STATO MAGGIORE ESERCITO UFFICIO STORICO
Nicola della Volpe
ESERCITO E PROPAGANDA NELLA GUERRA DI LIBERAZIONE (1943-1945)
ROl\lIA 2005
PROPRIETÀ LETTERARIA
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lSBN 88-87940-63-0
Presentazione
Con questo quarto contributo il generale Nicola della Volpe con.elude la sua storia della propaganda militare e di guerra, nell'esercito e per l'esercito. Un percorso di ricerca iniziato molti anni or sono, quando ancora timidi e .:)panai erano i contributi sulla guerra psicologica e sulle attività della propaganda, queste ultime studiate principalmente in chiave politica. O ancora, teorizzate in chiavi dottrinarie e sociologiche di parte. Il periodo in esame è certamente il più d(fficile e complesso per comprendere l'organizzazione e lo sviluppo della propaganda di guerra, e in ultimo analizzarne l'efficacia avuta sui combattenti della guerra di Liberazione. Il triplo salto mortale all'indietro compiuto dai produttori della propaganda, dovuto soprattutto al canihio di fi·onte e di alleanze, e pilotato dalla direzione anglo-americana, fa comprendere a si~fficienza come fu arduo per i comandi italiani affì·ontare e trattare la materia. Come lo stesso autore avverte, inoltre, un'analisi a largo .~pettro sulla produzione e sulla efficacia della propaganda rnilitare, di guerra e di pace, sarà possibile soltanto quando altri contributi verranno. E non solo informa storiografica, ma anche in quelle altre chiavi dottrinarie, psicologiche, sociologiche, che completano la lettura della propaganda di guerra in tutti i suoi aspetti.
IL CAPO UFFICIO STORICO Colonnello Giovanni Sargeri
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SoMMARIO Presentaziot1e................................................................................................................
Introduzione ... .. .. .. ... ... ... ........... ... .. . .. ..... ... ............. .. .. . .... ..... .............. . .. .. ... .. .. ........... .. ..
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PARTE PRIMA LINEAMENTI DI STORIA E PROPAGANDA Capitolo I: Capito1o 11:
Sintesi degli avvenimenti. L'8 settembre. La difficile cobelligeranza...... 11 Aspett.i particolari. Volontari. Patrioti e partigiani. La partecipazione delle donne .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. ........... .... .... ....................... 35 Capitolo III: L'organizzazione, gli organi e le attività della propaganda e de11'assistenza.............. ........ .... ................................. ... .. ... .... ...... ........ 51 Capitolo IV: Morale delle truppe. Fronte interno e fronte di guerra. Patria e crisi d'identità........... ....... ........................... .............. ........... ...... 71 Capitolo V: Attività connessa: la censura postale. Organi e funzionamento. Le lettere e il monde ......... ............ ................ ................................. ....... 93 Alcune note per finire .............................................. .......... .... ..................... ............. .... 123
PARTE SECONDA GLI STRUMENTI DELLA PROPAGANDA Ca1toline .................. ......... .............. ......... .... ............... ................... ........................... ... 129 Fotografie e cinematografie ............. ........................ ..... .......... ......... ...... ...................... 143 Manifesti e Volantini .................................................................................................... 169 Stampe. Giornali, riviste, opuscoli .............................................................................. 201 Radio .... ................... ... .......................... ......................... .......... ........ .......... ...... ............ 225
PARTE TERZA GUIDA ALLE FONTI Avvertenza ............... ... ........... ....... ............ ... .............. ..... ................. ......................... ... 253 Sto1ia e propaganda ..................................................................................................... 254 Cartoline, posta mi1itare, censura ................................................................................ 266 Fotografie e cinematografie .................... ............ ............. .................. ....... ................... 269 Manifesti e volantini .................................................................................................... 271 Stampe. Giornali, riviste, opuscoli .............................................................................. 273 Radio .... ... .......... ............. ............ ............... ........... ............. ......... ........ ......................... 275 5
Introduzione
Durante la Guerra di Liberazione 1e direttive, la direzione della propaganda e l'utilizzazione degli strumenti pubblicistici restarono ben saldi nelle mani degli alleati. Ben consapevoli, infatti, dell ' importanza della guerra delle parole (per la formazione delle opinioni, per la ricerca del consenso, per il tono morale delle proprie truppe e, per contro, per la distruzione di que11o nemico), da essi definita "arma psicologica" e considerata alla stregua delJe altri armi in loro possesso, mai ne avrebbero lasciato non soltanto la conduzione, ma neanche la piena disponibilità agli italiani. L'imponente organizzazione spiegata dagli anglo-americani, la Psychological Warfare Branch (PWB ), a1 comando di un generale, non lasciò alcun spazio, almeno nella fase iniziale della cobelligeranza, ad attività di propaganda italiane che non fossero preventivamente autorizzate. Il problema della direzione e dell'organizzazione era di tale rilevanza, che il generale Caste11ano, capo della Missione M.ilitare Italiana presso il Comando in Capo de1le Forze Alleate, ebbe a scrivere in un appunto dell'ottobre 1943: " .. .La questione della propaganda assilla gli alleati... ". Tuttavia, gli italiani ·non mancarono di costituire, in proprio e subito dopo
l'armistizio, organi di propaganda. Già il 1O settembre, presso il Comando Supremo era in funzione una Sezione Starnpa e Propaganda, sorta sulle ceneri del1' Ufficio Stampa e Assistenza. Non fu facile spiegare ai militari, e agli italiani, che le regole del gioco erano cambiate, che i vecchi a11eati erano i nuovi ne1nici, e che l' "odiato nemico" era diventato il nuovo alleato, e salvatore. Almeno nelle fase postarmistiziale, prima che tra le masse si addivenisse alla diffusa e assurda convinzione di "delegare" agli alleati la salvezza de11a Patria. L'inversione di rotta, nella guerra de11e parole come in que1la affidata a11e armi, fu totale; paradossalmente, a favorire l'azione propagandistica, almeno sui soldati, non fu tanto il verbo incitatore coniato "Tedesco, l'eterno nemico", quanto le deportazioni, i delitti e gli eccidi che i "camerati" commisero sulle truppe italiane, nel Paese e all'estero, dopo l' 8 settembre. I terni principali che la propaganda militare impiegò per raggiungere i propri obiettivi nella Guerra di Liberazione furono soprattutto tesi a risvegliare i sentimenti patriottici e unitari, attraverso i richiami risorgimentali, affinché fosse Jiberato il suolo della Patria dall'invasore tedesco. Ad illuminare il cammino e ad 7
indicare la strada, "faro", come per il passato, la monarchia. Riuscirono tali motivazioni negli intenti? Ancora una volta la risposta è complessa, specialmente se si analizzano le attività svolte e i risultati ottenuti, e non potrà essere che parziale. Anche in vista dei limiti e del taglio de] presente contributo, che prende in esame principalmente la propaganda ne]] 'Esercito e non consente - se non per rife rimenti- indagini estese alle altre forze armate, e alla popolazione civile, cioè a tutto campo sulla materia. Poiché, in altri termini, al momento non sono possibili analisi approfondite e definitive del fenomeno, anche per la penuria di contributi in materia, non avrò la pretesa di letture e riflessioni esaustive sulla propaganda. Rimando ad alcune osservazioni ed annotazioni che farò ne] corso dell'esposizione; e fornirò qualche veloce considerazione a conclusione del volume. Qui posso solo anticipare che, come in tutte ]e guerre, la propaganda fu più avvertita e recepita dai combattenti in prima linea, sui fronti di guerra, che non dagli altri militari, impiegati nelle retrovie, e/o in servizi logistici; ovvero da quelli più esposti al rischio, alle sofferenze, al pericolo, alla guerra sempre presente, che non dai soldati lontani dai fronti di combattimento e più assuefatti -si fa per dire- agli "ozi" tenitoriali. In definitiva, ancora una volta sembrava valere l'assioma, anche durante ]a guerra di Liberazione, che la
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tensione continua ed il rischio costante del pericolo guerra non abbiano lasciato e non lascino spazio a "meditazioni critiche" delle truppe e rendano gli uomini più permeabili alla propaganda. Un'osservazione che, cli rovescio e in ultimo, ripropone l'eterno dilemma: se sia 1'evento stesso, ovvero la quotidianità della guerra vissu·ta pericolosamente attimo per attimo, ad avere efficacia e presa nell'animo dei ~soldati ed a determinare in particolari momenti la spinta propagandistica per eccellenza che motiva, che eleva il morale e di conseguenza lo spirito combattivo delle truppe; oppure, al contrario, se sia la propaganda, intesa come atto propagandistico puro, unita a11' assistenza ed a] benessere, ad avere la capacità di predisporre gli animi, di fungere da stimolo primario, di condizionare i comportamenti e cli avere in definitiva riflessi e conseguenze sullo sviluppo degli eventi. Un bel rompicapo, a cui forse sarà possibile rispondere quando verranno altri determinanti contributi sulla propaganda di guerra. Per quanto mi riguarda, con quest'opera, chiudo i] mio ciclo di studi sulla storia della propaganda, svolta nell'Esercito e per l'Esercito (e non solo) durante il trentennio più bellico -per la vastità dei conflitti- della storia d'Italia. Con un ringraziamento corale verso quanti, molti in verità, hanno contribuito alla mi.a fatica ventennale e in molti modi mi hanno aiutato durante il cammino.
PARTE PRilVIA
LineaDlenti di storia e propaganda
Capitolo I
Sintesi degli avvenimenti
L'8 settembre È difficile ritrovare nella storiografia dell'arnìistizio, e dei fatti bellici susseguenti ad esso, una "propaganda" di quegli avvenimentj militari. Se non in termini negativi. L' 8 settembre, data di partenza di un'era nuova per la storia dell'Italia e delle sue forze armate, ha assunto per gli italiani significati così deleteri e nefasti, da diventare ne11'imma!!inario collettivo -e nel '--' traslato 1inguistico- sinonimo di catastrofe, come già era avvenuto con Caporetto nella grande guerra. Una convinzione così radicata e profonda, talora frutto di strumentali atteggiamenti ideologici e di "partigiane" conenti storiografiche, che ancora oggi -a distanza di quasi sessant'anni- non si riesce a discutere serenamente e correttamente di quegli avvenimenti, nonostante la disponibilità di contributi scientifici sempre più notevoli in materia. Di riflesso l' 8 settembre, come Caporetto, resta a iattura nella storia d'Italia ed .in particolare nella sua storia militare: basta sconere i testi scolastici in uso o gli articoli che puntualmente, alle date anniversarie, ricordano l'evento. Preciso che in tali affermazioni non è sotteso alcun fine recondito di
revisionismo storico (nessun intento di leggere quanto scritto come eccessivo e negativo in senso opposto), ma semplicemente una proposta: che sia possibile fare storia attraverso i documenti, con una lettura di quegli eventi quanto più equilibrata possibile. O meglio, come ha sostenuto qualcuno, per cercare cli comprendere il più possibile un complesso evento storico e le sue eredità. Nessuno potrà mai negare che l' armj.stizio fu preceduto e seguito da una dolorosa sconfitta militare; ma, allo stesso modo, nessuno che analizzi onestamente quel passato potrà liquidarlo con l'infamante "tutti a casa", o segnare quella data, con feroce ironia, quale "festa degli Stati Maggiori". Basterebbe, in proposito, contare le perdite; nel settembre 1943, per opporsi ai tedeschi perirono in pochi giorni, in Italia e all'estero, oltre 20.000 militari (ufficiali, a partire da generali e ammiragli, e sottufficiali non si sottrassero ,ù pagamento del tributo); circa 800.000 -cifre ricavate dal comandante Schreiber attraverso i documenti custoditi negli archivi tedeschi- furono deportati come internati. Di questi, oltre 50.000 non tornarono. O sarebbe sufficiente far conoscere gli olocausti di intere unità, come quello 11
della Divisione Acqui a Cefalonia (cjrca 5.000 uomini furono massacrati, su ordine di Hi tler, perchè avevano osato di opporsi ai tedeschi), o queIIi collettivi e individuali (come l'assassinio dei 100 ufficiali che furono massacrati a Coo, o quello del generale Ch.iminello, comandante della Divisione Perugia, barbaramente trucidato -e decapitatocon 120 dei suoi ufficiali), per ristabilire alcune verità sull' 8 settembre. Purtroppo tali verità, pur conosciute dagli storici e dagli specialisti, sono ignorate dalla massa degli italiani. È sottaciuta, infatti, la conoscenza di tali sanguinosi contributi, perchè tale "memoria" passa raramente nei cosiddettj circuiti informativi e neanche compare nei testi scolastici. Volendo affrontare la storia degli avvenimenti militari dopo 1'8 settembre, per ricostruirla alla luce dei fatti risultanti dai documenti, bisognerebbe partire da una attenta analisi della situazione militare per capire come la dichiarazione deII' armistizio non poteva avere conseguenze diverse da quelle verificatesi; in pratica, non poteva concludersi se non con una pesante sconfitta delle unità italiane. All' 8 settembre, in estrema sintesi, sul territorio nazionale si affrontarono 24 divisioni italiane e 17 divisioni tedesche; all'estero, nei vari teatri operativi, 35 divisioni italiane contro 20 divisioni tedesche. Non inganni il rapporto di forze numerico, favorevole agli italiani. Il rapporto di potenza, e di fuoco, era a completo vantaggio deg]i avversari; basta constatare che armi automatiche, 12
artiglierie, mezzi corazzati e automezzi erano preponderanti nelle unità tedesche e, invece, insufficienti o addirittura mancanti in quelle italiane. Ad esempio, l'artiglieria italiana da campagna era dotata di pezzi con calibro da 75 e da 100, contro i pezzi con calibro da 105 e 149 tedeschi; gli italiani avevano pezzi controcarri e armi automatiche nella misura di un terzo di quelli tedeschi; niente autoblinde per i nostri, né cannoni per la fanteria, né fucili controcarri di cui gli avversari erano generosamente dotati; e, nel campo della mobilità, zero automezzi per il trasporto delle truppe, mentre i tedeschi ne avevano a sufficienza per muovere contemporaneamente i 2/3 dei 1oro soldati. Altri parametri qualitativi, di capacità e di efficienza, giocavano in favore altrui, in particolare sul territorio nazionale. L'esercito italiano, tra le unità più potenti e moderne, poteva contare soltanto su due divisioni corazzate (di cui una, la "Centauro", di limitata consistenza) ed una motori zzata; i tedeschi disponevano in Italia di ben cinque divisioni corazzate, complete, agguerrite ed efficientissime. Gli organici e l'armamento di una parte delle restanti divisioni italiane erano carenti; fortemente deficitario era, inoltre, il munizionamento controcarri, dopo il bombardamento deilo stabilimento cli Piacenza. Appare evidente, da tale sommaria analisi, che gli italiani non avevano nessuna possibilità di vittoria nei combattimenti contro i tedeschi, neanche
se la loro reazione fosse stata compatta e coordinata. A parte i colpevoli ritardi, la mancanza di ordini, 1' atteggiamento remissivo assunto da alcune unità, l'esercito -e con esso le altre forze armate, che non versavano in condizioni migliori- era destinato alla sconfitta su tutti i fronti. Ogni dibattito sulla "disfatta dell' 8 settembre", se non tiene conto di tale imprescindibile realtà, può degenerare facilmente in discussioni accademiche e tesi strumentali, avulse da ogni oggettiva realtà della situazione. Accettata tale premessa, si può discutere di tutto, anche del perchè alcune unità, male armate e senza alcuna possibilità di spuntarla, si batterono con tenacia e valore, ed altre invece, meglio armate ed equipaggiate, si dissolsero al primo scontro o addirittura senza combattere. Ma mai si potrà negare l'evidenza che, comunque, la sconfitta sarebbe sempre stata presente dietro la porta dell'armistizio: era, d'altronde, già in atto. Sperare in una conclusione positiva degli scontri, al momento, era una fantasiosa chimera. Sostenere ancora oggi che si sarebbe potuto capovolgere il risultato, è tesi faziosa e strumentale. Anche chi insiste sulla prevalenza quantitativa, in alcuni teITitori, delle unità italiane, alla fine non può fare a meno di riconoscere il divario qualitativo esistente, sempre a favore dei tedeschi. Il generale Filippo Stefani, nella sua imponente opera dottrinaria, Storia della dottrina e degli ordinamenti dell'Esercito Italiano, nel volume in cui tratta la seconda gue1Ta mondiale, pur <...,
non essendo tenero nei confronti dei vertici politici e militari e di quei comandanti italiani pavidi, (ritiene infatti che essi, con azioni energiche, avrebbero potuto ottenere risultati positivi a livello locale), alla fine è costretto ad osservare che la sconfitta comunque sarebbe venuta, perchè dovuta soprattutto alla superiorità qua1itativa, di potenza, di fuoco, di mobilità delle truppe tedesche. Se si aggiunge, alle veloci considerazioni sopra esposte, che a livello tattico le capacità reattive, di adattabilità alle situazioni dell'avversario, e non ultime quelle morali, all' 8 settembre superayano di gran lunga quelle delle truppe.italiane, si completa un quadro oggettivo di una situazione ormai disastrosa. O meglio, il quadro diventa catastrofico se si prende in considerazione il fatto che fin dal mese di luglio i tedeschi avevano ordini precisi e idee chiare e, con l'avvio deJl' operazione "Alarico", le loro unità avevano incapsulato quasi tutte le forze italiane, sul territorio nazionale e sui fronti all'estero. Conoscere poi quale fosse il morale dei soldati e dell' ltalia tutta, nei giorni precedenti 1' armistizio, può servire a spiegare, o meglio a chiarire, alcuni comportamenti, e sottolineare la facilità con cui molti caddero nel trappola mentale che la gue1Ta fosse finita, ma non a ribaltare l'oggettiva realtà della situazione ed i prevedibili risultati . Perchè, è noto, tutti, militari e civili, erano stanchi di una guerra che ormai si stava concludendo al peggio, fra lutti e rovme. 13
Ma, pur in presenza di una preoccupante crisi morale, affermare che la sola causa della resa ai tedeschi fu la mancanza, nella totalità dei casi, di qualsiasi voglia di combattere, è una valutazione affettata e errata, o quanto meno parziale. Non si spiegherebbero, altrimenti, .i numerosi episodi di valore, individuali e collettivi, le perdite subite e inflitte al vecchio alleato, la feroce reazione che questo ebbe, dovunque: non soltanto dove potè avere un faticoso e costoso -in termini di perditesopravvento, ma anche dove le truppe italiane si arresero senza combattere. È d'obbligo, a questo punto, dare sommaria contezza di quel che avvenne ne] settembre-ottobre 1943, per dare almeno la sensazione epidermica della convulsa e tragica situazione in cui vennero a trovarsi le unità e le capacità reattive che esse, in molti casi e nonostante tutto, dimostrarono. L' 8 settembre le forze de11 'esercito di pendevano parte da] Comando Supremo (Gruppo di Armate Est) e parte dallo Stato Maggiore R. Esercito. Il Gruppo cli Armate Est comprendeva la 9/\ Armata, dislocata in Albania, il VI Corpo cl' Armata, in Erzegovina, il XIV Corpo cl' Armata, in M·ontenegro, l' 11 /\ Armata, in Grecia (che però, di fatto, era alle dipendenze operative dei tedeschi). Sempre sui fronti esteri, ma dipendenti dallo Stato Maggiore R. Esercito, c'erano la 4/\ Armata in Francia (in piena crisi operativa perchè in gran parte in movimento per rimpatrio), il VII Corpo cl' Armata in Corsica, la 2/\ Armata 14
distribuita fra Slovenia, Croazia e Dalmazia. Sul territorio nazionale, sempre dipendenti dallo Stato Maggiore, erano dislocate a nord e al centro la 5/\, la 6/\ (senza truppe perchè in riordino dopo la sconfitta subita a causa cieli' occupazione alleata della Sicilia) e l' SA Armata; al sud la 7/\ Armata; a Roma e dintorni il Corpo cl' Armata di Roma, il Corpo cl' Armata motocorazzato, il XVII Corpo cl' Armata; in Sar.degna il XIII e XXX Corpo d'Armata, le Divisioni "Bari" e "Nembo" e il I O Raggruppamento Corazzato. È chiaro che la mancanza di un comando unico, causata dalla diversa dipendenza delle Grandi Unità, doveva portare sul piano operativo ad una reazione scoordinata, specialmente all'estero; carenza aggravatct dal fatto che la Memoria 44, contenente le direttive di massima alle Grandi Unità per le predisposizioni ed i dispositivi da adottare alla dichiarazione dell'armistizio, fu diramata ai comandi dipendenti dallo Stato Maggiore Esercito e non a quelli del Comctndo Supremo. Inoltre, la memoria non fu neanche seguita dal necessario ordine di attuazione, che avrebbe dovuto rendere esecutive le predisposizioni. In Italia, intanto, era accaduto che, nonostante le continue segnalazioni dei servizi cl' .informazione e dei comandi territoriali e operativi, nessuna seria contromisura era stata presa contro la massiccia calata di unità tedesche, che in pratica avevano occupato i punti chiave del territorio nazionale ed incapsulato
- come detto- la maggioranza delle unità italiane. Altrove, molte unità italiane e tedesche convivevano in una mescolanza quotidiana che non giovava certamente a favore della operatività italiana. Alla disastrosa situazione operativa si aggiunsero quei fattori, morali, di cui si è fatto cenno prima, che ebbero ulteriori effetti dirompenti sulle capacità reattive e combattive de11e truppe. Molti si ilJusero che con .l'armistizio fosse stato raggiunto anche l'accordo di un ritiro dei tedeschi, o almeno di una "pacifica" conclusione della vecchia alleanza (ricordiamo che l'ordine di considerare i tedeschi nemici venne dal Comando Supremo l' 11 settembre, e che il Governo italiano dichiarò ufficialmente guerra a11a Germania il 13 ottobre); altri stupirono nel trovarsi come feroce nemico l'alleato di pochi istanti prima; presso i Comandi la mancanza di collegamenti, con chi doveva emanare ordini, generò caos e frustrazioni. In definitiva, non fu facile, soprattutto ai comandanti periferici e a quelli delle minori unità che avevano le truppe alla mano, decidere il da farsi: combattere o arrendersi. Quel che avvenne fu , alla fine, il risultato di scelte strettamente personali, frutto in molti casi di un tormentato travaglio interiore, perchè si trattava di mettere sul piatto della bilancia la prospettiva che, opporsi ai tedeschi, significava quasi certamente dover accettare una prevedibile sconfitta con la perdita di molte vite umane. Dove prevalse il senso del dovere, i comandanti ·ai vari livelli scelsero lo
scontro; dove invece predomfoarono la stanchezza della guerra, o -perchè norealistiche considerazioni relative alla possibile salvezza dei propri uomini (da sottolineare che dappertutto al momento dell'armistizio i tedeschi giocarono la carta della lusinga e dell'inganno, per rivelare poi tutta la loro ferocia), o debolezze d'animo conseguenti ad atteggiamenti fatalistici, o anche paura e codardia -sentimenti sempre presenti nell'animo umano, da cui nessuno è immune- fu resa incondizionata o prevalse l'i11usorio "tutti a casa". Ne11a confusione più totale, aggravata da incertezze, assenza di ordini, mancanza di comunicazioni, concitazione crescente, pericolo sovrastante, illusione di salvezza, avvenne di tutto. Avvenne che le truppe schierate a difesa della Capitale, ganglo strategico e psicologico di vitale importanza per gli italiani, e quelle dislocate lungo il 1itorale laziale, riuscirono ad imbastire soltanto una sconnessa e discontinua resistenza, che pure costò dolorose perdite. E, a proposito di Roma, poco serve discutere ancora cosa S,:lfebbe successo se fosse stata impiegata la divisione paracadutisti americana, con le relative diatribe sul fatto se l'impiego sia stato rifiutato dagli italiani o negato dagli americani dopo la missione del generale Taylor a Roma prima dell'armistizio. Come poco serve conoscere che l'importanza di mantenere il controllo della Capitale aveva indotto il Comando Supremo, alle ore 11,30 dell' 8 settembre, a chiedere una
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dilazione dell'annuncio dell'armistizio, nella consapevolezza che la città sarebbe stata immediatamente occupata dai tedeschi (la risposta del Comando Alleato fu lapidaria e minacciosa:
"i\!Jancanza nell'annunciare per radio l'armistizio alle ore 183 O di questo pomeriggio sarebbe considerata dal Comandante in Capo come mancanza nel mantenere l'ùnpegno solenne già firmato. Se annuncio dell'armistizio non venissefatto all'ora.fissata tutti gli accordi verrebbero a decadere. Comandante in Capo dichiara che niancato annuncio potrebbe avere conseguenze disastrose per l'avvenire dell 'Italia."). Avvenne che la 4A Armata, pur sorpresa in crisi e nonostante il sollecito intervento del comandante, generale Mario Vercellino, dopo i tentativi fatti per resistere, i numerosi scontri, i di versi minuti episodi locali di opposizione alle richieste di disarmo, alla fine dovette essere sciolta. La maggior parte delle sue forze fu internata in Germania, ma una minoranza riuscì a fuggire in montagna e a dar vita ai primi nuclei di patrioti che avrebbero in seguito coagulato attorno a loro la guerra partigiana nel nord Italia. Avvenne che la SA e 8/\ Armata, sparse al nord e nel centro della penisola, con molti reparti già duramente provati o in riordinamento, frazionarono le loro scarse capacità di resistenza in una serie di combattimenti minori, con il solo 1isultato di contare numerose e dolorose perdite. Avvenne che ne] Meridione, in Sardegna e in Corsica, in verità talora in 16
situazioni diverse e più.favorevoli, anche grazie all'intervento alleato (che comunque non fu sempre tempestivo per il felice esito delle operazioni), le capacità dei Comandi e dei comandanti durante le reazioni determinarono un andamento positivo della lotta, poiché tali territori furono tutti liberati dai tedeschi. Annotiamo che fu proprio nel sud che i tedeschi incominciarono ad agire senza scrupoli, mettendo in atto brutali metodi di rappresaglie, fucilazioni e uccisioni ingiustificate. E che fu al sud, o meglio a Napoli, che dal 28 settembre al l O otto'ore sembrarono rivivere gli antichi ideali risorgimentali di fusione tra esercito e popolo nella lotta a11' invasore, l' "eterno nemico" . Avvenne, infine, che la 2/\, la 9/\ e I' 11 /\ Armata, dislocate a11 'estero, vissero le pagine più gloriose e tragiche di quei giorni, di cui solo a colpi di flash e di impressioni è possibile tracciare la amara sorte, perchè nessuna sintesi renderebbe giustizia alle dolorose tragiche esperienze fatte da quelle truppe, agli eccidi subiti, al valore dimostrato. La 2/\ Armata presidiava la Slovenia, parte della Croazia, il territorio fiumano e la Dalmazia; già ferita da una cruenta gueITiglia, l'armata fu vittima di ordini incomprensibili, cl.i inganni dell'ex alleato, del 1' atteggiamento ambiguo dei partigiani di quelle terre, che quasi dappertutto depredarono i soldati italiani. La Divisione "Bergamo", che era riuscita ad oppo1Te una ostinata resistenza ai tedeschi, pagò tale colpa con perdite elevatissime e con la
fucilazione di 49 ufficia] i a combattimenti ultimati. Decine di migliaia di uomini dell'armata furono catturati e internati; alcune centina.ia di essi, scampati alla cattura, diedero vita al Battaglione "Garibaldi" e offrirono il loro contributo nella lotta ai tedeschi, tra le fila dell'esercito jugoslavo. La 9/\ Armata, in Albania, si consumò tra mille co.rnbattimenti episodici; dolorose ed esemplari le pagine scritte dalle divisioni "Perugia" e "Firenze". La "Perugia" piegò verso Porto Palermo e poi su Porto Edda, nella speranza d.i un imbarco, sostenendo continui scontri con tedeschi e co11aborazionisti albanesi; alla fine, stremata e senza alcuna possibilità di poter rimpatriare -chi volesse leggere i convulsi dispacci di richieste di aiuto, contenuti nei diari storici de11a divisione, potrà toccare l'impotenza e la disperazione che trasudano dalle parole e ne11e invocazioni di aiuto- dovette an-endersi dopo l'ultimo impari combattimento. Macabra la fine del comandante, il generale Chiminello, (" .. .la testa, staccata dal busto e issata su una picca, fu mostrata come sanguinoso trofeo ai soldati inorriditi..."), accompagnata dalla feroce fucilazione dei 120 ufficiali catturati. La ''Firenze'', non riuscendo a raggiungere Tirana, dopo cruenti scontri con i tedeschi, prese accordi con l'esercito albanese e, successivamente, costituì il "Comando Truppe Italiane della Montagna", che raccolse attorno a sè via via 25.000 uomini sfuggiti alla cattura nei Balcani e combattè per quasi tutta la durata della guerra.
Il IV Corpo d'Armata, in Erzegovina e nella Dalmazia meridionale, riuscì a far rientrare in Italia soltanto i 5.500 uomini de1la XVIII Brigata Costiera. Le divisioni "Messina" e "Marche', tennero tenacemente testa agli. avversari per pochi giorni. Il generale Giuseppe Amico, comandante della "M.arche", fu prelevato con l'inganno d,ù tedeschi e freddato con un colpo alla testa. Il XIV Corpo d'Armata, in Montenegro, dopo drammatiche vicende, con i sopravvisuti diede vita alla Divisione "Garibaldi", che combattè con gli iugoslavi fino al 1944. L' 11 A Armata, in Grecia, finì quasi al completo in mano nemica: dei suoi uomini, l 00.000 furono deportati, 20.000 riuscirono a passare ai partigiani (vivendo in qualche caso esperienze tragiche e allucinanti), 25.000 si nascosero con l'aiuto della popolazione (successivamente molti di essi furono costretti o preferirono consegnarsi ai tedeschi). Alcuni vresidi cle11e isole, e delle Forze ita1iane nell'Egeo, furono eliminati tra eccidi e stragi: Cefalonia, Coo e Corfù furono i luoghi del Calvario. Passeranno decine di anni, pr.ima che le pubblicazioni ufficiali -quelle "laiche" sorvoleranno sempre su quei fattiriusciranno a divulgare, in una cerchia purtroppo ancora ristretta, le vicende vissute da1l'esercito nel settembreottobre 1943. Al momento degli avvenimenti, l'informazione e la propaganda furono più attente a insistere sugli eccidi compiuti dai tedeschi, per dimostrarne la ferocia e la necessità di 17
combatterli fino all'annientamento, che non a mettere in luce i comportamenti onorevoli e valorosi di quelle stesse truppe che quegli eccidi avevano subito. Successivamente, la rimozione avvenuta nella memoria collettiva per la brutalità di quegli eventi, un errato senso di colpa per la sconfitta subìta che si diffuse tra i vertici militari, unita alla preoccupazione quando non alla necessità di difendere posizioni personali da attacchi viscerali condotti da più parti, avrebbero fatto in modo che l'operato delle unità militari fosse dimenticato, o appena ricordato in fascicoletti memorialistici e/o celebrativi di scarsissima diffusione anche all'interno delle Forze Armate. Se la sconfitta seguita all 'armistizio resta un fatto indiscutibile, non è eticamente giusto nè storicamente corretto continuare a sostenere tesi scontate e accusatorie. Non si rende giustizia alle decine di migliaia di Caduti che, nonostante l'evidenza dj un crudele destino e di un sicuro insuccesso, non si sottrassero al sacrificio e preferirono opporsi invece di fuggire.
La difficile cobelligeranza Mentre in Italia e all'estero erano in corso scontri e combattimenti, i vertici politico-militari già studiavano la possibilità di ricostruire, con quel che era rimasto delle forze armate, grandi unità da affiancare agli anglo-americani, al fine di partecipare alla liberazione del territorio nazionale. Incominciò allora il balletto delle continue , e in verità sotto 18
certi aspetti pretenziose, offerte italiane di partecipazione alla guerra, glissate o apertamente respinte dagli alleati. La difficile cobelligeranza, real isticamente definita a partire dai prodromi dell'armistizio "inganno reciproco" da Aga Rossi, non poteva non avere sviluppi diversi. Da un lato, i vertici politici e militari italiani, preoccupati e spinti da un imperativo impegno morale, chiedevano insistentemente ·di dare il proprio contributo alla liberazione del suolo patrio, dimenticando però che si stavano rivolgendo ad un interlocutore che avevano combattuto aspramente, e non soltanto sui campi di battaglia. Dall'altro, gli alleati, che oggettivamente non potevano accordare all'improvviso tutta la fiducia che veniva loro richiesta, anche per le stesse incertezze che si erano avute all'atto dell'armisti zio, incertezze che non avevano fatto altro che aumentare le loro diffidenze. Con il risultato che mentre i ve11ici italiani si affrettavano a presentare proposte di approntare e di inviare subito, in prima linea, unità combattenti, gli anglo-americani, dubbiosi sulle capacità organizzative, reattive e di efficienza operativa dei nuovi a11eati, pensavano agli italiani come ad un esercito di manovalanza e preferivano realizzare unità ausiliarie, che sollevassero le loro unità combattenti da onerosi compiti "logistici". Di fatto, la prima preoccupazione degli alleati fu di non avere spine nel fianco, nel Tirreno, che potessero ostacolare lo sviluppo delle operazioni nel centro-sud
dell'Italia. Lo dimostra l'attenzione che essi mostrarono nei riguardi della Sardegna che, se fosse stata occupata dai tedeschi, poteva diventare una pericolosissima base nemica; il generale Castellano, firmatario dell'armistizio di Cassibile e capo de11a missione italiana presso il Comando delle Forze Alleate, scriveva nella sua cronologia alla data del 9 settembre 1943: " ... Il Comando Alleato è fortemente interessato che la Sardegna sia completamente nelle nostre mani ed insiste perchè si prema in tale senso e si telegrafi a Roma, il che viene fatto ... ". La Sardegna restò agli italiani dopo dolorose vicende ed aspri combattimenti; e gli anglo-americani, in contropartita, furono in que11' occasione imprevedibilmente generosi, poichè l'isola fu l'unico lembo d'Italia a non dover subire l'amministrazione alleata. Il generale Antonio Basso, comandante delle Forze Armate della Sardegna, in una relazione redatta in ottobre aveva scritto in proposito: " ... Ciò (1a cacciata dei tedeschi, n.d.a.) ha reso possibile di far constatare alle sopravvenute missioni anglo-americane che in Sardegna esisteva una regolare organizzazione di comando non solo nel campo militare ma anche in quello civile, sicché la loro penetrazione negli affari dell'isola è avvenuta senz'alcuna scossa ed attraverso i poteri costituiti italiani ... " . Il 26 settembre, nonostante le forti riserve alleate su un possibile impiego in prima linea, il LI Corpo d'Armata, di stanza a Brindisi, a conferma di ordini verbali ricevuti disponeva che fosse
costituito il 1° Raggruppamento Motorizzato, con unità tratte soprattutto dalle divisioni "Legnano" e "Mantova". Il raggruppamento fu inizialmente articolato su un reggimento di fanteria motorizzato (un battaglione del 67°, un battaglione del 93°, un battaglione bersaglieri -il LI battaglione d'istruzione-, la 280/\ compagnia fuciloni da 20, una sezione salmerie), un reggimento artiglieria motorizzato (due gruppi da 75/18 del]' 11 °artig1ieria, un gruppo da 100/22 -il CCCXIV-, un gruppo da 105/28 -iJ XII-, una batteria contraerei da 20 mm. del "Mantova"), il V battaglione controcarri (su due compagnie da 47/32 e una compagnia L351anciafiamme), una compagnia mista genio, una sezione carabinieri, servizi vari. Il 28 settembre i reparti, riordinati ed equipaggiati, dovevano presentarsi a S. Vito dei Normanni. La velocità dei preparativi e la volontà di spiegare quanto prima truppe italiane a fianco degli alleati, non trovava benevoli riscontri, anche se formalmente gli anglo-americani il 29 settembre già chiedevano varianti ordinative per la costituzione del Raggruppamento; settimane più tardi, infatti, in un promemoria del 17 ottobre 1943 diretto al capo di Stato Maggiore Generale, Ambrosio, il generale statunitense Taylor confermava le indecisioni degli alleati e ricordava che " ... per ora non ci sono progetti di impiego di formazioni combattenti...", anche se aggiungeva " .. .a parte la brigata rinforzata (ovvero il I Raggruppamento Motorizzato, n.d.a.), ora in attesa di ordini... ". 19
Lo stesso documento precisava in effetti molto bene quale fosse la politica degli alleati, relativa all'impiego delle truppe italiane. NeUe linee generali, esse venivano ripartite in tre categorie: truppe combattenti; truppe nelle linee di comunicazioni, della difesa contraerea, dei servizi; truppe impiegate come mano d'opera civile mobilitata. Delle truppe combattenti è stato già accennato. Le truppe nelle linee di comunicazioni dovevano assicurare i servizi di guardia contro i sabotaggi e 1a sicurezza interna; Taylor quantificava in 10 divisioni ]e uni tà necessarie a tali compiti. Per la difesa contraerea e costiera gli alleati intendevano impiegare su vasta scala truppe italiane, affidando alcune zone completamente a loro e in altri casi utilizzandole come rinforzi di unità alleate. Poiché infine era prevedibile che i] nemico, ritirandosi, avrebbe messo .in atto vaste distruzioni di porti, strade, ferrovie e collegamenti, sarebbero state necessarie molte unità dei servizi, specializzate e non. In conclusione, la precedenza assoluta nell'impiego sarebbe stata data agli specializzati del genio, dei trasporti, dei collegamenti; le unità superflue ai compiti di difesa contraerea e costiera sarebbero state impiegate come unità lavoratori, con smobilitazione cle11e eccedenze ("per un proficuo impiego nell'agricoltura e nelle miniere"), le truppe combattenti erano limitate alla "brigata rinforzata in attesa di ordini". Ordini che arriveranno dopo due mesi circa, a seguito di reiterate offerte
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italiane e "cortesi" temporeggiamenti alleati (una poco piacevole altalena), ma soprattutto dopo le insistenze di Messe, che nel frattempo aveva sostituito Ambrosia al Comando Supremo. A onor del vero, il generale Vincenzo Dapino, posto al comando del raggruppamento, ancora il 27 novembre, in un rapporto seguito ad un'esercitazione, faceva presente che, benchè l'unità fosse pronta al battes.imo del fuoco quanto a preparazione a seguito degli intensi addestramenti e dell'elevato morale, essa tuttavia ancora risentiva di carenze nell'equipaggiamento e nelle dotazioni di materiali. Ciò, nonostante che fosse stato raschiato il fondo del barile nei residui magazzini dell'Esercito (e dove era stato possibile), per dotare dignitosamente il raggruppamento di armi, materiali e mezzi. Ma qui bisognerebbe ticordare che gli alleati avevano in pratica requisito tutto quello che esisteva nei magazzini militar.i della penisola e che, di fatto, i comandi italiani non potevano disporre in proprio e di proprio, a seguito deI1e clausole del trattato di pace, neanche di un solo spillo. Principio ribadito ancora a novembre da un bando di Alexander, a proposito cli chi avesse il controllo di baraccamenti, depositi, laboratori ecc., nonostante ]e continue, quante inutili pressioni, fatte anche da Messe in persona affinché gli alleati consentissero l'utilizzazione dei depositi militari italiani della Sicilia, finiti nelle loro mani, i più forniti di equipaggiamenti e materiali vari.
Alla fine, 1' agognato ordine di impiego in combattimento veniva preannunziato il 29 novembre dal generale Kejes: "Ho intenzione di impiegare il I raggruppamento motorizzato italiano in una azione offensiva intorno al 6-1O dicembre ... " ; impiego che il 3 dicembre
fu confermato per l'operazione contro Monte Lungo, prevista per il 6 dicembre, ma di fatto avviata 1'8, e ripetuta il 16. Ci furono infatti, come noto, due combattimenti a Monte Lungo, ricordati come unica battaglia. L' 8 dicembre l'operazione si concluse con un doloroso e sanguinoso fallimento, frutto di errori di valutazione, da parte degli alleati soprattutto. In sostanza, contro ogni segnale che faceva prevedere una possibile, accanita resistenza tedesca su quelle posizioni (pattuglie di rangers e del I43° fanteria statunitense erano state fatte a segno da un nutrito fuoco avversario nei due giorni precedenti l'azione), la convinzione nei comandi americani che i tedeschi si accingessero ad una ritirata, ed una effata valutazione dei loro servizi d'informazione, che accreditavano quelle zone sgombre da forze nemiche, furono ]e premesse dell' insuccesso. Azione durante, f affesto del 143° reggimento di fanteria statunitense, che non raggiunse gli obiettivi assegnati e quindi mancò di minacciare al fianco e al rovescio i tedeschi, fece i] resto. Non mancarono peraltro all'insuccesso di Montelungo motivi di altra natura, come l'armamento dei reparti. Scriveva il Capo di Stato Maggiore dell'Esercito al Comando Supremo il 15 dicembre
1943: " ... Poiché causa non ultima del! 'insuccesso tattico del noto combattimento al quale il I Raggruppamento Motorizzato ha partecipato è l'inadeguato armamento individuale del soldato (fanteria armata di.fucile non regge contro.fanteria che, come la tedesca, è prevalentemente armata di arma individuale automatica), rappresento la necessità che i moschetti Beretta della Marina siano subito messi a disposizione dell 'Esercito, perché li distribuisca al Raggruppamento in paro· la ... " .
In effetti si calcava la mano per fornire l'unica unità impiegata in prima linea cli un armamento migliore, poiché il giorno dopo i fanti del Raggruppamento presero Montelungo senza moschetti automatici Beretta. Questa volta, grazie ad un accorto fuoco di preparazione e ad un coordinamento migliore dell'artiglieria. Ma vi furono anche premesse di natura psicologica, non tattica, che erano stato preludio al fallimento del primo combattimento: gli anglo-americani avevano pensato a Monte Lungo come facile terreno cli prova dell'efficacia delle truppe italiane; il generale Dapino, come ha detto qualcuno, compì "un atto di fede azzardato" ne11e reali capacità dei propri uomini e accettò superficialmente le indicazioni alleate. Ma avrebbe potuto egli mostrare incertezze o essere esigente verso gli alleati in quella prima possibilità di riscatto, dopo che per mesi le autorità italiane avevano insistito e pressato affinché le proprie unità partecipassero alla lotta contro i tedeschi? Avrebbe potuto rimandare il 21
tanto inseguito e desiderato momento della verità? E con quali conseguenze di credibilità sui reali intenti dei militari e degli italiani tutti di partecipare alla guerra, al1a propria liberazione? Per assurdo, invece, fu proprio quella prova fal1ita a convincere inglesi e americani della volontà dei soldati italiani a volere fermamente la libertà de] suolo patrio. Ha scritto di recente Carlo Sorelli sulla rivista dell'Istituto per la Storia della Resistenza di Brescia: " ... Mà quella che segnò la svolta nella partecipazione italiana alla nostra lotta di liberazione fu la giornata dell'8 dicembre. Perchè la vista dei soldati italiani che anelavano all'assalto della quota 343 e dei Colle S. Giacomo entusiasmò e commosse gli alleati che osservavano dalle alture vicine, ed anche i giornalisti anglosassoni si espressero in termini di rispettosa ammirazione. Si può dire che dopo 1\1onte Lungo alleati ed opinione pubblica ebbero un ripensamento: prigionieri cli antichi pregiudizi si erano abituati a considerare gli italiani conie chiacchieroni, come opportunisti e come voltagabbana. Ora constatavano che esistevano anche italiani seri, coerenti e fedeli agli impegni presi, e questo, quasi inavvertitamente, si ripercosse anche in atteggiamenti ufficiali: quando alla fine del gennaio successivo le truppe del Raggruppamento ritornarono in linea su un nuovo settore non vi furono, al di là delle solite riserve tecniche sul nostro armamento ed equipaggiamento, dubbi sulla nostra capacità di tenere il
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nuovo fronte. Fedeli al costume anglosassone cli giudicare persone ed eventi dai fatti reali, quello che avevano visto a lv/onte Lungo li aveva impressionato profondamente: i soldati che andavano all 'assalto sfidando la morte erano italiani e Le bandiere issate sulle quote, alla fin.e conquistate, erano i vessilli di un.a nazione che esisteva, nazione rinnovata e viva, l'Italia... ". Riconoscimento di rilevante importanza, che.peraltro riflette in modo diverso ne11a forma, ma non nella sostanza, quanto ebbe ad affermare con estrema sincerità il generale Utili (che succedette a Dapino, ne] comando del raggruppamento, ne] gennaio 1944) al termine della guerra: " ... anche se il combattimento di Monte Lungo non è stato un modello di arte militare, e nemmeno si potrebbe sostenere che abbia avuto un peso di rilievo sul complesso delle operazioni, tuttavia, per il suo valore ideale, esso appartiene non alla cronaca ma alla storia d'Italia e non sarà perciò dimenticato. Poichè esso permise che si dfffondesse nel mondo la notizia che, per La prima volta nella seconda guerra mondiale, i soldati italiani si battevano a fianco dei soldati alleati, e si battevano con impeto e saldezza... ". Molta onestà ne11e parole di Utili sulla portata della battaglia, ma nessun dubbio sul significato morale che Monte Lungo assumeva nella storia d'Italia; quando poi l'assalto del 16, preordinato con metodo, ebbe esito felice, non mancarono immediati riconoscimenti ufficiali dei riluttanti comandi alleati.
Eppure, passata 1'euforia del momento, il raggruppamento subì una grave crisi morale, per motivi molteplici, dovuti in parte ,ùle perdite subite, in parte all'atteggiamento degli alleati (che dopo le lodi iniziali tentarono di ridurre il raggruppamento ad unità lavoratori), in parte per lo stesso atteggiamento del Paese, che si dimostrava indifferente alle imprese del raggruppamento (nel fronte interno si andava consolidando l'abitudine mentale del "chi ve lo fa fare"). Una crisi morale che turbò pesantemente gli uomini, tanto che si ebbero casi di diserzione fra quegli stessi soldati, che pochi giorni prima avevano affrontato ripetutamente e a distanza di una settimana, senza alcuna esitazione, la morte. Crisi concomitante anche al rimaneggiamento che il raggruppamento dovette subire, per poter avvicendare e sostituire uomini e unità logorate dai combattimenti di dicembre. Il generale Dapino l' 11 gennaio 1944 ne propose addirittura il cambio di denominazione in ''Divisione Vittorio Veneto", per riallacciare le tradizioni ai fasti della grande guerra; ma pochi giorni dopo, il 16, arrivò per lui l'ordine di trasferimento ed il 20 egli lasciò il comando, che fu assunto il 24 dal generale Utili. Ci volle tutta la determinazione, la fermezza e 1a sfrontatezza di quest'ultimo nei contatti e nei patteggiamenti con gl i alleati, per impedire che l'unica unità italiana qualificata come combattente fosse disgregata e ridotta ad ausiliaria, anche
se tali unità erano di fatto combattenti, ma non godevano di stima per la denornjnazione riduttiva di "ausiliaria" che portavano. "Ragazzi in piedi: perchè questa è l'aurora di un giorno migliore", scrisse Utili nel suo primo ordine del giorno ai veterani del raggruppamento. Trasformato e rinforzato, il 1° Raggruppamento il 31 marzo procedette all'occupazione di Monte Marrone; un'operazione non facile, anche se meno epica di quella di Monte Lungo, al termine della quale Utili incitò i suoi uomini a tener duro in vista della presumibile reazione tedesca . .Che puntualmente arrivò con tentativi di infiltrazioni di pattuglie, il 3, il 4, e soprattutto il 1O aprile, giorno in cui gli alpini del battaglione "Piemonte" respinsero il tentativo nemico di occupare la selletta S. Marco. Avversari davvero sorpresi di trovarsi di fronte degli italiani, tanto che la loro propaganda radio, da Roma, aveva annunciato in precedenti bollettini che truppe "neozelandesi" avevano "tentato" di occupare Monte Marrone. Annotiamo, come curiosità, che mentre il raggruppamento continuava ad operare con la vecchia denominazione, il 22 marzo il Comando delle Armate Alleate in Italia aveva disposto che esso venisse designato come "Corpo Italiano di Liberazione". E, nel diramare la comunicazione, l'Ufficio Ordinamento dello Stato Maggiore Regio Esercito raccomandava di evitare l'uso dell'abbreviazione "C.I.L." (forse ricordava l'acronimo G.I.L., 1a Gioventù 23
rtaliana del Littorio?), che invece si diffuse ben presto. I mesi successivi videro il C.I.L. avanzare con le truppe deU' 8/\ Armata britannica; a maggio, inquadrato nel X Corpo d'Armata, compì numerosi colpi di mano e respinse, allo stesso tempo, quelli tentati da pattuglie tedesche. Non pochi furono i problemi logistici, nonostante il lavorio dei reparti salmerie, per l'asperità del terreno in cui il C.I.L. si muoveva, situato fra i mille e i duemila metri d'altezza. A partire dal 27 maggio incominciarono operazioni di più ampio respiro, che portarono alpini e arditi a superare Monte Cavallo, e il l 0 giugno al lo spostamento del corpo verso il settore adriatico. Il 9 dello stesso mese, i fanti del 68° raggiungevano Guardiagrele e i paracadutisti del "Nembo" entrarono in Chieti, città peraltro esclusa dal settore d'azione degH italiani, tanto che il Comando del V Corpo Britannico, di fronte al brillante risultato raggiunto, modificò il limite del settore assegnato al C.I. L. . Superando gravi difficoltà, i soldati italiani avevano dato un efficacissimo concorso al forzamento delle linee tedesche, liberando anche Teramo, Ascoli Piceno, L'Aquila e Macerata. A luglio il nuovo obiettivo da raggiungere era Filottrano, fortemente organizzato a difesa dall'avversario; presa la cittadina, si poteva poi sferrare nelle migliori condizioni l'attacco per liberare Ancona. Il 9 luglio le prime pattuglie del "Nembo" riuscirono, con gravi perdite, a penetrare ne11' abitato e ad aggrapparsi disperatamente al ten-eno, fino ad '-'
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indurre il nemico a ritirarsi. Alla fine, a dimostrazione della durezza della lotta, gli italiani contarono 300 uomini circa fuori combattimento e i tedeschi il 50% dei loro difensorj (solo i morti furono 150). Ad agosto, mentre il V Corpo si dirigeva verso Ancona, ai reparti italiani fu affidato il compito di proteggerne il fianco, passando il Metauro e puntando su Urbino ed Urbania. Furono gli ultimi combattimenti che videro il C.I.L. in azione; conquistate le due città, esso venne ritirato e ripiegò per il riordinamento nella zona di Piedimonte cl' Alife. Gli anglo-americanj, convinti finalmente delle prove offerte dagli italiani, avevano deciso il potenziamento e l'ampliamento della loro partecipazione alla liberazione dell'Italia. Il passaggio di dipendenze dal X al V Corpo britannico non aveva consentito di realizzare il desiderio di quei bersaglieri del 1° Raggruppamento, che sulle vetture della loro tradotta diretta al fronte nel dicembre 1943 avevano scritto "Roma o morte"; forte sarebbe stato il significato morale di italianj che tornavano da liberatori neJla Capitale. .Ma gli alleati avevano disposto diversamente e, con il cambio di dipendenze, li avevano dirottati sulla direttrice adriatica. Magra consolazione la comunicazione di Utili del 15 giugno 1944, con la quale preannunciava che a centoventi ufficiali, sottufficiali e soldati del Corpo sarebbe toccato in so1.te di rappresentare le truppe italiane combattenti a Roma: i suoi uomini non
avrebbero neanche fatto in tempo a cucire sull'avambraccio il distintivo (scudetto con croce bianca su campo azzurro, in cui campeggiava la sagoma di Alberto da Giussano) che era stato ]oro concesso di portare, a testimonianza della propria nazionalità. Terminato il ciclo del C.l.L., nel settembre-ottobre del 1944 incominciò il frenetico lavorio per la preparazione dei gruppi di combattimento. Già il 3 settembre, mentre si concludevano gli scontri, il Capo di Stato Maggiore del Regio Esercito, in un suo ordine del giorno, annunciava che gli angloamericani avevano autorizzato una maggiore partecipaz.ione a11a lotta contro i tedeschi. Non si poteva, in nessun modo, venire meno e tradire, non soltanto l'insperata e centellinata fiducia che gli alleati andavano riponendo nelle armi italiane, ma anche le difficili prove superate, i sacrifici, gli eroismi e le vite lasciate sui campi di battaglia da Monte Lungo a Urbino. Il 24 settembre i1 Corpo Italiano di Liberazione fu ufficialmente sciolto. 11 generale Browning, nel visitare i reparti ebbe a dire: "Voi avete reso un gran servizio all'Italia. Se voi non aveste combattuto bene, il generale Alexander non avrebbe mai chiesto ai governi alleati di costituire una più numerosa forza combattente italiana". Non fu facile organizzare e preparare i gruppi, nonostante le proclamate possibilità; non è facile nemmeno far capire come le difficoltà furono veramente tali e a volte non immaginabili: si pensi, ad esempio,
come dovette essere complicato psicologicamente, per gli uomini, accettare il cambiamento apparentemente più semplice, que11o delle uniformi. Non fu pi.acevole rinunciare a1 colore dei padri e adottare i1 color kaki britannico; ebbe il sapore di asservimento abbandonare quel grigioverde che aveva visti i combattenti della grande guerra vittoriosi nel fango delle trincee, e che era imbrattato dalle più recenti stimmate dolorose, dalla polvere del deserto al ghiaccio delle steppe. Di contro, adornare il capo con la appariscente e inusuale "bacinella", al posto dell'amato-odiato elmetto, suscitò commenti ironici e salaci. Nè dovette essere semplice deporre il tanto vituperato fucile '91, che pur era stato fedele compagno di tante battaglie, ed il desiderato mitra Beretta, per imbracciare armi dalle denominazioni incomprensibili, come gli Enfield e i Bren. Ancora più complesso fu adeguare i metodi addestrativi individuali e di reparto, i procedimenti tattici, le procedure logistiche, completamente nuovi per quadri e gregari; e, infine, farsi comprendere da un alleato che parlava una lingua completamente diversa, e non solo ne11e parole. Quanta sofferenza dovettero subire e quanto impegno dovettero profondere ufficiali, sottufficiali e soldati sono deducibili dalle stesse direttive emanate dagli anglo-americani: nessun gruppo sarebbe stato portato in linea se non " ... ad addestramento veramente ultimato ... ", nessun ufficiale doveva recarsi al fronte se non " ... avesse 25
conosciuto, oltre il suo dovere, il suo mestiere ... ", massima severità nei confronti degli " ... istruttori, con i quali occorre essere molto esigenti ... ". . L'addestramento diventò croce e delizia quotidiana; se, per un verso, la pignoleria e l'ostinazione dei controllori furono asfissianti e per certi versi umilianti, d'altra parte servirono a rispolverare - per confrontoinsegnamenti dottrinari caduti nell'oblio; le esperienze complessivamente maturate nel corso dei cinque anni di guerra si sarebbero rivelate preziose nell'immediato dopoguerra. Le ultime, purgate di alcuni procedimenti tattici aJleati inapplicabili alla realtà italiana, costituirono le basi delle attività addestrative dell'esercito italiano di transizione. Nonostante, comunque, tutte le innovazioni e le difficoltà, gli uomini si adeguarono; e diedero vita alle nuove unità denominate gruppi di combattimento. Dal C.I.L. derivarono il Gruppo cli Combattimento "Legnano" e il Gruppo di Combattimento "Folgore" ; dalle Divisioni "Friuli", "Cremona" e "Mantova" gli omonimi gruppi. A Cesano fu costituito il "Piceno", anche esso per cambio cli denominazione della divisione, che ebbe le funzioni di centro di addestramento e complementi per i gruppi di combattimento. I primi quattro gruppi parteciparono ali' avanzata con gli alleati fino al 25 aprile, il "Mantova" non ebbe il tempo di entrare in linea, nonostante l'elevato livello di. addestramento ed efficienza raggiunto; Alexander, che il 13 aprile
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avevaispezionato il gruppo, ebbe parole di ammirazione per la preparazione dimostrata durante 1'esercì tazi one . Motivi politici, voluti dagli alleati, imposero la denominazione, nuova per le unità italiane, di "gruppo di combattimento". La spiegazione ufficiale fu che le divisioni italiane non avevano la consistenza di quelJe britanniche, ma di fatto essa impedì la formazione di Corpi cl' Armata italiani, che avrebbero avuto una maggiore autonomia di impiego tattico. Il capo della missione alleata di controllo comunicò laconicamente quest'ultima decisione, attribuita al generale Alexander: " ... nelle attuali circostanze la formazione di Corpi italiani o Quartieri generali dell'Esercito non è necessaria... ". Non fu consentito neanche che il Comando Supremo, divenuto ad agosto Stato Maggiore Generale, emettesse, con l'entrata in linea dei gruppi, un bollettino di guerra italiano, con il risultato che spesso le azioni dei combattenti italiani furono sottaciute e ignorate dal Paese. Al di là dei riconoscimenti ufficiali, che a parole non mancarono, gli angloamericani continuavano nella loro politica di centellinare concessioni e soprattutto impedivano che i "cobelligeranti" assumessero fisionomia di veri alleati ed identità nazionale più marcata. Costretti ad operare tra l'impotenza ciel Governo, l'indifferenza delle masse, l'ostilità dei partiti politici e la pesante parsimonia alleata, gli uomini dei gruppi
fecero il loro dovere. A loro merito, va riconosciuta la determinazione e l'impegno che profusero, supportati dalle capacità cli ripresa che dimostrarono i vertici militari, ovvero il Comando S upremo-Sato Maggiore Genera]e e lo Stato Maggiore R. Esercito. Giova ricordare e ribadire che a poco valgono le dolorose comparazioni con il passato, e che poco reggono gli accostamenti, spesso avanzati, con il dopo Caporetto. Allora, Comando Supremo, unità e uomini non furono abbandonati a se stessi dalla Nazione intera, che in varie mjsure concorse alla ripresa; avvenne che, almeno, i combattenti si sentirono affianco governanti e Paese. Ora, fra gli italiani era opinione diffusa che la guerra fosse un affare degli anglo-americani, e sembrava premiante essere o diventare dritti e furbi, per evitare i rischi e le fatiche della guerra. Ma di questo parlerò in seguito. Qui ricordo il valido apporto dato dai gruppi di combattimento alla liberazione del territorio nazionale, in sintesi e per tappe. Il primo ad entrare in azione, il 12 gennaio 1945, fu il "Cremona'', comandato dal generale Clemente Primieri; seguito il 9 febbraio dal "Friuli", il l O marzo dal "Folgore", il 23 marzo dal "Legnano". Il "Cremona" ebbe, fin dai primi giorni, duri scontri con i tedeschi; nella prima azione offensiva assegnatagli, tendente ad eliminare un pericoloso saliente tedesco a Torre di Primaro, ri.usd a raggiungere l'obiettivo dopo
aspri combattimenti, il 3 marzo. All'inizio della grande offensiva alleata di primavera, forzò il Senio e raggiunse l'abitato di Alfonsine (nella cittadina esiste oggi un Museo che ricorda le imprese del gruppo). Superato il Santerno, il "Cremona" avanzò velocemente verso il nord e, nonostante la violenta reazione tedesca, liberò progressivamente Cavarzere, Chioggia, Mestre, Venezia: in piazza S.Marco, la sera del 25 aprile, i suoi fanti issarono il tricolore. Il merito dei successi fu tutto dei capi e dei gregari del gruppo: manovre ordinate e agili, contatti stretti delle unità e conseguenzialità .di azioni, ferrea volontà di intenti dei comandanti a ogni livello e caparbietà unita a spirito di sacrificio della truppa. I costi di tanta determinazione furono elevati, poichè durante la campagna le perdite del "Cremona" assommarono a 863 uomini fra morti, feriti e dispersi. Il "Cremona" visse, inoltre, un'esperienza particolare; in esso, infatti, venne incorporata la Brigata "Gordini", composta da partigiani, anche donne, che prese parte a molte operazioni del gruppo. Il "Friuli", comandato dal generale Arturo Scattini, inizialmente, dal 9 febbraio alla fine di marzo, fu impegnato in violenti scontri di pattuglie e di contrasto. A partire dal 10 aprile partecipò alla grande offensiva di primavera; superò il Senio, liberò Castelbolognese, varcò il Santerno, l'Id.ice e il Savena, e il 21 aprile, dopo una cruenta lotta per togliere Casalecchio dei Conti ai tedeschi, entrò
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in Bologna accolto dal tripudio dei cittadini. La volontà reattiva dell'avversario, particolarmente tenace in quel settore, non aveva sempre eonsentito la perfetta esecuzione della manovra alle unità del "Friuli". Ma l'altrettanta volontà combattiva ed uno sp.irito offensivo elevatissimo sostennero gli uomini negli insuccessi momentanei; lo dimostra, anche nel caso de] "Friuli", l'alto prezzo de] sacrificio, 960 uomini fra morti, feriti e dispersi. Il "Folgore", agli ordini del generale Giorgio Morigi, fu impiegato nel settore più sensibile e importante, perchè era cerniera fra gli Appennini e la Va11e Padana, dove i tedeschi erano sistemati a difesa robustamente e con numerosi reparti scelti. Appena entrato in linea a marzo, i tedeschi 1'attaccarono per saggiarne la consistenza, ma i 1olgorini, presa l'iniziativa, li costrinsero a retrocedere e a portare indietro la loro sistemazione difensiva. Scoccata l'ora dell'attacco, il 19 aprile il gruppo si scontrò con ]'avversario a Case Grizzano; dove si sviluppò uno dei combattimenti più violenti della campagna, anche perchè vide impegnati paracadutisti italiani del "Nembo" contro truppe scelte e paracadutisti tedeschi. La lotta si protrasse con continui colpi di mano e di assalti a11' arma bianca, finchè gli italiani non prevalsero. Fortemente provato, il 21 aprile il gruppo fu concentrato nella zona Faenza-Brisighella, per concedere il meritato riposo agli uomini. Le perdite subite assommarono a 222 militari, e la maggior parte si ebbero 28
ne11'ultima battaglia; pur essendo il "Folgore" composto da uomini (paracadutisti e marinai) e unità più adatti a operare in pianura ed in azioni offensive, seppe tuttavia vincere le ostilità del terreno e rispondere all'impiego in compiti difensivi con prontezza ed aggressività, dimostrando capacità e qualità combattive di . . . . pr11mss1mo piano. Il "Legnano", comandato da] generale Umberto Utili, veterano della cobelligeranza, fu l'ultimo ad entrare in linea. Ad esso fu affidato un settore a cavaliere dell'ldice, a sud di Bologna, alle dipendenze della SA Armata statunitense (fu l'unico gruppo ad operare con gli americani). Non ebbe la ventura di partecipare a combattimenti di rilievo; pur tuttavia, tra azioni di pattuglie e balzo offensivo finale, fu protagonista di atti tattici di elevata perizia e non perse una posizione nè mancò uno degli obiettivi ricevuti. Pagò un tributo consistente in relazione alla brevità della partecipazione; nel mese di impiego 334 uomini furono le perdite fra morti, feriti e dispersi. Fra le forze impiegate in particolari compiti operativi, meritano un cenno ]e centurie paracadutisti del "Nembo" e lo "Squadrone F", costituite su specifica richiesta del generale Mac Creery, comandante de11a 8/\ Armata britannica. Dopo attività di pattuglie e colpi di mano, entrambe le unità ebbero il loro momento di gloria nella grande offensiva di primavera. I paracadutisti del "Nembo" furono lanciati la sera del 20 aprile in due gruppi distinti, per
compiere attività di disturbo nelle retrovie tedesche tra Modena-Poggio e Poggio Rusco-Ferrara. Benchè l'atterraggio fosse avvenuto in località distanti fino a circa 40 chilometri dagli obiettivi, i paracadutisti, agendo d'iniziativa e in qualche caso di concerto con i partigiani locali, colpirono dovunque, creando panico tra il nemico. Le statistiche finali della lotta testimoniano più delle parole: gli italiani contarono al termine dei combattimenti 15 morti, 6 feriti, 4 dispersi; inflissero ai tedeschi perdite accertate per un totale di 63 morti, 60 feriti e 1131 prigionieri, oltre a catturare notevo1i quantità di mezzj, materiali e armi. Non fu da meno lo "Squadrone F" (F Recce Squadron) del capitano Gay; dopo diverse azioni di ricognizione e di pattugliamento, anche esso il 20 aprile fu aviolanciato, in diverse zone fra Ferrara e Mirandola, per rendere difficile la ritirata tedesca, arrecare danni ali' avversa.rio e facilitare lo sfondamento delle unità dell'8/\ Armata britannica. Fatto a segno dalla contraerea nemica al momento dell'aviolancio, lo squadrone prese teffa in piccole pattuglie di 3-4 uomini che, con determinazione e aggressività, scompigliarono le retrovie nemiche; in alcuni casi operarono per due giorni interi, mentre era stato previsto che la loro missione avesse un'operatività di durata brevissima, di poche ore. I nuclei attaccarono colonne in movimento, centri logistici, comandi, postazioni, minarono vie di comunicazioni importanti e disattivarono, invece, le opere di mina
dell'avversario sulle principali linee di penetrazione alleate. l risultati complessivi suscitarono l'ammirazione degli anglo-americani: lo squadrone ebbe 6 caduti e 6 dispersi, ma inflisse perdite notevolissime, accertate in 481 morti nemici, 1083 prigionieli, 44 automezzi fuori uso, bonifica di 7 strade minate, 77 linee telefoniche distrutte, l deposito munizioni brillato, 3 ponti salvati dalla distruzione. L'Esercito Italiano non prese parte alla guerra soltanto con le truppe dette da combattimento, come accennato; la parte più cospicua di esso svolse una intensa, mfaconosciuta attività logistica, in prima linea, nelle retrovie, o lontana dal fronte, quotidianamente, in condizioni spesso umilianti, tanto da provocare in alcuni casi forti reazioni cli protesta e ribellioni. Fu tale la guerra delle unità ausiliarie e dei reparti salmerie, poco appariscente e oscura, combattuta da uomini che, nonostante tutto, conservarono dignitosamente la volontà di riscatto e la forza di compiere il proprio dovere: definiti "lavoratori" quasi in dispregio alla loro condizione militare-, in gran parte disarmati, senza divise o con brandelli cli uniformi (nell'inverno 1943-1944 vestivano ancora capi estivi misti a quelli invernali e deficitavano fortemente di calzature), "ignorati" dagli alleati, che talora non provvedevano neanche alle loro carenze e necessità primarie (ma se ne servivano allo stesso tempo a piene mani), giorno dopo giorno acquistarono meriti indiscussi scaricando navi, trasportando materiali in prima linea, fornendo
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servizi di controllo, di collegamento, di rifornimenti sulla linea del fuoco, riattivando strade e opere d'arte o costruendole, per consentire l'avanzata delle unità alleate. Nell'aprile del 1945 le unità ausiliarie avevano raggiunto la ragguardevole forza di circa 200.000 uomini che, silenziosamente, consentirono con la loro operosità, non eclatante ma insostituibile, l'alimentazione della campagna. Non solo in lavori poco gratificanti e ancor meno gratificati; in 60.000 -una aliquota numericamente pari a quella dei gruppi di combattimento, che inoltre includeva una consistente aliquota di specialisti-, seguirono le operazioni con le armate a11eate, permettendo agli anglo-americani di ritirare dalla loro organizzazione logistica in Italia congrui contingenti di truppe, avviati in altri teatri di gue1Ta. Impiegati sotto il controllo di ufficiali alleati, ne dovettero subire l'ostilità e la diffidenza, almeno fino a quando non riuscirono a "imporsi" sul campo con le loro qualità. Tra le varie attività logistiche, peculiare e preziosissima fu quella svolta dai reparti salmerie; la conformazione montuosa del terreno dello scontro, infatti, ovvero la dorsale appenninica, che nel corso dei secoli ha sempre dettato le modalità del combattimento in quell e parti d'Italia, incluso l'impiego delle armi e degli strumenti più idonei alla lotta-, rese inutili gli abituali mezzi di trasporto meccanici; per cui, fu necessario ricorrere all'antico locomotore animale, il mulo, per far 30
giungere in prima linea arn1i, v.iveri ed equipaggiamenti. Mi sia consentito in merito una digressione, altrimenti non si comprende a fondo l' importanza che ebbero, sul risultato dei combattimenti, i reparti salmerie delle divisioni ausiliarie. I sanniti tennero testa, su quelle stesse montagne, per circa un secolo al dilagante dominio cli Roma, sfruttando il terreno e la sannia, la loro particolare lancia, tanto da costTingere i romani ad adeguare la loro potente macchina da gue1Ta e a frazionare le legioni in manipoli, per renderle più agili e manovr.iere. Allo stesso modo duemila anni dopo i piemontesi, nella sanguinosa lotta di repressione del brigantaggio, dovettero adeguare l'Armata Sarda (durante le operazioni diventata esercito italiano), utilizzando dottrina, formazioni, armi e mezzi adeguati alla gueniglia e agli scontri sulle montagne. Nonostante i precedenti (Annibale aveva invaso l'Italia dal nord), Clark dovette arrivare a Roma dal sud, ed a Kesserling -che nel preventivare la difesa ebbe ragione su Rommel- non sfuggì l'importanza tattica delle montagne centro-meridionali, tanto da fissare le linee di resistenza a partire dal sud d'Italia, facendo pagare agli alleati sudore e sangue ogni metro di terreno ceduto. Chiusa parentesi. Progressivamente, furono ben otto le divisioni ausiliarie italiane impiegate
(205A,2Q9A, 21QA,2J2A,227A,228A, 230A, 23 I A), oltre ai reparti minori. Un caso particolare di "unità ausiliarie" fu quello delle Divisioni "Cuneo" e
"Regina", che all' 8 settembre si trovavano nelle isole Cicladi, nelle Sporad.i meridionali e nel Dodecanneso. I militari delle divisioni subirono inizialmente uno stato di semicattività, con l'appellativo di "prigioniericooperatori", prima di essere considerati cobelligeranti a11a stregua degli altri militari in Patria. I documenti sulla loro sorte attestano l'impegno profuso e lo sforzo sostenuto dalle autorità militari italiane per ottenere dagli alleati un dignitoso trattamento a favore dei militari inquadrati nelle due divisioni. Tutte le unità ausiliarie pagarono il loro tributo di sangue per il riscatto de11a nazione; al termine del conflitto esse contarono complessivamente 744 caduti, 2.202 feriti, 109 dispersi; cifre elevate, soprattutto se misurate con i dovuti parametri e le debite proporzioni all'impiego cui furono destinate. Non si possono chiudere queste brevi note sulla guerra di liberazione senza ricordare quegli 800.000 circa che, a loro modo, parteciparono alla riscossa dell'Esercito e delle Forze Armate italiane: gli internati militari nei campi di concentramento tedeschi. Catturati dopo 1' armistizio nei vari scacchieri operativi, condussero in cattività-una condizione di per sé umiliante per l'uomo, nato libero- la più dura delle guerre, senza nessuna prospettiva se non quella della quotidianità della fame, delle malattie, della violenza, de1la morte sempre presente ogni attimo della loro miserrima esistenza. Combatterono innanzitutto contro le avvilenti
condizioni di vita che li privavano di ogni dignità umana; combatterono contro le lusinghe della propaganda repubblicana e nazista che li allettavano con abbaglianti e seducenti promesse; combatterono contro le allucinanti vessazioni, messe in opera perché cedessero e, desistendo dalla loro resistenza, dessero la propria adesione; combatterono contro l'atrocità degli stessi dubbi che li tormentavano, attimo per attimo, sull'opportunità di una scelta che suonava come una condanna a morte; combatterono contro lo straziante dolore di dover rinunciare alla prospettiva di rivedere e riabbracciare i propri cari; combatterono contro lo stesso proprio corpo, ridotto a fatiscente larva umana; combatterono contro la disperazione e l'impotenza, che li costringevano a ripiegarsi su se stessi. Combatterono e resistettero, indomiti, al di là di ogni immaginabile umana sopportazione, senza limiti, per conservare intatta quel che restava della loro dignità e spiritualità di esseri umani e della loro fierezza di soldati. Combatterono senza il miraggio di alcuna ricompensa, se non quella aleatoria -qualora il "corpo" lo avesse consentito- di riuscire a resistere e a ritornare, un giorno, alle loro case, intatti nelle coscienze e negli ideali. Testimonia la indescrivibile forza e fermezza morale degli internati il comportamento tenuto dai 300 sottotenenti rinchiusi nel campo per ufficiali di Neribka, in Polonia. Un esempio scelto fra tanti, per l'alto significato ideale. Catturati dopo l' 8 31
settembre, all'indomani della nomina a ufficiale, essi non ebbero il tempo di prestare giuramento, di vincolare il loro stato, con il patto sacro, alla Patria; vollero compiere l'atto più solenne della loro condizione di milita.ii nel campo di prigionia, a sfida e di nascosto come ladri, sui lembi di una bandiera occultati al nemico, per suggellare e custodire quella fede da molti abbandonata in situazioni più felici : una fede che attestava, con quel gesto e su quel simbolo, non solo il loro stato, ma anche e soprattutto la loro identità di militari italiani. Ancora una volta utilizziamo le cifre al posto delle parole, per attestare il comportamento dei militari italiani internati nei lager: soltanto una piccola parte di essi aderì alle lusinghe e alle profferte tedesche; oltre 50.000 non tornarono, Caduti per fame, per malattie, per le fucilazioni sommarie subite al minimo sospetto; quasi tutti quelli rientrati restarono minati nel fisico, e nel morale. Uomini fierissimi, meritarono quanti altri mai l'appellativo di combattenti per la libertà. In verità, e per altri versi, non occorrerebbe dimenticare neanche la sorte subita dai prigionieri italiani in alcuni campi di prigionia dei nuovi alleati. "Durissimo e inumano" fu definito il trattamento subito dai soldati italiani prigionieri in Algeria, in Tunisia, in India, in Grecia, nei Balcani. Per non dimenticare quanto avvenne in Russia. A guerra finita, per ironia della sorte e leggi assurde, essi non meritarono neanche l'appellativo di combattenti per la libertà. 32
A conclusione dei lineamenti storici designati, per tirare qualche "somma parziale" relativa all'attività dell'Esercito dall'armistizio dell'8 settembre l 943 alla liberazione del 25 aprile 1945, ci sembra di poter affermare che il soldato italiano, dopo la devastante crisi iniziale, durante la quale comunque dimostrò in molti casi capacità reattive e combattive, seppe riprendersi e rimboccare le maniche. Nonostante le ovvie e naturali· diffidenze iniziali degli anglo-americani, con progressione crescente, in campo operativo come in quello dei supporti tecnico-logistici, egli meritò attenzione fino agli aperti ed incondizionati riconoscimenti. Non era un esercito diverso quello prearmistizio da quello post-armistizio; non crediamo alla tesi che l'Esercito Italiano della guerra di liberazione sia stato un esercito nuovo, differente da quello delle guerre "fasciste". Non erano infatti diversi gli uomini che lo composero: gli ufficiali, i sottufficiali, i soldati combattenti dei deserti africani, delle steppe russe, del fronte occidentale, dei Balcani, dello stesso fronte Italia, furono gli stessi che si incamminarono sugli Appennini, da Montelungo a Firenze, a Bologna, a Venezia. Non avevano né origini, né tradizioni, né formazione diversa. D'altronde, se fosse stato un esercito nuovo, dove avrebbe trovato la forza morale per la ricerca del riscatto e dove la voglia di ridiscendere in campo dopo le sconfitte subite? Quali sarebbero state le sue radici, se non quelle che nella buona e nella cattiva sorte lo identificavano come 1' esercito
risorgimentale che aveva dato vita all'unità d'Italia? Furono altri fattori a farne un esercito rinnovato, come la qualità degli armamenti e degli equipaggiamenti, unite -questa volta sì- a motivazioni valide; uni ti, essi fecero la differenza fra vecchio e nuovo e consentirono rendimentj operativi di elevato spessore. Rendimenti che migliorarono via via con la quotidianità del vivere in comune e con i combattimenti sostenuti assieme agli alleati, che alla fine furono costretti
a superare le iniziali diffidenze sulle capacità operative dei soldati italiani. Non mancarono, fra questi uomini, quanti con il loro comportamento non fecero onore alle stellette indossate e a11a loro identità di italiani; anche di questi dirò in seguito. Ma è innegabile che la maggior parte degli uomini in divisa restarono una componente elitari a della nazione, che pagò anche come partigiani e internati il famoso biglietto richiesto dagli alleati per il riscatto della Patria Italia.
