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STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO UFFICIO STORICO
ANTONIO ASSENZA
IL GENERALE ALFREDO DALLOLIO LA MOBILITAZIONE INDUSTRIALE DAL
1915 AL 1939
Roma 2010
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Presentazione Ad oltre trent'anni dal saggio del professor Vincenzo Gallinari sul Generale Alfredo Dallolio nella Prima guerra mondiale, apparso su "Memorie Storiche Militari" del 1977, l'Ufficio Storico dello SME può ora finalmente dedicare un intero studio alla figura di questo Generale che seppe gestire, durante la Grande Guerra, il delicato ed importantissimo incarico di sovrintendere e dirigere la mobilitazione industriale italiana nel campo degli armamenti. Si dovette alla capacità organizzativa -oggi diremmo manageriale- di questo ufficiale, tanto efficiente quanto schivo, se le Forze Armate non dovettero mai trovarsi a corto di armi e munizioni per tutta la durata del conflitto. Preposto alla Direzione Generale di Artiglieria e Genio nel 1911, il Generale Dallolio seppe portare le fabbriche d'armi a raddoppiare la produzione di cartucce ed a quadruplicare quella di fucili, alla vigilia della guerra, provvedendo anche ad un potenziamento delle artiglierie, per le quali si era parzialmente tributari dall 'estero. Rifiutato l'incarico di Ministro della Guerra nell'ottobre del 1914, il Generale venne nominato, nel 1915, Sottosegretario per le Armi e le Munizioni. In poco più di un anno , sotto il suo impulso, la mobilitazione industriale riuscì a raggiungere traguardi significativi: basti pensare che gli stabilimenti militari erano 66, con 34.000 addetti, per un terzo donne, e quelli ausiliari, di proprietà privata, erano ben 932, con quasi 400.000 operai, di cui un 15% donne. E questo nonostante le difficoltà nel rifornimento di carbone dovute all'offensiva sottomarina tedesca. L'importanza del ruolo svolto dal Generale Dallolio può ben essere riassunto nella frase confidenziale che il Generale Cadoma rivolse nel gennaio del 1916 a Ferdinando Martini: "Più che in mano mia le sorti della guerra sono in quelle del Generale Dallolio". Questa importanza venne ufficialmente riconosciuta, nel giugno del 1917, con la nomina del Generale -che già da febbraio era divenuto Senatore del Regno- a Ministro per le Armi e le Munizioni. Con questo nuovo incarico il Generale seppe far fronte all'enorme necessità di artiglierie e di munizioni verificatasi in occasione delle offensive italiane dell'estate di quell'anno ed alle perdite conseguenti alla ritirata sul Piave. Così, dai meno di 4.000 pezzi di artiglieria disponibili al 15 novembre 1917, si passò, nel giugno del 1918, ad oltre 5.700, con un aumento del 40% nel giro di soli sette mesi. La nomina a ministro comportò, purtroppo, anche contrasti con altri membri del Gabinetto, soprattutto con il Ministro del Tesoro, Francesco Saverio Nitti, contrasti che si andarono a sommare a quelli in atto con una parte della grande industria italiana, che mal tollerava il rigido controllo del Generale Dallolio sulla qualità e sui prezzi della produzione industriale. Così, prendendo a pretesto l'arresto per peculato di alcuni ufficiali alle sue dipendenze, si scatenò contro il Generale una campagna di stampa che, nel maggio del 1918, lo indusse alle dimissioni, pur se tra gli elogi di una buona parte del Governo e dell'Esercito. Il comportamento di Dallolio, divenuto nel frattempo Ispettore Generale dell'Artiglieria, venne poi successivamente elogiato daUa Commissione d'Inchiesta sulle spese di guerra. Nel marzo del 1920 il Generale transitò in ausiliaria, venendo però poco dopo richiamato in servizio per incarichi speciali. Incarichi davvero prestigiosi come la Presidenza del Comitato per la Preparazion_e alla Mobilitazione Civile del 1924 e, nel 1935, la nomina a Commissario Generale per le Fabbricazioni di Guerra. La permanenza in quest'ultimo incarico si protrasse per quattro anni, ma la situazione politica, interna ed internazionale, allora esistente non pennise al Generale di ottenere quei risultati che avrebbe voluto -e che aveva ottenuto durante la Grande GuetTa- inducendolo a rassegnare le diinissioni, nel settembre del 1939, adducendo anche ragioni di età, visto che aveva ben 86 anni, 68 dei quali al servizio dell'Italia. Riservato come era sempre stato, il Generale Dallolio si ritirò a vita privata, conducendo un'esistenza modesta, sino alla morte, sopravvenuta a Roma il 20 settembre 1952.
Il Capo dell'Ufficio Storico Col. Antonino Zarcone
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Nota al testo Per quanto riguarda le citazioni, all 'interno del testo sono state mantenute, nel limite del possibile, tutte le forme e i caratteri presenti negli originali. Sono quindi riportate le frasi o le parole che nell'originale erano state scritte in grassetto, corsivo, maiuscolo, sottolineate. Allo stesso modo ci si è comportati per la punteggiatura.
Prefazione dell'Autore Appena collocato in quiescenza, mi fu proposto di collaborare a una ricerca del CNR diretta a valutare gli effetti della ricaduta tecnologica delle commesse pubbliche sull' industria nazionale e mi venne affidato lo studio che riguardava il settore delle commesse militari. Una volta portato a termine questo incarico, però, mi rimanevano alcuni dubbi sui motivi che avevano portato l'Italia, nel secondo conflitto mondiale, a non utilizzare appieno la tecnologia dell'alleato tedesco. Di conseguenza, grazie anche al suggerimento del Colonnello s. S. M. Pierluigi Bertinaria, allora Capo dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito, decisi che mi sarei impegnato a raffrontare Io sviluppo industriale derivato dai due conflitti mondiali, anticipando l'analisi al 1911 e portandola sino alla seconda Mobilitazione Industriale. E fu così, senza premeditazione, che mi imbattej nell'artefice della Mobilitazione Industriale del 1917-1918 , Generale Alfredo Dallolio. A quel punto, avvalendomi soprattutto della ricca documentazione presente in diversi Archivi , pubblici e privati, iniziai a scoprire progressivamente le caratteristiche di questo personaggio e decisi di approfondirne lo studio. La ricerca, iniziata nel lontano l 992, avrebbe subito un lungo periodo di black-out in concomitanza di sopraggiunti impegni della Presidenza nazionale di un'Associazione d'Arma, per cui, non appena terminato quell'incarico, nel 2004, ripresi le fila dello studio. Dai materiali consultati, per quanto attiene al Generale Dallolio, oltre alla figura dell' «Uomo d'armi», ne sarebbe emerso anche l'aspetto familiare di padre premuroso, e persino quello di nonno, grazie ai ricordi che ne serba l'unica nipote vivente, la professoressa Maria Teresa Galassi Paluzzi Tamassia. Ove è stato possibile, ho preferito dar voce agli scritti personali di Dallolio - evidenziando anche le enfasi presenti nei testi, mantenendo corsivi, grassetti e sottolineature - e al linguaggio ampolloso e burocratico di alcune comunicazioni ufficiali dell'epoca, riportandone il contenuto, anziché limitarmi a tratteggiare cronologiche sintesi di avvenimenti e provvedimenti. Da un lato, se ciò può aver reso talvolta difficile l'interpretazione - e me ne scuso col lettore - specie laddove Dallolio aveva usato un linguaggio crittografato nella sua c01Tispondenza personale (e confido che questi «punti d'ombra» possano stimolare altri studiosi a un approfondimento), dall 'altro ha consentito di mettere in risalto sentimenti e sensazioni, senza farne perdere la spontaneità. Ho voluto calcare la mano, invece, sulle difficoltà, sulle preoccupazioni, sugli stati d'animo connessi all'operato di Dallolio, cercando di non attingere a piene mani dagli appunti del Generale per evitare l'errore del «troppo tecnico», come suggerisce egli stesso, sollecitato a scrivere un libro affermando che i suoi ricordi «contengono troppi spunti tecnici per rendere :il libro interessante». Ho ritenuto, altresì , di travalicare i ristretti ambiti della Mobilitazione Industriale per meditare, un momento, sul quadro storico-politico del momento dal quale un'industria bellica non poteva prescindere. L'impostazione data a questo lavoro, che non pretende certo di aver esaurito gli argomenti trattati, mi auguro riesca a suscitare la curiosità e l'interesse del lettore, e magari lo invogli ad approfondire più compiutamente i numerosi aspetti, appena accennati o inevasi, che meritano di essere sviluppati. Come detto all'inizio, questo lavoro è nato dalla speranza di fugare alcune incertezze. Al termine però, ho dovuto riscontrare che esso si conclude con altrettanti nuovi dubbi, elencati alla fine del testo con la speranza che altri studiosi sappiano (e vogliano) affrontarli per chiarirli.
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INTRODUZIONE Il coinvolgimento emotivo prodotto dagli avvenimenti internazionali che nel corso q~gli ultimi anni hanno impegnato le Forze Armate italiane «fuori area» (Somalia, Balcani, Guerra del Golfo, Timor est, Afghanistan, Iraq e Libano) ha rifocalizzato l'attenzione dell'opinione pubblica italiana sulle vicende militari che, dalla fine del secondo conflitto mondiale, non l'avevano più interessata in modo diretto. Senza dubbio, ciò va ascritto principalmente al ruolo determinante giocato dai molteplici canali di informazione. Nonostante una parte dei mass-media (tanto italiani che internazionali) avesse lamentato la scarsa libertà di movimento concessa ai propri corrispondenti di guerra sui campi d'operazione, resta inconfutabile che il grande pubblico è stato reso edotto di quali siano gli standard raggiunti dalla tecnologia militare. E, da qui, il passo è breve a far intuire come quest'ultima sia stata in grado, e lo sia tuttora, di influenzare e al limite modificare le dottrine e le strategie dei Paesi, belligeranti e non, condizionando pesantemente anche quelli che fossero rimasti soltanto spettatori del processo innovativo. Fra il primo e il secondo conflitto mond iale, il Generale Alfredo Dallolio 1 fu uno dei personaggi che fornirono un contributo significativo allo sviluppo industriale necessario a sostenere l'Esercito italiano. A eccezione di una breve parentesi negli anni Venti, egli fu il responsabile della preparazione nel settore dell'armamento e munizionamento in Italia dal 1911 fino al 1939, anno in cui, ormai ottantaseienne, dopo reiterate richieste ottenne l'accettazione delie proprie dimissioni da parte di Mussolini, del quale non condivideva la politica estera filo-germanica. Benché la carriera di Dallolio fosse stata eccezionalmente lunga2 ed egli si fosse impegnato a fornire all'Esercito i mezzi necessari per prepararsi, combattere e reagire nel momento più nero, e anche vincere, sono davvero pochi i saggi tematici che Io riguardano e ciò, al di fuori della cerchia degli studiosi addetti ai lavori, ha contribuito a stendere un velo di silenzio tanto sulla sua persona che, almeno parzialmente, sull'operato degli Organi da lui diretti. Concordando con Vincenzo Gallinari ,3 va detto che, questa lacuna biografica è dovuta anche alla ritrosia di Dallolio a parlare di se stesso, come si ev ince dalla sua lettera del 1934, in risposta al Capo Ufficio Storico dello Stato Maggiore Esercito che lo aveva invitato a collaborare a una pubblicazione fornendo alcuni cenni autobiografici: <<Come ho detto a S.E. Baistrocchi desidero rimanere nel silenzio.>>4 D'altro canto, Dallolio, nel suo ampio carteggio, annotava: «Da tutte le mie carte si potrebbe ricavare ampia materia per un libro molto interessante. In verità c'è stato un momento in cui ebbi l'intenzione di scriverlo il libro e feci anche la prefazione che ho distrutto, ma mi accorsi che alcuni capitoli diventavano polemici e cambiai rotta. Polemica no, Pubblicità no. Rientrai in me stesso. Niente Libro. Se verrà un giorno in cui uno studioso vorrà esaminare le mie carte, troverà con non molta difficoltà la strada per riconoscere intera ]a verità dei fatti qual 'è. Il mio scopo è di ristabilire la esattezza delle condizioni nelle quali gli avvenimenti si sono svolti».5 Dallolio proseguiva illustrando i motivi che lo avevano indotto al riserbo: «Qualcuno ha cercato di insistere su me anche per personali rancori, perché mettessi in luce certi fatti poco favorevoli a Nitti. Ho risposto negativamente perché non cercavo soddisfazioni valendomi di documenti raccolti nell'adempimento di un ordine ricevuto. È un senso di dovere che
'Alfredo, Antonio, Pio, Giacomo, Luigi, nato il 21 giugno 1853 a Bologna da Cesare e Adelaide Bersani. 4 maggio 1911 = Direttore Generale di Artiglieria e Genio; 9 luglio 1915 = Sottosegretario per le Ann.i e Munizioni; 16 giugno 1917 =Ministro per 1e Armi e Munizioni; 14 maggio 19 J8 =Dimissionario da Ministro; 23 maggio 1918 =A disposizione del Comando Supremo; 1° ottobre 1920 = Collocato in posizione di «ausiliaria speciale»; 15 gennaio 1923 = Richiamato in servizio; 4 febbraio 1924 = Presidente Comitato per la Mobilitazione Civile; 27 dicembre 1935 = Commissario Generale Fabbricazioni cli Guerra; 31 agosto 1939 = Dimissionario da Commissario Generale Fabb1icazioni cli Guerra. 3 Cfr. V. Gallinari, ll generai.e Alfredo Dallolio nella prima guerra mondiale, in Memorie storiche mi/.itari, USSME, Roma 1977, pp . 128. • Archivio Privato Tamassia Galassi-Paluzzi (d' ora in poi APTGP), serie fascicoloni f. VIII, Carte riservate per Elsa e Gina. 5 APTGP, serie fascicoloni f. VIII, Carte riservai.e per Elsa e Gina.
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non ha persuaso ma non importa ha persuaso me. Non ho pronunziato giudizi, coi documenti alla mano potevo farlo, ma i Generali interessati sono morti, e per rispetto ai morti era meglio tacere» .6 Facendo riferimento a una sua lettera, è anche possibile individuare quando Dallolio maturò l'idea di rinunciare a scrivere un libro sul proprio operato: «Scrivere la storia di quattro anni ci avevo pensato, anzi ti dirò avevo cominciato però ho bruciato tutto in un momento di grande sconforto. Chiarire te di fronte a te stesso ... giustissimo ma oggi non ho più nemmeno i documenti necessari, sono tutti a Roma dove credevo andare subito e dove invece temo sempre di dover andare perché appena là incomincerà il Calvario. Per scrivere nuovamente bisognerebbe io avessi un po' di calma e dove andarla cercare. Penso che farai tanta fatica a leggere la mia scrittura e ritorno indietro ad accomodare r, i, l'».ì Indubbiamente Dallolio avrebbe vissuto momenti di «grande sconforto» a causa della Commissione Parlamentare d'Inchiesta sulle spese di guerra, che sapeva di dover affrontare, e attendeva con grande trepidazione: «Hai ragione dovevo prevedere questo ed altro, hai ragione era meglio rimanere Ispettore piuttosto che provare la più crudele fra le ingiustizie della vita. Capisco perfettamente ora conviene aspettare e digerire e godere il veleno ... in attesa di potere se mai parlare in Senato e dare le spiegazioni più ampie mettendo a posto le cose. Addio, ti abbraccio comprendo che la mia campana non suona rintocchi di gioia ... ma diversamente non è possibile.»8 Più tardi, una volta cessato dal servizio, a Dallolio, trovatosj «completamente libero» sarebbero state fatte generose offerte, anche dall'estero, affinché scrivesse le proprie esperienze sulla Mobilitazione Industriale italiana e sul rifornimento delle Anni e Munizioni durante la guerra 1915-1918 . Ma egli aveva ringraziato: «Come ho sempre fatto in seguito, e tenni costantemente la mia linea di condotta contraria ad ogni pubblicità per conto mio. Niente da dire.» 9 Dallolio, infatti, si sarebbe limitato a fornire gli elementi che riteneva necessari laddove si trattasse di correggere errori, mettere in luce speciali e importanti avvenimenti, o presentare dati e cifre esatti, ma non avrebbe mai oltrepassato la linea di confine autoimpostasi. «Avrei dovuto parlare troppo spesso in prima persona, e per parlare di sé stesso c'è sempre tempo, si può aspettare il più tardi possibile. Nam nulli tacuisse nocet, nocet esse locutum.» Il riserbo di Dallolio è suffragato anche dai ricordi di Emilia Morelli, allora presidente dell'Istituto per la storia del Risorgimento italiano, che era andata a fargli visita nel maggio del 1951, quando il Generale, dopo aver riordinato le proprie carte, aveva deciso di donarle al Museo Centrale del Risorgimento ,t0 con il vincolo che «rimanessero chiuse ancora per quindici anni» .11 Il distacco da quella documentazione , comunque, avrebbe pesato molto sulle spalle ormai esili del vecchio Generale che, dopo averla riordinata annotava: «Ho scritto questi appunti come conc]usione speciale del mio lavoro di riordinamento delle carte relative al periodo 1923-I 939, nel momento in cui le consegno al Museo del Risorgimento. E dico loro Addio.» 12 Una mole notevole di informazioni su Dallolio, oltre che dal carteggio ufficiale del Ministero Armi e Munizioni/ 3 proviene dall'epistolario che, specie nel periodo bellico, egli intratteneva con le figlie Elsa e Gina14 e col fratello Alberto. 6
serie fascicoloni, f. VIII, Carte riservate per Elsa e Gina. APTGP, serie lettere ai familiari, lettera 30 marzo 1919 a Elsa. 8 APTGP, serie lettere ai familiari, lettera 30 marzo I 919 a Elsa. 9 APTGP, serie fascicoloni, fase. XII, f . 8, appunti 14 maggio 1918 - 9 settembre 1920, p. 21. 10 E. Morelli, I Fondi archivistici del Museo Centrale del Risorgimento, a cura di F. Ban·occini e altri,La Fenice,Roma 1995, p. 273. 11 La cessione del carteggio al Museo Centrale del Risorgimento (d'ora in poi MCRR), va ricondotta, come ricorda la nipote del Generale, prof.ssa Maria Teresa Galassi Paluzzi Tamassia, aJl'amicizia che lo legava al professor Ghisalbetti, segretario generale dell'Istituto per la storia del Risorgimento italiano, e alla conseguente fiducia del Generale che le sue disposizioni sarebbero state osservate. 12 APTGP , serie fascicoloni, fase.VIII/e, Carte riservate per Elsa e Gina, p. 4. 13 MCRR, fondo Dallolio. 1 • Purtroppo , dopo Caporetto, durante il 1ipiegamento dell'ospedale da campo dove Gina Dallolio prestava servizio, andava perduta una parte del suo epistolario. La documentazione che si è salvata si trova interamente custodita presso l ' APTGP. APTGP,
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OSSE R\' AZIOllI CI~: :.. :C OOCUi.':E:lTl CP.E CC!iSBG?Uù'. AL l,1 U$60 DEL R!SOnGU.UmTO
Non spetta:i ai m1.li b ri l a deci:i1one ci1'c<:1 l .:i g-.ic:r ra , Ess i honno :fil dovcft di levotere per l a prepartrti cnc nlla J~u erru, o s o i nto1·:pellati r i oporl d<lre §!. e !!2_ circ.l l a de;r.ian ùo "ati 1 ~ forze er,:n.lt e 'oono i a r;rado di po tc1·e e 30:pere f are l ;..1 ({lH>.rr:l" oltre l e a l tre
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. . . . . . . • DollD n~ce sei t~ della costi t uzione di 1;1corte e di a l ... tre :noterie l)t'iQe fon dl!ruentali non l)C:l!IO non conven i r é .. E- 1 di evi-
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s t ro capo, ha avuto sul la si t uuzi'1ne v3lutoria. :non. m.i c or:s en t ono di eccO(Ili e r o lo vos 'tre r i l"!hioote . - E ms he duol e.
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Cuorneri - J,!ini11tro per g l i Sca,obi e ..,~r l e V<1luto - 22 Maa:itio 19 39. I l l?r obleme. dei :-ifor:i.i ·:l'len ti del l E! materie prime
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( I l 31 a C.,&to 19 )9 l .nsciovo il c.O. G, E , ? .A. C. e il 1° Se ttemb1·e
( 1 ) - Generale Weyeultd. ( 2) - Col p,o me~r:ia 1600 del 12 CiU8llO 1939 ovo·, o cl1i est o d'urgenz o il riposo (/1llegato !!,) Ho u..11 to due cioci.:.ment i per diaoatm r6 le diffi c ol tà ch e dovevo aJ:fr ontur e. (5 3e 1:teo'orc 19)8 - 26 Lu6 1io 1939 ),
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gue~~t.:i mio c romamori u (t un nuo\•o au>;)ellc ,
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t! ~ontecipo-
r6ne<.lai<m t e i l m1?more ricordo di quello ~)re~en ~ato il 1 2 rç1 tHjnO 1939 nel quale di chi~.r~1v" ~:n,10 l ll ·:!!:I.a eolle bora~~io,te n,::m era più. in fila do di e f' t e t tusrsi coe::e cr~1 ind.::1y1ensab)le per un l n voro l ui150 , ~ -
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Osservazioni circa i documenti che consegnai al Museo del Risorgimento . (APTGP,fasc . Vlll, carte riservate per Elsa e Gina)
Elsa era in servizio all'ospedale di Tolmezzo dopo essere stata nominata Infermiera Volontaria della Croce Rossa; Gina prestava la propria opera, con il grado di Tenente del Corpo Militare della Croce Rossa, all'ospedale da campo 075 a Monastero di Aquileia. Dallolio scriveva loro quotidianamente (e nei giorni densi di avvenimenti anche più volte nell'arco delle ventiquattro ore). Specie durante la guerra, questo era l'unico modo per manteneré annodati i legami familiari! 5 «Vedete che io vi scrivo tutto e vi tengo inf01mate di tutto. Vi abbraccio Papà». 16 Egli stesso rimaneva perplesso quando si accorgeva che l'incalzare degli avvenimenti l'aveva distratto dalla dolce incombenza, che definiva «una festa», di scrivere alle figlie. «Ti assicuro che è impossibile io sia stato più di due giorni senza scriverti. Non capisco cosa sia successo credi, bimba mia che me ne faccio una festa di scriverti .» 17 L'impegno umanitario delle due crocerossine è testimoniato sia dalla Duchessa D' Aosta 18 «Oggi ho visto la Duchessa D'Aosta, 1 ora e mezza di conversazione. Mi ha parlato molto bene di voialtre» 19, sia da Sironi, il quale le ricordava in un suo libro.20 In effetti Elsa e Gina, dopo l'improvvisa scomparsa della madre avvenuta il 6 settembre 1911 a Chexbres (Svizzera),
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Da una nota dattiloscritta di Gina DalloIio (intestata « l 915») risulta che la famiglia si era potuta riunire soltanto a Natale del 1915 al fronte presso l'ospedale di Tolmezzo dove prestava servizio Elsa. Cfr. APTGP cartella Lettere ai familiari . 16 APTGP, serie lettere ai familiari, lettera 13 gen. 1909 a Elsa . 17 APTGP, serie lettere ai familiari , lettera 15 ottobre 1916 a Elsa. 1 • «La Duchessa D'Aosta era Ispettrice Generale delle Infermiere della Croce Rossa. Come crocerossina la Duchessa mostrò energia, iniziativa, spesso una severità che la faceva giudicare intransigente. Visitava i piccoli ospedali di prima linea, restava accanto ai feriti sotto i bombardamenti. Si batteva contro disposizioni assurde, contro lacune vergognose.» Cfr. S. Bertoldi, Aosta gli altri Sa voia, Rizzoli, Roma 1987 , p. 138. 19 APTGP, serie lettere ai jàmiliari, lettera ll gennaio 19 I 7 a Elsa. 20 «Dormivamo all'ospedale di Oullins. Veramente in quei giorni parecchi di noi erano passati all'Ospedale propriamente detto, la spagnola li sorprendeva deboli e li gettava subito in pericolo di vita. Anch'io mi mettevo a letto assai presto perché tutte le sere una leggera febbre mi appesantiva il capo e le ossa. E rivedo ancora con un senso di deferente ammirazione la
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Il Generale Dallo/io con le figlie Elsa (a sinistra) e Gina in servizio da avcerossine al.fronte. (Proprietà Calassi Paluzzi Tamassia)
erano divenute le confidenti del padre e progressivamente avevano assunto anche il molo di sue «consigliere», come traspare da diverse lettere inviate dal Generale tanto a Gina, «cosa ne dici mio consigliere nei quarti d'ora di:fficili?»2 i, quanto a Elsa «dimmi un po' il tuo pensiero al riguardo e scrivimi come qualche volta fai, con mio vero e grande piacere, perché sono sempre fo1tunato d'averti per collaboratore».22 _
signorina Dallolio figlia del Generale l'unica crocerossina dell'Ospedale alta, fiera e serena, ella passava: tutte le sere per le corsie dei nostri dormitori a chiedere notizie della nostra salute, a po11arci con candida gentilezza le medicine occorrenti.» Questi sentimenti erano condivisi anche dal Maggiore, Eugenio Morelli come ricorda la figlia Emilia: «Il cognome Dallolio l'avevo sentito eia sempre nella mia famiglia per la stima che mio padre aveva concepito per le figlie del Generale, infermiere preziose nel suo ospedaletto da campo ... anche se l'idea di avere accanto le figlie del Ministro per le Armi e Munizioni non era stata accolta all'inizio con entusiasmo,» Cfr. E. Morelli, I Fondi archivistici ..., op. cit., p. 273. Nella tradizione orale familiare si ricorda come delle due Crocerossine, quella che aveva prestato servizio in Francia fosse stata Gina Dallolio. 2 ' APTGP, serie lettere ai familiari, lettera 23 settembre 1916 a Gina. Va sottolineato, inoltre, che Gina Dallolio , sia per i suoi precedenti accanto a Salvemini a favore dei combattenti e la collaborazione al giornale della III Annata La Tradotta, sia per la Medaglia d ' Argento aJ Valor Militare, era bene introdotta nel contesto politico-militare. 22 APTGP, serie lettere ai familiari, lettera 27 agosto 1919 a Elsa.
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Il Generale Dallolio con le figlie crocerossine. ( Proprietà Galassi Patuz,zJ Tamassia)
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Il Generale Dallolio e la crocerossina Elsa. (Proprietà Galassi Paluzzi Tamassia)
Da questa comunione di intenti e di esperienze, alimentata dal continuo scambio di notizie, der.ivava il fatto che Dallolio potesse interpretare correttamente il pensiero delle figlie. «Stà tranquilla che a Milano parlerò alle donne come tu senti e come tu comprendi e parlerò delle energie femminili durante la guerra.»23 Trascriviamo il ritratto che il Giornale d'Italia pubblicava di Dallolio, in data il 15 aprile 1916, a seguito di un suo intervento alla Camera per rispondere a un'interrogazione dell'On. Loero sull'impiego dei fondi raccolti nel 1913 dalla sottoscrizione popolare «Per dare ali alla Patria»: «Il Generale Dallolio ottenne uno di quei bellissimi successi di applausi e di approvazioni ai quali egli ci ha ormai abituati ... E il Generale Dallolio sente profondamente ciò che dice; egli è un sincero entusiasta del nostro Esercito, egli è un appassionato patriota e ciò che pensa esprime con una schiettezza che trasci-
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APTGP,
serie lettere ai familiari, lettera 11 maggio I917 a Gina.
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I
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Lettera di Dallolio alle figlie Elsa e Gina con la sua busta. ( APTGP,fasc. VIII, carie riservale per Elsa e Gina.)
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na il cuore di chi l'ascolta. Alto, magro , diritto, con due baffoni grigi, con piglio soldatesco senza iattanza, risoluto senza spavalderia, ha un'oratoria tutta vibrante espressa con una voce acuta. Man mano che parla, egli si riscalda finché termina. il discorso con tre o quattro parole di chiusa che risuonano nel1'aula come altrettante schioppettate, fra applausi immancabili.>>24 Proprio in merito a questo resoconto giornalistico, a conferma del ruolo di consigliere assunto dalle figlie, Dallo ho aggiungeva «mi d uole non aver avuto la vostra approvazione, mi mancate molto.» 25 Dallolio , in particolare, ha lasciato le carte personali alle due figlie, come scritto in una lettera sigillata per «Gina ed Elsa», che <<potranno leggere e mettere tutto a posto come credono. È un regalo che faccio a loro che costituisce la maggior ricchezza che posseggo»; un regalo che si può considerare il testamento spiri.tuale del vecchio Generale, che teneva alla riservatezza, evidentemente, molto al punto da conservarla in una busta sigillata. In questo quadro si è voluto raffrontare lo sviluppo industriale prodotto dai due conflitti mondiali a partire dal 4 maggio 1911 (data della nomina di Dalloli.o a Direttore Generale dì Artiglieria e Genio) sino alla realizzazione delle conseguenti Mobilitazioni Industriali, anche grazie al suggerimento dell'allora Capo dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito26 • Quasi per caso, quindi, ci si è imbattuti nel «personaggio Dallolio» scoperto progressivamente attraverso i diversi archivi esistenti su di lui,21 dai quali si è palesato l'Uomo, unitamente ai ricordi che del nonno ha l'unica nipote, la prof.ssa Maria Teresa Tamassia. Da tutto ciò è emersa, gradualmente, la figura del1 '«Uomo-Dallolio», organizzatore globale, aperto al futuro, sicuro precursore dei tempi e pioniere in diversi campi pur essendo un «conservatore» di alcune tradizioni e, in particolare, cultore della «religione» del dovere. Dalla lettura di questo carteggio si evidenzia la complessa figura del Generale Dallolio, come patriota, «Capitano d 'industria» e cireneo: - patriota, per l'amore e la fede nella Patria, dimostrati durante tutta la vita e testimoniati dalle numerose onorificenze che gli erano state conferite;28 <<Capitano d'industria», per quanto ha saputo, ma soprattutto voluto creare nel campo della Mobilitazione lndustria]e nel 1915-18, e in quel1a successiva del 1923; - cireneo non tanto per le due Commissioni d'inchiesta cui fu sottoposto, bensì per il modo con cui egli non si limitava a occuparsi dei problemi, bensì se ne faceva carico preoccupandosene («ho la spina nel cuore delle munizioni , non affluiscono abbastanza rapidamente come vorrei, è una to1tura ... non hai idea come le vedo davanti agli occhi e come le sento ma tutti ritardano, e come ritardano, ed io mi logoro dentro») .29 Per conferire completezza al1a molteplicità degli aspetti che interessano Dallolio, si è r:itenuto opportuno dare al lavoro un'organizzazione tematica, collocando poi gli argomenti in ordine cronologico nel-
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serie lettere ai familiari, lettera 16 aprile 19 l 6 a Elsa. lbid. 26 Colonnello s. S. M. Pierluigi Bertinaria 27 Archivio Centrale dello Stato, Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito, Museo Centrale ciel Risorgimento, APTGP. 28 Nel corso della sua caniera, al Generale Dallolio vennero conferite numerose onorificenze relative al servizio militare: Croce d'oro per anzianità cli servizio, Medaglia Mauriziana per il merito militare cli dieci lustri, Croce al merito cli guerra , Medaglia commemorativa nazionale della guerra 1915-1918, Medaglia interalleata della vittoria, Medaglia a ricordo cieli 'Unità d'Italia, Campagna cli guena 1918. Egli, inoltre, venne insignito di diversi titoli cavallereschi cli cui si indicano i principali: Cavaliere di Gran Croce decorato ciel Gran Cordone nell'ordine della Corona d'Italia, Commendatore dell'ordine militare cli Savoia, Commendatore nel.l'ordine della Corona <l'Italia, Cavaliere di Gran Croce decorato del Gran Cordone dei SS. Maurizio e Lazzaro, Cavaliere di Gran Croce dell'ordine coloniale della Stella d'Italia, Grand'Ufficiale dell'ordine al merito ungherese. Cfr. Ministero Difesa-Persomil, s• Divisione Ricompense e Onorificenze, f. n. M .D.GMIL-04 0052719 del 7 luglio 2005. 29 APTGP, serie lettere ai familiari, lettera 20 luglio 1915 a Elsa. APTGP,
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l'ambito di ogni singolo tema. Dalle carte consultate sono emerse progressivamente le principali innovazioni tecnologiche impiegate dall'Esercito, le risposte dell'industria alle esigenze del! 'Esercito soprattutto in termini di processi produttivi, ma anche la possibilità che la stessa industria abbia imposto alle Forze Armate le proprie realizzazioni e i condizionamenti, anche economici e sociali, che a volte hanno influenzato le scelte militari. Per tutti questi motivi si è ritenuto opportuno: 1) anticipare, a volte, l'esame al periodo degli Stati pre-unitari sia perché si tratta di anni interessati all'ammodernamento di taluni materiali d'armamento per allineare l'Italia al resto dei Paesi europei, sia perché proprio allora venne tracciata l'intelaiatura degli stabilimenti che poi avrebbero dovuto assicurare i picchi produttivi dei periodi bellici; 2) calcare la mano, sulle difficoltà, sulle preoccupazioni e sugli stati d'animo connessi all'operato di Dallolio; · 3) prolungare l'indagine anche oltre il 1939 (dimissioni di Dallolio da Commissario Generale Fabbriguerra), sia per consentire il raffronto fra la Mobilitazione del 1915 e quella degli anni Trenta, sia perché, negli anni immediatamente successivi alla cessazione dal servizio di Dallolio, il suo pensiero sull'organizzazione della Nazione per la guerra appare in parte rivalutato, anche se non fu ascoltato da Mussolini al momento della preparazione dei relativi strumenti legislativi. In conc1usione, si è cercato di mettere nella giusta luce i fatti (come auspicato nelle annotazioni di Dallolio già citate) privilegiando l'uso delle sue parole, anziché 1icorrere all'interpretazione e sintesi dei fatti stessi. Senza dubbio, Dallolio aveva ricevuto dalla sua antica famiglia appartenente al filone liberal-risorgimentale30 un imprinting politico antitedesco che Io avrebbe accompagnato per tutta la vita, condizionandone la sensibilità verso gli avvenimenti internazionali. In questo contesto va inserito un episodio avvenuto a Bologna il 12 giugno 1859 quando suo padre, accompagnandolo in Piazza Grande, gli appuntò sul petto una coccarda tricolore e rivolgendosi in direzione di Porta Galliera gli disse «gli austriaci sono finalmente partiti e di nascosto, dopo aver per 10 anni spadroneggiato e trionfato. Non lo dimenticare mai.>> 31 Molti anni dopo, nello stendere alcuni appunti, il Generale Dallolio avrebbe annotato: « ... e non l'ho mai dimenticato , o Padre mio».32 A sua volta Dallolio, avrebbe ritrasmesso questo imprinting patriottico e di regole di vita alle figlie con le quali si era venuta a creare una simbiosi di pensiero, nonostante padre e figlie fossero divisi materialmente dalle vicissitudini della vita. A testimonianza: di questa trasmissione di valori sul «dovere» vi sono per lo meno quattro fatti:
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Il padre Cesare era discendente cli un' antica famiglia che nel XVIII secolo sì era trasferita a Pianoro , dove venne costruita una villa a None che divenne punto cli riferimento patriarcale. Cesare fu sempre in contatto con i liberali piemontesi e organizzò - tramite i suoi possedimenti di Val Savena - l'espatrio in Toscana dei cospiratori più compromessi e l'introduzione nello Stato Pontificio di emissari e proclami. Sindaco dì Pianoro, fu scelto, dopo il 1959, Commissario straordìna1io della Giunta Provvisoria di Governo e fu eletto Deputato al!' Assemblea Nazionale dei Popoli delle Romagne, nella cui prima dichiarazione ciel 6 settembre 1859 fu «rivendicato il loro diritto non vogliono più governo temporale pontificio.» Cfr. Conversazione tenuta dalla Signora Margherita Passò Osti al Circolo Ufficiali di Bologna il 15 gennaio 1979, conservata presso il Museo del Risorgimento di Bologna. Cfr. anche serie fascìcoloni, fase. I, f. 13, Bozza Memoria del Senatore Dallolio all'Alta Corte di Giustizia per Le sanzioni contro il Fascismo, p. 4. In particolare, nella famiglia era sentita l'avversione verso l'oppressione austriaca e , conseguentemente, tutti i suoi componenti vivevano con la speranza di una guerra liberatrice confidando sul Piemonte per arrivare all'Unità d'Italia. L'educazione cli DalJolio, pertanto, era permeata dei discorsi patemi in un'epoca caratterizzata dalla trasmissione di padre in figlio del patrimonio di ideali a cui i membri della famiglia sarebbero rimasti fedeli per tutta la vita. 31 Questi sentimenti erano patrimonio dì tutta la famiglia. Lo stesso 12 giugno 1859 Alberto, fratello maggiore del Generale, accompagnato dal nonno alla Chiesa di San Pietro per ricevere il Sacramento della Cresima, si imbatteva in una colonna dì manifestanti uno dei quali, distaccandosi dal corteo, gli appuntava una coccarda tricolore sul petto. Più tardi, Alberto Dallolìo avrebbe così commentato: «Quel 12 giugno del 1859 fui confennato cristiano e consacrato alla Patria». Cfr. Museo Civico del Risorgimento di Bologna (d'ora in avanti MRBO), Lezione all'Università, Bologna nel 1859, Carte Alberto Dallolio, b. 4. 32 APTGP, serie fascicoJoni, fase. VII, f. 1, appunti 1853-1870.
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a) la collaborazione prestata da Elsa all'Ufficio Notizie alle Famiglie dei Militari,33-34 come testimoniato da .un appunto sugli avvenimenti del 1915 dj sua sorella Gina.35 Un Ufficio, questo, che era stato costituito a Bologna (centro di raccolta di tutta la c01Tispondenza militare «sede la più indicata e per la felice ubicazione della città rispetto alla fronte delle nostre operazioni ed all'interno del Paese-»36) e consentiva, basandosi sul volontariato femminile per la ricezione di informazioni e la trasmissione di notizie alle famiglie, un'effettiva integrazione fra donne altolocate e le rappresentanti di ceti meno abbienti. Il 15 marzo 1916, il Sottosegretario di Stato per la Guerra, Elia, rispondendo a un'intenogazione finalizzata a velocizzare il servizio informazioni del Ministero della Guena, chiariva che per questo scopo erano state già emanate disposizioni per «intensificare e rendere più accurata presso i Corpi la raccolta delle informazioni sui militari perduti, e dall'altra a far sì che le notizie possano giungere alle famiglie colla maggiore sollecitudine. Alcuni dei provvedimenti creano presso i Corpi mobilitati e gli stabilimenti sanitari di campagna di riserva un adeguato personale fisso, composto da elementi militari non idonei alle fatiche di guerra, destinato esclusivamente alle notizie; altri hanno per iscopo di dare all'Ufficio notizie di Bologna la possibilità di ottenere dal maggior numero di enti complete e sollecite informazioni .»37 D'a1tro canto, nella stessa seduta l'On. Rubilli 38 - sollecitava il Ministero a non abbandonare il servizio allo zelo e aJla nobiltà dei sentimenti , chiedendo quale fosse «l'opera spesa, quali i mezzi impiegati»; - lamentava che il servizio informazioni «si è rivelato scarso e disordinato» poiché «riceve ]e notizie non direttamente dai Comandi dei corpi, ma a traverso i Depositi dei Reggimenti: di modo che le notizie stesse sono spedite, quando i Comandanti locali credono e possono, al Comandante dei Depositi, questi le trasmette alle famiglie e poi al Ministero, dove per il lungo tramite burocratico anivano all'Ufficio informazioni ; si ha, quindi, e non parrebbe credibile, che l'ultimo in Italia ad essere informato di una notizia relativa ad un combattente è proprio
L'Ufficio Notizie alle Famiglie dei Militari venne ideato in Inghiltena e Francia quale canale ufficioso di infonnazione, sussidiario di quello ufficiale, necessariamente più lento. Questo modello, ripreso dai principali stati europei, all'entrata io guerra dell ' Italia veniva costituito anche nel nostro Paese su iniziativa della Contessa Cavazza, che ne assumeva la Presidenza, mentre ne era Consulente Amministrativo il Senatore Alberto Dallolio, fratello del Generale. «Il Ministero, pur non dissimulandosi le difficoltà del compito incontro al quale andava questa organizzazione, accolse con grato animo il progetto, lo studiò d'accordo con l'Intendenza generale e coi Ministeri della Marina, de lle Poste e Telegrafi, e dell'Interno, presso i quali trovò il consueto volenteroso concorso, e quando incominciarono le ostilità l'Ufficio Notizie cominciò a funzionare.» Cfr. Atti Parlamentari, Camera Deputati (da ora in poi APCD) , Legisl. XXIV, I" Sessione, Discussioni, Voi. XV, p. 9.422. L'Ufficio Notizie si articolava sull'Ufficio Centrale di Bologna, ubicato nel Palazzo Cavazza, lasciato libero dal proprietario proprio per i militari dell' Esercito, da cui dipendevano gli Uffici cli Settore presso le sedi dei Depositi e dei principali Ospedali Militari (Catanzaro, Cagliari, Venezia, Udine) e l' Ufficio Centrale di Roma per i militari della Marina, da cui .dipendevano gli Uffici di Settore presso le sedi dei Depositi e dei principali Ospedali Militari (Taranto , La Spezia, Reggio Calabria, Tropea, Brindisi, Lecce, La Maddalena); funzionava grazie all'opera delle volontarie che ricevevano e schedavano migliaia di informazioni e richieste da parte delle famiglie prive di notizie; si avvaleva anche dell'opera dei Cappellani Militari; si espandeva sino a comprendere 17 sezioni anche all'estero per quei militari che avevano le famiglie al di fuori del territorio nazionale; nell'ottobre 1915 otteneva il riconoscimento ufficiale da parte dei Ministeri della Guerra e della Marina e tenninava la propria attività nel 1919 (il primo luglio per la Presidenza Nazionale, e a fine anno per gli Uffici periferici). Notizie tratte dalla conferenza tenuta dalla dottoressa Elisa Orioli e dal dottor Otello Sangiorgi il 5 giugno 2005 presso il Museo Civico del Risorgimento di Bologna. 3• Le notizie sull'Ufficio Notizie alle Famiglie dei Mi litari sono state tratte dalla conferenza della Dott.sa E lisa Orioli e del Dott. Otello Sangiorgi tenuta il 5 giugno 2005 presso il Museo Civico del Risorgimento di Bologna. 35 APTGP , serie lettere ai familiari, anno 1915. 36 APCD, Legisl. XXIV, 1a Sessione, Discussioni, Vol. XV, p. 9.422.
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quell'Ufficio di informazioni presso il Ministero della Guerra, che era previsto come la fonte più ampia e più precisa.»39 Sempre nella stessa seduta, l'On. Callenga interrogava i Ministri della Guen-a e delle Poste e Telegrafi «intorno ai deplorevoli metodi con cui più volte è comunicata alle famiglie la notizia della morte dei militari in gue1w; e per sapere a chi spetti la colpa del brutale rinvio di lettere, con la dichiarazione di decesso , alle famiglie tuttavia ignare dell'eroica morte dei loro cari.»40 Il Sottosegretario Elia ammetteva che alcune corrispondenze indirizzate a militari, nel frattempo deceduti o dispersi, anziché essere trasmesse ai Depositi, venivano restituite ai mittenti con l'indicazione «deceduto» o «disperso>>. Per questo il Ministero, non appena venuto a conoscenza del fatto, aveva avviato indagini per accertare eventuali responsabilità e, d'accordo con il Comando Supremo, con l'Intendenza generale e con il Ministero delle Poste e Telegrafi, aveva emanato opp01tune disposizioni per eliminare il ripetersi di tali incresciosi inconvenienti. In particolare, «fu disposto che la corrispondenza dei militari morti o dispersi e di quelli feriti o malati, che non fosse possibile identificare o di provare negli stabilimenti sanitari, fosse inviata ai rispettivi Depositi e centri di mobilitazione, affinché questi, accertata la vera sorte dei destinatari, potessero restituirle coi dovuti riguardi.»4 1 b) le motivazioni delle Medaglie al Valor Militare concesse alle due figlie durante il servizio da crocerossine;42 c) quanto Elsa scriveva al padre nel 1918: «Bisogna servire fino all'ultimo, dare oltre sé stessi, più della vita che è niente se nessuna fede la supera, se nessuna azione di sacrificio la rende degna di sé»;43 d) quello che Gina gli raccomandava: «Spezzati ma dà tutto al Paese>> .44 Da parte sua, Dallolio scriveva alle figlie «e camminate diritte se volete esercitare il diritto di stare alte coi fatti.» 45 Sicuramente si trattava di un uomo severo che però non riusciva a dissimulare la sua tenerezza verso le figlie. Questi sentimenti erano strettamente connessi allo sviluppo della sua can-iera, tanto da fargli pensare, tempestivamente, al beneficio che le sue figlie avrebbero tratto dalle sue promozioni. «Oggi all'unanimità il Consiglio dei Ministri ha deliberato di darmi gli assegni di Comandante di Corpo d' Armata. Te ne scrivo subito perché giunto ali 'ultima tappa penso a voialtre e a qualcuno che non c'è più colla coscienza di aver dato tutto me stesso per an-ivare al vertice della carriera. Ti abbraccio. D'ora in avanti avrete le 100 lire mensili fisse certamente e qualunque cosa mi sarà possibile darvi.»46 «Vorrei
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lbid. lbid., p. 9 .426. '" lbid. 2 • AJ termine della guena le due crocerossine Dallolio venivano decorate al Valor Militare: Gina con la Medaglia d ' Argento ed Elsa con quella dì Bronzo. (Motivazione della Medaglia d'Argento al V.M. a Dalloli o Gina da Bologna, infermiera Croce Rossa Italiana, ambulanza chirurgica n. 4, in commutazione della Medaglia di Bronzo conferitale con R.D. 16 novembre 1919 «Quotidianamente si distinse nel lungo servizio presso un'ambulanza chirurgica, per l'elevato senso del dovere e la mirabile abnegazione nel disimpegnare le sue mansioni di infermiera, nonostante i ripetuti bombardamenti nemici. In servizio presso un posto sanitario avanzato nel Vallone Carsico che dal tiro nemico venne 1ipetutamente colpito, malgrado il continuo pericolo e le disagiatissime condizioni in cui poteva svolgersi l'assistenza ai fe1iti, si prodigò nel prestare ad essi le sue amorevoli cure, rifiutando, malgrado l'invito ripetutamente rivoltole, di rientrare alla sede dell'ambulanza. Devetakì 10-20 ottobre 1917» D.R. in data 11 maggio 1924. Registrato alla corte dei Conti ìn data 2 giugno 1924. Registro 281; foglio 128; B.U. am10 1924; dispensa 23"; p. l.465). (Motivazione della Medaglia dì Bronzo al V.M. a Dallolio Elsa da Bologna, infermiera volontaria Croce Rossa Italiana ospedale 34 «Per il coraggio e la fermezza e l'elevato sentimento di abnegazione sempre dimostrati nel lungo suo servizio d'infermiera, non curante di ogni pericolo. Pocol marzo-luglio 1916» D. R. in data 28 maggio 1925. B. U. anno 1927; dispensa 26"; p. 1.578). Tuttavia, sembra di capire che Elsa abbia avuto da ridire su questo riconoscimento, tanto che il vecchio padre nel 1923 le scriveva «Mia cara il bronzino sarà segno di essere stata alla guerra, non analizzare, quando vedrai l'elenco troverai dì averlo meritato se non altro per la sincerità della Italianità tua.» Cfr. APTGP, serie lettere ai familiari , lettera del 30 giugno 1923 a Elsa. 41 APTGP, serie lettere ai familiari, lettera 21 aprile J918 a Gina. 44 APTGP, serie lettere ai familiari, lettera 2 marzo 1918 a Gina. 5 • APTGP, serie lettere ai familiari, lettera 9 maggio 19 l 9 a Elsa. 46 APTGP, serie lettere ai.familiari, lettera 20 settembre 1914 a Elsa. "
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sapere se hai un ombrello come si deve ed un impermeabile per ripararti»,47 «sta bene, mangia e riparati dal freddo» ,48 «dimmi se hai bisogno di vestiario pesante, (massime di dettagli di lana. Vuoi le 100 lire con un vaglia?)»49 • E ancora, quasi a distogliere la figlia dalla voglia di partecipare alle vicende del fronte principale isontino, dato che recriminava di trovarsi nelle retrovie di un settore sino a quel momento secondario (la IV Armata era stata soprannominata «la Serenissima a causa della relativa tranquillità di quel fronte»): 50 «E respira aria buona a pieni polmoni, rinforzati e non guardare verso l'Isonzo ma verso i tuoi monti. Lo so saresti andata in prima linea con entusiasmo, lo so avresti dato tutta te stessa, lo avresti fatto bene, benissimo perché noi non mercanteggiamo l'io in certi momenti ma poi una ricaduta in che condizioni ti avrebbe messa e quali conseguenze? Eppoi perché buttare via ciò che in fin dei conti è tutto alla tua età?»51 È evidente che l'episodio succitato di Piazza Grande (1859) era risultato fondamentale e su di esso se ne sarebbero inseriti anche degli altri che avrebbero contribuito alla formazione patriottica del giovane Dallolio: l'ingresso trionfante di Massimo D'Azeglio in Bologna l' 11 luglio 1859; la prima rivista militare ai Prati di Caprara; l'arrivo, il 1° maggio 1860, del Re Vittorio Emanuele II a Pianoro (ove il padre di Dallolio era Sindaco) quando tutta la famiglia si era recata incontro al sovrano per rendergli omaggio.52 Conseguito il diploma nell'Istituto tecnico, Dallolio veniva inviato - con 40 lire in tasca - a Torino presso l'Istituto Candellaro per la preparazione agli esami di ammissione alla Regia Accademia Militare. Alla sua ammissione, il 1° novembre 1870, egli era rimasto impressionato sia dalla lapide posta all'ingresso, con i nomi degli ex a11ievi deceduti in combattimento, sia dalla presenza, quale Comandante, del Generale Cavalli per il quale egli nutriva profonda stima per l'opera innovativa svolta nel campo delle artiglierie rigate.All'Accademia di Torino, il 26 luglio 1873 , Dallolio veniva «battezzato in Artiglieria e sino all'ultimo ho fatto tutto quanto potevo per la mia Arma, convinto di servire con coscienza il Paese.»53 Come più tardi avrebbe scritto a Salandra «un vecchio soldato e poi cannoniere.»54 Questo servizio come «cannoniere» lo avrebbe, poi, portato presso vari reparti: 55 12° Reggimento Artiglieria a Mantova, da Tenente, il 22 dicembre 1873; - 3° Reggimento Artiglieria a Bologna, da Tenente, il 23 agosto 1875; 12° Reggimento Artiglieria a Mantova, da Capitano, 1'8 dicembre 1881. Mentre era presso quel reparto, il 16 giugno 1889 sposava Augusta Hiller56 vedova Yarak, dopo aver ricevuto l'autorizza-
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APTGP,
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APTGP,
serie lettere ai familiari, lettera 4 ottobre 1915 a Elsa. serie lettere ai familiari, lettera 7 dicembre 1915 a Elsa. 49 APTGP, serie lettere ai familiari, lettera 11 novembre 1915 a Elsa. so G. Rocca, Cadorna, Mondadori, Milano 1985, p. 295. 51 APTGP, serie lettere ai familiari, lettera 29 ottobre 1916 a Elsa. 52 APTGP, serie fascicoloni, fase. Vll, f. 1, Appunti 1853-1870. 53 APTGP, serie fascicoloni f. VIII, Carte riservate per Elsa e Gina. 54 MCRR, fondo Dallolio, b . 944, f. 3, 1. 6. 55 Le notizie di dettaglio sul servizio di Dallolio sono tratte dallo Stato di Servizio del Generale custodito presso il Ministero della Difesa, Direzione Generale per il Personale Militare, Ufficio del Direttore Generale (prot. N. M-D-GMIL-01 UDG 1/10050 del 24 maggio 2005). Le sedi dei singoli reparti sono desunte dal documento Stanza dei Corpi custodito presso l'Archivio dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito (d'ora in avanti AUSSME) Vol. I, per gli anni 1860-1884, Vol. II per gli anni 1885-1898, Vol. III 1896-1905, Vol. III per gli anni 1906-1926. 56 La moglie di Dallolio Augusta Hiller (1852-1911) era figlia di un imprenditore tessile del Wi.irtenberg trasferitosi a Bologna e di Alfonsa Ebbecke, bavarese e luterana di profonda fede e di notevole cultura. Augusta aveva sposato in prime nozze un ricco inglese residente in Bologna, di cognome Yarak, dal quale aveva avuto due figli un maschio, morto in età infantile, e una femmina Bice, che sarebbe stata erede di una fortuna milionaria (dell'epoca). Alfredo Dallolio, che si era innamorato di Augusta, rimasta vedova, la sposò, andando ad abitare nella villa degli Yarak (Villa Bice). Dallolio, divenuto tutore di Bice, amministrò i beni ex Yarak, purtroppo con non molta avvedutezza e quando la figliastra gli chiese senza dilazioni che le fosse consegnato il valore dell'intero patrimonio, egli fu costretto, per onorare quanto doveva, a vendere tutte le sue proprietà terriere (fortunatamente al fratello Alberto), e a impegnare un quinto dello stipendio. Da allora i Dallolio vissero in notevole ristrettezze specie nel periodo che trascorsero a Venezia e la signora Augusta soffriva molto, per la spietatezza della figlia Bice. «È interessante notare che Bice, questa figliastra ricchissima sposata ad un
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zione Sovrana del 9 giugno 1889; - 23° Reggimento Artiglieria ad Acqui, da Maggiore, il 3 aprile 1893; - 2° Reggimento Artiglieria a Pesaro, da Tenente Colonnello, il 20 gennaio 1901. Cominciava, così l'ascesa lungo la scala gerarchica del giovane Dallolio che ha vissuto il suo «servizio» con grande spirito patriottico e da capace organizzatore cui, a volte, è toccato vivere il proprio lavoro come una croce da portare in nome della Patria. Un «servizio» durante il quale Dallolio ha sempre tenuto presente, dal punto di vista della politica internazionale, la raccomandazione fattagli dal padre il 12 giugno 1859; raccomandazione che ricordava sovente anche in pubblico, come avvenuto a Bologna il 18 febbraio 1918 durante una sua visita per sollecitare l'adesione popolare al Prestito Nazionale a favore della Patria. Nel 1914 riceveva la 2" «promozione a scelta» per meriti eccezionali, ottenendo molte felicitazioni: «Ho avuto un monte di telegrammi e di lettere, qualcosa come 300.»57 II 24 febbraio 1917 Dallolio riceveva un telegramma dal Presidente del Consiglio Boselli: «Mi è gradito significarle che S.M. il Re con Decreto di ieri58 ha nominato V.E. Senatore del Regno, accolga mie vive congratulazioni.»59 Seguiva un telegramma di Cadorna che gli dava il «ben arrivato» nel Senato: «Mi felicito per l'omaggio alle sue alte benemerenze e Le mando il mio cordiale saluto di collega nel Senato del Regno. Generale Cadorna». Dallolio rispondeva a questo telegramma: «Sono particolarmente grato all'E.V. per le sue felicitazioni assicurandola che considero titolo cl' onore il saluto dell 'E.V. come collega del Senato del Regno.» 60 Da Senatore si iscriveva - fra i primi - al Gruppo degli Indipendenti il cui scopo era quello di «valorizzare la vittoria e sostenere la ricostruzione laboriosa ed ordinata del Paese con vigore di discipline e di lavoro, per risorgere dal disagio acuto lasciato daJla guerra.»61 Ma nel 1924 si dimetteva «non ravvisando più nell 'attività del Gruppo quella concordia di intenti che avrebbe dovuto mantenerlo unito».62 Come Senatore non aveva mai svolto alcuna attività politica e in Aula prendeva la parola su disegni di le~ge riguardanti argomenti tecnici.63 Dalla fine del 1930 cessava di esprimere le proprie ragioni in Aula uomo altrettanto 1icco, finì in miseria e gli ultimi anni della sua vita fu 1icoverata a Roma all'Aclclolorata, allora ospizio di mendicità e attualmente ospedale. Fu in quell'epoca che Alfredo Dallolio le mandò periodicamente del denaro per renderle possibile cli avere una piccola autonomia finanziaria. Della sua innata generosità è anche testimonianza il fatto che, ogni volta che incontrava un povero per la strada, gli clava l'elemosina e alla figlia, che una volta gli chiese spiegazioni, disse: "È comunque più povero di me".» Alfredo Dallolio ebbe due figlie da Augusta, Elsa (1890 - 1965) e Gina (1892 - 1987), che vennero cresciute con sani principi e alle quali venne impartita una formazione culturale che per l'epoca, si può dire «cli larghe vedute». Nel 1911, l'improvvisa morte di Augusta, a Chèbres (Svizzera), dove si era recata accompagnata dalla figlia Gina per potersi curare la tubercolosi di cui era affetta, provocò un dolore immenso in Dallolio che, da allora, cercò cli essere ancora più «padre vicino alle figlie», cercando di coinvolgerle nella propria vita, confidandosi con loro, ormai adulte, e anche tenendo conto dei loro consigli di persone mature e responsabili cresciute in un sano ambiente familiare. [Nota tratta dagli appunti cortesemente inviati dalla Professoressa Maria Teresa Tamassia Galassi-Paluzzi, figlia di Gina Dallolio.] 57 APTGP, serie lettere ai familiari, lettera IO agosto 1914 a Elsa. 58 R .D. 23 febbraio 1917. 59 APTGP, serie fascicoloni, fase. III, f. 3. 60 lbid. 61 APTGP, serie fascicoloni, fase. I, f. 13, bozza Memoria del Senatore Dallolio all'Alta Corte di Giustizia per le sanzioni contro il Fascismo, p. 9. 62 APTGP, serie fasci coloni, fase. I, f. 13, Memoria del Senatore Dallo/io all'Alta Corte di Giustizia per le sanzioni contro il Fascismo, p. 2. 6 ' Interventi al Senato del Senatore Dallolio: 12 agosto 1925 Provvedimenti per la ricerca e l'utilizzazione delle sostanze radioattive; 30 marzo 1925 Organizzazione della Nazione per la guerra (intervento contrario perché non erano state accettate delle proposte di variante di Dallolio); 9 marzo 1926 Ordinamento del Regio Esercito; 8 giugno 1926 Stato di previsione delle spese del Ministero dei Lavori Pubblici per l'Esercizio finanziario dal primo luglio 1926 al 30 giugno 1927 (intervento sul ponte di Madrisio e le linee ferroviarie della Venezia Giulia e della Venezia Tridentina); 21 maggio 1927
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quando, in occasione dell'intervento sulla Fondazione per gli Orfani dj Guerra prima (26 giugno 1929), e per i Tecnici delle varie Armi dopo ( 16 dicembre 1930) «vidi che dal banco del Governo non mi si rispondeva, mutando così completamente il carattere delle discussioni parlamentari.»64 A seguito di un R.D. del 23 maggio 1917, «motu proprio» del Re Vittorio Emanuele III, Dallolio veniva decorato de11a Croce di Commendatore dell'Ordine Militare di Savoia con la seguente motivazione: «Direttore Generale di Artiglieria al Ministero della Guerra, indi Sottosegretario di Stato per le Armi e Munizioni, fu l'anima dell'impianto e del successivo grandioso ampliamento dei servizi istituiti per provvedere la grande quantità d'armi, di artiglierie, di munizioni e di mezzi bellici di ogni genere che l'Esercito alle frontiere della Patria reclamava. Sereno, instancabile, attivissimo, animato di meravigliosa fiducia nelle virtù dell'Esercito e nelle energie del Paese, organizzò la mobilitazione delle industrie metallurgiche nazionali , riuscendo Il Generale Dallo/io. (Proprietà Calassi Paluzzi anche nei momenti più critici ad assicurare i rifornimenti di Tamassia) armi e munizioni presso l'Esercito operante.»65 In data 3 giugno 1917 Cadorna si rallegrava con Dallolio «per la meritata commenda di Savoia.» In verità, un messaggio che appare freddo e burocratico, e sembra confermare quell'acrimonia di Cadorna verso chi avesse ricevuto la commenda prima di lui.66
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Stato di previsione del Ministero dell'Economia Nazionale per l'Esercizio finanziario dal primo luglio I 927 al 30 giugno 1928; 7 giugno 1927 Preparazione tecnica e scientifica degli Ufficiali di Artiglieria italiana; 9 dicembre 1927 Conversione il Legge del R.D.L. 20 marzo 1927 n. 527 concernente norme integrative della Legge 15 luglio 1926 n. 1579 per la preferenza ai prodotti delle Industrie nazionali (proposto un emendamento affinché fosse accertato all'origine il prezzo dei materiali esteri); 18 marzo 1928 Provvedimenti per favorire l'utilizzazione delle rocce asfaltiche (intervento sullo sfruttamento dei calcari bituminosi); 26 giugno 1929 Istituzione di un'Opera Nazionale per gli Orfani cli guerra (intervento contrario poiché sin dal 1917 esisteva l'Opera della Fondazione Industriale Orfani cli Guerra sotto il Patronato cli Dallolio); 16 dicembre 1930 Trattamento cli ausiliaria per gli Ufficiali dei gradi di Colonnello o di Generale collocati in tale posizione direttamente dal servizio pennanente effettivo; 23 maggio 1940 Commissione dell'Economia Corporativa: Discussione del Disegno di legge «Discipline della produzione siderurgica». Cfr. APTGP, Memoria del Senatore Dallo/io all'Alta Corte di Giustizia per le sanzioni contro il Fascismo, pp. 2-4. 64 APTGP, serie fascicoloni, fase. I, f. 13, Memoria del Senatore Dallolio all'Alta Corte di Giustizia per le sanzioni contro il Fascismo, p. 4. 65 APTGP, serie fascicoloni, fase.III, f. 10. 66 Cfr. G. Rocca, Cadoma, op. cit.
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Capitolo 1 GLI ANNI DEDICATI ALLA DIFESA DELLA FRONTIERA NORD-ORIENTALE E DELLA PIAZZAFORTE DI VENEZIA Nei mesi di novembre e dicembre 1880, dopo avervi effettuato un'apposita ricognizione, il Comitato di Stato Maggiore Generale aveva ravvisato l'opportunità di assumere la linea del Piave come linea di schieramento, ed eventualmente di prima difesa nel caso fosse stato necessario radunare l'esercito alla frontiera orientale, e quindi rafforzarla con opere permanenti. Al riguardo, tuttavia, non era seguito alcun provvedimento. Dopo nove anni, la Commissione Speciale presieduta da S.A.R. il Principe di Napoli confermava l'opportunità della radunata sulla linea del Piave precedentemente individuata, e prospettava lo studio dei particolari della difesa delle valli alpine comprese fra la Valtellina e il Piave, finalizzata ad assicurare il fianco sinistro dell 'esercito eventualmente operante verso la frontiera friulana. In questo modo la Commissione Speciale perveniva a conclusioni analoghe a quelle cui era giunto il Comitato di Stato Maggiore Generale. 1 Sembrava, dunque, che fosse finalmente iniziato un periodo di attività di pianificazione relativa alla frontiera orientale, mettendo in atto non solo molti dei provvedimenti già reputati indispensabili dal Comitato di Stato Maggiore Generale, ma accingendosi anche ad attuarne degli altri che «pur non figurando che come semplici voti nelle deliberazioni di detto Comitato erano sempre coordinati ai concetti stessi e ne assicuravano viemmeglio il successo.»2 Su tali scelte dei vertici militari, però, la classe politica si era mostrata scettica e l 'On. Imbriani così si rivolgeva a Pelloux, Ministro della Gue1Ta: «Non avete che un'idea fissa e la mente semplicemente verso un lato delle Alpi. Io vorrei sapere perché non pensiate né al lato orientale, né al lato settentrionale! Eppure il governo austriaco, il vostro magnanimo alleato, ogni giorno costruisce forti, sia nelle vallate secondarie, sia nella valle principale dell'Adige! Voi di ciò dovete essere informato , ma da quella parte nulla! Badate che io non ho gran fede nelle fortificazioni, ma non credo che il non far nulla da opporre alle fortificazioni che fa l'Austria in tutte le gole, le quali dominano le strade le più secondarie, sia opera di gente previdente, di gente che abbia a cuore gli interessi veri del Paese. Io non so quando finisca la vostra alleanza, non so se abbiate intenzione di rinnovarla, perché il paese deve stare all'oscuro di tutto, il paese non deve far altro che darvi milioni, darvi il suo sangue, sia anche contro l'interesse nazionale, e poi raccogliere la messe delle male opere, ma quel che io so, è che l'Alleanza coll'Austria non solo è esiziale ma è una violazione del diritto dei plebisciti; la credo vergognosa e rovina del nostro paese.»3 Il 17 dicembre 1900, durante la seduta della Commissione Suprema Mista per la Difesa dello .Stato, il Capo di Stato Maggiore deWEsercito, Saletta, in merito al quesito se si dovesse organizzare a difesa la linea del basso Piave, ricordava come già nel 1889 il Comitato di Stato Maggiore Generale avesse ravvisato l'opportunità di rafforzare con opere permanenti tale linea. Tuttavia affermava, di non ritenere conveniente la realizzazione di opere permanenti lungo il Piave, sottolineando come la loro costruzione su quel fiume avrebbe chiaramente indicato al possibile avversario la linea sulla quale si intendeva eseguire la radunata dell'esercito. Pertanto, la Commissione deliberava che il rafforzamento della linea del Piave, una volta approvate le fortificazioni sul basso Isonzo, venisse eseguita all'at-
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F. 9, I bis, Memoriale per Ministro della Guerra su Difesa Frontiera Nord-Orientale, 14 maggio 1905, p. 2.
F. 9, l bis -Verbale 3" Commissione Suprema Mista Difesa del lo Stato, seduta 11 maggio 1908, pp. 40-41. Legisl. XX, 1° Sessione, Discussioni, Vol. III, p. 2.569, intervento 30 giugno 1897.
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AUSSME,
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to della mobilitazione tramite semplici «teste di ponte» ai ponti sul Piave (Priula, Ponte di Piave e San Donà) .4 In ogni caso veniva affrontato anche il problema dei lavori necessari al completo assetto difensivo della frontiera nord e nord-est, dallo Stelvio al mare, completando e modificando le deliberazioni della Commissione Speciale dell' anno precedente. Di conseguenza, la graduatoria di urgenza era così stabilita: 1) sistemazione difensiva del basso Friuli e delle valli del Natisene e Fella; 2) sistemazione difensiva del Cadore e delle valli dell' Assa, dell' Astico, del Cismon, del Brenta, e del fronte nord della piazza di Verona; 3) sistemazione difensiva delle Valli Giudicarie, della Valcamonica, della Valtellina; 4) opere complementari in Val Degano, provvedimenti difensivi sulla frontiera nord nelle valli dell'Adda e Toce. Riguardo i provvedimenti di ordine ferroviario , in questa seduta non ne veniva stabilita la graduatoria d'urgenza; preso atto che l'Austria stava incrementando la propria rete ferroviaria verso la frontiera italiana, in modo tale da poter anticipare di 4-5 giorni lo schieramento del suo esercito, la Commissione auspicava che le mi sure volte a potenziare la rete ferroviaria nazionale permettessero di trasportare fino al Piave anche quei Corpi d'Armata che nell'attuale pianificazione era previsto venissero scaricati più indietro, a Padova e a Monselice. Una volta radunato sul Piave, infatti, l'esercito avrebbe avuta garantita la possibilità di effettuare un ' azione offensiva per sorprendere 1' avversario in mobilitazione .5 Il 20 dicembre 1.903, il Tenente Colonnello Dallolio6 - rammentando come i suoi parenti avessero combattuto nella città lagunare per difenderla dagli austriacF - arrivava a Venezia per assumere le funzioni di Direttore di Artiglieria. Per lui, Ufficiale di Artiglieria impiegato sino a quel momento nelle batterie da campagna ( «cannoniere» insomma, come gli capitò di scrivere8) stava iniziando una nuova esperienza nella specialità del1' artiglieria da costa e da fortezza; ciò richiedeva un cambiamento radicale nel suo bagaglio professionale e comportava, innanzitutto, un adeguamento di mentalità nel passaggio dal campo di battaglia terrestre a quello operativo temi-mare. Con la consueta risolutezza, Dallolio iniziò ad analizzare i problemi connessi alla difesa costiera della piazzaforte di Venezia. Dallolio, sulla base dei convincimenti antitedeschi ricevuti in famiglia, concepiva la difesa di Venezia soltanto fronte a nord-est; concezione avvalorata anche dall' insegnamento ricevuto dal Generale Perrucchetti alla Scuola di Applicazione di Artiglieria: «Il Trentino è una spina dolorosa conficcata nel nostro fianco e nelle nostre spalle, ma non t~e da entrare in cavità e produrre la paralisi. La vera piaga gravissima che minaccia tutta l'esistenza del nostro assetto difensivo è nella frontiera orientale corrispondente al Friuli ed alla Venezia Giulia, piaga terribile che richiede rimedi adeguati al male.» Ma influiva pure quanto gli aveva detto un giorno il Generale Baldissera: «Per ora non creda nella guerra contro l'Austria, ma se domani ci fosse tale guerra, si ricordi Dallolio che Venezia deve essere pronta tre giorni prima.»9 Non appena arrivato nella città lagunare Dallolio iniziò a ispezionare «batteria per batteria, forte per forte, vie di comunicazione e le varie località da apprestare a difesa» ,10 per esaminare in modo appro-
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F. 9, 1 bis-Verbale 3" Seduta Commissione Suprema Mista per Ja Difesa dello Stato, sed. 17 dicembre 1900 p. 14. F. 9, 1 bis-Verbale 3" Seduta Commissione Suprema Mista per la Difesa dello Stato, sed. 19 dicembre 1900 p. 31.
Promosso Colonnello il 5 aprile 1905, Dallolio avrebbe ricoperto tale incarico sino al 22 maggio 1910 1 quando diveniva Maggior Generale «per promozione a scelta eccezionale (art. 0 25 della legge sull' avanzamento) e nominato Comandante d'Artiglieria da campagna in Napoli». 7 APTGP , serie fascicoloni, fase. VII, f. 1, appunti 1893-1910 (primo ottobre) . 8 V. Gal!inari, Il generale Alfredo Dallolio ... , op. cit., p. 116. 9 APTGP , serie fascìcolonì, fase. VII, f. 1, appuntì 1893-1910 (1 ° ottobre), p. 2. 10 APTGP, serie fascìcoloni, fase. VII, f. 1, appunti 1903-1910 (1 ° ottobre), p . 1.
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Schema della Laguna di Venezia
Il Forte S. Andrea che sbarra l'ingresso dal «porto» del Lido in laguna. (Proprietà Assenza)
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Le «cannoniere» del Forte S. Andrea a «pelo d'acqua» per colpire nella chiglia le navi che fossero penetrate in laguna. (Proprietà Assenza)
fondito i sistemi di difesa della frontiera Nord-Est, come aveva promesso all'Ispettore Generale d'Artiglieria Rogier. Di conseguenza, nei primi mesi del 1904 poté inviare all'Ispettorato d'Artiglieria da Costa e da Fortezza il piano completo di difesa della Piazza di Venezia, aggiornato sia sulla scorta delle nuove possibilità offerte dallo sviluppo tecnologico delle artiglierie ad anima rigata, sia sull'analisi di come, in passato, la Serenissima avesse affidato la propria difesa a due sistemi di forti: - un arco di forti arretrato in terraferma (Tron, Brendole, Carpenedo) con baricentro sul forte di Marghera in modo da sottrarre Venezia al tiro delle artiglierie terrestri «da assedio»; - un si'stema di forti a mare per chiudere i «porti>> 11 attraverso i quali era possibile violare la laguna per arrivare al cuore della città. Il «porto» di Malamocco era stato sbarrato con l' «ottagono degli Alberoni» ,' 2 di fronte allo sbocco dell'omonimo canale, e quello del Lido con elementi difensivi costruiti all'ingresso in laguna: il forte di Castelvecchio, sull'isola del Lido, e il forte di Castelnuovo, sull'antistante iso\a ~i Sant' Andrea. In particolare, quello di Sant? Andrea era costituito da 40 cannoniere a pelo d'acqua, per colpire le navi sotto .la Unea di galleggiamento, e da altrettante sugl_i spalti per c~lpire frontalmente l'avversario che avesse osato affacciarsi .all'imboccatura del porto del Lido. 13 -
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A Venezia vengono detti «porti» quei canali naturali che mettono in comunicazione il mare aperto con la laguna interna. «Di fronte a Malamocco, c'è un Ottagono abbandonato e, più a sinistra, l'ottagono degli Alberoni, di fronte alla località omonima. Questi due ottagoni erano fortificazioni della Repubblica, costruite durante la guerra di Chioggia a difesa di Malamocco e Poveglia.» in G . Piamonte, Litorali ed isole - Guida della laguna veneta, Filippi, Venezia 1975, p. 121. 13 Dal forte di Sant' Andrea, opera del Sanmicheli, era pa1tito l'ultimo colpo di cannone sparato dalla Repubblica nell'aprile 1797 contro la nave da guerra francese Le Liberateur d'ltalie che tentava di forzare il bacino, in G. Piamonte, Litorali ed isole ..., op. cit., p. 81. 11
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Dallolio, naturalmente, aveva una visione diversa della piazzaforte di Venezia (la cui funzione non poteva più essere meramente di «chiusura» della laguna, come ai tempi della Serenissima), che doveva diventare perno di manovra strategico, in sistema con il ridotto cadorino, per logorare e arrestare un'eventuale penetrazione austriaca lungo la direttrice Gorizia-basso Isonzo-Mestre, a premessa di una successiva controffensiva italiana. In questo modo, «contro l'invasione pianificata dell'Austria traverso la lacuna dell'Isonzo da Gorizia a Mestre, la Piazza di Venezia sarebbe stata una vera minaccia sul fianco, tanto più se coadiuvata dal ridotto Cadorino alla sua volta messo in grado di esercitare la sua azione disgiuntiva ed offensiva.» 14 Questo nuovo approccio alla difesa di Venezia derivava dallo sviluppo della tecnologia delle armi da fuoco che, oltre agli affusti a deformazione, aveva introdotto bocche da fuoco in acciaio ad anima rigata e nuove polveri da lancio che permettevano di raggiungere distanze prima inimmaginabili. Le innovazioni tecnologiche, infatti, avrebbero consentito di: a) realizzare una cortina di fuoco spinta molto al largo di Venezia per sottrarre la città alle offese di flotte avversarie, che sarebbero state costrette a restare al largo per non rischiare di essere colpite dal fuoco dei forti veneziani; b) sviluppare l'iniziativa per controbattere un avversario che, superato l'Isonzo, avesse raggiunto la pianura veneta. Ciò premesso, è chiaro che si rendeva necessario il rinnovamento del parco di artiglierie: un eventuale impiego massiccio di quelle moderne avrebbe affrettato «l'ora del requiem aeternam con amen ben accentuato per tutte quelle bocche da fuoco del passato che rappresentavano molto come numero, ben poco come efficienza ed impiego» .15 La Piazza di Venezia, infatti, disponeva di 7 batterie di «gran potenza» delle quali: - tre di cannoni da 305 che «nel giorno in cui furono decretate, rappresentavano il non plus ultra della potenzialità» 16 • Attualmente però, potevano svolgere un ruolo limitato, sia perché costituite da 2 soli cannoni, insufficienti per effettuare tiri a grandi distanze con buone probabilità di colpire, sia per l'alta velocità iniziale che obbligava a limitare il numero dei colpi da sparare, e ancora per l'ubicazione che non consentiva l'appoggio reciproco per fare massa nel settore più minacciato; - quattro di obici da 280 Li quali, per la scarsa gittata, erano considerati armi di riserva nel caso le navi avversarie si fossero avvicinate alla costa. In base a questi dati, nel 1911 Dallolio insisteva perché si effettuasse l'ammodernamento delle armi della Piazza di Venezia: 11 «Colà si sono lasciate le batterie di cannoni da 240 e 321 che sono una lustra di difesa, ed ancora sulla batteria Sabbioni sono sospese le decisioni, mentre si tratta della batteria più importante di tutta la Piazza. Quindi, in previsione di tale nuova necessità, sembra che sarebbe molto utile occuparsi sin d'ora della scelta del cannone di 'gran potenza' che bisognerebbe utilizzare, visto che quelli da 305 L/50 per le ragioni dette innanzi e per altre che si tralasciano per brevità, non rappresentano al giorno d'oggi, il non plus ultra.» 18 Egli prospettava di: - approfondire la scelta del cannone di «gran potenza» da impiegare per le fortificazioni di Venezia, considerato che, analogamente a quanto stavano per fare quasi tutte le Marine del mondo; «non sarebbe convenuto riprodurre il tipo da 305, pur essendo esso un cannone della più alta efficacia ancora per qualche tempo)); 19 - non limitare la difesa costiera a mezzi mobili costituiti da naviglio leggero o sottomarini (come suggerivano alcuni studiosi), ma basarsi sull'integrazione della forma mobile con quella delle
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APTGP, serie faseieoloni, fase. VII, f. APTGP, serie faseieoloni, fase. VII, f. 16 MCRR, fondo Dallolio, b. 950, f. 5, I. 17 MCRR, fondo Dallolio, b. 950, f. 5, l. 18 MCRR, fondo Dallolio, b. 950, f. 5, l. 19 MCRR, fondo Dallolio, b. 950, f. 5, 1. 1
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1, appunti 1903-1910 (1 ottobre), p. 5. 1, appunti 1903-1910 (1 ottobre). 3, Lettera n. 832 a Direzione Generale Artiglieria datata 26 maggio 1911. 2, Lettera n. 808 R.S., p. 1, all'Ispettorato Artiglieria datata 22 maggio 1911. 3, Lettera n. 832 R.S., p. 4, alla Direzione Artiglieria datata 26 maggio 1911. 2, Lettera n. 808 R.S., p. 4, all'Ispettorato Artiglieria datata 22 maggio 1911.
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opere fortificate fisse, tenuto conto che «le batterie da costa sono organi pennanenti sui quali si può fare largo affidamento, perché, se anche qualche loro parte è distrutta, e comunque inservibile, rimangono sempre, e presumibilmente fino a quando si hanno le munizioni, in grado di esplicare un'azione sicura e poderosa.»20 Dallolio, pertanto, proponeva la realizzazione di un cannone di «gran potenza>> studiato in collaborazione fra l'Ispettorato Generale d'Artiglieria e la ditta Armstrong, già produttrice di cannoni da 381 e da 406. Il 16 giugno 1911 il Ministro Spingardi, pur mostrandosi scettico sulla possibilità di ottenere dal Parlamento ulteriori stanziamenti per un aggiornamento del programma di difesa costiera, approvava le proposte avanzate dall'Ispettorato Generale di Artiglieria ponendo la sola limitazione che non vi fossero corsie preferenziali per alcuna ditta21 ; nel contempo suggeriva di interessare, oltre ali' Armstrong di Pozzuoli, «altre rinomate Case costruttrici di artiglierie di grosso calibro nazionali ed estere, quali la Vichers-Terni [sic], la Schneider, la Krupp, la C. des forges de la marine e d'Homécourt, ecc.»22 Il progetto elaborato da Dallolio per la difesa di Venezia si articolava (Tabella I) su tre componenti:
Tabella I SETTORE
CONCETTO D'AZIONE
Batterie «di gran potenza>> (Fronte a mare)
Sbarrare i due «porti»· del Lido e Malamocco costringendo la flotta avversaria a restare al largo «E allora 3 batterie da cannoni da 254 L/50 al Lido - a Casabianca - e agli Alberoni formavano i termini generali definitivi di un ordinamento a difesa della gran diga di sabbia fra due porti - Lido e Malamocco - con potenti caposaldi di 2 Batterie da 305 L/50 al Cavallino ed alla Punta Sabbioni e 1 batteria da 305 L/50 a S. Pietro» .23 Schierare le artiglierie sul litorale di Punta Sabbioni: batterie Amalfi, con 2 cannoni da 305 L/50; Vettor Pisani, con 6 obici da 280/L; San Marco, con 2 cannoni da 305 L/50; e Radaelli, con cannoni da 152/50. Gittate massime 24 chilometri.
Difesa terrestre della città di Venezia per mezzo di pontoni con artiglierie . (studio gennaio 1907)
Integrare il fuoco dei forti con quello di cannoni da 152 su natanti manovrabili lungo vie d'acqua interne per realizzare la concentrazione nei tratti più sensibili (realizzati tre pontoni con 2 cannoni da 152 ciascuno intitolati a tre Medaglie d'Oro al V.M. alla Memoria De Rosa, Bianchini, Masotti).
Ordinamento difensivo del Impedire il consolidamento di eventuali penetrazioni allargando la cinta fortificata in terraferma tramite la costruzione di nuovi forti anziché la fronte terrestre (studio del 1906) ristrutturazione di quelli già esistenti più arretrati (Tron, Brendole, Carpenedo) per creare una linea di resistenza avanzata in grado di sostenere le prime linee di difesa.
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MCRR, fondo Dallolio, b. 950, f. 5, 1. 3, Lettera n. 832 R.S., p. 4, alla Direzione Artiglieria datata 26 maggio 1911. Era evidente lo scopo di sottrarre l'Amministrazione militare a esorbitanti richieste di un solo concorrente. 22 MCRR, fondo Dallolio, b. 950 , f. 5, 1. 4, Lettera n. 9.114, di Spingardi all'Ispettorato Artiglieria datata 22 maggio 1911. 23 APTGP, serie fascicoloni , fase. VII , f. 1, appunti 1903-19 1O (I ottobre), p. 7. 21
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L'impostazione di Dallolio contrastava però con la posizione «ufficiale» dell'Italia, in quel momento orientata contro la Francia, ed era quindi scontato il richiamo , ricevuto da lì a poco in risposta al suo piano, dall'Ispettore dell'Artiglieria da Costa e da Fortezza: «Duolmi rilevare che la S.V. non ha un concetto esatto della difesa d'Italia. Non è codesta frontiera che interessa ma la frontiera a Ovest alla quale si debbono rivolgere le nostre cure ed attenzioni.» Nella missiva I'Ispettore aggiungeva <<una buona parola per lo studio fatto, ma terminava raccomandando di non vedere pericoli e minaccie là dove erano inesistenti.» 24 In pratica, si trattava di un invito a <<starsene tranquillo», ma il fatto non turbò eccessivamente Dallolio, «la risposta strisciò un momento sull'animo mio, ma non mi lasciò traccia e pensai subito a trovare qualche altra porta cui battere.»25 In effetti, un' «altra porta» esisteva, dato che l 'integrazione della difesa del «fronte a terra» con quello «a mare», prevista da Dallolio, presupponeva l'interessamento dei due Ministeri, quello della Guerra e quello della Marina, allora separati. Dallolio si rivolse perciò al Comandante in Capo del 3° Dipartimento Marittimo (a Venezia presso l'Arsenale) , Ammiraglio Bettolo,26 il quale aveva ottenuto di apprestare la difesa e l'assetto del litorale Adriatico che, a causa della situazione della polìtica estera e della necessità di destinare i limitati fondi disponibili al rinnovamento del naviglio, finora erano stati necessariamente trascurati. 27 Tra Dallolio e Bettolo avvenne «un miracolo» impensab ile all'epoca: con anticipo di oltre mezzo secolo, la comprensione fra i due portò a quell '«integrazione inter-arma» che in Italia sarebbe stato possibile realizzare, con non poche difficoltà, soltanto dopo il termine del secondo conflitto mondiale (all'epoca della nascita del Settore Forze Lagunari). Scriveva Dallolio: «Per fortuna nel periodo 1904-191 O gettate le basi di uno studio serio, la fusione delle idee fra Esercito e Marina, la percezione alta dei veri principi della guen-a, speciali per ciascuna
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serie fascicoloni, fase. VII, f. 1, appunti 1903-1910 (1 ottobre), p. 2. fascicoloni, fase. VII, f. 1, appunti 1903-1910 (1 ottobre), p. 2. 26 Ammiraglio Giovanni Bettolo Ministro Regia Marina dal 22 aprile 1903 al 21 giugno I 903, Comandante in Capo 3° Dipartimento Marittimo dal 2 gennaio 1906 al 6 marzo 1907, Capo cli Stato Maggiore della Regia Marina dal primo aprile 1907 , Ministro della Marina daJI' 1J dicembre 1909 al 3 l marzo I 9 IO. Cfr. Archivio Ufficio Storico Marina Militare (d'ora in poi AUSMM), fondo Consiglio Superiore di Marina, b. biografia Bettolo Giovanni. 21 Il «programma Bettolo», che servì di base alla legge 1909 per l'assegnazione alla Marina dei fondi straordinari per l' approntamento della difesa delle coste del! 'Adriatico e Ionio, prevedeva che Venezia (con la realizzazione ciel suo formidabile nuovo campo) divenisse uno dei capisaldi cieli' Adriatico; che Brindisi fosse destinata al servizio logistico della flotta operante; che Porto Corsìnì, Ancona e Barletta dovessero essere adibite a basi siluranti e Taranto a base navale principale per la flotta operante in Adriatico. L' «ambiente Marina» era un fervore di attività per adeguare le opere dell'Arsenale alle future esigenze, legate al prevedibile an-ivo delle nuove grandi navi da battaglia e alla necessità di minacciare forze navali avversarie impegnate contro la Piazza di Venezia. Pertanto venivano posti in essere tre progetti: a) realizzazione di un nuovo grande bacino di carenaggio. Il 7 luglio 1908 il Consiglio Superiore della Marina prendeva in esame il progetto per un nuovo bacino di carenaggio presentato dall'Ufficio Autonomo Genio Militare per la R. Marina, identico nelle sue caratteristiche generali a quello già costruito a Taranto, la cui realizzazione veniva deliberata 1'11 luglio 1909; b) allargamento del Canale di Porta Nuova e sistemazione della darsena del Regio Arsenale. In merito il Ministero Marina aveva interessato il 3° Dipartimento per conoscere le relative spese, e successivamente il Consiglio Superiore della Marina ne approvava la realizzazione il 4 luglio 1910; e) adozione di barche «torpediniere automobili» per la clifesa cieli ' estuario di Venezia. Il Ministero della Marina con dispaccio n. 15390 della Direzione Generale delle Costruzioni Navali prospettava al Consiglio Superiore della Marina l'opportunità dì dotare la Regia Marina di un nuovo tipo di silurante, di limitato dislocamento e immersione, munito di motore a scoppio per la difesa dell'estuario Veneto contro navi nemiche che investissero la Piazza di Venezia . Nella riunione ciel 28 novembre 1908, il Presidente ciel Consiglio Superiore, Vice Ammiraglio Di Brocchetti, riteneva che la difesa di Venezia avrebbe ricevuto «un efficace contributo ove si potesse agire pei canali interni della laguna con torpediniere che minacciassero dagli sbocchi in mare, di rovescio o di fianco, forze navali o navi impegnate in azione offensiva ravvicinata contro la Piazza, perciò a suo avviso non è il caso di subordinare l' adozione di queste siluranti alla questione del prezzo». Superate alcune perplessità sulla rumorosità dei motori a scoppio , rispetto a quelli a vapore, e sulla difficoltà di riunire in un medesimo tipo di nave le caratteristiche richieste dalle esigenze della navigazione interna e quelle necessarie per un attacco in mare, il 28 novembre 1908 il Consiglio Superiore della Marina deliberava di affidare alla ditta Schichau cli Elbing la costruzione dì due prototipi.
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Arma, condussero a guardare risolutamente in faccia alla situazione; si addivenne a quella unione tanto invocata per combinare gli sforzi e assicurare il successo di una azione comune per la sistemazione difensiva della frontiera orientale» .28 L'intesa Dallolio-Bettolo, dunque, stabiliva l'importanza del concetto «Venezia piazza forte verso il mare e verso la terra». In conclusione, il progetto di difesa di Venezia ideato da Dallolio, integrato con quello della Marina utilizzando il dualismo allora esistente fra i Ministeri della Guerra e della Marina, superava le difficoltà in precedenza frapposte dall'Ufficio Fortificazioni dell'Esercito (che aveva fermato il progetto Dallolio) e approdava alla Commissione Suprema Mista per la Difesa dello Stato. I futuri impegni per dotare la Piazza di nuove artiglierie da costa e fortezza, previsti dal progetto integrato, avrebbero coinvolto pesantemente la Direzione di Artiglieria di Venezia diretta da Dallolio, che così scriveva alla figlia: «Sto trattando per l' acquisto di 3 grue di cui una della forza di 100 Ton. , una da 10 Ton. ed una da 1. Vedi che la Direzione cammina sulla via del progresso. Capirai che bisogna attrezzare per i 305 i quali nell'agosto del 1910 cominceranno a sistemarsi al Cavallino così con fede ostinata l'Artiglieria sarà arrivata a dare un vero cannone costiero a Venezia. Di lavori ne affluiscono da mattina a sera ed è difficile far fronte a tutto, tanto più che manca in alto la volontà vera, l'attitudine esatta, la percezione di ciò che è reale. Un po' sono spaventati ed allora governa il male della paura, un po' si dondolano come dei Turchi ed allora si rimanda tutto alle calende greche e non si risolve niente, si passa dall'eterno al breve senza mai avere una linea di condotta positiva che dia la gagliarda forza com battente .»29 Benché la difesa di Venezia fosse il suo pensiero prevalente, Dallolio era infaticabile nell'interessarsi della difesa dell'intero arco di frontiera a Nord-Est. Nella stessa lettera con cui dava notizie sul potenziamento de]Ia Direzione d'Artiglieria e Genio, comunicava il suo programma di un viaggio di due giorni per visitare Udine, Pinzano, Ragogna sud e Gemona, finalizzato a verificare lo stato delle opere di fortificazione lungo il solco del Tagliamento. Dallolio, sempre critico nei confronti della burocrazia di certi ambienti militari, ammetteva che quanti lo avevano appoggiato nei suoi studi, accogliendoli con «marcata benevolenza ed efficace incoraggiamento>>, erano stati «l'Ammiraglio Bettolo, il Generale Pollio ed il Generale Incisa di Camerana» ,3° e, proseguendo nei suoi appunti: <<Erano gli Uffici tecnici che pressati dalle considerazioni economjche, indirizzati verso la frontiera Ovest presentavano delle continue resistenze alle nuove proposte, e non immedesimati dalla chiara visione delle necessità nuove, allineavano le difficoltà. Così pel fronte a Terra non volevano rinunziare ai bei progetti di opere costruite a perfetta nomenclatura di arte, con dettagli veramente monumentali, con spezzettamenti di difese passive veramente artificiosi, mentre le circostanze portavano ad avere come caposaldi della difesa attiva opere capaci di esplicare resistenza intrinseca chiaramente sufficiente.»31 Senza dubbio si era trattato di un periodo infuocato che qualche anno dopo Dallolio avrebbe ricordato nelle lettere alla figlia Elsa «so ben io cosa ho sofferto e faticato per Venezia mi sono logorato ma chi mi ha veramente compreso, chi ha veramente ascoltato il grido dell'anima mia ....... pochi pochissimi» ,32 e ancora «nel1 'abbracciarti ritorno colla visione al mio Minetti che mi faceva compagnia a Venezia quando scrivevo frasi infuocate per far decidere lo Stato Maggiore ad armarla e difenderla. Addio bimba cara, ti abbraccio. Sono tanto stanco, ma tiro avanti.» 33
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serie serie 30 APTGP, serie 31 APTGP, serie 32 APTGP, serie 33 APTGP , serie
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faseieoloni, fase. VII, f. 1, appunti 1903-1910 (1 ° ottobre), p. 2. lettere ai familiari , lettera 5 novembre 1909 a Elsa. faseicoloni, fase. VII, f. 1, appunti 1903-1910 (1 ° ottobre), p. 3. fascieoloni, fase. VII, f. I , appunti 1903-1910 (1° ottobre), p. 3. lettere ai familiari, lettera 1914 [senza indicazione del giorno] a Elsa. lettere aifamilìari, lettera 20 sett. 1914 a Elsa.
Un episodio dimostra come, nel frattempo, qualcosa fosse cambiato a proposito del ruolo della frontiera orientale. Negli anni 1907 e 1908 erano state programmate delle visite a Venezia per gli Ufficiali della Scuola di Applicazione ai quali Dallolio aveva tenuto due conferenze: la prima sui motivi de1la difesa di Venezia, la seconda sulla fisionomia operativa di quella Piazza. A conclusione di questo ciclo di conferenze era emersa la necessità che << Venezia non fosse considerata come un elemento di sola difesa locale», ma si dovesse «invece tendere a farle acquistare il carattere di elemento di difesa generale, per la influenza che potrebbe esercitare sulle operazioni attive dell'Esercito».34 Tale prospettiva veniva avvalorata dal fatto che le proposte fatte da Dallolio circa «l'ordinamento difensivo del Fronte ten:estre», erano state condivise e accettate tanto dal Generale Incisa di Camerana, cui erano state sottoposte per la prima approvazione, quanto dall'Ammiraglio Bettolo. L'undici maggio 1908 la Commissione Suprema Mista per la Difesa dello Stato prendeva in esame le opere per la difesa della piazzaforte di Venezia. Il Capo di Stato Maggiore della Marina metteva in evidenza il duplice ruolo strategico di Venezia nel caso di una guerra contro l'Impero austro-ungarico: - base navale sia in cooperazione con le operazioni terrestri che per assicurare i rifornimenti alla flotta; - piazzaforte ten:estre per l'appoggio alle forze ten:estri operanti sulla frontiera nord-est. Inoltre, faceva presente l'esistenza di studi rivolti all'adeguamento di quella piazza per tali funzioni strategiche, tenendo anche conto come la sua collocazione, a poche ore di distanza dalla più formidabile base di operazioni della marina austro-ungarica, potesse costituire anche un probabile obiettivo di quest'ultima. Sempre i1 Capo di Stato Maggiore della Marina sottolineava ancora che Venezia, se protetta e potenziata, avrebbe costituito sia un appoggio d'ala per il regio esercito, sia una minaccia al fianco sinistro di un eventuale invasore. «Urge provvedere perché quella base marittima, così rispetto alle operazioni ten:itoriali come a quelle navali possa: a) opporre sul fronte a terra e sul fronte a mare la più vigorosa resistenza offensiva; b) offrire alle nostre navi, anche a quelle maggiori, un ancoraggio sicuro rendendo loro accessibil i i passi del Lido, di Malamocco e le acque dei bacini interni; c) disporre dei mezzi necessari al più rapido rifornimento di tutti i materiali che possono occon:ere alle unità della nostra flotta; d) soddisfare nel modo più sollecito a quei lavori di riparazione e di carenaggio che possono richiedersi attraverso le vicende delle ostilità; e) disporre, in rassicurante misura , di quel prezioso contributo morale e materiale che, nella difesa ravvicinata, possono prestare le torpediniere e i sommergibili; f) mettere a profitto della difesa quella fitta rete di canali navigabili, specie quelli a nord-est della piazza, i quali oltre a facilitare importanti operazioni difensive da terra e da mare , possono pure agevolare eventuali operazioni offensive, fra le quali principalissima quella di siluranti che muovendo dalla laguna potrebbero sboccare in mare aperto ed aggredire di fianco od alle spalle una forza navale che avesse investito quella piazza.»35 La Commissione approvava le proposte relative alla piazzaforte di Venezia che comportavano un onere di 10.496.000 lire per l'amministrazione deJla Marina e di 55.615.000 per quella della Guerra. In conclusione, nel primo decennio del 1900 la Commissione Suprema Mista per la Difesa dello Stato affrontava completamente, in modo esaustivo, il problema della difesa della frontiera nord-occidentale, entrando nel dettaglio deJle singole linee d'operazione (del Piccolo San Bernardo., del Moncenisio, del Monginevro, dell'Argentiera, del Tenda), e quella della frontiera nord-orientale, oltre alle singole Piazze Marittime. Pertanto, venivano superate le critiche che l'On. lmbriani aveva lanciato nel 1897 sull'indifferenza del Ministero della Guerra per la frontiera nord e nord-orientale.
serie fascicoloni, fase. Vll, f. 1, appunti 1903-1910 (1 ° ottobre), p. 3. F.9, 1 bis - Verbale Commissione Suprema Mista per la Difesa dello Stato, seduta 11 maggio 1908 pp. 40-41.
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Il 27 gennaio 1908 Dallolio, nominato Presidente della Commissione incaricata di prendere accordi con la Casa Armstrong di Pozzuoli per la definizione delle specifiche tecniche del cannone da 305/50 e delle rispetti ve installazioni, dopo aver preso gli ordini all'Ispettorato Generale d'Artiglieria si recava a Napoli. In quella occasione scriveva al fratello Alberto: «Ho dei collaboratori distintissimi e cercherò di fare del mio meglio, ma per quanto l'incarico sia per me lusinghiero non nascondo le responsabilità in questo quarto cl' ora difficile . Sì degli un i ed il Forse degli altri ... >>36 • Il cammino di Dallolio non era sempre agevole e, nonostante i risultati conseguiti sul lavoro, non mancavano le amarezze, come appare dalla lettera alla figlia Elsa: «Ritorno ora dal Ministero dopo aver parlato alto e forte contro certi ritardi che sono veramente enormi. Volevano affibbiare a me come Presidente della Commissione che andò a Pozzuoli certe mancanze burocratiche, ma per fortuna avevo nella borsa i documenti per provare luminosamente che io avevo fatto tutto il possibile, }'umanamente possibile per fare bene e presto. Non si ha idea della paura del male che c'è qui dopo l'inchiesta, è una febbre fredda e continua quando si tratta di concludere. Vo1Tebbero nulla concludere per rispondere di nulla. S.E. Pollio mi vuole vedere di nuovo, dice che non ha mai sentito parlare con maggiore convinzione e pare sia stato molto contento di me ... È una vita intensissima la mia di questi giorni e le ore mi sembrano minuti , v01Tebbero restassi per fare la relazione sui 305 pel Consiglio di Stato, ma non mi garba di levare le castagne dal fuoco per contro degli altri ... vedremo ... Avresti goduto sentendo Papà dire a S .E. "Non si ha diritto di perdere del tempo a fronte delle minacce dell'Austria, non si ha il diritto di voler dire a dei soldati dobbiamo difenderci, dobbiamo difenderci quasi che fosse viltà pensare all'offensiva. Eccellenza ... noi artiglieri vogliamo difendere Venezia per dare il massimo e l 'occasione all'E.V. di venire alla riscossa coll'Esercito operante e andare al di là .. . vogliamo una fortificazione scudo, ma anche spada, perché il parafulmine non è mai stato mezzo di guerra." Quando ho finito ero tutto un sudore e ho capito che avevo parlato col cuore e qualche po ' di breccia l'avevo fatta ... » 37 • L'anno successivo Dallolio , durante una riunione presieduta dal Capo di Stato Maggiore dell 'Esercito Pollio, per impartire le direttive per l'approntamento dei progetti tecnici relativi alla Piazza di Venezia, esprimeva il proprio pensiero illustrando come la guerra, anche se difensiva in generale «non doveva esserlo nei mezzi e da ciò una ragione di più d'ordine morale altissimo per condannare le opere monumentali che immobilizzano la difesa». 38 La riunione si concludeva con queste parole del Generale Pollio: «Nel far voti che i provvedimenti per Venezia si attuino nel più breve tempo, esorto tutti ad assumere la responsabilità della propria azione con una certa larghezza, affrontando cioè anche il disastro della propria posizione ove occona, purché si abbia la coscienza di fare il proprio dovere nell'interesse supremo della Patria.»39 Pollio, quindi, convocato Dallolio nel suo ufficio, si complimentava con lui per gli studi effettuati sulla Piazza di Venezia e gli dimostrava di approvare il suo intervento nella riunione. Sempre nel 1908, Dallolio riceveva un significativo telegramma da Pollio: «gli Ufficiali di Stato Maggiore ricordavano la sortita di Marghera40 e l'antico Capo di Stato Maggiore Generale Cosenz e i
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APTGP, serie fascicolonj, fase. Vll, f. 1, appunti 1903-19 IO (I O ottobre), p. 8. APTGP, serie leuere ai familiari, lettera 13 gen. 1909 a Elsa. APTGP, serie fascicoloni, fase . VII, f. 1, appunti 1903-1910 (1° ottobre) , p. 10. APTGP, serie fascicoloni, fase. VII, f. I, appunti 1903-1910 (1° ottobre) , p. 10.
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Il 22 marzo 1848 giungeva a Mestre la notizia del la presa dell'Arsenale di Venezia eia parte degli insorti guidati da Daniele Manin. Alle ore 16,30 dello stesso giorno i patrioti mestrini catturavano un cavalleggero asburgico che po1tava al Comando del Forte Marghera il preavviso dell'arrivo di due compagnie del 47° Reggimento Kinski di stanza a Venezia per rinforzare il presidio del Forte e, venuti a conoscenza cli tale intenzione avversa1ia, decidevano di occupare Fo1te Marghera per impedire la presa di possesso da patte delle truppe in arrivo eia Venezia. I patrioti, annati di poche anni da fuoco , picche, spade e forconi, avendo trovato alzato il ponte levatoio dell'accesso principale penetrarono all'interno, attraversarono il fossato che delimitava il perimetro del Fotte al cui interno rinvennero una notevole quantità di cannoni, mortai, palle e polvere da sparo. Proprio in quel momento stavano giungendo da Venezia tre imbarcazioni con a bordo circa 200 soldati muniti di fucile che furono fermati dal fuoco di fucileria proveniente dal Forte. Questa sorpresa unitamente al sopraggiunto calare delle tenebre "
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prodi difensori che pugnando per la più bella delle cause scrissero nella storia una pagina incancellabi]e dimostrando col fatto che combattere per Venezia significa combattere per l'Italia.»" 1 In quel periodo, nonostante la Triplice Alleanza stesse acqu istando sempre maggior consistenza privilegiando la difesa alla frontiera con la Francia, Dallolio restava fedele alla propria impostazione, al punto che, nel trasmettere le proposte per il riordinamento dell'Artiglieria da Costa al Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, concludeva: «Senza i pronti e radicali rimedi invocati, ben difficilmente in un momento di pericolo sull'Adriatico si griderebbe "ali' erta" con la fiducia di sentirsi rispondere "ali ' erta stò"» .4~ Ciò che lo preoccupava, anche se il favorevo]e orientamento italiano de] momento verso la Triplice Alleanza sembrava scongiurarlo, era l'eventualità di una improvvisa mobilitazione austriaca a Nord Est che avrebbe colto di sorpresa l'Artiglieria da Fortezza. Pertanto insisteva con i Comandanti in sottordine affinché tenessero sempre presente 1'esigenza di «preparare, pred isporre, antivedere».43 Sempre nel quadro della difesa della frontiera nord-orientale, nel 1909 Dallolio venne ch iamato a far parte di una Commissione, presieduta dal Generale Zuccari, per lo studio delle nuove difese del medio e basso Tagliamento con «teste di ponte» a Latisana, Codroipo e la linea Colle Lungo-MoruzzoPagnacco-Tricesimo. Nel maggio dell'anno successivo, durante un viaggio d'istruzione guidato dal Generale Vigano , Dallolio fu nuovamente incaricato di illustrare quella zona; ciò fu per lui quasi una ripetizione di quanto avvenuto nel 1907-1908, e una conferma di come qualcosa stesse cambiando nel modo di concepire la difesa d'Italia, pur rimanendo la linea ufficiale quella della difesa a Nord Ovest. L'attività di Dallolio, nell'ambito della Commissione per la definizione delle specifiche tecniche delle nuove artiglierie da 305 da costa, si intrecciava con quella dell'Ammiraglio Bettolo riguardo ai cannoni da 381 per le navi. Da una relazione sull'opera svolta dal Capo di Stato Maggiore della Marina, infatti, si rileva che «per aumentare le difese dei cannoni da 381 mm. in corso cli approvvigionamento delle Piazze marittime dell'Adriatico si è predisposto la postazione di un impianto occasionale binato di tali armi al Cavallino a Venezia. Si provvide, altresì alla sistemazione di un impianto binato Wickers [sic] da 381 mm . su un pontone già costruito dalla ditta Orlando ed alla costruzione di apposito pontone nell'Arsenale di Venezia per sistemarvi un impianto binato Ansaldo dello stesso caJibro.»44 La concezione di Dallolio sull'integrazione del fuoco fisso dell'artiglieria dei forti con quello di artiglierie mobili su pontoni lungo le vie d'acqua interne era diventata realtà . Contemporaneamente la Regia Marina provvedeva a sostituire i cannoni da 120/32/85 delle batterie dell'isola di S. Erasmo con quelli da 120/40 A 91, e i cannoni da 57 della Batteria del Lido con 6 da 76/40. Il pontone Robusto veniva armato con 3 cannoni da I 20/32 e inviato a Grado. A Bagni di Cavazucchedna (Jesolo) venivano sistemati 2 cannoni da 57 per la protezione degli sbarramenti ivi esistenti, mentre al Cavallino si provvedeva a realizzare un impianto occasionale binato da 381/40.45 Sull'Isonzo, invece, venivano inviati tre pontoni armati ciascuno con due cannoni da 152 B, prima assegnati alla Piazza.46
indusse il comandante dei soldati asburgici a ritenere che le forze insorte fossero superiori alla loro reale consistenza e 1 quindi , a parlamentare con gli insorti. Poche ore dopo i soldati asburgici si avviavano a piedi lungo il ponte ferroviario verso Venezia scortati dagli inso1ti: esempio di civiltà pur in un frangente così convulso. La libertà cli Mestre durava soltanto sino al 18 giugno 1848 quando le truppe asburgiche riprendevano il controllo cli Mestre attuando una feroce repressione. Peraltro, gli insorti mantenevano il controllo del forte Marghera dal quale il 27 ottobre 1848 effettuavano una sortita che po.1.t ava per poche ore alla ripresa del controllo di Mestre. Forte Marghera fu sottoposto ad incessante bombardamento da parte delle truppe asburgiche che lo colpirono con settantamila bombe provocando circa cinquecento tra morti e feriti, sino a quando gli insorti nella notte del 26 maggio 1849, ritenendo la situazione insostenibile, decisero di abbandonare Forte Marghera per ritirarsi nelle postazioni difensive predisposte nella prospiciente laguna. O 4 ottobre), p. 3. ' APTGP, serie fascicoJoni, fase . VII, f. 1, appunti l 903-1910 (l 42 APTGP, serie fascicolon i, fase. VII, f. 1, appunti 1910-1914. 43 APTGP, serie fascicoloni, fase. VII, f. I, appunti 1910-1914. 41 ' AUSMM, fondo Consiglio Superiore di Marina, b. 2391/4, Relazione Generale sull'opera svolta dal Capo SMM, p. 50 . 45 AUSMM, fondo Consiglio Superiore di Marina, b. 2391/4, Relazione Generale sull'opera svolta dal Capo SMM, p. 53 . 16 ' AUSMM, fondo Consiglio Superiore di Marina, b. 2391/4, Relazione Generale sull'opera svolla dal Capo SMM, p. 53 .
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Il Comando Marina, responsabile della Pi.azza di Venezia, provvedeva altresì a organizzare la Difesa antiaerea affidata a 12 sezioni da 76 mm di due o quattro cannoni ciascuna, una batteria di cannoni Dépo1t da 75 fornita dall'Esercito, nonché a plotoni di fucilieri che prendevano posizione nei punti elevati della città. Concorrevano a tale Difesa dodici parchi autofotoelettrici e due nuove stazioni fotoelettriche dislocate all'estremità del molo Nord del Lido e del molo Nord di Malamocco.'17 Veni vano anche approntati dei supporti verticali atti a consentire l' impiego delle mitragliere anche nel tiro contraereo. La Regia Marina, infine, provvedeva a «sigillare» al Lido gli ingressi dal mare alla laguna interna con un'ostruzione costituita da briccole4~ (infisse a 4 metri di distanza l'una dall'altra, collegate con ferri e munite di porte provviste di catene manovrabili da un pontone) fra S. Andrea e Lido e con un'ostruzione parasommergibili al passo di Malamocco.49 Dalle vicissitudini del «progetto Dallolio» per ]a difesa di Venezia emergono almeno tre fatti incongruenti: 1) la «reprimenda» subita da Dallolio da parte dell 'Ispettore dell'Artiglieria da Costa e da Fortezza, per il fatto che egli s'interessasse della frontiera a Nord-Est anziché di quella a Nord-Ovest, per quanto nel 1908 la Commissione Suprema Mista per la Difesa dello Stato avesse preso in esame la difesa di quella Piazzaforte; 2) l'incoraggiamento ricevuto da Dallolio dal Capo di Stato Maggiore dell'Esercito Pollio, a proseguire negli studi sulla difesa della frontiera a Nord Est; 3) la palese differenza neJle concezioni operative fra Esercito e Marina, visto che quest'ultima, oltre a studiare la difesa delle Piazze Marittime del Tineno, si preoccupava anche della sistemazione di quelle dell'Adriatico. Il risultato del lavoro di Dallolio a Venezia fu la sua promozione, i1 21 maggio del 191 O, a Maggior Generale a scelta eccezionale su lla base dell'articolo 25 della legge sull 'avanzamento.50 Ma il miglior riconoscimento fu, molto probabilmente, la lettera ricevuta diversi anni dopo da parte dell'Ammiraglio di Divisione Ruggeri, suo collaboratore nell'organizzazione della difesa di Venezia, che gli scriveva: «I suoi appelli per il completamento delle dotazioni delle non dimenticate batterie dell '"Amalfi", annesse alla Terza Armata ... risuonano ancora nella mia mente» .51 Come gratificazione del lavoro svolto per l'Esercito, l'Ammiraglio chiedeva una fotografia cli Dallolio da destinare alla propria raccolta familiare di cimeli di guerra, ritenendo quell'immagine molto importante «perché legata ad un periodo d.i vita su tutti memorabile» .52 Sempre nel 1910, Dallolio riceveva l'incarico di rappresentante ufficiale dell ' Amministrazione della Guerra al Congresso Scientifico Americano di Buenos Aires. Prima di partire veniva ricevuto dal Re Vittorio Emanuele III il quale, dicendogli con «molta benevolenza» di trovarlo abbastanza giovane, provocava la sua commozione. Dallol.io aveva allora 57 anni. Al rientro in Italia, oltre a fornire informazioni sull'esercito argentino, Dallo lio concludeva la relazione esprimendo il proprio parere sulla vita degli emigranti italiani in quel Paese: «Bisogna assecondare gJi sforzi della Legazione Italiana e del Consolato, spronare l'azione del Patronato per gli immigrati , far sì che si possa girare tutto il grande territorio della Repubblica senza trovare in ogni punto miseria e dolori del proprio sangue, se si vuole che non s ia dimenticata la Patria lonta-
" AUSMM, fondo Consiglio Superiore di Marina, b. 2391/4, Relazione Generale sull'opera svolta dal Capo SMM, p. 54. ,s Le «briccole» sono dei tronchi (generalmente di larice) piantati al margine di quei banchi cli terre limacciose e arenose rico-
perti due volte al giorno dalle alte maree e servono a delimitare i canali navigabili al1'interno della laguna per garantirvi una navigazione sicura. Cfr. U. Fugagnollo, Venezia così, Mursia, Milano 1976, pp. 13-14. 19 • .a. VS.MM, fondo Consiglio Superiore di Marina , b. 2391/4 Relazione Generale sull'opera svolta dal Capo SMM p . 56. 50 F. Stefani, La storia della dottrina e degli ordinamenti dell 'Esercito Italiano, USSME, Roma 1964, Voi. I, p. 708. 51 MCRR , fondo Dallolio, b. 945, f. 1, I. 7, p. 1, Lettera s. 11. del 4 ottobre 1936 a Dallolio. sz MCRR, fondo Dallolio, b. 945, f. 1, I. 7, p. 3, Lettera s. 11. del 4 ottobre 1936 a Dallolio.
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A sinistra: organizzazione delta difesa antiaerea a Venezia - fucileria di marinai. A destra: organizzazione della difesa antiaerea a Venezia - supporti verticali per armi. (Tratte da Scarabello "Il martirio di Venezia". Gentile Concessione U.ffzcio Storico della lvlarina Militare)
na. D'altra parte la Patria lontana deve scrutare a fondo le manifestazioni di vita dei suoi figli, e colla coscienza della sua civiltà e delle sue forze adoperarsi in ogni modo perché nell'Argentina si affermi veramente la fratellanza indissolubile di due popoli , delle due Nazioni senza vinti e vincitori .>>53 Con R.D. del 31 agosto 1910 Dallolio veniva nominato Ispettore addetto all'Ispettorato Generale d'Artiglieria e il successivo 30 settembre assumeva quell 'incarico. Si chiudevano così, per lui, sette anni di vita a Venezia: «Quando sgombrato completamente l'appartamento che avevo a San Giorgio Maggiore, coll'aiuto di mia figlia Elsa che con affettuosa compagnia rimase sino all'ultimo con me, lasciai la Direzione di Venezia provando un certo senso di nostalgia. Con tutta la mia famiglia avevo vissuto quasi sette anni in quell'isola dedicandomi con vera passione al mio lavoro.»54 <<Del resto di travagli che affannano ne ebbi molti a Venezia ma lasciai quella città colla soddisfazione di avere con esame sicuro ed assiduo fatto meglio che potevo per la sua difesa, per la difesa a Nord-Est.»55
serie fascicoloni, fase . Vll , f. 1, appunti 1903-1910 (1° ottobre) , p. 14. serie fascieoloni, fase . Vll , f. 1, appunti 1903-19 IO (I O ottobre), p. 14. ss APTGP , serie faseieoloni, fase . Vll, f. 1, appunti 1903-1910 (1° ottobre), p. 2.
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APTGP,
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«Posso ripetere che nei sette anni miei cli Venezia (1903 -1 910) mi sono dedicato a11a Direzione di Artiglieria colla visione conti nua della importanza della Piazza cli Venezia in caso di radunata a Nord-Est.» 56 Il suo operato avrebbe ricevuto il riconoscimento dei Vertici militari soltanto nel 1912 allorché il Ministro della Guerra Spingardi scriveva: 57 «S .E. il Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, nel darmi notizia della coJlaudazione dei cannoni da 305 di S. Marco a Venezia, mi prega di far pervenire in modo speciale l'espressione del mio compiacimento alla S.V. che ebbe tanta parte in tutta la nuova organizzazione difensiva della Piazza di Venezia, e nel progetto delle potenti opere costiere, come Presidente della Commissione incaricata di stabilire le caratteristiche delle installazioni da 305 . Mentre aderisco con piacere al desiderio espresso da S.E. il Capo cli Stato Maggiore, aggiungo l'espressione del mio vivo compiacimento per l'opera attiva ed intelligente colla quale la S .V. efficacemente contribuì a dare vita alla nuova Piazza di Venezia.»58 Dallolio rimase sempre molto legato a quella città e alla locale Direzione di Artiglieria, tanto che il 2 novembre 1917, dopo avervi compiuto una fugace visita, telegrafava al Direttore cli Artiglieria del R. Esercito di Venezia: «Duolmi non aver potuto salutare operai impiegati Ufficiali riuniti per quanto nella mia rapida visita abbia con commozione riveduto San Giorgio e la Direzione di Venezia per me indimenticabile. La S.V. mi ricordi a tutti e tutti proseguano con viva fede nel lavoro colle migliori speranze nel cuore. Verrò presto ma avanti sempre per la Patria. Ora resistere poi contribuire alla controffensiva vittoriosa. Ministro Dallolio».59 A questo telegramma, insieme patriottico e sentimentale , il Direttore di Artiglieria rispondeva «Forti nobili affettuose espressioni V.E. hanno trovato eco profonda anima Ufficiali impiegati ed operai che riconoscenti e reverenti porgono V.E. vivissimo grazie assicurando fermamente contribuire ogni energia lavoro mente et corpo alla fortuna delle Armi e della Patria Colonnello Direttore Grezzi Perego».60
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serie fascicolonì, fase . VII, f. 1, appunti 1903-1910 ( I O ottobre), p. 5. APTGP, serie fascicolonì. 58 APTGP , serie fascicolonì, fase. Vll, f. 1, appunti 1910-1914. 59 MCRR, fondo Dallolìo, h. 961,f. 4 , I. 21. 00 MCRR , fondo Dallolìo, b. 961 , f. 5, I. 1. <·
APTGP,
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Capitolo 2 GLI ANNI DA DIRETTORE GENERALE DELL'ARTIGLIERIA E GENIO E LA CAMPAGNA DI LIBIA Il 4 maggio 1911 il Generale Dallolìo veniva nominato Direttore Generale di Artiglieria e Genio. Il 25 settembre era diramato l'ordine di mobilitazione del Corpo Specìale per l'occupazione di Tripoli cui faceva seguito, il 27, la dichiarazione di guerra alla Turchia, cosicché l'Italia si trovava impegnata in una nuova impresa, non avendo ancora risolto l'annosa carenza di risorse economiche per la «macchina bellica». Tale situazione si stava protraendo sin dall'unificazione nazionale, e andava imputata al fatto che il governo faceva del pareggio di bilancio una questione di principio. Di conseguenza, ogniqualvolta il Ministero della Gue1Ta presentava domanda di maggiori assegnazioni, erano d'obbligo - in sede di Commissione Suprema Mista per la Difesa dello Stato - le riserve del Presidente del Consiglio circa la disponibilità finanziaria. Dallolio, in merito, avrebbe annotato nei propri appunti: « ... nel maggio 1908 si parlò che era da escludere Io svolgimento immediato dell'ìntero programma e che era necessario stabilire le priorità dei vari programmi per poter iniziare l'attuazione dei provvedìmenti di maggiore urgenza.» 1 Era stato proprio per questo motivo che, prima che iniziassero le operazioni in Libia, ìl Presidente del Consiglio Giolitti , così scriveva il 13 settembre al Ministro della Guerra: «La presumibile situazione finanziaria dell'esercizio 1912-1913 si presenta in condizioni non facili ... Pur avendo ragione di confidme sul promettente andamento delle entrate, per conseguire anche nell'esercizio 1912-13 l'equilibrio del bilancio, raccomando all'On. Collega di non richiedere più larghe dotazioni ai capitoli di spese e di rinviare a momento più opportuno nuove iniziative, anche se dirette a soddisfare provvide finalità e maggiori esigenze dell'amministrazione. Stimo doveroso che a tale criterio siano informate le proposte di previsione per il prossimo esercizi.o ... ». Dallolio in calce alla lettera di Giolitti, annotava a commento: «L'ordine di mobilitazione del Corpo Speciale venne diramato il 25 settembre 1911». La discussione dei bilanci dei Dicasteri della Guerra e della Marina costituiva anche l'occasione per far affiorare le critiche sull'articolazione dei bilanci stessi: mentre in quello della Marina le spese per il rinnovamento e manutenzione del naviglio facevano capo ad apposito capitolo di bilancio, le spese di quello della Guerra erano articolate in <<ordinarie» e in quelle, chiamate impropriamente «straordinarie», che riguardavano i programmi di ammodernamento e potenziamento, con cui« ... si provvede permanentemente alla rinnovazione, conservazione, trasformazione del materiale dell'esercito; agli studi ed alle esperienze; alle fortificazioni ed agli armamenti; ai lavori ed approvvigionamenti vari di mobilitazione.»2 Nel 1901 la discussione del bilancio era stata anche occasione per puntare il dito sulle duplicazioni di spese da parte dei Ministeri della Guerra e della Marina per uno stesso servizio, inconveniente che aveva addirittura suggerito l'unificazione dei due Ministeri per i quali « ... i servizi di ordine, i gabinetti scientifici ecc. rappresentano tanti doppi. Carboni acquista la Marina in grande quantità; Cmboni acquista la Guerra in piccole quantità con prezzi e norme differentissime; e così un'altra infinità cli materie prime. La Marina ha un servizio viveri; l'Esercito ne ha un altro; entrambe le amministrazioni servendosi di metodi che hanno fatto il loro tempo. I più degli arsenali marittimi sono anemici, quelli di terra vivono tra l'anemia e la pletora, e la conclusione è che il rendimento di tutti non è quale dovreb-
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MCRR, fondo Dallolio, Fascicolone.
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APCD,
Legisl. XX, l" Sessione, Discussioni, VoJ. TTI, p. 2.800.
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be essere .» 3 Da questo stato dì cose l' On. Al fan de Rìvera, il 23 marzo 1901, aveva tratto la conclusione che sarebbe stato opportuno creare un «Ministero della Difesa Nazionale» che, «fondendo insieme le due attuali Amministrazioni della Guerra e della Marina, pur mantenendole distinte in tutto quello che non hanno di comune, riunisse invece tutti quei servizi che ora sono necessariamente doppi, i quali si risolvono in maggiori spese e talvolta anche in contraddizioni tecniche.» 4 Su questa linea, implicitamente, si poneva anche Sonnino allorché il successivo 26 marzo, durante la discussione del bilancio del Ministero della Guerra per il 1901-1902, anziché limitare il proprio esame alla spesa di 239 milioni di questo Dicastero, valutava le spese militari nel loro importo complessivo, inserendovi anche quelle della Marina, per un totale di 387 ,444 milioni pari al 40,69% delle spese effettive dello Stato, ritenendole il massimo sforzo possibile nelle condizioni economiche del momento. Anni dopo, sempre dai politici sarebbe arrivata la proposta di unificare quantomeno le procedure comuni ai due Dicasteri. Infatti, nel 1916, il Ministro del Tesoro Carcano suggeriva a quello della Guerra: «Sarei grato all ' E.V. se volesse disporre che la A1runinistrazione militare adotti un principio spontaneamente applicato dall'Amministrazione marittima, quello cioè di designare nelle singole richieste di pagamenti o di accreditamenti non soltanto la causale specifica del pagamento e clell'accredìtamento stesso, bensì anche il riferimento di questo alla previsione mensile o a quella successivamente denunciata al Tesoro.»5 Il termine «spontaneam.e nte», usato dal Ministro Carcano, evidenziava l' assoluta mancanza di coordinamento fra i due Dicasteri in materia economica. Poco più di un anno dopo il medesimo problema veniva stigmatìzzato dal Capo di Stato Maggiore della Marina in una lettera al Pi:esidente del Consiglio dei Ministri, che la rimbalzava al Ministro per le Armi e Munizioni, Dallolio, evidenziandogli «le difficoltà che incontrano i rifornimenti di materiali bellici e di esplosivi per la R. Marina a causa della mancanza di coordinamento fra le richieste di codesto Ministero e quelle del Ministero della Marina. Egli [il Capo di S.M. della Marina] chiede, perciò, che nell'assegnare le aliquote di produzione ai vari stabilimenti , siano tenute presenti insieme con i bisogni dell'Esercito anche le esigenze della R. Marina, in guisa che gl. uni e le altre possano trovare adeguata soddisfazione.» 6 Ma c'era stato ben peggio che la mancanza di coordinamento. Da una lettera «Riservatissima personale» del Generale Dallolio al Capo di S. M. Ca.doma, infatti, era trapelato un fatto ancor più grave , verificatosi già nei primi mesi di guerra, che aveva visto una Forza annata ostacolare la produzione di munizioni per l'altra, rivendicandola tutta per sé, e rivoltarsi anche contro il Sottosegretario alle Armi e Munizioni, Dallolio. Questi , infatti, il 5 settembre 1915, s'era rivolto al Comando Supremo per richiederne «l'alto appoggio» in una diatriba, sorta con il Ministero della Marina, in seguito a una visita che aveva effettuato a Brescia. In quell'occasione, come scrisse, aveva sollecitato le ditte Metallurgica e Gregorini Franchi Griffin «per accelerare l'allestimento delle Granate Mina da 149, colla convinzione di compiere il mio dovere ribadito dalla visita recente da me fatta sulla fronte. Ho insistito perché tale allestimento avesse la precedenza assoluta su qualunque J.avorazione».7 Il nocciolo del problema era questo: Dallolio stabiliva le precedenze delle lavorazioni in base alla propria valutazione delle esigenze e, quando veniva contestato dalla Marina, specificava che «è naturalissimo e di assoluta evidenza che la riduzione e la soppressione delle forniture ... si verifichino spesso in modo improvviso perché siamo in guerra ed in guerra, diceva Napoleone I, non bisogna perdere un istante perché gli avvenimenti incalzano rapidamente. Lasciamo andare i programmi schematici vera
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Legisl. XX, I" Sessione, Discussioni, Voi. III, p. 2.81 I. Legisl. XX, l" Sessione, Discussioni, Vol. lll, p. 2.81 I. 5 MCRR , fondo Dallolio, b. 953 , f. 11, I. 6, Lettera n. 24.719 del 2 maggio 1916 , p. 5. 6 MCRR, fondo Dallolio, b. 945 , f. I, I. 3 , Lettera n. 19-5-8-4 del 18 luglio 1917. 7 MCRR, fondo DaUolio, b. 945 , f. I, L 8 , Lettera n. 3.773 del 5·settembre 1915. APCD,
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architettura del tempo di pace, ma oggi le necessità per la condotta della gue1Ta sono quelle di guardare bene in faccia, i1 problema del munizionamento ... Allo stato attuale i provvedimenti adottati sono vera ed assoluta necessità della situazione cli un determinato momento, e non portano certo danno alla R. Marina, mentre sarebbero fatali a11 'Esercito e alla prossima offensiva, che tutti si augurano conduca ad una travolgente avanzata, se si modificassero.»8 Il 3 dicembre 191 5 il Ministero della Marina chiedeva che la Società Italiana Prodotti Esplodenti di Milano, benché precettata per la produzione a favore dell'Esercito, provvedesse alla trasformazione di 27 tonnellate di toluolo in tritolo e alla purificazione cli 4 tonnellate di tritolo, esplosivi tutti di provenienza ameri.cana.9 Dallolio, nel rispondere, si richiamava al D. Lgt. n. 1.437 del 26 settembre 1915, basato sul criterio di precedenza imposto dalla contingenza e, proprio per questo motivo, escludeva la possibilità che la SIPE potesse effettuare la grossa lavorazione richiesta ·dalla Marina. Il successivo 15 dicembre la Società Breda, riferendosi a un telegramma a firma Dallolio, con il quale si stabiliva che «per tutto il 1915 e tutto il 1916 la intera e completa produzione cli codesta Società è alla piena ed esclusiva dipendenza di questo Sottosegretariato in conseguenza di quanto è stabilito dal Regio Decreto 993 del 26 giugno 1915 e Decreto Luogotenenziale 1.407 10 del 26 settembre 1915»/ 1 chiedeva se tale norma valesse anche per eventuali commesse della Regia Marina. La richiesta della Breda era motivata dal fatto che: - la Società aveva rallentato l'a11estimento di munizioni per quella Forza Armata , allo scopo di poter consegnare all'Esercito quantitativi di proietti ed elementi grezzi e sbozzati d:i proietti , superiori ai minimi contrattuali; - l'Ammiraglio Direttore Generale cl' Artiglieria ed Armamenti al Ministero della Marina, in occasione di una sua visita alle Offici ne Breda, aveva richiesto la possibilità di fornire «20 .000 elementi forgiati per granate a grande camera di scoppio da 152/40». 12 Dallolio, a fine aprile 1916, scriveva alla Direzione Generale Artiglierie ed Armamenti della Marina indicando un fabbisogno giornaliero per l'Esercito di 50.000 colpi, cli cui un terzo di grosso calibro, a prescindere dall'esigenza cli dover incrementare la disponibilità del Deposito Centrale. Egli, dopo aver ricordato che la ditta Gregorini di Lovere e le Acciaierie di Terni già lavoravano a pieno ritmo per la Marina, producendo granate da 152/40, nonostante si trattasse di proietti «reclamati continuamente ed insistentemente alla fronte», concludeva invitando la Marina a «voler valutare la gravità della situazione per conto dell 'Esercito , tanto più che nessuno può assicurare che domani non vi sia un tratto attaccato della frontiera, nel qual caso non è più possibile esercitare alcun freno nell 'impiego delle munizioni ... Le impellenti esigenze state esposte corrispondono per l'Esercito alla sicura valutazione della gravità del problema. E per conseguenza per ora occorre che la Marina acquisti nuove benemerenze verso il Paese lasciando ancora all ' Esercito e munizionamento e via libera per rifornirsene.» 13 Sempre Dallolio, il 15 maggio 1916, si rivolgeva al Ministro della Marina facendo presenti le esigenze che gravavano sul Sottosegretariato per 1e Armi e Munizioni, e impedivano di soddisfare ulteriori sue richieste. «Il Comando Supremo richiede assolutamente giornalmente 20 colpi per pezzo di grosso calibro e 30 per quelli cli medio calibro, occorrerebbe quindi, per ora, giornalmente, 24.000 cQlpi di medio calibro e 2.400 colpi di grosso calibro, veda la E.V. la difficoltà e integri la situazione di chi dovrebbe assolvere tale compito in questo grave momento.» 14 Per questi motivi, Dallolio avrebbe potu-
fondo Dallolio , b. 945 , f. 1, l. 14, p. 2, Lettera n. 4.168 del 19 luglio 1917 al Presidente Boselli. fondo Dallolio , b. 945, f. 2, l. 3, Lettera n. 121 ciel 3 dicembre 1915. 10 Decreto citato ripetutamente Dallolio che stabiliva il criterio cli «precedenza imposta dalla situazione di indeterminato momento». 11 MCRR, fondo Dallolio, b. 945, f . 1, I. 4 , p. 1, Lettera n. 5.105 del 15 dicembre 1915 al Sott.to Armi e Mun.ni. 12 MCRR, fondo Dallolio, b. 945, f. l , I. 4, p. 2, Lettera n. 5.105 ciel I 5 dicembre 1915 al Sott.to Anni e Mun.ni. 13 MCRR, fondo Dallolio, b. 945, f. I , I. 9, p. 2, Lettera 11. 1.706 ciel 28 aprile 1916. 11 MCRR, fondo Dallolio, b. 945 , f. I , I. IO , p. 2, Lettera n. l.994 del 15 maggio 1916.
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lettera di Cadorna a Dallo/io con giudizi negativi su chi «non sente» la priorità delle munizioni.' (APTGP, Serie mazzone, Giudizi su avvenimenti e persone)
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to autorizzare la fornitura di shrapnel da 152/40 e 120/40 da parte della Gregorini cli Lovere alla Marina soltanto dopo il mese di agosto. Nel maggio 19]7 Dallolio avrebbe scritto nuovamente al Capo di S. M. dell'Esercito: «Quando S.E. i1 Ministro della M.arina alla ultima riunione del Comitato Supremo volle insistere perché si riducesse la produzione del munizionamento dell'Esercito date le supreme necessità della Marina, io in base al Decreto del 26 settembre 1915 che parla cli criterio di precedenza imposto dalla situazione di un determinato momento, insistevo vivacemente sulla imperiosa necessità di intensificare il munizionamento d:i medio calibro per le evidenti ragioni appunto dalla E.V. state più volte svolte.» 15 Dallolio, in merito, chiariva a Cadoma: «Sono gli esplosivi che in genere sono sempre insufficienti ... Pochi giorni or sono Avigliana non produceva per mancanza di carbone, ed anche oggi le minacce di non continuare sono 16 sempre angustiose, ed è perciò che mi rifiutai sempre di aderire agli aumenti chiesti dalla Marina.» Egli, infatti, non solo non aumentava la produzione di balistite per la Marina, ma addirittura si riservava di bloccarne l'assegnazione quando sarebbe iniziato un nuovo ciclo operativo. «Non appena cominceranno le operazioni come è noto alla E.V. prenderò tutta la balistite di Avigliana che ora è destinata alla Marina alla quale ho sempre risposto negativamente quando pretendeva raddoppiarla.» 17 Era scontato che, in merito alla produzione del munizionamento, Dallolio avrebbe trovato un alleato in Cadorna. Quest'ultimo, infatti, a settembre scriveva definendo «pazzi» «la Marina e tutti coloro che credono di poter diminuire la produzione delle munizioni». 18 ln sintesi: non esisteva alcuna forma di integrazione o di coordinamento delle due Forze armate, anzi, si assisteva a reciproche rivendicazioni che avrebbero potuto essere deleterie. Si tratta di un'affermazione grave, suffragata peraltro da un'altra lettera di Dallolio, indirizzata al Presidente del Consiglio dei Ministri, Boselli, nella quale, si richiamava ancora il D. Lgt. n. 1.437 del 26 settembre 1915, e in particolare l'articolo 2: « . .. [il Sottosegretariato per le Armi e Munizioni] dovrà anche provvedere per tutto quanto riguarda il munizionamento, l 'armamento ed i servizi aeronautic.i così del R. Esercito come della R. Marina in base ai programmi stabiliti dai rispettivi Ministeri e sempre in rapporto alle reali esigenze dei servizi ed al criterio di precedenza jmposto dalla situazione di un determinato momento .» In questa lettera, con qualche venatura polemica per lui inconsueta, Dallolio: 19 - sosteneva che il Capo di S. M. della Marina aveva «dimenticato nuovamente il Decreto Luogotenenziale»; affermava che, dal 24 maggio 1915 a tutto il primo luglio 1917, l'Esercito, a prescindere dai colpi impiegati per l'istruzione, per la difesa dei porti rifugio e per la difesa aerea , aveva sparato 17.236.403 colpi,20 quindi , chiedeva polemicamente: «in eguali circostanze cosa ha sparato la Marina?» Poi, a penna, aggiungeva da sé la risposta: «Durante tutta la guerra la Marina ha sparato (documenti ufficiali) piccolo calibro colpi 3.446, medio calibro colpi 3.450, grosso calibro colpi 757»; dichiarava che «l'Esercito non dispone di un Kg. di tritolo e VIVE ALLA GIORNATA per le cariche, mentre la Marina non può dire altrettanto trovandosi in ben altre condizioni»; chiedeva in merito al munizionamento «Sa la Marina che all 'Esercito mancano migliaia e migliaia di tonnellate di balistite, avendo parecchi milioni di proietti che per tale causa non possono diventare colpi?».
I. 11 , p. 3, Lettera n. 2.595 ciel 10 maggio 191 7 al Capo cli S.M . Caclorna, Cfr. anche MCRR, fondo Dallolio, b. 951, f. 7 , l. 5. 16 MCRR, fondo Dallolio, b. 945 , f. l, J. 11, p. 3, Lettera n. 2.595 del 10 maggio 19J7 aJ Capo di S.M. Cadorna. 17 MCRR, fondo Dallolio, b. 945, f. 1, l. 11 , p. 4, Lettera n. 2.595 del 10 maggio 1917 al Capo di S.IVI. Cadorna. ,s APTGP, Serie marrone -Giudizi su avvenirnenti e persone, lettera del 14 settembre 1917 di Cadorna a Dallolio. 19 MCRR, fondo Dallolio, b. 945, f. 1, 1. 14, pp . 1-2, Lettera n. 4.168 del 19 luglio 1917 al Presidente Boselli. 20 Piccolo calibro 13.498.900, medio calibro 3.606.391, grosso calibro 131 .11 2. 1 ~
MCRR, fondo Dallolio, b. 945, f. I ,
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Dallolio valutava le priorità da assegnare alle esigenze con cognizione di causa, dato che esse erano anche conseguenza della sua conoscenza dell ' imminente battaglia della Bainsizza in corso di gestazione (e per la quale c'era stato un grande lavorio preparatorio «per ora non si fa che radunare armi ed armati alla II e III Armata poi vedremo il resto»).2 1 <<L'E.V. conosce meglio di me la situazione attuale, e sa che nel mese venturo si darà un altro colpo al vecchio austriaco tronco, ora è possibi le che si perda di vista il GRANDE PROBLEMA per soffermarsi su i dettagli? Mi duole dover entrare nelle minuzie della analisi di ciò che costituisce il CALVARIO DI QUESTO MINISTERO , ma ciascuno ha la sua croce, ed io tranquillamente e doverosamente seguiterò a portare la mia.>>22 Dallolio, perciò concludeva: «Se nel mese di agosto si riescirà a fro nteggiare la situazione che già si delinea, nessuno più della Marina deve essere soddisfatto di avere collaborato per quella vittoria che non è patrimonio di· uno solo ma di tutta una COLLETTIVITÀ DI UOMINI E DI MEZZI ... Ho il dovere cli rendermi conto delle esigenze della R. Marina, ma come Ministro e come soldato raccomando vivamente che nel momento attuale si guardi con obiettività larghissima allo scopo e al carattere dello scopo. Non esiste né Marina, né Esercito quando si tratta di Difesa Nazionale, e al coordinamento degli intenti darò tutta la mia attiva giornata con una sola visione: IL PAESE.» 23 Quest'ultimo incandescente scontro testimoniava: - La convinzione di Dallolio che la Marina avesse fatto «il possibile per dimenticare molto spesso l'articolo 3 del D. L. n. 1.437 del 26 settembre 1915 , indotta a considerare a modo suo la Mobilitazione Industriale, ma la devozione verso la Patria fini va per far sorpassare le considerazioni circa i mezzi per giungere a soddisfare i bisogni.»24 - La sua insofferenza (di lunga data) nei confronti della Marina, che era emersa anche da una lettera inviatagli nel 1936 dall'Ammiraglio di Divisione Ruggeri: «i Suoi appelli ... risuonano ancora nella mia mente e nell' animo mio che non hanno più dimenticato come vennero accolti. Il dolore per quella azione negativa non può scomparire.»25 Gli appelli di Dallolio erano stati mal accolti , tanto che 1'Ammiraglio Ruggeri, conscio dell'importanza dell'obiettivo da raggiungere, aveva cercato di « ... riparare a simili decisioni in più casi, col ricorrere ai più impensati espedienti, col dovere, persino, rettificare talvolta telegrammi del mio Direttore Generale ... ed era il mio Ministro che me li mandava a rivedere. Situazione impossibile, contrastante col primo principio della disciplina che io ortodosso nei rispetti di questa, dovetti affrontare perché supreme erano le necessità che me lo imponevano. Non mi nascondevo, no , i danni immancabil i per me, danni alla carriera, che stette per essere compromessa, al morale, turbato dal penosissimo conflitto di idee e di sentimenti ...»26 Il motivo del contendere era sempre lo stesso: la priorità assegnata da Dallolio alle lavorazioni, non accettata dalla Marina. Lo testimonia ancora la lettera cleJI ' Ammiraglio Ruggeri che fra gli «appelli» inascoltati di Dallo! io include «quello per sospendere la lavorazione dei proietti eia 254 mm della Marina, per "intensificare la fabbricazione dei 305 ansiosamente attesi al fronte"» .27 Due accenni di acredine li ritrovjamo ancora in una lettera di Dallolio alla figlia: 28 - «si parla di un piroscafo affondato, ma dei 2 .000 ed oltre annegati causa l' ultimo insuccesso della nostra Marina chi se ne ricorda più?»; - «spero si potrà uscire dall' incubo .. . della Marina senza occhi.»
21
APTGP,
serie lettere aifarniliari, lettera J agosto 19 17 a Elsa.
22
MCRR, fondo Dallol io, b. 945, f. I , 1. 14 , p. 2, Lettera n. 4.168 ciel 19 luglio 1917 al Presidente Boselli. n MCRR, fondo Dal lol io, b. 945, f. 1, l. 14, pp. 2-3 , Lettera n. 4.168 ciel 19 luglio I 9 I 7 al Presidente Boselli. 21 • MCRR, fondo Da!Jolio, b. 945, f. I , I. I, p. 4 , Appunti sulla guern1 I 9 15-1 8 redatti nel I 949.
fondo DaJlolio, b. 945, f. 1, L 7, pp . 1-2, Lettera s.n . del 4 ottobre 1936 a Dallolio. fondo Dallolio, b. 945 , f . I, I. 7, p. 2, Lettera s. n. del 4 ottobre 1936 a Dallolio. 11 MCRR , fondo Dallolio, b. 945 , f. I, I. 7, p. I , Lettera s. n. del 4 ottobre 1936 a Dallolio. u APTGP , serie lettere aifamiliari, lettera dell'8 aprile 1941 a Elsa. 25
MCRR,
16
MCRR,
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Ma una lettera del 1915 scritta da Cadorna al Sottosegretariato per le Armi e Munizioni, fa ritenere che di acredine ce ne fosse abbastanza anche nelle alte sfere del l'Esercito. Il Capo di S. M. dell'Esercito, infatti, scriveva di condividere la linea d'azione adottata dal Sottosegretario Dallolio in merito alle precedenze nelle assegnazioni di materie prime, aggiungendo « ... ad evitare eventuali attriti fra 1'Amministrazione della Guerra e quella della Marina per provvista di materiali da guerra proporrò a S.E. il Presidente del Consiglio dei Ministd ch'essa sia fatta sotto un 'unica direzione, e precisamente sotto quella di codesto Sottosegretariato, poiché, data la forzata inoperosi tà delle nostre navi, parmi non possa esservi dubbio che le provviste di materiali del R. Esercito debbono avere la precedenza su quelle della R. Marina ... » 29 A scanso di equivoci, va detto che la proposta di unificazione dei due Dicasted, avanzata dall 'On. Alfan de Rivera, era basata esclusivamente su motivi economici e quindi non sui presupposti che, circa mezzo secolo più tardi, ben dopo la fine del secondo conflitto mondiale, avrebbero condotto all'integrazione inter-arma, dettata da motivi funzionali suggeriti dall'esperienza degli avvenimenti bellici e dalle pressioni della politica internazionale. In pratica, la Direzione Generale di Artiglieria e Genio veniva chiamata a fronteggiare due esigenze molto diverse fra loro anche per tipo di teatro operativo, la possibile guerra derivante dagli impegni della Triplice Alleanza e la Campagna di Libia. In entrambe i casi, sarebbero insorte complicazioni a causa delle limitate risorse finanziarie che avrebbero costretto a escogitare un possibile modo «di arrangiarsi». In reaJtà armi, munizioni e materiali necessari al Corpo di spedizione in Libia non venivano approvvigionati utilizzando l'apposito capitolo 114, ma (attraverso un contorto giro burocratico-amministrativo) venivano prelevati da quelli già in distribuzione alle forze metropolitane che, in sostituzione, ne ricevevano altri più moderni e adatti a un impiego più razionale. Nell'aprile 1913 il Ministro della G ue1Ta Spingardi scriveva a Giolitti: «Profittando della necessità creata dalla guerra contro la Turchia dli ricostituire, in Italia, tutte le dotazioni di materiali inviati in Libia, io stabilii e disposi, a suo tempo , di tener conto, a misura che la sostituzione si fosse effettuata, di tutti i progressi tecnici ed industriali bene accertati, affinché le dotazioni stesse risultassero alla fine migliorate di qualità oltre che reintegrate in quantità.» 30 Il capitolo 114, quindi, era il sotterfugio che consentiva la realizzazione di ammodernamenti e potenziamenti dissimulati, che non potevano essere effettuati alla luce del sole, in quanto gli altri capitoli non disponevano più di assegnazioni straordinarie. In questo modo, con i fondi dello speciale capitolo 114 predisposto per il Corpo di Spedizione, furono approvvigionate 10 batterie Krupp di cannoni da 149 A (in sostituzione di quelle di medio cahbro inviate in Libia) e 225 mitragliatrici Maxim per le forze metropolitane, mentre per l'artiglieria da montagna fu sostituito il vecchio cannone da 70 con quello più moderno da 65. In merito la Direzione Generale di Artiglieria e Genio il 28 novembre 1912 impartiva le disposizioni per la ricostituzione delle dotazioni impiegate per il Corpo di spedizione in Libia. I materiali del «Gruppo C»31 venivano suddivisi in due grandi categorie: - materiali reintegrabili a cura dei Corpi con acquisti dal commercio (finimenti, attrezzi per ~appatore, accessori per carreggi, ecc.); - materiali da allestire presso gli stabilimenti militari o anche acquistabili dal commercio ma con l'intervento degli stabilimenti militari (armi, munizioni , carreggi, bardature, ecc.) Mentre per i materiali della prima categoria erano state impartite disposizioni (e distribuiti i fondi necessari) per il loro ripianamento entro il 1912, per quelli della seconda erano state affidate le relative commesse man mano che tali materiali erano distribuiti alle truppe in Libia. Ma «nonostante la produ-
Dallolio , b. 944, f. 10, 1. 11, Lettera n. 3.573 del 9 settembre 1915 del Comando Supremo al Sottosegretariato Anni e Munizioni. J-O MCRR, fondo Dallolio, b. 945, f. 5, I. 3, p. 5, Lettera di Spingardi a Giolitti in data 29 aprile 1913. 31 Materiali erano divisi in gruppi A, Be C. Quelli del gruppo C riguardavano l'armamento.
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l\'1CRR, fon do
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zione degli stabilimenti sia stata portata al massimo possibile, pur tuttavia la produzione stessa è di gran lunga inferiore al consumo che di molti materìali è stato fatto durante la campagna della Libia, come per esempio di armi e munizioni. Per conseguenza il completo reintegro dei materiali stessi, nelle dotazioni di mobilitazione, richiederà un periodo di tempo più o meno lungo, a seconda che maggiore o minore ne è stato il consumo»32 e comunque il completamento delle riserve di anni, nella quantità esistente prima della campagna di Libia, delle riserve di materiali per le salmerie e delle munizioni per armi portatili dei parchi e depositi centrali era previsto verso la fine dell'esercizio finanziario 1913-14. D'altra parte, il completo ed effettivo riordinamento delle dotazioni dei corpi avrebbe potuto aver luogo soltanto a rielaborazione avvenuta, da parte del Comando del Corpo di Stato Maggiore, delle nuove dotazioni di mobilitazione, s.ia per numero sia per qualità di materiali, per cui era possibile pianificare il seguente programma di reintegri e sostituzioni:
Tabella Il PREVISIONE REINTEGRI
MATERIALE DA SOSTITUIRE
NUOVO MATERIALE
1913 Settembre 19.14
70 mont. 87 Mod. 98
65 mont. 75 Mod. 906 (Krupp) 149 A su affusto a deformazione
Dallolio - che poi avrebbe scritto: «Poco per volta, ma in tempo relativamente breve si erano riforniti tutti i materiali consumati ed inviati in Libia, anche in quantità maggiori e qualità migliori rispetto alle deficienze riscontrate>>33 - all'atto della sua nomina a Direttore Generale di Artiglieria e Genio, ereditava un'industria bellica non molto efficiente, incentrata su alcune Fabbriche d'Armi e Arsenali che risentivano ancora delle «debilitanti amputazioni» dovute alla precedente politica di sottoutilizzazione delle Fabbriche d'Armi di Brescia e Terni. D ' altra parte, le ripercussioni di questo stato di cose si erano già fatte sentire anche durante la preparazione della Campagna di Libia, che aveva dimostrato come non fosse opportuno affidare le esigenze militari all'industria civile: «la pratica ha dimostrato che non era facile in Italia eccitare ed incoraggiare l' industria del Paese nella produzione del materiale che occorre all'Esercito né aprire più largo concorso del capitale italiano per quanto potesse essere un bene.» ' 4 Dallolio, quindi, nel suo nuovo ruolo , aveva la possibilità di testare l'organizzazione e il funzionamento del servizio del tempo di guerra in una situazione certamente non semplice dato che «la diffusa tensione, l'incertezza dei rapporti tra le Potenze europee, i bagliori della Guerra Mondiale venivano moltiplicando gli impegni del Ministero nel campo dell'ammodernamento, produzione ed acquisti e ingigantivano tutti i problemi del rifornimento bellico.»35 Tutte queste attività ponevano sul tappeto la questione della funzionalità degli stabilimenti per cui Dallolio, il 9 febbraio 1913 rivolgendosi al Ministro della Guerra esprimeva il parere che conveniva <<rinunziare a seguire il passato sistema di isterilimento se si vogliono avere degli stabilimenti che siano tali da soddisfare ai bisogni dell'Esercito e alle aspirazioni del Paese. E per quanto riguarda le armi portatili l'industria privata è in Italia un ben debole rinforzo, né accenna a svilupparsi .»36 Dallolio, in conclusione, recepiti i dati derivanti da quell'esperienza, in seguito li avrebbe sfruttati nel primo conflitto mondiale, per gettare le basi della Mobilitazione Industriale. Si può cogliere, dunque, una differenza rispetto ai precedenti programmi. Mentre in passato non si era trattato soltanto di
n MCRR, fondo Dallolio, b. 960, f. 4 , I. 2. APTGP, serie fascicoloni , fase. 7, f. I , appunti 1910-1914. 3 ' l'vlCRR, fondo Dallolio, b. 951 , f. 2, l. 3. 33
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AA.VV.,
Dizionario hiografico degli italiani, Enciclopedia Italiana Treccani , Roma 1986, Voi. 32, p. 128.
36
APTGP,
serie fascicoloni , fosc.Vll , f. 3, p. 5.
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definire le priorità delle singole esigenze, ma anche (e forse soprattutto) di indìvi.duare i provvedimenti di compromesso fra le disponibilità economiche e il soddisfacimento delle esigenze stesse ,37 nei programmi per gli anni successivi sarebbe stato prioritario il soddisfacimento di alcune esigenze, indipendentemente dai condizionamenti economici. Mal 'ambiente ereditato da Dallolio era afflitto anche da interferenze degli Alti Comandi, tanto che, il 7 agosto 1914, il Ministero della Guerra, in previsione della mobilitazione, richiamava l'attenzione sulla necessità di astenersi dall' inoltrare richieste agli Stabilimenti militari di Artiglieria e Genio e di non interferire sulla loro attività «sia per evitare dannose e sterili corrispondenze sia per avere unità nel comando e nell'indirizzo». TI 22 marzo 1915 il Ministro della guerra, Generale Zupelli, era costretto a sottolineare che una delle principali attribuzioni del suo Ministero, durante una campagna, era «mantenere I VARI DEPOSITI CENTRALI DELLE ARMATE PER LA PIENA EFFICIENZA DEI NOSTRI SERVIZI MOBILITATI ... perciò sin d'ora nessuno deve interven ire a richiedere sforzi ed azioni agli Stabilimenti, né richiedere informazioni circa i lavori in corso, i termini di resa, le distribuzioni di materiali od altro affinché ogni singolo Stabilimento dia tutto quello che può dare, senza dover preoccuparsi più delle risposte della vigorosa produzione che è veramente l' ASSOLUTAMENTE INDISPENSABILE.>> 38 Ma il malvezzo, all'epoca , doveva essere ben diffuso tanto che il successivo 4 aprile Zupelli richiamava l'Ispettorato Generale dì Artiglieria sottolineando che il precedente ordine riguardava «anche» tale Organo <<giacché in questo momento è indispensabile lasciare a.i mezzi d'azione una sola via» .39 Questi ripetuti richiami evidenziano un modo di comportarsi dell'epoca, mettendo in luce la mancanza di confini ben delineati nelle competenze della struttura operativa e di quella industriale. Evidenti interferenze particolari finivano con il complicare la programmazione generale rendendo difficoltosa l'attività della Direzione Generale di Artiglieria e Genio . Dallolio, in qualità di Direttore Generale d'Artiglieria e Genio, in quegli anni era impegnato anche nel rinnovo del parco delle artiglierie, dato che proprio allora era in discussione la radiazione delle bocche da fuoco in ghisa e bronzo. Al Ministro Spingardi, che nel 1912 gli aveva chiesto la situazione delle artiglier.ie, il 10 novembre di quell'anno rispondeva presentando una relazione concepita non su] vetusto concetto di quantità, bensì secondo una nuova mentalità che prendeva in esame i requisiti che avrebbero dovuto possedere le moderne artiglierie, come indicato nella Tabella III:10
Tabella III BOCCHE DAFUOCO 75A 87 B 120 G 149 G 210 G 240 321
EFFICACIA CELERITÀ DI FUNZIONAMENTO COLPO SINGOLO Scarsa Scarsa Insufficiente Modesta
GITTATA '
Buona Insufficiente Insufficiente
SORPRESA
Assenté
Limitata Limitata
Era stato il caso, per esempio, del passaggio dal fucile ad avancarica a quello a retrocarica, eia dare in dotazione alla fanteria italiana, e dalle artiglierie di bronzo e ghisa a quelle in acciaio. Js MCRR , fondo Dallolio, b. 945, f. 3, I. I , Lettera n. 978 del 22 marzo 1915. :•9 MCRR , fondo Dallolio, b. 945 , f. 3, l. 3, Lettera n. 1.208 del 4 aprile 1915. MCRR, fondo Dallolio, b. 950 , f. 12, I. 7.
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Pertanto Dallolio auspicava 1'abbandono della politica del1 'aumento del numero delle batterie di vecchie artiglierie, ritenendo di poter compensare le singole deficienze con la quantità. Era venuto il momento «delle artiglierie tutte mobili a tiro rapido ed a polveri infumi.»4 1 Questo obiettivo doveva essere raggiunto gradatamente, conservando solo ciò che avrebbe potuto essere utilizzato, reimpiegando nei forti , come artiglierie secondarie, i cannoni da 75 A e da 87 B ritirati dalle batterie campali , confidando di poterli sostituire in un secondo tempo con materiali più moderni . TI Ministro Sp:i.ngardi annotava di suo pugno lo studio: «Tutto ciò è giustissimo ed egregiamente, efficacemente detto, ma fatta eccezione per le artiglierie campali da 87 e da 75 B , e se si vuole anche da 120 B, io terno molto che non si potrà vedere tanto presto effettuata la sostituzione delle rimanenti bocche da fuoco di medio calibro: i 149, i 240 ed i 321 G rimarranno ancora, per me, presso le nostre batterie e dovremo continuare a chiedere loro tutto quello che possono dare. Ad ogni modo mettiamoci sulla nuova via sulla quale qualche passo si è già fatto. Mercé la guerra libica.»42 D'altra parte, come metteva in evidenza il Capo di Stato Maggiore dell'Esercito durante la prima seduta della Commissione Suprema Mista per la Difesa dello Stato (maggio 1913), in un quadro di generale situazione critica dei vari capitoli, risultavano già impiegate tutte le somme relative ai caimoni e al munizionamento facenti parte di quello stanziamento cli 212 milioni votato dal Parlamento per i lavori dell'Artiglieria e Genio .43 Le conclusioni di quella seduta erano racchiuse nell'auspicio del Ministro della Guen-a il quale confidava che le condizioni finanziarie del Paese potessero consentire la realizzazione delle proposte presentate per la sistemazione dell'Esercito, attraverso l'aumento graduale delle assegnazioni ordinarie, piuttosto che attraverso stanziamenti straordinari, soggetti a troppe tluttuazioni.44 Le proposte della Commissione Suprema venivano concretate nel disegno di legge, presentato in data 29 maggio 1914 alla Camera dei Deputati, tendente a ottenere un'assegnazione straordinaria di 194 milioni sul bilancio del Ministero della Guerra, da ripartire in 5 esercizi finanziari e volto a risolvere definitivamente alcuni problemi quali la sostituzione delle bocche da fuoco ancora in ghisa e bronzo e l'armamento dell'Artiglieria pesante campale. La Direzione Generale di Artiglieria e Genio, in particolare, era interessata dal disegno di legge per oltre 156 milioni per gli asp'etti indicati in Tabella IY. 45
Tabella IV GRUPPO 10 20 30 40 50 60
MATERIALI Armi portatili e munizionamento Approvvigionamento di mobilitazione Artiglieria campale e suo munizionamento Artiglieria da costa, da fo1tezza e del parco d'assedio Fortificazione permanente e lavori Genio Infrastrutture militari TOTALE
IMPORTO 20.645.000 15.272.000 15.400.000 40.022.000 35.470.000 29.923.000 156.732.000
Non si può ignorare che il programma del Corpo di Stato Maggiore individuava anche altre esigenze che però non potevano essere soddisfatte a causa della situazione finanziaria del momento. È il caso, per esempio, della fornitura della tenuta grigio-verde a quattro Corpi cl' Armata per un onere di 28 milioni,
fondo Dallolio, b. 950 , f. 12, 1. 7 , p. 11. fondo Dallolio, b. 950, f. 12, 1. 7 , p. 16. 43 APTGP, serie faseieoloni, fase. VII, f . 3. " APTGP, serie faseieoloni, fase. VII, f. 3, p. 3. 45 APTGP, serie faseieoloni, fase. VII, f. 3, p. 7. •
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per 1a quale l'Ufficio del Capo di S. M. del!' Esercito metteva in evidenza come «l'ingentissima spesa non può essere affrontata nelle presenti gravi ristrettezze, mentre si è nella impossibilità di provvedere a bisogni urgentissimi interessanti l'efficienza dell'Esercito mobilitato.» 46 Proprio per l' insufficienza dei mezzi finanziari, infatti , le scorte di munizioni erano state contratte passando da 200 colpi/pezzo a 80 per il 75 Mod. 906 mentre quelle degli obici pesanti campali erano passate da 300 colpi/pezzo ad appena 70.4 ì 11 Generale Dallolio avrebbe annotato in seguito che il 25 giugno 1914 era stata presentata alla Camera la relazione della Giunta Generale del Bilancio sul disegno di legge per l'assegnazione straordinaria di 194 milioni «ma la Camera prese le vacanze il 5 luglio 1914 e la relazione non fu discussa» .4R Fu solo sotto l 'incalzare degli avvenimenti internazionali ( ultimatum alla Serbia del 25 luglio e alla Russia del 31 luglio 1914, dichiarazione di guerra della Germania alla Francia il 3 agosto) che venne istituito il capitolo 100 ter49 con una prima assegnazione di 79 ,8 milioni per poter fronteggiare quelle esigenze giudicate a maggio necessarie e improrogabili, ma rimaste inascoltate sino a quel momento. La Direzione Generale d'Artiglieria e Genio per le proprie esigenze prospettava fossero necessari 277,424 milioni, ridotti poi a 90, ma il primo aprile era costretta ad avanzare al Ministero della Guerra una richiesta suppletiva di 135 milioni per la preparazione dell'Esercito ( 111 milioni per l'Artiglieria e 24 per il Genio) specificando che «non è possibile fronteggiare il consumo delle munizioni nel secondo semestre 1915 se sin d ' ora non si danno tutte o quasi tutte le ordinazioni. È indispensabile poter impegnare le somme altrimenti al momento oppmtuno è inutile aver provveduto alla preparazione finanziaria quando tutto l'oro tesaurizzato non arriverà ad ottenere la preparazione materiale. Aggiungo poi che la ridda dei prezzi delle materie prime è tale che aspettare vuole dire correre a rovina.» 50 Il 23 maggio 1915 , solo per quanto riguardava l'Artiglieria, si verificava un'eccedenza di impegni di 37,468 milioni rispetto alle assegnazioni ricevute a partire dal plimo agosto 1914, assommanti a 278,883 milioni.5 1 Il 14 ottobre 1914 il Segretariato Generale del Ministero della Gue1rn diramava la «Memoria circa provvedimenti per l'Esercito», ordinando di dar corso agli studi necessari per l'attuazione degli stessi.52 Questo continuo salasso finanziario allarmava il Governo, per cui dopo appena due mesi dall'ingresso in gue1rn si incominciava già a parlare delle possibili economie che si sarebbero potute realizzare apportando alcune contrazioni al programma proposto dal Comando Supremo per la successiva primavera del 1916.53 È appena il caso di sottolineare come le «possibili economie>> andassero ricercate anche ne1 corso del conflitto! Cadorna, a seguito di disposizioni verbali impartite dal Minisu·o della Guerra Zupelli al Sottocapo Porro, forniva al Minisu·o le possibili vie da percorrere per ottenere delle economie.54 La programmazione del Generale Cadorna, per conseguire tali economie, indicava cinque settori principali nei quali si sarebbero potute ottenere delle contrazioni di spesa , anche a costo di qualche riduzione che «si impone senz'altro, visto che le necessità economiche richiedono di rinunziare a tutto quello che non è essenziale, pur di mantenere intatta la efficienza dell 'Esercito»55 : 1) limitazione della concessione degli assegni di guerra; 2) a1lontanamento dal fronte dei Reggimenti di Cavalleria , non impiegabili nel.la cattiva stagione; 3) concessione di licenze «straordinarie collettive» di 15-20 giorni nel periodo di stasi invernale; 4) congedamento di Ufficiali richiamati ma esuberanti alle necessità dei Corpi;56
serie fascicoloni, fase. VII, f. 3, p. 6. serie faseieoloni, fase. Vll, f. 3, p. 7. •s APTGP, serie faseieoloni , fase. Yll , f. 3, p. 8. 9 • R.D. 855 del 26 agosto 1914. 50 MCRR, fondo Dallolio , b. 960, f. 4, 1. 8; cfr. anche APTGP , serie fasci coloni , fase.VII, f. 3, p. 19. 5 ' APTGP, serie fascicoloni, fase. VII, f. 3, p. 19. 52 APTGP , serie fascicoloni, fase. VII, f. 3, p. 18. 53 APTGP , serie fascicoloni, fase. VII, f. 3, p. 23. 54 Lettera n. 4707 del 23 settembre 19 I 5 oggetto Riduzione nelle spese di guerra. 55 APTGP , serie faseieoloni. 56 Al Deposito del Genio di Casale vi erano in qnel momento 403 Ufficiali, richiamar.i dal congedo o in servizio di l" nomina.
.«, APTGP , "
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5) scioglimento di reparti in vita e rinunzia ad attuare parte del programma di potenziamento che il Comando Supremo, il 30 giugno 1915, aveva proposto di adottare per la primavera successiva.57 Il pacchetto dei provvedimenti, per quanto doloroso , era sicuramente quello che garantiva un maggior risparmio consentendo di contrarre l'onere del programma del 30 giugno 1915 da 379 ,4 milioni a 317,5 con un minor esborso di 61,9 milioni per cui il Capo di Stato Maggiore dell'Esercito poteva concludere: «Colle varie misure che ho proposto si conseguirà una riduzione di spese tale da fare certamente rientrare l'onere finanziario della guerra nei limiti consentiti dalla potenzialità economica del Paese.»5~ Il 15 novembre 1915 il Ministro della Guerra Zupelli ribadiva la riduzione delle Unità, concordate verbalmente, ma chiedeva al Comando Supremo l'esplicita conferma della rinuncia alla costituzione delJe 27 batterie da campagna e il successivo 17 novembre Cadorna telegrafava: «Sebbene a malincuore in vista gravi ragioni espostemi dal Governo, confermo rinuncia fonnazione Unità Artiglieria da campagna accennate.»59 Nel 1916 Dallolio sarebbe stato costretto a rilevare come il Ministro della Guerra si fosse «presentato con un programma monstre e naturalmente ad un certo punto, passata l'ubriacatura è svanito e si è trovato a fronte della realtà. Il programma era stato tracciato colla visione più ottimistica che S .E. Cadoma potesse sognare e nelle nostre condizioni finanziarie era irrealizzabile.»60 Questa annotazione del Generale Dallolio induce a pensare, in alternativa, a due possibili avvenimenti: - una probabile programmazione, eia parte dei Vertici politico-militari, non calibrata sulle reali possibilità del Paese; - uno scollamento fra le autorità politiche e i vertici militari, già rilevato in precedenza in occasione del cambio di orientamento politico sulla Triplice Alleanza. Peraltro le economie proposte da Cadorna, per quanto consistenti (61,9 milioni) non erano tali da consentire un effettivo pareggio nei conti, tenuto conto che, alla data del 31 dicembre ·1 9n, il problema delle risorse, sotto il profilo quantitativo, si presentava particolarmente grave. I pagamenti effettuati dal Tesoro per spese dipendenti dalla guerra erano di circa 34,5 miliardi, mentre le entrate dei quattro prestiti nazionali arrivavano ad appena un quarto , pari cioè ad 8,6. La differenza era stata coperta con debiti a breve scadenza (9164 miliardi di prestiti alleati e manovre di tesoreria).61 Questa situazione era anche dovuta al prolungarsi della guerra ben al di là delle previsioni per cui il Ministro del Tesoro Nìttì riteneva che nelle spese ci si dovesse comportare in modo da evitare di «trovarci, quando che sia, nella impossibilità cli continuare o in tale stato di sfinimento da apparir soccombenti, anche non essendolo. Il prolungarsi della guerra impone la massima avvedutezza nella erogazione dei mezzi per condurla, per non incorrere nella responsabilità di preparare la disfatta.» 62 Dall'attività di Dallolio: quale Direttore Generale, emerge un'altra sua caratteristica, cioè quella dj non limitare la propria azione ai soli aspetti tecnici di un problema bensì, a volte, sconfinare nel campo ordinativo «esorbitando alquanto dai suoi compiti»63 , poiché egli riteneva che l'efficienza complessiva di un reparto fosse il giusto dosaggio fra l'ordinamento di un'unità da una parte e i mezzi tecnici disponibili e l'addestramento degli uomini dall'altra.
5 '
Il provvedimento avrebbe riguardato per la Cavalleria 10 Comandi di Gruppo e i 23 Squadroni di nuova formazione , trasformazione delle colonne munizioni carreggiate in autocolonne, costituzione di 6 Battaglioni ciclisti, 42 Compagnie rnitraglieri , (14 a piedi, 14 in bicicletta , 14 in motocicletta), 9 Battaglioni Bersaglieri, ordinamento dei 49 Reggimenti di Artiglieria da campagna su Batterie, abolizione delle musiche reggimentali , ecc. 53 APTGP, serie fascicoloni, fase. VII, f. 3, p. 23. 59
lbid.
60
APTGP, serie lettere ai familiari , lettera I novembre 1916 a Elsa. MCRR, fondo Dallolio, b. 953, f. 8, l. 11 , p. I.
6
' 62 63
/bici. V. Gallinari, Il generale Alfredo Dallolio ... , op. cit., p. 116.
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In quest'ottica, nel djcembre 191 l, Dallolio, nuovo Direttore Generale di Artiglieria e Genio , anche sulla base dei pareri espressi dal Comandante del Corpo di Spedizione in Libia, richiedeva di ripristinare i Capi Armaioli , ma il Ministro della Guerra rispondeva che era «di massima contrario al ripristino dei Capi Armaiolo. Per me non li avrei soppressi, ma ritornare sulla decisione presa no. Per le mitragliatrici basta un operaio armaiolo.» 64 Dallolio si esponeva nuovamente interessandosi dei Capi Armaioli perché la loro abolizione si era rivelata dannosa per diversi motivi.65 Da una serie cli ispezioni straordinarie ai reparti, infatti, era venuto alla luce che erano state lasciate in distribuzione molte armi inefficienti che, viceversa, avrebbero dovuto essere ritirate e inviate alla riparazione presso i Corpi o, addirittura, presso una Fabbrica d' Armi. «Ali' inizio o durante la guerra libica, non pochi Comandanti di Corpo reputarono conveniente di sostituire con altri i fucili in distribuzione alle truppe partenti; ora, a parte che non sarebbe possibile in caso di mobilitazione generale, nessuno potrà mettere in dubbio che, entrando in campagna, convenga lasciare al soldato il suo fucile che, del resto, deve essere rimesso sempre al più presto in buone condizioni.»66 Pertanto il Generale Dallolio, anche ìn vista «degli ulteriori perfezionamenti che in un avvenire più o meno prossimo potrebbero essere apportati alle armi ed ai materiali»,67 avrebbe richiesto ancora una volta il ripristino dei Capi Armaioli nei Corpi.
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serie fascicoloni, fase. X, f. IO. Difficoltà di reperire Ufficiali all'armamento che potessero disimpegnare i compiti loro assegnati, difficoltà di reperire Sottufficiali che avessero conoscenze tecniche sulla lavorazione dei metalli, ecc. 66 MCRR, fondo Dallolio, b. 952 , f . 3, I. 4. 67 lbid. APTGP,
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Capitolo 3 LA COMPARSA DI UN NUOVO MEZZO: L'AEROPLANO
Verso la fine del XV.lll secolo in Europa era stata avviata la sperimentazione dell'aerostato, mezzo che non avrebbe tardato a suscitare l'interesse del mondo militare, pronto a recepirne l'eventuale impiego sui campi di battaglia. 1 In Italia il R. Esercito ebbe la sua prima sezione aerostatica nel 1884. Dopo aver seguito e sperimentato di persona le ascensioni con i palloni frenati che il francese Louis Godard aveva presentato ali 'Esposizione generale italiana di Torino (1884), il Tenente Alessandro Pecari Girardi (3° Reggimento Genio del R. Esercito) era stato incaricato dal Ministro della Guerra di condurre degli esperimenti di ricognizione aerea durante le manovre che si stavano tenendo a Ivrea.2 Le prove avevano dato buon esito, cosicché il Ministro Ricotti Magnani decise di istituire la sezione aerostatica (servizio di esplorazione aerea con palloni frenati)3 inquadrata in una Brigata mista4 del 3° Reggimento Genio, affidandola allo stesso Pecori Girardi. Basandosi sui principi dell'aerostato intanto, si perfezionò la tecnologia del dirigibile. In Italia , il primo esemplare, venne ideato, progettato e realizzato nel 1908 , dai Capitani del Genio del R. Esercito, Arturo G. Croceo e Ottavio Ricaldoni. Ne vennero quindi costruiti degli altri che, nel 19 n sarebbero stati sperimentati nel Monferrato nelle grandi manovre dell'esercito, assieme a 12 aeroplani che dettero ottimi risultati per la ricognizione.5 Il 13 gennaio 1909 , infatti, da Venaria Reale (Torino) era decollato anche il primo velivolo italiano, un triplano propulso da un motore S.P.A. (Società Piemontese Automobilistica) da 25 HP, e poco dopo sarebbero state istituite le prime scuole di pilotaggio (Venaria Reale e Lombardore) e sperimentati i primo motori di derivazione automobilistica. Erano gli anni della disputa tra «il più leggero dell'aria» (il dirigibile) e «il più pesante» (l'aeroplano). Negli anni Venti la Commissione Parlamentare sulle spese di guen-a per l'Aeronautica avrebbe messo in evidenza come le difficoltà incontrate dalla nascente specialità fossero da addebitare a una «tradizione di sfavore» che si ripercuoteva soprattutto nel campo delle assegnazioni. Nel 1905 infatti, quando al Ministero della Guerra ne era stata richiesta una di 425.000 lire per dar v:ita agli impianti di Vigna di Valle, la risposta fu che tale somma «meglio avrebbe servito per costruire una caserma per mezzo Reggimento di Cavalleria». Soltanto l'intervento della Casa Reale, tramite l'Aiutante di Campo generale del Re Vittorio Emanuele III, Generale Ugo Brusati, e dell'On. Sonnino, avrebbe consentito di ottenere quanto richiesto.6 Nel 1911, in occasione del cinquantenario dell'Unità d'Italia, venne indetta a Torino una settimana cli gare aviatorie (18-25 giugno) con la partecipazione di concorrenti di varie nazionalità e, in concomjtanza, fu inaugurato un campo di volo su un'area cli 300.000 metri quadrati a Mirafiori' che sarebbe diventato sede dei primi repaiti di aviatori rnilitari 8 (avrebbe ospitato la sede della Società ItaLiana Aviazione) ,_oltre che a rimanere a disposizione per i voli di collaudo dei mezzi aerei prodotti dalle varie ditte torinesi.9
' F. Mini , Volo e spazio, in Stato Maggiore Esercito, Esercito e scienza, Alinari 1991, p. 267 . A. Pozzi [e altri], L'Arma del Genio , ed. Fusa, Roma 1991, p. 254. 3 C. Montù, Storia dell'Artiglieria italiana, Rivista d'artiglieria e genio, Roma 1936, Vol. III, p. 800. '' La Brigata Mista comprendeva una Compagnia Specialisti del Genio (Sezione Aerostatica, Servizi Speciali affidar.i all'Arma del Genio) e una Compagnia Treno. 5 A. Pugnani , Storia della motorizzazione militare italiana, Roggero & Tortia, Torino 1951, p. 58. 6 APCD, Legisl. XXVI, Sessione I 921-23, Dis. Leg., Relazioni, Doc. XXI, p. 249. 7 Allo scoppio della Grande Guerra sarebbe partita da Mirafiori la «Prima Squadriglia» per il fronte. 8 M. Lupo,/ secoli di J\llirafiori , ed. Piemonte in bancarella, Torino 1985 , p. 97. 9 lbid., p. 100. 2
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M.i
Nòv1è:etlt!I del H i ~qn ~annone,
Dirigibile Ml con motori FJAT S 76 con navicella metallica. (Proprietà Archivio Storico FJAT)
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,f>er sovrintendere al servizio aeronautico venne costituito, presso la Direzione Generale Artiglieria e Genio, l' Ufficio Ispezioni sui Servizi Aeronautici. 10 «Con un dispaccio "riservatissimo" lo Stato Maggiore ordinava l' approntamento di una flottiglia di aeroplani da mettere a disposizione del corpo d'armata speciale in Tripolitania e in Cirenaica. L'ordine colse in piena crisi il 2° reparto (aviazione militare) del Battaglione Specialisti del Genio , costituito da appena sei mesi. Il primo collaudo bellico al quale stava per essere sottoposta l'aviazione avrebbe richiesto numerosi piloti addestrati e aeroplani efficienti e omogenei con adeguati servizi. Invece gli aviatori erano pochi e brevettati da qualche mese; gli aeroplani, poi, erano di tipi diversi e piuttosto logorati dall'uso.» 11 Ciò nonostante nella gue1n di Libia 12 vennero sperimentate l'esplorazione, la ricognizione a vista e fotografica, l'osservazione del tiro, il volo notturno, il bombardamento diurno e notturno e la «simulazione di sminamento (marittimo) mediante il lancio di esplosivi» .'3 Il Capo di S. M. dell'Esercito , Generale Pollio, il 7 dicembre 1911, informato dell'attività dei piloti in Libia, telegrafava il suo plauso al Comandante del Corpo Speciale per Cirenaica e Tripolitania, Generale Caneva: « ... Sarei graditissimo a V.E. se volesse esprimere mia sincera ammirazione agli ufficiali aviatori per il loro coraggio tranquillo e cosciente e per la loro abilità.» 14 Nel 1912, a seguito dei voli notturni del 4 marzo, il Generale Caneva, proseguendo nelle sue relazioni, comunicava al Ministro della Guerra le sue osservazioni per nùgliorare la strnmentazione e gli impianti a terra per l'impiego notturno dell'aviazione. 15
In seguito, la Commissione Parlamentare sulle spese di guerra per l'Aeronautica , discutendo della situazione creatasi dopo la Campagna di Libia, avrebbe sottolineato in modo impietoso: «La deficienza tecnica degli apparecchi usati , la loro scarsa, pressoché nulla efficienza militare, la mancanza di pratica da parte dei piloti e loro superiori per quanto volenterosi nell'impiego del mezzo bellico loro affidato, fecero sì che gli aeroplani non dessero i risultati che i Comandi ed il pubblico si erano ripromessi, specie in ragione de11e illusioni create dai giornali e da interessati poco scrupolosi. Da ciò, per naturale reazione, il formarsi di un dannoso ma purtroppo ben radicato preconcetto che l'aviazione non potesse avere alcuna importanza militare.» 16 Questo stato di cose aveva ripercussioni tanto in campo militare quanto in quello industriale, per tre ordini di motivi: - la limitazione dei mezzi assegnati dopo la campagna libica, che portava al blocco delle nascenti industrie av.iatorie, ridotte a ben poco senza ordinazioni; - i disastrosi precedenti finanziari dovuti alle mancate decisioni del Ministero della Guerra, che non incentivavano gli industriali a impegnarsi nel settore aeronautico; - la diffusa convinzione che un eventuale conflitto sarebbe stato abbastanza breve e che perciò non avrebbe giustificato, investimenti a lungo termine, sotto il profilo industriale. Per questi motivi , nonostante nel 1913 si fossero inagurati nuovi campi di volo militari (a Bologna, Busto Arsizio, Cuneo, Piacenza e San Francesco al Campo vicino a Torino) , agli albori del 1914 l'industria aviatoria si trovava in condizioni precarie. «Esistevano ancora, ma più di nome che di sostan-
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R.D.dell'8 aprile 1911. AA.vv., Ali italiane (1908-1922) , Rizzoli, Milano 1978, p. 38 12 Il Ministero della Guerra aveva inserito nel Corpo Speciale di Spedizione due parchi aerostatici destinati a Tripoli, una sezione aerostatica da segnalazione a Tripoli, due flottiglie cli aeroplani (una per Tripoli, l'altra per Bengasi), la Floltiglia Aviatori Civili, ideata e costituita a Torino e inviata in Cirenaica. 13 È del 22 ottobre 19 l. l Ja prima missione aerea di ricognizione bellica, effettuata dal Capitano Piazza su Blériot, c he sorvolò alcuni accampamenti nemici lungo la strada di Azizia, e del primo novembre il primo lancio di bombe da un aereo, da parte del Sottotenente Gavotti, su Ain Zara e sull'oasi di Tagiura. Cfr. AA.VV., Ali italiane ... , op. cit., p. 40. 14 AA.VV., Ali italiane ..., op. cit., p. 50. 15 Ihid., p. 45-46. 16 APCD , Legisl. XXVI, Sessione 1921-23, Dis. Legge Relazioni, Doc. XXI, p. 250. 11
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za tre ditte: la "Savoia" per la costruzione degli apparecchi "Farman", la "Macchi" per la costruzione degli apparecchi "Nieuport", la "STT" per la costruzione degli aeroplani "Blériot" ... Per la fabbricazione dei motori di aviazione esisteva, vivendo stentatame nte, una sola officina costruttiva di motori rotativi " Gnome" ,'7 ma con produzione assolutamente insignificante per quantità e scadente qualità.» 18 La drastica riduzione dei mezzi finanziari destinati alla nascente specialità e il conseguente mTesto delle industrie (che nel frattempo erano sorte nella convinzione di una pioggia di commesse, viceversa assenti) erano la logica ripercussione dei preconcetti che, nonostante gli ammaestramenti tratti dalla campagna libica, il Comando del Corpo di S. M. dell'Esercito nutriva sul possibile futuro ruolo del!' aviazione. « ... Che nessun conto si facesse dell'Aeronautica è ulteriormente dimostrato dal fatto che molti dei migliori piloti e tecnici furono in quello scorcio di tempo fatti rientrai-e ai loro Corpi, e le Scuole di pilotaggio chiuse, predisponendosi nel caso di entrata in cmnpagna anche il ritorno presso i Corpi di origine di Ufficiali specialisti e Capi Servizio cli Aeronautica come il Ricaldoni.» ' 9 Questi, benché, avesse dedicato tutta la sua attività all'aviazione, sarebbe stato destinato quale addetto al Comando della 35'1 Divisione di Fanteria. La visione riduttiva dei vertici militari del R. Esercito rispetto all'aviazione, era stata confermata dall'intervento_del Capo di S. M. dell'Esercito, in sede di Commissione Suprema Mista per la Difesa dello Stato (24 maggio 1913), nella quale si era accennato all'aviazione quale elemento di completamento della difesa delle piazze marittime per l'esplorazione, «per colpire dall'alto» le navi che si fossero avvicinate per bombardare le installazioni terrestri e per contrastare aeronavi avversarie in avvicinamento, nonostante sembrasse estremamente improbabile, allo stadio attuale della tecnica , un suo impiego lontano dalle proprie basi di operazione.20 In quell 'occasione il Ministro della Guerra aveva ricordato che nel 1910 il Parlamento aveva votato 10 milioni di lire per 1' Aeronautica, con i quali molto era stato fatto, ma che tuttavia si erano dimostrati insufficienti in rapporto al risultato dello stanziamento d.i 170 milioni d • marchi della Germania per la propria flotta aerea. Sempre nella stessa seduta era riemerso pure il persistente dualismo sull'impiego del dirigibile e dell'aeroplanv). In ogni caso, la sottoscrizione popolare «Per dare ali alla Patria» , avviata nel 1912 da alcuni volenterosi e svoltasi in Italia e all'ester'1, nel 1913 aveva raccolto e poi devoluto al Ministero della Guerra 3 ,5 milioni di lire, dimostrando così come ampi strati dell'opinione pubblica avessero recepito l'importanza dell'aviazione. Chiamato successivamente alla Camera21 per rispondere dell'impiego dei fondi ricevuti dalla sottoscf izione popolare, il Generale Dallolio, Sottosegretario per le Anni e Munizioni, avrebbe chiarito che la somma era stata destinata, secondo gli auspici dei sottoscrittori, ali' acquisto di 96 aeroplani, mentre altri ne sarebbero arrivati con la rimanenza del fondo. 22 Era chiaro che, in queste condizioni, l'aviazione non sarebbe stata in grado di affrontare una guerra e pertanto necessitava di un riordinamento che sarebbe stato attuato attraverso tre fasi. 1) 7 gennaio 1915: costituzione di una Direzione Tecnica di Aviazione Militare con il compito di far sorgere, indirizzare, sorvegliare e sovrintendere la produzione. Poiché Torino era il centro più importante dell'industria automobilistica italiana, con molte affinità tecniche nel settore aeronautico, la Direzione veniva dislocata in quella città.23 17
Si trattava della SIMGER (Società Italiana Motori Gnome e Rhone). APCD , Legisl. XXVI, Sessione 1921-23, Doc. XXI, p. 252. 19 APCD , Legìsl. XXVI, Sessione 1921-23, Doc. XXI, p. 250 . 20 MCRR, fondo Dallolio, b. 950 , f. 1, I. 6. 21 Ciò era avvenuto nel 1916, a seguito di un'interrogazione clell'On. Loero. 22 APCD , Legisl. XXVI, l" Sessione, Discussioni, Vol. IX, p. 10.349. 23 APCD, Legisl. XXVI, Sessione 1921-23, Dis. Leg., Relazìonì, Doc. XXT, p. 253 . 18
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2) 15 gennaio 1915: separazione del Corpo Aeronautico militare dall'Arma del Genio,24 avvenuta dopo diversi anni che il relativo disegno di legge si trascinava in Parlamento. 3) Giugno 1915: costituzione del Corpo Aeronautico Militare e dei Servizi, a seguito del varo, dopo accordi intercorsi con i Dicasteri del Tesoro e della Marina, di un progetto di legge presentato dall'Ispettorato Servizi Aeronautici che giaceva in Parlamento dal 1913. Il nuovo Corpo Aeronautico Militare e dei Servizi era diretto e comandato da un Direttore Generale d'Aeronautica, capo del! 'omonima Direzione presso il Ministero della GueJTa.25 Era evidente che la nascita della spec ialità aveva imposto al Sottosegretariato alle Armi e Munizioni nuove attività, tanto da far scrivere al Generale Dallolio: «La sera vado a casa stanco morto, non ne posso più. Adesso vogliono anche che dia l'impulso necessario all'Aeronautica e quindi vedremo. Ma ci sono troppi tenori nell'aeronautica ed io non sono disposto a cantare nei cori>>: E ancora: «ho delle grandi idee circa l'aviazione, se mi riesce voglio un po' spingere ad aumentare la flotta perché in pri.mavera la gue1Ta sarà per aria e guai se ci lasceremo dominare dai Tedeschi.»26 Diversamente da come pensava Dallolio, l'andamento delle ostilità nel teatro europeo, le evoluzioni di velivoli tedeschi su Parigi nel settembre 1914, e il primo combattimento aereo,2 7 non sembravano aver fatto intravedere ai vertici militari italiani le possibilità di impiego del nuovo mezzo, tanto che anni dopo , in Parlamento, si sarebbe ri levato che «vi fu una deficiente visione delle nostre necessità e che si tardò troppo a concedere mezzi finanziari per fronteggiare ad esse.»28 L'Italia sarebbe ~ntrata in guerra con un'ottantina di aeroplani ripartiti come da Tabella V.29 Tabella V TIPO DI AEREO
NUMERO DI AEREI
NUMERO SQUADRIGLIE
Blériot
37
Nieuport
27
Fannan (1912) e Farman (1914)
22
6 4 2
Farman idro
3
-
A questo punto era necessaria una corsa contro il tempo per recuperare quello perduto, mentre continuava l'ostracismo che faceva dimettere dall'incarico l'Ispettore ai Servizi Aeronautici, per protesta contro la mancata assegnazione di fondi. Il gesto ebbe effetto e nel febbraio del 1915 arri varono i primi stanziamenti (quattro milioni di lire) che consentirono di avviare un programma per fornire la nuova specialità di mezzi adeguati all' eventuale ingresso in guerra. Tuttavia, causa la persistente diffidenza diffusa «verso il nuovo», al momento della presentazione del programma finanziario 1915- J 8 venne rilevato che «troppi e troppo gravi sono i bisogni essenziali
2" La specialità era ordinata su Direzione Generale cl ' Aeronautica (presso ìl Ministero della Guerra) che disponeva cli un Alto Comando, 2 Comandi di Aeronautica e 2 Battaglioni rispettivamente per le specialità aerostieri e aviatori, Scuole varie, l Stabilimento costruzioni e una Direzione Tecnica dislocata a Torino preposta ali 'acquisto e distribuzione cleì materiali occorrenti ai Battaglioni aerostieri e aviatori. 25 D.Lgt. n. 872 del 13 g iugno 1915. 26 APTGP, serie lettere ai farniliari, lettera 4 ottobre I 9 I 5 a Elsa. 2; 5 ottobre 1914, fronte occidentale, nel cielo cli Reims «il "Voisin" n. 89 pilotato dal Sergente Frantz con mitragliere osservatore Quenault, riuscì ad abbattere con una raffica di mitragliatrice l '"Aviatik" pilotato dal Tenente Schlicthìng con a bordo l'osservatore Von Zangen» Cfr. N. Arena, I caccia a motore radiale, Modena, Mucchi 1980, p. 14. 28 APCD, Legisl. XXVI, Sessione 1921-23, Doc. Dis. Legge e Rei., Doc. XXI, p. 252. 29 APCD, Legisl. XXVI, Sessione 1921-23, Doc. Dis. Legge e Rei., Doc. XXI, p . 256.
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dell'Esercito ai quali le ristrettezze finanziarie impediscono di provvedere perché si possano destinare somme ingenti ad un servizio accessorio e non indispensabile quale è quello aeronautico.»30 Tale atteggiamento avrebbe fatto dire al Senatore Bettoni., nel 1917: «Vi è della gente che non ha mai creduto nell'aviazione e non ha mai fatto niente ed anche ora che l' aviazione è utile fanno il sabotaggio; vi è il microbo del sabotaggio all'aviazione, come vi è l'ostruzionismo.» 31 Nonostante tutto, la Direzione Tecnica del Corpo Aeronautico, dopo la fase pionieristica affidata ad aerei di fabbr icazione straniera32 , si era impegnata ad avviare un'industria per la produzione di mezzi nazionali, seppur con molte difficoltà dovute alla concomitanza di diversi fattori negativi: - la Direzione Generale Artiglieria e Genio per l'Esercito , e quella delle Costruzioni Navali Artiglierie ed Armamenti per la Marina, s'erano già accaparrate quasi tutte le aziende che avrebbero potuto dedicarsi a costruzioni aeronautiche per garantirsi la produzione di armamenti e munizioni; - vi era penuria di materie prime; 33 - la Direzione Tecnica della specialità che doveva provvedere all'acquisto e alla distribuzione dei materiali necessari ai Battaglioni aerostieri e aviatori era dislocata a Torino. «Il trovarsi la Direzione Tecnica a Torino (e ne sono già state riconosciute le giuste ragioni) metteva poi questa a più immediato e speciale contatto con le ditte locali e tra queste , ad esempio, la potentissima FIAT,3 4 donde la spiegabilità di gelosie anche regionali ed il tradursi di esse in insinuazioni ed accuse» ;35 - presso la Direzione Tecnica permanevano, con incarico di controllo e collaudo, gli ideatori di quegli apparecchi realizzati poi dalle industrie private.36 (I Maggiori Savoia e Verduzio «padri dello SVA», il Colonnello Croceo progettista di dirigibili.) A ogni modo, l'operato della Direzione Tecnica riuscì a ottenere dei risultati concreti che suscitarono l'entusiasmo degli addetti. Un riconoscimento ne è la fotografia di un velivolo con dedica di D' Annunzio <<al Dio motore». È indubbio che la nascita della nuova specialità avrebbe dov ·jto superare molti fattori negativi; ancora nel 1917, infatti, gli onorevoli Monti e Guarnieri (nella seduta della Camera del 16 ottobre) chiedevano di interrogare il Ministro alle Armi e Munizioni «per sapere se possa dare informazioni sulla produzione attuale dei velivoli e dirigibili e su quella avvenire.» 37 Nonostante la Direzione Tecnica della Direzione Aeronautica presso il Ministero della Guena dovesse lavorare in un campo irto di difficoltà e di problemi, non ultimi quelli ingenerati dai rilevanti interessi dell'industria, in quel periodo essa veniva sottoposta a dure critiche. I ritardi che si erano verificati nella Direzione Tecnica, infatti, venivano arbitrariamente attribuiti alla sua incapacità. In realtà, come avrebbe poi sottolineato il Colonnello Dal Fabbro, non pochi ritardi sarebbero stati causati delle lungaggini burocratiche per cui «si finisce il lavoro prima che il contratto sia perfetto e se alle Ditte si fossero dovuti dare gli acconti per poter provvedere ai macchinari e alle materie prime quando il contratto fosse stato definito, non si sarebbe concluso nulla! Occorrono non meno di 6 mesi o 8 mesi per avere un contratto in perfetta regola.» 38
serie fascico loni, fase . VIII, f. 3, p. 7. Legisl. XXVI, Sessionel921-23 , Doc. Dis. Legge e Rei., Doc. XXT,V.T, p. 274. 32 Aerei Blériot, Nieuport, Fannan. n In quel periodo, materia prima essenziale per la costruzioni di velivoli era il legno di frassino, la cui disponibilità si era pressoché azzerata per il largo impiego a uso dei carriaggi militari. 31 · Il primo aereo uscito dalla linea di montaggio FlAT era stato la riproduzione su licenza del Farman, nel quale il motore originario era stato sostituito dall'AlO. 35 APCD, Legisl. XXVI, Sessione 1921-23, Doc. Dis. Legge e Rei., Voi. I, p. 304. ,GAPCD, Legisl. XXVI, Sessione 1921-23, Doc. Dis. Legge e Rei., Voi. I, p. 305. 37 APCD, Legisl. XXVI, Sessione 1921-23, Doc. Dis. Legge e Rei., Voi. XIII, p. 14.464. 38 APCD, Legisl. XXVI, Sessione 1921-23, Doc. Dis. Legge e Rei., Voi. I, p. 272. JO
APTGP,
3
APCD,
'
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Dedica di Gabriele d'Annunzio al velivolo FIAT. (Proprietà Archivio Storico FIAT)
Di fatto, il primo novembre 1917 venne soppressa la Direzione Generale e, costituito il Commissariato Generale,39 ne fu affidata la guida a un politico (l'On. Chiesa) piuttosto che a un militare. Questa innovazione, in un'epoca in cui il Ministero della Guerra era affidato all'espressione della gerarchia militare, va letta anche alla luce dei rapporti non idilliaci fra Comando Supremo, retto da Cadorna, e mondo politico che avrebbero fatto dire all'On. Santarelli: «Di fatto si era costituito in Italia uno Stato nello Stato, un Governo sopra il Governo, ad una capitale politica si era sovrapposta una capitale militare: Udine.»40 Tuttavia, la nomina politica del Commissario Chiesa avrebbe avuto una ricaduta positiva sull'aviazione, portando un notevole incremento al segmento dell ' aviazione da bombardamento. Chiesa, infatti, in un intervento alla Camera (9 novembre 1917), aveva affermato: «I nostri apparecchi non devono solo servire ad impedire a quelli nemici di venire a determinare le posizioni su cui l'artiglieria dovrà sparare, a segnare l'indirizzo del nostro fronte o stabilire determinate azioni di fanteria, ma anche devono servire al bombardamento offensivo.»41 Il Comando Supremo, peraltro, resosi finalmente conto delle possibilità d'impiego del nuovo IT)ezzo, si stava dimostrando sempre più propenso a intensificare l'intervento dell'aviazione a supporto dei combattimenti terrestri, tanto da avvertire il bisogno di segnalare ai Ministeri della Guerra e delle Armi e Munizioni che, il 23 maggio 1917, 130 aeroplani , di cui 29 da bombardamento, partiti da diversi campi, avevano «accompagnato le nostre truppe all'assalto delle posizioni nemiche.» 42 Ancora il 20 giugno 1917 il Comando Supremo comunicava, sempre ai due Ministeri interessati:« ... Ieri 19,145 aeroplani di cui 30 da bombardamento, 54 da ricognizione e 61 da caccia presero parte diretta azione sulla fronte della
Decreto n. 1.813 del 1° novembre 1917. APCD, Legisl. XXVI, Sessione 1921-23, Doc. Dis . Legge e Rei., Voi. XIV, p. 15.193. •• APCD, Legisl. XXVI, Sessione 1921-23, Doc. Dis. Legge e Rei. , Doc. XXI, Voi. I, p. 270. • 2 MCRR, fondo Dallolio, b. 956, f. 1, I. 14. 39
·•0
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VI Armata portando valido contributo aereo alle operazioni terrestri. Cinque tonnellate e mezza di bombe colpirono efficacemente obiettivi prestabiliti. Quindici combattimenti aerei furono sostenuti . Eccetto due da ricognizione atte1nti per guasto fuori campo entro nostra linea tutti rientrarono loro bangar.»43 Le espressioni «azione diretta» e «accompagnamento delle truppe», usate dal Comando Supremo, mostravano come fosse subentrato nell'Esercito l'orientamento a privilegiare l'intervento dell'aviazione contro obiettivi a contatto con le forze amiche a integrazione del fuoco amico, gettando le basi di quello che in seguito sarebbe divenuto l' «appoggio aereo ravvicinato». L'impulso dato all'aviazione dal Commissario Chiesa portò al potenziamento dei Caproni da bombardamento, il cui prototipo montava tre motori Isotta-Fraschini da 150 Hp. L'ultimo mode11o, il Ca 5 (detto anche Ca. 600) si affidava a tre motori FIAT da 200. In tal modo: - la FIAT, grazie ai suoi impianti, poteva assumersi l'impegno di grandi forniture per l'Esercito, ottimizzando fra di loro la produzione di cellule e motori; - l'Isotta-Fraschini , una volta svincolata dagli impegni per l'Esercito, poteva far fronte alle pressanti richieste della Marina per i propri idrovolanti. La costituzione del Commissariato aveva impresso una spinta all'organizzazione dell'aviazione da bombardamento; durante la gestione Chiesa, nel febbraio-marzo 1918 venivano ordinati 3.650 apparecchi biplani e triplani Ca. 600, per un importo di 279,7 milioni con un esborso di 83,8 milioni per l'anticipo. Tuttavia, se erano state le critiche alla Direzione Tecnica a condurre alla costituzione del Commissariato, era proprio la sua fervida attività a suscitarne di nuove, e gravi, che vennero portate addirittura in Parlamento. All 'On. Chiesa si faceva carico di «avere cioè o per motivi di basso interesse personale, o per favorire interessi altrui con proprio anche indiretto tornaconto, o per en-ore, o evidente incredibile leggerezza, avventatezza ed incapacità impegnato lo Stato in contratti disastrosi per la costruzione di aeroplani "Caproni"; contratti i quali conclusi a condizioni onerosissime, dovevano prevedersi ineseguibili ed ebbero per conseguenza un colossale quanto inutile sacrificio pecuniario per Io Stato ed una deficienza ed insufficienza nella stessa nostra aviazione.»44 Il Ministero delle Armi e Munizioni, comunque, si era posto sulla linea operativa del potenziamento dell'aviazione da bombardamento e, convinto dell'utilità dei trimotori, aveva sollecitato l'aumento dell'efficienza del primo modello, ordinando studio e progettazione dei Ca. 450 e Ca. 600. Pertanto, a fine 1917 , per soddisfare iI programma del Comando Supremo, restava l'obiettivo della produzione in massa dei Caproni, i cui presupposti erano: - individuare le industrie idonee ad affiancare la Società Sviluppo Aviazione; - ricercare i correttivi finanziari idonei per andare incontro alle esigenze degli industriali; - rimuovere le titubanze degli industriali a impegnarsi in investimenti produttivi a lunga scadenza, dato che ritenevano ormai prossima la fine della guerra. In particolare, gli industriali richiedevano l' impegno all'acquisto di tutta la produzione cui sarebbero potuti giungere nel 1918 , e la FIAT, addirittura, di quella del primo semestre 1919 .45 Il Mi.nistro delle Armi e Munizioni, Dallolio, per mettere a punto i programmi di produzione dell'Aeronautica e i relativi progetti delle forniture di materiali , apparecchi e motori, il 9 novembre 1917 istituì la Commissione Centrale Tecnico Amnùnistrativa per l'Aeronautica, presieduta dallo stesso Ministro e costituita da due Senatori, tre Deputati, il Capo dell'Ispettorato Sommergibili ed Aviazione della Marina, i Direttori della Direzione Generale del)' Aeronautica e di quella Tecnica dell'Aviazione Militare, oltre a due rappresentanti degli industriali.
f . 1, l. 7. Legisl. XXVI, Sessione 1921-23, Doc. Dis. Legge e Rei., Doc. XXI, Voi. I, p. 269. 15 • APCD, Legisl. XXVI, Sessione 1921 -23, Doc. Dis. Legge e Rei., Doc. XXI, Voi. I, p. 291. •
3
MCRR, fondo Dallolio, b. 956,
'" APCD,
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Intervenuto ne11a prima seduta Dallolio, Presidente effettivo della Commissione, aveva dichiarato, tra l'altro, che la guerra aveva ormai dimostrato ]a necessità di essere padroni dell ' aria e , pertanto, egli aveva promesso tutto il suo appoggio alla realizzazione dei nuovi programmi, aggiungendo: «D ue cose bisogna far camminare insieme , l' industria di Stato e l'industria privata, da questa collaborazione e da questo coordinamento si sono avuti splendidi risultati ... Nel campo industriale l'Italia ha fatto miracoli. Ora anche per l'aviazione occone dare assai di più. Occorre tutta la produzione necessaria e per giungere a ciò occorre soprattutto volere. Molte volte le forze morali hanno un'i nfluenza maggiore di quella che non abbiano le forze materiali . Bisogna persuadere tutto l'Esercito che nel Piave si deve morire; ma per far questo bisogna dare all 'Esercito tutto quanto è possibile, e per rinsaldarlo, non solo occorrono cannoni, fu cili e mun izioni ma aeroplani , difese aeree .»'16 Dallolio, fautore anche de11'aviazione da bombardamento , in relazione ai nuovi orientamenti che stavano emergendo presso i Vertici militari sul suo sviluppo, il 23 settembre 1917 aveva scritto al Sottosegretario di Stato per l'Aeronautica di Parigi, all' Air Board di Londra e al Capo Missione Americana distaccato a Parigi , auspicando un maggior coordinamento fra le forze aeronautiche alleate anche perché «l'esperienza di questi ultimi mesi permette di ritenere praticamente attuabile vaste azioni di bombardamento aereo, sia quale potente concorso ad un'offensiva che si sviluppi sopra un tratto del fron te unico interalleato, sia come azione a sé, con lo scopo di vaste distruzioni nei centri di produzione o di preparazione de]Je forze nemiche.»' 7 Egli aveva indicato il metodo cli lavoro per arrivare all'obiettivo cli una «Flotta Aerea Interalleata», attraverso tre fasi: 1. preventiva individuazione degli obiettivi strategici da conseguire; 2. definizione del numero dei velivoli da bombardamento necessari per raggiungere tali obiettivi; 3. definizione del numero totale dei velivoli da bombardamento da mettere in linea nel 1918 . Le intuizioni di Dallolio avrebbero trovato conferma circa venti anni dopo , durante l'offensiva tedesca in Franci a . Egli, allora , aveva messo in luce non solo i risultati ottenuti dall'aeronautica tedesca , ma anche il danno di aver inserito nell'organizzazione antiaerea italiana persone non preparate. «Sotto il punto di vista mio d'Artigliere, dovrei essere contento vedendo i risultati di quanto ho sempre ripetuto con piena coscienza. L'aviazione si è affermata come arma terribile se ben impiegata in quantità e qualità dj effetti materiali meravigliosi ma di ancora maggiori effetti morali. I contraerei ben impiegati hanno dato ottimi risul tati ma occorro no macchine e macchinisti di domani, non di ieri peggio ancora di un passato morto e sepolto. Quando si tratta di mezzi il nuovo rimpiazza il vecch io e non viceversa ed è assurdo domandare miracoli ad uomini che non siano soldati e peggio non artj glieri. Ed è ora di persuadersi che sparare è ricetta per tutti, regolare il tiro è un altro paio di maniche, non si prende un pittore o un calzolaio o uno zappaterra per la DICAT .. ....... ciascuno al suo posto.»'1~ L'esordio della Commissione Centrale istituita da Dallolio verso la fine del 1917 non fu dei più felici a causa delle frizioni fra i militari e i rappresentati del mondo politico. Gli industriali presenti , infatti, avevano imputato ai militari i ritardi dovuti, a loro parere, alle lungaggini burocratiche. In particolare: - Agnelli notava come le critiche «fossero facil i, mentre difficile è il fare», lamentando che la mancata corresponsione d i anticipi metteva in difficoltà le aziende nei confronti delle banche che avevano concesso sovvenzioni ;49 - Perrone lamentava il mancato aiuto ai piccol i industriali che, abbandonati a se stessi, non potevano consegnare i velivoli;50
Legisl. XXVI, Sessione I 921-23, Doc. Dis . Legge e Rei., Doc. XXI, p. 270.
46
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17 •
MCRR, fondo Dallolio, b . 956 , f. I , l. 7 .
serie le/lere ai familiari , lettera 26 giugno 1940 a Gina. Legisl. XXVI, Sessione 192 1-23, Doc. Dis. Leg.c Rei., Doc. XXI, Voi. I, p. 272. Legisl. XXVI, Sessione 1921-23, Doc. Dis. Leg.e Rei., Doc. XXI, Voi. T, p. 273.
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9
APCD,
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59
- l'ingegner Caproni esclamava: «Mi chiudete la borsa e la mia ditta non ha di che pagare gli operai.»51 Nel frattempo, ciò nonostante, alcuni risultati incominciavano a farsi vedere. a) Per la produzione di motori la Direzione Tecnica spingeva e aiutava l'unica società esistente (la Gnome) a elevare la produzione a 15-20 motori al mese; faceva sorgere a Milano una nuova fabbrica per la produzione di motori a raffreddamento ad aria; incitava la potente società FIAT, che si avvaleva dell'esperienza maturata nel campo dei motori per auto da corsa, a creare un nuovo reparto per la costruzione di motori per aereo raffreddati ad acqua; appoggiava finanziariamente la ricerca su nuovi motori. La FIAT, in particolare, oltre ai motori per dirigibili, iniziava la produzione dell'AlO, il primo di una grande serie (1.070 esemplari), capostipite delle famiglie Al2 (13.260 esemplari) e A14 (500 esemplari). La produzione di motori per aviazione FIAT sarebbe stata in totale di 13.635: 52 1915 419 1916 1.426 1917 3.450 1918 8.340 Tale produzione avrebbe soddisfatto anche le richieste dei Governi Alleati, ai quali vennero venduti 450 di questi motori nel 1917, e 560 nel 1918.53 In quel periodo anche diverse altre Società avevano concorso alla produzione di motori: la SPA, l'Itala, la Diatto (Società Anonima Automobili Diatto), la SCAT (Società Ceirano Automobili Torino) imperniata sulla costruzione di motori Hispano Suiza, l'Aquila, la SIT (Società Italiana Transaerea), et alia. 54 In testa nella produzione era ovviamente la FIAT che, da sola aveva contribuito al 75% del quantitativo totale di motori d'aviazione effettivamente consegnato durante il periodo bellico, a fronte del 25% realizzato dalle restanti 25 fabbriche italiane.55 b) Per la realizzazione delle cellule, la Direzione Tecnica, oltre a fame intensificare la produzione alle società SJT, Savoia e Macchi, faceva sorgere la Società Meccaniche Lombarde, a Sesto, e una fabbrica a Orbassano. Inoltre, su suggerimento dell'allora Maggiore Douhet, il Ministero della Gue1Ta acquistava l'officina dell'ingegner Caproni,56 assumendo quest'ultimo fra il personale civile. Con questa operazione , oltre a garantirsi il concorso di un ingegnere che, malgrado gli insuccessi precedenti, era un tecnico competente,57 il Ministero aveva a disposizione un impianto già avviato per le costruzioni sperimentali. Si stava anche procedendo alla razionalizzazione dei tipi di aerei rispondenti alle tre forme essenzia1i cli azione bellica: da caccia, da ricognizione, da bombardamento. Aviazione da caccia Si provvedeva gradatamente alla sostituzione dei vecchi tipi (Blériot, Farman e Nieuport) con il Pomilio PC. Aviazione da ricognizione Per questa, già affidata in prevalenza ai velivoli Farman e Voisin, si stud iavano gli apparecchi SP58 il cui prototipo (biplano), realizzato dalle officine aeronautiche FIAT, nel frattempo divenute SIA (Società
~' APCD, 52 53
Legisl. XXVI, Sessione 1921-23, Doc . Dis. Leg.e Rel. , Doc. XXI, Voi. I, p. 274.
MCRR, fondo Dallolio, b. 955 , f. Il, I. 1, p. 7. MCRR, fondo Dallolio , b. 955 , f. 11, I. I, p. 7 .
5 '
P. Vergnano, Origini dell'Aviazione in lta.lia, Tntyprint (ediz. speciale fuo,i commercio), Genova 1964, pp. 84-135. MCRR, fondo Dallolio, b. 955, f. I I, l. J., p. 7. 56 Nel I 9 J.0 l'ingegner Caproni aveva impiantato una fabbrica a Vizzola Ticino per la produzione cli monoplani, ma le prime costruzioni, come i due apparecchi presentati al Concorso Aerop lani Militari del 1913 non avevano avuto fo1tuna, e , nel 1917 , la fabbrica stava rischiando il fallimento. 57 APCD, Legisl. XXVI, Sessione 1921-23, Doc. Dis . Leg .e Rel., Doc. XXI, Voi. I, p. 257. 55
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SIA 7 BJ . (Proprietà Archivio Storico FIAT)
SIA B modificato. ( Proprietà Archivio Storico FIA1J
Italiana Aviazione),59 sarebbe stato via via migliorato in maneggevolezza e velocità, sino a diventare il tipo SP 7. Senza dubbio , la commessa alla SIA di ricognitori SP aveva permesso alla società torinese di maturare l'esperienza necessaria per sviluppare un proprio apparecchio, il SIA 7B, la cui produzione sarebbe iniziata nel giugno 1917. In tal modo si sarebbe avuto a disposizione un velivolo nazionale in grado di raggiun-
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All'inizio gli apparecchi prendevano il nome dall'ideatore. Pertanto la sigla SP indica i nomi del Capitano Savoia, della Direzione Tecnica, e del Sottotenente ingegner Pomilio. 59 Il Consiglio d'Amministrazione della FIAT, nella seduta dell'l I maggio 1916, deliberava la costituzione di una società avente per oggetto la fabbricazione. di materiali per aviazione, per quanto nello statuto de lla Società , fra gli scopi sociali, venisse contemplata anche la costruzione di apparecchi aeronautici.« ... L' importanza delle ordinazioni e le continue sollecitazioni eia parte del Governo perché si accresca la produz ione di materiale aeronautico, sollecitazioni alle quali è doveroso e opportuno in questi momenti aderire, fanno sì che questo ramo, già di secondaria importanza, venga oggi ad assumere proporzioni ben più vaste ed importanti, quali dovrebbero costituire lo scopo di un nuovo e per sé stante ente sociale.>> Cfr. Progetto Archivio Storico FTAT, FIAT 1915-1930 ... , op. cit., p. 100.
61
gere quote molto elevate, come nello scacchiere del Trentino. Peraltro, a causa di diversi incidenti (per lo più att1ibuibili a debolezza dell'attacco alare, specie del SIA 7B I )60 , il Commissariato Generale, unitamente al Comando Supremo, aveva convocato una commissione, presieduta dal Colonnello Dal Fabbro, Capo della Direzione Tecnica, incaricata di verificare «l'armamento, le installazioni di bordo e di assistere alle prove per stabilire la vera efficienza degli apparecchi "SIA 7B", "SIA 7B2" e "SIA B9"».61 In particolare, sul SIA 7B2 sarebbe stato inobustito l'attacco alare e modificato l'armamento, ritenuto dalla Commissione non rispondente «ai requisiti necessari per un apparecchio da ricognizione».62 Mentre stava proseguendo la costruzione dei SIA 7B2, non si arrestava però la serie di incidenti e disgrazie mortali.63 A questo punto, il Comandante Superiore dell 'Aeronautica al fronte, Generale Buongiovanni, aveva scritto: «"SIA" è 01111ai per gli aviatori sinonimo di sventura e soltanto la sua completa abolizione potrà dare agli aviatori, che tanta abnegazione hanno spiegato in questi giorni la necessaria serenità»,6'1 chiedendo di «radiare dal servizio di guerra tutti gli apparecchi "SIA" dì qualsiasi tipo presenti e futuri» .65 Il provvedimento veniva poi sanzionato dal Sottocapo di Stato Maggiore dell'Esercito, Badoglio, con lettera n. 1.217, dell ' 8 agosto 1918, nonostante ciò mettesse in crisi l'intero settore dell' aviazione da ricognizione. Pertanto veniva rescisso il contratto dei 2.400 apparecchi ordinati, quando ne erano stati prodotti appena 71, e si addiveniva a una transazione per la parziale sostituzione con ordinativo di altro tipo. Aviazione da bombardamento Nell'estate del 1916 gli ingegneri Savoia e Verduzio avevano sviluppato il progetto di un monoposto da caccia, dotato di motore SPA. La costruzione del velivolo, con sigla S.V.A. /·' era stata affidata all'Ansaldo che però non rispettava i termini della consegna addebitando: l) alla SPA, le difficoltà frapposte alla consegna dei disegni ; 2) all'ILVA, la mancata consegna dei blocchetti laminati , causata dell 'impegno dei laminatoi per la produzione dei proietti; 3) al siluramento di due piroscafi, la mancanza di macchine e materiali; 4) alla carenza di cemento e vagoni, i ritardi per la realizzazione del nuovo stabilimento di Borzoli; 5) al Sottosegretariato Armi e Munizioni, la mancata assegnazione di operai e l'aver posto il divieto di fruire, per la realizzazione dei motori, dei reparti adibiti alla lavorazione delle artiglierie. Il velivolo SIA B9, biplano monomotore capace di raggiungere una velocità superiore aj 200 Km/h, era in grado di consentire un agevole disimpegno anche dai migliori caccia avversari di velocità pressoché uguale. Grazie alle prestazioni e al notevole carico di caduta veniva considerato un velivolo ideale da bombardamento. D'Annunzio, che intendeva prepararsi a un'efficace azione su11a munitissima base cli Pola, lo aveva scelto per effettuare una ricognizione su Trento.6; Nell'aviazione da bombardamento, comunque, oltre al problema costituito dal tipo di aereo, v'era anche quello del munizionamento, inadatto o del tutto assente , come aveva evidenziato D'Annunzio recriminando con il Generale Dallolio per l'annullamento della missione sulle Bocche di Cattaro del 28 settembre 1917, dovuto proprio a quella deficienza: «I bombardieri aerei erano senza bombe!»
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Vcrgnano, Origini dell'Aviazione in JLalia , op. cit., p . .1.16. Legisl. XXVI, Sessione 1921-23, Dis. Leg., Rel., Doc. XXI, Vol. l, p. 318. Per la precisione, il Sia B9 era un aereo da bombardamento; cfr. AA.VV., L'Avi.azione, Istituto Geografico De Agostini, Novara 1985, Vol. Xl, p. 252. 62 APCD , Legisl. XXVl, Sessione 1921-23, Doc. Dis. Leg.e Rei., Doc. XXI, Voi. I, p. 317. 6 ' Già il 14 febbraio 1918 la Segreteria della Commissione Centrale Tecnica Amministrativa trasmetteva al Senatore Bettoni, incaricato dell'inchiesta , il rapporto di un incidente cli volo su un SIA B7 , il 9 marzo avveniva altrettanto per il Sergente Angeli, l' 11 marzo era la volta ciel Sergente Carraro a Mirafiori, mentre il 27 marzo la Commissione riceveva altro incarico circa gli incidenti su SIA in zona cli guerra. 64 APCD, Legìsl. XXVI, Sessione 1921-23, Doc. Dìs. Leg.e Rei., Doc. XXI, Voi. I, p. 318. 65 APCD, Legisl. XXVI, Sessione 192.1-23, Doc. Dis. Leg.e Rei., Doc. XXI, Voi. I, p. 318. <,<> Savoia-Verc\uzio-Ansalc\o. <,, P. Vergnano, Origini dell'Aviazione in llalia , op. cit., p. 119.
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Gabriele D'Annunzio accanto al Fiat-Farman 5B con cui effettuò un volo di ricognizione sin sopra il cielo di Trento 1915. ( Proprietà Archivio Storico F!AT)
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Lettera di Gabriele D 'Annunzio al Generale Dallolio. (APTGP, b. Gabriele D'Annunzio)
In proposito, anni dopo, Dallolio avrebbe ricordato nei suoi appunti il colloquio con D'Annunzio, quando questi gli si era presentato chiedendo aiuto per l'impresa su Cattaro. E sempre Dallolio, nel riordinare il proprio carteggio, molti anni dopo annotava:68 «Nel 1917 Gabriele D'Annunzio venne da me per parlarmi di una missione su Cattaro. Era allora Direttore Generale della Aeronautica il Generale Marieni, al quale raccomandai di aiutarlo in tutta l'impresa. Ricordo i particolari del colloquio, tra gli altri mi fece impressione quello di non aver dimenticato che io facevo parte della Commissione che lo esaminò per la nomina ad Ufficiale di complemento. La lettera di Gabriele D'Annunzio mi fu diretta nella mia qualità di Ministro per le Armi e Munizioni da cui dipendeva l'Aeronautica.» Ritornando ai velivoli da bombardamento, quello per antonomasia era considerato il Caproni 300 HP, di cui, nell'ottobre 1915, si disponevano soltanto due squadriglie.69 Successivamente, constatati i suoi ottimi risultati, si era deciso di elevarne la potenza per portare l'offesa sopra obiettivi in profondità con un maggior carico utile di bombe. Per questo, i tre motori originali FIAT venivano sostituiti con tre Isotta Fraschini 150, gettando le basi per lo studio del Caproni 600 HP, entrato successivamente in servizio.ì0 Certo è che il Generale Dallolio in quel periodo s'era trovato in una situazione molto delicata, dovendo superare non pochi problemi tecnici per la nascente specialità da bombardamento e, nel contempo, fronteggiare l'azione di alcuni gruppi di pressione industriale. Esempio ne è l'azione promossa dall'Ansaldo (25 ottobre 1917) allorché Pio Perrone, prendendo lo spunto dalla presentazione dello S.V.A., tenutasi in Francia al campo militare di Villacublay, aveva scritto a Dallolioì 1 fornendo detta-
68
busta Gabriele D'Annunzio, appunto del 3 aprile 1942. Legisl. XXVI, Sessione 1921-23, Doc . Dis. Leg.e Rei., Doc. XXI, Voi. I, p. 257. 10 APCD, Legisl. XXVI, Sessione 1921-23, Doc. Dis. Leg.e Rei., Doc. XXI, Voi. I, p. 262. 11 MCRR, fondo Dallolio, b. 956, f . I, l. 13. 69
APTGP, APCD,
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Appunto di Dal/olio relativo alla lettera di D'Annunzio. (APTGP, b. Gabriele D'Annunzio)
gliate informazioni sulle prestazioni colà raggiunte da quel velivolo (velocità raggiunta , 225 km/h), superiori al Moran Saulnier, all'epoca l'aereo francese più veloce; e illustrando la versatilità dimostrata dal caccia SVA che era utilizzabile: - come scorta dei bombardieri; - per la ricognizione strategica (grande autonomia , possibilità di installare a bordo due macchine fotografiche); - come bombardiere, sia per la grande autonomia dimostrata in diversi raid a lungo raggio (TorinoUdine-Torino e Torino-Roma-Torino) sia per la capacità di carico offensivo. L'inaspettata «rivelazione» dell'attitudine <<da bombardamento» dello SVA va messa in relazione a un promemoria riservato dell'ingegner Brizzi, Direttore dello Stabilimento di Borzoli (dove veniva realizzato lo SVA), datato 22 settembre 1917, cioè un mese prima della lettera di Pio Pen-one a Dallolio, con il quale Brizzi informava la Direzione Ansaldo che il Sottosegretariato delle Armi e Munizioni aveva intenzione di affidare ali' Ansaldo la costruzione dell'aereo da bombardamento Caproni. In realtà, il «Programma aereo da bombardamento Caproni» avrebbe turbato in qualche modo il «programma SVA» sebbene si trattasse di due segmenti diversi . Di conseguenza la Direzione dello stabilimento di Borzoli era nettamente contraria al «programma Caproni» adducendo motivi tecnici (preparazione delle maestranze, ingombro degli hangar, caratteristiche dello stabilimento), ma forse il vero motivo della resistenza al progetto risiedeva nel timore di perdere le commesse SVA, visto che il Sottosegretariato, tramite la Direzione Generale d'Aeronautica, era già in contatto con altre società per far realizzare lo SVA dalla Macchi di Varese o dalla AER di Moncenisio. Fra l'altro, proprio su uno SVA 9, 1'8 agosto 1918 D'Annunzio avrebbe compiuto il famoso raid su Vienna lanciando, al posto delle bombe, dei volantini. Allora, comunque, anche l'opinione pubblica era consapevole dell'importanza del mezzo aereo e la Camera, nella seduta del 25 ottobre 1918, avrebbe approvato l'ordine del giorno presentato da una pluralità di Onorevoli: 72 «La Camera convinta che la vittoria delle nostre armi di terra e di mare possa esse-
72 Si era trattato degli Onorevoli Monti, Guarnieri, Di Scalea, Callaini, Codacci-Pisanelli, De Amicis, Bevione, Stopp~to, Chimienti, Dentice, Scialoja, Molina, Caccialanza, Frisoni, Tosti, Chiesa , Torlonia, Montresor, Siolj-Legnarii, Storoni, Grabau, Cavina, Vinaj, Abozzi, Pe~no , Capitanjo, Sanarelli, Bovetti, Finocchiaro-Aprile, Leone, De Capitani, d' Arzago, Soderini.
67
SVA 5. (Proprietà Archivio Storico F!AT)
/
SVA 9. (Proprietà Archivio Storico FIAT)
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NESI1 Unparàt~ A . conoteere ali itajiani. . • . . N,_ei voliaoio.. ~ V"~•. potrem~o ~anc1are bombe a tonnellate. Non VI iancuuno che un I to • tte colon~ 1 tre cplcm della hberta. ·Noi italiaQi ·-u~ fa~o la gue rra ai bambini, . ai vecchi, alle donne. Noi facciamo la guerra
o•tro 11,ov.ento nélllÌC$ dellè ibertà nazionali, al vostro ci~ on sa datvi nè pace nè pane~ e i nutre d'odio e d'illusioni.
testardo crudele governo che
Svégliati l
VIVA L' ITALI ! VIVA L' 1N=ffisA..'~ . -Testo del man(festino lanciato su Vienna da Gabriele D'Annunzio nel volo dell '8 agosto 1918. ( Proprietà Archivio Storico FIAT)
re assicurata dal mantenimento de] predominio assoluto della nostra aviazione su quella nemica, invita il Governo a prendere con la maggiore urgenza i provvedimenti atti a raggiungere siffatto obiettivo e tenendo presente che ogni ritardo potrebbe an-ecare grave iattura alla Patria» _ì3 A fronte di tutto ciò, l'aspetto disciplinare degli appartenenti alla nuova specialità si dimostrava carente, o quanto meno discutibile, e tale sarebbe rimasto per parecchio tempo. In merito Dallolio era abbastanza diffidente e , come si ricorderà, nel 1915 aveva scritto alla figlia Elsa« ... Ma ci sono troppi ten01i nell'aeronautica ... ».74 E infatti, il 2 dicembre 1915, egli ricevette dal Presidente del ConsigLio Salandra una lettera, inviatagli da «un patriota di fede sicura», che riguardava il comportamento tenuto a Torino dagli appartenenti all'aviazione. «I recenti bombardamenti aerei su Brescia, Udine , Verona hanno acuito nelle popolazioni l'impressione che troppo scarsa sia la difesa opposta dai nostri aviatori . .. Qui a Torino, il pubblico vede un numero enorme di soldati aviatori, un numero grandissimo di ufficiali aviat01i, e per contro, all'infu01i del grande affollamento di questi privilegiati nei caffè e del continuo rombare delle automobili con cui essi percorrono la Città, raccoglie informazioni poco confortanti circa l' incremento clel1a nostra flotta aerea ... mentre è di gran lunga esuberante il numero di quelli, che pur avendo grosse indennità e beneficiando di larghissime libertà, sono adibiti ad uffici del tutto burocratici».75 li malvezzo sarebbe perdurato sino alla fine della guerra e avrebbe assunto livelli tali da essere stigmatizzato addirittura da D'Annunzio che, il 19 agosto 1918 , si rivolse così ai piloti della Serenissima: «Ieri mattina, sopra le linee nemiche , fui costretto a virare, a dare il segnale del ritorno ed a ridiscendere nel campo, per la vostra scarsa disciplina di volo. Avevo raccomandato allo stormo la massima compattezza, come condizione di salute e di vittoria; e voi vi siete dispersi, quasi che andaste a diporto» .76
Legisl. XXVI, Sessione 1921-23, Discussioni, Yol. XIV, p. 15 .045. • APTGP, serie lettere ai.familiari, lettera 4 ottobre 1915 a Elsa. 75 MCRR , fondo Dallolio, b. 944 , f. 13, l. 5. 76 G . D'Annunzio, L'ala d'ltalia è liberata , La F ionda, Roma 19 l 9, pp. 69-70 .
n APCD, 1
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Dopo la fine della guerra, la crisi dell'aviazione italiana vide diverse società costrette a ridurre l'attività nel settore aeronautico.L'Ansaldo, che a fine 1917 aveva rilevato la Società Italiana Transaerea, ne trasformò lo stabjlimento nel Cantiere Aeronautico Ansaldo n. 5. Gli altri Cantieri I , 2, 3 e 4 vennero adattati ad altre produzioni, e rimase attivo soltanto il 5 (ex Pomilio) con il nome Aeronautica d'Italia S.A., società che, in un secondo tempo, sarebbe stata assorbita dalla FIAT, dando vita a sua volta alla FIAT Aeronautica d 'Italia S.A. (SIA). Nel 1918, quale Capo progettista della SIA veniva assunto l'ingegner Rosatelli, già dell'Ansaldo, che si dedicava allo sviluppo cli un velivolo esente dai difetti ciel vecchio SIA 9B e con prestazioni migliorate. Grazie all'esperienza maturata presso l'Ansaldo con la produzione dello SVA, Rasatelli progettava il BR (bombardiere Rasatelli) le cui prove di valutazione avvenivano nel 1920 sul campo di Montecelio. Dopo la costituzione nel 1923 della R. Aeronautica, il BR sarebbe stato sottoposto a un cospicuo rinnovamento. In particolare, il motore Al4 venne sostituito dal p iù moderno e più potente A25 . Venne perfezionata anche la strumentazione di bordo, per consentirne l'impiego in operazioni notturne, e maggiorati i serbatoi per incrementarne l'autonomia. In quegli anni il BR 2 era in dotazione a una quindicina cli squadriglie .77 Erano gli anni in cui le ali d'Ital ia effettuavano lunghi raid all'estero per pubblicizzare la produzione clell'industiia nazionale.78 Aviazione di Marina Al momento dell'ingresso in guerra, la situazione della M arina era ancor più catastrofica di quella de li 'Esercito . A parte alcuni dirigibili, le stazioni idrovolanti dell'isola di Sant' Andrea (Venezia), Porto Corsini, Pesaro e Brindisi, la nave appoggio per idrovolanti Elba , la Marina disponeva d i una «quindicina d i apparecchi per aviazione che rappresentavano no n un gruppo omogeneo bensì un campionario e cioè 6 "Curtiss", 1 "Blériot", 2 "Brequet", 4 "Bore !" e 2 "Albatros"» .79 Sino a qualche anno prima, infatti , la Marina non aveva avuto un programma preciso per l'impiego di mezzi aeronautici poiché il suo Stato Maggiore era sempTe rimasto indeciso fra l' impianto di un servizio comune con l'EserC'ito oppure uno proprio. 80 Pertanto, appena nel marzo 191 3, aveva adottato il criterio di lasciare ali 'Esercito la direzione effettiva del settore aeroplani e assumere alle proprie dipendenze, nella base di Sant'Andrea (Venezia), il segmento degli idrovolanti. Nel maggio 1913 , sarebbe stata anche superata l'iniziale sfid ucia sull ' utilità dell'arma aerea e, su proposta di una Commissione presieduta dal Capo di S. M. della R. M arina, si decise di istituire un servizio aeronautico della R. M arina che, dopo una serie di accordi con il Ministero della Guerra, avrebbe dato vita a una propria Sezione Aeronautica (presso l'Uffic io del Capo di S. M. della R. Marina). Il programma dell' aviazione mari ttima , a causa dell 'iniziale modesta efficienza dell ' industri a nazionale , dovette far assegnamento sulle stesse industrie già impegnate per la fabbricazione di velivoli e motori per l'aviazione dell'Esercito , determinando così una sovrapposizione di commesse e ordinazioni, in concorrenza fra le due Armi , con grave pregiudizio della bontà della produzione, della tutela del pubblico erario e anche della sollecitudine delle realizzazioni. Si stava ripetendo , cioè, il medesimo inconveniente già verificatosi nel complesso servizio delle armi e mun izioni: una sorta di gara fra Esercito e Marina «la quale - se è santa perché determinata dal nobilissimo intento di apprestare nel più breve tempo possibile le armi aeree occorrenti per la difesa nazionale di terra e di mare - è talvolta deleteria ai fini dei rispettivi servizi, determinando anche un sensibile danno alla pubblica finanza, poiché la necessità assi ll ante di assicurarsi la produzione di una determinata officina, degenera quasi sempre in un superprezzo non giustificato dal valore intrinseco del prodotto .»81 Si trattava di un 'assoluta mancanza cli coordinamento dei programmi delle due Forze Armate,
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P. Vergnano, Dalla tela al titanio, Ed. Aeronautica srl, Genova 1983. Da parte della Polonia vi é un ordinativo cieli' A300 dell'Ansaldo. Alcuni esemplari del lo stesso aereo vengono ceduti alla Cina e Turchia: cfr. P. Vergnano, Dalla tela al titanio, op. c it. ,Y APCD, Legisl. XX VI, Sessione 1922-23, Doc ., Dis. Legge e Rel. , Doc . XX I, Voi. I, p. 120. so APCD, Legisl. XXVI, Sessione 1922-23, Doc ., Dis. Legge e Rei. , Doc . XXl , Voi. T, p. 119. 81 MCRR, fondo Dallolio, b. 944, f. 10, I. 17. 73
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BR 1919. (Proprietà Archivio Storico FIAT)
BR 1925. (Proprietà Archivio Storico FIAT)
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Italo Balbo al posto dì pilotaggio di un BR, con dedica al proge1tista lng. Rasatelli. (Proprietà Archivio Storico FIAT)
Festeggiamenti agli aviatori che hanno partecipaio al Raid Vercelli-Tokio. (Proprie1à Archivio Storico FIAT)
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Raid Roma Tokyo. Partenza da Canton. Al centro, su una portantina, il Govematore Militare della provincia; alla sua sinistra lajàmiglia dell'Ambasciatore Paolucci dè Calcoli. (Proprietà Archivio Storico F!AT)
Idroscalo a S. Andrea. (Proprietà Archivio Storico FIAT)
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dato che la produzione per la Marina dei motori dei velivoli e la fu sione dei cilindri veniva realizzata dalla Gregorini di Lovere, mentre la fornitura degli alberi a gomito dalla Terni; ditte in quel momento impegnate anche nella produzione di proietti per 1'Esercito. li Generale Dallolio, pertanto, era dovuto intervenire vietando alle Case costruttrici, «per necessità derivante da forza maggiore» , di occuparsi anche di lavorazioni estranee al munizionamento. Soltanto Dallolio , infatti , avrebbe potuto fare in modo che al Comando Supremo arrivassero in tempo le squadriglie che facevano parte del suo progranun a, senza andare a scapito del contemporaneo arrivo delle munizioni , e tutto ciò in un quadro globale di esigenze del paese che salvaguardasse anche i programmi della Marina. La mancanza di coordin amento poteva essere superata soltanto ricorrendo a un unico Organo accentratore che, nella precedente esperienza per l' approvvigionamento cli armi e cli munizioni, era stato individuato nel Sottosegretariato Anni e Mu nizioni. Il coord inamento veniva realizzato mediante due provvedimenti: 1) la richiesta del Generale Dallolio, inoltrata al Presidente del Consiglio dei Ministri nel settembre 1915, di avere alle proprie dipendenze la Direzione Generale dell'Aeronautica e dei servizi aeronautici, per la produzione dei velivoli dell 'Esercito e della Marina;82 2) l ' unificazione , nel 1916, dei Servizi aeronautici della Marina con quelli dell'Esercito, alle dipendenze del Ministero della Guerra per quanto ri guardava studi , costruzione dei velivoli, costruzione e mantenimento degli aeroscali, preparazione e istruzione del personale aviatorio (D. Lgt. n. 1.213, 7 settembre 191 6). L'unificazione dei Servizi aeronautici fra R. Esercito e R. Marina era stata necessaria anche per le difficoltà incontrate da quest' ultima nella realizzazione ciel prnprio programma aeronautico . L a M arina , infatti, nel 1915, s ulla base dell 'esperienza tratta nell'anno precedente dai Paesi belligeranti riguardo l'i mportanza dell 'arma aerea, sia per l 'esplorazione , sia per la ricerca e caccia dei sommergibili, aveva avviato un vasto programma di «avi azione marittima , reso ancor più importante e più indispensabile dalle mutate condizioni della guerra navale .»83 Nel 1916, divenuto più intenso l'uso dei sommerg ibili e dell'aviazione d a parte dell ' Austria, la R. Marina aveva ritenuto opportuno realizzare un miglior coordinamento al proprio interno , per cui il 9 aprile venne costituito l'Ispettorato dei Sommergibili e clell ' Avi azione, retto da un Ammiraglio. Appena istituito, l'Ispettorato doveva constatare le gravi difficoltà incontrate dalla Marina nel portare avanti il proprio programma aeronautico , anche per la mancanza di un Organo tecnico per gli studi e la scelta degli apparecchi. L'unica soluzione per superare tale stato di cose era «affidare il complesso dei servizi aeronautici della Marina allo stesso organo che provvedeva all'aeronautica terrestre e cioè al Ministero della Guerra come que llo che da tempo era in possesso di importanti e ben sviluppati organi di studio e di lavoro per il servizio aereo e che aveva alla propria dipendenza un numeroso personale corredato già cli grande espedenza .»84 L' applicazione del D. Lgt. 1.213 del 1916, sull'unificazione dei servizi aeronautici fra Esercito e Marina, aveva dato risultati contrastanti , dimostrandosi valido per l'approvvigionamento di apparecchi, ma controproducente per l'addestramento al pilotaggio degli idrovolanti. In sintesi, mentre il provvedimento legislativo era stato recepito al vertice della piramide, non altrettanto era avvenuto alla sua base, tant'è che, quando all ' inizio del 1917 la Marina incominciò ad avvalersi dell 'arma aerea per la difesa dei trnffici navali nel Tirreno e Ionio, e a intensificare la guerra nell'Adriatico, si evidenziò che «l'aeronautica navale reclama in chi vi si dedica attitudini e capacità mari naresche che solo possono trovarsi in chi sia già temprato alla vita del mare» .85
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MCRR,
fondo Oallolio, b. 944, f. 10, I. 17.
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MCRR , fondo , b. 944, f. 10 (17). s, APCD, Lcgisl. XXVI , Sessione 1922- 1923, Discussio11i, tornata del 25 ottobre 1917, Voi, XTV, p. 15.053; cfr. anche Sessione
192 1-23 , Doc. XXI, p. 121. APCD, Legisl. XXVI, Sessione 1922-23, Doc., Dis. Legge e Rei., Doc. XXI, p. 12 1.
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Così, a circa tre mesi dalla costituzione del Commissariato Generale per l'Aeronautica, si sarebbe provveduto86 a dare un assetto definitivo alla situazione di fatto creatasi con gli accordi tra Esercito e Marina imposti dalla necessità, ma in contrasto con il precedente decreto del 1916. Il successivo decreto (n. 416 del 1918) avrebbe separato la sfera dell 'approvvigionamento da quella dell'impiego attribuendo: - al Conunissariato Generale per l' Aeronautica, dipendente dal Ministero per le Armi e Munizioni, la fornitura, il collaudo, e l'armamento degli aeroplani, idrovolanti, aerostati , dirigibil i e materiali accessori per i servizi della Marina; - al Ministero della Marina l' impiego e la ripartizione dei mezzi aeronautici marittimi, le costruzioni edilizie per aeroscali e stazioni di idrovolanti, il reperimento e l'addestramento del personale necessario. Le armi antiaeree Lo sviluppo dell'aviazione aveva fatto sorgere il problema dei «materiali destinati al tiro contro aeronavi» , ancora irrisolto all'inizio del conflitto. Verso la fine del 1910 il Minfatero della Marina aveva segnalato l'intendimento di avviare, d'accordo con l'Esercito, studi ed esperimenti sul materiale di artigl ieria necessario per contrastare il volo delle <<aeronavi» nemiche ritenendo che «la questione, considerata nel suo duplice aspetto delle esigenze terrestri e delle navi , avrebbe ammesso un'unica soluzione, e cioè comunanza di bocca da fuoco, salvo ben inteso modalità diverse di installazione.»87 L'esame preliminare del Comando del Corpo di S . M. dell'Esercito e dell 'Ufficio del Capo di S. M. della Marina, aveva stabilito di adottare, almeno per il momento, «un cannone pel tiro contro i soli dirigib ili, di tipo unico tanto per la guerra terrestre che marittima, da adottarsi limitatamente alle navi da guerra ed alle piazze forti, con installazione fissa nel primo caso e su autocmTo nel secondo.>> 88 La limitazione imposta di rivolgere il tiro contro i soli dirigibili dimostrava che in Italia, sino al 191 1, non si erano ancora recepite le potenzialità del nuovo mezzo aereo . Studi appropriati sulle armi antiaeree sarebbero iniziati soltanto nel 1912, una volta rimossa la limitazione sul tipo di obiettivo per tali armi dal Ministro della Guerra Spingardi: «T grandi progressi che sta compiendo la navigazione aerea, inducono tutte le potenze a stud iare cannoni speciali per battere e dirigibili e aeroplani . Questo Ministero, in uno con quello della Marina, ha nominato apposita Commissione dalla quale si aspettano fra non molto pratiche conclusioni, in conseguenza di studi e di esperimenti che si stanno per inizim·e.» 89 Allo scopo di ostacolare l'esplorazione aerea nemica e sottrarre al nemico l'in iziativa delle operazioni, il Mjnistero suggeriva pure di esaminare la possibilità di adottm·e, «nello studiare il nuovo materiale per batterie a cavallo, il massimo settore di tiro verticale, accrescendo così e perfezionando i mezzi di ritardare i voli fortunati del nemico». Venne stab ilito, inoltre, di prendere in esame le realizzazioni di alcune case costruttrici estere, nonostante il problema del relativo finanziamento: infatti, poiché questo tipo di arma non era stato inserito nel programma 1909-1912 , non era possibile far fronte alla nuova esigenza sui capitoli già esistenti e impegnati quali «Armamento delle fortificazioni» e «Artiglieria a difesa delle coste» . Il Generale Dallolio partendo dallo scopo delle armi cli <<impedire ai dirigibili di portarsi sulle posizioni ocçupate dalle nostre truppe e studiarne la posizjone e la forza» , suggerì di considerarle come aventi in qualche modo caratteristiche campali e quindi «le spese di esperienze che ad esse si riferiscono farle gravm·e sul capitolo "fabbricazioni m·tiglierie campali, ecc."»90 A partire dal 1913 , in collegamento con la R. Marina: 9 '
D.Lgt. n. 416 del 3 febbraio 1918. MCRR, fondo Dallolio, b. 950, f. 8, I. I, p. I , Relazione per il Ministro n. 13.517 del 4 agosto 1911 . 88 lVICRR, fondo Dallolio, b. 950 , f. 8 , l. l , p. 2, Relazione per il Ministro n. 13.517 del 4 agosto I 911. ~9 MCRR, fondo DalloJio, b. 947, f. 12, l. 3 , Lettera all'Ispettore Generale cl' Artiglieria ciel 29 aprile 1912. 9" MCRR, fondo Dallolio, b. 950, f. 8, l. 1, p. 4, Relazione per il Ministro n. 13 .517 ciel 4 agosto 191 1. 9 ' MC RR , fondo Dallolio, b. 950 , f. 8, l. 5, p. 4, Relazione per il Ministro (s.n.) del 17 settembre 1914.
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- la Direzione Generale di Artiglieria e Genio conduceva degli esperimenti per determinare i materiali di artiglieria più idone i a combattere da te1Ta gli aeromobili; - l'Ispettorato effettuava degli studi per determinare i materiali da impiegarsi da bordo di dirigibili e aeroplani. Questo perché gli apparecchi erano sprovvisti di armamento per cui venivano adoperate «una pistola legata con lo spago, oppure come riferiva il valoroso pilota da caccia Ruffo di Calabri,a, si dovettero consigliare ed invitare i piloti a mettere sugli apparecchi delle mitragliatrici di legno opportunamente dipinto, per cercare di impress ionare il nemico».92 Evidentemente questo stato di cose aveva ingenerato il malcontento fra gli addetti, e D ' Annunzio nel 1919 avrebbe scritto: «È l' immagine della nostra aviazione quale l'hanno ridotta , fino a ieri , i nostri Capi , nemici mal dissimulati del volo e dei volatori: vecchi stanchi o ambiziosi tardivi, inesperti degli strumenti e avversari del div ino istinto, incapaci di comprendere il genio della razza e di secondarlo e di eccitarlo.»93 Nel 1914 Dallolio, dopo l'approvvigionamento all'estero di un certo numero di armi «che si erano dimostrate a priori ed in seguito ad esperienze preliminari adatte cd efficaci allo scopo»,94 accertata la difficoltà di poterne reperire altre, aveva proposto la costituzione di «sezioni di artiglieria contro aerei da assegnarsi alle armate che operano nelle zone pianeggianti e di bassa montagna, raggruppando in ogni sezione le anni tra loro più omogenee per tiro e mobilità».95 Il reparto proposto da Dallolio, da costituirsi a Nettuno , si sarebbe dovuto articolare su quattro sezioni e avrebbe compreso per il proprio funzionamento il «necessario numero di stazioni fotoelettriche e di servizi accessori». Così, il 20 gennaio 1915 , nacque il Reparto Artiglieria Contraerei (alle dipendenze del 13° Reggimento Artiglieria da campagna) previsto da Dallolio per l' impiego nelle zone pianeggianti, o in bassa montagna, e a protezione delle città e degli stabilimenti militari. Il 24 maggio 1915 furono mobilitate tre sezioni di contraerea dislocate a Campalto, Udine e Boscomantico.96 Successivamente , il 26 dicembre vennero richieste «37 batterie speciali contro aerei, di cui 12 su autocani e 25 da posjzione».97 Questa richiesta dimostrava che il Comando Supremo stava gradatamente pre ndendo coscienza dell' aggravarsi del problema dei mezzi di difesa contraerea, tanto che Dallolio, il 12 maggio 1916, scriveva al Sottocapo di S. M. Porro: <<La questione dei mezzi di difes a contro aerei da te prospettata nella lettera dell'8 corrente è gravissima e mi preoccupa grandemente, perché il pericolo degli aeroplani di grande potenza è una nuova minaccia per tutte quelle altre località di importanza mi litare od artistica che più si credevano sicure e la cui difesa spetta al Ministero e segnatamente Roma, Spezia e Napoli .»98 Nel momento in cui Dallolio stilava la lettera, risultavano disponibili, sulle 37 batterie richieste, soltanto sei su autocarri e tre da posizione, né era possibile approvvigionarne delle altre a causa di un 'altra richiesta urgente del Comando Supremo , di batterie campai i per le unità di nuova formazione. Dallolio, stante anche l'impossibilità di ottenere il materiale da li 'estero, proponeva, «se credete d'intensificare presto la difesa antiaerea nella valle del Po», di procrastinare la fornitura di 6 delle 16 batterie campali richieste in modo da poter dare «pel 30 maggio 3 batterie speciali da posizione contro aerei e 3 pel 15 giugno».99 Nel frattempo, il Ministero aveva cercato di «conco1Tere facendo maggiori sforzi
APCD, Legisl. XXVI, Sessione 1921-23. Doc. Dis. Legge e Rei., Doc. XXI, p. 256. G. D' Annunzio, L'ala d'Italia è liberata ... , op . cit. , p. 24. 9-1 Si trattava di tre cannoni montati su autocarri, due cannoni da 75/91 I «1-esi specialmente idonei al tiro contro aeronavi» e due mitragliatrici montabili su autocarri. Cfr. MCRR, fondo Dallolio, b. 950, f. 8, I. 5, pp, 2-3, Relazione per il Ministro (s.n.).del 17 settembre 1914. 95 MCRR, fondo Dallolio , b. 950, f. 8, I. 5, p. 3, Relazione s.n .per il Ministro del J7 settembre 1914. 96 C. Montù, Swria dell'Artiglieria italiana, Rivista A1tiglicria e Genio, Ro ma 1942 , Voi. VW. p. 2.511. 97 :vtCRR, fondo Dallolio, b. 950, f. 14, I. 8, p. I, Lettera s. n. del 12 maggio l916, p. L ''~ MCRR, fondo Dallolio, b. 950 , r 14 , L 8, p. l , Lettera s. n, del I 2 maggio 1916, p. 1. 99 .\1CRR, fondo Dallolio, b. 950, f. 14, l. 8, p. I, Lettera s. n. del 12 maggio 1916, p. 2. 92 "
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Contratto con la FlATper la costruzione di mitragliatrici. (AUSSME, F. 16)
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per provvedere all a difesa aerea dì Bergamo, Cervignano, Treviso, Portogruaro, Venezia, Bologna, Brescia, Milano, Bassano, Ancona, Bari, Ravenna, Fìrenze» .uJO Il fatto è che, essendo iniziate le incursioni aeree sulle c ittà italiane, .le preoccupazion i erano approdate in Parlamento. Il 6 aprile 1916 I ' On. Pacetti ricordava che il 3 aprile la città dì Ancona ancora una volta «era stata fatta segno alle crimino::;c gesta del nemico - nelle sue case private, negli innocenti ritrovi, nelle scuole elementari e nelle scuole medie, nell'orfanotrofio - e che per la quinta volta ha sfidato impavida l'ira del barbaro , dando esempio dì coraggio e di fede nella vittoria del diritto e della libe1tà dei popoli .. .». 101 In quell 'occasione si era presentata su lla città una formazione di 5 idrovolanti che «avevano agito contro sole per non essere individuati, ma la reazione dì fu oco dei marinai proveniente da terra e l'intervento di nostre squadriglie prontamente levatesi in volo con valore, bravura ed accortezza, noncurante dei pericoli», avevano consentito di «respingere l' assalto, impedire che esso potesse completare le stragi e le ruine; e riuscirono ad abbattere tre idrovolanti nem ici catturandone uno pressoché intatto». 102 Il Generale Dallolio, presente in Aula, con poche e misurate parole aveva affennato: «Ancona anche nella recente circostanza ha dimostrato calma severa, spontanea obbedienza e grande disciplina. Tutti hanno compiuto il loro dovere soldati e marinai ... Ciò dimostra che oltre la gagliarda forza combattente, fatta di fuci li e di cannoni, c 'è nel Paese una grande forza morale ed è la fede per la nostra grande Patria.» 103 L'On. Girardini , associandosi al saluto alla città di Ancona, come rappresentante di Ud ine, «la città che sta sulla soglia della guerra», ricordava che «il Veneto e la città mia hanno sostenuto con eguale eroismo e con egu ale fermezza gli assalti reiterati nemici, ed hanno in ogni occasione mostrato con la fredd ezza e la calma quanto il valore e la risolutezza delle popolazioni possano portare di assistenza e di aiuto al valore delle nostre armi.» 104 Il Presidente del Consiglio aggiungeva che «Ad Ancona la Camera manda un caldo reverente saluto , nel quale ad essa unisce Udine che è alla soglia della guerra , Venezia, Brescia, Verona, Ravenna, Rimin i, Bassano Veneto, Belluno, Milano , Bari e Barletta, città sorelle, tutte battute dalla nuova tempesta ... » .1os Circa un mese dopo , a lla Camera venivano presentate due nuove interrogazioni ai Ministri della Guerra e della Marina. 106 Gli Onorevoli Mazzolani e Pirolini chiedevano «se e quando intendano di provvedere ad una efficace difesa antiaerea di Ravenna»; l'On. Facchinetti «quando potrà darsi una più efficace difesa della città di Rimini, che dall' in izio della guerra per ben cinque volte fu oggetto delle barbare aggressioni nemiche». Il 29 giugno ·1916 il Ministro della Guerra, Morrone, rispondeva a un'interpellanza delI 'On. Pansini che chiedeva come si intendesse provvedere alla difesa delle città costiere del basso Adriatico dalla sorpresa di attacchi aerei. Morrone era costretto ad ammettere che il Ministero della Guerra, pur essendosi già interessato del problema re lativo alla difesa antiaerea di tutte le città costiere dell ' Adriatico, non era ancora riuscito a risolvere l'esigenza per un complesso di fattori negativi: - la configurazio ne dell a costa adriatica che conduceva a una dispersione di mezzi e personale; - la necessità di dare priorità alla difesa aerea del fronte, le cui esigenze si manifestavano ogni giorno maggiori.; - l'esigenza della difesa dell' Italia settentrionale, pur senza tralasciare l'eventualità di dover difendere anche città e obiettivi mili tari situati nell' Italia centrale e merid ionale, lontano dalle coste;
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MCRR, fondo Dallolio, b. 950 , f. 14, I. 8, p. 2, Lettera s. n. del 12 maggio 191 6, p. 2. APCD, Legisl. XXIV, l" Sessione, Discussioni, Voi. IX , p. 9.880. APCD. Legisl. XXIV, 1• Sessione, Discussioni, Voi. IX , p. 9.879. APCl), Legisl. XXIV, l'' Sessione, Discussioni, Voi. IX , p. 9.880.
'°' APCl), Legisl. XXIV, I1' Sessione, Discussioni, Voi. IX, p. 9.881. ws APCD, 106
APCD,
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Legisl. XXIV, l" Sessione, Discussioni, Vol. lX, p. 9.881. Legisl. XXIV, 1a Sessione, Discussioni, Voi. X, p. 10.548.
- la realizzazione dei conseguenti programmi di costruzione aviatoria «con una certa progressione ed a non breve scadenza»; - la subordinazione della dislocazione di batterie antiaeree, proiettori, ecc., alle esigenze del fronte. Nonostante l'incidenza di tali fattori, Morrone assicurava che «nulla sarà trascurato perché le difese antiaeree abbiano al più presto la necessaria efficienza di forze e di materiali» .w, Il 6 dicembre 1916 l'On. Centurione inte1rngava i Ministri della Guerra, della Marina e dell'Interno «per sapere perché non provvedano efficacemente alla difesa antiaerea e specialmente della Spezia ove aeroplani austriaci fanno ripetute incursioni, facendo vittime e causando danni; e come e perché la censura non consenta la diffusione nel Regno delle notizie ufficiali riguardanti le suddette incursioni nemiche .. .»ws Il 7 luglio 1917 il Ministro della Guerra, Giardino, rispondeva a un 'interrogazione dell'On. Marangoni, volta a ottenere la dislocazione di una squadriglia dj aerei a Codigoro, <<fatta segno a continue e sistematiche incursioni nemiche>> e il relativo allacciamento telefonico , precisando che:l(w - il Comando Supremo, dal quale dipendeva la difesa antiaerea di tutto il territorio nazionale, aveva già provveduto, nel limite del possibile, alla protezione del ferrarese da possibili attacchi aerei; - la dislocazione di «aeroplani da difesa presso Codigoro» non avrebbe consentito un impiego efficace dato che «la vicinanza della località alla costa, donde soltanto le incursioni nemiche possono essere segnalate, non consentirebbe ai nostri aeroplani di prendere in tempo su Codigoro la quota occorrente per affrontare gli aeroplani nemici»; - l 'efficacia degli aeroplani da difesa risulta pressoché nulla di notte per cui é preferibile in questi casi l'impiego delle artiglierie antiaeree. Le incursioni sarebbero continuate per tutto il 1918. Il 12 febbraio l'On. Appiani metteva in risalto la ferocia con cui venivano colpiti anche obiettivi civili affermando che «Il nemico, non potendo dimostrare in modo diverso il suo livore verso di noi, distrugge nella nobile e sempre gloriosa regione veneta monumenti, chiese, opere d'arte, asili, ospedali , proprietà, uccidendo vecchi e donne inermi e fanciulli innocenti; e Treviso ad esempio, prima fra tutte, perché più vicina ai covi avversari , quasi ogni giorno sopporta stoicamente l'oltraggio, lo strazio, il triste spettacolo di deliberate distruzioni ... » 11 0 • Parallelamente aJI 'estendersi delle incursioni, andava diffondendosi la presa di coscienza della difesa collettiva, tanto che il 13 giugno l'On. Rodinò si rivolgeva al Ministro delle Armi e Munizioni «per sapere se sia stato ordinato a tutti gli stabilimenti di produzione bellica di approntare luoghi di sicuro rifugio per tutti gli operai in casi di incursioni aeree.» Dallolio, nella risposta, affermava che sino a quel momento le incursioni non avevano avuto un carattere tale da giustificru·e l'adozione di provvedimenti a carattere generale, né risultava che misure del genere fossero state adottate ancora da altri Paesi. «Tuttavia, poiché evidentemente la integrità e la tranquillità è elemento dì grande importanza anche per la sicurezza e la continuità della produzione, è stata recentemente richiamata l'attenzione dei Comitati regionali di Mobilitazione Industriale sulla opportunità di insistere presso gli stabilimenti di produzione bellica, specie se situati in vicinanza della zona di operazione e aventi maestranze senza obblighi militari, affinché vengano consigliati ed imposti, se necessario , provvedimenti atti a preparare luoghi di rifugio per le maestranze ed a fronteggiare i possibili danni agli impianti.» 111 Ma dalle discussioni parlamentari emergevano anche casi di disfunzione o negligenza, come, ad esempio, quando il 13 giugno 1918 Chiesa, Commissario Generale per l'Aeronautica, rispondeva a
Legisl. XXIV, Legisl. XXIV, 09 ' APCD , Legis l. XXIV, 0 " APCD, Legisl. XXIV, "' APCD, Legisl. XXIV, 107
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l" Sessione, Discussioni, Voi. X, p. 10.936. l"Sessione, Discussioni, Voi. X, p . .ll .235. l" Sessione,Dìscussioni, Voi. XIII, p. 14.122. l" Sessione, Discussioni, Voi. XV, p. 15.578. l" Sessione , Discussioni, Voi. XVI, p. 16.881.
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un 'intenogazione dell ' On. Caporali sull'incursione verificatasi nel la notte fra il 10 e 11 marzo a Napoli. In quella circostanza, nonostante fosse stato preavvertito telefonicamente l'attacco, un dirigibi le si era presentato sul cielo de lla città rimasta «ad onta di tale preavviso illllrninata ed indifesa in modo da consentire al barbaro nemico le atrocità commesse». Chiesa era costretto ad ammettere che: 112 - « ... la mancanza di ogni segnale di allarme ed il ritardo nelle provvidenze del ca::.o, deve attribuirsi alla negligenza di coloro che erano preposti alla difesa aerea di Napoli»; - la città «fu oscurata in ritardo, sia per le ragioni suddette, sia perché non funzionarono bene le comunicazioni presta bi lite per l'oscuramento»; - il Tribunale M ilitare di Napoli aveva dovuto iniziare un procedimento a seguito della relativa inchiesta svoltasi a carico degli incaricati del servizio in quella notte; - era stata rimessa in discussione l'organ izzazione della «difesa costiera adriatica perché siano esaminate anche le eventuali responsabilità di militari che potevano di là dare i.n tempo l'avviso»; - non doveva mancare, per quanto possibile, «il preavviso in tempo debito , a cui ha diritto la cittadinanza , quand'anche la difesa vera e propria non riuscisse ad opporsi totalmente a11 ' attacco ne mico». L' intervento del Commissario Generale per l'Aeronautica, da adito a delle perplessità poiché, alla fine, lascia intravedere un intervento difensivo più «di facciata» che sostanziale.
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APCD, Legisl.
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XXIV, 1° Sessione, Discussioni, Voi. XVI , p. 16.822.
Capitolo 4 ENTRANO IN SCENA I «TANKS»
I carristi italiani erano soliti aprire le sfilate presentando la ricostruzione in legno (dotata di un motore a scoppio ben dissimulato) di un disegno attribuito a Leonardo da Vinci ' che, in una lettera del 1482 a Lodovico il Moro, prometteva: «Item farò carri coperti, securi , e inoffensi bili, e quali intrando intra (in) li inimici con sue artiglierie non è sì (grossa) grande multitudine di gente d'arme che non rompessimo . E dietro a questi potranno seguire fanterie assai illese e senza alcuno impedimento .»2 Ma si dovettero attendere oltre quattrocento anni prima di veder realizzato il mezzo bellico preconizzato da Leonardo. Le premesse Lo scoppio della guerra in Libia aveva suggerito all'Ispettorato delle Costruzioni d 'Artiglieri a l' opportunità di far effettuare alcune prove su autocarri corazzati,3 perciò, a fine giugno 1912, l'Arsenale di Costruzioni di Artiglieria di Torino·1 conduceva alcu ni esperimenti per realizzare un 'automitragliatrice corazzata.5 Nello stesso anno l'Isotta Fraschini iniziava lo studio di un mezzo analogo, ordinato «insieme con una Bianchi da un comitato patriottico milanese» .6 La campagna di stampa dava a tali mezzi il nome altisonante di «incrociatori del deserto» , ma i risultati delle prove erano molto deludenti, tanto in fatto di mobilità che nell'efficienza dell ' armamento, per cui la Direzione di Artiglieria ritardava l'invio in Libia di quei prototipi per l'impiego operativo. I primi due esemplari sarebbero stati imbarcati a Napoli, il 4 settembre 1912, sui trasporti Minas ed Edilio con destinazione Zuara, Libia. L'anno success ivo entravano nel parco del R. Esercito altre due automitragliatrici .7 Questi nuovi mezzi venivano impiegati essenzialmente come scorta a colonne di autocaiTi adibite ai rifornimenti, e pare se ne fosse auspicata un' ulteriore produzione,8 che, peral tro , non risulta aver avuto alcun seguito. Negli anni successivi, durante il periodo di neutralità precedente all'entrata in guerra dell'Italia, l'Ansaldo aveva iniziato la progettazione di un proprio modello di autornit.ragliatrici e, alla. richiesta di notizie dettagliate, in particolare sull'epoca della possibile presentazione del primo esemplare,9 effettuata il 5 febbraio 1915 dal Generale Dallolio , Pio Perrcme aveva fornito elementi di valutazione a stretto giro di posta. In sintesi, in data 8 febbraio 1915 il nuovo mezzo era ancora in fase di progettazione, risul-
'Il disegno del ca1To e la sua descrizione, che risalgono al 1485, si trovano attualmente nella Biblioteca del Britisb Museurn, a Londra, Codice Arundel (mappale IO.30). 2 http://uni-leipzig.cle/-kuge/forschung/leonarclo/quellen.htm Lettera di Leonardo a Ludovico il Moro Signore di Milano nel 1482 . ., L. Ceva - A. Curami, La meccanizzazione dell'Esercilo fino al 1943, USSME, Roma 1989, Vol. I, p. 24. "All'epoca l'Arsenale di Torino si occupava de lla definizione de.i tipi di trattrici per le artiglierie pesanti. ; L. Ceva - A. Curarn.i, La 1neccanizzazione .. ., op. cit., Voi. I, p. 24 . 6 A seguito di un articolo pubblicato nell'aprile del 1912 da Luigi Brioschi, in cui si proponeva l'impiego in Libia di «automigliatrici corazzate» , il Corriere della Sera apriva una sottoscrizione popolare per regalarne una al Regio Esercito. Cfr. L. Ceva - A. Curami, La meccanizzazione ... , op. cit., Voi. I, p. 25 . 7 L. Ceva - A. Curami , La meccanizzazione ... , op. cit., Voi. I, p. 27. 8 L. Ceva - A. Curami, La meccanizzazione ... , op. cit., Voi. II, p. 44. 9 lbid., p. 46.
