor produzione. 152


Dovremmo ora analizzare l'andamento della curva della produzione per effetto della legge dei rendimenti decrescenti. Riteniamo, però, far precedere a tale analisi, l'esposizione dei concetti di prodotto totale, medio e marginale e di prodotto marginale ponderalo. Dicesi prodotto wtale la quantità fisica di prodotto che si può ottenere, in una determinata unità di tempo, da una data comb inazione di fattori produttivi. In simboli: q, = C + L (considerando i soli fattori capitale e lavoro). Oicesi prodotto medio il rapporto fra il prodotto totale e la quantità impiegata di c iascun fattore produttivo. In simboli: 'lm

=

e

se riferito al capitale e L se riferito al lavoro. Dicesi prodotto marginale il rapporto tra l'incremento del prodollo totale derivante dall'impiego aggiun tivo di una quantità dell'uno o dell'altro fattore produttivo e l'incremento del fattore stesso. In simboli: dq,

dC se l' incremento del fattore produttivo si riferisce al capitale, oppure dq, 'lmg = dL se l'incremento si riferisce al lavoro (1). Dicesi, infine, prodotro marginale ponderato il rapporto fra il prodotto marginale di un fattore produttivo e il prezzo un itario del fattore stesso. In simboli, se indichiamo con Pc il prezzo d'uso del capitale, il prodotto marginale ponderato del capitale è .5P

oC Pc

se invece ci riferiamo al fattore lavoro,

.5P

.5L

q m/p·l = - - --

P1

1 ( )

Ricordando che la fu11zio11e della prod11~1011e esprime la quantità prodotta e cioè il prodotto totale con un detennina10 impiego di fattori di produ1ione (limitati n due per moti,i di semplic ità), possiamo esprimere il prodotto totale come funzione delle quantità dei fattori produttivi e cioè q=q (C.L.). Consegue a llora che il prodotto marginale è dato da ll a derivata partiate della funzio~e qmc •

JP 6C

quando è mantenuto costante il [a11ore lavoro, e dall a

derivata pan:iale della funzione. q m I _

JP 6L

quando è mantenuto costante il fa11ore

capitale. I I prodotto marginale è dunque, per derinizione. misurabile solo per i fattori ,·aria-

bili.

153


Tali rapporti indicano il rendimento marginale in termini di prodotto di ogni unità di moneta spesa per l'uso dell'unità aggiunta - marginale-, rispettivamente di capitale e di lavoro. Ciò precisato, per meglio fissarne i concetti, riteniamo utile fare un' opportuna esemplificazione. Si abbia un impianto siderurgico che ha comportato investimenti di capitale per un miliardo di lire e che funziona con 50 operai. Poniamo che la quantità di acciaio sfornato sia di 100 tonnellate al giorno. Orbene le 100 tonn. di acciaio sfornate giornalmente, costituiscono il prodotto totale. Il prodotto medio, invece, se riferito al fattore lavoro (50 operai) è di I 00 : 50 = 2 tonn.; se riferito al fattore capitale ( I miliardo) è di tonn. 100 : 1.000 = O, I tonn. per ogni milione di capitale investito. Se poi l'impianto fosse capace di dare un maggior prodotto totale (poniamo 105 tonn. giornaliere con la sola quota aggiunta di un operaio) il prodotto marginale del lavoro sarebbe di 105 - 100 = 5 tonn.; 51 - 50 se invece il prodotto totale potesse passare a 110 tonn. giornaliere con la sola aggiunta di un investimento di 20 milioni, il prodotto marginale del capitale sarebbe di: 110 - 100 = 0,5 tonn. 1.020 - 1.000 fig. l

Q

a

b

fattore variabile

.È possibile ora riprendere l'analisi della curva della produzione. L' andamento della curva del prodotto iotale per effetto della legge della produttività decrescente è rappresentata dalla fig. l. Rileviamo innanzi tutto, che tale curva è costruita sulla base dell'ipotesi che siano dai i tutti i fattori produttivi, meno uno. Ciò premesso, osserviamo che la curva parte dall'origine degli assi; ciò sta a significare che se la quantità di un fattore variabile, appl icabile a lla produzione, è nulla (ad es. nessun operaio), anche la quantità è nulla. Ha un andamento crescente, perchè maggiori quantità del fattore variabile 154


danno luogo a maggiori quantilà di prodotto, però nel tratlo final e tende ad appiatlirsi, perchè ad un certo punto, il prodotto non aumenla più, pur aggiungendo maggiori quantità del fattore variabile. È da rilevare, inoltre, che la pendenza della cuna risulta diversa da punto a punto. E dato che la pendenza di una curva corrisponde alla derivata della relaliva funzione, e cioè nel caso in esame a

oy OX

consegue che il prodotto marginale, rispetto al fattore variabile considerato in un dato pun Lo, rappresenta la pendenza della curva. Per tutti i successivi punti della curva del prodotto lolale, basta lracciare la tangente e misurare la pendenza della tangente stessa in quel punto. In conclusione può affermarsi che la pendenza della curva risulta crescente in un primo tratto (OC), poi è decrescente (CF) fino ad annullarsi (punto F). fig. 2 y o

p

.,,o o

Q.

M

M'

o .._____________________ x a I a 11ore

cu r vo pro,dotto margina l e vari abile

Dalla curva del prodotto totale sono desumibili le curve del prodotto medio e del prodotto marg inale. Considerato, infatti, la quantità del valore oa del fallorc variabile, il prodotto marginale è misurato dalla tangente trigonometrica dell'angolo a; il prodotto medio, invece, sempre per la medesima quantità del fattore variabile, è misurato dalla tangente trigonometrica dell'angolo /J (2). Passiamo ora ad analizzare le curve del prodotto medio e del prodotto marginale (fig. 2). Incominciamo con la curva del prodotto marginale. Tale

(2)

De,·esi, tuttavia ossen·arc che la posi1ione della curva del prodo110 totale, riferita ad uno dei fattori variabili sarà di,cr~a a seconda del livello a cui ~i tiene co,tanle il fattore o i fattori che restano fissi.

155


curva presenla un andamento dapprima crescente e poi decrescente; ciò significa che applicando ad una quantità fissa di alcuni faltori produttivi, quantità crescenii di un altro fat tore, s i ottengono dapprima quantità crescenti di prodotto e poi successivamente quantità aggiuntive via via sempre minori, per giungere ad un certo punto in cui dosi aggiuntive del fattore variabile non fanno aumentare ulteriormente il prodotto; anzi, continuando ad aggiungere ulteriori dosi del fattore variabile, si può ottenere addirittura un minor prodotto totale. Invece, nel caso di una funzione di produzione omogenea di primo grado (3), il prodotto marginale di c iascun fattore risul ta costantemente decrescenle. La curva del prodotto m edio ha, anch'essa, un andamento dapprima, crescente e poi decrescente; comunque risul ta di particolare interesse il raffronto fra l'andamento di tale curva con quella del prodotto marginale. Ali' inizio il prodotto marginale di solito è crescente - conseguentemente cresce anche il prodotto medio, ma più lentamente - finchè raggiunto un massimo (i l punto P), inizia a decrescere ; il prodotto medio, invece, continua a crescere (fino al pu nto Q) perchè sul suo livello influisce l'alta produttività marginale del primo stadio della produzione (fino a l punto P). Dato però che prodotto medio e marginale hanno, in questo tratto, andamento opposto, fi niranno con l'incontrarsi nel punto in cui il prodotto medio raggiunge il suo valore massimo (il punto Q ) ; ma il prodotto marginale, continuando a diminui re rapidamente, farà diminuire anche il prodotto medio, sia pure lentamente. Si deve infine rilevare che il prodotto medio, o ltre ad essere uguale a l prodotto marginale nel punto in cui è un massimo, è sempre strettamente collegato al prodotto marginale, perchè resta sempre condizionato al suo andamento. Se ad esempio, il prodotto marginale fosse costante, anche il prodotto medio sarebbe costante e uguale a l prodotto marginale: si pensi ad una funzione della produzione avente la forma, y = ax .

(3)

156

Oicesi funzione omogenea di primo grado quando la variab ile dipendente aumenta nell a stessa proporzione del l'aumen to de ll e variab ili indipendenti. In economi a, allorquando s i verifica un caso siffauo, si dice che si hanno rendimenti di scala costanti, nel senso che a umentando nella stessa proporzione tutti i fat tori, il prodotto a umenta anch'esso nell a stessa proporzione. Dicesi funzione omogenea di grado superiore al primo - o a rendimenti d i scala crescenti - quando il prodotto aumenta più c he proporziona lmente r ispetto all'aumento dei fattori. Dicesi fu nzione omogenea di g rado inferiore al primo - o a rendimenti di scala decrescenli - quando il prodono aumenta meno che proporzionalmente ris pet to all' umemo dei fattori. Dicesi fur,zione non omogenea quando il rapporto fra la quantità di fatto ri uti lizzati cambia con l'espans ione della produ zione.


CAPITOLO VIII

L'EQUILIBRIO DELLA PRODUZIO E DELLO STRUME TO MILITARE

50. Alla ricerca di elementi di analisi " diversi " nel processo produttivo dello strumento militare. - 51. [l problema economico della produzione dello strumento militare e la funzione della produzione ·militare. - 52. Possibilità di misurare la produllività. - 53. Il problema della combinazione ottima dei fattori basata sulla misurabilità della produttività.



50. Alla ricerca di elementi di analisi "diversi" nel processo produuivo dello strumento militare. Nelle attività d'impresa l'imprenditore perviene a lle proprie scelte alternative per massimizzare i ricavi o minimizzare i costi, al fine di ottenere il massimo profi tto. Ne lla produzione dello strumento militare o degli output che lo compongono si sostengono costi, ma non ci sono ricavi e neppure profitti. D'altro canto, è noto che costi e ricavi sono gli elementi essenziali per la ricerca della combinazio ne più economica dei fa ttori di produzione, de lla dimensione ottima dell'impresa e del massimo vantaggio dell'imprenditore. Mancando nella produzione di output militari l'elemento ··ricavi", come è possibile determinare la combinazione ottima dei fattori di produzione? Come è possibile stabilire la economicità o meno della produzione? Occorre ricercare a ltri elementi caratteristici degli output militari che possano sostituire quello del ricavo. Al riguardo alcuni econom is ti americani hanno ritenuto di poter sostituire l'elemento ricavo con quelli di bene/il - beneficio - e di ef/ectiveness - efficacia - . Secondo la terminologia propria dell'analisi costi - benefici - su tale analisi ritorneremo al Cap. 11 ° - per beneficio s'intende il vantaggio che s i trae da un output sia esso un bene o un servizio per il quale si è dovuto sostenere un costo. Per e//icacia, invece, s'intende il grado o la intensità della capacità di un output di conseguire un dato obiettivo. Se, ad esempio, l' output è un missile, la sua efficac ia è determinata dagli obiettivi che può distruggere ad una data di stanza; se, invece, trattasi di un aereo da trasporto, è determinata dal tonnellaggio trasportato ad una data distanza, e così via. L'uso degli elementi benefic io ed efficacia è possibile se e in quanto tali elementi siano quan1ificabili. Dato, però, che beneficio ed e ffi cacia non sono \'alutabili monetariamente, occorre procedere ad una semplificazione dell' analisi economica, accettando come soddisfacente il criterio della massimizzazione del be neficio o del l' efficacia di un output, essendo fi ssato il livello dei costi; oppure quello della minimizzazione del costo, essendo dato il beneficio o l'efficacia dell 'output. Ovviamente tale criterio non richiede che il benefic io o l'efficacia s iano valutabili monetariamente,però non consente di determinare: a) il 1ivello del costo m inimo, nell'ipotesi della massimizzazione del benficio o dell 'efficacia; b) il livello del bendicio o dell'efficacia, nell'ipotesi della minimizzazione del costo ; essendo nella prima ipotesi, fissato a priori e arbitrariamente il livello dei costi e, nella seconda, il liYello massimo del beneficio o dell'efficacia. 51. Il problema economico della produzione dello strumento militare e la funzione della produzione militare. La produzione di beni e servizi militari come ogni produzione, comporta sempre la soluzione d i un problema economico. Il problema tecnico è dato dalla ricerca dei fattori di produzione che debbono entrare nel processo produttivo. Però non esiste nella produzione di beni economici e quindi anche militari, una legge delle proporzioni fisse come nei fenomen i chimici, sicchè è dato all'organismo militare di scegliere fra le varie alternative - combinazione d i fattori - que lla ottima e cioè quella che assicura la massima efficacia con costi dati, oppure il minimo costo per una efficacia data, epperò sorge la necessità di risolvere il problema economico, oltre che q uello tecnico.

159


L'organismo militare vorrebbe porsi l'obiettivo di conseguire col minimo costo uno strumento militare avente la massima efficacia. Ciò è possibile agendo nel tempo, attraverso successivi tentativi; non è invece possibile sul piano dell'analisi razionale, perchè porsi il problema in termini di massima efficacia - fra l'altro non valutabile monetariamente - e di un minimo costo, senza disporre di nessun dato noto, significa porsi un problema insolubile in termini matematici; epperò bisogna adottare un metodo astratto e analitico, impostando dapprima il problema della combinazione ottima dei fattori produttivi, dando per risolto quello dell'efficacia (cioè dando per nota la quantità degli output da produrre); impostando poi il problema dell'efficacia, dando per risolto il problema della combinazione ottima dei fattori di produzione. Un siffatto metodo costituisce indubbiamente una deformazione della realtà, ma non è possibile operare diversamente. Nella combinazione dei fattori produttivi si associano fattori limitazionali e fattori sostituzionali, sicchè un certo quantitativo di prod6tto può essere ottenuto attraverso più combinazioni tutte tecnicamente equivalenti, di guisa che si pone un problema di scelta. Conseguentemente, dato come noto un certo quantitativo di prodotto, le quantità dei vari fattori, fino a quando non si sia proceduto alla scelta, sono delle incognite e l'equazione della fabbrica - detta anche funzione della produzione - si scrive: q = q(x1, Xi,···, Xn) (1) dove q indica la quantità del bene e x 1, xi . .. , xn le quantità dei vari fattori . Il concetto di questa equazione è che il volume del prodotto non vincola la combinazione dei fattori perchè la medesima quantità globale può essere ottenuta da tutta una gamma di combinazioni; ma una determinata combinazione vincola il prodotto, perchè da quella combinazione è possibile ottenere solo un determinato quantitativo. L'equazione di fabbrica perciò - in caso di impiego congiunto di fattori limitazionali e sostituzionali - esprime tutta una gamma di possibilità tecniche di produzione - funzione tecnica - ; ma segna anche i limiti entro cui può operare la scelta economica dell'organ ismo militare che non può adottare combinazioni che non siano fra quelle contemplate dal!' equazione medesima. 52. Possibilità di misurare la produttività.

Nel paragrafo 46 abbiamo osservato che risulta assurda e impossibile la determinazione della produttività toiale di un singolo fattore produttivo. E: invece possibile la determinazione della produttività marginale di un singolo fattore, nonchè la produttività totale del complesso dei fattori di produzione. Deves i però rilevare che, così come avviene per l'utilità, anche per la produttività si pone il problema se essa sia misurabile o no. Al riguardo parte della dottrina ritiene che non sia possibile fare astrazione dal concorso degli altri fattori, epperò la produttività marginale di un singolo fattore non è misurabile, con la conseguenza che non possono essere istituite relazioni matematiche fra produttività marginale che restano un quid inesprimibile. Altra parte della dottrina, invece, ammette, sia pure attraverso un certo grado di astrazione, un significato - non importa se più convenzionale che reale - alla produttività marginale di un singolo fattore produttivo, divenendo così possibile una certa misurazione di tale produttività e l'istituzione di rapporti matematici fra produttività marginale e fattori diversi. Ovviamente, così come avviene per la determinazione della posizione di 160


equilibrio del consumatore, le due diverse concezioni portano a seguire due diverse strade per giungere alla detem1inazione della posizione di equilibrio del produttore. Partendo dal primo presupposto, ci si avvale degli strumenti logici di produttività marginale e di tasso marginale di produttività, pervenendo alla formulazione del teorema del livellamento dei tassi marginali di produttività ai prezzi unitari dei fattori - uguaglianza delle produttività marginali ponderate - ; partendo, invece, dal secondo presupposto, ci si avvale degli strumenti logici degli isoquanti, degli isocosti e della cosidetta via dell'espansione,"pervenendo alla configurazione dell'equilibrio costiLuita dal punto di tangenza dell' isocosto rappresentativo delle risorse da investire con l'isoquanlo più alto raggiungibi le dall'isocosto medesimo. Nella nostra analisi seguiremo tanto l'uno quanto l'altro approccio. 53. ll problema della combinazione ottima dei fallori basata sulla misurabilità

della produttività. Partendo dal presu pposto della misurabilizà della produltività, è possibile affermare che la combinazione di fattori produttivi ottima, e cioè più economica - detta frequentemente posizione di equilibrio del produttore - sia quella nell'ambito della quale ciascun fattore è impiegato in un quantitativo tale da dare una produttività marginale pari alla remunerazione che riceve; il che equivale a dire che si ha la combinazione ottima allorquando, prezzi unitari dei vari fattori di produzione sono proporzionali ai r ispettivi prodotti marginali. Ma se si realizza la proporzionalità fra produttività marginale e prezzi unitari, ciò comporta a sua volta che, per ogni fattore, il rapporto fra la sua produttività marginale e il relativo prezzo unitario dia w1 quoziente eguale a quello che si ottiene dal rapporto fra la produttività marginale e il prezzo w1itario di qualsiasi altro fattore . Considerato che il rapporto fra il prodotto marginale di un fattore e il prezzo del fattore stesso è detta produttività marginale ponderata possiamo concludere che la combinazione ottima dei fattori produttivi è quella nel!' ambito della quale si eguagliano le produttività marginali ponderate - livellamento delle produ ttività marginali ponderate-. Se poi l'analisi è portata al margine infinitesimo, si ha la combinazione ottima allorquando i tassi marginali di produttività dei diversi fattori impiegati divengono proporzionali ai prezzi. Chiamando con P la produttività totale di un'impresa, con x 1, x2 , .. . x11 i quantitativi dei vari fattori produttivi impiegati e con Pxi, Px2, • .. Pxn i prezzi unitari dei fattori medesimi, la condizione che deve verificarsi affinchè sia raggiunta la combinazione ottima dei fattori produttivi è data dalle seguenti equazioni: dP dP dP

dx2 - --= ... = - -d,n-P xt

P x2

Pxn

La (2) pone le condizioni che debbono verificarsi affinchè venga raggiunta la combinazione ottima dei fattori. produttivi e cioè la posizione di equilibrio dell' imprenditore nell'impiego di più fattori produttivi (1).

f)

Se si considera )'acquisto di un solo fattore produttivo . ipotesi invero lontmla dalla realtà, stante la complementarietà dei fattori produttivi - la posizione di equilibdo è data dall'cguagliunza del rapporto fra la produuività marginale dal fattore stesso e la utilità marginale della moneta col prezzo di mercato ( Ut,p M =Pm ). E poichè tale rapporto costituisce il prezzo di domanda del fattore prod~t tivo, può dir~ anche che la posizione di equilibr io di tUl solo fattore sia data dall'uguaglianza 'del prezzo di domanda del fattore produttivo stes,;o con il relativo prezzo di mercato (pd=pm), Cfr. G. U. PAPI, Principi di economia, op. cii. Vo l. I, pag. 124.

161


Però il problema pratico dell'imprenditore è quello di conoscere le quantità concrete dei vari fattori che entrano nella combinazione ottima, problema che non può risolvere la (2) perchè le equazioni sono inferiori al numero delle incognite - per n incognite si hanno n - 1 equazioni -. il problema diventa però risolvibile se si aggiunge l'equazione della fabbrica: q = q (x1, ottenendo così il seguente sistema: dP dP

d,1

-

= q (x 1,

d,,,

- --Pxn

P,2 Xi , . . . ,

Xn)

dP

d xi ---'-"'-- =

Pxt

q

Xi , .. . '

(3)

x,,)

Ovviamente, se ·1e condizioni della (2) sul piano mentale possono essere precisate istantaneamente a priori, sul piano pratico-operativo implicano invece, una serie di tentativi che richiedono tempi più o meno lunghi. Tale analisi, elaborata dalla teoria economica, può essere, di massima, applicata all'analisi del processo produttivo degli outputs militari in quanto può ritenersi utilizzabile, in prima approssimazione, il concetto di produttività marginale. Devesi comunque rilevare che il principio del!' eguaglianza delle produttività marginali è valido per la determinazione della combinazione ottima dei fattori di produzione, ogni qualvolta che ci si rife risce a specifici outputs - sistemi di arma, munizionamento, apparati elettronici, ecc. -. Nel suddetto processo di produzione può accadere che: a) si debba produrre un solo bene (sistema di arma). In tal caso conviene aumentare i fattori di produzione di difesa - inputs - fino a quando la produttività marginale è positiva e cioè fino a quando i benefici marginali sono maggiori dei costi marginali. In simboli, detto MB i benefici marginali e MC i costi marginali deve risultare : MB >

MC

MB

MC

essendo il punto di equilibrio della produzione di difesa. La TAB. VIII. 1 serve a chiarire quanto sopra esposto. Tab. VIII. 1 - M1ss1u IMPIEGATI PER DISTRUGGERE DATI BERSAGLI Bersagli Media del Media dei Benefici Costi dis trutti costo dei bersagli marginali marginali d istrutti (output) missili

N. di missili (input)

Costo dei miss ili

1

2

3

4

20

75

5

18,75

-

-

5

25

82

5

16,40

7

5

6

30

87

5

14,50

5

5

7

35

91

5

13,00

4

5

5

11,75

3

5

8

162

40

94

4 = 2: l

S

= 3: 1

7

6


Esaminando la TAB.VIIT. I, si nota che a successivi investimenti di missili, aventi un costo costante, corrispondono risultati sempre p iù modesti. Si nota, inoltre, che il 5° missile provoca u n beneficio marginale d i 7, contro un costo marginale di 5; per il 6° m issile il beneficio marginale è pari al costo marginale: ciò significa che si è già raggiunto il punto di equilibrio di MB = MC, oltre il quale non è più conve niente spingere la produzione. Consegue pertanto che, qualora la distruzione di 94 bersagli non abbia un' importanza vitale, risulta vantaggioso lim itare l'impiego dei missili a 6 unità capaci di distruggere 87 bersagli. b) Si debbano produrre più beni (più s istemi di arma). Se per raggiungere i fini d i difesa occorre produ rre più sistemi di arma, sorge il problema d i come distribuire le varie produzioni. Se, ad esempio, i sistemi di arma da produrre sono due: velivoli da bombardamento e missili, si deve decidere il numero d i velivoli e di missili da produrre, tenendo presente il vincolo che, se aumenta la produzione di velivoli, deve d im inuire quella dei missili e viceversa. Come n egli altri fenomeni economicj, l' alternativa si risolve appl icando, con opportuni adattamenti, il principio cieli' eguaglianza delle produttività marginali ponderate e cioè i rapporti fra benefici marginali e costi marginali. In simboli, detto MB 1, MB 2 . . . i benefici marginali delle varie produzioni e MC 1, MC 2 ••. i costi marginali, si ha:

MB

MB

1 2 - ----=-= - --=--

che può anche scriversi:

Se invece, si tratta di una produzione di ordine superiore - ad esempio, la produ zione di una forza di difesa dello spazio aereo o di una forza aerea strategica - occorre sostituire l'elemento produttiv ità marginale con quello di efficacia marginale, intendendo per efficacia marginale l'incremento o il decremento dell'efficacia totale che consegue all'incremento o a l decremento infinitesimale di un singolo fattore. Detta y l'efficacia di un output ed x un fattore di produzione che s i considera variabile, l'efficacia marginale del rapporto dy dx e cioè dalla derivata prima della funzione dell'efficacia totale rispetto al fattore considerato variabile. Se, ad esempio, si deve de terminare la combinazione ottima di una forza a erea strategica - aerei da bombardamento e missili - tale combinazione sarà data dall' ug uaglianza dell'efficacia marginale ponderata dei diversi fattori - aerei da bombardamento e missili, nonchè dalla funzione della produzione - . Aggiungiamo che l'efficacia marginale ponderata è data dal rapporto fra l' efficacia marginale e il relativo costo . Generalizzando, se ch iamiamo con q la produzione del "sistema difesa" con x 1, x 1, • .. , xn i quantitativi di fattori impiegati - aerei da bombardamento, missi li, ecc. - e con C, 1, C, 2, .. . , Cxn i costi u nitari dei fattori medesimi, la condizione che deve verificarsi affinchè sia raggiunta la combinazio-

163


ne ottima dei fattori produttivi è data dalle seguenti equazioni:

oE

oE

c xl

C, z

-

oE o,n (3) ---=~ Cxn

e il problema diventa risolvibile aggiungendo l'equazione della funzione della produzione del sistema difesa:

ottenendo così il seguente sistema:

oE 0 ,1 c xl q

=

= q (X1,

oE

oE

O x2

('xn

C xi

c xn

Xz, · • • Xn) (5)

La ( 4 ) è espressa nella forma più generale (1). Al riguardo devesi osservare che essa può essere omogenea di primo grado, omogenea di grado superiore al primo grado, od omogenea di grado inferiore al primo. Nel primo caso sta a significare che a umentando nella medesima proporzione tutti i fattori, la pr oduzione del sistema di difesa aumenta nella stessa proporzione; nel secondo caso, la produzione aumenta più che proporzionalmente rispetto all'aumento dei fattori; nel terzo caso, la produzione aumenta meno che proporzionalmente rispetto all'incremento dei (attori di produzione. Non è escluso, però, che la ( 4 ) possa assumere anche forma di una funzione non omogenea. In tal caso il r a pporto fra quantità dei fattori utilizzati cambia con l'espansione della produzione.

(')

Osse rviamo c he l'equazione della funzione della produzione può essere a cocffic ienli fissi e a coefficien ti flessibili. Tn questo secondo caso. pot rebbe essere la seguente:

y=ACx, a e,, B (funzione 164

di Cose - OoUGLAS) dove a e B sono appun to coeffic ienti fless ibili.


CAPITOLO IX

ANCORA SULL'EQUILIBRIO DELLA PRODUZIONE DELLO STRUMENTO MILITARE

54. Il problema della combinazione ottima dei fattori basata sul metodo delle curve d' indifferenza: a) produzione d i un solo bene (output) con due fattori di produzione (input). - 55. b) produzione di due beni (output) con due fattori di produzione (input). - 56. e) produzione di due beni (output) con un solo fattore di produzione (input). APPENDICE: 1. Delle curve d'indifferenza. - 2. Caratteristiche delle curve d'indifferenza. - 3. Tipi di curve d'indifferenza.



54. Il problema della combinazione ottima dei fattori basata sul metodo delle curve d'indifferenza: a) produzione di un solo bene (output) con due fattori di produzione (input).

In appendice al presente capitolo esponiamo il concetto e le caratteristiche delle curve d'indifferenza onde evitare il ricorso ad opere istituzionali di economia. Con tale bagaglio di cognizioni possiamo affrontare il problema della combinazione ottima dei fattori produttivi basata sulla tecnica delle curve d'indifferenza. Il primo passo da compiere è quello di definire il concetto e le caratteristiche delle curve di prodotto costante, dette anche isoquanti. Riprendiamo in esame la funzione esemplificata della produzione, ipotizzandone determinato il prodotto. Sia dunque tale funzione: q = q ( x1, X2) Per produrre una data quantità di un certo bene è tecnicamente possibile utilizzare diverse combinazioni di fattori produttivi. Tale affermazione di carattere generale è valida anche nella produzione dello strumento militare e dei diversi outputs che lo compongono. Ad esempio, per produrre una certa forza aerea, possono essere utilizzate le combinazioni di cui alla TAB. IX.l. Tab. IX. I - COMBINAZIONl ALTERNATIVE DI FATTORI PER PRODURRE UNA FORZA AEREA Alternative

Missili

A B

60 120 180 360 720

e D E

Aerei da bombardamento

24 12 8 4

2

Osservando le d iverse combinazioni alternative indicate nella TAs.TX. I. si nota che se si vuole mantenere costante la quantità prodotta, occorre aumentare la quantità di un fattore, quando si diminuisce la quantità dell'altro: occorre cioè sostituire una certa quantità di un fattore con una certa quantità di un altro - principio di sostituzione - . Ipotizzando combinazioni alternative per variazioni infinites ime di fattori produttivi, è possibile costruire una curva continua e derivabile (fig. IX. 1). Tale curva è detta curva di prodotto costante o più frequentemen te isoquanto e viene definita come il luogo dei punti di tutte le possibili combinazioni dei fattori mediante le quali si ottiene una data quantità di prodotto ( 1) . L'introduzione delle curve d'indifferenza del PARETO nell'ambito della teoria della produzione è avvenuta per opera di BowLEY (2) ed è stata continuata da FRISCH, che ha denominato isoquanti le curve di prodotto costante e da SCHNEIDER (3).

(vedi note I, 2. 3, nella pagina seguenle)

167


y

fig. IX. l

ID

o

c.

o

o

o

X

l avoro

1ella teoria degli isoquanti bisogna considerare, innanzi tutto, alcuni casi che potremmo definire limite. Incominciamo a considerare il caso di una produzione realizzabile soltanto con l'impiego di fattori limilazionali e cioè con fattori che in nessun modo possono essere sostituiti l'uno dall'altro, perchè sono reciprocamente coù1plementari e impiegati in proporzioni fisse. (fig. IX . 2).

fig. IX. 2 y L

o

X

Quando ci si trova d i fronte a due fattori produttivi, tutti e due limitazionali, le combinazioni quantitative di fattori che interessano l' imprenditore sono soltanto quelle determinate dalla retta OL - la coside,tta via dell'espansione.

Microeconomia, Roma 1968, pag. 144 The ma1hematical ground work o/ economics, Oxford 1924 R. FR1SCK, Le leggi tecniche ed economiche della produzione ind11s1riale. trad. it. Milano 1966; Nuovi me1odi di misurazione dell'uti/i1à marginale, t rad. it. Torino 1961 E. Sc11NE10c R, Teoria della produzione, t rad . it. Milano, 1942

( 1)

V.

(2)

A. L. BowLEY,

(3)

168

MARRAMA,


Un a ltro caso limi te è dato dalla prod uzione real izzabile con ]' impiego d i fattori perfettamente sos1i1uibili, tan to che possono considerarsi identici. In questo caso, come è già stato osservato, il saggio di sostituzione è costante e sempre uguale a I. Inoltre, non si ha nessuna zona di eccedenza per tutti i fattori perfettamente sostituibili (fig. IX . 3). fig. IX 3

y

o

Ciò premesso consideriamo il caso più frequente nella real tà e cioè il caso che i fattori produtth·i siano reciprocamente sostituibili soltanto per date combinazioni quantitati\'e; epperò occorre determinare preliminarmente le condizioni che regolano la loro sostituibil ità. ella fi g. IX. 4. è stata de lineata la zona che comprende com binazion i d i fattori di produzione nella quale tali fattori sono reciprocamen te sostituibili e la zona che comprende, invece, combinazioni che non consentono siffatta sostituibilità. La delim itazione d i tali zone si ottiene con una costruzione geometrica semp lice. Individuati i pun ti dove le tangen ti via via tracciate a i singoli isoqu a nti sono parallele rispettivamente agli assi delle ascisse e delle ordinate, si uniscono con una curva tutti questi punti di tangenza. Si otterranno così le curve OA e OB. La zona delineata da queste due cu rve (tratteggiata) si dice zona di sostituzione, secondo la terminologia de llo ScHNEJDER e in essa le prod utt ività marginali di ambedue i fattori di produzione sono positive. Per le combinazioni quantitative situate sulla linea OA e nella zona sovrastante, la produttiYità marginale rispetto al fattore di produzione I 1 è positiva e quella rispetto al fattore d i produzione I2 è negativa. Per cont ro, nelle combinazioni quantitative di fattori di produzione situati sulla linea marginale OB e nella zona sottostante, la produttività marginale rispetto al fattore di produzione 11 è negativa e quella rispetto al fattore di produzione 12 è positiva. 169


fig. IX. 4

Le curve d i prodo tto costan te sono convesse verso l'origine degli assi ortogonali. Ciò sta a significare c he a mano a mano che si sostituisce un fattore con un a ltro, è necessario impiegare quan tità addizionali del fattore sostituen te sempre crescenti affinchè il p rodotto r imanga costante . I motivi di siffatto andamento sono spiegabili in base alla legge della produttività marginale decrescente. Inoltre, MARRAMA ( 4 ) dimostra la convessità di tali c u rve, senza far ricorso a l concetto d i p roduttività marginale decrescente, con un ragionamento che esclude il contrario . Se I' isoquanto - osserva il M ARRAMA - invece d i essere convesso fosse concavo, tale curva and rebbe ad intersecare gli assi delle ascisse e delle ordinate, il che starebbe a significare che è tecnicamente possibile produ rre un dato bene mediante l'impiego d i un solo fattore (ad esempio solo lavoro o solo capitale), men tre la realtà c i dice che per il principio della complementarietà dei fattori produttivi, tali fattori de bbono essere comb inati - sia pure in misura diversa - fra di loro. Ciò significa che la sola ipotesi p oss ibi le - per motivi analogh i si esclude anche il caso limite della linearità - è la convessità dell'isoquanto (5). Determinati i limili entro cui è possib ile la sosti tuzione dei fattori produ ttivi e la fo rma dell' isoquanto, sorge il problema d i m isu rare siffatta sostituzione. Il rapporlo in cu i un fattore produttivo viene sostituito da u n altro, mantenendo costante la prod uzione, viene defini to saggio di sostituzione, che per sostituzioni di quantità infinitesime, diviene il saggio marginale di

(4)

(S)

170

V. MARRAMA, Microeconomia, op. cil. pag. 146 G. B. R rcHARSON, La logica della scelta, t rad. it. Mi lano 1968, pag. 3 1. Devesi aggiu nge re che una famiglia di isoquanti non s' interseca per definizione, pen:hè una siffana circostanza non sarebbe tecnicamente assurda. D'altra parte, però, la funzione di produzione collega ad una data combinazione di fattori produltivi soltanto una sola quantità di prodollo, quella massima tecnicamente possibile.


sostituzione. Tale saggio in un punto dato, è misurato dalla tangente trigonometrica dell'angolo formato dalla tangente geometrica ali' isoquanto in quel dy

punto e l'asse delle ascisse e cioè

=

tang. a

dx Dato che l' isoquanto è convesso, il saggio marginale di sostituzione non può essere che decrescente. Nella fig. IX . 5. il saggio marginale di sostituzione fra il fattore x e il fattore y nel punto P equ ivale alla tangente trigonome tr ica dete rminata dall'asse delle ascisse, vale a dire l'inclinazione della retta RS sull'asse delle ascisse. fig. IX. 5 y R

Y1

y2 I

..c l I

·;;1 I

o

.,,

COS X

X

s

•2

Devesi ora determinare il punto di equilibrio del produttore, e cioè il punto in c ui si ha la combinazione ottima, fra quelle tecnicamente possibili, dei fattori produttivi, va le a d ire la combinazione realizzabi le al costo minimo. Occorre dunque prendere in esame i costi delle possibili combinazioni di fattori produtti vi. Dicesi cu rva dei costi costanti o ìsocosii il luogo dei punti di quelle combinazioni di fattori che hanno il medesimo costo (6 ). Considerando che il costo totale può essere espresso dalla formula:

e = xc,+ yc, dove C è il costo totale, x e y sono le quantità dei due fattori (ad esempio lavoro e capitale ) e c, e c, i rispettivi prezzi. La (1) può anche essere espressa come segue:

e

y = - -- -

(6)

V.

MARRMIA,

__ P,__

X

(2)

c,.

,\1icroeco11omia, o p. cii. pag. 154.

171


che è l'equazione di una retta. Ciò significa dunque che gli isocosti seguono l'andamento della retta (fig. IX. 6 ). In particolare, il rapporto fra i prezzi dei fattori Cy

dà l'incl inazione della retta sull'asse delle ascisse, mentre

c cy è l'intercetta che determina la posizione della retta stessa sul quadrante de-

gli assi ortogonali .

fig. IX. 6.

y M

o

e E M' y1

o

Se _C_

x,

E'

o'

X

aumenta, fermi restando i prezzi, la retta CC' si sposta in DD'; vice-

cy

versa, se diminuisce, si sposta verso sinistra, in EE'. Ciò porta ad avere una famiglia di isocosti. Vediamo ora dove si colloca il punto di equilibrio del produttore. Dalla fig. IX. 6. risulta evidente che la combinazione dei fattori più conveniente è ·quella in cui l' isocosto diviene tangente ali' isoquanto. Il punto Q rappresenta, infatti, la combinazione ottima dei fattori x e y, perchè qualunque altra combinazione di fattori per produrre la quantità cui si riferisce l' isoquanto MM' costerebbe di più, in quanto si troverebbe su un isocosto spostato a destra (ad es. DD'), che corrisponde ad un costo totale maggiore. Il punto in cui l'isocosto diviene tangente all'isoquanto costituisce dunque il punto di equilibrio del produttore. In tal punto la pendenza dell'iso172


qua nto che ind ica il saggio marginale di sostituzione fra due fattori è uguale alla pendenza del!' isocosto, che per la (2) è il rapporto fra i prezzi dei due fattori, e cioè allorquando:

d, Ciò consente di affermare che il rapporto marginale di sostituzione del fattore x al fattore y è uguale, nella posizione di equilibrio del produttore, al rapporto fra il prezzo del fattore x e il prezzo del fattore y. Vediamo ora di fare un'appropriata esemplificazione. Consideriamo il caso in cui s i debba approntare una forza aerea strategica che mass imizzi la distruzione di alcuni obiettivi. Per contenere il caso nei limiti dell'analisi sviluppata, ipotizziamo che detta forza sia ottenibile con due soli inputs bombardieri s trategici e bombe-. Ciò posto in linea preliminare, supponiamo che con 400 bombardieri strategici e 400 bombe s i possano d istruggere 200 obiettivi, in quanto viene calcolato che il 50 per cento degli aerei mancherà il bersaglio o andrà perduto - aurition rate - . A questo punto sorge il problema: con quali altre combinazioni di bombardieri e di bombe si possono distruggere 200 obiettivi e fra tutte le combinazioni possibili, qual' è quella più vantaggiosa, nel senso che consen te la distruzione di 200 obiettivi col costo minimo? fig. IX. 7. I 00 O

200

• Oo

soo·&oo

8 o O

10 0 0

bo:nt,e

173


Le diverse combinazioni possibili - considerando quantità infinitesime - sono rappresentabili con una curva (fig. IX. 7 ), convessa a lle origini e p iù o meno asintotica alle due estremità, che denominiamo isoquanto. Il punto P rappresenta u na delle tante possibili combinazioni per distruggere i 200 obiettivi; ogni punto alla sinistra dell' isoquanto rappresenta una combinazione non efficiente, mentre u no posto a destra sta a significare un livello più alto di distruzione, per raggiungere il quale, però, occorrono maggiori inputs (più aerei o più bom be). Il passaggio dal punto P ad un altro punto sullo stesso isoquanto, ad esempio, P', è determinato dal saggio di sostituzione . Ora per determinare la combinazione ottima fra tutte quelle efficienti punto di equilibrio - bisogna conoscere il costo dei rispettivi inputs. Ipotizzando u n bilancio di 100 miliardi, il costo di un bombardiere di 20 miliardi e quello di una bomba - supposto che trattasi di una bomba termonucleare di 10 miliardi, con tale b ilancio si potrebbero acquistare 500 bombardieri e nessuna bomba o 1000 bombe e nessu n bombardiere, oppure varie combinazioni di bombardieri e di bombe. Unendo i punti relativi ai due casi limite, si avrà una retta (BB' della fig. IX. 7.), detta isocosto, che rappresenta le varie combinazioni di bombardieri e. di bombe che possono essere acquistate con un bilancio d i 1000 miliardi . Da ciò consegue che il punto d i equilibrio è dato dal punto in cui l'isocosto è tangente all'isoquanto e cioè allorquando il saggio marginale di sostituzione uguaglia il rapporto dei costi degli inp uts. In simboli quando

d,

ci. .

Nel nostro esempio, allorqu ando il saggio marginale di sostituzione è 2, che corrisponde al punto P' e cioè 250 bombardieri e 500 bombe. 55. b) produzione di due beni (output) con due fattori di produzione (input ). Finora ci siamo occu pati dell'equilibrio del produttore nella produzione di un solo bene. Dobbiamo affrontare ora il problema dell'equilibrio in caso di produzione d i due beni . In questo caso - frequente nella realtà - il problema che s i presenta è il seguente: data u na certa quantità di fattori produttivi x e y, come varia la quantità prodotta del bene a rispetto a quella del bene b, nell'ipotesi che il produttore intenda, in ogni momento, impiegare in pieno la dotazione dei fattori disponibili ? Al riguardo bisogna formulare due osservazioni preli minari e cioè : a) a umentando la produzione di a, diminuisce la produzione di b, perchè la dotazione di fattori d i produzione è fissa; b) rinunciando a produrre date quantità d i b si ottiene in cambio quantità sempre minori di a ( legge della produttivi tà decrescente). Ciò premesso è possibile rappresentare la curva di trasformazione che sta appu nto ad indicare i rapporti in cui un prodotto si trasforma in un altro (fig. IX. 8.). In merito alle caratteristiche di detta cu rva, si osserva che: a) è inclinata nega1ivamente, perchè si deve produrre di meno di un bene per produrre di più di u n altro; b) è concava verso l'origine degli assi, perchè r inunciando a produrre date quantità di un bene, si ottengono in cambio quantità sempre minori dell'altro bene. Il produttore può proporsi di produrre o soltanto il bene b nella quantità OB, oppure soltanto il bene a nella quantitià AO; oppure una qualsiasi combinazione quantitativa dei due beni giacente su un dato punto della curva AB. 174


fig. IX. 8

y .,

.,

e

,t>

A

I I

I I

I A"

- - - - - - - - ~ - - - - - --- p I

:

I

I

I

I

I

:

B'

B"

0L...-------------~~:- X o(,

B

be ne 8

Nella presente analisi, a noi interessa particolarmente al terza alternativa.

Al riguardo consideriamo la combinazione della produ zione dei beni a e b con il rispettivo impiego dei fattori di produzione OB' e OA' : il punto P sulla curva di trasformazione AB, misura la comb inazione di tale produzione. Supponiamo ora di passare ad una diversa combinazione (più a e meno b ), impiegando il fattore OB" (maggiore di OB') e OA" (minore di OA'): la nuova combinazione è misurata dal punto P'. Se consideriamo il rapporto PQ

e cioè

QP'

l::.y ÀX

notiamo che tale rapporto, denominato saggio di trasformazione non si divers ifica dal saggio di sostitu zione ( fig. IX. 8.). Il saggio di trasformazione è dato dunque dal rapporto in cui la produzione di un bene viene sostituita dalla produzione d i un a ltro bene restando costante l'impiego dei fattori di produzione. Se poi le variazioni risultano infinitesimali in ciascun punto della curva di trasformazione si ha allora il saggio marginale di trasformazione . Tale saggio in un dato punto è misurato dalla tangente trigonometrica dell'angolo formato dalla tangente geometrica a lla curva in q uel punto con l'asse delle ascisse e con quel lo delle ord inate. ella fi g. IX. 9. il saggio marginale di trasformazione del bene b nel bene a è dato dal rapporto dy

dx 175


e cioè dal valore della tangente a; quello del bene a nel bene b, dal rapporto

dx dy e cioè dal valore della tangente /J. Finora per sempli ficare l'analisi, abbiamo fatto l'ipotesi che i fattori x e y restino fissi ad un dato livello; se invece varia tale dotazione la curva di trasformazione si sposta verso destra, in caso di aumento, e verso sinistra in caso di diminuzione. Sul piano degli assi ortogonali non ci sarà una sola curva ma un'intera famiglia di curve, ciascuna corrispondente ad una diversa dotazione di fattori di produzione (fig. IX. 9.). fig. IX 9

X bene

a

Resta ora da determinare il punto di equilibrio del produttore e cioè la combinazine più vantaggiosa che assicura la massima efficacia. Per l' imprenditore privato basta introdurre nell'analisi l'elemento ricavo; per l'organismo militare, invece, il problema è più complesso, perchè la produzione m il itare non ha un prezzo di mercato, né dà luogo a ricavi. Occorre pertanto introdurre nel processo di a nalis i un altro elemento in sostituzione del ricavo. Tale elemento potrebbe essere l'e fficacia , a condizione che sia possibile quantificarla, nonchè determinabile la relazione rispetto ai singoli beni prodotti. Supposto che tale relazione sia data da una funzione lineare (7), la produzione dei beni a e b (bombardieri e missili), risulterà :

E

= e1

et,

+ C2

qb

(I)

dove E è l'efficacia (ad esempio, capacità di distruzione di 200 bersagli) e 1 ed e 2 l'efficacia dei beni da produrre e qa e% le quantità prodotte dei beni a e b.

(7)

176

Trattasi di un'ipotesi semplificalrice, in cui i beni sono perfettamente sostituibili, epperò il tasso marginale di sostituà one è costante e sempre uguale a I, mentre, norma lmente, il tasso margina le di sost ituzione è dec rescente, s icchè la lin ea d i ind ifferenza risulta una curva convessa verso l'o rigine degli assi.


Dalla (1) è possibile determinare qa che risulta dall'equazione della retta: qa

= - -E--

Nella (2) l'intercetta è data da

E

e l'angolo di inclinazione da e1

e cioè dal rapporto fra l'efficacia dei due beni. Tale retta che riteniamo di denominare isoefficacia, sta a indicare l'immutabilità dell'efficacia complessiva al mutare delle quantità di beni prodotti dall'organismo militare. fig. IX. 10

y 'h,

.4

I I

I -

-

-

-

- -

-

QI

- i- - -

I

J)'

I

I I Q

L - - - - - --

---l-----'---->.--lL----,E,->o---- - -

8 '

g"

g

X

e,

Il saggio di trasformazione del bene a nel bene b è dato dal rapporto e quello del bene b nel bene a dal rapporto e cioè dal valore della tangente a nel primo caso e della tangente f3 nel secondo. Quanto al p unto di equilibrio del produttore, si nota che detto punto è

177


dato dalla coincidenza della tangente della curva di trasformazione con la retta dell'efficacia; in simboli quando: _o_q_b_

=_ _e_z__ (3)

Se invece, la isoefficacia è rappresentata da una funzione non lineare, il punto di equilibrio della produzione dei due beni in questione sarà dato dal punto in cui coincidono la tangente alla curva di produzione e la tangente alla curva dell'efficacia (fig. IX. 11) e cioè allorquando il saggio marginale di fig . IX. 11

B'

B

trasformazione dei beni uguaglia il saggio marginale di sost it uzione delle relative efficacie. In simboli quando: __ dp_;bc__ : _ _de_a_ (4) dpa deb 178


56. e) produzione di due beni con un solo input.

Nel paragrafo precedente abbiamo analizzato il caso in cui dati due fattori di produzione - inputs - si voglia produrre due beni - outputs -, ad esempio bombardieri e missili. In pratica, però, tale caso è frequentemente riconducibile ad un diverso caso, in cui i due beni siano producibili con un solo input. Ovviamente, deve trattarsi di un input particolare, quale appunto può essere il bilancio militare. E, questo un problema frequente, in quanto consiste nel distribuire un bilancio militare fisso, fra due forze (8 ), ad esempio fra una forza da bombardamento strategico e una forza di difesa dello spazio aereo. Per una soluzione di primo approccio basta considerare la curva di produzione - isoquan ti - dei due beni da produrre (fig. !X- 12.), i rispettivi cofig.lX. 12

R

5 OO

.e o

a,

o

~

M

<O

.,

o

o

700 f

o rz e

d.i

di f

1 2 OO

S

•s a

sti di produzione e il vincolo di bilancio. Supponiamo u n bilancio mil itare fisso di B miliardi; che il costo della forza di 500 u nità di bombardieri strategici sia di B miliardi e che anche il

(8)

L'analisi è limitata a due sole forze per motivi di semplic ità, ma il problema non cambia se devesi distribuire il bilancio militare fra piu' <li due forze.

179


costo della forza di difesa di J.200 missili sia anch'esso di B miliardi. Consegue che con un bilancio fisso d i B miliardi è possibile produrre 500 bombardieri, ma niente missili, oppure 1.200 missili e nessun bombardiere. ell' una e nell'altra alternativa, le conseguenze militari sarebbero "disastrose", perchè nel primo caso, si avrebbe una potente forza strategica, ma lo spazio aereo nazionale resterebbe completamente esposto agli attacchi nemici; nel secondo caso, invece, ci sarebbe una valida difesa dello spazio aereo, ma nessuna possibilità di attacco o di rappresaglia strategica. Consegue che occorre trovare una terza alternativa che, entro il limite di bilancio, consenta la contemporanea produzione delle due forze. Sappiamo che le n combinazioni possibili sono determinate dal saggio marginale di sostituzione di un prodotto nell'altro e viceversa. Ma fra tali combinazioni possibili, quale sarà quella economicamente efficiente? Consideriamo il vincolo del bilancio e i costi di produzione delle due forze, cosicchè avremo : B

= C,qa + C2qi

(')

dove B è il bilancio, C1 e C2 i costi di produzione e qa e q b le quantità prodotte dei beni a e b. Dalla ( 1 ) si determina qa che risulta dal!' equazione della retta :

essendo _ B_

C1

B C2 C1 C1 l'intercetta e ~ l'angolo d'inclinazione.

C1

Essendo, come detto, il saggio marginale di trasformazione del bene a nel bene b (forza di attacco strategico in forza di difesa)

d% dqa e l'inverso nel caso opposto, il punto di equilibrio della produzione delle due forze sarà dato dalla coincidenza della tangente della curva di produzione con la retta di bilancio. In simboli:

_ _d_qb_

= --C_z_

(~

La (3), però, dà una soluzione di primo approccio, valida soltanto se le due forze abbiano la medesima efficacia; in caso diverso - peraltro più frequente - bisogna tener conto della funzione dell' effica eia delle diverse combinazioni delle due forze. Ciò è possibile considerando le combinazioni delle due forze che presentano la medesima efficacia. Se ne consegue una funzione continua, si ha una curva, che denominiamo isoefficacia, convessa e asintotica (fig. IX. 13). È possibile immaginare una famiglia di isoefficacia da sinistra verso destra che indica una sempre maggiore efficacia delle forze prodotte (e 1, e 2, e3 ... 'en) -.

Il punto di equilibrio della produzione delle due forze che assicura la più efficace combinazione, è data dalla coincidenza del saggio marginale di trasformazione della curva di produzione - isoquanto A - B - col saggio marginale di sostituzione della curva dell'efficacia - isoefficacia (ei, e 2, e3 . . . , e 0 ) - .

180


In simboli:

= __d_e_a _

__d_q:..::b_ dqa

(4 )

deb

fig.IX. 13

"' ., ., "' .e

·-

O>

.,

J

o

fo r ze

d.i dif e sa e t f i c. ( o r z e

B di

di f e s a

Al riguardo, però, HncH e Mc KEAN (9) osservano che in pratica non sempre è possibile trovare il punto di equilibrio, perchè, in alcuni casi, si hanno valori effettivi della curva di efficacia che portano a due intersecazioni - anzichè aJla tangente - sulla curva di produzione. Infatti, a causa della difficoltà di quantif:icare l' efficacia di un sistema di arma o di una forza e del grado d i incertezza ad essa connessa in fu nzione della mutabilità degli obiettivi, spesso l'efficacia, più che da una curva, può essere determinata da una fascia derivan te da una ipotesi ottimista ed una pessimista e, fors' anche da una intermedia (fig. IX. 14).

(")

C. J . H n cH, R. N . Mc

KEAN,

The economies o/ De/ense in the nuclear age, op. c it. pag. 11 2

181


fig. IX. 14

M1

M

Si avrà allora, anzichè un punto di tangenza fra le due curve di isoquanto e di isocfficacia, due punti determinati da ogni intersecazione delle predette curve. I pu nti P'P' determinati dalle intersecazioni delle curve MM, E'E' possono considerarsi soluzioni quanto più accettabili , quanto meno si dis tanziano dal punto P determinato dalla tangente delle due curve MM, EE. La medesima considerazione può essere fatta per i punti P" P". APPE DICE AL CAPITOLO

1

0NO -

Le curve d'indifferenza

I. PARETO non si limitò a negare la possibilità di misurare l'utilità, ma propose un diverso strumento metodologico - attualmente seguito dalla gran parte degli economisti - consistente in un giudizio d'indifferenza, fondato sull'andamento delle curve d 'indifferenza. Il giudizio di indifferenza è ricorrente nella realtà fattuale. Se ad una persona che ci ch iede : « Questa sera andrai a teatro o prefer isci cenare a l ristorante? » gli rispondiamo: « È indifferente », abbiamo fatto un giudizio di indifferenza. Come pure potrebbe essere un giudizio di indifferenza un'affermazione del genere:« Per noi ci vogliono tre rappresentazioni cinematografiche per avere un piacer e pari ad una rappresentazione teatrale ». ci due casi esemplificati non si è procedu to alla misura, ma semplicemente al confronto dell'utilità dei due beni, constatando che i medesimi hanno per noi utilità uguale. Ciò significa che i giudizi d'indifferenza non presuppongono la m isurabilità dell'utilità, ma soltanto raffronti di utilità di carattere ord inale compiuti dallo stesso soggetto economico. 182


Dali due beni è concepibile per un individuo una serie di combinazioni quantitative che gli diano la medesima soddisfazione globale che siano cioè indifferenti dal punto di vista del l'utilità complessiva. Passando dal!' enunciato di principio ad un'esemplificazione pratica, supponiamo che Primus abbia 800 noci e non abb ia mele, mentre Secundus abbia mele e nessuna noce e che entrambi desiderano avere il bene che non possiedono. Cerchiamo ora di seguire come si comporterà Primus (Sccundus non si comporterà in modo diverso). Al riguardo formuliamo il seguente prospetto:

Prospetto delle combinazioni noci posizione iniziale I 3 combina,done 2a posizione 2a combinazione 3 a posizione 3 3 combinazione 4 a posizione 4 3 combinazione 5 3 posizione 3 5 combinazione 6 3 posizione 3 6 combinazione 7 a posizione 7 3 combinazione 8 3 posizione 3 8 combinazione 9a posizione 3 9 combinazione posiLione finale

800 100 700 100 - 600 100 -500 100 400 100

-

300 100 200 100 100 50

- so-

25 25

mele

I

+-

I 2

+3

2

+-

5

+~

8 4 +12 6 +18 12 30 20 -,-50 10 +60

+-

183


Dal prospetto si evince che per Primus è indifferente disporre di 800 noci e di nessuna mela, oppure 500 noci e 5 mele; oppure 300 noci e 12 mele e così via. Se è possibile ipotizzare che le mele e le noci sono divisibili in parti infinitesime e che le coppie intermedie fra i punti individuati - quelle che abbiamo denominato « posizioni » - seguono la stessa legge matematica determinata dai punti per i quali conosciamo la posizione di Primus, possiamo segnare su un sistema di assi cartesiani il bene col quale si effettua la sostituzione e il bene che è via via sostituito ; individuando i punti corrispondenti alle diverse coppie indifferenti, si otterrà una curva continua, detta appunto curva di indif fere11za. fig. 1 Cun•e di preferenza.

y

u

o

e:

800

600 5 00 400 300 200 100

X IO

20

30

40

50

60

70

mele

Tornando a considerare il prospetto delle combinazioni sopraindicate, si nota che Primus per avere una mela è disposto a privarsi di 100 noci. Ma per privarsi di altre 100 noci non si contenta più di una mela, bensì ne vuole 2; per privarsi di ulteriori 100 noci e poi di al tre 100, vorrà rispettivamente 3 e 5 mele e così via, sempre un numero maggiore di mele per ogni 100 noci . La teoria dell' utilità s piega siffatto comportamento. Ma la teoria delle curve d'indifferenza si limita a studiare l'andamento del lasso di sosti1uzione, o meglio - come vedremo fra poco - il tasso marginale di sos1i1uzione, quale rivelato dalle cun1 e di indifferenza stesse. Il numero di noci che Primus è disposto a cedere per ciascuna aggiunliva mela si dice tasso di sostituzione delle mele in noci. E, più in generale 184


possiamo d ire che s' intende per tasso di sostituzione il rapporto in cui un bene x viene sostituito al bene y, ritenendosi pienamente ed esattamente compensata la diminuzione del bene y con l'aumento del bene x. Se le variazioni dei beni avvengono per quantità infinitesime, tale rapporto dicesi saggio marginale di sostituzione. Considerando che il tasso marginale di sostituzione è il rapporto d i d ue incrementi infinitesimi, l' uno positivo del bene sostituente e l'altro negativo del bene sostituito, si può dire che il tasso marginale di sostituzione è il limite di un rapporto incrementale e costituisce la derivata prima della funzione rappresentata dalla curva d i indifferenza. In termini geometrici, dato un qualunque punto della curva. il tas o marginale di sostituzione in quel punto è rappresentato dalla tangente al punto medesimo, perchè, come è noto, data fig. 2. Saggio marginale di sostituzione. y ~ COS

X

tongo( = f t

dll

una curva 1A tangente ad un qualsiasi punto di essa costituisce la derivata prima della funzione in quel punto. Caratteristica peculiare del saggio marginale di sostituzione è d unq ue la sua variazione decrescente a mano a mano che si procede alla sostituzione dei beni e cioè a mano a mano che ci si sposta da sinistra a destra lungo la curva. 2. Caratteristiche delle curve d'indifferenza.

Le curve di ind ifferenza godono delle seguenti proprietà: a) sono decrescenti da sinistra a destra; b) sono convesse verso l' origine degli assi; c) ciascuna curva rappresenta un grado di soddisfazione crescente, entro certi limiti, quanto più è lontana dagli assi; d) non possono intersecarsi;

185


La prima proprietà è ovvia: infatti la decrescenza delle curve di indifferenza significa che aumentando la quantità di un bene, permane la posizione di indifferenza di un individuo a condizione che diminuisca in misura adeguata la quantità dell'altro bene. La spiegazione della seconda proprietà è complessa e non sicuramente probante. Molti autori che accettano la teoria delle curve di indifferenza, affermano che il tasso marginale di sostituzione esprime - a differenza dell'utilità marginale - entità reali, ma aggiungono, non ci si deve chiedere perchè mai il tasso marginale di sostituzione sia decrescente, perchè, in tal caso, si ricade nella teoria dell'utilità marginale. Altri autori si limitano ad osservare che le curve "normali'' sono convesse, senza aggiungere però che normalilà significa convessilà; il che è una tautologia. MARRA.MA tenta una dimostrazione che escluda per assurdo ogni possibilità contraria. Esclude dapprima la possibilità che sia una retta, perchè in tal caso ci si troverebbe di fronte a due beni perfettamente sostituibili - e quindi solo apparentemente diversi - epperò il tasso marginale di sos tituzione sarebbe costante e sempre uguale a uno (fig. 3 ). fig. 3 Saggio marginale di sostituzione costante.

y

Y1

Y2

o

"

0(

X

1

X

•2

Per mostrare poi l'assurdità della concavità delle curve di indifferenza, il citato Autore osserva che la concavità di tale curva si verificherebbe solo alla condizione che un individuo fosse disposto a rinunciare ad un solo bene per ottenere qu~ntità di un altro bene, in misura tanto maggiore, quanto minore fosse la quantità del bene in suo possesso; il che è assurdo ed è contraddetto dalla logica e dalla realtà fattuale. Non resta dunque che la forma convessa; ma la convessità delle curve di indifferenza significa tasso marginale di sostituzione decrescente. Il discorso tiene, ma a nostro sommesso avviso sembra, sia pure con qualche sfumatura, riecheggiare il concetto di utilità marginale. La terza proprietà delle curve di indifferenza, si riferisce ali' aumento del grado di soddisfazione di un individuo, quanto più lontana è - entro certi limi ti - la curva di indifferenza dall'origine degli assi. Al riguardo, considerate le curve di indifferenza 11 e 12 della fig. 4 si nota che il punto P 1, sulla 186


12 rappresenta una combinazione i cui beni sono maggiori che in P, in quanto OM' > OM e ON ' > ON. Siffatta proprietà porta a concludere che finchè possibile l'individuo preferisce la combinazione della curva di indifferenza più lontana dall'origine degli assi. fig. 4. Famiglia di curve d'indifferenza.