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Capitolo Il
Aspetti particolari. Volontari. Patrioti e partigiani. La partecipazione delle donne È cosa nota che alla guerra di liberazione, al fianco degli angloamericani, non presero parte soltanto unità regolari delle forze armate, nè militari trattenuti o arruolati per fatto di leva e obblighi di chiamata alle armi in quelle unità. Alla guerra degli eserciti sui fronti operativi, e alla guerra patriottica nei territori occupati dai tedeschi(o guerra partigiana, una definizione sconosciuta all'epoca), con gli uomini in uniforme presero parte alla lotta diverse decine di migliaia di italiani, definiti volontari nei reparti regolari, e patrioti nelle bande partigiane. Erano, in definitiva, militari e civili, inquadrati in reparti e operanti al fronte, oppure raccolti .in bande alla macchia o in clandestinità che, impugnando le armi o in mille altri modi, intesero offrire il loro contributo per cacciare dal territorio nazionale l'occupante tedesco, e abbattere la costituita Repubblica Sociale nel nord Italia, che non riconoscev:rno come stato legittimo. Volutamente ne tratto a parte, non perchè sia altra storia d'Italia, ma per meglio delineare alcuni aspetti storiografici particolari degli avvenimenti, anche su questo versante della lotta.
Al1' indomani dell' 8 settembre, infatti, l'autorità militare si trovò a sostenere, coordinare e convogliare, di concerto con l'autorità politica, ma soprattutto a seguito di accordi con gli alleati, in un clima non sempre idilliaco, que1le "forze sane della Nazione" che manifestavano fermo desiderio di partecipare a11a liberazione d'Italia, e che si possono sommariamente raggruppare nei: - volontaii che si arruolavano con l'esercito del sud e che si rendevano disponibili, individualmente, alla guerra; - gruppi di militari che, rimasti isolati dai comandi al centro e al nord Italia, avevano reagito subito dopo l' arm,istizio a11 'aggressione tedesca e, sfuggendo alla cattura, avevano costituito di fatto le prime bande; - civili, che per necessità, iniziativa spontanea e/o sorretti dai partiti politici, avevano iniziato la loro guerra contro l'occupante tedesco e i fascisti. Di queste forze non sempre è stato scritto con oggettività, ed è questo il secondo motivo che spinge a trattarne separatamente. Ciò consente, infine, di ricordare anche il contributo fornito da un minuscolo manipolo di donne in uniforme che, se poca parte ebbero sui fronti di guerra, grande impegno profusero in attività assistenziali a favore dei combattenti.
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Volontari L'argomento dej volontari, nella e della guerra cli 1iberazione, è uno dei più ostici da trattare. Dal punto di vista normativo, infatti, gli unici volontari etichettabili come tali, dovrebbero essere esclusivamente coloro che si arruolarono a seguito del tanto discusso Bando n.8, emanato il 28 ottobre 1943 dal generale Ambrosio. Con quel bando, infatti, veniva aperto uno speciale arruolamento per la costituzione di reparti volontari, destinati ad operare al più presto in cooperazione con le altre unità dell'esercito " ... visto il continuo afflusso nelle file del R. Esercito di volontari di ogni ceto che chiedono di servire La Patria in armi, per la liberazione del suolo nazionale dalla occupazione tedesca, .. . ", come veniva affermato nel preambolo del bando. In effetti, però, non sj comprende il perchè cle11o speciale arruolamento, considerato che potevano aspirarvi (art. 2° del bando) gli appartenenti alle classi 1910 e più giovani, ovvero quasi tutte que11e stesse classi che per legge erano al1e armi o dovevano essere sottoposte al vincolo del servizio militare obbligatorio. I volontari -sempre secondo il bando- dovevano essere inquadrati in speciali reparti, che anche esteriormente dovevano portare un proprio segno distintivo; una circolare esplicativa del bando specificava che essi avrebbero avuto come speciale contrassegno una cravatta azzurra. E, nota dolente, avrebbero goduto di assegni maggiorati rispetto agli altri 36
militari alle armi, che già avevano combattuto contro i tedeschi, o si accingevano a farlo nei reparti del 1° Raggruppamento Motorizzato, già approntati. Ai militari alle armi, però, il bando offriva la possibilità di transitare nei volontari : altra assurdità, perché era illogico ipotizzare che tutti i mi1itari a11e armi potessero transitare nei costituendi reparti volontari, poiché non c'erano le adeguate risorse economiche. Da alcuni documenti si può desumere quali furono i maggiori risultati e le più evidenti conseguenze del bando. Primo, l'afflusso dei giovani non alle armi, che chiesero di essere arruolati come volontari, fu deludente, a dispetto del preambolo del bando che asseriva di una moltitudine di italiani pronti a prendere le armi; al Centro Ordinarnento Volontari (C. O. V), costituito alla Certosa di Padula per l'esigenza, affluirono fino all'aprile del 1944 in totale 448 volontari, di cui 190 furono assegnati al 1° Raggruppamento Motorizzato. Il generale Paolo Berardi, capo di Stato Maggiore dell'Esercito, inoltre, dopo aver visitato il C.O.Y. .il 19 gennaio 1944, scriveva di suo pugno sulla situazione a Padula: " ... i volontari sono un mezzo disastro. Tirali su e mettili in ordine. Occorrono: vestiario- armi (collettive) per istruzione- ufficiali in spe- sottufficiali; un comandante che comandi, abbia idee, iniziativa e volontà ... ". Neanche nelle epoche successive I' afflusso dei volontari :fu rilevante. Il C.O.V., nel mese di agosto del 1944, fu poi trasformato in Centro Complementi
per il Corpo Italiano di Liberazione, con sede in Chieti. Al centro pervenivano i volontari che venivano a1Tuolati dal Centro Raccolta Settore Adriatico (CE.R.S.A.), stabiliti in un numero massimo di 500 uomini (50 sottufficiali e 450 militari di truppa), de11a classe 1914 e più giovani. Nell'arruo1amento avevano precedenza i patrioti che avevano già combattuto contro i tedeschi e che avevano quindi già dato prova de11a volontà di riscossa e della voglia di combattere. Secondo, nonostante le prospettive di un migliore trattamento economico che molti mugugni aveva so11evato tra le truppe, nè dai reparti operanti nè da11e unità ausiliarie piovvero domande per transitare nei volontari; non abbiamo trovato traccia nelle documentazioni di un fenomeno eclatante in tal senso, che pure sarebbe stato messo in evidenza, perchè avrebbe depauperato gli organici dei reparti. A] contrario, a proposito di volontari per i reparti operanti, che si prevedeva affluissero soprattutto da11e unità lavoratori, appare significativo un documento stilato dal generale Mattioli, dell'Ispettorato della Manovalanza: "/ militari in corso di trasferimento a reparti operanti sono in numero troppo esiguo rispetto alla grande ,nassa attualmente inquadrata presso le unità lavoratori. Ciò induce a ritenere che l 'opera di rieducazione morale e di esaltazione patriottica da svolgere presso i militari è mancata o non è stata svolta con la dovuta effìcacia. L'azione da svolgersi al riguardo non è certo
facile compito: richiede acuta comprensione di tutti i sentimenti che si agitano nell'anùno della massa per sapere quali sono le corde sensibili da toccare, ma esige soprattutto la creazione di un ambiente morale sano, permeato di patriottismo nel quale si esalti incessantemente l'idea che per ripristinare i focolari distrutti e ricomporre al più presto le famiglie smembrate occorre dare un più tangibile contributo di coraggio e di fede. Quest'opera essenziale deve essere diretta e controllata dai comandanti di reggimento i quali, oltre ad ispirare continuamente l'azione dei comandanti di reparto, cercheranno di parlare il più frequente possibile con le truppe per orientarla verso l'auspicata virile decisione. Il numero di militari volontari sarà una chiara indicazione del clima spirituale che cmnandanti di tutti i gradi avranno saputo creare presso i dipendenti reparti. Mi siano di volta in volta segnalati i militari che fanno richiesta di passaggio presso i reparti combattenti.". E questa mancata adesione all'appe11o resta un mistero, perchè i combattenti, lavoratori inclusi, di tutte le unità lamentarono, per tutto il periodo della cobelligeranza ed ancora a guerra finita, il trattamento privilegiato riservato ai volontari, tanto che il generale Primieri avanzò feroci osservazioni sulle sperequazioni economiche che si erano venute a determinare durante i1 conflitto, ritenendole ingiuste; polern_izzando con ironia, egli definiva gli uomini del "Cremona" santi volontari, perchè ta1i 37
erano stati fin dai primi combattimenti in Corsica del settembre 1943. L'istituzione di una categoria di volontari , che accreditava uno stato giuridico particolare a uomini che avrebbero dovuto, ribadisco, già per legge servire la Patria in armi, sollevò inoltre un contenzioso che soltanto nel 1945 fu, in parte, risolto. Nel fe bbraio di quell'anno, infatti, una ci rcolare del Gabinetto Guerra dispose che una nuova figura giuridica fosse posta a base del volontariato, quella di "volontario per l'esercito" . Questi e ra definito come " .. .chi chiede, non avendo comunque obblighi di servizio. e possedendo i necessari requisiti di idoneità.fisica e morale, di essere arruolato nell'Esercito ... ". Volontari e coscritti tornavano ad avere ciascuno i propri profili giuridici e, di consegu enza, trattamento diversificato ma appropriato alla categoria di appartenen za, poiché i cittadini che avevano obblighi di leva non potevano essere più arruolati come volontari. A ltri fattori ancora, altri parametri dì valutazione non giuridici, conducono ad ulteriori considerazioni sulla definizione di "volontario". Ad esempio, il clima di smobilitazione generale vissuto dal Paese in quei particolari momenti di crisi, fa sì che moralmente, e non solo, i 364.000 militari comunque alle armi (era la forza massima concessa dagli alleati), i 120.000 patrioti e partigiani, gli 800.000 internati, a buon diritto, tutti, avrebbero dovuto fregiarsi del titolo di volontari. Perché comunque ri sposero aI1 'appello della Patri a, a prescindere 38
dalle motivaz ioni ideali o meno che li indussero a restare in divisa e a resistere, in mmi e senza, mentre la massa della gente trovava mille sistemi e modi di venire meno ai propri doveri di cittadini.. Preoccupante diventò infatti, in materia di leva e di servizio obbligatorio, il problema delle assenze arbitrarie e de lle diserzioni: una statistica del maggio 1945 faceva ascende re a circa 200.000 i di sertori e assenti arbitrari, definiti eufe misticamente " non presenti alle armi"; come pericolosa fu la convinzione diffusa fra i combattenti che a fine guerra, cosa già successa dopo i] primo conflitto mondiale, un 'amnistia generale avrebbe parificato tutti in un corale chi ha avuto ha avuto, e chi ha dato ha dato, vanificando così il tributo di sacrificio e di sangue reso da chi aveva fatto i.l proprio dovere . Come, purtroppo, per motivi politic i puntualmente avvenne. Se ancora si aggiunge quanto già accennato, cioè la completa assenza di un fronte interno la cui parola d ' ordine era "chi ve lo fa fare", si comprende bene come .in tale clima e con tali gravi avvenimenti non sarebbe stato possibile negare la qualifica di "volontari" a quanti avevano continuato e continuavano a servire il Paese. Era proprio la particolare situazione del Paese e del fronte interno che sconfessava ipotesi e teorie assurde, sostenute da alcuni partiti po 1itici. Nonostan te la scarsa volontà di partecipare alla guerra, infatti, dimostrata dalla stragrande maggioranza degli italiani, i partiti politici avanzavano
nel contempo, e a più riprese, la richiesta di costituire un "esercito di popolo", in pratica un esercito di volontari, che sostituisse l'esercito regolare nella guerra al nazifascismo. Ovvia la natura propagandistica della proposta, che era pretestuosa e strumentale, poiché chi la sosteneva ben conosceva l'umore delle masse (che fra l'altro sobillava contro il Governo, gli al1eati, i militari e la guerra) e quindi ben sapeva dello scarso spirito combattivo - e tantomeno del1a voglia di arruolarsi- che pervadeva l'animo della popolazione in quei momenti. In parole povere, sapevano bene che non era possibile spiegare quell'esercito di popolo che ipocritamente sollecitavano e chiedevano. A prescindere dalle considerazioni avanzate, di carattere ideale e morali, vi erano ulteriori motivazioni, squisitamente tecniche, che rendevano oggettivamente e materialmente impossibile l'inquadramento, l'addestramento, l'equipaggiamento, l'armamento e l'impiego di ipotetiche folle di volontari non avvezze alle modalità e a11e procedure tattiche di una guerra moderna. Ricordo, in proposito e per inciso, che gli espelimenti di impiego omogeneo di repaiti volontari, ovvero di nuclei di "esercito di popolo", benché limitati, erano già falliti nella grande guerra, tanto che nel dicembre 1915 tali reparti, risultati di difficile amalgama e di problematico impiego, furono tutti sciolti, e quanti vollero partecipare alla guerra come volontari furono inseriti nei reparti
regolari. Eppure, corale appariva durante la grande guerra la partecipazione deJla Nazione, sulla scia delle tradizioni risorgimentali, tanto attiva da far coniare il termine "fronte interno". Per completezza di informazione occorre annotare che è pur vero che in alcuni momenti non furono o non si seppero utilizzare quelle poche energie elitari e che si rendevano disponibili alla lotta, senza riserve, con ardore e spirito patriottico. Ricordiamo un caso, forse il più significativo ed emblematico. Il 24 settembre 1943 il tenente colonnello Mose Cohen, che nel 1938 era stato allontanato dall'esercito a seguito delle leggi razziali in quanto ebreo, si riuniva a Lecce con altri militari e civili per dare vita alla "Legione Volontaria Garibaldina", dichiarata apolitica e indipendente dai partiti; la legione si poneva l'esclusivo fine di concorrere alla liberazione del suolo della Patria. Nel corso della riunione venivano precisate alcune modalità organizzative e fissati tre centri di reclutamento, Lecce, Brindisi e Taranto. Il 7 ottobre rappresentanti della Legione chiedev:mo allo Stato Maggiore R. Esercito il riconoscimento delle formazioni da parte dell'autorità mili tare e di retti ve sull'azione da svolgere. Affinchè fosse ben chiara la matrice e l'identità della Legione, il Cohen proponeva per essa la stessa articolazione ordinativa delle unità dell'Esercito, chiedendo inoltre che i reparti minori fossero posti alle dipendenze di ufficiali designati all'uopo dall'autorità mi litare. 39
Lo Stato Magg.iore R. Esercito accoglieva favorevolmente 1' iniziativa; pur avanzando le dovute riserve, affinché non finissero tra i legionari elementi poco raccomandabili o fisicamente non idonei, rilanciava la proposta al Comando Supremo, perfezionandola e ampliandola, poiché si ipotizzava 1a possibilità di raccogliere ulteriori forze volontarie nelle provincie che man mano sarebbero state liberate. Dopo aver fissato i criteri di istituzione della Legione (riconoscimento giuridico, armamento e mezzi di trasporto militari, uso di un bracciale di riconoscimento, costituzione di un Ispettorato delle Legioni alle dipendenze della 7" Armata), lo Stato Maggiore precisava, inoltre, che le legioni dovevano essere organizzate e poste alle dipendenze di un Comando esclusivamente militare e ne definiva i compiti e l'impiego: ordine pubblico e attività operativa, quest'ultima attraverso l'immissione di plotoni organici di volontari nelle unità di fanteria. In definitiva, 1o Stato Maggiore proponeva di coagulare quelle forze che dimostrassero di possedere una conclamata volontà di combattere e fossero impazienti di contribuire, senza porsi all'ombra di vessilli politici, alla liberazione del territorio nazionale e della Patria, realizzando con il loro concorso il programma del Governo Nazionale. Nonostante l'invito a sottopo1Te il problema anche al Governo, il Comando Supremo lasciò cadere l'offerta senza specificare i motivi. Forse, si può azzardare l'ipotesi che
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l'iniziativa di Cohen sia stata ispiratrice involontaria del maldestro bando n. 8, per cui non ebbe seguito nella forma proposta. Oppure, che il bando n. 8 fosse già in gestazione per cui la proposta di Cohen non fu ovviamente presa in considerazione. Non vi sono, comunque, documenti a favore dell'una o dell'altra ipotesi. Di certo, dagli arruolamenti volontari non nacquero le auspicate unità da affiancare ai reparti dell'esercito, ed i pochi volontari arruolati con il bando, come anzidetto, furono immessi individualmente nelle unità regolari. Il fenomeno del volontariato, che certamente merita attenzione e approfondimenti maggiori di quelli che l'economia del presente saggio consente, p011a peraltro inevitabilmente a dover affrontare il problema della crisi di identità che gli italiani, militari e non, vissero nel corso della guerra di liberazione. Perchè se numericamente scarso fu il fenomeno del volontariato, pur considerando i totali di quelli che ho indicato come da ritenersi moralmente volontari nel clima di indifferenza e di smobilitazione del Paese, appare inevitabile concludere che dal 1943 al 1945 la stragrande maggioranza degli italiani non si riconosceva nella propria identità di cittadini di una Nazione chiamata Italia, né tantomeno identificava in essa il concetto di Patria, visto che era ment,ùità comune che la guerra dovessero farla gli alleati anche per conto degli italiani. Ma di tale fenomeno, di tale crisi di identità, dirò in seguito.
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Patrioti e partigiani La rapida sconfitta ed il dissolvimento delle forze armate dopo l'armistizio ebbe come conseguenza, nei territori sotto controllo tedesco, l'occultamento alla macchia di un considerevole numero di militari. La massa di questi uomini era costituita da quanti avevano tentato le prime reazioni all'aggressione de11' ex alleato, da coloro che non erano riusciti a raggiungere un comando italiano o alleato, da quelli che cercavano di sottrarsi alla cattura ed all'internamento. Ad essi, ben presto si aggiunsero cittadini, che si allontanavano dai centri abitati per sentimenti ideologici o politici, per gli atteggiamenti di sfida e di ribellione contro il nazismo ed il fascismo da essi tenuti dopo il 25 luglio, per sottrarsi alle misure coercitive e repressive che tedeschi e repubblicani andavano attuando. Le zone montane, e quelle che si prestavano alla clandestinità del nord e del centro Italia, finirono per diventare il ritrovo di gruppi e di individui con finalità non ben definite, di estrazione e provenienza assai diversa. In quei luoghi, infatti, si incontrarono: - reparti armati al comando di ufficiali e/o sottufficiali che si erano sottratti alla cattura e che in molti casi avevano già avuto scontri e sostenuto combattimenti con i tedeschi; - militari isolati, provenienti da unità disciolte, che si erano dati alla macchia, quasi sempre con l'intento di raggiungere le proprie case; - civili appmtenenti a partiti antifascisti;
- civili che si sottraevano agli obblighi di leva e al servizio obbligatorio del lavoro; - alcuni ex prigionieri, britannici, americani, greci, slavi e di altre nazionalità, che dopo l' 8 settembre erano stati lasciati in libertà o erano fuggiti dai campi di prigionia. Grnppi ed individui costretti, talvolta, a convivere in una situazione caotica e dagli sviluppi imprevedibili, i quali si accava11avano con una rapidità impensabile. Ben presto però, 1a resistenza tedesca sulla linea GariglianoMaiella-Sangro, e la stasi de]]e operazioni militari (fattori che lasciavano prevedere una durata della guerra in Italia maggiore di quella soluzione rapida sperata), ebbero come conseguenza inevitabili ed improrogabili decisioni di questo "popolo alla macchia". L'approssimarsi, infatti) della stagione invernale e le difficoltà logistiche di approvvigionamento operarono una selezione naturale tra i rifugiati sulle montagne. I dubbiosi, gli incerti e i pavidi si allontanarono, ed i gruppi rimasti in linea annoverarono gli elementi più decisi alla lotta; la riduzione numerica, inoltre, rese più accettabili le molte iniziali difficoltà organizzative e logistiche. I primi problemi nacquero dalla carenza di armamento e di mezzi; le bande che si andavano formando potevano contare soltanto sulle armi che i militari avevano portato al seguito, o che erano state sottratte presso le caserme prima dell'aITivo dei tedeschi, 41
ed allo scarso munizionamento di cui disponevano. Eterogenee, disparate e di difficile munizionamento le pochissime armi che i nuclei alla macchia, civili e/o provenienti dai partiti politici, erano riusciti a procurarsi. Questa realtà era conseguente alla sorpresa e aU' impreparazione scaturite dall'imprevisto e soprattutto clall' improvviso annuncio dell'armistizio, che non avevano consentito i tempi necessari per organizzare la lotta. Una realtà che oggi taglia la testa ad ogni strumentale primato sull'avvio della lotta armata contro i tedeschi, rivendicato a fine guen-a da una certa componente politica del movimento di liberazione. Non vi è alcun dubbio che la resistenza nacque dai militari; prima di tutto dalle loro reazioni ai tedeschi, messe in atto a partire dallo stesso giorno dell'armistizio, e poi dalle prime bande da essi formate e comandate, nate quasi subito dalle ceneri di alcune unità militari, sconfitte ma non completamente annientate e domate. Ricordo quanto ebbe a scrivere in merito all'impreparazione dei partiti lo stesso Luigi Longo nel suo Un popolo alla macchia, e che il territorio elevato a simbolo della libertà durante l'occupazione tedesca fu la Repubblica dell'Ossola, grazie alla banda dei fratelli Di Dio, ufficiali dell'esercito. O a quanto più recentemente ha affermato Giorgio Rochat, in La resistenza militare nell'eloquenza dei numeri, sull'indiscutibile primato quantitativo e qualitativo relativo aJla 42
partecipazione dei militari alla guerra partigiana. Quanto all'equipaggiamento, ai viveri e alla disponibilità di danaro, essi costituivano altrettanti problemi, in minima parte mitigati dal]' aiuto che veniva dalle popolazioni; senza dimenticare che determinanti per la lotta partigiana furono le missioni e gli aviolanci programmati dal Comando Supremo italiano, effettuati con l ' approvazione ed il concorso dei comandi alleati. Fin dall' ottobre 1943, infatti, il Comando Supremo aveva messo in atto ]e prime misure per assicurare collegamenti ed assistenza ai patrioti de]]' Italia occupata. Il gruppo Bande e Sabotaggio della Sezione Calderini, dell'Ufficio Informazioni, strappando la collaborazione a]la Special Force Number 1, cominciò a operare subito; appena costituito, nello stesso ottobre 1943 avviò nel territorio occupato dai tedeschi ]e prime missioni radiotelegrafiche, che curarono la ricerca dei gruppi di patrioti, i collegamenti con il Comando Supremo, la trasmissione di notizie di interesse militare. Tra i primi provvedimenti, nel dicembre 1943 il Comando Supremo si preoccupò di regolarizzare gli aspetti giuridici internazionali dei patrioti, notificando ai competenti organi anche il distintivo che distingueva le bande di civili armati italiani (un doppio nastro trasversale tricolore applicato al bavero della giubba), per evitare che fossero trattati da banditi e ten-oristi . Nel contempo, esso emanò le direttive per la guerra di bande:
- la gueniglia doveva avere una direzione unitaria militare, senza alcuna colorazione politica; - ogni banda doveva avere una zona d'azione, obiettivi specifici, azioni di sabotaggio pianificate, interventi di tutela per contrastare presumibili distruzioni ad opera dei tedeschi; - nelle grandi città doveva essere messa in atto una organizzazione, capace di garantire 1'ordine pubblico in vista della liberazione; - la produzione industriale di interesse della Germania doveva essere sabotata con ogni mezzo e ridotta al minimo, mantenendo allo stesso tempo il massimo numero di operai possibile; - i rapporti tra i partiti dovevano essere ispirati alla massima collaborazione per ottenere i miglio1i risultati nella lotta. Il colonnello Montezemolo, animatore del Fronte Clandestino Militare di Roma e coordinatore della guerra di bande nell'Italia Centrale, si preoccupò di raccogliere le direttive e rimbalzarle nell'Italia occupata. Fucilato alle Fosse Ardeatine, dopo essere stato seviziato e torturato in Via Tasso, Montezemolo resta la figura di militare più alta e adamantina di tutta la Resistenza, assieme ad altri: "dimenticato" dalla storiografia, perché un militare puro non appartenuto a nessuno, se non a quell'Italia per la quale sacrificò la propria vita. La guerra partigiana non fu solo, in definitiva, condotta dalle bande, ma anche dalle missioni che operarono a loro sostegno e che furono determinanti per l'alimentazione della lotta.
Ovviamente, 1'efficacia de.i risultati dipendeva principalmente dall'apporto che poteva provenire dagli alleati, per la ricchezza di mezzi di cui erano dotati. Dopo le inevitabili resistenze, l'Ufficio Informazioni riuscì a convincere il capo della Special Force che l'attività delle missioni, se adeguatamente sostenuta, poteva essere conveniente per gli alleati, fino a sostituire i loro gruppi nelle operazioni di infiltrazione e sabotaggio. Ottenuto il consenso degli alleati, nell'inverno 1943-1944 le missioni furono incrementate e fu realizzata quell'organizzazione capillare che fu vitale ai collegamenti e alla direzione della lotta clandestina nell'Italia occupata. Per rendersi conto dell'importanza dell'attività svolta, ne sintetizziamo il resoconto finale: furono inviate 73 missioni di collegamento e particolari (48 italiane e 25 miste), con materiale radio e l'impiego di 163 italiani, di cui 64 radiotelegrafisti; furono allestiti 551 campi per la ricezione di aviolanci (498 campi per materiali e 53 campi per il personale); furono effettuate 1280 operazioni di aviorifornimento per un totale di 2.000 tonnellate circa di materiali (furono aviolanciate anche armi pesanti, come mitragliatrici e mortai, per una lotta più efficace); furono allestiti 3 punti di sbarco sulle coste per la consegna di materiali; furono inviate 44 missioni con istruttori per il sabotaggio e compiute 40 operazioni dirette di sabotaggio, con l'impiego di 152 uomini che passarono 43
quasi tutti alle bande diventandone i naturali istruttori. Tali dati sono riferiti soltanto all'attività svolta con il servizio britannico; alla corrispondente organizzazione statunitense fu soprattutto fornito personale per le missioni in territorio occupato, un centinaio di militari di ogni grado e delle tre forze armate. Notevoli le perdite tra i partecipanti alle missioni; su 315 militari impiegati, le perdite finali furono di 19 morti, 12 dispersi, 13 feriti, 33 arrestati. Il valore di quegli uomini fu ricompensato con oltre 200 decorazioni. Nonostante il prezioso contributo generale fornito alla lotta per la liberazione, i patrioti (che alla fine del 1944 incominciarono ad essere denominati anche partigiani) non ebbero un trattamento adeguato all'atto della liberazione dei territori in cui avevano operato. Tanto che il generale Berardi, sulla base di segnalazioni ricevute da più parti, preparò nel gennaio del 1945 un duro documento di protesta per la M.M.I.A .. In sintesi, egli denunciava il trattamento che gli alleati riservavano ai partigiani, che si presentavano o che passavano le linee: disarmo; nessuna assistenza materiale, sanitaria, morale; nessuna distribuzione di capi di corredo per sostituire quelli ridotti a brande11i; trattamento alimentare inadeguato. Ancora, Berard.i auspicava che non andasse disperso un patrimonio di tale portata, costituito da uomini che si erano rivelati combattenti eccezionali e che, 44
nonostante il trattamento, si dichiaravano pronti a riprendere le armi e non sembravano, al momento, influenzati nei comportamenti dalle idee politiche che pure manifestavano (di 3.000 partigiani circa fino ad allora censiti, gli alleati avevano consentito soltanto l'incorporamento di una parte nei gruppi di combattimento). Avvertiva, infine, del pericolo "greco" che si stava rischiando, poiché ben presto alle migliaia d.i partigiani se ne sarebbero aggiunti, con la prevedibile prossima disfatta tedesca nel nord Italia, un altro centinaio di migliaia, con tutti i problemi che ne sarebbero derivati. Il riferimento non era campato in aria; il tenente colonnello De Marco, capo nucleo I del S.I.M. presso la 5"' Armata americana, aveva scritto, dopo aver sottolineato tutte le amarezze riscontrate nei partigiani (non ultima l'ironia con cui avevano accolto il proclama di Alexander a ritornare, per l'inverno, alle proprie case; come se essi avessero potuto farlo, considerato che molte abitazioni erano state distrutte per rappresaglia e quasi tutti loro erano braccati dalla Wermacht, dalla Gestapo, dalle SS tedesche e italiane): " ... Quanto sopra esposto è il frutto di attenta
obbiettiva osservazione di fatti ed ascoltazioni, di dichiarazioni e commenti di Patrioti. Queste constatazioni non possono essere trascurate. Esse hanno una grande importanza soprattutto per le ripercussioni che possono avere mano a mano che il problema "Patrioti " si acuirà con l'avanzata verso il Nord.
L'esperienza di quanto avviene in altri paesi e soprattutto in Grecia è significativa. il debole diaji·amma che distingue oggi la situazione italiana da quella greca può rompersi facilmente quando le centinaia cli patrioti italiani presenti, oggi, al di qua delfronte diventeranno molte migliaia. Si pensi inoltre che il grosso delle.formazioni dei patrioti italiani si trova infatti al nord, che sjì,gge al controllo alleato, soprattutto nei suoi intendimenti fitturi, ed è a cono,s·cenza del trattamento praticato attualmente ai loro compagni del territorio liberato. A tale proposito è bene che si sappia che 30 patrioti han.no tentato verso il 20 dicembre di ripassare le linee alleate nel settore di Serravezza per tornare a combattere nel territorio occupato perché delusi dall'accoglienza ricevuta; sei di essi sono morti, tre sono rimasti feriti, quattro sono riusciti a passare le linee e gli altri sono rientrati a Firenze .. . " . Superfluo aggiungere commenti alla preveggenza de1 De Marco. Le proteste di Berardi ottennero qualche risultato, visto che la M.M.I.A. autorizzò miglioramenti rancio e distribuzione di indumenti, sapone e tabacco a favore dei partigiani. Non mancarono le iniziative "spontanee'' a favore dei patrioti; ricorrendo al consueto sistema delle sottoscrizioni, su deliberazione del Consiglio dei Ministri ne fu disposta una ai primi di marzo 1945. Lo Stato Maggiore Generale, nel diramare l ' invito alla sottoscrizione volontaria, suggeriva le quote individua1i indicative: da 50 a 100 lire
per gli ufficiali, una media di lire 20 per i sottufficiali, da 5 a l Olire per la truppa. Sempre a marzo, inoltre, fu istituito presso il Gabinetto GueITa una Sezione Patrioti, che contribuiva all'opera già svolta a favore dei patrioti dal Ministero dell'Italia Occupata. Gli alleati vollero comunque essere gli unici a mantenere il contro11o de11e bande partigiane operanti in prima linea, precj sando, il 5 apri le con un ordine dell' 8A Armata britannica, che le b,rnde non sarebbero state inquadrate integralmente nei gruppi di combattimento, ma a ciascuna di esse veniva affiancato una piccola unità britannica di collegamento (BLU). In tal modo, la 28A brigata partigiana "M . Gordini" di circa 3-400 uomini, inquadrata ne1 "Cremona", e 1a 36A brigata "Libero", di circa 160 uomini, ebbero una BLU -a scapito dell'azione unitaria di comando-, come la avrebbero avuta anche le altre bande già organicamente organizzate per combattere i tedeschi e incontrate durante l'avanzata. Un caso a parte, tra 1e bande, fu quello rappresentato da11a Brigata "Maiella", formata e comandata dall'avvocato Troilo, che non volle entrare ne.i "ranghi" dell'esercito e continuò in autonomia a condurre la propria guerra per la liberazione della Patria. Come un fenomeno tutto da esplorare, di cui si trova cenno nei documenti, è quello dei minorenni impiegati nelle bande o al seguito de11e unità regolari . Per chiudere, jnfine, alcuni cenni relativi al Com.itato di Uberazione 45
Nazionale (C.L.N.), e al Comitato di Liberazione Nazionale nell'Alta Italia (C.L.N.A.1.), che do per completezza di informazione sulla guen-a partigiana. Qllest' ultimo intendeva essere l'organo politico supremo dell'insurrezione nazionale; agiva per delega del Governo centrale di Roma, delega che esercitava attraverso l'emanazione di decreti aventi forza di legge nei territori occupati. Era costituito dai delegati dei cinque maggiori partiti politici: comunista, socialista, d'Azione, della democrazia cristiana, liberale. Il suo braccio operativo, quello militare, era costituito dal Comando Generale del Corpo Volontari della Libertà, affidato al generale Raffaele Cadorna; suoi organi erano i C.L.N. regionali, provinciali e comunali. Ad essi spettava il compito cli costituire gli organi provvisori amministrativi e di governo nei territori che venivano man mano liberati, i quali erano le Giunte Provinciali di Governo e le Giunte Popolari di Amministrazione. Fu difficile al C.L.N.A.I. esercitare in pieno il mandato politico nelle città liberate e quello militare ne11a guerra partigiana: il primo di fatto fu tenuto dagli alleati, il secondo fu continuamente inficiato dall'autonomia operativa locale che mantennero le miriadi di bande.
La partecipazione delle donne Il taglio ed i limiti cle11' opera non mi consentono di accennare al ruolo avuto
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da tutte le italiane nella guen-a di 1iberazione; d'altronde, dell'importanza del contributo dato dalle donne alla guerra partigiana è stata già data testimonianza. Mi piace comunque ricordare la Medaglia d'Oro al Valor Militare, vivente (a.D. 2001), Paola Del Din che, ventenne, con ostinato quanto esemplare coraggio, diede il suo eroico contributo alla guerra partigiana facendosi paracadutare in numerose missioni oltre le linee nemiche e rischiando numerose volte la propria vita. Chi la incontrasse oggi, signora minuta, mite e dolce, docente di esemplare capacità e modestia, farebbe fatica a riconoscere in lei la determinata, quanto ferrea e impavida giovanissima partigiana pronta allo scontro contro tedeschi e repubblichini. Come pure esistono consistenti studi sulla tragica avventura -dall'altra parte della barricata- del Servizio Ausiliario Femminile della Repubblica Sociale. Né mancano contributi alla lotta oscura, quotidiana, che tutte le donne italiane condussero durante i cinque anni del conflitto, tesa alla sopravvivenza e impregnata di sofferenze, di dolore, di lutti, di violenze e di miserie indescrivibili, come la continua assillante ricerca del minimo, spesso introvabile, che assicurasse la sopravvivenza alimentare. Qui vorrei ricordare la partecipazione alla guerra cli Liberazione delle ausiliarie del Corpo cli Assistenza Femminile (C.A.F.), perché per la prima volta nella storia d'Italia alcune donne - sparuta pattuglia d'avanguardia ed antesignana
dei giorni nostri- indossarono una divisa, con i soldati e come i soldati, e perché le loro attività, più che essere rivolte direttamente alla guerra, furono tese all'assistenza dei militari in guerra, e pertanto ben si addice ta]e presenza femminile in un contributo che intende occuparsi di propaganda ed assistenza. Sono pochissimi i documenti, e le fotografie, che attestano l'attività del C.A.F. durante la guerra di liberazione. Non molto chiara è anche la sua parentela con il S.A.F.A.M.I. (Servizio Ausiliario Femminile Assistenza Militari Italiani), altra organizzazione cli donne in uniforme che avrebbe assistito i soldati italiani al seguito del1 '8/\ Annata britannica. Le ricerche condotte in merito, non solo in Italia ma anche a Londra, presso l'Imperai War Museum e negli archivi storici militari, hanno dato esito negativo sull'istituzione e sull'attività del S.A.F.A.M.I.. In pratica, di tale Corpo si conosce 1' esistenza attraverso l'acronimo perché esso è citato in un documento istitutivo del C.A.F., e non vj è altra documentazione su11' attività delle ausiliarie che ne facevano parte. Da una circolare del 21 settembre 1945, firmata dal ministro della Guerra Jacini, apprendiamo che il C.A.F. fu costituito in data imprecisata, ma comunque prima de] tennine delle operazioni de11a guerra di liberazione. Una lettera del] 'Ufficio Storico de11o Stato Maggiore dell'Esercito fa risalire all' 8 febbraio I 945 l'istituzione del servizio; probabilmente la data è desunta dal fatto che a quell'epoca risale il
riordinamento dell'Ufficio Benessere del Soldato, da cui dipendeva l'impiego del C.A.F.; ma non v'è altro documento che renda certa ta]e origine. Comunque, di sicuro il C.A.F. non fu istituito nel 1944, come erroneamente alcuni autori, che si rifanno ad una fonte bibliografica, riportano. Nella circolare, Jacini ammetteva che, nonostante il parere favorevole espresso da più comandi di unità - che avevano impiegato le "caffine'' e che premevano affinché fosse regolata la posizjone di ciascuna ausiliaria e studiato l'ampliamento del corpo-, non era stato possibile definire il decreto legislativo ed il relativo regolamento organico e di funzionamento. In attesa che ciò avvenisse, il ministro riteneva necessario fissare nelle linee essenziali le norme che erano già state applicate al personale del S.A.F.A.M.I. (quali fossero è cosa ignota), personale che aveva espresso il desiderio di confluire nel C.A.F. e che dal 1° settembre 1945 vi prestava servizio. Nelle norme provvisorie dettate da Jacini era previsto che: - le componenti del C.A.F. fossero volontarie e disposte a prestare servizio di assistenza ai militari e raggiungere qualsiasi reparto, operativo o territoriale, in qualsiasi sede, su ordini dell'Ispettrice Nazionale del corpo; - la ferma fosse di un anno e tacitamente rinnovabile di ulteriori dodici mesi, salvo dimissioni presentate dalle ausiliarie due mesi prima dello scadere del servizio o parere contrario del Ministero;
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- le ausiliarie potessero essere dimesse, dal Ministero su proposta dell'Ispettrice nazionale (per le gregarie anche su proposta del capo ·gruppo o de11a vice ispettrice), nel caso di riduzione di organici, di scarso rendimento, o di scioglimento del corpo. Fermo restando la volontarietà e la gratuità del servizio, le caffìne avevano diritto a 2.000 lire nette per rimborso spese, o a 3.000 lire nette se prestavano servizio fuori la residenza abituale; all'alloggio, al vitto, al riscaldamento e all'illuminazione (sic!) se in missione fuori sede o presso reparti; a11a vestizione estiva ed invernale. Non avevano gradi e ranghi specifici, anche se "moralmente" erano assimilate agli ufficiali, ma rispondevano ad una gerarchia interna al corpo, rappresentata dalle cariche di ispettrice, vice ispettrice, capo gruppo, e dalle gregarie. La nomina e le cariche erano sancite dal Ministero della Guerra. Quanto alla disciplina, le ausiliarie dovevano tenere contegno serio e riservato, ed erano sottoposte a misure disciplinari, che consistevano nel rimprovero, nella sospensione dal servizio da uno a tre mesi, nella radiazione dal corpo; sospensione e radiazione erano inflitte dal Ministero. Per una giusta ripartizione dei compiti più gravosi, era prev.ista una rotazione delle sedi di servizio. La circolare chiudeva avvertendo che pur non avendo le disposizioni forza di decreto, esse andavano accettate e rispettate da quante richiedevano di 48
entrare nel C.A.F., e dalle volontarie già appartenenti al S.A.F.A.M.I., che Jacini ringraziava per l'opera prestata. Il 13 novembre 1945 venivano fissati anche .i particolari delle uniformi, già adottate, di colore cachi e con il berretto rigido, sul tipo delle ausiliarie territoriali britanniche. Al berretto era applicato un fregio tondo, con l'orlo ricamato e con la scritta C.A.F. in giallo oro. Sulle spalline un galloncino in oro per le gregarie, due galloncini per le capi gruppo, tre per la vice ispettrice, guattrc} per l'ispettrice. Sulla manica sinistra in alto una spilla smaltata o un rettangolo di stoffa tricolore, con le lettere CA F in azzurro, ripartite ciascuna su ogni colore. Le caffine seguirono corsi presso l'Ufficio Benessere del Soldato, prima di essere impiegate presso le Case del Soldato, le Cantine Mobili, i Gruppi di Combattimento, le Unità ausiliarie, i Comandi Territoriali. Di tale loro attività è rimasta traccia in alcuni diari storici dei gruppi di combattimento, delle unità ausiliarie, dei Comandi territoriali; e, soprattutto, nella testimonianza ed in fotografie, che la signora Franca D'Amico, ispettrice del C.A.F., ha lasciato anni or sono all'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito. Significativo il ricordo dell'arrivo di un gruppo di caffine assegnate alle due cantine mobili della 21QA Divisione, a fine aprile 1945, da esse espresso nel saluto ai soldati: "Il nastrino tricolore è poco, abbiamo pensato, ci vorrebbe una bandiera in fronte per.farci riconoscere dai nostri soldati.
ll1fatti, nei primi incontri durante il viaggio e qui, tutti stentavano a riconoscere in noi delle italiane. Del resto questa meraviglia è più che giustificata. Noi siamo tra le prime italiane a indossare una divisa militare e le prime a portare scritto sul braccio Corpo di Assistenza Femminile. Vorremmo dire che ci sentiamo fiere, ma ci impedisce la nostra tristezza di aver potuto, soltanto oggi che la guerra è finita, venire accanto ai nostri valorosi soldati. Sono mesi e mesi che attendiamo. E questo sentiamo il bisogno di dirvelo, perché non crediate che non si sia pensato a voi .fino ad oggi. Al contrario, molte delle donne e delle ragazze del 1\1ezzogiorno d'Italia, da quando i nostri gloriosi soldati hanno combattuto per una giusta causa, nel!' Esercito italiano di liberazione, contro tedeschi e fascisti, si sono spontaneamente offerte, anche se le possibilità sono state limitate, per aiutarli in tutti i modi. A Roma, per esempio, si preparavano pacchi per i feriti, e si andava noi stesse a portarli. Ancora oggi si organizzano delle feste, si va a trovare i soldati la domenica nei campi di addestramento più vicini. Laddove
questo non si è potuto fare, si parla di voi e si pensa a voi come ai veri d{f'ensori della Patria, e quindi di tutte le nostre famiglie. Aifanti della 210" Divisione, da queste sei ragazze che tentano di.far sentire tutta la conoscenza e l 'affetto che si ha per loro, giunga il saluto più caro, e la speranza di conoscervi tutti.". Il 30 agosto 1948 il segretario generale dell'Esercito, generale Taddeo Orlando, inviava ai Comandi Militari TeITitoriali, da cui dipendevano per l'impiego i nuclei C.A.F., un fonogramma che decretava lo scioglimento del C.A.F. " .. . Signor Ministro virgola considerato non est stato possibile pervenire at regolamentare costituzione Corpo Assistenza Femminile (C.A.F) virgola ne ordina scioglimento in data 31 agosto 1948 alt Adottare conseguenti provvedimenti alt Assicurare alt... ". Un successivo dispaccio inviato agli stessi comandi prorogava al 30 settembre la chiusura del corpo. Alle caffine venivano lasciati gli oggetti di corredo "secondo le norme in vigore". Finiva così, in tempi ristretti, 1' esperimento delle donne in uniformi nell'Esercito italiano e nelle Forze Armate. Se ne riparlerà mezzo secolo più tardi.
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Capitolo III
L'organizzazione, gli organi e le attività della propaganda e dell'assistenza Due giorni dopo l'armistizio, il 10 settembre 1943, il Comando Supremo si riorganizzava in Brindisi con g1i elementi disponibili in loco. Il capitano Antonio Amendola ebbe l'incarico di ufficiale addetto alla propaganda. Lo stesso giorno il generale Giuseppe Caste11ano, capo della missione militare italiana presso il Comando in capo delle forze alleate, mentre suggeriva l'opportunità di costituire una missione militare alleata presso .il Comando Supremo, informava che .il generale ainericano addetto alla propaganda aveva "suggerito" di far trasmettere, dalla stazione radio di Palermo, discorsi di personalità particolarmente indicate per patriottismo e non appartenenti a partiti politici. Gli oratori avrebbero dovuto sviluppare, in particolare, argomenti che servissero a controbattere la propaganda tedesca, molto aggressiva contro gli italiani dopo l'armistizio e di particolare efficacia in alcuni casi anche perché, come ebbe ad annotare Roatta: "La pubblicazione nuda e cruda delle condizioni di armistizio, quanto mai inopportuna, ci nuoce assai, perché dà l'impressione di una resa incondizionata ...Non vi è dubbio che in diversi comandi, reparti e popolazioni, si son.o trovati inizialmente e sono tuttora disorientati ... Occorre rimediare,
pubblicando al più presto una breve storia sui rapporti italo-germanici durante la guerra, sulle prepotenze e soprusi ... ". Castellano riteneva che argomenti di particolare efficacia al momento potessero essere i seguenti: - l'unico governo legittimo era quello del maresciallo Badoglio, perché nominato dal re; - il cosiddetto governo fascista era una invenzione dei tedeschi per mettere discordia fra gli italiani; - gli italiani avevano già fatto le proprie scelte, di assoluta fedeltà verso gli alleati; - gli ordini alle forze armate erano diramati unicamente dal capo di Stato Maggiore Generale, in nome del re; - tutti gli italiani dovevano stringersi attorno al proprio re ed eseguire fedelmente gli ordini. Il 13 settembre fu riconosciuta la necessità di svolgere quanto prima tali attività di propaganda e, presso il I Reparto-Operazioni, fu costituita una Sezione Stampa e Propaganda (il giorno 15 la sezione cambiò den01ninaz.ione in Ufficio Stampa e Propaganda del Comando Supremo, ma in alcuni documenti compare come Ufficio Stampa e Propaganda dello Stato Maggiore Generale); essa fu affidata ad
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Amendola, affiancato dal capitano De Palma e dal sottotenente Lavagna. Amendola stese subito un primo piano per l'organizzazione e per le azioni da svolgere in campo propagandistico, incentrato su due considerazioni fondamentali, che individuavano anche gli obiettivi da raggiungere: - era in atto una violenta campagna ideologica (e non solo), contro la monarchia, e di conseguenza contro i princìpi, le istituzioni ed i valori che essa rappresentava, da Amenclola individuati ne: " .. la Patria (intesa nel senso tradizionale), la Religione (intesa come.fede dei nostri avi), la Famiglia (come la concepiscono gli italiani), la proprietà privata ( intesa come diritto di tramandare ai figli quanto legittimamente uno ha guadagnato ed economizzato) ... "; - l'Esercito (in cui Amendola identificava per estensione le forze armate) aveva il dovere cli impedire che tale ideologia, ovvero i1 comunismo, sovvertisse quei princìpi, difendendoli, ed evitando anche che essa si potesse insinuare nelle proprie fila. Infatti, se era vero che i militari dovevano rispettare ]e idee che si agitavano in campo politico, essi avevano comunque l'obbligo morale, dettato dal giuramento prestato, di essere fedeli alla monarchia. Per raggiungere tali obiettivi, i comandanti di grandi unità dovevano innanzitutto operare una accurata selezione dei comandanti di reggimento e dell ' u:fficialità in genere, allontanando dagli incarichi quanti non dessero 52
provata fede di fedeltà alla monarchia. La stessa discriminazione avrebbero dovuto fare i comandanti di corpo e di battaglione nei riguardi dei propri dipendenti. Comandanti e quadri dovevano svolgere intensa propaganda ora.le, senza cadere nella retorica, soprattutto a favore dei basilari principi e va.lori annunciati: patria, famiglia, religione, ordine, onestà. Curata doveva essere la propaganda attraverso la stampa (volantini, giornali, opuscoli), che doveva però figurare come prodotta e firmata da partiti e/o da anonimi cittadini (un lavoratore, un operaio, un padre reduce da tutti i fronti), e diffusa da fiduciari o da ignari strilloni, per 1isultare più efficace. Ne1 contempo, occorreva eliminare dalla circolazione, nella quantità maggiore possibile, la stampa con propaganda contro la monarchia e a favore del comunismo, e agevolare .inoltre ogni iniziativa dei partiti "dell'ordine". In ultima analisi, veniva definito e proposto non un programma di attività propagandistiche ai fini militari, ma attraverso strumenti affilati dalla disinformazione, dalla contro informazione e dalla censura, veniva sostenuta la necessità di sviluppare propaganda .ideologica e politica, "affidata all'esercito", nella considerazione che esso rappresentava " ... l'ultùno baluardo in cui sono raccolti i sacri e vitali principi della Nazione .. ". È pur vero che, nei fatti legati all'armistizio e in quei frangenti
estremamente complessi, la propaganda di guerra non poteva non essere immune da pesanti condizionamenti e risvolti ideologici e politici. Un aspetto pericoloso, per l'estraneità che i militari dovevano tenere verso la lotta politica che si era scatenata tra i partiti, che ben comprese il generale Vittorio Ambrosio, capo di Stato Maggiore Generale, il quale pochi giorni dopo, il 18 settembre, scriveva a Badoglio, a proposito de11a propaganda: "Il servizio della propaganda, che è appena iniziato e va creato dalle fondamenta, porterà inevitabilmente l'ufficiale incaricato a frequenti contatti politici sia pure limitando tali contatti alla tecnica della propaganda. Ritengo pertanto opportuno rendere estranee le forze armate da qualsiasi contatto politico e da qualsiasi azione politica. A tal fine è necessario che il serviz io della propaganda dipenda dalla Presidenza del Consiglio dei 1'1.inistri, pur continuando questo Comando Supremo afornire tutti gli elementi di indole militare, utili ai fini della propaganda stessa". La preoccupazione di tenere i militali fuori da ogni agone politico fu costante nei vertici e nei comandanti elevati, anche se essa limitava ulteriormente 1' azione direttiva e organizzativa del] ' autorità militare nelle attività propagandistiche tra le forze armate, i] Paese e gli alleati; i quali ultimi, comunque, ben consapevoli dell'importanza della "guerra psicologica", come definivano
giustamente e con termini più appropriati la propaganda, avrebbero tenuto - come già annotato- tutta la materia saldamente nelle proprie mani. Ambrosio non intendeva, però, rinunciare a11a propaganda strettamente mjlitare della guerra ne11e forze armate, tra le truppe, consapevole della valenza che aveva un tale strumento sull'animo e sul morale dei combattenti . Subito dopo, il 19 settembre, scriveva agli Stati Maggiori di Esercito, Marina e Aeronautica, che gli avvenimenti militari e politici di quei giorni imponevano di intensificare presso le truppe l'azione di propaganda, intesa " .. .a risvegliare nel combattente l'amor di Patria sino al sacrificio della vita .. . ''. Invitava, pertanto, le forze armate a ricostituire quanto prima nei comandi e nei reparti dipendenti i propri organi di propaganda ed indicava quali fossero le finalità da raggiungere: - rassicurare i combattenti sulle capacità e sulle attività che il Governo andava intraprendendo; - dimostrare la ineluttabile necessità dell'armistizio, attraverso il commento dei proclami del Governo dell' 8 e dell' 11 settembre; - rilevare come fosse sacrosanto diritto di ogni popolo porre fine alla guerra allorché fosse svanita ogni speranza di vittoria, e come questo diritto fosse stato violato dai tedeschi con il tradimento, attraverso saccheggi e devastazioni delle città italiane; - dimostrare gli inesistenti vantaggi di un ' alleanza con la Germania, e quelli concreti, non solo mate1iali ma anche
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spirituali e morali, di una vittoria conquistata a fianco degli alleati. All'Esercito chiedeva in particolare di controbattere la pericolosa propaganda tedesca e fascista, che insistentemente incitava gli italiani a continuare la guerra contro gli anglo-americani, per le durissime condizioni di pace da essi imposte con l'armistizio. Ambrosio chiedeva, infine, agli Stati Maggiori di trasmettere al Comando Supremo, a partire dal successivo 1° ottobre, una relazione quindicinale. Il capo di Stato Maggiore dell'Esercito, generale Mario Roatta, con una circolare del 20 settembre intitolata Riscossa e indirizzata ai comandanti di Unità, accoglieva la parola d'ordine di Ambrosio e con sottili argomentazioni ribaltava le accuse dei tedeschi, tacciandoli di vigliacca e proditoria aggressione. Non mancava di minacciare, senza mezzi termini, quei militari che non avessero compiuto il proprio dovere. Il 20 settembre (altri documenti indicano il 18 settembre), presso l'Ufficio Informazioni dello Stato Maggiore R. Esercito fu costituita una Sezione Propaganda e Assistenza. Il 25 settembre essa diramava con una circolare, a tutti i Comandi dipendenti, le disposizioni di Ambrosio, chiedendo contemporaneamente che, a partire dal 30 settembre, essi compilassero la relazione quindicinale richiesta, ribadendo nella direttiva che la relazione fosse " ... rigorosamente obiettiva
sull'attività svolta e sui risultati raggiunti dagli organi di propaganda,
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nonché sulle più urgenti necessità e manchevolezze risultate ... ". A metà circa di settembre Ambrosio intanto aveva chiamato a Brindisi il generale Gustavo Reisoli-Matthieu, perché impiantasse il servizio cli propaganda " .. . su buone basi.. ",
" ... stante la grande importanza che ha assunto e più ancora assumerà il servizio della propaganda politica e militare ... ". Reisoli non perse tempo a chiedere ufficiali e personale per il suo ufficio; chiamò in pochi giorni all'Ufficio Stampa e Propaganda del Comando Supremo 15 ufficiali, 5 sottufficiali , 21 militari di truppa, tanto che il 12 ottobre fu osservato, a seguito di ulteriori reiterate richieste di personale, come l'organico già acquisito fosse più che sufficiente per svolgere il servizio. Da una relazione sull'attività svolta fino al 25 ottobre, apprendiamo quanto fu fatto dal servizio, mentre era alle dipendenze del Comando Supremo. Come recita la relazione, l'ufficio aveva iniziato la sua attività il 15 settembre, con Amendola. Le prime iniziative furono tese alla stRmpa di manifestini (per il lancio sulle città occupate dai tedeschi e la diffusione dell'appello del maresciallo Badoglio dello stesso giorno 15 da distribuire alle forze armate), all'ascolto dei programmi radio stranieri e alle prime trasmissioni dalla stazione EIAR di Bari, ,ùla stesura di un bollettino giornaliero di infonnaz.ioni, ai contatti con gli esponenti del fronte nazionale d'azione di Bari e Brindisi (che offrirono piena collaborazione, chiedendo però in contropartita la sostituzione di alcune
autorità 1ocali) e con l'arcivescovo di Bari (che promise l'appoggio del clero al Governo). Contatti furono presi con il Psychological Warfare Branch (PWB) alleato, per ottenere apparecchi radio ad onde corte, carta per la stampa, potenziamento degli impianti radiofonici. Fu avviata anche attività cli propaganda attraverso il giornale la Gazzetta del Mezzogiorno, cui vennero trasmessi articoli e, giornalmente, le notizie militari da diffondere. Il 5 ottobre l'ufficio fu trasferito da Brindisi a Bari, per le maggiori possibilità organizzative e logistiche di quella città. L'ampliamento delle attiv ità propagandistiche, comunque, richiese in pochi giorni anche la completa ristrutturazione dell'ufficio, che risultò così artico lato: - 1 sezione segreteria; - 1 sezione coordinamento, cui facevano capo i reparti radio, stampa, cinema, informazioni, e il nucleo di collaboratori. L'ufficio fu subito integrato con : - 1 reparto disegnatori, per la compilazione di cartine, manifesti, cartelloni, ecc.; - 1 sezione fotografica; - 1 sezione cinematografica. L'incremento dei mezzi portò a quello delle attività; l'entrata in funzione cli una stazione radio ad onde corte a Bari consentì lo sviluppo della propaganda radio; 1'assegnazione di una seconda auto permise collegamenti con Napoli e servizi per esaltare le gesta della ribellione ai tedeschi nelle "4 Giornate".
L'organizzazione del servizio di propaganda fu giornalmente e progressivamente migliorata, anche se difficili furono i rapporti con il PWB che, ovviamente, svolgeva la propria azione di propaganda in autonomia ed " .. . in maniera invadente ed unilaterale . ..", e ricercava la collaborazione, subordinata, dell'organizzazione italiana. Era tale l'interesse degli alleati nei confronti della gueITa psicologica, che - ripeto dall'introduzione- Castellano in ottobre ebbe a scrivere al Comando Supremo" ... La questione della propaganda assilla gli alleati ... ". Per esempio, il PWB non gradiva il direttore della Gazzetta del 1vfezzogiorno, e ne chiese ed ottenne la sostituzione con un elemento di sua fiducia, che a sua volta dovette essere sostituito perché si dimostrò inadeguato a svolgere il delicato incarico. Alla fine, per evitare il più possibile controversie, fu deciso di costituire delle sezioni comuni per la radio, per la stampa, per il cinema, dove avrebbero lavorato insieme un ufficiale italiano ed uno alleato; e di affidare la 1isoluzìone d.i eventuali contrasti ai capi dei servizi, quello del PWB e quello dell'ufficio propaganda italiano. Con l'occasione, l' 8 ottobre 1943 il PWB propose un piano di propaganda per il territorio italiano, che Re.isoli ritenne accettabile, e che fu approvato da Badoglio a seguito di specifica richiesta dello stesso PWB. Il piano sanciva in apertura il principio che la propaganda del Governo italiano doveva perseguire gli stessi scopi di quella alleata, anche se 55
non doveva identificarsi in essa e conservare carattere nazionale. Sintetizzo i passi più significativi del documento: - ·obiettivi della propaganda. La propaganda doveva promuovere la massima resistenza contro i tedeschi nei te1Titori occupati, fornire assistenza all'azione degli alleati in quelli liberati, tendere alla concordia e all'unione degli italiani tutti, rafforzare l'autorità del Governo italiano; - mezzi della propaganda. I mezzi, o strumenti da utilizzare, erano la stampa, la radio, i manifestini, gli agenti; - direttive generali. Riguardavano tutte le forme della propaganda e, in particolare, dovevano: presentare notizie delle operazioni nella forma più obiettiva possibile, fornire un rapido notiziario degli avvenimenti affinché non prendessero credito le fonti sospette, privilegiare l'episodica della resistenza, mettere in risalto la collaborazione tra italiani e alleati, sottolineare con forza gli episodi di brutalità, di distruzione, di rapina commessi dai tedeschi, dare importanza e rilievo alle dichiarazioni e ai comunicati del Governo e di personalità ìtaliane, esaltare la figura del capo del Governo, presentare la monarchia come l'unica Istituzione in grado di assicurare la continuità storica della nazione; - direttive speciali. Erano relative ai vari strumenti della propaganda e ne differenziavano le specifiche attività. La radio doveva trasmettere, ininterrottamente dalle prime ore del 56
mattino fino a tarda notte, appelli ai lavoratori dell'industria e dei trasporti -erano ritenuti i più disponibili ed idonei all'azione-, perché compissero sabotaggi atti a disorganizzare lo strumento industriale bellico tedesco; doveva, inoltre, mandare in onda discorsi dei rappresentanti politici dei vari gruppi di resistenza, messaggi di incoraggiamento e istruzioni ai patrioti, commenti politici e militari fatti da personalità del governo e militari, discorsi di autorevoli appartenenti a categorie istituzionali, professionali ed ecclesiastiche e, infine, note di vita nei teITitori liberati. La stampa doveva invece rispondere a direttive che: tenessero conto della più ampia libertà di espressione delle componenti politiche, in sintonia però con le direttive generali: incoraggiassero i dibattiti che avessero fini costruttivi per la risoluzione dei problemi locali; fornissero annunci ufficiali sotto forma di notiziari e mai come proclami. Gli articoli dei privati, inoltre, dovevano essere sempre firmati e mai anonimi. I manifestini dovevano essere sempre usati per diffondere tutte le decisioni importanti adottate dal Governo; per gli altri usi propagandistici essi dovevano essere conformi alle direttive generali e avere il tono di appelli nazionali. Gli agenti operavano soprattutto oltre le linee, tra i nenuci, e avevano il compito di mandare informazioni di elevato valore propagandistico, da utilizzare <.,.;
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specialmente nelle trasmissioni radio, di sviluppare azione di contro propaganda e di condmTe propaganda antitedesca e antifascista nei territori occupati. In definitiva, gli obiettivi della propaganda dovevano essere finalizzati ad alimentare la lotta contro nazismo e fascismo, a ricomporre l'unità degli italiani, a rafforzare l'autorità del Governo, ad assicurare la restaurazione delle libertà politiche e individuali. Il piano ipotizzava che sarebbe stato tanto più efficace, quanto più il programma politico in esso delineato fosse stato messo immediatamente in atto nelle zone liberate. In verità, al di là delle dichiarazioni ufficiali, non mancavano posizioni interne ai vertici militari difformi dalle intenzioni di grandi finalità democratiche dichiarate. In un appunto anonimo, ma verosimilmente compilato dall'Ufficio Stampa e Assistenza ai primi di ottobre, venivano ripresi e ribaditi i punti chiave già sottolineati da Amendola. Infatti 1' estensore del documento finalizzava tutta l'organizzazione della propaganda alla necessità di difendere la monarchia e di combattere jJ comunismo, anche se "con tatto e discernimento", per evitare ingerenze e ire alleate. Veniva proposto, pertanto, una scrupolosa epurazione dei comandanti di reggimento e di battaglione, che non dessero garanzie in merito, affinché al comando delle unità restassero ufficiali di provata fede monarchica ed anticomunisti. A questi era fatto obbligo di svolgere continua azione morale per
illustrare, senza retorica, i fondamentali valori di "Patria, Famiglia, Religione, Ordine, Onestà". L'attenzione del compilatore si rivolgeva poi alla stampa, almeno teoricamente divenuta libera e democratica, ma in pratica asservita anche essa e ripetitiva delle modalità e degli obiettivi indicati daAmendola. Con raffinate tecniche di informazione, svolta attraverso giornali sicuri e largamente distribuiti, doveva essere svolta la propaganda delineata. Gli articoli, ribadiva il documento, dovevano essere genericamente finnati "un lavoratore", "un operaio", "un padre di :famiglia reduce da tutti i fronti", e stampati alla macchia anche su opuscoli e manifestini, da reali o sedicenti comjtati e partiti, sempre con l'obiettivo di avere la massima credibilità. E, ancora in aderenza a tale fine, la diffusione non doveva avvenire per i canali ufficiali: non in caserma, ma fumi, per le strade, a mezzo di strilloni o di fiduciari in borghese. A completamento dell'opera di informazione e di disinformazione a mezzo stampa, bisognava evitare la circolazione di giornali, opuscoli, manifesti antimonarchic.i e filocomunisti, attraverso 1'accaparramento o con altre forme che ne impedissero la diffusione. Senza interventi diretti, infine, dovevano essere agevolate tutte le iniziative dei "veri partiti dell'ordine" intese a combattere la propaganda comunista e antimonarchica. Il piano proposto, nella considerazione che nasceva ed era destinato a circolare all' interno dello Stato Maggiore R.