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tando la produzione subordinata alla fornitura, da parte della Lancia, «cli uno chassis adatto allo 10 scopo.» Più di un mese dopo, inoltre, ai ritardi ascrivibili alle difficoltà incontrate dal reparto Trattamenti Termici per la lavorazione delle lamiere blindate si sarebbero sommati anche: - la scarsa disponibilità della Lanc:ia a fornire degli altri chassis - per cui Pio Perrone accettava la proposta di acquisirli, invece, dalla SPA;'1 - il problema relativo al tipo di armamento: le Maxim 1911 richieste dall'Ansaldo non erano disponibili, ma quest'ultima non accettava le FIAT Revelli o le Maxim Dreyse; le prime per motivi concorrenziali con la Casa torinese, le seconde per l'entità dei lavori di modifica extra contrattuali necessari per l'installazione. In ogni caso, il maggior ostacolo alla realizzazione delle automitragliatrici fu costituito dall'armamento. Senza entrare nel merito delle vicissitudini per ]'adozione di una mitragliatrice nazionale (vedi Appendice Hl), va detto che era stata ventilata l'ipotesi di dotare i nuovi mezzi di mitragliatrici di «origine tedesca», provenienti dal materiale sequestrato sul piroscafo Bayern. Contro questa soluzione si. erano schierati sia l'Ansaldo, per la necessità di modificare completamente i supporti studiati e realizzati per altro tipo di arma di cui erano dotati i primi esemplari di automitragliatrici già realizzati, sia il Comandante del Corpo di Armata di Genova, sotto la cui giurisdizione ricadeva l'Ansaldo, motivando così la sua avversione alla «soluzione Bayern»: 12 - tale soluzione avrebbe portato alla costituzione di un complesso di «automobili blindate armate di mitragliatrici» non omogeneo per armamento, né formato da organi perfettamente intercambiabili; - le mitragliatrici tedesche (6,8 mm) e quelle dell'annamento della fanteria italiana (6,6 mm) erano di calibro diverso; ciò avrebbe potuto provocare gravi inconvenienti nella catena dei rifornimenti; - non era possibile reperire munizionamento per le mitragliatrici tedesche, una volta esauritosi quello rinvenuto a bordo del Bayern. Su tali presupposti il Sottocapo di S. M. dell'Esercito, Porro, sollecitava il Ministero della Guerra «perché voglia escogitare ogni tentativo colla Ditta Maxim, valendosi del concorso del nostro Regio Ambasciatore a Londra per avere le mitragliatrici occorrenti all'armamento delle automobili blindate allestite dalla Ditta Ansaldo ... ». 13 Sino a quel momento, infatti, il Governo inglese si era dimostrato iiremovibile alla concessione delle mitragliatrici subç;irdinandola alla cessione, da patte italiana, di fucili Wetterli per la Russia, soddisfacendo una richiesta alla quale, in quel momento, non era in grado di corrispondere l'industria inglese. Tale sollecito, tuttavia, sarebbe risultato superfluo poiché .i contatti con i rappresentanti del Governo inglese si trascinavano da tempo, già nel marzo del 1915, l'Addetto Militare italiano a Londra, aveva telegrafato in merito al colloquio avuto con Lord Kitchener, in cui questi affermava di «non poter garantire costruzione e consegna mitragliatrici e altri materiali se non in seguito ad assicurazione che Italia è decisa entrare azione contro Austri.a-Ungheria.» 14 La questione, i noltre, si sarebbe spostata dal piano diplomatico a quello industriale dato che due mesi dopo l'Addetto aveva comunicato al Capo di Stato Maggiore d'esser stato nuovamente ricevuto da Lord Kitchener. Dal colloquio era emersa l'impossibilità di una maggiore produzione della Casa Vickers, che non riusciva «a produffe che poco più della metà delle armi per le quali aveva assunto impegno col Governo inglese e perciò si trova[va] notevolmente in arretrato nelle consegne», oltre a dover soddisfare una precedente richiesta di 2.000 mitragliatrici da parte francese, ancora inevasa. Ma l'irremovibilità di Lord Kitchener nel non esaudire la richiesta italiana dipendeva anche dal fatto che in Inghilterra vi erano «molti battaglioni, completamente pronti ed istruiti», che non potevano essere mandati «in Fiandra soltanto perché sprovvisti di mitragliatrici.» 15
fbid., p. 47. fbìd., p. 48. 12 M.CRR, fondo DaJlolio, b. 952, f. 1 ~ MCRR, fondo Dallolio, b. 952 , f. •• MCRR, fondo Dallolio, b. 949, f. 5 ' MCRR, fondo Dallolio , b. 951, f. IO
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1, I. l, lettera al Comando Supremo n. 1.084 /F del 28 luglio 1915. l, I. 5, lettera del Comando Supremo n . 2.304 del 1° Agosto 1915. 5, I. 2, telegramma dell ' Addetto Militare a Londra n. 5.859/401 ciel 15 marzo 1915. 14, I. 11, lettera dell'Addetto Militare n. 85 del 12 maggio 1915.
Il successivo 5 luglio, il Ministro degli Esteri Sonnino avrebbe ribadito la disponibilità del Governo inglese a cedere sulla questione delle mitragliatrici, solo se l' Italia avesse acconsentito a fornire i fucili per la Russia. 16
In agosto l'Ambasciatore italiano a Londra telegrafava: 11 - d'aver conferito nuovamente con Lord Kitchener circa le mitragliatrici ottenendone un ulteriore rifiuto; - di essere stato invitato ad approfondire la convenienza, da parte italiana, di accettare in cambio delle Maxim un certo numero di Colt. Il Generale Dallolio, nel trasmettere copia del telegramma al Comando Supremo, avvertiva che l 'offerta era stata declinata in quanto era in corso l'acquisto diretto di tali armi con «trattative molto bene avviate col Governo francese per averne in grande quantità». La questione delle mitragliatrici Maxim sembrava si fosse appianata nel 1915 , quando il Generale Dallolio telegrafava alla Missione Militare italiana a Londra chiedendo di ringraziare a suo nome Lord Kitcbener, sfruttando il fatto di aver dato alla Russia 400.000 fucili 91 , per ottenere quanto più materiale possibile dall'Ammiragliato. 18 È di due mesi dopo, infatti, la circolare del Comando Supremo, dal titolo Formazione delle squadriglie automitragliatrici, in cui si prospetta la costituzione delle prime tre squadriglie su tre sezioni, e quella delle 4a e S'1 su due. In quell'occasione , il 12 ottobre 1915, Pio Perrone faceva presente al Generale Dallolio che la Società «di sua sola iniziativa» aveva «messo in costruzione in aggiunta ai lavori indicati, le automobili blindate.» 19 L'argomento cieli' «iniziativa Perrone» sarà ricorrente e lo si riprenderà nel Capitolo 38: «Il rapporto di Dallolio con l'Ansaldo». Le prime «automitragliatrici» Ansaldo erano costituite dal tela.io di un autocarro (tipo Lancia lZ), già in servizio presso il R. Esercito, sul quale veniva installata una camera di combattimento costruita con lamiere piane imbullonate.20 Su questo nuovo mezzo, comunque, perduravano alcune perplessità del Comando Supremo, dovute essenzialmente alle limitazioni intrinseche delle automitragliatrici: scarsa protezione e limitata possibilità di movimento fuori strada, sagoma troppo appariscente. Nonostante altre Ditte avessero iniziato a far concorrenza all'Ansaldo predisponendo dei prototipi (Zust, Bianchi) alla fine il Ministero della Guerra commissionava alla Ditta ligure le automitragliatrici necessarie a costituire le prime squadriglie: 21 - la 1a sql. (inizio 1916) a.Ila V Armata, costituita da 6 mezzi Ansaldo e uno di riserva tipo Libia; - la 2a e la 3a sql. (inizio 1916) alla I Armata, ciascuna su sei mezzi Ansaldo; - la 4" sql. (giugno 1916) alla II Armata; - la 5a sql. (giugno 1916) alla IV Armata. La .FIAT aveva predisposto un tipo derivato dal 18 BL e negli anni precedenti la prima guerra mondiale alcuni mezzi venivano impiegati anche all'estero, mentre dall'inizio della guerra sino alla conquista di Gorizia (agosto 1916) le automitragliatrici non vennero mai impiegate a squadriglie comr-lete, bensì a sezioni o macchine isolate. La 1a Sezione impiegata in Va1Sugana agiva sulla strada che da Strigno dirigeva su Pergine e Trento, manovrando di notte e a fari spenti portandosi «nella zona neutra, fra le linee italiane e quelle austriache, facendo prigioniere, a più riprese alcune pattuglie nemiche.» 22
fondo Dallolio, b. 952 , f. l , l. 3, telegramma a firma Sonnino n. 8.949 del 5 luglio 1915. fondo Dallolio, b. 952, f. 1, 1. J.2, telegramma dell'Ambasciatore a Londra n. 3.291 ciel 1° agosto 1915. 18 Cfr. MCRR, fondo Dallolio, b. 951, f. 5, L 2, telegramma al Gen. Marafini 11. 1.799 del 19 15. 19 Fondazione Ansaldo, Archivio Economico delle Imprese Liguri (d' ora in poi fONDANSGE) fondo Ferrone b. 448 , f. 3. 20 L. Ceva - A. Curami, La 1neccanizzazione ..., op. cit., Voi. I, p. 40. 21 lbid., p. 48. 21 A. Pugnani , Storia della Motorizzazione ..., op. cit., p. 173. 16
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Circolare del Comando Supremo sulla Formazione delle Squadriglie automitragliatrici. (JSRI, F. Dal/olio b. 957,f. JJ .1.1)
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Autoblindo FIAT 6/J. (Proprietà Archivio S1orico FIAT)
Durante la Strafexpedition del maggio 1916 tutte le prime squadriglie erano state schierate in pianura fra Verona e Padova, per concon-ere a costituire una linea difensiva arretrata, nella malaugurata ipotesi di uno sfondamento da parte delle truppe del Maresciallo Com td. Al termine dell'offensiva austriaca, le squadtiglie vennero riportate sul fronte isontino e parteciparono alla presa di Gorizia irrompendo poi sulle rotabili per Mema, Vertoiba, San Pietro ecc., e mettendo in fuga le retroguardie avversarie.23 Durante la ritirata sul Piave si evidenziò l'util ità di questi mezzi che, se fossero stati disponibili in numero maggiore, avrebbero potuto rallentare ulteriormente l'avanzata avversaria lungo la vasta rete stradale dell a pianura veneta. «Gli ordini del Comando erano questi: sei ore dopo il ripiegamento dell a fanteria, si dovevano ritirare i bersaglieri ciclisti, le autoblindate dovevano ripiegare per ultime, seguendo a tre ore di distanza i bersaglieri ciclisti. Quest' ultima operazione doveva avvenire sempre sul fare dell'alba, in modo da dare al nemico l' impressione che il grosso delle nostre truppe fosse ancora trincerato sugli argini dei fiumi e sulle carrozzabili.»2~ Il Comando della JJI Armata, riconosciuta l'utilità del nuovo mezzo, il 18 giugno aveva ord inato a tutti i Comandi di Corpo d'Armata «di far eseguire ricognizioni con autoblindomitragliatrici per assumere le maggiori notizie sulla situazione.»25 Il loro impiego, però, non era limitato ai soli compiti di esplorazione, come è dimostrato anche dall'intervento, sempre del 18 giugno, per ristabilire il collegamento fra il XXVIII e XI Co1vo d 'Armata nella zona di S. Pietro Novello al Bosco (ovest Monastier) che risultò« . .. di sicura attuazione anche per l'aus ilio dell a sezione automitragliatrici blindatc.» 26
v lbid. , p. 174. lbid., p. 175.
?•
l$ 26
Diario Storico ITT Armata , Voi. lX, p. 17 1. lbid. , p. 172.
86
Carro 18 BL blindato. (Proprietà Archivio Storico FIAT)
Autocarri FIAT 15 ter blindati. a Calcutta. (Proprietà Archivio Storico FIAT)
87
Colonna di autoblindate A11saldo-La11cia IZ (M) . (Proprietà Archivio Storico FIAT)
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Il 21 giugno 1918 il Comando della III Armata: - avrebbe ribadito al Comando Supremo la loro utilità, emersa dall'esperienza dell ' impiego, chiedendo ancora altre «autoblindomitragliatrici dimostratesi utilissime. Necessarie per alleviare nostre truppe molto stanche. Pregherebbesi inviare massima sollecitudine qualche nuova squadriglia ed anche autoblindo isolate per sostituzione macchine fuori uso» .27 - avrebbe impartito disposizioni ai Comandi di Corpo d'Armata dipendenti di provvedere in proprio: «Autoblindomitragliatrici si sono dovunque dimostrate utilissime. Si confida poterne presto assegnare altre. Frattanto i Corpi d'Armata potranno, qualora lo credano utile, impiegare mitragliatrici su autocmTi leggeri proteggendole con scudi ... ».28 Le automitragliatrici trovarono ancora proficuo impiego durante la controffensiva italiana del giugno 1918 quando gli austriaci, a causa degli allagamenti attorno a San Donà di Piave e Cava Zuccherina (l'odierna Jesolo) furono costretti a muovere lungo le rotabili. Comunque una direttiva organica e completa sull'impiego di questi mezzi sarebbe stata stilata soltanto a fine ottobre 1918 da Diaz, il quale ne fissava i criteri generali d'impiego e quelli specifici, sia per l'offensiva (esplorazione, avanguardia, fiancheggiamento, inseguimento), sia per la difensiva (retroguardia).29 Mentre in Italia si stava temporeggiando sull'introduzione delle automitragliatrici, sul fronte francese facevano la loro apparizione i carri armati, nati dalla necessità di travolgere reticolati e superare trincee. I primi a essere impiegati nelle Fiandre furono quelli inglesi. Si trattava di colossi d'acciaio del peso di 40 tonnellate, protetti da corazze di grande spessore, in grado di sviluppare una modestissima velocità, di conduzione assai complicata e limitata visibilità esterna, che necessitavano di un equipaggio di 12/15 persone per la manovra e J' impiego delle armi. Seguirono poi i carri m·mati francesi costruiti dalla Schneider e Renault, molto più leggeri (circa 6 tonnellate) e maneggevoli, impiegati sul fronte della Somme.30 In Italia, prevaleva l'orientamento contrario ali' impiego dei caITi essenzialmente per due motivi: - la morfologia del teatro dì operazioni, ubicato per la maggior parte in zone impervie, che sembrava precluderne l'impiego.31 - la mancanza di riscontri su li ' impiego dei carri sul fronte francese a causa del loro impiego «a spizzico». L'industria privata e il Generale Dallolio continuarono, di loro iniziativa, a muoversi sulla strada innovativa dei «tanks» , nonostante lo scetticismo del Comando Supremo. 1) Il Sottosegretario alle Anni e Munizioni, Dallolio disponeva l'avvio dell 'esame dei carri armati in uso negli eserciti ingles i e francese, inviando in Francia, nel maggio 1916 il Capitano d' Artiglieria Bennicelli che aveva partecipato volontariamente alle prime azioni nelle Fiandre; 2) La FIAT studiava, progettava e costruiva due prototipi di carro pesante denominato 2.000 con «queste caratteristiche: peso 40 tonnellate, velocità massima 6 Km/ora, motore da 250, armamento 1 cannone da 65 in torretta girevole e 7 mitragliatrici, un equipaggio di 10 uomini. Pur e_ssendo dotato di dispositivi meccanici originali, non era adatto all'impiego sui nostri terreni per la sagoma eccessivamente visibile, velocità modesta, cingolo di dimensioni troppo ridotte, sistema-
11 18
1/Jid., p. 218. lbid., p. 221.
19
L. Ceva -A. Curami , La meccanizzazione ... , op. cit ., Voi. II, pp. 57-63 . Pugnani , Storia della Motorizzazione .... op. cit., pp. 177-179 . .i , Contrariamente a tale impostazione, seguita da diversi autori, Ceva e Curami hanno affermato che Caporetto «avrebbe forse potuto insegnare che le rotture in fondovalle sono suscettibili di detcnninare la caduta dei più impervi e inaccessibili fronti montani ... La marcia della 12a divisione slesiana verso i ponti di Caporetto nella nebbia e per la stretta di Foni, avrebbe potuto essere compito di un distaccamento corazzato o anche di esso con effetti ancor più sconvolgenti .» Cfr. L. Ceva A. Curami, U, meccanizzazione ... , op. cit., Vol. I , p. 87.
.io A.
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Carro 2000. (Proprietà Archivio Storico FJAT)
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Schizzo rappresentativo dell'interno ciel carro 2000. (Proprietà Archivio Storico FIA1')
zione delle armi difettose.» 32 La sua complessità risulta dallo schizzo rappresentativo dell'interno. 11 Comando Supremo, comunque, aveva giudicato la nuova arma inadatta alle caratteristiche del fronte italiano e riteneva, in una lettera del 7 luglio 1917, che i due prototipi che la FIAT stava costruendo nell'intento di essere parte attiva nello sviluppo della tecnologia militare , al massimo potevano «servire a dimostrare la genialità e la competenza dell'Industria Nazionale.» 33 Dallolio, ciononostante, si recava successivamente a Torino «per andare a vedere il Tanks che vedi in fotografia fatto dalla FIAT»34 invitando le principali Ditte italiane a studiare la possibilità di costruire i carri d'assalto, e alcune presentavano «con lodevole sollecitudine, piccoli e geniali modelli.»35 3) A metà del 1917 l' Ufficio Tecnico del Comando Supremo riteneva opportuno riprendere in considerazione lo studio dei carri d'assalto , specie quelli di modello leggero, e in proposito richiedeva al Ministero Armi e Munizioni sollecite notizie. Il Generale Dallolio poteva fornirne tempestivamente dato che aveva nuovamente mandato a Parigi e Londra il Capitano Bennicelli con lo scopo specifico di esaminare i nuovi modelli leggeri e attingere tutta la documentazione possibile.36 4) Iniziavano le richieste alla Francia per ottenere la cessione di carri e il 5 settembre 1917 D~Ilolio telegrafava da Parigi al Sottocapo cli S.M. dell'Esercito Porro« ... Comando in Capo francese con approvazione quel Ministero cleHa Guerra ritiene necessaria prima convenire in cessione carri assalto richiesti sia eseguita una ricognizione Ufficiali francesi specialisti per stabi lire se loro impiego sarà possibile. Ritengono ristretto tempo contrmfo arrivo epoca desiderata e persiste
A. Pugnani, Storia della Motorizzazione ..., op. cit., p. 182. MCRR, fondo Dallolio, b. 947, f. 6, l. 3. 3• APTGP, serie leflere ai familiari, lettera del 5 agosto 1917 a Elsa. 35 MCRR , fondo Dallolio, b. 947, f. 6, 1. 3, p. l . 36 MCRR, fondo Dallolio , b. 947, f. 6, 1. 3, p. 2. Per la relazione del Capitano (poi Maggiore) Alfredo Bennicelli, cfr. N. Pignato - F. Cappellano, Gli autoveicoli da comba1tùnen10 dell'esercito italiano, USMME, Roma 2002 , Vol. l , pp . 753, 760-767. 32 33
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intenzione invio con istruzione ricevuta e formazione organica.» L'indomani 6 settembre il Generale Po1To rispondeva telegraficamente a Dallo! io: «Capitano Giuffrida già specializzato impiego cmTi assal to ha attentamente esaminato con ricogni zioni loca'li possibili tà loro impiego e determinato numero occorrente . Stop intervento francese sembra gradito ma non necessario Stop Nessuna difficoltà per avere carri con formazione organica personale. Prego insistere per avere non più tardi 15 coITente Stop Qualora ritardassero molto non serviranno per nota operazione e V.E. giudicherà se per altre lontane sia possibile fare assegnamento su produzione nostra Generale Porro».n Cadorna l' 11 settembre 1917 inviava un telegramma cifrato a Dallolio con il quale , viste le difficoltà di ottenere dei tank «in tempo per operazioni previste per anno corrente» chiedeva di rinunziare a ulteriori trattative che «se del caso potranno essere riprese primavera ventura.»38 5) Nel corso della riunione a Parigi del 17-18 novembre 1917 il Ministro dell'armamento francese Loucheur prometteva di disporre per la distribuzione alle unità francesi al fronte italiano di dodici esemplari che avrebbero potuto servi re per istruzione alle truppe itali ane.39 6) Il Generale Dallolio era partito da Roma per la conferenza Alleata di Parigi del 29 novembre 1917 con un programma di richieste ben precise, tra le quali figuravano «thanks [sic] leggieri» .40 7) Il Generale Dallolio e il Commissario agli approvvigionamenti Crespi, affrontavano con gl i Alleati la possibilità di introduzi.one di tanks nel R. Esercito, in particolare nella riunione a Parigi del 1 settembre 191 8. Il Comando Supremo , comunque, nel maggio 1918 , una volta stabilizzatasi Ja situazione postCaporetto, riprendeva in esame 1a questione dei tanks essenzialmente per due motiv i: - perdurante orientamento sul prolungamento della guerra sino al 1919 e, nel quadro di tale eventualità, conseguente necessità di studiare i provvedimenti per quel periodo; - comprensione, da parte del «nostro Comandissimo», come riportano Ceva e Curami, del pericolo che i carri nemici avrebbero potuto costituire, particolarmente nei fondovalle prossimi all o sbocco in pianura.41 Ottenere dei carri dagli alleati no n era un ' impresa fac ile, nonostante l'impegno cli Dallolio, e c iò per una diversa visione politica-strategica del conflitto fra I' ltalia e i restanti Paesi alleati , della quale egli era ben consapevole perché questo problema era sorto già ali 'inizio del conflitto. Un breve passo indietro nel tempo può esser utile per comprendere il pensiero di Dallolio. In una lettera del novembre 1915, egli aveva fatto trasparire· la diversità di interpretazione sulla strategia che l'Intesa avrebbe dov uto attuare: «La situazione è chiara , non è in Francia che si risolve la guerra e non è affamandola - senza riuscirci - che si piega la Germania.» 42 Alcu ni mesi dopo il barone Edmondo Mayor des Planches, Commissario ai rifornimenti fran cese, scriveva al Ministro degli Esteri Sonnino: << .•• Temo poi che a nostro riguardo persista nel Governo Britannico il concetto che mi si è riferito ebbe ad esprimere il defunto Lord Kitchener dopo visitato il nostro fronte: non potersi sperare su cli esso per la natura del terreno, alcuna azione decisiva, non quell a azione risolutiva che sarà possibile e si spera sul fronte russo-austriaco , o sul fronte russo-germanico , o massimamente sul fronte ove combattono gli Anglo-Francesi; le armi e le munizioni dovere affluire di preferenza là dove il combattere ha maggiore efficienza e può dare i più pronti risultati: il rifornimento dell'esercito italiano non aversi certamente da trascurare, ma dovere venire dopo quello degli eserciti fra ncese e russo .. .»43
31
I. 6. Dallolio , b. 947, f. 6, I. J. 39 MCRR, fondo Dallolio, b. 961 , f. 5, I. 20 . .,o APTGP, serie fascieoloni, fase. XII , f. 8, appunti dal 27 ottobre al 31 ottobre l 917. '' L. Ceva - A. Curami, La meccanizzazione ... , op. cit., Voi. T, p. 88. 2 • APTGP, serie letfere ai familiari , lettera elc i 11 novembre 1915 a Elsa. 3 ' \1CRR , fondo Dallolio, b. 954. f. 2, I. 10 lettera del 27 luglio 1916 di Mayor a Sonnino. MCRR, fondo Dallol io , b. 960, f. 6,
3
s MCRR, fondo
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Un paio di mesi dopo Dallolio scriveva alla figlia: <<Si fa un bel proclamare il fronte unico, eppoi giocare al sentimento in una guerra in cui solo la legge dovrebbe essere norma e viatico ... Ma i trionfi sulla Somme sono civette per le allodole, i Tedeschi lasciano fare e intanto mandano le Divisioni raccolte dappertutto con Hinderburg contro i Russi ... Eppoi i Balkani sono il teatro vero - come la fron tiera Est - il resto è cimitero, sacrificio, una non risoluzione. No. No io non li vedo, salvo miracoli , Francesi e Inglesi passare il Reno a minacciare la bestia nel suo covo. No è il teatro Russo l'importante, là è tutto , il resto è decoro.» 44 Dalla relazione del rappresentante italiano presso il «Comitato Interalleato delle tanks», Tenente Generale De Robillant, si rileva che, il 15 maggio 1918 , il Comando Supremo italiano aveva richiesto 25 tanks complete di parti di ricambio, rifornimenti , armi e munizioni, e che un'ulteriore richiesta di altri 50 carri era stata avanzata nella seduta dei Rappresentanti Militari Pennanenti .45 La richiesta italiana però, nonostante il Comitato avesse deciso di incrementare la produzione alleata di tank in previsione delle battaglie del 1919,46 non sarebbe stata accolta per la ferma opposizione del Generalissimo Foch, all 'epoca Comandante supremo delle forze interalleate, nient'affatto propenso a cedere unità tattiche complete per il fronte italiano, da lui visto come secondario.47 Gli «antenati» italiani Vista l' impossibilità di ottenere tanks dalla Francia, aveva preso corpo l'ipotesi di costruirne in Italia su licenza. L'Italia possedeva già un carro Schneider, ottenuto nell' aprile 19174 ~ dopo diverse trattative e portato a Tricesimo (Udine) ,49 ma le condizioni poste dalla Casa madre all'Ansaldo per la sua produzione erano state talmente iugulatorie che si era cominciato a pensare di costruire, sempre su licenza, l'altro carro francese, il Renault. Dopo i fatti di Caporetto, comunque, lo spostamento delle operazioni nella pianura del med io e basso Piave aveva fatto riconsiderare l'opportunità dell'impiego di tanks anche in Italia. Il Generale Dallolio, pertanto, aveva nuovamente interpellato le principali Ditte italiane «per l'eventuale inizio di una costruzione in serie di carri d'assalto». 50 Dai sondaggi era emerso che: - le Ditte Ansaldo e Orlando si sarebbero assunte le commesse delle corazze e delle armi, per le quali dichiaravano di disporre dei materiali occonenti; - l'Isotta-Fraschini, a cui era stato chiesto di costrnire gli chassis, aveva risposto negativamente; - la FIAT aveva dichiarato di poter iniziare la produzione in serie di un modello leggero, a condizione che le venisse ridotta in proporzione la commessa di materiale automobilistico, o di motori d'aviazione. Dallolio, chiamato alla Camera per rispondere a un ' interrogazione dell'On . Rota sull'opportunità di utilizzare in Italia i carri armati , il 13 giugno 1918 sintetizzava così il problema: «Questo Ministero sin dalla metà del 1916 iniziò lo studio per l'uso delle auto-blindate (tanks o carri d 'assalto) data l' importanza che questo nuovo mezzo di guerra veniva assumendo. All 'uopo inviò un ufficiale all'esterQ perché potesse avere esatta e precisa cognizione di quanto si faceva in proposito presso gli eserciti alleati. E già da quell'epoca furono interessate le principali nostre ditte all'importante studio e - potendo - a]la
APTGP, serie lettere ai familiari, lettera 14 settembre 1916 a Elsa. L. Ceva - A. Curami, La meccanizzazione .. ., op. cit. , Voi. Il, p. 68 . 46 lhid. ·'7 N. Pignato (a cura cli) , Mezzi corazzati e blindati 1900-1918, Serie Gli Eserciti del Ventesimo Secolo, n.2, Curcio Periodic i, Roma s.d., p. 73. •s F. Giuliani 'Colonnello carrista', Carro contro carro - Storia dei carri armati, Associazione Nazionale CaITisti cl'ltalia, Roma 1999, p. 30. • 9 MCRR, fondo Dallolio, b. 947, f. 6, 1. I , p. 2; cfr. anche F. Giuliani , Carro contro carro ... , op. cit., p. 30. 5-0 MCRR, fondo Dallolio, b. 947, f. 6, 1. 3, p. 3.
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costruzione dei vari tipi delle nuove macchine, per modo che esemplari di modelli, altamente apprezzati dai competenti uffici tecnici nostri ed alleati sono pronti e collaudati con esito soddisfacentissimo. Intese in proposito furono prese anche con i Governi alleati, e quello francese concesse, a titolo di modello, un carro medio di assalto che venne lasciato a disposizione del nostro Comando Supremo. Verso la fine del 1916 venne prospettata al Comando stesso l'opportunità di sperimentare praticamente anche presso di noi le auto blindate ma tale proposta non ebbe pratica attuazione. La natura del terreno in cui al1ora si svolgevano le nostre operazioni militari era meno atta all'uso di tali macchine. Di conseguenza fu abbandonata l'idea di far costruire, in serie, almeno per allora tali ca1Ti. Se sull'attuale fronte le tanks potranno avere utile impiego e saranno desiderate dalle autorità competenti non si mancherà di provvedere sollecitamente a fabbricarle , dal momento che in Paese è stata già tecnicamente e positivamente risolta la questione relativa alla loro costruzione.»5 1 Il 2 agosto del 1918 veniva effettuata a Piacenza una dimostrazione pratica d'impiego durante la quale un carro Renault, condotto personalmente dal Capitano Bennicelli, manovrava con facilità sulle ripide pendici degli spalti delle vecchie fortificazioni , tanto da suscitare fiducia di tutti i convenuti. Fra questi, oltre ai rappresentanti del mondo militare, vi erano «gli esponenti dell'industria automobilistica e metall urgica italiana, capeggiati dal Senatore Agnelli per la FIAT e dai fratelli Perrone per il gruppo Ansaldo» .52 Dopo questa prova, in funzione di una prevista campagna del 1919, veniva presa la decisione di dotare l'Esercito del nuovo mezzo di combattimento da costruire su licenza Renault. Dal verbale dell'assemblea tenutasi poco dopo (13 settembre 1918) presso l'Ansaldo,53 risulta il quantitativo delle tanks commissionate all'industria nazionale - 1.100 mezzi in totale - per esser messe in campo entro il 1919, anno in cui si supponeva sarebbe terminato il conflitto. Contemporaneamente, considerata l'analogia tra i carri armati e le trattrici a cingoli per il traino delle artiglierie pesanti, inizia:va l'addestramento del personale presso il Reparto di marcia del I Parco trattri.ci di Verona. I 1.100 carri di cui sopra, avrebbero dovuto esser prodotti in cooperazione fra FIAT, Ansaldo e Romeo (poi Alfa Romeo) secondo la ripartizione indicata nella Tabella VI. /
FIAT N. 350
Tabella VI
/
NOTE Motori FIAT Differenziali Alfa Romeo
ANSALDO N. 500
NOTE Motori e cambi Ansaldo
BREDA N. 250
NOTE Blindature per Ansaldo
II 10 ottobre 1918, un'ulteriore commessa portava il totale dei ca1Ti da costruire a 1.400.54 Prendeva così il via la realizzazione del FIAT 3000, un carro che non superava a pieno carico le 6 tonnellate, aveva 4,17 mcli lunghezza e 2,19 di altezza (dunque molto più basso del 2000, suo progenitore, alto 3,80 m). L'equipaggio era ridotto a due uomini, armato con due mitragliatrici SIA 6,5 mm nella prima versione (Modello 21). L'armistizio però, avrebbe bloccato l'avvio della produzione in serie per cui sarebbero stati commissionati soltanto 100 esemplari che sarebbero stati forniti a partire dal 1921. Il Modello 30, versione successiva del 21, era dotato di un cannone da 37/40. «Lo scafo sormontato da una torretta rotante era in lamiera d'acciaio imbullonata e assicurava una buona protezione grazie
51
APCD, Legisl. XXIV, 1" sess ., Discussioni, tornata del 13 giugno 1918, p. I 6 .882. A. Pugnani, Storia della Motorizzazione ..., op. cit., p. 183. s,54 L. Ceva - A. Curami, La meccanizzazione ... , op. cit., Voi. Il, p. 71. Archivio Centrale dello Stato (d'ora in poi ACS), fondo Ministero Armi e M.unizioni, b. 16. 52
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Carro FIAT 3000. (Proprietà Archivio Storico FIAT)
allo spessore della corazza di 16 mm»55 che resisteva «al tiro di fucileria, di proietti perforanti anche a metri 50 di distanza ed al comune lancio di bombe a mano». 56 Con questi mezzi nel 1923 sarebbe stato costituito il Reparto Carri Armati57 che, per trasformazioni successive, l' 1 ottobre 1927 diveniva Reggimento Carri Armati , con sede a Roma, per poi essere trasferito a Bologna nel 1931. Tramite le prove pratiche compiute dal Reggimento Carri, diventava così possibile la stesura della dottrina inerente alla nuova specialità,58 che prevedeva l'impiego di: 59 - Carri leggeri, con le truppe celeri (Cavalleria e Bersaglieri) , per concorrere alla loro azione con puntate offensive e per consentire il disi mpegno da forze soverchianti; per fiancheggiare i reparti celeri in marcia e per scortare le unità di artiglieria; - Ca.J.Ti quale mezzo ausiliario della Fanteria, alle dirette dipendenze dei Corpi d'Armata che potevano decentrarli alle Divisioni dipendenti. Nell'agosto del 1929, allo scopo di verificare la validità degli orientamenti emersi in precedenti esercitazioni sull'impiego di piccole formazioni carriste, erano state programmate le «Manovre divisionali» in Val Varaita, che presentava caratteristiche morfologiche analoghe a quelle della maggior parte della frontiera terrestre italiana. Truppe da montagna e due battaglioni carri prendevano parte alle mano-
55
F. Giuliani, Carro contro carro ... , op. cit., pp. 46-47.
L. Ceva - A. Curami, La meccanizzazione .. ., op. cit., Vol.11, p. 102. R.D. n. 12, 7 gennaio 1923. 58 Ministero della Guerra, Comando del Corpo di Stato Maggiore, Norme generali per l'impiego delle Grandi Unità e Norme per l'impiego tattico della Fanteria. 59 E. Scala, Storia delle Fanterie Italiane, USSME , Roma 1956, Vol. X, pp.18-21. 56
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vre con cui ci si riprometteva di controilare60 sia .la possibilità di impiego, in zona montana, dei can:i mmati 3000 Mod. 21 in dotazione all 'Esercito, sia la rispondenza delle Norme d'impiego delle Grandi Unità che di quelle tattiche per la Divisione, emanate nel 1928. Dalle manovre, anche a seguito dei numerosi ribaltamenti del carro 3000 Mod. 21 avvenuti lungo «i fianchi delle valli»,6' emergeva l'impossibilità che quel mezzo potesse muovere al di fuori delle strade di fondo valle, con la conseguente necessità di dover adottare un nuovo tipo di carro armato di dimensioni ridotte. L'allora Ispettorato Tecnico Automobilistico, incaricato dì definire il nuovo tipo di carro, si era avvalso delle esperienze dell'esercito inglese, che già disponeva del carro Carden-Lloyd Mk VI, del peso di mezza tonnellata e con un ingombro laterale di 1,5 m. Venivano perciò acquistati 25 carri di questo tipo, denominati successivamente Carro Veloce Mod. 29,62 così il Ministero della Guerra avanzava la prima commessa di 100 carri veloci, affidata al «duopolio» Ansaldo-FIAT (quest'ultima interessata alla parte motore). Il carro, omologato nel 1933 (Mod. 33 o, come venne chiamato in seguito, L3) aveva un peso cli 3,2 T, un ingombro trasversale di 1,40 m, poteva sviluppare una velocità massima di 45 km/ora ed era armato con una mitragliatrice pesante.63 Al Mod. 33 faceva seguito il Carro Veloce Mod. 35, migliorato rispetto alla versione precedente, e armato di due mitragliatrici binate, che entrava in linea nel 1935 . Di questo carro, tuttavia, venivano man mano riscontrati molti inconvenienti: scarsa velocità e autonomia; modesta stabilità laterale in terreni rotti; protezione insufficiente che consentiva perforazioni anche da parte di proiettili di appena 8 mm di calibro; scarsa visibiljtà del capo cmTo e pilota; impossibilità per l'equipaggio cli abbandonare un carro che si fosse rovesciato. 6'' Frattanto la FIAT e l'Esercito avevano concordato la creazione di una fabbrica, a Modena, per 1a produzione cli componentistica per la motorizzazione militare. La fabbrica, assunto il nome Officina Costruzioni Industriali (0.C.l.), veniva gestita dalla FIAT con l'ausilio del personale tecnico delJ'Esercito per le realizzazioni di carattere militare. Nel 1935 la O.C.f. metteva a punto un'apparecchiatura lanciafiamme destinata ai carri, che veniva omologata nello stesso anno . 11 Carro d'assalto lanciafiamme Mod. L35/lf, predisposto per questa variante, «montava, in sostituzione della mitragliatrice di sinistra, una lunga lancia brandeggiante collegata, mediante tubazioni interne e un manicotto flessibile esterno, al serbatoio di combustibile installato all'interno cli un rimorchio corazzato del peso, a pieno carico, di 1.000 Kg circa.»65 Le prime esperienze italiane di combattimento con mezzi corazzati sarebbero avvenute durante il conflitto italo-etiopico 1935-36, nel quale , mentre l'esercito etiopico disponeva cli «qualche Carro armato»,66 quello italiano aveva in organico il V Grnppo squadroni carri veloci.67 Il primo scontro si verificò il 15 dicembre 1935, quando forti avanguardie di Ras Immirù,6~ dopo aver passato il Tacazzé, si diressero sul «Gruppo bande dell'Altopiano>>, rinforzato da uno squadrone di carri veloci, minacciando di accerchiarlo. Durante il combattimento che ne seguì «uno dei C.V. 33 inseguì imprudentemente un gruppo di abissini nella boscaglia, ma immobilizzato eia un tronco d'albero inca-
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A. Pugnani, Storia della lvlotorizzazione .. ., op . cit., pp. 303-304. E. Scala, Storia delle Fanterie Italiane, op. cit., Voi. X, p. 20. 62 A. Pugnani, Storia della Motorizzazione ..., op. cit., p. 305. 6 ' lbid., p. 307. 64 L. Ceva - A. Curami, La meccanizzazione ..., op. cit., Vol. I , pp. 208-211. 65 F. Giuliani, Carro contro carro ... , op. cit., p. 53. ll liquiclo infiammabile, messo in pressione da una pompa azionata dal motore del caffo, veniva incendiato da tre candele sistemate presso l'ugello della .lancia e aveva una portata teorica di circa 100 metri. 66 P. Badoglio , La guerra cl' Etiopia. Milano , Monclaclori, 1937, p. 11. 67 ll V Gruppo squadroni carri veloci venne impegnato anche nella battaglia dell'Endertà, nell'avanzata su Garaclsciam (febbraio 1936), nella battaglia per l' occupazione dei valichi di Alagi, nell'avanzata su Adis Abeba. Cfr. P. Badoglio, La guerra d'Etiopia ..., op. cit., pp. 227-248. <,s Durante il movimento delle avanguardie, altre co.lonne nemiche, della forza complessiva di circa 5.000 uomini e guidate dai paesani, erano riuscite con largo aggiramento a raggiungere la stretta cli Dcmbenguinà, punto obbligato cli passaggio. Cfr. P. Badoglio, La guerra d'Etiopia ... , op . cit., p. 45. c,,
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Carri leggeri L 35 a Dembenguinà (AOI) in aiuto del Gruppo carrette della Divisione Gavinana (5 dicembre 1935) . (Proprietà Assenza)
Carro L 35 nell'attraversamento di un guado a Tessenei (AOI) (22 giugno 1940). (Proprietà Assenza)
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stratoglisi tra i cingoli, fu circondato e distrutto dagli etiopi che massacrarono l'equipaggio».69 Perdite simili si verificarono anche presso il 10° Squadrone Carri Veloci Esploratori del Nilo, costretto a operare avanzando a portelli aperti a causa delle difficoltà del terreno, per cui diversi carristi vennero colpiti, mentre altri furono trucidati dagli etiopi una volta che i carri rimasero senza benzina. Fu a causa di queste perdite che lo Stato Maggiore dell'Esercito proibì ai reparti carristi di operare senza l'appoggio della Fanteria. In conclusione, l'impiego dei carri leggeri italiani in Etiopia risultò ridotto, ovvero limitato al sostegno (copertura o avanguardia delle fanterie e reparti autoportati) per distruggere postazioni di armi automatiche, snidare il nemico con l'impiego di carro lanciafiamme o effettuare brevi ricognizioni. Al termine della campagna in Africa Orientale, Badoglio aveva espresso il parere che «i moderni mezzi di guerra [devono essere] abbondanti anch'essi, purché siano impiegabili sul terreno sul quale è previsto .s i svolga la lotta. Sul terreno rotto; impervio, privo di strade, a grandi altitudini', il carro armato, ad esempio, non sempre si é dimostrato utilmente e facilmente impiegabile. E così dicasi per le unità laj1ciafiàmme».10 D'altra parte, sino a metà anni Trenta, il Corpo di Stato Maggiore dell'Esercito non aveva previsto uno scontro tra mezzi corazzati, considerando l'impiego dei carri armati in combartimento quale un «potente mezzo ausiliario della fanteria», il cui progredire in attacco avrebbe dovuto esser regolato su quello dei fanti, in modo da sopravanzarli a qualche centinaio di metri da]]'obiettivo.1.1 Questa concezione del Corpo di Stato Maggiore influì negativamente sul futuro della specialità, ostacolando l'adeguamento e la messa in campo di nuovi mezzi più potenti, che potessero risultare alla pari con quelli qelle altre nazioni. _ Dallolio in quegli anni sarebbe stato molto impegnato nelle prove (ecniche e nell'appr0Yazi9ne dei progetti del carro che avrebbe dovuto costituire il nerbo della massa d'urto del nuovo esercito; ._ ;: · La campagna d'Etiopia, se d'a una parte aveva consentito di mettere a punto la dottrina sull'impiego dei reparti carri,72 dall'altra aveva evidenziato impietosamente i limiti dei piccoli carri da 3 tonnellate, vulnerabili al tiro delle mitragliatrici pesanti, sprovvisti di cannone e torretta girevole e quindi, in caso di isolamento, facile preda di avversari appiedati. . ' .
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I Vari tipi di carri in Italia / Nel 1937 il Sottosegretario alla Guerra e Capo di S. M. dell'Esercito Pariani difendeva a spada tratta il carro veloce respingendo le critiche ài <<mezzisu cui contiam,:rprincipalmente per la vittoria»73 e, poiché non gli sfuggiva «la situazione strategica che si era creata con la conquista dell'Etiopia, né quella che si stava· sviluppando con l'intervento· iri Spagna e con il progressivo avvicinamento alla Germania» ,ì4 è da presumere, piuttosto, che_i vertièi ·militari fossero andati ? impelagarsi in una pokmica fra opposte correnti75 (o lobby?). . . · . . . ' · ·. . ~)__ .. . . Prendeva quindi corpo, a poco a poco, l'idea che l'c,trmamento del Reggimenti carri rf~.-~i potesse limitare al càno, leggero ma dovesse arti~olarsi _su ti:e-tipi dr cui uno (l 'L35) era già disponibile presso·i reparti i nient.re i _restanti erano ancora in fase di progettàzione: ·• - cçliri L per la siéuiezza delle Grandi Unità e la rottura del contatto; - ~ can;i M (elemento e·s senziale. della Grande Unìtà) per l'attacco e per le azioni ma_novfate a largo . :·'·raggio; -
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P. J:>etrillì, la gue~ta d'E;iopia, e le pr:ime esperienze italiane di corazzati, in Studi Storico Militari 1988, Roma, Stato Maggiore Eseréito, .f990. :_ · .. · · 10 P. Badoglio, la ·guerra d'Etiopia ... , op. cit., p. 214 . .. ?) Ministero della Guerra, Comando del COIP.O di Sfato Maggiore,Nozioni di Tattica e servizio in guerra, Roma, I 935' 72 Stato Maggiore Esercito, Impiego delle Unità carriste, pubblicazione 3446, e «Circolare 18.000» del primo dicembre 1935. n L. Ceva - A. Curami, la meccanizzazione ... , op. cit., Voi. I, p. 203 . 1 • D. Fenari, Per uno studio della politica mililare del Generale Alberto ?ariani, in Studi Storico Militari 1988, USSME, Roma
1990,p.377. 5 ' L. Ceva - A. Curami, La meccanizzazione ... , op. cit., Vol. I , p. 204.
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Dallolio alle prove di un carro armato in terreno vario. (Proprietà Archivio Storico FIAT)
Dallolio alle prove di un carro armato in terreno vario. (Proprietà Museo Storico lii Annata)
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- carri P (elemento di forza della Grande Unità) per rinforzare l'azione dei carri M. Il fervore degli studi faceva emergere ]'importanza della «formula tattica»,76 un inevitabile compromesso fra tre fattori in conflitto:77 - Annamento - Mobilità - Protezione Cominciava così, anche per allinearsi agli altri eserciti europei, «la corsa al carro armato sempre più potente; corsa nella quale finimmo per soccombere poiché le nostre possibilità di produzione non potevano seguire la rapida evoluzione sul peso e nell'armamento dei carri armati, successivamente preparati negli altri Paesi» .78 In questa «corsa» rientrava anche la valutazione di un carro cecoslovacco che la casa Skoda aveva già pronto. Questo progetto, tuttavia, trovava resistenze, inaspettate e inspiegabili, specie nel Capo di S. M. Generale Cavallero, nonostante lo Skoda presentasse una velocità doppia di quella dell'M 13. Al can-o cecoslovacco veniva addebitato un maggior consumo di carburante rispetto a quelio italiano, tralasciando il fatto che garantiva una velocità superiore migliorando la «formula tattica», dato che sulla sopravvivenza di un mezzo influisce in modo determinante la velocità di disimpegno. L'ingegner Rocca (Ansaldo), il 28 giugno 1941, scriveva a questo proposito: «Proseguono le prove comparative col carro "Skoda T 22" ed il nostro "M 13" che hanno attenuato alcune sfavorevoli impressioni su quest'ultimo. Le Ditte interessate (Ansaldo e FIAT) sono state invitate a studiare la possibilità di sostituire il motore diesel del can-o "M 13" con motore a benzina di maggiore potenza per l'impiego coloniale.» 79 È scontato che Rocca, nel paragone, dovesse parteggiare per il mezzo italiano, visto che l'Ansaldo, avendo costruito tale mezzo , era parte in causa. Comunque, il vincolo principale per la realizzazione dei caITi armati era la fabbricazione di lamiere-scudo e l'obiettivo poteva considerarsi raggiunto soltanto quando la S.I.A.C. e la Terni avessero potenziato i loro impianti per tale produzione. D'altra parte, per costruire un carro armato non bastavano le lamiere o lo «sforzo» dell'Ansaldo (che produceva i carri e i relativi cannoni da 47/32) ma erano necessari anche il concorso e l' impegno dei sub-fornitori (gruppi propulsori FIAT, mitragliatrici Breda, apparati ottici San Giorgio, rnlli gommati Pirelli, ecc.). Soltanto nell'agosto 1941 l'Ansaldo poteva garantire un ritmo di produzione di 100 carri mensili,80 il che chiarisce perché le unità corazzate italiane in Africa poterono essere dotate del caITo M 13 soltanto a guen-a ormai iniziata.
In conclusione, venivano approntati o studiati i seguenti tipi di carro: 81 1) M 11/39, realizzato nel 1937, peso 11 tonnellate, protezione di 30 mm. Il carro era dotato di una cannone da 37/40, installato in casamatta sul suo lato destro, mentre una torretta girevole dotata di due mitragliatrici Breda calibro 8 ne assicurava la difesa ravvicinata. La trazione del cingolo era anteriore e la sua tensione era assicurata da una ruota a folle posteriore. 6
«Per "formula tattica" si intende la razionale, opportuna sintesi delle tre caratteristiche fondamentali in relazione all'impiego che del carro si vuole fare, cioè del suo particolare compito in quel determinato terreno e contro quel determinato nemico. È evidente che realizzare un caiTo con una felice "formula tattica" che possa permetterne l'impiego nelle più varie condizioni ambientali e che possa quindi resistere più a lungo, consente una produzione maggiore, un miglioramento continuo, un più proficuo addestramento del personale.» in F. Giuliani, Carro contro carro, op. cit., p. 5. Cfr. anche Stato Maggiore Esercito Ispettorato delle armi di fanteria e cavalleria, Istruzione dell'equipaggio carro armato cap. 1, pubblicazione n.6194, edizione 1978 77 «I tre fattori indicati nella "fonnula tattica" sono legati da una relazione di incompatibilità di carattere tecnico in quanto non possono coesistere nello stesso mezzo al massimo della loro espressione. Nella progettazione di un mezzo si impone, pertanto, la necessità di attribuire le priorità ai singoli fattori giocando sui loro vari parametri costituivi.» Cfr. F. Giuliani, Carro coniro carro, op. cit., p. 10. ;s E. Scala, Storia delle Fanterie Italiane, op. cit., Vol. X p. 20. 9 ' Fondazione Einaudi Torino (d' ora in poi FONDEITO), Archivio Rocca, b. 12, f. 52. 80 FONDEITO, Archivio Rocca, Sez. 12, f. 12. 3 ' Dati tecnici tratti eia F. Giuliani, Carro contro carro .. ., op . cit., pp. 55-75. ;
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2) M 13/40, derivato dall'M 11/39, ne differiva per l'armamento da 47/32 montato su torretta girevole con alzo a telescopio e brandeggio idraulico; e la protezione maggiorata a 42 mm , con conseguente aumento del peso a 15 tonnellate. Era dotato anche cli una mitragliatrice in torretta e due in casamatta. I collegamenti erano assicurati da una stazione radio, montata su ogni cru.To , realizzata dalla Mru.·elli, con una portata, a carro fermo , di 8 Km in fonìa e 12 in telegrafia. Il carro M 13 divenne il carro base delle unità corazzate italiane in Africa settentrionale. 3) M 14/41, era migliorato rispetto a]l'M 13, dal punto di vista motoristico, mediante l'adozione di un motore SPA a 8 cilindri diesel che consentiva maggior velocità e accelerazione. 4) M 15/42 (o M 42), era la modifica dell 'M 13 che veniva dotato di motore a benzina. Questo mezzo poté entrare in linea soltanto nel 1943. 5) P.40. La necessità di un carro armato pesante era emersa da tempo. Il Generale Caracciolo, Ispettore Superiore dei Servizi Tecnici, nell'agosto 1940 chiedeva lo studio di un carro con obice da 75/18 e motore a gasolio (330 hp, velocità 40 km/h, peso circa 25 tonnellate). Il prototipo, dopo una difficoltosa messa a punto del motore che aveva subito diversi rallentamenti, poteva iniziare le prove soltanto nel novembre 1941. Il 17 gennaio 19421' Ansaldo informava il Presidente del Comitato Superiore Tecnico delle Armi e Munizioni presso il Ministero della Guerra che l' incidente, dovuto all'ostruzione di un tubo di lubrificazione del motore, che aveva rallentato la produzione, poteva ritenersi superato. Pertanto, il P 40, del peso di 26 tonnellate, con caratteristiche di protezione, armamento,82 autonomia e prestazioni in genere di massima superiori a quelle del corrispondente carro armato pesante tedesco PzKpfw IV Ausf. G, si rendeva disponibile soltanto nell' estate del 1943 per cui non faceva in tempo a entrru.·e in linea con l'esercito italiano, ma sarebbe stato utilizzato dalla Wermacht. 6) Semovente da 75/18. I semoventi venivano realizzati utilizzando gli scafi degli M 13/40 e M 14/41 sui quali venivano montate le bocche da fuoco da 7 5/18. «Il mezzo si rivelò di buona concezione e si può senz'altro affermare che è stato in senso assoluto il miglior mezzo corazzato italiano che abbia avuto impiego operativo durante la seconda guerra mondiale».83 7) P.43. L'esame dei nuovi carri tedeschi (Pantera e Tigre) e di quello russo T-34 aveva dimostrato come fossero necessarie, anche nella categoria dei caiTi pesanti, unità più celeri e con armi a lunga gittata (75/34 e 90/42). Pertanto, il Ministero della Guerra richiedeva nei primi mesi del 1943 lo studio di un P.43 (peso 30 tonnellate e velocità 35 km/h) mentre la produzione del precedente P.40 non era neppure iniziata.84 La scelta fra il Pkfw MK III tedesco e lo Skoda tardava ad arrivai·e e l'indecisione era accresciuta dalla prossima produzione Pkfw MK IV modificato nella corazzatura e nell'armamento. Si stabiliva, pertanto, di procedere con la maggior celerità possibile nella produzione del carro P.40 che, a causa dei bombru.·damenti subiti nel novembre 1942 dalla SPA, era rimasta pressoché ferma dalla fine di quell'anno.85 L'Ansaldo, nel frattempo, auspicava che il Ministero della Guerra prendesse una decisione definitiva, in modo da poter sottoporre al collaudo i primi esemplari entro la fine dell'anno stesso.86 La capacità produttiva del nuovo mezzo, però, era seriamente compromessa dai bombardamenti aerei subiti dalla città di Torino. Come già indicato, la SPA, fornitrice dei gruppi motopropulsori, era _stata colpita duramente e aveva potuto riprendere a lavorare, a ritmo ridotto per i carri M, e soltanto a11'inizio di aprile 1943 per i P.40. Ciò accadeva anche perché la situazione della SPA si era aggravata ulteriormente per quanto riguai·dava: 8;
ll modello definitivo, realizzato dall'Ansaldo e dalla SPA, era dotato di un cannone da 75/34 per consentire l'impiego contro carri simili di altri eserciti. s, F. Giuliani, Carro contro carro ... , op. cit., p. 68. 84 AUSSME, fondo Produzione bellica, relazione SPA del 5 gennaio 1941 , F. 16, 11/4, p. 5. 85 AUSSME, fondo Produzione bellica, relazione SPA del 5 gennaio I 941, F. 16, 11/4, p. 5. 86 FONDEITO, Archivio Rocca, Lettera n. AD 16/468 al Generale Ago del 17 gennaio 1942, Sez. 12, f. 24. 81 FONDEITO, Archivio Rocca, Lettera n. Seg. S.29/379 dell'Ansaldo a Ministero Guerra - Direzione Generale Motorizzazione del 2 aprile 1943, Sez. 12, f. 29, p. 2.
82
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- le parti affidate a lavorazioni esterne: numerosi subfornitori avevano avuto gli stabilimenti danneggiati, o addirittura distrutti, mentre molti erano stati. decentrati. Inoltre, trattandosi in genere di piccole aziende che non avevano scorta di materie prime e materiali di consumo, la loro produzione subiva continui arresti o cali dovuti ad una anche minima difficoltà di trasporto degli approvvigionamenti; - le parti di propria competenza: la penal izzazione derivava, infatti, dal mancato esonero dal servizio militare di disegnatori e operai specializzati addetti allo studio e fabbricazione delle attrezzature necessarie. Per alleviare tale pesante situazione deHe subforniture, d'accordo con la FIAT-SPA, si erano create nuove fonti di approvvigionamento di alcuni componenti, presso piccole aziende della Liguria; intervenendo, nel contempo, presso i subfornitori del Piemonte con prestiti di materie prime e materiali di consumo. Il modello definitivo del P.40, del peso di 26 T, sarebbe stato dotato di un cannone da 75/34 per consentire l'impiego contro carri similari di altri eserciti. A causa degli eventi bellici, neanche altri tipi di carri fecern in tempo a essere prodotti (carro pesante con corazza a piastre piane fortemente inclinate, il cosiddetto «sahariano», riproduzione dei carri tedeschi PzKpfw III88 e PzKpfw IV), o comunque a essere distribuiti ai reparti in quantitativi importanti, come i semoventi da 90/53 e da 105/25 . In particolare rirnase allo stato di «sogno» la riproduzione del carro tedesco PzKpfw IV89 , in quanto le trattative per la relativa convenzione furono bloccate dagli avvenimenti del settembre 1943 che vanificarono gli accordi preliminari. In Africa Settentrionale i carri avversari, con scafi e torrette di fusione (Sherman - USA), erano contrapposti agli M 13/40 italiani a piastre imbullonate nei quali le «lastre .. . a causa delle vibrazioni, si squilibravano tra di loro, rendendo più facile l'impatto, e trasformandosi all'occorrenza in altrettanti proiettili».90 Pertanto, alla battaglia di El Alamein, alla spropd zione numerica fra i due contendenti (VIII Armata di Montgomery, con 1.440 carri da combattimento oltre a un migliaio di scorta, contro i 540 carri dell'Asse , di cui 280 italiani tutti di tipo superato)9 1 si aggiungeva il divario tecnologico. «Ancora più schiacciante era la superiori tà inglese in termini qualitativi, poiché ai carri armati del tipo
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Considerata la diversa tecnologia dei carri italiani e di quelli tedeschi (specie dell'ultimo tipo, il Tigre - scafo otten uto per saldatura e g iunti a incastro e corazzatura sino a 120 mm, armato con il famoso pezzo da 88 mm) si stava valutando la possibilità che l' industria italiana riproducesse il PzKpfw IV tedesco. Infatti una commissione d i Ufficiali e tecnici tedeschi aveva visitato le acciaierie di Terni fissando come condizione che, in caso d i accordo , tecnici e maestranze italiane si sarebbero dovuti recare in Germania, non solo per prendere visione cli tutti i dettagli delle nuove lavorazioni ma, soprattutto , per addestrarsi in alcune speciali fasi di esse quali, per esempio, quelle riguardanti la costruzione dello scafo interamente saldato. Gli accordi preliminari con il Ministero della Guerra contemplavano una consegna di 150 ca1Ti al mese eia clest.inarsi per il 50% alla Germania e per il 50% all' Italia. In questo modo, ne lla previsione di una produzione mensile cli 150 carri, l'Ansaldo avreb be dovuto consegnare all 'Escrcito italiano 75 carri al mese, a partire da quattordici mesi dopo la cessione, da parte dei tedeschi, dei re lativi disegni. 89 Sul finire del 1942 si stava studiando la possibilità di un accordo fra Ministero della Guerra italiano e la casa Krupp per la riproduzione del carro PzKpfw IV eia parte dell'Ansaldo. La bozza del capitolato, alla quale tedeschi e italiani stavano lavorando ne ll 'agosto 1943, prevedeva la corresponsione cli 30 .000 .000 di marchi da parte ciel Ministero della Guerra quale equivalente per la licenza di riproduzione, e stabiliva anche: - la cessione sino al 50% della produzione mensile del PzKpfw TV dell'Ansaldo al Comando Supremo Germanico dell'Esercito; - la fornitura , da parte della Krupp, oltre ai disegni e quant'altro necessario alla riproduzione, di un esemplare, privo di munizioni e attrezzature ottiche, per motivi di studio . 90 E . Serra, Carristi dell'Ariete (fogli di diario: 1941-1942), ed iz . fuori commercio, Roma 1979, p. 50; cfr. anche L. Ceva A . Curami, La meccanizzazione ... , op. cit., Vol. l , p. 343. 9 ' B.H. Licldell Hart, Storia Militare della Seconda Guerra Mondiale, Mo11cladori , Verona 1974, p. 416.
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b ila, !-i '!' l 'U,,(,:; , l'in•tn::ierà
j)i~tr·o richiet:t:~ e in ::;u:tnto s :nt1.:. · r.c.:;:,!$!lnrio, 1~ di t.t:~ :'ticd . Krl;l?? :~J;t !.c:i.,.e::cll~c.:•, ,d ' t e l e d i u,, cl (\nc:1te neil • ~, li.<:.",:'<~~o ;1::: . 1 f'~:-:mno, ;,ru,;ontc, eiuncun:'\ pe;; v~\rte ~ u., :~lle c!.itto elcru:;:'.tc no ll ' ·~U.oe: ~to Jk,, .!, :i.a loro propr ie cot·,o ::;cenze ed es;n.:rion2c :i:i oerito ~tll:i coi;t!'ltzione Oql
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di .:.u.cJt.O :-.ccor clo. acn:;:t :>t·r,vi11 conv1.1n::i:mo :;>e:- i ::cri t 1.o c.:>l ~e •jitt e
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Bozza di accordo per la riproduzione, da parte del Governo italiano, del carro tedesco PzKpfw IV. (AUSSME, F. 16 11 /8)
Carro MIJ/39, sistema di costruzione a piastre imbullonate usata in Italia per la costruzione dei carriamUJti. (Proprietà Assenza)
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"Grant" si affiancavano ora in sempre maggior numero i più moderni e potenti carri "Sherman" in arrivo dall 'America»92 e ciò in aggiunta ai "Matilda". Era inevitabile che in Africa l'VIII Armata prevalesse in quello scontro finale del 4 novembre 1942 quando, alle 15,30 veniva lanciato l'ultimo comunicato radio italiano «Ariete circondata. Ariete combatte ancora», molti carri «continuavano a combattere ancora e furono eliminati uno alla volta durante la notte>> .93 In merito, si ritiene che la frase incisa sul cippo all'ingresso del sacrario italiano di El Alamein «MANCÒ LA FORTUNA, NON IL VALORE», andrebbe completata: oltre alla fortuna, mancò la tecnologia poiché il valore può fare ben poco contro un soverchiante divario tecnologico. In ogni caso, i tipi di carro che non fecero in tempo a entrare in linea (come il P.40) non avrebbero potuto più influire sulle sorti del conflitto. Anche Mussolini si era reso conto che il 1943 era 1'anno crnciale, tanto che in una riunione del 5 febbraio 1943 a Palazzo Venezia, aveva esordito dichiarando: «Il 1943 sarà militarmente decisivo: la guerra potrà durare anche oltre ma il destino sarà segnato».94 L'anonimo estensore di un diario annotava che nessuno aveva segnalato al Capo del Governo che purtroppo la situazione del 1943 era irrimediabilmente compromessa a causa della scarsa assegnazione di materiali nell'anno precedente. Infatti la produzione 1943 sarebbe andata avanti con i materiali assegnati nel 1942, mentre i materiali da assegnare nel 1943 sarebbero serviti per la produzione 1944.95 La produzione dei carri in Italia A partire dal 1940, l'Ansaldo, forte della sua posizione, aveva avanzato alcune proposte, per maggiorare la propria produzione realizzando nuove strutture nell 'area dello Stabilimento di Pozzuoli ,96 in aggiunta allo stabilimento Fossati di Genova allo scopo di: - consentire l'eventuale trasferimento della produzione dello Stabilimento Fossati, nel caso che questo venisse gravemente danneggiato da azioni nemiche; - aumentare la produzione; - seguire le direttive del Governo affinché le industrie del Nord-Italia agevolassero l'industrializzazione dell'Italia meridionale. In proposito vi è un fitto /carteggio che dimostra quanto tempo l'Ansaldo avesse dovuto attendere prima di ottenere il placet definitivo. 1) Nel febbraio del 1940 l'Ansaldo aveva avanzato una circostanziata proposta, respinta dal Ministero della Guerra che non prevedeva un aumento del fabbisogno di carri rispetto alle ordinazioni allora in corso.97 2) Il 20 agosto 1940 veniva presentata una nuova proposta, considerando che il vecchio stabilimento di Pozzuoli «radicalmente aggiornato o ricostruito, sta ora attrezzando il reparto fucinatura, stampaggio e trattamenti tennici - importantissimo per la costruzione dei carri - mentre le sue officine ed altre, che nella zona sta facendo sorgere l'I.R.I., assicurano le necessarie lavorazioni meccaniche.»98 Ovviamente
]bid.,p. 417. Dei 281 carri medi di cui disponeva l'Ariete prima dell'inizio della battaglia, soltanto sei riuscivano a salvarsi. Cfr. A. Petacco, L'armata nel deserto. Il segreto di El Alamein, Mondadori, Cles (TN), 2001, p. 21 l. 9 ° FONDEITO, Archivio Rocca, Pagine di diario ARO 1943 Produzione bellica= fatti e rilievi, Sez. 49, f. 5, p. 1. 95 Il ciclo fra assegnazione di materiale e produzione di mezzi durava almeno dieci mesi: - 2-4 mesi per ottenere i materiali dal momento dell'assegnazione, - 2 mesi fra l'uscita dei materiali dagli stabilimenti e la distribuzione ai reparti, - 6 mesi per la produzione. 9 <• Lo Stabilimento di Pozzuoli per la costruzione delle artiglierie (dotato di una linea ferroviaria interna, con uno sviluppo di 9 Km, e di un pontile per l'attracco di qualsiasi tipo di nave) era di proprietà dell' Amministrazione Militare che lo aveva rilevato nel 1925 dalla società inglese Armstrong, utilizzandolo in proprio sino al 1929, quando lo aveva concesso in affitto all'Ansaldo con contratto della durata di 12 anni. Cfr. FONDEITO, Fondo Rocca, Sez. 12, f. 44. 97 FONDEJTO, fondo Rocca, Sez. 12, f. 43 , Appunto Produzione Carri Armati, p. 2. 98 FONDEITO, fondo Rocca, Sez. 12, f. 43 , lettera cli Rocca a Socldu del 20 agosto 1943. 92
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la FIAT avrebbe continuato a fornire i gruppi motopropulsori mentre la S.l.A.C. o la Temi avrebbero assicurato le corazze, essendo gli unici stabilimenti che, all 'epoca, avevano saputo risolvere il problema. 3) Il 13 settembre dello stesso anno, il Sottosegretario di Stato, Generale Ubaldo Soddu , respingeva la richiesta poiché «le attuali possibilità di montaggio sono largamente sufficienti al bisogno e pertanto non sussiste oggi alcuna convenienza di realizzare un nuovo centro a Napoli».'J9 4) Nello stesso giorno Soddu scriveva amichevolmente anche all'ingegner Rocca, fautore del nuovo centro di Pozzuoli: «Ho considerato con la maggiore attenzione la tua proposta di costituire un nuovo centro di montaggio di carri armati a Napoli . Lo sviluppo di nuove costruzioni, di cui ebbi occasione di parlarti, ha subito in questi giorni, per superiore disposizione, una riduzione piuttosto sensibile. Ne deriva che le attuali possibilità di montaggio sono largamente sufficienti al bisogno e pertanto non sussiste oggi alcuna convenienza di realizzare un nuovo centro a Napoli.» 100 5) L'8 ottobre 1.940 l'Ansaldo inviava direttamente al Duce un promemoria che veniva annotato così dal Gabinetto del Ministero della Guerra: «Per costruzione carri armati occorre opera di stabilimenti vari a carattere indipendente: centri studi ed esperienze, produzione di motori (fabbriche automobilistiche) produzione di parti meccaniche (sospensioni, cingoli , ecc.) produzione di corazze, produzione di armi, produzione di strumenti ottici e radio. Attualmente si ha deficiente produzione di corazze (sola S.I.A.C., Temi in corso di attrezzatura), esuberante possibilità di montaggio (AnsaldoFossati-Spa). In sintesi : per l 'espletamento del programma da Voi ordinato (completamento di una massa di 3.000 carri) , e tenuto conto del ritmo produttivo di corazze e della disponibilità cli materie prime, non v'è bisogno di nuovi stabilimenti di montaggio. Pertanto la proposta dell' Ansaldo è stata declinata, e lo stabilimento non si farà né a Napoli né altrove.» 101 Questo atteggiamento da patte militare era da attribuirsi alla supposizione che la produzione delle corazze non potesse essere ulteriormente incrementata e pertanto non consentisse un aumento della produzione dei carri. 102 6) Nell'ottobre 1940 il Ministero delle Finanze - interessato dall 'Ansaldo - aveva fatto presente al Duce come le Acciaierie di Terni e la S.l.A.C., contrariamente a quanto creduto dal Ministero della Guerra, fossero in grado di aumentare la loro produzione di corazze, e pertanto risultava possibile la realizzazione del nuovo Centro Montaggio carri proposto per Pozzuoli. 103 Conseguentemente, il 28 ottobre 1940 il Duce invitava il Sottosegretario Soddu a mettersi in contatto con il Ministro delle Finanze Tbaon di Revel , come risulta da una lettera che portava un appunto autografo del Ministro con l'annotazione «Visto dal Duce; desidera che il centro montaggio di Napoli sia realizzato.»' 04 7) L'Ansaldo, cli conseguenza, richiedeva a Fabbrìguerra i materiali siderurgici occorrenti per l'impianto, ma la Direzione Generale della Motorizzazione si opponeva comunicando a Fabbriguerra di non ritenere necessaria la costruzione del secondo Centro di Pozzuoli. Pertanto la sua costruzione non veniva iniziata, contrariamente al desiderio espresso dal Duce. 105 8) Il 24 novembre 1940 la Direzione Generale della Motorizzazione del Ministero della Guerra precisava ali' Ansaldo: «Interessa a questo Ministero che la produzione dei carri armati sia spinta al massimo e pertanto ogni provvedimento tendente a tale scopo ottiene l'approvazione della scrivente Direzione Generale ... Poiché disposizioni superiori hanno autorizzato codesta Ditta a realizzare nella zona di Napoli un nuovo Stabilimento, si gradirà conoscere qualì parti dei carri am1ati verranno costruite in eletto Stabilimento, tenendo presente che maggiormente interessa la produzione delle corazze.>>'06
fondo Rocca, Sez. 12, f. 43, Produzione Carri Armati, p. 2. Lettera di Soddu a Rocca del 13 settembre 1940, in L. Ceva - A. Curami , La meccanizzazione ... , op. cit., Voi. I, p. 296. 101 FONDEJTO, fondo Rocca, Sez. 12, f . 43, Promemoria s. n. del Ministero della Guerra per il Duce dell'8 ottobre 1940. '" 2 FONDEITO, fondo Rocca, Sez. 12, f. 65, Lettera Seg. S. 28/15 alla Direz. Gen. Motorizzazione del 27 ottobre 1941. 103 FONDEITO, fondo Rocca, Sez. 12, I'. 43 , Appunto s. n. Produzione carri armati, p. 2 . 104 FONDEITO, fondo Rocca, Sez. 12, f. 43, Appu11to s. n. Produzione carri armati, p. 2. 105 FONDEITO , fondo Rocca, Sez. 12, f. 43, Appunto s. n. Produzione carri armati, p. 2. 10 '' FONDEITO, fondo Rocca, Sez. 12, f. 62, lettera della Direz. Gen. Motorizzazione ali' Ansaldo del 24 novembre 1940.
<;9
I'ON DElTO,
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9) Il 5 dicembre 1940 l'Ansaldo rispondeva alla Direzione Generale della Motorizzazione di non aver ricevuto in merito « ... ufficialmente alcuna disposizione superiore che ci autorizzasse a realizzare nella zona di Napoli un nuovo stabilimento per carri armati, e che pertanto non essendoci noto il fine che le Superiori Autorità si proponevano di conseguire, non eravamo in grado di precisare quanto richiestoci.» 10ì 10) L'Ansaldo, approfittando del fatto che il Sottosegretario di Stato Soddu era stato avvicendato dal Generale Guzzoni, soJlecitava quest'ultimo affinché autorizzasse la costruzione, con l'appoggio in tale azione dall'I.R.I. 108 11) Il 7 maggio 1941 l'Ansaldo (che apparteneva al Gruppo I.R.I.), anziché affrontare nuovamente in modo diretto le Autorità militari cercava di aggirare l'ostacolo rivolgendosi al Presidente dell'I.R.I. sollecitando « ... il Vostro autorevole appoggio presso l'Eccellenza il Sottosegretario per le Fabbricazioni di Guerra, nella fiducia che si possano ottenere le necessarie autorizzazioni ed iniziare i lavori a Pozzuoli.» 109 La lettera, nel rifare l'annosa storia della «pratica Pozzuoli» metteva in risalto i pareri che si erano accavallati, per cui era facile conc1udere: «Tutte queste contraddizioni ci inducono ad insistere, con sicura coscienza di fare cosa utile al Paese, per la costruzione del centro di Pozzuoli ... nella convinzione che questa è la soluzione più semplice, più efficiente ed economica per sviluppare la produzione dei carri armati.» 1w 12) Il 15 maggio 1941 ( 15 mesi dopo la proposta iniziale dell'Ansaldo) il Ministro delle Finanze Thaon di Revel presentava un nuovo promemoria al Duce che lo passava agli Organi tecnici del Ministero della Guerra. Quest'ultimo confermava il precedente parere negativo specificando che «ragioni di indole varia consigliano di non considerare per il momento la creazione di alcun nuovo Centro di produzione di carri armati.» 111 13) Il 22 luglio 1941 l'Amministratore Delegato Rocca scriveva al Generale Favagrossa, Sottosegretario di Stato per le fabbricazioni di Guerra, segnalando il manifestarsi di nuove esigenze dell 'Ansaldo dovute al sovrapporsi della produzione delle artiglierie che: - provocava l'arrivo contemporaneo di singoli elementi da parte dei subfornitori; - imponeva il contemporaneo montaggio di un maggior numero di calibri; - richiedeva, di conseguenza, la disponibilità di maggiori spazi coperti al momento non disponibili. Al prevedibile intasamento non sarebbero rimasti estranei i carri armati, in considerazione della prevista intensificazione della loro produzione. Rocca concludeva: «Vi confermo la mia assoluta convinzione sulla necessità inderogabile dello sviluppo dello Stabilimento di Pozzuoli, quale soluzione più efficiente, più rapida e più economica (agli effetti del consumo dei materiali e del loro razionale impiego) per i problemi sopra accennati.» 112 Favagrossa non sembrava contrario alla «soluzione Pozzuoli» a condizione che l'autorizzazione alla costruzione dello stabilimento venisse subordinata alla concessione di acciaio tedesco anziché nazionale. 14) Il 21 agosto 1941 il nuovo Capo di S. M., Generale Cavallero, al quale l'Ansaldo, non intendendo demordere aveva ripresentata la proposta, dava ordine verbale al Ministero della Guerra e a Fabbrigue1rn di autorizzare l'impianto. 15) L'8 ottobre 1941 il Ministero delle Corporazioni concedeva l'autorizzazione ufficiale, Fabbriguerra accordava i materiali nel corso del 1942 e 1943, cosicché nel luglio 1943 l'impianto era in condizioni dì poter iniziare le prime lavorazioni.
fondo Rocca, Sez. 12, f. 39, p. 3, lettera cli Rocca a Giordani del 7 maggio 1941. A. Rocca, Sez. 12, f. 43, Appunto s.n. Produzione dei carri armati del 4 novembre 1943, p. 2. Rocca, Sez. 12, f. 39, p. 1, lettera di Rocca a Giordani del 7 maggio 1941. Rocca, Sez. 12, f. 39, p. 5, lettera di Rocca a Giordani del 7 maggio 1941. Rocca, Sez. 12, f. 43,Appunto s. n. Produzione carri armati, p. 2. 11 2 FONDETTO, fondo Rocca, Sez. 12, lettera AD.15/294 di Rocca a Favagrossa del 22 luglio 1941. w, FONDEITO,
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FONDEITO, fondo 109 FONDEITO, fondo 11 °FONDEITO, fondo 11 1 FONDEITO, fondo
108
Ci si è di1ungati sulla «vicenda Pozzuoli», durata ben 19 mesi, per mettere in risalto alcune contraddizioni e due fatti, quanto meno, paradossali per il clima di quel1 'epoca: - un organo de] Ministero della Guen-a (Direzione Generale della Motorizzazione) dava per risolta la pratica e impartiva disposizioni per la realizzazione delle necessarie infrastrutture, mentre la pratica stessa, invece, era ancora in itinere, tanto da far rispondere all'Ansaldo di non aver ricevuto ancora alcuna «disposizione superiore» e di non essere, perciò, in grado di fornire glielementi richiesti da quella Direzione. - otto mesi dopo l'avvio della pratica, quando il Duce verbalmente aveva già espresso la decisione sulla sua costruzione, un altro organo (Fabbriguen-a) esprimeva parere contrario vanificando un ordine del Duce che doveva aspettare ancora un anno per vederne l'attuazione. Tutto ciò si può spiegare soltanto con la polverizzazione delle responsabilità e con le attribuzioni profondamente diverse ricevute dall'Organo preposto all'approvvigionamento delle armi e munizioni, rispetto a quelle che l'organismo con-ispondente aveva ricevuto durante la guerra 1915-1918. Su questo aspetto particolare delle disfunzioni si ritornerà nel Capitolo 46, «I1 COGEFAG». Questo insieme di avvenimenti fa sorgere un intenogativo, ovvero se, e in quale misura, essi abbiano rallentato la produzione dei carri. Per questo è opportuno rivedere alcuni fatti. - Il 30 ottobre 1939 l'Amministratore Delegato dell'Ansaldo, scriveva al Sottosegretario di Stato Generale Pariani, che a partire dal luglio 1940 sarebbe stato possibile fare affidamento su una produzione mensile di 15 carri armati presso lo stabilimento Fossati di Genova, elevabile a 30 unità a partire dalla fine del 1940; subordinata, comunque, alla tempestiva disponibilità delle materie prime. L'unica difficoltà che permaneva era quella relativa alla produzione delle lamiere-scudo; problema ancora allo studio. 113 Il 28 maggio 1940 l'Amministratore dell'Ansaldo, Rocca, scriveva al Sottosegretario di Stato per le Fabbricazioni di Guerra, Favagrossa: «In occasione della visita che abbiamo avuto 1'onore di fare al Duce il 25 c01rente ci è stato raccomandato di fare ogni sforzo per anticipare la consegna dei cani annati»; 114 sollecitazione che collimava con l'affermazione della Direzione Generale della Motorizzazione del Ministero del1a Gue1Ta la quale, come già visto, precisava che «Interessa a questo Ministero che la produzione dei carri armati sia spinta al massimo e pertanto ogni provvedimento tendente a tale scopo ottiene l'approvazione della scrivente Direzione Generale.» 11 5 Inevitabilmente, gli studi e la produzione dei tipi ormai omologati subivano dei ritardi a causa di studi di nuovi prototipi richiesti da11o Stato Maggiore che, però, non davano luogo ad alcuna produzione poiché i mezzi stessi erano già ampiamente superati né erano più ritenuti necessari dagli Enti di impiego. Emblematico il caso delle cingolette per esplorazione, fatte studiare e costruire nel periodo luglio-ottobre 1941. Nel settembre 1942, per i due modelli da 4 e 5 tonnellate, con due diverse motorizzazioni (che avevano richiesto prove, trasformazioni, varianti), veniva inoltrata una richiesta affinché venissero compiuti ulteriori studi con il motore della Lancia Astura e con i gruppi del carro Lince (di produzione Lancia) non ancora entrato in produzione all'8 settembre del 1943 .116 Alla data del 26 aprile 1943, in ogni caso, la situazione del1e ordinazioni all'Ansaldo risultava come riepilogata nella Tabel1a VII. 111
113
FONDEITO, fondo Rocca, Sez. 12, f. 5, lettera di Rocca a Pariani del 30 ottobre 1939.
114FONDEITO, fondo Rocca, Sez. 12, f. 47, lettera dell ' Amministratore Delegato deU' Ansaldo a Favagrossa del 28 maggio 1940. 115
FONDEITO, fondo Rocca, Sez. 12, f. 62, letter.a della Direz. Gen. Motorizzazione all'Ansaldo del 24 novembre 1940.
116
AUSSME,
117
FONDEITO, fondo Rocca, Sez. 12,
fondo Produzione bellica, relazione SPA del 5 gennaio 1941, F. 16, 11/4, p. 6. f. 30, lettera alla Direz. Gen. Motorizzazione del Ministero della Guerra del 26 aprile
1943, p. 1.
109
Tabella VII TIPO
CARRI ORDINATI O CARRI CARRI CARRI DA COSTRUIRE INCORSO DI COSTRUITI ANNULLATI NEL 1944 A SALDO DI ORDINAZIONE ENTRO 1943 ORDINAZIONI M.42 280 220 -60 75/18 su M.42 293 -205 88 75/34 su M.42 175 -175 -75/34 su M.42 105 su M.43 c. c. do. su M. 42 c.mun. su M. 42
175 200
98 200
---
--
186
138
--
48
36 1.345
--
36 184
--
1.036
77
125
Dalla tabella risultava l'annullamento di ben 184 veicoli e la sospensione della produzione dei semoventi da 7 5/18 allo scopo di poter accelerare quella dei carri comando cli cui era sentita la necessità. A saldo delle ordinazioni 1icevute sarebbero rimasti da consegnare, nel 1944, soltanto 125 carri e ciò stà a significare che le vicissitudini burocratiche dello stabilimento da realizzare a Pozzuoli non avevano inciso sulla produzione totale. È da rilevare, invece , che gli annullamenti delle ordinazioni intervenivano quando alcune lavorazioni erano già in corso, allorché era stata già predisposta la costruzione degli scafi, tanto da far lamentare all'Ansaldo un residuo <<che 1iteniamo si aggirerà su un centinaio di scafi (materiale lavorato non ancora montato) dovrà essere passato a rottame insieme alle 60 torrette dei carri nonnali annullati.» 11 8 Riguardo alla politica industriale questa indecisione metteva in luce che il Ministero del]a Guerra, anziché precisare su quale produzione mensile si sarebbe dovuta stabilizzare la consegna di carri, procedeva «disordinatamente senza un programma stabilito; le ordinazioni dei carri M.13 furono per: - 400 unità nel novembre 1939, - 241 nel marzo 1940, - 500 nell'agosto 1940, - 400 nel febbraio 1941» .)19 L'ingegner Rocca metteva in .risalto un contrasto anche nena politica delle commesse: mentre la lettera del Generale Soddu del settembre 1940 preannunciava una riduzione dei programmi, nella primavera del 1941 si diffondeva la sensazione che il Ministero della Guerra stesse cercando le ditte che volessero concorrere alla produzione di cmTi armati. J1 «duopolio» Ansaldo-FIAT e la sua difesa da parte dell'Ansaldo
In Italia, la totalità delle commesse dei carri armati era assorbita da Ansaldo e FIAT. In particolare: 120 - la FIAT provvedeva alla completa fabbricazione dei gruppi motopropulsori (motori, radiatori, cambi di velocità, gruppi di sterzo, ecc.); - l'Ansaldo forniva gli scafi corazzati, gli organi di propulsione esterna (cingoli, sospensioni, ruote motrici, ecc.) l'armamento, sistemazione degli apparati ottici, radio, ecc.
118
FONDEJTO ,
fondo Rocca, Sez.12, f. 30, lettera alla Direz. Gen. Motorizzazione del Ministero della Guerra del 26 aprile
1943,p.2. fondo Rocca, Sez. 12, f. 39, lettera di Rocca a Presidente dell ' I.R.l. Giordani , p. 5 del 7 maggio 1941. Rocca, Sez. 12, f. 17, lettera di Rocca ad Odero-Terni-Orlando del 1° ottobre 194 I.
11 9
FONDEITO,
120
FONDEITO, fondo
110
Presso l'Ansaldo, inoltre, venivano effettuati i collaudi su strada e fuori strada, di tiro per l'installazione delle armi, apparecchi ottici, ecc., per cui i carri venivano completati dalla Ansaldo e consegnati direttamente ai reparti pronti per l'impiego. Su queste basi le due Aziende si erano divise i compiti in modo da perseguire la rispettiva specializzazione e i più elevati rendimenti della produzione, sfruttando anche la collaborazione di numerosi fornitori. Tuttavia, qualcosa si stava muovendo contro il <<duopolio» Ansaldo-FIAT. Nel 1941 erano stati presi contatti con i tedeschi per costruire, per conto degli stessi, parti del carro Pzkpfw III. In merito, il Capo di S. M. Generale, Cavallero, aveva autorizzato il prof. Valletta a portare avanti le trattative con i tedeschi per la costruzione del carro Pzkpfw UI da parte dell' Ansaldo-FIAT. Peraltro, da una pagina del diario di Cavallero risultano ingerenze di altre ditte. «Ho telefonato a Berlino. 12 1 Mentre la FIAT faceva i suoi passi incoraggiata da noi, gli stessi passi li stava facendo un'altra ditta.» L' «altra ditta», come appare da un successivo appunto di Cavallero, era la Breda. Probabilmente cìò evidenziava «l'inopportunità di affidare al solito monopolio trattative ed acquisti che non riguardavano interessi privati bensì la nazione intera per di più impegnata in una difficilissima guerra.» 122 Per questo motivo 1' Addetto militare a Berlino, Generale Efisio Marras, riceveva da Cavallero «l'ordine di segnalare tutte le ingerenze. Le ditte devono fare capo al Comando Supremo.» 123 A differenza della Breda che si era mossa clandestinamente, altre ditte erano supportate direttamente dal Ministero della Guerra. Nel 1941 infatti, l'ingegner Rocca scriveva: « ... Mentre noi riceviamo ostinatamente dei rifiuti [per la costruzione del centro di Pozzuoli], da parte di qualche settore del Ministero della Guerra si stanno facendo programmi per ottenere che altre ditte si attrezzino per la fabbricazione di carri armati (Tecnomasio Brown Boveri - Savigliano - Reggiane - Lancia) ... ». 124 Gli industriali interpretavano questa politica del Ministero della Guerra come un provvedimento per far fronte, in modo rapido ed economico, a un'eventuale esigenza di aumentare la produzione di carri armati. E ancora, sul finire del 1941, nell'ambito dell'I.R.I. si costituiva un gruppo Terni-0.T.0.-Alfa Romeo 125 per la costruzione di carri armati, senza che l'Ansaldo ne fosse stata preventivamente informata. Questa mossa, secondo l'Ansaldo, risultava in contrasto con la disposizione interna dell'Istituto secondo la quale, allorché un'azienda del gruppo intendesse iniziare una produzione già effettuata da un'altra, aveva il dovere di concordare con quest'ultima eventuali intese, allo scopo di mettere a fattor comune l'esperienza già acquisita. Pertanto, l'Ansaldo prendeva posizione contro il ventilato nuovo consorzio, prospettando come,« ... anche nell'ipotesi più favorevole, occorrerebbero almeno due anni prima che la produzione O.T.O. potesse raggiungere livelli paragonabili ai nostrÌ.?> 126 La casa ligure partiva dalla considerazione che l'apporto dell'Ansaldo sarebbe stato immediato, mentre invece per quello della O.T.O. si sarebbe dovuto aspettare la creazione di un nuovo centro di produzione, cioè «a scadenza relativamente lunga e con sperpero di energie e mezzi». 12ì In sostanza, venivano a scontrarsi due proposte per risolvere il problema depa produzione di carri armati: - la O .T.O. tendeva a creare immed iatamente un nuovo centro di produzione di carri armati completi, utilizzando anche la collaborazione di Alfa Romeo, Terni e San Giorgio; - l'Ansaldo mirava, invece, a far affluire ai centri di produzione già in atto o in allestimento (ritenuti capaci ancora di larghe possibilità di sviluppo) le parti lavorate anche da terzi, in modo da aumentare rapidamente la produzione, valorizzando e potenziando le specializzazioni acquisite.
121
L. Ceva - A. Curami, La meccanizzazione ... , op. cit., Vol. I, p. 364.
122
Ibid., p. 365. Ibid. 12• FONDEITO, fondo Rocca, Sez. 12, f. 39, lettera di Rocca a Presidente dell'I.R.l. Giordani, p. 4 del 7 maggio 1941; cfr. anche L. Ceva -A. Curami, La meccanizzazione ... , op. cit., Vol. I, p. 346. 125 FONDEITO, fondo Rocca, Sez. 12, f. 64, lettera di Rocca alla Direz. Gen. dell'I.R.l. del 7 ottobre 1941. 126 FONDEITO, fondo Rocca, Sez. 12, f. 64, lettera di Rocca alla Direz. Gen. dell'I.R.l. del 7 ottobre 1941, p. 2.
121
111
In questa ottica la O .T.O. avrebbe dovuto concorrere alla produzione dei carri dell'Ansaldo, fornendo parti meccaniche (lavorazione a caldo e stampaggio, fucinatura e trattamenti termici) per le quali essa avrebbe potuto impiegare tutte le attrezzature destinate alle artiglierie, considerando che per il successivo 1942 era previsto l'arresto della produzione essendosi completate le commesse. L'Ansaldo, pertanto, nell'ottobre 1941 offriva ufficialmente alla O.T.O. la possibilità di collaborare alla produzione del carro tedesco PzKpfw IV di cui si prevedeva l'inizio della lavorazione a partire della primavera 1942. 128 Ma tra gli Amministratori Delegati dei due Gruppi (Rocca dell'Ansaldo e Ciano della Odero-Terni-Orlando), per quanto il 4 ottobre quello della 0.T.0. si dimostrasse ancora favorevole a un incontro per chiarire i dettagli della produzione proposta, si instaurava una diatriba: - l'Ansaldo sosteneva che la conco1rente aveva presentato al Ministero della Guerra proposte di non pratica attuazione; 129 - la O .T.O . accusava la Casa ligure di essersi adoperata presso il Ministero della Guerra per contrastare la proposta del Gruppo Alfa Romeo-Terni-San Giorgio e di relegare tale gruppo soltanto alla fornitura di parti meccaniche nella considerazione che .questa avrebbe consentito soltanto vantaggi limitati e, comunque, molto differiti nel tempo. 130 In conclusione, l' 11 ottobre la O .T.O. respingeva l'offerta dell'Ansaldo con una lettera che terminava velenosamente sostenendo che, il R. Esercito «essendo proprietario dei brevetti, può perfettamente disporre che, mentre l'Ansaldo costruisce per la Germania e per il Regio Esercito il nostro Gruppo possa costruire, per il Governo italiano, quel numero di carri che il Governo italiano crederà_necessario di doverci affidare.» 131• 132 L'Ansaldo, comunque, non demordeva e agiva secondo queste strategie: 133 a) propagandare la propria buona fede, poiché la proposta avanzata non derivava da interessi aziendali, bensì era «basata sulla esatta conoscenza del problema, ed ispirata soltanto dal vivo desiderio di conseguire la massima efficienza produttiva in questo settore di tanta importanza per la Difesa Nazionale .» b) continuare a caldeggiare la propria proposta presso la Direzione Generale della Motorizzazione del Ministero della Guerra, insinuando nel contempo dubbi sull'efficienza e sull'operato della O.T.O. («L'apporto O.T.O. sarebbe limitato alle lavorazioni degli Stabilimenti di Spezia e dell'Alfa Romeo, dato che il maggior contributo della Temi e della San Giorgio è completamente indipendente dalla costituzione o meno di un nuovo centro e dipende soltanto dal numero complessivo dei carri da costruire, senza alcun riferimento alla ubicazione dei centri di montaggio.>>) c) protestare con la Direzione Generale dell'I.R.I. che il consorzio ipotizzato fosse stato realizzato in contrasto con l'accordo che prevedeva come obbligatoria l'informazione da parte di un'azienda del gruppo allorché intendesse iniziare una produzione già effettuata da un'altra. 134 Come sempre questa protesta era «ispirata esclusivamente all'interesse generale della Difesa, nonché ad un sano spirito industriale, nella ricerca dei più elevati rendimenti.» 135 Era però chiaro che l'Ansaldo, sia durante la grande guerra , sia nel secondo conflitto, era preoccupata che Ditte concorrenti, a seguito dello sviluppo assunto durante il periodo bellico, la potessero poi minacciare, a guerra finita, quando sarebbero venute meno le grosse commesse dello Stato.
121
FONDEITO, fondo Rocca, Sez. 12, f. 65, lettera di Rocca alla Direz. Gen. della Motorizzazione del 27 ottobre 1941. FONDEITO, fondo Rocca, Sez. 12, f . 17, lettera di Rocca alJ 'Amministratore Delegato della O .T.0. Arturo Ciano del 1° ottobre 1941. 129 FONDEITO, fondo Rocca, Sez. 12, f. 23, lettera di Arturo Ciano all'Ansaldo del 18 ottobre 1941. 13 FONDEITO, fondo Rocca, Sez. 12, f. 20, lettera di Arturo Ciano a Rocca dell' 11 ottobre 1941. 128
°
13 1
G. Marietti, Armando Diaz, Paravia, Torino 1933, p. 50; cfr. anche A. Lumbroso, Cinque capi nella tormenta e dopo: Cadorna, Diaz, Emanuele Filiberto, Giardino, Thaon di Revel visti da vicino,Agnelli, Milano 1932, pp. 96 e segg.; cfr anche S. Cilibrizzi, Storia Parlamentare e Diplomatica d 'ltalia, Tosi, Roma ] 948,Vol. VII, p. 174. m FONDElTO, fondo Rocca, Sez. 12, f. 65, f. 20, lettera di Arturo Ciano a Rocca dell' 11 ottobre 1941. in FONDEITO, fondo Rocca, Sez. 12, f. 65 , lettera dì Rocca alla Direz. Gen. della Motorizzazione del 27 ottobre 1941. 134 FONDEITO, Archivio Rocca, Lettera all'I.R.I. n. AD 16/103 del 7 ottobre 1941 , Sez. 12, f. 64. 135 FONDEITO, Archivio Rocca, Lettera all'T.R.I. n. AD 16/103 del 7 ottobre I 941 , Sez. 12, f. 64, p. 3.
112
Capitolo 5
IL TRAINO DELLE ARTIGLIERIE PASSAVA DAL CAVALLO AL CAVALLO-VAPORE
L'idea di provvedere al traino meccanico delle artiglierie di grosso calibro aveva preso corpo già nel 1913 , ma l'esigenza di metterlo in atto per tutte le artiglier.ie del parco d'assedio 1 venne affrontata prima dell'agosto 1914, quando furono effettuati esperimenti per la definizione della trattrice idonea al traino della bocca da fuoco da 260 della Schneider.2 Era così superata la fase del traino a braccia. A fine aprile 1913 il Ministro della Gue1Ta Spingardi aveva scritto una lunga lettera a Giolitti sulle esigenze deil 'Esercito, rimaste sino allora insoddisfatte sia nella parte ordinaria sia in quella straordinaria. Fra le necessità che riguardavano quest'ultima, emergeva anche quella di rafforzare il parco d'assedio attraverso la costituzione di alcune batterie di artiglierie e mortai di grosso calibro e, di conseguenza, si presentava il problema del loro traino. «Per dare ai mezzi di cui già disponiamo, o di cui disporremo presto, la necessaria efficienza, occorre creare ancora alcune batterie di cannoni e mortai di grosso calibro, gli uni per colpire di lancio le opere, gli altri per sfondare le coperture corazzate. Inoltre occorre provvedere adeguati mezzi per il traino meccanico di tali pesantissime batterie e del munizionamento , nonché i mezzi ausiliari per il loro funzionamento; cose tutte, come ben vedi, che non si possono improvvisare in caso di mobilitazione, ma che richiedono invece una lunga, minuziosa, difficile preparazione, sia in fatto di materiali sia in fatto di personale.»3 Il Ministero della Guerra, perciò, incaricava l'Ispettorato Generale d'Artiglieria di condurre gli studi del caso e, ricevute «le varie relazioni sopra gli studi e gli esperimenti per la trazione meccanica di cui trattasi e le relative proposte, fu disposto in data 22 settembre 1914, di adottare due speciali tipi di trattrici,4 uno più potente per il traino dei materiali da 280, l'altro meno potente per il traino dei materiali più leggeri»:' Il Direttore Generale di Artiglieria e Genio Dallolio pertanto, autorizzava trattative dirette con la FIAT per l'allestimento di un prototipo, e in linea subordinata con la Zust, qualora le richieste della FIAT fossero state troppo esose.6 Con 1'occasione veniva richiesto di conoscere il prezzo dei mezzi successivi al prototipo, che sarebbero stati ordinati per una prevedibile fornitura dai 100 ai 220 mezzi, e :il tempo necessario sia per la consegna del prototipo, sia dei mezzi che l'Amministrazione militare avrebbe successivamente commissionato a prove ultimate.All'Arsenale di Torino, inoltre, veniva affidato l'incarico di fornire alla FIAT le specifiche tecniche necessarie per la costruzione di un «carro rimorchio».
Si intendeva per parco d'assedio la complessa organizzazione di aiiiglierie cli medio e cli grosso calibro, destinate a entrare .i n funzione nell ' attacco contro le fortificazioni permanenti. 2 A. Pugnani, Storia della Motorizzazione ..., op. cit., p. 82. 3 MCRR, fondo Dallolio, b. 945, f. 5, l. 3, p. 5, Lettera di Spingarcli a Giolitti in data 29 aprile 1913. • Le trattrici erano così suddivise: - trattrici: «macchine automotrici destinate essenzialmente al rimorchio di grnssi pesi, indivisibili o no, su ruote proprie e caricati su carri rimorchio specialmente costruiti pel traino meccanico o su carri regolamentari opportunamente adattati al traino stesso)); - trattrici ausiliarie: «macchine automotrici destinate quale ausilio di manovra per facilitare il transito su terreno molle o per superare tratti collinosi di terreno naturale a forti pendenze, difficilmente percorribili o superabil i da altri tipi cli trattrici .» Le trattrici ausiliarie Pavesi-Tolotti con ruote a palette andavano distribuite nel seguente modo: l per ogni gruppo di batterie da 149° A. e G., di obici e di mortai da 210; 1 per ognuna delle 6 batt. da 260; 1 per ognuna de.Ile 7 batterie da 280 . Cfr. MCRR, fondo Dallolio, b. 950 , f. 9, l. 16, p. 2, Memoria circa i mezzi ed il modo col quale dovrà essere effettuato il traino meccanico delle batterie del Parco di Assedio, [senza data]. ; MCRR, fondo Dallolio, b. 950, f. 9, l. 11, p. l, Relazione senza n. per il Ministro, [datata 29 aprile 1913]. 6 MCRR, fondo Dallolio, b. 950 , f. 9, l. 2 , p. 1, Lettera n. 28.259 del 22 settembre 1914. 1
113
Prove di traino del mortaio 260 Schneider con autocarro FIAT tipo I 6 militare munito di verricello effettuate nel I 912. (Proprietà Archivio Storico FIAT)
Traino a mano di un pezzo su Col Moschin. (Proprietà Museo Storico Ili Armata)
114
Trattrice 20 B 1915. (Proprietà Archivio Storico FIAT)
Questi prototipi preludevano all'adozione di: 7 una trattrice a due ruote motrici, con i cerchioni di gomma anziché in ferro (come era stato progettato inizialmente dall'Arsenale di Torino), da adibire al traino delle nuove batterie di cannoni da 149 Krupp e dei mortai da 210; una trattrice a quattro ruote motrici e direttrici, pure con cerchioni di gomma, per il traino dei materiali più pesanti da 260; un carro rimorchio «semplice, leggero - tanto quanto è compatibile col peso da trasportare - e robusto: non dovrebbe discostarsi molto dagli ordinari carri trasporto da rinforzarsi opportunamente per resistere al tormento del traino meccanico». Le prove effettuate avevano dimostrato ·che, sia le trattrici FIAT, sia le Pavesi-Tolotti, erano in grado di trainare su strade ordinarie, con pendenze fino al 14% e 15%, due e perfino tre rimorchi del peso complessivo di 13 tonnellate.8 Tale possibilità presentava il vantaggio di ridurre drasticamente l'impiego di camion. In merito ai camion, il primo gennaio 1915, Zupelli, allora Ministro della Guerra, comunicava all'Ispettorato Generale di Artiglieria d'aver ordinato al Comando del Corpo di S. M. l'acquisto di 400 autocarri medi «per sostituire la trazione meccanica a quella animale nei parchi d'artiglie1ia dei Corpi d'Armata» .9 La lettera metteva in risalto il vantaggio che si sarebbe ottenuto nell'economia dei cavalli, ma
Dallolio, b. 950, f . 9, l. 3, p. l, Lettera n. 28.259 del 22 settembre 1914. fondo Dallolio, b. 950, f. 9, l. 16, p. 6, Memoria circa i mezzi ed il modo col quale dovrà essere effettuato il traino meccanico delle batterie del Parco di Assedio, senza data. 9 MCRR, fondo Dallolio, b. 950, f. 9, l. 3, p. 1, Lettera s.n. per il Ministro datata 1° gennaio 1915. 7
MCRR, fondo
8
MCRR,
115
Trattrice 20 B 1917. (Proprietà Archivio Storico FIAT)
/
Trattrice FIAT Tipo 20. (Proprietà Museo Storico 111 Armata)
116
Trattrice FlATTipo 301916. (Proprietà Museo Storico lll Armata)
-Traino meccanico del cannone da 105-28 con trattrice Pavesi. (Proprietà Museo Storico lll Armata)
117
contemporaneamente proponeva di mantenere in vita il doppio sistema di traino (meccanico e animale) evidenziando la «possibilità di valersi del carreggio che si renderà disponibile per la costituzione ne1la colonna munizioni delle sezioni per 1'artiglie1ia corrispondente ai nuovi gruppi dei Reggimenti di Artiglieria da campagna». Dopo due settimane, il Capo del Reparto d'Intendenza del Corpo di S. M., Generale Morrone, faceva il punto della situazione dei camion (commissionati anche alla Ditta Industrie Metallurgiche di Torino e alle Officine Meccaniche Reggiane) che complessivamente assommavano a 112 autocarri tipo 18 BL, della portata di 3 .500 Kg, per le Sezioni d'Artiglieria da 149; e 400 del tipo FIAT 18 P, della portata di 2.500 Kg, idonei al transito sui ponti militari degli equipaggi da ponte, per i parchi di Artiglieria. I termini previsti per la consegna, concordati con la ditta costruttrice, erano al 31 maggio 1915 per i primi 50, mentre i restanti sarebbero stati consegnati con cadenza mensile entro il 15 luglio. 10 Per quanto alle trattrici, invece, il 26 dicembre 1914 ne venivano commissionate alla FIAT 100 tipo 20 e 70 tipo 30. Contemporaneamente si svolgevano le pratiche per dotare il parco di un altro tipo di trattrice.11 È appena il caso di sottolineare che, a pochi mesi dall'inizio del conflitto, l'avvio del programma di traino meccanico delle artiglierie manteneva in vita, almeno parzialmente, quello ordinario «sul quale invece è necessario fare assegnamento, specialmente per i movimenti delle batterie dei calibri minori in determinate condizioni di terreno>> .12 Complessivamente, per il traino meccanico delle artiglierie venivano impegnati i fondi come da Tabella VIII. 13
Tabella VIII TIPO DI MEZZO Trattrici FIAT Trattrici Pavesi-Tolotti Carri rimorchio Attacchi Fanaleria, parti ricambio, ecc. TOTALE
SOMME 5.850.000 2.500.000 2.000.000 350.000 200.000 10.900.000
Di fatto, nell'aprile del 1918, la produzione delle trattrici sarebbe diventato un problema urgente, tanto che Dallolio, da fuori Roma, telegrafava al suo Dicastero: «Raccomando vivamente di esaminare ciò che chiedono per trattrici Pavesi-Tolotti. Fare tutti sforzi per dare le materie prime occorrenti perché sono necessarie sulla fronte e richieste continuamente». 14 In data 20 aprile 1918, per quanto alle trattrici presenti in zona di guerra, al Comando Supremo risultava la seguente situazione:
Tabella IX TRATTRICI PAVESI-TOLOTTI Mod. 1915 Mod. 1916 145 199
TRATTRICI FIAT Tipo 20 Tipo 30 280 50
TRATTRICI SOLLER A 3 assi A 2 assi 28 34
Complessivamente, dunque, nella primavera 1918 al fronte vi erano 736 trattrici. 15
10
fondo fondo 12 MCRR, fondo 13 MCRR, fondo 14 MCRR, fondo 15 MCRR, fondo MCRR,
" MCRR,
118
Dallolio, b. 950, f. 9, 1. 11, p. 4, Relazione s.n. per il Ministro datata 29 aprile 1913. Dallolio, b. 950, f. 9, 1. 11, pp. 2-3, Relazione s.n. per il Ministro datata 29 aprile 1913 . Dallolio, b. 950, f. 9, l. 11, p. 2, Relazione s.n. per il Ministro datata 29 aprile 1913. Dallolio, b. 950, f. 9, l. 11, p. 4, Relazione s.n. per il Ministro datata 29 aprile 1913. Dallolio, b. 961, f. 10, l. 11, Appunto Comando Supremo del 20 aprile 1918. Dallolio, b. 961, f. 10, 1. 12, telegramma di Dallolio al Gen. Torretta del 22 aprile 1918.
Trattrice FIAT Tipo 30. (Proprietà Museo Storico III Armata)
Trattrice Pavesi Tolotti Tipo A. (Proprietà Archivio Storico FIAT)
Le trattrici FIAT e Pavesi-Tolotti prescelte nel 1915 , avrebbero successivamente formato i Parchi trattrici d'Armata, articolati in Reparti trattrici e Squadre di traino , impiegati per gli spostamenti delle artiglierie allo scopo di migliorare la mobilità. 16
16
A. Pugnani, Storia della Motorizzazione ..., op. cit., p. 169.
119
Nello stesso periodo l'esercito francese aveva adottato delle autovetture armate «con cannoncini a tiro rapido da 37 mm prelevati dalle coffe e dalle murate delle corazzate» ,'7 che sarebbero state le antesignane degli «autocannoni». L'idea veniva ripresa dall'Ansaldo che, nel 1915, aveva in lavorazione 47 cannoni da 102/35 destinati all'armamento di cacciatorpediniere e altri 90 per le navi da b attaglia.rn Come si rileva da una successiva lettera del Presidente dell'Ansaldo, Pio Perrone, al fratello Mario (Amministratore Delegato), la Marina aveva stabilito che soltanto due dei sei pezzi che avrebbero dovuto armare ogni cacciatorpediniere, fossero in versione antiaerea. 19 Quest'ultima decisione del Ministero Marina rendeva liberi alcuni affusti ordinari già disponibili, unitamente alle bocche da fuoco che l'Ansaldo aveva costruito in sovrannumero20 e consentiva alla Casa ligure di segnalare al Generale Dallolio, il 30 maggio 1915 , la disponibilità di queste artiglierie che avrebbero dovuto essere consegnate alla R. Marina , per l'armamento dei cacciatorpediniere a pa1tire dal 1916.2 1 Poiché la Casa Ligure aveva già provveduto - con notevole anticipo - alle consegne stabilite - <<nell'intento di fare cosa grata all'On. Amministrazione della Guerra, noi ci permettiamo formulare una proposta che riteniamo - nelle presenti contingenze - meritevole della maggior attenzione ... proporremmo di apprestare n. 20 dei suddetti cannoni da 102/35 opportunamente sistemati da poter essere utilizzati dal R. Esercito, entro breve termine - tre mesi circa - irùziando la consegna del primo entro un mese dall'accettazione e benestare della nostra proposta.»22 La frase «opportunamente sistemati» stava a significare che essi sarebbero stati montati, con apposito affusto, su camion SPA 8.000.23 Questa bocca da fuoco era assolutamente nuova per l'Esercito tanto che Pem)ne, nel garantire l'effettuazione di tutti gli studi necessari per assicurare facilità di trasporto <<mediante gli ordinari camions militari», allegava un prospetto dei dati balistici24 per suffragare l'affermazione che nelle prove l'arma aveva fornito «risultati brillanti, sia come precisione, sia come rapidità di tiro». Probabilmente il dato che convinceva maggiormente i vertki militari era quello della gittata, che si aggirava fra i 10 e i 12 Km. Secondo la prassi consolidata dell'Ansaldo di rivolgersi- contemporaneamente- a diverse Autorità militari, come verrà illustrato più avanti (ved i Capitolo 38 «Il rapporto di Dallolio con l'Ansaldo»), il 30 giugno 1915 il Presidente Pio Perrone anticipava al Ministro della Gue1Ta, Zupelli, che la Ditta era pronta per le necessarie prove del «cannone navale da 102 sistemato sopra automobile». 25 Poco dopo, il 9 luglio 1915, l'Ispettorato delle Costruzioni di A1tiglieria ordinava alla Casa ligure le prime 18 batterie di quattro pezzi ciascuna di autocannoni da 102/35, complete di caricamenti, ricambi e 1.600 colpi per pezzo?' Una brusca accelerazione alla produzione degli autocannoni era provocata da una richiesta di Cadorna, comunicata da Dallolio all 'Ansaldo, che voleva <<assolutamente avere due batterie da I02 su autocarri ... entro il primo settembre.»27 La lettera fra i due fratelli Perrone era annotata con questa frase: «Fare una circolare a tutti gli stabilimenti che contribuiscono a detto lavoro del 102 che dentro questo
"L. Ceva - A. Curami, La meccanizzazione ... , op. cit., Voi. I, p. 32. 18 ..-ONDANSGE, fondo Perrone, SSR b. 469, f. 24, lettera del 26 giugno [915 della Presidenza Ansaldo allo Stab.to Art. 19 FONDANSGE, fondo Ferrone, SSR b. 476, f. 18, lettera del 30 giugno 1915 di Pio a Mario Perrone. 20
L'Ansaldo costruiva bocche da fuoco in numero superiore a quello commissionato sia in previsione cli richieste urgenti di sostituzione di artiglierie in servizio sottoposte a rapida usura sia ..... 21 FONDANSGE, fondo Perrone, SSR b. 448, f. 11, lettera del 30 giugno 1915 cli Pio Perrone al Ministro Zupelli. 22 FONDANSGE, fondo Perrone, SSR b. 449, f. 9, lettera del 3 maggio 1915 di Pio Perrone a Dallolio. 1, FONDANSGE, fondo Perrone, SSR b. 449, f. 24, lettera del 26 giugno 191 5 alla Direzione Officine Costruzioni Artiglierie dell'Ansaldo. 24 Bocca da fuoco: lunghezza 3733 mm, peso l.220 Kg, peso del proietto 13,350 Kg. II cannone era montato su autocarro mediante un piedistallo fissato al la piattaforma ed era dotato di uno scudo protettivo. Durante lo sparo l'autocannone era reso completamente immobile mediante l'applicazione, nella parte posteriore, di due longheroni dotati di vomeri che venivano interrati nel terreno. Cfr. FONDANSGE, fondo Perronc, SSR b. 449 , f. 9, lettera del 3 maggio 1915 di Pio Pe1rnne a Dallolio; cfr. anche C . Montù, Storia dell'Artiglieria Italiana, Biblioteca Centrale, Roma 1950, Vol. Xlll, pp. 419-420. 2 ; roNDAi"ISGE, fondo Perrone, SSR b. 449, f. 11 , lettera del 30 giugno 1915, di Pio Perrone a Zupelli . 26 FONDt\NSGE, fondo Perrone, SSR b. 477, r. 8, lettera del 9 lug. 1915, del Generale Vitelli ali' Ansaldo. 27 FONDANSGE, fondo Perrone, SSR b. 477, f. 13, lettera del 15 ago. 1915, cl.i Pio .Perrone al fratello Mario.
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Autocannone da 102. (Proprietà Fondazione Ansaldo)
mese desidero tenere pronte due batterie da 102 su autocarro.» Successivamente, nell'ottobre 1915, il numero delle batterie di autocannoni da 102/35 veniva ridotto a 12 dall 'Ispettore delle Costruzioni di Artiglieria,28 mal' Ansaldo, naturalmente, trovava da eccepire sul comportamento del Ministero che, secondo 1' Amministratore Delegato Mario Perrone, non era autorizzato a «mutare di punto in bianco gli elementi economici di una commessa che da mesi assorbe l'attività di tutta la nostra Ditta, a parte il nostro diritto di salvaguardare il nostro interesse pregiudicato da sì strano modo di procedere, nessuno potrà contestarci il diritto di disporre diversamente delle restanti sei batterie da 102.» L'Ansaldo, in pratica, pensava di intavolare trattative con la Francia, l'Inghilterra o la Russia per sistemare quella partita di materiali, ma alla fine riusciva a ottenere dal Generale Dallolio la commessa di 16 batterie29 che, il 22 novembre 1915, si traduceva in una convenzione fra Sottosegretariato di Stato per le Anni e Munizioni e l' Ansaldo,3'> per la fornitura , a partire dal dicembre 1915, dei materiali di sedici batterie da 10231 da completare entro giugno 1916. Gli autocannoni dovevano servire a realizzare rapidamente la massa di fuoco e, per questo, l'anno successivo il Comando Supremo emanava i principi fondamentali di impiego che potevano essere riassunti in 4 punti: 32
is FONDANSGE, fondo Perrone, SSR b. 477, f. 13, lettera del 12 ott. 1915 , a Pio Perrone. 29
FONDANSGE ,
fondo Pcrrone, SSR b. 477, f. 13 , lettera ciel 13 ott. 1915 , alla Direzìone Stabilimento Costruzione Artiglierie
dell'Ansaldo .
° FONDANSGE , fondo Penone, SSR b. 477' f. 8.
3
Ogni batteria era costituita eia 1 camion comando-osservatorio, 4 camion-pezzo, 4 camion avantreno-scorta, 12 camion munizioni, 1 camion officina, I camion vettura, 3 camion bagaglio e cucina, 6 motociclette (di cui 2 con sidecar), 2 biciclette. 12 Comando Supremo - Ufficio del Capo di S.M . (Ufficio Tecnico), Memoria circa le caratteristiche generali e di impiego delle batterie da 102 e da 105, del 7 giugno 1916. 3>
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Lettera di Pio Ferrone al.fratello circa la produzione di autocannoni. (Fondazione Ansaldo, Serie scatole rosse, b. 477/13)
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a) acc01Tere rapidamente in soccorso e a rincalzo dell' artiglieria campale per rompere una resistenza nemica manifestatasi imprevista; b) riunire rapidamente una notevole quantità di batterie per agire nel punto dove si intende operare il massimo sforzo; c) parare prontamente una minaccia nemica contro un tratto della fronte scarsamente difesa; d) limitare il suo impiego ai momenti più importanti della lotta, nella considerazione del rapido logoramento di questa bocca da fuoco e ddlo scarso munizionamento disponibile. Le batterie di autocannoni sarebbero entrate in azione nel maggio-giugno 1916, sull'altopiano dei Sette Comuni, schierandosi in posizione difensiva in Val Lagarina, in Vallarsa, in Val d' Assa e nelle valli che, dalla conca di Asiago, scendono al margine orientale dell'altopiano. Dopo aver concorso ai combattimenti sullo Zugna e del Cengio, le batterie presero parte alla controffensiva dopodiché vennero spostate sul fronte isontino, partecipando alla 6a battaglia dell'Isonzo per la conquista di Gorizia. In questa circostanza venne sfruttata la loro grande mobilità poiché furono «prima impiegate in una simulata azione su Monfalcone, e poi, con rapida marcia trasferite: con quattro gruppi fra Vallisella e Capriva, a cavallo della ferrovia Cormons-Gorizia, e con il quinto gruppo in Val d 'Astico, Vallarsa, Valsugana e Val Vanoi per distrarre il nemico dall'Isonzo .»33 Dopo Caporetto, nell'ottobre 1917, le batterie di autocannoni vennero impiegate nella difesa della stretta di Saga (IV Gruppo) e della conca di Plezzo (V Gruppo), mentre il II e III Gruppo accorsero sul Comanda, proteggendo successivamente la ritirata sul Tagliamento. Sulla linea del Piave venne costituita una speciale massa di manovra dando vita al 23° Raggruppamento, agli ordini del Colonnello Gatto, di cui facevano parte tutti i sei Gruppi di autocannoni da 102/35, tre batterie antiaeree autoportate e due Gruppì di obici da 149 a traino meccanico. Una volta verificata l'utilità di una bocca da fuoco con maggior mobilità rispetto al tradizionale traino animale, venne richiesta la costruzione di nuovi esemplari, tanto che, nell'aprile 1918 Dallolio avrebbe telegrafato all'Arsenale di Costruzione di Artiglierie di Napoli per accelerarne la produzione: «A qualunque costo occorre sollecitare lavori inerenti installazione nuovi cannoni da 75 CK autocampali. Provvedasi ricorrendo a qualunque mezzo dando premi pur di riuscire. Assicurare .»34 Il Raggruppamento agli ordini di Gatto prese parte attiva alla Battaglia del Solstizio e le batterie di autocannoni dimostrarono ancora una volta la loro mobilità quando «all'imbrunire del giorno 23 giugno si portavano celermente sul Grappa, per la riconquista di alcuni elementi di trincea, aprendo il fuoco sulle posizioni nemiche di Col del Miglio, dopo sole 19 ore dalla partenza ed aver percorso oltre cento chilometri.»35 Infine le batterie autoportate da 102/35 vennero impiegate, dopo aver protetto l 'attraversamento del Piave, durante la battaglia di Vittorio Veneto e nell'avanzata tra Cordenons e Pordenone sino al Tagliamento. Complessivamente, le batterie autoportate fornivano un buon rendimento sotto l'aspetto della mobilità, ma presentavano alcuni difetti che ne compromettevano l'impiego e ne avrebbero decretato la scomparsa al termine del conflitto: 36 - eccessiva radenza della traiettoria, trattandosi di una bocca da fuoco concepita per il tiro navale, con conseguente forte velocità iniziale causa di un rapido logoramento dell'arma; - installazione pesante e sagoma ingombrante. Rimanendo nel campo della mobilità delle bocche da fuoco pesanti, il 10 febbraio 1916 l'Ansaldo proponeva ai due Ministeri della Marina e della Guerra, di installare su di un carro ferroviario una bocca da fuoco da 381/40 destinata, inizialmente alla Regia Nave Cristoforo Colombo, il cui approntamento
33
A. Pugnani, Storia della Motorizzazione ..., op. cit., p. I 64. MCRR, fondo Dallolio, b. 961 , f. 10, I. 6, Telegramma di Dallolio del 12 aprile 1918. 35 A. Pugnani, Storia della Motorizzazione ..., op. cit., p. 166. 36 L. Ceva - A. Curami, La meccanizzazione ... , op. cit., Vol. I, p. 79. 34
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Autocannone da 102 . (Proprietà Fondazione Ansaldo)
\
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Autocannone da 102. (Proprietà Fondazione Ansaldo)
Treno armato allestito con bocca da fuoco da 381 /40, ali' origine destinata alla Marina Militare. (Proprietà Fondazione Ansaldo)
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Treno armato con 152/40 nei pressi di Monfalcone. (Proprietà Fondazione Ansaldo)
era stato differito di due anni. 37 La Marina aderiva alla proposta pensando di utilizzare tali impianti anche per un pontone in allestimento presso l'Arsenale di Venezia. Si creavano, però, delle incomprensioni sulla data di consegna in quanto, sulla base della documentazione prodotta, la Marina riteneva che gli impianti sarebbero stati pronti per l'uso a partire dal mese di luglio, mentre l'Ansaldo si riferiva alla disponibilità della bocca da fuoco per tale data, presso lo stabilimento di Sampierdarena.38 Comunque sia, la Marina fissava il termine del 15 ottobre per la consegna dell'impianto da 381 per i tiri di collaudo . Anche il Sottosegretariato di Stato per le Armi e Mµnizioni aderiva alla proposta dell'Ansaldo e il 28 luglio 1916 inviava a Sanpierdarena un Colonnello di Artiglieria «per conferire circa la rapida preparazione di due installazioni per cannoni da 381 su carri ferroviari». Dallolio, interessato ai grossi calibri, ventilava anche la possibilità di far realizzare un'analoga installazione per due cannoni da 254/45.39 In merito alla nuova arma il Comando Supremo interpellava il Comandante della III Armata, ritenendo il territorio di quella Grande unità il più idoneo all 'impiego di simili bocche da fuoco, per conoscere: 40 - l'esistenza di obiettivi non battibili da altre artiglierie esistenti e che giustificassero il ricorso a bocche da fuoco di elevato costo; - la possibilità di accedere alle posizioni di tiro mediante raccordi ferroviari, allo scopo di sottrarre alla vista i voluminosi complessi da 381;
FONDANSGE, fondo PeJTone, SSR b. 483, f. 19, lettera del 10 febbraio 1916 di Pio Perrone al Ministro della Marina Corsi ed al Sottosegretario alle Anni e Munizioni Dallolio. 38 FONDANSGE, fondo Perrone, SSR b. 483, f. 2, lettera del 28 giugno 1916 del ministro Bertolini ali' Ansaldo. 39 FONDA.l'ISGE, fondo Perrone, ssR b. 483, f. 19 lettera del 28 lug. 1916 di Dallolio ali' Ansaldo . .«J N. Pignato - F. Cappellano, Autoveicoli da combattimento ..., op. cit., pp. 306-307. 41 lbid., p. 307. 37
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- l'opportunità di far costruire proietti adatti a conseguire i maggiori effetti su bersagli determinati; - l'eventuale urgenza di disporre di simili armi. Il Comandante della lll Armata, escludendo la possibilità di bombardare la città di Trieste per motivi patriottici, era del parere che le bocche da fuoco di grosso calibro già disponibili fossero più che sufficienti per battere gli altri obiettivi più ravvicinati aggiungendo: «L'esperienza di altre nazioni belligeranti sull'impiego di artiglierie navali di grosso calibro, sembra dimostri che il bombardamento di vaste città con tali mezzi di brevissima durata non raggiunse mai lo scopo prefisso essendo pochi i danni materiali e affatto momentaneo 1'effetto morale» .4 1 Nonostante questo parere, a partire dal settembre 1917 veni vano allestite quattro installazioni ferroviarie da 381/40,42 dipendenti dal 174° Gruppo d'Assedio dislocate ad Avio (sud di Rovereto) Piovene e Thiene, ciascuna formata da: 43 - carro-pezzo44 su due travi composte, in ferro, appoggiate su due carrelli (uno anteriore a 4 assi e l'altro posteriore a 6 assi) studiati in modo da consen6re la ripartizione del peso complessivo in carichi da 15 tonnellate su ogni sala. Il pezzo era completamente in acciaio a elementi rigidi messi a forzamento, e il binario di tiro necessitava di una lunghezza tale da consentire un raggio, in curva, di 150 metri; - carro-porta munizioni della portata di 40 tonnellate trasportante 42 colpi e dotato di paranco scorrevole longitudinale per la manovra dei proietti, oltre a un nastro trasportatore disposto fra il carro munizioni e il carro pezzo. Un secondo paranco consentiva di sollevare il proietto dal nastro trasportatore alla cucchiaia di caricamento. Il 12 settembre 1918 il Sottocapo di Stato Maggiore dell'Esercito, Badoglio, comunicava ai Comandi della VI, VIII e III Armata l'esistenza di una riserva di fuoco di 4 cannoni da 381/40 su installazione ferroviaria che avrebbe potuto trovare «utile impiego» nelle zone di Bassano, Montebelluna, Treviso in ogni caso essi sarebbero stati utilizzati durante l'offensiva di Vittorio Veneto.
L'Ansaldo, durante l'approntamento delle bocche da fuoco su installazione ferroviaria, raggiungeva il traguardo della costruzione del duemillesimo cannone, per cui veniva deciso che il secondo cannone da 381 da montare su affusto ferroviario, poitasse il numero di fabbricazione 2.000 e incisa nella culatta l'iscrizione «A1tefici rudi forgiammo per le fortune d'Italia la forza di questo cannone. Artiglieri sferrate contro l'eterno barbaro l'ira che vi chiudemmo.» 43 N . Pignato - F. Cappellano, Autoveicoli da combattimento ..., op. cit., pp. 308-311. ., Il pezzo era dotato di congegno di chiusura a vitone, culla in acciaio fuso con bronzine per lo scorrimento del cannone, 4 freni a liquido a pressione costante con dispositivo per frenare anche il ritorno in batteria, 2 ricuperatori ad aria compressa con steli fissi alla culla e i cilindri d'aria sistemati sull'anello di culatta, congegno di elevazione a virone , congegno di sparo a percussione ed elettrico per consentire l'accensione anche a distanza.
42
127
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Capitolo 6 LA POSIZIONE DI DALLOLIO NEI CONFRONTI DELLA TRIPLICE ALLEANZA
I sentimenti antitedeschi dj Dallolio, dovuti alla sua educazione giovanile (vedi «Introduzione>>), e già manifestati in occasione del piano di difesa della Piazza di Venezia (che egli concepiva soltanto «fronte a Est», mentre in Italia si pensava ancora di doversi difendere sull'opposta frontiera occidentale), sarebbero venuti allo scoperto in occasione di alcuni improvvisi e tragici avvenimenti che coinvolsero i vertici militari. Il primo luglio 1914 il Ministro della Gue1Ta, Grandi, aveva annunciato alla Camera l'improvviso decesso, per attacco cardiaco, del Capo di S. M. dell'Esercito, Pellio (avvenuto a Torino, dove si era recato per assistere a delle esercitazioni), rimarcando: «Soprattutto all'impulso sapiente e alla personale opera del Gen. Pellio è dovuta la perfetta preparazione militare della nostra ultima impresa , [campagna libica] preparazione che ha formato l'ammirazione di quanti in Europa e fuori sono versati nelle discipline militari».1 A queste parole faceva seguito l'On. Masi: «Profondo conoscitore degli ordinamenti militari di tutti gli Stati europei, egli [Pollio] si accinse, appena nominato all'altissima carica di Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, a dotare il nostro Paese di un assetto militare potente, ben comprendendo che un esercito è tanto più mobile e tanto più preparato a qualsiasi eventualità quanto più i servizi logistici sono abbondanti e ben predisposti sin dal tempo di pace. Ed egli ebbe la rara fortuna di vedere coronati i suoi sogni nella guerra libica, nella quale se l'esercito nazionale seppe compiere il suo dovere, lo si deve soprattutto a non essergli mai nulla mancato né per la resistenza, né per l'avanzata.»2 Dallolio, per parte sua, aveva ammesso in via privata: «La morte del Generale Pellio è stata per me una vera sventura. Aggiungo poi che per l'Italia è stata una dolorosa perdita. Lo sostituirà il Generale Cadorna che io conosco pochissimo e che era in vita nemico cli Pellio. Così è sparita quella maschia figura in modo repentino, così tragico e così pietoso.»3 Alcuni giorni dopo (29 luglio 1914) Cadorna, nuovo Capo di S. M. dell'Esercito, conversando con il Generale Tettoni nel corridoio del Ministero della Guerra, si era fermato davanti all'ufficio di Dallolio affermando che intendeva ampliare il progetto del suo predecessore sull'invio di un corpo di spedizione sul fronte del Reno e che non si sarebbe limitato a <<mandare in Germania a schierarsi a fianco dei Tedeschi solo le due Divisioni di Cavalleria e la III Armata come aveva stabilito Pollio, ma il maggior numero di Corpi di Armata, per lo meno due Armate e manderò al Re una Memoria sintetica sulla adunata a Nord Ovest e il trasporto in Germania delle maggiori possibili forze italiane.»4 In pratica Cadorna, favorevole all'invio di un contingente italiano secondo la convenzione militare stipulata l' 11 marzo 1914 , intendeva ottenere dal Re l'autorizzazione al raddoppio del contingente di un'Armata su tre Corpi d'Armata e 50 Squadroni di Cavalleria.5 A quel punto Dallolio non aveva esitato a intervenire: «No Eccellenza, contro la Francia non si va.» Il tempo stava stringendo e il Capo di S. M. dell'Esercito aveva emanato6 le disposizioni da adottare in caso di mobilitazione alla frontiera Nord Ovest, considerate anche le <<deficienze dj vario genere».
'APCD,
Legisl. XXIV, Discussioni, Yol. V, p. 5.169.
2
ibid.
3
APTGP,
4
APTGP,
serie lettere ai familiari, lettera 6 luglio serie fascicoloni, fase. VII , f. 1, appunti 5 APTGP, serie fascicoloni, fase. VII , f. 1, appunti 6 APTGP, serie fascicoloni, fase. VII, f. I, appunti
1914 a Elsa. 1910-1914. 1910-1914. 1910-1914.
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Restavano quindi sospese dalla mobilitazione le batterie someggiate da 70 montagna, le 14 batterie di obici pesanti di nuova formazione, mentre il parco d 'artiglieria d'assedio avrebbe mobilitato a Piacenza tutte le batterie disponibili, in attesa di ordini.7 Dallolio, in cuor suo, non poteva ammettere che i soldati italiani avrebbero combattuto un giorno insieme agli austriaci: «Non volevo prestar fede allo schieramento sul Reno per una convinzione antica e profonda. La unificazione della Patria Italiana redenta dal gioco straniero non poteva avvenire stando nella Triplice Alleanza; gli austriaci del 1914 erano gli stessi del 1859 a Bologna. Come dimenticare I' 8 agosto 1848 e la fucilazione di Ugo Bassi?»8-9 E il 15 marzo 1915, a intervento non ancora deciso, egli esternava i propri sentimenti a Zupelli, Ministro della Guerra, affermando: «Possiamo assicurarci meglio per l'avvenire associandoci alla Triplice lntesa.» 10 Dallolio vedeva un quadro politico internazionale molto fosco e così lo sintetizzava alla figlia Elsa: «Noi stiamo nelle peggiori condizioni di tutte le potenze, perché corriamo tutti i pericoli. Neutrali manchiamo ai patti, siamo legati mani e piedi alla Triplice e dopo, comunque vada, saremo considerati fedìfraghi e godremo reputazione anche peggiore dell'attuale. Mantenendo i patti bisogna fiancheggiare i Tedeschi contro i Francesi. Morti del 59, pensate all'alleanza Italo-austriaca, all'inno di Garibaldi suonato a Vienna.» 11 Anche più tardi, nelle missive, non perdeva l'occasione di ribadire il suo pensiero: «Occorre mettersi in grado di resistere da noi soli contro 1'eterno barbaro». 12
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7
fondo Dallolio, b. 946, f. 6 (12). Ugo Bassi (1801-1849) frate Barnabita, figura popolare risorgimentale, accomunava amor di Patria e fede. Partito per la 1• Guerra cl'lnclipenclenza, dopo la proclamazione della Repubblica Romana venne nominato cappellano dei garibaldini. Quando i francesi riconquistarono Roma fuggì con Garibaldi, ma, catturato dagli austriaci a Comacchio, fu riportato a Bologna, sua città natale, e venne fucilato 1'8 agosto 1849. 9 APTGP, serie fascicoloni , fase.VII, f. 3, p. 13. 10 AUSSME, fondo OM, b. 317 bis. 11 APTGP, serie lettere ai familiari, lettera 30 luglio 19 I 4 alla figlia Elsa. 12 APTGP, serie lettere ai familiari, lettera 4 ottobre 19 15 alla figlia Elsa. MCRR,
8
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Capitolo 7 ' IL GIURAMENTO NON COMPRENDE DI ESSERE «MAESTA COMANDATO A FARE IL MINISTRO DELLA GUERRA» E LA CONFUSA SITUAZIONE POLITICO-ISTITUZIONALE
Il 2 agosto 1914, il Ministro della Guerra, Grandi, in seguito alla morte improvvisa del Generale Moni, Ispettore Generale di Artiglieria, aveva offerto a Dallolio l'incarico rimasto vacante, poiché si riteneva che egli ne avesse le doti. Dallolio, infatti, aveva la visione completa e moderna, necessaria ad assumere quel ruolo e non perdeva occasione per sottolineare la «necessità di istruire gli ufficiali giovani cli Artiglieria, per allontanarli dal formalismo e sviluppare, invece, la loro abilità tecnica ed abituarli alla. rapida intuizione nelle decisioni.» • Dallolio ammetteva: «Era l' incarico più elevato della mia Arma, era il coronamento della mia carriera. Ringraziai ma credetti cli dover rinunziare per le responsabilità che come Direttore Generale di Artiglieria e Genio avevo in quel momento, e perché a fronte del mio dovere verso l'Esercito, dovevo da~e esempio di abnegazione personale, tanto più che ripetutamente il Ministro mi aveva dichiarato che non sapeva chi poter mettere al mio posto [di Direttore Generale]».2 Nel settembre successivo, il Ministro Grandi offriva a Dallolio un incarico ancor più prestigioso: quello di Sottosegretario cli Stato alla Guerra, in sostituzione del Generale Tassoni, che, avendo ripetutamente espresso il desiderio cli dimettersi <<trovandosi a disagio in via XX Settembre», insisteva <<per ritornare alle truppe» .3 Anche questa volta Dallolio aveva declinato l'invito, ritenendo di non essere in grado di poter collaborare, sia per le divergenze tra il Ministro e il Capo di S. M. dell'Esercito, sia per le polemiche in corso sulla stampa.4 Da11olio, anzi, si spingeva a formulare delle valutazioni sul Ministero della Guerra che suonavano anche come un larvato rimprovero al Ministro. «Creda Eccellenza non è più il caso di pensare a sostituire il Generale Tassoni , ma oggi rendendosi conto di ciò che può fare la vita dell'Esercito , l'azione del suo organismo, delle sue forze, non è possibile V.E. possa seguitare ad esercitare la facoltà del Comando in dissidio col Generale Cadoma e in rapporti artificiali con l'On. Salandra, Presidente del Consiglio.»5 I primi dissapori fra il Ministro della Guerra e il Capo di S. M. dell 'Esercito sarebbero emersi nel!'agosto 1914, quando si dovettero adottare delle decisioni; decisioni che erano anche diretta conseguenza delle strategie non ben definite dai politici. In questa situazione Cadorna, preso in contropiede dato il suo orientamento a dover fare la guerra contro la Francia, sollecitava provvedimenti necessari per poter affrontare comunque una guerra. Come si vedrà più avanti (Capitolo 9 «Un primo dilemma: contro l'Austria o la Francia?») il primo provvedimento riguardava la mobilitazione, sulla quale esistevano opinioni diverse fra il Ministro Grandi, che pensava a una mobilitazione parziale in posizione arretrata nella Pianura padana, e Cadorna contrario alla modifica dei piani ·di mobilitazione. Il secondo provvedimento sollecitato da Cadorna si riferiva all'equipaggiamento dell'esercito. L'esperienza maturata sugli altri fronti aveva dimostrato che la guerra non sarebbe stata breve, per cui occorreva attrezzarsi per poter affrontare il rigore invernale del Carso. A fronte della dichiarazione del Direttore generale dei servizi logistici Tettoni, che chiariva come in quel momento fossero in atto «sol-
1
APTGP,
2
APTGP,
3
Ibid. lbid.
4 5
serie fascicoloni, fase. Vll, f. 3, p. 17. serie fascicoloni, fase. Vll, f. 1, appunti 1914-1915.
MCRR, fondo Dallolio, b. 944, f. 3, I. 2.
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tanto i provvedimenti concernenti l'equipaggiamento ordinario per una campagna durante la buona stagione»,6 si rendeva necessaria l'assegnazione di nuovi fondi. osteggiata però da Grandi che, polemicamente, ribatteva come il Ministero avesse fatto quanto possibile nel limite delle ristrettezze finanziarie del Paese. Infine Cadorna chiedeva direttamente al Presidente del Consiglio Salandra delucidazioni sugli orientamenti futuri della politica governativa, dando l'idea di voler forzare la mano al potere politico. Per questi motivi Grandi scriveva a Salandra: «Tale azione del Capo di Stato Maggiore dell'Esercito esorbita, a mio avviso, assolutamente dalle attribuzioni che a lui sono devolute; giustificabile fino a un certo punto anche nel suo esercitare se la guerra dovesse ritenersi alla porta: intollerabile nel caso contrario da qualsiasi Ministero, che abbia alta la nozione dei suoi diritti e dei suoi doveri.»7 I familiari di Dallolio gli avevano espresso i propri pareri sul rifiuto della carica di Sottosegretario. In particolare, il 6 ottobre 1914 il fratello Alberto gli sc1iveva: «Mi pare che tu abbia agito bene: non si può assumere una responsabilità, che è tanto maggiore quanto meno complete sono le attitudini del Ministro, senza una assoluta identità di criteri ed intenti. Io non posso giudicare da qui essendo all'oscuro delle precise condizioni dell'Esercito ma se questo è veramente, come ho sempre temuto, insufficientemente preparato, c'è da pensar molto ad affrontare una impresa che potrebbe anche rivolgersi contro di noi: sarebbe peggio che una follia rifare una verginità di vittoria all' Austiia bastonata dagli altri. Tutto si può osare, ed io non sono fra i timidi, ma con la probabilità del successo.»8 L'8 ottobre gli perveniva la lettera della figlia Elsa: «Ho seguito nei giornali col massimo interesse il caso Tassoni e lo zio mi ha detto ciò che tu gli avevi scritto. Tu sai già cosa ne pensi quindi è quasi inutile dirti che approvo pienamente quanto hai detto e fatto. Non c'è che sperare che oltre il sotto vada anche il capo il quale è messo ora in una posizione critica e poco decorosa per lui e per il Ministero. Vedremo purché Sua Maestà non ti onori troppo!» 9 Non è dato sapere quanto il «richiamo» di Dallolio al Ministro Grandi in merito al dissidio con Cadorna abbia pesato sulle decisioni di Grandi che «con alto sentimento· di sacrificio decise 1'8 ottobre 1914 di ritirarsi per evitare una situazione che poteva arrecare danno all'Esercito». 10 Le dimissioni erano state precedute da una campagna sulla stampa contro Grandi. In particolare il Giornale d'Italia del 12 ottobre dichiarava: «Negli scorsi giorni noi abbiamo rilevato più volte come la causa se non unica principalissima della crisi al Ministero della Guerra fosse la mancanza di un accordo pieno e fattivo fra Ministro e Capo di Stato Maggiore.» 11 Grandi aveva spiegato i motivi delle sue dimissioni in una lunga intervista al Resto del Carlino, uscita il 10 ottobre: «Lascio il Ministero della Guerra a fronte alta, colla sicura coscienza di avere adempiuto al mio dovere. Non intendo abbandonarmi a recriminazioni. Non voglio fare pettegolezzi. Intendo mantenere il più assoluto riserbo intorno alle polemiche di questi giorni sulla questione militare; polemiche che io deploro perché troppo inopportuno e dannoso è in questo momento portare in discussione l'esercito in base ad affermazionj erronee o infondate . .. Mercoledì sera ritornai a Roma. Non avevo letto il Giornale d'Italia e ignoravo completamente quanto in quella sera quel giornale pubblicava a mio riguardo. L'indomani mattina, giovedì, mi recai al Quirinale per la consueta firma dei decreti ... Ebbi occasione di avvicinare il Generale Bmsati Aiutante di Campo generale di S.M. il Re, il quale mi disse che certamente io dovevo essere seccato dalla pubblicazione del Giornale d'Italia a mio riguardo. Risposi al Generale Brusati che ignoravo completamente quanto quel foglio aveva pubblicato la sera precedente ... Dopo la firma al Quirinale venni al Ministero, mi feci recare il Giornale d'Italia lessi e dopo aver letto scrissi al Presidente del Consiglio: «Dopo la pubblicazione del Giornale d'Italia sento di non poter Iimanere al mio posto e prego V.E. di voler presentare a S.M. il Re le mie dimissioni da Ministro della Guerra"».12
6
M. Montanari, Politica e strategia in cento anni di guerre italiane, USSME, Roma 2000, Vol. II, T. IT, p. 85. 'lbid. , p. 83. 8 MCRR, fondo Dallolio, b. 944, f. 6, I. 1. 9 MCRR, fondo Dallolio, b. 944, f. 7, I. l. 10 MCRR, fondo Dallolio, b. 944, f. 3, I. 2. 11 MCRR, fondo Dallolio, b. 944, f. 4, L 3. 12 MCRR, fondo Dallolio, b. 944, f. 4, l. 1.
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Il Primo Aiutante di Campo del Re, Generale Bruscai, al seguito di Vittorio Emanuele fil. (Proprietà Assenza)
Lo stesso giorno delle dimissioni di Grandi , alle ore 13, il Generale Brusati telefonava a casa di Dallolio per invitarlo con urgenza nel suo ufficio Y Che Dallolio fosse stato cercato a casa anziché al Ministero, è testimoniato da un appunto di sua figlia Gina sugli avvenimenti del 1914. «In ottobre il Re lo ha fatto chiamare dal suo aiutante Generale Brnsati (Ugo) perché desiderava che accettasse il posto di Ministro della Guen-a ... Tutta questa storia la so perché capitò a me di prendere la telefonata di Brusati per vedere papà; evidentemente non lo voleva chiamare al Ministero.» '4 Il motivo di questa riservatezza è facilmente comprensibile: si trattava di far accettare a Dallolio la carica di Ministro della Guerra. Ma Dal1olio avrebbe annotato nei suoi appunti: «Ringraziai subito per la dimostrazione di onore e fiducia così grande, ma dichiarai prontamente che non mi sentivo assolutamente in grado di accettare con soddisfazione mia e con utilità pubblica.» 15 «Certo in quel momento servire il proprio Paese in un ufficio così alto e così arduo era-un ideale al quale non si rinunciava se non per gravissimi motivi, ma vi erano anche dei doveri a fronte dei quali dovevo fare qualunque sacrificio.» 16 La chiave di lettura del rifiuto di Dallolio va ricercata nei suoi sentimenti di stima e riconoscenza verso il precedente Ministro Spingardi, che si era dimostrato <<pronto sempre a difendere l'opera mia e quella dei miei dipendenti». 17 Un'eventuale accettazione, infatti, avrebbe costretto il Generale a cercare un compromesso fra
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MCRR, fondo Dallolio, b. 944, f. 3, 1. 14. '" APTGP, serie lettere ai familiari, anno 1914. 15 APTGP, serie fascicoloni, fase. VII, f. 3, p. 16. 16 MCRR, fondo Dallolio, b. 944, f. 3, ]. 2; cfr. anche APTGP, serie faseicoloni , fase. VII, f. 1, appunti 1914/1915. 17
APTGP,
se1ie fascicoloni, fase. VII, f. 3, p. 17. Vedasi anche fase. VII, f. l , appunti 1914/1915.
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la propria coscienza (che gli avrebbe imposto di non dimenticare il debito di riconoscenza) e il dovere (che lo avrebbe chiamato a mettere in luce una situazione di disordine amministrativo). «Il disordine anuninistrativo esisteva, ed era stato rilevato dal Generale Tettoni con ,ùtissima coscienza e meticolosa attività, potevo io negarlo? Lo scoprire le magagne di chi vi è stato superiore ha sempre in sé qualcosa di ripugnante.» 18 Quel disordine amministrativo del Ministero della Guerra, che Dallolio paventava di essere costretto a mettere in luce, era dovuto al fatto che i veri amministratori erano stati esautorati «causa la legge fatale che toglieva gli amministratori veri per mettere dei comandati allettati per forza da un magro compenso e nulla si era voluto fare per riluttanza a scoprire ed affermare la ve1ità. E allora potevo io tacere?». 19 Ciò aveva portato; per esempio , a una disarmonia nel bilancio, con un programma cli spese straordinarie di 194 mili01ù per il quadriennio 1914-18, nel quale per i bisogni prioritari inerenti all'efficienza globale dell'Esercito (quali l'ammodernamento delle artiglierie) era stato calcolato soltanto il 27 ,8% delle risorse, mentre per esigenze «di facciata» (cambio della tenuta grigio verde a quattro Corpi d'Armata) era stato previsto ben il 14,4%. Se Dallolio avesse accettato sarebbe andato incontro a delle amarezze: «avrei detto di sì se la inia coscienza non m'avesse eletto che non pòtevo e non do:'evo dimenticare la benevolenza di Spingardi, la promozione a scelta, l'offerta del posto di Sottosegretai~io dovuto a Grandi>>.20 Ma Dallolio provava riconòscenza anche per il Ministro Grandi dimissionai-io, «qttèsto Ministro mi ha dato di più che non Spingardi»,21 per cui riteneva uno sgarbo nei suoi confronti, l'eventuale accettazione dell'incarico prima affidato a lui. In ogni caso, su Dallolio erano in atto delle· pressioni "volte a farlo desistere 'dalle sue posizioni. Infatti , subito dopo il colloquio avuto con lui, il Genefale Brusati gli inviava una lettera: «Caro Generale , S.E. Salandra, al quale ho riferito il nostrn·cofloqu.io , I,.,a prega di voler .ree.arsi d·a iui all'alloggio (via Firenze n. 13) domani mattina alle ore 9 .'Ciò·ben io.teso non costituisce per lei un impegno ... P.S. Ho conferito a lungo con il Generale Cadornae. puòcont~re sul perfetto accordo e sulla perfetta qi Lui cooperazione con Lei, qualora Ella assumesse l;Alta C~riéa che .Le è stata offer_ta:>~22 Le ragioni del post scriptum le spiegava lo stesso Dallolio, interpretando così, una frase pronunciata da Brusati nel corso del colloquio dell'8 ottobre: «Sua Eccellenza Cado.ma vuole evidentemente al Ministero un suo fido, quasi un suo rappresentante. In che posizione nù troverei '. o artigliere e non di Stato Maggiore??? Se un dissidio fosse sorto come comporlo , o come [non] far scoppiare una nuova crisi in un momento così grave e solenne??»23 Interpretazione che suonava un po' come attribuire al «Generalissimo» l'abitudine a circondarsi di personaggi che oggi verrebbero definiti ;ies man. Alle 08.52 del 9 ottobre 1914, Dallolio entrava nel salotto di Salandra. I due, che si erano già conosciuti a Palazzo Braschi in una riunione con il Ministro Grandi e il Generale Tettoni, avviarono un colloquio riguardante tre grandi temi. 1. Decisione di neutralità e criteri di politica internazionale Non è dato di conoscere il pensiero ufficiale di Salandra su questo aspetto della politica italiana poiché Dallolio, essendogli stato «imposto il segreto» dallo stesso Presidente del Consiglio, aveva sempre ritenuto di dover tacere su questo argomento.24 In ogni caso, il Generale avrebbe riportato una considerazione personale di Salandra sulla situazione: « ... in una parola non si vuole che al momento in cui l'Austria sarà in dissoluzione manchi l'intervento dell'Italia per dividere la preda ... È un po' l'aspettare ad infierire su un cadavere ammesso però che il cadavere ci s.ia, ma la politica non ha visceri e guarda solo allo scopo, e non deve avere la sentimentalità degli uomini.» 25
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Dallolio, b. 944, f. 3, l. 2. Dallolio, b. 944, f. 3, l. 2. 20 APTGP, serie lettere ai familiari, lettera 10 ottobre 1914 a Elsa. 21 APTGP, serie lettere ai familiari, lettera 10 agosto 1914 a Elsa. 22 APTGP, serie faseieoloni, fase. VII, f. 3, p. 16. 23 APTGP, serie lettere ai familiari , lettera IO ottobre I 9 I4 a Elsa. 2 • APTGP, serie faseieoloni, fase . VII, f. 3, p. 16. 25 MCRR, fondo Dallolio, b. 944, f. 3, 1. 2.
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A parere di Dallolio, comunque, la neutralità, peraltro consentita dai trattati, era un'incalcolabile fortuna per ragioni politiche, economiche e morali. Egli , inoltre, riteneva che sarebbe stato un errore uscire dallo stato di neutralità troppo presto: tenuto conto che si doveva prevedere una guerra molto lunga, era auspicabile si rimanesse neutrali per un tempo sufficiente a completare la preparazione dell'esercito, che in quel momento risultava insoddisfacente. In quell'occasione il Generale Dallolio aveva potuto riferire quanto aveva già sostenuto più volte con il precedente Capo di S. M. dell'Esercito, Pollio, ovvero: «Non si poteva e non si doveva marciare contro Ia Francia». Pollio, però, aveva ritenuto queste idee <<poetiche e frutto del lungo soggiorno [di Dallolio] a Venezia di cui era innamorato», come si evince dalle note di Dallolio, che aggiungeva anche: « ... Quante volte avevo sentito ripetere "Dallolio non vede che la frontiera Nord Est"».26 2. Condizioni dell'Esercito Il colloquio toccava anche i temi della situazione del Paese in quel momento, a fronte di quelle dell'Austria, della compagine dell'Esercito e di quanto era stato realizzato per la preparazione militare, e quanto era urgente fare ancora, della disciplina e dell'indispensabile spirito di coesione, della situazione vera delle batterie nelle quali mancavano «Ufficiali e cavalli». Di conseguenza, Dallolio insisteva <<sulla necessità di istruire gli Ufficiali di Artiglieria per allontanarli dal formalismo e sviluppare invece la loro abilità tecnica, ed abituarli alla rapida intuizione nelle decisioni» .27 3. Rapporti fra Ministro della Guerra e Capo di S. M. dell'Esercito Salandra, infine, accennava anche alle passate divergenze fra Grandi e Cadoma. Su quest'ultimo argomento il Presidente del Consiglio accennava ai suoi ripetuti interventi, a volte resi difficili dagli aspetti tecnici dei problemi. Ma la mancanza di accordo fra il Capo di Stato Maggiore dell'Esercito e il Ministro de11a Guerra era, purtroppo, una consuetudine dell'Esercito italiano. Già il Ministro Spingardi in una lettera indirizzata all'Aiutante di Campo del Re, Generale Brusati, aveva scritto «Ritengo opportuno comunicarti l'annessa copia di una lettera da me diretta al Capo di Stato Maggiore, non è un dissidio, lo spero ... » Dallolio, quindi, ripeteva le ragioni che gli impedivano di accettare l'incarico di Ministro della Guerra, ufficio per il quale egli riteneva adatto un «Homo novus», che non fosse stato Direttore Generale d'Artiglieria e Genio con i precedenti Ministri Spingardi e Grandi. Salandra conveniva sulle ragioni espostegli ma chiariva che non intendeva affatto sollevare recriminazioni sul passato e che, se del caso, alla Camera avrebbe parlato lui per sollevare Dallolio da ogni imbarazzo. Ma proprio questa precisazione di Salandra faceva sì che Dallolio si chiedesse: «Quale uomo sarei io se cercassi di fare dei salvataggi per dimenticare un compagno di Accademia28 che ha fatto miracoli e ha trovato una Direzione Generale senza Direttore da tempo, in deplorevole abbandono di ogn:i norma amministrativa, nelle mani dei Capi Divisione i quali in parte poco sapevano, molto ignoravano, e nulla erano in grado di presentare in fatto di dati, di esistenze, di occorrente, di mancante. Farmi pubblico accusatore ... no, ma una volta Ministro della Guerra spettava a me difendere il Ministero da ogni attacco e adempiere ai miei doveri verso tutti e contro tutti ... Le idee chiaramente espresse dovevano essere l'espressione esatta e completa della verità. L'interpretazione reale del mio dovere mi portava ad una conclusione: non accettare.» 29 Dallolio, alle ore 15 dello stesso giorno ritornava dall'Aiutante di Campo del Re, Generale Brusati, dichiarando che non intendeva modificare la rinuncia alla nonùna a Ministro della Guerra. Brusati esercitava ulteriori pressioni facendo balenare la possibilità di farlo convocare a Villa Savoia, al che Dallolio
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lbid. lbid. 28 Trattasi del Generale Tettoni. 29 MCRR, fondo Dallolio, b. 944, f. 3, 1. 2. 27
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I
Lettera del Ministro Spingardi a Brusati del 17 febbraio 1917. (Archivio Centrale Stato, F. Brusati)
rispondeva: «Sarebbe doloroso per me, con 44 anni di servizio, essere chiamato dal Re che tutto può chiedermi, tranne di fare il Ministro della Guerra, per dover dire: "Maestà il mio giuramento comprende tutto, onore, abnegazione, spirito militare , ma non di essere comandato a fare il Ministro della Guerra" .»30 Alla domanda di Brusati «E allora?» Dallolio rispondeva «per uno che non accetta creda a me, Eccellenza, ne troverà tanti altri che diranno sì.» L'indomani 10 ottobre Dallolio scriveva alla figlia Elsa: «Alberto ti dirà in poche parole che ho detto di no a Ministro malgrado mi sia stato offerto l'onorifico incarico in modo veramente incoraggiante e da inorgoglire. Non parlarne se non collo Zio e dillo anche a lui che è mio desidedo resti tra voi due il discorso. S .M. il Re desiderava vivamente che accettassi. S.E. Salandra e S.E. Cadorna hanno insistito nel modo per me lusinghiero ma avrei detto di sì se la mia coscienza non mi avesse detto che non pote-
)() Jbid.
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vo e non dovevo dimenticare la benevolenza di Spingardi, la promozione a scelta, l'offerta del posto di Sottosegretariato dovuto a Grandi ed era meglio continuare nel mio posto dando tutto me stesso per fare bene per l'Artiglieria, per l'Esercito, pel Paese. Ti abbraccio e ti bacio ... so di comunicarti d'aver fatto il mio dovere. Papà»? La figlia Elsa rispondeva immediatamente: «Carissimo Papà per quanto sia inutile che venga a dirti quello che sai già - e bene - visto quello che hai fatto. Voglio però Iipeterti che approvo con tutto il cuore la tua condotta in questa crisi. Hai avuto la fortuna di veder con molta chiarezza la situazione e di schivar un onore che sarebbe stato una infelicità. La soddisfazione resta, grande e giusta, e di questa puoi essere orgoglioso. La nomina del Ministro d'ora è in se stessa un complimento per te, perché non è uno che avrà vita proplia. non certo una forza da controbilanci.are Cadoma. Ma il Paese come sarà servito? Non basta nascere in terra irredenta per essere il salvatore che tutti invocano, e mi sembra che oltre il nome - che suggerisce il fatto della zuppa in famiglia-il merito maggiore che ha è quello d'essere perfettamente ignorato ai più. Non vorrei che la troppo gioventù gli nuocesse. Basta vedremo ai fatti ... e alla guerra, perché ora è inutile pensare che non si farà. Lo zio ti approva molto e dice che hai tutte le ragioni. Addio Papà, non ho mai pensato alla carrozza, ma molto a te e ho desiderato con tutta l'anima che agissi come hai agito.» 32 Con questa lettera la figlia Elsa dimostrava d'aver saputo cogliere l'essenza del problema che consisteva nei rapporti che si sarebbero creati tra Comando Supremo e il resto del Paese. Ma già prima Cadorna era riuscito a mettersi in urto anche con il mondo militare. Il suo programma di ampliamento dell' Esercito, infatti, risultava ostico, non soltanto all'ambiente politico ma anche a quello militare, e non tanto per la sostanza, quanto per i modi con ,i quali il Generalissimo cercava di imporlo. Il Ministro della Guerra Zupelli, infatti, si lamentava con il ministro Martini del «contegno veramente un po' troppo dispotico del Capo di Stato Maggiore, delle sue incessanti richieste, del suo non intendere ragione circa le possibilità finanziarie.>> 33 Quando Zupelli, all'inizio del 1916, presentava al Presidente del Consiglio un suo piano per raggiungere Trieste, la sfiducia in Cadorna era evidente, tanto che Sonnino osservava: «Le sorti della guerra non possono essere determinate da un uomo solo, che per giunta non ha sin qui conseguito successi.»34 Lo stato di frizione fra Comando Supremo e mondo politico-militare risaliva certamente alla complessa situazione politico-istituzionale, ·m a occorre tener presente anche un 'altra chiave di lettura. È probabile che frizioni fra le due cariche fossero inevitabili, essendosi creata una situazione paradossale fra i due Generali per motivi d'anzianità. Zupe11i, infatti, aveva anzianità 31 luglio 1878, mentre quella di Cadorna risaliva al 30 ottobre 1865.35 Cadorna, pe1tanto, con tredici anni di anzianità in più, si trovava a essere sottomesso, in linea soltanto teorica visto che aveva avocato a sé la condotta della guerra, a un collega molto più giovane, creando una strana situazione fra il Vertice (Ministro della Gue1Ta) e l'Organo dipendente (Capo di S. M. dell'Esercito). Si trattava di una soluzione pasticciata ma avvallata da Vittorio Emanuele III, il che lascia perplessi, essendo il Sovrano legato alla casta militare, che dell'anzianità fa un principio cardine. «Zupelli era solito comportarsi con molta timidezza in presenza di Cadoma. Era abituato a ricevere comunicazioni redatte da quest'ultimo "in forma autoritaria ed aspra" senza replicare.» 36 Solo tenendo conto della diversità di anzianità fra Cadorna e Zupelli si può comprendere l'atteggiamento reverenziale del Ministro della Guerra nei confronti del Capo di S. M., che può essere spiegato facendo riferimento a quel rispetto reverenziale che si impara sui banchi dell' Accadenùa Militare nei confronti dei cadet-
serie lettere aifarniliari , lettera del IO ottobre 1914 a Elsa.
3'
APTGP,
32
MCRR , fondo Dallolio , b. 944, f. 7 , 1. 2.
3,
M. Montanari, Politica e strategia ... , op. cit., p. 212.
3 "
Jbid. , p. 264.
35
AUSSME,
36
Archivio Stati di Servizio. P. Melograni, Storia politica della Grande Guerra, Laterza, Bari 1969 , p. 18 l.
137
ti più anziani di un anno, e che poi ci si porta appresso per tutta la vita. E ciò a maggior ragione se la differenza di anzianità non è limitata a un anno ma a ben tredici, come nel caso di Cadorna e Zupelli. L' 11 ottobre Dallolio scriveva al Presidente del Consiglio, Salandra, ritenendo la questione definitivamente chiusa: «Mi ero astenuto dal parlare a S.E. Cadorna aspettando che il nuovo Ministro fosse nominato. Ma S .E. Cadorna oggi incontrandomi nel c01Tic!oio mi ha voluto dire una buona parola, e so che ha parlato con altri. Ora che il Ministro della Guerra è nominato desidero per sentimento di dover ringraziare !'E.V. per quanto ebbe a di.mù nei giorni 8 e 9. E mentre il ricordo resta indimenticabile sento che mi s01regge la coscienza di avere compiuto il mio dovere.>> 3ì Dallolio coglieva quell'occasione per «ringraziare nuovamente l'E.V. dell'onorifico incarico che mi aveva offerto, e della benevola accoglienza che volle farmi, assicurandola che ne serberò sempre grato ricordo»38 e proseguiva fornendo a Salandra «copia della relazione fatta a S.E. il Ministro circa i cavalli delle 242 batterie a 4 pezzi. Ancora oggi l'Ispettore Ippico ripete che dopo le 190 batterie complete a 4 pezzi si possono avere dei quadrupedi, ma non dei cavali i per l'Artiglieria. Ed oggi si hanno pronti 1.180 pezzi da 75 a clefonnazione con ben più dei 1.200 colpi regolamentari per pezzo. P.S. 900 150 X 6 = 28 X 6 = 168 I0x6= 60 4X4= 16 9X4= 36 1.180»39 L'indomani dalla nomina a Ministro della Guerra del Generale Zupelli, il Generale Brusati scriveva a Da1lolio: «Spiacente che Ella non abbia accettato la proposta che, per mio mezzo, Le era stata fatta. Ho nel tempo stesso dovuto riconoscere l'indiscutibile valore degli argomenti basati sovra una delicatezza di sentimenti dinnanzi alla quale è d'uopo inchinarsi.»40 In seguito Dallolio avrebbe annotato: «S .E. Salandra e S.E. Brusati hanno insistito nel modo per me più lusinghiero . .. Avrei serbato sempre il ricordo dell'onore che m_i era stato fatto, ricordo che mi avrebbe compensato della più completa rinunzia che facevo d'ogni soddisfacimento personale.» 4 1 Senza dubbio sulle dimissioni del Ministro avevano influito due fattori concomitanti: 1) complessità della situazione politico-costituzionale che, sotto il profilo giuridico, lasciava irrisolte diverse incertezze sull'effettivo esercizio del comando dell'esercito in tempo di guerra; 2) situazione di contrasto fra Governo e Stato Maggiore collegata a quella politico-costituzionale. Complessità della situazione politico-istituzionale Un chiarimento sul tema era stato fornito da Cadorna, nel 1908, al momento della designazione ciel nuovo Capo di S. M. dell'Esercito, esprimendo il parere che bisognava assegnare alla figura del «Capo» quelle responsabilità che era impossibile attribuire al Re. In pratica Caclorna aveva già dettato le proprie condizioni per accettare un eventuale futuro incarico, e quindi assumere il comando in caso di guerra: al Capo di Stato Maggiore, oltre alla libertà cli azione e alla facoltà cli esonerare quegli Ufficiali che non ne avessero meritato la fiducia, andavano attribuite la condotta delle operazioni e la preparazione della guerra per quanto aveva rapporto con le operazioni.42 In altre parole, Cadoma concepiva la direzione
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MCRR,
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MCRR,
fondo Dallolio, b. 944, f. 3, l. 3. fondo Dallolio, b. 944, f. 3 , l. 6. 39 MCRR, fondo Dallolio, b. 944, f. 3, 1. 3. 0 ' APTGP , serie fascicolon i, fase. VII, f. 3, p. 18. "'APTGP. serie fascicoloni , fase. VII, f. 3, p. 18. 2 " P. Melograni, Storia politica ... , op. cit., p. 170.
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del1a guerra ripartita nettamente fra due livelli gerarchici, anche se lo Statuto riservava formalmente al Re il comando delle Forze Armate; un compito peraltro impedito dal principio della «irresponsabilità sovrana» sancito anch'esso dallo Statuto: - Ministro della Guerra, al quale competeva la somministrazione dei mezzi e la preparazione organica dei Quadri e delle unità; - Capo di Stato Maggiore dell'Esercito al quale era riservato l'impiego di tal i mezzi. Cadorna, il 25 aprile 1908, aveva incontrato a Napoli il Duca d'Aosta e tra i due era iniziata una discussione sulla prevista nomina del Generale Pollio a Capo di S. M. dell'Esercito, durante la quale il Duca d'Aosta aveva detto a Cadorna: «Pollio è stato imposto da Giolitti. Aggiunga che Giolitti gode della fiducia illimitata del Re. Egli è onnipotente.»43 A questa affermazione Cadorna, che ambiva alla carica affidata a Pollio, ribatteva: «Si capisce: Giolitti vuole ovunque degli uomini a lui ligi. Vedo inoltre chiaro lo zampino della massoneria che mi avversa. Anche se Giolitti non è framassone, è troppo opportunista per non aderire ai desideri della massoneria».44 Considerando quanto Giolitti aveva detto al Re (sempre nel 1908), in vista della nomina del nuovo Capo di S. M. dell'Esercito per la quale erano in predicato i Generali Cadorna e Polho, e cioè: «Pollio non lo conosco, ma lo preferisco a Cadorna che conosco»;15 forse non è azzardato vedere un'influenza di Giolitti sul pensiero del sovrano, che in quegli anni, fra l'altro, attraversava un periodo di abulia ed era perciò possibile risultasse facilmente ìnfluenzabile.46 Il primo giugno 1908 Vittorio Emanuele lll aveva nominato Pollio alla carica di Capo di Stato Maggiore, e alla sua morte improvvisa nel 1914, chiamava a sostituirlo Cadorna, ben conoscendo le condizioni che quegli aveva formulato anni prima per l'accettazione di tale carica, d'altra parte «molti dati di fatto sono ancora òscuri a proposito delle trattative che accompagnarono nel 1914 la nomina di Cadorna.»47 Oltre alle considerazioni di carattere costituzionale e politico, secondo la testimonianza del suo Primo Aiutante di Campo, Ugo Brusati, Vittorio Emanuele III appariva abulico , in preda a una crisi esistenziale, persuaso di avere una malattia grave che gli si voleva nascondere. Proprio questo stato d'animo avrebbe portato il Re a non opporsi a una delega di fatto della direzione delle operazioni a Cadorna. «.Il Re-soldato abbandonando gli affanni del Quirinale avrebbe curato la sua nevrosi aggirandosi per quattro anni dietro le linee del fronte.» 43 Situazione di contrasto fra Governo e Comando Supremo collegata a quella politico-istituzionale Il mondo politico era rimasto sostanzialmente estraneo a quello militare per cui, mentre i politici si disinteressavano dei problemi dell'Esercito, i nùlitari non aimnettevano che il Parlamento potesse interferire nelle loro attività; in pratica una situazione anomala, favorita dalla complessa situazione politico-istituzionale.49 In tale situazione il momento più grave si aveva quando , il 15 maggio 1916, gli austro-tedeschi attuavano la Strafexpedition, prendendo in contropiede politici, e militari, che pensavano alla guerra come a uno scambio di qualche sporadica battaglia. In quel frangente, alcuni deputati tornati in quei giorni dal fronte avevano prospettato l'esigenza di adottare dei provvedimenti nei confronti del Comandante Supremo50 e per questo il Governo propose la convocazione di un Consiglio di Ministri e Generali,51 peraltro rifiutato da Cadorna, e di cui la classe
G. Rocca, Cadorna, op. cit., p. 41. lbid. 15 P. Melograni, Storia politica ... , op. cit., p. 168. M, fbid. 47 lbid., p. 171. ' 8 G. Rocca, Cadorna , op. cit., pp. 12- 13. ' 9 G. Rochat L 'esercì/o italiano nel/' estate 1914, in Nuova Rivista Storica, maggio-agosto 196 I , pp . 303-305. 50 P. Melograni, Storia politica ..., op. cit., p. 190. 5' Avrebbero dovuto partecipare al Consiglio il Capo e Sottocapo di Stato Maggiore dell'Esercito, i Comandanti delle Armate, il Presidente del Consiglio e cinque Ministri.
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politica abbandonò ben presto l'idea, avendo scoperto che il «cosiddetto "Consiglio di Difesa" funzionava solo in tempo di pace» .52 Il Generale Dallolio appariva molto perplesso sulla situazione creatasi nel 1916, come è palese in una lettera, priva de11 'indicazione del giorno, ma sicuramente riconducibile a prima del cambio di incarico di Presidente del Consiglio fra Salandra e Bose11i (quest'ultimo fu in carica dal 18 giugno 1.916 al 30 ottobre del 1917). In quella lettera Dallolio dimostrava apertamente scarsa fiducia nel piano strategico di Cadorna e non solo: <<Le cose vanno così così, ma occorre molta energia e molta fede. Occorre prendere uomini che sentano la situazione e non dei nomi o dei teorici della Scuola di Guerra. "Riservatissima personale" Sono stato chiamato da S.E. Salandra al quale ho detto chiaramente ciò che penso ... alla chiamata segretissima ho risposto con 1 ora e mezzo di colloquio nel quale ho parlato da Italiano a Italiano. Anche Elsa era raggiante della mia risposta, tanto più che questa volta era sola e prima nelle confidenze. Io credo che finirò forse prima ancora ad essere interpellato, certo in questo momento sono il trait-d'union con molte persone importantissime. Tutto ciò nel massimo segreto. Occ01re sull'Isonzo vigilare e tenersi pronti, ma vigilare perché si deve tener fermo a qualunque costo e rispondere col fuoco al fuoco ma tenendo fermo per Dio. Non è il momento di pensare diversamente, altro che rinnegando il nome di italiani. Nessuna grande manovra, nessuna grande mossa napoleonica. Tener fermo pei nostri morti, pel nostro Paese, per l'avvenire della Patria, pel d.ilitto di chiamarsi uomini e non imbelli fanciulli, pel diritto di volere e non essere il ludibrio dell'eterno barbaro. Ti bacio, cara Piccin, pensando molto a te, ma bisogna vincere e tener fermo e colpire. Papà».53 L'esigenza di un miglior collegamento fra la direzione politica del Paese e la condotta militare della guerra era però sentita al punto che nel nuovo esecutivo retto da Boselli, entrava Leonida Bissolati come Ministro senza portafoglio con l'incarico di creare un collegamento fra Governo e Comando Supremo. L'incarico affidato a Bissolati provocava una violenta reazione di Cadorna, che il 7 agosto 1.916 scriveva al Presidente del Consiglio disconoscendo il ruolo del Ministro poiché «l'unico rappresentante legittimo del Comando Supremo in seno al Governo» era il Ministro della Guerra.54 Con l'occasione Cadorna chiedeva che venissero limitate le visite dei Ministri, ovvero cessassero «tutte le missioni governative in zona di guerra con compiti non esattamente delineati e notificati, o con ampiezza di funzione non bene delimitata>> .55 / In questo scontro di potere Cadorna risultava il più forte dato che: 1) stabiliva che Bissolati non potesse più entrare in zona di guerra e permanervi, né far adunare la truppa per pronunziare discorsi ancorché patriottici; 2) chiedeva al Presidente del Consiglio Boselli la cessazione di intromissioni da parte della Classe politica nell'operato delle gerarchie militari. Queste richieste mostravano una volta di più la debolezza del potere politico di fronte a quello militare che rifiutava il controllo del Parlamento. Tale debolezza trovava riscontro nella risposta di Boselli a Cadorna; il Presidente del Consiglio, infatti, dichiarava «il suo totale ed incondizionato accordo di non far effettuare visite di Parlamentari al fronte».56 Si è già accennato ai rapporti non idilliaci fra Comando Supremo e mondo politico (vedi Capitolo 3). Ad evidenziare questo stato di cose appare emblematica una frase di Cadorna che, rivolgendosi a Dallolio, scriveva: « ... Spero che Lei mi manderà presto la notizia che hanno fatto fuori Orlando.» I rapporti fra Dallolio e Salandra sarebbero rimasti sempre molto cordiali, tanto che il 14 giugno 1916 il Presidente del Consiglio dimissionario gli scriveva: «Grazie, caro generale, delle sue buone ed affet-
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P. Melograni , Storia politica ... , op. cit., p . 175. APTGP, serie lettere ai familiari , lettera senza data , 1916 a Gina. P. Melograni , Storia politica ..., op. cit., p. 198. 55 lbid. 56 lbid., p. 199. 5 ' 54
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Lettera di Cadorna a Dallolio, datata 6 settembre 1917. (APTGP, Raccolta lettere a personaggi)
tuose parole. Tra i non molti lieti ricordi di questi anni di duro travaglio mi rimane quello della Sua amicizia. Spero anzi che sia più che un ricordo. Ella seguiterà a lavorare, come ha fatto sinora, con tutta la Sua intelligenza e - quello che è più - con tutto il Suo cuore pel nostro Paese; ed io pure cercherò - in qualunque posizione - di concorrere, come potrò, alla grande opera. Vorrò stringerle la mano e La pregherò ancora di una visita oggi o domani. Mi abbia sempre pel Suo affezionatissimo A. Salandra.»57 La questione, però, non era definitivamente chiusa perché Dallolio sarebbe ritornato su questo episodio molti anni dopo, all'uscita del libro di Salandra, La neutralità italiana, che conteneva alcune imprecisioni sul1a nomina del Generale Zupelli a Ministro della Gue1Ta. Il 30 aprile 1928 Dallolio scriveva a Salandra chiedendogli conferma della sua versione dei fatti: «Il 9 ottobre 1914 alle ore 9 ebbi un colloquio con l'E.V. in seguito ad una lettera di S.E. Brusati nella quale era detto: «Caro Generale, S.E. Salandra al quale ho riferito il nostro colloquio la prega di volersi recare da lui all 'alloggio (Via Firenze 13) domani mattina alle ore 9. Ciò, ben inteso, non costituisce per lei un impegno ... Non è il caso di ritornare sul colloquio coll'E.V. di cui tenni copia immediatamente, solo trascrivo quanto in data 12 ottobre 1914 mi scrisse S.E. Brusati " ... spiacente che ella non abbia accettato la proposta che per mio mezzo le era stata fatta ... una delicatezza di sentimenti dinnanzi alla quale è d'uopo inchinarsi." Ripeto ora come allora che serbo sempre il ricordo dell'onore che mi è stato fatto, ricordo che mi ha sempre compensato della completa 1inunzia che feci allora ad ogni soddisfazione personale. Sono passati ormai 14 anni e sempre più ritengo di essere stato guidato dallo spirito del dovere. Ma siccome si è ripetuto di recente che nessuno fu chiamato prima di Zupelli, mentre allora anche i giornali avevano fatto il mio nome, basandomi sul libro dell'E.V. dove è detto" ... all'eventuale sostituzione del Generale Grandi io pensavo da qualche settimana, poiché non era possibile, in quel momento di febbrile attività, lasciare, fosse anche per breve tempo, senza il titolare il Ministro della Gue1Ta. La mia scelta era stata già fatta ed ecco come ... "
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MCRR, fondo
Dallolio, b. 944, f. 3, 1. 9.
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così prego l'E.V. di volere confermarmi la verità di tutto quanto è accaduto nei giorni 8-9 ottobre 1914 , assolutamente per mio conto personale non intendendo certo uscìre dal mio silenzio.»5R Salandra rispondeva a stretto giro di posta il 2 maggio: «Illustre Generale. Rispondo alla sua del 30 aprile ultimo. Dal colloquio avuto con Lei il 9 ottobre 1914 non presi nota, forse per il suo esito negativo , forse per le molte occupazioni sopravvenute . Neanche me ne sono ricordato quando, parecchi anni dopo , ho scritto il mio volume su "La neutralità italiana". Anche adesso non saprei ricostruirne il contenuto. Ma ho fede nella Sua perfetta lealtà che non esito a ritenere per esattissimo quanto Ella annotò e ricorda. Tengo a dichiararle espressamente che 1'allusione ad altri nomi propalati e propugnati dai giornali non si riferiva menomamente a Lei. Del resto io non ho mancato al dovere di segnalare alla riconoscenza del Paese le sue alte benemerenze per la preparazione delle armi. (Vedi p. 434 del mio volume) con molta osservanza. Devotissimo Salandra.>>59 Dallolio, come annotava in un suo appunto , si decideva «a mettere in chiaro la verità dei fatti»<,o e il 4 maggio 1928 scriveva al Generale Brusati pregandolo cli voler confermare quanto era accaduto nei giorni 8 e 9 ottobre 1914, e questa volta riceveva piena soddisfazione. Infatti, il Generale Brusati restituiva la lettera di Dallolio con questa annotazione: «Affermo che quanto scrive il Generale Alfredo DaUolio nella lettera del 4 corrente a me indirizzata risponde esattamente a verità.»61 Proseguiva Dallolio «i documenti sono così precisi che è escluso l'agitars i nel dubbio. Mi rimase sempre un ricordo devoto e riconoscente verso S.E. Brusati. S.E. Brusati mi chiese "ed ora cosa intendi fare?" Risposi: "Seguiterò a ben tacere" E tacqui.»62
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ss MCRR, fondo Dallolio, b. 944, f. 2, I. 2. 59 MCRR, fondo Dallolio, b. 944, f. 2, I. 12 . 60 MCRR, fondo Dallolio, b. 944, f. 3, I. 14. 61 lbid. 62 lbùl.
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Capitolo 8 I DUBBI DI DALLOLIO SULLA PREPARAZIONE DELL'ITALIA
Dallolio al di là dei possibili schieramenti (guerra contro la Francia o contro l'Austria?) aveva seri dubbi sul fatto che l'esercito fosse pronto a sostenere un conflitto. Più che le deficienze organizzative dell'Esercito, lo angustiava la situazione morale dell'Italia. Senza «l'amalgama del Paese», come si sarebbe potuto sperare in una seria Mobilitazione Industriale necessaria per fornire i mezzi all'esercito operante? «È un brutto momento ... Tacere ... e pensare la guerra è ormai lo sforzo di tutta una Nazione ma se la Nazione non concorre con tutte le sue energie e tutto il suo sangue è possibile pensare ai fratelli italiani che guardano verso San Marco???».' Egl.i annotava nei suoi appunti: «Alla Grande Guerra eravamo tutti impreparati , perché il programma tracciato dalla Commissione Suprema nel 1908 era stato svolto, ed era molto modesto, e quello del 1913 rimase allo stato di buona intenzione per quanto in data 24 maggio 1913 il Ministro della Guerra avesse detto di far voti perché le condizioni finanziarie del Governo possano consentire l'effettuazione delle proposte presentate per la sistemazione difensiva dello Stato. Quindi stando al programma 1908 o c'era tutto, o si era ordinato tutto comprese anche le riserve, tutto ciò parlando solo nei riguardi della Direzione Generale di Artiglieria e Genio» .2 Alla fine del 1909 Dallolio aveva scòtto: «Adesso abbiamo un Esercito di graduati e Ufficiali senza soldati, fra dieci giorni avremo una falange di uomini che non diverranno mai soldati. E quando sento gridare Italia-Italia contro l'Austria mi guardo attorno e mj domando con terrore Dove è l'Esercito? Dove è l'Artiglieria? E guai a dire a Roma svegliatevi vogliono per forza dormire a modo loro. Poi all'improvviso a fare la voce grossa. Mia buona vecchia tu vedrai delle brutte cose in avvenire ed è bene che sia preparata a guardare in faccia il mondo che esiste e si prepara.»3 In questa situazione va inquadrata l'azione di Dallolio quando aveva proposto il rafforzamento del parco d'assedio: «La visione del prossimo futuro induce a ritenere che in una guerra di fortezza, vuoi in pianura, vuoi in montagna, tutte le operazioni ossidionali non potranno avere quel rapido svolgimento, che è di sommo interesse per l'attaccante, se non saranno debellati quei nuclei della difesa, ormai rappresentati da opere in pozzi con copertura più o meno pesante sul tipo cli queile che abbiamo adottato noi stessi ... La lotta fra la corazza ed il cannone, già da molti anni incessante, obbliga assolutamente a continue evoluzioni e quando la tecnica ci porge ognj giorno il destro di perfezionarsi sarebbe veramente pericoloso non avvalersene.» 4 Egli aveva ind ividuato nel mortaio da 260 l'arma più efficace per condurre tiri a grandi distanze con buona potenza d'urto , ma non quella ideale a causa del peso delle munizioni. Pertanto, «considerata la impellente urgenza di abbattere gli ostacoli, non resta che valersi del cannone, il quale, con la sua grande precisione, col minor peso del proietto e con la maggiore rapidità cli fuoco, può consentire di ottenere un qualche effetto tangibile in breve tempo , purché la forza d'urto del suo colpo isolato sia sufficiente.»5 In base alle esperienze fatte a Bracciano, egli riteneva che i risultati voluti sarebbero stati raggiunti «tutta.volta che la forza d'urto sia alquanto superiore a que] la dei nostri attuali cannoni da 149 A. Ora col nuovo cannone da 149 che è in istudio, pare a questo Reparto che non si possa raggiungere questo
lettere ai familiari, lettera [senza data) 1914 a Elsa . serie fascicoloni, fase. dal 1914 [2 agosto] al 191 5 [9 luglio], p. 1. ' APTGP, serie lettere ai familiari, lettera 5 novembre 1909 a Elsa. 4 MCRR, fondo Dallolio, b. 950, f. 12, I. 2, p. 1 e 3, Lettera n. 778 Ris. cli Dallolìo datata 10 maggio 1.91 I. 5 MCRR, fondo Dallolio, b. 950, f. 12, l. 2, p. 2, Lettera 11. 778 Ris. dì Dallolio datata 10 maggio 19 ll . 'APTGP, serie
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scopo. Sia perché il peso del proietto è ancora molto limitato, sia perché la velocità iniziale è anch'essa limitata. Per conseguenza si intravede la necessità di passare ad un calibro superiore, in modo da poter giungere ad un peso di proietto di un'ottantina di Kg. , col quale, supposta una velocità residua di 570 metri circa, si può pe1forare uno spessore di piastra di una volta ed un terzo.» 6 Dallolio, pertanto, aveva proposto di passare al calibro 177. I suoi non erano dubbi infondati dato che nel 1913 il Ministro della Guerra, Spingardì, basandosi sulle notizie dei provvedimenti militari in corso di adozione da parte dei Paesi europei, scriveva al Presidente del Consiglio, Giolitti , riguardo alle misure da attuare per mettere il nostro Esercito in condizioni di poter affrontare un conflitto.7 Spingardi non pensava ad «aumentare» , bensì a «consolidare» quanto era stato fatto negli anni precedenti per riportare l'esercito alle condizioni generali di efficienza raggiunte prima della guena con la Turchia. Egli presentava a Giolitti « ... il programma militare della nuova legislatura , cui auguro eguale fortuna, quale che sia il Ministro della Guerra ad attuarlo».8 Tale programma, articolato in parte straordinaria e ordinaria, prospettava sette problemi: 9 - in via prioritaria (parte straordinaria), l'armamento e ['ordinamento difensivo delle principali piazze marittime del Tirreno e di Taranto, nella considerazione che - ancorché di interesse della Marina - «non soltanto coinvolge la difesa delle nostre coste, ma si ripercuote ben anche ed essenzialmente, su tutta l'attività ed efficienza bellica»; - in via subordinata (parte straordinaria) «il completamento di talune difese esistenti sulla frontiera tenestre occidentale, le cui opere hanno in parte perduto, a causa della loro vetustà, la necessaria efficienza»; 10 - sempre in via subordinata (parte straordinaria), il rafforzamento del parco d'assedio. «Le installazioni potentissime delle moderne fortificazioni, e le corazzature in acciaio di cui sono munite le opere, esigono che i mezzi del! ' attacco raggiungano la massima potenza; donde la necessità di aumentare la proporzione dei massimi calibri e di adottare potentissimi esplosivi: un esercito che non dispone di tali mezzi di offesa è destinato fatalmente ad arrestarsi dinanzi alle fortificazioni. Valga l'esempio di quanto è avvenuto dinanzi ad Adrianopoli ed a Scutari, tenendo presente che né l'una né l'altra di tali piazze forti, aveva una sistemazione modernissima.» 11; - una quarta esigenza (parte straordinaria) riguardava l'aumento del munizionamento disponibile, per le artiglierie e i fucili, da ricercarsi non tanto attraverso l'accumulo nei depositi di munizioni facilmente deteriorabili, quanto attraverso la predisposizione dei mezzi necessari per aumentarne, in caso di guerra, la produzione; - una quinta esigenza (anch'essa di carattere straordinario) riguardava la sistemazione della flotta aerea e dei servizi aeronautici; - la modifica della legge sul reclutamento (di carattere ordinario) proposta da Spingardi avrebbe dovuto servire ad aumentare sia la forza del tempo di pace, sia quella in congedo per consentire all'Italia di allinearsi agli standard delle altre nazioni europee; - il miglioramento della rete ferroviaria, infine (anch'esso di carattere ordinario) avrebbe consentito di migliorare e razionalizzare le operazioni di mobilitazione e radunata dell'esercito al nord. Gran parte delle considerazioni di Spingardi sarebbe stata poi ripresa dal nuovo esecutivo. L'ostilità verso il mondo politico veniva solitamente ritenuta prerogativa di Cadorna, ma in realtà era comune a molti militari, fra cui anche il Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, Pollio, il quale, in meri-
MCRR, fondo Dallolio, b. 950 , f. 12, 1. 2, p. 2, Lettera n. 778 Ris. di Dallolio datata 10 maggio 1911. 'MCRR, fondo Dallolio, b. 945 , f. 5, l. 3, Lettera del 29 aprile 1913. s MCRR, fondo DaUolio, b. 945, f. 5, l. 3, p. 2, Lettera di Spingardi a Giolitti in data 29 aprile 1913. 9 MCRR, fondo Dallolio, b. 945, f. 5, l. 3, pp. 2-16, Lettera cli Spingarcli a Giolitti in dar.a 29 aprile 1913. 10 MCRR, fondo Dallolio, b. 945, f. 5, I. 3, p. 3, Lettera di Spingarcli a Giolitti in data 29 aprile 19 13. 6
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fondo Dallolio, b. 945, f. 5, l. 3, p. 4, Lettera cli Spingardi a Giolitti in data 29 aprile 1913.
to alla necessità cli disporre cli tempi lunghi per la mobi litazione, arrivava a scrivere: «Il Paese non capi rà (e non lo si capirà neppure nelle alte sfere politiche che di cose militari non capiscono nulla ... )». 12 Lo scollamento fra mondo politico e quello militare veniva alla ribalta, prepotentemente, in occasione delle decisioni da assumere sulla mobilitazione, e cioè sul tipo di mobilitazione da effettuare, che in sintesi si riduceva sul quando e sul dove. Sul quando effettuare la mobilitazione Il Consiglio dei Ministri del 2 agosto 1914 scartava l'idea della mobilitazione generale, ritenendo che «molto probabilmente avrebbe generato all'estero l'impressione di un'imminente entrata in campo dell'Italia». 13 Il Capo di S. M. dell'Esercito, Cadorna, notoriamente propenso alla mobi litazione generale anziché a quella parziale, aveva reagito immediatamente. 14 Egli reputava che «mobilitare nelle guarni gioni di pace le unità - come deciso dal governo - e successivamente, su nuovo ordine ed a tempo debito, effettuare la radunata avrebbe sconvolto l'intero sistema di mobilitazione, creando notevoli difficoltà di carattere tecnico, soprattutto data la forma allungata della penisola e le strozzature appenniniche.» 15 In ogni caso il Presidente del Consiglio decideva di approfondire l'argomento e il successivo 5 agosto indiceva una riunione ristretta nella quale il Ministro degli Esteri, San Giuliano, aveva partita vinta nell'escludere la mobilitazione generale. Cadorna era costretto a «inchinarsi alle ragioni politiche» anche se la mobilitazione parziale dell'esercito, vale a dire di una sua grossa parte , «non era stata pianificata né prevista» .16 Le posizioni del Ministro della Guerra, Grandi e del Capo di S. M. dell'Esercito sul diverso tipo di mobilitazione da attuare erano inconciliabili, tanto che Grandi sottoponeva il caso a Salandra ritenendo che «La insistenza che egli [Cadorna] mostra .. . per provocare misure manifestamente bellicose ed in certo modo quasi forzare la mano per determinare una tendenza che il Governo con la sua franca e dignitosa dichiarazione cli neutralità ha escluso, è cosa troppo grave perché, per ben ch iarire i compiti e le responsabilità di chiunque può oggi avere qualche influenza sulla pubbhca cosa, io non dovessi anzitutto segnalarla all 'E.V.» 17 «Per Salandra e San Giuliano l'impiego dell'Esercito era da vedersi in prospettiva assai lontana» e «la scarsa probabilità di una guerra per l'Italia e le difficoltà di bilancio imponevano una preparazione molto graduale.» 1N Sul dove attuare la radunata La rete ferroviaria del Veneto risultava assolutamente insufficiente a soddisfare le esigenze della radunata, per cui era previsto che il grosso dell ' Esercito si fermasse al Piave, da dove le Unità avrebbero proseguito per via ordinaria verso il Tagliamento. Su questo fiume, infatti, era organizzata la sicurezza per la mobilitazione e la radunata, attraverso un' «osservazione avanzata» da parte cli poco meno di 150.000 uomini distribuiti dallo Stelvio al mare (laguna di Marano). 19 Questo contingente di 150.000 uomini avrebbe compiuto una radunata parziale, in anticipo su quella generale rimasta fissata al Piave, che aveva due funzioni principali: - evitare la sorpresa, in fase radunata, di ogni eventuale attacco da parte austriaca; - occupare, durante la radunata stessa, alcune posizioni chiave per costituire la base di lancio di successive azioni offensive dell'Esercito italiano, da portare nel cuore dell'Impero austrungarico non appena terminata la radunata. La IV Armata, dopo essersi impadronita degli sbarramenti di
ACS, fondo Brusati, b. IO, lettera ciel I
O
maggio 1913 di Pollio a Brusati. M. Montanari, Politica e strategia ..., op. cit., p. 64. 1• In Ttalia le operazioni di «Mobilitazione» e «Radunata» non erano distinte in due fasi successive. 15 M. Montanari , Politica e strategia ..., op. cit., pp. 64-65. 16 Ibid. , p. 66. 11 !bici., p. 83. I S !bici., p. 66. 19 Questo spostamento anticipato, peraltro, aveva complicato tutti i piani di trasporto ferroviario . 12
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Valparola e Val di Landro, avrebbe dovuto occupare Dobbiaco per agevolare lo sbocco delle truppe della Zona Carnia verso le conche di Villach e K lagenfurt, premessa indispensabile per raggiungere la Drava, obiettivo del disegno operativo cli Cadorna. Tuttavia, il provvedimento di fermare il grosso dell'Esercito al Piave non risolveva :il problema del trasporto dei reparti verso le regioni del nord, come il Ministro della Guerra Spingardi scriveva nel1' aprile 1913 al Presidente del Consiglio Giolitti: «Consentimi di accennare, prima di finire, all'immane movimento di trasporti per ferrovia che si renderà necessario per effettuare la mobilitazione e la radunata dell'esercito. Sulla durata dei nostri trasporti non è lecito farsi illusioni, ove si pensi che dall'estremo mezzogiorno, e dalle isole, grandi reparti di truppe e numerosi contingenti di richiamati devono percon-ere tutta la penisola prima di raggiungere il sito di radunata. Siamo ben lungi dall'avere, sia per la radunata verso la frontiera N .E. sia per quella verso la frontiera N .O. una ferrovia indipendente per ogni Corpo d'Armata, come l'hanno per esempio la Germania e la Francia, e come tende ad averla 1'AustriaUngheria. Aggiungasi che la nostra rete fen-oviaria, quale è oggi, con le sue strozzature e pendenze, e con i deficienti impianti delle stazioni concorre a ritardare il complesso ed enorme movimento, conferendogli il carattere di una estrema difficoltà e delicatezza.» 20 Sul quando, esisteva evidentemente una coITente di pensiero temporeggiatrice per cui il Capo di Stato Maggiore, Pollio, era indotto a lamentarsene con il Generale Ugo Brusati al quale, il p1imo maggio 1913 scriveva: «lo sono all'oscuro degli accordi con l'Austria (e non dovrei esserlo), ma se v'è probabilità di intervento sarebbe bene, ripeto, che si procedesse almeno ad una seria mobilitazione occulta.» Tuttavia l'aggettivo «seria», adoperato da Pollio, veniva messo in discussione dallo stesso quando sempre quel giorno aggiungeva: «In sostanza, secondo il Governo, questa mobilitazione occulta si riduce di fatto a poco meno che a nulla perché (come avvenne anche per l'impresa in Libia) non si rumnettono neanche gli acquisti, i movimenti e gli scrunbi dei materiali ... La cosa più grave di una operazione di quel genere è appunto l'immenso materiale. Mi si dice che si tratta di qualche giorno, ma io domando perché si deve perdere anche "qualche giorno" mentre , se non sarà fatta la mobilitazione, tutto il male si riduce a uno spostamento e un acquisto (sempre utile) di materiale e ad alcuni provvedimenti di maquillage.»21 Dopo pochi giorni il Generale Pollio tornava a sfogarsi con Brusati: «Ho di nuovo rappresentato al Ministro che ogni giorno che passa è un giorno perduto per la mobilitazione, la quale pare sempre più probabile, e ad ogni modo per la parte occulta deve essere fatta. Il Ministro mi ha detto che ne avrebbe prufato oggi con il Presidente del Consiglio.>>22 Pollio , da tempo , aveva dichiarato candidamente il suo scarso peso nei confronti del Capo di Stato Maggiore «Questa richiesta di maggiori forze ha bisogno di essere appoggiata.» In tal modo veniva impietosamente alla luce il suo scarso prestigio nei confronti del Ministro (militare anche lui) per cui era costretto a ricorrere ad una terza persona del mondo militare. Tuttavia, non era un'eccezione che il Capo di Stato Maggiore Pollio restasse all'oscuro dei piani . Il 6 giugno 1913, infatti, scriveva (sempre a Brusati): «Io avevo proposto che l'azione in Cirenaica iniziasse da Bengasi e da Derna ... Jl Governo ha preferito ... Ignoro il piano di operazioni.>> L'attività di «consolidamento» intrapresa dal Ministro della. Guerra era ostacolata dall'azione del Capo di S. M. dell'Esercito, Pollio, rivolta, come lo stesso Spingardi gli riconosceva, a «migliorare sempre più le condizioni del nostro assetto difensivo» 23 che però imponeva «un notevole aumento di bocche da fuoco rispetto a quelle che armavano le frontiere dello Stato anteriormente al 1907, e l'aumento è rappresentato da un'ottantina di artiglierie costiere, da oltre duecento cupole corazzate e da parecchie centinaia di bocche da fuoco di medio calibro e campali e mitragliatrici.>>24 Ovviamente, gli aumenti comportavano
fondo Dallolio , b. 945, r. 5, I. 3, Lettera s.n . del 29 aprile 1913, pp. 14-15. Brusati, b. 10, lettera del 1° maggio 1913 di Pollio a Brusati. 22 ACS, fondo Brusati, b. 10, lettera del 3 maggio 1913 di Pollio a Brusati. 23 ACS, fondo Brusati , b. 10, lettera del 16 febbraio 1912 cli Spingardi a Pollio, p. 2. 2 • ACS, fondo Brusati , b. IO, lettera del 16 febbraio 1912 cli Spingardi a Pollio, p. 3. 20
21
MCRR ,
ACS, fondo
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Lettera del Capo di Stato Maxgiore Pallio a Brusati del l 0 maggio 1913. (Archivio Centrale Stato, F Brusati)
Seconda lettera del Capo di Stato Maggiore Pollio a Brusati del 1° nwggio 1913. (Archivio Centrale Stato, F. Bruscai)
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Lettera del Capo di Stato Maggiore Pollio a Brusati del 13 febbraio 1913. (Archivio Centrale Stato, F. Brusati)
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corrispondenti incrementi di personale, pregiudicando il completamento del «programma minimo» del 1908 che era andato progressivamente dilatandosi imponendo assegnazioni aggiuntive. Per questo Spingardi concludeva di aver «fiducia che V.E. voglia convenire meco nella necessità dj porre ogni cura, · ogni attività, ogni sforzo per completme (COMPLETARE NEL PIÙ STRETTO ED ASSOLUTO SENSO DELLA PAROLA) l'assetto di quelle opere che debbono formare i capisaldi delle nostre difese, e che conviene aver pronte per un'epoca improrogabile e mercé l'impiego dei soli mezzi sino ad ora concessi. Una tale necessità fu da me solennemente riconosciuta dinnanzi al Parlamento e, consenziente l'E.V. ho preso l'impegno di attuarla.» 25 Come scriveva il Ministro Spingardi all'Aiutante del Re, la sua era una lettera meditata ma inevitabile poiché si trattava di spese «fatte ed impegnate in più del disponibile assegnato dal Parlamento» e altre se ne intravedevano all'orizzonte, «Pollio insiste per la costituzione del 13° Corpo, provvedendo alla nomina dei Quadri superiori. Non è materialmente possibile! ove metto i Reggimenti di nuova formazione con battaglioni di più di 1.000 uomini ciascuno?».26 Con il successore di Pollio si acuiva il dissidio sui tempi della mobilitazione poiché Cadorna, pur avendo rilevato pesanti manchevolezze27 all'atto della sua nomina a Capo di S. M. dell'Esercito, concordava con il pensiero del Generale Roberto Bencivenga, suo stretto collaborato.re, secondo il quale il raffronto non andava limitato ai due COil!tendenti Italia e Austria, bensì esteso «ad un conflitto di coalizioni, nel quale il nostro [esercito] era già alle prese con altri due eserciti, quello russo e quello serbo».28 Cadoma, nonostante la situazione deficitaria delle dotazioni e le carenze organizzative, era propenso all'immediata mobilitazione generale addirittura ai primi di agosto 1914,29 ma trovava un oppositore in Salandra, preoccupato per la conclamata impreparazione dell'Esercito. Il Presidente del Consiglio, infatti, aveva definito 1'Esercito italiano un «imperfettissimo organismo militare» il cui <<immediato adoperamento» era ostacolato dalle notevoli carenze delle dotazioni di mobilitazione.30 Il 4 maggio 1915 veniva ordinata la mobilitazione occulta,3 1 ma il 13 Salandra rassegnava le dimissioni a causa della «mancanza del concorde consenso dei partiti costituzionali» necessario in quel delicato momento. In tale situazione di vuoto politico slittava ancora la data della mobilitazione generale che sarebbe stata decretata il 22 maggio con l'assunzione dei pieni poteri da parte del Governo (dopo il ritiro delle dimissioni d:i Salandra, rifiutate dal Sovrano). Avendo ripetutamente accennato alle carenze organizzative, appare opportuno riassumere la situazione che si era creata con la precedente crisi governativa dovuta alle dimissioni di Giolitti (10-19 marzo 1914). Il Presidente del Consiglio designato, Salandra, che in precedenza aveva concordato con il Ministro Spingardi i provvedimenti che sarebbero stati necessari, di fronte al rifiuto del Ministro a proseguire nell'incarico, interpellava il Generale Porro, «senza alcun consiglio, dico, mi rivolsi al Generale Porro che conoscevo come uomo di studi e di guerra, di grande fama, e che era già stato sottosegretario di Stato per la guerra.»32 I due uomini proseguivano per due giorni l'esame della situazione, «con l' intervento neces-
~ ACS,
fondo Brusati, b. IO, lettera del 16 febbraio 1912 di Spingardi a Pollio, p. 4. fondo Brusati, b. IO, lettera ciel .J7 febbraio 1912 di Spingardi a Brusati. 27 Si trattava di: - carenza numerica di Quadri Ufficiali e Sottufficiali, impreparati sul piano qualitativo a causa di affrettate nomine e promozioni , - insufficienza quantitativa di mitragliatrici ·«arma di reparto per eccellenza della fanteria», - inferiorità numerica delle artiglierie, rispetto all'esercito austriaco, che non consentiva di realizzare la necessaria superiorità in operazioni offensive, - carenza di mezzi di trasporto a motore e animale. Cfr. M . Montanari, Politica e strategia ..., op. cit., p. 80-81: u M. Montanari, Politica e strategia ..., op. cit., p. 74. 29 lbid., p. 72. JO lbid., p. 74. JI fbid., p. 100. 32 APCD, Legisl. XX, 3" Sessione, Discussioni, Voi. III, p. 2.275. 26
ACS,
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sario del Ministro del Tesoro», ma senza giungere a un'intesa perché Porro, «uomo di mente alta, di senno e di rigida coscienza», guardava all' «immediata necessità dell'incremento delle spese per l'esercito» solo · dal punto di vista militare, mentre Salandra e il Ministro del Tesoro dovevano «seguire la norma di commisurare l'incremento delle spese militari alle risorse economiche del paese».33 Pertanto il Generale Porro rifiutava l'incarico di Ministro della Guerra ed il 24 marzo il Generale Grandi veniva nominato Ministro. Salandra così commentava: <<Con alto patriottismo e resosi conto della necessità di contemperare le imprescindibili esigenze dell'esercito colle nostre risorse economiche, accettò il Ministero della Guerra, dopo essersi assicurato che il Ministro del Tesoro potesse consentirgli i mezzi che egli reputava indispensabili.»34 Dopo la nomina di Grandi, Salandra consultava il Capo di S. M . dell'Esercito, Pollio, che confermava la rispondenza delle decisioni prese con il Ministro Grandi alle esigenze dell'Esercito. Ma quali erano state le divergenze fra Salandra e P01To? Vi erano sul tappeto tre programmi per soddisfare le esigenze dell'esercito nel quadriennio 1914-18 .35
Tabella X SPESE STRAORDINARIE Programma massimo Programma ridotto Programma minimo
550 milioni 475 milioni 402 milioni
SPESE ORDINARIE (aumenti annuali) 85 milioni 70 milioni 58 milioni
Il ministro uscente Spingardi si era dichiarato favorevole al programma minimo, ma il Capo di S. M., Pollio, in considerazione della crisi di governo intervenuta e delle ingenti spese per la Libia aveva indicato un programma «ultraminimo>> di 198 milioni di spese straordinarie e un aumento per quelle ordinarie da 10 a 35 milioni. Sulla scelta di questi programmi avvenne la rottura fra il Presidente ciel Consiglio designato e il Ministro della guerra in pectore: 36 - Salandra era disposto soltanto allo stanziamento dei 198 milioni indicati da Poilio nel programma «ultra.minimo»; - il Generale Porro era favorevole al programma minimo scelto da Spingardi. Le effettive esigenze militari venivano definite alla Camera dei Deputati il successivo 2 aprile 1914, in occasione della presentazione del nuovo Gabinetto, allorché il neo Presidente del Consiglio, Salandra, assicurava che «mentre la forza navale può per gli stanziamenti già proposti, svilupparsi neJle grandi e nelle minori unità secondo un piano preordinato ... l'esercito chiede adeguati provvedimenti ... Al 1° gennaio dell'anno corrente i magazzini militari si erano riforniti di ogni loro nor.male dotazione, anzi con opportune sostituzioni erasi migliorata la qualità e aumentato il valore di una parte notevole di esse.»37 A quella data, tuttavia, rimanevano impegnate in Libia forze notevoli, per cui occorreva prevedere che i fondi ordinari preventivati per l'esercizio 1914-1915 (commisurati alle sole esigenze dell'esercito metropolitano) venissero integrati per compensare in Patria quanto non era stato preventivato in bilancio e mettere l'esercito in condizioni di soddisfare a un tempo le necessità della madre Patria e quelli della Colonia. «Inoltre il Parlamento sa che, indipendentemente dalla guerra in Libia, va svolgendosi attualmente un programma di provviste e di lavori destinati ad aumentare le nostre difese e l'efficienza
3
APCD, Legisl. XX, 3" Sessione, Discussioni, Yol. III, p. 2.275. lbid. 35 M. Montanari, Politica e strategia ..., op. cit., p . 33. 36 lbid. n APCD, Legisl. XX, 3" Sessione, Discussioni, Voi. UI, pp. 2.144-2.145. J
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dell'esercito mobilitato, e precisamente per le fortificazioni, per le artiglierie, per l'aeronautica, per i quadrupedi, i fabbricati , gli approvvigionamenti vari di mobilitazjone ed altri bisogni .»38 Ancora, neJl'ottobre 1914, il Ministro degli Esteri , San Giuliano, affermava: «Penso che pel momento ci convenga ancora aspettare. La guerra non finirà così presto; e d'altronde cosa possiamo fare? Non abbiamo un esercito pronto; ed a prepararlo ci vuole tempo. Dobbiamo dunque per forza aspettare la primavera. Intanto non si perde tempo, perché, ripeto, molti mesi ci occ01Tono per una preparazione adeguata.» 39 E ancora ai primi di maggio del 1915, l'On . Giolitti valutava l'Esercito italiano «poco agguerrito moralmente» .40 Il programma che aveva elaborato Spingardi, Ministro della Guerra uscente, non poteva paragonarsi a quello tedesco o francese, ma, molto più modesto e quindi meno oneroso per l'erario, si limitava a sei esigenze cli cui quattro riguardavano la parte su·aordinaria del bilancio e due quella ordinaria. PARTE STRAORDINARIA
Per queste esigenze erano stati già assegnati i mezzi finanziari necessaii con leggi speciali che coprivano gli esercizi finanziari sino a tutto il 1917-18. Tuttavia il Presidente del Consiglio Salandra annunciava: «È pur noto come nelle previsioni a lunga scadenza si producano inevitabili mutazioni e col procedere del tempo sorgano impellenti nuove es igenze ... A tale intento vi chiederemo cli autorizzai·e una maggiore spesa straordinaria, da ripartirsi in parecchi esercizi, che non supererà i duecento milioni.» 4 1 La parte straordinaria del bilancio avrebibe dovuto soddisfare le esigenze che riguardavano: 1) Completamento delle fortificazioni della frontiera terrestre occidentale e armamento e ordinamento difensivo delle principali piazze marittime del Tirreno (Spezia, Maddalena, Messina ) e di quella di Taranto . Scriveva Spingarcli: «Noi abbiamo ancora cannoni di ghisa, installati su opere scoperte o semicoperte, in muratura, senza corazzatura in acciaio; armamento, dunque, ed opere, rappresentano una sistemazione del tutto inadeguata ai mezzi di cui dispongono le navi.» 42 Era evidente che le navi avversarie, restando al di fuori della portata dei vecchi cannoni dei forti, potevano colpire le fortificazioni di terra non corazzate, riducendole ben presto al silenzio. Inoltre, per quanto alle difese esistenti sulla fron tiera terrestre occidentale: «Non si tratta di creare una nuova sistemazione difensiva , come si è fatto per la frontiera orientale, dove non esisteva quasi nulla; ma si tratta invece di rimettere in pieno valore ciò che già possediamo, mediante opportuni adattamenti e più moderne installazioni, da farsi nelle varie opere già esistenti.»43 2) Rafforzamento del parco d'assedio delle artiglierie mediante la creazione di alcune batterie di cannoni e di mortai di grosso calibro, e aumento della riserva di munizionamento. Le artiglierie dovevano raggiungere la massima potenza per poter ridurre al silenzio le installazioni delle moderne fortificazioni difensive. Da qui la necessità di aumentare la proporzione dei massimi calibri creando alcune batterie di cannoni (per colpire frontalmente le opere) e di mortai (per sfondare le coperture corazzate) e di adottare esplosivi più potenti , per favorire l'avanzata delle fanterie verso le fortificazioni nemiche. In effetti, il parco d'assedio italiano disponeva ancora cli batterie di tipo diversissimo, di ghisa e senza mezzi per il traino. Peraltro, come già accennato nel Capitolo 2 «Gli Anni da Direttore Generale
APCD, Legisl. XX, 3• Sessione, Discussioni, Voi. III, p. 2.145. O. Malagocli, Conversazioni della guerra, a cura di B . Vigezzi, 2 voli., Ricciardi, Milano-Napoli 1960, Vol. 1, p. 23. 40 Giolitti, infatti, riteneva la popolazione italiana in una fase di transizione fra la condizione (e cultura) rurale e quella cittadina. «Le nostre popolazioni rurali, che dovrebbero darne il nerbo, non hanno più gli stimoli semplici ecl istintivi della guerra, come possono sentirli dei primitivi, quali i contadini russi; e viceversa non hanno ancora acquistato il pensiero , la coscienza di cittadini, come i tedeschi, i francesi e gli inglesi.» Cfr. O. Malagodi, Conversazioni della guerra ... , op. cit., Voi. I, p. 58. "'APCD, Legisl. XX, 3" Sessione, Discussioni, Voi. III, p. 2.145. • 2 MCRR, fondo Dallolio , b. 945, f. 5, I. 3, p. 3, lettera ciel 29 aprile 1915 a Giolitti. 43 MCRR, fondo Dallolio, b. 945, f . 5, I. 3, p. 4, Lettera di Spingarcli a Giolitti in data 29 aprile 1913. 38 3')
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dell'Artiglieria e Genio e la Campagna di Libia», quella guerra era stata l'occasione per sostituire i materiali mandati in Libia con altri più moderni che tenevano conto dei progressi tecnici e industriali. Cadorna, nel gennaio del 1916 affermava: «Le cose sono andate malissimo sino a che non si è creato il Sottosegretariato delle munizioni con Dallolio che fa molto bene ... Noi entrammo in azione non avendo che quattordici batterie da 149 e quattordici da 210, di cui la metà sono scoppiate ... » 4 4 Sempre nel settore del servizio di artiglieria si rendeva necessario aumentare le riserve di munizioni, non tanto per «l'enorme consumo verificatosi in Libia»45 quanto per i dati statistici tratti dall'esperienza degli ultimi conflitti. Dallolio, infatti, riteneva che «tale esperienza [la campagna libica] non possa e non debba far regola. Stando dunque soltanto all'esperienza dei consumi normali che si sono verificati in altre guerre, e tenuto conto della maggiore celerità di tiro delle moderne armi l'esigenza da me prospettata si impone.» 4 c, Cadorna raffrontava la situazione iniziale del munizionamento all'offensiva nello Champagne dove i francesi, su un fronte pressoché uguale al nostro, avevano impiegato oltre 4.000 47 cannoni sparando sette milioni cli colpi. «La nostra offensiva del giugno dovette arrestarsi perché [le munizioni] erano esaurite, dando così modo al nemico di rafforzare immensamente la sua linea ... Noi non avevamo che trecento medi calibri ed ottocento da campagna, ed abbiamo sparato un milione di colpi , contro una linea difensiva del nemico assai più forte che quella attaccata dai francesi.» 48 Peraltro, l'esigenza dell 'aumento delle scorte contrastava con la deteriorabilità dei materiali per cui era necessario non accumulare sin dal tempo di pace esagerate quantità di munizionamento ed esplosivi. Di conseguenza, il problema si riduceva alla predisposizione degli impianti e dell'organizzazione dei mezzi necessari per elevare, in caso di guerra, la produzione dei polverifici e dei laboratori pirotecnici. In altre parole le scorte diventavano un problema cli mera organizzazione industriale. 3) Organizzazione del servizio aeronautico. I 10.000.000 di lire concessi con la legge n. 422 del 10 luglio 1910 erano stati impiegati per impiantare ex novo il serviz.io. In campo industriale ci si stava avviando all'emancipazione, specialmente in fatto di aeroplani e motori, ricorrendo a.Il' estero soltanto per q uei materiali non ancora forniti cl ali' industria nazionale. Spingardi, senza voler incrementare Io sviluppo dì questo servizio come s:i stava facendo all'estero (la Germania aveva votato un credito di 135.000.000 cli marchi per la flotta aerea), si riprometteva di varare un programma di non rilevante spesa, ripartibile in diversi esercizi e adeguato al complesso dell'organizzazione militare italiana. 4) Sistemazione militare della Libia, per rendere le forze ivi dislocate indipendenti da quelle della Madrepatria; esigenza quest 'ultima urgente per svincolare l'esercito metropolitano dal continuo salasso di rifornimenti per la colonia e poterlo reintegrare sia nei suoi effettivi di pace che in tutti quegli organi e mezzi necessari per assicurarne la mobilitazione. «È questa una necessità dì primissimo ordine, poiché sarebbe veramente esiziale alla istruzione ed alla compagine stessa del1' esercito continuare a lungo nel periodo di crisi che attualmente attraversiamo, e che, come dissi alla Camera, deve considerarsi come assolutamente trans itorio ed eccezionale, a costo di qualunque sacrificio.»49 PARTE ORDINARIA
L'aliquota ordinaria del bilancio doveva essere destinata, essenzialmente, a modificare la legge cli reclutamento, limitatamente aì provvedimenti per aumentare la forza del tempo di pace, in modo da por-
.. O. Malagodi, Conversazioni della Guerra ... , op. cit., Vol. I, p. 79. 4 s MCRR , fondo Dallolio, b. 945, f. 5, I. 3, p. 6. 46 MCRR, fondo Dallolio, b. 945, f. 5, I. 3, p. 6 . 1 • 1.100 cannoni di medio calibro e 3.000 da campagna, cfr. O. Malagodi, Conversazioni della Guerra ... , op. cit., Vol. l, p. 79. ,s O. Malagodi, Conversazioni della Guerra .. ., op. cit., Voi. I, p. 79. 9 " MCRR, fondo Dallolio, b. 945, f. 5 , I. 3 , p. 14.
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tarla subito a 275.000 uomini e successivamente a 300.000 (indipendentemente dalle esigenze della Libia) affinché le compagnie potessero raggiungere la forza media presente di 100 uomini almeno.50 In caso di mobilitazione generale, a fronte di 1.850.000 uomini mobilitabili in Francia e dei 2.350.000 in Austria-Ungheria,51 il programma di Spingardi prevedeva la mobilitazione di 850.000 soldati; l'Esercito mobilitato italiano, cioè, per numero di soldati, a fronte di quel.lo austro-ungarico sarebbe stato nella proporzione poco più di l a 3 - a causa de] minor contingente di truppa incorporato annualmente rispetto agli altri eserciti. Per realizzare la mobilitazione si rendeva però necessario incrementare i Nuclei di Mi1izia Mobile, previsti dalla legge sul1'orcl inamento del 1910, ma rimasti quasi allo stadio di sviluppo iniziale, sia per carenza d'organico, sia per lo scompenso prodotto nell'esercito metropolitano dall'invio cli forze in Libia. Si trattava perciò di portarli a veri e propri reparti organici (quarti battaglioni) «senza di che le Grandi Unità di Milizia Mobile, la cui formazione è prevista dalle istruzioni di mobilitazione, e sulle quali dobbiamo fare assegnamento eguale a quello che facciamo sulle truppe dell'esercito pennanente, non potrebbero offrire la necess,u-ia garanzia di coesione e di solidità.» 52 L'ulteriore sviluppo dei Nuclei di Milizia Mobile era perciò necessario, perché, a fronte delle 48 Divisioni di fanteria permanente mobilitate clall' Austria-Ungheria, l'Italia ne mobilitava soltanto 35 (con una proporzione di poco più cli 2 a 3), di cui 25 erano permanenti mentre le restanti erano di Milizia Mobile, formate con Quadri esistenti, in parte presso i Reggimenti, e in parte di richiamati dal congedo, con soldati d'età compresa fra i 30 e 33 anni. All'atto de11a mobilitazione attorno ai Nuclei di Milizia Mobile sarebbero andati ad aggregarsi mano a mano i reparti mobjlitati. Rimettere mano alla legge su l reclutamento avrebbe migliorato il gettito della incorporazione che, mentre in Germania e in Austria-Ungheria raggiungeva il 40% degli iscritti di leva, e in Francia addirittura il 70%, in Italia era del 25%.53 A fronte dei 119.000 che venivano incorporati in Italia, la Gem1ania con 65 milioni e mezzo dì abitanti aveva incorporato sino al 1912 un contingente annuo di 280.000, e altrettanto aveva fatto l'Austria-Ungheria con una popolazione di 51 milioni, mentre la Francia raggiungeva un contingente annuo di 220.000 uomini su una popolazione di 39 milioni di abìtanti .54 Questa situazione cli fatto significava, oltre tutto, che per la mobilitazione del nostro Esercito di 1a linea, per la forza prevista di 850.000 uomini , si doveva fare assegnamento su 13 intere classi di leva (uomini dai 21 ai 33 anni) mentre la Germania mobilitava con 7-8 classi e l'Austria-Ungheria con 10. In sintesi , l'Italia non disponeva di alcun margine di riserva , mentre la Germania poteva usufruire di un margine di riserva pari all'80% del suo esercito mobilitato, l'Austria-Ungheria del 50%, la Francia del 20%, mentre era smisurato il margine di riserva russo.55 Questa situazione abnorme dell'Italia era dovuta a due fattori: il larghissimo sistema di esenzioni a fronte di quello di altri Paesi56 e la grande emigrazione di uomini dai 25 ai 35 anni; fattori che imponevano la modifica della legge di reclutamento nell'intento di aumentare sia la forza del tempo di pace, sia quella in congedo.
50 In merito alla forza media delle compagnie in tempo di pace, la Germania si proponeva cli po11arla a 200 uomini a fronte della forza della compagnia mobilitata di 250. In Austria-Ungheria s i riconosceva la necessità di tenere le compagnie con una forza mai inferiore a 120 uomini, la F rancia riteneva cli dover elevare la sua forza media dai 120 uomini che aveva nel 1913 a 135. cfr. MCRR, fondo Dallolio , b. 945 , f. 5, I. 3, p. 10. 5' MCRR, fondo Dallol io , b. 945, f. 5, I. 3, p. 9: lettera del 29 aprile 1913 a Giolitti. 52 MCRR, fondo Dallolio, b. 945 , f. 5, I. 3 , p. 11: lettera del 29 aprile 1913 a Giolitti. 5 ' MCRR, fondo Dallolio, b. 945, f. 5, I. 3 , p. 10: lettera del 29 aprile I 913 a Giolitti. 5" MCRR, fondo Dallolio , b. 945, f. 5, I. 3, p. 10: lettera del 29 aprile 1913 a Giolitti. 55 MCRR, fondo Dallolio , b. 945, f. 5, I. 3, p. 13: lettera del 29 aprile 1913 a Giolitti. 5" La Germania concedeva agevolazioni per motivi diversi, d'ordine sociale e industriale; l'Austria-Ungheria concedeva soltanto la riduzione della ferma a un minimo di dieci settimane d.i istruzione. La Francia non concedeva esenzioni né agevolazioni nel senso della diminuzione del periodo cli fenna. L'Italia, in pratica, era l'unico Paese che conservava ancora esoneri assoluti dal servizio militare per diversi titoli («figlio unico o primogenito di vedova», «figlio unico o primogenito cli padre di età superiore a 64 anni», «primogenito di orfani», et alia) ; era concessa l'assegnazione alla 3" categoria che in pratica non veniva chiamata alle armi, mentre per altri titoli veniva concessa l' assegnazione alla 2" categoria alla quale, sin poco prima della grande guerra, era stato attribuito un obbligo massimo cli servizio di soli 6 mesi.
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La parte ordinaria del bilancio, infine, doveva garantire l'accelerazione dei. lavori ferroviari a suo tempo deliberati. Per la radunata, sia verso la frontiera Nord-Est, sia verso quella Nord-Ovest, l'Italia, non disponeva di una ferrovia indipendente per ogni Corpo d'Armata come invece accadeva per la Germania e la Francia. Inoltre, le strozzature, le pendenze, i deficienti impianti delle stazioni erano destinati a ritardare il complesso movimento delle masse di mobilitati che dal Sud e dalle isole sarebbero dovuti confluire al Nord, verso la zona di radunata. Ecco perché si rendeva necessario realizzare quei provvedimenti che la Commissione Suprema Mista per la Difesa dello Stato aveva già deliberato da tempo . Spingardi, in merito a questo programma, era dell'idea che i relativi provvedimenti avrebbero richiesto un tempo abbastanza lungo per la loro completa attuazione e perciò erano destinati a costituire il programma militare della futura legislatura. Da qui la possibilità di diluirli in diversi esercizi finanziari, secondo le esigenze del Tesoro. Dallolio continuava a non ritenere pronta l'Italia anche se scriveva «Stiamo poco per volta completandoci pur mantenendoci nella più assoluta e speciale neutralità. Cosa ne uscirà io non lo so, certo che il centro di gravità delle preoccupazioni è verso Est come nei primi giorni era verso Ovest. Ma per rimetterci un po ' a posto ci vorrà tutto il mese di agosto.» 5ì Egli metteva in luce diverse principali deficienze: a) Mancanza di «soldati». In merito Dallolio specificava che non era automatica la trasformazione dell' «uomo mobilitato» in «soldato». A parte l'intuibile importanza del fattore addestrat:ivo, egli collocava a] primo posto le forze morali. «Mancano i soldati (non gli uomini) mancano i cavalli e mancano gli Ufficiali; occorrono le forze morali si pensa solo alla mansione e si trascura l'intelligenza. Io guardo lo spettacolo colla coscienza di avere fatto il mio dovere ... con un senso di profonda malinconia per le cose ed i fatti .»58 Dallolio darà la colpa di questa carenza anche alla farraginosità del sistema incentrato sul rispetto ossessivo della regolamentazione. «È il sistema che è sbagliato, bisogna dare la massima libertà cli iniziativa accoppiata colla massima responsabilità e non opprimere la gente con circolari, regolamenti norme che sono veri ombrelli per salvaguardare dai pericoli della responsabilità personale. È il sistema che occorre mutare, altrimenti noi invecchieremo i giovani, e costituiremo una forza fatta di debolezze, fatta di transazioni, fatta di formalismi grigi e insufficienti. Niente cedere ma saper concedere e capire che gli errori sono nulla a fronte dell'inerzia negativa.» 59 b) Carenza di tempo che concorreva alla mancanza di «soldati». «Tempo per l'istruzione dei soldati, tempo perché gli Ufficiali possano conoscerlo intimamente [il nuovo materiale di artiglieria] sì da ricavarne il massimo rendimento , tempo perché nell'associazione pezzo-batteria avvenga la fusione fra lo studio de]l'arma ed il suo modo d'impiego.»6() In caso contrario, anche l'introduzione cli nuovi materiali sarebbe rimasta sterile compromettendo l'istruzione dei «soldati». c) Carenza cli cavalli. Ai primi di agosto del 1914 l'Artiglieria da campagna disponeva di 242 batterie su 6 pezzi e, per passare all'organico di guerra di 365 batterie su 4 pezzi, mancavano 8.188 cavalli per il traino dei pezzi e dei 16 cassoni per batteria, pur considerando il gettito che avrebbe dato la requisizione.61 Era necessario, quindi aspettare l'arrivo dei cavalli dall'America le cui prime spedizioni di 2.000 capi sarebbero potute avvenire dopo il gennaio 1915.
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serie Lettere aifwniliari, lettera 10 agosto 1914 a Elsa. serie Lettere ai familiari , lett.era 1° novembre 1.9[4 a Elsa. 59 APTGP, serie lettere ai familiari, lettera 3 gennaio I917 a Elsa. 00 MCRR, fondo Dallolio, b. 944, f. 15, I. 4, p. 4 . 61 AJYI'GP, serie fascicoJoni, fase. 1914 (2 agosto) al 1915 (9 luglio), p. 3.
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d) Carenza di mitragliatrici. Sin dal 1911 il Corpo di S . M . aveva richiesto 1.208 mitragliatrici (poi elevate a 1.260 il 4 gennaio 1912) ed erano iniziate diverse prove per scegliere il tipo con cui dotare le Sezioni da costituire. Senza scendere nei dettagli (vedi Appendice III, «L'industria bellica militare e civile dagli Stati preunitari alla Grande Guerra»), qui si accenna soltanto che all'inizio la mitragliatrice FIAT, pur avendo il vantaggio di essere un 'arma ideata e costru ita in Italia non corrispondeva alle aspettative per cui veniva prescelta ]a Maxim di cui ne venivano commissionate alla Ditta Vickers di Londra 820 , più 100 per la Marina, fissandone la consegna entro il 30 giugno 1914.62 Al 25 novembre 1914, la Vickers doveva consegnarne ancora 311 e (nonostante le sollecitazioni dirette, indirette e diplomatiche) le mitragliatrici mancanti non venivano consegnate, per cui a fine dicembre 1914 risultavano costituite soltanto 270 Sezioni con 558 mitragliatrici Maxim. Più tardi Lord Kitchener ammetteva francamente: «L'opinione pubblica inglese si ribellerebbe e incomincerebbe la più violenta campagna se sapesse che si sono esportate mitragliatrici, di cui l'Esercito inglese difetta, dopo identico rifiuto alla Francia» .63 Per sopperire a tale deficienza alla FIAT venivano commissionate 500 mitragliatrìci; nonostante la diversità di calibro comportasse la disponibi lità di un doppio munizionamento. Per tutti questi motivi, Dallolio guardava con apprensione al nuovo anno: «lo terno che si precipiti perché vedo ritardati i congedamenti che dovevano farsi al 15 ottobre e temo che si precipiti perché gli eventi non ci portano oggi sull'Isonzo senza il grave pericolo di fare un passo indietro ... e che passo . ..».64 Le perplessità di Dallolio erano condivise anche da Cadorna. Basti pensare che a una richiesta del Ministro Grandi , Cadorna aveva risposto che le deficienze del momento non avrebbero consentito uno scontro diretto fra Austria e ltal ia; scontro che sarebbe stato possibile soltanto dall'inserimento in una coalizione.65
serie fascicoloni, fase. 1914 (2 agosto) al 1915 (9 luglio), p. 5. serie fascicolon i, fase . 1914 (2 agosto) al 19 15 (9 luglio) , p. 5. O APTGP, serie lettere ai familiari, lettera l novembre 19 14 a Elsa. M. Montanari , Politica e strateRia . .., op. cit., p. 85.
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Capitolo 9 UN PRIMO DILEMMA: CONTRO L'AUSTRIA O LA FRANCIA?
I prìmi anni del 1900 erano caratterizzati da una serie di trattati palesi o segreti, che provocavano l'impressione di un'alternanza di orientamenti politici sulla collocazione internazionale dell'Italia, fra perplessità interne e austro-ungariche. In ogni caso, ai vertici dell'Esercito il conflitto non sembrava imminente, poiché il Ministro della Guerra Spingardi scriveva a Giolitti: «Non credo che I'Italia sia obbligata a spingere i suoi armamenti sino all' estremo limite consentito dalle sue risorse demografiche, economiche e finanzìarie, per il motivo che la sua situazione internazionale si presenta in complesso a mio modo di vedere - molto diversa da quella che obbliga altre potenze, ed in prima linea la Germania e la Francia, a seguire una politica militare siffatta.» 1 LE PERPLESSITÀ ITALIANE
La classe politica italiana era consapevole che in Italia serpeggiava un malcontento (se non proprio avversione) verso l'Austria a causa delle continue umiliazioni e provocazionì provenienti da Vienna, nonostante che il trattato della Triplice Alleanza venisse rinnovato a ogni scadenza. I fattori di questo malcontento si possono così riassumere: - mancata restituzione, da parte di Francesco Giuseppe, della visita fattagli da Umberto I a Vienna nel 1881; - condanna a morte di Guglielmo Oberdank (20 dicembre 1881) comminata anche nella convinzione di poter soffocare per sempre l'irredentismo italiano e sloveno;2 - proteste dell'Austria, nel 1884, contro ìl Presidente del Senato Sebastiano Tecchio per aver affermato, durante una commemorazione di Giovannì Prati , che il Trentino, in cui era nato questo poeta, «si trovava ancora sotto la dominazione straniera»;3 - intervento austriaco, nel 1893, che faceva fallire la costituzione di un Mìnistero Zanardelli, poìché per il portafoglio degli Esteri era stato proposto il Generale Oreste Baratìeri, trentino di nascita; - motì anti-italiani, nel 1903-1904, scoppiati a Innsbruck, favoriti dalla politica austriaca fi lo-slava e germanofila; 4 - stipulazione segreta, nel 1904, da parte del Governo austr:iaco con quello russo di un trattato di neutralità il cui scopo era anche quello di garantire «l'Austria nella previsione di una guerra con l'Italia che riteneva imminente>>;5 - pericolo di dimissioni, nel 1905, del Presidente della Camera On. Marcora per un incidente diplomatico provocato da una sua frase: sulle «balze del Trentino nostro»; incidente rientrato soltanto dopo una comunicazione ufficiale in cui si escludeva «ogni intenzione irredentista» nelle parole pronunziate dal Presidente della Camera; - assalto di duemila studenti tedeschi, nel 1908, a Vienna contro duecento studenti italiani che chiedevano l'istituzione di un'università italiana;
MCRR, fondo Dallolio, b. 945 , f. 5, I. 3, p. 1, Lettera di Spingardi a Giolitti in data 29 aprile 1913. S. Cilibrizzi, Storia Parlameniare e Diplomatica d'llalia , Società Editrice Dante Alighieri , Milano-Genova 1929, Voi. lll, p. 228. 3 lbid. , p. 229. • lbid., p. 228. 5 Jbid., p. 230. 1
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- rivelazione alla Camera, il 3 dicembre 1908, da parte del Presidente del Consiglio Alessandro Fortis, dei propositi austriaci: «Questa fedeltà alla Triplice che noi vogliamo serbare, ci viene resa di giorno in giorno più difficile ... Non mi lamento dei mali trattamenti usati ai nostri connazionali soggetti all 'Impero austro-ungarico e non voglio troppo affliggermi delle rappresaglie immeritate, dei giudizi ingiusti, di tutto un insieme di piccole contrarietà, che pure rendono amara la vita ... Di un'altra cosa mi lagno ... L'Italia non ha mai da temere la gue1Ta che da una Potenza alleata» ;6 - proposta a Francesco Giuseppe, nel 1909, da parte del nuovo Capo di S . M. dell'Esercito austriaco, Maresciallo Conrad, di aggredire l'Italia approfittando del periodo di crisi dovuto al terribile terremoto calabro-siculo. Una simile proposta la si può comprendere soltanto se si tiene conto del pensiero dì Conrad che vedeva nell 'Italia una pericolosa contendente nella corsa al predomino dell'Adriatico. Egli, infatti, riteneva che fosse necessario una volta per tutte regolare i conti con l'Italia, infedele alleata che «seguiva l'abile politica di avere sempre due ferri al fuoco». 7 Per questo egli continuava a mandare a Francesco Giuseppe dei piani per poter condurre una «guen-a preventiva» all'Italia; - orazione del Comandante del Dipartimento marittimo di Fiume, nel 1913, al varo dell'incrociatore austriaco Novara che moti va.va la denominazione affermando che «a questa nave il nostro grazioso monarca ha voluto che venisse posto il nome di "Novara" per ricordare la splendida vittoria contro gli italiani»;~ - atteggiamento di estrema arroganza. dell'ambasciatore austriaco Von Merey che i nostri statisti erano costretti a sopportare, quasi quotidianamente , a causa <<della frase di un giornale, dell'insegna di una bottega, dei dialoghi di una commedia, dei simboli di una stampa, quasi che l'Italia avesse alienata col trattato di alleanza anche ogni sua libertà di vita politica interna». 9 Infatti Giolitti scriveva: «Il conte Merey era uno strano personaggio, che si permetteva spesso l'uso di modi e di un linguaggio non troppo diplomatico. Di quella sua inclinazione, che poteva anche corrispondere ad istruzione trasmessegli da Vienna, egli aveva abusato, facendo nascere in quelli con cui trattava, e cioè in me e San Giuliano, la velleità di metterlo alla porta.» 10 Un giudizio severo, confermato da Salandra;H - oltre alle provocazioni provenienti da Vienna, incidevano anche alcuni fatti che andavano verificandosi sul piano interno e internazionale. Sul piano strettamente interno non poteva essere sottaciuta la mancata coincidenza tra sentimenti del mondo militare e orientamento ufficiale a favore della Triplice, testimoniato dall'infiammato discorso, in chiave irredentista, pronunziato l' undici novembre del 1909 dal Comandante del VII Corpo cl' Armata di Milano, Generale Vittorio Asinari di Bernezzo, assistendo a Brescia ad una cerimonia presso il 27° Reggimento Cavalleggeri Aquila, per la concessione della Bandiera ricamata dalle donne di quella città abruzzese. L'Alto Ufficiale, infatti, aveva detto: <<Cmlo Alberto diede l'insegna di tricolore al suo Regno, mentre essa veniva innalzata contro il nemico sugli spalti di Brescia e di Venezia, rinnovanti le gesta dell 'antico valore italico, Vittorio Emanuele II la fece sventolare in Campidoglio dinanzi a tutta l'Europa ammirata. Umberto I la difese eroicamente nel quadrato di Villafranca.. Vittorio Emanuele III la regge alteramente dall'alto del Gran Sasso d'Italia con lo sguardo rivolto a Oriente, donde tante città sorelle guardano desiose al Leone di San Marco aspettando la loro liberazione. Voi Colonnello, potete chiamarvi fortunato di trovarvi in questa città , perché dalle sue stesse mura apprendete una delie
del 3 dicembre 1908, p. 24.235 . S. Cilibrizzi, Storia Parlamentare e Diplomatica ... , op. cit., Voi. TTI, p. 432. s Ibid. , p. 230. 9 P. Gamelli - G. Fabbri, L'arma della parola nella guerra d 'Italia, Fabbri, Teramo 1923 , Vol.11, p. 12. 10 G. Giolitti, Memorie della mia vita, Treves, Milano 1922, Vol. H, p. 484. " A. Salanclra, La neutralità italiana, Mondadori, Milano 1928, p. 167.
(, APCD, Tornata 7
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pagine più belle del Risorgimento italiano. Da questa medesima caserma si spiegano al vostro sguardo le colline bagnate di sangue di tanti martiri e di là, non troppo lontane, le terre irredente le quali attendono l'opera vostra. Le donne aquilane confezionarono il vostro stendardo ufficiale, sappiate po1tarlo al sole della vittoria.» 12 Jn conseguenza di questo discorso, il Ministro Giolitti co11ocava fulmineamente a riposo il Generale Asinari di Bernezzo, prima ancora che pervenissero leprevedibili e immancabili proteste da parte dell' Austiia. Dallolio riprendeva questo episodio dopo qualche tempo con la figlia Elsa , spiegando la mentalità austriaca di quel periodo e come l'Italia non fosse pronta nonostante il desiderio di liberare le ten-e inedente: <<Il Generale Bernezzo ha avuto uno scatto senza precedenti e senza seguito. Egli è o fu un soldato valorosissimo, 13 ma non poteva e non doveva dire quelle parole che ha detto. Bimba mia se tu vedessi in che condizioni siamo, se sentissi l'onda di malcontento che sale in tutti se comprendessi la crisi fatale che avvolge uomini e cose perdoneresti al soldato valorosissimo ma condanneresti il Generale imprudente. Non si può parlare così in Italia come ha parlato il Generale Bernezzo perché non si può avere per ora la convinzione di far trionfare lo stendardo in guerra. Bimba mia credi a me , sono ormai 40 anni che guardo le ten-e italiane, sono 40 an ni che giorno per giorno ora per ora ho lavorato sempre, dando tutto me stesso collo sguardo verso l'oriente verso il confine ... E da anni non c'è ora in cui non pensi a Venezia per 1'Italia, non guardo le terre inedente pensando .. . come fare per vincere. Eppure credi non si può parlare così perché bisogna avere 300.000 uomin:i pronti a combattere e tutta la Nazione dietro, e non ci sono gli eroi e non c'è la coscienza nazionale per appoggio, uomini molti soldati pochi, pochi ... Scrivo male e in fretta mia cara Elsa ma vuoi sentire la mia opinione sul caso Bernezzo e te la invio .. .» 14 Dallolio annotava nei suoi appunti che quando nel marzo 1923 il Generale Asinari di Bernezzo era stato eletto Senatore «parecchi dì noi Generali Senatori gli inviammo un affettuoso telegramma, ma purtroppo non poté neanche, per motivi di salute, prestare giuramento e morì il 1° settembre 1923>>.15 Sul piano internazionale, il Ministro della Guerra Spingardi il 16 febbraio 1912 metteva in evidenza come l'avvenuta aggiunta di 30 milioni al «programma minimo» per la difesa nazionale dovesse servire per rafforzare anche la frontiera con la Svizzera il cui atteggiamento «consigliava a provvedere di fortificaz.ioni anche la frontiera italo-elvetica per parare al pericolo che, in caso di guerra, quella potenza non rimanesse neutrale ma operasse contro di noi. Ora invece una pa1te soltanto (ed è la parte minore) dei 30 milioni verrebbe impiegata per le fortificazioni alla frontiera, mentre la parte maggiore dovrebbe servire per le difese della frontiera austriaca.» 16 Ancora sul piano internazionale il Ministro della Guerra, nonostante l'Italia e l'Austria fossero entrambe collocate nella Triplice Alleanza, richiamava l'attenzione del Capo di S. M. dell'Esercito sull'opportunità di «prepararsi a un eventuale confLitto col!' Austria la quale è, in questo momento, in condizioni vantaggiosissime rispetto a noi 17 anche sul mare , dato che la nostra flotta è lungi dall'Adriatico, mentre le nostre coste ivi sono aperte e scarsamente difese.» 18 Ma il pericolo che sarebbe potuto arrivare da parte dell'Austria era consapevolezza condivisa,_tanto che Pollio, caldeggiando un tempestivo inizio della mobilitazione occulta, scriveva al Generale Brusati
S. Cilibrizzi, Storia Parlamemare e Diplomatica d'Italia, Napoli , Treves, 1940, Vol. V, pp. 432-433 III. Dallolio, nell'esprimere questo giudizio si riferiva al comportamento tenuto dal Generale Asina1i di Bernezzo a Custoza. 11 • APTGP, serie lettere aifamiliari, lettera [senza data] alla figlia Elsa. 15 APTGP, serie fascicoloni, fase. VII, f. 1, appunti 1903-1910 (1° ottobre) , p. 11. 16 ACS, fondo Brusati , b. IO, lettera del 16 febbraio 19 I2 di Spingardì a Pollio, p . 3. 17 li Ministro Spingardi sì riferiva alla situazione dell'Esercito che era stato depauperato per consentire la costituzione del Corpo di spedizione in Libia. «Abbiamo formato un Corpo di Spedizione così come si formano i grandi reparti per le grandi manovre, disordinando, cioè, l'intero esercito per trarre qua e là gli elementi necessari ... » Cfr. ACS, fondo Brusati, b. I O, lettera del 16 febbraio 1912 di Spìngardì a Pollio, p. 6. 18 ACS, fondo Brusati, b. IO, lettera del 16 febbraio 1912 di Spingardi a Pollìo, p. 8. 12
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« ... Perché allungare ancora di più il tempo sia pure di un paio di giorni? E tutto questo mentre l'Austria se vuole, incomincia domani le operazioni? .. .». 19
LE
PERPLESsrrA AUSTRO-UNGARICHE
Nel 1912 il rinnovo del trattato della Triplice suscitava qualche perplessità negli ambjenti diplomatici austro-ungarici. Esse derivavano, in quel l'occasione, dalla comunicazione fatta dal Capo cli S. M. dell'Esercito italiano Pollio sull'imposs:ibilità, a causa degli impegni in Libia, di inviare un'Armata sul Reno in caso di guerra con la Francia, come stabilito in precedenti accordi .20 Da tempo lo Stato Maggiore tedesco aveva pianificato il trasporto della III Armata italiana sull'alto Reno ed era evidente che l'eventuale mancato afflusso delle forze italiane avrebbe aggravato la situazione delle forze tedesche . Lo Stato Maggiore tedesco , infatti, pensava che la presenza di un'Armata italiana sul fronte del Reno avrebbe avuto un peso ben diverso da quello svolto da forze ammassate al confine al.pino con la Francia le quali, al massimo, avrebbero potuto «immobilizzare alla frontiera delle Alpi alcune truppe francesi relativamente deboli. La Germania sarà da ciò ridotta alle sue proprie forze: non potrà essere dunque troppo potente» .2' In questo quadro andava visto il suggerimento di Pollio di rinnovare la convenzione navale con l'Austria per il dominio marittimo del Mediterraneo centrale, che si riprometteva, in particolare, di: - lasciare la libertà di azione necessaria per attuare un piano allo studio per lo sbarco di truppe italiane in Provenza; impedire nel contempo il trasferimento dal Nord Africa di truppe su l teatro europeo. 11 p1imo novembre 1913 entrava in vigore la convenzione navale, sulla base delle proposte del nuovo Capo di S. M. della Marina, Thaon di Revel ,22 che comportava notevoli implicazioni sui piani operativi italiani mentre prendeva corpo l'ipotesi di un intervento contro la Francia attraverso le Alpi; piano, quest'ultimo, che incontrava l'ostilità di Cadoma, sia per le diffico ltà cl imatiche, sia per il prevedibile logoramento che avrebbe imposto il superamento della barriera alpina. Si ritornava, così, al progetto iniziale di intervento sull'alto Reno e ne] febbraio 1914 il Re Vittorio Emanuele III autorizzava l'impiego dell'Armata. Comunque: - Pollio aveva intenzioneYdi «costituire fra M ilano, Verona, Venezia e Bologna un'Armata di riserva destinata allo sbarco in Provenza>> o, quanto meno, inviare alcune Divisioni di cavalleria»;23 - in ambito mi li.tare, dando per scontato l'intervento contro la Francia, si proseguiva il rafforzamen to della frontiera alpina italo-francese, tanto che nel l 9 13 venivano ordinate le fortificazioni permanenti, in cupola pesante da 149 A , per completare le opere atte a rafforzare quel tratto di frontiera - a La Court (Moncenisio), Pramand (Exilles), e T. Arpy (Val d'Aosta) .24 Sulle vicende diplomatiche , poi, interferiva pesantemente la questione d'oriente, innescata dall'insorgere dei nazionalismi balcanici e seguita con preoccupazione dall'Austria, che aveva tutto I'interesse a mantenere inalterato lo «statu quo» nella penisola, dato che il panslavismo, con la sua intrinseca minaccia di sfaldamento dell'impero austro-ungarico, era considerato un pericolo per l'impero stesso. Si innescava, così, una serie dj crisi: 1) La prima guerra balcanica, dichiarata da Montenegro, Serbia, Bulgaria e Grecia alla Turch ia , durava dal 17 ottobre 1912 al 3 dicembre ,25 e vedeva la Turchia sconfitta. La guerra, però, non risolveva il
fondo Brusati, b. 10 , Jett.era ciel I O maggio 19 13 cli Poli io a Brusati. M . Montanari, Politica e strategia ..., op. cit., p . 4. 21 .tvl. Mazzetti, L 'esercito italiano nella Triplice Alleanza, EST, Napoli 1974, pp. 268-272. 22 M. Montanari, Politica e strategia .. ., op. cit., p. 10 . 23 lbid., p. 6. 24 MCRR, fondo Dallolio, b. 946, f. 6 , L 12. 25 M . Montanari , Politica e strategia ..., op. cit., p. 15. 19
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problema del Sangiaccato di Novi Pazar, la cui esistenza minacciava il ricongiungimento territoriale fra Serbia e Montenegro. La conferenza degli ambasciatori a Londra si concludeva con la decisione di creare un'Albania indipendente e concedere uno sbocco commerciale alla Serbia sull'Adriatico. Era un complesso di provvedimenti guardati con favore dall 'Austria che, in questo modo, sperava di attrmTe la Serbia nella propria orbita. 2) La seconda crisi balcanica era causata dall'assedio di Scutari, da parte di truppe serbe e montenegrine, nonostante questa località fosse stata assegnata dalla conferenza degli ambasciatori all 'Albania. Mentre la Serbia si ritirava, dietro pressioni della Russia (che non aveva alcun interesse a entrare in guerra) , Nicola I del Montenegro desisteva dalla sua azione a seguito delle sollecitazioni ricevute dall'Austria. Da questa crisi Austria e Italia prendevano spunto per firmare 1'8 maggio 1913 una convenzione il cui scopo era mantenere la tranquillità in Albania. 3) Alla prima guerra balcanica era seguita l'apertura delle ostilità, senza preavviso, contro Grecia e Serbia da parte della Bulgaria, anche su «influenza dell'Austria», intenzionata a contrapporre la Bulgaria alla Serbia. Il disegno austriaco verteva a favorire un'intesa fra Bulgaria e Romania con un duplice scopo: mettere la Bulgaria in condizioni di battere Serbia e Grecia e cercare di tenere la Romania agganciata alla Triplice.26 Da queste vicende «chi veramente uscì sconfitta a Bucarest fu l'Austria-Ungheria: essa subì una vera disfatta diplomatica» 27 dato che la Serbia si era ingrandita e diventava più temibile di prima. Questa crisi costituiva il primo vero banco di prova del trattato della Triplice. Il Ministro degli Esteri, San Giuliano , infatti, affermava che un eventuale intervento austriaco non sarebbe stato classificabile come «difensivo» ma offensivo, e non avrebbe obbligato all 'intervento Italia e Germania; di conseguenza un'eventuale rottura del trattato della Triplice Alleanza sarebbe ricaduta esclusivamente sull' Austria. 4) Successivamente, a un mese dalla pace di Bucarest scoppiava una rivolta contro gli occupanti della zona serba dell 'Albania. La Serbia iniziava preparativi milìtari per sedare i disordini e dichiarava che sarebbe penetrata in Albania per riannettersi località strategicamente importanti che le erano state sottratte dalla conferenza di Londra.L'Austria, che considerava infida la Bulgaria28 pensava di inglobare la Serbia nell 'impero Austro-Ungarico mantenendo l'amicizia con la Romania per non staccarla dagli Imperi Centrali - disegno, questo, avversato da Conrad che persisteva nell'idea di intervenire contro la Serbia per eliminarla. Vienna, allora, intimava a Belgrado, con un «ultimatum», di rispettare le decisioni de]la conferenza di Londra. Tale mossa diplomatica faceva peggiorare ulteriormente i rapporti fra Roma e Vienna, già tesi dopo che nell'agosto 1913 alcuni decreti avevano stabilito che il comune di Trieste dovesse alJontanare molti impiegati italiani dalla pubblica amministrazione. Ma l'attrito diplomatico fra Roma e Vienna aumentava ulteriormente per la pretesa austriaca di entrare in possesso del Lovcen (Bocche di Cattaro), sempre nel tentativo di impedire che la Serbia potesse affacciarsi sull' Adriatico. Ciò rientrava nel disegno austriaco della forzata cessione, da parte della Serbia, di alcune località della Macedonia alla Bulgaria e altre del Kossovo all'Albania. Di fronte al pericolo di un colpo di mano austriaco sul Lovcen, il Ministro degli Esteri italiano San Giuliano faceva sapere che «l'Italia non potrà mai consentire all'acquisto de] Lovcen dall'Austria, a meno forse della cessione ali 'Italia di terre itaJiane appa1tenenti oggi all' Austria.» 29 Di fronte al diniego austriaco San Giuliano avve11iva che in tale situazione «l'Italia, nella questione del Lovcen, prenderà atteggiamento risolutamente contrario all'Austria e forse giungerà alla guerra.»30 San Giuliano rincarava la dose puntualizzando: «l'Italia non è obbligata a prendere parte ad un'eventuale guerra provocata da un'azione aggressiva dell 'Austria contro la Serbia, che tutto il mondo avrebbe condannato. D'altra
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Ibid., p. 23. lbid., p. 24. 26 lbid. , p. 25. 29 lbid. , p. 30. )() 1/Jid. 21
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parte noi non potremo compiere alcun atto favorevole all'Austria-Ungheria ... senza che prima fosse ben risoluta la questione dei compensi.»31 Una presa di posizione insolita per il Ministro San Giu1iano (generalmente acquiescente alle richieste de1l' Austria) che «considerava l'impero germanico come la potenza militare più forte d'Europa e dava per scontata una vittoria degli Imperi Centrali, grazie appunto a11'efficienza dell'esercito tedesco». 32 La crisi si stemperava il 19 ottobre quando Belgrado «resasi conto del proprio isolamento e del fatto che anche la Russia, che pure aveva sempre incoraggiato l'irredentismo serbo, non era disposta a tirar troppo la corda»33 ordinava alle proprie truppe di rientrare dentro i confini stabiliti dalla conferenza di Londra. In conclusione, la politica balcanica degli Imperi Centrali in quegli anni: - era incentrata sui rappo1ti fra Bulgaria e Romania. In particolare, l'Austria pensava di fare della Bulgaria lo Stato da contrapporre alla Serbia, ritenuta il possibile detonatore del panslavismo nella penisola; - aveva provocato delle incomprensioni, o peggio dei risentimenti, fra le Potenze della Triplice e quelle che avrebbero potuto confluirvi, perché Guglielmo II, preoccupato per l'atteggiamento della Romania , riteneva che la combinazione Serbia, Romania e Grecia sotto la guida dell 'Austria-Ungheria sarebbe stata quella più naturale in grado di attrarre anche 1a Bulgaria e stemperare la situazione balcanica.3'' Il Generale Da1lolio, in merito , concordava sulla pericolosità della Serbia: «La Serbia [è] in mani diaboliche ed ora rischia la Romania di fare altrettanto».35 Egli, a[tresì, concordava sull'opportunità di concedere una compensazione alla Bulgaria che, viceversa, dopo la seconda guerra balcanica serbava rancore contro le Potenze dell'Intesa. <<l Bulgari si sono messi subito contro i Rumeni, mentre la vecchia dip1omazia inglese credeva sarebbero rimasti tranquilli. I Rumeni sono stati battuti e che tempesta di Dio in quanto morti, quante ferite, e quante perdite di batterie intere (30). E tutto ciò perché? ... Bisognava pagare i Bulgari, pestare i Greci, imporsi a Zio Nicola e allora la situazione sarebbe differente».36 In un 'altra lettera egli era ancora più esplicito, individuando nella Grecia il Paese che, a causa del suo comportamento ondivag0, avrebbe dovuto subire le maggiori amputazioni a favore degli altri Stati balcanici. «... Io non capisco più niente, ma ahimé temo che Guglielmo finirà per mangiare il paese rumeno alla luce del petrolio pure rumeno. Ma se l'Intesa a suo tempo avesse pagato bulgari e turchi a spese della Grecia che non merita niente altro che calci, oggi le cose sarebbero differenti e la bestia sarebbe nel punto difficile o arrendersi o morire. Bisogna guadagnare i Bulgari mandando ora lo Czar nasone e mettendo su1 trono il Principe Ereditario ma guadagnarlo a spese della Grecia che merita staffilate. E mandare Re Costantino colla [parola illeggibile] conso1te a Berlino a disposizione di Guglielmo ... a la suitè.»37 Indubbiamente si può individuare una carenza di scambio di comunicazioni, se non una vera e propria incomunicabilità, tra vertici politici e militari, su quanto avveniva nei vari passaggi diplomatici con la conseguente mancata circolazione di informazioni verso l'apparato militare.
lbid. , p. 49. lbid. 33 Jbid. , p. 28. 34 Jbid. , p. 20. 35 APTGP, serie lettere ai .familiari, lettera 25 ottobre I9 I. 6 a Elsa. 36 APTGP, serie lettere ai.familiari, lettera 14 settembre 1916 a Elsa. 37 APTGP, serie lettere ai.familiari, lettera 25 ottobre 1916 a Elsa. 31
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Capitolo 10 L'INCOMUNICABILITÀ TRA I VERTICI POLITICI E QUELLI MILITARI
L 'INCOMUNICABILITÀ DURANTE LA GUERRA
L'impossibilità di stabilire un dialogo fra il potere politico e militare, esistente sia prima dello scoppio della guerra, sia durante il suo svolgimento, aveva spesso portato a decisioni non coordinate. Di seguito ne vengono riportati alcuni preoccupanti esempi. 1) Come previsto dag1i accordi della Triplice, nel 1912 era sul tappeto il concorso che l'Italia avrebbe dovuto fornire inviando proprie truppe sul Reno in caso di gue1Ta contro la Francia. A fine novembre lo Stato Maggiore austriaco aveva chiesto delucidazioni all'addetto militare italiano sull'impiego delle «rimanenti forze italiane» mettendolo in evidente imbarazzo. In merito il Capo di S. M. dell'Esercito, Pollio, si era confidato con il Primo Aiutante di Campo del Re , Generale Brusati: «Siccome io ignoro il testo del trattato di alleanza e non so se vi ha impegno da parte nostra di sostenere l'Austria-Ungheria in determinate eventualità, così mi sono rivolto al Minjstro della Guerra per avere elementi di risposta». 1 Ma neppure Spingardi avrebbe potuto rispondergli. A lui risultava soltanto quanto riferitogli dal Ministro degli Esteri, marchese di San Giuliano: il trattato non prevedeva «clausole militari>> .2 2) Nel maggio 1913 , a seguito della crisi della seconda gue1Ta balcanica, era in predicato un mandato europeo all 'Austria-Ungheria e all'Italia. Pertanto, mentre si discutevano le predisposizioni per uno sbarco italiano in Albania (che verosimilmente avrebbe avuto luogo a Valona), improvvisamente era pervenuto l'ordine governativo di preparare un'azione nella zona montuosa a nord (Albania) per fronteggiare quella crisi. A questo ordine seguiva «una tentennante condotta politica, un miscuglio di segretezza e di assoluta noncuranza per le necessità militari», tale da indurre nuovamente Pollio a lamentarsene con Brusati, scrivendogli il primo maggio: «Io sono ali' oscuro degli accordi con l'Austria (e non dovrei esserlo), né so se v'è probabilità di intervento. Sarebbe bene, ripeto, che si procedesse ad una seria mobilitazione occulta».3 3) Nel 1914, dopo il diktat dell' Austria-Ungheria alla Serbia, il Presidente del Consiglio, Salandra, e il Ministro degli Esteri, San Giuliano, avevano convocato l'ambasciatore tedesco a Roma per comunicargli il disimpegno dell'Italia dalla Triplice Alleanza. Il Ministro degli Esteri San Giuliano, infatti, il 24 luglio 1914, aveva comunicato le sue direttive sottolineando che «l'AustriaUngheria non aveva il diritto di agire senza previo accordo con Germania ed Italia, ma le sue pretese erano talmente offensive per la Serbia, e indirettamente per la Russia, da rendere evidente il deliberato proposito di provocare una guerra» .4 Cadorna, nuovo Capo di S. M. dell'Esercito da pochi giorni, era stato tenuto ali' oscuro di questi nuovi orientamenti per cui, mentre il vertice politico si muoveva in una nuova direzione, quello militare continuava sull'antica strada della guerra contro la Francia, lavorando sulla pianificazione ricevuta in eredità dal defunto Capo di S. M., Pollio, ed emanando, il 31 luglio (cioè una settimana dopo le direttive del Ministro degli Esteri), i Provvedimenti in caso di mobilitazione generale alla frontiera Nord Ovest,5 oltre a inviare al Re
'M . Montanari, Politica e strategia ... , op. cit., p. 5; cfr. anche ACS, fondo Brusati, b. IO . M. Montanari , Politica e strategia ..., op. cit., p. 5; cfr anche ACS, Catte Giolitti, b. 12, San Giuliano a Spingardi in data 10.12.1912. 3 M. Montanaii, Politica e strategia ..., op. cit., p. 21 ; cfr. anche ACS, fondo Brusati, b. 10. 4 M. Montanari, Politica e strategia ..., op. cìt., p. 53 .
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Vittorio Emanuele lii una «Memoria sintetica sulla radunata nord-ovest e sul trasporto m Germania delle maggiori forze disponibili.» 6 E tutto ciò, proprio nel giorno in cui la Germania mandava 1'ultirn.atum a Francia e Russia. 4) Cadorna, ritenendo di dover agire secondo i] trattato della Triplice, aveva proposto al Ministro della Guerra, Grandi, l'adozione di alcuni provvedimenti urgenti per l'approntamento dei primi quattro Corpi d'Armata, da dislocare alla frontiera italo-francese, e del contingente da inviare sull'alto Reno. Ma il 2 agosto, la decisione del Governo italiano di attenersi alla neutralità prendeva in contropiede il Capo di S. M. che si presentava immediatamente da Salandra chiedendo delucidazioni: «La neutralità che ha dichiarato significa che la gue1Ta contro la Francia non si farà mai più?» Alla risposta affermativa Cadorna continuava: «"Allora che cosa debbo fare"? E, visto il silenzio del suo interlocutore, diceva: "Debbo preparare la guerra contro l'Austria? Questo è evidente". "Si sta bene" replicava Salandra» .7 Questa linea di condotta mostra come il Governo non avesse preso in alcuna considerazione .i tempi di pianificazione dell 'esercito, ma soprattutto ignorasse i movimenti delle proprie truppe (già in movimento verso occidente mentre avrebbero dovuto marciare verso il confine opposto!). È molto probabile, inoltre, che questo scambio diretto fra Cadorna e Salandra avesse acuito la diffidenza del Capo di S. M. dell'Esercito verso il potere politico.8 5) Durante il periodo di neutralità, Cadorna avrebbe messo a punto il suo piano strategico verso l'Austria, il cui presupposto sarebbe stato quello di attendere che l'avversario, impegnato dai Russi, non fosse in condizioni di poter spostare truppe verso il fronte giulio. L'obiettivo finale del piano si identificava con l'area Vienna-Budapest (in coincidenza con quello dell'esercito russo) da raggiungere con uno sforzo principale lungo la direttrice Gorizia-Lubiana-Zagabria, e con uno secondario lungo la direttrice Tarvisio-Villach-Klagenfurt, mentre sul fronte trentino doveva permanere un atteggiamento difensivo con limitate puntate contro Trento e la sella di Dobbiaco. Pertanto, alle truppe della Carnia sarebbe toccata la conquista della conca Villach-Klagenfurt, mentre il grosso dell'esercito avrebbe dovuto raggiungere, e superare, la Drava con obiettivo ravvicinato costituito dall'Alto Isonzo e quello successivo dalla Sava. Di fatto, però, il 19 ag0sto 1914 in una riunione con i rappresentanti del Governo, che avevano indicato come obiettivi il Trentino e Trieste, Cadorna si era astenuto dall'accennar loro del suo piano, nonostante che, quasi contemporaneamente, avesse inviato ai Comandanti d'Armata una <<Memoria riassuntiva circa un'azione offensiva verso la Monarchia austro-ungarica durante l'attuale conflagrazione europea>> per orientare i Comandanti dj Armata sulla fase iniziale della guerra. 6) Nell'aprile 1915, dopo la firma del Patto segreto di Londra, i Ministri della Guerra e della Marina e i rispettivi Capi di Stato Maggiore non erano stati informati che l'Italia avrebbe dovuto aprire le ostilità entro un mese dalla firma, e cioè al più tardi il 26 maggio. 7) 1127 giugno 1917, !'On. Grassi aveva denunciato alla Camera che «il vero Ministero della Guerra risiedeva ad Udine», mettendo impietosamente alla ribalta lo scollamento esistente fra mondo politico e quello militare. 8) Il l3 dicembre 1918, rispondendo a un ' interrogazione dell'On. Baslini che chiedeva «se nelle comunicazioni fatte dai Governi dei Paesi nemici si contengano condizioni concrete per avviare negoziati di pace»,9 il Ministro degli Esteri, Sonnino, aveva dichiarato che era stata presentata dal Ministro svizzero una nota del Governo Germanico per proporre «in nome proprio e delle tre
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MCRR, fondo Dallolio, b. 946, f. 6, l. 12. M. Montanari, Politica e strategia ..., op. cit., p. 62. 7 Ibid., p. 63. 8 lbid. 9 APCD , Lcgisl. XXIV, I" Sessione, Discussioni, Voi. XVI, p. 11.663. 6
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Potenze sue alleate che s'intavolino negoziati di pace.» E ancora: «Il Ministro svizzero ha soggiunto che faceva questa comunicazione nella sua qualità di rappresentante degli interessi germanici in Italia ed italiani in Germania durante la guerra, e che non intendeva fare alcuna funzione di mediazione, ma semplicemente di trasmissione ... Per rispondere al quesito dell'Onorevole interrogante posso subito dichiarare che nella nota non v'è nessuna indicazione precisa delle condizioni su cui si proporrebbe di intavolare i negoziati di pace.» 10 Si può dunque affermare che, anche in quest'occasione, il potere militare era rimasto all 'oscuro della questione, nonostante un parere vincolante fosse toccato proprio ai militari, unici depositari della situazione, che avrebbero potuto consigliare di accettare o meno la richiesta. Questa situazione di <<incomunicabilità fra Vertici politici e militari» è avvalorata dalla dichiarazione che in seguito Dallolio avrebbe reso alla Commissione d' Inchiesta sui fatti di Caporetto,ii in merito all 'opera di preparazione compiuta nei dieci mesi di neutralità. «Durante la neutralità le comunicazioni di carattere riservato circa gli alleati non furono e non potevano essere molto dettagliate perché, se gli uni diffidavano , gli altri non si fidavano ancora completamente.» 12 Da quello stato di cose era seguito un clima di incertezze e indecisioni - la politica del Ministro degli Esteri San Giuliano veniva ritenuta «strana, passiva» 13 - che il Generale Dailolio aveva così sintetizzato nella lettera alla figlia Elsa del 31 luglio 1914: «La situazione per oggi è questa: momento difficilissimo quale l'Italia non ha mai attraversato da 60 anni a questa parte. Incertezze sul futuro e sul nemico che può essere ad Est come ad Ovest, perché la situazione può essere o divenire tale da dover dire ali' Austria voi non andrete più oltre. Situazione difficile dato lo stato interno di un paese inquinato dalla Libia, guastato ed irritato da un edificio di cartone, da una atmosfera dì esagerazioni ... Cosa avverrà domani nessuno lo sa, tutto dipende se saremo attaccati. Attaccare non credo, sarebbe follia e dimostrerebbe che i governanti hanno il cuore a destra mentre la Nazione l'ha veramente a sinistra. Se tutto s' incamminasse bene la gran fortuna sarebbe la neutralità ... » 14 In due successive lettere alla figlia, Dallolio avrebbe chiarito tanto i motivi dell 'opportunità di restare neutrali, che i conseguenti pericoli: - nella prima specificava il legame con le Potenze centrali: «Ecco la situazione. Noi siamo nelle peggiori condizioni di tutte le potenze perché c01Tiamo tutti i pericoli. Neutrali manchiamo ai patti, visto che siamo legati mani e piedi alla Triplice e dopo comunque vada saremo considerati come fedifraghi e godremo reputazione anche peggiore dell ' attuale»; 15 - nella seconda, a cui allegava un ritaglio di giornale, scriveva:« ... Noi rimaniamo neutrali per tutte le considerazioni che vedrai nel giornale. Le considerazioni sono tutte bellissime ma la verità vera è che prestar fede al trattato andremmo in pochi giorni incontro alla rovina: Napoli, Genova, Livorno sarebbero messe a sacco e a fuoco ... ». 16 Si può immaginare la soddisfazione di Dalloiio quando, all'indomani di queste lettere, il 2 agosto 1914, il Governo italiano decideva di attenersi alla neutralità , motivata da diversi fattori: - la situazione interna del Paese che, in preda ad agitazioni e scioperi, vedeva le masse popolari nettamente contrarie alla guerra;
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APCD, Legisl. XXIV, I" Sessione, Discussioni, Yol. XYl, p. l l.664. "R.D. 12 gennaio 1918, n. 85. 12 APTGP, serie fascicoloni, Questionario della Comrnissione d 'Jnchiesla, risposla al quesiio n. 3, p. I. u M. Montanari, Politica e strategia ..., op. cit., p. 49. 14 APTGP, serie lettere aifamiliari , lettera del 31 luglio 1914 a Elsa. 15 APTGP, serie lettere ai familiari , lettera del 30 luglio 1914 a Elsa. 16 APTGP, serie lettere ai.fàmiliari, lettera del 1° agosto 1914 a Elsa.