X M

M'

La quarta ed ultima proprietà si riferi sce al fatto che esse non possono intersecarsi. Ciò è evidente sol che si consideri che ad ogni curva di indifferenza corrisponde un diverso grado di soddisfazione e che ad una stessa combinazione di due beni (ON di uno e ON di un altro) corrisponderebbero due soddisfazioni diverse, il che è impossibile se il consumatore è coerente nelle sue preferenze. fig. 5. Curva d'indifferenza anomala.

y

N

12

0-------------------11

X

M

187


3. Tipi di curve di indifferenza. PARETO discutendo sulle curve di indifferenza ebbe a dire che esse sono una fotografia dei gusti dell'individuo, epperò è necessario studiare l' andamento di alcune differenti "famiglie" di curve di indifferenza, intendendo con tale espressione una serie di combinazioni indifferenti per l'individuo, la cui preferenza ricadrà, finchè è possibile, su quella rappresentata dalla curva di indifferenza più lontana dall'origine degli assi .

fig. 6. Famiglia di curve d'indifferenza

y

h 12

._____________ x I,

o È da rilevare in via preliminare che le curve di indifferenza formanti una famiglia, pur non intersecandosi, possono anche non essere parallele fra di loro. Ciò premesso, vediamo ora di esaminare i casi più ricorrenti d i famiglie di cu rve di indifferenza. Il primo caso è quello tracciato nella fig. 6. È questo u n caso d i andamento normale, riguardante beni differenti, ma sostituibili gli uni agli altri (ad esempio mele e noci, rappresentazione cinematografica e rappresentazione teatrale, ecc.). In questo caso l'individuo preferirà, fin chè sarà poss ibile, la combinazione risultante dalla c urva di indifferenza più a destra delle a ltre. Il secondo caso riguarda due beni di cui uno è perfetto sostituto dell'altro, tanto che possono considerarsi identici. Trattasi di un caso limite il cui

188


fig. 7. Beni perfettamente sostituibili

y

'o

tasso marginale di sostituzione è costante e sempre uguale a 1 (vedasi anche fig. 3 ). Il terzo caso rappresenta l'estremo opposto del precedente e riguarda le relazioni esistenti fra i due beni che in nessun modo possono essere sostituit i l'uno ali' altro, perchè sono reciprocamente complementari e impiegati in fig. 8. Beni non sostituibili

y

L

02 Q3

o

11 12 13 X

proporzioni fisse (ad esempio la scarpa destra e la scarpa sinistra). In tal caso un individuo si procura, a seconda delle possibilità, le dosi 0 1, 0 2, 0 3, le uniche che possa utilmente impiegare. 189


Il quarto caso è in un certo qual senso anomalo: esso rappresenta la combinazione indifferente di un bene "superiore" e di un bene "inferiore". Al riguardo c i limitiamo a dire che in economia dicesi "inferiore" un bene che è abbandonato dal consumatore allorchè il suo reddito aumenta (ad esempio la carne di pecora rispetto a quella di manzo, la margarina nei confronti del burro, il missile rispetto al cannone, ecc.). fig. 9. Andamento dei beni inferiori

o

..

bene

s u p e r i ore

In tal caso le curve di indifferenza hanno un andamento del tutto normale, presentando la concavità verso l'origine; poi si piegano in senso positivo. Ciò significa che il bene inferiore ad un certo punto è divenuto per il consumatore una " pena''. Resta ora da fare un breve cenno ai tratti terminali delle curve di indifferenza. Tre sono le possibilità da considerare: 1) che la curva incontri da un lato l'ordinata e dall'altro l'ascissa; 2) che la curva diventi asintotica ai due assi cartesiani; 3) che la curva torni indietro sia rispetto ali' ordinata, sia rispetto ali' ascissa. 190


La prima possibilità può essere esclusa in linea generale, perchè porterebbe al caso di due beni reciprocamente sostituibili, sia pure in vario grado. Le altre due sono accettabili, però appare più logica e probabile la terza, in quanto, i beni sono reciprocamente sostituibili entro certi limiti che determinano la zona di sostituzione. fig. 10. Tratto finale delle curve d'indifferenza

y

y

o

X

y

O

X

o

X

191



CAPITOLO X

DEFE CE MANAGEMENT: IL PROCESSO DECISORIO

57. Management e defence management. - 58. Decisioni e processo decisorio. - 59. Metodi scientifici di decisioni sistematiche: a) R.0. 60. b) Systems analysis . - 61.c)L'analisi marginalistica e le c u rve d'indifferenza: richiamo.



57. Management e defence managemenl. Da c irca un ventennio ricorre sempre più frequentemente il termine management, di cui nella lingua italiana manca una parola corrispondente che ne renda esattamente il significato che, peraltro, è molto complesso. È noto, infatti, che contenuto e funzioni del management sono ancora da definire, perchè in continua evoluzione. Che cos'è dunque il management? La risposta non è semplice. Il termine management venne usato per la prima volta da TAYLOR (') con un significato tecnico. Più tardi, intorno al 1925, FAYOL e DANIS (2) individuano le funzioni del management; ma si è ancora ai primi approcci e così si va avanti fino agli anni della seconda guerra mondiale, in cui la ricerca operativa viene a trovare applicazioni anche nel settore delle attività economiche. Seguono, più tardi, i contributi decisivi d i DRuCKER (3) sul management by objectives e le sintesi di MASSIE ( 4 ). Ma la dottrina è ancora divisa: per alcuni si parla di management come di un insieme di arte, scienza e tecnica; per altri soltanto di scienza e tecnica. Resta comunque il fatto che, in ogni caso, si tratterebbe di una scienza interdisciplinare che, pur avendo conseguito una sua autonomia, deve tuttavia la sua essenza a molteplici scienze: formali - logica, matematica - ed empiriche - psicologia, sociologia, econom ia, statistica, ragioneria, informatica, ecc. -. Va, inoltre, osservato che il management, stricto sensu, si distingue dal management engineering che riguarda le diverse tecniche di cui si avvale il management. Da quanto brevemente accennato sul contenuto del management consegue che le sue definizioni sono moltepl ici e molto diverse fra di loro, tanto che finiscono col disorientare il lettore, epperò tentiamo di formularne una, sia pure di primo approccio, che però entri più compiutamente nella sua essenza. A nostro sommesso avviso il management è il complesso delle attività interrelate, interagenti e interdipendenti di organizzazione, programmazione, gestione e controllo poste in essere da uno o più soggetti - managers allo scopo di conseguire il fine de\l' ente secondo il principio di economicità. Tale definizione è idonea a spiegare anche l'esistenza e il funzionamento di sistemi manageriali: ad esempio, l'azienda intesa come sistema (5). In precedenza abbiamo sostenuto che il "servizio difesa" può essere considerato come un grandioso processo produttivo da realizzare secondo il principio di economicità, stante la scarsità dei mezzi finanziari a fron te della sempre maggiore sofisticazione dello strumento militare che implica costi crescenti. Ne consegue che la realizzazione di tale processo produttivo in siffatte condizioni richiede un'attività manageriale specifica volta ad attuare il "sistema della difesa" - detto anche organismo militare - che, riportando gli obiettivi d i sicurezza militare alle attività operative, le attività operative alle forze, le forze alle risorse e le risorse alle spese programmate, lega insieme ogni sforzo di difesa al principio del costo min imo. Tale complesso di attività costituisce il defence management (6 ). (')

(2) (3) (4)

(') (6)

Shop management, N. Y. 1911 H. fAYOL, Administra.tion industrie/le et général, Pa.-i s 1916 F. IN. TAYLOR,

R. C. D,v1s, Industriai organisation. and mariagement, N. Y. 1940 P. DR UCKER, The practice of man.agemen1, N. Y. 1954 J. L. MAsS1E, Essentials of managemem, Englewood - Cliffs. 1964 F. o. P. HANIKA, Verso una scienza della gestione d'impresa, trad. it. Mil ano 1967, pag. 18-19 J. R. BEISHUNE, Military managemel'l/ of Na1ional Defense, N. Y. 1954 S. HENKE, Defense managemenr, N.Y. 1967

195


Mediante il defence management l'organismo militare si ordina a sistema, di modo che ogni attività militare viene ad essere interrelata, interagente e interdipendente, nel senso che tutte le attività: operatiYe, logistiche ed organizzative vengono sottoposte al raffronto fra il risultato dell'azione e i mezzi impiegati in un quadro unitario che consideri le varie alternative non incompatibili. e non contradditorie fra loro. In altri termini, c iò significa che organizzazione, programmazione, gestione, rilevazioni contabili e statistiche e controllo formano un unico sistema realizzato nel defence management. A conclus ione di quanto considerato, riteniamo di poter definire il defence management come la funzione di programmare, organizzare gestire e controllare le attività del s istema della difesa, affinchè si possano ragg iungere gli obiettivi e le missioni, massimizzando l'efficacia o minimizzando il costo. 58. Decisioni e processo decisorio. L'azione umana, intesa come principio di attività, è condizionata ad un fine e discende dalla ragione - mediante il raziocinio - e dalla libera volontà. Ciò implica che ogni azione umana sia la conseguenza di una decisione. La decisione r iassume sinteticamente la posizione dello spirito umano di fronte alle varie forze apparse alla coscienza manifestandosi con una d ichiarazione di preferenza - giudizio di valore - fra le varie alternative possibili. Decidere razionalmente significa, dunque, scegliere e agire per atti elettiYi e non per impulsi. Secondo ARISTOTELE (7) la decisione corrisponde al la scelta a ttraverso la quale si procede alla discriminazione dei possibili e si determina l'impegno verso una delle due alternative possibili. Le decisioni possono essere distinte in: a) decisioni prese in condizioni di certezza. Gli eventi relativi agli obiettivi, nonchè g li elementi delle al ternative sono certi e noti; b) scelte con effetti differiti . I ri sultari della decisione sono differiti nel tempo, epperò una valutazione al momento attuale implica un processo di sconto del futuro, attraverso un calcolo di a ttualizzazione ; c) decisioni prese in condizioni aleatorie, dette anche d i incertezza. Gli effetti derivano da eventi incerti o non noti, basati su previs ioni, la cui valutazione viene effettuata secondo il principio di probabilità. In tali decisioni è implicito un elemento di rischio; d) decisioni prese in condizioni competitive. Gli effetti di una decisione dipendono anche dalle decisioni di altri soggetti aventi generalmente interessi contrapposti. La molteplicità dei fini implica un susseguirsi di azioni umane che si completano e si modificano secondo rapporti di interdipendenza e di complementarietà, sicchè finis cono col ri sultare interrelate, interdipendenti e interagenti in un processo continuo. Da questa verità, così evidente, ne discende un'altra, anch'essa evidente : le decisioni non costituiscono atti volitivi isolati e autonomi: l'uomo non ragiona a scatti o per comportamenti stagni, ma segue un ordine logico e continuo del pensiero, un ordine che vuole che le decisioni per il raggiungimento di un determinato obiettivo non sia soltanto la conseguenza degli clementi propri di quel dato obiettivo, ma di un' a nalisi

(')

196

AR1STOTP.1.r,,

Ethica nicomachea, ed. Bywntc Oxford 1957 111 S, 113a, 10.


più ampia che consideri altri obiettivi interrelati e interdipendenti nella concezione fattuale e temporale; epperò il concetto di decisione si trasforma e si completa in quello di processo decisorio. Il processo decisorio è dunque un processo razionale continuo mediante il quale, partendo da certi dati e operando un'analisi e una valutazione sulla convenienza e sulle conseguenze delle soluzioni alternative possibili rispetto a un determinato obiettivo, si perviene ad una scelta finale. Gli elementi del processo decisorio sono: l'obiettivo, le alternative e i costi.

sistema della difesa

obiettivi

criteri di scelta

alternative

analisi

costi

verifica

decisione

Gli obiettivi vengono distinti in obiettivi finali, obiettivi intermedi e obiettivi-mezzo. Gli obiettivi finali rappresentano la meta che solitamente è raggiunta a lungo termine e si trovano al più alto gradino della scala degli obiettivi-mezzo. Gli obiettivi intermedi sono le mete che si raggiungono lungo la via del conseguimento degli obiettivi finali. Nel tentativo di raggiungere obiettivi finali, il singolo e le organizzazioni stabiliscono, in un primo tempo, di pervenire ad obiettivi di entità ridotta e limitata. Gli obiettivi-mezzo costituiscono le finalità minori e più immediate, nel senso che una volta raggiunti servono come mezzo per rendere possibile la realizzazione dell'obiettivo situato sul gradino immediatamente superiore. Dovendosi far luogo ad un processo decisorio, si procede in via preliminare all'individuazione, definizione e analisi dell'obiettivo. È questa la fase iniziale del processo decisorio e consiste nel!' identificazione, con la massima esattezza, dell'obiettivo, definendone la configurazione, gli elementi costitutivi e i vincoli. Tale ricerca ha un'importanza essenziale perchè costituendo la premessa del conseguente processo decisorio, qualora risultasse erronea, vizierebbe dall'origine ogni azione successiva, deviando la decisione stessa verso conclusioni errate. Il procedimento di individuazione, definizione e analisi dell'obiettivo implica: I) la ricerca e l'identificazione degli elementi che originano la situazione insoddisfacente che si desidera risolvere; 197


2) la determ inazione dell ' obiettivo che si vuole raggiungere; 3) la determinazione dei limit i e delle condizioni-vincoli per il raggiungimenLo dell' obiellivo; 4) la raccolta di dati e di informazioni relaLive all'obiettivo; 5) lo studio e l'analisi dei dati e delle informazioni acquisite; 6) l'ind ividuazione delle interrelazioni esistenti fra i vari dati e di a ltre informazioni necessarie per completare il quadro analitico. Il secondo passo del processo decisorio è costituito dalla ricerca e dall'esame delle soluzioni alternative. Le alterna1ive sono i mezzi che consentono d i conseguire gli obiellivi. Le a lternative sono pertanto riferite agli obiettivi perchè combinano tutti i fatLori - uomini, mezzi, infrastrutture e organizzazioni - necessari per raggiungerli. li maggior problema del procedimento delle scelte alternative è quello di essere sicuri che siano state prese in esame lutle le a lternalive soddisfacenti. Il procedimento della ricerca ed esame delle soluz ion i alternative si articola nella ricerca delle a lternative e nell'esame delle alternative stesse. La ricerca delle alternative implica: I) la scomposizione del problema nei diversi elementi, distinguendo gli elementi noti da quelli non noti e da quelli sui quali non s i hanno dat i; 2) il collegamento dei dati raccolti, individuando relazioni, sequenze, connessioni e divergenze. L'esame delle alternative comporta: l) l'individuazione dei risultati che possono conseguirsi in Lermini operativi, economic i, di prestigio, ecc. ; 2) l' individuazione dei ris<.:hi di non raggiungere, in Lutto o in parte, gli obiellivi; 3) la ricerca del grado di complcmentarierà e di sostituibilità con altt·e alternative; 4) l'individuazione delle conseguenze sulla situazione esistente e dei r iflessi su altre situazioni. Il terzo passo del procedimento decisorio è dato dall'individuazione dei costi delle diverse alternalive, allo scopo di quanLificare i diversi parametri della funzion e di preferenza delle alternat ive slesse. Tale procedimento richiede il frequen te uso di modelli di costo (8 ) . A conclusione di quanto osservato sul processo decisorio, devesi rilevare che a causa della limitatezza delle risorse rispetto ai fini che sono illimitati, la scelta di un'alternativa ha senso solo se si dis pone di mezzi sufficienli per finanziare i I s uo cos to. Una soluzione che richieda r isorse superiori a quelle cffcllivamenle possedule non è una soluzione: una decisione in tal senso si presenterebbe impossibile, oltre che irrazionale.

(")

198

li procedimento per la cos1ruz.ionc di un modello di cowo e illustrato nello schema so110111dicato. '\ello schema si nota che partendo da alcuni dati relativi al costo ricercato, si costruisce un modello simbolico; ciò fatto si procede alla stima dei parametri delle equazioni che compaiono nel m~ dello; servendoci di elementi noti 1ra11i da l mondo reale - ad esempio serie slatistich" di costi di produzioni ana loghe o di cll'm..,n1i particolari e di appropriate metodologie t·oml:! la programmazione lineare - e si risol\'e il ,i,1cma di equazion i che compaiono nel model lo , tesso. Si giw1ge t.'OSÌ alla prc, isione trorica dei coMi ricercati e mediante ulteriori elernemi fomiti dal mondo reale e da certe metodologie come la <e11si1ivi1y a11a/ysis alla ,crifica del modello. Se le conclusioni sono accettabili il modello supera la pro\'a; in caso contrario biwgna rivedere la ,ua struttura. (segue a pagina succcs,-iva)


59. Metodi scientifici di decisioni sistematiche: a) Ricerca operativa I metodi di decisione fondamentali ai quali più frequentemente si ricorre sono costituiti da modelli di decisione che si basano sulle metodologie della ricerca operativa, quando trattasi di problemi particolari, propri delle scienze esatte, dell' analisi matematica in ispecie - con un ristretto numero di variabili - ad esempio per la determinazione di un regime dietetico ottimo per i militari o per la determinazione della struttura ollima d i un aeroporto civile; oppure sulle metodologie della systems analysis, q uando trattasi di problemi generali, con nu merosissime variabili - direttive politico-strategiche, caratteristiche d'impiego d i sistemi di arma, a lternative e risorse per lo sviluppo, produzione, esercizio e du rata d i un'opera pubblica, nonchè i costi delle singole a lternative. Ma le a ttività umane sono costituite da u n complesso di decisioni e di scelte le une connesse alle al tre, formanti un'unica linea di azione. Ciò implica che il processo decisorio deve avere un carattere di continuità nell'ambi to del piano del consumatore, del produttore o in quello dello stato, epperò, sia che vengano seguite metodologie della ricerca operativa, sia che vengano applicale quelle della systems analysis, tal i processi decisori van no inquadrati in un " sistema" generale per controllare che le singole decisioni non siano incompatibili o contraddittorie fra di loro. Ciò premesso, riteniamo accennare alle possibilità di impiego delle metodologie della ricerca operativa. La R.0. è una teoria applicata alle decisioni che mediante metodi scientifici, tecniche e strumenti di calcolo giunge alla determinazione di soluzioni "ottime" di problemi concreti organi zzativ i attinenti ai più vari campi. Più tard i la sua sfera di applicazione venne estesa anche al campo delle attività economiche. Le tecniche proprie della R.0. sono la programmazione lineare, la teoria delle code, la teoria delle scorte, il metodo di Monte Carlo, la search theory, ecc.: fra tutte la più ricorrente è la programmazione lineare. I "gruppi" di R.O. includono matematici, fisici, sociologi ed economisti. I modelli di R.O. possono essere qualitativi o quantitativi. Sebbene la R.O. sia essenzialmente un metodo quan titativo, il decision maker si rivolge (seg ue nota della pagin~ precedente) Modello di costo mondo simbolico Modello

Elaborazione

simbolico

simbolica

Costi previsti

Verifica

Elemen ti originali

·o etermin.a.zio• ne dei pararne•

Controllo de• gli elementi 1 - -- -

tn

mondo reale

199


spesso alla R.O. nel tentat ivo di costruire un insieme di modelli qualitativi portati ad un grado di sviluppo tale da poter essere quantificati. Ciò ovviamente non significa che la metodologia della R.0. sia in grado di quantificare qualsiasi situazione qualitativa. I modelli quantitativi della R.O. possono essere distinti in due importanti categorie: a) modelli risolutivi di problemi; b) modelli per l'individuazione del valore ottimale; In generale il metodo della R.0. si articola nei seguenti punti : a) formulazione del problema ai fini della sua esatta definizione; b) costruzione di un modello matematico, introducendo un numero di variabili tale da rendere il modello manipolabile; c) derivazione di una soluzione ottimale, oppure sub-ottimale, qualora la migliore non sia accettabile; d) verifica del modello e delle soluzioni; e) effettuazione del controllo; f) attuazione del la soluzione. Da quanto brevemente accennato è possibile concludere che la R.0. segue procedimenti propri delle scienze esatte e della matematica in ispecie. È pertanto applicabile per la soluzione di problemi particolari, nei quali il numero delle variabili è limitato. Occorre, inoltre, che i rapporti causali fra le variabili indipendenti e dipendenti siano chiaramente definiti e che tali relazioni possano essere descritte con una certa precisione per mezzo di formule matematiche e che infine, si disponga di dati statistici abbastanza completi e attendibili da applicare alle variabili principali. Lo schema della metodologia della R.O. può essere rappresentato graficamente come segue:

ohiettivi

formulazi one alternaci"·('

del proble ma

cosci

e ostruzione del modello r!late I.O .

-

matico(progr am

I (Oa:t.i <lr.C

tln<!'are

derivazione della soluzione ot tima(o subocci -

male)

-

·1<·t ific 2 ciel modello e dell e

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sione


60. b) Sys1ems anal)1sis.

Prima di definire la syslems analysis riteniamo opportuno dare il concetto di "sistema". Sistema, da un punto di vista generale, sta a indicare "un complesso ordinato in cui tutte le parti hanno una relazione e dipendenza reciproca". ell' ordine obiettivo un s istema è lo stesso rapporto esistente negli oggetti delle nostre conoscenze, vale a dire nelle cose; nell'ordine ideale è un insieme di idee subordinate ad uno o più principi generali e coordinate tra loro in modo che le une non si possono comprendere senza le altre (9 ) . Secondo A.NTHONY ( 10 ) il sistema è " una unità complessa, formata da molte parti, spesso diverse, soggette ad un piano comune o che perseguono un unico scopo".In questa definizione esistono due punti fondamentali: a) le singole parti del sistema spesso sono d iverse; b)J'insieme delle parti forma un'unità - oppure un complesso integrato - o perchè le parti sono soggette a un piano comune o perchè esse perseguono uno stesso scopo. Anche HANTKA (") si esprime in termini analoghi, allorquando afferma che il sistema è" una en tità concettuale o fisica, che consiste in parti interrelate, interagenti e interdipendenti". Volendo porre alcune esemplificazioni possiamo affermare che un'impresa, il complesso delle attività economiche, la pubblica istruzione, la difesa e lo stesso stato sono dei "sistemi" comprendenti elementi molteplici - uomini, strutture, organizzazione - fra di loro interrelati e interdipendenti. La systems analysis, che riteniamo d i poter tradurre "analisi dei sistemi", costituisce 'una metodologia recen te per giungere, in condizioni di incertezza, alla scelta più efficiente in relazione ali' obiettivo prestabilito. Così come è avvenuto in passato per i concetti di pianificazione e di ricerca operativa, propri delle attività militari, anche il concetto di systems analysis è sorto da tali a ttività. Infatti, originariamente l'espressione sys1ems analysis stava a indicare weapon sys1ems analysis e cioè analisi dei sistemi d i arma avente lo scopo di cons iderare il complesso delle parti - nella loro relazione reciproca - per stabilirne l'efficacia. Attualmente il concetto di systems analysis si è al largato per comprendere l'indagine di "complessi", di mezzi e di azioni ordinati in modo che tutte le parti abbiano relazioni di dipendenza reciproca. Siffatta analisi è stata realizzata da C.J. HITCH, da R. . Mc KEAN e da A.C. ENTHOVEN, in collaborazione con i numerosi analisti della Rand Co. (1 2 ) per i sistemi e le attività militari in genere; in seguito, come detto, tale analisi è stata estesa ad altre attività militari. H!TcH (13) considera la systems analysis un approccio, una via per guardare ad un problema che tende a configurarsi come un "ciclo continuo per definire obiettivi, per designare corsi d'azione alternativi atti a raggiungere

(9) ( 10)

C. RANzo1.1, Dizionario di scienze filosofiche Voce «sis tema» Milano. R. N. ANTHONv, Sistemi di pianificazione e controllo: schema di analisi, trad. it. Milano 1967

pag. 4 ( 11 )

(11)

F. d. P. HANlKA, Verso una scienza della gesriune di impresa, op. cit. 1\,tilano 1967 pag. 8 · 9 C. J. H1TCH, R. N. McKEAN, The economics o/ Defense in the nuclear age, Rand Co. 1960 E . S . 0UADE (edi t) Analysis /or Mililary V ecisions, Rand Co 1964 pag. 4 H . KAIIN

( 13 )

Therms nuc/ear War

R. S. Mc NAMARA, C. J . shington l 966 R. S . Mc N,,MARA, C. J. shington 1966

H 1TCH,

A. C.

ENTHOIIEN,

A modern design for Defense decisions, Wa-

H1THC,

A. C.

ENTHOVEN,

A modem design /or De/ense decisions

Wa·

201


tali obiettivi, per valutare tali alLernative in termini di efficacia - effecti\'eness - e di costi". ENTHOVEN ( 14 ) dopo aver e.letto che la systems analysis è" un modo di pensare ordinato", aggiunge che è un approccio ragionato di problemi di scelta, altamcnti complessi, caratteriaati da molta incertezza. HA N IKA ( 15 ) precisa che la systems analysis "s i ripromette di individuare le caratteristiche del sistema stesso al fine di comprendere a fondo le strutture e le relazioni che legano gli elementi interagenti " . Ad esempio l'impresa viene considerala "un s istem a che funziona con input e ou1pu1: risorse immesse e quindi elaborate per fornire mezzi e servizi ", differen?.iando nel suo ambito tre aree: a) quella dell ' input e cioè degli approvvigionamenti; b) quella cie li ' elaborazione, dove si combinano uomini, materiali, macchine ed energia ; c) quella dell'output e cioè dei ricavi dall a vendila di beni e serv izi prodotti. La systems analysis, pur presentando qualche punto d i contatto con la ricerca operativa, ha un campo di applicazione diverso e una metodologia propria (16 ) . Infatti la ricerca operativa può essere appl icata ad obiettivi particolari ed il suo procedimento è quello delle scienze esatte e della matematica in ispecie. La systems analysis invece, è propria degli obiettivi generali, ad esempio l'impiego di missili o di bombardieri o per definire una politica aziendale a lungo termine - attiYità di pianificazione, di programmazione ( 17 ) - e il suo procedimento è più complesso e si serve oltre che dell 'analisi matematica - del calcolo delle probabilità, del calcolo statistico e dell' analisi economica: ricorrendo anc he alla con1inge11cy analysis e alla sensitivity analysis per poter tener conto c.lell' incertezza e di una " fascia " di risultati dovuti ali ' attribuzione di valori diversi ad alcuni parametri. La system s analysis risulta pertanto un approccio sistematico per aiutare il decision maker a scegliere un corso di azione, investigando il suo problema nel complesso, determinando ob ie ttivi e alternative, comparandole a lla luce delle loro conseguenze, mediante un appropriato schema - per quanto possibile analitico - al fine di porta re il giudizio competente e l' intuizione nella trattazione del problema stesso ( 18) . Generalmente la systems analys is comporta un'indagine sistematica degli obiettivi e dei relativi criteri di scelta; un confronto (possibilmente quantitativo) dei costi, dell'efficacia e dei rischi associati alle politiche o alle strategie a lternative per raggiungere g li obiettivi delineati; e un tentativo di formulare a lterna tive addizionali, se quelle esaminate risultano manchcrnli o non soddisfacenti. Gli strumenti metodologici del la systems analysis sono: i modelli di decisione e i criteri di scelta alternativa. La sysLems analysis è dunque uno strumento di decisione che, a pplicando il metodo scientifico a quei «complessi » i cui componenti sono ordinati in modo che tutte le parti abbiano relazione di dipe ndenza reciproca, dà

(14 ) (15)

(17)

A. C. EK111ov1·.N, A m o dern desig11 /o r Defe11;c d ecisio11, op. cit. pag. 137 e ,eg. F. d . P. H AN I K A, Verso w1a scien~a d ella ~c•.,1im1e di imp resa. op. c i l. pag. 18- 19 Co111ra F. 8 RA \IBILIJ\, I.A ricerca operati.-a come scie11::a della dire:,ione, in 'vlanagemenl Interna· tional 1961 n. 4. Brambilla inquadra la Systems analy~i~ nella metodologia della R.0 . D. W. M1LLF.R, M. K. S ·1A KR, R ice rrn ope racil·a e dire~io11e a~iendale, t raci. it. Mi lano 1965, pagg.

(1 8)

P. S ARAC!,.1'0, l'analisi dt'i .,i.stemi 11ella condo/la delle imprese, in Notizie IRI. ott/nov. 1968. E. S. O t:ADF, /11troduc11011 i,1 sysce,m a11aly;1., m1d polin- pla1111i11g app/icaciu11 i11 De/eme, pagg.

( 16)

111 , 199 e 526-556

2, 11 e 12.

202


coerenza crescente al rapporto tra le due parti e il tutto e tra ìl tutto e le parti in un processo di analisi e di s intesi, fornendo a chi deve prendere una decisione, elementi per una decisione razionale, secondo il principio di economicità, tra le varie al ternative non incompatibili e non contradditorie tra di loro. Lo schema logico della systems analysis non differisce sos tanzialmente da quello del processo decisorio in generale. Vediamo ora di s tabi lire gli scopi e gl i elementi dell'analisi dei sistemi. È già stato accennato che tale analisi se1Te per determinare l'efficacia del sistema stesso; precisiamo ora che attraverso la systems analysis si tende alternativamente, ad una: a) scelta ottimale (o subottimale) che massimizzi il conseguimento dell'obiettivo, impiegando mezzi dati; b) scelta ottimale (o subottimale) che minimizzi i mezzi occorrenti per conseguire un determinato obiettivo.

Obiettivi

Costeff~ctiveness

analisi di sistemi

alternative

costi

contingency a nalysis

modelli di decisione

verifica

decisione

analisi marginalistica

sens 1t1ntv analysis .

controllo da ti

Gli elementi della systems analysis sono: gli obiettivi, le a lternative e i costi. Vediamo di esaminarli distintamente: a. Obiettivi - La systems analysis è diretta principalmente a suggerire, oppure ad aiutare a scegliere, una linea di condotta. Tale linea di condotta è in funzione dell'obiettivo o dello scopo determinato ed è costituita da direttive, stra tegie, u nità e mezzi. La systems anlysis dunque, consente di comparare tra di loro direttive, strategie, unità e mezzi al fine di pervenire ad una scelta ic.lonea per conseguire l'obiettivo e lo scopo nel modo più efficace e più economico. Il sottosistema degli obiettivi si articola come segue: l. individuazione e definizione dell'obiettivo; 2. analisi dell'obiettivo;

203


3. caratteristiche della decisione occorre nte. La individu azione e definizione dell'obiettivo implica: 1.1. la rice rca e l' identificazione degli elementi che originano la situazione soddisfacente che si deside ra risolvere; 1.2. la determinazione dell'obiettivo che si vuole raggiungere; 1.3. la determinazione dei limiti e delle condizioni per il raggiungimento del!' obiettivo. L'analisi dell'obiettivo comporta: 2.1. la raccolta dei dati e dell e informazioni relative all'obiettivo ; 2.2. lo studio e l'analisi dei dati e delle infc,rmazioni acquisite; 2.3. la determinazione dell'importanza e della validità dei dati di cui si è in possesso; 2.4. l'individuazione delle interrelazioni esistenti tra i vari dati; 2.5. la determinazione di altre informazioni necessarie p er completare il quadro analitico. Le caratteristiche d i maggiore rilievo della decisione sono: 3.1. l'incertezza; 3.2 . il r ischio. Le altre caratteristiche da tenere presente sono: 3.3. la d urata nel tempo della decisione; 3.4. l' influenza della decisione su a ltri elementi del sistema della difesa o sul sistema della difesa nel suo complesso; 3.5. l'entità dei fattori che la decisione pone in gioco; 3.6 l'unicità o la periodicità della decisione. Riassumendo quanto delineato, lo schema del sottosistema degli obiellivi può essere rappresentato graficamente come segue: S<..-.it osi s terna

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b) Alternarive - Le alternative sono i mezzi che consentono di conseguire gli obiettivi. Le alternative sono frequentemente riferite a sisremi di rneu.i perchè esse ne combinano tutti gli elementi - uomini, mezzi e tattiche cl' impiego - necessari per raggiungere gli obiettivi. Il maggior problema del processo delle scelte alternative è quello cli essere sicuri che siano state prese in esame tulle le a lternative soddisfacenti. Il sottosistema delle a/1ernative si articola come segue: 1. ricerca delle alternative ; 2. esame delle alternative. La ricerca delle alternative implica: 1.1. la scomposizione del problema nei diversi elementi, distinguendo gli aspetti noti, da quelli non noti o sui quali non si hanno dati; 1.2. il collegamento dei dati raccolti, individuando relazioni, sequenze, connessioni e divergenze. L' esame delle allernative comporta: 2.1. l'individuazione dei risultati che possono conseguirsi in termini operativi, economici, di prestigio, ecc.; 2.2. l' individuazione dei rischi di non raggiungere, in tutto o in parte, gli obiettivi; 2.3. la ricerca del grado di complementarietà e di sos titu ibilità con a ltre a lternative; 2.4. l' individuazione delle conseguenze sulla situazione esistente; 2.5 . l'individuazione dei rifkssi sulle persone coinvolte. Riassumendo quanto delineato, lo schema del sottosistema delle alternative può essere rappresentato graficamente come nella figura seguente:

Sottos istema dell e alternative

· scomposizione del problema nei diversi· elementi, distinguendo gli aspet ti noti da quelli non noti o sui quali non si hanno dati; · collegamento dei dati raccolti, individuando relazioni, sequenze, connessioni e divergenze.

l alternat ive

~ ~

ricerca delle alternative

l. esame delle alternative

I

--....

modelli di decisione

.1. · individuazione dei risultati conseguibili in termini operativi, economici, tecnici, ecc.; . individuazione dei rischi di non raggiungere gli obiettivi ; · ricerca del grado di complementarietà e di sostituibilità con altre alternative; · individuazione dell e conseguenze sulla situazione esistente e dei riflessi sulle persone coinvolte;

205


c) Costi - Ciascuna alternativa implica l'uso di risorse - fattori di produzione - che non possono essere usati per altri scopi. L'uso di una risorsa comporta un costo. Nel processo di systems analysis, i costi rappresentano i valori negativi e gli obiettivi che possono essere conseguiti, i valori positivi. Il sottosistema dei costi si articola come segue : I. individuazione dei costi; 2. rilevazione dei costi; 3. attribuzione dei costi a i prodotti (outputs). La individuazione dei costi implica: 1. I. la determinazione dei componenti di costo; 1.2. la localizzazione dei componenti di costo; La rilevazione dei costi comporta: 2.1. l'applicazione di metodi di rilevazioni dirette; 2.2. il ricorso a metodi di rilevazione indiretta - costi ipotetici e stimati, costi standard, informazioni statistiche - ; 2.3. il ricorso, a lla teoria dell'opportunity cost. L'attribuzione dei costi ai prodotti - outputs - è spesso u n'operazione molto complessa che richiede di frequente l'uso di modelli di costo. Riassumendo quanto delinealo, lo schema del sottosistema dei costi può essere rappresentato graficamente come nella figura seguente: Sottosistema dei costi

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206

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61. c) l'analisi marginalistica e le curve d'indifferenza: richiamo

Dell'analisi marginalistica applicata alle attività militari abbiamo già trattato al paragrafo 53 esaminando la combinazione ottima dei fattori di produzione, epperò.rinviamo il lettore a tale esposizione. In questa sede ci limitiamo a ricordare che l'analisi marginalistica applicata alle attività militari è recente ed è stata introdotta da alcun i economisti americani ( 19 ) che hanno r iscontrato che l'effetto prodotto dall'impiego d i successive dosi di s istemi di arma su un determinato obiettivo è decrescente. Anche della metodologia delle curve d i indifferenza si è trattato in precedenza, al capitolo 9. Ciò ci consente di pervenire alla conclusione dell 'argomento osservando che, dovendosi affrontare il problema della distri buzione delle risorse nell'ambito di un organismo militare per conseguire la massima efficacia ad u n dato livello di risorse, si rende opportuno operare in termini di saggi marginali di trasformazione o di sostituzione. Dovendosi, invece, affrontare il problema d i ottenere un determ inato livello di efficacia a l minore costo, è opportuno agire in termini di prodotti e di costi marginali (20 ) .

(19)

('0 )

C. J. H ncH, R. N. Mc K EAN, The econom ics of defense in 1he nuclear age, op. cit. S. A. T vcKER, A modern design /or defense decision, op. cit. T. A. SM 1TH, O.O. AtLSRROOK, The uri/isa1ion of m ilirary resuurces, o p. cit.

P. C URDE, o.o. A LLSBROOK , A survey of Army au tunomaled C. J. HncH, Decision making /or Defense, o p. ciL pag. 52

COSI

model,

op. cit.

207



CAPITOLO XI

DEFENCE MANAGEMENT: GLI STRUMENTI DEL PROCESSO DECISORIO

62. I modelli: a) definizione di modello. - 63. b) classificazione dei modelli: i modelli militari. - 64 e) costruzione e verifica dei modelli. 65. Criteri di scelta alternativa: a) probab ilistici. - 66. b) cost-benefit analysis e cost-effectiveness analysis.



62. a) I modelli: de/iniziane di modello. Di frequente si ricorre alla riduzione in scala di macchine, di velivoli, navi, ecc., per abbracciare, con uno sguardo d'insieme, le loro caratteristiche o per meglio studiarne alcuni comportamenti . Sono questi i cosidetti modelli fisici o reali. Oltre a queste piccole macchine, che servono a rappresentarne altre più grandi, si hanno modelli di pensiero - detti anche modelli teorici - matematici, economici, statistici, ecc.. Tali modelli vogliono essere la rappresentazione in termini d i pens iero, di una realtà che diviene più comprensibile proprio in forza d i s iffatta rappresentazione. Nella ricerca scientifica, il processo di analisi tende alla scomposizione di un tutto nelle sue varie parti o elementi considerati separatamente e nelle relazioni che hanno fra di loro e col tutto (1). Dato però che· alcuni fenomeni - sociali, economici, ecc. non possono essere abbracciati nel loro complesso, si postula un isoformismo tra la realtà e la costruzione teorica - modello - soggetta ad un processo di verifica per mezzo dell'astrazione. Questa ast razione sempl ificando la realtà solitamente complessa e non rappresentabile nella sua unità e totalità, né dal pensiero né dall'esperienza, consente un'indagine metodologica capace di condurre a scoprire relazioni e uniformità. Secondo K.J. COHEN e R.M. CYERT (2) un modello è una serie di assunzioni da cui s i deduce logicamente una o più serie di conclusioni. Il concetto di modello quale astrazione della realtà appare evidente nella definizione di B.E. GoETZ (3). Il GoETZ, dopo aver premesso che i modelli sono analogie e che usando i modelli per spiegare i fenomeni, si ragiona per analogia, precisa che i modelli sono astrazioni ; analogie incomplete perchè tutte le analogie sono incomplete; ed aggiunge che in genere, i modelli - compresi quelli matematici - sono veri e cioè costituiscono buone analogie o buone previsioni, solamente entro certi limiti. Al concetto di analogia si rifà sostanzialmente anche MASSIE allorquando dice che un modello è semplicemente una rappresentazione di qualche parte della vita reale. Secondo CONTINI un modello consiste nella rappresentazione ·formale di idee o di conoscenze relative ad un fenomeno (4 ). Per PAPI (5) l'espressione modello è sinonimo di teoria e cioè ricerca e identificazione di rapporti fra fenomeni, rappresentati per lo più da quantità globali , quando t rattasi di fenomeni economici. Anche per K. J. COHEN e

(')

{')

(') ( 4)

(5)

Ecco come si espr ime Sctt UMPETER sulla funzione dei modelli nella indagine scientifica: «In ogni ini:liativa scientifica la cosa che viene prima di tutte è I.a visione, vale a dire, prima di imbarcarsi in un opera analitica di qua lsiasi genere, dobbiamo prima di tutto isolare la serie di fenomeni che desideriamo esaminare e acqu istare «intuitivamente» una nozione preliminare del loro articolarsi o, in ahre parole, di quelle che dal nostro pun to di vista appaiono essere le loro proprie· tà fondamentali. Questo dovrebbe essere e vidente. Se non lo è, ciò dipende dal fatto che in pratica, nella maggior parte dei casi, noi part iamo non da una nostra visione, ma dall'opera dei nostri precedessori o dalle idee che c ircolano nell'opinione pubblica. Dopo di che passiamo a dare forma di concetti alla nostra visione e a svilluparla o corregerla con un esame piu' aderente dei fatti, due compiti che vanno necessariamente insieme - i concetti di cui disponiamo in un dato nomento e le relazioni logiche che li legano ci suggeriscono nuovi concetti e nuove relazioni. L'insieme o «sistema dei nostri concetti e delle rela2.ioni che noi istituiamo tra di essi è quel che chiamiamo teoria o modello ». (Cfr. J. A. Sc11uMPl.iTER, Storia dell'analisi economica, trad. il., vol. li, pag. 681 ). K . J. CoHF.N, R. M . CvF.RT, Teoria dell'impresa, trad. it. pag. 22. 3ì, Milano 1967 B. E. GOF.TZ, Quantitati ve Methods, pag. 79-91, New York, 1965. B. CONTINI, /111roduzio11e a/l'economia, pag. 57, Bologna I 9ì3. G. U. PAPI, Dizionario di economia, voce Modello, pag. 914. 916. Torino 1967.

21 1


R.M. CYERT (6 ) i termini modello e teoria sono sinonimi, ma avvertono che nelle discussioni tecniche sulla metodologia scientifica qualche volta si fa di-

stinzione fra i due termini; al riguardo G.P.H. CLARCKSON ha osservato che per teoria si deve intendere una costruzione di carattere generale che contiene ipotesi, postulati, assunzioni, etc., mentre il modello è soltanto un esempio specifico di una teoria. Per SPECHT (7) e per QuADE (8 ) il carattere del modello risulta da una combinazione analogica strutturale. Il QuADE, premesso che per fare un sensibile progresso nella soluzione dei problemi del mondo reale si deve trascurare un numero rilevante di elementi degli stessi problemi al lo studio, astraendo dalla situazione reale alcuni aspetti - nella speranza che nell'insieme rap-present ino la versione idealizzata della situazione reale - immagina il modello come una "scatola nera" nella quale introdotti alcuni imputs, si ottengono g li outputs. Il modello risulta pertanto un quadro deliberatamente semplificato di u na parte del mondo reale; dal suo "output" si cerca d i trarne una guida per giungere a decisioni su problemi del mondo reale. Per BARBERI (9 ) il modello ha una funzione intermediaria tra il mondo e la realtà fenomenica e la mente che cerca di comprendere le leggi o le regolarità delle manifestazioni. Tale funzione è svolta attraverso cost ruzioni mentali formate da relazioni logiche, generalmente espresse in forma matematica. Sul campo di applicazione della suddetta funzione intermediaria il BARBERI precisa che può essere d i sintesi di ciò che per esperienza od osservazione si conosce essere accadu to relativamente ad un fenomeno; spiegazione razionale degli accadimenti verificatisi nel passato; e di argomento per anticipare i risultati d i future osservazioni od esperimenti. Abbiamo osservato che secondo la dottrina corrente il modello è la rappresentazione idealizzata d i un fenomeno del mondo reale. Ciò porta a concludere che la costruzione di un modello deve tendere nella sua astrazione, a riprodurre gli elementi determinanti del fenomeno reale. Al riguardo ScHUMPETER osserva che un modello può essere impostato soltanto con riferimento ad un fenomeno specifico; inoltre, affinchè possa consentire alcune legittime illazioni, sul comportamento del fenomeno indagato, occorre che sia sufficientemente complesso e simile alla realtà, ma a l tempo stesso, sufficientemente semplice perchè lo si possa intendere e manovrare con gli strumenti a nostra disposizione. Il lavoro di elaborazione di un modello consiste nello scegliere certi fatti piuttosto che altri, nel fissarli con la descrizione, nell'accu mulare a ltri fatti allo scopo non solo di integrarli, ma di sostituire anche quelli originariamente considerati; nel form ulare e migliorare le relazioni che erano state scoperte; in breve nella ricerca fattuale e teorica che procede in una concatenazione senza fine di dare e d i prendere i fatti, suggerendo nuovi strumenti di analisi - teorie - e a questi per contro inducendo verso l'osservazione di

(•)

K. J. Co,n,N, R. N. CvF.RT, op. cil. pag. 23.

(7)

R. O. SPF.CHT. The wlty and how of model buildillg, in Analysis for Mili tary Decisions, ed. E. S.

(3)

OuAOE, Santa Monica, E. S. QuADE, Me1hods

{9)

165. B. BARBERI, Elemenli di sraiisrica economica, pag. 285. Torino 1966.

212

pag. 68. and procedures, in Analys is for Military Decision, op. cii. pagg. 155 e


fatti nuovi (1°). I modelli possono avere carattere descrillivo o quantitativo - geometrici, matematici, a programmazione elettronica -. In passato l'analisi dei fenomeni più complessi come ad esempio quelli economici, aveva carattere qualitativo e i modelli erano prevalentemente espressi in termini descrittivi. Oggi si tende a misurare, oltre che a descrivere i fenomeni e così l'analisi diviene anche quantitativa; per i fenomeni più complessi ciò è possibile impiegando modelli suscettibili di essere espressi in termini quantitativi - modelli matematici. Dovendo costruire un modello quantitativo, occorre assumere un sistema d i equazioni simultanee, esperimenti le relazioni reciproche che intercorrono fra gli elementi che determinano il fenomeno che si vuol analizzare, ricercando il valore dei singoli parametri; occorre altresì che il numero delle equazioni indipenden ti e compatibili sia uguale a l numero delle incognite; perchè se il sistema di equazioni è incompatibile o indeterminato, il modello risulterà inconsistente o indeterminato.

63. b) Classificazione dei modelli: i modelli militari .È stato osservato che i modelli possono riguardare fenomeni di varia natura - sociali, economici, manageriali, ecc. - in cui il tempo sia rilevante oppure no. Ciò comporta la necessità di una classificazione di modell i a seconda del loro oggetto e delle loro caratteristiche. Qui di segu ito si procede ad una elencazione dei modelli più ricorrenti. l) Modelli statici e modelli dinamici Un modello è statico se le relazioni in esso contenute sono espresse da variabili riferentisi allo stesso istante, sicchè dà un solo valore per ogni variabile, ferme restando tu tte le cosiddette condizion i esterne ( 11 ) . Un modello dicesi dinamico se fissa la via di sviluppo di una situazione. Nel modello dinamico, in luogo d i relazioni istantanee fra variabili indipendenti e variabi1i dipendenti, le equazioni tendono a configurare relazioni «lagged», cioè in tervalli distinti di tempo fra le variazioni nelle variabili indipendenti e le variazioni nelle variabili d ipendenti. Secondo McDouGALL-DERNBURG (1 2 ) un modello è di namico, allorquando viene in trodotto il tempo quale variabile esplicita in modo da rendere esplic ito il processo attraverso il quale le variabili del sistema si muovono verso un nuovo equilibrio. II) Modelli deterministici e modelli probabilistici Un modello deterministico consiste in un sistema di equazioni in cui si esprime ogni variabile come esatta funzione delle altre. E pperò tale modello è idoneo ad analizzare soltanto fen0meni in cu i i vari elementi si trovano in un rapporto di causa ad ef/etto; oppure quei fenome ni svolgentisi nel tempo, ma solo fra q uantità astratte, irreali, senza tempo, fra le quali non è perciò concepibile altro rapporto che q uello della grandezza e che può essere espresso con una funzione matematica. In questo secondo caso, detti modelli, assumono p iù specificatamente la denominazione di modelli matematici.

( 10) ( 11 )

( 12 )

J. Sc11uMf'€TéR, Scienza e ideologia (t ,·ad. it. in Econom isti Moderni a cura di F. CAFFÈ) pag . 262. Mil ano 1962 D. M. McDOUGALL, T. E. DERNBlJRG, Macroeconomia, pag. 288, Mila no 1967. D. M. l\kDoucALL, T. E. DERNSURG, Macroeconomia, pag. 287.

213


Allorquando si deve studiare il comportamento dell' uomo e dei suoi aggregati ci si trova di fronte a fenomeni complessi e m u tabili, c aratterizzati dall'esistenza di moltissime variabili. Nei fenomeni sociali le relazioni di interdipendenza sono così complesse che è pressoché impossib ile definire taluni elementi «cause » ed altri « effelli » , epperò è più corretto parlare di rapporti, rapporti che, frequ entemente, rappresentano u na probabilità. Consegue che dovendosi considerare un ins ieme di variabili economiche fra loro dipendenti, non è possibile esp rimere ognuna d i esse come esatta funz ione delle a ltre. In un modello p robabilistico le equazioni tengono conto della esistenza di elementi stocastici accanto alle variabili date o d irettamente osservabili, allo scopo di adattare la teoria allo studio specifico della realtà. Inoltre, la realtà - specie nei fenomeni sociali - è notevolmente complessa; consegue che un modello che voglia costituire la rappresentazione simbol ica dell' azione reciproca degli elementi del fenomeno studiato deve - nella sua sempl icità - essere abbastanza completo . Epperò per concil iare i due vincoli contrastanti del modello, semplicità e completezza, occorre considerare soltanto le variabili determinanti e le equazioni fondamentali, tenendo conto dell' effetto di altre variabili attive non computate, mediante u n valore residuale, dato da un elemento stocastico, nolo sotto il termine d i disturbances (1 3 ). III) Modelli economici e modelli econome trici Il modello economico viene in teso come espressione della struttura del sistema e cioè come elaborazione dell'insieme delle variabili economiche, al fin e di misu rare il significato operante di un insieme d i relazioni matematiche (1 4 ). Secondo D 1 FENJZIO ( 15) il modello economico è un insieme coordina to di ipotesi riguardanti la realtà, espresso in termini descrittivi o quantitativi che consente di giungere a p roposizioni d i questo tipo: se succede A, succede B - aggi ungendo in certi casi probabilmente - se s' investiga intorno ad A essendo B ignoto. L'uso di modelli economici risale a CANTILLON e a Q uESNAY e i classici ne fecero largo uso. Ma l' impiego d i modelli quantitativi iniziato da WALRAS, ha trovato una sistematica applicazione con PARE TO, il cui modello di equilibrio s tatico rappresenta quanto di più grande possegga il patrimonio scientifico economico. Ogni teoria risulta completa solo a metà se non viene sottoposta a verifica sperimentale. Tradizionalmente l'ana lisi economica si è basata su modelli che applicavano il calcolo differen ziale per ricercare i valori estremi di una funzione di più varia bili subordinatamente a vincoli impos ti alle variabili stesse. Questa me todologia che ha avuto il grande me rito di riportare in luce con tutto rigore, l'essenza di alcuni fenomeni economici, presenta però gravi difficoltà dal punto di vista d ella ve rifica sperimentale - statistica - e delle applicazioni pratiche, giacchè le funzioni da estremare e i vincoli - formulati quasi sempre in formula generica - imped iscono sia l'esatta verifica statistica, sia la u tilizzabilità nel campo del calcolo per la formulazione

(13 ) ( 14 )

(15)

214

E. FossATl, L'alfabeto dell'economia razionale, o p. cit. pag. 280. E. f 0SSAT1, /,'alfabeto dell'economia razionale, o p. ci t. pag. 8. F. o, FF.N1z10. /,e leggi de/l 'e conomia, Voi. I. pag. 195. 290, Mi lano 1958. T. C. KooPMANS, Uses of prices, in Cowles Comm. Papers, n . 3, 1954.


di modell i d i guida all'azione ( 16). Attualmente, invece, si tende a misurare oltre che a descrivere i fenomeni economici medianle l'analisi quanLiLativa. Consegue che l' aslrazione deve essere completala con la verifica sperimentale del suo elaborato in un quadro di indagine che dal modello economico porta al modello economelrico, nel quale converge l'operare congiunto dell'analisi pura, della teoria economica e dell'investigazione statistica. Da quanlo si è avuto modo di esporre è possibi le concludere che il modello econometrico consente, mediante un procedimento fondato sul concorso della matematica, del l'economia e della statistica, di pervenire alla verifica sperimenlale - s tatistica - del modello economico. Il modello di equilibrio generale rappresenta il model lo econometrico tipico, in quanto poggia sulle premesse poste a base dell'indagine econometrica e cioè sul processo di unificazione della teoria economica, della matematica e della statistica. Tale modello è di ispirazione lipicamente KEYNESTANA. Un particolare tipo di modello d i equilibrio generale è quello del LEONTIEF detto anche modell o per flussi di entrata e di uscita (input - output). Tale modello sorto come stru mento d i analisi d i equilibrio generale di ispirazione walrasiana ( 17), si palesa vantaggioso nella stima degli effetti-d i un programma sui vari settori di produzione. Infatti, da u n determinato programma, il modello input-output . con la matrice inversa · s i mostra idoneo a far conoscere i coefficienti dei singoli settori di produzione interessati al programma stesso; viceversa, conoscendo i coefficienti di produzione dei s ingoli settori, è possibile q uantificare il programma. li modello di con1abili1à nazionale è scientificamente meno ambizioso di quello di equiJibrio generale. È, in certo senso, una derivazione delle indagini statistiche del reddito nazionale. Sebbene s ia espresso in termini matematici, poggia essenzialmente su un sistema di definizioni non passibili di prova. Il modello di decisione - elaborato per la prima volta dal FR1SCH ( 18 ) ha essenzialmente la funzione di guida a ll'azione politica. La caratteristica di siffatto modello sta nella circostanza che i fini politici da perseguire - pieno impiego, sviluppo economico, equilibrio della bilancia dei pagamenti, ecc. si considerano da1i e le incognite sono rappresentate da un certo numero di parametri politici e di alcune variabili economiche. IV) Modelli d ì pol itica economica La politica economica, rielaborando - in piena autonomia metodologica - de terminati principi economici, su pera la ricerca astratta semplificata rivolta alla creazione di strumenti concettuali e modelli esplicativi - e giunge all'elaborazione di model li più complessi ed aderenti ad una determinata situazione concreta, per ricercare possibili rapporti d'interdipendenza di alcune alternative ipotetiche concrete o, comunque, conseguenze uniformi di determinate linee di condotta . ricerca toerica. Dovendo però la politica economica essere anche guida all'azione dello stato e dì altri organismi, deve

( 16 ) (17 )

( ' 8)

C. NAPOLEONI. L'equilibrio generale, pag. 48, Torino 1965. W. vV. L EONTIEF, Some basic problems of empirica/ inpu1 ou1pu1 anlysis, Princeton; 1955. Teoria economica delle interdipendenze seuoriali, trad . it. Milano, 1968 V. CAo P1NNA, Analisi delle interdipendenze settoriali in un problema economico, Torino 1958. R. FR1sc:u, The responsability o/ the econometrician, in economelrica, n. I, 1946

215


successivamente verificare, mediante la determ inazione quantitativa - propria della ricerca applicata - il grado di effettiva applicazione delle relazioni accertate in via teorica - indagine a carattere normativo. Tutto ciò implica la costruzione di appropriati modelli che vengono denominati modelli di politica economica. Tali modelli dovendo essere più vicini alla realtà di quanto lo richiedono quelli di economia, dovranno essere necessariamente p iù limitati e la loro costruzione dovrà rispondere ad un'esigenza quantitativa; inoltre siffatti modelli mirano ad affermazioni di questo tipo: se si vuole ottenere B, note le uniformità accertate dall'economia, occorre agire su A. Ma i limiti entro cui si può agire su A non sono, di norma, ampi. Consegue che i modelli di politica economica debbono spesso avere variabili che non possono mutare che entro intervalli molto ristretti ed il fattore temporale ha notevole importanza. I modelli di politica economica hanno la struttura dei modelli econometrici di decisione, nelle seguenti qualificazioni particolari: a) spiegazione, per esprimere un fenomeno, data una serie di assunzioni relative al fenomeno stesso; b) previsione, per prevedere i valori di variabili determinate; c) verifica, per controllare la soluzione del problema della probabi lità di una teoria o più semplicemente di una previsione. Detto explanandum il fenomeno o più semplicemente la osservazione che si vuole spiegare e explanans la serie d i assunzioni tendente a spiegare tale fenomeno, HEMPEL e OPPENHEIM ( 19) ritengono che un modello di spiegazione debba essere strutturato in modo che : a) L'explanandum deve essere logicamente deducibile dall'explanans. Ovviamente se l'explanandum non deriva logicamente dall'explanans, non vi può essere alcuna spiegazione. b) L'explanans, cioè la serie di assunzioni del modello, deve contenere le leggi generali che sono necessarie per la logica derivazione dell'explanandum. c) L'explanans deve avere un contenuto empirico; cioè deve consistere in una proporzione che, almeno in linea di principio, possa essere provata attraverso la sperimentazione e l'osservazione. d) Le proposizioni empiriche dell'explanans devono essere confermate da ogni evidenza empirica di ri lievo di cui s i dispone; e cioè le preposizioni empiriche dell'explanans devono essere «vere». I modelli di previsione hanno più freq uentemente carattere probabilistico, nel senso che le equazioni tengono conto della esistenza di elementi stocastici accanto alle variabili date o direttamente osservabili, allo scopo di adattare la teoria allo studio specifico della realtà. Tali modelli hanno lo scopo di prevedere i valori di variabili determinate. I modelli di controllo esigono la determinazione di come una o più variabili debbano essere mutate per ottenere i mutamenti derivati dalla realtà osservabile. Questo impiego del modello implica anche un processo di previsione, nel senso che è necessario prevedere quali mutamenti nella realtà si verificano qualora si modificano talune variabili di controllo. In genere è preferibile impiegare per fini di controllo modelli capaci di fornire spiegazion i

(19 )

C. G.

HEMPEL,

P.

ÙPPf:NH E IM,

XX, (1948), pagg. 135-175.

216

Studies in the logie of explanarion, in Phylosophy of Science, Voi.


valide oltre che accu rate previsioni. Qualora si impieghi un modello capace di fornire accurate previsioni senza spiegazione, le variazioni introdotte nelle variabili di controllo possono alterare qualcuna delle non conosciute relazioni tra variabili, sottostanti il modello, causando così una minore accuratezza delle ulteriori future previsioni(2°). E' da ricordare inoltre che nel le elaborazioni di politica econom ica si fa anche uso di modelli di simulazione che con l'ausilio degli elaboratori elettronici danno origine ad una serie di outputs ollenuti via via dalla loro successiva immissione nell'elaboratore sotto forma di nuov i ìnpuis (2 1 ) . I modelli di politica economica, nella loro strutturazione concettuale, tendono a stabilire : a) fino a che limite è possibile agire su una variabile senza determinare effetti sulle altre; b) se è possibile agire su una variabile senza contrasti di effetti; c) se è possibile cumulare gli effetti nella direzione prefissa; d) quale è il limite massimo d'intensità degli effetti. Le caratteristiche fondamentali di siffatti modelli sono già state indicate, accennando ai diversi tipi di modelli econometrici. Una categoria particolare di modelli di decisione è costituita dai cosiddetti modelli di sviluppo. di tipo KEYNESIANO (22). Oltre il modello del KEYNES, sono da ricordare i modelli di HARROO (2 3 ) DOMAR ( 24 ) H1CKS (2 5 ) Gooow1N (26 ) KALECKI (2 7 ) KALOOR (2 8 ) HANSEN ( 29 ) per le economie sviluppate; LEWJS (3°) Rosrov (31 ) e S1NGER (3 2 ) per i paesi arretrati; LE1BENSTEIN (3 3 ) per le economie dualistiche.

V) Modelli di ricerca operativa La ricerca operativa - in particolar modo la programmazione li.neare è una teoria applicata delle decisioni ( 34 ) . I modelli q uantitativi di ricerca operativa possono essere distinti in due importanti categorie: a) modelli risolutivi di problemi; b) modelli per l'introduzione del valore ottimale.

('0) (' 1)

( 22)

('J) (24)

('') (2 6 ) ( 27 )

(2 8 ) ('9)

(3°) ( 31 )

eJ e 2

3)

(")

K. J. COHEN, R. M. CYERT, Teoria dell'impresa, trad. it. Milano 1967, pag. 32. Per una si ntesi sui modelli, c i sia consentito il r invio al nostro lavoro: G. MAYER, Nola Tenn inologica, voce •modello» in l'Amminis trazione della Difesa, 1969, n. I, pagg. 229-239. S ui modelli Kcynesiani si veda D. D1LL,\RO. Guida dell 'economia Keynesiana, trad . it. Mi lano 1964. R. F. HARROD, The 1rade cycle, Oxford 1936: Towards a dynamic econom)cs, London 1937. E. D. DOMAR, Capi1al expansion: rate of growth and emp/oyme111, in Econometria 1. 946. J . R. H1cKs, Contributo alla teoria del ciclo economco, Lrad .. iL Milano 1952. R. M. Gooow1N, A model of cyclical growth, Oxford 1957 . M. KALECKI, Teoria della dinamica economica, lrad . it. Tor ino 1957. N. KALOOR,A model of economie growth, in Econ. Journ. clic. 1975. A. HANSEN, Fiscal policy and business cicles, New York 194 1, Business cycles and national in. come, New York 1951. W. A. LEwJs, Teoria dello sviluppo economico, trad. it. Milano 1963. W. W. Rosrnw, The process of economie growth, Oxford 1953. H. W. S1NGER, The mechanics of economie development, lnd ian-Econ . Rev. ago 1952. H. LEIUENSTJllN, Economie growth and backwordness, New Yor k 1957. D. W. M11.1.ER, M. K. STARR, Ricerca operativa e direzione aziendale, lrad, it. pag. 143, Milano 1965.

217


In generale il metodo d i r.o. si articola - come già osservato - nei seguenti punti: a) formulazione del problema ai fini della sua esatta definizione; b) costruz ione di un modello matematico, introducendo un n u mero di variab ili tale da rendere il modello manipolabil e, perchè anche gl i elaboratori elettronici sono soggetti a limitazioni; c) derivazione di una soluzione migliore, oppure subottimale, qualora la migliore non sia accettabile; d) verifica del modello e delle soluzioni; e) effettuazione del controllo; f) attuazione della soluzione.

Vi) Modelli di systems analysis A.C. ENTHOVEN, che insieme a C.J. HncH e a R.N. Mc.KEAN ha realizzato la systems analysis, dopo aver premesso che tale analisi è «u n modo di pensare ordinato e ragionato», aggiunge che è un approccio ragionato di problemi di scelta, altamente complessi, caratterizzati da molta incertezza (3 5). La systems analysis, originariamente ebbe lo scopo di esaminare i «sistemi di arma», per considerarne il complesso delle singole parti - nella loro relazione d i dipendenza reciproca - per stabi lirne la efficacia. Attualmente il concetto di systems analysis si è allargato per comprendere l'indagine di complessi di mezzi e di azioni originali in modo che tutte le parti abbiano relazione di dipendenza reciproca. Anche un 'impresa può essere considerata u n sistema che funziona con un input (risorse immesse) ed un outpul (beni e servizi prodotti) e che ha come corpo un'area di eleborazione, in cui si combinano uomini, materiali, macchine e energie (3 6 ). I modelli della systems analysis si r iferiscono ai s ingoli elementi dell'analisi stessa; si avranno così modelli per gli ob iettivi, per le alternative e per i costi. VII) Modelli manageriali Nelle funzioni manageriali (3 7 ) l'attività decisoria è ricorrente e prevalente. Ogni azione riguardante le politiche, i programmi, la dimensione dell'impresa, l'impiego dei fattori di produzione, il governo del personale, la dirigenza e il controllo implica decisioni che, il più delle volte, debbono essere prese in condizioni d'incertezza. Ha origine così e si sviluppa un'attività scientifica per razionalizzare le scelte mediante metodi sempre più raffinali che applicano l'analisi matematica, il calcolo delle probabilità, la teoria economica, l'indagine statistica ed altre teorie avanzate, come ad esempio quella dei giochi. Tal i metodi fan no largo ricorso all'uso di modelli, denominati modelli manageriali d i previsione.