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Esercito, denunciava quale fosse l'atteggiamento di almeno una parte de.i vertici militari di fronte agli eventi: immutabile attaccamento alle vecchie istituzioni ed ai valori da esse rappresentati, malcelata avversione verso tutto guanto esprimeva un nuovo stato di cose. Dal punto di vista strettamente pubblicistico è da notare come il compilatore del progetto avesse una buona conoscenza delle tecniche di informazione e di disinformazione, poiché nell'impossibilità di un controllo diretto e totale della stampa il piano mirava ad un controllo indiretto, attraverso la manipolazione della notizia, degli strumenti. di comunicazione, delle modalità di diffusione. Forse era stato lo stesso Amendola a riproporre ed ampliare il proprio progetto di un mese prima, considerati i molti punti comuni dei due documenti. Ritornando comunque al piano di propaganda per l'Italia, pochi giorni dopo la pianificazione, il 15 ottobre, venivano messe a punto e precisate le modalità della collaborazione tra organi alleati e .italiani, sottoscritte dal colonnello Hazeltine e dal generale Reisoli, e inviate dal generale Taylor, capo della missione alleata, a Badoglio. Al di là delle pie intenzioni espresse dal piano, esse rivelavano quanto la collaborazione fosse fittizia e come gli alleati intendessero condizionarla e, soprattutto, dirigerla. A partire dalle premesse: " ... La propaganda è un'arma militare ... Cosi, come nel campo operativo, il comandante in capo delle
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forze alleate avrà la compieta direzione generale della propaganda e ne diramerà di tanto in tanto le direttive. Il Governo italiano potrà proporre particolariforme e modi di propaganda, interessanti gli italiani, sottoponendoli alla tempestiva approvazione del comando delle forze alleate, tramite La Missione Militare Alleata ... ". Nella considerazione poi che gli alleati fornivano preponderante con tributo di uomini e di mezzi a Radio Bari, diventava una "ragionevole conseguenza" l'opportunità che la direzione tecnica fosse affidata ad un ufficiale alleato. Umoristica la conclusione che lasciava agli italiani la facoltà di sviluppare la propaganda interna nel modo più esteso possibile ma " .. .entro le linee delle direttive generali.". Non si capisce come, considerato che ogni Rttività propagandistica italiana doveva essere autori zzata dagli alleati. Un anonimo dell'ufficio di Badoglio annotava: " .. .dal testo della relazione appare evidente La preponderante ingerenza alleata nel campo della propaganda (radio, cinenia, stampa) ... ". Nessun altro commento ve1ùva espresso. D'altronde, il 4 e 5 ottobre precedenti erano già avvenuti fatti indicativi sulle reali possibilità delle autorità italiane di agire sugli strumenti della propaganda. Sulla Gazzetta del Mezzogiorno erano, infatti, in quei giorni comparsi articoli e vignette che il generale Mario Ar.isio, comandante della 7A Armata, aveva ritenuto offensivi per gli .italiani. Egli segnalò con vivace proteste l'accaduto
allo Stato Maggiore R. Esercito, chiedendo una oculata opera di censura preventiva sulla stampa, pur essendogli noto che ciò era impossibile, perché presso la redazione del giornale stazionava, ufficialmente come giornalista ma in realtà come controllore e censore, un ufficiale inglese. Nonostante comprensive annotazioni e riferimenti ad accordi con gli alleati in materia, qualcuno non potè fare a meno di sottolineare: " .. . è impressione diffusa che i risultati non saranno quelli che noi desideriamo ... ". Il 22 ottobre Ambrosio non si arrendeva comunque a tali evidenze; scriveva infatti a Badoglio, ed il 23 a Reisoli, che riteneva inadeguata l'azione di propaganda svolta, perché" .. .non è ancora all'altezza della situazione e non tiene ancora testa con la voluta energia ed efficacia alla propaganda nemica ... ". Occorreva assolutamente che essa fosse più aderente alle situazioni, che il Governo intervenisse direttamente nelle attività svolte, che desse maggiori speranze e fiducia alle popolazioni dei territori occupati. Quanto alle trasmissioni radio, riteneva che esse andassero rivedute, abolendo quelle musicali e incrementando i notiziari, soprattutto nelle prime ore notturne. Radio Bari doveva, infine, essere potenziata tecnicamente, poiché la ricezione delle trasmissioni, "da fonte sicura", risulta va pessima. Lo stesso 22 ottobre, però, Badoglio, recepiti l'importanza dello strumento propagandistico e l'utilizzazione che se ne poteva fare sul piano politico
-utilizzo già indicato da Ambrosio, che aveva allo stesso tempo accusato il Governo di scarsa partecipazione al problema- assumeva personalmente la direzione della stampa e della propaganda. Il servizio prendeva la denominazione di Ufficio Stampa e Propaganda del Governo, con lo stesso personale del vecchio ufficio. Ai primi di novembre, inoltre, con il passaggio dell'Ufficio Informazioni dello Stato Maggiore R. Esercito al Comando Supremo, e con la conseguente perdita della Sezione propaganda e assistenza in organico all'ufficio, presso l'Ufficio Operazioni de11o Stato Maggiore R. Esercito si costituiva una nuova Sezione . Propaganda e Assistenza, destinata ad operare per la forza armata. Il 3 novembre 1943 Badoglio informava il generale Reisoli, ringraziandolo ed elogiandolo per l'opera prestata con passione e capacità che, a partire dal successivo 8 novembre, avrebbe assunto la direzione dell'ufficio il commendatore Antonio Venturini, del Ministero degU Esteri, e che l'ufficio avrebbe preso la denominazione di Commissariato per le Informazioni. Tale denominazione ebbe però pochi giorni di vita e Reisoli restò al suo posto fino al 9 dicembre. Il 4 novembre, intanto, lo Stato Maggiore R. Esercito comunicava ai comandi dipendenti che la Sezione propaganda e assistenza del I RepartoOperazioni, nella considerazione che la propaganda era diventata di pertinenza del Governo assumeva la
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denominazione di Sezione Assistenza; il 20 successivo, essa veniva trasformata in Ufficio Assistenza, diretta dal maggiore G. Negrelli, con i seguenti compiti, che in- contrasto con le dichiarazioni erano anche di propaganda: - assegnazione di fondi ,ù reparti per il benessere del personale; - distribuzione di materiale assistenziale; - contatti con le famiglie, per fornire notizie relative ai militari operanti all'estero all'8 settembre; - notizie ai militari siciliani sulle loro famiglie, residenti nell'isola; - compilazione di relazioni mensili sullo stato materiale e morale delle truppe, complete di osservazioni e proposte in merito; - sviluppo delle attività ricreative ai fini assistenziali ,e per la propaganda; - attività di propaganda attraverso la stampa e per la stampa; - raccolta di documenti sugli atti di barbarie compiuti dai tedeschi; - iniziative e attività varie di supporto a quelle principali. A livello periferico, pressi il Comando della 7" Armata e quello delle Forze Armate della Sardegna, furono istituite Sezioni Assistenza. L'organizzazione dell'assistenza e della propaganda non subì grossi mutamenti nel 1944. A gennaio, il Capo di Stato Maggiore del R. Esercito, Paolo Berardi, ritenendo che i comandanti di reggimento dovessero assumere in prima persona ogni funzione assistenziale, chiese al Comando Supremo che venisse soppressa la figura dell'ufficiale "A"
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(addetto all 'assistenza) nei reggimenti e comandi equivalenti. Chiese inoltre che gli ufficiali "A" dei Corpi d'Armata e delle Divisioni perdessero la specifica qualifica, poiché essi erano sostanzi.almente ufficia1i addetti al Capo di Stato Maggiore di tali Comandi per la particolare branca dell'assistenza. Berardi trovò concorde il Comando Supremo nelle proposte avanzate. Nello stesso mese di gennaio rappresentanti della Guerra, degli Interni e del Sottosegretariato Ferrovie, si riunirono per organizzare 1' assistenza alle popolazioni civili (Assistenza A.P.C.) lungo la linea del fronte. L'organizzazione prevedeva Nuclei di assistenza ai profìtghi, Posti di tappa ubicati lungo gli itinerari di sgombero (con ospedali da campo presso que1li più avanzati), Centri di raccolta profi1ghi. L' 11 febbraio il generale Taddeo Orlando, già sottosegretario, veniva nominato ministro della Guerra. Tra le attribuzioni, che egli in seguito delegò al Sottosegretario di Stato alla Guerra, vi furono quelle di " .. .promuovere, indirizzare e sovraintendere la propaganda destinata a convogliare l'opinione pubblica del Paese verso un vasto contributo alla guerra, per Liberare l'Italia dai tedeschi ... ". Tale compito doveva essere sviluppato attraverso " ... la stampa, i contatti diretti con gli esponenti dei partiti e delle organizzazioni politiche, economiche e culturali ... " . Orlando disponeva inoltre che il sottosegretario fosse informato -fra l'altro- dal suo gabinetto sui provvedimenti che avrebbe emanato in
materia di assistenza morale per le truppe. Nessun accenno venne fatto nella delega circa la propaganda militare, per le truppe e tra le truppe: da guerra psicologica, essa assumeva connotati squisitamente politici, perché era destinata a convogliare 1' opinione pubblica del paese e doveva essere sviluppata attraverso contatti con i partiti e le organizzazioni politiche, economiche e culturali. Nel giugno la composizione del nuovo Governo previde due sottosegretari di Stato alla Guerra, il comunista Mario Palermo ed i1 generale Giovanni Battista Oxilia; il ministro Alessandro Casati non trattò, nel documento di attribuzione delle deleghe, le competenze in materia di assistenza e di propaganda . Il trasferimento a Roma del Comando Supremo nel luglio del 1944 e le molteplici attjvità accentrate ne11a Capitale portarono ad una nuova articolazione del Comando Supremo. Fu infatti 1itenuto opportuno sviluppare maggiormente i compiti dell'Uftìcio Stampa (coordinando le iniziative con il SIM, che già prestava attenzione alla stampa nazionale ed estera), costituire un nuovo ufficio che coordinasse tutte le attività riguardante i patrioti, istituire un ufficio accertamenti, ma contemporaneamente la ristrutturazione doveva "alleggerire la struttura burocratica" dello stesso Comando Supremo. Il l O agosto, pe1tanto, il Comando Supremo risultò così articolato: - a11e dirette dipendenze del Capo di Stato Maggiore Generale furono posti
l'ufficio Collegamenti con la Commissione Alleata di Controllo, il presidente della Commissione Accertamenti, l'Ufficio Collegamenti con il Ministero degli Esteri, 1'Ufficio Accertamenti, una Segreteria, il Generale Addetto; - a11e dipendenze del Generale addetto erano posti due reparti; I Reparto, con gli uffici Operazioni, Telecomunicazioni, Affari Vari; II Reparto con il SIM, e gli uffici Stampa e Patrioti. Il 1O agosto il Comando Supremo prendeva la denominazione di Stato Maggiore Generale, che manteneva invariata 1' articolazione, fatta eccezione per la scomparsa dei due comandi dei reparti, poiché gli uffici in essi inquadrati dipesero direttamente dal Generale Addetto. Un nuovo ordinamento dello Stato Maggiore Generale fu invece stabilito il 30 settembre successivo. Il Capo di Stato Maggiore Genera1e ebbe a11e dirette dipendenze una Segreteria partico1are, l'Ufficjo Collegamenti con il Ministero degli Esteri e due Capi Reparto. Il l 0 Reparto, diretto dal generale Scattini che aveva anche funzioni di generale addetto, inquadrava gli ufficiali di collegamento con la Commissione Alleata di Controllo, il SIM, l'Ufficio Affari Vari e l'Ufficio Stampa; il 2° Reparto, diretto dal generale Mancinel1i, inquadrava gli uffici Operazioni, Patrioti, Telecomunicazioni. Per l'Esercito, restava un Ufficio Assistenza, mentre veniva disposto che i costituendi Gruppi di Combattimento avessero alle 61
dipendenze una Sezione Assistenza e Propaganda, inquadrata nell'Ufficio del Capo di Stato Maggiore del Gruppo. Neanche un mese dopo, l'Ufficio Stampa dello Stato Maggiore Generale fu contratto a Sezione Stampa e passò a far parte dell'Ufficio Operazioni. Per ritornare, in un successivo ordinamento del 1° novembre, che non camb.iava la sostanza della configurazione precedente ma soltanto le dipendenze e 1' articolazione, di nuovo Ufficio Stampa inquadrato nel Reparto Operazioni. A fine anno, il generale Paolo Berardi, Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, in un documento approntato per il ministro a proposito del morale delle truppe, indicava quali dovessero essere gli obiettivi della propaganda ed i provvedimenti di assistenza da adottare a favore dei soldati: "1 °)-promuovere una intelligente e convinta valorizzazione, attraverso la stampa, La radio ecc., del contributo che l'Esercito darà a giorni alla lotta di liberazione (erano in allestimento i grnppi di combattimento, che numericamente erano molto più consistenti delle modeste forze italiane impiegate dagli alleati in combattimento fino al settembre 1944, n.d.a.). Quest'opera di propaganda deve essere necessariamente svolta da tutti i partiti, poiché tutti hanno ripetutamente ammesso la necessità di un nostro più largo intervento alla guerra a fianco delle Nazioni Unite per debellare i resti della piovra nazi-fascista; 2°)}ar cessare immediatamente la campagna denigratrice di alcuni partiti
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contro questo piccolo ed oramai quasi rinnovato esercito e contro i suoi simboli sacri; 3°)-sancire il principio che gli aventi gli obblighi di leva chiamati alle armi devono anteporre il dovere verso la Patria a qualsiasi interesse particolaristico e promuovere polizie locali di partito per snidare i renitenti; 4°)-ernanare provvedimenti coercitivi immediati e salutari contro i renitenti ed i disertori anche di carattere straordinario. Non un esempio ammonitore ha saputo dare nella nostra tragica situazione neppure un tribunale di guerra il ché è indice della debolezza e della incomprensione dei giudici ... ; 5°)-aumentare i sussidi alle famiglie e istituire polizze assicurative cospicue (30-40 mila lire), da corri.spondere a quei combattenti che parteciperanno all'intero ciclo operativo contro i tedeschi; 6°)-coltivare l'assistenza morale e materiale da parte delle autorità politiche nonché dell'intera popolazione a favore del com.battente (ad esempio promuovere subito una campagna per raccogliere mezzi e fondi necessari per inviare un pacco natalizio a ciascun combattente in linea). Curare essenzialmente la prontezza del servizio postale. Va da sé che l'attuazione dei provvedimenti di cui sopra ha carattere di estrema urgenza. Senta il Governo la delicatezza del momento per la vita nazionale attraverso le prove che darà Esercito. Sentano i partiti nel supremo interesse
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della Patria di dar tregua a quanto possa aumentare il disorientamento degli ufficiali e dei soldati e possa incidere sullo .\forzo quasi sovrumano che ancora viene loro richiesto e La cui durata non è oggi prevedibile ... ". Contemporaneamente, accaddero due fatti importanti per l'incremento dell'assistenza e del morale delle truppe. Il 1° dicembre il colonnello Giuseppe Negroni, capo della Missione di collegamento con il Comando Armate Alleate in Italia, comunicava al generale Berardi che il generale Alexander, diventato comandante in capo del Mediterraneo, dimostrava ancora una volta i suoi sentimenti di amicizia verso le truppe italiane; aveva infatti prospettato fa necessità di tenere alto il morale dei soldati italiani alle sue dipendenze, dando impulso all'assistenza a loro favore, sia aiutando le organizzazioni che svolgevano attività di benessere sia costituendo nella zona del Gruppo di Armate 12 circoli per i soldati italiani. A questo primo avvenimento, ne seguì un altro. Il 28 dicembre a] ministro del Tesoro Marcello Soleri, in visita al Gruppo di Combattimento "Legnano", fu consegnato un promemoria, trasmesso per " .. .doverosa informazione ... " in copia allo Stato Maggiore Generale. In esso venivano sollecitati urgenti provvedimenti finanziari a favore dei combattenti in prima linea, che offrivano la propria vita per ]a redenzione della Patria ed avevano la necessità di una prova tangibile del sostegno del Paese, non solo morale. Tali combattenti
venivano identificati nei 57 .000 uomini dei Gruppi e nei 50.000 delle 3 divisioni ausiliarie (salmeristi e pionieri). I provvedimenti richiesti venivano così quantificati: - aumento da 5 a 20 lire dell'indennità giornaliera di miglioramento rancio; - disponibilità di l milione al mese per i comandanti dei Gruppi di combattimento, per premi ai soldati più bisognosi e meritevoli e per sussidi alle famiglie di combattenti in particolari condizioni disagiate. Veniva in proposito sottolineato come un soldato, sollevato da eccessive preoccupazioni per le necessità dei familiari, potesse compiere meglio il proprio dovere; - raddoppio della razione di sigarette da 5 a 10, considerata l'impossibilità di comprarle dal commercio per gli alti costi (da 100 a 120 lire al pacchetto); - aumento degli assegni familiari da 8 a 16 lire al giorno; - istituzione di una polizza assicurativa di lire 500.000 a favore dei combattenti che avessero almeno sei mesi di prima linea. Il promemoria ebbe la sua efficacia, poiché alcuni provvidenze furono concesse in poco tempo. Il 1O gennaio 1945 il ministro Casati avvertiva che era in corso di emanazione un provvedimento di legge che avrebbe concesso i seguenti miglioramenti economici ai soldati: - aumento del 200% della paga dei soldati con più di un anno di servizio, richiamati o trattenuti. In pratica, da 5 a 15 lire giornaliere; 63
- aumento del l 00% della paga dei soldati di leva con meno cli un anno di servizio da 1ichiamato o trattenuto (da 5 a 10 lire). -La promulgazione della legge dovette avere qualche problema, perché il 26 febbraio, nelle more cli attuazione del provvedimento, il dicastero della Gue1Ti con proprio atto amministrativo disponeva l'anticipo delle nuove mensi lità per tutti i militari. Metteva così il Governo davanti al fatto compiuto. Sempre in aderenza alle 1ichieste contenute nel promemoria, il 30 gennaio Casati autorizzò i comandanti dei Gruppi di combattimento (escluso i1 Piceno) e delle Divisioni ausiliarie 209A, 210A, 228\ 231 \ a concedere fino ad un milione al mese in premi ai militaii e sussidi alle loro famiglie bisognose, mentre altri sussidi straordinari furono concessi alle famiglie bisognose dei richiamati. Quanto fu fatto nel campo assistenziale, dal novembre 1943 al dicembre 1944, fu sintetizzato .in una relazione delrUfficio Assistenza e Propaganda dello Stato Maggiore R. Esercito. Il documento fu redatto in data 18 gennaio 1945, " ... poiché - com'è noto- è in atto un ampliamento del servizio assistenziale e, conseguentemente, parte delle attribuzioni finora avute passeranno al più presto al Gabinetto ... ", e per l'occasione fu ritenuto opportuno informare il Capo di Stato Maggiore del R. Esercito di tutta 1' attività svolta. Ad una nota sommaria sulla situazione finanziaria dell'Ufficio (f 4.295.000
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assegnati nel periodo in esame, di cui f, 3.506.778 spesi), unita alla premessa che il primo atto fu quello di recuperare un apparato cinematografico giacente in un deposito della 7A Armata, seguiva un elenco delle attività svolte, ripartite fra assistenza morale e assistenza materiale. Quanto all'assistenza morale, era stato: - monitorato il morale delle truppe attraverso le relazioni mensili inviate dai comandi; - curato lo scambio di notizie tra mjlitari e familiari sia con la radio (RAI e Radio Vaticana), sia attraverso messaggi scritti (Vaticano), per un totale di 235.000 messaggi radio e 9.500 scritti. Erano inoltre state recapitate e restituite con la risposta dei familiaii 7.000 cartoline doppie. Collegamenti erano stati attuati con i militari della Divisione Garibaldi nei Balcani ed i prigionieri internati in Turchia; - costituito un servizio ricerche di militari (prima dell'istituzione di apposito Ufficio presso il Ministero de11a Guerra), che aveva portato a termine 8.900 ricerche tra militari e famiglie, per lo più profughe o sfollate; - svolte innumerevoli pratiche legali e amministrative, per recuperi assegni, pensioni, assistenza per quanti passavano le linee; - curato, durante la permanenza in Pug1ia, il rientro dei reduci dalla prigionia e dai Balcani; - posta particolare attenzione all'allestimento dei cimiteri di guerra per le unità operanti; - avviata la proposta di. assegnazione di una Legione Militari. Mutilati presso i
Gruppi di Combattimento, per la pr9paganda. Erano, inoltre, in corso di costituzione alcuni gruppi di personale ausiliario femminile, che avrebbero poi dato vita al Corpo di Assistenza Femminile. Qmmto all'assistenza materiale, in un primo momento furono i reparti del Genio a costruire giochi e passatempi con mezzi di fortuna, poiché il mercato del Meridione era sprovvisto di tutto e gli alleati facevano qualche promessa, ma non davano nulla. Progressivamente, furono: - costituite 60 bibliotechine; - distribuito materiale assistenziale di ogni tipo ( da Kg. 800 di marmellata, a 23.968 penne stilografiche, a 40.570 lamette da bm-ba, a 1.029 mazzi di carte da gioco, a 5.582 paia di occhiali, ecc.). Con il trasferimento a Roma, fu possibile anche il recupero di cospicue quantità di materiali assistenziali; - distribuiti mens ilmente 120.000 copie di giornali vari, distribuzione da cui però erano escluse le unità operanti, " .. .per il divieto alleato di inviare giornali politici ... "; - consegnati, in occasione del Natale, 100.000 pacchi dono alle truppe, 7.000 ai patrioti, 3.000 alla Divisione Garibaldi. Un comitato femminile di Roma distribuì migliaia di pacchi ai degenti negli ospedali militari della capitale ed un altro confezionò 10.000 pacchi da inviare e distribuire al Gruppo "Legnano"; - concessi sussidi ai militari meritevoli e alle fam iglie (il documento non quantifica la cifra);
- messe in onda 120 trasmissioni per i militari; - assegnati 3 apparati cinematografici ed effettuate 264 proiezioni; - messi in scena 105 spettacoli di arte vRria . .È da annotare 1' estrema difficoltà di ingaggiare compagnie di artisti, che preferivano allestire spettacoli per i militari alleati, più remunerativi; per cui fu deciso di . costituire un complesso artistico di una trentina di elementi in divisa, dotandoli di strumenti, abiti di scena e altro. Anche questo "cano di Tespi", però, era afflitto da minuti problemi quotidiani, non ultimo quello delle razioni da prelevare presso i reparti dove avvenivano le rappresentazioni; - ripristinate sedi del Dopolavoro e Case del Soldato; - avviate due case di tolleranza per le truppe nel Beneventano. t' da dire che per le truppe operanti in prima linea, al seguito delle Armate alleate 5/\ statunitense e 8/\ britannica, anche svago ed assistenza dipendevano dalla disponibilità elargita dagli angloamelicani. Ad esempio, il 1° dicembre 1944, il capo servizio Welfare per le truppe del R. Esercito, tenente colonnello A. Negri Arnoldi, avvertiva i responsabili italiani presso la 5/\ e la 8/\ armata che gli appartenenti alle varie unità italiane al seguito degli alleati potevano partecipare agli spettacoli cinematografici e di arte varia dell'ENSA (Entertainements National Service Association), purché non togliessero posti ai militari alleati. Una relazione, inoltre, del 1' attività 65
svolta dall'Ufficio Welfare italiano presso la 8"' armata fino al 31 dicembre 1944, e diretta all'Ufficio Assistenza e Propaganda dello Stato Maggiore R. Esercìto, ci fa conoscere quanto fu possibile realizzare per quelle truppe italiane. A Cesena e Forlì fu possibile "gettare le basi" per la realizzazione di una Casa del Soldato, mentre a Rimini fu trovato ed adattato per tale esigenza un apposito locale. Qui fu impiantata anche una bibliotechina e raccolti premi per l'albero di Natale e l'Epifania. Non fu invece possibile impiantare un campo di riposo a S. Marino, per cui si dovette ripiegare su di un asilo requisito a Villa Verrucchio, riattato anche con 1' aiuto dei britannici, dove erano disponibili un teatrino ed un pianoforte, utilizzabili per spettacoli, e 80 posti letto. 11 problema.dell'assistenza restò sempre legato alle scarse disponibilità finanziarie assegnate a tale attività; nonostante le cifre stanziate e gli sforzi fatti, a livello reggimento erano disponibili soltanto spiccioli e briciole. Tanto per fare qualche esempio, nel mese di marzo del 1944 erano stati richiesti per la Santa Pasqua, dal Comando Raggruppamento Lavorat01i cli Brindisi, 100 grammi cli farina e 20 grammi di zucchero (all'olio avrebbero provveduto gli stessi Corpi) per soldato, al fine di poter integrare il rancio pasquale con dolci (frittelle). Nonostante l'esiguità della richiesta, avanzata alla M.M.I.A., l' Ispettorato della Manovalanza, informato delr esigenza, suggeriva di avanzarne una analoga allo Stato Maggiore R. Esercito, in modo che
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alla Missione la stessa richiesta pervenisse da due Enti (lo stato maggiore avrebbe "girato" la domanda) nella speranza che con una maggiore pressione fosse possibile "ottenere qualcosa". Ancora, nel maggio 1944 1' Ufficio Assistenza e Propaganda dello Stato Maggiore R. Esercito, nel rimborsare una fattura di f. 400 per acquisto di giochi di bocce fatto dal 404°reggimento di fanteria di Brindisi, avvertiva per iscritto che in futuro non sarebbe stato possibile far fronte a quelle richieste, e via breve di non mandare più fatture, di qualsiasi tipo, perché non sarebbero state rimborsate. E, comunque, le truppe in prima linea usufruirono di maggiorj benefici assistenziali, in premi in denaro, in viveri o in materiali vari, di quelle delle retrovie. Al di là delle modeste realizzazioni, furono numerose le richieste del responsabile italiano del servizio di assistenza presso gli alleati, che spaziavano in ogni settore: a incominciare dai bolli cli ufficio, al personale per le attività del benessere, ai fondi per le spese di assistenza, a un automezzo, all'assegnazione - almeno per le truppe combattenti- delle razioni alleate da combattimento (cosiddette NAAFI). Drammatiche le conclusioni, in una cle11e tante suppliche rivolte all'Ufficio Assistenza e Propaganda:
" ... Il sottoscritto prega codesto Ufficio ....aiutarlo nelle sopra esposte richieste poiché gli sembra di essere abbandonato da Dio e dagli uomini... ". La ricostruzione del preconizzato
passaggio di tutte le attività di assistenza e benessere al Gabinetto Guen-a, avvenuta nel gennaio del 1945, risultò alquanto frenetica per le numerose riorganizzazioni degli organi istituzionali e degli uffici che vi furono preposti nello spazio di pochi giorni. Il 16 gennaio 1945 un Ente Benessere del Soldato del Gabinetto Guerra informava lo stesso Dicastero che presso il British Anny Welfare Training Centre i] giorno 22 successivo sarebbe iniziato un corso per il servizio benessere ed assistenza al soldato, e che la M.M.I.A. avrebbe gradito la partecipazione al corso di tre ufficiali italiani. Pochi giorni dopo l'ente però già si denominava Ufficio Benessere del Soldato; il 17 gennaio 1945, infatti, i] sottosegretario di Stato militm·e Luigi Chatrian filmava una circolare in cui avvertiva della costituzione dell'ufficio e de] suo funzionamento a partire dal giorno 20; giorno in cui il ministro Casati aveva intanto determinato che tutte le attività di assistenza a11a popolazione civile fossero devolute al sottosegretario Mario Palermo e sottratte a Chatrian, che non perse tempo nell'avviare le attività per il benessere del soldato. Il 19 gennaio, infatti, infonnava i comandi - ad eccezione dei Gruppi di combattimentoche stava studiando la possibilità di mettere a disposizione degli enti militari un complesso artistico di arte varia; chiedeva, a tal fine, di far conoscere l'esistenza di locali idonei al le rappresentazioni (teatri e sale cinematografiche) e possibilità ricettive per gli artisti.
Mentre era in corso la riorgani zzazione e l'avvio delle attività, il 23 gennaio l'Ufficio Leggi e Decreti del Gabinetto Guerra informava che le attività assistenziali svolte dalla 2"' Sezione dell'Ufficio Albo d'Oro ed Assistenza passavano all'Ufficio Benessere (la carenza di documenti non ha consentito di definire con esattezza quali fossero stati compiti e competenze di tale Sezione). L' 8 febbraio, sempre il Gabinetto, informava che a seguito della delibera del Consiglio dei Ministri in data 30 gennaio, l' Ufficio Benessere e la Sezione Statistica si sarebbero. unificate a partire dal I Osuccessivo e sarebbero di nuovo passati dalle dipenden ze de] Sottosegretariato Militare a quelle del Gabinetto. Le attività dell'Ufficio Benessere erano state codificate nell'atto costitutivo, un documento del 25 gennaio firmato dal ministro Casati; esse si prefiggevano lo scopo di coordinare tutte le iniziative tese a rendere più confortevole la vita del soldato, di assisterlo durante il servizio ai reparti, di aiutarlo a ritemprare le energie nei peliodi di sosta e di riposo, e di fargli sentire " .. .che, mentre egli dà tutto per il bene supremo della Patria, vi è chi si occupa amorevolmente di lui, della sua vita materiale e spirituale, delle sue relazioni con i familiari, di toglierli o alleviargli le preoccupazioni per le condizioni di vita della faniiglia e per il suo ritorno in un giorno non lontano alle libere attività della vita civile, alla gioia di un lavoro sano ed onesto ... ".
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L'ufficio era formato di due sezioni, una per gli organi centrali, costituita presso il l\1inistero della Guena, con il compito di amministrare le attività dirette alle truppe territoriali, l'altra presso lo Stato Maggiore R. Esercito, che avrebbe svolto analoghe funzioni verso enti e reparti operanti. Organi periferici della sezione presso la Guerra erano i Comandanti Territoriali, che si sarebbero avvalsi di ufficiali addestrati dall'Ufficio benessere, con compiti direttivi nell'ambito del ten-itorio; ad essj rispondevano i Comandanti di Divisione stanziati nella regione e gerarchicamente dipendenti, coadiuvati a loro volta da un ufficiale appositamente addestrato. Presso i reggimenti, o unità ed enti c01Tispondenti, responsabile del benessere era il comandante o direttore, che si avvaleva di un ufficiale scelto fra i djpendenti in organico. La stessa articolazione era valida anche per gli organi periferici dipendenti dalla sezione costituita presso lo Stato Maggiore: organi direttivi periferici ne11e grandi unità erano i comandanti dei Gruppi di Combattimento (o di unità equivalenti), che si avvalevano di un ufficiale addestrato dall'Ufficio benessere (organo esecutivo) e assegnato all'unità; nelle unità minori (reggimento ed equivalenti) il comandante (organo direttivo) coadiuvato da un ufficiale da lui scelto (organo esecutivo), mentre nei battaglioni e nelle compagnie direttamente i comandanti dell'unità (organi direttivi ed esecutivi). Il documento specificava, poi, mezzi e
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modalità per l'attuazione del servizio cli assistenza. Tre erano gli indirizzi: informativo; ricreativo e di assistenza materiale; culturale e di assistenza morale. Essi erano validi per le unità operanti e territoriali, ma attuati con modalità diverse, poiché ovviamente le caratteristiche stanziali deJle unità nel territorio consentivano una organizzazione più stabile e complessa, mentre quelle delle unità al fronte richiedevano organizzazioni speditive e attagliate al momento. L'attività di informazione al fronte, a favore dei soldati, doveva essere svolta principalmente dai comandanti di unità a tutti i livelli, e con posti di informazione opportunamente dislocati presso le stazioni, i luoghi di sosta, i porti ecc.; essa aveva lo scopo di guidare i militari e di far loro conoscere le attività di benessere disponibili. Nel territorio essa sarebbe stata svolta da posti di informazioni istituiti presso gli enti ricreativi, dove avrebbero operato organizzazioni civili e volontari, eventualmente coadiuvati da militari. Le attività ricreative e di assistenza materiale sarebbero state svolte al fronte da sezioni mobili di assistenza, su mezzi campali mobili, o sotto tenda, o in baracche di fortuna. Dovevano offri re momenti di sosta e di riposo, alloggio e vi tto confortevoli, vendita a prezzi ragionevoli di generi di maggior consumo, servizi bar, di lavanderia, di barbiere; inoltre svaghi come giochi e sport, e spettacoli cinematografici e di arte varia. In pratica, i soldati in prima linea dovevano fruire delle stesse attività
di benessere di quelli ubicati nel territorio, anche se in ambienti di fortuna. Nelle retrovie e nei territori liberati dovevano invece essere organizzate le Case del Soldato, luoghi dove i soldati stanzia1 i o di passaggio dovevano trovare ogni genere di conforto u '-' e di attività ricreative, e dove il salto qualitativo nei confronti dei centri di benessere del fronte poteva essere oltremodo tangibile. Inoltre presso ogni reparto territori ale dovevano essere allestiti spacci, cantine e sale di ritrovo. Quanto ali' assistenza culturale e morale, doveva essere svolta attraverso la costituzione di biblioteche (da campo presso le unità operanti e fisse nel territorio), l'assistenza ai soldati e alle famiglie (consulenze per affari privati, pratiche amministrative, legali, tributarie, assistenza nel campo del lavoro, economica, sanitaria ecc.), l'attività di propaganda svolta dagli ufficiali, soprattutto cappellani, medici e amministratori (sic), coadiuvati nel territorio da. istituzioni civili, associazioni, volontari. Il 5 marzo iniziavano i corsi per gli ufficiali da impiegare nel servizio. Intenso il programma dei corsi, che era articolato in 1O giorni e prevedeva anche scambi di vedute con i frequentatori dell'omonimo servizio britannico. Al primo corso parteciparono 6 ufficiali, dei Gruppi dj combattimento (Piceno, Friuli, Legnano, Cremona) e delle Divisioni ausiliarie 21 QA e 23 l A. Direttore dei corsi fu nominato il già citato tenente colonnello A. Negri Arnoldi. Negli stessi giorni iniziava a
funzionare a Roma la Casa cli Soggiorno del Combattente (annotiamo per curiosità che essa e ra in Via Guidobaldo 24); i turni per i militari, di una settimana, erano riservati a quanti non potevano raggiungere le famiglie durante la licenza perché residenti in territorio ancora occupato dal nemico. La casa di riposo disponeva cli 200 posi letto, riservati 138 a militari dell'esercito, 48 a quelli della marina, 14 ad avieri. L'apertura della casa fu possibile grazie alla concessione fatta dagli alleati delle necessarie razioni viveri, sotto loro stretto controllo. Ricordiamo che nel novembre 1944 era stato possibile soltanto mettere in vendita, per i militari di passaggio nella Capitale e grazie ad una iniziativa della Cooperativa alimentare grigio-verde, un cestino caldo al prezzo di lire 38,90, comprendente un primo, un secondo con contorno, frutta e pane (con bollino della tessera a1imentare). In definitiva, è possibile affermare che la stretta dipendenza dagli alleati di fornjture di ogni genere per le attività cli benessere cond.izionò sempre l'attività assistenziale che le autorità politiche e militari cercarono di mettere in atto. Fu di fatto possibile agire in autonomia -si fa per dire, considerando il bilancio dello Stato e le magre assegnazioni- soltanto nel campo dell'aumento dei premi in danaro e degli assegni assistenziali concessi alle famiglie. L'assurdo fu che quando i militari si ritrovarono con qualche lira in tasca, come nel marzo del 1945 quando di fatto la paga fu triplicata, non si riusciva a trovare presso
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gli spacci neanche i materiali di pulizia, come sapone, lamette, dentifricio ecc., le cui forniture dipendevano dagli alleati. Per concludere la storia de11a propaganda di guerra, è doveroso dare cenni di una particolare azione di propaganda e contropropaganda che l'Ufficio Informazione dello Stato Maggiore Generale dovette sviluppare alla fine de] conflitto, relativa a un complesso di problemi denominati "questioni di frontiera" e inerenti alle frontiere francese, iugoslava ed austriaca. La Francia aveva già dimostrato le sue mire sui territori italiani, neanche tanto occulte. Nel marzo del 1945 il generale De Gaulle aveva proclamato con altisonante fragore che "l'ala della vittoria francese avrebbe trasvolato le Alpi". Fecero seguito alle sue parole numerosi quanto inutili attacchi contro le posizioni tedesco-repubblicane, nel tentativo di conseguire guadagni teITitoriaE. Soltanto dopo la resa i francesi riuscirono ad occupare le valli di Aosta, Susa, Gesso, Roja, avviando un'abile azione di propaganda e assistenza alle popolazioni . L'Ufficio I fu costretto a 1inforzare i propri centri per contrastarne l'azione e sviluppare un'intensa azione di contropropaganda, dopo che già aveva contrastato le iniziative francesi nel periodo della clandestinità e, al momento del crollo tedesco, schierato propri partigiani al Piccolo S. Bernardo per sbaITare il passo ,ù "poilus". Alla frontiera orientale la situazione divenne ancora più preoccupante. Tito aveva avviato una feroce repressione, già
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guerra durante, delle popolazioni giuliane di confine. Una violenza senza pari, condita di deportazioni e di stragi, che seguì al crollo tedesco, quando Tito dilagò con le sue bande nella intera Venezia Giulia, ne dichiarò l'annessione alla Iugoslavia, e si portò oltre l'Isonzo, avviando una pericolosa penetrazione nel Friuli. Anche qui l'Ufficio I dovette potenziare la propria organizzazione per contrastare l'azione cli Tito, raccogliendo documentazione degli eccidi commessi, organizzando la contropropagnda, sostenendo e appoggiando l'attività del Comitato Giuliano. Caotica divenne, infine, al termine del conflitto, la situazione in Alto Adige, dove erano rimasti senza controllo i resti deUe armate tedesche. Centinaia di migliaia di sbandati crearono difficoltà enormi all'Italia, anche perché furono appoggiati in tale attiv.ità da singolari missioni francesi, che alimentavano una intensa attività anti italiana con forti sovvenzioni di danaro. Contemporaneamente, gli allogeni che g.ià avevano optato per la Germania, si organizzavano in un partito, il Sudtirolen Volkspartei, il cui programma era quello dell'annessione a11' Austria. Anche qui l'Ufficio I potenziava la propria organizzazione, sostenendo inoltre il Comitato degli Amici dell'Alto Adige. Quelle che durante e fine guerra furono definita dalla propaganda "questioni di confine", in definitiva, costarono, come noto, un prezzo ,ùtissimo, agli italiani e all'Italia. Ma, questa, è storia recente, o forse ancora cronaca.
Capitolo IV
Morale delle truppe. Fronte interno e fronte di guerra. Patria e crisi d'identità Prima di affrontare il delicato tema di questo capitolo, è opportuno fare alcune premesse. La prima è che in assenza di studi specifici sulla materia "morale", riesce difficile circoscrivere il campo di indagine, poiché troppi sono gli aspetti dello spirito delle truppe in guerra che vaITebbe la pena di esplorare. E lo spirito delle truppe in guerra, che si traduce nelle capacità reattive e combattive de11e truppe, non è altro che la traduzione in termini concreti deJl' astratto termine "morale". La seconda è una constatazione. È da annotare infatti che, a partire dalla prima guerra mondiale, a fronte di studi carenti sul morale delle truppe -per non dire inesistenti-, sono invece disponibili ricchissime fonti documentali di p ri ma mano sull'argomento, utilizzate in rarissime occasioni ed in minima parte. I1 più delle volte occasionalmente, soltanto perché investono altri campi di ricerca. La terza, è che occorrerebbe definire in maniera univoca il significato dei termini "morale", "spirito mi1itare" e "spirito delle truppe". Dei quali, non si conoscono definizioni calzanti, anche se già nei seco1i e per secoli di tali
problemi si è discusso, -a livello teoretico e pratico (tanto per fare nomi, nell'antichità ne avevano parlato Plutarco, Cesare, Vegezio, e, secoli più t::Lrdi, Macchiavelli). È da annotare, inoltre, che la più moderna definizione in merito. è stata data, settanta anni or sono, dall'Enciclopedia Militare; ma., fatti salvi alcuni aspetti e passaggi, essa è ormai superata, perché pesantemente legata al periodo storico in cui fu teorizzata. In questo contributo, il termine morale delle truppe sta ad indicare "lo stato d'animo in cui versano i militari durante la gue1Ta", così come è inteso nella maggior parte dei documenti compulsati.. Stato d'an imo che -come anti.cipato- si trad uce sul campo in bellicosità e voglia d i combattere, ovvero in spirito combattivo, quando è elevato; nell'inazione, o peggio in manifestazioni estremamente dannose per la compattezza e la combattività delle unità, quando è invece depresso. Inoltre le dizioni "spirito delle truppe" e "morale delle truppe" sono utilizzati, come nei documenti, da sinonimi. Pare, infine, opportuno ribadire -al fine di sgombrare il campo da ogni dubbio- che
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il morale delle truppe viene esaminato soprattutto nei suoi aspetti operativi, poiché questo studio parla di un periodo bellico e non interesserebbe -in definitiva e a superfluo- il morale delle truppe in pace. Proseguendo nell'analisi del fenomeno, è possibile affermare che la più deleteria conseguenza, o effetto, di un morale delle truppe in guena fortemente depresso è le perdita dell'identità. Un militare con il morale a pezzi, infatti, non riconosce né si riconosce più in quei valori che sono la sua ragione d' essere e che si traducono nell'unione e nell'unità con la sua gente, dando contenuti alle parole Nazione, Paese, Patria; termini nelr apparenza retorici, specialmente se dilatati e/o strumentalizzati, ma che sono in definitiva e nella sostanza gli elementi caratterizzanti della ''carta d'identità" di un soldato. Ma è anche la sua gente, la massa, il popolo di cui fa parte, quelli con i quali dà concretezza ai termini, ad avere allo stesso tempo un peso formidabile sul suo morale e sulla sua carta d'identità; ovvero, è nell'appoggio, nella condivisione e nel consenso della sua gente, del fronte interno, che il morale delle truppe può trovare motivo di elevazione, con tutte le conseguenze che ne de1ivano sul campo di battaglia. L' 8 settembre, che non aveva trovato Esercito e Paese coesi, e in aggravio spirito patriottico e militare di cittadini e soldati fortemente provati, gettò entrambi, fronte cli guerra e fronte interno, in una profonda crisi, morale e d'identità. Ho già
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annotato quali riflessi 1'armistizio ebbe sugli avvenimenti bellici . Tento ora una prima analisi del peso che armistizio e avvenimenti bellici immediatamente successivi ad esso ebbero sugli uomini e sul Paese. Suddividendo, solo per comodità di lettura, quanto avvenne sul fronte interno e sul fronte di guerra, e il peso che l'atteggiamento del primo ebbe sul secondo.
Fronte Interno La pesante sconfitta subita sui vari fronti, la conseguente disgregazione delle Forze Armate, la frantumazione del territorio nazionale, lo stato di completa prostrazione della stragrande maggioranza degli italiani, il caos che derivò dall'arn1istiz.io, turbarono ogni ordine e scala di valori. Gli effetti immediati furono sotto gli occhi di tutti, regnanti, politici e militari, nessuno escluso. Sulle masse, fu motivo conduttore e domjnante un completo oblio della guerra in atto, una rimozione psicologica collettiva dovuta a tre anni di atroci sofferen7:e, inestinguibile fame, lancinanti lutti: la guerra, dopo gli avvenimenti dell'8 settembre, non era più una concreta e dolorosa realtà che riguardava il popolo italiano, ma era diventato un affare quasi privato tra l'i nvasore anglo-americano e l'occupante tedesco. L'Italia riviveva i "secoli bui" in cui eserciti stranieri ripercorrevano belligerando e distruggendo le sue tene. A
dimostrazione dell'assoluta indifferenza della popolazione agli avvenimenti bellici a al destino della Nazione, la parola d'ordine che circolò fino al 25 aprile 1945, l'incitamento ricorrente che il Paese continuò a lanciare ai figli in armi fu quello del "chi ve lo fa fare". Un documento stilato da Ambrosio nell'ottobre 1943 per il capo del Governo, Badoglio, metteva in evidenza come, se da un punto di vista morale il Paese avesse mostrato sostanzialmente ostilità contro i tedeschi e accettazione degli anglo-americani, da un punto di vista pratico nessun contributo di rilievo alla lotta era conseguito a tali atteggiamenti. Esponeva quelle che riteneva le cause. Ripartendole i.n militari, dovute alla sconfitta e allo sbandamento delle forze armate all'8 settembre, alla disponibilità di pochissime divisioni male armate ed equipaggiate nei territori liberi, al conseguente spettacolo poco edificante che gli sbandati e la truppa raccogliticcia offrivano. Una lettera di reprimenda in tal senso era stata scritta al comandante della 7/\ Armata il 29 settembre:
"Un augusto personaggio, in visita ieri a Potenza, ha rilevato ... : - un completo disorientamento. Nessuna delle autorità presenti ... era a conoscenza della reale situazione di fatto in Italia ... ; - l'assenza di qualsiasi misura atta ad assicurare il fermo e la raccolta dei numerosi sbandati in transito dalla Calabria e dalia Lucania e diretti, "pedibus calacantibus", alle loro famiglie (Veneto, Liguria, etc.).
... Ovvio che in ogni città liberata occorre immediatamente che la situazione sia presa rapidamente alla ,nano da chi di dovere, e non abbandonata come sopra.". E politiche, che Ambrosio riteneva molteplici: la maggior parte dello Stato occupata e la capitale, Roma, in mano ai tedeschi; la spaccatura in due del Paese (governo legale a sud e nazi-fascista a nord); organi istituzionali di governo e di comando relegati all'estremità della Penisola e senza contatti con il oorosso del Paese; scarsa credibilità dello stesso Governo per le pesanti ingerenze del nuovo alleato nella direzione della cosa pubblica. L'unico punto di riferimento del Paese sembrava, nonostante le molte critiche, ancora la monarchia. Per inciso, annotiamo che spesso i regnanti, in visite ufficiali o private nei centri del sud, erano accolti calorosamente dalla gente; il 20 ottobre, a Putignano, il re Vittorio Emanuele III, riconosciuto mentre si recava in una visita non annunciata dal Prefetto, veniva applaudito da una folla riunitasi spontaneamente, che tributava al sovrano "una indimenticabile dimostrazione di attaccamento e di devozione". Ambrosio, dopo aver e1encato le cause, suggeriva rimedi, come que11o di chiarire con gli alleati la questione dell'amministrazione del territorio italiano; suggerimenti poco realistici e remoti da ogni possibile attuazione in quei 1ùomenti. Più realistiche e aderenti agli avvenimenti e alle circostanze furono le analisi fatte dall'Ufficio Informazioni dell'Esercito. Le 73
popolazioni dei territori liberati, dopo i primi entusiasmi per la cacciata dei tedeschi, mostravano perplessità, critiche e preoccupazioni per la presenza dei "l·iberatori": militari spesso ubriachi e quindi portati a commettere atti insensati o violenti; requisizioni di mezzi di trasporto, ma soprattutto requisizioni di stabili e di appartamenti di cui già si lamentavano forti carenze; scomparsa dal mercato di generi di prima necessità e incremento del mercato nero per l'acquisto esagerato di ogni genere fatto dai militari delle truppe a11eate, con le tasche piene di soldi. Le masse soffrivano, in definitiva, per rindigenza e per la mancanza di beni primari. Ma, aggiungeremo, soffrivano anche per l'impotenza constatata in determinate occasioni; come, ad esempio, per le violenze su11e donne e per gli stupri commessi da11e truppe marocchine soprattutto. O, per contro, per il degrado morale di altre donne italiane, che fame e miseria spingevano su11a strada della prostituzione. Su tale stato di sofferenza, aveva facile presa la propaganda dei parti ti politici, che da un lato scagliavano feroci accuse ai militari, di facile presa sulle masse, dall'altro cercavano di ingraziarsi gli stessi militari con una attiva opera di propaganda e tentativi di penetrazione fra le forze armate. Perplessi lasciavano atteggiamenti e considerazioni su alcuni partiti. In un documento del 6 novembre 1943, il Centro di Bari del SIM riferiva al Comando Supremo su11a situazione politica della città e dintorni; dopo aver
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annotato che molti cittadini restavano fedeli alla monarchia e la maggioranza si asteneva da manifestazioni politiche in attesa dello sviluppo degli eventi, particolarmente attivo e organizzato risultava il partito comunista, che mostrava: " ... atteggiamento d(ffidente e oscuro. La propaganda viene effettuata con larghi mezzi -giornali, man(festi, sostentamento ai profughi comunisti. - il tutto inadeguato alle possibilità finanziarie di un partito delle rnasse operaie. Si vuole che venga sovvenzionato dall'ex COMINTERN. Si notano tra gli ade renti gran parte di pericolosi delinquenti, sfruttatori di donne, bari, ecc.-... ". Preoccupava molto di più, peraltro, una particolare e diffusa azione disgregatrice che i partiti politici operavano fin dal settembre 1943; alcuni di essi, infatti, avevano avviato dopo l'armistizio una vera caccia alJe streghe, tanto da far scrivere ad Ambrosio il 23 settembre 1943: "I vari partiti politici, o frazioni di essi, di Bari continuano a mandare al Comando inglese elenchi di persone filo fasciste che dovrebbero essere tolte di mezzo dagli inglesi. Questo modo di fare è inammissibile, perché - tra l'altro- dà adito ad evidenti vendette personali. Prego ordinare tassativamente che i partiti in questione siano d/ffidati dal continuare in tale indirizzo.". E preoccupava lo stesso atteggiamento ' delle autorità alleate, in particolare que11o degli inglesi, che prevaricavano e umiliavano gli organi istituzionali
italiani, governativi e giudiziari. Il 27 ottobre veniva arrestato dai carabinieri, sempre a Bari, un avvocato, colpevole di " .. . aver presieduto un comizio pubblico, in cui aveva invitato gli intervenuti ad azioni violente ... " . L'avvocato fu rilasciato per ordine della polizia inglese, che aveva definito l'arresto "semplicemente ridicolo". Eppure Bari era retta dalle autorità civili italiane, era lontana dalla linea delle operazioni, e pertanto non era sottoposta ad alcun controllo degli alleati in materia di ordine pubblico. Di particolare interesse appaiono, inoltre, per io studio dell'atteggiamento del fronte interno, alcune relazioni sulla situazione nei territ01i occupati e/o liberati, compilate dal settembre al dicembre 1943 da ufficiali durante visite, apposite missioni o mentre attraversavano le linee nemiche per rientrare al sud. Relazioni inviate al Comando Supremo, e successivamente da questo trasmesse al Governo. Ne cito alcune. Il colonnello Paolo De Cadi, il 18 settembre 1943 accompagnò in Sardegna per una visita il generale Teodoro Roosewelt. Di quella missione, mise in evidenza le necessità, soprattutto alimentari e di trasporto, degli isolani. Più tardi, a novembre, era lo stesso generale Antonio Basso, già comandante militare della Sardegna, ad avvertire di un pericolo che poteva espandersi presso le popolazioni di quell'isola: il movimento autonomista, tanto più pericoloso soprattutto nei nuovi adepti, per l'interesse che essi mostravano nel
tutelare e rafforzare, utilizzando il movimento, le proprie posizioni personali e sociali. Passando attraverso la Toscana, l'Abruzzo e Molise, e Roma, un ufficiale aveva annotato, in una relazione del 28 ottobre, come profondo fosse rodio contro i tedeschi di quelle popolazioni, spogliate, derubate dei tutto e spesso costrette a rifugiarsi in montagna, specialmente nei piccoli centri, per non subire deportazioni in massa. D'altra parte egli metteva in rilievo come esse erano in attesa di una "miracolistica" liberazione da parte degli alleati, congiunta a sfiducia verso i capi e gli stessi italiani, "incapaci di prendere in mano i loro destini". Evidente era una diffusa stanchezza verso la guerra, e la scarsissima volontà di paitecipare personalmente e attivamente alle operazioni militari. Il compilatore riteneva che ciò fosse da addebitare alla carenza di attività "spirituale" che convincesse la gente a "pagare col sangue il proprio Risorgimento", al1a confusione regnante, al non sapere "per chi e per che cosa si debba combattere e morire", quando per tre anni si era combattuto e "caduti contro altri nemici sotto la guida degli stessi uomini''. L'autore della relazione riteneva (ma in questo errava) che sarebbe bastata, come esempio di riscossa, la presenza di unità italiane al fianco degli al1eati. Un impiego che riteneva poss.ibile su quei terreni della lotta, la montagna specialmente, dove gli anglo-americ:rni non si avventuravano. Il relatore riteneva, infine, che gli alleati 75
avanzavano sempre con tattica e dispositivi cli estrema sicurezza per gli uomini, e quindi sarebbero stati mo1to lenti nella 1iberazione del territorio nazionale. Una dolorosa profezia. Nel frangente, le distruzioni sistematiche operate dai tedeschi, avrebbero versato il Paese in una grave miseria che, sommata alla deportazione di quadri dirigenti e della forza lavoro, avrebbe resa ancora più difficile l'opera di ricostruzione naziona1e. Il compilatore concludeva affermando che era necessario pertanto avviare fin da a1lora l'opera di ricostruzione, informando 1e popolazioni dei territori occupati ciel lavorio che stava compiendo il governo Badog1io per rimettere in moto 1a vita del Paese, e dei vantaggi che esso aveva già ottenuto dagli alleati, al fine di "dissipare i dubbi, confortare le coscienze, ravvivare mol te energie". Non andava meglio la situazione in Calabria e Sicilia. Il 12 novembre il Comando Supremo girava al generale Castellano, capo Missione italiana cli collegamento con il Comando in Capo alleato, una relazione di Arisio, comandante della 7/\ Armata, su11a situazione delle due regioni. In Calabria, gli ufficiali a11eati de11' A.M.G.O.T. facevano i1 bello ed il cattivo tempo, adottando ciascuno per proprio conto provvedimenti spesso contraddittori e prevaricando in molti caso le autorità civ.il i e militari italiane costituite. Succedeva così, ad esempio, che a Strombo1i il maresciallo dei carabinieri arrestava alcuni caporioni di dimostranti facinorosi, in osservanza ai
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bandi emanati, e 1' ufficiale in loco dell' A.M.G.O.T. arrestava a sua volta il maresciallo e 1iberava i caporioni. Salvo poi fare marcia indietro, dopo che gli era stata contestata e dimostrata 1' illega1ità del suo operato. Arisio definiva inoltre preoccupante il risorgere della malavi ta, dovuto anche " .. .al risorgere dei partiti, che giocherebbero su di essa in vista delle future elezioni politiche, con un ritorno ai noti metodi di decenni addietro ... ". Allarmante era anche la situazione dei calabresi, che vivevano con lo spettro della mjseria e della fame, con conseguenti "condizioni di smarrimento spirituale". Perso ogni freno morale, mo1ti si erano dati al saccheggio di magazzini militari e cli abitazioni private. Analoga la situazione in Sicilia, dove alla penuria alimentare si aggiungevano, secondo una relazione allegata a quella di Arisio e redatta da un ufficiale dei carabinieri, profondi sentimenti "egoistici e individualistici dei sici1iani", oltre al disinteresse completo degli alleati verso ogni questione a1imentare e verso una delle principa1i risorse dell 1 isola, quella del commercio degli agrumi; questo era abbandonato nelle impotenti mani dei produttori, molti dei quali destinati al fallimento, perché non ricevevano alcun aiuto per lo smercio, ed in compenso dovevano pagare le pesanti tasse lasciate invariate dall'occupante. In definitiva la popolazione, che a1 momento dell'occupazione, "messa su dalla propaganda", si era i11usa addirittura di trovare una "assistenza affettuosa" per tutti i suoi bisogni
"nell'occupatore", era ora profondamente delusa e non tralasciava occasione per manifestare, anche in forma violenta, il proprio malcontento per lo stato di abbandono in cui versava. Tragiche le conclusioni di Arisio, desunte da più fonti, che dicevano testualmente: " ... -La mafi.a sta risorgendo in pieno; la propaganda dell'idea autonomista è più che mai viva e forte ... ", capeggiata da Finocchiaro Aprile, alla quale appariva non estraneo ma complice favorevole l'atteggiamento alleato, definito addirittura come " ... una certa sollecitazione dei comandi americani ... ". Non diversa suonava una situazione su11a Sicilia compilata a novembre dal colonnello Gaetani del Comando Supremo: popolazioni esasperate, generi di prima necessità reperibili in gran pm:te solo al mercato nero, situazione sanitaria precaria, risorgere della delinquenza comune e de11a malavita organizzata, que11a mafia che sosteneva anche il movimento autonomista (" ... propagandato attivamente dalla mc4ìa che intravede la possibilità di crearsi un feudo da sfruttare ... "). Stessa storia in Campania. Scrisse il colonnello Camillo De Carlo nel dicembre 1943 che a Napoli c'era fame dappertutto, la classe politica era ostile a11a monarchia (ma gli uomini politici erano ben "guardinghi" a lasciarsi coinvolgere e ad interessarsi in prima persona dell'amministrazione cittadina), il mercato nero fiorente, il degrado morale impressionante, al limite del collasso. Triste lo spettacolo di ragazzine
che si accompagnavano ai militari alleati: doloroso e umiliante materiale letterario per Malaparte. Non dissimili i documenti e le relazioni che furono compilati duranti i successivi due anni di guerra: il fronte interno fu "assente" a] problema della liberazione del]' Italia, fatta eccezione per poch.i spiriti eletti, che si diedero alla macchia o andarono ad ingrossare le file dell'esercito di liberazione. I mali e i problemi restarono gli stessi: distruzioni e violenze operate dai tedeschi, speranza negli aiuti alleati, delusioni dopo le liberazioni di città e paesi, fame, mercato nero, degrado morale, attività politica rivolta in gran parte a "ricostruire" soprattutto se stessa e senza alcuna remora a pescare nel torbido e a reclutare nel fango. Pochi furono gli uomini politici che mirarono onestamente e sinceramente alla ricostruzione del Paese.
Fronte di Guerra Sui. militari, la crisi armistiziale ebbe come conseguenza più grave il problema degli allontanamenti illeciti, delle diserzioni e della renitenza alla leva; un problema che le autorità militari dovettero continuamente affrontare fino al 1945. Diverse furono le cause che fecero esplodere il fenomeno : l'ansia di lasciare sol i i propri congiunti a lottare contro la fame, contro le malattie, contro gli occupanti e gli invasori; la preoccupazione di morire in combattimento e quindi di
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lasciare gli stretti congiunti in balia cli uno Stato che si era già rivelato in tre anni di guerra latitante nei confronti dei parenti dei Caduti; l'efficacia della propaganda disgregatrice condotta contro i militari da alcuni pmtiti politici; l'amarezza per la campagna diffamatoria portata dalla stampa nei confronti di capi e gregari militari; la perplessità per l' inefficacia degli stessi provvedimenti contro i disert01i, che facevano pensare ad una larga e generosa amnistia a fine guerra (come di fatto avvenne). Non ultimi, incidevano sull'animo dei soldati i continui incitamenti alla diserzione fatti da parenti ed amici. Ancora nel gennaio 1945, il generale Arturo Scattini, comandante del Gruppo di combattimento "Friuli", inviava al Capo di Stato Maggiore dell'Esercito la lettera della madre e del fratello di un artigliere da lui dipendente: "Caro figlio, ... da quando che ho ricevuto la lettera che mi ai mandato a mano non ho ricevuto più gnende noi stiamo molto inpenziero perchè tu dicevi che facevi qualche scapata in vece non abbiamo visto più nulla ... " ; "Caro fratello agiungo due parole anche io per dirti io non so come è questo fatto per voi solo i vostri compagni di altri posti sono scappati quasi tutti e non anno partiti . ' ... " . piu Scattini commentava: " ... Si tratta di una delle tante lettere del genere che giornalmente affluiscono, indice dello stato d'animo caratteristico di Larghi strati delle classi popolari, convalidato, purtroppo, da un complesso di cose evidente quanto deplorevole ... ". 78
Se sul militare in questione gli incitamenti non ebbero presa, su molti altri il deplorevole atteggiamento di molta parte del fronte interno ebbe effetti deleteri. Il 15 gennaio 1945 risultavano segnalati 1056 indirizzi di presunti assenti arbitrari del "Friuli", e altri 523 del "Cremona": le due unità che nonostante tutto si riveleranno tra le più combattive nell'offensiva di primavera! Degli assenti annotati, i carabinieri riuscirono ad arrestarne 32 dei primi e 3 dei secondi, provocando le ennesime proteste dei Comandi militari per l'inefficienza del loro operato. In qualche caso 1'atteggiamento dell'Arma lasciava perplessi; negli stessi giorni un brigadiere comandante di stazione aveva comunicato che un disertore, da lui invitato a presentarsi al reggimento, si era rifiutato di farlo. Ed egli non aveva fatto altro che prendere burocraticamente atto della situazione! È però da annotare altresì quanto fosse ardua l'opera dei carabinieri, specialmente nei piccoli centri; l'esiguità dei militari disponibili, la piccola delinquenza diffusa, la convivenza quotidiana con i paesani ed i legami affettivi e di amicizia che legava i molti fra loro, l'ostilità di piccoli politici locali che quasi sempre reggevano le sorti dei piccoli centri in maniera "dispotica", la martellante campagna denigratoria della stampa verso ogni istituzione militare, la difficoltà di procedere ad arresti che potevano provocare sommosse (succedeva), consigliavano spesso l'Arma ad atteggiamenti di prudenza verso reati così diffusi come Ja
diserzione, la renitenza, le assenze arbitrarie. Non ebbero successo neanche drastiche iniziative, come quella di istituire tribunali speciali presso i Gruppi di Combattimento alla fine del 1944, oppure di mettere alla gogna i disertori inviando una lettera al sindaco della loro città di residenza, perché fosse affissa all'albo pretorio e rendesse nota alla cittadinanza un comportamento disonorevole che, in altri tempi, avrebbe arrecato vergogna e umiliazioni al disertore e ai suoi familiari . L'inefficacia di quest'ultimo provvedimento in particolare fa comprendere come fossero mutati i tempi, come il Paese non sentisse più certi valori, come un reato grave come quello della diserzione non avesse più alcuna presa o considerazione nella pubblica opinione. La critica situazione generale fu, alla fine, causa di profonde spaccature fra fronte interno e fronte di guerra (una distinzione che conserviamo per convenzione, perché sarebbe più ragionevole parlare di un fronte unico, in quanto essi convissero); e non solo fra i due fronti, perché le spaccature ebbero peso rilevante nello stesso fronte interno come nello stesso fronte di guerra. La guerra, come spesso accade, divise infatti i cittadini - il fronte interno- in due categorie, quelli che seppero trarre profitto dal conflitto e quelli che lo subirono soltanto: una spaccatura sociale che ebbe come conseguenza, al termine del conflitto, un profondo odio di classe. Come divise i militari -il fronte di
guerra-, fra quanti furono impiegati in prima linea, e più sopportarono direttamente la guerra in tutta la sua crudezza nella zona di combattimento, e quanti furono adoperati in attività logistiche o operarono più tranquillamente nelle retrovie. In verità ciò non sempre accadde e la distinzione non fu mai netta, ma comunque divenne luogo comune fra le truppe in zona di combattimento, con ripercussioni negative sul loro morale. Queste prime annotazioni sul morale e sulla crisi d'identità portano ad alcune consideraz.ioni: che non è possibile fare di tutta l'erba un fascio e parlare di un morale delle truppe in generale e conseguentemente cli un "unico" spirito combattivo dell'esercito, ma occorrerebbero numerosi distinguo e prendere in considerazione morale e spirito combattivo delle varie unità combattenti, di que11 e ausiliarie, delle unità lavoratori, de.i militar.i addetti agl.i organi centrali; oltre a ripartire in categorie il fenomeno, categorie individuabili in quelle degli ufficiali, della truppa, degli ammogliati, degli isolani, dei veterani, dei volontari, dei militari che avevano i familiari nei tenitori occupati, ecc .. Come occ01Terebbe prendere in considerazione il morale di varie categorie di cittadini (professionisti, impiegati, operai), delle masse ine1ti di fronte agli eventi, di quanti conservarono fierezza e dignità e di quelli, invece, che approfittarono vergognosamente della guena, e dei pochi spiriti eletti e ispirati che si diedero alla macchia e
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sacrificarono spesso fino all'estremo se stessi per amor di Patria. Distinguo che non è possibi1e approfondire in tutti questi aspetti, per cui darò soltanto annotazionj di tali diversità. È interessante, al momento, osservare come autodtà politiche e militari cercarono di scuotere Esercito e Paese dalla profonda crisi morale e d'identità in cui erano caduti. Esse cercarono di pigiare soprattutto tre tasti: i valori, la disciplina, le provvidenze materiali. Il valore cui essi fecero maggiore riferimento fu la Patria, come forza coesiva degli italiani, in divisa e non, unitaria e rinnovatrice della perduta identità. I1 13 ed i1 19 settembre 1943 Badoglio nei propri proclami invitò e invocò ripetutamente gli italiani alla "laboriosa ricostruzione della Patria", che sarebbe risorta sotto la guida di Casa Savoia e del Governo Nazionale. Vittorio Emanuele III, con il proclama alla Nazione di queg1i stessi giorni, abusò abbondantemente dei termine "ita1iani" e "Patria", il primo riportato ad ogni capoverso del proclama ed il secondo ripetuto una decina di volte. L'appello cercava di rilanciare con la stessa forza del dopo Caporetto l'invito all'unità di "cittadini e soldati". Ilre chiudeva il 18 ottobre il ciclo storico dei richiami alle tre forze armate; ali' esercito ricordava i1 tricolore, simbo1o ri sorgimentale di unità e riscossa, che nel 1848 era sventolato sul Ticino. I capi militari seguirono la scia; il Capo di Stato Maggiore Generale, 80
Vjttorio Ambrosio, in un messaggio commemorativo del 4 novembre, rievocando la grande guerra ricordava come fosse giusta la guerra di redenzione in atto, per ]a Jibertà e l'onore della Patria. Lo stesso giorno il primo numero del settim,rnale Italia, edito dalla sezione assistenza della 7/\ Armata, utilizzava gli stessi concetti e toni. Inviti difficili, perché l'intero territorio italiano era sconvolto da una profonda crisi e da profonde divisioni, non so1o morali, ma anche fisiche e politiche: al nord la Repubblica Sociale e al sud il Regno del Sud. Lo scontro ideologico fra le "due Italie" finì per utilizzare ai fini de11a propaganda paradossalmente gli identici miti risorgimentali: al nord i garibaldini, eroi e costruttori dell'unità d'Italia, si piegavano per la vergogna sotto il peso del "tradimento" ; al sud (e all'estero, nei Balcani) gli stessj garibaldini ricostituivano, non solo idealmente, Je falangi rosse per la nuova liberazione e per la riunificazione del territorio nazionale. Se per i vertici la Patria sembrava essere ancora quella del Risorgimento, di Caporetto e di Vittorio Veneto, per la massa degli uomini in uniforme essa aveva assunto molte vesti. Era quella rimasta nel ricordo dei combattenti dei Balcani e di quelli rinchiusi nei campi di concentramento tedeschi; era quella dei pochi sopravvissuti nei campi di prig.ionia sovietici, costretti quotidianamente alla morte non solo fisica, ma anche psicologica per gli ,ùlucinanti indottrinamenti ideologici;
era quella di quanti, pochi eletti nel clima di disintegrazione politica e sociale, .imbracciavano le armi per la nuova redenzione; era quella delle poche migliaia di "primizia di credenti" che in uniforme si accingevano allo scontro definitivo con "l'odiato tedesco". A proprio modo, in modo diverso, con una visione diversa, era in definitiva la Patria di pochi. Era comunque pur sempre quella stessa Patria che le masse avevano obliato, e che nessun invito o incitamento in quei momenti riuscivano a far rivivere. Una Patria che aveva perso anche la possibilità di mettere in mostra il segno distintivo per eccellenza della propria identità: la Bandiera. Il 1° settembre 1943, infatti, ancor prima dell'armistizio, il generale Alexander, capo del Governo Militare Alleato in terra di occupazione, aveva firmato .il proclama n. 2, secondo il quale, all'articolo VI, era proibita la "pubblica mostra di qualsiasi bandiera a colori d'Italia". Ancora nel mese di dicembre, il Comando Militare Alleato della Campania faceva notare di non poter autorizzare ufficialmente, nelle ricorrenze nazionali o solenni, l'esposizione del tricolore nazionale, poiché quel bando non era mai stato abrogato. Il generale Paolo Berardi, capo di Stato Nlaggiore del R. Esercito, succeduto a Roatta, chiedeva pesantemente l'intervento del Ministero della Gue1Ta in merito. Altri tasti, utilizzati solo apparentemente in esclusiva per le truppe ma diretti anche ai civili, furono
quelli degli incitamenti non disgiunti da pesanti minacce. Rivolgendosi a capi e gregari., in una circolare che aveva emanato e intitolata Riscossa, il generale Mario Roatta, capo di Stato Maggiore dell ' Eserc.ito, aveva scritto il 20 settembre 1943 " .. . La missione che Vi è affidata è nobilissima e di importanza vitale per il nostro Paese, perché dal modo e dalla vigoria colla quale sarà assolta dipenderà non solo la più o meno rapida rioccupazione dell 'Jtalia centrale e settentrionale, ma anche la situazione nostra ali'atto della p ace. È intuitivo infatti che tanto più ci sarà concesso, quanto più avremo collaborato alla felice con.elusione del conflitto in. corso .. . " . Per poi proseguire: " ... L'ordine pubblico sarà mantenuto con mano ferrea. Civili che sabotino in qualsiasi m.aniera la lotta in corso, e che aiutino, in qualunque forma, i tedeschi, saranno passati per le armi. I militari sbandati che, dopo la pubblicazione dell'apposita ordinanza, non si presentino alle autorità militari, saranno fìtcilati ... Infine, anche laforrna deve essere curata, molto più di quanto non lo sia attualmente... Il comandante di reparto con tenuta e carichi zingareschi sarà seduta stante destituito ... ".