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le generali antipatie verso l'Austria-Ungheria, fomentate anche dalle precedenti esternazioni dell'Arciduca Francesco Ferdinando: «Il nostro avversario principale è l'Italia, contro cui si dovrà condurre una guerra. Dobbiamo riconquistare la Venezia e la Lombardia.» 17 - le simpatie dell'opinione pubblica verso la Francia; - l'ipotesi di neutralità consentita dal Trattato della Triplice non sussistendo il casus foederis; - la riluttanza austriaca a cedere sulla questione dei «compensi» (Trentino) previsti dal Trattato in caso di ingrandimenti te1Titoriali dell 'Austria, a fronte dei reali pericoli per l' Italia nel caso avesse scelto la guerra per ottenerli. Scoppiata la guerra fra Austria e Serbia (28 luglio 1914), in Italia si discutevano i provvedimenti del caso. Prima di tutto, le modalità della mobilitazione. Il 2 agosto il Governo decideva di mobilitare le unità nelle stesse guarnigioni di pace, a variante della pianificazione che prevedeva di effettuare tale operazione nella zona di radunata. Cadoma protestava, ritenendo che in tale modo si sarebibe pregiudicata l'efficienza complessiva dell'Esercito , mentre il Ministro della Guerra, Grandi, favorevole alla mobilitazione parziale per motivi finanziari e politici, ne minimizzava le obiezioni, contestando che il provvedimento deciso dal Governo potesse inficiare la mobilitazione generale. Iniziavano così le diatribe fra Ministro della Guerra e Capo di S. M. dell'Esercito. Salandra voleva veder chiaro nei pareri contrastanti dei due militari e indiceva una riunione di Governo durante la quale il Ministro San Giuliano - prevedendo lontana l'ipotesi di un 'entrata in guerra, come del resto lo stesso Presidente del Consiglio - faceva prevalere facilmente le ragioni politiche a favore della mobilitazione parziale. 18 Il periodo di neutralità, se da un lato creava problemi a livello di Governo, dall'altro agevolava l'azione della diplomazia che poteva svolgere trattative con i due blocchi opposti di Potenze, riguardo al problema dei «compensi», nodo centrale della politica di San Giuliano. Il comportamento del Ministro degli Esteri era quanto meno ambiguo: da un lato teneva contatti segretissimi con l 'Intesa 19 (che per bocca del Ministro degli Esteri russo Sazonow prometteva il Trentino, Trieste, il dominio dell'Adriatico e parte della Dalmazia) ,20 dall ' altro manteneva ottimi rapporti con la Germania, che egli aveva sempre usato comé intermediaria con l'Austria, con la quale preferiva non avere colloqui diretti per evitare attriti. Il 9 agosto, però , a breve intervallo di tempo dall'incontro di Governo , San Giuliano avrebbe detto a Salandra: «Si può cominciare sin d'ora a prevedere, se non la probabilità, almeno la possibilità che l'Italia debba uscire dalla sua neutralità per attaccare 1' Austria». 21 Questa «possibilità», tuttavia, non avrebbe significato rompere definitivamente con Austria e Germania senza prima avere la certezza della vittoria (dell'Intesa), chiariva più tardi San Giuliano commentando: « ... Ciò non è eroico, ma è saggio e patriottico».22 Secondo Cadorna, comunque, la mobilitazione avrebbe dovuto essere completata al più tardi entro settembre, dato che i rigori invernali delle Alpi Giulie, sommati alle difficoltà di un terreno impervio, che di per sé complicava la vita dei reparti , limitavano al solo mese di ottobre la possibilità di condurre operazioni offensive. E questa valutazione concordava con quella di San Giuliano: «Andiamo verso
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M. Montanari, Politica e strategia ..., op. cit., p. 19. lbid., p. 66. 19 lbìd., p. 81. 20 lbìd., p. 67. 21 lbìd. 22 Jbid., p. 68. 18
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Fanterie all 'attacco sull'impervio terreno del Carso. (Proprietà lvluseo Storico Ili Armata)
Difficoltà per il recupero di un ferito sull'impervio terreno del Carso. (Proprietà Museo Storico IJJ Armata)
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l'inverno, quando sul nostro fronte la neve impedisce qualunque operazione; ed i nostri soldati meridionali, non avezzi al clima alpino , non potrebbero sopportarlo. Dobbiamo dunque per forza aspettare la primavera ... »23 a ogni modo, tanto ] ':impegno voluto da Cadorna lungo la direttrice (Gorizia-LubianaZagabria), che que11o ipotizzato dal Governo su Trieste, avrebbero comportato l'impegno sull'impervio ambiente del Céu-so. L'operazione, inoltre, si sarebbe dovuta effettuare in concomitanza con azioni russe che avessero impegnato duramente 1'esercito austriaco, al fine di impedirne lo spostamento di forze alla frontiera con l'Italia. Ma, mentre il Ministro della Guerra, Grandi, persisteva a voler effettuare la radunata dell'esercito mobilitato nella Pianura padana, per non conferire ali' operazione un aperto significato politico contro la frontiera austriaca, Cadorna manteneva un atteggiamento contrario per evitare si stravolgesse la pianificazione, prevista invece al Piave. In questo modo, il contrasto fra il Ministro e il Capo di S. M. si aggravava, rendendo sempre più palesi le indecisioni di Salandra sul da farsi, a causa della «ventilata» poca efficienza dell'Esercito. In conclusione, Salandra cercava di attingere notizie sulla preparazione dell'Esercito dove gli era possibile. Per questo motivo, avrebbe ricevuto in via confidenziale a casa sua Cadorna, a metà settembre, per sapere «quale sia l'efficienza dell'Esercito, se esso può entrare in campagna con speranza di successo»,24 e il Generale Dallolio,25 il 9 ottobre, il qua1e gli confermava i propri dubbi sulla preparazione dell'Esercito (vedi Capitolo 8 «I dubbi di Dallolio sulla preparazione dell'Italia»). Ai pareri discordi del mondo militare si sommava l'indecisione di due statisti perplessi sul da farsi: Salandra perché temeva l'impreparazione dell'Esercito e San Giuliano a causa dei «compensi». Intanto si erano già deteriorati i rapporti fra Salandra e Grandi, a causa di alcune inesattezze nei dati sulle dotazioni di mobilitazione forniti dal Ministero della Guerra, che avevano portato il Presidente del Consiglio a illustrare al Parlamento una situazione poi rivelatasi non veritiera.26 Anche per questo, oltre alla necessità di rafforzare il proprio Gabinetto, il 5 novembre Salandra provvedeva a un rimpasto governativo: il Generale Zupelli diventava Ministro della Gue1 a e Sonnino degli Esteri.27 La politica estera del nuovo Gabinetto rimaneva invariata: mantenimento della neutralità e dei contatti con entrambe le coaliziQni per indiv:iduare quale avrebbe garantito i migliori «compensi». Se differenza ci fu, riguardava soltanto la forma: Sonnino, infatti, nelle trattative era molto più fermo ed esplicito del suo predecessore. L'Austria, pur avendo tutto l'interesse che l'lta1ia rimanesse neutrale, all' inizio si era mostrata possibilista sulla questione del Trentino, ma irremovibile su Trie~te, che costituiva il suo sbocco al mare. In seguito, però, con Sonnino, aveva chiuso le trattative anche sul Trentino temendo che «qualunque cedimento avrebbe incoraggiato tutti - rumeni, czechi, polacchi, croati, ecc. - a porre rivendicazioni , provocando inevitabilmente la spartizione dell ' Ungheria e la fine della Duplice Monarchia».28 Sonnino, tenendo fede alla sua linea politica, il 12 febbraio 1915 inviava una nota al Ministero degli Esteri austriaco, con la quale chiedeva esplicitamente una risposta sulla cessione dei territori, in base all' interpretazione dell'articolo VII del Trattato della Triplice. L'Austria pensava di tenere a bada 1'ltali.a il tempo necessario a battere i Russi, ma un insuccesso nell 'offens iva condotta nei Carpazi faceva naufragare questo disegno, facendo così diventare indispensabi1e 1o scongiurare l'ingresso in guerra dell'Italia (a fianco dell'Intesa). Di conseguenza, anche su pressioni della Germania, delusa sull'efficienza dell'esercito austriaco, il 9 marzo 1915 il Ministero degli Esteri austriaco convocava l'Ambasciatore ita-
n O. Malagodi, Conversazioni della Guerra ... , op. cit., Voi. I, p. 23. 24
M. Montanari, Politica e strategia ..., op. cit., p. 85. MCRR, fondo Dallolio, b. 944, f. 3, 1.2. 26 M. Montanari, Politica e strategia ..., op. cit., p. 86. 27 Il Ministro degli esteri San Giuliano veniva sosti tuito per motivi cli salute. 28 M. Montanari, Politica e strategia ..., op. cit., p. 91. 25
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liano a Vienna comunicando la disponibilità a discutere il problema della cessione di territori austriaci. L'Italia, però, poneva una condizione inaccettabile per l'Austria: la cessione dei territori doveva avvenire immediatamente.29 D'altra parte, le ,<condizioni capestro» poste dall'Italia avevano lo scopo di guadagnare il tempo necessario a completare la preparazione dell'Esercito alla mobilitazione generale.30 Quasi contemporaneamente, all'Intesa pervenivano le «condizioni minime» poste dall'Italia: Trentino e Tirolo del sud sino al Brennero, Crinale delle Alpi Giulie e l'Istria, parte della Dalmazia e Valona? Il 26 aprile 1915 le trattative con l'Intesa si concludevano con la firma del Patto segreto di Londra, mentre le Camere erano chiuse. Gli Alleati chiedevano un 'entrata in guerra immediata per favorire l'azione russa nei Carpazi, ma Salandra e Sonnino non potevano acler:ire, causa le difficoltà prospettate mesi prima da Cadorna, relative all'impreparazione dell'esercito. Venivano così firmate due convenzioni militari: una fra Francia, Gran Bretagna e Italia; e un'altra tra Russia, Serbia, Montenegro e Italia. Ne veniva firmata una anche in campo navale, con la Francia e la Gran Bretagna, per il controllo del Mediterraneo e dell'Adriatico. Il 4 maggio 1915 in Italia veniva ordinata la mobilitazione occulta. Rimane però un dubbio: in precedenza si è parlato del clima di incomunicabilità fra Vertici politici e militari, ma, in questa situazione di incertezza, il potere politico era a conoscenza delle valutazioni militari sul futuro possibile nemico? Dallolio, alla Commissione d'Inchiesta sui fatti di Caporetto avrebbe dichiarato: « ... Ebbi sempre l'impressione e la convinzione che si era valutato il nemico come in condizione di inferiorità, massime morali, all'atto pratico dimostrate inesistenti; e che forse la situazione politica e sociale ci aveva imposto di affrettare la entrata in guerra, mentre sarebbe stato più opportuno meglio completare l'opera di preparazione.»32 Oltre tutto, il rovesciamento del fronte aveva posto l'Esercito italiano in una situazione strategica difficile. Chiarjva Cadoma: <<lo bo pure fatto loro [Governo e il Re] presente la nostra infelice situazione strategica, che mi obbliga di tenere una grossa massa di riserva fra Treviso e Vicenza, indebolendo il fronte ... Tutto questo è fatto per eccesso di precauzione; perché, per conto mio, mi sento assolutamente tranquillo. Per darmi una vera preoccupazione, gli austro-tedeschi dovrebbero attaccare con forze almeno una volta e mezzo superiori alle nostre, e non credo possano raccoglierle, senza esporsi a gravissimi rischi su altri punti.»33
Salandra era molto sospettoso temendo che , in caso di vittoria degli Imperi Centrali , l' Italia non avrebbe avuto i mezzi per costringerli al rispetto delle promesse fatte, o comunque che essi avrebbero potuto riprendersi quello che l'Austria era stata costretta a cedere all ' Italia guerra durante. Cfr. M. Montanari , Politica e strategia ..., op. cit., p. 95. 30 M. Montanari, Politica e strategia ..., op. cit. , p. 96. 31 lbid. , p. 93. 32 APTGP, serie fascicoloni, Questionario della Commissione d'Inchiesta , risposta al quesito n. 3, p. 1; ivi, risposta al quesito n. 4 , p. I. :n O. Malagocli, Conversazioni della Guerra ... , op. cit., Voi. I, p. 117.
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Capitolo 11 UN SECONDO DILEMMA: INDUSTRIA PRIVATA O MILITARE?
Quando si compì l'Unità d'Italia, la struttura economica del Paese era prevalentemente agricola e la Rivoluzione industriale, avvenuta in altri Paesi come la Francia e l'Inghilterra, vi aveva avuto scarse ripercussioni. «Nelle campagne una produzione domestica diretta alla immediata soddisfazione di bisogni familiari viene esercitata su scala assai diffusa dalle donne ed anche dagli uomini nelle pause invernali dei lavori agricoli . Accanto al lavoro familiare in senso stretto una importanza crescente sono venute ad assumere altre forme di produzione nelle quali i] lavoro individuale è già sottoposto al controllo di un capitalista. Per esempio la tessitura di cotone.>>' Le materie prime (ferro e carbone) erano praticamente assenti, fatti salvi alcuni giacimenti di minerale ferroso in Val d'Aosta, Alta Lombardia, Toscana, Calabria. Il livello della siderurgia era arretratissimo, limitato alla produzione di ghisa con altoforni a carbone la cui localizzazione derivava dalla vicinanza dei tre elementi indispensabili: le miniere di ferro, i boschi da cui ricavare il carbone di legna, e i corsi d'acqua per la forza motrice. La combinazione di questi tre fattori aveva comportato che «l'industria meccanica esistesse solo a Milano , Genova, Napoli dove erano stati creati alcuni Arsenali e cantieri navali ed officine ferroviarie protetti, per motivi extra-economici dall'amministrazione austriaca e dai Governi piemontese e napoletano»." I capitali, oltre a quelli provenienti dall'agricoltura (peraltro scarsi per la poca remuneratività), in larga misura erano - anche quelli stranieri - rivolti di massima verso i settori dei pubblici servizi e minerario. Ma l'intervenuta diminuzione dei prezzi delle materie prime e del carbone sui mercati internaziona1i, e la progressiva disponibilità delle infrastrutture necessarie per uno sviluppo industriale, provocarono lo «spostamento della ubicazione dei principali impianti siderurgici; abbandonate ormai le località ricche di minerali o boschi essi venivano dislocandosi verso i grandi centri di consumo o nelle località marittime più agevolmente rifornibili delle materie prime di importazione» .3 Nel sud andavano così scomparendo «la ferriera di Canneto, che il governo borbonico impiegava sin dal 1852 nella confezione dei proiettili, usufruendo delle risorse mineralogiche dei monti del Liri e Melfa»,4 lo stabilimento di Atina con tre altoforni, le ferriere calabresi di Mongiana , Ferdinandea e S. Eufemia, animate dalla forza motrice del Ninfo, e che disponevano delle ligniti di Gerace e Briatico. In Toscana si spegnevano progressivamente gli impianti, condizionati da problemi di carattere sanitario, situati nella fascia costiera di Pescia, Follonica, Cecina, Colle Val d'Elsa, dove la malaria «obbliga a sospendere i lavori negli stabiljmenti toscani per 6-7 mesi all ' anno onde ne riesce sconvolto, turbato tutto i] loro regime economico, la loro azienda, obbligando a continue riparazioni e spese d'impianto , elevando considerevolmente il costo della mano d'opera, cagionando grande quantità di inconvenienti tecnici-amministrativi che rendono tali stabilimenti inetti ad essere condotti dal!' industria privata».5 Sempre in Toscana scompariva la miriade di piccole ferriere interne, dislocate lungo i corsi d'acqua da cui si ricavava la forza motrice, specie nelle valli del Pistoiese: Mammiano, Cireglio, Piteccio,
R. Romeo, Breve storia della grande industria in Italia. 1861-1961 , Il Saggiatore, Milano 1988, p. IO. Seton-Watson C. Storia d'Italia dal 1870 al 1925, traduzione di L. Trevisani, Laterza , Bari 1967 (Italy ji'Oln Liberalism to Fascism: 1870-1925, London, Methuen & Co Ldt, 1967), p. 23. 3 R. Romeo, Breve storia della grande industria ..., op. cit., p. 41 . 4 L. Campo Fregoso, Sulla riorganizzazione dei nostri stabilimenti militari per la produzione del materiale di guerra e dell'industria metallurgica nazionale, Tipografia Romana , Roma 1876, p. 71. 5 lbid., pp. 72-73. 1
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Capostrada, Cutigliano. Le conseguenze di questo ridimensionamento si ripercuotevano anche sullo Stato Pontificio dove scomparivano le ferriere che traevano la materia prima dagli stabilimenti toscani e napoletani (Tivoli, Terni e Spoleto). Al nord chiudevano in Val d 'Aosta gli stabilimenti di Quincinetto, Cappella Ferrata, Gignod, in Lombardia le piccole industrie della Val Sabbia, nel Bellunese gli stabilimenti di Sedico e Zoldo. Progressivamente, però, le cose avrebbe subito dei cambiamenti. Avrebbe preso corpo una localizzazione delle ferriere legata a nuovi fattori collegati al rinnovamento tecnologico imperniato sull'adozione dei forni Martin-Siemens: a) nelle regioni dell'interno , all'emergere di una nuova classe imprenditoriale (in Lombardia Gregorini a Lovere, Glisenti a Tavernole, gli impianti di Dongo e Rogoredo; in Piemonte a Pont San Martin); b) lungo le coste, in presenza di porti cli arrivo del carbone (in Liguria le ferriere cli Sestri Ponente, Voltri, Savona; in Toscana a Piombino). In complesso, però, l'Italia dipendeva ancora dall 'industria estera; problema, questo, emerso in occasione delle discussioni sull'adozione dei materiali di artiglieria a deformazione. Dallolio, allora Direttore Generale di Artiglieria e Genio , durante la fase di preparazione per la campagna libica del 1911, si era dovuto scontrare con l' impreparazione delle due componenti industriali, tanto quella militare6 che quella civile. Quell'esperienza, inoltre, gli aveva fatto costatare come la sola produttività degli Arsenali militari fosse insufficiente a soddisfare le esigenze del periodo bellico e pertanto si rendesse necessario il ricorso all'industria privata. A quel punto, però, andava chiarito quale fosse la via migliore per soddisfare le esigenze delle Amministrazioni statalì, e cioè, se ci si dovesse rivolgere prevalentemente all'industria privata (che non significava soltanto quella nazionale, ma anche quella di Francia e Germania), oppure ci si dovesse limitare ad aumentare la produttività dell'industria militare (Arsenali e Fabbriche d'Armi). Ma questa era una discussione che si stava protraendo già da tempo fra i sostenitori delle due opposte tendenze. E non si trattava soltanto di una scelta economica su forme più o meno protezionistiche (la cui decisione, comunque, non sarebbe stata di competenza di un militare), bensì di una decisione da adottare sull 'opportunità di abbandonare o mantenere la dipendenza dall'industria estera, che, a prescindere dalla convenienza economica, risultava in genere sempre pericolosa ai fini della difesa nazionale. Un primo accenno alla necessità di indipendenza dall'industria estera e all'opportunità di privilegiare quella nazionale, si rintraccia nel 1913, allorché il Ministro della Guerra, Spingardi, scriveva a Giolitti in melito alla creazione di una flotta aerea: «Molto abbiamo fatto, e , permettimi che aggiunga BENE, e, come ti è noto , con le sole nostre forze, ric01Tendo all'estero soltanto per la provvista di materiali che la nostra industri.a ancora non fornisce ... Mi sto proprio ora occupando di un vagheggiato progetto di una società italiana per costruzioni aeronautiche, che si istituirebbe in Milano; i nomi dei cui promotori (Senatore Colombo, Mangili, Pirelli, etc.) darebbero affidamento cettamente maggiore di quello che potrebbero dare, in tal genere cli produzion i, gli stabilimenti di Stato comunque si voglia e si possa crearli .»7 Sempre nel 1913, in riferimento alle prove che la FIAT stava conducendo su un'arma di propria produzione, Dallolio affermava: «Per incoraggiare l'industria italiana non si avrebbe avuto difficoltà ad adottare la mitragliatrice FIAT per le sezioni ancora da costituire per le quali non erano già state provvedute le Maxim, pur riconoscendo che due tipi di mitragliatrice non potevano fare a meno di creare inconvenienti.>>8
" Dalla Direzione Generale di Artiglieria e Genio dipendevano gli Arsenali e Officine d ' Artiglieria di Napoli, Torino e Genova per la costruzione e riparazione cli bocche da fuoco e affusti; le Fabbr.iche d 'Armi di Terni e Brescia; i Pirotecnici cli Bologna e Capua; lo Spolettificio cli Tone Annunz.iata (riconvertito nel 190 l dalla produzione cli anni a quella di spolette); il Polverificio ciel Liri; il Laboratorio di Precisione di Roma. ·, MCRR, fondo DalloJio, b. 945, f. 5 , I. 3, p. 7 , Lettera di Spingarcli a Giolitti in data 29 aprile 1913. s MCRR, fondo DalloJio, b. 951, f. 9 , I. 14 , p. 1, Lettera di Dallolio al Ministro della Gue1i-a in data 29 sett. I9 I3.
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Si può dire che il ricorso all'industria nazionale su larga scala avesse preso le mosse dall'ammodernamento çlelle artigl ierie, ancora ad affusto rigido. Nel 1903, infatti, il Ministero della Guena aveva :incaricato l'Arsenale di Napoli di avviare gli studi per la trasformazione dell'affusto dal tipo rigido a quello a deformazione. Il 12 giugno 1911, il Ministro della Gue1n, Spingardi, - dopo tre anni di studi su una vettura-pezzo Déport - ordinava di effettuare una serie di raffron6 ed esperimenti su tre batterie da quattro pezzi dei sistemi Déport, Schneider, Krupp . Al Presidente del Consiglio, che chiedeva se fosse necessario commissionare all'estero le nuove batterie cli artiglieria a deformazione, oppure se potessero venir costruite in Italia, Spingarcli, dimostrava l'impossibilità, per :i nostri stabilimenti, di fornire i materiali richiesti entro il 1913, scadenza fissata per il completamento dell'operazione. Tenuto conto dell 'esosità dei prezzi della Krupp e della pericolosità della dipendenza dall'estero in caso di guerra, il Presidente del Consiglio insisteva e si informava sulla spesa necessaria per mettere gli stabilimenti nazionali in grado di produrre tutto senza dipendere dall'estero. Ma il Generale Majnoni obiettava che, una volta esaurita la commessa in discussione, non si sarebbe potuto avere il lavoro sufficiente per mantenerli in vita.9 La soluzione di affidare la fabbricazione degli armamenti all'industria privata avrebbe comportato un nuovo impegno per la Direzione di Artiglieria e Genio chiamata, oltre a dover organizzare, coordinare e controllare l'andamento delle commesse, anche a doversi accollare le gravose responsabilità amministrative, e ciò mentre era impegnata a sovrintendere al riordino della componente militare per adeguarla alle nuove necessità del previsto impegno bellico. Si trattava, quindi, di coordinare e armonizzare due componenti che, sino a quel momento, si erano pressoché ignorate. Il 15 febbraio 1912 la commissione al1 'uopo incaricata si pronunziava a favore del sistema Déport. 10 La decisione aveva preso in contropiede il rappresentante in Italia delle Officine Krupp, il Sig. Eccius che si faceva forte della certezza - assicuratagli dal Kaiser - di ottenere la commessa, per cui si precipitava da Dallolio il quale, affermando di non essere in grado di dare alcuna informazione, lo rimbalzava al Ministro della Guena, Spingardi. Quest'ultimo dava al Signor Eccius una risposta quanto meno sarcastica: «Il materiale Deport segna un progresso reale e sicuro dell'armamento, e tale da offrire vantaggi che non si possono attendere da altri materiali Krupp o Schneider. Essendo noi nella Triplice e quindi alleati , certamente il Kaiser sarà ben contento che noi potremo avere il migliore dei materiali da campagna esistenti» .u Il 29 marzo 1912 il Consiglio dei Ministri autorizzava il Ministero della Guerra a concludere il contratto per la sostituzione delle batterie campali da 75A e 87B ad affusto rigido con quelle sistema Déport. Pertanto veniva costituito un consorzio di 27 Società, ruotanti attorno alla Vickers-Terni e alla Società delle Acciaierie di Terni, forti cli una risorsa di maestranze di circa 40.000 unità . L' esperienza della prima consistente commessa nazionale consentiva di trarre interessanti ammaestramenti poiché il programma di approvvigionamento delle 80 batterie su sei pezzi da 75 Mod. 1911 (sistema Déport), che si sarebbe dovuto concludere entro l'ottobre 1913, subiva tali notevoli ritardi, che nell'agosto 1914 era stato fornito appena il 2,5% della commessa. 12 I ritardi venivano addebitati, essenzialmente, a: - difficoltà nella compilazione dei capitolati tecnici, anche a causa della laboriosità dei disegni; - modificazioni e prove di particolari, specie dei freni di slitta; - scioperi delle maestranze; - ostacoli imprevedibili, al limite dell ' insuperabilità, per la disorganizzazione industriale allora esistente.
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fondo F. 9, racc. I bis. serie fascicoloni, fase. VII, f. 8 e 9, appunti 1.910-1914. " APTGP, serie fascicoloni, fase. VII, f. I, appunti 19 J O- I9 I 4. 12 Ibid. 10
AUSSME, APTGP,
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Al riguardo, l'Ispettore Generale d'Artiglieria, Tenente Generale Moni, esprimeva il parere che «le Ditte si sono illuse nello stabilire un termine eccezionalmente ristretto; i tecnici dell'Amministrazione Militare si sono lasciati trascinare a previsioni ottimistiche, principalmente nella supposizione che più stretti legami esistessero fra le Case costruttrici dei modelli e le Ditte assuntrici delle lavorazioni, per modo di assiemare a queste una valente direzione tecnica» Y Dallolio era fautore della produzione nazionale per «la necessità di non sottrarre un'ingente quantità di lavoro agli operai italiani, la ripercussione sfavorevole per le industrie nazionali che la notizia di una nuova ed intera commessa data all 'estero indubbiamente sarebbe risentita dall'opinione pubblica». 14 Inoltre, egli considerava la produzione nazionale una fonte ce1ta di approvvigionamenti contrapposta all'aleatorietà delle forniture dall'estero. Il Capo di S. M. dell'Esercito, Pollio, invece, come appare da una lettera del Comando del Corpo di S. M. alla Direzione Generale d'Artiglieria e Genio in merito all'adozione di un cannone pesante campale, continuava a essere assertore dell'approvvigionamento all'estero, al fine di acquisire materiali già sperimentati da altri eserciti anziché doversi perdere nelle lungaggini della ricerca e produzione nazionale. All'epoca, l'Esercito disponeva di due Reggimenti d'artiglieria campale pesante, dotati dell 'obice da 149; arma, peraltro, che per le sue qualità balistiche non permetteva di battere obiettivi a distanze superiori cli 4-5 chilometri. Questa bocca da fuoco , inoltre, disponeva di modesti settori cli tiro ed era priva cli affusto a deformazione, per cui, già il 21 febbraio 1912, l'Ispettorato Generale d'Artiglieria aveva concluso così una sua relazione sul progettato cannone da 105 pesante campale: «Se si deve porre in studio ed in costruzione una nuova bocca da fuoco campale pesante, parrebbe conveniente adottarne una a grandi settori di tiro orizzontale e verticale, poiché i vantaggi che da queste caratteristiche si ritraggono, saranno maggiormente più sentiti nelle batterie da campo pesanti che per il loro limitato numero saranno assai più distanziate sul fronte e che per il loro peso converrà mantenere a lungo sulle posizioni. Ora nessuna Casa è in grado di darci bocche da fuoco con tali caratteristiche e noi ci potremo trovare nelle migliori condizioni per averle provvedendo alla loro costruzione in Paese.» 15 Dallolio faceva proprie queste considerazioni tecniche in una relazione al Ministro della Guerra del 12 marzo 1912 scrivendo: «Si potrebbe cercare di fare appello alla Casa Ansaldo per vedere che cosa potrebbe offrire dati i mezzi potenziali che ora può mettere in linea, e che in tutti i modi cerca siano a conoscenza di questa amministrazione. Chiamando l'intervento di una Casa costruttrice italiana si possono raggiungere diversi vantaggi: guadagnare tempo, risolvere il problema imposto, incoraggiare l'industria privata nazionale. La Casa Ansaldo si è affermata per quanto riguarda la fabbricazione delle artiglierie mercé l'aiuto della Casa Schneider che ba già costruito cannoni da 105.» Poi aggiungeva che bisognava «aver presenti la situazione dell 'Europa, la guerra di Tripoli, e le vere probabilità di forniture delle Case costruttrici del materiale bellico, in quel determinato momento di corsa agli armamenti, colle tendenze bellicose di Poincaré, per comprendere che le aspirazioni dell'associazione SchneiderAnsaldo erano un tentativo di penetrazione ma non rappresentavano la sicurezza dell'impegno. Quando la Casa Ansaldo cominciò la prima batteria da 105 campale ... non si trattava già di una improvvisa soluzione di genialità di invenzioni : era il materiale Schneider di ieri non quello di domani.» 16 Il Capo di S. M., Pollio, però, non accettava le accezioni di Dallolio ribattendo: «Come è noto a V.E. l'adozione del cannone campale pesante fu compresa nel programma di riarmamento dell'Esercito ed i fondi sono già stanziati in bilancio. Non ritengo perciò opportuno tornare a discutere l'utilità di tale bocca da fuoco da tutti ammessa e che pel modo che incominceremo a fare la guerra sarà da noi anco
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Jbid.
fondo Dallolio, b. 944, f. 15, l. 9. fondo Dallolio, b. 944, f. 14, l. 4. 16 MCRR, fondo Dallolio, b. 944, f. 14, l. l. 1 •
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maggiormente sentita. È vero che se si potrà adottare il materiale Deport il nostro cannone campale di calibro 75/mm potrà più facilmente sfruttare le sue qualità balistiche in gittata, ma ciò non darà alla bocca da fuoco né la precisione di tiro né la potenza di colpo isolato che deve avere il cannone campale pesante. Secondo le idee espresse dall'Ispettore Generale s'andrebbe incontro a due miraggi: l'adozione di un cannone potentissimo e lo studio e la costruzione in paese di un cannone pesante campale a grandi settori di tiro. Ora, a parere mio, i:l primo non si potrà avere che fra cinque o sei anni, e lo studio e la costruzione in Paese del secondo richiederanno forse ancor più tempo, data la poca celerità colla quale possono procedere gli studi e la grandissima lentezza di costruzione, ammesso e non concesso che convenga alle Case italiane di attrezzarsi per costruire poche batterie di cannoni pesanti campali. Mi onoro pertanto di pregare V.E. di voler troncare ogni indugio disponendo che, come ebbi già a chiederle precedentemente, si provveda all 'acquisto di cannoni pesanti campali presso talune di quelle case specializzate in tal genere di materiali e riconosciute come capaci di una fornitura soddisfacente nella qualità, nei prezzi e soprattutto nel tempo, bene inteso con tutte le necessarie garanzie per avere un ottimo materiale. Il Capo di S.M. dell'Esercito Pollio». 17 Il 25 settembre Pellio muoveva un rilievo alla Direzione Generale d'Artiglieria e Genio perché «il procedimento seguito per provvedere le batterie di cannoni occorrenti per completare l'armamento dei due reggimenti di artiglieria pesante campale previsti dalla legge d'ordinamento del luglio 1910 non concorda con quanto ebbi in più occasioni l'onore di proporre a codesto Ministero. Nelle ora mentovate lettere facevo infatti presente che, data la ristrettezza di tempo disponibile, s'imponeva la necessità di ricorrere a taluna delle Case specializzate in questo genere di materiali e riconosciute capaci di una fornitura soddisfacente nella qualità, nel prezzo e soprattutto nel tempo.>> 18 Egli , pur riconoscendo l'utilità dei requisiti tecnici ricercati dalla Direzione Generale di Artiglieria e Genio, concludeva: «In considerazione delle responsabilità che a me risalgono per tutto ciò che riguarda la preparazione del Paese, credo mio dovere insistere presso V.E . affinché voglia compiacersi d'accogliere la mia proposta e disporre, qualora nulla abbia da opporre, per la sollecita provvista dei materiali occorrenti». Come contentino concedeva di proseguire comunque gli studi sul 105, in vista di una possibile adozione «appena le condizioni finanziarie saranno per consentirlo». Dallolio, a stretto giro di posta, il 27 settembre 1912 prendeva la palla al balzo incuneandosi in quello spiraglio lasciatogli dalla frase «qualora nulla abbia da opporre» e dimostrava l'opportunità di adottare il calibro 105, rispetto alle bocche da fuoco esistenti sul mercato , per la maggiore gittata , mobilità, precisione della traiettoria e, soprattutto, per il grande rendimento dello shrapnel, efficace alle grandi distanze. Insisteva comunque sulla necessità di agire in modo da salvaguardare l'industria nazionale. «Ma se vogliamo accordare di fatto e non di nome una protezione ali' industria nazionale affinché si perfezioni nell'allestimento dei materiali o di parti di materiali da guerra non dobbiamo correre a tutta forza ad acquistare all'estero le 12 batterie occorrenti, purché il materiale si abbia presto, giacché l'esperienza del passato anno di guerra ci consiglia il "Timeo Danaos et dona ferentes" verso alleati, amici tradizionali e spettatori benevoli.» 19 Dallolio, inoltre, sottolineava come qualsiasi materiale già pronto si fosse comprato all'estero, per quanto ottimo sotto il profilo tecnico, avrebbe compo1tato un lungo t~mpo per l'entrata in servizio.20 Successivamente, il 10 ottobre 1912, Pellio chiariva alla Direzione Generale d'Artiglieria e Genio che il suo interesse era concentrato su un sollecito approvvigionamento dei materiali: «A me preme la pronta provvista del materiale e persuaso, oggi più che mai , della necessità di completare nel più breve tempo possibile i due reggimenti pesanti campali delle batterie di cannoni previste dalla legge dell'ordinamento dell'Esercito (Luglio 1910) e che l'unica via da seguirsi sia quella da me indicata ne11a let-
fondo Dallolio, b. 944, f . 15, I. 3. fondo Dallolio, b. 944, f . 15, I. 15. 19 MCRR , fondo Dallolio, b. 944, f. 15, I. 4. 20 lbid. n MCRR,
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tera n. 2509 de1 25 settembre u.s., mi reco ad onore e dovere dj pregare ancora vivamente codesto Ministero di volersi compiacere per il sollecito acquisto del materiale occ01Tente, colla condizione che sia scelto un tipo già definito completamente ed esperimentato. Non esito a soggiungere, essere mia profonda convinzione che continuando a studiare nuovi tipi da crearsi per raggiungere i perfezionamenti sempre più spinti, si finirebbe per avere il materiale in epoca troppo lontana , ed in questa persuasione sono indotto dall 'esperienza del passato e del tempo che si è già perduto senza prendere una decisione in proposito. Il Capo di Stato Maggiore dell'Esercito Pollio>>. 21 Il mese di ottobre era tutto un intrecciarsi di comunicazioni Dallolio-Ministro Spingardi-Pollio. Da11olio partiva dal rapporto di forze Austria-Italia in materia di artig1ierie esistenti in un Corpo d 'Armata (Austria, 36 batterie fra campali, leggere e pesanti; Italia, 24 batterie fra campali, pesanti e campali pesanti) per concludere che l'artiglieria pesante campale doveva essere dislocata innanzi, in modo da intervenire nel combattimento senza perdita di tempo. Da qui l'opportunità di disporre di una bocca da fuoco in grado di poter mantenere ininterrotto il puntamento unitamente a una cadenza di tiro celere. E tutto riconduceva all 'opportunità di disporre di una nuova bocca da fuoco da 105, anziché acquistare quelle già disponibili sul mercato . In merito, il Ministro Spingardi annotava di suo pugno: «Concordo pienamente. Sta bene.»22 Seguivano le lettere dell' 11, 13 e 25 ottobre, preparate dal Direttore Generale di Artiglieria e Genio Dallolio, ma firmate dal Ministro Spingardi, con le quali, tra l'altro, si prospettava che:23 1) anche a voler acquistare una bocca da fuoco già disponibile sul mercato (Schneider, Déport e Krupp o il 106 della Russia ancora in costruzione) non si sarebbe avuta la disponibilità delle batterie prima del gennaio 1915, a causa degli impegni delle Case costruttrici. Che se poi si fosse ottenuta (ipotesi dubbia) una sezione da 106 già costruita per la Russia, calcolando il periodo tecnico-amministrativo in 5 mesi ci sarebbero voluti non meno di 9 mesi per poter costruire la prima batteria; 2) comunque, entro il primo semestre dello stesso anno si sarebbero potute avere disponibili le batterie realizzate in Italia; 3) era possibile richiedere alle Case Schneider, Déport e Krupp tre sezioni da sperimentare per sceglierne una da far costruire in Italia. Alla base del ragionamento di Dallolio vi era anche una valutazione da tener presente qualora ci si fosse rivolti all'estero, in particolare alla Schneicler: «Occorre sperare molto perché la Casa Schneicler è larga di promesse, ma non brilla per fedeltà nel mantenerle».24 Il Capo di S. M., dopo i1 prolungato pressing subito, il 29 ottobre scriveva: «Risposta al foglio 1179 del 25 corrente Mi onoro pmtecipare che dopo quanto l'E.V. ha creduto di disporre col dispaccio stesso, a me non resta che prendere atto della comunicazione datami, augurandomi che non abbiano a verificarsi le sfavorevoli previsioni da me più volte espresse circa il tempo in cui si potrà avere disponibile il materiale d'artiglieria pesante campale, il Capo cli S.M dell'Esercito Pollio».2;; Dallolio accelerava i tempi e il 20 febbraio 1913 impartiva l'ordine al Presidente della Commissione italiana di collaudo presso lo stabilimento Krupp di Essen, cli richiedere alla Casa tedesca la fornitura di una sezione (2 pezzi e un cassone) di prova del materiale da 105 campale.26 In merito, il Generale Dallolio sottolineava come dal contratto dovesse risultare, in modo
MCRR, fondo Dallolio, b. 944, f. 15 , l. 8. MCRR, fondo Dallolio, b. 944, f. 15 , I. 6. n MCRR, fondo Dallolio, b. 944, f. 15 , l. 9, 10 , 14. 21
z!
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MCRR, fondo Dallolio, b. 944, f. 15 , MCRR, fondo Dallolio, b. 944, f. 15 ,
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I. 10. I. 15, lettera n. N. 2806 R.S .
Anche in questo caso emergeva la preoccupazione, tipicamente italiana. di risparmiare laddove possibile. «La S.Y. cerchi di ottenere, se possibile, un ribasso poiché il prezzo richiesto è troppo elevato, difatti mentre prima per la vettura-pezzo si parlava da f 63 .000 a 65.000, ora si è saliti a f 90.000, e, pure concedendo che aumento vi possa essere per l'accrescimento dei settori di tiro, purtuttavia la differenza di prezzo sembra troppo forte. In ogni modo sarà bene fare rilevare alla casa che il prezzo ora da stabilire potrà riferirsi ad un campione per le esperienze, ma non dovrà certamente essere definitivo nei riguardi di una eventuale fornitura.» MCRR , fondo Da!lolio, b. 947, f. 4 , l. 4.
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inequivocabile, che «la sezione è commessa a solo titolo di prova, e che quindi qualunque possa essere il risu1tato delle esperienze, il Ministero si riserva ampia libertà e non intende perciò assumere obbligo alcuno in merito all'adozione del materiale esperimentato né prende perciò da ora impegno di sorta circa Ia eventuale successiva commessa di batterie in parola.»27 Dallolio , dopo aver ricevuto il via libera da parte del Capo di S. M. dell 'Esercito, nel marzo del 1913 poteva scrivere al Ministro della Guerra che erano state intavolate delle trattative con la Casa Krupp per un'eventuale fornitura di materiale da 105 campale pesante. Le opzioni offerte dalla Krupp per l'eventuale riproduzione del materiale da parte dell'industria italiana erano tre: a) riservare alla Krupp la fabbricazione dei cannoni, affusti e dispositivi di mira lasciando la riproduzione incondizionata del carreggio agli arsenali e aI1' industria privata italiana; b) concedere la fa bbricazione di tutte, o parte delle batterie, agli stabilimenti militari e le riprod uzioni del carreggio all'industria privata italiana, commissionando, in compenso , alla Krupp, parti finite o abbozzate, per l'importo di un milione e mezzo di lire; c) far partecipare l'industria privata italiana alla fabbricazione dei cannoni e degli affusti completi, lasciando alla Krupp il compito di accordarsi per tale partecipazione con una ditta italiana che possedesse la necessaria competenza tecnica. Dallolio si dimostrava favorevole alla terza soluzione, argomentando: «La soluzione caldeggiata sarà forse la più laboriosa delle proposte della Krupp; ma il vantaggio che si otterrebbe dalla sua adozione sembra non dovrebbe far arretrare l'Amministrazione Militare di fronte alle maggiori difficoltà cui si andrebbe incontro» .28 Mentre venivano prese queste decisioni, l 'Ansaldo (aprile 1913) rinnovava la proposta di adottare un cannone pesante campale da 105 con un settore orizzontale di 12. della Schneider, disponibile a presentarne il modello in poco più di un anno. Questo andirivieni di proposte suscitava delle perplessità nell'ambito dell'Ispettorato Generale di Artiglieria, che era costretto a riconoscere come «un grande settore orizzontale è molto utile nel materiale leggero, nel materiale pesante campale esso si impone come imprescindibile necessità. Infatti il tempo necessario per disancorare il pezzo e disporlo in una nuova direzione è naturalmente assai grande in questo secondo caso ed il lavoro enormemente più disagevole. Un settore più ristretto può essere appena tollerato in un moderno materiale d'assedio dato che per esso il cambio di obiettivi si presenta più raramente. Questo non è il caso del cannone pesante campale, al quale si offrono obiettivi spesso mutevoli ed incerti.>>29 Dallolio in persona, proprio su questo requisito, era molto esplicito: «Si tratta di un cannone campale pesante, non di un cannone di assedio , vale a dire che si tratta di una bocca da fuoco che può avere necessità di rivolgere con grande rapidità il tiro su punti diversi, e lateralmente molto discosti. Ed è naturale che per far divergere subito il tiro occ01Te evitare l'operazione di spostamento della coda.»30 In definitiva, per rompere gli indugi veniva fissato il termine dell'agosto 1914 entro il quale le Case concorrenti Ansaldo , Krupp e Schneider dovevano presentare i materiali da 105.31 La vicenda del cannone da 105 evidenzia: 1) Innanzitutto , la caparbietà di Dallolio cli difendere le proprie idee, anche in disaccordo con i superiori, riuscendo addirittura a far cambiare il loro parere, quando pure si trattasse , come in questo caso, del C apo di S. M. dell 'Esercito, cioè allo stesso Comandante di quell'Esercito di cui Dallolio faceva parte , e per il quale nutriva profonda stima.32
Dallolio, b. 947, f. 4 , 1. 4. Dallolio, b. 944, f. 16, l. 4; cfr. anche MCRR , fondo Dallolio, b. 947 , f. 4, I. 7. 29 Dallolio, b. 947, f. 4 , I. 10, pp. 2-3. 30 MCRR, fondo Dallolio, b. 947 , f. 4, I. 11. 31 MCRR, fondo Dallolio, b. 947, f. 4, I. 21. 32 APTGP, serie lettere ai.familiari, lettera 6 luglio 1914 a Elsa. 2;
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MCRR, fondo MCRR, fondo MCRR, fondo
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2) In secondo luogo, come in quest'occasione si sia difesa l'indipendenza dell'industria nazionale tenendo conto che, se si fosse ricorsi a quella estera, come scriveva Dallolio sarebbe potuto accadere che «verificandosi delle complicazioni, avremo bensì ordinato tutto il materiale ma per vederlo certamente rimanere al di là della frontiera con doppio danno per noi».3:i Previsione facilmente ipotizzabile e confennata diversi anni dopo dal Generale Mascaretti, allora componente della commissione di vigilanza presso la Casa Krupp in Essen, che testimoniava al Comitato di Mobilitazione presso il Ministero del!' Economia Nazionale come, subito dopo la dichiarazione di guerra fra Francia e Germania, verso il 20 agosto 1914 la Casa Krupp avesse rifiutato di consegnare qualsiasi materiale, anche quello già pronto per la spedizione. Mascaretti specificava che non gli risultava fossero stati spediti materiali dopo la partenza della commissione , nonostante la commessa delle batterie da 149 campali non fosse stata completata.34 3) Infine, l'imparzialità dei giudizi di Dallolio che non si lasciava trascinare, nei confronti della Krupp, dai suoi pregiudizi verso la Germania. «Che io simpatizzassi per i Francesi e non per i Tedeschi era noto a quanti mi conoscevano, ma quando si trattava di saper volere e agire nell'interesse del Paese non conoscevo che la disciplina del dovere.» Oltre tutto non si poteva prescindere dalla posizione internazionale del nostro Paese, oscillante fra Triplice Alleanza e Intesa. Basti ricordare che, ancora nel 1913, venivano ordinate fortificazioni permanenti in cupola pesante da 149 A, per completare le opere atte a rafforzare la frontiera con la Francia a La Court (Moncenisio), Pramand (Exilles) e T. Arpy (Val d 'Aosta),35 mentre , il 31 luglio 1914, il Capo di S. M. dell'Esercito aveva emanato i «Provvedimenti in caso di mobilitazione generale alla frontiera Nord-Ovest.» 36 Dallolio, con la schiettezza che lo contraddistingueva, il 7 aprile 1915 non esitava a ricordare al Ministro della Guerra, Zupelli, come fosse «trascorso poco più cli un decennio dal giorno in cui si metteva avanti questa proposta: "L'Amministrazione della Gue1rn rinunzi alla costruzione del materiale" per terna che negli stabilimenti militari si dovesse ricorrere a lavorazioni lente e superflue tanto per creare il da fare. E si prendevano particolaimente di mira tali stabilimenti colla convinzione espressa e ripetuta che affidando alle industrie p1ivate le costruzioni del materiale militare si sarebbe raggiunta progressivamente una produzione migliore e più economica.».1 7 In conclusione, il Generale Dallolio si era venuto a trovare a un bivio: da una parte seguire la strada di éhi consigliava la soppressione degli stabilimenti militari, dall'altra imboccare il nuovo percorso dell'industria privata che, peraltro, i fautori dello smantellamento degli stabilimenti nùlitari non si erano preoccupati cli organizzare. Egli, dunque, per la preparazione dell'Esercito allo sforzo bellico, si u·ovava a dover conciliare tre esigenze in parte contrastanti tra loro: 1) sollevamento delle Fabbriche d'Armi militari dallo stato di anemia in cui versavano; 2) ricorso alla grande industria privata, pressoché ancora impreparata a sunogare quella statale; 3) salvaguardia dell'indipendenza dall'indusu·ia estera. Di conseguenza, nei u·e anni precedenti il conflitto mondiale vi era stato un intenso lavorio per adeguare la componente militare, attuando nelle due Fabbriche d ' Armi esistenti, i più radicali riordinamenti, introducendo nell'agosto 1914 dei provvedimenti per intensificare la produzione delle amli. Mod. 91 e la riparazione di quelle logore. Parallelamente , si era agito anche sulla componente civile per incrementarne la produttività. In particolare, era stata sig1ùficativa la presenza del Ministro della Gue1rn Spingardi ali' inaugurazione, nel maggio 19I O, di un nuovo stabilimento delJa Società Metallurgica Italiana a Campo Tizzoro, sulla montagna pistoiese.38 Infatti Spingardi riteneva inopportuno l'eventuale potenziamento degli stabilimenti
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Dallolio, b. 944, f. 15, I. 9. Dallolio, b. 944, f. 2, I. 3. Dallolio, b. 946, f. L, I. 5. Dallolio , b. 946, f. 6 , l. 12. Dallolio , b. 951 , f. 2 , l. 3. 1 • La SMI, all 'epoca azienda leader nel settore del rame, possedeva già a San Marcello Pistoiese gli stabilimenti di Limestre e Mammiano, che aveva acquisiti nel 1899. Laura Savelli attribuisce la vittoria della SMl sulle ditte concorrenti, alla presenza alla sua guida di Luigi Orlando «appartenente ad una famiglia c he sempre più si anelava affermando nel settore metallurgico MCRR, fondo " MCRR, fondo 35 MCRR, fondo 36 MCRR, fondo 17 MCRR, fondo
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pirotecnici nùlitari che avrebbe richiesto costosi impianti e imposto l'assunzione di forza lavoro, con il rischio di doverla mantenere inoperosa in caso di diminuzione della richiesta. Per questo si era preferito agevolare la componente civile affidandole una commessa di 450 .000.000 pezzi di munizioni , impegnando l'azienda assuntrice della commessa alla costruzione di uno stabilimento ex novo. Durante le allocuzioni conclusive Spingardi diceva: «Questo stabilimento è un anello di quella grande catena, che si sta svolgendo da tempo, intesa alla preparazione e alla difesa del paese con questo per giunta che questi stabilimenti destinati a preparare le mmùzioni da guerra son posti in una località sottratta alle probabili offese e in rapida comunicazione coi grandi centri.»39 Dallolio sapeva intravedere il futuro sviluppo dell'azienda e, anni dopo, scriveva: «Lo stabil imento appositamente costruito dalla Società Metallurgica Italiana a Bardalone [Campo Tizzoro] darà un grande aiuto all'esercito, specie in guerra e potrà speriamo esportare anche all'estero i propri prodotti.>> 40 Il 15 maggio 1910 giungeva notizia dell'approvazione, da parte del Consiglio di Stato, della commessa di 450.000.000 componenti per cartucce e pallottole da far assemblare dal Proiettificio militare di Bologna, seguita poi dalla concessione dell'assemblaggio direttamente presso gli stabilimenti della SMI. Era un ulteriore passo in avanti dell'azienda che già nel secondo semestre 1911 era in condizioni di consegnare il primo lotto di componenti cli munizioni pari a 13 milioni di pezzi.4 1 Per quanto attiene alla componente civile, Dallolio concepiva un solido apparato indust.J.iale atto a supportare lo sforzo dell 'esercito combattente, superando l'incapacità produttiva nazionale e creando ex novo una nuova coscienza tecnica-industriale privata per liberare il Paese dall'alternativa Krupp o Schneider. «Il concetto dell'avviamento deUa nostra industTia ad avere un'individualità finanziaria e tecnica, mirava ad uscire dal controllo dall'estero e ad evitare cli essere dei sottomessi.»'12 Tutto ciò in un'equilibrata posizione di autosufficienza senza chiudere le porte all'ingresso della tecnologia e della innovazione estera: «Non dico che si parlasse di autarchia, mai più, ma neanche di produzione normale atta a migliorare ed incrementare la produzione dei materiali da guerra.» 43 Egli affermava che «un Paese senza industria è paese morto, un Paese che non sia in grado mai di fronteggiare la difesa del paese con il massimo dei suoi mezzi, è paese morto.» 44 Ma non si trattava soltanto di incrementare le quantità , bensì anche la qualità. In una riunione di Industriali metallurgici, presieduta da Dallolio, il Comm. Odero (Gruppo ILVA), nell'indicare la potenzialità del Gruppo intorno alle 22-23 .000 ton nellate mensili, specificava: «Bisogna fare però distinzione subito delle varie qualità cli acciaio. Alcune sono facili a farsi da tutti; alcune non tutti le possono fare. Tutti i diametri maggiori cli 80 e con durezza maggiore di 80, non li può fare che Bagnoli e Piombino; così alcuni acciai ad alto tenore di silicio, ed allora quando vi siano grandi dimensioni e grande resistenza, potremo non avere neppure questo quantitativo.» 45 Ma va fatto un ulteriore distinguo, di tutto l'acciaio prodotto , come scriveva il Ministro della Guerra Morrone al Generale Cadoma, «soltanto la metà circa può essere destinata ai proiettili, il rimanente essendo assorbito dalle incessanti richieste, che si susseguono con un crescendo impressionante, di lamiere per trincee, paletti da reticolati, corda spinosa, ecc., nonché dai bisogni non meno imprescindibili delle ferrovie e dei numerosi stabilimenti pel munizionamento, per lavori vari. Le acciaierie già lavorano in pieno e non possono dare dj più, e se la questione dei refrattari per cui si farà ogni sforzo non potrà essere prontamente risolta, come si spera, vi è il caso che esse debbano diminuire la produ-
e cantieristico e che già era legata da buoni rapporti e da molteplici interessi al Ministero della Guerra, ed in particolare alla Marina Nlilitare.)) Cfr. L. Savelli , L'induslria in montagna - Uomini e donne negli stabilimenti detla Società 1vletallurgica Italiana , Leo S. Olschki, Firenze 2004, p. 23. 39 L. Savelli, L'industria in montagna ..., op. cit. , pp . 24-25 . 40 lbid., p. 135. 41 lbid. , p. 139. 42 J\PTGP, serie fascicoloni , fase . VIT, f. 3, p. 5. 4 , APTGP, serie fascicoloni, fase. VII, f l , appunti 1910-1914 . ..., APTGP, serie lettere ai familiari, lettera 23 febbraio 1923 a Elsa. 5 ' MCRR, fondo Dallolio, b. 953 , f. 1, I. 18, p. 6 , Verbale Riunione Industriali Metallurgici del 2-3 dicembre 19 I 5.
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zione. La situazione migliorerà alquanto nel venturo semestre per la messa in attività di nuovi forni ... » 46 Egli concordava con l'Ispettorato Generale ci' Artiglieria come fosse «di supremo interesse il continuare ad aiutare l'industria nazionale, con procurarle lavorazioni che, oltre tutto, tendono a farle raggiungere un continuo maggior grado cli perfezionamento ed a spingerla sempre più verso quel momento in cui potremo renderci ind ipendenti dalle grandi ditte estere.»47 Dallolio, in questa azione dì sostegno all'industria italiana, riteneva oppo11uno procedere per gradi, in relazione all'evolvere della situazione. Per questo, alla principale produttrice di metalli per le munizioni , la Società Metallurgica Italiana di Campo Tizzoro (Pistoia)48 venjvano rallentati i piani di produzione, facendo contra1Te, a pa1tire dal febbraio 1914, la fomhura mensile a 2.085.000 pezzi, elevando tale standard soltanto in caso di fatti nuovi. Infatti, egli «giudicava inopportuno affidare completamente a ditte private la produzione di munizioni, e preferibile mantenere in piena attività gli stabilimenti militari - i proiettifici di Capua e Bologna nel caso delle munizioru per armi leggere - affidando ad essi l'esclusiva preparazione di cartucce e pallottole, in modo che s:i potessero mantenere al lavoro tecruci ed operai, competenti ed esperti.»''9 I «fatti nuovi» che consigliavano dì livedere la quota assegnata alla SMI erano la dichiarazione di neutralità nel 1914, e lo scoppio della GueITa Mondiale per cui l'Esercito commissionava 105.000.000 serie di pruti per cru1Ucce modeJlo 91 alla SMI, che continuava a prodtUTe, contemporaneamente, 202.509 .312 cartucce Mod. 70/87 da fucile Wetterly per il governo russo, 200.000.000 di cartucce da fucile per l'Inghilterra oltre a una «consistente commessa del governo rumeno per la forrutura di bossoli e fogli d'ottone per detonat01i e cartucce».50 Il Generale Dallolio in questa opera di ristrutturazione si dimostrava convinto delle possibilità di aumentare la quantità senza che ciò tornasse a scapito della qualità. L'esperienza di tanti mesi lo aveva persuaso che «a vouloir tout precipìter on lisque de tout riuner avant 1'heure». Questa sua convinzione era avvalorata dal fatto che si era già raggiunta l'indipendenza dei materiali necessari alla costruzione dei fucili e moschetti: Brescia e Terru avevano in riserva le barre per le canne e le aste per le canne di fucili e moschetti, e altri materiali per le maggiori esigenze del 1915. «Pareva impossibile avere in Italia le aste e le sbarre, oggi fortunatamente si è avuto nel Paese nostro un risveglio industriale al riguardo, e non più sono indispensabili le Case Chaux di Montignac per le aste e Boeller o Poldihutte per le sbarre.»51 Dallolio, pertanto, era certo che si sarebbe arrivati a intensificare la produzione sino a raggiungere complessivamente, tra industria militare e privata, 35-40.000 fra fucili e moschetti, «ma occ01re avere fiducia e non precipitare perché l'educazione della mano d'opera e l'obbligo di non moltiplicare scarti e rifiuti impongono che si tenga la giusta via. fl fucile deve essere un'arma e non un simbolo».52 Il Comando del Corpo di S. M., nel 1915, raccomandava al Ministero della Guerra53 di non trascurare «espediente alcuno per intensificare il concorso degli stabilimenti privati nella provvista di materiali per l'armamento ed il munizionamento del nostro Esercito tanto nel momento presente di prepru·azione, quanto nel caso di mobilitazione.»54 Dallolio, in merito, assicurava al Ministro che «il concetto di valersi dell'industria privata come aiuto e complemento dell'industria militare di Stato è stato sempre propugnato dal Ministero, SENZA RINUNZIARE ALLE TUTELE E ALLE GARANZIE CHE DI FIANCO E DI FRONTE ALL' .INDUSTRIA PRIVATA PUÒ OFFRIRE UNO
fondo Dallolio, b.951, f . 5, I. 4 , Lettera di Morrone a Cadorna del 7 maggio 1916. fondo Dallolio , b. 947, f . 4, 1. 2. 48 La SMI prod uceva mensilmente 2.180 T d'ottone contro le 250 dello stabilimento Corradini, le 485 delle Trafilerie Milanesi e Je 350 di ma.illechort contro le 100 delle Trafilerie. Cfr. L. Savelli, L'industria in montagna ..., op. cit., p. 16 I. 49 L. Savelli, L'industria in montagna ..., op. cit., p. 155. 50 lbid., pp. 156-157. 51 MCRR, fondo Dallolio , b. 951, f. 2 , 1. 3. 52 MCRR, fondo Dallolio , b. 951, f. 2, 1. 3. 53 APTGP, serie fascicoloni, appunti 1914- I 918. 5 • MCRR, fondo Dallolio, b. 951, f. 1, I. 18, p. 1.
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STABILIMENTO MILITARE QUANDO SIA SERVITO DA UNA MAESTRANZA EDUCATA CON CRITERIO VERAMENTE
PRATICO E MILITARE.»55 A testimonianza della validità di tale affermazione Dallolio indicava quanto era stato fatto «per gli stabilimenti militari e per intensificare il concorso degli stabilimenti privati nella provvista di materiali per l'armamento ed il munizionamento del nostro Esercito.» Tale politica presupponeva la costante disponibilità delle necessarie materie prime, la cui carenza (che aveva afflitto da sempre gl i Stabilimenti) veniva superata attraverso la costituzione di una riserva intangibile di materiali, presso le Direzioni e Stabilimenti di Artiglieria, per i bisogni «impreveduti ed urgenti.» Pe1tanto, «tutti gli Stabilimenti militari debbono avere entro il primo quadrimestre 1915 tutte le materie prime per le lavorazioni sino al 31 dicembre senza toccare le riserve intangibili.» Naturalmente, un simile provvedimento comportava il raddoppio dei fondi per la loro costituzione, che prima ammontavano a più di 8 milioni.56 La Direzione Generale di Artiglieria, che spesso «precedette gli eventi», aveva operato, infatti, per raggiungere, rispettivamente, i seguenti obiettivi: Stabilimenti militari - Fabbrica d'Armi di Brescia: allestimento giornaliero, all'atto della mobilitazione, di 220 granate, con 13 ore lavorative, e 440 con ciclo continuo. - Fabbrica d'Annidi Temi: produzione giornaliera di 300 granate. Disposta la fornitura giornaliera, da parte della Società Costruzioni Ferroviarie di Arezzo, di 31.000 ogive e la provvista, dalle Trafilerie e Laminatoi di Milano, di 3 ,5 T di tubi per le corone. - Arsenale di Napoli: confezionamento giornaliero di 500 shrapnel, con 12 ore lavorative, e 800 con ciclo continuo, previa ricezione da parte dell'industria degli elementi costitutivi (bossoli , tappi ogiva, diaframmi). - Officina di Genova: elevazione della propria produzione a 500 proiettili al giorno, per i calibri da 75 e 65 mm, attraverso l'acquisto di macchine subito approvvigionate , e stipulazione di accordi con alcune Società in modo che <<se mai al primo cenno si possano ottenere sicuramente almeno 1.000 proietti al giorno (compresi dell'officina stessa). Si ritiene che colle attività e colle energie di un gruppo di Società57 ••• si potrebbe arrivare a 1.500 proiettili al giorno.»58 - Officina di Torino: produzione giornaliera di 800 shrapnel e 900 granate ricevendo dall'industria una parte degli elementi e il contributo di nuove Società. Stabilimenti privati59 Dallolio ribadiva che l'industria nazionale aveva saputo precedere quelle dell'Austria e Francia, tenendo ben presente che «per sviluppare il valore collettivo volendoci svincolare dall'estero si doveva far nascere ed accrescere il valore degli elementi individuali e creare sorgenti di forza militare tecnica raggruppando gli industriali . Se come ritiensi e come concordi sono le affermazioni dei competenti. il materiale sarà ben costruito si avrà la soddisfazione di avere organizzate e sviluppate in Italia delle forze durature che ritroveremo sempre pronte per il giorno del bisogno.» Seguendo questi dettami si era data la nuova impostazione agli stabilimenti privati: - Acciaierie di Terni; alla società venivano poste tre condizioni per sviluppare la massima potenzialità nella produzione di proietti di piccolo calibro: «produrre molto - bene - economicamente».
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Dallolio , b. 951, f. 1, l. 18 , p. 2. Dallolio, b. 951, f. 1, l. 18, p. 10. 57 Si era provveduto a eliminare un gruppo di società con le quali esistevano speciali accordi: Società Proiettili, Metallurgica Bresciana, Franchi Gril'fin, Officine Fratelli Diatto , Industrie Metallurgiche Bresciane, Officine Ansaldi, Officine cli Netro, Rapicl, Italo Ginevrine, Fratelli Bertoldo, West.inghouse cli Torino, A.rmstrong di Pozzuoli. Si era invitata l'Officina cli Genova a prendere accordi con nuove società quali Società Alfa, Officine cli Caluso, Tecnonmsio, Ditte Thornas Houston, Stigler, Langen & Wolf. 5 ~ MCRR, fondo Dallolio, b. 95 I, f. J, I. 18, p. 6. 59 MCRR, fondo Dallolio , b. 95 I., f. I, I. 18 , pp. 7-9. 56
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Inoltre, veniva autorizzata a rispondere affermativamente alla richiesta della Grecia, pervenuta tramite il Ministero degli Affari Esteri, di produrre munizionamento dì grosso calibro per la Marina, purché ciò non pregiudicasse la fabbricazione dei proietti cli piccolo calibro. Metallurgica Bresciana: veniva elevata la produzione giornaliera a 2 .000 granate e shrapnel completamente finiti. La Ditta si impegnava a dare sempre la precedenza alle commesse dei Ministeri della Guerra e della Marina, ri servandosi di destinare la sua intera produzione ali' Amministrazione militare ìn caso dì mobilitazione. Gruppo Industriale Piemontese: con una potenzialità complessiva giornaliera di 4.000-4.500 proiettili di piccolo calibro e di 600-700 di medio calibro (che sarebbe aumentata con l'arrivo di una pressa idraulica), in caso di mobilitazione avrebbe devoluto rutta la produzione delle Ditte del Gruppo 60 a intera ed esclusiva disposizione dell'Amministrazione della Guerra. Breda: con una capacità produttiva giornaliera di 1.000 proiettili, e impegnata sino a luglio 1915 per la Marina, assicurava che tutti i lavori assunti e da assumere sarebbero stati a favore delle amministrazioni mìlitari. Franchi-Griffin: produttività simile a quella della Breda.
In conclusione, la Direzione Generale di Artiglieria aveva saputo mettere a frutto il periodo di neutralità, adottando i necessari provvedimenti per assicurare, incrementandola, la produttività dell'industria nazionale. Come lo stesso Dallolio sottolineava nella sua relazione al Mi nistro della Guerra, «mentre in passato si calcolava in caso di mobilitazione su una produzione mensile di 100 colpi per pezzo da campagna e montagna, oggi si può calcolare in caso di guerra su quella di 100 colpi per pezzo nel primo mese e 200 nel secondo e successivi, e su 100 colpi per pezzo per obici da 149 invece di 50 .» Tali traguardi, comunque, sarebbero stati raggiungibili dal 31 maggio 1915.61 Nella riunione degli Industriali Metallurgici, del 2 dicembre 1915, la politica perseguita da Dallolio gli consentiva di affennare: «Bisogna anche non dimenticare, ove si guardi indietro, che vi è motivo di rallegrarsi, giacché nel 1915 si è in condizioni ben differenti del passato. Alcuni anni or sono, chi ci avrebbe dato i cannoni e le munizioni? Oggi quest'industria si è affrancata .... In 5 anni che sono qui, ho visto improvvisare molti stabilimenti ed io stesso ho lasciato che sorgessero, ed è alla grande industria che si deve se l'Italia può affermarsi e difendersi. Quindi bisogna rallegrarsi con tutti quelli che hanno lavorato per emanciparci dall'estero ed è bene affermarsi come Italiani. C 'è posto per _tutti , ed in questo momento è necessario fare appello alle energie ed alla volontà cli tutti .»62 L'inserimento dell'industria civile italiana nel meccanismo delle commesse militari costituiva una rivoluzione r.ispetto alla tradizionale politica degli approvvigionamenti militari, sostenuta in precedenza dal Capo di S. M. dell'Esercito, Pollio, il quale preferiva acquistare le batterie complete presso l'industria francese o germanica. Se da un lato ciò consentiva di sottoporre agli Organi preposti alle valutazioni e decisioni delle bocche da fuoco già collaudate e sperimentate dagli eserciti di altri Paesi, dal1' altro significava la dipendenza dall'industria estera. Viceversa, l'attività di Dallolio evidenzia la sua propensione a privilegiare l'industria nazionale: «I nuovi cannoni che si sono schierati a difesa della Patria lungo tutto il confine sono cannoni italiani e rappresentano anche una coscienza nuova ed una nuova ragione di orgoglio per noi».63
Officine Diatto, Proiettili, Officine Michele Ansaldi, Officine di Netro, Rapid, Italo Ginevrina, Fratelli Bertoldo, Westinghouse di Torino. 61 MCRR, fondo Dallolio, b. 951, f. 1 , I. 18, p. 12, Relazione del 28 febbraio 1915 al Ministro. 2 " MCRR , fondo Dallolio, b. 953, f. 1, I. 8, p. 15, Verbale Riunione Industriali Metallurgici del 2 dicembre l9 I 5. r,, Frase pronunciata da Dallolio il 18 febbraio 1918, durante una visita a Bologna all'Ufficio Notizie, cfr. It Resto del Carlino, 19 febbraio 191 8. 6tl
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Capitolo 12 LA NASCITA DEL SOTTOSEGRETARIATO (POI MINISTERO) PER LE ARMI E MUNIZIONI
Allo scopo di coordinare meglio la produzione del materiale bellico il 9 luglio 1915 venivano istituiti:1 1) il Comitato Supremo per i rifornimenti di armi e munizioni composto dal Presidente del Consiglio dei Ministri, dai Ministri degli Esteri, del Tesoro, della Guerra e della Marina; 2) il Sottosegretariato di Stato del le Armi e Munizioni presso il Ministero della Guerra, da cui dipendevano la Direzione Generale d'Artiglieria e Genio e l'Ispettorato delle costruzioni di artiglieria. Il primo ottobre dello stesso anno veni.vano posti alle dipendenze del Sottosegretariato Armi e Munizioni, la Direzione Generale Aeronautica per l'approvvigionamento del Materiale aeronautico del! 'Esercito e della Marina e il Servizio Munizioni della Marina. Il Sottosegretariato delle Armi e Munizioni era costituito da: 2 - Gabinetto; Uffici : Personale, Comunicazioni interalleate, Centrale acquisti, Vapori, Carri di assalto , Legale ed inchieste, Tecnico ispezioni, Invenzioni - ricerche ed esportazioni invenzioni, Esteri; Servizi: Materiale chimico da guerra, Automobilistico, Trasporti, Esteri; Organi ministeriali: Direzione Generale cl' Artiglieria, Direzione Generale del Genio, Ufficio autonomo assicurazioni di guerra; Servizi Anni e Munizioni di carattere tecnico: Ufficio dell'Ispettore Supedore e Direttore del servizio tecnico, Ufficio personale tecnico, Servizio tecnico contratti , Servizio Materiale di artiglieria cli nuova formazione, Servizio Batterie campali, Servizio Batterie contro aerei, Servizio Munizionamento di assedio, Servizio Esplosivi di lancio e scoppio, Servizio Bombe e bombarde, Servizio Anni portatili, Servizio Commesse artiglierie e munizioni; Servizio approvvigionamento materi ali metallici: Segreteria, Ufficio Oli pesanti, Ufficio Importazione , Ufficio produzione siderurgica, Ufficio Fonderie ghisa ed acciaio, Ufficio Forni elettrici, leghe e carburo, Ufficio Materiali refrattari, Ufficio Distribuzione siderurgica, Ufficio Rottami, Ufficio Acciai rapidi, Ufficio Metalli vari; Commissariato Carboni (Ufficio distaccato presso il Ministero dei Trasporti); Ufficio Marina: Servizi di carattere amministrativo e contabile: Ufficio contratti, Ragioneria, Ufficio finanze, acquisti, commerciale, proventi, requisizioni; Servizi per la Mobilitazione Industriale: Com itato Centrale di Mobilitazione Industriale, Servizio esonerazioni temporanee, Ufficio storiografico della Mobilitazione; Servizi per l'Amministrazione interna e archivi: Ufficio protocollo, Ufficio distribuzione cancelleria e mobili, Ufficio corrispondenza. Accanto a questi Uffici veri e propri, venivano costituiti Organi Collegiali centrali dipendenti dal Ministero per agevolarne il compito: Commissioni mili tari di acquisti all'estero (New York, Parigi, Londra, Madrid, Berna); Uffici militari di transito alle frontiere; Ufficio militare di sbarchi e rispedizioni di Genova;
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R.D. n. 1.065 ciel 9 luglio 1915. APCD , Legisl. XXVI, Sessione l921-23 , Doc., Dis . Legge e Rei., Doc . XXI, pp. 13-14.
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Commissione Centrale collaudi; Commissione consultiva per la revisione dei contratti; Commissione per le esonerazioni; Commissione per la liquidazione delle indennità infortuni per gli operai in zona di guerra; Commissione centrale tecnica per l'aeronautica; Commissione centrale gas asfissianti e maschere.
Le attribuzioni del Sottosegretariato delle Armi e Munizioni, in materia di munizioni e dei materiali aeronautici non solo per l'Esercito ma anche per la Marina, derivavano da uno scambio di lettere fra il Presidente del Consiglio Salandra e il Generale Dallolio, avvenuto nella seconda metà del mese di settembre di quell 'anno. Il 22 settembre 1915 Salandra, facendo seguito a uno scambio di idee con Dallolio, gli scriveva invitandolo a preparare un Decreto da sottoporre all 'esame della futura riunione del Comitato Supremo per i rifornimenti di armi e munizioni.3 Dallolio rispondeva il 21 settembre affermando che l'intero Paese «obbligato a fare da sé ed a contare soprattutto ed anzitutto sulle sole sue forze, deve considerarsi trasformato come in una unica , sola, immensa officina al serviz io di due unici grandi consumatori: l'Esercito e la Marina. Come in qualunque importante azienda bene organizzata la mente direttiva e la responsabilità, devono necessariamente essere accentrate in uno solo che possa in tal modo guidare gli elementi esecutivi e produttori di cui sa di poter disporre, con un unico criterio , con una visione unica dei vari bisogni, così per analogia, il problema dell'aumento e del rinnovamento dell'armamento e quello del munizionamento, prodotto da questa grande officina che è oggi il Paese, è necessario che sia risolto con unità perfetta di vedute». 4 Dallolio, infatti, partiva dall'idea che chi fosse stato preposto a tale incarico avrebbe avuto la possibilità di essere informato con continuità dei bisogni dell'Esercito e della Marina, man mano che tali bisogni si fossero delineati in relazione allo svolgimento delle rispettive operazioni. «Mai come oggi è stata sentita la necessità che tale delicato strumento, produttore ..egl i elementi vitali per la difesa del Paese venga impiegato con unità di criterio e di indirizzo.» 5 Questa unitarietà di indirizzi avrebbe consentito di evitare sovrapposizioni di ordinazioni o di commesse in concorrenza per l'Esercito e per la Marina, che av rebbero arrecato grave danno alla bontà della produzione , alla tutela del pubblico erario e anche alla sollecitudine con la quale determinate commesse dovevano essere soddisfatte. Dallolio, quindi, concludeva la sua lettera a Salandra chiedèndo che al Sottosegretariato delle Armi e Munizioni venisse affidato, in base all'articolo 5 del citato R. D. n. 1.065 del 9 luglio 1915 istitutivo del Sottosegretariato, il compito di provvedere per tutta la durata della guerra all'approvvigionamento e rifornimento di: 1) munizioni dell'Esercito e della Marina, per meglio coordinare gli stabilimenti addetti al munizionamento che erano gli stessi per entrambi; 2) materiali aeronautici riguardanti l'Esercito e la Marina, una volta che i Capi di S. M. delle due Forze Armate avessero concretato, di comune intesa, il programma aeronautico da svolgere durante la gue1Ta, allo scopo di evitare lo scollamento verificatosi inizialmente fra programmi dell'aviazione dell'Esercito e aviazione marittima. Il 22 settembre il Presidente del Consiglio, Salandra, rispondeva: «Ho letto le relazioni da Lei fornitemi ieri sera. Nulla bo da obiettare. Le sarei grato però se volesse tradurre i concetti in esse esposte in formule di Decreto da sottoporre alla prossima adunanza del Comitato Supremo. Le raccomando che esse siano ampie e chiare ... affinché ne riescano esattamente determinate senza possibilità di altre
, MCRR, fondo Dallolio, b. 944, f. 10, I. 14. 4
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MCRR, fondo Dallolio. b. 944, f. IO, I. 15, p. 4. MCRR, fondo Dallolio, b. 944, f. 10, I. 15, p. 5.
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Lettera di Salandra a Dallolio del 22 settembre 1915. (istituto Storia Risorgimento Italiano , F. Dallolio, b. 944, f. 10, l. 18)
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dispute posteriori, le attribuzioni che saranno affidate al Sottosegretariato per le Munizioni ed i suoi rapporti col Ministero della Marina.» 6 Dallo1io, così sollecitato, l'indomani assicurava a Salanclra che avrebbe continuato a presiedere il Sottosegretariato alle Armi e Munizioni «con tutte le forze dando tutto me stesso per un compito che ogni giorno diviene più difficile». 7 Nella stessa data dell'istituzione del Comitato Supremo per i rifornimenti di Armi e Munizioni e ciel Sottosegretariato delle Armi e Munizioni (9 luglio 1915), il Generale Dallolio veniva nominato Sottosegretario di Stato per le Armi e Munizioni. Successivamente, il 16 gi ugno 1917, il Sottosegretariato, veniva elevato al rango di Ministero per le Armi e Munizioni e Dallolio riceveva da Cadorna il seguente telegramma <<Apprendo annunzio ufficiale de1la sua elevazione alla carica di Ministro. Me ne compiaccio vivamente come di un meritato ed alto riconoscimento della grande importanza dell'opera compiuto finora da V.E. come pegno di sempre maggiore risultato nella produzione dei materiali di guerra. Le rinnovo pertanto le mie cordiali felici tazioni» .8 Il Ministro Dallolio sarebbe decaduto da tale incarico il 15 marzo 1918 , a segu ito delle dimissioni presentate da lui e dal Sottosegretario On. Bignami. L'interim del Ministero delle Armi e Munizioni veniva assunto dal Ministro della Guerra, Zupelli che, il successivo 15 settembre, veniva sostituito dall 'On . Villa, Ministro dei Trasporti, che assumeva anche l'incarico di Ministro delle Armi e Munizioni. Quest' ultima branca, tuttavia, restava affidata all'On. Nava, che assumeva la qualifica di Commissario Generale, incarico poi soppresso il 24 novembre 1918,9 restando alle dipendenze ciel Ministero della Guerra. Sotto la direzione dell'On. Nava, l'Amministrazione centrale delle Armi e Munizioni subiva un profondo cambiamento, e veniva riorganizzata «per funzioni» anziché «per materia» come in precedenza. Il nuovo concetto era che «dovessero riunirsi in ogni singolo ufficio le fun zioni analoghe , contrariamente al concetto che aveva fino allora dominato per il quale ogni ufficio esercitava tutte le funzioni attinenti allo speciale oggetto e forniture di sua competenza». 1° Conseguentemente, il Commissariato Generale veniva articolato in: - Direzione Generale deiiservizi tecnici (parte tecnica, collaudi, artiglieria e trattrici); - Servizio automobilistico (trasporti ed acquisti); - Servizio siderurgico; - Servizio acquisti, escluse le armi e gli automobili; - Servizio amministrativo (contratti , amministrazione e contabilità acquisti); - Direzione Generale di Artiglieria; - Direzione Generale Genio.
fondo Dallolio, b. 944, f. 10, I. 18. fondo Dallolio, b. 944, f. 13. l. 7. s APTGP, serie lettere ai familiari, lettera del 17 giugno 191 7 a Gina. 9 APTGP, serie fascicoloni , appunti 1914-1918. 0 ' APCD , Legisl. XXV!, Sessione 1921-23 , Doc. Dis. legge e Rel., Doc . XXI, Voi. II, p. 15. 6
MCRR ,
' MCRR,
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Capitolo 13 GLI ANNI DA SOTTOSEGRETARIO (POI MINISTRO) PER LE ARMI E MUNIZIONI
Dallolio poteva imporre al nuovo organismo, grazie ai collaboratori che aveva prescelto,1 un carattere che si discostava dal modello militare, per avvicinarsi maggiormente a quello industriale. Infatti , affermava: «Per ciò che ha riguardo alla organizzazione del Sottosegretariato, ho la fortuna di avere accanto a me dei collaboratori, coi quali sono stato in grado di dare al Sottosegretariato stesso un carattere ed un indirizzo per quanto è possibile industriale , completando]o coi Comitati e Commissioni Regionali che hanno l'unico scopo di dare tutta la massima efficienza alla nostra industria.»~ Nel suo nuovo incruico, dimostrando fermezza nel richiedere rapidità di produzione, il 7 maggio 1915 egli scriveva all'Ispettorato delle Costruzi01ù d'Artiglieria per sollecitare i collaudi dei proiettili da pru-te de.i centri di produzione: «Questo Ministero deve vivamente e nuovamente raccomandare a codesto Ispettorato di mettere tali centri in condizione di eseguire i collaudi col massimo rigore e colla massima efficienza pratica ma anche co]la massima rapidità e renderli indipendenti dalla Officina di Torino dove le esigenze del momento attuale in fatto di rapidità non sono ancora sentite e comprese al loro vero diapason ... in questo momento urge cancellru·e dal dizionruio la parola RITARDARE per tutto ottenere in breve tempo.» 3 Ma il giudizio su Torino restava sempre severo « ... Torino è inerte, non fa sangue nei suoi millenari stabilimenti militari dove la rogna tecnico-matematica impedisce gli impulsi dell ' attività.»4 E ancora un duro sollecito, assieme a una frustata di energia, erano alla base di un telegramma inviato il 16 maggio 1916 al Direttore dell'Officina Costruzioni di Artiglieria di Torino: «Mentre è urgente ed assoluta necessità granate 149 G ed ho ordinato che si faccia impossibile per accrescere produzione, si creano da codesta officina diffico]tà per anticipazioni ditta Schonenbergen, mentre occorre assolutamente incoraggiai-la e premiarla perché lavora bene e consegna effettivamente . Tale sistema è contrario alle interpretazioni della produzione, che è dovere assoluto in tempo di guerra, alla necessità assoluta di non perdere un minuto di tempo, che è obbligo in tempo di guerra, alle esigenze cui si deve fai· fronte in ogni modo mettendo in archivio difficoltà e sistemi del tempo di pace. Produrre, prodmTe sempre, intensificare sempre produzioni, dare anticipatamente lru·ghissime commesse, preoccuparsi continuamente di avere infinità di munizioni ed infinitesimi ritarcli.» 5 Ma la funzionalità del Sottosegretariato per le Armi e Munizioni riceveva un duro colpo con l'avvicendamento del personale disposto dal Ministro della Guerra Morrone. Il Generale Dallolio, di conseguenza, scriveva al suo Superiore: «Come soldato eseguirò l'ord.ine ricevuto circa gli el~nchi degli Ufficiali e Militari di Truppa che prestano servizio presso questo Sottosegretariato, ma come Sottosegretario di Stato reputo mio dovere far conoscere all'E.V. che le conseguenze allargheranno il marasma grigio che già io prospettai il 26 novembre nella seduta del Comitato Centrale per la Mobilitazione Industriale. Io non discuto l'esempio delle Nazioni alleate, ma altra è la situazione politica di quei paesi, altra è la nostra.» 6
Dallolio si era avvalso anche di alcuni Ufficiali cli complemento provenienti dal mondo dell'industria: il Capitano Conte Carlo Cicogna, il Maggiore ingegner Enrico Toniolo, il Sottotenente dottor Alfredo Stromboli, ecc. 2 MCRR, fondo Dallolio, b. 953, f. 1, I. 8, p. 3,Verbalc Riunione Industriali Metallurgici del 2-3 dicembre 1915. "MCRR, fondo Dallolio, b. 960 , f. 4, I. 11. 4 APTGP, serie lettere ai familiari, lettera 13 settembre 1916 a Gina. 5 .v1CRR, fondo Dallolio, b. 960, f. 12, I. 17. '' MCRR, fondo Dallolio, b. 960, f. 12, I. 4, p. l. 1
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ll suo impegno personale traspare da una lettera indirizzata alla figlia Elsa: « ... Io contavo partire ieri sera, tutto era deciso, invece è arrivato S.E. Porro ed oggi c 'è seduta del Comitato Supremo, anzi ce ne saranno due delle sedute. Eppoi è arrivato il Col. Conso che ha necessità di un lungo colloquio con me per conto di S.E. Cadorna. Eppoi c'è il Comitato Centrale del Munizionamento. Lunedì... eppoi il 1° dicembre apre la Camera ... eppoi ci sono minacce di sciopero degli operai eppoi apri gli occhi c'è da pensare all'altra sponda nell'ex principato di Wied.; Credi che la mia povera testa ne ha al disopra dei capelli ... E quelli che lavorano mettendo i denari a frutto non arrivano a comprendere quelli che lavorano dando tutto senza un centesimo cli più .»6 Dallolio , mentre profondeva il proprio impegno, si preoccupava del lavoro delle proprie figlie al fronte, con particolare riferimento ad Elsa: << ••• Ma soprattutto abbiti riguardo, non esagerare. Io debbo farlo anche per dirigere i recalcitranti, debbo farlo per arrivare a trangugiare i rospi, ma tu sei giovane e non devi buttare dalla finestra la salute se non altro pensando a quelli che ci sono e a quelli che purtroppo non ci sono più. Non lo fare per il tuo vecchio papà che poi non è un uomo feroce ... ».9 Dallolio sottolineava, infatti, la necessità di reagire contro gli attacchi dei partiti neutralisti che afferravano «ogni occasione per danneggiare la gue1ra e la Patria» e pronosticava che ogni appartenente al Sottosegretariato sarebbe stato passato al vaglio, quasi che l'appartenenza a esso fosse motivo cli ludibrio. «E così mentre il Ministro francese della guerra dichiara che è negli uffici che si compie il lavoro più importante, ed occorrono quindi negli uffici uomini intelligenti, poco per volta finiremo per non poter avere altro che gente stanca di animo e di corpo, con danno vero reale della produzione, e più di tutto della intensificazione cli quella produzione d'armi e di munizioni senza cui ogni programma diventa mito, ogni sforzo si converte in paralisi industriale. Senza continuità e fervore non è possibile che funzioni la complessa macchina del Sottosegretariato per le Armi e Munizioni ... ». 10 L' ll settembre 1917 Dallolio telegrafava ali 'Officina Costruzioni di Torino: «Avverto che i coJlaudi di balistite debbono essere fatti immedjatamente senza riguardo alcuno ad orario o a giornate. Considererò come gravissima mancanza aver ritardato anche un'ora ad eseguirli. E così per quanto riguarda trasporti. Esigo essendo in guerra ed in questo momento la rapidità fulminea. Accusare ricevuta e telegrafa1mi personalmente data di presentaziçme al collaudo e data di esecuzione di ogni lotto. Dallolio». 11 Della complessità del problema che avrebbe dovuto affrontare, cercava di rendere partecipe la figlia confidandosi con lei: «Nel momento in cui si prende il Sottosegretariato si affollano le esigenze e le domande rasentano l'inverosimile. Non è j] momento di fare osservazioni sarebbe colpa ma occorre provvedere e non si provvede battendo il piede per terra. Le difficoltà sono immense e i proietti non sono né grano, né pantaloni, né giubbe ... variare il programma come è possibile tutto ad un tratto, quasi toccando un tasto. Tenterò dando l'anima mi a e se non riesco andrò a mangiare un pezzo di pane in un angolo ignorato colla coscienza d'aver fatto quanto potevo .» 12 La coscienza dell'impreparazione dell'Esercito, 13 l'insufficienza delle risorse economiche e la necessità di destreggiarsi in un ambiente industriale insoddisfacente avevano determinato nel Generale
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11 Comitato albanese per la rinascita del paese dopo la liberazione dagli ott-ornani offriva il trono del neo costituito Regno cli Albania a Wilhelm von Wied, discendente di una famiglia principesca prussiana, che entrava a Durazzo il 7 marzo 1914. Dopo pochi mesi clall 'insediamento, però, l'incalzare degli avvenimenti internazionali costringeva von Wied ad abbandonare l'Albania. • APTGP, serie lettere ai familiari, Jenera 26 novembre 1915 a Elsa. 9 APTGP, serie lettere ai familiari, lettera 6 settembre 1916 a Elsa. "' MCRR, fondo Dallolio , b. 960 , f. 12, I. 4 , p. 2. " MCRR, fondo Dallolio, b. 960, f . 6, I. 7. 12 APTGP, serie lettere aifwniliari, let. 20 luglio 1915 a Elsa. 13 11 programma tracciato dalla Commissione Suprema di Difesa nel 1908, seppur modesto, era stato svolto, ma quello del 1913 sarebbe rimasto allo stadio di buone intenzioni nonostante, il 24 maggio 1913, il Ministro della Guerra avesse detto «di far voti perché le condizioni finanziarie del governo possano consentire l'effettuazione delle proposte presentate per la sistemazione difensiva dello Stato.» Cfr. APTGP, serie fascicoloni, appunti dal 19.14 al J.91.5, p. l.)
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Dallolio uno stato di tensione continuo con riflessi neurovegetativi. Gli era accanto, in quel periodo, la figlia Gina che, per farlo rilassare, la sera al termine del lavoro Io accompagnava al cinema. La tradizione orale familiare riporta che queste uscite serali avevano dato adito alla voce che Dallolio si accompagnasse a «una bella e giovane inglesina», e come questa voce fosse nata dal fatto che egli, al rientro dal cinema in carrozza, spesso posava teneramente un braccio sulle spalle di Gina. I problemi derivati dal nuovo incarico affaticavano molto Dallolio, che era stanchissimo e non riu sciva a r.iposare. Non si concedeva un attimo di respiro: «La testa alle 9 1/2 di sera è un pancotto. Spero che tutto vada bene e, almeno per conto mio, le bramose canne siano soddisfatte. Lavoro senza tregua , vedo che tante cose potreb_bero e dovrebbero andare meglio e faccio di tutto per fronteggiare la situazione. L'industria non si guida con il Regolamento di d:isciplina, bisogna viverci dentro e vedere le difficoltà ... ma in certi momenti bisogna fare "fleche de tout bois" allora avanti, sempre avanti.>> 14 Questo stato cli tensione era provocato anche dal fatto cli essere diventato il bersaglio di una folla cli fornitori esteri e italiani, molti dei quali pronti a usare l'arma della corruzione, tanto da fargli soggiungere alla figlia Gina: «Anch'io odio gli intermediari, anch'io vorrei poter risolvere tutto direttamente». 15 Nei primi mesi del conflitto, Dallolio esprimeva il suo pensiero sugli intermediari durante una riunione, da lui presieduta, degli Industriali Metallurgici, ribadendo «una raccomandazione già fatta; raccomandazione che ho fatto mettere anche sui giornali. Occorre non servirsi degli intermediari. Gli intermediari promettono molto e non mantengono. Ho pregato gli industriali di far capo al Ministero della Gue1Ta; invece dalla Commissione Militare che si trova in Inghilterra, tutti i giorni si domandano informazioni su intermediari che domandano merci da esportare per l'Italia. Io mi obbligai a seguire la via diretta e l'ho sempre seguita. Anche loro la seguano, perché seguendo la via degli intermediari, è un volere conseguire dei ritardi, incompatibili con le necessità urgenti di avere dei proiettili.» 16 Dallolio era ben determinato contro gli intermediari . Al Cav. Bruzzo, delle Ferriere Bruzzo di Bolzaneto, che affermava di essersi rivolto al Ministero degli Esteri per ottenere dall'Inghilterra dei refrattari replicava: «Si rivolgano sempre al Ministero della GueITa direttamente e sovratutto non si servano di intermediari. Tutte le volte che si tratta di cose interessanti la guerra, abbandonino gli intermediari e se hanno voglia di dare qualche migliaio di lire a qualcuno, le diano per i mutilati e lascino morire per la strada questa genia che vende null'altro che fumo.» 11 Il problema degli intermediari non andava sottovalutato tanto che il Servizio Amministrativo del Ministero Armi e Munizioni, ne11o specificare il contenuto di una circolare riguardante gli acquisti effettuati in America, chiariva: <<Deve intendersi assolutamente vietata ogni trattativa sia diretta sia per mezzo di intermediari con case Americane.» 18 Si può affermare che un tentativo di dare il colpo di grazia agli intermediari siano stati gli accordi di Londra, in forza dei quali gli acquisti di materiale bellico negli Stati Uniti e nell'Impero Britannico avrebbero dovuto essere effettuati esclusivamente tramite i Rappresentanti del Governo italiano a Londra (come si vedrà dettagliatamente più avanti). Il problema degli intermediari interferiva per tutta la durata della guerra, oltre che sul piano economico anche su]!'efficienza, tanto che, da parte della Delegazione Italiana perveniva il seguente telegramma a Londra: «Pregherei ove ritenuto conveniente comunicare in via completamente confidenziale maggiori ditte italiane che rifornisconsi in Inghilten-a quanto segue: Azione intrapresa da Delegazione Italiana Londra su istruzioni Ministero per linùtare profitti intermediari incontra naturalmente gravi difficoltà. Inoltre intromissione tali intermediari che non est vista favorevolmente neppure da autorità inglesi rende assai più lunga et difficile tutta procedura permessi fabbricazione et esportazione. Consigliabile pertanto piazzare ordini con ditte produttrici oppure chiedere Delegazione Italiana Londra quali ditte produttrici
serie lettere ai familiari, lettera ciel 18 ottobre 1915 a Elsa.
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APTGP ,
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lbid.
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MCRR , fondo Dallolio, b. 953, f. 1, I. 8, p. 4 , Verbale riunione Industriali Metallurgici 2-3 dicembre 19 I 5. MCRR, fondo Dallolio, b. 953 , f. I , I. 8, p. 12, Verbale riunione Industriali Metallurgici 2-3 dicembre 1915.
17 18
MCRR, fondo Dallolio, b. 953 , f. 12,
I. 18, Lettera del 5 ottobre 1917.
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potrebbero con maggiore facilità et prontezza eseguire ordinazioni o domandare attraverso Ministero o Delegazione Italiana Londra di piazzare ordinazioni direttamente con Ministero Munizioni inglese. In tale ultimo caso quando permesso ottenuto ditta italiana consumatrice accrediterà presso una banca in Londra a disposizione Delegazione stessa somma per pagamento merce. Per fine pregherei informarmi se tale comunicazione verrà fatta. Giovannini». 19 Lo scopo del telegramma, chiaramente, era di rendere più trasparenti le operazioni che avevano luogo a Londra, tuttavia Dallolio annotava in calce: «Esaminare. Attenersi strettamente alle prescrizioni del Ministero del Tesoro>> 20 allo scopo, altrettanto evidente , d i evitare frizioni con quel Dicastero, viste le procedure fissate in ambito alleato.
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fondo Dallolio, b. 961, f. 8, I. 16, p. l. fondo Dallolio, b. 961, f. 8, I. 16 , p. 2.
Capitolo 14 LA MISSIONE MILITARE ITALIANA DEL GENERALE TOZZI A NEW YORK
L'impossibilità di fronteggiare l'esigenza dell'approvvigionamento delle materie prime e delle armi e munizioni con le sole risorse dell 'industria nazionale portava, nell'aprile del 1915, alla costituzione di un Ufficio Tecnico Esteri nell'ambito del Sottosegretariato delle Armi e Munizioni. Quest'ultimo ufficio, per poter svolgere nel migliore dei modi il proprio compito, organizzava delle Missioni permanenti nei Paesi dove era più facile il rifornimento, cioè in Francia, America, Inghilterra, Spagna e Svizzera. Amministrativamente queste Missioni «corrispondevano direttamente con l'Ufficio Tecnico Esteri che era l'organo di trasmissione delle richieste di materiale bellico dal Comando Supremo dell'Esercito e dai vari rami dell'Amministrazione Militare , e che raccogliendo le notizie che gli venivano comunicate dalle diverse Missioni era in grado di meglio valutare il luogo dove più prontamente e convenientemente potessero effettuarsi gli acquisti». 1 Si aggiungeva così un nuovo compito a quelli che Dallolio aveva: fronteggiare anche i problemi che derivavano dalle Missioni Militari operanti all'estero per il reperimento di materie prime o manufatti. All'inizio de11e ostilità si trovavano g ià negli Stati Uniti, per gli acquisti di propria competenza, rappresentanti del Ministero Marina , del Ministero della Guerra (Direzione Generale Servizi Logistici ed Ispettorato Ippico) e della Direzione Generale delle Ferrovie. Il 25 luglio 1915 , per il Sottosegretariato Armi e Munizioni, arrivava una Missione guidata dal Generale Tozzi che, nel prosieguo, avrebbe assorbito le competenze delle due Direzioni militari . La nuova Missione, dopo aver ricevuto gli ordini di acquisto direttamente da Roma , affidava le ricerche di mercato a tre procacciatod d 'affari, i quali sottoponevano a Tozzi una proposta d'acquisto che diveniva operativa soltanto dopo l'assenso finale da Roma. Sin dall'inizio Tozzi si era dimostrato intransigente nei riguardi del personale componente la Missione: il 17 aprile 1916 egli informava il Sottosegretario a11e Armi e Munizioni di avere dei sospetti sul dipendente chimico Gariol, poiché spesso, come scriveva dopo il suo arrivo negli Stati Uniti , «le ditte che avevano fatto offerte ed inviato quotazioni, variavano immediatamente i propri prezzi non appena mi pervenivano altre offerte di case concorrenti quasi fossero a conoscenza dell'esistenza presso i miei uffici delle offerte medesime e dei prezzi relativi».2 Dopo questa segnalazione il Tozzi chiedeva l' immediato rimpatrio del Tenente Positano che, in alcuni contatti con il mondo industriale aveva millantato «di essere persona assai influente presso il Ministero della Guerra e che, per le sue molte aderenze presso il Ministero e fuori, avrebbe potuto avere una parte determinante in molte forniture di guerra»? Tozzi ne aveva proposto il provvedimento di rimpatrio allo scopo di «prevenire che questi potesse compiere degli atti che avessero irreparabilmente compromesso lui e coinvolto in responsabilità materiali e morali me stesso personalmente o come capo della Missione di cui egli era venuto a fare parte.» Tozzi , peraltro, segnalava a Dallolio, come esigenza insopprimibile, la necessità cli potersi sganciare dalle rigide norme contabili ministeriali in evidente contrasto con le consuetudini commerciali di quel Paese, che richiedevano l'effettuazione dei pagamenti non appena le merci erano pronte e i relativi
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APCD, Legisl. XXVI, Sessionel921-23, Doc., Dis. MCRR, fondo Dallolio, b. 956, f. 6, I. I p. 2. MCRR,
Legge e Rei., Doc. XXI p. 16.
fondo Dallolio, b. 956, f. 6 , I. 2, p. 4 .
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documenti disponibili. Eventuali ritardi in questa prassi si ripercuotevano sulle spedizioni, provocando ulteriori ritardi e ingenerando sfavorevoli opinioni sulla solvibilità italiana da parte dei fornitori. Tozzi telegrafava: «[Sono] molto imbarazzato per avere in sospeso da diecine di giorni alcuni pagamenti e più imbarazzato ancora per non aver potuto ancora costituire i crediti di cui mio cablogramma 9317 in sospeso da oltre venti giorni» .4 I suoi tentativi di sganciarsi dalla rigidità delle norme contabili gli procuravano diversi risentimenti e sospetti, tanto che il Ministro del Tesoro Carcano scriveva al Ministro della Guerra: «Sarei infatti grato all'E .V. se si compiacesse di rassicurarmi circa la natura ed il carattere della facoltà e dell'azione svol ta dalla Missione militare italiana a New York. Ignoro, infatti, se e quali rapporti sussistano fra essa e la rappresentanza militare italiana nella Commissione degli Approvvigionamenti di Londra, anzi - pel tramite di questa - fra essa e la Commissione medesima. V.E. comprende senza maggiori chiarimenti la delicatezza estrema della situazione che si sarebbe venuta creando qualora (come non credo) la Missione di New York esplicasse un mandato non conforme ai principi da me testé riassunti. Se così fosse, ]'esperienza di altro recente incidente mi lascerebbe non senza apprensioni, sarebbe della massima urgenza provvedere.»5 In merito, il Ministro della Guerra chiariva che «l'azione che esercitano le rappresentanze italiane di New York e di Londra è conseguenza delle disposizioni che sono emanate dal Sottosegretariato di Stato per le Armi e Munizioni dal quale ciascuna di esse direttamente dipende: al giungere delle offerte da New York, salvo casi di estrema urgenza, il Sottosegretariato di Stato per le Armi e Munizioni fa interpellare il Governo britannico se vi sia possibilità di ottenere la fornitura in Inghilte1Ta, e trasmette poi le sue decisioni a New York; per cui nessun rapporto intercede fra le due rappresentanze anzidette, le quali fanno invece capo esclusivamente a Roma.»6 D'altra parte il responsabile del Dicastero della Guerra ribadiva che il ricorso ai rappresentanti italiani, per gli acquisti effettuati in America, dava luogo a degli inconvenienti legati al «lungo ritardo e difficoltà delle comunicazioni» poiché, generalmente, i contratti stipulàti in America si basavano su opzioni di cortissima durata. In tali condizioni , risultava pressoché impossibile «ottenere a Londra i dati di fatto da sottoporre al governo inglese per riservargli la preferenza prima che non sfuggisse l'impegno / americano» .7 Il problema si collegava alle norme fissate da tempo (ma almeno da altrettanto tempo in parte disattese) di dover tenere costantemente aggiornato il Tesoro sulla natura degli acquisti per i quali sì rendevano necessari pagamenti all'estero. «Veramente, la cosa era stata già disciplinata da molto tempo, con lo stesso Regolamento Generale di contabilità, il quale nell'articolo 555 prescrive che motivate debbono essere le richieste dei Ministeri per pagamenti da eseguirsi all 'estero; tuttavia, nella pratica, e per il carattere talvolta persino turbinoso dei pagamenti che al Tesoro vengono 1ichiesti, l'indicazione non sempre è data; e sovra tutto non è data in casi di accreditamenti, specialmente a favore del Generale Tozzi.»8 Si può affermare che lo stato di frizione fra i Dicasteri del Tesoro e della Guerra risiedesse proprio nell'impossibilità di «interpellare preventivamente il Governo inglese, perché potesse godere della convenuta prelazione; ma, nella generalità dei casi, il detto Governo dovette declinare le richieste per l'impossibilità cli soddisfarle, e perfino per gli acciai, di cui ho fatto cenno, alla nostra interpellanza si ebbe per risposta che conveniva rivolgersi direttamente in America. Naturalmente le stesse ragioni di urgenza e di occasionalità che giustificano in alcuni casi eccezionali la mancata segnalazione preventiva a codesto Ministero, valgono anche per dar ragione della impossibilità di interpellare il Governo inglese ... »9
MCRR, fondo Dallolio, b. 956, f. 7, 1. l. MCRR, fondo Dallolio, b. 953, f. 11, 1. 6, Lettera n. 24.719 del 2 maggio 1916, pp . 4-5. 6 MCRR,fondoDallolio,b .953 ,f. ll ,l.8,Letteran. l.897clell'll maggio 1916,p.6. 1 lbid. 8 MCRR, fondo Dallolio, b. 953, f. 11 , I. 6, Lettera n. 24.719 ciel 2 maggio 1916, p. 5. 9 MCRR , fondo Dallolio, b. 953 , f. 11, I. 8, Lettera n. 24.719 del 2 maggio 1916, p. 3. 4
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Appunto di Dallo/io su acquisti fatti direttamente all'estero. (Istituto Storia Risorgimento Italiano, F Dallo/io, b. 957,f 11, l. li)
Un appunto manoscrìtto di Dallolio (senza data, ma sicuramente posteriore alla convocazione da parte della Commissione d'Inchiesta) fa capire quanto tale norma gli fosse invisa: infatti il Generale scriveva:« ... Acquisti all'Estero fatti direttamente alla fine del 1916 e nel 1917, quando a qualunque costo era doveroso farli per la salvezza dell 'Italia ... Durare ...... era vincere.» 10 È evidente che tutte le missioni militari presenti negli Stati Uniti d'America si muovevano in modo indipendente l'una dall'altra, e spesso in concorrenza fra loro per accaparrarsi la produzione di uno stabilimento, provocando ripercussioni negative sul problema dei prezzi «senza dubbio esorbitanti e fuori di ogni ragionevole richiesta e danno luogo a dei sopraprofitti eccezionali ... » .11 Questo stato di cose era agevolato, indirettamente, dall'azione del Presidente Wilson volta a non intralciare l'esecuzione delle forniture collocate in America dai Governi Alleati. L' intervenuto mutamento della situazione politica dell' America,t2 però, consigliava di adottare un politica di approvvigionamenti comune; in questo senso il Capo Missione italiano Tozzi si incontrava con quello francese, Generale Vignal, per concordare una proposta che si concretava nel mantenimento del doppio principio delle negoziazioni dirette per i rispettivi acquisti da parte delle Missioni e nel larghissimo concorso del Governo americano per: 13 - facilitare gli acquisti; - ottenere dei prezzi normali; - imporre, col necessario ricorso ad atti di imperio, la stretta osservanza delle condizioni pattuite alle fabbriche eventualmente inadempienti.
fondo Dallolio, b. 953 , f. 4 , l. 15, Appunto senza data su carta intestata Sottosegretariato per le Armi e Munizioni. MCRR , fondo Dallolio, b. 957, f. 1, l. 3, p. 4. 12 Entrata in guerra degli u.s.A. 2 aprile 1917. 3 ' MCRR , fondo Dallolio, b. 957, f. I, l. 3, p. 4.
'" MCRR, 11
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Nel frattempo, però, il 21 maggio 1917, il Ministero della Guerra comunicava che il Governo degli Stati Uniti aveva avanzato la proposta, accettata da quello italiano, che tutte le questioni inerenti agli approvvigionamenti dovessero far capo alla nostra Ambasciata ed essere trattate direttamente da questa con il Governo statunitense. Per agevolare «l'opera della nostra ambasciata è stato determinato di mettere a disposizione dell'ambasciata stessa il Generale Tozzi il quale dovrà funzionare da tramite tra tutte le nostre missioni comandate negli Stati Uniti e l'Ambasciata ora iipetuta». 14 Si trattava di un intervento atto a riportare il pragmatismo in un settore che rischiava di diventare selvaggio. L'8 febbraio 1917 il Generale Tozzi metteva al corrente il Sottosegretario alle Armi e Munizioni, Generale Dallolio , dei rapporti tesi con il Reggente del Consolato di New York, Carrara, da cui si sentiva ostacolato e osteggiato. 15 Il Generale Tozzi attribuiva questo comportamento a «un malinteso senso di superiorità morale: elevo quindi pensare che la di lui condotta sia inspirata essenzialmente da un sen• timento cli contrarietà verso noi militari». 16 Il successivo 27 marzo il Console Carrara, in un telegramma riservato per il Ministro degli Esteri Sonnino insinuava che «la Missione Militare del Generale Tozzi è stata ed è qui negativa per gli interessi dell'Esercito e per il prestigio dell 'Italìa».lì Il principale rilievo che veniva mosso al Generale Tozzi era quello di avvalersi di un procacciatore di affari (un certo Kesler) ritenuto fi logennanico «collaudatore di sé stesso», arbitro cli tutte le forniture con frequente ricorso a ditte meno sicure e a materiale scadente per cui «le difficoltà che la Missione incontra sono dovute a quanto sopra ed alla resistenza delle ditte serie americane di sottostare al sensale di cui si tratta permanendo il Generale Tozzi invi sibile». 18 Il 15 aprile l'Ambasciatore a Washington, Cellere, forniva elementi di valutazione al Ministero degli Esteri, escludendo qualsiasi fondamento nelle accuse del Console Carrara dato che «il Sig. Kesler è un Direttore della Westinghouse cli Parigi, agente della nota Casa francese Thevenot, in rapporto con questa Missione Militare francese e gode di reputazione di uomo integro ed abilissimo ... Che il Generale si renda invisibile al pubblico lo escludo io per certa scienza del contrario. Egli accudisce personalmente e direttamente colle Case interessate.» 19 Il 5 giugno Carrara telegrafava ancora una volta a Sonnino dall'Avana , dove nel frattempo era stato nominato Ministro, affermando che l'opera di Kes.ler «nei rapporti con la Germania consistette prima nell'escludere contratti sicuri per effettuare contratti destinati all'inadempimento. Attuale duplice qualità Kesler spiega insinuazioni del Tozzi contro i pochi nostri elementi mili tari e civili di valore negli Stati Uniti, le menzogne telegrafate al Ministero del.la Guerra e fatte credere al R. Ambasciatore a Washington.» 20 In particolare, venivano addebitati come grossolani enori della Missione Militare: - contratto di 100 milioni di cartucce Wetterly, da consegnare alla Russia, con la Metal and Brass Co. di Kansas City che non era stata in grado di completare la fornitura; - contratto cli 100 .000 metri cubi cli legname del settembre 1915 con la South Pine Co. of Georgia, di cui buona parte era rimasta sulle banchine con conseguente deterioramento, per mancanza cli tonneJiaggio per il trasporto in Italia; - contratto di acido picrico con la J .F.Shaw, nel settembre 1915 e consegnato, per intero, soltanto nel 1917 dietro intervento della Semet Solvay Co.;
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fondo fondo 16 MCRR , fondo 17 MCRR, fondo 18 lbid .. 19 MCRR, fondo 2 " MCRR, fondo
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Dallolio, b. Dallolio, b. Dallolio, b. Dallolio, b.
957 , f. 1, I. 956, f. 7, I. 957, f. I, I. 956, r. 7, I.
7 , p. 1. 4. I , p. 5. 6.
Dallolio, b. 956, f. 8, I. 11, p. 3. Dallolio, b. 956, f. 7 , I. 15.
- commissione di granate da 149 mm alla Pennsylvania Stee1 Co., che con il suo marchio copriva altra ditta impreparata mentre sul mercato americano esisteva la Mul1iken di Chicago, già sperimentata dal Governo inglese, che aveva presentato un'offerta a prezzi pit1 vantaggiosi; - mancato impegno di segretezza preso con la Burton Richards di Pittsburg circa la sua disponibilità a fabbricare tritolo a prezzo inferiore a quelli praticati sul mercato americano; - vendita, su ordine del Ministero, di rottami comperati nel 1916 e rimasti sulle banchine per mancanza di tonnellaggio, a un prezzo notevolmente inferiore a quello d'acquisto. Il 10 giugno 1917 il Generale Dallolio si rivolgeva al Ministro della Guena Morrone auspicando delle indagini «svolte serenamente con obiettività di intenti tenendosi fuori da ogni influenza ed ogni competizione di persone e di ambiente [che·] debbono portare alla conclusione se sono stati tutelati gli interessi del Paese oppur se malgrado le immense difficoltà veramente note ci sono stati degli errori segnalati dal noto Console Catrara» .21 Il 25 giugno il Ministro della Guerra Giardino rispondeva a Dallolio, concordando con la sua proposta di svolgere un'inchiesta sull'operato del Generale Tozzi in America «essenzialmente nell'interesse dell'Erario, dovendosi ritenere, sino a prova contraria, l'assoluta onestà di detto Generale».22 Giardino suggeriva anche di effettum·e tale azione contemporaneamente tanto a Parigi, tramite gli agenti del Ministero degli Affari Esteri, per accertare la veridicità delle denuncie del Console Carrara sui rapporti avuti in quella città dal Kesler con agenti tedeschi di spionaggio, quanto in America per controllare la gestione Tozzi. Infine, il Ministro proponeva a Dallolio di affidare la parte relativa all'America al Ministro Adotta, membro della Missione italiana in quel Paese: coinvolgendo direttamente il Governo , l 'inchiesta sarebbe stata svolta al più alto livello possibile. Il 2 luglio 1917 la Missione , costituita dal Ministro ai Trasporti Adotta, dal Sottosegretario agli Esteri Borsarelli e dai Parlamentari Ciuffelli, Marconi e Nitti, segnalava che il Capitano di Corvetta Pfister, incaricato degli acquisti in America per il Ministero della Marina , e il Colonnello Airoldi, membro della Missione Militare a New York, si erano presentati ad Arlotta per confermare le accuse del Console Carrara. In patticolare, Pfister aveva consegnato un promemoria nel quale si affermava che: - il Generale Tozzi era completamente succube di Kesler; - quest'ultimo stava guadagnando grosse provvigioni rivedendo e correggendo i contratti nell' interesse dei fornitori; - lo stesso Kesler, essendo un agente segreto tedesco, si adoperava per ritardare e non fare eseguire ordinazioni più interessanti e urgenti. Tanto Pfister che Airoldi si erano dichim·ati pronti a esibire la documentazione comprovante le loro dichiarazioni. Tuttavia, la Missione Parlamentare concludeva di non avere né il mandato né il tempo sufficiente per esegu ire l ' inchiesta, benché la ritenesse urgente.23 Il Ministro della Guerra, Giardino, trasmetteva l'incartamento a Dallolio sottolineando la «gravissima importanza anche per l'autorità delle persone da cu i viene».24 Il 10 luglio Dallolio ribadiva al Ministro il suo orientamento - già espressogli un mese prima - a «far compiere con ogni scrupolo e dettaglio una ben vagliata inchiesta sulle sp~cifiche accuse mosse al Generale Tozzi nei riguard i delle mansioni che avrebbe affidato al Kesler, o comunque per benevolenza o imprudente fiducia assecondate». 25 Suggeriva, inoltre, di affidarsi al Servizio lnformazioni del Comando Supremo - anziché al personale del Ministero degli Esteri, come era stato indicato da Giardino - per conoscere quali rapporti potessero essere intercorsi a Parigi fra Kesler e agenti tedeschi di spionaggio. Nello stesso giorno Dallolio chiedeva al Presidente del Consiglio, Boselli, che
fondo Dallolio, b. 956, f. 7, I. 17. fondo Dallolio , b. 956, f. 7, I. 18. MCRR , fondo Dallolio, b. 956, f. 7, I. 20. lbid. MCRR, fondo Dallolio, b. 956 , f. 7, I. 21.
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venjsse condotta un'indagine, tramite Ministero degli Esteri, «nelle specifiche accuse mosse al Generale Tozzi nei riguardi delle mansioni che avrebbe affidato al Kesler, o comunque per benevola o imprudente fiducia assecondate» .26 Il successivo 24 agosto interveniva anche il Ministro della Marina, Del Bono, basandosi essenzialmente su un rapporto del Capitano Pfister - nel prosieguo, questi avrebbe ricevuto una nota di biasimo e sarebbe stato giudicato inattendibile dalla Commissione d'Inchiesta. Pfister faceva proprie le motivazioni addotte dal Console Carrara, lamentando che i rappresentanti ufficiali non dessero «assoluta e completa garanzia cli integrità e di intelligente praticità cli vedute e di azione aggravando, in tal modo, la situazione della comunità italiana che già nei suoi rapporti con la popolazione del Paese e nel concetto dello spirito pubblico americano non era tenuta, in genere, in quella considerazione che sarebbe desiderabile» .27 Il Ministro Del Bono, nell'auspicare il richiamo in Patria degli interessati e l'avvio di un'inchiesta, si riservava di chiedere che venissero sottratte alla competenza della Missione Militare tutte le pratiche aventi «rapporto con gli acquisti in America del mio Ministero». Dallolio però, il 2 settembre 1918, rispondeva al Ministro della Marina che l'inchiesta, affidata all'Ambasciatore italiano a Washington, era ancora in corso, e pertanto egli non ravvisava l'opportunità di adottare provvedimenti prima delJa sua conclusione. Con l' occasione, comunicava a Del Bono che il Servizio Informazioni del Comando Supremo aveva fornito ottime referenze sul sensale Kesler, cardine principale dell ' accusa contro la Missione militare, in evidente contrasto con quanto sostenuto da quanti portavano avanti la denuncia contro la Missione guidata dal Generale Tozzi. Questo ulteriore elemento rafforzava l'idea di soprassedere dall'adozione di qualsiasi provvedimento in attesa dei risultati del!' inchiesta.28 Il Senatore Gavazzi non era l'unico parlamentare a fidarsi ciecamente delle dichiarazioni del Capitano di Corvetta Pfister; analogo atteggiamento veniva assunto dal Senatore Marconi che, il 3 marzo 1918, pronunziava un duro attacco contro la Missione militare italiana a New York, auspicando che fossero ascoltate anche le informazioni di «due distinti ufficiali dell'esercito e della marina, attualmente in America» . Marconi affermava: « ... alcuni fatti, che sono stati recentemente resi anche dalla stampa americana di pubblica ragione, se fossero esatti, contribuirebbero a diminuire grandemente la efficienza dell'appoggio americano all'Italia e ritardare i rifornimenti datici dalla nostra grande alleata ed influirebbero a demoralizzare la vasta patriottica colonia italiana degli Stati Uniti d'America ... Secondo quanto viene pubblicato da giornali italiani di San Francisco e di Nuova York29 e da giornali americani, questo lavorio, più o meno sotterraneo, sembrerebbe fatto addirittura con l'attivo e scaltro concorso di agenti ed emissari tedeschi. Mi è stato riferito che lo stesso Governo federale abbia aperto una inchiesta su tale grave stato di cose, che danneggerebbe l'Italia ed i suoi potenti alleati. Mi fu detto, che anche l'ambasciata italiana cli Washington fu incaricata di fare un'inchiesta al riguardo. Ma sareb-
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MCRR, fondo Dallolio, b. 956, f. 8, MCRR, fondo Dallolio, b. 956, f. 8,
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I. ll, p. 3. 1. 15.
'> Il Cittadino cli New York: «Da tempo un infernale ed insidioso lavoro si vien compiendo in America a danno della nostra Patria. È un lavoro più o meno sotterraneo al quale partecipano attivamente gli agenti ed emissari tedeschi. Fra questi individui si trovano anche degli italiani che bazzicano l' ambasciata cli Washington, i Consolati e le Commissioni militari addette ai rifornimenti. Bisogna rilevare subito che il principale acquirente dei nostri rifornimenti è una persona cli origine tedesca. Il fatto che costui copre sì delicata ed importante carica lascia supporre che egli goda della piena fiducia clell' Ambasciata. Tempo fa agenti segreti ciel Governo Federale chiesero informazioni sul suo conto rivolgendosi presso varie parti. È certo che egli fa favolosi guadagni e si dice che informi altri agenti tedeschi circa la entità e la quantità delle merci che sono spedite in Italia. In tutti gli ambienti italiani si fanno i più disparati commenti sul lusso che ostentano diversi giovani ufficiali addetti alle Commissioni militari. Molti non sanno spiegarsi 1a loro ricchezza. Altre voci sinistre corrono attorno ad un addetto alla nostra ambasciata la cui opera non è ritenuta abbastanza sincera ed alacre. Costui ha come suo speciale agente un giovane nato da madre teutonica ... » Cfr. APCD, Legisl. XXIV, 1• Sessione, Discussioni, Vol. XV, p. 15.693.
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be necessario, per la dignità degli italiani in America e nell'interesse della Patria, che fossero pubblicati i risultati cli tale inchiesta. Tale pubblicazione avrebbe, spero, l'effetto di calmare la viva campagna di protesta fatta anche da giornali americani, campagna che raggiunse tali proporzioni da coinvolgere in questa penosa faccenda la nostra Regia ambasciata, la quale vorremmo che fosse completamente rispettata. Sarebbe necessario conoscere integralmente le informazioni di un nostro console generale e di due distinti ufficiali dell'esercito e della marina, attualmente in America, come pure di alcuni membri della nostra missione militare e dei rappresentanti negli Stati Uniti delle industrie italiane di guerra. L'onestà del nostro popolo e dei nostri enti governativi ... reclama che l'energia dimostrata dal Governo in questi giorni in Italia contro chi sembra abbia agito in dispregio degli interessi sacri della patria, sia pure dimostrata nel definire se siano risultati gravi fatti nell'esecuzione dei nostri acquisti negli Statj Uniti, e sulla condotta dei nostri delegati in America ... Ma nessuno accetterà di dirigere la formazione di una sana organizzazione, se non sarà prima di tutto chiarita la situazione ora esistente negli Stati Uniti nei riguardi della missione militare italiana delle cui azioni è pure responsabile la nostra Ambasciata.» 30 A circa dieci giorni dall'intervento di Marconi al Senato, il Capo Missione Tozzi inviava un telegramma di protesta al Generale Dallolio facendo presente che gli accenni fatti dal Senatore erano stati « ... sfruttati da speculatori et dall'elemento torbido della nostra colonia, aiutato da parte locale stampa italiana più bassa demolire il prestigio et la rispettabilità della autorità nostra degli ufficiali et funzionari italiani compiendo opera disastrosa pel nostro Paese.» Il Generale Tozzi metteva in dubbio che queste gravi affermazioni fossero state pronunziate da Marconi , «che ben conosce questo difficile ambiente» , sembrandogli impossibile che il Senatore «non abbia pensato specialmente alla grave ripercussione che ne sarebbe venuta nell'ambiente americano». Pertanto, auspicava che il «Senatore Marconi ... colla sua stessa parola riconduca ]e cose a loro verità evitando un maggior danno ai nostri interessi che egli forse in buona fede crede di difendere ma che rovina. Intanto i miei ufficiali giustamente offesi nella loro reputazione hanno chiesto il rimpatrio essi che qui danno esempio di esemplare onestà et che pur lontani dalla zona di guerra qui lottano e si sacrificano per la patria comune ... ». Tozzi segnalava, altresì, che diversi ambienti governativi americani, con i quali la nostra missione lavorava di comune accordo, avevano dimostrato <<il loro malcontento e disgusto», per cui concludeva che la parola di Marconi « ... avvilisce offende minando nostri interessi et perciò mi permetto di fare vivo appello alla V.E. anche a nome dei miei ufficiali ingiustamente offesi nel loro onore perché voglia indurre l' illustre oratore con la stessa sua parola riparare a tanto grave offesa et a tanto grave danno» .3' L'inchiesta affidata all'Ambasciatore Cellere si concludeva ai primi di febbraio 1918, mettendo implicitamente in luce una macchinazione contro gl i Organi del Ministero per le Armi e Munizioni. In sintesi: 32 - molti contratti stipulati personalmente dal Generale Tozzi, senza alcuna intermediazione, avevano prezzi pari o addirittura al di sotto del normale; - il Capitano di Corvetta Pfister e il Colonnello Airoldi, contraiiamente a quanto avevano dichiarato alla Missione Speciale di Parlamentari, non erano in grado cli poter suffragare le accuse con delle prove; - il Console Carrara, per provare le proprie accuse, si era rivolto all'agenzia privata investigativa Burns, per la quale era in corso la pratica di ritiro della patente trattandosi di «Agenzia amorale e non immune»; - Kesler, secondo indagini riservate e controlli di alcuni mesi condotti dal Dipartimento Federale della Giustizia, era risultato al di sopra di qualsiasi sospetto;
Alti Parlamentari-Senato , (eia ora in poi AP-S), Legisl. XXIV, I Sessione, Discussioni, tornata del 3 marzo 1918 , Voi. XV, pp. 4.206-4.207. 31 MCRR, fondo Dallolio, b. 957, f. 2, I. 3. 12 · MCRR, fondo Dallolio , b. 956, f. I O, I. 1. J<J
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- Carrara, Pfister e, sebbene in grado al.quanto minore, AiroJdi, «per fini obliqui, che mi riservo di illustrare, non esitarono di iniziare, proseguire, fomentare in Paese straniero con mezzi inqualificabili una guerra ingiusta, sleale, calunniosa contro la Missione Militare, avvelenando l'ambiente della colonia, attentando nel! 'amb ito locale al prestigio italiano e creando una sinistra ripercussione che ba trovato eco anche in questi ultimi giorni in accuse mendaci ed in attacchi personali ignobili di giornali». Nel maggio 1918 l'Ambasciatore a Washington Cellere metteva bene a fuoco l'ambiente commerciale americano nel quale si era trovata a operare la Missione M.ili.tare italiana. «Era il periodo della neutralità americana e perciò dell'affettato disinteresse della Autorità federali per i belligeranti alle cui missioni non era attribuito carattere diverso da quello puramente commerciale. Era il periodo dell'affannata richiesta da parte di ciascun commissariato alle impellenti necessità belliche dei rispettivi paesi; periodo pertanto di brutale mania di guadagno da parte dei fornitori, di sperperi dissennati da parte dei compratori, di insidie pericolosissime da parte di tutto quel mondo di parassiti e disonesti che pullula in circostanze analoghe. Se l'ambiente americano degli affari è ambiente che richiede la maggior avvedutezza in tempi normali, la sua condizione, tempestosa quando il Generale Tozzi fu chiamato ad insediarsi, era perciò tale da mettere a dura prova chi oltretutto veniva qui nuovo del Paese ... » .33 In effetti, l'apparato industriale americano era in parte impreparato alla massa di richieste di materiali bellici che sarebbero provenute dai Paesi alleati dato che <<i grandi stabilimenti industriali, quelli che hanno impianti e maestranze formati da tempo per la fabbricazione dei materiali da guerra, sono nella maggior parte al servizio delle Commissioni francese ed inglese ... Le altre officine degli Stati Uniti ed anche qualcuna del Canadà allettate dai lauti guadagni della guerra cercano di trasformare le loro lavorazioni in quelle militari, ma con grave rischio dell'acquirente» .34 Evidente che in simile ambiente industriale «gli inganni qui sono all'ordine del giorno, ma l'avidità del denaro da cui è pervasa tutta questa gente, non li condanna anzi li anunette!».35 Se a tutto ciò, poi, si aggiunge «l'attività tedesca contro gli acquisti degli eserciti avversari compresi c01ruzione, spionaggio, scioperi, tutto mettono in atto per ostacolare le consegne»36 si ottiene il quadro completo delle difficoltà che la Missione militare italiana, ultima arrivata negli Stati Uniti, era stata continuamente costretta a superare per assolvere il proprio compito di far anivare in Patria i materiali richiesti. Poco prima che l'inchiesta si concludesse, già se ne apriva un 'altra, a carico del Tenente Colonnello Perfetti, per le manchevolezze e i ritardi addebitatigli nell'approvvigionamento dei materiali per l'aviazione nel periodo 1916-1917 . Su proposta del Commissario Generale per l'Aeronautica Chiesa,37 il 23 febbraio 1918 la nuova «inchiesta tecn ico-amministrativa su tutti gli acquisti di materiali cli aeronautica compiuti in America>> veniva affidata al Senatore Lodovico Gavazzi, per accertare «le eventuali responsabilità e formu lare le relative proposte».3~ Dopo appena un mese dal Decreto di nomina, il Senatore Gavazzi segnalava al Ministro della Guerra l'opportunità di far rientrare in Italia il Capo Missione Tozzi affinché «possa essere qui da me interrogato in confronto con gli Organi statali che fecero le commesse e dei loro mandatari che le eseguirono» .39 Il Senatore Gavazzi sottolineava che Tozzi avrebbe dovuto «solo dimostrare la fondatezza dei suoi rilievi e dei procedimenti adottati per salvaguardare l'interesse dello Stato. Per tale dimostrazione se sono indispensabili dei confronti che non si possono tenere in America, non è invece affatto necessario pel Generale Tozzi di trovarsi in un ambiente
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MCRR, ··' MCRR,
fondo Dallolio, b. 957' f. 2, I. 4, p. I . fondo Dallolio, b. 956, f. 5, I. 4, p. I .
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Dallolio, b. 956, f. 5, I. 4, p. 2. Dallolio, b. 960, f. 3, I. 10. Dallolio, b. 957, f. 3, l. 12. Da!lolio, b. 957, f. 4, I. 14, p. l.
più o meno a lui favorevole , mentreché la mia piena indipendenza e libertà d'azione sarebbero certamente menomate, se i rapporti che intercedono attualmente tra uffici e persone in America rimanessero, pendente la mia inchiesta, immutati». 40 f1 Senatore Gavazzi, tra l'altro, paventava che in America il suo pensiero avrebbe potuto essere influenzato da «S .E. il R. Ambasciatore, Alto Commissario, il quale dell'opera svolta dal Generale Tozzi ebbe a pronunciare recentemente un giudizio favorevolissimo»;'" giudizio che egli non condivideva. Infatti, rimaneva della propria opinione pur non escl udendo la possibilità che l' avanzamento dell ' inchiesta potesse far modificare il suo giudizio iniziale dato che «l'opera svolta dal Signor Generale Tozzi ... se da un lato si dimostra scrupolosamente gelosa del denaro dello Stato, dall'altro non appare pronta, pratica, scev ra di preconcetti, sollecita delle necessità impellenti delle provviste belliche, ma piuttosto priva di diretta iniziativa e circondata da tale formalismo burocratico da sembrare talvolta improntata ad ostruzionismo».42 Questa anticipazione negativa del Senatore, suffragata da un rapporto al Ministro della Marina redatto dal Capitano di Corvetta Pfister - deplorato in un secondo tempo dalla Commissione d'Inchiesta - sarebbe stata poi sme ntita clamorosamente da quella stessa Commissione d' Inchiesta perché basata sulle dichiarazioni di un teste giudicato inattendibi le . In merito alla richiesta del Senatore Gavazzi di far rimpatriare il Generale Tozzi, l'Ambasciatore a Washington, Cellere, si dimostrava nettamente contrario per tre ordini di motivi: 43 - l'incompletezza dell ' inchiesta una volta privata della «piena conoscenza delle condizioni ed esigenze locali che presiedono ai contratti ed agli acquisti, non esclusi quem dell'aviazione i quali trovano appunto il loro pratico collocamento e retri buzione negli Stati Uniti>>; - la compromissione, e al limite l'arresto, di tutta l' attività della Commissione Tozzi che sovrintendeva a più Ministeri che coinvolgevano «nel loro complesso interessi nazionali bellici ben superiori a quelli della sola aviazione»; - le ripercussioni sfavorevoli nell'opinione pubblica locale, al corrente degli avvenimenti e perciò già sfavorevolmente colpita, come testimonia una segnal azione dell'Ambasciata americana a Roma secondo cui il Presidente dell'Air Craft Production Board, Mr. Coffin, era a conoscenza di« ... tentativi fatti allo scopo di gettare il discredito sul Maggiore Perfetti che per lungo tempo rimase in America quale capo della Reale Missione Italiana per l'Aviazione. Mr. Coffin dichiara inoltre che egli sente la certezza che non vi è ragione per qualsiasi sospetto intaccante le azioni del Maggiore Perfetti in America, giacché egli è convinto che il Maggiore piazzò tutti i suoi contratti per l' acciaio in perfetta buona fede ed a prezzi che, date le circostanze, erano i miglioi-i ottenibili» .44 L'8 aprile 1918,45 e quindi 1'1 l maggio, a inchiesta quasi conclusa, l'ingegner Pomilio, rappresentante delle Officine Clerici di Genova, inviava «Ai Rappresentanti del Paese» una lettera aperta sull 'operato del Generale Tozzi, addebitandogli il disinteresse per l'approvvigionamento di materiali per l'Aeronautica. Successivamente Pomilio emanava un altro appello, dai toni a tratti sibillini, che prendeva le mosse da un'inchiesta condotta dal Senatore Gavazzi sugli acquisti fatti in America dal Colonnello Perfetti (a suo tempo allontanato dalla Missione) , e in particolare su una partita di legname speciale per l'aviazione alla quale era interessato proprio Pomilio, che, in pratica, cercava di rimettere in discussione temi riguardanti la Missione Tozzi , sui quali l 'inchiesta era ormai conclusa. Dallolio, come già detto, pochi giorni dopo la conclusione dell'indagine condotta dall'Ambasciatore Cellere, presentava le dimissioni da Ministro e il Popolo d'Italia del 17 maggio , richiamandosi proprio
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all' «affare Tozzi» o «a qualche altro funzionario che fu bersaglio di accuse e che il Dallolio si ostinò a salvaguardare con il suo prestigio», metteva sotto accusa «centinaia e centinaia di Ufficiali che però ostjnatamente erano dichiarati inamovibili.» Tutto questo perché «il Generale Dallolio aveva certo delle buone qualità ma non mancava di difetti quali la eccessiva fiducia nelle persone che lo circondavano.» Si può ben comprendere quali sentimenti abbiano travagliato l'animo del Generale Dallolio durante queste vicissitudini che sicuramente avevano tolto serenità, sia alla sua opera, sia alla Missione Militare negli Stati Uniti, braccio operativo del Sottosegretariato in America. Si è ritenuto opportuno entrare nel dettaglio di queste vicissitudini per sottolineare come le conclu sioni dell'inchiesta condotta dall'Ambasciatore Cellere evidenziassero una macchinazione o meglio, per usare le stesse parole della relazione conclusiva, «una gue1Ta ingiusta, sleale e calunniosa». Una guerra, apparentemente, contro la Missione Militare. Mal' Ambasciatore Cellere non ne illustrava i motivi, anzi si riservava di illustrarne i «fini obliqui». Sorge quindi un interrogativo, avvalorato dalla riserva avanzata dall'Ambasciatore Cellere: perché e contro chi, questa «obliquità»? Si ritiene possano esser individuate sei chiavi di lettura per dare una risposta: 1) Collaborazione inter-arma all'epoca pressoché inesistente a causa della suddivisione della difesa nazionale fra Ministero della Guerra e Ministero Marina. Una mancanza di coordinamento, comunque, eccezionalmente grave che si ripercuoteva nell'ambito del Sottosegretariato per le Armi e Munizioni, organismo destinato a operare per più Forze Armate. Questa interpretazione dei fatti sembra avvalorata da una frase del Ministro della Marina Del Bono che lamentava come a capo della Missione, che provvedeva agli acquisti anche per la Marina, fosse stato posto un Generale dell'Esercito il quale «non può non sentire esclusivamente, o quasi, che le necessità di questo» .46 2) Gelosia fra Esercito e Marina per le cariche direttive della Commissione Militare negli Statj Uniti, affidate quasi esclusivamente a personale dell'Esercito; interpretazione quest'ultima avvalorata dall'intervento del Ministro della Marina Del Bono del 24 agosto, che intendeva sottrmTe gli acquisti effettuati in Amelica per la Marina Militare alla compelenza della Missione Militare di Tozzi . 3) Acredine sorta nell'ambito della Missione Militare stessa, da parte di alcuni militari invidiosi del prestigio acquisito da operatori estranei all'Amministrazione. Ciò sembra avvalorato dalla frase contenuta nella relazione del Tenente De Paoli, uno degli ['Ccusatori del Generale Tozzi, «non parlando ora del più grossolano errore commesso dalla Missione del Generale Tozzi cioè quello di affidare gli acquisti non a membri competenti della Missione ma ad estranei, a stranieri.»47 4) Presumibile rottura di particolari equilibri provocata dal!' azione della Missione Militare, specie in conseguenza dei metodi «disinvolti» usati pur di procacciarsi i materiali necessari alla difesa del Paese. Interpretazione, questa, che potrebbe trovare conferma in alcune frasi di diversi attori della vicenda: - del Console Ca1Tara, che giudicava il Generale Tozzi «refrattalio al non facile ambiente»;48 - dello stesso Tozzi che, mancandogli l'autorizzazione dell'Ambasciatore per l'acquisto di corda spinosa, procurava il materiale «sulla parola» telegrafando a Dallolio: «Occo1Te sia coperta mia irregolarità facendo inviare immediatamente autorizzazione Tesoro»;49 - de]l' Ambasciatore a Washington, che nel giugno 1917 di fronte a un'urgente necessità della Missione Militare telegrafava al Ministro degli Esteri Sonnino: «mi sono trovato per mancanza della necessaria autorizzazione nella alternativa di cancellare il relativo contratto stipulato dal Generale Tozzi o di trasgredire istruzioni. In presenza gravi, immediate necessità di esplosivi per nostro Esercito non ho potuto assumere responsabilità ritardare e compromettere rifornimento ed ho perciò autorizzato in via eccezionale piazzamento del relativo contratto versan-
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MCRR, fondo Dallolio, b. 956, f. 8 , l. l l p. 5.
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MCRR, fondo Dallolio, b. 956, f . 12, I. 1, p. 18 . MCRR, fondo Dallolio, b. 956, f. 7, I. 6. AP'TGP, serie fascicoloni, fase. VIII, f. 23.
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do al Generale Tozzi a mezzo cheque sulla National City Bank di New York dollari 2 milioni 546.445»;50 - dell'ingegner Pomilio che, mentre elogiava il comportamento delle missioni industriali italiane in America «conispondente alle abitudini del popolo americano», biasimava quella militare in quanto «gli uomini che presiedevano, essendo ignari dei costumi, del mercato, della lingua non potevano fatalmente rendersi padroni delle necessità del momento>>. 51 5) Ostilità - come scriveva il Generale Tozzi - dell'ambiente consolare formato, in genere da «fun zionari relativamente giovani i quali, con poca esperienza ma con molto "snob" vengono lasciati soli lontani dalla Patria e senza controllo di sorta né sul loro operato né sulla loro vita. Questo elemento ha veduto con rincrescimento l'invio in America di Missioni milita1i: ha, in generale, interpretato questo provvedimento come una mancanza di fiducia per i funzionari consolari da parte del Governo centrale il quale a questi non si è rivolto per gli acquisti e la fabbricazione dei materiali di cui aveva bisogno>> .52 6) Ingerenza della colonia italiana a New York - anche tramite il Consolato - nella quale «gli elementi malfidi e malsani non sono infrequenti. In questi ambienti è numerosamente rappresentata quella categoria di bassi speculatori i quali servendosi della qualità di connazionale ha tentato insistentemente, per quanto inutilmente, di trarre dei guadagni da proposte di affari senza fondamento o senza convenienza; quella categoria di gente alla quale ho chiuso inflessibilmente la porta in faccia e che naturalmente si sfogò della delusione per i mal sperati guadagni con una campagna di accuse insussistenti e cli maligne insinuazioni.»53 Riguardo ai «fini obliqui» denunciati dall'Ambasciatore Cellere, potrebbe esserci stata per caso la «longa manus» di Nitti? Nella lettera del 28 gennaio 1918 i nviata a Dallolio sulla disorganizzazione amministrativa del Ministero delle Armi e Munizioni, il Ministro del Tesoro Nitti metteva in evidenza «il modo di comportarsi delle missioni estere, segnatamente di quella di Washington», preannunciando: «Al riordinamento delle missioni estere dovremo tosto provvedere; e provvederemo anche a disciplinare questo lato - uno dei più dolorosi - del problema» .54 Pochi giorni dopo, era accaduto che il Capo della Missione militare italiana a Parigi, Colonnello de Sauterion, avesse anticipato di propria iniziativa un milione di franchi alla Missione di Aeronautica, traendo la somma da fondi che aveva a disposizione per altre esigenze. Nella dura reprimenda seguita, Nitti aveva scritto: « ... È ben noto a codesto, On. Ministero che i fondi vengono concessi per acquisti debitamente vagliati ed approvati e soltanto se ed in quanto vengono osservate norme tassativamente prescritte. Tutto ciò, che risponde anche a necessità derivanti da accordi internazionali, è ovvio ed intuitivo che verrebbe frustrato se si ammettesse il principio al quale si è ispirato codesto On. Ministero ed il Colonnello de Sauteri.o n nell'effettuare gli anticipi per i quali viene chiesto ora il rimborso. Interesso pertanto codesto On. Ministero a voler impartire urgenti e categoriche disposizioni ai propri delegati all'estero diffidandoli ad astenersi a stornare somme dai fondi loro affidati per assolvere ad impegni approvati già dal Tesoro ... P.S. I funzionari che agiscono in tal modo rovinano la guerra. Mi riserbo di proporre provvedimenti gravissimi contro i responsabili.» 55 Inoltre, le Commissioni italiane cli New York e Bema avevano effettuato acquisti di cui se ne aveva avuta notizia soltanto nel momento stesso in cui si era manifestata l'urgenza del pagamento, per il quale
Dallolio , b. 956, f 7, I. I 6. Dallolio, b. 956, f. IO, I. 10 p. 2. 52 Dallolio, b. 956 , f. 7 , I. 2, p. 2 . 53 Dallolio, b . 956 , f. 7 , l. 2, p. 5. 54 MCRR , fondo Dallolio, b. 953, f. 8, l. li, p. 7 55 MCRR, fondo Dallolio, b. 953, f. 13 , l. 14, pp . 1-2 .
fondo fondo MCRR, fondo MCRR, fondo
5-0
MCRR ,
5'
MCRR ,
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non era pervenuto alcun preavviso di modifica al preventivo del mese in corso. Questo, però, era dipeso unicamente dalla conclusione di contratti di fornitura «per pronta consegna»,56 mentre le precedenti ricerche di materiali avevano dato luogo a offerte a lunga scadenza.57 Altrettanto infondate erano le preoccupazioni del Tesoro sulla «Missione Tozzi>> di New York , che «agisce secondo gli ordini del Sottosegretariato di Stato per le Armi e Munizioni, che, volta per volta, impartisce le sue istruzioni: le offerte, che il Generale Tozzi riceve, vengono da lui trasmesse al predetto Sottosegretariato , il quale chiede a Londra se vi sia possibilità di ottenere la fornitura in Inghilterra, e trasmette poi le sue decisioni a New-York , onde anche la richiesta del Tesoro dì essere informato dei rapporti che intercorrono fra le rappresentanze di New-York e Londra, trova la sua risposta .. . ne] fatto che non esistono fra esse rapporti diretti cli sorta, dovendo entrambe far capo esclusivamente al Sottosegretariato di Stato per le Armi e Munizioni.»58 In ogni caso, l'azione di Nitti sortiva l' effetto di accelerare la sistemazione delle varie pendenze e, il 22 marzo 1918, il Capo Servizio Amministrativo del Ministero per le Armi e Munizioni assicurava a Dallolio che si stava provvedendo a trasmettere «alla Corte dei Conti i rendiconti delle Missioni di Berna, Londra, Parigi e Washington (questi ultimi testé pervenuti)» anche se in parte privi dei documenti completi «significando fin d'ora che, in seguito alla dolorosa invasione del Veneto, per molto materiale non sarà possibi le avere le regolari documentazioni .»59 Il Generale Dallolio - che durante la «guerra Carrara-Pfister-Airoldi» s'era mantenuto distaccato al termine dell'inchiesta, e dopo il secondo «messaggio» dell'ingegner Pomilio, prendeva le difese del Generale Tozzi vedendo «ripetersi da più parti, ed in forma palese della comunicazione al pubblico, accuse verso il nostro Capo Missione per gli acquisti in America>> .60 In particolare, rivolgendosi al Ministro della Guerra stigmatizzava l'operato dell'Agenzia Stefani che, il 13 marzo, «pubblicava un comunicato su questo tema dal quale, per chi non fosse al corrente delle notizie dei giornali , nasce il dubbio se a quella data una i.nchiesta sul Capo Missione fosse compiuta oppure no».61 Le vicissitudini della Missione militare a New York mostrano un Dallolio sempre pronto a difendere i propri dipendenti, i quali trovavano in lui supporto e conforto; attegg:iamento, questo, suffragato nel caso specifico dalle conclusioni della Commissione d'Inchiesta. Alcuni anni dopo (1923) Ja Commissione Parlamentare d'Inchiesta sulle spese di guerra avrebbe completamente rivalutato l'operato della «Missione Tozzi» e, conseguentemente, quella del Sottosegretario alle Armi e Munizioni. In merito alle accuse mosse al Generale Tozzi, la Commissione d 'inchiesta specificava: - I guadagni percepiti da Kesler dalle operazioni portate a termine con il suo intervento «non furono affatto superiori alla percentuale che consuetuclinariamente veniva corrisposta dal1e ditte americane agli intermediari nella misura del 2,1/2%, e che spesso invece fu minore o mancò addirittura.»62 - L'Agenzia privata Burns (alla quale il Console Carrara, il Capitano di Corvetta Pfister e il Colonnello Airoldi si erano rivolti per provare le loro accuse), i cui agenti erano «perfino dei criminali .. . era al servizio sistematico del1a Germania al quale uopo un suo impiegato si manteneva in continue relazioni col centro dello spionaggio e dei complotti tedeschi presso l 'Amburg American Linee con i famigerati addetti militari e addetti navali Von Papen e Boyed .. . Ed è a
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In questo caso l'accreditamento per metà della commessa andava effettuato entro cinque giorni dalla firma . MCRR, fondo Dallolio, b. 953, f. 11, l. 7 , p. 2. ss MCRR, fondo Dallolio, b. 953, f. 11, l. 7 , p. 4. 59 MCRR, fondo Dallolio, b. 953, f. 9, l. 10, p. 1. 60 IVICRR, fondo Dallolio, b. 956, f. 10, l. 15 p. I. 61 MCRR, fondo Dallolio, b. 956, f. 10, I. 15, p. 6. 62 APCD, Legisl. XXVI, Sessione 192 1-23, Doc., Dis. legge e Rel. , Doc. XXI, Voi. TI p. 342. 6 ' APCD, Legisl. XXVI, Sessione 192 1-23, Doc., Dis . legge e Rei.. Doc. XXI, Voi. TI p. 343. 57
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siffatta Agenzia che Carrara colla provata connivenza del Pfister e di Airoldi vendette la reputazione di un Generale italiano.»63 - n contratto per cento milioni di cartucce per fucili Wetterly, per conto della Russia, con la Brassand Metals Manifacturing Co. di Kansas City venne affidato a questa Ditta, ancorché con impianti minimi, perché tutte le più importanti fabbriche di cartucce a quel tempo esistenti interpellate dal Generale Tozzi «non foro no in grado di prendere in considerazione l'affare e di fare condizioni accettabili, dato che la loro produzione per lo spazio di un anno era più che assorbita.»64 Inoltre, condizione necessaria per perfezionare la commessa era la spedizione dall'Italia dei disegni tecnici, di quattro fucili , di «strumenti verificatori» per le prove, e una «serie matrice di punzoni», per poter allestire i macchinari . Ma la mancata esecuzione di questo contratto era dovuta «in massima parte a ritardo o alla mancata spedizione dall'ftalia degli strumenti richiesti». 65 In particolare non erano mai arrivati «i punzoni e le matrici» che, per contratto, avrebbero dovuto esser consegnati alla Ditta entro trenta giorni dalla stipulazione del contratto stesso; - La fornitura di 50.000 granate da 149 era stata affidata alla Pennsylvania Steel Co., anziché alla Mulliken di Chicago proposta da Pfister, per la convenienza del prezzo. Infatti il contratto con la Pennsylvania venne stipulato a 26 dollari a granata, a fronte dei 28 richiesti dalla Mulliken, che non era un 'officina di produzione ma soltanto di lavorazione. Oltre tutto «l'insieme dei documenti in potere della Commissione rivela che la proposta era un intrigo di mediatori, (Lepreste, Mulliken) con l'appoggio del Comandante Pfister» .66 La Commissione d'Inchiesta, nel definire gli scritti e discorsi di Carrara, Pfister, Airoldi, Pomilio, Perfetti, ecc., una «poco patriotti.c a opera di ostacolare il libero svolgimento dell'attività del Generale Tozzi»67 perveniva alle seguenti conclusioni: 68 1) gli acquisti della Missione Militare Italiana negli Stati Uniti d'America presieduta dal Generale Tozzi, si erano svolti con sagacia, regolarità e precisione, raggiungendo pienamente gli scopi che il Governo si era proposto; 2) la campagna contro il Generale Tozzi appariva assolutamente ingiustificata, tanto più considerando che essa trascese i limiti di una lotta puramente personale, per assumere i caratteri dj reazione di interessi; 3) Tozzi si era reso benemerito del Paese e gli era dovuta, col plauso della Commissione, quella riparazione morale che ancora non gli era stata concessa; 4) una parola di plauso andava rivolta anche al Sig. Kesler, principale collaboratore del Generale Tozzi e a quegli Ufficiali che avevano fatto parte della Missione cond:ividendo le fatiche e i disagi del Capo Missione; 5) una parola di deplorazione andava rivolta invece «a coloro che la campagna contro il Generale Tozzi suscitarono ed alimentarono , soprattutto al Console Carrara e al Comandante Pfister, e poi in grado minore al Colonnello Paolo Airoldi di Robbiate e all'Ingegnere Alessandro Pomilio». Esaminate le vicissitudini della «Missione Tozzi», viene da chiedersi quali ripercussioni essa abbia avuto in merito agli acquisti effettuati negli Stati Uniti, e quale il suo ruolo, quanto meno indiretto, sulla decisione, maturata nel corso del 1917, di affidare a un Comitato interalleato gli acquisti e i rifornimenti negli Stati Uniti di munizioni, e delle materie prime e dei macchinari necessari per fabbricarJe. Già 1'8 marzo 1917 il D. Lgt. n. 360 aveva vietato alle Amministrazioni dello Stato di «stipulare, in via diretta o indiretta, contratti o assumere impegni che importino acquisto di merci o prodotti esteri ,
Lcgisl. XXVI, Sessione Legisl. XXVI, Sessione 66 APCD, Legisl. XXVI , Sessione 67 APCD, Legisl. XXVI, Sessione 68 APCD , Legisl. XXVI, Sessione ('"' APCD, 6-I
APCD,
1921-23, Doc., Dis. legge e Rei., Doc . XXI , Voi. 11 p. 344. 1921-23, Doc., Dis. legge e Rei., Doc. XXI, Voi. Il p. 345. 1921-23, Doc. , Dis. legge e Rel., Doc. XXI, Voi. Il p. 348. 1921-23, Doc., Dis. legge e Rel., Doc. XXI, Voi. II, p. 355 . 1921-23, Doc., D.is. legge e Rel., Doc. XXI, Voi. II, p. 359.
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siano da pagare in valute estere o in lire italiane, senza il previo consenso del Ministro del Tesoro che deve provvedere i mezzi dj pagamento».69 Il successivo 19 marzo 1917 la Direzione Generale del Genio: - assicurava di aver provveduto a impartire le opportune disposizioni ai Comandi Genio; - faceva presente, comunque, che le nuove disposizioni non avrebbero mancato di «causare gravi ritardi nelJa provvista dei materiali occorrenti d'urgenza alle truppe operanti, con un dannoso arresto di pratiche già iniziate per acquisti da ditte italiane di materiali che notoriamente provengono dall'estero, o che implicano l'impiego di materie prime di provenienza estera nelle proporzioni stabilite dal Decreto» .70 Il 2 luglio 1917 il Ministro degli Esteri Sonnino telegrafava a Dallolio la richiesta del Governo britannico di costituire un Comitato interalleato per l'esigenza su indicata, composto da cinque rappresentanti della Francia, Gran Bretagna, Italia, Russia e Stati Uniti. «... Verrà comunicato un elenco specificato delle aree alle quali si riferisce il progetto. Ciascun rappresentante dimostrerà·se d'uopo il quantitativo richiesto. Nessun Governo alleato piazzerà e farà pratiche in vista eventuali acquisti di dette aree all'infuori del Comitato. Ciascun Governo aUeato invigilerà che nessun ordine venga dato da privati, nessuna pratica avviata all'infuori del Comitato che ... considererà le richieste in relazione ai mezzi di trasporto .. . Nessuna richiesta dovrà essere fatta se non è coerente con gli accordi finanziari semestrali colli Stati Uniti e coi mezzi di trasporto provveduti dal rispettivo ufficio internazionale marittimo.»71 Dallolio, concorde .in linea di massima con l'istituzione del Comitato per «il piazzamento delle commesse, quanto per la regolarizzazione dei prezzi, quanto infine per il buon esito degli acquisti», faceva rilevare come «questi Enti Interalleati, la cui funzione teorica dovrebbe essere puramente economica e dovrebbe in pari tempo risultare a comune vantaggio di tutti gli Alleati, nella loro pratica attuazione non sempre raggiungono i loro scopi e si traducono , invece, in nuovi vincoli e controlli da aggiungere agli altri non meno gravi e di natura specialmente finanziaria, che già ostacolano la libertà di azione dell'Italia nei riguardi degli acquisti all'Estero.»72 Per questi motivi Dallolio chiedeva degli accomodamenti che permettessero una certa libertà d'azione nei casi in cui gli Alleati non avessero ritenuto possibile soddisfare le richieste dell'Italia. Perciò egli proponeva in particolare che « ... qualora per qualsiasi ragione non fosse possibile per parte degli Alleati il totale adempimento degli impegni presi, l'Italia ne fosse avvertita in tempo utile e potesse senz'altro essere considerata libera di acquistare direttamente, su quei mercati che meglio le converranno.»73 Sonnino, però, rendeva noto il parere del Commissario ai rifornimenti, Lord Mayor, in merito alla proposta di Dallolio, ritenuta non accettabile in quanto la libertà di azione richiesta, per quanto subordinata alle disponibilità alleate, era « ... contraria alla politica così americana come inglese la quale tende ad evitare gli altj prezzi che sono effetto necessario di qualunque sorta di concorrenza ed a sorvegliare l'uso del denaro imprestato.» 74 Tuttavia, nonostante l'accordo siglato fra il Regio Ambasciatore italiano a Washington e il Segretario del Tesoro americano per acquistare negli Stati Uniti esclusivamente per mezzo del Commissariato Americano, alcune nostre amministrazioni persistevano a «piazzare contratti negli Stati Uniti sia a Roma sia per il tramite di Londra e di Parigi. Ciò importa violazione dell'accordo e rende insostenibile la posizione del rappresentante italiano, determina una situazione contro la cui gravissima conseguenza debbo diffidare in tempo gli enti responsabili. Persistendo infatti su questa via Tesoro Federale per dichiarazione fattamene ci precluderà qualsiasi finanziamento delle nostre fomiture.» 75 L'Ambasciatore,
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Dallolio, b. 953, f. 6, I. I. Dallolio, b. 953, f. 6, I. 2, Lettera 4.065M del 18 marzo 1917. Dallolio, b. 953, f. 12, 1. 11, Telegramma del 2 luglio 1917. Dallolio, b. 953, f. 12, 1. 12, Lettera del 5 lugl io 1917, p . I. Dallolio, b. 953,f. 12, 1. 12, Lettera ciel 5 luglio 1917, p. 2. 1 " MCRR, fondo Dallolio, b. 953, f. 12, 1. 13 , Telegramma 9.445 del 12 luglio 1917, p. 1. 75 MCRR, fondo Dallolio, b. 953, f. 12, 1. 16, Telegramma 90.719 del 3 ottobre 1917, p. 1. MCRR , fondo
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MCRR, fondo 71 MCRR, fondo n MCRR, fondo 73 MCRR , fondo
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infatti, rilevava: «... sì ìnsìste da parte nostra a ricorrere su questo mercato per mezzo di sensali e rappresentanti italiani, francesi, inglesi salvo a reclamare ugualmente il credito americano per il pagamento di contratti firmati ovunque e a esporsi in conseguenza a vederceli negati anche per ognì altra sorta di acquisti. Invoco in proposito autorevole intervento di V.E. per la necessaria urgente diffida alle varie amministrazioni, Ministero del Tesoro e Delegazione di Londra. Occorre cessi senz'altro da parte loro ogni trattati va sia diretta sia per mezzo di intermediari colle case americane.»76 Tn mer:ito alla «reprimenda» il Servizio Amministrativo del Ministero Armi e Munizionì:n - dava formale assicurazione d' aver sempre rispettato la direttiva in questìone; - segnalava il mancato concorso da parte degli uffici interessati e la conseguente necessità che «specialmente la Direzione Generale di Aeronautica si compiaccia attenersi a quelle [norme] che di conseguenza deve dare questo Servizio Amministrativo.» In effetti, sin dal mese di settembre il Servizio Amministrativo aveva comunicato la costituzìone, a Washington, di una Commissione «per il cui tramite e con la cui approvazione dovranno acquìstarsi negli Stati Uniti tutti i materiali e tutte le provviste» e aveva ribadito78 1'obbligo di «informare il Servizio Amministrativo di questo Ministero ogni qual volta si debbono aprire trattatìve per acquisti di materiale all'Estero».79 L'atteggiamento della Direzione Generale dell'Aeronautica, pertanto, non trovava alcuna giustificazione e sembrava preludere a quello che. negli anni Trenta, sarebbe stato un analogo comportamento del Sottosegretario di Stato per l'Aeronautica in tema di ripartizione cli materie prime, che avrebbe portato allo scontro Daliolio-Valle.
MCRR , fondo Dallolio, b. 953 , f. MCRR , fondo Dallolio, b. 953 , f. 7 ~MCRR, fondoDallolio,b.953 ,f. 79 MCRR, fondo Dallolio, b. 953, f. 76
n
12, 1. 16, Telegramma 90.719 del 3 ottobre 1917, p. 2. 12, I. 18, Lettera s. n. del 7 ottobre 1917. 12,l.18,Lettera 131.308del2 1 agosto 1917. 12, I. 18, Lettera 14 1.482 del 29 agosto 1917, p. 2.
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Capitolo 15 LE «LOTTE» SOSTENUTE DA DALLOLIO
Il compimento ciel dovere, principale impegno - «un faro» - per Dallolio, comportava una serie cli «lotte», come egli stesso specificava, «condotte in Italia ed all'estero, in occasione di Conferenze internazionali>> che «avevano sempre gli stessi argomenti»: il personale, la valuta, i refrattari, i rottami e la risposta del Paese non sempre in sintonia con il suo sent:ire.1 Un impegno del genere coinvolgeva notevolmente Dallolio, tanto da fargli dire: «Non hai idea la sera come resti bastonato, ma almeno sono un Italiano che lotta, batte e torna alla carica pel suo Paese.»2 E aggiungeva: «Spesse volte si sono dovute sostenere lotte in parte ignorate, non essendo opportuno metterle alla luce ciel sole a fronte delle gesta eroiche dei soldati, per appoggiare in tutti i modi l'azione salda e tenace del Comando Supremo. I travagli che affannano erano conseguenza del dovere da adempiere nel rifornimento di armi e munizioni per potere arrivare a vincere la guerra.>> 3 Dallolio specificava bene questo «dovere da compiere» nel 1917, quando affermava: «Nessuno più di noi deve essere convinto che le armi e munizioni, in uno con il sangue e la vita degli italiani, formeranno una barriera tale che il nemico non verrà oltre. Ma bisogna pensarci tutti i giorni, non bisogna dimenticarlo mai, bisogna dire lavoriamo , perché ci sono quelli che muoiono, perché ci sono quelli che vegliano in armi, perché dobbiamo lavorare per il nostro Paese, sempre resistere ed agire: resistere qualunque sia lo sforzo ed agire oggi e sempre nel nome d'Italia.»4 Le «lotte in parte ignorate>>, citate da Dallolio , erano riferite addirittura agli ambienti del Comando Supremo «Io ho la coscienza di aver fatto tutto il possibile e data l'anima mia perché tutto vada e proceda, perché tutto marci avanti a grande velocità Ho la coscienza sicura di non essermi mai risparmiato. Qui ci sono il Re e Cadorna, quest'ultimo è daccapo contro di me per motivi che non ha ragione ma per coprire le sue responsabilità. Io servo il Paese, nient'altro che il Paese e dirò alto e forte al Comitato Supremo del Munizionamento ciò che penso. Senza castelli in aria, senza ipocrisie senza ornbrell i. (Non ne posso più voglio andarmene dove c'è il sole e dove si combatte contro il nemico che è di fronte non contro quelli che attaccano alle spalle). Ma domani cara la mia figliola vuoterò il sacco.»5 Si può ritenere che l 'accenno a Cadorna fosse originato dall'insoddisfazione del Capo di S. M. per il numero di colpi, di medio e grosso calibro, che il Sottosegretariato per le Armi e Munizioni riusciva a mettere a disposizione del Comando Supremo. «È un momento veramente difficile e laborioso , un momento in cui non danno tregua le difficoltà, crisi di carbone, crisi di materie prime, crisi di trasporti, una via Crucis. Stai tranqu illa. Lo dico sorridendo se vuoi, non mi risparnùo mai, mai . E vado a Torino, a Genova, a Milano, a Mantova, sempre pronto, curandomi meno ma lavorando, lavorando senza pietà. La via è nel momento irta di triboli ma c'è la volontà di acciaio e voglia cli arrivare allo scopo a qualsiasi costo.»6 Le <<lotte>> di Dallolio erano rivolte anche contro la mancata «risposta del Paese» da imputare a un clima, che si stava diffondendo in Italia, denunciato il 21 aprile 1918 alla Carnera dei Deputati dall'On.
serie faseieoloni , fase. appunt.i 8 ottobre 191 6 - 8 febbraio 1917. serie lettere ai familiari , lettera 15 gennaio 1909 a Elsa. 3 APTGP, serie faseieoloni , fase. appunti 8 ottobre 1916 - 8 febbraio 1917. "ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni, Miscellanea Uffici diversi, B. 265, Verbali adunanze CM I per l'Italia meridionale, seduta del 18 marzo 1917,p. 1.095. 5 APTGP, serie lettere ai familiari , lettera 7 marzo 1916 a Elsa. 6 APTGP , serie lellere aifamiliari, lettera 11 maggio 1917 a Gina. ' APTGP,
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Casalini: «È dunque una corsa frenetica, un ladroneggio a danno del privato e del pubblico , a danno del Paese nella sua resistenza economica , nella sua resistenza morale.»7 A supporto di questa grave affermazione , il Deputato citava j] tentativo di frode a danno dell ' Esercito per una fornitura di 30.000 Kg di acido solfanilico, impiegato per neutralizzare alcuni gas asfissianti. Una ditta italiana, che ne produceva grossi quantitativi, aveva avanzato una richiesta di 53 lire al Kg, «Poco mancò che il contratto venisse concluso; fu soltanto un telegramma salvatore che, all'u ltimo momento, avvertì l'Ufficiale come vi fosse una ditta che s'impegnava a fornire trenta mila chilogrammi del prodotto desiderato a sole lire 10,50 il chilogrammo. Soltanto così poté essere scongiurato il tentativo malsano ... A me però non risultò che il tentativo sia stato, come doveva avvenire, punito; a me non risulta che il rappresentante sia stato denunziato; a me risulta invece che la ditta , in nome della quale l'insano tentativo veniva compiuto, continua ad essere fornitrice del Ministero della Gue1Ta.»8 1. Le «lotte>> per il personale La mancanza cli maestranze specializzate nelle officine - italiane e dei Paesi alleati - faceva sì che si cercasse sempre di ottenere dal Comando Supremo la restituzione di operai richiamati (per l'Italia o per l'estero in contropartita di forniture). La ricorrente domanda estera nasceva dalla convinzione che l' Italia avesse grandi disponibilità in seno alla popolazione civile. Ciò era dovuto a una confusione tra la mera disponibilità di uomini e la loro effettiva speciaJizzazione, data per scontata, mentre «non si nasce operaio, si diventa». Dallolio scriveva «tutte le volte che sono stato in Francia o in Inghilterra si trattasse cli Albert Thomas o di Loucheur, di Lloyd George, di Montagu, di Addison o d·i Churchill, sempre risorgeva la questione della mano d'opera, noi figuravamo per avere delle grandi disponibilità nella popolazione civile, dove non solo l'Esercito poteva trarre la sua forza, ma dove anche tutte le industrie per la produzione cli guerra traevano la volontà di alimento.» 9 II 6 e 7 gennaio 1.917 si teneva a Roma la Conferenza plenaria di guerra degli Alleati, nel corso della quale Da11olio aveva un colloquio con Lord Milner sulla concessione di 700 operai italiani all'Inghilterra. A tale proposito , il 9 gennaio 1917 Dallolio relazionava al Ministro della Guerra: «Stamane è venuto Lord Milner per parlare di quanto è stato trattato a Londra 1'8 novembre 191.6 relativamente alle Anni e Munizioni. Debbo dire che in complesso il risultato è stato soddisfacente, certo che l'intonazione della maggiore buona volontà si è mantenuta per tutta la durata della conversazione. Ma per dovere e perché urge intensificare la produzione, giacché ogni arresto sarebbe una paralisi industriale, debbo ritornare sui 700 operai ital iani da inviare a lavorare nelle acciaierie del Regno Unito. Noi non possiamo senza grave danno parlare di "do ut des" quando dopo una serie di grandissime domande di materie prime e di manufatti ci arrestiamo a fronte di 700 operai di qualunque specie, niente qualificati . L'Inghilterra ci promette, avendo queg1i operai , di darci altro acciaio di cui abbiamo urgente ed imperiosa necessità, ed io in coscienza debbo dichiarare che sarebbe un gravissimo danno per la produzione, se non accogliessimo e facessimo buon viso ad una domanda destinata a darci ben rea1i e tangibili risultati.» 10 A seguito di questa lettera il Presidente del Consiglio Boselli , i1 31 gennaio 1917 scriveva al Ministro della Guerra« ... dò il mio consenso per l'invio dei 700 operai chiesti>> dal Governo inglese. Verso la fine del 1916 (il 9 dicembre) Dallolio aveva scritto al Capo di S. M. dell'Esercito Cadorna: « ... Le deficienze qualitative e quantitative di persona1e operaio non improvvisabile per le lavorazioni più difficili, quali quelle delle artiglierie e soprattutto, delle maggiori bocche da fuoco portano esse pure il loro contributo a mantenere la produzione inferiore al limite che si vorrebbe raggiungere. E poiché come è noto all 'E.V. - operai abili ed appena mediocremente abili, non esistono disponibili ali' interno
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Legisl. XXTV, l" Sessione, Discussioni, Vol. XV, p. 16.360. Legisl. XXTV, l" Sessione, Discussioni, Vol. XV, p. 16.361. 9 APTGP , serie fascicoloni, fase . appunti 8 ottobre 1916 - 8 febbraio 1917, p. 14. 10 APTGP , serie faseieoloni, fase. appunti 8 ottobre 1916 - 8 febbraio 1917, p. 13. APCD,
~ APCD ,
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del Paese per colmare le lacune di tanti stabilimenti- almeno dei principali - non vi sarebbe altro mezzo per raggiungere lo scopo ali' infuori di quello di far rientrare tutti gli operai militari esistenti nella zona di guerra che non siano strettamente indispensabili per esigenze di guerra ... Fra i principali provvedimenti di pronta attuazione per intensificare la produzione quello dell'accordo degli operai abili nelle principali officine è fra i primi ed è per questo che rivolgo calda preghiera all 'E.V. di prendere in considerazione quanto sopra esposto in proposito, e di aiutarmi al riguardo.» 11 Continuava uno scambio di messaggi «riservatissimo personale>> fra Dallolio e il Capo cli S. M. sino a quando, il 22 luglio 1917, Cadorna sollecitava una richiesta di bocche da fuoco non ancora soddisfatta. <<Impegni con gli alleati possono rendere improrogabile l'inizio dell'azione offensiva nostra (probabilmente, prima quindicina di agosto). Io non posso dunque non preoccuparmi seriamente del forte ritardo che si verifica nell'invio alla fronte delle promesse 32 batterie da 75 Mod. 906 da posizione, le quali avrebbero dovuto essere consegnate ai depositi entro il mese di giugno. Su tali batterie io faccio grandissimo assegnamento, come strumenti indispensabili per la progettata azione. Invoco dunque caldamente tutto l'efficace interessamento dell'E.V. perché le necessità urgentissime che qui ricordo fonnino oggetto delle più vive premure e dei più efficaci provvedimenti.» 12 L'indomani, rispondendo, Dallolio puntualizzava come i termini della richiesta fossero cambiati «strada facendo» e, contemporaneamente, inviava un'ennesima richiesta cli personale specializzato, la cui mancanza era sempre più sentita negli Stabilimenti. «Le batterie da 75 mocl. M.906 dovevano essere 30 e da campagna, se ne chiesero da codesto Comando 32 da posizione a traino meccanico. Giusto qualunque desiderio , ma si deve tener conto delle conseguenze. L'Arsenale di Costruzioni ha fatto tutto uno speciale studio al riguardo, nel più breve tempo possibile, e merita veramente un elogio pel modo come ha risolto il problema. Aggiungasi che la Ditta San Giorgio di Sestri Ponente che fornisce i panoramici, attraversa ora difficoltà sia per le agitazioni e scioperi continui che avvengono nelle maestranze di quella località, sia per la mancanza cli operai. Bisognerebbe inviare 20 operai tornitori e 12 aggiustatori per l'andamento delle lavorazioni. In generale alle crisi imperanti delle materie prime si sta aggiungendo oggi la deficienza della mano d'opera, contro cui non ho che pregar !'E.V. di volere aiutarmi nei limiti di quanto 1itiene possibile.» 13 2. Le «lotte» per la valuta Lo scopo era quello cli ottenere dal Tesoro la valuta necessaria per poter acquistare sui mercati esteri le materie prime mancanti. Le difficoltà si erano accentuate per gli accordi secondo i quali gli acquisti dovevano essere effettuati attraverso «Amministrazioni del Governo Br.itannico su domanda del Governo inglese.» La questione valutaria era complicata da accordi internazionali, accettati dal Governo italiano, in forza dei quali le Amministrazioni dello Stato si sarebbero dovute avvalere «dell'opera dei Rappresentanti del Governo Italiano a Londra per acquisti di materiali da guerra e altre merci, negli Stati Uniti d 'America e nell'Impero Britannico, e procureranno che questi rappresentanti agiscano in consultazione con le Autorità Britanniche. Anche in casi di acquisti altrove seguiranno , per quanto sarà possibile, lo stesso sistema; e terranno informati i Rappresentanti a Londra di quanto stanno per fare.» 14 In merito a tale accordo il Ministro del Tesoro italiano, Carcano, richiamava al Ministro della Guerra Morrone, alcuni obblighi che ne derivavano: 15 - effettuazione degli acquisti in tutto l'Impero Britannico e negli Stati Uniti d'America per mezzo dei nostri rappresentanti a Londra, cli concerto con le Autorità Britanniche; - ricorso a]la Commissione di Approvvigionamento di Londra anche per gli altri Paesi;
" APTGP ,
serie fasci coloni , fase. ap punti 8 ottobre I 916 - 8 febbraio 191 7, p . 9.
iz MCRR, fondo Dallolio, b. 960, f. 6, l. 2 . 13
lbid.
14
MCRR, fondo Dallolio, b. 953 , f. 11, I. 6, Lettera 11. 24.719 del 2 maggio 1916, p. 3. MCRR, fondo DalloJio, b. 953, f. 11 , I. 6, Lettera 11. 24 .719 del 2 maggio 1916, p. 4.
15
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. - informazione al Governo inglese di quanto si stava per fare all 'infuori della Commissione degli Approvvigionamenti, e in generale della natura di tutti gli acquisti da pagarsi con fondi attinti all'accordo di Londra. Una delle conseguenze del l' accordo di Londra era la necessità che i singoli Ministeri segnalassero mensilmente al Ministero del Tesoro i fabbisogrù preventivati per il mese successivo, dato che il Dicastero del Tesoro era tenuto a fare analoga segnalazione al Governo inglese. In proposito , Carcano, faceva notare a MoITone che il suo Dicastero, pur scrupoloso nelle segnalazioni mensili, trascurava «l'obbligo di avvertire delle success ive modificazioni, che nei preventivi si verificassero, nel mese. E non posso non rilevare come tali modificazioni siano frequenti e talvolta gravi. Così limitandomi a scorrere le richieste di pagamenti o di accreditamenti - quasi sempre telegrafici - domandati dal Ministero della Guerra in questi ultimi giorni, prego I'E.V. di voler considerare la domanda di accreditamento inviatami dal Sottosegretariato per le Armi e Mun izioni il giorno 22 pp. per ben dollaii 2.750.000 (pari a circa 17 milioni e mezzo di lire al cambio attuale)' 6 onde provvedere ad acquisti di acciaio , che nel fabb isogno del Sottosegretariato pel mese di aprile non erano stati preannunziati .»' 7 Morrone chiariva che, nel caso lamentato da Carcano, non era stato possibile dare il prescritto preavviso poiché la notizia del contratto concluso era pervenuta contemporaneamente alla domanda del versamento da effettuare , dato che i nuovi contratti di fornitura di acciaio erano stati conclusi «per pronta consegna» mentre i.n precedenza tutte le offerte erano state a lunga scadenza. «Siccome siffatti contratti comportavano accreditamenti per l'ammontare d i metà della commessa entro cinque giorni dalla firma' 8 ••• si fu costretti a chiedere l'immediata disporùbilità della somma necessaria per fissare l'importante parti ta di metallo.» 19 Per altre esigenze egli chiariva il loro improvviso emergere , come per i detonatori acquistati in Svizzera «ordinati d'urgenza quando si seppe che la Francia concedeva all'Amministrazione militare italiana un quantitativo di granate da 75 maggiore di quanto prima aveva lasciato sperare; ed anche qui il pagamento dové essere effettuato al momento in cui si d iede la commessa per assicurarne l'immediata esecuzione.»20 Altrettanta urgenza si era verificata per la corda spinosa, a seguito delle pressanti rìchieste del Comando Supremo, che l'i ndustria nazionale non era più in grado di soddisfare. Un'altra conseguenza dell'accordo finanziario di Londra era l'obbligo di comunicare , a Lo ndra e al Ministero del Tesoro italiano, le ordinazioni date eccezionalmente all'estero «per urgenza o per eventuali specialissime ragioni, senza consultazioni colle autorità inglesi, ovvero in contrasto coi risultati di tali consultazioni» .21 S u questo particolare aspetto, alcuni rilievi potevano essere mossi al Ministero della Guerra . Infatti, il «Delegato Finanziario del Regio Governo Italiano in Londra» chiariva che queste ordinazi.oni «in eccezione» dovevano «essere oggetto di note informative speciali, indipendenti dalle richieste di fondi, o dai preventivi eh spesa, coll 'indicazione delle ragioni che l'hanno motivate ... »22
16
li Ministro Carcano sj Jamentava che, quasi contemporaneamente , la Direzione Generale di Artiglieria «a sua volta mi domanda il giorno 25 pp . 200 mila franchi svizzeri per acquisto cli detonatori per granate da 75; il giorno 26, 600 mila franchi svizzeri in pagamento di spolette; il giorno 27, mezzo milione cli dollari a favore del Generale Pasquale Tozzi, a titolo cli anticipo del 25% su di un contratto di acquisto di polveri ed acido picrico; ancora il giorno 27, pesetas 164.905, in pagamento d i alluminio da acquistarsi in Spagna; né cli tutti questi acquisti io rilevo traccia nelle previsioni di Aprile. Né parimenti fra le previsioni della Direzione Generale del Genio pel mese di Aprile trovo nulla che si accosti alla richiesta da essa fatta il 27 pp. di 420.000 dollari (cioè Lire 2.606.000 al cambio attuale) per provviste di corda spinosa per quella Direzione Generale.» Cfr. MCRR, fondo Dallol io, b. 953 , f. 11 , l. 6 , p. 2, Lettera n. 2.4.719 ciel 2 maggio 191 6. "MCRR. fondo Dallolio, b. 953 , f. 11 , l. 6 , Lettera 11. 24.719 del 2 maggio 1916, p. 2. 18 L' imposizione, eia parte dei Paesi neutrali , del pagamento parzialmente anticipato era attribuito a lle necessità dei mercati esteri , già fortemente scoperti per le grandi commesse in corso e non liquidate, nel] 'intento di coprirsi per ogni nuova ordinazione almeno de ll 'importo delle spese vive eia sostenere per eseguire le commesse. Cfr. anche MCRR, fondo Dallolio, b. 953 , f. 11, I. 8, Lettera n. l.897 cieli' 11 maggio 1916, p . 3. 19 MCRR, fondo Dallolio, b. 953 , f. 11, I. 8, Lettera n. 1.897 cicli ' 11 maggio 1.916, p. 2. zn lbid. 21 MCRR, fondo Dallolio, b. 953, f. I I, I. 13 , Lettera n. 32.101 del 27 giu.1916, Allegato n. 963 del 17 giu .19 16. 22 lbid.
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Era comunque scontato come l'obbligatorietà della preventiva consultazione con le Autorità britanniche, per l'acquisto di materiali fuori del Regno Unito, potesse comportare delle difficoltà. Infatti, il Ministro del Tesoro Carcano: - non escludeva che «bisogni improvvisi possano sorgere nel corso di un mese, come non potrebbe disconoscersi la possibilità di approfittare di improvvise ed imprevedibili occasioni.»23 - era costretto ad ammettere al Ministro della Gue1rn che «la rigorosa applicazione di questa norma può esp01Te a qualche inconveniente specialmente quando nelle more dell'attesa di una risposta dall'Inghilterra venga a fa!Iire un affare proposto da New York; ma ritengo che il temperamento ventilato nella recente adunanza del Comitato per i pagamenti all'estero e sul quale il rappresentante di codesto On. Ministero non avrà mancato di ragguagliare !'E.V. varrà a mitigarne gli effetti.»24 In pratica, Carcano suggeriva di estendere il calcolo del fabbisogno di un dato materiale a un periodo di sei mesi, e sottoporlo alle Autorità inglesi per conoscere le possibilità cli quel mercato cli fornirlo. In caso contrario «ciascuna Amministrazione avrebbe libertà di fare altrove gli acquisti entro quel dato tempo e fino a concorrenza di quella determinata quantità, senza rivolgere singole domande parzi ali.»25 Carcano , tuttavia, a prescindere da queste «attenuanti», nel mese cli maggio ribadiva che «nostro obbligo assoluto e tassativo è cli portare a conoscenza del Governo Inglese tutte le variazioni che ai preventivi mensili si arrechino; è ovvio che ci discostiamo dalla Convenzione e ci esponiamo a possibili deduzioni da parte del Governo Inglese se tante volte noi di tali improvvisi bisogni o dell ' approfittare di tali inattese occasioni non gli diamo sollecita notizia.» 26 Poi, a luglio dello stesso anno, egli ritornava sull 'argomento richiedendo al Ministro della Guerra di «fare note informative speciali per tutte le ordinazioni date eccezionalmente a)l 'estero senza consultazione delle Autorità Inglesi o in contrasto coi risultati delle consultazioni stesse; e di volermi assicurare che asseconderà col massimo buon volere i miei sforzi, tendenti ad ottenere nell'interesse comune i mezzi adeguati ai nostri bisogni in questo grave momento.» 27 A maggior chiarimento cli tali disposizioni, il Direttore Generale, Membro del Comitato per gli Impegni dei Pagamenti, specificava che l'intendimento del Ministero del Tesoro era quello di: - «dimostrare al Governo Inglese la buona volontà di rispettare i patti convenuti col medesimo , per quanto riguarda la consultazione, la coordinazione della azione comune sui mercati , la destinazione delle somme, la preferenza dell'industria inglese, ecc., che gli vengano comunicate, ogni volta se ne presenta l'occasione, tutti quei casi in cui venissero date eccezionalmente all'estero delle ordinazioni senza consultazioni delle autorità inglesi e in contrasto coi risultati delle consultazioni stesse, e in genere di tutto quanto si ritiene possa interessare nei riguardi finanziari.»28 - «stabilire la norma costante, da osservarsi rigorosamente, di comunicargli tutti i casi di eccezione che si manifestassero e cli dargliene le ragioni, per vedere di ridurre al minimo le eccezioni non necessarie agli impegni generali e di avviare così l'esecuzione dell ' accordo su basi tali che, se vi saranno punti che possono essere comunque, sia per interessi speciali, sia per vedute generali, in contrasto con gli impegni generali, tali punti siano perfettamente delimitati e giustificati.»29 I problemi valutari erano emersi sin dall'inizio del conflitto a causa delle segnalazioni dei fabbisogni mensili (e delle loro variazioni) che il Ministero della Guerra avrebbe dovuto fare a quello del Tesoro.
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MCRR,
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MCRR ,
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Ihùl.
fondo DalloJio, b. 953, f. 11 , I. 6, Lettera n. 24.719 del 2 maggio I 9 I6, p. 3. fondo Dallolio, b. 953, f. I l, I. 13, Lettera n. 32.101 del 27 giugno 1916, p. 2.
fondo fondo 28 .'v1CRR, fondo 29 MCRR , fondo 30 MCRR, fondo 26
MCRR,
27
MCRR,
Dallolio, b. 953 , f. Dallolio, b. 953 , f. Dallolio , b. 953 , f. Dallolio, b. 953 , f. Dallolio, b. 953, f.
11 , I. 6, Lettera n. 24.7 I 9 ciel 2 maggio 1916, p. 3. 11, I. 13 , Lettera n. 32. IO I ciel 27 giugno 1916, p. 3. 11 , I. 16, Lettera n. 51.502 ciel IO luglio 1916, p. J. 11 , I. 16, Lettera 11. 5 1.502 del 10 luglio 1916, p. 2 . 11, l. 5, Lettera n. 24.387 ciel 27 aprile 1916, p. 2.
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In merito, il 27 aprile 1916, il Ministro Carcano segnalava al Generale Dallolio che il Sottosegretariato per le Armi e Munizioni aveva chiesto l'apertura di un accreditamento per l'acquisto di acciaio a New York, per una cons istente somma che non era stata compresa né nel fabbisogno di quel mese, né nelle previsioni che il Governo italiano era tenuto a fornire periodicamente a quello inglese. Carcano aveva provveduto a dare priorità a questa richiesta sospendendo altre domande di pagamento per conto dell'Amministrazione militare e «nell'attesa di avere da Londra la somma stessa, ha provveduto all'accreditamento da V.E. sollecitato. Non posso però non pregare l'E.V. di voler con me considerare la necessità di fare tutto il possibile onde evitare, nell'interesse generale e in quello particolare dei servizi militari, appigli e proteste; od altro da parte della Tesoreria Britannica, di cui sono note (e vanno anzi accentuandosi) le tendenze nell'attuazione del recente patto finanziario. In forza di questo il R. Governo è tenuto, oltre che a notificare mensilmente l'ammontare dei probabili bisogni nel mese; anche a dare successive informazioni, le quante volte tali probabilità varino. La cosa assume anche maggiore delicatezza, quando - come nel caso attuale - possa investire i cambi dell'Inghilterra su piazze estere, e segnatamente il cambio su America, che il Governo Inglese attentamente sorveglia.»30 Dallolio rammentava al responsabile del Tesoro che le richieste di pagamenti all'estero, fatte finora, erano sempre state superiori agli effettivi bisogni per poter sopperire all 'aleatorietà e alla variabilità delle previsioni che, per quanto accuratamente elaborate, difficilmente consentivano di raggiungere lo scopo. «Le cause di ciò vanno ricercate sia al manifestarsi di urgenti necessità di materiali - in special modo metalli - di cui si sente sempre più sul mercato nazionale l'insufficienza, sia nelle condizioni talvolta poste dagli offerenti con termini di pagamento brevissimi che è d'uopo accettare per non subire temuti rialzi che il mercato americano spesso impone. In conseguenza questo Sottosegretariato - quando reputa l'offerta necessaria e economicamente vantaggiosa - per assicurarsi il munizionamento per l'Eserci to è costretto a provvedere telegraficamente e all'accettazione delle partite ed alle conseguenti richieste di aperture di credito.»3 1 In ogni caso Dallolio assicurava al Ministro Carcano che sarebbe stata posta ogni cura affinché le segnalazioni delle spese mensili presunte risultassero il più possibile rispondenti all'ammontare degli impegni, riservandosi di comunicare eventuali modificazioni intervenute rispetto alle previsioni. Nel settembre 1916 Dallolio si confidava con la figlia Elsa: «Io ho un mondo di preoccupazioni per riescire a vincere le difficoltà del mercato estero; tutto congiura a rendere più doloroso il calvario dei rifornimenti .»32 L' 11 novembre 1916 Dallolio telegrafava da Londra al Ministro del Tesoro Carcano: «Ieri presso Ministero Munizioni replicato ancor più esplicitamente, ma siccome mi si risponde mancare denari , ho detto apertamente che scopo supremo è la vittoria, quindi dare acciaio voleva dire dare la marcia in avanti al nostro Esercito, altrimenti si cristallizzava il programma. Argomento marcatamente espresso come italianamente lo sento ha impressionato Ministro Munizioni Montagu e Lloyd George che nel Consiglio di Guerra hanno parlato a favore dell'Italia. Anzi devesi intervento personale Lloyd George facilitazioni ottenute da Tesoro inglese. Lloyd George visto in ore pomeridiane durante colazione rappresentanti munizioni alleati, essendogli accanto, ripetutamente mi ha assicurato essere entusiasta Mobilitazione Industriale italiana riconoscendone difficoltà per industrie e materie prime e fermamente deciso assecondarmi essendo richieste nostre conformi scopi finali alleati, desideroso venire in Italia per vedere Stabilimenti e fronte.» 33 Lo stesso giorno Dallolio incontrava il Cancelliere dello Scacchiere, i] qual.e dichiarava che nei successivi mesi di gennaio, febbraio e marzo 1917, avrebbe messo a disposizione, sul totale di 30 milioni di sterline da spendere nel Regno Unito, 6 milioni da impiegare in America, 12 milioni negli altri stati e 12 milioni per gli acquisti nel Regno Unito .
MCRR , fondo Dallolio, b. 953 , f. 11 , I. 5 , Lettera n. 1.695 ciel 28 aprile 19l6, pp. 1-2. n APTGP , ser.ie lettere ai familiari, lettera 14 settembre 1916 a Elsa. .i, APTG, serie fascicoloni, fase. Appuntì 8 ottobre 1916 - 8 febbraio 1917. .i,
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3. Il problema siderurgico Nel 1916 alcuni organi di stampa34 avevano voluto raffrontare la capacità di produzione tedesca a quella italiana, ma l'articolista aveva omesso due fattori importanti della potenzialità tedesca: quello «quantitativo» e quello «economico». Nel marzo 1916 la produzione germanica cieli 'acciaio aveva toccato le 1.131.365 tonnellate, raggiungendo nei mesi successivi le 1.227.120 ,35 cioè dieci volte tanto que11a italiana, la cui media produttiva di lingotti, dalle 87.500 tonnellate mensili del 1915, nel 1916 era salita36 in gennaio a 88.100, in febbraio a 89.070, in marzo a 105.520, in aprile a 98.000, e in maggio a 103.000 tonne11ate. Il Sottosegretariato per le Armi e Munizioni: 1) faceva affidamento, per il prosieguo del 1916, su una produzione mensile di 105.000 tonnellate cli lingotti, alla quale andavano aggiunte 10/15.000 tonnellate mensili cli acciaio americano a fronte di un fabbisogno mensile per i proiettili di 50.000 tonnellate di lingotti; 2) prevedeva una produzione massima, quando sarebbero entrate in funzione a fine 1916 nuove unità, cli 11 O.000 tonnellate mensili pari a una produzione annua di 1.320 .000 tonnellate , a condizione che nel 1917 venisse garantita l'impmtazione cli 400.000 tonnellate di rottami (calcolandone una produzione nazionale annua di 350/400.000 tonnellate), 450.000 tonnellate di ghisa e 2.000.000 cli carbone .37 Restava un divario rispetto al1a potenzialità complessiva dei nostri laminatoi, calcolata in 1..700.000 tonnel1ate annue, che si sarebbe potuto diminuire soltanto ricorrendo a un ulteriore incremento dì importazione d'acciaio clal1 'estero, risultato non ipotizzabile stante la situazione a]Jeata dei trasporti via mare. Ma questi dati - nonostante gli auspici del già citato articolo del Corriere della Sera del 31 maggio non erano ulteriormente incrementabili, tenuto conto delle enormi difficoltà che incontrava la nostra produzione: crisi dei trasporti, deficienza di carbone, mancanza di refrattari. Altro aspetto eclatante era quello economico dato che, calcolando il valore del marco alla pari, il Governo tedesco otteneva il suo acciaio da munizioni a 146/1471ire38 alla tonnellata, cioè a meno di 1/3 del prezzo pagato dall ' Italia.39 Le cause di tale divario andavano ricercate in una differente situazione di base: mentre la Germania disponeva del bacino carbonifero della Ruhr, l'Italia era costretta a importare il carbone dall ' estero a condizioni disastrose dì prezzo e di nolo. Fare della siderurgia con materie prime e carboni a prezzi così elevati equivaleva a far costare la guerra almeno il doppio rispetto agli altri belligeranti e sostenere un onere altrettanto doppio di quello che sarebbe potuta costare se i nostri alleati, soprattutto l'Inghilterra, avessero largheggiato in concessioni di carboni e di noli a prezzi non speculativi, in cambio dei servizi che il nostro Paese offriva all'Intesa impegnando parte dell'esercito austro-ungarico sul nostro territorio. Per ovviare almeno in parte a queste difficoltà, alcuni dei complessi industrìali più importanti cercavano di acquisire delle concessioni minerarie anche all'estero. In particolare, nel febbraio 1917, l'Ansaldo si dimostrava interessata a11'acquisizione dì una concessione (minerale ferroso) della Compagnia Mineraria coloniale a Malgrat, nei pressi di Barcellona, servita da impianti cli ferrovia deucaville e da una teleferica lunga I ,5 chilometrì che trasportava il minerale grezzo sìno a un 'isola artificiale a 400 metri dalla spiaggia, dove potevano attraccare navi da carico sino a 4.500 tonnellate.40
Cannoni e munizioni in Corriere della Sera del 31 maggio 1916. MCRR , fondo Dallolio, b. 954, f. 2 , l. 6, p. 2. 3 r, MCRR , fondo Dallolio, b. 954 , f. 2 , l. 6, p. 3. 37 MCRR , fondo Dallolio, b. 954 , f. 2, l. 6, p. 4. ,sIn Germania le barre cli acciaio , che all'inizio del 19 I 5 costavano 105 marchi la tonnellata, erano lievitate a 147 ,50 nel terzo trimestre del 1916, mentre l' Italia, che nel 191.5 aveva sborsato 450 lire a tonnellata (contratto ILVA del 1915), vedeva lievitarne il prezzo a 780/800 (Lombarde, Annstrong, Terni, ecc .), e riusciva a ottenere un prezzo meno esoso (650/750 lire a tonnellata) soltanto per l'acciaio occorrente per la vergella, paletti, lamiere e profilati diversi. 39 MCRR, fondo Dallolio, b. 954, f. 2, I. 6, p. 2. ,o FONDANSGE , fondo Perrone, SSR, b. 579, f. 24. 34
35
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4. II problema dei refrattari La produzione dell'acciaio non era legata soltanto all'afflusso de11e materie prime dall'estero, ma anche a quello dei refrattari. Il 7 maggio 1916 il Ministro della Guerra Morrone scriveva al Capo di S. M. Cadorna una lettera (preparata da Da1lolio) «riservatissima personale» specificando che «le acciaierie già lavorano in pieno e non possono dare di più , e se la questione dei refrattari - per cui si fà ogni sforzo - non potrà essere prontamente risolta, vi è il caso che esse debbano dimfouire la produzione. La situazione migliorerà alquanto nel venturo semestre per la messa in attività di nuovi forni e del Bessemer a Portoferraio e per un apprezzabile rifornimento di acciaio dall' America.»'11 D'altra parte, in Italia, la deficienza di materiali refrattari si era presentata nella sua gravità sin dai primi mesi del conflitto, tanto da far temere (come aveva scritto il Ministro della Guerra , Morrone, a quello del Tesoro, Carcano, per motivare un'imprevista richiesta di valuta) «una notevole riduzione nella produzione delle acciaierie nazionali» dato che, essendosi «verificati in una sola settimana vari guasti in forni in azione, si fu costretti a chiedere l 'immediata disponibilità della somma necessaria per fissare l'importante partita di metallo.» 42 La produzione dell 'acciaio cui accennava il Ministro della Guerra nella sua lettera, oscillava intorno alle 100/110.000 tonnellate mensili , condizionate da diversi fattori. Prima cli tutto la disponibilità dei mezzi di trasporto per il carbone e i rottami. Erano, però, essenziali anche i. materiali refrattari per la cui disponibilità il Sottosegretariato alle Armi e Munizioni, Dalloho, aveva favorito la costruzione ex novo di uno stabilimento per mattoni di magnesite nei pressi di Pisa, che sarebbe potuto entrare in produzione nel secondo semestre del 1916. Prima dello scoppio della guerra, le parti superiori dei forni Martin esposte alle temperature più elevate utilizzavano materiale refrattario tedesco, ritenuto il nùgliore. Alcune acciaierie (come quella di Terni), disponendo cli forti stock di tale materiale, erano in grndo di assicurare le riparazioni ordi narie per un certo periodo di tempo. Viceversa altre, sprovviste di scorte come l'ILVA, erano costrette a ricorrere ai materiali refrattari americani, inglesi o italiani, ottenendo risultati poco soddisfacenti sia per la qualità, sia per la scarsa dimestichezza con quel tipo di materiale. Altri stabilimenti, infine, come la Magona d' Italia, si erano organizzati in tempo studiando un tipo di mattone refrattario nazionale, resistente alle temperature elevate dei forni Martin, e fabbricato presso lo stabilimento di materiali refrattari di Portovecchio, a Piombino. Venivano così approntati dei mattoni <<silicosi» che assicuravano risultati simili a quelli ottenuti con i mattoni tedeschi prebellici.43 Problema ancor più grave era la quasi assoluta mancanza di mattoni di magnesite, provenienti da]]'Austria e dalla Germania, necessari per la suola e le parti più basse dei forni Martin e per il rivestimento di quelli elettrici. In Italia, l'unica cava di magnesite con caratteristiche analoghe a quella della Stiria, si trovava a Castiglioncello (Livorno), e la Società Italiana Magnesite costruiva gli impianti per l'utilizzazione dei materiali.4'1 Gli Industriali Metallurgici convenivano sulle difficoltà incontrate per sostitu:ire il materiale tedesco con altro proveniente da diversi Paesi, e il Comm. Odero, del Gruppo ILVA, denunciava alcuni intoppi nella sostituzione: «Rimasti senza mattoni tedeschi, siamo ricorsi ai mattoni inglesi; li abbiamo presi da una Ditta ben nota, ma quando invece li mettemmo a posto, dopo poco sono caduti. La Casa era ottima, i prodotti si credeva che fossero buoni, ed invece così non è successo. Come provvedere? Siamo ricorsi adesso ai mattoni americani e speriamo di risolvere il problema coll'aiuto dei materiali nazionali; ma occorre avere la materia per fari i.»45
fondo Dallolio, b. 960 , f. 5 (4). Dallolio, b. 953 , f. 11 , l. 8, Lettera n. 1.897 dell' Il maggio I 916, p. 2. •, MCRR, fondo Dallolio, b. 953 , f. 1, l. 7, p. 9, Relazione su stabilimenti siderurgici italiani. 4 • MCRR, fondo Dallolio, b. 953 , f. 1, I. 7, p. 10, Relazione su stabilimenti s iderurgici italiani . .,; MCRR , fondo Dallolio, b. 953 , f. 1, I. 8, p. 7, Verbale riunione Industriali Metallurgici 2-3 dicembre 1915. 41
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MCRR, fondo
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f1 Comm. Falck, delle Acciaierie e Ferriere Lombarde, nel concordare sul pericolo della cattiva qualità, sottolineava come i materiali refrattari subissero danneggiamenti durante il trasporto in treno, per cui arrivavano «bagnati e spezzati . Le FF.SS. si ostinano a trasportarli in vagoni aperti e quindi vengono deteriorati e l'impiegare i mattoni bagnati nelle riparazioni dei forni porta l' inconveniente che si spezzano facilmente e quindi il risultato è cattivo , e poiché per le riparazioni dei miei forni, che sono assai grandi, occorre un mese ed anche un mese e mezzo, con questa difficoltà si ha una diminuzione sensibile nella quantità di acciaio prodotto. E mi permetto, giacché siamo qui, cli insistere su questo pu nto che può sembrare un dettaglio e che è invece una cosa importante, perché si invitino le FF.SS. a trasportare questi mattoni in carri chiusi o cope11i con teloni incerati.»46 A fine aprile 1916, il fabbisogno mensile italiano in relazione alla produzione siderurgica, era di: 1) 600/800 tonnellate di mattoni refrattari alla magnesite, a fronte di u n quantitativo di 200 tonnellate/mese, messo a disposizione dal Governo inglese, e da altre 320 reperite in Svizzera a condizione che l 'ltalia fornisse un eguale quantitativo di riso; 1) 2 .000 tonnellate di mattoni siliciosi e silico-alluminosi, compensate da u na produzione nazionale di 1.1 00. Il conseguente deficit era colmato in parte da importazioni dall'America, che però lasciavano a desiderare per la scarsa qualità, e per la restante parte da una partita d i 2.400 tonnellate reperite in Svizzera, previo permesso di importazione di olio. Occorrevano pertanto sollecite autorizzazioni agli scambi richiesti dalla Svizzera per tamponare il deficit di refrattari e poter garantire la produzione delle 360 .000 tonnellate di acciaio necessarie alle esigenze di produzione di arm i e munizioni.47 Era un momento di crisi, ma Dallolio assicurava che sarebbe stato superato entro il 1916, dato che «l'industria nazionale, per queste categorie di mattoni, nel secondo semestre cli quest'anno potrà bastare ai fabbisogni nazionali, inquantochè [sic] sono già in corso di costruzione nuovi impianti o ingrandimenti degli impianti esistenti, deliberati e spinti in seguito ad accordi presi o fatti pre ndere, sotto gli auspici del Sottosegretariato, fra i vari produttori ed i più importanti consumatori.»4~ 5. Il problema dei rottami Oltre al rifornimento dei refrattari, incideva ancora, sul problema siderurgico, quello dei rottami . Questi ultimi andavano reperiti anche in mercati lontani. In una riunione d i Industriali Metallurgici presieduta da Dallolio , Pio Perrone (Ansaldo) affermava: «Si hanno dei rottami in Argentina ed a Bombay, si è creato un ufficio con tre ingegneri a New York, e se sarà risolto il problema dei trasporti si potranno tenere in marc ia continua i fornì Martin.»49 Dallolio, nell'aprile del 1.917, inviava una circolare riservata agli Organi della Mobilitazione Industriale per integrare le norme del D. Lgt. n. 354 del 23 marzo 1916 sulla requisizione dei rottam i metallici.50 Di fronte all'esigenza di contenere al massimo gl i acquisti, sia per evitare di aggravare i problemi valutari, sia per l' indisponibilità del tonnellaggio necessario per il loro trasporto e la conseguente lievitazione dei nol i, il Sottosegretario privilegiava la politica del sostegno d i un alto prezzo , pagato esclusivamente all'interno del Paese, per la requisizione dei rottami metallici. In tal modo egli sperava di invogliare la libera offerta non solo di rottami, ma addirittura di quegli oggetti, in buono stato di conservazione ma al momento superflui, quali campane di bronzo non strettamente necessarie alle esigenze liturgiche, e utensili familiari cli rame. La realizzazione degli .alti prezzi del
MCRR, fondo Dallo lio, b.953, f.l, I. 8, p. 9,Verbale riunione lndustJiali Metal lurgici 2-3 dicembre 1915. Il Sottosegretariato Armi e Munizioni calcolava una durata media di un forno intorno alle 500 colate per cui una dispon ibilità cli 40 forni avrebbe assicurato 20.000 colate, con una capacità media di 18 tonnellate d i acciaio, con un quantitativo complessivo cli 360.000 tonnellate. Il tutto, però , era subordinato alla disponibilità cli 40/60 tonnellate cli materiali refrattari, per ogni riparazione, per permettere la continuazione del fu nzionamento . 48 MCRR , fondo Dallolio , b. 952, f . 16, l. 5. 49 MCRR , fondo Dallolio, b. 953, f. I , I. 18, p. 3,Verbale Riun ione Industriali Metallurgici ciel 2-3 dicembre 19 l 5. ;o APTGP, serie fascicoloni, fase.IX, f. 37.
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momento avrebbe dovuto consentire, una volta che a guerra fin ita si fosse ritornati ai bassi prezzi del mercato normale del tempo di pace, di riacquistarne di nuovi, garantendo anche un margine di utile. Il Sottosegretario Dallolio, per raggiungere l'obiettivo di utilizzare a fondo le risorse del Paese, indicava ai Comitati di Mobilitazione Industriale Regionali alcuni presupposti quali: 1) una larga opera di diffusione dei nuovi prezzi per giungere anche in quelle zone laddove i commercianti non ritenevano conveniente farlo; 1) la razionalizzazione della ricerca suddividendo le zone di attività; 1) il celere versamento agli stabilimenti consumatori designati dal Sottosegretariato, al fine di eliminare lunghe giacenze presso :i raccoglitori, .in contrasto con l'urgenza delle necessità. Dallo]io, in sostanza, auspicava una collaborazione «preziosissima che ha sin quì fatto completamente difetto, forse anche perché non è stata abbastanza desiderata, ricercata e richiesta. A questa manchevolezza che poteva essere scusabile nel periodo iniziale di lavoro delle nostre organizzazioni quando tutto era ancora da fare ed a tutto era ancora da pensare, converrà porre riparo ora con ricchezza di iniziativa e raddoppiata solerzia.»·51 6. La risposta del Paese II Generale Dallolio scriveva: «Il Paese non vibra come dovrebbe nella parte industriale. Ho delle preoccupazioni ogni tanto che mi fanno saltare nel mio letto.»52 Egli aveva la sensazione che parte del Paese non si impegnasse a fondo nel sostenere l'esercito combattente; sensazione avvalorata da quanto egli stesso poteva constatare nei suoi giri, nei quali controllava personalmente tutto quanto potesse avere comunque attinenza con la produzione delle munizioni. In fin dei conti, le cause di preoccupazione erano quelle fisiologiche di ogni periodo bellico, ma i tormenti per Dallolio erano dovuti al fatto che a questi mali fisiologici si assommavano quelli patologici dovuti ai contrasti interni. Le lotte per il personale non riguardavano soltanto le maestranze, ma erano rivolte anche ai quadri direttivi: «Certo che il mio calvario è sempre più doloroso. La maggior parte degli Ufficiali vuole lavorare poco e quello che si ha di peggic è che non si sa come sostituirli . Quelli attorno a me fanno miracoli , ma gli altri lontani non comprendono la guerra. Se si sapesse la fatica di spingerli si vedrebbero gli sforzi per arrivare a conclusioni. E dire che son riuscito a far dichiarare a Lloyd George "the enorms progress by the Italian programme" .'>53 Il problema della «comprensione della Guerra» era ricorrente nel pensiero di Dallolio, sin dall'inizio del conflitto, nel 1915: « .. . Questa settimana, posso dire di non aver dormito. Volevo andare un po' a da.re una occhiata a certe cose che camminano non a modo mio ma il quarto d'ora esige la mia presenza sulla breccia. Ancora un po' di energia mi resta e bon grè mal grè farò camminare la baracca a modo mio. Ma in Italia non hanno idea cosa voglia dire lavorare, non hanno idea cosa sia la guerra e come oggi nessun sacrificio si debba risparmiare per vincere. Perdere vuol dire morire e guai ai vinti.»54 L'anno successivo egli scriveva: «Se mi aiutano, se mi lasciano fare arriverò a dei risultati straordinari. Ma se mi attraversano la strada allora metterò un calamaio al mio posto. Sono deciso ad andare avanti a qualunque costo, ma l'inerzia è sussidiata dalla poltroneria e tutte rafforzate dalle difficoltà.»55 Un anno più tardi avrebbe ripreso l'argomento con l'altra figlia: «Tu hai perfettamente ragione ma come puoi predicare a certa gente che siamo in guerra far loro comprendere cosa è la nostra guerra quando non la sentono? Non sai ch' io nel Consiglio dei Ministri sono obbligato a fare il guardiano perché Vo.tTebbero diminuire i miei operai. E come si fa a mantenere la produzione non dico ad intensificarla? Non è possibile che si debba gridare e far suonare la sirena acutamente perché si comprenda che siamo
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lbid.
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APTGP, serie
lettere ai familiari, lettera del 6 ottobre I915 a Elsa. serie lettere aifarniliari, lettera 13 settembre l.916 a Gina . APTGP, serie lettere ai familiari, lettera 4 ottobre 1915 a Elsa. APTGP, serie lettere ai familiari, lettera 7 marzo 1916 a Elsa.
s, APTGP, 51
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in guerra. Tutto oggi è pane, è grano, è zucchero , ma in nome di Dio, si deve impedire a qualunque costo e non lasciare che Deputati incitino le masse alla rivolta.» 56 Durante tutta la guena, Dallolio avrebbe sempre lottato contro chi si impegnava poco: «Le difficoltà sono enormi e le inerzie più enormi dove non si aITiva personalmente impera sovrano il dormiveglia.»57 Egli aveva r:iscontrato questi atteggiamenti non soltanto fra gli addetti alle mansioni esecutive, ma addirittura nelle sfere direttive: «Del resto si ha paura di turbare la digesti.one del Capo Divisione X del Direttore Generale Y del Ministro Z. Se il grido di Thomas "nous sommes en guerre" non si ripete con lo stesso convincimento addio Italia ... non si vince. Abbiamo sacrificato tutti i piccoli, deve essere proprio il nostro turno? Un Paese che ha dato splendidi esempi di vitalità, d'energie, di sangue, di fede deve essere castrato sul più bel1o per non avere il coraggio di andare avanti colla scure ... »58 E ancora, «Se ho ripetuto che sono stanco è perché mi hanno esaur:ito e non è possibile a me svegliare i morti o meglio gli assenti.» 59 Contrasti si riscontravano addirittura nella stessa compagine governativa, al punto che, il 22 settembre 1916, in un lungo sfogo con il Ministro della Guerra Morrone, Dallolio scriveva: «Viene al Sottosegretariato per le Armi e Munizioni, da troppe parti, e talvolta dall'alto, non proprio un contributo di cordiale generosità stimolatrice e di riconoscimento fecondo. Molte peculiari condizioni hanno cospirato a cingere di odi il Sottosegretariato.»60 In tale occasione, infatti, lamentava due episodi che lo avevano mo1to amareggiato. Il primo si riferiva al fatto che il Ministro dei Trasporti,Arlotta, in un colloquio a Parigi con un redattore del Petit .lournal, aveva elogiato la trasformazione dell'industria italiana, mettendone in risalto le capacità di autonomia senza fare alcun accenno all'impalcatura della Mobilitazione Industriale che aveva guidato e retto tale trasformazione. Il secondo episodio era dovuto all'indagine economico-statistico-sociale sulle varie industrie interessate agli approvvigionamenti militari, avviata dal Sottosegretario per l'Industria e Commercio, Morpurgo, avvalendosi delle Camere di Commercio, ma ignorando gli organismi della Mobilitazione Industriale. Di conseguenza, Dallolio non poteva esimersi dal rilevare uno scavalcamento nei confronti del Sottosegretariato Armi e Munizioni, dato che «S.E. il Sottosegretario di Stato per l'Industria ed il Commercio, in poche parole, ordina un'inchiesta, sia pure strettamente obiettiva e statistica sopra un grandioso ordinamento tecnico-statale cui presiede un organo dello Stato stesso ed una conseguente Amministrazione determinata da ben precisi limiti cli competenza e responsabilità. In altri termini vuol dire entrare in organi e responsabilità precise altrui e sovrapporsi anche alle delicatissime ragioni gerarchiche sulle quali si erige l'edificio della superproduzione eccezionale in questo memorando esperimento storico .»61 TI 22 settembre 1916 Dallolio scriveva alla fig1ia Gina: «Ho fatto tante cose, ritrovo sbanata la via da Arlotta e Nava e quindi battaglia per le mie Armi e le mie Munizioni che debbono stare in testa a tutti.»62 Per questi motivi, Dallolio aveva scritto una lettera al Presidente del Consiglio Boselli , e per conoscenza al Ministro della Guerra Morrone: «Parmi utile e savio sottop01Te ali 'E.V. la successione dei sintomi onde viene al Sottosegretariato per le Armi e Munizioni da troppe parti, e talvolta dall'alto, non proprio un contributo di cordiale generosità stimolatrice e di riconoscimento fecondo. Molte peculiari condizioni hanno cospirato a cingere di veli il Sottosegretariato; né vi fu in esso la voglia cli lagnarsene fino a quando l'ombra non costituisce un motivo di indebolimento al lavoro e di non meritata diminu-
serie lettere ai familiari, lett.era 1° agosto 1917 a Elsa. APTGP, serie lettere ai familiari , lettera 24 agosto 1916 a Elsa. sg APTGP, serie lettere ai farniliari , lettera 1916 a destinatario non identificato. 59 APTGP , serie lettere ai familiari, lettera 13 gennaio 19 I 8 a Gina. 00 APTGP. serie fasci coloni , fase. XII, f. 25. 6 ' APTGP , serie fascicoloni, fase. Xli, f. 25. 62 APTGP, serie lettere ai familiari , lettera 23 settembre 1916 a Gina. s<, APTGP,
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zione di fiducia nella pubblica attesa. Credo che la circolare di S .E. Morpurgo63 costringendonù ad uscire dal riserbo, abbia d' uopo di essere chiarita. La Stampa si attribuisce un significato d' iniziativa per un riavvicinamento animatore degli industriali allo Stato. Fine nobilissimo. Però era forse opportuno considerare subito che gli industriali oggi si muovono , presso ché nella loro totalità, dentro l'orbita dello Stato e sotto l'immediata disciplina di esso; e che chiamando la Camera di Commercio a studiare un problema sì complesso mentre si svolge la più intensa speranza storica dell'ordinamento statale sull 'industria libera si fecero organi momentaneamente impertinenti (per non dire incompetenti) ai quali fra l'altro mancherebbero le facoltà elementari nell ' indagine ove il Sottosegretariato per le Armi e Munizioni a ciò non credesse doverli o poterli delegare. Di qui Eccellenza una urgente e limpida necessità: far ch iarire le prerogative e le poderose responsabilità dell 'organo cui ho l'onore di presiedere, in riguardo di quanti si accingono ad avere comunicazioni e contatti diretti ed indiretti con la materia della sua operosità. E con ciò Eccellenza è superfl uo dire come da parte mia si riaffe1mi anzi che negare le nobile finalità della circolare di S .E. Morpurgo e come sarò lieto di contribuirvi in ogni maniera e per tutte le direzioni possibili. Ma altro è collaborare in una stretta disciplina di sforzi, altro è confondere i limiti delle cose e delle persone per un comune danno .»64 7. Il rispetto dei contratti Dallolio doveva vigilare affinché contratti, o peggio semplic i promesse di contratti, non subissero de i dirottamenti. Il 3 agosto 1917 egli segnalava a Nitti: «È mio dovere, per queJla responsabilità a cui mai mi sottrarrò in nessuna circostanza, far conoscere ali 'E.V. che i rifornimenti coll 'America mentre sembravano i più sicuri e caso più unico che raro ci si offrivano i denari purché spendessimo, all' atto pratico tutto sta sfumando. L' America studia come darci i rifornimenti a buon prezzo, intanto di commessa su commessa per conto suo cerca di stornare i nostri contratti a ncora in corso.>>65
Né correva buon sangue tra il Sottosegretario alle Armi e M unizioni Dallolio e gli organi di stampa, che non perdevano occasione per denigrarlo, al punto che, il 24 agosto 1916, il Ministro della Guerra Morrone scriveva al Presidente del Consigl io Boselli: «V.E. espresse il Suo pensiero sulla convenienza che l'opera del Sottosegretariato non venisse turbata o resa più ardua da fallaci ed ingiusti apprezzamenti divulgati specialmente a mezzo dei periodici quotidiani. Le decisioni che V.E. si degnò di parteciparmi mi lasciarono perfettamente sicuro che i buoni frutti conseguenti dai desideri del Capo del Governo non avrebbero tardato a dar forte lena e serenità di spirito a chi senza tregua s ' adopera ad allestire armi e muniz.ioni per i combattenti. Ma a questa speranza, Eccellenza, da alcuni giorni a questa parte diversi periodici hanno dato terribili colpi e con parole e con frasi, e con considerazioni e con commenti che clispiacciono vivamente e non di rado ledono sentimenti ... gettando fors'anche per motivi deplorevoli ed inconfessabili la sfiducia - e con prosopopea cli conoscitore - sul principale e più importante elemento di forza combattiva.»66 Una voce decisamente negativa risulta quella attribuita a Camillo Olivetti, in un articolo senza firma del 1923 conservato presso l'Accademia delle Scienze cli Torino, in cui viene pronunciato su Dallolio un giudizio nient'affatto favorevole , motivato dal fatto che la mobilitazione industriale in Italia, a differenza della Germania, ove era stata affidata al grande organizzatore industriale Rathenau, era stata lasciata ai militari di professione.6' In particolare, «per vecchi criteri imposti dall 'alto e per incapacità
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Dallolio avrebbe ribadito il concetto anche in una lettera a Elsa: «La circolare Morpurgo tratta del dopoguerra ed accenna alle industrie esistenti come se la mobi Iitazione industriale mai fosse stata creata.» Cfr. APTGP, serie lettere ai jàmiliari, lettera 27 settembre 19 I 6 a Elsa. 6 ' APTGP, serie lettere ai familiari , lettera 23 settembre 1916 a Gina. 65 MCRR, fondo Dallolio, b. 953, f. 12, l. 14, p. l. APTG P, serie fasci coloni, fase.X , f. 2. 6 ' Tempi nuovi, (settimanale edito tra il 1922 e 1924) n. 13 gennaio 1923, p. 3.
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ad agire con criteri propri Dallolio respinse l'offerta fatta dall'Associazione Elettrotecnica e dall'Associazione degli Ingegneri di mettere a disposizione del Governo, naturalmente senza compenso, un numero ingente di ingegneri fra cui figuravano i più bei nomi della tecnica italiana , ed affidò invece incarichi delicatissimi a gente che nulla sapeva e nulla era in grado di comprendere. E lo Stato ha pagato . E i Comitati di mobilitazione sono stati fabbriche di imboscati. Dallolio è personalmente un galantuomo ; ma modesto burocrate, digiuno di conoscenze pratiche del1a produzione industriale come lo sono i militari, è rimasto inferiore al suo altissimo e, non neghiamo, difficile posto.»68 Dell'offerta da parte clell' Associazione Ingegneri cui accenna Olivetti, peraltro , non risulta alcuna traccia nel carteggio ufficiale del Sottosegretariato delle Armi e Munizioni custodito presso il Museo Centrale del Risorgimento Italiano. Ma ciò che provoca maggiori perplessità, è il fatto che non ne risulta traccia nemmeno negli appunti privati di Dallolio, né nell'epistolario con le figlie. Dallolio riceveva invece apprezzamenti dal mondo politico-mi litare, infatti Cadorna gli telegrafava: «In nome dell'Esercito e mio ringrazio V.E . infaticabile cooperatore della vittoria. Generale Cadorna»,69 e un mese più tardi riceveva analogo apprezzamento da parte del Presidente del Consiglio Bose]li.
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Tempi nuovi, (settimanale edito tra il I 922 e 1924) n. I 3 gennaio I 923, p. 3 . APTGP, serie lettere ai .familiari, lettera del 12 marzo 1916 a Elsa.
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Capitolo 16
LE «LOTTE» SOTTERRANEE CONTRO DALLOLIO
Contro Dallolio si erano svolte diverse manovre. Uno studioso dell'epoca, infatti, adombrava la possibilità che Dallolio avesse potuto urtare qualche posizione precostituita nell'ambito della «storia della burocrazia» , e per attestarlo riprendeva un articolo del Secolo cli Milano del 22 giugno 1916 sulla Mobilitazione Industriale: « ... Il Generale Alfredo Dallolio, nominato titolare della nuova branca aveva ... le qualità migliori per battere ed approfondire il solco iniziale. E ove abbia dovuto cedere in qualche più rosea aspettazione, a intuito si può affermare che il passo gli fu sbarrato da taluna di quelle maglie strozzatrici che l'inferiorità, l'immaturanza industriale del paese e la scarsa autonomia funzionale, anche contro i principi banditi nel programma di fondazione, gli avranno buttato fra i piedi ... » 1 Non è semplice districarsi nella congerie di risentimenti che possono aver dato vita a questa situazione. Innanzitutto non va sottaciuta l'invidia provocata dalla prestigiosa carriera del Generale Dallolio, che avrebbe innescato il malanimo verso di lui e il suo Dicastero, sia nel mondo militare, sia in quello industriale. Negli ambienti militari, infatti, erano sorte gelosie per le promozioni a carattere eccezionale ricevute da Dallolio: «Quell'articolo 25 se mi ha guadagnato delle simpatie in alto, ha sollevato delle invidie alla mia altezza» .2 D'altra parte egli accennava in modo esplicito ali' ostilità che esisteva nei suoi confronti presso il Comando Supremo,« ... Certi attacchi lombardi e romani di provenienza un po' udinese ... » 3 e dopo pochi mesi, ribadiva le remore che incontrava al Comando Supremo: «Sono stanco, combattono me i Signori di Udine che ho svegliato dai morti, coniugando il facile verbo credere ... ».4 D'altra parte, l' elevazione del Sottosegretariato Armi e Munizioni a rango di Ministero aveva fatto nascere altrettante gelosie in alcuni Dicasteri che temevano una possibile riduzione delle proprie prerogative e competenze.5 Fra l'altro, come Dallolio scriveva alla figlia, era stata montata una polemica che, concatenando una serie di eventi, aveva finito per costituire un teorema contro di lui: « ... Molti fatti accaduti congiurano a mio danno per quanto io non ne abbia colpa e raccolti ad arte finiscono per formare fango dove si divertono e ravvoltano ... ».6 Molti interrogativi sorgono anche dal <<caso Tozzi», del quale l'Ambasciatore Cellere si era riservato di illustrare i «fini obliqui» della «guerra ingiusta, sleale e calunniosa». Poiché è evidente che il Generale Tozzi non costituiva un obiettivo di importanza strategica, doveva costituire un «falso scopo», e allora, per caso, «si scriveva Tozzi ma si sarebbe dovuto leggere Dallolio?» E in caso affermativo, perché? Una risposta parziale, ma docmhentata, la si può trovare in due lettere di Dallolio inviate alla figlia Elsa, di cui la prima, è quella su indicata, in cui egli adombrava gelosie di alcuni ambienti militari per le promozioni a carattere eccezionale ricevute. Un'altra parte de11a risposta la si potrebbe evincere dal-
' E. Toniolo, La Mobilitazione Industriale in Italia, A. Saita & C, Milano 1916, p. 8. APTGP, serie lettere ai familiari, lettera senza data a Elsa. 3 APTGP, serie lettere ai familiari, lettera del 14 marzo 1916 a Elsa. • APTGP , serie lettere ai familiari, lettera 24 agosto 19 I 6 a Gina. 5 V. Gallinari, Il generale A(fredo Datlolio ... , op. cit., p. 132. 6 APTGP , serie lettere ai familiari, lettera del 21 aprile 1916 a Gina. 2
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l'operato di Dallolio, come Sottosegretario prima e Ministro alle Armi e Munizioni poi, in un campo irto di difficoltà, tra rilevanti interessi industriali, tanto che lo studioso Gallinari adombra una «stretta connessione» fra Nitti e i fratelli Perrone, proprietari dell'Ansaldo, che avevano ricevuto dei rilievi per degli insuccessi industriali; connessione che potrebbe anche essere alla base della campagna contro il Ministero delle Armi e Munizioni.7 Una frase sugli intermediari che interferivano nel suo lavoro, faceva trasparire i sentimenti di Dallolio, tanto nei confronti dei proprietari dell'Ansaldo quanto cli Nitti: « ... Bisogna viverci dentro e vedere le difficoltà. Anch'io odio gli intermediari, anch'io vorrei risolvere tutto direttamente ma in certi momenti bisogna fare Flèche di tanti bois allora sempre avanti ... ». Dallolio, inoltre, pur di raggiungere l'obiettivo assegnatogli di produrre e fornire armi e munizioni all'esercito combattente, badava soltanto alla sostanza dei problemi, aggirando, al limite, aspetti formali e regolamentari; comportamento che, ovviamente, gli avrebbe creato incomprensioni, inimicizie, amarezze. Ma andrebbe aggiunta un 'ulteriore chiave di lettura, incentrata su alcuni fatti che, pur non interessando direttamente né il Dicastero Armi e Munizioni né Dallolio, considerato il carattere del Generale sicuramente finivano per avere delle ripercussioni su di lui, uomo d'azione e per d:i più convinto che fosse suo dovere assumersi qualsiasi responsabilità. In un linguaggio criptico, Dallolio indicava anche quella che, secondo lui , era la fonte dell'azione contro la sua persona« ... l'origine di certi attacchi è da cercarsi nel grande negozio di ombrelli o in altra sfera dove il patriottismo passa attraverso il portamonete ... » .8 Pochi mesi dopo, molto più esplicitamente egli si confidava ancora con la figlia: «Molte cose sono differenti di quanto non credi perché c'è della prevenzione del Presidente del Consiglio contro di me. Del resto io non ne parlo che con te ed Alberto, ed il mio ben tacere l'ha riconosciuto anche Orlando che ho rivisto dopo due anni.» A volte gli attacchi a Dallolio non avvenivano direttamente, ma (come nel caso Tozzi) tramite dipendenti che riscuotevano la sua fiducia . La Camera dei Deputati , il 20 dicembre 1917, discuteva l'ordine del giorno dell'On. Pirolini: «La Camera, convinta che l'organizzazione germanofila in Italia è una delle cause principali degli ultimi avvenimenti militari, domanda una politica rispondente alla gravità dell'attuale rivoluzione mondiale e agli impegni assunti cogli Alleati.»9 Nel suo lungo intervento l'On. Pirolìni indicava i Tedeschi residenti a Roma, quelli che lavoravano negli alberghi, nel giornalismo, nel Vaticano, nella nobiltà romana , «alle Armi e Munizioni>>. Fra questi ultimi il Deputato includeva il Maggiore Enri.co Toniolo 10 il quale, quando nel 1911 aveva ri levato un'azienda operante nel settore della carta, che aveva la rappresentanza di diverse Case tedesche, aveva dovuto acconsentire - conditio sine qua non per il passaggio di proprietà - a mantenere tale rappresentanza (il direttore della Ditta era il cittadino tedesco Streetmater, nato in Italia da genitori tedeschi). Nell'Ordine del giorno Pirolini compariva anche il nome di un altro Ufficiale del Ministero Armi e Munizioni , per il quale il Deputato tirava un colpo basso: «Al Generale Dallolio ricordo un altro suo
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V. Gallinari, Il generale Alfredo Dallo/io ... , op. cit., p. 140. serie lettere ai familiari, lettera del 16 agosto 1916 a Elsa. 9 APCD, Legisl. XXIV, 1• Sessione, Discussioni, Voi. XIV, pp. 15.297-15.323. 10 li Maggiore (di complemento) Enrico Toniolo era un industriale della carta che nel I 911 aveva rilevato l'azienda Luigi ZuaneHi di Milano la quale, a causa della dipendenza della industria cartacea italiana da quella tedesca per la cellulosa e pasta di legno, per le macchine e i prodotti chimici, aveva una fortissima rete di reciproci interessi e uno scambio assiduo di relazioni commerciali. La ditta Zuanelli aveva, sin dalla sua costituzione, la rappresentanza di diverse ditte, fra le quali le principali risultavano essere la Fuhlner di Wannbrunn in Slesia (macchine per cartiera), Hein Offenbach sul Meno, Papyrus per la collatura della carta, Schopfer di Lipsia (apparecchi di precisione). La Zuanelli, inoltre, era depositaria cli diverse altre case Joachim & Sohn Scheweinfurt in Baviera (macchine per la fabbricazione della cmta e cellulosa, Kellner (fornitrice cli carta), Victor Jockey (fabbrica di cartone). ~ APTG P,
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uomo di fiducia, il Maggiore Cicogna, del quale parleremo insieme qualche volta, anche per togliere cli mezzo una quantità cli penombre che riguardano le sue manifestazioni germanofile.» 11 Nella seduta dell' j ndoman i, 2 1 dicembre 1917, il Generale Dallolio respingeva le accuse affermando: «La Camera mi permetterà di compiere un dovere perché io ritengo che sia supremo dovere di un Ministro quello di tutelare sempre ed ìn ogni circostanza i propri inferiori. Si è parlato ieri di due ufficiali superiori, che fanno parte del Ministero delle Armi e Munizioni, del colonnello Cicogna e del maggiore Toniolo. Tutti san no che questi due ufficiali, da due anni e mezzo appartengono al Ministero che ho l'onore cli presiedere e debbo d.ire francamente che, finora, hanno fatto completo il loro dovere, dando continuamente prova cli attività, di intelligenza e di entusiasmo, per un lavoro attivo come quello che si richiede e si deve fare nel Ministero delle Armi e Munizioni. Ma vi fu un momento nel 1916 in cui delle accuse, delle osservazioni, delle ombre balenarono sull'orizzonte contro questi due egregi ufficiali. Tutto fu esaminato, tutto vagliato , tutto scandagliato e , tutto quanto è stato riferito qui era conosciuto sì da allora. Il risultato fu che nessun addebito poteva farsi a questi due egregi ufficiali. Aggiungo di più che il Toniolo ha scritto un libro, che posso mostrare. Esso porta il semplice nome di Enrico Toniolo. Bisogna leggerlo tutto questo, non citarlo qua e là. a sbalzi. Comprendo perfettamente che vi possa essere tra le righe qualche cosa che dia luogo a qualche osservazione, ma è tutto il pensiero che vedere lì dentro, tutto il concetto che è quello della Mobilitazione Industriale, e leggendolo tutto ci si vede lo spirito il più puro, il più fervido sentimento di italianità per le nostre industrie di oggi e per quelle avvenire. Quale è lo scopo? Liberarci dalle branche delle tenaglie di qualunque genere ... Prometto però alla Camera che quando mi saranno consegnati i documenti o le spiegazioni che riguardano quegli ufficiali cui ho accennato, li esaminerò con tutta coscienza, perché se mai ci possa essere qualcosa compirò tutto il mio dovere. Poiché l'eguaglianza cli fronte al dovere deve essere comune a tutti i gradi della gerarchia. Noi dobbiamo aver fede nei nostri inferiori e ritenerli sempre meritevoli della nostra fiducia, pronti, se mai, ad esercitare il dovere di punire col rigore indiscutibile di un obbligo morale. Dico ciò con la certezza di poter confermare quello che dimostrai, e che confermo, che sono ufficiali i quali hanno fatto, fanno e faranno sempre completamente il loro dovere per la difesa del paese ... >> .12 Dallolio, infatti, aveva grande stima e fiducia per i due Ufficiali citati nell'Ordine del giorno alla Camera: <<l due o tre stabilimenti di Torino e lo Stabilimento Ansaldo fanno onore all 'Italia. A Genova (Sampierdarena) ci hanno accolto in modo veramente entusiasta. Tutto è andato bene: cielo, terra, uomini e cose. Voleva [A lbert Thomas, Ministro francese delle Armi e Munizioni] assolutamente portarmi con lui a Parigi, dice che Lloyd George mi aspettava impazientemente a Londra, dice che noi tre possiamo fare miracoli. È rimasto incantato della nostra Mobilitazione Industriale ed i miei due Capitani (Tonio lo e Cicogna) gli hanno fatto trovare due relazioni in francese che erano due capolavori. Abbiamo ragionato e discusso per delle ore ed è partito abbracciando me . .. » .13 A carico di Toniolo veniva svolta un'approfondita inchiesta che si concludeva il 28 giugno 1918, allorché il Ministro della Guerra gli scriveva: «Esaminati i risultati dell'inchiesta ordinata a suo tempo dalle LL.EE. i Ministri Dallolio e Alfieri circa le accuse mosse al di Lei operato, non ho difficoltà a dichiararLe che l'inchiesta stessa conclude in senso a Lei favorevole essendo risultati destituiti di fondamento e gli addebiti e le accuse direttamente e indirettamente mossele.» 14 R imane però un dubbio su un 'eventuale regia occulta dì Perrone versus Toniolo , poiché il Sottosegretario Bignami, nel trasmettere i risultati dell'inchiesta al Ministro Dallolio, aggiunge che «la relazione gi ud ica "né serena, né obbiettiva" la campagna del Comm. Pio Perrone contro il Toniolo.» 15
Legisl. XXIV, l" Sessione, Discussioni, Voi. XTV, p. 15.297. Legisl. XXIX, l" Sessione, Discussioni, Vol. XTV, pp. 15.344-15.345. 13 APTGP, serie lettere ai familiari, lett.era del 7 marzo 1916 a E lsa. 1 • ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni, Ufficio Storiografico Mobilitazione, b. 2. i; ACS , fondo Mi11istero Anni e Munizioni, Ufficio Storiografico Mobilitazione, b. 2, lettera del 15 maggio 1918 a Dallolio, p. 2. 11
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Capitolo 17 LE PRIME DIMISSIONI DI DALLOLIO (POI RIENTRATE) DA SOTTOSEGRETARIO DI STATO
Il 4 aprile del 1916 avveniva un fatto che avrebbe potuto provocare serie ripercussioni sul funzionamento del Sottosegretariato alle Armi e Munizioni. Il Ministro della Guerra Zupelli chiedeva le dimissioni (peraltro preannunciate da parecchi mesi) 1 dall'incarico e Dallo]io, per coerenza, presentava le proprie da Sottosegretario di Stato per le Armi e Munizioni. Sulle dimissioni di ZupeJli avevano pesato diversi fattori, almeno in parte già esaminati: la complessità della situazione politico-istituzionale e la situazione di contrasto fra Governo e Comando Supremo. Ma è innegabile l'esistenza di frizioni fra il Ministro deJla Guerra e Cadorna, Capo di S. M. dell'Esercito, il quale riteneva sua esclusiva prerogativa la condotta della guerra. Gli attriti erano sorti già nel luglio del 1915 per questioni di bilancio, dovendo il Ministro Zupelli tener conto delle limitazioni di fondi imposte dal Tesoro.2 Né Zupellì avrebbe potuto comportarsi diversamente, dato che la situazione finanziaria era tanto drammatica da porre il dilemma: ritirarsi dal conflitto o rischiare il fallimento. Le esigenze prospettate da Cadorna, infatti, comportavano una spesa di sei miliardi sino al maggio del 1916, e dn nove sino a settembre dello stesso anno:' Lo scontro Cadorna-ZupelJi era iniziato a causa della chiamata alle armi della classe 1896, che il Capo di S. M. dell'Esercito avrebbe voluto effettuata entro novembre, in modo da avere la forza addestrata e disponibile all'inizio della primavera 1916, mentre il Ministro intendeva rimandarla per motivi di economia.4 Alle rimostranze di Ca.doma, Zupelli si dimetteva immediatamente. Poi la questione si appianava, Zupelli ritirava le dimissioni, e la classe 1896 veniva chiamata alle armi a fine novembre. Restava tuttavia sul tappeto il problema dell'ampliamento dell'Esercito con nuove unità, il cui progetto era stato presentato dal Comando Supremo al Ministero della Guerra il primo luglio 1915. In merito rispondeva direttamente Salandra, specificando che il relativo onere superava notevolmente le possibilità di bilancio, anche se ciò provocava il risentimento di Caclorna che minacciava, in caso di mancato accoglimento delle sue richieste, cli non potersi adattare «a diversa soluzione» .5 Il che significava dimissioni. Il problema veniva affrontato da Sonnino, che chiedeva un prestito di cento milioni di dollari agli Stati Uniti. Il Ministro del Tesoro Carcano , per rendere possibile il pagamento delle ingenti somme dovute per le forniture cli materiali militari, il 12 ottobre 1915, raccomandava al Ministro della Gue1Ta di soddisfare i creditori, in tutto o in parte, con buoni del Tesoro ordinari, a scadenza un anno, fruttanti l'interesse del 4,25%.6 Carcano, pertanto, sollecitava l'inserimento nei contratti cli una clausola di commutabilità di quanto dovuto, in una quietanza per acquisto di buoni del Tesoro all'ordine dei titolari delle imprese.7
' APTGP, serie
fascicoloni , fase . Dal 1915 (9 luglio) al 1916 (4 aprile), p. 21. P. Melograni , Storia politica, ecc. op. cit., p . 75 . 1 • M. Montanari, Politica e strategia ..., op. cit., p. 212. 4 lbid., p. 21 1. 5 L. Cadorna, La guerra alla fronte italiana fino all'arresto sulle linee del Piave e Grappa. 24-5 1915 I 9 ll-1917, Treves , Milano I 92 l , pp. 80-81. 6 MCRR, fondo Dallolio, b. 953, f. 4, l. 3. 7 Carcano poneva in evidenza i vantaggi di tale operazione: la sicurezza d'impiego; la redditività; le garanzie in caso cli furto, smarrimento o distruzione; la possibilità di «girare» i Buoni del Tesoro utilizzandoli, quindi, anche per ottenere anticipazioni da Istituti di emissione e di credito. 2
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Lettera di dimissioni di Dallo/io da Sottosegretario di Stato del 5 aprile 1916. (Istituto Storia Risorgimento Italiano, F Dal/olio, b. 944,f. 13, l. 7)
Gli screzi tra Cadorna e Zupelli , inizialmente soltanto di carattere economico, si trasformavano, ben presto, in scontro aperto sulla condotta della guerra quando quest'ultimo , il 26 gennaio 1916, illustrava le linee guida di un suo piano per isolare Trieste ; concetti che aveva già espresso in un memoriale riservato preparato da lui stesso per Salandra. Questo memoriale, in pratica, bocciava il piano di Cadorna, che si proponeva di trascorrere l'inverno senza svolgere azioni offensive in grande stile. Zupelli, infatti, riteneva conveniente impadronirsi del Carso e precludere le vie di comunicazione con Trieste, realizzando il principio della «massa» su un breve tratto di fro nte, anziché disperdere le forze su larghi tratti. Si trattava di un'aperta violazione del concetto di separazione dell'azione fra Ministro e Capo di S. M ., voluta da Caclorna, in quanto il Ministro entrava pesantemente nella concezione strategica della guerra, che il Capo di S. M. riteneva di sua esclusiva competenza. Pertanto Cadorna, il 27 febbra io, cercava di imporre a Sal andra l' allontanamento di Zupelli: «O via lui o via io».8 Salandra impartiva, telegraficamente, una lezione di diritto costituzionale a Cadoma, ricordandogli che la revoca dei Ministri competeva soltanto al Sovrano e quindi il Presidente del Consiglio non poteva svolgere una simile azione «per invito o suggerimento di qualsiasi altra autorità civile o militare per quanto elevato ne sia il grado».9 Cadorna replicava chiedendo le dimissioni, al che Salandra rassegnava le proprie spiegando al Re che, in quel momento, riteneva fosse «nell'interesse del paese mi nor danno cambiare il Ministro che non cambiare il Capo di Stato Maggiore» .10 L' intervento diretto di Vittorio Emanuele III riusciva a ricomporre la situazione fi no al 9 marzo , quando Zupelli , prendendo a pretesto la campagna giornalistica in corso, decideva di dimettersi .
P. Melograni, Storia politica , ecc. op. cit., p. 181. /bid.,p. 182. IO) lbid. , p. l 83 •
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lettera di Dal/olio del 6 aprile 19i 6 che accetta di ritirare le dimissioni . (Istituto Storia Risorgimento Italiano, F. Dal/olio, b. 994,f 13, l. 7)
La questione veniva affrontata anche dalla Camera dei Deputati nelle sedute del Comitato segreto deciso il 20 giugno 1917 e successivamente nella seduta del 30 giugno 1917, durante la quale il neoPresidente del Consiglio , Boselli, affermava: « . .. Le relazioni tra il Governo ed il Comando Supremo procedono nei migliori dei modi. E questo io debbo soggiungere, che il Governo sente ed assume tutta la responsabi lità che gli spetta, perché il Governo, che sceglie il supremo Comandante e lo mantiene nel suo comando , ha la responsabilità del l'opera di lui .» 11 Ma q ueste parole non bastavano a tacitare gli animi, tanto che l'On. De Viti De Marco ribatteva che con quella dichiarazione il Presidente del Consiglio « ... ha negato la esistenza stessa del problema, che ci ha lungamente preoccupati nelle sedute del Comitato segreto, e dimostra la incapacità del M inistero a risolverlo. In queste condizioni è evidente che la crisi sostanzialmente e virtualmente permane, e che aspetta di essere risol uta .» 12 Al posto del dimissionario Zupelli veniva nominato il Generale Morrone del quale Dallolio scriveva nei suoi appunti: «Non c'era intima conoscenza fra di noi, ma siamo sempre rimasti buoni amici sino al g iorno della sua morte.» 13 Come detto sopra, Dallolio, per coerenza, alle dimissioni del Ministro della Gue1Ta aveva fatto seguire le proprie da Sottosegretario. Salandra gli aveva scritto immediatamente, pregandolo di ritirare le dimissioni, pur comprendendo «il delicato sentimento» che l'aveva indotto a quel passo, e dimostrandosi sicuro che avrebbe continua-
XX, 3'' Sessione, Discussioni, Val. XIII, p. 13.692. Legisl. XX, 3a Sessione, Discussioni, Voi. Xlll, p. J.3.698. 13 Il Generale Mo1TOne proveniva dalla Fanteria , non dal!' Artiglieria come Dallo li o e , all'epoca, le Accademie con le Scuole cli Applicazione delle due Armi erano distinte. " APCD, Legisl. '2
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to a prestare «l'opera sua preziosa nello importantissimo ufficio». Il 6 aprile Dallolio garantì a Salandra che avrebbe« . .. continuato a prestare l'opera con tutte le forze dando tutto me stesso per un compito che ogni giorno diviene più difficile ... ». 14 Nella sua linea d'azione Dallolio aveva trovato conforto nell'epistola del fratello Alberto, il quale gli aveva comunicato la sua totale approvazione aggiungendo che era preciso dovere del Sottosegretario alle Armi e Munizioni «restare al proprio posto». Quindi il Generale ai era accinto ad annotare: «C'era il presagio di gravi avvenimenti e di giorni più difficili, e allora mi accinsi serenamente a percorrere la mia via, con fede nei nostri destini.» 15 Attestazioni di stima gli erano pervenute anche dal Generale Senatore Viganò: «Dallolio sono contento della sua conferma a Sottosegretario alle Armi e Munizioni. Sarà duro il combattere ma oggi è un dovere verso la Patria» 16 - Viganò, sin da quando Dallolio era stato Allievo in Accademia, gli aveva dimostrato «la maggiore benevolenza».
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I. 7 . serie fascicoloni, fase. Dal 1915 (9 luglio) al 1916 (4 aprile), p. 22.
,. MCRR, fondo Dallolio, b. 944, f. 13, '5
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Capitolo 18 LA MOBILITAZIONE INDUSTRIALE CREATA DA DALLOLIO: ORGANI CENTRALE E PERIFERICI
La Commissione d'Inchiesta per l'Esercito (istituita con le leggi 6 giugno 1907 n. 287, 28 giugno 1908 n. 301 e 30 giugno 1909 n. 4 12), evidenziava come il Ministero della Guerra avesse accertato le risorse che l'industria nazionale era in grado di fornire: «Le officine metallurgiche italiane sono in condizioni di poter fornire ferro omogeneo ed acciaio fuso fucinato, laminato o profilato in condizioni meccaniche determinate ed in quantità sufficienti al bisogno. Si possono avere dalle officine italiane cupole per batterie corazzate, cannoni ed elementi di cannoni di ogni calibro, proietti perforanti, affusti in ferro ed acciaio, con tutti i congegni di puntamento, installazioni di difesa per corazze e cupole nei grandi stabilimenti di Pozzuoli, Terni e Spezia. Per la fornitura di proietti si può contare del pari sull'industria privata.» 1 La stessa Commissione, inoltre, fra le cause di disfunzione dell 'Esercito, individuava l'assoluta separazione esistente fra il Ministero della Gue1Ta e quello della Marina che non agevolava affatto la specializzazione delle industrie: «Un'intesa fra le due Amministrazioni della Marina e della Gue1Ta, per mantenere una conveniente unità d'indirizzo nella distribuzione dei lavori e facilitare la specializzazione della produzione di questi stabilimenti, sarebbe assai opportuna perché condurrebbe ad un miglioramento nella tecnica e nella economia della produzione e ad un perfezionamento nei prodotti. Qualcosa deve essersi tentato nel senso di unificare i tipi di prodotti, anni e mezzi di difesa, senza alcun risultato, ma si potrebbe piuttosto ottenerlo col ripartire e specializzare le produzioni delle diverse officine, assecondando in ciò le tendenze dei produttori.>>2 In pratica rispuntava fuori il problema della duplicazione di spese (e di sforzi) denunciata nel 1901 dall'On. Alfan de Rivera e ripresa , successivamente, dal Ministro del Tesoro Carcano e dal Capo di S. M. del1a Marina. Dopo la fine della Grande Guerra, in sede di esame delle spese del conflitto, ]a Camera dei Deputati avrebbe approfondito la situazione dell'industria di quel periodo, rilevando che «disgraziatamente in Italia la preparazione j ndustriale-tecnica non è ali' altezza delle grandi industrie cl' oltre Alpe meravigliosamente organizzate. Esiste invece un'industria metallurgica fittizia giacché mancano le relative materie prime che sono un fattore di capitale importanza tra gli elementi meno appariscenti dell'organizzazione dell'Esercito. Vivono , è vero, alcune industrie meccaniche perché hanno per principale cliente lo Stato, ma appena manca il carbone il rame, il nichel, l'antimonio, il ferro-manganese, il cromo ecc. tutto si arresta per fare delle dolorose constatazioni.>> 3 Il Paese, pertanto, era costretto a prendere atto di come, a differenza degli alleati o avversari, «mancasse del tutto o quasi presso di noi prima della guerra una esatta concezione di tutto ciò che attenevasi alla creazione di quell'esercito industriale, che doveva agire in modo non meno poderoso intelligente ed energico accanto all'esercito combattente, per fornire a questo tutto quanto occorreva per vivere ed operare.»4 L'Italia, anche a causa della dichiarazione di neutralità dell'agosto 1914, si era presentata ali 'incombente conflitto senza strumenti legislativi idonei alla costituzione di una «massa industriale» in grado di corrispondere alle esigenze di un lungo periodo bellico. Non era stata preordinata una programmazione degli sforzi industriali e mancavano gli Organi necessari a coordinare sia i diversi Dicasteri nella loro
F. 9 1-2, Relazione della Commissione d'inchiesta per l'Esercito, p. 229. fondo F. 9 1-2, Relazione della Conunissione d 'inchiesta per l'Esercito, p. 230 . 3 APCD, Legisl. XXVI, sess. 1921-1923, Doc., Dis . Leggi e Rel. , Doc. XXI, Voi. TI, p. 8. , lbid. 'AUSSME, fondo
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attività di preparazione bellica, sia la condotta logistica del1a guerra; manchevolezze da ascrivere princìpalmente alla concezione post-cavouriana, che aveva privilegiato il sistema dello Stato/Ente-industriale rispetto all'imprenditoria privata, per cui il particolare settore della produzione bellica aveva trovato il suo punto di appoggio essenzialmente negli Arsenali militari anziché nell' industria privata. Incominciava così la messa a punto del corpo normativo propedeutico alla creazione della struttura di Mobilitazione Industriale (MI) così come sintetizzato nella Tabella XI.
Tabella XI
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DECRETO.
MATERIA
R.D. n. 770 del 4 agosto 1914
Autorizzazione della «deroga temporanea» alle norme su1la Contabilità Generale dello Stato per i Ministeri della Guerra e della Marina per quanto riguardava l' approvvigionamento dei materiali bellici .5
R.D. del 29 aprile 1915
Introduzione dell'istituto delle «esonerazioni temporanee» con il quale venivano esonerati temporaneamente dal servizio di leva i militari richiamati per l'utilizzazione negli stabi limenti privati che lavoravano «per I'Esercito e l'Armata» (a integrazione della <<dispensa definiva») per garantire continuità del lavoro da parte degli operai specializzati.
R.D. n. 597 del 22 maggio e R.D. n. 771 del 23 maggio 1915
Dichiarazione della Mobilitazione Generale.
R.D. n. 993 del 26 giugno 1915
Conferimento al Governo della facoltà cli imporre all'industiia privata le opere occoçren6 per aumentare la potenzialità dei prodotti di interesse dell'Esercito , obbligo agli industriali di fabbricazione e fornitura del materiale necessario agli usi dì guerra, sottomissione - occorrendo - del personale lavoratore alla giurisdizione militare al fine di garantire la continuità della produzione.
R.D. del 17 giugno 1915
Riguardava quelli che prestavano servizio presso: - aziende private incaricate del1o svolgimento di servizi pubblici di interesse na.z ionale o di lavori per conto dello Stato; - aziende statali o degli enti locali ai quali erano stati affidati compiti di servizi pubblici di interesse locale, o che 1ifonùvano di materie prime gli enti di cui sopra; - grandi stabilimenti industriali di interesse per l'economia nazionale. Per tutte le categorie interessate vigeva la regola che i licenziamenti, o i passaggi da uno stabilimento ali' altro potevano avvenire soltanto dietro 1'autorizzazione del ctvn regionale interessato.
R.D. n . 1.065 del 19 luglio 1915
Istituzione del Comitato Supremo per i rifornimenti delle Amù e Munizioni e del Sottosegretariato delle Armi e Munizioni «che posto alle dirette dipendenze del Comitato Supremo, veniva delegato all'organizzazione e all'esecuzione dei piani predisposti dalle autorità civili e militari.»6
Deroga poi estesa a tutta la durata del conflitto dal D. Lgt. n. 1.842 del 31 dicembre 1915. U.M. Miozzi,La Mobilitazione Industriale italiana (191 5-1918), La Gol iardica, Roma !980, p. 43.
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Alla stesura del necessario Regolamento 7 per l' applicazione del suddetto corpo normativo contribuiva il Generale Dallolio. Con questo strumento quindi, anche sulla base dell 'esperienza di altri Paesi, venivano messe a punto le linee guida della nuova struttura italiana: «Rendere l'organismo della Mobilitazione Industriale semplice, decentrato e sollecito, con Organi esecutivi locali in contatto diretto con gli uomini , con le cose, con le questioni da risolvere; farlo agire rapidamente e con la maggiore uniformità possibile in tutto il Paese ricevendo istruzioni generali da un unico Centro; tenerlo sotto l'influenza immediata ciel Governo ed assicurare agli operai sia civili che militari equo trattamento dando loro anche facoltà di ricorso ove si credessero lesi nei loro diritti, pur senza ammettere però la minima interruzione del lavoro.»8 Il neocostituito Sottosegretariato per le Armi e Munizioni predisponeva subito il «Piano Generale di Mobilitazione industriale» , con due decreti (26 luglio e 22 agosto) che fissavano la normativa generale per il coordinamento dei varì servizi. Dallolio pensava di creare un «Esercito industriale» atto a sostenere l'esercito combattente , mediante l'integrazione della struttura industriale militare (Arsenali e Fabbriche d'Armi) con quella civile, risolvendo i problemi di coordinamento emersi in passato fra queste due componenti, a causa della loro conflittualità. La «filosofia» della Mobilitazione Industriale di Dallolio era quella della creazione, alle spalle del1'esercito combattente, di un altro esercito, incentrato su:i lavoratori, in modo che «il soldato che è in trincea sappia che dietro di lui c' è un altro soldato che veglia , che lavora, che produce bocche da fuoco e munizioni, questo sia il sentimento un.anime , preponderante, sia il primo dovere di tutti.» 9 L' «Esercito industriale» si basava anche sulla possibilità di successive aggregazioni per migliorare il proprio prodotto. Djceva Dallolio: «Occorre prima di tutto curare la qualità e la bontà del prodotto. I piccoli a poco a poco si aggrupperanno attorno ai più grandi, o ad uno stabilimento militare. Si è dovuto e voluto lasciare fare l'esperimento.»J 0 Usando le parole di Miozzi: «L'Esercito , per assolvere efficacemente al suo comp:ito, aveva bisogno che alle sue spalle lavorasse, sul fronte interno, un altro esercito, non meno valido ed efficiente, ricco di energie morali e fisiche , di intelligenza e di lavoro, considerando che questo non meno che quello impegnato al fronte, doveva essere guidato con la necessaria precisione, ordine e sicurezza, senza sottovalutare le difficoltà che comportavano le sue attività.» 11 Presupposto indispensabile per creare l' «Esercito industriale» era la concordia nazionale, perciò il Generale Dallolio, nel momento più grave per il Paese, spronava gli operai degli. stabilimenti industriali italiani: «In questa ora grave per la Patria faccio appello agli operai italiani perché cessi ogni disaccordo pensando ai soldati che combattono e vegliano, ai profughi che più soffrono la dura prova, e sorga invece la grande concordia di tutte le maestranze italiane. Datemi la continuità del lavoro , datemi il lavoro fecondo, datemi la tanto auspicata concordia tra operai e industriali, ma datemela tutta e col cuore come il miglior cemento per mantenere salde le creazioni della Mobilitazione Industriale per la risoluzione del vasto problema dell'armamento e del munizionamento. Per la fortuna e la salvezza della Patria rispondete al mio appello con una sola parola: pronti.» 12 Dallolio sintetizzava così il suo impegno per poter creare la struttura della Mobilitazione Industriale: «Alla Mobilitazione Industriale ho dato l'anima mia, ed ora attraverso un quarto d'ora difficile per farla valere come vale, perché i Signori burocratici dell'agricoltura vogliono guastarla. E così, succede in
Approvato con D. Lgt. n. 1.277 del 28 agost.o 1915. APCD, Legisl. XXVI, Sessione 1921- I 923, Doc., Dis. Leggi e Rei., Doc. XXI, Vol. TI, p. 8. 9 ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni , Miscellanea Uffici diversi, B. 265 , Verbali adunanze CMr per l'Italia meridionale , seduta del 18 marzo 1917, p. 1.089. "> MCRR , fondo Dallolio , b. 953, f. 1, I. 8, p. 16 ,Verbale Riunione lndustriali Metallurgici del 2-3 dicembre 1915. "U.M. Miozzi , La Mobilitazione lndusJ.riale italiana ... , op. cit., pp. 42-43. 12 Jbid ., p. 69.
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Italia dove tutto deve subire leggi, essere condito col sugo di paragrafi e non vogliono le cifre, le leggerai sul lavoro fi nale che vi lascerò in eredità e che stò facendo giorno per giorno e vedrete la fatica apparente, non i dolori ... ».' 3 I caposaldi della nuova organizzazione, prefigurata dal Sottosegretario Dallolio, venivano illustrati nella relazione del Ministro della Guerra al Comitato Supremo per le armi e munizioni ed erano: 14 - semplicità e decentramento, da realizzare attraverso organi esecutivi locali in contatto diretto con i problemi da riso! vere; emanazione di istruzioni generali da un unico centro direttivo, collocato logicamente al Ministero della Guerra, per garantire uniformità in tutto il paese; azione diretta del Governo, a cui era riservato il più ampio potere esecutivo; garanzia agli operai, sia civili che militari, di equo trattamento e facoltà di ricorso, ove si credessero lesi nei loro diritti. A ogni modo, la relazione riconosceva agli industriali la necessità di disporre della loro libertà nella conduzione dei programmi di lavoro, per ottenere il massimo rendimento dai loro stabilimenti. Per questo, come recitava l'articolo 29 della relazione, non dovevano essere mai distratti « ... dalle loro funzioni direttive, amministrative e tecniche per futilità formali e burocratiche.>> «Alla vera mobilitazione industriale, che il Generale Cadorna aveva sollecitato da tempo, si cominciò a pensare seriamente soltanto nell'estate del 1915, dopo tre mesi di crudeli insuccessi e di inutili minuscole vittorie locali su tutto il fronte , da cu.i emergeva la piena conferma della superiorità assoluta di un belligerante ben provvisto di mezzi tecnici e balistici sopra un altro belligerante troppo male provvisto, anche se animato dalle più fiere attenzioni.» 15 In questa situazione il «fattore tempo» assumeva particolare importanza, per cui «il Generale Dallolio in una circolare del 29 marzo 1915 nella sua qualità di Capo dell'Amministrazione delle Armi e Munizioni, due mesi prima dell'entrata in guerra, faceva presente come in definitiva il fattore tempo dovesse avere la precedenza su qualsiasi altra considera2.1one, autorizzando l'Ispettorato delle Costruzioni d'Artiglieria a concedere premi sulle eventuali consegne in anticipo.» 16 /
L'esperienza maturata da Dallolio presso la Direz.ione Ge.'erale di Artiglieria e Genio, riguardo all'ammodernamento delle artiglierie metropoli tane e alla creazione dell'Aeronautica, era stata il banco cli prova che poi lo avrebbe indotto a perseverare nello sforzo di rinnovamento dell'apparato produttivo bellico - sia quello dipendente dal Ministero della Guerra, si.... quello civile - e dar vita a un' Industria nazionale libera da condi.zionamenti esteri. Su quest'ultimo aspetto è significativa la risposta data dal Generale Dallolio al Comm. Pio Perrone dell'Ansaldo che paventava presunte infiltrazioni francesi nella società Cogne. Comitato Centrale di Mobilitazione Industriale - CCMI Le linee guida preconizzate da Dallolio, nominato Sottosegretario per le arm i e munizioni il 9 luglio 1915, nel suo promemoria «Organizzazione industriale per risolvere il problema del munizionamento» del successivo primo agosto, avrebbero costituito «Io schema base della Mobilitazione Industriale», sancita poco dopo con la pubblicazione del D. Lgt. del 22 agosto 1915. In base al regolamento della Mobilitazione Industriale vennero costituiti il Comitato Centrale di Mobilitazione industriale e sette Comitati regionali. 17
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APTGP, serie lettere ai.famìliari, lettera 21 settembre 1916 a Elsa. E. Toniolo, la Mobilitazione Industriale in Italia, op. cit., p. 7. 15 A. Valori, La guerra Italo-Austriaca (1915-/918) , Zanichelli, Bologna 1920, p. 76. 16 A. Valori, la con.dotta politica della guerra, Corbaccio, Milano 1934, pp. 296-297. 17 M. Mazzetti, L'industria Italiana nella Grande Guerra, USSME , Roma 1979 , p. 13. 1 "
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Il Comitato Centrale di Mobilitazione Industriale (da ora in po i CCMI), era presieduto dal Sottosegretario alle Armi e Munizioni e composto da un Ufficiale Generale dell 'Esercito o un Ammiraglio , un Consig1iere di Stato, un fu nzionario del Ministero del Tesoro e quattro persone estranee all'Amministrazione, ma di speciale competenza in materia. Oltre a essere organo consultivo dei Ministri della Guerra, della Marina e del Tesoro, su studi e proposte tendenti a migliorare e aumentare 1a produzione degli Stabilimenti mobilitati, il CC.MI aveva funzione di coordinamento dei Comitati di Mobilitazione Industriale regionali, e costituiva Organo di 211 istanza nelle controversie fra maestranze e industriali. A queste attribuzioni veniva ad aggiungersi anche la nuova attività igienico-sanitaria,18 per la quale si prevedeva che gli Organi della Mobilitazione Industriale collaborassero 19 al fine di conseguire «.il miglioramento igienico delle condizioni di lavoro, lo sgombero di locali affollati, il miglioramento nella illuminazione dei posti di lavoro, la sistemazione o costruzione di spogliatoi, di latrine, impianti di lavabi, di sbocchi d'acqua potabile, la costruzione di refettori , l'uso o miglioramento di mezzi di difesa personale (abiti da lavoro, cuffie, zoccoli, guanti, ecc.) la costruzione o sistemazione di impianti cli ventilazione, l'impianto cli infermerie, di camere di medicazione, di cassette di pronto soccorso.»20 In sintesi, quest'ultimo provvedimento mirava a ottenere una migliore e più efficace osservanza della vigente legislazione in materia di infortuni, lavoro femminile e minorile, e previdenza sociale. Ma l'intensa attività ispettiva, auspicata dal Sottosegretario Dallolio, trovava difficoltà insormontabili, dovute alla scarsità del personale dell'Ispettorato del Lavoro , a cui la legge istitutiva ciel 1912 demandava la facoltà di compiere accertamenti.21 È indubbio che l'esperienza derivata dal Servizio igienico-sanitario servì da base e insegnamento per la revisione della legislazione sul lavoro . Nel primo anno cli funzionamento, il Servizio effettuò 2.424 ispezioni, riguardanti 86.000 donne e 21.000 ragazzi su circa 1.500 stabilimenti , durante le quali furono adottati 3 .700 provvedimenti relativi alle leggi sul lavoro e della cassa di maternità , oltre a quelli sugli aspetti igìenici.22 Quasi contemporaneamente alla costituzione del CCMI erano stati istituiti gli Uffici Centrale e Regionali «Benzolo e Toluolo». Successivamente nascevano i Com itati Regionali di Collaudo di Artiglieria, il Comitato nazionale delle invenzioni (per vagliare l'opportunità di adottare nuovi mezzi dopo averli sperimentati), la Commissione Superiore di Collaudo degli Esplosivi e delle Munizioni, i Comitati Regionali cli Collaudo di Artiglierìa (dipendenti ammi ni strativamente dagli stabilimenti industriali e organizzativamente dal Sottosegretariato per le Armi e Munizioni). Inoltre, fin dal 1915, la Commissione Centrale per gli approvvigionamenti delle calzature all'Esercito si era occupata del rifornimento delle materie prime e del coordinamento della produzione ,23 ed erano stati istituiti l'Ufficio Autonomo S iderurgico, il Comitato per i combustibili nazionali, il Commissariato Generale per l'approvvigionamento e la distribuzione del carboni, il Commissariato Generale per gli approvvigionamenti e consumi alimentari, mentre in seguito, presso il Ministero Armi e Munizioni, si sarebbero sviluppati altri nuovi uffici tecnici: Esteri, Esportazioni, Forni elettrici,Acciai rap.idi, Bombe e bombarde.