(35 )

{36 )

R. S. Mc NAMARA, C. J. Hncu, A. C. ENTHOvE:,i, A modem design [or defe11se decision, pag. 137. Wash ington 1966. F. Di; HAN IKA, Verso una scienza della gestione d 'impresa, Milano 1967.

A. AMAOuu, . Sui rapporli fra ragioneria e ricerca vperaliva nel sistema economico aziendale, Ca· (37)

tania 1968. R. S. Mc NAMARA, C. J. HITCH, A. C. ENTHOVE:N, ;I modem design [or defense decision, op. cit. pag.

178.

218


A seconda che la decis ione investa un obiettivo generale o un obiettivo particolare, i modelli manageriali faranno ricorso alle metodologie della systems analysis o de lla ricerca opera1iva. Si avranno pertanto, i modelli di r .o. per la massimizzazione dei ricavi (attività commerciale), per la minimizzazione dei costi (attività d i produzione), oppure per la massimizzazione dei profitti (attività economica); modelli d i systems analysis per la politica aziendale a lungo termine (attività di p ianificazione e programmazione) (38 ) . Si può pertanto concludere che il modello manageriale di decisione è quel modello che, applicando le metodologie p rop rie della systems analysis e della ricerca operativa, fornisce, a chi deve decidere - decision-maker - elementi per una decisione razionale volta ad ottimizzare o, q uanto meno, subottimizzare un risultato voluto. In un modello manageriale di decisione debbono essere considerate anche le variabili tempo, incertezza e rischio, elementi tipici delle attività manageriali. Vil i) Modelli militari

Ed ora facciamo un accenno ai modelli militari. E' stato osservalo che in seno all'organ ismo mi li tare si attua un grandioso processo prod uttivo nel quale si combinano vari fattori - uomin i, infrastrutture, sistemi di arma e organizzazione - . Consegu e che tutte le scelte per produrre lo strumento m ilitare, nel quale si mater ializza il servizio difesa si inseriscono nel più ampio quadro delle attività manageriali. Ciò significa che a tale processo produttivo si appl icano metodologie e stru menti manageriali, fra cui i modelli <li decisione nelle lo ro qu alificazioni particolari: spiegazione, previsione e verifica, a second a che si voglia esprimere u n fenomeno, prevedere i valori di variabili da determinare, controllare la situazione di un problema o la probabilità di una previsione. Inoltre i modelli m ili tari possono essere statici - ad esempio la scelta fra più alternative d i un sistema di arma in funzione d i un dato obiettivo - oppure dinamici, introducendo relazioni lagged - ad esemp io, un livello di "potenza di fuoco" da raggiungere a intervalli distinti di tempo. Possono essere, a ltresì, deLerministici - qualora si debba analizzare fé no meni i cui element i si trovano in un rapporto di causa ad ef/etto, oppure fenomeni nei quali sono concepibili soltanto rapporti di grandezza esprimibil i con funzioni matematiche (i modelli matematici propri della R.O.) - e probabilistici - allorquando i rapporti siano esprimibili da u na probab ilità -. Infine, deves i rappresentare che i modelli frequentemente usati dall'organismo militare sono di ricerca operativa e di systems analysis. Si fa ricorso a i modelli di R.0. quando trattasi di problemi particolari, con poche variabili e r isolvibili con l'analisi matematica - ad esempio, per mass imizzare un'azione di bombardamento o per determinare un regime dietetico ottimo nelle forze armate - ; si ricorre invece, a modell i di systems analysis, quando trattasi di problemi generali con numerosissime variabili - ad esempio, per determinare le caratteristiche d'impiego dei sistemi di arma, le risorse necessarie per lo sviluppo, produzione, esercizio, tempo del lo strumento milita-

( 38 )

K. STARI<., Ricerca opera1iva e direzione aziendale, op. cit. pag. 14 1-199 e pagg. 526-556. P. SARACENO, L'analisi dei sistemi nella condotta delle imprese, in Notizie JR!, ott-nov. 1968. D. W. MlLLER, M .

219


re in funzione di una prevedibile situazione politica, le prevedibili reazioni di altri paesi, ecc. - (3 9 ). 64. Costruzione e verifica dei modelli.

Un fenomeno è determinato da un complesso di elementi che per essere collegati fra di loro e con il tutto, formano un sistema. Consegue che un modello che voglia rappresentare un siffatto fenomeno, deve contenere un sistema di equazioni dette strullurali, perchè rappresentano la struttura del sistema del fenomeno stesso. Il modello contiene in genere quattro tipi fondamentali di equazioni strutturali; a) identità o equazioni di definizione; b) equazioni di carattere istituzionale; e) equazioni tecniche; d) equazioni di condotta. Le identità o equazioni di definizione sono quelle che si ritengono vere a causa delle definiz ioni delle variazioni che esse contengono. Le equazioni di carauere isriiuzionale esprimono condizioni particolari del sistema studiato. Le equazioni recniche, rappresentano le condizioni di natura essenzialmente tecnica del s istema. Le equazioni di condoua, descrivono le reazioni degli individui, delle imprese o di gruppi di quelli e di queste, a determinate condizioni economiche, le loro decisioni di produrre e di consumare. Ciò premesso in linea generale, devesi precisare che le metodologie per la costruzione dei modelli sono diverse a seconda che trattasi di modelli determinist ici, matematici o di modelli probabilistici. Il procedimento per la costruzione di un modello matematico è illustrato nella figura Xl. I fig. XI. l. Modello matematico

Mondo simboli. cc .-I

ModeUo sìmbouco

f-t

Elaborazione simbolica

H

Pnvi.sione

'--

a '--

--

-

- -- - - - - -

-

-

-~

·~ Mondo reale

(

19 )

220

Elementi originali

4

Determ.ina.z:ione dei parametri

Controllo d egli elemenU

•• Verifica

u

-

Devesi rilevare d1c recentemente il campo di appli cazione della syst.:ms analys is è slato ridi· men,ionalo, perché la realtà dei fatti ha riconfermalo chi! anche i più raffinati strument i dc· cisori hanno un limite e il giudi,io umano re~ta sempre l'ano insuperabile e insoslituibilc.

I


Dalla figura Xl.1 si nota che partendo da alcuni dati del fenomeno si costruisce un modello teorico; ciò fatto, si procede alla determinazione dei parametri delle equazioni che compaiono nel modello, servendoci di clementi noti tratti dal mondo reale (ad esempio dati statistici) e di appropriale metodologie (ad esempio il metodo dei minim i quadrati) e risolvendo il s istema d i equazioni del modello stesso. Si giunge così alla pre"isione teorica e, media nte a ltri elementi fornit i dal mondo reale, alla verifica del modello. Se le conclusioni sono accettabili, il modello supera la prova; in caso diverso, bisogna rivedere la s ua struttura. Il procedimento per la costruzione di un modello probabilistico è illustrato nella figura XII. 2 Tale procedimento si differenzia da quello seguito per l'altro tipo di modello, soprattutto per la stima dei parametri nelle equazioni strutturali, vale a dire le costanti teoriche e i coefficienti. fig. XII. 2. Modello probabilistico

Mondo simbolico

.....

....

Modello probabilis tico

Elaborazione delle probabilità

H

Previsio ne

.._

4,.

- - - - - -- -

-

-

- --1.

,r Verifica

4.

~

Mondo reale

Elementi originali

4

Stima del valori n umerici delle probabilità

Controllo dei dati

-

Dal punto di vista della statistica, l'optimum econometrico è rappresentato dalla condizione che l'anali s i econometrica risulti inquadrata in un sistema di relazioni ipotetiche e che i dati statistici siano rivolti a provare le ipotesi e a misurare i parametri numerici. I dati statistici, perciò, per un processo di stima dei parametri delle relazioni economiche, costituiscono la materia prima. In genere, le equazioni del modello vengono assunte di forma lineare, sia per la maggiore facilità del calcolo, sia per la bontà dei risultati conseguibili. Peraltro è bene avere presente che anche la scelta cli tale forma - al pari di quella logaritmica, o di qualunque altra - reca in sè elementi di arbitrarietà. Per modo che, quando con risultati diversi si raggiungono equazioni differenti, non è facile determinare qual i delle varie stime si approssimano maggiormente alla realtà. Xe derivano processi di adattamento e di perfezionamento della metodologia statistica, ai quali si legano i nomi ben 221

I


noti di

FRTSCH , HAAV ELMO, KOOPMANS, MARSCHAK , REIERSOL, TINB ERCEN, TINT NER

e WORLD ( 40 ).

E' stato già detto che una teoria è vera a metà se non viene verificata. Ciò vale anche per i modelli: un modello è vero se supe ra la prova sperimentale e cioè se la costruzione idealizzata abbia per oggetto una previsione o una determinata struttura e non si discosti troppo dal mondo reale. Non potendosi applicare i metodi sperimentali delle scienze naturali, si devono seguire altri procedimenti, basati per lo più sul calcolo statistico. (41 ) Pe r siffatta verifica, finchè possibile, non debbono essere utilizzati i dati che sono serviti per stimare i parametri del siste ma di equazioni che forma no il modello. Devesi, inoltre, fare largo ricorso alla sensitivity analysis (42 ) che consiste nel variare il valore di alcuni parametri chiave per vedere se cambia o meno lo scostamento del modello stesso dal mondo reale, oppure per quanto tempo sia valido. 65. Criteri di scelta alternativa: a) probabilistici

Nel processo decisorio hanno particolare importanza i crite ri di scelta alternativa. I criteri di scelta alternativa sono regole di preferibilità per stabilire come effettuare una scelta tra due o più alternative. Per ogni alternativa viene messo a raffronto il grado di conseguibilità di un dato obiettivo col costo de ll e risorse da impiegare. I criteri di scelta più ricorrenti sono: la costs-benefits analysis, la costseffectiveness analysis, il minimo costo, il massimo utile, la massima speranza matematica; in particolare, nelle decisioni in condizioni di incertezza vengono usati anche: il criterio del minimax, il criterio del massimo ottimismo e il criterio della massima speranza matematica. Di tali criteri diamo qualche cenno indicativo. I criteri del minimo costo e del massimo utile sono di per loro evidenti e non hanno bisogno di ulteriori chiarimenti . Se ad un evento casuale è collegato )'ottenimento di un dato valore, dicesi speranza matematica il prodotto di un determinato valore ottenibile in dipendenza dell'evento casuale per la relativa probabilità - probabilità dell'evento -; se l'evento casuale comporta vantaggi alternativi - oppure vantaggi e svantaggi - la speranza matematica· è data dalla somma dei prodotti dei valori ottenibili per le relative probabilità. Ciò premesso, consegue che il criterio di scelta basato sulla speranza matemati.ca consiste nello scegliere l'alte rnativa che presenta la massima speranza matematica. Il criterio del minimax è proprio della teoria dei giochi di voN EUMAN. Detta strategia l'enumerazione completa delle alternative che il decisionmaker può scegliere nella propria decisione, voN NEUMAN dimostrò che il concetto di strategia può essere applicato a qualunque «gioco» e che ogni gioco può essere ridotto ad una matrice con tante file quante sono le strale-

( 40 ) ( 41 ) ( 42)

D. W. M1 LLER, M. K. S T ARR, Ricerca operativa e direzione aziendale, t rad. it. pag. 143, Milano 196; G. U. PAPI, Dizionario di economia, voce ··modello", o p. cit. R. S . Mc NAMARA, C. J. H ncH, A. C. ENT11 0 V E , A modem design {or defense decision, pag. 137 Washing ton 1966. F. DE H ANI KA, Verso una scie11za della gestione d'impresa, Mil ano 1967. A. A MADUZZI,

Sui rapporti t ra ragio1ie ria e ricerca operativa nel sistema econom ico aziendale,

Catani a, 1968.

222


gie del 1° giocatore e tante colonne quante sono le strategie del 2° giocatore. In tal caso il criterio per la soluzione de l gioco è il minimax ed è determinato indicando ai lati della matrice i valori mass imi per riga e i valori minimi per colonna: il valore che appartiene sia ai minimi che ai massim i è detto minimax e costituisce la soluzione più «ragionevole» ogni qual volta che non si conosca la decisione dell'al1ro e non si voglia rischiare; infatti tale strategia garantisce il minimo delle perdite - strategia cautelativa - . Il criterio del comportamento in media consiste nello scegliere la strategia che dà la media dei risultati più alta. Il criterio del massimo rammarico porta a scegliere la strategia che dà il minimo dei massimi di rammarico, intendendo per rammarico la differenza fra il maggior valore della colonna della matrice degli eventi rispetto al valore che si scegÌie. Il criterio del grado di ottimismo si basa sul concetto della probabilità soggettiva che esprime appunto il grado di ottimismo. Dei criteri di scelta a i quali si è accennato, quello deJ\a massimizzazione della speranza matematica resta il più usato nelle scelte alternative razionali, allorquando si disponga di apprezzame nti delle possibilità collegale ai possibili eventi. 66. b) Cost-benefit analysis e cost-ef fectiveness analysis

Il metodo de l cost-benefi t da alcuni denominalo cost-utility analysis affonda le sue radici in studi effettuati intorno al 1900 dal corpo degli ingegneri dell'Esercito degli Stati Uniti in occasione di progetti pe r la sistemazione di alcuni bacini fluviali. Tali studi vennero ripresi nel 1936 con il «Flood Contro! Act», ma solo nel 1950 in un «libro verde» p ubblicato da una Commissione interministeriale, vennero elaborati i principi generali dell'analisi del cost-benefit con riferimento all'economia del benessere. Successivamente 1'87° Congresso ( 43 ) dichiarò che tut ti i progetti relativi a llo sfruttamento e alla valorizzazione delle acque e delle relat ive risorse terrestri dovevano essere formulati «tenendo in debito conto tutti i costi e i benefici pertinenti, tangibili e intangibili. I costi e i benefici - proseguiva il documento - dovranno essere espressi, il più possibile, in termini economici, quantitativamente comparabili ». Inoltre, il citato documento raccomandava i seguenLi quattro criteri: a . benefici tangibili superiori al costo economico del progetto, b. ogni s ingola parte del progetto - od ogni singolo scopo - deve fornire be nefici a lmeno equivalenti al costo, c. lo scopo del progetto è tale da fornire il massimo. d. nel caso che si sia intrapreso un progetto, non deve esis tere alcun mezzo più economico - valutato su base comparativa - per raggiungere lo stesso o gli stessi scopi, che possa vedersi preclusa la possibilità d ' impiego.

(43)

G. H. F1SHER. The rote of cosi u1i/i1y ana/ysis in program hudgeting, in D. Novick program budge ting, pag. 66. Cambridc (Mass) 1965. U. S. Congress Senale Policies, Standards and procedures in 1he form11/a1ion, evaluation and re view /or use and develupme,u o/ water and related land resources, Doc. 97, 87 th Congress, 2nd scssion Wash ington o.e., Gov. Printing Office 1962.

223


E' tuttavia da rilevare che fino al 1961 l'analisi cost-benefit fu applicata molto raramente ai più alti livelli federali: solo nel 1961 fu introdotta nel Dipartimento della Difesa da C.J.HITCH, assistente segretario della Difesa e «Compt roller». Attualmente, tale metodo è largamente utilizzato per l'analisi economica di diverse categorie di progetti (44 }; a partire dal 1965 è s tato poi esteso a tutte le a ttività manage riali degli Enti federali. Dopo questa breve esposizione dello sviluppo storico dell'analisi, ci ripromettiamo di dare una definizione di primo approccio dell'anal is i costbene fit . , Tale analisi è stata definita «un metodo pratico per stabilire la convenienza o meno di un proge tto ne i cas i in cui si riconosce l'importanza di una visione sia in «profondità » - nel senso di considerarne le ripercussioni nel lontano, oltr e che nel più immediato futuro - sia in «ampiezza» - nel senso di calcolarne gli effetti collaterali di vario gener e che può avere su molti individui, industrie e zone -; essa implica quindi, la enumerazione e la valutazione di tutti i cos ti e di tut ti i benefici di rilievo». (45 ) Una definizione descrittiva, nella quale sono evidenziati i caratteri salienti dell'analisi cost-bene fit è quella del F ISHER . ( 46 ). Secondo F1sHER l'analisi cost-benefit presenta le seguenti caratte ristiche fondamentali: a. esame sistematico e raffronto di azioni alternative che possono essere adottate per real izzare gli obiettivi specificati, in riferimento ad un certo periodo di te mpo futuro. Occorre, infatti, e saminare sistematicamente non soltanto le alternative di rilievo che possono essere identificate

( 44 )

(4S) ('6 )

224

J. S . BAtK, Cri1eria {or u11dertaking wate r resou rce developmen ls, in The American Economi<.:s Rcv iew, mag. 1960. G. DI NARDI, Cri 1eri indica1ori della scelta degli investimen1i, i n Rassegna Economica lugliosen. 1957 O. ECKSTE11o., Wa fer resource developmen1: 1he economics of projec1s evaluation, Han,ard University Press 1958 (cap. 1/, Ili IV). O. E cKSTEIN, Bene/ii cost analysis and regional developmen1, nella raccolta Regio na l Eco nomie planning OECE Parigi 1961. Imc r Agc ncy Comm it tee o n Wa te r Resou rces, Proposed p ractices {or economie a.nalysis of river basin proje~·1s, Re por t subcommittee on Eval uat ion S ta ndards, "Vashington 1958. G. FoNTAKt;I.LA, li p roblema delle scelte dell 'opera1ore pubblico in m ateria di i11 frastru t111re per i trasporli, in Ri v. Po i. econ. a prile 1968. K. W. K,\PP, R iver Va.1/ey deve/opment p rojects probleins of evahw 1ion and socia / cost, in Kiklos n.4 1959 .J. KRtJTILLA, Ri ver basin deve/opment planning and evaluation, in Journal of Farm econom ics and canad ian J o urnal of Agrico ltura! Economics, dicembre 19 58 R . N. l\o\cKEAN Cost bene/ii analysis and British Defence Expendi1u re, in Public Expe nd it u rc a ppraisal a nd con t ro! d i A. T. PEACO<.:K e D. J. RotlERTSON, ed it. Oli ver a nd Boyd, Lo ndo n 1963. J. MARGOus, The evalua1ion o / vale r resouce developmen t, in Thc Ame r ican Econo m ie Review marzo 1959. V. MARRANA, Problemi e mewdi di analisi eco11omica di p roge//i specifici di sviluppo, in Rassegna economica luglio-settembre 1956 V. MARRANA, Problemi e 1ecnica di p rogrammazione economica, pagg.153 -183, ed. Cappelli 1962. CEE Cornilé de poli t ique budgetaire: Colloque s ur /es p roblemes de rationalis(l/ions des choix b11dge1aires, Paris 18-19 m ay 197 1; Oltre ai d iversi « rappo r ti», part ico larmente int eressante l'abbondante bibliografia ci tata. A. R. PREST, R. T uRVEY Cost benefit ana/ysis: A survey, in Ec.:on . Journal d icembre 1965, pagg. 683-735, trad . it.: L'analisi cosli-benefici, in F. CAFFi'., li pensiero economico contemporaneo, Vo i. 111. Mila no 19 69. A. R. PRF.ST, R. T uRVEY, Cast henefit: a s11n,ey, in lhe Econ . Jouroal Dee 1965. pag. 683. G. H . F1scHER, The role o f cos1-benefi1 analysis, io Program budge ting, op. cii. pag. 66-67.


inizialmente, ma anche di concepirne ulteriori, se quelle esaminate si rilevano incomplete. Infine l'analisi, specialmente se viene condotta in modo completo e con immaginazio ne, può in certi casi, provocare modifiche negli obiettivi specificati inizialmente. b. L'esame critico delle alternative implica numerose considerazioni tipiche, ma le due più importanti sono: valutazione del costo - nel senso di costo de lle r isorse economiche - e dell' utilità - benefici o vantaggi - relativi a ognuna delle alternative che sono raffrontate per conseguire gli obiettivi prestabiliti. c. Il contesto temporale è il futuro; spesso un futuro lontano - cinque, dieci o più anni. d. A causa dell'esteso orizzonte temporale, il contesto è di incertezza, molto spesso di grande incertezza. Dato che l'incertezza è un importante aspetto del problema, essa dovrebbe essere trattata esplicitamente nell'analisi. Questi motivi dovrebbero, fra l'altro, indurre, l'analista ad evitare, finchè possibile, l'uso di dati di primo approccio risultante dai modelli. e. Spesso il contesto nel quale l'analisi ha luogo è ampio - spesso molto ampio - e l'orizzonte molto complesso, con molte interazioni fra le «variabili-chiave» del problema. Ciò significa che soluzioni semplici e lineari sono l'eccezione piuttosto che la regola. f. Benchè i metodi quantitativi dell'analisi debbano essere usati quanto più possibile, a causa di quanto indicato ai punti d. ed e., la ricerca puramente quantitativa deve essere spesso combinata ad una analisi qualitativa. Infatti è da sottolineare l'importanza di metodi quantitativi e qualitativi. g. Normalmente il «fuoco» verte sulla ricerca e lo sviluppo, e/o su problemi decisionali di investimenti-t ipo, sebbene talvolta si combinino anche decisioni operative. Di conseguenza, ciò non significa che le considerazioni operative siano ignorate nel rapporto R. e S. e nei problemi di investimento-ti po. h. La tempestività è importante. Un'analisi attenta e completa che arriva dieci mesi dopo il tempo critico di decisione, può sostanzialmente valere zero, mentre un'analisi meno completa, ma compiuta in modo ragionato e condotta a termine in tempo, può valere molto. Da quando si è avuto modo di rappresentare appare ch iaramente che la metodologia dell'analisi cost-benefit consiste nell'adottare una funzione di preferenza semplicissima, con due sole variabili, di cui una rappresenta i costi - conseguenze sfavorevoli - e l'altra i benefici - conseguenze favorevoli-. La funzione da massimizzare in via alternativa, può essere: a) la differenza benefici-costi; b) il rapporto benefici-costi; c) la differenza tra l'annualità costante riferita al valore attuale dei benefici e l'annualità costante riferita al valore attuale dei costi; d) la differenza tra il tasso di rendimento e il tasso di sconto prescelto. In generale non ha mollo senso il criterio della massimizzazione del rapporto benefici-costi, cioè il «rendimento», se così si può chiamare, dell'operazione. Infatti, il rapporto massimo si potrebbe verificare per un livello di benefici inadeguato, oppu re per un livello di costi eccessivo. Nelle a lternative sub c) ed), come avremo modo di osservare in seguito, l'attendibilità dei risultati dipende dalla scelta dei tassi di sconto e di rendimento, il più delle volte arbitraria.

225


La successione delle operazioni dell'analisi cost-benefit è la seguente: l'elenco delle necessità la riduzione delle necessità in obietLivi una serie di mezzi alternativi per il conseguimento degli obiettivi la determinazione dei costi e dei benefici l'impiego di un modello un criterio o una serie di criteri, per valutare la maggiore convenienza di questa o quella alternativa. Al riguardo non può essere sottaciuto che i benefici e i costi, oltre che commensurabili devono essere con/rontabili. Vedremo in seguito gli accorgimenti da adottare, se le due variabili non sono commensurabili. A questo punto dobbiamo rilevare che al solito, il passaggio dalla enunciazione di principio - s ulla quale molti Autori nutrono perplessità e riserve (47 ) - all'applicazione pratica comporta difficoltà gravi. Innanzitutto, nella valutazione dei costi non sempre ci si può basare sui prezzi correnti di mercato: spesso i prezzi variano proprio per effetto della realizzazione di un determinato progetto; spesso le risorse richieste - inputs - per molti progetti non hanno un proprio mercato che ne determini il prezzo, oppure condizioni di monopolio o di oligopolio ne provocano distorsioni notevoli. Occorre pertanto colmare lacune e correggere distorsioni, adottando accorgimenti opportuni, come ad esempio il calcolo dei costi in termini di rinuncia al conseguimento di ·altri obiettivi - opportunity costs - il ricorso ai costi di produzione desunti dai cosiddetti contratti a costi controllati - fixed costs plus fees - oppure il ricorso ai «prezzi ombra». Inol tre, in determinate circostanze - mobilitazione genera. le, guerra, ecc. - i prezzi non hanno più significato, epperò bisogna ricorrere a calcoli complessi sulla base delle risorse reali impiegate. La valutazione dei benefici è resa più complessa e più difficile per la presenza di molti elementi che acquistano maggiore rilevanza quanto più lungo è l'arco di tempo in cui il progetto sarà operativo: esternalità, benefici indotti effetto moltiplicatore e acceleratore - benefici derivati, «spillovers», impoderabili, ecc .. Inoltre il progetto può essere interdipendente con altri e così la determinazione dei benefici e dei costi diviene ancora più complessa e più app·rossimata. Infine, anche la determinazione del tasso di sconto per calcolare il valore attuale dei costi e dei benefici, concorre a .complicare l'analisi costbenefil. I criteri di scelta del tasso di sconto, detto «social time preference» sono molteplici; in ogni caso però riflette il giudizio di valore dell'autorità politica sulla preferenza sociale della disponibilità presente di un bene rispetto a quella futura . Il criterio maggiormente seguito è quello di adottare il tasso applicato ai prestiti pubblici. Ma tale tasso non si mostra un indicatore perfetto dell a preferenza sociale alla liquidità, epperò la sua misura può essere corretta anche sulla base di altri giudizi di valore. Un altro criterio fa coincidere il ta~so sociale còl rendimento çi.lternativo di un investimento nel settore privato d~l sistema economico. Tale criterio però, si fonda sul presupposto che il livello e la struttura dei tassi esistenti nel settore privato del sistema econom ico s"i trovino in una relazione otlimale, presupposto non sempre realizzabile. a) b) c) d) e) f)

(41 )

226

M. LEc1sOTT1, La valutazione dei costi e dei benefici della spesa pubblica, in Problemi di finanza pubblica, voi. IV, 1st. di Economia e finanza dell'Università di Roma. Milano 1968. pagg. 167361. Vedasi anche F. FoRTE;., O. TAROU1N10, li bilancio dell'operatore pubblico, pagg. 191 -206, Torino 1978


Abbiamo accennalo in precedenza che l'analisi cost-benefit è possibile a condizione che le due variabili siano commensurabili. Accade, che per alcune categorie di progetti non esista la possibilità della commensurabilità, in quanto non è possibile ricorrere all'espressione monetaria dei costi e dei benefici. Ad esempio, nell'analisi cost-benefit delle attività militari raramente è possibile esprimere il beneficio in termini monetari . Obiettivi e costi non hanno u na misura comune - il termine monetario - cosicchè non è possibile sottrarre da una somma spesa o da aeroplani perdu ti, bersagli nemici distrutti . Una valutazione siffatta, sarebbe infatti, più compl icata per concezione e applicazione del la funzione completa d i p referenza; risulterebbe inoltre molto arbitraria, in q uanto il possesso di una cena capacità bellica - ad esempio il mantenimento della pace o il deterrent - presen ta vantaggi che sarebbe ass urdo valutare in termini monetari (48 ) . Ciò implica un'ulteriore semplificazione del metodo, dovendosi accettare come soddisfacente il criterio della massimizzazione della unità forn ita da u n sistema di arma, essendo fissato il li vello dei costi; oppure della minimizzazione del costo, essendo data la utilità del sistema d i arma. Tale criterio non richiede che utilità e costi siano commensu ra bili, però non consente di determinare: a) il livello di spesa più vantaggioso - ipotesi della massimizzazione della utilità - ; b) il livello dell'utilità massima - ipotesi del la min imizzazione del costo -; essendo, nella prima ipotesi, fissalo a priori ed arbitrariamente, il livello di spesa, e nella seconda, il livello dell'utilità massima. Tale metodo denominato cost-effectiveness analysis (49 ) consente di stabilire non che u n certo «sistema » o un certo progetto A è il migliore per costo ed efficacia, ma che esso è il migliore fra gli a ltri sistemi o prodott i cons iderati, B, C od a lt r i, in quanto con un dato costo raggi unge meglio un obicllivo; oppure perchè raggiunge un d ato obiettivo con il costo minimo. Da quanto accenn ato risulta che il «beneficio» da massimizzare è un 'entità non valutabile monetariamente, sicchè altri criteri ne determinano la scelta. Si ricorre cosi al criterio ·«effectiveness» e c ioè «efficienza in missione» che ovviamente presenta delle limitazion i in controparti ta alla sua relativa semplicità concettual e d i a pplicazio ne .

(43)

{49)

G. CAR0S1o, La provamrnazione delle acquisizioni di armamenri, Problemi 1eorici e organizza. rivi, in L'Ammin istra7.ione della Difesa, 1970, n . 2, pagg. 46-47 . J. BLACKMANN, A. B,,scn, s. F,,BRICANT, M. GAJNSBRUGH, E. STEIN, War and Defense Economics, New York 1952. Comm ittee for Economie developmenr: The problem o/ na1io11al securi1y, 1958. R. N. McKEAN, Efficie11cy in Government through systems analysis, New York 1958. W. W . K AUPMANN, Military policy and Nafional, Princeton 1956. O. Nov,cK, Weapon sysrem cosr, Merhodology, Rand Co. Rcp. 287, fcb. 1. 1956 J. R. Sc1 1u , R1Nc~R, The po/irica/ econom_r of national securit)~ New York 1960 T. Sc1TOVSKV, E. S. S11,,w. L . TARAS111s, Mobi/izing resources {or war, New York 1951 H. E. STR JN ER, R. U. SHERMAN ed aliri , De/ense speding and rhe U.S. Economy, OROSP 54, Voi. I. ll. in Operations Rcsearch Office, I 958 A . C. ENTHOVEN, H . S. RowEN, Defense planning and Organization, in Publ ic Financc: ecds. So u rces and Utilization, Prince ton University Press, Princeton 196 1. G. H. F1ScHER, Weapon $ys1em Cosi Analysis, in Opcrations Rcsearch, ottob re 1956 H. MANOERSHANSEN, Economics problems in Air Force Logisrics, i n Amcric. Econ . Rcv. scpt.

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227


Infatti, effettuando la scelta dei sistemi in base a un criterio esclusivamente e crudemente tecnico-operativo, non possono venire considerati molti fattori, quali le implicazioni di politica interna e internazionale, le conseguenze economiche - progresso tecnologico, occupazione dell'industria o squilibr i regionali - , il rischio delle vite umane, ecc., fattori tutti che potrebbero entrare, e presumibilmente entrano, nella funzione d i preferenza. ( 50 ) Quando si tenta di tenerne conto si complica l'analisi in modo inverosimile, scivolando per di più nell'arbitrarietà. In altre parole l'analisi cost-effectiveness si b asa sui seguenti presupposti: a) i costi siano valutabili, b) l'efficacia sia quantificabile, c) l'analisi sia riferita ad un determinato periodo di tempo, d) l'indivisibilità non esista e cioè si possa parlare di 0,5 persone o di 4,5 aeroplani. Sulla valutazione dei costi si è già discorso. Resta ora da accennare ai criteri di quantificazione dell'e/fica eia. Tale quantificazione non è sempl ice, nè si possiedono ancora metodolog ie idonee per pervenire a risultati certi. S i è accenn ato in precedenza a l criterio della efficienza in missione . Ciò significa che mediante dati empirici - lanci nei poligoni, uso di tavole di tiro, esperienza di azioni di guerra, ecc., - o imp~egando tecniche avanzate war gam ing, metodo di Monte Carlo, teoria delle code, ecc. - si può stabilire, ad esempio che per distruggere un ponte avente determinate caratteristiche, occorrono due missili di un certo tipo A. In tal caso possiamo affermare che l'effectiveness del missile A è 0,50 bersagli. Se esiste un tipo d i missile B, che per essere più preciso e potente, può distruggere lo stesso ponte con 1,5 missili, l'effectiveness di questo secondo missile è d i 0,75 bersagli. Di fronte alle due possibili alternative, q uale sarà quella prescelta? Per decidere occorre analizzare i rispettivi costi e porli a raffronto con l'efficacia. Se il missile di tipo A costa 1000 e quello di tipo.]~ 1200 il costo per distruggere il ponte con il tipo A sarà di 2000 e con il tipo B 1800. Dunq ue l'alternativa da prescegliere sarà il missile B. L'esempio addotto per essere molto semplice, presenta una soluzione altrettanto semplice. In pratica, però, le cose vanno diversamente, e la determinaz ione dell'effectiveness, pur limitata alla considerazione dei soli fattor i tecnico-operativi, quali l'efficienza in missione, oltre a presentare - come già accennato - un elemento di arbitrarietà e di incompletezza, dovuto al fatto che si trascurano molti fattori politici ed economici, finisce col risultare ugualmente complessa e di difficile espressione quantitativa sufficientemente indicativa. I diversi casi di analisi cost-ef fectiv_ene ss possono essere così raggruppati: a. più alternative aventi efficacia datq e costi diversi. In tal caso è preferibile l'alternativa che presenta il cb"sto minore, b. più a lternative avent i costo dato 'e diversa efficacia. In tal caso è preferibile l'alternativa che presenta l'efficacia maggiore, c. più a lternative aventi diversa efficacia e diversi costi. Per it presupposto che non esiste indivisibilità d i efficacia, il caso può essere r icondotto al caso sub a). (5°)

228

CAl{Os10, La programmazione delle acquisizioni di armamenti. Problemi teorici ed organizzativi, op. cit. pag. 49

G.


Il diagramma fig. XI.3 serve ad illustrare meglio la possibilità di scelta fra più «sistemi» nel caso p iù ricorrente e cioè quando esista un vincolo di bilancio. Nel predetto diagramma è stato indicato il costo e l'efficacia (bersagli distrutti) di due sistemi di arma A e B. Nel punto di incontro I le curve dei due sistemi si equivalgono; ciò significa che con un vincolo di bilancio di 125 milioni - costo dato - i due sistemi presentano la stessa efficacia 80% dei bersagli distrutti. Fig. Xl. 3 - Curve costo-efficacia di due sistemi d'arma.

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--.A

50

100

t50

f'erò a mano a mano che il costo aumenta, si nota che il sistema A continua ad accrescere la sua efficacia; ciò significa che con un vincolo di bilancio di 200 milioni, il sistema A presen ta un'efficacia pari al 95% dei bersagli, il sistema B non raggiunge neppure il 90%. Volendo concludere l'argomento della cost-effectiveness analysis, dobbiamo osservare che al r iguardo non è stata ancora elaborata una teoria definitiva, anche se può già disporre di un metodo scientifico. Allo stato attuale l'analisi cost-effectiveness p uò essere considerata un processo d'indagine mediante il quale i programmi alternativi o più semplicemente i mezzi per raggiungere gli obiettivi sono posti a raffronto al fine di controllare la loro fattibilità e quindi per stabilirne la preferibilità. In tale indagine è stato introdotto il calcolo economico, con l'ausilio dell'analisi matematica, del calcolo delle probabilità e della statistica per tentare di risolvere l'aspetto «incertezza» che, il più delle volte è presente in siffatta analisi. Ed ora un'ultima considerazione sull'estensione dell'analisi cost-benefit in senso lato. Nel campo applicativo di tale analisi alcuni Autori più strettamente legati a lla teoria del benessere, credono di poter individuare lo scopo dell'analisi cost-benefit nella massimizzazione della funzione del benessere 229


sociale. (51 ) Mentre per qualche Autore (52 ) non ci sono dubbi sulla effettiva possibilità di analisi del genere, sembra, invece, che l'opinione contraria s ia ancora prevalente (53 ), anche se BAuMOL ha acutamente rilevato che «nell'economia del benessere l'accento è passato intorno agli anni '40 da un obiettivo prevalentemente astratto, all'estremo opposto: ad elaborazioni a carattere a pplicativo e ai concreti problemi di quotidiana determinazione delle decisioni economiche ». (54 ) Alcuni Autori (55 ) hanno ritenuto d i individuare il massimo benessere pubblico nel punto in cui il costo sociale marginale - dovuto alle spese pubbliche - è uguale all'utilità sociale marginale di ogni «programma» pubblico e cioè quando la soddisfazione sociale che si trae daìla spesa pubblica è uguale alla soddi sfazione sociale derivante dalla spesa privata. Siffatto equilibrio generale dovrebbe portare anche all'equilibrio di tutte le a tt ività statali, nel senso che le utilità sociali marginali delle singole attività statali risul terebbero uguali tra loro. Conseguirebbe, pertanto, che ogni unità marginale di moneta spesa per la difesa verrebbe a procurare una utilità uguale alla utilità marginale d i moneta spesa per l'educazione, per la salute pubblica e così via. EcKER (56 ), vede la possibilità di ricercare siffatto «equilibrio generale» nel quale si realizzano, nella maggiore misura, gli obiettivi di tutti i servizi pubblici considerati come un tutto unico mediante il PPBS. A non diverse conclusioni perviene, EscARRAZ (57 ). Al riguardo abbiamo già osservato che K EtSER ( 58 ), nota che il principio di marginalità, accettabile in teoria, è difficile ad essere messo in pratica, in quanto occorrerebbe conoscere i costi ed i benefici dei «programmi» pubblici, dei costi politici e sociali dei progetti pubblici e la coscienza, da parte dei singoli, dei costi derivanti dal non intraprendere un dato progetto pubblico; avere la possibilità di misu rare adeguatamente i costi e i benefici ed essere immuni da posizioni dogmatiche o politiche, da parte dei singoli o di g ruppi, che potessero portare alla condanna di programmi pubblici nonostanLe la loro provata utilità sociale; inoltre, l'ap-

(S')

La funzione del benessere soc ia le è massima quando: a) l'u t ilit à soc ia le ma rginaie di ogn i bene eguaglia il suo costo soc iale marginale: b) le util ità e i costi socia li m.irgina li di tutti i ben i sono uguali: c) l'utilità privata margina le è ugual e all'u ti lità sociale marginale: d) il costo privato marginale è uguale a l cos to sociale marginale.

( 52 ) (53 )

4 (' }

(") (' 6 )

(") (58 )

230

L'utilità sociale marginale m isura il beneficio totale che deri va alla soc ietà dall'incremento della produzione. Il costo soc.iale marginale è il costo totale per la società (e non quello dei soli produttori) della produ1.ionc del bene: cd è uguale a l sacrificio di altri beni che s i sarebbero potuti produrre con gli stessi fat1ori produllivi . opportunily rnst. L'uti lità privala margina le è l'utilità consegui ta dagli individui che acquistano il bene. l i costo priva to marginale è i cos to della produzione de l bene per il settore privato. D. J . OTT e A. F. On, Federai 8udge1 po/icy Washington 1965 pag. 81 R. N. ANTHONY, Contabili1à per la direzione, traci. it. Milano 1966 pag. 807 R. N. KEISER, A,ia/isi economica e politica fiscale, traci. it. l'vli l.i no 1957 pag. 96 e seg. K. E. Poo1.E, Federai expe,ulitures policy, in .Jo int Economie Cornrnittee, Washi ngton 1963 pagg. 118-11 9 W. J. BAUMOL, Teoria economica e analisi opera1iva, traci. it. Mi lano 1968 pag. 443 R. N. K l'.1SER, A>ialisi economica e politica fiscale, op. c it. pag. 96 H. P. Ec:KER, Analisi del costo beneficio e s110 impiego nelle atti vità decisionali manageriali, in l'Amministrazione delle Difesa 1968 n. 3-4 e contra G. Mayer, Note sulla possibilità di estensione del PP8S ad obiettivi globali, in l'Amminist razione della Difesa 1972, n. 2 D. R. EscARRAZ, PPBS and the Naliona/ Goverme111 alternMive approaches, op. cit. R. N. Ki;1SE R, Analisi economica e polilica fiscale, op. c it. pag. 96


plicazione del pr incipio d i marginalità postula l'esistenza della concorrenza perfetta. S i dovrebbe o ra esam inare se il metodo che potre bbe essere definito delle «successive disaggregazioni e aggregazioni » sia idoneo o me no a porre le basi di un app roccio al macrolivello. Finora tale metodo è stato impiegato al microlivello per determinare i singoli «programmi » nell'ambito di alcuni se rvizi pubblici. Nella pratica, non essendo possibile - stante la su a complessità - q uantificare neppure una funzione di p referenza di un «p rogramma » ad esem pio, le forze aeree st rategiche - s i d isaggrega detto program ma in outputs p iù sempl ici fino a giungere ad un elemento di programma che consente la q uantificazione del la funzion e di preferenza sotto forma d i costobeneficio o di costo-efficacia - stormo bombardieri strategici, op pu re brigata missili in tercontinentali. Ovviamente tale processo è possibile, in qu anto si assume per vera l'ipotesi secondo cui le funzioni «ottime» a ssommate di elementi d i programmi, costituiscono una funzione ottima anche dell'intero programma; il che potrebbe essere non vero. Secondo alcuni Autori, spingendo oltre l'aggregazione, si può des umere la funzione ottima d i u n servizio. La somma delle funzio ni d i tutti i servizi così determinata dovrebbe rappresentare la funzione ottima delle priorità degli o biettivi del lo s tato. Tale te si, caldeggiata dallo EcKER ( 59 ), che, come detto, vede in essa la possibilità di consegu ire il ricercato equilibrio generale, che realizza la dimensione ottima di tu tti i servizi p ubblici considerati come un tutto unico, med iante il PPBS, pu r non d ifettando d i una certa suggestione, in realtà non risulta esatta, perchè, solo che si consideri che i fini eletti dalla collettività - a ttraverso i propri organi - si es tri nsecano e prendono consistenza materiale att raverso u n processo decisorio, allorquando si delineano gli obiettivi e lo «strumento » per raggiungere gli o biettivi s tessi. E' questo, dunque il momento delle scelte alternative e delle priorità, sicchè i singoli servizi che realizzano gli obie ttivi prefissi, la loro dimensione e la loro struttu ra, dipendono dagli obiettivi stessi e non viceversa, come la tesi in esame indu rrebbe a concludere. Conclud ia mo l'argomento ricordando come si è espresso F1SHER (60 ) sui limiti dell'anal isi cost-benefit. «Da un punto d i vista ideale - scrive F1SHER - colui che deve prendere decisioni, vorrebbe pianificare la distribuzione futura delle risorse in modo tale che per un dato bilancio, ad esempio, il rendimento o l'utilità marginale stimata in ogni più importante settore di spesa, sia uguale. Ma è più faci le d ire che fare qu esto; allo stato attuale delle capacità dell'analisi applicata nessuno conosce con precisione come possa ragg iungersi !'«ottimo generale» . Gli strumenti analitici ora d isponibil i - particolarmente q uantitativi - non sono idonei a trattare direttamente questi problemi ». A non diverse conclusio ni sono pervenuti GERELLJ (6 1) e i Relatori al "Colloquc sur le problemes dc rationalisation des choix budgetaires", promosso nel maggio 197 1 dal Comitato di politica di bil ancio della CEE . (6 2)

(59)

H. P.

(60 )

G. H . F1s HER, The role of cos1-utili 1y analysi.s in program budgeti11g, a cura d i D. N o v 1cK, Program Budgeting p rogram analysis and Federai Budge1, Ca mbr idge Mass. 196 5, pag. 63 e segg.

(61 )

E. G ERELLI, Crireri per m igliorare le decisioni nel campo delle spese pubbliche, in Att i del Conve!!no di Pavia, ott. 1967 Ra-pponi di F. J orn 1MS1,N, R. ÙNOFRJ. G. YIAY ER, in A ll i del Col/oq11e s ur /es prob/em es de ra1io11a/isatio11 des choix budgeiaires. inde uo dal Com ita to di politica di bilancio della CEE a Parigi nei giorn i 18- 19 maggio 1971

(•2)

EcK P.R,

Artalisi del cos10-beneficio

e

suo impiego nelle auività managerio li, op. ci t. p. 23

231


Tutto ciò significa che, nonostante i recenti tentativi di assegnare un contenuto empirico alla funzione del benessere sociale, tale funzione appare ancora soltanto come la meta ideale; il coronamento elegante dell'analisi teorica, ma di limitata rilevanza pratica. Anche l'alternativa della massimizzazione pura e semplice, oppure vincolata, del reddito nazionale, incontra difficoltà insormontabili in un caso, oppure finisce per avere scarsa rilevanza nell'altro; epperò l'analisi cost-benefit è utilmente applicabile soltanto ai singoli progetti - microlivello - .

232


CAPITOLO XII

DEFEI CE MANAGEMENT: LA PROGRAMMAZIONE MILITARE

67. Concetti preliminari: a) cause, concetto e tipi di programmazione. - 68. b) la programmazione dello stato : pian ificazione collettiva e programmazione di mercato. - 69. e) il piano finanziario . - 70. La programmazione militare. - 71. Il P.P.B.S. quale strumento di decisioni sistematiche e programmate. - 72. Altri sistemi avanzati usati nella programmazione m ilitare.



67 . Conceui preliminari: a) cause, concetto e tipi di programmazione

el regno della natura animala l'uomo occupa il posto più ele\'ato, non soltanto perchè è l'essere più complesso e più perfetto della scala naturale, ma sop rattutto perchè essendo dotato di raziocinio e di libertà di agire, le sue azioni sono il risultato di una libera scelta e della ragione. -L'uomo perciò anche se affonda radici nel passato e dal passato eredita esperienza e vincoli è portato a guardare al futuro, prniettandovi azioni e attività presenti, nell'ansia di migliorare una situazione raggiunta o quanto meno, di mantenerla. Fare proiezioni nel futuro è dunq ue u na tendenza ricorrente dell'individuo: è «categoria logica» in funzione strumentale d i una attività indispensabile per evitare possibili difficoltà sotto le quali non si vuole soccombere. Osserva lucidamente PAPI ( 1), che anzichè rimontare per ogni attimo l'onda del tempo, da cui non vuole essere travolto, e nell'assidua modifica dell'ambiente per r icercare dove dirigere le proprie attività per procurarsi i beni d i cui ha bisogno; l'individuo si prefigge uno o più fini, ne scagliona la realizzazione nel tempo, dirige i propri sforzi ,·erso queste certezze anche parziali, anche mollo differite, le difende con mezzi alli a neutralizzare eventuali influenze contrarie; e via via adegua la difesa - in sostanza l'entità di tali mezzi - al modificarsi delle cond izioni; almeno fino a l punto in cui la modifica della realtà rispetto al prevedibile non esiga addirittura modifiche del fine prescelto. Così facendo esplica una condotta che tende ad essere tanto più lontana dal suggerimento occasionale dell'istinto, quanto più intenso è in lui lo sforzo, anzitu tto di preservare, in secondo luogo di migliora re una s ituazione raggiunta. Ma non soltanto il singolo fa proiezioni nel futuro per conseguire migliori situazioni o per mantenere quelle raggiunte; ne fanno anche i gruppi di individui, e i consorzi sociali, fra cui lo stato. Fino all'avvento della «grande depressione » - salvo la momentanea parenLesi di «economia controllata» dovuta a lla prima guerra mondiale l'economia era orientata alle concezioni del liberalismo - anche se lo spirito socialisra incominciava a far breccia su certi istituti e a creare nuove aspirazioni - e l'attività finanziaria dello stato era ancora concepita come una finanza neutrale che doveva tendere all'equilibrio necessario fra entrate e spese pubbliche del bilancio dello stato al livello minimo compatibile con le condizioni dell'equilibrio generale ed automatico di libera concorrenza. In siffatte condizioni politiche, economiche e strutturali, l'attività dello stato, limitata a poche funzioni tradizionali, non oltrepassava l'arco di tempo delineato d all'anno fi n anziario, sicchè il bilancio dello staco era l' unica proiezione nel tempo di determinate attività pubbliche. Motivi sociali, politici cd economici però hanno recentemente dilatato la sfera delle attività dello stato, di modo che accanto a quelle tradizionali, molte altre se ne sono aggiunte con finalità di sicurezza socialc, di piena occupazione e di sviluppo economico, che implicano azioni continuative, protraentisi per lunghi periodi secondo una successione da proiettare nel tempo con opportune azioni. Ciò ha reso inadeguato il bilancio dello stato, nella sua attuale struttura e periodicità, a svolgere un'efficace cd avveduta proiezione nel tempo dell'attività pubblica. Contemporaneamente anche la sempre maggiore tecnicità e complessità

(')

G. U.

PAPI,

Principi di ecuHumia. Padova 1958, Voi. I, pag. 486.

235


dei sistemi di arma implica tempi lunghi per la loro progettazione e successiva produzione e conseguenti alti cos1i che si proiettano su un arco di tempo molto più lungo di quello coperto dal bilancio dello stato. Da quanto accennato appare evidente la necessità, sempre più urgente, di ricorrere a nuovi documenti programmatici da affiancare al bilancio e di collegare il bilancio stesso con tali documenti, epperò avremo una programmazione economica nazionale - programmazione globale - e una programmazione militare - programmazione settoriale - collegate fra di loro e al bilancio dello stato. Come avremo modo di osservare meglio in seguito, molti paesi hanno già definito i necessari «raccordi» fra programmazione economica nazionale e bilanci annuali e in alcuni esiste anche un collegamento - di diritto oltre che economico-finanziario - fra programmazione militare e programmazione economica nazionale. In tal senso hanno proceduto Francia, Repubblica Federale Tedesca, Olanda, Giappone e Svezia. Mostrata la tendenza del singolo e dei gruppi a proiettare nel futuro determinate attività per mantenere una posizione raggiunta, ma più spesso per raggiungerne·: una migliore, il programma si presenta, qu ale ulteriore categoria logica dell'operare umano, come lo st rumento di cui elevate facoltà dell'uomo si avvalgono per concretare la proiezione nel futuro di determinate finalità. A questo punto si rende necessaria una precisazione di ordine terminologico, perchè gl i autori non mostrano di usare la medesima terminologia scientifica. Infatti nella letteratura francese e in quella anglosassone viene usato indifferentemente il termine «programma» e «piano» e conseguentemente «programmazione» e «pianificazione». Anche nella letteratura italiana non si r iscontra un indirizzo unico. PAPI (2) usa soltanto i termini piano e pianificazione; FORTE (3) considera equivalente i termini programmazione e pianificazione, ma ritiene preferibile il primo allorquando si tratta di una pianificazione meno penetrante; per D1 FEN1210 e CATTANEO (4 ) il piano è un elemento del programma; di tale parere sembra mostrarsi anche TtNBERGEN (5 ); AMADUZZI (6 ) usa in via alternativa i due termini; CAPALDO (7) propone il termine «programma» in relazione all'azienda e piano in relazione ai sistemi macroeconomici. Altri autori, infine, ritengono che il termine «pianificazione » e conseguentemente «piano», debba riferirsi alle programma zioni imperative - di tipo collettivista - e «programma zione» e «programma» alle programmazioni indicative.

Ciò osservato, sembra giunto il momento di definire il termine programma; successivamente definiremo il termine programmazione.

(2) · G. U. PAPI, Principi di economie,. op. c it. Voi. 1, pagg. 46 7-469. F. FORTE, Manua le di politica economica, Torino, 1970, Voi. I, pag. 99. 4 ( ) F. Dr FEN1z10. l e leggi dell'economia, Roma, 1962, Voi. V pag. 14, l\·1. C ATTANEO, Economia delle aziende di prod uzione, Mila no 19 69, pag. 120. Contra: V. MARRANA, Problem i e tecniche di programmazione economica, Ro m.i. 1962. Per MARRANA, il piano è uno schem a di sviluppo globale, il programma uno schema d i svi luppo parziale. (5) J. T rNl.11.?.RGEN, S viluppo e pianificazione, Mila no 1967 , pag. 5 1. 6 () A. AMAouzz,. l'azienda nel suo sistema e nell'o rdine delle sue rilevazioni. Torino. 1963, pag. 5 19. (7) P. C APA~DO, la program mazione aziendale, Milano, 1964, pagg. 13 -14. {3)

236


Secondo PAPI - che preferisce denominarlo piano - è la proiezione di un futuro più o meno remoto di uno stato di massima soddisfazione rispetto ai mezzi disponibili - o di tendenza a una massima soddisfazione - che in sé può riassumere una o più finalità, nel primo caso raggiunte, nel secondo caso da realizzare. LE BRETON e HENNJNG definiscono il programma come un corso di azione predeterminato (9 ); per ANSOFF consiste in una sequenza di azioni scaglionate nel tempo da usarsi per la guida e il coordinamento delle operazioni (1°); non diverso è il pensiero di EWMAN che definisce il programma come una o più linee di azione da seguire secondo uno schema prestabilito ( 11 ) . Secondo JoNES un programma è semplicemente un complesso ordinato di decisioni, coJJegate le une alle altre e formanti con le singole trame delle proprie strutture un unico tessuto uniforme ed armonico; esso è composto di un gruppo di mezzi fra loro complementari scelti allo scopo di raggiungere uno o più obiettivi (1 2 ) . Con un sign ificato più spiccatamente settoriale ONJDA definisce un programma come una linea predeterminata di comportamento per quanto attiene alle scelte aziendali e agli strumenti per la razionale realizzazione delle scelte medesime (1 3). Per D1 F ENIZTO un programma è un documento economico che accoglie, almeno in parte, propositi di programmazione economica. (1 4 ) Nella terminologia del PPBS - Planning, Programming, Budgeting System - come sarà ulteriormente chiarito, il termine programma ha un significato peculiare. Ad esempio, nel considerare le attività militari come un grandioso processo di produzione, con il termine programma si è inteso definire uno dei prodotti - outputs - di tale processo produttivo. Epperò, ogni volta che in termini di PPBS ricorre la voce programma, ci si deve sempre riferire al concetto di prodotto e non ad una azione o a una linea di condotta proiettata nel tempo. (15) Nei calcoli e nelle elaborazioni di informazioni a mezzo di elaboratori elettronici, programma significa iì processo, attraverso il quale s i prescrive la sequenza delle operazioni che l'elaboratore deve effettuare e grazie al quale la macchina sceglie essa stessa le sequenze successive di operazione a seconda dei dati che via via si ottengono. Nel linguaggio della ricerca operativa, infine, programma ha un contenuto matematico a causa dell'uso ricorrente di .modelli matematici (16).

(9)

(10 ) (li )

(12 )

(") ( 14)

(") ( 16)

P. P. LE BRETON, D. A. IIENNtNG, La progrctmmazio11e nelle aziende, Milano, 1963 pag. 32. Secondo detti Autori un programma presenta tre caratteristiche: in primo luogo esso si r ivolge ve rso il futu ro, in secondo luogo presuppone azione, in ler,o luogo comporta un e iemeto di identificazione o causalità da parte del suo ideatore o dell'organ izzazione, vale a dire il futuro corso di azione deve venire intrapreso dal programma tore o da qua lcuno da lu i scelto a ll'interno dell'or· gan in .a1.ione. H. I. ANSOl'I', Slralef!.ia aziendale, Milano, 1965, pagg. 133·134. W. H. N EwMA>I, Manuale di alta direzione, Milano. 1963, pag. 34. Per E. FossATt, pianificare s igni· fica impos1a rc una linea di azione unitaria con r iguardo ad un tempo futuro determinato i11 re· !azione a variabili economiche determinate. M. H. JoNEs, Il processo decisorio e la programmazione aziendale, Milano, 1954, Voi. 11 , pag. 11, Contra: P. P. LE BRETON, D. A. HENNl,S:G, op. c it. i qual i sostengono che la 1eo ria delle decis ioni e la teoria della progrnmma:cionc cos1i tui scono linee di pensi<ero <.:ompletameme diverse. P. ON10A, Economia d 'a zienda, Torino, 1965, pag. 491. F. D1 FF.NIZtO, Le leggi de/l 'economia, op. ci t. Voi. V, pag. 14. G. MAHR, Dizionario di economia, Roma, 1972, pag. 154. F. DE P. HAN I KA, Verso u11a scienza della ges1io11e d'impresa, Milano. 1967, pag. 46.

237


Delineato il concetto di programma secondo il pensiero p1u ricorrente, resta ora da definire q uello di programmazione. Come definizione di primo approccio, la programmazione è il complesso delle azioni per porre in atto: a) un processo di decisione concernente le attività da svolgere nel futuro per la realizzazione dei programmi considerati; b) un processo di verifica della compatibilità dei diversi programmi considerati. Tale definizio ne è val ida per ogni tipo <li programmazione. (1 7 ) Da quanto è stato precedentemente osservato, si deduce che tutte le attività umane ,·engono ad essere oggetto di programmazione, perchè l'uomo affronta il futuro con azioni predisposte razionalmente in funzione dei fini eletti o, come d icono i più, secondo ohìetrivi de1ermìnati. FORTE, dopo aver premesso che il concetto di piano riconduce a quel lo di organizzazione razionale preventiva della condotta delle azioni, osserva che vie ne sempre più accettata, in una quantità crescente di aspetti della vita l'idea che se non si fa un piano (e possibilmente un piano a medio e lu ngo termine, cioè per un certo periodo di anni) non si può elaborare una soluzione efficace, per andare alla radice delle questioni: operare i cambiamenti e le innovazioni richieste, coordinare le varie azioni ed entità singole organicamente, secondo l'ordine e le priorità desiderate; eliminare le alee e gli sbandamenti, i danni delle azioni caso per caso. Il piano tanto più è u t il e (e a volte indispensabile) quanto più sono grossi gli immob ilizzi di capitali coinvolti nella attiYità considerata e quindi quanto maggiori le esigenze di studiare le cose in anticipo per evitare rischi e perdite; e quanto più sono intricati e vari gli elementi e quanto p iù grand i le dimensioni dell'attività considerata; e quindi è arduo coordi nare e agire efficacemente se non ci si organizza sistematicamente e quanto meno è agevole supplire con la improvvisazione e l'intuito occasionale alla complessità dei problemi. (1 8) Ciò precisato riteniamo di poter ridurre le diverse forme di programmazione a quattro tipi fondamentali: a) programmazione del consumatore; b) programmazione delle imprese (programmazione aziendale; e) programmazione economica degli enti pubblici (fra cui principalmente la programmazione economica dello stato; d) programmazione internazionale.

68. b) La programmazione dello sra 10: pianificazione colleuiva e programmazione di merca10. Con la denominazione programmazione economica degli enti pubblici si comprendono tutte le programmazioni economiche a livello nazionale regionale e settoriale affetluale d agl i organi dello s tato e da en ti politici territoriali minori. Scri,·e GRossMAN (1 9 ) che i tentati\'i di modellare o guidare l'economia attraverso proibizioni o incentivi riguardo ai traffici commerciali, ai lavori pubblici, mediante i prezzi e mediante il con trollo dei salari risalgono al l'au-

( 17 )

(11 ) ( 1")

238

Per il Mc ,A1R fox (Mc l\AIR Fox. Manua le del dirige11te, trad. it. Mi lano, 1969. pag. 49) programmare significa ricerca re le alternative, scegli erne alcune determinate, tra le diwn,e pos~ibili, precisando poi gli obic1t ivi generali " specifici e gli stnunenli particolari clc~tinati a perseguir" tali obiettivi. f . FORT E. ·\1a111wle di politica economica. op. cit. pag. 96. G. GROSS\IAN. Si.,temi economici comparati, Bologna 1969. pag. 93 F. PARRILLO Teoria della politica econom ica e pia11ifica~io11e regionale, Milano 1962. pag. 17-21


rora della storia e sono continuati attraverso i secoli. Ma è stato negli ultimi trenta-quaranta anni a causa della grande depressione degli anni trenta, della II Guerra Mondiale e dei molti gravi prob lemi del mondo post-bell ico che il r uolo dello stato nella vita economica è cresciuto ovunque e una sempre maggiore attenzione è stata data, anche a l di fuori dei paesi comunisti, ai controllo sistematico e coordinato dell'economia nazionale e dei suo sviluppo. Inoltre, insieme a questi sviluppi, e strettamente correlato ad essi, vi è stato un rilevante progresso negli studi economic i, che ha portato ad una migliore conoscenza delle cause dei cicli e nuovi approfondimenti nei processi di svi luppo, nuo~i strumenti d i analisi in particolare matematici ed u n vasto corpo d i scritti sulla pianificazione, il controllo e la «guida» dell'economia. Passiamo ora a trattare della programmazione econom ica dello stato. Tale programmazione, concettualmente è un metodo d i coordi namento e realizzazione della politica economica a livello nazionale che r ichiede: a) la precisazione degli obiettivi, della loro priorità e compatibilità, b) la predisposizione di un q uadro conoscitivo a deguato mediante anche l'impiego di tecniche particolari ad esem pio, i modelli econometrici, e) la predisposizione di u n quadro istituzionale e di schemi organizzativi adatti a realizzare la fase conoscitiva e la successiva fase operativa con il massimo di partecipazione attiva possibile da parte degli operatori economici e dei gruppi sociali, d) l' impiego coordinato d i un insieme di strumenti e ii controllo con tinuo degli effetti di ess i. La p rogrammazione nazionale può assumere varie forme, a seconda delle struttu re politiche, giuridiche ed econom iche dei diversi sistemi economici e delle finalità della programmazione s tessa. Rispetto alla es1ensione, la programmazione può essere globale e parziale. La prog rammazione globale postula obiettivi generali aventi un'estensione territoriale per tutto il paese. La programmazione parziale può essere settoriale, oppure regionale. E' settoriale se consta di u n a serie coordinata di interventi, in vista di obiettivi specifici e su lla base di uno sforzo di carattere conoscitivo sui vari aspetti dei problemi da affrontare, configurati in u n certo ambito settoriale, ad esempio, il piano quinquennale dell'agricoltu ra in Ital ia . E' regionale se limitata ad una parte del territorio nazionale - regione -. La programmazione regionale nasce e si caratterizza come strumen to integrativo e complementare della programmazione nazionale e come articolazione e specificazione d i questo, con lo scopo di correggere, rettificare le asimmetrie, le anomalie, le disparità regiona li, le d isto rsioni, le deformazioni, le aritmie del processo di sviluppo e dell'economia d i mercato. (2°) · Rispetto alla struttura, la programmazione viene distinta in programmazione macroeconomica, oppure regolatrice e programmazione microeconomica, oppure pervasiva. La programmazione macroeconomica riguarda la macrostruttura e cioè il sistema economico nel suo complesso e i suoi maggiori aggregali e comportamenti. I suoi scopi sono generalmente quelli del pieno impiego, di u n certo grado di svi luppo, della stabil ità, sia nella produzione, sia nei prezzi, dell'equilibrio della bilancia dei pagamenti, ecc .. Una p ianificazione macroeconomica non rigu arda, di regola, l'andamento dei singoli prezzi - se il livello generale dei prezzi ri mane costante - nè la velocità con cui le singole industrie aumentano la propria produzione se l'espan-

(1°)

F.