In aderenza alle direttive impartite, il 16 ottobre 1943 Roatta destituiva dal comando un tenente colonnello e gli infliggeva l O giorni di an-esti cli fortezza, perché' " ...alla presenza di truppe cobelligeranti, ed in una situazione in cui erano quanto mai necessari ordine e disciplina, permetteva che il gruppo
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effettuasse un breve trasferimento per via ordinaria nel massimo disordine ed in condizioni di equipaggiamento e di carico vergognose.". Perché fosse chiaro 1?avvertimento, il provvedimento disciplinare fu reso noto con una circolare diramata a tutti i comandanti di unità fino a livello battaglione/gruppo. Difficile era, peraltro, credere in alcuni capi, che erano alla ricerca di una nuova verginità dopo aver usufruito di parecchi favori dal fascismo ed aver avanzato in prima persona numerose "suppliche" per ottenerli. Perplessi aveva lasciato molti ufficiali il rapporto tenuto da Badoglio il 25 settembre 1943 per condannare il fascismo, incitare a11a lotta e applaudire alla monarchia. Un uomo che molto aveva chiesto, ed ottenuto, proprio da quel regime che condannava. Il 26 febbraio l 944 il generale Paolo Berardi emanava ancora una durissima circolare diretta a quei quadri che nei presidi non si preoccupavano dell'assetto delle uniformi, dei militari sfaccendati per le strade, di quelli che vagavano senza scopo ed in maniera scomposta per le strade, di quelli che a gruppetti sulle porte degli accantonamenti pettegolavano, di quelli isolati (attendenti, piantoni, commissionari) che pensavano soltanto alle cose personali. Berardi insisteva molto nello stigmatizzare tali forme di rilassatezza, che offrivano spettacoli "vergognosi" al Paese, e non nascondeva ancora una volta minacce agli ufficiali. Il 30 marzo successivo metteva ancora alla gogna un comportamento deleterio e contrastante nena gerarchia più elevata,
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quella dei generali. Annotava infatti che persistevano sollecitazioni riflettenti questioni personali (in genere richieste di diritti presunti o veri, e di favoritismi), contro le quali però - e per fortunastridevano richieste di ufficiali che chiedevano un qualsiasi impiego che consentisse loro di servire la Patria. Nel sottolineare come richieste di fav01itismi e carriere manipolate abilmente avessero provocato sdegno sotto il passato regime, concludeva: " ... Troppo si è abusato del purissimo sentimento patrio per fini egoistici: oggi la purezza di quel sentimento deve emergere e le persone debbono scomparire. Le Forze Armate, come sono alla testa degli Italiani sul campo di battaglia, siano coi propri capi alla testa delle gerarchie intellettuali e morali per dar loro l'esempio di umiltà e di personale abnegazione nel servire la Patria sanguinante .. . ". Il 20 maggio, a seguito dello sbandamento di un reparto di manovalanza, che colpito da fuoco nemico sulle linee avanzate si rifiutava di proseguire nell'attività (]a truppa affermava di aver ricevuto assicurazione che sarebbe stato impegnata solo in servizi di retrovia, e quindi lontana dai rischi), era il ministro della Guerra Taddeo Orlando ad intervenire. Invitava i comandanti a non indulgere in nessun modo verso quanti profanavano la memoria purissima dei compagni d'arme, a recidere senza indugio i rami secchi e a colpire duramente i cinici che si nascondevano dietro discriminanti di età, di categoria, di funzioni.
Fu comunque il generale Berardi il più tenace e severo sostenitore della disciplina nel 1944; non mancò di rimproverare duramente ufficiali italiani che partecipavano a feste danzanti con gli alleati, in un momento in cui la Patria non aveva nulla da festeggjare. Intervenne ancora con forza quando, nel settembre del 1944, le unità adottarono l'uniforme alleata e in molti militari impiegati dagli anglo-ame1icani venne a formarsi " ... l'errata convinzione di potersi in certo qual modo svincolare da certi obblighi disciplinari ed in particolare da quello del saluto ... ". Si può senza dubbio affermare che i continui richiami del capo di Stato Maggiore all'obbedienza, ,ùl' osservanza della disciplina, alla serietà, alla sobrietà come caratteristica imprescindibile di un sano ed esemplare stile militare, molto servirono a tenere unita la parte più sana dell'Esercito in un momento così critico, delicato e difficile. Per contro, è da annotare come non mancassero relazioni che mettevano in evidenza i molti fattori negativi che incidevano sul morale e quindi anche pesantemente su1la disciplina dei m:ilitari. Nell'agosto 1944 il comandante del 68° reggimento di fanteria, colonnello Giuseppe Caputo, segnalava nella relazione mensile sullo spirito della truppa al proprio Comando, Corpo Italiano di Liberazione, come incidessero sullo spirito delle truppe la limitazione delle licenze (gli a11eati in pratica le gestivano e le centellinavano, condizionandole con la concessione dei
lasciapassare necessari ai soldati per raggiungere casa attraverso i territori da loro contro11ati), e l'impossibilità per i militari del nord di ottenerle, dopo mesi di combattimenti. Non avere notizie da casa da oltre un anno e non poter raggiungere le proprie famiglie era fortemente deprimente per i soldati. I trasporti per ferrovia, sempre in mano agli alleati, erano spesso aleatori per i militari italiani e la fenovia RomaNapoli era in funzione soltanto per quelli alleati. La maggioranza dei soldati era ancora sprovvista di capi ed indumenti essenziali (bustine, calze, fazzoletti) e scarsa era la distribuzione dei materiali di pulizia (sapone, lamette). Lasciava inoltre perplessi quadri e gregari il fatto che i complementi, tutti volontari, non facessero mistero di essersi arruolati soltanto per "mangiare e guadagnare di più", aggravando i rapporti con i commilitoni che già non li vedevano di buon occhio per i privilegi di cui godevano. Molte altre relazioni, sui fattori che determinavano le precarie condizioni morali degli uomini, facevano eco a quella di Caputo. Nelle unità lavoratori, inoltre la situazione era oltremodo pesante. Il Comando Arma Carabinieri Reali dell'Italia Li berata il 2 giugno 1944 aveva segnalato le condizioni di disagio morale in cui versano i reparti di manovalanza, mal vestiti, mal nutriti, mal pagati (20 lire contro le 100 lire date ai lavoratori civili). La truppa lamentava di essere stata dequalificata dalle 83
mansioni di soldati, mentre gli ufficiali si sentivano desautorati dalle funzioni di comandantj e di istruttori e ridotti a capi operai. Il sottocapo di Stato Maggiore R. Esercito, gen. Giovanni Battista Oxilia, pur ritenendo molto generico il promemoria e non attagliato a situazioni reali, concordava con l'estensore ritenendo anche egli pessimo .il trattamento dei reparti lavoratori. Di parere contrario si mostrava il generale ispettore de11 'Ispettorato alla Manovalanza, Enrico Mattioli; nel difendere il proprio operato, ricordava che il problema prospettato dai carabinieri era già noto, che egli aveva fatto tutto il possibile per eliminare i disagi, e che aveva già proposto la militarizzazione dei lavoratori delle classi anziani. In tal modo, i soldati delle classi giovani,non sarebbero stati impiegati a lungo in compiti così umili, e avrebbero potuto portare le armi in difesa de11a Patria. Ricordava, ancora, che a tale soluzione si era opposta la Missione alleata. Concludeva, infine, affermando che le proposte avanzate dal Comando Carabinieri affinché i soldati non fossero impiegati a lungo in compiti così umili, non erano attuabili. Sui reparti lavoratori sembrava inoltre gravare un pesante pregjudizio ereditato dal fascismo: quello della razza. In più relazioni, infatti, fu messo in evidenza come fosse necessario escludere, daHa sorveglianza al lavoro di manovalanza italiano, graduati alleati di colore: " ... L'italiano -poco abituato alla niescolanza con gente di colore - è stato sempre educato al sentùnento della 84
superiorità indiscussa della razza bianca, e non sopporta, o si avvilisce, se elementi di razze che a lui sono state sempre descritte come inferiori, assumono nei suoi riguardi atteggiamenti di comando o, peggio, di prepotenza ... ". Ma il fenomeno più grave restava sempre e comunque quello dej renitenti e degli assenti arbitrari, che trovavano sostegno deplorevole nel fronte interno; il quale non si I.imitava soltanto a incitamenti verbali o scritti, come già evidenz.iato e come annotato continuamente nelle relazioni dei Comandi e della censura. Il generale Clemente Primieri, nell'ottobre del 1944, comandante del Gruppo di Combattimento "Cremona", a seguito dell'allontanamento in un sol giorno di 20 soldati siciliani, volle rendersi conto di cosa fosse in realtà successo e inviò un proprio ufficiale fino a Reggio Calabria, nel tentativo di rintracciare i fuggitivi. Questi, con sorpresa, scoprì che ne11a località di Cannitelli (Villa S. Giovanni) operava una attrezzata organizzazione di barcaioli, contrabbandieri, i quali per la modesta cifra di f 100 traghettavano chiunque lo chiedesse, disertori compresi. Ancora una volta le autorità di polizia locali, pur essendo a conoscenza del fenomeno, non intervenivano, giustificando la mancata repressione con la carenza di uomini e mezzi. Primieri, allo stesso tempo e come era nel suo stile, non mancava di annotare che esistevano, per contro, comportamenti esemplari di militari che
erano rientrati dalla licenza percorrendo decine cli chilometri a piedi nudi, e quello cli un artigliere che pur disponendo già di una licenza cli convalescenza, nel passare durante una marcia dj trasferimento vicinissimo al suo paese natio si era " ... astenuto dal disertare i ranghi!. .. " . Primieri ri teneva ancora che " ... nell'attuale situazione politica e disagio morale economico ... " non fosse possibile adottare provvedimenti di estremo rigore. Egli era fermamente convinto che l'opera persuasiva dei comandanti di reparto dovesse essere affiancata da larghezza di mezzi che tonificassero fisico e monde dei soldati, specialmente quando il confronto con la dovizia delle disponibilità alleate creava contrasti e sperequazioni stridenti. " .. .A chi più dà e più sacrijica, con maggior oneri, con maggior rischi, più bisogna dare. A chi si appresta a risollevare l'onore militare delle nostre armi e a contribuire alla ricostruzione del paese, nel modo che Le nostre autorità centrali si ripromettono dei nostri gruppi di combattimento, nulla deve essere negato ... ". Nel ribadire come la sola disciplina non potesse raggiungere lo scopo di elevare il morale, chiudeva il suo appello con un lungo elenco di richieste, tutte tendenti a sostenere l'azione moralizzatrice e a mettere in condizioni il gruppo di poter raggiungere in serenità e con profitto gli obiettivi fissati. In forma accorata auspicava che, in un momento in cui i colpevoli restavano impuniti e altri disonestamente si
arricchivano, era imperativo morale che si operasse affinché almeno chi lottava par la salvezza della Patria avesse, anche un domani, più di imboscati, renitenti, disonesti e profittatori. Una vexata questio, che sarebbe rimasta utopia. Per quanto attiene alla disciplina, contemporaneamente, in quei giorni, venivano istituiti i Tribunali Militari Speciali presso i Gruppi di Combattimento e, inoltre, il luogotenente Umberto di Savoia firmava un decreto che inaspriva i provvedimenti disciplinari, comportava la riduzione a metà delle indennità di guerra per quanti venivano colpiti dalle punizioni, prevedeva il recupero dei periodi trascorsi in punizione alla fine della ferma. Né serve aggiungere che il trattamento post-be1lico, ovvero il corale abbraccio dell'amnistia, parificò di fatto tutti, eroi e di.sertori . Non erano evidentemente serviti j suggerimenti di uno che aveva tenuto alla mano, e con onore, la propria Divisione dopo l' 8 settembre, e che si accingeva a essere protagonista con altri della liberazione della Pat1ia. Altri fattori, in parte accennati, furono causa di depressione morale sui militari, e mi riferisco all'inopportuno atteggiamento della stampa e dei partiti politici. Un problema spesso causa di incidenti fra civili e militari, fin dall'armistizio. Proprio mentre la prima unità italiana, il l O Raggruppamento Motorizzato, si addestrava per recarsi in linea, il colonnello Valfrè dovette intervenire energicamente presso il direttore del 85
giornale Irpinia Libera di Ave11ino, per un articolo diffamatorio nei confronti del raggruppamento, costringendolo ad una completa ritrattazione di quanto aveva scritto. Ancora ad Avellino militari e civili vennero negli stessi giorni alle mani; alcuni civili di tendenze repubblicane beffeggiarono ed aggredirono un gruppo di bersaglieri (tentarono di strappare ai militari il distintivo del raggruppamento), che reagirono "distribuendo una buona dose di pugni". L'episodio fu causa di inchiesta, poiché i vertici politico-militari avevano sempre sostenuto l'assoluta necessità di tenere le Forze Armate fuori da qualsiasi agone politico, ed erano intervenuti con decisione, anche con duri provvedimenti disciplinari - non nel caso di Avellino, perché ai mj.litari fu riconosciuto il diritto a reagire alle aggressioni-, per sostenerne l'apoliticità, consapevoli dei danni che potevano provenire da una classe militare orientata e/o schierata politicamente. Scriveva in merito Berardi nel dicembre 1943: " .. . Uno degli errori del fascismo - e non dei minori- è stato
l'introduzione della politica nelle Forze Armate, con le deleterie conseguenze che tutti sanno. Nell'attuale orientamento generale e nel dilagare delle passioni per il ritorno ad una libertà di parola e di stampa per troppo tempo compressa, nell'Esercito si nota talun sintomo di idee non ben chiare in materia: qualche scritto di partito è apparso sui giornali afirma di ufficiali e si è verificato in una città 86
della Campania l'intervento di militari di un reparto per contrastare una man(festazione antimonarchica. In conformità delle chiare direttive espresse dal Capo del Governo occorre chiarire le idee e ritornare alla più intransigente apoliticità dell'Esercito nella sua funzione di imparziale tutore degli interessi nazionali e dell'ordine pubblico. Unico vincolo il giuramento al
Re. Il ritorno ad una sana apoliticità deve ottenersi anzitutto con l 'opera di persuasione che dùnostri i danni dell'opposto sistema, con precise disposizioni chiarificatrici in armonia col regolamento di disciplina e con la ferma repressione di qualsiasi manifestazione politica, pur se dettata dal più generoso impulso di amor patrio. Anche questo varrà alla riconquista di quella considerazione e di quellafìducia verso l'Esercito che dolorosi avvenimenti hanno scosso nella pubblica opinione e che deve essere pietra miliare per la ricostruzione della Nazione,,. Come si può rilevare, massima fu l'attenzione del generale Berardi anche verso questo ostico e delicatissimo problema, su cui molto insistette, anche per l'iniziale "distrazione" degli altri vertici politico-militari. Il 29 novembre precedente, infatti, l'Ufficio Operazioni aveva segnalato come il Ministero Guena nessuna risposta avesse dato ad una istanza del Capo di Stato Maggiore R. Eserci to, in cui, fra l'altro, affianco alle varie questioni che avevano influenza sul morale ed ai vari provvedimenti cli assistenza e benessere, V
veniva chiesto di " .. . valorizzare l'opera dell'Esercito e far cessare l'opera denigratrice dei partiti ... ", fatta
attraverso la stampa e la propaganda diretta sui militari. Molte furono le questioni sottoposte all'attenzione del Ministro della Guerra alla fine del 1944; vale la pena di riportarne ampi stralci, perché esse riassumono tutte le cause di depressione, le necessità ed i bisogni delle truppe in un momento difficile e delicatissimo, in cui si approntava la spallata finale per l'abbattimento del fascismo e dell'occupazione tedesca in Italia, e le condizioni dei gruppi di combattimento erano così difficili che "occorreva evitare in tutti i modi le cause del malcontento". " ... malessere morale degli ufficiali, che non si sentono sorretti dall'autorità del Governo .. . . . . reduci dalla Spagna (ad esempio mutilati) ai quali non vengono riconosciuti diritti acquisiti. Ciò crea malessere non solo fi"a gli interessati, 1nolti militari dei Gruppi di Combattiniento incominciano a domandarsi se un futuro Governo approverà o meno quanto fa oggi l'Esercito ... " .. . un dUf'uso senso di disciplina rassegnata, a sfondo di stanchezza della guerra e di desiderio di ritorno alle occupazioni di pace .. . ... un disorientamento delle tendenze, tra la in.negabile delusione provocata nella massa ingenua dei soldati dalla caduta del.fascismo e la ridda dei credo oggi offerta dai partiti e fra Loro contrastanti ...
... un gran buon senso che fa dubitare il soldato di tutto e di tutti e che lo orienta verso una sola a.\pirazion.e politica: quella della pacifica convivenza degli italiani da raggiungere ., prest.o.. . " . a Lpiu
Continuando l' analisi della situazione morale, il documento riportava nei dettagli quelle che erano state individuate come le cause del disorient::unento degli spiriti: " .. . marasma politico che attraversa oggi il Paese per il quale si dUfonde la convinzione che non sia sufficientemente valorizzato da parte della Nazione lo .sforzo che i combattenti stan.n.p per iniziare. Essi giustamente dicono: "mentre noi stiamo - a prezzo delle nostre vite- per risollevare la Nazione dal baratro nel quale verlt' anni cli fascismo ed una ù1/austa guerra l'hanno piombata; mentre le nostre case e le nostre città sono un cumulo di macerie; mentre le nostre industrie ed i nostri commerci sono quasi paralizzati, purtroppo assistiamo al triste spettacolo di una popolazione che o pensa solo ad illeciti guadagni o si dibatte con sterile verbosità tra mille ideologie politiche, il cui fi·astuono lascia dimenticare e talvolta anche misconoscere i nostri sforzi... Da parte di non pochi combattenti che hanno preso parte alle operazioni prima dell'8 settembre, si sente conji·equenza dire che il fascismo valorizzava rnoralm.ente e materialmente il combattente molto più che non il regime attuale. Nel defunto regirne il combattente sentiva un appoggio sicuro
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che oggi gli manca. Si sente spesso affiorare la sfiducia per la causa per cui si combatte ... .. .sconfessione o almeno collocamento ir1: sordina dei simboli in nome dei quali L'Esercito da ottant'anni era abituato ad aver.fede nei destini della Patria, senza che nuovi simboli universalmente accettati abbiano potuto sostituirli. Gli ufficiali mancano degli argomenti di significato quasi religioso senza dei quali non si porta la gente a rnorire. Un soldato, un contadino, di un gruppo di combattimento, mi diceva: "io non capisco più niente. Perché dopo la messa non si dice più la preghiera per il re?". frase che fa profondaniente meditare ... . . . Propaganda di.\fattista fatta a mezzo di volantini tendenti a disgregare La compagine dell 'Esercito e gettare il discredito sugli ufficiali, presentati sempre come prosecutori della guerra allo scopo di percepire lauti guadagni ... .. .lvlancata partecipazione di tutti gli italiani validi alla lotta; conseguenza della quasi immunità riservata ai renitenti ed agli assenti arbitrari, i quali, nella vita civile, si abbandonano ad illeciti e lauti profitti e deridono i cittadini soldati ubbidienti alle leggi ... .. . Mancata concessione della Licenza per molti militari che hanno le famiglie in territorio liberato; concessioni arbitrarie per le disorganiche disposizioni, dovute in parte alle difficoltà di trasporti e in parte al feroce controllo alleato fondato su criteri stranieri alla indole del popolo italiano. Preoccupazioni familiari per i residenti in territorio occupato ... 88
... Timori di essere inviati in teatri di guerra lontani (Estremo Oriente) non ancora completamente dissipato e tenuto sveglio per merito della propaganda di.\fattista ... ". Il documento attestava quanto fosse pieno di disagio e pericoloso l'atteggiamento che i militari assumevano nel1o stato di abbandono e di carenza di valori in cui versavano: anivavano, nel confronto, a valorizzare inesistenti meriti del passato regime, poiché ne] 1941, dopo 1'euforia del primo anno di guerra, avevano lamentato le stesse carenze e lo stesso stato di abbandono che ora addebitavano a] nuovo Governo, rimuovendo le forti proteste avanzate in passato. Lo stesso documento ribadiva le fratture esistenti fra Forze Armate e Paese, e le spaccature che la propaganda disfattista portava all'interno dello strumento militare, fra quadri e gregm·i. Con molta onestà l'estensore annotava anche che la spaccatura non era dovuta però soltanto a cause esterne, ma anche a concreti motivi interni all'istituzione: il soldato, infatti, confrontando la propria situazione economica con quella degli ufficiali, si chiedeva sempre più spesso il perché della profonda differenza di trattamento e non sapeva darsi spiegazioni, poiché la guerra aveva messo le famigl ie di tutti, sia degli ufficiali sia dei soldati, di fronte alla stessa miseria. Nonostante una visione così pessimista della situazione, la relazione al ministro allo stesso tempo metteva in ri1ievo come nei gruppi di combattimento in allestimento esistesse,
nella maggioranza dei soldati, la voglia di partecipare quanto prima possibile alle operazioni, specialmente in quei reparti dove era ancora forte lo spirito di corpo, vuoi per le precedenti espelienze di guerra vissute dalle unità che avevano consolidato attraverso il rischio l'affetto fra ufficiali e soldati, vuoi per la peculiarità di alcune speciali tà come quella del IX reparto d'assalto. Il documento metteva il dito su11a piaga anche s ulla diversità di atteggiamento dei militari, che mostravano ancora sufficiente spirito di corpo in quei reparti che si accingevano a entrare in combattimento sulla linea del fuoco, mentre vivevano uno stato di completa rilassatezza nelle unità territoriali. Ma i distinguo erano dovuti anche ad altri motivi. Diceva in merito testualmente lo stesso documento: " ...Segnano una netta superiorità su.gli altri i gruppi di combattimento, dove il soldato è stato selezionato .fin dalle . . . ,,
orzgLru ... .
Nell'analisi a tutto tondo, la relazione non mancava di annotare casi in cui il soldato italiano mostrava una dignità estrema. Scriveva infatti Berardi: " .. .A Reggio Calabria ho visto con commozione sfilare un reparto di ritorno dall 'istruzione in perfetto ordine, pur essendo La metà dei soldati muniti di sandali di legno. Esso riassumeva La tragedia dell'Esercito italiano, di dover partecipare alla guerra, sotto pena di mancare alla sua redenzione, con. soldati disorientati e s:fiduciati, senza possibilità di vestirli e di calzarli, sottoponendoli ad una amministrazione alleata
malcompresa del nostro carattere e delle sorgenti delle nostre forze morali, non disponendo delle fonti di produzione dei mezzi di vita .. . ". Una situazione che si protrasse, .in genere, per tutto il 1945, e che solo in parte le provvidenze a favore dei soldati migliorarono. Un risorto morale e spirito combattivo nei soldati fu comunque segnalato in crescendo nell'ultimo anno di guerra, soprattutto in vista dell'offensiva di primavera: non furono pochi, infatti, quanti chiesero di poter contribuire alla liberazione del territorio nazionale, come si rileva dalle lettere e dalle richieste che i soldati avanzavano ai propri comandi per transitare nelle unità combattenti . Una rinascita morale che ancora di più si avvertirà ne11e lettere de.i soldati impiegati nella fascia delle operazioni, di cui parlerò in seguito. Una rinascita annotata nelle relazioni della censura compilate dagli alleati, e pertanto non sospetta. E che solo apparentemente contrasta con le annotazioni negative riportate nei documenti ufficiali italiani sul morale delle truppe, specialmente in quegli aspetti che riflettono il "malvezzo" italiano di essere sempre eccessivamente critici, o eccessivamente severi nei propri confronti, o semplicemente di esagerare a dismisura alcuni fenomeni o carenze al fine di "ottenere qualcosa". Anche se, e comunque, i problemi genenili (assenze arbitrarie, incitamenti di familiari alla diserzione, preoccupazioni per i fmniliari, lamentele di vario genere che fortemente deprimevano la trnppa, V
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ecc.) emergono dalle relazioni della censura epistolare come dai documenti sul morale delle truppe. Relazioni e documenti che troveranno, a .fine guerra, piena co1Tispondenza sui motivi che porteranno di nuovo ad un completo abbattimento del morale dei militari. Una relazione compilata nel maggio del 1945 presso il Gruppo di Combattimento "Legnano", e che completa il quadro del malessere stigmatizzato dal generale Primieri, ben riassume tutti i fattori della depressione che peseranno su11 'Esercito a guerra finita: "La vittoriosa offensiva nel quadro del Gruppo e nel quadro generale che ha portato alla totale liberazione del nostro Paese e le entusiastiche accoglienze di Bologna ai reparti del reggimento ( di
fanteria speciale "Legnano", n.d.a.), avevano innalzato al massimo lo spirito della truppa che, dopo lunghi mesi di dura lotta, di sofferenze, di incertezze e di ansie, aveva .finalmente realizzato l'ardente aspirazione della liberazione delle proprie.fa miglie e dei propri paesi dall'oppressione nazi-fascista. Le condizioni ambientali trovate però nell'Italia del Nord hanno provocato una depressione morale che ritengo doveroso segnalare. Le cause detenninanti di questo increscioso fenomeno possono essere così riassunte: a)- completo assenteismo da parte della popolazione dell'Italia del Nord o almeno delle autorità responsabili nei confronti dei militari dei gruppi di conibattimento.
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Nessuno conosce, o per lo meno tutti .fingono di ignorare, la parte avuta dai reparti regolari italiani nella lotta di liberazione. lv!entre tutta la stampa esalta i meriti dei patrioti, che sono indubbiamente notevoli e che nessuno intende sminuire, nemmeno una parola è stata scritta sulla stampa del nord nei riguardi dei nostri soldati che, dopo aver adempiuto con altissimo .\]Jirito di sacrifi,cio e di amor patrio il loro dovere, si sentono trascurati, ignorati, guardati con diffidenza e talvolta persino con cii.\prezzo perché definiti soldati deLL' esercito luogotenenziale. Ne consegue che questi ragazzi, che avevano seguito con trepidante ansia e nello stesso tempo con ammirazione le gesta dei patrioti del nord, che si sentivano a essi.fi·aternamente uniti per comunione di intenti e di azione, che per venti mesi avevano pregustato la gioia di riunirsi a loro per man(festare apertamente il loro entusiasmo, hanno subito un 'amara delusione nel constatare che i loro sentimenti non erano affatto corrisposti. Alla delusione non poteva non subentrare lo sconforto che, perdurando l'attuale atmosfera d'irriconoscenza e di incomprensione verso il soldato regolare, potrebbefacibnente trasformarsi in risentimento. b )- Disinteressamento assoluto delle autorità centrali verso i. congedandi delle classi. anz iane. Si legge ogni giorno sulla stampa che sono state deliberate concessioni di premi o che sono allo studio altri
provvedimenti economici a.favore dei patrioti, degli operai, impiegati ecc., che si sono venuti a trovare in determinate situazioni. L'indennità insurrezionale per esempio viene concessa agli operai che si trovavano presenti nelle.fabbriche nei giorni 26-27-28-29-30 aprile e 1 ° maggio, anche se non hanno fatto nulla di particolare. Non vi è nessuno che si ricorda dei nostri soldati che hanno incominciato l'insurrezione già da circa 18 mesi, entrando in linea a.fianco degli alleati sul fronte cli Cassino, e che hanno combattuto con valore fino alla totale liberazione del Paese e che forse avrebbero diritto a un po' di riconoscenza. Nei momenti in cui era necessario richiedere Loro nuovi sacrifici, molte erano le alte personalità che venivano a visitare i reparti, per portare alla truppa la loro parola di elogio e di incitamento; in quelle occasioni oltre a parlare di commossa riconoscenza di tutta l'intera nazione, si è talvolta.fatto cenno abbastanza chiaramente a provvedimenti di ordine economico che sarebbero stati presi a favore dei soldati dei gruppi di combattimento, quali ad esempio la concessione di una polizza di 20-30.000 lire da liquidare all'atto del congedo. Dopo la vittoriosa conclusione della guerra tutto tace e gli aventi diritto vengono inviati in congedo senza che più si parli di premi e di attestati di riconoscenza nazionale ecc.
c)-L'atteggiamento assunto nei confronti clell 'Italia da parte del maresciallo Tito e dei francesi. Le voci sui dolorosi incidenti della Venezia Giulia sono giunte precise alle orecchie del soldato; così come sono giunte quelle relative alla situazione in certe valli piemontesi. Per limitare, nel limite del possibile, lo scoramento dei Giuliani, ho diramato a suo tempo l'ordine del giorno di cui all 'allegato 1. Per riportare il morale della truppa a livello pienamente soclcli.\facente sarebbe necessario adottare tempestivamente tutti quei provvedimenti che l 'autorità competente riterrà opportuni per eliminare le cause di depressione che sono serie e più che giust(ficate ... ". Ma, annotava ancora il documento con amarezza, gli unici provvedimenti adottati a favore dei soldati erano quelli di competenza dei diretti superiori: decorazioni al valore a quanti, viventi o Caduti, si erano distinti per atti di coraggio e spirito combattivo, sussidi alle famiglie dei militari bisognosi, premi ai militari più meritevoli. I fattori di depressione annotati, sommati a quelli messi in evidenza da altre relazioni, attinenti specialmente a11a amnistia generalizzata concessa a renitenti e disertori, alla disparità di trattamento -giuridica ed economicaoperata tra i militari di leva e i volontari, fanno ben comprendere come le espressioni utilizzate nelle relazioni successive diventassero sempre più pesanti , fino a scrivere di 91
influenza nefasta e deleteria di provvedimenti ingiusti o mancati, di dannose ripercussione di alcuni provvedimenti emanati dalle autoritĂ centrali, del rischio di totale sfaldamento dei reparti, di "evidente incomprensione delle superiori autoritĂ " a ogni seria problematica del personale.
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In definitiva, finita la guerra e terminati i balletti delle visite ai reparti e delle promesse, una malintesa e ancora piĂš male applicata politica di riconciliazione nazionale dava il colpo di grazia ad un esercito che pure, e nonostante tutto, aveva dato il suo contributo alla riscossa e alla liberazione della Patria.
Capitolo V
Attività connessa: la censura postale. Organi e funzionamento. Le lettere e il morale La censura è una delle attività che più si lega alla propaganda e a11e finalità che questa si propone. Essa, infatti, pur diretta principalmente a fini mili.tari, non serve soltanto a evitare che notizie di interesse militare vengano diffuse con bcrrave '-' pericolo per la sicurezza delle operazioni, ma è utilissima, indispensabile, per misurare il grado di adesione delle masse alla guerra, il morale delle truppe, le deficienze e le carenze di ogni tipo, la stessa efficacia della propaganda. A proposito di tale utilità, ho già messo in rilievo come l'attività censoria sia cli massima importanza soprattutto per monitorare dal basso il morale delle truppe. [nfatti, le lettere dei militari sono la cartina di tornasole, la prova del nove delle osservazioni avanzate da comandi e comandanti. La censura poi, ha ancora più efficaci risultati quando non è rivolta soltanto a stabilire norme per la corrispondenza, o mettere in atto divieti, strumenti coercitivi e provvedimenti di repressione. Deve servire, infatti, per intervenire laddove si riveli necessario porre rimedi e mettere in atto correttivi che possano accrescere 1' assistenza, il morale, e in definì ti va l'efficienza operativa dello strumento militare. Per questo, la censura epistolare è "attività
connessa" ,ùla propaganda. Per questo si ritiene importante darne cenni de] funzionamento, dell' organizzazione, dell'attività svolta, del contenuto delle lettere, come già annotato nei miei precedenti contributi sulla propaganda.
Organi e funzionamento All'indomani del]' 8 settembre, continuarono a funzionare nel Sud della penisola per alcune settimane, con organici ridotti e raffazzonati, alcuni uffici della censura, che furono poi tutti sciolti il 20 ottobre 1943. Lo Stato Maggiore R. Esercito, riordinatosi a Brindisi, assorbì provvisori.amente alcune competenze della censura epistolare presso 1'Ufiìcio Servizi - Sezione Postale. Le Commissioni Provinciali di Censura, presso cui operavano le sezioni milit:.u·i, subirono vicende diverse. Alcune furono temporaneamente sciolte, per essere poi tutte ripristinate in ottobre, nelle zone liberate, sotto il diretto controllo alleato. Sintomatiche del disordine e del malessere successivo all'armistizio furono le vicende di alcune di esse. A Napoli, la Sezione Militare della Commissione Provinciale, 93
operante presso la Prefettura, da] 12 settembre si era astenuta dal servizio di censura, ed il personale, a partire dal mese di ottobre, progressivamente aveva finito per abbandonare fisicamente l' ufficio. I1 prefetto, nello stigmatizzare l'episodio con una relazione allo Stato Maggiore R. . Esercito, annotava come fosse stato necessario accantonare i materiali della sezione (dei quali forniva uno scrnpoloso elenco e ne sollecitava il recupero) e come i locali, abbandonati dal personale, fossero stati requisiti ed occupati dagli alleati. Il 16 ottobre, in previsione della riorganizzazione del servizio, Jo Stato Maggiore R. Esercito chiedeva al Comando Carabinieri Reali dell'Italia Meridionale, dislocato a Bari, informazioni riservate sui precedenti politici e su11a condotta tenuta dai capi sezione militari. di censura di guerra, che erano impiegati nelle province controllate dal "governo legale". Il 13 novembre la Missione AI1eata di Brindisi avvertiva gli ufficiali preposti alla censura del Comando in Capo e del Comando XV Gruppo di Armate che, a datare dal 1° dicembre 1943, la censura della corrispondenza delle sezioni navali e de11e commissioni provinciali passava sotto la direzione di censori militari italiani. I prefetti, che avrebbero controllato il riordino, avrebbero ricevuto adeguate istruzioni in merito. Nello stesso mese di dicembre, una prima circolare tentò di riordinare razionalmente il servizio. Nella zona definita "fascia di operazioni" furono istituite le Sezioni Militari di Censura; ne11e zone retrostanti alla fascia del1e 94
operazioni dovevano funzionare le Commissioni Provinciali di Censura, istituite presso le prefetture. La corrispondenza proveniente da militari dislocati nella fascia delle operazioni, dopo essere stata sottoposta a censura "totalitaria", doveva essere avviata, secondo le disposizione emanate dall'Ufficio Servizi - Sezione Postale, al Comando Forze Armate della Campania o al Comando del IX Corpo d'Armata. La Commissione Alleata di Controllo aveva comunicato che soltanto la posta ufficiale del Governo Italiano era al momento esente da censura; ma, poichĂŠ era stato rilevato che buste ufficiali contenevano corrispondenza privata (questo fa presumere che anche la corrispondenza ufficiale fosse sottoposta a revisione occulta), tutte le buste in partenza dovevano essere sigillate dall'ente emittente e controfirmate da un funzionario responsabile, che in tal modo avrebbe certificato che le buste contenevano soltanto c01Tispondenza ufficiale. Di fatto, peraltro, il servizio di censura era sottoposto alla 1igida direzione della Commissione Alleata di Controllo. La quale, attraverso il N.o 7 Base Censor Group della Censura Centrale MiJitare, provvedeva alla revisione della corrispondenza militare e comunicava costantemente e con estrema severitĂ tutte le infrazioni commesse dai militari italiani alle norme della censura, alJa tutela del segreto, chiedendo in alcuni casi provvedimenti disciplinari e penali anche per quegli stessi censori che svolgevano con scarsa efficacia il proplio ufficio.
Il 31. marzo 1944 il Comando Armate Alleate in Italia, presi accordi con l'Ufficio Informazioni del Comando Supremo, comunicava le prime norme organiche per la corrispondenza privata, spedita e ricevuta dalle truppe italiane nelle zone di operazioni degli eserciti alleati, e quelle per il funzionamento della censura militare, avvertendo che esse non erano definitive perché in attesa de11' approvazione delle competenti autorità. In sintesi, le norme così recitavano. La corrispondenza privata dei militari italiani, preventivamente censurata presso i reparti in base alle disposizioni emanate dal Comando Supremo, doveva essere impostata esclusivamente presso gli uffici di posta militare operanti in zona. Gli ufficiali addetti alla censura, concluse le operazioni di revisione, dovevano apporre sulle buste il bollo di posta militare fornito dalla censura centrale militare. Gli enti e le unità che ne erano sprovvisti, dovevano appoggiarsi -dove possibile- all'unità italiana più vicina per tale operazione, e chiedere l'apposito bollo di posta militare alla censura centrale. In attesa che il Comando Supremo emanasse i necessari regolamenti per le modalità esecutive della censura epistolare, gli ufficiali censori dovevano: - apporre la propria firma nell'angolo superiore sinistro delle corrispondenze; - assicurarsi che fossero osservate le rigide procedure di inoltro della posta militare e controllare che essa non
venisse inoltrata con mezzi diversi da quelli consentiti; - istruire la truppa sulle modalità di spedizione e di ricezione della posta. Le corrispondenze dovevano essere raccolte in pacchi sigillati, con l'etichetta "Censura Centrale Militare Base Censor 7 - CMF", e consegnate al più vicino ufficio postale inglese o americano, presso il quale gli addetti avrebbero anche ritirato la posta privata in arrivo. Nessun altro tipo di inoltro era consentito. Giunta alla censura centrale, la corrispondenza sarebbe stata lavorata dalle autorità postali civili e inoltrata attraverso il servizio postale civile o militare italiano. La corrispondenza privata dei militari in servizio dietro le zone di operazioni doveva continuare ad essere impostata presso gli uffici militari o civili, e non doveva essere accettata dagli uffici postali militari alleati. A1 personale italiano era vietato l'invio di lettere di peso superiore ai 90 grammi, di raccomandate ed assicurate, di giornali e di pacchi. La posta diretta ai militari italiani in servizio nelle zone di operazioni poteva essere impostata presso gli uffici postali civili e militari autorizzati, ed era limitata anche essa a cartoline e lettere non superiori a 90 grammi. Doveva essere usato l'indirizzo postale (numero di posta militare) utilizzato prima della partenza del reparto per la zona delle operazioni. Per i militari in servizio presso unità alleate, si doveva utilizzare il numero di posta militare della divisione italiana presso la quale gli 95
italiani erano effettivi e non si poteva indicare il nome del reparto alleato. Tutta questa corrispondenza veniva revisionata dagli ufficiali alleati addetti alla censura presso il servizio postale civile, e successivamente inviata agli uffici di concentramento di Bari o Napoli. Questi ultimi li avrebbero fatto pervenire, chiusi in pacchi sigillati, agli uffici postali militari alleati dislocati in zona di operazioni, attraverso gli uffici militari alleati centrali di Napoli o di Bari, dove li avrebbero ritirati gli uffici postali militari italiani. Il 18 aprile l 944 venivano approntate le norme provvisorie della censura dalle autorità itali::me; esse accoglievano le direttive generali e dettavano norme particolari alle quale dovevano attenersi mjlitari e censori. Nel rispetto delle direttive generali indicate dagli alleati, veniva innanzitutto precisato che tutta la coITispondenza dei rnilitari italiani doveva essere scritta in italiano (scritte in dialetto avrebbero creato seri problemi ai censori, anche a quelli italiani). Qualora fosse stata usata una lingua straniera, essa doveva essere indicata a matita sulla busta. Era vietato usare codici, cifrari, scritture stenografiche e frasi convenzionali, come ogni forma di scrittura segreta; era, questa soprattutto, inveterata e particolare attitudine delle truppe italiane, che usavano apporre fra i lembi della busta o sotto i francobolli le frasi più intime alle proprie donne o ai propri cari. Nelle lettere nessun accenno poteva essere fatto ad argomenti o operazioni militari, né alle condizioni
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morali e fisiche, a frasi di discredito, a perdite, ad atrocità viste, a comportamenti dei superiori. Era inoltre vietato allegare alle lettere qualsiasi tipo di documento militare o civile, anche del nemico, giornali e ritagli di giornali, pubblicazioni dei reparti, francobolli, carta valuta italiana o estera, materiale fotografico di qualsiasi genere, diari o appunti privati. Non potevano essere spedite cartoline illustrate di località dove era o era stato il reparto o panoramiche di località italiane identificabili. Al fine di tutelare le questioni strettamente private e familiari, era consentito ai militari spedire una sola vo] ta alla settimana una "busta privilegiata", contenente fino a tre lettere, che potevano essere censurate soltanto dalla censura centrale: una sorta di difesa della privacy ante litteram. Infrazioni alle norme della censura, commesse attraverso la corrispondenza privilegiata, erano considerate gravi mancanze disciplinari e perseguite severamente. Severe erano a1tresì le disposizioni dettate per gli ufficiali italiani, censori presso i reparti. Essi dovevano operare una censura totale, sopprimere ogni tentativo di far diventare consuetudine l'invio di posta privilegiata al posto di quella ordinaria, tagliare o coprire con inchiostro tutte le infrazioni commesse nelle frasi, astenersi da qualsiasi commento, timbrare con il bollo della censura e firmare per esteso le buste delle lettere censurate. Non dovevano essere censurate presso i reparti le
corrispondenze dirette ai prigionieri cli guerra e le lettere in lingua straniera sconosciuta ai censori; non veniva altresì censurata presso i reparti la corrispondenza degli ufficiali, i quali dovevano però apporre grado e firma sulla busta e al termine della lettera, quale impegno che testimoniasse l'osservanza delle norme sulla censura. Ogni questione o evento imprevisto doveva essere portato all'attenzione del Capo della Censura Centrale Militare. Con la liberazione di Roma, l'organizzazione del servizio di censura subì modifiche; il Servizio Informazjoni Militari, trasferito nella Capitale a partire dal 13 giugno, progressivamente diresse e assorbì tutte le competenze in materia. Il 1° luglio furono soppresse le Commissioni provinciali di censura e sostituite con Uffici Militari di Censura di Guerra. Fu istituito, nell'ambito della Sezione Organizzazione del servizio, un Ispettorato della Censura, che assunse la direzione tecnica degli Uffici Militari, posti in ogni capoluogo delle provincie liberate, e la direzione degli organi di censura mista (it,ùo-alleati) per la corrispondenza delle truppe italiane (anche se di fatto in tali organi era il censor ship alleato a dettare legge). Il 27 agosto dello stesso anno, il capo di Stato Maggiore Generale Giovanni Messe firmò la prima circolare che ordinava organicamente la materia, anche se essa aveva il titolo di Norrne provvisorie per l'organizzazione e il.fìmzionamento della censura di guerra. Di particolare interesse la premessa, che recitava come la censura dovesse essere orientata
soltanto a fini militari e doveva "rispettare ,ù massimo possibile il principio del segreto epistolare". La circolare fissava le attribuzione e le competenze degli organi centrali e periferici della censura, le dipendenze, la classificazione delle corrispondenze, le istruzioni particolari per i censori, la ripartizione della corrispondenza censurata, la registrazione e l'utilizzazione della corrispondenza censurata, le norme transitorie (che riflettevano le direttive impartite dagli alleati in materia di censura cli guerra nelle zone di operazioni), le relazione e le segnalazioni, allegati vari. . Se era nuova l'organizzazione e la procedura per la censura di guerra, cli cui sono stati dati cenni, niente era cambiato, se confrontato con le direttive emanate negli anni precedenti, in materia di: - classificazione delle corrispondenze, che comprendeva l'elenco delle lettere esenti da censura, da que11e ufficiali delle unità e degli enti militari, classificate o meno, a quelle dei reali, delle cariche governative e politiche, delle autorità ecclesiastiche, dell e rappresentanze diplomatiche am_iche, del capo di Stato Maggiore Generale, dei generaIi e degli ammiragli in serv1z10; - ripartizione della corrispondenza censurata, divisa .in sei categorie: ammessa senz'altro al corso (lettere inno'cue, senza espressioni, comunicazioni o indicazioni censurabili), anunessa dopo parziale censura (lettere contenenti solo
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parziali frasi censurabili, che non fossero state considerate censurabili), tolta dal corso (lettere sospette nella loro interezza o contenenti fotografie, ·schizzi, o notizie di interesse militari, ma non incriminabili), incriminabile (lettere contenenti espression i o notizie che, a giudizio del censore, potessero dar luogo a procedimenti disciplinari o penali), da inoltrare con ritardo (lettere contenenti notizie che non erano da censurare ma che avrebbero potuto turbare o allarmare la pubblica quiete), da restituire al mittente (lettere che violavano le disposizioni della censura, dovute a ignoranza del mittente); - istruzioni per i censori, che contenevano in dettaglio le modalità per l'esame della corrispondenza, e che mettevano il censore in condizione di fare ogni valutazione (anche di natura psicologica, considerato che egli doveva "immedesimarsi in chi scrive"), di individuare eventuali corrispondenze sospette di ogni tipo (spionaggio), di conoscere tutti i trucchetti che i miUtari utilizzavano per trasmettere notizie intime o censurabili (scrittura sotto i francobolli o con inchiostri simpatici). Quanto all'organizzazione, l'Ispettorato della Censura, organo centrale, emanava le norme e le direttive per il funzionamento degli uffici cli censura (sui quali esercitava il controlJo tecnico), rappresentava lo Stato Maggiore Generale presso gli alleati per le questioni relative alla censura militare, coordinava in tale materia l'attività delle
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tre forze armate, vagliava le risultanze della censura per le comuni.cazioni ed i provvedimenti del caso. In periferia, i comandi di grande unità aventi servizio di censura presso le unità ed i reparti dipendenti (posta militare e telegrafia militare), svolgevano funzioni di controllo del servizio; mentre i comandi di corpo si assicuravano del regolare funzionamento del servizio, provvedevano alle denuncie per le infrazioni aventi carattere di reato, informavano i comandi di grande unità sulle risultanze della censura. Le norme sottolineavano, poi, come il servizio di censura fosse compreso fra le attribuzioni degli organi informativi di cui disponevano i comandi. Il servizio di censura della corrispondenza militare e civile nel territorio era affidata ai Comandi cli Territorio e comandi corrispondenti della R. Marina e R. Aeronautica, i quali esercitavano azione di controllo sui dipendenti Uffici e Sezioni Militari Censura di Guerra. Tali uffici e sezioni svolgevano attività di censura su tutta la corrispondenza postale di qualsiasi genere, in partenza e in arrivo dall'interno del1a rispettiva provincia. È da annotare che gli uffici erano classificati in due tipi: sottoposti al controllo alleato e alle dirette dipendenze dell'autorità militare italiana; trattavano entrambi anche la corrispondenza proveniente dalle unità che usufruivano della posta militare in zone non dichiarate fascia di operazioni. In sintesi, sulla posta civile, diretta a militari e civili, veniva esercitata la
censura delle corrispondenze dagli uffici e dalle sezioni d.islocate nel territorio, non su tutta la posta ma nella percentuale prescritta; sulla posta militare, se essa proveniva da enti del tenitorio, la censura era esercitata sempre dagli uffici, presso i qual.i veniva concentrata. Se invece la posta militare apparteneva a reparti dislocati nella fascia di operazioni, la censura era applicata su tutta la corrispondenza dai reparti stessi; veniva poi, come nel passato, inoltrata al concentramento di Posta Militare e trasmessa alla Base Censor Group cui faceva capo. Le norme per il funzionamento della censura nella fascia di operazioni erano ricalcate di massima su quelle precedentemente concordate con le autorità alleate. Di particolare interesse sono le disposizioni relative ai documenti, divisi in relazioni e segnalazioni, che gli Uffici Militari Censura cli Guerra, e gli organi di censura presso le unità dislocate nella fascia di operazioni, erano tenuti a compilare periodicamente secondo schemi allegati alla c.ircolare, per l'inoltro alle diverse autorità. Sono .in sostanza quelle clocumentazion.i che consentivano (e consentono) di rilevare non soltanto ari di dati statistici, ma le lamentele, le carenze, i bisogni, l'adeguatezza o meno dei provvedimenti di assistenza, l'atteggiamento dei militari e dei civili verso la guerra, ecc.; in altre parole, il morale delle truppe, la pubblica opinione, l'efficacia della propaganda. Si dividevano in:
- Relazioni men.sili. Venivano inoltrate dagli Uffici Militari Censura di Guerra al Comando di Corpo d'Armata o corrispondente, e per conoscenza all'Ispettorato Censura Militare del S.I.M.; erano soltanto situazioni statistiche dell'ufficio di censura, relative al personale impiegato, all'attività svolta, al volume di corrispondenza trattata, affluita ed esaminata; - Relazioni quindicinali. Venivano inoltrate dagli Uffici Militari Censura di Guerra all'Ispettorato Censura Militare del S.I.M., allo Stato Maggiore R. Esercito e, per . conoscenza, agli Stati Maggiori R. Marina e Aeronautica per la parte cli interesse, al Comando di Corpo d'Armata competente per giurisdizione territoriale, ai Comandi Militari Marittimi delle località dove esistevano le Sezioni Censura R. Marina. Le relazioni quindicinali compilate dagli Uffici Militari e dalle Sezioni Autonome dipendenti dalla R. Marina erano inviate all'Ispettorato e allo Stato Maggiore R. Marina e, per conoscenza, agli Stati Maggiori R. Esercito e Aeronautica, al Comando in Capo di Dipartimento e a quel1o Militare Marittimo competenti per giurisdizione. Sono le relazioni quindicinali i documenti più interessanti, per l'analisi a tutto campo e a giro d'orizzonte della situaz.ione del Paese e delle truppe, del morale, dell'assistenza, della efficacia della propaganda. Erano divise in due parti:
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- /) Situazione militare. Articolata in quattro punti, essa metteva in rilievo nei primi tre punti, attraverso 1'esame delle lettere, lo stato della disciplina ·delle truppe, il trattamento e le condizioni di vita dei militari, i sentimenti di patriottismo che essi esprimevano. La quarta e ultima parte era più strettamente legata alle notizie di carattere militare e alla sicurezza, e raccoglieva quanto trapelava dagli scritti sugli spostamenti dei reparti, sul trasporto di munizioni, sui campi di aviazione, sulle aviolinee, sui movimenti di aerei e di navi. - Il) Situazione civile. Era ripartita in tre punti: situazione economica generale, in cui venivano raccolti elementi relativi alla produzione agricola e industriale, al mercato nero, alla circolazione della moneta, ai prezzi, ai servizi pubblici, alle comunicazioni, ai furti; situazione politica generale, che dava un quadro sintetico dei fenomeni di allarmismo, della lotta dei partiti, della propaganda, delle opinioni diffuse su alleati e nemici, di spionaggio, della sicurezza pubblica, della moralità; situazione sanitaria generale, in cui venivano segnalate eventuali epidemie risultante dalle corrispondenze e notizie sulla situazione dei medicinali. Vi erano poi, oltre ,ùle relazioni, i Rapporti sulla pubblica opinione. Venivano redatti giornalmente e riepilogati settimanalmente; venivano inviati al Comando di Corpo d'Armata o comando corrispondente e, per conoscenza, all'Ispettorato Censura
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Militare. Erano anche essi documenti di estrema utilità, poiché erano incentrati su rilievi statitici, e quindi segnalavano in maniera più oggettiva possibile i commenti degli italiani, favorevoli e sfavorevoli. alle seguenti vocj: situazione alimentare, abbigliamento, alloggi, redditi, Governo nazionale, amministrazione provinciale, relazione con gli alleati, situazione militare in atto e futura, prospettive industriali e ag1icole, possibilità di impieghi, ulteriori voci diverse non previste. Ai rapporti dovevano essere allegati stralci delle lettere, con quei commenti tipici e le frasi più significative riferiti alle voci e ai punti di vista trattati. Venivano anche compilate Situazioni settimanali, che erano soltanto statistiche postali relative alla tipologia delle corrispondenze, all'attività censoria, anche telegrafica. Venivano inviate alle stesse autorità cui pervenivano i rapp01ti sulla pubblica opinione. La Sezione di Censura Civile degli Uffici Militari Censura di Guerra compilava, inoltre, segnalazioni settimanali (quando i fatti da segnalare non erano di particolare importanza) o in qualsiasi giorno della settimana (quando essi fatti rivestivano particolare urgenza), con un Commento. Questo era riferito alle risultanze dell'esame di quella corrispondenza che presentava carattere eccezionale (nazionale ed internazionale) nei suoi vari aspetti, per ]e infrazioni commesse nel campo civile, politico, militare. Poiché i commenti venivano desunti da corrispondenza p1ivata, in nessun caso né l'informazione •
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né il commento potevano essere divulgati e/o stra1ciati, e le segnalazioni dovevano essere trasmesse soltanto alle autorità interessate, senza comunque che fosse dato avvio a provvedimenti legali o ad altri atti pubblici, a meno che non desse espresso consenso i 1 Capo dell'ufficio censura. È da annotare che con il nuovo ed ultimo anno di guerra, il l O gennaio 1945, a seguito delle faziose polemiche politiche sorte con il processo al generale Mario Roatta, già capo del S.I.M., in un nuovo riordinamento l'Ispettorato Censura passò alle dipendenze della 4t.. sezione del servizio, e questo cambiò denominazione in Ufficio Informazione dello Stato Maggiore Generale. Per quanto attiene ali' esercito, segnalo che il 9 febbraio 1945 con il riordinamento degli organi centrali lo Stato Maggiore R. Esercito assunse in proprio la completa trattazione della censura militare, tramite l'Ufficio Servizi. Il cambio di denominazione del SIM non bastò però a cance1lare le volute confusioni strumentali fra vecchio "servizio informazioni del fascismo", il suo ex-capo, ed il nuovo servizio, per cui l'Ufficio Informazioni il 1° maggio passò alle dipendenze dirette del Ministero della Guerra, con dipendenza tecnica intermedia dello Stato Maggiore dell'Esercito; tale dipendenza consentì di mantenere inalterata la struttura, i compiti e gli organici del servizio di informazione. Quanto alla censura, nel febbraio del 1945 furono emanate nuove norme, che
apport,u-ono poche varianti a quelle precedenti. In premessa, la circolare precisava - ancora a maggiore tutela della privacy- che, escludendo i casi di reato, mittente e destinatario dovevano essere tutelati dall'anonimato e non potevano essere perseguiti per fini politici, di polizia, disciplinari ecc. Cambiavano, poi, alcune modalità nella trasmissione delle relazioni e segnalazioni periodiche e saltuarie. Furono inoltre precisate le procedure relative a11a corrispondenza incriminabile. La vera novità di rilievo fu l'introduzione di un rapporto settimanale sul morale delle truppe, da inviare al Comando di Territorio o corrispondente, all'Ispettorato della Censura e agli Stati Maggiori (per la parte di interesse). Il rapporto era organizzato secondo uno schema che ripartiva le voci da compilare, divise per ufficiali e sottufficia1i-truppa, in sfavorevoli e favorevoli; le voci da compilare erano così sinteticamente descritte: alleati e loro amministrazione, governo italiano, ufficiali italiani, disciplina, trattamento economico, assistenza medicoospedaliera, vettovagliamento, vestiario, patriottismo. Al rapporto dovevano essere allegati i commenti tipici più importanti stralciati dalle lettere. In tal modo, era possibile ricavare una situazione statistica, asettica perché numerica, sulla situazione mora]e dei militari e, di conseguenza, delle unità; e di analizzare i fattori negativi che influivano sulle truppe, con la conseguente possibilità cli adott,u-e gli opportuni interventi correttivi con maggiore aderenza alle situazioni. 101
Nel successivo mese di marzo, al fine di standardizzare quanto più possibile il lavoro del personale addetto alla censura, fu com.pilato un elenco dei soggetti di rilevante interesse per il servizio della censura. Esso era in pratica un piccolo dizionario di voci, una guida pratica affinché nell'esame della corrispondenza fosse possibile valutare, in maniera quanto più uniformemente possibile, quali argomenti. fossero da sottolineare per i fini stessi che la censura di guerra si proponeva. Ad esempio, alla voce propaganda veniva specificato come .il personale censorio dovesse prestare attenzione a11e critiche e alle reazioni verso la propaganda e le radiodiffusioni alleate e nemiche, le pubblicazioni clandestine, i fogli volanti ed i manifesti. In aprile, fur9no emanate due circolari contenenti direttive e delucidazioni sul servizio di censura. Sintetizzo le modifiche e le precisazioni più rilevanti. Su segnalazione del Comando 15° Gruppo di Armate Anglo-Americane, la censura delle corrispondenze diretta dal Paese a1le truppe in zona di operazione fu estesa al 100%, poiché applicata nella percentuale prevista si era rivelata insufficiente alle esigenze belliche del momento. Fu riammessa al corso la corrispondenza economica, finanziaria e commerciale diretta a paesi amici, prima vietata; essa però doveva essere avviata in Inghilterra, dove sarebbe stata censurata e inoltrata. In pratica, con tale operazione l'Inghilterra aveva un vero controllo dei mercati finanziari e commerciali italiani.
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Furono introdotte misure restrittive per l'invio di pacchi da e per gli Stati Uniti; fu vietato l'uso di cartoline e biglietti postali in franchigia recanti fasci littori o motti mussoliniani, prima consentito previa la loro cancellazione. Obliterazione che richiedeva però notevole dispendio di tempo da parte dei censori. Per lo stesso motivo furono tolte di corso cartoline illustrate di paesaggi, edifici e monumenti, la cui circolazione era già stata limitata. Fu ribadito il divieto del madrinato di guerra, poiché talvolta nascondeva alcuni traffici illeciti e immorali, come matrimoni di convenienza e prostituzione; tutta la relativa corrispondenza doveva essere tolta di corso. Fu stigmatizzato il comportamento di alcuni uffici postali, che sottraevano la posta alla censura, e furono disposte ispezioni e date disposizioni affinché i responsabili fossero denunciati al tribunale militare di guerra. Fu disposto che l'assunzione del personale civile fosse fatto dall'ufficiale alleato di controllo alla censura, dopo accertamenti e referenze favorevoli da parte di ufficiali alla sicurezza alleati e dell'Arma dei Carabinieri. I censori furono invitati a considerare più obiettivamente gli avvenimenti o gli argomenti di carattere politico, viste le numerosissime segnalazioni di "propaganda sovversiva, attività sovversiva, mene sovversive, ecc.", effettuate anche per fatti avvenuti in piena legalità, come l'attività dei partiti che collaboravano con il Governo. Sovversive, veniva precisato, erano
quelle attività e manifestazioni tendenti ad ostacolare o stravol2:ere l'ordine costituito, come il separatismo siciliano. A proposito di politica, considerati i riflessi che potevano avere sulla coesione delle truppe e sulla disciplina sia la propaganda politica svolta dai partiti nelle forze armate, sia le opinioni politiche espresse dai militari nelle loro corrispondenze, fu disposto un attento monitoraggio in materia; infatti, doveva essere posta la massima attenzione alle opinioni dei militari e alle attività di propaganda svolta da tutti i partiti, e non soltanto a quella attuata in particolare da alcuni partiti e passata al setaccio dai censon . Fu ribadito il concetto che la censura doveva essere orientata a scopi militari e massimo doveva essere il rispetto del segreto epistolare; erano da evitare, pertanto, commenti fatti su "apprezzamenti generici o intime opinioni", ricavati dalle lettere. Fu precisato lo schema delle relazioni mensile, affinché contenesse dati ed elementi di valutazione quanto più uniformi possibili. Con la fine de11a guerra, le ultime disposizioni sulla censura furono date ancora una volta dal Comando XV Gruppo di Armate Anglo-Americane. Dirette inizialmente alle truppe alleate, il capo missione italiano, nel comunicarle all'Ufficio Servizi dello Stato Maggiore R . Esercito, avvertiva che esse erano valide anche per i militari italiani. ln sostanza, le disposizioni dettavano una attenuazione deJla censura ed erano così riassunte: <...,
- potevano essere indicati le dislocazioni, le denominazioni ed i movimenti dei reparti, fatta eccezione per quelli in trasferimento nella zona Pacifico-Estremo Oriente; - era consentito la descrizione, senza limitazioni, dei fatti d'anne cui lo scrivente aveva partecipato; - veniva permesso lo scambio di corrispondenze degli alleati con i civili ed i militari italiani (e viceversa), usando il normale indirizzo dei reparti; - l'indirizzo normale dei reparti poteva essere usato anche nella corrispondenza verso i paesi consentiti; - nelle lettere potevano essere.inviate fotografie, ad eccezione di quelle rappresentanti mezzi e materiali bellici. Il 19 luglio 1945 il colonnello Giuseppe Negroni, che era stato per la durata della guerra il capo della Missione di Collegamento con il Comando XV Gruppo di Armate, avvertiva il Gabinetto Guerra, lo Stato Maggiore R. Esercito (da cui dipendeva), l'Ufficio Informazioni ed il Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri Reali, che la missione sarebbe stata sciolta il 23 successivo e sarebbe rientrata. Le pratiche relative alla censura, da quel momento, dovevano essere inviate tutte e direttamente all'Ispettorato Censura Militare.
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Le lettere ed il morale Dalle molte segnalazioni fatte dai censori, alleati e italiani, Ja prima 103
statistica che si ricava, sull'attività censoria, è che gran parte di esse riguardarono infrazioni alle norme per la con-ispondenza. Le infrazioni dei militari alle norme, quasi sempre, venivano commesse o per tutelare sentimenti intimi, o per agevolare il recapito di corrispondenze, o per informare i fami liari sulla propria destinazione o sulla località in cui si operava. Sintomatico il caso d i un artigliere, che per far conoscere la propria residenza ai parenti, scriveva sotto il francobollo di una lettera la denominazione della località. In quell'occasione severi furono i provvedimenti disciplinari presi a suo carico, poiché l'infrazione alle norme della censura ricadevano nella tutela del segreto 1nilitare. In verità, il censor ship alleato fu sempre molto severo nel denunciare le infrazioni alle norme della corrispondenza e nel reclamare opportuni provvedimenti, soprattutto quando si trattava di corrispondenza proveniente dalla fascia delle operazioni, e l'autorità mili tare italiana sollecita nell'infliggere pesanti sanzioni, anche penali. È ovvio che gli italiani non potevano agi re altrimenti, anche se in molte occasioni protestarono per l'eccessivo formalismo usato dai censori alleati nei confronti delle lettere dei ''cobelligeranti". Come quando il censore alleato toglieva di corso le lettere mancanti d i bollo con la scritta "visto della censura", bollo che i reparti non possedevano ancora perché non erano stati loro consegnati (e tale 104
circostanza era nota agli alleati, che preparavano e distribuivano i bolli). D'altronde, gli anglo-americani erano stati molto chiari in materia di infrazioni alle norme della censura, tanto da indurre il generale Paolo Berardi, capo di Stato Maggiore dell'Esercito, a scrivere nel giugno del 1944: " ... È
altresì necessario che tutti i militari dipendenti siano chiaraniente edotti che - persistendo gli abusi- gli alleati sopprimeranno nella fascia di operazioni il servizio di posta militare per le corrispondenze private -grave e doloroso provvedimento che deve essere assolutamente evitato-.. . ". Nello stesso documento Berardi segnalava quali fossero le infrazioni al servizio più comuni e gravi che avevano so11ecitato forti richiami degli alleati . Provvedimenti severi - citava ad esempio- erano stati presi nei confronti di ufficiali che avevano consentito a civili di spedire, in zona di operazioni, la corrispondenza con il proprio nominativo, o con quello di militari dipendenti, apponendo o facendo appon-e sulle lettere spedite il bollo e la firma di verifica per censura. Berardi ricordava nell'occasione che tre ufficiali e due cappellani militari erano stati denunciati al tribunale militare per le gravi infrazioni commesse in materia di censura. Diverse denuncie, inoltre, furono avanzate nei confronti di militari che avevano violato il segreto militare nelle lettere, citando dislocazioni, movimenti, particolari di operazioni ecc., per informare i familiari su di loro. Come
severi provvedimenti furono presi nei confronti dj quanti uti1izzavano indirizzi civi]i per eludere la censura in zona d'operazione. Altre volte i militari italiani favorivano la corrispondenza tra militari alleati e civili -in gran parte donne- italiani, infrangendo i regolamenti di censura che vietavano tale tipo di corrispondenza, al fine di evitare relazioni tra militari alleati e ragazze italiane. Gli stessi rilevamenti statistici sulla posta venivano utilizzati per avanzare ipotesi di infrazioni . Nel febbraio del 1945, ad esempio, la Base Censor Group N° 7 rilevò una notevole diminuzione del volume di corrispondenza degli ufficiali; ciò fece supporre che questi si avvalessero di mezzi non consentiti per inoltrare le proprie corrispondenze, al fine di eludere la censura. Anche gli ufficiali censori furono puniti per le infrazioni commesse, che il p.iù delle volte consistevano in commenti personali sulle lettere censurate; le osservazioni, oltre a essere in alcuni casi offensive, nuocevano certamente al morale delle truppe. Un censore aveva scritto, su una lunga lettera di quattro pagine inviata da un militare, " .. . si raccomanda di non scrivere simili giornali, quantochè (sic) verranno cestinati ... ". Era chiaro il suo invitominaccia a non scrivere lettere troppo lunghe (giornali) ed era evidente la sua preoccupazione di dover "faticare>) troppo su tali lettere! Altrettanto evidente la sua scarsa sensibilità nei confronti di chi ormai manteneva
contatti familiari e affetti soltanto attraverso la corrispondenza. Al di là de11e statistiche ufficiali, frammentarie, ho tentato autonomamente una prima situazione, elaborata su una campionatura delle infrazioni alla censura nella guerra di liberazione sulla base di un migliaio di documenti esmninati. Il 90% delle lettere fermate riguardava corrispondenza inoltrata in maniera irregolare, o perché transitata attraverso la posta civile e non inviata con quella militare, o perché consegnata a militari in viaggio, o perché spedita utilizzando mittenti diversi da quel1i reali. I1 fine dj evadere la censura, in questi casi, era per tutelare la propria privacy soprattutto. Il restante l 0% fu fermato perché effettivamente legato alla tutela del segreto e a motivi di carattere militare; i casi più frequenti erano relativi a: - notizie sulle truppe, sui movimenti, sulle operazioni; - sospette 1icchezze di militari che talvolta nascondevano illeciti commerci (furti di materiali militari e mercato nero); - diffusione di notizie deleterie e negative per il morale delle truppe; - un caso di spionaggio (dislocazione di unità alleate). Se la statistica sulle tipologie delle infrazioni è semplice -e personalmente ritengo che ulteriori escussioni di documenti non porterebbero a variazioni numericamente significative su quanto 1ilevato nell'esame a campione-, complesso appare l'esame del morale delle truppe che si ricava dalle 105
corrispondenze e i motivi che ebbero incidenza negativa o positiva su di esso. Una delle cause, la prima e la più cl.i retta sull'uso della censura legata al morale delle truppe, fu lo stesso andamento della posta militare. Ricevere ed inviare notizie alle persone care era per il combattente, soprattutto durante il p1imo anno dell'occupazione nazifascista, l'unico momento di unione con i propri cari, e 1'unico motivo che faceva sperare in un futuro da vivere con le persone amate; attraverso le lettere veniva alimentata, così, la voglia di lottare perché tale speranza si realizzasse. Il colonnello Giorgio Negroni, capo missione di collegamento con i1 Comando Armate Alleate in Italia, il 18 luglio 1944 segnalava all'Ufficio Servizi dello Stato Maggiore R . Esercito come fosse stato messo in evidenza il cattivo funzionamento della posta militare in zona di operazioni e il ritardo nell'esame delle corrispondenze da parte del personale italiano addetto alla censura. Oltre ad avere effetti deprimenti sul morale de11e truppe, egli riteneva che ritardi e cattivo funzionamento istigassero i militari a utilizzare vie non consentite dalle disposizioni sull'inoltro della posta; per ironia della sorte, tali lettere venivano tutte fermate dalla censura (la censura delle c01Tispondenze in zona d'operazione era totale) anziché giungere a destinazione e spesso originavano provvedimenti disciplinari, causando nei mittenti maggiore malessere e peggiore pregiudizio.