Il servizio igienico-sanitario era svolto da un Uffic io Centrale presso il Sottosegretariato delle Armi e Munizioni e uffic i periferic i presso i CMI, con il compito di assicurare la sincerità delle giustificazioni delle assenze dal lavoro per malattia e dare corpo alla sfera antinfortunistica. 19 D . Lgt. n. 570 del 15 marzo 19 17 art. 39: «d'accordo con i Circoli d' ispezione delJ'Tndustria e del Lavoro, ed ove del caso, con l'Associazione della Prevenzione degli infortuni, avuto riguardo alle esigenze della lavorazione, disporranno le norme preventive degli info1tuni, ritenute necessarie in ciascun stabilimento, prefiggendo nel contempo un termi ne per la loro esecuzione .» 20 CCIVU, Il contributo delle rnaestranzefenuninili all'opera di allestimento di nzc11eriali bellici, Milano, Alfieri, p. 30. 21 L'organico del Corpo degli ispettori del Lavoro, nel periodo della guerra , contava una ventina fra Capi-Circolo e Ispettori , nove dei quali sotto le armi vennero aggregati a i CM I. 22 CCMI, Il contributo delle maestranze femminili, ecc. op. cit., p. 59. 23 L'esigenza di questa Commissione Centrale era stata sentita a seguito de lla fram mentazione della produzione cli calzature presso molte fabbriche minori e numerosi artigiani privati (specie nell'Ital ia meridionale), fenomeno molto esteso , peraltro, del quale mancano dati precisi sulla produzione. Cfr. U .M. Miozzi, La Mobilitazione Industriale Italiana ... , op. cit., p. 55. 18
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Comitati di Mobilitazione Industriale Regionali Il CC.MI esplicava la propria azione attraverso sette Comitati di Mobilitazione Industriale regionali (da ora in poi CMI regionali), successivamente elevati a undici ,24 allo scopo di rendere ancora più decentrata l'organizzazione della Mobilitazione Industriale. Tabella XII CMI Torino Milano Genova Bologna Roma Napoli Palermo
Regione di giurisdizione Piemonte Lombardia Liguria Veneto - Emilia Italia Centrale. e Sardegna Italia meridionale Sicilia
Questa organizzazione, immutata nella sua architettura generale sino al 1919, quando sarebbero stati soppressi i servizi relativ:i alla Mobilitazione Industriale, all 'inizio aveva riscontrato delle difficoltà , dovute a diversi fattori: 25 - situazione di partenza clell' industria italiana, impreparata a fronteggiare i picchi produttivi di un periodo bellico e lenta nel suo sviluppo; - scarsità cli risorse finanziarie, rimaste inadeguate anche durante la guerra , legate ali' ottica contabile del Dicastero del Tesoro; - mancanza di coordinamento fra i vari Dicasteri;26 - riluttanza della classe imprenditrice a effettuare investimenti per la trasformazione e l'ammodernamento degli impianti. I CMI regionali erano così eomposti: «un Ufficiale Generale del R. Esercito, o Ammiraglio della R. Marina, Presidente , da 4 a 6 membri civili di particolare competenza in materia, a giudizio del Presidente del Comitato Centrale dopo aver sentito il parere del Comitato stesso, da 2 a 5 membri scelti fra industriali con voto consultivo, da 2 a 5 membri scelti fra gli operai, idem, un Uffic iale Segretario».27 Tuttavia, indipendentemente dal potere decisionale o consultivo attribuito ai singoli componenti dei Comitati Regionali, non veniva in alcun modo sottratta «rilevanza alla funzione delle rispettive categorie civili e militari che, infatti , veniva posta nel giusto risalto; al punto che, ad esempio, i rappresentanti degli operai, sia civib che militari, disponevano in pari misura della facoltà cli ricorso in tutti quei casi in cui i loro diritti fossero stati in qualche modo lesi»28 e avevano pure molteplici funzioni: 29 - informative, nei confronti del!' Amministrazione centrale sui dati della produzione e sulle esigenze degli stabilimenti , compresi materiali e maestranze; - consultive, espletate attraverso le proposte di provvedimenti di carattere politico, economico, tecnico, necessari per raggiungere gli scopi della Mobilitazione Industriale, e i cui risultati pratici erano l'assegnazione cli personale, la dichiarazione di ausiliarietà di nuovi stabilimenti, il trattamento del personale, il rifornimento di materie prime;
24
D. Lgt. n. 1.512 del 8 settembre 1917. M. Mazzetti , L'industria Italiana .. ., op. cit., p. 14. 26 Ancora il 15 aprile 1915 veniva chiesto al Ministero della Guerra di realizzare delle economie su i fondi ordinari, nella considerazione che erano intervenuti stanziamenti straordinari; cfr. M. Mazzetti, L'industria Italiana ... , op. cit., p. 9. 27 FONDANSGE, SSR busta 571/ l , Bollettino CC!VH. 2 s U.M. Miozzi, La Mobilitazione Industriale Italiana ... , op. cit., p. 44. 25
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- deliberative ed esecutive, quale organo giurisdizionale di primo grado, per dirimere i contrasti fra maestranze e industriali nelle controversie disciplinari ed economiche, con particolare riguardo agli Stabilimenti ausiliari, all'autorizzazione di dimissioni, ai licenziamenti e trasferimenti del personale da uno stabilimento ausiliario all'altro. Per quest'ultima attività disponevano di «Ufficiali addetti alla Sorveglianza disciplinare degli Stabilimenti ausiliari» con dipendenza dai Comandi Divisione Militare Territoriale, per i problemi relativi alla disciplina degli Stabilimenti, e dai Comitati di Mobilitazione regionali per l'attività informativa e di consulenza dei Comitati stessi;30 - ispettive, per assicurare e controllare l' andamento disciplinare per il quale dipendevano anche dai Comand i Di visione Militare Territoriale.3 ' Il progressivo ampliamento della struttura ongrnaria e il proliferare (a livello centrale) cli Commissariati Generali, che però non disponevano di propri organi esecutivi, costringevano i nuovi Comitati a ricorrere all'opera dei Comitati di Mobilitazione regionali, provocando una progressiva complicazione dei rapporti fra il mondo industriale e lo Stato, a causa del problema degli approvvigionamenti. Da qui numerosi altri inconvenienti: - differente organizzazione degli Uffici Tecnici dei Comitati di Mobilitazione regionali a causa del loro diverso stadio di sviluppo; - diverse esigenze delle Regioni rispetto agli approvvigionamenti dei materiali, combustibili e trasporti; - mancanza di dipendenza gerarch:ica tra Comitati di Mobilitazione Regionali e Commissariati Generali che , peraltro, impartivano disposizioni ai primi. Per ridurre le conseguenze di questi inconvenienti, che provocavano interferenze e ritardi verso gli stabilimenti industriali, e per non compromettere tutta l'organizzazione, nell'agosto 1917 veniva istituito nel! ' ambito del CCMI il «Servizio Accertamenti e Distribuzioni>>. Il suo compito era quello di rendere uniforme l'operato dei CMI, stabilire di concerto con gli Uffici Centrali le assegnazioni d:i materie prime secondo le esigenze delle singole Regioni, adottare provvedimenti eccezionali in caso di urgenza, disciplinare e controllare la produzione e la distribuzione di cementi e calci idraul iche, previo accertamento dell'uso cui era destinato il materiale richiesto . Nella realizzazione della Mobilitazione Industriale, però, erano stati ignorati sia il Consiglio Superiore, sia l'Ispettorato del Lavoro, è a questo proposito , nella seduta del IO dicembre 1915 , l' On. Cabrini, avrebbe sottolineato: «Se non avessimo avuto, per fortu na , alla Direzione del Sottosegretariato delle Armi e Munizioni un uomo di mente aperta e spirito moderno come il Generale Dallolio - uomo senza preconcetti che si volse con confidenza e senza pregiudizi all'organizzazione operaia, facendosi dare da essa gli uomini per rappresentare la classe lavoratrice nelle Commissioni cli Mobilitazione - probabilmente avremmo avuto in dette Commissioni operai addomesticati scelti in base a proposte del Prefetto o della Questura.»32 Alcuni studiosi assumono come indicatore dell'efficacia degli organi della Mobilitazione Industriale (CCMJ e CMT Regionali) l ' alto numero delle conciliazioni effettuate negl i anni 1915-1917 , che avevano l'obiettivo cli migliorare i rapporti , economic i e morali , fra Industriali e maestranze dipendenti nelle controversie disciplinari ed economiche insorte fra loro. In quest'ottica, i CMI si attivavano per raggiungere un componimento amichevole ma, se ciò non accadeva, la questione veniva risolta con un' ordinanza, contro la quale era ammesso il ricorso al CCMI, l'organo di seconda istanza. Su un totale di 1.406 vertenze composte dai CMI, soltanto il 13,6% era stato risolto col ricorso al CCMI.33
Ihid., pp. 45-46. ccrv11,circolare n. 97.879 del 18 marzo 1916. 31 fhid. 32 APCD, Legisl. XXIV, Discussioni, Voi. VIII, tornata del 10 dicembre 19.15. ,.i lvL Mazzetti , L'industria Italiana ..., op. cit., p. 26. 2 '
30
235
N. VERTENZE 800,.__ _ __ _ __ _ _ __ _ _ _ __7........ 80 700 600
300 200
11 O 100J========~~-----=-=-+-- , - . . ..-:-:.,.:-:-;...,.-,, .....
............... , ......... ., ...... , .. ,.....
1
1916
1915
.. .......
1918
1917
Ct.41 ( 1A istanza)
CCMI ( 2A istanza
I
Grafico relativo alle vertenze trattate dai Comitati J'vfobilitazione industriale Regionali e Centrale. (Elaborazione su dati M. Mazzetti "L'industria italiana nella Grande Guerra" , USSME, Roma 1979, p. 96)
Le vertenze economiche composte dai Tabella XIII.34
CM I
Regionalì nel corso del 1918 risultano dalla seguente
Tabella XIII CMI INTERESSATO
Torino Genova Milano Bologna Venezia Firenze Roma Cagliari Napoli Bari Pa]ermo TOTALE
N.VERTENZE /
TOTALE STABILil\lIENTI DEL CMI
48 88 314 46 3
67 29 3 14 l 173
780
371 200 545 104 69 171 139 32 128 32 185 1.973
OPERAI INTERESSATI ALLE VERTENZE
I
137.000 104.500 199.000 20.000 8.000 51.500 32.500 4.500 39.500 1.500 21.000 619.000
Per gli anni precedenti non vi sono dati precisi, «dal Bollettino che il CCMI predisponeva si può comunque ricavare che nelI' intero I 915, le vertenze decise o composte dai Comitati sono state in complessivo 7; nel 1916: 115; nel 1917: 504. Nel triennio considerato, si ebbero 626 vertenze che sommate a quelle del 1918 (780) offrono un dato complessivo approssimato pari a 1.406 vertenze.»35 Se per un verso l'alto numero di conciliazioni in P istanza potrebbe essere assunto come indicatore di efficienza, il Sottosegretario alle Armi e Munizioni, Dallolio, faceva rilevare ai Presidenti dei CMI
3 '
35
U.M. Miozz.i , La Mobilitazione industriale Italiana ..., op. cit., p. 74 . lbid., p. 75 .
236
come parte delle controversie fosse sorta da un'interpretazione di comodo dell'articolo 23 del Regolamento suJla Mobilitazione Industriale, secondo il quale , all'atto della mobilitazione di uno stabilimento, dovevano restare immutati (salvo eccezioni da approvare da parte dei CMI interessati) i patti convenuti nei contratti di lavoro. DalloEo sottolineava, infatti, che il disposto dell' articolo 23 , in molti casi, era preso a pretesto per non concedere equi aggiornamenti dei salari e, di fronte a questo atteggiamento degli industriali, risultava «naturale ed umano che gli operai, che sanno benissimo come e quanto sia aumentato il guadagno dei loro principali, chiedano oggi un aumento di mercede, mentre gli industriali non sempre sono propensi a rico noscere la giustezza e la legittimità di alcune di tali richieste, facendo in tal modo sorgere sovente delle controversie, nelle quali - presa cognizione dello stato reale delle cose - il Comitato Regionale o quello Centrale non sempre può dar loro ragione.» 36 La circolare riservata di Dallolio del 7 novembre 1916 diventava così un duro 1i chiamo alla parte industriale e concludeva sollecitando i Presidenti dei CMI a «richiamare l'attenzione degli industriali mobilitati su queste considerazi01ù ed invitarli a non disturbare il Ministero in momenti come gli attuali, facendo sorgere controversie di lavoro che turbano l'ambiente e lasciano sempre uno strascico pericoloso.»37 In effetti, c'era stata un 'iniziale sensibile differenza fra ]e regioni industrializzate del Nord e quelle meridionali, ma col proseguire del conflitto il costo della vita sarebbe esploso, rendendo ovunque necessario un rapido adeguamento dei salari. I CMI erano impegnati anche in alcune altre attività che soltanto in apparenza potevano sembrare lontane dai compiti fissati inizialmente per la Mobilitazione Industriale. Se si tiene conto che la cattiva confezione del pane e la sua scarsità erano state all'origine dei gravi incidenti verificatisi nell ' agosto 1917 a Torino, e delle agitazioni che avevano colpito gli stabilimenti di Val Mosso e Valsessera, provocando interruzioni del lavoro, si comprende perché in quel periodo il CMI di Torino avesse allertato i Prefetti e i Presidenti dei Consorzi agrari della Val d 'Aosta e del Canavese (Serra valle Sesia, Grugliasco , Lanzo, Verrei), in merito alla deficienza di pane e cereali segnalata in diverse località.38 L'azione dei CMI, inoltre, riguardava anche l'aspetto della formazione delle maestranze che affluivano negli stabilimenti ausiliari e militari. Man mano che entrava negli opifici nuova forza lavoro, occorreva impartirle un addestramento di base per abituare i futuri operai alle nuove attività lavorative. Pertanto, i singoli crvn avviavano la realizzazione di Scuole Operai il cui scopo iniziale era di «preparare un tipo di maestranza della quale era, allora, assai forte fa 1icerca; degli operai cioè capaci, se convenientemente inquadrati da altri operai provetti, di rendersi rapidamente utili in lavorazioni di serie semplici»; wpertanto, per raggiungere l'obiettivo , le scuole, anziché impartire un'istruzione completa, si limjtavano ad addestrare gli allievi nelle sole operazioni che sarebbero stati successivamente chiamati a compiere nelle fabbriche, e a fonùre rudimenti su costruzione e funzionamento delle macchine utensili, in particolare, del tornio. «Risultò così ancora sufficiente una permanenza effettiva degli allievi in officina, sotto l'intensa sorveglianza di adatti istruttori, di solo 100 ore, cosicché, ad esempio la scuola di MiJano con circa 40 macchine effettivamente disponibili riuscì a produrre, con soddisfazione delle ditte interessate, perfino 350 apprendisti-tornitori al mese.» 40 In un secondo tempo, sul finire del 1916, a seguito dell'incremento delle maestranze femminili e minorili cui erano state affidate le lavorazioni di serie, le scuole di tomeria si incaricavano di «addestrare gli allievi, oltre che nelle lavorazioni elementari, anche nella esecuzione di lavori complessi, i quali però fossero il più vicino possibile - come tipo e come condizioni cli esecuzione - a lavori industriali, si tendeva così a formare ad un tempo la mano e l'occhio dell' allievo e ad abituarlo non solo ad adoperare le macchine e gli utensili , ma ad adoperarli nelle stesse condizioni che si verificavano nell'industria.»4 1
36
CCM!, circolare riservata Personale ai Presidenti dei Crvtr ciel 7 novembre I 9 16.
37
!bici.
3s
ACS , fondo Ministero Armi e Munizioni - cc.rvu, b. 167.
39 CCMI, 40
lbid.
•11
CCMI,
L'opera della 1\1!.l. durante gli anni di g uerra, Suppl.to speciale al
11.
nov./dic. 1919 ciel Bollettino, p. 8.
L'opera della M.l. duran./.e gli anni di guerra , Suppl.to speciale al n. nov./dic. 19 19 ciel Bollettino , p. 9.
237
Per realizzare tali scuole, il Dicastero delle Armi e Munizioni provvedeva alle spese di impianto, mentre gli industriali sostenevano quelle dj esercizio. «Questo scambio di responsabilità - tra organi militari e civili - comportava, per i secondi il versamento di cospicue somme contro un obbligo di destinare gli operai a quelle industrie cui erano riconosciute particolari necessità.»42 Il CCMI si era astenuto dalJ'imprimere un carattere uniforme e generalizzato alle varie scuole, in quanto aveva tenuto conto della diversità di esigenze fra le singole Regioni, della variabilità degli elementi da addestrare e delle differenze quantitative e qualitative fra i mezzi a disposizione delle singole scuole. E proprio nell'ambito di questa autonomia alcune Scuole di torneria poterono aggiungere un reparto di produzione, con il triplice scopo di avvicinare di più l'ambiente formativo a quello dell 'officina, procurare proventi suppleti vi per facilitarne il funzionamento, e infi ne indirizzare gli allievi verso determinati obiettivi. In particolare:43 - a Milano si curava la preparazione degli allievi alla manutenzione delle macchine; - a Genova si aggiungeva una sezione «fonditori» per sodd isfare le richieste dell'Industria locale; - a Roma , dopo che nell'aprile 1916 era stata istituita la scuola di torneria per l'addestramento di militari <<inabili alle fatiche della guerra», venivano costruite interamente delle macchine utensili (torni , troncabarre, fresatrici); - a Modena gli operai erano abilitati alle lavorazioni di meccanica di precisione; - a Palermo sì costituiva un reparto per la formazione del personale occorrente a lavorazioni speciali di aeronautica. Il CM I di Genova, inoltre, nell'adunanza del 10 ottobre 1915, aveva affrontato il problema dell'incremento di produzione, ottimizzando le attrezzature già installate , per consentire cicli di lavoro continui su tre turni di otto ore giornaliere.4 4 Per raggiungere questo obiettivo veniva individuato, tra gli altri, il provvedimento cli concentrare i cicli di produzione in stabilimenti già attrezzati e avviati alla produzione, piuttosto che autorizzare l'impianto di nuove piccole officine. In tal modo si voleva evitare che le famiglie dotate di mezzi sufficienti ad aprire un piccolo impianto fossero spinte a farlo non con l'obiettivo prìncipale della produzione, bensì perché i loro componenti potessero usufruire / dell' «esonero>>. Genova, in ogni caso, costituiva un esempio di collaborazìone fra organi della Mobilitazione Industriale e mondo ìmprenclitoriale. Il locale CMI , infatti, nella seduta clel1'8 aprile 1916, deliberava di contribuire «con 150.000 lire mensili al funzionamento della Scuola apprendisti tornitori sorta per iniziativa della Camera di Commercio» scuola che, «oltre ad istruire militari non atti alle fatiche della guerra, procurerà pure di formare maestranze borghesi. Il detto contributo ha impegno illimitato, fino a che, cioè, si renderà necessario il funzionamento della Scuola. Il Governo dovrà provvedere 25 torni e gli istruttori militari occorrenti, salvo a provvedere al maggior numero di macchine che eventualmente in seguito potrebbero rendersi necessarie, nel qual caso gli industriali si impegnano ad aumentare corrispondentemente il loro contributo. La Camera di Commercio resta incaricata della ripartizione fra i vari industriali del detto contributo mensile.» 45 Roma costituiva un esempio cli collaborazione fra Organi della Mobilitazione Industriale e altre Amministrazioni (quella ferrov iaria nel caso specifico). Utilizzando, infatti, locali ed attrezzature dell'Amministrazione ferroviaria, veniva istituita una Scuola per tornitrici riservata a donne tra i 18 e 25 anni, con preferenza per quelle che avevano parenti al fronte. Il corso, della durata cli un mese, si prefiggeva cli abilitare alla lavorazione completa cli un bossolo ed ogiva cli una granata con relativi collaudi. Esse ricevevano un camice con cuffia ed erano assicurate contro gli infortuni.
2
U.M. ]V.liozz.i, La Mobilitazione Industriale italiana ... , op. cit., p. 58. •, CCMI, L'opera della M.l. durante gli anni di guerra , Suppl.to speciale al n. nov./dic. [919 del Bollettino, p. 9. 44 ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni-CCMI, b. 270. "
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La città di Torino, invece, diventava la testimonianza della collaborazione fra gli Organi. della Mobilitazione Industriale, la municipalità e il mondo industriale. Il CMI di Torino, nell'adunanza del 4 novembre 1915, per evitare da un lato, la mastodontica organizzazione di sorveglianza e controllo nel caso di dispersione della lavorazione di proietti fra officine con pochi torni, e dall'altro i problemi di trasferimento di manodopera in caso di concentramento dei torni in pochi stabilimenti, decideva di varare una politica del Gruppo Piemontese rivolta ad affidare le lavorazioni soltanto agli stabilimenti che disponessero di 10/12 torni - anche per invogliare le officine più piccole a un'azione di concentrazione e associazionismo. Sempre il CMI di Torino, nella successiva riunione del1'8 dicembre 1915, avviava i contatti con il Municipio per l'apertura di corsi per tornitori presso l'Istituto Professionale,46 per cui il Sindaco, nella adunanza del 23 dicembre, poteva comunicare che la Giunta aveva deliberato 1'apertura di corsi per tornitori presso l'Istituto Professionale e la Scuola Officine serali assumendo a proprio carico tutte le spese, salvo le materie prime occorrenti per le esercitazioni, che sarebbero state messe a disposizione dal Comitato. E poiché la disponibilità di tomi presso i due istituti consentiva l'addestramento, sia pure con doppi turni giornalieri , soltanto di 24 nuovi tornitori, veniva deliberato di interessare gl i industriali affinché ne mettessero a disposizione degli altri per poter elevare il numero dei frequentatori . Nella successiva adunanza del 27 gennaio 1916, il CMI deliberava di svolgere analoghe azioni a favore della Scuola OSMAR di Novara che, con i torni disponibili poteva istru ire soltanto quattro frequentatori al mese.47 I risultati ottenuti erano tali da indurre il CCMI a suggerire ai restanti CMI di mettersi sulla stessa strada imboccata da Genova, Torino e Roma. A tale scopo il CCMI garantiva le necessarie risorse economiche, assegnando a ciascun CMI un finanziamento per l'acquisto o la requisizione del materiale adatto e proporzionato alle esigenze di ogni regione. Dopo circa due anni di attività, queste scuole, al 31 ottobre 1918, avevano licenziato 17.500 allievi. I ctvu intervenivano anche per fronteggiare la temporanea disoccupazione di operai militmi, che a volte si ve1ificava per scarsezza di matelie prime , con gravi Iipercussioni nei campi disciplinare ed economico. Già nel febbraio del 1916, il Comitato di Mobilitazione Piemontese, nella riunione del giorno 8, rilevava che la disoccupazione presso la Rapid era dovuta all'esaurimento dei semilavorati forniti dalla Società Proiettili, essendosene dimezzata la disponibilità a causa dell' allungamento delle lavorazioni, poiché il materiale occorrente ora doveva passare due volte sotto la pressa, sia per inferiore qualità delle materie prime, sia per esigenze di collaudo: 8 Il c1vn Piemontese, pertanto, per fronteggiare la situazione di crisi dei semilavorati, e non incidere sulla produzione complessiva dei proiettili, provvedeva al trasferimento dei primi da uno stabilimento all'altro, sobbarcandosi ad un lavoro che al1'origine non era previsto fra le attività istituzionali . I rapporti di Dallolio con la struttura della Mobilitazione Industriale restarono sempre ottimi , come testimoniano i diversi messaggi da lui indirizzati agli Organi della Mobilitazione. Il 31 dicembre 1916 egli mandava un telegramma augurale a tutti i Comitati regionali: «Invio a tutti i membri del Comitato l'augurio di buon anno. Occorre fare appello a tutte le migliori energie per intensificare a qualunque costo la produzione, giacché il ristagno della Mobilitazione Industriale sarebbe oggi delittuoso. Raccomandasi di congiungere la attività nazionale col sentimento altissimo della giustizia verso gli operai, giacché combattendo i nefasti imboscamenti veri e constatati, si vuole affermare sempre più la necessità di avere nelle officine tutti g li operai necessari per la difesa dell'onore e della esistenza della Nazione. Il Sottosegretario di Stato alle Armi e Munizioni Dallolio.»49 Il 24 maggio 1917 Dallolio inviava un telegramma ai CMI regionali: «Si compiono oggi 24 mesi di guerra. Rivolgo a tutti i componenti Comitati regionali cli Mobilitazione f ndustriale un saluto, un ringrazi!lmento. Avanti sempre per la Patria, con incrementabile fede, pronti a sormontare tutte le difficol-
46
ACS,
fondo Ministero Armi e Munizioni-cc1v11, b.l 67
., [bici. 18 · ''
9
ACS,
fondo Presidenza del Consiglio, b. 1755 . serie fascicoloni , fase. appunti 8 ottobre 1916-8 febbraio 1917, p. 12.
APTGP,
239
tà che certamente aumenteranno ma che a qualunque costo Ufficiali, industriali e operai debbono fronteggiare e vincere. E mentre si combatte per la libertà e la giustizia e gli eroismi si alternano colla vittoria, prepariamoci sin d'ora affinché sulle fondamenta di questa Mobilitazione Industriale sorga l'edificio della nuova civiltà italiana colla fede intatta sia trionfo su qualsiasi giogo. Dallolio» .50 Il 24 dicembre del 1917 egli indirizzava un telegramma d'auguri al CCMI: «domani sarà ìl terzo natale della nostra guerra e fra pochi giorni il 1917 sarà passato. Rivolgo saluti e auguri ai CMI agli inclustrjalj e agli operai che ad ogni mio appello corrisposero superando ogni ostacolo affrontando qualunque sacrificio, ri.cordando loro che per resistere e vincere occorre dare ogni energia ogni proposito ogni sforzo alla Patria. Ministro Dallolio» .51 Pochi giorni dopo, primo gennaio 1918, Dallolio telegrafava al Direttore dell'Officina Costruzioni d'Artiglieria cli Genova: «Ringrazio S.V. Ufficiali impiegati operai della gentile manifestazione che rappresenta la integrazione delle energie de11e volontà e delle azioni. Avanti sempre per la Patria e per ciò che la Patria reclama. Generale Dallolio». Ma è interessante sentire un parere degli Alleati su questa complessa organizzazione. A Londra, dall'8 al 12 novembre 1916, avevano avuto luogo diverse sedute per la Conferenza delle munizioni. Annotava Dallolio: «Certo che in quell'occasione Lloycl George aveva accennato alla grande Armata Italiana e alle sue gloriose vittorie, elogiando la Mobilitazione italiana riconoscendone le difficoltà per industrie e materie prime.»52
/
50
5
' 52
serie fascicoloni , fase . ITI, f. 12. fondo Dallolio, b. 961, f. 8, l. 20. APTGP , serie fasci coloni, fase. appunti 8 ottobre 1916-8 febbraio 19 I7, p. 2 . APTGP,
MCRR ,
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Capitolo 19 MOBILITAZIONE INDUSTRIALE: FUNZIONAMENTO GENERALE E RIPERCUSSIONI SULLA STRUTTURA PRODUTTIVA
Come già visto i cardini dell'organizzazione erano: - Comitati di Mobilitazione Industriale; - «ausiliarietà» delle industrie private. n 28 agosto 1915, una volta emanato il decreto sull' «ausiliarietà» 1 per la produzione di materiali bellici - nel quale si stabiliva che essa poteva essere dichiarata con decreto del Ministero della Guerra, di concerto con i Dicasteri della Marina e del Tesoro - occorreva avviare, specie per la fabbricazione del munizionamento, un impegnativo lavoro per individuare altri stabilimenti civili disponibili ad assoggettarsi al regime di «ausiliarietà». È bene sgomberare subito il campo da una possibile errata interpretazione: ausiliarietà non significava limitazione del lavoro di uno stabilimento alle sole esigenze dell'Amministrazione militare, bensì contemporanea estensione, specie per i più piccoli, anche al libero commercio. In una riunione di Industriali Metallurgici presieduta da Da1lolio, il Comm. Falck, riferendosi alle piccole ferriere, affermava: «Queste ricevono ordini saltuari, e quindi per tenere la maestranza in opera devono lavorare anche per j] commercio, che indirettamente poi serve per la difesa nazionale, come: ferri da cava11o, la corda spinosa, i chiodi da scarpe, i tubi. Anche su questo punto richiamo l'attenzione di V.E. Non è ostacolo che si vuol fare l'insistere sulla produzione pel commercio, ma è necessità di lavoro. Questo però non deve togliere nulla a quello che si può fare per le esigenze della Difesa Naz:ionale ... ».2 11 D. Lgt. n. 1.277 ripartiva tali stabilimenti nelle quattro categorie indicate nella Tabella XJV.
Tabella XIV CATEGORIA
SETTORI
TIPI DI STABILIMENTI
A
Armi e Munizioni
B
Servizi Logistici
c
Industrie estrattive Industrie varie, Sanità e polverifici
Automobilistici - Aviazione - Esplosivi Fonderie -Meccanici - Metallurgici - Siderurgici Alimentari - Calzaturifici - Cuoifici - Tessili Manifatture Chimici - Elettrici Agricoli - Calce - Cavi elettrici - Cemento Cotone - Gomma - Fabbriche ghiaccio - Frigoriferi Imprese valori - Latta - Legno - Lubrificanti Refrattari - Medicinali - Oleifici - Saponifici Telefonici - Vetrerie - Zecca dello Stato
D
Restava però il problema di dover sgomberare il campo dalle diffidenze che una simile organizzazione era destinata a suscitare, dato che il nuovo status assoggettava il personale degli stabilimenti d.ichiarati ausiliari alla giurisdizione militare, pur lasciando immutate le condizioni amministrative e lavorative dei dipendenti per assicurare potenzialità e regolarità di funzionamento.
1
1
D . Lgt. 11. 1.277 28 agosto 19 l 5. MCRR, fondo DaHolio, b. 953 , f. 1, I. 8 , p. 8 ,Verbale Riunione Industriali Metallurgici del 2-3 dicembre 19 I 5.
241
Mentre alla fi ne del 1915 risultavano appartenenti all'organismo della Mobilitazione Industriale poco meno cli 300 stabilimenti,3 dopo un anno dall ' entrata in guena il loro numero era cresciuto cli oltre il 265% - come indicato nella Tabella XV 4 - grazie alla politica portata avanti da Dallolio:'
Tabella XV STABILIMENTI DICHIARATI «AUSILIARI>> A T UTTO IL 30 GIUGNO 1916
Categorie Metallurgici * Meccanici ** Aviazione Tndust. Estrat. lnclust. Chim. Esplodenti Refrattari Imprese elett. Gazometri Jnclust.tessili Concerie Varie Totali
Piemonte Lombardfa Liguria 17 112
26 173
6
11
25 40 -
-
-
11 3 3 11 3
11
-
9
5 2
6 5 I
8 2 24 275
8 13
184
2 5 8 -
5 15 111
Veneto Emilia
Italia Italia Centrale Meridionale
1 30
36
-
l
4 36 -
-
10
-
14
17 5 4 8
2 -
3
10
- -
l
2
4
-
6
58
1 1 1 5 4
Sicilia
Totale
1 9 -
10
1 -
-
-
84 436 18
-
I
9 105
-
-
53
11
64 18 15 41 13 15 16 67 797
,:, compresi stabilimenti siderurgici **comprese fonderie, fabbriche di automobili, ecc. Più specifici appaiono i dati sulla produzione mensile 1916:6 - cannoni, pari a 420 unità (agli inizi del. 19 16 erano attorno alle 170 unità); - autovetture, 1.710; - motori per aerei 1.983; - motociclette 2.170. /
Anche il raffronto fra il numero delle maestranze presenti al 31 dicembre 1915 e quelle al 31 dicembre 1916 mette in evidenza l'espandersi della organizzazione della Mobilitazione Industriale:
Tabella XVI COMITATO REGIONALE PIEMONTE LOMBARDIA LIGURIA VENETO-EMILIA ITALIA CENT RALE ITALIA MERIDIONALE SICILIA TOTALE
31 Dicembre 1915 7 34.808 51.815 44.381 2 .112 26.108 12.381 1.140 172.745
31 Dicembre 19168 145 .784 96 .841 80.792 2 1.227 68.759 31.534 4 .898 449.835
U.M. Miozzi, La Mobilitazione Industriale Italiana ..., op . cit., p. 47 . degli stahilùnenti dichiarati «ausiliari» a tutto il 30 giugno 1916 divisi per categorie e Comitati Regionali, fondo M7, Circ. 11 , Sez. 11. 5 TI numero cli stabilimenti riportato da Miozzi è 998 , maggiore quindi, a quello riportato nel sopraccitato indice degli stabilimenti dichiarati «ausiliari» a tutto il 30 giugno 1916 divisi per categorie e Comitati Regionali. Cfr. anche U.M. Miozzi, La Mobilitazione Industriale Italiana ... , op . cit., p. 47. 6 U.M. M iozzi, La Mobilitazione industriale Italiana ... , op. cit., p. 47. 7 lbid. , p. 71 . s !bici., p. 72. 3
' AUSSME , Indice
242
a) Diffidenza del mondo industriale La prima diffidenza da rimuovere era quella del mondo industriale, che temeva le conseguenze della sottonrissione degli stabilimenti ai CMI regionali. La novità dell'istituto, le incertezze riguardo alla possibile interferenza dello Stato sulle attività industriali, il timore di condizionamenti alle libertà delle singole industrie, generavano perplessità, senza escludere «qualche raro caso di equivoco e di interessata interpretazione dello spirito della ausiliarietà.»9 Ne 1isuHava che , con i primi 24 decreti di ausiliarietà emessi nei due mesi successivi all'emanazione del Regolamento per la Mobilitazione Industriale, erano stati mobilitati soltanto gli Stabilimenti individuati nella Tabella XVII. Il loro numero era superiore a quello previsto normalmente di supporto per le Forze Armate, ma non certamente sufficiente per le esigenze del conflitto.
Tabella XVII CATEGORIA A
B
e D
STABILIMENTI MOBILITATI 24 l 4 3
Gli industriali , in particolare, temevano che i CMI regionali avrebbero sì, assicurato la disciplina negli stabilimenti, ma avrebbero richiesto in contropartita continuità di lavoro e livelli di produzione tali da soddisfare le esigenze delle forze combattenti. Temevano, quindi, che l' istituzione della Mobilitazione Industriale potesse interferire con l'attività decisionale dei responsabili delle industrie stesse, mentre non andava sottovalutato il nuovo status giuridico che sarebbe stato attribuito al personale degli stabilimenti dichiarati «ausiliari». Per questo il CCMI si rendeva parte dirigente per sgomberare il campo da alcuni equivoci, specificando che lo Stato non intendeva in alcun modo, attraverso la Mobilitazione Industriale , interferire sull'attività gestionale. 10 Veniva ripresa, in particolare, la frase pronunciata dal Ministro della Gue1w, Zupelli, in occasione della relazione sul Regolamento per la Mobilitazione Industriale: «Ove il personale è scontento anche la militarizzazione perde efficacia e non basta ad aumentare la produzione.» L'entrata in funzione di grossi stabilimenti creati ex novo, che richiedevano forti contingenti di maestranze, e l'esperienza maturata nella fase iniziale cli propaganda, indicavano che era arrivato il momento cli uscire dalla «fase di suggerimenti agli industriali», per cominciare a emanare con carattere di obbligatorietà. Cosl, nel l 915 veniva prescritta' 1 la sostituzione entro il mese di ottobre del 50% delle maestranze maschili nùlitari (comandati, esonerati ecc.) nelle officine dove si fabbricavano spolette, ogive detonat01i e proiettili di piccolo calibro. Questa percentuale doveva poi raggiungere entro dicembre 1'80%. Seinpre il cc1vrr, a fine 1915, imponeva cli affiancare un apprendista (uomo o donna) ogni cinque operai tornitori nella considerazione che «un manovale, uomo o donna, ragazzo o maturo, di media intelligenza, pur non avendo mai lavorato ad un trapano o a un tornio in non più cli una ventina di giorni potrà imparare a fare almeno una delle operazioni alle quali la barra cli metallo deve essere sottoposta per diventare un proiettile». 12 b) Diffidenza legata all'attribuzione della qualifica di «ausiliarietà» Era dovuta al personale che , a seguito dell'attribuzione di quella qualifica, si sarebbe trovato sottomesso alla giurisdizione militare, con le conseguenti perplessità derivanti dall 'immanente applicazione del
L'opera della Mobilitazione Industriale durante gli anni di guerra, Supplemento speciale al numero di novembredicembre 1919 del «Bollettino» ciel CC.Ml, p. 3. '° CCMI, circolare n. 26.700 del 28 ottobre 1915. "CCMl, circolare n. 3.392 del 9 agosto 1915 indirizwta a Stabilimenti Artiglieria e Genio e Direzioni dì A1tiglieria. 12 CCMl, circolare n. 40735 del I 6 dicembre l 915 ai CMI.
" CCMl,
243
codice militare in tempo di guerra . Dallolio stesso, il 2 dicembre 1915, richiamava l'essenza del problema durante una riunione con gli industriali metallurgici, affermando: «Comprendo le difficoltà del quatto d'ora che attraversiamo, comprendo la questione degli operai. Questi, spinti, non voglio dire da chi, perché non ho ragioni per saperlo, si agitano per raggiungere mete fantastiche nelle loro aspirazioni. Ricondurre gli operai ai loro obblighi è un dovere per me, di fronte al quale non mi arresterò; ma accanto alla mia responsabilità vi sono altre responsabilità e su questo richiamo la loro attenzione. Sono obbligato a far sentire la disciplina; gli operai si dimenticano che uno stabilimento "ausiliario" vuol dire "militarizzato", cioè stabilimento nel quale si devono osservare il Regolamento di Disciplina ed il Codice Militare. Vale a dire davanti ad una mancanza non vi deve essere esitazione nell 'applicare i dovuti provvedimenti, non dimenticando però il vecchio detto veneziano "pane in piazza e giustizia in palazzo". Solo seguendo questa massima quando si verifichino delle mancanze, si può provvedere e giustamente colpire.» 13 In effetti, quest'u ltima preoccupazione creava più cli un problema, com'era avvenuto, ad esempio , negli uffici della Società Ansaldo con un tentativo di su icidio 14 da parte di una dattilografa incaricata di battere a macchina alcune copie di una relazione riservata. L'impiegata, al momento della consegna dell'elaborato, non era stata in condizioni di restituire l'originale. L'inchiesta avviata dagli organi cli Pubblica Sicurezza non era stata in grado di accertare se si fosse trattato di un caso di spionaggio o di distrazione sul lavoro nel momento in cui, al termine della giornata, negli Uffici venivano bruciati i ritagli di carta. Ma rimaneva senza risposta anche l'ipotesi che il documento fosse stato smarrito al momento della consegna a Perrone stesso. In ogni caso l'autorità inquirente non procedeva nell'indagine e nel sequestro dei documenti , nella conv inzione che il Ministero della Guerra fosse sicuramente a conoscenza del contenuto della relazione «e per un riguardo alla personalità del Comm. Pio Perrone per tanti titoli benemerito.» 15 In effetti si doveva trattare di una questione abbastanza delicata se era arrivata sino al Presidente del Consiglio, come appare da un'annotazione del 25 aprile 1918 stilata dal Generale Dallolio sulla pratica che trasmetteva la relazione finale della Prefettura di Genova al Comandante del locale Corpo d'Armata: «Ringrazio. Essendo già informato il Presidente del Consiglio non è il caso di ulteriori deliberazioni». 16 c) Diffidenza del mondo sindacale Il mondo sindacale guardava con sospetto i nuovi provvedimenti: «Soprattutto nel più grande tra i sindacati operai, la Camera Confederale del Lavoro, si nutrivano forti timori che la nuova regolamentazione servisse in realtà principalmente a strangolare la libertà sindacale.» 17 In particolare j socialisti <<rigidi», in contrapposizione con i moderati, si opponevano alla partecipazione operaia ai crvn poiché tali orgarusrni erano ritenuti « ... la più aperta violazione al principio della lotta di classe e la condizione più pericolosa per asservire, con il miraggio di discutibili benefici immediati, le organizzazioni lavoratrici al capitate sfruttatore e guerraiolo, spegnendo così in esse quello spirito rivoluzionario che deve tutte pervaderle e sempre per i fini elevati della loro redenzione ... ».18 A og1ù modo, non sempre i rappresentanti sindacali degli operai potevano aver buon gioco nella loro funzione di raccordo e pacificazione fra istituzioni e maestranze, come avvenuto nel gennaio 1916, durante l'agitazione degli operai delle Acciaierie Italiane di Bolzaneto per l'accoglimento di un loro memoriale diretto a ottenere miglioramenti salariali, grazie alla presenza alla riunione delle maestranze di un noto avvocato estensore del memoriale stesso. In quell'occasione, di conseguenza,« ... l'azione dei due membli operai [ciel Comitato di Mobilitazione ligme] restò paralizzata ... ».19
,:, MCRR, fondo Dallolio , b.953 , f. 1, I. 8, p. 5, Verbale della riunione Industrial i Metallurgici 2-3 d icembre 915.
"11 dicembre 1917. 15 MCRR, fondo Dallolio, b. 959, f. 11, I. 7. 16 ibidem MCRR, fondo DalJolio, b. 959, f. 11, l. 7. 17 ìvf. Mazzetti, L'indus1ria llaliana .. ., op. cit., p. 26. 18 G. Carcano, Cronaca di una rivolta - i moti torinesi del 1917, Stampatori, Torino 1977, p. 33. 19 ACS, fondo Min.istero Interno, Direz. Gen.le P.S., Div. Polizia Giudiziaria, B. 261, fasc.13.089 , 28-31 (1916-18) lettera della Prefettura di Genova al Ministero Interno ciel 5 gennaio 1916.
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In effetti, il nuovo «clima industriale» era caratterizzato dall 'accentuazione della disciplina e dalla limitazio ne dei diritti sindacali (diritto di sciopero e facoltà di licenziarsi).20 Le maestranze militari che godevano dell' esonero ne temevano la revoca e la partenza per il fronte. La presenza di sorveglianti militari sul posto di lavoro, inoltre, dava adito a lamentele sull'applicazione delle multe e delle pene. Nell'insieme, disciplinando la manodopera, il sistema diventava comunque «una garanzia» poiché risolveva i problemi del lavoro. I sorveglianti militari concorrevano, indirettamente, alla formazione della nuova mentalità dell'operaio inserito negli stabilimenti dichiarati ausiliari, mettendolo in guardia da gesti di ribellione, o di indisciplina indiv iduale . Si portavano, a titolo di esempio, i casi di operai condannati per essersi allontanati dal lavoro senza giustificazione e si ammonivano i lavoratori degli stabilimenti dichiarati ausiliari « ... a non abbandonare per nessun caso e per nessun motivo l'officina prima di aver ricevuto il consenso scritto del Comitato cli Mobilitazione Regionale».2' Dallolio, però, con il suo modo di fare rivolto a creare «l'esercito industriale», convinceva a poco a poco le maestranze su lla «trasparenza» delle norme che aveva emanate, e lo si può rilevare da una lettera alla figlia: «Tu che delle volte dai a me del burocratico ti dirò che è venuta una Commissione dei più accesi socialisti rivoluzionari giovani e - debbo di rlo - veramente intelligenti . Sono stati da me un'ora. Ho letto loro le istruzioni che ho date dal lato disciplinare- e sono scritte di mio pugno - e quando sono partiti - Cabrini che ]j accompagnava mi ha eletto "li avete conquistati". Quando i soldati si battono alla fronte non è possibile lasciare succedere la rivol uzione dietro le spalle.»22 Egli, perciò, ri usci va a far cambiare gradatamente «J'atteggiamento sindacale» grazie alla sua politica che mirava al recupero delle masse operaie per assicurarsene la collaborazione a intens ificare lo sforzo produttivo. Secondo Melograni , il fall imento dell'azione sobillatrice (che indubbiamente c'era) sulle maestranze deve essere attribuito a questa politica lungimirante dei responsabili della produzione bellica.23 Tale politica, agevolando g]i aumenti salariali e attuando una capillare propaganda, mirava a coinvolgere i rappresentanti del mondo operai.o «facendoli entrare nel sistema» in modo da porli su un piano di parità con i rappresentanti della classe industriale all'interno dei CM I regionali . «La valorizzazione del ruolo delle strutture della Mobilitazione Industriale comportava fatalmente, per i dirigenti sindacali, un sempre maggior inserimento in esse e, qu indi , una sempre maggiore partecipazione allo sforzo bellico de] Paese. La forza delle cose spingeva, inesorab.ilmente, i dirigenti sindacali verso queste posizioni. Infatti, se non volevano rinunciare allo svolgimento dei loro compiti, dovevano necessariamente entrare a far parte dei Comitati della Mobilitazione Industriale, ed una volta entrativi, non potevano fare a meno di prendere parte attiva alla preparazione bellica.»24 Questa si tuazione che si era venuta a creare portò al fatto che «i n nessun Paese belligerante d'Europa la Mobilitazione f ndustriale è stata accettata dagli operai con la stessa serenità con la q uale l' hanno accettata gli operai italiani, e ciò acquista tanto maggior valore se si considera che, fino al momento del1 'entrata in guerra il nostro Paese ha avuto discussioni politiche talora vivaci .»25 L' impegno nella Mobilitazione Industriale procurava a Dallolio delle amarezze, ma egli riceveva anche apprezzamenti per quanto aveva realizzato, come si evince dal telegramma del Presidente del Consiglio Boselli, sped itogl i da Milano il 10 ottobre 1916: «Visitai oggi stabilimenti nei quali Ella ba creato e dà così mirabile impulso alla Mobilitazione Industriale. Stop Plaudii il lavoro nazionale in que-
La scarsità di tecnici intermedi rendeva difficile la trasformazione del bracciante agricolo e della casalinga in operai. Per questo motivo i pochi operai specializzati erano richiesti da tutte le parti in vogliando la mobilità. 2 ' P. Spriano, Torino operaia nella grande xuerra , Einaudi, l'orino 1960, p. 15 I. 22 APTGP, serie lettere ai familiari, lettera 28 luglio 1917 a Elsa. 23 P. Melograni, Storia politica, ecc. op. cit., p. 365 . 24 M. Mazzetti, L'indus1ria l!aliana ..., op. cit., p . 101. 25 !bici., p. 94. 20
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ste sue nuove e potenti manifestazioni. Stop Il mio pensiero si è sempre rivolto a lei la cui opera dà all'Italia così necessario gagliardo e sicuro ausilio di vittoria. Boselli>>.26 La politica portata avanti da Dallolio aveva consentito una crescita degli stabilimenti «ausiliari», tale che il loro numero iniziale, 32, dopo un anno dall'entrata in gue1Ta, era cresciuto del 2.390% come indicato nella Tabella XV21 a p. 244. L' illustraz:ione dei veri obietti vi della Mobilitazione Industriale, dai quali andavano esclusi fiscalismo e repressione, e la presa di coscienza dei benefici, inducevano industriali ad avanzare sempre più numerose richieste di ausiliarietà per i loro stabilimenti al punto che si rendeva necessario fissare dei limiti nell'accogl.imento. Tali limiti «non erano assoluti , ma destinati a servire come criteri di massima; ed un trattamento cli favore fu difatti usato per le industrie meridionali e specialmente per queJle della Sicilia, appena nascenti, allo scopo di agevolare il loro sviluppo ed il loro consolidamento.»28 In effetti il Sottosegretariato alle Armi e Munizioni aveva sviluppato una politica industriale tesa a far nascere nel Meridione nuove industrie, o a potenziare le preesistenti, nonostante i fattori infrastrutturali congeniti che avevano costituito delle remore a tale sviluppo. Oltre ai fattori congeniti negativi, però, era anche diffuso il pregiudizio che le regioni settenlrionali fossero volutamente agevolate rispetto alle meridionali. 11 9 marzo 1916 il Ministro della Guerra Zupelli rispondeva all'interrogazione dell'On. Cotugno, indirizzata al responsabile di quel Dicastero per conoscere «le ragioni che ostacolano la concessione di forniture militari ad onesti intraprenditori delle province meridionali che sono così colpite dalla guerra e dalla crìsi economica, senza potersi neppure in minima parte beneficiare dei vantaggi che rifluisono su altre regioni .»29 Zupelli confutava le asserzioni di Cotugno affermando che l'aggiudicazione delle forniture era condotta in base a elementi incontrovertibili: «Idoneità dei contraenti da dimostrare nelle forme prescritte, l'esame in concorrenza delle condizioni offerte nei riguardj dei requisiti, del prezzo e del tempo di consegna. Nessuna particolare ragione per favorire od escludere intraprenditori di una o altra provincia ... » .30 Il Ministro proseguiva specificando: - la localizzazione, in linea generale, nell' Italia settentrionale delle industrie adibite a soddisfare i bisogni per la guerra; - il carattere di immediatezza di alcuni bisogni, che sovente richiedeva economia di tempo e facilità di trasporti , imponendo di dare la preferenza ad acquisti in vicinanza dei luoghi ove si era verificato il b isogno; - la sensibilità del Ministero verso le industrie del Mezzogiorno, «giacché ha ampliato i depositi e i magazzini di rifornimento esistenti, quali ad esempio il magazzino Centrale di Napoli, ne ha istituito dei nuovi, e non si è peritato a fare affluire materie prime dalle fabbriche del settentrione a detti magazzini, per fare eseguire quivi le successive lavorazioni e trasformazione.» 31 L'argomento ricompariva alla Camera nel febbraio del 1918 , allorché l'On. Colonna di Cesarò presentava un'interrogazione al Ministro delle Armi e Munizioni «per sapere come intenda regolare l'equa distribuzione dei benefici delle industrie di guerra fra Settentrione, Mezzogiorno e Isole , affinché non siano soltanto favorite determinate ditte e determinate regioni o quanto meno si eviti la distruzione del1e poche industrie meridionali e siciliane a beneficio delle settentrionali.» Il Sottosegretario di Stato per le Armi e Munizioni, Bignami, rispondeva aggiungendo alle argomentazioni già emerse in precedenti analoghe discussioni, la situazione dell'energia elettrica e quella dei trasporti che penalizzavano le industrie
26
serie fascicoloni , fase. appunti 1916; serie lettere ai familiari, lettera del 13 settembre 1916 a Elsa. AUSSME, Indice degli stabilimenti dichiarati «ausiliari» a tutto il 30 giugno .I 916 divisi per categorie e Comitati Regionali, fondoM7,Circ . ll,Sez. ll. 2 • CCMI, L'opera della Mobilitazione Industriale durante gli anni di guerra ... , op. cit., p . 3. 29 APCD , Legisl. XXIV, l" Sessione, Discussioni, Voi. VIJT, p. 9.157 . .~) lhid. 31 APCD, Legisl. XXIV, ii' Sessione, Discussioni, VoJ. XV, p. 15.630. APTGP,
27
246
meridionali. <<Ben si vede come le condizioni dell'Italia fossero ben diverse andando dall'Italia settentrionale verso la meridionale, poiché quell'energia elettrica che è stata nel nostro paese la base prima dello sviluppo delle industrie di guerra, si trovava abbondante nell ' alta Italia e, invece, scarsa nel! 'Italia meridionale e scarsissima nelle isole. Ho accennato pure alla ragione dei trasporti. La vicinanza stessa dell'alta Italia al fronte rendeva ben più agevole alle industrie settentrionali di svilupparsi per la maggiore facilità di poter avviare i prodotti al fronte .»32 Bignami, il 14 febbraio 1918 rispondeva alla Camera a un'interrogazione di Colonna di Cesarò sulla disparità di trattamento fra industrie di guerra ubicate nel settentrione e quelle meridionali, ammettendo che sin dall'inizio della guena le condizioni dell'Italia settentrionale erano state ben più fortunate di quelle de11 'Italia meridionale. «Erano infatti ben diverse le condizioni in cui si trovavano le maestranze di tutti quegli stabilimenti dell'Alta Italia già preparati a poter ricevere importanti commesse per lavori necessari alla guerra; preparati anche per l'istruzione professionale ampiamente diffusa, e per la larghezza dei capitali ben più abbondanti nell'Italia settentrionale che non in quella meridionale. Ma vi erano altre due ragioni che hanno cospirato a vantaggio dell' Italia settentrionale ed hanno diminuito l'impmtanza dell'industria di guerra nell'Italia meridionale, e sono state soprattutto le condizioni dell'energia elettrica e le condizioni dei trasporti.»33 L'On. Bignami precisava che all' inizio del 1914 l'Alta Italia disponeva di 662.000 cavalli vapore derivanti da forza idraulica, l'Italia centrale di 322.000, mentre l'Italia me1idionale soltanto di 31.000, dei quali appena 6.000 in Sicilia. Inoltre, la vicinanza dell'Alta [talia al fronte rendeva più agevole lo sviluppo delle industrie settentrionali per ]a maggiore facilità di avviare i propri prodotti colà. Ciononostante, proseguiva Bignami, «gli intendimenti del Ministero delle Armi e Munizioni sono stati ottinù, tanto è vero che il nostro Ministro per la maggiore facilità di avviare i prodotti è andato incontro a tutte le iniziative che si sono presentate e ha cercato di incoraggiare, sia con anticipi, sia con consigli tecnici, tutte le industrie che si sono fatte avanti .»34 Questa politica di incoraggiamento delle attività industriali nel Meridione veniva portata avanti anche dal Commissariato dell'aviazione, tanto è vero che era stata favorita: - la costituzione a Napoli delle società per la fabbricazione di velivoli Industrie Aviatorie Meridionali e Aeromarittima; - l'istituzione cli campi-scuola a Capua, Foggia e Gioia ciel Colle, che costituivano i poli del numeroso indotto che ruotava intorno a essi, mentre la riparazione dei velivoli di questi campi scuola era affidata alle Officine Ferroviarie Meridionali. Inoltre, alla Ditta Ducrot di Palermo era stata affidata un ' importante commessa di idrovolanti. «Quindi si è fatto il possibile nel passato per far sorgere nuove industrie e maggiormente sviluppare quelle preesistenti e certamente anche in avvenire si cercherà di fare quanto si può per far sì che l'Italia meridionale e le isole abbiano ad avere il massimo possibile impulso per ciò che si riferisce alle industrie di guerra, perché sappiamo che queste preparano il futuro avvenire industriale del nostro Paese.»35 Tuttavia i rappresentanti delle regioni meridionali evidenziavano una diversità di trattamento nei confronti delle industrie del nord rispetto a quelle del sud. Colonna di Cesarò, nel replicare, non negava «la buona volontà personale dell'On. Bignami, né quella dell'On. Generale Dallolio, ma nego, o per lo meno contesto, che eguale buona volontà esista nei loro uffici.» E a. supporto di tale affermazione indicava: - le difficoltà incontrate dagli industria.li siciliani e meridionali che si recavano al Ministero delle Armi e Munizioni per far prosperare le proprie industrie; - l'allestimento di un campo di concentramento per prigionieri tedeschi nella provincia di Siracusa scartando le ditte siciliane e affidando a una ditta lombarda la fornitura del materiale necessario facendo «trasportare attraverso tutto lo stivale d'Italia il materiale che doveva andare a Noto .» 36
3
~
33
31
35
36
Legisl. XXIV, l" Sessione, Discussioni, Voi. Vlll, p. 9.157 . Legisl. XXVI, I" Sessione, Discussioni, Voi. XV, p. 15.629. APCD, Lcgisl. XXVI, l " Sessione, Discussioni, Voi. XV, p. 15.630. lbid. lbid. APCD,
APCD,
247
Comunque, al di là delle dichiarazioni interessate di qualche industriale, va sottolineato che l'apertura di alcuni stabilimenti (come quello della Società Elettrochimica Pomilio, a Napoli) oltre a rispondere a esigenze strettamente militari, era stata vista come futuro incremento alla potenzialità industriale del dopoguerra dell'Italia meridionale. Le richieste di ausiliarietà iniziavano a pervenire anche da industrie diverse da quelle interessate alla produzione di anni e munizioni ? e il fenomeno si estendeva persino al settore pubblico: <<le stesse Anuninistrazioni dello Stato, preoccupate della sempre decrescente disponibilità di manodopera e di materie prime, profittarono di questa larghezza di concessioni, ottenendo la dichiarazione di ausiliarietà di quelle industrie che interessavano le Amministrazioni stesse e l'economia nazionale (miniere di zolfo e di lignite, molini di grano e risifici, gazometri , ecc).» 38 In effetti, l ' incremento di richieste da parte di alcune Amministrazioni dello Stato, apparentemente abnorme, ne aveva messe in difficoltà delle altre che, a loro volta e per gli stessi motivi , avevano fatto richiesta di aus:iliarietà. A quel punto il numero delle richieste era divenuto tale da rendere necessaria una regolamentazione. (Tabella XV I11)
Tabella XVIII ENTE STATALE Ministero dell 'Industria Ministero Approvvigionamenti e consumi Ufficio approvvigionamenti Materie prime per esplosivi Commissariato Generale Combustibili Nazionali Commissariato Generale per l'Aeronautica
INDUSTRIE INTERESSATE Miniere di zolfo del meridione (specialmente Sicilia) Molini di grano - Pastifici - Risifici Gazometri Miniere di lignite Stabilimenti sorti per l'Aviazione
Dando un'interpretazione più estensiva dell'art. 13 del Regolamento della Mobilitazione Industriale, veniva deciso di accogliere le richieste delle principali industLe , stabilendo però, contemporaneamente, che l'ausiliarietà poteva essere accordata soltanto dopo un'istanza presentata direttamente dall'Ente militare o civile interessato alla produzione di tali stabilimenti.39 L'ausiliarietà veniva così estesa anche a imprese agricole e forestali, interessate ai rifornimenti delle Amministrazioni militari o di Stato, o comunque alJ 'economia nazionale, perché pur costrette anch'esse a una super-produzione, non avevano goduto sino a quel momento di alcuna protezione per effettuarla.40 Questa politica industriale e del personale portava al risultato che, al 31 dicembre 1918, gli stabilimenti ausiliari (inizialmente 32) assommavano a 1.976 con le proporzioni indicate nella Tabella XIX.
Tabella XIX CATEGORIA A
B
c D
STABILIMENTI AUSILIARI 46% 29,8% 2,2% 22%
Il Generale Dallolio, alla Camera, relazionava sul progressivo aumento degli stabilimenti divenuti «ausiliari»: «Alla vigilia della guerra, diciamo apertamente la verità, che cosa avevamo? 125 stabili -
Apparati elettrici, telegrafici, telefonici, lani fici, vestiario, calzature, cuoiami, ecc. APCD, Legisl. XXVI, Sessione 1921- 23, Doc., Dis. Leg., Rel. ,Yol. II, p. I I 3. 39 CCMI , L'opera della Mobilitazione Industriale durante gli anni di guerra ..., op. cit., p. 4. 0 • ccrvn, Circolare n. 55 .005 del 26 luglio 19l6.
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N. STABILIMENTI AUSIUARJ
31 Oic. 1915
30 Giu. 1916
31 Oic. 1916
30 Glu. 1917
31 Olc. 1917
30 Glu. 1918
Grafico relativo all'andamento della dichiarazione di ausiliarietà degli stabilimenti industriali . (Elaborazione su dati Comitato Centrale Mobilitazione Industriale, "La Mobilitazione Industriale in. Italia", bollettino dicembre 1918)
menti ausiliari molto incompleti, con circa 125 mila operai; stabilimenti molto bestemmiati e molto pianti. Oggi siamo arrivati a 1.750 stabilimenti ausiliari ed a più di 1.800 stabilimenti minori; ad un complesso cioè che arriva a 3.550 stabilimenti e ci incamminiamo verso i 4.000 con 700 mila operai, dei quali 160.000 donne e 45.000 ragazzi. Ma tutto questo insieme, tutta questa formazione, tutta questa creazione è creazione italiana; è il Paese che l'ha creata. Allora diamo al paese la lode che sì merita; diamogliela dì cuore, perché è il paese che ha fatto tutto. E nessuno più di me può essere contento ... di parlare di questi 700 mila operai , di quegli operai, che quando vanno non tanto bene, sì dice che sono gli operai di Dallolio; quando vanno bene, tutti sono contenti, e lì lodano perché se lo merìtano.» 4 1 Diventavano ausiliari anche stabilimenti delle Ferrovie dello Stato, della cui operosità (il 10 marzo 1916, alla Camera dei Deputati) dava atto il Ministro dei Lavori Pubblici, Ciuffelli: «Le officine ferroviarie dello Stato, oltre il lavoro ordinario cui devono provvedere, non sono anche le ultime a fornire proiettili d'artiglieria. E i loro prodotti, che aumentano sempre, sono stati riconosciuti ottimi, così per la qualità del materiale, come per la costruzione.»42 La condizione di ausiliarietà veniva, progressivamente, estesa a diversi tipi di attività e, il 19 ottobre 1917 , !'On. Lo Piano rivolgeva un'interrogazione al Ministro delle Armi e Munizioni «per sapere se a maggiore intensificazione della produzione solfifera - non creda utile dichiarare stabilimenti ausiliari anche le piccole miniere.» 43 Dallolio rispondeva che l'importanza della produzione dello zolfo, per l'Italia e i suoi alleati, aveva già suggerito di «dare, mediante la dichiarazione dì ausiliarietà, agli stabilimenti minerari di zolfo della Sicilia quella continuità ed intensità di lavoro che solo poteva permettere l' aumento della produzione. Così fu provveduto d'urgenza in un primo momento a dichiarare ausiliarie quelle miniere, alle quali gli impianti meccanici esigevano una salda organizzazione, una continuità nella lavoraz:ione , e che nella produzione zolfrfera rappresentavano l'enorme maggioranza del prodotto.»4'1
Legisl. XXIV, l" Sessione, Discussioni , tornata del 21 dicembre 19 I 7, Voi. XIV, p. 15 .344. Legisl. XXIV, I" Sessione, Discussioni, Voi. XV, p. 9.176. ~3 APCD, Legisl. XXIV, l" Sessione, Discussioni, Voi. XV, p. 14.735 . .,. lbid. "' APCD ,
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Il Generale annunciava che era allo studio il conferimento dell'ausiliarietà alle altre miniere meno importanti , o lontane dai centri industriali, ma non si nascondeva che tale dichiarazione imponeva «da un lato gravi oneri a!I'autorità militare, specie per quanto riguarda la sorveglianza disciplinare, che a disagio si può esercitare, dato anche l'indole delle maestranze locali, in luoghi lontani e isolati; dall'altro non è applicabile a tutti gli stabilimenti perché il sistema di lavoro discontinuo e la speciale costituzione delle masse operaie non sempre permettono una militadzzazione immediata.»45 Egli non sbagliava a richiamare <<l'indole delle maestranze locali>> dato che l'indomani, 20 ottobre, sempre l 'On. Lo Piano rivolgeva un'altra interrogazione al Ministro per le Armi e Munizioni «per sapere quali provvedimenti intenda adottare per rendere più spedita e più concludente l' opera del Comitato regionale siciliano cli Mobilitazione Industriale, circa la soluz ione delle controversie fra le maestranze e gli esercenti delle miniere di zolfo, ad evitare agitazioni compromettenti la continuazione del lavoro.»4(' La controversia derivava dal fatto che nelle zolfatare si applicava su larga scala il sistema dei cottimi e i lavoranti cottimisti, non salariati, non godevano dei vantaggi provenienti dal maggior prezzo dello zolfo che, da 70 lire a tonnellata prima della guerra, era passato a 400. L'Onorevole interrogante imputava le agitazioni anche al fatto che nel CMI regionale erano stati inseriti rappresentanti degli esercenti, mentalmente orientati a favore della classe padronale. Infatti: <<Chi è stato esercente, chi ha diretto delle miniere e tornerà ad esercirle o a dirigerle, non potrà mai avere benevola attenzione verso gli operai, perché penserà sempre che egli si troverà dopo la guerra di fronte a maestranze che hanno voluto ottenere dei miglioramenti che forse a lui, esercente, non converrà di concedere.»47 Il Sottosegretario di Stato per le Armi e Munizioni ribatteva che le agitazioni, invece, erano sorte per i ritardi verificatesi nella raccolta di dati per stabilire quanto ogni operaio percepisse: raccolta effettuata attraverso moduli distribuiti alle singo1e miniere, metodo che aveva comportato una gran perdita di tempo. L'importanza della produzione zolfifera, oltre ai problemi delle controversie fra operai e padronato , poneva anche quello dell'esonero dei militari che in precedenza avevano lavorato nelle miniere di zolfo. Infatti, il 23 aprile 1918, l'On. Storonj poneva un'interrogazione al Ministro per le Armi e Munizioni e a quello della Guerra <<per conoscere se, in considerazione cieli' imperiosa necessità di aumentare la produzione solfifera per soddisfare a!Ie esigenze delle industrie di gue1rn nostre e degli Alleati, non credano conveniente disporre che sia concesso l'esonero a maggior numero ad operai minatori, insostituibili con avventizi non specializzati, e più particolarmente cli provvedere, onde quelli esonerati vengano 1ilasciati, anche se in zona di gue1rn.»'18 Il Sottosegretario di Stato per le Armi e Munizioni, Bignami, assicurava l 'Onorevole interrogante che, sin dal1'inizio della guerra, non era sfuggita al Ministero l'opportunità di ripristinare, nelle miniere di zolfo, per lo meno le condizioni prebelliche, compromesse dai numerosi richiami di militari avvenuti all'inizio del conflitto. Pertanto, d'accordo con il Ministero della Guerra e con il Comando Supremo, venivano studiati provvedimenti finalizza ti a: - rinvio dalla zona di guerra cli tutti gli operai anziani dalla classe ciel 1874 a quella del 1881 e degli operai specializzati delle classi dall ' 82 all ' 89;49 - esonero per tutti gli operai della zona territoriale delle classi dall'82 all'89. Nell'insieme, si trattava di provvedimenti che consentivano l 'incremento della produzione con effetti favorevoli sia per l'agricoltura, sia per le esigenze belliche nazionali e degli Alleati, con ripercussioni sulle nostre esportazioni, volte anche a migliorare la politica degli scambi e dei cambi.
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Legisl. XXIV, 1• Sessione, Discussioni, Voi. XV, p. 14.764.
Legisl. XXIV, l" Sessione, Discussioni, Vol. XV, p. 16.462. Con questo provvedimento venivano ripristinate, nel!' industria cieli ' estrazione del lo zolfo, le più importanti categorie: capi maestri, sorveglianti, picconieri, vagonari, addetti alle macchine, arditori, trasportatori (compresi mulattieri e carrettieri per il traspo1to alle stazioni ferroviarie più vicine).
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Tuttavia, il considerevole aumento del numero di stabilimenti dichiarati ausiliari richiedeva manodopera qualificata in quantità sempre maggiori; un'esigenza che era stata soddisfatta, all'inizio, con l' istituto della «dispensa definitiva» .50 Peraltro, questo istituto presentava due inconvenienti: era privo del1'elasticità necessaria per consentire l'adeguamento del numero del personale sottratto dal fronte all'andamento fluttuante delle esjgenze industriali, e non risultava sufficiente a coprire il fabbisogno di manodopera qualificata. Pertanto sorgeva l'istituto delle «esonerazioni temporanee» dal servizio militare,5' i cui requisiti (da accertare tramite Commissioni locali controllate da una Commissione Centrale) erano la temporaneità dell'esonero e la necessità e insostituibilità dell'opera che i richiamati prestavano in precedenza presso gli stabilimenti. Inizialmente avevano incominciato a godere di tale istituto i militari richiamati alle anni, di qualunque classe o categoria, appartenenti al personale degli stabilimenti privati che fornivano materiali o prodotti per l'Esercito e la Marina. Successivamente, questo istituto veniva esteso ai militari richiamati che avessero prestato la loro opera presso Aziende di Stato, Province e Comuni, o anche private, alle quali fossero affidati servizi pubblici di interesse nazionale o locale, nonché presso grandi stabilimenti il cui funzionamento avesse interessato l'economia nazionale.52 Quest'ultima estensione coinvolgeva gradatamente anche Direttori, capi-tecnici e operai specializzati dell'indotto collegato con gli stabilimenti ausiliari, e finì per tramutarsi in un aggravio di lavoro per le Commissioni preposte all'accertamento dei requisiti, il cui ritmo lavorativo rallentò al punto di far mancare l'indispensabile tempestività, cosicché, a volte, esse «non dimostravano la competenza necessaria per assolvere il compito affidato.» 53 Il Generale Dallolio, per garantire l'uniformità di ind irizzo necessaria a soddisfare i bisogni delle industrie e a conseguire una produzione bellica sempre più intensa, decideva di affidare la concessione delle esoneraziorii temporanee ai CMI che, supportati da Commissioni speciali, provvedevano al l'istruzione delle nuove richieste e ad accertare che venissero mantenuti i requisiti necessari per le concessioni già date. In tale attività il CCMI era Organo di 2" istanza contro le decisioni negative dei CMI regionali .5'1 Una serie di decreti, «essendo sorto l'istituto delle esonerazioni per far fronte non solo alle es igenze della guerra, ma anche dell'economia nazionale e dei servizi pubblici nonché a quelle inerenti ai servizi della marina mercantile»,55 estendeva ulteriormente il campo di applicazione dell'istituto a: - richiamati addetti ai servizi di navigazione e pilotaggio;56 - Direttori e Capi della Marina mercantile; 57 - Direttori di aziende agrarie e di industrie direttamente attinenti alla agricoltura, se appartenenti a classi anteriori a quella del 1882;58 «Gli industriali, di fatto, puntavano molto sugli esoneri, per mantenere in fab brica i propri lavoratori.»59 Questa soluzione, infatti, offriva vantaggi sotto il profilo della disciplina e del rendimento ed era agevolata dalla dichiarazione di ausiliarietà. Ovviamente vi erano degli stabilimenti, come quelli della Società Metallurgica Italiana, nei quali la presenza degli esonerati era superiore alla media nazionale del 17%.60 Questo fenomeno era più frequente ove gli insediamenti industriali erano maggiormente inseriti nel tessuto sociale.
su
La «dispensa definitiva» era prevista dalla normativa sul reclutamento R . D. n. 5.860 ciel 16 dicembre per la Marina e R.D.
11. 1.497 del 24 dicembre 191 1 per l'Esercito.
' R.D . n. 561 del29aprile 19 14. D . Lgt. n. 887 del 17 agosto 19 15. 53 APCD, Legisl. XXVI, Sessione 1921-1 923, Doc., Dis. Leg ., Relaz. Doc. XXI, Vol. TI, p. I I 6. 54 ccMr, circolare 11. 489 del 2 agosto 1916. ss APCD, Legisl. XXVI, Sessione 192 1-1 923 , Doc., Dis. Leg., Rei. Doc. XXI, Voi. li, p. 117. 56 D.Lgt. n. l.756 ciel 9 dicembre 1915. 57 D.Lgt. n. 401 del 13 aprile 1916. 58 D.M. del 28 febbraio 1917. 59 L. Savelli, L'industria in montagna ..., op. cit., p. 168. lhid., p. 167. 5
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In conclus ione, l'apparato industriale, per il suo funzionamento, disponeva di tre categorie di operai militari: «comandati», «temporaneamente esonerati» e «sottoposti alla giurisdizione militare» non ancora richiamati, o che non avevano alcun obbligo militare. Tutte e tre le categorie ricevevano il medesimo trattamento economico corrisposto agli operai civili, in genere formato «dal guadagno del cottimo e dal compenso per i lavori straordinari e nottumi.»61 È evidente che l' istituto delle esonerazioni avrebbe scontentato più cli qualcuno , creando lamentele e maldicenze per pretese iITegolarità e abusi . Il 1917 era l'anno in cui venivano varati diversi provved imenti, diretti non soltanto a conciliare le esigenze dell 'industria con quelle dell'esercito combattente, ma anche a creare la mobilità delle maestranze, mediante il loro rapido trasferimento da uno stabilimento all'altro, per far fronte alla variabilità di flusso del lavoro, causata dalla temporanea indisponibilità di materie prime e dalle crisi nei trasporti: 1) controlli e revisione generale delle esonerazioni;62 2) graduale scambio, di concerto con il Comando Supremo, degli operai specializzati esonerati appartenenti alle classi più giovani con quel li più anziani al fronte; 63 3) speciale revisione degli esoneri dei proprietari delle piccole officine;6'1 4) allontanamento dagli stabilimenti , dopo il ripiegamento dell'Esercito sul Piave, dei militari nati posteriormente al 1892 e revoca di tutte le dispense ed esonerazioni già concesse, salvo riguardassero Direttori, Capi tecnici, e operai, addetti esclusivamente alla lavorazione di anni, munizioni ed esplosivi negli stabilimenti ausiliari e requisiti . Quest'ultimo provvedimento riguardava, in particolare, la categoria dei «militari-operai comandati»; 5) affiancamento ai CMI cli padri che avessero figl i al fronte e di mutilati di guerra all' uopo designati dall'Associazione Nazionale Mutilati ed Invalidi di guerra, allo scopo di dissipare nella pubblica opinione ogni prevenzione su talune categorie di personale esonerato; 6) emanazione delle n01me65 per la definizione delle sanzioni penali contro chiunque procurasse la mancata assegnazione di militari ai reparti mobilitati e contro quei militari che indebitamente 1'avessero ottenuta, nonché contro funzionari e proprietari, Direttori e Capi reparto che, avendone conoscenza, omettessero di riferirne alle competenti autorità. Quest'ultimo provvedimento è stato assunto in seguito al verificarsi di abusi comprovati:66 «Né può escludersi la possibilità che tale frode siasi anche verificata présso qualche stabilimento militare , secondo quanto appare dalla sentenza 14 luglio 1922 del Tribunale Militare Marittimo di Taranto , la quale rileva la gravità di indizi emersi al riguardo relativamente al Regio Arsenale Marittimo di Napoli riferendosi ai primi mesi del 1918 .»67 Comunque, né l'istituto della «dispensa definiva» né quello delle «esonerazioni temporanee» risultavano sufficienti ad assicurare la manodopera qualificata necessaria agli stabilimenti, per cui si ricorreva ali' assegnazione di «militari-operai comandati». Inizialmente a cura dei Comandi Militari Territoriali, e successivamente dai CMI, venivano prescelti quei militari che potevano dimostrare, tramite libretto cli lavoro, di esercitare un mestiere collegato alla produzione di armamenti e munizionamento. Si estese così, presso i reparti combattenti, la ricerca di militari con precedenti di mestiere, appartenenti a classi di leva , che per motivi varì non avessero potuto usufruire cleJle <<esonerazioni temporanee» , pervenendo alla creazione di reparti di «militari-operai>>
61
U.M. l\tliozzi , La Mobilitazione industriale Italiana .. ., op . cit. , p. 56. circolari n. 273.542 del 24 gennaio 1917 e circolare n. 43783 del 13 dicembre 19 17. 63 ccl'vn,circolare n. 10 4.348 del 2 agosto 1917. 64 CCMT, circolare n. 290 del 2 agosto 19 I7 . 65 D .Lgt. n. I .954 del 9 dicembre 19 I7 . 66 Furono rilevate 368 condanne per frode i·n esonero, concentrate nei maggiori centri di produzione bellica, di cui il 42% era stato comminato dai Tribunali Militari di Torino, Alessandria e Cuneo. 67 APCD , Legisl. XXVT, Sessione 1921 -1. 923, Doc., Dis. Leg., Rei., p. 118. 62
CCMJ,
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che, «quantunque assegnati agli stabilimenti, dovevano vestire la divisa e dormire in caserma: erano sottoposti a tutti i doveri deì militari in servizio presso i Corp i, poiché erano considerati, a somiglianza dei militar.i di truppa addetti agli stabilimenti militari, quali militari comandati.»68 Questi militari venivano tratti, sia da apposite liste cli operai specializzatj esistenti presso i Depositi Reggimentali, sia da quelli richiesti nominativamente dalle industrie come insostituibili. Dopo il superamento di apposita prova d'arte, gl i operai così prescelti venivano distribuiti, secondo le indicazioni dei CMI regionali , dove risultava necessaria la loro opera. Per questi particolari mmtari erano adottati due tipi di previdenze, per gli aspetti militari-disciplinari ed economico-lavorativi, che tendevano a migliorarne la vita. Di massima, essi ricevevano dai CM I regionali vitto, alloggio e vestiario, riscuotevano il salario, cottimi e straordinari identici a quelli degli operai borghesi di pari mestiere e abilità; erano tutelati quindi sotto l'aspetto finanziario, ma non avevano libertà di contrattazione. Per considerazioni economiche e morali erano riavvicinati, finché possibile, agli ambienti di provenienza; inoltre, per una buona parte dei casi, venivano ripristinati i sussidi alle famiglie. In conclusione, l' istituto dei «militari comandati» garantiva la mobilità delle maestranze da uno stabilimento all 'altro e conferiva maggiore elasticità alla Mobilitazione Industriale in relazione all' andamento della produzione. Logicamente, sarebbe stato più difficile conseguire detta elastic.ità se la si fosse basata soltanto sulle maestranze civili che avessero usufruito di «dispense» ed «esonerazioni temporanee» . Comunque, nonostante al termine della guerra questo tipo di maestranze raggiungesse le 160.000 unità, i bisogni non erano coperti interamente in quanto «allo stesso sviluppo enorme del! ' industria non corrispondeva un pari sviluppo delle maestranze.» 69 Come indicato nella seguente Tabella XX , la progressiva crescita dell'entità della forza lavoro presso gli stabilimenti ausiliari, durante gli anni della guerra,70 mette in evidenza il diverso grado cli industrializzazione delle regioni italiane: Tabella XX REGIONE LOMBARDIA PIEMONTE LIGURIA YENETO-EM[LTA
ITALIA CENTRALE
ITALIA MERIDIONALE SICILIA
31 DICEMBRE 1915 31 DICEMBRE 1916 31 DICEMBRE 1917
51.185 34.808 44.381 2.112 --Z0.108 12.381 1.140
145.784 96.841 80.792 21.227 68.7 ) ~ 31.534 4.898
180.000 120 .000 100.000 20.000 70.000 40.000 29.000
30 NOVElVIBRE 1918
199 .000 137.000 104.500 28.000 88.5UU
41.000 21.000
Dai dati sopraelencati si possono desumere: - la situazione di favore in cui venivano a trovarsi le regioni più vicine al fronte, con speciale riferimento alla situazione dei trasporti; - la disparità di trattamento fra: le regioni settentrionali e quelle meridionali, in pratica rimaste escluse da interventi straordinari di potenziamento industriale, che «restarono così irrimediabilmente fuori dal grande gi uoco degli interventi pubblici e dei miglioramenti strutturali (tecnici, di addestramento professionale, di modificazione di impianti e cli attrezzature, di installazione di nuovi complessi industriali o di singole industrie)»;1 1
M. Mazzetti, L'industria Italiana ... , op. cit., p . 2 1. CCMI, L'opera della Mobilitazione Industriale durante gli anni di guerra ... , op. cit., p . 7. 70 U.M. Miozzi, La Mobilitazione Industriale ltaliana .. ., op . cit., pp. 75-76. ? I lbid., p. 62. (,$
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253
- un concentramento di risorse finanziarie che, di conseguenza, agevolava le società commerciali e industriali dell'Italia settentrionale. Da questo quadro Miozzi traeva la conclusione che l' Italia settentrionale era stata privilegiata «a danno del sud, diventando nel dopoguerra la principale protagonista e beneficiaria quasi esclusiva del largo e vasto impiego di capitali, della massa enorme cli disponibilità finanziarie derivate dall'accumulo di capitali provenienti dal risparmio pubblico. Gli investimenti pubblici e privati, difatti, erano stati incanalati al nord, per potenziare soprattutto l'apparato bellico ... ».72 In questo modo si accentuava l'isolamento dell' Italia meridionale che continuava a svolgere un ruolo subalterno sul piano industriale. Tuttavia, gli Organ i della Mobilitazione Industriale effettuavano continui controlli per accertare la situazione patrimoniale delle aziende, allo scopo di evitare che l'assommarsi degli utili privilegiasse alcune industrie rispetto ad altre. Per far ciò, venivano emanate particolari disposizioni che prevedevano l'applicazione di imposizioni fiscali progressive sui profitti derivanti dalle forniture militari ,73 ma innescavano anche una polemica fra il Presidente del Comitato Nazionale di Munizionamento Generale, Mon-a di Lavriano, e il Ministro delle Finanze Meda, secondo il quale i tributi «sono altrettanto necessari quanto le armi a dotare lo Stato di quella potenzialità di resistenza che gli ardui cimenti affrontati, richiedono.» 74 Il Ministro delle Finanze, infatti, in contrapposizione ai militari preposti alla Mobilitazione Industriale, sosteneva che la progressività dell'imposta sui sopraprofitti non fosse un'aggravante. Al contrario, egli la riteneva «un'attenuazione, perché la progressione, se la si consideri, partendo dalla aliquota massima, è una degressione: e la degressione è un temperamento appunto all'altezza della aliquota massima ... » .75
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lhid. lbid., p. 63 . 7 " fbid., p. 137. 15 Jbid. 72
73
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Capitolo 20 LA SOSTITUZIONE DELLA MANODOPERA MASCHILE CON QUELLA FEMMINILE
Si è già visto come a metà del 1915, all'avvio della Mobilitazione Industriale, il Sottosegretario alle Armi e Munizioni Dallolio fosse costretto a rimuovere una serie di pregiudizi sull'istituto dell'ausiliarietà al fine di poter raggiungere il suo traguardo, la costituzione dell'«Esercito lavoratore». Ma non si trattava del solo problema, perché contemporaneamente, a prescindere dalle remore, l'apparato industriale andava soggetto a due fenomeni contrastanti: - la dilatazione del tessuto produttivo, che richiedeva sempre maggiori quantità di mano d'opera per far funzionare il sistema; - la progressiva diminuzione delle forze lavorative in relazione alla chiamata di classi sotto le armi. Dallolio, per conciliare l'incremento della produzione e la cessione di personale alle unità combattenti , era costretto a rivolgersi a nuove categorie di manodopera, prima fra tutte quella femminile. Sin dal 1915, infatti, egli aveva iniziato a richiamare l'attenzione degli stabilimenti militari sulla manodopera femminile, in funzione deJla convenienza della sua immissione in sostituzione di quella maschile. «Occorre che gli Industriali si aiutino, con donne e con ragazzi; soprattutto con donne. Credere che noi possiamo dare sempre operai militari abili, è un'illusione; di più non si può fare. Occorre che loro si formino gli operai abili, anche se per fare ciò dovranno andare incontro a dei sacrifici.» 1 A fronte di un'esigenza sempre crescente di manodopera per potenziare la produzione degli stabilimenti, non era più possibile «sottrarre con esoneri al nostro Esercito operante uomini che, se abili alle officine, sono altresì necessari al fronte dove per una guerra moderna fatta per la maggior parte di macchine delicate e complicate è richiesta l'opera loro di meccanici pratici ed intelligenti.»2 Per questo egli non si stancava di raccomandare3 l'impiego «per quanto possibile» anche delle donne. «L'esempio di quanto avviene in Francia ed in Inghilterra, dove per l'aumento della produzione si sono utilizzate le donne, anche per tornire i proiettili di piccolo calibro, deve essere di sprone ai Direttori per riuscire a congiungere i sentimenti di umanità coi risultati veramente pratici.»·1 A un mese di distanza dalla prima sollecitazione, ritornava sull 'argomento per rimuovere ostacoli ancora presenti all'impiego delle donne, caldeggiando «una convinta, intelligente, diffusa, attiva propaganda che distrugga i preconcetti degli industriali e le opposizioni di interesse di maestranze, le inerzie dello stesso elemento femminile, quest'ultimo fortunatamente localizzato ancora a qualche sola regione .»5 La situazione dei Paesi alleati rimaneva sempre un punto di riferimento nell'attività del CCM J, consentendo di trarre utili spunti propagandistici, quali la trasmissione ai Comitati Regionali di una pubblicazione del Ministero delle M unizioni inglese sull ' impiego della manodopera femminile nelle industrie che producevano munizionamento «per farne argomento di propaganda presso quegli stabilimenti industriali od Enti che riterrà più adatti affinché le maestranze femm inili affluiscano i n maniera sempre maggiore nelle officine per aiutare a risolvere il problema sempre più grave della mano
MCRR, fondo Dallolio, b.953 , f. l , I. 8, p. 5, Verbale della riunione Industriali Metallurgici 2-3 dicembre 1915. CCMJ , circolare n. 40.735 del 16 dicembre 1915 indirizzata ai CMI. Cfr. anche CCM I, fl contributo delle maestranze femminili, ecc . op. cit., p. 65. 3 CC.Ml, circolare n. 3.392 del 9 agosto 1916 indirizzata a Stabilimenti e Direzioni di Astiglieria. • Jbid., cfr. anche CCMI, Il contribu10 delle maestranze femminili, ecc . op. cit. , p. 63; e ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni-CC.Ml, b. 298 . 5 ccrvr,, La Mobilitazione Militare in Italia, Alfieri, Milano [s.a.] 1
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d'opera.» 6 L'azione di reclutamento di maestranze femminili, svolta da parte del CCMI, può essere divisa in tre periodi: a) agosto 1915-agosto 1916: persuasione e propaganda Nel periodo iniziale del conflitto l'azione della Mobilitazione Industriale in questo settore era limitata a persuadere le donne a entrare in fabbrica.7 L'argomento cardine della propaganda era la convenienza economica; come suggerito in una circolare del 9 agosto 1915, la donna che lavorava contribuiva a «lenire la disoccupazione e dare alle famiglie povere la possibilità di fronteggiare la difficile situazione economica.»8 All'ingresso della manodopera femminile, in alcune regioni meridionali era d'ostacolo la riluttanza delle donne ad assumere ruoli estranei a quelli indicati dalla cultura dominante dell'epoca; «la diffidenza innata per tutto ciò che interrompe una consuetudine, lo sgomento del nuovo, se non propriamente il misoneismo, erano le difficoltà più forti e comuni ai timidi industriali come al popolo titubante».'1 Nelle regioni settentrionali, invece, si trattava di preconcetti del mondo maschi le «riguardo al rendimento del lavoro femminile non domestico ed alla possibilità di approntare mezzi idonei per fronteggiare la nuova situazione, che certamente si sarebbe venuta a creare negli stabilimenti industriali.» 10 La parte industriale era scettica sull'attitudine femminile a svolgere lavorazioni che richiedessero resistenza e concentrazione con rendimenti assimilabili a quelli delle maestranze maschili. Il mondo operaio, per parte sua, restava sospettoso per il fatto che la loro assunzione avrebbe potuto pregiudicare quella degli uomini. Di conseguenza, il Generale Dallolio sollecitava a «rimuovere gli ostacoli che ancora permangono ad un più largo impiego delle donne, ed occorre rimuoverli con una convinta, intelligente, diffusa, attiva propaganda che distrugga i preconcetti degli industriali, le oppos.izioni di interessi di maestranze, le inerzie dello stesso elemento femminile, quest'ultimo fortunatamente localizzato ancora a qualche sola regione.>> 11 In effetti, come testimoniava più tardi il Bollettino ciel CCMI, «il lavoro femminile prosperò la dove gli industriali ed i dirigenti seppero mettere la donna nelle condizioni più favorevoli a farlo fio1ire, quando intorno all'officina la donna sentì una forza protettrice dei suoi diritti ed una sollecita previdenza che soccorresse alle necessità più impellenti .» 12 Comunque, il «Governo era riuscito a sensibilizzare gli industriali perché si assumessero l'onere delle spese di adattamento dei locali e all'interno delle fabbriche.» 13 A riprova di quanto era stato fatto, il Bollettino del CCM J citava tre realizzazioni (di cui le prime due da parte della stessa società Metallurgica Italiana, nella conca di San Marcello Pistoiese) avvenute in Toscana: - la prima a Campo Tizzoro, dove su 820 operai il 31,25 % era formato da donne , mentre in tutta la montagna pistoiese altre erano occupate a domicilio al lavoro del1e fasciature delle cartucce. Lo stabilimento disponeva di un asilo nido che accudiva i piccoli durante il lavoro deJle madri, de1la scuola per i figli degli operai, del panificio, della dispensa, di un refettorio, di una scuola professionale per le donne. 14 <<La Metal1urgica ... costruisce l'albergo Tripolitania, che funge da foreste-
6
CCM r, circolare n. 3 I .607 del 28 giugno l. 916 ai CML In questo periodo l'apparato industriale era in vertiginoso sviluppo (sia come produzione, sia come ampliamento delle infrastrutture preesistenti e creazione cli nuovi stabilimenti), per cui prescrizioni a carattere obbligatorio sull'impiego delle donne sarebbero risultate premature o addirittura controproducenti. 8 Circ. n. 3.392 del CCMI in data 9 ago. 1915; Cfr. anche CCMl, il contributo delle maestranzefenuninili, ecc. op. cit., p. IO. 9 CCMI, Bollettino del Comitato Centrale di Mobilitazione Industriale n. 4, ottobre 1917, p. 119. w U.M. Miozzi, La Afohilitazione industriale Italiana ... , op. cit., p. 5 I . 11 CCMJ circolare senza numero del 28 settembre 19] 6; Cfr. anche CCMr, Il contributo delle maestranze femminili, ecc. op. cit., p. 85. 12 CCMr, Bollettino ciel Comitato Centrale di Mobilitazione Industriale n. 4, ottobre 1917, p . 1.19. 13 U .M. Miozzi, La Mobilitazione Industriale italiana ... , op. cit., p. 52. '' CCMl, Bollettino ciel Comitato Centrale di t..fobilitazione Industriale n. 4, ottobre I 9 I 7, p. 120. 7
256
r.ia per gli ospiti dell'azienda e da abitazione per gli impiegati e funzionari scapoli . Si aprono i negozi, l'ufficio postale, la farmacia e là stazione dei carabinieri. Alcune famiglie del luogo gestiscono trattorie a prezzi economici .. : Lavoratori e lavoratrici con minori possibilità economiche si po1tano il pranzo da casa, 15 e rnangiano ai lati della strada seduti sui muretti, fino a che, anni dopo, la direzione dello stabilimento deciderà di costrnire una mensa.» 16 Lo sviluppo industriale portava, di conseguenza, alla crescita della forza lavoro proveniente dai vari paesi limitrofi e alla necessità, da parte del Comune di San Marcello Pistoiese, di adeguare i servizi comunali all'immigrazione, principalmente al rifornimento idrico, ai servizi cimiteriali e alle scuole. Inçltr_e, si assisteva alla nascita delle prime ditte di autotrasporti e di un collegamento ferroviario, él1-è· univa 1a·foontagna alla linea -fen-ovi_ftria nazio.naie Porreua·n a, per sç,pperire alla cro;ica carenza di tra: sporti, principale-ostacolo a un maggiore sviluppo ~conomicq ,di tutta la zona; 17 · J. - la seconda «città operaia», Limestre, era sorta a poca distanza da Campo Tizzoro e vedeva impiegate tremila donne che attendevano «a tutta la serie di operazioni che in un solo giorno, cominciando dalla fusione del metallo, forniscono le cartucce già impacchettate e pronte ad essere spe. dite.» Anche qui lo stabilimento disponeva di <<tutte le provvidenze e le previdenze sociaJi intorno a questo immenso alveare umano [che] agevolano il lavoro e la vita. Il panificio, le molte forI\itissime dispense , il refettorio frequentato da 600 operai in due turrii', le belle e nitide ca:se operaie sempre attivamente sorveglia.te, la scuola e, infine, modernissima istitu?,ione il d5mn.itorio. Per le donne che vengono dai lontani· paeselli, dai casolari dispersi per· le verdi selv·e , difficile sai-ebbe il quotidiano ritorno a·casa e, nella rigida stagione, quasi impossibile»; 18 - la terza imponente officina, <<dedita essenzialmente alla produzione di cartucce per fucili e di bossoli di cannone>>, 19 era sorta in Garfagnana, lungo il Serchio, a Fornaci di Barga e vi lavoravano circa 2.000 donne. Anche qui erano allestiti panificio, dispense, refettorio, ambulatorio.,,.-Ma l'aspetto Pi!l importante erano «tut.Je le previdenze igieniche e sociali, [che] preveuendo iperico·,.~' .·fi del lavoro\ ·ne attenueranno i Eimmi, ritardando le inevitabili deformazioni pr~essi'onali.»20 ' ; -. ,.,.
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Negli stabilimenti della Toscana citati a esempio si notavano «donne a forare cartucce per mitragliatrici, ai bossoli per modello 90 , ai bossoli per modello 91 e per mitragliatrici, donne ai laminatoi, ai lavaggi, ai collaudi, al caricamento, all'innescamento, ai verificatori a macchina ed a mano, alla pesatura, all'impacchettamento. Dovunque un'attività febbrile e quella serietà composta che attesta la consapevolezza dell'importanza dell'opera a cui si attende.»2 1 In conclusione, la donna aveva dimostrato la propria adattabilità sfatando «la leggenda secolare della sua inettitudine a disciplinarsi per un lavoro metodico e gravoso» e «uscendo vittoriosa da una prova che l'aveva messa di colpo al livello delle donne di altre Nazioni industrialmente più progrèdite.>>22 Inizialmente, le remore già indicate avevano limitato la percentuale delle donne adibite all'industria delle munizioni in rapporto alla maestranza totale, tanto che, nel novembre 1915, esse erano meno del 4%.23 Dallolio, infatti, il 16 dicembre era stato costretto a scrivere di non aver ancora «riscontrato gran-
15 Lo sviluppo della Società Metallurgica Italiana faceva nascere attività collaterali tipicamente femminili . Una di queste era la distribuzione dei «desinari». «Le madri di famiglia preparavano il pranzo per i mariti ed i figli operai, e li affidavano a donne e ragazze che ne caricavano un ce1to numero in grandi ceste portate sulle teste.» 16 L. Savelli, L'industria in montagna ..., op. cit., p. 146.
17
lbid. lbid., p. 150. 19 Ibid., p. 159. 18
Bollettino del Comitato Centrale di Mobilitazione Industriale !bici., p. 121. 22 lbid.,p. 119. 23 CCMJ, Il contributo delle maestranze femminili, ecc. op. cit., p. 37. 20
CCMI,
11.
4 , ottobre 1917, p. 122.
21
257
SONO AMMESSE b()NNE !)Al / 8 Al 2.f
ANI'/! CON PREFERENZA PE/? QYELLE CHE HANNO PARENTI AL FRONTE. LE ASPIHAHTI S'/JNO .ftJTTOPOSTE A VISITA "1ElJICA l)Al SANITARI /JELLE FENROYIE DELLO STATO.
/,Oe/1/,/_y/( l?El'AKTO OEI.J!OFF!C..'/NA VEICOLI T/USTEYERE.CONCEJSO IJALL'AM. MIHIST.RAZ! rERNOYIAIUA,CQH SPOGLIA TOI-LAYABI E oAB/NETTI. • .IJA(!(!HJHE_sroKNI PA!lALi..EU E 4 A HEYOLVER. Z TRAPANI. OIOTONEJDH! JfAl'CRf/{U_S(JNtJ FOMITI 6RATVI • TAJJIEHTE /ML .S..S.A.M.Al QYALE YEN. 611/l(J RESTffr1T1 ooPo LAYORAZJONe
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Reclutamento delle donne operaie (scuola di tornitura) . (Proprietà Galassi Paluz.z,i Tamassia) /
di risultati, tanto che da "una statistica degli stabilimenti dichiarati ausiliari fino al 10 novembre u.s. su 113.993 operai solo 3.957 figurano donne.» 24 Comunque, ai primi di febbraio del 1916 si notavano già i primi risultati positivi e il Sottosegretariato per le Armi e Munizioni elogiava i Comitati Regionali di Mobilitazione Industriale, raccomandando di «intensificare l'attiva propaganda iniziata, in modo che la schiera delle donne già benemelite per l'ausilio portato ai lavori di munizionamento avesse sempre più ad aumentare.» 25 In questo periodo il Comitato Nazionale per il Munizionamento avviava una campagna promozionale imperniata su una serie di ca1toline postali raffiguranti operaie addette alla lavorazione di proietti. Ovviamente, tali provvedimenti non erano sufficienti, da soli, a incrementare il gettito della mano d'opera femminile, per cui il Sottosegretario per le Anni e Munizioni non si limitava a intervenire gerarchicamente sui Direttori di Stabilimenti militari e sugli Organi periferici della Mobilitazione Industriale, attraverso una serie di direttive, ma coinvolgeva personalmente le sue numerose conoscenze altolocate. Di fatto le personalità interessate dal Generale avrebbero contribuito alacremente allo scopo, al punto che, a volte, si sarebbe creato addirittura un esubero di manodopera rispetto alle possibilità di assorbimento delle industrie locali, specie tenendo conto che non erano ipotizzabili trasferimenti da una sede all' altra. Un esempio dell'azione personale di Dallolio è dato da una lettera scritta alla figlia: «La contessa Spalletti mi ha raccomandato l .400 donne. Io v01rei pure impegnarne una parte e vorrei aiutare
24
1
l-
Circ. n. 40.735 del 16 dicembre 1915. Cfr. anche CCMI, Il contributo delle maestranze femminili , ecc. op. cit., p. 65. Circ. cc.MI del 26 gennaio e 26 febbraio 1916. Cfr. anche CCMl, IL contributo delle maestranze femminili, ecc. op. cit., p. 11.
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Donna al lavoro in uno stabilimento di munizionamento. (Proprietà Galassi Paluzzi Tamassia)
259
Donna al lavoro in uno stahilimento di muniziona,nento - Lavorazione spolette. (Proprietà Galassi Paluzzi Tamassia)
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Donne al lavoro in uno stabilimento di munizionamento - lavorazione delle bombe. (Proprietà Fondazione Ansaldo)
quelle che veramente lo meritano. Leggi la quì unita circolare e dimmi cosa ne pensi. Ho esortato i Direttori di Stabilimento spingendoli a creare delle Sezioni femminili.» 26 b) agosto 1916- marzo 1917: emanazione di norme di carattere obhl igatorio Verso la metà del 1916 erano ormai maturi i tempi per emanare norme di carattere obbligatorio. L'inizio del funzionamento dei nuovi grandi stabilimenti richiedeva forti contingenti di mano d'opera e , tenuto conto degli esiti generalmente favorevoli dell'immissione di quella femminile effettuata in varie regioni d'Italia, il 23 agosto 1916 veniva prescritta la graduale sostituzione obbligatoria di gran parte delle maestranze maschili addette alle lavorazioni cli meccanica leggera (spolette, detonatori, proiettili di piccolo calibro, ecc.). con quelle femmi nili . Su tale decisione aveva influito notevolmente l'esempio del modello francese, al quale Dallolio guardava sovente. Infatti nel luglio del 1916 si era recato a visitare gl i stabilimenti della Citroen . L'impossibilità di attendere il tempo necessario alla completa istruzione professionale delle donne ne restringeva l' impiego alle attività che richiedevano una fatica fisica compatibile con il loro organismo e poca abilità professionale, a condizione che venissero opportunamente adeguati l'organizzazione del lavoro, le attrezzature e il servizio di trasporto e sollevamento materiali all'interno delle officine. Il 28 settembre 1916, il Sottosegretario per le Armi e Munizioni , per incentivare ancor di più l'afflusso delle donne nelle fabbriche , evidenziava, «oltre che dal fattore economico, l'affluenza delle donne negli stabilimenti sarà tanto più facilitata quanto maggiori saranno le provvidenze adottate a tutela della loro igiene e cle11a loro moralità, specialmente quando occorra, pur con carattere transito-
26
APTGP,
serie lettere ai familiari, lettera 9 agosto 1915 a Elsa.
261
Donne al lavoro nello stabilimento elettrotecnico di Comigliano (Genova) 1936. (Proprietà Fondazione Ansaldo)
rio dovuto all 'eccezionalità del momento, ricorrere al lavoro notturno .»27 Così Dallolio portava ad esempio le realizzazioni di /alcune fabbriche, spronando il mondo industriale ad allinearsi a questi risultati: - spogliatoi, lavabi e ritirate per le donne «situati in locali assolutamente riservati ad esse, separati e ben distinti da quelli degli uomini» ; - spogliatoi individuali «a chiusura, in modo che vi possano essere custoditi gli abiti che ]e operaie sono costrette a cambiare con quelli di lavoro i quali ultimi è bene che siano largamente usati e convenientemente studiati, per evidenti ragioni di pulizia, di economia e della diminuzione delle cause di infortuni>>; - «refettori per quelle operaie che abitando lontano da1le officine, consumano sul posto la refezione»; - «stanze di allattamento e per gli asili di custodia dei bambini di quelle operaie che non sono in condizioni di poterli lasciare a casa». Dallolio ammetteva l'impossibilità di racchiudere in una circolare tutti i dettagli necessari a rendere confortevole la vita delle maestranze femminili, e per questo consigliava di «rivolgere a tutto quello che riguarda la maestranza femminile, cure e criteri speciali sì da invogliarla ad accorrere sempre più numerosa e fiduciosa a questa utilissima occupazione.»2R Certo, alcune di queste voci oggi possono fare anche sorridere, dato lo sviluppo avuto dalla Regolamentazione sul lavoro, ma occorre pensare alle condizioni dell'epoca, alla fabbrica che era un mondo di pulegge, pronto a ghermire chi si fosse inavvertitamente avvicinato.
27 28
cc1v11 circolare senza numero del 28 CCMI circolare senza numero del 28
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settembre 1916. Cfr. anche CCMl,ll contributo delle maestranze femminili, ecc. op. cit.,p. 13. settembre I 9l 6. Cfr. anche CCMI, Il contributo delle maestranze f-emminili, ecc. op. cit., p. 86.
Donne al lavoro nello stabilimento meccanico di Sampierdarena (Genova). Reparto piccola carpenteria - 1916. (Proprietà Fondazione Ansaldo)
Successivamente il Generale Dallolio, per verificare sia i risultati ottenuti con tale impiego parziale, che le possibilità di estendere ad altre lavorazioni l'obbligatorietà della mano d' opera femminile , costituiva all'uopo una Commissione tecnica con il compito di visitare le fabbriche che impiegavano in maggior misura maestranze femminili. I dati forniti dalla Commissione confermavano al Sottosegretariato per le Armi e Munizioni l'opportunità di persistere sulla strada dell'obbligatorietà dell 'impiego di maestranze femminili nelle industrie di guerra, al duplice scopo di recuperare il maggior numero possibile di operai esperti, per adibirli a lavorazioni più pesanti e più difficili, e di restituire all'esercito combattente un'aliquota delle maestranze maschili non specializzate. A seguito di ciò, il Sottosegretariato per le Armi e le Munizioni emanava il 19 marzo 1917 una circolare29 con la quale si prescrivevano: - l'inizio immediato delle modificazioni delle condizioni di lavoro (e in particolare l'adozione dei mezzi meccanici per trasporto e sollevamento dei pezzi pesanti) atte a consentire l'impiego della mano d'opera femminile; - la sospensione di nuove concessioni di mano d'opera avente obblighi militari in eccedenza rispetto alle percentuali stabilite dalla circolare stessa; - il coordinamento con i CMI regionali per il graduale ritiro della mano d'opera avente obblighi militari, allo scopo di non turbare il regolare andamento delle lavorazioni e il funzionamento degli stabilimenti.
CCMI, circolare n. 348.427 del 19 marzo 1917 inviata ai CMI regionali, alle Commissioni di Collaudo d' A1tiglieria , agli Stabilimenti Militari, agli Stabilimenti Ausiliari, agli Stabilimenti le cui lavorazioni ricadevano sotto il Controllo delle Commissioni di Collaudo d'Artiglieria del 23 agosto 1916. Cfr. anche CCMI, Il contributo delle maestranze femminili, ecc. op. cit., pp. 104-13; e FON DANSGE, fondo Pe1Tone, SSR, b. 571, f. 23. 29
263
Dallolio in visita agli stabilimenti Citroen (luglio 1916). (Proprietà Galassi Patuzzi Tamassia)
I risultati dell'indagine erano così sodd isfacenti che il Sottosegretariato Armi e Munizioni disponeva l'estensione della mano d'opera femminile e minorile, entn; il 15 giugno 1917, ad altri tipi di lavorazione nella misura indicata nella Tabella XXI.3° /
Tabella XXI
TIPO LAVORAZIONE
% MAESTRANZA
FElvIMINlLE O lVONORILE Lavorazione proietti medio calibro Lavorazione proietti grosso calibro Lavo.razione bombe da 58 mm Lavorazione bombe da 420 mm Fonderia per produzione in serie pezzi inferiori a 5 Kg. Fonderia per produzione in serie pezzi fra 5 e 30 Kg. Officine meccaniche in genere, fabbricazione oggetti in lamiera
50% 16% 80% 33% 50% 33% Impiego in lavori che non richiedevano sforzi eccessivi
Non tutta la stampa era favorevole all'opera del Generale Dallolio. Il Popolo d'Italia del 20 agosto 1916, non condividendo il parere di altri organi di stampa, scriveva: «L'Italia nello sviluppo della tecnica di guen-a non ha fatto gran che. Proporzionalmente la Russia - che è agli inizi della vita industria-
°CCMI, circolare n. 348487 del 19 marzo
3
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1917.
Donne al lavoro in uno stabilimenw di munizionamento - Lavorazione di fonderia (Formatura di anime) . (Proprietà Fondazione Ansaldo)
265
Donna al lavoro in uno stabilimento di munizionamento - Lavorazione spolette. (Proprietà Fondazione Ansaldo)
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le - ha compiuto maggiori progressi . Le donne che negli stabilimenti inglesi lavorano a centinaia di migliaia, nelle nostre fabbriche sono invece poche centinaia.» Le «poche centinaia» ci.tate dal giornale non rispondevano a verità, in quanto «sommando le maestranze femmi nili degli stabilimenti ausiliari, non ausiliari e militar i, si avevano i segu enti dati:31 31 ottobre 1915 14.000, 31 dicembre 1915 23.000, 53.000, 30 giugno 1916 = 89 .000, 31 dicembre 1916 122.000, 30 giugno 1917 175.000, 31 dicembre 1917 198.000>> 1° agosto 1918 c) marzo J 917- fine della guerra: intens ificazione della vigilanza sulle condizioni di lavoro L'aumento delle maestranze femminili negli stabilimenti faceva ingigantire tutti i problemi di carattere igienico-sociale, per cui maturava il convincimento che fosse opportuno integrare le norme di legge, sino a quel momento in vigore, per la protezione delle maestranze femminili e nùnorili. Di conseguenza, il Sottosegretruiato e Munizioni sussidiava le proprie prescrizio11i con un doppio ordine di provvedimenti intesi a: alle 1. diffondere la conoscenza di tutti quegli accorgimenti necessari nelle attrezzature e ne]]' organizzazione delle officine, affinché la sostituzione della donna all'uomo non andasse a scapito della produzione o della salute dell 'operaia; 2 . intensificare la vigilanza sulle condizioni di lavoro nel1e fa bbriche, in base alle norme emanate dal M inistero dell'Industria e Lavoro . Le relative prime note tecniche sugli impianti d i officina32 veni vano inserite in un Bollettino del Comitato Regionale di Mobilitazione Industriale di Mi lano e, successivamente nel Bollettino del CCMI, a partire dal primo luglio 1917 . Contemporaneamente, venivano portate avanti delle trattative con il Ministero dell ' Industria, Commercio e Lavoro per ottenere l'aggregazione all'Istituto della Mobilitazione Industriale del personale dell' Ispettorato dell 'Industria e Lavoro affinché riprendesse le fu nzioni ispettive . La necessaria premessa di tutta questa attività era stata costituita dal D . Lgt. n . 570 del 15 marzo 1915 che modificava il regolamento della Mobili tazione Industriale aggiungendovi, fra l'altro, due capitoli relativ:i alle maestranze femmini li e minorili e alla vigilanza igienico-sanitaria .33
Amu
Il contributo delle maestranze.femminili, ecc. op. cit., p. 35 . Cfr. anche APTGP, serie fascicoloni , fase . Yll, f. 14.
•11
CCM l ,
'2
In particolare quelle relative all'impianto e all'impiego di mezzi di trasporto e sollevamento dei pezzi pesanti, e all'age-
volazione delle operazioni più faticose di officina. Il D.Lgt. n. 570 regolamentava, in particolare: per le maestranze femminili e minorili la facoltà dei CM I cli emanare a l.c une prescrizioni: limitazioni di orario che non doveva superare le 60 ore settimanali; esclu sione delle maestranze femm inili e minorili dai turni notturni; coincidenza degli orari di ingresso e uscita negli stabili menti delle maestranze femminili rispetto agli orari degli operai, con quelli degli usuali mezzi cli trasporto, sfasamento degli orari di ingresso e uscita negli stabilimenti fra maestranze maschili e femminili, concessione cli ri posi intermedi, riduzione del massimo orario in deroga a quello previsto dalla legge, durata del periodo di tirocinio e relative mercedi, adeguamento progressivo dei salari al livello di perizia acquisita dalle operaie in aderenza al «giusto principio che ciascuno debba essere retribuito a seconda di ciò che produce e che agli apprendisti (uomini o donne) debba necessariamente corrispondersi un salario necessariamente inferiore a quello spettante agli operai.» (Cfr. CCMI, circolare n . 3540 IO ciel 23 marzo 1917 ai CMI , Comandi cli Corpo cl' A rmata e Comandi Divisione.) per la vigi lanza igienico-sanita1i a: verifica, da parte del Servizio cli vigilanza igienico-sanitaria, della sincerità delle giustificazio1ù delle assenze dal lavoro per malattia; defoùzione delle norme preventive degli infortuni ritenute necessarie in ogni stabilimento; ispezioni sull'attuazione delle relative disposizioni; clefuùzione dell'impo!to deJJe relative anunende da devolvere a Casse di Previdenza in caso cli inosservanza delle norme sia eia paite degli stabilimenti sia degli operai che non usassero i mezzi di prevenzione a loro disposizione; aclegum11ento entro ragionevoli termini di tempo dei locali e relati ve dipendenze (donnitori, refettori, servizi igienici); garanzia cli 8 metri cubi per o_peraio e una sufficiente ventilazione; rappmto impianti igierùci-persona non inferiore a uno ogni 40 persone; approntamento di un posto di pronto soccorso aJJ' intemo degli stabilimenti, e di cassette di medicazione.
33
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Donne al lavoro in uno stabilimento di ,nunizionamento - Lavorazione bossoli di piccolo calibro (Foratura). (Proprietà Fondazione Ansaldo)
268
Sempre nel marzo 1917 veniva nominato uno speciale «Consiglio del lavoro femminile» costituito da un membro del CCMI, rappresentanti del Sottosegretariato e del Ministero dell' Industria, un'operaia e una signora di particolare competenza in tema di lavoro femminile, con il compito di «tradurre in disposizioni precise i propositi del Sottosegretariato Armi e Munizioni in materia di tutela operaia mercé anche le nuove facoltà date alla Mobilitazione Industriale dal Decreto Luogotenenziale n. 570».34 Successivamente il Consiglio veniva affiancato da un organismo che avrebbe poi dato origine al Servizio di tutela e di vigilanza igienica-sanitaria, assegnato al Ministero per le Armi e Munizioni con diramazioni presso i singoli CMI regionali. Tale Servizio avrebbe rappresentato «in Italia, il primo nucleo di quello che diventerà successivamente il sistema delle assicurazioni sociali, varato nell'immediato primo dopoguerra, con la istituzione di una speciale cassa di previdenza da cui prenderà poi corpo L'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale.»35 Tanto al Nord quanto al Sud «la maggior parte del personale femminile (ma soprattutto quello minorile) era sprovvista di qualunque esperienza di lavoro. (Questa era una delle principali ragioni che spingevano gli industriali a cercare di limitare al massimo il numero delle assunzioni .)»36 Di conseguenza, nella sua fase iniziale, il ccrvu aveva dovuto affrontare il problema del tirocinio delle maestranze femminili, attraverso il quale si dovevano «produrre elementi idonei alla condotta delle usuali macchine utensili od aUa esecuzione di determinate , speciali operazioni che, in definitiva risultavano sempre le stesse.>> 37 Per questa attività, pertanto, sarebbe risultata superflua gran parte dell'istruzione impartita normalmente agli allievi operai, mentre era sufficiente disporre di apprendiste che avessero un modello di riferimento da imitare. Era stata scelta questa linea d'azione in quanto il Generale Dallolio riteneva che «Un manovale, uomo o donna, ragazzo o maturo, di media intelligenza, pur non avendo mai lavorato ad un trapano o a un tornio, in non più di una ventina di giorni, potrà imparare a fare almeno una delle operazioni alle quali la barra di metallo deve essere sottoposta per diventare un proiettile.»38 Dallolio, nella stessa circolare, approfondiva il concetto specificando che gli apprendisti «non dovranno diventare dei trapanisti, dei tornitori , ecc., ma degli operai capaci di condurre la macchina che ad essi sarà poi affidata, così da farle compiere una sola delle operazioni necessarie per trasformare la barra di metallo in un bossolo da granata o da shrapnel.» Pertanto, egli chiedeva ai CMI regionali di imporre agli industriali che producevano munizioni «una percentuale di un apprendista obbligatorio (uomo o donna) ogni cinque operai tornitori del loro stabilimento.» 39 (In pratica un addestramento «per imitazione» , a contatto diretto delle macchine da impiegare, tanto applicato nell'Esercito italiano negli anni 1975-80 .) Basandosi sulla circolare Dallolio, il CCMI non riteneva opportuna l' istituzione su vasta scala di scuole operaie femminili e sceglieva, viceversa, la strada dell'assunzione diretta delle maestranze femminili da parte delle Ditte, alle quali poi spettava la formazione delle nuove assunte. In particolare, le pri ncipali imprese delle regioni industrializzate giudicavano opportuno istituire nelle proprie officine anche «Reparti-Scuole aventi però lo scopo di effettuare una specie di selezione preventiva sulle aspiranti operaie piuttosto che quello di dare loro una istruzione vera e propria.>>40 Nelle regioni dove invece sussistevano maggiori pregiudizi verso l'ingresso delle donne in fabbrica, il CCMI istituiva scuole operaie, sia pure con potenzialità limitata, con una duplice finalità:
° CCMI, Il contributo delle maestran.z.efemmin.ili, ecc . op. cit.., p. 17.
3
U.M. Miozzi, La Mobilitazione Industriale Italiana ..., op. cit., p. 53 . Ihid., p. 52. 31 CCMJ, Il con.tributo delle maestranze femminili, ecc. op. cit., p. 21. 38 CCMI, circ. n. 40.735 del 16 dicembre 1915. Cfr. anche CCMI, Il contributo delle maestranz.efem.m.inili, ecc. op. cit., p. 65. 39 CCMl , circ. n. 40.735 del 16 dicembre 1915. Cfr. anche cerva, Il contributo dette maestranze.femminili, ecc. op. cit., p . 66. 40 CCMI, 1l contributo delle maestranze.femminili, ecc. op. cit., p. 22. 35
36
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Donne al lavoro in uno stabilimento di munizionarnento - Lavorazione al tornio. (Proprietà Fondazione Ansaldo)
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- realizzare una graduale fase di transizione fra l'ambiente familiare e quello della fabbrica, agevolando il passaggio da un ambiente all'altro per rendere meno traumatico il cambiamento sociale; - costituire un serbatoio di mano d'opera qualificata anche in grado di collaborare indirettamente con i CMI per la rimozione dei pregiudizi. In quest'ottica, alcune migliaia di operaie uscivano dal1e scuole istituite dal CCMI a Milano, Genova e Napoli, e da altre sorte per iniziativa privata a Bologna, Firenze e Roma. In quest'ultima città la scuola, nata «col concorso delle FeITovie dello Stato e del Ministero Armi e Munizioni ... è stata tra le primissime del genere.»4 1 È evidente il reclutamento da parte dei c tvn regionali, più agevolato ne1le zone ad alto grado di industrializzazione, dove già da tempo le donne erano ammesse in fabbrica accanto alle maestranze maschili, facendo venir meno sia i preconcetti di carattere sociale, sia quelli degli industriali. Il CCMI, oltre a svolgere azione di sprone, assumeva anche ruolo di controllore e , nel marzo 1916, stabiliva che i CMI regionali compilassero una relazione sullo sviluppo delle singole industrie, raffrontandolo con le condizioni iniziali, per avere un quadro dei risultati «delle esortazioni continue che, in vista delle deficienze di mano d'opera» erano state <<rivolte ai CMI circa l'impiego delle donne e dei fanciulli specialmente in quelle lavorazioni dove esso era maggiormente indicato» .42 Lo stillicidio di sollecitazioni iniziava a dare i primi frutti a un aru10 dall'inizio della Mobilitazione Industriale: nell'agosto 1916 la percentuale di mano d'opera femminile - sei mesi prima ancora irrisoria - toccava il 1.0% e il Generale Dallolio, dopo una visita a Torino, poteva affermare: «Ho riscontrato con vero piacere come in quella città siasi giustamente compresa la necessità di fare largo impiego del personale femminile in tutti quegli stabilimenti nei quali sono in corso lavorazioni che interessano l'Esercito e l' Armata.»43 Con una circolare del 23 agosto 191644 il Sottosegretario di Stato per le Armi e Munizioni, Dallolio, nel fissare i futuri obiettivi produttivi metteva in evidenza la politica seguita sino a quel momento, imperniata su quattro caposaldi: - ricerca di altre maestranze che permettessero l'entrata in funzione delle nuove macchine utensili; - spostamento verso queste ultime e verso le lavorazioni più complesse, delle maestranze maschili, attingendole da tutte quelle lavorazioni nelle quali l'impiego delle donne e dei ragazzi avesse potuto garantire, comunque, risultati favorevoli; - conferimento di occupazione e guadagno alle mogli dei richiamati e dei motti in gueITa; - limitazione al puro indispensabile delle sottrazioni di energie giovani ai contingenti operanti al fronte . Dallolio guardava a quanto già realizzato in Francia dove, con un preavviso di soli otto giorni, erano stati ritirati tutti gli operai mobilitati addetti a lavorazioni per le quali potevano essere rimpiazzati dalle donne. Egli riteneva, però, che in Italia un risultato analogo a quello francese dovesse essere raggiunto gradualmente e perciò stabiliva la data del 31 luglio 1917 «per attuare la sostituzione del 50% degli operai "militari comandati, esonerati o posti a disposizione" ed entro il 31 dicembre dello stesso anno raggiungere quella dell'80%». Il Sottosegretariato alle Armi e Munizioni poneva un obiettivo: per la fine del 1916 alie lavorazioni per il munizionamento doveva essere adibito il «solo personale abile strettamente necessario all'inquadramento» che poteva «valutarsi, in via approssimativa, nel 20%».45 Per consentire la dovuta gradualità, la circolare n. 86.671 stabiliva che entro il 31 ottobre il numero «delle donne e dei giovanetti>> raggiungesse il 50% del personale totale addetto alle lavorazioni del munizionamento.
41
Ibid., p. 23.
42
CCMI, circolare
43
cc1v1r, circolare n. 65969 del 2 agosto 1916 ai
n. 62474 de.ll'8 marzo 1916 ai
CMI. CMI.
circolare n. 86 .671 inviata ai CMI regionali , alle Commissioni cli Collaudo d'Artiglieria, agli Stabilimenti Militari, agli Stabilimenti Ausiliari, agli Stabilimenti le cui lavorazioni ricadevano sotto il Controllo delle Commissioni di Collaudo d'Altiglieria del 23 agosto 1916. Cfr. FONDANSGE, fondo Perrone, SSR, b. 571, f. 32. • 5 CCMI, circolare n. 143.762 dell'll ottobre 1916 con oggetto Impiego della mano d'opera.femminile e giovanile nei lavori di munizionamento. Cfr. anche CCMI, Il contributo delle rnaestranzefemminili, ecc. op. cit., p . 89 .
·•• CCMI
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Scuola Tornitrici di Rol'l'za. (Proprietà Calassi Patuzzi Tamassia)
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Donne al lavoro in uno stabilimento di munizionamento - Lavorazione al tornio. (Proprietà Fondazione Ansaldo)
Nel complesso si otteneva la seguente ripartizione delle maestranze femminili per gruppi di industrie:46 1% cantieri, 18% proiettifici di grosso calibro e industrie meccaniche pesanti , - 22% fabbriche d'armi portatili, - 26% meccanica di precisione, - 33% proiettifici di piccolo calibro e officine di meccanica leggera. Pur ammettendo speciali riduzioni per quelle Regioni dove le maestranze femminili erano meno propense a dedicare la propria opera in stabilimenti industriali, Dallolio calcolava di poter avere disponibile, entro il 1917, un cospicuo numero di operai da adibire alla lavorazione dei medi e grossi calibri e alle altre lavorazioni di munizionamento per le quali non era possibile la sostituzione con maestranze giovanili o femminili, e quindi di poter restituire all'esercito combattente gran parte di quei giovani prima impegnati all 'apprestamento dei mezzi di difesa . L'On. Turati, di fronte «alla sempre crescente mobilitazione delle donne per la fabbricazione dei proiettili e alla ulteriore sostituzione dell'elemento maschile con quello femminile provocata dalla circolare 23 agosto 1916 de1 Sottosegretariato per le munizioni», interrogava alla Camera il Presidente del Consiglio dei Ministri e i Ministri della Guerra e dell'Industria, Commercio e Lavoro <<per sapere se ... non credano necessario ed urgente: 1) emanare norme , a somiglianza di quanto venne fatto da tutti gli altri Stati belligeranti, per la speciale tutela del lavoro in siffatta industria, in materia di capacità fisica, di salari, di orari, di qualità e turni di lavoro,
46
CCMI,
Il contributo delle maestranze.femminili, ecc. op. cit., p. 4 1.
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Donne e uomini al lavoro in uno stabilimento di munizionamento. (Proprietà Fondazione Ansaldo)
2) restituire in pieno il personale e la funzione dell'Ispettorato del Lavoro, coordinandone l'azione con quella dei CMI, / 3) provvedere a che il reclutamento delle operaie avvenga dovunque a mezzo di Uffici e Commissioni di co1locamento tecnicamente competenti, con rappresentanza dell'elemento lavoratore e delle sue organizzazioni; e, in previsione della futura auspicata cessazione della guerra, 4) preparare fin d'ora norme ed ausili di Stato per l'organizzazione generale del collocamento del lavoro industriale ed agric9lo pel momento della smobilitazione.»47 Dallolio gli rispondeva il 15 dicembre 1916: «Il Ministero della Guerra (Sottosegretariato a11e Armi e Munizioni) si è da tempo occupato e preoccupato della tutela delle maestranze operaie, specialmente femminili, adibite a lavori di munizionamento (a cui si è volto anche l'interessamento del Ministero de11 'Industria e del Lavoro) ed a varie riprese ha dato istruzioni ai Comitati regionali di mobilitazione, le ultime delle quali sono riunite in quella circolare che è nota all'Onorevole interrogante. Le questioni dell'interrogazione dell' On. Tmati sono state esami nate e discusse nelle sedute dei giorni 6 e 7 ottobre 1916 del Comitato Centrale di Mobilitazione Industriale il quale concludeva in un ordine del giorno che le ragionevoli difese della salute fisica e morale delle classi lavoratrici , specie se apprestate a donne ed a fanciulli non solo non possono pregiudicare, ma sono destinate al contrario a giovare ad un'organica intensificazione della produzione bellica.»48 Egli proseguiva nella risposta all'On. Turati illustrando gli orientamenti del CCMI: 1) in materia di orari: i Comitati regionali dovevano prescrivere norme limitatrici della giornata di lavoro per le donne e i fanciulli, e regolatrici dei turni di lavoro al fine di integrare le tutele pre-
•
1
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APCD,
/bid.
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Legisl. XXIV, 1" Sessione, Discussioni, Voi. Xl, p. 11.816.
disposte dalla legge (testo unico) n. 818 del 10 novembre J 907, tenendo peraltro presente la possibilità di concedere deroghe al riposo settimanale ed all'abolizione del lavoro notturno imposte dalla situazione bellica; 2) per il salario: i Comitati regionali definivano i compensi nei periodi di tirocinio per le donne e i fanciulli, in materia di cottimi veniva istituita una Commissione formata da industriali e operai presieduta da un membro del CCMI per la sistemazione delle questioni relative all'industria del munizionamento; 3) nel campo dell 'igiene e della morale: le norme già fissate dalla circolare 28 settembre 1916 del Sottosegretariato alle Armi e Munizioni sull'impiego della manodopera femminile nelle lavorazioni di munizionamento, venivano rese obbligatorie; 4) nel settore della vigilanza: venivano trasferiti alle dirette dipendenze del Sottosegretariato per le Armi e Munizioni quei funzionari e impiegati del R. Ispettorato del Lavoro richiamati sotto le armi, ma meno adatti alle fatiche della guerra, per poter effettuare le ispezioni alle fabbriche mobilitate, da condursi in collegamento con altro personale del Sottosegretariato; 5) per la messa a punto di elenchi di manodopera femminile impiegabile nel munizionamento, i CMI regionali si dovevano collegare con le istituzioni di collocamento e con gli organi che si occupavano di spostamenti e collocamenti di manodopera (Comitati regionali di Mobilitazione Industriale, Commissioni provinciali per l' agricoltura, Regio Commissariato per l'emigrazione); 6) ai fini delle garanzie i CMI regionali venivano incaricati di comunicare l'affidamento di lavorazioni prima eseguite da uomini alla manodopera femminile; 7) per la predisposizione di norme necessarie a organizzare il lavoro industriale all'atto della smobilitazione: il CCMI, in collegamento con gli altri Ministeri interessati, stava già esaminando la questione per evitare di trovarsi impreparati all'atto della cessazione delle ostilità. Il lungo intervento di Dallolio si concludeva affermando: «Premesso che tutto si deve dare al munizionamento, a qualunque costo, il Ministero non mancherà di opportunamente provvedere , come ha provveduto, per la manodopera femminile. Dobbiamo tanto alle buone mamme d'Italia! E alla fin dei conti qui si tratta di un apostolato di cuore, e quando è questione cli cuore, soldati e italiani tutti risponderemo sempre all'appello.»49 L'On. Turati, non soddisfatto, replicava che l'ingresso delle donne nel mondo del lavoro, fino allora a esse precluso, rappresentava «una vittoria del femminismo, vittoria le cui conseguenze si proietteranno anche nel dopoguerra, non minaccia perciò meno, per oggi e per poi, un turbamento profondo nel mondo del lavoro: intendo l'invasione improvvisa dell'elemento femminile e saranno presto non diecine ma centinaia di migliaia di donne, nel terreno fin qui ad esse precluso, dell'industria meccanica per la fabbricazione dei proiettili e delle munizioni.» 50 Turati aggiungeva che in Francia «si statizzò veramente tutta questa materia, avocando all'arbitrato del Ministro tutte le vertenze che potessero insorgere fra capitale e lavoro»,51 mentre in Italia tale fenomeno era stato «incoraggiato ed aggravato» dalle circolari cli Dallolio, al quale addebitava anche di aver «militarizzato le donne il che è un assurdo sociale e fisiologico». 52 Ma se l'ingresso della donna nel mondo della fabbrica, come affe1mava !'On. Turati, a prima vista appariva una vitt01ia del femminismo, ben altre erano le implicazioni sociali, in quanto le lavorah·ici stavano partecipando, quasi in modo inconsapevole, <<alla costruzione della "donna nuova", a seppellire il vecchio femminismo, per aderire al nuovo ... contrapponendo al vecchio femminismo velleitario, che ,chiedeva diritti senza individuare doveri, il nuovo impegno concreto, l'assunzione di doveri, spesso assai pesanti, l'intensa opera nel lavoro e nell'assistenza. La guena ha gettato la donna fu01i casa, la necessità l'ha spinta ad agire.» 53
49
lbid. , p. 11.817. lbid. ;, lbid., p. 11.818. sz Jbid., p. 11.819. s, L. Savelli, l'industria in montagna ..., op. cit., p. 229. so
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In questo «agire» rientravano anche le rivendicazioni salariali, serpeggiate in qualche fabbrica e che si stavano trascinando, oltre la richiesta di parità politica. Va ricordato, peraltro, che gli stabilimenti della SMI erano immersi in una realtà tradizionale che non andava ignorata, e garantiva una certa concordia che non poteva essere disattesa da altre maestranze: <<La fame di lavoro della popolazione e la distanza dai centri urbani facevano sperare, inoltre, nella tranquillità dei rapporti industriali e nella docilità deJla manodopera, mentre le maestranze livornesi si caratterizzavano sempre più per una notevole combattività.»5" AI fine di non sconvolgere tali equilibri, gli interventi dell'azienda rivolti al personale femminile si caratterizzavano per «una combinazione di rispetto per tradizioni e abitudini locali e cauta modernizzazione, che si manterrà nel tempo, tenuta insieme da un deciso connotato paternalista. Per rassicurare padri, fratelli e mariti che la fabbrica non corromperà le fanciulle, né sconvolgerà i sani costumi montanar.i, e per mantenere la rustica docilità delle dipendenti, Orlando istituisce personalmente dieci premi annuali di 100 lire per le operaie che si maritino prima dei trenta anni.» 55 È sintomatico il fatto che a fine guerra , a fronte di una media nazionale del 22% di forza lavoro femminile su l totale delle maestranze,56 negli stabilimenti della SMJ si riscontrassero medie che oscillavano dal 22,8% al 47 ,2%5; che, se sommate a quelle dei ragazzi, davano presenze anche superiori al 50% rispetto a quelle degli uomini: - Campo Tizzoro 44,7% 26,9% - Limestre - Mammiano 22,8% 47,2% - Fornaci di Barga Un tale scostamento rispetto al dato nazionale può essere interpretato come l'effetto di un ambiente cli lavoro ancora a dimensione d' uomo, anche per il clima di «pacificazione sociale» vigente in quegli anni a San Marcello Pistoiese tra la popolazione e la classe dirigente locale. Situazione, questa, testimoniata dalle difficoltà che il sindacato dei metallurgici aveva incontrato nel creare proprie basi organizzative nei proiettifici della montagna pistoiese, e che erano state attribuite proprio al paternalismo della direzione aziendale.58 Questi dati, comunque, soffrono di una sottostima poiché non tengono conto delle lavoratrici impegnate a domicilio nella preparazione di componenti di munizioni e di vestiario militare. Savelli riporta il dato di 600.000 donne, a livello nazionale, impegnate nella confezione di divise, biancheria e calze per l'Esercito.59 Una tale massa di lavoranti a domicilio avrebbe finito inevitabilmente per creare problemi di «giustizia distributiva», rischiando anche di dar adito a fenomeni di speculazione da parte di assuntori cli servizi per l'Esercito, tanto che nel 1916 erano fioccate alla Camera dei Deputati le prime interrogazioni su li' argomento. Il 22 marzo l'On. Altobelli ne rivolgeva una al Ministro de]la Guerra <<per sapere se è a sua conoscenza quanto è stato pubblicato dalla stampa60 circa la condotta di un appaltatore dei lavori per militari, residente qui in Roma, il quale a non meno di mille operaie nella maggior parte mogli di richiamati , intenda pagare non più di sei soldi la confezione di una camicia di cotone, che altri appaltatori pagano sette soldi, ed il Comitato otto soldi ... » Il Ministro Zupelli chiariva che rimprenditore, a seguito dell'articolo, era stato convocato immediatamente dalla Direzione dello Stabilimento Vestiario militare affinché allineasse i salari a quelli corrisposti dalla Camera del Lavoro e dai Laboratori femminili roma-
51
!bici., p. 74. !bici., p. I 52 . 56 ccrvrr , Il contributo delle maestranze femminili , ecc. op. cit., p. 45. 51 L. Savelli, L 'industria in rnontagna ..., op. cit., p. 167. 58 Jbid. , p. 223. 59 Jbid., p. 171. 00 Piccolo Giornale d'Italia del 15 marzo 1916. s.1
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ni. Le lavorazioni, in quel caso, erano state affidate «a privato imprenditore per effetto di precedenti impegni, giacché il Ministero ha disposto che tutte le lavorazioni occorrenti vengano, per quanto possibile, affidate, con precedenza, alle varie organizzazioni economiche; e, ad ogni modo, qualora necessità consigliassero affidarne a privati industriali, questi debbano essere diffidati a corrispondere le mercedi di mano d'opera nella stessa misura media delle predette organizzazioni.» Il 6 dicembre l'On. Dugoni interrogava il Ministro senza portafoglio, Comandini, e il Ministro della Guerra per conoscere, «nell'interesse di oltre settemila donne della provincia di Mantova legate da vincoli di parentela a cittadini richiamati alle armi , con quali criteri fu distribuita nel Regno la confezione degli indumenti militari, e se non credano conveniente - tenuto conto del beneficio apportato alle maestranze coll'aumento delle mercedi in confronto di quelle pagate da imprenditori privati e dai capi sarti dei Reggimenti e dei Distretti militari - provvedere a che il taglio e la confezione di detti indumenti sia affidata a quei Comitati di assistenza civile che fino ad oggi hanno dimostrato di rispondere degnamente agli scopi per i quali sono sort:i.»61 Miozzi rileva che l'assegnazione del lavoro a domicilio era stato uno strumento favorito dall'Autorità governa6va62 per fronteggiare il fenomeno dell'inurbamento, rallentando gl i spostamenti migratori all'interno di singole regioni. 63 L'esperienza della fabbrica, oltre ad aver favorito l 'avv:icinamento fra i due sessi, aveva concesso modesti spazi di autonomia alle donne che, anche per quest'ultimo motivo, avevano iniziato a prendere posizione su questioni emergenti, «dalla legge sulla ricerca della paternità, alla revisione cli quella degli esposti, dalla corruzione delle minorenni alla tutela delle madri nubili». D'altro canto, «sul fronte del femminismo pratico», era stata avviata l'opera cli istruzione «delle donne e, in particolare delle madri, con informazioni sull'igiene e la cura dei figli», unitamente al varo di <<Varie iniziative per arricchire le donne del popolo», e si stava anche discutendo sull'opportunità o meno di ammettere le donne alle Società operaie.64 La situazione delle donne sarebbe divenuta preoccupante con la dichiarazione di pace: rientrare a casa dalla fabbrica significava un peggioramento economico, specie se in contemporanea col ritorno di mariti e padri, talvolta malati o mutilati, che non sempre potevano riprendere l'attività lavorativa. Anche per questo, come si vedrà nel Capitolo 22 «L'Ufficio storiografico della Mobilitazione Industriale e il tentativo cli indagine sociologica ante litteram sulla manodopera femminile» , le autorità si sarebbero preoccupate di indagare sullo sconvolgimento che «la vita in fabbrica» aveva prodotto su quella familiare. Nel frattempo, sul finire del 1916, si era resa indilazionabile una riorganizzazione del lavoro a causa di diversi fattori quali: la politica intrapresa dal Sottosegretario alle Armi e Munizioni , Dallolio, rivolta ali 'incremento della percentuale di maestranze femminili anche ai fini del recupero di quelle maschili per restituire i giovani non specializzati all'esercito combattente;65 - l'aumentata importanza dei problemi di carattere igienico-sanitario anche negli stabilimenti preposti alla fabbricazione di armi e munizioni.
APCD, Legisl. XXIV, 1" Sessjone, Discussioni, Voi. X\/1, p. 11.325 . Il fenomeno del lavoro a domicil io venà concentrato «particolarmente nelle piccole aziende, funzionanti pienamente come filiali dei grandi compless.i industriali e manifatturieri dipendenti dalla Mobilitazione Industriale, finanche nei casolari cli montagna e di campagna , ove era possibile dedicarsi senza specifica organizzazione sia alla preparazione delle cariche di fucile, sia alla lavorazione delle scarpe per l'esercito e l' armata: due generi cli attività assai utili , che venne deciso fossero affidati prevalentemente (e in certe zone esclusi varnente) a donne e ragazzi.» Cfr. U .M. Miozzi, La Mobilitazione Industriale italiana .. ., op . cit., p. 54. 63 ]bici. 64 L. Savelli, L'industria in montagna ..., op. cit., p. 153. 65 Agli operai più anziani ed esperti anelavano riservare le lavorazioni più d ifficili e pesanti. 61 62
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Pertanto , nel settembre 1916 si aveva il primo accenno alla riorganizzazione del lavoro allorché il CCMI - anche in previsione della sostituzione di gran parte delle maestranze maschili - ritornava ancora una volta sull 'es igenza di incrementare nelle fabbriche la presenza di mano d'opera femminile ,66 incitando a rimuovere gli ostacoli ancora presenti all'ingresso delle donne in fabbrica.67 La tenacia del Generale Daliolio veniva premiata già alla fine del 1916, come egli stesso aveva evidenziato nella relazione annuale del CC.MI specificando che «le 10.000 operaie del gennaio 1916 sono diventate 70 .000 nel dicembre ed a queste debbono aggiungersi circa 12.000 addette agli stabilimentj non compresi fra gli ausiliari. La percentuale delle maestranze femminìli in alcuni stabilimenti di meccanica leggera raggiunge anche il 90%. L'Italia settentrionale dà, naturalmente, il maggiore contingente di maestranze femminili, ma il problema è stato risolto anche nell 'Italia centrale e meridionale e perfino in Sicilia avendo ragione su antichi pregiudizi e difficoltà che sembravano insormontabili.>>68 In ogni caso, non va sottovalutato il tipo di industrie prevalenti nelle singole regioni , dato che non tutte si prestavano facilmente ad assorbire manodopera femminile. È emblematico il caso della Liguria che, pur essendo una regione di antica vocazione industriale, vedeva scendere la media all' 1% poiché vi prevalevano le industrie pesanti e cantieristiche, inadatte all' impiego di mano d'opera femminile. Ma ciò non toglie che in alcuni stabilimenti della stessa Liguria e della Lombardia le donne ven issero adibite non solo alle lavorazio ni de:i piccoli calibri, ma anche a quelle dei proiettili da 102, 105 e perfino dei 149. Questa realtà aveva consentito al Generale Dallolio di affermare che «il campo cli utilizzazione delle maestranze femminili è vastissimo e può dare risultati ottimi» .69 Per quanto riguarda l'elemento femminile, jl CCMI non aveva ritenuto opportuno creare veri e propri Uffici di reclutamen to , ma si avvaleva, per la propaganda fra le donne, dei Comitati Regionali di Mobilitazione Industriale integrati dai vari Comitati patriottici, sorti spontaneamente in varie città, e dagli Uffici di Collocamento già esistenti. Inoltre, presso i singoli CMI, venivano istituiti gli elenchi delle donne ancora disoccupate che desideravano impiegarsi, ai quali potevano attingere le singole ditte.70 II reclutamento di nuove unità lavorative avven iva anche per interessamento diretto delle operaie già in servizio, le quali si trovavano «così ad affiancare l'opera svolta in questo senso dal Comitato di organizzazione civile e dagli Uffici municipali di collocamento»7 1 divenendo, di fatto, agenti promozionali del Generale Dallolio. In molte località l'affluenza delle donne nelle fabbriche era tale da farne esaurire, ben presto, la disponibilità e i CMI regionali non riuscivano ad ovviare all'inconveniente attraverso l' immigrazione da altri centri. Per questi motivi diverse industrie ricorrevano «alla distribuzione di lavoro a domicilio: molte centinaia di contadine del nostro Appennino , ad esempio, hanno partecipato attivamente , dai loro casolari, alla confezione di parti per le cariche da fucile.»n
66
CCMJ., circolare senza numero del 28 settembre 1916 ai CM! e Stabilimenti ausiliari e Stabilimenti militari.
67
A pa1te i pregiudizi dello stesso mondo femminile , permanevano le opposizioni ciel mondo industriale e delle maestranze maschili. Per incentivare il reclutamento femminile bisognava adeguare l'ambiente di lavoro alla nuova realtà, adottando misure idonee a promuovere l'ingresso delle donne nell'industria, tenendo conto che il loro afflusso sarebbe stato fac il itato (a prescindere dall'incentivo economico) grazie alle provvidenze adottate a tutela della loro igiene e moralità. Approntamento di spogliatoi e locali igienici destinati alle donne diversi da quelli degli uomini, creazione di refettori per le operaie costrette a consumare in loco la refezione per la lontananza delle abitazioni , predisposizione di stanze di allattamento e di asili di custodia per le operaie che non erano in condizioni di lasciare i figli a casa, studio di indumenti di Javoro idonei a d iminuire le cause cli infortunio.) 68 Biblioteca Centrale SME - CCM J, La Mobilitazione industriale in Italia , 9-E-12. 69 Circolare del 28 settembre 19 16, in CCMI, Il con.tributo delle maestranze .femminili, ecc. op. cit., p. 87 . 1 °CCMI, Il con.tributo delle maestranze femminili , ecc . op. cit., p. 25 . 71 U.M. Miozzi, La l\!lobilitazione Industriale Italiana ... , op . cit., p. 53. n CCMI, Il con.tributo delle maestranze femminili, ecc. op. cit., p. 39.
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N. MAESTRANZE FD.OAINILI
1· 1917
1918
Grafico relativo alt' assunzione di maestranze femminili negli stabilimenti ausiliari, non ausiliari e militari. ( Elaborazione su dati Comitato Centrale Mobilitazione industriale, "il controbuto delle maestranze.femminili all'opera di allestimento di materiali bellici", Milano, Alfieri b. 35)
L'incremento della mano d'opera femminile presentava notevoli differenze nell 'ambito delle singole regioni, delJe quali rifletteva le particolari condizioni delle industrie, con i diversi tipi di stabilimenti73 che vi prevalevano; non tutte le industrie, infatti, si prestavano con eguale facilità all'impiego della mano d'opera femminile. «Un esempio di regione ricca di industrie, ma industrie meno adatte per la donna, è stato offerto dalla Liguria, ove principalmente prevalevano le industrie cosiddette "pesanti"» .74 Di conseguenza era accaduto che: nelle regioni in cui si era verificato uno sviluppo intensivo delle grandi industrie con la creazione di adeguati stabilimenti, già prima della gue1Ta era stata avvertita la necessità di immettere mano d'opera femminile nei laboratori accanto alle maestranze maschili. Di conseguenza l'attività di reclutamento dei CMI regionali era molto agevolata; laddove, invece, la vita industriale era scarsa prima della guerra, gli organi preposti alla Mobilitazione Industriale avevano dovuto superare non poche resistenze «per accreditare l'idea della possibilità di utilizzare la mano d'opera femminile, facendo riscontro alla diffidenza dei dirigenti degli opifici, la ripulsione della popolazione e delle donne in specìe ad accettare le nuove condizioni e forme di lavoro.»
Anche i dati relativi ai singoli Organi di Artiglieria confermano che il reclutamento della mano d ' opera femminile avveniva in diretta dipendenza ciel tipi di lavorazione: Officine di costruzione di Artiglieria: il massimo contingente di operaie si trovava a Torino (2.000), Piacenza (1 .600) , Roma (i .782) poiché in queste si svolgevano operazioni inerenti alla preparazione ciel munizionamento; Laboratori pirotecnici che allestivano cartucce e compivano lavorazioni di meccanica leggera: Bologna 6.063 operaie e Capua 2.124; Spolettificio cli Torre Annunziata che accudì va ali' assestamento cli parti e imballaggi: I .059 operaie; Direzioni cli Artiglieria nelle quali erano prevalenti le operazioni di allestimento di munizioni congeniali alle maestranze femminili: Bologna 995 operaie, Piacenza 798; Direzioni cli Artiglieria dove si svolgevano lavorazioni poco adatte all'elemento femminile (spedizione cli proietti e materiali pesanti): Torino, Taranto e Napoli con poche decine di operaie e quella cli Genova che non disponeva di alcun elemento fe1nminile. Cfr. anche CCMJ, Il contributo delle rnaestranze femminili , ecc. op. cit., pp. 43-44. 4 ' cc~-11, Il contributo delle maestranze femminili, ecc. op. cit., p. ' ·1
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Da qui le differenze delle percentuali regionali di utilizzazione delle donne: in talune città dell'Italia settentrionale, specie in Lombardia, si riscontravano percentuali di gran lunga superiori alla media generale , mentre nell'Italia meridionale e in Sicilia tali percentuali scendevano molto al disotto. Emblematici i dati forniti dal CC.MI sull'impiego di maestranze femminili presso i vari CMI regionali negli stabilimenti industriali:75
Tabella XXII CMI TORINO MILANO GENOVA BOLOGNA VENEZJA FIRENZE CAGLIARI NAPOLI BARI PALERMO
AUSILIARI 25% 31% 11%
7% 9% 34% 18% 12% 4% 4%
NON AUSILIARI 16% 22% 20% 9% 5% 32% 15% 40% 4% 5%
Da essi si rileva che: - la più alta percentuale di manodopera femminile era appannaggio della Toscana per l'apporto, indubbiamente, dei proiettifici della montagna Pistoiese; - la più bassa percentuale si rilevava invece nelle tradizionali regioni in ritardo sulla indµstrializzazione (Puglia e Sicilia). Le maestranze femminili, comunque, erano reclutate quasi esclusivamente in loco, poiché, anche se talvolta si rendeva necessario incoraggiarne l'emigrazione, ciò trovava grossi ostacoli nelle crisi delle abitazioni e dei trasporti. Si verificavano , perciò, soltanto spostamenti locali dai centri minori limitrofi ai luoghi dove erano ubicati gli stabilimenti di produzione e dalle campagne. Per questi motivi il crvn di Bologna proponeva la realizzazione di quelle infrastrutture di uso comune (refettori, dormitori, baraccamenti), già praticata per le imprese agricole, che avrebbe potuto agevolare, anche per l'industria, l'emigrazione femminile. Miozzi, tuttavia, mette in rilievo il pericolo dell'urbanesimo che andava profilandosi a seguito delle massicce assunzioni di donne negli stabilimenti industriali. «Si era verificato, difatti, un rilevante spostamento interno - da regione a regione - di manodopera femminile, con conseguente, vastissimo fenomeno di imm:igrazione e di contemporanea emigrazione da sud verso il nord, e viceversa: dal centro-Italia e dal sud, verso il nord; nonché dalla campagna alla città ... La decisione del Governo, di orientare la manodopera verso il lavoro domiciliare , provocherà un notevole rallentamento di questi spostamenti migrat01i all' interno delle singole regioni. Il fenomeno dell'inurbamento (nonostante ciò) non era destinato a climinuire.»76 Tale fenomeno, d'altra parte, era ben comprensibile se si considera l'attrazione che i guadagni negli stabilimenti di munizioni, rispetto al lavoro agricolo, esercitavano sulle donne provenienti dalla campagna. Purtroppo, mentre proseguiva l'azione del CCMI per incrementare la disponibilità di manodopera femminile, proprio nelle regioni ad alto grado di industrializzazione si sviluppava il fenomeno di accaparramento della stessa manodopera da parte di Paesi alleati, il che aggravava l'indisponibilità di maestran-
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lbid., p. 55. U.M. Miozzi, La Mobilitazione lndusiriale Italiana ... , op. cit., p. 54.
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ze nelle officine nazionali. Come segnalava il Comitato di Mobilitazione di Torino,77 emissari francesi facevano incetta di operaie, concorrendo a complicare l'azione di controllo in loco effettuata dal Commissariato dell'Emigrazione per la tutela degli operai italiani in Francia in caso di reclami. Il Sottosegretario alle Armi e Munizioni, Dallolio, continuando a incentivare l'ingresso delle donne nell'industria nazionale, svolgeva azione di propaganda in diverse città mettendo in luce i benefici generali della Mobilitazione Industriale che si potevano così riassumere: - per gli industriali: sicurezza della continuità delle commesse e dell'assegnazione delle relative materie prime; stabilità delle maestranze; concessione agevolata di. esoneri, mano d'opera, mezzi di trasporto, interventi arbitrali dei CMI nelle vertenze economiche-disciplinari che potessero insorgere fra industriali e maestranze; - per le maestranze: godimento automatico dell'esonero, miglioramento generalizzato dell'ambiente cli lavoro in conseguenza dell'azione di controllo esercitata dall'Autorità militare (D. Lgt. n. 570 del 15 marzo 1917); certezza del posto di lavoro .78 Sempre nell'ottica di dover incrementare la presenza femminile, Dallolio portava la propria attenzione sull'aspetto divulgativo di notizie tecniche e consigli, comunque rivolti a facilitare l'inserimento della manodopera femminile in sostituzione di quella maschile. Veicolo iniziale di diffusione, a partire dal primo gennaio 1917, diventava il Bollettino edito dal CMI di Milano che, in accordo con il CCMI, riportava indicazioni delle particolarità organizzative e dati tecnici sulle attrezzature che rappresentavano il risultato dell'esperienza delle officine lombarde. Quindi, dal primo luglio 1917, il CCMI iniziava a pubblicare un proprio Bollettino con cui continuava a divulgare note tecniche sugli impianti di officina. I1 14 marzo 1917 Dallolio doveva intervenire di nuovo alla Camera per rispondere a un'altra inteffogazione dell'On. Turati sulla tutela di donne e fanciulli impiegati negli stabilimenti industriali, sia riguardo alla situazione attuale, sia per il futuro dopoguerra. In quell'occasione DaJlolio ricordava come, nel suo precedente intervento, 79 avesse anticipato l'emanazione di norme su tale materia. Ora, essendosi manifestata l'opportunità di apportare alcune modifiche al Regolamento sulla Mobilitazione Industriale, si era ritenuto opportuno riunire tutte le modifiche (prevenzione degli infortun i sul lavoro, istituzione di un servizio di vigilanza igienico-sanitaria sugli stabilimenti, rappresentanza in seno ai CMI regionali) in un unico Decreto Luogotenenziale, già approvato dal Consiglio dei Ministri e in corso di firma. Inoltre Dallolio aggiungeva: «Per quanto riguarda il lavoro dei Comitati regionali e del Comitato Centrale di Mobilitazione, tutto ciò che concerne la mano d'opera femminile e il lavoro femminile è stato curato con speciale attenzione.»80 Sempre nella stessa seduta, in merito al risparmio obbligatorio degli operai e all'assetto delle industrie durante e dopo la guerra, egli assicurava che il Comitato Centrale aveva già studiato anche tali problemi, e che per la mano d'opera femminile «nessuno più di noi ha interesse che questa mano d'opera si applichi, si sviluppi e dia la massima produzione. Sono novantamila donne che lavorano negli stabilimenti industriali con vera passione, dando risultati positivi: ed io che lotto contro le difficoltà del personale, perché tutti sanno che il personale manca, visto che le industrie si sviluppano sempre di più, non posso fare che i migliori elogi di questa mano d'opera femminile. Ma d'altra parte riconosco tutti i doveri che si hanno verso di essa, ed assicuro che si fa tutto il possibile per adempierli.»81 Suddividendo la massa operaia secondo le sue caratteristiche in rapporto al servizio militare (operai senza obblighi militari, esonerati, ecc.), dalla Tabella XXIII82 si rileva che, al termine della guerra, le
77 MCRR , fondo Dallolio, b. 954, f. 3, I. 7. '~ La certezza del posto cli lavoro se eia un verso costituiva una garanzia per l'operaio, dall'altro era una restrizione alla libertà cli procurarsi un maggior guadagno con il passaggio eia uno stabilimento all'altro. 79 15 dicembre 1916. so APCD, Legisl. XXIV, I" Sessione, Discussione,Vol. XI, p. 12.947. 8 ' lbid., p. 12.948. 82 ccMr, li contributo delle maestranzefernminili, ecc. op. cit., p. 45.
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donne occupavano per importanza i.l secondo posto costituendo il 22% cieli' «Esercito che lavorava» per usare la dizione cara a Dallolio.
Tabella XXIII TIPOLOGIA OPERAI OPERA·I BORGHESI SENZA OBBLIGHI MILITARI DONNE OPERAI MJLITARI ESONERATI OPERAI MILITARI COMANDATI RAGAZZI VARI ( COLONIAU - PRIGIONIERI ...) TOTALE
NUMERO 298.000 198.000 171.000 151.000 60 .000 24.000 902.000
% 33%
22% 19% 17% 6,5% 2,5% 100%
Questo risultato era stato possibile grazie a due fattori: - la constatazione, da parte degli industriali, che la mano d'opera femminile poteva fornire lavorazioni di una certa entità e complessità, prima non sufficientemente conosciute e apprezzate. Constatazione che spingeva anche gli industriali più restii ad accogliere le donne nei propri stabilimenti; - presa di coscienza, da parte femminile, della maggiore dignità e dei più lauti guadagni offerti dalle nuove occupazioni. In conclusione, alcuni Direttori di stabilimento avevano dichiarato addirittura: «In certe lavorazioni , dalle donne si ottennero risultati di produzione superiori a quelli ottenuti dalle maestranze maschili»83 il termine «superiori» era riferito tanto al profilo qualitativo che a quello quantitativo. L'apporto della mano d'opera femminile allo sforzo bell-ico veniva messo nella dovuta luce dal Presidente del Consiglio Orlando che, nella seduta del 3 ottobre 1918 , dopo aver porto il proprio plauso «al soldato italiano>> e aver sottolineato le difficoltà dell 'Italia nei vari campi dei trasporti e dell' approvvigionamento delle materie prime, concludeva: «Quasi dovunque la pressione delle necessità ha fatto dischiudere nuove energie, esplicare nuove attività, utilizzare nuove risorse, e, in virtù di uno sforzo costante ed operoso, se non è stato possibile eliminare del tutto quelle difficoltà, quanto meno si sono validamente contenuti gli svantaggi e i danni e le minaccie incombenti su di noi. E lo stesso si dica della crisi della mano d'opera, determinata dal fatto che ben cinque milioni di uomini sono stati chiamati aJle armi. Eppure, la vita del Paese, se ne ha senza dubbio sofferto, ha potuto nondimeno resistere in gran parte per merito delle donne , che coraggiosamente hanno preso il posto degli uomini. Allorché l'ora della vittoria sarà suonata, la gratitudine nostra, se dovrà esser grande pei giovani che hanno sopportato con intrepido cuore il sacrificio della battaglia e della trincea, non meno grande sia pure per le donne d'Italia, che, specie nelle campagne, con una fatica che io proclamo eroica nella sua umiltà, han fatto sì che la vita del Paese continuasse nel suo ritmo.» 84 Il progressivo aumento della percentuale di manodopera femminile e minorile negli stabilimenti raggiungeva l'obiettivo di incrementare le maestranze necessarie alla produzione delle armi e munizioni, ma parallelamente imponeva un aggiornamento del Regolamento sulla Mobilitazione Industriale. Mentre maturavano le intese per richiamare presso la Mobilitazione Industriale gli Ispettori del Lavoro sotto le armi , veniva emesso il D. Lgt. n. 570 (15 marzo 1917) che, al fine di integrare le disposizioni di legge sulla protezi.o ne delle maestranze femminili e minorili, modificava il Regolamento sulla
s, lbid., p. 46. s, APCD, Legisl. XXIV, l" Sessione, Discussioni, tornata del 3 ottobre 1918 , Voi, XVI, p. 17 .074. 282
Mobilitazione Industriale, aggiu ngendovi due capitoli: il primo, relativo alle maestranze femminili e minorili, ampliava le competenze dei cwu regionali dando loro facoltà di emettere prescrizioni, il secondo riguardava la vigilanza igienico-sanitaria organizzata a livello centrale e periferico. Sempre nel 1917, per poter tradurre in disposizioni precise gl i intendimenti del Sottosegretariato alle Armi e Munizioni in materia di tutela operaia, grazie anche al suddetto decreto , veniva costituito uno speciale «Ufficio del lavoro femminile nelle industrie di guerra»85 formato da un rappresentante del M inistero dell'Industria, il Capo Ufficio Tecnico Invenzioni e Collaudi del Sottosegretariato, da una signora di particolare competenza in materia di lavoro femminile , un' operaia e rappresentanti dei singoli Comitati, da convocare di volta in volta a seconda delle questioni da trattare. L'opera dell'Ufficio si concretizzava nell'emanazione di una circolare che forniva un'ottima base tecnica agli Ufficiali Ispettori del Lavoro, incaricati di sorvegl iare le condizioni di impiego della manodopera e l' applicazione della legislazione del lavoro negli Stabilimenti. All'azione cli controllo del Ministero delle Armi e Munizioni si sovrapponeva anche quella della Croce Rossa. Una nota del Capo di S. M. della Divisione Militare di Genova, infatti, preavvisava la visita (8 giugno 1917) della Marchesa Cattaneo, Dama della Croce Rossa, agli stabilimenti di Sampierdarena «allo scopo di assicurarsi che da tutti siano osservate le norme dettate dal Ministero relativamente al personale femminile assunto in servizio .»~<> Ma oltre ai responsabili della Mobilitazione Industriale, anche i rappresentanti politici si erano interessati per favorire l' ingresso della donna nel mondo della fabbrica. Il 13 giugno 1918, alla Camera dei Deputati veniva discussa un'intenogazione dell 'On. Amici, reiterazione di analoga richiesta dell'aprile 1918, volta a capire se il Ministero delle Armi e Munizioni intendesse «provvedere a che nella ammissione delle operaie negli stabilimenti alla sua diretta dipendenza si dia opportunamente la preferenza alle mogli, alle figlie e alle sorelle dei militari richiamati alle armi, specialmente se questi siano in zona di guerra».87 Il Generale Dallolio chiariva che il Ministero deile Armi e Munizioni aveva insistito presso le Direzioni degli stabilimenti militari e i Comitati regionali di Mobilitazione Industriale affinché, nell'ammissione di manodopera femminile, si usasse speciale riguardo verso le donne che avessero dei parenti sotto le armi. In particolare: - la circolare emanata dal Sottosegretariato per le Armi e Munizioni, subito dopo l'ingresso in guerra,88 caldeggiava l'impiego delle donne «anche allo scopo cli lenire la disoccupazione e dare alle famiglie povere la possibilità di fronteggiare la attuale difficile situazione economica»; - una successiva circolare del Sottosegretariato, contenente prescrizioni quantitative circa l' impiego della manodopera femminile,89 ricordava che fra gli scopi cli tale impiego vi era quello di «dare occupazione e guadagno alle mogli e parenti dei richiamati e dei morti in guena»; - le Direzioni degli stabilimenti militari avevano tenuto sempre nella massima considerazione le domande cli persone con congiunti al fronte. L'eventuale mancato accoglimento di tali richieste anelava attribuito al fatto che esse erano sempre maggiori del fabbisogno. In ogni caso va precisato che l'azione cli Dallolio, volta a incrementare la percentuale della manodopera femminile , trovava delle remore nello stesso mondo operaio. Ne é conferma l'aspirazione della Lega Metallurgici 'di Torino a ottenere la «sostituzione delle donne attualmente occupate negli stabilimenti con uomini tolti dal fronte». Di fatto, si era generato un diffuso malcontento (fomentato anche da elementi anarchici occupati negli stessi opifici) fra le maestranze maschili, che vedevano nell'impiego femminile:
circolare n. 354 .010 ciel 23 marzo 1917 ai CMI, Comandi di Corpo d' Armata e Comandi Divisione Territoriali. fondo Perrone, SSR, b.581 , f. 20, Appunto firmato dal Capo di Stato Maggiore Milio de l 7 giugno I917. "' APCD, Legisl. XXIV, l" Sessione, Discussioni, Yol. XVI, p. 16.808. 88 Circolare n. 3.392 del 9 agosto 1915. 89 Circolare n. 86.671 ciel 23 agosto 1916. s; ccrv11 , 86
FONDANSGE,
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il rischio di concorrenza più a buon mercato, dato che le donne andavano assumendo gli stessi lavori degli uomini con minore retribuzione; - la possibilità che in futuro l'impegno delle donne diventasse stabile, perché esse avevano fornito prova di operosità e proficuità, fatto che si sarebbe tradotto in una diminuzione degli esoneri di quegli operai occupati negli stessi opifici. Per far fronte a quest'eventualità le maestranze maschili ritenevano di dover intensificare la campagna atta a ottenere l'espulsione delle donne dalle fabbriche o , quanto meno, il loro ingresso nelle organizzazioni operaie per concordare il minimo dei salari . In ogni caso, sul finire della guerra, le maestranze femminili avevano preso coscienza del loro nuovo status, tanto che una commissione di quattro operaie addette alla produzione delle granate da 40 e da 75, si era presentata alla Dirigenza delle Officine Meccaniche di Bolzaneto chiedendo la concessione del giorno festivo e la maggio.razione dell'indennità di caro-viveri giornaliera da 0 ,70 a 2,30 lire o a 1 lira, a seconda se si trattasse di operaie con età superiore o inferiore ai 16 anni. 90 Anche presso altri stabilimenti si erano verificate astensioni dal lavoro: nel mese di agosto 19]8 , le maestranze femmi nili della Ditta Cutolo di Napoli, dopo un' astensione di ventiquattr 'ore, rientravano al lavoro in seguito alla promessa di futuri miglioramenti economici.9 ' Sempre per motivi economici, nel pomeriggio del 17 ottobre 1918 si verificava una totale astensione dal lavoro presso lo stabilimento De Carolis di Roma.92 La presa di coscienza del nuovo ruolo della donna-lavoratrice si collocava in un quadro più vasto , che sarebbe stato delineato nel corso del convegno93 femminile organizzato dall ' Associazione Nazionale «Per la donna», tenutosi a Roma dal 5 al 7 ottobre 1917 - periodo che qualcuno aveva giudicato inopportuno, «essendo tutti i nostri pensieri con gli Eroici Soldati che combattono per la grandezza d'Italia, [ma] si è ritenuto di non frapporre altre dilazioni, nell' interesse sociale a che la donna possa dare ora, e per 1'avvenire, alla Patria tutto il contingente della sua attività.»94 L'indizione del convegno dimostrava come la presa di coscienza del nuovo ruolo della donna-lavoratrice fosse stata resa possibile «soltanto» grazie alla Mobilitazione Industriale, che aveva messo in luce le potenzialità femminili e , nel contempo che la donna «ha raggi unto la completa sua maturità civile per partecipare alla ricostruenda emancipazione della Patria.» /
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La paga base per le operaie che lavoravano a cottimo era di 2 o 2,25 lire, a seconda che l' età fosse inferiore o superiore ai 20 amù. Per quelle che lavoravano a economia veniva concessa una paga fissa di 4 lire, oltre all'indennità caro-viveri, per un totale di 4,70 lire al giorno . Esistevano inoltre altre differenziazioni per categorie particolari di operaie - quali addette al collaudo , addette alla finitura delle granate ( <<ragazzine dai I 5 ai 16 anni») - e degli indennizzi per i periodi di sospensione dei lavori. 91 ACS, fondo Pubblica Sicurezza, Cat. ASG - l" Gue1Ta Mondiale, B. 46, Ministero A1111i e Munizioni, CCMI, Bollettino settimanale Agitazioni Operaie, ciel 22 lug. 1918, p. 5. 92 ACS, fondo Pubblica Sicurezza, Cat. ASG- l" Guerra Mondiale, B . 46, Ministero Armi e Munizioni , CCMI , Bollettino settimanale Agitazioni Operaie, del 20 ott. 1918, p. 6. 93 Le tematiche proposte riguardavano: la 1ìcerca della paternità, l'abolizione dell'autorizzazione maritale per esercitare professioni libere e per adire a pubblici impieghi, l'azione eia svolgere nelle Opere Pie in generale, richieste nel campo della Legisl. sociale a favore delle donne lavoratrici, il suffragio fenuninile. 9 ' ACS, fondo Ministero Interno, P. S., B. 39.
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Capitolo 21 LA SMOBILITAZIONE AL TERMINE DELLA GUERRA
In merito al dopoguerra, Dallolio si dimostrava lungi mirante come lo era stato durante il conflitto nel quale, oltre a interessarsi dei rifornimenti di armi e munizioni all'esercito combattente, poneva allo studio le possibili trasformazioni che avrebbe dovuto assumere la Mobilitazione Industriale. «lo vado a Milano ... per quattro inaugurazioni fra cui l'Esposizione della Società delle Belle Arti per opere cli pittura in bianco e nero sul fronte e riproduzioni estere intese a rappresentare le necessità del più intenso lavoro nelle officine di guerra da parte degli operai e del labile legame che unisce le tute dei lavoratori all' esercito combattente. Ho varato il dopoguerra fatto con molta coscienza, riprende un complesso vastissimo di provvedimenti per l'avvenire economico e per la grandezza del nostro Paese, ed a questa opera formidabile di ricostruzione, infinita varietà di iniziativa da lasciare, di problemi da risolvere, di imprese da avviare, il CCMI potrà portare il contributo dell'esperienza acquistata ... gettando le basi di quella Mobilitazione Industriale di domani che si ritiene necessaria per un passaggio regolare al periodo cli pace.» 1 Dimostrava ancora questa sua attitudine in un intervento al Senato (31 dicembre 1917) allorché, rispondendo al Senatore Carafa D'Andria che aveva rilevato come gli industriali in passato fossero stati «confusi con gli affaristi», aveva affermato: «... Se si vuole avere una industria italiana, se si vuole liberarci dalle branche di qualunque tenaglia di qualunque provenienza, bisogna incoraggiare quegli industriali italiani , i quali consacrano ciò che hanno guadagnato ad aumentare e ad accrescere i loro impianti. Tutte le volte che gli industriali italiani hanno guadagnato e impiegato il loro guadagno, come hanno fatto diversi industriali in Piemonte, in Liguria e in Lombardia o nelle province meridionali, per aumentare i loro impianti, siano benvenuti questi guadagni, siano benvenuti questi profitti, perché su quelli noi possiamo fondare le speranze per il dopoguerra ... Il guadagno che è andato a vantaggio degli industriali italiani rappresenta una speranza per il domani ed una certezza per oggi.»2 Poi Dallolio proseguiva: « ... Il secondo giorno della pace gloriosa e vittoriosa le nazioni varranno per via dell'attività industriale e scientifica, per quanto avranno fatto per l'educazione tecnica degli operai e dei loro ingegneri, per quanto avranno fatto per la loro organizzazione commerciale. Sono sicuro che questo seme fecondo largamente gettato dalla mobilitazione industriale germoglierà rigogliosamente creando così una grande e forte risorsa per la nostra patria.»3 Su ciò concordava anche Carafa D'Andria che, lo stesso 3 1 dicembre, riferendosi ai documenti in suo possesso, rilevava: « ... La nostra potenza produttiva potrebbe trasformars i per due terzi in novelle industrie, non di natura bellica, ma dirette alla produzione di altre materie commerciabili, le quali si potrebbero ottenere, in certi limiti, con materie prime offerte dal suolo nazionale e con quelle provenienti dalle nostre colonie.»4 La fiducia nel futuro dimostrata da Dallolio era stata condivisa anche da Nitt:i. Questi, infatti, il 20 ottobre 1917, al Senato, si così espresso: «Essere uniti ora nello sforzo di resistenza, essere uniti dopo la guerra nello sforzo di rinnovazione e di vita: ecco il programma e la meta. lo credo, anzi ho secura fede che fra sette od otto mmi l'Italia sarà industrialmente uno dei paesi più bene organizzati d'Europa, uno dei più grandi paesi industriali, uno dei paesi che avrà la migliore e maggiore produzione industriale. Noi non ci rendiamo conto di tutto ciò che si è fatto durante la guerra. Quante nuove industrie sono sorte, quante si sono sviluppate! È
lettere ai familiari, lettera J J maggio 1917 a Gina. Legisl. XXIV, l Sessione, Discussioni, tornala ciel 31 dicembre 1917, Voi. IV, pp. 4.019-4.020. 3 lbid., p. 4.020. " lbid., p. 4.016. 1
APTGP, serie
2
AP-S,
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stata una messa in valore di un 'enorme massa di energie ch 'erano inoperose. L'Italia ha anche dimostrato che, se avrà le materie prime, saprà fare quasi tutto in tutti i ramj della produzione ... ».5 E pure in seguito (13 febbraio 1918, sempre al Senato) Nitti sarebbe ritornato suH' argomento: « ... Verrà un giorno in cui gli stabilimenti che prima davano anni per la gue1rn, daranno macchine per la pace, daranno macchine che serviranno per lavorare la terra, daranno macchine per traversare il cielo e per solcare il mare, per le industrie e per l'industrializzazione dell'agricoltura. Tutti questi stabilimenti saranno la vera forza del paese e quando ritorneranno le falangi vittoriose dai riguadagnati confini troveranno stabilimenti allargati, forti, con energie latenti dove potranno avere il loro posto per lavorare e per creare la ricchezza e l'avvenire al Paese ... »<' Il Generale Dallolio non concepiva «l'Esercito industriale» (come amava definire il lisultato della Mobilitazione Industriale) limitato al periodo bellico, anzi, lo vedeva proiettato nel successivo dopoguerra, convinto che il balzo industriale realizzatosi durante il conflitto avrebbe potuto far sentire i propri benefici anche in seguito, influendo sul futuro del Paese. «Soverchio davvero sarebbe il sacrificio di tante vite umane, e di non pochi mjliardi, se a guerra finita ci trovassimo ad essere esciti dalla tenaglia tedesca, senza aver provveduto a fondare un'industria prettamente italiana. Al temline della guerra ci troveremo ad avere un numeroso esercito di ottima maestranza, l'Industria avrà accumulato riserve economiche; ci troveremo dunque nelle nùgliori condizioni per attuare questo programma di mobilitazione civile.»7 Alcuni stabilimenti, in particolare, fatta salva la loro rispondenza a esigenze strettamente militari, andavano visti nell'ottica dell'incremento di una prevedibile potenzialità industriale del dopoguerra dell'Italia Meridionale. Era stato il caso, per esempio, della Società Elettrochiinica a Napoli , presso i cui stabilimenti erano stati inviati Ufficiali della Commissione Collaudo di Napoli allo scopo di dirimere le principali questioni in sospeso.8 Durante l'allestimento degli stabilimenti infatti, si erano verificati diversi intoppi dovuti essenzialmente, secondo gli Ufficiali della Commissione Collaudo, a: 9 - scarse perizia e preparazione della Società a impianti nuovi e complessi, per i quali era mancata l'indispensabile organizzazione dell'elemento tecnico direttivo della Società; - ostacoli frapposti dalle Autolità locali, compreso il Comitato Regionale di Mobilitazione; - ritardi verificati nell'importazione di alcuni indispensabili macchinari provenienti dalla Francia e dalla Svizzera. A proposito di questo faHo il Ministero per le Armi e Munizioni avrebbe scritto: «Il Servizio Materiale Chimico da Guerra è stato con la suddetta Società largo cli ogni aiuto, spesso esorbitante dalla sua competenza, e si è anche sostituito in molte cose a quella iniziativa strettamente attinente alla com petenza della Società stessa.»w E in effetti, come si è v.isto, la ditta era stata largamente sostenuta e indirizzata a ogni passo, perciò si poteva asserire che quegli impianti avevano conseguito il livello di produzione prefissato, grazie all'opera del Servizio Materiale Chimico da guerra. La lungimiranza di Dallolio aveva portato alla creazione, sin dall'ottobre 1918, di una Commissione 11 «delegata dal Governo allo studio delle riforme necessarie da proporsi per la smobi litazione generale de11e maestranze di guerra, ricevendo, nello stesso tempo il compito di elaborare un piano generale di smobilitazione.» 12
5
APCD, Legisl. XXIV, Discussioni, Voi. XIV, p. I4.798. AP-S, Legisl. XXIV, I Sessione, Discussioni, tornata del 3 marzo 1918, Voi. TV, p. 4.069. 7 ACS, fondo :Ministero Armi e Munizioni-CCMI, b . .167. 6 Area che i nuovi stabilimenti avrebbero dovuto occupare, erogazione dell'energia elettrica, mano d'opera, provvista dei molteplici materiali occorrenti, trasporto del cemento, cessione da pa1te del Ministero Marina di importanti macchinari e lettrici, reintegrazione di questi ultimi con fornitura da parte delle Ditte Marelli e Magrini. 9 MCRR, fondo Dal Iolio, b. 953, r. 9, I. 14, Lettera del 9 aprile I 918 , p. 2. 10 MCRR, fondo Dall.olio, b. 953, f. 9, l. 14, Lett.era ciel 9 aprile 1918, p. 1. 11 La Commissione era composta dal Senatore Bottoni, dall 'On. Cabrini e dai rappresentanti delle maestranze Clavarino, FeITarsi e Saldini . 12 U .M. Miozzi, La Mobilitazione Industriale Italiana ... , op. cit., p. 67. 6
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Il 17 novembre 1918, un Decreto Luogotenenziale istituiva il Comitato Intermjnisteriale per i problemi della transizione dall'economia di guerra a quella di pace, che assorbiva le competenze assegnate finora alla speciale Commissione nominata dal CCMl. 13 Detta Commissione, comunque, aveva fatto in tempo a raccogliere i pareri su un proprio piano relativo al passaggio dall 'economia di guerra a quella di pace, mettendo insieme le relazioni e i rapporti presentati, sia dai CMI regionali , sia da var.ie industrie alle quali era stato inviato un apposito questionario sullo stadio delle predisposizioni per il <<dopo guerra»: - Se e quale programma di trasformazione lo stabilimento abbia già predisposto per il dopoguena; - Se e fino a qual punto la trasformazione possa dirsi attuata; - In che modo e in quanto tempo lo stabilimento presume, una volta venuto il momento, o comunque, di giungere a un nuovo assetto, sia pure provvisorio; - A quali presumibili conseguenze la trasformazione condurrà nei riguardi delle maestranze attualmente addette allo stabilimento distinguendo il caso delle maestranze del luogo da quelle riportate (per lo più militari) e le maestranze maschili da quelle femminili; - Se e in che modo per desiderio dello stabilimento lo Stato potrà presumibilmente agevolare , venuto il momento, la trasformazione progettata. Il questionario veniva integrato dalla relazione sul convegno dei rappresentanti operai presso gli organi della Mobilitazione Industriale e dal rapporto dei Membri industriali dei CMI regionali. I rappresentanti delle maestranze, preoccupati dal passaggio di competenze dagli Organi della Mobilitazione Industriale al Comitato Interministeriale, che, di fatto, avrebbe privato gli operai della rappresentatività conquistata presso gli Organi della Mobilitazione industriale, chiedevano l'interessamento del Governo. 14 Gli industriali, per converso, auspicavano una sollecita liquidazione dei loro crediti da parte dello Stato, il rifornimento di materie prime sino al ritorno del mercato libero, la riorganizzazione dei trasporti e, in genere, lo sgravio dell'industria «dalle formalità, impacci e vincoli attuali in modo che l'iniziati va privata possa liberamente esplicarsi.»'' In sintesi, le preoccupazioni degli industriali erano incentrate sulla mancanza di un piano governativo di lavoro e sulla deficienza di risorse finanziarie e , per questo, essi auspicavano che «alcune commesse di materiale bellico, che non sono in uno stadio inoltrato cli lavorazione, benché per esse siano stati provveduti i materiali, potranno essere trasformate, senza alterare l'economia dei corrispondenti contratti, in equivalenti impegni per materiali di pace e ciò mercé una collaborazione reciproca, che faciliterebbe ali' industria nostra la sua evoluzione verso lo stato di pace.» 16 Ma l'auspicata «evoluzione verso lo stato di pace» veniva affidata ai vari dicasteri, ciascuno per la parte di rispettiva competenza, pregiudicando il sogno di Dallolio sulla proiezione dell' «Esercito industriale» nel dopoguerra. Ciò si verificava perché« ... la necessità di operare per la ripresa regolare della vita economica, finanziaria, industriale, produttiva, della vita sociale in genere, dell'Italia del dopoguerra, le enormi difficoltà incontrate in questa drammatica fase della vita nazionale, impedirono di considerare nella giusta misura le iniziative adottate nel quadriennio precedente, al punto che il massiccio sforzo della collettività nazionale per avviare definitivamente il processo cli industrializzazione nel nostro paese per buona parte venne vanificato o, comunque, non considerato nella giusta misura.» 17
13
!bid. ,. Jbid., pp. I75-176. ' 5 fbid., pp. (77-178. 16 lbid., p. 168. 17 lbid., p. 68.
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Capitolo 22 L'UFFICIO STORIOGRAFICO DELLA MOBILITAZIONE INDUSTRIALE E IL TENTATIVO DI INDAGINE SOCIOLOGICA ANTE LITTERAM SULLA MANODOPERA FEMMINILE
L'Ufficio Storiografico della Mobilitazione Industriale L'esigenza di documentare ]'attività per la Mobilitazione Industriale tramite un «archivio storico» da utilizzare per un'eventuale ricostruzione degli avvenimenti succedutisi nel corso della guerra (presente nel Decreto del 26 luglio 1915 con cui veniva dato l'avvio alla Mobilitazione Industriale), induceva il Ministro della Gue1n, Morrone, a costituire un apposito Ufficio - che poté sorgere grazie all'appoggio del Generale Dallolio , il quale era riuscito a superare le innumerevoli difficoltà di ordine politico e amministrativo tese a ostacolare l'iniziativa. Il 21 novembre 1916, il Ministro comunicava 1 alle Direzioni Generali e Uffici autonomi del Ministero d'aver <<istituito uno speciale Ufficio - retto dal Tenente di Artiglieria di complemento signor Giovanni BoreUi (ideatore dell'iniziativa) e denominato Ufficio Storiografico della Mobilitazione2 - con incarico di raccogliere tutti gli elementi relativi all'organizzazione e mobilitazione dell'Esercito dal1' inizio della guerra europea.»3 La raccolta «di tutti gli elementi» indicata dal Ministro Morrone si traduceva in diversi compiti: - riunire tutti gli elementi riguardanti gli Organi interessati alla Mobilitazione Industriale a partire dall'inizio del conflitto (Comitato Centrale di Mobilitazione Industriale, Comitati Regionali di Mobilitazione Industriale, Commissioni per le esonerazioni temporanee, Commissioni di Collaudo di Artiglieria, ecc.); - documentare gli interventi che erano stati attuati per assicurare i rifornimenti all'Esercito attraverso il potenziamento della produzione industr.iale ed, in via subordinata, di «offrire indicazioni su
'Circolare n. 10.955 del 21 novembre 1916. Inizialmente alle dipendenze del Sottosegretariato per le Armi e Munizioni, in base al D.Lgt. n. 1.318 del 15 settembre 1918, era passato poi al Commissariato Generale per le Armi e Munizioni, a sua volta soppresso con il D.Lgt. n. 1.909 del 15 dicembre 19.18, e infine, dal primo gennaio 1919, al Ministero della Guerra - Corpo di Stato Maggiore dell'Esercito, in base al decreto del 31 dicembre 19 18. Lo «speciale Ufficio» era costituito, oltre che da.Ile Sezioni coJTispondenti alle tre serie ciel «Corpus», da: Segreteria, Biblioteca, raccolta del materiale a stampa sul conflitto europeo, raccolta dì manoscritti riservati e della cartografia di guerra, Gruppo iconografico, raccolta del materiale illustrativo dello sforzo industriale italiano per la guerra. Cfr. U.M. Miozzi, La Mobilitazione Indusiriale Italiana ... , op. cit., pp. 203-205. Per assolvere tali compiti lo Storiografico avviava una serie di rilevazioni integrate su problemi demografici e sociali ma, mentre erano ancora in corso le rilevazioni e la loro elaborazione, il Ministero della Guerra, su conforme dispaccio della Presidenza del Consiglio dei Ministri n. 14.581 del 26 gennaio 1920, ne disponeva lo scioglimento definitivo il 9 febbraio 1920. Tuttavia, il direttore Barelli temporeggiava e chiedeva la concessione di un congruo periodo di tempo e la costituzione di un Ufficio stralcio «con tutte le attribuzioni già possedute dallo stesso Storiografico.» Il Ministero della Gue1Ta in data 11 marzo 1920 esprimeva parere negativo, e il Presidente ciel Consiglio Nitti, il 14 marzo , sollecitava l ' attuazione delle disposizioni della «Commissione Croce» (versamento del carteggio all'Archivio di Stato e ciel materiale bibliografico alla Biblioteca Yallicelliana). Il 22 marzo 1920, Nitti era costretto a intervenire sul Ministro della GueJTa, Ivanoe Bonom.i (Cfr. ACS, fondo Ministero Anni e Munizioni, Ufficio Storiografico Mobilitazione, b. 1, lettera n. 20.632), e questi «invitava» il Capitano Borelli a «voler senza altro addivenire. alla nota sistemazione, fornendo un cenno di assicurazione per aderire alla richiesta contenuta nella chiusura dell'unito foglio di S.E. il Presidente ciel Consiglio dei Minjstri.» Dopo ulteriori rinvii per indisponibilità di locali avveniva, finalmente, il versamento del carteggio all'Archivio del Regno. 3 ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni, Ufficio Storiografico Mobilitazione, b. 1.
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come doveva essere organizzato il fronte interno in caso di una nuova guerra e quali strumenti (collaudati nel corso del conflitto) dovevano essere posti in atto per una politica di sostegno dell' industria e dell'economia in genere>>;4 - fungere da «archivio storico per l'ordinamento delle carte da utilizzare in vista di un lavoro storico organico e completo sulla guerra.»5 Le determinazioni del Ministro M01rone, il 18 marzo 1918 portavano il Tenente Borelli a presentare il «Piano generale del Corpus della Mobilitazione e dell'ordinamento dell'Ufficio Storiografico».6 Il «Corpus», come indicava lo stesso compilatore si riprometteva di «dare agli italiani, per l'Italia della guerra, un corpo di opere in cui tutti gli aspetti ed i problemi della vita nazionale trovino il loro dato saliente e ultimo, sì che la conoscenza di esso sia la conoscenza medesima e più compiuta della patria e da tale dato débba muovere ognuno per ogni direzione verso l'avvenire.»1 Si trattava di una relazione a stampa che costituiva, di fatto, il piano di raccolta delle notizie e di rilevazione dei dati sulla Mobilitazione Industriale e dei provvedimenti per dar vita all'Ufficio Storiografico della Mobilitazione Industriale, che, una volta raccolti, sarebbero dovuti confluire presso il Comitato Centrale di Mobilitazione Industriale e concretarsi in «tante monografie quanti sono i Servizi del Ministero e le Armi di cui si compone l'Esercito, con l'aggiunta di particolari studi su l carattere storico delle fonnazioni in unità coerenti o miste degli elementi etnki tratti dal reclutamento» .8 Il «Corpus» si articolava in tre «serie», conispondenti alle Sezioni che si pensava di costituire: 1) Statistica- economica Posta volutamente all'inizio dell'opera per dimostrare «la base ed il carattere scientifici della raccolta» ,9 effettuava indagini statistiche sull'organizzazione della Mobilitazione Industriale, sulla manodopera, sull'approvvigionamento dell'Esercito e della popolazione, e sulla mo1talità, a proposito della quale «le questioni di statistica sanitaria connesse a quelle delle perdite, e le une e le altre riferite all'indagine sugli effetti qualitativi e quantitativi della gue1ra» sarebbero servite <<per i più gravi dibattiti della vita pubblica».ro Collazionava elementi d'analisi «per le ripercussioni indefinite nel tempo, sulle sorgenti della ricchezza e sui modi della distribuzione, il tenore fiscale , gli espedienti, le conezioni d'imperio, il credito, la banca, la borsa, gli accordi monetari, gli incameramenti, il risp~rmio, l'assicurazione, la previdenza, gli scambi ... ». 11 2) Tecnica Prendeva in esame le ricerche sulle trasformazioni di carattere tecnico, chimico, elettrico negli impianti industriali e dei procedimenti di lavoro adottati e le possibilità di utilizzare tali innovazioni nelle industrie postbelliche. Il Corpus prevedeva l'accorpamento dei « .. . titoli delle principali scienze applicate ai grandi fenomeni della pr~duzione: Siderurgia, Meccanica, Elettrotecnica, Chimica e loro diramazioni, suddivisioni, specializzazioni. Il gruppo delle discipline agricole e loro derivazioni ... la zootecnia anche nei rapporti dei servizi animali dell'esercito ... » .12 3) Giuridica-etica-sociale Studiava le ripercussioni della guena sulle varie classi sociali, sull'organizzazione e funzionamento dell'assistenza civile ed era responsabile della preparazione di una bibliografia sulle pubblicazioni italiane di guerra. «Studiamo le classi nella mobilitazione: dal proletariato del contado, delle fabbriche, del mare, al capitalismo della piccola borghesia risparmiatrice e delle grandi
• U.M. Miozzi, La Mobilitazione Industriale Italiana ... , op. cit., p. 84. s Ibid. 6 ACS , fondo Ministero Armi e Munizioni, Ufficio Storiografico Mobilitazione, b. I. 7 ACS, fondo Ministero Anni e Munizioni, Ufficio Storiografico Mobilitazione, b. I , p . 8. 8 ACS, fondo Ministero Anni e Munizioni, Ufficio Storiografico Mobilitazione, b. I , p. 13 . 9 ACS, fondo Ministero Anni e Munizioni, Ufficio Storiografico Mobilitazione, b. I , p. 13 . 10 ACS, fondo Ministero Armi e ML111izioni, Ufficio Storiografico Mobilitazione, b. 1, pp. 14-15. 11 ACS, fondo Ministero Anni e Munizioni, Ufficio Storiografico Mobilitazione, b. l , p. 15. 12 ACS, fondo Ministero Anni e Munizioni, Ufficio Storiografico Mobilitazione, b. 1, p. 18.
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imprese, alla burocrazia locale statale e locale, all'aristocrazia delle tradizioni vetuste.>>13 Non veniva tralasciato jl Clero, nelle varie confessioni. Il Corpus, infatti, si raccomandava di dare posto adeguato <<ai preti , soldati ed ufficiali, ai chierici, ai monaci, i quali nell'esercito e nella guerra non smarriscono né possono smarrire il carattere e la psicologia del!' istituto onde e cui torneranno, e ai quali la Confessione necessariamente delega uffici di riserbata, insopprimibile natura ... ».'4 Inoltre, il Corpus della Mobilitazione sottolineava l'esigenza di scandagliare due aggruppamenti particolari, uno riguardava le popolazioni di confine ( «Il flusso migratorio temporaneo nei paesi nemici , la costituzione mista della famiglia, le seduzioni del guadagno illecito dal contrabbando allo spionaggio, l'attaccamento pur profondo alla loro terra le native virtù militari intrecciano una trama di contrasti pieni di indici espressivi.»)1 5 ; l'altro interessava le popolazioni irredente. Proseguiva il Corpus della Mobilitazione: «Sapremo quale e com'è il soldato nella sua anima preformata e sopraggiunta: abitudini, istinti, imitazioni; poi nella sua mente: senso comune, criterio, ragione. Lo seguiremo nei periodi fonnativi: recluta, al deposito, in linea, in riposo, in licenza, ferito o ammalato negli ospedali, a casa; nel ritorno alla fronte, dopo la malattia o la licenza.» 16 Infine, la Sezione si interessava dei Servizi: «La Posta ... la Sanità con relative assimilazioni: Croce Rossa, Ordine di Malta, Suore della Carità, dame ed infermiere, Samaritane, servizi preventivi organi tutti in intima connessione con Ja vita morale dell'Esercito. Nello stess'o ordine e per la stessa connessione va messa la propaganda orale e scritta, sistematica e occasionale, disciplinare (servizio) e libera (iniziativa individuale) ... l'influenza dei partiti sulla guerra e sui riferimenti consequenziali alla vita morale dell'Esercito. S'intenda tutti i partiti ... S'intenda meglio: opera di documentazione e strettamente riferita alla mobilitazione dell'esercito in campo; nemmeno Un'ombra teorica e polemica.» 17 E, per concludere, la Sezione doveva approfondire la Difesa dello Stato (polizia preventiva e repressiva, spionaggio, internati, stranieri durante la guerra, prigionieri e disertori di paesi nemici, censura) la rete assistenziale (Posti ristoro, Scaldarancio, Case del soldato, Uffici informazioni, ecc.) la cultura nei suoi molteplici aspetti, il folklore bellico e la psicologia militare e la Politica estera «Il passaggìo da uno all'altro sistema e stadio di alleanze e di accordi; la ragione milìtare determinante atti, iniziative di lunga visione e di compromessi prementi sulle condizioni di origine e di svolgimento della vita interna degli Stati; il periodo de11a neutralità ... >>. 18 Il Ministro nominava le personalità che avrebbero dovuto assumere la direzione delle tre Serie sulla base delle indicazioni fornite dal Corpus della mobilitazione.t9 Inoltre, allo scopo di procedere speditamente al1a nascita dello Storiografico, la struttura dell'Ufficio veniva potenziata progressivamente da studiosi che venivano richiamati dai Reparti presso i quali prestavano servizio «La maggior parte dei collaboratori dello Storiografico erano stati scelti tutti da Giovanni Borelli, il quale li aveva segnalati direttamente al Gen. Dallolio che, a sua volta, aveva provveduto a richiamarli presso lo Storiografico dai vari Comandi militari cuì erano stati assegnati e presso i quali prestavano servizio. Si trattava, in
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ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni, Ufficio Storiografico Mobilitazione, b. 1, p. 21. ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni , Ufficio Storiografico Mobilitazione, b. 1, pp. 21-22 . ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni, Ufficio Storiografico Mobilitazione, b. 1, p. 22.
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ACS , fondo Ministero Anni e Munizioni , Ufficio Storiografico Mobilitazione, b. I , p. 23. ibidem ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni, Uffic.io Storiografico Mobilitazione, b. 1, p. 23. 18 ACS, fondo Ministero Anni e Munizioni, Ufficio Storiografico Mobilitaz ione, b. I, p. 24. 19 Serie statistico-economica: professor Corrado Gin i, ordinario di Statistica alla Regia Università cli Padova (Sottotenente cli complemento dei Cavallegge1i di Padova); Serie tecnica: professor Giuseppe Belluzzo, ordinario cli Meccanica e Direttore della Scuola dei motori al Regio Istituto Tecnico cli Milano; Serie etico-giuridico-sociale: professor Gioacchino Volpe ordinario cli Storia moderna alla Regia Accademia Scientifico-letteraria di Milano (Sottotenente cli complemento al Deposito del 7° Reggimento di Fanteria), professor Giuseppe Prezzolini (Tenente di complemento) , professor-Enrico Redenti ordinario di Procedura civile alla Regia Università cli Bologna (Sottotenente cli complemento del 3° Artiglieria da Fortezza). Cfr. ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni, Ufficio Storiografico Mobilitazione, b. 1, pp. 33-35. 17
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prevalenza, di intellettuali, giornalisti, uomini della cultura, docenti universitari, insegnanti, pubblicisti e studiosi di varie discipline, economisti, esperti in statistiche .. . , legati tra di loro da un comune denominatore, rappresentato dal fatto di essersi distinti particolarmente nel corso della battaglia interventista, durante la quale avevano svolto un ruolo significativo, e per precedenti esperienze all'interno del movimento nazionalista.»20 In pratica si può affennare che il nucleo principale dello Storiografico era in mano a un gruppo «liberal-nazionale» a cui erano affidati compiti delicati «di controllo dell 'industria italiana, per assicurare un efficiente servizio di rifornimento di attrezzature belliche alle unità impiegate a] fronte; di registrazione e di sorveglianza sull'opera svolta dalle maestranze operaie impegnate presso gli stabilimenti industriali e di indagine nei vari settori operativi; di valutazione dei fenomeni dal punto di vista etico-sociale, politico-economico» . In pratica gE addetti aUo Storiografico dovevano attuare quanto previsto dal Piano Generale del Corpus della Mobilitazione Industriale. Alla fine della guerra 1915-18, tutta la documentazione relativa allo sforzo industriale sostenuto dall'Italia si trovava suddivisa presso varie sedi di Enti e Ministeri che avevano trattato le branche di Mobilitazione Industriale di rispettiva competenza, per cui era emersa la necessità di far confluire tutto il carteggio in un'unica sede, presso l'Archivio del Regno. In pratica, il dispaccio presidenziale del 23 luglio 1923, nel disporre il concentramento presso un 'unica sede, dava avvio alla costituzione di un centro di documentazione su quanto fatto dall'industria italiana durante la gue1n. Contemporaneamente, data la delicatezza (e riservatezza) di diversi documenti, veniva ipotizzata la possibilità di affidare il riordinamento del carteggio a «uno speciale istituto composto di esperti in materia economica, sociale, militare; da storici di professione, dunque; nella stessa misura in cui ciò era stato fatto durante il periodo bellico sotto la direzione di Giovanni Borelli.»2 1•22 Inoltre, lo Storiografico <<per le sue ricerche e rilevazioni tecniche, specialmente nei riguardi della Mobilitazione Industriale» dovette costituire una Sezione staccata a Milano «centro naturale degli studi e delle elaborazioni tecniche di esso.» Dopo diverse vicissitudini, venivano assegnati dei locali in via Morone, ove il materiale sarebbe dovuto rimanere «almeno per la consultazione e la cernita indispensabile; di modo che oltre alle raccolte precedenti della Sezione Staccata occorre pensare alla custodia ed all'ordinamento degli archivi che affluiranno allo storiografico costà secondo le norme che saranno emanate dalle autorità rispettive.» 23 Purtroppo «nella raccolta archivistica s1 nscontrava un'accentuazione dell'aspetto della politica industriale, con evidenti lacune sotto il profilo militare e politico.»24 Questa carenza era uno dei motivi che facevano propendere per lo scioglimento dell'Ufficio Storiografico.25 <<La ricca documentazione raccolta e, in particolare, la biblioteca, assai fornita ed altamente specializzata .. . verrà dispersa in varie direzioni. I documenti, smistati presso altri organismi pubblici (gli archivi di deposito, le biblioteche ... ); gran parte del fondo documentario riversato principalmente presso i Ministeri di provenienza con i quali
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U .M. Miozzi, La Mobilitazione Industriale Italiana ..., op. cit., p . 89. Giovanni Borelli, Capitano di Artiglieria, direttore dell' Ufficio Storiografico . 22 U .M. Miozzi, La Mobilitazione Industriale Italiana ... , op. cit., p. 85. 23 ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni, Ufficio Storiografico Mobilitazione, b. 2. 24 U.M. Miozzi, U, Mobilitazione Industriale Italiana ..., op. cit., p . 118. 25 L'Ufficio Storiografico della Mobilitazione (usrv11) era stato giudicato «un ente che, se era assolutamente necessario nel periodo della guerra, era divenuto, ne l periodo successivo alla sua conclusione , un inutile "carrozzone", che giustificava la sua presenza ed il suo ruolo unicamente nella prospettiva di mantenere accentrate presso un unico organo le iniziative di ricostruzione storica ed analisi storiografica, di un riordinamento ·archivistico e documentario nella convinzione che diversamente si sarebbero potute verificare dispersioni, perdite e mutilazioni; quali quelle che difatti si dovranno lamentare.» Cfr. U .M. Miozzi La Mobilitazione Industriale Italiana ... , op. cit., p. 101. Successivamente allo scioglimento dell'USMI (1920) il relativo carteggio, sparso in sedi diverse, veniva fatto confluire all'Archivio del Regno (oggi ACS) sulla base di un dispaccio presidenziale del 23 luglio 1923. 2'
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l'U .S.M.I. aveva avuto i principali rapporti: i dicasteri dell 'Interno, degli Affari Esteri, del Tesoro, delle Finanze, della Guerra, dell 'Industria e Commercio, dei Trasporti .»26 Di conseguenza, restava monco nella applicazione, il presupposto di un riordinamento da affidare a un gruppo di studiosi per la sua valutazione. Lo «speciale istituto» che avrebbe dovuto presiedere al riordino del carteggio e il conseguente progetto editoriale che prevedeva la pubblicazione di alcune monografie,21 non venivano realizzati come pure restava incompiuto il progetto di concedere un aiuto finanziario al Capo Ufficio e ai suoi collaboratori per «proseguire le ricerche in privato, pubblicando le previste monografie che avevano come oggetto d'esame le carte provenienti dall'Ufficio.» 28 Queste carenze spingevano una commissione interministeriale, costituita nell'estate del 1919 e presieduta da Benedetto Croce, a scendere in campo contro «l'elefantiasi burocratica e contro le eccessive strutture militari e statali sopravvissute .»29 Anche la stampa prendeva posizione contro il progettato «speciale Istituto» da destinare al riordino del carteggio. Il 30 maggio 1919, L'Avanti, arrivava a definire l'Istituto <<Una magnifica prospettiva di pappatoia per tutta una legione di giornalisti falliti e di professori bocciati e di politicanti patriottardi.» 30 Sicuramente favorevole all 'Jstituto era Borelli , Direttore dello Storiografico, che si riproponeva «di succedere a sé stesso nella direzione del nuovo lstituto.»31 Il Ministero della Guerra svolgeva un'inchiesta sulla situazione dei vari Uffici dello Storiografico mentre le conclusioni dello studio da parte della «Commissione Croce» venivano accolte , nel gennaio 1920, dal Presidente del Consiglio Nitti. Comunque , esistevano riserve sull'obiettività di tale Commissione <<laddove questa sosteneva da un lato, l'eliminazione dell'organismo e dall 'altro la prosecuzione dei lavori da esso programmati, secondo un piano poliennale.»32 Tuttavia questa parte delle conclusìoni veniva disattesa in quanto: 33 - il suggerimento sulla costituzione di una società privata (formata dai vecchi collaboratori dello Storiografico) allo scopo di proseguire le attività già avviate, non veniva raccolto; - la proposta di costituire un fondo spese di 90.000 lire, da utilizzare per la pubblicazione già prevista delle monografie storiche, non veniva accolta; - le «almeno cinque monografie» di prevista pubblicazione non arrivavano a vedere la luce. La ricerca sulla manodopera femminile. L'U.S.M.I. nel settembre 1917 aveva ricevuto il consenso di massima per condurre una ricerca volta a studiare il comportamento della donna mobilitata, che veniva condotta, oltre che da personale militare, anche da diversi docenti ed esponenti del mondo accademico e giornalistico, economisti, ed esperti in statistiche, segnalati da Giovanni Barelli al Generale Dallolio. Le motivazioni di questa ricerca le aveva indicate il Corpus della Mobilitazione quando affermava che «la donna fu l'incognita e la forza in ombra più delicata ed enigmatica della previsione ed è una delle colonne della disciplina di guen-a:
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U.M. Miozzi, La Mobilitazione Industriale Italiana ... , op. cit., p. 93. !bici., p. 116: Serie statistico-economica: Servizi logistici: La ricostituzione del patrimonio zootecnico nazionale, Ricerche preliminari sulle perdite di guerra, La ricchezza d 'Italia allo scoppio della guerra europea, L'igiene e l'eugenica durante la guerra italiana. Serie sociale: La mobilitazione femminile , La mobilitazione civile. Serie tecnica: La tecnica della guerra, La chimica della guerra. Serie coloniale: L'Albania, Indice Toponomastico dell'Illiria. Serie folclore: Canzoni popolari, I giornali di trincea, I canti della trincea. Bibliografia della guerra sino ali' Armistizio. 18 U.M. Miozzi, La Mobilitazione Industriale Italiana ... , op. cit., p. 103. 29 lbid., p. 101. 30 lbid., p. 102. ) I f/Jid. 32 lbid., p. 120. 33 /bid., p. I 19. 17
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il coefficiente determinante, invisibile spesso, ma potentissimo della stessa vita interna dell'esercito, senza dire che deJla mobilitazione nel paese - sia che assista o attenda - è la necessità stimo latrice ... » .34 La ricerca investiva contemporaneamente le tre sezioni dello Storiografico (statistico-economica, tecnica, giuridico-etico-sociale) del quale sono stati rintracciati i questionari che era previsto inviare alle associazioni e ai Direttori e proprietari dei stabilimenti, ma non risultano eventuali risposte. In merito occorre tener presente la sorte che subirono i carteggi della Mobilitazione Industriale. Quelli prodotti dai CM.I regionali «rifluiranno (assieme alla massa cli documenti prodotti dal CCML che aveva avuto sede a Roma durante la gueira) presso l'Archivio del Regno; ma gravati di pesanti mutilazioni, lesioni e dispersioni. Una sorte che subirono, principalmente, i carteggi relativi ad alcuni specifici servizi: questionari, schedari, tabelle statistiche, carte geografiche, documentazione topografica .. . Buona parte di questi carteggi verranno mai più riversati presso l'Archivio di via Campo Marzio [a Roma], in quanto trattenuti presso i rispettivi enti, uffici, dicasteri, ed inseriti nella documentazione archivistica di altri uffici statali, o aggiunti ai fondi di questi, ai quali, ovviamente erano per la gran parte estranei .»35 Comunque, si è in grado di indicare le principali domande. Aspetto etico-sociale Le domande formulate nella sezione etico-sociale riguardavano il rapporto fra le donne mobilitate (operaie, impiegate o adibite ai pubblici servizi) e la guerra. Venivano, quindi, scandagliate la capacità di sapersi sostituire al marito lontano nel mantenimento della coesione della famiglia e della sua sopravvivenza, la capacità di dedicarsi ancora al disbrigo di faccende domestiche nonostante l'ingresso in fabbrica , l'apprezzamento delle istituzioni sussidiarie (asili, «zuppe popolari>>, «cucine materne», ristoranti popolari, il relativo grado di soddisfazione: «Quali lagnanze espongono le madri sugli asili?», «Hanno ricorso ad asili e nidi per i bimbi di richiamati? Ad asili religiosi?»; cambiamenti di classe sociale intervenuti nei frequentatori, tipo di clientela femminile o maschile); domande, queste , atte a valutare l'opportunità di mantenere o meno tali istituzioni a guerra finita. Si scandagliava, ancora, l' eventuale ostilità da parte di gestori di esercizi privati, il comportamento in genere del pubblicO', la necessità di ricorrere a familiari per l'assistenza ai minori («Come han provveduto le madri di famiglia che sono entrate nelle fabbriche, nei pubblici servizi, nelle amministrazioni, all 'assistenza dei propri figli? Hanno ricorso a persone di famiglia? A persone estranee pagate?»). Dato il nome della sezione era scontato che sarebbe stato posto l'accento sull'aspetto della morale familiare (possibilità che il disagio economfoo potesse indurre alla prostituzione o al rilassamento morale, cambiamenti intervenuti nella religiosità delle donne: «Dalle manifestazioni d.i questa religiosità vi risulta che essa non sia altro che una egoistica e temporanea superstizione, ovvero un rifiorire di sincera fede, causata dal tragico momento?») e sulla propensione al risparmio in relazione agli aumenti di introiti intervenuti («La donna ha frenato le spese voluttuarie in genere ed il lusso degli abbigliamenti o ha invece migliorato senza ritegno il tenore di vita trascurando il risparmio?»). Inoltre si sarebbe approfondito se la parola data avesse ancora un significato dal punto di vista morale, investigando sul mant~nimento delle promesse fatte dalle ragazze ai fidanzati sotto le armi (ovvero soppesando vantaggi e svantaggi di ordine morale provocati dal loro più largo impiego nelle industrie, ecc.). Aspetto sociale-politico Le domande formulate in questa sezione riguardavano l'interessamento della classe operaia ai problemi intellettuali, morali, politici, economici, sociali scaturiti nel periodo di neutralità e, successivamente, con la gueira.
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fondo Ministero Armi e Munizioni, Ufficio Storiografico Mobilitazione, b. I , p. 2 1. U.M. Miozzi, La Mobilitazione Industriale Italiana ... , op. cit., p. 93.
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Donne al lavoro in uno stabilimento di munizionamento. (Proprietà Fondazione Ansaldo)
Si può affermare che l'aspetto principale concerneva la propensione delle donne mobilitate a organizzarsi, aderendo a organizzazioni già esistenti (Camera del Lavoro, associazioni cattoliche) o formandone delle nuove. Molto interessante risultava la verifica dell'esistenza d.i ostilità palese o larvata da parte delle organizzazioni maschili all'assunzione di mano d'opera femminile. In questi casi si cercava di capire se le motivazioni erano circoscritte al timore della concorrenza o se ci si trovava di fronte a ostilità preconcette, come pure si cercava di accertare casi di ostilità individuale da parte di lavoratori contro le donne assunte in servizio. In generale poi, si verificava il grado di disciplina delle donne ( «Riescono a tenere il silenzio dove è necessario al lavoro?») e quello di assenteismo, e si vagliava pure il grado di soddisfazione degli imprenditori per le loro maestranze femminili . Una parte considerevole del questionario riguardava la percezione del conflitto: «Come la donna delle varie classi sociali ha sentito la guerra in genere e la nostra in particolare?»; e, in questo conflitto, come essa si collocava: «Indipendentemente dai suoi sentimenti verso la Patria, fino a qual punto, nelJe varie classi sociali, la donna ha rappresentato una forza viva per il Paese e ha saputo divenire il centro della coesione familiare, durante l'assenza dell'uomo?» Successivamente, veniva verificata l'eventuale esistenza di apprensioni sul futuro della classe operaia al tennine della guerra: le donne avevano intenzione di riappropriarsi del proprio ruolo di casalinga, oppure avrebbero preferito rimanere nel mondo del lavoro per acquisire maggior indipendenza nei confronti dell'uomo? E ancora, si richiedevano notizie sulla funzione avuta dai sussidi concessi. Tenuto conto del tradizionale ruolo della donna, esaltato dalla assenza maschile, di amministratrice delle risorse familiari e contemporaneamente di addetta ai lavori pesanti nei campi vicino casa, le si chiedeva: se la coltura delle terre avesse subito delle trasformazioni a causa della guerra e della difficoltà dei trasporti; quale fosse stata l'incidenza sulla produzione dei premi istituiti per la coltura del grano e del riso; e quale il ruolo delle licenze agricole concesse ai militari. Sempre in relazione a questo argomento, si
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chiedeva quali fossero stati gli adattamenti per la sostituzione della manodopera mancante, si chiedeva se fossero stati impiegati prigionieri austriaci e, in caso affermativo, com 'erano stati i rapporti intercorsi con loro; e, ancora, se ci fosse stato un eventuale apporto di macchine agricole. Per quanto atteneva alla disciplina dei consumi veniva richiesto un giudizio sui provvedimenti governativi, in particolar modo sui calmieri, sulle diffico1tà per il rifornimento dei generi di prima necessità, e si vagliava l'opinione corrente sulla deficienza di generi di prima necessità. Ai librai, infine, venivano richiesti i cambiamenti intervenuti nella richiesta di libri. Per ultimo si verificava l'efficacia della propaganda fatta nell'Esercito ai militari, mentre particolare attenzione veniva portata alla vita sessuale del soldato al fronte, ali' effetto della forzata astinenza, agli effetti della prostituzione in zona di guerra e della presenza di stampa pornografica. Nel frattempo, il cambio avvenuto al vertice del Ministero della Guerra rimetteva in discussione i limiti della ricerca, creando dei problemi ail 'interno dello Storiografico e, più in particolare, nella Sezione sociale-politica. Il Direttore dell'Ufficio Storiografico, Capitano Borrelli , scriveva aJ responsabile della Sezione, Tenente Prezzolini, che «Le mutazioni· avvenute di recente negli organi ministeriali hanno trasferito in alcuni di ess.i pieni poteri d' autonomia, differenziandoli dai preesistenti. Tal che l'unità direttiva tra Ministero della Guerra e l'Organo delle Armi e Munizioni preesistente e vigente al tempo della fondazione dello Storiografico ed in quello in cui fu verbalmente prima e in parte per iscritto comunicato il disegno della monografia sulla "Donna mobilitata" non esiste più. Ne deriva che, essendo anche mutata la persona del Ministro deila Guerra e non avendo ancora il successore chiaramente espresso il proprio avviso sulla eredità ricevuta, lo Storiografico nei riguardi del territorio giurisdizionale del Ministro della Guerra, meno che per i lavori in corso cui un 'interruzione non comandata sarebbe rovinosa, deve sospendere i piani di disegno unitario concepiti nell'antica unità ministeriale .. . Non è prudente, né consentito, allo stato odierno delle cose, intraprendere indagini sopra le opere e le organizzazioni femminili dipendenti dal Ministero della Guerra (fra le quali la Sanità e la Croce Rossa) e nemmeno avventurarsi nel grande campo che i lavori iniz ·::ti e a parer nostro non interrompibili (Servizi logistici soprattutto) ci permettono di credere a noi anche per l'avvenire aperto ... Credo perciò necessario consigliare alle indagini da intraprendere, e per il momento presente della vita interna dello Storiografico, un limite ben netto che si può trovare nella categoria e nella sua definizione "la donna e industria mobilitata". Il Ministero per le Armi e Munizioni a questo proposito può offrire tutti i presidi bastevoli ad attingere larghe e dirette parti.»36 Ma il responsabile della Sezione sociale-politica, che riteneva giusto estendere la1icerca anche all'ambiente contadino, preso atto delle restrizioni impostegli di limitare le indagini alle industrie dipendenti dal Ministero per le Armi e Munizioni, arrivava ad affermare che «non riesco a comprendere come il cambiamento della persona del Ministro della Guerra possa influire sulla esplicazione di detto programma, la ·massima parte del quale si svolge fuori dalla sua giurisdizione. Se dovremo trascurare il capitolo "la Nazione in armi" perché abbandonare le indagini sul clero, sulla famiglia, sul contadino, sui partiti poJitici, sui comitati di assistenza civile, ecc. ecc. che con detto Ministero nulla hanno a che vedere? ... ».37 La ricerca, dunque, nasceva monca e condizionata dai cambi aj vertici del Ministero per la preoccupazione che essa potesse « ... far dubitare, in qualunque modo, della legittimità e della necessità della nostra guerra.»38 Evidentemente, in Italia, i tempi non erano ancora maturi per un tipo di indagine del genere e lasciavano trasparire preoccupazioni, come quella indicata in precedenza, che snaturavano il vero scopo della ricerca di «tracciare un quadro rapido di tutto quello che la donna ha fatto per la guerra e per la vittoria. E prima di tutto, perché di più facile studio, la donna salariata, negli stabilimenti ausiliari, negli uffici, nei pubblici servizi . Il presentare alcuni inconvenienti che possono essere nati dalla
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fondo Ministero della Guerra fondo Ministero della Guerra 38 ACS, fondo Ministero della Guerra -
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Ufficio Storiografico, b. 17, lettera del 7 settembre 1917, pp. 1-2. Ufficio Storiografico, b. 17, lettera ciel 12 settembre 1917. Ufficio Storiografico, b. I7, lettera ciel 12 settembre 19 I7 .
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mobilitazione della donna ... non è dubitare della guerra. Ma è un collaborare ad un'opera nazionale già iniziata, di risanamento.» 39 Tuttavia, nonostante gli ottimi propositi, non è possibile parlare di «indagine sociologica», innanzitutto per l'impossibilità, come per qualsiasi disciplina di investigare «tutto», e inoltre perché le diverse domande formulate nei questionari inviati mancano di: - comparabilità con altri contesti ed esperienze; - precedenti studi specifici e serie di domande già testate; - formulazione di buone ipotesi quali, ad esempio, univocità o equivocità delle definizioni, un solido modello teorico, verificabilità; - indicatori normativi e legislativi o dichiarazioni, saggi ecc.; - metodologia statistica per lo studio percentuale delle risposte rispetto all'universo rilevato; - mancanza di strumenti matematici da applicare alle risposte fornite ai questionari. Queste carenze, comunque, non tolgono a11 'Ufficio Storiografico della Mobilitazione Industriale, dipendente da Dallolio, il merito di aver intuito l'opportunità di testare le ripercussioni provocate dall'ingresso massiccio delle donne nel mondo del lavoro, in precedenza di escl usiva pertinenza maschile. Non solo, l'Ufficio Storiografico della Mobilitazione Industriale fu certamente un antesignano ne11' introduzione della sociologia del lavoro in Italia.40 Peraltro non è noto se i questionari siano poi stati inviati ai destinatari, ma, in ogni caso, nonostante le ricerche effettuate presso archivi statali, organizzazioni Camerali e associazioni, non si sono trovate tracce di eventuali risposte.
ACS, fondo Ministero della Guerra - CSM - Ufficio Storiografico, b. 17, lettera del 12 settembre 191 7 . Le ricerche sociologiche tramite questionario erano state introdotte nei primi anni del 1900 negl i Stati Uniti, Paese d'origine della sociologia, scienza che sarebbe approdata in Italia soltanto dopo la seconda guerra mondiale. Il sociologo che formalizzò l'uso dei metodi quantitativi in una ricerca fu lo studioso statunitense TaJcott Parsons (1902-1979).
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Capitolo 23 ALTRE CATEGORIE DI MANODOPERA E IL CONSEGUENTE PROBLEMA DISCIPLINARE
Il Sottosegretario Dallolio, oltre all' impiego di manodopera femminile e minorile, aveva utilizzato anche altre categorie di operai non soggetti a obblighi militari. Si trattava di detenuti militari la cui utilizzazione, però, era limitata «ai lavori isolati», specie per 1 impianti e derivazioni idroelettriche, in aderenza al D. Lgt. n. 796 del 9 luglio 191 8 . Dei prigionieri cli guerra, l'apposita Commissione ne concedeva circa 20.000 unità, per «lavorazioni non riservate>>, confacenti alla loro particolare condizione, ma vi era molta liluttanza al loro impiego, perché le condizioni cli isolamento e sorveglianza richiedevano alle imprese notevoli lavori e spese per alloggi e custodia.2 Il problema approdava alla Camera dei Deputati già il 9 dicembre 1915, quando l'On. Arrivabene chiedeva al Governo quale fosse l'orientamento sull'impiego di prigionie1i clj guerra per i lavori pubblici. La risposta contemplava un ' unica condizione: «L'impiego dei prigionieri nei lavori pubblici sarà sempre subordinato alle condizioni della mano d'opera locale, in modo da non pregiudicarne gl'interessi» garantendo il rispetto delle Jeggi dell'umanità e della guerra .3 Ma Arrivabene non si dichiarava soddisfatto perché il Governo aveva eluso il vero oggetto della sua interrogazione, cioè il miglioramento dell' insufficiente viabilità nell'Italia meridionale che egl i riteneva nodo centrale del problema economico di quelle regioni . Il successivo 6 marzo J 916, l'On. Ciccotti poneva un'interrogazione al Governo «per sapere se, sempre rispettando ]e leggi dell'umanità e della guerra e senza in nulla aggravare la loro condizione, voglia utilizzare i prigionieri in lavori specialmente d'interesse pubblico.» Di tenore diametralmente opposto la richiesta dell'On. Treves, che chiedeva «se sia vero che [il Governo] intenda utilizzare i prigion ieri di guerra come schiavi e come krumiri nei lavori pubblici.» A entrambi rispondeva il Sottosegretario per l'Interno, Celesia, affermando che erano stati già condotti degli esperimenti e altri erano in programmazione per ]avori d'interesse pubblico , allo scopo di: - esaudire .il desiderio dei prigionieri stessi di lavorare a seconda delle loro attitudini e del loro mestiere , anche per combattere l'ozio; - soddisfare la richiesta del Presidente dell'Ufficio Centrale della Croce Rossa a Berna di far lavorare quel personale, anche per assicurare loro qualche guadagno. In ogni caso, l'impiego di prigionieri poneva dei problemi: doveva essere escluso «qualsiasi pericolo di indebita conc01renza alla mano d'opera libera», e il loro utilizzo doveva avvenire soltanto in attività accessorie, non certo a favore della produttività per la Mobilitazione Industriale. Dopo pochi giorni I'On. Sipari chiedeva al Presidente del Consiglio e ai Ministri dell'Interno, della Gue1Ta e dei Lavori Pubblici, quale fosse la possibilità di impiego di una parte cli prigionieri «nella Marsica per lo spianamento delle restanti macerie e per la demolizione dei ruderi che ancora si ergono 1 a tener sempre presente allo spirito di quelle popolazioni il ricordo del disastro tellurico».' L'impiego dei prigionieri di guerra, però, comportava sempre vari inconvenienti, faceva notare l'On . Nuvoloni in un'interrogazione alla Camera, per esempio essi venivano sottoposti a frequenti rotazioni «quando avevano conseguito una certa pratica nei lavori, a cui erano stati adibiti». Il Ministro della Guerra Zupelli rispondeva che ciò accadeva per «esigenze militari di ordine superiore» che molto vero-
'APCD, Legisl. 1
XXIV, l" Sessione, Discussioni, tornata ciel 6 marzo 1916, Vol. VIII, p. 8.925.
CCM t, circolare del 30 aprile 1917 ai CMI regionali .
' APCD, 'APCD,
Legisl. XXIV, I" Sessione, Discussioni, tornata ciel 9 dicembre 1915. Legisl. XXIV, l" Sessione, Discussioni, tornata ciel IO marzo I916, p . 9.169.
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similmente si sarebbero ripresentate anche in futuro. «Si cercherà di dare la maggiore stabilità possibile anche a questo servizio, ma si è dovuto anche dividere i prigionieri per nazionalità e si è dovuto rispondere a varie esigenze anche d'ordine politi.co, alle quali si doveva assolutamente ottemperare.»5 Una ben diversa utilizzazione, invece, l'aveva trovata il contingente di elementi indigeni delle Colonie della Tripolitania e Cirenaica, reclutati e inquadrati in loco dal Governo coloniale. Al termine della guerra risultavano sparsi in diverse regioni 5.480 libici .6 Lo spostamento e l'insediamento del contingente libico era stato organizzato dal CCMI d'intesa con : - la Delegazione della Direzione dei Trasporti presso il Comando del Corpo di Stato Maggiore per gli aspetti attinenti al trasferimento via mare o per te1Ta; - i CMI regionali per quanto riguardava la creazione di alloggi in veri e propri villaggi indigeni; - la Sussistenza militare per il vettovagliamento e tutti gli aspetti necessari a rendere agevole la convivenza di questi operai di altra razza e religione. Differente ancora il ruolo della manodopera minorile. Al 10 agosto 1918 risultavano impiegati 60.000 ragazzi, di cui il 70% negli stabilimenti ausiliari.7 La politica del Sottosegretariato Armi e Munizioni, era volta a sottran·e il meno possibile uomini validi all'esercito mobilitato, attraverso la formazione di maestranze non aventi obblighi militari (donne e ragazzi). Ne conseguiva che, nella composizione delle maestranze degli s tabilimenti di guena, al primo novembre 1918, l'elemento femminile e i ragazzi rappresentavano quasi un terzo della massa operaia. Sulla costituzione di quest'ultima va fatta una considerazione. Il primo novembre 1918 il numero degli operai meccanici in Italia era quasi triplicato rispetto a quello dell'antegue1rn, che poteva stimarsi in circa 350.000, ma, calcolando un deficit di circa 200.000 operai meccanici necessari alle industrie di guena poteva valutarsi in 550.000. Pertanto, quei 200.000 operai assolutamente occorrenti in più dovevano necessariamente aver esercitato prima della guerra professioni diverse da quella del meccanico. Per questo la politica del Sottosegretariato di Stato alle Armi e Munizioni era stata quella di colmare la lacuna, laddove possibile, con altre categorie di persone non militari, oppure, se militari, che provenissero da mestieri il più possibile affini e che, comunque, si trattasse di classi anziane. 8 Da questo fatto risulta evidente il fenomeno del cambiamento di mestiere ver.ificatosi nella popolazione italiana durante la guerra. Dopo Caporetto, poi, nasceva il problema dell'impiego della mano d'opera esistente fra i profughi «delle province invase e minacciate. I provvedimenti sono intesi a far sì che unicità di indirizzo guidi il collocamento di tale mano d'opera e la distribuisca secondo le es igenze delle varie industrie delle diverse regioni d'ltalia.» 9 Toccava, quindi, ai Comitati Regionali di Mobilitazione Industriale ripartire tale mano d'opera fra gli Stabilimenti militari e quelli dichiarati ausiliari . Per garantire e regolare la disciplina del personale appartenente agli Stabilimenti ausiliari, il CCMT emanava le norme da osservare in caso di infrazioni lievi, mancanze disciplinari di maggior gravità tali, però, da non richiedere il deferimento al Tribunale Militare e, infine, le mancanze gravi che assumevano carattere di reato e, pertanto, vi dovevano essere deferite. Il 23 ottobre 1916 Dallolio scriveva ai Direttori degli Stabilimenti militari: « ... I Direttori devono poi ricordare che mentre è un dovere morale il punire le mancanze , non è un metodo di comando quello di infliggere esageratamente multe e sospensioni, giacché la disciplina deve fare eia educatrice , altrimenti non s i ottiene quella concordia indispensabile nel momento attuale.>> 10
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Legisl. XXIV, I" Sessione, Discussioni, Voi. XV, p. 1.6.431 . Legisl. XXVI, Sessione 1921-1923, Doc ., Dis . Legge e Relaz., p. 120. 7 CCMI, IL contributo delle maestranze femminili, ecc. op. cit., p. 53. s APTGP, serie fascicoloni, fase. X, f. I, Questionario della Co,nmissione D'Inchiesta, risposta al quesito n. 16, p. 3. '> Cfr. anche CCMJ, Bollettino ciel Comitato Centrale di Mobilitazione Industriale n. 4, ottobre 19 I 7. 10 APTGP, serie fascicoloni, fase . appunti 8 ottobre 1916- 8 febbraio 1917.
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Comunque, il nuovo status giuridico degli operai andava a creare alcuni attriti fra Collegi giudicanti e Autorità preposte al controllo disciplinare degli operai militarizzati, in pa1ticolare proprio sul problema della conoscenza, da parte operaia, del suo nuovo status. La Direzione dell'Officina di Costruzione d'Artiglieria di Genova segnalava che, in occasione del procedimento a carico di due operai accusati di rifiuto di obbedienza, un Magistrato della Pubblica Accusa aveva rilevato la deficiente istruzione fornita agli operai in materia, per cui si era arri vati ali' assoluzione degli imputati per «non provata reità», poiché «era rimasto in dubbio se fosse stato oppur no impartito agli accusati un ordine, estremi necessari ad integrare il reato di disobbedienza.» 11 Il Sottosegretario Dallolio, tenuto conto che l'ignoranza dei doveri connessi al nuovo status era addotta quale scusante da parte di numerosi accusati, sollecitava un'azione divulgativa volta a far conoscere la gradualità delle sanzioni di carattere disciplìnare e penale a carico del personale degli stabilimenti mobilitati. Il problema su cui si creavano le maggiori difformità di giudizio era quello della sospensione della pena per i condannati di diserzione. Il Pubblico Ministero presso il Tribunale Militare Territoriale di Napoli promuoveva ricorso verso la sentenza del 10 febbraio 1917 contro l'operaio militarizzato Acampora, colpevole di diserzione e condannato a due mesi di carcere militare con la sospensione della pena per cinque anni. li Tribunale Supremo , il 13 aprile 1917, accoglieva il ricorso, annullando - limitatamente al beneficio della sospensione dell'esecuzione della condanna - la sentenza del Tribunale Militare Territoriale, e ne comunicava la motivazione agli Avvocati Militari, incaricandoli di vigilare affinché i Tribunali Militari si uniformassero ai principi di diritto affermati in quella sentenza e producessero ricorso di nullità in caso di inosservanza. La motivazione dell 'accoglimento del ricorso metteva in evidenza come la legge n. 267 del 28 giugno 1914, che aveva introdotto nel codice penale comune l'istituto della sospensione della esecuzione della condanna, non avesse esteso tale beneficio al codice penale militare. La motivazione del Tribunale Supremo concludeva: <<Estendere 1' istituto della sospensione della esecuzione delle condanne anche per i reati contemplati dal codice penale militare importerebbe aggiungere alla legge preesistente altre disposizioni che il legislatore non ha voluto, giacché non ignora la preesistenza del codice penale militare e la mancanza di tale precisa estensione importa incorrere dal giudice nella violazione della legge applicandola ed estendendola ad altro codice quando dal legislatore non si manifesta tale volontà.» 12 Il successivo 14 maggio , peraltro, l'Ufficio dell'Avvocato Generale Militare presso il Tribunale Supremo di Guerra e Marina, partendo dalla constatazione che per il reato di diserzione da parte di militari al fronte vi era una sospensione del procedimento in occasione del primo reato, e successivamente la sospensione della condanna, che veniva applicata soltanto all'ulteriore ripetersi del reato, rilevava: «parrebbe dunque conveniente che una sospensione nell 'esecuzione della pena , almeno per via potestativa, potesse ammettersi anche in riguardo degli operai degli stabilimenti militari ed ausiliari, per la continuità del lavoro in questi stabilimenti», prospettando così la possibilità che l'istituto della condanna condizionale, per condanne alla pena del carcere militare non superiore a quattro mesi per infrazioni commesse nel campo tecnico-disc:iplinare da operai militari, venisse introdotto per decreto luogotenenziale. 13 Il 26 agosto 1917 Dallolio scriveva al Tenente Generale Caputo, Presidente del Comitato di Mobilitazione Industriale di Torino, una lettera, con oggetto «Sanzioni disciplinari», che impar6va det. tagliate disposizioni sul comportamento che doveva essere tenuto dall'Autorità in caso di atti di indisciplina. «Prendendo necessari accordi coll'Autorità Militari, intendendo mantenere salda la disciplina degli operai massima in questi momenti supremi per la difesa della Patria, prego disp01re quanto segue circa gli operai esonerati o comandati o a disposizione: Esonerati se colpevoli di reati siano messi a disposizione completa dell'Autorità giudiziaria. Se colpevoli di fatti specifici inunediatamente siano
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fondo Ministero Anni e Munizioni-CCMI, b. 296.
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messi a completa disposizione dell'Autorità Militare. Se indiziati in modo sicuro e constatato con indubbi testi e testimonianze d'aver fatto propaganda delittuosa entro lo stabilimento o aver preso parte a dimostrazioni, siano consegnati immediatamente all'Autorità militare affinché provveda conforme alle disposizioni che crederà del caso. Comandati o a disposizione. Si premette che si tratta di operai nei quali la qualità di soldato è più evidente e quindi non si possono tollerare assolutamente infrazioni alla disciplina. Perché mentre i soldati combattono alla fronte e chiedono armi e munizioni è delittuoso che altri soldati nelle officine cui il dovere loro è lavorare intensamente per produrre abbandonino i loro fratelli in pericolo per valersi delle concessioni avute onde commettere disordini e inquinare la produzione perciò: Se colpevoli di reato subito a completa disposizione dell'Autorità giudiziaria militare. Se colpevoli di fatti specifici immediatamente siano messi a completa disposizione dell'Autorità militare. Se indiziati in modo sicuro e constatato d'aver fatto propaganda delittuosa entro lo stabi limento o aver preso parte a dimostrazioni siano consegnati immediatamente alla Autorità Mili tare affinché provveda. Si applichino immed iatamente le disposizioni circa l'invio alla fronte degli operai delle classi 18981899 in due scaglioni mettendo nel primo quelli su cui vi siano dubbi circa la condotta. Ministro Dallolio». 1'1 Successivamente Dallolio ribadiva al Presidente del CMI di Torino: «Le disposizioni disciplinari debbono sempre essere applicate in modo da non colpire mai innocenti, e in ogni modo con la coscienza di un dovere e mai colla impulsività di un provvedimento di ritorsione ... affinché sempre e in ogni circostanza disciplina e giustizia siano coniugati.» 15 La precisazione di Dallolio, alla precedente lettera del 26 agosto, derivava dal fatto che al Ministero delle Armi e Munizioni erano pervenute alcune segnalazioni secondo le quali continuava la revoca di esoneri nei confronti degli operai militarizzati, quale rappresaglia per aver firmato dei memoriali. Dallolio perciò chiariva: «pur dichiarando Zone di guena le tre provincie di Torino, Alessandria e Genova, non si è inteso affatto cli togliere la libertà di riunione per motivi economici, tutt'altro.» 16 E per maggior chiarezza aggiungeva: «Le disposizioni che mirano a togliere qualunque inciampo o ritardo alla continuità del lavoro debbono garantire al personale militarizzato un equo trattamento, salvaguardandolo da eventuali sfruttamenti e permettergli di far valere le sue giuste ragioni nell'interesse stesso della produzione. Inverocché come saviamente ha rilevato nella sua relazione S.E. il Ministro- della Guerra, ove il personale è scontento, anche la mobilitazione perde efficacia e non basta ad aumentare la produzione.» Non lasciava adito a dubbi, viceversa, la prassi da seguire per l'immediato allontanamento dagìi stabilimenti, e il rientro ai rispettivi reparti di appartenenza, cli quegli operai che venivano sorpresi a partecipare a manifestazioni e comizi mentre godevano dell ' <<esonero temporaneo». Già all'inizio del secolo il fenomeno legato soltanto ad aspetti sindacali era mal tollerato dalla parte industriale italiana, tant'è vero che, nella seduta alla Camera de l 18 dicembre 1900 , l' On. Ciccotti aveva rivolto un'interrogazione al Ministero della Marina sul licenziamento di 79 operai presso lo stabilimento Armstrong di Pozzuoli. Al Ministro Morin, che precisava l'entità delle commesse di artiglierie per la Marina affidate allo stabilimento, Ciccotti replicava che il licenziamento non dipendeva «da una diminuzione di lavoro, perché gli operai vi sono impiegati da 11 a 12 ore al giorno e vi si mantiene, anche, il lavoro notturno. Oltre a ciò, quando avvenne il licenziamento , gli operai s.i recarono alla Direzione del cantiere per fare una proposta che altra volta era stata accolta. A Pozzuoli s'era costituita una lega tra metallurgici; ossia gli operai del cantiere avevano fatto ciò che dappertutto si va facendo dalle classi operaie; ed i soprastanti del cantiere Armstrong, che vengono dall'Inghilterra, debbono sapere benissimo quale sviluppo codeste leghe hanno raggiunto nel loro Paese. Fu allora che si addivenne al licenziamento, credendo di usare così un mezzo di intimidazione verso la lega che si era costituita; e difatti
,. MCRR, fondo 15
MCRR, fondo
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Dallolio, b. 948, f. 23, I. 2. Dallolio, b. 948, f. 23, I. 9.
i 79 operai licenziati erano tutti o in gran parte fra coloro che costituivano la lega metallurgica. Ed è tanto più grave il licenziamento, in quanto costituisce un'intimidazione verso diritti che i cittadini possono esercitare lecitamente e debbono esercitare con tutta libertà.» 11 Successivamente sarebbe diventato sempre più difficile individuare lo spartiacque fra gli aspetti sindacali-economici e quelli politici. Gli uni e gli altri, comunque, avrebbero implicato l'allontanamento dal posto di lavoro. Nel dicembre del 1916 un operaio meccanico dello stabilimento Westinghouse, che fra i precedenti annoverava un licenziamento subito presso le acciaierie di Terni «perché sobillatore di altri operai alle idee socialiste», veniva fatto rientrare al 90° Reggimento Fanteria «per aver preso parte ad adunanze di operai a] fine di prendere accordi e di formulare richieste di miglioramenti economici e ciò malgrado il regolamento proibisca di far domande collettive e di prendere parte alle assemblee e che di questo divieto sia stato avviso agli operai militari ed agli esonerati più volte a voce e con appositi manifesti affissi negli stabilimenti ausiliari.» 18 Sul finire del 1917 non sfuggivano ad analoga sorte alcuni operai che (come aveva segnalato l'Ufficiale addetto alla sorveglianza presso il CMI di Torino) svolgevano un'intensa azione di propaganda fra gli operai militari per indurli a iscriversi alla Camera del Lavoro di Alessandria. Per parte sua, la Prefettura di Alessandria, in data 31 ottobre, comunicava che «i quattro militari sopraddetti non lasciano occasione alcuna per istigare i propri compagni di lavoro, specialmente dello Stabilimento Mino, ad iscriversi alla lega metallurgica dipendente dalla locale Camera del Lavoro di Alessandria dimostrando che tale iscrizione si rende necessaria per coalizzare la classe dei metallurgici e metterla in condizioni di poter chiedere ed ottenere con maggiore probabilità di riuscita aumenti di mercede da pa1te degli industriali.» 19 In merito, il Comando Militare delle province Zona di Guerra Ovest impartiva al Comando del Corpo d'Armata di Alessandria l'ordine immediato di rientro dei quattro militari ai rispettivi reparti di appartenenza. Il CCMI, considerando che il fenomeno legato agli aspetti politici si andava ampliando sempre di più, richiamava l'attenzione sullo scopo del momento di mantenere integra l'efficienza cieli' <<Esercito industriale» per poter mantenere altrettanto integra quella dell'esercito combattente. Per conseguire questo obiettivo si rendeva necessaria «un 'attivissima propaganda pro-guerra tra le masse; sia pertanto incoraggiata l'opera di conferenzieri conosciuti per i loro sentimenti patriottici, qualunque sia la loro fede politica.>>20 È ev.idente che, quando su comportamenti strettamente sindacali-economici incominciavano a innestarsi aspetti con connotazione politica, si determinavano gravi problemi - e ]o si era visto specialmente alla vigilia del conflitto, quando il Paese era percorso da correnti interventiste e altre di segno opposto. Né si può sottacere che, guerra durante, questi comportamenti avevano incominciato a inv-estire anche il mondo militare, quando il pacifismo si era trasformato da movimento palese di protesta a forma clandestina di lotta, allignando proprio nelle fabbriche destinate a produrre materiali per la guerra, e coinvolgendo operai che, in relazione alla dichiarazione di ausiliarietà dei loro stabilimenti, avevano assunto un nuovo status giuridico. Non v'è dubbio che si fosse svolto <<Un intenso lavorio fatto dai nemici, direttamente o indirettamente, presso le maestranze operaie; ebbene malgrado questo le maestranze operaie italiane hanno mantenuto la più grande tranquillità, a differenza di quello che è accaduto in taluni paesi alleati .»21 In effetti, a parte alcune agitazioni dovute essenzialmente alla scarsità del pane, non si erano verificate grosse «perturbazioni>> del ciclo produttivo. L'assenza di movimenti di massa di bo.icottaggio non escludeva, peraltro, alcuni atti singoli di infiltrazioni pacifiste in ambito operaio.
Legisl. XXI, 2" Sessione , Discussione,Vol. U, p. 1.779. fondo Ministero Armi e Munizioni-CCMI, b. 298.
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Jbid.
°CCMI, circolare n. 14.260 del 20 marzo 1918.
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P. Melograni, Storia politica, ecc. op. cit., p. 365.
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L' Intendenza, infatti, nel marzo 1918 segnalava l 'arrivo al fronte di casse di munizioni contenenti manifestini pacifisti e, di fronte a questo fatto, il Duca D'Aosta, Comandante della III Armata, richiamava 1' attenzione dei dì pendenti Comandanti di Corpo d 'Armata sulla necessità di una stretta vigilanza. Dallolio così commentava: «Certo che la propaganda interna ha raggiunto dei limiti esagerati. Io comprendo qualunque evoluzione ma non di rovinare l'Italia. Non comprendo il progresso, la libertà di dire, l'essere italiani, non distruggere per l'incapacità a creare e distruggere per rabbia.» 22 E ancora Dallolio esprimeva le proprie preoccupazioni per le conseguenze che una certa politica avrebbe potuto provocare sulla produzione bellica: «Soffia un vento grigio rosso cupo che cerca di guastare tutto. In certi stabilimenti serpeggiano le nefaste influenze dei senza patria e degli [parola illeggibile] da ghetto lurido e purtroppo dagli al tronco, dagli al tronco io ne vedo le conseguenze nella produzione. Avanti per la nostra fede tenace e cosciente.»23 Ma egli riusciva a vedere molto più in là del ristretto ambito nazionale. Quando nel marzo 1917 era scoppiata la rivoluzione in Russia ed era stato deposto lo zar Nicola Il, Cadorna, in occasione di un'intervista fattagli da Malagodi, si era dimostrato ottimista ritenendo che, per la Germania , avere alle spalle la presenza di un Paese democratico sarebbe divenuto un fattore destabilizzante.24 Dallolio, viceversa, molto attento ai fattori psicologici, cosl scriveva da Parigi: «La Russia è un vero disastro per noi ,. morale e materiale , quelle comunicazioni di pace sono un veleno per i nostri soldati e per tutti quelli che corrono incontro al beneficio vicino e non si accorgono e non prevedono quanto sia insidioso. Ormai siamo in ballo e tutto sta nel resistere, resistere ad ogni costo.»25 Indubbiamente in Italia esisteva una propaganda disfattista e pacifista, tanto che la Commissione d' inchiesta sui fatti di Caporetto26 cercava di acclarare: - l'esistenza e la portata di tale propaganda nell'Esercito; - l 'eventuale influenza dello spirito delle masse operaie sul morale dell'Esercito tramite contatti con militari in licenza, o per il tramite degli operai che dagli Stabilimenti rientravano ai Corpi soprattutto per provvedimenti disciplinari; - il malcontento fra i combattenti per la disparità di trattamento economico fra truppe al fronte e operai degli stabilimenti ausiliari . Il Generale Dallolio, sentito dalla Commissione, affermava in merito: «Certamente ci fu un periodo in cui solo la minoranza del Paese sentiva e comprendeva la guen-a causa la mancanza cli vera ed energica propaganda.» 27 Più in particolare egli ammetteva l'esistenza di una «vivace» propaganda disfatti sta fra le maestranze «soprattutto nei centri più importanti del Pie.monte, della Lombardia, della Liguria e nei centri minerari della Toscana; propaganda che sembrava diretta da noti agitatori appartenenti al partito socialista ufficiale.» 28 Per contrastare l'opera disfattista , il Ministero Armi e Munizioni agiva in due direzioni: la prima incentrata sulla contropropaganda affidata agli Ufficiali del servizio sorveglianza disciplinare, l' altra sul reperimento (per via diretta e indiretta) di notizie riguardanti lo spirito delle masse operaie e I' eventuale azione di agitatori al loro interno. Ciò consentiva di prevenire Ie agitazioni e disinnescarle, seguendole quando erano ancora allo stato latente in modo da poter rimuovere, d' accordo con le Direzioni degli stabilimenti, le giuste cause di malcontento prima che sfociassero in spiacevoli incidenti. In Italia, pertanto, non si erano verificati quegli scioperi che, in altri Paesi, avevano compromesso la produzione, e, per tutto il periodo della guerra, il numero dei rinviati al corpo per ragioni politiche non
22
APTGP, serie
13
APTGP ,
lettere ai familiari, lettera del 5 agosto 1917 a Elsa. serie lettere ai fami.liari, lettera dell' 11 gennaio 1917 a Elsa. 24 G . Rocca, Cadorna, op . cit. , p. 19 1. zs APTGP , serie lettere ai familiari , lettera l O dicembre 10 17 a Elsa. 26 Commissione istituita con R.D. 12 gennaio 1918 n. 85. 21 APTGP, serie fascicoloni, fase . X, f . I , Questionario della Commissione d'Inchiesta, risposta al quesito n. 12, p. I. 28 !bici. , p. 2.
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superò il migliaio - il provvedimento adottato a loro carico era interpretato, generalmente come un fatto personale, mai collettivo .29 In merito al diverso trattamento economico fra militari al fronte e militari impiegati come operai negli stabilimenti ausiliari, Dallolio precisava alla Commissione d'Inchiesta sui fatti di Caporetto che30 la media dei salari di un operaio si aggirava sulle nove lire, effettivamente superiori alla paga giornaliera di un soldato al fronte. Si doveva però considerare che: - l'operaio, oltre a dover mantenere la famiglia in condizioni di carovita esasperato, spesso era costretto a vivere fuori casa con una spesa per l'alloggio non inferiore a 1,50-1,80 lire al giorno, oltre al vitto per un totale di 4-5 lire giornaliere; - il soldato, a fronte di una paga inferiore, riceveva un sussidio per la famiglia oltre al vitto e all'alloggio; - risultava impossibile equiparare, ai fini economici, i militari al fronte ai militari-operai poiché, in tal caso, si sarebbe dovuto assicurare a questi ultimi, oltre al vitto, anche l'alloggio; provvedimento irrealizzabile per ragioni di opportunità pratiche, sia per la carenza di caserme, sia per il regime di turni di lavoro diurni e notturni cui erano assoggettati i militari-operai.
Il Generale Dallolio affermava che non vi erano stati indizi sull'intenzione di reagire con manifestazioni o propagande collettive contro provvedimenti disciplinari adottati. Un solo caso di protesta collettiva si verificava in Toscana, rimasto peraltro senza seguito: «La iscrizione in massa, nel VALDARNO, di circa 2.000 operai minato1i ad una Camera del Lavoro di colore acceso, per protestare contro il rinvio al corpo, motivato da gravi ragioni di qualche loro compagno.» Ibid., p. 4. 30 APTGP, serie fascicoloni, fase . X, f. 1, Questionario della Commissione D'Inchiesta, risposta al quesito n. 16, pp . 5-6.
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i
Capitolo 24 I RISULTATI DELLA MOBILITAZIONE INDUSTRIALE
I problemi principali che assillavano Dallolio erano la produzione delle bocche da fuoco e quella delle munizioni. Produzione delle bocche da fuoco A]la conferenza di Londra (13-15 luglio 1916) il Sottosegretario di Stato per le munizioni francese, Albert Thomas, affermava che non vi era «certamente sopraproduzione tale da potersi inviare ad alcuni degli alleati dei cannoni».' L'affermazione era riferita in particolare alle artiglierie pesanti, su lla cui importanza concordava anche Lloyd George, ma, come avrebbe annotato Dallolio, <<la produzione si accrebbe enormemente e certo in futuro continuerà ad aumentare ma quandancbe giungesse al suo massimo non vi sarebbe molto da risparmiare sino all'aprile del 1917».2 Dallolio, pertanto, convinto dell'inutilità di richiedere tali materiali all'Inghilterra, riteneva più vantaggioso insistere sul concorso di altri materiali e sulle materie prime dall 'Italia (a condizione che l'Inghilterra largheggiasse in concessioni di carbone e di noli a prezzi equi) affinché il nostro Paese potesse provvedere al proprio fabbisogno con l'industria nazionale. Nel frattempo, i giornalisti del Corriere della Sera,3 certamente poco informati sugli sviluppi della mobilitazione industriale nazionale e sulla situazione produttiva degli alleati, avevano prospettato ai lettori che: - l'Italia era in condizioni di dover ricorrere, per cannoni e munizioni, ai suoi alleati (e con quali risultati era facile prevedere); - era necessario far sorgere nuove officine «senza lasciarci vincere dal concetto apatico che si sia fatto abbastanza perché si è provveduto all 'indispensabile». Il Generale Dallolio, pertanto, 1'8 giugno 1916 scriveva al Presidente del Consiglio dei Ministri, Salandra,4 confutando le asserzioni dell'articolista: - le bocche da fuoco forni.te dall 'InghilteITa erano antiquate; - non corrispondeva a verità la deficienza di cannoni in quanto la I Armata disponeva delle bocche da fuoco indicate nella Tabella XXIV.
Tabella XXIV CALIBRO
Piccolo Medio Grosso
AL
15 MAGGIO 1916 759 499 43
ALL' 1 GIUGNO
1916 (*) 762 521 14
(*) La situazione all' 1 giugno teneva conto del ripianamento delle perdite subite nel periodo perché distrut-
te o scoppiate: 112 cli piccolo calibro; 96 di medio cali bro; 23 di grosso cali bro.
fondo Dallolio, b. 954, f. 2, I. 1, p. 3. lbid. 3 Cannoni e munizioni in Corriere della Sera del 31 maggio 1916. • MCRR, fondo Dallolio, b. 954, f. 2, I. 7, p. 3. ' MCRR,
1
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Ringrasio sent1t&111ente l 'E. V. delle 0011111.aioasioni fattemi ciroa l'allestimento di nuova artiglierie, B' danaro oonfor tante il riscontrare ohe l 'organiZ1azio$0 illduetriale del
·
paese - doTUta alla strenua operositk di V.B. - risponda al • lo graT1 llooosa1tà dell ' ora preoonto . S1our1 ohe 1 mau1 materiali non manohera11Do all& nostra riso ossa, earl\ più faoilo la riednoazione dei fattori mor&• " .11.
A S,E.11 Tenente Generalo Comm. I>.u.LOLIO
R O Il.&
··-··········· Lettera di Cadorna a Dallolio per dargli atto dell'efficienza della organizzazione industriale. (APTGP, serie fascicoloni)
Nel maggio del 1916 Cadorna, con il telegramma n. 8.783-49 aveva sollecitato la produzione di nuove bocche da fuoco: «Attuali operazioni hanno dimostrato la capitale importanza delle batterie pesanti campali mobili. Prego perciò vivamente di intensificare la produzione materiale e costituzione nuove batterie cannoni 105 e obici 149. Cadoma». Dallolio, raccolta la soLlecitazione, il 21 maggio 1916 aveva telegrafato all'Ispettore delle Costruzioni di Artiglieria: «Occorre fare tutti gli sforzi possibili per costruire nuove batterie di cannoni da 102 e 105 oltre quelle già prescritte. Invitare gli Ufficiali dipendenti più specialmente incaricati a dare tutta l'opera loro per animare Casa Ansaldo a riuscire a tale scopo. Interesse difesa Paese lo esige. Fare miracoli, chiedere impossibile per riescire a ciò che domandano quelli che combattono e muoiono per la Patria. Agire senza perdere un minuto. Aspetto informazioni.»5 Dallolio indicava nel 1916 i risultati raggiunti: «Siamo arrivati a 60.000 colpi al giorno e nella quindicina (16-30 settembre) arriveremo a 65.000 ed entro ottobre 70.000. Ma gli arrivisti vogliono lesinare trasporti, vagoni, e altre imperiose necessità e come faccio io a compiere il mio programma che è tutto, che è la vittoria per l'Italia. Debbo forse aver sofferto e aver visto tante miserie di tutti i colori perché un X qualunque mi attraversi la via? Voglio arrivare a qualunque costo, voglio dare i cannoni e le munizioni che sono per me il fondamento granitico del programma della vittoria e per la vittoria eppoi addio Alfredo, cala pure il sipario ed il pubblico faccia l'accoglienza che crede.»6 Ciò nonostante Cadoma dava atto che l'area industriale era in grado di rispondere alle necessità del momento del Paese. Per le Armi e Munizioni Il 18 febbraio 1917 Dallolio telegrafava al Comando Supremo «Riscontrasi telegramma 16 .850 del 17 corrente assicurando che nulla è stato e sarà trascurato per sollecitare ditte produttrici, ma occorre
s MCRR, fondo Dallolio, b. 944, f . 19, l. 4. 6
APTGP, serie lettere ai familiari,
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lettera 17 settembre 1916 a Elsa.
ricordare sempre che il presente momento è i1 più difficile che mai siasi attraversato durante la guerra, causa incertezza ritardi negli arrivi delle materie prime, nella produzione delle acciaierie, nei trasporti e nella continuità della mano d'opera. In Francia si hanno persino Stabilimenti che non possono lavorare. Dallolio» .7 Il 20 marzo 1917 il Sottocapo di Stato Maggiore dell'Esercito rispondeva a Dallolio dando atto che «L'Intendenza Generale ba notificato che nella prima quindicina del corrente mese l'afflusso di colpi completi al deposito centrale è stato di quasi 175.000 colpi superiori al previsto. Nel constatare tale notevole accrescimento nella produzione delle munizioni S .E. il Capo di Stato Maggiore dell'Esercito si è compiaciuto vivamente, e questo Comando si reca ad onore di informare l'E.V. cui è dovuto se, nonostante le gravissime difficoltà da superare, è dato di ottenere risultati tanto soddisfacenti in un ramo di rifornimenti così importante per il buon andamento delle operazioni.»8 Il 17 aprile del 1917 Dallolio, nell'inviare al Comando Supremo il nuovo programma di allestimento delle artiglierie nel periodo 1 luglio 1916 - 31 dicembre 1917, scriveva: «Ritiensi superfluo ricordare le difficoltà grandissime di ogni genere che, questi mesi soprattutto, resero più difficili gli aumenti nella produzione dei materiali di artiglierie, difficoltà che permangono tuttora colla minaccia di aumentare anziché diminuire. Basterà accennare fra le molte, la crisi dei carboni, la crisi delle materie prime, i numerosi siluramenti e la insufficienza qualitativa e quantitativa del personale veramente operaio rispetto agli impianti attuali. È una lotta di tutti i giorni quella che si combatte per raggiungere lo scopo di non rallentare la produzione. Codesto Comando che è a perfetta conoscenza della passata e presente situazione nella quale si sono svolte e si svolgono le lavorazioni presso gli stabilimenti produttori di materiali di Artiglieria, può meglio di ogni altro, valutare i dati di produzione sia per quanto venne fatto, come per quanto si confida di poter fare nei prossimi mesi. Il Sottosegretario di Stato Dallolio.»9 A stretto giro di posta Cadorna gli rispondeva: «Il nuovo documento mi conferma le difficoltà e i pericoli quotidiani che intralciano l'opera sua benemerita. Ma Ella è della buona tempra di quelli che affrontano le avversità per superarle, e so che la Sua tenacia sarà più forte di quella del nemico. Per vincere gli effetti della guerra sottomarina non vedo altro mezzo che moltiplicare i trasporti, con tranquilla ostinazione. Mi creda cordialmente, suo aff.mo Luigi Cadorna.» 10 Un giudizio conclusivo sull'organismo della Mobilitazione Industriale, e sul suo artefice, sembra essere quello dato dal quotidiano La Tribuna nel 1918: «Questo giovane e pur vigoroso organismo industriale di guerra venne curato ed accresciuto giorno per giorno con ammirabile ed instancabile tenacia dall'Onorevole Dallolio il quale poté così giungere all'ottobre 1917 con una scorta di artiglierie e munizioni tali da giustificare ogni sicura e fidente previsione. Ma sopravvenne la fatale giornata di Caporetto a infliggere un grave colpo a questo mirabile organismo. E il Dallolio si rimise tenacemente al lavoro con il proposito non soltanto di ricostruire il perduto, ma di migliorare ancora la nostra situazione. E questo proposito - possiamo affermare con una indiscrezione che è stata già resa pubblica - è oggi pienamente raggiunto. Il Generale Dallolio è stato pertanto due volte benemerito della Patria.» 11 Cadorna, in una lettera del maggio 1917 indirizzata a Dallolio, era ritornato ancora una volta sull 'insufficienza del munizionamento di medio e grosso calibro, anche in relazione a una recente assegnazione di bocche da fuoco di piccolo calibro. Anche se «da parte di tutti i Comandi si cerca di frenare ed impedire 1'uso dei medi e grossi calibri in tutti i casi in cui quello dei piccoli può praticamente dare i risultati voluti ... » si era determinata una scarsità di tale munizionamento. <<Come è noto, si è avuto in questi ultimi mesi un forte aumento nel numero delle grosse e medie artiglierie. Questo incremento che
7
APTGP, serie fascicoloni, fase. III, f. 2. APTGP, serie fascicoloni, fase. III, f. 4. 9 APTGP, serie fascicoloni, fasc. lll, f. 5. 10 APTGP, serie fascicoloni, fase. III, f. 6.
8
11
La Tribuna, 17 maggio 1918; Cfr. anche APTGP, serie fascicoloni, fase. VII, f. 14.
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- considerato in sé stesso - dovrebbe concretarsi senz'altro in un vantaggioso sviluppo di efficienza bellica, viene ad essere praticamente frustrato in gran parte, in quanto non si possono alimentare convenientemente le artiglierie di nuova costituzione nelle operazioni cui dovranno partecipare, e cioè di me.tterle praticamente in valore . .. D'altra parte, ben sa l'E.V. che la disponibilità dei nostri piccoli calibri è limitata ... Non si possono dunque sfruttare appieno (specie nella difesa) le copiose nostre munizioni da campagna, per la relativa scarsità di pezzi di questa specie; il che costringe a cercare un necessario complemento di efficacia nell'azione dei piccoli calibri, e cioè - indirettamente - ad acuire sempre più le accennate condizioni di disarmonico assortimento delle nostre munizioni disponibili.» 12 Dallolio rispondeva, a stretto giro di posta: 13 - la produzione dei proietti di medio e grosso calibro era in continuo aumento ; - non era conveniente diminuire la produzione del munizionamento di piccolo calibro a favore di quello medio o grosso, dato che le caratteristiche dell'acciaio per i proietti di piccolo calibro non anelavano bene per i calibri superiori; - ciò che risultava insufficiente erano gli esplosivi e la glicerina; - l'armonica ripartizione del munizionamento era stata tenuta sempre presente, nonostante le difficoltà dovute a carenze di materie prime e ai siluramenti. Ma dopo pochi giorni Cadorna continuava a incalzare, lamentando un calo nell'assegnazione della prima quindicina del mese di maggio. «Questa pericolosa diminuzione in un periodo in cui è vitale il bisogno di una superproduzione ad oltranza mi preoccupa in sommo grado. Ho il dovere di non tardare un istante a manifestare questa mia seriissima preoccupazione». 14 Sempre a stretto giro di posta, Dallolio specificava che i 24.361 colpi in meno pervenuti a maggio erano compensati dai 57 .266 affluiti in più. 15 Comunque, nonostante le difficoltà lamentate, nel maggio 1917 Dallolio era in condizione di: - assicurare al Capo di Stato Maggiore dell'Esercito che «la produzione dei proietti di medio e grosso calibro è in aumento continuo malgrado tutte le difficoltà enumerate»; 16 - segnalare la progressione della crescita di munizioni totale di medio e grosso calibro come da Tabella XXV. /
DATA RILEVAZIONE 1 Gennaio 1917 1 Febbraio 1917 1 Marzo 1917 1 Aprile I 917 1 Maggio 1917
Tabella XXV
MEDIO CALIBRO 1.701.411 1.906.393 2.268.849 2.455.724 2.534.169
GROSSO CALIBRO 41 .731 53.454 59.484 69.ll 8 78.782
Sempre nella stessa lettera, Dallolio precisava che la segnalazione non comprendeva i 124.401 proietti carichi di medio calibro del Forte cli Pietole, saltato in aria i 128 aprile dello stesso anno, per i quali si stavano attendendo i risultati della revisione che avrebbe dovuto stabilire quali ne fossero utilizzabili. Comunque, «Il munizionamento disponibile [da 105] è in continuo aumento tant'è che il 15 aprile 0 p p 0 [1917) era di 194.099 colpi ed al 1° maggio corrente di 248.606. E così per gli obici da 149 p.c. il munizionamento disponibile al 15 aprile era in totale di. colpi 305.677, mentre il l O di maggio è di 340.541 avendone 50.846 colpi al Deposito Centrale. Per quanto ha tratto al munizionamento per obici
12
MCRR, fondo Dallolio, b. 951,
f. 7, l. 4, Lettera n. 2.479 del Comando Supremo del 7 maggio 1917 a Dallolio.
u MCRR, fondo Dallolio, b. 951, f. 7, I. 5 , Lettera n. 2.595 cli Dallolio a Ca.doma del 10 maggio I 9 I7. 1 •
15 16
MCRR, fondo Dallolio, b. 951, f. 7, I. 5 , Lettera n. 2.593 di Cadorna a Dallolio del 19 maggio 19I7. MCRR, fondo Dallolio, b. 951, f. 7 , I. 9 , Lettera n. 2.887 di Dallolio a Ca.doma del 24 maggio I917. MCRR, fondo Dallolio, b. 945, f. I, I. I I , p. 3, Lettera n. 2.595 cli Dallolio a Cadorna del I.O maggio 1917.