PARRILLO,

Teoria della politica economica e pianificazione regionale. op. d i.

239


sione totale è soddisfacente. Trascurando i dettagli, la pianificazione macroeconomica tende a non interessarsi di interi settori produttivi, anche se li influenza in modo indiretto, mediante stimoli fiscali e creditizi, fondi di dotazione, politiche di inquadramento generale, manovre di politica monetaria e fiscale, ecc., limitando la pianificazione specifica solo ad alcune particolari classi di imprese di pubblici servizi. La programmazione microeconomica, invece, presenta un carattere penetrante nella microstruttura, in quanto si rivolge alla generalità delle imprese, mediante uno specifico piano per ciascuna di esse, contenente traguardi produttivi, gli investimenti, i vari comportamenti in fatto di prezzi, retribuzioni, approvvigionamento dei fattori produttivi, cessione di prodotti, ecc..( 21 ) Rispetto a l carattere, la programmazione assume aspetti e conseguentemente qualificazioni diverse: indicativa, concertata, corporativa, ad interventi conformi, imperativa. La programmazione indicativa è propria delle economie çli mercato. Essa consiste in previsioni riguardanti il futuro del sistema economico, a breve o lungo termine, che vengono denominate neutrali per significare che l'organo della programmazione non pone le proprie previsioni in funzione delle scelte che s'intende fare o di programmi che potranno essere posti, ma soltanto quale conseguenza dell'osservazione del sistema econom ico, epperò consiste essenzialmente di esortazioni e di consigli o tutto al più di stimoli. La programmazione concertata è la conseguenza di un accordo fra le grandi forze economiche private, sulla proiezione nel futuro del sistema economico stesso. La programmazione corporativa differisce dalla precedente in quanto il potere delle imprese private viene istituzionalizzato attraverso le corporazioni e dove ogni corporazione raggruppa i rappresentant i dei datori di lavoro e dei lavoratori. La programmazione ad interventi conformi, per il gioco delle forze che la spingono, finisce per essere una programmazione basata su inlerventi di bilancio e cioè limitati al settore fiscale. (2 2 ) La programmazione imperativa, che alcuni Autori preferiscono chiamare normativa (23), pur prendendo in considerazione le sollecitazioni spontanee del mercato, cerca, mediante specifiche azioni, di imprimere al s istema economico un andamento conforme a certi ob iettivi: piena occupazione, svil uppo economico, politica dei redditi, sicurezza sociale e sanitaria, ecc. proposti dall'Autorità pubblica, che possono essere talvolta diversi dalle sollecitazioni di mercato. Rispetto ai criteri di scelta la programmazione può essere economica o amministrativa - detta anche politica. La programmazione economica si basa sul calcolo economico e sulle leggi del valore economico - il cosiddetto principio di economicilà - pur avendo nella sua origine e in alcune decisioni

(

21

)

F. FORTE. Manuale di politica economica, op. cit. Voi. I, pag. 99 Sistemi economici comparati. op. cii. pag. 98 F. FORTE, Manuale di po/irica economica, op. cit. Voi. I. pagg. 107-109 V. MARRAMA, Problemi e tecniche di programmazione economica, op. cit. pag. 15. Secondo MAR· RAMA la denominazione di programmazione imperat iva non ha senso in un sistema di econom ia di merca10 e neppure in un regime economico coilellivista nel quale la caralleris1ica principale dell'econom ia non sta ncll'obbl iga toricLà del piano ma nella proprietà pubblica del mezzo di produzione. A nostro sommesso avviso nel mentre si concorda con la prima affermazione, la seconda non sembra rispondere, almeno in alcuni casi, con la reale consistenza attuale dei regimi econom ic i collettivisti.

G. GROSSMAN, ( 22 )

{2 3 )

240


di base natura poli1ica. La programmazione amministrativa, invece, si affida a criteri politici, a r iferimenti fisici di produzione, anzich è monetari, a valutazioni discrezionali amministrative, espresse mediante un linguaggio e concetti che tendono a trascurare o addirittura a contrapporsi alle categorie del valore economico. E' da rilevare, inoltre, che con il termine «programmazio-ne amministra1iva» viene indicato sia il tipo di rapporti - ordini, comandi - che l'autorità p ianificatrice pone in essere con le unità produttive, sia il tipo di potere in cui si concretano le singole decisioni. Però, osserva il FORTE (2 4 ), sarebbe più preciso usare nel primo caso l'epressione «pianificazione mediante ordini» e nel secondo caso «pianificazione burocratica», perchè il termine «burocrazia» sta appunto a significare «potere degli uffici amministrativi pubblici». Infine la denominazione «pianificazione coercitiva» indica un elevato grado di coazione nella pianificazione microeconom ica pervasiva, ad esempio, la pianificazione del periodo stalinista. elio svolgimento storico della programmazione può dirsi che la prima applicazione sia stata la pianificazione autocratica, imperativa, rigida e totalitaria adottata nell'URSS per conseguire grandi obiettivi di carattere generale, identificabili in taluni importanti traguardi produttivi. Lo stesso tipo di pianificazione è stato successivamente esteso ed adottato, spesso con notevoli modifiche anche concettuali e strutturali, da numerosi paesi gravitanti nell'orbita dell'URSS. La seconda fase si è avuta allorquando, in parte superando una ostilità preconcetta ed in parte spinti dal verificars i di alcuni eventi - «grande depressione» , conflitto mondiale e ricostruzione post-bellica, piena occupazione, sviluppo economico, ecc. - che il singolo non poteva affrontare per l'inesistenza di forze automatiche interne al processo economico capaci di realizzare, in ogni circostanza, l'equilibrio rispondente all'ottimo sociale; epperò si è fatta strada l'idea di una attività dello stato integratrice, compensatrice, equilibratrice delle fon.e di mercato, a ttività svolta in modo continuo e secondo un ordine preordinato in relazione alle stesse finalità; ma tutto ciò significava accettare il concetto e i metodi del piano, un piano compatibile con l'e sistenza e lo svolgimento delle forze di mercato. Ciò premesso, passiamo ad illustrare brevemente le caratteristiche fondamental i della pianificazione collettivista. L'essenza di tale pianificazione sta nel regolare oltre gli obiettivi della produzione, della distribuzione del reddito, del tasso di sviluppo dell'occupazione, ecc. anche il sistema dei prezzi. Consegue che a l mercato e ai prezzi che ivi si formano viene sostituita la meccanica del piano fondata su prezzi con1abili o prezzi ombra. E' da rilevare inoltre che la pianificazione collettivista ha carattere imperativo, penetra nella m icrostrutura, segue criteri di scelta amministrativi che l'autorità del p iano, per lo più accentrata e manifesta attraverso «comandi». E' da rilevare che nei regimi collettivisti sono possibili varie combinazioni e sfumature di pianificazioni, a seconda del tipo di modello di economia adottato. elle economie collettivistiche di comando centralizza10, la pianificazione penetra nella microstruttura e le scelte possono essere economiche o ammin istrative.

(24 )

F. Fo1m:., Manuale di politica economica, o p. c iL Vol. I, pagg. 100-101.

24 1


Nelle economie collettivistiche di comando decentrato, unica variante è che la pianificazione pervasiva è articolata presso le Autorità locali e/o scLtoriali. Vi è poi tutta la vasta gamma del le cosiddette «economie collettivistiche di mercato» centralizzate, semiaccentratc e semidccentrate. Nelle economie collettivistiche di mercato centralizzate, semiaccentrate e semidecentrate il tipo di pianificazione oscilla fra quella penetrante nella microstruttura, pervasivo e quello proprio della macroeconomica con una relativa autonomia delle imprese e del mercato. L'autonomia delle scelte periferiche rispetto a quelle dell'autorità pianificaloria varia secondo modalità e gradi crescenti. Infine, nelle economie coìlettivistiche di mercato la pianificazione è di tipo macroeconomico rivolta soltanto alla macrostruttura. Sono comunque possibili ulteriori combinazioni dei tipi di economie sopraindicate a seconda che le stesse economie abbiano un carattere autoritario o democratico; ad esempio, attualmente l'URSS sembra orientata verso una economia collettivista di mercato, su base autoritaria ed accentrata. Il concetto di programmazione di mercato si fonda sul presupposto di lasciare il massimo di libertà d'azione aì settore privato - individui cd imprese - entro una determinata serie di elementi correttivi destinati a mamenere in relazione armonica quelle forze economiche interdipendenti, il cui mancato aggiustamento automatico comporta conseguenze negaLive al sistema economico del paese. ( 25 ) Ma la caratteristica fondamentale di tale programmazione è che il mercato, e cioè il sistema dei prezzi, resta fuori dagl i obiettivi della programmazione stessa, sicchè esso conserva la sua funzione d i misura della produttività degli investimenti privati e pubblici e dell'economicità della gestione delle imprese, sia private sia pubbliche, anche se il sistema economico di mercato si modifica in un sistema ad economia mista. ( 26 ) Le forme più ricorrenti della programmazione di mercato sono: la programmazione indicativa. la programmazione concertata e corporativa e quella ad interventi conformi, ma non è escluso anche il ricorso alla programmazione imperativa. A tali forme cli programmazione si è già accennato. Gli elementi essenziali della programmazione di mercato sono i seguenli (Tav. XII.I)

( 25 )

(2 6 )

242

E. FossAT1. Elemen1i di poli1ica economica razionale, Mi lano 1958 pagg. 115-1 19. L'economia di merca/0, fondandosi su l principio della proprietù privata dei fattori produllivi e del rispannio accumu iato, fa soswnziaimen te dipendere la forma,ione del prezzo dei beni di consumo e de i fattori produttivi dal li bero g ioco della domanda e dell'offerta e cioè delle cos iddette forze economiche dovute a ll 'iniziativa prirnta (decentramento delle der.:isioni). Ciò non escl ude l'intervento dello stato - in funzione integratrice, compensatr ice equ ilibratrice e s tabilizzatrice - volto e correggere o a mod ificare insuffic ienze e squ ili bri, (ad es. la distribuzione dei redditi), certe tendeme delle forze di mercato (ad es. la formazione d i monopoli), stante l'assenza di un pieno au tomatismo delle stesse torze d i mercato; oppure per conseguire o biettivi di sicurezza sodale, piena occupa:tione, stabilità economica e svi luppo, ccc. L 'economia misw è qud sistema economico caratterizzato dalla presenza di un largo settore pubblico nel quale si svolgono anche a ttività produllive in precedt!nza affidale a mani private (ad esempio auraverso l'ist itu to dell'impresa pubblica e deli ' impresa a p(u·tec ipazionc statale). In raie sistema si verifica un nott:volc processo di accumulazione pubblica del capita le, accanto a quello privato e si ricorre ampiamente allo strumento tributario come via cli redistribuzione di reddi ti e di ricchezze. Ovviamente, accanto a questo settore pubblico, dovrebbe permanere, in cond izioni di sodd isfacente operatività, il settore privato.


2 3

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Finalità e obiettivi. Determinate dalle Autorità politico-economiche le finalità della programmazione, vengono delineat i gli obiettivi che riguardano sia la formazione, sia l'impiego delle risorse. Gli obiettivi più ricorrenti in una programmazione economica dello stato sono: la piena occupazione, lo sviluppo del reddito nazionale, la riduzione del divario fra redditi agricoli e degli altri settori produttivi, la ripartizione delle risorse tra diversi impieghi, ecc .. Vincoli. Sono condizioni - presupposti - il cui verificarsi condiziona il raggiungimento d i uno o più obiettivi della programmazione. Ad esempio, la sostanziale stabilità dei prezzi. Mezzi finanziari. Sono costituiti dalla quota di reddito nazionale che attraverso l'attività finanz iaria ordinaria e straordinaria - può essere prelevata alle unità produttric i del reddito - individui e imprese - compatibilmente ·con la reintegrazione dei capitali e con la formazione di risparmio da parte di tali unità, per finanziare i singoli programmi ( 27 ), così come risultano dal piano finanziai-io. Livelli e competenze. Le autorità della programmazione determinano, in funzione degli obiettivi, i livelli dell'auività di programmazione e le conseguenti competenze. Tempo. La programmazione deve estendersi in un arco d i tempo determinato, epperò la determinazione del tempo è attività preliminare e di base per ogni successiva attività di programmazione. Attualmente le programmazioni economiche dello stato coprono generalmente un quinquennio. Si1uazione presente e futura. La situ azione presente costituisce l'elemento di base della programmazione, le previsioni della situazione futura sono preziosi elementi di giudizio nei vari processi decisori delle diverse azioni di progi-ammazione. Finalità

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Meni finaniiari

Tav. Xli. 1. Schema degli ekrnenti della programmazione cconornica (27 )

In pratica anche i mezzi finanziari vengono a costi tuire un vi11colo alla programmazione

243


7 Modelli economerrici. Il processo di programmazione è un'attività complessa a causa delle numerose variabili economiche e del le relazioni e dei vincoli, epperò il modo di agire più efficace è il ricorso a modelli econometrici, ad esempio, al modello input-output di LEONTlEF per stabilire il fl usso dei beni e dei fattori produttivi fra i diversi settori del sistema economico. Ma il ricorso più frequente si verifica verso un modello di decisione. La caratteristica di siffatto modello sta nella circostanza che i fini politici da conseguire: pieno impiego, tasso di sviluppo economico, equilibrio della bilancia dei pagamenti, ecc., si considerano dati e le incognite sono rappresentate da un certo numero di parametri poli tici e da alcune variabili economiche. Tale modello, nella sua strutturazione concettuale, tende a stabilire: a) fino a che limite è possibi le agire su una variabile senza determinare effetti sulle altre; b) se è possibile agire su u na variabile senza contrasti di effetti; c) se è possibile cumulare gli effetti nella direzione prefissa; d) quale è il limite massimo d'intensità degli effetti. 8 Metodologie e procedure. L'accennata complessità delle attività di programmazione implica anche la necessità di determinare apposite metodologie e procedure in relazione agli obiettivi e alla natura del modello impiegato. 9 Strategia della programmazione e azioni programmatiche. La programmazione necessita di u na visuale e di una linea operativa ben defin ite, epperò si rendono necessarie direttive operative e norme decisionali addizionali affinchè la programmazione stessa possa realizzare le finalità elette. Le azioni programmatiche sono costituite dalle attività che debbono essere svolte per conseguire i singoli obiettivi-programmi.

69. c) Il piano finanziario dello stato. Abbiamo osservato che accanto ai piani economici dei singol i - consumatori e produttori - viene a porsi la programmazione economica dello stato per la realizzazione dei fini e letti dalla collettività. Ma la realizzazione della programmazione economica dello stato, di tipo collettivista o ad economia di mercato, implica delle spese che richiedono la ricerca e la raccolta dei mezzi necessari, attingendo a redditi, risparmi, capitali e inflazione. Si profila così accanto alla programmazione economica dello stato, l'esistenza del piano finanziario, resa peraltro più intesa dal fatto che, con l'espandersi della sfera dei fin i collettivi, la finanza è costretta a procurarsi i mezzi necessari, facendo sempre p iù ampio ricorso alle attività finanz iarie ordinar ie e straordinarie. Devesi, però, osservare che, mentre l'indagine scientifica ha posto il concetto di programmazione economica, delineandone gli elementi e i principi direttivi, precisandone le specie e ricercandone talune uniformità, sia nel piano del consumatore, sia in quello del produttore, oppure taluni comportamenti probabilmente ricorrenti nella programmazione economica dello sta· to, non risulta che il piano finanziario dello stato abbia trovato sistemazione teorica definitiva. ( 28 ) Di fficoltà notevoli ostacolano una siffatta analisi, prima fra tutte, quella relativa al concetto di cosw della attività statale. Infatti,

(28)

244

G. S TA~<MATI, Osservazioni sui conceui di "piano economico" e di "piano finanziario" in Riv . dir, fin. e scienza del le fin . 1943. n. 2.


nel mentre in economia la dottrina ha elaborato, con molta raffinatezza, il concetto di costo, delle sue categorie - compresa quella del costoopportunità - e dei suoi elementi, nell'economia finanziaria esiste ancora una certa incertezza sulla nozione di costo e di rendimento dell'attività statale, anche perchè la complessità degli interventi statali, il loro sovrapporsi e le loro numerose ripercussioni, immediate e mediate, rendono laboriosa e incerta anche la gran parte delle indagini empiriche. (29 ) Il piano finanziario, sulla base delle finalità e degli obiett ivi assunti nella programmazione economica dello stato - attività poli tico-economica deve ricercare il costo e il rendimento di siffatta attività, perchè la funzione primaria del piano finanziario è di equilibrio fra costo e rendimento dell'attività statale - entro un arco di tempo compreso in un certo numero di anni - e di limite nei confronti dei prelevamenti, per non compromettere le fonti dei prelevamenti stessi. Il piano finanziario deve ricercare, inoltre, i mezzi monetari necessari e la ripartizione del carico fra i contribuenti, mediante il prelevamento dai loro redditi o da altre fonti, effettuato da un organismo tributario che elimini duplicazioni ed evasioni e in modo che non ne soffra il reddito - monetario e reale - e non sia mortificato il risparmio, promuovendo anche la necessaria normativa. Ma deve tendere, al tempo stesso, a ridare regolarità a quei redditi individuali che fossero stati scossi dalle stesse reazioni dell'attività statale - produzione di beni e servizi divisibili e in divisibili, attuazione di opere sociali e di interventi, spese di trasferimento, accensione di debiti con l'estero - ; proiettando nel futuro le azioni per assicurare la continuità e la consistenza del gettito tributario, oppure le manovre più opportune, anche nelle diverse fas i dei cicl i economic i. Il p iano finanziario dov rebbe essere, dunque, lo strumento tecnico che mette a disposizione della programmazione economica dello stato i mezzi necessari per la sua realizzazione, assicurandone anche la continuità del gettito. Sul piano logico, invece, è la programmazione economica ad essere condizionata al p iano finanziario che, a sua volta, è condizionato a l reddito e alle altre fonti che ad esso si riallacciano, perchè lo stato, a lungo andare, non può assumere fini - tranne il caso d i guerra - c he vengano a menomare le fonti dei redditi individuali. Laddove non si riesca a salvare questo canone di logica dall'arbitrio dell'attività politica, la collettività entra in una fase regressiva, nella quale diviene sempre più notevole la decurtazione del patrimonio e del reddito nazionale, nonchè della stessa occupazione. Vedremo in seguito come la politica Keynesiana, che riteneva di risolvere diversamente lo sviluppo economico, la piena occupazione e la stabilizzazione monetaria, sia stata ridimensionata, intorno alla seconda metà degli "anni '70", dall'insorgente "stagflaction", contro la quale s i sta tutt'ora lottando nella gran parte dei paesi.

(2 9)

Sul concetto di costo finanziario vedasi: C. ARENA, Finanza pubblica, op. cii. Voi. I. pag. 469; C. CosctANJ, Principi di scienza delle finanaze, Torino 1953, pag. 70 e segg.; N . F. K E1SER, Analisi economica, politica e fiscale, trad. it. Milano 1967. pag. 87 e segg. G. U. PAPI , Teoria delle condotta economica dello staio, op. cii. pag. 41 e segg. Ci sia consentilo anche il riferimento .il nostro lavo ro : G. MAYF,R, Prime indagini sugli elemen1i di costo dell'atlività finanziaria statale, in Studi Economici, 195 1, n° 3.

245


70. La programmazione militare

La programmazione militare è un tipo di programmazione settor·iale. Dicesi infatti, programmazione settoriale una forma di programmazione par· ziale che consta d i una serie di interventi, in vista di obiettivi specifici e sulla base di uno sforzo di carattere conoscitivo sui vari aspetti dei problemi da affrontare, configurati in un certo ambiente settoriale: l'edilizia sovvenziona ta, la tutela di particolari settori produ ttivi, l'industrializzazione d i aree meno svi luppate, gli aiuti all'agricoltura, le trasformazioni industriali, ecc.. E' g ià stato osservato che l'economia militare considera le attività mil itari come un grand ioso processo volto a produrre il "servizio d ifesa", dove lo strumento mil itare ha carattere strumentale o finale, a seconda delle cir· costanze in cui agisce. Ma un processo produttivo implica sempre un complesso di attività manageriali improntate al principio di economicità, data la scarsità dei mezzi a disposizione rispetto agli ob iettivi d a consegui re. Con segue che anche il processo produttivo dello strumen to mil itare implica un complesso di attività manageriali improntate a l p rincipio di economicità, stante la scarsità dei mezzi rispetto agl i obiettivi prestabiliti . Ciò premesso, osserviamo che nelle attività manageriali, quella del programmare è preminen te. Dunque anche nelle at tività manageriali militari defence man agement - l'attività d i programmazione è preminente . Indipendentemente da q ueste considerazioni di ordine strettamente economico, non può sottacersi che la pianificazione è propria delle attività militari, in quanto le operazio ni militari hanno u n senso solo se concepite e realizzate secondo un piano, in cui dispiegamen to delle forze, terreno, intenzioni p robabili del nemico, cir costanze particolari, supporto logis tico, è lu tto integrato e volto a l conseguimento di u no o più obiettivi, anch'essi p ia nificati. Come ha osservato ANTttONY (3°), la pianificazione manageriale mutua concetti e azion i dalla p ianificazione militare. Non diversamente accade per i concetti di pian ificaz io ne e d i piano in economia. E' stato osservato che per l'organismo militare il problema della produzione del servizio d i difesa consiste nel determ inare la d imensione dello strumen to militare in funzione degl i obiettivi o delle mission i che è destinato a compiere in modo che la relazione costo-efficacia sia la pi ù vantaggiosa fra quelle riferite alle possibil i soluzioni alternative della struttura di tale strumento; e nel ricercare la comb inazione più economica dei fattori prod uttivi - uom ini, sistemi di arma, infrastrutture e organizzazione - allo scopo d i massim izzare la loro efficienza, in vista della scarsità dei mezzi disponibili, epperò si tratta di un complesso di attività manageriali - defence manage· ment - le cui funzioni di programmare, gestire e controllare debbono essere interrelate, interagen ti e interdipendenti. Devesi, però, rilevare che fra le suddette attività, quella della programmazione è preminente. Finora abbiamo parlato genericamente di programmazione militare, ma dobbiamo fare alcu ne precisazioni. Il concetto di programmazione, lato sensu, nelle attività militari si qualifica in quello di pianificazione e di programmazione stricto sensu, intendendo per p ianificazione u n processo a lungo termine, costantemente aggiornato, volto a definire gli o biettivi che si vuole

<3°)

246

R. N.

ANTHONv.

Sistemi di pianificazione e controllo, trad. it. Milano 1967, pag. 124


conseguire nell'arco di tempo considerato, le alternative per raggiungere gli obiettivi prefissi, nonchè i mezzi finanziari prevedibilmente disponibili; la programmazione, stricto sensu, invece, è un processo a medio tempo, continuamente aggiornato, nel quale, mediante scelte alternative, vengono definiti - secondo determinati vincoli, ad esempio, finanziari - i mezzi per conseguire gli obiettivi delineati nella pianificazione secondo la relazione "costocfficacia" più vantaggiosa. Con la pianificazione - tav. XII. 2 - sulla base: a) degli elementi di politica generale e militare; b) delle informazioni militari e della prevedibile minaccia; e) dei vincoli - politici, economici, finanziari, strutturali, ecc. - vengono definiti gli obiettivi e le esigenze di forze a lungo termine - intorno ai IO anni - epperò trattasi di un processo di natura e contenuto essenzialmente militare che però, per il fatto di implicare l'impiego di mezzi alternativi che s i manifestano scarsi rispetto alla vasti tà degl i obiettivi da consegui-

Finali tà Poli t iche

Lh·elli Po l itici

Obie1ti \'i

Modello.di dec isiorac

Livell i Militari

Piani ficaz ione mili tari!

Vim.·oli

I nlorma,io11i

T~n-. Xll. 2. Sèherna dell a pianificazione mlhare

re deve avere anche un fondamento economico, nel senso che non possono assumersi obiettivi contraddittori o sproporzionati ai mezzi disponibili. Consegue che la pianificazione deve tener conto anche dei mezzi finanziari disponibili e cioè di quella quota d i reddito nazionale che l'uomo di governo destina alla real izzazione del fine difesa; e non può prescindere dal costo dei fattori del processo di produzione dello strumento militare necessario, perchè l'efficienza militare e il relativo costo sono due facce di una stessa medaglia e devono essere congiuntamente considerate nel corso delle decisioni.

247


La programmazione, sulla base di determinati obiellivi e della struttura delle forze determinate dalla pianificazione: a) individua i diversi programmi in un quadro di insieme, in vista del lo strumento militare da produrre; b) determina, per ogni programma, fra le alternative possibili, la linea di azione e i mezzi che presentano la relazione p iù vantaggiosa fra rendimento e costo; e) proietta la realizzazione dei programmi in un arco di tempo intorno ai 5 anni, tenedo conto delle possibilità di finanziamento. Nella programmazione militare debbono essere preliminarmente definiti gli organi politici e militari preposti alla programmazione stessa. Ciò anche nella considerazione che trattandosi di una programmazione settoriale, occorre stabilire i necessari collegamenti giuridici, amministrativi, economici e finanziari con la programmazione economica nazionale. Diversamente, la programmazione militare diviene un'esercitazione di laboratorio, senza possibilità concrete di un'effettiva realizzazione (3 1 ). Gli elementi della programmazione militare sono: Obiettivi. Gli obiettivi sono determinati con la pianificazione militare sulla base delle finalità di difesa elette dal Parlamento e concretizzate dal Governo. 2 Alternative . Le alternative sono costituite dai mezzi mediante i quali possono essere raggiunti dati obiettivi . Le alternative non sono comunque ovvii surrogati, potendo notevolmente differire nella sostanza e nel modo d'impiego. Ad esempio per proteggere la popolazione civile dagl i attacchi aerei, si possono considerare come alternative i rifugi, le difese antiaeree attive e la capacità di lanciare attacchi di rappresaglia. Sul piano strategico, missili intercontinentali e aeroplani da bombardamento strategico costituiscono due alternative per conseguire un determinato obiettivo. 3 Costi. Ogni alternativa presenta un elemento positivo, la capacità di conseguire l'obiettivo, ed uno negativo, il costo. Il costo comunque rappresenta l'onere dell'impiego di una alternativa ed è costituito dalla somma delle remunerazioni dei fattori produttivi impiegati nella produzione del mezzo - sistemi di arma, infrastrutture, ecc. - costituente l'alternativa stessa. 4 .Mezzi finanziari . Sono costi tuiti dalla quota di reddito nazionale che attraverso l'istituto del bilancio dello stato - stato di previsione della spesa del Ministero della Difesa, per ciò che concerne il nostro paese - affluisce all'Amministrazione della Difesa. La determinazione della quota d i reddito nazionale da destinare a l «servizio difesa» ha prevalemente carattere politico, in quanto non è risolvibi le sul piano economico. Tutt'al più, alcune metodologie di analisi economica possono mostrare all'uomo di governo talune incompatibilità che in termini logici possono porsi tra i diversi ob iettivi, oppure l'impossibilità di conseguire tutti gli obiettivi prefissi, stante la scarsità delle risorse disponibili.

( 31 )

248

Al riguardo è di grande interesse il procedimelo instaurato in Franc ia. In Francia la pianificazione militare. formulata a livello pol itico-militare-piano a lungo termine-v iene disaggregato in piani mil.itari quinquennali per a ll ineare il piano militare al piano di sv iluppo economico e sociale del paese. Inoltre, il piano militare quinquennale viene approvato e reso esecutivo con apposita legge. legge del programma m ilitare · cosi' come avv iene per il piano di sviluppo economico e sociale del paese, approvato anch'esso per legge·.


Criteri di scelta

l

Obiettivi

Livelli p o litici

1

Pianificazione militare

Altri sistemi previsionali avanzati

Sntems analysls

Alternative

1

I

Autorità

..

I

I

Analisi

l

I

I

Modello di decisione

i

~

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IElaborazione I --1 IProgrammazione I della promil itare

I

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'I I

Costi Tempo vincoli e Collegamenti

Livelli militari

r ____ Jt Programmazione economica nazionale

I

T

R.O.

Analisi marginale

Verifica

I I I

I

Mezzi finanziari

I

I I

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I

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Bilancio dello Stat o

I

- - -- - - - - - - -- - ·

- -

Tav. X II. 3. Organigramma della programmazione militare

- - - - - - - - - __ __ _ J


5 Tempo . La programmazione militare deve estendersi in un arco d i tempo determinato, epperò la determinazione del tempo è attività preliminare e di base per ogn i successiva attività di programmazione. Attualmente le programmazioni militari coprono un arco di tempo di 5 anni e sono aggiornate di anno in anno - rolling - . 6 Vincoli. Sono condizioni e presupposti il cui verificarsi condiziona il raggiungimento di u no o più ob ie ttivi della programmazione. Costituiscono, ad esempio, vincoli alla programmazione la stabilità dei prezzi e la entità dei mezzi finanziari disponibili. 7 Collegamenli. Il collegamento fra la programmazione militare e la programmazione economica nazionale si rende necessario sia sul piano fun zionale, sia su quello giu ridico·ammin ist rativo, perchè solo così operando si consegue chiarezza di obiettivi, armonia nelle scelte di tutti gli obiettivi politici, sociali ed economici, globalità di azione nel complesso della macros truttura dello stato e razionali1à nella ripartizione delle risorse finanz iarie, anche se le scelte conservano il loro carattere politico. (3 2 ) Gli obiettivi, le alternative e i costi sono gli elementi ricorrenti in ogni processo decisorio e i mezzi finanziari ne rappresentano i vincoli. Il processo decisorio per giungere alla programmazione militare, stante la complessità del processo d i produzione del servizio difesa, implica l' imp iego di appropriate metodologie di decisioni alternative, quali la r icerca operativa, la systems analysis, l'analisi marginale e altri sistemi previsionali avanzati. Tali metodologie comportano l'uso di modelli di decisione e l'impiego d i criteri d i scelta a lternativa, ai qual i abbiamo già accennato. 71. Il P.P.B.S. strumento di decisionz sis1ema1iche e programmale

il planning, programming, budgeting system, meglio conosciuto sotto ìa sigla P.P.B.S., è uno strumento di decis ion i sistematiche programmate, nel senso, però, che non fornisce soluzioni, ma aiuta a decidere in materia di programmi. TI P.P.B.S ., sorto negli Stati Uniti, intorno al 1961, in funzione d i ristrutturazione della pianificazione militare, venne più tardi esteso a tutte le a ttività federali. Prima del 1961, la pianificazione operativa e le attività militari amministrative procedevano indipendentemente; la prima rientrava nella competenza del Capo di Stato Maggiore della Difesa e la seconda nella sfera delle a ttività del responsabile dei Servizi Amministrativi - Segretario della Difesa. Conseguiva che pianificazione e bilancio venivano elaborati seguendo criteri completamente diversi: in particolare, i piani erano preparati senza limitazioni di mezzi finanziari, cosicchè i costi dei vari progetti risultavano superiori agli stanziamenti di bilancio ch iesti a l Congresso. Mc. NAMARA volle porre ordine in materia, non solo unificando i procediment i d i pianificazione, ma soprattutto organizzando tutte le attività di difesa sul principio di economicità. Venne così approntato il P.P.B.S. sulla base delle metodologie del program budget, secondo la formulazione fattane da NovrcK (J 3).

(")

(33)

250

MAYER, Noie in margine alla prugrammazione militare, in l'Amm inistrazione della Difesa n° 2, 1973, pag. 43 D. NovrcK, Program ln,dgcring, Camb ridge (USA), 1965, pag. 24

G.


Lnfatti, il program budget venne col legato, a monte, con la pianificazione di lungo termine e a valle, col bilancio tradizionale; tali collegamenti s i resero possibili, estendendo il program budget ad un periodo di tempo di 5 anni e rendendolo scorre\'Ole di anno in anno - rolling - , mentre che un appropriato procedimento, detto cross-walk, assicura\'a la corrispondenza finan7.iaria annuale fra program budget e bilancio tradizionale; infine, un complesso apparato analitico, doveva aiutare a razionalizzare le scelte. Il P.P.B.S., come sistema, consta di due componenti, detta s1ru11urale l'una e analitica l'altra. (34 ) La componente strulturale consiste: a) nella individuazione s istematica degli obiettivi più generali concretamente delineati a livello politico; b) nel raggruppamento delle attività pubbliche educazione, sanità, giustizia, difesa, ecc. - in programmi, secondo obiettivi comuni; e) nella formulazione di un bilancio per programmi; d) in un meccanismo di col legamento - il cosiddetto cross-walk - fra il bilancio per program mi e il bi lancio tradizionale. Il complesso dei programmi di una data attività pubblica - ad esempio, il sen·izio difesa - costituisce la struttura del programma - program si ruclure - . E' già stato osservato che nel linguaggio del P.P.B.S., il termine programma ha un significato diverso da quello comu nemente attt·ibuito a tale termine, in quanto sta a significare un determinato prodo110 in rela,:ione ad un obietti,·o. Ad esempio, considerando l'attività militare come un grandioso processo prod utti vo, in vista del servizio difesa da assicurare, il termine programma sta ad indicare uno dei prodotti di tale processo produttivo. In pratica è stato notato che non essendo sempre possibile quantificare costi e benefici dei programmi, si de\'C procedere ad una loro disaggregazione, de1ineando subcategorie di prodotti più omogenei e più individuabili, epperò più facilmente misurabi li . Consegne che un programma viene su ddiviso in sottoprogrammi cd "elementi d i program ma". In particolare, l'elemento di programma militare è definito come una integrazione di installazioni, armi, equipaggiamenti e uomini, cui può essere attribuito un costo proiettato su un periodo di 5 anni . (3 5 ) Circa il processo di costruzione del la struttura del programma, osserviamo che possono essere seguiti due diversi approcci: l'approccio prescrittivo e l'approccio indutti\'o, detto anche descrittiYo. li primo segue l'ordine logico esistente fra la indi\'iduazione degli obietti\ i e la classificazione delle conseguenti attività, prevedendo la costruzione d i una strullura gerarchica degli obietti\'i e successivamente il raggruppamento delle attività in funzione degli obietti\'i individuati. Il secondo, in\'ece, parte dall'esame delle attività svolte e dalla enucleazione degli obiettivi che esse perseguono, promuovendo una prima aggregazione delle attività stesse in funzione degli obiettivi; successivamente si procede in aggregazion i sempre più ampie di attività e d i obiettivi. In definitiva, i due approcci finiscono con l' integrarsi reciprocamente.

( 14)

(")

CASARO~A, li sisre111a di pia11ificazio11e. programmazione e bilancio (P. P.B.S.), in Ri\'. Poli t. .:,con. I 972, n° 2 F. FORTE. O. TAROUIMO. Il bilancio dcl/ 'op<•ratore p11bbl1co. Torino 1978 pag. 222.:, ,.,gg. A. C. E,THO\' cN. Programming and b11dncti11g in 1/re Depar1111e111 of Defc11se, Washington 1966, pag. 86

C.

251


Abbiamo accennato al procedimento della cross-walk. Detto procedimento consiste nella formazione di una tavola a "doppia entrata", nella quale le voci del bilancio tradizionale sono riportate nelle righe e quelle del bilancio per programmi nelle colonne, o viceversa, di modo che ciascun ammontare delle risorse trova un preciso inquadramento nell'ambito dell'uno e dell'altro bilancio. E' .stato osservato che il bilancio per programmi presenta notevoli limiti come strumento decisionale. (3 6 ) Tali osservazioni sono esatte, però dobbiamo notare che i limiti hanno minor rilevanza neHa programmazione militare, perchè i programmi di difesa sono fini a se stessi e scarsa è la loro interferenza con programmi dei settori civili; semmai ci saranno soltanto alcune ripercussioni nel sistema economico nazionale. La componente analitica comprende la individuazione e la chiarificazione degli obiettivi specifici che l'organo politico si propone di conseguire nella realizzazione di determinati fin i e l'esame s istematico dei costi-benefici o dei costi-efficacia delle diverse alternative per realizzare i singol i obiettivi. Tale componente si estrinseca come segue: a) individuazione degli obiettivi dell'azione pubblica - ad esempio, dell'organismo militare - ; b) esame sistematico dell'area di intervento e costruzione di un modello; e) individuazione delle linee alternative di azione ed analisi sistematica delle loro implicazioni in termini di costi e risultati; d) confronto fra le linee di azione esaminate ed aventuale indicazione di un criterio di scelta. In merito al la scelta delle alternative, ricordiamo che i criteri di scelta più ricorrenti sono la costbenefit analysis e la cost-effectiveness analysis. Su tali criteri si fa rinvio a guanto rappresentato al capitolo X. Restano ora da considerare le fasi del P.P.B.S .. Dato , però che la nostra analisi ha per scopo fondamentale i problemi militari, riteniamo più consono focalizzare dette fasi alle attività militari, rinviando il lettore desideroso di ampie notizie sul funzionamento del P.P.B.S. nei settori civili della pubblica amministrazione a trattati specifici segnalati nella bibliografia generale. La prima fase del P.P.B.S. è il planning e cioè la pian ificazione di lungo periodo - non meno di 10 anni - degli ob iettivi operativi e delle esigenze di forze. La pianificazione degli obiettivi operativi e delle esigenze di forze dà aspetto concreto all'elezione del fine difesa e ne pone la base razionale per la sua realizzazione. Infatti, posto dalla collettività - attraverso i suoi organi rappresentativi - il fine difesa, è il potere politico che deve fissarne le premesse di ordine politico e finanziario affinchè si realizzi; spetta poi all'organismo militare assicurarne la realizzazione mediante un'appropriata pianificazione degli obiettivi e delle esigenze di forze in funzione dei mezzi finanziari destinati alla difesa del paese. La pian ificazione degl i obiettivi e delle esigenze di forze - strumento mil itare - è dunque un'attività essenzialmente militare. Ma tale attività, in quanto inplica l'impiego di mezzi finanziari che si manifestano scarsi rispetto alla vastità del fine che lo stato deve realizzare, deve avere anche un fon-

{36 )

252

C . CASAROSA,

Il sistema di pianificazio11e, programmazione e bilancio, op. c it.


<lamento economico, nel senso che non possono assumersi obiettivi contraddittori o sproporzionati a i mezzi finanziari disponibili. Consegue che la pianificazione deve tener conto delle disponibilità finanziarie e cioè di quella quota di reddito nazionale che il potere legislativo, su formulazione del governo, destina alla realizzazione del fine difesa; ma non può prescindere neppure dal costo - costo totale e cioè di progettazione, di investimento e di esercizio - degli elementi del piano stesso - s tr utture, sistemi di arma, personale, ecc. - perchè l'efficienza militare e il relativo costo sono due facce di una stessa medaglia e devono essere congiuntamente considerate. Se ad esempio, la sicurezza nazionale può essere migliorata, maggiorando del 5%le possibilità di distruzione di u n dato obiettivo, ciò può essere deciso solo in relazione al costo da sostenere per conseguire tale maggiore efficacia, stante la scarsità delle risorse. La seconda fase del P.P.B.S. è il programming e cioè la programmazione. La programmazione costituisce il pilastro centrale del sistema: il ponte necessario fra la pianificazione operativa a lungo termine e il bilancio annuale. Infatti, mentre con la pianificazione si delinea una proiezione dei bisogni nel futuro - uomini addestrati, sistemi di arma, struttu re, capacità logistiche, ecc., - con riferimenti solo generici e approssimati ai costi, con la programmazione, scendendo maggiormente sul piano della concretezza, si formula una proiezione più dettagliata, a medio termine, dei diversi prodotti - outputs - dopo aver scelto fra le diverse alternative, quella più vantaggiosa in base al confronto fra il costo e l'efficacia di ogn una, indicando, altresì i mezzi per finanziare annualmente il costo dei prodotti stessi . Le attività per portare a compimento il processo di programmazione sono numerose e complesse, specie quelle analitiche. Occorre, innanzi tutto, organizzare la programmazione stessa su un certo numero d i programmi in relazione agli obiettivi individuati dalla pianificazione, disaggregandoli opportunatamente fino a ll'elemento di programma che, come già osservato, costituisce l'unità elementare della programmazione stessa. Il complesso dei programmi, opportunatamente disaggregati, costi tuisce la struttura del programma - program structure - . Tutti i dati, reali e monetari, relativi alla struttura del programma, proiettati in un arco di tempo compreso fra i 5 e gli 8 anni, vengono a formare la "programmazione quinquennale finanziaria della struttura delle forze" - five years forces structure and financial program - che rappresenta così il piano di produzione dello strumento militare a medio termine e la relativa programmazione finanziaria; inoltre, dato che la programmazione è scorrevole - rolling - nel senso che viene aggiornata continuamente, slittando di anno in anno, rappresenta anche lo stato di avanzamento delle attività militari nel quadro della pianificazione, assicurando, al tempo stesso, attraverso i cambiamenti di programma - changes - il necessario margine di flessibi lità per garantirne la funzionalità. A conclusione di quanto rappresentato sulla programmazione, riteniamo di poter sintetizzare le relative attività come segue: a) sviluppare i programmi in un quadro organico d'insieme; b) mettere in relazione i mezzi - strutture, sistemi di arma, materiali, personale, ecc. - e i relativi costi con i singoli prodoui - forze di rappresaglia strategica, forze d'impiego convenzionale, ecc. - ;

253


c) stabilire gli elementi di base - sia reali, sia monetari, - per determinare e analizzare la relazione "costo-efficacia" delle varie alternative; d) valutare i pr_ogrammi con carattere di continuità; e) coordinare la pianificazione militare di lungo termine con il bilancio annuale, mediante una proiezione, almeno quinq uennale, dei programmi particolareggiati. La terza ed ultima fase del P.P.B.S. consiste nel ristrutturare una slice annuale della programmazione per inserirla nei bilancio annuale t radizionale che, come è noto, è preparato in termini amministrativi per categorie di spese; ad esempio: personale militare, carburan ti, costruzioni aeronautiche, spese di esercizio e manutenzioni, ecc .. Occorre, pertanto, procedere ad una complessa operazione contabile tendente ad attribui re ai vari capitoli del bilancio tradizionale i diversi costi di ogni elemento di programma. Tale opera;,ione, detta cross-walk, si realizza predisponendo una tabella a "doppia enu-ata" con l'aiuto di elaboratori elettronici. Concludiamo l'argomen to osservando che il P.P.B.S. trovò rapida appl icazione ed è tutlora applicato in molti paesi, non soltanto nell'ambito della spesa militare. Invece, negli Stati Uniti, dove era stato ideato ed originariamente impiegato, venne profondamente ridimensionato a seguito deìla legge di bilancio dei 1974 (3 7 ): innanzi tutto, tornò ad essere circoscritto al settore della spesa militare; inoltre presso lo stesso Dipartimento della Di fesa, fu affiancato ad un'altra "procedura d i approccio" denominata toplìne che consiste - a differenza del P.P.B.S. che è u na programmazione di decisioni prese nella previsione quinquennale, in moneta costante, dei mezzi finanz iari necessari per mantenere costante il livello dello strumento militare. (38 ) 72. Altri sislemi avanzati usati nella programmazione militare

Alcuni sistemi, aventi caratteri previsionali molto sofisticati sono stati impiegati in programmazion i particolari, molto complesse, da paesi avanzati - ad esempio gìi USA - . Ne diamo q u alche cenno. Il s istema FORECAST , elaborato negl i USA, doveva servire a stabil ire, su basi scientifiche, le scelte per giungere ad una determinata politica aeronautica per il decennio 1965- 1975 nei camp i della scienza, della tecnica e delle attività finanziarie, prendendo come criterio fondamentale di sceìta il quadro più conforme ai fini pol itici delle prospettive d i sviluppo dell'aviazione, sulla base dell'impiego bellico delle scoperte scientifiche e tecniche. Le ricerche dovevano articolarsi lungo le seguenti direzioni: a) formu lazione dei compiti militari e politici; b) determi nazione dei possibili nemici e delle possibili forme di minaccia alla sicurezza degli USA; e) determinazione delle prospettive di sviluppo della scienza e de lla tecnica e loro impiego bellico. E' ' stato così possibile compilare: 1) un complesso d i previsioni sullo sviluppo della scienza, della tecnica, dei mezzi mil itari, dei possibiìi conflitti, delle situazioni e delle risorse uomini e mezzi. 2) le previsioni delle esigenze nei confronti del s istema degli armamenti per i prossim i 10-15 anni.

(3 7 )

(")

254

Congressional Budget and lmpoundment contro/ Act, 1974 H. P. EcKER, Recenti sviluppi del P.P.8 .S. negli Sta1i lJ11i1i, trad. it. in L'Amminis1razione della Difesa, 1976, n° J.


Il sistema SCORE (Select Concrete Objectives for Resean:h Emphasis) anch'esso di elaborazione USA, basa il sistema delle previsioni suì concetto dcll'«albero delle finalità" largamente sfrullato nelìa previsione normativa nell'industria . La metodologia per la costruzione dell'albero delle finalità è la seguente: a) si identificano le finalità, le idee e le concezioni dei sistemi esaminati e si determinano le esigenze e le possibilità tecniche del loro sviluppo, dalle singole componenti ai sottosistemi funzionali e alla sintesi degli stessi sistemi, b) si stabiliscono i criteri e i relativi coefficienti di peso per la valutazione degli elementi ad ogni livello dell'albero deìle finalità, e) si applicano i coefficienti di peso ad ogni elemento dell'albero delle finalità nei confronti de i criteri di ogni livello. Nella metodologia dell'albero delle finalità, svolgono un ruolo importante i metodi euristici a causa dell'indeterminatezza nella soluzione dei compiti prefissati, tuttavia si attribu isce la più grande importanza al pit'.1 largo impiego possibile dell'analisi quantitativa. Se l'albero delle finalità con gli indici quanti tativi viene usato per l'adozione di decisioni, a llora lo si definisce «albe ro delle decisioni». Intorno al 1963 la HoNEYWELL impiegò la concezione dell'albero delle finalità in combinazione con l'analisi quan titativa per l'adozione di decisioni nel campo delle ricerche m il itari e spaziali; sorse così il sistema PATTERN (Planning Assistance Through Technical Evalu ated Relevance umber). La prima fase della elaborazione di tale sistema è la compilazione dello scenario - descrizione dei mezzi tecnici necessari, l'elenco dei compiti, la caratterizzazione del campo in c ui si effettua la previsione. Viene poi costruito l'albero delle finalità rappresentante un sistema gerarchico ai diversi livelli con l'indicazione dei problemi che esigono una soluzione, determinandone le loro interrelazioni. Nella fase successiva si determinano: a) i coefficienti di «reciproca utilità» e influsso di una ricerca scientifica su altri settori o sul progresso generale della scienza, b) i coeffic ienti «si1uazione-termin.e» - si tuazione rt:ale di una ricerca, difficoltà di applicazione dei sistemi, calcolo del tempo necessario, ecc - . Si procede infine alla valutazione del valore relativo dei diversi problemi, compiti ed obiettivi secondo dei coefficienti riferiti ai singoli clementi. li sistema PROFILE (Program of Functional Indices for Laboratory Evaluation) è una variante del PATTERN e consiste nella combinazione dell'albero verticale delle finalità per i livelli superiori con le «valu1az.ioni miste oriz.z.on1ali-verticali» al livello dei compi ti e dei problemi. Viene impiegato per l'anali si delle varianti nell'adozione delle decisioni. Il FAME (Forecast and Appraisals for Management Evalu ation) è un sistema dinamico molto elaborato per avere un'informazione sulla preistoria del processo come valutazione dell'informazione corrente e come previsione dei probabili eventi futuri, suscettibili di influire sul corso e sull'esito dell'esecuzione del progetto stesso nel suo complesso. Nella struttura del FAME si distinguono quattro blocchi principali: a) blocco dei sottosistemi tecnici funzionali, b) blocco delle organizzazioni costitutive, e) blocco della d irezione e della gestione del programma, d) blocco o megìio s istema deìle previsioni e delle valutazioni. La fum.ione di quest'ultimo blocco è la più importante. E' da rilevare che il FAME controlla anche il corso delìe esecuzioni del programma attraverso una periodica introduzione di informazioni nel sistema. Con ciò si prevengono o si riducono al minimo le deviazioni del corso effett ivo di esecuzione deì progetto e la limitazione del programma o di alcuni suoi parametri. Il sistema svolge dunq ue anche una funzione d i ottim izzazione. Tale sistema è stato impiegato nella progettazione ed esecuzione del progetto APOLLO. 255



PARTE III L'OBIETTIVO DEL DETERRENT

Si vis pacem, para bellum (Vegezio, Instit. rei milit. lib. Ili)



CAPITOLO I

LA SPESA PUBBLICA

73. L'attività economica dello stato secondo il pensiero dei classici: la finanza fiscale e la teoria neutrale del bilancio. - 74. Nuove teorie sulla attività dello stato. - 75. L'attuale concezione teorica dell'attività finanziaria dello stato. - 76. In particolare: a) la fiscal policy. 77. b) il deficit spending e i suoi effetti.



73. L'attività economica dello stato secondo il pensiero dei classici: la finanza fiscale e la teoria neutrale del bilancio. Per poter meglio comprendere l'espansione notevole dell'attività statale in circa ottanta anni, sarà utile riprendere in esame il pensiero economico nei secoli XVIII e XIX, per poi raffrontarlo con quello più recente. È stato osservato che la concezione economica dei fisiocrati sorta sotto l'influenza delle correnti gius-naturalistiche dei secoli XVII e XVIII, reagendo ai principi elaborati dai mercantilisti, si fondava sull'assunto che «l'utile individuale coincidesse con l'utile generale e che l'utile armonizzasse col giusto», sicchè fu proprio di quel periodo il criterio assoluto del « laissez faire, laissez passer» (1) che voleva restringere i compiti dello stato ad una funzione puramente negativa, rivolta ad assicurare il libero svolgersi delle azioni dei singoli - il cosidetto Stato-carabiniere. L'impulso dato dai fisiocrati all'indagine razionale e sistematica delle questioni economiche, trovò felice coronamento nel periodo che va dal 1776 al 1848, soprattutto per opera di SMITH, MALTHUS, R1cARD0, SENIOR e STUART MTLL, denominati p iù tardi i classici dell'economia. Abbiamo osservalo che l'elaborazione scientifica ad opera dei classici secondo quanto nota VTTo - prese le mosse dai seguenti principii fondamentali: utilitarismo, individualismo e liberismo. Conseguentemente il sistema economico elaborato dai classici è la risultante o più precisamente la somma delle azioni economiche individuali di cui il singolo è il giudice migliore del proprio inte resse, cosicchè il sistema si realizza nella libera concorrenza che assicura armonia di interessi. Allo stato resta così soltanto il compito di assicurare la libertà di azione dei singoli individui. Per ADAMO SMITH (2), il presupposto dell'armonia spontanea dei sentimenti e interessi individuali, rende addirittura dannoso ogni compi to positivo dello stato. Tuttavia, r iconosce tre funzioni statali che sarebbero compatibili col sistema della libertà naturale : a) difesa da violenze e invasioni dall'estero; b) protezione dall'oppressione e dall'ingiustizia all'interno; c) apprestamento di talune opere e istituzioni pubbliche utili alla società, ma che i privati non hanno interesse a mantenere a causa della sproporzione dei costi rispetto ai profitti.

( 1)

Vedasi noca 29, parte 1•, cap. 3

(2)

Scrive SMrm: «Secondo il sistema delle na1urali liber1à, il sovrano ha solamente tre doveri da

adempiere, ire doveri invero di grande importan za, ma chiari ed intelligibili ad ogni comune intcllelto: il primo è di proteggere la società; il seco11do di pro1eggere, per qua1110 è possibile, ciscun memhro della società dalla ingius1izia od oppressione d 'o gni altro membro. ossia di stabilire una esatta amminis1razione della gius1izia; ed il 1erzo di erigere e man1enere certe opere pubbliche e cene pubbliche isli11,zioni, che non può mai tornare conlro il farlo all'interesse di un individuo o di un piccolo numero di individui; imperciocchè il profi1to non potrebbe mai rimborsare la loro spesa, avven~achè spesso possa fare piu' che rimborsar/a ad una grande SO· cietà». Cfr. A. SMITH. Rice rche sopra la natura e le cause della ricchezza delle nazioni, trad. italiana, Tori no 1851.

261


La v1s1one fideistica di SMJTH dcli' armonia spontanea degli interessi e della coincidenza dell'utile individuale con l'utile collettivo (3). venne esahata dai classici francesi, capeggiati da SAY ( 4 ) e dal BAS rtAT ( 5 ) . Le spese pubbliche dovevano essere limitate soltanto ad assicu rare la soddisfazione dei bisogni collettivi della difesa - esterna e interna - e dell'amministrazione della giustizia. E SAY ( 6 ) giunge a definire l'imposta una « distruzione della ricchezza» - cosidetta teoria dell'imposta-grandine. R 1cARDO (7) mise in evidenza alcuni antagoni smi fra le classi socia li. In particolare analiuando il fenomeno della rendita, additò gli antagonismi c he si verificavano fra proprietari e imprenditori, fra imprenditori e laYoratori e fra gli stessi imprenditori. Però rimase aderente alla concezione individualistica della società e a l principio liberista del «laissez faire». STUART-MILL, al quale si deve la più felice e brillante esposizione del pensiero classico (8 ), ebbe a mitigare - già si faceva strada lo spirito socialista del S 1SMONDl , di SAINT -SJMON, del FOURIER e del PROUDIION ( 9) - il concetto originario del!' individualismo e del!' anti-interventismo. Nei suoi Principi di economia politica considera immutabili le leggi riguardanti la produzione, ma ammette che non altrettanto si verifichi nella distribuzione dove non si realizza quell'equilibrio automatico che i c lassici ritenevano proprio del sistema capitalista. Conseguentemente, ammette che accanto alle funzioni necessarie dello stato ve ne possono essere altre eventuali: riconosce così, opportuna la costituzione di cooperative, la tassazione della rendita, la difesa della piccola proprietà e la restrizione del d iritto ereditario, la legislazione sulla durata del lavoro e s ul' impiego dei fanciulli nelle fabbriche. Più tardi, sollo l'azione delle correnti innorntrici del pensiero economico e la spinta di nuove idee politiche, si ammette la possibilità e l'opportunità di un maggior intervento dello stato nell'economia privata. Caduta la tesi di SPEN CER (1°): « l'individuo contro lo stato»; affermatasi con CoMTE (1 1) la necessità di una azione statale integrarrice di quella dcll'indi\'iduo; attenuata dall'esperienza la concezione fideistica dell'individualismo; provato dai fatti che la libertà non è fine a se stèssa, bensl mezzo per conseguire un fine che non può essere che la migliore coesistenza del consorzio umano, si riconosce che lo stato non è l'antitesi dcli' individuo, ma la condizione medesima, per la quale è possibile ali' individuo pieno sviluppo e al paese piena cooperazione delle forze operanti.

(l)

(') (') (6 )

(') (") (9)

(10)

(1 1 )

262

Invei o SMITH ebbe a rilevare che: a) la propensione dei capitalisti e dei proprietari a raccoglien: anche do,·e non a,c\'ano seminato, per la superiorità di po,iLione in cui ,eni,ano a trovarsi nel contrattare con gli op.:rai (cfr. A. s~um. op. cit., lib. I .:ap. VII); b) l'interesse e la rendita; sono dclii: deduzio11i dal prodono del la\'Oro (dr. A. S,mH, op. cit., lib. IV. cap. VIJJ. J . B. SAY, Corso cump/eto di economia politica, biblioll.!ca econ. prima serie. voi. VII, Torino 1855; Tra/lato di economia politica, biblioteca econ. prima serie, voi. VI, Torino 1854. F. BA!.11.n, Armo11ie eco11omiclze, trad. ital., Torino 1945. J. B. SAv, Trauato di eco110111ia politica, lib. III, cap. IX. D. R1tARDO, Principi di econo,nia politirn r delle imposte, trad. ital. Torino 1954. J. STUART M1u.. Principi di economia politica, libri TV-V, trad. it a l., Torino 1954. L. L. DE S1sMo,01, Nuo,·i principi di economia politica, o della ricclze:za nei rnoi rapponi con la popola:ione, bibl. econ. serie prima. \'OI. VI. Torino 1854. F. D1 SAl1'T Sl\10,:, Réorga11isatio11 de la société européenne; 011 sys1ème i11d11striel; C. FouR11.\R, Oetn•res complètes, en si~ \'Oillmes, Paris I 841-46. G. PR011n11 0N, Oeu vres complètes, l'aris 1866. 11. Si>t1'CER, Principi ,li sociologia, in bibliot. ccon. terza St'ric, \'OI. Vili: l 'indil'id110 contro lo Stato. A. Comi;, Co11r., de plzilosoplzie positil·e, 6 ,oli.. Pari, 1830-1842.


Abbiamo visto come lo «spirito socialista» - il cosi detto socialismo della cattedra e il socialismo di stato - avevano avuto buon gioco nel denunciare le conseguenze di un male inteso individualismo e come la « scuola storica» aveva posto le basi per una teoria della « politica economica», definita come la scienza che studia l'azione degli enti pubblici, diretta a salvaguardare interessi nazionali nel campo economico ». Considerevole al rigu ardo il contributo di WAGNER { 14 ) . Anche la Chiesa cattolica interviene in questo clima di riforme sociali: è lo stesso pontefice Leone XIII che fa sentire in termini chiari ed espliciti il pensiero della morale cristiana nella "questione sociale" con la ben nota enciclica "Rerum Nova rum". Lo stato è così investito di una responsabilità sociale e il concetto di « giustizia sociale» ne qualifica nuove funzioni . Conseguentemente aumentano le spese pubbliche; spese per l'assistenza sanitaria, per l'istruzione, per la prevenzione e l'assicurazione sugli infortuni sul lavoro; aumentano, ma per i motivi esposti ai paragrafi 43 e 44, anche le spese militari. Malgrado tale notevole evoluzione delle funzioni deJlo stato, i principali paesi europei rimasero sostanzialmente aderenti al regime di libera concorrenza fino alla vigilia della prima guerra mondiale, epperò l'auività finanziaria dello stato era ancora concepita come una finanza neutrale - la cosidetta finanza fiscale - che doveva tendere all'equil ibrio necessario fra entrate e spese pubbliche dei pubblici bilanci - il cosidetto pareggio finanziario o di bilancio - al livello minimo compatibile con le condizioni dell'equilibrio generale ed automatico di libera concorrenza, ritenute valide dai più. 74. Nuove teorie sull'auività finanziaria dello stato.

Lo scoppio della prima guerra mondiale pose i paesi belligeranti di fronte alla necessità di dover intervenire per la prima volta - in tutti i settori delle attività nazionali. Produzione, consumi, moneta, valute, trasporti, tutto venne disciplinato secondo le necessità belliche. A guerra finita, la smobilitazione di tali sovrastrutture economiche incontrò notevoli difficoltà. Sopraggiunsero poi le grandi svalutazioni di alcune monete per effetto dell'inflazione del periodo bellico e postbellico e poi, dopo un periodo abbastanza lungo di un facile benessere del continente nord-americano, la crisi del 1929. Sotto la spinta degli effetti disastrosi della « grande depressione» del 1929, alcuni economisti p6sero mente alla possibilità d' instauràre una politica finanziaria positiva, volta a promuovere la ripresa. Le teorie elaborate in questi anni furono, prevalentemente, quelle del tipo « pump-priming » sviluppatesi più tardi. In effetti, ci si aspettava che le spese governative spingessero l'economia nel suo corso ascendente. La ripresa avrebbe permesso di ridurre le spese d'emergenza e le maggiori entrate avrebbero rimesso il bilancio in sesto (' 2 ). Ma ìe cose non anelarono nel senso sperato e la r ipresa tardò molti anni. Fra il 1936 e il 1941 gli studi di K EYNES ( 13 ) e di HANSEN ( 14) portarono a

( 12 )

r 3) ( 1•)

H. S. ELuS, L'economia comemporn11ea, tra <l. ital. Torino 1953, pag. 208. J . .M. KEYNES, Cenerai Theory, trnd. itaì. Torino 1953.