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Anche se, in ultima analisi, ricevere lettere non portava sempre, ,ù combattenti, momenti di sostegno e di serenità. Perché arrivavano loro notizie deprimenti, dovute alla segnalazione di miserie materiali e morali, come la conoscenza di facili imboscamenti -di cui ho più volte accennato- e gli incitamenti ad imitare i. cattivi commilitoni. Con quali risultati è facile immaginare, spec.ialmente nei periodi di m~ggiore impegno operativo. E doveroso, peraltro, annotare che non è possibile nell'economia del presente contr.ibuto un esame minuzioso delle lettere e dei fattori incidenti sul morale dei soldati; pertanto, 1' analisi de11e corrispondenze risulterà necessariamente sintetica, e carente sotto qualche aspetto. È bene, però, ribadire una riflessione che ritengo inevitabHe premessa metodologica per condurre studi approfonditi di tal genere. Mi sembra chiaro, ormai, che gli studi finora condotti in materia di morale e/o spirito delle truppe hanno messo in evidenza come in guerra i motivi principali che hanno incidenza su di esso siano in stretta relazione all'impiego e all'uso delle unità, oltre che conseguenti al sostegno che proviene o meno dal cosiddetto fronte interno. A seconda se le unità siano impiegate in prima linea come combattenti, ne11e retrovie come truppe ausiliarie, nel territorio come servizi, in particolari e motivati reparti (paracadutisti, arditi ecc.), a11'estero inquadrate o meno in altri eserciti ecc., diverso è l'atteggiamento dei militari e la loro
"tenuta", o spirito combattivo, in gue1Ta. Alla diversità d'impiego, occorre sommare quegli avvenimenti beJlici rilevanti, come Caporetto nella grande guerra e l'armistizio nella seconda guerra mondiale, che hanno forti e diversi riflessi sullo spirito delle truppe. L'atteggiamento della popolazione civile, inoltre, quel fronte interno costituito da familiari ed amici, ma anche da sconosciuti, è J'altro fattore importante per lo spirito delle truppe in guerra. Ho dato già qualche cenno sui perché. Ritengo che un'analisi delle corrispondenze, quindi, non può sottrarsi a tali esigenze metodologiche, e richiede necess::rrimnente un preventivo raggruppamento delle lettere, strettamente legato all'impiego e alla dislocazione delle unità; e, contemporaneamente, un esame delle risultanze della censura sulle corrispondenze civili. Seguirò nelle mie considerazioni, pertanto, di massima tali esigenze. Per completare il quadro del morale dei combattenti ricordo, infine, le con-ispondenze dei militari prigionieri e/o internati. Non terrò conto però, in questa sede, di esse se non per brevissime annotazioni. E non perché prigionieri ed internati non rappresentino un'altra faccia della resistenza, della guerra di liberazione, della lotta condotta nelle condizioni psicologiche, spirituali e materiali più difficili, e forse la più ammirevole e nobile. Ma perché una prima analisi, per campionatura (prigionieri internati dai tedeschi o tenuti in cattività dai nuovi alleati) condotta su
migliaia di cartoUne e lettere da loro inviate, custodite dall'Ufficio Storico, ad un primo esame ha portato soltanto a rilevare che le co1Tispondenze furono estremamente "standardizzate" nei contenuti. Cosa che non deve meravigliare. È da ricordare, infatti, che le potenze detentrici consentivano a prigionieri ed jnternati soltanto di inviare notizie sul proprjo stato di salute, spesso con biglietti prestampati. Prigionieri ed internati, inoltre, quando scrivevano qualche biglietto o lettera, tendevano in genere a rassicurare i farnjliari sul proprio stato di salute. Chiedevano a loro volta notizie ai propri cari, spesso obliterate dai detentori perché riferite alla guerra; oppure, avanzavano richieste di vestiario e viveri, che in alcuni campi venivano regolarmente sottratti, come si evince dalle stesse lettere (annotazioni alcune volte stranamente "sfuggite" all'attenzione del censore detentore del prigioniero). I sentimenti che maggiormente si rilevano dalle corrispondenze dei prigionieri di guerra sono, e non potrebbe essere altrimenti, sempre due: rassegnazione della propria condizione e speranza nel ritorno. È ancora da annotare che in alcuni casi (leggasi campi di prigionia in Russia), non era consentito neanche di inviare o ricevere posta, se non nei nrrissirni casi di visite di delegazioni della Croce Rossa Internazionale. .È opportuno qui ricordare, infine, che presso l'Ufficio Storico dello Stato Maggiore Esercito è stato costituito un 107
fondo notevole di lettere di prigionieri dj guerra, a seguito delle operazioni di sbancamento fatte dai Distretti Militari negli anni ottanta e su richiesta specifica del-lo stesso Ufficio Storico di acquisizione di tali documenti, che altrimenti sarebbero andati distrutti. Pertanto, chi volesse fare studi più approfonditi in materia, può disporre di un patrimonio documentale notevole, che è però ancora in gran parte da riordinare. Da tale fondo, ripeto, ho tratto le mie impressioni. Alle generiche premesse prima avanzate, aggiungo che maggior attenzione è dedicata all'analisi delle lettere relative alle truppe al fronte, o in zomi di combattimento. Sono esse, infatti, che maggiormente intrigano, per studiare l' influenza che il morale ha sulle operazioni militari, e sullo spirito combattivo in genere. Non mancherò di esaminare anche le corrispondenze delle truppe nelle retrovie e quelle del fronte interno, quest'ultimo di rilevante importanza - ripeto ancora- per l'influenza che ha sul morale dei combattenti. Ritengo, ancora, fatto di estrema importanza, di dover ricordare che le relazioni sulla censura delle truppe al fronte furono quasi tutte compilate dal censor ship alleato, e pertanto non dovrebbero esserci dubbi sulla "asetticità" dei commenti che esse riportano, se non nella parte dei rapporti tra combattenti alleati e italiani, descritti in genere in termini "mielosi" . È doveroso, infine, aggiungere, che nei mesi successivi ali' armistizio le lettere 108
disponibili per l' esame del morale sono poche, per motivi ovvi e diversi. In quei momenti di confusione estrema e drammatici c'era poco tempo per scrivere, e ancor più non si trovava materiale per la scrittura; era saltato il servizio postale un po' dappertutto e quello di posta militare era in fase di riorganizzazione; il servizio di censura era carente sotto molti aspetti, in attesa della normativa che gli alleati stavano dettando e quindi transitavano e restavano negli archivi militari pochi documenti in merito, ancor meno lettere e relazioni. Non sarà perciò possibile, per l'immediato periodo postarmistiziale, una lettura sufficiente del morale attraverso le coffispondenze. Nelle zone del sud liberate la posta incominciò a funzionare a singhiozzo verso il mese di ottobre 1943. Alla fine del 1943 il morale de11e truppe risultava ancora in genere depresso; poche le fiammate di patriottismo e di spirito combattivo riscontrato nelle lettere, paragonabile al "Roma o morte" scritto sui vagoni feffoviari che trasportavano i soldati del 1° Raggruppamento Motorizzato verso il fronte. Grazie ai successi militari (Montelungo e Monte Maffone), uniti ai provvedimenti assistenziali, il morale delle truppe - e non solo di que11e al fronte- subì un lento cambiamento. Scriveva un soldato delJe unità ausiliarie nel febbraio del 1944: " ... effettivo alla quarta compagnia, chiede di essere inviato con reparti operanti, desiderando effettuare col suo modesto contributo la liberazione del territorio italiano dai
tedeschi.. . fa presente che sono orfano di guerra 1915-1918 e combattente di Spagna e Russia... " . Un veterano quindi, provato dai lutti della guerra già in adolescenza e combattente nella dolorosissima campagna di Russia, ma pronto a ricominciare per la liberazione del suolo patrio. Il mese di maggio del 1944 sembrò comunque segnare una svolta effettiva del morale delle truppe al fronte. Numerose lettere, utilizzate per le relazioni della censura, testimoniavano una situazione abbastanza soddisfacente; lo spirito combattivo e l'attaccamento al dovere erano alimentati soprattutto dall' idea di liberare l'Italia dal nemico. Nessuna lamentela presso i reparti mobilitati per il trattamento e le condizioni di vita. A giugno, l'introduzione delle "buste privilegiate", sconosciute fino ad allora ai combattenti italiani, ebbe un ulteriore ritorno positivo sul morale: " .. .queste nuove buste sono magnifiche ... ", poiché davano la possibilità di una scrittura più fitta ed intima con le persone care. Lo stesso effetto ebbe la regolarità del servizio postale; rilevava il censore dalle lettere, " ... un. certo nwnero di soldati dichiara eh.e ora il servizio postale funziona, che non. sognano più di voler disertare, che tutto ciò che volevano era di essere in contatto con le loro famiglie .. . ". Nello stesso mese, il ripiegamento dei tedeschi sulla linea gotica e la liberazione di Roma portò in alto il morale delle truppe che operavano con gli aJleati . l militari videro nella
liberazione della Capitale, pur non avendovi partecipato direttamente, una sorte di riscatto dalla "vergogna" provata quando operavano nelle zone arretrate ed erano scoraggiati e depressi. Molti di quelli che ancora non combattevano in prima linea non vedevano l'ora di partecipare alla lotta per liberare l'Italia dai tedeschi. Significative alcune frasi riportate nelle relazioni dalla censura: " .. . La nomea di nazione di codardi, traditori, opportunisti della peggior rism.a, ci sarebbe rimasta indelebile se un pugno di uomini non avesse compreso che bisognava fare qualcosa ... " ; "... .è bello essere qui. Ho dimenticato tutti i dubbi, tutte le depressioni morali che rni infUggevano ... "; " .. . è nostro dovere redùne re il nome dell'Italia e cli salvarla dagli abissi del!' ignominia in cui è caduta. Dobbiamo convincere gli alleati che vi son.o ancora degli alleati che cercano, come i loro padri, di.fare del Loro nieglio per la libertà ... "; " .. . è ,notivo di grande orgoglio vedere come il soldato demoralizzato, privo di scarpe, di armi e mai nutrito si sia tra~formato in un uomo pieno di coraggio e di rispetto di se stesso ... " . Nelle lettere non mancavano annotazioni di carattere politico; esse denotavano un atteggiamento diffidente verso il Governo e verso la politica, dovuta in gran parte al timore che l'Italia non avrebbe avuto alcun peso al tavolo della p~1ce (una previsione profetica!). A proposito poi dei partiti politici, alcuni militari esprimevano perplessità per l'affermarsi dei partiti di sinistra, ed in 109
pai1icolare di quello comunista; viva era la preoccupazione della mancanza di ogni misura preventiva da parte del Governo verso ta]e crescita. Era, infatti, esplicito e diffuso il timore dell'avvento di un nuovo regime totalitario, anche se di diversa specie. A luglio, al fronte il morale si mantenne elevato, specialmente nei reparti del "Nembo". Le truppe si dicevano ansiose di liberare il settentrione dai tedeschi, e speravano di trovare il nord Italia, come Roma, in buone condizioni, senza ]e distruzioni che invece c'erano state nel Sud. L'accoglienza festosa delle popolazioni man mano liberate aveva, ovviamente, riflessi positivi sul morale dei militari: " ... l'accoglienza delle popolazioni recentemente liberate dai fascisti e dai tedeschi e l'elogio degli alleati, credimi, com.muoverebbero . ch iunque ... " . L'odio verso i tedeschi restava forte, specialmente in chi aveva visto gli atti di barbarie perpetrati dall 'ex alleato: " ... è orribile ciò che hanno fatto i tedeschi in questa parte del mondo. Non riesco a trovare le parole per esprimere le condizioni pietose in cui è ridotta l'Italia ... ". I sentimenti di gratitudine verso gli a11eati, prima dubbiosi se non ostili, crescevano nel tempo, anche se alcuni erano preoccupati da ragioni morali e materiali, conseguenti a] fatto che l'Italia fosse "cobelligerante" e non "alleata": " ... la situazione è grave. Avete letto i discorsi di Roosevelt e di Churhill? Non saremo mai in grado di poter richiedere 110
ai tedeschi i risarcimenti per i danni ricevuti, a meno che non diventiamo alleati ... ". L'atteggiamento verso la politica ed i partiti si mantenne diffidente; le lettere esprimevano timori per i colpi di coda del fascismo e per l'avanzata del comunismo: ... Mio fratello ha scritto dicendomi che i fascisti ed i com.unisti si stanno riorganizzando. È una bella prospettiva un nuovo regime fascista per ricacciare il comunismo oppure un regime comunista perché abbiamo ricacciato il fascismo ... ". A settembre il morale diventò, nell'espressione de] censore, "meravigliosamente alto". E le popolazioni de11e città liberate contribuivano notevolmente ad elevarlo: " .. .gli istanti che più ci com.muovono e per i quali vale la pena di affrontare ogni pericolo sono quelli in cui, noi per primi, entriamo in un paese liberato cli recente. I vecchi, le donne vecchie e giovani, i giovani (quando ve ne sono) ci stringono, ci abbracciano, ci baciano con le lacrime agli occhi. Ci offrono tutto quello che hanno, il vino ed il cibo che sono riusciti a nascondere ai tedeschi... ". Nei più lungimiranti non mancava una realistica visione della durezza della ricostruzione materiale e morale, da affrontare a guerra finita: " .. .oggi la sola realtà che esista è la nostra scor~fitta con tutte le estreme conseguenze: fame, disoccupazione, disorganizzazione morale ... dobbiamo attendere l'armistizio, quello vero ... solo allora potremo ricominciare, e vi sarà da lavorare duramente ... ".
Le attenzioni crescenti degli alleati, che avevano nel frattempo imparato a stimare i combattenti italiani, venivano ora confrontate dai soldati con lo scarso interesse mostrato in alcuni casi dai propri comandi : " .. .due miei amici sono stati citati nominativamente dal comando britannico (per atti di valore, n.d.a.); i nostri nemmeno una parola. Sonofiero delfatto che l'elogio ci viene dagli inglesi ... ". Le opinioni sui politici, verso i quali non si nutriva alcuna fiducia, erano sempre negative: " .. . voi politicanti di casa credete di comprendere l'animo dell'uomo combattente e lo immaginate nell'entusiasmo della vittoria o nello squallore della morte. No. Solo nella zona di battaglia si può diventare uomini, vede re, comprendere, prepararsi alla massima di tutte Le Lotte: la ricostruzione nazionale. Credetemi, quando torneremo, gli imboscati, gli ambiziosi intriganti spariranno .. . ". Ma, allo stesso tempo, crescevano le dichiarazioni della propria apoliticità e l'unico sentimento prevalente, che si rafforzava, era l'amor di Patria: " ... la maggioranza di noi qui non si preoccupa e non si interessa né alla politica né ai partiti ... "; " .. .ci si sente completamente fiwri dai problemi di partito che interessano gli oziosi politicanti imboscati... "; " .. .sono un italiano, devo cooperare alla ricostruzione del paese e non posso perdere tempo dietro ai partiti politici Locali o nazionali ... ". Ad ottobre fu il No 7 Base Censor Group a sottolineare la carente assistenza verso le tru ppe italiane al
fronte e la scarsa attenzione al problema dimostrata dagli stessi organi centrali italiani. L' ufficiale addetto alla censura presso lo Stato Magggiore suggerì, in tale occasione, di sfruttare la circostanza per concordare con gli alleati, attraverso 1' Ufficio Propaganda, un efficace piano di intervento sulla base di quanto faceva il Wa~fare alleato per le proprie truppe. Il morale era, comunque, ancora alto: " ... la vita di soldato che sono costretto a condurre non è davvero un peso per me. Dapprima la odiavo, ma ora capisco la necessità di combattere ... ". Anche se in tale epoca incominciarono ad apparire segnali critici verso la gue1Ta, per la durata interminabile, per le continue perdite, per le distruzioni e per le rovine che si riscontravano sul territorio, per le fratture sociali e politiche che la gue1Ta generava: " ... allora non comprendevo lo stato di rovina in cui si era ridotta l'Italia e specialmente il Meridione ... ". " ... Vi sono ancora molti giovani che vengono uccisi inutilmente, (nella mia compagnia ne sono morti quattro). Che inutile macello ... " . E ancora: " ... È vero che hanno chiamato alle armi le classi dal 1914 al 1924? Sarò ben lieto di veder finalmente mobilitati molti miei amici i quali fin ora sono riusciti a rimanere fuori dall'Esercito. Parlo degli imboscati i quali oggi fanno gli oratori di piazza rendendosi propagandisti di tutti i partiti politid del Paese. Farebbe loro assai bene venire al fronte. Questi signori dovranno rendere conto dei loro improvvisi arricchimenti. Hanno 111
accumulato milioni speculando su d; noi, sui nostri morti e su chi muore al fronte ... Perciò coloro i quali non hanno sofferto gli orrori della guerra, e sono rimasti indietro ad accumulare denaro dovranno rinunciare ai loro festini, ai loro lussi, alla loro depravazione materiale e morale ... ". Pesava molto e deprimeva il morale la 1unga separazione dagli affetti familiari, la ferita più dolorosa: " ... Nonne posso più. È un. anno e mezzo che non vedo i miei.fìgli. Si parla di doveri, ma mai di diritti. Ho sempre fatto il mio dovere, ma devo vedere i miei bambini ... ". Sempre vivo risultava l'odio verso i tedeschi ( " ... ho veduto molti prigionieri tedeschi ... È una vera gioia il vedere questi cani arrabbiati ridotti così ... "), mentre aumentava l'ammirazione verso gli alleati . Anche se fu duro il giudizio sulle truppe dj colore alleate, temute e odiate, fossero esse i marocchini francesi o i negri americani : " .. . In un villaggio presso Roma ... dove erano accantonate truppe marocchine, più di 400 ragazze di famiglia sono state violentate da questi barbari... ". " ... Un soldato italiano si era bisticciato con un negro dell'esercito americano. Costui gh ruppe un bastone sul capo uccidendolo. Alcuni negri sono belve e non esseri uniani ... " . L'intensa propaganda politica che i partiti avevano avviato e conducevano all'interno delle Forze Armate, contrastata dai comandi militari con· continue sollecitazioni e disposizioni tendenti a tenere fuori i militari da11 'agone politico, preoccupava la 112
truppa, perché le beghe dei politici e gli scontri, anche fisici, degli iscritti ai partiti, sembravano destinati a minare la ricostruzione post-bellica: " .. .Non è con le dimostrazioni e la violenza che troverenio il benessere e la pace ... dovremo aumentare la nostra produzione e, per farlo, sarà necessario lavorare ... "; " ...Le responsabilità e la libertà sono per gli individui come per le Nazioni dei gravi oneri sui quali è diflìcile trattare. Sembra che il popolo preferisca una dittatura ... " ; " ... Il partito comunista qui è in piena azione; i suoi capi sono ... Praticamente sono tutti ex-fascisti e separatisti ai quali è stato prom.esso che non avranno disturbi a causa del loro passato politico purché questi si iscrivessero al partito. Povera Italia. Per che cosa combattiamo? ... ". Incominciarono a sorgere ti mori anche per un eventuale impiego di reparti italiani in estremo oriente, per la guerra contro il Giappone. Un timore non infondato, poiché i vertici politicomiJitari avevano studiato l'approntamento di un corpo di spedizione per l'oriente. L'atteggiamento di politici e governanti diventò, a novembre del '44, un fattore sempre più influente sul morale della truppa: " .. .A che serve combattere, lavorare, sacrificarsi come noi facciamo e siamo pronti a fare, se non si procede ad un po' cli repulisti speciabnente in Roma ? Sono tutti manigoldi, uomini senza coscienza, indegni di essere chiamati italiani .. . con tutti questi ciarlatani in giro appare
chiara una sola cosa: tutti combattono per i propri interessi ambiziosi e nessuno si cura veramente dell'Italia e delle sue ferite ... ". Uguale influenza negativa ebbero le disparità di trattamento economico tra quadri e truppa ed il comportamento dei superiori: " .... Gli ufficiali ed i sotti~fficiali hanno avuto aumento di assegni, i soldati nulla. Perché? Le nostre condizioni finanziarie sono tali da giustificare un aumento. Noi.facciamo ed abbiamo fatto il nostro dovere allo stesso modo che ufficiali e sottufficiali ... Sarebbe un bene aumentare la paga, ma sarebbe ancora meglio far sentire al soldato che si ha cura di lui ... ". Immutati restarono i sentimenti di odio per i tedeschi e di ammiJazione per gli alleati; sempre presente furono la malinconia, l'ansia e le preoccupazioni per i familiari. Gli iniziali segnali di crisi avvertiti a partire da ottobre, sj consolidarono nel mese di dicembre del 1944. Il morale dei militari fu annotato come generalmente basso, anche se era difficile fornire un quadro d'insieme preciso, come gli stessi organi della censura ebbero a dichiarare. L'inse1imento dei richiamati nelle unità al fronte fu uno dei motivi che influì negativamente sullo spirito dei mi1i tari: essi non avevano la "goliardia" dei p.iù giovani, erano depressi dalla realtà de11a cocente e ancora viva sconfitta, che avevano subito, come da11a rovina in atto della nazione, che avevano vissuto prim.a del richiamo. Avevano,
inoltre ed ovviamente, forte nostalgia dei propri cari e serie preoccupazioni per la loro sopravvivenza, per l' jnverno in arrivo, per il mercato nero, per gli interventi poco efficaci delle autorità it,ùiane. Anche se gli interventi di queste ultime erano oggettivamente difficili per il controllo che gli alleati avevano di tutte le attività amministrative, economiche e politiche del Paese. Le unità di nuova costituzione si mostravano apparentemente più agguerrite; difficile era però l'esame de11e lettere presso i Gruppi di Combattimento "Friulj" e "Cremona", poiché le due unità erano in rnqvimento verso il fronte e quindi la corrispondenza esaminata era scarsa; appariva . improntata, soprattutto, a sentimenti di attesa e di timori verso l'ignoto. Gli argomenti più trattati nelle lettere denotavano, inoltre, il sorgere di una pericolosa stanchezza per la guerra; mo1ti sollecitavano, infatti, ai familiari l'istruzione o la conclusione di pratiche per ottenere il congedo: " .. . Non dimenticate di inviarmi i documenti al più presto perché voglio il congedo ... "; " ... Vi prego di mandare i miei documenti al Ministero della guerra, affinché io possa andarmene prirna che ci si sposti da qui... "; " ... tra breve andremo al fronte ... vi prego quindi di procurarmi sollecitarn.ente i documenti affinché possa ottenere il congedo immediato ... " . È da sottolineare che si trattava di uomini del "Friuli" e del "Cremona", che per la maggior parte avevano già servito per cinque lunghi ann i la Patria in guerra. Erano pertanto stanchi delle 113
sofferenze patite, delle preoccupazioni per la propria sorte e per quella dei familiari, delJ'atteggiamento poco comprensivo e della scarsa assistenza deHe autorità centrali, delle atrocità e de11e rovine viste e causate dalla guerra. Segnali di cr.isi avvertiti al punto che a qualche censore alleato sembrò di cogliere in tale stanchezza anche stati di addebito agli anglo-americani, imprevedibili fino a quel momento: " ... i militari italiani sembrano avere, nei riguardi degli alleati, una certa sfiducia unita alla sensazione che il processo della liberazione dell'Italia si stia compiendo con troppa lentezza... ". Aumentavano, inoltre, i timori per lo sviluppo che avrebbe avuto la situazione politica nel dopoguerra, per la frenetica attività dei partiti e per le deprecabili previsioni di una " ... rivoluzione, o qualcosa di anche peggiore, una volta che gli alleati abbiano lasciato l'Italia ... ". Con la costituzione dei Gruppi di Combattimento, è da segnalare una novità nella stesura delle relazioni della censura. A partire dalla fine del 1944, infatti, le relazioni della censura, nella parte relativa al morale, furono ripartite in paragrafi intitolati Nuove formazioni (Gruppi di combattimento, Cremona, Friuli, Legnano, Folgore, e più tardi Piceno), e Vecchie unità (Divisioni Ausiliarie, Gruppi Salmerie). La ripartizione consentiva di differenziare il morale de11e truppe, in relazione alle unità in cui esse servivano, e quindi di di versificarne gli aspetti. Gli ultimi giorni del 1944 videro un
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repentino mutamento del morale in alcune nuove unità, dovuto forse alla sopraggiunta certezza del loro impiego. In questo periodo, al Cremona il morale risultò in genere buono, con pochi casi di depressione o di aspirazione al congedo (" ...ancora pretendono di niandarci al • madre un ' 1 " , " ... }io eh"iesto a nua .f-ronie... cert{fìcato che testifichi che sono figlio unico di madre vedova ... "). Ancora depresso, invece, risultò il morale presso il "Friuli". Il censore ebbe a rilevare che nel complesso le lettere esaminate " .. .sono lungi dall'esprimere sentimenti incoraggianti ... " . Ancora una volta incidevano molto sul morale, su11a disciplina e sulle tendenze alla diserzione, la stanchezza per la guerra, l'incertezza per la sorte dei familiari e la mancanza di licenze (" ... da quattro anni sono sotto le armi e ne ho abbastanza ... "; " ... sono comunque una persona onesta e attenderò ancora, ma ho dei doveri anche verso la mia famiglia che sento così fortemente da non poter rinunciare ad essi... "; " ... se non mi concedono una licenza, me la prenderò ugualmente, qualunque cosa accada ... ". Meglio andavano le cose presso il Legnano, in trasfe1imento in prima linea; poche le lettere spedite e censurate, ma esse rivelavano" ... uno spirito di schietto entusiasmo, che giustifica la speranza di trovare un morale elevato quando verrà esaminato il grosso della corrispondenza ... ". Identica era la situazione alla Folgore: " .. .fra poco saremo inviati al fronte.
Sono lieto di potere alfine compiere il mio dovere verso il mio Paese ... ".
Certamente elevato risultava il morale di alcune vecchie unità, come il 21 ° Gruppo Salnierie; presso le altre, il morale andava migliorando anche in vista dell'impiego dei Gruppi di Combattimento, ma forte era il malcontento per la sospensione delle licenze, per le privazioni e per la povertà dell'equipaggiamento (" ... il mio
presso quelle vecchie unità che nel mese precedente avevano espresso malcontento. L'atteggiamento politico dei soldati al fronte, che veniva costantemente e continuamente monitorato tramite le con-ispondenze, era univoco: nessuna partecipazione alla lotta politica finché durava la guen-a (" ... la politica deve essere lasciata da parte fino alla vittoria ... "), e disprezzo verso i
battaglione è costituito da ragazzi in gamba ma siamo tutti demoralizzati per via dell'equipaggiamento ... ").
politicanti di mestiere che solo a chiacchiere guardavano al bene della Patria (" ... è ora che ognuno comprenda
Talvolta suscitavano sospetti nei censori le forti somme che transitavano dal fronte verso il Paese con i vaglia postali (nel dicembre 1944 con solo 370 vaglia erano state inviate fl.298.330), proprio in momenti in cui la maggior parte dei soldati riteneva insufficiente la paga giornaliera. Indagini continue vennero condotte in merito, soprattutto presso le unità ausiliarie, ma soltanto in alcuni casi furono scoperti traffici illeciti di materiali e generi militari. U nuovo anno vide ancora una situazione incerta e variegata presso il Cremona; la volontà di combattere c'era, ma il caos esistente nel Paese era sempre causa di depressione (" ... ognuno si
L'inutilità delle parole e la necessità dei fatti. Questo dovrebbe essere compreso specialmente da chi.fa del patriottismo standosene in casa, occupandosi di politica ... ").
preoccupa esclusivamente dei propri scopi personali e di come conseguirli... "; " ... ciò che demoralizza è il fatto che il popolo dell'Italia liberata se ne infìschia della guerra e dei combattenti ... ").
Era cambiato e risultava invece generalmente elevato il morale presso gli altri Gruppi, e in via di miglioramento
Progressivamente, le relazioni segnalarono un costante andamento positivo del morale delle truppe dei Gruppi di Combattimento; entusiasmo, morale elevato, orgoglio di combattere per la liberazione della Patria, entusiastica fermezza, furono i termini più utilizzati dai censori nelle relazioni. Anche se non mancavano i consueti segnali di insofferenza e di malcontento, che erano causa di momenti di depressione. Era motivo di depressione il giudizio verso i disertori e gli imboscati, che eludevano il proprio dovere e non erano colpiti come avrebbero meritato; come le lamentele per la mancanza di licenze e per 1' àtteggiamento delle donne, sulla cui indifferenza veniva messo l'accento: " ... noi stiamo combattendo e siamo pieni di entusiasmo, ma credetemi 115
quando vediamo come ci trattano le nostre ragazze, come i disertori restano impuniti, come gli uomini non rispondono alla chiamata ecc. ci vuole molto attaccamento al dovere per non piantare tutto li ... ". Nei vecchi reparti era soprattutto la carenza di licenze a deprimere, soprattutto se operava nei confronti dei veterani che servivano la Patria in armi da anni e vivevano momenti particolarmente delicati: " .. . Feci vedere il certificato che provava la tua gravidanza e che tu avevi bisogno urgente di abiti. Non fu preso in considerazione e per poco non fui mandato in prigione. Dopo 7 anni di servizio dovremmo essere trattati . .. . " . meg l w Quanto alla politica, comparivano e persistevano pericolose affermazioni e desideri di separatismo in siciliani e sardi, mentre la maggioranza dei continentali riteneva tali atteggiamenti e pensieri separatisti intempestivi e dannosi pe r l'unità e per la ricostruzione della Patria. L'affermazione fra le masse popolari di alcuni partiti di sinistra, in particolare di quello comunista e socialista, e la crescita del partito democratico cristiano, facevano sempre più temere instabilità nel dopoguerra. La concessione del voto alle donne non fu in genere condivisa. Successivamente, all'inizio del]' offensiva di primavera, il concretizzarsi della speranza di libenu-e presto l'Italia settentrionale, la presumibile fine del conflitto, i successi 116
militari cui le unità italiane davano un contributo sempre maggiore, le continue migliorie nel trattamento, l'elevato spirito di corpo esistente, resero i soldati fieri cli combattere e spinsero il loro morale "alle stelle" (espressione del cen.rnr ship). I militari italiani incominciarono a definirsi combattenti della "Nuova Italia", e il loro obiettivo era quello di redimere la Patria dagli on-ori del passato: " .. . ora combattiamo per la giusta causa, per il nostro vero ideale e ogni sacrificio ci sembra piccolo. Non ho mai avuto nella mia vita uno scopo più bello .. . "; " .. stiamo aspettando unicamente il momento della grande avanzata .. . "; " .. .i soldati di questa Nuova Italia non devono perdersi in chiacchiere. Dobbiamo agire. Dobbiamo unirci in un unico grande sforzo per ricacciare i tedeschi e liberare i nostri fratelli del Nord... ". La fine della guerra vide in tutti i reparti un morale elevatissimo; sarà l'immediato dopoguerra, con tutti i problemi lasciati in sospeso e con quelli nuovi che sopravanzeranno, a imporre il cambio di rotta. Un cenno a parte merita la censura delle corrispondenze relativa alle truppe italiane impiegate all'estero, e le condizioni materiali e morali risultanti dalle lettere. La gran parte della corrispondenza proveniente dall'estero riguardò la Divisone "Garibaldi", operante nei Balcani, grazie soprattutto a qualche sporadico collegamento aereo. In genere, i militari italiani, controllati all'origine
strettamente dagli slavi, non davano notizie di carattere militare. Le prime lettere, quelle del periodo settembre-dicembre 1943, giunte ed esaminate in ritardo dagli organi di censura, descrivevano soprattutto il caos derivato dall' armistizio, la critica e drammatica situazione che venne a determinarsi in quei luoghi, le aspre difficoltà di sostentamento e l'impossibilità di curare malati e feriti. Con il normalizzarsi degli eventi, le lettere passarono a descrivere ]a disagiata vita in montagna, la penuria degli indumenti e dei ricoveri soprattutto, e della carta da scrivere di qualsiasi tipo. Progressivamente, nel 1944 il morale sub1 un graduale miglioramento. Attesi e applauditi erano gli aviolanci di rifornimenti e indumenti, organizzati dal Comando Supremo ed effettuati da aerei italiani. Poche le lamentele per l'alimentazione, sufficiente e basata essenzialmente su carne di pecora, latte e polenta, come i soldati scrivevano. Molto sentita, invece, era la mancanza di notizie degli avvenimenti nel Paese e della sorte dei familiari. Quanto alla guerra, quas.i tutti erano convinti della sconfitta dei tedeschi . Mostravano, inoltre, comprensione verso le difficoltà che incontravano e ansia, ovviamente, per il ritorno in Italia. Le invettive contro il fascismo ed il suo capo erano frequenti , e depresso il morale per il triste destino toccato alla Patria. Grande, inoltre, lo scoramento per la sorte toccata ai resti del1e Divisioni "Venezia" e "Taurinen se". Non mancavano
atteggiamenti fatalistici di rassegnazione, poiché molti, nonostante la speranza nella vittoria, si dicevano rassegnati a morire. Con il sopraggiungere dell'estate, le lamentele si spostarono sulla lentezza e 1' irregolarità del servizio postale; la nostalgia per la Patria e per le persone care era .il sentimento che più affliggeva i soldati della d.ivis.ione. In una brigata il morale risultò essere a terra per una epidemia di tifo. Le malattie e le ferite erano sempre gli eventi più temuti, per le deprecabili situazioni sanit,u-ie in cui i militari versavano e la carenza di ogni tipo di medicinali. I successi militari portarono in alto il morale nel 1945; ma le modalità imposte dagli slavi al rientro in Italia, e le continue, quanto spossanti e deludenti missioni di politi.ci - ricordiamo quelle del sottosegretario Palermo- per consentire il rientro in Italia dei militari trattenuti da Tito, molta influenza nefasta ebbero sui combattenti italiani all'estero. Non ebbero premi né riconoscenza morale gli uomini della "Garibaldi", né dagli iugoslavi né dai loro concittadini. l quali, al rientro del grosso della divisione a Bari, al di là delle manifestazioni ufficiali, non si astennero da insulti nell'accoglierli, come ebbe a testimoniarmi uno dei reduci. Negli stessi momenti, ai primi del 1945, le notizie che giungevano in Italia dalla Grecia, non furono confortanti; giravano infatti voci di eccidi compiuti dai greci nei confronti di militari italiani " ... che rimasero nelle mani dei banditi 117
dell'Elas dopo il 7112/44. L'ordinanza del ten.col. Novelli ha portato la notizia che quasi tutti gli ufj-ìciali italiani che erano nelle mani dei.fuori legge del partito popolare anti-italiano in Grecia, dopo quella data sono stati niassacrati... ". Dall'esame della corrispondenza, in definitiva, i reparti rimasti all'estero non ebbero vita facile, subirono pesantemente le prepotenze dei nuovi alleati con cui combattevano per la liberazione delle loro terre, vissero condizioni di vita fortemente disagevoli; e fino al rientro in Italia, furono presi da una lancimmte nostalgia unita ad una fatalistica rassegnazione. Eppure, nonostante tutti questi motivi che ebbero certamente peso deleterio sul morale, conservarono comunque un alto spirito combattivo. Ritornando al fronte Italia, è da annotare che anche per le truppe delle retrovie e dislocate nel territorio, lontane dalla zona di combattimento, si hanno pochi documenti della censura e stralci di lettere. È da aggiungere, inoltre, che il censore stilava le relazioni senza preoccuparsi di riportare cospicui brani di lettere, come accadeva invece per le truppe operanti, per cui i giudizi espressi non risultano suffragati da ricchezza di stralci epistolari dei militari. Le unità delle retrovie erano composte principalmente da compagnie lavoratori, battaglioni servizi, reparti salmerie, in definitiva truppe ausiliarie che avrebbero dovu to avere compiti logistici, sulla carta almeno. Poiché molte di esse, 118
come i reparti salmerie, furono portate sulla linea del fuoco. Le poche corrispondenze disponibili davano testimonianza di un morale generalmente più depresso de]le truppe al fronte; nonostante che parte dei militari delle retrovie fossero .i n pratica impiegati "a casa". Fino al maggio del 1944 la situazione restò invariata. Il morale risultava sempre fortemente depresso, fatta eccezione per qualche segnale di miglioramento, riscontrato in qualche lettera che annunciava la volontà di arruolamento volontario per il fronte. Presso i reparti territoriali insofferenza, stanchezza, indisciplina segnalati nelle lettere furono attribuiti a11o scarso interessan1ento de.i superiori, alle precarie condizioni di vita, alla durata estenuante del servizio militare, alla mancanza cli notizie delle famiglie lontane. Forti e numerose erano le lamentele per l'insufficienza del vitto, per la carenza di vestiario -in alcuni reparti era così rilevante da impedire ai militari di recarsi in libera uscita perché non avevano uniformi decenti-, per i magri ed insufficienti assegni giornalieri. Ancora numerosissime e generalizzate risultarono le lamentele per le paghe insufficienti ne1 successivo mese di giugno. Ad esse, si sommava il malcontento per le razioni viveri, scarse a confronto di quelle percepite dalle truppe in prima linea. Molti, ancora umiliati per la sconfitta e non impiegati in compiti operativi, consideravano inutile la permanenza a11e armi. Il patriottismo espresso in quei mesi dai
militari dislocati in zona cli operazioni, non trovava riscontro nei militari dei reparti territoriali. Gli unici sollevati apparivano que11i de11e classi anziane, consapevoli del prossimo congedo. Non vi furono grossi cambiamenti fino all'inverno del 1944. Difficile resta, ad ogni modo, fare un'analisi dettagliata del morale di questi soldati. In una rappresentazione figurata la situazione potrebbe essere definita "a macchia di leopardo". Infatti, in una stessa zona risu1tavano esserci reparti con il morale elevato, non solo tra le unità ausiliarie ma anche tra i reparti lavoratori, e reparti con il morale depresso: " .. . nonfa che piovere ed abbicano molto ji·eddo ... Ma io non mi perdo di coraggio. Ho sopportato molto e posso sopportare ancora ... ", scriveva un fante della 37/\ compagnia servizi del 10° Battaglione; al quale faceva verso opposto un altro fante di altra unità dello stesso battaglione: " ...sono 5 anni che vado errando di paese in paese e mi sembra tutto così inutile ... ". La situazione andò migliorando anche per le truppe impiegate nelle retrovie nella primavera del 1945; anche se alcune di esse, come le Divisioni di Sicurezza Interna, ebbero particolari compiti di ordine pubblico che influirono negativamente sul loro morale.
*** Più volte è stato sottolineato fimportanza che ebbe l'atteggiamento del fronte interno sul morale delle
truppe, attraverso le relazioni d.i Comandi e di ufficiali. Vediamo, direttamente, che cosa esso scriveva nelle lettere dirette ai soldati o in quelle che si scambiava nelle zone liberate. Le prime lettere spedite ai militari dal fronte interno non furono certamente incoraggianti. Come più volte accennato incitavano spesso alla diserzione: "Caro fratello ... i vostri compagni di altri posti sono scappati quasi tutti e non sono partiti più ... vedi come si mettono le cose e fai pure tu la scappata ... ". E non era un caso isolato, perché furono migliaia le lettere di tale tenore nel cor~o della guerra di liberazione, continuamente e sistematicamente annotate dalla censura delle corrispondenze, oltre che nelle relazioni sul morale de11e truppe. Le lettere non incitavano so1tanto alla diserzione, ma riportavano anche nere e disastrose annotazioni economiche, politiche, sociali. Fino ai primi del 1944 forti preoccupazioni destava la situazione economica generale, i danni della guerra, la disperazione per una pace che non veniva. Con la primavera, l'epoca di avvjo dei raccolti, ]'attività agricola generò forti proteste per 1'elevato costo della mano d'opera e l'assenza di interventi del Governo. Nel settore industriale veniva lamentata la mancanza di materie prime e di manufatti. Le retribuzioni di operai, impiegati e di quanti operavano nel settore del pubblico impiego erano da fame; in particolare in quest'ultimo le lamentele erano a11' origine da un lato di 119
violenti proteste e dall'altro di scarso impegno nel lavoro, scarso impegno motivato dalle misere retribuzioni : forse nasceva in quella epoca in una certa componente degli impiegati statali l'aberrante equazione poco salario = poco lavoro. Nelle lettere che parlavano della situazione economica, inoltre, erano feroci le invettive per le forti differenze fra salari e prezzi dei beni di prima necessità, e gli elevati fitti degli alloggi; le famiglie dei militari, in più, lamentavano l'esiguità dei sussidi che ricevevano, neanche con puntualità. Le condizioni in cui versavano i numerosi profughi, provenienti dalle zone occupate, erano descritte come pietose. Forti erano inoltre le preoccupazioni per la stabilità della lira, e per la mancata tutela de.i magri risparm.i fra quanti avevano qualche possibilità economica. L'unico fattore positivo che veniva rilevato nelle lettere era l'avanzata vittoriosa degli alleati, foriera di sollievo e di speranza. In diminuzione risultarono, nell'estate del 1944, le frasi riferite a ideologie e lotta politica; 1' interesse per la politica, al contrario di quanto avveniva nelle lettere dei soldati, segnava una battuta d'arresto nelle corrispondenze, quasi che il fronte interno non volesse più sentirne parlare. Diversificato era l'atteggiamento verso gli alleati. Gli americani erano in genere ben visti, anche se erano accusati di privilegiare "abbondanti libagioni", che causavano incidenti. Più ostili, fino 120
alla rissa e agli omicidi, erano i rapporti con inglesi e francesi . Una lettera da Contursi (Salerno), segnalava l'uccisione di un militare francese durante una rissa, scatenata da pesanti apprezzamenti nei confronti di alcune donne del paese. A Laviano, fu un civile a restare vittima di militari francesi, nell'inutile tentativo di "salvare l'onore della propria figlia". Sempre nell'estate del 1944, vi fu sollievo fra la popolazione per l'aumento della razione di pane giornaliera, portata a 300 grammi. Incominciò però a nascere e a diffondersi astio fra le classi sociali: contadini, impiegati e pensionati esprimevano con frequenza il loro rancore per commercianti e piccoli proprietari, categorie "dai facili guadagni" e senza scrupoli verso i meno fortunati, verso i quali talvolta assumevano atteggiamenti da biechi usurai. Accuse pesanti venivano dirette alle istituzioni dello Stato, che non difendevano i cittadini più deboli dalle speculazioni . Non mancarono forti lamentele contro la disoccupazione e la dilagante corruzione femminile. L'assenza dello Stato e la preoccupante situazione socio-economica fecero assumere al fronte interno un forte atteggiamento critico verso il governo e i partiti politici. Intanto esso osservava quei reparti 1avoratori con cui conviveva, e che rappresentavano una cattiva propaganda, perché erano umiliati da lavori di manovalanza, e apparivano malvestiti e malnutriti; c'era, in questo caso, una
reciproca influenza negativa fra militari e fronte interno. Altri fattori di depressione erano le visibili continue sofferenze degli impiegati, la pesante ed inutile defascistizzazione che colpiva i ceti medi impiegatizi, definiti gli "stracci", e non sembrava invece colpire chi aveva avuto maggiori responsabilità nel passato regime. Sempre più veemente diventava il fraseggio e l'odio verso l' inan-estabile incremento del mercato nero e degli "speculatori ignobili". Con l' avvicinarsi dell'inverno 19441945, tragica appariva anche ai militari la situazione del fronte interno nei territori che man mano veni vano liberati: " ... qui la gente va disperatamente in cerca delle proprie case e non trova che macerie ... ". Sorgevano, così, certe attenzioni verso la popolazione civile, testimoniate nelle corrispondenze dei militari: " ... Giriamo tutto il giorno con i nostri camion per andare su e giù a caricare viveri, vestiario e merci diverse da distribuire alla popolazione civile ... ". Colpiva in particolare il degrado morale della popolazione, tanto da far scrivere in t::ùuni casi apprezzamenti eccessivi e molto pesanti: " ... voi non potete vedere le tristi cose che vedo io. Confido nel senso comune degli italiani caduti nella maggiore miseria materiale e morale ... ". E ancora: " ... un popolo che non fa altro se non dedicarsi al mercato nero o offrire il triste spettacolo di padri che vendono Le.figlie, di mariti che prostituiscono le mogli, di fratelli
che fan da ruffiani alle sorelle ... " . Con quali effetti sulle truppe, è facile . . unmagmare. Forti nella gente, inoltre, erano le apprensioni per r inverno da affrontare e, ancora una volta e sempre, per il continuo espandersi ciel mercato nero. Marcata era la preoccupazione per le autorità civili che si costituivano, e per 1' atteggiamento .ipocrita e altalenante dei partiti politici -anche nel fronte .interno il più bersagliato sembrava essere quello comunista-, verso cui nessuna fiducia o speranza riponevano la massa dei cittadini. A Firenze veniva segnalata la presenza di un ex squadrista nella commissione di epurazione. Nella posta proveniente dalla Sicilia e dalla Sardegna preoccupanti erano i forti segnali cli pericolose idee separatiste e autonomiste. Nel fronte interno giravano anche deprimenti notizie provenienti da amici e parenti residenti nei territori occupati da.i nazi-fascisti, che puntualmente giungevano ai militari. Lettere provenienti da Treviso segnalavano i pesanti bombardamenti subiti dalla città; si diceva Massa evacuata e la popolazione inviata in Liguria ed in Emilia. Carrara risultava dichiarata città aperta, per i numerosi ospedali che vi erano dislocati. I rapporti fra fronte interno e militari continuarono ad essere pessimi nei primi mes.i del 1945; lo spettacolo che offrivano alle truppe quella parte di italiani mestatori, fannulloni, approfittatori, imboscati e disertori, che 121
in aggiunta deridevano ed offendevano quanti in uniforme stavano facendo il prop1io dovere, fecero temere il peggio: " .. .se la Folgore resterĂ a Roma per qutllche giorno in transito, temo che possa succedere qualche cosa. I marinai e i paracadutisti se vengono punzecchiati e chiamati "mercenari, schiavi e pazzi" possono reagire molto spiacevolmente ... ". Ai pessimi rapporti contribuivano anche ]e pesanti, usuali considerazioni contro le autoritĂ civili e politiche, sia per l'impotenza dimostrata nella lotta contro il mercato nero, sia per la latitanza in ogni tipo d'assistenza verso i cittadini e i familiaii dei combattenti. Rari furono i momenti d'incontro fra fonte interno e fronte di guerra: " ... abbiamo ricevuto un pacco dono
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per l'Epifania dall'Unione Italiana delle Donne. Conteneva un pacchetto di sigarette, della brillantina, .fichi secchi, ,nandorle, noci. Altri hanno ricevuto penne stilografiche, o rasoi automatici. In ogni modo siamo tutti molto contenti e finalmente sentiamo di avere qualcun.o che si occupa di noi e di non essere completamente abbandonati ... " . La lettera, come altre, era la testimonianza inoppugnabile di quanto l'attenzione del fronte interno fosse di estrema importanza per la truppe. Non occorrono altre annotazioni per completare la storia dei rapporti fra fronte interno e fronte di guerra durante la guerra di liberazione: dopo quanto è stato documentato, le considerazioni di massima sono possibili a tutti.
Alcune note per finire
Appare opportuno, in chiusura, dare una prima, veloce e non definì tiva lettura, degli argomenti trattati, in aggiunta alle considerazioni avanzate nei capitoli. Lettura che può essere fatta attraverso un approccio oggettivo e analitico dei documenti della propaganda, delle relazioni della censura e delle lettere esaminate. Quanto alla propaganda tra le truppe e alla sua efficacia, non mi resta che confermare quanto già detto in apertura e durante la narrazione: al momento è difficile valutare definitivamente ed esaurientemente l'efficacia o meno che essa ebbe sui militari, nel complesso periodo preso in esame. Si può soltanto, senza ombra di dubbio, affermare che non mancò l 'impegno negli organi centrali a svilupparla, ed attestare gli sforzi che essi fecero nel tentativo di adeguarla alla realtà e alle situazioni italiane e di sfuggire in qualche modo al rigido controllo degli alleati. Quel che prevalse nei piani di propaganda, per quanto attiene ai temi, fu soprattutto la salvaguardia della monarchia, quasi che essa fosse l'ultima ancora di salvezza della Patria e delle istituzioni, fattore coagulante, colJante di quella unità ed identità nazionale che sembravano smarrite dopo l'armistizio. Tema, quello della salvaguardia della
monarchia, sostenuto anche dagli alleati. Una curiosità, sempre a proposito dei piani di propaganda: manca, nella pianificazione generale, lo sviluppo della propaganda sulle truppe nemiche, limitata a poch.i volantini di inviti alla resa. Nella prima fase della guerra (1940-1943), essa era stata ampiamente sviluppata~ nella guerra di libe,razione fu quasi ignorata. Forse non si volle mettere in evidenza, sottolineare che il nemico, oltre al tedesco, era anche il fratello italiano: e cosa dirgli, in questo caso,') Passando al morale delle truppe, il vero obiettivo della propaganda militare, in sintesi esso fu generalmente poco elevato dal 1943 al 1945, nonostante sprazzi e momenti di auge soprattutto tra i soldati in zona di combattimento. A differenza di quanto era accaduto dal 1940 al 1943, i momenti di vittoria in battaglia non sempre coincidevano con il risorgere del morale delle truppe. Ricordiamo quanto accadde dopo i combattimenti di Monte Lungo, che pure furono il primo e forte segnale di riscossa dell'Esercito. In definitiva, il soldato italiano, dopo quattro-cinque anni di servizio in una guerra in gran parte non sentita, si dimostrava stanco, preoccupato della famiglia e della casa, della proprietà, 123
della professione o del lavoro che avrebbe dovuto riprendere al termine del conflitto; ma era anche preoccupato della sorte della Patria per cui stava combattendo. Egli aveva la sensazione, se non la consapevolezza di aver lottato per molto tempo inu tilmente; una sensazione che diventava troppe volte constatazione nei rapporti con il fronte interno, con i politici, quando non con i propri stessi capi. La conclusione cui giungeva il combattente era elementare come i suoi ragionamenti: riteneva, infatti, che tanti suoi sacrifici sarebbero diventati sterili, inutili, e che il paese sarebbe stato trascinato alla fine in un caos irreparabile. Spesso trascurato, e solo, nessun conforto trovava tra i molti civili, che egli liberava. I quali, in cambio, non dimostravano alcuna riconoscenza per il duro tributo che egli stava pagando per la libertà di tutti; fatta eccezione per il momentaneo applauso ricevuto dalla gente dei paesi che man mano venivano liberati durante l'avanzata, il soldato era circondato dall'indifferenza, quando non da atteggiamenti ostili. Gli entusiasmi fugaci delle popolazioni, più che sentiti riconoscimenti, gli apparivano come atti dovuti, verso di sé e verso quei valori per cui stava combattendo e che - riteneva- avrebbero dovuto invece essere patrimonio e credo di tutti, o quasi, almeno di quanti avevano sofferto i lutti e i dolori della guerra. Nei momenti di maggiore sconforto giunse alla conclusione che forse non valeva la pena di combattere per una 124
nazione che ad ogni passo mostrava miserie, egoismi e decadimento di ogni tipo, materiale e morale. AttTaversava inol tre altri momenti in cui era scoraggiato e demoralizzato anche per il disinteressamento e l'incomprensione dei propri superiori: disinteressamento per il proprio benessere, incomprensione per le tensioni affettive e le preoccupazioni verso i familiari, che lo tormentavano. A niente servivano, in questo caso, le riflessioni sulla completa dipendenza degli ital iani da11a "provvidenza" a11eata. Sentiva, ancora e con il passar del tempo, la necessità di riposarsi, ebbe malinconia e desiderava ritornare tra j propri cari, per combattere con loro la guerra quotidiana contro le privazioni, le sofferenze, il degrado morale e materiale. E maggiore fu la tentazione a lasciar perdere tutto, quanto era pervaso da tali sentimenti. Fu del tutto indifferente, nel periodo in cui era in armi, al futuro assetto istituzionale del Paese, anche se la politica in genere lo preoccupava e suscitava in lui forti timori per la conduzione della ricostruzione nel dopoguerra; ma essa era ritenuta degna mate1ia degli "spregevoli trafficoni politici e dei loro pasticci". La politica, in definitiva, rappresentava per i militari disgustoso "intricato gioco", "vergognosa ruberia", "cosa troppo sporca" per occuparsene. Così i soldati ne scrivevano nelle lettere. Era, insomma, una perdita di tempo, un sistema di corruzione, senza nessuna importanza al momento: il combattente,
fosse esso m.il itare o partigiano, sentiva gravare soltanto su1le proprie spalle il peso della liberazione e della ricostruzione. Appariva, in ultimo, del tutto indifferente al destino politico ultimo dell'Italia, dell'Europa, degli alleati e di tutto il mondo. Lo spirito de11e truppe, momentaneamente a11e stelle nella primavera del 1945, finĂŹ alle stalle a guerra ultimata: .il di.s.interesse della Nazione per tutti i sacrifici fatti, le
disparitĂ morali e materiali di trattamento che seguirono raffrontate con quelle concesse ai civili, una cattiva smobilitazione, le assoluzioni generalizzate di rei, di reati e di quanti erano venuti meno al proprio dovere, la necessitĂ di doversi difendere da accuse che spesso furono ingiustificate, avrebbero portato a quella spaccatura tra esercito e paese, e a quella crisi delle istituzioni militari, che per molti decenni avrebbe pesato sugli uomini in uniforme.
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PARTE SECONDA
Gli stru01enti della propaganda
.
Cartoline
La posta, durante la guerra di Liberazione -come in tutte le guerre-, continuò ad essere il vincolo sentimentale e spirituale più forte fra le truppe e le persone a loro care. Era stato anche, fino al 1943, uno dei mezzi molto utilizzato come veicolo della propaganda di regime, e militare, attraverso le vignette che illustravano le cartoline in franchigia. Una funz ione, quest'ultima, che continuò a essere esercitata a basso profilo fino a scomparire nel 1944-1945. La distribuzione di cartoline in franchigia "asettiche" servì soprattutto ad agevolare lo smistamento della corrispondenza, oltre a fornire la possibilità ai militari di corrispondere gratuitamente con parenti e amici. Ne furono distribu.iti e prodotti diversi tipi: ordinarie e speciali, definizione quest'ultima data per convenzione a cartoline in franchigia emesse in particolari occasioni. Dopo l' 8 settembre, per non interrompere il servizio di corrispondenza tra i militari e i familiari, già fortemente penalizzato dal servizio della censura, furono utilizzate inizialmente come cartoline in franchigia quelle già in circolazione, prodotte negli anni precedenti. Fu adoperata l'accortezza di coprire e cancellare con pennellate di inchiostro lo stemma sabaudo con il fascio, il fascio littorio e le roboanti frasi propagandistiche del Duce, come era già successo su alcuni tipi dopo il 25 luglio 1943, alla caduta del fascismo. Nel 1944 furono stampati nuovi tipi di cartoline in franchigia, molto semplici,
senza frasi propagandistiche e slogan, senza illustrazioni. Esse riportavano soltanto la dicitura "cartolina (o biglietto) postale per le forze armate", inscritta fra due esagoni, uno a sinistra con lo stemma sabaudo e 1' altro a destra, dove era riportata la frase "esente da tasse postali". Nel 1945 fu prodotto un mode11o ancora più semplice, riportante soltanto l'intestazione "cartolina postale per le forze armate", lo stemma sabaudo e la scritta "esente da tasse postali", senza però i due esagoni del precedente modello. Un ultimo tipo di cartolina in franchigia fu prodotto al termine del conflitto, ed era ancora più semplice, poiché riportava ]a dicitura "cartolina postale per ]e forze armate" e, nel riquadro del francobollo, la scritta "esente da tasse postali". A parti.re dal l O luglio 1944, oltre ai normali biglietti e cartoline in franchigia, ai militari dislocati in zona di operazioni la franchigia postale fu estesa a tutta la corrispondenza ordinaria. Incominciarono così a circolare in franchigia anche ]e cartoline militari illustrate. Queste però, come tutta la tipologia di corrispondenza ordinaria, per poter avere corso dovevano recare impresso il bollo del Chief Base Censor, l'unico idoneo ad attestare la provenienza dalla zona di operazione e quindi la franchigia. Furono inoltre proposti o prodotti, nel corso de11a guerra, alcuni tipi cli cartoline in fraiìchigia, definite speciali per convenzione. Il 25 settembre 1943, per venire incontro ai desideri dei mili tari si.cilian i, 131
rimasti numerosissimi in Puglia, di corrispondere con le proprie famiglie, il Comando Supremo propose alla Ivlissione Militare Anglo-Americana di distribuire loro settimanalmente una cartolina doppia (missiva e risposta). Non è stato possibile però rintracciare né la documentazione completa né esemplari di questo tipo di cartolina doppia, pertanto non è noto se la proposta sia stata accettata e la cartolina real izzata. In occasione della liberazione di Roma, invece, nel giugno del 1944 furono stampate decine di migliaia di cartoline contenenti un testo fisso come lisposta, che i mili tari al fronte, residenti a Roma e dintorni, poterono inviare ai loro congiunti nella Capitale. Furono recapitate e tornarono indietro con la risposta dei familiari circa 7 .000 cartoline. Nel successivo mese di luglio fu disposta una distribuzione straordinaria di cartoline speciali in franchigia ai militari che avevano parenti stretti nelle zone liberate di Livorno, Ancona e Firenze, perché fosse possibile uno scambio di notizie in attesa della piena funzionalità del servizio postale civile, come già avveniva a Roma. Le cartoline dovevano essere fatte affluire a Roma, all'Ufficio Assistenza e Propaganda dello Stato Maggiore R. Esercito, che ne avrebbe curato l'inoltro e il ritiro delle risposte dalle zone citate. Nel 1946 tutte le cartoline in franchigia furono tolte di corso, con l'abolizione dell'esenzione della tassa postale per i militari, anche se per molti 132
anni per tali tipi di corrispondenza fu mantenuta una speciale tariffa ridotta. Oltre alle cartoline in franchigia circo]arono durante la guerra di liberazione, come anticipato, anche cartoline militari i11ustrate, stampate dai reparti in linea, sulla scia delle tradizioni delle cartoline reggimentali, per illustrare le gesta delle unità. Ne furono però prodotti pochissimi esemplari, a partire soprattutto dalla fine del 1944. I motivi della penuria di cartoline militari illustrate, del tipo reggimentali, che pure erano state un fenomeno rilevante negli anni precedenti nelle tradizioni dei reparti, sono da ricercare principalmente nel fatto che le scarsissime possibilità finanziarie dei comandi non consentivano sperperi di nessun tipo, anche quando erano legati alle tradizioni e quindi con possibili riflessi positivi sul morale dei reparti. Alla mancanza di fondi, inoltre, si sommava una difficoltà pratica, dovuta alla cronica carenza di carta; le più grosse cartiere erano infatti ubicate nei territori occupati dai tedeschi, e la gestione delle scarse disponibilità di carta nei territori liberati era strettamente in mano all'amministrazione alleata. Non bisogna dimenticare inoltre che mancavano, almeno in apparenza, gesta da illustrare nelle vignette delle cartoline. Un malinteso senso prima di "colpa" e poi dj "pudore" derivato dalla sconfitta, dalla condizione di cobelligeranti, dall'impiego della massa dei militari in attività logistiche ritenute di secondaria importanza quando non umilianti, impedivano di vedere nella
loro realtà quegli episodi di valore che andavano costituendo le nuove tradizioni dell'esercito, come le reazione ai tedeschi dopo l' 8 settembre in Italia e all'estero, i combattimenti di Monte Lungo e Monte MaiTone, e in seguito le battaglie per la conquista di Alfonsine, di Case Grizzano, e mille altre. E tanti altri episod.i di minuta avventura, come i rifornimenti portati a dorso di mulo sulle primissime linee, lo stendimento di linee telefoniche sotto il fuoco dei tedeschi, l'apertura di varchi in campi minati e la bonifica di intere aree: tutte ordinarie ma eroiche quotidianità che non mancavano di richiedere continui sacrifici di vite umane, e che avrebbero ben figurato nelle vignette delle cartoline. La presa di coscienza di tanti e tali momenti di valore avverrà tardivamente alcuni decenni dopo -a partire dal trentennale degli eventi-, quando verranno rimossi non solo i sensi di colpa che grnvavano sull'istituzione militare, ma verrà riconosciuto il contributo - prima negato- delle forze armate alla guerra di liberazione e alla
resistenza; solo allora le nuove tradizioni verranno celebrate anche sulle cartoline militari, edite dai reparti eredi di quelli che avevano partecipato alla guerra di Liberazione. Non furono prodotte, dal 1943 al 1945, neanche cartoline di propaganda della gueITa, né quelli per i prestiti per la guerra, che in verità non furono neanche richiesti. Non ho trovato traccia di questi tipi di cartoline, né nei documenti né nelle numerose e ricche collezioni che ho consultato. È facile immaginare che i motivi enumerati per le cartoline reggimentali fossero ancora più validi ostacoli ali' allestimento di cartoline di propaganda. Né sembrava, in quegli anni, che fosse il caso di chiedere sacrifici attraverso i prestiti ad una popolazione che non riusciva, nella stragrande maggioranza, a procurarsi neanche il minimo per sopravvivere, o a mettere assieme almeno un pasto decente al giorno. Nel campo dei prestiti, sono da segnalare però quelle cartoline che, dopo il termine del conflitto, nel 1946 furono prodotte per il prestito definito "della ricostruzione".
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Cartolina del/ '87° reggimemo di.fàmeria. del Gruppo di Comba1time1110 "Friuli"
87° RGT.
FANTERIA
" FRIULI ,,
Cartolina-tesserino del Reggimento f anteria ~peciale, del Gruppo di Combattimento " Legnano"
Periodi d i appartenenza: AL 1° RAGGRUPPAMENTO MOTORIZZATO dal ···· · ···· -·········· al ... . .. . ...... . ...... .
AL CORPO ITALIANO DI LI BERAZI ONE dal ····•· .. --··. ·- ... . . al __.. ...... ........ .
REGGIMENTO FANTERIA SPECIALE " LEGNANO "
AL GRUPPO DI COMBATTIMENTO "LEGNAN O " dal . .. ... __ .... _. __.... . al . _.. ..... _.... . _ ..
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Cartolina conunemorativa del Gruppo di Combattimento, poi DiFisione di Fanteria "Cremona"
Cartolina co11u11en10rativa della Divisione "Granacieri di
Sardegna'', edita nel 1re11ie1111afe della difesa di Roma
135
Cartolina commemorativa del reggimento "Nembo '', del Gruppo di Comha!timen.to "Folgore"
Cartolina commemorativa della Di1 1isione "Friuli", erede del/'omo11imo Gruppo di Combattimento
136
Cartolina commemorativa del passaggio a Roma per ilfivnte (dicembre 1944) dei gruppi di wmba1time11to
Cartolina del Gruppo di Co111bauime11!0 '¡Man/O va"
137
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Biglietto postale in franchigia dei prim.i del 1943, con.frasi del Duce. utilizzalo dopo /'8 settembre
Audaci e tenaci.
attende ancoro più fulgide glorie. UMBERTO
Biglieuo postale in franchigia del ./944
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Cartolina inji-anchigia diretta a un prigioniero di guerm italiano
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Cartolina in franchigia del 1945
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Ultimo tipo di cartolina in.franchigia
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PRESTITO DELLARICOSTRVZIONE Cartolina della serie emessa per il prestito della ricosrruzio11e
142
Fotografie e cineinatografie
L'8 settembre 1943, il Servizio Fotocinematografico dello Stato Maggiore R. Esercito era costituito da un Cinereparto Speciale per la ripresa di fotografie e di film documentari dei fatti d' arme, da una Cinemateca che era inquadrata nell'Ufficio Addestramento e funzionava anche da centro di produzione dei filmati addestrativi, da un Laboratorio, da un Archivio del Servizio, e dai Nuclei cinematografici dislocati presso le unità operanti. A11 'atto dell'armistizio, il servizio si sciolse come tutti gli altri Enti militar.i. Le apparecchiature, le macchjne ed i materiali in dotazione alla Cinemateca, furono distri buiti tra il personale, con il fine di recuperare il tutto appena possibile o a guerra finita. A tale decisione pervennero il direttore della Cinemateca, tenente colonnello Guido Bagnani, ed il vicedirettore, maggiore Vittorio Zanotti, i quali preferirono tale soluzione a quella di abbandonare un cospicuo patrimonio in mano ai tedeschi. Il valore totale delle apparecchiature, infatti, si aggirava sui 18.000 euro (valore dell'epoca, milioni in valore odierno). Della sorte del personale e della cinemateca rimasta nell'Italia occupata dirò in seguito. Dopo l'armistizio fu avviata a Sud, nell'Italia lberata, tutta l'attività della propaganda; nel dicembre del 1943 l'Ufficio Assistenza e Propaganda dello Stato Maggiore R. Esercito si preoccupò di riorganizzare anche l'attivi tà cinematografica, provvedendo a recuperare i tre Nuclei cinematografici dislocati presso le truppe operanti della c.;
.
71' Armata, nell'Italia meridionale. Riordinati nel personale e riforniti di apparecchiature e materiale, i nuclei trovarono impiego prima nel Raggruppamento Motorizzato e poi nel Corpo Italiano di Liberazione. Uno dei tre nuclei era costituito da personale civile proveniente dall'Istituto LUCE (istituto che nel frattempo era stato trasferito nel nord Italia per ordine del governo repubblicano); nel 1944 esso fu sciolto per scarso rendimento e per irregolare attività amministrativa, ed il personale fu messo a disposizione del Sottosegretariato per la Stampa e le Informazioni. Intanto, con la liberazione cli Roma, a partire dal giugno 1944 l'Ufficio si adoperò anche per il recupero di parte del materiale del Cinereparto e de11a Cinemateca, che a11'8 settembre Bagnani e Zanotti avevano distribuito al personale per evitarne la perdita. Grazie alla collaborazione di informatori e dei carabinieri, furono recuperate 8 macchine fotografiche, 2 ingranditori fotografici, 14 macchine cinematografiche, 14 riflettori cinematografici, 10.000 metri di pellicola, 30 rollini per fo tografie. Un materiale preziosissimo, se si pensa che in pratica esso era inesistente sul mercato. Alla fine del 1944, da resoconti dell'attività svolta risultava che i nuclei operanti con il Raggruppamento Motorizzato e con il Corpo Italiano cli Liberazione avevano girato 3.000 metri di pellicola e fatto 350 riprese fotografiche. Gli episodi bellici filmati 145
furono opportunamente selezionati per la preparazione di un documentario che propagandasse 1' apporto delle unità italiane a11a 1otta per la liberazione. Il documentario restò fermo per mesi, in attesa del nulla osta degli alleati per la proiezione, che non giunse. Infatti, soltanto a fine guerra, il 12 giugno 1945, fu finalmente possibile proiettare un montaggio delle riprese effettuate dagli operatori militari dal 1944 al 1945; la proiezione fu fatta al fine di selezionare gli spezzoni più idonei da diffondere poi nel Paese. In q uell' occasione pochi furono gli spettatori; fra essi, le massime autorità politiche, militari, e civili. Soltanto nel successivo agosto, infine, un documentario intitolato "La guerra nostra" e allestito con gli spezzoni selezionati ebbe più largo pubblico - si fa per dire- nel personale del Ministero della Guerra. Era già incominciata, evidentemente, quell'azione che avrebbe portato all'oblio dell 'apporto dato dalle forze armate alla guerra di liberazione a alla resistenza, e pertanto non ebbe più seguito la preconizzata larga diffusione del documentario nel Paese. Ai primi del 1945, comunque, i nuc1e i erano stati definitivamente riordinati i.n JO e 2° nucleo cinematografico; furono assegnati, con il consenso degli angloamericani, ai Gruppi di Combattimento, il 1° al "Cremona'\ il 2° al "Friuli" e al "Legnano", ma per l'impiego restarono sotto il controllo dell'Ufficio Assistenza e Propaganda. I nuclei ebbero principalmente -e ovviamente- il compito di documentare l'apporto delle 146
truppe italiane a11a guerra di Liberazione, attraverso quei filmati che sarebbero poi finiti, dimenticati, nell'archivio del Servizio Pubblica Informazione del Gabinetto del Ministero della Difesa. Per completezza d'informazione, annoto - ne sono stato testimone direttoche essi sarebbero stati riesumati dall'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell ' Esercito nel trentennale della guerra di liberazione per la stampa di alcuni fotogramnù; e, successivamente, utilizzati dal Centro Cinefoto dello Stato Maggiore dell'Esercito per la realizzazione del film "Dov'era l'Esercito", che finalmente a distanza decenni documentava l'apporto dato dai militari alla gueITa di liberazione. Ritornando alla sorte subita dal Cinereparto Specia]e, dalla Cinematica, dal personale e da Bagnani e Zanotti, i due ufficiali, a seguito delle continue minacce rivolte anche ai familiari, e in serio pericolo per il bando di Rodolfo Graziani (emanato contro i militari che si erano dati alla macchia e che non si fossero presentati entro il 10 ottobre 1943 ), dovettero rispondere forzatamente al1' ordine di riprendere servizio. Lo fecero però con l'intento di sabotare ogni attività della cinemateca, che fu inquadrata nell'Ufficio Propaganda della Repubblica Sociale Italiana. Il movimento verso Nord del personale e delle apparecchiature si sarebbe dovuto effettuare entro il dicembre del I 943, come da ordini dati
dallo stesso Graziani. Opponendo difficoltà di ogni genere, Bagnani e Zanotti riuscirono a ritardare il trasferimento del servizio nel nord Italia fino al maggio del 1944, quando alla fine furono costretti a raggiungere la sede di Venezia. Nonostante le pressioni e le continue ispezioni, fino all'aprile del 1945 i due ufficiali non solo riuscirono a procrastinare 1' attività del servizio fotografico e cinematografico, ma utilizzarono addirittura le macchine fotografiche e gli automezzi in loro dotazione per favorire il movimento partigiano, cui avevano aderito e dal quale ricevettero a fine gue1Ta ampia attestazione del1' attività clandestina svolta. In definitiva, durante tutto il periodo di permanenza nella Laguna, essi non produssero né filmati addestrativi né propagandistici. Tali servizi furono affidati ed effettuati dal personale e dai mezzi dell'Istituto LUCE, trasferito, come detto, anche esso nel nord Italia. Il primo ciak Bagnani e Zanotti lo ordinarono per effettuare le riprese della liberazione di Venezia, il 28 ed il 29 aprile del 1945. Quanto all'attività cinematografica nell'Italia liberata, è da annotare che essa fu utilizzata anche ai fini de11o spettacolo; lo Stato Maggiore R. Esercito, nel quadro delle attività assistenziali svolte per il benessere dei soldati, organizzò un po' dappertutto proiezioni cinematografiche. L'Ufficio Stampa e Assistenza nel 1944 era infatti riuscito a recuperare 2 apparati cine "Balilla" (di cui uno dotato di gruppo elettrogeno, e
quindi in grado di fun zionare dove non era disponibile l'elettricità), ed un apparato cine-sonoro Siemens su rimorchio; grazie ad accordi con le ditte noleggiatrici di pellicole, fu possibile proiettare anche film allora appena confezionati o di edizione recente. In pochi mesi, furono effettuate 264 proiezioni presso i reparti; se si tiene conto delle difficoltà enormi di organizzazione degli spettacoli presso le truppe, a causa della scarsità degli apparecchi di proiezione esistenti, è possibile comprendere come il numero degli spettacoli stessi fosse soltanto apparentemente esiguo, se me?so a confronto con il potenziale degli spettatori possibili fruitori (30Q.OOO circa). Lo stesso approvvigionamento delle pellicole da proiettare ai militari non fu facile, prima degli accordi con i distributori, per motivi diversi. Il 24 settembre 1943 jJ Comando Supremo richiedeva al Capo deJla Missione Anglo-Americana film dj cui fosse disponibile la versione italiana; quelli in archivio, infatti, non erano ritenuti idonei per le proiezioni in quanto risentivano, nella maggioranza, di una roboante retorica e dell'orientamento politico del passato regime. Nonostante l'incremento delle proiezioni nel corso del 1944, grazie anche alle produzioni del cinema civile, non più legate ai pesanti condizionamenti del passato e in alcuni casi di ottima qualità, la richiesta dei filmati agli alleati continuò per tutto il conflitto. Essa era comunque e inoltre 147
sottoposta a rigide regole; doveva essere avanzata esclusivamente alle sezioni dell'Army Kinema Sections, non era possibile cambiare più di una pellicola a settimana, doveva essere garantita la compatibilità e la funzionalità degli apparati di proiezione in possesso degli italiani affinché il materiale non subisse danni. Si cercò di incrementare gli spettacoli, dove le truppe erano accantonate in numero adeguato, prendendo in affitto anche apparati da proiezione di proprietà di civili; quando ciò fu possibile, furono previsti due spettacoli settimanali. In alternativa o in sostituzione degli spettacoli cinematografici, non mancarono quelli di arte varia. Un complesso artistico, composto da 1 ufficiale e 28 sottufficiali e truppa, fu assegnato il 4 novembre 1944 alla 212/\ Divisione Ausiliaria, con l'avvertenza che esso, essendo composto essenzialmente da elementi lavoratori, "ogni tanto" avrebbe potuto esibirsi in rappresentazioni per militari italiani ed alleati. La storia della cinematografia militare della guerra di liberazione terminò il 31 marzo 1946, quando il servizio ed i nuclei cinematografici furono disciolti ed in loro sostituzione, il l O aprile successivo, fu costituito un Nucleo Cinematografico per Scuole Centrali Militari presso la Scuola Collegamenti
148
della Cecchignola in Roma. Ma anche questo ebbe vita breve, perché il 15 maggio 1947 venne sciolto. Chiudo con un'avvertenza. Di recente ho recuperato una copia del film "Dov'era l'Esercito", su nastro VHS, che nel quarantennale della Liberazione fu confezionato dal Centro Cinefoto con la consulenza dall'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito. L'ho trasferito su DVD, e consegnato all'Ufficio Storico, che ha avviato le procedure a1mninistrative per riprodurlo in alcune migliaia di copie, da allegare a questo vol ume - se potranno essere completati gli iter burocratici in tempoo da divulgare a parte. Il film è infatti una testimonianza preziosa su quanto i militari fecero a11'8 settembre con tro i tedeschi, nella successiva guerra ai fronti durante la campagna d ' Italia dal 1943 al 1945, e nella guerra partigiana: perché è montato con spezzoni del tempo, girati dagli operatori militari, ed è corredato da alcune interviste, testimonianze originali di quelli che furono tra i principali protagonisti delle reazioni ai tedeschi e della liberazione d'Italia. È quindi una documentazione insostituibile per rapprese ntare l'Esercito e la propaganda nella cinematografia. Per tale motivo non vengono presentati spezzoni in questo capitolo dedicato alla fotografia e alla cinematografia.