310
e mortai da 210 al 1° maggio corrente si aveva al Deposito Centrale 58.653 colpi .» Per l'accantonamento dei colpi, poi, Dallolio ammetteva che era stato «quasi tutto accantonato» ma non esistevano problemi per il completamento dato che «quando si hanno sulla fronte più di 1.750 colpi per obice da 149 p.c. e più di 825 colpi per mortaio da 210 si ha il tempo di accantonare altri colpi al Deposito Centrale visto che si hanno già 271.886 proietti per obice da 149 p.c. e 40.765 per mortaio da 210.>> 17 Cadorna, a stretto giro di posta, dava atto a Dallolio delle difficoltà che questi riusciva a superare, ma insisteva sul tasto del rapporto fra munizionamento per piccoli calibri e quello per i medio-grossi calibri. «Né la mia lettera ora citata né le precedenti intendevano in alcun modo attenuare le difficoltà con cui V.E. lotta giorno per giorno; difficoltà che, se pur non conosco particolarmente, valuto però al giusto valore nel loro poderoso insieme. Neppure esse vogliono in qualsiasi modo menomare, è superfluo dirlo , il valore assoluto del preziosissimo concorso che nel complesso e gravosissimo compito comune, po1ta l'instancabile opera dell'E.V. Naturalmente, io ho il dovere di segnalare in modo chiaro e costante le concrete necessità dell'Esercito, pur apprezzandone a priori la mole imponente ... ». 18 Per «concrete necessità dell'Esercito», Cadorna intendeva che «il forte aumento di grosse e medie artiglierie e le esigenze operative richiedono oggi una disponibilità di almeno 4 o 5 milioni di colpi grossi e medi, a mala pena io posso contare su due milioni e mezzo di questi ultimi. Soprattutto poi, i numeri indicatimi da V.E. confermano pienamente che mi saranno necessari quattro mesi perché possa ricostituire quel milione di colpi che sto oggi per impegnare in operazioni. Non è con un milione e mezzo di colpi grossi e medi (quanti me ne rimarranno fra breve dopo l'operazione in corso) ch'io posso subito preparare nuove azioni offensive, pena la grave eventualità di non potere (a parte la necessità del1'ordinario rifornimento delle armate non impegnate) far fronte alle imponenti esigenze di una ben nutrita difesa, qualora fra breve si pronunciasse l'offensiva nel Trentino od in altro tratto della nostra fronte; onde'è che, se la presente situazione di cose non verrà sensibilmente e rapidamente mutata, io mi troverò, mio malgrado, a sospendere per lungo tempo le operazioni offensive. Di ciò io sono in dovere di dare fin d'ora avviso al Governo.» 19 Il suggerimento di Cadorna per il mutamento «sensibilmente e rapidamente>> della situazione era quello solito, perdipiù già confutato da Dallolio: riduzione della produzione giornaliera di munizioni da 80 a 60 mila, purché <<contenesse un terzo abbondante di munizioni grosse e medie (convenientemente assortite)». Il 14 maggio 1917 Dallolio così concludeva una lettera all'Intendenza Generale e al Comando Supremo: « . . . Tutto ciò è stato esposto senza per nulla accennare al calvario dei rifornimenti che è esclusivamente attributo speciale di questo Sottosegretariato. Quando da mesi imperversa una crisi acuta nel tonnellaggio e quindi nel carbone, quando si lotta contro la insufficienza giornaliera dei trasporti, quando i sottomarini silurano le navi con un crescendo inquietante sicché si perdono sino ad ora 8 .427 colpi da 305 ed altri sono in viaggio e quindi ince,to l' an·ivo ed alcune materie prime delle più importanti difettano continuamente, e gli Stabilimenti principali vivono giornalmente e stentatamente fra ]e ansie e le angustie , quando la mano d'opera è scarsa ed agitata è ancora da meravigliarsi che si riesca a fronteggiare la situazione per armi e munizioni sì da avere circa 20 milioni di colpi, ed aver potuto inviare sulla fronte 8.000 bocche da fuoco, 3.150 bombarde e 9.995.216 bombe.»20 Ma i risultati ottenuti grazie alla Mobilitazione Industriale sarebbero apparsi prodigiosi addirittura allo stesso artefice del grande organismo industriale: «Leggerai le turibolate relative all'artiglieria; sono stato in un letto di fiori ad Udine. Certo che in un mese si sono dati 50 cannoni da 149° (acciaio) il che è un prodigio: è la migliore bocca da fuoco cannone di medio calibro che possediamo.»21
fondo Dallolio, b. 945, f. 1, l. 11 , p. 2, Lettera n. 2.595 del 10 maggio 1917 al Capo di S.M. Cadoma. Dallolio, b. 951, f. 7, l. 6, p. l, Lettera n. 2.595 del 13 maggio 1917 a Dallolio. Dallolio, b. 951, f. 7, 1. 6, p. 2, Lettera n. 2.595 del 13 maggio 1917 a Dallolio. 20 APTGP, serie fascicoloni , fase. III, f. 9 . 21 APTGP, serie lettere ai familiari, lett. 27 febbraio 1918 a Elsa. 17
MCRR,
MCRR, fondo 1'> MCRR, fondo '8
311
Il 21 dicembre 1917 Dallolio interveniva alla Camera per presentare una relazione sul ripianamento delle artiglierie perdute a Caporetto. In quell'occasione il Sottosegretario alle Armi e Munizioni specificava: «Durante il corso della guerra i programmi di allestimento delle artiglierie e bombarde non mancarono mai; tant'è vero che nel 1916 Lloyd George, nella conferenza, si rallegrava dei grandi progressi fatti dalla industria italiana e ciò confermava alla Camera dei Comuni, dicendo che l'Italia in fatto di organizzazione industriale aveva meravigliato i suoi migliori amici. I programmi furono fatti d'accordo fra il Comitato Supremo delle armi e munizioni ed il Comando Supremo dell'esercito nel 1916 e nel 1917; anzi dirò che nel 1917 fu fatto un programma che ha il numero 6, e quando, nel quarto d'ora che tutti conoscono e di cui tanto si è parlato, si è avuto un'idea dell'entità del disastro, si è fatto un programma numero 7 per poter fronteggiare tutte le perdite avute in cannoni e dare libero ed intero svolgimento al programma numero 6 che comprendeva il periodo dal 1° luglio 1917 al 30 giugno 1918. Bocche da fuoco se ne sono fatte nel novembre ben più di 300 e si sono date.» 22 Dallolio proseguiva descrivendo la sorpresa degli Alleati nel constatare lo sforzo industriale di cui era stata capace l'Italia. «A Parigi i rappresentanti dell'Inghilterra, della Francia e dell'America, constatando l'organizzazione italiana, son rimasti sorpresi che si possa arrivare a svolgere un programma quale noi svolgeremo purché (e non lo metto in dubbio) i miei colleghi mi aiutino a superare tre crisi che tutti conoscono: le crisi del carbone, dei trasporti e delle magre, perché (è doloroso il dirlo), ma è vero quest'anno è mancata l'acqua.»23 In effetti Dallolio aveva visto giusto già all'inizio di luglio quando, scrivendo alla figlia Elsa, aveva accennato, oltre alla tradizionale deficienza di carbone, anche alla mancanza di acqua nei bacini idroelettrici, causata dalla scarsità di precipitazioni. «Novità ce ne sono due di importanza capitale: manca il carbone e i trasporti vanno alla malora. È una vera crisi, io strepito, urlo grido perché si vive di ora in ora mentre minacciano gli Austriaci l'offensiva. È una situazione veramente angosciosa. Aggiungi il tempo sfacciatamente magnifico, se non piove non so come faremo non per le campagne che io non ho ma per l'energia elettrica idrica.»24 Il problema della produzione delle munizioni aveva rivestito una gravità tutta particolare dopo gli avvenimenti di Caporetto. Ciononostante, Dallolio era riuscito a far fronte all'esigenza «mettendo alla frusta» gli stabilimenti interessati, tanto che lo stesso Generale Armando Diaz, nuovo Capo di S. M. gliene diede atto: «Nonostante il prolungarsi delle operazioni offensive del nemico ed i conseguenti consumi di munizioni, la situazione complessiva del munizionamento si mantiene buona e tale da ispirare tranquillità nel far fronte alle esigenze presenti.»25 Diaz, comunque, poneva il problema della ricostituzione delle scorte per potersi trovare, a primavera, nella condizione di riprendere l'iniziativa. Egli preannunciava «tassative disposizioni» per contenere i consumi, ma poiché «coi soli risparmi sui consumi ... non sarebbe possibile ottenere tutto l'accantonamento di munizioni occorrente ... è necessario che l'E.V., come ha potuto porre in esecuzione un nuovo programma di ricostituzione della nostra massa di artiglieria, voglia analogamente praticare un contemporaneo sforzo per la produzione delle munizioni, sì che quella massa possa essere acconciamente utilizzata.» 26 Per questo obiettivo, Diaz riteneva urgente la costituzione di un fondo munizioni di circa 4.000.000 colpi di medio e grosso calibro e di 1213.000.000 di piccolo, raggiungibile attraverso una produzione giornaliera di 25.000 colpi di medio e grosso calibro, e di 60.000 colpi di piccolo calibro. A stretto giro di posta (giorno di Natale), Dallolio assicurava che a partire dal successivo mese di gennaio sarebbe stato raggiunto il livello di produzione richiesto da Diaz, ma: 21
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APCD,
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APCD,
Legisl. XXIV, 1• Sessione, Discussioni, tornata del 21 dicembre 1917, Vol. XV, p. 15.344. Legisl. XXIV, l" Sessione, Discussioni, tornata del 21 dicembre 1917, Vol. XV, p. 15.344. 24 APTGP, serie lettere ai familiari, lett. 3 luglio 1917 a Elsa. 25 MCRR, fondo Dallolio, b. 961, f. 12, 1. 9, Lettera del Comando Supremo a Dallolio del 21 dicembre 1917, p. 1. 26 MCRR, fondo Dallolio, b. 961, f. 12, I. 9, Lettera n. 6.812 del C.do Supremo a Dallolio del 21 dicembre 1917. 27 MCRR, fondo Dallolio, b. 961, f. 12, I. 9, Lettera n. 7 .807 di Dallolio a C.do Supremo del 25 dicembre 1917.
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- poneva come condizione, per i piccoli calibri (65 e 70 mont. 75/906), la raccolta e la restituzione ai Depositi Centrali dei bossoli sparati; - avvertiva della lotta, attualmente in corso, contro tre crisi: «del carbone, dei trasporti e dell'energia elettrica. Bisogna tenerne conto perché il possibile può subire per forza maggiore delle riduzioni contro ogni migliore volontà di riuscire.» Il successivo 2 marzo Dallolio poteva confermare che si era sulla buona strada per ripianare le perdite subite a Caporetto. << ... Dal dì di Caporetto ho avuto tempo di compilare un nuovo programma e di avviarlo sulla scia dell'esecuzione, ho avuto tempo di chiudere in parte la falla e a cui ci tenevo molto per non abbandonare l'opera mia non per ragioni personali ma pel Paese e per la resistenza ... Ab bimba mia se sapessi cosa vuol dire lottare contro le crisi della energia elettrica, contro la crisi del carbone, contro la crisi dei trasporti per terra e per mare comprenderesti come in un certo momento la vita diventi uno stillicidio. Eppure qualcosa si fa, eppure i cannoni vengono, non tanti come vorrei, ma vengono, eppure le munizioni vengono, quasi sembra miracolosa la produzione. Mi manchi molto perché tante cose vorrei dirti e che si riassumono in una conclusione sola: un giorno mi dicesti "spezzati ma dà tutto al Paese". Ho la coscienza di aver dato tutto al Paese, e non ne ho colpa se non mi sono ancora spezzato.»28 Egli sarebbe Iitornato sull'argomento «munizioni» con le figlie nel 1919, in pieno svolgimento della Commissione Parlamentare d'Inchiesta sulle spese di gue1Ta. «Verrà Cadoma e si lagnerà delle munizioni e parlerà della Bainsizza e delle munizioni. Ora, dopo aver consumato nel mese [Testo originale non leggibile]
GROSSO CALIBRO CONSUMO
Luglio 1917 Agosto 1917 Settembre 1917
443 32.528 9.776
RESTO
116.717 94.741 104.307
MEDIO CALIBRO CONSUMO
36.373 1.237.854 445.006
RESTO
3.164.550 2.452.046 10.539.259
PICCOLO CALIBRO CONSUMO
446.314 4.264.659 Non noto
RESTO
17.136.746 14.631.193 Non noto
le cifre non abbisognano di un artigliere per essere esaminate ... ma almeno se la verità è un tutto e in un tutto cerco di dire la mia verità.»29 Egli però, non solo aveva curato con buoni risultati il rifornimento per l'Esercito italiano, ma aveva anche allargato l'orizzonte produttivo in funzione degli Alleati: «Stò lavorando tanto per la Russia per alimentarla onde procurare agli italiani di guadagnare quel mercato per me importante. Finora ho dato commesse per la Russia per più di 300 milioni, figurati 9000 automobili, trecento milioni di cartucce, 1000 motori d'aeroplano, 30 batterie da 105. Sonnino, Boselli sono tanto contenti di quanto sono riuscito a fare. Adesso anche la Romania. Come vedi lavoro per l'Italia.»30 Produzione delle munizioni Non appena diventato Sottosegretario alle Armi e Munizioni, Dallolio si era dovuto rendere conto dell'impossibilità che «l'Esercito industriale» potesse variare immediatamente la produzione delle munizioni. «Nel momento in cui si prende il Sottosegretariato si affollano le esigenze e le domande rasentano l'inverosimile. Non è il momento di fare osservazioni sarebbe colpa ma occoITe provvedere e non si provvede battendo il piede per terra. Le difficoltà sono immense e i proietti non sono né grano, né pantaloni, né giubbe .. .variare il programma come è possibile tutto ad un tratto, quasi toccando un tasto. Tenterò dando l'anima mia.» 31
28
APTGP, serie
29
APTGP, serie
lettere ai familiari, lett. 2 marzo 1918 a Gina. lettere ai familiari, lettera 30 marzo 1919 a Elsa. :.o APTGP, serie lettere ai familiari, lettera 21 settembre 1916 a Elsa. 31 APTGP, serie lettere aifamiliari, lettera 20 luglio 1915 a Elsa.
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Lettera di Salandra a Dal/olio per chiedere elementi di risposta a una lamentela di Cadorna. (Istituto Storia Risorgimento Italiano, F. Dallolio, h. 957)
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Contemporaneamente le richieste che pervenivano dall'altro Esercito, quello combattente, diventavano sempre più pressanti. Dopo appena due mesi dall'inizio delle ostilità, il 28 luglìo 1915, il Presidente del Consiglio Salandra chiedeva a Dallolìo elementi di risposta in merito a un telegramma di Cadorna che, nel segnalare la conquista dì Monte Sei Busi, comunicava di essere costretto a intenompere l'offensiva in attesa del rifornimento di munizioni per gli obici da 149, il cui apporto era indispensabile per neutralizzare l'azione delle batterie pesanti avversarie e consentire l'avanzata delle fanterie. Dallolio, il 18 agosto, rispondeva: 32 - ammettendo la possibilità che il 14 agosto il deposito di Piacenza fosse temporaneamente sfornito di colpi per obice da 149A, mentre il Ministero ne aveva a disposizione ben 7.123. Ciò poteva accadere perché, a volte, il rifornimento munizioni sui Magazzini avanzati , d' intesa con l'Intendenza Generale , non era effettuato dai Depositi centrali, ma direttamente a cura del Ministero; - specificando che, nel periodo compreso fra il 25 luglio e ìl l 7 agosto, erano stati inviati al fronte 11.978 colpi normali per obice da 149A;33 - rendendo nota la compatibilità delle granate da 149A (cannone) per gli obici da 149A campali, «secondo le esperienze di tiro effettuate negli anni passati .. . Per questo il 27 luglio era stato disposto l'invio da Piacenza ai depositi dì Palmanova, Cervignano ed Udine di 6.000 granate da 149A coi relativi bossoli e cariche di lancio degli obici»;34 - disponendo il concentramento a Bologna e Piacenza di tutti i proietti in afflusso giornaliero dagli Stabilimenti per il loro completamento e invio ai depositi avanzati; - preannunciàndo ìl prossimo impiego di proietti dei cannoni (sempre da 149) al posto di quello degli obici, secondo esperimenti già iniziati dall'Ispettorato delle Costruzioni dì Artiglieria nel 1911 per la campagna dì Libia.35 Questo accorgimento avrebbe permesso di superare la momentanea carenza del munizionamento per obice e consentiva a Dallolio di specificare che: 36 l) era possibile utilizzare nell ' obice da 149 il munizionamento del cannone dello stesso calibro, del quale vi era larga disponibilità. Infatti i Magazzini Centrali, in data 30 luglio 1915, avevano inviato al fronte 60.000 colpi , mentre ne erano stati sparati poco meno di un terzo. (Per questo il 28 luglio 1915 Dallolio aveva assicurato Salandra di aver disposto l' invio da Piacenza a Palmanova, Udine e Cervignano di 6.000 granate da 149 A con i relativi bossoli e cariche degli obici37 per il tiro); 2) erano in corso di stud io proietti di ghisa acciaiosa, al posto de]J'acciaio, il che avrebbe consentito di aumentare notevolmente la produzione del munizionamento di piccolo calibro. Al dguardo Dallolio pregava il Presidente del Consiglio di non comunicare, per il momento, tale notizia a Cadorna per evitare richieste affrettate che avrebbero interferito sulla costituzione delle scorte di magazzino. Dopo circa due mesi Dallolio si faceva ancora vivo con il Presidente del Consigl io Salandra per comunicargli38 il numero dei colpi inviati dalle varie Direzioni e Sezioni d'Artiglieria al fronte. Da que-
n MCRR, fondo Dallolio, b. 944, f. 10, I. 7. 33
Il materiale era stato così suddiviso: LOCAUT..\
N. PROIETTILI
PALMANOVA
2.391 3 .915
CERVIGNANO UDINE GEMONA CALALZO
4.350 650 472
200 fondo Dallolio, b. 944, f. 10, I. 2. 35 MCRR, fondo Dallolio, b. 944, f. 10, 1. 4. 36 !bici. 37 MCRR , fondo Dallolio, b. 944, f. 10, I. 2 . PIEVE DI CADORE
3'
MCRR,
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sta lettera, dell'8 ottobre 1915, si rileva che, in data 31 agosto 1915, le munizioni spedite assommavano a 1.576 095 contro un totale di 1. 127.136 colpi sparati, con una differenza di 448.959 colpi pari al 28,48% del totale dei colpi inviati.39 Per quanto riguardava le granate da 305 della II e III Armata, sarebbe stato assicurato un rifornimento straordinario di 500 granate da parte della R. Marina, oltre a quello giornaliero di 15 - 20 granate. Si può affermare che il pensiero dominante di Dallolio fosse quello delle munizioni, pertanto egli era attento anche a quanto riportavano, al riguardo, i giornali del nemico. «Spero che non avrai sentito attorno a te delle lagnanze per la mancanza delle munizioni visto che tutti i giornali austriaci e tedeschi parlano dell'enorme quantità di munizioni consumate.»40 E proprio perché non mancassero munizioni Dallolio non si fermava, ma accorreva nei luoghi di produzione per stimolare, guidare, indirizzare. «Parto stasera per Torino perché pel 2 ottobre voglio avere 70 .000 colpi completi al giorno e 100 .000 proietti (i proietti sono sempre di più dei colpi completi e ciò perché o mancano i bossoli o le spolette e gli inneschi o le cariche). E voglio arrivare a tale cifra a qualunque costo anche lasciarci la pelle>>.41 La sua infaticabilità dava i primi fmtti, come testimonia una lettera da cui risultava che, finalmente, Cadoma sembrava soddisfatto. «Pare che ora abbiano le munizioni: ho trovato ritornando un telegramma di S.E. Cadoma che "esprime compiacimento confidando che vigorosa spinta data da V.E. dia sempre frutti migliori". Sentiamo, però, la morale al ritorno del Ministro. «Ho fatto e faccio bene a girare, ma non resisto più quando ritorno alla mole del lavoro, ma è stata una giornata terribilmente burrascosa ... » .42 In effetti la produzione di munizioni cresceva a vista d'occhio, nonostante Dallolio rimanesse in parte insoddisfatto. «I proietti crescono e crescono molto, ma non per i calib1i che io vorrei, si sta raggiungendo la media di 80.000 al giorno e arriverò a 100.000 entro ottobre, ma peno per i medi calibri tranne i famosi obici da 149 acciaio ed i cannoni da 149 acciaio. Due grandi stabilimenti nuovi che dovevano darmi tanti proietti sono paralizzati, quasi quasi vagheggio un proiettificio militare ... ma dove l'intelligenza da mettere a capo? La Francia non è in condizioni di dare perché ci scrive e le mie buone idee urtano contro troppe difficoltà. Per i fucili ho provveduto, la crisi è superata: a datare dal mese venturo farò fronte a tutto. Pensa che a Temi nel 1913 si facevano 400 fucili al giorno ora se ne fanno invece al mese 30.000 e arriverò entro marzo a 45.000. Terni va bene come Bologna come Fontana del Liri, come Brescia ... Ma a primavera saremo a posto in modo superiore ad ogni aspettativa e quello sarà il momento del gran boum boum.»43 Si è accennato all'insoddisfazione di Dallolio, perché i quantitativi prodotti non raggiungevano ancora i traguardi che si era prefissato; ma in ogni caso i <<quantitativi» venivano raggiunti, nonostante le difficoltà. A parte l'adozione di «provvedimenti-tampone», erano stati avviati contatti diplomatici con il Ministro italiano a Berna per verificare l'affidabilità di una Casa svizzera alla quale s'intendeva commissionare la costruzione dei proietti in questione. 44 Nulla si poteva ottenere, viceversa, dalla Francia, che addirittura aveva chiesto aiuto all'Italia avendo scarsità di munizionamento di medio calibro.45
38 39
MCRR, fondo DaUolio, b. 944, f. 10, 1. 21. Al 30 settembre risultavano inviati: N. PEZZI
65 mont. 70 mont. 75/906/911 camp. 149 camp. (obici)
212.209 120.489 1.473.823 92.324 1.898.845 40 APTGP, serie lettere ai familiari, lettera 15 ottobre 1916 a Elsa. 01 APTGP, serie lettere ai familiari, lettera 24 agosto 1916 a Gina. 42 APTGP, serie lettere ai.familiari, lettera 6 settembre 1916 a Elsa. 43 APTGP, serie lettere ai .familiari, lettera 13 settembre 1916 a Gina. 44 MCRR, fondo Dallolio, b. 944, f. 10, I. 2. •s MCRR, fondo Dallolio, b. 944, f. 10, I. 4.
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Dallolio, comunque, si era impegnato a riunire, entro il mese di agosto, 30.000 proietti per obici da 149A, tenuto conto delle sollecitazioni ricevute «dalle Ditte fornitrici di fare tutti gli sforzi per accelerare la produzione.»46 L' 8 agosto 1917 il Generale Dallolio rispondeva a un'ennesima richiesta di munizioni da parte di Cadorna. «I tre milioni di colpi di medio e grosso calibro ci sono e largamente - glielo assicuro ... P.S. Per il 15 agosto pur conservando i 500.000 colpi di riserva intangibile, può calcolare di avere 2.000.000 di colpi di medio e grosso calibro a disposizione.» 47 A stretto giro di posta Cadorna lo ringraziava: «Lei ha mantenuto tutte le sue promesse ed io gliene sono molto grato. Ora Tocca a me di mantenere le mie verso il Paese, e senza dubbio ho fatto il possibile per mantenerle». Quindi , nell'esternargli ancora la sua gratitudine, il «Generalissimo» adempiva a una promessa fatta a Dallolio di farlo assistere all' «offensiva di prossima esecuzione» e lo invitava «ad Udine verso il 17, se vuol godere del guerresco spettacolo.» Nel giro di due mesi , da un'altra lettera di risposta a Dallolio, si evince che Cadorna aveva ricevuto nuove conferme di disponibilità di munizioni dal Ministro per le Armi e Munizioni al quale attestava « .. . la conferma di ciò che già sapevo. cioè che ella affronta battaglie accanite per procurarmi i mezzi necessari a la battaglia. So di avere in Lei e nel Ministro della Guerra i miei migliori appoggi. Io comprendo come anche la questione granaria abbia le sue grandi esigenze, pari a quelle delle munizioni. Ma non dubito che al diffalco di un terzo del naviglio48 per un mese Ella troverà compenso nei mesi successivi. Da Lei nessun miracolo non può ormai meravigliare.»49 Dallolio, peraltro, aveva una propria teoria sul consumo delle munizioni. Da «vecchio artigliere», egli aveva constatato molto presto che l' <<Esercito operante» non sviluppava un fuoco efficace perché non impiegava al meglio il munizionamento disponibile, con l'ulteriore conseguenza che i consumi diventavano abnormi. «L'artiglieria spara e non tira vuol dire che è adoperata e non impiegata. Figlia come vorrei un po' vedere se con certi Ufficiali che conosco non c'è modo di far miracoli in fatto di impiego. È che bisogna viverci dentro, bisogna conoscere intimamente il materiale, perché altrimenti si è scaccini non sacerdoti. Io sento fremere le mie vecchie ossa quando vedo e sento adoperare bocche da fuoco come se dovessero vomitare acciaio. No così non si coniuga il verbo colpire.»50 A quanto pare, «l'efficacia del tiro» era un problema ricorrente nell'Esercito italiano. Il Capo di S. M. Pollio, infatti, già nel 1911, aveva emanato una circolare dal titolo Consumo di munizioni, in cui rimarcava la mancata corrispondenza fra numero di colpi sparati e perdite inflitte al nemico. «Anche tenendo conto della possibilità che il nemico possa aver trasportato con sé nella ritirata molti dei propri morti e feriti, l'entità delle perdite degli arabo-turchi segnalata dal Comandante la P Divisione speciale nel combattimento di Ain-Zara del 4 dicembre, non è certo in relazione all'azione di fuoco sviluppata in detta giornata dalle batterie di cannoni pesanti e mortai, dalle batterie da montagna o da campagna e dai battaglioni di fanteria che parteciparono al combattimento durato quasi undici ore. Se nella suddetta come in altre occasioni il nostro fuoco non ha dato maggiore rendimento è da supporre , tenuto conto della sicura abilità nel tiro dei nostri artiglieri e fucilieri, che non sempre il consumo delle munizioni sia stato commisurato all'importanza ed alla vulnerabilità dei bersagli ... È soltanto mantenendo fermissima la disciplina del fuoco che si potrà ritenere assicurata l'efficacia del tiro, conservando in limiti ragionevoli il consumo delle munizioni.»51 Il Generale Pollio, tra l ' altro , sottolineava
fondo Dallolio , b. 944, f. 10, I. 2. Dallolio, b. 960 f. 13, I. 10, p . 1. •s Cadorna si riferiva all'assegnazione di navi per il trasporto delle munizioni, diminuita per garantire il trasporto del grano che in quel momento aveva priorità. 9 • MCRR, fondo Dallolio, b. 960, f. 13, l. 10, p. 2. so APTGP , serie lettere ai familiari, lettera 7 dicembre 1915 a Elsa. 51 MCRR , fondo Dallolio, b. 951, f. 1, 1. 3, Circolare n. 3.590 del C.do Corpo di Stato Maggiore ciel 19 dicembre 1911.
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MCRR ,
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Lettera di Cadorna a Dallolio per invitarlo ad assistere alla Battaglia della Bainsizza. (Istituto Storico Risorgimento Italiano, F Dallolio, b. 957)
come ta1e esigenza fosse sentita con il crescere della distanza dai centri di rifornimento poiché «l'avere riparti (ufficiali e soldati) ,abituati a far fuoco senza 1imiti di consumo come se le dotazioni fossero inesauribili, può condurre alla critica situazione di rimanere senza cartucce e senza proiettili quanto più ne occorrerebbero.>> 52 Il Comandante generale dell'Artiglieria, Tenente generale Felice D' A1essandro, durante 1a guerra 1915-1918, avanzava un'altra ipotesi sulla scarsa efficacia del tiro italiano, basata sull'esito degli interrogatori53 di alcuni ufficiali nemici catturati all'inizio di dicembre nella zona di Monte San Michele, secondo ]a quale «la nostra artiglieria nel mese di luglio [1915] era insuperabile e, per quanto cagionasse loro perdite e danni crude1i, pure 1'ammiravano; oggi invece l'efficienza di quest'arma è di molto diminuita e la temono meno e ciò perché il tiro è meno preciso ed i proiettili di qualità più scadente tanto che una buona percentuale non esplode. La diminuita precisione del tiro fa loro 1itenere che sia dovuta al logorio dei nostri pezzi, mentre il difettoso funzionamento dei proiett:i1i credono sia causato dal fatto che l'esaurimento delle nostre riserve fabbricate prima dello scoppio delle ostilità e l'enorme consumo fattone, ci abbia obbligato ad affrettati rifornimenti, presso fabbriche improvvisate in Italia, con maestranze poco abili e materiali scadenti.» D'Alessandro aggiungeva che la «scarsità di effetti materiali» non era dovuta soltanto alla poca precisione derivante dallo stato d'uso delle bocche da fuoco, ma anche all'impiego di polvere nera all'interno dei proietti, «cause queste la cui eliminazione, costituendo quasi vero caposaldo per la buona e sicura riuscita delle nostre azioni offensive, deve naturalmente far prevalere la rappresentata necessità di provvedimenti urgenti in armonia agli intendimenti del Comando Supremo.»54
52 5} 54
fondo Dallolio, b. 951, f. 1, I. 3, Circolare n. 3.590 del C.do Corpo di Stato Maggiore del 19 dicembre 1911. fondo Dallolio, b. 945, f. 3, I. 11, p. 3. MCRR, fondo Dallolio, b. 945, f. 3 , I. li, p. 3, Lettera n. 301 del 18 gennaio 1916 a Dallolio . MCRR, MCRR,
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Dallolio non concordava su queste argomentazioni in quanto: 55 1) dai notiziari sull'interrogatorio dei prigionieri erano emerse testimonianze molto discordi; 2) sul caricamento interno dei proietti si stavano «creando delle leggende [perché] quel po' di polvere nera impiegata molto ostensibilmente per i caricamenti interni di alcuni proietti56 è divenuta per molti il caricamento normale»; 3) in merito alla situazione di bocche da fuoco, logore per il prolungato uso o deteriorate dal tiro avversario, dal 24 maggio 1915: - erano stati sostituiti 41 cannoni da 149 A su 48 presenti al fronte all' atto de1la mobilitazione, ne erano stati inviati 72 da 149 G di ricambio, non ancora adoperati per la sostituzione di quelli che avevano sparato sino a quel momento; - erano stati predisposti i ricambi per 400 cannoni da 75 mod. 906 e 245 cannoni da 75 mod. 911 , 200 cannoni da 65 mont., oltre a 1400 anime per «ritubare» altrettante bocche da fuoco.
In omaggio a <<quella precisione», sempre richiamata da Dallolio nei suoi appunti personali, è da chiarire che, riguardo alla carenza di munizionamento lamentata da Cadorna, il Ministro della Guerra Zupelli aveva trasmesso, in data 1 agosto 1915 , la situazione come indicata nella Tabella XXVI.57 Anche quando nel 1916 la stampa58 aveva ventilato carenza di munizioni , la supposizione aveva trovato smentita nella lettera di Dallolio a Salandra,59 in cui si specificava che, dall 'l al 5 giugno , l'artiglieria della I Armata aveva sparato, come massimo, 14.000 colpi al giorno;60 un quantitativo ben infeTabella XXVI BOCCA DA FUOCO
Cannone da 65 mont. Cannone da 70 mont. Cannone da 75/906 e 911 Cannone da 7 5 A Cannone da 87 B Cannone da 120 A Cannone da 149 A Cannone da 149 B Cannone da 149 G Obice da 149 A. Pe Obice da 210 Obice da 280 Obice da 305 Mortaio da 149 A Mortaio da 21 O
DISPONIBILITÀ INIZIALE 300 .000 307 .676 1.950.000 397 .730 186.400 6.600 91.500 12.800 145.070 96.079 22.000 22.900 3.672 24.400 22.000
COLPI SPARATI DAL 24-05-1915 49.341 8.871 624 .928 8.604 463 200 13.597 4.015 43.482 52.646 2.100 4.720 1.433
o 2 .100
RIMANENZA ALL' 1-08-1915 250.659 298.805 1.325.072 389.126 185.937 6.400 77.903 8.785 101.588 43.433 19.900 18.180 2.239 24.400 19.900
ss MCRR, fondo Dallolio, b. 945, f. 3, l. 10.
La situazione dei rifornimenti aveva imposto l'adozione della polvere nera per il caricamento delle granate per obice da 149 A. Pe., in sostituzione dell'alto esplosivo usato sino allora per il caricamento interno dei proietti, ma erano stati adottati comunque alcuni accorgimenti di carattere tecnico (utilizzazione del detonatore pa1ticolare per granata-mina con relativa carica di infiammazione) e di impiego (alternanza al tiro di proietti carichi ad alto esplosivo con quelli carichi di polvere nera) . Cfr. MCRR, fondo Dallolio , b. 945, f . 3 , I. 10 , p. 3. 51 MCRR, fondo Dallolio , b. 945 , f. 3, I. 6. 58 Cannoni e munizioni in Corriere della Sera del 31 maggio J.916. 59 MCRR, fondo Dallolio, b. 954, f. 2, l. 7, p. 4. - lettera dell'8 giugno 19 I 6. 00 Di cui 11.000 di piccolo calibro e 3.000 di medio calibro. 56
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riore alla produzione giornaliera degli stabilimenti, pari a 50 .000 colpi. Il consumo raggiunto, inoltre, interessava una massa di 468 bocche da fuoco fra pezzi da campagna, da montagna da 7 5 mod. 906/911, e da 65 e 70 da montagna. I dati riportati nella tabella XXVI rendono giustizia anche di alcune imprecisioni riportate da SetonWatson61 secondo il quale «nel luglio del 1915 era stata proclamata la mobilitazione industriale, ma era stata attuata solo in modo parziale e insoddisfacente: le munizioni erano scarse, nonostante l'energia e le capacità organizzative del Generale Alfredo Dallolio, sottosegretario alla Guerra.» [sic! Dallolio era Sottosegretario di Stato alle Armi e Munizioni]. Lo stesso Salandra, d'altra parte, già il 30 novembre 1915 aveva affermato: «. .. Il munizionamento va benissimo. A un certo momento, nelle offensive di luglio, ci mancarono le munizioni; ora Cadorna dice che bastano; segno che ne ha in abbondanza.» 62 Nell 'insieme le munizioni non avevano fatto difetto. Probabilmente, in alcuni depositi munizioni avanzati, come quelli di Cervignano e Palmanova, o presso alcune unità, si erano verificati ammassamenti eccessivi di munizioni, mentre in altri risultavano deficienze momentanee. Questa situazione contingente poteva allarmare quei reparti che, secondo la programmazione, si approvvigionavano presso i depositi carenti, ma certamente non preoccupava chi, come il Generale Dallolio, conosceva la situazione complessiva. A ogni modo, nei casi d'urgenza, i rifornimenti non venivano effettuati seguendo il normale iter logistico, per cui non passavano tramite i depositi centrali, ma an-ivavano direttamente ai magazzini avanzati a cura del Ministero che attingeva alle proprie riserve .63 Questa deroga alla prassi aveva ingenerato l'allarme presso il Comando Supremo quando il deposito di Piacenza era risultato sfornito di colpi per obice da 149 A, mentre il Ministero ne aveva a disposizione ben 7.123 .64 L'Italia era entrata in guerra con una disponibilità di munizionamento largamente superiore al consumo verificatosi nei primi due mesi di combattimento e ne fanno fede le percentuali impiegate, rispetto alla disponibilità iniziale, ripartite per tipo di bocche da fuoco: - il 54% di consumi era stato raggiunto soltanto dall'obice da 149 A.Pe.; - il 30% si era avuto pe1Y4 tipi (cannone da 75/906 e 911, cannoni da 149 Be G, obice da 305); - il 20 ,6% lo aveva toccato l'obice da 280; - tra il 9,5% e il 16 ,4 % si collocavano quattro tipi di bocche da fuoco (cannone da 65 mont., cannone da 149 A, obice da 210, mortaio da 210); - dal 3% allo 0% vi erano cinque bocche da fuoco (cannone da 70 mont., cannone da 75 A, cannone da 87 B, cannone da 120 A, mortaio da 149 A). Il test dei consumi dei primi due mesi di operazioni era sicuramente tranquillizzante, ma Dallolio non smetteva di «pungolare gli Stabilimenti» affinché migliorassero ancora la produttività. Ne è riprova il preventivo che l'Ansaldo trasmetteva al Generale Dallolio il 7 agosto 1915, da cui risultavano: 65 a) la mole ingente di investimenti66 per l' acquisto di nuovi macchinari necessari per attrezzare lo Stabilimento per la fabbricazione delle munizioni da guerra;67
61
C. Seton-Watson, Storia d'Italia dal 1870 al 1925 ... , op. cit., p. 528. O. Malagodi , Conversazioni della Guerra ... , op. cit., Vol. I, p. 76. 63 MCRR, fondo Dallolio, b. 945, f. 3, l. 7. 64 MCRR, fondo Dallolio, b. 945, f. 3, l. 7. 65 FONDANSGE, fondo Perrone, ssR, b. 448, f. 14, pp. 2-3, lettera dell'Ansai.do al Gen. Dallolio del 7 agosto 1915. 66 A tutto il 3 1 luglio 1915, 9.375.966,30 lire, ma era previsto un totale in 12 milioni -fatte salve le somme spese nelle acciaierie della Casa ligure per la fabbricazione di proietti cli grosso calibro . 67 Lo Stabilimento per la fabbricazione delle munizioni eia guerra era un complesso costituito da 6 officine: Grande Officina per la fucinazione dei bossoli di acciaio e per lo stampaggio dei tappi, Officina per la lavorazione di proietti di medio calibro da 102 a 149, Officina per la lavorazione di shrapnel da 75, Officina per la lavorazione di granate da 75 , Officina per la lavorazione delle spolette, Officina per la verniciatura, riempimento, collaudi, spedizioni. 62
320
i I
b) il progranuna di produzione, per i successivi 14 mesi, di shrapnel, granate da 75 e spolette Mod . 1906, come specificato nella Tabella XXVII:
Tabella XXVII
ANNO E MESE 1915 Settembre Ottobre Novembre Dicembre
SHRAPNEL
GRANATE
da 75mm
da 75 mm
-
SPOLETTE J.\tIOD.1906 -
15 .000
5.000 10.000 12.000 15.000
5.000 10.000
15 .000 15 .000 20.000 60.000 80.000 90.000 90.000 90.000 90.000 90.000 90.000 90.000 835.000
30.000 45 .000 60.000 60.000 90.000 100.000 100.000 100.000 100.000 100.000 100.000 100.000 1.827.000
15.000 20.000 25.000 30.000 30.000 30.000 30.000 30.000 30.000 30.000 30.000 30.000 345 .000
-
1916 Gennaio Febbraio Marzo Aprile Ma!:!!:!ÌO Giugno Luglio Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre Totali
Solo due giorni prima Dallolio aveva scritto: «Ieri c 'è stata una gran seduta del Comitato Supremo. La mia croce diventa ogni giorno più pesante e credo finirò col caderci sotto. Sparano tanto ed è difficile fronteggiare la situazione.»68 La chiave del problema risiedeva in quelle due parole, «sparano tanto», ma, nonostante la riflessione preoccupata di Dallolio, la situazione risultava nel complesso «sufficiente». L'avrebbe dichiarato I'Tntendente Generale dell'Esercito, A Ifieri, nella lettera scritta il 23 agosto 1915 al Sottosegretariato per le Armi e Munizioni: «In occasione di una ricognizione fatta eseguire per ordine del Comando Supremo al munizionamento esistente presso le unità mobilitate si è constatato che la situazione delle munizioni, se non abbondante è per lo meno sufficiente ai bisogni del momento. Occorre però continuare gli sforzi per aumentare sempre la produzione e moltiplicare i provvedimenti che codesto Ministero con molta previdenza va continuamente prendendo.»69 La lettera di Alfieri terminava specificando che, più che altro , occ01Teva «agire>> sul tipo di munizioni aumentando le granate e diminuendo gli shrapnel, il cui consumo era relativamente basso. Da una comunicazione del Sottosegretariato per le Armi e Munizioni al Comando Supremo (14 maggio 1916)7° si evince il totale dei colpi sparati nel primo anno di guerra, Tabella XXVTII, e ciò da mjsura dello sforzo produttivo della Mobilitazione Industriale.
serie lettere ai familiari, lett. 5 agosto l 915 a Elsa. fondo Dallolio, b. 960, f. 8, I. 11. 70 MCRR, fondo DaJlolio, b. 960, f. 8, I. 20.
6~
APTGP,
6 ''
MCRR,
321
In sintesi, il totale dei colpi sparati in un anno di guerra era inferiore a quello ammassato nei depositi, tanto al fronte che centrali.
Tabella XXVIII CALIBRO
Piccolo Medio Grosso TOTALE
N. COLPI SPARATI
'
3.558.974 747.627 46.852 4.353.453
N. COLPI NEI DEPOSITI CENTRALI E DI ARMATA 4.517.873 768.486 33.648 5.320.007
N.COLPI A VALONA
N.COLPI TOTALE
198.226 30.198
o 228.424
9 .901.884
Il 7 maggio 1916 il Ministro della Guerra Morrone scriveva al Capo di S. M. dell'Esercito Cadorna: «Una delle questioni sulle quali ho portato subito la mia attenzione appena preso possesso dell'Ufficio, è stata quella relativa all'aumento della produzione dei proiettili di medio calibro, attualmente scarsa in relazione alle bocche da fuoco di cui si dispone . Dalle informazioni assunte e dall'esame delle commesse in corso ho potuto constatare che, da parte del Sottosegretariato delle Armi e Munizioni, sono state prese tutte le misure necessarie perché siffatta produzione corrisponda ai bisogni e sia convenientemente intensificata; cioè, se ancora non si sono ottenuti i risultati desiderati, ciò si deve alle maggiori difficoltà che naturalmente si sono presentate per l'allestimento di tali proiettili in confronto di quelli di piccolo calibro che ormai hanno raggiunto una cifra che si approssima a quella prestabilita .. . però non si potrà andare al di là di un certo limite ... perché della quantità di acciaio che si produce soltanto la metà può essere destinata ai proiettili il rimanente essendo assorbito dalle incessanti richieste, che si susseguono, con un crescendo impressionante di lamiere per trincee, paletti da reticolati, corda spinosa, ecc. nonché dai bisogni non meno imprescindibili delle fe1rovie.»7 i La situazione era destinata a migliorare con lo sviluppo dell'allestimento dei proiettili di ghisa acciaiosa (di cui Dallolio aveva data notizia al Presidente del Consiglio Salandra), già entrati in produzione e che si prestavano a essere caricati con alto esplosivo. Oltre alle solite difficoltà ripetutamente evidenziate da Dallolio (siluramenti, deficienza di carbone, mancanza di materie prime) ce n'era un'altra, dovuta alla leggerezza con cui molti piccoli stabilimenti avevano stipulato contratti con l'Amministrazione militare, mostrando poi difficoltà a rispettare i termini di consegna del munizionamento. Esclusi i problemi relativi alle officine aperte solo per ottenere l'esonero dal servizio militare, molti stabilimenti adducevano «difficoltà nel procurarsi macchine utensili, alcuni la difficoltà delle lavorazioni delle barre da 80 mm. di non unifom1e durezza, molti la mancanza di mezzi, ecc. È dubbio anche se molte delle piccole officine siano, o per il tipo delle macchine, o per la capacità dei dirigenti, in grado di po1tare a termine una lavorazione di pro.iettili, in modo da rispondere a tutte le difficoltà del collaudo. Questo stato di cose non può assolutamente continuare così, ed occon-e siano presi i necessari provvedimenti, in base ai quali siano eliminati coloro sui quali non sia possibile fare sicuro affidamento; ed a quelli che rimarranno produttori siano imposti dei tennini perentori di consegna, con garanzia che siano da essi rispettati.»72 Per questi motivi, Dallolio dava disposizione ai Comitati regionali di Mobilitazione industriale cli avvertire quegli stabilimenti che, se entro il 15 gennaio 1917 non fossero stati in grado di garantire deJle consegne regolari, il Ministero avrebbe provveduto a: - ritirare tutti gli esoneri - e gb operai sarebbero stati 1ùnandati al fronte o destinati ad altri stabilimenti; - requisire i macchinari idonei a essere impiegati in altri stabilimenti .
7
'
72
MCRR , MCRR ,
322
fondo Dallolio, b. 960, f. 5, I. 4. fondo Dallolio, b. 951, f. 7, I. 1, Lettera a Comitati Regionali Mobilitaz. Industriale datata 11 dicembre 19 I 6.
; I
Capitolo 25 TURBATIVE ALLA PRODUZIONE BELLICA: SOMMOSSE, IMBOSCAMENTI, ESONERAZIONI E AGITAZIONI OPERAIE
Le sommosse In Italia, si erano verificate sommosse in concomitanza con l'espansione industriale anche nel periodo pre-unitario. Il primo evento di cui si ba riscontro è quello che poi sarebbe stato tramandato come «l'eccidio di Pietrarsa>>, avvenuto il 6 agosto 1863 .1 Per sedare le proteste delle maestranze era intervenuto il 33° Battaglione bersaglieri che,« ... senz'inti mazione veruna, obbedienti ad un segnale di tromba col fuoco e con la baionetta li banno caricati ... ».2 Proseguivano le cronache dell'epoca: «[La forza) pervenuta al cancello di entrata si è trovata di fronte alla massa degli operai, la quale per quanto mi si asserisce, ha diretto delle voci insu ltanti ai bersaglieri e si atteggiava a minacce nell'intendimento di impedire il passaggio alla truppa cosicché la forza ha dovuto calare le baionette per farsi strada, deplorandosi la morte di due artefici, oltre ad altri 12 feriti ... ».3 Secondo la stampa cittad ina, invece, <<i dati reali vengono ampiamente pubblicizzati e risultano ben più agghiaccianti di quelli fomiti ufficialmente dalle autorità. I morti risultano 9 ed i feriti ben 32.»4 Durante il periodo di neutralità antecedente la Grande Guerra, nella prima settimana di giugno si erano verificati disordini, un po' a «macchia di leopardo>>, ricordati come «settimana rossa», che avevano coinvolto, secondo le dichiarazioni del Presidente del Consiglio Salandra «per la Romagna, le province di Forlì e Ravenna e, per le Marche, la sola provincia di Ancona, più qualche incidente di nes~una importanza nella provincia di Pesaro».5 Premesso che negli an ni successivi all'Unità d'Italia, n~Ha prima domenica di giugno, veniva celebrata la «festa dello Statuto>> per rievocare la sanzione data nei 1848 dal Parlamento subalpino alla Costituzione Albertina , nel 1914 era accaduto che le opposizioni avessero concordato di. rispondere alle manifestazioni ufficial i con manifestazioni antimilitaristiche il cui epicentro era stato fissato in Ancona. 6
' Nel gennaio 1863, il Ministero F inanze aveva affidato I' «officina» in concessione a un imprenditore privato che non rispettava gli impegni assunti sul mantenimento dei posti di lavoro e minacciava un aumento delle ore lavorative senza che glj. operai venissero «adeguatamente ricompensati portando la già tenuissima mercede giornaliera eia trenta a trentacinque "grana"» . All'epoca il potere di acquisto cli 35 grana corrispondeva a circa quattrn chili di pane - 100 grana equivalevano a 1 ducato , unità base della monetazione. 2 - L'eccidio di Pietrarsa, in Lavoratori a Napoli dall'Unità d'Italia al secondo dopoguerra, Catalogo della mostra a cura dell'Associazione Lavoratori a Napoli; CG IL - CJSL - UIL Archivio dello Stato, Progetti Museali, Roma 1995, Vol. 11, p. 39 . 3 G. Machetti , La protesta operai.a, in Lavoratori a Napoli dall'Unità d'Italia , Catalogo della mostra a cura del!' Associazione Lavoratori a Napoli; CGIL - c rSL · m L Archivio dello Stato, Progetti Museali, Roma I995, Vol. 11, p. 29. 4 L. De Rosa, Un secolo d'industria a Napoli (1860-1979), in Lavoratori a Napoli dall'Unità d'Italia, Catalogo della mostra a cura dell'Associazione Lavoratori a Napoli; CGIL - crsL - UIL .Archjvio dello Stato, Progetti Museal i, Roma 1995 , Voi. U , pp. 222-225. ~ APCD, Legisl. XX, 3" Sessione, Discussioni, Voi. IV, p. 4. I75. 6 M . Fatica, La settimana rossa a Napoli, in Lavoratori a Napoli dall'Unità d'Italia, Catalogo della mostra a cura dell'Associazione Lavoratori a Napoli; CGIL - CISL - UJL Archivio dello Stato, Progetti Museali, Roma 1995, Voi. II, p. 117. La scelta di Ancona era motivata da diversi fattori favorevoli: - la sede ciel Comitato Centrale del sindacato ferrovieri italiani; - una forte presenza di repubblicani e anarchid, fra i quali il capo dell 'anarchismo Enrico Malatesta, ritenuto iJ principale agitatore; - la stampa, in quella città, del periodico Lucifero diretto da Pietro Nenni.
323
A Fabriano si verificarono addirittura episodi rivoluzionari: «Per cinque giorni la campana del Comune ha suonato a distesa, per annunziare la proclamazione della Repubblica .. . Il suono della campana del Comune era un grido di gioia per i rivoltosi, ma era certamente un grido di dolore per tutti i fedeli alla monarchia , che in un momento si sono visti abbandonati dalle autorità.»7 Sempre a Fab1iano, «sventolava su11a torre la bandiera rossa , segno della proclamazione della Repubblica>>,8 mentre a Lugo, in un clima di devastazioni e intimidazioni, «si fecero bmTicate; alcuni paesi incendiati; distrutti ponti, ville e chiese; distrutte comunicazioni; assalito circolo costituzionale, bruciate le masserizie; scassinati i carri ferroviari involando 200 quintali di grano; inalberato sulla piazza l'albero della libertà sostituendo la bandiera nazionale con quella delle leghe.»9 «A Pergola e a Sassoferrato, dopo la proclamazione della così detta Repubblica, la folla si abbandonò ad ogni opera di saccheggio, penetrando negli uffici pubblici, ed invadendo le case dei privati . In molti paesi i cm·abinieri furono costretti a banicm·si nelle caserme, pronti a vendere cm·a la loro vita.»l<l Da Ancona veniva inviato a Fabriano un battaglione di bersaglieri ciclisti che non riuscivano a entrare in città, nella quale erano costretti a penetrare alla spicciolata. «Il Maggiore, con grande presenza di spirito, disse: siamo tutti fratelli, veniamo per tutelare l'ordine, lasciate quindi, per lo meno, che i soldati possano entrare per sfmnm·si. E così. - alla spicciolata - i soldati poterono entrare nella città - dove poi furono subito adunati - senza spargimento di sangue, in una città dove il giorno avanti si erano aggredite le Banche, si era imposta la taglia ad alcuni proprietm·i, e compiuti atti gravissimi di vandalismo.» 11 ll Presidente del Consiglio dei Ministri, Salandra, il 12 giugno 1914, mnmetteva che in Romagna si erano verificati dei fatti «di una gravità notevole in quanto si ha motivo di ritenere che essi rappresentano l'esplosione forse anticipata di un antecedente concerto criminoso. In Romagna vi sono stati atti di devastazione, specialmente a Ravenna, a Forlì, ed anche nelle Marche, a Fabriano e ad Ancona, è conti nuato :il disordine senza conseguenze gravi . In molti centri deUa Romagna si sono interrotte Ie ferrovie, sono stati tagliati i fili telegrafici e telefonici ed i rivoltosi hanno costituito degli avamposti per impedire l'accesso in alcune borgate. Questi atti di violenza si cercano cli reprimere, lo ripeto , con la massima prudenza possibile, perché vo.i intendete bene che sarebbe fac ile provvedere agendo violentemente . Se i provvedimenti del Governo non hanno risultato immediato, ciò dipende soltanto dalla grande prudenza con cui si adopera la forza pubblica. Noi cerchiamo di accumulm11e quanto più possibile nelle Mm·che ed in Romagna , che sono le province più turbate, e nella giornata di oggi mi risulta che per via cli terra e di mare arriveranno da varie parti 5.000 uomini sulla linea da Ancona sino a Bologna.» 12 In questa situazione di disordini: - comparivano in Ancona, delle automobili del Comitato imbandierate con bandiera rossa, confermando la voce che tutta Italia era in rivolta; - si presentavano davanti alla città, le corazzate Agordat, San Giorgio e Pisa e i cacciatorpediniere Bersagliere, Artigliere e Garibaldino .13 Anni dopo, il Generale Dal1olio avrebbe commentato così, i fatti di Ancona: «Il mal seme anarchico seguita a produrre i suoi frutti dato il terreno largamente fecondato dall'agricoltore Malatesta. Brutto fatto quello cl' Ancona ma al solito c'era un complotto a cui prendono parte 800 individui militari e molti borghesi e l'Autorità fa nulla. Arriva per reprimere ma in fatto di prevenzione nulla, nulla, il deserto .. . I bersaglieri erano stati preparati, inquinati da tempo in un ambiente anarchico come quello d'Ancona, con una propaganda delittuosa, brutale come quella fatta ora da Malatesta. Progredire bella cosa, ma il progredire non è distruzione vandalica, non è bestiale rabbia di selvaggi che mutilano un carabiniere per
Discussioni, Vol. IV, p. 4.177 . lbid., p. 4 .1 80. 8 fbid., p. 4. 176. IO lbid., p. 4.180. !bici. 12 APCD, Legisl. XXIV, 1• Sessione, Discussioni, Voi. IV, p. 4. 111. ,, APCD, Legisl. XX, 3" Sessione, Discussioni, Voi. IV, p . 4.043 . ' APCD, Lcg is l. XX, 3" Sessione,
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I
via dell 'uniforme. E poi cercate i difensori dell'Autorità in avvenire ...... » .14 Dallolio, dopo un po' di tempo, ritornava sul la figura di Malatesta: «E così non c'è la rivoluzione ma nessuno rispetta più l'Autorità e Giolitti va a Bardonecchia a prendere il fresco. Pare un sogno vedere tutto cambiato, vedere questa febbre di denaro e questa rivolta al lavoro, vedere spenta ogni idealità, e questa massa crea folle in mano dei Malatesta commettere delle vere barbarie per od io, per rabbia idrofoba di morte ... E dire che doveva inaugurarsi la via della ragione e dell'amore , della giustizia e della libe1tà. Povero Paese senza uomini , senza energie in mano a condottieri anonimi o a condottieri stanchi di anima e di corpo.» 15
È evidente che i fatti di Ancona avrebbero provocato ripercuss ioni anche in altre città. A Napoli si verificarono gravi incidenti 16 che indicavano, come affennava alla Camera il Presidente del Consiglio, On. Salandra, «un'ora triste, un 'ora grave: ed è bene che il paese sappia la verità, che ciascuno giudichi, e che noi ci risparmiamo parole grosse da una parte e dall'altra.» 17 Fu «un'ora triste e grave» che aveva preso le mosse dalle manifestazion i antimilitaristiche di Ancona. Ma gli incidenti di Napoli erano stati anche il frutto di <<una cultura della sovversione diffusa e anti ca [che] poneva sempre come obiettivi prioritari il blocco della circolazione e l'oscuramento nottumo» 18 - messi effettivamente in atto il 10 giugno 1914. I capi dell'anarchismo napoletano, «Ciccio» Cocuzza e C. Melchìonna, «avevano idee chiare e radicate. Per le loro convinzioni non temevano di affrontare il carcere, dove spesso erano trascinati. Grazie alla loro oratoria veemente e accesa, ma soprattutto per la
14
APTGP,
15
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serie lettere ai familiari, lett. 26 giu. 1920 a Elsa. serie lettere ai familiari, lett. 31 ago. 1920 a E lsa. 16 TI 9 giugno 1914 due co1te.i si lanciavano, dalla parte del Corso meridionale, contro la stazione ferroviaria e la centrale della società cli illuminazione con l'obiettivo di provocare .il blocco delle comunicazioni oltre a l contemporaneo arresto della circolazione tramviaria e l'oscuramento notturno. Un reparto del 24° Reggimento Artiglieria , di guardia a un cancello , interveniva per respingere i dimostranti ma <<appena sulla strada, sono stati accolti da una fittissima sassaiola, rimanendo colpiti lievemente l'Ufficiale ed alcuni soldati. I militi tuttavia riuscivano ad allontanare la folla, respingendola nelle vie trasversali al Corso meridionale, e così buona parte di essa si è riversata in Via Aqu ila, incalzata sempre dalla truppa.» In quella strada, eia un balcone al terzo piano, venivano sparati dei colpi di rivoltella contro i militari che reagivano istintivamente al fuoco. Fra i dimostranti ci fu rono i primi feriti e un morto, ma le indagini non riuscirono a chiarire se ciò fosse imputabile al fuoco dei militari, a quello proveniente dal balcone o a proiettili cli rimbalzo. Assalti minori si verificavano anche alla stazione dei carabinieri di Vicaria e al carcere di San Francesco, mentre si erigevano barricate a Porta Capuana e c'era un tentativo di svaligiare un'armeria al ponte cli Casanova. Il JO giugno si chiudeva con la m01te per dissanguamento di un manifestante colpito in via Aquila. L'indomani, 11 giugno, avvenivano altri inciclent.i quando un drappello di carabinieri rimaneva imbottigliato in vico Spigoli. I carabinieri «ritornati indietro incontrarono un colonnello dei bersaglieri, che si prestò a dar loro man foite con i suoi uomini. Al vico Spigoli furono ricevuti dalla stessa graguola cli proiettili di ogni genere. Il colonnello dei bersaglieri comandò allora di rispondere colpo su colpo ... Si è udito il rumore secco e stridente delle scariche della fucileria che si è ripetuto dopo brevi minuti. Un uomo è caduto , subito dopo è caduto un giovanetto, a ll'angolo di vico Spigoli, verso S. Maria della Scala. Un'altra pen,ona è caduta. Scene di terrore si sono svolte allora nel vico Spigoli . S'udiva gente che invocava disperatamente soccorso, mentre altra gente fuggiva disperatamente all ' impazzata in direzioni diverse. Tutti i portoni e gli ingressi dei bassi si sono chiusi precipitosamente.» Sempre I' 11 giugno circa duemila dimostranti, altermine dei funerali della vittima ciel giorno precedente, si avviavano per corso Garibaldi « ... ma si trovarono a fronteggiare forze fresche e nuove: i corpi mobili dell'esercito, cioè cavalleria e bersaglieri. Soprattutto i reparti cli cavalleria caricavano come se si trattasse ciel nemico in guerra: al galoppo, con la sciabola sguainata .» (Cfr. M. Fatica, La settimwia rossa a Napoli, in Lavoratori a Napoli dall'Unità d'Italia ..., op. cit., Vol. TI, p. 122.) Il Prefetto di Napoli telegrafava «Dimostranti red uci accompagnamento funebre guidati anarchici hanno commesso atti vandalici, sono stati fronteggiati costantemente e sbandati dalla truppa, funzionari . Sono rimasti contusi da sassaiola vari cavaileggeri, due dei quali per caduta da ca vallo sono stati ricoverati all'ospedale.» (Cfr. APCD, Legisl. XX, 3" Sessione, Discussioni, Voi. IV, p . 4.028.) Va comunque precisato che una parte della popolazione della città non si era sentita partecipe cli queste agitazioni, tanto che, il 12 giugno 1914, si era svolto un corteo cl.i protesta contro i disordini dei giorn i precedenti. Si trattava di circa cinquantamila persone che, al termine della manifestazione, si erano recate in Prefettura manifestando la volontà d i informare il Governo sulla lealtà e devozione di Napoli alle Istituzioni. 11 APCD, Legisl. XX, 3" Sessione, Discussioni, Yol. IV, p. 4 .029 . ,s M . Fatica, La settimana rossa a Napoli, in Lavoratori a Napoli dall'Unità d'Italia ... , op. cit., Voi. II. p . 119.
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loro capacità di immergersi fra gli strati più umili e di essere alla testa di tutti i movimenti di protesta, godevano di una indubbia popolarità.» 19 Nei disordini di quei giorni, che nulla avevano a vedere con le tipiche manifestazioni operaie, avvennero diversi episodi che provocarono una serie di interrogazioni parlamentari. Il Presidente del Consigl io e Ministro dell'Interno Salandra, rispondendo a un'interrogazione del.l'On. Altobelli che aveva denunciato «la follia omicida dei suoi agenti», aveva rimarcato come la folla avesse compiuto «atti vandalici, tentativi di devastazione, strappamento di alberi nel Rettifilo, e c'è stato un altro ferito di una certa gravità, ma non per opera della forza pubblica. Era uno dei dimostranti che avevano rotto la vetrina di un negozio, credo una latteria al Rettifi lo , e contro i quali il proprietario del negozio pare abbia tirato quattro colpi di rivoltella, ferendo al] 'inguine quel climostrante.>>20 Altri disordini si erano verificati a Firenze, per protesta contro la repressione di Ancona, con la morte di un operaio ferito alla nuca2 1 mentre a Bologna vennero commesse violenze «contro operai e contro uomini appartenenti al partito socialista.»22 A Roma, infine, alcuni parlamentari erano stati seguiti, fuori dalla Camera, da gruppi di facinorosi d i opposta tendenza politica.23 A Torino si sarebbe verificata una grave sommossa nel 1917, fra il 22 e il 26 d'agosto . Quella città, però , era già avvezza agli scioperi delle masse operaie. Nel maggio del 1906 le operaie di vari coton ifici e calzaturifici avevano proclamato lo sciopero per chiedere la riduzione dell'orario di lavoro giornaliero. Nel corteo delle donne si era infiltrato un gruppo di anarchici che stigmatizzava «l'opera del comitato dello sciopero , dicendo che solo la rivoluzione sociale e la violenza avrebbero ottenuto la vittoria operaia.»24 L'opera degli anarchici locali , che fino a quel momento non aveva dato adito a particolari rilievi: - era diventata particolarmente virulenta per l'arrivo, da Ravenna, di un elemento faci noroso «inviato specialmente a rafforzare l'attività dei sovversivi torines i anche nei riguardi della campagna antimilitarista»,25 già all'epoca piuttosto attiva; - si era materializzata con la costruzione di barricate, con alberi e altri ostacoli, per impedire l'afflusso della cavalleria, contro cui veniva scagliata una fitta sassaiola che provocava diversi feriti fra i militari; - aveva organizzato innumerevoli picchettaggi contro opifici - tra i quali l'Arsenale di costruzioni militari di Borgo Dora, che necessitò dell 'intervento cli reparti di truppa per essere liberato dalla folla che lo assediava; - aveva provocato il concentramento della folla alla Camera del Lavoro, dove Carabinieri e Guardie di Città, che stavano per essere sopraffatti, aprirono il fuoco. Fra i dimostranti si contarono tre feriti da colpi di arma da fuoco, mentre una decina di appartenenti alle forze dell'ordine erano stati colpiti da sass i e altri oggetti contundenti. L' anno successivo il Procuratore Generale del Re presso la Corte d 'Appello di Torino informava il Ministro di Grazia e Giustizia che «i gravi tumulti di Milano» avevano avuto ripercussioni nell a città piemontese dove la locale Camera del Lavoro aveva proclamato lo sciopero generale, in segno di solidarietà con gli operai milanesi, con blocco di tram e treni, oltre al solito picchettaggio negli stabilimenti dove era proseguito il lavoro .26
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Ihid .
APCD, Legisl. XX, 3a Sessione, Discussioni, Vol. lV, p. 4.029. lhid., p. 4.045. 22 lbid., p. 4.040. 23 lbid., p. 4.033. 2 • ASTO, fondo Procura Generale presso la Corte cl' Appello di Torino, b. 2.602, lettera della Questura, dell'll maggio I 906. 25 ASTO, fondo Procura Generale presso la Corte cl' Appello di Tori.no, b. 2.602, lettera della Questura, del 15 maggio 1906. 26 ASTO, fondo Procura Generale presso la Corte d'Appello di. Torino, b. 2.602, lettera ciel 14 ott. 1907. 20
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I
Lettera di un detenuto sul «dovere dell'anlìmilitarismo>> degli operai. (Archivio Stato Torino, F Procura Generale, b . 2602)
Ma la propaganda politica, purtroppo, in alcune fasce di maestranze avrebbe <<inoculato un'equazione perversa», e, come ebbe a scrivere un detenuto per i disordini del 1906 al fratello in procinto di partire per il servizio militare: l'antimilitarismo era il dovere di un operaio. Le conseguenze di questa «equazione perversa», antimilitarismo= dovere dell'operaio , si sarebbero propagate tanto da poter dare quasi per scontata la proclamazione di uno sciopero generale a Torino , nel 1915, alla vigilia della dichiarazione di guerra. Si era trattato, infatti, di «una rivolta da lungo tempo prevista e preparata per l'evento della mobilitazione», maturata «nelle assemblee della sezione torinese de1 partito socialista e nelle sedute della commissione esecutiva della stessa sezione e pure in quella della commissione esecutiva della Camera del Lavoro e del comitato regionale giovanile socialista.»27 La preparazione, attuata con diffusione di volantini, sia a Torino, sia nei paesi limitrofi , aveva visto lo svolgimento di propaganda antimilitarista fra i coscritti, e l'istituzione del «soldo al soldato», il cui scopo principale era l'incitamento alla diserzione e all'insubordinazione. In sostanza «il movimento che i dirigenti Ie associazioni andavano preparando aveva intenti rivoluzionari e si sperava che da esso, mascherato sotto il nome di sciopero generale, partisse Ia scintilla di una rivoluzione per tutta Italia, fatto che non si avverò perché principalmente non trovò corrispondenza nelle altre città e regioni d'Italia.» <<Tuttavia so]o a Torino vi fu una seria opposizione neutralista. Il 16 maggio i socialisti e la CGIL proclamarono uno sciopero generale che portò circa 100.000 persone, in prevalenza operai, a scendere in piazza e che non casualmente fu duramente repressa dopo l'occupazione della Camera del Lavoro con un centinaio di arresti.>> 2s I disordini maggiori erano avvenuti il 17 maggio, con saccheggi, devastazioni , violenze contro la forza pubblica e persone private, l'invasione di un'armeria con sottrazione di numerose rivoltelle e
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ASTO, fondo Procura Generale presso la Corte d'Appello di Torino, b. 2.602, lettera Procuratore ciel Re del 28 lug. 1915. G. Viola - M. Zanatelli, Una guerra da Re, Poligrafiche San Marco, Com1ons, 2007 .
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1·, lviaggio LarnmLoi·i Jlnlluni ! i~, i! nostn.1 $(:C'>l HiO Primo ?tfaggic~ di oi<11';i·,• 1: rli aug·o~\'.i:, pt'l'<;hè :,1 !,!HCJ'l'.'¼ iuv,1u<J rl n noi dnprcl.'.<~ta.. infuria allco!·~1.. .IJ pruk·t~,H:tt<\ pur soth1 i colpi cldrorribilc tcmpcsw1 1 t·OU· s:en·u. l'..m:)ia lfo11e t1ttese H1preme . e g ià i.<11.illn.t tH sp~ninza si \ "Cl cliscg:uaudo ~_ul de.i,; h1.H'J' it~C<Ja0 <lclYEuropa, per opsra. dei YUlorvi;i c.o mpagr1i d i llussfa, i q uali hanno Sàputo spenarc l'odioso ::ice 1trc, dt•.g li'·.c?.ar (;]w H t;vev:rno i:ra:;cinati tl sm:rìlì(~nli H0ll!l; irm..11.1.ue gi.1crt·u. S~J cbiamnnti andm iu qncst'at1lJù i\Un n1Jsu·n. solenne 1uauifc~taz.it)\'lt\ noi elle non ci ::-iMno htscia.tl travofgore d n.1 torl>i.on rua!edctt1>, vi Mld[ti:tmo p;H ~tvveul.wonU di Hn8sia come uu osompio o nn in<:orum,;hn oeuLO a n<>rt d!spen\ro tkll1av\l(wi.rc. 1 t:orup:.ignl di ,L,utto il mon<lo 1 freineuti e spasiuumti, llaH110 Sttlut;llo quu~li nvv~nimeuti :n1g-m:·:.\nd~> In. ctofiuitivo., vittoria dol proletar iato ru~so~ ,:oi c,h(! ei avoco s1~guic e confoi·wti <lt1l "'Olitro•~nse:nso p~r Ja )inca dl <',o,Hlùtt.n eh<; o.l>hhìroo segnita.1 ben ~, 1•,,p-ioue, più di t uri .! ,rli alu·i. vi pot-0.t<: ,1ssociare a loro ~pol'n,ndo eh<: <1degli a vvenimc-ri'ti abbia.1)0 a(l ~tfih!Ll.arù la Hno de:gli ono1·t i. 1 ùci d0fori che sopp<.m.atc <lu o'n nai ùuo anni.
Uomp~1gui ! l.n ·\:t1:itr3. UJ<.l.tdl<..st:l7.ior.c. v, nr1pognu anchn quc~t1amw n
quell" ,;enerale astensione del lavoro ùhc è ln miglior provo. de i vostc.ri st..mlimeuti e dei voi:;tri proposJti d.i miglioramnnto e di ,_.nw. .nr.~ipt1zione : c;<J.SÌ c:omiamo eho tontro t,utto lu prr,:;sioni o lo int,imidaz.ioui ~u.prott' t.:(>m piern t1uesto vostro :mero dm·crc. Con iu1mutat n Jt•(h.' rac;ùog·lietevi nelle YOStl'l sodi., salutnt(I! f-1.twm:a le \"i.tt:iine immolati..~ net su.c.:dHdo mo1;ti·uoso imposto rltù go,•ètHi bo\"ghc~i. mo. s,Llmate am·,hc qnelfo <le.i vorowenti aroioi prolcrn.rj )·us<:-j cho im1a!iando Ju. bandìon\ ro.s.sa s u i pahiz';1:i dei -..·o'}d1i Wrn.oni banno g cttaw Ho! mondo spaul'it-o il g l'ido 1.'lt!lla .uostru riscossa: 1,;\..\ ~ini ii So ciali:,;mo Iutc.mazìona le. ta iJireztGna del Parli1o Socialbti it&litnli.
Ln Conferttraz:ionG Gcrierale dot tavort).
Volantino della Direzione del Partito Socialista italiano del 0 / maggio 1917. (Archivio Stato Torino, F. Procura Generale, b . 2602)
Volantino manoscritto indirizzato alla «Madre Proletaria». (Archivio Stato Torino, F. Procura Generale, b. 2602)
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Leuera della Legione Territoriale Carabinieri R eali di Torino . (Archivio Stato Torino, F. Procura Generale, /J. 2602)
munizioni. In quei frangenti morì un anarchico, colpito dallo sparo di un dimostrante, indirizzato a un ufficiale di caval1eria. Nel tardo pomeriggio i dimostranti si erano asserragliati nella Camera del Lavoro e da là avevano sparato contro i reparti di truppa, ma alla fine i militi, preso d'assalto l'edificio, avevano anestato quanti vi si erano rinchiusi. Si può davvero ritenere, come era stato detto in un primo momento, che i moti fra il 22 e 26 agosto fossero stati causati dalla mancanza di pane? La risposta appare negativa se si tien conto: - della petizione pro-pace che era in corso dal mese di marzo, - del richiamo agli avvenimenti di Russia e al proletariato di quel paese che aveva lanciato «il grido della nostra riscossa», - della campagna antimilitarista che era stata svolta prendendo a pretesto la ricorrenza del primo maggio. Nel complesso, quindi, si era trattato di un'azione dalla quale - secondo il Procuratore del Re cli Torino - non poteva escludersi <<una nuova manovra dei socialisti che d'accordo con socialisti tedeschi od agenti del governo germanico cerchino di turbare la pace interna e diminuire lo spirito e la virtù militare degli italiani.»29 Risposte emblematiche all'interrogativo venivano fornite dal comportamento degli operai di alcune fabbriche. Alla Diatto, ove si era verificata la prima manifestazione di sciopero, la mattina del 22 gli operai tumultuavano davanti ai cancell i gridando «non abbiamo mangiato , non possiamo lavorare». Il padrone dello stabilimento aveva tentato di parlamentare con le maestranze, promettendo di interessarsi presso la Sussistenza militare per far arrivare immediatamente un camion di pane. A quel punto
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ASTO,
fondo Procura Generale presso la Corte d'Appello di Torino, b. 2 .602, lettera Procuratore del Re del 2 maggio 191 7.
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«gli operai tacquero un istante. Proprio solo un istante e si guardarono negli occhi, l'uno con l'altro, quasi a consultarsi tacitamente e poi, tutti insieme, ripresero a gridare "Ce ne infischiamo del pane. Vogliamo la pace!"».30 Allo stabilimento Proiettili «arrivano due camions di pane. La folla se ne impadronisce, mangia, ma non rientra al lavoro. È presto imboccata dagli operai più decisi, la strada della dimostrazione politica.»31 Ancora più significativa la persistenza degli scioperi, nonostante il Sindaco avesse informato il Consiglio Comunale della distribuzione di 1.500 quintali di farina nella notte fra il 21 e il 22 agosto. 32 I moti erano iniziati a mezzogiorno del 22 agosto, ma se ne aveva avuto sentore già da qualche giorno, anche se non era stata predisposta alcuna misura. Il Generale Dallolio scriveva in merito: «Mercoledì si apre la Camera ed il ricevimento pare sarà burrascoso anzi si minacciano disordini a11' interno, massime a Torino e disordini gravi. Però generali predisposizioni non se ne vogliono, si guarda, si parla e non si fa niente. La politica interna è dolce come il miele ed è di natura largamente concessionaria si può dire che stanno meglio i sabotatori della guerra che gli interventisti.»33 Dallolio , a riprova dell'incidenza politica sul malcontento popolare, a volte giustificato per le avverse condizioni di vita, nei suo.i appunti scriveva: « . .. La vera causa [dei moti di Torino] fu politica. Ci furono molti morti e varie centinaia di feriti . Tumultuosi i dimostranti rivolsero agli alpini un appello alla fratellanza, ma gli alpini fedeli al dovere risposero reprimendo i tumulti.» 34 Comunque, se fra le intenzioni degli organizzatori vi era anche quella di agire sul fronte interno per creare ripercussioni sull'esercito combattente e arrivare alla pace, si può affermare con ce1iezza che lo scopo non venne raggiunto. Viceversa, come riferiva Olindo Malagodi, secondo Bissolati i fatti di Torino avevano provocato al fronte un'impressione «pessima ed ottima ad un tempo . I soldati che si sottomettono a tanti sacrifizi e rimangono alle volte delle giornate senza rancio, erano furiosi a sentire che i fortunati che non corrono alcun pericolo e guadagnano salari enormi alle loro spalle, facessero una rivolta per un po' di scarsità di pane. Se fossero condotti contro i rivoltosi ne farebbero macello.» 35 Anche Gramsci dovette ammettere: « . .. Gli operai , i quali erano armati dieci volte peggio dei loro avversari, furono battuti. Invano avevano sperato nell'appoggio dei soldati .. .».36 Per inciso, riguardo alla mancata fraternizzazione fra dimostranti e incaricati alla repressione, si potrebbe anche ipotizzare che, sebbene avessero molte caratteristiche comuni, a fronteggiarsi si erano trovati appartenenti alla stessa classe sociale, ma di tipo diverso: proletariato di tipo meccanico quello cittadino, agricolo quello 'p roveniente dalle vallate alpine. L'inizio dello sciopero era stato segnato dall'abbandono del lavoro da parte degli operai dell'Arsenale di Via Caserta.37 A metà pomeriggio erano fermi praticamente tutti gli stabilimenti; donne e ragazzi avevano iniziato a saccheggiare panetterie e pàsticcerie,38 ma anche «negozi di salumeria, trippai, di calzoleria»,39 mentre dalla parte opposta della città veniva assalito il tram della linea per Orbassano ed erano trafugati 25 sacchi di zucchero e 216 cli pane.40 L'indomani, 23 agosto, lo sciopero si era esteso - nonostante le panetterie funzionassero regolarmente - diventando generale e confermando innegabilmente l'indole politica dei moti .
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G. Carcano, Cronaca di una rivolta ... , op. cit. , p. 52. P. Spriano, Torino operaia ..., op. cit., p. 236. n Jbid. 33 APTGP, serie lettere ai familiari, lettera 17 giugno 1917 a Elsa. 34 APTGP. Serie fascicoloni, fasc.VI1 , appunti Dal 16 giugno 1917 al 27 ottobre 1917, p. 9. 35 O. Malagodi, Conversazioni della Guerra .. ., op. cit., Voi. I, pp . 165-166. 36 P. Spriano, Torino operaia .. ., op. cit., p. 248 . 37 G. Carcano, Cronaca di una rivolta ... , op. cit., p. 50. 38 lbid., p. 52. 39 P. Spriano, Torino operaia ..., op. cit., p. 238. 40 lbid. , p. 239. 3
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Riguardo ai moti va rimarcata l'esistenza, alla Barriera Milano, di un centro organizzatore della sommossa, diretto da un gruppo di anarchici, che però non era stato in grado di svolgere la sua funzione di coordinamento per l'intera città. Questa mancanza di direzione unitaria era palese, nonostante l'intervento mirato di alcuni dirigenti socialisti (arrivati da Milano), e nonostante alcmù operai (tesserati PSI) avessero reclutato agitatori fuori Torino.4 1 Secondo Bissolati, una minoranza di ferrovieri torinesi era «d'accordo con un'al42 tra infima minoranza di ferrovieri francesi, che devono aver collaborato sottomano ai fatti di Torino .» Nella fase dibattimentale del processo per i fatti di Torino, infatti, la pubblica accusa non sarebbe riuscita a produrre alcuna prova «sull'organizzazione concreta dell'insurrezione da parte dei dirigenti socialisti ma la stessa mancanza di direzione al momento in cui essa scoppia e si estende. Neppme una partecipazione attiva ad essi si può dimostrare da parte dell'Accusa ...».43 Così, la sentenza a carico dei condannati si limitava a ritenerli «autori morali del la sommossa a T01ino», istigata attraverso l'accesa propaganda dei mesi precedenti. Pertanto, il carattere politico dei moti era incontestabile: «Non si può imputare alla mancanza cli pane né la violenza o l'aggressività della sommossa, né il suo sviluppo crescente quando or.mai la penuria cli pane era cessata.»44 In conclusione , da questo stato di cose «ne usciva un quadro degli avveni45 menti in cui prevalente è la spontaneità dei fatti, la mancanza cioè di un piano insurrezionale preordinato.» Si evidenzia come dimostranti e incaricati alla repressione avessero in comune: - identica provenienza piemontese, dato il carattere regionale della coscrizione obbligatoria degli alpini allora vigente. Da qui gli appelli «alla fratellanza», citati da Dallolio, che avrebbero potuto avere facile successo se i militari non fossero stati saldamente in pugno ai propri comandanti; - stesso ceto sociale; altro fattore che avrebbe potuto avere facile presa sui giovani militari di leva, qualora i vincoli della disciplina non fossero stati ben saldi. Sul numero delle perdite fra i dimostranti erano emersi dati discordanti: mentre l'On. Bovetti, alla Camera, parlava cli 40 morti,46 per lo storico Cilibrizzi, c'erano stati 41 morti, 1.52 feriti e circa 600 an-esti ,47 dati pressoché coincidenti con quelli forniti dal Comando dei Carabinieri di Torino al Comando Generale de11' Arma: 4l morti e 151 feriti. Non corrispondenti alla realtà, invece, erano i dati riportati da Gramsci, 500 morti e 2.000 feriti, e ricorrenti nelle rievocazioni dei militanti comunisti, ma non suffragati da alcun documento o dispaccio dei Carabinieri. D'altra parte , se i dati di Gramsci fossero stati esatti «[duemila feriti] avrebbero talmente riempito gli ospedali cli Torino che la cosa non sarebbe sfuggita alle autorità centrali che avevano inviato un ispettore generale di P.S. e che non avrebbero mancato di farlo rilevare alle autorità locali, qualora queste avessero cercato di celare il vero numero delle vittime.»48 In ogni caso, nell'animata discussione tenutasi alla Camera dei Deputati, in seguito agli incidenti di Torino, l'On. Canepa, ex Commissario per gli approvvigionamenti e i consumi, aveva cercato di dimostrare che la momentanea scarsezza di pane era stata soltanto _una causa occasionale opportunamente strumentalizzata, e per avvalorare questa tesi : - portava a dimostrazione il comportamento della Calabria che, pur sottoposta a dolorosi sacrifici, non si era mai lamentata; - ricordava che «un certo numero di abitanti di Torino ha salutato l'intervento in guerra con uno sciopero generale, cosa che non si è verificata in nessuna altra città.»49
G. Carcano , Cronaca di una rivolta ..., op. cit., p. 127. O. Malagodi, Conversazioni della Guerra ... , op. cit., Vol. l, p. 166. " 3 P. Spriano , Torino operaia ..., op. cit., p . 257. "" Ibid., p. 258. 45 G. Carcano, Cronaca di una rivolta ... , op. cit., p. 49. 46 APCD, Legisl. XXIV, l" Sessione, Discussioni, Vol. XIV, p. 14.587. • 7 S . Cilibrizzi, Storia parlamentare, politica e diplomatica d'Italia (1917-1918), Tosi, Roma, I 948 , Vol. VII, p . 16. ,,s G. Carcano , Cronaca di una rivolta .. ., op. cit., p. 95. ·'9 S. Cilibrizzi, Storia parlamentare, politica e diplomatica d'Italia (1917-1918), Tosi, Roma, 1948, Yol. VII, p. 56. 41
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Un ulteriore contributo per «scagionare la mancanza del pane» dalla responsabilità dei disordini di Torino, è dato dal fatto che, durante lo sciopero, erano circolati dei manifestini rivolti agli operai e alle madri proletarie, tutti incitanti alla disobbedienza. L'attività negli stabilimenti industriali sarebbe ripresa soltanto il 27 agosto, dopo la pubblicazione di manifesti da parte della Camera del Lavoro per far cessare le manifestazioni e dopo il proclama dei deputati socialisti Casalini, De Giovanni e Morgari che invitavano alla calma.50 Il 21 febbraio 1918 i fatti di Torino venivano discussi alla Camera a seguito di un 'interrogazione degli Onorevoli Casalini , Sciorati e Morgari «per conoscere le ragioni per cui non furono ancora compiutamente istruiti i processi per gli anesti operati in seguito ai fatti dell'agosto 1917 con evidente ingiusta carcerazione di quanti non ebbero e non hanno addebiti specifici e di quanti furono arrestati per frettolose denuncie non suffragate da serie prove.»51 In merito, Ca.salini sottolineava che ]a stampa, ali 'epoca dei fatti, aveva denunciato disordini «preordinati», nei quali «si dovesse vedere ... anche la mano straniera .. .».52 Sempre la stampa aveva. diviso gli an·estati in tre gruppi: il primo, colpevole di addebiti specifici per violenze compiute durante i disordini, un secondo gruppo arrestato per un'azione preparatoria compiuta mediante discorsi in epoche antecedenti, e infine un terzo, costituito da chi si trovava alla testa di deternùnate organizzazioni d'ordine politico o economico. Il Sottosegretario di Stato per la Grazia e Giustizia e i culti, Pasqualino Vassallo, aveva risposto agli interroganti: «L'autorità giudiziaria ha espletato i numerosi processi a cui dettero argomento i fatti di Torino, con lodevole sollecitudine, tanto che al momento in cui parlo non vi è pendenza dì processi che rispetto a sette soltanto dei molti arrestati . Tutti gli altri processi sono stati definiti o con dichiarazione di incompetenza dell'autorità ordinaria e rinvio ali ' autorità giudiziaria militare, o con rinvio al giudizio del tribunale penale di Torino o del pretore, o con citazione diretta del pubblico ministero ... Chi è pratico di giudizi penali, specialmente avuto riguardo al gran numero di imputati che sono stati oggetto del procedimento in parola, deve ammettere che quattro mesi decorsi dall'arresto e dalla spedizione dei mandati di cattura che ebbe luogo ai primi di settembre all 'epoca in cui è stata pronunziata la sentenza di rinvio al giudizio, non sono poi un lunghissimo periodo di / tempo.» 53 In effetti, alla fine del 1917, degli 822 arrestati posti a disposizione dell'autorità giudiziaria, ne erano stati scarcerati 18 per mancanza di indizi, 29 erano stati assolti, 264 condannati; 33 casi erano rimasti «pendenti», per richiamo alle armi degli interessati, e 54 in attesa di giudizio, per conflitto di competenza fra Tribunale ordinario e militare; 229 detenuti non erano stati ancora processati e 195 operai, ex «esonerati», prosciolti da capi di imputazione, erano partiti per il fronte .54 Anche il Governo aveva preso i necessari provvedimenti: il Prefetto Verdinois era stato sostituito con quello di Ancona, il Questore Borelli e il Direttore Generale di P.S. Vigliani erano stati sollevati dai loro incarichi, il Sindaco Usseglio aveva dovuto rassegnare le proprie dimissioni. Inoltre, nel timore che «il fuoco continuasse a covare sotto la cenere», i territori delle provincie di Torino, Alessandria e Genova erano stati dichiarati in «stato di guerra>> , date «le loro speciali condizioni in quanto grandi centri di rifornimento e di industrie necessarie alla guerra» .55
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serie fascicoloni , fase. VII, f. 10. Legisl. XXIV, l" Sessione, Discussioni, Voi. V, p . 15.936. 51 APCD , Legisl. XXIV, 1" Sessione, Discussioni, Voi. V, p. 15.937. 53 APCD , Legisl. XXIV, 1(1 Sessione,Discussioni, Voi. V, pp. 15 .937- 15 .938. 54 Condanne severe erano state comminate soltanto a sei persone: 6 airni di reclusione militare a Barberis (membro della Direzione del PS) , 4 a Rabezzana (fiduciario della Direzione, componente della Commissione Esecutiva durante l'arresto dei componenti cli quella effettiva) , 3 e mezzo a Serrati (Direttore dell'Avanti) , 3 anni e un mese a: Pianezza (membro della Commissione esecutiva eletta l' 8 luglio 1917), D 'Alberto (segretario della Carnera del Lavoro) e Maria Giudice (direttrice del giornale Grido del popolo). Cfr. P. Spriano , Torino operaia .. ., op. cit ., pp. 256-257 . 55 G. Carcano, Cronaca di una rivolta ... , op. cit., p. 102. 51
APTGP , APCD,
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i I
I fatti successivi avrebbero dimostrato che quel timore non era infondato. All'inizio del 1918 perveniva alla sezione torinese del Partito socialista una circolare che invitava« . .. Voi operai deJ1e officine ausiliarie, rifiutatevi di produrre col vostro lavoro materie belliche e voi, cooperatori militrui propagate che tutti i vostri compagni d'am1i incrocino le braccia e depongano le armi per dare fi ne all'immane gue1Ta. Non esiste nemico se la volontà della massa lavoratrice lo vuole .. .»,56 e preavvisava l'arrivo in Italia di una missione del gruppo prufamentare socialista internazionale francese per diffondere un nuovo programma di pace, elaborato a Stoccolma, da socialisti internazionali francesi, inglesi, russi scru1dinavi, austro-tedeschi e americani, allo scopo di «provocare uno sciopero generale in tutta la classe operaia metallurgica italiana, con un programma avverso alla continuazione della guerra e con istruzioni di dottrine rivoluzionarie per effettuare la fratellanza e l'accordo internazionale zimmerwaldiano» .57 Tale missione avrebbe dovuto agire« .. . con modalità atte a confondere il sentimento proprio e lo scopo degli interessi veramente organizzati in sostanza rivoluzionaria, con interessi personali , affinché l'opera dei delegati francesi, nella loro missione in Italia, non venga turbata da intralci della polizia».58 Il problema dell '«imboscamento» e degli esoneri L' 11 marzo 1916, alla Camera, il Sottosegretru-io di Stato per le Armi e Munizioni, Generale Dallolio, rispondeva a un'interrogazione dell'On. Cotugno rivolta al Mi nistro della Guerra , sulla disponibilità a «scovare gli imboscati in molte officine d'Italia per esimersi vilmente dal servizio militare» . Dallolio chiru·iva che, fin da quando erano state ammesse le esenzioni, si erano adottate varie misure per frenare eventuali abusi: sanzioni penali, ispezioni, affidamento alle Commissioni di collaudo delle ispezioni agli stabilimenti, creazione presso il Ministero della Guerra di un apposito ufficio per la revisione di tutte le esenzioni concesse in Italia , diramazione di una circolare ai Comandi dei Carabinieri per la vigilanza contro le frodi . Quindi aggiungeva: «Ho creduto mio dovere, dato il posto che occupo, di convocare tutti i presidenti de11e Commissioni di esonero, ai quali ho parlato chiaramente e recisamente, Ii ho esortati a tener sempre presente lo scopo della missione a cui sono stati chiamati, ed ho raccomandato loro di ispirarsi sempre a giustizia e non mai a pietà.»59 Cotugno, «fra interruzioni-rumori vivissimi», ribatteva accennando pretestuosamente ad abusi commessi da parte di chi cercava di sottrarsi all'impegno della guerra «imboscandosi» presso i Tribunali militari, la Sanità, gli uffici del Comando, la Cavalleria - «perché la cavalleria non era in prute ancora appiedata o nell'artiglieria da fortezza, perché quest'arma può dare dei riposi in posti fuori della zona di guerra, e oggi nell'aviazione>> - ma soprattutto nell' ind ustria perché «vi sono regioni in cui l' imboscamento, a cagione dell'industria, è molto largo».60 Dallolio, dopo aver richiesto la parola, lo zittiva: «Bisogna ben intendere che cosa significhi la parola "imboscati", e non esagerru·ne la portata, poiché è necessru"io che le industrie producano con ogni larghezza, e perché mentre da tutte le parti s'invoca una vasta e rapida produzione, bisogna dare i mezzi , affinché essa si effettui, altrimenti la paura del male genera il male della paura, e diminuendo gli esoneri si fanno languire le industrie e decrescerne la produzione. Non toccate le industrie. Lasciatele fun zionare. Abbiate un po' di fiducia negli industriali che, in fin dei conti, sono italiani e sanno i pericoli che domani capiterebbero loro addosso per una "debacle" industriale, qualora la vittoria non ci fosse assicurata. Io stesso li ho incitati e li incito a denunziare cru non faccia il proprio dovere; ma ripeto, non
AS1\L, fondo Prefettura AL - Gabinetto , Per~onale e Affari Riservati Ministero Guerra V. 77 Comando Militare delle Provincie d i Guerra Ovest, f. n. 403-ll del 16 gennaio 1918. 57 ASAL, fondo Prefettura AL - Gabinetto, Personale e Affari Riservati M inistero Guerra V. 77 Comando Militare delle Provincie di Guerra Ovest, f. n. 1.774-II del 2 gennaio 1918. 58 ASAL, fondo Prefettura AL - Gabinetto, Personale e Affari Riservati Ministero Guerra V. 77 Comando Militare delle Provincie di Guerra Ovest , f . n. 403-IT del 16 gennaio J 9 18. 59 APCD, Legisl. X.XIV. 1• Sessione, Discussioni, Voi. IX, p. 9.234. '"' APCD, Legisl. XXlV, 1• Sessione, Discussioni, Voi. IX, p. 9.235. 56
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andiamo a cercare imboscatì da per tutto, altrimenti ve1Tà un giorno in cuì l'industriale dirà: non posso più andare avanti, no n posso più produrre , perché non ho più manodopera.>>6 1 Dallolio, dopo aver dichiarato di aver servito per trentacinque anni nelle diverse specialità dell 'Artiglieria (compresa quella da fortezza), affermava «con sicurezza che nell'Esercito non vi sono distinzioni fra Arma e Arma perché tutte egualmente servono la Patria con intrepidezza e valore . Ho visto ufficiali di artiglieria come di cavalleria compiere valorosamente il loro dovere anche stando nel proprio gabinetto e lavorando per il bene e la grandezza della Patria. Anch' io ho la piena coscienza di aver compiuto intero il mio dovere come coloro che hanno combattuto.» Quindi forniva dei dati sugli interventi contro l'imboscamento: « ... Sono stati denunziati settantuno individui perché erano colpevoli ed altri ne denunzierò senza pietà ogniqualvolta mi saranno fornite prove e documenti, non parole, non lettere anonime ... Concludo riaffermando la necessità assoluta dì far funzionare le industrie e cli avere bravi operai i quali contribuiscano alla difesa della Patria! Occo1Te sì colpire senza pietà chi frau dolentemente cerca cli eludere i suoi obblighi militari, ma bisogna puranco assicurare la continuità del funzionamento delle nostre industrie di guerra.»62 In sostanza, il Generale Dallolìo si preoccupava di sfatare un luogo comune secondo il quale chiunque non si trovasse al fronte doveva essere considerato «un imboscato». Per questo, nella sua risposta, aveva denunciato il pericolo che la ricerca a ogni costo di imboscati provocasse «la paura del male, [che] genera il male della paura». Sul tema degli esoneri Dallolio dichiarava di trovarsi «tra Scilla e Cariddi. Il Comando Supremo da un lato, con lievi temperamenti, vuole e vorrebbe tutti al fronte; dall'altro lato vi sono i bisogni dell'industria. Tutto ciò che è stato possibile farsi è stato fatto, financo, in certi casi l'impossibile, ma non bisogna credere che tutto possano fare le Commissioni di Esonero. Bisogna che gli industriali comprendano che vi sono molti richiamati abili operai, necessari al campo. Vi sono migliaia di camions ed ognuno ha bisogno di operai meccanici. Vi sono molte centinaia di mitragliatrici, ed ognuna ha bisogno di operai pratici ed abili per le riparazioni.» 63 In effetti, al di là delle dichiarazioni ufficiali, la gravità del problema dell'imboscamento emergeva dalle segnalazioni anonime inviate ai Comitati Regionali di Mobilitazione Industriale, che mettevano in luce casj di corruzione, pagamento di «tangenti» per il rilascio di attestazioni da parte di ditte compiacenti, millantate specializzazioni mai possedute. Dallolio, riguardo al problema delle false attestazioni di specializzazione, aggiungeva: «C'è stato un momento che si credeva che bastasse un tornio per fare dei proiettili. Naturalmente lo si faceva anche per avere l'esonero .» 64 Egli aveva pronunciato questo duro giudizio nel dicembre 1915, ma l'avrebbe confermato ancor più duramente un anno dopo . «Medie e piccole industrie, poi, hanno lasciato anche più a desiderare, in quanto che molte Ditte produttrici di proiettili, adattatesi in massima parte a questi lavori, con lo scopo di ottenere esoneri o per i titolari o per parenti ed amici, non sono, per loro stesse dichiarazioni, in condizioni di consegnare i quantitativi per i quali hanno assunto gli impegni. Molti adducono a propri a scusante il mancato esonero di operai ... »65 e ancora, «al riguardo degli esoneri, bisogna essere molto rigorosi ed ho a tal uopo una raccomandazione speciale a fare agli industriali. Se si dovrà rimandare un esonerato al fronte, non si deve dire che lo si rimanda per punizione (perché non è punizione andare al fronte) ma si dovrà dire "poiché non siete capace di fare l'operaio, fate il soldato".»66 A questi problemi si sommavano la distrazione di personale adibito in lavori domestici, e altri ancora,67 per cui, il 2 agosto 1916, il Ministro della Guerra, M01rnne, emanava nuove direttive in materia di esonerazioni.<IB
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62 63
1/Jid. lbid.
fondo Dallolio, b. 953 , f.1, 1. 8, p . 5, Verbale Riunione Industriali Metallurgici 2-3 dicembre 1915. fondo Dallolio, b. 953 , f. 1, 1. 8, p. 16 ,Verbale Riunione Industria li Metallurgici ciel 2-3 dicembre 1915. (,5 MC RR , fondo Dallolio, b. 957, f. 7, 1. I, Lettera a Comitati Regiona li Mobilitaz. lndustriale datala 11 dicembre 1916. 66 MCRR , fondo Dallolio, b. 953, f. l, I. 8, p. 16 , Verbale Riunione Industriali Metallurgici del 2-3 dicembre 1915. 67 ACS , fondo Min istero Armi e Munizioni, Miscellanea, b. 265. MC RR,
<.., MCRR,
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Presso tutti i Comitati Regionali di Mobilitazione Industriale veniva costituita una Commissione Regiona1e69 per giudicare e decidere sulle esonerazioni del personale appartenente a stabilimenti ausiliari e alle officine non ausiliarie che lavoravano per le armi e il munizionamento. Compito delle Commissioni Regionali, che potevano avvalersi anche degli Uffici di vigilanza dell'Esercito e della Marina presso gli stabilimenti, era quello di «procedere al servizio di esame e di accertamento per le eventuali esonerazioni da concedere presso tutti gli stabilimenti sopra indicati, e di procedere altresì a quegli accertamenti o verifiche relative agli esoneri in corso di godimento, che in base ad accuse, denuncie o risultanze, apparissero ingiustamente concesse.»7°Contro le loro deliberazioni , se del caso, le ditte avevano facoltà di ricorrere alla Commissione Superiore presso il CCMI. Come prevedibile, il problema degli esoneri avrebbe provocato numerose interrogazioni in ambito parlamentare. Nel dicembre 1917 !'On. Larizza si rivolgeva al Governo denunciando una pretesa discriminazione ai danni dei piccoli proprietari, dato che gli esoneri, sino a quel momento, erano stati concessi «solo ai direttori di vaste aziende agrico1e, con esclusione delle picco1e aziende, che pur costituiscono per molte famiglie l'unico mezzo di mantenimento e di vita.» Dallolio rispondeva che il problema delle piccole aziende agricole era stato già posto all 'attenzione del Ministero della Guerra, i1 quale aveva disposto che le famiglie dei coltivatori diretti , rimaste prive di uomini va1idi per effetto della chiamata alle armi, potessero «richiedere la esonerazione temporanea (con scadenza non fissa) per uno dei militari appartenenti alla famiglia stessa; intendendosi per fanùglìa l'insieme delle persone conv iventi (anche se non tutte congiunte da vincoli da parentela) che lavorano in cointeressenza lo stesso podere.»71 Pure delle aziende intermedie si era già tenuto conto, «autorizzandole a chiedere l'esonerazione del conduttore del fondo a qualsiasi titolo, purché egli impieghi la propria attività cumulativamente nella direzione tecnica ed amministrativa e nel sorvegliare ed accudire ai lavori del fondo, restandone assorbito totalmente ed esclusivamente.»n Anche in questo caso, requisito essenziale per ottenere l'esonero era 1' insostituibilità, al fine di non privare della necessaria direzione tecnica e amministrativa le grandi e medie aziende; e lasciare alle piccole aziende almeno un coltivatore. Con la circolare n. 11.200 del 19 ottobre 1917, inoltre, si era provveduto all'esonero dei conduttori delle medie aziende che non avrebbero potuto richiederlo come direttori, né come appartenenti ad aziende a conduzione familiare. In ogni caso, nella seduta alla Camera del 12 dicembre 1917, il Sottosegretario di Stato, Cermenati, sarebbe stato esplicito: non era il caso di facilitare esoneri e licenze per piccoli proprietari che non lavoravano i propri fondi, poiché il loro allontanamento dal fronte non avrebbe portato alcun vantaggio diretto alla produzione nazionale.73 L'intervenuto del Ministro della Guerra, Alfieri, avrebbe poi puntualizzato le asserzioni di Cermenati, rispondendo a un'inteITogazione a favore dei piccoli proprietari: «Le irriducibili necessità della guerra imponevano di mantenere le esonerazioni in limiti numerici predeterminati e non troppo elevati, così si dovettero stabilire condizioni per le quali gli esoneri da concedersi andassero a beneficio delle aziende agricole cli maggiore importanza, la cui produttività avesse più diretta influenza sul raggiungimento dello scopo generale perseguito ... L'estendere anche ai piccoli proprietari terrieri la concessione dell'esonero, oltre a non essere equo in rapporto al diverso trnttamento usato
Circ. n. 489 G .M., Norme per le eson.erazioni del personale appartenente a stabilimenti ausiliari ed a quelli non ausiliari che producono anni e munizioni. lfl La Commissione era costituita dal Presidente del Comitato Regionale, Presidente della Commissione di Collaudo di Artiglieria, da un Membro effettivo ciel Comitato, tutti con voto deliberativo, nonché da un Membro degli industriali e uno degli operai, questi ultimi due con solo voto consultivo. 1° Circ. n. 489 G .M. Norme per le esonerazion.i del personale appartenente a stabilimenti ausiliari ed a quelli non. ausiliari che producono armi e munizioni, p. 2. 71 APCD, Legisl. XXIV, l" Sessione, Discussioni, Vol. Xl V, p. 15. 160 . 6s
n Jbid. Jbid.
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alle piccole proprietà di ogni altra natura, porterebbe ad aumentare fortemente il numero dei militari esonerati: ciò che trova ostacolo insuperabile nelle già accennate necessità della guerra.»74 Queste impostazioni restrittive, peraltro, non escludevano che fruisse di licenze agricole anche chi non ne avesse pieno diritto, come per esempio, due Ufficiali medici (a Caltanissetta) che erano risultati <<proprietari agricoli». In tale frangente, il Ministro della Guerra Alfieri era stato costretto ad ammettere che il «deplorevole errore», denunciato dall'On . Colonna di Cesarò, si era verificato a causa della generica dizione «agricoltori» contenuta nella circolare sulle licenze agricole, e aveva assicurato che detta circolare era stata già rettificata.75 Sempre nel dicembre 1917, l'On. Giaracà aveva presentato un ' interrogazione al Ministro della Guerra «per sapere se - in vista delle accresciute mansioni delle Prefetture, e per ovviare alle gravi difficoltà derivanti dalla deficienza di personale per effetto della chiamata sotto le amù - non creda opportuno disporre la esonerazione dal servizio milita.re dei funzionari di Prefettura appartenenti a classi anziane .»76 Il Ministro Alfieri rispondeva che era già stato stabilito di dispensare dalla chiamata alle anni dei riformati riconosciuti idonei al servizio militare, «tutti gli impiegati ed agenti dello Stato nati negli anni dal 1874 al 1883 compreso, che, dalle competenti autorità siano dichiarati indispensabili ed insostituibili. Di tali provvedimenti quindi potranno usufruire anche i funzionari di Prefettura che siano nati negli anni suddetti.» Ormai, gradatamente, nuove categorie di lavoratori si erano aggiunte a quelle che già godevano dell 'esonero, ma, «allo scopo di ridurre al minimo strettamente necessario il numero dei nùlitari esonerati, comandati o lasciati a disposizione», all'inizio del 1918 l'Ufficio Esonerazioni Temporanee del Ministero per le Armi e Munizioni emanava le prescrizioni per la revisione di detto personale. La verifica:77 - andava condotta in ogni stabilimento, sottoposto alla giurisdizione delle Comnùssioni locali per le esonerazioni, che disponesse di più di cinque nùlita.ri esonerati o comandati; - doveva essere effettuata da speciali Commissioni costituite da due Ufficiali superiori, un subalterno, il proprietario (o suo delegato) dell'impianto, uno o due operai anziani aventi caratteristiche di <<serenità e giustizia»; - andava condotta attraverso la revisione dei libretti di lavoro, le dichiarazioni degli imprenditori, Direttori e capi-squadra e operai, e attraverso constatazioni dirette, allo scopo di accertare «se ciascuno dei surricordati militari sia veramente abile e redditizio alla produzione cui è addetto, e se la sua precedente condizione sociale possa giustifica.re ulteriormente la sua permanenza nello stabilimento ove lavora.» Dallolio attribuiva grande importanza a questo suo intervento alla Camera sia perché aveva potuto esternare i propri sentimenti, sia perché, come scriveva alla figlia Elsa, costituiva il suo debutto alla Camera.78
7
" /hid. , p.15. 16 1. lbid. , p. 15. 156.
75 7
(•/bid.,p. 15.158.
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f. 9, I. 20, Lettera n. 10 ai Comandi di Co11)0 d'Armata del 4 febbraio l918. Dallolio , sino allora, era intervenuto soltanto al Senato: - 17 dicembre 1914 sul Disegno di legge Modificazioni ed aggiunte riguardanti la Cassa di Previdenza per le pensioni a favore dei Segretari ed altri impiegati dei Comuni, delle provincie e delle istituzioni pubbliche di beneficenza. AP·S, Legisl. XXIV, P Sessione, Discussioni, Voi. I, p. I .271; - 29 mar. 1915 sul Disegno di legge Stati di previsione dell'entrata e della spesa della Colonia italiana della Somalia Italiana. AP-S, Legisl. XXIV, 1• Sessione, Discussioni, Vol. I, p. 1.690; - 12 apr. 19 16 sul la Discussione sullo stato di previsione del ministero de i Lavori Pubblici per l'esercizio .finanziario I 9151916. In particolare aveva preso la parola sul problema della manutenzione delle strade statali, con particolare riferimento alla strada di montagna Firenze-Bologna. AP-s, Legisl. XXIV, l" Sessione, Discussioni, Voi. I, pp. 2.336-2.337. MCRR, fondo Dallolio, b. 961,
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«Ti mando i ritagli dei giornali. Vedrai il nero (Idea Nazionale) ed il rosso (G iornale d'Italia). Sono attaccato dai nazionalisti e il perché puoi immaginarlo però io non debbo parlare perché sarebbe vergognoso se 'in questo momento pensassi a me. Ho avuto occasione di dire l'animo mio alla Camera e ho avuto rallegramenti senza fine. Telegrammi dichiarazioni ecc. Ma alcuni per riflesso mi attaccano perché non ho fatto ciò che secondo loro si poteva fare, mentre invece l'origine di certi attacchi è da cercarsi nel grande negozio di ombrelli o in altra sfera dove il patriottismo passa attraverso il portamonete. Il Ministero difficilmente si reggerà e il resto puoi immaginarti che seguito avrà. Ho sentito l'odore di cenere ed allora ho pensato di cantare, ed ho scelto la prima occasione, il mio debutto. Sentivo di riescire perché la parola detta dal cuore ha sempre trovata la via dell'ascoltazione. E sono 1iescito. Dopo ciò succeda cosa vuol succedere, scompaio dalla scena poco male.» 79 Dallolio, evidentemente, era rimasto colpito dal suo intervento alla Camera tanto che, dopo due giorni, sentiva il bisogno di relazionarne all'altra figlia Gina. « ... Quello che tranqui1Jamente posso dirti è che la mia entrata in scena alla Camera è stata veramente salutata con moltissima benevolenza ... tutti i giornali hanno scritto il successo del Sottosegretario Dallolio. Dopo ciò ho rimesso un po' a posto la situazione parlando apertamente e senza peli sulla lingua. Certi attacchi lombardi e romani di provenienza un po' udinese io li conoscevo attacchi in parte a base Loiolo, in parte a base interessi personali offesi (Idea Nazionale). Non so cosa accadrà in questa confusione, così le cose non possono continuare. Se potessi parlare con te mezz'ora ti farei vedere in che fango si muovono i piedi. Così il Paese va a rovina, non si fa la guerra. Ma se si cambia o mi danno a qualunque costo tutti i mezzi necessari o pianto baracca e burattini .. . ma ho necessità di parlare anche una volta alla Camera, oggi ti assicuro ero padrone dell'argomento ed ero in voce ma il Deputato che doveva inteITogare era assente .>) 80-8 I
Il problema degli esoneri era molto sentito dalla pubblica op.in ione e, perciò, diversi parlamentari se ne facevano portavoce. Il 20 marzo 1916 l 'On. Giacomo Ferri presentava un'interpellanza al Ministro della GueITa per conoscere se non fosse arrivato il momento d.i: - sfoltire e sostituire il personale giovane in servizio ai Ministeri e negli Uffici dei Comandi militari della Capitale e delle altre città, - effettuare «un nuovo e rigoroso controllo sugli imboscati finti operai o funzionari improvvisati che si annidano nelle industrie e nelle Pubbliche Amminfatrazioni senza assoluta necessità e che, comunque, potrebbero essere sostituiti da anziani richiamati.»82 L' On. Ferri metteva in evidenza due esigenze contrastanti: quella dì mantenere in vita le industrie e, poiché non si esoneravano «i veri tecnici del lavoro», la necessità di allontanare «degli operai improvvisati. .. fa lsi operai ... dei fornitori nati come funghi, prendendo. piccole forniture militari, anche a perdere, pur di rendersi necessari ed ottenere gli esoneri.»83 L' On. Ferri proseguiva il suo intervento stigmatizzando la gioventù che sì annidava, per esempio, nei Tribuna.li militari o nella sanità dove erano sorti «tanti improvvisati infermieri fra tanti giovani avvocati, ragionieri, tecnici e preti, mentre i soli non adatti ai servigi dovrebbero trovarvi rìcetto.» 84 E l'interrogante terminava chiedendosi il perché di tanta folla di giovani negli uffici dell'aviazione nelle grandi città.
serie lettere ai familiari, lettera del 12 marzo .l 916 alla figlia Elsa. Dallolio si riferiva all'interrogazione presentata dall'On. Miglioli al Ministro della Guerra per sapere «se non ritenesse necessario e doveroso stabilire e regolare gli esoneri dal servizio militare anche degli elementi contadini, indispensabili allo svolgimento dell'industria agricola, così come è stato già provveduto da noi per altre minori industrie e come per quella agricola hanno saggiamente provveduto altri Governi». Cfr. APCD, Legisl. XXIV, l" Sessione, Discussioni, Voi. IX, p. 9332. 81 APTGP , serie lettere aifarniliari, lettera del 14 marzo 1916 alla figlia Gina. 82 APCD, Legisl. XXIV, la Sessione, Discussioni, Voi. IX, p. 9.674. SJ fbid., p. 9.675. 8 " Jbid., p. 9 .677.
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II Ministro della Guerra replicava che: - la piaga dell'imboscamento era stata combattuta ancor prima dello scoppio della guerra; - la proliferazione delle esenzion.i era da attribuirsi alla condiscendenza di molti giovani Ufficiali medici (forse per frainteso senso di umanità); - i disservizi verificatisi per gli Ufficiali medici erano dovuti a disposizioni «emanate molti anni fa» quando non si pensava che in guerra vi fosse necessità di così alto numero di Ufficiali medici, per cui esse sono state «la più grande jattura che sia capitata al servizio sanitario sotto tutti i punti di vista, compreso quello degli imboscati .»85 II 17 febbraio del 1917, infine, Dallolio avrebbe avuto modo di esprimere il proprio pensiero al Ministro della Guerra: «La coesione non va confusa col contatto di gomito, l'imboscamento è un male, un cancro se si vuole, ma la paura dell 'imboscamento è un tarlo che spezza quella coesione di cui abbiamo necessità per la nostra vittoria. Si colpiscano gli imboscati col rigore indiscutibile, è un obbligo morale per un dovere dei più santi, a fronte oggi di quelli che in armi vegJ-iano e dei fulgidi eroi che combattono, ma non si facciano diagnosi senza conoscere né malattia né malati.»86 Il problema degli esoneri, anche se indirettamente, agiva sul morale delle truppe al fronte. Nell'aprile 191787 il Comando Supremo segnalava il serpeggiare fra le truppe di «un sordo sentimento di ostilità contro gli esonerati; sentimento che talvolta erompe in dileggi ed insulti , o scende addirittura a vie di fatto .» Nel richiedere agli Ufficiali una più accorta opera di vigilanza, il Sottocapo di S. M. dell'Esercito Porro li sollecitava affinché i «sentimenti ostili dei militari contro coloro che sono nelle retrovie, o nelle officine in paese, e contro chi veste l'abito borghese in genere, venissero combattuti e vinti, evitando che si acuiscano al punto da degenerare, in avvenire, in incidenti più gravi». Per sottolineare come il fenomeno avesse assunto risvolti preoccupanti, si evidenzia uno dei quesiti posti dalla Commissione d'inchiesta sui fatti di Caporetto: «Quale grave causa di malcontento per le truppe combattenti è stato additato da taluni il trattamento de] personale operaio presso gli stabilimenti ausi liari il quale, oltre l'esonerazione dal rischio della vita e dai gravi disagi, riceveva assai alti salari; ed è stato appurato che altri sistemi più equitativi nella distribuzione del rischio e dei vantaggi economici fra combattenti ed esonerati avrebbero potuto essere adottati senza pregiudizio della quantità e qualità del materiale bellico prodotto ... .». La Commissione intendeva accertare, altresì , se nella determinazione del personale oper~io fossero intervenute considerazioni di carattere politico. Dallolio, convocato fra gli altri dalla Commissione, affermava88 che, nell'affrontare tale problema, non si poteva prescindere delle reali condizioni nelle quali si era venuta a trovare, allo scoppio della guerra, l'industria italiana la cui potenzialità, come impianti e maestranze, risultava di gran lunga inferiore a quella necessaria. Dj conseguenza, il primo problema che il Sottosegretariato alle Armi e Munizioni aveva dovuto affrontare era stato quello della formazione di nuove maestranze non aventi obblighi di leva (donne e ragazzi) in sostituzione di quelle sottratte al1e officine dalla mobilitazione. Parallelamente si era agito richiamando nelle officine, in veste di operai comandati o esonerati , parte di quanti già avevano lavorato in quegli stabilimenti . Nella sua deposizione egli sosteneva che: - strada facendo «parecchie revisioni furono successivamente ordinate nei riguardi delle concessioni di esoneri; alcune di queste revisioni, anzi, furono eseguite da Commissioni nelle quali era rappresentata la categoria dei padri di famiglia (aventi dei figli al fronte) e quella dei mutilati.» - varie volte era stata ventilata l'ipotesi di una possibile rotazione fra operai delle officine e truppe combattenti risultata, all'atto pratico, incompatibile con la situazione della mano d'opera. Il provvedimento sarebbe stato «possibile ad un solo patto: che il Paese avesse potuto disporre di operai, nei
!bici., p. 9 .679. APTGP, serie fascicoloni, fase . III, f. 2; fase . VII, f. 14. s; Circolare Comando Supremo - Riparto Operazioni n. 10.985 in data 12 aprile 1917. u APTGP, serie fascicoloni. 85 86
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singoE mestieri, in numero maggiore cli quello occcmente alle industrie di guen-a; ché solo in tal caso si sa.rebbero potuti organizzare dei turni sostituendo sistematicamente coloro che già avevano fatto servizio in officina con altri di capacità presso a poco equivalenti provenienti dal fronte»; - si era verificata «costantemente una notevole deficienza di mano d'opera rispetto le richieste delle industrie; deficienza che in qualche momento specie a causa dello sv.iluppo del1e industrie aeronautiche, raggiunse i 50.000 operai»; - era errato confrontare i salari degli operai «con la mercede relativamente minima, che riceve, in danaro il soldato dei Corpi mobilitati. I1 soldato, difatti, riceve in più alloggio, vitto e il sussidio per la famiglia; mentre l'operaio deve pensare col suo salario a tutto; e non è esagerato affennare che un operaio, per quanto di modeste pretese, non può oggi vivere da solo (ed il caso generale è appunto quello in cui l'operaio vive lontano dal la famiglia) con meno di 4 o 5 lire al giorno circa; somma che va poi molto aumentata in certe regioni, dove il costo della vita è ancora maggiore del medio.» Del problema degli esoneri se ne sarebbe riparlato ancora nell'aprile del 1918. Alla Camera, rispondendo a diverse interpellanze, il Ministro della Gue1Ta, Zupelli, affermava che il numero, già considerevole, di esonerati non era ritenuto sufficiente dal Ministero dell'Agricoltura, e quindi, d'accordo con quel Dicastero, si stava cercando di «conciliare le esigenze opposte degli esoneli e del l'efficienza delI'Esercito>>. In quella stessa occasione, ad alcuni Deputati che sollecitavano il congeda.mento degli inabili, Zupelli ribatteva rivendicandone l'utilità per l'Esercito: «Ma abbiamo bisogno anche degli inabili tanto in zona cli guerra quanto nel territorio! Per esempio, adesso in zona di guerra li utilizziamo per lavori di fortificazioni, perché avendo disgraziatamente dovuto rit.inu:ci dalle nostre prime linee, abbiamo bisogno cli creare delle linee arretrate per ogni ragione di sicurezza molto evidente. Nel territorio poi adopriamo gli inabili nei depositi, nei magazzi ni e in molti incarichi a cui la loro attit11dine fisica può resistere . .. Altri provvedimenti, oltre a quello dell'esonero, completeranno le forze vive occorrenti per l'agricoltura. Accorderemo delle licenze, come già si è fatto; concederemo dei reparti di territoriali per i lav01i agricoli e forse anche degli altri elementi, seguendo sempre il suggerimento del Ministro dell' Agricoltura.»89 Il problema delle agitazioni operaie L'Italia aveva conosciuto il problema del dissenso politico ancor prima della Grande Guerra. La guena libica, infatti, era stata l'innesco di diverse proteste, condotte dalle forze neutraliste sotto il paravento della antieconomicità del conflitto. Il 15 febbraio 1914, il Partito socialista aveva indetto presso la Camera del Lavoro di Foggia un «pubblico comizio di protesta contro le spese della guerra in Libia» al quale aveva partecipato un centinaio cli persone.')0 Lo stesso giorno avevano avuto luogo: - a Modena, e in diversi comuni cli quella provincia, «pubblici comizi sul tema "Le spese cli gue1ra e l 'azione dei deputati socialisti." Gli oratori ... spiegarono le ragioni d'ordine morale ed economico per le quali il gruppo parlamentru:e socialista ed il proletariato debbano essere e sono avversari de Ila impresa libica» ;91 - a Voltri, un comizio socialista al quale erano intervenute circa 400 persone. L'oratore aveva stigmatizzato l'entrata in guerra senza che prima fosse stato interpellato il popolo con « .. . le solite tirate contro la guerra, contro la borghesia ... », ma ad un certo punto aveva accennato alle respon sabilità del Sovrano, cosicché era stato intenotto e redarguito dal delegato di P.S . presente;92
Legisl. XXIV, l" Sessione, Discussioni, Vol. XV, p. 16.430. fondo Ministero Interno, Direz. Gen .le P.S. Div. AA. GG. RR., B 21 , fase. Ancona, telegramma della Prefettura di Foggia del 15 febbraio 1914. 9 1 ACS, fondo Ministero Interno, Direz. Gen .le P.S. Div. AA. GG. RR., B 21, fase. Modena, telegramma della Prefettura cli Modena ciel 16 febbraio 1914. 92 ACS, fondo Ministero Interno, Direz. Gen.le P.S . Div. AA. GG. RR., B 21, fase . Genova, telegramma della Prefettura di Genova ciel 16 febbraio 1914.
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APCD ,
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- a La Spezia, nel salone dell' «Unione Fraterna», un comizio «contro le spese della guerra libica ... ». Gli oratori, fra i quali un anm-chico, avevano deplorato «il danno economico causato dalla guerra libica, facendo plauso alla campagna che in proposito si sta svolgendo alla Camera dal gruppo socialista.»93 - a Milano, un comizio piuttosto breve nel quale, dopo gli iniziali interventi moderati, l' «ambiente fu sommamente riscaldato da discorso violenti ssi mo avv. Bonavita continuamente interrotto dal Comrnissario P.S . presente. Convenuti ... non erano tutti socialisti ma molti dei peggiori elementi né operai né socialisti .. .». Cos icché , non appena l'oratore ebbe accennato ali' impossibilità del Principe ereditm-io di poter regnare, «cominciarono grida estremamente sovversive» e, dopo gli squilli di rito , il comizio venne sciolto, con serie difficoltà delle forze dell 'ordine per disperdere j comizianti'. 94 Il success ivo 20 febbraio, a Sampierdarena , nel Chiostro del Palazzo dell'Istruzione si era tenuta una conferenza dal titolo Labriola e la guerra libica, nel corso della quale era stata raccomandata «una forte organizzazione per arrivare all'internazionale , al collettivismo ed alla socializzazione dei mezzi del lavoro» .95 Due giorni dopo , al Teatro del Popolo, presso la Camera del Lavoro di Ancona, durante un comizio contro l'impresa libica, un oratore aveva dimostrato come «il socialismo sia l 'unico partito economico e sincero che torni a benefizio del proletariato, mentre i fautor i della colonizzazione altro non fanno che favorire i capitalisti e fornitori, volgendo a profitto di questi i milioni che diversamente andrebbero a benefizio delle popolazioni .»96 Dopo lo scoppio della prima guerra mondiale le agitazioni erano avvenute, almeno apparentemente e nella fase iniziale, a causa di vertenze economiche, nelle quali poi interveniva la catena dei CMI e, se necessario, lo stesso CCMI, ma a volte erano sorte anche per solidarietà verso operai che avevano subito sanzioni disciplinari.97 Le istanze poste più di frequente erano state: - l 'adeguamento della retribuzione agli operai che nelle J2 ore non superavano, cottimo compreso, la paga di 3,50 lire;98 - la maggiorazione dell'indennità caro-vi veri ;99 - una legislazione sulla concessione di alloggi ad affitto equo; 100 - la riduzione del lavoro giornaliero a 10 ore. 101 Verso la fine del 19 17 era comparso addirittura un appello , lanciato dalla Lega Metallurgici di Torino, per ia riduzione a otto ore di lavoro giornal ie-
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ACS, fondo Ministero Interno , Direz. Gen.le P.S . Div. AA. GG. RR., B 21, fase . Genova, telegramma della Prefettura cli
Genova del 16 febbraio 1914. ACS , fondo Ministero Interno, Direz. Gen .le P.S. Div. AA . GG . RR., B 21, fasc . l\tlilano, telegramma della Prefettura di Milano del 19 febbraio 1914. 95 ACS, fondo Ministero Interno, Direz . Gen .le P.S . Div. AA . GG . RR., B 2 1, fase. Genova, telegramma della Prefettura di Genova del 23 febbraio 1914. 96 ACS , fondo Ministero Interno, Direz. Gen.le P.S . Div. AA. GG . RR ., 13 2 1, fase. Ancona, telegramma della Prefettura cli Ancona del 22 febbraio 1914. 97 È il caso, per esempio, cli quanto accadde il 7 dicembre 19 15 a Sestri Ponente, dove le maestraze avevano incominciato a tumultuare per il fenno, da parte elci Carabinieri, cli «un membro della Commissione operaia dello Stabilimento San Giorgio e noto agitatore», che alcuni giorni prima aveva commesso un rifiuto di obbedienza nello stesso stabilimento, «essendosi egli assentato dal lavoro senza il permesso del Capo Repa1io che anzi avevagli ingiunto cli non allontanarsi». Cfr. ACS , fondo M inistero Interno, Direz. Gen.le P.S . Div. AA . GG . RR., 13 . 54 A, Cat A5G, telegramma della Prefettura di Genova dell' 8 dicembre 1915. 9 s ACS, fondo Preside nza Consiglio Ministri, Conflagrazione europea ( 19 l 4-18) Rubriche B. 19 .5 .8. fase l/28 Genova. 99 ACS, fondo Ministero Interno, Direz. GenJe P.S. Div. AA. GG . RR., conflagrazione europea (1914- 18) B. 53B, Cat. A5G, fase . Genova agitazione metallurgici, telegranuna della Prefettura d i Genova del 25 aprile 1917. 100 ACS, fondo Presidenza Consiglio Ministri, Conflagrazio ne europea ( I 9 I 4- 18), Rubriche B. 17 .1.4. 10 1 ACS, fondo Ministero Interno, Direz. Gen.le P.S. Div. AA. GG. RR., B. 54 A, Cat A5G, telegramma della Prefettura di Genova del 29 novembre 191 5 . 9 '
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ro; aspirazione poi ripresa nel maggio del 1918 dagli operai della Galileo di Firenze i quali, per dimostrare che la parità di produzione poteva essere raggiunta lavorando meno di dieci ore « .. . da qualche tempo si presentano in orario all'officina, ma incominciano a lavorare circa mezz' ora dopo, e pur restando nello stab:ilimento smetterebbero di lavorare mezz'ora prima deH ' ora stabilita, riducendo così, l'orario a poco più di otto ore.» In merito alle richieste economiche, fra gli industriali prevaleva la considerazione che gli operai, dall'inizio del conflitto, «se pur non hanno ottenuto un compenso sotto il punto specifico di "caro-vive1i", hanno indubbiamente migliorato, e di molto, le loro condizioni conseguendo un beneficio che va oltre il 65% della mercede che avevano prima della guerra.>> 102Inoltre, il vantaggio del cottimo, ottenuto dalla maggioranza degli operai, per lo più poteva essere valutato al di sopra del 40%, mentre la media sull'intera maestranza toccava il 36,44%. 103 In conclusione, considerato l'intenso sviluppo dato al lavoro straordinario, gli industriali ritenevano che «malgrado lo speciale stato presente, le condizioni delle maestranze non abbiano, in relazione ad altre classi, un disagio così sentito che valga a legittimare la loro insistenza di fronte ad un beneficio di già sensibile che la Ditta ha creduto di poter proporre». 104 Dati questi presupposti, ne discendeva che comporre le vertenze risultava sempre difficoltoso . Ma, se la politica di Dallolio mirava a conciliare le esigenze economiche col regolare andamento della produzione - egli esaminava pure i memoriali arrivatigli da parte operaia, a patto che fossero richieste singole, non collettive - in campo industriale comparivano anche posizioni diverse , come ad esempio quella del Presidente dell'Ansaldo, Pio Perrone. Perrone, infatti, al Commissario dell'emigrazione, aveva denunciato che «l'agitazione» assumeva «la parvenza di un conflitto economico tra il capitale e la mano d'opera, ma il suo secondo fine politico appare evidente esaminandone lo svolgimento»;105 e questo perché la Casa ligure attribuiva le proprie difficoltà all ' azione di «loschi maneggi» originati, in genere, nella vicina Svizzera. Nel settembre 1915 , da parte di operai deH 'Ansaldo , si era verificato uno stillicidio di richieste del passaporto per poter emigrare in Francia e l'abnorme domanda veniva attribuita ali' opera di <<agenti austro germanici» che tendevano a sobillare le masse operaie allo scopo di inceppare la produzione bellica italiana.1()6 Va specificato, peraltro , che l'emigrazione italiana riguardava soltanto operai non specializzati. Sul tema esistevano drastjche disposizion i e, si rileva da un telegramma del Commissario Generale della Emigrazione presso il Ministero degli Affari Esteri inviato all 'Ansaldo, che le disposizioni adottate per impedire l'esodo di operai meccanici venivano applicate con tale rigore che era stato riscontrato un solo caso di espatrio clandestino. 107 11 J7 settembre 1915 l'ingegner Serra, dell'Ansaldo, aveva inviato una lettera «riservatissima» al Presidente Pio Perrone, segnalando che fra gli operai circolava una diceria sulle retribuzioni degli operai metallurgici in Francia, molto «diverse» da quelle adottate in Italia.11 funzionario, collegando alcuni episodi isolati, era pervenuto alla costruzione cli un «teorema» relativo a «losch i maneggi che avverrebbero nella vicina Svizzera ... pare che vi siano là riunioni, scopo delle quali sarebbe il coordinamento di un piano per sobillare le masse lavoratrici italiane . ..».108 Se1rn, perciò, proponeva la completa militarizzazione della Casa ligure e la proclamazione dello Stato di guerra in Liguria, allo scopo di poter allontanare gli «eventuali agenti provocatori e spie» e far ritornare le maestranze «tranquille e laboriose».
ACS , fondo Ministero Armi e Munizioni, Miscellanea Uffici diversi, B. 246, lettera del la FIAT San Giorgio al civrr della Liguria del 12 aprile 1917 p. 3; Ministero Interno-Direz. Gen.le P. S. al Sottosegretariato Armi e Munizioni del 28 novembre 1916 103 ACS , fondo Ministero Anni e Munizioni, Miscel lanea Uffici diversi, B . 246, lettera della F iat San Giorgio al CM I della Liguria del 12 aprile 1917 p. 3 . 104 ACS, fondo Ministero Anni e Munizioni. Miscellanea Uffici diversi, B. 246, lettera della fiat San Giorgio al CM L della Liguria del 12 aprile 1917 p. 4. 105 FONDANSGE , fondo PeITone, SSR, b. 593, f. 14, lettera d i Pio Perrone al Commissario dell'emigrazione dcll'8 ottobre .19 15. ,or. FONDANSGE, fondo Perrone , SSR, b. 571, f. 23, lettera al Commissario dell'em igrazione clell'8 ottobre I 9 I 5 . 107 FONDANSGE, fondo Perrone, SSR, b. 448, f. 9, teleg.ma del Commissario dell'emigrazione all'Ansaldo. ,os FONDANSGE, fondo Ferrone, SSR, b. 448 , f. 9, p . 3, lettera a l Presidente del!' Ansaldo ciel 17 settembre 19 I7. 102
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Ma il Commissario Generale dell'emigrazione, al quale era stata inviata per conoscenza tale lettera, escludeva l'esistenza dei <<loschi maneggi» denunciati, confermando, invece, la veridicità della differenza di retribuzione fra Francia e Italia. Di conseguenza egli ricollocava il problema nella sua naturale ottica economica e suggeriva piuttosto l' opportunità di aumentare i salari, per frenare l'emorragia di lavoratori verso l'estero. Con questa mossa egli sperava di evitare possibili rimostranze da parte operaia, escludendo di poter continuare nella politica seguita sino a quel momento, diretta a bloccare l'espatrio degli operai specializzati .109 Il Presidente dell'Ansaldo Pio Perrone, al contrario, forte dell'appoggio del Ministero dell'Interno , e fermo nella sua visione di «loschi maneggi», rispondeva a stretto giro di posta al Commissario dell'emigrazione sempre riferendosi alle azioni destabilizzanti ordite «nella vicina Svizzera», che «mediante l'opera di agenti austro-german ici, tendono a sobillare le maestranze operaie italiane allo scopo di inceppare, ed arrestare i lavori per ]a preparazione del materiale guerresco.» Perrone, inoltre, in una lettera indirizzata al Comandante della Divisione Militare di Genova , paventava la possibilità di eventuali azioni da parte di chi «pescava nel torbido» e affermava di essere sempre più persuaso che si trattasse di un «movimento politico fomentato da sobillatori>> .JJo In linea di massima però, a giudizio di tutta la classe industriale, e non solo di Perrone, le maestranze si stavano facendo sempre più «audaci» . La seguente comunicazione del Consorzio Industriale Ligure datava 1 agosto 1917: « ... Si è giunti ormai al punto che una gran parte della massa operaia incitata e guidata da mestatori senza scrupoli che agiscono con un ben determinato fine non economico ma politico e la cui audacia cresce ogni giorno più a misura che vedono restar impunito ogni loro atto più spinto, si è formata (legittimamente, si potrebbe quasi dire) la convinzione di poter tutto osare ... ». 11 1 Questo stato di cose aveva spinto a comportamenti oltranzisti anche elementi dapprima attestati su posizioni moderate: « ... In conseguenza della soluzione avutasi nello sc iopero di Sestri, la Camera del Lavoro di Savona la quale finora aveva saputo dimostrare una certa moderazione , non si è peritata di indirizzare al Comitato Regionale per la Mobilitazione Industriale della Liguria un memoriale, in appoggio ad una serie di domande delle maestranze della Società Westinghouse , con aperte minaccie di trascendere ad atti estremi in caso di non accoglimento delle domande/ .. .». 11 2 La pervicace posizione dell'Ansaldo, comunque, poggiava anche su alcuni dati e fonti attendibili: l) la possibilità che, almeno in parte, j timori della Casa ligure fossero motivati dall'opportunità di giustificare in anticipo possibili ritardi sulla produzione; 2) l'eventualità che alla base di diverse agitazioni propugnate come 1ivendicazione di miglioramenti economici, ci fosse una matrice politica. Il Comando di Divisione di Genova, nel luglio 1917, aveva segnalato che le agitazioni verificatesi nello stabilimento ausiliario Odero, di Sestri Ponente, erano state pilotate dalla Camera del Lavoro di Sestri, che intendeva effettuare un test sui rapporti di forza esistenti fra il «partito operaio avverso alla guerra» e le restanti maestranze; 113 3) la presenza di nuclei di spionaggio tedesco in Svizzera, confermata da un'informativa della Prefettura di Genova sull'esistenza nella città ligure di una sezione del Consolato francese, denomi-
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FONDA1'JSGE,
fondo Perrone, SSR , b.449, f. 9 , lettera del Commissario dell'emigrazione del 30 settembre 1915.
°FONDANSGE, fondo Pe1Tone, SSR, b . 593 , f. 14, lettera dell'Ansaldo al Comanclame della Divisione di Genova del 10 marzo
1916. fondo Presidenza de l Consiglio Ministri , confiagrazione europea ( 1914-18) Rubrica, B. 19.6.5 , fase . Sestri Ponente, agitazione operaia, lettera del 1° agosto 19 17 p. I. 112 ACS, fondo Presidenza del Consiglio Ministri, conflagrazione europea (19 14-18) Rubrica, B . 19.6.5, fase . Sestri Ponente, agitazione operaia, lettera del 1° agosto .l917 p. 2. 3 '' ACS, fondo Ministero Interno, Direz. Gen.le P.S. Div. AA. GG. RR, B. 54 A, Cat A5G , lettera del 6 luglio 1917 al Ministero della Guerra. "' ACS,
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nata «Mission Marittime francaise de ravitaillement et d'achat», che si occupava del controspionaggio in Svizzera;114 4) la segnalazione, effettuata dal Generale Dallolio con una lettera inviata all'Ufficio Riservato del Ministero dell 'Interno, del serpeggiare, fra le masse operaie degli stabilimenti produttori di munizionamento, di agitazioni dalle quali non poteva essere esclusa l'estraneità «anche degli agenti stranieri, e dei rappresentanti dei partiti sovversivi più spinti» .11 5 Le infrastrutture per le quali Dallolio indicava come necessarie la sorveglianza e l' adozione di misure precauzionali erano gli stabilimenti meccanici e siderurgici di Genova, Sampierdarena, Sestri Ponente, Savona e la Fabbrica di esplosivi di Cengio in Liguria, gli stabilimenti meccanici e siderurgici di Milano e Torino in Lombardia e Piemonte, gli stabilimenti meccanici e siderurgici di Terni, Piombino e dell'Isola d'Elba, nonché le fabbriche di esplosivi dell'Italia Centrale, gli stabilimenti meccanici e siderurgici di Napoli, Pozzuoli e Casteilamare in Campania; 5) la condivisione del punto di vista dell'Ansaldo da parte del Ministero dell'Interno che, con lettera «riservata-urgente», scriveva ai Prefetti di Torino, Milano , Genova, Bologna, Roma e Napoli segnalando il propagarsi di «un vivo movimento» apparentemente impostato su questioni salariali. « ... Tuttavia si avverte il fondamento ed il nascosto movente politico di questa minaccia e, da notizie pervenute anche dal Ministero della Guerra, sembra che a tale lavorio non siano del tutto estranei, oltre i rappresentanti dei partiti sovversivi più avanzati, anche agenti stranieri ... »;11 6 6) l'ammissione della Prefettura di Genova, riguardo alla possibilità di infiltrazione nemica, che evidenziava come, da una situazione di malumore deile masse operaie, creata da questioni salariali, ne traessero vantaggio «i sobillatori e coloro che a scopo politico e, come si lascia supporre, per incarico di agenti stranieri potessero avere interesse a che i rifornimenti per l'esercito combattente non abbiano tutta quella efficienza che è indispensabile; e come questo buon giuoco sia ancor più evidente in certi stabilimenti ove, come a Sestri Ponente, la massa operaia è per la gran parte costituita da elementi socialisti ufficiali, già per sentimento politico poco favorevoli alla guerra»; 117 7) la precisazione, sempre della Prefettura di Genova, da cui emergeva che, nella numerosa colonia di stranieri esistente in città, formata specialmente da tedeschi, non era stato riscontrato alcun caso cli pericolo per la sicurezza del Paese. La massa di denuncie pervenute, per lo più anonime, sembrava dettata da rancori personali, o peggio, da bassi sentimenti di venclette; 118 8) il riconoscimento, da parte del Ministro dell'Interno, Salandra, del pericolo proveniente dai sobillatori, e il conseguente invio di una lettera «riservata alla persona» a tutti i Prefetti auspicando che gli Organi della Mobilitazione Industriale si sentissero « .. . costantemente e validamente sostenuti dalle autorità politiche». Salanclra sollecitava ad agire sempre di comune accordo <<. •• sia per prevenire qualsiasi inconveniente che per colpire con la maggiore energia coloro che alla disciplina della militarizzazione non volessero sottostare, e più specialmente coloro che dalla rigorosa osservanza degli obblighi dalla militarizzazione medesima derivanti cercassero cli distogliere le masse operaie ... »; 119 9) il mancato accoglimento cli queste segnalazioni nelle valutazioni ufficiali. Soltanto in un appunto del Comando della Divisione Militare Territoriale di Genova, del 6 settembre 1916, si accennav~. alla
ACS, fondo Ministero Interno, Direz. Gen.le P.S . Div. AA. GG. RR, B. 53, fase. I 15, Cat A5G lettera della Prefettura di Genova del 16 agosto 1917. Hs ACS, fondo Ministero Interno, Direz. Gen .le P.S. Div. AA. GG. RR Cat A5G lettera del Sottosegretariato Arn1i e Munizioni del 27 ottobre 1915. 116 ACS, fondo Ministero Interno, la Guerra Mondiale, B. 46 fase. 108, CatA5G, lettera della Direz. Gen.le della P.S. del 3 novembre 1915. 111 ACS, fondo Presidenza del Consiglio dei Ministri, Conflagrazione Europea, B. 19. 5. 8 , fase. 1/28 Genova, lettera della Prefettura di Genova - Gabinetto al Presidente del Consiglio del 5 novembre 1915, p. 4. 11 8 ACS, fondo Presidenza del Consiglio dei Min:istri, Conflagrazione Europea, B. 19. 8. 1, fase. 11, Condizioni Provincia di Genova, lettera della Prefettura di Genova - Gabinetto alla Presidenza del Consiglio ciel 16 agosto 19 I 5. 119 ACS , fondo Ministero Interno, l" Guerra Mondiale, B. 46 fase. 108, Cat ASG, lettera cli Salandra del 12 novembre 1915. 1"
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notizia «da fonte attendibile» che un noto antimilitarista <<agisce per istruzioni dirette che gli vengono dal consolato germanico di Lugano». 120 Senza dubbio, l' azione propagandista da parte di anarchici o neutralisti era particolarmente attiva in Liguria,121 anche perché gli elementi già presenti sul territorio erano stati rinforzati , «involontariamente», dall'afflusso di squadre di operai da Piombino, «ligie effettivamente al giornale pisano "L'avvenire pisano"» oltre che a «"L'Avvenire Anarchico" molto diffuso a Sampierdarena, Sestri Ponente, ecc.» 122 La classe operaia, inoltre, cercava di rendere partecipe quella impiegatizia sposandone le rivendicazioni . Emblematico il coinvolgimento dei «marcatempo» - per i quali le «frizioni» con gli operai erano molto comuni - che si evince da un volantino molto esplicito dell ' ottobre 1915: <<Compagni di lavoro ... l' avere nostro amico il marcatempo vuol dire molto. Cogliamo l'occasione per fargli del bene ed egli sarà con noi. Agitiamoci, o lavoratori, facciamo un atto qualsiasi di protesta affinché la ditta possa piegarsi ai giusti desideri di questa classe di impiegati e domandiamo noi pure un aumento di salario come è stato accordato in moltissimi stabilimenti di Milano e della Liguria.» 123 In questo clima: - risultava molto agevole l'azione di pochi ma agguerriti sobillatori. Ne è riprova il comportamento (giugno 1917) degli operai di molti stabilimenti di Sestri Ponente, che si erano accodati senza intoppi allo sciopero iniziato dai metallurgici della Ditta Odero, creando «una massa operaia di circa 15 mila persone>> e facendo temere che l'astensione dal lavoro dilagasse ulteriormente creando «un grave perturbamento della produzione del materiale bellico>>; 124 - veniva stabilita, in un congresso tenutosi a Savona fra i rappresentanti delle leghe metallurgiche e delle Camere del Lavoro locali, l'unjficazione di «tutte le organizzazioni della Liguria ed in ciò sono già d'accordo le leghe cli Sampierdarena, Voltri, Rivarolo, Bolzaneto, ripromettendosi fra l'altro da tale accordo, il livellamento delle paghe fra gli operai dello stesso mestiere». 125
In Liguria convergeva anche l' attività delle organizzazioni operaie delle regioni limitrofe. Come scri veva il Comando Divisione Territoriale di Genova, «le Camere del Lavoro e la Federazione Metallurgica di Torino, svolg6no da parecchio tempo un 'opera deleteria per la disciplina spingendo gli operai a maggiormente organizzarsi ed a chiedere continui aumenti di paga. Elementi perturbatori diretti dal Segretario della Federazione Metallurgica di Torino svolgono la loro attività nei maggiori centri operai della Liguria .. .»'26 Genova, in particolare, data la sua massa di operai , costituiva una meta ambita dalle forze sindacaliste, il cui scopo era anche di verificare il numero di maestranze solidali su cui poter fare assegnamento per ulteriori agitazioni. Risultava, infatti, che nell'aprile del 1917 la Direzione del Sindacato Metallurgico di Torino avesse intenzione cli diramare , alle Associazioni e ai Gruppi cli operai inscritti, disposizioni per la sospensione del lavoro in tutti gli stabilimenti. 127 Facendo propria questa azione, la
ACS, fondo Ministero Interno, l" Guerra Mondiale, B. 46 fase. 108, Cat A5G, lettera del C .do Div. Mil. Terr.le di Genova del 6 settembre 1916. 111 Risulta che a Sampierdarena treni carichi di militari diretti al fronte siano stati oggetto cli grida ostili (B 54). 112 ACS, fondo Ministero Interno, Conflagrazione Europea, B. 54, Cat A5G, lettera del C.clo Div. Mii. TeJT.le cli Genova del 6 settembre 1916. m ACS, fondo Ministero Interno, Direz. Generale P.S., B . 46, Cat. ASG, J." Guerra n1ondiale fase. 108. 12 • ACS , fondo Ministero Interno, Direz. Generale P.S ., B. 53A, Cat. ASG , fase . Sestri Ponente, agitazioni metal Iurgici. 125 ACS , fondo Ministero Interno, Direzione Gen.le P.S., Div. Affari Generali e Riservati, B. 54 A, Cat. ASG, lettera Sottosegretariato per le Anni e Munizioni al Ministero Interno del 4 settembre 1916. 126 ACS, fondo Ministero Interno, Conflagrazione Europea, B. 54, Cat ASG lettera ciel C.clo Div. Mil. Terr.le di Genova del 6 settembre 1916. 117 ACS, fondo Ministero Interno, Direzione Gen.le P.S ., Conflagrazione Europea, (1914-18), B. 53 B , Cat.. ASG, Fase. Genova- Agitazione metallurgici . 110
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sezione socialista di Sestri Ponente, la sera del 29 luglio 1917 teneva una riunione nei locali deUa Camera del Lavoro deliberando di: 128 - comunicare alle altre Camere del Lavoro la data del 9 settembre quale « ... inizio del movimento rivoluzionario, avvertendo di tenersi ugualmente pronti qualora fosse ritenuto opportuno anticipare tale data di una o due settimane ... »; inviare propri rappresentanti a Torino per prendere accordi definitivi con le maestranze piemontesi. Dopo due giorni , sempre presso la Camera del Lavoro di Sestri Ponente - definita « ... centro della organizzazione della propaganda sovversiva della riviera» 129 - aveva luogo una seduta segreta in cui si deliberava un Ordine del giorno mettendo a punto una circolare da inviare alle altre Camere del Lavoro per la diffusione agli operai .130 Anche in questi frangenti il Generale Dallolio si era comunque riproposto di evitare il braccio di ferro fra padronato e maestranze, <<scongiurando», ai fini del mantenimento deH'autorità, il carattere collettivo delle richieste. Per questo , in seguito alle agitazion i di Sestri, che avevano fatto pensare a un futuro sciopero , l' 8 agosto 1917 Dallolio aveva inviato un telegra1mna all ' A1mnirnglio Coltelletti, Presidente del Comitato di Mobilitazione Industriale di Genova . «Prego VS . accordarsi con Prefetto Carbonelli allo scopo di fare tutto il possibile affinché movimento Sestri conservi assolutamente carattere economico e non esorbiti. Quindi prima cli tutto prego convocare per domani pomeriggio firmatari memoriale stampato facendo loro conoscere che è intenzione di mantenere saldo il principio di autorità e quindi non è possibile né accettare memoriale unico né tanto meno accettare il primo alinea . Però il M inistero vuole nei limiti possibi1i conciliare esigenze economiche col regolare andamento della produzione ed è quindi disposto di esaminare ogni singolo memoriale e fare concessioni che saranno giudicate eque e congrue rispetto a quanto hanno già concesso altri industriali. Se qualcuno degli operai inviati ai rispettivi corpi ha motivi fondati di lagnarsi nulla impedisce che neJle forme disciplinari prescritte presenti il relativo reclamo che sarà esaminato conforme giustizia come è stato fatto già per altri. T1 reclamo è ammesso individualmente come risultato di doverosa giustizia ma non come imposizjone collettiva. In conclusione fare tutto il possibile dal lato economico per impedire lo sciopero però evitare concessioni che abbiano carattere di debolezza o turbino la con131 tinuità del lavoro. Prego comunicare subito le presenti istruzioni al Prefetto. Ministro Dallolio».
ACS, fondo Ministero interno, Direzione Gen.Ie P.S ., Div. Affari Generali e Riservati, B. 54 A, Cat. ASG . Il testo è contenuto in una lettera riservatissima del Comandante della Legione Carabinieri cli Genova intitolata «Maneggi rivoluzionari a Sestri Ponente». Cfr. ACS, fondo Ministero Interno, Direzione Gen.le P.S ., Div. Affari Generali e Riservati, B. 54 A, Cat. A5G , lettera ciel 4 agosto 1917 al Comando del Corpo d 'Armata di Genova. 130 «CAMERA DEL LAVORO DI SESTRI PONENTE. Orcline del g iorno della seduta segreta del 29 luglio 1917. Questa Sezione , riu118
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nitasi in assemblea: - Visto l' affiatamento sincero tra i compagni, il desiderio manifesto cli ognuno cli far sorgere e rifiorire il moto già incominciato, discutendo in merito all'ordine del giorno ed all'invito della Sezione cli Milano, - Premessa la propria fiducia nell'azione fin qui svolta dalla direzione ciel partito , azione concorde ai de.liberati dei vari convegni e però rispondente alla linea d i condotta tracciata dal partito fin dall'inizio della guerra, - Considerato che la direzione ciel partito ha bisogno, specie in questo momento, d'essere confortata dalla cordiale collaborazione cli tutte le sezioni, - Considerato che il programma per affrettare la fine della guerra entra precisamente negli scopi prefissi dalla direzione ciel paitito, - Delibera d'essere concorde in tutto e per tutto coi compagni milanesi in una prossima rivendicazione dei diritti proletari.» La circolare, varata sempre nella riunione segreta ciel 29 luglio, conteneva frasi del seguente tenore <<ALLE ALTRE PER LA DIFFUSIONE Al COMPAGNI». «Vendicare gli oppressi ed i perseguitati è l'ideale nostro , = eccone a tergo le vittime.» - sul retro ciel foglio era incollato l'elenco degli operai condannati pei fatti dell 'ultimo sciopero tolti da un articolo del giornale TI Lavoro ciel 19 luglio 1917 - «Uniamoci adunque e nel nome grande e sacro della nostra immacolata fede rivoluzionaria a tutti gli oppressi pol itici dal di qua al cli là di ogni frontiera come agli esuli, agli internati , ai deportati della nostra terra e di tutte le terre cl 'esilio, cli tutte le steppe, le isole e le caserme del mondo, gementi sotto qualunque tirannide , sia di conforto il nostro saluto fraterno ed augurale di solidarietà e rivendicazione di libertà prossima ... ». 131 MCfm, fondo Dallolio, b. 948, f. 23, I. 4, cfr. anche ACS, fondo Presidenza Consiglio Ministri, Conflagrazione europea ( I 9 I 4- I 8), B. 19.6.5, fase. Sestri Ponente, agitazione operaia.
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Tuttavia, come avevano spiegato i responsabili dei singoli stabilimenti, le agitazioni venivano iniziate e condotte per questioni economiche, anche se non poteva essere escluso il movente politico. Del resto, presso il Sottosegretariato per le Armi e Munizioni quest'ultima ipotesi era stata presa in considerazione da tempo: <<già in occasione dello sciopero degli operai appartenenti a tutti gli stabilimenti Ansaldo effettuatosi nel marzo scorso [1916] l'Autorità Militare ... prospettò l'ipotesi che altri elementi, che non soltanto quelli economici, avessero influenza sull'atteggiamento ostruzionistico di quelle maestranze». 132 E pure l'Ammiraglio Coltelletti, Presidente del Comitato di Mobilitazione Industriale di Genova, aveva ritenuto che «le agitazioni, pertanto, devono avere altro movente, porta anche a crederlo la circostanza che fra il personale operaio non manca una corrente poco numerosa, ma abbastanza attiva, di neutralismo. Ed allora i movimenti invano travestiti come agitazioni economiche, avrebbero spesso' carattere prevalentemente pol itico» .133 Un'altra conferma dell'esistenza di moventi politici si era avuta nella riunione del 17 novembre 1916, alla Camera del Lavoro di Sestri Ponente, quando i partecipanti «vennero sollecitati organizzarsi per discutere schiavitù capitaliste dopo guerra ... » .134 In merito, Miozzi è del parere che una delie cause della progressiva riduzione delle forze di lavoro dovesse essere ricercata <<nell'attività svolta da certi ambienti politici del fronte neutralista che si manifestava attraverso scioperi, astensioni dal lavoro "a singhiozzo", ed anche (non di rado) per mezzo di frequenti agitazioni fra gli operai>>. 135 «La situazione, comunque, poté essere adeguatamente fronteggiata e le diminuzioni tra le forze lavorative, che erano state registrate nei primi mesi di guerra, vennero progressivamente ad attenuarsi . Tanto che da11'8,40% del primo biennio di guerra, fu possibile passare ad un 4 ,88% nel secondo biennio». 136 In ogni caso, va detto che, durante il lavoro di ricerca, nella documentazione relativa alle manifestazioni di Genova, diversamente che in quella consultata per i moti di Torino dell'agosto 1917, non si è trovato a1cun riscontro a denunce che inducessero a ipotizzare «infiltrazioni da parte del nemico». Si rinnova allora il dubbio che queste ultime «denunce» fossero state un'azione preventiva attuata dall'Ansaldo per declinare responsabilità in caso di eventuali ritardi nella produzione. Ciò sembrerebbe avvalorato da una lettera inviata dalla Casa ligure al Comandante della Divisione di Genova, in cui, fra l'a1tro, si parla di sobillatori «che non dovrebbe esse.re difficile ad identificare»,m quasi a voler demandare ad altri la responsabilità della sorveglianza nei propri stabilimenti o, quanto meno, coinvolgerli nel raggiungere l'obiettivo di una migliore produttività. Nel gennaio 1917, infatti, Pio Perrone aveva scritto al Ministro dell'Interno 138 chiedendo di poter «affidare ai Reali Carabinieri la polizia interna e segreta dei nostri stabilimenti ... sia per impedire i furti di m~teriale, che si verificano con frequenza, sia per altre ovvie ragioni.» Un provvedimento del genere si era reso necessario a seguito delle numerose assunzioni di maestranze fra ]e quali si erano infiltrati «alcuni anarchici sovversivi certamente male intenzionati». In sintesi , Pio Perrone mirava a ottenere «a nostra disposizione un adeguato numero di militi affinché, travestiti, facciano tale servizio».
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ACS , fondo Ministero Interno, Conflagrazione Europea B. 54, Cat ASG, lettera del Sott.osegretariato per le Armi e Munizioni del 6 settembre l916 al Ministero dell'Interno. m ACS, fondo Ministero Interno Conflagrazione Europea, B. 54, Cat A5G, lettera dell'Ammiraglio Coltelletti al Sottosegretariato per le Anni e Munizioni del 30agosto 19 J6. 13 " ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni , Miscellanea Uffici diversi, B. 246, lettera del Ministero Interno- Direz. Gen .le P. S. al Sottosegretariato Armi e Munizioni del 28 novembre 1916. rn U.M. Miozzi, La Mobilitazione Industriale italiana ... , op. cit. , p. 50. I J6 fbicf. 13 ; FONDANSGE, fondo PeJTone, SSR , b. 593, f. 14, p. 2, lettera cieli' Ansaldo al Comandante della Divisione di Genova Miscellanea Uffici diversi. 133 ACS, fondo Ministero Interno, Direz. Gen.le P.S. Div. Affari Generali e Riservati, B. 54, Cat A5G, lettera del Presidente deH' Ansaldo - gennaio I 917.
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Sull'argomento delle possibili incidenze straniere era intervenuto , ancora, personalmente il Generale Dallolio che, il 17 novembre J 916, scrivendo al Ministro dell' Interno, ne aveva richiamato l'attenzione sul fatto che «per quasi tutte le Ditte ausiliarie di quella regione [Liguria] aumenti e benefici economici avvennero o per mutuo consentimento tra maestranze operaie e rispettive Direzioni o per l'intervento del competente Comitato di Mobilitazione ... ». Questa constatazione, che egli aveva concluso affermando: « ... Non si tratta fondamentalmente di movimento o di agitazione economica», in effetti era ritiscita a sensibilizzare gli ambienti del Ministero dell'Interno per cui si tenne un summit fra il Ministro all'Interno, il Prefetto di Genova e il Sottosegretario per le Armi e Munizioni , allo scopo di valutare la situazione. 1' 9 L'ingerenza di pressioni esterne alla classe operaia era stata rilevata da alcuni comportamenti «inusuali» delle maestranze: - le maestranze della Società Italiana per Materiali Siderurgici Ferroviari (Ferrotaie) il 14 agosto 1916 avevano sottoscritto un verbale con il quale , in cambio di concessioni ricevute, così si impegnavano: «L'accordo sarebbe stato mantenuto lealmente senza ulteriori richieste di modificazioni e di aggiunte fino a due mesi dopo la fine della presente guerra.>> Ma tre mesi dopo la firma dell'accordo avanzarono una nuova richiesta di miglioramenti che costituiva una «palese infrazione al patto firmato»; 140 - le maestranze delle Feniere di Voltri, nel novembre 1916, avevano presentato, tramite una commissione composta da sette operai, un memoriale con cui avanzavano a.lcune richieste che, almeno in parte, erano accolte dal Direttore Tecnico. La conunissione, dichiaratasi soddisfatta, una settimana dopò si era ripresentata «aHa carica per ottenere altre migliorie», ancora una volta concesse dal Direttore Tecnico; «ma malgrado la dichiarazione di soddisfazione, ancora una volta ottenuta , dopo neanche 1O minuti si ripresentmono due operai dichiarando che la maestranza non voleva saperne dell'accordo>> per cui il Direttore Tecnico doveva constatare l'impossibilità di addivenire «ad un accordo stabile». 141 Ci si chiede, a questo punto, se fosse stato sempre conveniente evitare lo scontro fra classe operaia e Autorità costituita. Due testimonianze contrarie provengono dal Comando Divisione Militare Territoriale. La prima è riferita allo stabilimento Savoia, di Camigliano ligure. In seguito ad agitazioni avvenute nel 1916, il Comandante della locale D ivisione aveva denunciato quattro operai - che avevano chiesto al Direttore dello stabilimento di non lavorare - accusandoli di disobbedienza, e aveva revocato l'esonero ad altri 40, appartenenti alla categoria «operai esonerati». Fra le maestranze vi erano state immediate reazioni di protesta, rientrate , però, subito dopo l'intervento dell 'Ufficiale addetto alla sorveglianza e il pattugliamento «permanente» del cantiere da parte dei Carabinieri. 142 La seconda testimonianza risale a un anno più tardi allorché, sempre il Comandante della Divisione, aveva espresso il parere che i «lievi miglioramenti economici » dati agli operai, e ancor di più «l'impunità concessa non solo ad alcuni degli arrestati dall 'autorità di P.S . durante i disordini, ma eziandio a coloro che le autorità competenti avevano determinato di punire disciplinarmente, perché nominativa-
m ACS , fondo Ministero Interno Conflagrazione Europea , B. 53, Cat A5G, lettera di Dallolio al Ministro dell' Interno del 17 novembre 1916. 14" ACS , fondo Ministero Armi e Mun iz ioni, Miscellanea, Uffici diversi, B. 246, lettera di Ferrotaie al CM1 della Liguria del 29 settembre 1916, p. l. 14 1 ACS , fondo Ministero Armi e Mu1ùzioni, Miscellanea, Uffici diversi, B. 246, lettera delle Ferriere di Voltri al CM I della Liguria del 28 dicembre 19 I6, p . 2. 1' 12 ACS, fondo Ministero interno, Direz. Gen.le P.S., Divis. Polizia Giudiziaria, B. 261, fase. 13089 28-31 ( I 916-1918) lettera della Prefettura di Genova al Ministero Interno ciel 17 gennaio 1916.
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mente conosciuti e segnalati come i principali iniziatori ed istigatori allo ostruzionismo prima ed alla astensione dopo», avessero finito per costituire una vittoria della Camera del Lavoro. È pur vero che in tal modo era stato scongiurato lo sciopero generale, ma questo risultato aveva richiesto un alto prezzo per il prestigio dell'autorità, in quanto i dirigenti del movimento erano riusciti a «far credere alle masse che esse, sempre quando lo vogliano , sono padrone della situazione e potranno imporre la volontà loro» _1 43 Tale situazione, fra l'altro, consentiva che il fuoco covasse sotto la cenere, con il pericolo di far risorgere le proteste, motivate, in alternativa, dalla richiesta di altre maestranze di essere equiparate a quelle della Odero, o dalla presentazione di un memoriale unico contenente richieste inaccettabili. Per questo il Comandante della Divisione, Generale Marchi, conc1udeva che <<••• qualunque sia per essere il movente di questa nuova, più o meno prossima, ma non certo lontana, agitazione, essa ... darà assai filo da torcere .» 144 Con l'interpretazione ciel Generale Marchi era concorde il Comandante della Legione Carabinieri di Genova che, il 4 agosto 1917, scriveva: «L'agitazione degli operai di Sestri Ponente, termi nata col pieno accoglimento dei desiderata delle maestranze e con la liberazione degli operai militari ed esonerati che erano stati arrestati per ordine dell' Autorità militare, valse ad imbaldanzire i socialisti e la direzione stessa del partito che giustamente giudicando la vittoria operaia più politica che economica e ritenendo di aver infranto il principio di autorità, preconizzarono nuovi e più arditi progetti di ribellione, dichiarando apertamente di volerli effettuare a breve scadenza. I non pochi agitatori e propagandisti messi in libertà ritornarono fra le masse e ripresero con maggior accanimento l'opera loro incitatrice per tener desta l'agitazione in Sestri ed estenderla negli altri centri operai della riviera ... ». 145 Lo stesso Dallolio aveva condiviso questa impostazione anti-permissivismo, deprecando il comportamento dell 'On. Canepa che, per metter fine allo «sciopero veramente impressionante .. . avuto a Sestri» era andato, proposto da Orlando, trovando «subito la "geniale" soluzione. Libertà per tutti gli arrestati, compreso quello che aveva inneggiato alla rivolta, alle barricate, alla rivoluzione, al sabotaggio degli stabilimenti.» 146 Anche il Consorzio Industriale Ligure aveva ritenuto «... grave imperdonabile errore quello cli non persistere nei provvedimenti di rigore presi dalie Aut_orità Milrtari ; provvedimenti che erano consoni a giustizia (e, per di più sommamente opportuni in quel momento), offrendo alle masse lo spettacolo del completo esautoramento dell'Autorità stessa con la restituzione alla libertà del marciapiede dei responsabili dei tumulti» .1•17 Questo stato di cose, sempre secondo il Consorzio, avrebbe finito per scoraggiare ogni industriale che, pur facendo « .. . ogni sforzo per assolvere il compito affidatogli nell'interesse del Paese non si vede assecondato e coadiuvato dallo Stato nel mantenimento di ciò che oggi supremamente importa: la disciplina nello stabilimento». 148 Nella seduta del 15 dicembre 1917 , a]]a Camera, l'On. Maffi poneva un'interrogazione al Ministro delle Armi e Munizioni, per sapere se fosse a conoscenza «della grave agitazione creatasi nella massa operaia delle officine ferroviarie e meccaniche di Arezzo a causa di un lungo ed acerbo conflitto stabi-
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ACS, fondo Ministero Interno, Direz. Gen.le P.S. Div. Affari Generali e Riservati, B. 54 A, Cat. A5G, lettera del Comandante deUa Divisione Militare Territoriale del 6 luglio I 917 , p. l. 1 ·•• ACS, fondo Ministero Interno, Direz. Gen.le P.S . Div. Affari Generali e Riservati, B. 54 A, Cat. A5G, lettera del Comandante della Divisione Militare Territoriale del 6 luglio 1917 , p. 2. '"; ACS, fondo Ministero Interno, Direz. Gen.le P.S. Div. Affari Generali e Riservati, B. 54 A, Cat. A5G, lettera ciel Comandante della Legione Carabinieri ciel 4 agosto 1917, p. l. ,.,; APTGP, serie lettere ai familiari, lettera 9 luglio 1917 a Elsa . 147 ACS, fondo Presidenza del Consiglio dei Ministri, Conflagrazione Europea, Rubrica, B. I 9. 6. 5, fase . Sestri Ponente , agitazioni operaie, lettera ciel 1° agosto 1917 p. l . 148 ACS, fondo Presidenza ciel Consiglio dei Ministri, Conflagrazione Europea, Rubrica, B. 19. 6. 5, fase. Sestri Ponente, agitazioni operaie, lettera ciel 1° agosto 1917 p. 3.
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litosi fra la massa stessa ed il consigliere delegato della ditta; e se non creda necessario, a dirimere una divergenza sotto molti aspetti pericolosa, intervenire per una non differita soluzione ed a garanzia che non vengano tradotte in atto le minacciose rappresaglie.» 149 Il Min istro DaUolio ripercorreva brevemente i fatti per sottolineare l'intervento del CCMI: l'agitazione era stata intrapresa a luglio dalle maestranze dello stabilimento ausiliario, Officine Meccaniche, di Arezzo per ottenere l'aumento di paga e un'indennità caro-viveri. La vertenza con la ditta era stata sottoposta al Comitato Regionale di Mobilitazione Industriale che, con ordinanza dell'ottobre 1917, aveva accordato un aumento di indennità. La Ditta, però, presentato ricorso al CCM I, si era rifiutata di adempiere all'ordinanza fintanto che lo stesso Comitato Centrale non ebbe confermato i miglioramenti concessi dal Comitato regionale. In conclusione, rispondeva all'Onorevole interrogante che in ogni caso le rappresaglie da lui ventilate «non sarebbero [state] possibili , dato il controllo degli uffici della mobilitazione.»150 Su l finire della guerra le agitazioni operaie si erano ammantate di tre nuove motivazioni: la richiesta della pace, le rivendicazioni delle maestranze femminili, la mancanza di viveri. 1) La richiesta della pace La mattina del 14 ottobre 1918, gli operai dell'Officina della Società Industriale, a Roma, in seguito alla lettura di un comunicato apparso su Il Messaggero, relativo all'accettazione dei postulati di Wilson da parte della Germania, decidevano di scioperare «allo scopo di influire su l Governo ed indurlo a fare la pace» . I sei promotori dell'agitazione, tut6 operai esonerati, venivano arrestati, deferiti al Tribunale Militare e rinviati al Corpo. L'annuncio dei provvedimenti adottati, apparso su di un ordine di servizio, era sufficiente a far riprendere regolannente il lavoro. 151 2) La mancanza di viveri Il 18 maggio 1918, circa duecento operai della Miniera Calamita di Campoliveri, in Toscana, si astenevano «pacificamente» dal lavoro, per protesta contro la mancanza di viveri, riprendendolo al mattino del 21. Successivamente (23 maggio) il CMI della Toscana, nel comunicare l'esaurimento delle scorte di farina e grano cli Piombino, preannunciava manifestazioni da parte delle maestranze di quella località «il cui stato d'animo era già sovraeccitato per cattiva qualità del pane distribuito nei giorni precedenti a razione ridotta» .152 Erano emblematiche le agitazioni avvenute in Sicilia, ancorché ci si trovasse al centro cli una regione eminentemente agricola. Le prime agitazioni si avevano a metà luglio, nella miniera di Grottacalda (Enna) per la mancanza di farina e pasta,' 53 mentre il 29 dello stesso mese si astenevano dal lavoro tutti gli operai delle miniere di Villarosa (Enna) per la mancanza dj grano e di pasta da oltre un mese. In particolare, in quella zona si era dovuto fronteggiare il malumore della popolazione, dovuto al fatto che vi era un unico magazzino per la distribuzione di viveri, per cui, gli operai delle zolfare erano costretti ad assentarsi dal lavoro anche due giorni di seguito per poter prelevare gli alimenti _154 3) Le rivendicazion i delle maestranze femminili Il 15 maggio 1918, le maestranze femminili dei reparti caricamento e meccanico dello stabilimento Dora, a Torino, si astenevano dal lavoro per protesta contro la mancata comunicazione relativa alle
LegisJ. XXIV, 1" Sessione, Discussioni, Vol. XIV, p . 15.215. LegisJ. XXIV, 1• Sessione, Discussioni, Vol. XTV, p . 15.216. 15 1 ACS, fondo Pubblica Sicurezza, Cat. A5G - I " Guerra Mondiale, B. 46, Ministero Armi e Munizio1ù, CCMI, Bollettino settimanale Agitazioni Operaie, del 20 ott. 1918, p. 5. 15 • ACS, fondo Pubblica Sicurezza, Cat. ASG - l" Guerra Mondiale, B. 46, Ministero Armi e Munizioni, CCM I, Bollettino settimanale Agitazion.i Operaie, del 25 maggio 19 I.8, p. 4. 153 ACS , fondo Pubblica Sicurezza, Cat. ASG - la Guerra Mondiale, B. 46, Ministero Armi e .Munizioni, CCMJ , Bollettino settimanale Agitazioni Operaie, del 22 lug. 1918, p . 5. 154 ACS, fondo Pubblica Sicurezza, Cat. A5G - 1a Guerra Mondiale, B. 46 , Ministero Armi e Munjzioni, CCMI, Bollettino settimanale Agitazioni Operaie,del 3 ago. 1918, p. 5. 149
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loro richieste economiche. L'astensione durava sino alla conclusione di un accordo tra una commissione incaricata di risolvere la vertenza e il CMI per il Piernonte. 155 Il 19 luglio 1918, le operaie delle Officine Meccaniche di Bolzaneto, allorché suonava la sirena della ripresa del lavoro pomeridiano, si radunavano dinnanzi all'ingresso dell'officina impedendo, con grida ostili e atti di violenza, l'afflusso di quelle operaie che avrebbero voluto riprendere il lavoro. Le squadre notturne si astenevano dal lavoro . Le donne avevano tentato anche di coinvolgere le maestranze maschili che, tuttavia, non avevano aderito alla protesta. '-' 6 La dirigenza dell'officina, per parte sua, nutriva seri dubbi sulla spontaneità del movimento ritenendo che «qualche torbido elemento abbia spinto le operaie ad agire in tal modo, giacché non è ammissibile che le operaie stesse abbandonino il lavoro e si ostinino a non riprenderlo quando la Società stessa ... ha dichiarato di essere pronta a trattare ed a concedere tutto ciò che sarà riconosciuto giustamente richiesto .»' 57 L'interpretazione del la dirigenza dello stabilimento era avvalorata dal fatto che, mentre perdurava l'astensione dal lavoro delle donne, le maestranze maschili chiedevano, a loro volta, l'aumento dell'indennità del caro-viveri e la concessione del riposo settimanale, e ciò, nonostante che da circa due settimane fossero stati concessi notevoli miglioramenti a tutti quelli che non lavoravano a cottimo.' 58 Era scontato che le agitazioni operaie si sarebbero ripercosse sulla produttività degli stabilimenti. Sin dal novembre del 1915, il Prefetto di Genova aveva fatto presente al Presidente del Consiglio come fosse «innegabile che, dato il numero e la potenzialità degli stabilimenti industriali e metallurgici di questa provincia, la lavorazione e la produzione di quanto occone allo Stato per 1a Difesa Nazionale è assolutamente insufficiente: che ad eccezione dello Stabilimento Ansaldo (che , pur lavorando molto e bene, potrebbe però produrre anche di più di quello che produce) in alcuni non si lavora sufficientemente .. .» .' 59 Come sottolineava ancora il Prefetto, la scarsa produzione era provocata da «due opposte cause di malcontento»: - insoddisfazione delle maestranze per le basse mercedi, a fronte dei maggiori guadagni ottenuti dal padronato a seguito dell'incremento cli ordinazioni; - lamentele da parte degli industriali per l'asserita mancanza di uniformità di criteri, sia per affrontare lavorazioni vaste e intensive, sia nella distribuzione del compenso per i lavori affidati agli stabilimenti di diverse province.)60 Pertanto, era necessario che il CMI ligure cercasse di rimuovere questi malumori; l'accoglimento delle richieste operaie, inoltre, avrebbe smascherato eventuali «infiltrazioni straniere», qualora le agitazioni fossero proseguite anche dopo il soddisfacimento cli quanto chiesto dalle maestranze. Fatti salvi i malumori di industriali e operai, diminuire la produzione costituiva uno degli obiettivi che si era preposta Ia Camera del Lavoro di Sestri Ponente. Infatti, durante la riunione tenutasi il 15 apri-
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ACS, fondo Pubblica Sicurezza, Cat. ASG - 1a Guen-a Mondiale, B. 46, Ministero Armi e Munizioni, CCMI , Bollettino settimanale Agitazioni Operaie, del 25 maggio 1918, p. 1. 156 ACS, fondo M in istero Armi e Munizioni, Miscellanea, Uffici diversi, B. 246, lettera delle Officine Meccaniche di Bolzaneto al CM r della Liguria del 20 luglio 1918, p. I . 17 " ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni, Miscellanea Uffici diversi, B. 246, lettera delle Officine Meccaniche di Bolzaneto al CM I della Liguria del 20 luglio 1918, p. 3. 15 s ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni, B. 246, lettera delle Officine Meccaniche di Bolzaneto al CMI del 27 settembre 1918, p. 2. Le maestranze maschili chiedavano la diminuzione delle multe e miglioramenti infrastrutturali (adeguate sistemazioni di lavatoi e spogliatoi), o ltre al riconoscimento della Commissione Interna, da nominarsi «a suffragio fra il personale tutto». 159 ACS, fondo Presidenza del Consiglio dei Ministri , Conflagrazione Europea, B. 19. 5. 8, fase . l/28 Genova, lettera della Prefettura cli Genova - Gabinetto al Presidente del Consiglio ciel 5 novembre 1915, p. 3. 160 ACS , fondo Presidenza del Consiglio dei Ministri, Conflagrazione E uropea, B. 19. 5. 8, fase . 1/28 Genova, lettera della Prefettura cli Genova - Gabinetto al Presidente ciel Consiglio del 5 novembre 1915, p. 2.
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le 1917, alla presenza di 1.200 operai, il segretario « ... sconsigliò le maestranze a fare ostruzionismo, come avevano proposto, ma invitò i convenuti a diminuire la produzione, onde indun-e la Ditta a riconoscere ii'malcontento dei suoi dipendenti pel negato accoglimento di un memoriale da essi presentato il 29 marzo ... » .' 61 Al decremento del ciclo produttivo, infine, concorrevano alcuni provvedimenti che avevano provocato un allentamento dei vincoli disciplinari fra i «militari operai» , i quali ritenevano che la loro «svestizione» significasse la cessazione del loro status di militari.162 È altrettanto innegabile che gli avvenimenti occorsi nel mondo operaio avevano lasciato una profonda traccia nell'animo di Da]lolio, che temeva di veder compromessi i frutti della sua Mobilitazione Industriale. Perciò, allo scopo d.i prevenire e fronteggiare ogni agitazione operaia, egli si muoveva lungo due direzioni: A) concordare con il Ministero dell'Interno alcune direttive di massima per «riunire in ogni Dicastero, attraverso i propri organi dipendenti, la maggior messe di informazioni e di notizie che possano porre l'Autorità Centrale in grado di formarsi una chiara idea dell 'importanza e della vastità del movimento ed eventualmente di impartire le debite istruzioni .»'63 In merito il Ministro dell'Interno ribadiva la necessità che «anche da parte delle Autorità politiche sia esercitata un'azione concorde e coordinata a quella degli organi della mobilitazione industriale, coi quali occon-e, pertanto che le SS.LL. si mantengano in continuo contatto, anche per trovarsi meglio in grado di seguire ogni movimento delle masse operaie addette agli stabilimenti»; 164 B)inserire, nel Bollettino del CCMI dell'ottobre 1917 , un proclama indirizzato agli «Operai d' Italia» chiedendo la cessazione cli ogni disputa, la concordia fra operai e industriali e la continuità del lavoro. In pratica il proclama di Dallolio si incrociava con la rotta di Caporetto che, pur escludendo «un'ondata profonda di patriottismo che scuota tutto il partito socialista, i suoi quadri, i suoi adepti, le masse che ad esso si ispirano» 165 era servita a ricompattare molte coscienze. L'indomani della rottura del fronte, La Stampa scriveva: «Dobbiamo unirci con un solo pensiero , con un solo miraggio, con una sola speranza ... Patria!»,166 mentre gli appelii cli Treves e Turati, che nell'immaginario collettivo del proletariato erano assurti a campioni di pacifismo ( «un altro inverno non più in trincea!»), erano comunque d'impatto sulle masse popolari. D'altra parte, il Prefetto di Torino, nell 'evidenziare la momentanea incertezza determinata dalla ritirata sul Piave, segnalava al Ministro degli Interni lo stato della classe operaia locale, di «permanente irrequietezza e suo consueto atteggiamento di avversione alla guerra», che escludeva la ripresa di azioni destabilizzanti.167 Va però sottolineato come queste agitazioni non avessero costituito la causa esclusiva delle perturbazioni al normale ciclo produttivo in quanto, lo denunciava il Ministro dell'Interno al Generale Dallo]io, esse s'erano andate a sovrapporre alle «condizioni stesse di lavoro negli stabilimenti ausiliari, molti dei quali hanno dovuto frequentemente sospendere la lavorazione per causa di forza maggiore , e cioè per mancanza di co1Tente elettrica o di vapore , per mancanza di materia prima (acido solforico, glicerina,
161 ACS, fondo Ministero Interno, D irez . Gen.le P.S., Div. Affari Generali e Riservati, B . 54A cat. A5G, lettera del Prefetto cli Genova al Ministero Interno ciel 22 aprile 1917. 162 ACS, fondo Ministero Interno, Direz. Gen.le P.S., Div. Affari Generali e Riservati, B. 53 B cat. A5G, lettera del Ministro dell'Interno al Gen. Dallolio del 21 dicembre 1916, p. 2. 163 ACS, fondo Ministero Interno, Direz. Gen.le P.S. Div. Affari Generali e R iservati, B. 53 B, Cat. A5G , fase. agitazioni metallurgici, lettera n. 19083-R ai Prefetti del Regno del 22 maggio 1917; cfr. anche Lettera Ministero della Gue1Ta Sottosegretariato per le Armi e Munizioni n. 426556 del 16 maggio 1917. 164 ACS , fondo Ministero Interno, Direz. Gen.le P.S. Div. Affari Generali e Riservati, B. 53 B, Cat. A5G , fase. agitazioni metallurgici , circolare ai Prefetti del Regno del 22 maggio 1917. 165 P. Spriano, Torino operaia ..., op. cit., p. 276. 166 Ihid., p. 275 . 161 !bici., p . 293.
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BOLLETTJNO DEL COMITATO CENTRALE DI MOBILITAZIONE INDUSTRIALE * * * il} .~ 1i SO~O IARlO
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Proclama di Datlotio agli operai per far cessare ogni disaccordo. (Comitato Centrale Mobilitazione Industriale, hollettino ottobre 1917)
ecc.). Ciò ha avuto , naturalmente per conseguenza che molti operai sono rimasti inoperosi; in alcuni stabilimenti danno lavoro soltanto per tre giorni della settimana _. .» 168 11 4 dicembre 1917, la mancanza di energia elettrica nel capoluogo piemontese aveva provocato « ... una certa protesta ed un principio di sciopero nello stabilimento "Proiettificio Torinese" (circa 200 operai) perché mentre gli altri stabilimenti a seguito della diminuita erogazione di energia elettrica, hanno limjtato l'orario ad otto ore, quello conserva l'orario di dieci . .. » 169 Il Generale Dallolio, al fine dj preven:ire altre agitazioni causate dalla sospensione di energia elettrica, aveva dato disposizioni « ... per trasportru:e in Liguria mediante opportuni provvedimenti parte delle energie elettriche del Piemonte, anche a costo di limitai·e alquanto l' attività industriale in quest'ultima regione ... ». 110 Il provvedimento adottato era un chiaro segnale della priorità assegnata da Dallolio alla produzione delle artigl ierie prodotte dall 'Ansaldo per ripianare le perdite subite a Caporetto. Sotto il profilo delle agitazioni operaie, le città industriali più «calde» risultavano essere Torino, Genova , e Napoli. (Vedi Appendice f) Oltre alle grosse agitazioni ne erano avvenute alcune minori, ma per rimuoverle era bastato l' intervento delle direzioni aziendali o della catena di sorveglianza militare; la protesta delle maestranze, infatti, si era limitata all'inoperatività sul posto di lavoro. L'applicazione di questa tattica ostruzionistica era stata segnalata a Napoli (29 ottobre 1915) . Gli operai del cantiere Pattison avevano smesso cli lavorare, ma senza allontanarsi dal proprio posto, in
168 ACS, fondo Ministero Tnterno, Direz. Gen.le P.S ., Div. Affari Generali e Riservati, B. 53 B cat. A5G, lettera del Ministro dell 'Interno al Gen. Dallolio de.l 21 dicembre 1916, p. 1. 169 ACS , fondo Ministero Interno, Direz. Gen.le P.S., Div. Affari Generali e Riservati, B. 53 B cat. A5G, p. 3. 110 ACS , fon do M inistero Interno, Direz. Gen .le P.S., Div. Affari Generali e Riservati, B. 53 B cat. A5G, p. 3.
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segno di protesta contro l'applicazione di grosse multe per ogni giornata di assenza non giustificata, e per il basso livello di paga oraria. Il «Comandante [della] Divisione Militare, che aveva subito provveduto direttamente con truppa e carabinieri al servizio tutela ordine pubblico, intervenuto prontamente ha fatto comprendere ai capi delle maestranze gravi pene sancite dal codice militare in cui sarebbe incorso personale ora mi litarizzato qualora avesse persistito nell'ostruzionismo.» 171 L'agitazione terminò quasi subito, non appena gli operai ricevettero assicurazione di un aumento del dieci per cento, secondo lo schema già adottato per il vicino cantiere Armstrong di Pozzuoli. L' «atteggiamento ostruzionistico» delle maestranze dello stabilimento Pattison: - veniva ripreso, anche su larga scala, dagli operai di vari stabilimenti di altre aree industriali. Questa forma di agitazione si allargava a macchia d'olio coinvolgendo diversi stabilimenti Ansaldo: il 9 e il 1O marzo 1916 si astenevano gli operai delle acciaierie e dello stabilimento elettrotecnico di Cornigliano sino al 14 marzo, quando erano interessati 3.000 operai del reparto artiglierie di Sampierdarena. 172 E ancora, il 14 dicembre 1916 gli operai dello stabilimento Allestimento Navi de11 'Ansaldo a Genova, al rientro pomeridiano non riprendevano il lavoro «mantenendosi calmi ma inattivi dinnanzi alle macchine . .. » .173 Dopo circa un mese, il 23 gennaio 1917, gli operai assumevano di nuovo questo atteggiamento, per protestare contro la Direzione che non aveva accolto le richieste per l'adeguamento dell'indennità caro viveri, reiterandolo l'indomani 24 gennaio: «Stamane ore 7 tutti operai scioperanti si sono presentati regolarmente officina ma senza riprendere lavoro onde Direzione li ha invitati uscire ciò che è avvenuto senza incidenti.» 174 - era addirittura organizzato su larga scala, come risulta da un telegramma della Prefettura di Genova, del maggio 1917, con il quale si segnalava al Ministero dell'Interno che «il Sindacato Metallurgico Italiano diramerebbe ordini per ottenere che il giorno 7 c01rente, tutti i metallurgici d'Italia, pur rimanendo nelle officine incrocino le braccia. Tale ordine .. . avrebbe lo scopo di passare in rassegna gli aderenti al Sindacato e servirsi di tali forze per ulteriori determinazioni ... ». 175 Spesso gli operai assumevano questo «atteggiamento ostruzionistico» per solidarietà con le maestranze di altri stabilimenti . Nel novembre del 1916, per esempio, il Prefetto di Genova comunicava al Ministero dell'Interno che circa 500 operai di varie ditte di Sestri Ponente si erano riuniti nella locale Camera del Lavoro per dichiarare la loro solidarietà con le maestranze dei cantieri Ansaldo già in agitazione. 116 Neanche due mesi dopo scattava un'altra azione dì solidarietà: « . . . Circa 500 operai dello stabilimento Ansaldo di Sampierdarena reparto aggiustatori meccanici hanno incrociato le braccia rimanendo loro posto di lavoro 177 per solidarietà alla mossa ostruzionistica fatta ieri l'altro dai compagni stabilimento allestimento navi ... » A volte, però, i motivi addotti per giustificare le agitazioni erano anche pretestuosi, come nell'ultimo caso citato, dell'Ansaldo. La protesta, infatti, oltre a reiterare le consuete rivendicazioni economiche, era diretta a denunciare «l'esistenza in stabilimenti di imboscati». ln proposito, il Presidente del Comjtato di Mobilitazione Industriale ligure aveva potuto dimostrare che si era trattato di una voce messa in giro per mera ripicca personale contro un controllore di officina.178
m ACS, fondo Ministero Interno , D irez. Gen.le P.S., Div. Affari Generali e Riservati, anno 1915 , B. 30, telegramma della Prefettura cli Napoli al Ministero Interno del 29 ottobre 19 15. 172 ACS, fondo Ministero Interno, Direz. Gen.le P.S ., Div.Affari Generali e Riservati, anno 19 16, B. 54A, Cat. A5G, fase. Genova. 173 ACS , fondo Ministero Interno, Direz. Gen.le P.S., Div. Affari Generali e Riservati, anno 1916, B. 53B , Cat. ASG fase . Genova, lettera ciel Presidente CMI cli Genova de] 14 dicembre J 9 16. 114 ACS, fondo Ministero Interno, Direz. Gen.le P.S., Div. Affari Generali e Riservati, anno 19 l 7, B. 54A, Cat. A5G fase. Ansaldo. 115 ACS , fondo Ministero Interno, Direz. Gen.le P.S., Div. Affari Generali e Riservati, anno 1916, B. 54A, Cat. A5G, fase. Genova. 176 ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni, B. 246, lettera del Ministero Interno - Direz. Gen.le P.S. al Sottosegret.u:iato Armi e Munizioni del 28 novembre .I 9 16 . m ACS, fondo Ministero Interno, Direz. Gen .le P.S., Div. Affari Generali e Riservati, anno 1916, B. 54A , Cat. A5G fase. Ansaldo. 17" ACS, fondo M inistero Interno, Direz. Gen.le P.S ., Div. Affari Generali e Riservati, anno 1916, B. 53B, Cat. A5G fase. Genova, lettera ciel Presidente CMI di Genova del 14 dicembre 1916.
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Capitolo 26 PAGINE OSCURE DI GUERRA CLANDESTINA: ATTENTATI E SABOTAGGI CONTRO LE INDUSTRIE E LE FERROVIE ITALIANE
Nel 1915 il Prefetto di Genova aveva denunciato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri l'avvenuto sabotaggio , a opera di ignoti, di alcune macchine presso lo stabilimento Ansaldo. Nella segnalazione egli aveva escluso « ... l'esistenza di un preordinato complotto di agenti stranieri>> aggiungendo « .. . ma ho, anzi, motivo di ritenere che trattasi di malvagia azione compiuta isolatamente da qualche operaio contrario alla guerra.» 1 Va sottolineato, però, che nella valutazione il Prefetto aveva anche riferito che l'Ansaldo aveva assunto operai « ... iscritti al parti to socialista ufficiale ed appartenenti alla Sezione del Lavoro di Sestri Ponente, notoriamente avversa al nostro intervento». In particolare, fra i nuovi operai assunti vi erano il Segretario della Camera del Lavoro di Sestri Ponente, noto antimilitarista e neutralista, e un operaio sospettato di spionaggio, poi licenziati dall'Ansaldo e da quel momento «non mi risulta .. . siasi constatato alcun altro inconveniente, né in detto stabilimento, né in altri.» Oltre a questi sabotaggi, l'attenzione degli emissari nemici si rivolgeva anche a personalità istituzionali. Il Commissariato di P.S. presso la Real Casa, infatti, informava che elementi anarchici stavano ipotizzando un attentato contro la persona del Re per l'evidente risonanza che un gesto del genere avrebbe comportato. Quegli anarchici avevano pensato, infatti, di attentare alla vita del Re in zona di guerra. Il quel caso, oltre al naturale rafforzamento della vigilanza a Villa Italia,2 era stato allertato il Prefetto di Udine per una sorveglianza particolare in quella provincia. La partecipazione dell'Italia alla guerra, con la conseguente necessità di ampliare la produzione degli armamenti, aveva fatto lievitare, parallelamente, il fabbisogno di personale per cui , «con non sufficiente ponderatezza» erano stati inunessi negli stabilimenti anche parecchi operai di matrice politica contraria alla guerra stessa. Come scriveva il Prefetto di Genova, alle autorità risultava difficile reprimere« .. . 1'insana propaganda che, nell'impossibilità di attivare all ' esterno, si rende loro facile esercitare sul lavoro», e inoltre, data l'esiguità de] personale preposto alla vigilanza interna ed esterna (esempio ne sono gli stabilimenti Ansaldo di fusione delle artiglierie di Cornigliano, completamente invigilati nella parte a monte), era possibile che venissero compiuti « ... atti inconsulti contro la sicurezza delle officine, per cui ne rimarrebbe sospesa la produzione bellica per ben lungo tempo>>. 3 Del resto, neanche nel 1918 sarebbero mancate segnalazioni simili, che, come questa, avrebbero destato una certa apprensione. In particolare, un Foglio d'Ordine del Comando Supremo avvertiva che
fondo Presidenza del Consiglio dei M inistri, Conflagrazione europea (1914-18) B.19.8.1, fase. 11, condizioni della Provincia di Genova. 2 Il 27 maggio 1915 il Re giungeva in tJeno a Treviso, sede del Comando Supremo. A seguito della decisione cli Caclorna cli spostare il Comando a Udine, Vittorio Emanuele TTI decideva cli stabilire la propria sede in una località più vicina al fronte , anche per agevolare i contatti con le numerose personalità che l'avrebbero contattato. Pertanto il 30 maggio tutta la Real Casa (22 Ufficiali , oltre a circa I 80 uomini di truppa, I 11 cavalli, 15 vetture) si spostava a Torreano di Martignacco, nella villa di proprietà dell'avvocato Linussa, che eia quel momento veniva chiamata Villa Italia. Cfr Una guerra da Re, pagine 29, 32,33,34 3 ACS , fondo Ministero Interno, Direz. Gen.le P.S., Div. Affari Generali e Riservati, anno 1917, B. 54A, Cat. A5G, fase. Ansaldo . 1
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Complotto anarchico per un attentato contro la persona del Re . (Arch ivio Centrale Stato, F. Ministero lncerni - Direzione P.S. Cat. A5B, b. 32)
alcuni dirigenti della propaganda socialista rivoluzionaria avevano portato «alla organizzazione in vari stabilimenti di produzione bellica, di squadre di operai incaricate di danneggiare i macchinari, per indebolire le energie e la fiducia nel risultato delle nostre anni>>." L'8 febbraio 1916, in seguito a un incendio, a Cengio (Savona) era esploso il reparto Tritolo del locale stabilimento della Società Italiana Prodotti Esplodenti (S .I.P.E.). L'incidente, inizialmente addebitato a un corto circuito, aveva provocato la morte del chimico, Tenente Corradi (prontamente accorso benché addetto a un altro reparto), e la distruzione di circa _6 tonne11ate di esplosivo. In conseguenza della sciagura, la produzione di tritolo, a11ora attestata sulle 250 tonnellate mensili, si sarebbe ridotta del 50%, costituendo « .. . il danno più grave e più sensibile per la Difesa Nazionale .. .».5 Il Comandante del Corpo d'Armata , Generale Pedotti, attestato sull'ipotesi del corto circuito, aveva previsto la ripresa della produzione al 50% (40 quintali giornalieri), dopo tre settimane.6 Sul.la medesima ipotesi erano concordi pure l'ingegner Quartieri, Consigliere Delegato della s.I.P.E., il Prefetto Rebucci e il Comandante della Divisione di Genova.7 Quest'ultimo, ancora il 12 febbraio, aveva scritto « . .. si conferma sempre più la supposizione che l'incendio sia stato causato da un corto circuito .. . » .8 11 Generale Dallolio, per converso, era rimasto molto perplesso sulle cause di quell'incidente, perciò: appena ricevuta notizia del disastro, aveva disposto che il Direttore del Regio Polverificio sul Liri,
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ASA L, fondo Prefettura AL - Gabinetto, Personale e Affari Riservati M i11istero Guerra V. 77 Comando Supremo , Foglio d'Ordine n. 24 in data 10 maggio I 9 I 8, p. I. 5 MCRR, fondo Dallolio, B. 944, f. I2, 1. 2. 6 !bici. 7 MCRR, fondo Dallolio, B. 944, f. 12, 1. 10. 8 MCRR, fondo Dallolio, B. 944, f. 12, 1. 4.
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Generale Va]entini, si recasse a Cengia « ... per constatare il fatto e le sue cause probabili. nonché le conseguenze sulla produzione» .9 La relazione cli Valentini in merito alle cause dello scoppio concludeva: «Deve ritenersi che l'incendio - la cui causa non è dato precisare - si sia propagato nel locale della lavorazione, ed abbia investito un montaliquicli ripieno di binitro, che sia scoppiato per l'arroventamento del metallo facendo da potente innesco che provocò lo scoppio di tutto il binitro»; 1<> - restava fermo nelle proprie convinzioni contrariamente al parere di tutte le autorità, anche dopo aver sentito la relazione del Generale Valentini , e annotava in un promemoria: « ... In seguito a mie speciali informazioni rimaneva in me la convinzione che lo scoppio fosse doloso ed andavo sul posto.» 11 - dopo la visita ai resti della fabbrica cli Cengia, egli si recava da Salandra per esporre il proprio punto di vista, che però non veniva accettato in quanto si «doveva tener conto di quelle [ragioni] del Generale Pedotti designato d'Armata, Senatore del Regno e Presidente della Giunta del Bilancio, Prefetto Rebucci uno dei migliori Prefetti del Regno, rinforzati dal parere dei tre chimici dello Stabilimento i quali tutti assicuravano che si trattava di corto circuito. E quindi per Lui [Salandra] era corto circui.to.» 12 Salandra sarebbe rimasto fedele alla versione del corto circuito, anche quando Dallolio era ritornato da lui per sottoporgli «verbalmente alcune sicure e gravi informazioni circa assenze di dati operai nel momento dello scoppio». 13 Ma Dallolio, invece, si convinceva sempre più della dolosità della sciagura, considerato che «erano note le minaccie austriache contro la nostra produzione bellica, e che speciali disposizioni erano state date alle Autorità Militari interessate per la sorveglianza interna ed esterna delle Fabbriche di esplosivi». 14 Dopo circa sei mesi il Tribunale Milittare di Ancona avrebbe condannato, per reato di spionaggio e alto tradimento, tre operai: il primo, alla fucilazione alla schiena, e gli altri due ai lavori forzati a vita. I tre condannati presentarono ricorso, ma venne rigettato (28 settembre 1916) dal Tribunale Supremo di Guena e Marina. L'operaio condannato a morte fu giustiziato alle 10,55 del 29 novembre 1916 a Cittadella (Ancona), di fronte al carcere. 15 Questo il commento di Dallolio, esposto in una relazione: «Ci volle l'mTesto e la fucilazione di Giuseppe La.rese perché io avessi completamente ragione e si riconoscesse l'innocenza del corto circuito.» 16 Lo scoppio di Cengio aveva posto, ancora una volta, in evidenza il problema delle mjsure di sicurezza e prevenzione degli incendi, a salvaguardia dei depositi munizioni e degli stabilimenti militari e ausiliari.11 Già nell'agosto 1912 il Ministro della Guerra Spingardi aveva richiamato l'attenzione dei Comandi di Corpo d'Armata affinché, per tale esigenza, venisse evitato «il rischio di avere apparecchi sproporzionati, o personale incapace di servirsi dei mezzi a disposizjone» .18 Dopo oltre un anno, causa l'inadeguatezza dei vari tipi di estintori ·in dotazione, veniva disposto di usare un apparecchio uguale a quello in dotazione ai VV.FF. (l'idronetto), che pescava in una vasca d'acqua. 19
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.MCRR, fondo Dallolio, B. 944,
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f. 12 , 1. 10.
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"!bici. 12
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MCRR, fondo Dal lolio , B. 944 , f. 12, 1. IO , pag. 2. MCRR, fondo Dallolio, B. 944, f. 12, 1. IO, pag. 3.
MCRR, fondo DaUolio, B. 944, f. 12, I. 10, pag. 2. MCRR, fondo DaUolio, B. 944, f. 12, I. 7 . 16 MCRR, fondo Dallolio, B. 944, f. 12, I. 10. pag . 3. 14 15
11 La materia era stata già traUata in una serie di d isposizioni, cfr. MCRR, fondo DaHolio, B. 949, f. 7 , 1. 4 , Circolare n. 12.864 del 23 ago 1912, Circolare n. 19.354 del 19 d ice mbre 1914, Telegrammi n. 7.214 e 3.808 del 9 ott. 1915. ' 8 MCRR, fondo Dallolio,B . 949,f. 7, I. 1 Ministero Gue1Ta, Di.rez. Gen.leArtiglieria e Genio, Cin:olare n. 12.864 del 23 ago. 1912. ' 9 MCRR, fondo Dallolio, B . 949, f. 7, I. l M.inistero Guerra, Di.rez. Gen.le Artiglieria e Genio, Circolare n. 19.354 del 19 dicembre 19 .1 4.
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Successivamente , il Ministro Zupelli avrebbe sottolineato come, oltre alle macchine (da predisporre «con larghezza di vedute perché le maggiori precauzioni sono oggi un dovere assoluto») fossero indispensabili «anche le intelligenze>> .20 Sembra, peraltro, che la massa di sollecitazioni sull'argomento non avesse sortito l'effetto voluto se, immediatamente dopo il disastro di Cengio, Dallolio telegrafava a tutti i Comandi di Corpo cl' Armata: «Recente disastro avvenuto a Cengio ha dimostrato che vi sono deficienze nella organizzazione degli stabilimenti che producono esplosivi riguardo ai provvedimenti per estinzione degli incendi. Inoltre la truppa destinata alla sorveglianza non è utilizzata conforme allo scopo né chi la comanda ha piena ed esatta cognizione della sua responsabilità, e sa al momento opportuno impedire che chi deve funzionare non funzioni .... » .21 Seguiva, quindi, una serie cli messaggi indirizzati ai Comandi cli Corpo cl ' Armata e alle Direzioni di Artiglieria, per intensificare le misure di prevenzione; evitare inadeguatezze dei locali e il frammischiamento cli materiali; 22 debellare la scarsa conoscenza, da parte del personale addetto alla conservazione, delle istruzioni descrittive dei materiali e delle norme cli trasporto e conservazione (specie cli quel]i di più recente adozione), emersa nei vari casi cli incendi e scoppi che si erano verificati .23 Il Generale Dallolio, a causa delle manchevolezze riscontrate24 disponeva che apposite commissioni, costituite da «un Ufficiale dell'Ufficio Territoriale del Genio Militare e da un Ufficiale dei civici pompieri» , visitassero ogni stabilimento allo scopo di «accertare, per ognuno di essi, gli esistenti mezzi contro gli incendi, e proporre quelli ritenuti ancora necessari, in relazione specialmente alla natura e quantità dei materiali depositati o che vi si producono» .25 Egli aveva già affrontato l'argomento il 4 maggio 1917, rilevando che in qualche Direzione erano state trascurate le misure di sicurezza e di precauzione a salvaguardia dei depositi di munizioni, ma ancor prima aveva insistito,26 in particolare, sull'inadeguatezza dei locali di caricamento (spesso non sufficientemente lontani dagli alloggi), sulla perdurante mancanza di mezzi per l'estinzione degli incendi (mentre sarebbero state necessarie «molte pompe pratiche ed efficaci») e sulla carenza di personale addestrato al loro impiego. / 20 21
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.MCRR, fondo Dallolio, B. 949, f. 7, 1. 1 Telegramma Circolare ai Comandi di Corpo d'Armata n. e. 808 del 9 ott. 1915 . MCRR, fondo Dallolio, B. 949, f. 7 , l. 1 Telegramma ai Comandi di Corpo d'Armata n. 523 del 18 febbraio L9 J 6. MCRR, fondo Dallolio, B. 949, f. 7, l. 4, Circolare n. 2 .459 del 4 maggio 1917, Circolare n. 10.161 /9.780 del 15 maggio
1917, Messaggio n. 3529 del 25 giugno 1917. fondo Dallolio, B. 949, f. 7, J. 5, Circolare 11. 70.946 dell' 11 lug. 1917. 24 Dallol io aveva stilato un lungo elenco delle principali «manchevolezze»: - inadeguatezza di locali non sempre distanti da quelli adibiti ad alloggio , - mancanza d i mezzi per estinzione degli incendi e di personale addestrato al loro impiego. Presso qualche deposito era stata rilevata l'esistenza cli «pompe austriache da museo ... messe in locali dove prima bisogna scomporle per portarle a posto», - frammischiamenti cli proietti e cariche, - accatastamento dei proietti in altezza a scapito dell'utilizzazione cieli.o spazio orizzontale disponibile, con pregiudizio delle eventuali operazioni di spegnimento in caso di incendi, - mancanza cli planimetrie dei locali contenenti esplosivi o proietti carichi, - mancanza di tratti di muri, o recinzioni metalliche, per integrare la sorveglianza delle sentinelle, - presenza cli frammenti cli legno o altri materiali infiammabili fra le casse dei proietti carichi, - mancanza di sabbia per l'impiego là dove l' uso dell ' acqua sarebbe risultato dannoso, - mancanza di sicurezza nelle operazioni di carico e scarico, - mancata utilizzazione dell'ausilio tecnico dei VV.FF. nello studio delle misure di prevenzione, - mancato sfalcio dell 'erba intorno alle polveriere e ai magazzini, - ristrettezza di corsie fra le diverse fila di casse, che ostacolava la libera circolazione dell' aria e l'intervento del personale in caso di incendio, - mancanza cli sfiatatoi, cope1ture di frasche , ecc. per mantenere freschi gli ambienti. 25 MCRR, fondo Dallolio, B. 949, f. 7, l. 3, Circolare n. 10.161/9.780 del 15 maggio 1917. 26 ACS, fondo Ministero A.rnù e Munizioni, Ufficio Storiografico Mobilitazione, Miscellanea Uffici diversi (l 915-19) b. 12, dispaccio n. 2.459. n MCRR ,
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In realtà, mentre gli stabilimenti militari avevano ricevuto i mezzi necessari direttamente dalJ 'Amministrazione militare, quelli ausili ari si sarebbero dovuti mettere a nonna, a proprie spese e secondo le indicazioni delle commissioni, in relazione al disposto dell' mticolo 8 del R. D. n. 993 del 26 giugno 1915 . Ma, Dallolio, 1) non avendo notato un miglioramento nella situazione generale, e 2) temendo l'esistenza di un piano preordinato tedesco, alla base dei singoli infortuni, dopo circa un mese, scriveva ancora a tutte le Direzioni di Artiglieria: «... Intendo essere avve1tito anche di ogni più lieve incendio conforme a quanto è prescritto dall'ultimo alinea del Dispaccio 12.864 del 23 agosto 1912 che invio in copia. Ricordarsi sempre che siamo in guerra e quindi né incertezze né esitazioni. Fare e lavorare e non aspettare che siano successi inconvenienti per proporre lo acquisto di pompe che siano veramente pompe e non giocattoli o di scarso rendimento.»27 Sempre nello stesso giorno, egli sollecitava anche i Direttori Territoriali del Genio e i Capi ufficio di fortificazioni, a collaborare coi Direttori di Artiglieria in merito ai mezzi di esti nzione di incendi: « . .. Fare subito senza perdere tempo in progetti; alla massima iniziativa congiungere la massima responsabilità. I fondi saranno accordati sempre.» 28 Il 31 giugno 1916, verso le cinque del pomeriggio, saltava in aria il polverificio della s.r.P.E. di Forte dei Marmi causando la morte di nove operai e il ferimento di altri ottanta, sette dei quali rimanevano invalidi.29 Purtroppo Forte dei Marmi era abituata a simili tragedie ,3° ma certo quella del 1916 era stata la più grave, e «solo per un miracolo non accadde un vero massacro: l'esplosione era avvenuta in un punto dove fortunatamente le baracche erano a sufficiente distanza l'una dall'altra ed il fuoco non raggiunse il gruppo più folto» .31 Oltre tutto «l'incendio non si estese m1che ai depositi della siperite e della dinamite, altrimenti è facile immaginare cosa sarebbe accaduto del paese, situato a così breve distanza.»32 Il Generale Dallolio aveva commentato l'accaduto esprimendo il proprio disappunto: «Non sono contento .. . e spero vedere un raggio di sole - c'è una quantità di cose che mi opprimono ... anche ieri è scoppiato il Polverificio di Forte dei Marmi con molte vittime e con un arresto per me angustioso relativo alla polvere nera ... » 33 «L'arresto angustioso» della produzione, tuttavia, non si protrasse a lungo, poiché la Società aveva subito iniziato i lavori di ricostruzione e ampliamento ìn modo che l'attività industriale potesse riprendere «più forte di prima fino al giorno in cui la direzione non decise, al termine delle ostilità, cli chiudere la propria attività a Forte dei Manni».34 Sempre nel 1916, avvenivano, il 12 agosto, l'incendio del laboratorio pirotecnico di Capua e il 4 ottobre, lo scoppio della polveriera di Marghera. 11 9 dicembre 1916 l'On. Bonardi commentava alla Camera dei Deputati lo scoppio di una fabbrica di esplosivi ubicata nei pressi della stazione ferroviaria di Alessandria, avvenuto nella notte fra il 6 e 7
ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni, Ufficio Storiografico Mobilitazione, Miscellanea Uffici diversi (1915-1 9) b. 12, dispaccio n. 3.529 del 25 giugno 1917. 2s ACS , fondo Ministero Armi e Munizioni, Ufficio Storiografico Mobilitazione, Miscellanea Uffici diversi (1915-19) b. 12, dispaccio n. 3.529 del 25 giugno 1917. 29 htpp://versilia.toscana.it/sanfrancesco/storia/sipe.htrn 30 In precedenza erano saltati, «forse per incuria di alcuni operai un po' alticci)) , il primo polverificio situato a un chilometro a ponente dal paese, e successivamente quello costruito nel 1885 eia una società di Pontremoli. Cfr. R. Barberi, Appunti sulle origini di Forte dei Marmi e suoi sviluppi, ed . Arti Grafiche, Forte dei Marmi 1950, pp. 29-30. 31 G . Giannelli, La bibbia del Forte dei Marmi, ed.Yersilia Oggi, [s.l.] 1979, p. 274. 32 R . Barberi,_ Appunti sulle origini di Forte dei Marmi ..., op. cit ., p. 30 . 33 APTGP, serie lettere aifam.iliari, lettera l giugno 1916 a Elsa. 3'' G. Giannelli , La Bibbia del Forte dei Marmi ... , op. cit., p. 274. 21
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dicembre, che aveva coinvolto un centinaio di operai, fra uccisi o travolti dalle macerie. Nel disastro erano morti dieci militari, i cui imponenti funerali avvennero, a spese del Comune, fra due ali di popolo commosso e militari del presidio.35 Il Sottosegretario per le Anni e Munizioni Dallolio preannunciava l'intervento del Ministero della Guerra a favore delle famiglie delle vittime poiché « ... egualmente viva è la sua sollecitudine così per coloro che nelle officine lavorano per meglio armare la Patria, come per coloro che strenuamente si battono nelle trincee.» 36 Tuttavia, come comunicava il Comandante del locale Corpo d'Armata, Generale Roffi, l'intervento del M ini stero della Guerra era ostacolato dal fatto che gli operai militari non erano assicurati .37 Un altro stabilimento sarebbe esploso la sera del 16 dicembre a Francavilla a Mare (Chieti) (con nove vittime e diversi feriti) . Questo incidente, mettendo temporaneamente fuori uso lo stabilimento , che forniva «cilindri incendiari e miccie», aveva rischiato di ripercuotersi sugli stabilimenti di artiglieria di Bologna che là si approvvigionavano, provocandone l'intenuzione della produzione.38 La causa dello scoppio sarebbe rimasta ignota, malgrado i sospetti iniziali fossero caduti su un soldato, reduce dal]' America ove era stato per molti anni . Questi, un paio di sere prima dell'incidente, aveva avuto un diverbio con lo stesso proprietario perchè, nonostante le rigorose disposibion.i, era stato sorpreso all'interno dello stabilimento. f1 28 aprile 1917 saltava in aria il forte di Pietole (Mantova). Pietole, trinceramento disposto dai Piemontesi nel luglio 1848, era nato con il compito plimario di fungere da polveriera e, in Jjnea subordinata, di sostenere l'inondazione da Pietole a Pradella (sommergendo all'occorrenza la valle del Paiolo sino aPietole stessa), oltre a porre fine agli impaludamenti di Mincio e Po.39 Agli inizi della Grande Guerra, il forte era stato trasformato in uno dei principali depositi di munizioni d'Italia per il sostegno del Il Corpo d' Annata,40 e perciò conteneva una grande quantità di munizionamento. Alle ore 18 .30 di quel sabato 28 aprile, dal forte si era innalzata una colonna di fumo accompagnata da uno scoppiettio come di mitragliatrice. L'avvocato Prati, nella sua cronaca, aveva descritto l'avveni mento: «Guardavamo il forte, dallo stradone, quando d'un tratto s'innalza una colonna di fumo nero, denso nerissimo, vorticoso, allargantesi in cielo. Immediato un boato te1Tificante, la colonna di fumo sale lentamente, una cappa di piombo, una frana di nera montagna pare ci debba schiacciare ... Somma ventura: da soli tre giorni le bombe di gas asfissiante erano state mandate al fronte!!» .4 1 L'inizio degli scoppi era avvenuto nella zona Nord Est della polveriera e, al primo apparire di fumo che si sprigionava dalla catasta delle bombe incendiarie, «sollevati i copertoni provarono a buttarvi sopra dell 'acqua, ma in due soli, il sergente ed il Bacchi [consegnatario dei materiali] dovettero desistere.»42 Il successivo 2 maggio, accompagnato dal Generale Vitelli e dal C_o lonnello S.S.M. Tonetta, an-ivava il Ministro per le Armi e Munizioni, Dallolio, che si felicitava con il Sergente Magg. Pozzoni per l'opera da lui svolta nel tentativo di spegnimento al principio degli scoppi . Sempre durante quella visita, «dalle 14 alle 16 e dalle 21,30 alle 24 fecero dei sopralluoghi per identificare i focolari esistenti sui quali far convergere la maggior quantità d'acqua.» 43 L'esplosione era continuata per quasi quattro giorni e Mantova stava diventando una città deserta per la fuga di quasi tutti i suoi abitanti . «A Pietole vecchio le granate sono piovute a centinaia con qualche
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ASAL, fondo Archivio Comunale Alessandria, versamento IV, b. 3 .. 217. APCD, Legisl. XXIV, Discussioni, Voi. X, p . 11.432. ASAL , fondo Archivio Comunale Alessandria, versamento IV, b. 3.2 I 7. APTGP, serie fascicoloni, fase. VII , f. 14 (cassoncino) ali. X.
D. Ferrari, La cittàfortU1cata,
n Bulino, Modena 2000, p.
156.
F. Ronclelli , !lforte di Pietole - cronaca redatta dal!' avvocato Ugo Prati, in La Reggia (giornale della Società per il Palazzo
Ducale cli Mantova), Anno VII, n. 3 settembre 1999, p. 67. 1 F. Ronclelli, Il forte di Pietole .. ., op. cit. , p. 60 . 2 • Tbid., p. 70. 3 " Tbid., p. 85. •
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danno ai fabbricati. Ciò che maggiormente ha sofferto sono stati i serramenti specialmente quelli rivolti verso il forte, che sono stati scardinati con de i fenomeni delle volte incomprensibili , ed i tetti che dallo spostamento d'aria furo no tutti sconvolti e fu necessario il completo rimischiamento . Non un vetro si salvò .. . Pietole in angolo morto si è salvato, ma vetri e timore andarono molto lontano. Bologna, Verona sentirono ed ebbero vetri rotti . .. »44 Ovviamente, gli effetti risentiti sino a Verona risultavano i più dolorosi per i mantovani, se si tien conto che in quella città si erano rifugiati centinaia di abitanti provenienti da Pietole.45 Il Generale Dallolio, al rientro dal sopralluogo a Pietole, così scriveva: <<Brutta giornata ieri ed oggi . A M antova le cose sono gravi non per le conseguenze nei riflessi della efficienza bellica, ma per le perdite di materiali e di munizioni, perdite fatte bestialmente e dolosamente. Eppoi tutta gente che non ha sangue nelle vene, che lavora per sbarcare il lunario, e che non sente la guerra.» 46 Egli , infatti, nel rispondere alla Camera dei Deputati all 'On . Scalori, aveva precisato: «Il disastro fu una ferita in pieno petto pel Sottosegretariato Armi e Munizioni, ma non penetrò nel cuore del munizionamento ... [poiché si limitò a provocare la] sospesa utilizzazione di più di un milione di proietti fra cui 170.000 di medio calibro, oltre incendiari ed esplosivi in grande quantità.»4 7 Dallolio comunque, nel suo intervento alla Camera, dichiarava che «l'incendio deve considerarsi come doloso , e che le conseguenze avrebbero potuto essere di gran lunga meno gravi, se all'origine si fosse pensato di creare un deposito di munizioni e non un magazzino qualunque e disordinato di munizioni.»43 Il «disordine» di cui parlava il Generale sarebbe stato descritto così dall'avvocato Prati: <<Al lato NE del forte, verso la vallazza, le cataste incominci avano coi proiettili incendiari , che da sette mesi giacevano lì sotto coperta, seguivano le bombe a mano, poi i 70 da montagna, poi i 149 acciaio ad alto esplosivo, e tra le cataste vi erano circa 170 qli di casse di altro esplosivo, seguivano i 149 a polvere nera, arrivando così in fondo alla semicerchia del forte nel lato SE: il tutto era sotto tettoie , i proiettili erano incassati e si contavano a decine di migliaia. Nel centro del forte vi era la vecchia polveriera, che conteneva 280 qli di polvere nera granulare tipo Fossano e distava una trentina cli metri dai 149 ad alto esplosivo, era un profondissimo pozzo rettangolare, a pari terra, un leggero volto di quarto, sopra terra in muratura con terrapieno attorno, ricoperto di volto forte con sopra un metro cli terra. Sopra le polveri avevano messo delle spolette.»49 Jn quel periodo nel forte erano depositati centinaia di migliaia di proiettili per artiglieria, bombe a mano , bombe incendiarie; dopo l'invio al fronte delle bombe di gas asfissianti, oltre al materiale descritto erano rimasti più di 500 qli di alto esplosivo.50 All'epoca era stata prospettata anche la possibi lità che l'esplosione fosse iniziata per la fuoriuscita di materiale infiammabile da alcuni proiettili incendiari le cui ogive «non ermeticamente avvitate, lasciassero sfuggire del liquido , il quale all'alta temperatura dei primi forti soli , abbia preso fuoco» ,5 1 ipotesi, questa, che dava ulteriore significato al concetto di «dolo>>, espresso da Dallolio, come imputato all a sistemazione disordinata del materiale, durante la quale non era stato tenuto conto che, nel campo degli esplosivi, «la preveggenza la più assoluta è un dovere, e guai a chi se ne allontana» .52 Ovvero a: - imperfetto montaggio di componenti dei proietti; - mancata conoscenza, da parte del personale preposto alla conservazione e distribuzione di nuovi materiali esplosivi adottati , delle caratteristiche di tali materiali e delle previdenze da adottare per la loro conservazione;
lbid., p. 73. La Reggia (giornale della Società per il Palazzo Ducale d i Mantova), Mantova, Anno VII n. 3 settembre 1999, p. 8. AfYrGP , serie lettere ai familiari, lettera 3 maggio 1917 a Elsa, p. 1. • 7 MCR R, fondo DaUolio, b. 949, f. 7, I. 6, p. 5. " 8 rv.tCRR , fondo Dallolio, b. 949, f. 7, I. 6, p. 2. " 9 F. Ronclell i, Il forte di Pietole ..., op. cit., pp. 67-68. so La Reggia, Giornale della Società per il Palazzo Ducale cli Mantova, Mantova, Anno VTT n. 3 settembre l 999, p. 8. 51 F. Rondelli , Il forte di Pietole .. ., op. c it., p. 76. 52 MCRR, fondo Dallolio, b. 949, f. 7, l. 6, p. 3.
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- insuffic ienza dei mezzi di estinzione, in qualche caso inefficienti, e mancanza di personale apposito e addestrato per tale esigenza. Si ritornava, quindi al concetto di «inettitudine», ma, d'altra parte, Dallolio stesso si chiedeva quale altro personale avrebbe potuto sostituire quello ritenuto inetto, e con quale criterio. «Ma chi li sostituisce deve prenderne dei migliori. È il sistema che è sbagliato, bisogna dare la massima libertà di iniziativa accoppiata colla massima responsabilità, e non opprimere la gente con circolari, regolamenti, norme sono veri ombrelli per salvaguardare dai pericoli della responsabilità personale.»53 Tuttavia, una comunicazione riservatissima del Comando Supremo, dopo sei mesi, avrebbe gettato una fosca luce sulle reali cause dell'incendio, dando notizia che era pervenuta «alla Sezione - M - una denuncia di forma generica di gravi preparativi del nemico a mezzo di italiani rinnegati con l'accenno a probabili nuovi attentati alla polveriera di Mantova».54 La parola «nuovi», usata nella circolare, induce a pensare che il Servizio Informazioni del Comando Supremo, relativamente all'incendio avvenuto nel mese di aprile, avesse sentore di qualche indizio ancora coperto dal segreto. Ancora nel 1917, il 27 agosto, alla periferia di Udine saltava in aria la polveriera di San Osvaldo. I giornali nazionali dell'epoca si erano mantenuti sul vago, parlando di un generico «disastro del 27 agosto>>, presumibilmente per un certo riserbo, dovuto alla posizione della città rispetto alla linea del fronte. Una decina di giorni dopo , tuttavia, il Giornale di Udine riportava il primo resoconto dell'attività del «Comitato esecutivo per l'azione di assistenza e di soccorso ai danneggiati dall'esplosione», da cui emergeva la gravità del fatto, ed erano resi noti i provvedimenti adottati . Erano state costituite tre sottocommissioni, finanziaria, informatrice e tecnica-edilizia << •• • per sopperire ai più impellenti bisogni degli abitanti di S. Osvaldo - procurando ad essi alloggio , vitto e indumenti - per raccogliere le prime offerte, per allestire una statistica degli infortunati e delle case danneggiate e distrutte ... » .55 Il Municipio di Udine, successivamente, lanciava un appello: « .. . Quelli che piangono vittime , quelli che videro crollare le loro case, frutto di lunghe fatiche e di pazienti risparmi, all'infuori dell'opera che certamente lo Stato rite1Tà doverosa , devono essere frattanto oggetto di una gara di soccorsi urgenti, già splendidamente iniziata dalla pietà Sovrana, da quella del Governo, del Supremo Comando e di illustri ospiti stranieri ... >> .56 Il 7 giugno 1918 , innescata da quella del vicino capannone dove era ubicato il reparto di caricamento dei petardi, si verificava un'esplosione allo stabilimento Setter e Thevenot, a Castellazzo di Bollate (Milano), che provocava numerose perdite di vite umane e danni. La Commissione di periti, nominata per l'accertamento delle responsabilità, aveva concluso all'unanimità: l'esplosione era «dovuta a cause accidentali . .. pur tuttavia non si può escludere il dolo».57 L'impossibilità di escludere il dolo andava imputata alla ricostruzione dei fatti che «non esclude che l'inizio sia dovuto a macchina infernale (detonatore) nascosto, ad arte, da malintenzionato in una cassetta di 0.P.l o addirittura nella catasta stessa. Si fa presente che un simile detonatore può essere fatto funzionare a tempo mediante un congegno a meccanismo qualsiasi. Esso può essere di piccole dimensioni, della medesima grandezza di un petardo tutt'al più, bastando un detonatore di alcune decine di grammi di esplosivo. L'esplosione porta per con-
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APTGP,
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ACS, fondo
serie lettere ai familiari, lettera 3 maggio 1917 a Elsa, p. 2. Ministero Interno, Direz. Gen.le P. S., Uff. Riservato , Cat. A5G, 1• Guerra Mondiale , b. 51, circolare del 29 ott.
1917. Giornale di Udine , 8 settembre 1917, p. 2. 56 Giornale di Udine, 12 settembre 1917, p. 2. 51 ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni , Ufficio Storiografico Mobilitazione, Miscellanea Uffici diversi (1915-19) b. 12, relazione Allegato n. 5 p. 15.
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seguenza la distruzione clell'artifizio del quale si perde ogni traccia. Solo rivelazioni spontanee dei colpevoli possono in simili casi portare la luce completa ... » .58 Riprendendo in esame il sabotaggio di Cengio, è sintomatico che il Giornale d'Italia del 29 settembre 1916 avesse riportato un breve cenno biografico dell'operaio condannato alla fucilazione, dal quale risultava che egli «si spingeva in Svizzera e di là sino a Vienna prendeva gli ordini per le sue imprese codarde e criminose.»59 Nella vicina Svizzera, infatti, si svolgevano riunioni «essenzialmente di anarchici», e anche la Missione Militare Inglese aveva fornito informazioni su un incontrn avvenuto a Locarno sul finire del 1915, nel quale si erano «studiati e discussi i mezzi migliori per introdurre in Italia bombe ano scopo di compiere attentati ... ».<'' A dir il vero, in Svizzera e nella contigua fascia di confine, sin dall'autunno del 1915 erano iniziati «strani movimenti». Per questo motivo l'On. Bevione aveva rivolto un'inten:ogazione al Ministro degli Affari Esteri <<per sapere se basti l'essere in possesso di credenziali diplomatiche per poter organizzare impunemente, in uno Stato neutrale, attentati dinamitardi contro le ferrovie e gli stabilimenti militari d 'Italia, com'è avvenuto recentemente in Svizzera».61 Rispondeva il Sottosegretario di Stato Borsarelli, rendendo noto come, nel novembre 1915, sulla linea Milano-Torino, fosse stato sentito un individuo, rimasto sconosciuto, mentre «faceva ad un suo compagno di viaggio proposte vaghe di pattecipazione ad atti criminosi che si sarebbero dovuti compiere in Italia. Si sarebbe trattato di attentati terroristici, atti a deprimere lo spirito pubblico ed anche ad impedire, se possibile i rifornimenti militari ... ». In particolare, «si sarebbe dovuto , anzitutto far saltare un determinato ponte per impedire il transito di treni rnilitari.»62 Le autorità italiane, per prevenire possibili attentati , di concerto con quelle elvetiche, avevano svolto indagini molto riservate che consentirono di sequestrare «nella casa di un umile barcaiolo, certo M ., un baule pieno di dinamite confezionata in piccoli pacchi , cioè in condizione d'essere facilmente traghettata sulla costa italiana del lago cli Lugano e poi introdotta in Italia per le vie consuete dei contrabbandieri» .63 La vicenda aveva messo in evidenza come l'organizzazione del complotto facesse capo al Consolato germanico di Lugano, presso cui si trovava un personaggio «equivoco>>, ben noto alle autorità italiane, poiché fino allo scoppio della guerra era stato vice console della Germania a Milano . A partire dalla primavera del 1916 era aumentata considerevolmente la possibilità che venissero organizzati degli attentati agli impianti idro-elettrici , da una centrale di spionaggio tedesca, situata in Svizzera, che si appoggiava al Vice Consolato germanico, dipendente dal Consolato Generale di Zurigo. Il R . Console Generale italiano in Lugano, infatti , aveva segnalato l'offerta, del Governo tedesco, di «un 64 premio di 5.000 marchi a chiunque arrechi danneggiamenti ai nostri impianti idro-elettrici» . L'informativa, proveniente dalla polizia militare svizzera, indicava anche come il metodo suggerito fosse quello di immettere nel l'acqua, superiormente alla presa dei tubi delle turbine, galleggianti contenenti asticelle d'acciaio in grado di bloccare le turbine stesse. Una variante ipotizzava tubi di all uminio contenenti una <<certa quantità di alto esplosivo» .65 Il Ministero dei Lavori Pubblici, interpellato dal
ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni , Ufficio Storiografico Mobilitazione, Miscellanea Uffici diversi (1915-1 9) b. 12, relazione Allegato n. 5 p. 12. 59 MCRR, fondo Dallolio, B. 944, f. 12, l. 8. 60 ACS, fondo l\ilinistero interno, Direz. Gen.le P. S., Uff. Riservato, Cat. A5G, 1• Guerra Mondiale, b. 5 1, lettera del Comando Supremo al Ministero clell'Jntemo ciel 6 gennaio 1916. 6 ' APCD , Legisl. XXIV, 1• Sessione, Discussioni, Voi.XV, p. 8.819. 62 lbid. lbid. M ACS, fondo Ministero Interno , P. S ., Uff. Riservato, Cat. A5G , l" Guerra Mondiale, b. 33, lettere ciel 5 febbraio 1916 e 4 marzo 1916. "5 Si trattava di tubi zavorrati in modo da mantenersi verticalmente nell'acqua. Nella parte emersa erano praticati dei fori nei quali penetrava l'acqua che scioglieva del bicromato di potassa che fungeva da innesco provocando lo scoppio della carica esplosiva. Cfr. ACS, fondo Ministero Interno, Direz. Geo.le P.S ., Uff. Riservato, Cat. A5G, P Guerra Mondiale, b. 33 , lettera della Società Idroelettrica Ligure al Prefetto di Parma del 14 giugno 1916.
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Impianti idro-elettrici. Atti di sabotaggio. (Archivio Centrale Stato, F. Ministero Interni - Direzione P.S. Cat. A5G, b. 32)
Sottosegretariato per le Armi e Munizioni, aveva suggerito di installare una «coppia di reti da pesca a qualche distanza fra di loro e subito dopo le griglie della camera di carico. Tali reti, essendo flessibili e purché abbiano una maglia non maggiore di un centimetro, riusciranno a far impigliare e trattenere gli ordigni che galleggiando nell ~acqua fossero passati attraverso 1e griglie.» 6<' Gli accorgimenti tecnici, quindi, venivano integrati da disposizioni per una più stretta vigilanza, emanate dal Mi nistero della Guerra, con circolare del 13 dicembre 1915 ai Comandi di Corpo d'Armata e dell'Interno , a tutti i Prefetti del Regno, in data 4 marzo 1916.67 Inoltre, venivano informate, da parte della Prefettura di Milano, le Aziende maggiormente in pericolo che si dimostravano «grate dell'avvertimento ed hanno promesso che, con tutti i mezzi di cui dispongono, coopereranno con 1'Autorità per sventare i delittuosi piani del nemico».68 Nell'aprile 1916, la Regia Prefettura di Milano comunicava a] Ministero dell'Interno l'informazione ricevuta circa l'organizzazione in corso, da parte del Console Generale di Ge1111ania a Zurigo, di un attentato per far saltare in aria l'impianto idro-elettrico di Yizzola Ticino, che forniva energia elett:J.ica a molti stabilimenti industriali dell'area di Gallarate, impegnati per forniture militari.69 A fine 1917 il Ministero della Guerra emanava una circolare con cui comunicava la scoperta, a Zurigo, di un'organizzazione finalizzata a introdurre in Italia un altro tipo di ordigni esplosivi per danneggiare le linee ferroviarie, in particolare quelle del Frejus e di Ventimiglia.70 Gli ordigni erano costi-
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ACS , fondo Ministero Interno, Direz. Gen .le P. S., Uff. Riservato, Cat. A5G, I" Guerra Mondiale, b. 33 , lettera del Ministero dei Lavori Pubblici ciel 19 febbraio 1916. 67 ACS, fondo Ministero Jnterno,Direz. Gen.le P. S., Uff. Riservato, Cat. A5G, 1" Guerra Mondiale, b. 33, circolare del 4 marzo 1916. 68 ACS, fondo Ministero Interno, Direz. Gen.le P. S ., Uff. Riservato, Cat. A5G, l" Guerra Mondiale, b. 33 , telegramma della Regia Prefettura cli Milano al Ministero dell'lmerno del 3 giugno I 916. 6'> ACS, fondo Ministero Interno, Direz. Gen.le P. S., Uff. Riservato, Cat. ASG, P Guena Mondiale, b. 33, lett.era del 30 aprile 1916, cfr. anche fase . «impianti idro-elettrici» e Duvernay Louis prot. 21772 - 1916. ;o Ministero della Guerra-Segretariato Generale Div. Stato Maggiore n. 14.016 del 10 dicembre 1917 oggetto «Ordigni esplosi vi destinati dal nemico a scopi terroristici».
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Ordigni esplosivi camufjàti da scatole di carne. (Archivio Stato Torino, F. Procura Generale, b . 2602)
tuiti da scatole di latta, a forma di piramide tronca, sulle cui facce erano incollate etichette di carta gialla recanti la scritta <<SVEAKOTT71 BRODERNA KESSLER, STOCKOLM, 7 1 NORRTULLSGATAN MADE IN SWEDEN».72 La circolare proseguiva specificando che «la scatola di latta corredata dalla miccia forma una potente mina pronta ad essere impiegata . .. Gli effetti della scoppio sono potenti, anche se la bomba non viene interrata in una carnera di mina . Semplicemente collocata ai piedi di un'opera in muratura e fatta esplodere, ne può provocare il crollo.»73 Non a caso, quest'ultima scoperta era avvenuta a Zurigo . In questa città, infatti, si erano tenute varie altre riunioni degli anarchici, anche per organizzare, in diverse località della Confederazione, sia con ferenze che mantenessero « ... viva l'agitazione a favore degli internati e disertori» ,74 sia la spedizione di manifesti rivoluzionari e antimilitaristi . Inoltre, sin dal novembre 1917 vi si era insediato un ufficio della Hamburg America Lanje, il cui titolare si occupava della diffusione, nei paesi dell 'Intesa e nei Paesi neutrali, di opuscoli, giornali, fotografie e altro materiale disfattista, svolgendo anche attività di spionaggio a favore della German ia. Sempre a Zurigo era stato decrittato il sistema di cifratura adoperato dalle spie, imperniato sulla réclame delle scatole cli brodo concentrato di una nota marca, sul cui retro venivano apposti segn i particolari indicanti «strade, bivi, ponti, pozzi, ecc.»75
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«CARNE SVEDESE>)
ACS, fondo Ministero Interno, Direz. Gen.le P. S., Cat. ASG, I" Guerra Mondiale, b. 51, Circolare dello SMM del 6 maggio 1918. Cfr. , anche Circ. Ministero della Guerra n. 14.016 del IO dicembre l9 17 oggetto Ordigni esplosivi destinati dal nemico a scopi terroristici. 73 M inistero della Guerra - Segretariato Generale Div. Stato Maggiore n. 14.016 del IO dicembre 1917 oggetto Ordigni esplosivi destinati dal nemico a scopi terroristici. 7' ASAL, fondo Prefettura AL - Gabinetto , Personale e Affari Riservati Ministero Guerra V. 77 Comando Supremo, Foglio d' Ordine n. 23 in data 6 maggio 1918. 75 ASAL, fondo Prefettura AL - Gabinetto, Personale e Affari Riservati Ministero Guerra V. 77 Comando Supremo, Foglio d'Ordine n. 23 in data 6 maggio 1918, p. I . 71
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Fra l'altro, veniva segnalato che emissari nemici si servivano, per attentati contro fabbriche di automobili e aeroplani, di esplosivi in false confezioni di pastiglie effervescenti e di fiammiferi, introdotti nei Paesi dell' Intesa frammisti a pastiglie e fiammiferi autentici .76 Tali informazioni sarebbero state convalidate dal Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri, anche a seguito dell'inten-ogatorio di un pregiudicato, imputato di spionaggio. Questi aveva rivelato l'esistenza di un'agenzia spionistica, a Lugano, che dirigeva<< .. . una squadra di pregiudicati, liberati dal carcere fin dall'inizio della guena, già condannati per reati violenti, anarcoidi e semidementi ... che operavano in ltalia>>.77 La presenza di «una squadra di agenti austro-tedeschi composta da pessimi soggetti liberati dal carcere» era stata suffragata anche dalla Prefettura di Genova il 30 giugno 1916. Questa organizzazione terroristica era fiancheggiata: - all'estero, da sedicenti ditte commerciali, come nel caso della ditta «Erwin Kalwe», che si occupava di attentati dinamitardi78 contro stabilimenti militari e impianti idroelettrici ,79 e il cui capo, Carlo Brunk, si vantava d'aver organizzato l'attentato contro il dinamitificio «Nobel», in Norvegia, e gli incendi avvenuti nel porto di Genova.80 Questi ultimi erano stati provocati «imbevendo degli stracci con una densa soluzione di cloruro di potassio e nascondendo negli stessi degli astucci contenenti acido solforico. Questo liquido, uscendo lentamente dall'astuccio non ben tappato , determinava l'accensione dello straccio.»81 Va sottolineato che la <<Erwin Kalwe» era pa11icolarmente preparata in quanto disponeva di «carte topografiche con tutte le indicazioni relative all'ubicazione, costruzione e potenza delle centrali elettriche esistenti in Italia e degli stabilimenti militari ed industriali che da essi traggono la forza» .82 La disponibilità di materiale non deve sorprendere dato che emissari nemici erano stati incaricati di «precisare i luoghi ove sì trovano le nostre fabbriche di munizioni , le loro denominazioni, e in special modo quelle dove sono occupate :i.n prevalenza donne» . - in Italia, dai «Comitati di azione anarchica rivoluzionaria», dei quali la cellula più attiva era quella del Valdarno . In una riunione segreta ad Arezzo, a cui avevano partecipato anche due soldati e un caporal-maggiore, i membri di questa cellula avevano deliberato di incendiare i magazzini militari di foraggi e geni ri alimentari, e, una delle conseguenze di tale riunione fu l'incendio del magazzino militare di foraggi di Cortona.83 Si deve rammentare, comunque, che i] réseau degli anarchici italiani comprendeva anche gli ambienti della Triplice, visto che nel 1914 l'Ambasciatore Impe1iali, da Londra, aveva potuto segnalare che il noto anarchico Malatesta «mentre discuteva con alcuni compagni disse: "gli Ungheresi faranno qualche cosa"».84
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,'\SAL , fondo Prefettura AL - Gabinetto, Personale e Affari Riservati Ministero Guerra V. 77 Comando Supremo, Foglio d'Ordine n. 18 in data 18 marzo 1918, p. 1. 17 ACS , fondo Ministero Interno, Direz. Gen.le P. S., Uff. Riservato, Cat. ASG, l" Guerra Mondiale, b. 32, lettera ciel Comando Generale dell'Arma dei RR.CC. , Uff. Mobilitazione del 14 marzo 1916. 78 ACS, fondo Ministero Interno, Direz. Gen.le P. S ., Uff. Riservato, Cat. A5G, I" Guerra Mondiale, b. 32, lettera del Ministero dell'Interno del 28 dicembre 1917. 79 ACS, fondo Ministero Interno, Direz. Gen.le P. S., Uff. Riservato, Cat. ASG, fi' Guerra Mondiale, b. 32, lettera della Legazione d'Italia a Berna del 30 maggio 1916, p . 1. 80 ACS, fondo Ministero interno, Direz. Gen.le P. S., Uff. Riservato, Cat. ASG, l" Guerra Mondiale, b. 51, lettera della Legazione d' Italia a Berna del 30 maggio 1916, p. I. si ACS , fondo Ministero Interno, Direz. Gen.le P. S., Uff. Riservato, Cat. ASG, l" Guerra Mondiale, b. 51, lettera della Legazione d 'Italia a Berna ciel 30 maggio 19 I 6, p. 3. 2 s ACS, fondo Ministero Interno, Direz. Gen.le P. S., Uff. Riservato, Cat. A5G, l" Guerra Mondiale, b. 51 , lettera della Legazione d'Italia a Berna ciel 30 maggio 1916, p. l. 83 ACS , fondo Ministero Interno, Direz. Gen.Je P. S. , Uff. Riservato, Cat.A5G, l" Guerra Mondiale , b. 51., appunto «Complotti ed attentati» n. 11.231 . 84 ACS, fondo Ministero Interno, Direz. Gen.le P. S., Uff. Riservato, Cat. A5G, l" Guena Mondiale , b. 51, telegramma eia Londra ciel 3 novembre 1914.
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Tutti questi Consolati e Vice Consolati, prendevano ordini dalle Autorità militari di Singen, che sovrintendevano ai movimenti degli agenti destinati a operare in Italia. Gli attentati organizzati dall'Austria, invece, erano diretti dall'Autorità militare di Feldkirch, con il concorso del Consolato austiiaco di Zurigo. Queste attività erano agevolate dalle« .. . condizioni della frontiera montuosa e lacuale che pennettono il passaggio di numerosi disertori, di forti quantità di conti·abbando e tanto più faci lmente di comunicazioni d'ogni genere che frusti·ano, perciò, il buon servizio eseguito ai varchi dalle nostre Autorità di P.S . ... >> .85 Per quanto all'aspetto economico, le Ambasciate austriaca e germanica di Berna provvedevano in larga misura a fornire i mezzi finanziati a «un organizzatore» che aveva alle sue dipendenze sette agenti.86 Gli obiettivi da conseguire erano ben chiari, tutti riconducibili al fine di «togliere all'Esercito i mezzi per funzionare>>, e contemplavano diversi settori: a) Ferroviario era previsto di far saltare, fra il 20 e il 25 marzo 1916, i ponti sul Piave di San Donà e della Priula con la connivenza di alcuni ufficiali italiani che avrebbero dovuto coadiuvare gli attentatori fornendo l'esplosivo;87 in data successiva quelli sul Po di Pontelagoscuro, Cremona e sul Garda fra Desenzano e Peschiera,88 per isolare l'esercito combattente dai centri di rifornimento . In tale quadro rientrava, anche, l'inutilizzazione del tunnel del Moncenisio.89 Erano ipotizzati attentati anche alle linee ferroviarie90 - interruzione della Bologna-Roma, provocando un'esplosione nel tunnel presso Bagni di Porretta,9 ' e della Ventimiglia-Savona-Genova-Torino, avendo individuato come punto critico l'imbocco di una galleria fra San Remo e Taggia92 - e pure sui ci nque treni che partivano giornalmente da Torino per la Francia, particolarmente vulnerabili poiché la loro vigilanza avrebbe richiesto un oneroso servizio in pratica irrealizzabile .93 Un gruppo cli anarchici italiani aveva intenzione di far saltare treni di munizioni diretti al fronte, per cui il Ministero per le Amù e Munizioni aveva adottato misure cli sicurezza per impedire che ordigni potessero essere collocati clandestinamente nei vagoni durante le operazioni cli carico.94 Il Ministero della Gue1rn, da paite sua, allertava l'Intendenza Generale e la Delegazione della Direzione dei Trasp01ti, affinché «i percorsi dei treni di munizioni abbiano la minore durata possibile, abbreviando e riducendo le fermate, e perché siano usate le adeguate misure precauzionali cli protezione e vigilanza dei treni medesimi, richiedendo, volta per vo]ta, gli occo1Tenti servizi armati ai Comandi di Presidio interessati» .95
fondo Ministero Interno, Direz. Gen.le P. S ., Uff. Riservato, Cat. A5G, 1" Guerra Mondiale, b. 5 J, lettera ciel Consolato Generale cli S.M. il Re d'Italia nel Canton Ticino del 6 aprile 1916. 86 ACS, fondo Ministero Interno, Direz. Gen.le P. S., Uff. Riservato, Cat. A5G , 1• Guerra Mondiale , b. 51, lettera del Ministero Interno ciel 19 ottobre 1918, p. I. 87 ACS , fondo Minist.ero Interno, Direz. Gen.le P. S ., Uff. Riservar.o, Cat.. A5G, I." Guena Mondiale, b. 51, nota del 12 marzo 1916, cfr. anche fondo Ministero Interno, Direz. Gen.le P.S., Uff. Riservato, Cat. A5G , l" Guerra Mondiale, b. 5 1, lettera «riservatissimo-urgente» ciel Comando Supremo ciel J.0 marzo 1916. ss ACS, fondo Ministero Interno, Direz. Gen .le P.S ., Uff. Riservato, Cat. A5G, 1a Guerra Mondiale, b. 51 , lettera del Comando Generale dell'Arma dei RR.CC., Uff. Mobilitazione del J.4 marzo 1916. 89 ACS, fondo Ministero Interno, Direz. Gen.le P.S ., Uff. Riservato, Cat. A5G, l" Guerra Mondiale, b. 51, nota ciel 12 marzo 1916. 90 ACS, fondo Ministero Interno, Direz. Gen.le P. S., Uff. Riservato, Cat. A5G, 11' Guerra Mondiale, b. 51 , lettera del Prefetto Rebucci del 30 giugno 19 I 6. 9 1 ACS, fondo Ministero Interno, Direz. Gen.le P. S., Uff. Riservato, Cat. A5G, l" Guerra Mondiale, b. 51 , lettera della Legazione d'Italia in Berna del 30 maggio J.916, p. 2. 92 ACS, fondo Ministero Interno, Direz. Gen.le P. S., Uff. Riservato, Cat. A5G, l" Guerra Mondiale, b. 51, lettera della Legazione d'Italia in Berna del 13 febbraio 1916. ~, ACS, fondo Minist.ero Interno, Direz. Gen.le P. S ., Cat. A5G, l" Guerra Mondiale, b.51 ACS, fondo Ministero Interno, Direz. Gen.le P. S., Cat. A5G, l" Guerra Mondiale, b. 51, rapporto ciel Questore di Torino del 2 1 gennaio 1916, n. 295 . 9• ASAL, fondo Prefettura AL- Gabinetto, Personale e Affa1i Riservati Ministero Guerra V. 77 Ministero Guerra Div. Stato Maggiore f. n. 560 Gin data 12 gennaio 1918 . 95 ASAL, fondo Prefettura AL - Gabinetto, Personale e Affari Riservati Ministero Guerra V. 77 Ministero Guerra Div. Stato Maggiore f. n. 560 G in data 12 gennaio 1918 . s; ACS ,
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Altri anarchici, in una riunione tenutasi a Firenze, avevano stabi lito di «compiere attentati nelle retrovie armate alleate combattenti in Italia, provocando incendio vagoni munizioni et depositi materiali. Tanto segnalasi per conseguenti misure di vigilanza et per concorso da accordarsi autorità militari alleate nella sorveglianza vagoni et depositi predetti.»96 b) Industriale era in atto un piano per la distruzione della Fabbrica d'Armi di Terni che vi prevedeva l'assunzione di un infiltrato, un operaio meccanico con passaporto inglese. In Italia, l'azione della centrale di spionaggio svizzera era supportata dal Partito socialista «ufficiale», che aveva preso di mira le fabbriche più importanti, e del quale, secondo le informazioni, i capi di alcune sezioni avevano « ... di già parlato su quali officine si dovessero tentare atti di sabotaggio e queste officine sarebbero le seguenti: l'Ansaldo in Liguria, la fabbrica di proiettili di Torino .. .»:n La Regia Legazione in Berna, inoltre, aveva segnalato la partenza dalla Svizzera, per l'Italia, di tre operai incaricati di recarsi nelle acciaierie di Piombino per compiervi atti di sabotaggio.98 c) Idroelettrico oltre a quelle già segnalate, i capi del Partito Socialista «ufficiale» avevano individuato come obiettivi di sabotaggio «la centrale elettrica Genovese, la centrale elettrica Adriatica e qualche altra>> .99 Erano in pericolo anche quelle del «Pescara del 1° salto» (tramite sabotaggio in territorio di Tocco Casauria, in provincia di Chieti)' 00 e le «centrali del 2° salto tra Torre e Popoli», per privare dell'energia elettrica Napoli e i suoi stabi limenti. J0 1 Anche gli incendi erano sistemi di sabotaggio efficaci - le «Autorità inglesi hanno rinvenuto diversi "tubi esplosivi" preparati dal nem ico, di piccole dimensioni e di facile uso, atti principalmente per appiccare fuoco» 102 - e, come si può intuire dalle informazioni pervenute, anche in questi casi il sostegno logistico era riconducibile per buona parte all'estero: «Zurigo discutesi quasi ape1tamente di incarichi che agenti tedeschi tenterebbero dare mediante lauti compensi ad operai italiani per far incend iare silos, fabbriche prodotti alimentari e depositi viveri, cotoni, ecc.»; 103 emissari speciali <<[sono] incaricati di incendiare tutte le derrate depositate nei docks» del porto di Genova: 04 Va precisato, comunque, che i movimenti degli emissari nemici erano seguiti con molta efficienza dalle Autorit~1 italiane, in particolare dalla Legazione d'Italia a Bema. Un esempio ne era stata la tempestiva segnalazione relativa al contenuto del bagaglio di due agenti austriaci che, provenienti da Innsbruch,
ASAL, fondo Prefettura AL- Gabinetto, Personale e Affari Riservati Ministero Guerra V. 77 Comando Mi.li tare Provincie Zona cli Guerra Ovest f. n. 1684-II in data 25 dicembre 1917. Cfr. anche ASAL, fondo Prefettura AL-Gabinetto, Personale e Affari Riservati Ministero Guerra V. 77, Prefettura cli Alessandria f. n. 2 .191 Gab. 41. 97 ACS, fondo Ministero Interno, Direz. Gen .le P. S ., Cat. A5G, l" Guerra J'vlondiale, b. 51, nota Complotli ed allentati del 2 1 maggio 19 I7 . 96 ACS, fondo Ministero Interno, Direz. Gen.Je P. S ., Cat. ASG, l" Guerra Mondiale, b. 33 , lettera della Legazione d'Italia a Berna dell'8 marzo 1917. 9 Q ACS , fondo Ministero interno , Direz. Gen.le P. S., Cat. A5G, l" Guerra Mond iale, b. 51, nota Complotti ed attentati del 21 maggio 1917. 100 ACS, fondo Ministero Interno, Direz. Gen.le P. S., Cat. A5G, l" Guerra Mondiale, b. 5 I, telegramma ACS, fondo Ministero Interno, Direz. Gen.le P. S ., Cat. A5G, 1" Guerra Mondiale, b. 51 del Ministero dell 'Interno ciel 5 giugno 1916. 101 ACS, fondo Ministero Interno, Direz. Gen.le P. S. , Uff. Riservar.o, Cat. ASG, l" Guerra Mondiale, b. 5 1, lettera della Legazione d' Italia in Berna ciel 30 maggio 1916, p. 2. 102 ACS, fondo Ministero Interno, Direz. Gen.le P. S., Cat. A5G, 1" Guerra Mondiale, b. 51, boJlettino del Comando Supremo prot. n. 44 .308. ,n~ ACS, fondo Ministero Interno, Direz. Gen .le P. S., Uff. Riservato , Cat. A5G, l" Guerra Mondiale, b. 51, telegramma del Ministero dell 'Interno del 31 ottobre 1.915. 10 • ACS, fondo Ministero lnterno, Direz. Gen.le P. S., Uff. Riservato, Cat. ASG, l" Guerra Mondiale, b. 51 , lettera del Comando Supremo del 23 novembre 1916. 96
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dovevano entrare in Italia, da Ponte Chiasso, per compiervi attentati dinamitardi; i dettagli forniti, infatti, avevano consentito di neutralizzare l'opera dei due, inv iando <<comunicazione al Signor Prefetto di Como ed agli Uffici dì P.S. cli Ponte Chiasso e della stazione di Como con preghiera a questi ultimi di procedere all'arresto delle persone di cui si tratta ed al sequestro della valigia e della cassetta». 105 Come a Lugano, i tedeschi avevano anche in Spagna centrali di spionaggio. Da quella di Madrid essi «si occupano attivamente dell'organizzazione di attentati contro stabilimenti mi litari, depositi di materiali esplosivi, etc. e vuolsi che l'Addetto Militare tedesco accreditato presso il Governo spagnolo s' interessi in modo speciale di tale organizzazione.» 106 In particolare, gli agenti di questa organizzazione: - erano riusciti a collocare a Barcellona, a bordo di piroscafi italiani, bombe a orologeria predisposte per scoppiare dopo l'attracco delle navi a Genova; 107 - avevano usato «metodi ancora più subdoli» per provocare incendi: indossando «vestiti o parti di vestito usato, come panciotti, berretti [in cui] sarebbero nascoste, tra la stoffa e la fodera, delle sostanze esplosive .. . al momento di eseguire l'attentato, [l'operatore] metterebbe a contatto della stoffa . .. una fiala di liquido, regolata in modo che la fuoriusc ita del medesimo sia lenta. Ciò fatto egli abbandonerebbe l'oggetto di vestiario - per esempio nella stiva di un bastimento, fra le balle di materiale ... e quindi si allontanerebbe. Dopo un certo tempo il liquido verrebbe a contatto della sostanza preparata, provocando la combustione.» 108 Attentati si erano verificati anche su piroscafi in navigazione, mentre dagli Stati Uniti stavano trasportando materiali in Europa. Di solito le procedure usate dagli agenti tedeschi erano due: veniva chiesto a qualche marinaio del piroscafo in partenza di recapitare un pacco (contenente un congegno a orologeria) a un conoscente che dimorava nel luogo di destinazione della nave; 109 oppure gli ordigni venivano sistemati a bordo durante le operazioni di carico. Una conferma del secondo metodo proviene da una circolare emanata il 2 luglio 1917 dall'Ufficio del Capo di S . M. della Marina, che informava come il piroscafo inglese Eastgate si fosse incendiato a causa di un meccanismo a orologeria collocato a bordo alla sua partenza da New York. 11u Sempre il medesimo Ufficio, a un anno da questa circolare, avrebbe informato 111 di essere venuto in possesso di un nuovo tipo di ordigno, basato sulla lenta corrosione chimica di un filo metallico che, una volta spezzatosi, avrebbe consentito la percussione di una capsula e, quindi, l'innesco di un processo incendiario. Per ottenere risultati di proporzioni ingenti venivano usati diversi tipi di ordigni esplosivi. Uno aveva la forma di «pani di legno dipinti in nero e ricoperti di polvere di carbone in modo da assomigliare a mattonelle di carbone .. . Un deposito di questi pani trovasi nel Consolato di Austria di Barcellona.
105 Si trattava di valigia e cassetta « ... a doppio fondo, in cui sono nascoste delle verghe di un preparato speciale a base di dinamite, di recente inventato in German ia. Tali verghe ( 16 nel doppio fondo della valigia e 16 in quello della cassetta) sono lunghe 30 centimetri e larghe circa due ed hanno estremità collocate in fori appositamente costruiti lungo le pareti del doppio fondo ... [i due agenti austriaci] sono muniti cli passaporto italiano falso portante jl bollo ciel Consolato Italiano cli Monaco di Bavjera. Uno di tali passaportj è intestato ad un individuo nativo cli Ponte di Legno, attualmente internato a Katznau (Austria) .. .» Cfr. J\CS , fondo Ministero Interno, Direz. Gen.le P. S., Uff. Riservato , Cat. ASG, 1a Guerra Mondiale, b. 5 1, lettera della Legazione d'Italia in Berna del 7 marzo 19 16, pp. 1-2. 106 ACS, fondo Ministero Interno, Direz. Gen.le P. S., Uff. Riservato , Cat.. A5G , I" Gue1Ta Mondiale , b. 51, Nota del Ministero dell'Interno del 17 ott. 19 16. ,o; ACS, fondo Ministero Interno , Direz. Gen.le P. S., Uff. Riservato, Cat. A5G, l" Gue1Ta M.ondiale , b. 51 , lettera della Prefettura di Genova del 22 dicembre 19 I 6. 10~ ACS, fondo Ministero Interno, Direz . Gen.le P. S., Uff. Riservato, Cat. A5G, l" Guerra Mondiale, b. 51, Nota del Ministero dell'Interno del 17 ott. 1916. ACS, fondo M inistero Interno, Direz. Gen .le P. S., Cat. A5G, l " Guerra Mondiale, b. 5 1, Circolare del Ministero Interno del 6 dicembre 1917. 110 ACS, fondo .Ministero Interno, Direz. Gen.Je P. S ., Cat. ASG, l" Guerra Mondiale, b. 51, Circolare dello SMM 2 lug. 1917. 11 1 ACS, fondo Ministero Interno, Direz. Gen..le P.S ., Cat. A5G- b. 3, Circolare n. 4.287 in data 22 settembre 19 18. 1()9
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· IL CAPO DI STATO .MAG(tIORE
REVEL
Apparecchio tedesco per attentati. (Archivio Centrale Stato, F. Ministero Interni - Direzione P.S. Cat. A5G, b. 32)
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Quando la nave deve caricare carbone, uno degli agenti tedeschi vestito da operaio sì frammischia ai carbonai e quando questi vuotano nelle stive le coffe di carbone vi getta il pane di legno come se fosse un pezzo di carbone caduto fuori.» 11 2 È possibile asserire, comu nque, che gli attentatori cercavano di introdurre questi ordigni in tutte le località dalle quali erano in partenza navi dirette verso porti dell 'Intesa. In Olanda erano stati scoperti dei flaconi contenenti acido solforico, chiusi con «tamponi di carta asciugante», in grado di far sgocciolare lentamente il contenuto su un'appos.ita miscela di clorato di potassa.11 3 Con il progredire del conflitto l'attività clandestina si era ampliata, specie dopo i fatti di Caporetto, tanto che il Comando Supremo comunicava che erano stati notati « ... a Lugano, in questi giorni di esaltazione e di raddoppiata attività austro-germanica in tutti i campi, dei colloqui e delle riunioni di perso11 4 ne sospette e di avere il dubbio che si complotti qualche colpo nel nostro paese (attentati o altro)». Le mire degli elementi filo-germanici , però, sembravano focalizzate sulle officine Forze Motrici cli Brusio, nei Grigioni, che fornivano l'energia elettrica alla Società Lombarda per la distribuzione alla città di Milano e a molti impianti industriali addetti alla produzione bellica della Lombardia11 5 - già a suo tempo l'impianto di Brusio era stato oggetto d'attenzione delle forze dell'Intesa, tant'è vero che , il 15 luglio 1914, il Ministro delle Ferrovie prussiane, Von B., si era recato espressamente a visitarlo interessandosi «minutamente cli ogni particolare>> .11 6 Date le premesse, la Regia Legazione di Berna aveva segnalato che, durante l 'invemo 1917-18, si era fermato a Soglio, in Val Bregaglia, il Capitano germanico P., il quale «aveva fatto nascere il sospetto che esercitava il servizio d'informazioni ai nostri danni mediante la cooperazione cli contrabbandieri svizzeri», e la cui" attività era stata già segnalata alle Autorità italiane di frontiera di Chiavenna. 117 Forti sospetti gravavano su tale H. , un impiegato delle Officine di Brusio cli nazionalità germanica11 x che curava la propaganda austriaca della popolazione della Val Poschiavo; veniva perciò allertato il Governo svizzero affinché adottasse tutte le misure atte a scongiurare eventuali attentati contro lo stabilimento Forze Motrici cli Brusio da parte «del noto Hermann o di altri agenti al soldo della Germania». 119 11 Regio Ministro Plenipotenziario a Berna, peraltro, comunicava cli aver sollecitato nuovamente, per l'allontanamento dell'H ., il Governo svizzero, sempre restio a prendere il provvedimento, poiché temeva le reazioni dell'ambiente operaio di Brusio, particolarmente turbolento. 120 Verso la fine del 1918 , in ogni caso, stavano maturando i progetti di un attentato alla centrale di Piattamala, in territorio italiano, come risultava da:
Ministero Interno,Direz. Gen.le P.S . , Cat. A5G, l a Guerra Mondiale, b. 51, Circolare del lo SMM del 1° gen. 19 18. fondo Prefettura AL - Gabinetto , Personale e Affari Riservati Ministero Guerra V. 77 Comando Supremo, Foglio d'Ordine n. 2 in data 8 gennaio 19l8. 114 ACS, fondo .tvliJ1jstero Interno, Direz. Gen.le P. S., Uff. Riservato, Cat. ASG, 1a Guen-a Mondiale, b. 51 , cixcolare del 29 ott. 19 17. 115 La società Brusio raccoglieva le acque dal lago Bianco-Bernina e le po1tava a una p1ima centrale a monte ciel lago di Poschiavo. Tutte le acque di quest'ultimo lago , quindi, venivano sfruttate, attraverso sei tubi, per alimentare le turbine della grande centrale di Campo Cologno. Il punto sensibile dell'impianto, considerato uno dei piL1 importanti d'Europa, era costituito dalla corsa allo scopetto, per circa 450 metri, dei sei tubi di alimentazione delle turbine di Capo Cologno. Dei 38.000 Hp prodotti, 30.000 venivano trasferiti in Italia alla centrale di Piattarnala tramite elettrodotti. Cfr. ACS, fondo Ministero Interno, Pubblica Sicurezza, Cat. ASG, 1• Guerra Mondiale, relazione del Comando Supremo - Serviz.io Informazioni del 2 agosto 1918. 116 ACS , fondo Ministero Interno, Direz. Gen.le P. S., Uff. Riservato, Cat. A5G, la Guerra Mondiale, b. 33 , relazione del Comando Supremo - Servizio infonnazioni del 2 agosto 1918. 117 ACS , fondo Ministero Interno, Direz . Gen.le P. S., Uff. Riservato, Cat. ASG, 11' Guerra Mondiale, b. 33 , lettera del 18 novembre 1918. 11• ACS, fondo Ministero Interno, Direz. Gen.le P. S., Uff. Riservato, Cat. A5G, l" Guerra Mondiale , b. 33, lettera della Prefettura di Sondrio del 26 giugno I 9 I 8. 119 ACS, fondo Ministero Interno , Direz. Gen.le P. S., Uff. Riservato,ASG, l" Guerra Mondiale, b. 33, lettera del 7 luglio 19 I 8 . 120 ACS, fondo Ministero Tnterno, Direz. Gen.le P. S., Cat. A5G, I" Guerra Mondiale, b. 33, telegramma del Ministero Affari Esteri del 6 agosto 1918. 112
ACS, fondo
11 3
ASAL,
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- un discorso fra il Console austriaco Von S. e il suo segretario L., svoltosi in un caffè di Poschiavo frequentato da austriacanti; - una conversazione telefonica fra il Direttore della centrale idroelettrica di Piattamala e il Direttore dell'Azienda elettrica di Campo Cologno, intercettata eia un militare italiano addetto alla censura, dalla quale emergeva che il Console austriaco di Coira era a conoscenza di un complotto per far saltare la centrale idroelettrica di Piattamala. 121 Oltre a ordire attentati, gli agenti stranieri cercavano di incidere sulla produzione italiana facendo peggiorare le relazioni commerciali fra la Società Brusio, che forniva l'energia, e quella lombarda che la riceveva; relazioni già aggravate, per l'Italia, dalle condizioni disastrose del cambio. Contemporaneamente alle minacce di attentati agli impianti idroelettrici si erano verificati numerosi allarmi per tentativi cli intrusione in diverse polveriere. Nella notte sul 22 aprile 1917 si verificava un tentativo di intrusione nel deposito di benzolo della Società Esplodenti di Cengio. 122 In luglio, così scriveva il Comando di Corpo d'Armata di Genova: «Da qualche tempo si verifica con frequenza che le sentinelle alle polveriere site nell ' antica cinta fortificata di questa piazza, scorgono notte tempo individu i, evidentemente male intenzionati, che cercando di eludere la vigilanza delle sentinelle, tentano di avvicinarsi alle polveriere» e anche nella notte sul 12 luglio 1917 si verificavano altri <<dolosi tentativi di avvicinamento». 123 Alle 0,20 del primo maggio 1918, sconosciuti tentavano di avvicinarsi al dinarnitificio di Boceda 124 mentre, nella notte sul 14 agosto, due sconosciuti riuscivano a penetrare nel recinto del polverificio Randi, di Villa S. Martino di Lugo, collocando una bomba con la miccia accesa nei pressi del deposito di oltre 200 quintali di polvere nera; l'ordigno venne neutralizzato dal coraggioso intervento di un brigadiere dell'Arma dei Carabinieri che ne strappò con i denti la miccia, 125 mentre «gli autori dell 'attentato poterono di leguarsi, quantunque fatti segno a colpi di fucile.» 126 Verso le 2 .30 del 2 settembre 1918, una sentinella americana cli guardia al campo di aviazione di Porto Corsini (Ravenna), vedeva sbucare da dietro una casermetta in costruzione un individuo che cercava di avvicinarsi agli hangar<' All' «Alt», lo sconosciuto si clava alla fuga riuscendo a di.legnarsi nonostante fosse stato fatto segno a colpi di fucile . La sua fuga veniva agevolata da un complice appostato dietro gli hangar che sparava 7 colpi di pistola contro i militari americani accorsi. Ma attentati, sabotaggi, propaganda, erano rivolti anche a minare «il clima interno», sia seminando il panico fra la popolazione, sia destabilizzandone il morale.