A. HANSEN, Fisca/ Policy and business cycles, New York 1941; Business cycles and na1ional income, New York 195 1.

263


formulare una nuova teoria anticiclica e a porre ali' attenzione dei governanti la possibilità di servirsi della« fiscal policy » come strumento valido per conseguire la piena occupazione e lo sviluppo economico. In seguito, la seconda guerra mondiale, impegnando tu tte le risorse dei paesi belligeranti, richiese nuovamente l'intervento o il controllo dello stato in tutti i settori.L'economia e la finanza furono mobilitate a lato, o megl io, in stretta colleganza con le forze armate: i piani di economia di guerra non fu rono meno complessi di quelli militari e tutta l'attività economica del paese venne regolata dallo stato. Gli anni bellici hanno dimostrato che la « / iscal policy » è stata un'arma potentissima per prevenire o almeno per contenere l'inflazione e per raggiungere, allo stesso tempo, la massima produzione. Terminato il conflitto, s i presentarono alcuni gravi problemi, fra cui quello della« riconversione» di gran parte dei settori dell'economia dalla produzione di guerra e quello di mantenere il « pieno impiego» che era stato conseguito sotto la spinta bellica. In Inghilterra, negli Stati Uniti, nel Canadà e in altri paesi la soluzione di tal i problemi venne riposta nella « fiscal policy » . Secondo la concezione keynesiana un'economia di mercato non può funzionare in modo efficiente, se il livello delle spese private e pubbliche per beni e servizi non sia mantenuto ad un livello alto e stabile.

75. L'attuale concezione teoretica dell'attività finanzia ria dello staLO. Quanto osservato nei paragrafi 73 e 74 ci consente di del ineare u na sintesi dell'attuale concezione teorica dell'attività finanziaria dello stato. La realizzazione dei fini eletti dallo stato implica delle spese e presuppone la ricerca perfettibile dei mezzi - redditi, risparmi, capitali, inflazione per fronteggiare le spese stesse. Tale attività, così come avviene per l'attività dei singoli volta a conseguire fin i indi viduali, viene a far trovare l'uomo di governo di fronte al fatto incontestabi le di una scarsità di mezzi idonei a real izzare i fini eletti, perchè anche i fini collettivi sono illimitati, mentre i mezzi ris ul tano limitati, in guanto provengono, come quelli a disposizione dei singoli, dal reddito. Infaui devesi sottolineare che se è vero che, o ltre al reddito possono essere fonte d i finanziamento dell'attività statale il risparm io, il capitale e l'inflazione, è pur vero che : a) gli interessi sui prestiti sono pagati con un'imposizio ne sul reddito; b) attraverso il meccanismo delle rateizza zioni, anche le imposte straordinarie sul patrimonio sono anch' esse pagate col reddito; c) l'inflazione altro non è che un mezzo indiscrimi nato - il più deleterio - che sottrae ai possessori di redditi una parte più o meno cospicua dei medesimi. Consegue che il reddito monetario nazionale di un paese, inteso come l'espressione in termini di moneta, del 1·eddito reale in senso lato, prodotto da una collettività in un certo arco di tempo, è la fonte che consente sia la realizzazione dei fini individuali sia di quelli collettivi. È pertanto possibile concludere che l'attività finanziaria nel suo duplice aspetto - ricerca dei mezzi e spendita dei tributi - deve essere economica, perchè si trova di fronte al problema di adeguare mezzi scarsi a fini illimitati, mediante scelte alternative, sia nel prelievo, sia nella spendita dei tributi (1 5).

(' S) C. ARENA, Finanza pubblica, op. cit. pag. 15 G. U. PAPI, Equilibrio fra alfivilà economica e finanziaria, Milano 1943, pag. 17

264


Duplice è dunque l'attività dello stato: una, volta a lla tecnica dell'entrala - la scienza delle finanze - e l'altra alla tecnica della spesa - la politica economica -. La tecnica dell'entra ta comporta le seguenti attività: a) adeguare ai fini prescelti, un minimo di mezzi complessivi; b) ripartire il carico fra i contribuenti; c) prelevare un minimo di reddito da ciascun contribuente, attraverso la tendenza dell 'orga nismo tributario; d) procedere ad una ridistribuzione dei redditi; e) promuovere attraverso la manovra delle aliquote, una politica stabilizzatrice del reddito nazionale e di piena occupazione (fiscal policy). Le attività sub d) ed e) possono essere considerate come forme e mezzi di manoyra della politica economica. La tecnica della spesa comporta il seguente ordine di alti, ità ( 16): a) produrre beni e servizi: beni e servizi divisibili da esitare sul mercato a prezzi di tariffe o a prezzi pol itici; beni e servizi pubblici indiv isibili - difesa, ordine pubblico, ecc. - non commisurati a domanda del mercato e non individuabili con esattezza, ma che hanno carattere di strumentalità o finale; b) promuovere opere di interesse sociale, interventi e spese di trasferimento, mediante la politica della spesa pubblica, anche in deficit, al fine di spingere il sistema economico verso la piena occupazione e l'aumento del reddito, migliorandone la distribuzione (fiscal policy); c) contrarre debiti verso l'estero: prestiti da destinare ad impieghi sicuramente redditizi o per ristabilire l'equilibrio nel bilancio dello stato e nella bilancia internazionale dei pagamenti. L'esperienza ci mostra che tutti gli stati - da quelli a regime collettivista a quelli ad econom ia di mercato - tendono a dilatare la sfera dei fini statali. Il continuo processo di trasformazione di noternli categorie di serYizi privati in pubblici - dovuto ad un complesso di fattori tecnici, politici, sodali ed economici - la crescente frequenza delle direttive di politica economica interventi dello slato nell'interesse generale o di particolari categorie - volte alla piena occupazione, alla maggiore o migliore produ..:ione, alla difesa di alcune categorie del reddito e ad una sua di stribuzione ritenuta più giusta, comportano spese sempre maggiori che la finanza è costrelta a procurarsi al· tingendo sempre più abbondantemente al redciito nazionale. Conseguentemente l'attività finanziaria si è trasformata da una finanza neutrale - la cosidetta finanza fiscale che doveva tendere all'equilibrio necessario fra entrate e spese pubbliche dei pubblici bilanci al livello minimo compatibile con le sue condizioni dell'equilibrio generale ed automatico della libera concorrenza (17) - in finanza funzionale - detta anche cxtrafiscale -

( 16 )

( 17 )

Secondo ARE!\A (Cfr. C. Atu·NA, Teoria 1;e11erale della fi11anza p11bblica, Napoli 1945), starebbe a base dell'a11i\ ità finanziaria statale un grandioso processo di Jra5f,mnazio11e di "costi variabili" in " costi gcnt"rali " . Vcda~i al rigu:udo anche l'opinione di VttlANt (Cfr. ~- \ 11.1,A'lt, /11 tema di teoria generale della /i11t,11éa puhblica, Roma 1947). C. ARFNA, Dalla rcoria alla po/irica economica Kcy11c5iana, in Studi Keyncsian i, Milano 1953. pag. 342

265


che si dis tingue in: a) finanza produttivistica, che promuove lo sviluppo economico e l'accrescimento della ricchezza; b) finanza sociale, che favorisce lo sviluppo sociale, anche mercé una migliore distribuzione della ricchezza; c) finanza congiun1urale, che mira ad assicurare la stabilità della produzione e della distribuzione, contro le fluttuazioni della vita economica ( 18) . 76. In particolare: a) la fiscal policy. Finora abbiamo ripetutamente usato l'espressione "fiscal policy "; riteniamo di darne ora il concetto. Secondo le definizioni più ricorrenti (1 9 ), dicesi fiscal policy la manovra dell'imposizione tributaria e delle spese governative a fini di stabilizzazione, di pieno impiego e di sviluppo economico. Gli strumenti della fiscal policy sono, oltre la manovra del!' imposizione tributaria e delle spese governative, il bilancio dello stato, il debito pubblico e i cosidetti stabilizzatori automatici deì reddito. L'economia privata - scrive SAMUELSON ( 20 ) - è simile a una macchina senza guida : la fiscal policy tenta di introdurre una appropriata gu ida a controllo termostatico, mediante "colpi di freno" o "colpi di acceleratore". Consegue che la gran parte dei paesi altamente industrializzati ha ritenuto di poter: a) mitigare le oscillazioni del ciclo economico; b) mantenere una posizione in continuo sviluppo con alta occupazione ed esente da eccessiva inflazione o deflazione; mediante una appropriata fiscal policy ( 21 ) . Secondo un'opinione di primo approccio di HANSEN {2 2 ) la fiscal policy avrebbe dovuto colpire il risparmio, che tende a restare inoperoso con un'imposizione progressiva per imprimere al reddito un effetto amplificatore e redistributore. Ma su tale possibilità sorsero ben presto molte perplessità, tanto che lo stesso HANSEN - modificando in parte la sua precedente opin ione (2 3 ) - amm ise che gli effetti dell'imposta progressiva possono essere contrari agli effetti del progresso econom ico e al!' investimento. La manovra del gettito dell'imposta e dell'entità delle spes·e governative, di solito, vengono effettuate congiuntamente. Ad esempio, se si vogliono attenuare gli effetti di una recessione, spingendo investimenti e consumi a più alti livelli, occorre diminuire le imposte e a umentare le spese pubbliche; al contrario, per frenare investimenti e consumi che aumentano troppo, bisogna aumentare le imposte e diminuire le spese pubbliche. La "fiscal policy" in funzione stabilizzatrice si sostanziava dunque in una "politica di compensazione": quando gli investimenti privati aumentano troppo, sembra naturale chiedere che il governo tenti di compensarìi, diminuendo spese e investimenti pubblici e incrementando il gettito delle imposte;

( 18 ) ( 19 )

(2°)

('')

( 22 )

(2 3)

266

Finanza pubblica, op. ci t. pag. 38 Manuale di politica economic<l, Torino 1970, Voi. Il, pag. 739 G. U. PAPI, Teo ria della condo/1<1 economica dello stato, Milano 1956, pag. 240 P. SAM UE.l, SON, Economia, t rad. it. Torino 1978 C. F.

ARF.NA,

FoRTE ,

Giova rappresentare che la fi scal policy non deve esse re un ita ad una politica monetaria. Una obietti va valutazione delle limitazioni della ri scal policy, nonchè I·esatta posizione dei " fiscalisti'' in contrapposto a i "monetaris ti" sono contenute nel vol ume d i J. ToB1>1, The ncw cconomics: one decade older, Princeton 1972, pag. 61. A. H . HANSEN, Fiscal po/icy a11d business cycles, New York 1941. A. H. HANSEN, Economie policy a,ul full employineni, New York 1947, pag. 218.


se invece, gli investimenti e i consumi privati si riducono, il governo dovrà compensarl i, facendo le spese che aveva rimandato in precedenza e riducendo il gettito delle imposte. Inoltre, non è necessario che il bilancio sia in pareggio ogni anno; al contrario, durante periodi inOazionistici il bilancio dovrebbe presentare un'eccedenza attiva con la quale si riduce il debito pubblico. ei tempi cattivi il bilancio dovrebbe presentare un disavanzo e il debito pubblico dovrebbe elevarsi, sino a ritornare al livello precedente. Consegue che il bilancio risulta in pareggio solamente entro un ciclo economico (2 4 ). La "fiscal policy" a lungo periodo è più complessa e controversa. Lo sviluppo economico non avviene in modo uniforme nel tempo, ma piuttosto secondo un movimento più complesso in cui gli slanci hanno diversa intensità o Fig. I. 1 - Andamento dello sviluppo economico

addirittura sono intramezzati a pause e recessioni. Inoltre secondo il pensiero d i alcuni economisti, nelle economie altamente industrializzate lo sviluppo tenderebbe a mantenersi al di sotto del livello della piena occupazione. La fiséal policy in funzione anti r istagno è dunque di retta ad integrare stabilmente il flusso deg li investimenti privati che risulta durevolmente inadeguato a mantenere la condizione di "pieno carico" del sistema economico. Come avremo modo di notare nel paragrafo che segue, in questo caso la "lisca/ policy" si orienta pre\·alentemente verso una posizione di "deficit spending ", per evitare che l'aumento della spesa pubblica sia compensato da una diminuzione della spesa privata causata da nuovi tribut i.

(2')

P. SAMUF-1.so-., Econo111ic, op. ci1.

267


Prima di concludere i' argomento sembra opportuno fare qualche precisazione sulla effettiva capacità della manovra della spesa pubblica a mantenere il fum:ionamento equil ibrato del sistema economico. La " rivoluzione keynesiana" aveva portato a considerare qualsiasi spesa pubblica apportatrice di un maggior reddito nazionale. Era infatti opinione di molti che ogni spesa pubblica, oltre l' effetto primario, desse iuogo anche ad un effetto secondario indotto, dovuto al moltiplicatore del consumo; inolt re si riteneva che potesse dar luogo ad un ulteriore effetto secondario, anch'esso indotto, dovuto all'acceleratore degli investimenti privati. Ma una successiva, più cauta riconsiderazione del fenomeno ha portato a ritenere che tali effetti abbiano, probabilmente durata transitoria, perchè vincolati al verificarsi di molte condizioni dispersive (2 5) ; è stato notato anche che l' effetto acceleratore opera in senso negativo in fase di recessione (2 6) . Smorzati gli entusiasmi dei fautori accesi della politica della spesa pubb lica indiscriminata, c he vedevano in ogni aumento della spesa pubblica ì' acquisto di una macchina da scrivere, la costruzione di una diga, la produzione di un sistema di arma o un sussidio - un aumento del reddito nazionale, ci si è avviati - anche se non è stato ammesso apertamente da alcuni verso concezioni più reaiistiche, che la scuola finanziaria italiana da tempo aveva del ineato con analisi acuta (2 7 ). S'incomincia a fare distinzione fra gli effetti dovuti alìc spese per acquisto di beni e servizi e di trasferimento, ammettendo che per queste ultime il moltiplicatore è minore; inoltre alcuni tipi di spese pub bliche si sono mostrate sostilutive di spese private, anzichè addizionali ( 28 ) . In seguito si fa strada anche la concezione discriminatrice della spesa pubblica - in ispecie gli investimenti - attraverso un'apposita analisi dei costi e dei benefici conseguibili ( 29), imponendo il 1-ispetto del criterio, secondo il quale ogni unità di moneta investita deve ottenere, entro un ragionevole arco di tempo, un beneficio almeno pari al suo importo. Infatti solo così operando si è certi di conseguire un'utilità definitiva e cioè un reddito aggiuntivo reale e duraturo e non soltanto transitorio e un'occupazione aggiun tiva a lt rettanto stabile. Sembra pertanto possibile conclu dere che contrariamente a quanto facevano pensare i prim i insegnamenti keynesiani, gli effetti delìa spesa pubblica in funzione regoiatricc del ciclo non siano uniformi, epperò , a nostro sommesso avviso, si rende opportuno delinearne il seguente quadro, quale sintesi dell'acuta analisi fatta da G. U. PAPI (3°):

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(26 )

(2 7 ) (2 8) (2 9)

(30 )

268

C. Cosc1AN1, Principi di scienza delle finan ~e. Torino 1953, pag. 196

G. GoLM, Essay in public finance and fiscal policy, Oxford 1955, pag. 122 F. MAc111,uP, Period analysis and lhe moltiplier doclrine, in Quart. Journ. of ccon. nov. 1939 J. DuE, Goverment finance: an economie analysis, Ili inois 1954, pag. 527 G. U. PAPI, Equilibrio fra strul/u ra economica e a11ività finanziaria, Milano 1946 O. EcKSTEIN, La finanza pubblica, op. c ii. pag. 155 e scgg. N. F. KE1SER . Analisi economica, politica fiscale, t rad. it. Milano 1967, pag. 224, 241 , 268 N. F. KEISER, Analisi, op. c ii. pag. 92 In tal senso è stata intesa la funzione dell'analisi "costi -benefici" , oppure "costi-efficacia", di cui si è 1ra1tato al par. 66 G. U. PAPI, Teoria della condo11a economica dello s1ato. op. cit. pag . 203-2 19. Per un'analoga classificazione vedasi : H. M. GRovEs, La finanza di 11110 s1ato moderno, trad. il. Miìano 1953, pag,. 546·547.


a) spese per opere pubbliche avenli Lipico carattere di strumentalità : accendono redditi aggiuntivi duraturi e consentono una occupazione stabile alle energie lavorative impiegate; b) spese per opere pubbliche o investimenli in particolari settori: accendono redditi aggiuntivi se e in quanto si risolvono in m inori rischi e in minori costi per qualsiasi privato produttore di reddito in grado di trarre vantaggio dalla spesa pubblica; c) spese per la produzione più economica di servizi pubblici : accendono redditi aggiuntivi se permettono alle aziende delle più svariate attività produttive di ridurre i propri costi e di agganciare domande di consumatori - concetto della produttività dei servizi pubblici - ; d) spese per investimenti improdullivi a breve periodo : vi sono investimenti c he - pur non essendo in grado di accendere subito redditi nelle aziende più svariate, o di spostare subito redditi dalla spesa di taluni beni verso ìa spesa d i taluni altri - assicurano benefici alla collettività solo in tempo differiLO; e) spese per investimenti determinati che tendono a spostare la domanda preesistente : tali spese possono essere dirette a produrre servizi pubblici general i o individuali ed anche speciali e d ivisibili che permettono alle aziende di agganciare domande di consumatori a scapito però di domande di altri beni e servizi, epperò si avrà soltanto uno spostamenLO di redd iti; t) spese per sussidi: difficilmente i premi e i sussidi - alla produzione, ali' esportazione, ecc. - riescono ad accendere nuovi redditi neìle aziende beneficiarie, perchè fra l'altro, raggiungono gli scopi che si prefiggono solo a costi molto elevati; g) spese sui trasferimenti : possono ritenersi talvolta produttive, talvolta improduttive, di redditi nuovi, a seconda degli effetti sul consumo e sulla produzione, le cosidette " spese di trasferimento" - interessi per il servizio del debito pubblico, pensioni, assistenza alle class i meno abbienti. Più rrequentemente, però, non sono produttive di redditi n uovi; inoltre comportano anche una "partita passiva" comune a tutte le redistribuzioni: costringere, cioè, i contribuenti incisi a produrre il proprio reddito in condizioni meno favorevoli . 77. Il deficit spending e i suoi ef/etti. Il principio del "deficit spending" è collegato alla "fiscal policy ". I classici postulavano una finanza neutrale, basata su un equilibrio necessario fra entrate e spese dei pubblici b ilanci al livello minimo compatibile con le condizioni dell'equilibrio generale automatico di libera concorrenza - la cosiddetta finanza fiscale-. I teorici del sistema keynesiano, incontrasto con talr presupposti, sostenevano che la spesa pubblica, non soltanto concorre ad attenuare i cicli, ma dà al sistema economico delle economie altamente industrializzate, una spinta notevole verso il pieno carico. Ma affinchè i tributi con i quali dov rebbe essere finanziata la spesa pubblica non r iducano la possibilità cli investimento agli imprenditori, si ritiene più proficuo finanziare le spese pubbliche in deficit e cioè senza ricorrere a nuovi o maggiori tributi (il cosidetlo deficit financing).

269


In contrasto con la concezione tradizionale, le nuove teorie vedono nel bilancio statale lo strumento per il conseguimento di determinati obiettivi. Vengono così posti a base delì' atlività statale i due seguenti principi i fonda mentali, detti anche « deficit spending » (3 1): a) la spesa è la base dell'attività economica ed il reddito ne è la risultante; da qui la necessità di dilatare la spesa pubblica per compensare la deficienza della spesa privata d'investimento al fine di accrescere o mantenere elevato il reddito nazionale; b) le spese dello stato non sono di conseguenza sostenute esclusivamente dal reddito derivato dall'attività di origine privata. A confermare l'evidenza e la validità del principio del « defici t spending », vengono chiamate in causa le cosidette « relazioni meccaniche» « effetlo moltiplicatore» e «acceleratore», e la teoria del « pumppriming policy » (3 2 ). . Premessi questi brevi cenni sul concetto di "deficil spending ", passiamo ad esaminarne più dettagliatamente gli effetti e i limiti applicar.ivi. I fautori della "finanza newrale ", in opposizione a quelli della "finanza produuivistica ", sostengono che non sempre gli effetti delle spese pubbliche sono cumulativi con quelli delì' attività dei privati; riprendendo la teoria del DE Vrn DE MARCO ( 33 ) sulla traslazione - basata come è noto sugli effetti dell'imposta sulla domanda - sostengono che a causa del rimaneggiamento dei bilanci dei singoli - dovuti alla decurtazione del reddito per effetto del prelevamento dei tributi - la spesa pubblica - che, oltre tutto, è d iretta ad acquisti di beni e servizi diversi da quelli domandati in precedenza dai privati - non può non ripristinare il nuovo equilibrio generale della domanda che al livello precedenle alla riscossione dei tributi stessi. Supposto, infatti, un reddito complessivo di 1000, di cui 800 destinato ai consumi e 200 al risparmio, la domanda complessiva sarà di 800. Se a questo punto viene in trodotta un'imposta di 100 con la quale si finanzia una spesa pubblica di 100, si avrà una corrispondente rid uzione di 100' nella domanda dei privati, che scende a 700, e una nuova domanda pubblica di 100. La domanda complessiva rimarrà così sempre di 800 e il nuovo equilibrio generale della domanda complessiva risulterà ristabiìito sempre al livello 800 - effetto combinato deìla traslazione in avanti e della traslazione ali' indietro - . Il ragionamento sembra convincente; però nell'impostazione delle premesse non sono stati considerati gli effetti della propensione al consumo che, come vedremo, portano a ben diverse conclusioni. Incominciamo con l'esaminare gli effetti della propensione al consumo. Riprendendo ia esemplificazione precedente si nota che la nuova imposta di I 00 comporterà si una decurtazione di pari importo nel reddito disponibile delia collettività, ma tale riduzione si ripartirà fra consumi e risparmio, appunto secondo ia prospensione al consumo; se tale propensione - come nell'esempio precedente - è delì'80% la ripartizione della riduzione per effetto del tributo sarà di 80 nei consumi e 20 nel risparm io, rispettivamente nella misura di 720 e 180.

(31 )

E.

(l2 )

E . Foss..-r1, Elcmcnli di politica eco110111ica razionale, op. cit. pag. 123 e scgg. e con tra

(JJ)

G. U. PAPI, Teoria della co11do11a eco11.omica dello S1a1o, op. cit., pag. 225 e segg. A. Di, Vm DE MARCO, Principi di economia finanziaria, Torino I 939, pag. 120 e segg.

270

FOSSATI,

E/eme111i di polilica economica razio11.ale, Milano 1958, pag. 128 e scgg.


Dato, però, che ìo stato spende l'intero ricavato del!' imposta, la spesa comp lessiva sarà d i 820 (720 del settore privato e 100 deì settore pubbìico ), mentre prima deìl' imposta, era di 800. Ciò mostra come la spesa pubb lica, anche se finanziata mediante l'imposizione tributaria, potrà riuscire - entro certi limiti - a potenziare la domanda effettiva. Vediamo ora qu ali sono gli effetti di una spesa pubblica finanziata in deficit - deficit spending -. Servendoci ancora deìla esemplificazione precedente, si nota che se si persegue una pol itica di " deficit spending", la nuova spesa pubblica di 100 va ad accrescere la domanda dei privati d i 800, che rimane immutata, perchè il mancato ricorso a maggiori tributi non costringe i consumatori a modificare i propri bilanci; ne risulta una domanda complessiva di 900. Ciò starebbe a significare che gli effetti della spesa pubblica si sono cumulati con la domanda dei privati (3 4 ). Il principio del "deficit spending ", concepito da economisti anglo-sassoni e sperimentato in s istemi economici altamente industrializzati, ha, in effetti, confermato, al lume del!' esperienza, la validità del suo contenuto teorico. on può dirsi, però, a ìtrettanto, se applicato a d alcuni paesi non ancora completamente industrializzati o che non abbiano raggiun to la piena occupazione o addirittura a paesi ancora in via di sviluppo (3 5) . Sembra allora p iù co rretto ricercare ìe qualificazioni che condizionano il principio deì deficit spending e ne determinano limiti e portata. Innanzi tutto la riuscita deìla pol itica del deficit spending è condizion ata al verificarsi delle seguen ti ci rcostanze : a) esistenza di una certa disoccupazione involontaria - intorno al 3% · 3,5%; b) capacirà del!' apparato produttivo - industriale ed agricoìo - di far fronte ali' aumento della domanda di beni da parte della pubblica a mministrazione - programma d'investimenti pubbìici - e del settore privato - doman da addizionale, dovuta a ll'aumento del potere di acquisto nelle man i dei partecipi a ììa produzione di beni per uso p ubbl ico - ; c) offerta di capitale circolante relativamente elastica; d) esistenza d i risparmio non ancora investito, perchè in sovrabbondanza rispetto alle necessità del mercato degl i investimenti privati. t da r ilevare inolt re, che la necessaria copertura monetaria del deficit di bilancio dello stato può essere conseguita con: 1) ricorso al collocamento di debito pubblico sul mercato; 2) ricorso a prestiti e erogazioni a fon do perduto dalia Banca centrale, mediante a umento del passivo del conto Tesoro, emettendo cartamoneta. Da quanto osservato consegue che la politica del deficit spending dà sicuramente l'avvio ad un processo inflazionistico, non solo se non si verificano le condizioni indicate alle lettere a), b) c}, d), ma anche neì caso in c ui la copertura monetaria del deficit avvenga a ttraverso prestiti o erogazioni della Banca centrale, mediante aumento del passivo del conto Tesoro e con emissione di carta moneta; epperò devonsi ricercare ulteriori vincoìi che

(34 )

(35)

A. SM1TH 1ES, Bilancio fe derale e po/i1ica finanz iaria, compreso nel vol ume di H. S. ELLlS, L'economia conlempora nea, trad. il. Torino 1953, pag. 223. G. U. P.,,,, Teoria della condo/la economica dello Sta/O, op. c it. pag. 203. V. K . R. V. RAo, l nvestemenl fllcom e and 1hc Multiplier in an Un derde 1•eloped Eco11omy. in " Jndian Econ. Rev.", febbra io 1952; Deficit, Financi11g, Capila/ Formation and Price Beha· viour. in " Indian Econ. Rc v.", febbraio 1953. V. l'vlARRAMA, Saggio sul lo svil uppo econom ico dei paesi a r ret rati. Torino 1958, pag. 186. Vedasi inoltre: J. H1c Ks, Thc crisis in keynesia n economics, Oxfo rd 1974

271


possono condizionare il princ1p10 del deficit spending orientato verso una polit ica di spesa pubblica indiscriminaLa, determinandone la reale portata. Ciò significa, però, rimettere in discussione tutta la teoria della fiscal policy sulla quale si era creduto di fare pieno affidamento dalla fine degli anni '40 in poi e con essa gran parte dell'insegnamento di KEYNES e della corrente keynes.iana. Lo spunto per s iffatte riconsiderazioni è venuto dai recenti avvenimenti economici accaduti negli S tati Uniti. A partire dagli anni '70, negli Stati Uniti, un susseguirs i di circostanze, fra cui : a) il deficit di bilancio - crescente - dovuto in gran parte a ll' espansione delle spese per armamenti nella guerra del Viet-Nam e per realizzare la "grande società"; b) il deficit stab ile nella bilancia dei pagamenti; e) la crisi pe trolifera; d) l'insorgere di una inflazione, intorno all' 8% e con punte più alte, non più facilmente controllabile; e) l'aumento della disoccupazione, intorno all' 8,5% , dovuta al riscaldamento della congiuntura e alla conseguente recessione - I 973- '75 - ; hanno portato a dubitare della validità della politica keynesiana per riequilibrare il sistema economico, peraltro valida per i problemi dell'epoca in cui fu formulata e cioè di una preesistente depressione e di una disoccupazione di massa; analisi per giunta, limitata ad una economia chiusa e a l breve periodo (36 ) . È così apparso evidente anche ai più accesi sostenitori della fiscal policy che il deficit spending in siffatte situazioni, non riesce più a riequilibrare il sistema economico; anzi, contribuisce ad aggravarlo, stante la dimensione ragg iunta dal fenomeno "disoccupazione-inflazione " che peraltro, ammette solo soluzioni alternative dell'uno e dell'altro aspetto del fenomeno, in quanto le manovre di politica fiscale e monetaria per ridurre la disoccupazione si manifestano incompatibili con quelle per contenere l'inflazione e viceversa. Infatti, riassorbire una parte della disoccupazione significa lasciar correre l'inflazione, incoraggiando il credito per espandere la produzione del settore privato e mantenendo un alto li vello di spese pubbliche, il che significa danneggiare i consumatori, che subiscono la lievitazione dei prezzi, e avviarsi verso una china senza fine, una volta che la spirale "prezzi-solari" acquista una velocità non più controllabile; r iassorbire l'inflazione significa, invece, restrizione del credito, riduzione delle spese pubbliche, aggravio del carico fiscale e disoccupazione.

( 36 )

272

F. CAFl'E', Elemen ri di po/irica economica, Roma 1976, pag. 144-146 L'an alisi a ll e economie aper1e e al periodo lungo è propr ia dei post-keynesiani


CAPITOLO II

EFFETTI DELLE SPESE PUBBLICHE SUI CONSUMI, SULLA PRODUZIONE, SUI PREZZI E SULLA DISTRIBUZIONE DEL REDDITO

78 Gli effelli delle s pese pubbl iche: a) premesse. 79 b) su i consu m i. 80 c) sulla produzione . 81 d) sui prezzi. 82 e) su lla d istribuzione del reddito.



78. Gli effecri delle spese pubbliche: a) premesse Per un'analisi di secondo approccio degli cffcui della spesa pubblica che tenga conto sia delle teorie classiche, sia di quelle più recenti, occorre discriminare le spese per acquisti di beni e servizi e le spese per trasferimenti, nel breve e nel lungo periodo. Nei paragrafi seguenti considereremo gli effetti della spesa pubblica sui consumi, sulla produzione, sui prezzi e sulla distribuzione del reddito. Tale analisi viene a costituire un ulteriore affinamento delle risultanze emerse nel capitolo precedente. 79. b) sui consumi Se vengono accettati gli assunti dei teorici della "finanza neutrale", si perviene a lla conclusione che la spesa pubblica non comporta aggiunta al reddito complessivo del paese, ma :.oltanto 1rasferimento di redditi singoli da indi\'iduo a indi\'iduo o da settore a settore. Da ciò consegue che - qualora si spenda tutto il prelevamento - l'entità della circolalione monetaria torna ad essere quella esistente prima del prelievo fiscale. Una spesa per stipendi o pensioni da parte dell'ente pubblico, affluisce ai singoli che, attraverso l'erogazione, torna nel circolo; una spesa per acquisto di beni o servizi da parte dello stato affluisce alle aziende produtti\'c, che ripartono ciascuna il ricavato della vendita tra i fattori di produzione. Quando poi i titolari di questi ultimi, a loro volta, spendono le retribuzioni ricevute, parte di quanto si era prelevato rientra in circolazione. Spingendo, però, oltre l'indagine si rileva che lo stato non spende la quota di reddito prelevata ai singoli nella stessa maniera in cui era spesa da essi - diversamente non ci sarebbe motivo per l'attività dello stato - sicchè si perviene ad un nuovo equilibrio della domanda, sia per il r imaneggiamento nei bilanci dei singoli - dovuto all'effetto combinato della traslazione in avanti causata dall'attidtà di prelevamento e dalla traslazione all'indietro, per reazione a tale attività - sia per l'attività di spendila dello stato. Consegue che alcuni consumi aumenteranno, altri d imi nuiranno. Devesi, tuttavia, osservare che le spese pubbliche - particolarmente le spese di trasferimento e l'attività di interventi - tendono a favorire i consumi di beni e servizi soprattutto nei reddituari minori. Inoltre, i reddituari mcdi e quelli maggiori sono indotti, all'atto della tassazione, a sacrificare piuttosto il risparmio che i consumi. Consegue così, in definitiva, che una spesa pubblica tende ad elevare i consumi a danno del risparmio. Se invece si accettano le teorie della "finanza funzionale" occorre distinguere le spese per acquisto di beni e sen·izi e le spese di trasferimento, considerandone gli effetti a breve termine e a lungo termine, perchè non sembra corretto aderire al principio del deficit spending indiscriminato. A breve termine le spese per acquisto di beni e servizi aumentano i consumi se finanziate in deficit - effeuo primario-. Inoltre, allorquando i possessori del maggior potere di acquisto per la ~pesa della pubblica amminis trazione, lo spendono sul mercato - effetto secondario - formulano un'ulteriore domanda di beni che però avrà carattere duraturo o transitorio a seconda della natura della spesa pubblica indicata al paragrafo 76. Le spese di trasferimento comportano un aumento dei consumi quale effetto primario, ma gli effetti secondari hanno minor rilevanza, sia perchè il moltiplicatore

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delle spese di trasferimenti è minore di quello per spese per acquisti di beni e servizi, sia perchè le relative dispersioni sono notevoli. A lungo termine, solo le spese per acquisto di beni e servizi aventi carattere di strumentalità mantengono un incremento di consumi. 80. e) sulla produzione Se le spese pubbliche promuovono un aumento di consumi, ovviamente, faranno aumentare la produzione dei relativi beni. Devesi, però, osservare che a breve termine, le spese pubbliche promuovono un incremento di produzione - probabilmente solo transitorio - solo se l'apparato industriale presen ta una certa flessibilità dovuta a l non impiego totale dei fattori di produzione investiti. A lungo termine, invece, le spese pubbliche per investimenti produttivi determinano una duplice diminuzione di costi: economie di scala e minori costi per il vantaggio che possono portare i servizi pubblici alle singole imprese. Tali economie si risolvono in maggiori acquisti di altri beni - in particolare modo di beni strumentali - . Se poi esistono le condizioni per effettuare tali spese in deficit spending, è possibile che si determini un incremento di produzione che si risolve in un maggior potere di acquisto nelle mani dei possessori dei diversi fattori di produzione e quindi in un successivo aumento che, a sua volta, promuove ulteriori aumenti di produzione.

81. d) sui prezzi Se ammettiamo - in aderenza alle teorie della "finanza neutrale" - che lo stato destini a lle proprie attività di spendita e di interventi il ricavato dei prelevamenti - sui redditi e sui risparmi - consegue che, dopo la spendita di quanto prelevato, la qu ant ità di potere di acquisto sul mercato rimane inalterata, epperò non si modifica il livello generale dei prezzi. L'assunto richiede, però, alcune qualificazioni. Innanzi tutto, i privati debbono rimaneggiare i loro bilanci per effetto dell'imposizione; secondariamente, lo stato spende in maniera diversa da come spendevano i privati il ricavato del prelevamento; conseguono mutament i nelle curve di domanda e variazioni di prezzi dei singoli beni e servizi, anche se, nel complesso, si possa r itenere che le variazioni si compensino, restando così immutato il livello generale dei prezzi. Inoltre tra il prelevamento dei tributi e la spendita del loro gettito può intercorrere un lasso di tempo anche cons iderevole, sicchè possono verificarsi mutamenti non compensativi nelle singole curve di domanda di beni e servizi che portano a variare il livello generale dei prezzi. A più lungo termine, se le spese per acquisto di beni e servizi riescono a rendere duratura una maggiore produzione significa che hanno determinato una riduzione di prezzo dei prodotti delle industrie che si sono avvantaggiate della spesa pubblica - econom ie di scala, minori spese generali -. Ovviamente è difficile che possa conseguirsi un tale effetto mediante spese di trasferimenti. Qualora lo stato finanzi una spesa in. deficit, si avrà un rialzo del livello generale dei prezzi - specie nelle industrie che non sono nella fase di costi decrescenti - , se l'apparato produttivo non riesce prontamente a far fronte alla domanda aggiuntiva dello stato e a quella dovuta agli effetti secondari

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della spesa pubblica. 82 . e) sulla distribuzione del reddito

La triplice allività dello stato di prelevamento, di spendita e di intervento porta a vaste redis1ribuzioni di redditi. Infatti, il più delle volte, spese per opere pu bb liche, spese per acquisto di beni e servizi, per sovvenzioni e sussidi non producono redditi aggiuntivi, ma soltan to trasferimento di redditi da un soggetto ad un altro, da un settore ad un a ltro. Tutta la poli tica di "sicurezza" e di "benessere sociale" è fondata su un principio di redistribuzione del reddito sotto forma di servizi pubblici, che consentono ai meno abbienti di soddisfare certi determinati bisogn i che, diversamente, resterebbero inappagati. Anche se in massima parte la redistr ibuzione del reddito è operata mediante spese di trasferimenti, in alcuni casi tal i spese possono determinare redditi in futu ro: si pensi alle spese per l'educazione e all' is truzione professionale. Sono piuttosto da evitare le cosiddette "partite passive" e cioè la perdita secca dovuta al costo di gestione dell'attività pubblica volta alla redistribuzione del reddito.

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CAPITOLO III

EFFETTI DELLE SPESE MILITARI IN GENERALE

83. Considerazioni generali. 84 Effetti della spesa mili tare: a) sui prezzi. 85 b) effetto moltiplicatore e acceleratore. 86 c) sul reddito, mediante il progresso tecnologico conseguente alla produzione di armamenti. 87 Le spese mil itari in funzione stabilizzatrice e in funzione d i svilu p po.



83. Considerazioni generali

Abbiamo avuto modo di parlare della spesa militare, analizzando le diverse correnti del pensiero economico-militare. La conclusione di tale analisi è che tra i fini eletti dalla collettività, quello della " difesa" è preminente, in quanto attende alla sua stessa e sistenza. Anche i classici, pur ritenendo le spese militari non produttive, le consideravano una n ecessità alla quale non ci si poteva sottrarre ( 1). Però un siffatto giudizio, formulato in un'epoca in cui ogni attività dello stato era vista come una restrizione della libertà individuale, determinò una palese avversità verso la spesa militare, espressa nel noto slogan, coniato più tardi: "burro o cannon i"; slogan ancor oggi ricorrente, malgrado l'attuale processo di espansione dei f ini sociali che hanno portato a non e scludere - entro certi limiti - la convenienza economica di ogni forma di spesa pubblica e degli interventi statali (2). Le spese militari sono, dunque , ancor oggi considerate da molti una sottrazione di risorse e di fattori produttivi, che diversamente verrebbero u tilizzati nella attività dei privati per la produzione d i beni di consumo o strumentali. Inoltre, si osserva che a mot ivo della complessità dei materiali m ilitari, la loro produzione implica, per molti paesi, l'importazione di attrezzature speciali; in alcuni casi, poi, debbono essere importali addirittura i prodotti finiti, con danni evidenti alla bilancia commerciale e alle disponibilità di valute pregiate (3). Tali argomentazioni non sembrano convincenti, epperò riteniamo necessario procedere ad una più ap profondita analisi delle caratteristiche della spesa militare per meglio scoprirne gli effetti. Devesi osservare, in linea preliminare, che le spese militari possono essere r icondotte a quelle degli investimenti autonomi, perchè non dipendono dal reddito e dalle variazioni del suo livello, ma esclusivamente dalle decisioni del governo; però, a differenza di tali investimenti, esse comportano soltanto l'aumento di un'attrezzatura "sui generis" che attende a lla produzione di un bene atipico qual'è lo "strumento militare", avente un carattere: strumentale, fino a quando col suo deterrent riesce ad assicurare l'integrità e la sicurezza del territorio e, con esse, il libero funzionamento delle istituzioni, lo sviluppo economico e il benessere; finale , quando deve essere materialmente impiegato in un conflitto. E' da rilevare, inoltre, che la produzione di sistemi di arma si realizza attraverso attività industriali a ltamente specializzate e difficilmente convertibili in altre produzioni.

{' ) (2)

(3)

A. SM1TH. Ricerche sopra la na1ura e le cause della ricchezza delle nazion i, in «Biblioteca dell 'Economis ta•, pri ma ser ie. voi. II, pag. 47 5, op. cii. A. HANSEN, Fiscal policy and business cycles, op. cii.; F. CLEMENTI, Su lla economicità degli in1erven ti statali, Milano 1956. N . F. KEJSER, Analisi economica, po/i1ica e fisca le, t rad. ila!. Milano 1970. pag. 9 con1 ra: S. MELMAN, Capitalismo m ilitare, t rad. ital. Torino 1972, che c hiama le s pese m ilitari "spese parassi tarie" . In tal senso Cfr.: A. PEDONE, Relazione sui costi e benefici del settore della difesa, al Con vegno indetto dalla Carnera di Commercio di Pavia, unitamente all'lst. di Finanza della locale Unive rsi tà (28-29 otto bre 19 67). Ta le relazione è sta ta r iprodotta nella r ivista L'Industria 1968, n° l. conrra: G. U. PAPI, Produt1ività delle spese pubbliche, in L'Amministrazione della Di fesa. 1969, n° 2: G. MAYF.R, Incidenza delle spese mili1ari italiane e loro riflessi sul sistema economico italiano, in L"Ammin istrazio ne della Difesa, 1969, n° 2-3.

281


84. Ef /etti della spesa militare: a) sui prezzi Gli effetti delle spese militari per l'acquisto di beni e servizi non tipicamente militari, non sono di massima, diversi da quelli prodotti dalle altre categorie di spese pubbliche, sia che siano finanziate con imposte, sia che vengano fatte in deficit. Nel settore delle spese militari per l'acquisto di beni e servizi tipicamente militari, non esiste un mercato convenzionale, epperò non si verificano effetti collaterali in altri settori economici, a meno chè il sistema economico si trovi in una situazione di piena occupazione. In tal caso, infatti, per fronteggiare la maggiore domanda di armamenti, occorre sottrarre fattori di produzione ad altre industrie mediante maggiori remunerazioni - interessi, salari, profitti - che finiscono col provocare una flessione dell'offerta di alcuni beni per uso civile con conseguente aumento dei prezzi.

85. b) effetto moltiplicatore ed e/ feuo acceleratore. Abbiamo già notato che secondo la concezione keynesiana ogni spesa pubblica - anche di trasferimento - in presenza di manodopera disoccupata e di impianti e attrezzature inutilizzate, dà luogo ad un incremento di reddito per effetto del moltiplicatore dei consumi che agisce sulla domanda effettiva; epperò il concetto sarebbe valido anche per le spese mi litari. E' stato, però, sottolineato che una p iù cauta riconsiderazione di s iffatta concezione ha portato ad effettuare alcune q ualificazioni delle spese pubbliche, distinguendo fra quelle che creano un'utilità definitiva e quelle che p romuovono un'utilità transitoria . Nella specie, risulta evidente che le spese militari, almeno in parte, promuovono soltanto un'utilità Lransiwria. Una spesa militare addizionale, in presenza di fattori di produzione inutilizzati, comporta una maggiore prod uzione che, a s ua volta, r ichiede maggiori investimenti e maggiore occupazione. E' evidente che un siffatto effetto acceleratore finisce per determinare un maggiore reddito, sia pure transitorio. Se invece, la spesa militare addizionale viene effettuata in una situazione di piena occupazione o in presenza di risparmio scarso, la produzione aggiuntiva di armamenti viene ad avere un carattere sostitu1ivo di altre produzioni del settore civile e comporta una riduzione di redditi duraturi e una flessione del tenore d i vita della massa della popolazione, specie se la riduzione della produzione riguarda beni di consumo (4 ).

4 ( )

282

N. F. KE1sER (N. F. KEISER, Analisi economica, poli1ica e fiscale. op. c it. pag. 277) d ice che "per quanto si possa sostenere che le spese pe r la difesa nazionale contribu iscono al benessere nostro e altru i, le critiche rimangono legill ime, perchè un continuo aumento del reddito nazionale che, ad esempio, si 1raduca tocalcmcntc in un aumento delle spese difensive non serve a nulla per quanto riguarda l'aumento del benessere materiale".


86. c) sul reddito, mediante il progresso tecnologico conseguente la produzione di armamen1i Le spese militari costituiscono, in linea generale, una categoria di spese pubbliche che normalmente non promuove reddiii aggiuntivi, ma soltanto trasferimenLo di redditi da alcuni settori economici ad a ltri (5 ). Questa caratteristica è tanto p iù marcata e produ t tiva dei relativi effetti, q uanto più le s pese militari sono r ivolte a mantenere un'armata nella sua struttura tradizionale, con prevalenti erogazioni per il personale e per acquisti di materiali che non abbisognano d i studi e di ricerche prelim inari. A questo punto, però, sembra opportuno ricordare due caratteristiche proprie delle spese militari e cioè la complessità tecnologica di taluni beni impiegati dall'organismo militare e la vastissima gamma d i beni e servizi domandati. La complessità dei sistemi d'arma imp iegati implica lunghe ricerche scientifiche preliminari e l'applicazione d'invenzioni importantissime nel campo della cantieristica, dell'elettronica e dell'automazione - centrali di tiro, radar, calcolatori elettronici, missili teleguidati, ecc. - ricerche e ·i nvenzioni che possono essere sfruttate anche in altri settori per la produzione d i beni tipicamente civili. L'impiego dell 'energia atomica per usi non militari è l'esempio classico di come e quan to possano avvantaggiarsi i vari settori delle attività economiche dalle ricerche e dalle invenzioni di uso mil itare; mentre il programma MRCA - multirole combat aircraft - realizzato mediante una coproduzione fra imprese della RFT, del R.U. e dell'Italia, ha consentito all'industria italiana di acquisire un Know-how nei sistemi di c hiodatura, placcaggio e incollaggio dei metalli e nella saldatura di acciai speciali e cioè in un settore in c u i non si aveva conoscenza alcuna dei relativi processi tecnologici. Tutto ciò dimostra inequivocabilmente che le spese relative ad alcune produzioni militari - sulle quali, peraltro, si appunta spesso acriticamente l'addebito di improdutt ività - sono, invece, in grado di determinare processi di r iduzione dei costi in parallelo a similari produzioni per i settori civili. Ne conseguono diminuzioni di prezzi che promuovono, a loro volta, la possibilità di un incremento dell'offerta anche nei settori civili, dietro lo stimolo occasionale dell'aumento della domanda militare. Ciò s ignifica, in definitiva, la realizzazione di un reddito aggiuntivo.

(')

A questo proposito devesi, t uttavia. osservare che ormai l'Ammi nistrazione Militare è OVlln· que l'organismo statale piu ' complesso. La realizzazione del fine «difesa• implica la disponibilità de i beni piu' disparati e complessi: viveri, notma li capi di vest iario e indu ment i speciali - confeziona ti con tessuti e materie speciali - carburanti e lubrificant i, ma teria li di ogni genere, motori, si stemi d'arma . m un i· zioni. esplosivi, prodo ti chim ici. au tomezzi no rmali e s pec ia li , carri arma li. navi, aeroplani, e la lis ta po trebbe continuare per migliaia d i voci. Si può perciò concludere che non c'è piu' se ttore di mercato dove non ci sia domanda da parte delì 'ammin istrazione militare e qu indi un pò lutti i settori econom ici benefici,rno del tra· sferimento di redditi promosso dalle spese m ilitari. La maggior parte del beneficio andrà, però, alle industrie de ll e mun izioni, dei materiali elct· trici ed elettron ici, degli equipaggiament i, de i trasport i e delle armi, perchè la prod uzione per scopi militari si concentra in tali sellori.

283


87. Le spese militari in funzione stabilizzatrice e in funzione di sviluppo Abbiamo già accennato al paragrafo 76 che gli anni bellici hanno dimostrato che la «fiscal policy» è un'arma efficace per prevenire o almeno contenere l'inflazione e per raggiungere, allo stesso tempo, la massima produzione (6 ). Terminata la seconda guerra mondiale, anche la soluzione del problema della «riconversione» di gran parte dei settori dell'economia dalla produzione di guerra - mantenendo immutato il «pieno impiego» conseguito sotto la spinta bellica - venne ricercata nella «fiscal policy». Ol tre al problema della riconversione, la gran parte dei paesi ad «economia matura» ha ritenuto di servirsi di un'appropriata fiscal policy per: a) mitigare le oscillazioni del ciclo economico;b) mantenere un'economia in continuo sviluppo con alta occupazione ed esente da eccessiva inflazione o deflazione. La fiscal policy in funzione stabilizzatrice si sostanzia in una «politica di compensazione»: quando gli investimenti privati aumentano troppo, sembra naturale chiedere che il governo tenti compensarli, diminu endo spese e investimenti pubblici e incrementando il gettito delle imposte; se, invece, gli investimenti e i consumi privati si riducono, il governo dovrà compensarli, fa. cendo le spese che aveva rimandato in precedenza e 1-iducendo il gettito delle imposte. Inoltre, non è necessario che il b ilancio sia in pareggio ogni an no; al contrario, duran te periodi inflazionistici il bilancio dovrebbe presentare un'eccedenza attiva con la quale si reduce il debito pubblico. Nei tempi cattivi il bilancio dovrebbe presentare un disavanzo è il debito pubblico dovrebbe elevarsi, sino a ritornare a l livello precedente. Consegue che il bilancio risulta in pareggio solamente entro un ciclo economico ( 8) .

(6 )

(')

(")

284

L'idea di una politica finanziaria positiva è sorta, per la prima vo lta, in occasione della «Grande Depressione ». Il 3 1 dicembre 1933, sul New York Times. il Keynes indirizzav(l una lenera aperta al Presidente Roosevelt per invitarlo a servirsi della pol itica finanziaria per conseguire fini di prosperità e benessere. I primi impulsi s i ebbero a partire da l 1939 a segu ilo degli studi del Keynes e dello Hansen. Nel 1938 il Presidente Roosevelt dichiarò che si sforzava di promuovere la ri presa mediante gli effetti della poli tica finanziaria sul reddito nazionale. In segu ilo lo Hansen, proseguendo nei suoi studi, formulò una sua teor ia anticidica - fondata prevalentemente su una polit ica finanziaria - e gi unse a prospettare la tesi del •ristagno secolare» da combattere, anch'esso, con un'appropriata politica finanziaria: La seconda guerra mondiale diede un ulteriore impu lso alla politica finanziaria, questa volla col principale ob iettivo di combattere l'inflazione (cfr. J. M. KEYNES, How to pay for the War, Londra 1940: A. G. HART, Paying for defence, Philadc lphia 1941; W. L. CRUM, Fiscal P/anning /or Tota/ War, New York 1942). Nel dopoguerra la sol uzione dei problemi del la «riconver.sione» nonchè della stab ilizazione «e dello sviluppo» sono stati risposti nell a poli t ica finanziaria. P. A. SAMUF.I.SON, Economia, trad. ital. pag. 442, Torino 1956: A. SMITHIES, Bilancio federale e politica finanziaria, compreso nel volume di H. S. HELLJS, L'economia contemporanea, trad . ital. Torino 1953, pag. 209 e segg. op. cit. P. A. SAMUELSON, Economia, op. cit. pag. 440 e contra G. U. PAPI , Teoria della condotta econO· mica dello Stato, op. cit. pag. 239 e seg .. e Principi di economia, voi. 11I. pag. 229 e segg., Padova 1962. Cfr. P. A. SAMUF.LSON, Economia, op. cit., pag. 442.


La fiscal policy in funzione di sviluppo (9 ) è diretta a integrare stabilmente il flusso degli im·estimenti privati che risulta durevolmente inadeguato a mantenere la condizione di «pieno carico» del sistema economico. Anche in funzione di sviluppo economico la «fiscal policy» si orienta prevalentemente su una situazione di «deficit spending» , per evitare che l'aumento della spesa pubblica sia compensato da una diminuzione della spesa prh·ata causata da nuovi tributi. · Premesse queste brevissime note s ulle funzioni principal i della fiscal policy, vediamo di esaminare se le spese militari siano in grado di esercitare quegli effetti che la fiscal policy si ripromette di raggiungere mediante le spese pubbliche in generale. Incominciamo con la funzione stabilizzar rice. Al riguardo abbiamo notato che tale funzione consiste prevalentemente in "colpi di acceleratore" e "colpi di freno", a seconda delle necessità del sistema economico. L'andamento della spesa militare dipende, invece, esclusivamente da motivi politici: aumenta quando cresce la tensione politica internazionale e diminuisce quando la tensione si normalizza o, quanto meno, si attenua, dando luogo ad un ciclo tipico, distinto da quello economico. Consegue che possono verificarsi i seguenti casi: a) coesistenza della fase di espansione della spesa militare con la fase di ascesa del ciclo economico; b) coesistenza della fase di riduzione della spesa militare con la fase di recessione del ciclo economico; c) coesistenza della fase di espansione della spesa militare con la fase di recessione del ciclo economico; d) coesistenza della fase di riduzione della spesa militare con la fase di ascesa del ciclo economico. Risulta pertanto evidente che solo nei casi sub c) ed) la spesa militare ha una [unzione in armonia con la politica fiscale, in quanto nel primo caso svolge anche un'azione di accelerazione nel sistema economico e nel secondo anche una azione di freno. Invece nei casi sub a) e b) la spesa militare esaspera la tendenza del ciclo economico nel momento in cui deve essere a11enua1a. Possiamo, pertanto, concludere che la spesa militare mal si presta ad una azione di politica fiscale stabilizzatrice, perchè la tipicità del ciclo di tale spesa può portare ad un aumento della spesa militare proprio nella fase di ascesa troppo rapida del ciclo economico, quando, invece, occorrerebbe un "colpo di freno"; oppure ad una dìminuzione nel momento della recessione del c ic lo economico, quando occorre un "colpo di acceleratore". Passiamo ora a considerare la funzione di sviluppo economico. Abbiamo già osservato che presso tutti i paesi l'entità delle spese militari è notevole e che è in aumento continuo; epperò nella considerazione che la funzione di sviluppo è diretta a spingere l' investimento di fattori produttivi a livelli di «piena occupazione» mediante investimenti e spese pubbliche, s i deduce che le spese militari si possono prestare ad assol\'ere tale funzione.

{9)

La teoria del ristagno è complessa e controversa. Sull'argomento il lenorc potrù consultare: P. A. SAMUELSON, Economia. op. cil. pagina 451; F. CAFF~, La /l'Oria della «malurità eco11omica• e la funzione degli investi111c111i pubblici, compreso nel voi. «S tudi Keyncsian i » op. cit., e per una posizione critica G. TFRBORGH, Tlze boge_v of eco110111ic maturity, Chicago 1945.

285


egli Stati Uniti d'America, dove le spese militari si mantengono intorno al 25% delle spese pubbliche - con incidenza superiore al 6% del reddito nazionale - gli «effetti sviluppo» di tali spese sono indubbi ( 10). I consumi hanno trovato - scrivono BROCHTER e TABATONT (") - nei redditi distribuiti dalle industrie di guerra una fonte di arricchimento considerevole e di cui gran parte è stata risparmiata in attesa della cessazione delle ostilità, le commesse militari hanno permesso un aumento estremamente rapido del potenziale produttivo: il governo ha costruito u n gran numero di stabilimenti industriali necessari per lo sforzo della guerra che sono stati in seguito ceduti, a poco prezzo, all'industria privata e, successivamente riconvert iti, sicchè la produzione civile ha potuto svilupparsi simultaneamente alla produzione militare. Nel dopoguerra - continuano BROCHIER e TABATONT - anche se sia difficile sul solo piano scientifico indicare ciò che sarebbe accaduto se iì bilancio della difesa fosse stato meno elevato, si può ammettere, con la gran parte degli economisti americani,. che il tasso di sviluppo dell'economia sarebbe stato più basso, la stabil ità economica infin itamente meno sicura: il livello sempre a lto delle spese militari ha compensato, in certe occasioni, la debolezza della domanda privata e, inoltre, ha accresciuto la sua importanza. Numerosi economisti, fra cui GALBRArTH, HARRrs, Mc KEAN, SAMUELSON, pur ritenendo che la prosperità nordamericana non d ipenda fondamenta lmente dalìe commesse militari, sostengono tuttavia che il sistema economico degli Stati Uniti è spinto verso più alti livel li proprio per effetto del volume delle spese m ii i tari, e che un taglio improvviso e sostanziale p rovocherebbe un vero, anche se temporaneo, colpo all'economia. ( 12 ) SwEEZY, in aderenza alla concezione economica marxista, giunge addirittura alìa conclusione che l'espansione economica statunitense sia artificiosa e dovuta esclusivamente a l sostegno costituito dall'enorme programma di spese militari, senza il quale si sarebbe verificato da tempo il crollo economico ( 13) . Resta comunque assodato che la "piena occupazione" fu raggiunta negli Stati Unit i soltan to nel 1940, all'inizio della seconda guerra mondiale. Al rigu ardo possono risultare istrullive akune brevi considerazioni in merito alle recessioni 1948-49, 1953-54, 1957- 58, 1960- 6 1, 1970- 71 e 1974- 75. 1. Recessione 1948-49. La recessione l 948-49 fu ìieve e di breve durata; ebbe inizio intorno al mese di novembre 1948 e si protrasse fino all'ottobre successivo. La produzione industriale cadde d i circa il 10%, il reddito nazionale lordo diminuì di circa il 3% e le spese per i consum i presentarono una lieve flessione; aumentò, invece, la d isoccupazione che però rimase al di sollo del 6%.

{10) AUTORI VARI,

Pari des depenses d'annanient el dex éxportatio11 dans la croissa11ce éco11omique des Eta;s-Unis, in «Etudcs et conjoocturc, marzo 1956. (") H. BROCIIIER. P. TABATONl, Econo111ie fi11ancière, Parigi 1959, pag. 408 (12 ) J.K. CAJ.RRAITH, Economia e benessere, trnd. il. Milano 1959, pag. 187; li nuovo sta/O industriale. trad. it. Torino 1968, pag. 199-200 e 270•277 S . HARR1S, Po1 rà la proprietà americana resistere a una riduzione delle spese militari t rad. it. in Mo ndo economico 1969. n° 48 C. J. H 1Tc11 • R. N. Mc KEAr<, J'he economie of Defense in the nuclear age, New York 1961, pag. 81-83 A. E. HOLMANS, Uniteci S1ates fiscal policy 1945./959, Oxford 1961, pag. 236·242 e 287 295 (") P. M. SWEEZY. IL prese111e come storia, trad. it. Torino 1962, pag. 218; P. A. BARAN - P. JVI. Swrnzv, Il capi1ale monopolis1ico, lrad. it. Torino 1968, pag. 151-183

286


Secondo l'opinione corrente della dottrina (1 4 ) le cause del recesso vanno r icercate: a) nell'aumento dell'offerta dovuta ad un rapido lievitarsi dei prez. zi, specie quelli agricoli; b) nella flessione della domanda dei beni di consu· mo, dovuta principalmente al diminuito potere di acquisto dei lavoratori per effetto del rialzo dei prezzi; c) nel rallentamento degli investimenti, prevalentemente nel settore edilizio e in parte di quelli industriali. La recessione fu dapprima contenuta e poi superata con una serie di provvedimenti: riduzione del carico fiscale, espansione del credito da parte della Federai Reserve ed incremento delle spese federali per 6,2 miliardi, fra cui pri ncipalmente la spesa m il itare che diede il maggior cont r ibuto al con· tenimento degli effetti recessioni stici . 2. Recessione 1953-54. La recessione 1953-54 fu anch'essa lieve e di breve du· rata: iniziata nel secondo semestre 1953, si protrasse fin verso la fine del 1954. La produzione industriale cadde di circa il 10% e il reddito nazionale lordo diminuì di circa il 2%, mentre il tasso di disocupazione salì dal 2,5 a l 6%.

el 1953, le spese militari, che negli anni della guerra di Corea si erano spin te intorno ai 50 miliardi di dollari, vennero bruscamente ridotte di 12 miliardi di dollari. La conseguenza di questa riduzione fu una breve recessione. Durante l'estate del 1953 l'incremento della produzione ebbe una pausa e nel mese di settembre iniziò l'inversione del trend. In breve l'indice della produzione presentò una diminuziOl)e del 12% circa, che raggiu nse il 19% alla fine di aprile 1954. II danno di tale recessione era stato previsto parec· chi mesi prima. Il piano di riarmo era stato programmato in modo che rag· giungesse il suo massimo nel tardo 1953, per poi diminuire decisamente fino a che le spese di difesa fossero tornate ad un tasso annuale di circa 40 mi· liardi. Era opinione corrente che una siffatta riduzione delle spese di difesa sarebbe stata causa di seri problemi d i riassestamento (1 5). Al riguardo devesi ricordare che la questione venne discussa con abbondanza di particolari dal Council of Economie Advisers nella Relazione economica annuale nel gennaio 1953 e si arrivò alla conclusione - basata su un'indagine della ten· <lenza della produttività, sullo sviluppo delle forze lavorative e degli investi· men ti, su lla bilancia commerciale, sulla propensione al risparmio, nonchè sulla diminuzione delle spese di difesa - che ci sarebbe stata u na tendenza alla diminuzione della domanda nel corso dei tre anni successivi. Il taglio delle spese di difesa, raggiunse nel corso dell'ultimo trimestre del 1953, i 3 miliard i di dollari, per toccare i 12 nell' ultimo trimestre dell'anno successivo - da 50,5 mil iardi, si scese a 38,4 -. Ne conseguì una fless io· ne della domanda di beni e servizi e la liquidazione di beni in magazzino - i produttori cercano di tenere le scorte in linea con le vendite - che determinò una notevole «deflation.ary force» nel sistema economico. Alla suddetta riduzione di circa 12 miliardi d i spese militari, fece riscontro una riduzione di circa 14 miliardi di reddito nazionale lordo e di 3 miliardi negli investimenti, epperò dai più si ritenne che la recessione fosse stata accentuata, se non addirittu ra provocata, dalla brusca riduzione di spese militari.

( 14)

(';)

B. G. H1cKMAN, Grow and s1abi/i1y in rhe post war econorny, Washingwn 1960, cap. 9; Pas1 war cyclical experience and economie stability in Business, fluctuation , growth, and economie stabilizacion, di J .J. Cl.ARK, M. COHEN, Washington. 1961, pag. 473 · 491. A. E. HOLMANS. United S1a1es Fiscal Policy 1945· 1959, op. cit. pag. 211 e segg.