Militari italiani reagiscono all'agiressione tedesca dopo !'8 setrembre
Settembre 1943, difesa di Roma. Combauimenti a Piazzale Ostiense
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Combauimenti in Corsica contro i 1edeschi per la Liberazione del/.'isola, dopo l 'armistizio
Recupero di armi nascoste ai tedeschi, sel/embre 1943
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151
Presemazione di sbandati ai Centri di riordinamento
Bersaglieri del 1° Raggruppanu!l1to Motorizzato in addestrame1110 nelle Puglie, novembre / 943
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Ifa11ti del 1° Raggruppamento lvfoLorizzato fra le rocce di Montelungo, dicembre 1943
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Bombardiere alleato attacca postazioni tedesche fra Avezzano e Pescara
Compagnia lavoratori ripristina una linea.ferroviaria distrutta dai bombardamenti
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UnitĂ del "Nembo " in partenza per iljĂŹvnle, 1944
Paracadutisti del "Nembo" in Chieti liberata, 1944
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Salmeristi italiani in Valle di ;v/ezzo, 1944
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Combattim.emi per le. vie <.fl Fl I .otrrano (An cona)
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Soldati dei Gruppi di CombatLimento passano per Roma diretti al fronte, 1945
li presidente del Consiglio dei Ministri Bonomi e il ministro della Guerra Casati in visita ai soldati a/fronte
158
La Brigata "Cordini", inquadrala nel Cruvpo di Comba11imen10 " Cremona ", 1945
Pattuglia del ''Friuli" ad un guado durante l'offensiva di primavera del 1945
159
Lo Squadrone " F'' si imbarca a Rosignano, aprile 1945
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Portaferiti nella Valle del Senio, aprile 1945
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Tedeschi catturati dai militari italiani nell'offensiva di primavera 1945
Umberto di Savoia in visita ai comp/.ementi del "Piceno", 1945
161
Benessere del soldaro; disiribuzione viveri di conforto presso una camina mobile. 1945
Ausiliarie del C4F prestano assistenza presso fa Casa del Soldato di Roma
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Fallingbosrel, campo per internati militari italiani; alzabandiera il giomo de/l{I liberazione, 16 aprile 1945
Ex inrernaLi italiani allendono il rimpatrio al confine con la Germania
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Assistenza ai reduci dalla prigionia presso un Centro alloggio
Centro Alloggio di 1'vlilano. Reduci leggono affissi di familiari di dispersi in Russia
164
All'estero
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165
La M.O. VM. sottotenente Giuseppe Maras, comandante della Brigata "Italia" (secondo da destra a cavallo), primavera /945
Balcani. Partigiane iugoslave inquadrate nella Brif{ata ''/Vlaiella "
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Per non dimenticare
Colu11111:llo Giuseppe Corclero Lcuiza di ivlontezemolo
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Manifesti e volantini
Il manifesto era stato, nel corso della 2/\ guerra mondiale (1940-1943), uno degli strumenti di propaganda più efficaci e più utilizzato. Non fu così nel corso della guerra di Liberazione. Pochissimi, infatti, sono gli esemplari noti, in gran parte di produzione a11eata. I motivi della scarsa realizzazione di manifesti furono molteplici, e tutti concomitanti; principalmente, come per altri strumenti a stampa, le scarse disponibilità finanziarie, la mancanza di carta, la indisponibilità di tipografie idonee, la difficoltà d.i tradurre in immagini il nuovo "credo" per la liberazione della Patria che nessuno ascoltava; non ultimo, il severo controllo degli alleati che lesinavano sia i mezzi per realizzare manifesti sia le autorizzazioni, e che di fatto impedirono un uso ed una realizzazione massiccia di questo mezzo propagandistico. Né mancarono motivi di altra natura; i manifesti, artefici della guerra sui muri, si producono in genere quando uno Stato ha la guerra reale lontana, ai suoi confini o fuori cli essi, e servono soprattutto per alimentare la resistenza del fronte interno e per coagulare il consenso. Non fu il caso italiano negli anni dal 1943 al 1945: il fronte di combattimento era in continuo movimento all'interno dello stesso Stato, non ne era regista l'Italia, né vi era diffuso consenso, partecipazione del fronte interno da cementare ed alimentare. A tali motivi, se ne aggiunse l'ultimo che personal mente ritengo influente suJla povertà di produzione; il grande artefice, il gigante dei manifesti che
aveva espresso con efficacia la propaganda di guerra sui muri d'Italia, Gino Boccasi]e (ma anche Molino ed altri), dopo l' 8 settembre era passato alla Repubblica Sociale, e a Milano aveva continuato la sua attività di propagandista della guerra, con rappresentazioni di indubbia efficacia, anche se elaborate per la parte sbagliata. Non a caso, se la produzione di manifesti fu carente al Sud, nel Nord Italia continuò florida. Questa attività costò al Boccasile, al termine del conflitto, la bolla dell'infamia; per cui, pur continuando a lavorare come cartellonista pubblicitario, la sua arte fu oggetto di ostracismo e, alla sua morte avvenuta nel 1952, tutta la sua opera cadde nel d.irnenticatoio. Un vero peccato, perché molto ci sarebbe da imparare, ancore oggi e nonostante l'evoluzione degli strumenti e delle tecniche pubblicistiche e pubblicitarie, da11 ' immediatezza e dalla presa dei messagg.i che egli seppe comunicare con la forza della sua grafica e dei suoi slog,rn. Accadde, in definitiva, che i pochi manifesti affissi sui muri del Sud non furono di propaganda della guerra, ma bandi e ordinanze scritte, parole minacciose e intimidatorie. Non mancarono manifesti stampati dai partiti politici, per propagandare le proprie ideologie; furono in maggioranza quelli più visti e letti dagli italiani, ma esulano dal tema e andrebbero studiati per una storia politica della propaganda. La scarsità dei manifesti prodotti per la guerra di Liberazione trova facili 171
prove e riscontri nelle opere edite in commercio, curate da Petacco, Fraschetti, e altri, sui manifesti di guerra. La penuria di quelli pubblicati e affissi ne1 Regno del Sud è tale da essere fac ilmente sopravanzata dai manifesti che alcuni alleati, come i Polacchi, editarono per propagandare la loro partecipazione alla campagna d'Italia. In qualche caso furono i reparti italiani all'estero a pubblicare manifesti di propaganda, come fece la Divisione "Garibaldi", sul modello dei giornali murali pubblicati dalla 2/\ Armata nel 1942-1943. Diversa fu la situazione per i volantini di propaganda, di più facile realizzazione e strumento indispensabile, con la radio, per la propaganda nei territori occupati dai tedeschi. Essi vennero confezionati, infatti, proprio per essere lanciati e diffusi in quei territori. La guerra dei volantini era comunque già stata iniziata dagli a11eati, con massicci lanci aerei nell'Italia meridionale nell'agosto-settembre 1943, dopo l'invasione della Sicilia. Era infatti necessario preparare gli italiani ad abbandonare il camerata tedesco con cui aveva combattuto per tre anni ed instaurare, se non proprio una efficace co11aborazione, almeno uno stato di attesa senza ostilità per 1' arrivo di nuovi "amici di antica data". Gli angloamericani, infatti, non a caso fecero forza su richiami risorgimentali, e sempre non a caso propagandarono il loro arrivo per bocca di Garibaldi ("Ritornano i nostri amici"). Quel 172
Garibaldi che, ripetendo la storia nei panni degli anglo-americani, proprio partendo dalla Sicilia aveva liberato l'Italia meridionale - allora dai Borboni ora dai tedeschi-, per consegnarla ai Savoia. Dopo 1'armistizio, fin dai primissimi giorni le autorità politico-militari italiane sollecitarono in continuazione presso gli alleati la produzione e la diffusione di volantini. Una richiesta petulante ma necessaria, perché, come tutti gli strumenti di propaganda, anche la realizzazione di manifestini e di volantini era vincolata dall'autorizzazione degli angloamericani. Indispensabile era poi il loro contributo per la diffusione, cioè per il lancio dei volantini, che avveniva durante le incursioni aeree a11eate sui territori del centro e del nord Italia occupati dai tedeschi. Soltanto in poche occasioni furono disposte apposite missioni per l'av iolancio di manifestini e volantini, e ancora più rare furono quelle che videro impiegati nei lanci aerei e piloti italiani. Il primo volantino edito e diffuso dag1i alleati per conto degli italiani su tutto il territorio nazionale fu, ovviamente, quello che annunciava l'armistizio. In esso, si avvertiva che se la guerra a fianco della Germania era terminata, non era finita 1a guerra contro il "tedesco, l'eterno nemico". Contro il quale era possibile vendicarsi dell'oppressione subita; si invitava perciò gli italiani a cooperare con le armate alleate e a resistere con ogni forma di lotta contro il tiranno tedesco.
Un particolare invito veniva rivolto ai lavoratori dei trasporti, ferroviari, portuali e stradali, perché la vittoria sul campo di battaglia sarebbe stata di chi avesse vinto la battaglia dei trasporti . .È evidente, in questa fase, che la propaganda è tutta alleata. Gli altri volantini italiani, approntati nei giorni immediatamente successivi all'armistizio, dovettero invece affrontare la pericolosa campagna del tradimento, sostenuta da tedeschi e fascisti; per confutarla, fu necessario ribadire in continuazione la necessità dell'armistizio, della nuova alleanza, della continuità della lotta contro "l'eterno nemico" per la liberazione della Patria. Gli stessi temi affrontati per confutare la tesi del tradimento offrirono l'occasione per mettere in luce 1'iniquità del comportamento dai vecchi "camerati" tedeschi, per le violenze da essi commesse già quando erano alleati, per la ferocia che avevano spiegato contro i militari italiani, per le violenze e le stragi che continuamente mettevano in atto su11e popolazioni inermi, senza alcuna remora o freno morale. In pratica, i primi manifestini servivano a giustificare l'ineluttabilità di quanto era successo, nella considerazione che l'Italia non era più in grado di continuare una gue1Ta contro gli anglo-americani, né poteva più lottare al fianco ad un popolo che già durante l' a11eanza si era dimostrato il nemico di sempre, per il comportamento atTogante e violento tenuto sui vari fronti, specialmente durante la ritirata di Russia.
Non mancarono però manifestini, talora preparati dagli stessi alleati, che incitavano alla resistenza in quei territori dove unità dell'Esercito si stavano battendo contro i tedeschi, come in Sardegna. Furono preparati infatti dagli anglo-americani numerosi volantini per l'occasione, nei quali fu rivolto alle truppe dislocate nell'isola un caloroso invito, affinché ricacciassero in mare il nemico per la salvezza ed il futuro della Patria. Un invito per realizzare quanto era successo altrove, dove truppe italiane decise alla lotta si erano opposte con successo ai tedeschi, ne11a certezza che tutta l'Italia avrebbe appreso di poter contare sui propri soldati. Successivamente, la propaganda di manifestini e volantini fu rivolta alla necessità di mantenere e sostenere la resistenza contro l'invasore, per raggiungere quei valori di libertà "desiderati" dagli italiani, e perché la libertà del territorio nazionale non fosse soltanto un ''dono" ad opera di altri, ma un merito guadagnato. Si poneva l'accento sulle tradizioni risorgimentali e sul ruolo unitario giocato nell'indipendenza della Patria dai Savoia. E, sull'antico andante di "cittadini e soldati un esercito solo", si sollecitava la resistenza all'occupante e la lotta all'inv.asore in ogni forma, anche attraverso il boicottaggio nella produzione ed il sabotaggio, affidati agli impiegati e agli operai delJ'industria nel nord Italia. Un tema, quest'ultimo, particolarmente gradito e sviluppato anche dalla propaganda degli alleati. 173
Nonostante il massiccio impiego di volantini come strumento de11a propaganda, non si hanno molti dati e notizie sulla loro produzione; è difficile, infatti., in quegli esemplari raccolti a corredo di altri documenti in alcuni fondi d'archivio, trovare dati sugli autori, sulle direttive per la compilazione, sulla produzione, sui lanci eseguiti. Sappiamo soltanto, di certo, che essi furono in gran parte elaborati dall 'Uffi cio Propaganda de] Comando Supremo, tal volta dal Servizio Informazioni Militari, e dagli altri organi man mano preposti alle attività propagandistiche; ma non si hanno che scarse notizie sul numero di esemplari in cui venivano stampati, sui disegnatori delle vignette (quando c'erano), sulle tipografie che provvedevano alla stampa, sulle date dei lanci. Sappiamo, ad esempio, da alcune lettere di trasmissione dei testi. e dalle relati.ve richieste di autorizzazione, che i primi volantini italiani furono stampati a cura degli stessi alleati, dopo che essi li ebbero preventivamente visionati. Da altre comunicazioni, apprendiamo che alcune volte i lanci non furono possibili per le avverse condizioni atmosferiche; il 13 settembre 1943 un velivolo, che doveva effettuare lanci in Piemonte e in Lombardia, a causa delle pessime condizioni meteorologiche scaricò i manifestini contenenti il proclama di Badoglio agli italiani nella zona tra Rovigo e Ravenna. Un proclama, fra l'altro, che ancora non affrontava con chiarezza 1o stato di guerra esistente di fatto con i tedeschi. <..,;
174
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poiché invitava a rispondere "'cli pari modo" e con Ja "massima energia" ad ogni atto di imperio e cli violenza compiuto dai tedeschi. Né poteva essere altrimenti, visto che - giova ricordarloVittorio Emanuele III dichiarò guerra a11a Germania soltanto il 13 ottobre 1943. Altre poche considerazioni sono deducibili dal] ' analisi dei testi, per approfondire la storia di manifestini e volantini, anche se con notizie frammentarie e a volte addirittura imprecise. Ancora ad esempio, alcuni volantini custoditi nell' archivio cieli' Ufficio Storico tra le carte del Comando Supremo non sono di produzione italiana, come lasciano intendere e supporre, ma alleata, come appare chiaramente dall'analisi dei messaggi. In definitiva, nell'attuale fase delle ricerche e degli studi non è possibile ricostruirne in modo esauriente la storia. E, in alcuni casi, è veramente difficile stabilire se talun.i volantini furono ideati e prodotti dagli italiani o dagli alleati. Di questi ultimi ne proporrò una selezione, poiché sembra interessante far vedere come gli a]]eati tradussero il loro modo di fare propaganda su volantini e manifestini e poter cogliere anche le differenze di contenuti con i volantini italiani. A completare, infine, la carrellata e sempre con l'intento di mostrare le differenze, il lettore troverà anche alcuni esemplari di volantini de11a propaganda tedesca e della Repubblica Sociale Italiana.
Manifesti
Manifesto al.lesiĂšo dagli i1aliani e s1a111pato dagli alleati
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Man/f'esto allestito e d!fj-ĂŹ.iso dal Corpo di Spedizio,1e Polacco in occasione della battoglia di Cassino
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l-t1in \t-1 tt.n~
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Particolare di un man~festo edito dalla Divisione ''Garibaldi " nei Balcani
177
Manifestini e volantini itali ani
ARMISTIZIO Un armistizio è stato firmato dai debiti rappr esentanti del Gover no llaliano e dal Comanclanle in Capo delle Forze AUeate.
Questo armistizio segna la fine cli un'era vergognosa della storia italiana . La guerra cli Mussolini a [janco della Germania nazista e contro le democrazie é [rnaLmente terminata É stata creata la base necessaria per la ricostruzione di un 1 Italia libera e unita.
Ma la guerra contro la Germania non è finita. L'armistizio non apporta immediatamente la pace all 'ltalia per la sola ragione che in ltalin vi sono ancora truppe cli Hitler. Hitler tenta di rìtardare la disfatta iJJevitabile della Germania trasformando l1Italìa intera in un campo di battaglia. L'armistizio è una nuova e magnifica occasione per gli ·taliani, soldati e civili, di riconquistare le proprie libertà Jcelerando 1a cacciata dati 'Italia del
Volantino stampalo per l 'a111111ncio dell'annistiz.io
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PARLA IL VOSTRO RE Per il supremo bene della patria che è stato sempre il mie primo pensiero e lo scopo della mia vita, e nell'intento di evitare piÚ gravi sofferenze e maggiori sacrifizi, ho autorizzate la richiesta di armistizio. Per la salvezza della capitale e per potere pienamente assolvere i miei doveri di re, col governo e con le alte autorità militari mi sono trasferito in altro punto del sacro e libero suolo nazionale. Faccio sicuro affidamento su di voi per ogni evento come voi potete contare sino all'estremo sacrifi.zio sul vostro re. Che Idrlio assista l'Italia in quest'ora grave della sua storia.
Settembre 1943.
VITTORIO EMANUELE.
A111zun<;io d el/' armis1izio. farro dal Re
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L'ITALIA SI UN ISCE ALLA GUERRA QI LIBERAZIONE ANGLO-AMERICANA !..e
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d u• ,o!lrt.t®• D g•n•rllf• l!J. 1•.11how.,, ha DJ111unclolo do Alqerl la, roso dol GoY4l"IIO lta!ICJ'llo. l.'GJ:, JDializlo miUlaro a.ta ..atalo ricL ,to dal Go,omo ltcill<1t10 od oppro,ato daJ 9ovomJ dogli Stati Unili. d•llo G,on Brnto.,..,o <> doll1JnJon~ So-.Je MERCO LS.Dr IL -
jj<)Q.
Un'oro dopo U MarO<lcioJlo Dodo• glia ha an.nuai,ialo da Rnmo lo C<>D· dusiono dell'Arm.istix.io, & io ua.a dlchtorodoao lcmn<iJ., al pc,polo Ila• Uono ba dello :
• Lo lor.o ila.UCUJo
cCDJH.•ranno
I•
anllli ta· c:onlro le for,;o o glo-ome· rfca.no do'Yllilquo .si trovino. Tutta"Vio usa roaiBtaranno ad atfaech.f da qualsfnsl altro p,ovrwonso • GJOVEDr S. - Truppa brltao.olch•
od Gm><rìcano agll ord.inl dol gòn•· rato Marx Clar~ s bnrea.L.o i (oru o SaJorno. La radlo di Bodlno dJco, • '.ll ~ca.no malti lii dl aabo(ngglo c,ntro lo linae di comu..Jcaift>oci fodc.acbo o moltt a lU dì oatlU ta• con~ tro lo tr<,.>pc l~dòJJcbo do porlo dello truppa Italiano. , •
1/ENE!illr 10,
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Fon.o
cùloato prondono Il parfo di Tnra11to. Vloloa ti tcmbottimcnli uoao ir tonto lra ll'Uppo ltCI.IJoao o todoacbe noi Nord doli' l1olta
SABATO Il . - Lo mogg10, parto doll a grondo llotta. ìJallana. ooguoado I tormiru JaU' <VmUlll:uo o da.o do c,bJoro prova d i obbodlonzo al Bo. ro119iun90 gli. 'AJlooli a Molta. Fm qlìeato navi itollc.,11! ijl ttovnno I• co10:u:atc ltaJla, Vltrorio Vonelo. A.ad.No Dorla . • CaJo Duillo. o qlJ
IDc:rociotori Duca. doqU A bru.nl. Ghaoppe GarihnJdl, Duca cl" AOllta. Eugoolo dJ Sa•ola. Raimondo Mon· tnouccoll. o Lulql c~~<>rna. DOMENJCA
12.. -
L'Ottova. l\.r·
i:aalo dol gonoraJo Moalgomorv aTna10 alt,o 110 dillomolri o nord dJ 8"9'glo CaJobrin. Lo rosiJ,ton•o
dolio popolci.:.Jooc; contro , T~doschJ a_WDo.ntD !ti tutta Italia. Lo comu• nleaxloo.! lorrovìa.rv lodoocbo onao taglfc,1~ in mol!J pUDli dagli lla!lani.
SaJomo la Qniata An:n<ua coaJ10Uda le •u• tonto dl poni1> IDconi.ta.ndo accaWfa raa jalo:nsa.. Alltlì ooj Q_Q\"i trQ c:w Jo cor:oncua Giulio Co.saro od U parlaoroJ Gluaoppo Mixaglla. o,. rivODo o Ma.Ila I Todo•ch• <U>Dl.lJl· eia.no lo cot1u1a di Mw,aolln.L Vlo lontl comb<tllimoati i.to Lruppo ilaUono o 1cdoacbo in Pion1ontb. Q Torule ,,d e Milo.no LUNEO!
I~. -
A
MABTEDI U. - L' OttaTa Armo· la occupa Conasa. D porto adrlo· Ileo di Ragusa o to11uto dallo truppa llallono allo quali ai ooao uniti , pomoli fugoalavì no i comba u oro i Tod osdù. I Todoaob.i proodono il conlro!lo di Radio Roma nomo CD· pi to la. SungulDnso baltogli< o Dolg1odo od o Zogahrio dovo r Todoo• r:.bJ core=• dl dl.oarmare gU ho• lla.n.l.
MEB.COLE.Ol' IS. - .Ba_ri o' 1.n mnal alleato. L"Loala cl.I Capri ..ione ocoupo ta. l\ Tronto olfomllo lantJ ltallanl doll.t1a bo.tlaglla a.I Todo•· chi eh.o coreano dJ dleam:,arll
Manifestino co11 la sintesi degli a vvenimenti dal/ '8 al 22 settembre 1943
1.80
GlOVEDr 16. - L'OUa:vo kma• l0 C1Vonno o '!li cong,un90 coo lo Quinto Armata •ul lrooto dJ Sa. lomo. O Mnro~c1nllo Bodogllo ri• volgo do nadJo lzoJJw,o WlO H• condo aolonno dJch.ìazas!ono -u1 popolo lla.llnao ln aamo dol Re. l Tod oacb! alahilÙleono lo loggo mardole collo roqloo.! occupai• d.t loutrlono. l.o labbricbo vaaçÌon.o mo.ooe t.olto controllo todeof:o.
s,1-
VlrnE.BDf 17. llrionalt ,1• .,. conqulatolo dal lluu.l. SABATO 18. - AltoyìUo • .8nuJ.. pagll<> occupcrlo dagU Alloatl. [a. ohla o· occupala dogU llllootl. I Todoadù comiDda.no a roclulnre lavora.tori holinnl per Jo, !ahbricho tod<Wcho. VJolonl.l oomballimonli coo1..1nuo.no o avolgoraJ ce.i dintot.. 11.Ì di Boma lrn truppo llal\a.no a todoscbn. D Qua.rio Corpo d' Anna• la ltollono, inalomo a contb,olo dl ro.,oralori. al boUo c:ootro J Todor chi o od di Cuneo
OOME.N'ICA 19. - .Lo lor:o to· d c,schc nacua110 lo Sn,dO<]llO dopo oa«oro ttnto crllaccato dallo di· vialoal holla.no. l.q l•olo dl Procl· da. Voototoao. o Ponza. vo11g0no occupoto da91! IU!ootl. La Quiofa o l"Ollavo l\.rmnto. cn11L{a11aao a ricoveri) rin.lor.:.J od o "PiDgaral vorao Nopob.. la tosisto.nlia au.men~ to ool Bnlcnnl. L~ truppo ilolla.n• ~d i palrloll logoalovi cootralta.no gio pm d i 160 ch ilom&lr1 della coata. dolmara . LUNEDI' ZO, - Glo,.:i dot Collo • octupola dogli Alleati Spa.lnlo e·
..ald.amlJD.I• i.rtsta do.a. tnppa .... U<1Do c:h• rnplnvono m lii gli attchi 1eae•éhl. Olflclall dl coU~ mento O.llQlo,amo.ri c=I Il tTo• oro al qoorliu 11•a.uola d•I p a ~ U. I.ti Coralca. I• trup po l tnll <111• • palrloli &aoc•aJ c:ombatlrn,o coa.ia l Todoac:hl ac:acciall dallo S ardto,
guo. v.u...u 1tall an1. lo. co,:uarm6, le' col lol'111inl d•ll' annlalhlo 1:1%111aao o 11h m 9 en ID a.,.,-41 alieni!.
MAilTEDt li.
CammnDd,.
lrancul Lh<1n:<1110 ;,. Conica. ~ YeDgoao ol\llall d a CO!IUl><U>dae amedc.0.111 • d a !l>Jppo itollcma.. A;acdo 6 oc0Upal:a. Sul IJ.onle • So J~m..,. qH Adoah ccr 1paua €bo1L
La illole di Cola. Lrf04. • Sam., D\\11 Eaoa vengo.no proo davi! Allootl. GU aerodromi &l.tua ti q quo-alt, bolo vengono gia· uaa.ti d9 voU9ol! aJloo.t.l D Vo!io<U>o • . . . , condolo da lrupp~ lndHche. Sua SnDliln Pio lill tlilut.a di rlcn... 10 ud!oo: o U r1or. oOo K.o.u•ldug , O P001ollco dlchioro che la lruppo todo~ch.,. debb ono prime IOJlcio:ro Roma.
MEilCOLEDr :12. - J."Olla • o &.mola ocf!'~po Pa teJUa. l Tede.adii damollaco.ao U porlo • lo w.11ta.Ila,. aJon.i mill<ari di Napoli pr opa.r.,._ do;.i pcu l" o•ac:u,won.o Lo Toa.,.. no. le Marche gU Ab tunl • IV • brio,. ri:alangono Jr, ma.al llullan.e 1 0110 U Mru oaclaDo Ba doglio Nei Nord il 1ab0t.ag glo o la rul.toDM c 0olin111n1:10. S e vo n edlt6 dol Mo.rCJ1cicdl o Ro tnm oll 0011 olloogoa.• rt..wtato . Su tutti I lronll lr ''tia po, In lib•rcud011• cctlaiaa.
IL VOSTRO GOVERNO ORDINA E QUINDI ["OSTRO STRETTO DOVERE DI COMBATTERE, A FIANCO DEGLI ANGLO-AMERICANI CONTRO I TEDES0HI ed i pochi !asensati italiani - nou più dequi di questo nome c he si sono messi ai loro ordini; e di combatterli con qualsiasi mezzo , in o,.1JJi luogo e in qualunque momento si presentino.
RICORDATEVI che dovete vedere in oç1ni tedesco un nemico e che, sempre e dovunque, dovete trattarlo, senza complimenti, come tale. RICORUATEVI che lasciarsi disarmare è un delitto, e uri d e!il to che voi e le vostre [amigEe sconterete con anni di ser-. vagqio. RICORDATEVI che nomini risoluti, se ben qu;dati e ben
j ecisi, possono tenere tesi.a a forze assai superiori. RICORDATEVI che quando un popolo e Lruppe formano un blocco solo d'animi e d'armi, un solo fronte Pd una sola forza , ESSi S~f'T'l fl\l'VfNCTlJU.,J. RICORDATEV I che, contro repart~ µiù. consistenti, resla
alle nostre tru ppe e a 110 nostre popofazioni 1'~RMA ~E"P.RIBILE DELJLA GUEIUUGLIA : dr rsi aHa macchia, taqltare le comunicazioni, fare saltare i poni.i ed i depositi , gettarsi r1djosso ai mezzi ed agl 'uomini isolati. E sopratutto, non cedere, non rlic:.:animarsi tener duro . Oggi - a bbia telo bell presente l - RESISTERE NON SI· GNIFICA ALTRO CHE ESISTERE.
.
BADOGLIO.
lncitamemi alla lotta comro i tedeschi e alfa resis1.e11za, di Badoglio
181
LA PATRIA RISORG E RA .....
PIU VIVA CH E MAI n
M.o,cscbl!o B.odoglio, C2po del Governo lt.ol1Jno pronunc16 il 19 S~llcmbre un Jì,<ono ndiodiHu10
al popolo 1f,1h.ono. Rit enendo ncce1urlo
dire .olcune \lerll~
.oeli lblbn, . ,1 t.brc"bllo u
coli ,~\Jrcno :
• Ritt_rnso nccHurio dire .olcunc •cui~ 29li lt.oll,ni :
Dopo la conqu,u., dcli impero, I lt.tli> cd ,I suo popolo Jvcuno Ll.,o,o per un 1ecolo .>Imeno, per mtlrcre qul.'\fo imp<ro in complclJ f,,.• di produuone ln11cce, sebbene non rich1cHo d,i Tcde1ch1 Munolinl ceff o 11 pJesc ndla nuovo guerr,1 NON VOLUTA NE SEtnlTA DA ALCUr~O E NON VIVIFICATA DALL'ODIO CONTRO IL NUOVO NEMICO Il Plesc. ,;i, strcmJto d,1lle pr~cedcn~, gucrro: di Et.op,, e di Sp.ognao, si p,e,enlo Jll.3 nuovJ Js~oluU• mcntr ,mçrepuJto, ccn , esercito ancor.> .orm,1to con le .1rm1 dcll.t Juc,rr 15-18 e, con un.o dd,c1t:nn imprcJ:sioru.nte di ma terie prrm,, i<!n7:.t :tlcun.> ,;pcr.1n:..1 d, mifliorarc b ,,tui1.x,onc. mentre cr;.1 ,v1dcntet c:he .avr.;:mmo ~vu~o per ncmsct , p;i, ,jcchi e polcnl• dJh dd mondo..
In qucd1 tre .1nni di guérr.o I.o Ccrnunu e, h.> sempre con1idi,r.110 come un popolo inferiore , h.t 1.>!!lic&· ci.oto le, nostTe provinci~ .•nporlJndo mrrci di ogni i:~nere, h> rl!so ncce.-.uio per il p0polo 11>l1.1no un r,:•
glme ,1limcntJ,., 3UOIUl3mcntr in1ullic1entr, 1nfr11ore d, gr3n lung3 31 gcrm.1n1co lu controbu,to .11 dcp"1t· umtnlo Jell.1 n01tu ,,lut3 1pcndcnclo .1 piene m.on, nel no,tro P.:i c,e , h, iopr •tutto- voluto icmpre comJn• dare tulle Forst Arm.1te. L, JUCrtJ COmptUl .3 d.oll;, C~rm3nÌ.l , non
C st:ltJ Un3 gucrrJ di Jflt.110, m.l
e SUt.l tOltlnto UR.l CUCffJ
sr,man,u. DURANTE TRE ANNI DI GUERRA L ESERCITO ITALIANO E STATO DA BENITO MUSSOLINI, COMANDANTE IN CAPO DELLE FOPZE ARMATE , DISSEMINATO IN TUTTA L'EUROPA A DIFEN· DERE LA PROVENZA LA CROAZIA LA CRECIA , CRETA , ED E STATO INVIATO A COMBATTCRE IN
RUSSIA ..• Quale cr.1 '3 11tu3sione dc!l'lr.1li.o 41 25 Luglio uo,~o ? Tutt,• le colonie petdurc l'cl'rcito diucm1n3to ovunque, 13 m.1rin.1 Ja ,rucrr.o forte1t1cntc provola nel ,uvigllo sonile che e ìl piu importJnte ncll',1ttwlt gu;err,1 1, marin.o mcrc.onlilc quJSt d,struu.. ù .oerconautic.a quni 1n~111tente le m.1tcr1e pr,m~. forniteci d.1U3 Gcrm.>ni.1 , in diminux,onc , i nodi lcrro.,iart cd Interi quartieri dcllt- no~trc cil1.1 dutruth. , 11lornim,nti ,1limcn1.1n .:il 1ud impottibili le ,ndustric forte• tncntc mcrtom.11• dalle offCU' .scrcc: '3 sitiu,ionc, .11,mcnt.:i,c del P.1csc ~cmprc 111 pcJ!r.lor.omcnto, moli• ccnlln>l.t di miliardi di debito pubblico. nc1'un.1 rc ,1'c spc,.1nx.1 di viftoriJ. Ed in quc,u 1itu.srione viene nd insc,rittt il voto di sf,Jucia del m3~;1or org.Jno d,I plrhlo .>I 1uo ca pa, ed ,I Son.lno non pokv.1 che co~tìtuire. un nuo-.o governo .,enendo incontro .11 dcs1de11a di tutro ìl popolo.
11 n uovo governa. ne.Ile ,apra esposte condlsioni c!e.l Paese. nvev.:, l'obbllgq di rivedere lii po.firion• 1e nc,.ilc, pe n.o l.1 ich lavi lu e Li diuru:i:ione delb Nuione, E DOVEVA AVERE LA LIBERTA' DI DIC H IA• lARSI VINTO. Fu d ichi.arato l'arm i,tisio 1'8 Settembre.
aU
Le l!ondì :rlon l 1ona dure, ptrchc non d obbiamo dimenllc.1,e c he ilimo vinti, m.l conviene pred ure t1lun• cl.tu10le sono ;Ute.nu, tc d.slfi sviluppi ddl:I 1ltu uion 1.
Appello af/a lofla per il risorgimento della Patria (recto, segue verso)
182
chi
. (L brt.'.lt'llfO QllllLE UN IT.1' DFU,'ESPRClmGI N.:lN ',(,IENE ATTU·ÀTO, Gl:1 EQ_l:J IP/1.CCI NON SONO 'l'R',\TÌi~TI COMJ PRIÒIQNUIIU ' UNltl'A' dCCt/lJ,r NA·V-AM NOS-Tl:E OPER ANO Al NOSTRI' QRDrNI J,'\I .SC::ACCHlERI 01:.:rrRllMARE COL Gli>NSENliO Al!l1.~Mi0 . • CDnf, nuandi:I ncr •uo dl1mmo 11, M\uc1c:i11llo Bado.;lio aHcrmJ c.hc la reaxfo nt arm a ta d eg :i ltalmni all 1 lfJreu.'. on, ,:a rman:ohc di ogni ,cr.cre 1101ta ,ornpre più l' Italia su un p :ano di loll a spalla a spnlln con 111 f;.IJeafl; n cche l)On potrà non cont\lre alln condu•lon : ddlln p:ice n. n , re:rcndosi poi ol cosi detto « mondo ,p:r;tuoll:! gt ,rmnnico », di cui M usso:ini hn p J ilato nel suo
dlsco,ao del 18 Settcinbre, S, E. Blldoglio si e cosi cs ;> rc ,,o : • ... lo ed il popolo lt,1lla110. ccr1:l,iamo ,nvano t ra cce di que~lo mon do !pìoi tua b neg li om icidl r, ne lle r.1p :ne di ogni ;rc ncm? 1 compiute cont ro inermi ctittadinl in tù tt a 11:t li,, , n elle ruberie che I germanl e l •tnnno foccr,do in t·uUI I caiobti di contadin i. lo cc r ; hiomo inva n o ne l l! J~tJ·r.i c n t o dlsL:r.iJno fo tto ai noìliJ 1.old.1tl, spi:cialmcnté ,';lpinl in R1Jss;,, , N(LLA F uC ILAZIONE A i~l'1 UN C IA TA DA L GE N ERALE SENGl!R IN cor,src:A, DI 180 PRICIONI ERI IT/l,LIANI, se non verr a nn o res t it uit i 18 o r:g;o n :eri ledc schi , lo cora h ia~o invano eotlo1to mondo spirltua' c germ rn:co n eg li o; L,ggi pre< i d ol t, IJ rcs< iollo Rommel. contro tutti i d:r, Ui dolio ,::e nti. d, questo l.loae .« :allo R ~:nm e l ch o, seco ndo f::id io 13 e rl ino. d ovreb be essc,e il vendle-nPo:c de l trad im'Cnto itaii.:no e v e Ho i' q c.1!c in ve ce <.10 111:i nno vc-nd :c ;; ; ~i i cor.ib .1~:cnti d ACr ico, p orche è il p,:mo ,c,pon,a!:-lle di tul:e nos tre svcn ~ure :i fr;ca r.c. 11
:e
A eon clu rJone del suo discono. il M,i ros&iollo Ba dog lio, p nrlnn do a nomo de l Governo N n r iona:e lta· llano. hn sole nnem ente al·fermato que nto seg ue :
I• -
Il Sovrano e lo Sua Cosa sono l'es pon e nte d ~I Pop olo lt a lb n o e ra pprc~~ n!Jno run;t~ e l'e ternit à dalla nor tra Patrin .
·2 · -
Il Popolo ltoliaoo ho man:lcd;ito chbramenl·c i s uoi se ntim e n ti il 26 lug lio e non vuole '. più - ~3pe1n e • de l fa5c lsmo. rcpul)lic:;i no o m o n,, c lt ico e-h:: , ;l.
3' -
I.!E FORZE ARMATE HANNO PRESrATO G i U flAMEN TO t. L r.E E SOLO A L RE U B1l1DISCONO E UBlllDIRAl~NO: nessuno h., il d i, :tto eJ il po te , c di ~ciogi ic rc le For=c A rn,~re ,Jjl giura m.e nto pr~ talo.
4" -
Il Pcpn:o hnlìnno non h;i tr,1dilo il •edcsco. ma è sta to tr.Jd::o d;i l bi noni io F~scis rno-l1faxi,mo. E1rto non dimc·n tkhcrà: mot i s~crifi::i di u :ia g u erra inip os ~J c on n, e-::x i :tss.o:u ~l1mente inade guati, non voluta n e sentit a; ; con1adi11i e gli .ll.lp; n i n Dtr dim c r. t:cl,er~ r:n o le diecine di miglial.l dei loro migl:ori r:gli n,11nda t i a m cr:~ in P.uç ; iJ e n e l d ~;c:to ;i[ric ~n o c~clushr.:imcnlo por l' intcrlllsc germanico.
~
. • .6~ -
7• -
Il PopJ>lo Italiano non dimcnricherii mai le a ggressioni di ogni ge ne , c , gli arb itrii . !e :>•epoten:re germaniche di qut!1 le setti m ane ché hnnno ampiam en t e giuot ifi coto . n:i::i , e,J n e cc scaria, la rH· :a lo ne Italiana, ,e ohe approfondisci,no ,em pre p iù il sokd esis~c n te Ira i due popoli.
Più rapida 1nrii Ll cacciata dei tedesc.hl d .1ll' l~a lfo. più pr~sto avve rrii la no5tr11 libe ra:tione e la rl· presa della nostra vJta n.:u:ìonale.
I oombattenti clìe r it o rne., anno e che avranno an.cora più forti nell' animo i risentimenti per ciò c:hc hariJIO· soHer to, i cpnt.idini, gli adigian.ì cd i plcco'.i imp;agn ti che hanno ris e ntito e r lsen• tlta n:no pH1 di tutti hl .canaecuen:ae d'i ques,t11 gu arr:i, forge ranno, 10,·lo lo gultla di Cae Savoh1 • del Go~.,110 Na1ioJ1ale I l.uturi deJtirri della Patri.,, I.A PATR•IA Rl5Gì;CÈR'1ì' DA Q,UES'JlE ROVINE RIU' VIVA CHE MA I, SPIRrtUAl-ME NTE E MA• ifHJ~LMEN/JiE, 501::0 CMI 1:11. C::ONG.E>RDl'.A E LA liEDE .ANI MI NO TUITI Cli ITALIANI.
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Uno de i rarissimi docwne11ti con notizie sui manifestini. Segue recto e verso del mani/(!Stino allegato e aviola11ciato
184
SABOTATE IL TEDESCO I TE DESCH I, riti randosi di tron te à.Ue n o,,-i1 f' forze, tenterann0 di saccheggiare, bruciare, rnbare e distruggere r-ome )lW)uo fatto dappe1tutto nel!' Ualia meridionale. Os tacolateli con Oftni mP.7.7.1) a vostra di-
sposizione. Fate che
T ED ESC 1:-l I nvn oaenga.J.)O 1itorr:ù-
menti di viveri o d'alcun a!tru gen'!rn dcila vo.,na regione . Proteggete le vostre riserve d'acqua potabile. Ostacolate le comun.i::azionì tedesche in quest'area
RICORD A TEVI!
vitale. Mettete fnon uso le JinCf' elett1icbe. le gallerie, le strade ferrate,
pon1i -
l-i1tto ciò che serve ai
TEDESCHI. State io gua.rdia contro i TEDESCHI. P.1;.1el!' lwealla loro pazzia devastatrice.
P rcoteggeta le vo•tr• vita Alulal• I' Jt•lia nella lotla pe r la llberlà hrtpadlle ai tede•chl di dlatrugget:a Ricordata Nepoll
r Tf:'<le.sd:11, ritirando$i, sc.:n1i.ueraano ruine sNna economia. (lo inglese mina si dice "min<: ,, e si p.ronuacia ,, m:ì.-iQ ,._ Le s.eppellira noo 1ungo le slr.;_Je . nri campi. uellc.: c.t1>e, in luoghi pr{'vedibili e imprevedibili. Queste mme coslituiscono un pericolo per voi e per i vosm bambini, ed un os;lacolo ~r le sopr;avenienti t:ruppe lilli: ra lric1.
Per Ja voi."1.ra sit.ureua, e per affretta re i l g\orao cl~lla 1ib11ra'l.i()ne, os.servate co11 ç.ur;i. la eosi?:iooe, il tipo. e Ja g-ran.clezza delle mine semi.nate dai Tedeschi ne11a vostra
localiw., e imprime-tev<i qnes-1:i da~i orlla memoria o elen· c.t>leli per i.!;crit1o. Cercate di sapl·re quali paJ.azz-i sono stati minati.
All'avviciuocsi delle nostre 1orie, Cate il pm;sibile per L-ur giu ngere loro queste- iulormazioni.
li'acendo cio, a.l..lonraoen:te o.a pericofo da voi stessi e dalle vostre famiglie, affretterete l'avun11.aia delle nostre
-
le vostre -
trupp-e salverete dalla d \sln1iio.oe le
11oi.1J·e
case, accclererelC' i1 giorQO della libeni ione. I nostlri genleci possoi.i-o ~eoderc q1..1::.;;tc. mi:ne m11ocue in pot:.bl ,:oiuuti quando co-.noscono la po:fr7,iCilne. e. se p@!ìsibile, il ti.po. e la gra ndei11.a.
con cura!
185
Manifestini e volantini alleati
Quandtl il dominio tedesco e fasci.s ta sull 'I-talia sara • • a tern11ne giunto ......
L Fmidco\1> dctili Sll!ti Uniti, F . D.
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Roo•cnlt, ricc11ondo ì r.opprr.Sl!tltnDli .tld ln liheru alllW[lO ,un crfo~ne ..ilh Casa Dum1!!l di Woa.bing1ou i.I gioru o J l gjogno 1911 , ti:i aonnnciuto loro lo reee ,Jd ln f?11nrnii;.il'11~ ai Panu!IJ11,-fo ,u seguilo .cl Lotrtl>11r,i1'!1JMJ(o Mrc~ wndolto dn :ippnrcccl.i ,w glc , 1m cré,:nni·4:il! 'isola. 'Egli lu, nsgir,_µ_1 0_ cpQ ry•1t_::,l,_l__[!Ì• ,éiiir.i'i,1 Il_à,.'~r · cnio'Ot> opportuno pèr- rl 7'0lg~~i IÙ p:rpolo ii111inno, ot1:ro.Wl'6o In i;1~mpo • lo radìo.
TI l'>rt~i,fon!c <.lr..;li S11rli U11ìti ho de1to che gli ltnlian.i debbono rlconJor, i r,nme I presenti dfettl clellu è.nmpagno nnglo-umuricnnn conLro Il lo.o -paese r,io.oo µ risuholo pitrfct Lnmi:1m1 logico e inevito.bilo del eorao pcr$egaflo Ja A1nBEolìni negli ultimi anni. hl\Jsaolini bo bnrn l tnlD lo l!roprio pntri11 per mnr.zo tlì uo'nlll!lln~n militare ouo i tatJl!:!rhi , nuaoiuamlolo io un11 lolla d1rc11u od i.ogrnudire i.I eno pQ! crc peJ"ciODrue.
altra volto la ste,teo Prealdente Rootevah cbbo · a dciiuirti " ona puga.nlat.a nella achlaJ:1&-"
N aturnlml!Dle, il Pri:aid~ato ba proae{fuito, le Na t'icni u ui~e oggi ,ma bs.n.no eltr,1 acclhi, u rum q•.tel!a dl poacguiro !11 guorn ·coot,o il Gov~roo cJJ ~;,,,uc.lir.i u conlTD 11, fow.! armn;t~ di llfm'S.OJ\;11 1ìn:i, niL ,•j1 crln compla1.n. Ma a Ro~cvclt à .c.m~,:·ut·J -0otmo diehfo,J!ro, a. nomo d1 lult-., la Nazioni D o.ite, che ea:o c,oo:o d'1tCCDrdo .m '11.G fatto : qùi\ndo il domini o tede:!~ lltlll1Iul~ ~l).rÌl li,-iuolo ~ termino o qnuntlo O regimo {IW!Ì11:\4 w rù epannto via, O popolo italia1;10 pnb a~d aicor o cbo avrà lo 01111 libeytò d i a:cegÌie:t!!l quahinai. go.,erno ooo fll!cl&to o non nnz.ùta ob'i:b!IO preferir~ e-lnb illr11. Nntur almentll le Nnsioui Unite non poceona compier,, o.louoa ,uJooo in
propoaito, lino e e.be il fn:nci5mo 11011 l!ÙI sbbllttuto • , lcdelicbì non nl,banilotiioo i.I !Mritorio i1nlinno.
Lij Nwrioni UmLD, nelle parole di Rooe-cvdt, certnmL'lllc inteDdono - e spernno - che 11lteliJa ,le a2lioni cldl po1wlo itnlìnoo. Questa ~erie di vco~n ricostirnita nel suo cnrnttm-c di oo~ò"ae.. ripreoùentlo il 11t10 p ll!to di membro dillo g«:BtD in~t;p<m!nLUi ì, M ntn aoro-piulo dal regime fnmigl in europen ùelle no:.ion.i. pa,oullW di ?ll1m,nllni, il r~giruc w~cist.o, m,1 nomo dcll'lUllia, aw ex-n;,u rnpprc~enttUe in Egli hn c:1rncloeo dicendo eh.e, qnnndo ì t.eclceohl verita il popolo itnlinoo. il quitfo 1, in mng[!+cm10.zo Ewnnno · stati encefali fuori d'Itnlio e il foacismc, uo popol.o IUllllnU ddb rnce. !l'ala comr.:ì1;to aor:1 uhc1liLD, aohnnlo nllor:1 il buon ginfilzfo, il o:ppnrvo cliio.to 1mllll dfobiara:ciaru, iuùlao.i di au_JTrilmo buon giudizio del popo.lo 1mlinno ote1u111
Se.conda il Pre-tlileiHn,
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Propaganda pre armistizio: promesse agli italiani
186
lri ri\lel11rfl opcrtnmQnte aD'evid~m_a.
FUORI I TEDESCHI
\•
Grandi eser cfU american i, br itannici e canadesi s lanno sb arcando in var i punti, nel cuon dell'!tali a. L'arrivo di quesU es-ercìti, poderosamente armali, proLetU dall 'io· vincibile F orza Aerea Alleala e da Llftta la poLenza delle For _e Nav a li Med iterranee Alleate, offre a voi, Italiani, l' ulLima gra11dr o ccasione. FIANCHEGGIATI\ DALLA POTENZA DEGLI ALLSA· TI,
L'n..ALIA
HA ORA LA POSiIBILITA
DI
VENDICARS1
DELL'OPPRESSORE TEDESCO, e coEahorare alla cacciata de ll'eterno nemic.o dal suolo ila!Lano. Italiani, ecco i vestii ordini di lotta per ques ta lase dalla guerra per la liberazione deH'Europa : i. Ovunql.le sono torze Alleate, daLG loro la vostra cooperazione e obbedite esauaruenLe gli ordini del Go.m<mùante della zona. 2. Ovunque sono forze tedesche, non aiutaLele in a lcun moùo. Date prova della vostr.:i uwt.ii nazionale e delJa vostra volontà dl resistere, riiiutando ù1sciplioatamenle e unaniruemen t6 di ess ere complici d:el tiranno tedesco. SOLDATI : fate la voLra parte e ubbidite ai vostri uilìctali LAVORATORI : la voetra parle nella guerra è la u batta-glia dei lrasporli 11. Gbi vince la u b?Uagha dei trasporti II vince la guerra Lu quesla battaglia, il popolo italiano e in particolare i lavorator i dei trasporti (Ja,·oratori terrov1ari, lavoratori portuali, lavoratori stradali) possono avere ed avranno una parte decisiva. LAVORATORI FERP.OVIARI: non lasciate pru;sare un s-010 treno che trasporti lruppe o materiale tedesco. L AVORATORI POP.TU ALI ; non caricale nè scaricate una s ola nave cli truppe o maLeriale tedesco . LAVORATOPJ ST RA DALI : nell'area In cu.f lavor ate, impeclitE: il movimento cli qualsiasi auloLreno carico di truppe o mater iale
Ledesco. rr ALIAN I : g li Eserciti Anglo-Americani della Liber azion e, s ono sharcat.i nel cu or e dell'Ita li a. F ate un eroico storzo supremo ora , n ella prossima s e ttimana, che sar à una setUmana cruciale. Con una re1is tenza disciplina ta contro i T ades chi , p ote te paralizzare le Jh:ure di comunicazion e dell'invasore tedes co e contribuire alla
vittoria nella
I Nf"f Invito a tutti gli italiani alta lotta
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S O L D ATI ITALIANI r Continuate con fiducia. a
LOTTARE CON'FRO I TEDESCHI! Annuncìcutdo la ces.saxione deHe ostilità fra lé torse It aliane e que{le Ang1o-Americarre, il Maresda Uo BO'dog(io ha prodamato :
« LE FORZE ITALl:AN'E RESISTER.ANNO lN OGNI MODO AD OGNI ATTACCO DA QUAJ.SJASf ALTRA PROVENIENZA. »
SOLDA.Tl ITALIANI% In un messoggio indiri,:xoto al popolo Italiano, il Presidente Roosev-~Jt ed il Primo Ministro Churchill h(llnno detto : « LE ARMATE LIBERATRICI ALLEATF STANNO VENENDO IN VOSTRO AIUTO... COGLIETE OGNI OPPORTUNITA' PER COLPIRE I TEDESCHI DURAMENTE E NEL SEGNO». Le poderose for%e delle Naxroni Unite, dopo ,:aver seoccioto i Te.deschi daU' Africo e dallo Sicilia, éombattono oro O"I vostro fianco per scocciarli do tutta f'lfaHo.
SOLDATI ITAl..-li\l'WI ! Gli Italiani combattono conf F o i Tedeschi dappertutto con t-utti i mezzi a loro disposizione.
. SOLDATI ITALIANI IN SARDEGNA ! ~r la salvuza ed
n Juturt1.
den·1ta1ia
•
Ricacciate in mare i Tedeschi ! incitamenti a cacciare i tedeschi dalla Sardegna (recto, segue verso)
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Su tutti i fronti, dalla Russia allo Calabria, $VI terreno~ sul mMè, e n.ef cielo, j Tedeschi vacilla-no ed indietreggiano sotto i colpi irresis t ibili delle Noz:iol\i Unite. lh Calabria, l\elle P.ug lie, e nel Nopolet ano, le fors:e ormate delle Ncu ;ioni Unite attocca.no • con successo i Tedeschi. Dopo che oereoplani tedesc:hi hanno '1ffondato lo VO$• ~ corox~ata « Roma », la vostra flotta si è unita alle fors:e navali delle Nazioni Unite. Nei BaJcani, truppe Italiane e patrioti Jugoslavi ed Albanesi si battono validamente cont!'.O i Tedeschi.
...'\-.
SOLDATI l'l'::ALIANI ! ~
In ogni porte d'Italia, dal Piemonte alla Campania, gli Italiani combattono con ogni mezzo Ct>ntro i Tedeschi. ' Le fors-e tedesche che vi &1 oppongono sono lontane dalle toro be1si di rifornimento. fronre alla potenza aerea delle No,:loni Unite - di fronte alla voma determirto.:zione e fiducia di vincere, le truppe C-edesche non banno sperart%0. TUTTA L'IT ALl'.A SA Dt POTiR CON~ TARE SU 01 VOI. Tutti gli Italiani sonno che VOI IN SARDEGNA fate e fa-rete l'-1 voiha parte nello lotta contro i Tedesc;hif fino oll'inevitobjfe vittotio del!e fo;se dello giqsti:r:ìo e dello libertà.
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SOLDATI ITALIANI IN SARDEGNA ! Per la salvezza ed il Jutur" dell'l1alla
Ricacciate in mare i Tedeschi !
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I!. /vlcmifesti110 allestito dopo l 'occupazione del Sud Italia
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Invito alla cobelligeranza
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' DA SE FARA Allegoria della caccia.la di 1vfussolini
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Richiwni risorgimenlali 11efla propaganda alleata
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AVVISO
a la POPOLAZIONE CIVILE Qnesla regione è stata ora occupala dalle Forze Alleate. Si procederà al più presto possibile al ripristino delle condizioni di vita normale. Nel frattempo, restale sul posto dove siete, e [ate tutto il possibile di continuare le vostre occupazioni normali. Non ingombrate le strade, che debbono servire essenzialmente per il Traffico rtiilitare. I normali servizi per la manutenzione dell'Ordine Pubblico continueranno a funzionare sotto il controllo delle Forze Al· leale. I saccheggiatori ed i ladri verranno severamente puniti. Il Coprifuoco è in vigore dal crepuscolo fino all'alba. In queHe ore, nessuno può essere fuori di casa senza regolare autorizzazione delle Porze Alleate. Per tutto quello che ora manca , ùovete tentare di provvedere voi stessi, iu attesa dell 'istaurazione clell 'Anuninistra zione degli Affari Civili. Non dovete far perdere tempo agli Ufficiali e Soldati delle Forze Combattenti con domande e richieste alle quali non saranno in grado di rispondere. Fate tutlo il possibile per sgombrare pietre, rottami, ecc., e di riparare i danni causati dalla guerra. L'osservanza scrupulosa dei regolamenti elementari cl 'iyiene farà molto per impedire epidemie. Economizzate tutti i gent:ri alimentari, in attesa dell 'istaurazzione d'un sistema adeguato di razionamento. Dovete segualare all'ufficio dei Carabinieri, i nomi di quelle persone ferite o malate che hanno urgente bisogno cli medicamenti o di assistenza medica . Dovete aspettare l'arriv..J deyli Ufiiciali ùeyli Affari Civili, per informazioni sui Servizi Postali, sul pagamento delle Pensioni, su notizie dei parenti Prigionieri di Guerra, ecc., ecc. Comportatevi bene; cooperate colle Forze di Occupazione; e non avvete nuJla da temere. !Vlanifesti110 per la rute/a de/l'ordin e puhhlico nelle zone occupo/e dagli alleati
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Rappresentazione allegorica in un ma11if'es1ino al.leato: Hitler zittisce /.'Italia e soffoca Mussolini
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Volantini e manifestini tedeschi e italiani della R.S.I.
Allegoria del ve,v vincitore in Europa, secondo La propaganda tedesca
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Itinerario "turistico" alleato per occupare l'Italia, pmpa.ganda tedesca
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Un man(f'e:;tino dove prevale il gusto dell'orrido; su tale tema. tedeschi e repubblicani appronwrono una serie di volantini, di cattivo gusto e fino all'osceno
lltlta
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Stalllpe. Giornali riviste opuscoli
L'armistizio segnò la fine anche delle numerose riviste e giornali militari, che avevano avuto vita nel ventennio e durante la guen-a. Continuarono però le pubblicazioni delle più importanti testate nazionali. Pertanto, apparve subito indispensabile alle autorità politicomilitari italiane, rifugiatesi prima a Brindisi e poi stabilitesi a Lecce e a Bari, di poter controllare il quotidiano d'informazione più diffuso nel Sud ed in particolare in Puglia, la Gazzetta del J\,fezzogiorno.
La gazzetta doveva infatti assumete le vesti di voce ufficiosa del Governo Badoglio, come fu chiaramente scritto più tardi, nel dicembre 1943, quando non si ritenne opportuno dar vita ad un secondo giornale, di ispirazione governativa e di intonazione polemica contro la stampa avversa alle Forze Armate e al Governo. Una richiesta che era stata avanzata e sostenuta soprattutto dai vertici militari. In linea teorica gli italiani avevano il potere di controllo del giornale, poiché le leggi sulla stampa non erano mutate con la caduta del fascismo, e la pubblicaz.ione della Gazzetta era sottoposta all'autorità del prefetto di Bari e ,ùla censura -per gli aspetti militari- del Comando della Piazza Militare; e quindi, in definitiva, del ~overno italiano. Ma di fatto non fu così. E noto che alla sorveglianza del giornale furono addetti ufficiali inglesi, i quali operavano la censura degli articoli e il controllo da1la testata. Essi avevano tanta autorità che, ad esempio, il 27 settembre sequestrarono
la gazzetta destinata ai centri fuori Bari; non fecero in tempo a sequestrare il giornale in città soltanto perché ne era già avvenuta la distribuzione. Il pretesto per il sequestro fu un bando del re, pubblicato sul giornale e relativo alle amlire, che riportava l'incipit "Vittorio Emanuele III per grazia di Dio e volontà della Nazione Re d'Italia ed' Albania e Imperatore d'Etiopia ecc.", titoli di cui si fregiava ancora il monarca italiano, non graditi agli alleati. IJ generale Nicola Bellomo, allora ancora comandante della Piazza Militare di Bari, cl' accordo con il prefetto, ritenne opportuno non reiterare la richiesta di stampa del band.o, come era d'uso, per evitare ulteriori inconvenienti. Il 30 settembre Badoglio, in qualità di capo del Governo, emanò nuove disposizioni relative al giornale. Dal 4 ottobre, la direzione sarebbe stata affidata all'avvocato Marfuccini. Indicava anche quali sarebbero stati i "capisaldi" programmaticj: esaltare la ragion d'essere della monarchia, garante dell'unità nazionale; ravvivare gli intimi sentimenti del popolo italiano, ispirati all'etica cristiana e cattolica; diffondere e val o rizzare l'opera del governo nazionale, tesa alla liberazione dell'Italia ed alla ricostruzione morale, politica e materiale del Paese. Il Comando della Piazza di Bari avrebbe avuto sul giornale la sola sorveglianza derivata dalle leggi in vigore sulla censura; per il resto il direttòre avrebbe avuto piena libertà d'azione. La risposta alleata alle disposizioni di Badoglio non si fece attendere. Pochi 203
giorni dopo, i1 12 ottobre, in occasione della riunione per discutere il piano di propaganda proposto dal P.W.B., gli anglo-americani sottolinearono come la soe1ta del Marfuccini fosse stata fatta "aUa maniera fascista'\ perché l'avvocato non era giornalista di professione ed era stato coinvolto in conferenze propagandistiche durante il passato regime. Non gradivano neanche la presenza del cavaliere Pascazio, sostituito quale direttore dal Marfuccini ma rimasto vicedirettore della gazzetta, per le pubblicazioni da lui scritte in passato contro i britannici.. Nella "considerazione", però, che la nomina era stata indicata da pochi giorni, per salvare le apparenze, gli alleati concedevano che tramite accordi con il consiglio di amministrazione del giornale, presieduto dall'ammiraglio Bucci, essa fosse comunque sanzionata e che la questione della direzione del giornale fosse risolta in seguito. Gli anglo-americani, inoltre, non solo intendevano tenere sotto stretto contro11o la gazzetta, ma non consentivano alcun intervento sugli ruticoli, come quel1o intitolato "Libertà e lavoro", o una vignetta sottotitolata "La guerra è finita per questi italiani", pubblicati il 4 e 5 ottobre, entrambi 1itenuti dal generale Alisio, comandante della 7" Armata, lesivi per il Governo e offensivi per i militari; le proteste avanzate non servirono però a nulla, neanche a modeste rettifiche. In definitiva, i controllori alleati non permettevano, in nessun modo che gli italiani esercitassero alcun controllo sulla stampa ordinaria, anche se in 204
determinate circostanze salvavano le apparenze. A parte le polemiche per il contro11o della Gazzetta del Mezzogiorno, è da annotare che gli anglo-americani stampavano a Napoli, sotto la loro direzione, un foglio, Il Risorgimento, diffuso nel meridione; vi era addetto il capitano Barney. Preoccupati da tali forti ingerenze, nello stesso ottobre del 1943, gli organi addetti alla stampa e alla propaganda incominciarono a studiare e ad esaminare quali possibilità vi fossero, al momento della liberazione della Capitale, di editare un giornale che sfuggisse all'imbarazzante controllo degli alleati. Meraviglia, in tale contesto, come il Commissariato per le Informazioni, che per pochi giorni aveva preso il posto dell'Ufficio Stampa e Propaganda, riuscisse il 19 novembre a costituire 1' agenzia per la stampa ltalstefani, voce "ufficiosa" del governo, presso la quale dovevano essere accentrati tutti i comunicati da diramare alla stampa e alla radio. Severi nel tenere alla mano la stampa quotidiana, pubblica e più o meno "uffici.ale", ovvero que11a che era almeno parvenza d'espressione dell'Italia governata dal Regno del Sud. gli alleati si mostravano molto più distratti verso i giornali di natura politica o dei partiti . Sintomatico il caso delle testate Civiltà Proletaria, comunista, e Libera Italia, libera]e. Il 19 settembre del 1943 l'Ufficio Stampa e Propaganda del Comando Supremo, nel segnalare al Governo la
pubbHcaz.ione dei due giornalj, ufficialmente "clandestina", suggeriva allo stesso tempo però come non fosse il caso di applicare nei loro confronti le leggi sulla stampa, che prevedevano la chiusura delle due testate. Una politica repressiva, infatti, sarebbe stata più dannosa che fruttuosa, inattuabile oltre che inapplicabile e inopportuna, perché - scriveva l'Ufficio- " ... inattuabile perché tali pubblicazioni clandestine hanno sicuramente l'appoggio delle autorità anglo-americane e misure di rigore -come già è avvenuto- trovano ostacoli nei loro organi di controllo e di polizia; inopportuna perché gli interessati trovano argomenti .,peciosi ma efficaci per ribadire l'affermazione che la libertà è soltanto teorica, e che dietro le prmnesse si cela un regime autoritario che praticamente soffoca ogni libera voce ... ". Se lucida era l'analisi, approssimate e ingenue sembravano le conclusioni. Infatti Reisoli, a capo de11 'Ufficio, suggeriva di consentire la pubblicazione dei fogli, nella speranza di poterli controllare e manovrare; a tal.i considerazioni, un'annotazione anonima aggiungeva il suggerimento di "stimolare" la nascita cli giornali monarchici e cattolici, con quali prospettive di fattibilità e di concreta attuazione non si capisce. A fine ottobre, comunque, considerata la perjcolosità, l' impossjbilità e l' inutilità di reprimere la stampa politica, una circolare dell'ufficio Stampa e Propaganda avvertiva che il Capo de] Governo aveva deciso di ripristinare una
de11e libertà essenziali di un popolo civile: quella di stampa. Pertanto, i partiti politici potevano liberamente pubblicare i loro giornali e liberamente propagandare il loro credo. Il controllo dei giornali non era, d'altronde, un problema di natura ideologica o una questione di "1ana caprina". Era incominciata infattj, sulla stampa, la ridda di accuse sulle responsabilità che avevano portato al fascismo, ad una guerra disastrosa, a una sconfitta umiliante. Ed era stata avviata la caccia alle streghe, o meglio la ricerca di teste su cui far ricadere quelle responsabilità: che, non a caso., venivano individuate soprattutto in quei vertici militari che avevano avuto incarichi operativi e politici. Tutto questo, nonostante le autorità militari fossero state le uniche, fra tutte le istituzioni dello Stato, a istituire commissioni di epurazioni per quanti in divisa si erano compromessi - al di là delle leggi- con il fascismo. Contro tali campagne, condotte da testate politicizzate e non, ogni intervento si sarebbe dimostrato inutile, nonostante le forti proteste che da più parti si levavano. Il generale Camilla Mercalli, comandante del XXXI Corpo d'Armata in Calabria, pur avendo avviato una severa opera di epurazione nel territorio di sua competenza, indicava con rabbia al Prefetto di Reggio il 3 dicembre 1943 come il giornale Calabria Libera non facesse altro che gettare in merito discredito sull'esercito che, scriveva Mercalli, " .. . è e rimane il presidio più saldo della Nazione, la 205
quale da esso solo attende la sua libertà ed il suo riscatto, e non certo dalle aberrazioni demagogiche di pubblicisti... ". Ma non otteneva alcuna soddisfazione per le sue proteste. Non erano molto favorevoli ai soldati italiani neanche le testate estere; il 20 dicembre il Tirne pubblicò un articolo dissacrante del primo combattimento di Nlontelungo, ironizzando anche sulla frase "Roma o morte", scritta sui vagoni ferrovi,ui e sugli autobus dai soldati diretti verso il fronte. Le feroci polemiche sulla stampa rischiavano anche di creare profonde spaccature, insanabili, nella società italiana. Tanto da far scrivere ne] luglio 1944 al Risorgimento Liberale, che " ... i liberali sentono profondamente l'ingiustizia delle distinzioni. Nella lotta comune non si possono provocare.fatture ./i-a una parte e l'altra dei cittadini... ". Il controllo della stampa era quindi affare serio, e non solo per le ripercussioni che essa aveva su11'opinione pubblica o per la sicurezza militare; riviste e giornali non erano letti soltanto dai civili, ma raggiungevano anche gli italiani dei territori occupati e i soldati delle retrovie. A partire dal 26 ottobre, infatti, furono organizzati due volte a settimana aviolanci di apposite edizioni della Gazzetta del J\!lezzogiorn.o, lungo la linea adriatica e sulle principali città del nord ltalia, perché fossa diffusa anche nei territori occupati la voce della "libera stampa". Inoltre, appena fu organizzato il servizio di assistenza e benessere per le truppe italiane, una delle prime 206
preoccupazioni fu quella di distribuire quotidiani e periodici, per tacitare almeno in parte la fame di notizie che i militari avevano. Con l'Italia spaccata in due, in cui una considerevole parte della forza alle armi non aveva notizie degli avvenimenti che gravavano sulle proprie città e sui propri cari, i giornali erano uno strumento d'informazione quanto mai desiderato, alla paii della radio. La distribuzione diventò così rilevante che, alla fine del 1944, il numero delle copie dei giornali distribuiti si aggirò sulle 120.000 mensili. Una q uan tità considerevole, sufficiente a raggiungere i potenziali 300.000 lettori circa in uniforme. Inoltre, opportuni accordi con le redazioni dei giornali consentirono di far giungere repentinamente i quotidiani anche ai reparti più lontani dalle sedi delle testate, in modo che fosse preservata con sufficienza l'attualità della notizia. Le unità operanti furono però escluse dalla distribuzione di certi quotidiani, per il divieto imposto dagli alleati -divieto in atto anche per le loro truppe- di inviare giornali contenenti notizie di carattere politico. L'interesse e l'importanza assunta dalla stampa, nei territori liberati e fra le truppe, rese primaria un'altra esigenza, oltre que11a del controllo: la necessità di produrre appositi giornali per i militari, come era sempre successo, in guen-a e in pace. E, in particolare per i soldati in prima linea, esclusi dalla distribuzione di alcuni giornali. Il primo foglio periodico fu La Riscossa, pubblicato a Lecce il 12 ottobre 1943 dal Comando 47°
reggimento artiglieria. Ebbe vita breve, poiché ne uscì soltanto un secondo numero, già in macchina quando il Comando della 7/\ Armata ordinò la cessazione della pubblicazione. Non a caso. La stessa 7/\ Armata, infatti, a partire dal 4 novembre avviò la stampa di un settimanale, Italia, con molti richiami a1la grande guerra. Riportava, in apertura, il bollettino della vittoria, all'interno ricordi storici vari e, in ultima pagina, in evidenza, un incitamento di Vittorio Emanuele III: "Riprendete la
marcia interrotta a Vittorio Veneto e sarete degni delle vostre gloriose tradizioni". Il settimanale fu in seguito edito a cura dell'Ufficio Stampa del Ministero della Guerra e sottotitolato "Settimanale dell'Esercito". Alla fine del 1943 (altre fonti indicano febbraio ciel 1944) fu il 67° reggimento fanteria del 1° raggruppamento Motorizzato ad avere un proprio settimanale, dal titolo L'allegro motorizzato, confezionato in forma molto rudimentale, scritto a macchina e riprodotto al ciclostile. Fu il primo, autentico giornale "di trincea" della gue1Ta di liberazione, scritto dai soldati e per i soldati . Nel mese di marzo del 1944 il comandante del 408° reggimento fanteria propose all'Ispettorato della Manovalanza la pubblicazione di un giornale quindicinale per i soldati, con una tiratura di I 000 copie mensili, contenente un articolo di fondo , comunicazioni varie, circolari e decreti di interesse dei militari e de11e loro
famiglie, rubriche con articoli umoristici, barzellette ecc .. Il periodico doveva essere compilato e curato dai militari, previa opportuna revisione e censura degli articoli. La proposta fu respinta soprattutto per la mancanza di carta, un problema che afflisse la stampa di ogni tipo per tutta la durata della guerra. A fine anno riprese le pubblicazioni quella che era stata la rivista più prestigiosa dell'istituzione militare, la Rivista Militare, con gli obiettivi formativi e informativi di sempre: divulgare gli orientamenti del pensiero militare scaturiti dalla guerra, diffondere la conoscenza di quanto avven,iva nel campo militare in Italia e all'estero. Nei limiti della correttezza disciplinare, veniva '-'2:arantita la massima libertà di pensiero. Fu comunque il 1945 a vedere una mini fioritura di testate militari e di "trincea", dovuta in parte alla cronica carenza di giornali d'informazione confezionati per i soldati, in retrovia e al fronte. Non mancarono iniziative e tentativi 1ungimiranti; a Firenze il maggiore Greco constatava, purtroppo, l'impossibilità di pubblicare un quotidiano unico per le truppe italiane della 5AArmata Statunitense sul tipo Star and Stripes, affinché i soldati avessero le notizie più recenti dal fronte e dall'interno. Caratteristiche che - come egli affermava- mancavano al settimànale Italia, pubblicato da1 Ministero della Guerra; annotava, ino1tre, come 1e notizie della guerra perdessero di attualità, perché an-ivavano
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con troppo ritardo attraverso i quotidianj romani, inviati dallo Stato Maggiore per la distribuzione. Le lamentele del Greco, però, non passarono inosservate. D'intesa con gli alleati, il 24 febbraio 1945 l'Ufficio Benessere del Soldato iniziò la pubblicazione del quotidiano La Patria, che avrebbe avuto anche un supplemento domenicale. Il giornale, "fatto per i combattenti", voleva essere un sostitutivo di quello proposto da Greco. L'impostazione prevedeva che contenesse tutte le notizie giornaliere relative alla guerra, alla politica internazionale, e fosse "alleggerito" da rubriche varie di cinema, teatro, sport, ecc .. La stampa avveniva a Firenze, Roma e Bari, ed era prevista la distribuzione al fronte e nelle retrovie con "mezzi rapidi". I comandi veni vano avvertiti di prodigarsi affinché Ja distribuzione, gratuita, raggiungesse tutti e non andassero sprecate copie, considerata l'onerosità del servizio a beneficio dei combattenti. Intanto, anche altre unità al fronte si dotavano di propri giornali, idealmente più vicini a quelli "di trincea", per i contenuti più attenti alla vita dell'unità, al microcosmo che produceva gli eventi, e quindi al]a stessa quotidianità dei combattenti che ne costituivano il pubblico di lettori. U Gruppo di Combattimento "Cremona" editava La Spiga, il "Folgore" l'omonimo Folgore, il "Friuli" Torre Azurra ("voce dei fanti delJ' 87° fanteria", come sottotitolava) e El CiasteL di Udin (clell'88° reggimento cli fanteria) . Il 1Ofebbraio 1945 usciva 208
La 210/\.. Divisione, quindicinale dell'unità ausiliaria che esprimeva nella lettera di un soldato il suo programma: niente politica, avvenimenti militari, vita dei reparti, qualche svago. Anche i soldati italiani impegnati a11'estero, con gli alleati in unità regolari o in bande partigiane, avevano i loro giornali . In Francia e in Germania nel J 945 veniva pubblicato, a cura della Missione di Collegamento italiana presso la 7 /\.. Armata Americana, il settimanale L'Italia, per le unità italiane di cooperatori combattenti per gli alleati. Nella base italiana di Dubrovnik (Ragusa, in Dalmazia) veniva stampato il settimanale Ritorno, che ebbe vita dall'8 marzo 1945 al 21 febbraio 1946. Nella ex-Jugoslavia si diffusero diversi altri giornali per i combattenti italiani, di cui però si hanno scarse notizie. Tra essi, ricordiamo, La voce del bosco, edito da una "brigata triestina", il cui primo numero usd il 15 maggio del 1944. E ancora Libertà, Lottare, IL nostro giornale, La nostra lotta. Più noti i giornali che furono editi dalle divisioni "Garibaldi" e "Italia" nei Balcani: Il Garibaldino, La voce del partigiano italiano, Lafiamma, L'unione, La nuova meta, il grido della 4/\.. Brigata. Ovviamente, ad essi fecero eco molte altre testate, non solo ali' estero ma anche in Italia, nate per Je bande partigiane composte da combattenti ci.vili . Anche i prigionieri di guerra italiani ebbero i loro giornali, ma di essi in molti casi si hanno solo segnalazioni.