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ACS, fondo Ministero Interno, Direz. Gen.le P. S., Cat. A5G, I" Guena Mondiale, b. 33, lettera della Prefettura di Sondrio del 25 maggio 19 18. m ACS, fondo Ministero Interno, Direz. Gen.le P. S., Cat. ASG, I " Guerra Mondiale, b. 33, lettera della Prefettura di Genova del 17 agosto 1918. 123 ACS, fondo Ministero Interno, Direz. Gen.le P.S., Cat. A5G, L" G uerra Mondiale, b. 33, lettera del Comando ciel Corpo d'Armata di Genova ciel 25 luglio 1917, p. 1-2. 124 ACS, fondo Ministero Interno, Direz. Geo .le P. S., Cat. A5G, l • Guerra Mondiale, b. 33, lettera della Prefettura di Massa e Carrara del 5 maggio 1918. 125 ACS, fondo Ministero Interno, Direz. Gen.le P. S., Cat. ASG, l" Guerra Mondiale, b. 33, lettera del 17 agosto 1918. Cfr. anche ASAL, fondo Prefettura AL - Gabinetto, Personale e Affari Riservati Ministero Guerra V. 77 Comando Supremo Fogl io d ' Ordine n. 32 in data 3 settembre 1918 . 126 ASAL , fondo Prefettura AL - Gabinetto, Personale e Affari Riservati Ministero Guerra V. 77 Comando Supremo, Foglio d'Ordine n.32 in data 3 settembre 1918. La bomba era costituita da una scatola di latta contenente polvere nera a grana fine , frammischiata a cartucce per fucile mod. 87 e per pistola rnod. 74. Intorno alla scatola, legata con fil di ferro e spago, era stata fatta una gettata di calcestruzzo, il tutto contenuto in un recipiente di latta dalla forma di bariletto di 140 mm cli altezza e cli 115 mm di diametro. Da un lato della scatola, attraverso un coperchj etto forato, sbucava la miccia comunicante con l'esterno.
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Il 10 giugno 1917, alcuni operai addetti alla manutenzione del motore a gas della turbina presso lo stabili mento della ditta «Cellulosa e carta>>, avevano rinvenuto , sotto una testa di bie11a, due piccoli sassi che avrebbero potuto bloccare la produzione di energia elettrjca per diversi mesi .127 Il Corriere della Valtellina del 20 dicembre 1917 aveva riportato la notizia che a Morbegno una giovane «trovata per istrada una matita, corse a mostrarla al padre, e, mentre entrambi vicini al focolare stavano osservandola, la matita scoppiò e la poverina da questo scoppio ebbe asportate quattro dita». Non si poté appurare se l'ordigno rientrasse in qualche piano più ampio, magari diretto contro gli impianti della centrale che produceva l'energia destinata alle linee ferroviarie, o fosse finalizzato unicamente a fiaccare la resistenza della popolazione. Nel dubbio , l'Amministrazione ferroviaria aveva dato ordine di collocare, all'ingresso dei tubi di carico della centrale di Morbegno, una griglia di ferro a maglie piccole in modo da impedire eventuali attentati con simili ordigni. 128 Ben più grave però - anche se fortunatamente si trattò di un falso all arme - era stata l'informazione fornita dal Comando Supremo al Ministero dell'Interno già agli inizi dell'anno, secondo la quale em issari austriaci si stavano approntando a diffondere malattie epidemiche, tramite l' imnùssione di bacilli del tifo e del colera nei serbatoi di acqua potabile «e nei ritrovi pubblici». 129 C01Tispondeva alla realtà, invece, la segnalazione del Comando Supremo inviata con il Foglio d'Ordine n. 23 .130 Il comunicato avvertiva che emissari austro tedeschi, il cui vero scopo era fare propaganda pacifista in Italia, facendosi passa.re per prigionieri evasi dai campj di concentramento stavano perseverando nell 'opera di demoralizzaz ione della popolazione reclutando agenti disfattisti fra gli italiani delle terre invase e fra i prigionieri di guerra che passa.vano a pied i la frontiera . Altrettanto vero, poi, risultava che, con analogo fine di propaganda; ai militari delle ultime classi in partenza da Torino per il fro nte era stata distribuita una lettera, scritta da un social ista di quella città a un noto anarchico, in cui si illustravano «le teorie libertarie in genere e si esalta[va] e magnifica[va] la potenza degli Imperi centrali, contrapponendo ad essa le debolezze e gli errori che sarebbero stati commessi dalle nazioni dell'Intesa» .13 1 In ogni caso, la situazione richiedeva un'attenta vigilanza, poiché non erano da escludere atti di sabotaggio alle spalle dell'esercito combattente, come quello segnalato dal Ministero degli Interni nell'aprile del 1918. «Barca che sembra appartenere a incrociatore austriaco Babemberg capace oltre dieci persone dopo aver spento motori giunse riva Marzocco presso Senigallia a forza di dodici remi . Entro barca trovaronsi indumenti militari, capsule per segnalaz.ione e cartucce dinamite, cartucce rivoltella e piccole bandiere da segnalazione. Da orme lasciate su spiaggia deducesi che sarebbero sbarcate dozzina persone che si sarebbero avviate verso Montagnano. Autorità militare disposto subito ricerche raggio molto esteso. Adottate con Autorità militari , ferroviarie compartimento ferroviario , Questura, Arma RR. CC., tutte possibili precauzioni ed informati Prefetti litorale adriatico dello sbarco avvenuto a Marzocco. Interessati Prefetti Regno escluse isole per indagini e misure massima vigilanza stabilimenti militari e opere che possono essere oggetto attentati.» 132 Tuttavia, come s'è visto, se alcuni strati della popolazione erano stati colpiti« ... da un vivo senso di oppressione, stanchezza e scoraggiamento per lo indefinito protrarsi della guerra e pel disagio economi-
121 ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni , Miscel lanea Uffici diversi , B. 265, Verbal i adunanze CMI per l'Italia meridionale, seduta del 18 mar. I 9 17 , p. 1.095. 128 ACS , fondo Minist~ro Interno , Direz. Gen.le P.S., Cat. ASG, l " Guerra Mondiale, b . 33 , lettera delle Ferrovie dello Stato, Direz. Gen.le del 31 dicembre 1917. 129 ACS , fondo Ministero Interno, Direz. Gen.le P. S., Cat. ASG, l " Guerra Mondiale , b. 51, lettera del 27 febbraio 1917 . i'.¾J ASAL, fondo Prefettura AL - Gabinetto, Personale e Affari Riservati Ministero Guerra V. 77 Comando Supremo, Foglio d'Ordine n. 23 in data 6 maggio 1918. 13 1 ASAL, fondo Prefettura AL - Gabinetto , Personale e Affari Riservati Ministero Guerra V. 77 Comando Supremo , Foglio d' Ordine n. 24 in data 10 maggio 1918. 1.l i MCRR, fondo Dal lolio , b. 961 , f.10, 1. 2, Teleg ramma Ministero Interni - Gabinetto del 5 aprile 1918.
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co concomitante il quale viene peraltro attribuito molto più all'ingordigia di speculatori ed a poco buona amministrazione .. .», 133 altrettanto era accaduto (sul finire del 1917), ma provocando una reazione molto diversa, presso frange di ultra-interventisti che aspiravano a una «politica di guerra decisa e 1isoluta, senza contrasti>>, ritenuta inaggiungibile dal Governo e dalla classe politica del momento. Per questo avevano creato un'associazione sovversiva denominata «Legioni Rosse», organizzata in «centurie e decurie» . Le azioni violente sarebbero dovute iniziare «... non appena si manifestasse in piazza malcontento della popolazione per un 'eventuale scarsezza di viveri o per qualsiasi altro motivo ... » .134 Le «Legioni Rosse» erano nate per dare vita a « ... un moto rivoluzionario inteso ad instaurare la Repubblica in Italia, all'unico scopo di ottenere ciò . .. anche attraverso la soppressione violenta di personalità contrarie alla politica di Guerra. Il movimento insurrezionale è aiutato dalla Francia e dalla stessa Inghilterra, scontente e mal sicure di noi. Al movimento stesso parteciperanno personalità delle varie A1mninistrazioni dello Stato, non escluso l'Esercito.» 135 A quasi un anno di distanza, comunque, «La nota associazione segreta denominata "Legioni Rosse" non pare abbia preso per ora notevole sviluppo. In Roma essa conta una sessantina di affiliati ripartiti in cinque decurie, scelti fra gli elementi estremi dei vari partiti interventisti, con finalità prettamente rivoluzionarie. L'organizzazione non dispone ancora di mezzi fi nanziari né di anni sebbene ogni addetto sia obbligato a provvedersi per proprio conto di pugnale, di rivoltella e di 50 cartucce.>> 136
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' 33 ASAL, fondo Prefettura AL - Gabinetto, Personale e Affari Riservati Ministero Guerra V. 77 Comando Supremo, Foglio d'Ordine n. 33 in data 18 settembre 1918. 13 ' ASAL , fondo Prefettura AL - Gabinetto, Personale e Affari Riservati Ministero Guerra V. 77 Comando .tvlilitare delle Provincie Zona di Guerra Ovest - f . n. 1.484 11 in data 20 dicembre 1917. 135 ASAL, fondo Prefettura AL - Gabinetto, Personale e Affari Riservati Ministero Guerra V. 77 Comando Militare delle Provincie Zona di Guerra Ovest - f. n. 1.765 II in data 30 dicembre 1917. 136 ASAL, fondo Prefettura AL - Gabinetto, Personale e Affari Riservati Ministero Guerra V. 77 Comando Supremo, Foglio d' Ordine n. 33 in data 18 settembre 1918.
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Capitolo 27
LA DEFICIENZA DI CARBONE
Il Generale Dallolio era assillato da diverse «angustie maledette», come egli stesso le chiamava scrivendo alle figlie. Una di queste riguardava la diminuzione degli arrivi di carbone, la cui carenza aveva condizionato l'economia nazionale ancor prima della Grande Guerra, spingendo alla costituzione di società per lo sfruttamento delle risorse disponibili, seppure modeste. A Napoli infatti, il 30 luglio 1891, l'avvocato Gotheil, «procuratore della Duchessa Mossenarc e di suo marito Ruffo», costituiva la «Società per la coltivazione delle miniere carbonifere nel! 'Italia meridionale», finalizzata alla «coltivazione, lavorazione e commercio della lignite giacente nei bacini carboniferi della seconda Calabria ulteriore e commercio, coltivazione, estrazione e lavorazione della lignite giacente nei bacini carboniferi dell'Italia Meridionale» .1 Nel 1900 la Camera dei Deputati aveva dovuto prender atto del problema relativo al carbone, allorché l'On. Farinet aveva rivolto un'interpellanza ai Ministri delle Finanze, Agricoltura e Commercio e Lavori Pubblici «sulla crisi carbonifera e sui provvedimenti che intendono prendere per mettere in avvenire il Paese al riparo di simili ed anche più disastrose eventualità» ,2 evidenziando le difficoltà di trasporto dell'antracite. Le condizioni della rete viaria, infatti, rendevano i collegamenti tra le zone di produzione e i luoghi di consumo abbastanza difficoltosi. Farinet portava ad esempio, l'Alta Valle di Aosta dove, «per accedere ai luoghi ove essa si trova bisogna passare per certe vie, cioè strade che son dette nazionali, ma che in certi punti, per le pendenze, le curve e le dimensioni sono inferiori a quelle comunali; e questo tanto per la via del Gran San Bernardo quanto per quella del Piccolo.»3 Veniva perciò rilevata la necessità di «mettere quei giacimenti carboniferi in comunicazione con le ferrovie e diminuire i noli su queste ultime». Al fine di raggiungere tali obiettivi veniva auspicata anche la corresponsione di sussidi e contributi, a Società e Comuni che ne avessero fatta domanda, per migliorare la viabilità e annullare l'handicap a causa del quale «quasi tutti i giacimenti di carbone sono separati dalle ferrovie da distanze enormi e da strade nazionali e provinciali addirittura impossibili.»4 Veniva, altresì, auspicata l'assegnazione di un apposito stanziamento di bilancio che consentisse al Ministero Agrico1tura, Industria e Commercio di «compilare al più presto un inventario esatto del patrimonio carbonifero nazionale per mettere il Paese in condizione di sapere quale sia l'estensione e la ricchezza cli questo patrimonio.» 5 Il problema si sarebbe ripresentato nel corso della prima guerra mondiale, per di più aggravato dal1' aumento dei consumi e dall'espansione industriale avvenuta per soddisfare le esigenze belliche. Già nell'agosto 1914, durante il periodo di neutralità, il Governo, allo scopo di svolgere funzione di calmiere, aveva autorizzato l'Amministrazione ferroviaria «a provvedere a tutte sue spese alla importazione in Italia di coke metallurgico, litantrace da vapore, da gas, carboni da forni e da forgia, ed a venderlo, a prezzi di mercato, agli enti pubblici ed agli stabilimenti i_ndustriali: a questi ultimi in misura non eccedente il quarto del rispettivo fabbisogno.» 6 Per gestire la nuova esigenza venivano istituite apposite
fondo Tribunale di Napoli- Tribunale Civile, Contratti e altri atti di società, B. 52. Legisl. XX, 3° Sessione, Discussioni, Vol. ID, p. 2.767. 1 APCD, Legisl. XX, 3° Sessione, Discussioni, Vol. lll, p. 2.771. • APCD, Legisl. XX, 3" Sessione, Discussioni, Vol. lII, p. 2.770. 5 APCD , Legisl. XX, 3° Sessione, Discussioni, Vol. Ill, p. 2.771. 6 APCD, Legisl. XXIV, l • Sessione, Discussioni , Voi. VIII, p. 8.060. 1
ASNA,
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Commissioni 1oca1i e una centrale presso il Servizio approvvigionamenti de11e ferrovie. I risultati superarono le previsioni del Governo poiché, di fatto, con le misure prese, le Ferrovie erano state in grado «innanzi tutto far fronte ai bisogni, molto considerevoli, della propria azienda che possono ragguagliarsi al cospicuo consumo mensile di circa 200.000 tonne11ate di carbone. Di più esse provvedono alla fornitura di molte migliaia di tonne11ate al mese di carboni per l'esercito operante, per gli ospedali, arsenali, stabilimenti ed uffici governativi vari.»7 In seguito, il Ministro dei Lavori Pubblici, Ciuffelli , nel rispondere a diverse inte1Togazioni su l servizio ferroviario, avrebbe messo in risalto il ruolo avuto da11' Amministrazione delle Ferrovie, grazie a] «provvedimento calmiere» del Governo. L' Amnùnistrazione, una volta autorizzata ad «acquistare ed importare direttamente carbone anche per le industrie private» aveva fatto «allora importantissimi acquisti», quindi<< ... le Fe1Tovie, dopo aver accresciuto i loro depositi e colmate le loro scorte, diminui rono gli acquisti di carboni fossili che non trovavano più posto ... Lo scopo che si proponeva allora il Governo , e che anche in seguito ha perseguito, non era quello, a cui certo non poteva l'Amministrazione ferroviaria pensare, dj monopolizzare il commercio del carbone, ma solo il fine più modesto di cederne una parte ad altre Amministrazioni governative, ai servizi pubblici più urgenti, alle industrie più povere specie nei casi di straordinaria ed indilazionabile urgenza, e di cederle ad un prezzo tale che potesse servire di misura e di freno a quello a cui andava incontro il commercio libero per l'aumento dei noli. Il movimento, iniziatosi per una ragione economica, non tardò a colorarsi di una ragione politica.»8 Ciononostante la situazione si era dimostrata difficile sin dai primi mesi del 1915, e, in un dispaccio del 7 febbraio, il Ministro della Guerra Zupelli illustrava al Capo di S . M. Cadorna un quadro a tinte fosche: «Giornalmente si è costretti a telegrafare al Ministero degli Esteri, al Ministero della Marina, al Ministero dei Lavori Pubblici ed alle Ferrovie per avere facilità di imbarco e di trasporto , libertà di transito e sicurezza di arrivo, prontezza di scarico. È una lotta giornaliera che si dibatte continuamente stretta dalle imperiose necessità di avere cercando di svincolarsi dai neutri e dai belligeranti che frappongono sempre nuove barriere causa i tanti interessi materiali e politici che sono in giuoco.»9 Il problema della carenza di carbone riapprodava alla Camera dei Deputati il 3 dicembre 19 l 5 quando si constatava, dolorosamente, che, «malgrado l'alleanza con la nazione più produttrice di carbone e le buone intenzioni del nostro 'Governo, difetta in Italia, checché ne dicano gli onorevoli Sottosegretari, questo genere di prinùssima necessità industriale ed il suo prezzo ha superato i limiti di qualsiasi previsione, producendo così la chiusura di non rari commerci e la crescente miseria dei lavoratori.» 10 Nel corso del suo intervento l' interrogante puntualizzava gli effetti negativi della mancanza del carbone: non ne soffrivano soltanto le industrie e le ferrovie, ma tutta la vita economica del Paese. «Il costo dei generi di prima necessità e di generale consumo, come il pane e la pasta, è fondato principalmente sul costo e sul consumo del carbone. I prezzi dei noli, quelli della macinazione, quelli della lavorazione ecc., variano col variare del prezzo del carbone. Cosicché se manca o costa a caro prezzo il carbone, mentre si affaccia lo spettro della disoccupazione, aumenta il costo dei generi di prima necessità .. . Se per dare nuovo vigore di vita alle industrie e far diminuire il costo dei generi di prima necessità, occ01re, come nella guerra guerreggiata, spendere, requisire, espropriare ecc., il Governo abbia il coraggio e la forza di farlo. Al fronte interno , Onorevole Sottosegretario di Stato, si difende il Paese e si matura la vittoria guanto di fronte al nemico! Guai se i soldati , adesso così pieni cli fede e di entusiasmo, non sapessero sufficientemente assicurata la vita delle loro famiglie! Invoco dunque immediati provvedimenti, perché il carbone non manchi alle industrie, e il suo prezzo sia il più a buon mercato possibile. A costo cli qualunque sacrificio!» .11 Le parole dell'interrogante «checché ne dicano gli onorevoli Sottosegretari» erano
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Legisl. XXIV, I" Sessione, Discussioni, Voi. Vlll , p. 8.060. Legisl. XXIV, l" Sessione, Discussioni, Voi. XV, p. 9.177. Camera dei Deputati del 10 marzo I 9 I 6. 9 APTGP, serie fascicoloni, fase . VII, f. 3 , p. 20. 10 APCD, Legisl. XXIV, l" Sessione, Discussioni, Voi. VIII, p. 8 .061. 11 APCD, Legisl. XXIV, l " Sessione, Discussioni, Voi. VTTT, p. 8.062.
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dirette a chiamare in causa le autorità governative che in quel periodo tendevano a sminuire l'impo1tanza del fenomeno, come dimostrato, in particolare, nella risposta a un 'inteITogazione dell'On . De Felice Giuffrida: - il Sottosegretario di Stato per i Lavori Pubblici, Visocchi, affermava: «I provvedimenti adottati dal Governo e iniziative dei privati danno pieno affidamento che l ' approvvigionamento dei carboni non abbia a difettare in Italia.» - il Sottosegretario di Stato per 1'Agricoltura, Industria e Commercio Cottafavi rassicurava che <<forti contingenti di carbone sono venuti in Italia e continuano a venire senza interruzione ... la quantità di carbone che è arrivata in Italia e che ancora non si è del tutto sbarcata è tale da soddi12 sfare largamente i bisogni non solo del presente ma anche di parte dell'avvenire.» Lo stesso Cottafavi però, smorzava i facili entusiasmi sulla disponibilità dei «forti contingenti di carbone» mettendo in luce le difficoltà per farli arrivare dai centri di sbarco alle zone di impiego a causa dei mezzi portuali e del sistema ferroviario . (Vedi Capitolo 28 <<La deficienza dei traspo1ti in Italia e loro disfunzioni »). Tuttavia, nonostante :i due Sottosegretari contrastassero sulle cifre, i dati dell'arrivo mensile di carbone in Italia erano questi: dalle 950.000 tonnellate del periodo prebellico , nel 1915 era sceso a 743.000, sia a causa della log:ica scomparsa del carbone proveniente dalla Germania e dall'Austria, sia per altri fattori. 13 Jn pratica, era stato sì, raggiunto il livello critico di fabbisogno mensile, definito in 690.000 tonnellate, ma quel minimo margine di 53 .000 tonnellate che rimanevano non poteva certo essere considerato un'adeguata scorta. In ogni caso, era inconcepibile che dei Sottosegretari avessero definito la scarsezza di carbone come «fatto transitorio» addebitabile all'insufficienza dei mezzi di trasporto ferroviario chiamati a soddisfare «le supreme esigenze dei trasporti mil itari, che, mentre impedisce la rapida distribuzione dei carboni ammassati nei p01ti di arrivo, congestionane.io il servizio nei porti stessi, impedisce che il carbone giunga con la desiderabile sollecitudine là dove abbisogna.» 14 Per tamponare, almeno in parte, la situazione si era deciso di rivolgersi ad altri mercati di rifornimento, ma, pur ottenendo alcune partite di carbone da Inghilterra e America, il problema rimaneva e alcune industrie avevano incominciato ad accusare le prime difficoltà. 15 La Società Meccanica Italo-Ginevrina, già nell'ottobre de] 1915, era costretta a lamentare l'insufficienza dell'assegnazione di carbone e il Segretario del locale Comitato di Mobilitazione Industriale ne accertava l'impossibilità a soddisfare le commesse ricevute. 16 Il primo episodio cli malcontento degli operai, dovuto alla carenza cli carbone, si era verificato il 21 gennaio 1916 alle Officine Dubos, quando le maestranze di un reparto si erano momentaneamente astenute dal lavoro, perché costrette a operare in condizioni precarie per l'insufficiente riscaldamento. La Direzione dello stabilimento si era giustificata affermando che la «grande deficienza di carbone» aveva reso necessario economizzarlo .17 D'altra parte, la situazione mineraria del Paese non consentiva sprechi. In merito, il 23 gennaio, il Ministro dei Lavori Pubblici Ciuffelli, durante la discussione sulla previsione di spesa del suo Dicastero, per l'esercizio finanziario ! luglio 1915 - 30 giugno 1916, affe11nava: «Allo stato in cui si trovano le nostre miniere, per l'esercizio, per il sistema di sfruttamento che se ne fa, esse non possono portare che un limitatissimo contributo ai bisogni dell'azienda ferroviaria . Sforzandosi di utilizzarle come meglio possibile, secondo il Governo ha più volte raccomandato, le ferrovie dello Stato non possono trarre profitto che di circa 100.000 tonnellate
Legisl. XXIV, l" Sessione, Discussioni, Voi. Vlll, p. 8.061. APTGP, serie fascicoloni, fase. X, f. 57. 14 APCD, Legisl. XXIV, I" Sessione , Discussioni, Vol. Vlll, p. 8.06 I. 15 APCD, Legisl. XXIV, I" Sessione, Discussioni,Vol.VIIl, p. 7 .987. 16 1\CS, fondo Ministero Armi e Munizioni-ccMI, b. 147 verbale riunione (1 -3). 17 ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni-ccivu, b. 167 verbale riunione 23 gen.1916. 12
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all'anno; mentre, come ho detto, il consumo del carbon fossile è di tanto maggiore. È forse possibile utilizzarle maggiormente facendone un uso speciale, mescolandole ad altri materiali, in modo da formare conglomerati con polvere di carbon fossile e di altre materie adatte: ed in questo senso le ferrovie di Stato, spronate dal Governo, e seguendo anche mie ripetute raccomandazioni, hanno avviato degli studi che pare conducano a bu01ù risultati, e che potranno permettere un più largo sfruttamento di questa produzione nazionale.» 1K Il Mùùstro, fra l'altro, coglieva l'occasione per mettere nella dovuta luce lo sforzo sostenuto dalle Ferrovie per fornire il carbone anche alle industrie private ed ai servizi pubblici: «Le FFSS riescono a stento, fra navi requisite e noleggiate, a procurarsi il tonnellaggio indispensabile alle loro provviste, mentre a trasportare dal! 'Inghìlten-a e dal! ' America tutto il carbone necessario alle nostre industrie non basterebbe l'intiera flotta mercantile italiana se anche fosse impiegata, il che è assurdo, unicamente a questo scopo e non dovesse trasportare nessun altro dei prodotti e delle materie che sono indispensabili alla vita del paese. Però dato l'enorme aumento dei prezzi e gli assillanti bisogni dei mesi invernali, l'Amministrazione Ferroviaria, che dapplima faceva delle modeste concessioni ai servizi pubblici e alle industrie private, ha dovuto man mano aumentare le assegnazioni , talché in questi ultimi mesi è giunta a concedere le 40, 50 e persino le 60 mila tonnellate di carbone fossile al mese. Se queste cifre non sono grandi in confronto del bisogno e del consumo generale, il quale è forse 15 o 20 volte maggiore, non di meno importano l'impiego di una quindicina di piroscafi per il trasporto del carbone e le concessioni fatte hanno certamente giovato a necessità indilazionabili dei pubblici servizi ed a impedire maggiori aumenti dei prezzi diminuendo le richieste al mercato libero.>> Questa situazione spingeva a sfruttare al massimo i giacimenti di ligniti, ubicati nel Valdarno e in Sardegna, cosicché, ne11a seduta alla Camera dei Deputati del 7 aprile 1916, il Sottosegretario di Stato per l'Agricoltura, Industria e Commercio, Cottafavi, poteva dichiarare che i problemi burocratici erano stati superati 19 mediante la dichiarazione di ausiliarietà dei giacimenti stessi. Ciò, nel 1915, aveva consentito di produITe dai giacimenti del Valdamo 670 .000 tonne11ate di lignite, su una produzione totale nazionale di circa 1.000.000, comunque sempre insufficiente rispetto al fabbisog no, dato che, come affermava Cottafavi, «ben altre quantità occ01Tono per supplire al fabbisogno del nostro paese, pel quale è necessario importare annualmente dall'estero più di 10 milioni di tonnellate di carbon fossile.» 20 Il Sottosegretario non escludeva la possibilità di innalzare ulteriormente il tetto della produzione già raggiunto, mediante consistenti investimenti negli impianti, dando per scontata, peraltro, la necessità di dover importare annualmente <<da 8 a 9 milioni di tonnellate di carbone». NeJla discussione che ne era seguita, l'On. Medici Del Vascello aveva addebitato al Governo l'errore di aver lasciato al capitale plivato lo sfruttamento delle miniere, che costituivano una risorsa strategica per la vita del Paese; uno sfruttamento risultato insufficiente poiché «l'estrazione del minerale è resa difficile per la deficienza di personale e per la scarsità dei trasporti.» Sempre alla Camera, il 6 giugno 1916, il Sottosegretario di Stato, Visocchi, interveniva per rispondere a un 'inte1Togazione sul pericolo che cessasse il servizio della ferrovia Circumetnea per mancanza di carbone, assicurando che erano stati presi tutti i provvedimenti atti a scongiurare tale evenienza, <<dato il numero dei paesi allacciati e vettovagliati per mezzo di quella linea».2 1 Il 6 dicembre 1916, alla Camera, veniva segnalato che le ferrovie sarde, sostituendo il carbone con la legna, avevano «rallentato le velocità dei treni e provocato nuovi disboscamenti anche di oliveti» .22 Un altro allarme riguardava gli oliveti della Liguria, sradicati «con danno sicuro dell'economia nazionale, con sicuro pericolo di frane e di sfaldamento delle chine disboscate e con evidente offesa all'estetica del meraviglioso paese.»23 Al fine di limitare i possibili danni derivanti dall' abbattimento di olivi per ricavarne legna da ardere, nell'agosto 1916 il Ministero dell'Agricoltura faceva varare un provve-
Legisl. XXIV, l" Sessione, Discussioni, Voi. XV, p. 9.178. La Legisl. sullo sfruttamento di giacimenti minerari risaliva, per alcune regioni meridionali, al 1826. 20 APCD, Legisl. XXIV, Ia Sessione, Discussioni, Vol. X, p . 9.962. i , APCD , Legisl. XXIV, l" Sessione, Discussioni, Voi. X , p. 10.582. 24 APCD, Legisl. XXIV, l" Sessione, Discussioni, Vol. X , p. 11.299. 23 APCD, Legisl. XXIV, l " Sessione, Discussioni, Vol. XV, p. 16.265. •• APCD,
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dimento per disciplinarne j] taglio, subordinandolo all'autorizzazione del Prefetto della provincia previo parere tecnico di apposita commissione.24 Ancora nella seduta del 6 dicembre 1916, l'On. Daneo chiedeva cosa avessero fatto le autorità per evitare che «le officine per il gas della città di Torino debbano chiudersi per la mancanza dei carboni dovuta alla deficienza dei trasporti ten-estri>> .25 Ma, come evidenziava il Sottosegretado di Stato per le Anni e Munizioni Bignami, «prima della guerra daJla sola Austria importavamo per più di cento milioni di lire di legname: a questa mancata importazione ,dobbiamo provvedere.»26 Che la mancanza di carbone coinvolgesse tutta l'economia nazionale non lo dicevano solo i politici ; veniva 1imarcato anche dalla Camera di Commercio di Torino, con una richiesta volta a riattivare l'assegnazione mensile di coke per le piccole officine rurali di fabbro, maniscalco e carradore, per impedire l'i1mnobilizzazione delle forgie.27
È evidente che le assegnazioni, sempre alla soglia critica, lasciavano uno scarso margine con cui fronteggiare le iITegolarità degli arrivi via mare e per ferrovia . Pertanto, se questa situazione era al limite dell'accettabilità nei mesi estivi, diventava insostenibile d'inverno quando veniva a mancare il maggior quantitativo di carbone: necessario alle centrali termoelettriche per sussidiare queUe idroelettriche nei «periodi di magre alpine», e indispensabile per assicurare alle maestranze condizioni di lavoro atte a garantire un rendimento costante. In effetti, il problema si era complicato sia per i cali negli arrivi , sia per le difficoltà sorte sul tipo di carbone da approvvigionare. 112 giugno 1916 Lloyd George aveva scritto al Ministro delle Armi e Munizioni dimostrando l' impossibilità di soddisfare la richiesta di maggiorare di 23.000 tonnellate il quantitativo di carbone «splint» per i forni Siemens-Martin, dato che tutta la produzione di quel tipo veniva assorbita dai forni della Scozia e della Francia. In cambio, Lloyd George si dimostrava disponibile a fornire carbone «Durham», o «Gallese del sud», consentendo, quindi , l'allineamento alla tecnologia inglese che riservava lo «splint» agl:i alti forni produttori di ghisa. Verso fine anno i Senatori Marconi e D'Andrea intervenivano al Senato (20 dicembre), sulla necessità di provvedimenti legislativi diretti ad agevolare le ricerche minerarie e la concessione delle miniere, specialmente nelle province del Mezzogiorno, per mettere in rilievo che: - la mancanza d:i combustibili fossili, unitamente alla scarsa produzione agraria non sufficiente all ' alimentazione della popolazione, erano la causa dell'inferiorità economica italiana;28 - a bordo delle navi - per la produzione di gas e per il riscaldamento - era possibile impiegare la lignite in sostituzione di litantrace e antracite, pressoché assenti in Italia; - le difficoltà che si frapponevano all'incremento della produzione di lignite erano causate dalla carenza dei trasporti e dalle «complicazioni e difficoltà nelle pratiche relative alla concessione e messa in valore di giacimenti di lignite ancora inattivi»;29 - la legislazione in materia, per la quale il proprietario aveva diritto ad opporsi all'attività industriale sui propri fondi, risaliva al l 826 ed era perciò antiquata. Il 1916 si chiudeva con un situazione molto delicata per le industrie di gue1Ta, che andava sempre più aggravandosi per la deficienza di carbone, nonostante i tentativi cli porvi rimedio ricoITendo alle scorte delle Ferrovie e della Marina Militare.
D. Lgt. n. 1.029 ciel 6 agosto 1916. APCD, Legisl. XXIV, 1• Sessione, Discussioni, Vol.VUT, p . 11.320. 26 APCD, Legisl. XXIV, 1" Sessione, Discussioni, Vol. XIV, p. 15.009. 2' APCD, LegisL XXIV, l" Sessione, Discussioni, Voi. XV, p. 16.299. 28 AP-S, Legisl. XXIV, 1'' Sessione, Discussioni, Voi. III, p. 2.959 . 29 AP- S, Legisl. XXIV, l" Sessione , Discussioni, Voi. Ill, p. 2.958 .
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Dallolio cercava di ovviare a questo stato di cose ricoITendo all'Amministrazione Ferroviaria e alla Marina Militare; <<provvedimenti tampone» questi, che evidentemente non potevano risolvere la situazione. Per questo , il 30 novembre 1916, egli scriveva alla Commissjone Centrale per il traffico Marittimo: « .. . La situazione di questo Sottosegretariato che deve provvedere le armi e le munizioni occorrenti per difendere l'onore del Paese si fa sempre più grave perché mentre da tutti i lati sj proclama che è indispensabile aumentare la produzione, invece se non si provvede rapidamente ad assegnare i vapori ripetutamente chiesti, diminuirà di molto la produzione attuale. E mentre armi e munizioni dovrebbero essere la prima preoccupazione senza possibili confronti, succede che ben alti-i provved imenti fayorevoli sono invece stati presi per le Ferrovie e per l'agricoltura coi vapori requisiti . Reputo dovere aggiungere non per declinare responsabilità perché al mio posto tale sostantivo deve essere ognora sentito, compreso ed accettato, ma conie necessità imperiosa assoluta per chi combatte, che senza i vapori chiesti si paralizza lo sforzo industriale e si compromette lo sviluppo delle operazioni di guerra. Ciò è semplicemente la verità.»30 Il 3 gennaio 1917 il Generale Morra di Lavriano, Presidente del Comitato Nazionale di Munizionamento, richiamava l'attenzione del .Presidente del Consiglio Boselli specificando che gli arrivi mensili di carbone e le scotte esistenti nel Paese avrebbero superato di poco il quantitativo di 750.000 tonnellate, concordato a suo tempo con gli Alleati quale fabbisogno minimo mensile per l'Italia. In pratica, era prevedibile che ci si sarebbe avviati verso l'azzeramento delle scorte, anche perché i previsti arrivi sarebbero stati sottoposti, oltre tutto, all'incombente minaccia dei sottomarini tedeschi .3 1 Il 16 gemrnio 1917, Dalloli.o veniva convocato al Consiglio dei Ministri dove esponeva la realtà della situazione e proponeva l'istituzione di una Commissione Generale dei Carboni alla quale affidare «massima responsabilità e massima iniziativa»; proposta che veniva condivisa dal Governo con la costituzione del nuovo organo nello stesso mese di gennaio.32 Veni va deciso, così, di far partecipare Dallolio alla Conferenza Navale dell' Intesa assieme al Ministro della Marina e al Sottosegretario di Stato dei Trasporti, On. Ancona, per trattare in modo particolare i problemi del carbone. Dallo! io era talmente angustiato per il carbone, che durante il viaggio telegrafava, da Modane a Roma, al Sottosegretariato Armi e Munizioni: «Leggo sui giornali sicura nomina Commissione pei carboni fossili raccomando far presente S .E. il Ministro vivissimo interessamento perché concetti espressi' al riguardo nel Consiglio dei Ministri non siano dimenticati dato altissi mo scopo, vantaggio Paese, aggi ungendo che per Armi e Munizioni è questione capitale».33 Il Generale Dallolio alla Conferenza Navale dell 'lntesa: - il 23 gennaio dichiéu-ava - dopo le affermazioni del Sottosegretario per i Trasporti On. Ancona sugli approvvigionamenti di carbone e relativo fabbisogno di ton nellaggio - che, senza la concessione di quanto richiesto, «saremmo stati obbligati a ridurre la produzione delle arm i e munizioni col l O marzo rendendo così impossibile qualunque offensiva e paralizzando la difensiva»; 34 - telegrafava , sempre il 23 gennaio, al Ministero della Guerra per «far conoscere a S.E. che oggi ha avuto luogo prima riuni one Conferenza con discorso Lloyd George nel quale intonazione unica è unione sforzi alleati per combattere sul mare il nemico e sacrifici comuni per intento comune della vittoria. Sonsi formate speciali Sottocommissioni per esaminare diversi problemi di carattere militare ed economico. Accordo collega Ancona oggi si esporrà situazione nostra generale e bisogni tradotti in cifre di tonnellaggio e di carbone concl udendo che per continuare guerra occorre darci ciò che chiediamo o in difetto che riduzion i siano eguali per tutti, perché se il fronte è unico il sacrificio deve essere unico. Dallolio»;35
serie faseieoloni, fase . appunti 8 ottobre 1916- 8febbraio 1917, p. 15. fondo Dal lol io, b. 952, f. 13, I. 11. n APTGP, serie faseico loni, fase. 7 , f. 3, p. 50. n APTGP, serie fascicoloni, fase . appunti 8 ottobre 1916- 8febbraio 1917, p. 15. 34 APTGP, serie fascicoloni, fase. VII, f. 3, p . 5 J . 35 APTGP, serie fascicoloni, fase. appunti 8 ouobre 1916-8/ebbraio 1917, p. 15. .lO
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- il 24 gennaio scriveva al Primo Ministro Lloyd George: «Senza il carbone e il tonnellaggio richiesto dal Delegato italiano non sarà possibile continuare la guerra e debbono gli sforzi dei nostri eroici soldati e il genio di chi li guida diventare nulli a causa della mancanza di munizioni, di cannoni, di grano.»36 In quell'occasione egli chiedeva di appoggiare l'ordine del giorno presentato dalla Delegazione italiana perché, senza il carbone e il tonnellaggio richiesti , «Chi allora potrà prevenire l'inevitabile incursione di Austriaci e tedeschi sul nostro fronte nella veniente primavera, e come potranno le divisioni nemiche essere trattenute o respinte? Tutto quanto detto sopra è la più nuda verità, profondamente realizzata nell'intimo della coscienza, e tuttavia espressa con invitta, indomita fede nella finale vittoria. Dallolio»;37 - lo stesso giorno telegrafava al Ministero della Gue1w per fare il punto della situazione: «Finora nessuna risposta circa domande nostre relative tonnellaggio e carbone , promettono però darla più presto possibile. Oggi durante discussione della nostra speciale Commissione relativa carboni e tonnellaggio ho dichiarato recisamente facendone prendere nota nel verbale che se non ci danno questo saremo obbligati a ridune produzione anni e munizioni col l O marzo paralizzando così qualunque nostra azione militare. Se necessario replicherò vibratamente tale dichiarazione alla Conferenza. Generale Dallolio»;38 - il 25 gennaio telegrafava al Ministro della Guerra: «Oggi andremo alle 11 da Lloyd George per ribadire quanto è stato espresso e formulato in un ordine del giorno e speciale promemoria scritto e concertato con collega Ancona io una con mia speciale dichiarazione già accennata E.V. Collega Ancona ha accentuato con molta intell igente convinzione e persuasione vera e reale situazione nostro tonnellaggio e carboni, necessità imperiose, doveri comuni e riduzioni sui consumi. C i accompagnerà oggi Ambasciatore perché occ01Te venire ai fatti, visto che guerra esige fatti e non promesse. Dallolio» .39 Dallolio, in questa azione di pressing e di difesa delle richieste avanzate dal Paese , era sostenuto anche dal Capo di S . M . dell 'Esercito Cadorna che, il 25 gennaio 1917, telegrafava al Generale Robertson, Capo dello S. M . Generale britannico, pregandolo di appoggiare le richieste del Sottosegretario di Stato italiano delle Armi e M unizioni. A Londra inoltre, Dallolio era sempre coadiuvato clall' Ambasciatore Imperiali e dalla Missione Mili tare italiana in Inghilterra, che si erano dimostrati preziosi nei contatti con le personalità del Governo di Sua Maestà, tanto che si poteva giungere a un accordo sulla cifra di carbone da assegna.re all'Italia e sul c01Tispondente tonnellaggio necessario, come pure per il trasporto . Così Dallolio, il 27 gennaio, poteva telegrafare al M inistero della Gue1n: « ... Noi sapevamo esattamente nostre condizioni per carbone, abbiamo cercato equiparazione disponibilità e sacrifici, abbiamo esposto nostra situazione militare in tutta sua risaliente verità .. . Restano dettagli per consolidare quanto ci è stato promesso circa carbone e tonnellaggio ... Lloyd George mi ha anche questa volta aiutato in particolare riguardo mio incarico d ichiarandomelo. Dallolio.»40 Già a marzo, purtroppo, le prevision i fatte a inizio anno dal Presidente del Cornitato Nazionale del Muni zionamento sull'azzeramento delle scorte dimostravano la loro fondatezza . li Commissario Generale del Carbone, ingegner Bianchi, segnalava che gli arrivi degl i ultimi mesi avevano coperto appena la metà dei consumi per cu i le scorte delle acciaierie, da 200.000 tonnellate erano precipitate a meno di 60.000, pari al consumo di due settimane. Poiché i programmi del mu nizionamento non potevano prescindere dalla produzione della siderurgia nazionale e dagli arrivi da oltremare dei metalli e del carbone occorrenti, era necessario ridurre i programmi della produzione siderurgica e del munizionamento in relazione alla riduzione degli approvvigionamenti cli carbone.
serie fascicolon i, fase . V11, f. 3, p. 51 . fascicoloni, fase . appunli 8 ouobre 1916-8febbraio 1917, p. 16.
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Di conseguenza l'ingegner Bianchi auspicava venisse programmata l'accensione degli altiforni, chiedendo che il Sottosegretariato per le Armi e Munizioni si astenesse dal «sollecitare l'accensjone di nuovi forni Martin mentre altri debbono spegners i oppure debbono sospendere saltuariamente la loro produzione, sprecando carbone per non abbassarne soverchiamente la temperatura, occorre nell'interesse della massima produzione utile del munizionamento, regolare la produzione siderurgica come già si è detto, designando i forni che occorre tenere in piena produzione e quelli che occorre spegnere, per non far mancare il carbone alle lavorazioni successive e così evitare di produrre acciaio che non si potrebbe poi laminare». Egli, inoltre, richiedeva che le nuove acciaierie di Novi Ligure, Togni di Brescia, Breda di Sesto San Giovanni, Ferriera di Chivasso e Nasturzio di Cornigliano Ligure, sospendessero l'accensione dei nuovi forni sino alla stabilizzazione della situazione.41 Il 10 marzo 1917, alla Camera veniva discussa l'interrogazione dell'On . De Felice-Giuffrida per sapere come il Ministro del] 'Industria e Commercio intendesse risolvere il problema del carbone a Catania, dove la deficìenza del combustibile aveva provocato la chiusura di diversi opifici . II Sottosegretario di Stato per l'Industria e Commercio, Morpurgo, chiariva che la distribuzione del carbone era stata delegata inizialmente al Consorzio solfifero e successivamente alle Commissioni provinciali.42 «Con la istituzione del Commissariato dei Carboni veniva meno la necess ità di ricorrere all'intervento del Consorzio, tanto più che il Consorzio non rappresenta tutte le industrie dell'isola e d'altra parte le Comnùssioni provinciali, che hanno un campo più ristretto, sono anche meglio in grado di giudicare dei bisogni effettivi dei richiedenti. Premesso tutto ciò in linea generale, si è provveduto ai bisogni più immediati della provincia di Catania, mettendo a disposizione per ora 100 tonnellate di antracite, così come si è provveduto ai bisogni delle provincie di Girgenti e Palermo mettendone a loro disposizione altre 350 tonnellate.» 43 Si trattava di provvedimenti provvisori, destinati a essere risolti con il previsto arrivo in Sicilia di un «cargo boat recante 2.700 tonnellate di carbone. Con questo si costituiranno piccoli depositi che saranno equamente distribuiti in tutta l'isola a vantaggio dell'industria, e non vi è dubbio che anche le industrie di Catania avranno la loro parte su questo quantitativo.»44 Nel prosieguo l'interrogante metteva in luce che «nel Nord esistono grandi opere di irrigazione, vi è l'acqua che sopperisce ai bisogni dell 'agricoltura: nel Sud invece, per evitare i rischi che non sono infrequenti della siccità, noi abbiamo dovuto fare appello all'opera intelligente dei proprietari e sopraelevare le acque. Ma per fare ciò occ01rono macchinari e consumo di carbone; quindi, nell'interesse stesso della difesa nazionale, in questo momento , urge somministrare alla Sic:ilia la maggior quantità possibile di carbone.»45 E anche nell'industria si notavano sostanziali differenze: mentre nel nord erano possibili temporanee sospensioni, ciò risultava impossibile in Sicilia, «perché una sospensione di lavoro delle nostre industrie tutte speciali, come per esempio in quella delle zolfare, imporrebbe perdite enormi. E lo zolfo rappresenta non solo una grande ricchezza per l'Italia, ma anche un importante materiale necessario alla guerra.» 46 Data la situazione, alcune industrie si muovevano in modo autonomo per trovare nuove fonti di approvvigionamento anche all'estero. Una di queste era l'Ansaldo, che aveva puntato la propria attenzione su giacimenti nazionali , a volte anche relativi a materiale di scarso potere calorifico da sfruttare
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Dallolio , b. 952, f . 13, l. 11. Le Commissioni provinciali (istituite col Decreto 31 dicembre 1916) avevano il compito d i raccogliere le domande «dei consumatori dei carboni» e cli controllarle. Nel caso i consumatori non fossero riusciti ad approvvigionarsi presso l'industria privata, le domande venivano trasmesse al Comitato Centrale dei carboni . In seguito queste funzioni sarebbero state espletate dal Commissariato dei carboni. ,, APCD, Legisl. XXIV, 1• Sessione, Discussioni, Voi. X, pp.12.802-1 2.803 . "APCD, Legisl. XXIV, 1• Sessione, Discussioni, Voi . XII, p. 12.803. 5 " Ibid . 46 lbid.
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in proprio, avviando tale ricerca a partire dall'autunno 1916.47 11 principale giacimento era quello di lignite nel grossetano, per il quale l'Ansaldo, il 5 marzo 1917, richiedeva al Sottosegretariato per le Armi e Munizioni ]a dichiarazione di ausiliarietà.48 Nell'aprile del 1917, per economizzare il consumo di carbone venivano emanate disposizioni ai Comandi militari di ridurre le richieste di trasporto ferroviario, usando preferibilmente i trasferimenti per via ordinaria. L'Intendenza Generale dell'Esercito, peraltro, faceva presente che le esigenze del teatro cli guerra, legate ai rifornimenti e agli sgomberi sanitari sugli ospedali territoriali, non consentivano di scendere al di sotto di quattro coppie giornaliere di tradotte a lungo percorso. L'Intendenza, pertanto, aveva attivato il Comando Supremo affinché, tramite l'analogo Comando inglese, «venissero fatte le più insistenti premure al Governo Inglese onde con ogni mezzo» venissero intensificati i trasporti di carbone dall'Inghilterra ali 'Italia per impedire che la situazione, già grave, divenisse irreparabile.49 E questa situazione non lasciava «tranquillo» Dallolio: «D'altro c'è la crisi del carbone che impressiona e non mi lascia tranquillo perché non so come fronteggiare la situazione oscura che si affaccia. L'On. Pantano mi ha mandato il suo discorso pronunziato alla Camera il 22 marzo con questa dedica: "Al Gen. Dallolio che ha intuito con geniale visione il bisogno imperioso cli un gagliardo e preveggente preparazione dell'Italia pel dopoguerra" in testimonianza della sua viva ammirazione.»50 In ogni caso, la sensazione che non fosse stato fatto tutto il possibile per la ricerca del fossile nazionale sarebbe persistita e, ancora il 13 giugno 1918, il Commissario Generale per i combustibili nazionali, De Vito, rispondendo a un'interrogazione dell'On. Scialoja sulla concessione di miniere e permessi di ricerca per ovviare alle lungaggini degli studi affidati ai tecnici statali, avrebbe dovuto assicurare che l'impegno del Commissariato era testimoniato dai «provvedimenti finora adottati tra i quali, principalissimi, per l'appunto; quelli relativi a concessioni di miniere e a permessi di ricerca. 11 Commissariato inoltre ha fatto eseguire studi diretti per accertare l'esistenza, l'importanza e le possibilità di sollecita colti-
L' Ansaldo nell' ottobre ciel 1916 st11cliava la possibilità di sfruttare il giacimento di lignite del Bacinello nel grossetano costruendo, al limite, un raccordo fenoviario con la stazione di Grosseto (FONDANSGE, fondo Perrone, SSR, b. 579, f. 5 , lettera al Sig. Aimi ciel 18 ottobre 1916). Successivamente l'attenzione veniva diretta sul giacimento di antracite della Thuille (utilizzabile metallurgicamente per la sua relativa purezza cli ganga essenzialmente silicea, e che veniva valutato intorno al milione d i tonnellate) , con problemi di trasporto faci lmente risolvibili mediante la costruzione di «una funicolare di pochi chilometri dalla Thuille a Morgex ed una dozzina di autocarri» (FONDANSGE, fondo Pe,,-one, SSR, b. 579, f. 82, lettera del Regio Politecnico di Torino de] 21 gennaio I 917). Veniva anche studiata Ja possibilità di costruire un canale navigabile, largo 20 metri e profondo tre-quattro, fra il po110 cli Castiglione della Pescaia e Grosseto, mediante lo sterro di un canale già esistente, a suo tempo riempito dal le colmate fatte dal Genio Civile per la bonifica della Maremma. (FONDANSGE, fondo Ferrone, SSR, b. 579 , f. 9, lettera del 6 gennaio 1917). Nel gennaio del 1917 veniva prospettata al Presidente Pio Ferrone la possibilità di sfruttare due altri giacimenti. Il primo quello cli Demonte in provincia di Cuneo, particolarmente valido per la vastità del bacino e la vicinanza ciel capolinea della ferrovia Cuneo-Borgo San Dalmazzo. Il secondo giacimento era quello che da Uscio (Recco) si spingeva sino al Monte cli Portofino nella riviera cli levante. Quest'ultimo nel 1880 era stato sondato da alcun.i ricercatori inglesi che poi avevano ricoperto gli scavi per nasconderli. (FONDANSGE, fondo Penone, SSR, b. 579 , f. 51, lettera di Maranghi a Pio Perrone del 3 I gennaio 19 I 7). L'attenzione veniva appuntata anche suJla Sardegna per i giacimento cli Seui dal quale era stata già esw1tta dell'ottima antracite, la cui consistenza veniva valutata in dieci milioni di tonnellate. (FONDANSGE, fondo Perrone, SSR, b. 579, f. 46, «Breve relazione finanziaria delle miniere carbonifere cli Seui»). Venivano sottoposti all'attenzione di Pio Ferrone anche giacimenti cli lignite nella zona di Cesenatico (FONDANSGE, fondo Ferrone, SSR, b. 579 , f. 65 , lettera cli Valbusa a Pio Perrone del 1°giugno 1917). Alcune proposte venivano rifiutate come quella del giacimento di lignite picea di Querceto cli proprietà ciel Marchese Ginori (FONDANSGE, fondo Pe1TOne, SSR, b. 579, f. 78, lettera dell '8 giugno 19 I7) o quella del giacimento di lignite ne] territorio di Cinigiano, poco sfruttabile sia per l'alto tenore di zolfo del minerale sia per le spese necessarie per la realizzazione cli un tronco fe1TOviario per collegare il giacimento con le Ferrovie dello Stato in Valle dell'Orcia. (FONDANSGE, fondo Perrone, SSR, b. 579, f. 36, lettera di Pio Perrone a Musso dell ' 8 febbraio 1917). Si ricercavano, infine, notizie in merito ad un giacimento lignitifero in Val Polcevera. (FONDANSGE, fo ndo Ferrone, SSR, b. 579 , f. 3 , lettera di Pio Perrone al Comitato dei Carboni del 2 aprile 1917). 48 FONDANSGE, fondo Perrone, SSR, b. 579, f. 5 , lettera del 5 marzo 1917. -~ ACS, fondo Ministero Armi Muniz.ioni-CCMI, b. 147. 50 APTGP, serie lettere aifamiliari, lettera 23 aprile 1917 a Elsa. •7
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vazione di nuovi giacimenti in località dove l' attività privata non avrebbe potuto faci lmente esplicarsi a causa di difficoltà tecniche per i lavori e gli impianti e della importanza della spesa ...» .51 A ogni modo, al primo novembre 1917, in Italia la situazione era diventata ancor più critica perché la rimanenza del carbone era ridotta a livelli non più definibili di scorta, e il fabbisogno minimo, calcolato all'inizio dell'anno in 690.00 tonnellate mensili, non era più assicurato. I consumi del carbone per la produzione avevano subito ulteriori contrazioni rispetto a quelli già critici del mese di aprile, tanto che i CMI regionali iniziavano a segnalare le prime sospensioni di lavoro: la fonderia Molino vi era stata costretta per mancanza di coke e olio combustibile,52 mentre la Falk aveva preso analogo provvedimento per lo stabilimento di Vobarno . La Salmoiraghi, infine, lamentava la sua impossibilità a collaudare i riflettori delle fotoelettriche per la carenza di carburante necessario ai motori delle fotoelettriche stesse.53 Nel convegno di Mentone del 26 dicembre 1917, per sopperire in parte alla situazione, veni va stabilito di incrementare le spedizioni di carbone dalla Francia con l'aggiunta di un treno sulla li.nea di Ventimiglia e di due su quella di Modane. I francesi, peraltro, visto che il Ministro all'armamento Loucheur aveva presentato una lista di 21 piroscafi sottoutilizzati - da lui stesso «censiti» - nel porto di Genova, rimproveravano all 'Italia lo scarso impegno nei traspotti via mare.54 Il 2 gennaio 1918, il Ministro della Marina Del Bono avvisava il Commissario agli Approvvigionamenti e Consumi di aver iniziato a intaccare le sue scotte di carbone per non causare il fermo de1le acciaierie e delle fabbriche di proiettili.55 La situazione del carbone, infatti, era divenuta drammatica per il sommarsi di due fattori contrastanti: da una parte il siluramento dei piroscafi, che obbligava ad abbassare la produzione - perché il carbone non giungeva a destinazione - dall'altra la necessità di incrementare la produzione di armi e munizioni per 1ipianare le perdite subite per i fatti di Caporetto. Il 21 febbraio , Dallolio scriveva al Ministro dei Traspmti: «La situazione degli stabilimenti militari di produzione è talmente grave in fatto di carbone che reputo mio dovere segnalarla al I 'E. V. perché in seguito alle ultime notizie ricevute prevedo che la maggior parte degli stabilimenti delle armi e munizioni dovrà fermarsi per mancanza di carbone entro pochi giorni e, forse, entro poche ore.»56 Al già misero fabbisogno minimo m~nsile, infatti, mancavano 52.700 tonnellate per cui «le fonderie grosse e piccole dovranno sospendere le lavorazioni per mancanza di cocke metallurgico. La Società Carboni Fossili a Vado Ligure vive alla giornata ed a marcia ridotta e sarà prossimamente obbligata a tenere semplicemente in riscaldo e forza a cocke per impedire la rovina senza produrre alcun quantitativo di cocke metallurgico.» 57 Poco dopo insisteva ancora col responsabile del Dicastero dei Trasporti - inoltrando copia della missiva, per conoscenza, al Presidente del Consiglio: <<La situazione à talmente grave che in attesa del carbone sacrosantamente promessoci dalla Francia e dall'Inghilterra io ritengo si debba fare una nuova richiesta di anticipazione alla Marina. Non si può al 24 febbraio con la nube che si addensa verso le nostre linee, indubbiamente foriera di grosso temporale, lasciare vivere di miseria gli stabilimenti che debbono dare armi e munizioni .»58 La mancanza di carbone avrebbe assillato Dallolio sino agli ultimi giorni della guena. «Novità ce ne sono due di importanza capitale: manca il carbone e i trasporti vanno alla malora. È una vera crisi, io strepito, urlo grido perché si vive di ora in ora mentre minacciano gli Austriaci l'offensiva. È una situa-
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APCD, Legisl. XXIV, I a Sessione, Discussioni,Vol. XVI, p . [6.892 ACS, fondo Ministero Anni Munizioni-CC.'v!I, b. 147. 53 MCRR, fondo Dallol.io, b. 954, f. 5, I. 14 . 54 MCRR, fondo Dallolio, b. 954, f. 3 , I. 14. 55 S. Crespi, Alla difesa d'Italia in guerra ed a Versailles, Mondatori, Verona 1937 , p. 27 . 56 APTGP, serie fascicoloni, fase. VII, f. 14. ;; lbid. 58 APTCìP, serie fascicoloni, fasc.VTT , f. 3, p. 62 . 52
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zione veramente angosciosa. Aggiungi il tempo sfacciatamente magnifico, se non piove non so come faremo non per le campagne che io non ho ma per l'energia elettrica idrica.» 59 Il 26 marzo, il Generale sollecitava nuovamente il Ministro dei Trasporti: «Mi preoccupa il domani perché ho la convinzione che indubbiamente avremo una grande minaccia ed un grande sforzo AustroTedesco come prolungamento e completamento di quanto avviene contro i nostri Alleati. Urge quindi nel mese di aprile riparare ai ritardi nella produzione conseguenza di quanto è mancato nei mesi passati e di crisi che si vanno sempre più acutizzanclo.»60 Le ripercussioni negative causate all 'Italia della mancanza di carbone erano state comprese dagli Alleati , e il Primo Ministro britannico, Lloyd George, durante la riunione del Consiglio Supremo dell 'alimentazione a Londra tenutasi il 25 luglio 1918 si era così espresso: «Vorrei che potessimo far giungere in Italia qua1che secchio di carbone di più. Non è la buona volontà che manca. Ma c'è di mezzo il mare e tante altre difficoltà.»61 Sui rifornimenti all'Italia ebbero certamente molto peso gli avvenimenti che nell'ambito dell'Intesa colpirono i singoli Paesi; nel periodo aprile-ottobre 1918, infatti, (come confermato dagli atti del Consiglio dei Trasporti Marittimi Interalleati), l'Italia, aveva potuto ricevere solo una fornitura media mensìle di. 589.000 tonnellate di carbone contro le 600.000 fissate, anche perché, sulla situazione generale, avevano inciso gli esiti del!' offensiva tedesca di marzo sulla Somme, che aveva obbligato i francesi - divenuti fornitori dell'Italia con l'accordo del 18 febbraio - a sgomberare molte miniere mettendo in crisi anche la propria industria bellica. È comunque fuor cli dubbio che quanto era accaduto a Caporetto aveva costituito uno sprone per gli Alleati a concorrer'e al ripianamento delle perdite di materiali sub ite dall'Italia, intervenendo, ove possibile, in tutti i settori (carbone compreso) . Di quest'opera di ripianamento, ampio merito va riconosciuto al Generale Dallolio che, nonostante alcune incomprensioni degli Alleati (al convegno di Mentone il Ministro Loucher gli aveva rinfacciato il danno loro arrecato dal disastro cli Caporetto) , con la sua frenetica attività in Italia e all 'estero era riuscito nel suo intento di ricostruire il parco di artiglierie, grazie al quale nel giugno del 19.18, l'Italia sarebbe potuta passare alla controffensiva. Nel frattempo, per sopperire alla mancanza di carbone, era proseguito il taglio di boschi . L' intervento più massiccio per ricavare legna da ardere e carboni vegetali aveva riguardato il Bosco della Mesola (tra il Po di Volano e il Po di Goro), poiché «la Direzione di Commissariato de1la III Armata aveva dato ordine di abbattimento di quel bosco, da cui si sarebbe ricavato oltre un milione di quintali di legname, coi i quali si sperava di poter rifornire la piazza forte e la popolazione di Venezia di legna da ardere e di poter utilizzare il legname da costruzione specie per la navigazione intema.>> 62 Il Ministero della Guerra, comunque preoccupato di contenere il fenomeno entro certi limiti, il 24 maggio 1917 aveva emanato una circolare richiamando «alla massima oculatezza nell'autorizzare il taglio cli boschi o anche di piante isolate appartenenti a vi lle private od in prossimità di abitazioni .» 63 Il Ministro dell 'agricoltura Di Raineri , nel suo intervento alla Camera del 13 luglio 1917, rispondendo ad alcune interrogazìoni 64 aveva valutato il fabbisogno di legname in «10 milioni di quintali per l'esercito alla fronte ed in altrettanto per quello nel territorio, a molte centinaia di milioni per la popolazione civile e l'industria.» Tale fabbisogno, enorme, faceva dilatare a dismisura i termfoi del proble-
serie lettere ai familiari, lettera 27 febbraio 1918 a E.Isa. serie fascicoloni, fase. VII, f . 14. 6 1 S. Crespi, Alla difesa d 'Italia ... , op. cit., p. 13 i . 62 APCD, Legisl. XXIV, l" Sessione, Discussioni, Voi. XIV, p. 15.009. lbid. <>1 Gi onorevoli interroganti erano Pantano, Miliani, La Pegna, Celesia e Maury. Cfr. Discussioni, Vol. XIV, p. 14 .412.
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ma e il Sottosegretario ai Lavori Pubblici, De Vito, anziché «minimizzare>> , come avevano fatto i suoi colleghi due anni prima, era costretto a <<non nascondere alla Camera che il problema del combustibile ha una gravità straordinaria. Esso ha, nell 'ora volgente, la stessa importanza di quello del grano, di quello dell'alimentazione. Se il combustibile venisse a mancare, mancherebbero i trasporti, mancherebbe la possibilità del munizionamento ... Sarebbe inutile sperare in un trionfo d'anni se mancasse la possibilità di rifornire l'esercito di munizioni ... Il problema è di una gravità immensa ed è reso ancora più grave dal fatto che possiamo dedicare ad esso l'opera nostra per pochi mesi soltanto.»65 A seguire, il Ministro Raineri, enunciava i due fattori che avevano reso necessario il «taglio di alberi»: - la gravità del «problema» - nonostante egli stesso puntualizzasse: <<Se olivi furono abbattuti, si tratta essenzialmente ed esclusivamente di piante divenute ormai di scarsissima o di nessuna produttività (e 'noi sappiamo come l'olivo sia un albero soggetto a molte avversità ... ) per cui vi è ragione di ritenere che, fino ad ora, la nostra ulivicultura non abbia sofferto da] taglio, nonostante questo fosse incoraggiato dai prezzi altissimi che ha raggiunto la legna di olivo»;66 - la consapevolezza che «ai fini del rendimento in calorie e alla sua migliore utilizzazione la fiamma dell'ulivo e quella del sughero è preferibile».67 Le precisazioni di Raineri non avevano accontentato l'interrogante, On. Pantano, che proseguiva: «Mentre si fanno voti per la redenzione agricola di tutto il Paese, si recidono i nostri migliori uliveti, s.i attenta, a quanto mi si assicura, ai boschi stessi di sughero, si porta agli estremi limiti, senza riserve , per l'immediato futuro, il taglio tradizionale del castagno.»68 Queste parole, però, finivano per innescare una delle solite polemiche fra Parlamentari , a cominciare dall'On. Celesia che sosteneva come in Liguria il problema si presentasse in tennini diversi , trattandosi di uliveti non più redditizi «abbandonati da più di venti anni che non rendono nemmeno il profitto necessario per pagare ]e tasse, non rappresentano una ricchezza e quindi è interesse dei proprietari e dello Stato che vengano tagliati.»69 Beghe a parte, il taglio dei boschi non era «indolore». La produzione di legname era concentrata nelle mani dell'Amministrazione militare, per cui, il 12 febbraio 1918, l' On. Saudino chiedeva al Ministro delle Armi e Munizioni se non fosse il caso di modificare il sistema di pagamento delle piante appartenenti a enti pubblici, tenuto conto che i prezzi risultavano «di gran lunga inferiori al prezzo che le piante hanno nelle libere contrattazioni, sia nel caso in cui le piante siano vendute all'asta pubblica, sia nel caso in cui le piante siano vendute a trattativa privata»?) Dallolio, dopo aver specificato che in quel momento andavano escluse, sia 1'attesa dell'esperimento di un'eventuale asta, sia la vendita con trattativa privata, perché non si doveva perdere tempo nel rifornimento del legname alle truppe combattenti, concludeva: «I supremi interessi dello Stato devono avere ]a precedenza assoluta anche su quelli degli enti pubblici, e quando qualche divergenza di rilievo sorgesse fra Io stato e gli enti stessi, questi ultimi hanno sempre modo di far valere i loro diritti facendo pervenire i loro reclami alla apposita Commissione istituita con decreto luogotenenziale n. 1.651 in data 9 settembre corrente anno per la risoluzione delle vertenze sugli appalti pei lavori e forniture, nelle quali ultime rientrerebbero le requisizioni dei boschi in parola.» 11 In ogni caso, erano sempre state effettuate le stime della «massa legnosa» tenendo conto delle variazioni di mercato intervenute e aggiornandole qualora fosse trascorso molto tempo da precedenti valutazioni.
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Normalmente le operazioni di taglio e trasporto del legname si potevano effettuare soltanto in luglio, agosto e in parte cli settembre, perché nei restanti mesi erano limitate dal maltempo o da altri lavori agricoli. Cfr. APCD, Legisl. XXIV, l" Sessione, Discussioni, Voi. XIV, p. 14.414. 66 APCD , Legisl. XXIV, I" Sessione, Discussioni, Voi. XIV, p. 14.413. 67 lbid. , p. 14.415. 6S lbid. 69 /bid., p. 14.417. 70 APCD, Legisl. XXIV, l" Sessione, Discussioni, Vol. XV, p. 15.567. 71 lbid.
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Sei giorni dopo, Saudino interrogava nuovamente il Ministro delle Armi e Munizioni per sapere se il Dicastero ravvisasse l'opportunità di aggiornare il prezzo delle piante «di alto fusto requisite a carico dei Comuni e delle Opere pie» basato sulle perizie compilate dalle Autorità forestali. 72 Il Ministro Dallolio: - rilevava che all'inizio della guerra l'insufficiente produzione di <<legname da opera» aveva consigliato di ricorrere ai boschi delle aziende con le quali risu1tavano più agevoli le trattative e che disponevano di riserve boschive di notevole importanza: Azienda Forestale di Stato, Enti morali, Province, Comuni, Congregazioni di carità., ecc.; - dava atto all'organizzazione delle prime lavorazioni su grande scala attuate nelle «abetine» toscane, nelle valli piemontesi, nella Liguria, nelle Calabrie, nell'Abruzzo e nel Lazio; - dichiarava che la produzione di legname da costruzione riusciva a far fronte «non solo per le nostre truppe operanti e per le costruzioni militari indilazionabili nelle zone di riserva, ma per le armate alleate, per l'Albania, la Macedonia, le Colonie, la Regia Marina , l'Aeronautica, gli stabilimenti d'Artiglieria, le ferrovie dello Stato, gli stabilimenti ausiliari, ecc., il cui complessivo fabbisogno è presunto nel corrente anno [1918] per circa due milioni di metri cubi, oltre ad un ingentissimo numero di paletti per reticolato (più di venti milioni) e qualche miliol'le di quintali di legna da ardere ... >>; - chiariva che, d'accordo col Ministero dell'Agricoltura, era stato adottato come «prezzo di macchiatico»73 quello risultante dalle perizie degli Ispettorati forestali che non avevano alcun interesse a effettuare analisi che agevolassero né lo Stato, né la privata speculazione. Pertanto, per qualsiasi tipo di bosco il criterio era unico: «Acquisto consensuale dei boschi designati al taglio per naturale rotazione, sulla base della perizia forestale; in caso d' indugi e contestazioni: requisizione sulla stessa base»; - ammetteva il tramonto del ruolo avuto in precedenza dalle Camere di Commercio nel fissare i prezzi del legname, essendo la produzione ormai concentrata quasi esclusivamente nelle mani dell'Esercito. Di conseguenza, il valore reale era «solo quello che l'Amministrazione militare ha potuto sin qui ottenere dalle lavorazioni boschive intraprese per proprio conto su vasta scala nelle varie regioni d'Italia, e da quelle organizzate da proprietari, che spontaneamente hanno fornito e forniscono a prezzi convenienti notevoli quantitativi di legname dei propri boschi, senza sottostare a requisizioni>>; - metteva in rilievo i vantaggi offerti dal sistema adottato, che aveva rivalutato proprietà boschive prima passive poiché «cessata la concorrenza del legname estero, si sono vendute proprietà boschive che avevano rappresentato finora delle vere passività per i comuni , poiché, data la loro posizione sulle vette più alte delle nostre montagne e la mancanza di strade dì accesso e cli impianti meccanici per il trasporto dei prodotti, il costo dì questi sul mercato non compensava le spese di taglio , allestimento e trasporto, sì che tali proprietà rimasero per decenni inutilizzate, come sarebbero ancora rimaste senza l'intervento dell'Amministrazione militare»; - era in grado di replicare all'On. Sandino: «Poiché molti privati proprietari, a cui viene usato lo stesso trattamento nelle requisizioni dei loro boschi, accettano senza alcuna protesta i prezzi adottati daII' Amministrazione militare e da essi ritenuti remunerativi, male si comprende l'eccezione che viene fatta generalmente dai soli Comuni intralciando l'opera dell'Amministrazione militare con danno per il pronto rifornimento di un materiale della più alta importanza per le truppe operanti.»
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!bici. , p. 15.834.
«Il "prezzo di macchiatico" veniva desunto in via normale dal costo del legname stesso ne lle vicine piazze di smercio, depurato eia tutte le spese di abbattimento, u·asporto, riduzione in assortimenti mercantili e dalle altre spese accessorie non escluso il margine di cui gli lspettori forestali tengono sempre conto in giusta misura nelle loro perizie.» Cfr. APCD, Legisl. XXIV, l" Sessione,Discussioni, Voi. XV, p. 15.835. n
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Sempre nel febbraio 1918, la Camera dei Deputati affrontava nuovamente il problema della requisizione dei boschi. Il Sottosegretario di Stato per le Armi e Munizioni Bignami rispondeva all'interrogazione dell'On. Manfredi, rivolta ai Ministri dei Lavori Pubblici e delle Armi e Munizioni, per sapere «con quali criteri si proceda alla requisizione dei boschi della Val d'Arda». Bignami specificava: «Per impellenti necessità di combustibile, i consorzi granari di Milano e di Piacenza, a mezzo della Federazione dei consorzi granari di Lombardia e Piacenza, ottennero nella scorsa estate dal Commissariato dei combustibili nazionali la requisizione di quei boschi a scopo esclusivo di ricavarne legna da ardere, per una quantità approssimativa di un milione cli quintali .»74 L'Amministrazione mi litare, infatti, consapevole dei bisogni dell 'Esercito, soprattutto per quanto riguardava il legname da ponte e d'artiglieria, e ben sapendo che dal legname della Val d'Arda si poteva ricavare in abbondanza materiale da costruzione, era addivenuta a un accordo con i rappresentanti di quei consorzi, ottenendo che «lo sfruttamento di quei boschi fosse affidato, per la parte esecutiva, al]' Amministrazione militare che aveva interesse grande di poterli sfruttare al più presto possibile, perché enormi erano le richieste dal fronte, pei notevoli bisogni dei baraccamenti, dei paletti per reticolati e per tutte in genere le opere rese necessarie , durante l'arretramento della linea difensiva, per la preparazione di un'altra linea sufficientemente forte per contenere l'insolenza nemica.»75 Pertanto, fatti salvi i bisogni di legna da ardere per le grandi città (specie Milano), si tentava di effettuare degli accordi con i Consorzi granari per accogliere, nei limiti del possibile, le numerose proteste sorte.76 Da tali accordi risultava che sarebbe stato «rilasciato» alla popolazione locale «il quantitativo necessario di legname per la produzione di carbone; che prima dell'applicazione dei prezzi d'imperio, gli ufficiali requisitori cercheranno con crite1i di equità di stabilire il prezzo d'accordo coi proprietari, che sarà rilasciata ai proprietari la legna occorrente pei loro bisogni, che l'impresa assuntrice, nei limiti del possibile, si avvarrà del bestiame locale per il trasporto della legna, che saranno possibilmente e di preferenza esonerati o comandati, per conto dell'impresa, militari dei luoghi.»77 Bignami concludeva il suo intervento ribadendo l'imparzialità degli Ispettori forestali (evidenziata nei giorni precedenti dal Generale Dallolio sulla definizione dei prezzi d'imperio), che comunque lasciavano «larghi margini di guadagno per i piccoli proprietari interessati, ma senza permettere che essi salgano ad altezze vertiginose, perché lo Stato non può/ prestarsi a pagare ciò che gli occorre ai prezzi che vengono chiesti dai possessori, altrimenti ne risulterebbe all'erario un danno troppo rilevante».78
Legisl. XXIV, I" Sessione, Discussioni, Voi. XV, p. 16.053 . Legisl. XXIV, I" Sessione, Discussioni, Voi. XV, pp. I 6.053-16.054. 76 Si lamentava la sottrazione al libero commercio di tutto il legname, l'i mpossibilità di produrre e vendere carbone di legna, l' insufficienza dei prezzi di acquisto, la mancata concessione d i legname ai venditori per i loro bisogni, l' inoperosità del bestiame locale, l'abbattimento di piante senza il preventivo accordo con gli interessati, ecc. Cfr. APCD, Legisl. XXIV, l" Sessione, Discussioni, Yol. X.V, p. 16.054. 77 APCD, Legisl. XXIV, 1a Sessione, Discussioni, Yol. XV, p. 16.054. 18 J\PCD, Legisl. X.XIV, P Sessione, Discussioni, Vol. XV, p. 16.054. 7 "
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Capitolo 28 LA DEFICIENZA DEI TRASPORTI IN ITALIA E LORO DISFUNZIONI
I trasporti ferroviari Fra le <<diffico1tà» lamentate da Lloyd George nel 1918 , e non era certo un fatto nuovo, rientrava anche l'inadeguatezza del sistema ferroviario italiano. Il 3 dicembre 1915 l'On . Cottafavi, Sottosegretario di Stato per l'Agricoltura, Industria e Commercio, facendo il punto sulla mancanza di carbone , aveva già denunciato: «Il problema è soprattutto un problema di trasporti, perché la quantità di carbone che è arrivata in Italia e che ancora non si è del tutto sbarcata, è tale da soddisfare largamente i bisogni non solo del presente, ma anche di parte dell'avvenire. Vi sono tuttavia, per il rifornimento delle industrie, difficoltà dipendenti dall'insufficienza dei mezzi portuali e di trasporto terrestre, insufficienza che è dovuta a molte cause, fra le quali principalissima l'assorbimento dei carri ferroviari per le supreme esigenze dei trasporti militari che, mentre impedisce la rapida distribuzione dei carboni ammassati nei porti di arrivo, congestionando il servizio 1 nei porti stessi, impedisce che il carbone giunga con la desiderabile sollecitud ine là dove abbisogna.» Pochi giorni dopò, rispondendo a un'interrogazione, egli ancora avrebbe insistito sulla difficoltà di rifornimento delle industrie , causata dai trasporti, che portava alla paralisi degli stabilimenti.2 Considerato che carbone e materie prime erano di vitale importanza, il 7 maggio 1916 il Ministro della Guerra, MoITone , aveva firmato una lettera «riservatissima personale» (preparata da Dallo1io) per il Capo di S . M. dell'Esercito Cadorna, che aveva chiesto assicurazioni su lla produzione delle munizioni , nella quale specificava: «La questione de1 rifornimento dell'acciaio dall'estero è intimamente collegata con quella dei trasporti di cui sono note all'E.V. le enom1i difficoltà, malgrado il migliore interessamento dei Governi dell'Intesa, essendo limitato il numero dei piroscafi a disposizione coi quali si deve anzitutto provvedere al trasporto dei carboni, rottami, grano, avena; né si potrebbe pensare a nuove costruzioni che arriverebbero in ritardo e sottrarrebbero ingenti quantitativi di materia prima. Ad ogni modo utilizzando i piroscafi disponibili in quanto possibile, si potrà, nel p.v. semestre, avere un rifornimento di acciaio dall'America che concorrerà a fronteggiare il fabbisogno.» 3 11 10 giugno il Sottosegretario di Stato per il Lavori Pubblici , Visocchi, rispondeva a un'interrogazione deJJ'On. Bertini che denunciava la sospensione dei lavori nei cementifici di Senigallia per «l'impossibilità dei rifornimenti per mancanza di cairi ferroviari».4 Yisocchi riteneva che «i trasporti militari e le necessità di mantenere quanto più possibile elevato ai porti il carico delle materie prime indispensabili ai pubblici servizi ed al funzionamento degli stabilimenti industriali che provvedono ai rifornimenti per la guerra, limitano notevolmente la disponibilità del materiale ferroviario pei trasporti ordinari del pubblico effettuati all'interno, sì che non riesce possibile evitare saltuarie sospensioni o restrizioni del carico nelle stazioni ... Dell'efficacia dei provvedimenti adottati è prova il fatto che nei decorsi mesi di gennaio e febbraio il carico delle merci della rete ferroviaria dello Stato fu di 6.081.987 tonnel-
Legisl. XXIV, J" Sessione, Discussioni, Voi. VTTI, p. 11 .304, p. 8 .061. Legisl. XXIV, J a Sessione, Discussioni , Vol. VTIT, p. 8.268. , MCRR , fondo Dallolio , b. 95 1, f. 5, l. 4. 4 J\PCD, Legisl. XXIV, l a Sessione, Discussioni, Vol. XVT, p. l0.790. ' APCD,
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late con un aumento dello 6,33% rispetto al carico del c01rispondente bimestre 1915. Dai provvedimenti adottati poté ritrarre vantaggio anche il commercio di Senigallia, in genere, in quanto giunsero in quella stazione, dal 18 marzo al 20 maggio, 472 carri con merci varie e ne partirono 1.023 dei quali 602 con cementi spediti dalle fabbriche Portland.»5 Le segnalazioni sulla mancanza di carri, intanto, non tendevano a scemare. Il 6 dicembre 1916 l'On. Chiesa denunciava «la mancanza di carri alle stazioni di Carrara e di Massa, oltreché le continue sospensioni di accettazione delle spedizioni per l'interno, unico campo, ormai, di lavoro per 1' industria dei marmi», che già risultava rovinata per la forzata inattività con l'estero .6 Il 13 dicembre; a un'interrogazione dell'On. Cavazza, circa le carenze del servizio nella stazione di Bologna, specie «pel trasporto di merci e derrate», veniva risposto che i disservizi, comuni a tutte le linee ferroviarie, erano causati dall'aumento del numero dei treni straordinari che dovevano far fronte all'incremento di tre esigenze: - il trasporto di truppe e feriti , del vettovagliamento, del munizionamento e «per l'inoltro di materiali occorrenti agli usi e bisogni svariati della guerra»; - lo spostamento di materiali dal Tirreno a località del Veneto a causa della chiusura dei porti dell 'Adriatico; - la notevole affluenza di viaggiatori civili e militari che rendono «affollatissimi» i treni viaggiatori. Di conseguenza, la circolazione dei treni si presentava difficoltosa per le lunghe fermate nelle stazioni, «i numerosi incroci e precedenze». Questa risposta andava a integrare quanto detto nello stesso giorno dal Sottosegretario di Stato Visocchi riguardo alla carenza del servizio sulla linea Padova-Bologna, definita «una de]le linee maggiormente affaticate per il passaggio di numerosi treni militari carichi e di treni, pure numerosi, di materiale vuoto»,' poiché Bologna era «il transi to più importante dei trasporti di truppe e materiali da guerra ed uno dei maggiori centri di rifornimento.>> Il 6 marzo 1917 il Sottosegtetario di Stato per i trasporti marittimi e fenoviari, Ancona, rispondeva a un'interrogazione dell'On. Cotugno, che lamentava la deficienza dì carri ferroviari per il servizio delle sanse in Puglia: «La Camera sa che il nostro parco ferroviario è costituito da circa 103 .000 carri e 5 .200 locomotive. La guerra che ha portato una grande perturbazione nei trasporti marittimi, ha influito anche sull'esercizio ferroviario, in modo che il parco non può più soddisfare, se non alle esigenze più indispensabili.»8 Fra le cause perturbatrici, Ancona enumerava: - l'Autorità militare che manteneva a disposizione circa 60 .000 can-i; - la situazione dei porti de11 'Adriatico, completamente chiusi, per cui tutto il traffico si era riversato sui po1ti del Tirreno, imponendo percorrenze superiori; - una maggior distanza fra il punto cli carico e quello di scarico, determinata dalla necessità di andare a prelevare la merce dovunque disponibile (come per esempio il trasporto della legna dal Sud al Nord) senza badare al costo del trasporto che, in tempi normali, è preminente.9
Legisl. XXIV, l " Sessione, Discussioni, Vol. XIV, p. 10.791. Legisl. XXIV, l" Sessione, Discussioni, Voi. VIII, p. 11.304. 7 APCD, Legisl. XX, 3" Sessione, Discussioni, Voi. VIII, p. 8 .677 . 8 APCD, Legisl. XXIV, l" Sessione, Discussioni, Voi. XV, p. 12.578. 9 Comunque, per il caso delle sanse delle Puglie citato clall 'inte1Togante On. Cotugno, il Governo aveva istituito nei centri cli caricamento più impo11anti della Puglia dei «servizi navetta» per il carico esclusivo delle sanse fra Cerignola e Barletta, Ostuni e Bari e altre località, oltre ad aver assegnato, ad alcune stazioni ferroviarie delle località più importanti cli produzione delle sanse, un certo numero di carri ferroviari per quei servizi che non potevano essere eseguiti con cicli navetta. 5
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Le perturbazioni ind.icate dall'On . Ancona (a cui andrebbe aggiunta anche l'urgenza di impiegare le merci dovunque reperite) facevano aumentare le percorrenze medie, con un maggior impiego di carri per il trasporto del1e stesse quantità di merci. Va tenuto presente, comunque, che durante il conflitto le esigenze del traffico ferroviario erano cambiate profondamente: a una limitata diminuzione in alcune categorie aveva fatto riscontro l'enorme aumento dei traffici per l'esercito e per l'industria di guerra, raddoppiato rispetto a quello, pure elevato , del periodo massimo di mobilitazione che si era aggirato sui 2.700 carri . Una relazione della Direzione Generale delle Ferrovie dello Stato del gennaio 1917 ,10 aveva indicato un carico medio complessivo nei mesi invernali (causa il cattivo tempo, il gelo e la minor durata delle giornate che rendevano più difficili le operazioni di carico e scarico, e le manovre) di 12.305 carri. Tabella XXIX Tabella XXIX TIPO MERCE Militare Porti Bestiame Trasporti in servizio Collettame a G .V. (militari e privati) Collettame a P.V. (militari e civili) Privative Agrumi Piriti Ligniti Concimi, gesso per agricoltura Solfato rame, zolfo Risi Grani e farine Crusca, mangimi Sanse, olio d'oliva Calce e cementi Ortaggi , medicina! i, zucchero, carta per giornali, materie prime per la fabbricazione della carta, petrolio, coke e sottoprodotti dei gazogeni TOTALE
N. CARRI/GIORNO 5.600 1.500 250 400 1.100 1.500 150 200 100 150 220 100 60 500 100 150 100
125 12.305
Pertanto, le esigenze prioritarie dei trasporti militari e delle merci essenziali (grano, agrumi, concimi, piriti, ligniti) potevano essere soddisfatte soltanto riducendo al minimo diversi altri. trasporti per i bisogni del pubblico, dell'industria e del commercio. In sintesi, il trasporto militare e quello pubblico avven ivano in condizioni molto diverse rispetto a prima della guerra, quando alcune di quelle condizioni sarebbero state addirittura inconcepibili. A ogni modo, «ogni ulteriore disposizione intesa ad assicurare la regolarità e ]a sufficienza di determinati trasporti non potrebbe fare a meno di ripercuotersi in un ulteriore disagio specialmente del piccolo commercio.» 11
fondo Dallolio, b. 953, f. 14, l. 18. Dallolio, b. 953, f. 4, 1. 18, Appunto Le condizioni dei traffici ferroviari.
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Di fatto, le Ferrovie dello Stato, la cui dotazione di cani e locomotive non era potuta crescere che in maniera molto limitata, causa l'indisponibilità dei materiali per la costruzione di nuovi mezzi rotabili, nel gennaio 1917 erano state costrette a rivolgersi all'estero, ordinando in America l'acquisto di 100 locomotive e 3.000 carri. Le Fenovie dello Stato avevano comunque apportato alcuni miglioramenti seppur minimi: - incrementando la manutenzione dei carri in modo da abbassare il numero di quelli fuori servizio per riparazioni - dall' 11 % del periodo pre-bellico si. sarebbe passati al 6% degli anni 1915-18; - intensificando l'aumento del carico dei cruri attraverso diversi accorgimenti; - formando tradotte dirette , anche a lunga percorrenza, non solo per i trasporti militari, ma anche per quelli pubblici (ligniti, piriti, oli, derrate , concimi); - incentivando il personale che concorreva alla migliore utilizzazione del materiale; - svolgendo una continua sorveglianza dell'utilizzazione del materiale da parte degli Uffici Centrali e locali e della stessa Direzjone Trasporti Militari. In questo modo si era ottenuta una maggior percorrenza media annua dei carri, che da 12.500 chilometri passavano a 15.000, testimoniata anche dall 'aumento dell'introito del 32,3% per il traffico merci a tariffe invariate (da 575 milioni di lire del periodo 1913-14 a 761 milioni del 1915-16). Ma alla Camera, le interrogazioni non avevano smesso di fioccare. Sempre nel marzo 1917, !' On. Albanese aveva presentato un'interrogazione per denunciare «l'ingiustificabile abbandono in cui è lasciata la provincia di Reggio Calabria anche in materia di traffici, di servizi ferroviari>>. 12 Il Sottosegretario di Stato per i trasporti marittimi e ferroviari, Ancona, ribadiva, ancora una volta, la situazione del parco ferroviario che vedeva in movimentazione e sotto carico 12.000 carri al giorno dei quali 6.000 riservati alle esigenze militari, 1.500 in afflusso ai porti, 2.500 intangibili per il grano, le ligniti e i cereali in genere. Restavano quindi soltanto 2.000 carri a disposizione dei servizi privati: una disponibilità con la quale non era possibile «fronteggiare tutti i bisogni dei trasporti , tanto più che la maggior lontananza dei centri di consumo dai centri di rifornimento rende necessaria una maggior per/ correnza.» 13 Il 17 marzo, a un'interrogazione dell'On. Casolini sulla deficienza di vagoni in Calabria replicava il Sottosegretario Ancona: «[la situazione è] la medesima in tutte le pru-ri del Regno , e credo che in questa distribuzione di malcontento la Direzione Generale delle ferrovie proceda con la maggiore equanimità, affinché tutti abbiano la stessa percentuale di malcontento e di difficoltà. I motivi fondamentali sono sempre gli stessi. Il nostro parco ferroviario è stato talmente ridotto in seguito alle esigenze della guerra, che il numero di carri disponibili per il pubblico non è che di duemila circa su dodici mila carri che si caricano giornalmente. Ora, fare il servizio in tutto il Paese con duemila carri, volendo soddisfare tutti i bisogni e le richieste, è un problema quasi insolubile, è una specie di quadratura del circolo; quindi si capisce che tutte le regioni abbiano deficienze di carri. Forse in certe regioni avviene che si vedono passare cani vuoti che si vorrebbero arrestare per usufruirne. Ciò non è possibile perché, data la forma del nostro Paese, i carri vuoti devono recarsi nei punti più lontani per essere caricati e tornare verso il nord, perché il numero dei carri vuoti è maggiore dal nord verso il sud e quello dei carri carichi dì merci è maggiore dal sud verso il nord.» 14 La situazione veniva esposta senza mezzi termini il 19 ottobre 1917, dal Sottosegretario ai trasporti, On. Reggio: «n materiale di cui le ferrovie dispongono non basta per soddisfare a tutte le richieste. Ed effettivamente le ferrovie debbono anzitutto assicurare i trasporti militari, il carico ai porti (per evitare soste di navi ed ingombro delle calate), le spedizioni di prodotti indispensabili all'alimentazione della
XXIV, l" Sessione, Discussioni, Vol. Xli, p. 12.949. Legisl. XXIV, I" Sessione, Discussioni, Voi. XII, p. 12.949. APCD, Legisl. XXIV, I" Sessione, Discussioni, Voi. XII , p. 13. I03.
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popolazjone civile ed al lavoro dei campi . Gli altri trasporti meno urgenti devono invece necessariamente essere s.ubordinati e, se del caso, ridotti ed anche saltuariamente sospesi .»15 Il 21 febbraio 1918, a un'inte1Togazione dell'On. Cameroni sulla deficienza di trasporti , che minacciava di immobilizzare la produzione delle miniere di ligniti, Reggio ribadiva che «le condizioni dell'esercizio ferroviario sono venute rendendosi sempre più difficili e che il servizio dei trasporti delle differenti qualità di merci in questo momento dà luogo a lagnanze. Quindi anche i trasporti delle ligniti formano oggetto di lamento, malgrado che ad esse sias i assegnato un certo numero di carri. Bisogna notare che si tratta di trasporti generalmente lunghi e che gravano assai sulle ferrovie.» 16 Due giorni dopo interveniva il Ministro ai Trasporti, Bianchi commentando: «Avevamo poco più di centomila carri prima della guerra, oggi ne abbiamo centoseimila ... nel 1917 abbiamo trasportato tre volte e mezzo il numero dei soldati che si trasportarono nel 1915 ed abbiamo caricato quattro volte il numero dei carri che per bisogni militari si caricarono nel 1915.» 17 Poi, amaro , ammetteva: «Disgraziatamente una parte del personale ferrov iario non ha quella onestà di condotta che fino a pochi anni fa era un merito della classe ... Debbo altamente deplorare che ora si abbiano a lamentare da più parti corresponsione di mancie per l'assegnazione di carri. Ogni qualvolta ha accertata qualche mancanza la Direzione Generale ha proceduto, ed io potrei leggere un lungo elenco di gravi punizioni inflitte a persone anche di gradi non infimi della gerarchia, perché appu nto avevano fatto mercimonio nella assegnazione dei carri .» 18 Il Generale Dallolio, dopo pochi giorni (26 febbraio), interessava personalmente Bianchi, segnalando la necessità di assicurare il trasporto delle piriti dalle mi niere di estrazione per evitare «il gravissimo danno che incombe sui nostri apprestamenti bellici in causa del mancato approvvigionamento di detto materiale alle fabbriche di solforico>> .19 Le ripercussioni di tale mancanza avrebbero paralizzato l'industria «dell'acido e quella degli ésplosivi, in un momento in cui, a motivo dello scarso tonnellaggio che limita gli anivi dall'estero, è indispensabile spingere al massimo la produzione nazionale degli esplosivi.»20 La gravità del problema veniva affrontata il 23 luglio ] 918 anche tra il Commissario agli Approvvigionamenti , Crespi, e il Colonnello Nash del Ministero dei Trasporti inglese, i quali avevano esaminato la possibilità di assegnare ali 'Ital ia un «ragguardevole» numero di carri ferroviari. Nel diario di Crespi si legge, al riguardo, «noi non abbiamo vagoni sufficienti per il trasporto del carbone attraverso la Francia, in aggiunta al nostro traffico interno.» 21 In ogni caso, già nell 'aprile il Generale Dallolio aveva preannunciato al Presidente del Consiglio i gravi ritardi che si sarebbero verificati nella ricezione delle importazioni a seguito della situazione militare che si era venuta a creare in Francia: «Ricevo un telegramma da Parigi molto grave nel quale si accenna che a causa avvenimenti mil itari nella regione Nord francese è attualmente impossibile inoltro per ferrov ia merci giacenti porti Calais, Boulogne, Dunkerque. Raccomandasi consigliare interessati di fare ritornare merci Inghilterra al più presto per spedizione Italia via mare. Naturalmente ciò darà luogo a grandi e gravi ritardi .»22 La situazione italiana sarebbe stata enfatizzata il 3 ottobre 1918 dal Presidente del Consiglio Orlando, che dichiarava: «In nessun altro Stato, le difficoltà economiche, nascenti dalla guerra, hanno potuto raggiungere la medesima intensità che in Italia. E, infatti, se la deficienza dei trasporti soprattutto detenni-
,s APCD, Legisl. XXIV, l'' Sessione, Discussioni, Voi. VIII, p. 14.741. APCD, Legisl. XXIV, l" Sessione, Discussioni, Voi. XV, p. 15.938. Atti Parlamentari Camera Deputati, Discussioni, Legisl. XXIV, 1• Sessione, Voi. XV, p. 16.064. 18 APCD, Legisl. XXTV, l" Sessione, Discussioni, Vol. XV, p. 16.085. 19 MCRR, fondo Dallolio, b. 952, f. 15, l. 5, p. l. 20 MCRR , fondo Dallolio, b. 952, f. 15, l. 5, p. 2. 21 S. Crespi , Alla difesa d'Italia ... , op. cit., p. 129 . 22 MCRR, fondo Dallolio, b. 961, f.10, l. J 6, Telegramma a Presidente del Consiglio del 28 aprile 1918. 16
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na questo stato di cose e l'acuisce e ]'aggrava, inevitabilmente doveva l'Italia, più di ogni altro paese, soffrire delle difficoltà di approvvigionarsi, a causa della proporzione, di gran lunga maggiore, dei traspo1ti, che le occorrono per le materie prime, di cui disgraziatamente difetta, a cominciare dal carbone.»23 A lungo andare, una simile situazione deficitaria e di congestione del traffico ferroviario, avrebbe consentito ai profittatori di trame il massimo vantaggio. Due i mali patologici più eclatanti che venivano alla luce: 1) bagarinaggio nell'assegnazione dei vagoni, a favore di quelle ditte disposte a sottostare a tale prassi; 2) sabotaggio dei vagoni trasportanti derrate fresche. In seguito alle restrizioni del consumo della carne era aumentato il consumo delle verdure e gli speculatori si erano gettati subito su tali derrate. <<Vengo a sapere che in parecchie stazioni ferroviarie, è stato organizzato il sabotaggio dei vagoni che colmi di legumi, insalate ed erbaggi risalgono la penisola dal Sud al Nord. Quando gli speculatori di una data città temono che arrivino troppe verdure sul loro mercato e che, di conseguenza, si produca un ribasso dei prezzi, telegrafano in gergo convenzionale alle stazioni da loro organizzate ed i vagoni sono, per qualche pretesto o provocato incidente, staccati dai treni ed avviati su binari morti, quivi sono lasciati sotto la sferza del sole così che le derrate marciscono rapidamente .»2'1Proprio per combattere questa piaga fu affidato un servizio speciale all'Arma dei Carabinieri che operò diversi anesti nelle località dove più facilmente si verificava tale tipo di sabotaggio.25 I trasporti marittimi Il 7 dicembre 1915 , il Sottosegretario alle Anni e Munizioni Dallolio scriveva alla figlia Elsa: «Ho sul cuore le angustie maledette che mi danno quegli infami tedeschi pei piroscafi uno che è tornato per metà, l'altro che porta centinaia e centinaia di T di esplosivi, l'aspetto con ansie intenninabili e ancora non ne so nulla. È un quarto d'ora che tutto ritarda, crisi in tutto acciaio, carbone, mano d'opera esplosivi.»26 Sin dall'inizio della guerra, tenuto conto della scarsità di risorse di cui disponeva l'Italia, s 'era imposta la necessità cli far affluire una massa considerevole di materie prime dai Paesi alleati e neutrali al di là del mare, ma era stato subito chiaro che la marina mercantile si sarebbe presentata impreparata allo sforzo bellico, anche per l'insufficiente disponibilità di navi. 27 D'altronde, già il 22 maggio 1914 , durante la discussione del bilancio della Marina, l 'On. Del Balzo aveva affermato: «Purtroppo noi abbiamo in Italia un fenomeno strano, il quale dimostra che le leggi, le quali reggono la nostra marina mercantile, sono difettose e non atte a sollevarne le sorti, anzi agiscono in senso contrario; abbiamo il fenomeno cli alcune ditte le quali , possedendo dei buoni vapori moderni, li vendono, mentre altre ditte della marina da carico comprano dei vapori che gli armatori esteri vendono a prezzi minimi, perché li credono poco efficienti ed inadatti. La nostra marina mercantile non deve essere un inventario di ferrivecchi. Ora una marina la quale si rinnova comprando navi antiquate, non è in progresso ma in perfetta decaclenza». 28 Del Balzo aveva quindi concluso, auspicando una nuova legislazione e una nuova politica del Governo atte a migliorare la situazione denunciata. Ma quella nuova legislazione e quella nuova politica non sarebbero mai state messe a punto.
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APCD, Legisl. XXIV, 1" Sessione, Discussioni, Voi. XVI, p . 17.074. S. Crespi, Alla difesa d 'Italia ... , op. cit., p. 105. 25 lbid., p. 106. 26 APTGP, serie lettere ai familiari, lettera 7 dicembre 1915 a Elsa. 11 Il problema del tonnellaggio non riguardava soltanto l'Italia ma tutti i Paesi dell'Intesa. Scriveva Lloyd George : «L'aver respinto gli attacchi alleati sulla Somme, allo Chemin des Dames e lungo le coste cli Fiandre non diede certo 1'ultima vittoria alla Germania. Ma il suo collasso nel 1918 si dovette al fatto che noi abbiamo frustrato il suo sforzo di distruggere le navi alleate. Il supremo tentativo tedesco di bloccare la Gran Bretagna era virtualmente fallito per la fine del 19 J7 .in seguito al crescente successo con cui noi eravamo riusciti a proteggere le nostre navi, ad aumentare le nostre costruzioni, a fare un nùglior uso del nostro naviglio ed ottenere un maggior rendimento del nostro suolo.» Cfr. David Lloyd George Memorie di guerra , Mondadori , Milano 1935, Voi. II. 28 APCD , Legisl. XXIV, l" Sessione, Discussioni, tornata 22 maggio 1914 , Vol. III, p. 3 .096. 24
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I1 2 dicembre 1915, in occasione di una riunione di industriali metallurgici il comm . Odero, del Gruppo ILVA, dichiarava: «Più che le materie prime, è da risolvere il problema grave dei trasporti , per i quali mancano i mezzi adeguati , senza fare questione di prezzo, ma di sola sicurezza. Le materie prime per sei od otto mesi si trovano benissimo : occone garantirne il trasporto dai punti in cui si trovano fino a noi. Se ci sono difficoltà per i carboni, maggiori ancora sono le difficoltà per il trasporto dei rottami. Ho carboni in America già acquistati; cerco da var.i giorni i vapori per trasportarli, ma non li trovo. O il Governo facilita l'"ILVA" trovandogli i vapori , o il Governo si assicura i trasporti e li fa lui. Mai potremo avere la tranquillità se non si supera la più grande difficoltà che è que11a dei trasporti .»29 Dallolio il 13 gennaio 1916 segnalava al Ministro della Guerra Zupelli, che il Mi nistero della Marina non aveva potuto rispettare l'impegno di garantire al Sottosegretariato per le Almi e Munizioni, entro iI mese di dicembre, l'assegnazione di 7 piroscafi italiani e 3 ex-tedeschi requisiti, per complessive 50 .000 tonnellate. Infatti, dei sette bastimenti italiani , alla data della lettera ne risultavano disponibili soltanto due,30 mentre i tre germanici non sarebbero stati assegnati per diversi mesi ancora a causa delle lungaggini delle pratiche di requisizione e di inventario affidate alle Ferrovie dello Stato. Jn conclusione, le 50.000 tonnellate preventivate si erano ridotte ad appena 9.000. Il Ministro della Guerra chiosava la lettera di Dallolio con la frase: «Tempo perso scrivere a me tanto valeva scrivere direttamente a chi ha i piroscafi ossia alla Marina»31 Un'annotazione un po' sarcastica che si può leggere come: - inconsueta, per una risposta a Dallolio, con il quale intercorrevano ottimi rapporti; - emblematica del «dualismo» esistente all'epoca fra i Dicasteri della Guerra e della Marina, interessati entrambi alla difesa nazionale, ancorché in due settori diversi. La situazione critica dei trasporti del Paese, dovuta alla sua conformazione geografica che condizionava anche i traffici interni, era messa in evidenza dalla pioggia di interpellanze parlamentari sulla sicurezza dei collegamenti. Un gruppo di ventisei deputati interrogava, il 3 marzo 1916, i Ministri della Marina e dei Lavori Pubblici per sapere se, <<date le attuali condizioni, non credano opportuno per rendere più sicure e più utili le comunicazion i marittime tra la Sicilia ed il continente anticipare la partenza dei postali da Palermo e da Napoli ... in modo da compiere il viaggio nelle ore notturne32 •.• » . Il Sottosegretario di Stato per i Lavori Pubblici Visocchi, pur trincerandosi dietro l'esigenza di tutelare il segreto delle misure adottate per garantire la sicurezza delle comunicazioni, era costretto ad ammettere la necessità di apportare alcuni mutamenti nel servizio dei postali affidati alle Fenovie dello Stato. Analoghi problemi di sicurezza si ponevano per i collegamenti con la Sardegna. L'On. Congiu, nella seduta della Camera del 10 aprile 1916, nel denunciare il siluramento <<sulla costa occidentale di Oristano, anche di un veliero»33 poneva, unitamente all'On. Pala, un'interrogazione sulJa sicurezza delle comunicazioni giornaliere postali fra Sardegna e continente. In sostanza veniva richiesto di anticipare gli orari di partenza per far compiere la traversata durante le ore notturne, dato che «i siluramenti non avvengono di notte» .34 L'On. Battaglieri, Sottosegretario di Stato per la Marina, era costretto a ch,iedere di astenersi «dal discutere delle misure adottate per garantire nel miglior modo la sicurezza della 1)._avigazione tra la Sardegna ed il continente, ostandovi ovvie ragioni di difesa e di sicurezza della navigazione stessa» .35
rvtCRR, fondo Dallolio, b. 953, f.J , l. 8, p. 7 , Verbale Riunione Industriali Metallurgici del 2-3 dicembre 1915. Il piroscafo Salsa era in avaria alle Bermude, il Chile eia poco era stato dichiarato inadatto ai viaggi transoceanici, e il Clio, l'Angelo e il Titania erano ancora in viaggio , con prevedibili lunghi tempi di attesa per lo scarico. 3 ' MCRR, fondo Dallolio, b. 953, f. 4, l. 4, p. 1. 32 APCD, Legisl. XXIV, 1" Sessione , Discussioni, Vol. XV, p. 8.817. n APCD, Legisl. XXIV, l" Sessione , Discussioni, Voi. IX, p. 10.079. :i.. APCD , Legisl. XXIV, 1• Sessione, Discussioni, Voi. IX, p. 10.080. 3; APCD , Legisl. XXIV, l" Sessione, Discussioni, Vol. IX, p. I 0.079 . 29
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Nella stessa seduta 1'0n. Monti-Guarnieri sollevava il problema dell'esodo della flotta di cabotaggio dai porti dell ' Adriatico, ove era rinserrata , a quelli del Tirreno nei quali avrebbe trovato migliore e proficua utilizzazione. Battaglieri, ammetteva che la possibilità di far uscire dall'Adriatico i velieri là «rinchiusi» era stata studiata dal Ministero della Marina sin dallo scoppio della guerra, ma ben presto il progetto era stato abbandonato per motivi di sicurezza perché «sarebbero stati troppo esposti alle insidje nemiche nella non breve navigazione a vela , e d ' altra parte sarebbe stato assolutamente impossibile rimorchiarl i e procurare loro sufficiente scorta.»36 Oltre tutto , secondo il Sottosegretario , tali velieri avrebbero trovato scarsa utiJizzazione poiché le banchine di approdo e gli elevatori per le operazioni di carico e scarico erano occupati dai piroscafi. Con il passare del tempo la nùnaccia sottomarina andava facendosi sempre più consistente anche nel Tirreno. 1114 giugno 1916 il piroscafo Tavolara veniva fermat.o, assieme ad altre cinque navi più piccole, a poche miglia da Civitavecchia e affondato a cannonate da un sommergibile nemico. Ancora una volta chiamato in causa, al Sottosegretario Battaglieri non restava che garantire all 'On. Congiu, presentatore di un ' interrogazione sull'avvenimento, l'intensificazione delle «cautele già esistenti per la sicurezza delle comunicazioni postali giornaliere tra la Sardegna ed il Continente.»37 L'On. Cassuto, nella seduta del 29 giugno 1916, presentava un'altra interrogazione ai Ministri della Guerra e della Marina per conoscere i provvedimenti adottati« ... per proteggere la costa del Tirreno e le isole prospicienti, ad impedire attentati o danneggiamenti alle popolazioni ed alle industrie nazionali e ad ogni modo per avere in proposito le assicurazion i del caso.» 38 Battaglieri, assicurando che i provvedimenti adottati all'inizio della guerra nelle province adriatiche erano stati estesi anche a quelle costiere tirreniche, rendeva note: - l'avvenuta integrazione dell'organizzazione in terraferma predisposta dal Ministero della Guerra còn la sorveglianza e protezione del litorale organizzata dal Dicastero della Marina; - l' esistenza, lungo la costa del Tirreno e delle isole prospicienti, di una catena di sorveglianza articolata in settori che facevano capo ai Comandi di Dipartimento con particolare attenzione alle aree industriali. Questi provvedimenti, tuttavia, non sarebbero riusci.ti a creare la voluta cornice di sicurezza. Ancor meno sicure si presentavano le rotte tra la Libia e la Madre Patria. La mattina del 29 luglio 1916 il piroscafo Letimbro, in viaggio da Bengasi a Siracusa, vedeva emergere, a circa un miglio di distanza, un sommergibile dal quale partiva un colpo cli cannone. Il Capitano del piroscafo, dopo aver manovrato in modo da offrire il minor bersaglio, faceva aprire il fuoco con il cannone da 57 mm di cui la nave era armata per la difesa antisommergibile, ma dopo dodici colpi andati a vuoto, allo scopo di salvare i 150 passeggeri e le 58 persone di equ ipaggio, faceva fermare le macchine e issare la bandiera bianca disponendo l'abbandono della nave . Nonostante questi chiari segni di resa il sommergibile, che nel frattempo aveva issato la bandiera austriaca, affondava il piroscafo con un siluro e a cannonate di cui alcune colpivano anche le scialuppe di salvataggio che avevano raccolto i naufraghi .39 L'On. Canevari, nel replicare al Sottosegretario Battaglieri si associava alle parole di cordoglio che erano state espresse durante l'illustrazione dei fatti , ma si chiedeva se al senso di raccapriccio destato dal disastro, non si dovesse rispondere «aumentando i nostri armamenti, centupJicando i nostri sforzi per dare la caccia a questi corsari che sui nostri mari vorrebbero inaugurare un sistema di pirateria cos'ì feroce quale neppure i secoli della più grande barbarie videro mai.» 40
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Legisl. XXIV, l" Sessione, Discussioni, Voi. IX, p. 10.075. Legisl. XXIV, l" Sessione, Discussioni, Voi. X , p. 11 .152. 38 i\PCD, Legisl. XXIV, 1• Sessione, Discussioni, Voi. X , p. 10.926. 39 APCD , Legisl. XXIV, 1• Sessione, Discussioni, Voi. X , p. 11.480 . .io APCD , Legisl. XXIV, l" Sessione, Discussioni, Voi. X , p. l 1..481. ,
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Ma la «caccia ai corsari» evidentemente era stata poco fruttuosa se, il 7 dicembre 1916, l'On. Toscanelli interrogava ancora il Ministro della Marina «per conoscere quali provvedimenti abbia preso per evita.re i ripetuti affondamenti di piroscafi nel mare Jonio>>/ 1 ricevendo dal solito Battaglieri le ricorrente risposta. sugli «ev identi motivi di sEcurezza» che impediva.no dì rendere pubblici i provvedimenti adottati ma che, comunque, d'accordo con gli Allea.ti, erano state prese tutte le possibili disposizioni di vigilanza, polizia e armamenti per la difesa dei piroscafi dagli attacchi dei sommergibili. Con buona pace di Battaglieri, però, il 17 maggio 1917, nelle acque di San Remo sarebbe stato silurato anche il piroscafo Hilonian, il cui carico si disperdeva sulla spiaggia ligure, tanto che l'On. Nuvoloni interrogava i Ministri della Mari na e delle Finanze «per sapere se sono informati dell'abbandono imperdonabile in cui furono lasciati nei giorni 17 , 18 e 19 maggio 1917 lungo la spiaggia di San Remo e della provincia molte botti contenenti cera, grassi, celluloidi, ecc. avanzi di un vapore silurato, se credono conispondente alla tanto proclamata. limitazione dei consumi l'ingiustificato ed inesorabile abbandono in balia del mare e del pubblico di merce tanto ricercata e se essi possono giustificare o comunque attenuare le responsabilità deHe autorità tutte e specialmente quelle marittime, portuali, doganali e militari.» 42 Nella relativa risposta veniva ammesso l' abbandono di un migliaio di botti e casse a causa della difficoltà ciel loro ricupero per l'inadeguatezza dei mezzi disponibili . Ma anche Dallolio avrebbe avuto le sue buone ragioni per recriminare sui danni provocati dai siluramenti di «quegli infami tedeschi», e al Capo di S. M. Cadorna elencava: «su 27.000 proietti da 305 ce ne sono stati affondati 8.427 [31 ,2%], su 41.262 blocchetti da 210 ce ne sono stati affondati 4.361 [10 ,5%] e ce ne sono 34.042 viaggianti. Non si parla poi dell 'acciaio, della naftalina, della glicerina, della ghisa, del nitrato perduto causa i siluramenti.»43 Sul finire del 1916, dunque, la situazione non era migliorata, tanto che il Generale Dallolio aveva scritto al1a Commissione Centrale per il Traffico Marittimo, lamentando come nel mese di novembre le assegnazioni di vapori ricevute non avessero compensato le perdite subite. A fronte di perdite per 18.520 tonnellate , infatti, erano entrati in servizio soltanto i vapori Salvano e Harima Maru per 10.700 tonnellate, e ciò mentre restavano da imbarcare 149.000 tonnellate di carbone dall'Inghilterra. Dallolio auspicava perciò che «la massima parte dei trasporti che si possono ottenere dall' Inghilterra per l'accordo sui minerali, venga subito messa a disposizione del Barone Mayor per caricarvi il carbone urgentemente richiesto.» 44 Una situazione indubbiamente grave, resa ancor più ardua dalla «d ifficoltà in Inghilterra di trovare dei noleggi per viaggi singoli.» Dopo pochi giorni Dallolio segnalava, sempre alla Commissione Centrale per il traffico Marittimo, che la situazione si stava facendo sempre più grave «perché mentre da tutti i la.ti si proclama che è indispensabile aumentare la produzione, invece se non si provvede rapidamente assegnando i vapori ripetutamente chiesti, diminuirà e di molto la produzione attuale. Mentre armi e munizioni dovrebbero avere il primo posto, dovrebbero essere la prima preoccupazione senza possibili confronti, succede che ben altri provvedimenti favorevoli sono stati invece presi per le Ferrovie e per l'Agricoltura coi vapori requisiti .»45 Era logico che i fatti contingenti provocassero «scontri» fra il Sottosegretario alle Armi e Munizioni, Dallolio, e il Commissario degli Approvvigionamenti, Crespi, ma entrambi avevano necessità di ottenere il massimo numero di navi per soddisfare le reciproche esigenze. Del resto, lo ammetteva lo stesso Crespi: «non possiamo Dallolio ed io metterci in concorrenza per avere ciascuno il tonnellaggio pro-
Lcgisl. XXIV, l" Sessione, Discussioni, Yol. X, p. 11 .373. Legisl. XXIV, l" Sessione , Discussioni, Yol. Xlll, p. 14 .061. 4 ' MCRR, fondo Da Il olio , b. 945, f. 1, 1. 11 , p. 3, Lettera n. 2 .595 del 10 maggio 1917 a l Capo cli S .M. Cadorna . .., MCRR, fondo Dallolio , b. 953, f. 4 , I. 11. 45 1v1CRR, fondo Dallolio, b. 953 , f . 4, I. 12. ' ' APCD , 41
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prio. Il Governo è uno: uno deve essere il suo programma»46 ed era comprovato che i due lavoravano in piena armonia nei « ... [frequenti incontri] per i rifornimenti di carbone e d'acciaio e per stabilire il nostro programma in vista delle prossime riunioni di Londra» 47 - ovviamente, nell'interesse superiore del Paese. Il problema della carenza di navi atte a soddisfare le esigenze di trasporto internazionale, comunque, aveva riguardato tutte le nazioni , belligeranti e neutrali. Come aveva affennato il Ministro della Marina, Corsi, alla Camera dei Deputati il 16 marzo 1916,48 prima dello scoppio del conflitto europeo «al traffico mondiale delle merci per via di mare, concorrevano circa 4 .300 piroscafi da carico» - il conteggio riguardava solo le navi con più di 4.000 tonnellate, idonee a qualunque viaggio - ma le vicende belliche avevano ridotto drasticamente del 35% tale disponibilità , creando uno squilibrio fra il volume della merce da trasportare e la disponibilità di noli , le cui cause erano essenzialmente: - la scomparsa dai mari della marina mercantile di bandiera germanica e austro-ungarica; - il blocco delle navi russe e di quelle di altre nazionalità, sorprese dalle dichiarazioni di guerra nel Mar Nero e , in parte, anche nel Baltico; - la cattura cli navi compiuta dalla Ge1mania e dall' Austria nei propri porti al lo scoppio delle ostilità; - le requisizioni cui facevano ricorso gli stati belligeranti , e anche neutrali , per garantire interessi militari; - la distruzioni di navi da carico a seguito di eventi bellici (siluramenti e mine). Inoltre, la chiusura dei mercati centroeuropei e dello stretto dei Dardanelli aveva comportato la deviazione dalle usuali vie del commercio marittimo, imponendo la ricerca di nuove fonti di rifornimento al di là dell'oceano , a una distanza più che quadrupla rispetto ai porti del Mar Nero dove, per esempio , veniva in precedenza imbarcato il grano. Un'ulteriore conseguenza del sorgere di nuove rotte era stata la congestione di alcuni porti poiché, per assicurare l'approvvigionamento entro tempi prefissati, era giocoforza maggiorare il numero dei piroscafi impiegati, aggravando il problema dello scarico e dei relativi tempi di sosta alle banchine.49 Senza addentrarsi ne11a questione dei nolì e della speculazione, ma usando ancora una volta le parole del ministro della Marina Corsi, si mette in evidenza che il tonnellaggio italiano era stato sempre inadeguato: dei 22.000.000 di tonnellate del traffico di merci, soltanto il 25% veniva trasportato da nav.i nazionali mentre il restante 75% era affidato a bandiere straniere.50 In effetti il fabbisogno totale di tonnellaggio, nel periodo bellico, sarebbe stato di 1.350.000 tonnellate al mese ,51 mentre l'Italia ne poteva traspo1tare mensilmente soltanto 386.000; un deficit questo al quale andavano ad aggiungersi le perdite provocate dalla guerra sottomarina. Era dunque evidente l'impreparazione dell'Italia ad affrontare un traffico di tali dimensioni con i propri mezzi. E questa situazione avrebbe portato il Generale Dallolio a ribadire nell'ottobre del 1916 quanto già due anni prima aveva detto alla Camera dei Deputati l'On. Del Balzo sull ' arretratezza della nostra flotta mercantile: «La politica marinara del passato è stata iniqua, scellerata. Siamo senza una flotta mercantile vera, potente che ci assicuri di vivere e consenta la vita clell 'industria.»52
•(, S. Crespi, Alla difesa d'Italia ... , op. cit., p. 15. 47 Jbid., p. 63 . 4$ APCD , Legisl. XXIV, l" Sessione , Discussioni, Vol. X , p. 9.504. 9 • Nella seduta del 16 marzo 19 J 6 , il Ministro della Marina Corsi affermava che a fi ne dicembre 1915 «venti piroscafi erano in attesa del loro posto ne l porto di Londra, cioè nel più grande emporio commerciale del mondo e nei porti della Scozia le navi dovevano attendere per dieci o dodici giorni il loro turno di scarico, né dissimili erano le condizioni in alcuni porti della Francia.» Cfr. APCD, Legisl. XXIV, l" Sessione , Discussioni, Voi. X, p. 9.505. 50 APCD, Legisl. XXIV, l " Sessione, Discussioni, Voi. X, p. 9.505. 51 S. Crespi , Alla difesa d 'Italia ..., op. cit. , p. 14. 52 APTGP, serie lettere ai familiari, lettera 15 ott.1916 a Elsa.
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Intanto, vista la difficoltà di reperire sul mercato internazionale navi in vendita, l'unica possibilità di tamponare la situazione era intensificare la costruzione cantieristica in Italia. Per questo motivo, il Ministro dei trasporti, Arlotta, negli accordi della Conferenza di Pallanza (9-11 agosto 1916) aveva insistito «col ministro inglese Runcimann perché l'Inghilterra fornisse materiali per un primo gruppo di navi» .53 Arlotta conseguì lo scopo, ma poiché questi «materiali» andavano sottratti alla fornitura dell'Inghilterra per le proprie armi e munizioni, vennero concessi con estrema parsimonia. Servirono tuttavia a «impostare almeno quella parte di navi che le prime quarantamila tonnellate permettevano di costruire.»54 Era evidente infatti, che le difficoltà dei trasporti, già presenti in tempo di pace, avessero comportato ben più gravi ripercussioni nel periodo bellico, e ora, in realtà, si stavano constatando Ie conseguenze della decisione adottata nel settembre 1917, nell'ambito del Comitato dei Ministri per gli approvvigionamenti all'estero. In sede di Comitato, infatti, data la grave situazione granaria, era stato stabilito di ridurre l'importazione di carbone e metalli e devolvere al trasporto dei cereali il naviglio così recuperato, anche tenuto presente come, nel Convegno del Consiglio Interalleato dei trasporti marittimi tenutosi il 29 e 30 agosto, fosse stata assegnata «all'Italia la priorità assoluta di trasporti per 38 milioni circa di quintali di derrate alimentari, dmante l'anno cerealifero, qualunque potessero essere gli avvenimenti di guerra» - nel convegno successivo dell'uno e 2 ottobre, inoltre, sarebbe stata «stabilita la priorità generale dell'alimentazione in rapporto ai carboni, ai materiali da guerra, ai trasporti di truppa.» 55 Dallolio si era immediatamente schierato contro questo genere di decisioni, dichiarando che l'adozione di simili provvedimenti avrebbe paralizzato il programma della difesa nazionale e il 26 maggio 1917 aveva scritto al Presidente del Consiglio Boselli: «Leggo sui giornali che la Commissione degli approvvigionamenti riunitasi ieri sotto la presidenza del Ministro Di Raineri ha espresso il voto che per il 1918 in materia di approvvigionamenti siano a tenersi a caposaldi dell'opera del Governo i seguenti principi: 1) che il tonnellaggio destinato al traspo1to dei cereali abbia la precedenza su tutti gli altri trasporti, 2) che sia costituita una adeguata scorta intangibile. Consenta l'E.V. che io faccia rilevare come ciò sia l' indice di un sistema che da mesi e mesi tenta di risorgere da ogni lato per costituire precedenze sormontando ciò che assolutamente e indiscussamente deve essere in prima linea e cioè le Armi e le Munizioni. E a fronte dei nostri fulgidi eroi che combattono e di tutti gli assertori di giustizia che muoiono, non si devono costituire delle precedenze su ciò che rappresenta la suprema necessità per forzare l'industria a dare e dare tutto il possibile, e condurre una gue1Ta con tutti i mezzi necessari e pari aJla grandezza degli uomini che la combattono. E quindi prima posta per la durata della gueml Armi e Munizioni. Non io certo voglio negare la necessità degli approvvigionamenti, ma per ragioni morali d'altissimo valore occorre non lasciarsi distrarre da altre considerazioni che indubbiamente arriveranno sempre e facilme nte sulla linea e incidere con suprema volontà di tutto il popolo in armi il voto che il più intenso sforzo e la maggiore coordinazione di sforzi debbono essere dati alle armi e munizioni. Mi onoro pregare vivamente l'E.V. di ascoltarmi giacché mentre molte crisi imperversano, non si lascino sopravanzare i bisogni materiali costituiti da certe necessità chiamiamole pure ferree su necessità di acciaio . La guerra vuole, esige, impone anni e munizioni, si lasci su tutto alle armi e munizioni il primo posto. Il Sottosegretario di Stato Dallolio.»56
In realtà la previsione di Dallo1io non era frutto di campanilismo a difesa del proprio Dicastero ma veniva confermata, purtroppo, dal crollo che si verificava nell ' arco di un mese (ottobre 1917). La situazione dei piroscafi adibiti all'esigenza «armi e munizioni» si contraeva, infatti, del 72,8%, passando da
Legisl. XXI, l" Sessione, Discussioni, Yol. XV, p. 16.063.
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lbid.
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APTGP, serie
Legisl. XXI, I • Sessione, Discussioni, Vol. XVI, p .17 .628. fascicoloni , fase . lll, f . 12.
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56 vapori per 351.520 tonnellate , a 14 navi capaci di trasportarne 95 .620.57 Non c'era, dunque, da meravigliarsi delle giacenze dei materiali sulle banchine dei porti in America, lamentate da Nitti , e della contrazione subita dalle importazioni dei metalli e del carbone, da settembre 1917 in avanti, a beneficio di quella dei cereali . Dallolio, nell'incontro con Lloyd George del novembre 1917, oltre al ripianamento delle armi perdute a Caporetto avrebbe toccato anche il problema del tonnellaggio disponibile per i trasporti , per garantire 1'a1.Tivo delle materie prime in ltalìa. Il 7 dicembre 1917, il Capo di Gabinetto del Ministero Armi e Munizioni informava il Generale Dallolio, in quel momento presso il Comando Supremo: «A Comando Presidio A.B . per Ministro Dallolio. Nostro Ambasciatore Washington telegrafa Ministro Esteri avere avuto assicurazione da Lansing Segretario Esteri America che saranno concessi aiuti pel trasporto nostre armì e munizioni però Shipping Board che prima aveva promesso riassegnazione già concessi vapori carbone ha negato una specifica riassegnazione richiesta. Nel fatto intensificazione attuale trasporto truppe Americane in Francia tende ostacolare maggiormente aiuto promesso. Capo Gabinetto Mazzoni.»58 Sulla situazione delle navi a disposizione degli Alleati, infa tti, era venuto progressivamente a incidere il trasferimento in Europa dei reparti militari statunitens i che scendevano in campo a fianco dell'Intesa. Un 'idea dell'incremento dei trasferimenti di tali truppe è offerta dai dati delle partenze degli americani per l'Europa entro un arco di tempo cli appena 14 giorni: 1.600.000 al 6 settembre 1918;59 1.750.000 al 23 settembre 1918.6(> È intuitivo che un ritmo di incremento come quello indicato era destinato a rallentare il flusso di materiali e materie p1ime.
Nel frattempo, il 23 febbraio del 1918 il Ministro de i Trasporti Bianchi aveva confermato la valutazione di Dallolio sulla politica marinara del Paese, ammettendo che la marina «è sempre stata insufficiente ai bisogni del Paese, ma essa è sorta io base alle iniziative private le quali non potevano che essere stimolate dal tornaconto del momento e non potevano essere lungimiranti, come sarebbe stato necessario e come sarebbe avvenuto se un'azione di Governo in tempo remoto avesse a tempo operato.»6 1 In quell 'occasione il Ministro metteva in evidenza che, comunque, la flotta mercantile nazionale trasportava prima del conflitto un quinto dei venti milioni di tonnellate di merci importate e che dopo lo scoppio della guerra si erano verificate due circostanze contrastanti: l'aumento considerevole delle importazioni e la diminuita capacità di trasporto a seguito delle perdite subite e compensate, soltanto in parte, dal sequestro di navi austriache e germaniche. Né era stato possibile acquistare sul mercato internazionale altre navi perché, sino a un certo periodo, gli armatori erano stati frenati dal timore di requisizioni e dal sistema fiscale . Successivamente erano state date «garanzie di uso delle navi sottraendole alle requisizioni e furono consentite anche certe esenzioni d'imposte ormai era troppo tardi perché le navi libere erano andate diradandosi e sul mercato non se ne trovava che un numero esiguo .»62 L'indomani 24 febbraio 1918, Dallolio ribadiva al Mi1ùstro per i Trasporti quanto aveva scritto ìl 26 maggio 1917 a Boselli sulla decisione di ridurre il naviglio adibito al trasporto del carbone, rincarando: «Oggi dichiaro che non è più questione di paralizzare, è questione di sopprimere il programma della difesa nazionale se mai non si potesse fronteggiare fulmineamente la situazione.»63 Dopo circa un mese,
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serie fascico loni, fase Vll, f. 3, p. 61. f. 8 , 1. 2. 59 S. Crespi , Alla difesa d'Ita lia ... , op. cit., p . 160. 60 Ibid., p . 167. 61 APCD, Legìs l. XXlV, 2" Sessione, Discussioni, Voi. XV, p. 16.062. 62 APCD, LegisJ. XX.IV, 2" Sessione, Discussioni, Vol. XV, p. 16 .063. 6~ APTGP, serie fascicoloni, fase . VIT, f. 3, p. 62 . j~
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MCRR , fondo Dallo lìo, B . 961,
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I il 26 marzo 1918 egli sollecitava ancora una volta il Ministro dei Trasporti: «I Generali Clavarino e De Angelis cercherò di metterli in moto continuamente per animare, spingere, incoraggiare, ma occorre andare a prendere carbone lungo tutta la costa francese con tutti i mezzi adoperando anche le vecchie carcasse.»64 La situazione sarebbe diventata più sopportabile soltanto a partire dall'estate 1918, quando il Ministro del Tesoro Nitti affermava alla Camera: «Di fronte ad avvenimenti, che sono per noi ragione di scontento e di dolore, ne abbiamo anche altri che sono ragione di fiducia; la diminuzione dei siluramenti è una delle forze degli Stati dell'Intesa, e sopra tutto di un paese come l'Italia, che deve ricevere gran parte delle sue merci dal mare. Per effetto dei siluramenti, intanto, le merci acquistate all'estero anche se minori per quantità di quelle acquistate in passato ci costano somme di gran lunga maggiori.65 L' azione combinata di tutti questi fattori ha provocato, a nostro danno, uno sbilancio assai grave fra importazioni ed esportazioni, sbilancio che nel 1917 ha superato gli 8 miliardi di lire.»66 Il Commissario agli approvvigionamenti , Crespi, poteva riportare nei suoi scritti due fatti concomitanti: - «La guerra sottomarina è assai diminuita di efficacia. Vari sommergibili sono stati colati a picco nel Mediterraneo, il sistema dei convogli e delle navi-agguato fa buona prova.»67 (8 agosto 1918) - «Le nuove costruzioni superano ormaj da mesi il tonnellaggio del1e navi mensilmente colate a picco. Tutti i cantieri lavorano giorno e notte. Si varano anche navi in cemento armato, per la rapidità del loro allestimento.»68 (3 ottobre 1918) Tanto Dallolio, quanto Crespi, potevano tirare un sospiro di sollievo. Ma il tributo pagato dal nostro Paese nella guerra sottomarina era stato eccezionalmente alto, tale da mettere in ginocchio la futura economia del Paese, a meno che tali perdite non venissero compensate da eventuali riparazioni in caso di vittoria; una speranza che sarebbe andata in parte delusa: «L'Italia ha perduto il 60% della sua marina mercantile. Questa è la percentuale più alta fra tutte la nazioni in guerra.»69 Questo il bilancio di Crespi, nelle pagine del suo libro Alla difesa d'Italia in guerra e a VersailLes: «La situazione italiana è la più difficile, causa le enormi perdite che il nostro naviglio mercantile ha subito durante la guerra: 361 navi per tonnellate 1.374.000. Al 31 dicembre 1914 possedevamo 644 navi per tonnellate 1.959 .000 tonnellate, alle qual i poi si aggiunsero 69 navi catturate al nemico durante la guerra per 370.000 tonnellate ed altri acquisti e costruzioni . Al 31 dicembre 1918 la nostra flotta era stata ridotta a 409 navi per 1.288 .000 tonnellate.>>70
serie fascicoloni, fase. VII, f. 14. Quando dei piroscafi stranieri venivano silurati mentre portavano merci all'Italia, si doveva rimborsare in valuta estera tanto il loro prezzo quanto quello delle merci affondate. Da qui, anche, l'alto prezzo dei noli. Cfr. APCD, Lcgisl. XXIV, J" Sessione, Discussioni, Voi. XVI, p. 16.78 1. (,(, APCD, Legisl. XXIV, l" Sessione, Discussioni, Voi. XVI, p. 16.781. <,; S. Crespi , Alla difesa d'Italia ... , op. cit., p. 138. <,& !bici., p. 176. 69 Ibid. 10 Jbid., p. 257. r,,
APTGP,
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Capitolo 29 LA MANCANZA DEL GRANO E DELLA CARNE
La mancanza di grano si era avvertita sin dai primi mesi del conflitto non soltanto nelle grandi città, ma anche nelle regioni prevalentemente agricole. Il 16 aprile 1915 l'On. Grosso-Campana, in previsione dell'entrata in guerra, aveva scritto su un giornale di Torino l'articolo Se entriamo in guerra, pensiamo al grano, invitando il Governo a favorire l'incremento della coltura ritenuta «indispensabile per i fini della guerra e della difesa militare» . GrossoCampana, riprendendo l'argomento nell'aula parlamentare nel marzo e nel dicembre del 1916, denunciava una minor seminagione di circa settecentomila ettari affennando: «È tempo di pensare sul serio al 1918. Non cadiamo nell'errore di credere che l'agricoltura abbandonata oggi risorga in 24 ore! La terra non è un'officina che si possa tener chiusa per tre anni e poi un giorno in cui si dia olio alle macchine o si giri l'interruttore della corrente elettrica possa funzionare subito e la produzione ricominciare il giorno dopo. Se vogliamo mangiare nel primo semestre del 1918 bisogna aver seminato nel 1916 perché il raccolto del 1916 si ha nel luglio 1917; e siccome fino al luglio del 1918 non c'è raccolto era necessario che al fabbisogno del primo semestre del 1918 si pensasse già l'anno prima.» 1 A questo punto era diventata improcrastinabile la concessione delle licenze agricole per rendere possibile la semina, ma Grosso-Campmrn ne criticava le modalità esecutive che avrebbero pregiudicato l'arrivo, in tempo utile, di un'aliquota dei militari in alcune regioni . «Si attese che la constatata deficienza di produzione rendesse assillante il problema dei consumi . A1lora vi siete accorti che occorreva provvedere, ed avete ottenuto dal Comando Supremo quelle 120.000 licenze agricole ... Avete deciso la concessione di queste licenze in quattro turni, trentamila per turno, mentre avreste dovuto ridurli a due turni per l'Italia settentrionale e due turni success ivi per l'Italia Meridionale ove si può seminare più tardi ... Perché noi ci troviamo in queste situazioni, quelli del secondo turno, al quindici corrente, ancora in buona parte, non sono giunti, quelli del terzo turno non hanno ancora incominciato ad arrivare, quelli del quatto turno sono ancora da destinare, ed è probabile che giungeranno quando nelle nostre regioni ci sarà la neve. La semina del grano non consiste solamente nel gettare il grano nel1a terra, ma vi sono tutti i lavori preparatori, che vanno eseguiti quindici o venti giorni prima della semina. Verso la metà di novembre nelle nostre regioni incomincia il gelo ed allora la semina è impossibile!»2 Anche l'On. Facchinetti, preoccupato del futuro raccolto çlel 1918, interrogava il Ministro della Guerra per sapere «se nel determinare l'epoca dell'assunzione in servizio militare dei molti riformati testé dichiarati idonei, non creda opportuno di tener conto che in causa della stagione e delle mancanti braccia, la semina dei grani dovrà in molte località notevolmente ritardarsi .»3 Il Ministro Alfieri assicurava che, ferme restando le prioritarie esigenze militari, <<il Ministero, pienamente compenetrato della importanza che ai fini stessi della resistenza del Paese ha il regolare svolgimento dei lavori agricoli nella imminente semina dei cereali, terrà nel debito conto anche le esigenze dell'agricoltura, stabilendo che la chiamata venga effettuata con criteri tali per cui, sino all'estremo limite consentito dalle necessità della guerra, questo importante ramo dell'economia nazionale abbia a risentire il minor danno possibile.»4
Legisl. XXIV, 1" Sessione, Discussioni, LegisL XXIV, I" Sessione, Discussioni, , APCD, Legisl. XXIV, I" Sessione, Discussioni, " APCD, Legisl. XXIV, I" Sessione, Discussioni, ' APCD,
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APCD,
Voi. XIV, p. 14.639. Voi. XIV, p. 14.644. Voi. XIV, p. 15 .157 . Voi. XIV, p. 15.157.
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Nella seduta del.la Camera dei Deputati del 7 dicembre 1916, J'On. Dugoni accusava il Governo di non aver saputo provvedere al relativo rifornimento, denunciando un 'importazione, nei primi undici mesi dell'anno, di sei milioni di quintali a fronte di un fabbisogno nazionale per l'integrazione ciel consumo di più di venti . «La deficienza delle navi , i siluramenti delle navi che importano il grano, altre sventure, apportano come conseguenza al fabbisogno nazionale altre mancanze, per cui il nostro paese sarà ridotto fra non pochi mesi a dover ridurre del 50%, se non oltre, il proprio consumo di pane. Aggiungete onorevoli colleghi un'altra sventura nazionale. La siccità ha diminuito di molto la produzione del frumento . I trenta milioni dell'anno scorso sono quest'anno ridotti a diciannove milioni.» Dugoni , nella sua denuncia addossava le responsabilità anche all Ministero della Guerra poiché le licenze agricole erano state concesse in ritardo ai militari «talché, in grande maggioranza, non sono ancora ridati alla terra per la semina, con grave danno del prodotto prossimo» .5 Il 5 marzo dell'anno successivo (1917) l'On. Sanjust era il primo firmatario di un'interrogazione intesa a conoscere quali provvedimenti il Governo intendesse adottare «per rimediare al deficiente approvvigionamento di grano per l'isola di Sardegna».6 II Sottosegretario di Stato per l'Agricoltura e Commissario Generale per i Consumi, Canepa, rilevava che ]a Sardegna produceva, essenzialmente grano duro destinato alla confezione di paste alimentari, mentre quello tenero per la panificazione proveniva dalle importazioni. In quel momento si trovavano in Sardegna trecentonovanta quintali di grano , più che sufficienti per alimentare la popolazione in attesa del pirnscafo Senegal, in partenza da Livorno con un carico di ottomila quintali di grano.7 Con l'occasione Canepa rilevava un diffuso allarnùsmo, imputabile, più che altro, ai mugnai che restavano temporaneamente senza lavoro a causa della ripartizione del grano fra le diverse province, «Così nascono voci di aUarmi che si diffondono nella popolazione e producono il panico.»8 La situazione sarebbe peggiorata verso la fine del 1917, con il crollo delle importazioni di grano a cifre irrisorie a fronte del fabbisogno minimo mensile per l'esercito e la popolazione civile, «Per far fronte a tutte le necessHà e rifare le scorte indispensabili all'Esercito e alla popolazione civile, occorre una importazione di 400.000 tonnellate di frumento al mese e di 30.000 tonnellate di carne congelata. Dove prenderle? Le importazioni di grano sono cadute a 70.000 al mese quando il fabb isogno minimo per le necessità assolute del momento sono di 250.000 tonnellate al mese.» 9 Oltre tutto, stante l'organizzazione delle forze economiche dell'Intesa, non era possibile che un Paese facesse incetta sui mercati internazionali di quanto abbisognava - grano, carbone, prodotti siderurgici, ecc. Le richieste venivano avanzate sulla base dei programmi del Ministero degli Approvvigionamenti e del Ministero Armi e Munizioni, i cui rappresentanti facevano parte del Conùtato Generale degli Approvvigionamenti che avvallava, o meno, le richieste cli quel Dicastero. Ottenuta l'approvazione, il Ministero degli Approvvigionamenti sottoponeva al Food Coun.cil la richiesta di derrate alimentari, e il Ministero Armi e Munizioni faceva altrettanto, per la parte di sua competenza, con il Consiglio Supremo degli Armamenti. Dai fabbisogni di ogni singolo Paese derivava una programmazione affidata al Transport Council per l'assegnazione del tonnellaggio necessario - programma che da un certo momento in poi sarebbe stato coordinato anche con il trasferimento dei soldati americani in Europa - e infine al Supreme Finance Council per l'apertura dei crediti. «Così il mondo intero è ormai retto dai quattro Supremi Consigli organizzati in seguito al voto della Conferenza di Parigi del 19 novembre 1917 .» 10
Legisl. XXIV, l "Sessione, Discussioni, Vol. Legisl. XXIV, l " Sessione, Discussioni, Voi. ' APCD, Legisl. XXIV, l" Sessione, Discussioni, Voi. s APCD, Legisl. XXIV, l" Sessione, Discussioni, Voi. 9 S . Crespi, !\Lia difesa d'Italia ..., op. cit., p. 8. 10 Tbid., p. 127 . 5
APCD,
6
APCD ,
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XII, p. XII, p. XII, p. XTT, p.
11.331.
12.555. 12.555 . 12 .555 .
(tonnellate)
230.000
140.000
88.000
tu I= 6 o zw o z o (!)
(/)
CO
UJ IL
Grafico relativo agli arrivi di grano dal settembre 1917 al maggio 1918. (Elaborazione su dati di Crespi "Alla difesa d 'Italia in guerra ed a Versailles" , Mondadori, 1937)
Da questa organizzazione, in particolare, derivavano i rallentamenti nel ripristino dei magazzini perduti durante la ritirata di Caporetto. Il Commissario agli Approvvigionamenti e Consumi Crespi annotava che l'Esercito aveva perduto tutti i depositi di farina e 5.000 capi di bestiame/ ma in effetti, le derrate perdute erano state molte di più, tanto da aver sollevato i servizi d'Intendenza austriaci - presi in contropiede dalla rapidità dell'avanzata del loro esercito - da buona parte dell'onere logistico. Von Below non aveva programmato di arrivare in tempi così brevi al Tagliamento e, se alla sua armata era mancato il necessario supporto di truppe fresche, munizioni, ecc., parte dell'aspetto alimentare era stato sostenuto, senza volerlo, dagli italiani. La versione del bollettino firmato da Cadorna, e confermata nella nuova stesura di Orlando nella parte che recitava «la nostra linea si ripiega secondo il piano stabilito. I magazzini e i depositi dei paesi sgomberati sono stati distrutti» , conteneva in realtà due pietose bugie a scopo politico, con l'intento di preservare l' unità dell 'Esercito anche in vista degli impegni che ancora lo attendevano:12 1) non esisteva un piano preordinato di ripiegamento dei reparti dislocati sul fronte isontino; 2) i magazzini e i depositi dei paesi perduti «non erano stati distrutti» , ma erano caduti integri in mano nemica «3 milioni di scatolette di carne, 700 .000 di salmone; 27 .000 quintali di gallette; 13.000 di pasta; 7.200 di riso; 2.530 di caffè; 4.900 ettolitri di vino; 672.000 camicie; 637 .000 mutande; 430.000 paia di pantaloni; 823.000 di calze; e 321.000 di scarpe. Oltre alle consuete e maledette mollettiere .. .». 13 Come ricordava Giolitti ,14 era caduto in mano nemica anche il grano ammassato nei magazzini al fronte, «tre milioni e mezzo di quintali, ora perduti e che bisogna ora rimpiazzare». Il tutto, oltre a 100.000 uomini e 1.000 cannoni perduti sin dalle prime ore dell'offensiva austriaca.
" lbid., p. 8. 12 G. Rocca, Cadorna, op. cit., p. 293. 13 lbid. , p. 294. 10 O. Malagodi, Conversazioni della Guerra ... , op. cit., Vol. l, p. I 89 .
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Il Commissario Crespi, il 10 novembre 1917 aveva annotato nel suo diario la propria preoccupazione per le materie prime, ma anche per la gravissima situazione alimentare dovuta a tre fattori : - l'andamento della campagna granaria che non era riuscita a coprire il fabbisogno; - la perdurante offesa sottomarina avversaria che faceva colare a picco parte dei rifornimenti provenienti dall'estero; - le ingenti perdite subite durante la ritirata di Caporetto. E aggiungeva: «Nelle Calabrie non c'è più pane da quindici giorni. Da tutti i Prefetti giungono telegrammi che chiedono farina per pane. Alcuni fanno balenare il pericolo cli una rivoluzione.» 15 I disagi dovuti al razionamento avevano creato una situazione esplosiva, non limitata alla sola Calabria, che si era già incominciata a riscontrare e ora si stava allargando a macchia d'olio anche alle grosse città. Se a Milano, all'inizio di dicembre 1917, ci furono «tumulti per la mancanza di farina ai fornai>> ,16 incidenti ben più gravi si erano verificati ben prima, a pa1tire dal 22 agosto 1917, a Torino nei quartieri operai. (Vedi Appendice I) Alcuni mesi più tardi Crespi avrebbe scritto: «La distribuzione del pane, della farina, dello zucchero dà luogo a reclami un po' dappertutto , e specialmente a Milano e Napoli, dove le lunghe file della popolazione davanti ai negozi assumono carattere pericoloso.» 17 Era stato in seguito al clima incandescente dovuto ai razionamenti che Nitti, nella seduta alla Camera del 20 ottobre 1917, aveva ammesso l'urgenza di determinare le priorità: «Il nostro dovere è trovare la formula giusta, il punto preciso in cui i bisogni militari possano corrispondere con la resistenza del Paese. L'ordine pubblico sarà facile a mantenere fin quando avremo un minimo di carbone e soprattutto un minimo di grano. Sarà estremamente difficile mantenerlo quando mancasse ciò che è indispensabile alla vita ... Epperò vi deve essere come una scala dei bisogni, anzi una scala delle necessità. Siccome a tutto non può essere adempiuto, e a tutto non può essere provveduto, una parte dei bisogni, dei desideri , delle aspirazioni deve essere sacrificata, e noi dobbiamo trovare quel punto in cui la produzione del Paese possa detenninare il maggiore sforzo militare possibile.» 18 Anche Dallolio, che era deJ16 stesso avviso, avrebbe ribadito nel gennaio del 1918: «Certo che oggi la crisi più grave è il grano ... » sottolineando come il punto dolente fosse il rifornimento per l'esercito combattente che doveva resistere sul Piave, «la resistenza del Piave è funzione di pane.» 19 Ancora nell'aprile 1918 si verificavano interrogazioni parlamentari in quanto «i quartieri alti di Roma» erano rimasti «per sette o otto giorni senza le paste alimentari mancando i generi nei negozi abilitati a11a distribuzione.» 20 Ma la penuria del grano si faceva sentire anche nelle regioni prevalentemente agricole. Il 20 aprile 1918 l'On. Casolini denunciava alla Camera dei Deputati la «completa disorganizzazione» del Commissariato Generale dei consumi Egli s'era dovuto recare di persona al Commissariato per perorare il problema del trasporto del grano nei vari comuni del catanzarese. Per rifornire quella provincia, che allora aveva «una superficie di 5 .174 chilometri quadrati con 152 comuni» e disponeva soltanto di due linee litorali, era necessario trasportare il grano con dei camion militari, ma questi mezzi, per quanto promessi, non erano mai arrivati, innescando così la delusione della popolazione locale e il conseguente inizio di tumulti. «In uno dei comuni più importanti del Crotonese, a Petilia Policastro, il grano
S. Crespi, Alla difesa d'Jwlia . .., op. cit., p. 7. /bid. , p.19. 17 l/Jid., p. 28 . 16 APCD, Legisl. XXIV, l" Sessione, Discussioni, Vol. XIV, p. 14.796. 19 AfYfGP, serie lettere aifamiliari, lettera 19 gen. 1918 a Gina. 20 APCD, Legisl. XXIV, I" Sessione, Discussioni ,Voi. XV, p. I6. 185. 15 16
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mancava da dieci giorni, la popolazione si nùse in rivolta, e non sapendo come sfogare il suo disdegno mise a ferro e fuoco il municipio, bruciò la pretura e la conciliazione, e sarebbe avvenuto chi sa quale disastro se la forza pubblica non fosse intervenuta. Però il giorno appresso con un camion militare il grano arrivò.» 2 1 E ancora, l'On. Casolini denunciava: «Nei comuni della Calabria si soffre la fame, e a Tropea, per quindici giorni si è stati senza grano. Non comprendo come si possa andare avanti così ... ».22 Alla Camera, nel corso di quella discussione, la causa principale del djsservizio nelle province calabresi veniva attribuita al funzionamento dell'Ufficio statale di Napoli per l'approvvigionamento che «dovrebbe, per disposizione del Commissariato Generale, provvedere allo invio di oltre la metà del fabbisogno mensile, mentre, sistematicamente, ogni mese con la sua invincibile inerzia, sottrae al Consorzio granario notevoli quote dei generi assegnati, ritardando talmente la spedizione dei generi assegnati che quasi mai riesce a consegnare entro ciascun mese più del 50% delle quantità ordinate dai Consorzi. E giova ripetere che il Commissariato Generale il 26 di ogni mese annulla tutte le assegnazioni di generi fatte alle province, non ancora eseguite. E sarebbe assai grave, se fosse vero quanto affermasi, che il magazzino statale suddetto non disdegnerebbe di gradire le mance in corrispettivo dei suoi favori nel fornire il grano necessario ai Consorzi granari.»23 Secondo il Commissario agli approvvigionamenti, Crespi, però, le carenze andavano imputate all'intensificazione della gue1rn sottomarina contro l'Italia, che era stata particolarmente nefasta24 nel mese di marzo 1918. «Ancora una volta sono state le Calabrie a sopportare i maggiori disagi. Ciò è dipeso unicamente dal destino: un destino che volle che quasi tutti i bastimenti destinati a Reggio Calabria fossero affondati. È veramente un fatto di cui non ci si può rendere una qualunque plausibile ragione, in quanto ché i siluramenti non sono avvenuti sulle coste della Calabria e sulle coste sicule ma in tutti i punti del Mediterraneo. Il Governo ha riparato e ripara come meglio può.» Tuttavia, l'arrivo in quei giorni di un piroscafo a Reggio Calabria «tutto ricolmo di grano>> era servito ad al1eviare la situazione e <<possono quindi le Calabrie essere perfettamente rassicurate, perché sia con i treni che portano il grano dentro la regione, sia con altri mezzi che potrò accennare ai deputati calabresi, ma che non è opp01tuno rivelare in pubblico, esse avranno la loro parte di grano, come l'avranno, ho ripetuto e ripeto, tutte le altre regioni d'ltalia» .25 L'On. Sichel poneva però l'accento sul deficit e chiedeva come il Governo pensasse di colmarlo, avendo preventivato un raccolto di 64 mi lioni di quintali.26 Secondo Crespi questo problema poteva essere superato tramite la restrizione del 25% delle assegnazioni, ma ne rimaneva un altro, quello del trasporto ferroviario, poiché «la distribuzione del grano, come la distribuzione di altre materie indispensabili all'alimentazione, trova intoppi nelle difficoltà fra le quali si dibatte l'esercizio ferroviario ... Le ferrovie hanno altresì ripreso il sistema di dare la preferenza assoluta al grano su tutti gli altri generj. Non solo , ma essendo stato dimostrato che qualche altro genere alimentare di prima necessità , ed anche i mezzi necessari per traspo1tarli, cioè i recipienti, i sacchi, ecc., erano e sono da considerarsi di assoluta urgenza, le ferrovie dello Stato hanno ammesso la precedenza dei servizi alimentari anche sui servizi militari. La Camera ed il Paese possono quindi essere sicuri che 27 il Governo si è posto in condizione di far fronte alle più urgenti necessità dell 'alimentazione.» Va precisato, tuttavia, che il deficit nella disponibilità di grano per il 1918, come avrebbe illustrato il 13 giugno 1918, il Ministro del Tesoro Nitti, era anche dovuto, a monte, all'andamento del raccolto. La
LegisJ. XXIV, 1• Sessione, Discussioni, Vol. XV, p. 16.312. Legisl. XXIV, 111 Sessione, Discussioni, Voi. XV, p. 16.313. 2., APCD, Legisl. XXIV, 1" Sessione, Discussioni, Voi. XV, pp. 16.315-16.316. 24 APCD, Legisl. XXIV, l" Sessione, Discussioni, Voi. XV, p. 16.365. i ; APCD, Legisl. XXIV, 1• Sessione, Discussioni, Voi. XV, p. 16.365. 26 APCD, Legisl. XXIV, l" Sessione , Discussioni, Voi. XV, p. 16.365. 27 APCD , Legisl. XXIV, J" Sessione, Discussioni, Vol. XV, p. 16.366. 21
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situazione dei raccolti granari infatti «non poteva essere peggiore. Si può avere qualche esitanza su11a completa sicurezza delle statistiche agrarie, ma nelle linee generali esse sono vere; mentre nei nove precedenti anni si era avuta una media di raccolto abbastanza alta, che aveva raggiunto i 48 milioni di quintali e li aveva sorpassati, noi siamo andati nell'anno scorso appena a 38 milioni di quintali .»28 Inevitabilmente, il problema del grano veniva cavalcato politicamente da una parte della Camera dei Deputati. Nella seduta del 21 aprile 1918 il Partito socialista rivendicava il merito di aver criticato la poJitica granaria governativa si_n dallo scoppio della guerra, proponendone i rela6vi rimedi. «Nello agosto 1914, ad un mese di distanza dallo scoppio della conflagrazione generale europea, il nostro gruppo, per mezzo dei suoi incaricati, ebbe convegni e colloqui con M inistri i.ntorno alla questione che allora primeggiava, quella del grano. Poi ne11 ' ottobre del 1914, a due mesi di distanza, quindi senza interruzioni, nuove deliberazioni del gruppo e degli organi rappresentativi del proletariato e invio di Commissioni al Governo richiamandone l'attenzione sopra questo problema. Nel febbraio 1915 alla Camera quando tutti erano favorevoli ancora alla politica liberista, alla politica egoistica del Governo e del M inistero dell'Agricoltura, e quando la critica, pure accesa, c01reva contro la timidezza dei rimedi, noi, da questi banchi fummo quelli che più risoluti pensammo e ricordammo quali potevano essere i rimedi ... Fu mandato un memoriale ai Ministri competenti (siamo al luglio 1915, cioè un mese dopo il nostro intervento nella guerra) in cui si dice: "Occorre non più affidarsi alla iniziativa privata, ma che lo Stato intervenga per mettere direttamente a disposizione del consumo le provviste del grano e di altro per addivenire alla requisizione del raccolto. I calmieri municipali ed altri provvedimenti territorialmente ristretti sono neutralizzati dall'altezza dei prezzi, e bisogna impedire che la speculazione faccia salire artificiosamente i prezzi , ed a tale scopo vero rimedio sarebbe soltanto la requisizione" .»29 Per superare le difficoltà di approvvigionamento30 dei cereali, veniva studiato il servizio della «Motoaratura di Stato», affidato, inizialmente al Comitato Centrale cli Mobilitazione Industriale. Il Ministero dell ' Agricoltura aveva acquistato, negli Stati Uniti d'America, macchine agricole per accelerare la produzione, per il cui funzionamento il CCMI, dopo aver formato squadre di contadini «provvide alla amministrazione del nuovo organismo, alla dislocazione delle attrezzature e al rifornimento delle materie prime .indispensabili. Uno speciale Ufficio, che da quel momento lavorò con il Ministero della Guerra, provvide al reclutamento della manodopera e alla sua pur sommaria specializzazione, attraverso corsi cli addestramento, smistamento di materiali, montaggio delle apparecchiature provenienti dagli Stati Uniti.»31 Nella primavera del 1918 il servizio, dopo essere stato organizzato e reso efficiente, passava dalla competenza del Ministero per le Armi e Munizioni al Dicastero clell 'Agricoltura. 11 problema del razionamento alimentare riguardava anche il riso e la carne, oltre al grano e al suo indispensabile prodotto, il pane. Il 3 luglio 1917, per esempio, veniva discussa alla Camera un'interrogazione dell'On. Di Caporiacco sul!' insufficiente assegnazione cli riso alla provincia cli Udine. Il Sottosegretario di Stato per l'Agricoltura, Cermeoati, intervenuto in sostituzione del Commissariato Generale per gli Approvvigionamenti e Consumi, precisava che «l'assegnazione di riso alle varie provincie è stata fatta in base alla densità della popolazione, tenendo conto che nell'Alta Italia il consumo per abitante è triplo di quello dell'Italia media. La quantità assegnata alla provincia di Udine è in proporzione uguale a quella assegnata alle altre, fatta
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Legisl. XXIV, l" Sessione, Discussioni , Voi. XVI, p. 16.781 . Legis l. XXIV, I" Sessione, Discussioni, Voi. XV, p. 16.339. 30 Penuria di mano d'opera specializzata, scarsezza di raccolti , difficoltà di importazione a causa delle limitazioni nell' assegnazione del tonnellaggio, scarsezza di valuta pregiata. 31 U .M. Miozzi, La Mobilitazione Industriale italiana ..., op. cit., p. 66.
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eccezione per alcune provincie risicole come Novara, Pavia e Milano; e se la quantità contingentata è piuttosto modesta, ciò dipende dal fatto che i proventi della requisizione totale, disposta a cinque mesi dalla raccolta, rappresentano appena un terzo dell'intera produzione nazionale. Per aumentare le disponibilità, si è provveduto perché le operazioni di requisizione siano condotte con maggiore rigore.>> 32 Oltre tutto, la situazione reale degli approvvigionamenti veniva falsata dall'attività di agenti nemici infiltratisi in Italia con il compito di svolgere attività disfattista. A Milano, infatti, erano state messe in circolazione centomila tessere annonarie falsificate per il prelevamento di viveri, allo scopo di fame incetta e promuoverne un'artificiosa penuria.33 Ino1tre, alcune derrate venivano sabotate, come si era riscontrato per alcuni sacchi di riso, provenienti dal Deposito Centrale di Piacenza, nei quali erano stati immessi frammenti di vetro di dimensioni uguali ai chicchi del cereale.34 Un altro problema era quello relativo alla carne; a Milano, per esempio, il razionamento ne prevedeva 400 grammi per individuo al mese.35 Secondo Crespi , Commissario per gli approvvigionamenti alimentari ed i consumi , il problema, derivava da due fattori: - I 'impossibilità, come veniva notato alla Camera dei Deputati, di attuare un tesseramento uniforme in tutte le parti del Paese dato che «chi lavora intensamente col cervello ha bisogno di una nutrizione diversa da quella che occorre a chi lavora con le braccia. Gli scienziati insegnano che per il lavoro manuale è necessaria una maggiore quantità di albumine mentre per il cervello occorre una quantità maggiore di proteine. Per i lavoratori delle braccia, operai e contadini, occorre maggior qmintità di cereali, e per i lavoratori del cervello una maggiore quantità di came.» 36 - l'esigenza di ricostituire le scorte di carne conservata nei magazzini militari a causa delle «grosse quantità consumate o perdute nel momento più critico della nostra situazione militare. In quei tristissimi momenti, non soltanto immensi corpi di truppa , ma anche tutte le popolazioni profughe hanno dovuto vivere con le scatole in conserva. Le popolazioni profughe poi naturalmente hanno fatto anche il loro approvvigionamento speciale e, trovando le forniture pron,te in diversi centri del loro doloroso cammino, si sono rifornite, ad esempio, a Treviso, poi a Padova e poi a Bologna e via via, giù giù, di guisa che hanno potuto farsi dei piccoli magazzini di carne conservata, che vanno poi man mano consumando.»37 In merito al tesseramento, però, venivano a crearsi delle differenze che complicavano ulteriormente il problema e I'On. Crespi lo sottolineava: «In città importantissime, come Milano, il tesseramento di 200 grammi è per la maggior parte della popolazione sufficiente, mentre neppure duecentocinquanta possono essere sufficienti per le popolazioni agricole, e tanto meno per quelle delle Puglie le quali si recano in campagna e hanno bisogno di portare con sé almeno un chilo di pane.» 38Egli, inoltre, ritenendo impossibile che il Governo centrale fissasse norme di distribuzione per tutti i comuni de] Regno «i quali trovansi in condizioni disparatissime>>, concludeva che il tesseramento andava applicato su una base proporzionale con un supplemento per le classi lavoratrici da parte delle Prefetture e dei Comuni.39
Legisl. XXIV, l" Sessione, Discussioni,Vol.XII, p. 13.849. fondo Prefettura AL - Gabinetto, Personale e Affari Riservati Ministero Guerra V. 77 Comando Supremo, Foglio d ' Ordine n. 2 in data 8 gennaio 1918. 3• ASAL, fondo Prefettura AL - Gabinetto, Personale e Affari Riservati Ministero Gue1Ta V. 77 Comando Supremo, Foglio d'Ordine n. 19 in data 25 marzo 1918. 3s S. Crespi, Alla difesa d'Italia ... , op. cit., p. 137. 36 APCD, Legisl. XXIV, l a Sessione, Discussioni, Voi. XV, p. I 6.372. 37 APCD, Legisl. XXIV, 1• Sessione, Discussioni, Voi. XV, p. 16.375. 38 APCD , Legisl. XXIV, l " Sessione, Discussioni, Voi. XV, p. 16.372. 39 APCD , Legis l. XXIV, l" Sessione, Discussioni, Voi. XV, p. 16.372. 32
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E ancora il pane: il grosso problema risiedeva nell'insufficienza delle sue razioni per i contadini. Nella seduta della Camera del 18 ottobre 1917, !'On. Grosso-Campana aveva esordito: «Nei comuni rurali, se togliete il parroco, il sindaco, il medico condotto ed il farmacista, tutti gli altri sono lavoratori della terra , che sono soggetti a sforzi muscolari e che avrebbero tutti ragione di avere la razione supplementare. Ma come accordarla? Il Commissario per gli approvvigionamenti assegna ai Comuni altrettanto grano quanto ne occorre per provvedere alle razioni di 250 grammi a testa per ogni persona non produttrice e quindi non detentrice di grano, ed alle richieste sul dove attingere per concedere le razioni supplementari si risponde: si diminuiscano le razioni ordinarie e così sarà possibile concedere quelle supplementari. La razione di 250 grammi di pane per il contadino può essere ragione di vita sì, ma non ragione di lavoro. Noi dobbiamo distinguere ... Una cosa è per noi vivere ed essere seduti a tavolino e completare la nostra alimentazione con ogni sorta di altri generi e altra cosa è per il contadino che lavora; 250 grammi di pane lo possono mantenere in vita, ma le calorie che disperde nel lavoro non sono reintegrate con questa razione .»"0 Mentre l' interrogazione dell'On . Grosso-Campana era stata di ordine generale, un mese dopo l'On. Dore, più conciso, chiedeva al Commissario Generale per gli approvvigionamenti e consumi, se non ritenesse «doveroso assegnare una maggiore razione di pane per quei pastori ed agricoltori della Sardegna che notoriamente si cibano di solo pane per la massima parte dell'anno» .41 Il Sottosegretario di Stato Commissario Generale Alfieri, sottolineando che l'assegnazione del grano per i bisogni della popolazione veniva effettuata mensilmente per ogni provincia sulla base del contingentamento fra i Comuni, assicurava che erano state impartite disposizioni affinché si esplicassero «convenienti differenziazioni, per guisa da assicurare agli operai ed agli agricoltori o pastori che si cibano pressoché esclusivamente di pane una razione maggiore della normale» .42 L'argomento ritornava alla Carnera dei Deputati nel dicembre 1917, allorché l' On. Giordano rivolgeva un'interrogazione al Ministero dell'Interno, per il Commissariato per gli approvvigionamenti e consumi, chiedendogli se non credesse «giusto disporre che la razione giornaliera supplementare di pane o di farina sia concessa a tutti indistintamente i lavoratori non detentori di grano, tanto in città. quanto in campagna:»43 Il Commissario Generale Alfieri garantiva che erano già state impartite ai Prefetti «speciali istruzioni; tra queste precipua quella di assicurare ovunque, senza distinzione di centri urbani o rurali e mediante l'applicazione di convenienti differenziazioni di razioni, sia pure con supplementi , a tutti indistintamente i lavoratori non detentori di grano una razione di pane o di farina maggiore della normale» .44 Per quanto riguardava la carne,45 il problema chiamava in causa un'altra deficienza italiana: quella della «catena del freddo». Per non intaccare il patrimonio zootecnico, infatti, era necessario incrementare le importazioni di carne congelata. Il Commissario Crespi riferiva alla Camera che, per fronteggiare l'aumento dell'importazione in tale settore, aveva insistito affinché «sia aumentata la dotazione dei bastimenti adatti al trasporto delle carni congelate, e perché si facciano al più presto possibile nuovi impianti nelle diverse regioni d'Italia e si ingrandiscano gli impianti già esistenti, giacché l'industria del freddo in un paese come l'Italia è l'industria più evidentemente e più efficacemente sussidiaria della alimentazione non soltanto in tempo di guerra, ma anche in tempo di pace. Un paese eminentemente esportatore come l'Italia, quando sarà nuovamente esportatore di generi alimentari, da una ben vasta organiz-
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Legisl. XXIV, l" Sessione, Discussioni, Voi. XIV, pp.14 .645- 14.646. Legisl. XXIV, 1• Sessione, Discussioni, Vol. XIV, p. 15.156. 12 • APCD, Legisl. XXIV, 1• Sessione, Discussioni, Yol. XIV, p. 15.157. 43 APCD, Legisl. XXIV, 1• Sessione, Discussioni, Yol. XIV, p. 15.158. 4 ' APCD, Legisl. XXIV, l" Sessione, Discussioni, Vol. XIV, p. 15.159. • 5 Nella seduta del 22 aprile 1918, oltre al problema ciel pane e della carne , veniva discussa la situazione ciel latte, dell'olio, dei grassi, del formaggio , delle cooperative di consumo, delle Commissioni cli requisizione, ecc. 11 •
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zazione del1 'industria del freddo potrà ritrarre per tutti i sui prodotti alimentari da esportare immensi vantaggi.» 46 In effetti, alcuni provvedimenti erano stati già realizzati ancor prima dello scoppio della guerra. Il Min istro della Guerra Zupelli dichiarava alla Camera: «Col concorso del Ministero della Marina, sono stati trasformati dei piroscafi in frigoriferi, si sono stabiliti dei nuovi frigoriferi di cui uno molto grande a Spezia; si sono ingranditi tutti gli stabilimenti frigoriferi esistenti nel Regno; si sono fatti vagoni frigoriferi per il trasporto della carne, e per poter fare arrivare la carne alle truppe in zona di operazioni si sono perfino trasformati dei camions in frigoriferi>>.47 Questi provvedimenti avevano salvaguardato il patrimonio zootecnico ma erano stati annullati, in parte, dagli effetti della gue1Ta sottomarina. In particolare, come dichiarava Zupelli, <<tutte queste difficoltà si sono accumulate specialmente .. . negli ultimi mesi dell'anno scorso in seguito anche ai fatti dell'ottobre, i quali ci privarono di una quantità forte di carne in conserva ... Abbiamo dovuto perciò rinnovare le riserve, perché queste possono in certi casi assicurare una operazione. Senza la carne in conserva non avremmo potuto compiere neppure la ritirata dell'ottobre-novembre. La carne in conserva poi è servita in alcuni casi e molto largamente, come ha detto l'On . Crespi, alla popolazione civile profuga dalle province invase. Per queste ragioni si è prodotto un esaurimento di riserve a cui abbiamo dovuto supplire con maggiori requisizioni e perciò nel Paese si è diffuso un certo allarme, giustificatissimo, ma noi speriamo col concorso del Commissario Generale dei consumi di poter sopperire ai nuovi bisogni con una quantità di capi molto più limitata. Nei mesi di gennaio e febbraio abbiamo ridotto a 98.000 i capi macellati per ogni mese . ..».4~ In ogni caso, per tutti i generi alimentari sorgeva il problema delle disfunzioni che si verificavano nell'ambito delle Commissioni di requisizione, e che, secondo alcuni Deputati, erano dovute all'incompetenza degli addetti: «Visitano le partite di grano, le precettano, e spesso se ne dimenticano . Partite cli grano di seme sono state lasciate per due o tre mesi abbandonate fino al momento in cui il grano è andatç a male, ed è stato perduto completamente per la semina con danno enorme dei proprietari, alcuni dei quali, per esempio nella mia provincia, hanno rimesso 15 o 20 mila lire, non vendendo il grano come seme. È accaduto poi che molto grano precettato dopo un certo tempo è stato abbandonato dalla requisizione ed è stata lasciata libertà di fame l'uso che si voleva ... Vi sono stati dei grani precettati in alcuni comuni; un giorno si vede un capitano del Comando del Corpo d'Armata fa il suo viaggio, paga una sola partita, e va via. Dopo una settimana nello stesso comune se ne reca un altro per requisire un' altra sola pattita; e così continuando, nel momento attuale vi sono ancora partite di grano, requisite non pagate ai proprietari.»49 Il 12 giugno I918, !'«inconveniente» veniva messo in risalto clall'On. Agnelli che interrogava il «Ministro degli approvvigionamenti e consumi alimentari, per conoscere quali misure siano state adottate al fine di evitare nell'avvenire il fatto più volte verificatosi della completa inutilizzazione e dello sciupio cli prodotti requisiti, in conseguenza di cattiva conservazione dei medesimi» :'0 Rispondeva il Commissario Crespi affermando d'aver «già invocata tutta la collaborazione del Ministro della Guerra», dato che egli attribuiva le disfunzioni alla legge sull 'avvicendamento e alla necessità di richiamare sempre nuovi ufficiali al fronte, col risultato che si «eliminano una not~yole quantità cli ufficiali, divenuti ormai esperti nelle requisizioni, dalla lista stessa delle Commissioni. Bisogna trovare la via di mezzo, e il Governo, certamente preoccupato della somma importanza che in questo momento ha la questione delle requisizioni, troverà tale via, in rapporto alla destinazione degli uomini preposti alle requisizioni stesse.»51
Legisl. XXIV, Legisl. XXIV, 4 s APCD, Legisl. XXIV, 4 '> APCD, Legisl. XXIV, 50 APCD , Legisl. XXIV, 5 ' APCD, Legisl. XXIV,
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Peraltro, Crespi assicurava che la questione, ormai urgentissima essendo il raccolto granario alle porte, trovava il Governo pronto ai necessari provvedimenti da adottare. Il Paese, ormai, viveva quasi alla giornata, confidando sull'anivo di piroscafi sfuggiti ai sommergibiU tedeschì. La situazione era sembrata migliorare verso la fine del 1917, quando il Commissario agli approvvigionamenti, Crespi, così si pronunciava al Senato: «Al 21 dicembre ho dichiarato alla Camera che l'approvvigionamento granario era garantito dalle partenze effettive dei piroscafi diretti in Italia ... Oggi posso annunciare al Senato che le partenze dei piroscafi già avvenute e che stanno per avvenire garantiscono uguali arrivi in Italia per il mese di febbraio ... Posso inoltre dichiarare come dal 21 dicembre si siano verificati alcuni fatti che meglio assicurano l'approvvigionamento del nostro paese e che non si erano ancora compiuti pochi giorni or sono. Questi fatti sono: la dichiaraz·ione degli Stati Uniti di poter dare una parte ragguardevole del propdo raccolto agli Alleati e quindi, nella proporzione dovuta, all 'Italia, e l'accordo intervenuto fra gli alleati e l' Argentina.>>52· 53 Nel 1918, infatti , l'allentamento della morsa della guerra sottomarina, avrebbe indotto molti parlamentari a richiedere la distribuzione di un maggior quantitativo di derrate, anche alla luce del fatto che la razione di carne era stata elevata da 400 a 700 grammi mensili per persona.54 Tuttavia, in quel momento, non era possibile addivenire a una maggiore liberalizzazione dato che non tutti i Prefetti seguivano le istruzioni, e molti consorzi granari e comuni non dimostravano «lo stesso senso di disciplina, ciò che fa talvolta mancare le derrate ai più disciplinati perché i meno disciplinati le hanno sciupate. Mi trovo nella necessità di creare un corpo di ispettori che controllino in tempo i consumi e li pongano in tutto il Paese su llo stesso livello.»55 Comunque, proteste e agitazioni negli stabi limenti ausiliari, per mancanza di viveri, proseguivano fino al 1918 . (Vedi Capitolo 25 «Turbative alla produzione bellica: sommosse, imboscamenti, esonerazioni e agitazioni operaie») .
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In effetti, l'Italia non aveva partecipato di rettamente al! 'accordo ma ne avrebbe usufru ito ugualmente, dato che il grano sarebbe stato messo a disposizione del Weat Executive che ne avrebbe curato la ripartizione fra tutti gli Alleati. 53 APCD , Legisl. XXIV, l Sessione, Discussioni, tornata del 3 I dicembre 1917 , Vol. IV, pp. 4 .020-4 .021. s• S. Crespi, Alla difesa d'Italia ... , op. cit., p. 140. 55 lbid.
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Capitolo 30 I DISPIACERI CAUSATI A DALLOLIO DAL PORTO DI GENOVA
I problemi relativi all'efficienza del porto di Genova era antecedenti alla Grande Guerra. Nel marzo del 1900, il Sottosegretario di Stato per i Lavori Pubblici , Chiapusso, alla Camera aveva assicurato: <<Il Governo, poi, sta curando il miglioramento del porto di Genova, ed i lavori in corso insieme a quelli già progettati, e di cui l'esecuzione non può essere lontana, faranno si che a questa bisogna si potrà corrispondere in avvenire ancora più efficacemente.» 1 Ma il Governo era già dovuto intervenire per fronteggiare anomale situazioni di servizio di quel porto, allo scopo di impedire la congestione dì merci in arrivo e partenza, che avrebbe potuto costringere le navi a lunghe attese nell'avamporto provocando danni econonùci e la mancata utilizzazione delle navi stesse per i rifornimenti del Paese. Per questo, era stato stabilito di inviare le merci non ritirate a Genova entro dieci giorni dall'arrivo, presso stazioni interne dove potevano giacere in deposito per un periodo massimo di tre mesi.2 In ogni caso, l'insufficienza del sistema complessivo dei trasporti del Paese era venuto alla luce da tempo e Genova e Milano ne rappresentavano l'esempio. Il 7 dicembre 1901, l'On. Imperiale, avuta notizia di uno sciopero generale scoppiato nel p01to di Genova, aveva interrogato il Ministro ai Lavori Pubblici, mettendo in luce la molteplicità dei fattori che contribuivano alla periodica sospensione del lavoro: «Mancanza di linee di accesso, la insufficienza di calate ed una assoluta disorganizzazione delle direzioni amministrative del porto.»3 Il Sottosegretario dì Stato, Niccolini, imputava il disservizio a un abnorme aumento di traffico e alle condizioni meteorologiche che avevano ostacolato lo snùstamento dei carri fe1rnviari : «Non si può ignorare come in questi ultinù tempi si sia verificato un aumento grandissimo di traffico sulle linee della Mediterranea, e avendo tale aumento assorbito un numero rilevantissimo di carri, non si è potuto per qualche giorno far convergere su Genova la consueta fornitura che è necessaria per dar corso al traffico di quel porto e che non deve essere giornalmente inferiore ai 1.000 o ] .200 cani. Infatti il giorno 2 corrente furono 1.225 i vago1ù caricati nel porto di Genova, il 3 furono 1.081, il 4 coITente discesero invece a 784, il 5 a 614, il 6 risal irono appena a 798. A tale deficienza di carri ha contribuito altresì la difficoltà di poter regolarmente eseguire nella stazione di Milano (Sempione) lo smistamento dei treni, specialmente a cagione della nebbia dei giorni scorsi.»4 Apprensione si era riscontrata anche nelle parole dell' On. De Andreis che aveva inquadrato l'accaduto in contesto più ampio, s ia econonùco, sia sotto il profilo dell 'impegno governativo: «Lo sciopero è di gravissimo dan no al commercio ligure e lombardo . Questa unione dei commercianti e dei lavoratori di Genova, che si ripercuoteva a Milano in un possibile sciopero forzato degli scaricatori di quella stazione, se da una partE~ dà motivo di compiacimento, dall'altra dà luogo a considerazioni dolorose. Questo inconveniente deve dunque incitare il Governo a studiare i provvedimenti che valgano ad Ìl!lpedire l'ingombro delle linee e delle stazioni ferroviarie a Genova e M ilano .»5 In quel decennio la situazione complessiva dei trasporti e dei collegamenti non sarebbe migliorata granché e gli effetti si sarebbero ripercossi pesantemente anche in seguito quando, con lo scoppio della Grande Gue1Ta, l'Ital ia avrebbe iniziato la sua preparazione all'intervento.
Legisl. XX, 3• Sessione, Discussioni, Voi. lll, p. 2.767. R.D. n. 569 del 27 aprile 19 I 5. ' APCD, Legisl. XXI, 1" Sessione, Discussioni, Voi. Vll, p. 6.53 1. 4 APCD, Legisl. XXl , l" Sessione, Discussioni, Voi. vn, p. 6.530. 5 APCD, Legisl. XXI, 1" Sessione, Discussioni, Voi. VII, p. 6.643 . ' APCD,
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All'inizio del 1915 era incominciata un'agitazione, indetta dalla «Federazione della Gente di Mare», che minacciava lo sciopero generale degli equipaggi, insoddisfatti dell'aumento già ricevuto del 10%. Si temeva che aderissero all'agitazione anche glj operai addetti ai servizi del porto di Genova visto che il promotore del movimento, Capitano Giulietti, tentava di «provocare l'agitazione per porre in imbarazzo il Governo in questi difficili momenti» e dichiarava esplicitamente che, «pe1 momento si sarebbe parlato di questione economica, ma che poi non si sarebbe tardato a rilevare il carattere politico dell'agitazione».6 A fine marzo tutto il personale di macchina delle navi appartenenti agli annatmi federati annunciava il proprio licenziamento ai rispettivi comandanti per cui gli armatori provvedevano «con personale fidato onde c,ùdaie nei detti piroscafi rimangano sottopressione e macchinisti cli bordo siano sempre pronti» .7 A quel punto appariva evidente: «Quella gente paralizza non solo l'industria e l'economia, ma tenta di paralizzare anche l'azione del Governo e le forniture destinate alla nostra preparazione militare.»8 Era altrettanto evidente che era iniziata l'azione di paralisi delle Amministrazioni pubbliche: il 12 aprile perveniva al Ministero dell'Interno la segnalazione che la nave Amor era bloccata nel porto di Savona da oltre quindici giorni, con la rimanenza di 14 tonnellate di carbone destinato alle Fenovie dello Stato, che non si riusciva a consegnare a causa dell'opposizione da parte dell'organizzatore del movimento di protesta Giulietti.9 Il 13 aprile, il tentativo degli armatori di far scaricare il vapore Parodi da operai avventizi , assoldati per l'esigenza allo scopo di aggirare l'inazione imposta dalle organizzazioni sindacali, innescava la protesta per solidarietà degli addetti allo scarico di altre navi . Si verificava così una parziale cessazione del lavoro, durante la quale veniva bloccata l'attività su ventidue navi cariche di carbone e se.i di cereali, mentre continuavano le operazioni su altri sessanta piroscafi. Naturalmente, tutto ciò avven_iva mentre il lavoro di altri scaricatori, protetti dai R. Carabinieri, era ritenuto «crumiraggio» . Ma ciò che preoccupava di più il Prefetto di Genova, Rebucci, era la possibilità che lo sciopero, a seguito di un 'azione concordata fra il sindacato delle Associazioni portuarie e la Federazione dei Lavoratori dei porti, si estendesse a tutti i porti del Regno;w un'eventualità non molto remota, come dimostrato dalla Camera del Lavoro di La Spezia che aveva bloccato lo scarico delle materie prime per la società di Pertusola. L'indomani, 14 aprile , l'astensione dal lavoro diveniva pressoché totale nel po1to di Genova e «un forte gruppo si è poi diretto verso Ponte Caracciolo ed altre parti del porto seguito da funzionari e carabinieri.» 11 Nonostante la partecipazione massiccia, le Autorità ritenevano che gli addetti allo scarico delle navi avessero aderito alla protesta soltanto per dimostrare la solidarietà fra appartenenti al mondo del lavoro, per cui incominciava la ridda sulle diverse interpretazioni dei risultati dello sciopero. Il Prefetto di Genova, Rebucci, riteneva che alla sospensione di un giorno di lavoro su tutti i vapori «i dirigenti ... attribuiscono significato ed effetto di un successo mentre è presumibile che così sollecita risoluzione abbia prevenuto un probabile insuccesso giacché i lavoratori del porto non sono mai stati entusiasti della causa dei lavoratori del mare.» 12 La Camera del Lavoro deliberava la cessazione dello sciopero generale del porto soltanto il 16 aprile, pur facendo proseguire il boicottaggio delle navi degli armatori federati che pertanto restavano inattive, ma poneva la condizione che l'autorità facesse cessare il «crumiraggio», pena l'estensione dell'agitazione a tutti i porti del regno. 13 La cessazione della controversia era anche il risultato cli un arbitrato svolto dal Presidente della Camera di Commercio per gli armatori, e dall'On. Canepa per la «Gente cli mare» .14
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fondo Ministero Interno, Direz. Gen.le P.S., b. 30, lettera della Direz. Gen.le Marina Mercantile del 23 gennaio 1915. fondo Ministero Interno, Direz. Gen.le P.S., b. 30, lettera della Prefetto di Genova ciel 27 marzo 1915. "ACS, fondo Ministero Interno, Direz. Gen.le P.S., b. 30, lettera al Sottosegretario agli Interni Celesia ciel 3 aprile. 9 ACS , fondo Ministero Interno, Disez. Gen.le P.S., b. 30 , telegramma al Mi.11istero dell'Interno del 12 aprile 1915. 10 ACS, fondo M inistero Interno , Direz. Gen.le P.S., b. 30, telegramma della Prefettura di Genova ciel 13 aprile 1915. " ACS , fondo Ministero Interno, Direz. Gen.le P.S., b. 30, telegramma della Prefettura di Genova del L4 aprile J9 I 5. 12 ACS, fondo Ministero Interno , Direz. Gen.le P.S., b. 30, telegramma della Prefettura di Genova del 15 aprile 1915. " ACS, fondo Ministero Interno, Direz. Gen.le P.S., b. 30, telegramma della Prefettura di Genova del 15 aprile 1915. '" ACS, fondo Ministero Interno, Direz. Gen .le P.S., b. 30, telegramma della Prefettura cli Genova del 16 aprile 1915.
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L'adesione allo sciopero per spirito di solidarietà, da parte dei lavoratori de] porto, provocava la solita ridda di valutazioni sull'effettivo risultato dell'astensione per una sola giornata cli lavoro su tutti i vapori. Mancava, ormai un mese all'inizio del conflitto, per cui, le ripercussioni di questa agitazione venivano risentite in diversi settori: - completamento de11e scorte, in linea prio1itaria, del carbone e del grano; - rallentamento dei cicli-viaggio attraverso l'Atlantico, come avvenuto per il piroscafo Amor bloccato a Savona, mentre si sarebbe dovuto recare immediatamente in Nord America per caricare grano per l'Italia; 15 - produzione di materiali bloccata dal rallentamento dello scarico di materie prime, come successo alla fonderia di piombo della Società Pertusola di La Spezia. 16 Nel frattempo, il 28 febbraio 1915 il Direttore Generale Artiglieria e Genio, Da11olio, aveva già segna]ato al Ministro della Guerra: «Giornalmente però occorre telegrafare al Ministero degli Esteri per il libero transito del rame, come a Genova perché la sosta non oltrepassi il limite dell'onesto, perché se sono lunghe le pratiche per fare arrivare il rame a Genova più lunghe sono quelle per farlo arrivare a destinazione, e intanto i ritardi si moltipEcano.» 17 Inoltre, egli aveva stigmatizzato come alcuni privati si fossero avvalsi delle agevolazioni militari (gli «scontrini militari» per «inoltrare della merce privata ed altri», e come, «per dare ancor più apparenza alla cosa», questi avessero fatto «viaggiare la merce privata scortata da soldati»). 18 Ma il problema del porto di Genova sarebbe perdurato anche dopo l'entrata in guerra dell'Italia. Già ad ottobre gli inconvenienti, acuiti dal conflitto, avevano indotto il Governo a contrarre il periodo di deposito delle merci nel porto di Genova da tre mesi a 45 giomi; 19 superati quei termini, le merci potevano essere alienate da parte dell'Amministrazione ferroviaria e dal Consorzio autonomo del porto di Genova , al quale andava devoluto il ricavato. 112 dicembre 1915, durante una riunione degli Industriali metallurgici, nell 'elencare le difficoltà dell'industria il comm. Falck (Anonima acciaierie e fonderie lombarde) aveva sottolineato: «Abbiamo la questione del porto di Genova. I carboni. non arrivano, i contratti vengono annullati ... Per i] problema dei trasporti, non basta solo risolvere la questione del porto di Genova, occ01Te regolare altre cose; ad esempio: quando abbiamo le materie prime, ci è spesso capitato di vederci mandare dei vagoni vuoti a Genova e non dove avevamo invece altre materie prime da ritirare.» 20 Il Generale Dallolio, che presiedeva la riunione, aveva ribattuto: «Non dubitino per ciò che sarà provveduto.»21 Dal canto suo, Pio Perrone aveva auspicato anche per 1'Ansaldo un mjglior funzionamento del porto di Genova e l'eliminazione della confusione esistente che aveva comportato la sosta nel porto persino di una «macchina da proiettili» .22 In quella stessa riunione il Sottosegretario alle Armi e Munizioni, Dallolio , aveva replicato di e~sersi molto occupato del porto di Genova. «Ne ho parlato anche col Presidente dei Ministri On. Salandra, ed ho ottenuto che al Sottosegretariato venissero concesse speciali condizioni per fargli usufruire di una
fondo Ministero Interno, Direz. Gen.Je P.S., b. 30, telegramma al Ministero dell'Interno del 12 aprile 1915. fondo Ministero Interno, Direz. Gen.le P.S., b. 30, lettera al Sottosegretario agli Interni Celesia del 3 aprile. 11 MCRR, fondo Dallolio, b. 953, f. 1, l. 18, p. 10, Relazione del 28 febbraio 1915 al Ministro . 18 MCRR, fondo Dallolio , b. 953 , f. I, l. 18, p. 10 , Relazione del 28 febbraio 1915 al Ministro. 19 D. Lgt. n. 1.590 del 28 ottobre 1915. w MCRR, fondo Dallolio, b. 953, f.l , I. 8, p. 9,Yerbale riunione Industriali Metallurgici 2-3 dicembre 1915. 2 1 MCRR, fondo Dallolio, b. 953, f.l , 1. 8, p. 11; cfr. anche Verbale riunione Industriali Metallurgici 2-3 dicembre 1915. 22 MCRR, fondo Dallolio, b. 953 , f. 1, l. 8, p. 18; cfr. anche Verbale Riunione Industriali Metallurgici del 2 Dicembre 1915.
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precedenza nei traspo1ti che lo riguardano ... Ho avuto la promessa che sarà fatto tutto il possibile per togliere l'ingombro ed eliminare la parte condannabile per quanto concerne i ritardi di Genova, e non mi ritrarrei nemmeno di fronte alla proposta di mil itarizzare quel porto, perché non vonei mai trovarmi nella condizione di vedere delle munizioni che mi restano per la strada, per deficienza cli mezzi di sbarco ed ìnoltro.>> 23 E a dimostrazione dei ritardi aveva segnalato che erano stati impiegati ben 24 giorni per lo scarico cli un vapore che trasportava mitragliatrici.24 Peraltro, essendosi verificati ancora degli abusi di privati nell'utilizzo improprio degli <<scontrini militari», egli si era trovato costretto a preannunciare misure ancor più drastiche per evitare che si ripetessero. Ben consapevole che le restrizioni «non mancano mai di portare delle conseguenze dannose», Dallolio aveva concluso che ciò era stato necessario poiché «l'interesse generale deve essere al disopra dell'interesse particolare» . ll successivo 13 gennaio (1916), Dallolio scriveva al Ministro della Guerra, Zupelli, segnalando il caso del Piroscafo Tirreno , giunto a Genova il 16 dicembre, per il quale, a un mese dall'anivo, non erano state ancora completate le operazioni di scarico delle 4.000 tonnellate trasportate, benché fossero stati preventivati 36 giorni di lavoro. Dallolio concludeva che, se l'episodio si fosse ripetuto nel tempo, sarebbe stata stravolta la programmazione dei trasporti che prevedeva un ciclo/viaggio di due mesi (38 giorni di navigazione fra andata e ritorno e 22 giorni per le operazioni di carico e scarico). Di conseguenza, si sarebbe reso necessario maggiorare la disponibilità di piroscafi per compensare l'aumento della durata del ciclo/viaggio che sarebbe passato dai due mesi della programmazione ai tre mesi necessari per completare lo scarico a Genova. «Qualora la condizioni del Porto di Genova non venissero modificate od il numero dei vapori aumentato, questo Sottosegretariato non saprebbe in qual modo fronteggiare la situazione che verrebbe creata agli stabilimenti militari ed all' industrie che lavorano per il munizionamento e riterrebbe di dover declinare qualunque responsabilità se gli impegni presi per le forniture dei proietti e di armamenti non potessero essere mantenuti.» 25 In effettl, dal raffronto fra i tempi di carico in America e quelli di scarico in Italia emergeva un forte divario a scapito di questi ultimi, considerevolmente maggiori: in America una nave veniva caricata in 7 giorni, mentre per il suo scarico in Italia ne occorrevano dai I 5 ai 30 .26 Da ciò derivavano: - un danno economico enorme per l'Amministrazione Militare; - l'impossibilità, per il Sottosegretariato alle Armi e Munizioni, di conciliare l'esigenza di maggiorare la produzione di proiettili, come 1ichiesto da più patii, per il d:imi.nuito afflusso di materie prime. La minore capacità di scarico in Itaha avrebbe potuto esser migliorata con un'organizzazione più capillare del lavoro portuale: assoluta precedenza di attracco per i piroscafi trasp01tanti materiali destinati al Sottosegretariato; miglior coordinamento con le FeITovie dello Stato per l'assegnazione tempestiva dei caITi ferroviari necessari; visite doganali più sollecite; impiego di elevatori elettrici anche per lo scarico dei materiali di ferro e acciaio delle Armi e Munizioni; adozione cli provvedimenti urgenti per la mano d'opera. In merito a tutto ciò, il 16 giugno 1916 Dallolio interessava la Commissione Centrale per il Traffico Marittimo presso il Ministero dei Trasporti affinché venissero assicurat:i: 2; 1) l'immediata entrata in servizio di tutte le navi necessarie a completare le 360.000 tonnellate della programmazione elaborata dalla Commissione a favore del Sottosegretariato delle Armi e Munizioni - in data 1 giugno, infatti, erano in servizio soltanto 54 vapori dal tonnellaggio complessivo di 257 .600 tonnellate con un deficit, pertanto, di circa 1/3 ( 102 .400 tonnellate);
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f. 1, I. 8, p . 10; cfr. anche Verbale Rfonione Industriali Metallurgici del 2 dicembre 1915. f. 1, I. 8, p. 18; cfr. ·anche Verbale Riunione Industriali Metallurgici del 2 dicembre 1915. fondo Dallolio, b. 953, f. 4, I. 4, p . 2 .
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fondo Dallolio, b. 953, f. 4, I. I 6, p. I . fondo Dallolio, b. 953, f. 4, l. 9 , p. 2.
2) l'annullamento dei permessi di effettuare viaggi per conto terzi per quei vapori ai quali ciò era stato già concesso; 3) l'assegnazione di altri vapori, per 45.000 tonnellate di portata utile, per le provenienze dall'America - assegnazione resa possibile dalla diminuita esigenza di importazione di grano, nei mesi estivi , a segui(o della conclusione della campagna .granaria. Il 30 agosto 1916, al rientro da una visita al porto di Genova, dove si era recato per rendersi personalmente conto della situazione, Dallolio scriveva cli suo pugno al Ministro della Gue1n: «Confesso che ho provato un senso di dolore. Giornata splendida ma nel porto un vero dormiveglia. E i nostri fratelli si battono al confine, ed ogni minuto di ritardo nella produzione di armi e munizioni è una sventura. Gli operai del porto di Genova che guadagnano enormemente hanno pretese esorbitanti, mentre lavorano sempre con orari ridotti eppure dovrebbero un po' sentire i loro doveri prima di parlare di diritti ed extra. In questo momento uno solo ha dei diritti: il Paese. In porto si doveva constatare che era leggenda la tanto decantata attività del porto di Genova . Ma ciò ·che per me diviene preoccupazione vivissima, e dopo aver tutto esamjnato, è l' agglomerarsi disordinato delle merci senza avere speranza di vedere la fine di tanto caos. Quante macchine sono malamente accatastate senza sapere dove vanno, ché esse sono proprio allo sbaraglio, in un ce1to angolo fra un mucchio di mattoni refrattari mala.mente imballati, e servono per divertimento dei presenti, mentre altre casse aspettano da mesi di andare al loro destino. E i refrattari ora sono preziosi, tanto vale darli al Sottosegretariato che sarà ben lieto di metterli a posto. Non dico che ho visto scaricare tranquillamente carbonato di soda con sacchi rotti, mentre nessuno si dava l'incomodo di provvedere, si perdeva la soda dalle chiatte al can-o a cavalli, e si continuava a perderla mettendo il sacco sventrato fra gli altri. Del resto l'i ntonazione generale è il disprezzo della conservazione: ce ne è tanta della roba .. . Io non mi preoccupo di ciò che ho sentito dire - non faccio inchieste e non dò corpo alle ombre, altri debbono vedere e vagliare le calunnie e le disonestà, e provvedere senza pietà. Mi preoccupo solo quando vedo centinaia di casse contenenti macchine per Industriali agglomerate, senza preoccuparsi febbrilmente giorno e notte di mandarle a posto, mentre da ogni lato si grida produzione - produzione ... Mi preoccupa l'oligarchia operaia che regna in un porto che dovrebbe essere la provvidenza d'Italia, a cui nulla mancherebbe mentre con fede d'Italiano dico che la impressione vera è che l'ostruzionismo tedesco congiura per soffoca.re le attività e per creare ostacoli e camon-e ... ».28
APTGP, serie appunti dal 1916 (4 agosto) al 1917 (16 giugno), pp. 21-22 e anche lettera n. 3 .767 del 30 agosto 19 I 6.
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Lettera di Dallolio relativa al porto di Genova del 30 agosto 1916. (Istituto Storia Risorgimento Italiano, F. Dallolio, b. 949,
f. 8, L . 5)
419
Capitolo 31
CAPO RETTO
È noto che Cadoma - a onta delle notizie pervenute all'Ufficio Situazione del Comando Supremo nel periodo settembre-ottobre 1917 - non riteneva possibile un'offensiva nemica nel settore isontino . Tanto la «presenza di truppe germaniche confermata con abbondanza di particolari da alcuni disertori il 2 ottobre»,! quanto le notizie fornite dal Ministero dell'Interno, desunte da fonti vaticane notoriamente bene informate ,2 venivano sottovalutate dal Capo di Stato Maggiore al punto che egli decideva di allontamu:si dal suo Comando per un periodo di due settimane da trascorrere sugli Altipiani. Questa carenza sarebbe stata rilevata in seguito dallo storico Cilibrizzi secondo il quale, riportando le parole del Generale tedesco Max Ronge, il Comando Supremo italiano non aveva saputo predisporre un buon servizio di informazioni. «Sembra che il Generale Cadorna non facesse gran conto del servizio notizie, stimandolo inutile, data l' immobilità del suo piano di operazioni, e ritenesse, invece, che il calcolo e la logica dovevano renderlo superfluo. Non c'è dunque da meravigliarsi se il servizio notizie, al tempo di Cadorna, fosse manchevole, e che il Comando Supremo fosse raramente al corrente della situazione e delle intenzioni dell'avversario .»3 Rientrato al Comando il 19 ottobre, Cadoma aveva sconfessato le direttive emanate nel frattempo dal Generale Capello, Comandante della II Armata, per cui l'intera giornata del 23 ottobre era trascorsa «in un frenetico andirivieni di Comandanti da un punto all'altro del fronte», quasi fossero «fomùche impazzite.»4 L'indomani 24 ottobre, alle ore 02.00, come ampiamente previsto dai disertori e dalle intercettazioni radio, iniziava la preparazione dell'artiglieria nemica per l'offensiva, scattata come contromossa alla battaglia della Bainsizza che, condotta con successo dall'Italia nei mesi di agosto-settembre 1917: - aveva messo in difficoltà l' esercito austro-ungarico dischiudendo le porte verso Trieste; - aveva suggerito, aJl' Austria, la necessità di richiedere l'aiuto tedesco contro l'Italia «per impedire la rovina dell' Austria-Ungheria» .5 Con queste premesse, dunque, era iniziato l'afflusso di Divisioni tedesche sul fronte isontino «come mezzo più efficace per rimediare a questa situazione» .6 Nella stessa giornata del 24 ottobre Cadorna inviava una lettera «Riservatissima Personale» al Generale Dallolio per informarlo che «a quanto pare, il nemico ha iniziato stamane la preparazione di fuoco per la sua vasta azione offensiva, da noi attesa e che potrebbe avere durata assai lunga.»' Prevedendo che l'offensiva potesse durare un mese , o anche «più mesi», Cadorna chiedeva a Dallolio di garantirgli il rifornimento di munizioni necessarie e la sostituzione delle bocche da fuoco, che sarebbero state sottoposte a un logorio abnorme. Le parole «a quanto pare ... », contenute nella lettera di Cadoma a Dallolio, sembrano mettere a nudo la mancanza di un'esatta conoscenza della situazione da parte del Comando Supremo anche a operazio-
1
G. Rocca, Cadorna, op. cit., p. 265 . lbid. , p. 266. 3 S. Citibrizzi, Storia parlamentare, politica e diplomatica d'ltalia(J917-1918), Tosi, Roma, 1948, Yol. VII, p. 95. ' G. Rocca, Cadorna, op. cil., p . 275. 5 E. Ludendorff, I miei ricordi di guerra 1914-18, Treves, Milano 1923, Voi. II, p. 57; cfr. anche S . Cilibrizzi, Storia parlamentare, politica e diplomatica d'Italia( 1917-1 918), Tosi, Roma, I948, Voi. VII, p. 74. 6 A. von Cramon, Quattro anni al Gran Quartiere Generale austro-ungarico, Tipografia Travi , Palermo 1924, p. 193. ' MCRR, fondo Dallolio, b. 950, f . 17, I. 2. 2
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ne iniziata. Non è nota l'ora in cui la lettera era stata scritta, ma è certo che alle 16 dello stesso giorno Caporetto era stata raggiunta dal nemico.8 In ogni caso a questa lettera aveva fatto seguito, alle ore 13, un Bollettino ufficiale: «L'avversario, con forte concorso di truppe e mezzi germanici ha effettuato a scopo offensivo il concentramento di numerose forze sulla nostra fronte. Il nemico ci trova saldi e ben preparati. Nella scorsa notte l'intensificato tiro su vari tratti della fronte Giulia ed un violento bombardamento con largo impiego di proiettili a gas speciali tra il Rombon e la sezione settentrionale dell'altipiano di Bainsizza, hanno segnato l'inizio dell'atteso attacco, ma verso l'alba causa il maltempo, il fuoco nemico è scemato d'intensità. Con esso rallentarono le violente raffiche di risposta delle nostre batterie.»9 L' indomani Cadorna inviava al Ministero della Gue1rn le prime notizie pessimistiche sull'andamento dell'offensiva austro-germanica: <<Perdite in dispersi e cannoni gravissime. Circa dieci reggimenti arresisi in massa senza combattere. Vedo delinearsi un disastro.» 10 L'offensiva, però, non avveniva soltanto sul piano militare dato che, contemporaneamente, se ne stava sviluppando un'altra sul piano politico, già iniziata ai primi di ottobre dai parlamentari neutralisti giolittiani e socialisti alla ricerca di un nuovo governo capace di imbrigliare il Generale Cadorna per impedirgli altre stragi tipo le «spallate sull'Isonzo». Lo schieramento degli interventisti era in fibrillazione, avendo anch'esso come collante l' «anticadornismo», e in questa situazione le notizie che il giorno 25 arrivavano dal fronte su Caporetto si sovrapponevano a tre ordini del giorno: - quello presentato dall'on . Callaini recitava testualmente: «La Camera convinta che per affrettare la conclusione di una pace vittoriosa, è indispensabile mantenere e rafforzare la concordia, la disciplina e la resistenza nazionale è fidente nel sublime valore dell'Esercito, a cui manda plausi di profonda riconoscenza, passa all'ordine del giorno ... »; 11 - quello dell'on. Pantano, sottoscritto da 39 Deputati, molto più critico nei confronti dell 'azione del Governo, negava apertamente la fiducia all ' azione del Gabinetto: «La Camera, ferma nel concetto che ai supremi fini nazionali e internazionali del Paese, 1'azione del Parlamento e dello Stato debba essere rivolta a sostenere la guerra con ogni vigore e a rinsaldare nel popolo italiano la concorde resistenza , condizfone imprescindibile per affrettare col valore dell'esercito e dell'armata e con la solidarietà nelle alleanze una pace vittoriosa; ritenendo indispensabile al raggiungimento di questi fini una politica di Governo la quale , fortificata nella fede della libertà, sia sicuro e rigido presidio delle supreme necessità della Patria, ed un'azione più omogenea che, coordinando tutte le energie morali ed economiche del Paese, le faccia convergere al conseguimento della vittoria ed alla preparazione del dopo-guerra; delibera di negare la propria fiducia all'azione del presente Gabinetto.» 12 - quello dell'on. Dari, sottoscritto da 41 Deputati che recitava: <<La Camera rivolgendo un saluto di ammirazione e di riconoscenza ai valorosi combattenti ed ai loro duci; riafferma la decisa volontà di proseguire la guerra con energia, in pieno accordo cogli alleati e di rafforzare la resistenza interna, fino alla vittoria .. . >>. Dopo una sospensione pomeridiana, infatti, veniva presentato l'ordine del giorno dell'On . Berenini: «La Camera, riaffermando la necessità di pieno accordo con gli Alleati , di continuare la guerra fino alla vittoria, convinta che occorra dar opera ad un'azione più energica e ad una migliore coordinazione nell'opera del Governo, passa all'ordine del giorno ... » 13
G. Rocca, Cadorna, op. cìt., p. 281. APTGP, serie appunti, dal 3 al 27 ottobre 1917, p. 9. 10 G. Rocca, Cadorna, op. cìt., p . 287. 11 APCD, Legisl. XXIV, l • Sessione, Discussioni, tornata del 25 ottobre 1917, Voi. XIV, p. 15.043. 12 APCD, Legisl. XXIV, 1• Sessione, Discussioni , Voi. XIV, p. 15.041. 13 APCD, Legisl. XXIX, 1° Sessione, Discussioni, tornata del 25 ottobre 1917, Voi. XIV, p. 15.043.
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Ne seguiva un'animata discussione durante la quale il Presidente del Consiglio Boselli, respingeva l'accusa fatta al suo Gabinetto «di minor prontezza, di minore energia e di efficacia di azione» con queste parole: «Onorevoli deputati non ad un uomo, non ad un Ministero guarda il popolo italiano. A voi esso guarda, a voi guardano intrepidi i combattenti nostri che in questo istante una fiera lotta combattono, respingendo da prodi le fortissime offese nemiche, e ai quali, coll'unanimità dei nostri voti , anticipo il saluto della vittoria. Essi, i nostri prodi, lottano contro gli eserciti dell'Austria e della Germania formidabilmente riuniti, e con i nostri prodi è tutta l'anima del popolo italiano. È questo il momento della responsabilità vostra, onorevoli colleghi: responsabilità che è pari alla gravità di questa ora, nella quale il Paese deve resistere sino alla vittoria, ed il Parlamento dinanzi a tutte le Nazioni alleate e nemiche, deve dimostrare l'incrollabile sua volontà di perseguire la guerra sino al compimento dei nostri destini nazionali. Voi dovrete approvare quelli che furono fin qui i nostri propositi nella politica interna nella politica militare, nella politica estera, o manifestare col vostro voto propositi diversi.» 14 Seguivano gli interventi dei rappresentanti delle diverse parti politiche. In particolare, riceveva vivi applausi a sinistra quello dell'On. Cocco-Ortu: «I supremi interessi dello Stato reclamano oggi un Ministero, che, in stretta collaborazione con la rappresentanza nazionale, illumini, sorregga e guidi l'opinione pubblica, dia sicura garanzia di azione concorde nel presidiare con provvide energie la mirabile resistenza del paese che combatte con invitto coraggio per la rivendicazione dei sacrosanti diritti della Patria.>> 15 Al termine degli interventi, il Presidente del Consiglio poneva la fiducia sull'ordine del giorno Callaini. Dopo le dichiarazioni di voto, che in maggioranza sottolineavano un'azione di governo «slegata, frammentaria, impari allo scopo che si proponeva di raggiungere» per cui si auspicava «un Ministero che in stretta collaborazione con la rappresentanza nazionale illumini, sorregga e guidi l'opinione pubblica, dia sicura garanzia di azione concorde»/ 6 si passava alla votazione che dava il seguente risultato: - presenti e votanti 415; - astenuti 5; - maggioranza 296; - hanno risposto si 96; - hanno risposto no 314; - la Camera non approva. 17 Lé successive e immediate consultazioni si sarebbero concluse il giorno 30, con la nomina di Vittorio Emanuele Orlando a Presidente del Consiglio e Ministro per l'Interno. Nel comunicare le decisioni del Sovrano, Orlando affermava che «non vi sono due Italie: una dove si combatte e si muore; l' altra dove si appresta quanto di uomini e mezzi all'esercito abbisogna. Vi è un'Italia sola, e un Governo, e una volontà, ed un dovere solo per tutti: respingere il nemico e vincerlo; vincerlo con la forza delle armi, vincerlo con la resistenza interna de] Paese. Onorevoli colleghi, il nemico si prefiggeva due obiettivi, militare uno, politico l'altro: frangere l'esercito e decomporre il Paese. Mentre i nostri soldati combattono perché sia arginato il successo militare, bene possiamo noi affeimare che il secondo fine non sarà raggiunto.» 18 Non appena nominato Presidente del Consiglio, Orlando telegrafava a Cadorna: «Conscio delle responsabilità formidabili che incombono nell'ora presente, assumo la direzione del Governo d'Italia e
Legisl. XXIV, I" Sessione, Discussioni, tornata ciel 25 ottobre 1917, Vol. XIV, pp. 15.042-15.043. Legisl. XXIV, 1• Sessione, Discussioni, Voi. XIV, p. 15.047. 16 Si sono dichiarati favorevoli Dari (liberali di destra) e Martini; contrari: Pantano (radicale) , Cocco-Ortu (Unione Parlamentare), Gallini (sinistra democratica) , Marciano (sinistra liberale), Camera (gruppo democratico costituzionale), Berenini (socialisti riformisti), Turati (socialisti) e Nava. 17 APCD, Legisl. XXIV, 1° Sessione, Discussioni, tornata del 25 ottobre 1.917 , Voi. XIV, p. 15.053. 18 APCD, Legisl. XXIX, 1• Sessione, Discussioni, tornata del 14 novembre 19 I 7, Voi. XIV, p. 15.096. 14
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il mio primo pensiero è per assicurare alla E.V. che il popolo italiano sostiene impavido la terribile prova e che non un momento solo ha sentito vacillare la sua fede nell'esercito e nel Capo che lo comanda: ad essi acclamava nell 'ora della vittoria; ad essi ancor più intimamente si stringe nell'ora dell 'avversità. Lo sforzo immane dell'avversario che accumulò e scagliò contro di noi la somma dei suoi odi e delle sue forze, se è riuscito ad irrompere in un caro e glorioso lembo della Patria, non per questo ha fiaccato gli spiriti, né disgregato le forze interne del Paese. Sappia il nemico e sappia il mondo che gli italiani, dallo stesso inesprimibile dolore per la Patria invasa traggon 1a virtù di comporre ogni loro interiore dissenso e di rinsaldare volontà, energie ed opere perché il suolo della Patria sia riconsacrato dalla immancabile vittoria.» 19 Cadorna rispondeva, a stretto giro di posta: «Sono grato a V.E. che, nell'assumere la direzione del Governo d'Italia, abbia rivolto il suo primo pensiero all'Esercito per assicurarlo che nella gravità dell'ora tutta la Patria, fatta più grande dall'avversità, senza esitazioni, senza divergenze è balzata concorde nella volontà di resistere e di vincere. Confidi il Paese che l'Esercito sarà degno della sua volontà per tenere alto l'onore della nostra bandiera e per vendicare il grido di dolore, che viene dal sacro suolo della Patria calpestato.>>20 Di tenore analogo, nei confronti dell'Esercito, il telegramma inviato al Capo di S . M. dell'Esercito dal Ministro de11a Guerra, Alfieri: <<Assumo oggi la carica di Ministro della Gue1n e desidero che al più presto V.E. faccia giungere da parte mia all'esercito combattente un'alta parola di fede. Sappiano i nostri soldati che, tanto nelle prospere quanto nelle fortunose vicende, la Patria guarda a loro con sicura e serena fiducia ed è certa che, col concorso dei nostri valorosi e fedeli Alleati, sapranno anche a costo di suprenù sacrifici, assicurarle tra le Nazioni quel posto che le spetta, per la sua storia, pei suoi dolori e per le sue virtù. Viva l'Italia! Viva il Re!» 21 Sempre Cadorna, al quale la' Presidenza dell ' associazione «Trento e Trieste» aveva inviato un telegramma che affermava la serena fiducia del Paese nell'Esercito che combatteva alla frontiera, rispondeva «con animo commosso e con fede incrollabile», mentre al Presidente del grnppo parlamentare democratico, On. Camera, rispondeva: <<Con animo commosso ringrazio per la riaffermata fede nell'Esercito che combatte per salvare l'Italia. L'unione di tutti intorno alla nostra bandiera sarà la forza invincibile che il nemico non spezzerà.»22 Nel frattempo, sul teatro di guerra era in corso il ripiegamento dei reparti . Quello del1a II Armata era iniziato sin dal 25 ottobre sotto la pressione avversaria; successivamente era indietreggiato il settore del Monte Maggiore, che invece avrebbe dovuto tenere per poter costituire un caposaldo della linea difensiva ipotizzata da Cadorna. Infine, dopo l'ordine di ritirata a tergo del Tagliamento, emanato nella notte del 26 ottobre, ripiegava anche la III Armata che era, secondo Bissolati « . . . in ottime condizioni morali; e quando i soldati ricevettero l'ordine di ritirarsi, piangevano. Fecero miracoli, portando via tutti j cannoni, persino dalJa posizione avanzata del Faiti, a forza di braccia ... » 23 Ma al ripiegamento dell'Esercito si stava sovrapponendo l'esodo della popolazione friulana, per cui la ressa ai ponti era indescrivibile, cosicché il Duca d'Aosta, per garantire il ripiegamento ordinato dei reparti della III Armata , era costretto a emanare ordini severissimi per far allontanare dai ponti assegnati all'Armata tutti quelli, anche militari, che non ne facevano parte. Fino al 26 ottobre Cadoma aveva sperato di poter costituire una salda linea difensiva, ancorandola alle cime di Monte Maggiore-Matjur-Kolovrat sovrastanti la valle dell'Isonzo. Ma questa impostazione non era condivisa dal Comandante della II Armata , Capello, il quale, non propenso a sacrificare altre
Dallolio, b. 961 , f. l , I.IO, p. 2 , appunti di Dallolio sul libro Dallolio, b. 961 , f. l , 1.1 O, p. 3, appunti di Dallolio sul libro Dallolio, b. 961, f. 1, 1.10, p."4, appunti di Dallolio sul libro Dallolio, b. 961, f . 1, 1.10, p. 3, appunti di Dallolio sul libro O. Malagodi, Conversazioni della Guerra ... , op. cit., Voi. I, p. 193.
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Caviglia Le tre battaglie del Piave . Caviglia, Le tre battaglie del Piave . Caviglia, Le tre battaglie del-Piave. Caviglia. Le tre battaglie del Piave.
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ALLEGATO n._ Scralcio del Di~io Storico dellG,mata del giorno 29 ottobre t 9 17 (Volo
. 191)
<~Da più g.iomi si riversaoo ini.nterrottamcote e lementi di Corpi e reparti appartenenti
alla II Armata sui ponti di Codroipo dove ton:nano una massa compatta che ingombrd, per parecchi chilometri le strade. che ivi convergono. U! Gu;nana è composta da individui isolati appa.rtc-nenti a anni e corpi differenti (moltissimi dei quali disarmati) conunista a oumcrosissùna popolazione civile e carreggi ed a poche artiglierie. La fiumana è contino~ manca di qualsiasi legame orgaok o; nella sola g iornata de)
28 si ritiene che siano pP.sSati oltre trecentomila persone e decine di migliaia d.i quadrupedi e carreggi. Ho emanato ordini improntati ad e..ortremo rigore cd atta maggiore energia per fare argine anche col fuoco a questa fiumana e per rigeuarJa
verso nord negli altri passaggi del Tagliamento e. rende.re cosi meno arduo il ripiegamento dei Corpi della In Armata.
Da voci raccolte al Ponte·de1la Delizia dove si riversano le orde della. Il Armata risulterebbe. che soldati oos~i sul fronte di combattimento fratcrniuano con gli avversari gli uni e gli atcri senza armi. Non è chiaro, però, se ciò è sintomo di dissoluzione anche nelle file avversarie oppure se, come è probabile, è fauo ad ane dagli avversari per portare lo sfacelo 11ei nostri vili e ignominiosi tradjtori della nostra Pai,ria. Dall'insieme dei fatti vedo dolorosamente delinearsi la fotaJe gravissima siruazione che già esposi verbalmente alla E.V. che menerà in condizioni estremamente difficili la ne Annata le cui truppe si dimostrano pur sempre proo1c ad adempiere ,con onore e
valore il loro dovere.»
Stralcio degli ordini di S.A.R. il Duca d'Aosta per disciplinare il passaggio sui ponti di Codroipo . (Museo Storico III Armata, Diario Storico, Vc>l . Vfl, p. 191)
truppe in provvedimenti frammentari e non riso1utivi , proponeva di sottrarsi alla stretta dell ' attaccante , arretrando sino al Torre o a1 Tagliamento, per guadagnare spazio e mettere l'attaccante in difficoltà 1ogistiche e in condizioni di non avere più l'aderenza del fuoco delle sue artig1ierie - <<Cadorna, come sem-· pre, resta suggestionato dalla ferrea logica de] ragionamento di Capello. In cuor suo sa che ha ragione. Quella è la soluzione più logica.»24 Incominciava, così, l'altalena delle indecisioni. Alle 19 .47 de1 26 ottobre, Cadorna ordinava al suo Stato Maggiore di predisporre i l ripiegamento sul Tagliamento e ne informava telegraficamente il Ministero de1la Guerra. Ma verso le 20 ritornava sul suo primitivo disegno di una resistenza sulla dorsale Monte Maggiore-Matajur-Kolovrat e in merito faceva interpellare i suoi Comandanti di Corpo d'Armata (Badoglio, Cavaciocchi, Bongiovanni, Caviglia), legati «alla teoria di non arretrare mai» ,25 che facevano rispondere a Cadorna che sì, era ancora poss ibile resistere . Era quanto Cadorna voleva sentirsi dire , dopo che il giorno prima aveva urlato ai suoi generali: «Mio padre ha preso Roma e tocca a me.. di perderla!»26 Ma non uno dei Comandanti di Corpo d'Armata interpellati gli ricordava come quella linea difensiva fosse stata abbandonata subito dopo la conquista, nel maggio del 1915 , cosicché era priva di reticolati, di postazioni cli mitragliatrici e artiglierie, e non era stata mantenuta in efficienza.27 Così, il sogno di Cadorna svaniva quando , la sera del 26, giungeva notizia della caduta del Monte Maggiore, che avrebbe dovuto costituire il pilastro di questa linea difensiva ipotizzata dal Capo di S. M. dell'Esercito. A quel punto, nella notte sul 27, era giocoforza impartire 1' ordine di arretrare sul Tagliamento, ma, inevitabilmente, questa mossa avveniva con i reparti «agganciati» dall'attaccante: proprio la situazione che Capello avrebbe voluto evitare per non aggravare il disordine e la situazione psicologica dei reparti.
G. Rocca, Cadorna, op. cit., p. 285. lbid., p. 286. 26 lbid.,p. 275. 21 Jbid. , p. 283.
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Cadorna, comunque, nell'impartire gli ordini per il ripiegamento sul Tagliamento era stato molto esplicito con i Comandanti della II e III Armata: «Interrompa e sbarri strade e ponti, incendi magazzini e baraccamenti.»28 Tali ordini, però, o non vennero eseguiti o lo furono in modo errato, come accadde nel settore della III Armata che, lungo i propri itinerari di ripiegamento , si era imbattuta in «magazzini che per ordine di non so chi furono inconsideratamente bruciati»29 non potendo così fare rifornimento, nonostante stesse ripiegando in ordine e per reparti organici. Come avrebbe riferito Bissolati, << ••• i fuggiaschi, piombando nelle vallate, arrivando negli accantonamenti diffondevano il panico da ogni parte. I rinforzi inviati venivano arrestati, poi travolti nella fuga generale; le strade d'accesso a Cividale rimasero aperte al nemico . .. i tedeschi lavoravano con tutti gli stratagemmi a spargere il disordine; dei loro ufficiali con la nostra divisa, correvano in motocicletta su le strade gridando "Si salvi chi può". Si spingevano audacemente ai luoghi isolati, ai piccoli Comandi gridando che c 'era l'ordine di ritirarsi, di fuggire ... Tutto questo concorreva in quella enorme massa senza più capi, e come ubriaca, ad aumentare la confusione. Pareva che ai soldati fosse dato di volta il cervello.»30 La mattina del 27 ottobre 1917, nell'Ufficio del Capo Divisione di S. M. del Ministero della Guerra era pervenuto, in cifra, il seguente telegramma: «Comunicazione al Ministero della Guerra 27 ottobre (ore 7.15) In seguito ulteriori progressi fatti dal nemico alla sinistra della II Armata in regione Monte Maggiore-Monte Cavallo si delinea grave pericolo completo aggiramento della difesa intera fronte Giulia. In vista di tale situazione e dello stato morale ormai propagatosi fra le truppe per almeno tentare di salvare l'Esercito ho disposto per graduale ripiegamento della II e III Armata sulla destra del Tagliamento. Movimenti si inizieranno oggi stesso. Comando Supremo si trasferirà giornata Treviso. Prego V.E. di voler dare partecipazione di quanto sopra al Regio Governo. Generale Cadorna».31 Dallolio, che aveva aiutato a decifrare il telegramma, l'aveva portato subito in visione al Ministro della Guerra e aveva informato il Presidente del Consiglio dimissionario, Boselli, e i Ministri Orlando, Sonnino e Bianchi. Iniziata la riunione alla Consulta alle 9.30, veniva decisa la partenza immediata dei Ministii Giardino e Dallolio, per le ore 12, poi slittata alle 12.35. Quella stessa mattina, in seguito al risultato della votazione del 25 ottobre sull'ordine del giorno Callaini e le conseguenti dimissioni del Governo , era rientrato a Roma il Re Vittorio Emanuele III per avviare le consultazioni, anche se il pensiero restava sempre al fronte dove gli avvenimenti incalzavano. Il sovrano alle 10,30 del 27 riceveva a Villa Savoia il Presidente del Consiglio Boselli e i Ministri Giardino e Dallolio prima della loro partenza per il fronte.32 Nel colloquio di Villa Savoia, parlando della situazione, il re si era mostrato fiducioso sulla possibilità di arginare la minaccia nemica, ma aveva dato un grosso disp~acere al Generale Dallolio (artigliere convinto), affermando di aver visto delle batterie completamente abbandonate, giacché gli a.itiglieri si preoccupavano della salvezza personale. Dallolio, punto sul vivo, aveva risposto impulsivamente che probabilmente gli a.itiglieri non c 'erano perché morti e i pezzi erano fuori servizio. Più tardi egli avrebbe annotato l'episodio e lo stupore del re di fronte a questa secca risposta di un suo subordinato: «Si può comprendere l'impressione a Lui a fronte della mia recisa risposta, ma non si può negare che per me fu un colpo al mio cuore di artigliere tanto più in quel momento Ministro delle Anni e Munizioni, più che mai sentii il colpo e non tacqui.»33 Che la frase di Vittorio Emanuele III avesse ferito Dallolio è dimostrato da quanto, appena calmatesi le &eque, questi fece per accertare la verità. Il 13 dicembre 1917 Dallolio telegrafò al Comandante generale dell'Artiglieria per conoscere se rispondesse a ve1ità che alcuni Comandanti di gruppo di artiglieria avesse-
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Diario Sto1ico III Armata, Voi. IX, p.159 (27 ottobre) Diario Storico III Armata, Voi. IX, p .174 (28 ottobre) 30 O. Malagodi, Conversazioni della Guerra .. ., op. cit., Voi. I, pp . 192-193. 31 APTGP, serie fascicoloni, fase. XII, f. 8, appunti dal 27 ottobre al 31 ottobre 1917, p. 1. 32 APTGP, serie faseieoloni, fase. XII, f. 8, appunti dal 27 ottobre al 31 ottobre 1917, p. 3. 33 APTGP, serie faseieoloni, fase . XTI, f. J.. 29
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ro fatto abbandonare le bocche da fuoco senza preoccuparsi di distruggerle o metterle fuori servizio. La sollecita risposta del Generale D'Alessandro era lapidaria ed escludeva in «modo assoluto che Comandi Gruppo artiglieria, né pochi né molti, abbiano per deliberato proposito fatto abbandonare dipendenti bocche da fuoco senza curarne prima nei limiti del possibile la distruzione e metterle fuori servizio.» D'altra parte l'attaccamento di Dallolio all'Arma di Artiglieria era ben nota. 34 Giardino e Dallolio (quest'ultimo accompagnato dalla figlia Gina) erano partiti alle 12.35, in un convoglio speciale, pensando di arrivare a Udine. A Bologna, però, il Generale Segato li avvertiva che non si poteva oltrepassare Treviso, dove il Comando Supremo sarebbe giunto in serata,35 e venivano ragguagliati sulle 37 voci che correvano in città36 che, di fatto , delineavano il disastro in tutta la sua interezza. «Alle stazioni di Padova e Mestre poi la confusione e l'accumularsi di persone di ogni sesso e qualità, il disordine e l'affollarsi di profughi con ogni sorta di ben di Dio dava già l'impressione del dolore che distrugge. La catastrofe era nell'aria come neg1i occhi di tutti, non c'era né da illudersi né da ingannarsi ci 1imaneva soltanto da valu38 tare l'entità del disastro morale e materiale. Era inutile illudersi e cambiare valore agli avvenimenti.» La situazione dei treni in quelle giornate veniva riassunta dal Tenente Tonini, del 247° Reggimento Fanteria, che proprio in quel periodo era stato mand ato in missione speciale a Napoli. <<I treni rigurgitavano di profughi, i vagoni erano tramutati in accampamenti zingareschi: sacchi, valige, coperte, involti, cestoni; e vecchi e bambini, donne di ogni età e condizione, pigiati insieme in confusa promiscuità; un vociare senza tregua, un tramestio continuo, un gridio incessante; povera umanità spaventata, vissuta sino allora nella pace ordi3940 nata delle case che aveva dovuto abbandonare da un'ora all'altra e se ne andava verso non si sa dove.» All'arrivo alla .stazione di Treviso, a mezzanotte circa , «nuovo spettacolo desolante» per i Ministri Giardino e Dallolio, che ricevevano il preavviso di un colloquio con Cadorna, fissato per l'indomani mattina 28 ottobre a palazzo Revedin, dove il Comando Supremo si era sistemato e sulla cui facciata esiste tutt'oggi una lapide, apposta il 16 giugno 1925, per rammentare che da lì era partito l'ordine di Cadorna «Morire non ripiegare», a premessa della vittoria di Vittorio Veneto .4 1 Poi, a sinistra della prima lapide, ne era stata apposta una seconda,42 intitolata al Re V. Emanuele III, «il Re soldato» che, secondo la tradizione orale dei vecchi Trevigiani , scomparve nelle convulse giornate del 1945.
Nel 1915, in occasione di Santa Barbara egli aveva scritto alla figlia E lsa: «Grazie per la 45" S. Barbara che protegga anche te e ti dia della salute sempre.» APTGP, serie lettere ai familiari, lettera 7 dicembre 1915 a Elsa. I parenti , inoltre, ricordano che la ricorrenza deJJa Patrona Santa Barbara era una festa cli famiglia: c'erano anche piccoli cloni per i bambini. 35 Il Generale Cadorna scriveva in una lettera: « . .. in Treviso ero giunto in automobile da Udine, alle ore 20 ciel 27 ottobre. Vi trascorsi dunque dieci giorni ... » Cfr. Biblioteca Civica di Treviso, Vita cittadina, settimanale del Comune di Treviso, n. 11 del novembre 1928, p. 496. 36 APTGP, serie fascicolon i, appunti dal 27 ottobre al 31 ottobre ./917. 37 APTGP, dagli appunti di Gina Ottobre 1917. 38 APTGP, serie fascicoloni, fase . XII, appunti dal 27 ottobre al 31 ottobre 1917, p. 5. 39 M . Pavan, Profughi ovunque dai lontani monti, Canova, Dosson (Treviso) 1987, p. 32. 40 Questa testimonianza è suffragata anche da un·a lettera dél Ministro Bissolati del 31 ottobre: «Quel che ho visto e vedo in questi giorni è tal cosa che non avrei mai creduto di poterla sopportare senza che il cuore mi avesse a scoppiare. Ma io penso a te, ai pochi amici nostri, penso a coloro che sono morti e mi basta questo pensiero per vivere e per sperare e per combattere. A Orlando telegrafai e scrissi come sono le cose nella loro realtà teITibile . .. lo intanto sto qui ad animare ed assistere. Assistere l'ondata dei profughi e facilitarne l'esodo». Cfr. MCRR, fondo Dallolio, b. 961, f. 13, l. 5, pp. 2-3 - All. C,Appunti La sostituzione di Cadorna. 41 Cadorna precisava, in una lettera del 9 novembre 1922 al Sindaco di Treviso avv. Levacher: « .. . Il mio ordine del giorno del 7 novembre 1917 fu bensì emanato da Padova, ove mi trovavo dal 6 sera, ma fu concepito e scritto il 6, mentre ancor mi trovavo a Treviso, essendone partito in automobile nelle ore pomeridiane, insieme al Generale Giardino ... » Cfr. Vìta cittadina , settimanale del Comune di Treviso, n. 11, novembre 1928, p. 496 . 42 «Vittorio Emanulele III qui dimorò nel settembre 1903 giudice supremo delle grandi manovre che eseguite sul Piave furono insegnamento alla resistenza per la difesa nazionale nel 1917-1918. Treviso eroica trincea della gue1w liberatrice volle perpetuato nel venticinquesimo anno di regno del Re soldato e vittorioso il ricordo della fausta augurale dimora.» Cfr. Vita cittadina, settimanale del Comune cli Treviso, n. 11, novembre 1928, p. 500 . •14
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Richiesta di Dallolio a D 'Alessandro del 13 dic. 1917 per conoscere la verità sul comportamento degli artiglieri a Caporetto . (APTGP, Serie fascicoloni)
Negli anni successivi, sulla frase della prima lapide si sarebbero innestate diverse polemiche. Cadorna nel suo libro, Pagine polemiche , scrisse: «Si è fatto poi un merito all'On. Orlando, subito dopo Caporetto alla Presidenza del Consiglio di avere inculcato al Paese il resistere, resistere. resistere. Pur riconoscendo il radicale cambiamento della sua linea di condotta in questo periodo, debbo però ricordare che il sentimento della resistenza ad ogni costo già l'avevo inspirato io all'esercito col mio ordine del giorno del 7 novembre 1917 (e per mezzo dell'esercito alla Nazione) . Ed inoltre che, mutato ]o spirito dopo Caporetto e - già deciso il Paese all'estrema difesa, era facile all'On. Orlando - trascinato e non trascinante di predicare la resistenza ... ».43 Alcuni anni dopo, in occasione del conferimento della cittadinanza onoraria di Treviso a Cadoma, il «Generalissimo»44 avrebbe chiarito che «l'ordine del giorno del 7 novembre 1917 fu bensì emanato da Padova, ove mi trovavo dal 6 sera, ma fu concepito e scritto il 6 mentre ancora mi trovavo a Trevjso, essendone partito in automobile nelle ore pomeridiane insieme al Generale Giardino .» Dallolio, nei suoi appunti, aveva annotato che all'ordine del giorno di Cadorna si erano sovrapposte due altre azioni:
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L. Cadorna, Pagine polemiche, Milano, Garzanti, 1950, pp . 39-40. La cittadinanza onoraria fu concessa a Cadorna il I 5 giugno 1925. Treviso era particolarmente legata a Cadorna in quanto il Comando Supremo vi aveva stabilito la propria sede in due occasioni , come ricordava lo stesso Cadorna in un suo discorso: ali ' inizio della guerra «quando con incrollabile fede nel trionfo della nostra santa causa, lanciava l'Esercito italiano nell'immane conflitto. In quésta medesima città il Comando Supremo faceva ritorno nell'ora più tragica della guerra quando dopo un terribile disastro eleggeva Treviso a sua sede per dirigere l'Esercito sulla via dolorosa dall' Isonzo al Piave.» Cfr. Vita cittadina, settimanale ciel Comune di Treviso, n. 11, novembre 1928, pp . 503-505. 44
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eia.li e quasi t ut t i aerve::it1 perduti co i pezzi. Tenente genera.le coccanj,u,nte e;enera.l e di a rtig lieria . D'ALLESSA:~D~O .
Testo della risposta di D'Alessandro. (APTGP, Seriefascicoloni)
- il 6 novembre 1917 la pubblicazione del Manifesto al Paese firmato da 346 deputati; il 10 novembre l'emanazione del Proclama reale alla Nazione firmato da tutti i Ministri45 così commentato da Nelson Page: « ... Il Re emanò un breve ma vibrante appello, che squj]]ò come una tromba attraverso l 'Italia, ed il popolo si svegliò di fronte al pericolo e si alzò in faccia alla necessità come un solo uomo.» «Italiani! Il nemico, favorito da uno straordinario concorso di circostanze, ha potuto concentrare contro di noi tutto il suo sforzo. All'esercito austriaco che in trenta mesi di lotta eroica il nostro esercito aveva tante volte affrontato e tante volte battuto, è giunto adesso l'aiuto, lungamente invocato e atteso di truppe tedesche numerose ed agguerrite. La nostra difesa ha dovuto piegare; ed oggi il nemico invade e calpesta quella fiera e gloriosa te1Ta veneta da cui lo avevano ricacciato la indomita virtù dei nostri'padri e l'incoercibile diritto dell'Italia. Italiani! Da quando proclamò la sua unità ed indipendenza, la Nazione non ebbe mai ad affrontare più difficile prova. Ma come non mai né la mia casa, né il mio popolo fusi in uno spirito solo hanno v~cillato dinnanzi al pericolo, così anche ora noi guardiamo in faccia all 'avversità con virile animo impavido. Dalla stessa necessità trarremo noi la virtù di eguagliare gli spiriti all'altezza degli eventi. I cittadini su cui la Patria avea già tanto chiesto di 1inunzie, di privazioni, di dolori , risponderanno al nuovo e decisivo appello con un impeto ancora più fervido di fede e di sacrifi cio. I soldati, che già in tante battaglie si misurarono con l'odierno invasore, e ne espugnarono i baluardi e lo fugarono dalle città con il loro sangue redente, riporteranno di nuovo avanti le lacere bandiere gloriose al fianco dei nostri Alleati fraternamente solidali. Italiani, cittadini e soldati! Siate un esercito solo. Ogni viltà è tradimento, ogni discordia è tradimento, og1ù recriminazione è tradimento . Questo mio grido di fede incrollabile nei destini d'Italia suoni così nelle tTincee come in ogni più remoto lembo della Patria; e sia il grido del popolo che combatte e del popolo che lavqra. Al nemico che ancor più che sulla vitto1ia militare conta sul dissolvimento dei nostli spiriti e della nostra compagine, si risponda con una sola coscienza, con una voce sola: tutti siamo pronti a dare tutto per la vittoria e per l'onore d'Italia. Dato dal Quartier Generale il 10 novembre 1917 Vittorio Emanuele.» Il provvedimento di arretrare «il centro nervoso» della ritirata su Treviso era stato molto criticato, ritenendo che sigiùficasse «perdere di v~g1Ja complessità della manovra che.si stava tentando: portare a salvamen-
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fondo Dallolio , b. 961 , f. 13 , 1. 2; Proclama del Re alla Nazione - Roma 10 novembre 1917 .
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Lapide a Treviso su Palazzo Revedin sede del Comando Supremo dalle ore 20 del 27 ottobre alla sera del 7 novembre. (Proprietà Assenza)
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to il maggior numero possibile di uomini e mezzi.»46 Tra l'altro, le disapprovazioni erano provocate da due motivi: di carattere morale e di funzionalità. Per quanto riguarda l'aspetto morale, lo st01ico Mario Montanari mette in evidenza come debba essere adeguato al livello di Comando il principio «sacro» dell'arte della guerra, secondo il quale il Comandante debba sempre dividere le difficoltà delle sue truppe. Rileva, infatti, Montanari che «livello di Comando e circostanze rivestono al riguardo un peso determinante.» Una difesa, quasi «d'ufficio» veniva da parte del Generale Krafft von Dellmensingen, Comandante dell 'Alpenkorps, il quale evidenziava l'opportunità che il Capo di S. M. dell'Esercito restasse fuori dalla fiumana delle truppe provenienti dal fronte isontino in ritirata, per occuparsi anche del fronte de] Trentino, poiché il compito principale dj Ca.doma era diventato quello di salvare l'intero esercito.47 Il problema non riguardava esclusivamente la persona di Ca.doma, ma investiva l'organizzazione del Comando Supremo, che in quella occasione aveva dimostrato una «specie di paralisi» da imputare, probabilmente, all'azione di comando di Cadorna che, sino a quel momento, era stata eccessivamente personale, per cui allo Stato Maggiore non era stata lasciata libertà di iniziativa. In effetti, l'arretramento del Comando Supremo aveva avuto degli innegabi li risvolti, più psicologici che funzionali, sui reparti in ritirata; ma sarebbe stato possibile agire altrimenti? Non era forse più esiziale, piuttosto che la distanza frapposta fra truppe in ripiegamento e Comando, l'incomprensione (o ruggine?) fra il Capo di S. M. e alcuni Comandanti d' Armata che portava questi ultimi ad assecondare «il Capo» anziché contrariarlo sul da farsi? I1 30 ottobre, comunque, l'austriaco aveva raggiunto la riva sinistra del Tagliamento a Dignano, davanti a Spilimbergo, e il 31 tutta la riva sinistra del Tagliamento era in mano sua. Ma il fatto più grave avvenne quando gli austriaci riuscirono a sopraffare i reparti del 40° Reggimento Fanteria che sulla collina di Ragogna tentavano di sbarrare l'accesso alla stretta di Pinzano, una stretta molto importante perché in quel punto il Tagliamento scorre in un canyon. Gli austriaci avrebbero poi concesso l'onore delle armi ai superstiti del 40° Fanteria, ma intanto avevano creato il pericolo concreto di una manovra di avvolgimento per piombare a Pordenone e Conegliano, e chiudere in una sacca le truppe in ritirata, facendo così crollare la linea del Piave ancor prima della sua attivazione. Probabilmente, il vero momento di pericolo strategico per l'esercito italiano era stato questo, non tanto Plezzo o Tolmino, che erano soltanto momenti tattici, sia pur ben riusciti e amplificati dalla disorganizzazione generale e da un non con-etto funzionamento dello Stato Maggiore. In effetti i giorni più pericolosi erano stati i primi di novembre. Il 2 novembre, il Ministro Bissolati in una lettera aveva scritto: «Sono questi i tre o quattro giorni da cui dipenderà l'essere o non essere d'Italia. Qui faccio da animatore e da organizzatore col cancro ne]l'anima.»48 E sempre Bissolati, aveva annotato nel suo diario, sotto la data del 3 novembre: <<La notizia - l'Alto Tagliamento è forzato» .49 E il 4 novembre sarebbe stato dato }'ordine di ripiegamento sul Piave. -
Questa breve cronistoria dei fatti legati allo sfondamento di Caporetto porta a riflettere sul ripiegamento del Comando Supremo su Treviso: si era trattato effettivamente di un en-ore? Un Comando, per poter espletare l'azione di comando e controllo, ha bisogno di avere sul davanti una linea difensiva di protezione e si è visto che sino al 4 novembre non si sapeva quale sarebbe stata questa linea. Vero è che il Comando Supremo avrebbe potuto ripiegare per tappe successive anziché in un unico balzo all'indietro, ma con i mezzi di collegamento dell'epoca sarebbe stato un vantaggio o si sarebbe tra-
46
G. Rocca, Cadorna, op . cit., p. 29 1. M. Montanari , Politica e strategia ..., op. cit., p. 668 . •s MCRR, fondo Dallolio, b. 961, f. 13, 1.5 , p. 3- All. C , Appunti, La sostituzione di Cadorna . • 9 MCRR, fondo Dallolio, b. 961, f. 13, 1.5, p. 3- All. C , Appunti, La sostituzione di Cadorna. 47
43]
Il\! QUESTA CASA
NELL'ULTIMA DECADE DELL' orro·raa c 1917 IL COMANDO StPRE\!tO
DEL NOSTR O ESER.CtTO ALLESTIVA. IL PIANO DI SCHif 1t A!t1ENTO DELLE ARTIGLIERIE PER LA SUPREMA DIFESA DEL LA Pi\TRJ!\
ALLA PLL\VE 27-28
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Lapide a Treviso su Villa. Brigido sede Comando Artiglieria nel!'ottobre 1917. ( Proprietà Assenza)
mutato in un ulteriore svantaggio? Oltre tutto, con questo ripiegamento Treviso diventava il vero centro nervoso della manovra di salvataggio dell'Esercito e si riappropriava del ruolo di «Comando arretrato>> che per questa città era stato studiato, per tutte le evenienze, sin dal] 'inizio della guen-a. Dopo I' inizio del conflitto, infatti, erano stati predisposti lavori di trinceramento che, dal litorale del CavaJlfoo, attraverso Valho arrivavano sino a Treviso.50 La disposizione delle riserve, poi, baricentrica a differenza di quanto avvenuto a Caporetto, era un ulteriore fattore di sicurezza. Una decisione, quest'ultima, che avrebbe dimostrato la sua validità quando, al profilarsi del!' offensiva austriaca del 1.5 giugno 1918, la 2a Divisione di Cavalleria in riserva strategica veniva spostata in avanti a ridosso di Treviso, pronta a contrattaccare un 'eventuale penetrazione in profondità. A riprova del fatto che Treviso ne Il 'ultima decade dell'ottobre 1917 fosse divenuta il centro nervoso della manovra (nonostante qualche organo di comando fosse stato già decentrato ad Abano) va precisato che a poche centinaia di metri da Palazzo Revedin, sede del Comando Supremo, si trovava Villa Brigido, dove sarebbe stato approntato il piano di schieramento delle artiglierie ita1iane per controbattere l' offensiva austriaca; comprendendo in particolare, quello per la <<battaglia del solstizio» . La presenza del campo trincerato di Treviso era un punto fenno per il piano di resistenza, tenuto conto che fino a1 1O novembre sussisteva qualche perplessità al riguardo. Bissolati, infatti, il 31 ottobre
50 Ne ll 'archivio ciel Comune cli Jesolo è conservata una .lettera proveniente eia Caste] San Pietro, vicino Bologna, (località dove esso era sfollato) che segnalava al Comando Supremo il mancato pagamento di un gruppo di operai che nel maggio del J 9 J.6 aveva costruito le trincee da Cortellazzo sino a Portegrandi e Treviso. Si rileva , quindi, che erano stati predisposti degli apprestamenti difensivi sull'allineamento arretrato laguna veneta-Treviso , sui quali i reparti ripiegati nell'ottobre 1917 erano andati a innestare i propri lavori cli fortificazione campale.
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aveva scritto: <<Che cosa avverrà? È l'ignoto. Se riusciremo a t:rane in salvo al di qua del Tagliamento la III Armata ed i resti della II Armata potremo cominciare a sperare di fermarci molto indietro - forse sul Piave - forse sul Mincio.>> 51 Il «dove» fermarsi lo suggerisce, ancora una volta, Bissolati riportando il colloquio del 10 novembre con Giardino che gli aveva esposto il piano. «Venezia resiste sul Piave - sarà possibile un 10 o 12 giorni? Si prepara 2a linea sul campo trincerato di Treviso, 3a linea sul Bacchiglione. In questo caso Venezia è già scoperta - quid facenclum? Impossibile difesa, sottrarrebbe forze di fanteria e distruzioni città e artiglierie. Si prepara riannodamento truppe nel triangolo Padova-Vicenza-Castelfranco. Conferisco col Re s1:1l problema Venezia per cui vado a Roma. Mi esorta andare a Roma.» 52 Orbene, si era lasciato Dallolio al suo arrivo a mezzanotte del 27 ottobre alla stazione di Treviso. Il colloquio tra il Generale Dallolìo e Cadorna sarebbe avvenuto l'indomani mattina, 28 ottobre, alle ore 8, al rientro di Cadorna dalla messa celebrata nella contigua chiesa di Santa Agnese. In quell'occasione il «Generalissimo» aveva dato l'impressione di essere «addolorato, ma calmo e sicuro di sé» 53 - Dallolio, dopo il colloquio con Cadorna, avrebbe conferito con diversi Ufficiali del Comando Supremo, fra cui i Colonnelli Gabba e Gazzera che si occupavano del settore anni e munizio54 ni, e a seguito di tali colloqui, alle 11.30 sarebbe stato in grado di inviare un telegramma cifrato al Presidente del Consiglio (vedi Capitolo 32 «L'attività di Dallolio per il ripianamento delle perdite all'indomani di Caporetto»). A tavola, durante la colazione, Cadorna aveva detto: 55 «Porro legga il bollettino che è stato dato alla stampa.»56 Udita la prima frase, relativa ai reparti della II Armata «vilmente ritiratisi senza combattere o ignominiosamente arresisi al nemico», Cadorna aveva esclamato: <<No, questo no.» 57 Il Sottocapo P01To (che nella redazione del bollettino aveva raccolto il suggerimento del Senatore Albertini di richiamare «gli sforzi valorosi delie altre truppe» 58) esprimeva pacatamente le ragioni che avevano consigliato quella forma, per cui, alla fine, Cadorna avocava a sé la responsabilità del bollettino che, gettando tutte le colpe sui soldati: - veniva comurùcato, secondo consuetudine, direttamente dal Comando Supremo all'Agenzia telegrafica svizzera di Basilea, per cui il Ministro dell'Interno, quando si accorgeva delle infamanti accuse 1ivolte a11 'Esercito, interveniva sui Governi aileati pregandoli di agire affinché la stampa dei loro Paesi ignorasse il «testo Cadorna»; - finiva nelle redazioni dei giornali e faceva in tempo a comparire in alcune p1ime edizioni prima che ne venisse ordinato il sequestro nelle edicole. Ma ormai gli italiani ne erano venuti a conoscenza. Nello scrivere i propri appunti, Dallolio aveva poi commentato: «L'opi1ùone pubblica estera rimase penosamente impressionata. Gli ambasciatori d'Italia a Parigi ed a Londra me lo ripeterono pochi giorni dopo e analogamente mi risultò 1'effetto giornale in Amer:ica.»59 Del resto, era concorde anche il Capo di Gabinetto del Ministro degli Esteri, Sonnino, Luigi Aldovrand·i Marescotti: «Da ogni parte giungono dai nostri rappresentanti all'estero segnalazioni dell'impressione djsastrosa prodotta dal bollettino cli guerra del 28 .»<,o -
fondo Dallolio, b. 961, f. 13, 1.5 , p. 3- All. C,Appunti w sostituzione di Cadorna. fondo Dallolio, b. 961 , f. 13, 1.5, p. 6 -Ali. C , Appunti La sostituzione di Cadorna. 53 APTG P, serie fascicoloni, fase. XII, f. 8, appunti dal 27 ottobre al 31 ottobre 1917, p. 15. 54 È evidente che l'utilizzo cli messaggi in cifra era dovuto alla possibile presenza di spie. 55 APTGP, serie lettere ai farniliari, lettera ciel 26 maggio 1922 a Elsa. 56 Il bollettino era stato redatto dal Generale Porro e dai Colonnelli Foschini e Siciliani. 5 7 M. Montanari, Politica e strategia ... , op. cit., p. 598. 58 lbid., p. 5. 59 APTGP, serie fascicoloni, fase. XII, f. 8, Appunti dal 27 ottobre al 31 ottobre 1917. 60 L. Alclrovandi Marescotti, Guerra diplomatica, Mondadori, Milano 1937, p. 12.
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Riiaglio dell'edizione straordinaria della Gazzetta del 28 ottobre 1917. (APTGP, Seriefascicoloni)
Il Commissario degli Approvvigionamenti e Consumi, Crespi, allo scopo di fare pressioni sugli Alleati aveva attribuito la ritirata italiana dall'Isonzo allo scarso nutrimento dell 'Esercito, che aveva provocato una depressione morale della II Armata: «Con ciò ho anche cercato di correggere la dolorosissima impressione del comunicato Cadoma che attribuisce Caporetto a viltà dei soldati. Questo comunicato fu pubblicato integralmente all'estero, non in ltalia.» 61 La pubblicazione integrale all'estero sarebbe stata poi confermata da Salvatore Barzilai, delegato alla . Conferenza della pace: «Il bollettino . . . fu mandato integralmente a Londra, ove ebbe effetto assai deprimente: gente da me incontrata qualche giorno dopo, proveniente dalla capitale inglese, diceva che gli italiani in quei giorni erano costretti a tapparsi a casa.»62 Comunque, come nota lo storico Cilibrizzi, indipendentemente da chi avesse redatto il bollettino, la responsabilità ricadeva su Cadorna per due motivi: - da un punto di vista generale, riguardante la deontologia militare, il Comandante è sempre responsabile, almeno moraImente, dell'operato dei propri sottoposti; - in particolare, perché, alla fine, il testo era stato approvato dal «Generalissimo», pur non essendo stato da lui redatto. Fatto grave però, era stato il pronto sfruttamento del bollettino da parte della propaganda austriaca che aveva fatto lanciare sulle linee italiane manifestini con il seguente testo: «Italiani! Cadorna ha l'audacia di accusare il vostro esercito, che tante volte si è lanciato per ordine suo, ad inutili e disperati attacchi! Questa è la ricompensa al vostro valore! Avete sparso il vostro sangue in tanti combattimenti. II
61 62
S. Crespi , Alla d(f'esa d'Italia ... , op. cit., p. 12. S. Barzilai, Luci ed ombre del passato, Treves, Milano 1937, p. 177.
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nemico stesso non vi negò la stima dovuta ad avversari valorosi. E il vostro generalissimo vi disonora, vi insulta per discolpare sé stesso.»63 Nel frattempo Orlando, Ministro dell'Interno (e Presidente del Consiglio «in pectore») , aveva preparato una nuova versione ufficiale da diffondere, ma nonostante il suo intervento in extremis, l'Italia ormai era venuta a conoscenza delle pesanti accuse rivolte alla truppa . D ' altra parte, «il tradimento» era stato sempre l'alibi su cui Cadorna aveva appoggiato la sua azione nei confronti del potere politico, tanto che, il 27 ottobre, telegrafava al Presidente dimissionario Boselli: <<L'Esercito cade non sotto i colpi del nemico esterno, ma sotto i colpi del nemico interno, per combattere il quale ho inviato al Governo quattro lettere che non hanno ricevuto risposta.»64
TESTO INIZIALE (CADORNA)
TESTO SUCCESSIVO (ORLANDO)
La mancata resistenza di reparti della II Armata, vilmente ritiratisi senza combattere o ignominiesamente arresisi al nemico, ha permesso alle forze austro-germaniche di rompere la nostra ala sinistra sulla fronte Giulia.
La violenza dell'attacco e la deficiente resistenza di alcuni reparti della II Armata hanno permesso alle forze austro-germaniche di rompere la nostra ala sinistra sul fronte Giulio.
PARTE COMUNE AI DUE COMUNICATI Gli sforzi valorosi delle altre truppe non sono riusciti ad impedire all'avversario di penetrare sul sacro suolo della Patria. La nostra linea si ripiega secondo il piano prestabilito. I magazzini ed i depositi dei paesi sgombrati sono stati distrutti . p valore dimostrato dai nostri soldati in tante memorabili battaglie combattute e vinte durante due anni e mezzo di guerra, dà affidamento al Comando Supremo che anche questa volta l'Esercito, al quale sono affidati l'onore e la salvezza del Paese, saprà compiere il proprio dovere.
Dallolio, anni dopo, riferendosi alla lettura del bollettino da patte di Porro, in presenza di Cadorna, avrebbe ammesso: «Certo che col mio vicino dissi "per Dio che frustata"» e pure «ebbi l'impressione cli una violenta frustata al viso» .65 Poi, nella lettera del 1922 alla figlia avrebbe anche chiarito: «Io non approvai il bollettino né lo disapprovai pubblicamente, me ne disinteressai» perché era stato detto che ormai era in possesso della stampa. Ma a Treviso, come soggiunto da Da11olio « ... gli stessi Ufficiali dello Stato Maggiore, quando avevano letto il bollettino si erano resi conto delle implicite conseguenze. Gallarati Scotti aveva detto profeticamente "sarà la rovina di Cadorna"» .1;6 In merito a questa faccenda, però, Dallolio era rimasto molto perplesso sul ruolo giocato dai due Ministri , Bissolati (dell'Assistenza militare e delle pensioni) e Comandini (Ministro senza portafoglio, prima, e Commissario Generale per l'assistenza civile e la propaganda interna, poi), inviati dal Presidente del Consiglio Boselli a Treviso, «i quali ebbero un lungo colloquio con Cadorna prima della . pubblicazione del Bollettino».67 Secondo lo storico Seton-Watson, il testo «era stato approvato in precedenza da Bissolati e dal Ministro della Guena.»68
L. Segato, L'Italia nella guerra mondiale, Vallardi, Milano 1927, p. 506; cfr. anche S. Cilibrizzi, Storia Parlame,uare e Diplomatica d'Italia, Napoli, Treves, ..... ..Voi. VII, p. 112. 6" G . Rocca, Cadorna, op . cit., p. 292. 65 APTGP, serie fascicoloni, fase. XII, f . 8, Appunti dal 27 ottobre al 31 oltobre 1917, p . 9. 66 G. Rocca, Cadorn.a, op. cit., p: 293 . 6' APTGP, serie lettere ai familiari , lettera ciel 26 maggio 1922 a Elsa. 68 C. Seton-Watson, Storia d'Italia dal 1870 al 1925 ... , op. cit., p. 554 .
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In seguito, ripercorrendo i fatti di Caporetto, Dallolio aveva annotato un brano, tratto da uno dei tanti tomi destinati a sviscerare quella vicenda , che metteva in evidenza come, tanto dai compilatori che dallo stesso Cadorna, fossero state sottovalutate le conseguenze del comunicato che attribuiva al tradimento e alla vigliaccheria le cause uniche del disastro . Secondo una prassi consolidata presso tutti gli eserciti, finalizzata ad attenuare le notizie su verità dolorose (ad esempio i resoconti sullo scacco di giugno di fronte all'Hermada, la sconfitta dell'Ortigara, le forti perdite nell'azione contro il San Gabriele), era pressoché obbligatorio far apparire la viltà e l'ignominia molto più gravi cli quanto fossero state in realtà . Ma questa distorsione nel comunicato diffuso alla stampa aveva finito col provocare conseguenze opposte a quelle che si era ripromesso Cadoma: - sollecitando l'opinione pubblica nazionale e alleata a ritenere inadeguate le decisioni militari e governative; - consentendo alla propaganda nemica, in un manifesto intitolato «Italiani, Italiani», di accusare il «Generalissimo di disonorare ed insultare per discolpare sé stesso» . Tale manifesto, infatti, accusava Cadoma di «ricorrere ad uno strano espediente per scusare Io sfacelo. Egli ha l'audacia di accusare di viltà il vostro esercito, il fiore della vostra gioventù .. . che condannò a inutili e disperati attacchi. Questa è la sua ricompensa al vostro valore! [mentre] in tanti combattimenti il nenùco stesso mai vi negò la stima .. .» .69 Il Governo, cercando di correre ai ripari , specie nei confronti del!' opinione pubblica estera, e apportando la modifica su lla violenza dell'attacco e la deficiente resistenza di alcuni reparti, finalizzata a ridare l'onore all'Esercito, aveva stemperato l'infelice frase del comunicato iniziale, ma nel contempo aveva dato adito a Cadorna, che ancora non sapeva della caduta del Gabinetto Boselli, di innescare una polemica con il Generale Giardino, ritenendolo ancora Ministro della Guerra, scrivendogli, il 29 ottobre: «Ho visto che il Governo ha creduto opportuno di modificare il testo del Bollettino di guerra del 28 di cui V.E. aveva sentito la lettura qui a Treviso A tale riguardo ritengo opportuno V.E. sappia come la designazione fatta dal Comando Supremo relativa a riparti dell'Armata che mancarono al loro dovere abbia avuto lo scopo di impedire che l'onta, annunciata anche nei comunicati di guerra del nemico, ricadesse su tutto l'Esercito e nel bollettino stesso mentre si bollavano d 'infamia tali reparti, si esaltava l'eroismo degl i altri e si confermava la fiducia del Comando nelle truppe . Circa l'aggiunta che il Governo ha creduto cli fare, introducendo il concetto della violenza dell'attacco nemico , debbo osservare che questo non risponde a verità dei fatti alla quale il bollettino si è sempre ispirato, e la mancata resistenza fu dovuta, più che all'urto nemico alla fellonia morale, frutto cli deleteria infl uenza proveniente dall'interno del Paese.»10 Ma il bollettino di Cadorna aveva provocato anche un altro effetto perverso. Le accuse contenute nel testo originario erano state riprese e inserite in «falsi bollettini Cadorna» infamanti alcune Brigate dell'Esercito. Il 19 febbraio 1918 la Camera aveva preso in esame l'interrogazione dell' On. Bevione al riguardo, e il Sottosegretario di Stato per l'Interno Bonicelli, chiarendo che la Direzione Generale di Pubblica Sicurezza e 1'Autorità militare appena avuta notizia dei bollettini apocrifi avevano svolto le più scrupolose indagini, affermava: «Queste indagini condussero alla raccolta di indizi e di prove, se non proprio di colpabilità, di partecipazione al fatto della diffusione a carico di una ventina di individui tutti deferiti all'autorità giud iziaria, la quale prosegue nelle indagini . Il Governo si rende pieno conto della gravità di questo e di altri fenomeni consimili e del nesso che questi fenomeni possono avere con un piano generale di offensiva psicologica ordita dagli imperi centrali contro l'Intesa e della somma importanza che avrebbe la scoperta e la determinazione concreta di questo nesso. II Governo pone in opera, con la più assidua e salda volontà di raggiungere lo scopo, tutti i mezz.i di cui dispone.>> 7 1
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serie fascicoloni , fase. VII, f. 6, p. 2, Allegato X , Circa il comunicato sulle operazioni in data 28 ottobre 1917. serie fascicoloni, fase . XII, f. 8, Appunti dal 27 ottobre al 31 ottobre 1917, p. 9. Legisl. XXIV, l" Sessione, Discussioni, Vol. XV, p. 15 .842.