287


Le misure prese dalle autorità governative per uscire dal recesso possono essere sintetizzate come segue: riduzioni fiscal i per 7-8 miliardi di dollari, con conseguente finanziamento delle spese pubbliche in deficit; acquisti su l'«open market» di 2,6 miliardi di dollari; riduzione del tasso delle riserve bancarie legali e diminuzione del saggio dello sconto. 3. Recessione 1957-58. La recessione 1957-58 fu molto breve: dal luglio 1957 all'aprile 1958, ma grave in termini di caduta del reddito nazionale lordo (11,6 mil iardi), della produzione industriale e della disocupazione che raggiunse il 7,5%. La pausa congiunturale che aveva preced uto il recesso si manifestò attraverso: a) minori ordinativi nelle industrie manifatturiere; b) crescente numero di ordi nativi non eseguit i; c) a u mento di beni in magazzino; d) minore produzione di beni durevoli; e) investimenti immu tati in impianti e attrezzature di aziende; f) crescente commercio al minuto. La prima fase del recesso si rivelò attraverso u na minore produzione di taluni beni e una marcata liqu idazione di beni in magazzino, nel tempo stesso che venivano inopinatamente ridotte le spese governative, fra cui principalmente gli ordinativi d i beni e servizi per la difesa militare. Anche il credito era sottoposto a restrizioni da parte della Federai Reserve. (1 6 ) Indu bbiamente la direttiva della Federai Reserve non rappresentava una manovra favorevole per contrastare la tendenta a l recesso, ma più ancora i tagli apportati agi i ordinativi della difesa aggravarono il recesso, facendo, altresì, aumentare la disoccupazione nei settori produttivi più colpiti. E' opinione comune che l'accennata d iminuzione di spese militari nella seconda metà del 1957 abbia fatto prendere maggiori proporzioni al recesso. Il recesso ebbe fine nell'aprile 1958, allorquando un gettito di maggiori spese governative - fra cui una massa di ordinativi di beni e servizi per la difesa militare - seguito da maggiori investimenti privati, poterono far sentire i loro effetti sul mercato. 4. Recessione 1960-61. La recessione 1960-6 I durò circa dieci mesi: dal maggio 1960 al febbraio 1961 e fu ab bastanza lieve. Il reddito nazionale lordo subì un declino dell'l,5% circa, però la disoccupazione tornò al 7% e rimase ad a lto livello anche dopo la ripresa; i prezzi al consumo registrarono un continuo aumento, mentre quelli all'ingrosso rimasero costanti. Anche questa volta si trattò di una recessione secondaria, in cui si verificò un notevole declino dell'edil izia residenziale, tanto che malgrado le condizioni creditizie favorevol i, fu il settore dove la ripresa stentò maggiormente; notevole anche il declino dei profitti. In particolare devesi rilevare che, all'inizio del 1960, la spesa militare era diminuita e la riduzione non venne compensata nè da un corrispondente aumento della spesa federa le nei settori civili, nè da una diminuzione del carico fiscale. All'inizio del 1961 la spesa federale presen tò un notevole aumento - intorno agli 8 miliardi - sia per acquisti di beni e servizi - le sole spese militari a u mentarono di circa 2,5 miliardi - sia per trasferimenti - sussidi temporanei di disoccupazione, aiuti all' infanzia, benefici di sicurezza sociale, aumento ed estensione del salario minimo, ecc. - . Seguì la ripresa, esitante all'inizio e poi via via sempre più

( 16)

288

A. E.

HO LMANS.

United States Fiscal Policy 1945-1959, op. cit. pag. 273 e segg.


consistente: una ripresa che doveva durare fino al 1970, durante la quale la spesa militare crebbe continuamente, mantenendosi ad alti livelli. 5. Recessione 1970-7 I. Dopo la più lunga espansione r egistrata nell'ultimo quarto d i secolo dal sist~ma economico statunitense - febbra io 1961 - novembre 1969 - è insorta, fra la fine del 1969 e l'inizio del 1970, una recessione che è durata quasi tutto il 1971. li reddito nazionale lordo diminuì di 10 miliardi fra il terzo trimestre 1969 e il quarto 1970; gli investimenti nelle scorte diminuirono di circa IO miliardi, mentre il tasso di crescita dei prezzi presentò un moderato ritardo. Il bi lancio federale raggiunse il più alto livello di deficit nel 197 1 - 22 miliardi - ; anche il deficit della bilancia in ternazionale dei pagamenti raggiunse la cifra record di circa 30 miliardi. Secondo GOROON (1 7 ) la causa principale della recessione va ricercata nella politica governativa restrittiva a livello monetario e fiscale, epperò si sarebbe trattalo di una recessione politica. Per guanto riguarda il I rend della spesa militare, devesi osservare che dal 1969 in poi ha denunciato una certa flessione fino al 1973, peraltro compensata da altre categorie di spese federali; però il declino della spesa militare fece aumentare la disoccupazione nei settori industriali degli armamenti in alcune zone del paese, particolarmente in California. Nel complesso la disoccupazione raggiunse circa il 6,1 % . La ripresa è stata lenta: l'investimento fisso delle imprese aumentò di poco, quello nelle scorte non aumentò affatto; solo l'edilizia raggiunse un livello notevole. Ma nel frattempo un altro nodo - costituito dalla preoccupante inflazione e dall'insanabile squilibrio della b ilancia internazionale dei pagamenti - stava arrivando al pettine, cosicchè al presidente Nixon non restò che recidere ogn i legame fra dollaro e oro e a procedere alla svalutazione del dollaro stesso. Tale provvedimento, senza precedenti, si rese necessario per il perdurare di una forte disoccupazione, per l'inaccettabile tasso di inflazione che resisteva tenacemente ad ogni controllo attraverso i metodi tradizionali e per il deterioramento preoccupante della bilancia internazionale dei pagamenti. ( 18 ) Gli strumenti per uscire dalla recessione, ovviamente, furono più di natura monetaria che fiscale. Sembra comunque - secondo GoRDON (1 9 ) - che sia stata sottovalutata la gravità e la durata della recessione. 6. Recessione 1973-75. La recessione 1973-75 ebbe inizio intorno al primo trimestre 1973 e si protrasse fin verso l'estate 1975. Secondo M1SHKlN (20 ) è stata la più grande recessione del secondo dopoguerra. La d iminuzione del reddito nazionale lordo è stata di circa il 7% e cioè il doppio di quella verificatasi durante la recessione 1957-58. La disoccupazione ha raggiunto punte intorno all'8,5%, mentre la produzione industriale ha subito una flessione di c irca il 10% dal 1973 a l 1975. ( 17 )

R. A. GORl>ON, Crescita e ciclo nel/'e co,wmia americana dal 1919 al 1973, trad. it. Milano 1978, 175 R. A. GoROON, Crescita e ciclo, o p. cit., pag. 189 R. A. GoRDON, Crescita e ciclo, o p. cit. pag. 181 Pe r un resoconto crit ico sulla politica monetaria e fi sca le durante gli anni 1970-7 1, Cfr.: A. p ag.

( 18 ) ( 19 )

Politica/ econo1nv: some lessons o{ reccnt experience, in Journ. of money, credit and banking, 4.2.1 972. Per un resoconto crit ico su ll 'in fl azione, Cfr.: H. T.SH,\PIRO, ln{lation in the United States, in Wordwide inflation, d i L. B. K RAUSE, W. S. SAl ANT, Washington 1977 F. S. M 1S11K1N, Whal depressed the consumer? The household ba/ance sheet and the 1973-75 re· cession, in Economie Activ ity, 1977, n° I

OKUM,

(2°)

289


Anche gli investimenti hanno subito un forte calo, valutato intorno all'8 %. I prezzi al consumo hanno presentato aumenti rilevanti per effetto del forte grado di inflazione: mediamente, circa il 30% fra il 1973 e il 1975, e cioè liveJl i inimmaginabili solo qualche anno prima. Le spese federali hanno fatto registrare notevoli aumenti dal 1973 al 1975 - circa il 32%. Si è trattato, però, per la gran parte di spese di trasferimento - sicurezza sociale, pensioni ai veterani, ecc.-; in particolare, le spese militari sono aumentate di circa il 15% e cioè, in cifre assolute, di oltre 11 mil iardi. Comunque, caratteristica peculiare di questa recessione è stato il fenomeno della "stagflation" in misura preoccupante e difficilmente governabile mediante i tradizionali strumenti della macroeconomia, stante l'incompatibilità delle misure tendenti a ridurre l'inflazione con quelle volte a combat tere la disoccupazione e il ristagno; con la conseguenza che si è finiti col rimettere in discussione gran pane della concezione kcynesiana, la cui positiva applicazione trentennale ne aveva fatto un "credo", accettato dai più. Riassumendo qua nto anal izzato, sembra che si possa pervenire a lle seguenti conclusioni: a) le riduzioni della spesa militare furono la causa principale della recessione del 1953-54 cd accelerarono ed aggravarono quelle del 1957-58, del J 960-6 1 e del 1970-71 ; b) gli aumenti della spesa militare mitigarono gli effetti della recess ione del 1948-49 e contribu irono notevol mente alla ripresa nelle recessioni del 1957-58 e del 1960-61 ed ebbero un ruolo di supporto nella fase di ripresa della recessione del 1973-75; c) la spesa militare ha sempre giocato un ruolo r ilevante nel mantenere la fase di espans ione dei diversi cicli economici; d) le spese m ilitari, per la loro entità in tutti i paesi, costituiscono un elemento di stabilizzazione nei consumi e negli investimenti, epperò una riduzione brusca di tali spese può determinare un recesso - oppure aggravarlo, se già in atto - . Su un piano più generale, devesi, infine, ricordare che fu possibile superare completamente i tremendi effetti della "grande depressione", solo quando, intorno al 1935, prese l'avvio un programma di riarmo gene ralizzato. Regno Un ito, Franc ia, German ia e Italia p resero a risalire la china prop rio grazie ai loro processi di riarmo che attraverso la domanda di beni bell ici. ricrearono produzioni e incrementarono consumi. (2 1 )

( 21 )

290

P. ARMAN t, Vecchie e nuove visioni in tema di economia e di /ì11anza di guerra, Roma, 1968, pag. 6-7.


CAPITOLO IV OBIETTIVO DEL DETERRENT: EFFETTI DELLE SPESE MILITARI IN PERIODO DI RIARMO

88. Qualche osservazione preliminare. 89. Conseguenze economiche e finanziarie dovute al potenziamento militare di breve e medio tennine: a) nei paesi ad economia rigida. 90. b) nei paesi ad econom ia estensibile. 91. e) nei paesi con sottoccupazione. 92. d) nei paesi dualistici. 93. e) nei paesi collettivisti.



88. Qualche osservazione preliminare. La situazione politica contingente può indurre un paese o un gruppo di paesi appartenenti ad una determinata al leanza ad avvertire il bisogno di ricostituire le proprie forze armate ad un livello di maggiore efficienza - cosiddetto riarmo. La politica economica di un paese che debba procedere al riarmo delle proprie forze armate è quanto mai complessa, perchè deve conciliare sistemi, metodi e isti tuti proprii della politica economica di guerra con la normale attività economica di pace. (1) Si verifica così - osserva ARENA (2) - ciò che a PANTALEONI pareva imposs ibile e cioè un regime economico militare diven uto cronico, normale, come già quello industriale e accanto a quello industriale. Tuttavia le difficoltà crescono qualora il riarmo debba essere massiccio e sia necessario mantenerlo per un lungo periodo di tempo. (3) La nozione di «economia del riarmo» è recente: comparsa nella letteratura econom ica fra le due guerre mondiali, si è sviluppata a partire dal 1939 per opera di economisti tedeschi - la Wehrwirtschaft - e anglosassoni. (4 ) La politica degli armamenti solleva un duplice ordine di problemi: l'uno di carattere economico e l'altro di carattere finanziario. Il problema economico è dato dalle necessità di aumentare la produzione e la produttività. Esso richiede n uovi investimenti per sviluppare le industrie di guerra e comporta la riconversione delle industrie civili e la contrazione dei loro prodotti. Comporta, altresì, notevoli mutazioni alla bilancia commerciale a motivo delle variazioni - qualitative e quantitative - del flusso delle importazioni e delle esportazioni. Il problema /inanziario è dato dal fabbisogno dei mezzi monetari per finanziare la politica del riarmo. Sia l'w10 che l'altro problema assumono aspetti diversi a seconda che si considerino paesi ad economia rigida - che hanno cioè raggiunto la piena occupazione - oppure paesi ad economia estensibile - che dispongono di larghe risorse materiali e finanziarie - o, infine, paesi con sottoccupazione, che dispongono di riserve considerevoli di mano d'opera o di materie prime di base per la fabbricazione di armamenti . ( 5) 89. Conseguenze economiche e finanziarie dovute al potenziamento militare di breve e medio termine: a) nei paesi ad economia rigida. Poichè in questi paesi è raggiunta la piena occupazione, la produzione o la maggiore produzione - degli armamenti potrà essere ottenuta attraverso la riconversione di alcune industrie civili. Riconversione, almeno in un primo tempo, spontanea, perchè, le imprese sono attratte verso le produzioni di guerra, che offrono prospettive d i maggiori profitti.

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(3) ('} (5)

O. FANTl.'11. Poli1ica economica e finanziaria, Roma. 1957, pag. 669 e segg.; Lineamenti della politica economica di guerra, Roma 1956, pag. 10. C. AREM, Finanza pubblica, op. cit. voi. IT, pag. 556 C. B1u,sc1AN 1-TURRor-:1, !,'economia di difesa, in «Corriere della Sera » del 27 dicembre 1951. A. P1AT1F,R, f,'économie tlu réarmeme111 et ses e/fe1s sur l'économie occide111ale, in «finances Publiques», 1952, nn. 1-2. Le fina11ceme111 du réarmement, in «Atti del Congresso di Lisbona de L'lnst. Tntcr . des Finances Publiqucs » (VIII Sess., I 952).

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I nuovi investimenti, invece, saranno condizionati alla possibilità di rifornirsi di materie prime dall'estero e di procurarsi la mano d'opera occorrente, sottraendola - mediante più alti salari - alle industrie civili, o ricorrendo all'impiego di elementi di minore rendimento - vecchi, donne e fanciulli - . (6 ) Ma l'accresciuto volume delle importazioni di materie prime - non compensate da un analogo aumento delle esportazioni - comporta un forte indebitamento della bi lancia dei pagamenti, nel tempo stesso che i prezzi dei prodotti bellici tendono a salire, a mot ivo dei più a lti saggi di r emunerazione di alcuni fattori della produzione: principalmente i salari - per la scarsità della mano d'opera e per l'impiego di elementi meno produttivi - e i profitLi - per il continuo accrescersi della domanda di beni occorrenti a l riarmo. Ne consegue che, tanto la riconversione di alcune industrie civili, quanto i nuovi investimenti - invero q uesti ultimi forzatamente limitati - provocano un rialzo dei prezzi dei beni occorrenti per il riarmo. Anche i prezzi dei beni occorrenti alla popolazione civile, però subiscono un aumento e per la diminuita produzione di tali beni e per l'aumento dei costi di produzione. anche se il loro consumo verrà ridotto con l'arma fiscale. Tutto ciò comporta un primo passo verso l'inflazione. Quanto al problema finanziario, ci si può chiedere: d'onde verranno tratti i mezzi monetari occorrenti per il riarmo? In un primo tempo i mezzi monetari per la produzione bellica e per fronteggiare il relativo movimento di elevazione nei costi di produzione saranno ottenuti mediante una maggiore velocità degli stessi mezzi di pagamento. Tale circostanza determina, comunque, un aumento di prezzi. Nel frattempo, la cennata penuria di materie prime e la mancanza d i mano d'opera disponibile, nonchè la crescente domanda di beni da parte dello stato, comporta la realizzazione di maggiori saggi di remunerazione dei fattori della produzione - interessi, salari e profitti - e la conseguente necessità di un più largo ricorso all'azione bancaria. Si estende così la circolazione dei crediti sia a breve che a lunga scadenza e la formazione di depositi fittizi. Si dilata la circolazione dei mezzi di pagamen to e se ne aumenta ulteriormente la velocità. Tale nuovo incremento di circolazione dei mezzi di pagamento determina un ulteriore aumento di prezzi e quindi una più decisa spinta all'inflazione . Lo stato, da parte sua, deve procurarsi i mezzi per pagare le «commesse». In primo luogo saranno apportate riduzioni alle spese di alcuni servizi pubblici che non interessano la difesa. Le falcidie, comunque, non saranno rilevanti, perchè la maggior parte delle spese risultano imcomprimibili: ad esempio, non sarà possibile alcuna riduzione degli interessi e.lei debito pubblico e della maggior parte degli oneri di carattere sociale. Si potrebbero ridurre le sovvenzioni alle imprese nazionalizzate; in tal caso però, ponendo a carico dei consumatori quella parte del prezzo sopportato per lo innanzi dal bilancio statale, si provocherebbe una spinta al rialzo dei prezzi, mentre tutta la politica economica dello stato dovrebbe essere diretta a scongiurarlo o, quanto, meno. a limitarlo. Del pari non sembrano riducibili le spese per l'ammodernamento delle attrezzature delle industrie che siano state eventualmente nazionalizzate. (6 )

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Per una esau rien te b ibliog rafia, sui problemi di politica economica m ilitare, cfr.: O. FANTINI, Lineamenti della politica economica di guerra, Roma 1956, op. cit.


Resta da vedere quale possa essere il maggiore sforzo fiscale, al quale potrebbero essere chiamati i contribuenti. La piena occupazione implica di per se stessa una pressione tributaria elevata: imposte nuove e vecchie, con aliquote elevate, sono destinate, rispettivamente, agli investimenti e a colmare i «deficit» di gestione delle imprese nazionalizzate e dei servizi pub blici economici. (7) Non sembra possibile, perciò, ottenere per questa via quanto occorre per il finanziamento del riarmo. Nè m inori difficoltà s'incontrano a collocare titoli di debito pubblico - consolidato o redimibile - perchè l'alta pressione tributaria propria della politica della piena occupazione, non lascia un margine ampio alla formazione del risparmio. Non resta a llora che l'emissione di buoni del Tesoro a breve termine, dando luogo, in tal modo, ad una espansione monetaria che non potrà essere compensata se non parzialmente con una restrizione del credito al settore dell'industria privata. Riassumendo quanto brevemente considerato, sembra possibile concludere che, nei paesi a piena occupazione, il r iarmo comporta: a) nel campo economico, un problema di riconversione di alcune branche di attività produttive civili e d i limitati nuovi investimenti. In ogni caso si avrà un rialzo di prezzi; b) nel campo finanziario, sia il processo di riconversione che quello dei nuovi investimenti, implicheranno maggiori mezzi monetari, quindi un certo grado d'inflazione e, con essa, un conseguente aumento di prezzi. Il finanziamento statale del riarmo sarà attuato, per la maggior parte, attraverso l'emissione di debito fluttante: tale emissione eleverà il grado dell'inflazione. 90 b) nei paesi ad economia estensibile.

In questi paesi esistono risorse sufficienti, sia materiali che finanziarie, per assicurare l'esecuzione di un programma di riarmo considerevole. La notevole quantità di risparmio liquido consente nuovi investimenti per incrementare la produzione e la produttività delle industrie belliche, senza ulteriore emissione di moneta da parte delle banche e cioè senza provocare un rialzo di prezzi. Al contrario, il grado di scarsità della mano d'opera e, a volte, delle materie prime, oltre che porre un limite a i nuovi investimenti, provoca un rialzo di prezzi; è vero che la scarsità delle materie prime nell'interno del paese può essere corretta con le importazioni dall'estero, ma l'aumentato flusso delle importazioni, se non compensato da un'analoga espansione delle esportazioni o delle altre partite attive, porterà un saldo debitore della bilancia dei pagamenti. E poichè oramai la bilancia dei pagamenti è lo strumento usuale p er la disciplina dei cambi, un saldo passivo duraturo comporta difficoltà serie alla stabilità del potere di acquisto della moneta in campo internazionale. O La politica della piena occupazione non consente, ovviamente, l'aumento quantitati vo dei lavorator i; non resta, pertan to, che provocare l'aumento della produ11ività dei lavoratori impiegati, attraverso il lavoro straordinario. J\fa una politica di piena occupazione implica anche una pressione tributaria notevole - con aliquote fortemente progressive - anche nei confronti dei reddit i di puro lavoro. Ne consegue che i maggiori salari percepiti <lai lavonnori in dipendenza delle aumentate ore d i lavoro. per esse re colpiti con aliquote più elevate, fin iscono per essere - una volta depurat i dalle imposte - relat ivamente infetiori a quelli, percepiti precedentemente. È naturale che a siffatle condizioni non sia fac ile indurre gli operai ad aumentare la produttività. Una cale ci reost.anza si veri ficò nel Regno Unito nel 1951 , in occasione dell'auuazionc del piano d i r iarmo inglese.

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Ne consegue che devesi mettere un ìimite anche alle importazioni delle materie prime occorrenti, quando non sia possibile pagarle con un maggior flusso di esportazioni, con allre partile attive o con un prestito estero. Inoltre, i nuovi investimenti per il riarmo si traducono - attraverso maggiori profitti e salari - in un aumento del potere d'acquisto dei privati, e cioè in un incentivo all'aumento dei consumi, il che provoca un ulteriore r ialzo dei prezzi, laddove l'apparato produttivo - industriale e agricolo non riesca prontamente a far fronte all'aumento della domanda di beni militari - programma di riarmo - e di uso civile - domanda addizionale dovuta all'aumento del potere di acquisto nelle mani dei partecipi alla maggiore produzione di beni militari. In caso di insufficiente flessibilità dell'apparato produttivo, occorre por mano, più che a i razionamenti - facilmente attuabili soltanto in tempo di guerra - all'arma fiscale per rastrellare l'aumentalo potere di acquisto dei privati, di guisa che, invece di riversarsi verso il consumo, affluisca - volente o nolente - alle casse dell'Erario. Le maggiori imposte dovrebbero permettere allo stato il finanziamento delle spese enormi del riarmo. Nel mentre che gli aumenti delle imposte dirette agiranno sui redditi, il cui impiego è particolarmente propizio all'inflazione, le imposte indirette - attraverso apposite imposizioni sui consum i, opportunatamente graduate - imposta sul valore aggiunto, imposta di fabbricazione, ecc. - oltre ad integrare la funzione delle imposte dirette, consentiranno di contenere il consumo dei prodotti non indispensabili e, particolarmente, di quelli che s'intende sacrificare alla produzione bellica. Occorre, tuttavia, avvertire che allorquando la pressione tributaria ha raggiunto un certo livello, allo scopo di non mortificare la produz ione e di non creare terreno favorevole all'evasione, diviene opportuno il ricorso ai prestiti. Ora, pur considerando il prestito come l'alternativa più economica dell'imposta straordinaria, non possono tacersi i possibili inconvenienti dei prestiti pubblici, fra cui principalmente quello di provocare inflazione. Infatti, è chiaro che i prestiti pubblici provocano un'espansione dei mezzi monetari, allorquando: a) sì obbliga l'Istituto di emissione a fare anticipazioni sui titoli stessi ad un basso saggio d'interesse, per dar modo anche a coloro che non hanno risparmio immediatamente disponibile di acquistarli mediante risparmi futuri; b) si consente che i ti toli costituiscano presso l'Istituto di emissione e le banc he di credito ordinario, elemento notevole di riserva monetaria; e) si tollera che i privati ottengano dal le banche di credito ordinario anticipazioni su pegno di titoli, determinando un incremento della circolazione dei biglietti di banca che va ad aggiungersi a quello provocato dallo stato con la spesa del gettito del prestito. Per evitare l'inflazione, si rende necessaria un'apposita politica bancaria e credit izia volta a controllare la circolazione monetaria, l'espansione del credilo e l'impiego del risparmio. Se, invece, l'impiego dei fattori di produzione è stabilizzato ad un liveìlo inferiore al loro potenziale produttivo - perchè la domanda complessiva di beni e servizi da parle dei consu matori e delle imprese non è sufficiente a far funzionare il sistema economico a «pieno» della sua capacità - la spesa aggiuntiva per il riarmo auiva i fattori di produzione ad u n p iù alto livello senza pericolo d'inflazione. In questo caso un eventuale deficit di b ilancio

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prodottosi per finanziare le spese militari non desta timori, perchè i normali strumenti della politica monetaria e creditizia sono sufficienli per contenere ogni pericolo d'inflazione. Ciò consenLe anche di non aggravare eccessivamente la pressione tributaria, il cui livello può essere mantenuto su più modeste alLezze, dato che la possibilità di espansione econom ica e la maggior produltività non rendono necessaria la compressione dei consumi nel settore civile. Riassumendo, nei paesi ad economia estensibile che attuino una politica di riarmo, si noLa che: a) la possibilità di nuovi investimeDLi per incrementare la produzione e la produttività, facendo ricorso al risparmio liquido esistente, non determina un immediato rialzo di prezzi; b) il maggior potere di acqu isto dei privati comporla u n incentivo ai consumi - e cioè un rialzo dei prezzi - da combattere o con una «politica di austerità» o, meglio ancora, con l'arma fiscale, se l'apparato produttivo - industriale e agricolo - non riesca prontamente a far fronte all'aumentata domanda complessiva; c) lo stato si procura i mezzi per pagare le spese di riarmo con il maggior gettito delle imposte dirette e indirette. Non è, però, escluso anche il ricorso ai prestiti pubblici - deficit spending -; in tal caso occorre porre in atto un'adeguata politica bancaria e creditizia per evitare l'inflazione. 91 c) nei paesi con sotwccupazione.

Nel campo dei fenomeni economici non s i riscontra una «legge delle proporzioni definite» fra fattori di produzione, così come si verifica nei fenomeni chimici, in cui la quantità di ogni fattore in eccesso all a misura richiesta per una determinata combinazione r imane libera; e la quantità in difetto a quella richiesta finisce per condizionare l'ampiezza della combinazione stessa. Tuttavia, i fattori di produzione costituiscono, pur sempre, beni tipicamente complementari, i qual i entrano nelìa produzione stessa, secondo certi rapporti che mai potrebbero essere trascurati, senza che ne risultasse compromesso il risultato produttivo. Tali rapporti variano sensibilmente a seconda del bene prodotto. Ad esempio nella produzione della ghisa, la quantità di materia prima occorrente - capitale circolante - è maggiore del lavoro; viceversa, nella fabbricazione di orologi, maggiore è il lavoro - altamente specializzato - come pure i macchinari - capitaì i (issi - nei confronti delle materie prime e così via. Allorquando in un paese, una parte dei fattori di produzione, non potendosi combinare secondo il rapporto più opportuno, rimane inoperosa, dicesi che vi è sotwccupazione. Conseguenze immediate della sottoccupazione sono : a) inattività parziale di alcuni [at tori di produzione che restano, almeno in parte, forzatamente inoperosi; b) minore produzione scaturente da una combinazione meno economica dei fattori di produzione. I casi più freq uen ti di sottoccupazione sono quelli dovuti ad eccedenza o deficienza di capitale - in particolrc la deficienza di beni strumen1ali - e ad eccedenza - caso più ricorrente - o deficienza di mano d'opera. Se la sottoccupazione è dovuta ad eccedenza di capitale, la mano d'opera occorrente per la produzione militare o verrà soLLratta - attraverso l'allettamento di più alti salari - a lle industrie civili che si desidera comprimere, o affluirà da mercati stranieri.

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Nel primo caso si avrà un rialzo del livello generale dei prezzi, dovuto ai più alti salari e a lla rarefazione d i alcu ni beni di consumo, a causa delìe riduzioni della produzione civile. Nel secondo caso - laddove si riesca a superare l'opposizione delle organizzazioni sindacali all'interno del paese - l'afflusso di mano d'opera straniera permetterebbe l'investimento di risparmi rimasti finora inoperosi e la possibilità di produrre beni occorrenti per il riarmo, senza ridurre la produzione dei beni di consu mo. In ogni caso, una maggiore pressione rributaria dovrebbe permettere allo stato d i finanziare le maggiori spese per il riarmo.Ma - in questo tipo di econom ia, più che in a ltre - lo stato deve preferire il ricorso al risparmio, sotto forma di prestiti pubblici. Nè, d 'altra parte, si possono, presen tare d ifficoltà a che il risparmio affluisca volentieri a lle casse dell'Erario, data la sua relativa ab bondanza ed inoperosità. Occorre, però, evitare che i prestiti provochino inflazione. Se la sottoccupazione è dovuta a difetto di beni strumentali, la realizzazione di una poiitica di riarmo si presenta più difficoltosa, perche il già scarso potenziale industriale deì paese non consente di produrre materiali bell ici, nè la situazione della bilancia dei pagamenti permette d'importarne su vasta scala. Non res terebbe, anche in questo caso, che il ricorso al risparmio straniero, attraverso prestiti - meglio se in natura -. Ma la difficoltà di trovare s bocchi sul mercato internazionale a lla scarsa produzione di beni di uso civile - dovuta alla poca flessibilità dell'intera struttura economica, pongono b en presto un limite al l' indebitamento verso l'estero. S icchè, in definitiva, ad un paese con sottoccupazione per difeuo di beni strumentali , poco è dato mettere in opera per il riarmo, fino a quando non avrà riportato ad un più alto livello la propria capacità produttiva. Se la sottoccupazione è, invece, dovuta ad eccedenza di mano d 'opera, il riarmo è condizionato alla possibilità di destinarvi mate ,-ie prime - sottraendole alle industrie producen ti be ni per ìa popolazione civile - e d i destinarvi quei modesti rivoli di risparmio, che altrimenti si sarebbero avviati verso altri investimenti o verso il consumo. In ogni caso, però, si eleva il livello generale dei prezzi, peggiora il tenore di vita della popolazione, cresce la pressione tributaria, e incominciano ben presto a farsi sen t i re le preoccupazioni di una imminente inflazione. Sembra allora p referibi le far fronte aile necessità de l riarmo attraverso un prestito - meglio se in natura, sotto forma di materie prime - dall'estero. (8 ) In tal caso, l'afflusso di risparmio straniero permette di produrre i beni occorrenti al riarmo senza alcuna decurtazione della produzione per la popolazione civile e col van taggio di r idurre una certa massa <li disoccupati e sottoccupati. Se poi un'accor ta po li tica bancaria, creditizia e dei consumi, riuscirà a rastrellare il maggior potere d'acquisto formatosi nelle mani dei privati - profitti e salari - e ad avviarlo verso le casse deììo stato, non si avrà nemmeno un notevole rialzo di prezzi.

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Per un 'i ndagine completa sulle condizioni. i li mit i, le modali tà e i fenomen i conseguenti alla raccolta e a ll a spcnd ita del r isparmio straniero, cfr.: G. U. PAPI, Prelimillari ai piani per il dopoguerra, pagg. 197-24 1: Teoria della condona economica dello Siaro. pagg. 3 11-356, op. cit.. Mi lano 1956.


Infine, al servizio degli interessi e dell'ammortamento del prestito - opportunamente rateizzalo a lunga scadenza - deve provvedere la politica finanziaria, attraverso ritocchi a l sistema tributario. Tale politica s i dimostrerà di non diffic ile attuazione sempre che il sistema tributario abbia conservato una certa elasticità. (9 ) Qu anto al finanziamento delle spese statali per il riarmo, in primo luogo, deve provvedere una maggiore pressione t r ibutaria: sia le imposte d irelte che le indirette - particolarmente queile dei consu mi - sono chiamate ad assolvere questo compito ed altri eventuali: ad es. quello di limitare i consumi, per convogl iare il risparmio nelle casse dello stato. Ove poi la pressione tributaria abbia già raggiunto u n certo livello, occorrerà porre ogni cura affinchè il risparmio affluisca - volente o nolente - nelle casse dell'Erario, magari sotto forma di deb ito fluttante . In tal caso bisognerà mettere in atto tutte le cautele necessarie per evitare l'inflazione. Riassumendo: una politica di r ia rmo, nei paesi con sottoccupazione dà luogo ai seguenti fenomeni : a) in caso d i solloccupazione dovuta ad eccedenza di capitale, se la mano d'opera occorrente alla produzione bellica viene sottratta alle industrie, si avrà un rialzo del liveilo generale dei prezzi. Se, invece, la deficienza di mano d'opera può essere colmata mediante l'emigrazione da altri paesi, non si verificano notevol i aumenti di prezzi. Comunque, alla maggiore pressione tribu taria è affidata la possibilità, da parte dello stato, di sostenere le spese per il riarmo. Ma non è escluso il ricorso al risparmio, sotto forma di prestiti pubblici: risparmio che dovrebbe affluire con faci lità, data la s ua abbondanza relativa. In tal caso, occorrerà evitare che i prestiti provochino inflazione; b) in caso di sotwccupazione dovuta ad eccedenza di mano d'opera, il riarmo è condizionato alla possibilità di destinarvi le materie prime sottratte ad altre produzioni e quei modesti risparmi, che d iversamente si sarebbero avviati verso altri investimenti o verso il consumo. Si verifica, però, un rialzo del livello generale dei prezzi, un peggioramento del tenore di vita deJla popolazione, u n aumento della pressione tributaria ed una spinta verso l' infl azione. Per c ui sembra preferibile un prestito dall'estero. Anche in questo tipo di economia, il finanziamento delle spese statali per il riarmo è affidato, innanzi tutto, alla maggiore pressione tributaria; c) nel caso, infine, di sottoccupazione dovuta a difeuo di beni strumentali, poco è dato mettere in opera per il riarmo, fino a quando il paese non avrà riportato ad un più alto livell o la propria capacità produttiva. 92. d) nei paesi dualistici. Il conceLLo di sistema economico dualistico è recente ed è stato introdotto da studiosi di problemi di sviiuppo economico. La teoria dello sviluppo economico, fino a poch i anni fa, ha preso a base delle proprie elaborazioni d ue tipi b en deten11inati di sviluppo economco: quello dei paesi progrediti e quello dei paesi arre1rati. Ma a mano a mano che

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Il limite dell'i ndebitamento d i un governo verso i propri ci ttadini è da to da! grado di elastic ità del sistema tribu ta rio e da lla stru ttura produttiva . Cfr.: C. U. PAPI, Prelimina ri ai piani per i l dopoguerra, op. c il., pag. 208 e seg.

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l'analisi diveniva più rigorosa, c i si è resi conto che i sistemi economici dei paesi arretrati non si presentano omogenei, sicchè è frequente riscontrarvi alcune industrie altamente capitalizzate, con una struttura tecnologica non dissimile da queìla dei paesi progrediti, frammiste a moltissime altre dotate di capitali minimi e aventi un'organizzazione produttiva primitiva di tipo artigianale; alcune aziende commerciali di alla classe e un grandissimo numero di commercianti con scarsissima conoscenza di mercato; poche aziende agricole molto progredite, con dimensioni e strutture tali da far conseguire ad esse « economie inLerne», sommerse da una miriade di piccole aziende, prive del capitale indispensabile, a conduzione famil iare e con metodi primitivi. (IO) Secondo il GANNAGÉ ( 11 ) per «dualismo si in tende ogni soprapposizione, ogni contrasto, ogni disparità che si presentano sia tra una regione e il reslo del territorio, sia fra due sislemi o settori, sia fra due gruppi sociali ali'interno di un 'area spaziale determinata quale è lo stato». Consegue che il dualismo può essere settoriale e territoriale. E' seuoriale quando ad un'attività economica altamente capitalizzata, con una struttura tecnologica progredita e con un alto credito pro-capite - ad esempio, l'industria - si contrappone un'allra aLLiviLà economica dotata di capitali minimi, con strutture primitive e con bassi redditi pro-capite, ad esempio l'agricoltura. E' rerriroriale, quando ad un'area i cui settori economici sono caratterizzati dal sistema del lavoro salariato aveOLe un'alta produttività, da grandi unità operative, da moderni metodi di produzione - basat i s u un largo uso di capitali - e da un alto livello di reddiLO pro-capite, s i contrappone un'altra area ad uno stadio «pre-industriale» o «pre-capiralistico» ( 12) basato soprattutto sul lavoro artigianale o fami liare - avente una bassa produttività - impiegalo in piccole aziende con capitale minimo e con un reddito procapi te bassissimo.

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Ti primo ad utilizzare il termine "dualismo economico" è stato J. H. BocKE. Economics a11d Economie Pulicy o{ Dual Societies, Haarlcm 1953, vedasi i11oitrc: R. S . EcKANS, The facwr proportion problems in twderveloped areas, in Amer. ccon. rev. 1955. A. O. HlRSCHAN, lnvestme111 policies and dualism in underveloped co,mtries, in Amcr. ccon. rev., se tt. 1957; The s1ra1egy of economie developmen1, pagg 184, New Haven 1958. C. P. K1NOl,F.8F.RGER, Economie Developmenl, Kcw York 1958 H. Lc1ucNSrn1N, Tecltnical progress. The produc1io11 fu,iclion and dualism, in 8 .N.L. Quart. Rev. n. 55, 1960. Esiste una traduzione italiana in Kuovi problemi di sv iiuppo ew11om ico, u cura di L. SPAVENTA, Torino 1962. G. MARl'HUR, li progresso 1ec11ico e la funzione di produzione, trad. it. in Nuovi problemi di sviluppo eonom ico (op. cit.) pag. 181 e segg. S . P. Sc1uTZ, lnflaction in underveloped, areas. A 1heorica/ ana/ysis, in Amer. Eco11 . Rcv. scll. 1967. G. GANNAGÈ, Economie du dèveloppemenl, pag. 61. Paris 1962 . Per stad io "pre-inde1stria/e" devesi in tendere una s ituazione temporale in cui l'attivi tà indu· striale, avviene applicando procedimenti tecnologici primitivi, a costi elevati, che 11011 consentono produzioni di massa. Per stadio "pre,capitalis1ico" si deve intendere una situazione 1empor.iìe dove predominano le attivi tà di sussistenza, avulse dalla sfera monetaria, dalla divisione del la,·o,·o. con scambi li mitati ai beni essenziali e con scarsa accumulazione del capitale a causa del basso livciio dei reddito pro-capite. 0\'viamente, ta li situazion i s u ssistono simultaneamente, infl uenzandos i reciprocamente in un cerchio chiuso. V. Lun, li processo di sviluppo in un sislema economico dualis1ico, in Moneta e credito, n. 44. 1958.


Ad esempio nel sistema economico italiano si riscontra uno squilibrio notevole fra il livello di sviluppo raggiunto dall'industria e quello di persistente arretratezza del settore agricolo. Inoltre, per il prevalere degli effetti di polarizzazione su quelli di diffusione, alcuni fattori di produzione: capitali, lavoro qualificato e capacità organizzative - compresi quell i esistenti nella zona arretrata - tendono a concentrarsi nella zona a livello economico più elevato, dove maggiori e più remunerative possibilità di investimento, consentono più numerose occasioni di impiego. Ciò comporta, in definitva, anche un dualismo territoriale di lungo periodo che si cumula con quello settoriale, nel senso che il settore arretrato del sistema economico italiano l'agricoltura - è prevalentemente localiuato nel Mezzogiorno. ( 13 ) Premessi questi brevi cenni sul concetto d i dualismo, passiamo ad esaminare alcuni effeui delle spese di riarmo in un sistema economico dualistico settoriale e territoriale. In un siffatto sistema econom ico, la maggior produzione dovuta al riarmo convoglia il risparmio verso i settori industriali, facendovi affluire anche i modesti rivoli del settore territoriale depresso. In tal modo s'incrementa il settore industriale a tutto danno del settore agricolo che vede diradare la possibilità di investimenti ed acuire l'esodo dalle campagne per effetto della richiesta da parte delle industrie belliche, di manodopera anche non qualificata. Si accentua così il fenomeno della polarizzazione dei fattori di produzione verso il settore progredito, proprio del dualismo. La scarsità delle materie prime - dovuta agli alti livelli di industrializzazione raggiunti - e il conseguente accresciuto volume delle importazioni; i piL1 a lti saggi di remunera7ione di alcuni fattori di produzione: i salari - e per la scarsità di manodopera specializzata e per l'impiego di elementi meno produttivi - e i profitli - per il continuo accrescersi della domanda di beni occorrenti a l riarmo -; comportano un aumento dei prezzi dei beni militari. Però anche i prezzi dei beni prodotti per il settore civile, subiscono un aumento, dovuto a i più alti costi di produzione e all'incremento della domanda, conseguente al maggior potere di acquisto nelle mani dei possessori dei fattori di produzione investiti nelle industrie belliche, anche se si cerchi di controllare i maggiori consumi con l'arma fiscale. Tutto ciò comporta un primo passo verso l'infla zione e un sensibile peggioramento nel settore depresso, che vede ridurre il già basso reddito procapite; comporta, però, anche una spinta verso più alti livelli di produzione, che diversamente le industrie non avrebbero potuto raggiungere, perchè la domanda complessiva di beni e servizi da parte dei consumatori e delle imprese si mostrava ancora insufficiente a portare il sistema economico al pieno delle sue capacità; comporta, infine, un 'accentuazione del divario fra settori maturi e settori arretrati, fra zone sviluppate e zone depresse, qualora opportuni incentivi e appropriati interventi non riescano a localizzare le nuove industrie belliche nelle zone depresse; localizzazione che, in ogni caso, comporta maggiori costi di produzione. Al finaziqmentu del riarmo si dovrà provvedere, innanzi tutto, con una maggiore ... ,posizione diretta, opportunamente integrata da quella indiretta, specie sui consumi, anche per ridurre il potere di acquisto in mano ai possessori di a lcuni fattori di produzione, facendo affluire, volente o nolente, una parte del risparmio verso le casse dell'Erario.

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V. Lun.. li processo di sviluppo in un sis1ema economico dualistico, op. cii.

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Al riguardo, però, occorre procedere con molta oculatezza, ev itando di colpi· re, per quanto possibile, i generi di prima necessità, perchè diversamente si finirebbe coll'aggravare la pressione tributaria delle classi a più basso reddito - è noto che gli effetti di una indiscriminata imposizione sul consumo sono quelli dovuti ad una progressione inversa - e, ancor più marcatamente, delle classi più umili delle zone depresse. Inoltre per non spingere l'imposizione verso livelli che potrebbero mortificare la formazione di risparmio, si dovrebbe ricorrere a l prestito, sotto forma di debito fluttante . Allo scopo, però, di evitare che il prestito, provocando un'espansione dei mezzi monetari, accentui la spinta all'inflazione, occorrerebbe mettere in atto tutte le cautele necessarie per evitare o, quanto meno, contenere la tendenza inflazionistica dovuta a l prestito stesso. Riassumendo, nei sistemi economici dualistici u na politica di riarmo comporta: a) la possibilità di nuovi investimenti per incrementare la produzione e la produttività, med iante ricorso al risparmio liquido esistente, o lt re che determinare un rialzo dei prezzi, accentua il fenomeno della polarizzazione dei fattori di produzione verso il settore progredito, aumentando così il d ivario fra settori maturi e settori arretrati, fra zone sviluppate e zone depresse; b) il maggior potere di acquisto dei possessori di alcuni fattori di produzione comporta un incentivo al consumo da combattere con l'arma fiscale pe1· evitare un ulteriore aumento di prezzi se l'apparato produ ttivo - industriale e agricolo - non riesce prontamente ad adeguarsi all'accresciuta domanda complessiva; c) lo stato si procura i mezzi per finanziare le spese di riarmo con il m aggior gettito dell'imposizione d ire t ta e indiretta. on è però escluso il ricorso a l prestito e alla politica del deficit spending qualora esista un sufficiente risparmio e la struttura del sistema economico lo consenta. In tal caso, però, occorre porre in atto un'adeguata politica fiscale, bancaria e creditizia per evitare l'inflazione. 93. e) nei paesi colle11ivis1i. E' noto che nei paes i collettivisti la pianificazione economica assume un carattere di peculiare rilevanza, in quanto si sostituisce al mercato e a lle sue leggi. Consegue che l'essenza di tale pianificazione sta nel regolare non soltanto gli obiettivi della produzione, della distribuzione del reddito, del tasso di sviluppo dell'occupazione e degli investimenti, ma anche il sistema dei prezzi, epperò al libero formarsi dei prezzi sul mercato, viene sostituita la meccanica d'impiego del piano affidata a prezzi contabili, analoghi ai cosiddetti prezzi ombra, propri di alcune situazioni di mercato. E' da rilevare, inoltre, che la pianificazione collettivista - nelle sue possibili combinazioni e sfumature, a seconda del tipo d i modello adottato (1 4 ) - ha u n carattere imperativo, penetra nella microstruttura, segue criteri di scelta amministrativa - anzichè economici - che l'autorità del piano, per lo più, accentra e manifesta med iante "comandi".

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302

Sui vari t ipi di pianificazione collettiv ista, s i rinvia il leuorc al pa ragrafo 68.


Sotto l'aspetto concettuale la pianificazione collettivista può essere divisa in due settori: il piano degli investimenti e il piano dei consumi. Premessi questi brevi cenni sull'essenza e la struttura della pianificazione collettivista, vediamo di analizzare la realinazione di una politica di riarmo nei paesi che applicano siffatta pianificazione, nonchè gli effetti di tale politica sul sistema economico. Il tipo di economia seguita e l'esistenza di un piano che 1·egola investimenti e consumi, nonchè i singoli prezzi, rende più semplice una politica di riarmo nei paesi collettivisti di quanto non avvenga in quelli ad economia di mercato - specie se prolungata nel tempo - perchè tutto si riduce alla manovra di alcune componenti del piano. Abbiamo già accennato che il piano si articola in due settori: investimenti e consumi. Precisiamo ora che il piano degli investimenti - avente assoluta preminenza per la sua finalità di sviluppo economico - stabilisce il volume della formazione del capitale nel periodo considerato - cinque, sette anni - la sua distribuzione fra le industrie e le regioni ed anche i progetti più importanti - compresi quelli militari, che peraltro raramente vengono resi noli -. Il piano dei consumatori determina la parte di reddito nazionale da destinare al consumo, stabilendo d'imperio livello e volume dei salari e delle pensioni; stabilisce, altresì, l'ammontare dei fondi destinati agli impieghi sociali e i prezzi dei singoli beni. In tal modo viene fissata l'entità della domanda dei beni di consumo, adeguando ad essa l'offerta e cioè la produzione di tali beni. Se viene deciso un programma di nuov i armamenti, si provvede ai necessari investimenti mediante un'adeguata r iduzione del piano dei consumi e cioè destinando al piano degli investimenti una quota di reddito che prima era attribuita ai consumi . Ne risulta un abbassamento dello standard d i vita per la massa della popolazione, circostanza ricorrente nelle pian ificazioni collettiviste ogni volta che si vuol spingere lo sviluppo economico e, in particolare l'industria pesante, verso livelli più elevati. E' da rilevare, inoltre, che la produzione bellica, può essere facili tata anche a ttraverso la manovra dei prezzi, e cioè fissando prezzi più bassi per le materie e i beni strumentali occorrenti alle industrie che producono armamenti. Di tale politica ne fanno le spese le industrie producenti beni di consumo che dovranno pagare le materie prime e i beni strumentali a prezzi più elevati e i consumatori che pagheranno di più i ben i consumati. Al finanziamento del programma di armamenti si provvede prevalentemente con un aggravio della pressione fiscale sui consumi, compresi quelli di prima necessità. Riassumendo quanto brevemente considerato, sembra possibile concludere che nei paesi ad economia collettivista, un programma di armamenti comporta: a) sul p iano reale, un problema di ristrutturazione e di ridimensionamento del la pianificazione degli investimenti, mediante contemporanea riduzione della pianificazione dei consumi, nonchè una revisione dei prezzi, in diminuzione, per le materie prime e i beni strumentali occorrenti alle industrie belliche e in aumento, nelle industrie che producono ben i d i consumo; b) sul piano finanziario, un aggravio della pressione tributaria, in ispecie sui consumi;

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c) in definitiva un programma di armamenti comporta un abbassamento del -

lo standard di vita per la massa della popolazione a causa della r iduzione dei beni di consu mo prodotti, per l'aumento dei relativi prezzi e per la perdita di potere di acquisto da parte dei lavoratori, dovuta a l blocco dei salari ed anche all'inflazione. (1 5 )

( 15 )

In effetti anche nei paesi ad economia di mercato un programma di armamenti comporta, prevalentemente, una riduzione dei consum i privati. La d iversità sta, però, neJla circostanza che in un'economia coJlellivista una riduzione dei consumi provoca conseguenze più gravi sulla massa deJla popolazione, pcrchè in tali econom ie il piano dei consumi è genera lmente tenuto a livelli molto bassi. a llo scopo d i dare la massima espans ione a l pii,no degli invest imenti. A ciò s i aggiungono le perdile dovute a frequenLi errori di val uta1.ione dei pian i, le cu i conseguenze sono più gravi r,er la popola1.ionc quando riguardano il settore dei consumi.

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PARTE IV L'OBIETTIVO DELLA GUERRA

Le guerre non sono che l'espressione o ìa manifestazione della politica. C. vo.n Clausewitz (Van Kriege) Neque quies gentium s ine armis, neque arma sine stipendiis, neque stipendia sine tributis habere queunt Tacito (His1. 4.74)


-


CAPITOLO I EFFETTI DELLE SPESE MILITARI IN PER10DO DI GUERRA 94. Il fenomeno della guerra come elezione di fini. 95. L'economia mil itare, in tempo d i guerra, richiede un processo d i trasformazione e di sostituzione delle attività economiche del paese. 96. L'economia militare, in tempo di guerra, richiede la mobilitazione di tutte le risorse del paese e risulta un tipo di economia pianificata e vincolata. 97. Presupposti ed estensione del piano economico di guerra: a) promuovere la conversione delle industrie dalla produzione di pace a quella d i guerra; potenziare l'agricoltura e i trasporti. 98. b) disciplinare i consumi specie nel settore alimentare - limitandoli allo stretto indispensabile. 99. c) controllare l'andamento del mercato. 100. d) regolare le importazioni e le esportazioni. 101. e) controllare la circolazione monetaria e l'espansione del credito, la formazione e l'impiego del risparmio. I 02. Struttura della p ianificazione economica di guerra. 103. Più vantaggiosa si presenta la situazione degli stati a tipo collettivista a motivo della pianificazione, sia della produzione, sia del consumo, da essi attuata fin dal tempo di pace. 104. I piani nel quadro degli "aiuti reciproci" fra alleati. Prestiti interalleati. La "legge affitti e prestiti", il Patto Atlantico.



94. Il fenomeno della guerra come elezione di fini.

Al paragrafo 19 abbiamo osservato che il singolo si elegge dei fini sia per la sua stessa esistenza, sia per il s uo benessere materiale e spirituale; come pure nello stesso momento in cui un popolo, per lo sviluppo della vita civile e sociale, si organizza a stato, vengono a coesistere, accanto ai fini individuali, i fini collettivi dello stato. Abbiamo notato, inoltre, che la fonte ch e fornisce i mezzi necessari alla realizzazione dei fini eletti dall'individuo è il reddito, la cui entità risulta scarsa rispetto ai fini stessi. Però anche lo stato trae i mezzi per la realizzazione di fini collettivi dal reddito, perchè le diverse fonti individuali a cui attingere redditi, risparmi, capitali - e l'inflazione, derivano tutte da un unico ceppo comune: il reddito o ad esso si riallacciano. Data perciò la identità della fonte per realizzare i fini individuali e dello stato, anche l'uomo di governo, come il privato, viene a trovarsi di fronte al fatto incontestabile di una scarsità di mezzi adatti a raggiungere i fini eletti. Ne consegue che, sol che sia razionale, si vede anch'esso indotto ad un dispendio minimo di tali mezzi, non già da un proprio stato d'animo, sibbene da un ragionamento istintivo in chiunque, di contro a ll 'avvertita scarsità di mezzi, consideri la vastità dei fini da raggiungere. Siffatta teoria, oltre al pregio di permettere una sistemazione scientifica dell'attività economica e dei singoli e dello stato, senza più dover far ricorso al presupposto edonistico, nè al noto parallelo fra attività del singolo di retta a soddisfare bisogni individua li e attività dello stato diretta a soddisfare bisogni pubblici o collettivi - benchè sia evidente che la definizione di bisogni individuali e bisogni collettivi sia tutt'altro che pacifica - permette anche di inquadrare scientificamente il problema dell'economia di guerra. Per gli economisti classici, infatti, attività economica è quella che si rivolge al conseguimen to della ricchezza; (1) ora una guerra, eccettualo forse il caso delle conquiste coloniali - peraltro non più attuali - non può mai considerarsi rivolta al conseguimento di ricchezza e tutti gli sforzi fatti per calcolare in termini economici la convenienza o meno di essa, lasciano perplessi. (2) La nuova concezione dell'economia come scienza dell'adeguamento di mezzi scarsi a fini molteplici, ci permette di considerare il fenomeno della guerra in termini_economici, secondo un'ottica diversa. Considerata al riguardo l'ipotesi di una collettività che si propone un determinato complesso di fini, consegue che lo scoppio delle ostilità aggiunge ai fini eletti, un altro fine e cioè quello di condurre una guerra vittoriosa. L'elezione del "fine guerra" ha un carattere politico, ma ne assume anche uno economico per la necessità di adeguarvi mezzi scarsi.

(') (2)

F. Vno. Economia politica, pag. 20, op. cit.: G. STAMMATI, Aspetti dell'economia di guerra, pag. 26, Roma 1942. Per una esauriente biografia sulla econom ia di gue rra vedasi: C. R u1N1, Rassegna di srudi sulla po/irica economica e finanziaria di guerra, in «Studi economici», 194 1; O. FANTINI, lineamenri della politica economica di guerra, Roma 1956.

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E' comunque appena il caso di osservare che ciò che abbiamo definito «fine di guerra», si traduce in un complesso di fini particolari: disponibilità di strumenti bellici - aeroplani, navi, mezzi corazzati, cannoni, ecc. - disponibilità di munizioni, di vestimcnta e di mezzi di sussistenza; disponibilità di mezzi di trasporto e dei relativi beni complementari - navi da trasporto, locomotori e vagon i ferroviari, autocarri e automezzi vari, carburante e suoi succedanei, carbon fossi le, energia elettrica - e la lista potrebbe continuare e che, comunque, potremmo sintetizzare con l'espressione "strumento militare". 95. L'economia militare, in lempo di guerra, richiede un processo di trasformazione e di sostituzione delle attività economiche del paese.

Abbiamo precedentemente accennato che allorquando la collettività decide di entrare in guerra, pone a se stessa un nuovo fine, prima non considerato, e deve in conseguenza rinu ncia re completamente, o in parte, al conseguimento d i quelli già eletti in tempo di pace. Di qui una serie di spostament i e di modificazioni qualitative e quantitative dei consumi pubblici e privati - processo di sostituzione, dovu to a l prevalere della scelta pubbìica che s'impone e si sostituisce a quella privata - e conseguentemente, delle attività produttive processo di trasformazione. (3) Giova comunque osservare che nella prima fase di una guerra, o nel caso di una guerra breve (4 ) la necessaria intensificazione della produzione bellica si ottiene piuttosto a ttraverso un p rocesso di «integrazione» (5 ), anzichè d i «trasformazione» industria le . Ciò in q uanto a lla n uova pressante domanda di mezzi bellici che lo stato pronuncia, il mercato risponde mediante spontaneo e largo accorrere del risparmio disponibile verso le produzioni d i guerra. (6 ) Nella ipotesi di una guerra lunga, il processo di investimento di capitale di n uova formazione neile industrie favorite dalla congiuntura bell ica, non si dimostra più su fficiente ed allora s ubentra il processo di disinvestimen10 del capitale già impiegato nell e industrie meno favorite che debbono quindi contrarsi e sparire, e quello d i conversione delle industrie producenti beni non necessari alla condotta di guerra, che consiste nell'adattamento degli impianti a produrre nuovi beni diretti necessari a ll a guerra. Laddove il processo di trasformazione tardi o si mostri restìo a svi lupparsi in rapporto a lle necessità beliiche, lo stato pone in atto una serie di «interventi», sem pre più vasti, i quali tendono appunto ad accelerare, coordinare o add irittura provocare il voluto processo d i trasformazione nei diversi settori d i produzione.

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G. STAMMATI, TI problema economico tiella ricos1ruzione, pag. 9; Calmieri, razio11ame11ti e CO/I· traili sulla produzione, pag. 7, op. cit. La brevità della guerra (cfr. G. STAMMATI, in Calmieri, razionamen1i e controlli sulla produzio. ne, pag. 12), si deve intendere non in senso assoluto (sei mesi, un anno), sibbene in rapporto a lle possibil ità economiche e al potenziale produtt ivo de l paese belligerante. Se le opera1.ion i bell iche possono essere condotte a term ine prevalentemente con l'impiego di scorte acc umu· late nel paese in previsione dello scoppio delle ostilità e con leggere mod ifiche dell'assetto produUivo; diversamente verrà configurata l'ipotes i di una guerra «lunga». G. l\·IAsc,, Le leggi delle trasformazioni i11dustriali. La provenienza di ta le risparmio è da ta da precedenti accumu lazion i non ancora destinate al· la produzione, da contrazione d i consumi favori ta da a lt re prospell ive di lucro off,.:,ne dalle produzion i di guerra, da apposite d irettive bancarie - r isparm io for1.ato - e da ll e stesse im· prese produttive - au tofinanziamento.


96. L'economia militare, in rempo di guerra, richiede la mobilitaz.ione di tulle le risorse del paese e risulta un tipo di economia pianificara e vincolata. Abbiamo accennato in precedenza (par. 4) che la caratteristica di "guerra totale" è propria delle guerre generalizzate, ma può rigu ardare anche le guerre locali, qualora implichino un ingente sforzo economico per sostenere una armata numerosa ed equipaggiata con armamenti molto tecnicizzati, epperò l'attività economica analizzata in questa parte si riferisce ai suddetti tipi di conflitti. La guerra totale è combattuta da tutti, su tutti i fronti e con tutte le risorse del paese. Ciò r ichiede la mobilitaz.ione di tutte le risorse del paese e il loro impiego secondo piani di produzione e di consumo vincolanti. Inoltre, «l'organizzazione dell'economia di pace deve essere tale che, quando si ha la guerra, non sorgano difficoltà nè per l'a limentazione della popolazione, nè per il soddisfacimento dei bisogni militari». (7) Si deve, pertanto, procedere a due diverse pianificazioni: una per predisporre, al momento opportuno, il passaggio dall'economia di pace all'economia di guerra; e l'altra propria del l'econom ia di guerra. (3 ) I metodi per tradurre in atto la pian ificazione del passaggio dall'economia di pace alì'economia di guerra sono: a) il metodo della mobilitazione. Vengono predisposte le misure onde realizzare una rapida trasformazione dell'economia di pace in econom ia d i guerra e si attende lo scoppio delle ostilità per applicare le misure stesse; b) il metodo dell'economia di difesa (Wehrwirtschaft). La possibilità di guerre termonucleari pone il problema della difesa e della stessa sopravvivenza su nuovi termini. Non è piì:1 possibile continuare a fondare la difesa del paese sulla relazione «potenza dell'esercito - efficienza del sistema economico che lo rifornisce». Questa relazione produce i suoi effetti più o meno prontamente se e in quan to, più o meno prontamente, si trasformi la produzione e si comprimano i consumi civili. Le guerre termonucleari in pochi istanti possono produrre perdite incalcolabili agli uomini e ai beni, epperò è evidente che un conflitto di questo genere non lascerebbe tempo ad una progressiva conversione a scopi di guerra delle capacità produttive prima impiegate per soddisfare i b isogni civili. (9 ) La difesa della pace oggi può essere assicurata sulla strategia della «dissu asione», s ulle capacità di intercettamento, sul potere di rappresaglie, sulla dispon ibilità di rifugi e soprattutto sul poLcnziale scientifico. Ciò implica, ovviamente, un'adeguata strutturazione, fin dal tempo d i pace, del sistema economico, sia per sostenere lo sforzo del riarmo - profondo e prolungato sia per realizzare, al momento opportuno una conversione immediata della produzione e il con tenimento dei consumi civili.