Clamoroso e particolare fu il caso de L'Alba, edito in Russia a cura di fuoriusciti italiani, che fu di fatto, sotto le parvenze di un giornale per prigionieri, una testata di propaganda ideologica e politica del marxismo. Sugli opuscoli di propaganda pubblicati durante la guerra di liberazione non v'è molto da dire, anzi pochissimo. Ne ho trovato un solo esemplare -per quante ricerche abbia fatto-, intitolato La verità , confezionato nell'ottobre del 1943, per confutare le accuse di tradimento e di asservimento agli americani fatte da.i tedeschi. Nelle documentazioni di archivio escusse non
si fa riferimento alcuno ad altri opuscoli di propaganda allestiti per la guerra di liberazione. Qualche altro opuscolo fu invece stampato a fine guena; tra essi, segnaliamo quello pubblicato dal Comitato Italiano di Cultura Sociale in collaborazione con l'Y.M.C.A., dedicato ai reduci dalla prigionia e distribuito presso il Centro Alloggio di Pescantina, e Al prigioniero che ritorna, una guida preparata soprattutto per far fronte alla fame di notizie dei diritti, normativi ed assistenziali, che i reduci non conoscevano e che fu pubblicata nel 1946 dal Ministero della Guerra.
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4 novembre 1918 4 novembre 1943 \',·uth,11111111• .i1111I ur Huu,, r.ailo 111 rH 1_, ,ti 11,... "1'C'i,ft'-1.UI 1JI C'D f\i; n1l1111• 1h «.ulihut, 1~, 111:ir•ta 1lt p,r 1•010 d rmuli1uu10 alJp. nu Uh,. rnltU .. vl1tt1rla cln•, r,,;tlll.J.trntlu Il ,1u,tt111 111 11trMH"IUtl n ,li uutr· ,fr1 1 illl'1I.-. n llf' 1'11tri~ 1 ::lu, t,I t'dnf\ol
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conduu.a ininb:rroUa ed aspri,tl.ma par quara nt-u.n me.al, ~ •lnt.-.. La gìpolcct« battaglio in1o u i• 1a il 24 dello tcorao ottobre ed a_Ua qual.o prendev•oo parto 61 Di~
l'Italia uno, lihra.,. r,ota.nlttl pu la •<>l.-~à <f•l/11 Polri11 1n P"'
r:url• cl rt.&•t<t,11' Jp .,,~ iiUI tTS.J:lf'.JI jJrJ\.., 1~, IDl."t:1 ~'b-"' éf
o_.,; t'1°lnJ&1.àt~ •--•tu:10 PP C'CIJfl •
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Italia, notiziario della 7/\ Armata, del 4 noFembre 1943, di venuto in seguito notiziario dell'Esercilo
2JI
,1111 m br111111r1 Truppe della s. Armata ..... 11111 -i11_ _,...
---
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p1,ndu1 11/N 81!,~, I c1t, il lldOtli 1il~ll<O Il
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i d• q1~u 1111udcnl~n, '" Il thl~ ,1,.11111\ t I utfl• l.U\llf,
TI Risorgimento, edito a Napoli nel novembre 1943 sotto il dire/io controllo alleato
212
Poeta Milite.rl! n , 17 J : a c = = e .,.:: c :: = = =
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I PA.IJRI ED I FlGlI
- Con ri t o aus tero e con ~uore di soldati ri c o~ diamo ogg i tu~ti i fant i ,mili e gràncli di -'iò:TI1 tempo c h e ai i.JflJJJ oleron-:. p.Jr l e. Patrie..-· Ricordiamo g' li er-:1 o 1 ~ l'i.ro v irtù. il ricordiecc, c he s e ~1'J l ci-cl.o fataie delli::.
2 0 ma €- :!.c .!.a òate s ovrasta il cuoré gue rri ero d0l Re ggl nento e lo acal d~ cun 11 fuQC~ puties1~ G de lla t r &di · ione 016 or oica . E' qu~s t o un é i oE .' r:,; in cu:.
Storia ._qual,,osa è ri.!i!P.at.o cii il!llllutebile,qu c oto ~
II
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AVANGUAaDIA DI UN EOPOLO
qua l cos a
Anno
- n·. 14 - • 20· Maggi.o ' ':-4<'. -
~r•>pric l a v!lr tù d :ill combattonte. i t':!--
liano, quell e. ·11:r'tù cho :t'u ee np.re alime ntat !;I. rl!:.J-
!l n~;i so lòa't i dél 67 °, è opc quasi aei
oesi 1i vita dura d~d i C! ~!l E? l tn:r:o c.11'.l nuov!l. t!U0 r r G, è c on s Gn~ ito di--ò"
e to g l :.~ r e l~ s gua r d o aa migli ori . Quella ·rir+. ù · qu e llr.. l i n,;.c;. de l -fucoo ò ltre r ui a i prcie tten ~ in cui ancora V'Jlte. :JtB ra.oéhiUS9. l a pr C''"<- .:l - 11 nostro da s i deric a raa del r,oetrl') mip.lic•r J do11c.ni.!Que 11a v irtù e ~ è d e nt e e l ':!. ?:o st-:ra ansia 11 ea,empio -e d e.l
s ~ngu;:, dtii
una
per r ivo l ~u rlo a gli a/-
insieme i talla n ! ': . : - - ::ire , d.;dioo;ione , fede , ve.1'1'!.·e
n:!. ed oi d 6c .i nni trasco.!·.
Que na vir t 1·1 e he r "'. dei n os tri c ompagni ch0 -:. i~~ ·si e r:l.t !ll!l'ra:rv-i quel v a-lor~ de i pad ri che è fr~ sano nel Ci!'.:'.itJJ ro di ,~erre. di !.!onte Lu ngo d i..~ l o era dit à p ~ù r,obili e h~ d~i f snti possano soldati pi ù vlvi di n e i . Que lle virtù infine , per ,·P.r.tP..r e .E' que sto un oai 1 guardando ~ll d n =oci . r ioe.ete laasù,ognuno ci ~rr.o ir. ctii , nel. r i to d o ~1 1 e salta~ 1one euatepuò vede rvi idc::l!'!en•. a (.!i go uteggiare sopra l~ i:s de l pa s s ato , ai e.i'fno· aarltta :~" " Di q_ui. t i .--u!:!r ie.rìo 48 eroi d a l ~7° , ~i e apvn t~~~ o alle mant e i l eo l o inte rrog atiavanguardia di tutt o un pq:n,lo nu . vo s u .~u1 si poss e oiB}.! ~e.re ~sa ttamente la no-!l..Ten .coi. cc.: c.'ldan'be etra i talianità e l e. nQ I ,,- -~. , · , , • _:."' A ! t. i ! • ",I , / _;;.,. et1s.' dc dit>i r.m e , ""Sie.:io . • • f ate.t i degni degl.i ottani;.~ anr.o di vita luminoBll del nostro Iie.tmiroen:.~ e à.a l:l ieroiemo c·.>.l..11:'.::.:.1. nu:la ve t t a di Monte
1
· Santo
1 11 •
11
--
-,
Monte San1ìo.Se nt1amo che nel nostro an1.m-,· e. q_•.:.est.tc ncr1e cir coni'uso di gl rta fa e~o un alt~~ n~~e , K~~te Lu.ngo.L' ~c coste.mento non è ca~a1e.B'1'c .ooatamen~!) , l I in.contro, le, tuaion~ d.1 due fia.r.:ne pi.:..1.'p uroe cli s :l.lluminanlJ di una Jrande luoe 4·, fl:l!lt);t1e· ~ ai aaorltioio pe.!r-,~1é inc1;1nce 11a·o111 di atC)ria
j;(Ali~aetma.
~ Sjpt9~nte
3:W1tr•1,l.à 1 p,a4~ 1 qu1
1 figl..'.• I
\'entiaeite anni traac·~
L' allegro motorizzato, rtiornalino del 67° reggimento di f anteria
213
de ~ I' B•e ra l.l o • ~Ut'T'lfH D •\5
co»~b,..(_• tO-..-,,A
11,ESSA.GGIO Al V0111BA.:TTENT 1xat:N11.-t~•11•_....•u.tt.ilnnfklua ,UII.Ud.ll
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Italia, uno dei numeri con il sottotitolo "Setlimanale dell 'Esercito"
2 14
2 JOA Divisione. sertimanale dell'omonima unirĂ ausiliaria
215
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La Spiga, periodico del Gruppo di Combattimento "Cremona "
216
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N.o'Z Telcdonl 92·93
30 GIUGNO 19"415
e,.I P. M, 127
Dllmtlaoei Radn2lone, Ammfni11ra~l0J1e I Gruppo 8111.
Càramelle e cJocc olato al bambini
ALLEANZA
l i Corriere del Reooimento .· d tco . d e l. J Gruppo Battaglioni del 512" reggirn.e11to difanteria · "'"' , pel/.o
217
Guerra di Liberazio ne, numero unico edito dal /vlinistero dell'Italia occupata
218
Lupi di Toscana, un esemplare di giornale commemorativo edito nel dopoguerra
219
"L'.mtemazlonall.smo poUUco, sak za l"intèrm1tiQnart.m10 economko e· una !l\:asa oosbalita sulla sab!Jfa .• dichiara Wendcll L Wilkie net ~uo lnmoso ''G>ne Worald'': e ;imtota: "La l~ta' economica e' imrtante come la Uberta' pol;tlca. · Anzi àvrellbe dovuto aggiungere che là Ubertà' pollli<!B non puo· "'1manere a lungo salva senza la Ubeì:ta ' economi12. u.o statista Ameclcano. dopo avu d!agno~tJcato i mali di!I mondo e. aver '!'llccolto le aspJcazJon.i c)i cen· tlnaìa di m1fionl di uom1ni. traccia in sintesi un meraviglioso programma ,postbeUico di rinnovamento sociale e cli Lriitdlanza unlversale.
SOMMARIO pag.
Sn lui Gauamt lntar,- L'Europa com_e uéil&
l!C.QnDmJCD ,_
-
Do~ ~. &apolltllno 191f'J-1 9d~ -
-
Piero PrC11senaa -
-
-
-
-
-
SooUér,1/acec -
-
- ·-
Socialis mo _ La codllkazionc ..,,. _ _ _ _ - '' fìpoi~mara" e - - - - -
0. O,fontlrcllo ' -
deJl'Ukgoijta' _ Salu.s Ga!tomtliltn "eaoe e. vino" Romolo Morti - !4P magico scgrcto .X. Jf: - ltaUoii! ,élii>imuiCll _ _ Suglp Penti - Solitudine rossa
1 ~ia) - -
-
-
-
-
-
-
2 3 ·1 5 7
8 9
l.'crnondo ;'!;belo - .Sperduti nel buio Salu• Gotram~Ùlla -JJ cegtsta _ _ _ GlvL - AtOvltà' lUcatralè _ _ _ P, Rogaly - lmpresslonl su "La
9 11 12
Glvcr - '.ì\ttMtu' llf>D<llvo _ -- · <Fwllnanilo <sollacclo - Le tre p~s-
J'.J
alliltP · --·- - - ~ C:Mo Gudri - ,,Divoga:lonl gua•I
H
IIUIC - - - - - - - - -
16
vcaova AIJ,gra" _ _ _ _ _ · 13
0lRET'FORB :
Ma. siccome Il fomite di tutlc le Sempione ecc. SJ c.os{(llulscono In
gu=e e di tutti i contrasti e' nella Europ11 le lo.mese ferrovie transcronveccbìa Europa. ,e· qui' q1e uomini politici e studiosi di sodologla stanno concentrando gll slo.r d pcn un.i soluzione. T utti sono olitllai cmovintl che se non si organizza l'Eutnpa, se non le si éla' quella Uberto economica necessaria, divisa da ormai inconecpibili crist.rcttezze di ·sovraptta'. strangolata dal nazionalismi economici e difaoiala dalle gueue che se111pre µe. seguitanoo, andca' fata lmente: alla tovina con la conseguente distruzione della civilta' occidentale. Generalmente si crede che le cause della guerra risiedano in fottl acci· dentali, come l'ecciclio. di Serojc.vo nel 19 I•1 o la debolezza di ChamberJain nel 1939. Le cause di tutte le !jUecte vanno ricercate ben piu' pro• fondamcnte. Tutte sono di odglrre economica. Ma le conseg uenze di q uesta guerra saranno gra vi anche per i vind[ori. L'Inghilterra. per esempio. si trovera ' a disagio per. il forte sviluppo economico dei suol domin'i. quali 11 Canada". il Sud Africa e I' Australia: ne verranno a soffrire i suoi prodotti manifatturnti che esportava in enorme qua ntita ' con pedcoloso spostam ento di capita li e probabilmente si vedra · preclusi I grandi mcrcal1 dcl i' A merica Latina invasi dag li Stati Unili. L'unlca dsoluzione in cui la maggior parte degli stud iosi sono d'accordo e' la Unione Economie., del· l'Europa. compresa l'lngbilterra. IJ punto foca le dell a futura economia europea deve essere J'aboli zlonc delle barriece arciEicia li che hanno reso le nazioni campi ch iusi cd in· fecondi, Infesto te com' crono dai due Calsr principi: del " Capiralismo" e deU' " Autarchfa." Geogra fic.mnenre il nostro Contlnent.e non. presenta grandi di(ficolt-a' pc.t una attivita' lnteroa.zion11 lc. Le Alpi e i .Carpaz i che rompono le pi11' grandl p1anuce, offrono pochi o&tacoli olle s~rndc, .iHe {er,ovie e al fiumJ . ìEc.onomfcamcnte 1/'EuroJlll ~cmbfa 41 CDIIIJlO l~cm lt:!Jl& un pinoç, economico le banJete.''
D11f4i
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tlnentali: Parigi. Bedlno, ~arsavla, Mosca. Estremo C>ricnf.e; la Vienna, Budapest, ' lstll.I)Jbul; Ja B01éleaux. Lione, Milano. Odessa . te g,andi vie d'acqua: Il IJanublo. il Reno, l'Elba e la Vistola. oiùtano I trasp;,.tl. Con una grande marina merCilntile, con circa un terzo del le ferrovie mondialJ e con un focmidabile sviluppo delle linee aeree l'E uropa ha ecccllen6 mezzf di t.ras,Portn. Gli stati europei inollrc. Inghilterra, Francia. Olanda. Germania . Spogna e lta!Ja. posseggono circa un quarto della dccht?2za mondiale. Riguardo al P.rincipali prodotU poi. l' Europa possiede il 13% del Catbone. il ~8% del ferro. il fl % dell'acciaio. ìl 30% dello stagno. il 51% dell 'all um inio. il 35% del gra -. no, il 37 o/o del pesce e il 30% dell'orzo . In conclusione. benche' le manchino tutti i prodotti colon.ialì e abbia in piccole q ua ntita' alcune materie prime. quali il pctrol io. ,J nikel, il bronzo ccc.. l'E uropa. in ricchezza e potenza produttiva. rappresenta una unitil' ccooomka formidabile. con un discreto bilancio fra l'industria e l'agricoltu ra. U no studioso inglese ha scritto: " L'E uropa di anteguerra era una mostruoslta' economica . .. ." Naturalmen te nemmeno l' Europo potra stnrc da sola: necessari quindi stretti legami col resto del mondo e con la Russia in particolare. Da lla U nita' Economica dell'Europa. verrebbe o esse re fociHtata una :,ugu rabile Cooperazione Mondiale. Una dc.Ile cause dc.I fall!mcnto dc.Ila Pace di Versailles. e' stato ripetuto piu' volte, e' s tato la mancan=o di una pace. pro9rnmm ata e -stucllatn durante lo IJUen;a. Tutti si trovarono improvvlsamcnt~ ìmprcparati davanti oi problemJ (orutldabill che riguardovnno In siste,m;r:ionc del mondo. Durante questa guerra, moli::! sooo gia' i piani e molUssfml gU studiosl che propu.gnnno lde.1: cor11ggio-sl! 11 pCOf!~CBSiste.
lit• ·
No1
al111110
nlm~ò \Ili.
q\l.elli ·
li·a i reticolati, giornale dei prigionieri di guerra stampalo nel Campo di Zo11derwate1; Sud ;Vì·ica
220
Prigionieri di guerra italiani, numero unico edito a PieterMa rirzburg, Sud /\.fi¡ica
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LA '
VERITA
Opuscolo pubblicato nell'ottobre del 1943 per motivare l'armistizio e il cambio di alleanze
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co 1111!11to llnl!nno di c 1dlu r n
sc, cl 1dc
Ritorno a11a Vita civile LA PALLID A
PACE
Spunta finaJmenlc la pace sul mondo in rovina. Pal.Lda faticosa pace, quasi albei cbe i,:i lev,l esitante tra nere caligini. E caligini sono ancora nel monùo. Caligini sono 11egli occhi delle molfatudin.i che hanno vcd u to i cupi vortici deUe esplosioni, e il Iumo degli incendi ùivorare le loro cose care: centinai.a cli milioni di esseri umani che la guerra ha strappato alla fa.mjglia, à.l paese n~tio, all'operoso laxoro per mandarli erran ti a1 di là dei confini e al di là dei mari, a uccidere e a essere uccisi, a oppri mere e a servire, a combaltcre rintanati come bestie nel fango, o :t marcire, nell'inerzia e nella fame. dietro i reticolati di un campo. Ritornano ora a poco a poco i dispersi. Infinite tomie d1 smobilitati, cli prigionieri, di foggiasclii, rifluiscono da tutte lt parti della ;erra verso le loro case deserte o cadenti. \'Crso i loro campi abbandonati, o le loro officine vuole 'di vita . Curva è la. loro fro11te, opaco il loro viso. E nel loro cuore una ~orda insisteote domanda: (( Che fare? 1,.
Opuscolo distribui10 ai reduci del O.impo alloggio di Pescantina, allestito dal Comitato Italiano di Cultura Sociale e pubblicato in collaborazione con I' Y.M. C.A.
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Radio
All'indomani dell'armistizio la radio fu l'unico strumento di immediata utilizzazione per sviluppare una opportuna azione di informazione e di propaganda, non solo ne.i territori liberati, ma soprattutto nei territori occupati dai tedeschi e dai fascisti. Attraverso l'etere, infatti, era possibile raggiungere gli angoli più sperduti d'Italia e attuare quel programma suggerito da Castellano già il 10 settembre e inviato per l'approvazione al Comando in Capo delle Forze Alleate in Italia. Obiettivi del piano erano quelli di controbattere la propaganda fascista e tedesca, di legittimare il Governo del Sud e allo stesso tempo delegittimare quello del Nord. Castellano proponeva di far tenere discorsi aderenti agli obiettivi alla radio di Palermo, unica utilizzabile al momento, da personalità del posto particolarmente idonee per autorevolezza e patriottismo, ma soprattutto senza appartenenze ed etichette politiche. Faceva anche i nomi cli tali personalità e li suggeriva al Comando Supremo: tre e tutti avvocati, Sangiorgio, Orlando e La Loggia, residenti a Palermo. In verità la stazione più potente disponibile dopo 1'8 settembre, per 1' attuazione del piano di propaganda, era quella di Bari; ma già il 16 settembre erano sorte le prime d.ifficoltà di util izzaz.ione, poiché quel giorno Radio Bari era stata occupata da militari alleati, che cli fatto ne presero il controllo. Nell'attesa, comunque, di potenziare gli impianti (era prevista per la fine di settembre-primi di ottobre la trasformazione ad onde corte della stazione radio di Radio Bari per una
migliore e maggiore diffusione delle trasmissioni), fu proposto agli alleati anche di far transitare le principali comunicazioni per Radio Alge1i e Radio Londra. E, in merito, veniva sollecitata la collaborazione dei commentatori delle radio alleate, affinchè includessero nelle loro trasmissioni frasi e riferimenti favorevoli al comportamento delle autorità e dei militar.i italiani. In particolare veniva richiesto che il commentatore italiano di radio Londra, Candidus, al secolo Umberto Calosso, che aveva sempre trattato argomenti relativi all'Italia, facesse i propri commenti a favore del governo legale italiano, alla cooperazione in atto e allo sforzo bel Iico degli alleati. Ricordo che il più noto colonnello Harold Ra1ihael Stevens, che nei primi tre anni di guerra aveva tempestato l'Italia con comunicati cli propaganda, in verità ben fatti, dopo l' 8 settembre aveva interrotto le trasmissioni. L'importanza cle11e trasmissioni rad.io fu confermata, se ve ne fosse stato bisogno, dai militari che riuscivano a passare le linee nemiche. Il maggiore Vaciago, appena rientrato nej territori liberi dopo aver attraversato Marche, Abruzzi, l\llolise e Puglie, a metà ottobre compilava una relazione in cui metteva in evidenza come l'unico mezzo di propagazione delle notizie nell'Italia occupata fosse la radio, e con quale ansia le popolazioni rice rcassero e ascoltassero le trasmissioni radio di Londra e di Bari. Incuranti, occ01Te aggimì.gere, dei seri rischi che correvano. Vaciago clava particolare importanza al fatto che, in previsione dell'avanzata degli alleati, le trasmissioni radio non
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facessero promesse che poi nessuno avrebbe potuto mantenere. Gli ascoltatori, forse perché ormai erano alla disperazione, credevano sì ciecamente ad ogni promessa fatta ed erano quindi facilmente ingannabili, ma ciò avrebbe reso le si.tccessive disillusioni ancora più scottanti e sconfortanti. A nessuno, insomma, sfuggiva la necessità di utilizzare con avvedutezza quel formidabile strumento di comunicazione che era la radio. Anche in Sardegna, per iniziativa del generale Basso, nel settembre 1943 era sorta Radio Sardegna, quale voce dell'Italia libera e fedele al re ed al suo Governo. Alla fine di settembre, in un appunto preparato dal Comando Supremo per il generale Taylor, si metteva in evidenza come, nonostante le trasformazioni e gli adeguamenti in atto, la radio di Bari riuscisse a trasmettere soltanto dalle ore 11,30 del mattino alle ore 23,00 della sera, con interruzioni saltuarie di tre ore. Nel documento si lamentava inoltre la carenza cli trasmissioni cli propaganda per mancanza di materiale e la conseguente impossibilità di controbattere le trasmissioni radio avversarie. Come non sfuggiva la necessità di predisp01Te un efficace servizio di intercettazione radio, per controbattere l'insistente e sostenuta propaganda avversaria. Roatta il 5 ottobre inviava a Reisoli un promemoria sull'argomento, chiedendo che giornalmente fosse compilato a Bari, come già attuato a Brindisi, un notiziario per il re, il capo del Governo e il capo di Stato Maggiore Generale, che comprendesse tutte le intercettazioni del nemico. Sottolineava 228
come nel notiziario dovesse essere messo " ... tutto, anche le offese o le .. .male parole." Veniva inoltre ritenuto di massima importanza ribadire, ogni giorno alI'inizio delle trasmissioni, che Radio Bari era la radio "de11'Halia liberata dai tedeschi". Una curiosità, significativa per comprendere come Roatta percepiva l'importanza delle parole in materia di propaganda; l'anonimo estensore della minuta del promemoria aveva scritto, parlando di Radio Bari, "radio ufficiale del Governo Badoglio", che Roatta aveva c01Tetto di suo pugno in "radio dell'Italia liberata dai tedeschi". Dovevano, infine, essere date nelle trasmissioni tutte le indicazioni necessarie a facilitare ]'ascolto: lunghezza delle onde, orario delle trasmissioni, ecc. La radiotrasmissione al momento più seguita era Notizie a casa, per l'impatto morale che aveva sui farnlli,u-i dei militati e sui militari stessi. Il servizio era riservato, infatti, ai militari i cui familiari risiedevano nelle province ancora occupate, o in quelle province liberate dove gli altri servizi cli comunicazione non erano ancora efficienti La questione di una opportuna programmazione delle trasmissioni radio, per finalità. sia propagandistiche, sia informative, sia di .intrattenimento, fu sempre discussa e posta all'attenzione delle autorità. politiche e militari. Ambrosio, il 23 ottobre 1943, scriveva a Reisoli che la propaganda, pur avendo ricevuto un notevole impulso, andava migliorata. In particolare, per quanto riguardava la radio, i programmi delle trasmissioni andavano riveduti: occoITeva
abolire la musica, fare propaganda a getto continuo, diramare almeno dieci notiziari al giorno (precisava: " ...non importa se molte notizie saranno più volte ripetute ... ") oltre ai commenti degli avvenimenti e alle letture dei comunicati, intensificare le trasmissioni durante le prime ore della notte (dalle 2200 alle 0100). Veniva ancora ribadito che ogni trasmissione doveva essere sempre preceduta dall'annuncio delle ore di inizio delle emissioni della giornata e deUa lunghezza d'onda. Avvertiva poi che la ricezione di Radio Bari, da cui venivano trasmessi i programmi, era pessima dovunque nei tenitori occupati, secondo notizie ricevute da un informatore, ed era pertanto necessario trasmettere su più onde, sia medie sia corte. Di questo problema ne faceva una questione fondamentale, e non a torto insisteva perché fosse fatto ogni sforzo per migliorare la qualità tecnica clel1a stazione radio. Come pure suggeriva di invitare l'annunciatore in carica ad utilizzare "un linguaggio più piano" e comprensibile. Perché la propaganda radio fosse più intensa ed efficace, chiedeva poi al Governo cli fornire idonei spunti politici e/o noti zie s u particolari provvedimenti politici e sociali adottati. Reisoli ribatteva che aveva affrontato con i componenti del P.W.B . il problema dei prograrnmi e, anche a similitudine di quanto facevano le altre radio, era opportuno mettere in onda musiche e varietà. Qmmto alla Iicezione, risultava che la radio fosse regolarmente captata a Roma, in Sardegna, a Napoli, a Verona, a Milano, a Londra; nella capitale
b1itannica Radio Bari era stata più volte citata per le trasmissioni fatte. Purtroppo, chiudeva Reisoli, la dipendenza ed il controllo degli alleati non consentivano una piena clisponihilità ed utilizzazione cli tale strumento di propaganda. Intanto, il Comando Supremo dava disposizioni allo Stato Maggiore della R. Marina perché fosse esaminata la situazione della stazione E.I.A.R. cli Napoli, ai fini di un possibile impiego. L'ufficiale incaricato della verifica, nella relazione compilata dopo aver preso contatti a Napoli con il direttore dell'E.I.A.R., ingegnere Rami.ro Donati, ed aver effettuato il sopralluogo, mise in evidenza come i due apparati scampati alle distruzioni operate dai tedeschi fossero in mano agli alleati, che li avevano adattati uno per fini esclusivamente militari, 1' altro per le proprie trasmissioni. Donati prec.isava inoltre come le radiodiffusioni fossero gestite completamente dagli americani, sia per le modalità di trasmissione, sia per quanto riguardava i programmi, sia per la compilazione dei bollettini. Radio Napoli, quindi, non poteva essere utilizzata dalle autorità italiane (e Roatta stigmatizzava sul promemoria la completa assenza di radio, stampa e propaganda a Napoli); mentre su Radio Bari, nonostante le assicurazioni, continuavano a piovere accuse cli scadenti emissioni con conseguente pessima ricezione dappertutto, e di inconsistenza e pochezza dei programmi. Tanto che il colonnello Zavattari, addetto militare in Turchia, segnalava il 31 ottobre come gli italiani lì residenti preferissero ascoltare le trasmissioni inglesi e tedesche, con
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conseguenze deleterie per l'ascolto di notizie propagandistiche viziate, quando non ostili e false. In verità Radio Bari sopravviveva fra mille diffico]tà; Rei.soli aveva ottenuto a fatica che gli fosse assegnato il capitano Ambrogetti, che dirigeva radio Sardegna e che il generale Basso non voleva mollare. Ambrogetti era stato annunciatore e regista presso l'E.I.A.R. di Roma, e serviva per la redazione del giornale radio e come commentatore. Mancavano, ino]tre, interpreti per le intercettazioni delle trasmissioni tedesche ed inglesi e quindi la materia per una efficace propaganda e contro propaganda. Alla carenza di personale qualificato si assommavano i soliti pesanti interventi degli alleati. Il direttore della stazione E.I.A.R. di Bari aveva comunicato il 21 ottobre che un autotreno radio I 000, della R. Aeronautica, il quale fino a quel giorno aveva trasmesso sull'onda di 41 metri per conto del] 'Ufficio Stampa e Propaganda, per ordine del Comando americano aveva interrotto le trasmissioni, poiché esse disturbavano i loro collegamenti. Lo stesso comando a11eato, inoltre, aveva ordinato di tenere la stazione a sua disposizione. Conseguenti le proteste italiane, come sempre rituali ed inefficaci . Nel dicembre 1943 vi fu un rimaneggiamento dei programmi di Radio Bari. In collaborazione con l'Ufficio Stampa del Ministero degli Interni, lo Stato Maggiore R. Esercito promosse particolari radiotrasmissioni a carattere ricreativo e assistenziale per i mili tari. Tal i trasmissioni, per tutto il conflitto, ebbero periodicità bisettimanale e furono 230
integrate da trasmissioni speci::ùi. Venivano messi in onda programmi di arte varia (musica, teatro, "dialoghi comici"), notizie di interesse dei mi litari su provvedimenti emanati dal Ministero della Guerra, commenti a fatti di particolare rilevanza militare; i programmi, inoltre, erano preceduti da una breve conversazione introduttiva, che aveva funzioni educative e intendeva svolgere anche azione morale. A tale fine, veniva dato grande rilievo ad atti di valore della truppa e de]]e uni tà, venivano lette motivazioni. di ricompense e commentati elogi ed ordini del giorno emessi da alte personalità militari . Nel giro di un anno furono effettuate 120 trasmissioni radio per la truppa. È pur vei·o che non tutti poterono usufruire delle tTasmissioni radio; in una relazione sulla propag,rnda del 3 ap1ile 1944, il Comando Presidio Militare di Brindisi alla voce "richieste dj trasmissioni per i soldati" scriveva: " .. .negativa, perché pochi dei reparti dipendenti sono provvisti di apparecchio radio ... ". Neanche i civ.ili poterono seguire in massa le trasmissioni, per la carenza di apparecchi disponibili sul mercato, tanto che già nel settembre del 1943 era stato impedito un tentativo della R. Marina di requisire in Puglia per le proprie esigenze tutti gli apparecchi radio reperibili presso negozi e privati. Si ritenne, infatti, che un tale provvedimento avrebbe determinato forti proteste ed inconvenienti, perché esso, oltre all'ovvio m,ùcontento, avrebbe azzerato il numero degli ascoltatori e avrebbe potuto far nascere nella gente il sospetto che il Governo volesse tenerla all'oscuro degli
avvenimenti. bellici. Così la propaganda sarebbe rimasta senza fruitmi, che già erano pochi, e 1a requisizione stessa avrebbe avuto un impatto propagandistico negativo e fortemente deleterio. La radio non ebbe però soltanto, come accennato, compiti di svago, di informazione e di propaganda, o educativi; ma addirittura operativi, attraverso messaggi in cifra alle bande partigiane. In tale impiego rappresentava .il mezzo di comunicazione degli ordini più sicuro e diffuso. D'altronde, le prime direttive impartite implicavano 1' utilizzazione della radio come strumento idoneo a rafforzare la resistenza nelle zone occupate. Abbiamo visto come, fin dai primi momenti, una delle funzioni imp01tanti svolte dalla radio fu quella di assicurare, per quanto possibile, lo scambio di notizie tra i militari ed i loro congiunti sia residenti nell'Italia occupata sia nel teITitorio liberato, dove i1 normale servizio postale non era ancora stato riattivato. Lo scambio di notizie con il tenitorio occupato avveniva oltre che con le stazioni radio italiane anche tramite la radio Vaticana; fu istituito in merito un servizio ricezione dei messaggi provenienti dalle zone occupate, e di una vera rubrica radio curata dalla Curia e intitolata Bollettino di informazioni. Dal novembre 1943 al dicembre 1944 furono inviati e captati oltre 125.000 messaggi. I messaggi radio furono integrati da circa 110.000 messaggi scritti, fatti giungere, sempre previo accordi presi con la S. Sede, tramite l'Ordine dei Padri Bianchi di Algeri. Il 19 giugno 1944 radio Vaticana sospese, invece, la trasmissione
dei radio messaggi nei territori de1l'lta1ia liberata; la stabilità delle comunicazioni che si era avuto in tali zone non giustificava più l'impiego del servizio da parte del Vaticano, che ad agosto sospese anche il servizio dei messaggi scritti. Il Vaticano e radio Bari furono anche interessati, dopo la liberazione di Roma, affinché fosse programmata con sollecitudine una trasmissione settimanale speciale del programma "Notizie a casa", da riservare ai militari internati in Turchia. La radio fu utilizzata, inoltre, per facilitare al massimo le ricerche dei militari; a parte, infatti, l'apposito Ufficio Ricerche dei militari istituito alla bisogna, fu convenuto fra l'Alto Commissariato per i prigionieri di guerra, il Sottosegretariato Stampa e Informazioni e gli organi assistenziali delle tre Forze Armate, di dare massima divulgazione a tutto il materiale radio (messaggi ed elenchi) captato, proveniente dalle radio alleate, nemiche, neutrali. ln base a tali accordi, l'Ufficio Stampa ed Assistenza dello SMRE inviava giornalmente al Sottosegretario Stampa gli elenchi del materiale rad.io captato dalle stazioni del Nord Italia. Il sottosegretariato, dopo aver collezionato gli elenchi con quelli ricevuti da altre fonti, provvedeva a stampare 1e notizie in un apposito bollettino diffuso anche fra le truppe. Fino al termine del1a guerra, non cambiarono né :finalità né programmi della radio. Di certo le trasmissioni più seguitè furono quelle relative ai notiziari degli avvenimenti belJici e quel1e che consentirono l'interscambio cli comunicazioni fra militari e familiari. 231
l' 11 settembre il RE VITTORIO EMANUELE lii,
per mezzo della stazione ufficiale Radio Italiana, ha fatto questa solenne
dichiarazione al popolo italiano : ITALIANI , Per il supremo bene dello Patria, che e' stato sempre il mio primo pensiero e lo scopo della mio vita, e ,n ell'intento di evitare piu' gravi sofferenze e maggiori sacrifici, ho autori~nota lo richiesto dĂŹ armistizi o. Per lo salve%%O dello Capitate e per potere pienamente ar.solvere ; miei dC'veri di Re, col Governo e colte alte outorita' militari mi se no trasferito in altro punto del sacro e libero suolo na:r ionole. ITALIANI, Faccio sicuro affidamento r.u dĂŹ voi per ogni evento, come voi, potete contare sino all'estremo sacrificio sul vostro Re. Che lddio assisto l'Italia in quest' o ro grave dello t.uo storia.
VITTO RIO EMAl~UELE.
Il 16 settembre alla Radio Italiana il MARESCIALLO BADOGLIO ha detto : Oggi c'e' uno sola parola d'ordine, un soro comando per tutti : Fuori i Tedeschi ! Oggi-abbiatelo ben presente-resistere non significa altro che esist~re. Per arrivare a quello pace giusto e du,oturo cui a,piriamo, che gli Anglo.Arnericoni ci daranno e che i Tedesohi ci vogliono '1egore anche questo prova la piu' duro fra tutte, deve essere affrontata e superato.' La supereremo.
BADOGLIO. Stralci deg li appelli alla radio del Re e di Badoglio
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Ai : Soldati, Marinai, Aviato~i A · lutti glì operai .ùO}lO,JJ iit dJ tre anni élJ lolla, i'ITALIA IIA OON€LUSO L'AR1l7!STIZI0 :
_ ll!'lrèl!è l,a guerra , imposlaci sostanzialmenfo ila\ 1r rlesohl, CRA 1?iJBITA, ~ N0N SE11n'PJ'A; . _ percllè essa eru s lala c?lldm~a .uJ r,arte d.f?i ~.Er~;ci .:h,_i~ 1&ucr c?nto cl~i. ~o,~ tri inter ess i ed era cos tola a 001, E SOLO AN0·I, 1 .p1u dnn sacr,ilic1 : colomo e .S101lia, _ pe.rcl.Jé la vittorfa,di !'ronte ~ille so vercllianli forze an~1lo-ame1ic.µie, fion era assolutamenle pii.t raggiungibi le; - _ l'erchè continuare a colliLJa lt~!'~ uou sig11iUcav.:. altro orl!lai che SAC_Rlf'.l~ARE . COMPLETAMEN'I'~ IL NOSTRO [flEBE PER IL comnn0,DBLLa G~lil.Al"U.A, a ClOC per tenGFe quanto più possibile lo.nlruJo cl::igi.i orrrn'i dello guerra B len,[torfo tedesco. Conc1uso l 'm·mistizio, EPJ! NOS'.rR.A INW.1lZI01'TE m DEE:!ORRE LE Af,Ml E'. DI AS'ilE~"'ERCI DA ATTI D1 OSTILITA COi'f.,Mù CHTIJNO.UE. !!!falli, anc;,ie,quando j tedesclù_ hanno cominciato ad attaccar ci, noi ;.;bbia-m o avuto aacora pazienza e non aj)biamo reagilo sperando che sj trattasse di fatti àovu ti ad' iµizfat ive isola te e uon couseguenU a m1 plano premeditato di aggressione co11tr:i di noi. - Ben presto peni ·si é coJs blaLo che intere di visioni gennallicbe in Hal:io e fuori d'Italia attaccavano OONTI1fi'iP1Jf!ANBfill'JBNTE J;rnostr.e Lriwpe, occupavllilo con la lor-~ città: pol'ti ed aerooporli, cleprcda~•a.no j nostri deposili e gli s!e5.Si beni dei cill..idini,. mentre l'aviazimre lfldesca bombardava le aoslr e navi et! i nostri piroscafi. Er-a chiaro cosi che gli eJ!-alJeati, inuurauli clsll'a nu.islizlo e malgnido j J nostro asteggjamento paoi[iço, applicavano un progEllo,.pa lungo lempo prep.iralo, tr.all<J-udoci. di punto in bian co come nemici e 'FBNTi\i'tlDO DI, R!Zff.JERS! Ph'DR)NI DEL NOSTRO P-AESE, PER T:P.ASFORJ{If.lRL© iN UN CAli'ì·P O Dr' BA'ITAGLUL 0
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L'llalia e gli flaliaui
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,E - cosa iduttùi !a - J ·1.E:D.ES~ill ::,l SUNù VfS'.i:i ILTU:J'ATI DA TALiJllil ITALJI\NI, I capoccia del cUsclolto pa'I'U!o f ascista ad i loro .'.:ccolili. '
0ostgpo, NON Pl,iGE! DI AV.E,HE UEi'l'A'i10 L .il'J'1J.J.A !1'1 ùNA SITOIJ:JONE 0.ilill'll.S!FR0BIG4, ~a,nno ot u cosliLrtilo 110 gr. ve".tio fantocolo, elle ha H coragglo dl' volere .rup_-_ pnesenfare lJ ouo11(,l e fouore !l 'lrafui , !ll D!ll:r c: 110n rappn :scnla elio un esigua minoranza, àssefVita alla Ger mmùa, e uhe lnte1ille solo continurwe, auli ordini llei l'.!dasclù uoD gfui..mza dlsgavata, CQLL 'UNlC0 rmc D1 riiMllrHiERE Ll· PROPRIE CABI0IIE E LE · tclllNEIBSE E:AUIFE PREBEN'.OB. @uesL:i è la stor ia1 la lragica s toria di q,ie.;;Li ultirui yiorul. - ~P~8!J.e,. tlopo i 1p11lm:i ~ oi.neuti di naturale sor pl'asa eù iui:arlezza,I e truppe e le
pppolazron, rlalfun e llanµo Cl.!ll!fo con cW u>Jeveno a che farf., en 118ill",o intrapraso OVl.lll~ qµa la lott,a oon-tr,o 'i tedeschi eé1 i loro si.:llerani. .. LUlaU~ è diil~n[ala çosr un campo dii ,;ttugli~, ma 1100 ctU...e pe1.savìm ) ì gèfma~lP.J. Percile orma1\ a fianco d,eg,ll a.uglo·arnericaai, ci sono 211c h P. gli il2llH i, e!& il .fior [lore fu!l!e J)OP,');ll a'?l.lODÌ .~'Jfalia , non. clinieu~Jobe della gestn glorlO&•. ùel tà.,--o~tFfm~t.tLO !; d~Jm ~nde gµe.11ra, e e la parto viva 0 vitale d,elle !:'nl'ze ilrma~e Uµlinno , nan dwenfWJie_ -, &~se pru,e - di ~SS.eI•e i,;tate nblJamlonE.I.!! ia1 l0 voUe dai ccS:rlr!li ~arns:rati ger.manmJ sui dtimni di batfagfu, I -,; l;ll:oJ.N0.N Ii'~BJl'i!® TOL.!.iEMJIB oùe i Leùesohi r.ig:so3no Don U nr:rf .1'Q !?n:ese co-
me,l!On w;i paese cti c.onqùfsl o· NON F01)/~I hlll0 110:L.hfllll b.)11E ohe e-&i tf!sfr.1l{J 1, 110 e :gpaiìJ.n,ò dJs1Fug111we .Ir: nos,r.e oÙt-0 p.e1· s a! v;,iuo le lm•ò; ro::m r1JC,.!i1J1:r10 rcr,r.Ul· Aru:. cho
!ssf diw,onW:io: 111 Gannranla, ,a laìJora l'e for,zu!a mi;mte, i nosM tra.elli e I.e rwslT~ ;;ci·eOf3 t ~1.0J,i:·~0BS1.?A!Y!O 'l'0LEE{lARE ella 1:1 vaUgi11~ le nos hre ouse e le nostro ovm.i, unciùlij.!o i
nostiif 1>0Jdll.1ii od 1 IJ05lrl pperai , villt1et11la1J n l<J no.stre tlon na i NIJ!ll '?l B.'ìT UIO TO!JL'E· Appello alla Lolla radiotrasmesso a militari e civili (recto. segue verso)
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RARE~ dopo a,·3r va~sato I ·o s~.i ·1ue in ui,a 9uenn che essi banno voluto o oombllHnta escJus1vamen1 ~ pir 1 lorri I r v t.!S!:i tli essure col!Sitleati e ll'a ttall come on popolo di
scblavl.
Percio u.tlll u la con~ , ·. 1ie1 1utu, UJJu il comantlamonto: FUORI J TEDESCB.I 1 - Sono essi - no~ ùbnenucal t0 1 - che già sin da qnando erano o, meglio, si dl· cevano nosln alleali, c1 1i011ov;ino quotldlanamente di ìronte ad angherie e vessazloni che noi pur rrran 1empo abbimno dovuto subire. '
Sono essi che ùanno couuucialo la lotta contro di noi e che, $lllDScl.Jeratisl lino.I· menle come noslrl ueru1ci, vogUono rar durare ln!lìmnltamenle la gt1erra In casa noslro. - E quando l Ledcsch1, o il governo IJ nLoct;lo elle essi manovrano come Il buralli nalo muove I suol burallinl, dlcono dJ volere ·una paco " con onore u e non nna u resa senza condJzioru 11 1 uuardate\!I dal prestar loro nsc:olto. COME POSSONO PARLARE DI ONORE, COLORO CHE NON L HANNO MA.I AVUT07 NON 1 TEDESCHI, che bauno abbo.udonato in ple:110 comlmt11mento le nostre dMsioru sai Don, in Libia, lii Tuuisio, 1n Calabria; NON I CAPOCCIA FASCISTI, che sl sono cm·
pili le Lasche con l'oro elle avrebbe dovuto ser vire n preparare la guerra lu cui hannc gellatD inca11tamcnle il Paese Non dlmeuL1calc che LUllo le cllscussìoul suUa resa iJlaondlzlonata sono sorpassale dal corso degli avvenirneuli e non corrispoudo110 plu al nuovo stalo ùl cose attuale. Siamo intervenuti c.l ecisamonle conlro la Germania in conseguenza all 'aUegylamenlo ag, gressivo di quesl 'ull1a1a Noi collaboriamo e.on gll anglo-americani che hanno accou.,, n nostro concorso armato per cacclarn i Ledescbi luorl rlalla Penisola . D'altro caule gli stessi auolo·amerJcanl, I NOSTRI ANTlOHl COl'!IPAGNI DEL PIAVE E DI VITI'ORro VENETO, non lrlono esitato a ùlchiararo che il loro Une ullimo il lu ri· nascita cli un 'Itilia !orlo e conconle e che non si tireranno intliolro allorcbè si trotterò ùl dar mano, rtopo fanti, lrementle distruzioni, all'opera tli ricostruzione del nostro avvenlre. - E QUINDI NOSTr.J SThEi"l'O DOVERE DI COftIBA'ITERE, A FIANCO DEGLI AN GLO A!dERJC/\NJ , CONTRO 1 TEDESCBJ eù I pochi insensati italiani - non più degni cli questo nome - che si sono messi .ii loro orrlltll; e di combatterli con cruatsiasi mezzo, ln ognl luogo e in qlllllU11CJUe momento s1 Ili esculino. LE POPOLAZIONI Dl r,1QLTE Cl'ITA D'ITALIA, ArFIANCATESI VOLONTARJAMENTE Al NOSTRl PRESIDI MI.LlTAru, CE NE DfiNNO LUl'IIJNOSO ESED1PI0. Bisoyua reagire virllmanlc, ìermì"c;imo menle, !.-p1elatamento, co111ro ogni. ten\at!v( sopraU'nzione. RlCORDATEVl che dovete vetlerc in ogni tedesco uc nemJco e che, sempre e dov un:iue, dovete lrallarlo, senzn,complimllllU, come loie. RICORDATEVI che lasciarsi disaruuu·e e 11n delìllo, e un ùel:Uo che voi e le voslrE famiglie sconterete con anni rii servaguto. RICORDATEVI che uomini risoluti, se ben guidal i e bcu • •cisi, possono te.nere tes, la a forze assai superiori. RICORDATEVI che quanùo µopolo e Lruppu lorm.anu tUl IJlocco solo ù'an.hol e d'a1· m1, llD solo lroute ed un.a sola 1orz.a, ESSI SONO INVlt\C..'131L1, RICORDATEVI che, contro rnparli piil conslstu11t1 testa ulle nostre tru-ppe e nllt oos!ro popolazioni i'ARMA TERRIBILE DELLA GUERRIGLIA: tlarsl ::tlln mucc~ia, lagUa• re le comunicaz.ionl, [are saltare I ponli od i de11cs ti , geltersi ucJdosso n1 ruezzi ed 1gl'uoruinl Isolali. E soprn tulto, non cedere, no11 11: a1drnarsl1 tener d'uro. Oggi a bbiatelo beo presente 1 - RESJSTERE NON SIGN1F1CA ALTRO CHE ESIS di
rERE.
Por arri vare a 11u.e1Ja pace ulusci e tlu.ruw1.i cui asplnumo, clm yl1 euylo:ameri ;anJ cl daranno e cb.e I lcdcscbf c1 vogliono n .ure, anche questa prova, la p!u dura r.a Lulte, dfl'le esser e ailroutata e superala. LA SUPEREREMO l BADOGLIO.
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Olmo il tnnsc~HoBadoolio Capo del Governo pronunciato il 19 settembre 1943 tnt ta Al
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U~lla
flll'lll•h, <liv, 111Mla \ n N1 ~ , 1111111, Ml n pi\\ p! no~• 114roln. .-\li ~lh,l l,•ll'it!m•,1•,1 \ lii t· nrnnlQ \,.. n,t(' 1•n.• ,,,,11('l tu. pn•ul•,• 111A •IUU\11\.: lu l\ltll
Il discorso !)ronunciaro alla rndio da Badoglio, sulla 11ecessirà dell'annisri::.io e suL comporwmenro dei tedesc/11, diffuso anche a stampa (recro, segue verso)
235
9fr·:r.t: --~ ...
quale lDVttt! dOVl1llUIO ~ndlpanlcolari • elle &lcur.a=ate a.nl:lbs .Uu.alo ~ e " ooo .Il , - ., ~ ~ rano!aùàlo fJlft .;.;~ Jbl,>QIL ...,...,,., ~ for,i,e annltllf •dflllGIPOI 'Vttall df\tl e_~ ~ ~---éUh · : 11111. UCS.dd~~~lan,-. pcn:h} ·iiue-u noa 1Jlllen1 cbr le - ~ I D le DOSl.rtl Oi,111onl U =oldato &ennanlco noo lnn.,_ dlsxmhute o,unque e loe&PEUru<::> «!?iq, lnot:JIII] dU.dlol di 1.ate dall<! Dlvulonl s:cm1anlCM. riultttldo a so111 readnlt 'I& 'bllll'5"\ ~!"" COIJJ' ,:<JlLche di c..~ oa lede dl molU e d ~ dtJ fottI O Oovemo per !ortwia lo allr1 s-U la@NolloMle llalhoo a.t!~ma IOdio ren!onc ILallaaL ~i,nenle: Nd dUC'OnO Cli lllu.s>llnl S., r':l. u S9wqò ~ la ~ Ce,.a parla dcl -odo r,,lrltl.làh':pi:· !lrio ·esponente del ~alero dtJ a,anta,, ma lo ed Il po~lo llapopolo ltnllano e nipprtsrntooo Uano cerdtlamo 1o..-ano 1n;cce lii l'unii. • l~lemltlt a-..na ao,u,i uqC!Slo mondo splrllualo o~l','ll Patria. cmlddl. " o•.Ue r.,ptne cll ogol Z. - n po~lo !tallono ba ma1enet11 c:omplu1e coc.1ro l ~ I 0Uc,;tn10 chlaramenu, I suol 1mdtladlol dJ IUIU IUllla. o,,lle rubu11? che I gcnnan ,cl otanno llmf11tl U 28 lul!llo e non vuol 011) •,a!><'me del tnclsmo. repub· fllotodo ID tutti I ca,nlorl del bllc:ano o monarchico che ala. cootadlol, lo cercblomo lov•no a. · Le Pone Armote hanno oel trattameo10 diJU!nllno f,11to J)l"C1'1:lto l(luramento al Re e to0lo al oostz1 110ldaU, ,rpecle aloln' ,o al Re ubbldlllC'Ono e ubbldlr,nRuulo, nello fucllazlone onoun· data del generale Seoter In oo· n~!'uno bo Il dlrluo "" a potere di !ldo11llcre te Fone ArCorslcll. di 180 ~rtgtonlnl !1.;1lbol se ooa verranno re-1,1u:u male d~I giuramento prettato. 4. - n popolo llllllano noo ha 18 pr11k:oler1 tede..:bl, lo oertradito Il te<1esco, ma é 11010 chl.lO'IO Invano cotesto mondn tradito dal blnomJ.o fucumo rplrltuate 11ermnnlco ne1ll 011111 aarl!mo E= noa dlmenUrhPrò at p~ d,J Mar~10110 Rnm:nel m:il I r.1cr1nct di una ilJflTO Imcontro tulU I dlriHI d~II• &l'nll. di qumo M•~ollo Bnmmel pana con mezzi H:soiu1ome.nre che, Rcond'o radio Berlino. dolnodciru1111, non voluta nè reotlm: t contadini • gli alptnl ooo ..-nhbe Il ,-endl!:'ttlrrre del b'adlmmto !tallano, o veno D dlmentlchenumo le dEdAe di
~i' .
·~!t,.to
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236
mJS)lala del loro ml&lfm1 ncn lll&ndatl • ~ "' flll*t ~ • 1>cl ~JJ•ftfc ao -=twàl,"a· IIRJ' .-.,.ler ~<0 s. . ~ 11, ao~'riòe di· ll'lenbCM1* ~ lt ~ I , lo IJ)Ogll0tlo11l di 0101 &•wta, llll arbllrll. le j,reput~n,e ._.,., 11olche di 'IUfflC aclll,naM cno l"lanno "1"'111!1m"nle Cl•11Ullcato, ,n,.t 1'1'&11 ~ r i a la rcu!r.ne tlllana, e ebe nppmlnoo;ll11t<>no empre plO rl .,1co esatente tn I duo po_polL la caecfata dal lodescbl dal, llalla i,lò presto avve:rr6 ID nn11ra 111,.,nl• rlO!lfl • la r1pr- della ""1tra D1ta onlonale. 1. - 1 comballenU e~ rtt "1'enumo e che av11nno ancor. ~lt: forti noll'anlmo I rlanllm '\Il per dll eh.:, baono 10lfm~. I CODLGdlol. 1U e.n111aol l'd I pk• coli lmp1ei::..u che l1aoDo rur.iUto e rùer.ll<aDDO pi.. d. IUlll dclll, co~gul!llJAI di queaia ~uerrt1. •or11uan.no, ...uo Ili &uld;, di Casa ~·so.a e d•I Covemo Nat:lonale. i luturt duUn.! oiclla Patri.a. 8 • I.Il PQU'la rlaorruA da que. sue mvtoe più vlYII che mal oçlrttualmenle e ma•ut~Jc. ..,,_ lo che la CN>cordla e la la!~ animino lutti ili lt.allaol. Nell'opera di rlcaotrUl!Jooe ma· U!rlsle n GovCJ1lo coo!lda ne!la collabonzlane ~
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L
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che il Me.reaciallo Be.doglio h.a pronunciato al.la radio il
lB, 1;r e. e molte precisazioni ne c ontiene una
giorno
i
roe. 11 mondo spiritual germe.nico , tanvo vera e t ant a risp ondente all 1 ~ e a rea t~ attual e che 1i.n no.i , combatte nte o c ittadino ' à modo di cont 11 ogn o di . . ~ ro a rae giornaJ.me nte 1 ... con 3. ]ilr opr 1 ,. occhi . a es.... tezza ,
0
Gli omicid:l, le :ruberie ' ·1 e r apine · che ogni giornib i tedeschi vanno COÌJ.piendo sono tala che vien fatto di vergognarsi d'l. appar t enere a l .l or o s t esso gene- ' ~e umano , t a nto e ssi obbedis con o a gli ist i nti sanguinar i e brutali , cont ;i,o mgn.i l e gge non solo r e l igi osa e moral e , ma .anche sempl icement e UlJlB.1:la . Purtroppo ogni gì orno si , de von9 e onsta t are t a l i a t rocità e le segnalazioni
s on o t ante e l a brutal i t à tedesca così evidente da forn i re e t erna condanna a qu e l popolo di ba r beri . Las ciamo oggi parl a r e un marinaio, ra dì a te] sgpofis-:&ii. ma l te 2
~!\l'![,lfu~,,
iiilil~~ · b a rca t o su d i· un motopeschereccrio di slocato a Barletta, P , J.m
f a tto pri gionieTo dai tedeschi il 12 corr. e riuscito poi a)\f'uggire . Eéco, con le sue stesse parol e , qua nto egli ha. vis t o durant e i quat tro giorni di s u.a p e rmanenza a Barl e tta : ''I t edeschi disarmaron o tutti i militari che fece ro prigioni eri dopo viva resistenzà da pa rte nos tra . Tali p rigionieri venivano ac c empagnatì ver so Foggia , maltratt a ti a mano armata s enza dis t inzione tra uffic iali e Qom.ini di t ruppa, cos t r ingendoli a c amminare s empre con l e mani alzat:e, e ...1 mi-
nìmo cenno di stanche zza i s oldati prepos ti all' a ccompagna.lÌento, ann.e.ti di fucili mitraglia.tori , pistole e bombe a mano agivano c rudelment e con l e ò a ionette coipendo con queste i gomiti dei ~r~gionieri. Be11a stessa m.attinat 5\ del
1~'( s alde.ti
tedeschi s i recanno all ' ui'iicio
de~ Vigili Urbani e f a tti uscire 12 agenti che s i trovavano colà, li por'.tl:UIOJJ.O in Piazza della P (Sta e
li ucc.isero con raff iche di mi traglìatrice. depositi di viver~ dei militari e dei eivili anche la popolazione
al trasporto del:le mer-
Mc.lii voo ;J del pcpeil.e,, i t9l,i pi sQ11e+ · U ,M depositi rimasti fino a d allora ad essi
Ufleriore appello radio del 21 settembre 1943, corretto a mano da Ambmsio, che ancora stigmatizza il barbwo comportamento dei tedeschi (ree/O, segue verso) ·
237
- 2 -
I" ~ .,d'.aehi
e.
,recat8's1 B1l.a tranvia Da.r 1 - 'Barletta spaoca rono 1. vag oni
c a nti e d a coo~e 1 ohe uno di qu e at1 e ra oarico di f urlna , invii.a popolazione B11o
e:valJ,gi amento della merce , Quando si iil for-
un bel gruppo di -pe r s one (donne e b ambini compresi) f&pr1rono :Ll f uoc o su di lo:llo con r affi che' di mi trag.l ia , f a cendo par e cchi mort i e ter1t1. , Verso la popo1azione cinle i tedescb.1 hemlo a vuto un contegno da barba-
rie senza scrupoli. Siccome in cittĂ corTeva voce propaga ta de.i tedes chi , cbe avrebbero fucila t o coloro che l!t"ano milita ri e che non s i pre 7entavano al lor o Comando , .stabilitosi al. Castello, decisi di tenta re la fuga e di r aggiungere !,t:.:
'Bari a piedi" . Le conclusioni da trarre¡ sono fac ili; il programma sempl ice :
FUORI
238
]l TEDBSCHI .
Ascoltate te radiotra rni ¡on1 da
RADIO BAA sulle lunghezze d'onda dt m 28 e
di m. 47,62 agli orari go
t3
egu
dell' E. L A. R.
Cercate di comunicare con qualunque mezzo col territor o f be o
Diffondete questo opusco o informate del suo contenuto q on =>Ono ancore oll' oscuro
dello v
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Propaganda per l'ascolto di Radio Bari, ripor/ata sul retro di copertina de LI' opuscolo " La veritĂ "
239
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sfa.lAta 1.a mo~J.+li 3igi+(!la, 1
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è Iol.enda a 1 }:16.Nnti tatti.
[liov8l'l?la e ço~do,-b'lltell~ llal-v-atoo • ta•
mi&lìa,ll&N-nti t~tti. Asaicu-~ di dal' ben,, a ttenda notiz•i e -
ailei.01&ra- di
8
'invia l;>àoi:0111.
é-ta;r ben11 a abbr accia la ìl!Oglia !111]Ja, 1 11~ol f-
l,aciano è Gianoerl.o a ,11 a-miei Domenic o;.1té'llo a 1ama,1e. ,.
,
aad.~U"B di star bene ed i ~ a baoi affett•os1. &llA, mog]:1-e ..... Aba.~,"'ai f~,p:i h1.orç~ e Giancarlo a:l padrti , PS-ippo e4 ~ ··,
Annunci per la 1rasmissicme Notizie a casa, preparati dal Comando XXXI Brigala Costiera ( recto, segue verso)
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COMANDO XXX! BRIGArA C03TIERA I s e g • ent1 militari aos1carano di star bene e atte ndono notiz1e.9e rg. lata«&· Zampino lfioola aal•ta la mamma Rosina , 11 f ratello Gerardo, la sorella Maria e Paeq•alilla residonte a :ita:ro y,11., oano ( Potenze ) 3ergan'te Pa• d1oe !Jario sal11ta ~ la mamma e 11 babbo, la sorella Marta con ?a~~Wl~w o 1 bimbi , il fratello kaffa!il e con la mo~iQ residente a S.Giorgio a Cremano (Wa,POli) Oap.I4a gg. Pal•mbo Carma:J.o aal•ta il padre Filippo, la mamma Teola , l a so• r ello Oiaeoppina, Vunorina e Angalino e pa.rent1 tatti rQsident1 à&a A&!!:!? (Rnna ) !'ante Amato Valen-çino salate la mamma Ldgie , la mogl.u Ce.L'u11ùlJ..u & .u bimbo Aut oni110, lo sorel le Giovanna, Tommasina, Gia eepp1na, Antonina e Sebastisnina , 11 fratello Filippo re s idente o Boroollonn (Messina} ?ente Bonailnorw Tiniùro salata 11 peòr G Salvetore, la meJillil8 Conc etta, l a moglie Jiallanzieta, · i f r atelli N• nzio e Giaaeppe, le sorelle Ant onina e Fabiana n = aic1en t9 a Patti (Meeeine) Carabinier e Laci a.no Gerardo- aalQta i genitori , le sorelle e il fratello Gia.nn1no reeidonta e S . Stefono éleJ. Sole (Ave l.lino) Umberto - salata la lllBmma Ao1alia, il !.(:ld1'11 Gi\\a11pJ;l,l , la moglie Fiora. i figli Ron~o . lìlarlnella, 11 fratello Ln,!1 e c ognata Iolanda e parenti tatti &.i GiordaDo - eal • ta i l papi. Antonio , ls me:mma Orietino, il. fratello G-• etavo e le sorella Tilla An~elo _ s ala ta l a mo~ie Aida oon ti&nne e L• ieaJ Amena~~ -= · Uarvella, 511 zii Giovanni i Marhoois, NeriD.a e ;1.44. Gianni~ i parwnti t•tti , i l frat ello Antonio, 11 padre Mtt&&&&&:&&HHNr& a famiglia llll !.Jl'f. ri. le aor - ll• Att ilio _ eal• t a 11 ,Padx·e Domenlo o, la Mcttttà la1a a , • I ole e Rina , 11 f r et ello Antonio Pi,e t r o ....- s alat a 1a mamwa Laoreda , 11 padre Antonio , le sore lle Rnri oa a Anna i f rat el li Dotllilnino , G1uo e Lac i aoo · Jfello _ salata i l l)Sd~e t doardo, lo madre { ot,i ns, le eorel.1• n ella Zit a e Anna e nipoti tutti ~ liobfl.rto _ aaJ.• la macu·a OH va , i 11·a t:elli E:uzo, Alio!!!l; : ,i•"' 1 . J.:iano , gli d i Giilev µp ii e Anita ~ ~ t'atti Bi:toar• -ael ate 11 padre Lail1, la madre • A:i~ee il rratello .Uteo aslatr. 11- padre :Jhliano, la mamma o' l . - J,r t •ro le eonll• Line ' Emilia, Meri"' e 1 ar \ 1101.\llll xaa11o - ae1..ta' la mallllll8 Livia , 1-a a OI'ella Giaaew ne., a Jle )Jaria, l a f'idell aat e. Csl'lll&D d u~aato, i tzoatelli aelat a la lbamllla Fr anoea•a, il Pll re :lrio, Jvo e p&U;'&l1t i t•11ti ]lnriaa U trahllO pa4x'tl Maroo, llf mamma • 1,,. :U lf..110rella 1'a1lal.1n& n.1ao o1110, la aoJ>ella L.i.M llal'ia , il pad~ ... -na'lo 11 tn'bJl.O
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':.a lont2:1:m~2. e la g,wt~ di.'. due op.r,nesorl cb, in ::ost.ruc..E'O corwubio, te::gono ~ ,cora 'tante perte iìslla uei~tr;:,. t ~rra, nc,r. ::v.,:;z2, no i=Jie~ire cne s~esso ci giu::iga.::o uotizie ~el~e vostr~ i~prese , e sold~ti e patrioti cl:= cocba~tete s-:!.2.1~ ;J.~i per ~'oY~r~ t~::~ a.-=. nostre , per facili tare ii cc=;,ito ~i et.i - ~a.saa~1o ;,er ~e ~ ang__s~~ e col suo coa:.nde.=.en: o nel cuor~ - 02. de~er-i~12.~o èi c~cis.r~ :i~~ a: Bren::ero e o::..:'ée i ne'..'.!ici di o&'"i, '.:i i":ri, ti SS=?T<, . -
'1cT~<r:_Jtie :=ee.eli - ci Oe~t ~Yo :.. 'orgug,:.:.o ii c::i~-~rc:: ::: ::- :.~i .. --
.---:._r:essun ai'.l~O :.a.teri~~ ~:,z.sia.::3 !..-lett i, m2. e.ccs:o _§_J.!. -1 ::--:s : ·~~ i -~ 1!':-tr~, _;a !!.cs-::rE. ;,--~·,..~i.:.:::~, la ~atrtudiné s l'i=citE.:J.e~~o d~l ~o;-:-~, e~~ i= 1oi ~:~J-- :~~ ~-: i ~1oo.a-oi:i cont i ?!u.a.-:ori 'ii u::.z l::.!:5~ tr~~:.z:.o:-_: :.! ,:-:::rs, :..:: :.:-=::-e,
di glori~, che 1~ S75=t:.rra e le col~e ;c g: i
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ro~pere , ma no~ o=~sc2.re .~on è lo~t ~o il giorno in cui fo~re~o stre forz e, ?edere a~2.rrto le nodre 02.:.di::::-e . stre__, ?~sistete: per 1 • Ittliz e ;,er ; -
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Un commemo radio del 27 ottobre 1943. preparato per i militari impegnati 11ella guerra partigiana, correlto da Reisoli e approvato eia Ambrosio
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__ Y~tà ~leat ~ s.i : s~no. spt~te ,in profoiri~t~ nel eiste1:4 dif; S.l,VO; ~oit~9_ tedesc? , s1~ ~à ncC·'.!!d~te che al ç~qt;r,o; lfol s~ttqre lit~ lt"~e~ \h~iii90, t:tu tà di . rani:er~a od tanniche }!anno ogeJ!.yato c:%sa::iove. 1Wlg9 l,~ pend1d a.al Mass 1co, olue a nu::erose altur.e del eir.tlion.e . ~! ij!ftei di!fl)acci d~i fronte ~i apprende che i te4eschi ,~in vis~at1i9' ll!}.~ecia ~ loro f ianco si stam10 riti.ram1o dalle pof3fai.eni dei. ~sjq9, vçr§? i~ fi~e Gar~q;~ian?, ~ ~ieci el:!Homet;ri 1>iù .à settent r.~"' 'q_E}:; Fil! ~ or!.!. ep'te tl ere uni Ga bn.tan~uche , eocuJ.>,ata ·::eans,, av.anzan:e a; ra.g_si.f!t'~ ed ~.~ uro espugna to altre posiz i oni tèc1!ìi;ie1le. I.ta. ba~e t~a§leca i l V~:na·fiiQ ~fQV?- ora so i;i;o il ~iro delle batte.rie _pesgnti ?Ji~a,te . S;,il fi?.P.C9 de~_tw~ ·iel l a § A areata repara am~rica:ai, 11?-rino q.t$.si complet:c...a1n;: t e G0eup?,to U maaaiòcio del ~:atese. 1 1 8A armata i:@ cl;gl.torato le ~Js
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Il boliettine del Qµart i er Gea~raJ.e ~rq~rrice cgij'i!:IIlica, '1lfo.l; §~ttgte g_c ctd:enta1e del -4 "0nte deE ' Hali?- l_Iler~~iònale il necic:,, ~ at~aec..a'H) .q0n rtlevanti i0rze le. nostre Jl!:l?iZieJ'!i. S~J-_i alt rt settor~ !H,1J;9 p!)J.1.a z~.rta- ai). o·:tGst ài Qarrrg0bass0 vf è sta:tp 1J!! p1rtn?tpi g. di ~t;l.;: v,'!- tì:!, (!~ ~ t1 qi -re pari~ anglo13-!gericant 1 e~~ ~ 9 , è*e;rrato' un ai\ ae<;: ij0JaZa. pe·;r; 'a.l:tl'Q e0nsegµ1r.e aiQµn !,_uc·ceis0 . ,r • -}I~lLla spersa-notte potenti fotmaz--tQ,n~ d_~ll.a ·~~~Jt?,ff e. ila:F>J. ~\t4,zçà1½ò. l,-~ b~e ptincij}.ale _à~i riÌ~J;'!liL~nt-i ~~~9.~m.~:"i.<g.'?-{ a_!f.~-po.l:;:.; !f!>ll.9- ~'t~fl. ]??!1ir;Qeati 11l:1meros~ incend~ e 1hstr1:2;4.oq. 1'!f3:L ~ey,z1p,1.. ct.eJ2 ·.21.~~ portttaJe-. 'Jarec.ehie nan sono. state celpHe ~;.,ye-i:;i~a"~ :Q!3-l c.e.r9P· di i q~f!;C:~ ~ -~gnp ae::n~a . ~.. · .. · • RadiQ R0Il18. informa che a· pq,c4,~ cwe· ~! u1.sta.J17,a daJ.~ f-r1. -:2, ~~~Q.l]-J.}, -.J I àliiazt1me ailea~a ha s0fV0la./ta,, é!J -n~.y~ ~à ~~'Gt~ di ~ ; ;li;, -~ ~hh ~~envolta d?- un nelent.o bQ~@?,r.q.jment~i .~o~e ~'t?-L ~ }l~Jsqi~ l!!.0,dq il por·~~,. 1. ~V~.!:11ra <leHg. p,an:rena o . il.a v_2. __;a;,ia*tJ.la..e ~ ~S\1 6@5' l q_ V.J,tt}Jl!9, , . , 1 . r _ ,. ' ~ • r> . · :4: '(Ià__p} ~, a:leune unH~- della ~nl@ r;lq; ~1;_1Fa. ~=nç-a~, ~·"" ~J.~~¼ ;µi~ q:-~~ta., 42.n:te tentat~-p.::,.; _ef!.J>i-!:~_. 9bb1e~~Fl n:l goJ.h~·_,:-_ · ;~ ~i'eJl,;@,ntJ:i. ~è.~zt0ne- <àell~ 'bai;:t5':1e 7osu.l!e!'e ~aies~h;~ n01:1 ~= ::· . [é · ~v;i. ailJ;.'e<i;te di. é1e...gi,,.1J'.§~,~e !!J 1i:p10. :P~P? p_ açb.J. e.p~p:r ..:a~-_- · 'l.-èÀ'1 ~,1,,è":r.rtan,ii;.t~ Fa:Jr:i,claQJ_en,te ,. ·c·oppehQ.08:1 q0:; eei!'t-iue netili -
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Notiziario del 3 novem.hre 1943. che raccoglie anche le notizie delle radio esrere (pagina J e 2)
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~:~!~t/d. un Cons iglio di
lleg;;onza per il f i ;::;J.io sei enne dol Principe
R?,di,o Fasc io osser va oho l' arrivo a Napoli del liinist:.:o ::ac
...