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Sulle impressioni riportate a Treviso il 27 ottobre, Dallolio dovette rispondere ufficialmente quando i1 Presidente della Commissione d'Inchiesta sui fatti di Caporetto (istituita con r.d. n . 35 del 12 gennaio 1918) gli inviò un questionario per conoscere la sua opinione su alcuni argomenti attinenti alle indagini. In pa1ticolare, al punto n. 15 del questionario, gli veniva richiesto il parere sul comunicato originale del Comando Supremo e sull'influenza da esso esercitata sul morale dell'esercito, sul Paese e sulla pubb1ica opinione all'estero. Dallolio ribadì la sensazione della «frustata in pieno viso», sottolineando che «i n quel giorno a Palazzo Revedin le impressioni erano di salvare quello che si poteva, dato il crollo fulmineo di tutte le immaginate difese e le notizie erano assolutamente sconfortanti non solo per quanto riguardava la grande massa, ma anche per i singoli reparti della II Armata. Ogni efficienza si diceva sparita...».72 L' analisi fatta dal Generale Dallolio rispondendo al questionario della Commissione d'inchiesta, metteva in luce l' effetto disastroso che si era verificato all'estero, testimoniato dagli Ambasciatori d'Italia a Parigi, Londra e Washington, e non attribuiva le cause del cro11o soltanto alla propaganda pacifista. <<Naturalmente io non escludo la feccia ma il disastro fu troppo grande per crederlo solo dovuto ai propagandisti di una pace, integrazione delle peggiori vergogne.» 73 Dallolio, infatti, riteneva che alla base del disastro di Caporetto vi fosse stato un problema morale delle truppe, che non sentivano «le grandi finalità della nostra guerra per aver troppo la paura delle punizioni e c'era una grande miseria morale di soldati non più nelle mani dei Capi» .74 Una frase di Dallolio, scritta il primo agosto 1917 alla figlia Elsa, fa pensare quasi a una sua premonizione del disastro che stava maturando mentre si radunavano «armi ed armati»: «Si fanno degli sforzi enormi per riunire quanto vogliono, ma si fanno degli sforzi materiali e si dimenticano gli sforzi morali.»75 Dopo l' incontro con Cadorna del 28 ottobre, Dallolio, come riportato da lui stesso, aveva deciso di verificare personalmente la situazione: «Quando potei incamminarmi verso il Tagliamento ebbi 1o spettacolo dello sfacelo de11a II Armata. Ricordo perfettamente quanto mi fu detto allora dai Capi e dai Generali Vaccari, Sagramoso e gli altri che vidi i quali tra le altre preoccupazioni avevano quella di una infiltrazione nella III Armata degli sbandati della II Armata e dell'avanzarsi di una corrosione ... Il nemico aveva sfondato le linee del VII Corpo (Bongiovanni) e occupato Udine, la piena del Tagliamento rompendo alcuni ponti e impedendo il gittarnento di altri ingenerava una gran crisi nel passaggio del fiume.»76 E in questa situazione erano emerse le caratteristiche di Dallolio, ossia la sua fiducia nel Paese e la sua capacità cli infonderla agli altri : «Tutti mi chiedevano E il Paese? Avrà il Paese la sensazione del pericolo? Ora come allora ripeto quanto poi ebbi anche a dire al Consiglio dei Ministri. Il Paese salverà l'Esercito. Il grido della Nazione all'Esercito "resistere per la fermezza di un popolo che dopo i sacrifici sopportati trovò nuovi germi vivaci di coraggio e di onore dando una sola parola d'ordine ai fratelli combattenti: La patria è nelle vostre mani".» Mentre il Generale Giardino era rientrato quasi subito a Roma, Dallolio era rimasto a Treviso, in un vagone del convoglio speciale che era stato spinto su un binado motto , e in questo ufficio di circostanza aveva occasione di parlare con S .A.R. jl Duca d'Aosta, Comandante della IlI Armata, con i Geo.erali Pecori Girardi e Robillant, e con i Ministri Bissolati e Comandini. Dallolio si era anche preoccupato di rincuorare, ove necessario, Comandanti d'Armata e Corpo d'Armata - che dopo molte ricerche era riuscito a incontrare - tranquillizzandoli circa le perdite di anni e munizioni subite, impegnandosi personalmente sul loro ripianamento e assicurando l'esistenza di consistenti riserve alle quali si sarebbe attinto.77
n APTGP , serie fascicoloni, fase. XH, f. 8, Appunti dal 27 otlobre al 31 ottobre 1917, p. 10. n APTGP, serie fascico loni, fase. XII, f. 8 , Appunti dal 27 ottobre al 3./ ottobre 1917.
serie fascicoloni, fase. X , lettera RR del 16 ottobre 1918 del Generale Dallolio al Generale Caneva serie Lettere ai familiari, lettera l O agosto I 9 17 a Elsa. 76 APTGP, serie faseieoloni , fase . XII , f . 8 , Appunii dal 27 ottobre al 31 ottobre 19.17, pp. 7-8. 77 APTGP, serie lettere ai familiari, di Gina anno 1917.
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A destra: comunicazione effettuata dal Comandante della JA Armata a Dallo/io sul 'andamento del ripiegamento. A sinistra: testo c(frato della comunicazione effettuata dal Comandante della JA Armata sull'andamento del ripiegamento. (APTGP, Serie fascicoloni) /
Quel vagone sul binario morto, era diventato anche un «Ufficio Situazione» al quale confluivano le comunicazioni per tenere aggiornato Dallolio, come quella inviatagli il 3 novembre dal Duca d'Aosta che relazionava sull'andamento della ritirata della III Armata. La sera del 29 ottobre Dallolio ripartiva per Roma, ma prima di rientrarvi telegrafava al Sottosegretario Bignami: «Parto questa sera, sarò domani a Roma. Situazione sempre grave Terza Armata, causa difficoltà arrivare ponti Tagliamento, accresciute guasti ponte Madrisio» .78 L'indomani Dallolio sarebbe stato riconfermato nell'incarico di Ministro per le Armi e Munizioni nel nuovo Gabinetto Orlando. Dallolio, lasciato da poco il Comando Supremo a Treviso, non aveva potuto incontrare il Generale Foch che vi era giunto poco dopo la sua partenza, e così, ad accogliere il «generalissimo francese» a Treviso era stato Cadorna, che così l'avrebbe ricordato: « ... Giunse alle 6,30 del 30 ottobre. Assunse subito il tono di chi dà consigli, ma gli chiusi tosto la bocca assicurandolo che tutto ciò che egli suggeriva, era già stato fatto.»79 Il 7 novembre Cadoma avrebbe lanciato all'Esercito il seguente ordine del giorno: «Con indicibile dolore, per la suprema salvezza dell 'Esercito e della Nazione, abbiamo dovuto abbandonare un lembo del sacro suolo della Patria, bagnato dal sangue e glorificato dal più puro eroismo dei soldati d'Italia.
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APTGP, serie fascicoloni, fase . XII, f. 8, Appunti dal 27 ottobre al 3 I ottobre 1917. Cfr. Vita cittadina, settimanale del Comune di Treviso, n. 11 , novembre I 928, pp. 496-497.
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Ma questa non è ora di rimpianti. È ora di dovere, di sacrificio, di azione. Nulla è perduto se lo spirito della rise.o ssa è pronto, se la volontà non piega. Già una volta, sulla fronte trentina , l'Italia fu salvata da difensori eroici che tennero alto il suo nome in faccia al mondo ed al nemico. Abbiano quelli di oggi l'austera coscienza del grave e glorioso compito ad essi affidato, sappia ogni comandante, sappia ogni soldato qual'è questo sacro dovere: lottare, vincere, non retrocedere di un passo. Noi siamo inflessibilmente decisi: sulle nuove posizioni raggiunte dal Piave allo Stelvio, si difende l'onore e la vita dell'Italia. Sappia ogni combattente quale è il grido e il comando che viene da11a coscienza di tutto il popolo italiano: morire non ripiegare.»80 Per Dallolio, diretto responsabile de] ripianamento delle Artiglierie e delle munizioni, Caporetto era stato un grave colpo ma anche la riprova delle sue capacità di previsione. La sua opera sarebbe stata sintetizzata dal Senatore Dante Ferraris, al termine della riunione degli Industriali di guerra, tenutasi il 24 novembre 1917: « ... Vennero le giornate tristi, i momenti angosciosi. Una gran parte di quello che era stato fatto in due anni a prezzo di tanti sforzi, in pochi giorni fu perduto. Fu un momento di grande immenso sconforto per tutti, si temeva per il domani, si dubitava di non poter più rimediare in tempo. Ebbene egli non si scoraggiò, chiamò nuovamente a raccolta i suoi più fidi collaboratori, si rifecero programmi, si presero nuove e più energiche disposizioni, si riprese con maggiore lena il lavoro sotto la sua vigile ed amorevole sorveghanza ed il miracolo fu compiuto. Pochi mesi dopo, secondo le promesse allora fatte e fedelmente mantenute, il nostro Paese aveva nuovamente i mezzi per vincere, ed i nostri valorosi soldati seppero vincere e vincere brillantemente come forse nessun esercito ha vinto mai.»81 Operazioni del Basso Piave Dallolio, Direttore di Artiglieria nella città lagunare, si era impegnato a realizzare una cintura di forti in terraferma, integrata da artiglierie su natanti lungo le vie d'acqua interne per difendere quella piazzaforte. L'occasione per mettere alla prova questo sistema era stata offerta dal ripiegamento dei marinai delle basi di Grado e Monfalcone che, nella notte sul 28 ottobre 1917, sotto una tempesta di scirocco, avevano provveduto a recuperare le artiglierie che potevano essere portate in salvo a Venezia. In particolare, il pezzo da 152/50 installato a Punta Sdobba - nonostante l'ordine iniziale di distruggerlo perché mancavano mezzi di trasporto - era stato smontato dal basamento in sei ore a opera di un gruppo di marinai che si erano immersi nelle acque tempestose, quindi recuperato e caricato. su una nave. Gli altri pezzi che non era stato possibile salvare, per indisponibilità di mezzi, vennero smontati e sepolti sul posto sotto la sabbia.82 Il salvataggio verso Venezia era avvenuto a bordo delle navi Folgore, Saetta e Sauro, stracariche di profughi, mentre i natanti minori (compresi i mezzi dell'Azienda Trasporti Navigazione Interna Lagunare di Venezia) venivano istradati per canali interni. I1 personale della Difesa di Monfalcone «dopo aver data tutta la sua opera per tre notti e tre giorni consecutivi, stante la deficienza di mezzi e le pessime condizioni del tempo che non permettevano di eccedere sul carico dei barconi, in ordine perfetto compì la marcia da Monfalcone a Mestre, giungendo alla meta con completa serenità d'animo e saldezza di spirito.»83 In quel momento era presente a Venezia il Capo di S. M. della Marina, Ammiraglio Thaon di Revel che, vedendo ripiegare i marinai delle Basi di Grado e Monfalcone, ordinava che venissero subito riordinati a Venezia84 e immediatamente reimpiegati in avanti sul Piave. Con questi marinai, rimasti privi di navi o di basi, venivano costituiti:
so MCRR, fondo Dallolio, b. 961, f. 13, 1.5, p. st APTGP, serie fascicoloni, fase. XII, f. 9.
11, Appunti La sostituzione di Cadorna.
G. Scarabello, Il martirio di Venezia, TI Gazzettino illustrato, Venezia 1933 , Yol. 11, pp. 254-255. lbid. , p. 255. 84 Il riordino dei reparti Marina avvenne al carcere femmi1ùle della Giudecca e ali' «Ospizio a mare» al Licio. 82
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1) reparti di combattenti a terra da impiegare a Cortellazzo, alla foce del Piave, protetta sino a quel momento da un velo di forze costituito da una compagnia della Guardia di Finanza e da uno Squadrone appiedato di «Cavalleggeri di Lucca». Il primo nucleo delJe nuove forze era il Battaglione Monfalcone, agli ordini del Capitano di Fregata Starita,85 che prendeva posizione il 9 novembre e sosteneva i primi combattimenti il successivo giorno 13, per respingere un tentativo di sbarco da parte degli austriaci che, con tre barconi, approfittando dell'oscurità, avevano provato a sorprendere i marinai.86 Quindi venivano costituiti i Battaglioni Grado e Caorle, formati da marinai prove1ùenti dal fronte dell'Isonzo o da Venezia. Per ultimo veniva costituito il Battaglione Navi attingendo alle difese di La Spezia e Messina. Con questo organico il Reggimento Mmina andava a far pa1te della 4a Divisione del 23° Corpo d' Armata. Dopo un paio di giorni dall'arrivo del Battaglione Marinai in prima linea, gli austriaci attaccavano riuscendo a superare il P iave, ma venivano contrattaccati alla baionetta nel corso di feroci combattimenti in cui i marinai italiani riconquistavano quasi tutte le posizioni prima perdute. Ma il 15 novembre i marinai italiaiù ricevevano l'ordine, incomprensibile, di abbandonare il terreno riconquistato e ripiegare dietro il Ca.vetta. Era accaduto che, più a nord, l'austriaco aveva superato di sorpresa il Piave, costituendo una testa di ponte a Zenson. Di conseguenza, gli italiani dovettero trascorrere l'inverno del 1917 davanti alle posizioni. di Cortellazzo. Di questa «sosta forzata», oggi rimane traccia su una lapide di marmo con incise, oltre a una merìdiana, le date dei principali combattimenti: 13-14 novembre,19 dicembre 1917, 20 giugno e 2-5 luglio· 1918. 2) un Raggruppamento Artiglieria di Marina su natanti, che già j! 6 novembre erano pronti a prendere posizione annidandosi nei canneti della Piave Vecchia e del Sile. Miracolo reso possibile dall'Arsenale di Venezia che, lavorando giorno e notte , era riuscito ad allestire a tempo di record un parco aitiglieria su natanti, utilizzando bocche da fuoco recuperate e trasportate dall'Isonzo al Piave dai presidi di Grado e Monfalcone - compresa la bocca da fuoco da 152/50 recuperata a Punta Sdobba87 - o prelevando altre a1tiglierie da navi o batterie costiere8~ che in quel momento avevano priorità minore. Si trattava di circa 150 bocche da fuoco, alcune di piccolo calibro (montate su pontoni come le Raganelle , con pezzi da 76/30, i Ranocchi, con due pezzi da 76, e i Martora , con i pezzi da 76/40), altre di medio calibro (sui pontoni Foca e gli Orso, con pezzi da 152/40), e altre ancora di grosso calibro (sui pontoni Tigre , Vodice , Cucco, Mo11.falcone ecc., con pezzi da 203 e 305/40). Tutte queste artiglierie venivano dislocate nella laguna nord di Venezia, nei vari canali di derivazione del Piave e sul Sile con raggio d'azione da San Donà al mare. Quelle che non erano montate su natanti venivano schierate sulle spiagge del Cavallino. La validità della concezione difensiva dì Venezia del Generale Dallolio superava la prova la prima volta quando una Divisione navale austroungarica (navi Budapest, Arpad e Spaun scortate da una squadriglia di Cacciatorpediniere, siluranti, dragamine e sommergibili) appariva di fronte a Cortellazzo iniziando il fuoco con i grossi calibri, su tutta la zona, contro le batterie italiane. Poco dopo, però, la squadra austro-ungarica si dileguava, sia per la reazione proveniente da terra, sia per l'approssimarsi di una Divisione al comando del Contro Ammiraglio Casanuova, uscita da Venezia89 su ordine del Comando in Capo.90 La concezione difensiva del Generale Dallolio avrebbe trovato ulteriore conferma della sua validità, allorché le truppe austriache avevano dovuto ripiegare dalla testa di ponte di Zenson (Natale 1917) per
I l Battaglione aveva una forza di 22 U fficiali e 899 fra sottufficiali graduati e comuni . A eccezione del Comandante e ciel medico gli Ufficiali inferiori erano tutti dell'Esercito. 86 G . Scarabello,/1 martirio di Venezia , op. cit., Voi. IJ, p. 277. 81 !bici. , p. 254. ss !bici. 89 Navi Saint Bon , Filiberto , gli esploratori Aquila e Sparviero , una squadrigl ia di cacciatorpediniere , squadriglie cli siluranti, 5 M.A.S . 90 G . Scarabello , Il martirio di Venezia, op . cit. , Vol.11, p. 397.
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Artiglierie montate su natanti - Caposile «Raganelle» mascherate. (Tratta da Scarabello "Il martirio di Venezia". Gentile concessione Ufficio Storico della Marina Militare)
Ar1.igli.erie montate su natanti sul Piave Vecchio. I «Ranocchi» mascherati. (Tratta da Scarahello "Il martirio di. Venezia". Gentile concessione Ufficio Storico della Marina Militare)
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Artiglierie montate su natanti sul Piave Vecchio - Un pezzo da 76/40 del pontone ((Martora» pronto per l'azione. (Trai/a da Scarabello "Il martirio di Venezia" . Gentile concessione U.ftìcio Storico della Marina Militare)
Artiglierie montate su natanti sul Piave Vecchio - Il «Foca 3» con cannone da 152/40. (Tratta da Scarabello " li martirio di Venezia". Gentile concessione Ufficìo Srorico della Marina Militare)
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la scarsezza di viveri91 e per .il mancato appoggio del fuoco della loro flotta92 che, pur essendosi presentata davanti alla penisola del Cavallino, era rimasta al largo per evitare la possibile offesa delle batterie italiane «di gran potenza» proveniente dai «forti» voluti da Dallolio. L'ansa di Zenson si era creata perché «il nemico non ha tentato il passaggio del fiume con spiegamenti considerevoli di forze e mezzi, ma si è limitato ad audaci tentativi con alcuni reparti per conseguire facili successL È riuscito soltanto.là dove la nostra vigilanza difettava, la nostra difesa era male organizzata, dove purtroppo i nostri reparti non hanno tenuto fermo contegno. Tutti gli altri numerosi tentativi sono stati soffocati all'inizio . .. ».93 A questo va aggiunta ]'abitudine dei fanti agli ampi campi di visuale e di tiro dopo tanti mesi di impiego sul Carso, mentre quelli lungo il Piave erano molto limitati. La scomparsa della testa di ponte austriaca di Zenson aveva inficiato la promessa, fatta dagli Ufficiali della Divisione austro-ungarica, di far assistere i propri soldati alla Messa di Natale entro la Basilica di San Marco e, contemporaneamente, annullava quella spina nel fianco di Venezia che minacciava di entrare nella sua laguna. Venezia era ancora una volta salva, e il Generale Dallolio poteva scrivere alla figlia Elsa: «Non sognare di riacquistare il perduto tutto ad un tratto. L'essenziale è rendere impossibile l'avanzata e difendere Venezia.»94 E poco tempo dopo a Gina: «La difesa come vedi comincia sul Piave, si tiene e Venezia resiste, occon-e resistere e resistere sempre.»95 Dallolio rimpiangeva che si fosse perduta l'occasione dell'aiuto proposto da Lloyd George nel 1916, con il quale si sarebbe spostato lo sforzo principale sul fronte italiano: «C'è stato un momento che venti Divisioni in Italia con mille bocche da fuoco potevano fare il buco .. . l'occasione è passata ma occorre resistere e si resiste bene sul Piave.»96•97 L'ansa di Zenson, che aveva creato problemi alle truppe austriache ne11'attraversamento del Piave dalla sponda sinistra alla destra, aveva reso la vita difficile anche ai difensori italiani, tanto che La Tradotta, giornale della III Armata, riportava un'ingenua poesia dedicata a loro, veterani della «Classe del 99» .98 Nella poesia, quei difensori veterani erano chiamati «veterani giovanetti>>, perché proprio a Zenson e in una località poco più a nord, il Molino della Sega - laddove g]j austriaci erano riusciti a superare il filone principale del Piave raggiungendo un ramo di derivazione - era avvenuto il «battesimo del fronte dei Ragazzi del 99»,99 come recitava l'Ordine del giorno all'Esercito del Comando
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Oltre al mancato appoggio logistico, c 'era stato anche il problema dello sgombero dei feriti, impossibilitato dalla presenza dell'ostacolo costituito ciel Piave alle spalle. 92 Il 20 dicembre 1917, una Squadra navale forte di 22 unità fra cui due corazzate, presentatasi al largo della penisola del Cavallino per appoggiare il proprio esercito nell'azione sul basso Piave, era stata costretta a restare al largo per sottrarsi al flloco di cannoni dì grande potenza dei forti voluti da Dallolio. La maggior parte dei tiri della Squadra navale andò dispersa in mare e solo pochi colpi caddero nelle vicinanze del faro di Piave Vecchia. 93 Diario Storico III Armata, Voi. VII, p. 407 9 ' APTGP , serie lettere ai familiari, lettera 11 dicembre 19 I 7 a Elsa. 95 APTGP, serie lettere ai familiari, lettera 25 dicembre 1917 a Gina. 96 APTGP, serie lettere ai familiari, lettera 1 dicembre 1917 a Elsa. 9 : Il concetto di <~resistenza», sempre messo in primo piano da Dallolio, era stato interiorizzato, prima di tutto, dalla classe politica. Il 6 novembre 1917, durante la prima riunione della Conferenza di Rapallo, alla presenza cli Sonnino, Painlevé, Franklin Bomillon, Barrére, Lloyd George e il Generale Smuts , il Presidente ciel Consiglio Orlando proclamava la resistenza «a qualunque costo, a costo di ritirarsi nella mia Sicilia» (cfr. MCRR, fondo Dallolio, b. 961, f. 13, I. 2, Appunti luigi Cadorna - Pagine polemiche). In quell'occasione egli aveva dimostrato particolare tempra, tanto che Lloyd George, 1iferendo su detta Conferenza, scriveva nelle sue Memorie di guerra: «Entrambi [Orlando e Sonnino] erano uomini di indubbio coraggio e in nessuna altra occasione lo hanno dimostrato in modo così cospicuo come in questa crisi del loro paese ... >> ( cfr. MCRR, fondo Dallolio, b. 961, f. 13, 1. 2, Appunti Luigi Cadorna - Pagine polemiche). 9 s «Ah che orgoglio giovanile poter dire a tutti: io son laureato a Capo Sile o nell' ansa cli Zenson. Benedetti, benedetti veterani giovanetti.» Cfr. La Tradotta, Giornale III Armata, numero ciel 31 marzo 1918. 99 Contro l'infiltrazione austriaca di «Molino della Sega» , un reparto Bersaglieri costituito in maggioranza da giovani diciottenni della classe del 99, al comando ciel Capitano Medaglia d 'Oro al V. M. Francesco Rolando, riusciva ad arginare, prima, e poi a ricacciare ÌJJdietro l'attaccante. Da questi fatti prendeva le mosse l'Ordine del giorno del Comando Supremo del 18 novembre 1917.
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Difficoltà per i r(fornimen.ti alle truppe austriache attraverso il Piave. (Tratta da E. Bucciol "Il Veneto nell'obiettivo austro ungarico")
Supremo in data 18 novembre 1917.l(JO In effetti, Diaz era rimasto colpito dal comportamento di quei giovani, tanto da dire «Li ho visti i Ragazzi del 99, andavano in prima linea cantando; li ho visti tornate in esigua schiera e cantavano ancora.» Il Molino della Sega (toponimo derivato da un'antica segheria per la lavorazione dei tronchi fluitati lungo il Piave) situato lungo una lingua di terra lambita da due corsi d'acqua minori (Zero e Piavesella) in corrispondenza dell'allineamento San Bartolomeo-Negrisia, si era trovato al centro dello sforzo che la 29" Divisione boema avrebbe dovuto svi luppate il 16-17 dicembre 1917, in direzione di Fagaré «per sgomberare la strada d'accesso a Treviso». 101 Precedenti tentativi di guadare il Piave, più a nord, in corrispondenza delle Grave di Papadopoli -erano falliti, ma il 16 novembre, il tentativo a sud era riuscito grazie a uno stratagemma: «I Bersaglieri videro tutt' a un tratto degli austriaci lanciarsi in acqua, raggiungere la riva e, con le braccia levate, accorrere verso di loro come se avessero voluto arrende~~i . Il Comandante del Battaglione ebbe un attimo di esitazione, subito dissipata non appena si accòrse che la seconda linea, avanzando, aveva mantenuto le armi e che alcune mitragliatrici a mano erano nascoste e dissimulate fra i soldati .... ». 102 Ma l'azione del 92° Reggimento boemo era stata agevolata anche da un'incauta mossa italiana, che aveva distaccato i rincalzi del Molino Sega a Fagaré per tamponare una puntata offensiva austriaca. Si era così formata la famosa «testa di ponte di due chilometri e mezzo di
Storia del Molino della Sega, Ponte di Piave (TV) 1998, p. 20 M. Bemardi, Di qua e di là del Piave, Da Caporetto al Piave, Mursia, Milano. 1989, p. 80. 102 A. Beninatto -A. Merlo, Molino della Sega - La prima vittoria sul Piave dopo Caporetto, Biblioteca Comunale di Breda di Piave, 2007, p. 59; Cfr. anche Museo Storico dei Bersaglieri - Roma, Relazione sul fatto d'armi per la riconquista della frazione M6, 16 novembre 1917 , Archivio Storico b. 153, cart. 2.489, p. 1. icx> AA.VV.,
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R . J~SERCI'l.'0 I'l'ALIA:NO
Ordine del giorno all' Esercito (d~ dir.Jmarc Uno al comandi di plotone)
l sìo,vanì soldati della classe 1899 hanno avuto Il b~ttesìmo del fuoco. Il loro contcsno è stato m;'lgnifico e sul fiume che in. questo ~omenlo sbarra 3 ( nemico le vie della Patiia, in un superbo contrattacco, uni.lo il loro ardc~lc enlusiasmo ;;ili' esperienza dei compagni piit anziani, hanno 1rionfato: alcuni h;\ltaglioni austriaci che ;ivev;1no osalo varcare la Piave sono stati an-
nientati; 1200 prigionieri catturati i alcun, cannoni presi dal nç:mico sono slali riconquistati e riportati sulle posizioni thc i corpi degli artiglieri, eroicamente caduti in una disperafa difesa, segnavano ancora.
In quest' ora suprema di dover~ e di onore nella quale Je Armate con.(edc salda e cuore sicuro arginano sul fiume e sui mònti I' Ira nemica, 'facendo echeggiare quel grido di
«
~avoia • che è sempte stato squillo di vittoria, io
vo~lìo che I" Esercito sappia che i no~lrì giovani fralelll .della classe 1899 hanno
mostrato di essere degni del retaggio di glòria che su essi discende.
Zona di guerra, Il 18 novembre /917.
IL CAPO DJ S. M. DELL'ESERCITO
A . O I A :Z.
Ordine del giorno all'Esercito del 18 novembre 1917. (Tratto da "Storia del Molino della Lega" Ponte di Piave, p. 20)
larghezza, da San Bartolomeo a Fagaré, e di mezzo chi1ometro di profondità, un'ulteriore espansione dell'area occupata avrebbe causato conseguenze probabilmente irreparabili. E 1'arrivo di rinforzi austroungarici avrebbe potuto creare un squarcio tale da determinare lo spezzamento della giuntura fra XI e XIII Corpo d'Armata: si riaffacciava 1o spettro di Caporetto.» 103 Disposto il contrattacco da parte del 154° Reggimento Novara e del 69° Battaglione bersaglieri comandato dal Capitano Rolando di Susa, gli austriaci venivano rinserrati contro il Piave. Alle ore 24 il .Comando della III Armata segna1ava al Comando Supremo che «a Molino Sega nostre truppe continuano ad incalzare in più angusta zona forze nemiche superstiti, che si calcolano in 300 uomini. Trovati sul terreno molti morti e feriti. Catturate e messe in azione contro lo stesso avversario numerose mitragliatrici .» 104 Molino della Sega veniva riconquistato alle ore 08 dell'indomani, 17 novembre 1917. Oggi, il Molino della Sega è una tranquilla località, meta di pellegrinaggi italiani e austriaci dove ogni anno il Comune di Breda di Piave effettua la commemorazione ufficia1e de1 4 novembre , ai piedi di un cippo costituito da un masso di roccia proveniente dal Carso. Le forze sehierate sul Piave avevano potuto resistere per la presenza di un reparto del Genio Lagunare, costretto a un lavoro massacrante di supporto logistico.105 Il problema principale per tutte le artiglierie italiane, montate su natanti e schierate sul litorale di Punta Sabbioni, era quello del munizionamento, sia
A. Beninatto - A. Merlo, Molino della Sega ..., op. cit., p. 63 . Diario Storico llI Armata, Voi. fonogramma 10 .463 a Comando Supremo del 16 novembre. 105 A quel tempo, mancavano macchine per la movimentazione dei materiali e ciò induce a riflettere sullo sforzo sovrumano, compiuto giorno e notte da quegli uomini. Il loro impegno è messo in evidenza dai dati mensili da cui si rileva, in particolare, il picco cli 110.000 tonnnellate cli materiali trasportati nel mese di agosto 1918, dovuto, evidentemente, all'ammassamento delle munizioni necessarie all'Esercito italiano per poter effettuare l'offensiva di Vittorio Veneto. 103 100
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I ridoui campi di vista e di tiro del fronte sul Piave. Le condizioni in cui veniva respinto un attacco nemico a Candelù . (Proprietà Museo Storico Ili Armata)
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Molino della Sega. Luogo preposto alla commemorazione ufficiale del 4 novembre. (Archivio fotografico Comune Breda di Piave)
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Molino della Sega. Commemorazione ufficiale del 4 novembre 2005. (Archivio fotografico Comune Breda di Piave)
come entità delle dotazioni, 106 sia come trasporto. Quest'ultima esigenza, per tutte le artiglierie sul Basso Piave, era stata affidata al Genio Lagunare, .un reparto nato nel 1877, come appendice del 4° Reggimento Genio Pontieri, per garantire i trasporti militai.i sui fiumi e canali dell'Italia del nord (dai laghi Maggiore e Garda sino al Mincio , Adige e litoranea veneta), operando su di una rete di 1.700 km. di idrovie. 107 I loro mezzi operavano sui principali canali e fiumi per convogli trainati da rimorchiatori dal fondo piatto (anche con le ruote a pale tipo Old Mississipi), sfruttando l'alaggio con risorse locali, oppure con un parco di circa 700 cavalli dislocato a Cava Zuccherina (oggi Jesolo) dove il reparto disponeva di scuderie. Allo scoppio della gue1Ta il Genio Lagunare era stato coinvolto in pieno perché Venezia era divenuta il terminal fe1Toviario di tutti i trasporti dei materiali provenienti dagli stabilimenti del Paese. Allo scalo di VeneziaScomenzera, attrezzato come «testa di scmico» 108 per i materiali provenienti dal territorio, negli anni 1915-
Le dotazioni fissate per il tiro navale, in genere intenso ma breve, mal si prestavano per l 'impiego terrestre che aveva caratteristiche di interventi intensi ma anche continui, cosicché si era dovuta rivedere l' intera catena di rifornimento delle artiglierie della Marina. 107 Per assolvere questo compito, i Lagunari disponevano cli un parco di 700 natanti, non mezzi militari speciali, bensì no1111ali burchi e barche (usati nella laguna veneta per i l loro scarso pescaggio), che si differenziavano da quelli usati dai civili soltanto per la sigla EIG (Esercito Italiano Genio) impressa a prua, seguita dal numero identificativo. Il burchio era una «barca forte da carico, con un coperchio nel mezzo , detto in vernacolo Tiemo o Felce, di tavola immobile, co' suoi ricetti in poppa e in prora, per uso di dormire.» Cfr. G. Boerio, Dizionario del dialetto veneto, 2" ediz., G . Cecchini, Venezia 1856, p. 107. ,os «Area organizzata per le operazioni di scarico e per eventuali trasbordi» , SME , Nomenclatore Militare , Uff. Add . e Regolamenti, Roma 1984, p. 138. 106
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Traino di un convoglio di natanti da parte di un rimorchiatore a ruote lungo il Po a Rèvere (Mantova) . (Proprietà eredi Cap. Genio Lagunari E. Fogliani)
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Traino con buoi di un burchio del Genio Lagunari lungo il Site a Casier. (Proprietà eredi Cap. Genio Lagunari E . Fogliani)
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Scuderie del Bauaglione Genio Lagunari inquadrato nel 4° Reggimento Pontieri. (Proprietà eredi Cap. Genio Lagunari E. Fogliani)
1917, era avvenuto il trasbordo dei materiali sui natanti del Genio Lagunare, che poi avevano preso la via d'acqua fino allo scalo di Grado, per le basi della Marina di Grado e Monfalcone; fino ad Aquileia e Portogruaro per i reparti de1la III Annata; o fino al porto di Pordenone per la II Armata. Al verificarsi dei fatti di Caporetto, i mezzi del Genio Lagunare venivano impegnati, assieme ai vaporetti dell'Azienda Comunale Navigazione Interna Lagunare (l'attuale ACTV) e a mezzi della Marina Militare, nelle operazioni di recupero dal fronte dell 'Isonz.o verso Venezia. Così poterono essere a1Tetrati inter.i reparti e portati in salvo mezzi, con particolare attenzione per le artiglierie che avrebbero dovuto assicurare la ripresa della lotta su linee di resistenza più arretrate. In sintesi, il recupero dal settore della III Armata era avvenuto con ordine, a differenza di quanto sarebbe accaduto nel settore della II Armata, dove il fronte aveva ceduto. Mentre i mezzi del Genio Lagunari .e dell'Azienda Trasporti Comunale venivano istradati per vie d'acqua interne, per rientrare a Venezia quelli della Marina affrontavano il mare aperto . Terminate le operazioni di recupero, per il Genio Lagunari era iniziato l'impegno logistico per consentire ai reparti schierati di vivere e combattere. Nel settore del Basso Piave tutto avveniva per via d'acqua: il rifornimento dei viveii, delle munizioni, del materiale di rafforzamento (tavole, tondoni, filo spinato), lo sgombero dei feriti. Notevole la quantità di materiali trasportati, soprattutto in vista della contro offensiva di Vittorio Veneto (ottobre 1918). (Il materiale - in tonnellate - trasportato dal Genio Lagunari nel corso della Grande Gue1Ta risulta dal diagramma di pag. 456) Punto nodale del sistema era l'approdo di Cà Pazienti di Cavazuccherina, che per l'intenso traffico risultava spesso intasato, tanto da far intervenire pesantemente il Comando della Piazza di Venezia per regolamentarne il traffico. Sempre per via acquea avevano luogo anche l'afflusso dei rincalzi e lo sgombero dei feriti, che, nel gelido inverno del 1917, erano risultati numerosi anche per principi di congelamento. Unico inconveniente era stata l'impossibilità di costituire doppi anelli di circolazione, per cui i rincalzi in afflusso si erano trovati costretti a incrociare i convogli che sgomberavano i feriti, fatto deleterio, questo, sotto il profilo psicologico.
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Trasbordo di materiali a Venezia Marittima (Canale Scomenzera) dal treno su un burchio del Genio La,gunari. (Proprietà eredi Cap . Genio Lagunari E. Fogliani)
In questa situazione di frammischiamento, il ripiegamento sul Piave aveva creato un clima di insicurezza generale, diffondendo il sospetto che fra le linee italiane si trovassero infiltrati. «Recentemente militari del XXVH Corpo dìArmata nel seppellire i morti degli ultimi combattimenti hanno trovato tra i corpi dei commilitoni due cadaveri di sconosciuti in uniforme di alpino. Nelle loro tasche vennero rintracciate fotografie che 'li farebbero supporre appartenere all'esercito austriaco. Non è stato possibile approfondire le indagini ed accertare bene tale loro identità; e tanto meno stabilire se fossero stati portati in mezzo alle nostre file dallo svolgimento della lotta oppure vi si fossero infiltrati con l'intenzione di provocarvi il panico al momento opportuno. Ad ogni modo poiché il sospettato trucco nemico è più che possibile, si porta 1' accaduto a conoscenza di codesto Comando perché su di esso sia richiamata l'attenzione dei comandanti di riparto. In ogni caso se il fatto dovesse constatarsi, per evitare dolorosi equivoci ed eventuali rappresaglie dell'avversario, si dovrà con il rigoroso esame cercare di conoscere bene nome e cognome e quanti altri particolari sarà possibile, per accertare in modo inconfutabile l'identità degli individui sospettati.» 109 Va comunque fatta una riflessione su cosa avesse comportato per gli italiani la «resistenza» sul Piave. Alle spalle delle prime linee italiane, a poche centinaia di metri si stendeva la laguna veneta e ciò imponeva al difensore sistemazioni e accorgimenti particolari, come, ad esempio, quello di dover attrezzare, attraverso la laguna, itinerari che costituissero vie di rifornimento alle spalle delle prime linee. L' «attrezzamento» degli itinerari consisteva nel collegare tratti di «barene» 110 rassodati per mezzo di pietrisco e macerie, costruendo passereJle tra barena e barena, lasciando a piè d'opera dei
109
Diario Storico lll Armata, Voi. IX, p. 199 Le «barene» sono tratti di terra emergenti a fior d'acqua nei periodi di bassa marea, che vengono completamente ricoperti durante l'alta marea. 110
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Navigazione di un convoglio di burchi adattali ad ambulanza. (Propri.età eredi Cap. Genio Lagunari E. Fogliani)
Afflusso di rincalzi su un burchio lungo il Sile. (Proprietà eredi Cap. Genio Lagunari E. Fogli.ani)
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Diagramma delle quantità di materiali trasportati (in tonnellate) dal Genio Lagunari nel corso della Grande Guerra . (Elaborazione su dati Istituto Storico e di Cultura dell'Anna del Genio - Aut. n° 1998Il5 del 15-01-1998)
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L'approdo di Cà Pazienti a Cavazuccherina (Jesolo). (Proprietà tvluseo Storico /11 Armata)
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Truppe a Cà Pazienti (Cavazuccherina) novembre 1917. (Proprietà Museo Storico 111 Annata)
Piave Vecchio - Batterie su natanti che vanno·a prendere posizione in d(fesa di Vénezia - Novembre 1917. (Proprietà Museo Storico lll Annata)
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Trincea sul Carso. (Proprietà Museo Storico [li Armata)
Trincea sul Montello. (Proprietà Museo Storico 111 Armata)
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Sezione Nord-Est della Laguna di Venezia. (Riproduzione da carta.fotografica TGMI)
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materiali da ponte da gettare all'occorrenza, nel caso fossero stati necessari altri collegamenti fra le barene. In questo modo erano stati attrezzati due itinerari trasversali - rispetto al fronte - attraverso la «Valle di Dragajesolo». 111 La presenza del Piave e della laguna, aveva condizionato lo schieramento assunto dagli italiani: uno schieramento lineare, privo della profondità necessaria alla difesa e che, anche a causa dell'impossibilità di scavare nel terreno (l'acqua si trovava a poche decine di centimetri dalla superficie), non poteva dispiegare tutto il suo potenziale. Vi era perciò totale impossibilità di scavare le classiche trincee e le «tane di lupo». 112 Il soldato è portato a ricercare protezione mettendo in atto la «filosofia della talpa», cioè scavando buche profonde, ma in quella situazione il fante italiano poteva trovare protezione soltanto elevando dei muri di sacchi di sabbia, molto franabili . A simili postazioni difensive veniva dato il nome di «saccata». È evidente che il valore protettivo di tali apprestamenti fosse più psicologico che reale in quanto era sufficiente l'arrivo di un colpo di artiglieria per far franare il tutto. 113 La dislocazione delle truppe italiane sulla riva destra del Piave, è documentata dalla quotidiana sintesi cartografica preparata dall'Ufficio Operazioni del Comando della III Armata. 114 Al mattino del 14 giugno 1918 tale documento aveva evidenziato lo schieramento ininterrotto delle fanterie italiane lungo la riva destra della Piave vecchia, con un'inflessione a sud-ovest di San Donà (Chiesanuova- Passarella di fronte a Grisoiera, oggi Eraclea), creatasi nel novembre 1917, all'atto dello schieramento sul Piave dei reparti ripiegati dall'Isonzo . La mattina del 15 giugno, il Presidente del Consiglio, Orlando, comunicava alla Camera dei Deputati: «Questa notte il nemico ha iniziato la sua grande offensiva. Quasi tutto il nostro fronte è impegnato, poiché l'offensiva si estende, con uguale grandissima violenza, dall'Astice al Brenta, dal Brenta al Piave, e lungo il Piave, impegnando, dunque, l'Altipiano di Asiago , il settore del Grappa e la pianura. Il bombardamento violentissimo è incominciato alle tre di notte, e alle sette l'attacco di tutte le fanterie su tutta la linea. Le ultime notizie che ho avuto, che 1iassumono la situazione alle ore 13, portano che le nostre truppe hanno dovunque magnificamente resistito. Questo però si può constatare: che è mancato quel primo effetto che suole seguire le fulminee offensive. Il fonogramma da me ricevuto, e c~e riassume la situazione alle ore 13, conclude così: "Dal comples~0 delle notizie risulta, adunque che l'azione interessa quasi interamente ]a sola prima zona di resistenza e che neppure ha potuto nei pochi punti raggiungere l'effetto, che doveva il nemico sperare dal poderoso oombardamento e dagli ingenti effettivi lanciati all'attacco, contro cui le nostre truppe resistono magnificamente.» 115 La comunicazione di Orlando veniva spesso interrotta da «applausi vivissimi generali e prolungati, cui si associavano le tribune - Grida di Viva l'Italia! Viva l'Esercito!» La sera del 15 giugno la situazione si presentava, sostanzialmente, invariata, tranne: - da parte italiana, dove venivano effettuati alcuni spostamenti locali di reparti per prevenire mosse avversarie. In particolare la 2a Divisione di Cavalleria venjva spostata in avanti a ridosso di
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Un itinerario andava dalla «Cappelletta del Cristo» (destra del basso Sile) sino a «Torre Caligo» , l'altro, pìù a Ovest, da «Casa del Guardiano» sino a «Cason Bruciato», attraverso la «Valle San Michei». 111 Le «tane di lupo» erano ricoveri sistemati sul fianco della trincea, protetto 1ispetto al tiro avversario, per sottrarre iJ difensore dal tiro diretto di infilata. . 113 Un testimone ne era stato il Cappellano Capo del Reggimento di Marina, Antonio Giordano, che descrisse così gli effetti del fuoco avversario: «Si vedevano nuvoli di polvere e di fumo e membra umane lanciate nello spazio, uno spettacolo orrendo. Le case Vianello n.l e 2 scomparvero seppellendo numerosi Marinai che vi stavano a ridosso. Un Plotone Bersaglieri del 66° Battaglione fu anch'esso metà sepolto. L'Ufficiale che aveva visto i suoi uomini scomparire in un vortice di terra e schegge sembrava pazzo dal dolore. I morti avevano perduto ogni sembianza umana.» Cfr. A. Giordani , Il Reggimento San Marco , Arti Grafiche Bertarelli, Milano 1920, pp. 87-89. 114 I documenti allestiti nel pe,iodo 14 giugno - IO luglio 1918 riportano tutti la dizione «dislocazione approssimativa» che dimostra l'accavallarsi degli avvenimenti e le conseguenti difficoltà delle comunicazioni . 115 APCD , Legisl. XXIV, l" Sessione, Discussioni, Vol. XVI, p. 16.973
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Truppe italiane costrette a difendere il Piave nei pressi di Cortellazzo (oggi Eraclea) aggrappate agli argini del Gavetta in postazioni di fortuna, per mancanza di trincee. ( Proprietà studio fotografico Terreo - Jesolo)
Truppe italiane a difesa del Piave a Nervosa, lungo gli argini. (Proprie1à Museo Storico lll Armala)
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Il Cap . di Fregata Dentice di Frasso, primo Comandante del Reggimento Marina, accompagnato dal Comandante del Battaglione Grado, Cap. FregataTur alla «saccata» di Cortellauo (oggi Eraclea). (Proprietà studio fotografico Terreo - Jesolo)
La «saccata» di Corte/lazzo (oggi Eraclea). (Proprietà studio fotografico Terreo - Jesolo)
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Schieramento delle truppe italiane al mattino del 14 giugno 1918. (Proprietà Museo Storico Ili Armata)
Treviso pronta a contrattaccare eventuali penetrazioni in profondità(« ... Si ordina in pari tempo alla 2a Divis:ione di Cavalleria di trasferirsi nella zona Scorzé-Zero Branco-S .Trovaso-Campo Croce» ),116 «le nostre artiglierie rispondono immediatamente con intenso fuoco di contropreparazione, mentre le riserve dell'Armata - già dislocate nei settori di Corpo d'Armata - si schierano a nuclei sul 2° sistema difensivo (Meolo-Vallio)» ,' 11 contemporaneamente al XX Battaglione de11a Regia Guardia di Finanza veniva affidato il compito di garantire la saldatura fra i settori contigui della 4a e 61a Divisione lungo il Taglio del Sile, - da parte austriaca, dove veniva effettuato il passaggio del Piave, sotto la protezione di dense cortine fumogene, nelle zone di Fagaré e cli Musile dove la Brigata Catania era «rapidamente e in gran parte travolta e catturata dal nenùco che avanza facilmente». 118 Più a nord era stato superato il Piave fra Candelù e Zenson. I successi facili, ma circoscritti, conseguiti su alcuni reparti italiani vanno attribuiti allo stratagemma avversario di togliere subito ai prigionieri italiani «giubba e berretto per poterli impiegare a travestire soldati austriaci con i quali il nemico tenta portare scompiglio nelle nostre linee.» 119 Nella notte sul 16 giugno, però, si era verificato un fatto nuovo nella zona compresa tra le Brigate Torino e Arezzo, poste a difesa di Caposile: il nemico era riuscito a sfondare a Fossalta, puntando su Meolo, e a Chiesanuova (sud-ovest di San Donà). La conseguenza di questo successo avversario era che
Diario Storico III Annata, Voi. IX, p. 133. /bid., p. 120. 118 lbid. , p. 121. 119 lbid. , p. 15 J. 11 < '
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Schierarnento delle truppe italiane alle ore 19 del 15 giugno 1918. (Proprietà Museo Storico Ili Armata)
la Brigata Torino, posta a difesa di Caposile, minacciata sul fianco , era dovuta ripiegare aprendo una falla fra la 4a Divisione (a sud) e la contigua 6!8 (a nord). Si era creato così un c01Tidoio fra le due Brigate lungo il fianco nord della laguna, aprendo la strada su Venezia lungo il Taglio del Sile. AJl'alba del 16 giugno , le dislocazioni adombravano una situazione favorevole per il Comandante austriaco dell'Armata del Basso Piave, Feldmaresciallo Boroevic, al quale sembrava si fosse dischiusa la strada verso Padova e l'Adige , vero obiettivo dell'offensiva austriaca. Venezia ricominciava a trattenere il fiato. Per impedire infiltrazioni si provvedeva a: - «chiudere la porta della laguna», immediatamente a ridosso del Taglio del Sile, presidiando le difese che erano state predisposte con reticolati e piazzole per mitragliatrici, 120 assegnando al Reggimento Marina un quinto Battaglione costituito con personale della Squadra di Battaglia dislocato al Lido di Venezia, quale riserva del Comando Difesa di quella piazzaforte . Mentre il Reggimento Marina era impiegato a Cortellazzo, il quinto Battaglione agiva lungo l'argine sud del Taglio del Sile per fronteggiare l'austriaco che aveva occupato l'argine Nord;121 - ripristinare al più presto il collegamento fra le Divisioni 4a e 61", facendo affluire con una marcia notturna lungo gli itinerari in precedenza <<attrezzati>> dal Genio Lagunare attraverso la laguna di Dragajesolo, la riserva della 4" Divisione; - far affluire un'altra riserva per cui la III Armata disponeva che un <<battaglione czeco slovacco 122 si trasferisca per ferrovia a Cà Tron. Quivi giungerà via ordinaria anche gruppo compagnie mitra-
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G. Scarabello, Il martirio di Venezia, op. cit., Voi. TI, p.268 lbid. 122 Il battaglione era inquadrato nella D ivisione costituita grazie all'opera del Commissariato di propaganda sul nemico.
J2I
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Cavalleria in afflusso nei pressi di Fossalta di Piave. (Proprietà Museo Storico III Armata)
gliatrici scuola Favaro. Codesto Comando provveda per far trovare anzidetti reparti ulteriori ordini. Impossibile concedere brigata Bisagno .» 123 Contemporaneamente, un messaggio del Comando della III Armata, inviato al Comandante del XXIII Corpo d'Armata, spegneva le residue speranze di ulteriori rinforzi segnando, nel contempo, il passaggio dalla tattica della trincea continua, perseguita sul Carso, a quella dei capisaldi a presidio dei punti forti del terreno. «Provveda presidiare capisaldi Piombise, Mezzo Taglio, Casera Grezze. Si ricorra a mezzi più energici per frenare l'infiltrazione da Caposile.Avverto che oltre quelle già segnalate, che giungeranno questa notte a Cà Tron, non è possibile far affluir~ costì altre truppe, perciò difesa Taglio Sile deve essere assicurata con truppe 81 ° "Arezzo", reparto Guardia di Finanza e [bersaglieri] ciclisti che già trovansi sul posto . .. » 124 La Camera dei Deputati, con lo stesso entusiasmo del giorno precedente, il 16 giugno avrebbe ascoltato la nuova comunicazione del Ministro della Guerra Zupelli: «La battaglia che ha una vastità senza paii perché incomincia dall 'Astico e va fino al mare, procede con piena soddisfazione nostra. Il nemico che ha attaccato con forze preponderanti, è stato respinto sulla massima parte dei punti. Dove ha .potuto conquistare qualche linea secondaria ed avanzata rha tenuta per poco tempo; un valido contrattacco lo ha respinto e siamo ritornati alle nostre linee. Il morale delle truppe è elevatissimo. E su questo sono concordi tutti i Comandanti. Il nemko, sebbene sia esso stesso che attacca, ha lasciato nelle nostre mani circa tremila prigionieri. Il valore di questa cifra è enorme, perché nella difensiva è difficile fare grandi quantità di prigionie1i. Questo vuol dire che la reazione da parte nostra è stata veramente eroica. Credo di interpretare il
123 12 •
Diario Storico Ul Armata, Voi. IX, p. 130. lbid., p. 133.
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Reparti di cavalleria in riposo nei pressi di Fossalta cli Piave. (Proprietà Museo Storico III Armata)
desiderio della Camera commùcando il plauso, che ora è partito da tutti i banchi, senza distinzione, a11 'Esercito ed al suo Comandante. (I Ministri ed i Deputati sorgono nuovamente in piedi - Vivissimi unaninù e prolungati applausi - Grida ripetute di Viva l'Esercito! Viva l'Italia! Viva il Re!)». 125 Alla commùcazione di Zupellì seguiva quell a del Commissario Generale per l'Aeronautica, On. Chiesa: «Nella prima giornata di lotta la nostra aviazione, nonostante condizioni atmosferiche sfavorevoli, cooperò validissimamente, con vera abnegazione del personale navigante all'azione comune. Gli apparecchi abbattuti sono oltre trenta. Cinque bombardamenti eseguiti con Caproni e con gli SVA, i co]legamenti durante l'azione e le crociere e i mitragliamenti a bassissima quota attestano la nostra indiscutibile superiorità aerea. Anche i dirigibili, nonostante le condizioni atmosferiche eseguirono bombardamenti. A coloro che là operarono con tanto ardire e con tanto ferma e tenace volontà, nulla può essere di maggiore conforto che il plauso della Camera. A noi la preparazione coscienziosa; ad essi la gloria dell'azione. (Vivissimi e generali applausi)». 126 Le parole pronunziate alla Camera non erano di circostanza, come si può rilevare dalle comunicazioni del Comando della III Armata dalle qual i traspaiono continui atti di valore nel respingere l'attaccante: «Contrattacco da Fossalta e Capo d'Argine verso ponti S . Donà procede con difficoltà: più volte rioccupata e riperduta Croce, dove si combatte aspramente. Nuova potente spinta nemica sulla direttrice Ponte di Piave-S .Biagio di Callalta è vigorosamente contrastata da nostre truppe».' 27 «Su fronte Capo d'Argine-Croce lotta accanita tuttora in corso con varie vicende ... Nostri accaniti contrattacchi che avevano conseguito momentanei successi, hanno finito con l'essere poi soverchiati da prevalente spinta nemica, appoggiata da potente azione di artiglieria». 128
12 '
APCD, Legisl. XXIV, 1a Sessione, Discu.~sicmi, Voi. XVI, p .17.022 fbid. 127 Diario Storico (Il Annata, Vol. IX, p. 139.
12G
128
Jbid. , p. 144.
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Dislocazione approssimativa delle truppe italiane all'alba del 16 giugno 1918. (Proprietà lvluseo Storico Ili Annata)
Né esisteva differenza di Arma nel respingere l'attaccante: «Contegno truppe ottimo; sono segnalati magnifici episodi di valore: batterie cadute in mano al nemico furono riconquistate con contrattacchi di artiglieri e fanti.» 129 Anche i passaggi su] Piave erano oggetto di aspra contesa: «Ponti e passerelle conti.nuamente da noi distrutti e ricostruiti dal nemico.» 130
L'alba del 17 luglio vedeva ancora l'esistenza del corridoio apertosi lungo la laguna nord, i cui fianchi erano controllati saldamente dagli italiani che, comunque, avevano già raggiunto un primo successo: gli austriaci erano ancora fermi davanti a Meolo, mentre a due giorni dall'inizio dell'offensiva , secondo la loro tabella di marcia, avrebbero dovuto superare già Treviso e raggiungere Mestre. Anche il Piave concorreva a richiudere la falla. La sera del 18 giugno, il Comando della III Armata segnalava ai Comandi dipendenti che «Osservatori aerei e idrometrici riferiscono che Piave è in piena, straripa qua e là. Grave di Papadopoli quasi completamente sommerse. A nord di Ponte di Piave tutte passerelle sembrano asportate e interrotte. Sono ancora efficienti quelle di San Donà. Una a sud di Noventa di Piave intera ma sotto il pelo dell'acqua. Quella di Zenson interrotta. Si approfitti con tutti i mezzi della gravissima crisi che ne consegue per il nemico e che ha durata fugace di poche ore. I nuovi ponti di Porte del Taglio e di sud Chiesanuova, esenti dal danno della piena siano tenuti sotto intenso fuoco.» 131 Era un quadro nel quale l'alimentazione tattica e logistica dei reparti austriaci , sbilanciati sulla sponda destra del fiume, si era aggravata, mentre le maggiori perdite si avevano fra quanti , tentando
129 IJ(I
131
!bici., p. 139. !bici., p. 144. lbid., p. 175.
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Dislocazione approssimativa delle truppe italiane all'alba del 17 giugno 1918. (Proprietà Museo Storico lll Armata)
colpi di mano su piccoli natanti, erano impossibilitati a ripiegare sotto il fuoco italiano e, una volta scoperti dalle vedette italiane, perivano fra i gorghi del Piave. La valutazione tattica della situazione induceva il Comando della III Armata ad affermare che «Il nemico che da tre giorni preme potentemente sulla nostra fronte, non è riuscito che a realizzarvi successi locali, mentre sperava travolgerne di primo balzo le difese ... È deluso e stanco; esso trovasi in grave crisi, non possedendo ancora ampie e salde basi sulla destra del fiume; una nostra vigorosa spinta può rendere la sua situazione disperata ... Nella situazione attuale l'attaccante è in crisi materiale e morale, avendo ancora le basi sulla sinistra del Piave. È ora il momento di approfittare di tale crisi: una nostra energica azione controffensiva può convertire i vantaggi realizzati finora dall'avversario in grave scacco per lui.» 132 Le truppe italiane continuavano a battersi strenuamente. «Gli avanzi della Brigata "Pavia" lanciati sulla rotabile S. Biagio di Callalta e guidati dal loro generale alla testa hanno raggiunto combattendo il caposaldo di Casa Martini.» 133 La sera del 18 giugno il Comando del XI Corpo d'Armata comunicava che «Prosegue ostinatamente la lotta. Brigate "Veneto" "Caserta" per quanto stanche e truppe di Brigat~ "Volturno" gareggiano in valore. Un battaglione "Volturno" ha riconquistato alla baionetta il caposaldo di C. Armellino.»'34 Quella stessa sera, 18 giugno, l'offensiva austriaca dava qualche segno di rallentamento davanti a Meolo, anche perché, secondo la valutazione del Comando della III Armata, «il nemico nella giornata lancia nella lotta le ultime aliquote della riserva d'armata talché è da presumere che non possa più
Ibid., p. 153. Ibid., p. 199. 134 lbid., p. 177.
132 133
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Dislocazione approssimativa delle truppe italiane all'alba del 18 giugno 1918. (Proprietà Museo Storico lll Armata)
aumentare molto la sua pressione ... Per le piogge della giornata il Piave ingrossa e sembra rendere più difficile al nemico lo svolgimento dei servizi attraverso il fiume; ad ogni modo le nostre artiglierie tendono inesorabilmente ad impedi1fo con imponenti azioni di fuoco.» 135 Segnali premonitori di tale rallentamento erano rinvenuti da una pattuglia del 225° Fanteria che «portava avanti sua linea su sinistra Taglio Sile di un 300 metri circa. Sulla strada Meolo-C.Olivetti tale pattuglia avrebbe trovato tracce visibili di fuga precipitosa del nemico avendo trovati scudi ed armi abbandonati .» 136 A sera il Duca d'Aosta lanciava alle truppe, a mezzo di aeroplani il seguente proclama: «Miei Soldati! Da tre giorni il nemico attacca con tutte le sue forze la nostra fronte ottenendo, solo a prezzo di enormi sacrifici di sangue, lievi vantaggi locali. I suoi propositi di conquista, le sue cupide speranze di preda, le promesse di fulminee vittorie sono state completamente deluse dalla vostra tenacissima resistenza, animata da fiero spirito offensivo, nutrita da innumerevoli vostri atti di eroismo, guidata dalla abilità dei vostri comandanti. Ma non basta: occorre respingere l'avversario nelle sue linee, cogliendolo nella pericolosa situazione in cui si è messo, con la Piave alle spalle ... ». 13 7 La sera del 19 giugno il Comando della III Armata concludeva così la quotidiana stesura del proprio Diario storico: «Nella quinta giornata della battaglia la situazione appare stazionaria: mercé 1' aggressività dei nostri reparti alle prevalenti forze nemiche - 14 divisioni e mezzo - non è riuscito di ultimare il combattimento di rottura della fronte dell' Armata e di dilagare rapidamente nelle retrovie aggirando
135
lbid., p . 181.
,,r, lbid., p. 190. m
Jbid., p. 182.
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Dislocazione approssimativa delle truppe italiane alla sera del 19 giugno 1918. (Proprietà Museo Storico III Armata)
l'ala destra dell'esercito. U 'A rmata ritiene che il nemico abbia ormai esaurito quasi tutte le riserve e non possa aumentare la pressione: il fiume in piena e la costante azione della nostra artiglieria che mantiene inalterata la sua efficacia sul fiume lo mantengono in condizioni molto critiche e tali che, approfittando della prima favorevole occasione, sarà possibile»Y8 Nella notte sul 21 giugno, nonostante il nemico avesse attaccato in forze il caposaldo di Losson, difeso dal 151 ° Fanteria ridotto a 800 uomini, qualcosa si stava muovendo sull'intero fronte, attraendo forze a sud per alleggerire il fronte montano del Montello e del Grappa. Alle 03 del 21 giug·no , il Comando della III Armata sintetizzava al Comando Supremo la nuova situazione: «Da Cortellazzo marinai e bersaglieri irrompevano di sorpresa per quasi 2 km entro posizioni nemiche fino alla 3a linea di C. Allegri, infliggendo gravi perdite e catturando 200 prigionieri. Si rafforzavano poi sulla 2a linea di C. Cornoldi nord mantenendone il possesso. Anche a Cavazuccherina estendemmo testa di ponte catturando 20 nemici». 139 Il Duca d'Aosta rivolgeva un elogio, dal quale traspare il disegno operativo complessivo: «Mi compiaccio del felice risultato ottenuto.dalla 4a Divisione con due colpi di mano ben condotti ed eseguiti con molto silenzio. Raccomando che 4a Divisione continui apremere attivamente sul nemico per attirarne l'attenzione verso sud e disturbarne l'azione principale.» 140 Alle ore 03 del 24 giugno la III Armata sintetizzava al Comando Supremo la situazione: «La lotta
fbfd., p. 20}. lbid. , p. 216. 140 lbid., p, 217, IJS
139
468
prosegue accanita nel settore di Musile, dove forti nuclei di copertura tengono ostinatamente testa alla crescente pressione dei nostri. Numerosi centri di resistenza vengono aggirati alle ali , e sol così superati. Mentre le fanterie premono il nemico, le a1tiglierie le trattengono da tergo con densi tiri di ingabbiamento. Da tutta la fronte nostre puntate offensive oltre il fiume sono in corso, per non perdere il contatto con l'avversario. I prigionieri finora accertati superano i 1.500, molti furono raggiunti e catturati sulla riva da nostri riparti celeri mentre s'imbarcavano. Ingente il materiale bellico d'ogni specie, fra cui parecchie batterie, migliaia di fucili, centinaia di mitragliatrici, ed anche un aeroplano. Una grande quantità di materiale da ponte viene recuperato. Il terreno ad est di Losson è coperto di cadaveri. Il morale delle truppe è elevatissimo: grande l'entusiasmo delle popolazioni prossime alla fronte.» 141 La descrizione del documento ufficiale della III Armata di un «terreno coperto di cadaveri» coincide con la sensazione provata dal Generale Dallolio, che si era recato in quella zona, ed è interessante per diversi motivi: - prima di tutto perché sottolinea ·il particolare ambiente di lotta, che richiedeva modi di agire e mezzi diversi da quelli usati sino a quel momento sull'altopiano del Carso, - secondariamente perché evidenzia il comportamento del Generale Dallolio che, pur dovendosi interessare delle Arnri e Munizioni di tutto l'Esercito, era molto sensibile alle operazioni in quella zona avendone studiato e predisposto le linee generali della difesa quando era Direttore di Artiglieria di quella piazzaforte. Pertanto Dallolio, che tanto si era impegnato a Venezia, seguiva con trepidazione gli avvenimenti sul basso Piave perché un'infrazione della linea difensiva avrebbe significato la compromissione della difesa della città e il raggiungimento del suo cuore. Questo comportamento è testimoniato da una frase contenuta in una lettera del 1918 alla figlia Gina: «Vedi che a Capo Sile si battono, io ho cercato di risvegliare Diaz-Alfieri per Venezia.ma se dovessi dire di esserci riuscito non direi la verità ... Alfieri è partito per Parigi e Londra starà assente 15 giorni. La situazione è grave per i rifornimenti, massime di pane quotidiano e se i nostri Alleati non mutano ci troveremo in seri guai.»' 42 Il Diario storico della III Armata, inoltre, riportava il valoroso comportamento dei soldati italiani: «Le nostre truppe, benché molto provate, lottano strenuamente pel mantenimento della linea del Piave, che garantisce il fianco ed il tergo della fronte di battaglia dell'Armata e costituisce l'ala destra dell'intero esercito. Tale linea deve essere a qualunque costo mantenuta. Non si indietreggi di un passo; non si arretrino le artiglierie; esse devono dare alle fanterie la forza di tenere fermo e di contrattaccare: meglio perdere qualche batteria che cessare il fuoco per arretrarla.» 143 L'alba dello stesso 24 giugno vedeva ormai chiusa la falla che si era aperta una settimana prima durante la notte fra il 15 e il 16, lo schieramento italiano si riportava in avanti facendo maturare i presupposti per il passaggio alla controffensiva. Alle ore 11 il Comando della III Armata poteva comunicare al Comando Supremo che «tutte le anse da quella di Zenson e Musile sono state da noi rioccupate; centinaia di nemici vi sono stati addossati al fiume senza scampo e catturati, malgrado l' intenso fuoco di protezione dalla riva opposta. Nel rientrante del Piave Vecchio , tra Paludello e la Castaldia, il nemico fa ogni sforzo per disimpegnarsi dalla stretta dei nostri e guadagnare l'altra riva per Chiesanuova su cui però teniamo concentrato il fuoco di numerose batterie pesanti ... ». 144 Era iniziato il riflusso della marea austro-ungarica. Il 25 giugno il Re emanava il seguente Ordine del giorno: «Soldati d'Italia! Otto giorni di epica lotta; nella quale rifulsero il valore, }'.abnegazione , la tena-
lbid., p. 254. APTGP , serie lettere ai familiari, lettera del 19 gennaio 1818 a Gina 1"3 Diario Storico III Armata, Vol. IX, p. 146. · )"4 Jbid., p . 256. 14 1 142
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Dislocazione approssimativa delle truppe italiane all'alba del 5 luglio 1918. (Proprietà Museo Storico III Armata)
eia di voi tutti, vi hanno dato il premio della vittoria. Dapprima, la vostra resistenza magnifica spezzò la violenza dell'assalto avversario e ne sconvolse i disegni ambiziosi. Poi, l'impeto irrefrenabile, col quale in fraterna e ardente gara con gli alleati nostri e i marinai nostri passaste immediatamente alla riscossa, ricacciò il nemico al di là del fiume, per noi inviolabile. Così dal suo sforzo immane, col quale sperava di sopraffarci per sempre, il nemico altro non ha raccolto che le sue gravissime perdite. Questo è stato, perché voi avete bene ubbidito al comando della Patria, che ha raddoppiato la vostra volontà di vincere. Soldati d'Italia! Il grande grido di giubilo e di ammirazione, con cui l'Italia intera ha salutato la vostra vittoria vi attesta il fervore con cui tutta l'Italia vi segue. La battaglia ora vinta·è fulgido e sicuro auspicio per le ulteriori fortune che dovranno guidarci alla vittoria finale. Ad essa dobbiamo tendere con tutte le nostre forze e con tutto l'animo nostro; dobbiamo conseguirla per la memoria dei fratelli caduti e la liberazione dei fratelli oppressi, per la grandezza d'Italia e la vittoria della causa della civiltà per la quale combattiamo al fianco dei nostri alleati.» 145 · Lo stesso giorno, il Presidente del Consiglio, Orlando, inviava un tel~gramma al Comandante della III Armata: «Con fervida gioia e con viva ammirazione per le eroiche truppe che nell'A.V. hanno il loro degno condottiero e rappresentante, memore delle grandi ore di emozione patriottica che ebbi l'onore di vivere accanto a V.A., esprimo i sentimenti di legittima fierezza del popolo italiano pei suoi figli e l'ardente gratitudine del Governo e di tutto il Paese verso l'Armata che V.A. comanda.» 146
145
146
Ibid., pp. 273-274. lbid., p. 278
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Dislocazione approssimativa delle truppe italiane all'alba del 10 luglio 1918. (Proprietà Museo Storico III Armata)
L'alba del 5 luglio vedeva lo spostamento in avanti, verso la riva sinistra del Piave, dei reparti che fronteggiavano Grisolera (oggi Eraclea), a premessa della riconquista del territorio perduto nei primi giorni di novembre. Il 10 luglio veniva riconquistato tutto il territorio perduto sulla sponda destra del Piave. Venezia poteva considerarsi definitivamente salva. Quanto verificatosi a Cavallino e a Zenson, si sarebbe ripetuto durante la «battaglia del solstizio» allorché, mentre in campo italiano, il Gruppo Cavallino poteva concorrere con il fuoco dal litorale di Punta Sabbioni per sostenere l'azione del Reggimento Marina e della 3a Brigata Bersaglieri, altrettanto non avveniva per le truppe de] 12° Ussari della Divisione di Cavalleria ungherese, alle quali veniva a mancare l'appoggio deU~ flotta austriaca costretta a restare al largo per non essere coinvolta dal tiro dei cannoni di <<grande potenza» voluti amù prima da Dallolio. Si doveva soltanto alla tenace opera e alla fede del Generale Dallolio se non si era avverato ciò che l'On. Imbiiani aveva preconizzato, nel suo infuocato intervento del 30 giugno 1897, sulla indeterminatezza della politica difensiva italiana e la inadeguatezza delle fortificazioni, proiettate in maggioranza alla frontiera nord-occidentale: «il Paese deve stare all'oscuro di tutto, il Paese non deve fare altro che darvi milio147 ni, darvi il sangue, sia anche contro l'interesse nazionale, e poi raccogliere la messe delle male opere.» Ritornando a Cadoma, a fine ottobre 1917, era intento a compulsare le carte topografiche del settore e guardando alle testate delle convalli del Natisone come possibile linea di resistenza, stava tentando
141
APCD
Legisl. XX, 1• Sessione, Discussioni, Vol. III, p. 2.569.
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Colonna di prigionieri austriaci. (Proprietà Museo Storico Tll Armata)
dj riprendere in mano la situazione e ordinava al Comandante della II Armata: «Per salvare esercito è necessaria difesa ad oltranza della linea Lusevera-Castel del Monte-Purgessimo-Sabotino. Per acquisire tempo organizzi una tenace resistenza sulle alture Kuk, Vodice, Monte Santo. Esiga calma, fermezza, lentezza nel ripiegare e prenda misure immediate del più estremo rigore contro tutte debolezze e contro chiunque per salvare esercito. Generale Cadorna.» 14~ Troppo tardi, la II Armata era già in rotta. Parlare di <<rotta» non è eccessivo se si consideri la situazione che il Comando della III Armata aveva già segnalato il 28 e ribadito il 29 ottobre al Comando Supremo: « .. . Intasamento completo di tutte le strade ed in specie del fascio che fa capo a Codroipo. Jntasamento è dovuto a enorme massa di truppe, servizi e popolazione cui si aggiungono grossi sciami non organici che at11uiscono da tutte le parti. Questa situazione diverrà indubbiamente sempre più grave, anche perché strada Napoleonica resa quasi inservibile per numerosi carri rovesciatj e profondissimi solchi terreno . . . Occorre facilitare con ogni mezzo e fino a grande distanza dal fiume.» 149 In questa situazione di caos totale incombeva a brevissima scadenza l'assoluta penuria di viveri e munizioni: «.. . Per allontanare pericolo vero affamamento truppe e popolazione urge· invio treni derrate e munizioni a Codroipo, almeno per assicurare efficienza truppe destinate a proteggere quell'importantissimo punto. Già molti soldati cruedono pane e questa situazione potrebbe accrescere difficoltà a mantenere disciplina già insidiata da contatto con fuggiaschi.>> 150 Già il 29 ottobre, l' «esigenza cibo» aveva fatto sollecitare l'invio di viveri' «direttamente alle truppe ricorrendo anche a mezzi straordinari ed extra-regolamentari di qualsiasi genere, ed impedire che esse rimangano senza mangiare come è avvenuto per molti reparti.» 151
148
Diario Storico III Armata, Voi. IX, p. 156. lbid.,p. 174. . ISO lbid. , p. 191. 151 lbid., p. 199 (29 ottobre). 149
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Colonna di prigionieri austriaci. (Proprietà Museo Storico IJJ Armata)
Pure il co11egamento, e di conseguenza la trasmissione degli ordini, era reso difficoltoso «per i continui cambiamenti di sedi dei Comandi; per il limitato sviluppo della rete telefonica, per l'intasamento completo delle strade che impediscono il transito dei mezzi in bicicietta e perfino a piedi specie nel senso opposto al movimento di ritirata.» 152 Ma dopo otto mesi stavano maturando i tempi per l'offensiva di Vittorio Veneto, per tagliare le via di ritirata agli austriaci e per il raggiungimento dell'obiettivo finale . Dopo il forzamento del Piave si iniziavano a vedere le prime colonne di prigionieri austriaci, mentre venivano liberate le città che erano state abbandonate nei primi giorni di novembre dell'anno prima. Si erano invertite le parti e così veniva lavata anché l'onta dei materiali italiani abbandonati che nell'ottobre del 1917 erano stati la gioia dei fotografi militari austriaci. Di traguardo in traguardo si arrivava a Trieste dove l'arrivo delle prime navi italiane scatenava la gioia della folla triestina. Il Cappellano Capo del Reggimento Marina, Antonio. Giordani, in seguito avrebbe scritto: «Nessuno può ridire cosa provammo quando, dall'alto di Prosecco, ci affacciammo su Trieste, sospiro di tutti i Combattenti d 'Italia. Con quali occhi la guardammo, come assaporammo il piacere di quella vista! Sentivamo lo strepito festoso delle sue grida, che avevano inondato di letizia quei che sbarcarono per primi, il 3. Tutta la sua anima ardente saliva come una vampata fino a noi e ci bruciava il volto.»153 Incominciavano anche le cerimonie dei singoli reparti che avevano partecipato alle operazioni e le riviste militari nella città di Trieste. Il cambiamento della situazione sulla linea del Piave era desumibile anche dall'attività intrapresa dal Ministero agli Approvvigionamenti e Consumi. Il Commissario Crespi, in previsione di una vittoriosa
152
' 5·1
lbid., p. 202 (29 ottobre) . A . Giordani, Il Reggimento San Marco, Milano, 1920, p . 157.
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Materiali e macchinari italiani abbandonati nel Vallone (fotografia austriaca). (Proprietà Museo Storico III Armata)
Materiali abbandonati dall'Esercito italiano durante la ritirata di Caporetto. (Proprietà Assenza)
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4a Divisione - cerimonia alla presenza di SA.R. il Duca d'Aosta. (Proprietà Museo Storico Ili Armata)
offensiva, con conseguente liberazione delle terre invase, aveva iniziato lo spostamento dei depositi strategici di derrate su Verona e Venezia,15 4 facendo perno sul nodo ferroviario di Genova. In questo modo, grazie alle scorte fatte predisporre in tempo, ru.Tivavano treni su treni di vettovaglie per fronteggiare non soltanto le future esigenze.della città di Trieste, ma anche quelle di oltre quattrocentomila prìgionieri di guerra, di tutta la Venezia, I 'Istria, la Dalmazia, la Jugoslavia, l'Albania, per un complesso di circa sette milioni di persone da dover sfamare. In conclusione, grazie alla previdenza di Crespi, una volta ricevuta telefonicamente la notizia della liberazione di Trieste, dal Comando Supremo, era stato possibile rendere quasi automatica la partenza dei primi treni di derrate verso le terre liberate.155 Ma l'azione del Commissario Crespi non si era esaurita qui, venuto a conoscenza che «Vienna è affamata»,156 aveva preparato l'invio di derrate anche in Austria: «mi pare buona politica salvarla dalla fame e dai disordini atroci che ne possono seguire». 157 Infatti, il problema della situazione alimentare austriaca era tanto noto che, sul numero di aprile 1918 de La tradotta era apparsa una poesia di scherno inJitolata La mobilitazione alimentare in Austria - I surrogati. 158 Il 3 ottobre 1918 il Presidente del Consiglio, Orlando, rendeva omaggio ai combattenti .«con gli stessi sentimenti, dunque di gratitudine, di reverenza ed ammirazione, che non hanno limiti, rinnoviamo il
' 54
S. Crespi, Alla difesa d'Italia ... , op . cit., p. 188. Ibid., p. 193. IS6 Ibid ., p. 190. 51 ' Ibid. , p. 193. 158 « ... L'abete malinconico rimase da quando ]'han segato per fame pane, la ghianda, poveretta, grida aihmè nascer ghianda per morire caffè, oh come il cuore della calce batte or che va in società a far da latte, mastica amara sol l'alga marina che mal s'adatta a fare da insalatina ... )> ' 55
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Sfilamento di reparti militari italiani a Trieste nel novembre 1918. (Proprietà Museo Storico Ili Armata)
nostro saluto, il nostro plauso a tutti i fattori del1a vittoria: agli eroici nostri soldati, a quelli mirabili di Francia, dell'Impero Britannico, degli Stati Uniti, ai Belgi, ai Serbi, ai Czeco-Slovacchi, a quanti, insomma, guidati dai loro insigni condottieri, combattono su tutti i campi per 1a salvezza del mondo civile.» 159 Il nome Caporetto, oltre a coinvolgerlo in quanto diretto responsabile del ripianamento delle perdite di armi e munizioni subite, avrebbe angustiato Dallolio, e per molti anni ancora, per un altro motivo. Il suo animo di «vecchio artigliere» non si poteva dar pace per il mancato impiego dell'Artiglieria sulla fronte della II Armata e cercava di approfondirne gli aspetti controversi. Egli, infatti, 1'8 giugno 1920, avrebbe scritto una lettera al1a figlia 160 in cui annunciava di aver terminato lo studio: « ... Ho voluto che il Generale Ricci leggesse e dicesse la sua opinione per agire a viso aperto. Certo che le intenzioni del Comando Supremo (10 ottobre 1917) furono ottime in previsione dell'attacco nemico; certo che il Generale Cappello (11 ottobre 1917) le illustrò e inquadrò con un ordine ben dato, ma sta di fatto che invece di soffocare sin dalla preparazione del bombardamento nemico lo scatto delle fanterie avversarie schiacciandole nelle loro stesse trincee di partenza . .. ... gli ordini, le direttive d'impiego dei Comandanti d'Artiglieria del IV e XXVIII Corpo d'Armata furono: a) durante il tiro a gas nemico che si sapeva della durata di circa 4 ore, le battérie non dovevano sparare, b) le batterie da campagna e pesanti campali dovevano entrare fulmineamente in azione quale sbarramento non appena le fanterie nemiche avessero pronunziato l'attacco. Morale. Il 24 ottobre 1917 mancò effettivamente da parte della II Armata una contropreparazione organica ben coordinata su tutta la fronte dell'attacco.
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Legisl. XXIV, l" Sessione, Discussioni, tornata del 3 ottobre 1918, Vol., XVI, p. 17 .072 serie lettere ai familiari, lettera del 18 giugno 1920 a Elsa.
Gli è che gli ordini del Generale Capello passarono attraverso ordini del Capo di Stato Maggiore Generale Egad e Sottocapo di Stato Maggiore Tenente Colonnello Campi e interpretazioni loro che modificarono i concetti primitivi del Comandante dell 'Armata. Questo lo scrivo per te, solo per te ... e straccio tutto perché la mia relazione è riservatissima personale.» 161 Queste riflessioni di Dallolio sarebbero state avvalorate , anni dopo, dalla visita di due Ufficiali i quali lo avrebbero reso edotto sulla quantità d!i munizionamento ancora esistente sulle postazioni dell'artiglieria italiana. Cosicché, in una successiva lettera alla figlia: 162 «Oggi è arrivato il Generale Buffa che ti saluta tanto ed il Colonnello Di Matteis per darmi notizie circa il munizionamento lasciato dal 27° e 4° Corpo d ' Armata nella ritirata dopo Caporetto. Nella zona di Tolmino [zona di preda tedesca N.d.Gina]' 63 i Tedeschi hanno tutto portato via , ma sulla Bainsizza [zona di preda austriaca - N.d.Gina] sul Sabotino e in altre località gli Austriaci nulla hanno toccato e ci sono ancora bocche da fuoco e munizionamento (in enorme quantità) talis et qualis come il giorno 23 e dirò di più a voce. Certo che se là si facesse la guerra mi diceva il Di Matteis non occorre il munizionamento per una grande battaglia. E allora la sparatoria della II Armata dove è stata effettuata? Poveri morti sulla Bainsizza del nostro Calvario quante bugie sono state dette nei giorni della sventura e quante bugie si dicono ora per spirito di supremazia e potere.» Quindi Dallolio, su un foglio a parte avrebbe aggiunto: «Una copia di questa relazione l'ha avuta il Generale Angelo Gatti dietro preghiera di Giardino, ma solo per conoscenza, e per studio. Gatti è morto da molti anni. E mi scrisse facendomi molti elogi che ripeté a voce.» Ma le annotazioni più significative che appaiono su quel foglio di appunti potrebbero essere altre due: 1. «Io pregai Mattioli Pasqualinil(,4 di voler leggere questa relazione per vedere come un'arma difficile aveva sempre parlato di collaborazione, mai di aiuto. Lo scopo se non altro fu raggiunto . Anche il Re ne ebbe conoscenza (Mattioli mi disse che l'aveva tenuta 15 giorni) e mi chiese (7 marzo 1923) perché non la facevo stampare, e ripetei la mia ferma intenzione di tenermi lontano da ogni pubblicità. Mi disse che era molto interessante e vi aveva trovato dati ed informazioni che ignorava.» 2 . «Anche Alberto 165 la lesse ed, a parte certi dati tecnici sui quali non era competente, trovò che meritava la pubblicazione. Ma .... ... Non ho voluto.» Queste due annotazioni, infatti, sono un'ulteriore conferma del riserbo dal quale Dallolio non intendeva uscire (già evidenziato nell' «Introduzione»). Oltre tutto, egli sapeva che la sua linea di condotta era condivisa dal Re Vittorio Emanuele III, come questi gli aveva dimostrato durante un'udienza. «Quando il 7 marzo 1923 essendo stato nominato Presidente del Comitato di Mobilitazione Nazionale fui ricev.uto in udienza da S. M. [il Re] mi parlò della memoria e mi disse: "Ho letto alcuni documenti che non conoscevo, perché non li fa stampare." Al che risposi "Maestà ho sempre creduto opportuno di tacere, solo lascerò alle mie figlie le mie memorie, solo per loro". Il Re mi rispose, e non l'ho mai dimenticato "Ha servito bene il suo Paese, l'ha servito anche bene tacendo"». 166 D'altra parte Dallolio s'era impegnato a studiare gli avvenimenti soltanto per amore della verità, e, infatti, aveva premesso: «Per carità di Patria non parliamo di responsabilità, la sentinella agli avamposti non chiede di sapere in che direzione sarà attaccata, vede, guarda, guata. Noi siamo sulla br~ccia e dobbiamo starci; saremo travolti poco male , saremo spezzati poco male, lasciamo ai politicanti di declinare responsabilità. Quindi sintesi guardando in avanti.» 167
serie lettere ai familiari, lettera del 20 giugno 1920 a Elsa. serie lettere ai familiari, lettera del 17 maggio 1920 a Elsa. 10.1 Le indicazioni sulle «zone di preda» tedesche e austriache erano state inserite dalla figlia Gina che aveva riordinato l'epistolaiio. t&1 Conte Alessandro Mattioli Pasqualini Ministro della Real Casa, Senatore del Regno. 165 Alberto Dallolio, fratello maggiore del Generale Alfredo. 166 Al termine dell'udienza , il Ministro della Real Casa chiariva a Dallolio che il Re aveva studiato per diversi giorni la sua memoria. APTGP, serie fascicoloni, fase. VII, f. 9, Allegato VII. 167 APTGP, serie fascicoloni , fase. XII, f. 8, p. 41. 161
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Capitolo 32 L'ATTIVITÀ DI DALLOLIO PER IL RIPIANAMENTO DELLE PERDITE ALL'INDOMANI DI CAPORETTO
Come si è detto, Dallolio era arrivato a Treviso alla mezzanotte del 27 ottobre 1917. Da là, l'indomani mattina inviava un cifrato al Presidente del Consiglio: «Ministro Giardino ha riferito circa situazione. Avverto V.E. perdita materiali e bocche da fuoco molto considerevole ma sono state prese tutte le misure necessarie per riunire al più presto maggior numero di nuove batterie e materiali necessario sollecitando anche concorso Alleati. Occorre massimo sforzo e chiamare a raccolta tutte le energie; ma se Paese sentirà situazione, faremo miracoli per dare i nuovi mezzi, intensificando ogni genere di produzione tanto più che meccanismo industriale risponde e risponderà.» 1 La perdita «molto considerevole» delle bocche da fuoco segnalata da Dallolio assommava a 3.152 unità suddivise in:2 cannoni piccolo calibro 1.478 cannoni medio calibro 1.577 cannoni grosso calibro 97 Caporetto , quindi, in termini di artiglieria, aveva significato la perdita di quasi metà delle bocche da fuoco presenti al fronte il giorno precedente la rotta: su un totale di 7.138 bocche da fuoco ne er.a andato perduto il 44,158%. Restavano dunque 3.986 cannoni suddivisi in: 3 Piccoli calibri 2.390 Medi calibri 1.534 Grossi calibri 62 Dallolio si era posto una domanda retmica. Sarebbe stato ammissibile, dopo le prove fornite dall'industria nazionale sino a quel momento, e dopo tante battaglie in cui si erano <<sormontate le difficoltà delle materie prime, delle macchine, degli impianti, dei traspo1ti, della energia elettrica, del carbone, della mano d'opera, dei locali ... », presentarsi dagli Alleati per dichiarare: «Per la primavera 1918 occorrono all'Italia 4 migliaia di bocche da fuoco, altrimenti l'Italia è perduta essendo le risorse nazionali insufficienti?» . Scontata la propria risposta negativa, la strategia di Dallolio, per il quale «la riscossa dell'Italia anzitutto dall'Italia si doveva aspettare»,5 imponeva due azioni ben distinte: 1) in linea prioritaria richiedere agli Alleati, a titolo provvisorio, dei mezzi necessari per riordinare e inquadrare i soldati della Il Armata; 2) sollecitare l'industria nazionale a ogni possibile sforzo per affrancare l'Italia dalla dipendenza da alni Paesi e raggiungere lo standard di artiglie1ie e munizioni necessario alla ripresa dell'iniziativa. In sintesi, secondo la sua concezione, «dopo il primo e provvisorio concorso degli Alleati già formulato, l'Italia doveva bastare a sé stessa. Se a maggio l'Italia potrà avere 7.000 bocche da fuoco in batteria, oltre a molte centinaia di bocche da fuoco di riserva, 5 milioni di colpi di medio e grosso calibro, 16 milioni di colpi di piccolo calibro, qualunque brutale aggressione sarà respinta, e all'ora della riscossa il Paese avrà la sicurezza del1a vittoria.»6
serie fascicoloni, fase. XII, f. 8, appunti 27 ottobre - 31 dicembre 1917, p. 6. fondo Dallolio, b. 944, f. 21, I. 1, p. 4, cfr. anche APTGP, serie fascicoloni , fase. XII, f. 8, appunti 27 ottobre · 31 dicembre 1917, p. 70. 3 APTGP, serie fascicoloni, fase. XII, f. 8, appunti 27 ottobre · 31 dicembre 1917, p. 71. • APTGP, serie faseicoloni, fase. XII, f. 8, appunti 27 ottobre · 31 dicembre 1917, p. 43. 5 APTGP , serie faseieoloni, fase. Xll, f. 8, appunJ.i 27 ottobre - 31 dicembre 1917, p. 42. 6 APTGP , serie faseieoloni, fase. XII, f. 8, appunJ.i 27 ottobre - 31 dicembre 1917, p. 45. 1
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Egli teneva a sottolineare: «Coi Francesi sia a Parigi che a Roma (3 novembre 1917 a Roma Generali Foche Weygand)7 come cogli Inglesi (3 novembre 1917 a Roma Generale Robertson) non facevo certo risuonare voci di tristezza.» 8 D'altra parte si chiedeva: «Chi non aveva avuto una sconfitta nell'immane lotta combattuta?».9 Perciò, «pur riconoscendo la sconfitta», continuava a guardare verso la collaborazione, unica via «per la maggiore vita dell 'Intesa.» 10 Dallolio, al fine di non perdere «tempo per correre al riparo e per fronteggiare la situazione» 11 bensì prendere in mano le redini della situazione, anche se allontanatosi da Roma, aveva agito in quattro direzioni: - disposizioni telegrafiche ai responsabili del suo Dicastero; - richieste agli Alleati e iniezioni di fiducia ai Comandi italiani; - sollecitazioni all'industria nazionale per una maggiore produzione; - preparazione di un ulteriore «programma di allestimento di nuove artiglierie». Disposizioni telegrafiche ai responsabili del Dicastero Armi e Munizioni Dallolio, durante il viaggio da Roma verso il Veneto o (una volta arrivato a Treviso) dal suo <<vagone fermo su un binario morto», aveva inviato una serie di telegrammi con la qualifica <<Precedenza assoluta»: nel tardo pomeriggio dello stesso giorno del viaggio (27 ottobre) al suo Capo di Gabinetto: 12 <<Raccomandare Generale Marieni 13 fare tutto il possibile per preparare nuove squadriglie e i maggiori rifornimenti sulla fronte e dirgli che faccio pieno calcolo sugli sforzi dell'aviazione»; 14 sempre nel pomeriggio del 27 ottobre al Colonnello De Sauterion: 15 «Urgerebbe ricevere 50.000 colpi da 105 e 30.000 da 75 campagna iniziando spedizione con la maggior urgenza possibile. Ausilio alleati è di estrema necessità ed esigenze situazione nonché abile collaborazione VS. debbono ottenerci quanto richiesto. Attendo urgente risposta. Ministro Dallolio»; 16 alle 11,30 del 28 ottobre, partiva un 'ulteriore richiesta di munizionamento: «Telegrafare immediatamente Colonnello De Sauterion per avere immediatamente ventimila colpi da 120. Urgenza è massima ed in questo momento VS. pel Paese deve riuscire a qualunque costo per qualunque domanda. Ministro Dallolio»; 17 alle 12,15 sempre del 28 ottobre, indicava la strategia da seguire: «Telegrafare Colonnelli Mola18 e De Sauterion che immediatamente si interessino prospettando nostra situazione grave per avere maggior numero possibile batterie medio e piccolo calibro. Urgenza è massima. Intenzione ferma e decisa nostra è rinsaldare paese e situazione militare a qualunque costo. Raccomando pronta comunicazione e insistere per pronta risposta che non metto dubbio sia affermativa subito. Ministro Dallolio»; 19 ancora il 28 ottobre (ora imprecisata) impartiva disposizioni per diversi settori: « 1° Chiedere al Ministro Bianchi carbone per Metallurgica Bresciana e Metallurgica Livornese perché producano
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Generale Weygand Sottocapo di Stato Maggiore Generale, il vice di Foch . serie fascicoloni, fase. XII, f. 8, appunti 27 ottobre - 31 dicembre 1917, p. 15. 9 APTGP, serie fascicoloni, fase. XII, f. 8, appunti 27 ottobre - 31 dicembre 1917, p. 13. IO lbid. "APTGP, serie fascicoloni, fase. XII, f. 8, appunti 27 ottobre - 31 dicembre 1917, p. 6. 12 Provenienza del telegramma «in viaggio per Treviso». 11 Comandante del!' Aviazione. 1 • APTGP, serie fascicoloni, fase. XII, f. 8, appunti 27 ottobre - 31 dicembre 1917, Ali. II. 15 Capo Missione Militare italiana a Parigi. 16 APTGP, serie fascicoloni , fase. Xll, f. 8, appunti 27 ottobre - 31 dicembre 1917, All. n. I. 17 APTGP, serie fascicoloni, fase. XII, f. 8, appunti 27 ottobre - 31 dicembre 1917, Al!. Ill. I$ Capo Missione Militare italiana a Londra. 19 APTGP, serie fascicoloni, fase . XII, f . 8, appunti 27 ottobre - 31 dicembre 1917, All. IIII. • APTGP,
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bossoli a qualunque costo. 2° telegrafare Generale De Angelis perché trovasi a Roma domani. 3° Sollecitare approntamento trattrici e cmTi rimorchio. 4° Disporre per invio maggior possibile quantità materiale da 102 alle Officine Ansaldo di Laghetto ... » 20 Era injziata la corsa contro il tempo. A meno di ventiquattr'ore dalla partenza dei primi telegrammi erano anivate già alcune conferme. Da Parigi giungeva infatti il preavviso che il Ministro all 'Armamento francese aveva già preso in esame con la massima sollecitudine la cessione di munizioni: <<Ottenuta cessione immediata munizioni richieste. Spedizione avrà luogo grande urgenza. Preciserò domani».2 1 Dopo altre venti ore il Capo Missione De Sauterion era in grado di precisare: «Ministro Armamento francese dato ordine per spedizione immediata 50.000 colpi 105 composti bossoli innescati, cm·icbe di lancio, granate cariche con spolette. Centomila granate da 75 campagna cariche con spolette e quantità polvere americana per cariche lancio relative. Colonnello De Sauterion». 22 L'indomani pomeriggio il Capo Missione aggiungeva da Parigi: «Ventimila colpi da 120 richiesti concessi spedizione immediata. Colonnello De Sauterion>>. Il 29 ottobre, sempre da Parigi, De Sauterion telegrafava: «Ministero Armamento francese preso in esame massima sollecitudine cessione maggior numero possibile di batterie medio e piccolo calibro riservandosi precisare entro domani. Telegraferò.» È da tenere presente come in quei g iorni i servizi trasporti dei vari Paesi alleati avessero compiuto veri e propri miracoli per disciplinate un traffico divenuto subito congestionato. Ne fa fede un telegramma del Colonnello Mola, spedito il 30 ottobre da Londra: «War Office promette dare ogni aiuto possibile mandare altra artiglieria pesante ma ciò è impossibile pel momento dato traffico intenso congestionato su ferrovie francesi direzione Italia. Necessita mandare avanti al più presto Divisioni pmtenti Francesi ed Inglesi cui urgenza è assoluta.» 23 Quest'ultimo telegramma rivela indirettamente come, dopo la rotta di Caporetto, gli AJleati stessero prendendo importanti contromisure per bloccare possibili sbocchi della manovra austro-tedesca nella Pianura padana. Iniezioni di fiducia ai Comandi italiani e richieste agli Alleati Dallolio, nel suo <<ufficio provvisorio» a Treviso, aveva discusso della situazione con il Duca d'Aosta, Comandante della III Armata, e i Generali Pecori Girardi e Robillant. Quindi, nel corso di una ricognizione verso il Tagliamento aveva incontrato Comandanti d'Armata e Corpo cl' Annata, preoccupandosi di rincuorarli ove necessario. Infatti, poiché era sulle sue spalle che ricadeva ]a responsabilità del ripianamento delle perdite subite in termini di artiglierie e munizioni , aveva potuto tranquillizzarli circa le perdite subite, impegnandosi personalmente sul loro ripianamento e assicurando che esistevm10 riserve cui poter attingere.24 Dallolio era pressato dalle richieste del Comando Supremo sulla possibilità cli poter ripianare rn tempi brevi la voragine che si era aperta nella disponibilità di materiali. Il primo novembre aveva telegrafato a Cadorna: «Nel comunicare alla E.V. i miei appe11i agli.industriali pro orfani di guerra e per profughi, unisco per ora il programma di ciò che ritengo sarà fatto entro il 30 novembre per quanto ha tratto alle bocche da fuoco campali, con rjserva di inviare quello relativo alle bocche da fuoco cli medio e grosso calibro allo scopo cli dimostrare che la organizzazione industriale risponde alla ora presente per la difesa del Paese e per sentimento nazionale. M i creda .>>25 Cadorna
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serie fascicoloni, fase. Xli, f. 8, appunti 27 ottobre - 31 dicembre 1917, All. V. serie fascicoloni, fase. XII, f. 8, appunti 27 ottobre - 31 dicembre 1917, AH. s. n. APTGP, serie fascicoloni, fase. XII, f. 8, appunti 27 ottobre - 31 dicembre 1917, All. s. 11. APTGP, serie fascicoloni, fase . Xll , f. 8, appunti 27 ottobre - 31 dicembre 1917, Ali . s. n. APTGP, serie lettere ai familiari, appunti di Gina anno I917. MCRR, fondo Dallolio, b. 961, f. 13 , 1.5 , Ali. D, Appunti La sostituzione di Cadorna. APTGP, APTGP,
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l'indomani rispondeva: <<Ringrazio sentitamente I'E.V. delle comunicazioni fattemi circa l'allestimento di nuove artiglierie. È davvero confortante il riscontrare che l'organizzazione industriale del Paese dovuta alla strenua operosità di V.E. - risponda alle gravi necessità dell'ora presente. Sicuri che i mezzi materiali non mancheranno alla nostra riscossa, sarà più faci[e la rieducazione dei fattori morali.»26 Dallolio, ripartito verso Roma la sera del 29 per la presentazione del nuovo Gabinetto Orlando, nel quale veniva riconfermato Ministro alle Anni e Munizioni, si premurava di mettersi in contatto con i suoi colleghi francese e inglese per riannodare i vincoli della collaborazione che riteneva più che mai indispensabile in quei momenti. Egli aveva sempre ritenuto che i rapporti diretti con i suoi omologhi dell 'Intesa fossero fondamentali per la riuscita della collaborazione fra Alleati, ma nello stesso tempo non aveva certo trascurato i canali diplomatici richiedendo loro un'azione «collaterale». Di questo tenore il telegramma che il primo novembre inviava al Capo Missione Militare italiano a Washington: «Delego V.S .... di portare il mio saluto cordiale al Secretary of War Honorable Newton Baker che adempie per forte governo federale anche mansioni analoghe a quelle che mi onoro compiere pel mio Paese. E nel ringraziarlo per quanto libera America ha già compiuto in nostro favore desidero soggiunga che ogni sollecito ausilio in largo invio materie prime e facilitazioni trasporti servirà a stringere più saldi i vincoli della Alleanza, a far sentire in ogni provincia della nostra Patria la grandezza e superiorità della moderna anim~ americana e congiungerà per felice unione nei benefici lavori di pace le salde forze industriali dei due Paesi. E di ogni atto del collega Americano che rinforzi la nostra attuale preparazione bellica io sono sin d'ora profondamente e sinceramente grato. Ministro Armi e Munizioni Dallolio.>>27 L'indomani 2 novembre, tramite il Capo Missione Militare in America, Generale Tozzi, perveniva la risposta << 10781 DG 10691. Segretario Stato Ministero Guerra Onorevole Newton Baker cui immediatamente fui onorato alta espressione Vostra Eccellenza interprete sentimenti nostro Paese profondamente commosso pregommi esprimere Vostra Eccellenza che nazione americana in questo grave momento per la causa comune est più che mai simpatizzante per la Patria nostra. Pregommi anche assicurare Vostra Eccellenza primo pensiero Governo Americano est ora largo sollecito rifornimento materie prime et relativo trasporto Italia. Generale Tozzi.»28 /
Per ottenere la collaborazione degli Alleati, Dallolio aveva telegrafato: - a Lloyd George, Primo Ministro britannico, in merito ai rifornimenti di materie prime e il necessario tonnellaggio per il loro trasporto: «... Nel proseguire con fede incrollabile il mio arduo lavoro ricordo con quanta simpatia Voi mi avete sempre appoggiato così quando eravate Ministro delle munizioni, come durante il mio viaggio ultimo a Londra. Nella grave ora presente il mio pensiero riconoscente si rivolge a Voi colla certezza di ritrovare nel Primo Ministro Britannico l'amico fedele del mio Paese.»29 il 30 ottobre a Loucheur, Ministro all'mmamento francese: «Mi si affida come per il passato il Dicastero Armi e Munizioni del mio Paese. Tengo forte l'anima ed invitta la fede nei destini delJa Patria e nella ringargliardita attività della nostra industria di guerra e nel rinnovare il saluto al collega so di porgere la mano ad un collaboratore che sente tutta la forza che viene dalla salda amicizia èd il vigore di azione che apporta la sicurezza che nessun appello sarà rivolto invano per lo scopo e la finalità che da anni ci lega. Ministro Dallolio.>>30 • il 30 ottobre a Winston Churchill, Ministro all'armamento inglese: «Rinnovando il cordiale saluto al collega inglese delle munizioni riprendo con fede e rinnovata energia il mio posto di batta-
sostituzione di Cadorna. serie fascicoloni, fase. XII, f. 8, appunti 27 ottobre - 31 dicembre 1917,All. XV. 2 • MCRR, fondo Dallolio , b. 961, f. 4, I. 10. 29 APTGP , serie faseicoloni, fase. XII, f. 8, appunti 27 ottobre - 31 dicembre 1917, p. 13 . .io APTGP , serie faseieoloni, fase . XII, f. 8, appunti 27 ottobre - 31 dicembre 1917, Ali. Vll. 26
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glia nel1a preparazione delle armi e delle munizioni ed oggi più che mai ricordo la prova di amicizia di codesta Nazione e mi riconfermo nella certezza che la collaborazione in passato ognor pronta sarà adesso più sicura più larga più rispondente alle presenti esigenze per la difesa comune. Ministro Dallolio.» 31 il 31 ottobre a Cadorna: «Proseguo nella mia opera colla ferma volontà di portare alla maggiore efficienza le risorse industriali del Paese e fare ogni sforzo per fronteggiare questa grave ora di prova. Più che mai il mio grido armi e munizioni sarà acuto e stridente ma lo lancerò da un capo all'altro dell'Italia con indomita fede e sicura coscienza. Ecco il mio programma che con cuore di soldato espongo all 'E.V. sapendo che tutti i miei migliori auguri diretti al Comando Supremo vanno alla Patria. Il Ministro Dallolio.»32 E Cadorna, il 2 novembre: «Ringrazio V.E. della sua comunicazione per la riassunta carica di Ministro. In quest'ora in cui l'opera sua è indispensabile alla Patria, la ferma e serena volontà di lei è una forza in cui tutti confidiamo e sono sicuro che nella nostra fervida e cordiale collaborazione la grave prova sarà superata.»33 il primo novembre all'Ambasciatore a Londra, Marchese Imperiali: «Proseguo nella mia opera facendo oggi il più caldo appello al suo concorso per ricordarmi al Primo Ministro Lloyd George e a] Ministro Churchill cui ho rivolto quelle richieste che per collaborare comune azione e rinsaldare difesa nostro Paese rispondono reale situazione momento. Il Ministro Dallolio.»34 il primo novembre al Conte Bonin-Longare Ambasciatore a Parigi .simile a quello inviato a Imperiali, perché intervenisse sul Ministro Loucheur;35 il 9 novembre, all'indomani dell'avvicendamento del Capo di S. M ...delJ'Esercito, al Generale Diaz: «Mando E.V. un saluto da] cuore assicurando che alle gravi necessità dell'ora presente faremo fronte applicando il motto della Arma nella quale siamo stati battezzati come Ufficiali. Generale Dallolio.»36 Immediata, a poche ore di distanza, la risposta di Diaz: <<Ringrazio la E.V. del saluto cordiale che mi ha rivolto. Sia in questa ora ogni nostra energia consacrata alla Patria. Generale Diaz.»37
Le risposte pervenute avrebbero confermato sia la stima da parte degli statisti alleati - «Sono felicissimo di sapere V.E. ancora mio collega nelle armi e munizioni e mi riprometto di mantenere la continuità e la coordinazione di opere che mai come oggi ha tanta importanza. V.E. come per il passato può contare su qualunque aiuto consentito dai nostri molti e gravi bisogni che è in potere del Ministro delle Munizioni di dare. Mi permetta anche di esprimere la mia profonda convinzione che giorni molto gloriosi chiuderanno questo periodo di dura prova. Winston Cburchill»38 (primo novembre) - sia la fiducia dei Comandanti italiani-« ... In questa ora in cui l'opera sua è indispensabile alla Patria la ferma e serena volontà di Lei è una forza jn cui tutti confidiamo, e sono sicuro che nella nostra fervida e cordiale collaborazione la gran prova sarà superata. Generale Cadorna»39 (2 novembre). Va rilevato come gli Alleati avessero compreso bene la situazione italiana, e le offerte di aiuto stessero arrivando. L'Ambasciatore italiano a Washington, il 30 ottobre 1917, telegrafava al Ministro degli Esteri: «N.18505/565. Questo Addetto navale ha informato il Ministero Marina che Ammiragliato americano
serie fascicoloni, fase. XII, f. 8, appunti 27 ottobre - 31 dicembre 1917,All. VI. serie fascicoloni, fase. XII, f. 8, appunti 27 otlobre - 3 I dicembre 1917, All. XII. 33 MCRR, fondo Dallolio, b. 961, f. 13, 1.5, Ali. D, Appunti La sostituzione di Cadorna. 3" APTGP, serie faseicoloni, fase. Xll, f . 8, appunti 27 ottobre - 31 dicembre 1917,All. XIII. 35 lbid. 36 APTGP, serie faseieoloni, fase. XII, f. 8, appunti 27 ottobre - 31 dicembre 1917, Ali. xxm. 3? lbid. 38 APTGP, serie fascicoloni, fase. XII, f. 8, appunti 27 ottobre - 31 dicembre 1917, Ali. VIII. 39 APTGP, serie fascicoloni , fase. XII, f. 8, appunti 27 ottobre - 31 dice,nbre 1917, Ali. s. n. 0
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ci concede subito altri quattro cannoni da cinque pollici con duemila colpi che saranno imbarcati in questi giorni. Lo stesso Ammiragliato nel desiderio di agevolare al possibile nostro rifornimento bellico ci offre subito duemila mitragliatrici tipo "Colt'' calibro sei, sette mm. con 100.000.000 di cartucce (che erano state eseguite per la Svezia e poi sequestrate da questo Governo). Questa offerta è stata segnalata anche essa dall'Addetto Navale al Ministero della Marina. Ma poiché essa interessa più direttamente Ministero Munizioni ne informo Vostra Eccellenza pregandola comunicarla subito a S .E. Dallolio per sapere se può essere accettata di massima nel qual caso provvederei immediatamente conclusione pratiche col Dipartimento di Stato e Dipartimento Tesoro avvertendone in pari tempo Generale Tozzi per il lato tecnico militare. Stop. Cellere».40 Il Ministro degli Esteri, Barone Sonnino ne disponeva l'immediata ritrasmissione a Dallolio che accettava immediatamente rispondendo il primo novembre: «Ringrazio vivamente V.E. per telegramma di Washington n.18505/565 del 30 ottobre u.sc. comunicatomi in copia. Prego telegrafare subito che accetto ben volentieri le duemila mitragliatrici con 100.000.000 cartucce che saranno una risorsa pel nostro attuale ed urgente rifornimento bellico. Ministro Dallolio.»4 1 Parallelamente al pressing sugli Alleati, Dallolio manteneva un contatto continuo con Cadorna per tenerlo informato sul progressivo evolvere della situazione degli aiuti ricevuti. Il 2 novembre Dallolio gli telegrafava: «Riscontrasi telegramma n .7 .125 G .M. del l O corrente. Primo saranno ceduti solo cannoni e cioè 75 da 155L e 75 da 120L; Secondo di tutte le artiglierie francesi è prevista la restituzione a partire dal 1° marzo; Terzo munizionamento iniziale è di 50.000 colpi da 120 e 50.000 colpi da 155 ed i rifornimenti successivi secondo i bisogni, Quarto 300 pezzi da campagna da 75 con 300 cassoni, duemila colpi per pezzo e rifornimento successivo secondo i bisogni; Quinto i cannoni da campagna debbono essere restituiti 100 a partire dal 1° marzo 1918 ed i cannoni di medio calibro 50 a partire dal 1° marzo 1918; Sesto siccome nel mese di dicembre la crisi del carbone è stata gravissima mi riservo andando a Parigi nel mese corrente di fare modificare date di restituzione come parlerò a voce all'E.V. fra pochi giorni.» 42 Dallolio sentiva la necessità di incontrarsi coi colleghi dei Paesi alleati, ma la caduta del Ministero francese Painlevé aveva fatto ritardare l'incontro di Parigi , programmato per novembre. È evidente come in quel drammatico momento che imponeva il massimo impegno produttivo, le deficienze congenite di materie prime si assommassero al nuovo problema del ripianamento delle perdite che diventava gravissimo, tanto che l' 11 novembre del 1917, prima della partenza per Parigi, egli aveva scritto al Ministro del Tesoro: « . .. Il carbone si riduce a cifre irrisorie, le materie prime soffrono ogni sorta di fal cidia. Capisco tutte le ragioni dal grano ai sottomarini, dal tonnellaggio ai vagoni, ma con niente cosa si fa? Ciò non toglie che farò l'impossibile per avere il possibile.>>43 DaUolio sarebbe partito per Parigi la sera del 15 novembre,44 e prima della partenza avrebbe inviato un lungo telegramma al Capo di S. M. dell'Esercito: «Parto stasera ore ventitré per Parigi onde sollecitare da Allecl,ti invio màteriali armamento e massime fucili e mitragliatrici. Avverto che tutto quanto potevo avere entro 30 corrente di fucili e mitragliatrici è già messo a disposizione codesto Comando, naturalmente essendosi praticata ogni possibile intensificazione. Cercherò sollecitare e concludere ma bisogna insistere cogli Alleati da vicino e da lontano perché -se ci mancheranno materie prime e carbone non potremo coilaborare per riparare perdite e rinforzare mezzi come è nostra ferma intenzione e come è nostro assoluto proposito. Nostra collaborazione deve quindi essere in.t esa e sentita nel suo vero carattere.»45
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A Parigi Dallolio aveva, con Albert Thomas, un colloquio preliminare che gli spianava la strada alla successiva intesa con il Ministro Loucheur. Quindi, sempre nell'ambito della conferenza degli Alleati , il Ministro alle Armi e Munizioni ita1iano si rivolgeva al collega inglese, presso i1 quale trovava accoglienza analoga a quella ricevuta dai francesi. Il telegramma che Dallolio aveva inviato a LJoyd George prima dell 'incontro, era emblematico dei rapporti che era riuscito a tessere. Il Primo Ministro ing1ese, infatti, lo appoggiava subito e lo accompagnava dal Cancelliere dello Scacchiere, membro inglese del Supreme Finance Council,'16 per l'assegnazione di un credito di 30 milioni di dollari. Dallolio, pertanto, grazie alla sua rete di buoni rapporti, era riuscito a ottenere un credito senza bisogno di presentare conteggi dettagliati; cosa che in passato era risultata quasi impossibile. Egli, infatti, ricordava le difficoltà incontrate per ottenere l'assegnazione del credito per l'acciaio per il primo t:rimestre 1917 , per il quale «mi chiedevano il finanziamento e volevano istradarmi sulla via degli specchi, delle dimostrazioni e dei calcoli prima di darmi l'acciaio [fino a quando] risposi netto e risoluto "niente acciaio, niente proiettili" e trovarono subito i 30 milioni di dollari da assegnarmi per provvedere l'acciaio.»"7 Stavolta «Lloyd George mi appoggiò subito andammo alle 17 1/2 dal Cancelliere dello Scacchiere Mac Thema ed ebbi 30 milioni di dollari per l'acciaio.»48 Mai, in precedenza assegn~zioni di credito erano state così agevoli da parte inglese, come durante la Conferenza degli Alleati di Parigi del 1917, segno del cambiamento dei tempi. E proprio Dallolio indicava la motivazione profonda di questo cambiamento: <<Mai mi ero sentito così fiero d:i essere italiano come all'Estero durante la guerra negli anni di grandi cimenti, mai ho ceduto di un palmo a fronte dei miei colleghi Lloyd George, Montagu, Winston Churchill, Albert Thomas, Loucheur quando si trattava di sostenere le nostre ragioni, rinforzare le nostre domande, esporre il miracolo della nostra .redenzione industriale. Debbo dirlo - e c'erano anche "les joies d'une collaboration continue" - e l'orgoglio del magnifico sforzo di operosità, di resistenza, di valore della nuova ltalia.>>49 Infatti, come aveva scritto Dallolio l'anno precedente: «In tutte le conferenze cui ho preso parte, la mia linea di condotta è sempre stata quella che accennavo al Ministro Bissolati il 31 agosto 1916 in conseguenza della conferenza che aveva avuto luogo a Londra dal 13 al 16 luglio 1916: occorre parlare da pari a pari e ripetere sempre che siamo alleati, non chiediamo aiuti, e vogliamo essere collaboratori sicuri, forti e coscienziosi.»50 Va sottolineato, peraltro, che il comportamento di Dallolio, improntato al concetto «siamo alleati», aveva sempre riscontrato un'eco favorevole negli ambienti parigi,ni, mentre non era avvenuto altrettanto in Inghilterra, come si rileva da un telegramma inviato dalla rappresentanza militare italiana a Londra, nel maggio del 1916: «Seguito telegramma 17 .096 comunico avuto ieri Ammiragliato colloquio preparato da personale interessamento Lord Kitchener. Accoglienza Ammiragliato glaciale. Ammiraglio Capo Dipartimento artiglieria dichiarato esplicitamente non potere marina inglese mettere nostra disposizione neppure un proiettile da 305 ... Riprendo pratiche per ottenere massimo numero possibile granate 5 305 da War Office. Telegraferò nuovamente appena possibile trasmettere notizie concrete definidve.» ' Il comportamento inglese era dovuto a due fattori: - la possibilità di concedere agli alleati munizioni, o materie prime per fabbricarle, soltanto ,dopo aver assicurato abbondantemente i propri rifornimenti; - il pregiudizio esistente ne] Governo inglese della sussidiarietà del fronte italiano, per cui i rifornimenti all'Italia erano subordinati alla prioritaria esigenza di rifornire gli eserciti russo e francese.
S. Crespi, Alla difesa d'Italia in guerra ... , op. cit., p. 128. APTGP, serie fascicoloni, fase. XII. F. 8, appunti dal 27 ouobre al 31 ottobre 1917, p. 33. 48 APTGP, serie fascicoloni , fase. XII. F. 8, appunti dal 27 ottobre al 31 ottobre 1917, p. 32-33. • 9 APTGP, serie fascicoloni, fase. XII, f. 8, appunti dal 27 ottobre al 31 ottobre 1917, pp. 33-34. so APTGP, serie faseieoloni, fase. appunti dal 16 giugno 1916 atl '8 febbraio 1917. 51 MCRR, fondo Dallolio, b. 951 , f. 5, I. 1, Telegramma n. 17.215 a Ministero Guena Munizioni datato 3 maggio 1916. 4Q
47
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«Temo, poi, che a nostro riguardo persista nel Governo Britannico il concetto che mi si è riferito ebbe ad esprimere il defunto Lord Kitchener dopo visitato il nostro fronte: non potersi sperare su di esso per la natura del terreno, alcuna azione decisiva, non quella azione risolutiva che sarà possibile e si spera sul fronte russo-austriaco, o sul fronte russo-germanico, o massimamente sul fronte ove combattono gli Anglo-Francesi; le armi e le munizioni dovere affluire di preferenza là dove il combattere ha maggiore efficienza e può dare i più pronti risultati; il rifornimento dell'esercito italiano non aversi certamente da trascurare, ma dovere venire dopo quello degli eserciti francesi e russo .»52 Per Dallolio si era trattato dell'occasione per ribadire il suo pensiero sul «sacro egoismo» degli inglesi. Ora, però, nel 1917, era cambiata la situazione strategica ed erano cambiati anche alcuni statisti. Anziché Lloyd George e Montagu, infatti, a Parigi Dallolio avrebbe trovato Wiston Churchill per ] 'Inghilterra, e Loucheur per la Francia.53 Dallolio si era messo in viaggio avendo già stabilito cosa chiedere, sia al Ministro francese degli armamenti, Loucheur, sia a Churchj]]: «partivo quindi per Parigi colla speranza di maggiori fortune, pronto a qualunque sforzo pur di riuscire» .54 Ciascuno dei due Paesi avrebbe dovuto fornire un concorso di:55 - 150 .000 fucili con 25 .000 .000. di ca1tucce; - 300 cannoni da campagna (completi di affusto, avantreno e un cassone) con 300.000 colpi subito e il resto dà richiedere man 1µano se ne presentasse la necessità; - 150 cannoni di medio e grosso calibro con 100 .000 colpi subito e il resto da richiedere in caso di necessità; - tank leggeri. Il contributo richiesto avrebbe consentito di elevare le artiglierie da que] 55,842% della dotazione che era rimasto al fronte dopo Caporetto, a] 62, 146%, a cui poi andava aggiunto l' 1,008 % di artiglierie che si trovavano presso gli stabilimenti militari per riparazioni e quelle da trarsi dalle riserve esistenti. In questo modo sarebbero stati schierati sulla linea del Piave circa i 2/3 delle artiglierie in precedenza dislocate sulla linea dell'Isonzo. Inoltre, a questi dati occorreva aggiungere altri due incrementi: 1) le artiglierie portate al seguito delle truppe alleate che sarebbero giunte sul fronte italiano. In merito è da evidenziare che es~e sarebbero state superiori a quelle in organico, come segnalava il Capo Missione Militare a Londra in data 30 ottobre: «War Office informami che Divisioni inglesi si recano in Italia con maggior dotazione di artiglieria campale. Nominalmente Divisione inglese ha 36 pezzi da campagna però le due del Corpo di spedizione avranno ciascuna 48 pezzi da campagna da 0,75 e 16 obici corti da 105 e quattro obici lunghi da 105 cioè un totale di 68 pezzi per Divisione tra campagna e medio calibro. Colonnello Mola.>>;56 2) la produzione italiana che avrebbe fornito, entro tempi brevi, nuove bocche da fuoco. Dallolio garantiva che l'industria nazionale sarebbe stata in condizioni di aumentare in modo significativo il numero delle artiglierie da produrre, dimostrando piena fiducia nella possibilità cli intensificare il ritmo di lavoro per la produzione del materiale da guerra. La sicurezza di Dallolio derivava anche dalla sua convinzione di dover «resistere ora per contribuire alla controffensiva vittoriosa». Il 3 novembre, a Roma, aveva detto chiaramente ai Generali alleati riuniti nel suo ufficio che l'Italia avrebbe raggruppato tutte le sue energie per vincere lei stessa il nemico. In quell'occasio-
52
MCRR, fondo Dallolio, b. 954, f. 2,
5
APTGP, serie
fascicoloni, fase. 54 APTGP , serie fascicoloni, fase. 55 APTGP, serie fascieoloni, fase. 56 APTGP , serie faseieo!oni, fase. l
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l. XII, f. XII, f. XII, f. XII, f.
10, Telegramma s. n. a Ministro Esteri Sonnino datato 27 luglio 1916. 8, appunti 27 ottobre - 31 dicembre 1917, p. 26. 8, appunti 27 ottobre - 31 dicembre 1917, p. 27. 8, appunti 27 ottobre - 31 dicembre 1917, p. 28. 8, appunti 27 ottobre - 31 dicembre 1917,AII. XVI.
Le!te~a di Dallolio a Bissolati del 31 agosto 1916. (APTGP .____ _ _ _ __ _ __ __ _ _ _ __ _J - Serie marrone, giudizi su avvenimenti e persone)
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ne Dallolio aveva sbalordito il Generale Foch affermando che l'industria italiana già nello stesso mese di novembre sarebbe stata in grado di ripianare 1 .000 bocche da fuoco sulle oltre 3 .000 perdute a Caporetto. «Il Generale Foch deve ricordare il suo grido di meraviglia, ma noi eravamo decisi a combattere per la redenzione ed io avevo una sola volontà: resistere; una sola fede: Vincere.»57 Successivamente, invitato a una colazione dal Ministro Loucheur al Cafè de Paris, con i Ministri francesi degli Esteri, delle Finanze, della Marina e il Sottosegretario di Stato alla Guerra e l'alto Commissario in America, Dallolio ribadiva la sua sicurezza nell'apparato della Mobilitazione Industriale italiana, che avrebbe saputo rispondere alle richieste. Va sottolineato , tuttavia, che per alcuni materiali la richiesta italiana metteva in difficoltà gli Alleati: - «per darci [i fucili, gli Inglesi] dovevano disarmare Reggimenti all'interno»;58 - per le bocche da fuoco: «non mezzi antiquati dissi risolu tamente a Mister Winston Churchill, dopo una prima offerta ma ottime bocche da fuoco >>.59 Dallolio poteva fare questa affermazione perché «per i pezzi da campagna conoscevo già le bocche da fuoco e ci saremmo contentati di 1/4 delle 300 per le batterie P.R.» .60·6 1 Dallolio poteva muoversi agevolmente, man mano che sorgevano nuove difficoltà, dato che aveva ricevuto un ampio mandato dal Presidente del Consiglio, Orlando, il quale, non lim itandosi a guardare il problema dal mero lato del reintegro dei materiali perduti , lo aveva inserito in un quadro strategico di prevedibile ripresa delle operazioni offensive. Orlando , infatti , la sera del 18 novembre avrebbe telegrafato al Ministro Dallolio, presso l'Ambasciata italiana a Parigi: «Nel colloquio che autorizzala costà credo sia utile mettere in vista che nostra attuale fornitura di quattromila pezzi non rappresenta che la reintegrazione del perduto. Poiché in primavera ci sarà lo sforzo massimo di guerra ed esso si porterà anche nel nostro fronte è da prevedere che ci occorrerà un numero di cannoni assai superiore a quello che potrà essere apprestato dalla produzione interna anche portata al massimo grado. Dovranno quindi comprendere nei loro programmi ulteriore fornitura per noi. Siccome ora si formano i grandi programmi di primavera ripeto che sembrami utile ciò sia messo in evidenza. Cordiali saluti. Orlando».62 / Il programma di massima dei contributi da richiedere agli alleati sarebbe stato ridimensionato via via che affluivano dati più aggiornati sulle perdite subite. Infatti , appena era emersa la possibilità di ridurre le richieste da avanzare all'Inghilterra, il Sottosegretariato alle Armi e Munizioni aveva fatto pervenire al Colonnello Mola, Capo Missione Militare Italiana a Londra, il seguente messaggio: <<Ministro Dallolio in viaggio per Parigi telegrafami perché avverti Ministro Inglese Churchill che essendosi effettuato ricupero per ora sono sufficienti solo 50.000 fucili e non 130.000 come richiesti. Desidera sia ringraziato caldamente per coadiuvazione. Capo di Gabinetto Ministero Anni e Munizioni.»63 In materia di restituzioni, Dallolio si era ripromesso di tenere un comportamento differenziato per i due Paesi, considerando che conveniva dare priorità alla Francia a causa dei problemi ricorrenti per le richieste francesi di lavoratori italiani e di camion FIAT: pertanto, egli aveva programmato di iniziare la restituzione delle bocche da fuoco da campagna a partire dal primo febbraio 1918 e di quelle di medio e grosso calibro dal primo maggio al primo giugno 1918, mentre quella dei fucili sarebbe avvenuta (con
57
serie fascico loni, fase. XII, f. 8, appunti 27 ottobre - 31 dicembre 1917, p. 16. XII, f. 8, appunti 27 ottobre - 31 dicembre 1917, p. 21. 59 APTGP, serie fascicoloni, fase . XII, f. 8, appunti 27 ottobre - 31 dicembre 1917, p. 49. 00 APTGP, serie fasc icoloni, fase. XII, f. 8, appunti 27 ottobre - 31 dicembre 1917, p. 64. 61 Le lettere P.R. indicavano i «Porti rifugio» armati con pezzi a retrocarica, antiquati ma ancora idonei per contrastare i sommergibili che si annidavano all'uscita dei porti per colpire il naviglio che vi aveva cercato scampo al pericolo. 2 <; MCRR, fondo Dallolio, b. 961 , f. 5, l. 14, cfr. anche APTGP, serie fascicoloni, fase . XII, f. 8, appunti 27 ottobre - 31 dice,nbre 1917,All. XXXVIII. 63 MCRR, fondo Dallolio, b. 961, f. 6, l. 19. APTGP,
ss APTGP, serie fascicoloni , fase.
488
rate mensili di 15 .000 pezzi), sempre a partire da febbraio .64 Successivamente si sarebbe provveduto alla restituzione del materiale all 'Inghilterra.65 Conclusi con buon esito i negoziati di Parigi , iniziavano le spedizioni di materiali verso l'Italia per cui Dallolio, da Parigi, poteva assicurare: - il 21 novembre al Presidente del Consiglio e al Ministro della Guerra: «150.000 fucili, partono per Torino e Alessandria, 2.000 mitragliatrici per Torino con rispettivi milioni di cartucce Seguiranno subito cannoni da campagna a Torino e Alessandria e quelli di medio calibro a Piacenza. Prego disporre al riguardo. Ministro Guerra già avvertito perciò occorre subito avvertire Comando Supremo>> ,66 «oggi seduta per quanto riguarda definitivamente Inghilterra. Ministro Dallolio» .67 il primo dicembre al Ministro della Guerra: «Prevengo V.E. con preghiera darne notizia a Comando Supremo che dalla Francia sono stati inviati 1 treno con 2000 mitragliatrici, 2 treni di cartucce, 1 treno con 44 pezzi e 44 cassoni da 75 con 120 colpi per pezzo nei cofani. Treni di fucili completi partiranno prossimamente. Prego informare Ministero Armi e Munizioni. Ministro Dallolio.»68 - a tutto il 31 dicembre risultavano entrati in Italia da Modane69 1'84% dei cannoni da 75 richiesti (252 su 300), il 18,75% dei 120L (18 sui 96 richiesti) e il 100% dei cannoni da 155L (66). In merito alle discrepanze fra richieste e arrivi, Dallolio il 21 dicembre telegrafava al Colonnello De Sauterion, Capo della Missione Militare Italiana a Parigi: «7745 GAM. Urgenza assoluta ed imperiosa avere tutti 300 pezzi da 75 francesi con relative munizioni. Prego interessarsene colla consueta sua maggiore attività. Ministro Dallolio.»70 De Sauterion, dopo due giorni poteva assicurare d'aver «Ricevuto 71 promessa da Ministero Armamento francese di fare tutto il possibile per soddisfare nostra domanda». Oltre alle offerte dei materiali, da parte alleata pervenivano anche messaggi di solidarietà. Ne è un significativo esempio il fatto che le comunicazioni relative ai materiali accennassero anche al loro trasporto, poiché era risaputo quanto Dallolio fosse preoccupato non solo per il reperimento di armamenti, ma anche per il loro trasferimento, punto sensibile di tutto il meccanismo dei rifornimenti , come già
serie fascicoloni, fase. XII, f. serie fascicoloni , fase. Xll, f. MCRR, fondo Dallolio, b. 961, f. 6, 1. MCRR, fondo ])allolio , b. 961 , f. 8 , 1.
64
APTGP,
65
APTGP ,
66 61
8 , appunti 27 ottobre - 31 dicembre 1917, p. 28. 8, appunti 27 ottobre - 31 dicembre 1917, p. 30. 13. 14; Cfr. anche APTGP serie fascicoloni, fase. XII, f. 8, appunti 27 ottobre - 31 dicem-
bre 1917. MCRR, fondo Dallolio , b. 961, f. 7, 1. 17, cfr anche APTGP, serie fascicoloni, fase. Xli, f. 8 , appunti 27 ottobre - 31 dicembre 1917, Ali. LXX.ID. 69 In particolare il transito delle a1tiglierie da Moclane risulta dalla seguente tabella (cfr. anche MCRR, fondo Dallolio, b. 961, f. 7, 1. 17):
68
DATA 2 dicembre 5 dicembre 10 dicembre 21 dicembre
23 dicembre
26 dicembre 30 dicembre
TIPO Cannone da 75 Cannone da 75 Cannone da 155L Cannone eia 75 Cannone eia 120L Cannone eia 75 Cannone da 155L Cannone eia 75 Cannone eia 75
I
NUMERO 44 50 32 24
18 34 34 50 50
MCRR, fondo Dallolio , b. 961, f. 8 , 1. 14, cfr. anche APTGP, serie fascicoloni, fase. XII, f. 8, appunti 27 ouobre - 31 dicembre J917, All. LXXXII. n i\PTGP, serie fascicoloni , fase. XII , f. 8, appunti 27 ottobre - 31 dicernbre 1917, All. s. n. Risposta 7745 GAM.
10
489
rimarcato. Il 2 novembre, infatti, Dallolio telegrafava all'Ambasciatore Cellere: «A S.E. Conte Cellere Ministro Italia New York. Prego vivamente E.V. in questa ora grave ricordarsi che per difesa del Paese ho necessità più che mai sua preziosa collaborazione per mezzi trasporto come riferirà Generale Tozzi. Ministro Dallolio» .72 Pronta e tranquillizzante la risposta dell'Ambasciatore: «Assicuro vostra Eccellenza che gravissima situazione trasporti continua essere oggetto mia incessante azione. Stop. Non tralascerò né mezzi né sforzi. Stop. Conti sulla mia illimitata collaborazione. Cellere».73 A onta delle assicurazioni ricevute, però, non era sempre scontato il superamento delle difficoltà burocratiche, come risulta da un telegramma inviato il 7 dicembre 1917 a Dallolio - allora a Padova, presso il Comando Supremo - dal suo Capo di Gabinetto: «Nostro Ambasciatore Washington telegrafa Ministro Esteri avere avuto assicurazione da Lansing Segretario di Stato America74 che saranno concessi aiuti pel trasporto nostre armi e munizioni però Shipping Board che prima aveva promesso riassegnazione già concessi vapori carbone ha negato una specifica riassegnazione richiesta. Nel fatto intensificazione attuale trasporto trnppe americane in Francia tende ostacolare maggiormente aiuto promesso.»75 Appena rientrato a Roma, il Ministro alle Armi e Munizioni, Dallolio, telegrafava a quello all'armamento francese Loucheur: « .. . Desidero ringraziarvi per quanto con altissimo sentimento di vera collaborazione avete fatto pel mio Paese. Con fede immensa nella riscossa cammineremo avanti a qualunque costo.» 76 Dallolio aveva buoni motivi per ringraziare il Ministro Loucheur, riconoscendo che veramente doveva a lui «se la necessità mia di far presto fu intesa e non si perdette neppure un istante per intensificare con ogni mezzo la spedizione del materiale francese.» 77 E non solo, Loucheur restava pur sempre un referente su cui si poteva contare, come risulta da un telegramma inviato da Dallolio il 21 dicembre 1917 (un mese dopo i colloqui di Parigi) al Colonnello De Sauterion: «Prego recarsi mio nome Ministro Loucheur pregandolo vivamente di fmmi avere altre 1.500 mitragliatrici complete con relative cartucce di cui evv.i urgentissima necessità. Desidero sia rappresentata gravità situazione che mi crea un dovere per la resistenza dei soldati di fare tale richiesta. Raccomando riuscire.» 78
In ogni caso, se difficoltà sussistevano nel settore dei trasporti, certo non ne mancavano in campo finanziario (col risultato che si inceppavano le attività), e nemmeno nel settore dell'energia. - 1'11 novembre 1917 Dallolio, prima di partire per la Conferenza degli Alleati di Parigi , aveva scritto al Ministro del Tesoro: «Il carbone si riduce a cifre iITisorie, le materie prime soffrono ogni sorta di falcidia. Capisco tutte le ragioni dal grano ai sottomarini, dal tonnellaggio ai vagoni, ma con niente cosa si fa? Ciò non toglie che farò l'impossibile per avere il possibile.» 79 il 30 novembre, a Parigi, era pervenuto a Dallolio un telegramma: «Missione italiana a Londra comunica che Tesoro britannico rifiuta benestare acquisto Spagna note pistole importo un milione di pesetas. Generale Clavarino domanda se V.E. crede interessm·e primo Ministro Inglese per dirimere difficoltà urgendo avere pistole.»80 Dallolio avrebbe poi commentato così quell'episodio: «Le pistole vennero in Italia ... Certo le pesetas furono in un dato momento un incubo per me.» 8 ' il 6 dicembre la Missione Militare italiana a Londra aveva inviato un telegramma: <<ln seguito al telegramma data tre coITente inviato da Parigi dal Ministro Dallolio con cui istruiva questa Missione spedire immediatamente quanto finora è stato concesso del materiale promesso durante recente conferenza di Parigi, risulterebbero pronte 2.000 mitragliatrici Lewis, 50.000 fucili, 45 12
MCRR, fondo
11 ·
MCRR,
Dallolio, b. 961 , f. 4, l. 7. fondo Dallolio, b. 961, f. 4, l. 17. 74 Roberto Lansing Ministro degli esteri stastunitense: 75 APTGP , serie faseieoloni, fase . XII, f. 8, appunti dal 27 ottobre al 31 76 APTGP, serie faseicolon i, fase . Xll, f. 8 , appunti dal 27 ottobre al 31 77 APTGP, serie fascicoloni, fase. XII, f. 8, appunti dal 27 ottobre al 31 78 AJYrGP , serie fascicoloni, fase. XII, f. 8, appunti dal 27 ottobre al 31 79 APTGP, serie fascicoloni, fase. XII, f. 8, appunti dal 27 ottobre al 31 80 APTGP , serie fascicoloni , fase. XII, f. 8, appunti dal 27 ottobre al 31
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ottobre ottobre ottobre ottobre ottobre ottobre
1917, Ali. LXXX. 1917, Al!. LV. 1917, p. 64. 1917, Ali. LXXXII. 1917, p. 18. 1917, p. 74.
milioni cartucce. Importo totale 810.000 sterline. Mentre ottiensi firma del delegato finanziario per predetta somma, data immediata urgenza, prego volere subito disporre col Ministro del Tesoro acciocché vengagli dato benestare telegraficamente per imp01to predetto e per altre forniture contemplate telegramma firma Dallolio.» - il 21 dicembre, Dallolio, nel suo intervento alla Camera, aveva richiamato le condizioni indispensabi Ii per poter realizzare « ... un programma quale noi svolgeremo, purché (e non lo metto in dubbio) i miei colleghi mi aiutino a superare tre crjsi che tutti conoscono: le crisi del carbone, dei trasporti e delle magre, perché (è dol oroso il dirlo, ma è vero) quest'anno è mancata l'acqua ... ».82 In merito all'operato del Generale Dallolio a Parigi, per il ripianamento delle perdite subite dall'Esercito italiano a Caporetto, il M inistro delle Munizioni inglese Winston Church ill anni dopo avrebbe scritto: «Era un 'imperativa necessità che l'Italia potesse essere riarmata per quanto possibile dalla Francia e dall'Inghilterra. Il 18 novembre 1918 io mi recai a Parigi per incontrarmi con Loucheur ed il Ministro italiano degli armamenti Generale Dallolio. Dolorosamente dovemmo constatare che i nostri margini erano piccoli , le nostre necessità ben precisate; gli italiani dal canto loro erano vuoti completamente. In quei duri giorni la disfatta non fu lenita dagli Alleati che a loro volta erano in estrema difficoltà. Noi tutti vi passammo sopra con la cortesia che velava il compatimento e con quella simpatia che raramente superava il risentimento. E qui devo pagare il mio contributo alla dignità ed al sereno coraggio del Ministro italiano ed al rispetto che in quella circostanza egli seppe imporre a tutti .»83 Sollecitazioni all'industria nazionale per una maggiore produzione Un messaggio cli Dallolio finalizzato alla concordia veniva pubblicato sul Bollettino del CCMI. Quindi Dallolio, il 30 ottobre 1917, come Ministro alle Armi e Munizioni, si rivolgeva telegraficamente a tutti i Comitati Regionali di Mobilitazione Industriale e alle Commissioni di Collaudo, ai Direttori di Stabilimenti di Artiglie1ia e Genio, agU Arsenali e Fabbriche d'Armi, Officine di costruzioni, Laboratori, Polverifici, et alia: «Un saluto a tutti nell 'atto in cui mi accingo a proseguire la mia opera di Ministro per le Armi e Munizioni. Mentre al Paese si domandano i maggiori sacrifici noi dobbiamo con fede e coscienza lavorare intensamente per produrre armi e munizioni. La maggior concordia fra operai e Dirett01i, fra operai e industriali, ci animi a qualunque sentimento personale si abbandoni per dare ogni energia alla realiz_zazione dei nostri sacri doveri per l'Esercito e la Patria.»!14 L'indomani egli inviava un saluto più particolareggiato agli operai delle Officine Ansaldo in risposta a un ordine del giorno da loro votato: «Con fierezza e con orgoglio ho letto l'ordine del giorno votato dagli operai degli Stabilimenti Ansaldo: esso è per il Paese magnifico esempio di patiia dignità , per le maestranze italiane incitamento solenne ad opere maggiori. Né vi turbi o generosi il dubbio che altrove possa essere il vostro posto di cittadini; a voi guardano ansiosi i nostri soldati che sui campi ancor memori delle glorie dei nostri padri fremono per la sicura riscossa, giacché è da voi che attendono le armi per la vittoria. Sù dunque al lavoro con ardore e con fede! Sono i vostri saldi petti e i vostri muscoli gagliardi che sapranno dare ai nostri eroi, per la lotta suprema che urge, armi più belle e più perfette. Ministro DalJolio.»85 1117 novembre 1917, due giorni prima dell'inizio della conferenza degli Alleati, s'era tenuto il primo colloquio di Dallolio con il Minjstro Loucheur, il quale lo aveva accolto con vero «cameratismo». Dallolio aveva subito affermato che «l'Italia era disposta a qualunque sacrificio , ma riconoscendo la gravità del momento voleva nel più breve tempo possibile mettersi in grado di procedere risolutamente sulla via della rivincita. Vogliamo che tutti gli uomini sotto le armi della Il Armata, colpiti dall'avversa fortuna, ridiventino i fieri combattenti della
11
APTGP,
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APCD,
serie fascicoloni , fase. XII , f. 8, appunti dal 27 ottobre al 31 Legisl. XXIV, 1° Sessione, Discussioni, Voi. V, p. 15.344. RJ W. Churchill , La crisi mondiate J9ll -1918, Voi. 111 J:>arte seconda "" APTGP , serie fascicoloni, fase . XII, f. 8, appunti dal 27 ottobre al 31 85 APTGP, serie fascicoloni, fase. XII, f. 8, appunti dal 27 ottobre al 31
ottobre 1917, p. 74. 1916-18, pp. 47-48. ottobre 1917, All. X (n. prot. 6533). ottobre 1917, Ali. X.
49 1
O'l"f0BRE r9x7
==
. BOLLETTINO DEL COMITATO CENTRALE DI MOBILITAZlONE INDUSTRIALE ,i * * * * * /V\.
SOMM ARIO
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Appello di Dallo/io agli operai italiani per un concorde impegno nell'ora grave per la Patria. (Archivio Centrale Stato, Ministero Armi e Munizioni, CCM/ b. 167, bollettino ottobre 1917)
Bainsizza fedeli e disciplinati. Già dall'altopiano di Asiago al Piave le nostre truppe resistono e contrattaccano con antica bravura, si tratta di resistere per prepararsi alla controffensiva vittoriosa e, quindi, occorre sostituire subito i mezzi perduti, in attesa che l'Industria italiana provveda, e provvederà, senza dubbio.»86 Egli aveva potuto assumere tale impegno perché credeva fermamente nella capacità produttiva nazionale. «Dopo la ritirata del Piave le consegne giomaliere della FIAT salirono sino a raggiungere il record di 176 autoveicoli in maggior parte autocarri prodotti nella sola giornata del 31 dicembre 1917. Records consimili sebbene in proporzioni minori vennero pure battuti nei riguardi della produzione dei motori d'aviazione».87 Egli stesso avrebbe scritto: «Volevo far riconoscere il debito di solidarietà, ma nel tempo stesso volevo ben stabilire che il nostro sforzo avrebbe raggiunto il massimo della sua possibile intensità per l'onore d'Italia. E in questo caso avendo fede in noi dovevo fare il possibile per non gravare il Tesoro.»88 Le sollecitazioni di Dallolio per una maggiore produzione, in quello scorcio del 1917, erano state rivolte, sia agli stabilimenti militari , sia a quelli privati dichiarati «ausiliari>>. Anche da Parigi egli aveva telegrafato al Ministero Armi e Munizioni , e agli Enti militari o Fabbriche ausiliarie: a) il 17 novembre al Ministero Armi e Munizioni: «Raccomandare Generale Clavarino che Ansaldo solleciti obice 105 a qualunque costo. Urge che Casa si metta in grado .di mettere al più presto a disposizione la prima batteria per le prove che dovranno essere adeguate scopo. Conto domandare quanto possibile ma voglio dimostrare anche che facciamo quanto possibile.»89
86
APTGP, serie fascicoloni , fase . XII, f. 8, appunti dal 27 ottobre al 31 APTGP, serie fascicoloni , fase. XII; f. 8, appunti dal 27 ottobre al 31 APTGP, serie fascicoloni, fase. XII, f . 8, appunti dal 27 ottobre al 31
ottobre 1917, pp. 29-31. ottobre 1917, p. 31. 88 ottobre 1917, p. 28. 89 MCRR, fondo Dallolio, b. 961, f.! 2, I. 1.3; cfr. anche APTGP, serie fascicoloni , fase. XII, f. 8, appunti 27 ottobre - 31 dicembre 1917,All. XXVII. 87
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Sollecito di Dallolio da Parigi alla FlAT del 17 novembre 1917. (Istituto Storia Risorgimemo ltaliano, F. Dallolio h. 951, l. 2, l. I)
b) sempre il 17 novembre alla FIAT: «Raccomando di attuare quanto d'accordo è stato stabilito raddoppiando ogni attività. Urge riuscire subito per la fortuna d'Italia a cui tutto dobbiamo consacrare. Ministro Dallolio.»90 c) al Direttore Territoriale Genio Militare Napoli per sollecitare l'adeguamento infrastrutturale della Fabbrica d'Armi di T01Te Annunziata: «Ho necessità che stabilimento intensifichi lavori. Per urgenza estrema provvedimenti estremi. Ministro Dallolio» .91 d) il 20 novembre al suo Dicastero: «Partirò solo domani sera. Desidero mio arrivo si trovi presente Roma Generale De Angelis. Urge tutto sollecitare affinché nostra collaborazione sia sempre immediata e pronta. Ministro Dallolio.»92 e) il 27 novembre, al Ministero Armi e Munizioni, nella considerazione che la ritirata sul Piave aveva evidenziato il grave handicap dovuto alla scarsità del traino meccanico delle artiglierie: «Tutte le nuove batterie da campagna e quelle pesanti campali debbono essere a traino meccanico. Preparare con rapidità tutto per fare gradatamente tale trasformazione anche per quelle in servizio massime pesanti campale ma senza ritardo. Preparare con rapidità tutto. Avvettire Colonnello Gargano per 18 BL onde predisporre tutto. Urge so11ecitare a qualunque costo batterie da campagna. Ministro Dallolio.»93 f) dopo pochi giorni alla FIAT, per convocare Agnelli alla stazione di Torino durante il suo rientro in Italia, nell'intento di svolgere di persona la sua azione di pungolo.94
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APTGP, serie
fondo 92 MCRR , fondo 93 MCRR, fondo 94 MCRR, fondo
9'
MCRR,
fascicoloni, fase. XII, f. 8, appunti 27 ottobre - 31 dicembre 1917,All. XXVIII. Dallolio, b. 961, f. S, l. 2. Dallolio, b. 960, f. 6, l. 6. Dallolio, b. 961, f. 6, I. 18. Dallolio, b. 961, f. 6, I. 18.
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L'urgenza del riordinamento e ricostituzione delle unità di artiglieria era stata tale che, già il 30 novembre, il Comando Supremo aveva telegrafato al Ministero Armi e Munizioni: «Scopo stabilire programma ricostituzione unità raccolte campo riordinamento artiglieria necessita conoscere dettagliatamente materiali che saranno ceduti da Nazioni alleate specificando numero batterie per ciascun calibro nonché indicazioni epoche consegna vari gruppi batterie et tempo entro il quale sarà completam~nte ultimata consegna. Generale Diaz.»95 lJ 24 dicembre Dallolio indirizzava un telegramma di auguri natalizi, in cui vi era anche il riconoscimento dell'impegno profuso sino a quel momento, al CCMI e a quelli regionali: «Domani sarà il terzo Natale della Nostra guerra e fra pochi giorni il 1917 sarà passato. Rivolgo saluti ed auguri ai Comitati di Mobilitazione, agli industriali ed agli operai che ad ogni mio appello corrisposero superando ogni ostacolo affrontando qualunque sacrificio, ricordando loro che per resistere e vincere, occorre dare ogni energia ogni proposito ogni sforzo alla Patria.» 96 · Preparazione di un ulteriore «programma di allestimento di nuove artiglierie» Il programma numero 6, varato il 25 luglio 1917 per il pe1iodo primo luglio 1917-30 giugno 1918, d'accordo con il Comitato Supremo delle armi e Munizioni e il Comando Supremo dell'Esercito, si riferiva a un totale di 4.498 bocche da fuoco. In merito a questa pianificazione industriale, Dallolio aveva evidenziato alla Camera dei Deputati: « ... Quando nel quarto d'ora che tutti conosciamo e di cui tanto si è parlato, si è avuto un'idea dell'entità del disastro, si è fatto un programma numero 7, per poter fronteggiare tutte le perdite avute in cannoni e dare anche libero ed intero svolgimento al programma 6, che comprendeva il periodo dal 1° luglio 1917 al 30 giugno 1918. Bocche da fuoco se ne sono fatte nel, novembre, più di 300 e si sono date. Si sono date per i nostri bravi e valorosi soldati che combattono e muoiono per l'Italia .. .>> .97 Il nuovo programma, numero 7, di allestimento di artiglierie compilato subito dopo Caporetto, si prefiggeva di arrivare a oltre 8.000 bocche da fuoco di cui il 50% di riserva, nel primo quadrimestre successivo ai fatti di Caporetto, consentiva di raddoppiare il numero delle batterie che passavano a 1.076 e di aumentare quello delle bocche di riserva da 2.536 a 3.941.98 Dallolio aveva aggiunto che il numero delle batterie campali sarebbe stato maggiore se << ... fosse stato possibile eliminare, o quanto meno ridmTe ad un minimo gli ostacoli che impediscono di utilizzare in modo completo il macchinario degli Stabilimenti di produzione delle materie prime occorrenti per la fabbricazione dei materiali d'Artiglieria e degli Stabilimenti di produzione di artiglierie e dei relativi affusti , e primi e più gravi fra tali ostacoli la deficienza delle materie prime, dei combustibili ed energia elettrica ... » .99 Ma il nuovo programma sarebbe andato a cozzare contro le annose deficienze. I primi intoppi erano venuti alla luce in risposta a un telegramma inviato da Dallolio, il 17 novembre da Parigi, al Generale Clavarino del Ministero Armi e Munizioni per sollecitare la produzione. A dieci giorni di distanza, mentre Dallolio era ancora a Parigi, il suo Capo di Gabinetto inviava un telegramma:100 «Generale Clavarino ha disposto conformità ordine mandato da V.E. circa aumento produzione, però fa presente che per diminuzione disponibilità carbone che è gravissima nel fatto per quanti possano essere sforzi e ripieghi produzione tra breve sarà in sensibile diminuzione.» Contro le ricorrenti difficoltà, Dallolio rimarcava di continuo ai responsabi li degli altri Dicasteri e degli Organi italiani in America (Missione Militare e Ambasciatore) le sue esjgenze: 1) al Ministro del Tesoro Carcano: « ... Ho necessità di conoscere quale sarebbe la riduzione che si vorrebbe apportare a] rifornimento dei carboni e dei metalli . .. non per declinare le mie responsa-
9
s MCRR, fondo DalJolio, b. 961' f. 7,
% 97 98
99
I. 4.
APTGP, serie fascicoloni, fase. XII, f. 8, appunti dal 27 ottobre al 31 ottobre 1917, All. LXXXVII. APCD, Legisl. XXIV, 1a Sessione, Discussioni, VÒ!. V, p. 15.344. APTGP, serie fascicoloni, fase . XII, f. 8, appunti clal 27 ottobre al 31 ottobre 1917, p. 42. APTGP, sede fascicoloni, fase. XII, f. 8 , appunti dal 27 ottobre al 31 Òuobre 1917, pp. 17-18.
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bilità ... da molti e molti mesi lotto con tutte le crisi, e i risultati raggiunti si debbono agli sforzi di tutti gli operai, di tutti gli industriali, di tutte le mie dipendenze, ma se alle crisi presenti si debbono ancora aggiungere delle paralisi progressive, allora come funzionerà quest'organo affaticato che ho l'onore di presiedere? ... Non si dimentichi il grido: proiettili e cannoni, sempre proiettili e cannoni se si vuole vincere. E vincere bisogna.» 101 2) il 2 novembre 1917 al Generale Tozzi: «Causa situazione angustiosa grano mi tolgono mezzi di trasporto paralizzando mia produzione. Prego vivamente ottenere subito America nuovi trasporti esclusivamente per portare Italia colla maggiore possibile sollecitudine materiali d'imbarco giacenti costì giacché a fronte di 175.000 tonnellate io ho mezzi per 30.000. Si tratta di respingere comune nemico ed è per la Patria che io invoco come soldato e come Italiano i maggiori sforzi degli italiani d'America e degli Americani per la salvezza della Patria e per la vittoria che vogliamo ottenere a qualunque costo. Prego comunicare S.E. Cellere questo telegramma. Dallolio» .102 3) sempre il 2 novembre all'Ambasciatore, Conte Cellere: «Prego vivamente E.V. in questa ora grave ricordarsi che per la difesa Paese ho necessità più che mai sua preziosa collàborazione per mezzi di trasporto cOme riferirà Generale Tozzi. Ministro Dallolio.» 103 4) al Ministro dei trasporti Bianchi, l'indomani 3 novembre: « ... In America noi abbiamo 17 5 .000 tonnellate di materiali vari da imbarcare e 30.000 tonnellate disponibili di vapori ... Prego il collega Bianchi di aiutarmi per alimentare quelle officine che debbono dare cannoni, fucili, proietti per l'ora della riscossa. Chiedo mezzi e mezzi per trasportare materie prime, eppoi assicuro che con fermo proposito la produzione sarà pronta , sicura straordinaria. Ma 30.000 tonnellate a fronte di 175.000 tonnellate sono un dolore ... ». 104 Le pressioni esercitate da Dallolio riuscivano a ottenere risultati quasi immediati. Il 3 novembre 1917 era partito da Washington un telegramma per Dallolio da parte del Capo Missione Militare italiano in America. «Segretario di Stato Onorevole Newton Baker cui immediatamente fui onorato portare alte espressioni V.E. interprete sentimenti del nostro Paese profondamente commosso pregommi esprimere V.E. che Nazione Americana in questo grave momento per la causa comune ha più che mai simpatia per la Patria nostra. Pregommi anche assicurare V.E. primo pensiero Governo Americano è ora largo sollecito rifornimento materie prime e relativo trasporto in Italia.» 105 L'indomani, 4 novembre, era la volta dell'Ambasciatore d'Italia a Washington Cellere: «Assicuro Vostra Eccellenza che gravissima questione trasporti fu e continua essere oggetto mia incessante azione. Non tralascio mezzi né sforzi. Conti sulla mia illimitata collaborazione.» 106 Sempre il 4 novembre Dallolio, in risposta alla comunicazione del Generale Tozzi relativa alle espressioni dell'On. Baker, telegrafava al Capo missione Militare italiano: «Desidero che siano espressi vivissimi ringraziamenti mio nome Segretario di Stato Ministro della Guerra America e raccomando S .V. di ottenere che il più rapidamente possibile siano traspo1tate in Italia materie prime già pronte essere imbarcate per le quali difettano assolutamente mezzi relativi. Occorre poi carbone. Ministro Dallolio». 107 Dallolio, per quanto teso a ottenere sempre il massimo, poteva ritenersi soddisfatto dei risultati raggiunti in breve tempo, tanto da serivere alla figlia Gina, all'inizio del 1918: « Vorrei tu fossi qui per farti
serie faseieoloni , fase. XII, f. 8, appunti dal 27 ottobre al 31 serie faseieolo11i, fase. XII , f. 8 , appunti dal 27 ottobre al 31 10 2 APTGP, seiie faseieoloni, fase . XII, f. 8, appunti dal 27 ottobre al 31 103 APTGP, serie faseieoloni, fase. XII, f. 8, appunti dal 27 ottobre al 31 10• APTGP , serie faseieoloni, fase. XII, f. 8, appunti dal 27 ottobre al 31 105 APTGP , serie faseieoloni, fase. XII, f. 8, appunti dal 27 ottobre al 31 106 APTGP, serie fascicoloni, fase. XII, f. 8, appunti dal 27 ottobre al 31 107 APTGP, serie faseicoloni, fase. XII, f. 8, appunti dal 27 ottobre al 31 100
APTGP,
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APTGP,
ottobre 1917, Al!. LXXXI. ottobre 1917, pp. 19-20. ottobre 1917, Ali. XV. ottobre 1917, Ali. XVa. ottobre 1917, AII. XX. ottobre 1917, Ali. XVa. ottobre 1917, Ali. XVa. ottobre 1917, All. XVb.
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vedere cosa si è fatto nei mesi di Novembre e Dicembre, ma è nulla pel giovane Comandante» ,'08 facendo trasparire, con quest'ultima annotazione, la linea di condotta del Comando Supremo. 1113 febbraio 1918 Dallolio era in condizioni di affermare al Senato:« ... Bisogna anche che il paese renda giustizia non solo all'esercito combattente jn prima linea, ma anche a quell'esercito lavorante che ha dato tutti i mezzi (aiutato anche dagli alleati) per chiudere la grande falla che si è manifestata in un qua1to d'ora di sventura. Oggi con l'aiuto degli Alleati siamo in condizione di chiudere ben presto questa falla e di poter avere tutti i mezzi, sia in anni sia in munizioni, sia in automobili, camions, ecc., tutto quello insomma che occon-e per resistere , per lottare, e per prendere la rivincita.» 109 Più tardi avrebbe ribadito la dichiarazione fatta al Senato in una lettera alla figlia Gina. «Credi i risultati sono maggiori di qualunque aspettativa. Se non del tutto, certo che in aprile i 9/10 della falla di Caporetto saranno sanati. E sì che ho lottato contro tutte le crisi ho lottato con difficoltà da impazzire.>> 111i
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,os APTGP, serie lettere ai familiari, lettera I3 gennaio 1918 a Gina. 100 "
0
XXIV, I Sessione, Discussioni, tornata del 3 marzo 1918, Yol. XV, p. 4.069. serie lettere ai familiari , lettera 14 aprile 1918 a Gina.
AP- S, Legisl. APTGP,
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Capitolo 33 DO UT DES: CANNONI FRANCESI IN CAMBIO DI OPERAI ITALIANI
Il 17 novembre 1917, durante i lavori della Conferenza d.i Parigi, Dallolio aveva avuto il primo incontro con il Ministro all'Armamento francese; incontro preceduto da un colloquio con Albert Thomas, che s'era dimostrato «anche in quella circostanza amico dell'Italia. Parlammo della richiesta dei lavoratori che egli giudicava ind:ispensabile perché io alla mia volta potessi raggiungere il mio programma presente e futuro. Gli dissi le ragioni per cui ero contrario si dessero soldati ... Bisognava tener calcolo del morale francese e italiano e bisognava in ogni circostanza dimostrare e provare che la collaborazione italiana in Francia armata o disarmata aveva carattere di alta finalità e non di maggiore o minore tributo di sangue. Non bisognava lasciar credere o lasciar dire che mentre i Francesi andavano a combattere in Italia, noi mandavamo degli Italiani a lavorare in Francia; bisognava che iI concorso fosse ben determinato, ben stabi lito, ben inquadrato ... Thomas con cui ero da tempo in completo accordo mi comprese perfettamente.» 1 La questione degli operai in Francia si stava trascinando da tempo. Già nel novembre 1915 era in atto un accordo che aveva assicurato alle officine francesi, addette alla produzione di materiali da guerra, il concorso di circa J .500 militari italiani.2 In seguito a ulteriori accordi il Governo italiano aveva deliberato di inviare in Francia un certo numero di operai , esclus i quelli specializzati. Nel 1916 il Governo francese aveva presentato nuove richieste e il 9 marzo il Capo di S. M. dell'Esercito, Cadorna, in relazione alla scarsità italiana di mitragliatrici, caldeggiava presso il Presidente del Consiglio dei Ministri l'accoglimento della proposta francese cli fornire 40 cannoni e 600 mitragliatrici a condizione che venissero inviati in Francia operai italiani per concorrere alla produzione dei materia1i di armamento.3 A Cadoma premevano i proietti d'artiglieria cli medio e grosso calibro, dei quali lamentava una carenza rispetto a quelli di piccolo calibro. Per ottenere tale munizionamento era disponibile, addirittura , a concedere il personale richiesto dalla Francia: «Occorre poi che al concorso della Francia nella produzione delle munizioni si faccia, un nuovo, vibrante appello, lumeggiandone le urgentissime ed impellenti ragioni e facendo leva su la potente ragione del comune interesse. AII'uopo le si concedano i lavoratori ed i prigionieri di guerra ch'essa ha richiesti per far lavorare con piena efficienza i propri stabilimenti, giacché questi sono capaci di impiegare altri 100.000 operai, secondo quanto hanno dichiarato i signori Briand e Thomas alla recente conferenza di Parigi. Col frapporre ostacoli a tale concessione come si è fatto alla conferenza stessa - ci priveremo di una delle principali fonti di produzione dei proiettili, nel momento in cui ne abbiamo hisogno.» 4 Cadorna, nel perorare la causa della maggiore disponibilità di munizionamento: - indicava l'esperienza francese, secondo cui 7 .200 .000 colpi erano risultati insufficienti nell'offensiva della Champagne, mentre la difesa di Yerdun si stava basando su un consumo giornaliero di 150.000 colpi; - adombrava gli effetti morali disastrosi che si sarebbero verificati, qualora una nostra offensiva non avesse raggiunto gli obiettivi prefissati per carenza di munizionamento. Viceversa, in caso di
'APTGP, 2 3 4
MCRR, MCRR, MCRR,
serie fascicoloni, fase. XII, f. 8, appunti dal 27 ottohre al 31 ottobre 1917, pp. 36-37 . fondo Dallolio, b. 954, f. 4, l. 6. fondo Dallolio, b. 954, f. 3, l. 3. fondo Dallolio, b. 951 , f. 4, l. 17, p. 5, Lettera n. 18.81 I di Cadorna a Morrone, del 15 aprile 1916.
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offensiva nemica «la resistenza nostra non potrebbe forse protrarsi (dallo stretto punto di vista del munizionamento disponibile) indefinitivamente»; - aITivava a caldeggiare uno «scavalcamento» delle competenze del Sottosegretario per le Armi e Munizioni e l'invasione della sua sfera, invitand? il Ministro della GueITa a voler «sperimentare quegli altri tentativi che la presente situazione impone, primo fra tutti un vigoroso, illuminato appello a tutti i competenti ed a quelle personalità della politica e dell'industria che nel proprio senno l'E.V. crederà di interpellare, nell'intento di ampliare notevolmente Je basi della presente organizzazione e metterla in grado di aumentare la produzione delle munizioni ... Si sfruttino subito, in qualunque modo ed a qualunque costo tutte le possibili fonti di produzione all'interno ed all'estero, e tutti i mezzi ... ». In tale ottica suggeriva le possibili misure: «Provvedimenti immediati pel lavoro notturno e pel lavoro festivo, provvedimenti per lo sfruttamento al massimo grado di tutta la mano d'opera su cui si può contare, comunque e dovunque si possa racimolare, requisizione di rottami di feno e degli occorrenti materiali refrattari, ricorso a tutte le ditte importanti cui per avventura non sia ancora stato fatto appello, o di cui non sia stata per intero sfruttata la prestazione, conferimento di premi per l'anticipo nelJa consegna di materiali commessi, od aumento di quelli già promessi, provvedimenti per impedire in modo assoluto gli scioperi, ecc., ecc.».5 Cadoma, in pratica, suggeriva al Ministro l'avocazione a sé delle competenze che, viceversa, sarebbero state di stretta competenza di Dallolio, confidando in questo modo di superare quegli ostacoli che il Sottosegretario per le Armi e Munizioni non aveva saputo annullare. Il 18 luglio 1916 era stato stipulato a Parigi un accordo fra Dallolio e il Sottosegretario di Stato francese per le munizioni sull'esonero temporaneo di circa altri 700 militari italiani operai specialisti nelle officine francesi. L'accordo prevedeva: - l'esclusione dalla concessione dell'esonero di tutti i mi1itari, il cui eventuale ritardo alla presentazione alle armi dovesse ascriversi a loro colpa o negligenza; - il rimpatrio , dal 31 luglio 1916, di quegli operai che non fossero rientrati nelle condizioni previste dall'accordo. Il Governo francese, peraltro, allo scadere di quella data limite, chiedeva una proroga a] rimpatrio per evitare il danneggiamento delle officine francesi in caso di partenza generalizzata degli operai che non avevano titolo a rientrare nell'accordo. Il limite fissato prima al 31 agosto, con proroghe successive slittava sino al 30 novembre, e poi ancora al 31 maggio 1917. Nonostante le pressioni, il Ministero della GueITa escludeva la possibilità di «una nuova concessione generale, in particolare estesa ai renitenti ed ai disertori, poiché tale provvedimento ve1Tebbe a modificare radicalmente il carattere delle concessioni già concordate col Governo francese e potrebbe diminuire il prestigio dell'autorità dello Stato di fronte ai numerosi militari italiani che hanno volontariamente mancato ai propri doveri verso la Patria.»6 Il provvedimento riguardava circa 2.600 militari esonerati, impiegati in aziende· addette alla produzione di materiale da gueITa. E tardava a divenire operante per ritardi burocratici italiani nell'accertamento dei requisiti degli interessati, per cui intervenivano da parte francese diverse sospensioni della fornitura di materiali. In merito , Ja Missione Militare italiana segnalava la sottoutilizzazione di diversi impianti francesi a causa di mancanza di manodopera. Per questo il Ministro dell'Armamento e delle Fabbricazioni di guerra francese avanzava una richiesta di operai specialisti e generici da impiegare nelle industrie delle tene refrattarie, crogiuoli e allumina;7 richiesta che trovava gli ambienti governativi italiani poco favorevoli ritenendo che una concessione generalizzata avrebbe agevolato disertori e renitenti. Negli accordi del 18 luglio 1916 si era convenuto che il Governo francese avrebbe consentito l'esportazione di 100 tonnellate al mese di alluminio a condizione che l'Italia fornisse alla Societè de
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'
f. 4, I. 17, p. 4, Lettera n. 18 .811 di'Cadorna a Mo1Tone, d.el 15 aprile 1916. f. 4 , l. 6, p. 3, Lettera Sott.rio Alfieri a Ministro degli Esteri , data 29 ott.1916. MCRR, fondo Dallolio, b. 954, f. 3, l. 14.
MCRR, fondo Dallolio, b. 951, MCRR, fondo Dallolio, b. 954,
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l' Aluminium Francaise 300 operai, ma i ritardi dell'Ufficio del Lavoro di Bergamo, interessato al reperimento della manodopera si ripercuotevano sul flusso delle consegne mensili.8 I francesi, da parte loro, insistevano che non sarebbe stato possibile continuare su questa linea d'azione , pena una sconfitta nella successiva primavera, se la Francia non avesse potuto ottenere una contropartita per la costruzione di quelle trincee assolutamente necessarie sul suo territorio, a causa dell'af11usso in corso, verso il fronte, di quaranta Divisioni tedesche.9 Naturalmente queste vicissitudini avevano suscitato in Francia impressioni negative delle quali il Colonnello De Sauterion, della Missione Militare Italiana in Francia, dopo i colloqui con Albert Thomas e il Generale Dumezil, avrebbe riportato una sintesi a Dallolio: «Alla sospensione e ripresa delle spedizioni di materiale da guerra, per parte de] Governo francese, ed ai reclami di quest'ultimo per il mancato invio di mano d'opera da parte nostra ... M. Thomas, in modo discreto e completamente intimo, cioè uscendo dal suo carattere ministeriale, mi ha ripetuto che l'impressione che si ha tuttora, nelle sfere governative francesi, è che in Italia, non siamo ancora totalmente compenetrati della assoluta necessità di fare il massimo sforzo, non solo nel campo guerresco propriamente detto, ma in quello della industria militare di così capitale importanza nella guerra presente ... Come conclusione, tanto il Ministro Thomas, quanto il Generale Dumezil, mi hanno lasciato chiaramente intendere che se, da parte nostra, non si farà uno sforzo nel senso della mano d'opera desiderata dal Governo Francese, potrebbe darsi che, ad onta di ogni loro migliore volontà, dovessero riprendere l'attitudine di alcuni giorni or sono.»io In sostanza, la cessione di mano d'opera italiana era considerata «indispensabile agli stabilimenti francesi che ne hanno grandemente bisogno. [Il Gen. Dumezil] crederebbe opportuno che questa cessione fosse la più larga possibile (centinaia ed anche mjgliaia) formata in maggioranza da manovali senza escludere, tuttavia, una certa percentuale di specialisti. Il Generale Dumezil ritiene che commisurando tale cessione di mano d'opera, all'aumento di produzione, che le riserve di materiale e la disponibilità di officine in Francia permettono, sarebbe facile di aumentare sensibilmente la produzione totale e quindi la quota di cessione di materiale da guerra ali 'ltalia.» 11 In effetti, alla Francia era sufficiente anche mano d'opera non specializzata per lavori di manovalanza. Ciò era dimostrato da quanto aveva fatto sapere l'Addetto Militare presso l'Ambasciata di Francia sui 5.000 prigionieri austriaci fatti dai Serbi già ceduti da1l'Italia alla Francia ed impiegati, in maggioranza, nello scarico cli carbone, proveniente dall'Inghilterra, nei porti del Nord della !<rancia. Il fabbisogno di personale era tale che 1'Amministrazione del la Guerra francese aveva richiesto, nel maggio 1916, altri 5.000 prigionieri austriaci. Il Ministro della Guerra, Morrone, telegrafava a quello degli Affari Esteri il proprio benestare, tenuto anche conto che una quantità ingente di quel carbone era destinata all'Italia. 12 Tuttavia, la presenza oltralpe di lavoratori italiani, nel settembre 1916 aveva determinato delle frizioni fra la Missione Militare Italiana in Francia e i locali ambienti governativi. La diatriba nasceva dal fatto che: - il rappresentante italiano del Commissariato di emigrazione, in seguito ai reclami presentati dai lavoratori italiani impiegati ad Argentiére La Bessée dall'officina della Société Electrométallurgique, aveva effettuato una visita presso quello stabilimento;
MCRR, fondo Dallolio , b. 954, f. 3, I. 19; Cfr. anche MCRR, fondo Dallolio, b. 954, f. 4, I. 6, p. 2 In effetti, l'Ufficio Lavoro di Bergamo, ove vi era disponibilità di personale, riusciva a «reclutare i 300 operai, e la prima squadra. costituita di 50 uomini, sarebbe stata in grado di patti.re fin dal 25 agosto, se inaspettatamente, tre giorni prima, il Commissariato all'Emigrazione non avesse revocato il nulla osta accordato all'Ufficio stesso per l'invio degli operai e avesse passato l'autorizzazione alla locale Direzione cieli'« Umanitaria». Questo inatteso provvedimento portava ad un ritardo nella partenza della prima squadra ed allo scioglimento delle altre squadre, che, non volendo dipendere dall' «Umanitaria», preferivano portarsi a lavorare altrove: il provvedimento stesso distruggeva così l'opera solerte dell'Ufficio del Lavoro del Comune di Bergamo». 9 MCRR , fondo Dallolio, b. 954, f. 5, l. 14. 10 MCRR, fondo Dallolio, b. 954, f. 3, l. 14, p. 2, Confidenziale a Dallolio, in data 4 luglio 1916. " MCRR, fondo Dallolio, b. 954, f. 3, I. 14, p. 2, Confidenziale a Dallolio, in data 4 luglio 1916. 12 APTGP, serie fascicoloni , fase . X, f. 16, Telegramma del Ministero Guerra n. 5.266-G del 26 maggio 1916
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- il Ministro Thomas aveva convocato il rappresentante del Commissariato chiarendogli che non aveva alcun diritto a recarsi sul posto per fare un esame diretto della questione, e che, in caso di reclami, si sarebbe dovuto limitare a riferire al servizio mano d'opera straniera del Ministero Armi e Munizioni francese il contenuto degli stessi. In effetti, Thomas si lamentava di aver dovuto superare grosse difficoltà con ambienti governativi francesi, proprio per questi motivi perché, come avrebbe riportato Dallolio: «Nonostante l'opinione contraria dei suoi [di Thomas] rappresentanti in Roma e del Ministero del Lavoro, egli ha tenuto a stabilire nell'accordo fatto il diritto della autorità italiana di sorvegliare indirettamente il trattamento fatto dagli industriali francesi ai nostri operai e di cooperare, con le autorità francesi, alla tutela degli interessi di questi. Per l'attitudine da lui assunta è stato fatto segno ad acerbe critiche da parte del Ministero del Lavoro e dei funzionari dell'Amministrazione francese: questa non vuole assolutamente che venga in nessun modo incoraggiata la tendenza che da anni mostra il Governo italiano ad esplicare un intervento diretto, per mezzo dei Consoli e di altri funzionari a favore degli operai che emigrano in Francia.» 13 Il Capo della Sezione Munizionamento e Materiali da guerra della Missione Militare Italiana in Francia metteva in evidenza: «Se si accetta la tesi dell 'On. Thomas noi dobbiamo rinunziare ad esplicare tutela diretta dei nostri operai in Francia. L'esame dei reclami viene precluso sia all'ufficiale addetto per l'emigrazione presso la Missione Militare Italiana in Francia, sia ai RR. Consoli. Questa condizione sarebbe temporanea, vale a dire per tutta la durata deHa guerra, o meglio dell'accordo fatto con l'On. Thomas, ma essa costituirebbe un precedente per l'avvenire.» '4 C'erano fondati motivi per i quali le autorità italiane volevano svolgere attività di tutela degli operai connazionali in Francia. Pochi mesi dopo l'insorgere di questa contestazione, l'Ufficiale incaricato del servizio della mano d'opera nelle industrie di guerra, scriveva da Parigi al Generale Dallolio che, in caso fosse continuato l'invio di operai italiani in Francia, sarebbe stato opportuno che la concessione venisse «espressamente e formalmente condizionata ... alla ispezione PREVENTIVA da farsi da un Ufficiale del R. Esercito, dei locali che verrebbero destinati ad alloggi per tali militari operai. La esperienza mia personale m'insegna che in Francia si è tenuto e si tiene pochissimo conto della questione degli alloggi degli operai; la cattiva condizione di essi è stata ed è la causa principale dell'abbandono del lavoro da parte degli operai civili arruolati dal Regio Commissariato dell'Emigrazione ... ». 15 Per questi motivi il rapporto si era concluso suggerendo di disdire l'accordo stipulato con Thomas o, quanto meno, sospenderne l'esecuzione fintanto che non fossero chiarite 1e clausole in contestazione. Dallolio così commentava: «Direi che da un lato si metteva il peso del materiale, ma dall'altro per contrapposto si voleva il peso degli uomini. Dopo aver sostenuto l'unità reale, io ero in imbarazzo quando si trattava di rispondere allo scopo comune co1 sì pei lavoratori. E tutto quanto io desideravo, poteva divenire irnmediatmi1ente realtà solo col si pei lavoratori» .16 Comunque, come segnalava il Commissario dell'Emigrazione, il primo ottobre del 1916 il numero di operai italiani occupati nelle officine di guerra francesi ascendeva - secondo un censimento riservato disposto dal Ministère de l 'Armement et Fabrications de Guerre - a 17 .060 unità pari al 3 I ,8% degli operai e operaie stranieri,'7 un livello sul quale non era rimasto estraneo il fenomeno dell'incetta di manodopera femminile da parte di emissari frances i, come aveva già segnalato il CMI di Torino. Proprio un intervento del rappresentante italiano ad Argentiere La Besseé, presso l'officina della Société Électrométallurgique - a seguito dì reclami avanzati dagli operai ita1iani - aveva provocato un
u MCRR, fondo Dallolio, b. 954, f. 3, I. 18, pp.1 -2, Promemoria riservato datato 1° settembre 1916. MCRR, fondo Dallolio , b. 954, f. 3, I. 18, p. 3, Promemoria Riservato datato IO settembre 1916. 15 MCRR, fonclo Dallolio, b. 954, f. 4, 1.21 , p. 2, Lettera «Riservata Personale» a Dallolio datata 17 febbraio 1917. 16 APTGP, serie fascicoloni, fase . XII, f. 8, appunti dal 27 ottobre al 31 ottobre 1917, pp. 39-40. 17 MCRR, fondo DaUolio, b. 954, f. 5, l. 9. 14
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irritato intervento del Ministro dell'Armamento e delle fabbricazioni di guerra Thomas 18 poiché il fenomeno andava assumendo una connotazione politica. Infatti, attorno agli operai italiani andava coagulandosi un ambiente ostile; la popolazione francese riteneva che la loro presenza avrebbe favorito la partenza degli operai locali per i fronti di combattimento. In merito a questo problema Dallolio commentava: «Non bisogna lasciar credere o lasciar dire che mentre i Francesi andavano a combattere in Italia, noi davamo degli italiani a lavorare in Francia, bisognava che il concorso fosse ben determinato, ben stabilito ben inquadrato. Noi volevamo adempiere tutti i nostri doveri, ma più che mai volevamo salvaguardare i diritti nell'Intesa, di veri ed autentici combattenti come gli altri, a nessuno secondi.» '9 Questa percentuale di lavoratori italiani in Francia era destinata a risalire nel 1917, quando , in controprutita dei numerosi materiali richiesti dall'Italia, affluivano altri operai. Pertanto al 15 dicembre 1917, risultavano in Francia le maestranze indicate nella Tabella XXX.20
Tabella XXX TIPOLOGIA DI MAESTRANZA maggio 1915 - maggio 1917 esonerati Gruppi numerosi Piccoli gruppi Operai singoli Boscaioli, segantini per Corsica, Algeria, Tunisia Genio militare francese Militari non idonei Classi oltre 1890 (per caricamento munizioni) Militari idonei classi 1879-80 (organizzazione difensiva) TOTALE
N. 43.692 2.928 811 210 400 3.000 10.000 5.000 66.041
L' alta percentuale di italiani in Francia era una delle cause dell'agitazione verificatasi fra le classi lavoratrici francesi nella prima quindicina del gennaio 1918 , che andava ad aggiungersi ai fattori di carattere economico (aumento dei salari) e di carattere politico (rinvio in zona di guerra di operai appartenenti a determinate classi, propaganda pacifista). In particolare, l'eccitazione contro l'impiego di operai italiani, (grave soprattutto nei sobborghi di Parigi e Lione) era dovuta almeno a tre motivi: 1) la componente italiana, rispetto all 'elemento straniero, rappresentava «la parte numericamente più rilevante e qualitativamente più invidiata, perché l'operaio italiano, grazie alle sue capacità intellettuali, alla sua adattabilità a11'ambiente, al suo carattere remissivo, è venuto a conquistarsi i migliori posti di "contremaitre", capo-reparto, ecc., mjgliori dal punto di vista non solo materiale, ma anche morale.»21 2) nessun altro Stato alleato aveva offerto forza lavoro alla Frru1cia quanto l'Italia,22 per cui il convincimento che «soltanto i francesi combattano la guerra per tutti» si era concentrato contro gli italiani, divenendo generalizzato «dopo l'invio sulla fronte italiana di contingenti francesi, onde comunemente si dice che mentre il soldato francese si batte e muore in Italia per gli italiani, gli italiani salvano la pelle, guadagnano quattrini e penetrano anche per il futuro nelle fabbriche francesi .»23
18 19
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22 2
·'
MCRR, fondo Dallolio, b. 954, f. 3, I. 18. AM'GP, serie fascicoloni, fase . XII, f. 8, appunti dal 27 ottobre al 31 ollobre 1917. MCRR, fondo Dallolio , b. 954, f. 8, I. I, Prmnemoria confidenziale datato 11 marzo 1916. MCRR, fondo Dallolio, b. 954, f. 6, l. J., Lettera «Riservatissima» AmbasciaLa Parigi a Dallolio datata 8 febbraio 1918.
Pochissimi, infatti, erano gli inglesi e belgi : MC RR , fondo Dallolio, b. 954 , f. 6, l. l , Lettera «Riservatissima» Ambasciata Parigi a Dallolio datata 8 febbraio 1918.
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3) l'avvenuta integrazione dell'elemento italiano nella società francese non soltanto per mezzo del lavoro, ma anche mediante matrimoni e unioni libere, rendeva appariscente la presenza italiana anche al di fuori delle fabbriche, innescando reazioni «soprattutto da parte delle donne e dei vecchi che fanno confronti col trattamento degli altri loro congiunti di nazionalità francese» . Per questi motivi il Governo francese aveva adottato il provvedimento di non chiedere l'esonero per quegli italiani dichiarati abili nelle ultime visite di revisione che, se francesi, sarebbero stati obbligati al servizio effettivo sotto le armi. In pratica veniva ordinata, per le nuove domande di esonero, la rigorosa applicazione della legge francese 10 agosto J 917, comunemente detta «Loi Mourier», anche se essa determinava disparità di trattamento fra i nuovi chiamati e quelli del passato che, fra l'altro, venivano costretti ad anticipare a febbraio il rientro, prima previsto a fine aprile. Oltre che in Francia, operai italiani si trovavano anche in Inghilterra nell'industria siderurgica. Era questo l'unico modo , infatti, per aggirare gli ostacoli frapposti dal Governo inglese alla concessione di acciaio all'Italia. «Il Governo inglese al quale questo Sottosegretariato ha dovuto reiteratamente rivolgersi per colmare il deficit sempre crescente di acciaio, pur cercando di dimostrare la migliore volontà di accogliere precisamente le nostre domande, ha sempre insistito nel fatto che la produzione del suddetto metallo in Inghilterra è gravemente ostacolata dalla deficienza di conveniente mano d'opera e che questa era precisamente una delle difficoltà che impedivano l'accoglimento delle nostre richieste. Il Ministro delle Munizioni, nell'ultima conferenza di Londra, ha avanzata in modo esplicito la proposta che, qualora l'Italia avesse concesso 700 abili operai per acciaierie, egli avrebbe potuto impegnarsi a fornirci tutto l'acciaio di cui noi abbisognamo.» 24 Dallolio aggiungeva, dopo aver rilevato il carattere di particolare importanza posto dalle «condizioni» inglesi, la sua convinzione (maturata dopo numerosi colloqui con uomini di Governo inglese), che <<Un rifiuto dell'Itaiia produrrebbe certamente un effetto sgradevole presso le Autorità Britanniche ciò che non mancherebbe di produrre qualche maggiore difficoltà. per parte di quel Governo all' accoglimento delle numerose richieste italiane.»25 Nel 1917, le trattative di/Dallolio durante gli incontri di Parigi sarebbero state destinate inevitabilmente a risollevare l'annoso problema del concorso di manodlopera italiana alla Francia, come egli stesso avrebbe telegrafato da Parigi al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro della Guerra e al Generale Diaz: il 17 novembre - al Presidente del Consiglio dei Ministri: «Parlato oggi con Ministro competente dispostissimo ascoltarmi in tutto, ma si ritorna sulla questione mano d'opera italiana, questione che qui assume carattere speciale opportunità politica. Domattina nuovo colloquio; io naturalmente nulla ho promesso anzi ho insistito su difficoltà nostre riguardo lavorazioni militari e più quel1e agricole. Prego V.E. farmi conoscere urgenza se in considerazione necessità nostre immediate per armi, munizioni, materie prime non sarebbe opportuno per tre soli mesi assegnare diecimila operai di quelli che lavoravano alla fronte data reale situazione che richiede per conto nostro provvedimenti immediati. Su convenienza prendere diecimila sbandati della II Armata ho risposto subito negativamente perché intendiamo rifarne ottimi soldati cancellando passati eITori. Attendo istruzioni, Ministro Dallolio.>>26 il 18 novembre - al Generale Diaz: «Avrei ottenuto quanto ho richiesto Francia circa fucili, cannoni, mitragliatrici e munizioni e mi darebbero tutto subito. Domandano in cambio diecimila lavoratori per tre mesi
MCRR, fondo Dallolio, b. 954, f. 4, l. Il, p. l, Promemoria di Dallolio al Ministro datato 16 diceinbre 1916. MCRR, fondo Dallolio, b. 954, f. 4, 1. 11, p. 2, Promemoria di Dallolio al Ministro datato 16 dicembre 1916. 26 MCRR, fondo Dallolio, b. 961, f. 5, I. 8, cfr. anche APTGP, serie fascicoloni, fase. XII, f. 8, appunti dal 27 ottobre al 31 otto2•
25
bre 1917, All. XXVI.
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e credi che tale richiesta è capitale massimo per ragioni materiali e politiche. Pregoti vivamente volere aderire e facilitare, così assicureremo presto ricostituzione Armata che tanto ti interessa e dimostreremo Francia che oltre al volere collaborare ci rendiamo ragione del momento attuale in cui si confrontano classi chiamate dalla Francia con quelle italiane sotto le arnù. Se non diamo lavoratori perdiamo tutto e creiamo una situazione a noi poco favorevole. Ministro Dallolio.»21 - al Ministro della Guerra: «Ho ottenuto fucili cannoni mitragliatrici munizioni subito, si tratta solo di contraccambiare con concessione diecimila lavoranti per tre mesi prendendo quelli già al fronte . .Raccomando vivamente appoggiare presso Comando Supremo e Presidente Consiglio tale concessione che qui assume carattere speciale opportunità politica. È necessario rispondere affermativamente così fornirebbero subito armi per ricostituzione seconda Armata. Per verità qui sono obbligati chiedere soldati fronte francese per lavorazione loro materiali .»28 - al Presidente del Consiglio dei Ministri: «Ministro Munizioni inglese arriva domattina per trattare con me circa richiesta armi e munizioni da chiedere Inghilterra. Rinnovo E.V. vivamente preghiere aderire subito concessione diecimila lavoranti che mi permetto affermare oppo1tuna e conve1ùente in questo momento in cui si discute troppo in Francia e non esattamente circa classi e manodopera italiane. Non è possibile rettificare e1Tori però una decisione pronta in tale senso è sempre la migliore soluzione. Eppoi abbiamo necessità armamenti per collaborare con più forza, e questo mio argomento sarà così svolto domani presso i vati Ministri che vedrò 1iuniti, e avrà più valore se 1isponderò al si loro che è veramente completo perché comprende fucili, cannoni, mitragliatrici, tanks, munizioni, caffeggi col sì nostro.»29 - al Presidente del Consiglio dei Ministri: «Ministro competente ha aderito tutte mie varie richieste col più vivo interesse e immediate disposizioni riservandosi però domattina parlatne Comitato Guerra nel senso più affermativo. Sin d'ora pronto inviare subito fucili e mitragliatrici , cannoni da campagna. Però condizione essenziale è avere diecimila uomini perché stati chiedere soldati dal fronte francese per lavorazioni inerenti suoi stessi materiali. Ragioni di opportunità politica e di convenienza morale non permettono prendere altri soldati francesi per materiali da inviare in Italia giacché allora opposizioni sarebbero generali. Data situazione convinto avere fatto tutto possibile per ottenere ciò di cui abbiamo vera e imperiosa necessità questione definitiva si riduce ad inviare subito diecimila uomini. Veramente essi clùedevano diecimila soldati inquadrati ragionando che questi fonùrebbero armi per ricostituzione nostra armata, però io sarei riuscito a modificare tale richiesta in diecimila 1avoratori già sulla nostra fronte. Ritengo tale condizione sine qua non, urgemi risposta entro domani che mi auguro affermativa, diversamente non è possibile ottenere ciò di cui abbiamo necessità e veniamo a danneggiat·e quella "entente" indispensabile massime in questo momento e per avvenire.» 30 Ma il Presidente del Consiglio Orlando, alle 12,30 dello stesso giorno 18 novembre, avrebbe raffreddato gli entusiasmi di Dallolio rispondendogli che la cessione dei diecimila operai iiclùesti non poteva essere decisa unilatera1mente dall 'Autorità di Governo, senza aver piima sentito i1 Comando Supremo, per cui si sarebbe riservato di far conoscere .le decisioni finali.3' Per patte sua, il Capo di S. M. dell'Esercito Diaz inviava il seguente telegramma, facendo quasi intravedere un «palleggiamento» di responsabilità fra Presidenza del Consiglio dei Ministri e Comando Supremo. «A Missione Militat·e in Francia. Prego dire al Ministro Dallolio che questo Comando trovandosi impossibilità provvedere ha dovuto rimettere questione
fondo Dallolio, b. 961, f.5, l. 9 , cfr. anche APTGP , serie fascicoloni, fase. XII, f. 8 , appunti dal 27 ottobre al 31 ottobre 1917, Ali. XXXIIII 18 MCRR, fondo Dallolio, b. 961 , f.5, l. 13, cfr. anche APTGP, serie fascicoloni , fase. Xli, f. 8, appunti dal 27 ottobre al 31 ottobre .1917,All. XXXV 29 MCRR, fondo Dallolio, b. 961, f.5, I. 11 , cfr. anche APTGP, serie fascicoloni, fase. XII , f. 8, appunti dal 27 ottobre al 31 ottobre 1917, Ali. XXXII ,o MCRR, fondo Dallolio, b. 961 , f.5, I. 1O, cfr. anche APTGP, serie fascicoloni , fase. XII, f. 8 , appunti dal 27 ottobre al 31 ottobre 1917, All. XXXIII 2'
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diecimila operai al Presidente del Consiglio. Generale Diaz» .32 Tuttavia, dopo cinque ore dal precedente telegramma, il Presidente del Consiglio informava Dallolio che il Comando Supremo riteneva impossibile fare a meno di una parte dei soldati al fronte pur facendo traspruire uno spiraglio nella risoluzione del problema: << ••• Ho impressione che sia così. Comando però avverte che si potJ:ebbero reclutare circa cinquemila operai fra quelli che hanno lavorato alle fortificazioni verso confine svizzero che sono per ora disponibili ... Credo che bisognerà bene consentire e in caso estremo dare anche soldati trattandosi sempre di scegliere il minor male. Se per ragioni morali è da escludere che tale scelta si faccia fra gli sbandati, si potrebbe supplire in altro modo intorno al quale discuteremo qui. Non potrei allo stato delle cose dire di più.»33 Il Generale Dallolio, il 19 novembre, nel preavvisare il suo rientro a Roma richiedeva un colloquio urgente con Orlando aggiungendo: «Con Churchill ci siamo intesi perfettamente. Prego vivamente E.V. rispondermi si per lavoratori comprendendo e sentendo ragioni accordo Comando Supremo ma facendo appello suo intervento decisivo perché risolutivo pel nostro Paese.»34 Tuttavia Dallolio non demordeva e continuava a lavorare per realizzare l'ipotesi «operai italiani alla Francia>>, indirizzandosi: 19 novembre - al Presidente del Consiglio dei Ministri: «Ringrazio E.V. per quanto mi comunica con telegramma del 19 conente. Intanto per sollecitare invio fucili e cannoni campagna avverto Ministro competente che cinquemila lavoranti saranno subito dati e per gli altri mi riservo esaminare a Roma colla maggiore collaborazione di tutti come provvedere. Ma ritenga E. V. che in questo momento è conveniente sotto ogni rapporto dare i dieci mila lavoratori e darli subito .. . fucili e cannoni da campagna sono per noi preziosi ed io ho tanto sollecitato che possano pa1tire subito con Governo e Comitato Guerra francese che reclamano imperiosa necessità avere lavoratori .. .».35 20 novembre - al Ministro della Guena: «Quanto ho richiesto a Francia e Inghilterra mi sarà dato, unico arresto dovuto agli operai di cui veramente hanno in Francia necessità e Comitato Guerra insiste per averne i diecimila per tre mesi . Ritieni che in questo momento è oppo1tuno conveniente politica darli e darli subito. Conto su di te per collaborazione verso pronto risultato affermativo.>> 36 - al Generale Diaz: «Da Francia e Inghilterra sono sicuro ottenere quanto ho chiesto, solo mi raccomando facilitare in ogni modo quanto riguarda mano d'opera per d iecimila lavoranti in Francia scelti come più opportuno, ma rapidamente in modo che in caso affermativo possano partire fucili e cannoni. Ministro Dallolio» .37 Dallolio, rientrato da Parigi, assicurava il Ministro francese all'Armamento Loucheur telegrafando in data 23 novembre: «Mi occuperò dei lavoranti .. .».38 Si sono voluti riportare i testi integrali dei telegrammi scambiati fra Parigi e Roma sulla questione della manodopera italiana da cedere alla Francia, per mettere in evidenza sia la frenetica attività di Dallolio nei consessi internazionali, sia la sua inesauribile tenacia nel perseverare sino al raggiungimento del·risultato che egli si era prefisso.
3 ' 32
serie fascieoloni, fase. Xll , f. 8, appunti dal 27 ottobre al 31 ottobre 1917, All. XXXI Dallolio, b. 961, f . 6, 1. 10. 33 APTGP, serie faseicoloni, fase. XII, f . 8, appunti dal 27 ottobre al 31 ottobre 1917, Ali . XXXVI. ,.. APTGP , serie fascicoloni, fase . XII, f . 8, appunti dal 27 ottobre al 31 ottobre 1917, Ali. XXX. 35 APTGP, serie fascicoloni, fase . XII, f. 8, appunti dal 27 ottobre al 31 ottobre 1917, All. XXXXVIII. 36 MCRR, fondo Dallolio, b. 96 I , f. 6, l. 4, cfr. anche APTGP , serie fascicoloni, fase. XII, f. 8 , appunti dal 27 ottobre al 3 I ottoAPTGP,
MCRR, fondo
bre 1917,All. XXXIX. 37
MCRR, fondo
Dallolio, b. 961, f. 6 , 1. 5 , cfr. anche APTGP, serie fascicoloni, fase. XII, f. 8, appunti dal 27 ottobre al 31 otto-
bre 1917, All. XXXXI. 38
APTGP,
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serie faseieoloni, fase. XII, f. 8, appunti dal 27 ottobre al 31 ottobre 1917,AII. LV.
Capitolo 34 DALLOLIO E ALCUNE PRECISAZIONI SULL'AVVICENDAMENTO DI CADORNA
Dopo il 24 ottobre 1917 la sostituzione di Cadorna cominciava a essere nell'aria, ma del suo avvicendamento si era incominciato a parlarne ben prima di Caporetto. Le prime avvisaglie di un «partito>> contrario al Capo di S. M. dell'Esercito si erano palesate durante il Consiglio dei Ministri del 27 ottobre 1915, allorché Sonnino aveva proposto la sostituzione di Caclorna se questi non avesse ridotto il programma di ampliamento dell'Esercito con nuove unità,' programma che stava creando problemi di copertura finanziaria.2 «L'idea sorrise a tutti i. Ministri, pur rendendosi conto della sua scarsissima praticabilità, visto che una simile misura avrebbe provocato una sensazione disastrosa nell'esercito e nel paese.»3 Nel maggio 1916 il Consiglio dei Ministri era rimasto stupito per la facilità con cui la Strafexpedition era ùuscita a penetrare sugli altipiani e ne riteneva responsabile il Comandante Supremo al punto che «Sonnino affermò che Cadorna aveva tradito il paese e che bisognava porre il dilemma "o lui o noi."»'' Per questo motivo il Presidente del Consiglio Salandra sarebbe stato incaricato di espon-e l'orientamento dei Ministri al Re che «non sollevò obiezioni alla sostituzione del Comandante supremo, ma dichiarò esplicitamente che l'iniziativa doveva essere assunta dal Governo.»5 Il Consiglio dei Ministri pertanto, ritenne, che in quel momento convenisse lasciare Cadorna al proprio posto, cercando tuttavia di pensare a un eventuale successore. Sempre nel maggio 1916, Salandra aveva accennato al Generale Zuccari, incontrato durante un viaggio in treno Firenze-Bologna, 1'eventualità di una sostituzione di Cadorna. Zuccari gli aveva risposto che, nonostante egli fosse caduto in disgrazia presso Cadorna tre giorni prima dell'inizio delle ostilità, e perciò esonerato dal Comando della III Armata, riteneva non fosse il caso di parlare di sostituzione perché «quando il mare è in burrasca non si cambia il capitano della nave.» Più tardi Salandra avrebbe confidato a Dallolio di aver voluto quel colloquio con Zuccari per consultarlo sulla situazione militare di quel momento e di aver apprezzato la lealtà e l'abnegazione dimostrate dal Generale.6 Dopo i fatti di Caporetto, era dunque inevitabile che, in ambito politico, il «partito anti-Cadorna» prendesse nuovo vigore attribuendo a] «Generalissimo» e al suo Comando Supremo diversi e1Tori, quali: - l'ammassamento presso le prime 1inee del grano necessario all'Esercito, come indicava Giolitti .7 Oltre allo sbilanciamento in avanti dei magazzini viveri, a Cadorna veniva imputata la perdita di notevoli quantità di munizioni a causa «de11'enorme aumento in vicinanza delle prime lin~e di
' Trattavasi cli 48 reggimenti di fanteria , 2 reggimenti bersaglieri più venti battaglioni cli cui 6 ciclisti , 26 battaglioni a lpini, 14 sezioni mitragliatrici per cavalleria, 42 reparti mitragliatrici, 13 gruppi di artiglieria eia campagna, 2 gruppi pesanti campali, 4 da campagna e 9 someggiati, IO gruppi da fortezza, 6 batterie da 260 , 8 batterie mortai da 210 ed il maggior numero possibile di batterie pesanti, 35 battaglioni genio zappatori, IO sezioni radiotelegrafisti, 1 battaglione pontieri e 2 di minatori, sensibile incremento dei servizi in organico e mezzi. (Cfr. M. Montanari, Politica e strategia ..., op. cit., p. 2 11). 2 M. Montanari, Politica e strategia .. ., op. cit., p. 213. 3 ibidem M. Montanari, Politica e strategia ... , op. cit., p. 213. 1 • P. Melograni, Storia politica, ecc. op. cit., p. 187. 5 lbid., p. 188. "MCRR, fondo Dallolio, b. 944, f. 9, 1. 5, p. I. · 1 O. MaJagodi, Conversazioni della Guerra .. ., op. cit., Voi. I, p. 189.
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magazzini, depositi, materiali, officine in quantità tanto superiore a un normale fabbisogno pur largamente calcolato.» A questo specifico quesito posto dalla Commissione d' inchiesta sui fatti di Caporetto, Dalloiio, dopo aver chiarito che il munizionamento era ripartito, in parti uguali, fra Armate e depositi centrali, affermava che8 «si avea necessità di sfollare i magazzini all 'interno per ragioni materiali e di sicurezza anche perché continue e giornaliere erano le trepidazioni per tutto il munizionamento raggruppato a Piacenza, Bologna, ed altre località dove poi difettavano i locali adatti e il personale per la sorveglianza. Le difficoltà di trasporto erano ognora crescenti, ed anche per la benzina non si largheggiava di certo.» Dallolio, quindi, concludeva anche se le perdite furono certamente gravi, <<non fu errore il cercare di mettere le truppe combattenti in condizioni di fronteggiare qualunque violenta azione di fuoco.» - <<la mancanza o deficienza di riserve, sia generali sia particolari. Aspettando l'offensiva le truppe erano state avanzate tutte su le prime linee, lasciando scarsissime forze per qualunque azione di manovra ... » secondo Amendola ,9 oltre alla mancata predisposizione di un piano di ritirata; - il mancato ritiro, secondo Bissolati,'° sulla linea dell'Isonzo delle truppe schierate nel saliente di Caporetto una volta ricevuti diversi segnali sui preparativi in corso da parte austro-tedesca; provvedimento che avrebbe impedito la realizzazione della sorpresa da parte nemica; - l'abbandono di Udine in disordine, sempre secondo Bissolati, « ... dimenticando dodici locomotive e senza guastare la ferrovia ... ». 11 L'orientamento del Re, favorevole a Diaz, era emerso da una testimonianza dell'allora Ministro dell'Istruzione pubblica, Senatore Ruffini, che tra il 26 e il 29 settembre 1917 lo aveva accompagnato sui campi di battaglia francesi. Durante il viaggio in automobile avevano parlato dei generali italiani e, quando Ruffini aveva affermato che nessuno di loro si era distinto in modo particolare, il Re aveva replicato: «No Ruffini c'è Diaz». 12 Come riportato da Gianni Rocca, «sia Orlando che il Re !hanno una buona opinione del loro candidato». Vittorio Emanuele IlI aveva conosciuto Diaz al Comando del XXIII Corpo d' Armata e il Generale gli era apparso calmo, tranquillo , rispettoso dei suoi dipendenti. Orlando, invece, aveva ricevuto una buona impressione di Diaz, valutandolo «un militare non arrogante e non prevenuto verso i politici», quando l'aveva incontrato in occasione di una visita al Comando Supremo. Allora, mentre Diaz aveva fatto gli onori di casa, sia Cadorna, sia il suo Sottocapo Porro «sapendo del suo arrivo [di Orlando] si erano defilati adducendo una visita al fronte». 13 Dopo Caporetto la sostituzione di Cadorna avveniva con questi tempi: 1 . 27 ottobre Orlando, il giorno del suo incarico a Presidente del Consiglio, aveva sottoposto al Re il «problema Cadorna»: «Non è possibile che il Generale Cadorna ed io rimaniamo insieme ... O solo Cadorna o solo io. Non posso governare con un uomo che non accetta nemmeno consigli dal potere civi1e.» Il Re allora non ebbe esitazioni: «Allora togliamo Cadorna» }4 Non deve meravigliare una simile presa di posizione di Orlando, obiettivo preso di mira dal1e lettere scritte da Cadorna tra il 6 giugno e il 18 agosto 1917 al Presidente del Consiglio Boselli, specie considerando che nell'ultima missiva egli era stato accusato apertamente del suo fallimento quale Ministro dell'Interno ..
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APTGP, sei:ìe fascicoloni. O. Malagodi, Conversazioni della Guerra ... , op. cit., Voi. I, p. 186. IO Ibid., p. 192. Il Ibid. , p. 193 . 12 MCRR, fondo Dallolio, b. 961 , f. 13, l. 1. 13 G. Rocca, Cadorna, op. cit., p. 297. ,. Jbid. , p. 296.
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2. 3 novembre Il Consiglio dei Ministri deliberava la sostituzione di Cadorna, mantenendo segreta la decisione e senza indicare il nome del successore. 15 Poco dopo DaUolio 16 scriveva a Giardino: «Contra miglior voler, voler mal pugna. Per tua norma sono per la sostituzione di Cadorna essenzialmente: il Re, Orlando, Sonnino, Nitti, Alfieri, Bissolati e certamente Foch, Robertson, Wilson, Pétain, Haig». Aggiungeva poi nei suoi appunti: <<In quanto a Paileve, Franklin-Bouillon, Lloyd George, Smuts e Barrère discuteranno il problema del Comando, ma da particolari informazioni risultava che il punto di partenza sarebbe stato la sostituzione del Generale Cadorna.>> 17 Secondo Lumbroso, i particolari di quel burrascoso Consiglio dei Ministri erano stati svelati da Nitti, che rivelando come si fosse svolta una discussione animata fra Orlando, Sonnino e lui stesso, aveva descritto la disastrosa impressione ricevuta durante l'ultimo viaggio al fronte. Emergevano, quindi, tre orientamenti diversi: - Orlando teneva fede al secondo telegramma inviato a Cadorna con cui si dichiarava sicuro del «miracolo» che il «Generalissimo» avrebbe saputo compiere; - la maggioranza del Consiglio era contraria a Cadoma perché si riteneva necessaria una persona meno autoritaria del Capo di S. M. dell' Esercito in carica; - il Ministro della Guerra, Alfieri, (che aveva già contattato gli «anti-Cadorna») dopo un lungo silenzio, dichiarava: «Io ho l'uomo adatto e me ne rendo mallevadore: è il Generale che comanda il XXIII Corpo d'Armata Armando Diaz»; 18 affermazione che induceva Nitti a minacciare le dimissioni se non si fosse proceduto a sostituire Diaz a Cadoma. - In quella sede Orlando dava lettura di un telegramma con il quale il Ministro Bissolati anticipava il prevedibile abbandono della linea del Tagliamento e specificava che «le condizioni morali del Comandante Supremo sono da impensierire e bisogna provvedere d' urgenza.» 19 Il telegramma era la classica goccia che faceva traboccare il vaso e il Consiglio, rotti gli indugi, deliberava di far partire immediatamente per il fronte il Ministro della Guerra, affinché, presi gli ordini dal Re, assumesse «i provvedimenti necessari senza esitare e senza altra autorizzazione, avendo cura di notiziare al Presidente le disposizioni adottate.»20 L'indomani il Generale Alfieri telegrafava a Orlando l'improrogabilità dei provvedimenti che riguardavano il Comando Supremo. 3. 4 novembre Il nuovo Ministro della Guerra, Generale Alfieri , si incontrava con il Re sull'Adige nei pressi di Rovigo affrontando, anche, il problema della sostituzione di Cadoma. Venivano esclusi dalla rosa dei possibili successori i nomi del Generale Zuccari e del Duca d'Aosta, per il quale «l'Esercito aveva per lui dell'entusiasmo e dell'affetto. Ma purtroppo c'erano insuperabili difficoltà di carattere dinastico»21 per cui l'unico nome rimasto in lizza era quello del Generale Diaz con Giardino Sottocapo. Nello stesso giorno era stato convocato dal Re anche il Ministro per l'Assistenza militare e le Pensioni di Guerra, Bissolati, che in seguito avrebbe scritto: «Il Re mi chiama alle 16 alla villa. Nella mattina Egli ha visto il Ministro Alfieri. Si è parlato sostituzione Cadorna. Escluso Zuccari. Escluso il Duca D'Aosta per viste generose del Re in caso di sottomissione agli Imperi. La parola del Re è questa: "Non svalutiamo il Duca perché possiamo averne bisogno" (e qui allude alla abdicazione). Proseguendo colloquio, mi dice che si sarebbero fermati su Diaz Capo e Giardino Sottocapo e Vanzo per Uffici, ma la sostituzione è innegabile date le nuove responsabilità di uomini e cose.»22 Secondo
MCRR, fondo Dallolio, b. 961 , f. 13,
I. I, ali. V. Quando Giardino era Ministro della Guerra, Dallolio, conoscendo le manchevolezze del Comando Supremo, gli aveva accennato l'oppo1tunità di rafforzarlo . 11 MCRR, fondo Dallolio, b. 961, f. 13, l. 5. 18 A. Lumbroso, Cinque capi nella tormenta ... , op. cit., p. 143; pp . 154-159. 19 M. Montanari, Politica e strategia ..., op. cit., p. 613. 20 Ibid. 21 MCRR, fondo Dallolio, b. 961, f. 13, I. 5, p. 5.
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Bissolati, quel «possiamo averne bisogno» detto dal Re era una sorta di indicazione del suo successore nel caso avesse voluto abdicare.23 4. 5 novembre Era iniziata la Conferenza di Rapallo, alla quale Cadorna, per propria decisione , non avrebbe partecipato, facendosi sostituire da] Sottocapo Porro. Ma quella di Cadorna era stata una mossa sbagliata, visto il giudizio che avrebbe dato Lloyd George su Porro: «Il Quartier Generale era rappresentato dal Generale Porro Sottocapo di Stato Maggiore. Io nul1a sapevo delle sue doti di soldato, ma in quella Conferenza egli ha fatto a tutti una poco favorevole impressione. Ci presentò un quadro della situazione tutt'altro che adeguato, non ci poté dire nulla per aiutarci a formarci un 'idea della posizione militare dell'esercito italiano. E dopo averlo visto e udito non fummo rnenomamente sorpresi del quadro che il Generale Foch e Sir William Robertson ci avevano fatto della confusione esistente al Quartier Generale Italiano.>> 24 Per gli inglesi erano presenti il premier Lloyd George, i Generali Robertson, Wilson e Smuts, per i francesi il Presidente del Consiglio Painlevé, il Ministro della Guerra Franklin-Bouillon , l'Ambasciatore a Roma Barrère ed i Generali Foche Weigand. Il Presidente del Consiglio francese, Painlevé, e il Primo Ministro inglese, Lloyd Gorge, avevano fatto sapere di voler conferire insieme sul.Ja situazione e sulle misure da adottare per fronteggiarla e pertanto, giunti a Rapallo la sera precedente l'incontro, sj erano riuniti con i loro Capi militari alle ore 20. Foch aveva esposto la situazione dell'esercito italiano, dalla quale risultava che la 2" Armata italiana, in pratica, aveva cessato cli esistere. «La 18, la 3a e la 4\ sebbene ancora intatte, non sono in uno stato molto soddisfacente; l'Alto Comando è virtualmente inesistente, gli Stati Maggiori non hanno azione, ed i loro ordini non sono eseguiti. Bisogna allontanare Cadorna dal Comando, mettere al suo posto il Duca d'Aosta, riorganizzare tutto lo Stato Maggiore del gran Quartiere Generale. Se tutti questi cambiamenti saranno compiuti, mediante l'appoggio delle truppe britanniche e francesi che sono in viaggio o stanno per arrivare, gli italiani potranno mantenersi sul Piave ... Come conclusione cli questa seduta preliminare, i capi politici e militari alleati furono d'accordo nel far accettare al Governo italiano la proposta di riorganizzare il Comando Supremo prima di stabilire l'entità dei rinforzi necessari all'Italia ... Fu facile mettersi d'accordo/con il Presidente del Consiglio italiano, perché la sostituzione dì Cadoma era già decisa dal nostro Govemo.» 25 «Gli italiani Orlando, Sonnino, Alfieri e Porro vengono lasciati fuori dalla porta. Gli alleati mettono a punto la loro strategia di aiuti e le condizioni perché siano concessi. L'umiliazione per la nostra delegazione è grande.>> Le «condizioni» perché gli alleati concedessero gli aiuti richiesti erano sintetizzate in una frase di Lloyd George: «Se noi daremo il nostro concorso con piacere o riluttanza, ciò dipenderà dalla fiducia che noi abbiamo nel Comando Supremo. Se i Generali Cadorna, Porro ed il loro Stato Maggiore resteranno, noi non potremo aver fiducia. Dovremo sempre temere che truppe italiane al1a destra ed alla sinistra delle nostre Divisioni possano lasciarci nell'imbarazzo ... »26 5. 6 novembre Ripresi i lavori, gli Alleati avevano posto le condizioni per concedere gli aiuti, partendo dal presupposto che non ritenevano il Comando italiano all'altezza della situazione e capace di dirigere un'armata «composta di tre differenti soldati che parlano tre lingue diverse, e che deve tener testa ad un nemico infiammato dal successo» .2; A questo punto, secondo gli Alleati, era inderogabile una riorganizzazione del Comando Supremo. Il
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f. 13, 1.5 , p. 4, Appunti La sostituz ione di Cadorna. f. 13, l. 2, ali. C, p. 2. fondo Dallolio , b. 961, f. 13, 1.5 , pp. 4-5 , Appunti La sostituzione di Cadorna.
MCRR, fondo Dallolio, b. 961, MCRR, fondo Dallolio, b. 961, MCRR,
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E. Caviglia, Le tre battaglie del Piave, A. Mondadori, Verona 1934 26 M. Montanari, Politica e strategia ..., op. cit ., p. 615. 27 MCRR, fondo Dallolio, b. 961, f. 13, I. 5, p. 6.
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Presidente del Consiglio, Orlando, ribatteva: «Il Governo italiano ha già considerata necessaria la riorganizzazione dello Stato Maggiore. Ciò è stato deliberato nell'ultimo Consiglio dei Ministri, che ha dato pieni poteri a me e a Sonnino d'accordo col Ministro della Guerra. Noi non abbiamo esitazioni: ma è indispensabile considerare le difficoltà di fare tali mutamenti in un momento difficile . Riconfermo però che la riorganizzazione è stata decisa ed è in corso. E sarà risolta con grande rapidità.>>w Nell'intervallo di colazione un diplomatico inglese, appartatosi con il conte Aldrovandi Marescotti, Capo di Gabinetto di Sonnino, gli aveva suggerito il ricorso alla classica fonnula, promoveatur ut amoveatur, destinando Cadorna al Consiglio Superiore interalleato in corso di costituzione. Alle 14.45, ripresa la seduta, Orlando comunicava che il punto di vista alleato era stato accettato: «Nella seduta di stamane avevo avvertito che il Governo aveva già deliberato in proposito [riorganizzazione dello Stato Maggiore Italiano] e dati pieni poteri al Generale Alfieri Ministro della Gue1Ta, a Sonnino ad a me. Si trattava soltanto di mettere in esecuzione la decisione presa scegliendo la fonnula. Posso annunciare che crediamo di averla stabilita. Ho inteso che in questa Conferenza sarà proposta la costituzione di un Consiglio di Gue1Ta Interalleato. È stato pensato di scegliere il Generale Cadorna per rappresentare l'Italia. Così sarà scelto un nuovo Capo di Stato Maggiore.»29 A questo punto la seduta era stata sospesa e gli Alleati , uscita la delegazione italiana, avevano stabilito l'entità dell'aiuto alleato. Quando gli italiani vennero riammessi, si erano sentiti dire che il contributo sarebbe stato di 8 Divisioni (4 inglesi e 4 francesi). A sera, quando la delegazione italiana fece il punto della situazione, Orlando confessò: «E credete voi che io non sia stato tutt'oggi colla vergogna in viso? Siamo stati trattati come servitori.»30 6. 7 novembre Alle ore 19 il Generale Porro e il Colonnello Gatti, di rientro da Rapallo , salivano le scale di Palazzo Dolfin a Padova, sul quale era ulteriormente ripiegato il Comando Supremo. Cadorna «ci viene incontro, ricorda Gatti, con lo stesso solito so1Tiso ... "Ebbene come è andata?" Non sa nulla. Ci guardiamo Porro ed io. Porro va con Cadorna dicendogli "ora ti racconterò". I due si rinchiudono nell'ufficio del "Capo" . Ne riemergeranno a]le 19 ,30. Cadorna pare abbia la stessa impassibi lità .. . Rispettando gli orari, Cadorna si mette a tavola. Con tranquillità, e a voce alta perché tutti possano sentire comunica che non accetta la proposta di allontanamento e il suo trasferimento al Consiglio interaJleato.»31 Lo stesso giorno il Ministro della Guerra, Alfieri , scriveva a Cadorna: «Eccellenza Ella avrà avuto da S .M. il Re comunicazione ufficiale del provvedimento che la riguarda e che modifica nelle persone la composizione dell'Alto Comando dell'Esercito. Per quanto siano altissime le funzioni ora affidatele e tali che, senza alcun dubbio, nessun altro avrebbe potuto esercitarle con la competenza e l'autorità che- alla nuova carica viene dalla designazione dell'E.V., comprendo come debba riuscirle doloroso togliersi dal quotidiano contatto con quell'Esercito che V.E. ha condotto tante volte alla vittoria e questo dolore sarà certamente sentito dall'Esercito stesso e dal Paese, per il quale il nome del generale Cadoma, ben degno delle antiche tradizioni di famiglia, suonerà sempre intelligenza, valore, carattere, ferma e sicura energia. Il Governo del Re ha ritenuto di doverle chiedere questo sacrificio perché in più vasto campo l'E.V. possa portare il suo grande contributo ali' opera comune dell'Italia e dei suoi Alleati. Lo scopo da raggiungere è così alto e nobile che V.E. troverà in esso un conforto efficacissimo, come lo troverà nella riverente dimostrazione di affetto dalla quale il distacco sarà accompagnato. Mi consenta I'E.V. di associarmi di tutto cuore a questa dimostrazione e di associarla a mia volta ali' augurio che in nome dell'Esercito , del Governo e del Paese faccio per le sorti e per la gloria d'Italia. V. Alfieri» .32
is MCRR, fondo Dal lolio, b. 961 , f. 13, I. 5,
pp. 6-7.
f. 13, l. I., p. 5. 30 G. Rocca, Cadorna, op. cit., p. 305 . .l l lbid. 32 MCRR, fondo Dallolio, b. 961 f.1, 1. 10, p. 4. 29
MCRR, fondo DaUolio, b. 961
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7. 8 novembre mattina Alle 7 .30 il Re si presentava a Palazzo Dolfin per comunicare ufficialmente a Cadorna la sua destituzione da Capo di Stato Maggiore dell'Esercito. Si trattava di « .. . un compito delicato ed anche ingrato. Rep:ugnava sempre al Sovrano dover prendere posizione. Ma questa volta era inevitabile.»33 II perché di quell' «inevitabile» l'avrebbe spiegato Dallolio: « ... L'Altissimo personaggio [Vittorio Emanuele III] si assunse l'incarico non gradito perché essendo Alfieri (silurato da Cadorna) Ministro della Guerra non era né conveniente né opportuno, massime in quel momento, mettere Alfieri di fronte a Cadorna. Cadorna parlò stando sull'attenti ma ruggì come un leone e a un dato momento forse rinnovò il tono di Cavour con Vittorio Emanuele II certo fu un duetto penoso ... Conosco i particolari di quell'incontro, ho promesso di mai ripeterli e manterrò la promessa.» 34 In un altro appunto Dallolio annotava: «L'aridità del colloquio appena incominciato fu rotta dalle accentuate considerazioni di Cadorna, non posso dire di più, certo che più tardi a tutti gli intervenuti a Peschiera Egli faceva comprendere che si era liberato di Cadoma.»35 E ancora Dallolio: «Quando nel 1924 il Generale Cadorna fu promosso Maresciallo, d'Italia incontrando in Senato il Conte Mattioli Pasqualini gli dissi "Dunque Maresciallo d'Italia il Generale Cadorna ... Però né il Re né Lui dimenticheranno il rispettivo atteggiamento nel mattino dell'8 novembre 1917" Sorrise e mi strinse la mano .»36 Ma Dallolio, riguardo al «silenzio>> e meditando. sui risentimenti dei Comandanti silurati da Cadoma, scriveva a Elsa: «lo dimentico. Tu dimentichi. Ma domani Capello e i silurati diranno noi dimentichiamo e si contenteranno dell 'altero silenzio?» .37 In ogni caso, il colloquio di Ca~oma con Vittorio Emanuele III,.riferito dallo stesso «Generalissimo» nei suoi scritti, sarebbe stato dportato da Gianni Rocca: «Appena ci trovammo soli nel mio ufficio, senza nemmeno lasciar parlare il Re, gli rivolsi con tono man mano più concitato queste parole "Maestà, io già conosco il. motivo pel quale V. M. mi fa l'onore di venire da me. Conosco i provvedimenti che il Governo ha deciso di prendere a mio riguardo. Ma io debbo dichiarare a V. M. che mai e per nessun motivo io accetterò la carica che mi si vuol dare"».38 Secondo Rocca, il tenore di questo colloquio aveva dimostrato la debolezza «dei poteri politici italiani in quel periodo». Il Re, infatti, anziché mettere «sull'attenti» un proprio dipendente, Io aveva ascoltato in silenzio, prendendo atto del suo rifiuto e lasciand9 al Governo l'incarico di rimediare al grave atto di insubordinazione. Durante il Convegno di Peschiera, iniziato quello stesso 8 novembre, il Re si era detto addolorato che il consiglio di Lloyd Gorge, dato nel 1916, di trasferire la gravitazione dello sforzo bellico sul fronte italiano non fosse stato accettato. «Egli era stato pienamente del parere di Lloyd George e pensava con profonda amarezza che, mentre pochi mesi avanti l'Austria era sul punto di capitolare, aveva potuto ora, con l'aiuto della Germania capovolgere la situazione ai danni dell'Italia.»39 Dallolio, considerato il silenzio su Cadoma mantenuto dal Re in quel Convegno, avrebbe annotato: «Di quanto aveva detto, fatto, scritto Cadoma al riguardo neanche una parola.»40 Non solo, il Re sarebbe andato ben oltre, tessendo le lodi di Diaz e, come si evince dal verbale, affermando che, sebbene il Generale Diaz fosse un Ufficiale relativamente più giovane, <<aveva fatto parte dello Stato Maggiore prima e durante la
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G . Rocca, Cadorna, op. cit., p. 306. APTGP, serie lettere ai familiari , lettera 30 ottobre 1922 a Elsa; Cfr. anche MCRR, fondo Dallolìo, b. 961, f. 13, l. 5, p. 3, Appunti, La sostituzione di Cadorna. 35 MCRR, fondo Dallolio , b. 961 f. L3, l. 4, p. 2. 36 MCRR, fondo Dallolio, b. 961 f. 13, l. 5, p. 3, Appunti La sostituzione dì Cadorna. ,; APTGP, serie lettere ai familiari, lettera 30 ottobre 1922 a Elsa. 38 G . Rocc_a, Cadorna, op. cit., p. 307 . 39 Nel 1916 Lloyd George aveva proposto dì trasferire in Italia ìl maggior sforzo francese e inglese e di vincere la guerra sul fron te italiano mentre le Armate russe erano ancora in piena efficienza. Boselli, Cadoma e Sonnino si erano opposti a questo progetto. Cfr. S. Crespi, Alla difesa d 'Italia in guerra ... , op. cit., p. 130. 0 ·' MCRR , fondo Dallolio, b. 961 , f. 13, I. 4, p. 3. 3 •
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guerra ed era generalmente considerato come il cervello dell'Esercito italiano ed un profondo studioso della scienza bellica. Egli stesso (il Re d'Italia) avea una grande fiducia nel Generale Diaz e lo avrebbe scelto fra tutti gli Ufficiali dell'Esercito italiano.»41 Il testo del verbale, inoltre, riportava che il Re aveva continuato, spiegando come l'Esercito italiano avesse ceduto sotto l'attacco combinato austro-tedesco. Secondo il Sovrano era stata attribuita un' «impo1tanza esagerata alla pretesa penetrazione del movimento pacifista nell'Esercito italiano. Indubbiamente un po' di male era stato fatto in casi isolati dalla predicazione dei preti e, in minore misura, dalla influenza dei socialisti, ma, nel suo complesso, egli non credeva che il morale italiano fosse stato seriamente minato da queste influenze. Maggiore importanza attribuiva agli effetti del prolungarsi della guerra per i soldati che erano stanchi e depress.i, e osservò che, generalmente, quelli che ritornavano dalla licenza en~no abbattuti e scoraggiati per lo stato in cui avevano trovato le loro famiglie ed i loro piccol i affari.»42 Sempre 1'8 novembre, rientrando a Roma, Dallolio aveva telegrafato a S.A.R. Comandante della III Armata , con cui intratteneva un rapporto amichevole: «Arrivo ora Roma con dieci ore di ritardo. Trovo decisione circa Comando Supremo e cioè numero uno Diaz e numero due Giardino. Ci sarà qualche speciale riguardo per Cadorna. Domani esp01Tò reale situazione che si integra nel grido di Garibaldi a Nino Bixio. Ministro. Dallolio».43 Ma nel pomeriggio dello stesso giorno, il Colonnello Rota, Capo di Gabinetto del Ministero della Guerra, incaricato di consegnare ai vari Comandi le lettere firmate dal Ministro Alfieri sull'esonero di Cadoma, che peraltro non indicavano la data, si era recato al Comando Supremo per consegnare la lettera a Cadorna. Successivàmente il corriere era giunto a Meolo, sede del XXIII Corpo d 'Armata, per consegnare il messaggio a Diaz. Secondo Baldini, Diaz avrebbe accolto l'inaspettato annuncio della sostituzione di Cadorna affermando: «L'arma che sono chiamato ad impugnare è spuntata. Bisogna prest9 rifarla pungente. La rifaremo.»44 Secondo Gianni Rocca invece, Diaz semplicemente «guarda Rota e dice andiamo.»45 Le due testimonianze non sono in contrasto, semmai, come affermava Cilibrizzi si integrano a vicenda, mettendo in evidenza la-profonda fede manifestata anni prima da Diaz, all'atto di assumere il comando della 49" Divisione46 e la sua «fenna e decisa volontà di fare tutto ciò che era umanamente possibile» .47 Diaz, che alle 14 era già stato a rapporto dal Re, ad Altichiero, verso le 21 arrivava a Palazzo Dolfin. «Cadoma lo riceve tranquillo ... ma quando esce dal colloquio con Diaz è fuori di sé dalla rabbia. Non aveva immaginato di doversene andare così presto. Sperava ancora di avere qualche giorno di tempo per negoziare il suo destino. Grida "Così si tratta con un furiere"» .48 8. 11 novembre Il Ministro della Guerra, Alfieri, scriveva a Cadorna: «In seguito alla Sua lettera, e specialmente al telegramma inviatomi , dal quale le sue decisioni apparivano ferme e irrevocabili, avevo determinato, in omaggio al Suo desiderio di dar corso al provvedimento di V.E. così insistentemente richiesto. Ho voluto però riflettere ancora per vedere chiaramente dentro me stesso, per sentire meglio che cosa il mio dovere d'Italiano, di soldato e di Ministro mi imponeva in questi momenti gravi per l 'ltalia ... Gli Alleati hanno fatto (a Rapallo), è vero, alcune considerazioni circa i metodi usati non dal Comandante ma essenzialmente dagli Stati Maggiori ... In tale campo (Stato Maggiore dei Comandi ed anche del Comando Supremo) vi è perciò molto da cambiare e ciò avrebbe reso necessaria una
fondo Dallolio, b. 961, f. 13 , I. 4, p. 4. fondo Dallolio, b. 961 , f. 13, l. 4, p. 5. MCRR , fondo Dallolio, b. 961, f. 4 , l. 17. 44 A. Baldini, Diaz, Barbera, Firenze 1929, p. 20. 45 G. Rocca , Cadorna, op. cit., p. 308. 46 Diaz, avendo saputo che nella 49" Divisione erano inquadrati diversi reduci del 93° Reggimento che con lui avevano combattuto durante la campagna libica, esprimeva la volontà di riunirli, non soltanto per rivederli, ma soprattutto per farne «degli apostoli, legando il passato al futuro, come per augurio» cfr. A. Baldini, Diaz ... , op. cit., p. 15. 4 7 S. Cilibrizzi, Storia Parlamentare e Diplomatica d'Italia, Treves, Napoli, Vol. VII, p. I 81. 48 G. Rocca, Cadorna , op. cit., p. 309.
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modificazione della composizione e forse della organizzazione del Comando specialmente in vista de!Ia situazione nella quale gli Alleati avranno parte sempre maggiore. Si accennava alle difficoltà che sarebbero state certo opposte da V.E. ad un simile rior dinamento , ma io ritenevo che avrei potuto riescire a superarle ... Il Generale Porro, il Colonnello Gatti Le avranno detto con quale sentimento io mi dedicassi a quest'opera e potranno affermare questo desiderio, sincero desiderio io avessi di conservarla al Comando delle nostre Truppe. La situazione è stata modificata radicalmente dalla proposta del Consiglio e del Comitato interalleato, preparata personalmente dal Primo Ministro inglese e di cui questi faceva evidentemente condizione "sine qua non" per la concessione di ulteriori aiuti.» 49 Sull ' avvi.cendamento di Cadorna restano comunque alcune ombre: 1) Prima di tutto, la «ripetuta riconferma» di fiducia a Cadoma da parte del Presidente del Consiglio Orlando che, il giorno 30 ottobre, appena costituito il nuovo Ministero, a distanza di un'ora aveva telegrafato per due volte a Cadorna. Con il primo telegramma (ore 20.20) gli aveva confermato la prop1ia fiducia: «Conscio delle responsabilità formidabili che jncombono nell'ora presente , assumo la direzione del Governo d 'Italia e il mio primo pensiero è per assicurare all'E.V. che il popolo italiano sostiene impavido la terribile prova e che non un momento solo ha sentito vacillare la sua fede nell'Esercito e nel Capo che lo comanda; ad essi acclamava nell'ora della vittoria; ad essi ancor più intimamente si stringe nell'ora dell'avversità. Lo sforzo immane deJl'avversario che accumulò e scagliò contro di noi la somma dei suoi odi e delle sue forze; se è riuscito ad irrompere in un caro e glorioso lembo della Patria, non per questo ha fiaccato gli spiriti , né disgregato le forze interne del Paese. Sappia il nemico e sappia il mondo che gli italiani dallo stesso inesprimibile dolore per la Patria invasa traggono la virtù di comporre ogni loro interiore dissenso e di rinsaldare volontà, energie ed opere perché il suolo della Pani a sia 1iconsacrato dalla immancabile vittoria.»50 Alle 21.30 Orlando inviava a Cadoma un secondo telegramma, di carattere piivato,5' in cui diceva anche: « ... oltre ed a parte della manifestazione ufficiale fatta all 'E.V. col telegramma ora spedito, tengo in via personale a riconfennarJe tutta la mia fede che si collega con l'ammirazione e la simpatia onde io ho sempre accompagnata l' opera che l'E.V. ha svolto, superando così gravi difficoltà col vigore dell'animo e l'altezza della mente. Certo , circostanze dolorose e complesse hanno creato una situazione di cui valuto e provo tutte le ansie angosciose, ma so pure che tra le molteplici qualità del carattere della E.V. primeggia una serenità che nemmeno i più tremendi cimenti possono scuotere. Da ciò u·aggo precipua ragione di fede, mentre riaffermo la piena fiducia mia e del Governo nel rniracolo che l'E.V. indubbiamente compirà. Prego nuovamente l'E.V. di volere accogliere l'espressione di tutta la mia fiducia, :insieme coi miei saluti più deferenti e cordiali. Orlando.»52 L'indomani 31 ottobre, Cadoma avrebbe risposto al secondo telegramma di Orlando: «Il telegramma non ufficiale di V.E. mi è stato particolannente gradito in questa gravissima ora. Non dubiti V.E. che, per quanto il repentino incredibile cedimento del1' ala sinistra della 2" Annata mi abbia improvvisamente messo in una delle .più terribili condizioni in cui siasi trovato un Generale, non mi venà meno l'animo di fronteggiarla sino all'ultimo. Io so di non poter compiere il miracolo che solo potrebbe riparare a quanto è avvenuto nei primi giorni per cause già note a V.E. e che Io svolgersi degli avvenimenti mette sempre in maggiore evidenza , ma assicuro che quanto è in potere d 'uomo sarà fatto per salvare l'Esercito ed il Paese. Io mi sento tranquillo e forte come eh.i sa di aver fatto tutto il suo dovere e non teme la sorte avversa. Ma sento la necessità della più stretta collaborazione e solidarietà del Governo. E per questo la sua parola è per me la rnjgliore promessa.»53
MCRR , fondo Dallolio, b. 961 , f . 13, I. 2, ali. E , pp. 1-3. L. Cadorna, La guerra alla fronte italiana fino all'arresto sulle linee del Piave e Grappa. 24-5 1915 1 9 ll-1917, Treves, Milano 1923, Vol. Il, Cfr. anche MCRR, fondo Dallolio , b. 961, f. 13, l. l. 5 ' R. Corselli, Cadorna, Corbaccio, Milano 1937, p. 38; cfr. anche S. Cilibrizzi, Sioria Parlameniare e Diplomatica d 'Italia, Napoli, Treves, .......Vol. VII , p. 174, cfr. anche MCRR, fondo Dallolio, b. 961 , f. 1, l. 10. 52 MCRR, fondo Dallolio, b. 961, f. 1, 1. 10. 53 MCRR, fondo Dallolio, b. 961, f. 13 , I. 2., p. 4, Appunti Luigi Cadorna - Pagine polemiche. 19
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2) Il Maresciallo d'Italia, Giardino, in un suo libro,54 a proposito del giorno 30 ottobre 1917 avrebbe scritto: <<il Ministero era in crisi, ma in quello stesso giorno si formava il nuovo Gabinetto, del quale il Ministro della Guen-a era stato avve1tito, con la convocazione per il giuramento, che continuerebbe a farne parte .» Il Generale Dallolìo commentava quella frase: «Verissimo perché ricevemmo il giorno 30 un telegramma in comune pel giuramento alle ore 18 al Quirinale. Scegliere nuovamente Giardino per Ministro della Guerra voleva evidentemente dire CONFERMARE la fiducia in Cadoma. Alle ore 16 del giorno 30 Giardino fu chiamato a Palazzo Braschi e ritornò dicendomi che non era più Ministro della Guerra ... per un colpo di scena.»55 Quindi Dallolio aggiungeva: «Ora io non analizzo. Dico solo: Orlando decide di confermare Giardino come Ministro della Gue1ra nel suo Ministero, lo sostituisce solo all'ultimo momento ... il giorno 30 ottobre 1917 per un ben noto COLPO DI SCENA. A Giardino dichiara che il Governo confermerebbe la fiducia e non si contenta del 1° telegramma delle ore 20 ,30 ma col 2° telegramma personale (21,30) và al di là dell'esplicazione di ogni personale fiducia.» 3) Ultimo atto strano, quello del Ministro della Guerra, Alfieri, che aveva sentito il bisogno di inviare a Cadorna la lettera consolatoria dell' l l novembre, due giorni dopo l'insediamento di Diaz. 4) Si vedrà più avanti che il Generale Dallolio, nel telegramma del 20 novembre spedito da Parigi al Presidente del Consiglio, Orlando, aveva riferito «le voci» di una possibile interferenza francese sul Comando Supremo italiano, aggiungendo che già si accennava «al Generale Foch come un tutore del giovane Generale Diaz», mentre, nel telegramma del 21 novembre a Orlando, sempre spedito da Parigi, avrebbe riferito «le voci» raccolte su un possibile disegno francese di intromissione nel Comando Supremo italiano, mettendo in guardia: «sarebbe però necessario che ci fosse la massima prudenza nei discorsi col Generale Foch e suo contorno perché profittano cli tutto pel loro intento. Parto stasera e a voce preciserò». E qui sorge un dubbio: quali erano queste altre notizie la cui riservatezza escludeva dì fare affidamento sui normali canali di cifratura e richiedeva invece una trasmissione ancora più riservata, addirittura «a voce»? Dalla cadenza degli avvenimenti, e dalle ombre rimaste sull'avvicendamento, appare innegabile che la sostituzione di Cadorna sia stata «pasticc:iata». Secondo Aldo Valori, «come sempre anche in Italia, si scelse la forma più ipocrita e sconveniente per allontanare il Capo di Stato Maggiore, nominandolo membro del Comitato Militare Interalleato: i1 che avrebbe voluto dire affidargli un posto di speciale fiducia e teoricamente più alto di quello che lasciava. Questo Comitato del quale facevano parte, oltre al Cadorna, i Generali Foch e Wilson, avrebbe dovuto cooperare alla unità d'azione degli alleati ... accanto al Consiglio Supremo politico.» 56 Al Convegno di Peschiera il Re aveva affermato che il suo Governo aveva già. deciso di rimuovere Cadorna dal Comando e di nominare al suo posto il Generale Diaz. Asserzione, questa, che, se è esatta per la prima parte, non lo è per la seconda, e almeno per quattro motivi: a) come si è visto, il Re aveva dimostrato la sua stima per il Generale Diaz, sin dal viaggio in macchina con il Senatore Ruffini, del settembre 1917; b) il 28 ottobre 1917, nel colloquio di Villa Savoia, l'On. Orlando aveva esposto al Re la sua intenzione di sostituire Cadorna, come indicato dal Maresciallo Caviglia nel suo libro Le tre battaglie del Piave. E, al riguardo, anche Dallolio avrebbe annotato: «certamente sin da allora il Re aveva pensato a Diaz perché il suo giudizio di grande stima ben ponderato espresso a Peschiera 1'8 novembre 1917 rispondeva al suo intimo convincimento, maturato da tempo.» 57
,. G. Giardino, Rievocazioni e riflessioni di guerra, Moncladori, Milano 1929, Voi. I, p. 90. 55 .tvtCRR, fondo Dal !olio, b. 961 , f. 1, J. IO. 56 A. Valo1i, La guerra Italo-Austriaca ..., op. cit., pp. 405-406; Cfr. anche MCRR, fondo Dallo Iio, b. 961, f. I 3, I. 1, Allegato
Vlll bis. 57
l\'1CRR, fondo
Dallolio, b. 961, f. 13, 1. l , p. 2 .
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c) il Governo non aveva mai indicato nomi per la successione del Capo di Stato Maggiore dell'Esercito; d) il colloquio di Rovigo del 4 novembre, fra il Re e il Ministro della Guerra Alfieri, dimostrava che la scelta preventiva del successore era stata fatta dal Re . A rendere ancora più «pasticciata» la sostituzione di Cadorna, aveva contribuito la corrente di pensiero che attribuiva questa decisione ali ' imposizione degli Alleati, e soprattutto di Foch, durante il Convegno di Rapallo. Cilib1izzi, tu ttavia, avrebbe escluso quest'ipotesi, ragionando sul fatto che, essendo intercorso un tempo brevissimo fra la conclusione del Convegno di Rapallo (7 novembre) e la comunicazione fatta da Vittorio Emanuele III a Cadorna della sua destituzione (8 novembre), ciò avrebbe reso impossibile una riunione del Consiglio dei Ministri necessaria per adottare tale decisione, prima dell'8 novembre. 58 Questo ragionamento sarebbe stato avvallato qualche anno dopo da un articolo dell' On. Orlando, pubblicato sulla Nacion di Buenos Aires, secondo cui la sostituzione di Cadoma con Diaz era stata decisa il 28 ottobre a Villa Savoia a Roma.59 Notizia poi confermata negli appunti del Generale Dallolio: «Mi sono pure diffuso nell'esaminare il libro di Luigi Cadorna "Polemiche ingrate" perché ciò che è stato pubblicato sul quando e come fu sostituito il Generale Cadorna in generale non risponde a verità. La sostituzione di Cadoma e la nomina di Diaz furono decise prima del Congresso di Rapallo, tutto il resto è romanzo non storia. (Vedere il Diario di guerra di Leonida Bissolati pag. 97, 4 Nov. 1917».60 In que11o che si è definito «pasticcio della sostituzione di Cadorna», resta da chiarire il motivo dei due telegrammi inviati dal Presidente del Consiglio Orlando il 30 ottobre. Aldo Valori aveva scritto: «Almeno il secondo dispaccio era superfluo e da un Capo di Governo, che avesse già deciso il siluramento, potrebbe apparire soltanto una atroce beffa.»6 ) Secondo Cilibrizzi, la sostituzione di Ca.doma, anche sulla base delle decisioni adottate nel Consiglio dei Ministri, non doveva essere immediata ma sarebbe dovuta avvenire dopo la stabilizzazione del fronte . Per questo Orlando, con i due famosi telegrammi, intendeva «sostenere moralmente Cadorna, in quell'ora estremamente grave per l'Italia.»62 Caviglia, in merito, aveva asserito che «era necessario in quella grave crisi che il Capo militare non avesse altre preoccupazioni oltre a quella di salvare il Paese.:>> 63 Dallolio avrebbe annotato nei propri appunti: «Non si discute ora se la gravità eccezionale degli avvenimenti reclamasse veramente l'estrema cautela per assicurare la continuità e il prestigio del Comando, e se ha avuto o no ragione il Presidente del Consiglio, che doveva tenere il polso della situazione di aggiungere alla dichiarazione di fiducia del Governo, esplicitamente la personale fiducia del Presidente il 30 ottobre ore 21,30 per poi decidere altrimenti il 3 novembre 1917 al Consiglio dei Ministri.»64 Peraltro, la ferma opposizione degli alleati al convegno di Rapallo aveva costretto il Presidente del Consiglio ad anticipare i tempi per rendere esecutiva la sostituzione del Capo di Stato Maggiore dell'Esercito. Ma qual era stata l'opinione di Vittorio Emanuele III su Cadorna? Gianni Rocca, aveva indicato il ruolo del Re nella nomina a Capo di S. M. dell'Esercito del «Generalissimo», alla morte improvvisa di Pollio (30 giugno 1914). « Vittorio Emanuele, per temperamento e tradizione, prediligeva i quadri dell 'aristocrazia piemontese. Del resto già nel 1896 in un incontro con Cadorna, quando questi con il grado di Colonnello, era Capo di Stato Maggiore del Corpo d'Annata di stanza a Firenze, gli aveva manifestato la
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S. Cilibrizzi, Storia Parlamentare e Diplomatica d'Italia , Napoli, Treves, .. .Vol. Vll, p.176. /bici.; cfr. anche G. Marietti, Armando Diaz ... , op. cit., p. 46. 60 APTGP, fase. vm e, Carte riservate per Elsa e Gina . 61 A. Valori, La condotta polilica ..., op. cit., p. 346; cfr.anche S. Cilibrizzi, Storia Parlamentare e Diplomatica d'Italia, Napoli, Treves, ... Voi. VII, p. 176. 62 S. Cilibrizzi, Storia Parlamentare e Diplomatica d'Italia, Napoli, T reves, . .. Voi . VlI, p . .177 . 63 E. Caviglia, Le tre battaglie del Piave ... , op. cit., p. 5; Cfr. anche MCRR, fondo Dallolio , b. 961, f. I 3, I. I. 64 MCRR, fondo Dallolio , b. 961, f. 13, I. 2., p. 4 Appunti Luigi Cadorna - Pagine polemiche. 59
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sua stima "Un Ufficiale come lei dovrebbe essere fatto Generale"».65 La stima, però, era rimasta la stessa nel corso del tempo? E, in caso di risposta negativa, cosa l'aveva incrinata? Non si possono dimenticare le ostilità che Cadorna si era attirato nel mondo politico per il comportamento del Comando Supremo, sempre restio ad accettare la visita di un uomo politico, né che, nel 1917, si era diffusa la convinzione come aveva denunciato il 27 giugno 1917 il deputato Grassi - della «coesistenza di due Governi: paralleli, di Roma e di Udine ... inevitabile conseguenza degli enormi poteri conferiti a Cadorna.»66 Uno dei pià accesi anti-Cadorna era stato Giolitti, il quale gli addebitava: «La condotta della guerra è stata brutale; le truppe migliori, ed in prima linea i nostri magnifici alpini, sono state a poco a poco distrutte in imprese inutili, per prendere qua una posizione, là un sasso, senza nessun legamento ... Un altro errore fu il continuo mutamento dei Comandanti: Quale fiducia potevano avere le truppe nei loro capi, quando li vedevano ad ogni momento destituiti come incapaci?»67 Giolitti era intervenuto ancora più pesantemente contro la nomina di Cadorna nel Consiglio interalleato: « Vi diffamerà il nostro Esercito per coprire le proprie responsabilità e posare da grande uomo disgraziato e tradito ... con quella sua ostentazione gesuitica di uomo religioso non mi è mai andato a sangue; e dai contatti avuti con lui l'ho sempre giudicato d'intelligenza mediocre.» 68 E il pensiero di Giolitti aveva avuto un peso importante nella politica italiana di allora e, pare, anche sul Re. Dallolio, proseguendo nelle proprie riflessioni riguardo all'affermazione del Re a Peschiera (8 novembre) sull'importanza esagerata attiibuita alla pretesa penetrazione del movimento pacifista nell'Esercito italiano, si era chiesto: «Con questo giudizio Chi si voleva assolvere? Chi si voleva condannare? Giudizio esplicito senza restrizioni ... espresso il giorno stesso in cui Cadorna riceve l' annuncio che sarebbe stato sostituito nella carica di Capo di Stato Maggiore dell'Esercito proprio alla presenza di due Presidenti del Consiglio, Lloyd George e Painlevé, oltre agli altd Ministri Sonnino, Bissolati, Franklin Bouillon, e del Generale Smuts. Non giudico dalle apparenze, ma dalle prove, avendo la nec~ssaria cognizione dei fatti (conosco anche come si svolse il colloquio Re-Cadoma nella mattina dell'8 novembre, però ho mantenuto e manteITò la promessa di saper tacere al riguardo) è indubitato che il citato giudizio così poco temprato fra una risposta personale ed altre considerazioni, fu sospinto da uno spirito critico inesorabile.»69 Che Dallolio, oltremodo rispettoso dell'assetto istituzionale del Paese incarpato dal Re, avesse mosso questa critica al Sovrano appare davvero inconsueto e lo si può comprendere soltanto alla luce della sua volontà di ristabilire sempre la verità dei fatti. Ma c'è di più: Dallolio aveva sottolineato il proprio rincrescimento perché il Re, quell'8 novembre, non aveva sentito il bisogno di spendere una parola per Cadoma, dato che «non avrebbe fatto torto al potere personale una franca parola che attraverso tante difficoltà risuonasse di conforto per Chi avea impiegato tutte le sue forze al Servizio della Patria, prendendo altamente la responsabilità. E scrivo con profonda malinconia>> .70 E ancora: «Ma dopo 30 mesi di guerra, non una parola del Re a Peschiera per riconoscere la parte avuta da Cadorna nella grande guerra, e nella sistemazione dell'Esercito sul Piave, e presente Orlando, Sonnino, Bissolati, Lloyd George , Smiths, Painlevé, Franklin Bouillon, il Re faceva l'elogio di Diaz in termini tali da impressionare i presenti.»71 In realtà, Dallolio aveva stima e comprensione per Cadoma; sentimenti condivisi, in campo avverso, dal Maresciallo Conrad, il quale, terminato il 1ipiegamento italiano, una volta che il fronte si era assestato al Piave, il 3 gennaio 1918 aveva scritto alla moglie, da Innsbrnch, riconoscendo il valore di Cadoma: « .. . Per due volte abbiamo trovato contro di noi degli uomini di ferro ed un Capo di ferro. Se Dio vuole quest'ultimo è stato eli-
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G. Rocca, Cadorna, op. cit., p. 11. lbid., p. 224. 67 !bici., p. 313. M fbici. 69 MCRR, fondo Dallolio, b. 96 I' f. 13, 1. 4, p. 7. 70 MCRR, fondo Dallolio , b. 961, f. 13, 1. 4, p. 8. 11 MCRR , fondo Dallolio, b. 961, f. 13, 1. 1, p. 2. 66
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minato dal Comando italiano. Siamo riusciti a rovesciare Cadoma e questo è forse il maggiore vantaggio conseguito da tutta l'operazione. Se mi si fosse dato ascolto nella preparazione, o se subito dopo la rottura del fronte da Flitsch a Tolmino mi avessero mandato le forze che io insistentemente chiedevo noi saremmo giunti al Po, e Milano sarebbe nelle nostTe mani Certo abbiamo ottenuto un lungo respiro, ma non possiamo p iù contare sulla vittoria decisiva in Italia. Cadoma, come un vecclùo leone, prima di cadere ci ha sfe1Tato una tremenda zampata sul Piave. Egli ha saputo rianimare gli. Italiani e noi abbiamo assistito ad un fenomeno che ha del miracolo. Gli ftaliani si sono riavuti con una rapidità insospettata e combattono con grande valore.» 72 Dallolio aveva commentato questa lettera: «È innegabile che i nemici sono giovevoli, perché non si linùtano ad avvisarci dei nostri e1TOri, ma in certe circostanze (lettera Conrad) ci fanno ripetere volentieri il verso di Dante "La verità nulla menzogna frodi" dicendo delle verità che fanno onore a Loro e Noi.» 73 Dallolio avrebbe così espresso le proprie conclusioni sull'avvicendamento: «A me, dato il carattere di Cadoma, non persuadeva però la linea di condotta seguita, massime dopo la fiducia tanto caldamente espressagli il 30 ottobre 1917. Il diritto del governo di cambiare il comando in capo non è neanche da discutere, ma la procedura del1a sostituzione di Cadoma, dati i momenti angosciosi, poteva essere modificata nei particolari di esecuzione. È doveroso ricordare il magistrale schieramento dell'Esercito sul Piave, la dodicesima battaglia (Caporetto) e come Cadoma ricevette il colpo senza sconforto e dice Giardino "Ma nulla o ben poco, ne lasciò trasparire a noi, profondamente impressionati che egli lasciasse il timone in quei momenti angosciosi". E poi con Cadorna era il caso di dire tutta intera, francamente la verità.» 74 Ma Dallolio avrebbe anche chiosato il libro di Caviglia: «Non sta a me giudicare se nell 'improvvisazione, qualche frase di fede sia andata oltre alla fede, che era ragionevole, ed oltre le necessità del momento . lo non lo credo neppure ora. Certo è che per quelle parole (se la ragione addotta non copriva più concreto fine) fu chiesta ed accordata la nùa testa di Ministro nella composizione del nuovo Gabinetto, felice vendetta alla quale debbo la mia fo1tuna, ma anche significativo, per quanto minimo particolare.»75 Questo appunto merita un attimo di riflessione. Dallolio lo aveva scritto sicuramente nel 1934, dopo la pubblicazione del libro di Caviglia. Quindi, cosa voleva dire quel «non lo credo neppure ora»? Significava semplicemente che tutte le opere edite nel frattempo s u Caporetto, gli antefatti e le conseguenze, non erano riuscite a scalfire i convincimenti di Dallolio in merito alla sostituzione (destituzione?) di Cadorna. «Soluzione pasticciata», così si è detta la sostituzione di Cadorna, e il motivo va ricondotto a questa citazione tratta dal libro di Caviglia: «La sostituzione del Comandante dell 'EsercHo in guerra è cosa abbastanza seria perché debba essere bene ponderata. Per sostituire chi occupa quel posto, bisogna aver fatto una scelta preventiva del successore. Ed è necessario che vi siano delle forti ragioni per ritenerlo migliore, così che i vantaggi che se ne attendono compensino il danno della crisi generata dal cambiamento. Ed è , infine, indispensabile di scegliere il momento opportuno per tale sostituzione; aspettare, cioè , che la situazione sia solida, per non aggiungere una crisi di comando alla crisi generale militare.»76 Orbene, nel cambio del Capo di S . M . dell' Esercito avvenuto nel 19'17 , era stato ignorato proprio il principale presupposto. Aveva scritto Caviglia: prima di partire per il convegno di Rapallo: «Orlando fece approvare dal Consiglio dei Ministri la sostituzione del Capo di Stato Maggiore dell'Esercito , conservando in pectore la designazione». Ma sulla designazione in pectore ci sarebbe molto da discutere . All' «in pectore» di chi si riferiva il m:::U"esciallo Caviglia: a quello di Orlando o çli Vittorio Emanuele III? È noto come nel colloquio a Villa Savoia, del 28 ottobre, 1'0n. Orlando avesse esposto al Re la sua intenzione di sostituire Cadoma, ma in quell'occasione non erano stati fatti nomi . Risulta, infatti,che il nome di Diaz era stato
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fondo fondo 74 MCRR , fondo 5 ' MCRR, fondo 16 Ibidem 73
MC RR ,
MCRR ,
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Dallolio, b. 961, f. 13, 1.5 , pp. 3-4, Appunti La sostituzione di Cadorna. Dallolio , b. 961, f. 13 , 1.5, p. 4, Appunti La sostituzione di Cadorna. Dallolio, b. 96 1, f. 13 , l. 1, p. I. Dallolio, b. 96 I , f. 1, l. 10, p. 2, appunti di Dallolio sul libro cli Cavig lia , Le tre battaglie del Piave.
fatto per la prima volta durante il Consiglio di Ministri del 3 novembre, quando il Ministro Alfieri si era fatto suo mallevadore. Ma i veri sponsores di Diaz erano stati Vittorio Emanuele III e Orlando, i quali avevano conosciuto (e valutato) il Generale in due diverse occasioni: il primo, al Comando del XXIIl Corpo d'Armata, il secondo, nella sede del Comando Supremo da cui Cadoma e Po1To si erano allontanati sapendo clell'anivo dei politici. Diaz, pertanto, risultava «in pectore» contemporaneamente sia cli Vi.ttorio Emanuele III sia di Orlando. Ed era stato mandato in cortocircuitato anche iJ secondo presupposto, quello relativo all'esame dei vantaggi offerti da una sostituzione del Capo - oggi si direbbe «analisi costi-efficacia» (crisi generata dal cambiamento-vantaggi che se ne attendono). Tuttavia non essendo noto il nome del successore, all'atto della decisione sulla sostituzione , sarebbe stato impossibile condurre quell'esame sul quale Caviglia si era dilungato. Negli appunti di Dallolio che confutano le asserzioni fiorite su diversi libri in merito a questi avvenimenti , si legge: «cito fatti e documenti»;77 e lo stesso vale per la lettera scritta successivamente al figlio di Cadorna, Raffaele, in cui è ripetuto due volte: «per veiità».78 D'altra parte, si è già sottolineato come Dallolio, nell'affidare i propri appunti alle figlie, avesse dichiarato che lo scopo delle proprie carte era soltanto quello di «ristabilire la esattezza delle condizioni nelle quali gli avvenimenti si sono svolti».79 Dallolio, comunque sia, alla base di queste vicende aveva intravisto le interferenze della politica, estese anche ai previsti futuri cambi di incruichi: <<Fra poco vedrai allontanru·e il migliore (Giardino) per dargli un'armata (Y) e lo allontaneranno perché la politica vuole an-ivare a ciò: due soli D. [Diaz] e B. [Badoglio] Due soluzioni da me proposte e accarezzate c'erano per Padova e Venezia non le hanno né volute né capite. Se arriverò in tempo stai sicura farò quanto posso ... Ma conto poco ora ... e forse sempre meno in seguito.» 80 Certo è che la campagna pacifista era stata supportata da diversi organi di stampa, di impostazione clericale, che trovavano ampia djffusione fra la popolazione pervenendo, anche, alle truppe al fronte.81 E l'azione della stampa religiosa aveva trovato degli alleati nei giornah socialisti disfattisti.82
r, MCRR, fondo Dallolio, b. 961, f. 13 , l. 2, p. 4 . MCRR , fondo Dallolio, b. 961, r. 2, I. 2, p. 2. APTGP, serie fascicoloni, f. VTII, Carte riservate per Elsa e Gina. so APTGP, serie lettere ai familiari , lettera 13 gennaio 1918 a Gina. 78
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Principali pubblicazioni religiose di contenuto pacifista: L'amico di Castelnuovo Calcea, bollettino parrocchiale quindicinale; L'Azione Cattolica, settimanale di Reggio Emilia; Il Galantuomo, almanacco illustrato cli Torino; Il Piccolo, settimanale di Faenza; La domenica dell'operaio, settimanale edito a Napoli; L'azione novarese, settimanale cli Novara; L'eco dei nostri soldati, edito a Roma; Lettera circolare del Rev.mo P. Silvio cli San Bernardo ad appartenenti al clero in servizio militare; foce fraterna , riservato agli ex alunni del Seminario di Fermo; Lil semente, settimanale di Bologna; L'Angelo, quindicinale di Diano d'Alba; L'operaio ligure, settimanale di Genova; La scintilla, settimanale di Biella; Voce del cuore, mensile di Bologna; Il risveglio francescano , mensile cli Pistoia; l'Allarme, cli Pistoia; InteressanLe , foglio volante di Roccalumera; Bollertino parrocchiale, mensile di Cossi lla S. Grado; L'ordine, quotidiano cli Como; Il Piccolo corriere, settimanale cli Salerno; L 'araldo poliziano, settimanale di Montepu lciano; Il Cuore di Gesù , opuscolo cli Milano; Militia Christi , bollettino siciliano; Sprazzi di luce, mensile cli Montecatini; Corriere di Brà; Bollettino parrocchiale cli Saronno, mensile; Biglietto pasquale diretto ai parrocchiani militari cli San Siro-Padova; La semina , bimensile di Bologna; Risorgiamo!, bollettino parrocchiale cli Todi; L'ora presente, settimanale; La luce, settimanale cli Firenze; L'operaio cattolico, settimanale cli Modena. ln, ASAL, fondo Prefettura AL- Gabinetto, Personale e Affari Riservati Ministero Guerra V. 77 Comando Supremo, Foglio cl'Orcline n. 9 del 3 febbraio 1918; n.17 del 7 marzo 1918; n. 18 del 18 marw 1918; n. 19 del 25 marzo 1918; 11. 21 ciel IO aprile 1918; n. 22 del 20 aprile 1918; n. 23 del 6 maggio 1918; n. 24 ciel 10 maggio 1918; n. 25 ciel 23 maggio 1918; n. 33 ciel 18 settembre 1918. ~2 Principali giornali socialisti: Per la vita! (che sostitut dal 1917 L'idea la cui pubblicazione fu sospesa durante il conflitto), Organo della Camera Confederale del Lavoro cli Paima; La scure, edito a Novara; ui libera parola, edito a Crema; Il Lavoratore, edito a Novara; La Guerra, opuscolo di Mario Mirbeau; Il Risveglio dell'Internazionale, opuscolo clell'Avv. C. Bobba; In marcia, Organo dei macchinisti , fuochisti e affit1j delle FF.SS., edito a Pisa; Il Galletto, settimanale della Federazione Autonoma Socialista piemontese; L'alleanza , edito a Torino; Il uivoratore Com.asco , Organo della Federazione Provinciale Socialista di Como; La Scure, Organo del Paitito Socialista ciel Collegio cli Valenza; Il risveglio cittadino, settimanale di Aqui; La nuova terra, settimanale cli Mantova. Cfr. ASAL, fondo Prefettura AL - Gabinetto, Personale e Affari Riservati Ministero Guen-a V. 77 Comando Supremo, Foglio d 'Ordine 11. 9 del 3 febbraio 1918; n. 17 del 7 marzo 1918; n. 18 ciel 18 marzo 1918; n. 19 del 25 marzo 1918; n. 21 del 10 aprile 1918; n. 22 ciel 20 aprile 1918; n. 23 del 6 maggio 1918; n. 24 del IO maggio 19 l8; n. 25 del 23 maggio 1918; n. 33 del 18 settembre 1918. 81
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È noto come Cadoma avesse attribuito molta importanza agli effetti negativi sull'Esercito della campagna pacifista, che aveva avuto un insperato avvallo dalla denuncia di «inutile strage» di Benedetto XV. Secondo Bissolati, che in quel momento era al fronte , «l'impressione fu disastrosa ed il giudizio severissimo fra i generali, molti dei quali sono pure quasi pietisti. Il Cadoma, che pure è quasi bigotto, impedì che circolasse, considerandola come una pugnalata nella schiena dell'esercito, sono sue parole ... ».83 Partendo dagli effetti psicologici di questa campagna «pacifista-disfattista» sull'Esercito, Cadoma nel 1917 aveva scritto quattro lettere al Presidente del Consiglio Boselli.8• La prima, del 6 giugno, avente per oggetto «Sintomi di indisciplina fra le truppe», aveva evidenziato come il regime di disciplina all'interno del Paese non stesse rispondendo alle esigenze del momento, per cui le misure repressive adottate in zona di guerra risultavano sterili. L'operazione più intensa di propaganda disfattista era stata compiuta fra i militari , infatti,« ... nelle truppe di complemento che giungono dal Paese, come nei militari che ritornano dalla licenza si manifestano gravi sintomi di indisciplina che hanno richiesto le più gravi misure di repressione ... >> •85 Due giorni dopo, Cadorna scriveva di nuovo a Boselli e questa volta la lettera, intitolata «Forti lagnanze sulle debolezze del Governo», denunciava il lavorio sotterraneo svolto dal partito socialista.« ... Questo io debbo invocare dal Governo ad evitare che sempre più gravi diventino le minacce, che alle spalle dei combattenti, ordiscono i nemici interni, altrettanto se non più temibili di quelli che abbiamo di fronte.» Il 13 giugno partiva per il Presidente del Consiglio la terza lettera, «Propaganda socialista-pacifista ne11 'Esercito e nel Paese», con la quale il Capo di Stato Maggiore segnalava che nel mese di maggio 1917 i Tribunali Militari erano stati costretti a pronunziare ben 111 condanne a1la fucilazione. « ... Questa nuova dolorosa constatazione mi obbliga ad esprimere ancora con piena chiarezza le ragioni per cui già due volte ho cercato di richiamare l'attenzione del Governo sui sintomi di un crescente spirito di rivolta tra le truppe.» Tuttavia, Cadorna era convinto che i militari oggetto della repressione non fossero coscientemente colpevoli perché «i soldati ultimamente condannati alla pena capitale erano degli illusi sobillati da una propaganda sovversiva, le cui fila sono da rintracciarsi nel Paese.» Per questo Cadorna affe1mava come ripugnasse alla sua coscienza «dover essere obbligato a continuare repressioni esteriori, che non toccano i veri responsabili e lasciano intatta la radice del male.» Infine, il 18 agosto, partiva la quarta lettera per Boselli, riferita alle «Condizioni morali delle truppe in rapporto alla propaganda dei partiti avversari alla guerra». «Ho indarno finora atteso una risposta alie mie sollecitazioni e, quello che è più grave, nessun indizio è apparso il quale riveli da parte del Governo il proposito di un'azione ferma e risoluta, diretta a combattere con mezzi efficaci la propaganda minacciosa che si svolge nel Paese ... Ora io debbo dire che il Governo italiano sta facendo una politica interna rovinosa per la disciplina e per il morale dell'Esercito, contro la quale è mio stretto dovere di protestare con tutte le forze dell'animo.» Ma Cadorna non era il solo a essere insoddisfatto della politica interna del Paese, e lo si rileva da una lettera di Dallolio alla figlia Elsa: «Siamo rimasti in sei Ministri (Bissolati, Comandini, Bonomi, Giardino, Bianchi ed io) che vogliamo si cambi rotta circa la politica interna oppure ce ne andiamo. È l'ora di finirla e non si può avere una guerra alla frontiera ed una all'interno. Faremo tutto il nostro dovere. Per mio conto al Primo Consiglio dei Ministri porto la pregiudiziale seguente: "O si dà agli industriali la garanzia della continuità del lavoro, oppure essi declinano ogni responsabilità circa l'andamento delle loro industrie ed io conscio delle mie responsabilità dichiaro che creato Ministro per la guerra non posso rimanere perché si fomenta ed alimenta il sabotaggio della guerra. Denunzio l 'azione politica interna che è insufficiente, dannosa, partigiana a favore di quelli che portano il Paese a rovescio.» 86 Di questo stato di cose, anche Dallolio dava la colpa alla politica troppo permissiva e indulgente del
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O. Malagodi, Conversazioni della Guerra .. ., op. cit., Vol. I , p. 165. E. M. Gray, Il processo di Cadorna, Bemporad, Firenze 1919, p. 134 e segg. 85 P. Boselli, Discorsi e scritti, Baravalle e Falconieri, Torino 1927, Voi. V, p. 106. 86 APTGP, serie lettere ai familiari, lettera del 2 agosto 1917 a Elsa.