(7)

(") (9)

S. PossoNv, L'ecunumia della guerra totale, Torino 1939. 'on sarà inuti lt: chiarire che d "ora in avanti adopereremo la espressione «economia d i guerra" nel senso di «economia militare in tempo di guerra ... J . K . GALBRAITll, Economia e benessere. trad. ital. Milano 1959, pag. 193. E. S. Q u AOE, Analysis for mili1ary decisions, S. Monica 1964, pag. 2

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Questo tipo di economia - économie armée, secondo i francesi o Wehrwirtschaft, secondo i tedeschi - oltre ad assicurare un livello essenziale di potenziale militare capace di un potere di «dissuasione» efficace, crea i presupposti, in caso di bisogno, della pianificazione di guerra che, sulla base dell'inventario economico del paese - effettiva resistenza economica (1°) - e delle altre incognite fondamentali della guerra stessa - durata ed es tens ione delle ostilità - è diretta a promuovere la conversione delle industrie dalla produzione di pace a quella di guerra: potenziare l'agricoltura e i trasporti; disciplinare i consumi; controllare l'andamento del mercato; regolare le importazioni e le esportazioni in funzione delle necessità di guerra; controllare la circolazione monetaria e l'espansione del credito, la formazione e l'impiego del risparmio. Trattasi, pertanto, di un tipo di economia pianificata, coercitiva e autarchica che investe tutti i settori del sistema economico del paese e le attività fi. nanziarie dello stato. Si perviene cioè ad una pianificazione imperativa e pervasiva nella microstruttura non diversa dalle pianificazioni collettiviste. ( 11 )

97. Presupposti ed estensione del piano economico di guerra: a) promuovere la conversione delle industrie dalla produzione di pace a quella di guerra; potenziare l'agricoltura e i trasporti. Abbiamo notato che il fenomeno della guerra comporta un processo di sostituzione e di trasformazione. Aggiungiamo ora che il processo di trasformazione - oppure di integrazione - riguarda in particolare l'industria; cosicchè sia nell'ipotesi di una guerra lunga, che di una breve, nel settore dell'industria si rendono subito indispensabili degli interventi dello stato per assicurare le necessità immediate e mediate dell'armata. In particolare, gli interven ti statali nel settore deJl'industria si concretano in una serie di provvedimenti - che vanno sotto il nome di mobilitazione industriale - volti ad assicurare allo stato tutta la produzione delle industrie e a disporre i prezzi della produzione stessa; a far affluire le materie prime nonchè l'energia necessaria; a dare facoltà al governo di imporre e fa. re eseguire le opere occorrenti ad aumentare la potenzialità degli stabilimenti; a disporre la requisizione degli stabilimenti che non rispondessero al loro compito; ad assoggettare la mano d'opera alla giurisdizione militare. La mobilitazione industriale esige anche la mobilitazione della mano d'opera. IJ fronte ha bisogno di uomini che sottrae alla produzione. Per conciliare le opposte necessità, occorre: a) far ricorso ai disoccupati che non siano stati chiamati alle armi; b) impiegare, fin dove possibile, anziani, donne e adolescenti; c) esonerare dal richiamo alle armi le maestranze specializzate. Inoltre, allo scopo di evitare assenteismi e conflitti sindacali che ridurrebbero ulteriormente il già diminuito rendimento del lavoro, tutte le maestranze debbono essere militarizzate. La resistenza dipende notevolmente dalla d isponibilità delle derrate; epperò anche nel settore dell'agricoltura si rendono indispensabili degli interventi dello stato per accrescere, se possibile, la produzione agricola, e per orientarla verso le necessità di guerra. ( 10) ( 11 )

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C. S. SHOUP, Sviluppo e uso dei daii sul reddit0 nazionale, compreso nel volume di H. S. HELLIS, L'economia comemporanea, t rad. ital.. Tor ino 1953. pag. 367. op. cit. J. S CH UMPETER, Sroria de/l'analisi economica, trad. il. Torino 1959, voi. 1, pag. 416


Avremo quindi la mobilitazione agraria che si concreta in una serie di provvedimenti volti a concedere premi - meglio se commisurati alla quantità prodotta - per stimo lare la produzione dei cereali; a disporre ammassi e controlli sulle produzioni; a fissare i prezzi delle derrate; a procedere al l'esproprio dei terreni i cui proprietari si dimostrassero recalcitranti ai programm i di intensificazione di determinate colture. La funzione dei trasporti - terrestri, marittimi ed aerei - in tempo di guerra, è fondamentale. Di qui la necessità di inte rventi statali considerevoli. Nel settore dei trasporti terrestri, tali interventi si concretano in misure che riducono al minimo il materiale per le necessità della vita civile, riservandolo, il più possibile, per i fin i di guerra - trasporti militari, approvvigionamenti, ecc .. el settore dei trasporti marillimi, gli interventi statali hanno maggiore consistenza: requisizioni di naviglio nazionale; disciplina di tutto il restante naviglio lasciato agli armatori privati; determinazione di noli calmierati; provvedimenti volti a provocare la costruzione di nuovo naviglio, del quale lo stato diviene armatore . Nel settore ae reo, benchè non se ne abbia una sufficiente esperienza nell'ultimo conflitto, alcune situazioni contingenti - alludiamo al ponte aereo di Berlino - hanno chiaramente dimostrato l'importanza decisiva che può avere in determinate circostanze, il trasporto aereo. (1 2 ) Anche in questo campo, perciò, non potranno mancare gli interventi statali; anzi, a differenza dei trasporti marittimi, potrebbe risultare addirittura indispensabile procedere alla requisizione di tulti gli aeroplani delle compagnie aeree. Da quanto abbiamo avuto modo di vedere, risulta evidente che nella guerra moderna non c'è più un settore della produzione rispetto al quale si possa dire: ques to settore è particolarmente necessario ai fini della guerra. Industria, agricoltura e trasporti, sono egualmente impegnati in un unico sforzo comune: la vittoria. 98. b) disciplinare i consumi - specie nel sellare alimentare - limiiandoli allo streuo indispensabile.

«Baswre a se stessi » è il noto imperativo del tempo di guerra che sintetizza tutta una polit ica di autarchia. Ora per comprendere quanto sia difficile poter attuare tale politica, basta osservare che per provvedere alle varie necessità belliche lo stato deve capovolgere tutta u na situazione di fatto, e cioè, incrementare la produzione, mentre questa tende a diminuire, qualitativamente e quantitativamente, a motivo: a) dell'esaurimento delle scorte e delle difficoltà o impossibilità di importare materie prime e sussidiarie; b) dell'impiego di mano d'opera meno efficiente - donne, giovani, anziani - o non sufficientemente specializzata; c) delle difficoltà di sostituire impianti e macchinari logori; d) delle distruzioni operate dall'arma aerea.

(" )

A special s1udy of opera1ion • Vi11/es», in «Avi a tion Opcrations», aprile 1949.

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In particolare, poi, nel seltorc dell'agricoìtura le forze della natura sono prevalenti; tuttavia, anche in questo campo la produzione tende a diminuire a causa: a) dell'assottigliarsi di scorte vive e morte - bestiame da ìavoro, macchine e attrezzi, concimi, ecc,; b) della scarsità delia mano d'opera maschile, in dipendenza dei richiami militari. e consegue che lo stato mentre da un lato - con tutta la serie di provvedimenti ai q uali abbiamo acccnnaLO - deve operare affinchè il livello generale della produzione venga accresciuto o sostenuto al pit'.1 a lto livello poss ibile, dal l'al tro ha bisogno di comprimere tutt i i consumi, allo scopo di riservare la maggior parte delìa produzione alle necessità di guerra. Ma la disciplina dei consumi risponde anche a particolari fina ìità, di c ui è opportuno far cenno: ( 13) a) lo stato di guerra e la maggior richiesta di taluni beni da parte delle autorità militari, provoca una rarefazione di merci s ul mercato nazionale più o meno accentuata a seconda deììe varie specie di merci. Per il consumo di tali ben i s'impone ovviamente una limitazione particolare; b) per ragioni di politica generale, il prezzo di aìcuni beni - generi di prima necessità - viene tenuto artificiosamente basso dalle autorità governative. Il ribasso - o il mancato aumento - dei prezzi di tali generi provocherebbe senza meno una estensione - o eviterebbe una restrizione - deiia domanda, in contrasto evidentissimo con la necessità della guerra; epperò s'impone una limitazione dei consumi; e) il controllo dei prezzi, per il fatto stesso che allevia ìa situazione di panicoìari categorie alle quali la congiuntura bellica si palesa sfavorevole, rende libera una certa qu antità di potere di acquisto nelìe mani di questi, ma più specialmente di a ltri individui ai quaìi invece la congiuntura beilica riesce propizia o meno contraria. Il potere di acquisto in tal modo reso ìibero presso taluni privati tende a riversarsi verso il consumo piuttosto che verso il risparmio. Quindi, presupposto affinchè il r isparmio possa affluire - volente o nolente - neile casse dell'Erario è la limitazione di tali consumi; d) lo scopo più importante delle limi tazioni dei consumi consiste, però, nella necessità di assicurare a tutti, in relazione aile disponibilità es is tenti, una razione minima, per i consumi fondamenta li, che si avvicina o coincide - neììa ipotesi estrema - con ii minimo fisiologico. (1 4 ) Circa i modi per attu are la limitazione sui consum i, si può ricorrere a: a) forme a utomatiche di alti prezzi, lasciando che il mercato si manifesti liberamente. Trattasi di una politica impopolare e discriminatrice di sacrifici, in quanto i ricchi continuerebbero ad approvvigionarsi di alcuni beni, mentre ne resterebbero esclusi gl i strati della popolazione a più bassi redditi;

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)

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G.

S T AMMATI, Calmieri, razicmamenti e controlli sulla produzione, pag. 27 e segg. op. cit.; B. Goto, Wartiine Economie Plan11ing, in «Agrico lt ure», New York-London 1949; E. Rou., Combined food Board: a Study i11 Warrime l ntema1imwl Planning, Stanford 1956; S. ENK E Contrvlli11g conswners in future wars, in quart, Journ . of ccon. nov . 1958. M. FANNO, Econo111ia e finanza di pace e di guerra, in «Problemi d i finama fasc ist.1», 1937.


b) forme indirette, fra cui il risparmio obbligatorio - il cosiddetto "risparmio di ferro" ai qua le fece ampio ricorso la Germania nel secondo conflit to mondiale, oppu re i "pagamenti differiti" dd progetto K EYNES per il fi. nanziamen to della guerra - ; l'inasprimento fiscale - specie con le imposte indirette s ui consumi - ; la poliLica dei redditi, tendente a bloccare i salari e le altre rimunerazioni dei fattori produttivi, per mantenere basso il po lere d i acquisto reale <lei r is pettivi possessori - in ispecie, salari, interessi e rendite -; e in fine l'espediente dell'inflazione, il più facile ad attuarsi, ma il più pericoloso per i riflessi su tutto il sistema economico, specie se assume dimens ioni notevoli, non più governabi li; e) forme dirette, come il razio namento, che pur provocando notevoli sprechi, tuttavia, si di mostra il mezzo p iù idoneo per iiveilare i sacrifici imposti alla massa della popolazione.

99. e) controllare l'andamento del mercato. Abbiamo già accennato alla funz ione del controllo dei prezzi nella disciplina dei consu mi. Completiamo ora il quadro delie finalità di tale controllo. A) Consent ire - solo per alcu ni ben i di prima necessità - una de terminata capacità di consu mo, su periore di quella conseguibile senza il controllo dei prezzi, aìie class i meno abbienti. La rarefazione di taluni beni sul mercato provoca un rialzo dei relativi prezzi con gravi conseguenze cli ordine sociale. Infatti, nella gara per p rocura rs i i beni cli cui hanno bisogno, i più ricchi riuscirebbero ad acquistarne quantità anche notevoli, escludendo dal mercato le categorie meno abbienti. Ne conseguirebbe una d istribuzione degli oneri della guerra, fra le varie categor ie di consumatori trop po diseguale. B) Limitare, per quanto possibile, il sorgere di redd iti di congiuntura i c.d. extra profitti di guerra. La dinamica dei prezzi crescenti provoca il sorgere d i redditi di congiuntura a favore di talune categorie - principalmente i fornitori dello stato che oltre ad essere pol iticamente e socialmente pericolosi, si palesano del tutto sproporzionati. S' impone, perciò, da parte dello stato u n controllo dei prezzi per limitare il formarsi di siffatti extra redditi, ricorrendo anche all'appl icazione di contratti del tipo "fixed cosi plus fee s" . C) Diminuire l'onere dello stato nella condotta del la guerra, consen tendogli di procurarsi le merci di c ui abbisogna a più favorcvo l i condizioni, e quin<li, in definitiva, a fare minore ricorso all'inflazione. Lo stato per procurarsi i mezzi d i pagamento degli alti prezzi delle «commesse» deve ricorrere a sempre più larghe emissioni d i cartamoneta, la quale, come è noto, provoca ulteriori rialzi di prezzi. Il controìlo dei prezzi, invece, permette d i contenere entro limiti non rilevanti l'emissione di carta moneta, nè la carta moneta, senza ulteriori aumen t i di emissione, tende a spingere i prezzi a rialzi notevoli. Da q uanto brevemente accennato, sembra opportuno che lo stato giunga ad una disciplina dei prezzi. Occorre però osservare che tale disciplina non signi fica arbitrio dei prezzi: essa deve essere attuata razionalmente, attraverso una disamina e il controllo accurato degli elementi di cosco.

315


L'uomo di governo intervenendo attivamente nella formazione del prezzo, non ha che due alternative: (1 5) a) o limitare e diciplinare i singoli elementi del costo di produzione, in modo che la ìoro somma non superi una determinata entità; b) ovvero si accolla la differenza tra costo e prezzo, mediante corresponsione di premi. Nell'uno o nell'altro caso, però, lo stato opera una semplice redistribuzione di redditi, spostando gli oneri della produzione da una categoria all'altra. Sorgono quindi dei limiti all'azione statale sui prezzi: essa è possibile, fi no a quando è possibile procedere a redistribuzioni di redditi senza provocare sul mercato squilibri più gravi di quel I i che si vogliono evitare. Sarebbe, ad esempio, inutile tenere bassi i prezzi di alcuni generi di prima necessità per difendere la capacità di acquisto delle categorie lavoratrici, se poi venissero ridotti i redditi di queste categorie mediante restrizioni salariali o maggiori oneri fiscali. Possiamo dunque concludere che il controllo dei prezzi, operando una redistribuzione di redditi, può forse, perequare gli oneri della guerra e renderli sopportabili a tutti, ma non potrà mai comprimere il costo di produzione. 100. d) regolare le importazioni e le esportazioni in funzione delle necessità della gue rra.

Lo scoppio delle ostilità comporta una modifica profonda alle correnti del traffico internazionale. Sarà opportuno chiarire i motivi di tale mutamento improvviso. A) Aumento del volume delìe importazioni. Le esigenze deìla guerra comportano la necessità di formulare maggiori richieste d'acquisto presso i mercati esteri: nè la compressione delle importazion i di beni per il consumo privato consente qualitativamente e quantitativamente una compensazione. B) Mutamento qualitat ivo, oltre che q uantitativo, delle importazioni . La condotta deìla guerra, oltre che accrescere il flusso delle importazioni, ne mod ifica profondamente le sue caratteristiche. In luogo di beni di consumo voluttuari o non indispensabili, si importano materie prime, sussidiarie, derrate, armi e mun izioni e , in genere, altri materiali indispensabil i per la guerra, carburanti e combustibili. C) ecessità cli trovare nuovi mercati in sostituzione di quell i di paesi divenu ti nemici. Tal e necessità è ovvia e comporta iì ricorso a mercati più lontani o meno vantaggiosi. Nel caso cli ricorso a mercati più lontani, si aggiungono altre difficoltà notevol i quali, ad esempio, il problema dei trasporti. D) Difficoità di pagamento delle importazioni. E' noto che ìe importazioni normalmente si pagano con le esportazioni. Ora, ìe contingenze della guerra fanno aumentare notevolmente le importazioni, mentre che le esportazioni si riducono di molto. Occorre, perciò, una grande disponibilità di oro o cli valuta pregiata per pagare l'eccedenza delle importazioni.

(

15 )

3 16

G.

$ TAMMAT1,

Calmieri, raziv 11amenti e co11 trolli sulla produ~ione, pag. 68 e segg .. op. ci t.


e consegue che lo s tato deve sostituirsi agli importatori privati, per regoìare, secondo le necessità dell a guerra, tutlo il flusso delle importazioni e delle esportazioni e i mezzi di pagamento. L'in tervento dello stato neì commercio internazionale si rende ad u nque indispensabile. Comunque, esso è facilitato da l fatto che, purtroppo, le complesse bardature istituite allo scoppio del primo confl itto mondjaie, non sono state ma i completamen te eliminate. 10 1. e) con/rollare la circolazione monetaria e la espansione del c redito, la formazione e l'impiego del riasparmio.

La pol itica monetaria ha una funzione di primaria importanza in tempo di guerra perchè attraverso un suo ben congegnato ritmo di espansione e di contrazione è possibile regolare il movimento dei beni reali, vale a di re la direzione del piano economico-finanziario di guerra. Il movimento degli affari durante una gue rra moderna è an alogo a q uello che si ve rifica neìia fase ascendente di una fluttuazione ciclica . La prospettiva di più aìti profitti, se non la stessa azione dello stato, spinge gli imprend itori ad una più decisa azione per l'ampliamento di quel settore della p rod u zione necessaria per la guerra. E poichè la cont razione nella produzione dei beni che non occorrono per la condotta della g uerra è in fe riore all'ampliamento della produzione dell'altra categoria d i beni, si avrà - come già notato - un'intensificazione neìl'atti vità degli impian ti, quindi un ampliamen10 degli stessi impianti esisten ti; e poi ancora, la forma zione di nuovi impianti e la costiluzione di nuove imprese. Ne consegue che i saggi di rimune razione dei fattori della produzio ne tendono ad elevarsi, segnando un'ascesa nei costi. Inoltre la sempre crescente domanda di beni occorrenti per ìa guerra da parte dello stato e il magg ior potere di acquisto di alcune categorie d'individui - dovuto appunto all' incremento delìe remunerazioni dei fa ttori della produzione - provoca un rialzo nei prezzi dei prodotti. Da Lutto c iò deriva che l'incremento nell'attività produttiva e iì reìativo movimento rialzista nei costi di produzione trova i necessari mezzi monetari nella maggior velocità d i circolazione degii stessi mezzi d i pagamento. Ta le c ircostanza, determina un ulteriore aumento di prezzi - dovuto questa voìta a cause monetarie. In un secondo stadio, con le più evidenti ed estese prospettive e poi reaìizzazion.i di maggiori saggi di rem unerazione dei fattori delia produzione - principalmen te i profitti - dovuti alla sempre crescente domanda di beni da parte dello stato, comporta la necessità d i un largo ricorso all'azione bancaria. Si estende così la circolazione d i c rediti sia a breve che a lunga scadenza, la formazione di depositi fittizi; si dilata la circolazione de i mezzi di pagamento e se ne aumenta ulteriormente la velocità. E così i prezzi che già mani[estavano una netta tendenza a ì rialzo, a causa dell'accresciuta domanda da parte delìo stato, subiscono un ulteriore, sensibile aumento per l'incremento di c ircolazione e di velocità dei mezzi di pagamento. Dal canto suo lo stato non riuscendo più a pagare gli alti prezzi delle «commesse» con le normali entrate finanziarie, ricorre a sempre più larghe emissioni di carta moneta, la qu ale, come è noto, provoca ulteriori rialzi di prezzi. Il fenomeno dell'inflazione si presenta così senza fine, come una spirale.

317


Tav.

I.

1.

PIANO

ECONOM ICO

DI

GUERRA

obiett ivi

fonti di ene rgia

livelli mi litari

previsioni

vi ncoli

cr iteri di scelta

altri sistem i

fabbisogno militare Organi di r ilevaz.

analisi fabbisog. civile

livelli politi ci

beni surrog.

alternative

costi

mezzi

finanziari

piano finanziario

analisi ma rginale


agr icoltura

industria

militari servizi

trasporti PIA1'1FICA-

consumi en 1 econ. di esccuz. del piano

ZJONE DI

GUERRA

civi li mercato nazionale

investim.

mercato es i ero

prezzi moneta valute estere banche credito risparmio


Occorre, perciò, vigilare e indirizzare l'espansione del movimento degli affari attraverso il controllo della moneta e del credito, appunto perchè, come notato, la conseguenza ultima di tale espansione può essere un'inflazione grave. Un'accurata politica b ancaria e credit izia volta a controllare la c ircolazione monetaria, l'espansione del credito e l'impiego del r isparmio, e.leve tendere a: a) frenare la tendenza delle banche a concedere p restiti con larghezza, mediante .im piego di valuta bancaria - chéques, cambiali; b) provocare u n largo fl usso di risparmio, evitando che gli accresciuti redditi monetari vengano destinati al consumo; c) avviare iì risparmio - volente o nolente - verso le casse dell'Erario. Solo in tal modo si riesce a «chiudere » il circuito di capital i ( 16 ) e l'eccedenza di carta moneta - quando l'inflazione sia generica - non provoca sensibili, continui aumenti di prezzi. Ma l'uomo di governo non può limitare la sua azione a contenere ii potere d'acquisto della moneta su l mercato interno - prezzi interni - ; per esso si pone anche il problema della stabilità del potere d'acquisto della moneta in termini di oro, nonchè di divise e d i merci di a lt r i paesi. La difesa del potere d'acquisto della moneta all'esterno, è possibile mediante: A) La d isc ipl ina del commercio estero. Taìe disciplina si attu a: a) creando appositi organi per regolare gli scambi con l'estero; b) stabilendo, a seconda dei casi, licen ze, con/ingenti, divieti e monopoli; c) tutto ciò in aggiunta a i dazi doganali, spesse volte elevatissimi. B) La d isciplina del controlìo dei camb i. In tempo di guerra si rende necessario il cont ro ìl o totale dei cam bi. Tale controllo s i attua mediante: a) la cessione o bbligatoria allo stato dei crediti e titoli esteri; b) ìa cessione parimenti o bbligatoria delle divise al camb io ufficia le; c) i controlli o il monopolio per l'acquisto dell'oro grezzo a ll'interno e all'estero; d) la d isponibilità, da parte dello stato, della riserva aurea o assimila.la; e) le operazioni sui mercato aperto. Le borse di norm a vengono chiuse e sostituite con a ltri organ i governativi. C) La disciplina del controllo de i prezzi. Su tale ordine di controllo abbiamo g ià discorso in p recedenza, epperò non occorre ripeterci . D) La d iscipl ina dell'organizzazione bancaria. Tale disciplina s i ottiene : a) stabilendo u na divisione del lavoro bancario - credito a b1'.eve, a medio e a lungo termine; commerciaie, mobil iare, agrario, fondiario-; b) regolando ia concessione dei credito e sottopone ndola al controllo delia banca centrale; c) eliminando la possibilità di speculazioni; d) ed ucando il risparmio, affinchè affluisca verso organism i san i, anche se meno remunerativi . Giova comunq ue avverti re - e c iò sarà chiarito in seguito - che tali mis u re deb bono essere coordinate e armonizzate fra i vari paesi appartenenti al gruppo beìl igerante.

( 16)

Per la nozione d i «ci rcu ito di capitale», cfr.: G.

BoRGATTA,

La finan:a della guerra e del dopo-

guerra, pag. 603 e scgg., Akssandria 1946 t' post par. 114.

320


102. Struttura della pianificazione economica di guerra.

La tav. I.I rappresenta un organigramma della pianificazione economica di guerra, in cui sono indicate le diverse attività oggetto dei paragrafi precedenti, nonchè gli enti economici specializzati che costituiscono l'elemento portante o esecutivo della pianificazione stessa. Non sarà inutile qualche chiarimento su tale organigramma. Autorità. E' costituita dall'organo cui è devoluta l'alta direzione della formulazione ed esecuzione del piano. Al vertice ci sarà un ministro o meglio un comitato di ministri - componente politica - esperti economici e finanziari - componente economica - e militari - componente militare - . Organi e enti di statistica, ricerca e previsione. Costituiscono il supporto formativo del piano. Notiamo a titolo esemplificativo che potrebbe trattarsi di un ufficio centrale di statistica del paese, di una commissione suprema di difesa, di un commissariato per le fabbricazioni di guerra, di una commissione centrale per gli approvvigionamenti dall'estero, di una commissione per l'approvvigionamento dei comb ustibili solidi e liquidi e per l'energia, di un commissariato per l'alimentazione delle forze armate e della popolazione civile, di un ente centrale per le ricerche, ecc -. In particolare, sono questi gli organi che debbono procedere all'inventario economico del paese; alla determinazione del fabbisogno per il fronte, per i settori produttivi e per la popolazione - ricercando beni succedanei e surrogati ed esaminando le possibilità di approvviggionamenti sui mercati esteri - ; alla proiezione delle previsioni nel futuro, tenendo presente le incognite fondamentali della guerra - estensione e durata del conflitto. Organi analitici. Gli analisti dei sistemi, sulla base delle previsioni e degli obiettivi da conseguire, dei vincoli, delle a lternative, dei costi e dei mezzi finanziari d i cui si può disporre, procedono alla costruzione dei modelli di decisione e alla loro verifica. Formulazione del piano. Gli organi tecnico-economici in base agli elementi e a lle informazioni pervenute, nonchè dei modelli di decisione costruiti dagli analisti dei sistemi, procedono alla formazione del piano, distintamente per settori economici, procedendo, altresì, alla pianificazione dei consumi e degli investimenti - compreso il credito e il risparmio - e alla determinazione dei prezzi di alcun i "beni chiave" - calmieri e tesseramenti - , nonchè al finanziamento del costo della guerra sulla base del piano di finanziamento. Enti di esecuzione del piano. Gli enti di esecuzione del piano, insieme ai dicasteri competenti, provvedono alla materiale esecuzione del piano stesso, anche attraverso proprie diramazioni territoriali. Con1rollo del piano. Implica una normale attività di "feed-back". 103. Più vantaggiosa si presenta la situazione degli stati di. tipo colleLLivisLa a motivo della pianificazione, sia della produzione sia del consumo, da essi a1tuata fin dal tempo di pace.

L'estensione del piano che abbiamo delineato ai paragrafi precedenti, mostra quanto ne risulti complessa la predisposizione, l'attuazione e la revisione - ogni qualvolta l'evolversi degli eventi lo richiedano. Tale politica di piano riesce più facile agli stati di tipo collettivista, per il fatto che essi seguono una economia pianificata fin dal tempo di pace.

321


Il comunismo nell a cosiddetta "fase imperfetta" in cui ciascuno ha secondo il suo lavoro, è il tipo di economia nel quale un'autorità centrale: a) dispone dei fattori produuivi, che per tal modo vengono sottratti al mercato; b) produce beni secondo un piano che ne prestabilisce le quantità e le carat !eristiche; c) regola il consumo, assegnando a c iascun cittadino lavoratore un compito, remunerato con la dotazione anzidetta. Epperò - nota il PAPI - prima caratteristica di questo sistema è che la direzione e la condotta di turta l'attività produ.lliva e distributiva si trovano nelle mani dell'autorità cen trale. l gestori di singole aziende d iventano puri esecutori di ordini. Seconda caraueristica, poi, è che i bisogni degl i individui sono tenuti presenti - secondo serie uniformi - soltanto quando si formula il piano. (17 ) Ne consegue che un'economi a di tipo collettivista pur non ri s ultando, nel suo insieme, idonea a combinare i fattori della produ:t.ione nel modo più economico, nel particolare aspello dell'economia di guerra si dimostra più vantaggiosa, perchè il «piano» già esiste fin dal tempo di pace, come fin dai tem po di pace esistono tutti gli organi e l'attrezzatura per attuarlo. Cosicchè Io stato collettivista può dare - al momento ritenuto più opportuno - l'indirizzo che ritiene più conveniente alla prodw:.ione, senz'altro scomodo che quello di dare gli ordini opportuni ai gestori delle rnrie aziende governative; come pure può regolare i consumi senza nulla alterare del precedente meccanismo. Al contrario in un'econom ia di mercato è preponderante la libera iniziativa dell'indi\'iduo e gli inten·enti statali sono limitati a particolari settori. E poichè la mobilitazìone economica del paese - condicio si11e qua non in una guerra moderna - postula un vasto spiegamento d'interventi statali tra loro coordinati in un «piano», allo scoppio delìe ostili tà, in u n'economia d i mercato, si avrà un doppio ordine di difficoltà da superare: a) difficoltà preliminari dovute alla preventiva trasformazione del sistema economico; b) difficoltà dovute a lle necessarie trasformazioni nell'indirizzo dell'attività produttiva conseguenti alìc modificazioni di consumo imposte dalla guerra. Da tutt.o ciò si desume che, almeno in un primo momento, è più facile attuare un'economia di guerra ai paesi a tipo collettivista che non ai paesi ad economia di mercato. I 04. / «pia11i » nel quadro degli «aiuti reciproci» fra allea1i. Pres1i1i interalleati: la «legge affitti e prestiti», il Patto A1lantico. La sempre maggiore interdipendenza dei sistemi economici dei diversi paesi, la formazione di blocchi politici di organizzazioni economiche regionali

( 17 )

322

G. U. PAPI, Se/temi recenti di comunismo e socialis1110, in «Giorn. eco,, .•• nov.-dic. 1930; Ancora sul/'a11endibili1à degli ~cliemi sociali,11, in «Ri v. inl. ec. soc.», gennaio 1942; Principi di economia politiCll, voi. I, pag. 394 e segg.. op. cit. F. FORTE• '.lanuale . di po/1t1cu economica, Torino 1970, voi. 1. cap. 5 Vedasi anche E. 8ARONF, // ministro della produ:ione i11 11110 Stato colle111vis1a, in •Giorn. ec. • 1908, ripubblkalo nell e «Ope re economiche », Bologn:i 1936. voi. 1, pag. 229 e segg.


e di organismi supernazionaìi, hanno creato i motivi di una programmazione a più vasto raggio territoriaìe proiettata verso obiettivi internazionaìi. Inoltre ie distruzioni di redditi e di patrimoni operate da una guerra moderna sono di tale entità che quasi nessun paese è più in condizioni di risolvere da sè i problemi economici e finanziari della guerra. Si rende così indispensabile, accanto alla mobilitazione totale delle risorse del singolo paese - mobilitazione in senso verticale - una mobilitazione in senso orizzontale - coordinata e pianificata - nell'ambito dei gruppo dei paesi alleati . Epperò, accanto a l «piano» nazionale deìla mobilitazione di tutte ie risorse del paese, avremo, il «piano» del gruppo degli «alleat i» - come categoria di piano internazionale - volto a sospingere ciascun paese verso determinate produzioni, a ripartirle secondo le necessità - mil itari e c ivili - di ognuno e a ricercare i mezzi monetari per finanziare la guerra. Un esempio di collaborazione fra aìleati nel campo economico e finanziario l'abbiamo avuto fin dal primo conflitto mondiale. Ingenti forniture di merci vennero concesse a credito dagli Stati Uniti agli alleati europei, come pure dei prestiti in moneta, debitamente rateizzati a guerra finita . ( 18 ) Altro esempio di collaborazione finanziaria fra alieati, fu l' invio deìl'oro dei rispettivi istituti di emissione in Inghilterra, per darle modo di sostenere il corso della sterlina, corso che - per quanto riguardava gli acquisti fuori Europa - interessava anche gìi alleati. ( 19) Neì secondo conflitto mondiale, poi, si è avuta una più larga collaborazione fra alleati a mezzo deiìa legge affitti e prestiti (20 ) che ha permesso ai singoli alleati - massime ì'lnghilterra - d i rice\1ere i beni di cui abbisognavano - navi , aeroplani, armi, munizioni, a u tomezzi, viveri, vestiario, carburanti, ecc. - senza alcun esborso di mon eta, oppure di prestiti in moneta a ìunga scadenza di cui avevano bisogno. Limitando l'accenno agli effelli di tale legge in Ingh ilterra, devesi osservare che in conseguenza dell'approvazione della «legge affitti e prestiti» i deflussi di oro potettero pressochè annullarsi proprio quando le riserve auree inglesi erano prossime al loro esaurimento. Inoltre, dato il congegno deìla «legge affitti e pres titi», fu possibile in forza di tale legge non includere neìla cifra deìle spese statali, il valore delle merci ricevute sem.a corrispettivo. Conseguentemente si rese possibile mantenere il totale delìe spese pubbliche inglesi al di sotto del livel lo che altrimenti avrebbero raggiunto. . Con la stipuiazione del cosiddetto «Patto Atlantico» firmato a Washington il 4 aprile 1949, l'aiu to reciproco che i paesi membri si presteranno in caso di necessità, richiede la pianificazione delle risorse che ciascun paese

( 18) ( 19 )

('0 )

F. W. TAUSSJG, ln1erna1ional Trade, New York 1927, pag. 316. L'l1alia mandò a Londra per conto suo, 400 milioni di oro, prelevandolo dalle proprie banche centrali . «Lease an d Lcnd Act: An act to promote the Defense of thc U.S.A. (Public Law I 1-17 Congress I I mar. 1941, Chapter li. 15' Session l·LA.R. 1776, Scct ion 3, 6). The lerms and cond itions upon whid1 any such forcing govcrnment rece ives any a id a u1horised undcr subsect ion (a) shall be thosc w hich t he Presidenl deems sa i isfoctory and the benefit to the U .S. may be paycmcn t or repayrno;,m in kind or propeny, or any othe r direct or indirec t bencfit, wh ic h che Presiden t deems sat isfactory. Cfr. E. R. STETTTN!US j r., Lend-Lease weapon for victory, New York 1944.

323


può mettere in comune, cosicchè si giunge, oltre che all'unificazione del comando militare, alla preparazione comune e al coordinamento dei piani militari di difesa, anche all'apprestamento «d'infrastrutture comuni » finanziate con fondi internazionali, per tutta l'estensione dell'area della Comunità Atlantica. Inoltre, in caso di conflitto, si arriverà al coacervo di tutte le risorse economiche dei paesi membri, dando origine ad un «pool of resources» nell'interesse comune. Tutto ciò comporterà una più estesa «pianificazione economica internazionale» entro la quale dovranno articolarsi le pianificazioni nazionali dei singoli paesi membri.

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CAPITOLO II IL PROCESSO PRODUTTIVO DELLO STRUMENTO MILITARE DI GUERRA

105. Concetti preliminari. 106. Fonte dei fattori produttivi da investire in produzioni di guerra. 107. La nozione di costo d'i una guerra.



I05 . Concetti preliminari

Abbiamo notato più voìte che ìa difesa nazionale implica un processo produttivo in cui, combinando infrastrutture, sistemi di arma, personale e organizzazione, si reaìizza lo strumento militare che ha un carattere di strumentalità in tempo di pace, mentre, in caso di guerra, d iviene un bene di consumo c he deve essere continuamente reintegrato. Tullo ciò porta a considerare la guerra, sotto il profilo economico, come un grandioso processo di produzione e di consumo: d i consumo dello strumento militare dovuto al suo impiego beilico e alle distruzioni inflitte dalle forze nemiche, nonchè alle distruzioni delìa struttura economica del paese, operate specialmente dall'offesa aerea avversaria; di produzione per aiimentare lo strumen to miiitare, per ricostruirlo a mano a mano che si consuma a causa dell'impiego e per reintegrarlo delle perdite prodotte dal nemico. Ii processo produttivo, inoìtre, deve ricostitu ire ì'apparato economico del paese, riparando, altresì , le distruzioni belliche; deve, infine, provvedere ai bisogni deììa popolazione civile. Siffatto processo produttivo implica il problema, a ltrettanto complesso. del relativo finanziamento. Consegue che, così come avv iene in periodo di riarmo, anche d u rante il periodo cli guerra, lo stato viene a trovars i di fronte ad u n duplice ordine di prob lemi : uno cli carattere economico e l'altro finanziario. L'analis i del primo ordine cli problemi verrà affron tata in questo capitolo, quella di ordine finanziario nel successivo.

106. Fonte dei fattori di produzione da investire in produzioni di guerra. Risolvendosi tutta l'economia d i guerra in un processo, dapprima di integrazione e subito dopo di trasformazione delìe attività economiche di pace del paese, sorge la necessità di ricercare i necessari fattori di produzione per operare trasformazioni e sostituzion i, fra cui principalmen te iì ìavoro e iì capitaìe. Per ciò che concerne il lavoro, si presentano immediatamente, grosse difficoìtà: a fronte dell'aumento della domanda cli manodopera sta la domanda di uomini per ì'armata. Se iì paese non ha ancora raggiunto il ìiveììo di piena occupazione, i disoccupati possono alimentare il maggior fabbisogno di uomini sia per il fronte, sia per le officine, ma tale fonte f inisce con l' inarid irsi presto, perchè specie il ricambio per il fronte ne richiederà l' im piego totale. E' noto, infatti, che in periodo cli guerra il fenomeno della disoccupazione sparisce. Non resta allora che il ricorso ad anziani, donne e adolescenti, per il cui imp iego vengono sospese tutte le limitazioni poste dalla legislazione sociale. Ma trattasi di un impiego surrogato, il cui rendimento è sensibilmente più basso, con ìa conseguenza che diminuisce la produttività e con essa la produzione, proprio nel momento in cu i dovrebbe aumentare per fronteggiare i maggiori consumi beilici. C'è poi il problema deììa specializzazione. I sistemi cli arma moderni implicano processi produttivi specializzati, con la conseguenza che gran parte delle maestranze deve possedere un grado di conoscenze tecniche non acquisibili in tempi brevi. Ciò crea gravi problemi che possono risolversi prevedendo l'esonero dal servizio militare degli elementi indispensabiìi per alcune produzioni, aprendone, però, un a ltro per l'armata che deve contare sul regolare ricambio di uomini.

327


Anche rispetto al capitale, i problemi da risolvere sono numerosi e complessi. C'è, innanzi tutto, il problema di nuovi massicci investimenti, p er i quali, laddove non esistano risparmi sufficienti, non resta che il ricorso alle economie dei cittadini e le restrizioni sui consumi. Le restrizioni sui consumi e la tendenza ascenzionale delle remunerazioni dei fattori di produzione - in ispecie i profitti e i salari - dovuta al trend in aumento dei prezzi, favoriscono la formazione di nuovo risparmio, che, peraltro, può essere rafforzata mediante apposite norme volte a vincolare una quota delle remunerazioni di alcuni fattori di produzione - salari, interessi, profitti -. Ma perchè il risparmio si trasform i in investimenti, occorre la disponibilità di materie prime, fonti di energia e beni strumentali diversi, di cui non sempre un paese dispone. In tal caso la produzione del fabbisogno d i guerra e per il sostentamento della popolazione civile ne risente sfavorevolmente, stante le difficoltà frapposte alle importazioni, anche se esistono sufficienti possibilità di finanziamento e disponibilità di valuta. E' noto, infatt i, che lo scoppio delle ostilità provoca la rottura, parziale o totale, delle correnti di traffico internazionale: s'interrompono quelle con i paesi nemici e s i modificano profondamente quelle con i paesi neutrali, s ia perchè tali paesi lesinano le esportazioni, in quanto sperano di vendere in seguito a prezzi maggiori, oppure perchè temono di essere più tardi trascinati nel conflitto; sia perchè, in tempo di guerra, le esportazioni assumono u n aspetto politico, perchè la disponibilità di certe materie prime o di certi prodotti chiave o di a lcune fonti di energia - si pensi al petrolio - possono essere risolutive di un conflitto. A tali difficoltà, altre se ne aggiungono, come ad esempio, quella dei trasporti, anche perchè può accadere che a mercati vicin i si debbono sostituire mercati più lontani. Ciò precisato in via preliminare, dobbiamo ora procedere ad un'indagine di secondo approccio. Abbiamo più volte affermato che l'economia di guerra implica un processo di trasformazione e di sostituzione delle attività economiche del paese. Dobbiamo ora ricercare gli ostacoli e i vincoli di tali trasformazioni e sostituzioni. Una siffatta indagine venne avviata da PANTALEONJ (1) e da Prcou (2), derivan dola da RTCARDO (3) che aveva già osservato che ritirare un capitale fisso dall'industria in cui si trova impegnato è più difficile che ritirare un capitale circolante. In ogni caso, un tale trasferimen to comporta - come ebbe ad osservare SAY (4 ) - un costo che può essere anche rilevante. Ma altri ostacoli si possono frapporre alla desiderata tr asformazione: occorre considerare il grado di fungibili tà per utilizzazioni a fini bellici. Ad esempio, uno stabilimento che produce trattori agricoli può riconvert irsi in u no stabilimento per la produzione di veicoli da trasporto protetti con modifiche di poco rilievo.

(')

(2) (3)

(4)

328

PANTALEONI, Tra le incognite, Bari 1917, pag. 17 A. C. P1cou, Politica/ economy of war, London 1921 D. R1CAROO, Principi, op. cit. cap. XIX. In effett i il processo di trasformazione è visto da R1CAROO in funzione degli scambi iniernazio· nali. J. B. SAY, Trauato di economia politica, 1rad. it. Torino 1854; Corso comple10 di economia pO· licica, t rad. it. Torino 1855

M.


Se, invece, non sono fungibili, potranno essere, tutt'al più utilizzati per produzioni belliche, gli apparati motori e i macchinari di impiego generale torni, fresatrici, rettificatrici ed altri macchinari da banco - restando inutilizzata tutta la restante attrezzatura, da considerare senz'altro perduta. Devesi osservare, inoltre, che le trasformazioni -implicano un certo tempo, come pure occorre un tempo più o meno lungo per la riqualificazione delle maestranze e dei tecnici. E' da rilevare, infine, che le trasformazioni non comportano mai soltanto trasferimento di fattori produttivi, ma più propriamente nuove combinazioni di tali fattori che implicano produttività e costi diversi. Per quanto riguarda i processi di sostituzione, tali processi potranno avvenire sia per fattori globalmente considerati - ad esempio, macchine in luogo di lavoro - sia per coefficienti di produzione, sia, infine, per la sostituzione della produzione di un prodotto con un altro. Nei primi due casi esiste u n margine di sostituibilità di un fattore di produzione o del coefficiente di produzione di un dato fattore, epperò è possibile proseguire una certa produzione, sia pure con costi diversi; nel terzo caso, invece, per la sopraggiunta indisponibilità o per insufficienza di alcuni fattori limitazionali, non è più possibile produrre un determinato prodotto. In tal caso, il processo di sostituzione opera nel senso di succedaneità e cioè producendo un bene surrogato del bene principale, la cui produzione viene sospesa. Il ricorso a beni surrogati - strumentali e di consumo - è frequente in tempo di guerra, perchè, specie per fronteggiare i bisogni della popolazione civile, esiste un'ampia possibilità tecnica d'impiego di sur rogati, anche se essi presentano minore efficienza o utilità. Un limite a l loro ricorso è però dato dai loro costi economici: spesse volte l'impiego di un bene surrogato in un processo produttivo implica maggiori costi di produzione, come pure la produzione di un bene surrogato può venire a costare di più dei bene principale che deve essere riservata soltanto al fabbisogno dell'armata. All'impiego di surrogati è connesso il problema dell'utilizzazione di beni extramarginali a causa della loro scarsa efficienza tecnica o del loro costo econom ico. Le necessità della guerra finiscono per riproporre materie prime, fonti d i energia e certe colture precedentemente abbandonate a causa dei loro scarso ren dimento tecnico-economico, perchè ia guerra cost ringe a deviare dallo schema usuale di impiego dei mezzi più economici, pur restando operante la necessità di r ispettare il principio di economici1à che, però, deve intendersi conseguito anche quando si sceglie l'alternativa meno svantaggiosa di quelle " meno economiche". Devesi, comunque, osservare che processi di sostituzione e surrogati costituiscono un sostegno nell'economia di guerra, ma non incondizionatamente, perchè incontrano ostacoli temporali, tecnici ed economici, che finiscono per porre limiti invalicabili . Ciò porta a concludere che i paesi che non dispongono di grandi quantità di materie prime essenziali, di sufficienti fonti di energia e di attrezzature adeguate, ben difficilmente possono fronteggiare, per un lungo periodo, il processo produttivo del fabbisogno bell ico di una guerra moderna. · I 07. La nozione di costo di una guerra.

Del costo di una guerra non si sono troppo occupati gli scritti pur copiosi,

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suìl'economia belìica (5), anche perchè non è agevole discorrerne con chiarezza. Ii fenomeno della guerra, è stato osservato, può essere inteso come un grandioso processo di produzione e di consumo, in cui i costi hanno un ruolo preminente. Ma d i quali costi si deve tener conto? li costo in senso assoluto, è l'aspetto negativo di una produzione o più semplicemente di un'attività: è il sacrificio o la rinuncia che si deve sopportare per conseguire un dato risultato. Il costo di una guerra in senso assoìuto, è du nque il complesso dei sacrifici e delìe rinuncie alle qual i deve sottopors i il paese per condurre ìe operazioni beliiche e tutte le altre att ività d i supporto a tali operazioni . Ma è possibile determinare un costo siffatto? E' possibile esprimere, in term ini economici, le perd ite d i vite umane, le minorazioni, ìe mutilazioni, le sofferenze, le privazioni, le ripercussioni sull'efficienza fisica e psichica anche cli generazioni future? E che dire dei danni irreparabili ai beni artist ici e culturali? Perdi te gravissime ed ingenti che lasciano segn i che non si canee! lano, ma che non è possibile valutare; epperò anche la nozione di costo generale deììa guerra deve essere necessariamente ristretta, limitandola al confronto della ricchezza nazionale prima e dopo la guerra (6 ) . In pratica, però, è possibile stabilire solo approssimativ amente un costo siffatto. Sembra pertanto più opportuno limitare il concetto d i costo di una guerra alle sole conseguenze economiche - costo economico - . Si escludono quindi le perdi te in vite umane, le perdite per minorata efficienza dei superstiti, ìe conseguenze che un confl itto di popol i, nelle manifestazioni più varie, può infliggere al sistema nervoso, specialmente delìe generazioni concepite e messe al mondo lungo la durata di esso. La guerra, e, qualche volta, anche la semplice preparaz.ione alla guerra, scardina l'edificio nazionale, costruito, a volte, attraverso lunghe serie di anni; sposta popolazioni di luogo e d'impi ego, modifica produzioni, trasforma lavorazioni, sconvolge correnti di traffico interno ed internazionale. Ne consegue che il costo economico è rappresen tato dai sacrificio che un paese sopporta tanto per la p1·eparazione della guerra, quanto du rante il confl it to. Tale sacrificio è costituito dai complesso: (7) a) di beni e di servizi, di persone e di cose a cui iì paese avrà dovuto rinunciare a cagione e per la durata della prepai-azione e del conflitto; b) di beni non prodott i in conseguenza deìla sottrazione deììa mano d'opera, o fabbricati in misura ridotta; c) di correnti di traffico venute meno, oppure avviate verso mercati p iù lontani o meno vantaggiosi; d) d i tutt i i dann i derivanti da fattori produttivi non utilizzati o solo pa,-zialmente utiìizzat i; e) <lei ricorso a categorie di fattori produttivi meno redditizie, ad esempio iì ìavoro cle ilc donne e dei fanciull i.

(')

G. B o1<Gr,rTA. Co11s1111w bellico e ricos1i1u~im1(' del capitai<' 11d dopoguerra, in Giorn. c'con. luglio 194 1; A . CAO IA11. il fi11a11ziame1110 di 1111a gralllle .~unra, Torino 194 1; G. U. PAPI, e /i· /la11ziame1110 di ,ma grande guerra, in Giorn. econ. luglio-agosto 1942, op. <.: il.; E. F. D11RRI'- . /-low IV par /or 1he war, Lon don 1939; J. M. K EYNES. No11· to pay {or the ,rnr, Lon don 1940. P. J AN,'<ACC'ONF.. La ricche~~a 11a:io11ale e il cost<> eco11omico della guerra, in Riforma soc i aie, To rino 19 19 O. FASJTINI , Politica eco11omica e fi11a,1:iaria, o p. dc. pag. 687

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16 ) (7)

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Uno studio approfondito d i tali conseguenze, d'abitudine trascurato, sboccherebbe a stabi ìi re l'entità del costo in valori elevatissimi . Altra nozione di costo di u na grande guerra è quella dei costo finanziario che è dato dal complesso delle somme in moneta spese per gli scopi bellici . Questa espressione di costo, benchè più fac ilmente misurabile, non r app resenta l'effe11ivo onere sostenuto dai paese. Al riguardo basta notare che lo stato: a) arruo la gli uomini di cui ha bisogno senza compensare adeguatamente la loro pn:stazione o senza pagarli affatto; b) si procura alcuni beni coattivamente, pagandoli a p rezzi di imperio o non pagandoli addirittura; e) altera i'equil ibrio economico dei prezzi e dei costi attraverso ì'emissione d i carta moneta.

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CAPITOLO III IL FINANZIAMENTO DI UNA GRANDE GUERRA

108. Concetti preliminari. 109. Mezzi ordinari: minori spese, maggiori tributi. 110. Mezzi straordinari: a) imposta straordinaria sul patrimonio e imposta sui sovraprofitti. 111. b) prestiti pubblici. 112. c) prestiti dall'estero. 113. d) l'espediente dell'inflazione. 114. Possibilità di alternative all'inflazione. 115. Limite alla finanza straordinaria.



I 08. Concetti preliminari In più occasioni c i siamo soffermati suìla scarsità dei mezzi rispetto a i fini elett i, scarsità che tocca tanto il singolo, che si elegge fini individuali, quanto J'.uomo di governo che deve realizzare i fini eletti dalla collettività. Abbiamo anche r ilevato che l'attività dello stato volta a ricercare i mezzi necessari a i conseguimento dei fini eletti e, u na volta conseguitili, a spenderli - la cosiddetta attività finanziaria - è economica stante la scars ità dei mezzi disponibili. Consegue che ìa ricerca dei mezzi necessari a ììa condotta deila guerra e la loro spendita - finanza di guerra - non è che un particolare aspetto - in d ipen denza dell'elezione del "fine guerra" - del problema fi nanziario generale che l'attività sta tale è ch iamata a fronteggia re, epp erò è anch'esso economico. Osserva ARENA (1) che la finanza di g uerra è il caso ti p ico di finanza straordincaia, in quanto provvede i mezzi occorren t i agl i e nti pubbìici per il raggiung imento di un fine essenzialmente non ricorren te, di importanza eccezionale: che determina variazioni profonde delle forze dell'equilib rio, una totale mobilitazione delìe r isorse d i un paese e, infine, ne incide la sostanza patrimoniale. Fin da i temp i più antichi, per siffatte necessità venivano costituite apposite riserve denominate tesoro di guerra. Tale istituto è oggi superato, perchè il costo di u na guerra moderna è così elevato che non c'è riserva che possa finanziarlo . Devesi tuttavia osservare che le riserve auree e in valute pregiate presso gli istituti di emissione svolgono anche la funzione di tesoro di guerra, pur non essendo assol u tamen te s ufficienti allo scopo. Consegue che la finanza d i guerra deve predi spo rre u n piano finanziario d i guerra che metta a disposizione del piano economico i mezzi monetari necessari per la realizzazione di quest'ultimo. In partico.ìare nella finanza di gu erra, il piano finanz iario deve: (2) a) ass icurare aJl'Erario i mezzi monetari necessari per la condotta del piano s tatale d i g uerra; b) cost r ingere i privati ad una contrazione dei consumi in dipendenza degli accresciuti consumi dello stato; e) guidare il risparmio verso gli investimenti più confacenti alle necessità belìiche, accoppiando ai controlli già esisten ti - disciplina della prod uzione, disciplina della fu nzione creditizia - lo stimolo di inasprimenti o, per converso, di agevolazioni fiscali; d) eliminare le ren d ite e i gu adagni di congiuntura; e) assic u rare u n'eq u a ripartizione degli oneri derivanti dalla guer ra. Ciò significa che il piano finanziario di guerra va inteso come raccolta di mezzi monetari e come mo bilitazione delle capacità produttive . I 09. Mezzi ordinari: minori spese, maggiori tributi.

All'uomo di governo, sul qu ale ricade il g ravoso compito d i ricercare i mezzi per finanzia re la guerra, è dato, innanzi tutto, di agire attraverso minori spese e maggiori tributi, impiegando l'organismo dei tributi ordinari.

(1)

C.

ARENA,

f)

G.

ST,\MMATJ,

Finan za pubblica, op. cii. voi. li, pag. 560 Aspetti dell'eco/10111ia di guerra, pag. 114, o p. ci i.

335


In un'economia di guerra, le spese per servizi pubblici non direttamente o indirettamente interessanti la difesa, subiscono falcidie . Ma trattasi quasi sempre di poca cosa, in quanto non è agevole poter erogare minori spese in servizi pubblici, sia perchè in tempo di guerra, sono pochi i servizi pubblici che non abbiano attinenza con la difesa, sia perchè, generalmente, minori spese, implicano, in definitiva, minori introiti per l'Erario. Più proficuo si dimostra il ricorso a maggiori tributi, sia inasprendo i vecchi - con maggiori aliquote o con più severi accertamenti - che istituendone dei nuovi. Attraverso le imposte lo stato, oltre che procurarsi una parte dei mezzi monetari di cui abbisogna, può: a) espropriare in tutto o in parte, ingiustificati guadagni di congiu ntura; b) scoraggiare l'afflusso dei risparmi verso determinati investimenti industriali, avviandoli, invece, verso le casse dell' Erario sotto forma di titoli del debito pubblico; e) ridurre il potere di acquisto dei fattori della produzione e quindi ìimitare i consu mi. In ogni caso, il problema della ripartizione del carico fiscale è affidato all'organismo tributario (3). Giova, comunque, osservare che non è possibile coprire, con le sole imposte, l' intero ammontare delle spese d i una guerra moderna, anche se la tassazione venga sospinta ad altezze considerevoli. Inoltre, all'insufficienza del gettito - resa più grave dalle forze di attrito, nonchè dal grado di maggiore o minore prontezza e di intensità dei tributi stessi - si aggiungerebbe anche il pericolo di una sperequata ripartizione del carico tributario. (4 ) 110. Mezzi straordinari: a) imposta straordinaria sul patrimonio e imposta sui sovraprofitti.

Prima di trattare l'imposta straordinaria sul patrimonio,,osserviamo che secondo alcuni autori, una prima fase della finanza straordinaria si realizza con un inasprimento massimo e generale della pressione fiscale, attraverso un aumento delle aliquote delle imposte esisten ti, una progressività più accentuata delle aliquote, più severi accertamenti, eliminazione d i agevolazioni fiscali e di minimi esenti, estensione dell' imposizione ai consumi. In una seconda fase si procede alla istituzione d i un'imposta straordinaria sul patrimonio che dovrebbe fornire i mezzi per pagare il consumo, oltrechè del reddito, di una quota del patrimonio nazionale, quando il reddito non è sufficiente a provvedere al consumo totale, privato o pubblico, del periodo bellico. (5) L'imposta straordinaria sul patrimonio si presenta perciò come l'estensione logica delìe imposte s ul reddito. maggiorate fino al possibile. Devesi comunque osservare che l'abile imprenditore preferirà sempre l'imposta straordinaria sul reddito ad un'imposta straordinaria sul patrimonio. La prima può solo scalzare chi è meno abile nel condurre un'azienda, obbligandolo a liquidarla e ad investire il risparmio magari in titoli del debito pubblico.

(3) (')

A. DE Vm DE MARCO, Principi di economia finanziaria, pag. 180, Torino 1939. G. U. PAPI, Costo e finanziamelo di una grande guerra, in «G iorn. ec.•, lugl io-agosto 1942. o p.

(S)

c it. G. BoRGATTA, la finanza della guerra e del dopoguerra, pag. 420 e segg., o p . cit.

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La seconda obbliga sempre l'imprenditore, fosse anche il più accorto, a restringere le dimensioni della propria azienda, che poteva, mettiamo, segnare un optimum e a rendere perciò molto meno proficuo l'investimento dei fattori. (6 ) In ogni caso, limiti perentori si pongono all'agire della finanza straordinaria, la quale può contare solo su quello che c'è, in un dato momento, in un dato mercato. Il limite al suo esplicarsi viene determinato dalle «disponibilità liquide», o già in atto - concezione statica - o in via di formarsi, magari a seguito di disinvestimento da altri impieghi, entro l'unità di tempo - concezione dinamica. Tale «disponiblità liquida», è, quindi la massa di risparmio monetario, o rapidamente convertibile in moneta, di cui ogni possessore - se costretto - può privarsi senza che la produzione ne abbia a soffire notevolmente. Infatti il sofisma tanto diffuso che chi non ha fondi per pagare l'imposta straordinaria, può ben alienare una parte del proprio patrimonio, non tiene conto del fatto che, per aversi una vendita, occorre un compratore in grado di corrispondere il prezzo: il che ci riporta al problema delle disponibilità liquide esistenti in paese. (7) Se poi per evitare smobilizzi immobiliari e mobi liari e un largo r icorso al credito bancario, con conseguenti riflessi inflazionistici e sul livello dell'interesse, si stabilizzano ampie rateizzazioni, l'imposta straordinaria sul patrimonio viene meno alla sua finalità di fornire rapidamente una cospicua entità di mezzi monetari e assume la fisionomia di un'imposta straordinaria sul reddito. Abbiamo già notato che la dinamica dei prezzi crescenti provoca il sorgere di redditi di congiuntura a favore di talune categorie - principalmente i fornitori dello stato - che oltre ad essere politicamente e socialmente pericolosi si palesano del tutto sproporzionati. Laddove non sia stato praticato o s i sia dimostrato inadeguato il controllo del mercato - attraverso la disciplina dei prezzi - si presenta l'opportunità di confiscare siffatti extraredditi mediante un'imposta appunto sui sovraprofitti. Tale imposta si presenterebbe, oltre tutto, come uno strumento moralizzatore ed equalitario dei sacrifici imposti dalla guerra. Sennonchè, specie in periodo di guerra, riesce difficile distinguere i profitti che scaturiscono dalle qualità di chi dirige l'azienda, da quelli non guadagnati, scaturenti dalla congiuntura bellica. D'altra parte, un'imposta sui sovraprofitti, anche se riuscisse a confiscare tutti gli extra redditi, non potrebbe non deprimere lo slancio produttivo. Sicchè sembra preferibile a imposta siffatta il divieto di distribuire utili oltre un certo limite. L'accertamento dei redditi non guadagnati può così rinviarsi a guerra finita, per il caso in cui l'inflazione lasci sussistere un reddito ancora capace di essere colpito a beneficio dello stato. (8 )

(6 )

(') (")

Comra, A. C. P1cou, Politica/ economy of war, pag. 202 e segg. London 1940, New York 1941. G. U. PAPI, Indagine dei fenomeni finanziari, in • F inanza pubblica con temporanea», Studi in onore cli J, TJVARON1, pag. 324 e segg. Bari 1950. G. BoRGATTA, La finanza della guerra e del dopoguerra, pagg. 342-492, op. cit.; A. CAOIATI, li finanziamento di una grande guerra, pag. 140 e segg., op. cit.; G. U. PAPI, Cos10 e finaziamento di una grande guerr.a, in «G iorn. ec.», luglio-agosto 1942, op. cit.; H . C. MuRPHY, Na1ional Debt, in «War and Transirion•, New York-London 1950.

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111. b) prestiti pubblici.

I classici consideravano iì prestito pubblico come i'altcrnativa deii'imposta straordinaria su l patrimonio, ma ritenevano che fosse preferibile ricorrere all'imposta. R.ICAROO ( 9 ), subito dopo le guerre napoleoniche ne teorizzò l'indifferenza, ma non nascose la preferenza per l'imposta straordinaria, capace di allontanare il pericolo di un grave debito di guerra accumulato. La teoria ricardiana non è stata immune da critiche, ma può ritenersi tuttora Yalida, sia pure con le qualificazioni apportatevi dalla più recente dottrina, (1°) nel senso che laddove si r icorra all 'imposta straordinaria, l'onere ricade soltanto sui possessori di patrimoni; nel caso, invece, di ricorso al prestito pubblico, ricade anche sui possessori di redditi di lavoro, a meno che l'imposta ordinaria per pagare gli interessi del prestito, venga posta soltanto a carico dei possessori di patrimoni. D E Vm D E MARCO ha sostenuto la perfetta indifferenza, partendo dal presupposto teorico - invero improbabile - che l'imposta straordinaria colpisca anche i possessori di redditi di lavoro. (11 ) RicAROO ebbe inoltre ad osservare che l'imposta straord inaria, più del presti to, spinge i contribuenti a contrarre i propri consumi, necessità essenziale in tempo di guerra. ( 12 ) Per converso l'inconveniente più grave che presenta il ricorso a l prestito pubbìico è quello di costituire con la emissione dei titoli del debito pubblico consol idato o fluuuante - un'ampia base per l'espansione della circolazione dei mezzi monetari, cioè - in altri tem1ini - per l'inflazione (13).

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( 11 )

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('))

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D. RrCARDO, F11ndi11g system, London 1820, Prù,cipi di eco110111ia politica e delle i111pos1e, trad. it. Torino 1954, 101. 1, pag. 247 L. EaNAt 01,Scie11 .;a delle fiow11:,e, op. cii. pag. 344 348 M. FA1'NO, Ele111c11ti di scim:a delle fi11anze, op. ci t. pag. 254-259 A. C. Prcoa.. Poli1ict1l ecm1em11 o/ war, op. cit.; Uno studio "'lla finan:a pubblica. trad. it. ~ilano 1959. pag. 46-50 A. Da. Vm DE .\IARCO, Pri11nf1i di economia fi11a11:.iaria, pag. 369 e 385. Il pensi e , o de\'itia110 può essere cosi' sin te tizzalo: Posto che ,i distingua nettamente ii gruppo dei sottoscriuori dal gruppo di coloro che non so11oscrbscro, ma si assoggettarono a rmgarc una lieve impos1a continuali\'a per la correspon,ionc dl.'gli interessi do,·uti ai sot10,t·11t1ori, è chiaro che il pa· game1110 di detli in1eressi ~i risohe in un tra;forimento del relati,o ammontare dagli indi, idui del ,ccondo gruppo a quelli del primo. Inolt re l'ammontare del d.:hir o pubblico si prcscn· ta automatico in t·cne condizioni. Ogni ind i, iduo, cioè, non a\'venc piu' il pc,o dd debito, allorchè, mediante la propria a11i,·i1à, rie\ce a produrre un reddito che. dopo an,r nmsentilo la soddislazione dei hbogni essenziali, pcrmelle d, bilancia, e il carico delle impo,11.', direlle e indire tte, che egli corrisponde per il serv izio degli inte ressi. Vedasi inoltre, E. BARONF, /,a guerra e la fina11:.a. opere economiche, op. c ii. voi. 11, pag. 481. ,\. Gou11AN1, Js1i111:.io11i di ,n..,,:a delle fi11a11:e, pag. 628 G. 01 L V1ocouo. J111rodu;:1011e alla fi11a11:a. Pado,a 1954, pag. 82 G. ll . PA1•1, Preliminari ai p1a11i pc•r il dopoguerra. Roma 1945, pag. 167 e contra: S . Sn,ve. Le, :io11i d1 ;cienza delle fina11:.e, op. ciL. pag. 393.39g O. EcKFSTFl1', La /intm~a pubblica, taad. it. Bologna 1970, pag. 142 Al riguardo Sn va (S. STE\L, Le:io111 d1 .,cie11;;a delle fi11a11:e. op. cii. pag. 394 e 398) è del parere che attualmcnlc il prestito sia scarsameoil~ efficace nel contrarre i con~umi perché ormai i prcsl iti h:rn110 come l'unzione pre\'a lenlc non l'as~orbimento di dispo11ihih(1 liqu ide e neppure l'aumen10 dei riparmio da pane dei so110,uit1ori ma il prelievo del reddi10 corren, 1c mediante un 1ipo di processo inllazionislico. E. F. J\1. DURBJN, Flow to pav /or the \l'ar, pag. 31 e segg., op. c i1.: A. C. P,cou , The politica/ C'CO· nomy o/ wa r, chap. II e X. op. c it.