1 _1-lan pr ~lucle all ' abdio~ i one del Savoia e élol Princi pe Umberto . / ~t ~ppr~~n~ ~a Radi o Fascio cbo a Cr a1 ona hanno avut o l uego
J
;e eseq1;17e nel ,,1.m~tro della Giust izia 'i'r i ngali Cu::2novo. , epentesi 111 se©:11vo o.d un a~ .;acca, ~rpoJ?lettico . Pr ima di pe.rteci paro 2.l Govern? ropubll cauo f asch·i:a co :,rn t U'L'i:o dal duce alle. fin& èel ne• o iJ i ..:oHcmbrc Tn .ngal~ Casanova ".ve-va r icoperto l a cari ca dol Fre sident.:i dvl •rribnn::.=: ' le S0ee1ab . ·. Radi o Fascio comun i ca cho l I ex :.2ini str o d0u1i affari <.-steri 1 Gal cn.zzo Ciano è ebto tratG ·i;o i n arresto e t r ado i; '.;~ allu carceri di
l
-
V0r0nc. .
La poliz i a b.2. procedut o i incHre all I arrusto del c2.po d i une banda tenor i f;tica c~i.e opera'fa presso Tiittoria . Si tratta di France, P;:,.leieri , il qual e: si faoeva pe.s sare da Capit:mo de::rli ar dit i 0 c~a fa= sci s ta per meglio p0rp0trar e i :forti cr:ntr0 la popot1.zi on0 . All ' atto de lla cattura gli 6 ,.u o s t ati trovati indosso ero s:;io sommo ài éb:.1aro o~ un chilo di ore, ~adio noma co!'luni ca cho il DucG ha no0i nato capo dalln. p:ro7i n= ci2. à i t o.ra il fasèis'~a ·r inconz.o Sorrentino ,
B 1 1 0.'.N I I n Iugoslavi2., col onne t ed0!3che a sud di 8P.l;jtivo oorro st.:..to a.t~'i.eçr..:to 0- n.'ri: i.a.mente ,Jeo,i:fii;t-to dai,i.patti o:t i , ,.La for.rovi<'. Z2.:~abr:i:>. ~· BudaF0st ?: s tafr. interrot ~a i n più punt i. Rcp~.di di patrioti h~n.10 cie cupa te ili pre·sidio btils .:aro di Svirlig a nord ove st di ·Wi r. ch. e~ he.u.:o tagì ~.a..t0 llla.. st:rada :foifr e..Jci3.· tFa 1Hoch e la f vo,1-tiora b1:1l gar.-,.. H·.;o.cch1 bdoschù. d.n .Bosnia o noil: .font enegro sono ,;ta'Ei · r espinti.
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SEGRETO
\1..LflN ll/\l
P . J.i • 1 51 - 24 Jiovombre I94 3
Uù ioj.~ Qperazion.1 P ROLCiOlU Pira L ' zr·c . Oltt:Z~;tJ.. 1 ° Aiutante d1 r.Jllpo di
s.1..a. n
?r1n.-
c1-pe d1 E it!Uol'!te O G G B T ? O: Fn1ea n ot i zi ~.-
Da r n.dio Dari si é n-rute asaiourozione d1 ~ipetu..te trasaissioni, e co..iinciare dal. 22, del aegu.ente notiziario , 11
Me
,
Le. r e dio fasciata ba aegn.a.lato come dietru.t1:i i ba tt-agiioni univ.:rsiteri reeitlenti in Puglia. La notizia é destituite da o~ i fondruc_ent o2 i bett~ li.2, n1 univareitari s ono in~otti e d a ttendono ~on ansia l ' ora in cui s arenno chlrun.cti a reoere il loro coctribut<> el..la
llberezione della ? 2.tria dai tedeschi •. !e.nto ai comunica, ! n r a:azione al.ln ricb.!os~a
V. E. d ' ordine
ll ~en . Col. di S. M. Capo UL~ . OperaziOJli
(F . J el lano)
Una pa1:i11 a di "1:uerra " alla radio, per controbattere fa falsa propaganda fascista
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22/2/4-4 . Jlel 111,1.0 d1 11oor110 ,d Com011i , 1.l Primo hl1J1l11tr0 hrie tnn.nioo W!S'OON OIIUtWHlLL
1111
rif11rito cht: :" ..• nll ' •1bto dt1l:
l'a?"mi11tl l\io ln Mnri nn ltnl i•~no non 1o1.in:ll,1 ,•.rri-vi r.i.Doh.l e pe..-
riooli Qbbedl agli o rdini dul ùovc1rno ed orci ol.~r o 1 00 n'l=
vi da guerre oollt\bornno prt1 e.i. 01o11men t1:1 con lu !or7e ulle nt11
nel llled.itdrr nn,io e null ' Atlimtlco . Jnoltre tutte la fo.rr.o armett! terre11tr i ed wn·ee , libere dnl t odo1101J.i ,obbedirono agli ordini del ùoverno Bndogllo . Forze 'l r mnbe Jtr:illru1e 11'111110
oombat tuto fianco n fianco con le forzu alle ate e , ro.glgrutlo abbiano w.bito in duri comb,1ttlm.:into pe.rdit1:1 olevaLa , conti= nuana a rimnne re ol no11tro fiunoo . Contributo dl mar~ioru
en'ti tà viene ti" to dalle for:itl nrma te Italinne che rondone indl11pen11ebili u1:1rvi~i nel.l ' intel"no de l Pue11e , Tro11mt!11110 du ttaùio Londra . (Lo Gnzzett"I òel Me z zogiorno n. ! 5 del 24/2/I944
23/2/4 4 o\ 11u1:1 vol tu il colonnello Steven& ha detto : " Centc
navi da guerra italiane pnrtt1cipano tùle 011er~1r:ioni n1w a li delle Na r.1on1 Unite nel r.!t:rdltu rr·meo e n ell ' J\tl imtico . Trup= pe italiane 111 bottono al f r onte acci1nto l'llle l.ruppd Alle'l•
te e rimangono sul po11 t o di 001Ubattlmen to mnlg r •1d o le gr a = vi perdite iiublte •.For mazioni militari itnli<mll di gran lun= ga p:iù numero11e , rend ono &ervizi lndi&pens·ibili nello retrcvie All.eate e g ll svlHtori l tulioni sono ri t.or1111ti in ·, ~c lone
contro l Tede 11ohi . ~uo11to
~
il riconoucimento d11to ~pecl f i=
c a temente oggi da 'N l11 tìon OllUJtCllILL allo for ze mll. i tari dol= l ' ltalio ohe i.i bottono per lu llber11done d ol domiui o d,H100
e oontri bui soono u1 r ne t i ung lmtinto d1.11l
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alleata iD l:lu.ropa" Tra11me11110 dr;i 1t•1dio Lonlilrn 4\'tl' il 23/2/44
(L u Gaz. v.et'tn de l Uez:-:og iorno n . ~'> del 24/ 2/ ·l<
21/~/4,.4. Il gio.rnule ev 1 l'.rio rn " ll•1u1or Nnoil.r1 chte11" oomuni,n, ohe la popolnP.ione dl ttoma t\t ~•'uò., rin11JoRRllldH'L" 1 ·1 \•1 Ltol'l11
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l\ I
Stralcio di un notiziario delle trasmissioni radio estere, pubblicale sui giornali
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~ STATO
MAGGIORE GENERALE UFFICIO rNFOR.MAZJONI
BOLLETTINO INFORMAZIONI (Allegato Stralcio Radio e Stampa)
N. 505
2 O MAR ZO 194 5
Coper1ina del hollelfino di informazioni pubblicato a s1ampa nel 1945, con i notiziari radio i1aliani ed esteri
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Jtalia. 11
Sui ifuib:n1ii dalla, quintiru
llid flzioni dii ;m1rliugli0 o.
0
dol}:lolih0i'Vio, o.rmmb~ 1'o.t'Mm1rìì, si è limit1l)li,Di (Agen~irL N. N. U.)
11 Nell'lt0,li~ oentra,le le noS·blt:e ln:u,p:pe b,wnno ~esiifot()}' in ~ii ~o;rµJlJRlt? men.ti .ra.vvioiruiiti iJnnbato, oemiolJ.0 noHe mo,n,til'llgm,e llìd 9west d,i :vie~a.t.o ed in Romagna o,i l:lue lati ,di Oohjgnoin 1_1 . ' C,itp,m:;fà 'f';ef/.esoa , D. N.. >{[],~)
Fronte occidentale. "~ra Reno e Saru· la 3" à,l'mo,tn i!llseguè lé lin11;ppo. tednsche 'Ì!ll 1\u!ga disordinato. ,~arso il Reno. Oltre il Nnihe è s·tinito effe.ttuatro ,l,l òOll~go.men.to f:ra due gruppi dnlla 3 11 11Tllll1tn., :isol'à .ndo 2000 tedesoh~ (bra i ;ptjg;iomeiii un ba,tt0,glione di m·bigl:i<'l'ia a,1 compleço ). k1J:ro ìùìitònhMìn.o oeou,ps.t;o Il3:t Il KTeuznach. Gli o,Ueat,i sono atto~tati sul Reno d.a. Nimega ~iB;ingan; ite,pa.-rlii nvo.:nzati ho.uno raggiunto una lcicoJj llll, a 20 km. a~ Mri.g:on0n,. L.OJ 7 11 a.)nnp.ta 11,-vo,nz11 verso nord nelle òifoso della Sigf-rid.o a;i cotdìnì del FwlatrtuLtlo. L'Alsazia ò compJotamonte liberaita. La testo, &i ponte il.i iRèi:nage:ru è a,'trupliatn. tanto a, UOl!d ( occa;pa,zione cli Oqerkassel) cntllJ!ltO a. S'Udi (o!i>tttbàltfilmenti a Hamme.lstein). L'aviazione ~nttica ba oompi11t,9 700.0 voli di gu.er:.11ai1. da.n.ncggianélo e disbiuggendo 4600 -vei.coli ». (~lai:m.di~ Revien) . Ilomagen : u Secooélo gli ingegneri il pon~e Ludendo11ff è CTo1laibo ìn, seguito nll'onorme trnfiloo cho vi :passava e p ercliè un pilnstro :ni.Su111ava già clann.eggin,to. ÈJ COl'tO che i l ponte DOQ era sta,i;o costmito por il p8i$SB,gg;i:a continuo di carri e per il co.rico <.'norme che gli veniva, impo,c;to: l6 viòr~ zion.i che n e so no risultate sono sta.be l'odgine della· su a l'ovlna. Atfual'mente pn,Tecchi ponti di barche a.tlìravorsn.no ora il R.eno e sono sufficienti a,mpia,,, monto al traffico n. (.A:aonzia A. !lJ1. P.)' ~ Sul haaso Reno Ja, uosl;:ra n,rtiglieria llru ba~tu.to posizioni cli J.'Ìll8lTVlli cli materfali da ponte e pontoni. Gli a,mericn:ni ha,nno cerca.no &n.clie ie:L'i di a..ruplia,re la tesba di Poote ili Rema.gen sop11atutbo me.di niie fo.t-t.i atbaeohi con.tro i uostrl fvontri di protezione setten.trioua,.l'B ed oocid~iu\illf. Di :m-"'onte aU~ u.ccll!nlta rosistenza déllé nos(ire trruppe il nemico uan 'ha. potuti oonaeguu,a che nileune inlil ti•a,zioni su1J'm11u.oatta.d.n, Q;d esb e& a. no11d~est dii Ho:nnl
"
- 20 -
Una pagina del bolletri110 precedente, con lo stralcio delle notizie radio
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PARTE TERZA
Guida alle fonti
Avvertenza Continuando un esperimento, direi anzi prassi ormai consolidata dai tre precedenti contributi prodotti sulla propaganda, termino anche questo quarto volume con la guida alle fonti, per ulteriori ricerche e studi sugli argomenti trattati. La guida, infatti, come più volte annotato, sostituisce le sterili (e spesso inutili) note a piè di pagina, e non è soltanto la segnalazione bibliografica e archivistica delle fonti utilizzate per la stesura del presente volume, ma vuole essere anche uno strumento per quegli studiosi che intendessero approfondire quei particolari aspetti, che qui vengono affrontati per le affinità o le influenze che hanno con gli argomenti trattati, ma che non è possibile sviluppare esaurientemente nell'economia del testo, per il taglio e i limiti che ogni opera deve necessariamente avere. Ad esempio, nel trattare i legami e le influenze de] fronte interno sui militari, ho accennato ai temi della politica, di particolari fenomeni delinquenziali ad essa legati, delle spinte autonomistiche, dell'impiego dell'esercito nella lotta a tali fenomeni, che vengono ampiamente affrontati nei documenti compulsati; i quali, non risulta che siano stati studiati da quanti si sono occupati de11a difficile storia politica e sociale italiana de] dopoguerra, perché rinchiusi in archivi militari e legati dalle rigide norme di consultazione dello Stato. E, forse, la loro analisi potrebbe aiutare a comprendere maggiormente
quanto avvenne nell'Italia degli ultimi anni quaranta del novecento. La bontà della guida, inoltre, al di là di qualche curiale e scontato arricciamento di naso, è stata ormai testata dai consensi ottenuti. Consensi che si sono tradotti in ambito accademico con 1' assegnazione di tesi di laurea sugli argomenti propaganda, strumenti della propaganda, morale e fronte interno; e, in editoria con l'uscita di pubblicazioni che, prendendo spunto da particolari segnalazioni dei fondi d'archivio, hanno usufruito della ricca, intonsa documentazione segnalata. Come di consueto, la guida segue l'articolazione del testo, per una più facile consultazione. Le citazioni bibliografiche sono quelle essenziali; mi scuso per involontarie omissioni, sempre possibili quando si deve fare una cernita di quanto visto e letto. Nel mio caso, migliaia di pubblicazioni. Le citazioni archivistiche sono fatte secondo le segnature in uso presso l'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito, da cui provengono la quasi totalità dei documenti consultati. I fondi archivistici, come d.i consueto, sono stati descritti sinteticamente, soltanto la prima volta in cui vengono citati, per dare a lettori e studiosi la possibilità di meglio intendere la tipologia dei documenti che gli stessi fondi contengono. Le descrizioni, quind( indicano in genere, come percorso archivistico, anche le possibili, ulteriori vie d.i ricerca e studio. 253
Storia e propaganda FONTI DOCUMENTALI
Fondo Diari Storici, registri n. 1-11. I diari storici sono i documenti ufficiali che tutti i comandi ed enti dell'Esercito, dalla grande unità complessa fino alla più piccola unità autonoma, compilano in tempo di guerra. Per il periodo fino alJa seconda guerra mondiale circa, anche alcuni degli organi centrali, ed il Comando Supremo, compilarono diari storici. Oggi diari e relazioni storiche sono redatte dalle unità che vengono impiegate fuori area. Sono cl.i fatto i documenti più importanti per la storia militare - e non solo-, perché registrano giornalmente gli avvenimenti e sono corredati da allegati, a loro volta documenti di estremo interesse, perché attestano quanto detto nel di ario giornaliero, o ne sono supporto o integrazione, o corredo corposo dj particolari aspetti degli avvenimenti (relazioni); oppure sono composti da particolari documentazioni richieste dalla superiori autorità per meglio comprendere gli avvenimenti legati alla ~uen-a e ai combattenti. E il caso che più ci interessa da vicino, perché è negli allegati ai diari storici che si ritrovano le disposizioni e le relazioni sulla propaganda, sul morale delle truppe e della popolazione civile, sulla disciplina, sulla posta e sulla censura militare, sulle statistiche di guen-a, e quanto altro che non sia strettamente legato alla pura storia delle battaglie. Le
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documentazioni più interessanti e corpose si trovano nei diari storici del Comando Supremo (poi Stato Maggiore Generale), e in quelli dello Stato Maggiore R. Esercito. La documentazione del Servizio Informazioni Militare, che solo di recente l'Ufficio Storico ha incominciato ad acquisire e riordinare, potrà certamente apportare ulteriori particolari sulla guerra psicologica condotta dal 1943 al 1945, ma ritengo che nessuna novità storiografica apporterà a quanto ho già scritto su organizzazione, organi e strumenti della propaganda, poiché i documenti essenziali sulla materia erano già custoditi nell'archivio in possesso dell'ufficio. Nel fondo dei diari storici sono collocate anche alcune miscellanee; di interesse, sono quelle dello Stato Maggiore R. Esercito-Ufficio Operazioni e dell'Ispettorato Truppe Ausjliarie, 1943-1945 (buste 4201-4236). Per la stesura del volume sono stati consultati, principalmente, i già citati diari storici del Comando Supremo (dall'agosto 1944 Stato Maggiore Generale) e dei suoi uffici, dello Stato Maggiore R. Esercito e dei suoi Uffici, del Comando Generale dei Carabinieri Reali, della 7/\ Armata, dell 'Uff:icio Informazioni, del l O Raggruppamento Motorizzato, del Corpo Italiano di Liberazione, dei Gruppi di Combattimento, delle Divisioni Ausiliarie. E, soltanto per qualche annotazione, i diari delle Divisioni di
Sicurezza Interna, che dal 1944 furono utilizzate per combattere il crescente fenomeno del separatismo e della de1inquenza organizzata nel sud d'Italia. I faldoni, o buste, che raccolgono i diari storici hanno una numerazione consecutiva e non sempre sono ordinati in raccolte omogenee per enti produttori, pertanto i diari costituiscono, archivisticamente, non un fondo omogeneo nello stretto senso del termine, ma sono di fatto una miscellanea. Segnalo, di seguito, i documenti di particohrre interesse consultati nel fondo dei diari storici: - busta 2002c, Promemoria per S.E. il Capo di S.l\11. de11'Esercito in data 18 gennaio 1945; - busta 2120, relazioni della 71' Armata sull'8 settembre 1943; - busta 2121 , contributo dell'Esercito alla guernt di Liberazione con dati statistici e riconoscimenti degli alleati; - busta 2137, comportamento degli alleati e comunicazioni dei carabinieri, 1944; - busta 2235, promemoria di Giuseppe Castellano sulla propaganda del 1O settembre 1943; - busta 2240, pubblicazione sul cont1ibuto dell'Esercito alla guerra di Liberazione; - busta 2271, relazioni attivitĂ rimpatrio prigionieri di guerra; - busta 3050, fonogramma del l 5 settembre 1943 del Reparto Operazioni del Comando Supremo sulla situazione in corso;
- busta 3050, 1ettera di Ambrosio al Capo del Governo del .18 settembre 1943 sulla propaganda; - busta 3050, lettera di Ambrosio allo SMRE del 26 settembre 1943 sulla propaganda; - buste da 4201 a 4236, carte dello SMRE-Ufficio Operazioni e dell'Ispettorato Truppe Ausiliarie 1943-1945, contenenti dati sulle operazioni, sulla disciplina, sulJa propaganda ecc. Fondo Studi, carteggio, circolari dell'Ufficio Ordinamento e Mobilitazione, registro F 4. Ă&#x2C6; una miscellanea di carte non: ordinate, che vanno dal 1866 al 1963, di _molti uflĂŹci dello Stato Maggiore e non soltanto dell'Ufficio Ordinamento e l\!Iobilitazione. I documenti sono relativi, principalmente, alla difesa, alla mobilitazione, alla costituzione e all'ordinamento cli rep[rrti. Segnalo, in particolare: - busta 324112, statistica del contributo dato agli alleati, 1944; - busta 331, circolari varie, infonnazioni, 1945; - busta 332, situazioni, informazioni, 1945; - busta 335/11-5, carte relative alle Divisioni di Sicurezza Interna; - busta 341, recupero e impiego personale sbandato. fondo-Ministero della GuerraGahinetto, registro H i . Ă&#x2C6; una miscellanea di carte non solo del Gabinetto Guerra, ma anche di altri
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Organi Centrali, di uffici dello Stato Maggiore Generale e dello Stato Maggiore R. Esercito, che vanno dal 1924 al 1945. Di interesse per il periodo della guerra di 1.iberaz.ione i documenti relativi all' ord.inamento, al morale e alla censura. Segnalo, in particolare: - busta 59/2 , assistenza ai prigionieri di guerra, novembre 1943; - busta 5916, ordinamenti del Ministero della Guerra, 1943-1944; - busta 59127, militari in particolari condizioni, 1943-1944; - busta 60/4, attribuzioni e dipendenze Organi Centrali, dicembre 1943; - busta 60/15, morale dei militari, dicembre 1943; - busta 60/22, provvedimenti di carattere sociale ed economici, 1943-1944; - busta 60131, provvedimenti per l'agr.icoltura ed i militari, dicembre 1943; - busta 60135, sede di Lecce e riordinamento uffici dello Stato Maggiore R. Esercito, dicembre 1943; - busta 60146, situazione esercito e contributo dato agli alleati, 1943-1944. Fondo Servizio Informazioni Militari, Notiziari Stati Esteri, Bollettini, 21\ guerra mondiale, registro H 3. Ă&#x2C6; una miscellanea di carte non ordinate, dal 1925 al 1958. Contiene documenti relativi a situazioni, notizie di forze armate estere e nemiche, bollettini del servizio informazioni, relazioni della censura, morale delle truppe, notizie della Repubblica Sociale Italiana. Segnalo, in particolare:
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- busta 53, forze armate alleate in Italia, 1943-1944; - busta 54/2, notizie da territorio controllato dal nemico, fine 1943; - busta 55/3, situazione economica in Italia, 1944; - busta 66, funzionari in servizio presso la RSI. Fondo Stato Maggiore R. Esercito, class(ficato RR, registro H 5. Il fondo è una raccolta di documenti che vanno dal 1878 al 1948; ess.i sono stati stralciati nel tempo da altri fondi, perchĂŠ considerati riservati e di particolare interesse storico. Di fatto, non hanno nulla di speciale, se si considera che sono analoghi ad altre carte custodite negli altri fondi; vi si trovano, ad esempio e per il periodo che ci interessa, relazioni sul morale, situazioni relative al Paese e al fronte, sul separatismo, su Cefalonia ecc. Segnalo, in particolare, i seguenti documenti: - busta 511-2, disordini in Sicilia; - busta 35, avvenimenti di Cefalonia, settembre 1943; - busta 40, notizie relative a1 CIL, 1944; - busta 47, documenti vari sull' 8 settembre 1943; - busta 50/3, relazioni mensili morale delle truppe, 1944-1945; - busta 50/4, spirito delle truppe in Campania, 1943. Fondo versato dallo Stato Maggiore Difesa, registro I 3. Ă&#x2C6; una miscellanea di carte de] Comando Supremo, poi Stato Maggiore Generale,
versato dallo Stato Maggiore Difesa nel 1962; di particolare interesse le carte dal 1943 al 1945, contenenti documenti sulle operazioni sui diversi fronti, sul fronte interno, sulla propaganda e i suoi strumenti, sulla cobelligeranza, sulla resistenza, sulla discriminazione. Segnalo le principali carte consultate nel fondo: - busta 18/3, assistenza ai mi Iitari, 1944; - busta 23/3-4, assistenza morale e religiosa, 1944-1945; - busta 48/3, situazione zone liberate; - busta 51 e 52, notizie e situazioni politico-militari; - busta 64/2, relazioni sulla difesa di Roma, settembre 1943; - busta 64/2, documenti vari sul comportamento di reparti italiani all' estero dopo 1'8 settembre 1943; - busta 64/3 , disciplina e incidenti con alleati, 1943; - busta 68/1, costituzione di una brigata ebraica, novembre 1944; - busta 72/1, costituzione di un corpo di spedizione per l'estremo oriente, 1944; - busta 80/2, statistiche reati commessi dal 1943 al 1944; - busta 90/2, difesa aerea e costiera del ten-itorio, 1944-1945; - busta 9 5/3, comportamento in linea del "Cremona"; - busta 9616, personale femminile di assistenza negli ospedali del "Folgore"; - busta 97/4, personale femminile di assistenza negli ospedali del "Legnano"; - busta 103/3, informazioni e notizie politico-militari, 1943-1944;
- busta 12113, morale, assistenza, 19431945; - busta 134/4, notizie sui sottufficiali e la truppa, 1944-1945; - busta 145, ordine pubblico 1943-1945; - busta 146/2, partiti politici 1943-1945; - busta 146/11, bollettini sul fronte della resistenza, 1944-1945; - busta 147/5, patrioti, notizie giornalistiche, 1944; - busta 153/7, assistenza per la Divisione "Garibaldi", 1943-1944; - busta 155/3, situazione della Divisione "Garibaldi", 1944; - busta 162/1, notiziario prigionieri di guerra, 1944-1945; - busta 164/8, visita ai campi prigionieri di guerra, 1944-1945; - busta 165/2, assistenza ai prigionieri di guerra, 1944; - busta 17015, assistenza ai profughi, 1943-1944; - busta 17113, Circolare del Comando Supremo del 19 settembre 1943, propaganda fra le truppe; - busta 171/3, promemoria di Taylor a Badoglio sulla propaganda 15 ottobre 1943; - busta 17113, pi,mo di propaganda del PWB, 1943; - busta 17114, propaganda tedesca e fascista, 1944; - busta 17212-3, propaganda antimilitarista e disfattista, l 944-1945; - busta 172/4, propaganda attraverso notiziari, 1944-1945; - bustĂ 194/3, informazioni SIM, 19431944; - busta 235/1, viveri per le forze armate, 1944.
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Fondo Studi particolari, registro L3 .Raccolta di studi, documenti vari originali e non, di varie epoche. Nel fondo è possibile trovare di tutto, da relazioni di avvenimenti bellici, a saggi, a copie di giornali, a articoli di stampa(corrispondenze di guerra censurate), a disposizioni sulla propaganda, a circolari. È un vero pozzo di S. Patrizio. - busta 58, saggi vari sugli avvenimenti dal 1943 al 1945; - busta 59, studi sugli avvenimenti nelle isole delJ'Egeo, settembre-ottobre 1943; - busta 60, studi v,u·i sull'armistizio, sulla cobelligeranza, sulla difesa di Roma, sulla guerra partigiana. Fondo Stato Maggiore R. Esercito, vari Uffici, registro Li O È una miscellanea di carte degli Uffici dello S.M.R.E., dal 1923 al 1946, raccolte non per ente produttore ma, apparentemente (il fondo deve essere riordinato), per ciascun autore del documento. Di particolare interesse i documenti relativi al morale delle truppe, ai rapporti con alleati e civili. Segnalo in particolare i seguenti documenti: - busta 5/6, incidenti tra alleati e civili, 1943-1944; - busta 517, incidenti tra militari italiani e alleati, 1943-1944; - busta 6/7, incidenti vari, 1943-1944; - busta 6/8, profughi e sbandati dei territori occupati, 1943; - busta 138/10, diserzioni, denuncie, 1943;
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- busta 138/12, situazione descrittiva R . Esercito ottobre-dicembre 1943; - busta 139/2, riunione per la costituzione dell'ufficio Assistenza alla Popolazione Civile (Ufficio A.P.C.), 1944; - busta 139/10, quadro di battaglia R. Esercito nel 1944; - busta 143/6, defascistizzazione, 1944. Fondo Carteggio Stato Maggiore per La D~fesa del Territorio, registro LI 2 11 complesso documentale è una miscellanea di carte relative alla sistemazione della difesa del territorio, metropolitano e coloniale, dal 1916 al 1946. Di interesse, la parte relativa alla sistemazione difensiva nel settembre 1943, agli avvenimenti deI1' armistizio, alla situazione e alla propaganda sviluppata a favore anche del fronte interno. Segnalo, fra le principali carte consultate: - busta 48, circolari varie dello Stato .Maggiore R. Esercito del 1943 sulla propaganda e il morale. Carteggio Sussudiario Stato Maggiore R. Esercito, registro L 14 Il fondo, già intitolato Carteggio Sussudiario della Guerra, è una miscellanea di carte dal 1919 al 1946. Enti produttori, oltre allo Stato Maggiore, sono gli organi centrali e comandi di grandi unità, semplici e complesse. Di interesse sono le carte relative agli avvenimenti, all'assistenza e alla propaganda, alla disciplina, alla
censura postale. Segnalo di seguito le carte di maggiore interesse consultate: - busta 23, istituzione dell'Ufficio Benessere e Casa del Soldato, 1945; - buste 34,35,36, giustizia militare, I943-1945; - busta 39, dati statistici sui Caduti dal 1943 al 1945; - busta 47, congedamenti e avvicendamenti; - busta 49, alloggi e sanità per le forze armate; - busta 57/2, militari provenienti dai teITitori occupati, J943-1945; - busta 6114, VII Corpo d'Armata, denuncie, 1944; - busta 150, lavoratori 1943-1944; - busta 151 , richieste di ufficiali da parte alleata; - busta 152, notizie relative al personale militare e civile 1943-1945; - busta 154/3, notizie sulla popolazione dei territori occupati, 1943-1944; - busta 160/9, bollettini di informazione sui reparti italiani, 1944-1945; - busta 162/2, servizio presso i Centri Alloggi e Posti di Sosta, 1945. Fondo raccolta circolari vari TA:ffici, registro M7 Raccolta delle circolar.i prodotte da Organi Centrali, Comandi ed Uffici, da] 1910 al 1990. Oltre alle circolari, è possibile trovarvi altri tipi di documentazioni, eIToneamente inserite, come documenti della censura, relazioni di avvenimenti e battaglie, situazioni città liberate, ecc. Segnalo i principali documenti consultati:
- busta 223, circolari dell'Ufficio Assistenza, Stampa e Propaganda, 1943-1945; - busta 278, bandi, proclami, ordinanze, 1943-1945; - busta 313/4, documenti vari situazioni città liberate; - busta 313/4, eccidi compiuti dai tedeschi, violenze alleate; - busta 403/2, formazioni ed organici Gruppi di Combattimento. F ONTI BIBLIOGRAFICHE
Avvertenza. La produzione bibliografica per la storia militare del periodo 19431945 è smisurata, gran parte è però rielaborazione desunta da opere già esistenti, di testimonianze personali, di tesi a volte strumentali, e non frutto di ricerche e analisi di documenti di archivio. Le segnalazioni successive si basano su scelte che ho operato; scelte, che come tali, possono essere sempre sottoposte a critiche e verifiche. Ad ogni buon conto, ho privilegiato in particolare, per la storia degli avvenimenti, dell'esercito e delle operazioni belliche, la segnalazione delle opere edite dall'Ufficio Storico, dalla Commissione Militare di Storia Militare, o di quelle redatte sulla documentazione degli archivi militari, perché certamente son.o le più attendibili in materia, in quanto.fì'utto di ricerche su fon.li primarie. Segnalo, di seguito, tali opere. Ho seguito anche per Le altre materie, .fin dove era possibile, gli stessi criteri.
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Opere edite dall 'UJ1ìcio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito:
Autori Vari, La Guerra di Liberazione. Scritti nel trentennale, Roma 1973. Opera celebrativa, con scritti vari, tra cui si segnalano quelli relativi alle operazi.oni delle unità italiane. Autori Vari, L '8 settembre 1943. L'armistizio quarant'anni dopo, Roma 1983. È la raccolta degli atti di un convegno. I vari contributi del volume affrontano le problematiche diplomatiche, politiche e militari dell'armistizio e dell' 8 settembre. Bartol.ini A.-Terrone A.,/ militari nella guerra partigiana in Italia, 19431945, Roma 1998. Narra la nascita della guerra partigiana, con la sintetica descrizione degli avvenimenti nelle varie regioni d'Italia. Riporta l'elenco dei militari decorati, della massima decorazione al valore, per attività partigiana. Bovio Oreste, Storia dell'Esercito Italiano 1861-1990, Roma 1996. È una storia sintetica dell'esercito, che per la parte relativa al 1943-1945 fornisce una panoramica degli avvenimenti. Brignoli Marziano, Raffaele Cadorna, Roma 1981 . L'opera è divisa nei vari momenti, coITispondenti agli incarichi ricoperti dall'ultimo dei Cadorna nella storia 260
d'Italia; di particolare interesse l'opera da luj svolta come comandante militare del Corpo Volontari della Libertà e quale Capo di Stato Maggiore dell'Esercito. Conte Giuseppe, Il Primo Raggruppamento A1otorizzato, Roma 1986. Nuova stesura (la prima versione è del 1949) della storia della prima unità de]l 'esercito che combattè affianco agli alleati a partire dal dicembre del 1943; nell'opera sono approfonditi gli aspetti politici e diplomatici che portarono all'approntamento dell'unità e alla cobelligeranza. Crapanzano Ernesto, I Gruppi di Combattimento, Roma 1973. È l'opera che riassume 1'attività dei gruppi nella Guerra di Liberazione, dalla loro costituzione alla fine de11a guerra. Fasanotti Enzo, Bibliografia della seconda guerra Mondiale, Roma 1980. Opera bibliografica, che riassume precedenti sette volumi .in 1.nateria, arricchita dalle pubblicazioni uscite all'epoca della stampa sulla guerra di liberazione. Lanfaloni Antonio, L 'azione dello Stato J\1aggiore Generale per lo sviluppo del Movùnento di Liberazione, Roma 1975. È l'unica opera che descrive in modo sintetico, ma esauriente, l'attività
svolta dai militari italiani con l' OSS britannico per la guerra partigiana, con resoconti delle missioni inviate nel nord Italia. Loi Salvatore, / rapporti fra Italiani e Alleati nella cobelligeranza, Roma 1986. È un'opera poco nota, ma di grande interesse per la storia nùlitare, politica e diplomatica dei difficili rapporti che si instaurarono fra italiani ed anglo-americani dal 1943 al dopoguerra. Loi Salvatore, La Brigata d'Assalto Italia, Roma 1987 È la difficile storia di una delle unità che openuono nei Balcani, affianco agli iugoslavi, redatta anche sulle carte del suo valoroso comandante, la Medaglia d'Oro al Valor Militare, Sottotenente Giuseppe Marras. Lollio Luciano, Le unità ausiliarie dell'Esercito Italiano nella Guerra di Liberazione, Roma 1977. È la storia delle Divisioni ausiliarie, e dell'attività logistica e bellica da esse condotta dal 1943 al 1945, con interessanti grafici statistici. Moscardelli Giuseppe, Cefalonia, Roma 1945. Descrizione dell'eccidio subito dalla Divisione "Acqui" a Cefalonia dopo 1' 8 settembre 1943, per essersi opposta ai tedeschi; circa 5.000 fra uffic.iali e soldati furono trucidati a gruppi.
Rovighi Alberto, I militari di origine ebraica nel primo secolo di vita dello Stato italiano, Roma 1999. Fornisce interessanti note sui militari di origine ebraica e sugli avvenimenti che li coinvolsero nel periodo di interesse. Scala Edoardo, La riscossa dell'Esercito, Roma 1948. .È una delle p1ime opere che, avv;:ùendosi dei documenti d'archivio e non di memorie personali, descrive le vicende dell'esercito dal 1943 al 1945. Schreiber Gerhard, I militari italiani internati nei.campi di Concentramento del Terzo Reich, Roma 1999. È la dolorosa odissea dei circa 800.000 militari italiani catturati dai tedeschi nei vari scacchi eri operativi e internati nei campi di prigionia tedeschi. L'opera è redatta sui documenti degli archivi custoditi in Germania, e dimostra come era già stata preventivata e predisposta la cattura delle unità italiane prima dell'8 settembre, con una minuziosa ricostruzione degli avvenimenti. Stefani Filippo, Storia della dottrina e degli ordinamenti dell'Esercito Italiano, vo1. III, tomo 1°, Roma 1995. Nel volume III della sua esauriente opera Stefan.i dedica una ampia parte alla guerra di Liberazione, analizzandone con oggettività tutte le problematiche, da quelle politicodiplomatiche a quelle strettamente tecnico-militari. 261
Torsiello Mario, Le operazioni delle Unità Italiane nel settembre-ottobre 1943, Roma 1975. L'opera descrive gli avvenimenti dal1'8 settembre 1943 nei vari scacchieri operativi e la sorte subita dalle unità dell'esercito; è fondamentale per comprendere il dramma vissuto dall'istituzione militare e dai suoi uomini all'indomani. dell'armistizio.
Segnalo, inoltre, i seguenti saggi contenuti nella collana Memorie Storico Militari, intitolata dal 1984 Studi Storico M'.iJitari, edita sempre dal!' Ufficio Storico: Mazzetti M., L'armistizio con l'Italia in base alle relazioni ufficiali angloamericane, in Memorie Storico Militari, Roma 1978; Lombardi G., Il generale Umberto Utili nella Guerra di Liberazione, in Memorie Storico Militari, Roma 1978; Cruccu R., Il contributo delle Forze Armate Italiane alla resistenza all'estero, in Memorie Storico Militari, Roma 1979;
Graziani M., Il ritorno dal Montenegro: il rimpatrio, in Studi Storico Militari, Roma 1985; Basso A., L'armistizio dell'8 settenibre in Sardegna, in Studi Storico Militari, Roma 1985; Zavattaro A., Diario dall'8.9.1943 al 18.3.1945, in Studi Storico Militari, Roma 1986; Frattolillo F., Elenco generale cronologico delle leggi, regolamenti, decreti, disposizioni e circolari relative allo Stato Maggiore Generale ed allo Stato Maggiore dell 'Esercito, 2/\ parte, in Studi Storico Militari, Roma 1986; Amati G., Grecia 1943-1944. Dal presidio di Tembi della "Pinerolo" alla banda dei diciotto, in Studi Storico Militari, Roma 1987; Schierano S., Situazione delle truppe italiane nell'isola di Creta dopo l'8 settembre 1943, in Studi Storico Militari, Roma 1988;
Sierpowski P., Il contributo dei polacchi alla liberazione d'Italia, in Memorie Storico Militari, Roma 1979;
Scarpa E., Il reggimento di fanteria speciale nella guerra di liberazione: relazione del comandante G. Scarpa, in Studi Storico Militari, Roma 1989;
Fiore F., L'Esercito Italiano difronte alla guerra di Liberazione, in Memorie Storico Militari, Roma 1982;
Ruffo M., Considerazioni sulle battaglie di Cassino gennaio-maggio 1944: la guerra in montagna, in Studi Storico Militari, Roma 1991;
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Pelagalli M., Badogliani e Repubblichini in Romania dopo l'8 settembre 1943, in Studi Storico Militari, Roma 1992; Paoletti C., Un 'operazione riuscita: Corsica settembre 1943, in Studi Storico Militari, Roma 1999. Si segnalano ancora, perché la stesura
delle opere ha richiesto ricerche condotte in gran parte sui documenti degli archivi militari, i nurnerosi con.tributi contenuti negli Atti dei convegni "L'Italia in guerra", pubblicati dalla Commissione Italiana di Storia lvlilitare, a partire dal 1990 in poi. in. particolare, quelli relativi agli anni 1943,1944, 1945; qui indico soltanto i miei contributi:
della Volpe N., La propaganda e l'Esercito, in "L'Italia in Guen-a-11 Quarto Anno-1943", Atti del Convegno della Commissione Italiana di Storia Militare, Roma 1993. della Volpe N., Il problema degli arruolamenti. Volontari, cooperatori, leva, in "L'Italia in Guerra-.11 Quinto Anno-1944", Atti del Convegno della Commissione Italiana di Storia Militare, Roma 1994. della Volpe N., I soldati della R.S.1. e la loro sorte, in "L'Italia in guerra-Il sesto anno", Atti del Convegno della Commissione Italiana di Storia Militare, Roma 1996.
Opere edite da altri Enti o dall 'editoria privata
Aga Rossi Elena, L'inganno reciproco. L'arniistizio tra gli italiani e gli angloamericani del settembre 1943, Roma 1993. L'opera di Aga Rossi è fondamentale per comprendere come i .rapporti fra italiani ed anglo-americani, dunmte la guerra di Liberazione (o Campagna d'Italia), furono basati sulle illusorie convinzioni dei primi e sulle più realistiche determinazioni dei secondi: un "inganno reciproco", appunto, dove gli assi nella manica non erano certamente in mano italiana:. Amoretti G. (a cura di), La retazione Cadorna sull'opera dello Stato Maggiore dell'Esercito (8 settembre 1943-31 gennaio 1947), Salerno 1983. Edizione critica della relazione Cadorna, eia confrontare con la biografia di Raffaele Cadorna pubblicata dall'Ufficio Storico. Apollonio Renzo, La Divisione da Montagna "Acqui" a Cefalonia e Cm:fù, Torino 1986. Uno dei protagonisti della tragedia di Cefalonia, che dovette difendersi da accuse al termine del conflitto, descrive i dolorosi ma gloriosi avvenimenti e l'eccidio subito dalla "Acqu.i" per la resistenza opposta ai tedceschi. Baldissara Luca (a cura di), Atlante Storico della Resistenza Italiana, INSMLI, Milano 2000. 263
Opera unica nel suo genere, è di estrema importanza per lo studio storico geografico della resistenza e per conoscere la disseminazione delle bande e l'attività partigiana sul territorio. Bartolini Alfonso, Storia della Resistenza italiana all'estero, Padova 1965. Una delle prime opere scritte da un protagonista sulla storia della resistenza opposta, soprattutto nei Balcani, dai resti delle Unità italìane rimasti all' estero e sfuggiti alla cattura dei tedeschi. della Volpe N icola, Gli avvenimenti militari in Toscana nell'agostosettembre 1943, in "1943. Nasce la resiste nza", atti del convegno di Piombino, 22-23 aprile 1994, Piombino 1995. Il contributo analizza la situazione dell'esercì to alla vigilia dell'armistizio, le reazioni ai tedeschi, gli avvenimenti in Toscana. Ferratini Tosi F., Grass G., Legnani M. (a cura di), L'Italia nella Seconda Guerra Mondiale e nella Resistenza, Milano 1988. Opera generale, edita dall'Istituto per il Movimento di Liberazione in Italia. Lombardi Gabrio, L' 8 settembre fuori d'Italia, Milano 1966. Uno dei protagonisti descrive con tecnica memorialistica e giornalistica, 264
ma gjà in una dimensione storica, le vicissitudini degli italiani all'estero dopo l'armistizio. Longo Luigi, Un popolo alla macchia, Roma 1964. St01ia della resistenza scritta da uno dei massimi responsabili del Partito Comunista Italiano. In molti punti l'opera è asettica, come l 'impreparazione del partito agli eventi dell ' 8 settembre; interessanti le cifre che Longo fornisce, che fanno ascendere le formazioni partigiane a poco più di centomila combattenti, prima che l'insurrezione del 25 aprile 1945 facesse contare oltre un milione e mezzo di partigiani (tante le pratiche di riconoscimento avanzate nel dopoguerra). Lops Carmine, Il messaggio degli IMI, Roma 1971. Uno degli ottocentomila internati italiani narra la dolorosa odissea nei campi di concentramento tedeschi. Mafai Miriam, Pan.e nero. Donne e vita quotidiana nella seconda guerra mondiale, Milano 1998. L'opera descrive con analisi acuta la dura guerra che le donne italiane dovettero combattere, per proprio conto, per la sopravvivenza quotidiana delle famiglie, abbandonate dallo Stato e in mano al mercato nero. Mercuri Lamberto, Quarta Arma: 19421950. Propaganda psicologica degli alleati in Italia, Milano 1998.
Mercuri fa la storia della guen-a psicologica spiegata dagli angloamericani in Italia, per abbattere il fascismo, per vincere la guetTa, per opporre un "muro" al comunismo nel dopogue1ra. Ministero dell'Italia Occupata, l C.L.N. nell'Alta Italia. Formazione e Funzionamento, Istituto Poligrafico dello Stato, Roma 1945. È un opuscolo sull'organizzazione ed il funzionamento dei comitati di liberazione nazionali. Rochat G.- Venturi M. (a cura di), La divisione "Acqui" a Cefalonia Settembre 1943, Milano 1993. Scritta ne] cinquantennale dell' eccidio di Cefalonia, su documenti d'archivio e testimonianze, Rochat e Venturi ricostruiscono i tragici avvenimenti nell'isola. Shepperd G. A., La campagna d'Italia 1943-1945, Milano, 1975. È l'opera più documentata e obiettiva (all'infuori delle relazioni ufficiali degli Stati che combatterono con i loro eserciti in Italia), scritta da uno storico non italiano sulla guerra in Italia.
Sorelli Carlo, lviontelun.go, in "Rivista dell'Istituto per la storia della resistenza di Brescia", Brescia 1998. Torsiello Mario, Settembre 1943, Milano 1969. l1 generale Torsiello fu uno dei protagonisti dell' 8 settembre; a questa prima narrazione di quegli avvenimenti, seguirà un'opera molto più documentata sull'opera dell'esercito nel settembre-ottobre 1943, già citata nelle pubblicazioni dell'Ufficio Storico. Viazzi L., Taddia L., La resiste,:iza dei militari Italiani all'Estero-La Divisione Garibaldi in Montenegro-SangiaccatoBosnia-Erzegovina, Roma 1994. L'opera fa parte di una serie di volumi che il COREMITE (Comitato per la Resistenza Militare Italiana all'Estero), istituito dal Ministero della Difesa negli anni novanta, curò per testimoniare esaurientemente, su documenti d'archivio e memorie o diari dei protagonisti, quanto gli italiani in uniforme fecero sui fronti esteri per abbattere il nazismo. Di interesse, nella stessa collana, il volume sugli avvenimenti in Albania curato da Massimo Coltrinari.
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Cartoline, posta militare, censura FONTI DOCUMENTALI Fondo Diari Storici, registri N 1-11. Fondo citato - buste 2232 e 2233, documenti relativi alla censura postale, di.\posizioni e norme, 1945. Fondo Ministero della GuerraGabinetto, registro H l. Fondo citato - busta 60/5, Direzione Postale 7/\ Armata; - busta 60/36, riattivazione servizio postale e censura, 1943-1944. Fondo Servizio Informazioni 1\1.ilitari, Notiziari Stati Esteri, Bollettini, 2/\ guerra mondiale, registro H 3. Fondo citato - busta 54/1, notizie della censura, novembre 1943; - busta 81/5, relazione della censura, 1945. Fondo versato dallo Stato Maggiore Difesa, registro I 3. Fondo citato - busta 31, censura, 1943-1945; - busta 15715, servizi postali, 19431945; - busta 158, servizio posta militare, 1944-1945; - busta 164/1, servizio postale prigionieri di guerra, 1944.
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Fondo Studi Particolari, registro L3 Fondo citato - busta 55, corrispondenze e conispondenti di guerra 1940-1945. Fondo Stato A1aggiore R. Esercito, vari Uffici, registro Li O Fondo citato - busta 5/5, lettere censurate, 19431944; - busta 6/4, norme sulla censura, 19431944; - busta 136/5, servizio di posta militare. Fondo Carteggio Sussudiario Stato Maggiore R. Esercito, registro L 14 Fondo citato - busta 62/2, VII Corpo d'Armata, servizi postali, 1943-1944; - busta 156/4, lettere di prigionieri di guerra, 1944; - busta 157/3, timbri di censura, 1944; - busta 159/1, lettere censurate, 1944I 945; - busta 161/4, servizio postale e censura, marzo 1944. Archivio lconografĂŹco. Ă&#x2C6; costituito daijo~di iconografici (cartoline, fotografie, calendari medaglie, manifesti ecc.) dell'Ufficio Storico, che si sono formati nel corso di decenni, a partire dagli anni sessanta del novecento. /nizialmentefurono acquisite grosse collezioni, fi¡a cui quella di cartoline della Biblioteca Militare Centrale
(i 5.000 pezzi circa), la collezione Camurati (5. 000 cartoline), la collezione fotografica Giraud (oltre 30.000 pezzi, comprese alcune migliaia di fotografie databili intorno al 1860). Successivamente, i fondi si sono arricchiti con raccolte di calendari, medaglie, e militaria varie. Purtroppo, non sarà mai possibile ricostruire nell'interezza la storia delle acquisizioni che oggi hanno fatto dell'archivio iconografico dell'Ufficio Storico uno dei più importanti (se non il più importante) e consistenti per qualità e quantità (un complesso di oltre 500.000 pezzi) d'Italia. Infatti, negli anni settanta, negli scantinati dell'Ufficio furono rinvenute una decina di casse con decine di migliaia di fotografie, cartoline, e alcune centinaia di calendari e manifesti, di cui nessuno potrà mai scriverne la provenienza e le vicende. Perché a rinvenirle fui proprio io (ero stato da poco assegnato ali' Ufficio), e, per quanto abbia cercato - e per anni - , nessun documento, nessun appunto, nessuna annotazione è stato mai possibile trovare sull'arrivo di quelle casse all'Ufficio Storico e sulla loro storia. Fondo Cartoline Militari Il fondo è costituito da circa 30. 000 cartoline, ripartite in due grosse collezioni: La collezione derivata da quella principale della Biblioteca Militare Centrale, ed arricchita negli anni con acquisti e donazioni, ordinata in una cinquantina di album in continua crescita; e la collezione Camurati,
ancora oggi custodita negli album originali in cui fit acquisita. - album 8, 12, 17, 35, cartoline illustrate edite dai reggimenti in vita durante la guerra di Liberazione; - album 56, 57, 58, 59, 60, cartoline edite dall e grandi unità costituite dal 1943 al 1945; - album 78, cartoline in franchigia edite dal 1943 al 1946-, - album 80, 81, cartoline di propaganda dal 1943 al 1945. FONTI BIBLIOGRAFICHE
Le pubblicazioni indicate di sesuito sono circolari normative sulla censura e sul funzionamento della posta militare dal 1944 al 1945. Sono di d{fficile reperimento presso le biblioteche nazionali, ma sono disponibili presso la Biblioteca interna dell'Ufficio Storico dello Stato 1\1aggiore dell'Esercito. Stato Maggiore Generale, S.I.M., Norme provvisorie per l'organizzazione e il funzionamento della censura di guerra, Ispettorato Censura Militare, P.M. 135 (Roma), 1944. Stato Maggiore Generale, Ufficio Informazioni, Norme per l'organizzazione ed ilfunzionamento della censura di guerra (N.C.G.), I.spettorato Censura Militare, P.M. 3800 (Roma), 1945. Stato Maggiore Generale, Ufficio Infonnazioni, Elenco dei soggetti di
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rilevante interesse per il servizio di censura, Ispettorato Censura Militare, Roma, marzo 1945. Stato Maggiore Generale, Ufficio Informazioni, Direttive e delucidazioni sul servizio di censura, N. 1 e N. 2, Ispettorato Censura Militare, Roma, aprile 1945.
Opere varie, disponibili in commercio o nelle biblioteche nazionali. Cadioli B. - Cecchi Aldo, La posta militare italiana nella seconda guerra mondiale, Stato Maggiore dell'Esercito-Ufficio Storico, Roma 1991. L'opera, redatta sui documenti d'archivio dell'Ufficio Storico da due noti specialisti di posta militare, fa la storia della posta militare e della censura dal 1940 al 1945. Contiene interessanti pezzi di franchigia del periodo 1943-1945. della Volpe Nicola, Cartoline Militari, Roma 1983. Opera generale sulle cartoline militari, storiografica ed iconografica, edita dall'Ufficio Storico dello SME; contiene soggetti illustrati e in franchigia del 1943-1945.
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Donadei Mario, L'Italia delle cartoline 1919-1945, Cuneo 1978. Opera iconografica, per temi, contiene alcuni soggetti dell'epoca di interesse. Fraschetti Luciano, Storia viva. La Storia attraverso i manifesti, i giornali, le cartoline, voJ. VIII, Roma 1989. Fraschetti, battendo a tappeto archivi italiani ed esteri, ha messo insieme 10 volumi con riproduzione anastatiche di giornali, manifesti, cartoline, che coprono l'epoca dalla conferenza di Versailles ali' atomica di Hiroshima. Opera prettamente iconografica, è però una carrellata nel tempo di quanto gli italiani lessero, videro sui muri, si inviarono per posta per o] tre trent'anni. È pertanto una fonte i11ustrata preziosa. Rizzi Loris, Lo sguardo del potere. La censura militare italiana nella seconda guerra mondiale ( 19401945), Milano 1984. Rizzi esamina le corrispondenze censurate dagli apparati politici della censura per scoprire l'animo degli italiani in guerra. È un'opera pregevole, ma a volte a tesi preconfezionate.
Fotografie e cinematografie FONTI DOCUMENTALI Archivio iconogrqfìco Fondo fotografico Il fondo fotografi,co è costituito da oltre 300.000fotografi,e, ed è in continua crescita. È ripartito in tre grosse collezioni: - una miscellanea ordinata in album con categorici, in cui è difficile però individuare gli enti produttori, fatta eccezione per alcune fotografie eseguite dai fotogrc{fi militari e dall'Istituto LUCE; - una raccolta di raccoglitori e album ordinati anche essi con categorici (provvisori), infase di riordino; - alcune decine di migliaia di.fotogrqfie, inserite nelle memorie e nei diari storici, da cui ovviamente non vengono tolte, non catalogate ma schedate. È un fondo preziosissimo, costituito da fotogrcffie spesso uniche ed eccezionali; fra esse, alcune fotografie dei Risorgimento, delle prime spedizioni in Africa, del primo bombardamento aereo in Libia nel 1911. Le foto testimoniano non soltanto le guerre, ma in pratica sono uno spaccato visivo di tutta la storia, militare e non, d'Italia. Miscellanea album: - album GM2/113, centinaia di fotografie della guerra di Liberazione.
Raccolte: - codice 507: centinaia di fotografie della guerra di hberazione; nella busta 240 è custodita la relazione Zanotti, sulla sorte subita dalla Cinemateca dopo 1'8 settembre 1943.
FONTI BIBLIOGRAFICHE AA.VV., 1944. Le due Italie. Atti del Convegno Cinema e St01ia, ed. Associazione Eserciti e Popoli, Roma 1994. Contiene interessanti contributi su fotografia e cinematografia durante la guerra cli Liberazione. AA . VV., Catalogo CinematogrG;fico,
SME- Ufficio Documentazioni e Attività Promozionali, Roma 1992. Serie di filmati prodotti e/o custoditi dallo Stato Maggiore dell'Esercito, e negli anni novanta dati in prestito gratuito per le proiezioni. Tra essi, Dov'era l'Esercito, ricostruzione filmata, con spezzoni originali, de11e operazioni dell'Esercito dall'8 settembre 1943 al 25 aprile 1945, e joterviste successive dei protagonisti. AA.VV., Cinema e Storia. La seconda guerra mondiale, SME-Ufficio Rivista Militare, Roma 1990. Catalogo dei film, di guerra e non, prodotti nel corso della seconda guerra mondiale e proiettati anche per i militari. 269
AA.VV., Romagna ( 1944-1945). Le immagini dei fotografi di guerra inglesi dall'Appennino al Po, Ravenna 1983. Raccolta di foto custodita presso il Museo del Senio di Alfonsine, dedicato alla Guerra di Liberazione e al Gruppo di Combattimento "Cremona". Gli originaU sono custodi ti presso 1'Jmperial War Museum di Londra, dove sono raccolte tutte le fotografie di guerra britanniche. Fiore Ilario, La campagna d'Italia fotografata dal Pentagono, Roma 1965. Fiore presenta una selezione divisa per temi, molto bella, del]e fotografie eseguite dagli operatori statunitensi durante la campagna d'Italia. Mignemi Adolfo (a cura di), Ribelli. Immagini cinematografiche della
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guerra partigiana nel Novarese, Novara 2000. In un VHS, Mignemi raccoglie spezzoni d'epoca della guerra partigiana. Stato Maggiore Esercito-Ufficio Storico, L'Esercito Italiano nella seconda guerra mondiale. Immagini, Roma 1976. L'opera, preceduta da una sintesi storica della guerra, presenta oltre 300 fotografie dell'archivio fotografico dell'Ufficio, ripartite per fronti di guerra; l'ultima parte è dedicata alla guerra di Liberazione. Vialli Vittorio, Ho scelto la prigionia, Firenze 1975. Pregevole documentazione fotografica degli internati italiani nei campi di concentramento tedeschi, miracolosamente sfuggita ai vari controlli e perquisizioni operate dalle truppe germaniche.
Manifesti e volantini FONTI DOCUMENTALI
I manifesti custoditi nell'archivio iconografico sono pochi, come rari sono quelli che si rinvengono fra i fondi dell'archivio cartaceo. Più numeros i i volantini e manifestini, che in gran parte corredano le carte dei fondi d'archivio. Archivio Iconografico. Fondo Fotot:,0 rafìco • Fondo citato - raccoglitore FV/28, busta con volantini e manifestini di propaganda. Fondo Diari Storici, registro N Fondo citato - raccoglitore 2261, man(festo della Divisione "Garibaldi" nei Balcani. Fondo versato dallo Stato Maggiore · della D(fesa, registro 13 Fondo citato - raccoglitore 171/3, volantini di propagcmda. Fondo Studi particolari, registro L3 Fondo citato - raccoglitori 40 e 58, man(festini di propaganda. FONTI BIBLIOGRAFICHE
Le poche opere relative ai manifesti trattano in gran parte la prima parte del conflitto, ulteriore segno che, per
quanto riguarda L'ltalia, sono pochi i manifesti illustrati prodotti durante la guerra di Liberazione nel Regno del Sud. Le opere segnalate contengono, invece, un buon numero di manifesti editi dagli altri paesi coinvolti nel cm~flitto e, sempre per l'Italia, abbondanza di manifesti prodotti neila Repubblica Sociale Italiana dal solito Boccasile. Nessun opera specifica è stata possibile rinvenire su manifestini e volantini. De Micheli Mario, Man~festi della seconda guerra mondiale, Milano 1972. De Miche1i raccoglie la migliore produzione, di tutti i paesi, dei manifesti della seconda guerra mondiale. La parte più importante dell'opera è relativa al pe1iodo 19401943. Fraschetti Luciano, Storia Viva. La storia attraverso i manifesti i giornali le cartoline, op.cit. Nella pur ricca raccolta di manifesti selezionati, quelli del Regno del Sud si contano su poche dita e due sono di propaganda del Corpo di Spedizione Polacco in Italia. Petacco Arrigo (a cura di), La seconda guerra mondiale. I manifesti, vol. 9°, Roma s.d. Opera enciclopedica, con il 9° volume dedicato ai manifesti, fra cui quelli 271
editi dai vari Stati belligeranti nel corso della gue1Ta di Liberazione. Per l'Italia, in particolare per il Regno del Sud, soltanto due i manifesti riportati (esclusi alcuni stampati dai partiti di carattere politico), noti e presenti in quasi tutte le opere sui manifesti.
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Zbynek Zeman, I manifesti e la guerra, Londra 1978. Raccolta e lettura dei manifesti della seconda guerra mondiale. Ă&#x2C6; l'opera piĂš interessante, tra le poche esistenti sul mercato, ma manca di manifesti prqdotti nel Regno del Sud. ,.
Stampe. Giornali, riviste, opuscoli FONTI DOCUMENTALI
Fondo Diari Storici, registri Nl -1 I Fondo citato - busta 2259, alcuni numeri del giornale 210" Divisione, del 1945; - busta 2271, opuscoli e giornali, stampati a Johannesburg (Sud Africa) da prigionieri di guerra italiani (19431946); - busta 3021, n.14 de] giornale L 'allegro motorizzato, 20 maggio 1944; - busta 3021, discorso del Maresciallo Badoglio pubblicato sul giornale Gazzetta del 1\1.ezzogiorno del 20 settembre 1943. Fondo Ministero della GuerraGabinetto, registro H 1. Fondo citato - busta 59/4, settimanale "Italia", 19431944; - busta 60/8, articolo contro l'esercito su "Ordine "Proletario", gennaio 1944. Fondo Carteggio versato dallo Stato A1aggiore D~fesa, registro /3 Fondo citato - busta 14715, notizie giornalistiche sui patrioti, 1944; - busta 17112, notiziari stampa, 1943; - busta 171/3, n. l del giormùe La riscossa, edito il 12 Ottobre 1943; - busta 171/3, n. 1 del giornale Italia, del 4 novembre 1943; - busta 17115, discorsi giornalistici di propaganda, 1944;
- busta 197, stnùci articoli di giornali, 1943-1945. Fondo Studi particolari, registro L3 Fondo citato - busta 58/43, edizione speciale de La Spiga, giornale del Gruppo di Combattimento "Cremona"; - busta 62/3, opuscolo Al prigioniero che ritorna, 1946. Fondo Stato Maggiore R. Esercito, vari Uffici, registro LI O Fondo citato - busta 2214, raccolta bollettini stampa del 1944. · Fondo raccolta circolari vari uffici, registro M7 Fondo citato - busta 223/5, circolare per la stampa del quotidiano La Patria, con il supplemento domenicale L'Italia; - busta 408/4, circolare per la collaborazione alla Rivista Militare, 15 novembre 1944. Archivio Iconografico Fondo fotograftco Fondo citato - busta 5071543, opuscolo Ritorno alla vita civile, edito nel 1945 dal Comitato It::ùiano di Cultura Sociale. ,
FONTI BIBLIOGRAFICHE
Al contrario della bibliografia sui manifesti, carente, e sugli opuscoli, 273
inesistente, quella sulla stampa è abbastanza ricca, specialmente per quanto riguarda la storia della stampa in generale. Segnaliamo qui soltanto quella essenziale del periodo di interesse e specialistica. AA.VV., Giornali dell'ant(fascismo forlivese (1 maggiol943-9 settembre 1944), Forlì 1975. Edito dall'Istituto per la Storia della Resistenza di Forlì, è un esempio di stampa clandestina durante 1'occupazione nazi-fascista.
AA.VY., l cento anni della Rivista 111.ilitare, numero unico, Roma 1976. Edito nel centenario della rivista, è principalmente un indice degli articoli pubblicati, ma non mancano preziose notizie sulla stampa militare ed i giornali di tlincea. Fraschetti Luciano, Storia viva. La storia attraverso i manifesti i giornali le cartoline, op.cit.
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Fraschetti raccoglie le prime pagine dei giornali che riportano le notizie sugli avvenimenti più importanti, dall'8 settembre 1943 al 25 aprile 1945. Onofri Sauro Nazario, I giornali badogliani e della RSI a Bologna, Modena 1988. Lettura, anal.is.i e confronto dei giornali delle due ltalie. Pizaffoso Quintero A., Stampa, radio, e propaganda. Gli alleati in Italia (1943-1946), Milano 1989. Gli strumenti della propaganda, tra cui la stampa, utilizzati dagli alleati durante la campagna in Italia e immediatamente dopo. Roggero Giorg io, Signa[ 7940-1945: una rivista di propaganda militare, Brescia 1986. Analisi della più famosa rivista edita dai tedeschi per le proprie Forze Armate.
Radio FONTI DOCUl•dENTALI Fondo Diari Storici, registri Nl-Nll. Fondo citato - busta 4215, raccolta di notiziari radio, 1944. fèmdo Servizio Informazioni Militari, Notiziari Stati Esteri, Bollettini, 21\ guerra mondiale, registro H 3. Fondo citato - busta 54/3, notiziarjo radio sull'Italia occupata, 1945; - busta 8711, Bollettino Informazioni, numeri vari con stralci trasmissioni radio - busta 8714, intercettazioni radio 1943; - busta 87/6, radio intercettazioni e comunicati, 1945. Fondo versato dallo Stato Maggiore Difesa, registro I 3 . Fondo citato - busta 123/3, note per la radio dell'Ufficio Operazioni, 1943-1945; - busta 12712, notiziario radio Ufficio Informazioni, I 943; - buste da 128 a 133, notiziari radio Ufficio Informazioni, 1943- 1945; - busta 134/3, notiziario Italia cornbatte-Radio Naja, 1945; - busta 17112, notiziari radio, 1943; - busta 174/2, radiodiffusioni, 19431945.
Fondo Stato l'\1aggiore R. Esercito, vari Uffici, registro LlO Fondo citato - busta 22, raccolta di bo11ettini radio; - busta 744/IO, "Radio Casa": riscossa, esaltazione Caduti, 1944. FONTI BIBLIOGRAFICHE I contributi sulla radio si sono diffusi soprattutto negli ultimi anni, specialmente per quanto attiene al periodo 1943-1945, ma già si'valgono di opere fondamentali per la conoscenza di questo strumento di comunicazione nella guerra di propaganda degli Stati belligeranti. Anche per la radio segnalo la hibliogrG;fia essenziale.
AA. VV. Radio.fronte 1935-1945. Le trasmissioni militari sui.fronti dell 'ltalia in guerra, Rovereto 2003. Opera recentissima, a corredo della mostra di apparati radio militari allestita presso il Museo di Rovereto, oltre a presentare schede tecniche sui mezzi di trasmissione, illustra le potenzialità della radio non solo come mezzo della guen-a, ma anche come strumento di informazione e propaganda al fronte e nel Paese.
AA. VV, Messaggi radio tra alleati e resistenza, in "Le missioni militari alleate e la resistenza nel Veneto", Venezia 1990. 275
Di interesse per conoscere i messaggi operativi e i codici di linguaggio delle trasmissioni fra alleati e partigiani. Cantieri Ivano, "La Âź'JCe del Padrone ". Radio e propaganda tedesca durante l'occupazione (8 settembrel943-25 aprile 1945), Brescia 1986. Cantieri esamina le modalitĂ e gli stilemi della propaganda tedesca attraverso le trasmissjoni radio degli occupanti. Caprioli Piccialuti Maura, Radio Londra 1940-1945, Roma 1976. Una delle radio piĂš ascoltate dagli italiani fu l' emittente inglese, e i programmi di Radio Londra del colonnello Stevens e di Candidus. La Piccialuti non si limita a riportare i testi dei notiziari, che mescolavano veritĂ , notizie artefatte a mestiere e per il periodo di interesse - messaggi operativi alle formazioni partigiane,
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ma analizza anche le regole del linguaggio utilizzato ai fini della propaganda dai britannici. Monteleone Franco, La Radio Italiana nel periodo fascista. Studio e documenti, Venezia 1976. J\1onteleone ripercorre la storia della radio di fatto dalle origini, e per il periodo di interesse fornisce noti zie anche sulle trasmissioni radio per i militari. Dello stesso autore ricordo anche la successiva opera, Storia della radio e della televisione in Italia, Venezia 1992. Pizarroso Quintero A., Stampa, radio e propaganda. Gli alleati in Italia (1943-1946), op.cit. L'opera qui si segnala per l'utilizzazione de11a radio come strumento di propaganda da parte degli alleati.