E' intuitivo, infatti - osserva STAMMATI ( 14 ) che fin quando lo ~tato, per rendere più facile il collocamento dei titoìi emessi e per d ar modo anche a coìoro che non hanno risparmio immediatamente disponibile di m:quistarli mediante risparmi futuri - obbliga l'Istituto di emissione a fare anticipatazion i su detti titoìi ad un saggio di interesse e fin quando consente che gli stessi titol i costituiscano presso le banche di credito ordinario e presso l'Istituto di emissione eìemcnto notevole deìla riserva monetaria, la circolazione monetaria e bancaria su bisce, ad ogni emissione di titoli del debito pubblico, un ampliamento in misura che tende ad essere multipla della massa di titoli collocati sul mercato. Anche l'imposta s traordinaria, però, può avere effetti inflazionistici aìJorquando obbliga i contribuenti che non dispongono di capitali liquidi, a ricorrere alle banche. ( 1S) Attualmente il discorso sulla preferibilità del prestito pubblico sul l'imposta straordinaria o viceYersa è venuto meno, perchè i costi ingenti delle guerre moderne richiedono la mobilitazione dei mezzi monetari con tutte le forme possibili di finanza ordinaria e straordinaria, tanto che sia nella prima, sia neiìa ~econda guerra mondiale, tutti i paesi belligeranti hanno fatto largo ricorso al prestito pubblico - specie fluttuante - e all'imposta straordinaria sul patrimonio. Semmai il discorso si è spostato nel senso che l'alternati\·a non si pone più fra prestito e imposta straordinaria, ma in che rapporto quantitativo debbono stare l'uno rispetto all'aìtra e suìla loro successione tempora!<.:. 112. c) prestiti dall'estero.

Può accadere, e in effetti accade, che nè le imposte - per quanto, si eìevi ìa pressione tributaria - nè il ricorso al risparmio, riescano a finanziare la guerra. Occorn.: allora far ricorso al risparmio straniero, sotto forma di presti ti. Sugli effetti economici dei prestiti esteri la dottrina è concorde nel ritenere che comportino una menomazione del reddito nazionale allorquando non abbiano un carattere di prodwtil'ità. Per i prestiti esteri di guerra il discorso cambia. Pur essendo il consumo distruttivo la loro destinazione finale, costituiscono, tuttavìa, un rnìido mezzo, nel finanziamento della produzione beìlica, allorquando scarseggiano i mezzi monetari interni. Inoltre, devesi osservare che la loro utilità aumenta notevolmente quando trattasi di prestiti in natura - beni strumentali, beni di consumo. sistemi di arma, ccc. - . Consegue che nella finanza di guerra il prestito estero può essere giustificato e ris ultare conveniente p<.:r motivi economic i che raramente hanno valore nei periodi non bellici: la insufficienza dei prodotto inremo del belligerante e dei mezzi per finanzia,-e la guerra. ( 16) Inoltr<:: ìa concessione di un prestito ad un qualsiasi paese bclìigerantc a~sume necessariamente carattere politico, in quanto implica l'aumento dei mezzi che il belligerante può impiegare per i propri scopi militari: è opera-

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(") (16 )

G. SrAMM,\TI , 1hpC'tti dt'l/'eco110111ia di i:uNra, pag. 126, op. cii. C. Al<LNA, Fi11a11:a p11hblica. op. cit. ,·ol. Il . pag. 587 C. ARt'IA, Fi11a11::.a 1111hh/1ca, op cit. YOI. Il, pag. 600 G. BoRC,\TTA. / ,a fi11a11,11 dc-Ila J(t1erra e del dopo/(1t1"Yra, pag. 557 e scgg., op. eit.

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zione vantaggiosa a l belligerante mutuatario e contraria ai nemici di questo. Perciò, in tale periodo, i prestiti internazionali assumono prevalentemente la forma di prestiti stipulati direttamente fra stato e stato. Nel primo conflitto mondiale i prestiti stipulati fra i singoli stati alleati, assunsero la forma: a) mutuo in oro o in valuta pregiata; b) cessione di beni e servizi con pagamento differito, per lo più dopo la fine delle ostilità, ed opportunatamente rateizzato. Nel secondo conflitto mondiale, invece, gli S .U. dopo il regime del «cash and carry», attuarono quello del «lease and lend», che consentiva la forni tura di beni e servizi ad un paese belligerante senza controparti ta di un formale debito a breve o a lunga durata - od altra diretta controp restazione - ed ass u mendo, in a lcuni casi, addirittura la forma di contributo gratuito o donazione a spese del paese forn itore. (1 7 ) Di tale legge si avvalsero largamente alcuni alleati degli Stati Uniti: in particolar modo l'Inghilterra, la Francia e l'URSS. Soprattutto in Inghilterra il rilancio del proprio sforzo bellico fu reso possibile dagli aiuti ricevuti nel quadro di detta legge. 11 3. d) l'espediente dell'inflazione.

Sugli effetti e le conseguenze dell'inflazione esis te una copiosa letteratura internazionale. Ci limiteremo perciò soltanto ad alcuni accenni fondamentali. L'inflazione dovuta ad eccessiva emissione d i biglietti costituisce una forma d i debito che lo stato - concedendo bigl ietti inconvertibili, in cambio di beni e servizi - contrae verso coloro che questi beni e servizi gli rendono e si accontentano di ricevere p ezzi di carta sempre più copiosi . E' u na forma di prestito senza interessi, la più economica in apparenza, la più deleteria nella sostanza, per la tendenza che ne deriva nei prezzi a variare di continuo nelle m is u re p iù impensate. Perciò, anche se la collettività viene ad esse re a lleviata dall'onere degli interessi per il prestito, per contro deve sostenere sacrifici ingenti a causa di vaste redistribuzioni di redditi - dovute al continuo variare dei prezzi - all'assorbimento e al progressivo an_n ullamento del r isparmio. Nota PAPI (1 8) che l' inflazione, da u n punto di vista finanziario opera come un'imposta inversamente progressiva su i redditi fissi e sui redditi minori, senza che le categorie colpite possano in anticipo essere individu ate, con sufficiente precisione. Da un punto di vista economico - il che è più grave - si manifesta divoratrice di valori reali: e con esagerarne l'espressione monetaria avvia il paese verso la perdita della propria misura dei prezzi. In tempo di guerra lo stato ricorre a ll'inflazione per creare anticipi sul reddito futuro, ovvero a rendere liquido, a lmeno in parte, il risparmio investito. Le spese crescenti per la condotta della guerra richiedono un p iù vasto ricorso al reddito e al patrimonio nazionale: occorre soprattutto che il risparmio affluisca copiosamente nelle case dell'Erario.

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( 18 )

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Sul concetto e sulla tecnica dell'appl icazione dell a legge «Lend and Lease•, vedasi G. BoRGATTA, La finanza della guerra e del dopoguerra, pag. 566, e segg., op. c it.; E. R. Sn-rT1N1us, j r., Lend lease weapon /or victory, New York 1944 op. cit. G. U. PAPI, Equilibrio fra a11ivi1à economica e finanziaria, pag. 188 e segg., op. c it.


Come già osservato, questo risparmio dei privati può essere formato mediante limitazioni dei consumi - razionamento · - mediante decurtazione dei redditi - più severa tassazione - mediante allettamento costituito da forme convenienti di investimento - prestiti pubblici - ; ovvero, infine, gettando sul mercato, in pagamento di beni acquistati, una massa di biglietti creati ex novo, provocando un ulteriore aumento di prezzi che decurti il potere d'acquisto dei redditi esistent i e quindi la capacità di consumo dei privati. L'inflazione si presenta così come mezzo atto a mobilitare il risparmio esistente, sottraendolo alla disponibilità dei singoli per passarlo allo stato. E la giustificazione decisiva di tale processo sta nella circostanza che in un paese, il risparmio da prelevare - mediante imposte o prestiti - difetti - oppure, pur esistendo materialmente, sia posseduto da persone poco disposte a cederlo allo stato ( 19 ) . Sennonchè altre teorie ( 20 ) sostengono che un'inflazione «modesta e controllata dalle autorità responsabili», promuovendo un aumento dei redditi monetari, provoca maggiore risparmio e quindi maggiori possibilità di cedere questo risparmio, mediante prestiti, allo stato per le necessità della guerra. Al riguardo, a nostro sommesso avviso, non sembra che una siffatta politica finisca per costituire un vantaggio effettivo alla finanza di guerra. Indubbiamente porta ad un aumento di risparmio - specie se viene praticata una severa politica di contenimento dei consumi - che finisce per essere ceduto allo stato sotto forma di prestiti. Però lo stato si troverà di fronte ad un aumento di prezzi dei beni e servizi di cui ha bisogno per la condotta delle operazioni belliche che annulla il vantaggio delle maggiori disponibilità di mezzi finanziari di cu i ha potuto disporre, perchè secondo, quanto riconobbe lo stesso KEYNES ( 21 ). in tempo di guerra il moltiplicatore applicato alla domanda effettiva non è di per sè sufficiente, dovendosi predisporre ulteriori misure di cui si dirà appresso. Sembrano, pertanto, valide - anche in questo caso specifico - le argomentazioni della contraria dottrina ( 22 ) , secondo le quali: a) i successivi prenditori dei biglietti messi in circolazione dallo stato r icevono un reddito via via minore; b) tale reddito addizionale viene assorbito dall'aumento dei prezzi, per il fatto che, laddove si eccettuino i primi prenditori di biglietti, il rialzo dei prezzi precede la spesa del reddito addizionale. Devesi perciò concludere che l'inflazione specifica aggrava e moltiplica - invece di correggere ed attenuare - la distribuzione ineguale degli oneri di guerra. Le categorie che vengono danneggiate dall'inflazione, e cioè le categorie dei percettori di redditi fissi, dei creditori in genere, e di quanti non partecipano delle correnti addizionali di reddito creato dallo stato, sono proprio quelle che nemmeno partecipano ai guadagni di congiuntura che il complesso processo di trasformazione industriale provoca inevitabilmente.

(1 9 )

(l 0) (21 )

(l 2)

G. U. PAPI, L'i11f/azio11e della finanza di guerra, Comunica2.ione letta all'Accademia d'Italia il 19 dicembre 1940, op. cii. E. F. D uRBtN, How 10 pay for the war, pag. 69 e segg., op. cit.; J. M. KEYNES, How to pay for 1he war, pag. 26 e segg., op. cit. J. M. KtW NES, How 10 pay /or the war, op. cit. G. U. PAPI, L'inflazione nella finanza di guerra, op. cit.

341


L'inflazione perciò - a differenza degli altri metodi di finanziamento - aggrava le sperequazioni esistenti e le esaspera. 114. Possibilità di alternarive all'inflazione.

Il problema defla difesa della moneta durante la guerra non è soltanto problema finanz iario, ma anche e soprattutto economico, nel sènso che es~o è strettamente legato alla disciplina dei consumi pri vati e del mercato, del risparmio e degli im'estimenti, delle importazioni ed esportazioni. Ad un siffatto complesso di procedimenti economici e finanziari è stato dato il nome di «circuito dei capital i». Il circuito di capitali è perciò una politica economica che ha per scopo di arrestare o limitare l'incremento della massa dei mezzi di pagamento dopochè si è verificato per la guerra una espansione iniziale, riassorbendo nelle casse de llo stato, con prestiti ed imposte, il maggior potere d 'acquisto crealo, per impiegarlo nelìe successive spese straordinarie. (2 3 ) Ecco, in sintesi, come funziona il «congegno». ( 24 ) I fornitori dello stato, per fin anziarsi, sp iccano delle tratte a breve termine su un apposito ente; presentano poi la tratta per l'accettazione a un istituto di credito specializzato, garantito dallo stato quanto ai rischi del finanz iamento. Le tralle vengono quindi presentate allo sconto di una banca di crcdit0 ordinai-io, con l'intesa che l'operazione sarà ri nnovata alla scadenza della cambiale. In tal modo i forn itori dello s tato si fin a nz iano prima che lo stato abb ia atteso il formars i il reddito e il risparmio dei cittadini e l'abbia levato con imposte. A mano a mano che questo viene a maturazione e che lo stato può pagare le forniture, g li imprenditori sono messi in grado di restituire le somme avute in prestito dalla banca di cred ito ordinario o dall'istituto accettante - se la banca ha ceduto a quest'ultimo il credito verso gli imprenditori - e viene a liberarsi altresì la garanzia dello stato all'Istituto accettante. Il successo del meccani smo, e c ioè la «chiusura» del circuito, è assicurato dal concorso delle segue nti condizioni: a) le banche di credito ordinario non devono riscontare le cambiali scontate. li che comporta che le banche provvedano al finanziamenLO delle forniture con mezzi propri; b) una serie di controll i tendenti a stabilire il razionamen to severo dei consumi , il blocco dei prezzi, il divieto degli investimenti, la limitazione dei diYidenri, il controllo delle importazioni ed esportazioni delle merci, dell 'oro e delle divise estere, e così via; occorre poi assicurare la formazione di risparmio anche per i redditi dei lavoratori, attraverso forme di risparmio obbligatorio - il e.cl. «risparmio di ferro». ln tal modo la circolazione cresce solo in proporzione all'aumento del la produzione ritenuta indispensabile. I prezzi subiscono a umenti limitati. Le dis ponib ili tà liquide affluiscono verso impieghi a breve termine, o verso titoli di stato. TI «circuito» dei mezzi emessi dalle banche e rientranti nelle casse dello stato, può dirsi «chiuso » e quinci i perfetto; c) il rend imen to del lavoro <leve essere e levalo. on vi possono essere «assistiti» sotto la veste d i laYoratori; d) l'economia del paese deve essere pianificata dallo stato. ('1) {2')

342

G. 8011.<;AnA. La fi11a11:a della guerra e del dopo gul'rra, op. cit. pag.. 385 e 603 e scgg. G. l.J PAPI, Pri11cìf11 cli eco110111ia po/irica, ,ol. li, pag. 559 e segg .. op. cit.


ln pratica, la tecnica del circuito di capitali nella maggior parte dei mercati dei paesi belligeranti o comunque toccati dalla guerra non ha potuto evitare sensibi li espansioni della circolazione e del credito, pur avendo sempre contribuito a lim itarle e controllarie, così come a\'\'Cnne in Gem,ania durante il secondo conflitto mondiale . Un altro procedimento per finanziare ìa g uerra sarebbe quello proposto da KEYt-:t::S. ( 25 ) I punti sal ienti del progetto d i K c YNES erano: a) una inflazione «modesta e controllata dall'autorità responsabiìe, allo scopo di promuovere un aumento dei redditi monetari e con essi un aumento di risparmio»; b) trasferimento allo stato, in parte come pagamento delle imposte esistenti e in parte sotto forma di «pagamenti differiti », di una quota di reddito monetario, tanto più grande quanto maggiore è ì'ecccdenza del reddi to indi,·iduale su di un minimo stabilito. e) concessione di assegni famil iari adeguati in modo da permettere alle famiglie più nume rose di superare le difficoltà economiche del periodo bellico; d) dete rminazione di una razione minima di beni di consumo tra i più necessari, da essere ve nduta a prezzi bassi, fissati in precedenza. ln sostanza, il progetto di Kt::YI\ES, che mirava a favorire il risparmio con l'esped iente d i una inflazione moderata e controllata - differendone la spendita in consumi, per farlo affluire - volente o nolente - al le casse dell ' Erario, può essere configurato come un «razionamento di moneta». Tale progetto fu ampiamente commentato e non trovò a pplicazione pratica d urante la seconda guerra mondiale presso i paesi belligeranti, anche pcrchè ammesso che sia idoneo a finanziare la guerra senza pericolo di una inflazione incomrollata, il suo s uccesso dipende dall a riusc.ita dell a «politica di riconversione» a guerra terminata, perchè dh·ersamente l'i nflazione, evitata durante la guerra, si riprodurrà nel dopoguerra, allorquando lo stato deve rimborsare a i privati il r is parmio forzatamente accumulato durante il periodo bell ico. ( 26 ) 11 5. Limite alla finanza s 1raordi naria di guerra.

Giunti alla concl u s ione della nost ra anal is i dei mezzi d i finanziamento di una guerra moderna. so rge ì'in terrogativo "fino a che punto può spingersi la finanza straordinaria nel prelevare mezzi monetari dalla collettività?" La risposta non è agevole, perchè quando sono in gioco l'integrità territoriale del paese, la vita, iì benessere e le sostanze della popol azione, la g uerra va condotta con tutte le forze e con tutti i meni di cui si dispone, anche se comporta sacrific i gravi e doloros i: ogn uno vi partec ipa fino al supremo sacrificio della vita e delle proprie sostanze. Però una del le incognite della g uerra è la durata delle operazioni bell iche. Ne consegue che l'attività finanziaria deve grad uare la propria azione, rendendola sempre più pervasiva a mano a mano che debbano essere colmate le perdite che provoca la guerra.

(") (2 6)

J . M. K1, vNi,s, H mv 10 pay /or the war, pag. 26 e segg.; The co11cep1 of natio11al i11co111e: a supp/e. 111en1ary note, in • The Economie Joumal », marzo 1940. F. VHO. fèco11omia di guerra<' risparmio for:Mo, in «Riv. int. di s~1t:n1.e sociali•. gennaio 1940; V. MARRANA, Di una alternariw, di inf/azio11e nella econo111ia di g11l'rra pag. 152 e segg.. Roma 1942.

343


Infatti, una prima categoria di perdite da colmare è data da quella quota dei redditi prelevati mediante imposta o prestiti che non rientra nel circolo della spesa statale; una seconda categoria è costituita dalle perdite dovute a maggiori costi di produzione causati da minore produttività del fattore lavoro, deficienza di materie prime, capitali fiss i obsoleti, ecc.; una terza categoria, infine, è costituita da consumi di beni occorrenti per la condotta delle operazioni belliche e dalle distruzioni di tali beni per effetto dell'offesa nemica. Tali perdite comportano una riduzione d i reddito che implica una reintegrazione mediante prelievi monetari maggiori nei confronti della collettività. Di fronte al progressivo aumento della pressione tributaria quale sarà dunque il limite della finanza straordinaria? E' noto che il limite della finanza ordinaria è dato dal reddito che con la sua possibilità di ridursi ad un minimo indispensabile a soddisfare i bisogni più urgenti, determina l'ampiezza e l'entità dell'attività finanziaria statale. Invece, il limite alla finanza straordinaria di guerra è dato dal patrimonio che attraverso il progressivo spostam ento dei consumi dall'individuo alla collettività, raggiunge appunto il suo limite estremo nel cosiddetto limite fisiologico, perchè la riduzione dei consumi individuali non può scendere al di sotto del minimo necessario per la conservazione in vita e in efficienza degli individui viventi in collettività. ( 27 }

( 27 )

344

M. F ANNO, Economia e finanza di pace e di guerra, op. cii. G. STAMMATt, Osservazioni, sui concetri di "piano economico" e di "piano finanziario" op. cit.


PARTE V L'OBIETTIVO DEL DISARMO

Che le nazioni cessino la corsa agli armamenti, e dedichino invece le loro risorse ed energie alla fraterna assistenza. S.S. Paolo VI (Discorso al Congresso Eucaristico di Bombay)


I


CAPITOLO I I PROBLEMI DEL DISARMO

116. L'obiettivo del disarmo: un tentativo recente per conseguirlo. 117. I problemi dei disarmo: a) liveìlo del ia domanda effettiva. 11 8 . b) mutamento strutturale.



116. L'obiettivo del disarmo: un recente tentativo per conseguirlo.

Il problema del disarmo ha agitato le menti di filosofi, sociologhi, religiosi. politici ed economisti di tutti i tempi. Nella 1 a parte ab biamo avuto modo d i r iportare le severe condanne della guerra e le proposte di disarmo di alcuni autori appartenenti a diverse correnti di pensiero. ma purtroppo tu tti i programmi finora elaborati non sono serviti ad evitare il ricorso a lle armi, come non è servito ad ev itare la seconda guerra mondiale il Patto di Parigi. firmato il 27 agosto 1928 - conosciuto anche come il Patto KELLOCC - BRIAND - ratificato da 63 Stati. Gli obiettivi espansionistici di alcuni paesi e le politiche di altri per contrastarli, le esigenze del deterrent che impone strumenti militari massicci, continuamente aggiornati col progresso tecnologico e la politica di prestigio di gran parte dei paesi produttori di petrolio, hanno portato le spese militari a live lli preoccupanti. Secondo recenti calcoli effettuati da enti specializzati (1) il mondo cons uma attualmente oltre 500 miliardi di dollari aìl'anno per spese militari. Tale cifra è pari a circa il 10% della produzione annu ale mondiale di tutti i beni e servizi. Inoltre, gl i uomini alle armi raggiungono i 22 milioni e quelli che lavorano per le forze armate possono calcolarsi intorno ai 50 milioni. Come già è stato osservato al paragrafo 29. la gran parte delle spese militari mondiali è concentrata in una ristretta cerchia di paesi. Nel 1978, in soli 6 Paesi: S tati Uniti, URSS, Repubblica Federale Tedesca, Regno Unito, Francia e Cina. la spesa militare ha superato il 74% del livello mondiale. Ma il fenomeno dell'espansione della spesa militare non è limitato ai paesi leadership dei blocchi politici, ai paesi industrializzati e a quelli ricchi; anche i paesi sottosviluppati non restano indietro nella corsa agli armamenti: nel 1951 le spese mil itari di tali paesi rappresentavano il 4% del totale mondiale. vent'anni dopo la percentuale è sa lita a l 9% ed è ancora in aumento. I rischi dell'inarres tabile corsa agli armamen ti, l'elevatezza del costo di tali armamenti che sottrae quote ingenti di reddito e la fame così diffusa in tante parti del mondo, indussero l'Assemblea generale delle Nazion i Unite ad approvare una risoluzione con la quale si richiedeva al Segretario generale di esam inare le conseguenze economiche e sociali del disarmo. Un comitato di esperti fu incaricato di redigere un rapporto in proposito (2). Tale rapporto. presentato nel febbraio 1962, ormai ha soltanto valore storico, ma la notevole carica u topistica c he esso conteneva, spinge ad opportune qualificazioni.

(') (2)

lmernational l nstitu1e for S1ra1egic S tudies, Londra S1PRJ, Stoccolma O.N.U., Risolu1.ione n° 15 16 (XV), approva ta da ll"Assemblea, generale il 15. 12. 1960, intitolata: Conséquences économiques et socia les du désarmement. Dopo ta le in iziat iva, a ltre ne sono sussegu ite, fra c ui gli "acco rdi SALT". li primo accordo, " SALT T" (Stra tegie Arms Limita tion Ta lks), iniziato ad Elsinki il 17.1 1.1 969, aveva per scopo la li m itazione di alcun i s istemi d i arma strategici fra gli U.S.A. e l'U.R.S.S. l i secondo accordo, " SALT II" non ratifica to, ha a llargato la portata del precedente accordo. Anche questi accord i, però, non portano ad un effettivo disarmo, sia pure limitato alle armi st r ategic he. Vigendo il "SALT l", l'U.R.S.S. ha aumentato la sua sco rta di testa te s trategiche da 2.100 a 4.000 e gli U.S .A. da 4.600 a 9.000; col "SALT Il" - se att uato - le cose non cambieranno.

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Nel documen to, si osservava in via preliminare che le risorse liberate dal d isarmo possono essere destinate all'elevazione dei liveìii del consumo personale di beni e servizi, aìl'espansione o ail'ammodernamento della capacità produttiva mediante investimenti in nuovi impianti e a tt rezzature, all'incremento deìla cos truzione di alloggi, al rinnovamento urbano, compresa l'eliminazione di tuguri, alìo sviluppo rurale, al miglior-amento e ail'espansione delle attrezzature per l'educazione, l' igiene, il benessere, ia sicurezza sociale, lo sviluppo culturale, la ricerca scientifica, ecc .. Venivano successivamente considerate le ripercussioni del disarmo suila produzione e i'occupazione nazionale, prendendo a base di tale analisi gìi effetti prodottisi in dipendenza delìa conversione operata alla fine delìa seconda guerra mondiale. Al riguardo gli esperti rilevarono che nel corso degli ultim i anni della guerra il mondo dedicò circa la metà delìe sue risorse per scopi militari. Le spese militari reali e il numero di persone alle armi erano circa quattro volte maggiori di quanto lo siano oggi. La vastità delle devastazioni neìie zone in vase dagli eserciti, oppure bombardate dall'aviazione, era immenso. La rete degli scambi commerciali, tanto fra i paesi che ail'interno d i q uesti, era completamente sconvolta. Nonostante tali difficoltà, eserciti enormi furono smobilitati rapidamente in gran parte dei paesi, senza che s i verificasse un notevole aumento della disoccupazione; e il progredire della ricostruzione, soprattutto nella produzione industriale, fu di una rapidità impressionante. Durante la conversione postbellica - continua il rapporto degii esperti - la preoccupazione maggiore delia poìitica economica fu quelìa di limitare, piuttosto che mantenere, la domanda che superava l'offerta. Questo periodo fu caratterizzato da un forte eccesso di domanda tanto per i consumi q uanto per gli investimenti. La maggior parte delle merci scarseggiava; la loro distribuzione avveniva quasi dappertutto sulla base del razionamento o, almeno, su un sistema di controllo dei prezzi. I risparmi in denaro liquido accumulati in tempo d i guerra dalla popolazione garantivano la continuazione della domanda ad un alto livello. Appena le imprese e il macchinario venivano liberati dalla produzione bellica e riparati, oppure sostituiti, essi venivano subito destinati alia produzione dei beni, la cui richiesta era rimasta insoddisfaua, oppure era stata proc.:rastinata per quasi quindici anni a causa della grande depressione e della guerra. Gran parte della manodopera smobilitata trovò impiego nelle occupazioni civili, mentre la forza totale di lavoro diminuiva, in seguito al ritiro volontario di donne, minorenni e veterani dal mercato deì lavoro. A misura che l'approvvigionamento delle scorte m igliorava, i controlli dei prezzi e della distribuzione si facevano progressivamente meno severi. L'arretrato accumulatosi era considerevole non solo nel consumo ma anche negli investimenti. Le scorte di capitali erano state, in moìti paesi, dimin uiu: dalic distruzioni, dall'invec<.:hiamento tecnico e dalla mancanza di manutenzione. Tuttavia il progresso tecnologico era continuato e di fatto aveva compiuto passi enormi in alcuni campi negli ann i dei la guerra. Gran parte di esso, però, non si era concretato in impianti ed equipaggiamenti pii'.i moderni a causa della depressione, prima e dell' inesistenza di una effettiva domanda, poi, nel corso della guerra, per la concen1razione di tutte le risorse sulle necessità m ilitari. Alla fine della guerTa questi fattori dettero luogo ad un rapido aumento degli investimenti, finanziati in parte dai mezzi liquidi accumulati dalle società e dai consumatori e in parte da varie forme di contributi degìi organi pubblici.

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Negli Stati Uniti alìa fine deila seconda guerra mondiaie iì biiancio miiitare assorbiva oitre il 40% dei prodotto nazionale lordo. Fra il 1945 e il 1946 le spese per la sicurezza nazionale furono ridai/e delì'80%. La diminuzione delìe spese militari ammontò a un terzo del prodotto nazionale lordo e a circa due terzi del consumo pro-capite del 1944. In termin i di paragone si potrebbe dire che il bilancio militare degli Stati Uniti negli ultimi anni ha rappresentato un pò meno dei 10% dei prodotto nazionale lordo e circa il 15% dei consuno pro-capite. La diminuzione delìa domanda totale effettiva fu di meno della metà della diminuzione delle spese militari, per l'aumento verificatosi in tutti g li a ltri settori della domanda. La lieve diminuzione della produzione nazionale non fu fo rse superiore a quella che s i poteva prevedere come risultato delle astensioni volontarie della forza di lavoro e della diminuzione delle ore di lavoro. L'aumento più considerevole ebbe luogo negii investimenti privati all'interno che sal irono da 21 a 51 mii iardi di dollari e cioè da meno del 6% del prodotto nazionale lordo a circa il I 5% del medesimo. L'aumento dei consumi contribuì, in termini assoluti, nella stessa misura degli investimenti , pur risuitando meno vasto in termini relativi. Vi furono anche aumenti neiie spese pubbliche per scopi civili e negli investimenti all'estero. L'assistenza a mezzo deli'UNRRA, nonchè altre concessioni e crediti a vari paesi per soccorsi e per la ricostruzione, promossero una notevole espansione delìe esportazioni degli Stati Unit i. In tal modo l'economia most rò un alto grado di flessibilità anche a breve termine. Fra l'agosto del 1945 e il giugno 1946 ii numero dei componenti le forze armate degli Stati Uniti fu ridotto di più di 9 milioni di uomini. Ciononostante la disoccupazione nel 1946 rimase a i di sotto del 4% deìia forza di lavoro. Le efficaci misure adottate dal governo e la notevole entità della domanda accumulatasi nell e imprese private e ne i con:;umatori d uran te il lungo periodo della guerra, facili1arono l'assestamento postbellico. Fu rono ridotte le imposte e si diede corso a vari programmi sociali, fra cui il pagamento di indennità di smobiiitazione e ia riqualificazione professionale dei reduci . Nel settore degii investimenti, vennero concessi, con dovizia, prestiti ai reduci per acquistare case di abitazione e fattorie . Malgrado ìa forte d imi nuzione di spese militari, il reddito disponibile diminuì di poco, epperò la conversione potè dirsi perferiamen1e riuscita in breve tempo. Ncil'Europa occidentale ii processo di conversione impiegò un tempo un pò maggiore che negìi Stati Uniti a causa dei danni o delle distruzioni al potenziale produttivo e per il fatto che la produzione totale era caduta in molti casi a l disotto dei livelli d'anteguerra. Le pressioni inflazionistiche erano gravissime; la fiducia nella moneta era scossa. Molti prodotti chiave, come il carbone, l'acciaio, alcuni materiali d'importa7.ione e viveri, scarseggiavano. onostante queste d i fficoì tà, la riconversione fu attuata con relativa rapidità. Diciotto mesi dopo la cessazione deHe ostilità la produzione industriaie aveva riacquistato il livello d'anteguerra ovunque, ad eccezione della Repubblica federaie tedesca e delì'Italia. 1 militari congedati furono assorbiti p iuttosto rapidamente daile occu pazioni e dagli impieghi civili. Ad eccezione dei due paesi summenzionati, la disoccupazione scese ben presto al disotto dei livelli d'anteg uerra. La ricostruzione dell'Europa occidentale fu facilitata da una quantità considerevole cli a iuti es tern i.

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E' stato calcolato che nel Regno Unito, alla fine della guerra, vi erano 9 milioni di persone, ossia il 42% della totale popolazione attiva, che si trovavano nelle forze armate o erano occupate nella produzione bellica. Sedici mesi più tardi il numero totale di queste due categorie era diminuito di quasi 7 milioni. E' da notare che il periodo della disoccupazione in qualsiasi momento non ha mai ecceduto le sei o sette settimane dalla smobilitazione e che il complesso della disoccupazione rimase sempre sotto il livello del 4% della popolazione attiva. In alcuni paesi sottosviluppati iì ritorno alla normalità dopo la guerra presentò problemi particolari. Ciò accadde in parte perchè l'agricoltura, che nei paesi sottosviluppati ha una funzione preminente rispetto all'industria, si mostrò in genere molto lenta a riprendersi. I lunghi anni della guerra condussero in molti casi ad un grave depauperamento delle fattorie e del bestiame e disturbarono l'assetto del commercio. C'era un 'insuffic ienza di fertilizzanti nel mondo intero e la ripresa fu ritardata in molti casi anche perchè il macchinario dell'industria, dei trasporti e delle miniere, già inadeguato inizialmente, fu sfruttato ben oltre la sua capacità durante la guerra. Per qualche tempo dopo la guerra, i rifornimenti di attrezzature furono ritardati dalla riconversione e dal rinnovo delle attrezzature dei paesi industriali. Nell 'Unione Sovietica l'esperienza della riconversione che seguì immediatamente la seconda guerra mondiale, fu sensibilmente diversa da quella degli altri paesi a causa delle distruzioni e devastazioni assai maggiori che ebbero luogo durante la guerra. Gran parte degli equipaggiamenti erano stati danneggiati seriamente o erano in cattivo stato. Gli impianti e le attrezzature costruite nel corso della guerra erano stati progettati solo per scopi militari e pertanto erano meno «convertibili» di quelli costruiti in periodo di pace. Per tutti questi motivi, dal 1945 al 1946, ci fu una diminuzione della produzione industriale, concentrata nel settore dei beni strumentali. Poichè un certo quantittativo di manodopera doveva essere impiegato in mansioni per le quali non era addestrata, ci fu anche una diminuzione nella produttività. Tuttavia, il susseguente recupero fu molto rapido e, verso il 1948, la produzione industriale era già di circa un quinto superiore al livello 1940. Tutto ciò ha portato il gruppo degli esperti a concludere che se la conversione di una str uttura militare almeno quattro volte superiore a quella del periodo preso in considerazione, si era resa possibile in breve tempo e senza scosse o squilibri apprezzabili, a maggior ragione dovrebbe essere possibile la ben più modesta conversione dovuta al disarmo totale. Forti di questa prima conclusione, il gruppo degli esperti passa ad esaminare i problemi strutturali della riconversione, prendendo in considerazione paesi altamente industrializzati, come gli Stati Uniti, paesi sottosviluppati e semindustrializzati, nonchè quelli ad economia pianificata, giungendo, in ogni caso, a conclusioni sempre possibilistiche. Come abbiamo accennato, il rapporto sul disarmo degli esperti delle Nazioni Unite ormai, ha soltanto un valore storico, di un'esercitazione di laboratorio che non è stata presa in considerazione da nessuno. Ciò non toglie, però, che il complesso delle conclusioni debba essere oggetto di osservazioni critiche.

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Innanzi tutto a noi sembra che non sia corretto ritenere attualmente possibile una conversione, sol perchè quella realizzata dopo la seconda guerra mondiale non diede luogo ad eccessivi squilibri. A nostro sommesso avviso si tratta di due situazioni molto diverse, di cui non è possibile fare un accostamento. Infatti, durante la guerra più della metà delle · risorse globali furono destinate a scopi militari; i consumi per gìi usi civili vennero compressi a livelli vicini aì «limite fisiologico» . Malgrado l'alta tassazione, la compressione dei consumi determinò un'accumulazione notevole di risparmio presso gli stessi consumatori; si formò un quantitativo rilevante di risparmio anche presso le imprese, sia per il d ivieto di distribuire utili oltre un certo limite, sia per difficoltà gravi di reinvestire gli ammortamenti. Si arrivò così alla fine della guerra con abbondanti quantitativi di risparmio e con una «propensione potenziale della spesa» elevatissima - dovuta in pane all'astinenza di bisogni, anche primari, durante tutto il lungo periodo bellico e in parte per una comprensibile reazione psicologica alle distruzioni, ai lutti, ai guast i portati dalla guerra. In queste condizioni la domanda restava sempre in eccesso rispetto all'offerta, epperò le imprese, sotto la spinta della domanda, potevano procedere con facilità e rapidità alla conversione dei loro impianti per tornare a produrre beni di uso civile e all'effettuazione d i nuovi investimenti di fattori produttivi - fra cui la manodopera - per produrre di più. Alla fine della guerra il fenomeno della conversione si avviò spontaneamente come un fatto naturale e bastò una normale politica economica, basata principalmente sul la manovra finanziaria, per mantenerla su un obiet tivo di piena occupazione. Si potrebbe verificare tutto ciò oggi, in caso di disarmo rapido e totale? La risposta è senz'altro negativa, specie nei paesi altamente industrializzati, ad alto reddito pro-capi te, che poi sono quelli per i quali si presenta il problema della conversione nelle forme più complesse a causa dell'entità delle spese mi litari che sostengono. La convers ione che dovrebbe seguire il disarmo avverrebbe, invece, in ben altre condiz ion i, perchè non sarebbe più possibile fare affidamento su l'eccesso del la domanda rispetto all'offerta, perchè non si registra più quella «fame» di consumi - caratteristica del dopoguerra - e la domanda è mantenuta ad alti livelli agendo sull'occupazione. La conversione implic):lerebbe u n rallentamento della produzione ed una temporanea disoccupazione dei fattori produttivi, fra cui principaimente la manodopera, con conseguente flessione della domanda di beni di consumo specialmente quelli durevoli -. Seguirebbe una recessione, di durata e intens ità imprevedibile. E' vero che a lungo termine, quando le industrie avranno potuto completare la conversione e ci si sarà avviati a livelli d i piena occu pazione, lo squilibrio verrà meno, ma - come ebbe ad esprimersi con cruda realtà KEYNES - «nel frattempo noi saremmo morti» . Tutto ciò porta a concl udere che gl i effetti del disarmo debbono essere studiati caso per caso e che la riconvers ione deve essei-e pianificala con responsabilità realistica. Sembra perciò possibile concludere che gli effetti ciel disarmo, per la loro complessità e per le d ifformità proprie di ogni sistema economico, debbano essere analizzati caso per caso e che una possibile r iconversione debba essere pianificata con senso realistico, tenendo ben presenti i due ordini di problemi che essa determina e cioè: a) livello della domanda effettiva; b) mutamento della struttura.

353


117. J problemi del disarmo: a) livello della domanda effettiva.

Abbiamo accennato che il disarmo implica la conversione delle attività produttive dei paesi che lo attuano, che, a sua volta, comporta due ordini di problemi e cioè il mantenimento del livello del la domanda effettiva e il m utamento strutturale. Il primo ordine di problemi consiste nel sostiuire la spesa militare con altre categorie di spese, sia nel settore pubblico, sia in quello privato, per mantenere il livello della crescita del reddito nazionale e per non provocare un aumento della disoccupazione. L'altro ordine di problemi è di carattere strutturale, a più lungo termine, e consiste in una serie di trasformazioni e di sostituzioni delle produzioni belliche, mediante trasferimenti di fattori del la produzione: capitali - fissi e circolanti - e lavoro. Ovviamente i due ordini di problemi sono interrelati, interagenti e interdipendenti, sicchè, in definitiva, l'obiettivo del disarmo implica la contemporanea creazione di una domanda sostitutiva della spesa militare e di una componente della domanda effettiva avente il medesimo grado di dinamicità della stessa spesa mil itare, onde evitare una diminuzione del saggio d'incremento del reddito nazionale e un aumento del saggio di disoccupazione. Ciò delineato in via preliminare, passiamo ad esaminare più analiticamente i due ordini di problemi, iniziando da quello della domanda effettiva. Per mantenere un a lto livello della domanda effettiva in caso di riduzione della spesa mil itare, si rende necessaria: a) una politica fiscale tendente a riduzioni tributarie per incrementare sia la domanda privata di beni e servizi, sia il risparmio, fonte di nuovi investimenti; b) una maggiorazione delle spese pubbliche - spese sociali (case di abitazione, ospedali, scuole, ecc.) infrastrutture (strade, porti, aeroporti e mezzi di comunicazione in genere) e programmi spaziali ~; e) una politica monetaria per spingere le industrie del settore privato verso maggiori produzioni di beni e serv izi. La riduzione del carico fiscale come misura diretta a contrastare gli effe tti dei disarmo appare d i difficile attuazione, perchè l'abbassamento ciel rapporto fra l'ammontare delle imposte e il prodotto nazionale aumenta progress ivamente la sensibilità del reddito disponibile alle variazioni del reddito nazionale, i cui effetti moltiplicativi costituiscono grave pregiudizio per la stabilità del s istema economico (3). Devesi, inoltre, aggiungere che si andrebbe incontro ad una progressiva e pericolosa crescita del deficit di bilancio. Per quanto riguarda gli effetti immediati di "accelerarore" della spesa militare rispetto a quel la sosti tutiva per consumi, è stato osservato da alcuni autori ( 4 ) che una riduzione della spesa militare accompagnata da una riduzione di pari ammontare nelle imposte sul reddito si risolverebbe in un aumento della domanda effettiva, perchè la spesa per consumi risultante dalla riduzione delle imposte indurrebbe un ammontare di investimenti maggiore dell'ammontare indotto della spesa m ilitare.

(')

M. P1v ETT1, Armamenri ed economia, op. cit. pag. 66 contra: L. FtSHMAN, A note on disarmameni and effecrive demand, in .Tour. of poi. econ. apr. 1962; The expansionary effecrs o{ shifts [rum de{ense to non defense expenditures, in Dcsan11ament and economy, i . Y. 1963, pag. 173-181

(4}

L. FtSHMAN, op. e ]oc. c ii.

354

alla

nota

precedente


Ciò perchè la produzione militare è soggetta ad un rapido processo di obsolescenza. Al riguardo, però, occorre osservare che la spesa militare investe moltissimi settori, epperò non è corretto formulare conclusioni aventi valore di generalità. Considerando, invece, più propriamente le principali componenti della spesa mili tare: a) armamento convenzionale; b) personale mili tare e civile; e) sistemi di arma avanzati - ivi compresa l'elettronica - si giunge a ben diverse conclusioni. Per quanto concerne le spese s ub a) l'esperienza ha mostrato che, coeleris paribus, l'investimento indotto non è inferiore a quello per i principali tipi di beni d i consumo durevole. Le spese sub b), riguardano trasferimenti che s i risolvono per la massima parte in spese di consumo, epperò una loro riduzione a favore della produzione di beni di consumo e di serv izi finisce per avere un effetto compensativo. Per le spese sub c) si verifica il processo di obsolescenza, epperò sarebbero val ide le conclus ioni del la FRISHMAN, però devesi considerare anche l'effetto tecnico della produzione di tali beni. Si tratta, infatti, di sis temi di arma tecnicamente rriolto avanzati, ii cui Know-how costituisce un supporto difficilmente sostitui bile, all'investimento privato che viene per lo meno a compensare gli effetti del processo d i obsolescenza. In definitiva, si può concludere, d ifformemente dal pensiero della FRISHM AN, che agli effetti negativi dovuti alla riduzione delle imposte, si aggiungono anche quell i negativi dell'investimento privato sostitutivo della spesa militare. Sulla politica delle spese pubbliche, abbiamo già osservato che essa può essere diretta ai consumi sociali, alle infrastrutture pubbliche e ai programmi spaziali. Sui consumi sociali, i settori sui qu ali si dovrebbe agire sono quelli dell'edilizia popolare, l'istruzione e la sanità pubblica, nonchè quello dei trasporti p ubbl ic i. E' da rilevare, però, che dÒvendosi sostituire una categoria di spese che presen ta u n carattere di ripetibilità indefinita, anche tali programmi dovrebbero essere ripetuti indefinitivamente; inoltre, alcuni, come ad esempio quelìo dei trasporti pubbl ici, potreb be risultare antagonistico dell'industria automobilistica. I tipi di infrastrutture pubbliche che possono sostituire le spese mil itari sono la costruzione di porti, aeroporti, strade e mezzi di comunicazione, in genere. Tali infrastrutture debbono avere un carattere di strumentalità. Devesi osservare, inoltre, che esse presentano rapidamente un li mite alla loro ripetibilità, sicchè non possono rappresentare un'alternativa, con carattere di continuità, alla spesa militare. I programmi spaziali costituiscono una valida a lternativa alle spese militari, perchè hanno le stesse caratteristiche e cioè ripetibil ità, non competività nei settori economici privati ad elevato progresso tecnologico sfruttabile anche nelle attività industriali private. Inoltre la composizione della spesa non differisce molto da quella militare. Per quanto riguarda, infine, Ja politica monetaria, è opinione concorde che essa avrebbe soltan to un ruolo marginale e ausiliario della politica fiscale. Stante la sua maggiore flessibilità e velocità d i applicazione rispetto alla politica fiscale, dovrebbe essere impiegata per correggere eventuali eccessi o deficienze temporanee nella domanda dovuti a errori o ritardi della politica fiscale. lnoltt·e, potrebbe svolgere un ruolo espansionistico nel tentativo di abbassare stabilmente il saggio d i interesse; però i suoi margini, recentemente si sono ridotti a causa del processo inflazionistico, dovuto all'aumento dei prezzi di alcuni fattori d i produzione - in particolare le fon ti di energia - che stanno condizionando i sistemi economici di tutti i paesi.

355


118. b) mutamento strutturale.

L'altro ordine di problemi dovuti alla conversione riguarda il mutamento della strutlura. A questo proposito devesi osservare, in via preliminare, che la parte preponderante della spesa militare, di massima, concerne gli armamenti convenzionali e i sistemi di arma avanzati. Se, come sembra avvenire presso la gran parte dei paesi industriali, tali produzioni, oìtre a presentare un alto grado di specializzazione, comportano anche una notevole concenLrazione regionale, gli effetti del disarmo si esasperano. Infatti un a lto grado di specializzazione industriale fa sì che la domanda sostitutiva della spesa militare, qualunque sia la sua composizione, non possa avere effetti compensativi nè diretti, nè indiretti del livello di p roduzione delle industrie specializzate che viene meno per effetto del disarmo. Inoltre si verificherebbero notevoli spostamenti di manodopera, che potrebbero ridursi solo nel caso in cui le industrie belliche fossero in grado di conver tire i loro impianti per intraprendere la produzione d i beni occorrenti a l settore civile. Circa gli effetti dovuti alla concentrazione regionale, essi presentano una maggiore rilevanza. Specie in quelle regioni in cui la produzione mil itare è prevalente - industrie aeronautiche, elettroniche, elettriche, ccc. - oppure dove ci sono notevoli ammassamenti di truppe o d i personale militare in genere, il disarmo finirebbe per creare disoccupazione e un sensibile a bbassamento del livello del reddito. Masse notevoli di lavoratori si dovrebbero spostare in a ltre località ed essere sottoposte ad una necessaria riq ualificazione professionale, possibile solo nei confronti di elementi giovani. Come abbiamo già r ilevato, i p roblem i che il disarmo crea nella struttura non differiscono di molto da quelli dovuti al riarmo, perchè anche in caso di disarmo, trattasi di processi di sostituzione che presentano vincoli e costi che comportano perdite per la collettività , anche perchè verificandosi nuove combinazioni di fattori di produzione, si vérificheranno produttività diverse di tali fattori . Inoltre, i vari processi di trasformazione agiscono prevalentemente su l capitale fisso, epperò implicano tempi lunghi. Ci sono infine, da considerare i legami fra i problemi del livello della domanda effettiva e del mutamento di struttura, in quanto tali problemi sono interrelati, interagenti, e interdipendenti, anche se di frequente si mostrano antagonistici fra loro, perchè l'obiettivo della domanda effettiva verso iiveili di piena occupazione o comunque non inferiori a quelli raggiunti du rante una politica economica di armamenti, implica tempi brevi, mentre l'ob iettivo del mutamento dell a struttura si consegue a lungo termine. Anche certe pol it iche, come ad esempio quella delle spese pubbliche, possono assumere carattere antagonistico e frenante in certi settori privati . Si pensi ad un'espansione dei trasporti pubblic i che può risu ltare di freno all'industria automobilistica e la diversa concentrazione te rritoriale di opere pubbliche in sostituzione di industrie belliche, ecc .. Concludiamo questo paragrafo, osservando che se è vero, com'è vero, che ;,non possiamo avere il riarmo senza lacrime" (5), è altrettanto vero che non si può avere il disarmo senza sacrifici e perdite.

(S)

356

E. A. G. Roll1:-ISON, L'economia del riarmo 11el Regno Unito, in Econ . Inter. 195 1, n° I


CAPITOLO Il CASI PARTICOLARI DEL DISARMO

119. I presupposti per ia conversione conseguente al disarmo e ia politica economica della conversione: a) nei paesi ad economia di mercato a ltamente industrializzati. 120. b) nei paesi ad economia pianificata. 121 . c) nei paesi sottosviluppati.



119. T presuppos1i per la conversione conseguente al disarmo e la politica economica della conversione a) nei paesi ad economia di mercato ailamente indusl rializzati.

Gli Stati Uniti d'America rappresentano il paese che, tra quelli ad economia di mercato, ha raggiunto più compiutamente il traguardo dell'industrializzazione, epperò riteniamo di prenderli a «modello» per il nostro esame. La politica economica statunitense, ancora attaccata al «laissez faire» aveva fatto conoscere i tempi diffic ili della «grande depressione» che a ttenuata dal «New Deal», è ven uta meno solo intorno agli anni '40 con una pol itica di «piena occupazione». A gu erra finita, la soluzione del problema della convers ione su livelli di alta occupazione e in assenza di inflazione venne trovata nella «fiscal policy» , come pure attraverso la «fiscal policy» si cerca di mantenere ancor oggi tutto il sistema capitalistico statunitense, che può definirsi d i «massa», ad u n alto livello di «produzione di massa», di «reddito pro-capite di massa» e di «consumo di massa» . Anche se l'eguaglianza non abbia trionfato, è tuttavia aumentata la percentuale di reddito affluente alle classi dei reddituari medi e piccoli ed è lievemente dim in uita quella a favore delle classi a più alto reddito. (l) SwEEZY - coerente alle sue concezioni marxiste - ritiene che l'espansione dell'econom ia statuni tense sia artificiosa e dovuta esclusivamente a l sostegno costituito dall'enorme programma delìe spese mili tari, senza il quale si sarebbe verificato da tempo un crollo economico . (2) Accen nammo in precedenza che le spese mili tari esercitano una certa influenza sulì'economia statunitense - in particolare su alcuni settori, data la concentrazione delìa produzione per scopi militari - ma non ci sembra esatta l'affermazione d i SwEEZY che l'economia statunitense d ipenda esclusivamente dalla produzione militare: anche se 115 mi ìiardi di dollari d i spese militari sono una cifra enorme, finiscono sempre per essere soltanto un 6% del reddito nazionale. Ma se le spese militari non sono il sostegno dell'economia statunitense - come invece vorrebbe SwEEZY - non può non riconoscersi che una eliminazione rapida e totale potrebbe portare uno squilibrio, di una certa entità, d ifficile a riassestarsi . Per procedere ad un'analisi degìi effett i del disarmo sull'economia statunitense, occorre esaminare l'entità della spesa militare e la sua incidenza su l reddito nazionale, nonchè le caratteristiche della produzione militare. Le spese cli d ifesa attualmente ammontano a circa 115 miliardi cli dollari annui e cioè intorno al 6% del reddito nazionale lordo e a circa un quarto delle spese governative. La spesa militare, di massima, si d istribuisce così: a) spese di personale 40%; b) armamento convenzionale 30%; c) sistem i di arma avanzati 30% . Circa la distribuzione delle commesse si nota che circa due terzi riflettono l'industria aeronautica e missilistica, a cui fa immediatamente seguito l'elettronica, giungendo così ad un rapporto intorno all'80%. Inoltre alla concentrazione industriale si aggiunge quella territoriale (3).

(')

(') (3)

GAL.BRA I TH, Economia e be,iessere, pag. 97 e segg. de ll a trad. it., op. c i 1. P. M. Swrnzv, li prese111e come storia, pag. 216 e segg. della trad. it., op. c ii. M. P1vF.TTI. Armamenti ed eco11omia, op. cit. pag. 84 e pag. 135 e segg. Vedasi anche: R. E. B01.TON, Defense and disar111ame111, N.Y. 1966, pagg. I · 53 e 101 · 11 3

J . lv\.

359


Devesi rilevare, infine, che alcuni settori industriali, producono quasi esclusivamente per l'amministrazione deiìa difesa o per ìe sue agenzie. In queste condizKmi non c'è da meravigliarsi se ì'annullamento di una commessa nel 1964 alla Boing, comportò il licenziamento di circa 5.000 dipendenti, per la gran parte in giovane età, che trovarono grandi difficoltà nelìa ricerca di un n uovo impiego. ( 4 ) Quali dunque potrebbero essere gli effetti di un disarmo rapido e completo sul sistema economico statunitense? Dal l 960, dopo il citato documento degli esperti delle Nazioni Unite sul disarmo, specie negli Stati Uniti, c'è stata tutta una fioritura di studi condotti sia da organizzazioni pubbliche, sia da studiosi. (5) Tali studi, sia pure con sfumature d iverse, pongono in luce la notevole dipendenza dei leanding-sector - industrie elettroniche, aeronauti· che, ecc. - dalla domanda militare e le difficoltà di avviare i "processi sostitutivi" che, in ogni caso, implicano tempi lunghi - alcuni modelli di disarmo si sviluppano in un arco di 12 anni - . Anche sul sostegno della domanda effettiva affiorano spesso preoccupazioni e perpìessità. In ogni caso, dai più si chiede che ìa conversione sia accuratamente pianificata in conseguenza di appropriate indagini econometriche, facendo largo ricorso al metodo delle analisi settoriali. Osserva al riguardo P1NTO (6 ) che il d isarmo è un vero e proprio "mutamento di struttura" e che pertanto occorre affrontare il problema avviando uno "studio di struttura" al fine di porre in atto "poìitiche di struttura". Le conseguenze di natura ciclica, anche se rilevanti, possono essere considerate di secondaria importanza. Però l'attuale fase di stagflation, originata in gran parte dai continui aumenti di prezzo del petroìio e di alcune materie prime ch iave, renderebbe più ardua anche la soluzione dei problemi cicl ici. 120. b) nei paesi ad economia pianificata.

Per i paesi industrializzati ad economia di mercato abbiamo preso ad oggetto del nostro esame gli Stati Uniti, quale leader-ship; per i paesi industriaìizzati ad economia pianificata prendiamo in esame l'URSS, quale leader-ship dei paesi che seguono s iffatto regime economico. Secondo i dati ufficiali le spese militari dell'URSS per il 1977 ammontarono a 17,2 miliardi di rubìi. Al riguardo, però, devesi osservare che il bilancio dell'URSS è così suddiviso: a) investimenti economici - comprendenti anche l'autofinanziamento industriaìe - ; b) istruzione, ricerca scientifica e assistenza sociale; e) spese di amministrazione e di giustizia, debito pubbiico, ecc.; d) spese di difesa; e) altre spese. Se ne deduce che sotto la categoria "difesa", vengono comprese solo le spese dirette sostenute per le forze a rmate dall'amministrazione militare, restando escluso un grosso complesso di spese di progettazione e di produzione di beni militari che vengono mimetizzate neìle categorie degli "investimenti" e della " ricerca scien tifica". (7) 4 ( )

5 ( )

(6 )

(7)

360

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Si giunge così ad una stima della spesa militare complessiva intorno ai 90-95 miliardi di rubli che, comvertiti in dollai-i secondo la metodologia seguita da "The International Institute for Strategie Studies" di Londra, corrisponderebbero a circa 133 miliardi, con un'incidenza intorno al 14-15% del reddito nazionale. Da quanto rilevato consegue che il divario fra le spese militari degli Stati Uniti e dell'URSS non è quello che appare a prima vista dai documenti ufficiali sovietici, epperò il problema della conversione per effetto del disarmo si presenta nell'URSS non meno complesso di quello degl i Stati Un iti per quanto riguarda l'ent ità della spesa da sos tituire. Ciò rilevato in linea preìiminare, ricordiamo di aver osservato che la conversione industriale dovuta al disarmo implica una pianificazione per risolvere i conseguenti problemi di mantenimento del livello della domanda effettiva e del mutamento di struttura da realizzare senza arrestare lo sviluppo economico e con margini ridotti di squilibri a breve termine. Orbene, nell'URSS tutto il sistema economico è basato su una pian ificazione che pur avendo sub ito varie trasformazion i, è sostanziai emnte rimasta ancorata ad un tipo di economia collettivista, accentrata di comando. Ciò comporta che anche un eventuale disarmo verrebbe ad inserirsi nella pianificazione, determinando soltanto problemi di spostamento di risorse da alcuni settori produttivi ad altri, mantenendo l'equilibrio generale dei rapport i di scambio fra i vari settori med iante opportune modifiche da apportare a l piano stesso. Secondo l'opinione delle a u torità del p iano, tutLO si risolverebbe in una questione di efficacia delle tecniche di pianificazione. (8 ) A nostro sommesso avviso, però, l'affermazione sembra troppo ottimistica. Intanto occorre che il piano presenti una sufficiente flessibilità , mentre secondo quanto avverte DoBB, ( 9 ) le risorse produttive offrono un'estrema rigidità entro un breve periodo di tempo e ciò sia per la difficoltà che si incontra nel deviarle dall'impiego nel quale esse sono state utilizzate per un certo periodo di tempo, s ia per l'elevatezza del costo della trasformazione dei mezzi d'impiego in un periodo di tempo più ristretto di quello che sarebbe ragionevolmente indispensabiìc. Dato, però, il carattere amministra1ivo della pianificazione sovietica che l'autorità del piano manifesta attraverso comandi e considerato che l'autorità della pianificazione dispone anche del piano dei consumi, (1°) riesce sempre possibile deviare alcune risorse per promuovere certe produzioni in sostituzione di quelle belliche e r isolvere il p iazzamento dei nuovi prodotti. lì s istema può anche assorbire una s iffatta politica, ma con quan to ritardo sul previsto e con quante perdite? Ritardi e perdite c he fin iscono col g ravare sulla popolazione, specialmente quando riflettono il settore dei consumi.

~) (9) (' 0 )

0 .N.U ., Conséquences économiques e1 socia/es du désarmeme111, trad. it. par. 9 1 M. Dosa, S1oria de/l'economia sovietica, trad . it. Roma 1957 La pianificazione sovietica . i cosiddetti "piani quinquennali" . si suddivide in due settori, il piano degli invcs1 imen ti e il piano dei consumi. Dei due, il primo è preminente; esso indica il volume della formazione del capitale nel qu inquennio, la sua dist ribuzione fra le indusrric e ie regioni ed anche i progelli piu ' imporlan li. 11 piano dei consumi determina la parie del reddito naziona le da des tinare a i <.:onsumo, sta bilendo d'imperio. ii ve ii o e vo lume dei salari e quindi delle pensioni; stabil isce, a ltrcsi', l'ammonlare dei fondi des tinal i agli impieghi soc ia· li, In lai modo viene fissala l'entità della domanda dei beni di consumo, adeguando ad essa l'offe rta e cioè la produzione di 1ali beni.

361


Malgrado il possibile verificarsi degli inconvenienti sopraind icati, devesi tuttavia riconoscere che, così come avviene per la pian ificaz ione economica di guerra, i paesi a regime collettivista vengono a trovarsi in una posizione di vantaggio rispetto a quelli ad economia di mercato anche nel caso che si debba procedere ad una "conversione" dovuta ad un disarmo rapido e generale, perchè tali paesi già dispongono di una pianificazione economica e di un'organizzazione adeguata per attuarla, in cui può essere inserita, con carattere di immediatezza, la pianificazione della conversione dovuta al disarmo. 121. e) nei paesi sol/osviluppali

I paesi sottosviluppati approntano il loro armamento, prevalentemente mediante importazioni dai paesi industrial izzati. Consegue che una riduzione d i armamenti rende possibile destinare la valuta estera all'importazione di beni strumentali - macchinari, equipaggiamenti, ecc. - necessari allo sviluppo economico. Per quanto riguarda, invece, le spese di personale, una loro riduzione aggrava i già difficili problemi dovuti alla disoccupazione e abbassa il livello del reddito di quelle regioni ìa cu i economia dipende dal volume dei beni e servizi occorrenti alle forze armate. Inoltre, per molti paesi sottosviluppati le conseguenze del disarmo sulla domanda di materie prime da parte dei paesi industrializzati sono rilevant i, perchè venen do meno i redditi dovuti al le esportazioni d i armi, ridu rranno drast icamente le importazioni di materie prime, facendone, conseguentemente crollare i prezzi. l paesi sottosviluppati, per contro, potrebbero a ttendersi maggiori "aiu1i" dai paesi industrializzati, una volta che questi, I iberatisi dalle ingenti spese militari, possono partecipare con maggiore impegno allo sviluppo economico di altri paesi, con vantaggi reciproci. Ovviamen te tali ai u ti dovrebbero rimpiazzare anche gli "aiuli mililari" di cui beneficiano molti paesi sottosviluppati e che con il disarmo verrebbero a cessare. Se un siffatto programma sia realistico e attuabile, dipende dalla b uona volontà e dall'avvedutezza dei popoli ricchi e poveri.

362


BIBLIOGRAFIA

Le seguenti indicazion i bibliografiche non hanno pretese di completezza: costituiscono soltanto un primo orientamento per il lettore. Di massima, g li Autori c itati nelle note a piè di pagina, non sono indicati nella presente bibliografia. Sull'econom ia mil ita re d i pace e di guerra esiste u na letteratura copiosissima che non è possibile ci tare compiutamente, epperò vengono ind icate soltanto le p iù significative. Ri teniamo comunque rinviare il lettore alle seg uenti opere per u lteriori r iferimen t i bibliografici : a) per ì'Amichità: F.M. H E1CHELHE1M, Swria economica del mondo antico, Svoli. trad. it. Ba ri 1979 b) per l'Età contemporanea: O. FANTINI, Lineamenti della poli1ica economica di guerra, Roma 1956 G. MAYER, Teoria economica delle spese militari, Roma 1963 C. R u 1N1, Rassegna di S!Udi sulla po/i1ica economica e finanziaria di guerra, in S1udi Economici, Napol i 194 1

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395


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396

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P.

9, 57, 59, 69, 88, 92, 110, 112 323,340 74,338 22 227 124 76 286,359 129


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36

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V ANDERLINT VEGEZJO V I LLAN I VIRGILIO V ITO

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22, 49 29, 36, 38, 45, 257 8 265 17, 22, 25, 38 49, 50. 85, 109, 309, 343 24

w WAGEMANN WAGNER

A.

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H.

F.

79 8, 9, 56, 57, 60, 61, 69, 88,.89, 92, 93, 110, 138, 263 2 14 222

z ZAHN

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G.

R.

124 93 103

397



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