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Ministro degli Interni, Orlando, verso i socialisti e i pacifisti in genere. E allora, per rispondere all' interrogativo postosi da Dallolio sul comportamento del Re a Peschiera, «Chi si voleva assolvere? Chi si voleva condannare?», viene da pensare che Dallolio avesse in mente due cose: da un lato che il Re avesse voluto salvare Orlando, come carica istituzionale; dall'altro , che il ridimensionamento dell'importanza avuta dalla propaganda disfattista, fatto sempre dal Re a Peschiera, fosse stata un 'implicita condanna di Cadorna che ne aveva fatto il suo cavallo di battaglia. Ma se la sostituzione di Cadorna era apparsa <<pasticciata», agli occhi degli Alleati l'inserimento nel Comando non lo appariva di meno. Parigi non era stata soltanto la sede dove gli Alleati si erano confrontati per ottenere i mezzi necessari a superare il momento di crisi dell 'Esercito italiano, ma aveva anche rappresentato l'occasione più adatta per capire umori e sentimenti degli Alleati verso quell'Italia che aveva subito il rovescio di Caporetto. Dallolio, quindi, oltre all'azione di pungolo verso gli Alleati per ottenere quanto possibile, aveva portato avanti una saggia azione di intelligence e, nel trarne le conclusioni, ]a sua valutazione sarebbe stata· più politica che militare. Egli, infatti, il 20 novembre 1917 telegrafava al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro della Guerra: «Da quanto ho udito da11e informazioni avute e dalle tendenze manifeste concludo che francesi e inglesi cercano di spingere sintesi situazione generale alla analisi paiticolare di quanto ci riguarda. Ripeto e sostengo vibratamente collaborazione vera e sincera in tutto, ma la tendenza è di cercare di entrare come regolatori patentati nelle manifestazioni industriali come nelle azioni militari. Tra i Ministri si accenna già al Generale Foch come un tutore del giovane Generale Diaz lungimirando a fame il vero Capo-Generale nostro. Addetto inglese è amico nei rapporti mentre quello francese è intonato alla corrente di prendere la bacchetta del comando. Clemenceau e il Generale Mordacque ne parlano apertamente. Inglesi ci possono aiutare a tenere negli argini la espansione francese ma a tutti e due occorre coniugare meglio verbo collaborare sino a dimenticare quello aiutare. Generale DaJlolio.»87 L'indomani 21 novembre, DaHolio avrebbe integrato quelle notizie al Presidente del Consiglio dei Ministri con altre apparse sulla stampa locale che meglio configuravano il quadro della manovra francese. «Segnalo V.E. articolo odierno Eco di Parigi dove leggesi che il Generale Foch ha contribuito non poco a questa sinmzione nuova con consigli che ha dato al nostro illustre rappresentante mili tare tanto sotto il punto di vista Stato Maggiore che delle operazioni propriamente dette. Presidente del Consiglio Ministri francese ha ripetuto ad altri Ministri sua convinzione necessità intervento Francia nel nostro Comando Supremo. Stop. Inglesi però sono più obbiettivi nei rapporti del nostro fronte e nei ragionamenti ... Parto stasera e a voce preciserò.»88 Parecchi anni più tardi, circa sei dopo la morte del Generale Cadorna, il figlio di questi, Raffaele - allora Colonnello Addetto Militare d 'Italia a Praga - sciive va a Dallolio per conoscere la verità sulle interpretazioni che i1 mondo politico e quello militare avevano dato in merito a una lettera scritta dal padre il 3 novembre 1917. L'allora Capo di S . M . dell'Esercito, Cadorna, in quella data aveva inviato al Presidente del Consiglio Orlando una lunga lettera che riassumeva la situazione. Cadorna, in particolare, aveva assicurato Orlando che il primo novembre era stato completato il ripiegamento oltre il Tagliamento e che era in corso l'organizzazione della nuova linea difensiva. Tuttavia, non si erano potuti completare tutti i provvedimenti difensivi a causa della perdurante mancanza di spirito combattivo delle truppe: «Devo dire che l'animo è mancato, e tuttora manca; e quando manca nel soldato l'animo e la volontà di battersi manca tutto.» 89 Secondo Cadorna, la gravità della cr.isi morale che aveva coinvolto l' Esercito italiano:
Dallolio, b. 961, f . 6, 1. 1, cfr. anche APTGP, serie fascicoloni , fase. Xll, f. 8, appunti dal 27 ouobre al 31 ouobre 19.17, All . XXXXll. ss MCRR, fondo Dallolio, b. 961 , f. 6, 1. 7, cfr. anche APTGP , serie fascicoloni, fase. XII, f. 8, appunti dal 27 ouobre al 31 ol/.obre 1917, Ali. XXXXY. 89 MCRR, fondo Dallolio, b. 961, f. 13, 1. 1, p. l', Lettera n. 5/277 G.M. del Comando Supremo al Presidente del Consiglio in data 3 novembre 1917.
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- era dimostrnta dal numero degli sbandati senza armi (400.000 uomini da sommare ai 180.000 prigionieri) della 2A Annata; - derivava dalla «crisi di stanchezza su cui si è innestata la subdola propaganda di questa specie di sciopero militare di fronte al nenùco. Anche al più superficiale osservatore che passi per le vie scendenti del Fritùi, non può sfuggire il carattere di questa 1ibellione pacifica che una massa umana inerte, moralmente sfibrata, convinta che la guen-a è finita , impassibile d:i fronte alla tragedia cli cui è origine e parte.»w Nella sua esposizione, Cadorna aveva proseguito sottolineando la necessità di dover «considerare l'eventualità che, rinnovandosi un attacco nemico, che le condizioni di magra del fiume grandemente faci li tano, io mi trovo costretto, di fronte ad una grave minaccia di avvolgimento della intera linea, ad ordinare innanzi tempo e affrettatamente il ripiegamento dal Tagliamento al Piave; rip.iegamento che, per l' ingombro tuttora esistente nel fascio di stradale fra i due fiumi per le incompiute predisposizioni logistiche (gittamento dei ponti , apprestamento dei servizi , ecc.) verrebbe a svolgersi in condizioni estremamente difficili .. . Nessuno potrebbe oggi sapere, dopo quanto avvenuto, fin dove sia giunta l ' azione disgregatrice della propaganda sovversiva anche fra le trnppe di quella fronte . Il concorde giudizio dei Comandanti dà buoni affidamenti: ma non è lecito illudersi che quanto è avvenuto non abbia una profonda ripercussione su tutti i combattenti; e che la propaganda sovversiva sia rimasta così localizzata da deprimere ed affievolire completamente lo spirito combattivo in una fronte, lasciandolo perfettamente integro e sano nell'altra. Debbo infine confermare quanto telegrafo questa sera a V.E. cioè se mi riuscirà di condurre la 3A e 4A Annata in buon ordine sul Piave, ho intenzione di giocare ivi l' ultima carta, attendendovi una battaglia decisiva; perché una ulteriore ritirata fino al basso Adige ed al Mincio, alla quale dovrebbe pure partecipare la 1A Armata, in condizioni difficilissime, mi esporrebbe a perdere quasi tutte le artiglierie, ed annullerebbe completamente ciò che rimane dell' efficienza dell'Esercito rinunziando anche all'ultimo tentativo cli salvare l'onore delle armi. Ho voluto così esporre la situazione nella sua dolorosa realtà sembrandomi meritevole di essere considerata all 'infuori della ragione militare , per quei provvedimenti di governo che esorbitano dalla mia competenza e dai miei doveri .»91 Le ultime parole sottolineate, «per quei provvedimenti di governo che esorbitano dalla mia competenza e dai miei doveri» , avrebbero successivamente dato adito all' interpretazione - attribuita al Presidente del Consiglio Orlando e ripresa dal Maresciallo Caviglia92 - che Cadorna volesse prospettare al Governo la necessità di trattare col nemico una pace separata. Nonostante quest'interpretazione fosse stata avvalorata anche dai Generali Segato e Marietti, numerosi rappresentanti del mondo militare l'avevano smentita. Il Sottocapo Porro e altri Ufficiali del Comando Supremo, in particolare , avevano escluso che Cadorna, nelle tragiche giornate di Caporetto, con la frase «all'infuori della ragione militare, per quei provvedimenti di Governo che esorbitano dalla mia competenza e dai miei doveri» potesse aver pensato di concludere una pace separata con l'Austria. Il Maresciallo Giardino era persino sbottato: «Si è pensato da Caviglia quale arma si dà in mano allo straniero, per oggi e per domani, prospettando al mondo un Soldato italiano fedifrago , almeno nel pensiero, ad un patto di alleanza militare famato dall'Italia?». Secondo alcuni autori i provvedimenti cui aveva accennato Cadorna avrebbero potuto riguardare lo sgombero delle popolazioni, la leva in massa, ecc.93 Secondo altri, il Capo di Stato Maggiore con quella frase avrebbe sottinteso delle pressioni sui Governi alleati per ottenere un aumento dei loro contingenti e una sollecita entrata in azione nello scacchiere di operazioni italiano.94 •
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MCRR , fondo Dallolio, b. 961 , f . 13 , 1. 1, p . 2, Lettera n. 5/277 G .M. del Comando Supremo al Presidente del Consiglio in data 3 novembre 1917. 91 MCRR, fondo Dallo Iio, b. 961, f. 13, 1. I , p. 2, Lettera n. 5/277 G.M. del Comando Supremo al Presidente del Consiglio in data 3 novembre 1917. 92 E. Caviglia, Le tre battaglie del Piave ..., op. cit. , p. 3. 93 A. Cabiati , La riscossa , Corbaccio, Milano 1934, pp . 253-262. 9 ' R. CorseUi, Cadorna, op. cit., p. 609 .
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In sintesi, ecco alcune considerazioni sul «pasticcio Cadorna»: l) il Maresciallo Giardino affermava d'aver detto a Orlando, in un colloquio avuto la sera del 30 ottobre: «Se il nuovo Governo intendeva mantenere al comando il Comandante era necessario informargli subito esplicitamente, e soprattutto pubblicamente, la fiducia: se si avesse l 'intenzione di mutarlo era necessario mutarlo subito. Di questa seconda ipotesi non ebbi neppure a dare le ragioni. Il Presidente mi dichiarò senz ' altro che il Governo confermerebbe la fiducia.» 95 E la fidu cia, infatti, veniva confermata con i due noti telegrammi della sera. Perché questo doppio comportamento di Orlando? Dallolio lo avrebbe motivato così nei suoi appunti: «Solo in quel giorno si credette di inviare dichiarazioni di fiducia date le contingenze così dure per le risoluzioni che il Comandante in Capo doveva prendere ed attuare.>> 96 2) il Ministro della Guerra Alfieri scriveva a Cadorna l' 11 novembre esternandogli il suo «sincero desiderio di conservarlo al Comando delle nostre truppe». Ma la deliberazione delJa sostituzione di Cadorna era stata presa dal Consiglio dei Ministri (al quale aveva partecipato anche Alfieri) il 3 novembre e approvata dal Re durante il colloquio con Alfieri stesso del 4 novembre, mentre l'insediamento del nuovo Capo di Stato Maggiore era avvenuto 1'8 novembre . Come mai questa «lettera consolatoria» quando le decisioni sulla sorte di Cadorna erano state già prese? 3) il destino di Cadorna si intrecciava con «il giallo» della mancata riconferma di Giardino a Ministro della Guerra, nonostante la convocazione telegrafica al Quirinale per le 18 del 30 ottobre. Tuttavia, due ore prima del giuramento, il Ministro in pectore era stato convocato al Ministero dove gli veniva comunicata la mancata riconferma alla carica, rìconfe1ma che implicitamente avrebbe significato anche la riconferma dì Cadoma. Dallolio nei suoi appunti avrebbe commentato: «Ora io non analizzo. Dico solo: Orlando decide di confennare Giardino come Ministro della Guerra nel suo Ministero, lo sostituisce solo all' ultimo momento . .. il giorno 30 ottobre 1917 per un ben noto COLPO DI SCENA».97 E qui, ecco nuovi interrogativi. li Ministro della Guerra, non essendo un politico, si sottraeva alle alchimie di pattito per la nascita dì un nuovo Gabinetto. E allora perché il «colpo di scena» lainentato da Giardino e poi sottoscritto da Dallolio? È pensabile che delle faide, in mancanza di quelle politiche, esistessero nel mondo militare? Purtroppo non sono stati rintracciati documenti per suffragare alcuna ipotesi.
JJ Colonnello Raffaele Cadorna, il primo giugno 1934, riferendosi a quanto riportato in merito dal Maresciallo Caviglia, aveva scritto a Dallolio per conoscere la sua interpretazione e quella che altri membri del Governo avevano dato , allora, alla famosa frase conclusiva della lettera di suo padre inviata a Orlando. Dallolio rispondeva «in via tutt'affatto privatissima e per uno speciale riguardo, perché per principio mi astengo sempre da ogni polemica».98 Si può ritenere che quell 'accenno cli Dallolio alla propria determinazione di restare lçmtano dalle polemiche fosse stato indotto dalla frase con cui Raffaele Cadorna aveva concluso la missiva, per rigettare l'accusa di scarsa fiducia fatta a suo padre: «Certamente non altrettanta fiducia nutrivano - a malgrado delle molte chiacchiere - i suoi successori visto che ci vollero gli spintoni dei francesi e pedino d ' Orlando per farli staccare dalle rive ospitali del Piave quando già l'Austria era politicamente in sfacelo! Verità sacrosante ma che un Italiano non può dire - Del che molti approfittano!>~?9 Dallolio concludeva ammettendo per assurdo la possibilità che Ca.doma avesse prospettato a Orlando una pace separata, e ciò soltanto all'avvenuta pubblicazione del libro di Caviglia, quindi indicava i motivi per cui era da escludere tale interpretazione: 100
G. Giardino, Rievocazioni e r(flessioni ... , op. cit., Voi. I, pp. 93-94; Cfr. anche MCRR, fondo Dallolio, b. 961 , f. 13, l. 2., p. 3 Appunti Luigi Cadorna - Pagine polemiche. ') 6 MCRR, fondo Dallolio, b. 96 I, f. 13 , I. 2. , p. 4 Appunti Luigi Cadorna - Pagine polem.iche. 97 MCRR , fondo Dallolio, b. 961, f. I , I. IO . 98 MC RR, fondo Dallolio, b. 961 , f. 2, I. 2. 99 MCRR, fondo Dallolio, b. 961, f. 2, I. I. 100 MCRR , fondo Dallolio , b. 961 , f. 2, J. 2, Lettera s. n. a Raffaele Cadorna, in data 5 giugno 1934. 95
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Leuera del figlio di Cadorna a Dallo/io. (Istituto Storia Risorgimento Italiano, F Dallo/io, b. 961 f. 2, l. 1)
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Risposta di Dallo/io aljzglio d t' ead oma. · (!·stauto · · Risorgimento · · Stona Italiano, F. Dallo/io, b. 961 f. 2, l. 2)
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- «mai avevo sentito parlare di pace separata da S.E. Cadorna, che avevo visto il 28-29 ottobre 1917, il 5 novembre 1917, e né in Italia né all 'estero mi era giu nta la voce che S.E. Cadorna avesse prospettato al Governo tale eventualità. Mi rivolsi ad alcuni colleghi del Ministero Orlando e ad altri Generali, i quali tutti mi confermarono nella mia e loro informazione. La domanda mia era: "Ricordate di aver sentito dire che dal 28 ottobre al 5 novembre 1917 S.E. Cadorna avesse prospettato al Governo l'eventualità di dover fare pace separata col nemico?" Tutti risposero No»; - «anche il Marescialio Giardino che il 1° ed il 5 novembre 1917 era a Treviso, può dire se le preoccupazioni che il Comando Supremo aveva rurivavano al punto di pmlare di pace separata ... .. . e se ad essa si riferisse la frase "per quei provvedimenti di governo che esorbitano dalle mie competenze e dai miei doveri"»; - incapacità di comprendere la designazione «in quell'ora ed in quella circostanza quale rappresentante militare permanente al Consiglio di gue1Ta Interalleato, di Cadorna se la sua fiducia di riuscire ad a1Testare l'invasione fosse stata scossa, al punto da indurlo a richiamare l'attenzione del Governo su una pace separata>>; - inverosinùle la designazione al Consiglio Interalleato, nato per assicurare «una migliore coordinazione dell ' azione militare sul fronte occidentale dell'Europa», di un Cadorna che dubitava della tenuta delle truppe sul Piave, da affiancare ai Generali Foche Wilson che, viceversa, ricercavano la soluzione militare; - impossibilità, infine, che Cadorna suggerisse trattative in questo senso, essendosi i Governi francese, britannico, italiano e russo impegnati a non concludere una pace separata nel corso della guerra, come sancito nella «Dichiarazione del 26 aprile 1915». Dallolio, infine, esprimeva la propria perplessità sul fatto che Cadorna stesso non avesse rilevato questa imprecisione. Dopo lo scambio di queste missive, il Colonnello Cadorna avrebbe scritto ancora una volta a Dallolio per ringraziru·lo , attribuendo il fatto che al vecchio Generale fossero sfuggite le imprecisioni pubblicate su di lui «colla distrazione che negli ultimi anni si era fatta notevole.» 101
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Dallolio, b. 961, f . 2, I. 3.
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Ringraziamento de/figlio di Cadorna a Dal/olio. (Istituto Storia Risorgimento Italiano, F. Dallo/io, b. 961 f 2, {. 3)
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Capitolo 35 IL PROFUGATO
I reparti del Genio Lagunare, portato a termine il recupero delle unità dal fronte dell'Isonzo , nelle ore immediatamente precedenti l'invasione da parte delle truppe austriache, concorrevano a portare in salvo la popolazione civi]e, archivi comunali, valori, arredi sacri, et alia del basso Piave. In proposito ci sono almeno due testimonianze. Dalle note di Dallolio si rileva che il Ministro Bissolati, nel suo Diario di guerra, aveva ricordato come il 5 novembre, dopo gli incontri avvenuti l'uno e il 2 alla Prefettura di Padova con il Vice Direttore Ferrovie e coi Generali Graziosi e Porro per pianificare lo sgombero dei profughi e la messa in salvo dei documenti, avesse impartito disposizioni al «Colonnello Lagunari Ricci». 1 Il 7 novembre, inoltre, sarebbe avvenuto il salvataggio degli atti del Municipio di San Donà, in procinto di cadere sotto l'occupazione austriaca, grazie ai mezzi messi a disposizione dal Comando del Genio Lagunari, mentre, come avrebbe poi scritto nel proprio Diario il Segretario Comunale di Jesolo, Luigi Libondi, «altri burchi distribuiti a Cortellazzo, lungo la Cavetta, lungo la Piavevecchia, accolgono altre famiglie. Alle ore 15, ultimato il carico, si chiudono le imposte e le po1te del Municipio. Qualcuno piange. In tutti c'è della costernazione. Alle ore 16 il burchio del Municipio si stacca dalla riva e prende la strada dell'esilio.» 2 Il 9 novembre, ultimato il ripiegamento degli ultimi reparti militari erano stati fatti saltare, alle 11.20, i ponti della Prìula, alle 11.40, quello rotabile di San Donà e alle 12 quelli di Ponte di Piave. Questi brillamenti avevano sancito la separazione fra quella parte di popolazione che, dopo aver assistito al passaggio delle fiumane di profughi delle genti del Tagliamento e della Livenza, a sua volta prendeva la strada del profugato verso il resto del territorio nazionale, e quell'altra parte di popolazione che aveva preferito non abbandonare le proprie case, ma che successivamente sarebbe stata spostata nell ' alto Friuli dall'occupante austriaco. Quelle popolazioni venete e friulane, che sino aJlora avevano visto la guerra sempre come una cosa lontana, «su dalle parti di Gorizia», se l'erano trovata improvvisamente in casa. Si calcola che in quei giorni circa 300 .000 civili fossero stati in fuga con i pochi fagotti trasportabili, mescolati alle colonne di soldati, sicché «si mossero verso la Piave, per valicarla, circa due milioni e mezzo/tre milioni fra militari e civili, sempre sotto la pioggia, costretti a passare le notti all'addiaccio, con problemi di alimentazione risolti spesso con saccheggi per le case e per i campi più vicini alle strade di transito e negli stessi centri abitati.»3 Anche se molti abitanti non avevano voluto allontanarsi dalle proprie case, a un certo punto l'esodo era divenuto un atto d'imperio, poiché la coesistenza dei civili con le prime linee era impensabile. È quindi comprensib.ile il trauma vissuto da quelle popolazioni, tenacemente legate alle loro cose e alla loro quotidianità, nel momento in cui erano state sradicate dal loro territorio. In questo frangente i rappresentanti del clero locale avevano svolto opera di assistenza, si erano adoperati per mantenere l'unità dei nuclei fam iliari di uno stesso paese, ed erano intervenuti personalmente presso Prefetture, Comandi Militari e Commissariati Profughi per evitare l'allentamento dei legami spirituali delle singole comunità. Ovviamente, dipendendo anche dalle offerte di ospitalità presentate dai singoli Comuni, ciò non era stato sempre possibile.
' MCRR, fondo Dallolio, b. 961 , f. 13, 1.5 , p. 4, Appunti La sostituzione di Cadorna. A. Assenza, Al grido di San Marco!, (ALTA) Associazione Lagunari Truppe Anfibie, Trieste 1998, p. 36.
2
J
M. Pavan, Profughi ovunque ..., op. cit., p. 19.
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La cittadina di San Donà distrutta. (Proprietà Museo Storico III Armata)
Era cominciato così l'esodo verso J'Appennino emiliano e ligure , verso l'Umbria, le Puglie, e giù giù sino alla lontana Sicilia. Emblematico il caso dei profughi di Possagno (Treviso), dispersi fra le province di Palermo e Marsala: Più fortunati gli abitanti di San Donà del Piave, guidati a Firenze dal loro Sindaco, Cav. Bortolotto, che si era premurato di far precedere la popolazione da trenta sacchi di valori della Banca Mutua Popolare e dell'Esattoria, oltre che dai registri delle delibere degli ultimi quarant'anni, gli atti di Stato Civile e gli incartamenti dei Consorzi di bonifica. Per tutta la durata della guerra, il Sindaco di San Donà sarebbe rimasto in contatto con diverse Prefetture, per cercare cli riannodare i legami dei suoi concittadini, agevolato in questo anche dal periodico dei profughi del Basso Piave, Elena, ideato dal Vicario cli Musile di Piave, Don Ferdinando Pasin, che ne aveva fissato la redazione a San Remo. Nel prosieguo, alla notizia della controffensiva italiana, il Sindaco di San Donà avrebbe raggiunto con mezzi di fortuna il sandonatese. Un quotidiano piemontese aveva riportato la testimonianza di un soldato che scriveva alla madre di aver incontrato di notte un signore che piangeva per la commozione e gli aveva chiesto un pezzo cli pane. Era il Sindaco di San Donà, che il primo novembre 1918 era entrato nella sua città assieme ai primi reparti italiani e aveva fatto pubblicare immediatamente un manifesto: «Municipio di San Donà. San Donà. è stata riscattata dalle nostre truppe.» L'indomani, 2 novembre, un altro cittadino di San Donà, il Tenente aviatore Silvio Trentin, avrebbe lanciato dal suo aereo un messaggio per il Sindaco: «Invio a Lei riassunto fra le rovine dell'antico Ufficio un interminabile ed appassionato abbraccio. Le raccomando le tombe dei nostri morti: che siano riconsacrate.» L'aviatore aveva ben ragione di parlare di «rovine dell'antico ufficio» perché la città era stata sì riscattata, ma a caro prezzo poiché veniva trovata , in pratica, distrutta. Sorte, questa, che era toccata a quasi tutte le città che venivano man mano liberate.
• I profughi possagnoti erano dispersi in vari paesi «ben 204 a Castellamare del Golfo , una quarantina ad Alcamo, una trentina a Calatafimi, 65 a Salemi, altri a Ninfa.}> Cfr., M. Pavan, Profuihi ovunque ..., op. cit., p. 97.
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Capitolo 36 DALLOLIO NELLA DIFESA DELLE OPERE D'ARTE A VENEZIA
Il Consiglio dei Ministri, in una seduta del marzo 1915, aveva affidato al Ministro della Guerra, Zupelli, l'incarico di potTe allo studio la protezione del Palazzo Ducale di Venezia da eventuali tiri provenienti dal mare o dall'aria. L'Ispettorato Generale del Genio, al quale ve1ùva demandata la responsabifaà dello studio, iniziava i contatti con il Ministero della Pubblica Istruzione per il necessario collegamento con la S0v1intendenza Artistica, affidando materialmente il compito al Sottotenente Ugo Ojetti del Comando Genio di Bologna. Il 18 maggio 1915, il Ministro della Pubblica Istruzione scriveva ai Ministri della Guerra e della Marina in merito all'incarico affidato a Ojetti sui mezzi da approntare per la difesa del Palazzo Ducale giudicando «molto opportuno tale incarico anzi mi permetto di richiamare l'attenzione della E.V. a voler considerare se non sia il caso che il Comm. Ojetti sia adoperato per tutto ciò che possa riguardare i rapporti dei vari Comandi dei Dipartimenti marittimi militari sia territoriali che di Esercito con edifici monumentali. L'amore e la competenza con cui il Comm. Ojetti si occupa del patrimonio artistico nazionale sono garanzia della utilità dell'opera sua. Con osservanza Ministro Grippo.» 1 Il 21 maggio Zupelli scriveva al Comandante del Corpo d'Armata a Bologna, ritenendo utile la proposta avanzata dal Dicastero della Pubblica Istruzione di non limitare le predisposizioni difensive al solo Palazzo Ducale indicato dal Consiglio dei Ministri, bensì di estendere l'ambito della protezione ad altre opere monumentali e pregava« ... di prendere nota perché l'incolumità dei gloriosi monumenti veneziani è importante non solo per la storia e 1'a1te italiana ma anche per la tranquillità della opinione pubblica.»2 In precedenza il Ministero della Guerra aveva disposto che a Venezia fossero eseguite opere di protezione del Palazzo Ducale e i relati vi studi erano stati eseguiti dall'Ufficio delle Fortificazioni di Venezia, sulle direttive impartite dal Comando Genio di Bologna. Ritenendo molto complessa e onerosa la completa realizzazione di opere di difesa sia da tiri provenienti dal mare, sia da bombe lanciate da aerei , e vista l'impossibilità di garantire l'incolumità del Palazzo Ducale, il Comando Genio, considerati anche i costi esorbitanti, aveva determinato di effettuare soltanto i lavori indispensabili a limitare i danni in caso di offesa e a prevenire gli incendi. Ojetti al suo arrivo ritenne di agire secondo due linee d'azione: 1) tutelare gli edifici intorno a Piazza San Marco (Palazzo Ducale, Biblioteca Marciana, Palazzo Reale, Loggetta, Basilica di San Marco) che accrescevano la vulnerabilità del punto sensibile costituito dalla Piazza; 2) proteggere quei monumenti che si trovavano lungo la rotta normalmente seguita dagli aerei nemici, materializzata nell'asse Arsenale-ponte della ferrovia (chiese di S . Francesco della Vigna, S. Giovanni e Paolo, S. Maria dei Miracoli, S. Giobbe, S. Maria Gloriosa o dei Frari, statua equestre del Colleoni, Scuole di San Marco e San Rocco, due ]eoni di pietra collocati davanti l'ingresso dell'Arsenale). Per la protezione sarebbero state adottate, di caso in caso, incastellature di legno, coperture di lamiera di ferro, saccate di sabbia, ecc. Per il Palazzo Ducale si prospettavano due problemi.3 Il primo riguardava la costruzione di una «maschera», parallelamente alle facce del Palazzo rivolte verso il mare, in modo da realizzare un'intercapedine da riempire con sabbia e cemento. Analoga inter-
fondo Dallolio, b. 958, f. 12, I. 1. DalloJio, b. 958, f. 12, I. 8. MCRR, fondo Dallolio, b. 958 , f. l I, I. 4.
1
MCRR,
2
MCRR, fondo
3
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Cortile del Palazzo Ducale - saccate in difesa della Scala dei Giganti. (Tratto da Scarabello "il martirio di Venezia" Gentile concessione Ufficio Storico della Marina Militare)
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nr!r~,b.ffi,,,,,;..
"· ~r..,,,_,. ,, :,.;7"""i- ·"'"" 1/ f,rv.,,4' Lellera di Ojetti, del 22 luglio 1915, in.dirizzata a un Maggiore del Comando Supremo, per caldeggiare la definizione della propria posizione a Venezia. (Istituto Storia Risorgimento Italiano, F. Dallolio, b. 958,f. 12, l. 18)
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La Basilica e i pili di Piazza San Marco con le protezioni contro i bombardamenti. (Tratto da Scarabello "Il martirio di Venezia " Gentile concessione Ufficio Storico della Marina Milita.re)
Angolo del Palazzo Ducale con rafforzamento e protezione del gruppo «Il giudizio di Salomone». (Tratto da Scarabello "Il martirio di Venezia" Gentile concessione Ufficio Storico della Marina Militare)
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Piazza San Marco a Venezia - Rifugio sotto le Procuratie Nuove. (Tratto da Scarabello "Il martirio di Venezia" Gentile concessione Ufficio Storico della Marina Militare)
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Piazza San Marco a Venezia - Rifugio sollo le Procuratie Vecchie. (Tratto:,tl,a Scarabello "Il martirio di Venezia" Gentile co1u1essione Ufficio Storico della Marina Militare)
capedine avrebbe dovuto essere realizzata perJ muri delimitanti il cortile internp, per evitare che un.proietto, cadendo al suo interno, potesse danneggiare il Palazzo. Restava poi da valu~are se le fondamenta di Riva Schiavoni e della piazzetta di San Marco potessero sopporta.re il soprappeso di tali stnitture. _ · . )1 secondo problema era quello della copertura. orizzontale del Palazzo, per <<sottrarlo» al pericolo di un bombarda.mento aereo. Per questa esigenza si prospettava. l'impiego cli reti antisiluri Bullivan, impiegate per la protezione delle navi. Il Direttore Genera.le di Artiglieria ed Armamenti della Regia Marina, interpellato da Dallolio, gli aveva risposto che la sistemazione di due strati orizzontali di reti Bullivan, originariamente prodotte in Inghilterra, avrebbe sì, potuto risolvere sotto il profilo tecnico il problema, ma che questo tuttavia rimaneva irrisolvibile per l'indisponibilità di tali materiali pres-
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fl Battaglione Genio Lagunari impegnato a Venezia (Fondamenta delle Z,attere) a caricare su di un natante la cassa contenente il dipinto <<L'Assunta» del Tiziano da trasferire al Museo di Cremona ( 1917). {proprietà eredi Cap. Genio Lagunari E. Fogliani)
so l'unica industria nazionale, già impegnata - a tempi lunghi - con la Marina. Viste le difficoltà incontrate, in alternativa alla protezione del Palazzo Ducale con «schermi materiali», veniva proposta la sistemazione di «armi contraeree» su campanili e fabbricati adiacenti al Palazzo Ducale. Poiché il Comando Genio di Bologna dipendeva dalla Direzione Generale di Artiglieria e Genio, e quest'ultima dal Sottosegretariato alle Armi e Munizioni, questi problemi erano pervenuti a Roma, sul tavolo di Dallolio, come quello relativo alla difesa delle arcate del Palazzo Ducale per le quali restava il dubbio se dovessero essere protette da armature o no. Per quest'ultimo problema, dopo il parere positivo del Generale Dallolio per la realizzazione delle arcate, il 10 maggio 1915 il Ministro della Guerra Zupelli, annotava: «Ma scrivendo tanto e discutendo tanto, verrà la guerra e non ci sarà nulla di fatto.» 4 Del resto, il Sottotenente Ojett'i, in una lettera del 22 luglio 1915 indirizzata a un maggiore del Comando Supremo, presso il quale caldeggiava la definizione della sua ambigua posizione di «Ufficiale a disposizione» di tale Comando, aveva ammesso: «Lavoro lavoro lavoro meglio, che posso. C'è nella mia missione che ella conosce meglio di ogni altro, molto da fare anche perché finora non s'era qui fatto niente.» 5 Per il Palazzo Ducale, oltre alla protezione complessiva, si poneva anche il problema di tutelare singole opere d'arte, quali «Il giudizio di Salomone». Peraltro, attorno a Piazza San Marco c'erano altri edifici che andavano salvaguardati: - in linea prioritaria la Basilica di San Marco, - le Procuratie nuove, - le Procuratie vecchie.
• MCRR, 5
MCRR ,
fondo Dallolio , b. 958, f. 11 , 1. 16. fondo Dall61io, b. 958, f. 12, 1. 18.
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Organizzazione della difesa antiaerea a Venezia utilizzando le altane di legno sui tetti delle case.
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Nel quadro della tutela delle opere d' arte di Venezia rientrava lo spostamento fuori Venezia della Pala dell'Assunta, dipinta da Tiziano per l'altare maggiore della chiesa dei Frari, che dal 1916 si trovava in una cassa nelle Regie Gallerie, per ragioni di sicurezza, in un locale sufficientemente rinforzato con puntellature, murature, contrafforti, strati di sabbia e coperture di lamiere. Tuttavia, poiché il Comando della Piazza marittima di Venezia era perplesso sul1 'efficacia dei mezzi a protezione del dipinto, nel febbraio 1917 ne consigliava ripetutamente il trasporto fuori dalla città lagunare non per mare ma, per motivi di sicurezza, per via fluviale. E così, la colossale cassa, fatta uscire da un largo foro praticato nella parete delle Gallerie, veniva trasportata sino a11e Zattere, da dove, caricata su un burchio del Genio Lagunare avrebbe risalito il Po fino a Cremona. Da qui, trasbordata su un pianale ferroviario, nel dicembre 19 I 7 avrebbe raggiunto la sua sistemazione a Pisa. Riportata a Venezia nel 1919, e superate le polemiche fra chi la voleva collocata alle Regie Gallerie e chi sull'altare Maggiore della Chiesa dei Frari,6 la mattina del 20 marzo 1920 « ... l'Assunta, la preziosa tavola del Tiziano che era stata riportata il 10 dicembre nella chiesa dei Frari, è stata ricollocata nella marmorea cornice dell'altare maggiore che l' accolse la prima volta il 20 marzo 151 8. Quanti assistettero al collocamento del meraviglioso dipinto nel luogo da cui era stato tolto più di un secolo fa, non ebbero che da lodarsi per il felice compimento della delicata operazione eseguita dalle maestranze della Soprintendenza della Galleria coadiuvata dagli operai addetti ai lavori della chiesa dei Frati: molta gente si è recata ieri nella chiesa per ammirare il prezioso dipinto.» 7 Restava, comunque, il problema della difesa aerea di Venezia, che sarebbe stato superato sfruttando le strutture architettoniche tipiche delle case del centro storico di Venezia - caratterizzate dalla presenza, sui tetti, di altane di legno - per 1' installazione delle armi allora disponibili. In tal modo la città veniva a disporre di una rete di «punti alti», idonei tanto all'osservazione che al tiro. Queste altane sarebbero diventate postazioni per plotoni di fucilieri affiancati, o singole armi automatiche per intercettare aerei nemici lungo le rotte d'attacco.
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Direzione Museo Civico Correr, Venezia, studi di arte e storia, Alfieri e Lacroix, Milano-Roma, 1920, Yol I, p. 285. i l Gazzettino, 21 marzo 1920.
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Capitolo 37 .
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DALLOLIO NEI PRESTITI NAZIONALI E NELL'ASSISTENZA AGLI ORFANI DI GUERRA E AI PROFUGHI DEL.VÈNETO . .
A poco più di cinquant'anni dall'Unità, cl.i fronte all'entrata in guerra, l'economi,r-ìtaliana ancora debole, non disponeva delle risorse necessarie a poter sostenere uno sforzo bellico. Perciò, durante gli anni di guerra, in Italia sarebbero_stati emessi cinque prestiti che, come recitava un opuscolo di propaganda, coinvolgeva a un tempo «il cuore ed il portafogl_io». Non va. dimentjèato, per inciso,. che anche gli altri Paesi belligeranti, pur economicamente più forti dell'Italia, avrebbero effettuato i loro prestiti di gµerra. 1 In Italia, l'emis.sione dei prestiti sarebbe.avvenuta in momenti significativi: 0 - «subito dopo lo scoppio della guerra per fare leva _sull'entusiasmo interventista»2 Prestito Nazionale, con gettito di 1.000.000:ooo di lire; 2° prestito N<'!.zionale, co11 getti1o di 1.147.224.800 lire (1915); · - «quando si pensava alla necessità di ·s ostenere.lo sforzo 'offensivo» - 3° Prestit9 Nàzionale (1916), con gettito di 3 .0·18 .092.800 lire;3 · ·· • ·• ·• · ·• . - nel momento dell'incitamento alla vittoria, allorché sembrava profilarsi·un ·~enso .~,f. stanchezza anche a causa delle difficoltà di approvvigionamenti delle derrate - 4° Prestito Nazfona_le (inizio del 1917) con gettito di 7.150.000.000 di lire; · - quando occorreva far leva sulla_liberazione delle terre perdute dopo il disastro di Cà:poreJto - 5° . . Prestito Nazionale (gennaio 1918), con gettito di 6.500.090.000 di lire. ½: I prestiti, emessi con tassi variabili dal 4,50 (il primo)~al 5 ,50% consolidato (gli ultimi), inizialmente erano stati pubblicizzati dalle banche·e, successivamente, a partire dal 1917, direttamente dallo Stato, che ne gestiva in proprio la propaganda. I contenuti dei messaggi, ripetut(cjlrnsi ossèssivaJ11ent,è , all 'ini· · ·· · zio erano_soltanto due: · - il patriottismo . . ., investire era un preciso dovere e consentiva di riconoscersi :c~me parte costitutiva di un unico sforzo nazionale costituito dai so_ldati aùronte e cta1 resto del Paese; - la convenienza economica - tassi che dal 4,50% del 1° .Prestit0 arrivàvanoal 5 ,78% degli ultimi (em1ssione_a 86,50 lire per nominali 100 con una rendita effetùva -al 5-,78%):: . Gli appelli , diffusi con manifesti murali, locandine affisse neUe vetrine dei negozi e nelle officine, cartoline, calendarietti, inserzioni illustrate, francobolli, opuscoli, et a1ia, erano stati realizzati da numerosi artisti, ed erano finalizzati a dare un'immagine immediata che rendesse più facile le associazioni di idee. Il filo conduttore della propaganda era sempre lo stesso: «Per la Patria bisogna dare tutto». L'Italia era .sempre rappresentata come una bella donna - «stile belle époque», o con l'elmo portante uno stemma sabaudo e con serto d'alloro, o altre volte con il gladio. Il nemico era dipinto sempre
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1 Al 1916 risultavano i seguenti gettiti di prestiti di Stato: Francia, 36.419.000.000 franchi; Russia, 9.776.000.000 rnbli; Inghilterra 2.625 .820 .000 sterline; Austria-Ungheria 26.544.000 .000 corone; Germania 47 .116.000 .000 marchi. (Archivio di Stato di Treviso, d'ora in avanti ASTV, fondo Prefettura, b. 61 , f. 9.1 , opuscolo Banca d'Italia; cfr. anche M.R.BO., Bollettino M.R.BO. anno XXXVI, 1991, Il cuore ed il portafoglio, p. 13. 2 M.R.BO., Bollettino M.R.B. anno XXXVI, 1991, Il cuore ed il portafoglio, p. 13. 1 I dati sul gettito dei primi tre Prestiti Nazionali sono tratti dal libretto della Banca d'Italia p. 18, ASTV, fondo Prefettura 2", b. 61, f. 9.1 , Per il 4" e 5" Prestito Nazionale ci si riferisce a M.R.BO. Bollettino M.R .B. anno XXXVI, 1991,Jl cuore ed il portafoglio, 5° Prestito Nazionale Cfr, APCD, Legisl. XXIV, l • Sessione, Discussioni, Vol. XVI, p. 16.777.
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Cartolina di Bonzagni per il V Prestito Nazionale. (Proprietà Museo Civico del Risorgimento, Bologna)
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quale un'entità mostruosa e crudele, che tentava di rapire la donna - come nel caso della cartolina di Bonzagni, per il 5° Prestito, che raffigurava una donna rapita da un gruppo di soldati austriaci mentre invocava: «Fratelli salvatemi - Sottoscrivete!», oppure che era in procinto di impadronirsi dei beni italiani, e pertanto doveva essere schiacciato. Spesso l'immagine dell'avversario era quella di un individuo emaciato e straccione da cui derivava un chiaro messaggio: «Contro questo nemico è faci le vincere» . In ogni caso il contenuto dei manifesti, spesso toccante, non mostrava mai il volto atroce della guerra e le immagini erano sempre depurate da aspetti violenti. Alla raccolta delle somme avevano partecipato anche Istituti di assicurazione , come nel caso del 5° Prestito Nazionale, per il quale l'Istituto Nazionale delle Assicurazioni aveva raccolto 800 milioni «con forme nuove di assicurazione associate a fini di previdenza.» 4 Il Tesoro, però, non si basava soltanto sulla propaganda. Pochi mesi dopo la dichiarazione di guerra, il Ministro Carcano sollecitava il Ministro della Guerra, Zupelli, affinché i creditori dell 'Amministrazione militare venissero pagati «con buoni del Tesoro ordinari alla scadenza di un anno fruttanti l'interesse del 4 ,25% ... Occorre che nei contratti da stipulare per le forniture sun-iferite venga inserito un patto per il quale i mandati di pagamento a favore dei fornitori verrebbero emessi con le clausole di commutabilità in quietanza d'entrata per acquisto di buoni del Tesoro a 12 mesi all 'ordine dei titolari, consegnandosi così questi titoli in luogo del denaro ... In quanto ai contratti in corso di esecuzione, dovrebbe essere cura degli ordinatori dei pagamenti di ottenere dagli interessati il consenso che le somme vengano investite nei detti buoni, facendo ad essi presente che i buoni ordinari rappresentano un impiego sicuro, redditizio e di molto vantaggio ... ».5 Questa massiccia operazione di propaganda era rivolta in particolare a due soggetti, la donna e il bambino. Prima di tutto alla donna, nel duplice ruolo di conduttrice di un'economia familiare capace di far confluire nel Prestito Nazionale i tanti modesti rivoli del suo risparmio, e di moglie del soldato al fronte (e questo consentiva di traslare il concetto di Patria dal ristretto ambito familiare a quello più largo di comunità nazionale). Il bambino era destinatario della campagna pubblicitaria sia perché potenziale modesto risparmiatore, capace di far confluire mille piccoli rivoli, sia come «figlio di un soldato al fronte», latore, quindi, di un messaggio sentimentale-emotivo: «Se mio Padre da tutto, voialtri non potrete negare il vostro denaro». In seguito, però, la donna avrebbe assunto anche un ruolo attivo nella propaganda, tant'è vero che il Ministro Orlando indirizzava ai Prefetti il telegramma n. 4964/169063: «In vista proroga termine sottoscrizione prestito nazionale prego SSLL promuovere rispettive province costituzione comitati femminili propaganda che hanno dato a Milano soddisfacenti risultati. Attendo assicurazione con telegramma espresso.>> Sulla stessa linea propagandistica si allineava il Presidente del Consiglio, Boselli, nella sua prefazione all'opuscolo della Banca d'Italia, Per il Prestito Nazionale consolidato al 5% , inviato alle Filiali della Banca e a tutti i consorziati in occasione del 4° Prestito Nazionale nel 1917: «Unanimi, concordi , senza tregua e senza stanchezza i nostri soldati danno il sangue e la vita per] ' indipendenza e la grandezza d'Italia, per le ragioni della civiltà e del diritto. Di fronte ai loro eroici sacrifici, che segnano una nuova pagina di gloria nella storia d'Italia, potremo noi oggi negare il contributo che si domanda per condurre virilmente la guerra e affrettare la pace vittoriosa? Un contributo, non solo senza rischi, non solo senza alea, ma che rappresenta un vantaggioso e sicuro impiego dei nostri risparmi? Al prestito nazionale dunque il nostro concorso , grande o tenue che sia. Chi può dar molto dia molto, chi può dar poco dia poco. E il poco dei meno abbienti non varrà meno del molto dei ricchi o di coloro che, lavorando per le industrie di guerra, della guen-a ritrassero notevoli guadagni. Paolo Boselli». Si era trattato di «una linea di patriottismo» ampiamente recepita, come risultava, per esempio, dalle motivazioni della Giunta Municipale di Casale sul Sile (4 ottobre 1917): «La Giunta Municipale visto
'APCD, Legisl. XXIV, 1• Sessione, Discussioni, Voi. XVI, p. 16.777. 5
MCRR,
fondo Dallolio, b. 953, f. 4, 1. 3, Lettera n. 37 .911 del 12 ottobre 1915 Riservata alla persona al Ministro Zupelli.
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il R. D. 2 gennaio 1917 n. 3 col quale viene aperta una pubblica sottoscrizione per sostenere le spese di guerra. Considerato che in questi supremi momenti in cui si compiono i destini della cara Patria, tutti i Cittadini, le Associazioni, gli Enti Morali devono corrispondere nei limiti delle loro forze all'appello del Governo pel nuovo prestito nazionale delibera di investire altre lire millecinquecento nel quarto prestito nazionale.»6 Soltanto qualche banca minore, temendo che i prestiti nazionali potessero drenare tutto il risparmio, non aveva collaborato pienamente, e una prova ne era la segnalazione dell'Intendente di Finanza al Prefetto di Treviso, il 12 luglio 1915: «Per quanto sia dubbioso sulla possibilità di un efficace rimedio stimo mio dovere di trasmettere alla S.V. III.ma per opportuna sua conoscenza e per l'eventuale seguito , l'originale rapporto 8 corrente mese n. 350 col quale il Primo Agente delle Imposte di Vittorio informa sull'azione antipatriottica che svolgerebbe quella banca popolare in danno dell'incremento delle sottoscrizioni al Prestito Nazionale.>> Durante la campagna per il 4 ° Prestito Nazionale, nel 1917, sarebbe comparso anche un altro messaggio, il cui contenuto, in grafica e testo, aveva questo significato: «Se veramente si vuole la pace, è necessario fare la guerra». Questo era un modo per controbattere la propaganda pacifista che incominciava a serpeggiare all'interno del Paese, stanco e provato dai lutti e dalle rinunce, sul quale la presa di posizione del Papa Benedetto XV sull' «inutile strage» avrebbe potuto attecchire facilmente. A partire dal 5° Prestito Nazionale, dopo la ritirata sul Piave, un nuovo messaggio avrebbe sollecitato gli italiani, quello della liberazione delle terre invase. Con il succedersi dei Prestiti, la Banca d'Italia aveva rilevato un crescendo di interesse nelle sottoscrizioni.· Se per il 1° Prestito, detratti quelli per importi notevoli di alcuni Enti, era stato evidente il notevole contributo delle piccole e medie «fortune>> , per il 2° c'era stato anche il concorso di connazionali residenti all'estero, e questo sarebbe stato ancora più massiccio per il 3° Prestito. Sempre a partire dal 3° Prestito, diversi istituti di credito, per dar modo a tutti di concorrere all'operazione, avevano attuato varie forme di speciali sottoscrizioni popolari a rateazioni minime. Anche il Governo stava sviluppando un 'azione corale di incitamento alla sottoscrizione, tramite i propri Organi periferici sul territorio. Il Presidente del Consiglio, in occasione del 3° Prestito Nazionale, il 9 gennaio 1916, con il telegramma n. 1.276 così incalzava le Prefetture: «Come fu efficace l' opera dei Prefetti per la sottoscrizione dei precedenti prestiti così confido che essi continueranno attiva ed incessante la loro azione per mettere in evidenza i singolari vantaggi e la convenienza finanziaria del nuovo Prestito Nazionale del quale è imminente la sottoscrizione e l'alto dovere patriottico che tutti coloro che possono, anche in modesta misura, vi partecipino. La loro azione dovrà essere impiegata non soltanto nelle forme amministrative ma anche esercitando ogni legittima influenza presso cittadini di ogni ceto promovendo la convocazione di comitati, aiutando efficacemente ogni opera di propaganda. Essa potrà anche essere spiegata verso enti morali della Provincia che nel nuovo titolo troveranno un ottimo impiego delle loro disponibilità e daranno nuova prova del concorde sentimento patriottico che anima l'intero paese. Attendo al riguardo sollecita assicurazione ed a suo tempo una comunicazione dei risultati avutisi in ciascuna provincia. Tenò nota come di una speciale benemerenza di ogni utile sforzo che ella farà per conseguire il massimo possibile effetto. Salandra».7 L'esecutivo intendeva conoscere i provvedimenti presi nel dettaglio, svolgendo una capillare azione di controllo, come traspare dal telegramma dell ' 8 febbraio 1917, indirizzato alla Prefettura di Treviso: «Prego S.V. informarmi subito telegraficamente se in codesta Provincia è stato finora costituito comita-
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ASTV,
lbid.
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fondo Prefettura 2°, b. 61, f. 9.1.
to provinciale propaganda sottoscrizione IV Prestito Nazionale ed in caso negativo invito S.V. dare zelante sollecita opera perché costituzione avvenga presto ed in modo proficuo alla sottoscrizione. Prego inoltre informarmi subito telegraficamente se in codesta provincia sia stata indetta alcuna conferenza per suddetta pubblica propaganda ed in caso affermativo indicarmi date e nome conferenziere. Sottosegretario di Stato Bonicelli» .8 Il 14 febbraio 1917 , per il 4° Prestito Nazionale, il Ministero degli Interni - Direzione Generale delle Carceri, aveva sollecitato anche la sottoscrizione da parte dei detenuti: «Pregasi invitare Direzioni carceri e penitenziari dipendenti trasmettere Ministero telegraficamente elenco distinto per taglie titoli Prestito Nazionale sottoscritti da condannati relazione circolare corrente n. 52. Se all'acquisto Direzioni stesse non possono provvedere con fondi disponibili cassa sarà eseguito cura questa amministrazione centrale con fondo condannati versato Cassa Depositi e Prestiti. P. il Ministro Girardi.» Su più di qualche telegramma sarebbe stata tracciata, malinconicamente, l'annotazione «nessuna sottoscrizione è stata eseguita condannati carcere giudiziario questo capoluogo.»9 Sempre in occasione del 4° Prestito Nazionale, con il telegramma n. 893 del 24 febbraio 1917 erano state chieste assicurazioni sull'organizzazione dell'attività propagandistica: «Prego farmi conoscere urgenza se conforme desideri espressi governo siasi organizzata conferenza prestiti per Domenica prossima venticinque corrente. Stop. Sarà poi necessario predisporre fin da ora riunioni conferenze giorni successivi e specialmente domenica 4 marzo richiedendomi se occorra oratore che vedrò di designare fra parlamentari che sonosi offerti propaganda. Ministro Comandini.» Anche il Governatore della Banca d'Italia Stringher avrebbe nuovamente incitato a un'azione ancora più intensa per estendere la propaganda sul territorio , come aveva già fatto il 21 febbraio 1917: «È necessario di intensificare ancora l'opera intesa a richiamare l'attenzione dei capitalisti e dei risparmiatori grandi e piccoli sulle condizioni, per essi vantaggiose, alle quali il Prestito è emesso, oltre che sul dovere che essi hanno di concorrere, con la massima larghezza, al suo pieno successo, incitando e persuadendo coloro che, per avventura, fossero trattenuti da inerzia, da dubbi, o da pavide incertezze. È opportuno che la propaganda di persuasione si diffonda anche nei luoghi più lontani dai centri di vita cittadina e nelle campagne, e, in fine, presso coloro che minor dimestichezza hanno con tutto ciò che si riferisce al mercato dei titoli pubblici. Stringher». rn L'attività di propaganda riusciva a toccare tutte le categorie sociali. Dallolio, in un intervento alla Camera a proposito del lavoro nelle fabbriche adibite alla lavorazione delle munizioni, rendeva noto che sottoscrizioni erano anivate persino dagli operai di quelle fabbriche, a dimostrazione di come gli appelli avessero saputo raggiungere tutti gli italiani. « ... E, debbo dirlo, sono venuti degli operai in deputazione a portarmi 170 .000 lire. E mi hanno detto: le abbiamo raccolte, perché abbiamo mangiato patate invece di pane. Ecco tutto! (Vive approvazioni-Applausi) ... ». 11 In questa azione di persuasione il Generale Dallolio, se da una parte pungolava gli industriali per incrementare la produzione degli armamenti, dall'altra richiedeva loro di trasferire i <<propri guadagni al Prestito Nazionale»Y Ancora una volta egli riusciva a coagulare la risposta degli industriali: il solo gruppo Ansaldo (Società Gio.Ansaldo & C., Soc. Nazionale di Navigazione, Soc. Transatlantica, FIAT San Giorgio, Lloyd Italiano), oltre ai fratelli Mario e Pio Perrone a titolo personale, sottoscriveva il Prestito di 40.000.000 di lire, accompagnando l'offerta con le solite frasi auliche del linguaggio Perrone « ... La
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Jbid. lbid .
fondo Prefettura 2°, b. 61, f. 9.1, (opuscolo Banca d' Italia). Legisl. XXIV, l" Sessione, Discussioni, tornata del 21 dicembre 1917, Voi. XIV, p. 15.345. MCRR, fondo Dallolio, b. 959, f. I, I. 1. ASTV,
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sua autorevole ed ambita parola si è poi particolarmente rivolta a noi con l'accento di un affidamento che noi siamo orgogliosi e lieti di avere ispirato. Più che mai, certamente questo Prestito di guerra che chiama a raccolta tutte le energie della Patria ferita, ma non vinta, per il supremo sforzo di lotta e di vittoria, è destinato a dare la misura della intatta fiducia del Paese, della sua vitalità, della decisa sua volontà di resistenza ... ».'3 Il 13 giugno 1918, il Ministro del Tesoro Nitti avrebbe potuto dichiarare alla Camera: «Mentre le sottoscrizioni all'estero erano state per il terzo prestito di 81 milioni e per il quarto di 182 milioni, nel quinto prestito sono lieto di annunciare alla Camera di avere raccolto ciò che nelle aspre e terribili vicende del cambio attuale non è senza vantaggio , la cifra considerevole di più che 440 milioni, cioè più del doppio di quello che si era ottenuto nei prestiti precedenti. Prova questa che se la condizione degli italiani non è vacillante all'interno del Regno, ancora più il sentimento degli italiani all'estero ha vibrato ...».14 Nitti rimpiangeva di non aver potuto disporre di un'organizzazione apposita per la raccolta, che gli avrebbe certo consentito di realizzare somme ben maggiori. D'altra parte, non aveva ricevuto aiuti concreti dagli Stati Uniti, «non potendo la Confederazione americana ragionevolmente consentire che si aprisse sul mercato un prestito straniero ... Gli Stati Uniti hanno consentito che privatamente gli italiani potessero sottoscrivere, ed in questa forma limitata si sono raccolti 60 milioni di lire italiane. Dove si è potuto fare qualche cosa direttamente si sono avuti risultati più lieti; così in Argentina si sono raccolti 130 milioni e 118 milioni in Brasile, 37 milioni nella repubblica dell 'Uruguai. Quando si pensa che questa repubblica ha solo 1.350.000 abitanti, occorre riconoscere che la cifra di 37 milioni rappresenta uno sforzo veramente notevole.>> 15 Ma il 5° Prestito Nazionale aveva avuto anche il merito di consentire il superamento del «punto morto inferiore» dell'economia nazionale, subito nell'ottobre 1917. «Il Governo ha attraversato momenti di estrema gravità. Dopo la fine di ottobre ha dovuto ricostituire tutte le scorte. Noi non avevamo più molte di quelle cose che sono necessarie alla efficienza bellica, e non ne avevamo neppure molte di quelle necessarie alla vita alimentare del paese ... Oggi abbiamo una situazione interna di credito migliore di quella di prima del disastro, ed abbiamo scorte che ci consentono di guru·dare la situazione senza la trepidanza, che per qualche giorno abbiamo avuto, che dji un momento all 'altro la nostra esistenza stessa fosse minacciata. Abbiruno corso un grave pericolo ... Dopo il rovescio della fine d'ottobre, ci siamo trovati nelle condizioni che io vi ho descritto , e con la difficoltà di dover emettere ancora un grande prestito all'interno per i pagamenti più strettamente necessari alla vita nazionale per riconquistare anche lru·gamente la fiducia ... >>. 16 Dallolio, che in occasione del lancio del 5° Prestito Nazionale aveva accompagnato Nitti nell'azio.ne di propaganda, a Torino, Milano, Venezia e Bologna, così riportò i motivi della sua partecipazione: «... Alla fronte i soldati combattevano per la difesa della Patria, si doveva far sentire e dividere la convinzione assoluta e la fiducia incrollabile nella vittoria. Ecco la ragione per cui presi viva e diretta parte alla campagna pel 5° Prestito Nazionale col Ministro del Tesoro Nitti ... » .17 Egli, però, teneva a sottolineare che il suo intervento a fianco di Nitti non doveva essere visto come un atteggiamento politico, bensì patriottico: «No, non faccio politica. La tournée con Nitti fu un atto di soldato e di italiano non atto politico. Del resto tutti fanno il loro quarto d'ora ... Il mfo volge alla fine.>> 18 In quest'ottica, dunque, la tournée Nitti-Dallolio va vista come l'intesa nata fra le autorità politie:he e militari nel momen-
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fondo Dallolio, b. 959, f. 11, 1. I. Legisl. XXIV, 1a Sessione, Discussioni, Vol. XVI, p. 16.777.
Legisl. XXIV, l" Sessione, Discussioni, Voi. XVI, pp. 16.780-16.781. serie fascicoloni, fase. VII, f. 9; cfr. anche APTGP, serie fascicoloni, fase. XII, f. 8, appunti dal 27 ottobre al 31 ottobre 1917, pp. 91-92. 18 APTGP, serie lettere aifamiliari, lettera 8 marzo 1918 a Gina. 11
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to di difficoltà del Paese, anche al di là dei rapporti personali fra i singoli Ministri che, in particolare, per quanto riguarda Nitti-Dallolio, non erano dei più idilliaci . La tournée Nitti-Dallolio per la propaganda a favore del 5° Prestito nazionale era iniziata il 27 gennaio 1918 a Genova, dove Nitti si era recato a visitare gli stabilimenti Ansaldo di Borzoli e di Comigliano Ligure e le officine di a1tiglieria di Sampierdarena, per rivolgersi direttamente al1e maestranze. Dopo la visita al Consorzio autonomo del Porto, era stata la volta della Borsa e quindi della Camera del Lavoro, per illustrare, sia la convenienza economica dell'investimento dei propri risparmi nel 5° Prestito, sia «la necessità di prestare allo Stato mentre il nemico è sul nostro suolo.»'9 L'indomani, Nitti , accompagnato dal Prefetto, veniva ricevuto presso la sede dell'Istituto italo-britannico dove visitava i «magazzini degli indumenti per i profughi del veneto e gli uffici del Posto di ristoro per gli Alleati.»20 Nel pomeriggio, al teatro Manzoni di Milano, si sarebbe tenuta la conferenza dei due Ministri, Dallolio e Nitti. Nel capoluogo lombardo i biglietti di invito erano «completamente esauriti» già tre giorni prima dell'evento e, per «evitare la calca eccessiva deplorata in altra occasione», i giornali locali pregavano «gli invitati di voler accedere in tempo al teatro Manzoni che sarà aperto un'ora prima della conferenza.»21 Mentre Nitti continuava a sottolineare la convenienza economica della sottoscrizione al Prestito e la necessità che questo rendesse «almeno il doppio di qualsiasi altro prestito precedente», Dallolio affem1ava che «i soldati non avrebbero potuto resistere al Piave, dopo la sciagura di Caporetto, se l'industria italiana, con prontezza meravigliosa non avesse dato loro i mezzi. Ma non si può vincere, non si può pensare a ricacciare il nemico dalle province invase se non si riescono ad avere migliaia di cannoni e milioni di proiettili, e per ottenere questo occorrono denari ... Dare, dare, dare .»22 Dallolio, inoltre, aggiungeva: - di essersi sentito molto orgoglioso in Inghilterra, nel sentire l'elogio dell'industria italiana; - di «non aver mai fatto invano appello agli industriali quando parlava loro nel nome della Patria>>; - che «nella nobile gara per dare alla Patria, gli industriali hanno avuto sempre la più schietta e più larga collaborazione nei loro operai» . Al termine dei discorsi, Dallolio e Ni tti intervenivano a un ricevimento offerto dall'Agenzia Generale dell'Istituto Nazionale delle Assicurazioni23 che avrebbe successivamente telegrafato al Generale Dallolio: «L'Agenzia Generale ringrazia ancora V.E. dell'onore fattole intervenendo alla cerim01ùa con S.E. Nitti assicurando V.E che farà tutti gli sforzi possibili per affermare sempre più che dalla buona riuscita del nuovo Prestito Nazionale dipendono la resistenza e la finale vittoria della nostra cara Patria.»24 L'indomani Nitti era a Legnano e nel Gallaratese per contattare direttamente gli industriali e le maestranze di quelle officine. Il successivo 18 febbraio, al teatro «Duse» di Bologna, che presentava «il magnifico colpo d'occhio delle grandi solennità ... » e non avrebbe potuto « ... accogliere maggiore folla plaudente alla grande manifestazione di patriottismo che ravviva nell'affollarsi dei molti vessilli italiani e delle bandiere delle Nazioni alleate»,25 Dallolio rimaneva colpito dal calore dell'accoglienza ricevuta: «Pubblico pigiato, colpo d'occhio sorprendente, ovazioni straordinarie all'entrata. Il discorso lo conosci, in principio grande entusiasmo ed applausi grandissimi, a metà così così, infine benissimo. Alberto26 fu contentissiino.»27 L'arrivo dei due Ministri a Bologna era stato preceduto da una campagna di stampa del Resto del
Corriere della sera, 27 gen. Corriere della sera, 29 gen. 21 Corriere della sera, 26 gen. 22 Corriere della sera, 29 gen. 9
1918, p. 2. 1918, p. 3 . 1918, p. 3. 1918, p. 2. 23 L'Istituto Nazionale delle Assicurazioni aveva promosso alcune operazioni finanziarie per agevolare la sottoscrizione al Prestito. In particolare favoriva l'anticipata liquidazione di talune polizze di assicurazione sulla vita, a condizione che il ricavato venisse investito in titoli del nuovo Prestito. Inoltre, agevolava i sottoscrittori a rate del Prestito assicurandoli sulla vita. :lii MCRR, fondo Dallolio, b. 961, f. 1, l. 5. 25 Il Resto del Carlino, 19 febbraio 1918. 26 Alberto fratello maggiore del Generale Dall.olio. 27 APTGP, serie lettere ai familiari, lettera 21 febbraio 1918 a Gina. '
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Carlino che poi avrebbe riportato un'ampia cronaca, sia sugli impegni dei due Ministri prima dell'incontro presso il teatro, sia sull' incontro stesso. I due Ministri venivano presentati dall'On. Cavazza, del Comitato di Propaganda del Prestito Nazionale, che evidenziava come Dallolio fosse un concittadino. E il <<concittadino» prendeva la parola per primo, incentrando il suo intervento sulla Mobilitazione Industriale e sull'apporto prezioso della mano d'opera femminile che lasciavano «così la possibilità di mandare i giovani al fronte e di fare le sostituzioni necessarie.» Come esempio di incremento di mano d'opera e produzione, Dallolio citava proprio il Laboratorio Pirotecnico cli Bologna che, dagli iniziali 1.31O operai era passato a 1O.500. Dopo aver messo in evidenza come la Mobilitazione Industriale avesse risposto allo scopo di fornire i mezzi per fronteggiare la guerra: « ... O miei concittadini! Il giorno che i nostii fratelli ritorneranno vittoriosi, dal fronte, fate che si levi alto e saldo il vessillo di Bologna che porta un motto: "libertas" perché i nostri soldati avranno combattuto per la libertà, per la giustizia e per la vittoria delle nazionalità» .28 L'articolo precisava: «Una calorosa, imponente, commovente ovazione saluta la fine del discorso del nostro illustre concittadino, che ha portato una parola così alta di fede e di patriottismo.»29 Dallolio aveva concluso affermando che «per ottenere la vittoria non vi è che una sola soluzione: dare tutti i mezzi possibili acciocché i nostri soldati possano combattere e possano respingere il nemico. E per dare tutti i mezzi possibili bisogna ascoltare l'appello che lancerà qui il mio collega del Tesoro». Con questa presentazione, Nitti aveva avuto buon gioco a suscitare gli applausi e, riferendosi a quanto detto da Dallolio, affermava: «Egli è quotidianamente per me causa di gioia e tormento: Di gioia quando come patriota italiano vedo tutti i mirabili sforzi che egli compie per la guerra, di tormento quando come Ministro del Tesoro io li debbo pagare ... Non vi farò molti discorsi: ripeterò a voi quello che ho già detto in altre città: o voi mi darete o io mi prenderò ... L'America e l'Inghilterra ci hanno prestato 9 miliardi col solo interesse del 3,50% e non per della carta, ma per l'oro. Voi non dovete discutere le condizioni del prestito quando i nostri amici ci prestano a migliori condizioni.»30 A parte la discesa in campo dei principali responsabili del Tesoro e del Dicastero delle Armi e Munizioni, vi era stata tutta una serie di incontri promossi dai Comitati locali di propaganda per il Prestito, dai Gruppi Mutilati di guerra, dalle Camere di Commercio, dalle Commissioni delle donne, eccetera. Il motivo ricorrent~ degli appelli - licalcando le parole dell'On. Meda, Ministro delle Finanze - era: «Se nella lotta la prova di maggior forza è quella di chi non si lascia mai abbattere, la prova più persuasiva è quella di chi, abbattuto, si rialza e fronteggia nuovamente l'avversario.»31 Ma l'azione di stimolo dell'esecutivo, i comitati, le conferenze, erano stati soltanto gli strumenti iniziali per ottenere il consenso, poiché dopo il 3° Prestito Nazionale, incominciavano ad apparire nuove forme di propaganda. L'impiego degli aerei aveva consentito di lanciare volantini sulle città, come la pioggia di manifestini tricolori su Bologna: «Il Re d'Italia ha detto Cittadini e Soldati siate un esercito solo. Chi non dà il braccio dia il proplio denaro per la Patlia»,32 o le migliaia e migliaia di manifestini incitanti a sottosclivere il Prestito che, nel pomeriggio del 29 gennaiò, in concomitanza con la conferenza Nitti-Dallolio, «maestosi aeroplani seminarono dal cielo» sulla città di Milano.33 Inoltre, veniva utilizzato anche il mezzo cinematografico, come sarebbe avvenuto a Milano dove, «in seguito ad accorqi intervenuti fra il Prefetto Conte Oliati, il Sen. Prof. Luigi Mangiagalli, il Presidente della Federazione nazionale dei Comitati di
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Il Resto del Carlino, 19 febbraio 1918. ll Resto del Carlino, 18 febbraio 1918. Il Resto del Carlino, 18 febbraio 1918. 3 ' Corriere della sera , 29 gen. 1918, p. 3. 32 Conferenza del Dott. Otello Sangiorgi, L'oro ed il piombo . La pubblicità dei prestiti di guerra, Museo Civico del Risorgimento, Bologna, 7 novembre 2004. 33 Corriere della sera, 30 gennaio 1918 p. 3. 29
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assistenza civile ed il Sen. Luigi Della Tone Presidente del Comitato di propaganda per il 5° Prestito Nazionale, tutti i cinematografi di Milano sono stati chiamati a cooperare alla propaganda del Prestito Nazionale, fra l'altro proiettando richiami opportuni stampati su pellicole espressamente eseguite.»34 Era stata organizzata pure una distribuzione capillare del materiale pubblicitario, come riportato dal telegramma n. 2886 del 21 gennaio 1917: «Da direttori filiali Banca d'Italia saranno fomiti alle SS.LL. e direttamente ai Sindaci i manifesti relativi al nuovo prestito consolidato 5%. Stop. Le SS.LL. cureranno come già si fece pei precedenti prestiti che tali manifesti e tutti quegli altri che in qualsiasi modo e forma siano destinati a diffondere nel pubblico la notizia del prestito e delle condizioni di esso vengano affissi in tutti i comuni con la maggior sollecitudine e larghezza possibile tenendo presenti articolo 15 decreto luogotenenziale 21 corrente n. 34 che estende a tutti manifesti del genere disposizioni vigenti in favore affissione atti pubblici autorità. Stop. Confido personale interessamento SS.LL. affinché al manifesto sia data massima diffusione 1imovendosi ogni eventuale ostacolo anche mediante provvedimenti d'ufficio ove occorrono. Stop. Attendo assicurazione rigoroso adempimento con telegramma espresso Ministro Orlando».35 A titolo di esempio si da descrizione di alcuni manifesti: Date denaro per la vittoria: la vittoria è la pace (4 ° Prestito 1917) Il manifesto, firmato da Girus, rappresentava il fine ultimo della sottoscrizione al Prestito: i soldi raccolti servivano alla costruzione delle armi per garantire vittoria e pace. Un concetto di immediata comprensione: da una montagna di soldi uscivano le armi necessarie a difendere la frontiera, simboleggiata dal profilo delle montagne all 'orizzonte. Fin troppo evidente che, dopo la ritirata sulla linea del Piave, i motivi predominanti sarebbero divenuti quelli della liberazione delle terre invase e, quindi, della necessità di non far verificare tracimazioni dell'avversario al di là della linea del fiume.
Per la liberazione sottoscrivete! (5° Prestito 1917-18) Sempre nel filone della liberazione delle terre invase un messaggio semplice e immediato: a cavaliere della linea del Piave, dove si stavano compiendo i destini dell'Italia, la mano rapace del nemico tentava di penetrare al di là del fiume mentre sulla sponda amica (la destra) il soldato era pronto a recidere con la scure il tentativo di penetrazione. (Manifesto firmato da Mauzan) Per la Patria i miei occhi, per la pace il vostro denaro (5° Prestito 1917-18) Sempre nel filone «per la Patria bisogna dare tutto» il manifesto evidenziava la nuova forma di propaganda utilizzata dal Comando Supremo impiegando dei mutilati che parlassero ai soldati presso i reparti militari. Il manifesto, incentrato sul militare mutilato che si ergeva su di un piedistallo, adombrava in questo personaggio la figura tragica di Carlo Delcroix «giovane ufficiale dei bersaglieri che , cieco di guerra, non si perse d'animo e predicò ai suoi la riscossa.» 36 Il vigore che traspare dal militare benché mutilato era un ulteriore messaggio di persuasione. (Manifesto fimrnto da Ortelli) Cacciali via! (5° Prestito 1917-18) Dopo l'invasione del Friuli e del Veneto la donna con il neonato in grembo incitava il marito-soldato a cacciare via l'invasore. Era l'intero nucleo familiare impegnato nell'immagine e risultava fin troppo semplice accomunare al concetto della famiglia quello della Patria. (Manifesto firmato da Finozzi) Ed ora tocca a Voi. Sottoscrivete! Anche questo manifesto utilizzava la nuova forma di propaganda basata sul ricorso ai mutilati. Fin troppo evidente il richiamo a Enrico Toti .
Corriere della sera, 22 gennaio 1918 p. 3. ASTV, fondo Prefettura 2°, b. 61, f. 9 .1. 36 M.R.BO., Bollettino M.R.BO. anno XXXVI , 1991, Il cuore ed il portafoglio, p. 75. 34
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Manifesto di Girus (Giuseppe Russo) della Banca Italiana di Sconto, per il IV Prestito, scandito in tre fasce orizzontali che simboleggiavano come da un tappeto di monete uscissero le armi per garantire vittoria e pace, dijèndendo la frontiera raffigurala da un'immacolata catena montuosa. (Proprietà Museo Civico del Risorgimento, Bologna)
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Manifesto di Mauzan per il V Prestito nel quale il soldato (dislocato sulla sponda am.ica del Piave) era pronto a recidere la mano rapace del nemico, che tentava di penetrare al di là del fiume . (Proprietà Museo Civico del Risorgimento, Bologna)
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PRESSO LE FILI ALI D EG LI IST ITUTI DI EMISSIONE DI CREDITO ORDINARIO - CASSE DI RISPARMIO - BANCHE POPOLARI E COOPERATIVE - DITTE E SOCIETA BAN= ....... CARIE - PARTEC IPANTI AL CON SORZIÒ DEL PRESTITO Manifesto di Ortelli degli Istituti di Credito ordinario, Casse di risparmio e Banche popolari, per il V Prestito incentrato: - sul concetto che alla Patria bisogna dare tutto, - sulla metodologia di propaganda utiliz.z.ata dal Comando Supremo di impiegare mutilati (fin troppo evidente il richiamo a Carlo Delcroi:x) . (Proprietà Museo Civico del Risorgimento, Bologna)
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Manifesto di Finov,i, per il V Prestito nel quale tutto il nucleo familiare è impegnato a ricacciare indietro l'invasore. (Proprietà Museo Civico del Risorgimento, Bologna)
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Manifesto di Bonzagni incentrato sulla figura di Enrico Toti che sollecita il compimento del dovere da parte degli altri cittadini: «Ed ora a Voì sottoscrivete». (Proprietà Museo Civico del Risorgimento, Bologna)
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Gli appelli di Dallolio non si erano [imitati a richiedere la sottoscrizione di prestiti statali, ma nei primi giorni di aprile del 1917 egli prospettava a un gruppo di industriali l'idea di creare un ente che testimon1asse lo spirito di solidarietà sociale e di riconoscenza nazionale degli industriali italiani verso i Caduti. «Industriali di guerra! ... Mai, come in questi anni, donare significò sentire. Mai sarà donato, mai sarà dato abbastanza dai difesi ai difensori, da chi pur tra l'intenso lavoro vive in paese a chi combatte al fronte, da chi riposa vicino ai piccoli suoi a chi li difende vegliando di contro al nemico ... Sarebbe invano aver fatto l'Italia se l'Italia non si sentisse una sola, il fratello più ricco non desse al fratello più povero, e gli orfani di madre che hanno il padre combattente fossero costretti da deficienza di asili all'inferiorità fisica e intellettuale per tutta la vita.» 37 L'idea, accolta favorevolmente, veniva realizzata in tempi brevi convocando i rappresentanti delle maggiori Ditte e raccogliendo i primi sette milioni. In questo modo era possibile gettare le basi dell'organizzazione, stabilita dallo Statuto, in modo che la Fondazione Nazionale Industriale pro Otiani di Guerra potesse essere eletta in Ente Morale con D. L. 26 agosto 1917, ad appena cinque mesi dalla proposta di Dallolio. Il problema dell'assistenza, infatti, aveva assunto proporzioni sempre più vaste. Da un'indagine, successiva al periodo bellico, risulta che gli orfani nati fra il 1902 (limite della minore età) ela data dell'armistizio del 1918 erano 355.370, dei quali il 62,4% figli di contadini, il 30,69% di operai e salariati, il 3,31 % di industriali e commercianti, il 2,70% di impiegati e professionisti, lo 0,90% di Ufficiali.38 Poiché la quantità degli orfani aveva travalicato le possibilità dell'iniziativa privata assistenziale, la Camera dei Deputati approntava un apposito disegno di legge, dibattendo specialmente i seguenti punti: - «se la tutela e l'assistenza degli orfani dovesse spettare allo Stato e se dovesse averne esso la responsabilità, ovvero se si potesse affidare a un ente autonomo così geloso incarico sotto la semplice vigilanza dello Stato.>>39 - se il provvedimento dovesse riguardare soltanto «gli orfani degli italiani residenti in Italia ... [o anche gli] orfani degli emigrati venuti a combattere e morti in guerra.» Alla fine lo Stato avocava a sé l'assistenza,40 affidando al Ministero dell'Interno le funzioni di indirizzo, armonizzazione delle iniziative, e vigilanza del rispetto delle norme legislative. Al momento dell'approvazione deJla legge n. 1.143 erano in funzione e venivano riconosciuti fo1malmente quattro grandi Istituti già esistenti: - l'Opera Nazionale per gli Orfani dei Contadini Morti in Guerra; - l'Istituto Principe di Piemonte per la Gente di Mare; - l'Opera Nazionale per l'Assistenza Civile e Religiosa degli Orfani dei Motti in Guerra; - l'Unione Generale degli Insegnanti Italiani. Dopo l'approvazione della legge venivano costituiti o riconosciuti numerosi altri Istituti, di ca.rattere nazionale," 1 che avrebbero esplicato la propria attività su tutto il territorio e si sarebbero differenziati soltanto per le categorie di Orfani che avrebbero preso in carico, e per le forme di assistenza svolte. Fra gli altri Istituti, la Fondazione Nazionale Industriale pro Orfani di Guerra, patrocinata da Dallolio, e la cui Commissione esecutiva era composta da 24 memb1i (fra i quali Agnelli, Breda, Franchi, Odero , Olivetti,
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MCRR, fondo Dallolio, b. 957, f. 11 , 1. 2 I.
Relazione La Fondazione Nazionale Industriale Pro Orfani di Guerra, dalle origini a tutto il 1923, Roma, Tipografia Pontificia dell'Istituto Pio IX, 1929, pp. 19-20. 39 APCD, Legisl. XX, 3• Sessione, Discussioni, Voi. XIIl, p. 13.741. 0 ' Legge n. 1.143 del 18 l.ugliò 1917. ' ' La Confederazione Nazionale per gli Orfani di Guerra, il Regio Orfanotrofio Militare di Napoli, l'Istituto Nazionale per le Figlie dei Militari Italiani di Torino, la Fondazione Nazionale Industriale per gli Orfani di Guerra, l'Ente Nazionale dei Commercianti per l'Istruzione degli Orfani di Guerra, la Fondazione Elena di Savoia per i figli dei Ferrovieri morti o diventati invalidi durante la guerra, il Patronato Scolastico Nazionale per gli 01fani di Guerra, la Fondazione Italo-Americana a favore degli Orfani degli Ufficiali Italiani morti sul campo, l'Istituto Nazionale Tito Molinari per gli Orfani degli Ufficiali morti o invalidi per la guerra, soci dell'Unione Militare, l'Ente Nazionale per l'Assistenza degli Orfani di Gue1Ta Italiani residenti all'estero. Cfr. anche la relazione La· Fondazione Nazionale Industriale Pro O,fani di Guerra dalle origini a tutto il 1923, Roma, Tipografia Pontificia dell'Istituto Pio IX, 1929, p. 22. 38
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Orlando, Parodi, Pio PetTOne, Piaggio, Pirelli e altri industriali di diversi settori),42 poteva devolvere le proprie rendite e il proprio capitale al fine di integrare 1'assistenza e la tutela dello Stato e di alt:J.i Enti per: - assegnazione di sussidi a favore di altri Enti con gli stessi fini della Fondazione; - creazione dj rendite o sussidi direttamente agli orfani di guena e alle loro famiglie; - costituzione di Istituti o , Case di educazione o di Istruzione. Venivano istituite apposite Commissioni Regionali, in genere presiedute da esponenti del mondo industriale: quella piemontese dal Senatore Giovanni Agne11i , la lombarda dal Senatore G .B. Pirelli, la veneto-emiliana dal Conte Piero Bianconcini, la ligure dal Comm. Vittorio Emanuele Parodi, quella per l'Italia Centrale dal Comm. ingegner Lorenzo Allievi, quella per I'Italia meridionale dal Comm. Maurizio Capuano , quella per l'Italia insulare dal Comm. Biagio Lamanna. Le maggiori sottoscrizioni venivano pubblicate, affinché fungessero da sprone, mentre il Presidente della Fondazione Fe1Tatis indirizzava una circolai-e a tutti gli industriali , nella quale, tra l'altro, affermava: «Tutta la Nazione comprende i] suo debito di riconoscenza verso coloro che in tena, su] mare, nell'aria , con sacrifici eroici, oscuri, infiniti, hanno dato la loro vita per la Patria. In questo slancio fraterno deve essere prima la classe industriale; non basta che essa operosa, fidente, silenziosa abbia apprestato con magnifico sforzo nelle sue officine le armi di difesa ai soldati, i prodotti necessari al Paese. È necessario che essa dimostri anche il suo profondo sentimento di fratellanza nazionale; è necessai-io che essa contribuisca tutta, unanime, al sorgere di una grande istituzione che affermi che agli Orfani di Guerra gli industriali hanno voluto dare una prova della ri.conoscenza che serbano nel cuore verso chi alla Patria ha dato la vita.»43 DaHolio aveva dato atto dell'impegno dimostrato dagli industriali: «Al mio appello perché conco1Tessero per g!j od'ani della guen-a, gli industriali hanno risposto nobilinente, altamente, associandosi alle proposte da me fatte e sono lieto di poter dire che avendo letto in Senato il telegramma inviato in nome degli industriali ed avendo significato l'intenzione degli stessi, tutto il Senato ha applaudito commosso a questa nobilissima manifestazione di sentimenti nazionali.»44 Egli, nella sua richiesta di contributi, non si era fern1ato a chiedere solo quello della classe imprenditoriale, ma si era rivolto anche al mondo operaio, sperando cli buttare <<in un terreno fecondo la proposta che accanto a quelle manifestazioni di sentimenti nazionali degl( industriali , concorra anche l'obolo degli operai . Ora gli operai bisogna che pensino che questa manifestazione non va ad alleviai-e il dolore nei palazzi, ma nelle più umili capanne e 1idare la fede, che è energia e vita alle Mamme, le quali sapranno che i loro figliuoli non moriranno.di fame, che non mancherà loro il pane. Pensino a tutto questo e t:J.·overanno che questi indust:J.-iali dipinti con dei colori molte volte differenti dalla realtà, non mancai10 di rispondere prontamente a tutti gli appelli che vengono dal cuore.»45 E ancora, forte del suo prestigio, il 22 ottobre 1917, a sette mesi di distanza dal primo appello agli industTiali, aveva chiesto un ulteriore impegno alla classe imprenditoriale, in nome delle finalità patriottiche dell 'industria.46
42
fondo b. 958 , f. 14 (2). La Fondazione Nazionale Industriale Pro 01:fanì di Guerra, dalle origini a tutto il 1923, Roma, Tipografia Pontificia delJ'Istituto Pio IX, 1929,pp. 23-24 . •• ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni, M iscellanea , Uffici diversi , B. 265 , Verbale del 1917 del crvn per l'ltalia Meridionale , pp. l.091-1 .092. 45 ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni, l\tliscellanea, Uffici diversi , B. 265 , Verbale del 1917 del CM I per l'Italia Meridionale, p. 1.092 . 46 CCMJ, Bollettino ciel Comitato Centrale di Mobilitazione Industriale n. 4, ottobre 1917, p. 106 «Aglilndust1iali d 'Italia . Al mio primo appello agli industriali perché sottoscrivessero per gli orfani dì guerra e costituissero una fondazione nazionale industriale, molti risposero con grande slancio e con vera generosità. - Ma non basta; la gue1Ta infuria e le vittime della guerra aumentano sempre. È un nuovo appello anche più vivo che oggi rivolgo agli industriali italiani, perché in questa tragica ora non deve essere detto che si raccolgono fottune quando tante giovani vite sono troncate pel grande ideale di congiungere la gloria colla libertà e realizzare il tr ionfo della civiltà umana. Industriali italiani, date, date ancora, siate orgogliosi di raccogliere ciò che avete guadagnato colla vostra operosità senza posa , per versarlo alla vostra fondazione pro orfani di guerra. Siate orgogliosi di MCRR ,
43
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Appello agli industriati per la sottoscrizione atta Fondazione Nazionale Industriale per gli O,fani di guerra. (Bollettino CCMT ottobre 1917)
Telegramma di Agnelli, in risposta all'appello di Dallolio, col quale viene comunicata la sottoscrizione di dieci milioni. (Istituto Storia Risorgimento Italiano, F Dallolio, b. 957,f. 8, l. 8)
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Libreno bancario della Banca d'Italia intestato al Ministero delle Armi e Munizioni - Fondo oblazione a favore dei profughi del Veneto. (Istituto Storia ..__ _ __ _ _ _ _ __ _ _ __ _ _ __ _ _......... Risorgimento Italiano , F. Dallolio, b. 957)
Il Generale Dallolio, sempre sua sponte, si era mosso anche verso altri settori e in particolare, dopo Caporetto, il primo novembre 1917, egli si era rivolto ancora agli industriali per sollecitare il loro intervento per i profughi del Veneto. «Recentemente ho rivolto un secondo appello agli industriali d'Italia per avere ancora nuove offerte per gli orfani di guerra; ma la situazione presente mi impone di fare un terzo appello, perché si raccolgano offerte pei profughi, pei nostri fratelli costretti a chiedere ospitalità avendo tutto lasciato nelle mani dei nostri nemici più implacabili. Ascoltino, industriali ed operai, il grido di dolore delle umane miserie di tanta gente, e diano, diano con sentimento di patriottismo, con sentimento di fratellanza - diano largamente perché mai come nell'ora grave che attraversa la Patria è dovere civile soccorrere quelli che più soffrono la dura prova.»47 Il successivo 10 novembre Dallolio avrebbe chiesto anche al Direttore Generale della Banca d'Italia di aprire un conto corrente, intestato al Ministero per le Armi e Munizioni-Fondo oblazione a favore dei profughi del Veneto «poiché cominciano a pervenire a questo Ministero da parte delle Ditte che lavorano per il munizionamento cospicue elargizioni a favore dei profughi delle nostre terre invase.»48 Con questa lettera egli non si limitava a chiedere una semplice operazione bancaria ma, con la sua autorevolezza, aggiungeva per il Direttore Generale: «Date le finalità cui mira la richiesta operazione mi auguro che Ella voglia consentire le maggiori facilitazioni possibili riguardo al tasso da corrispondere sulle somme che saranno depositate.» 49 In pratica, il Generale Dallolio era divenuto il punto di riferimento per tutti gli Enti impegnati nel1' attività di assistenza. Nelle sue opere assistenziali Dallolio era affiancato anche dalla figlia Elsa, come si evince da una lettera del 22 settembre 1917: «Fabio mi ha consegnato mille lire per le tue beneficenze. Dalle agli esuli nel mezzogiorno e fa ben risaltare l'offerta con un bel foglio di carta.» Dallolio, però, dopo l'avvio a molte opere assistenziali, ne seguiva costantemente l'iter. Nel maggio e aprile 1918, per esempio, aveva interessato personalmente il Ministro del Tesoro, Meda, affinché non venisse applicata la tassa sui sopraprofitti di guerra alle sottoscrizioni a beneficio della «sua creatura», la Fondazione Industriale Nazionale pro Orfani di Guerra. 50 La richiesta partiva dalla constatazione che analogo beneficio era stato adottato per l'Opera Nazionale dei Combattenti, che aveva scopi di beneficenza e assistenza simili a quelli dell'istituzione creata con le elargizioni degli industriali.
dimostrare che non l'avidità del denaro o la cupidigia del benessere, che oggi sarebbe un marchio indelebile di lesa patria, vi spinsero nel vortice degli affari, ma bensì la grande coscienza industriale che ha patriottiche finalità e previdenti accorgimenti. Date o industriali italiani, date ancora, io aspetto le nuove offerte. Voi assicurerete colla Italianità della lndusaia l'avvenire del Paese, e risponderete colla generosità che viene dal cuore al sacrificio dei nostri bravi soldati. Alfredo Dallolio.» 41 Telegramma n. 6.575 del 1° novembre 1917 ai Comitati Regionali di Mobilitazione Industriale e , per conoscenza, al Ministro dell'Interno e al Comando Supremo; Cfr. anche CCMI, Bollettino del Comitato ottobre 1917. 'li MCRR, fondo Dallolio, b. 957, f. 7, l. 9. 49 APTOP, serie Fascicoloni. 50 MCRR , fondo Dallolio, b. 957, f. 11, l. 9 s.
554
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A Dallolio, inoltre, facevano capo varie istanze, analoghe a quella dell'8 marzo 1918 di Monsignor Merlini, di Genova, che dirigeva la Casa di Educazione per gli Orfani di Guerra della Liguria. 11 Prelato aveva scritto che quell'istituzione sopravviveva «colla vendita di oggetti fabbricati dai fanciulli, con oblazioni di privati ed ottenendo da due generosi benefattori: Sig. Zaccaria Bozzotti la erezione di una Scuola Tornitori ed Aggiustatori del valore di oltre 100 mila lire e Sig. Nicolò Barabino la erezione di una officina dove i ragazzi addestrati nella scuola lavorano non meno di 120 granate da 75 al giorno ... nonché un laboratorio completo di sartoria dove sotto l'abile Direzione di un soldato sarto inabile datoci dal Comando del Corpo d'Armata si confezionano già ben 360 vesti militari complete al mese.» 51 II Prelato lamentava che: - con il cambio di Presidenza del Consiglio da Boselli a Orlando si era verificato un rallentamento delle relative pratiche burocratiche; - la sottoscrizione fra gli Industriali aveva dirottato a favore dell 'Opera Nazionale pro Orfani Guerra alcuni contributi che gli industriali liguri avevano promesso alla locale Casa di Educazione. Pertanto, Mons. Merlino chiedeva a Dallolio di concedere almeno trecentomila lire «sulle somme versate dagli industriali». Oltre all'assistenza immediata ai profughi, Dallolio ne aveva seguite le sorti nel «lontano mezzogiorno». Da un rendiconto generale risultava che, al 16 maggio 1918, erano stati versati (direttamente a Dallolio, o tramite Comitati Regionali di Mobilitazione Industriale) 3.465.445,12 lire.52 Tali opere assistenziali, avrebbero proseguita la loro attività anche dopo il periodo bellico, come si rileva da un'altra lettera di Dallolio inviata alla figlia Elsa il primo giugno 1920: «Per gli asili della provincia di Benevento hai fatto qualcosa? Me ne parlò la Baronessa Sonnino. Io dissi che ti occupavi del Mezzogiorno in generale, della Calabria e Puglie in particolare, ma che per saperne di più bisognava rivolgersi a te.» 53
51 52
5 '
Dallolio, b. 957' f. 11, I. 7. Dallolio, b. 957, f. 11, I. 19. APTGP, serie lettere ai.familiari, lettera l O giugno 1920 a Elsa.
MCRR, fondo MCRR, fondo
556
Capitolo 38 IL RAPPORTO DI DALLOLIO CON L'ANSALDO
Era opinione diffusa che l'Ansaldo, pur di accaparrarsi commesse, nazionali ed estere, non disdegnasse il ricorso a metodi cli marketing piuttosto «disinvolti». Esempi ne sono le missive inviate al Ministro degli Esteri, Marchese Cappelli, dall ' Incaricato di affari a Pietroburgo, Melegari: una il 24 maggio 1898 e un'altra il 14 giugno . Melegari aveva scritto quest'ultima, con compiacimento, per segnalare d'aver prestato assistenza ai rappresentanti dell'Ansaldo, recatisi in Russia per promuovere la vendita di un incrociatore alla Marina Imperiale. I] Console, infatti, li aveva messi in contatto con il Direttore delle costruzioni navali russe, Ammiraglio Tcherkowshy, fornendo loro anche indicazioni sulle offerte avanzate dalle ditte concorrenti, «forestiere e nazionali ... mettendoli così in maniera di presentare le proposte più vantaggi ose». 1 In ogni caso, nonostante qualche contrattempo per carenza di liquidità, la Casa Ansaldo avrebbe potuto contare sul fatto di essere il «N° 1 nelle ordinazioni». Anni dopo, il primo giugno 1912, il Rappresentante Generale dell'Ansaldo, Pio Perrone, inviava una lettera al Direttore dell 'Arsenale di Costruzioni d' Artiglieria enfatizzando le capacità industriali e gli impianti dell'Ansaldo, grazie ai quali era finalmente possibile «costruire grandi artiglierie quale prodotto effettivamente nazionale» . Il successivo 26 dicembre, sempre Pio Perrone, ritenendo di «compiere un dovere» comunicava al Ministro della Guerra Spingardi alcune «informazioni riservatissime»:2 l'adozione del Ministero della Guerra francese, per le batterie a cavallo , del materiale Schneider dal peso, in batteria, di 900 Kg, e di un cannone da posizione da 105 e dell'obice da 105; la commessa russa, alla Schneider, del mortaio da 11 pollici; lo studio, commissionato sempre alla Schneider, di un mortaio da 12 pollici; il programma di prove comparati ve previsto dall 'artiglieria francese per la prima metà del 1913, fra gli affusti Schneider, Déport, Chamond. Dallolio avrebbe confutato le cosiddette «informazioni riservatissime» in una nota inviata a Spingardi nella quale specificava che: 3 1) per le batterie a cavallo italiane, dotate di una bocca da fuoco del peso analogo a quella francese, era in corso di studio un nuovo materiale da 75 mm, più leggero e dal peso in batteria di 800 Kg, con caratteristiche «assai migliori di quelle del materiale francese ora adottato»; 2) in merito al cannone campale pesante da 105 mm a grandi settori, le Ditte Krupp, Schneider e Déport erano state invitate a presentarne un nuovo tipo: «i fatti dimostreranno se il progetto Schneider merita di essere anteposto agli altri»; 3) in merito all'obice campale pesante , l'artiglieria italiana aveva in dotazione «un ottimo obice campale pesante da 149 mm. e davvero non è il caso cli pensare ora ad un altro Schneider da 150 mm»; 4) a fronte della Russia, che aveva adottato il mortaio da 11 pollici (280 mm) a piattafo1ma, l'Italia aveva stipulato con la Schneider un contratto per un mortaio a ruote da 10 pollici (260 mm); 5) l'artiglieria russa aveva ordinato alla Casa Schneider lo studio di un mortaio da 12 pollici (305 mm) di tipo analogo a quello da 11 pollici, già introdotto nelle sue batterie e, volendo adottare tale bocca da fuoco, sarebbe stato meglio rivolgersi alla Krupp che aveva già compiuto, al riguardo , studi ed esperimenti.
1
ACS,
2
MCRR, fondo
Fondo Ministero Marina, D. Costruzioni navali, b. 4. Dallolio, b. 944, f. 20, I. 4. 3 MCRR , fondo Dallolio, b. 944, f. 20, I. 6.
557
Lettera inviata al Ministro degli Esteri, Marchese Cappelli, dall'Incaricato di affari a Pietroburgo il 14 giugno del 1898. (Archivio Centrale Stato, F. Ministero Marina - D. Costruzioni Navali, b. 4)
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Lettera dell'Addetto Militare a Pietroburgo al Comandante in 2A del Corpo di Stato Maggiore, del 24 luglio 1898. (Archivio Centrale Stato, F. Ministero Marina - D. Costruzioni Navali, b. 4)
Dopo qualche mese, Pio, Perrone scriveva direttamente a Dallolio, facendo leva sul «patriottismo» della Casa ligure per illustrare le caratteristiche di un nuovo cannone da 381/40, progettato dall'Ansaldo, per la cui realizzazione era stata allestita a «Sampierdarena e Comigliano una fabbrica di cannoni superiore a qualsiasi altra in Italia e tale da competere con molte all'estero» e ciò, non per concorrenza con altre fabbriche anglo-italiane, ma al solo scopo di spezzare un monopolio, ritenendo che tale decisione abbia «compiuta un'opera di illuminato patriottismo che speriamo sia feconda di vantaggi per l'economia nazionale» .4 Il 30 giugno 1915, era ancora Pio Perrone a prendere l'iniziativa, scrivendo stavolta al Ministro della Guerra Zupelli per fargli il quadro di tutte le lavorazioni in corso per l'Esercito e la Marina, e prospettando future possibilità per l'Esercito, grazie a.i propri progetti: «Dovremo pure costruire per il R. Esercito un rilevante numero di cannoni campali e da montagna da 75, 70 e 65 mm. mentre a questo programma si dovrà aggiungere quello derivante da alcune iniziative che abbiamo in istudio. Ci stiamo inoltre attrezzando per la produzione di un numero rilevante di proietti, in ragione di almeno 5.000 quotidianamente; nonché se ci riesce bene lo studio relativo, come vivamente speriamo anche per la fabbricazione dei bossoli in numero rilevante.» 5 E ancora, il 7 agosto, in una lettera inviata al Generale Dallolio per illustrare un programma di potenziamento dello Stabilimento per la produzione delle Munizioni, il presidente dell'Ansaldo Pio Perrone affermava: «Crediamo che queste cifre valgano, assai più e meglio di qualunque ragionamento, a dimostrare l'immensità dello sforzo che abbiamo fatto, il quale apparirà tanto più immane ove si rifletta al
4
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MCRR, MCRR ,
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fondo Dallolìo, b. 959 f. 12, I. I. fondo Dallolio, b. 944 f. 19, I. 3.
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Lettera dell 'Ansaldo al Presidente del Consiglio per sollecitare un. intervento a favore di una commessa di coraz,ze. (Archivio Centrale Stato, F. Segreteria Particolare del Duce, b. 50-250)
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tempo relativamente brevissimo nel quale viene compiuto. Ma esso non è uno sforzo isolato, perché contemporaneamente abbiamo provveduto e continuamente provvediamo ad accrescere la potenzialità degli altri stabili menti, sia per la produzione di. artiglieria con tutti i loro accessori, sia per quella dei bossoli .>>6 La lettera si chiudeva chiedendo «quel trattamento di cui ci rendono meritevoli il nostro slancio e, ci sia lecito il dirlo, l'abnegazione della quale diamo continue prove . E siamo certi che V.E. apprezzerà le nostre benemerenze.»7 Due mesi dopo , il 12 ottobre, Pio Perrone tornava all a carica con il Generale Dallolio, allo scopo di «batter cassa», insistendo sull 'abusato tasto del patriottismo della Casa ligure che, a suo dire , l'aveva spinta ad avviare molte lavorazioni di propria iniziativa. La lettera è riportata quasi integralmente per mettere in risalto le strategie dell' Ansaldo. «Alla E.V. che conosce la nostra attività e spi rito di iniziativa e la straordinaria potenza dei mezzi di produzione dei quali disponiamo, l' una e l' al tra cosa essendo abbondantemente dimostrate, a prescindere da quanto faccia mo e facem mo per la R. Marina, dalla solerzia e rapidità con le quali abbiamo approntati gli affusti per mortai da 305, 280 e 210; nonché i mortai ed affusti da 260, rivolgiamo fidu ciosi le considerazioni seguenti perché siano adottati provvedimenti indispensabili per la nostra vita industriale. La nostra Società di sua sola iniziativa ha messo in costruzione in aggiunta ai lavori indicati, le automobili blindate, i lanciabombe da 50 e 75 mm, alcuni poten ti cannoni da assedio da 152 mm., il primo dei quali sarà pronto entro pochi giorni. Attendiamo ora con la massima alacrità ad impiantare ed organizzare: - una fabbri ca di proietti che sarà la più grande d'Italia, - una fabbrica di bossoli, spolette ed inneschi, - una fabbrica di bombe scoppianti e di bombe a gas asfissianti. È in corso l'ingrandimento di tutti i reparti dell 'Acciaieria e dello Stabilimento di costruzione d'Artiglieria, affi nché la produzione dei cannoni sia notevolmente accresciuta. Abbiamo acquistato centinaia e centi.naia di macchine d'ogni sorta, tomi , bareni, rigatrici ecc., perché sia possibile l'estrinsecazione di un grande programma. Sempre di nostra iniziativa facciamo un impianto per il ritubamento dei cannoni, impianto indubbiamente destinato a rendere grandi servi zi. Insieme con la Società Dinamite Nobel di Avigliana, eseguiamo a Fossano un grande impianto per il caricamento di proietti e di bombe. Abbiamo in corso di attuazione altre iniziative importanti, senza parlare di quella importantissima delle lamiere imperforabili per scudi di fanteria ed artiglieria ecc. che abbiamo già fornito in grande quantità. Tuttavia fino a tutt'oggi noi non abbiamo potuto incassare che piccole somme, ond'è che io mi permetto di invocare da V.E. un provvedime nto adeguato ad agevolarci l'adempimento del nostro programma, il quale non solo è grandioso e senza precedenti nell 'industTia nazionale, ma risponde indubbiamente a necessità imprescindibili nelle attuaii circostanze di guerra. Sarebbe utile e necessario di addivenire al più presto alla definizione del contratto di fornitura delle batterie da 102 e 105 la cui importanza è dimostrata dal fatto che abbiamo già ordinate per esse più di 500 automobili, facendo pure delle anticipaz.ioni alle Ditte che le costrùiscono. Se si renderanno necessarie ancora delle varianti, le faremo di buon accordo con le Autorità competenti; ma noi non possiamo più continuare come ora a sostenere l'onere sia degli impianti sia del materiale in costruzione, la ~ui quantità e mole tutte le Commissioni che visitarono i nostri stabilimenti ebbero modo di accertare, senza ricevere l'aiuto dei compensi contrattt1ali ... Questo stato di cose anormale, il quale crea gravi imbarazzi finanziari alla nostra Società, che nondime no ha mostrato dì avere tante e tante utili iniziative, occorre che sia risolto con sollecitudine, la qual cosa sarà conseguita qualora a V.E. piaccia di ordinare che gli Uffici dipendenti addivengano senza altro indugio alla stipulazione dei contratti e di esigere che siano subito dopo immediatamente applicati. Noi non possiamo sopportare più a lungo un peso di impegni che si cifrano
Perrone , ssR, b. 448 , f. 14, p. 5, lettera dell'Ansaldo al Gen. Dallolio del 7 agosto J915 . fondo Pcnone , SSR, b. 448, f. 14, p. 5, lettera dell'Ansaldo al Gen. Dallolio del 7 agosto 19 15.
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FONDANSGE, fondo
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a circa 40 milioni, ed io nutro fiducia che V.E. ben compreso dell'importanza di quanto mi sono onorato di esporle, vorrà impartire le disposizioni che rispettosamente domando. Per la qual cosa porgo a Vostra Eccellenza i miei ringraziamenti anticipati; insieme con i sensi della mia profonda osservanza. Pio Perrone» .8 Ma Dallolio non si faceva condizionare e lo dimostra una sua lettera successiva, in cui il Sottosegretario alle Armi e Munizioni, pur elogiando un'attività <<senza dubbio molto pregevole», rilevava, dalla relazione mensile sull'operato l'Ansaldo, che la Casa ligure aveva posto in lavorazione« ... di propria iniziativa vari materiali (installazioni terrestri da 152, cannoni da 149 A con affusto a deformazione, ecc.) ed altri ha in corso di studio (ad esempio l'installazione di cannoni da 381 su carri ferroviari)». Dallolio aveva evidenziato come tale attività« ... nelle circostanze presenti possa non essere del tutto opportuna e ciò perché necessariamente sottrae energie e mano d 'opera che potrebbero e dovrebbero impiegarsi per intensificare l'allestimento dei numerosi materiali in commessa, molti dei quali hanno - com'è noto - carattere di immediata urgenza e sono ansiosamente attesi quasi di giorno in giorno. Lo scrivente, perciò, pur apprezzando lé elevate intenzioni di codesta Società- le quali mirano appunto a dare al nostro Esercito mezzi nuovi e sempre più efficaci - le sarà grato se vorrà limitare i lavori di sua iniziativa a quei pochissimi - d'indole speciale - che non impegnano macchine e maestranze adibite o che possono adibirsi per l'allestimento dei manufatti in commessa e di dedicare invece tutta quanta la propria attività e tutti gli sforzi per conseguire un acceleramento nelle consegne tenendo presente che sarà questo il modo più efficace per corrispondere alle intenzioni del Comando Supremo.>>9 A stretto giro di posta, Pio Perrone si trovava costretto ad «arrampicarsi sugli specchi» per dimostrare che le iniziative clell' Ansaldo non interferivano con l'allestimento dei numerosi materiali in commessa essenzialmente per due motivi: - l'esiguità della mano d'opera richiesta per tali lavorazioni; - Ia decisione cli effettuare lavorazioni cli propria iniziativa presa «soltanto» quando ciò era compatibile con il regolare svolgimento dei lavori urgenti. Perrone affermava, dunque, che queste lavorazioni venivano inserite ne~ normale ciclo produttivo quando «nella serie delle successive e diverse manipolazioni cui ogni lavoro viene assoggettato si forma una di quelle lacune che sono inevitabi1 i, data l'impossibilità materiale di regolare 1' andamento cli ogni reparto con quel sincronismo matematico, che è desiderabile e richiesto teoricamente; ma irrealizzabile in pratica anche perché le diverse lavorazioni esigono fasi di tempo differenti: È nell'interesse medesimo dell'urgenza dei lavori che noi siamo ben di sovente costretti ad applicare alcuni reparti a lavorazioni diverse da quelle a cui sono abitualmente adibiti, e ciò tanto allo scopo di predisporli in modo che possano al momento opportuno eseguire rapidamente un compito d~terminato, quanto per evitare che uno di essi sia disorganizzato nell'intervallo prodotto dal succedersi con una interruzione più o meno lunga di due lavori simili; nonché infine perché rimanga in funzione e piena efficienza codesto riparto quando abbia completamente espletate la parte assegnatagli nell'andamento generale delle lavorazioni.» 10 _ Nella sua arringa a difesa dell'operato dell'Ansaldo Pio Perrone: a) non si peritava cli sfiorare i limiti della sfrontatezza, arrivando a sostenere che la prassi dell 'iniziativa « ... è necessaria e giova a conservare tutti i reparti in potenza in grado di dare il maggior rendimento possibile ... »; b) si attribuiva il merito di sentire « ... 1' obbligo di pensare, prevenendolo, alla eventualità sia del secondo semestre di quest'anno, sia a quello del 1917, perché nessuno sa quali sorprese possa riserbarci l'avvenire .. .»
fondo Perrone, Serie Scatole Rosse (d'ora in avanti SSR) b. 448 , f. 3. fondo Perrone, SSR b. 448 , f. 14, lettera ciel 10 febbraio 1916 all'Ansaldo. 1°FONDANSGE, fondo PeJTone, SSR b. 448, f. 14, lettera ciel 18 febbraio 1916 a Dallolio .
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FONDANSGE ,
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FONDANSG E,
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In conclusione, tralasciando le sue capacità di previsione riguardo ai possibili avvenimenti del 19 17, non è possibile sottacere l'insussistenza della giustificazione addotta per motivare l'impossibilità di maggiorare la produzione di bocche da fuoco,« ... attualmente limitata dal numero di foratrici e rigatrici disponibili più che da altri motivi; la qual cosa, però, non ci impedisce di preparare intanto una buona quantità di elementi in previsione del giorno in cui avremo accresciute le macchine anzidette ... ». La lettera di Perrone, infatti, risale al febbraio del 1916, cioè ben nove mesi dopo l'entrata in guerra; un periodo al quale andrebbe aggiunto l'anno di neutralità durante il quale, oltre all'esercito combattente, si era preparato (o quanto meno lo si sarebbe dovuto preparare) anche quello «industriale». Se l'Ansaldo fosse stata veramente così pregna di quei sentimenti patriottici e preveggenti, come egli sosteneva, si sarebbe già dotata, e da buon tempo, di quelle macchine di cui lamentava la mancanza. Due anni dopo, anche Mario Perrone, fratello di Pio e Amministratore Delegato dell'Ansaldo , avrebbe insistito sull'argomento delle «lavorazioni d'iniziativa» per «batter cassa»: «Noi abbiamo bisogno di rifare il nostro capitale circolante. La politica di approvvigionamento che facemmo durante la guerra antivedendone le necessità e che procurò il plauso del Governo nei giorni tristi susseguenti al disastro di Caporetto, ha assorbito tutta la nostra disponibilità finanziaria. La realizzazione immediata di questa disponibilità è per noi una necessità inesorabile e perciò noi non insisteremo mai troppo sulla regolarizzazione degli impegni e sul pagamento di quanto ci è dovuto ... >> .11 Comunque sia, l'Ansaldo era stata chiamata a un colossale sforzo produttivo. All'inizio della guerra, la Casa ligure aveva individuato nelle artiglierie il settore che più avrebbe avuto bisogno di esser incrementato da parte dei responsabili militari, e in quest'ottica s'era organizzata per «quadruplicare» la produzione. In vista di questo fine, il 20 maggio 1915, Mario Pe1rnne aveva inoltrato alle Direzioni degli Stabilimenti dipendenti una «Circolare riservatissima - Segreto di Stato», in cui chiruiva come tutto il materiale di artiglieria in corso di costruzione, e quello che sarebbe stato ordinato successivamente, avrebbe dovuto avere precedenza assoluta, «lavorando giorno e notte.» Pertanto, veniva stabilito uno stretto collegamento fra Stabilimento di Artiglieria e quello Meccanico affinché quest'ultimo potesse assumere prute del lavoro del primo. « ... Occorre mettiate a disposizione di detto stabilimento, tutta la vostra forza industriale, per aiutare efficacemente la costruzione delle artiglierie . . . La gravità del momento esige da noi tutti uno sforzo supremo e che tutte le nostre energie devono essere livolte a far sì che i nostri Stabilimenti siano all'altezza della situazione e dimostrino che sono di efficace ausilio alla Patria.» 12 Dopo pochi mesi, l' 11 dicembre, Mari.o Perrone spronava lo Stabilimento per la Costruzione delle Artiglierie ponendo nuovi traguardi produttivi: « ... D'accordo col Meccanico, bisogna costruire il più grande numero possibile di macchine coi nostii mezzi e con le nostre forze , poiché non vi è guadi a fidarsi sul concorso dall'estero. Occorre ... entro l'anno 1916, arrivare ad una produzione di 1.500/2.000 bocche da fuoco perché nel secondo semestre bisogna quadmplicare la produzione.» 13 E ancora: «Vi ricordo che si deve compiere uno sforzo supremo, fornendo tutto il materiale in costruzione per la difesa dello Stato; specialmente quello destinato all'Artiglieria deve avere la precedenza su tutto e per questo materiale bisogna evitare qualsiasi ritardo sulle date fissate .. . In questi momenti bisogna fare il doppio, il quadruplo di ciò che si fa in tempi normali, immedesimandosi della grande necessità che ha il nostro Stato di poter disporre nel termine più breve di tutto il materiale che abbiamo in costruzione e della grave responsabilità che ci incombe ritardandone la consegna.>> 14
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Lettera di Mario Perrone al Presidente del CMI di Genova in data 18 novembre 1918, Cfr. U.M. Miozzi, La Mobilitazione Industriale Italiana ... , op. cit., p. L71 . 12 FONDANSGE, fondo Perrone, SSR, b. 469, f. 9, lettera dell'Ansaldo agli Stabilimenti Cantiere, Meccanico, Delta, Fonderie, Elettrotecnico, Allestimento e Meccanico ciel 20 maggio 19 15. 13 FONDANSGE, fondo Perrone, SSR , b. 469, f. 2, lettera dell'Ansaldo allo Stabilimento per le Costruzioni d'Artiglieria dell' 11 dicembre 1915. 14 FONDANSGE, fondo Perrone, SSR b. 469, f. 24 lettera del 15 gen. 1916 dell'Amministratore Delegato alla Direzione de llo Stabilimento Metallurgico Delta.
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Perrone incalzava quindi lo Stabilimento Delta: « ... In questi momenti bisogna fare il doppio, il quadruplo di ciò che si fa in tempi normali, immedesimandosi della grande necessità che ha il nostro Stato di poter disporre nel temune più breve di tutto il materiale che abbiamo in costruzione e deJla grave responsabilità che ci incombe ritardandone la consegna ... dovete produrre . .. anche il maggior numero possibile di bossoli, organizzando sempre meglio il lavoro per una maggiore e sempre più forte produzione giomaliera.» 15 A quanto sembra, però, quest'azione di collegamento fra più stabilimenti per incentivare la produzione delle artiglierie non aveva dato i risultati sperati e, circa un anno dopo, sarebbe partita una «reprimenda» per lo Stabilimento di Artiglieria: «. . . Trovo però che codesta Direzione non richiede sufficiente collaborazione agli altri stabilimenti: tutte le Direzioni e tutti gli Ingegneri sono animati da buona volontà e disposti a fare un maggiore sforzo per collaborare ancora più efficacemente ai lavori di artiglieria. Codesta Direzione dovrebbe volere e sapere richiedere un maggiore contributo.» 16 Lo sforzo produttivo dell'Ansaldo avrebbe comunque dato i suoi frutti, e non soltanto in campo nazionale; il 4 gennaio 1917, infatti, Pio Ferrone informava il Generale Dallolio d'aver firmato un contratto per la fornitura al Governo russo di 50 batterie di cannoni da 106,7 .17 Negli anni della Grande Guerra, l'Ansaldo avrebbe attuato una forma di <<pressing contemporaneo» su diverse Autorità militari, che il Ministro della Guerra, Zupelli, aveva rilevato, sin dai primi mesi del 1915, e portato a conoscenza del Comando Supremo tramite una lettera ·approntata dalla Direzione Generale di Artiglieria e Genio (Dallolio). «La Ditta Ansaldo ha adottato un sistema che è quello di mandare dei promemoria a quattro o cinque alte autorità, compresa Casa Reale, per uno stesso argomento, dopo averne parlato negli Uffici del Ministero, tanto per darsi maggiore importanza, per cui il Ministero mentre sta provvedendo riceve da tutti i lati raccomandazioni, comunicazioni, preghiere, inviti - e l'argomento è sempre lo stesso - spesse volte già esaurito.» 18 Zupelli, ipotizzando una «scalata» da parte dell'Ansaldo: - faceva un'affermazione abbastanza pesante: «Il tentativo di volersi creare una posizione privilegiata tipo Krupp o Schneider non è da approvarsi tanto più conoscendo i metodi pei quali ha grandi inclinazioni»; - chiedeva al Comando Supremo che «il Commendatore Perrone sia invitato a corrispondere solo col Ministero argomenti che riguardano essenzialmente il Ministero stesso, e a non dilagare le sue corrispondenze»; - ripoitava, come esempio del <<dilagare», il caso delle mitragliatrici mod. 1911 leggere per le quali «il Commendatore Perrone sapeva benissimo che non ce ne erano disponibili, tuttavia ne ha parlato, ha scritto al Ministero, ed ha fatto ancora da diversi lati le stesse corrispondenze per avere sempre la stessa risposta.» L'Ansaldo, inoltre, giocando sul fatto che ali' epoca le due Forze Armate erano distinte, aveva cercato di svolgere, di propria iniziativa, quell'azione di raccordo e di sintesi propria di un organismo istituzionale (oggi individuabile come Ministero Difesa). Nel maggio del 1916, infatti, aveva proposto al Ministro della Guerra l'adozione di un nuovo cannone per l'Esercito: «La nostra Società ha in lavorazione n. 60 cannoni da 102/35 per la R. Marina, destinati all'armamento dei cacciatorpediniere in c_orso di costruzione, ed avendo noi - con notevole anticipo sulle consegne stabilite - già provveduto all'armamento dei cacciatorpediniere in corso di allestimento, proporremmo di approntare n. 20 dei suddetti cannoni da 102/35 opportunamente sistemati da poter essere utilizzati dal R. Esercito entro breve termine - tre mesi circa - iniziando la consegna del primo entro un mese dall'accettazione e benestare della nostra proposta. Tale sistemazione potrebbe - ove il Ministero della Guerra ritenesse di prendere in con-
FONDANSGE, fondo Perrone, SSR, b. 469, f. 24, lettera dell'Ansaldo allo Stabilimento Delta del 15 gennaio 1916; cfr. anche b.449 , f. 7 del 29 gennaio 1916. 16 FONDANSGE, fondo Perrone, SSR, b. 469, f. 23, lettera dell'Ansaldo allo Stabilimento di Artiglieria dell'8 giugno 1916. 11 MCRR, fondo Dallolio, b. 955, f. 2, l. 6. 18 MCRR, fondo Dallolio, b. 944, f. 19, l. 7, lettera del 3 agosto 19 15 al Comando Supremo. 15
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siderazione la nostra proposta - da noi essere studiata, col precipuo intento di renderne facile il trasporto e l'impiego di detti cannoni mediante gli ordinari camions militari .» 19 L'Ansaldo aveva anche proposto di realizzare un cannone antiaereo da 76/17, usufrnendo di un «cannone da sbarco tipo Schneider di cui la R. Marina ne possiede 92 esemplari, alcuni dei quali potrebbero eventualmente essere rapidamente installati sopra automobili munite di affusto speciale antiaereo a linea di mira indipendente di nostra creazione.»20 Inoltre, il 3 maggio, aveva inviato la medesima proposta direttamente a Dallolio;21 procedura, questa, abbastanza insolita, perché era risaputo che, ove fosse pervenuta una proposta al vertice (in questo caso al Ministro in persona), sarebbe stata cura dello stesso trasmetterla agli Organi tecnici dipendenti (in questo caso il Sottosegretariato delle Armi e Munizioni) affinché venisse esaminata, come in effetti era avvenuto con la lettera ritrasmessa dal Ministro in data 6 maggio. Viceversa, se la proposta fosse pervenuta a un Organo tecnico, questo, dopo averla esaminata, sarebbe stato tenuto a informare il proprio vertice per le deliberazioni del caso. Il fatto che l'Ansaldo avesse fatto questa doppia proposta Zupelli-Dallolio, confermava quanto Zupelli aveva scritto il 3 agosto 1915 al Comando Supremo sull'abitudine della Ditta di interessare simultaneamente diverse Alte Autorità. Nell'attuare questa manovra di «corteggiamento» delle Autorità, Pio Perrone inoltrava una sequela di richieste per ottenere udienza: 22 - il 28 aprile 1916 al Sottosegretario di Stato Ministero deJla Guerra Gen. Vittorio Alfieri,« ... desiderando di presentarle i miei ossequi personali e quelli della Società Ansaldo»; - il 28 aprile 1916 al Generale Morrone, Ministro della Guerra, « ... avendo bisogno di esporle assai lungamente i problemi che ci occupano e della cui gravità ed importanza V.E. è ben conscia»; - il 18 maggio 1916 al Presidente del Consiglio per «approfondire la trattazione di alcuni argomenti già trattati in precedenza». Nel dicembre 1917 Pio Perrone si era lamentato con Da11olio circa pretesi contatti avuti da questi (Ministro alle Armi e Munizioni) a Parigi, per un finanziamento, da parte francese, degli impianti elettrosiderurgici della Valle d'Aosta per la trasformazione del minerale di Cogne. E poiché ciò, a detta di Perrone, sarebbe avvenuto nel quadro di un'azione rivolta a disporre di una maggiore quantità di energia elettrica «necessaria alla difesa nazionale», questi aveva aggiunto: «le forze idriche a nulla servono se non si trasforma in energia elettrica, per la qual cosa occorrono nrrbine, le macchine ed i materiali elettrici, che noi abbiamo già in costruzione e che nessun'altra impresa potrebbe improvvisare, o quanto meno avere più presto di noi.» 23 La risposta di DalJolio, a stretto giro di posta, avrebbe smentito seccamente queste insinuazioni. Alcuni comportamenti dell'Ansaldo, d'altronde, certamente non erano piaciuti a Dallolio. La Casa ligure, oltre ad alcuni ritardi nelle consegne, aveva commesso degli errori . Per esempio, l'inchiesta condotta dal Sottosegretariato alle Armi e Munizioni, in seguito all'informazione pervenuta nel 1916 dal Comando Supremo circa lo scoppio di alcuni cannoni da 149 costruiti dall'Ansaldo, aveva fatto emergere come l'incidente fosse stato da attribuire a un'errata rigatura cli quelle bocche da fuoco, imputabile al Capo Officina del Reparto Rigature dell 'Ansaldo.24 Andavano aggiunti, fra gli insuccessi industria-
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MCRR, fondo Dallolio, b. 960, f. 2, l. 10, p.
20
MCRR,
1. fondo Dallolio, b. 960 , f. 2, I. 10, pp. 2-3. 21 MCRR, fondo Dallolio, b. 944, f. I 9, I. 1. 22 FONDANSGE, fondo Perrone, SSR b. 448, f. 2. 23 MCRR, fondo Dallolio, b. 959 , f. 10, I. 12. 24 In effetti, il Capo Officina Rigature dal disegno originale dello sviluppo di una r[ga aveva ricavato un piano quotato omettendo di indicare quale parte si riferisse alla volata. e quale alla culatta; il che aveva comportato, all'atto della rigatura della bocca da fuoco, l' invers ione dell'andamento della riga. L'inversione della rigatura inizialmente elicoidale con piccola inclinazione, un tratto intermedio con inclinazione crescente ed un tratto terminale in volata con inclinazione massima, provocava un movimento irregolare del proietto durante il percorso nell'anima con sbattimenti contro i pieni delle righe. All'enore del Capo Officina andava aggiunta l'omissione del controllo da parte del1'lngegnere Capo Reparto.
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li di quella Ditta, il fal1imento dell'obice da 105 e dell'affusto per obice da 149. A questi errori in campo industriale andavano sommati comportamenti anomali della Direzione Ansaldo, quali la doppia vendita di cannoni da 381/40 alla Regia Marina e al Regio Esercito. L'episodio aveva avuto origine da un contratto del 1913 con il quale il Ministero della Marina aveva affidato all'Ansaldo la fornitura di quattro coppie di cannoni da 381/40 al prezzo unitario di 410,800 lire. «Il 26 agosto 1916, dopo l'offensiva austriaca nel Trentino , il Ministero delle Armi e Munizioni richiedeva a quello della Marina la cessione gratuita di due cannoni da 381 in avanzata costruzione presso la Ditta Ansaldo.>> «Il Ministero della Marina acconsentiva alla richiesta ... Tale concessione, della quale era stata data comunicazione alla Ditta Ansaldo ... avveniva in forma gratuita, in applicazione delle intervenute norme legislative che consentivano la deroga temporanea alle disposizioni dettate dalla legge per la contabilità dello Stato. Successivamente, ed in varie riprese , il Ministero della Marina, aderendo ad analoghe richieste del Ministero Armi e Munizioni, cedeva gratuitamente, entro l'agosto 1917, altri cinque dei predetti cannoni da 381/40 in costruzione presso l' Ansaldo.» 25 La concessione «in forma gratuita», richiamata dalla relazione della Camera sulla doppia vendita effettuata dalla società Ansaldo di cannoni da 381/40, sta a significare che per reciproci accordi intervenuti nel 1916 fra le Amministrazioni della Guerra e della Marina con il Tesoro, i passaggi di materiali da un'Amministrazione all'altra dovevano avvenire con il semplice passaggio di carico, senza reali rimborsi.26 Nonostante una «esplicita dichiarazione di impossibilità materiale di ulteriore fornitura di cannoni da 381/40, la ditta Ansaldo induceva il Ministero delle Armi e Munizioni a stipulare ... la fornitura di 4 cannoni da 381/40 al prezzo unitario di lire 2.100.000.»27 Successivamente, a poco meno di tre mesi, la stessa Ditta assumeva la fornitura di a1tri tre cannoni da 381 al prezzo unitario, lievitato, di 2.337 .000 lire. <<L'Ansaldo era perfettamente consapevole dell'avvenuta cessione dalla Marina alle Armi e Munizioni: sapeva che i sette cannoni non più erano suoi, dal momento che aveva riscosso l'intero prezzo di uno e un notevole acconto sul prezzo degli altri sei, e rilasciata dichiarazione di proprietà alla Marina. Perché li rivendette alle Armi e Munizioni ad un prezzo tanto maggiore?» .28 Oltre tutto , il costo unitario dei cannoni, per i quali le materie prime erano state già approvvigionate in tempo di pace, sarebbe dovuto risultare, secondo la Commissione d' inchiesta di lire 821.319 (2.337.000 prima del secondo l'ultimo contratto) richieste al Ministero Armi e Munizioni. La Commissione d'Inchiesta, nel rilevare anche alcune disfunzioni verificatesi ne] Servizio Amministrativo del Ministero Anni e Munizioni (tra cui il mancato collegamento con la Marina), perveniva al1a conclusione che si rilevava «manifesta la mala fede della Ditta Ansaldo. Di vero, l'Ansaldo omise di dichiarare al Ministero delle Armi e Munizioni, neJle trattative di cessione dei sette cannoni da 381, che dei medesimi (almeno in parte) era proprietaria la Marina, la quale aveva già effettuato il pagamento delle prime rate di tali cannoni ... non poteva quindi la ditta alienare materiali, che ormai più non le appartenevano, facendone oggetto di contratto con altro ente.»29 Pertanto, la Sottocommissione incaricata di verificare la validità del contratto intervenuto fra il Ministero Anni e Munizioni e la società Ansaldo concludeva «dichiarando la responsabilità della Società Gio. Ansaldo e C. e , in solido del Comm. Pio Perrone, in proprio», richiedendo la condanna al pagamento della somma di 596.530,90 lire per interessi maturati sui pagamenti che erano stati già effettuati all 'Ansaldo.30
Legisl. XXVI, Sessione 1921-23, Doc. Dis. Legge e Rel., Doc. XXI, Voi. II, p. 304. Legisl. XXVI, Sessione 1921-23, Doc. Dis. Legge e Rel., Doc. XXI, Voi. II , p. 311. 27 APCD, Legisl. XXVI, Sessione 1921 -23 , Doc. Dis . Legge e Rei., Doc. XXI, Voi. II, p. 344. 28 APCD, Legisl. XXVI, Sessione 1921 -23, Doc. Dis. Legge e Rei., Doc. XXI, Voi. II, p. 306. 29 APCD, Legisl. XXVI, Sessione 1921-23, Doc. Dis. Legge e Rei., Doc. XXl,Vol. II, p. 319. Il prezzo reale del cannone da 38 1/40 risultava essere: lire 1) 582.000 prezzo contrattuale, 2) 153.455 plus valore per la bocca eia fuoco, 3) 85 .864 per anello cli culatta e culla. · )() APCD, Legisl. XXVI, Sessione 1921-23, Doc. Dis. Legge e Rei., Doc. XXI, Voi. U, p. 321. 25
APCD,
26
APCD,
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Nel 1923 Mussolini avrebbe convocato il Generale Dallolio per affidargli la direzione del Collegio Arbitrale sull'Ansaldo, per decidere sulle numerose partite da liquidare e influenzate da due termini in contrasto fra di loro: - da parte dell'Ansaldo le possibili esagerazioni sui prezzi pattuiti e sui contenziosi che si erano aperti, quale il doppio pagamento dei cannoni da 381/40 da parte dell'Esercito e della Marina che aveva portato all'annu llamento nel 1918 del contratto n. 1.513 stipulato nel 1917 e alla richiesta, da parte della Commissione d'inchiesta, di versare allo Stato 596.350,90 lire per interessi;3' - da parte dello Stato le burocratiche lungaggini per i pagamenti dovuti, che facendo lievitare le spese delle aziende per gli interessi che queste dovevano alle banche, avevano fatto gonfiare i contratti da stipulare con lo Stato stesso. «L'Ufficio si installava nel Palazzo della Banca Nazionale di Credito ma inizialmente veniva nominato soltanto il Segretario Garrone. Subito sorgevano delle indecisioni sulla possibilità di rimborso spese e sulla concessione del gettone di presenza, una mancanza di provvedimenti amministrativi che rischiava di affidare queste commission i a degli "abitudinari". Perché come si fa a prendere dei giovani intelligenti, lavoratori, colti dell 'Alta Italia, e farli venire a Roma gratis, visto che in genere non sono pescicani. Siamo sempre lì, per forza si deve ricadere sui soliti nomi perché con largo gesto dicano io non voglio niente perché ne hanno tante delle risorse ed è miseria quanto può dare loro il Governo. Anzi se un giorno si persuaderanno che l'ideale individualità non esiste e si contentassero dell'uomo di tutti i tempi e di tutti i luoghi, ma non pretendessero che le sue capacità venissero come a offrirsi in olocausto sull'altare della Patria ci metteremmo sulla via diritta senza egoismi, senza finzioni dando ragione a San Paolo .»32 Tutto ciò aveva comportato a dei ritardi nelle nomine e, quindi, nell'avvio dei lavori: «Sono in attesa dei miei colleghi del Collegio Arbitrale Ansaldo per poter cominciare il lavoro. Ma come è difficile riunire tre persone oggigiorno.»33 Una volta al completo il Collegio Arbitrale, comunque, erano iniziati i lavori, e .in quel frangente Dallolio si era dimostrato spietato: 1) verso i ritardi dello Stato nei pagamenti: «Non si fanno industrie quando il pagatore è portato a trattare i pagamenti come le nespole, pagano gli ami.ci, gli industriali si coprono di cambiali e per ultimo lo Stato finisce per pagare e molte volte paga agli Eredi. Un'Industria sana richiede pagamenti pronti e sicuri. Falcidiare nei contratti. Essere impopolari nei contratti, ma quando l'ora di pagare deve suonare . ... .. pagare e non nicchiare.»34 2) nei confronti dei «pescicani» dell'industria: «occorre distinguere ciò che è industria sana, onesta da ciò che è speculazione borsistica o beneficio dei pescicani . E in fatto di pescicani tutte le industrie ne hanno, più di tutte quella agricola, tutte ne hanno . Più pescicani degli affittuari, mercanti, negozianti dove trovarli oggi?>> .35 Si può facilmente immaginare quali ripercussioni avessero avuto sul Generale Dallolio queste vicende, sulle quali ci si è dilungati allo scopo dj far emergere l'abitudine dell'Ansaldo di avviare alcune produzioni prima ancora della definizione dei relativi contratti, prevaricando in tal modo l'Amministrazione militare - che veniva a trovarsi davanti a un fatto compiuto. E questa «abitudine>>, si sarebbe protratta anche durante gli anni successivi . Prova ne è la raffica di lettere che l'Amministratore Delegato della Casa ligure, a fronte delle nuove disposizioni del Ministero della Gue1Ta per la revisione dei prezzi dei contratti, aveva fatto partire il 13 febbraio 1941 per:
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ibid.
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APTGP,
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APTGP,
serie leitere ai familiari, lettera 4 marzo 1923 a Elsa. serie leuere ai familiari, lettera 8 marzo 1923 a Elsa. 34 APTGP, serie lettere ai familiari, lettera 23 febbraio 1923 a Elsa. 35 Ihid .
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- il Capo di Gabinetto del Ministro della Guerra, Colonnello Sorice, segnalando come l'Ansaldo «prima che fossero definiti i contratti, si è buttata con tutte le sue energie e con gravi oneri a realizzare la produzione dei carri armati , dei quali ha consegnato un numero più che doppio di quello previsto all'atto dell'ordinazione»;36 - il Sottosegretario di Stato alla Guerra, Generale Guzzoni , segnalando che per produzione dei carri M 13 «a tutt'oggi abbiamo approntato n. 327 carri - contro circa 150 previsti all'atto dell'ordinazione - per cui abbiamo quasi esaurito il primo ordine di 400 can-i senza che il contratto sia firmato» .37 In base ai programmi stabiliti nel novembre del 1939, all' atto dell 'aggiudicazione dei primi carri M 13, l'Ansaldo avrebbe dovuto presentare al collaudo 120 unità entro il 31 dicembre 1940. In realtà , in tale data erano pronti 212 carri. Il livello di produzione raggiunto consentiva ali' Ansaldo di proclamare: «Questo sforzo imponente ha imposto sacrifici grandissimi di ogni genere ed anche oneri gravosi (centinaia di migliaia di ore di lavoro straordinario e festivo , spese di trasporto eccezionali e con ogni mezzo per assicurare giornalmente l'afflusso dei materiali, sfruttamento delle attrezzature oltre i limiti economici, con eccezionali spese di manutenzione e sistemazione, ecc., ecc.). A questi oneri si agg iungono quelli ingentissimi dovuti al fatto che non essendo stati ancora approvati i contratti, abbiamo dovuto attingere integralmente al credito i mezzi finanziari necessari , al 31 dicembre eravamo esposti , per queste forniture, per oltre 200 milioni con un onere giornaliero di oltre Lit. 40.000 per interessi.»38 La procedura seguita dalla Casa ligure (giustificata dall'Ansa ldo «soltanto per comprensione dei bisogni dell'Esercito» 39 poiché era stata accolto «con entusiasmo l'invito dei Vostri Uffici di portare la produzione dei carri al massimo umanamente possibile») provocava un 'anticipazione di capitali da parte della Casa costruttrice che avrebbe potuto esigere i rel ativi pagamenti solo ad avvenuto perfezionamento dei contratti, ma creava un ulteriore carteggio con diversi destinatari per caldeggiare che «la firma dei contratti avvenga sollecitamente, in modo che i pagamenti non tardino ulteriormente.»4() È da tenere presente, tuttavia, che l'Ansaldo, oltre ai proventi dei contratti, riceveva un continuo flusso di risorse finanziarie dal1 'Amministrazione m ili tare in quanto gli ammo1tamenti degli impianti industriali, via via realizzati per la produzione di nuovi mezzi , non erano in toto a carico della Casa ligure, ma avvenivano in compartecipazione con lo Stato. Il 21 ottobre 1938, infatti, presso il Ministro delle Finanze Thaon di Revel, aveva luogo una riunione, a cui partecipava tra gli altri il Generale Dallolio, nella quale: 41 - si prendeva atto che le spese previste dagli Stabilimenti per i nuovi impianti ammontavano a 460 milioni di lire, mentre le ordinazioni cli artiglierie erano prev iste in circa 1.500 milioni; - veniva stabilito che fino a tale importo sarebbe stato aggiunto un sovraprezzo del 15% quale contributo speciale per l'ammortamento. Questo contributo, pari a 225 milioni, avrebbe quindi consentito un primo ammortamento dei nuovi impianti pari al 50% del loro valore previsto; - si concordava, altresì, che in caso di successive ordinazio1ù di artiglierie sarebbe stata stabilita una nuova percentuale atta a consentire l'ulteriore ammortamento degli impianti. Queste intese sarebbero state ulteriormente ribadite nella riunione ciel 26 novembre 1938, presso il Ministero della Guerra , e in quella del 26 maggio 1939. Conclusasi quest' ultima , il Ministero della
FONOEITO, Archivio Rocca, Lettera a Col. Sorice Capo di Gabinetto Ministro della Guerra del 13 febbraio 1941 , Sez. 12, f. 14. FONDEITO, Archivio Rocca, Lettera a Gen. Guzzoni Sottosegretario di Stato alla Guerra n. 14/296 del 13 febbraio 1941, Sez. 12, f. 14. 18 FONDEITO,Archivio Rocca, Lettera a Gen. Guzzoiù Sottosegretario di Stato alla Gue1n n. 14/212 del 13 febbraio 1941 , .l6 37
Sez.12,f. 14,pp. 2-3 .
FONDETTO, Archivio Rocca , Lettera a Gen. Guz:rnni Sottosegretario di Stato alla Gue1n n. 14/21 2 del 13 febbraio 1941, Sez. 12, f. 14, p. 5. "° FONDEITO, Archivio Rocca, Lettera a Gen. Guzzoni Sottosegretario di Stato alla Guerra n. 14/296 del 13 febbraio 1941, Sez. 12, f. 14. 41 FONDEITO, Archivio Rocca , Lettera a Gen. Guzzoni Sottosegretario di Stato alla Guerra n. 14/344 ciel 1° marzo 1941 , Sez. 12, f. J6. ~9
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Guerra scriveva all'I.R.I.: « ... Nella eventualità di future ordinazioni di artiglierie, i prezzi saranno maggiorati di una quota di ammo11amento residuo, da concordare fra le parti..»42 In pratica, l' Ansaldo poteva agire con la certezza che i suoi capitali, anticipati per gli ampliamenti e potenziamenti, sarebbero rientrati nel tempo e i guadagni per le forniture di materiali militari sarebbero stati al netto delle spese di ammortamento. Da qui, nel 1941 , il contrasto con il Mini stero della Guerra sulla revisione dei prezzi dei contratti a cui si è già accennato - dato che il Ministero aveva considerato il secondo contributo dell'8 % , concesso per il potenziamento degli impianti di artiglieria, come una «sopravvenienza attiva» per l' Ansaldo, mentre per la Casa ciò era un «apporto soltanto parziale» all ' ammortamento dei nuovi impianti. Sorge però un dubbio: chi stabiliva la necessità e l'urgenza degli ampliamenti industriali? Nel 1940, allorché il Ministero della Guerra prospettava la necessità di un ampliamento dei programmi di costruzione di artiglierie , l'Ansaldo sosteneva l'opportunità di prevedere la nuova produzione in coda al primo programma, senza variare il ritmo mensile delle consegne. Viceversa, in alcune riunioni tenute nell'aprile e maggio 1940 presso Fabbriguerra e, specialmente, in que lla del 25 maggio 1940 a Palazzo Venezia (presenti il Maresciallo Graziani , i Generali Soddu, Favagrossa e gli Amministratori Delegati dell' Ansaldo ingegner Rocca e Odero-Terni-Orlando Ammi raglio Ciano, il professor Giordani Presidente dell'I.R.I. e il Senatore Bocciardo) si dimostrava necessario un notevole ulteriore potenziamento degli impianti della O.T.O. e dell'Ansaldo, quale conseguenza del programma di consegne definitivo approvato da Mussolini. 43 Per i dettagli circa i contributi da concedere per l'ammortamento delle spese, il dottor Menichella, Direttore Generale dell'I.R.I. , metteva in rilievo che le Ditte interessate all a fornitura (Ansaldo , O.T.0., Terni , S.I.A.C.) dovevano spendere complessivamente per il potenziamento dei rispettivi impianti circa 880 milioni. Poiché il contributo del primo contratto era pari a 225 milioni , veniva stabilito che sul secondo programma di artiglierie, previsto per un importo complessivo di 3.000 milioni, sarebbe stata aggiunta una percentuale dell'8% (pari a 240 milioni) quale secondo contributo , sempre per il potenziamento degli impianti. Per il futuro sarebbe stata definita la percentuale da aggi ungere per ulteriore ammortamento di questi , a meno che l'ordinazione non raggiungesse l' importo di altri 4.000 milioni, nel qual caso non sarebbe stata corrisposta alcuna maggiorazione.44 Al di là di queste «v icissitudini contabili» , sembra interessante soffe rmarsi sul profilo morale dei vari Attori, qual è emerso nel corso degli anni, a partire dalla Grande Guerra . Nel 1917 il Servizio Informazioni del Comando Supremo aveva inviato una lettera «riservatissimo confidenziale» al Generale Dallolio , per infonnarlo dell 'arrivo a Parigi di un rapporto molto pessimistico su lla produzione italiana di munizioni, che prospettava l'idea che l'Italia non volesse fare quanto era nelle sue poss ibilità e sembrava « ... che questo rapporto sia stato scritto in seguito alle suggestioni del Comm. Perrone sull'azione del quale si richiama l'attenzione, risultando egli e ssere il principale ispiratore di tutti i rapporti sfavorevoli che gli agenti francesi in 'Italia inviano a Parigi e che falsano le idee del Governo» .45 Ma era in atto anche un «servizio informazioni» da parte delle di verse Ditte, che a loro volta si stavano controllando l' un l'altra. Tant'è vero che, il 25 novembre 1917, Pio Perrone scriveva al Generale Dallolio lamentando metodi poco corretti da parte della concorrenza: « ... Apprendo che alcuni dei sud-
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FON DElTO, Archivio Rocca, Lettera a Gen. Guzzoni Sottosegretario di Stato alla Guen-a n. 14/544 del l O marzo 1941 , Sez.
12, f. 16, p. 2 promemoria allegato. 3 FONDEITO, Archivio Rocca, Lettera a Gen. Guzzoni Sottosegretario di Stato alla Guerra n. 14/544 del 1° marzo 194 1., Sez. l2 , f . 16, p. 3 promemoria aUegato . ... FONDEITO, Archivio Rocca, Lettera a Gen. Guzzoni Sottosegretario di Stato alla Guerra n. 14/544 del 1° marzo 194 1, Sez . 12, f. 16, p. 4 promemoria allegato . .,s MCRR , fondo Dallolio , b. 959 , f. 8, l. 11 . '
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detti Industriali si rivolgono a codesto Onorevo]e Ministero Armi & Munizioni per ottenere l'autorizzazione di mandare i ]oro Ingegneri a visitare e copiare alcuni impianti già in funzione presso altri Stabilimenti. Sebbene essi giustifichino la loro domanda dicendo di volerli riprodune per giovare alla difesa, sta il fatto che essi li preparano per il dopo guena, perché oggi giorno, chi non avendo impianti pronti o quasi pronti mette mano a farne dei nuovi, non fa che sottrarre dei mezzi alla difesa anziché approntarne. Pertanto, il basarsi sopra un fallace pretesto per sottrane ad altre :industrie una parte del loro patrimonio tecnico, senza che codesta sottrazione riesca menomamente utile alla difesa, ma con lo scopo di prepararsi soltanto alla concorrenza del dopo guerra, costituisce da parte di chi ne ha l'intenzione un atto di vera indelicatezza ... » .46 Il Generale Dallolio avrebbe così annotato: «Circa lettera 25 c01Tente Ansaldo avvertire Comitati Mobilitazione Industriale presa determinazione di non procedere 47 costrnzione nuovi impianti ma solo completamento impianti esistenti. Il Ministro Dallolio» . La «propensione» dell'Ansaldo a rivolgersi alle Istituzioni per bloccare alcune attività di Ditte concorrenti , sempre in nome del «patriottismo», proseguiva anche con l'Amministratore Delegato, ingegner Rocca - che in ciò s'era sostituito al «maestro» Perrone. Il 3 febbraio 1939, appunto, Rocca si era rivolto al Commissario Generale per le Fabbricazioni di Guerra, Generale Dallolio:48 - segnalando che era intenzione della FIAT rinnovare impianti già esistenti per la produzione di laminati a freddo; - dimostrando che il nuovo sistema di produzione, per essere economico, avrebbe dovuto avere una grande potenzialità di produzione, mentre la Casa torinese era in grado di alimentare il proprio impianto in modo assolutamente insufficiente. Rocca giustificava il proprio intervento specificando che la questione avrebbe potuto mTecare «grave pregiudizio in un delicato settore della produzione nazionale». A suo dire, il proprio intervento era stato motivato dai soliti «senso del dovere>> e «patriottismo», abituali ritornelli dell'Ansaldo, ma i veri motivi della lettera trasparivano quando Rocca, richiamandosi a precedenti impianti similari realizzati dai Cantieri Metallurgici Italiani di Castellamare, dalla Cogne e dall'ILVA, ammetteva che quest'ultimo impianto era stato approvato dal Comitato Consultivo della Corporazione della Metallurgia e deJla Meccanica «nonostante la vivacissima opposizione dei lavoratori, che facevano eco al desiderio degli attuali produttori di non 49 vedere minacciata la loro posizione da un impianto più moderno e più economico.» Si è calcata la mano sulle usuali procedure dell'Ansaldo - atte anche a difendere le proprie posizioni - ritenendo che la Casa ligure abusasse nel richiamarsi al «senso del dovere» e al «patriottismo» , ma questa interpretazione è suffragata anche da un sintomatico scambio epistolare del 1941, fra l' ingegner Rocca e l'Amministratore Delegato Ciano, della Odero-Terni-Orlando, circa la costituzione, nell'ambito dell'I.R.I., di un gruppo Terni-Odero-Alfa Romeo per la costruzione di carri armati, in evidente concorrenza con l'Ansaldo.
fondo Dallolio, b. 961 , f. 6, I. 17, p. l. fondo Dallolio, b. 961, f. 6, I. 17, p. 2. 48 FONDEITO, Archivio Rocca , Lettera a Dailolio del 3 febbraio 1939, Sez. 49, f. 10. • 9 FONDEITO, Archivio Rocca , Lettera a Dallolio del 3 febbraio I 939, Sez. 49, f. 10, p. 2.
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Capitolo 39 IL CONTRASTO NITTI-DALLOLIO
Dallolio non aveva un'elevata opm1one di Nitti, anche perché lo riteneva «un ambizioso» . Commentando i risultati del viaggio fatto assieme per propagandare il 5° Prestito Nazionale scriveva: «Nitti .. . con molto calore invita tutti a compiere i sacrifici necessari per la Patria. Però in fondo si sente sempre che solo per ora si accontenta di essere Ministro con Orlando ma ha sempre dinnanzi agli occhi la sua successione.» 1 Parecchio polemica, inoltre, sembra anche una frase di Dallolio (presente nella corrispondenza con la figlia Elsa) riferita a_lla risposta inviatagli da Donna Antonia Nitti a cui egli aveva porto le condoglianze per la morte della madre. Egli scriveva che la signora Nitti aveva risposto «con un'altra bella lettera alle mie righe» e aggiungeva: «Non ti meraviglierai perché veramente Donna Antonia è intelligente» ,2 quasi a voler sottintendere che questa dote non era presente in tutti i componenti di quella famiglia. Un'altra frase di Dallolio, poi, è sintomo della sua disistima per i1 politico: «Leggerai il discorso di Nitti, o se non lo leggi è lo stesso ma quell'uomo non assurge mai alla visione sociale della guerra. "Certo la guerra è distruzione, è morte, ma il p~polo che fa la guerra né è distrutto, né muore, la morte · è di sole membra"» .3 Nonostante alla Camera Nitti fosse ritenuto «indubbiamente un abile parlamentare»,4 Dallolio non ne aveva molta considerazione «proprio per queste abili caratteristiche parlamentari». D'altronde, neanche al Parlamento tutti vedevano Nitti di buon occhio. In una cronaca parlamentare, infatti, c'è un richiamo alla definizione da lui affibbiata alla guerra di Libia, «aberrazione per l'immenso scatolone di sabbia senza valore», in cui il verbalizzante, specificando che era stata pronunziata da Nitti, lo demolisce aggiungendo semplicemente: «si può passare oltre».5 Sempre il medesimo verbalizzante, riportando la composizione del Gabinetto Orlando, accenna all'inclusione di «Francesco Saverio Nitti, di cui, in queste cronache senza oltraggio, si vorrebbe non parlare, per il male che egli fa all'Italia»6 e, «ad abundatiam» annota il parere di Sonnino che: - esperto, «mal tollera l'inclusione del saccentissimo professore giunto da Muro Lucano a conquistare i1 primato tra i parlamentari nefasti, il più nefasto italiano di una generazione»; - ne parla con Aldovrandi Marescotti «con labbra alquanto contratte, con sguardo marcatamente dubitoso; il che, per la riservatezza di Sonnino è già uno sfogo di esulceratissimo cuore.>> Ma si può affermare che i sentimenti fra i due statisti fossero vicendevoli. Il Generale Dallolio, in merito alle riunioni del Comitato di Guerra, a fine 1917, annotava: «Il Ministro Nitti cercò di escludere dal Comitato di Guerra il Ministro Armi e Munizioni (Ministero creato per la guerra) ma come si vedrà dagli inviti qui uniti, a seguito di mia protesta al Consiglio dei Ministri vi fui ammesso dalla 1a sed~ta.»7
serie fascicoloni , fase. VII, f. 9. serie lettere ai familiari , let. 3 giugno 1920 a Elsa. J APTGP , serie lettere ai familiari , lettera 9 maggio 1919 a Elsa. 4 S. Crespi, Alla difesa d'Italia in. guerra ... , op. cit., p . 208. 5 T. Madia, Storia terribile del Parlamento italiano, dall'Oglio, Milano 194 1, p. 458 . 6 lbid., p. 536. 7 MCRR, fondo Dallolio, b. 952, f.9. Il Comitato di Guerra, istituito con D. Lgt. N. l.973 (G.U. n. 307 del 31 dicembre 1917): - era costituito dal Presidente del Consiglio dei Ministri che lo presiedeva, dai Ministri degli Esteri, ciel Tesoro, della Guerra, delle Armi e Munizioni e, con voto consultivo, dai Capi di Stato Maggiore dell'Esercito e della Marina; - era competente a prendere tutti i provvedimenti di carattere esecutivo per i quali non occorrevano deliberazioni ciel consiglio dei Ministri . ' APTGP,
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Queste caratteristiche di Nitti traspaiono anche da un verbale di interrogatorio della Commissione di inchiesta sulla Regia Guardia, allorché il testimone riferiva sul comportamento di un alto Ufficiale affermando che questi «faceva una politica asservita completamente a S .E . Nitti ed in opposizione a S.E. Orlando.»8 Il Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri aveva ventilato un trasferimento in zona di gueITa, ma quando esso uscì sul bollettino, 1'interessato «per mezzo di Nitti, ottenne da Orlando la revoca del trasferimento, così andò tutto per aria.» 9 Né può essere sottaciuto l'atteggiamento di Nitti che, assurto alla Presidenza del Consiglio,« ... svalorizza la gueITa, concede l'amnistia ai disertori, odia in Mussolini l'idea, insulta in D'Annunzio l'eroismo, mortifica le riprese nazionali, deplora il sentimento come un'avventatezza, ricondanna ad una sorte prona e oscura da11.a quale l 'ltalia non potrà mai riscattarsi per non far torto ai suoi studi sulla mancanza di grano e sulla carenza di materie prime.» 10 Questo modo di pensare porterà Nitti, il 13 settembre 1919, a commentare così la marcia dei legionari su Fiume: « ... Gli operai e i contadini debbono impedire ogni pericolosa avventura; essi debbono ammonirci a sospingerci sulla via della 1inuncia e del dovere.» 11 E Madia, a sua volta, avrebbe commentato nel suo libro: « ... Così dal banco del Governo, si eccita all'odio di classe istigando il proletariato contro l'eroismo, solleticando il furore delle folle contro i legionari, classificando l'eroe con la nomenclatura dell'avventuriero, chiamando traditore D'Annunzio che ha servito la Patria in trincea , in cielo e mare ... ».12 Sempre secondo Madia, la politica di Nitti « .. . per volere essere europea è antiitaliana, si sconterà col sangue; ma Nitti non avrà mai un rimorso, non mai una sola volta a coprirsi gli occhi nel pentimento, non mai a mettersi la mano davanti alle pupille come quando il dubbio punge ... e nulla devo modificare di quanto ho fatto ... »Y Ten-ibile un giudizio conclusivo sul personaggio: «Abbandonerà più tardi l'Italia, fuoriuscito, questuando fama dai governi stranieri che egli ha servito nel governo del suo Paese.» 14 Ma, ancora una volta, un giudizio sferzante sul carattere di Nitti veniva espresso da Dallolio, in una lettera alla figlia: « . . . Soprattutto Nitti l'ha coi dalmati quasi temesse venissero a guastare quanto si ha di servizievole e di mellifluo nella sua condotta verso gli iugoslavi.»'5
In prima approssimazione si può ritenere che il motivo del contrasto fra il Ministro del Tesoro, Nitti , e quello per le Armi e Munizioni, Dallolio, sia stato il ruolo attribuito alle norme valutarie, il cui rispetto era propugnato dal Dicastero del Tesoro, mentre Dallolio era convinto che esse, alla fine, avrebbero ostacolato la sua azione rivolta a far arrivare con urgenza - e senza eccessiva preoccupazione di ciò che egli riteneva pastoie burocratiche - carbone e materie prime in Italia. Il Ministero del Tesoro, viceversa, non riteneva di essere mosso da formalismo o comportamenti burocratici, ma era convinto fosse suo precipuo dovere, controllare e salvaguardare il rispetto delle norme valutarie perché «il Tesoro, che per essere in contatto coi competenti servizi britannici è in grado di valutare sin dove sia possibile fare concessioni alla necessaria sveltezza negli approvvigionamenti , e che può valutare le tendenze di Londra, ven-ebbe meno ad un suo tassativo dovere se non insistesse nel modo più formale ed esplicito sui punti sovra esposti. E qualora rilevasse che la linea di condotta dianzi tracciata non fosse seguita, potrebbe anche trovarsi, nell 'interesse generale, nella spiacente necessità di non dar corso a richieste di pagamenti e di accreditamenti non normali , dichiarandosi sin d'ora esonerato dalla responsabilità delle conseguenze.»' 6
s ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni , Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3 , seduta 10 marzo 1923, p. 2. 9
ACS, fondo
Ministero Anni e Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, seduta del 10 marzo 1923, p. 2. T. Madia, Storia terribile, ecc. op. cit., p. 590 . 11 lbid. , p. 599. 12 lbid. l .l fbid. , p. 592. 1 • lbid. , p. 603. 5 ' APTGP, serie lettere ai familiari, lettera 26 maggio 1920 a Elsa. 16 MCRR, fondo Dallolio, b. 953 , f . 11, I. 6, Lettera n. 24.719 de l 2 maggio 19 16, pp. 5-6. 10
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Il problema del rispetto delle norme valutarie aveva già creato frizioni fra Dallolio e il Ministro Carcano, e queste, nel tempo, erano state ereditate dai successori di quel Ministro al Dicastero di Via XX Settembre. Questa interpretazione sembra avvalorata da tre scritti. 1) Il primo è conseguenza di una decisione del Ministro del Tesoro Carcano, del 12 dicembre 1916, che impediva l'importazione di 50.000 tonnellate di acciaio e altri materiali metallici dal1 'America non essendovi disponibitità di valuta in dollari. 11 Dallolio, preoccupato per il momento difficile dovuto alle pressioni di Camera e Senato - che chiedevano un ' azione più energica al nostro Esercito, il che si traduceva in maggiori mezzi da dare con urgenza ai combattenti - non demordeva e cercava di individuare nuove strade per aggirare l'ostacolo. Così Dallolio aveva convocato i rappresentanti del1a Banca Commerciale, del Credito Italiano e Banca di Sconto, presentando loro la situazione: «Ho in America pronti materiali metallici per essere trasportati in Italia. Non posso d'Ufficio cercare i dollari per pagarne l'importo. Ogni via regolare di ricerca mi è preclusa, nessuna comunicazione mi è permessa. Nessuna garanzia personale posso offrirvi perché vivo del solo stipendio. Ma si tratta di aver fede nei nostri destini, si tratta di gettarsi risolutamente sul nemico d'Italia. Occorrono i mezzi. Pagatemi i materiali metallici coi dollari in America. Io vi rimborserò le spese d'uso, oltre quelle relative al cambio, col pagamento in moneta italiana. Ed allora tutti e tre risposero "ci basta la sua parola, provvederemo per assicurare al1'Italia i materiali necessari che saranno consegnati al Sottosegretariato Armi e Munizioni e fronteggeremo tutte le difficoltà verso le Ditte americane"». 18 I pagamenti delle partite di materiali in sospeso venivano effettuati dalle Ditte Ansaldo, ILVA, Proiettili di Torino, Laminatoio dì Milano, Metallurgica di Milano mediante l'intervento delle tre banche intervenute all'accordo con Dallolio (Commerciale, Credito Italiano e Banco di Sconto) che venivano rimborsate dal Sottosegretariato alle Armi e Munizioni in valuta italiana. Più tardi Dallolio avrebbe aggiunto nei suoi appunti che, molti mesi dopo questo episodio, in pieno Consiglio tutti i Ministri avevano riconosciuto la bontà dei risultati della sua iniziativa. 2) Il secondo riguarda una lettera scritta da Dallolio, il 23 marzo 1917, al Presidente del Consiglio Orlando: «Il Comm. Bianchi ha in corso un contratto di carbone cui occoITe l'approvazione del Ministro del Tesoro. Non potrebbe l'E.V. dire al Comm. Bianchi "avanti si acquisti carbone a qualunque costo, qualcuno pagherà". Se noi aspettiamo il visto del Comm. Bernardi il carbone sfuggirà. Eccellenza prenda a quattr'occhi il Cornrn. Bianchi e risolvano .. . in ogni caso pagherà l'ltalia.»'9 3) Il terzo riguarda una relazione del Servizio Materiale Chimico da Guerra del Ministero Armi e Munizioni, per informare il Mfoistro sullo stato di avanzamento dei lavori per i nuovi impianti
In effetti l'indisponibilità di valuta era più fonnale che sostanziale. Il «programma Dallolio» disponeva cli 30 milioni di dollari da impiegarsi nel primo semestre 1917, però, secondo gli accordi del 24 novembre 1916 gli acquisti dovevano essere effettuati attraverso «Amministrazioni del Governo Britannico su domanda del Governo inglese», strada quest'ultima che non era stata seguita in questo caso da Dallolio. Pertanto la richiesta di accreditamento di quattro milioni di dollari per la Missione Militare cli New York avanzata a fine novembre non poteva essere esaudita dal Ministero del Tesoro. Dallolio chiariva al Ministro della Gue1n che la prassi non era stata seguita in quanto in precedenza il Governo inglese aveva dichjarato l'indisponibilità di rottami e pertanto doveva provvedervi il Governo italiano mentre l'acciaio sarebbe stato disponìbile soltanto dopo il primo trimestre 1917. Questo fatto pregiudicava il programma del munizionamento basato sull'arrivo mensi le di 25 .000 tonnellate di acciaio e pertanto Dallolio aveva reperito i materiali tramite la missione in America. Aggiungeva Dallolio «Non ritiene l'E.V. che fosse dovere imprescindibile di chi aveva la responsabilità di fornire al Paese i mezzi indispensabili per produrre cannoni e proiettili, cli passare oltre ed assicurare l'acciaio la cui mancanza può esporre ai più gravi pericoli il nostro Esercito combattente?? E davanti al mancato acquisto per mezzo degli agenti dell'Inghilterra non è forse giustificato l'acquisto diretto e la richiesta che per queste somme sìa provvisto l'accreditamento dal Governo inglese??» Cfr. MCRR, fondo Dallolio, b. 960, f. 6, J. 10. 16 MCRR , fondo Dallolio, b. 960, f. 6, I. 10; Cfr. ;mche APTGP, serie fascicoloni, fase. I, f. 4. 19 APTGP, serie fascicoloni, fase. I, f. 4 . 17
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della società Elettrochimica a Napoli. Con tale relazione il Capo Servizio illustrava le difficoltà incontrate con l'Ente Volturno, per la fornitura clell 'energia elettrica, e le conseguenze dei ritardi delle Ditte Marelli e Brown Boveri, nella fornitura di macchinari elettrici, tutte superate grazie ali' interessamento della Marina Militare che aveva concesso due gruppi convertitori per 1.050 K w totali. Inoltre, erano state superate anche le difficoltà frapposte dalla Direzione Compartimentale delle FF.SS. per la realizzazione di un raccordo ferroviario. Il Generale Dallolio, in fondo alla relazione, annotava: «Ho preso conoscenza. Raccomando però di sollecitare perché siamo in guerra ed occorre fare presto e produrre ad ogni costo. Quando la produzione è necessaria ai fini della guerra non preoccuparsi di nulla. Avanti a qualunque costo. Spendere bene per la Patria.»20 A questa chiave di lettura alcuni studiosi aggiungono ulteriori interferenze «nell'urto tra il Generale Dallolio ed altri organismi statali fra cui principalmente il Ministero del Tesoro, retto da Nitti e spalleggiato dai Fratelli Perrone.»21 Tali interferenze si possono ricondurre agli atteggiamenti delle Case Ansaldo e Schneider, ovvero: - i metodi usati dall'Ansaldo per accapaiTarsi commesse nazionali ed estere che non potevano, sicuramente, conciliarsi con il carattere di Dallolio, <<Un uomo tutto d'un pezzo»; - il ruolo giocato da alcuni insuccessi dell'Ansaldo; - il comportamento della Casa francese Schneider (col1egata con l'Ansaldo per la produzione di alcune armi come il cannone pesante campale da 105) che, «senza discuterne i meriti, nell'adempimento dei suoi obblighi non si fece onore.»22 Sicurainente il momento di maggiore frizione fra i due uomini fu que11o in cui venne emanato il D. Lgt. dell'8 marzo 1917 n. 360, concernente il divieto di stipulare contratti o assumere impegni per acquisto merci e prodotti esteri senza il preventivo consenso del Tesoro .23 In un certo senso sì era trattato di un'ulteriore remora all'azione di Dallolio che, comunque, il 3 agosto I 917 aveva inviato a Nitti una lettera «riservata alla persona», specificando: «Non mancai di fare a S .E. M01Tone le mie osservazioni colla maggiore coscienza, ma ora che è Legge debbo ripetere che il solo responsabile del Ministero delle Armi e Munizioni a fronte di errori verso altre Amministrazioni sono io. I miei dipendenti sono animati da due grandi visioni: la guerra e la vittoria, se si commettono errori integrando la difesa del paese solo io ne sono responsabile. E creda !'E.V.. .. che si fa di tutto per non commetteme.»24 Tuttavia, su questo punto le posizioni di due Ministri sarebbero state inconciliabili , come si può evincere dalle due lettere che seguono. Il 21 gennaio 1918 Dallolio aveva scritto a Nitti: «Come ho già avvertito questo Ministero procederà contro tutti coloro che avranno disposto acquisti all'estero senza il consenso del Tesoro. Dopo la formale diffida ogni acquisto non consentito è messo in pericolo. Giustissimo ciò ma bisogna tener anche conto della situazione del dato momento ... Quando si tratta della salvezza del Paese nessun procedimento deve an·estare il cammino dì chi vuole a qualunque costo dare i mezzi per vincere; il sentimento di tale dovere cammina col sacrificio volontario di sé stesso, ma l'essenziale è dare i mezzi ; il resto è secondario. Mi pare che su ciò eravamo d'accordo a Parigi, siamo d'accordo a Roma.»25 Per Dallolio, infatti, la «stella polai·e» del suo cammino era l'approvvigionamento dei mezzi, se necessario anche ad
MCRR, fondo Dallolio, b. 953, f. 9, l. 14. L. Ceva - A. Curami, La meccanizzazione ... , op. cit., Yol. I, p. 38. 22 MCRR, fondo Dallolio , b. 944, f .14, I. I. 13 Art. 1 Le Amministrazioni dello Stato, compresa quella delle ferrovie, 11011 possono stipulare in via diretta o indiretta, contratti o assumere impegni che importino acquisto cli merci o prodotti esteri, siano da pagare in valute estere o in lire italiane, senza il previo consenso del Ministero ciel Tesoro che deve provvedere i mezzi di pagamento. [... ] Art. 2 I funzionari ordinatori di atti o contratti stipulati in contravvenzioni .al disposto dell'articolo precedente, verranno deferiti alla Corte dei Conti per il relativo giudizio di responsabilità . 24 MCRR, fondo Dallolio, b. 953, f. 12, 1. 10; cfr anche MCRR, fondo Dallolio , b. 953, f . 5, I. 14. 25 MCRR, fondo Dallolio, b. 953, f. 8, 1. 10.
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onta dei regolamenti , perché lo stato di guerra esigeva (e giustificava) tutto: «È dal I 9 14 che è mia prescrizione tassativa di valersi sempre dei produttori . Se qualche vol ta si è ricorsi ai commercianti dei maLeriali da provvedere, bisogna tener calcolo dell a guerra; della guerra dove ogn i legisl azione deve piegarsi ad uno scopo supremo: dare per vincere.»26 Nitti, poco meno di una settimana dopo, il 26 gennaio 1918 rispondeva con una lettera «riservatissima»: «È vano illudersi. Lo stato attuale è grave, le prospettive sono assai oscure anche dal punto di vista finanziario. Il paese ha dato molto: non h a dato quanto sarebbe stato desiderabile .... I quattro prestiti nazionali resero a mala pena circa 8 miliardi e 616 milioni,21 compresi in tal ammontare i buoni quinquennali 4 % versati dai sottoscrittori .»28 L'Italia aveva fronteggiato questa situazione con «espedienti cli Tesoreria» ed, essenzialmente, con i crediti degli al leati che, a tutto il 1917, assommavano a 9 miliardi e 64 milioni. Ma era proprio il ricorso agli A lleati che impensieriva Nitti « ... È fuor di questione che sul concorso finanziari o degli Alleati dobbiamo essere pronti a fare minore assegnamento . La Tesoreria inglese da tempo impone fren i sempre più rigorosi. Il Governo Federale Americano, pur essendo e mostrandosi animato dai più amichevoli sentimenti , tende a sua volta a considerare più da vicino e con maggiore spirito di controllo le nostre domande di crediti e le nostre spese.»29 Il contrasto di idee fra i due Ministii era dovuto al fatto che Nitti temeva che il prolungarsi della guerra, al di là di qualsiasi previsione, potesse condurre l 'ltalia al collasso finanziario facendola trovare «nella impossibilità di continuare , o in tale stato di sfinj mento da apparir soccombenti, anche non essendolo.»30 Vi è poi un' ultima chjave di lettura , del tutto personale , incentrata sull' «abilità» parlamentare d i Nitti che a volte gli permetteva di adoperare metodi quanto meno «disinvolti». Uno dei metodi «disinvolti» d i Nitti era quello che il Commissario agli approvvigionamenti e consumi, Crespi, aveva annotato il J 4 dicembre 1917 nel s uo diario: «Nitti ha organizzato presso di sé un gabinetto nero per indagini e denunzie contro i sabotatori della guerra. Così abbiamo due polizie, 1'una conosciuta l'altra no.»31 La struttura era guidata da un giudice istruttore e aveva il compito di svolgere «indagini sui supposti traditori della Patria.»32 Quella parola «supposti» fa intravedere una discrezionalità del nuovo organismo e, quasi, una preoccupazione di Crespi che, nel maggio e giugno del 1911 , aveva condotto una lunga battaglia parlamentare contro Nitti e Qjolitti .:n I timori di Crespi3'1 non appari vano infondati in quanto, il 28 febbraio 1918, scoppiato uno scandalo sui cascami di seta, venivano effettuati «nuovi arresti sensazionali. Eppure è chiaro che si tratta di una montatura e che i cascami incriminati furon o esportali d'accordo con il Ministero delle Finanze, quando la loro35 esportazione non era v ietata.» L' indomani Crespi annotava: «Vengo a sapere che il gabinetto nero cerca di travolgervi anche la mia ditta per una partita di cotone makò venduta in !svizzera p1ima della nostra enti·ata in guerrn.»36 E ancora: «Il gabinetto nero di Nitti ha fatto arrestare il cornm. Emanuele Vittorio Parodi, ricchissimo armatore ... l'impressione, specialmente in Liguria, è enorme.»' 7
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MCRR, fondo Dallolio, b. 953, f. 8, I. 10. 11 gettito della sottoscrizione nazionale copriva appena un quarto delle spese sostenute a tutto il 31 dicembre 1917 per I'esigenza della guerra pari a 34,5 miliardi . 23 MCRR, fondo Dallolio, b. 953 , f. 8 , I. 11 , p. 1. 29 MCRR, fondo Dallolio, b. 953, f. 8, I. 11 , p. 2 . l(l MCRR , fondo Dallolio , b. 953 , f. 8 , I. 11. p. l. 31 S. Crespi,A/La difesa d 'Italia in guerra ... , op. cit.. p. 20. 32 lbid., p. 35. H !bici., p. S. ).I Silvio Crespi era un industriale manifatturiero della provincia di Bergamo i cui stabilimenti si erano specializzati nella fabbricazione di tessuti per aeroplani. ~i S . Crespi, Alla difesa d'Italia in guerra ... , op . cit. , p. 59. )(, lbid. , p. 60 . 1 ' lbid., p. 90. 27
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A settembre sarebbero incominciate le prime scarcerazioni delle persone coinvolte nello scandalo dei cascami di seta, per cui Crespi annotava: «Si ritiene sempre di più che tutta questa sia una montatura di Nitti , perché è noto che lo stesso Ministero delle Finanze favoriva il commercio con la Germania per procurarsi il cambio.»38 Infine, ai primi di novembre: «I consiglieri di amministrazione della Società Cascami di Torino , a1Testati in marzo sotto l'accusa di alto tradimento, sono stati prosciolti . Un'altra montatura di Nitti, basata su calunnie, miseramente sgonfiata.»39 Emblematica dei metodi di Nitti, anche l'improvvisa presentazione, di sua iniziativa, durante il Consiglio dei Ministri del 26 settembre 1918, di uno schema di decreto legge per la creazione nei capoluoghi di provincia di Istituti cli Consumo cooperativi destinati a impiegati, salariati, pensionati, con l'obbligo per il Ministero agli Approvvigionamenti e Consumi di cedere a tali organismi le de1Tate a prezzo di costo. Crespi avrebbe detto: «È evidentemente un colpo mancino al mio dicastero per far apparire il Ministro del Tesoro come il salvatore degli impiegati e procurargli popolarità. Io scatto violentemente e chiedo perché il Ministro del Tesoro si immischi nella materia dei consumi che è interamente a me affidata. Egli non ne ha né il diritto né la competenza. Pensi a procurare la divisa estera che gli Alleati ci negano per colpa sua.»40 Il Presidente del Consiglio Orlando e gli altri Mi nistri erano d'accordo con Crespi, quindi , veniva deliberato di ritirare il decreto e, dietro precisi accordi fomrnli fra Nitti e Crespi, di presentarne uno nuovo di iniziativa congiunta, al rientro dalla riunione a Londra del «Transport Council».4 1 Ma il Commissario Crespi, rientrando dopo pochi giorni in Italia, alla stazione di Modane avrebbe scoperto, pubblicato sul Corriere della Sera, il famoso decreto di Nitti. Questi, infatti, non aveva aspettato, come d'accordo, il rientro in Italia di Crespi per la rielaborazione e presentazione congiunte. «Capisco subito che per smania di popolarità Nitti è passato sopra a tutti, sovvertendo tutti i miei ordinamenti che sono legge dello Stato.»42 All'arrivo di Crespi a Roma, un funzionario del Ministero del Tesoro si recava da lui, Commissario agli Approvvigionamenti e Consumi, invitandolo a controfinnare il decreto che portava già le fame di S.M. il Re e Nitti. In quell'occasione Crespi veniva a sapere dal Vice Presidente del Consiglio, Colosimo, che Nitti aveva dato a intendere a Orlando e a tutti i colleghi, di essersi messo d'accordo con lui. Egli «ha mantenuto le vendite a prezzo di costo, non ha mutato dì una jota il suo vecchio progetto.»43 Naturalmente Crespi rifiutatosi di controfirmare il Decreto, aveva mantenuto tale atteggiamento irremovibile anche durante successive visite del Direttore Generale del Tesoro, Conti Rossini, e di Nìttì in persona, il quale alla fine avrebbe esclamato: «Uno di noi due deve lasciare il Governo .»44 Altrettanto secca la replica di Crespi: «Certamente, ma te ne andrai tu .» Nitti, rivisto il testo del decreto nel senso voluto da Crespi con l'ausilio di Conti Rossini e del Sottosegretario Visocchi , sarebbe stato invitato a far ritirare tutte le copie del regolamento di applicazione che nel frattempo erano state già distribuite.45 È evidente che simili comportamenti di Nitti erano odiosi a Dallolio, che della lealtà faceva una bandiera. Pertanto, a parere di chi scrive, i motivi del contrasto Nitti-Dallolio, forniti da studiosi e indicati in precedenza, andrebbero integrati anche. dall' impossibilità di poter conciliare il carattere di un uomo «tutto di un pezzo» con il modo di agire disinvolto di «un abile parlamentare». Nel quadro dei rapporti fra il Dicastero del Tesoro e quello delle Armi e .Munizioni, l'attenzione del Ministro del Tesoro si rivolgeva all'impiego delle risorse devolute alle varie esigenze; risorse che Nitti
Tbid., p. Tbid. , p. 4 0 fbic/. , p. ., Ibid. 42 Ibid. , p. 43 lbid. , p. 44 lbid., p. 45 lbid. 38
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riteneva non fossero utilizzate in modo c01Tetto: «Prova ne sono i quantitativi che mi si dicono ingenti, di merci acquistate oltre Oceano e giacenti nei magazzini o sulle calate per mancanza dei mezzi occorrenti per il trasporto; tanto che, a quanto apprendo, se ne è già iniziata la vendita, con quale nostro prestigio agli occhi dei nostri alleati, cui certo la cosa non sfugge, e con quale accreditamento per le nostre ulteriori domande non voglio oggi indagare.»46 Nella lettera preparata il 18 gennaio 1918 per Nitti, Dallolio sintetizzava così il problema: «Rispondo personalmente per quanto ha tratto agli acquisti in America ... Per quanto riguarda il Ministero Armi e Munizioni la situazione dei materiali da imbarcare e dei mezzi di cui dispongo non è poi così catastrofica come potrebbe supporsi qualora fosse vera. In data 11 gennaio corrente io avevo in America tonnellate 189 .847 di materiali vari e disponevo di 47 .380 di vapori sotto carico. L'E. V. sa benissimo come e quando mi furono tolte 250.000 tonnellate di naviglio; sa che ho protestato per le conseguenze, ma se vi sono materiali giacenti nei porti per ciò che riguarda il Ministero a cui sono a,capo, ciò dipende esclusivamente dal grano. Non accuso mai, solo espongo fatti, e se l'E.V. secondo quanto ho già comunicato vedrà che, se non mi avessero imposto ferrei sacrifici invocando il salus, purtroppo l'acquistato e accumulato si ridurrebbe a cifra irrisoria . Ho desiderato mettere sott'occhio all'E.y. la reale situazione.»47 '
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I rapporti fra Nitri e Dallolio sembravano precipitare all'inizio del 19 18, a causa del problema dell'accreditamento dei fondi per gli acquisti al1 'estero. 1118 gennaio - a seguito di ·una diffida del Ministro del Tesoro in merito agli acquisti in America ( «Questo Ministero procederà contro tutti coloro che avranno disposto acquisti a11'estero senza il consenso del Tesoro»), Dal1olio scriveva a Nitti concludendo: «Noi dobbiamo collaborare con la minore dispersione di energie e di mezzi d'accordo, ma dobbiamo anche vincere tutte le resistenze cartacee e librarie di quella contabilità fatta per soffocare non per dare vita e sangue alla produzione. Vincere bisogna e quindi ... pel risultato utile.»48 Egli ritornava ancora una volta sul1' argomento dopo soli tre giorni per puntualizzare che <<in passato alcune volte si è dovuto fare a meno del consenso del Tesoro, come ebbi a riferire al Consiglio dei Ministri, coll'approvaiione dello stesso Ministro del Tesoro, ma ciò era imposto dalle necessità della guerra .. . l'essenziale è dare i mezzi, il resto è secondario ... nella guerra ogni legislazione deve piegarsi ad uno scopo supremo: dare per vincere.»49 Per potersi immedesimare nel modo di ragionare del Generale Dallolio, è necessario tener conto di una sua affermazione: «per me lavorare per la guerra vuol dire dare tutti i mezzi possibili per vincere la guerra.»50 Nitti contrattaccava il 26 gennaio, con una lunga lettera in cui prendeva in esame tutto l'operato del Dicastero retto dal Generale Dallolio: 51 1) cattiva utilizzazione dei crediti ricevuti dagli Alleati «sia cercando di eludere procedure formalmente pattuite in atti internazionali, gettando il seme di non infondate diffidenze presso i nostri Alleati , sia ricorrendo a compere in lire per merci straniere, acquistabili con i crediti in parola con l'inevitabile ripercussione sui cambi e sull'economia interna»; 2) difficoltà incontrate presso il Ministero della Guerra per poter specificare con precisione in quale modo il Capo della Missione a Washington, Generale Tozzi, avesse erogate le somme messe a sua disposizione; 3) <<incredibili remore che nella primavera del 1916 incontrò l'appagamento della domanda dell'Inghilterra di avere il dettaglio sul come si fossero erogati i fondi da essa accreditatici dal gennaio di quell'anno in poi»;
MCRR, fondo Dallolio, b. 953, f .8, MC.RR, fondo Dallolio, b. 953, f. 8,
I. 11. I. 8, pp.2-3. 48 APTG P, serie faseieoloni, fase. X, f. 66, lettera 18 gennaio 1918 a Nitti. 49 APTGP, serie faseicoloni, fase . X , f . 66, lettera 21 gennaio 1918 a Nitti. 50 MCRR, fondo Dallolio, b. 953, f. 8, 1. 8, p . 1. . 51 MCRR, fondo Dallolio, b. 953, f. 8, l. 11.
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Lettera di Dallolio a Nitti del 18 gennaio 1918. (APTGP, Serie fascicoloni)
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4) disorganizzazione amministrativa del Dicastero dovuta non soltanto al <<modo di comportarsi delle missioni estere, segnatamente di quella a Washington, ma altresì alla assoluta mancanza di coesione fra l'Ufficio Amministrativo Centra1e e gli uffici tecnici, per l'insofferenza d'ingerenze e di controlli da parte di questi ultimi, avidi di una autonomia, la quale se può spiegarsi nei riguardi strettamente tecnici deve essere assai più ragionata e chiarita nei riguardi finanziari.» La dura requisitoria di Nitti concludeva come fosse urgente, intanto, stabilire con precisione la situazione, per cui venivano concessi quindici giorni di tempo per avere «non più tardi del 10 febbraio uno stato di tutti gli impegni forma1i o latenti di codesto Ministero, così per acquisti all'estero come verso l'interno per qualsiasi ragione. Gli impegni dovranno essere indicati nelle due grandi categorie or accennate e raggruppati per le presunte scadenze senza limitazione di tempo .»52 La presa di posizione di Nitti non teneva conto degli elementi di valutazione forniti, nel frattempo, dal Dicastero di Dallolio, che metteva in evidenza come Ministero della Guen-a, Ministero per la Armi e Munizioni e Commissariato Generale dell'Aeronautica, disponessero di un'unica Ragioneria che, già in tempo di pace, presentava stridenti anomalie rispetto alla Ragioneria di altri Dicasteri, pur avendo essi bilanci molti inferiori a quello del Dicastero della Guerra. «È evidente quindi che il disagio in cui si dovevano già dibattere i servizi di ragioneria in tempo di pace, crescesse, prima durante la guen-a libica e salisse poi a proporzioni allarmanti, nell'attuale periodo di guerra.>> 53 Per avere il quadro completo delle difficoltà che si incontravano, tra l'altro, nel recupero dei crediti da parte dello Stato, a questa carenza funzionale degli Organi Centrali del Dicastero della Guen-a andava aggiunta quella de] personale presso le Direzioni di A1tiglieria, unitamente alla rotazione dei dipendenti militari non in servizio permanente.54 Dallolio sottolineava, in genere, le <<difficoltà in cui si è sempre dibattuto e si dibatte questo Ministero nella ricerca di personale stabile e pratico, difficoltà oggi accresciutesi in seguito alle disposizioni recenti sull'avvicendamento degli Ufficiali, ta1ché non è stato possibile, non solo avere dal Ministero della Guerra personale sufficiente all'entità ed alla mole del lavoro da compiere, ma neppure pratico siccome si conviene alla natura contabile dei controlli da eseguire; per il che non hanno fondamento le meraviglie e le osservazioni in proposito di S.E. i1 Ministro del Tesoro.»55 Altri scontri fra Nitti e Dallolio si ripetevano dopo poche settimane per un'impellente necessità di corda spinosa, e Nitti, rilevando che il procedimento per l'acquisto del materiale non era stato regolare, «compreso tuttavia della necessità di non fare mancare i mezzi alla difesa del nostro Paese>>, era costretto a telegrafare all'Ambasciata di Washj ngton per ratificare, in via eccezionale, 1'operato.56 Né il Generale Dallolio faceva qualcosa per ingraziarsi il Ministro del Tesoro. Anzi. All'interessamento di questi, nel febbraio del 1918, per sostenere la Società Anonima San Giorgio nella richiesta di estendere la produzione di vetro per le ottiche, il Ministro rispondeva seccamente che per tale produzione esisteva già una pianificazione da rispettare e che la «San Giorgio cammina e marcia avanti con molto coraggio e con altrettanta capacità coll'aiuto e colla cooperazione tecnica del Laboratorio di Precisione, ma di più di quanto avviene oggi è impossibile. Spinga avanti la San Giorgio le attuali lavorazioni, come effettivamente fa malgrado le crisi note - tanto note che è inutile a me citarle - ma in quanto al vetro d'ottica lasci fare a noi che riusciremo certamente.>>57 Ma le <<reprimende» del Ministro del Tesoro non si fermavano alla persona del collega delle Armi e Munizioni, e si estendevano ai maggiori responsabili di quel Dicastero.
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MCRR, fondo Dallolio, b. 953, f. 9, l. 9. Alla data ciel 23 aprile 1918, su un totale di crediti cli un miliardo erano stati recuperati clall 'apposito servizio recuperi soltanto 650 milioni così ripartiti: 450 materiali metallici e rottami, 100 prodotti chimici, 35 carbone e 60 noli. 55 MCRR, fondo Dallolio, b. 953, f. 9, l. 10, p. 2. 56 APTGP, serie fascicoloni, fase.VIII, f. 23, lettera 25 febbraio 1918 a 57 APTGP , serie fascicoloni, fase . X, f . 66 lettera 28 febbraio 1918 a Nitti. 53 50
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Lettera del Ministro del Tesoro Nitti per sollecitare l 'intervento di Dallolio a favore dello stabilimento San Giorgio per la produzione di vetro d 'ottica. (APTGP, Serie fascicoloni)
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Risposta (negativa) di Dallolio a Nitti riguardo allo stabilimento San Giorgio. (APTGP, Serie fascicoloni)
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Nitti, infatti, in una lettera del 26 aprile 1918, indirizzata alla persona di Dallolio, rilevava che a volte «i Sottosegretari di Stato in risposte ad interrogazioni ed in comunicazioni ufficiose, pubblicate anche nei giornali, si sono dichiarati esplicitamente favorevoli a provvedimenti invocati da Deputati e Senatori, facendo presente la impossibilità di adottare i provvedimenti stessi per l'opposizione del Ministro del Tesoro.»5~ La prassi lamentata da Nitti, oltre a creare «evidenti imbarazzi al Ministro del Tesoro , vulnera poi anche, a mio avviso, il principio costituzionale della responsabilità collettiva del Gabinetto di fronte al Parlamento ed indebolisce il prestigio dello stesso Governo.»59 Fra Nitti e Dallolio, oltre tutto, vi erano incompatibilità anche sugli aspetti strategici, a causa del comportamento tenuto da Nitti in merito all'andamento delle operazioni. Tra l'altro Nitti, che nonostante si atteggiasse a interventista era stato udito da Crespi, nel maggio 1915, pronunziare «affermazi01ù disfattiste proprio nel momento della nostra dichiarazione di guerra» ,c-1.i non si limitava a esternare i suoi pensieri in ambito parlamentare, ma ammoniva ogni giorno il Presidente del Consiglio Orlando di non far partire l'offensiva pronunciando discorsi pessimistici che poi , puntualmente ve1ùvano riportati ai colleglù del Gabinetto, e mrivando , addirittura, ad attaccare personalmente il Presidente del Consiglio sulle sue scelte strategiche. Un altro motivo di ruggine fra i due Ministri era dovuto, sicuramente, a un colloquio avvenuto fra Nitti e Paul Clemenceau,61 fratello del Presidente del Consiglio dei Ministri francese, in quel momento in ltaiia per motivi privati, come il Sottosegretario di Stato alle Amù e Munizioru Bignami ·relazionava a Dallolio in quel momento a Parigi. Clemenceau aveva affermato di conoscere il programma di Dallolio relativo all'approvvigionamento di bocche da fuoco fissato in 4.000 unità. Nel colloquio questo quantitativo era stato ritenuto dal francese assolutamente insufficiente, dato che non teneva conto della necessità di sostituirne almeno 2.000-2.500 perché logorate dall'uso. I due statisti convenivano che, «siccome Industria Nazionale non può fornirli tutti occorre chiederli agli Alleati.» Il Sottosegretario Bignami proseguiva nella sua relazione telegrafica: « ... Ministro Nitti non essendo competente in faccende nùlitari ritiene necessario richiamare attenzione V.E ... . nella possibi}jtà che Grande guena svolgasi in primavera nella Valle del Po e quindi sulla necessità non pmre sin d'ora un programma minimo in base sit11azione attuale, ma invece pone programma in base grande guerra che detenninerassi inevitabilmente. Sottosegretario Bignaini»62 Era inevitabile che Dallolio: - smentisse seccamente Clemenceau con un telegramma che era una frustata anche per Nitti: «Non ho mai veduto Paul Clemenceau e mai in ogni caso avrei parlato con lui. Circa il rimanente mi riservo parlare a voce» ;63 - ritenesse l'affermazione di Nitti, relativa all'arretramento in Valpadana , quanto meno strana, in quanto un 'eventualità del genere non era mai stata posta in discussione né al convegno di Peschiera , ove erano state definite le scelte strategiche dell'Intesa, né altrove; - valutasse poco corretto il comportamento di Nit.ti dato che si interessava di problemi tecnici che esulavano dalla sua competenza specifica. Quest'ultimo incidente confermava, e (se possibile) aggravava, il giudizio negativo sul Ministro del Tesoro, da parte del Generale Dallolio, il quale, durante la permanenza presso la 4A Armata, nel maggio 1918, aveva avuto la possibilità di constatare come Nitti fosse contrario al passaggio all'offensiva mentre «la maggioranza dei Ministri, a cominciare dal Ministro della Guerra, non condivideva le idee tattiche e strategiche di Nitti.»64 Tuttavia, sembra che il comportamento di Nit.ti fosse variabile a secon-
ss MCRR , fondo Dallolio, b. 953, f. IO, 59 MCRR, fondo Dallolio, b. 953, f. 10,
I. 1, Lettera ciel 26 aprile 1918. I. 1, Lettera del 26 aprile 1918. 60 S. Crespi, Alla difesa d'Italia in guerra ... , op. cit., p. 5. 61
Paul Clemenceau, Ufficiale dell'Esercito francese, Direttore dell'Arsenale d.i Bourges .
62
MCRR, fondo Dallolio, b. 961 , f. 5 , I. J5 , cfr. anche APTGP, serie fasci coloni, fase. XTT, f. 8 ., appunti dal 27 ottobre al 31 otto-
bre 1917,AII. XXXIX. 63
APTGP, serie fascicoloni, fase. XII,
f. 8, appunti dal 27 ottobre al 31 ottobre 1917, Ali. XXXX. - 9 settembre 1920.
(,., APTGP, serie fascicoloni, fase. Xll, f. 8, appunti 14 ,naggio 1918
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Lettera di Nitti a Dal/olio. del 25/ebbraio 1918, con la quale il Ministro del Tesoro mostra di condividere la «sofferenza» del Generale. (APTGP, Serie fascicoloni)
da delle opportunità, se all'inizio del 1918 aveva sentito il bisogno , in luogo delle solite rampogne, di dire una parola buona a Dallolio, esternandogli i suoi timori sulla situazione generale« ... Tu devi avere la mia stessa sofferenza ... >> È evidente che in questa situazione il Gabinetto Orlando si trovava fra l'incudine e il martello. Il 15 ottobre 1918, il Ministro delle Colonie, Colosimo, «intimissi mo di Orlando», si era recato dal Commissario agli Approvvigionamenti e Consumi, Crespi, esternandogli le sue perplessità circa la sopravvivenza del Gabinetto, a causa della discordia fra i Ministri e dell'insufficienza di altri, e, nel contempo , ponendo sul tappeto l'avversione di Orlando a un rimpasto .65 In effetti Orlando temeva Nitti che «ostacola tutto e tutti per diventare Presidente del Consiglio.»66 La stessa sera si recavano dal Commissario Crespi il Ministro dei trasporti Villa e il Senatore Francesco Ruffini, informati entrambi de11a possibilità di una crisi , e preoccupati per l'eventuale ascesa di Nitti al potere.67 Né Nitti si curava di dissimulare il proprio pensiero, anzi. Era normale sentirlo esclamare: «Quel povero Orlando! Bisogna pure che mi decida a sostituirlo. Non dipende che dalla mia volontà.»68 In effetti, oltre a non darsi pena di dissimulare le proprie mire governative, Nitti non tentava nemmeno cli nascondere la sua voglia di inazione sui vari fronti, al punto di rischiare un incidente diplomatico alla riunione del Food Co uneil del 23 luglio 1918. Durante una pausa dei lavori, ritornata alla ribalta
65
S. Crespi, Alla difesa d'Italia in guerra ... , op. cit., p. 185.
66
Jbi.d. 61 lbi.d., p. 186. 68 lbi.d., p. 183.
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l'eterna questione dell'offensiva ital iana attesa dagli Alleati, Nitti si era dimostrato contrari o a un 'azione italiana , a meno che gli altli Paesi non vi avessero concorso con una ventina di divisioni. A quel punto Lloyd George aveva esclamato: «Voi italiani dovevate accettare il nostro aiuto quando io ve !'offersi e non richiedercelo ora che siamo ancora in pericolo sul fronte francese. Nel 1916 io offersi a Boselli , Caclorna e Sonnino di trasportare in Italia il maggior sforzo inglese e fra ncese e di vincere la guerra sul fron te itali ano, mentre ancora le Armate russe erano in piena efficienza. Boselli, Caclorna e Sonnino e più che tutti Sonnino, rifiutarono.»69 Così avrebbe annotato Crespi: «Queste dichiarazioni di Lloyd George, non contraddette da Imperiali che è firmatario del Patto di Londra, m' impressionano di primo acchito profondamente, specie per il tono usato da Lloyd George nel pronunciare replicatamene il nome del nostro Ministro degli Esteri .» 70 Ma Crespi cercava di farsene una ragione - egli si chiedeva: «Quali sarebbero state le opposizioni al progetto in Francia, Inghilterra e , perché no , anche in Italia?». Così dopo il pranzo, passati nella sala per fumare, «tra un sigaro ed un altro» la tensione si allentava. Tuttavia, Crespi annotava sul suo diario , in dala 22 settembre 1918 , come Nitti continuasse ad ammonire Orlando «di non attaccare» e pronunciasse « ... in privato discorsi pessim isti che ci vengono da ogni parte riportati ... ». Poi Crespi aggiungeva: « . .. Orlando è veramente fra l' incud ine ed il martello.» 71 Dopo pochi giorni , durante il Consiglio dei Ministri , quando qualcuno aveva chiesto notizie su di una possibile avanzata italiana, «Nitti vi si manifesta contrario. Orlando accenna allo stato di notevole efficienza in cui si trova ancora l'esercito nemico difeso dal Piave e fortificato in ottime posizioni, e lascia intendere di non poter fare a]tre dichiarazioni in proposito.» 72 E comunque, anche in occasione del Consiglio dei Ministri del 24 ottobre, «Nitti si atteggia sempre più a rivale di Orlando.»73 Questi, il successivo 28 ottobre, «in preda a viva emozione» consegnava al Commissario agli Approvvigionamenti e Consumi , Crespi, una lettera di Nitti molto dura: «Hai voluto scatenare )'offensiva contro il mio parere . Le nostre truppe sono battute, l'offensiva è infranta, si profila un disastro. Tu ne sei il solo responsabile davanti al Paese esausto ... » Dal diario di Crespi: «abbraccio Orlando come abbraccerei mio padre.»74 Successivamente, il 2 novembre, Nitti entrava in scontro diretto contro Crespi, il quale, contattato per telefono direttamente dal Comando Supremo, aveva ricevuto l' annuncio della liberazione di Trieste con la conseguente necessità di provvedere con urgenza ai bisogni della città. Quasi scontata la reazione di Nitti, che chiedeva conto sulla voce della liberazione della città giuliana «messa in gi ro», a suo diJ:e, da Crespi. Tra l'altro, Dallolio riteneva veros im ile l'esistenza di alcuni «cortigiani» pronti a informare di tutto Nitti , e avrebbe avuto confe1ma di questa ipotesi nel momento in cui Nitti l'avrebbe convocato urgentemente a Roma , il 22 ottobre 1918, per far parte di una delegazione di Senatori che si sarebbe dovuta recare negli Stati Uniti per consegnare in regalo à Wilson alcuni cimeli di Amerigo Vespucci. Dallolio aveva declinato, l'invito adducendo la sua scarsa conoscenza della lingua inglese e il deside1io di essere presente all ' imminente offensiva del Grappa. Nitti «ebbe l'aria di essere meravigliato. Lui lo sapeva perché aveva corrispondenti devoti e premurosi alla fronte ed anche ad Abano.»75 Alla meraviglia dimostrata da Nitti, Dallolio ribatteva: «Non è certo il caso cli una sorpresa per te ... però sono contento de11a opportunità di una azione di logoramento che avrebbe inchiodato il nemico sul Grappa richiamando anche altre forze nemiche nel suo raggio vicino e lontano.» Dopo l'incontro con Nitti , Dall o Iio si recava dal Presidente del Consiglio , Orlando , che con il suo solito modo «buono, amichevole e affettuoso»
69
lbid. , p. 130. /bici. "lbid. , p. 166. 12 fbid., p. 169. 73 Tbid. , p. 190. 14 l bid., pp. 191-192. ;s APTGP, serie fascicoloni, fase. Xll, f. 8 . appunti /4 maggio 1918 - 9 setrembre 1920. ;o
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gli chiedeva: «Cosa hai combinato con Nitti? Ho qui una sua lettera contraria ali 'offensiva, ad una battaglia generale, cosa gli hai detto?» 76 Il Generale Dallolio, nel prosieguo dei suoi appunti, rivelava che, quando era stato in visita alla 4A Armata del Generale Giardino, aveva potuto verificare come presso il Quartier generale a Galliera, molte volte si fosse parlato «della necessità di una offensiva» e ancora,« ... non potevamo trovarci ancora dietro il Piave l'indomani di un armistizio con tanto suolo invaso e Giardino ci soffriva per il continuo esitare pensando che seguitava ancora a predominare il sentimento della difensiva mentre si doveva agire, e non rimanere inchiodati sul posto.»77 La classica goccia che faceva traboccare il vaso fra Nitti e Dallolio sarebbe stata l'incriminazione per peculato di alcuni dipendenti del Ministero per le Armi e Munizioni. In realtà, la notizia di denunce e arresti avvenuti al Dicastero retto dal Generale aveva suscitato non poche polemiche. Nella seduta del 25 aprile 1918, l'On. Nava era stato il primo firmatario di un ' interrogazione concepita «per sapere quali investigazioni abbia ordinato e quali provvedimenti abbia preso in seguito ai dolorosi fatti venuti alla luce in questi giorni nel suo Dicastero e dei quali è stata investita l'Autorità gi udiziaria e per conoscere quanto vi sia di vero neJJa voce che affermerebbe essersi riscontrate delle gravi negligenze nella gestione amministrativa delle forniture con forte danno dello Stato.>> 78 L' attacco al Ministero per le Armi e Munizioni coincideva con: 1) una durissima lettera del 26 aprile con la quale Nitti accusava il Generale Dallolio di aver dichiarato spesso che taluni provvedimenti non potevano essere adottati per l 'opposizione del Ministro del Tesoro, attentando così al «principio costituzionale della responsabilità colletti va del Gabinetto di fronte al Parlamento»; 2) l'avvio di un'ispezione condotta «personalmente ed effettivamente» dal Ragioniere Generale dello Stato, su mandato del Ministro del Tesoro , presso il Ministero per le Armi e Munizioni. Era il momento più grave dello scontro Nitti-Dallolio ed è emblematico che la lettera di Nitti non tenesse conto che, sin dal 20 aprile , Dallolio aveva emanato l a ci rcolare sul «Riordinamento della procedura relativa alla stipulazione dei contratti per conto del Ministero per le Armi e Munizioni» . Detta c ircolare riorganizzava i servizi amministrativi del Ministero: - fissando norme particolari per ogni categoria di forniture; - creando sul piano funzionale appositi Uffici Contratti; - dando vita a una Ragioneria e a una Commissione tecnico-legale incaricata di esaminare tutti gli schemi di contratto sotto il profilo della convenienza tecnico-economica e della regolarità contabile-amministrativa. Il Generale DaUoUo, consapevole della durezza degli attacchi si confidava, con la figlia Gina: «Come vedrai sui giornali gli attacchi aJ Ministero Anni e Munizioni sono violenti. Effetti vamente mi pare difficile escirne e sono disposto a rientrare nel guscio. Fra due mesi compio 65 anni e la mia carriera è finita. Elsa mi ha scritto una lunga lettera ragionando molto bene così conclude "Bisogna servire fino all'ultimo, dare oltre sé stessi, più della vita che è niente se nessuna fede la supera, se nessuna azione di sacrifico la rende degna di sé" .»79 Sin dal 18 aprile, per tagliar corto alle dicerie di grav issimi scandali, messe in circolazione «senza neppure pensare all'attendibilità di esse», il Ministero aveva comunicato a mezzo dell'Agenzia Stefani che erano stati denunziati all'Avvocatura Generale Militare, come sospetti responsabili d i reati in danno dell'Amministrazione militare: - il Capo Divisione addetto alla Direzione Generale di Artiglieria, Bonamico, che nell 'autunno del 1917 aveva dimostrato un tenore di vi ta superiore alle proprie possibilità;
serie fascicoloni, fase. Xll, f. 8, p. 7, appunti 14 maggio 1918 - 9 setlembre 1920. serie fascicoloni , fase. X1I, f. 8, p. 8, appunti 14 maggio 1918 - 9 settembre 1920. ;• APCD, Legisl. XXIV, 1n Sessione, Discussioni, Voi. X V, p. 16.592. 79 APTGP, serie lettere ai familiari , lettera 21 aprile 1918 a Gina. 76
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- il Primo Ragioniere di Artiglieria, Bonifazi, incaricato della redazione dei contratti, che ne aveva stipulato alcuni con la ditta Secagno, di Napoli, risultati poi irregolari; - il Tenente di complemento farmacista, Bozzetti, che aveva passato informazioni riservate alla Ditta Vita] i di Milano. Il successivo 25 aprile il Sottosegretario Bignami, rispondeva alla Camera dei Deputati a un'interrogazione dell'On. Nava, che chiedeva dit conoscere i provvedimenti adottati sui fatti venuti alla luce in quei giorni e la verità sulle voci circolanti circa «gravi negligenze nella gestione amnùnistrativa delle forniture con fotte danno dello Stato.»80 In merito al primo punto il Sottosegretario Bignami precisava: l. Capo Divisione Buonamico, addetto alla revisione contratti conclusi dagli Stabilimenti e dalle Direzioni periferiche di Artiglieria per dar loro forma legale. Nel maggio 1917 cominciavano a prendere forma le voci vagamente diffuse sui guadagni illeciti del funzionario. Veniva così accertato che Buonamico - che diversi anni prima della guerra possedeva una sostanza che si aggirava sulle 300 .000 lire81 - negli ultimi tempi aveva acquistato stabili in Roma per oltre un milione di lire.82 Un memoriale difensivo presentato all'apposita Commissione d'inchiesta, incentrato su una pretesa eredità, sul fatto che egli appartenesse a una famiglia di costruttori di stabili e , infine , su guadagni fatti in borsa, non forniva delucidazioni esaurienti per cui il funzionario, alla fine, veniva deferito all'Autorità giudiziaria che, 1'11 aprile 1918, ne disponeva l'arresto con l'imputazione di cui all'articolo 192 del Codice Penale dell'Esercito;83 1. Ragioniere Bonifazi , incaricato della redazione dei contratti e delle altre contrattazioni, che, in particolare, aveva trattato un'importante fornitura di materiali siderurgici con la Ditta Secagno di Napoli. Un'apposita Commissione, costituita da un Sostituto Avvocato Generale Erariale, un Ispettore di Ragioneria e un Ufficiale del Ministero Armi e Munizioni, dopo aver preso in esame la documentazione relativa alle forniture compiute dalla Ditta Secagno, concludeva che risultavano inequivocabili elementi a carico del funzionario che, «senza nessun plausibile e fondato motivo aveva consentito condizioni di finanziamento eccessivamente vantaggiose ed illegali, per cui il Secagno, ove non si fosse addivenuto alla revisione dei patti, avrebbe realizzato un illecito guadagno di circa tre milioni, oltre a quello che gli veniva dai prezzi pattuiti con l'Ufficio Tecnico.»84 L'Avvocatura Generale Militare, alla quale erano stati trasmessi gli atti, ordinava l 'a1Testo di Bonifazi e di Secagno sotto l'imputazione di corruzione. Erano scontate, quindi , sia la sospensione dei contratti in corso (fra i quali la trasformazione mensile di 310 tonnellate di vergella in corda spinosa, per il trimestre ottobre-dicembre 1917), sia la revoca dell'esonero da pare della Commissione Superiore delle esonerazioni , a partire dal 15 settembre 1917. Secagno ricorreva contro tale delibera ottenendo pr.ima uno slittamento sino al primo dicembre e, poi di altri 15 giorni richiesti per la sistemazione di affari in corso fra i quali «la fornitura di ancora ben 11.180 tonnellate di vergella alla Amministrazione militare» acquistate da 8 diverse ditte americane.85 Infatti, l'attività di tale ditta consisteva nella trasformazione di materiali metallici acquistati in America in «mezzi difensivi, quali corda spinosa, cambrette, punte di Parigi, ecc.>> in una fabbrica di sua proprietà a Napoli. 3. Tenente Bozzetti, chiamato al Ministero Armi e Munizioni allorché il servizio delle maschere era passato dalla Direzione dei Servizi Logistici ed amministrativi del Ministero della Guerra al Ministero
Legisl. XXIV, I" Sessione, Discussioni, Vol. XV, p. 16.592. Legisl. XXIV, 1° Sessione, Discussioni, Vol. XV, p. 16.598. 82 APCD, Legisl. XXIV, la Sessione, Discussioni, Voi. XV, p. 16.593. 83 Reato punibile con la reclusione militare sino a quattro anni per quei militari che, investiti di funzioni amministrative, avessero ricevuto un interesse privato «nelle aggiudicazioni, negli appalti o in altri atti dell'Amministrazione militare dei quali abbia avuto la direzione o la sorveglianza>>. 8" APCD, Legisl. XXIV, 1" Sessione, Discussioni, Voi. XV, p.16.594. 85 MCRR, fondo Dallolio, b. 953, f. 7, I. 8; Promemorià del Sottosegretario Bignami al Ministro del 15 dicembre 1917. Ro APCD, 8'
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delle Anni e Munizioni. All 'Ufficia]e non era stato mai affidato alcun incarico sulle trattative riguardanti la stipulazione dei contratti. Inviato a Milano per studiare la possibilità di confezionare un nuovo tipo di maschera, veniva denunciato dalla Ditta Vitali perché, avvalendosi del segreto d'Ufficio, aveva proposto la realizzazione di un guadagno di 100.000 lire dietro un compenso del 20%. Anche Bozzetti veniva arrestato sulla base dell'articolo 192 del Codice Penale per l'Esercito. Sempre in me1ito al primo punto dell'interrogazione dell'On. Nava sulle responsabilità personali di alcuni funzionari, il Sottosegretario alle Armi e Munizioni, Bignami, interrotto da «frequenti mmoreggiamenti», specificava ]a diversità di competenze tra Uffici Tecnici e Ufficio Contratti. Mentre gli Uffici Tecnici erano responsabili. della detenninazione delle forniture belliche e della trattazione con i fornitori, l'Ufficio Contratti aveva il compito di redigere le convenzioni sulla base delle comunicazioni ricevute dall'Organo tecnico. Peraltro, a volte, l'Ufficio Contratti «spinto anche dall 'urgenza delle forniture, non sempre stipulò contratti formali, ma talvolta, con procedura commerciale, cioè con semplici scambi di lettere, telegrammj, e magmi con ordini verbali, diede ordinazioni o modificò le condizioni di ordinazioni già pattuite.»86 Comunque il Generale Dallolio aveva fatto mettere allo studio una rifonna tende_nte ad affidare al Servizio tecnico lo studio dei contratti , e al Servizio Amministrativo del Ministero Armi e Munizioni la loro stipulazione. Del servizio tecnico avrebbe fatto parte un Ufficio Commesse, al quale sarebbero dovute affluire tutte le proposte di contratti che i diversi organi periferici e gli ufficì tecnici del Ministero avrebbero presentato per le forniture man mano necessarie. 11 tutto affiancato da una Commissione revisione prezzi della quale avrebbero fatto parte anche dei parlamentari. Sul secondo aspetto dell'interrogazione dell'On. Nava, relativo alle negligenze nella gestione amministrativa, il Sottosegretario Bignami chiariva l'esistenza, presso il servizio amministrativo, di un uffi cio chiamato impropriamente «dei recuperi». Si trattava di un organo incaricato della fatturazione e della riscossione delle somme «spettanti allo Stato per forniture fatte agli industriali di metalli in pani e rottami, di prodotti chimici çli carbone, di noli .» 87 • Le «maggiori interruzioni e i rumoreggiamenti» ·più insistenti si verificavano quando il Sottosegretario Bignami rendeva noto che, a.Il' epoca dei fatti denunziati, il Servizio aveva recuperato 650 milioni su un totale di un miliardo di debiti da parte degli industriali verso lo Stato.88 Bignami attribuiva l'accumularsi del ritardo nel «recupero», «alla deficienza di personale sia tecnico sia di ragioneria presso il Ministero e, specialmente, presso le Direzioni locali di Artig]ieria.»89 Le interruzioni si sarebbero ripetute quando il Sottosegretario Bignami, convinto di esser più preciso, avrebbe ripetuto che la parola «recupero» doveva essere interpretata come «una cosa che era stata data ai diversi industriali per la lavorazione e che si intendeva dovesse essere poi calcolata.»90 - È di quel periodo una lettera di Dallolio alla figlia Gina: «Non hai idea come lotti ed abbia lottato contro tutti i Tigellini ed i Maramaldi. E credi lavoro solo per la produzjone; per la produzione ho dato tutto, ho sacrificato me stesso in ogni modo ma la gente non vede , non capisce che per riuscire, per ottenere che la resistenza si cambi in redenzione bisogna dare, dare, dare.>> 91 Al termine dell'animata discussione I'On. Modigliani aveva proposto l'immediata discussione delle mozioni già presentate sull'argomento, ma la proposta, con 109 voti contrari su 293, veniva bocciata rimettendo la discussione aila ripresa dei lavori parlamentari unitamente ad altre interpellanze sullo stesso m·gomento. Dallo1io dopo questi fatti, presentava le dimissioni da Ministro i] 14 maggio 1918.
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APCD, APCD,
Legisl. XXIV, la Sessione , Discussioni, Voi. XV, p. 16.594. Legisl. XXIV, la Sessione, Discussioni, Vol. XV, p. 16.596.
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'> APTGP,
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serie lettere ai familiari, lettera 12 aprile 19·18 a Gina.
Capitolo 40 LE SECONDE DIMISSIONI DI DALLOLIO (QUELLE DA MINISTRO PER LE ARMI E MUNIZIONI)
Il Ministro ag]j approvvigionamenti, Crespi, così annotava sul suo diario le dimissioni di Dallolio: « ... Ma il Gabinetto subisce una grave perdita con l'uscita di Dallolio, Ministro per le Armj e Munizioni. Queste dimissioni sono la conseguenza di guai interni fra fun zionari del suo Dicastero e di una infelice seduta alla Carnera , nella quale il s uo Sottosegretario di Stato si è lasciato sfuggire parole imprudenti. Orlando non avrebbe mai dovuto privare l 'Esercito dei servizi d i un grande organizzatore come Dallolio che è insostituibile.» 1 L' «infelice seduta alla Camera» era quella del 25 aprile 1918 , durante la quale il Sottosegretario Bignami , in risposta a un'intenogazione , aveva preventivato un periodo di tre mes i per il recupero dei crediti da parte del Ministero Armi e Munizioni, e quindi e ra stato comunque costretto a subire la replica dell'On. Nava, primo firmatario dell'interrogazione, che, fra i clamori dell'aula, rilevava: 2 - l'incongruenza di aver sentita la necessi tà di impiantare i servizi amministrativi nel Ministero Arm i e Munizioni soltanto nell'agosto 1917, cioè due anni e mezzo dopo l 'inizio della guena; - la diversità rispetto ai Ministeri delle Anni e Munizioni di Francia , Inghilterra e Stati Uniti, dove esisteva un «ufficio prezzi» che vigilava affinché i propri Ministeri non restassero alla mercé degli speculatori. Il 23 maggio 1918, Winston Churchill, tramite il Colonnello Mola, avrebbe fatto pervenire al Generale Dallolio il seguente telegramma: «Ho saputo con sincero rimpianto delle sue dimissioni da Ministro delle munizioni. È stato per me un gran piacere il lavorare con Lei e specialmente mi ricorderò il coraggio, la dignità e la decisione coi quali l'E.V. affrontò il vasto problema delle munizioni sorto dal disastro italiano del novembre passato. L'animo e le qualità che lei mostrò alla nostra conferenza di Parigi ci rese tutti fiduciosi al momento più critico, che l'Italia avrebbe saputo ristabilire colle proprie forze la situazione e in Lei noi riconoscemmo un vero rappresentante di tutto quello che è invincibile neJla grande Nazione Italiana.» L' Agenzia Stefani comunicava le dimissioni di DaJlolio con la formula promoveatur ut amoveatur, motivandole col fatto che «l'Onorevole Presidente del Consiglio i.n una delle recenti sedute dell'ultimo periodo di lavori parlamentari aveva dichiarato alla Camera dei Deputati di essere intenzione del Governo di procedere a una revisione degli ordinamenti amministrativi del Dicastero. Tale dichiarazione naturalmente era fatta in perfetto accordo con il Ministro Dallolio, il quale ha ora comunicato al Presidente del Consiglio che, per rendere tale azione di riforma perfettamente libera da ogni prevenzione personale, preferiva lasciare l'Ufficio.»3 L' Agenzia concludeva la notizia preannunciando che al fronte gli sarebbe stato affidato «un alti ssimo Comando nell'Arma di cui il Generale ha appartenuto.» 4 Vittorio Emanuele III aveva accettato le dimiss ioni da Ministro di Dallolio con un decreto dello stesso giorno.5 In maggio, con successivi decreti il Re:
S. Crespi, Alla difesa d'Italia in guerra .. ., op. cit., p. 92. APCD, Legisl. XXIV, 1a Sessione, Discussioni, Vol. XV, p. 16.597. 3 APTGP, se1ie fascicoloni, fase. VII, f. 9 . • lbid. s APCD, Legisl. XXIV, l " Sessione, Discussioni, tornata del 3 ottobre 1918, Voi. XVI, p. 16.693. 1
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- il 15 incaricava il Ministro della Guerra Zupelli di assumere ad interim il Dicastero delle Anni e Munizioni; - il 18 accettava le dimissioni dalla carica di Sottosegretario di Stato per le Anni e Munizioni rassegnate dall'On. Bignami; - il 19 nominava alla carica di Sottosegretario l'On. Nava, lo stesso che aveva presentato l'interrogazione sulle irregolarità verificatesi al Ministero per le Armi e Munizioni che avevano innescato il lungo processo di critiche all'operato qel Ministero delle Armi e Munizioni. Era scontato, nonostante le diverse attestazioni di stima e gratitudine verso l'operato del Generale Dallolio - Corriere della sera del 16 maggio, Idea nazionale del 17 - che la stampa si chiedesse i reali motivi dell'allontanamento. In proposito, il Corriere della Sera del 16 rimandava a «recenti discussioni parlamentari o di stampa.» Dallolio, in attesa di assumere l'incarico preannunciato dall'Agenzia Stefani, veniva collocato a disposizione del Comando Supremo con rango, prerogative e indennità di Comandante di Corpo d' Armata.6 Tuttavia, all '.atto. della presentazione al Comando Supremo, che nel frattempo si era sposta. to ad Abano, il nuovo Capo di S. M. de11 'Esercito, Diaz, gli aveva comunicato che per assumere il ruolo di Comandante Generale dell' ArtÌglieria avrebbe dovuto aspettare, circa cinque mesi, ovvero il tempo necessario affinché il Comandante in carica, Generale D'Alessandro, raggiungesse i limiti d'età. Dallolio, che percepiva un certo ostracismo nei suoi confronti, avrebbe scritto alla figlia Elsa: «Avverto che al Comando Supremo mi sono contrari.» 7 Il Generale Dallolio, per quanto fosse partito da Roma con l'assicurazione del Presidente del Consiglio circa l' «Altissimo Comando», era costretto a rimanere a disposizione del Comando Supremo con il compito di recarsi presso la 31\ 4" e 6A Armata, per seguire di persona l'evolvere della situazione. A ogni modo, ciò gli permetteva di vivere in mezzo ai reparti combattenti esaudendo così la sua antica aspirazione: <<Voglio andarmene dove c'è il sole e dove si combatte contro il nemico che è di fronte, non contro quelli che attaccano nella schiena.»8 Dallolio, dopo la visita alla 3" Armata di S.A.R. il Duca D'Aosta, passava alla 4", comandata dal Generale Giardino e quindi concludeva «il giro» presso la 6A, del Generale Montuoro. Ma il suo girovagare per i Comandi aveva dato luogo anche a degli equivoci, alimentati dalla psicosi che si era creata ai tempi di Cadorna in seguito ai continui e improvvisi avvicendamenti di Comandanti. Dallolio, infatti, avrebbe annotato che nel pomeriggio del 15 giugno, partito dal Quartier Generale della 3A Armata a Mogliano Veneto e giunto alla sede di un corpo d'Armata sul Basso Piave, era stato ricevuto «dal Comandante in modo agitato e commosso, perché 'le truppe nemiche avevano passato il fiume in più punti, occupando alcune posizioni, e non ancora dalle sue truppe erano state contenute e ricacciate.»9 Da11olio aveva rincuorato il Comandante, invitandolo ad aver fiducia nella reazione in e.orso, nel1' efficacia del fuoco dell'artiglieria che avrebbe arrestato il nemico sino all'arrivo dei rinforzi , il cui morale era alto, come poteva testimoniarlo egli stesso che li aveva incontrati per strada «su autocarri che si avvicinavano alla fronte cantando ad alta voce.» Ma Dallolio era rimasto perplesso - «Lì per lì conoscendo l'animo del Comandante non seppi spiegarmi la nervosità dell'incontro per quanto sempre amichevolissimo.» 10 Il mistero, comunque, gliel'avrebbe svelato l'Ufficiale che lo stava accompagnando all'automobile: vedendolo arrivare all'improvviso, infatti, il Capo di Stato Maggiore e i suoi Ufficiali avevano pensato a una sostituzione. E
D. Lgt. del 23 maggio 1918. serie lettere ai.familiari, lettera 18 gi ugno 1918 a Elsa. 8 APTGP. Serie lettere i familiari, lettera 7 marzo 1916 a Elsa . 9 APTGP, serie fascicoloni , fase. XII, f. 8, appunti 14 maggio 1918 - 9 settembre 1920, p . 4. IO lbid. <>
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Il Generale Dallolio mentre osserva un cannone di preda bellica. (APTGP, Seriefascico/,oni)
l'Ufficiale aveva aggiunto: e il Colonnello era venuto a «chiedermi alcune notizie su di lei, sul suo carattere e sulla sua azione di Comando.» 11 In ogni caso, la particolare posizione di Dallolio gli consentiva di «girare , vedere, ascoltare» e di poter partecipare a11e battaglie del Piave e di Vittorio Veneto , rendendosi conto di persona, della progressione avversaria: «Oggi sono stato a Losson per vedere la guerra da vicino, proprio ali 'estremo limite dell' occupazione 12 , cannonate a destra , cannonate a sinistra e fucilate al centro. L' ultima trincea avea davanti un vero carnaio. L'artiglieria avea battu to gli Austriaci in pieno, un massacro. Che orrore e che pugna. Posso dire oggi di avtre vista la guerra. Tutto va bene.L'offensiva è respinta, adesso occone prepararsi per la nuova ripresa.» 13
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APTGP, serie fasc icoloni, fase. Xll, f. 8, appunt i 14 maggio 1918 - 9 se11e111bre 1920, p. 5. A Losson, c'è una via intitolata al 18 Giugno , proprio per ricordare il punto più avanzato della penetrazione austriaca. 3 ' APTGP, serie leuere ai f amiliari, lettera 20 giugno 1918 a Elsa. 11
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Il Generale Dal/olio mentre osserva un cannone di preda bellica. (APTGP, Serie fascicoloni)
Dallolio aveva anche scritto al fratello Alberto: «Sta tranquillo la battaglia è seria, ci sarà in qualche punto l'alterna vicenda di successi e di qualche episodio locale di insuccesso, ma per ora l'irruzione è fermata. Occorre però stare in guardia colmare i vuoti e ricordarsi che l'offensiva è grave. Il morale è altissimo io ho visto oggi batterie e una Bi:igata di Fanteria veramente ammirevoli. Ma occorre persuadersi che la lotta sarà aspra e quindi prepararsi. Io ho fede nel Comando Supremo il quale fa miracoli. La partita è iniziata e bisogna finirla a qualunque costo.»i" Pochi giorni dopo, ritornando sull'argomento, il Generale ribadiva: «Per ora il cannone tuona ed avve1te che ci sarà il seguito. Occ01re quindi prepararsi alla offensiva n. 2 che sarà mista cioè Austria e Tedeschi ... guardare con animo sereno alla situazione, prevedere e provvedere, riparare agli errori e avanti con fiducia. 11 soldato si batte ecco tutto, il resto può sempre essere e deve essere migliorato facendo tesoro della esperienza. Io non sono infatuato della difensiva, anzi ammetto le reazioni offensive, ma sul Piave purché bene ponderate. Osare coi piedi di piombo.» 15
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serie lettere aifarniliari, lettera 21 giugno 1918 ad Alberto. serie lettere ai familiari, lettera 27 giugno 1918 ad Alberto.
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Anche la figlia Elsa si era tramutata in «cronista di guerra>>, allorché scriveva all'amica Nanda Ojetti: «Io non ho nulla da fare perché come puoi immaginare non è il momento questo di andare in giro ad iniziare propaganda. Vedo spesso tuo marito i1 quale ha 1a soddisfazione di veder ora riconosciuto anche dai diffidenti l'util ità dell'opera sua. Si vive in tensione grandissima, ma 1e notizie nel complesso sono buone. Dobbiamo essere calmi e non lasciarci innervosire da piccoli inevitabili insuccessi, di fronte al fatto magnifico di aver resistito alla più grande battaglia che l'Austria abbia scatenato sul nostro fronte. I soldati sono ammirevoli: cantano andando su di rinca1zo, e si battono col valore antico, col loro valore che nessuna viltà di capo, potrà mai fare dimenticare a]la nostra riconoscenza, dal primo giorno della guerra, a questi che non sono gli ultimi. Ti abbraccio sentendoti vicina nella grande fede cornune.» 16 Il fatto di poter «girovagare» di continuo avrebbe anche consentito al Generale Dallolio, nelle prime ore dell'offensiva austro-tedesca del 15 giugno, di tornare sull'argomento dell'artiglieria con il Re. Quel pomeriggio, infatti, sulla strada del Montello, egli aveva incontrato il Sovrano (che lo aveva fatto chiamare dall'Aiutante di Campo, Capitano Avogadro degli Azioni) e, intavo1ata una discussione, aveva affermato, «con antica fede nell'Arma», che «essa se impiegata bene, avrebbe ben risposto.» Questa asserzione spingeva il Re a mormorare « ... già Lei è un artigliere», al che Dallolio concJudeva «Sì Maestà da quasi 50 anni battezzato A1tigliere e tutti conoscono il mio grande amdre per la mia Arma.>> A questo punto il Re - probabilmente ricordando la secca risposta ricevuta sul l'argomento il mattino del 27 ottobre 1917 prima della partenza di Dallolio per Treviso - si congedava sorridendo. 11
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lettere ai familiari, lettera 18 giugno I 918 a Nanda. fascicoloni , fase. XII, f . 8, appunti 14 maggio 19.18 - 9 settembre 1920.
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Capitolo 41 L'INCARICO DI ISPETTORE GENERALE DELL'ARTIGLIERIA
Dallolio sarebbe incappato ancora in altre delusioni, prima di poter assumere quell' <<altissimo Comando neH' Arma» preannunziato dall'Agenzia Stefani. Infatti erano sorte delle difficoltà: Dallolio doveva assumere anche la carica di Comandante Generale d'Artiglieria, ma il Ministero aveva disposto il rientro del Comando di Artiglieria nella Capitale .1 «Allora io protestai: c'era l'assicurazione del Governo e perché non dovevo ·essendo al fronte assumere il Comando Generale e andare subito a Roma come Ispettore Generale?»2 Oltre tutto, a Roma, i locali dell'Ispettorato Generale risultavano tutti occupati e non vi era alcuna disponibilità. Dallolio, pertanto, scriveva al Ministro della Guerra, Zupelli, che gli rispondeva il 27 rtovempre: «È superfluo dirti che da parte mia nulla osta a che tu resti ancora costì .» Stando a quanto Dallolio aveva scritto al fratello Alberto, egli si era recato in visita di dovere dal Generale Diaz: « .... Gliene parlo, finge di ignorare tutto e il Dispaccio Ministeriale 19 novembre 1918 dice "a questo riguardo, presi accordi con S.E. il Capo di Stato Maggiore dell'rsercito" (Badoglio prima mi aveva detto che non aveva nessun interesse a farmi partire) eppoi [Diaz] non mi dice una parola del mio nuovo incarico, del Comando assunto, e mi fa una lunga dissertazione su questo tema "oggi ci vogliono giovani e uomini nuovi, idee nuove, uomini giovani." Io 1' ho ascoltato l'ho salutato gentilmente e sono venuto via.» 3 Soltanto il 20 gennaio sarebbe stato emanato l'ordine con il quale Dallolio assumeva la carica di Comandante Generale d'Artiglieria con effetto retroattivo '..al 18 novembre.4 Ma una volta assunto il Comando, egli era costretto ad accorgersi che, in pratica, era tagliato fuori. Fra l'altro, ad esempio, era stata nominata una Commissione per l'esame dei materiali di aitiglieria, in servizio e recuperati al nemico, che non dipendeva da lui. «Insomma ne ho trovato il Comando Generale d'Artiglieria completamente tagliato fuori. Ed allora cosa fare? Piegare la testa? Farsi silurare come una pecora? Rimanere senza autorità e dignità? ... Credi c'è da perdere la testa. Da 16 giorni che sono qua, non ho niente da fare, niente ... basta dirti che la Commissione di recupero delle materie prime, è stata prima dal mio amico assegnata a due Generali che non dipendono da me.» 5 Questo scritto andrebbe integrato con quanto rinvemfro sulla seconda pagina di altra lettera: «La dignità propria è al di sopra di tutto, ma così come fare? E d'altra parte posso io arrivare al punto d'essere ringraziato· come un cuoco, o meglio in circostanze tali a fronte di tutta l'Artiglieria da sentirmi dire perché non se ne va. La greppia è una necessità ma è meglio salvare la dignità o perdere ogni considerazione? Ciò che ho scritto è Vangelo, nulla di più, neanche l'ombra di una esagerazione. Rispondimi ciò che pensi, ma rispondimi in modo sicuro.» Non solo per questo Dallolio restava insoddisfatto , egli era angustiato anche dall'apatia riscontrata in giro: «La situazione del Comando è tale che lascia le più profonde amarezze. A tutto si è rinunziato pur di vegetars;,, le malinconie mje erano ben inferiori alla realtà a fronte della situazione di fatto, assenteismo completo.»6 Si rammaricava, Dallolio, di non aver potuto dare la sua «impronta» a causa delle tergiversazioni intervenute: «Se avessi preso il Comandlo il 23 ottobre allora avrei dato un 'impronta speciale all'azio-
In quel momento il Comando Generale d'Artiglieria era dislocato presso il Comando Supremo al fronte . APTGP, serie lettere ai familiari, lettera 6 dicembre 1918 ad Albe1to. 3 lbid.' 4 lbid.' l lbid.' 6 APTGP, serie lettere ai familiari, lettera 30 novembre 1918 a Elsa. 1
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ne mia personale. Sarei interamente da mattina a sera fra le batterie per farmi vedere e per vedere da vicino i combattenti, per pagare di persona ... Ora venire a galla è ben difficile.» 7 Comunque, assunto l'incarico di Comandante Generale d'Artiglieria ed Ispettore , Dallolio faceva eseguire agli Ufficiali addetti al Comando Artiglieria degli studi che interessavano l' impiego passato dell 'Arma e «il modo con cui era stato regolato il fuoco (1915-1918).»8 Dallolio, a fronte delle amarezze derivategli dal Comando, aveva avuto la soddisfazione di dover consegnare al Comandante della 3A Armata la Bandiera dell'Arma, che durante la guerra, era stata presso il Comando generale dell'Anna al fronte. Allorché questo, per smobilitazione, era rientrato a Roma, il Ministro della Guerra aveva stabilito che la Bandiera rimanesse con le truppe schierate sui confini che erano stati raggiunti e venisse consegnata, pe1tanto, al Comando della 3A Armata. La solenne cerimonia del passaggio avve1ùva il 3 luglio 1919 a Trieste, nella Caserma Oberdan, ove Dallolio, in qualità di Comandante Generale d'Artiglie1ia, consegnava la Bandiera al Comandante della 3A Armata, S .A.R . il Duca d'Aosta, pronunziando un discorso patriottico, nel quale si sentiva vibrare l'anima del vecchio artigliere.9 Il Duca d'Aosta, nel rispondere all'allocuzione del Generale Dallolio, affermava che i segni di gloria di cui la Bandiera si onorava erano quelli conquistati negli anni del Risorgimento, mentre «nella lunghissima guerra sempre e ovunque, con abnegazione sublime (gli Artiglieri] prodigarono il loro valore, la loro fierezza, il loro sangue per agevolare alla fanteria, in meravigliosa gara di eroismo, il travagliato cammino della vittoria ... Intorno a questo sacro vessillo noi confermiamo l'antica promessa di servire ora e sempre la Patria diletta con l'amore, la tenacia e la fede che sono vanto e gloria della 3A Armata; questo voto oggi innalziamo nella libera Trieste, col memore pensiero ai Caduti di ieri, con le nostre speranze rivolte alla grandezza d'Italia immortale!» 10 Nel frattempo, stava maturando una serie di provvedimenti ordinativi che avrebbero comportato l'istituzione di nuove cariche e la soppressione di Comandi, Enti e Unità: - R.D. n . 1418 del 20 luglio 1919, istitutivo della carica di Ispettore Generale dell'Arma di Fanteria cui veniva destinato il Duca d'Aosta; /
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APTOP, serie fascicoloni , fase . XII, f. 8,
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appuntì 14 nwggio 1918 - 9 settembre 1920, p. 9. serie fascicoloni, fase. XII, f. 8, appunti 14 maggio 1918 - 9 settembre 1920, p. 10 «Altezza Reale . La Bandiera dell'Artiglieria che era presso il Comando Generale dell'Arma, per desiderio di S.E. il Ministro della Guerra, è consegnata al Comando della 3A Annata, affinché vi rimanga sino al giorno in cui la pace, distendendo le sue ali, affermerà il nome d'Italia e i suoi diritti. Allora, e solo allora, sarà richiamata alla sua sede definitiva: Roma. Ed è santa giustizia che il simbolo dell'onore e della gloria di tutta l' Artiglieria Italiana, l'emblema che fu glorioso sempre, anche quando la fortuna non arrise alle nostre armi, rimanga a Trieste pei tanti ricordi delle terre redente, per la Fede che Trieste tenne sempre aU'antica Madre , perché qui la 3" Armata ha la mano alla spada.Altezza Reale. Il drappo di questa nostra Bandiera è ormai lacero e scolorito, ma per l'Arma è indimenticabile ricordo di affetto a S.A.R. la Duchessa d'Aosta e a S.A.R. l' antico e non immemore artigliere. Quando sedici anni orsono, gli Attiglieri ricevettero il rinnovato vessillo, giurarono di serbarlo, sempre più alto, sempre più degno di coronarlo di nuovi allori a prezzo del loro sangue. Ditelo Voi o Duca d'Aosta Comandante della 3A Armata se essi hanno tenuto fede al loro giuramento, se mai smentirono il loro valore di ·saldi Artiglieri d'Italia, ditelo Voi se questa nobile insegna non ha, per tutti gli assenti, meritato nuovi allori! Ditelo, se fra i miracoli di martirio anche gli Attiglieri , dai più glo1iosi ai più umili, non pagarono largamente il tributo della indomita loro fede al Re e alla Patria. Artiglieri Italiani. Sui mari che attendevano le nostre navi, sulle frontiere che aspettavano le nostre vittorie coffe oggi un grido - Italia! Quel grido è la risurrezione dei morti - dei nostri mmti - il pensiero vivo e affettuoso dei combattenti; è la virtù che dà invece di ricevere, e muta i segni del dolore in opere del pensiero; quel grido è la condanna di tutti gli egoismi, la spinta dell' umanità verso l'Idea «fulgente di giustizia e cli pietà» verso l'alba vicina di un avvenire di lavoro, di eguagl ianza e di libertà. Ma per voi soldati, oggi un altro grido! Pei nostri morti, pei nostri feriti , pei nostri compagni, per le dure fatiche sofferte, per le ineffabili vittorie riportate, per quest'Armata in cui nome e Duca si fondono e identificano in una grande vibrazione di luce e di forza italica, per Voi e dianzi a Voi Altezza Reale, il grido di gueJTa come rinnovato giuramento degli Artiglieri cl 'Italia. In alto le nostre Bandiere e gridiamo tutti Savoia!» 10 APTGP, serie fascicoloni , fase. XII, f. 8, appunti 14 maggio 1918 - 9 settembre 1920, p. 11 .
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- R.D. n. 451 del 20 aprile 1919 , che divulgava il nuovo ordinamento dell 'Esercito impartendo le disposizioni per lo scioglimento dei Comandi , Enti e Unità non comprese nel nuovo ordinamento ; - R.D . n. 2 145 , che istituiva la carica d i Ispettore Generale dell 'Esercito affidata al Generale Diaz. Il 21 aprile 1920, Dall olio riceveva dal Ministro della Guerra, Ivanoe Bonomi, una comunicazione sullo scioglimento dell' Ispettorato dell' Artiglieria: «La imprescindibile necessità di contenere l ' ordinamento dell 'Esercito in quegli stretti limiti che possono essere consentiti dalla nostra eco nomia, ha imposto anche di rinunziare a quelle alte funzio ni ispettive che a lato delle normal i fun zioni di co mando erano state istituite da precedenti disposizioni per le varie armi . Il decreto, già sanzionato da S.M. il Re, del quale è unita copia , comprende quindi, fra le altre gravi riduz ioni , la soppressione di codesto Ispettorato Generale , come di quello di tutte le altre Armi . Mi rendo pienamente conto del rammarico con cui tale perdita sarà appresa da tutta l'area dell'Artiglieria che nell' Ispettorato generale ha sempre avuto l'animatore ed il coordinatore di ogni attività intesa alla perfettibilità tecnica ... Ma tanto più dolorosa è la rinuncia ora che nella persona dell'Ispettore Generale dell ' Artigl ieria vedeva il creatore di quel poderoso strumento di forza che essa fu durante la gue rra, l'organizzatore di quella nostra industria militare che dal null a seppe assurgere ad una vitalità così possente quale fu necessario per il supremo sforzo della Nazione; Colui che in solo sette mesi ave a saputo - e ben a tempo - restituire nella precedente integrità all 'Esercito le anni per determinare sul P iave l'inizio del crollo della potenza nemica ... » .11 L' indomani Dallolio rispondeva al Mi nistro: «Mi onoro accusare ricevuta all 'E.Y. della lettera N. 8220 del 21 corrente e di una copia del nuovo progetto di ordinamento dell' Esercito, dai quali rilevo e apprendo la soppressione dell'Ispettorato Generale d'Artiglieria. Per antica e nuova convinzione ho sempre ritenuto che solo le forze morali s i stringono a far maggiori le forze materiali, quindi 1' Arma di Artiglieria vedrà con dolore sparire c iò che era sua vita più profonda, e rimontare pur con altro nome al 1673 , come vedrà con dolore sparire il reggimento d'Artiglieria a cavall o ricco di tradizion i e di gloria . Ma per quanto mi riguarda personalmente non ho che a ring raziare l'E.Y. di aver voluto benevolmente ricordare l'amore che ebbi sempre per l'Arma, e la coscienza con cui servii nell'Esercito la Patria . Resto in attesa di conoscere il giorno in cui dovrò considerare come soppresso questo Ispettorato Generale mentre mi onoro professarmi de ll 'E.V.» . 12 Dallolio , anche se prossimo alla fine dell'incarico, continuava a interessare il M inistero della Guerra su problemi vari dell 'Arma di Artiglieria: - le sfavorevoli ripercussioni di ogni genere che la proporzione degli Ufficiali d' Artig}jeria, rispetto a quella delle altre Armi nei vari grad i del nuovo ordinamento dell'Esercito, avrebbe provocato; 13 - la soppressione dell 'Offici na di Piacenza; - la mancanza d i Ragionieri di A1tiglieria . Dallolio si era recato anche da Badoglio. Dal loro incontro era scaturiva una descrizione non proprio entusiasmante di quest'ultimo personaggio, che in quel momento ricopriva l' incarico di Sottocapo di Stato Magg iore dell'Esercito: «Ieri sono andato da Badoglio per parlargli dell ' Artiglieria. Mi ha detto che non avrebbe mai proposta la soppressione dell 'Ispettorato Generale d' Artiglieria se io non avessi dovuto andarmene per età e mai avrebbe aspettato al luglio 192 1, ma per riguardo ecc. ecc . ecc. Non ha ingannato sé stesso , ma nemmeno me , perché sulla sua logica non pesava certo la spontaneità, ma aveva l' aria commossa nel d irmelo e ... poteva la risposta andar bene per tante domande della vita .» 14
serie fasc icoloni, fase . XII, f. 8, appunti 14 maggio 1918 - 9 settembre 1920, p. 17 . serie lettere personali, lettera 22 aprile I920 ad lvanoe Bonomi Ministro della Guerra. t ) APTGP, serie fascicoloni, fase. Xli, f. 8, appumi 14 maggio 1918 - 9 settembre 1920, p. 18. La proporzione degli Ufficiali cli Artiglieria era pressoché uguale a que lla delle altre Armi nei vari gradi, a eccezione di quelli di Colonnello e Generali pari per l' Altiglieria al 10% mentre quella delle altre Armi oscillava dal 22,2% (Genio) al 3 I ,3% (Cavalleria) . 14 APTGP, serie lettere ai familiari, lettera 9 maggio 1919 a Elsa. 11
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Lellera di Badoglio a Dallolio all'atto delle sue dimissioni da Commissario Generale per le Fabbricazioni di Guerra del 14 settembre 1939. (APTGP, Seriefascicoloni)
Nonostante il giudizio di Dallolio su Badoglio non fosse stato molto lusinghiero, più tard i, e proprio in conseguenza di questo colloquio, nel 1939 egli, all 'atto del suo congedamento , avrebbe ricevuto una lettera molto gratificante: « .. . Dopo 70 anni di servizio, e che servizio ... » . Ma l'esperienza suggerisce che spesso, queste lettere che arrivano dai vertici, sono soltanto il frutto di passaggi burocratici. E la lettera di Badoglio? Era «dovuta»? In questo caso sembrerebbe di no , stando alla confidenza in essa contenuta: « ... Solo al vecchio amico Dallolio faccio questo sfogo ... ». Il 30 luglio 1920, Dallolio emanava l' Ordine del Giorno numero 7, che concludeva la vita dell 'Ispettorato Generale d'Artiglieria: «Il Ministero della Guerra ha determinato che sotto la data del 31 luglio l'Ispettorato Generale d 'Artiglieria cessi il suo fun zionamento. Invio un saluto agli Ufficiali, ai soldati, agli impiegati, agli operai che vidi sempre compiere il loro dovere, sicché l'Arma non fu mai seconda a nessuna altra in ogni circostanza. Salutando gli Artiglieri d'Italia con animo pieno di fede, faccio voti che ogni loro energia sia sempre volta con devozione continua di opere e di pensiero al bene della Patria ed alla sua grandezza avveni re. Il Tenente Generale Ispettore Generale dell'Artigl ieria A. Dallolio .» 15 Nell'inviare, per conoscenza, l'Ordine del Giorno alla figlia, Dallolio così lo commentava: <<Ecco non ho voluto né evocare ricordi storici né memorie sante. Ho ridotto. Tu hai ragione in molte cose prendere il mondo com'è - ma pur riconoscendo di non essere sulla retta via, quante volte avviene di lasciare andare per le campagne».' 6 E nei suoi appunti avrebbe annotato: «Ciò che mi commosse furono le lettere e i telegrammi che ricevetti quando fu deciso che tutti gli Ispettorati Generali cessassero il loro funzionamento ... non si dimenticava l'impressione dolorosa per un provvedimento che per l'Artiglieria riesci va a percuotere in Alto una antica tradizione. Non era per la nostalgia del passato, ma sembrava di sentire come un 'ombra sull' Arma, con la scomparsa di ciò che era di Essa la vita più profonda. In una parola non si trattava di togliere i virgulti dall'albero per opera di risanamento e di produzione, ma invece di colpire il tronco. Eppoi l' intonazione dei provvedimenti invocati a beneficio dell 'Erario con l'apparizione della Nazione Armata, dell' ambiente rinnovato, della riduzione della ferma esercitava un'impressione di buona volontà pei piccoli casi dell a vita, ma non della vera e maggiore Forza necessaria per lo Stato.» 17
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serie fascicoloni , fase . XII, f. 8, appunti 14 maggio 1918 - 9 settembre 1920. serie lettere aifamiliari, lettera 15 agosto 1920 a Elsa. 17 APTGP, serie fascicoloni, fase. XII, f. 8, appunti 14 maggio 1918 - 9 settembre 1920, p. 20. '
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Capitolo 42 DALLOLIO MEMBRO DELLA COMMISSIONE D'INCHIESTA IN ASIA MINORE
Il riordinamento politico-territoriale del vecchio Impero ottomano era destinato a provocare reazioni negative e tentativ i di modifiche delle deci sioni contenute nei trattati internazionali. A fronte delle rivendicazioni territoriali greche, che comprendevano la Tracia, Costantinopoli, l' Asia Minore (compresa Smirne), le isole del Dodecanneso, Cipro, in Turchia , aveva preso corpo la clamorosa protesta nazionalista, guidata dal Generale Mustafà Kemal, che, in opposizione al trattato di Sèvres, occupava Smirne, l'Anatolia e la Tracia meridionale. Il 6 maggio 1919 , alla Conferenza di pace di Parigi, Wilson, Lloyd George e Clemenceau, a seguito della richiesta del Delegato greco Venizelos e in assenza della Delegazione Italiana, ritiratasi temporaneamente dai lavori per protesta contro il trattamento riservato all'Italia dagli Alleati, decidevano di far occupare dalle truppe greche il territorio di Smirne già promesso all'Italia.1•2 «Venizelos avrebbe fatto un colpo maestro. Avrebbe elevato alte strida per certi incidenti tra greci e turchi in Asia Minore ed avrebbe ottenuto di sbarcare truppe greche, a Smirne, occupando la città e la vicina regione .»3 La decisione di far occupare Smirne aveva conseguenze disastrose perché «ha scatenato una nuova e fierissima guerra fra Turchia e Grecia. I Turchi attaccano con grande vigore e i greci sono incapaci di sostenersi da sol i: chiedono disperatamente truppe alleate in aiuto. Tutti i giornali francesi lamentano il colpo di testa dei Tre.»4 Intanto, dopo una quindicina di giorni dall' occupazione di Smirne, trnppe ital iane erano sbarcate a Scalanova, Adalia, Marmàritza e Budrum . «Questi sbarchi effettuati di sorpresa, senza avvertire gli Alleati, per creare uno stato di fatto , sono stati effettivamente un colpo di testa di Sonnino, compiuto, a quanto sembra, senza avvertire Orlando.»5 Il 6 luglio 1919 Dallolio riceveva da Parigi una lettera dal ministro degli Esteri Tittoni che lo pregava di raggiungerlo, tenuto anche conto dei buoni rapporti che il Generale aveva saputo intessere con Thomas e Locheur. Prima di partire per Parigi Dallolio si era presentato dal Presidente del Consiglio Nitti e questi gli aveva anticipato che sarebbe dovuto andare a Costantinopoli , a seguito dell' occupazione greca di Smirne. Successivamente si recava al Palazzo della Consulta, dove il Sottosegretario agli Esteri Sforza, dopo avergli detto: «Lei è stato al Governo, fa parte di una Commissione e quindi giudicherà in merito» , gli illustrava il proprio punto di vista circa i Turchi, i Greci e l' Asi a Minore, dimostrando di non essere grecofilo6 e assicurandogli che, finché Iui fosse rimasto alla Consulta , <<gli Italiani non sarebbero andati contro Kemal Pascià.»7 A seguito della situazione creatasi nell'Asia Minore , il Consiglio Supremo degli Alleati, iI 15 luglio 1919, aveva deciso di svolgere un ' inchiesta in base a una formale richiesta proveniente da prute turca. La Commissione risultava composta dall'Ammiraglio Bristol, Delegato statunitense, dal Generale
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R. Villari, Storia contemporanea, Laterza, Ro ma-Bari, I 973, p. 415. li trattato di San Giovanni di Mariana (19 aprile 1919) aveva assegnato gran pa1te dell'Asia Minore - Smirne compresa all'Italia tenuto conto dei suoi interessi mediterranei Cfr. anche S. Crespi, Alla difesa d'Italia in guerra ... , op. cit., pp. 373-374. 3 S. Crespi , Alla difesa d 'Italia in guerra ... , op. cit., p. 532. 4 lbid., p. 704. 5 lbid., p. 574. <, APTGP, serie fascìcoloni , fase. XU, f. 8 , appunti 14 maggio 1918 - 9 settembre 1920, p. 12. 1 APTGP, serie fascicoloni , fase . XII, f. 8, appunci 14 maggio 1918 - 9 settembre 1920, p. 13. 1
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Buvonts, Delegato francese, dal Generale Hare, Delegato inglese, e dal Generale Dallolio, Delegato italiano. Ad alcune sedute dei lavori, era ammessa la partecipazione del Delegato greco , Colonnello Masaraki , il quale, in merito alla sua limitata partecipazione ai lavori della Commissione, il 26 agosto 1919, dichiarava all'Alto Commissario greco a Smirne: «Elle sera heureuse d'accorder aux autorités Helléniques toutes les facilités possibles pour que le droit et la justice soient sauvargardés au cours de cette enquet.»8 Dallolio spiegava le limitazioni imposte al Colonnello Masaraki alla figlia: «Qui rimarrò sino a Mercoledì poi andremo in giro nei dintorni per ricercare la verità ... Sono certo che saresti stata contenta ieri come oggi, perché finito per avere ragione circa debolezze che il Francese voleva adottare riguardo il Col. Masaraki rappresentante greco che deve subire "!es travaux" ma non assistere alle sedute altrimenti addio serenità e sincerità delle deposizioni. Ho parlato molto franco e mi hanno dato ragione. Ma l' Americano è con me apertamente, l'Inglese così così. .. il Francese a denti stretti.»9 Dallolio, a settembre, scriveva alla figlia Elsa: «Seguitiamo a vedere testimoni a intetTogarli - uomini e donne - ma la conclusione si può già fissare oggi. È stato un delitto ordinare l'occupazione di Smirne e zone adiacenti ai Greci; è stato il colmo dell'ignoranza della storia e della situazione politicoreligiosa militare della Turchia.» 10 Egli aveva scritto questo perché era rimasto molto colpito dalla situazione dei rifugiati turchi e si immedesimava nelle sofferenze di quella gente: «E moriranno questo inverno perché sono senza ripari di sorta contro il freddo, e poi perché il Governo dà un po' di farina , il buon soldatino italiano dà parte del suo rancio ma occorre andare adagio - per la sporca politica - se no dicono che aiutiamo i rifugiati non solo a Smirne ma nei villaggi comprendenti l 'odio di razza, di religione , l'inconciliabilità fra greci e Turchi. Mentre noi facciamo l'inchiesta migliaia e migliaia di rifugiati sono nella zona nostra senza nulla - vivendo di carità - con pochi fichi, un po' di farina, dormono all'aria aperta o sotto tettoie da bovini senza niente per terra , niente.» 11 Ciò che più aveva turbato Dallolio era quel senso di ineluttabilità e l ' inazione che serpeggiavano fra i rifugiati: «A Girova ne ho visti tanti ed era uno spettacolo pittoresco con quei grandi scialli che lasciavano solo scoperto un occhi o o al più due, di tutti i colori , migliaia di donne sedute per terra che facevano ... niente e aspettavano, aspettavano di ritornare a Avdin nelle loro case ma senza i Greci. E non li incoraggiano a ritornare alle loro case.» 12 In questa situazione emergeva, ancora una volta, lo spirito umanitario del soldato italiano che si faceva apprezzare ovunque andasse. «Di fatto noi godevamo le simpatie dei Turchi e dei Kemalioti, a Costantinopoli come a Smirne, come ad Aidin gli italiani erano accolti con dimostrazioni affettuose e lusinghiere per I'Italia. Siamo andati al campo dei Kemalisti colla Bandiera Italiana sulla locomotiva. A Girova i rifugiati turchi gridavano la loro riconoscenza ai nostri soldati sempre buoni nell'alleviare le loro sofferenze, e nel provvedere alle loro necessità fenee .»' 3 Dallolio, viceversa, rimaneva molto amareggiato per lo stato di abbandono in cui erano stati lasciatj i reparti italiani lontani dalla Madre Patria. - Evidentemente i tempi non erano ancora maturi per quel tipo di sostegno, specie morale, che recentemente l'Italia ha dimostrato di saper dare alle truppe impegnate «fuori area» in operazioni di Peace Keeping. «I nostri soldati fanno miracoli di borità e di sacrificio m a sono dimenticati in Anatolia. Penso al porto del Meandro la guardia è da mesi sotto le tende in una bassura e hanno tutti giornalmente la febbre; nessuno ha pensato di costruire una baracca e sarebbe facile con ·i telai q.Jle finestre, le zanzare sono centinaia. Ho trovato i bersaglieri (è il 4° battaglione ciclisti che è di sede a Girova) senza limoni da un mese, senza sigarette, senza chinino, senza medicinali. Io il primo Generale che sia andato a vederli. Ho
serie faseicoloni, fase. XII, f. 8 , appunti 14 maggio 1918 - 9 settembre 1920, p. 12. serie lettere ai familiari, lettera 27 agosto 191 9 a Elsa. 10 APTGP , serie lettere ai familiari , lettera 14 settembre I919 a E lsa. 11 AJ>TGP, serie lettere ai familiari, lettera 14 settembre 1919 a Elsa. 12 APTGP, serie lettere ai familiari, lettera 14 settembre 1919 a E lsa. 13 APTGP, serie fascicoloni, fase. XU, f. 8, appunti 14 maggio 1918 - 9 settembre 1920, p. 13.
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portato un po' di tutto, compresi 300 limoni. Non hanno più le gomme per gli autocarri, da un mese niente posta, con una stazione radiotelegrafica vecchia che non funziona. E mi hanno ricevuto con entusiasmo, con largo cameratismo.>> 14 E la Madre Patria lontana dimostrava di non saper sostenere, oltre ai propri soldati, neanche quel personale impegnato in attività assistenziali e culturali all'estero che, comunque, era un biglietto da visita per il nostro Paese. «Qui gli italiani parlano francese, sull'ospedale italiano c'è la bandiera francese. Le scuole aJl'estero sono dimenticate , noi facciamo della propaganda negativa. I Francesi dichiarano che l'anticlericalismo non è merce di esportazione e noi in Oriente lasciamo i frati e le suore italianissimi dibattersi fra le miserie dei banchi che non ci sono e dei libri che mancano .» 15 La Commissione, terminato il lavoro dopo 46 sedute, dopo sopralluoghi nelle zone di Smirne e di Aidin e l'audizione di 175 testimoni, concludeva che «la situazione creata a Smirne e nel villaggio di Aidin era falsa.» 16 Il Consiglio Supremo degli Alleati avrebbe quindi attestato l' imparzialità e la scrupolosa coscienza con cui la Commissione aveva espletato il proprio incarico. Il 22 ottobre 1919 il Ministro degli Esteri Tittoni così scriveva da Parigi a Dallolio: «Approvo pienamente la linea di condotta tenuta dalla S.V. Ili.ma e La ringrazio dell'efficace cooperazione.» Anche Sforza dopo qualche giorno scriveva a Dallolio: «La ringrazio di nuovo per l'opera da Lei prestata con tanta dirittura ed autorità in periodo ed in ambiente non facile.» 17 Fra le caratteristiche di Dallolio vi era quella di continuare a interessarsi delle sorti degli Uffici da lui retti in precedenza, anche dopo averne cessato la gestione. In precedenza si è già avuto modo di sottolineare il forte legame del Generale per Venezia (che per lui era sinonimo della locale Direzione di Artiglieria) durante la Battaglia del Piave, allorché aveva scritto alle figlie, entusiasta del modo in cui le difese stavano reggendo l'mto austriaco. Qualcosa di analogo sarebbe avvenuto per le sorti dell'Asia Minore, anche dopo la conci usione del1' attività della Commissione di cui lui aveva fatto parte. Scriveva infatti a una figlia: <<Vedi come finiscono i Greci, battuti dai Turchi su tutta la linea. La tenaglia turca stringe le sue branche i Greci i quali hanno perduto Brussa, Panderino e quindi la ferrovia verso Costantinopoli-Afina Kara Issar e quindi il nodo ferroviario più importante Ala Secher l'antica Filadelfia dell'Ellenismo e quindi il punto più importante sulla strada di Afina Kara Issar - Smirne è minacciata, l'attacco che prima si sviluppava su un fron te di 400 km è ristretto ora a 200 Km, la catastrofe greca è imminente. Hanno nominato un nuovo Comandante greco per cercare di arrestare l'avanzata turca ma a cosa servirà?» 18 Da questi avvenimenti Da]lolio ricavava giudizi politici a largo raggio. A distanza due giorni dalla lettera precedente incalzava: «I Greci sono in fuga da tutti i lati, e l'affare si fa brusco anche per Lloyd George loro grande protettore.» 19 Poco dopo il suo giudizio si estendeva a tutti g]i artefici della Conferenza di pace: « ... I giornali francesi invocano l'intervento dell'Intesa per dire ai Turchi voi non andrete più oltre. LJoyd George è in ribasso, si parla del suo ritiro, certo che l'Irlanda, la Mesopotamia, l'Egitto, le Indie in istato di effervescenza e i suoi nemici Turchi trionfano su tutta 1a linea. Singolo destino, ier l'altro Orlando, ieri Clemenceau, forse domani Lloyd George gli artefici dei trattati di Versailles-Sevrès-Trianon uno dopo l'altro sono riserbati per la· Rupe Tarpea. Singolare condizione dell 'Europa incapace di un assetto di pace, insofferente da mattina a sera contro le giuste riparazioni, senza mai trovar posa qualunque sia la positura, avvolgentesi nel fango dei debiti su debiti. Decisamente
serie lettere ai familiari, lettera 14 settembre 1919 a Elsa. serie lettere ai familiari, lettera 14 settembre 1919 a Elsa. 16 APTGP, serie faseieoloni, fase. XII, f. 8, appunti 14 maggio 1918 - 9 settembre 1920, p. 12. 11 APTGP, serie faseieoloni, fase. XII, f. 8, appunti J4 maggio 1918 - 9 settembre 1920, p. 13. is AP'l'GP, serie lettere ai familiari, lettera 6 settembre 1922 a Elsa. 19 APTGP, serie lettere ai familiari, lettera 8 settembre 1922 a Elsa.
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ogni angolo di ten-a è un vulcano, ed è proprio vero che la tranquillità d'animo può essere solo conseguenza di una grande e lunga sanguinosa passione.»20 Pian piano sarebbe emerso come questi sentimenti fossero condivisi da una parte della popolazione italiana, e a testimoniarlo, Dallolio inviava un ritaglio di giornale alla figlia Elsa: «"Un indirizzo di ufficiali italiani" Un numeroso gruppo di valorosi ufficiali italiani ha fatto pervenire all'ambasciatore del Governo di Ankara a Roma un indirizzo di calorose felicitazioni per la vittoria turca. In esso è detto fra l'altro "Possa il Popolo Turco comprendere e ricordare il perenne sentimento di amicizia che nutrì per lui, fin dai secoli lontani, il Popolo. italiap.o e come, mentre mezzo mondo cercava di favorire le folli ambizioni imperialiste dei barbari e bastardi eredi della vecchia e grande Ellene, l'Italia guardò sempre con viva simpatia quel meraviglioso manipolo di eroi che osarono col loro sacrificio sublime opporsi alle mene dei nemici della pace e concordia universale" .»21
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lettere ai familiari, lettera 13 settembre 1922 a Elsa. lettere ai familiari, lettera 11 settembre 1922 a Elsa.
Capitolo 43 LA CESSAZIONE DI DALLOLIO DAL SERVIZIO MILITARE ATTIVO
Dallolio si era ritrovato a pensare, con largo anticipo , al momento della cessazione dal servizio attivo; un momento che tutti i militari vedono approssimarsi con apprensione, poiché con esso termina, di colpo, una pagina della propria vita ricca di attività, fisica e intellettuale, e si spegne il rapporto diretto con i dipendenti . Già all'inizio del 191 8 aveva scritto alla figli a Gina: «Fra quattro mesi ho finito , il 21 giugno compirò 65 anni ed ho finito e sparirò dalla scena. Se ho ripetuto che sono stanco è perché mi hanno esaurito e non è possibile a me svegliare i morti o meglio gli assenti.» 1 Egli stava vivendo quel periodo , che in effetti avrebbe dovuto anche prepararlo «a un nuovo status», con uno stato d'animo molto particolare , il che è ben comprensibile, dato che egli era stato essenzialmente «uomo d'azione». Ma il 4 gennaio 1920, sarebbe an·ivata una comunicazione dal Gabinetto del Ministro, a firma Bonzani, che sembrava concedergli una «boccata di ossigeno»: «Il Ministro si pregia partecipare all'E.V. che la Commissione di cui all'Art. 2 del R . Decreto 20 novembre ultimo n. 2 .240 ha giudicato che Ella non è nel caso di essere collocata in posizione ausiliaria speciale d'autorità.» 2 Purtroppo per Dallolio, questa illusione era destinata a durare ben poco perché, dopo alcuni giorni , egli veniva convocato dal Ministro che gli comunicava dedsioni contrarie a quanto il Capo di Gabinetto gli aveva fatto sapere poco prima. Da qui un lungo sfogo di Dallolio con il fratello Alberto, anche lui Senatore: «Mi è stata concessa la medaglia Mauriziana e me ne vado. La carriera militare è finita. 11 Ministro mi ha chiamato e mi ha detto che dovendosi dispensare dal servizio attivo permanente 3 Tenenti Generali d'Artiglieria - 2 erano già in nota - Gigli e Sachero - .. . ed io malgrado la testé riconosciuta idoneità ecc. e pure per ragione d'età, per riduzione di quadri organici dovevo andarmene .»3 Lo sfogo di Dallolio proseguiva con molta amarezza: «Lo prevedevo - ne ero sicuro - e così tu tto è fini to. Ha avuto l' aria di offrirmi di ragionare per qualche posto speciale dove nulla avrei guadagnato materialmente, solo avrei ricevuto l 'obolo de i dimenticati. Esco dall 'Esercito e non ci ritornerò mai più, cancellerò dai miei biglietti da visi ta appena esauriti il titolo di Generale, metterò le uniformi nel pepe, vendendo il possibile e non voglio più sentire parlare di Esercito. Mi pareva che potevano e se avessero voluto lo potevano massime dopo il riconoscimento ultimo di idoneità lasciarmi arrivare al ·28 giugno 1921, non l'hanno fatto, non dirò mai nulla al riguardo, ma di Esercito non voglio sentire parlare mai più, sarò il Senatore Alfredo Dallo] io. Per cui stò aspettando il giorno per dire addio all 'Esercito dopo ignorerò dal 1° novembre 1870 al 1920 e penserò e parlerò d'altro.»4 In questa ridda di sentimenti era più che giustificato il commento che Dallolio inseriva in una successiva lettera al fratello: «La mia fine passa dalla commedia alla farsa.»5 Il 9 marzo, infatti, gli era pervenuta questa missiva del Ministro della Guerra: «Nell'udienza di ieri ho rassegnato alla firma Sovrana il Decreto col quale V.E. è per età, collocato in posizione ausiliaria speciale [si richiama l'attenzione che la lettera del 4 gennaio lo escludeva!) dal IO marzo corrente . Com'è noto, giusto il Decreto 4 dicembre ultimo n. 2.247 , dei cinque Generali d' Artiglieiia oggi in ruolo , tre debbono andare in posizione ausiliaria speciale entro il 10 volgente: avendone due soli di essi fatto domanda, è stato necessario per il terzo prov-
serie lettere ai.familiari , lettera 13 gennaio 1918 a Gina. fascicoloni, fase. Xli, f. 8, appunti 14 maggio 1918 - 9 settembre 1920, p. 14. 3 APTGP, serie lettere ai fa miliari, lettera 16 febbraio I 920 ad Albeito . "APTGP, serie lettere ai familiari, lettera 16 febbraio 1920 ad Alberto. 5 APTGP, serie lettere ai familiari, lettera 13 marzo 1920 ad Alberto. 1
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vedere d'ufficio e poiché l'E.V. è appunto il più anziano di età, il provvedimento ha dovuto essere applicato a Lei per il disposto dell'Art. 7 del Decreto 7 Novembre 1919 n. 2.088. Tale atto de]]a mia cru.Tiera è stato assai penoso per me, che nutro la maggiore considerazione e la più cordiale deferenza verso di Lei ... ».6 A questo punto era inevitabile che Dallolio si sfogasse nuovamente con il fratello: «Segue il turibolamento di cui ricopio la fine(!) "vorrà ancora dedicare con serenità di spirito, nella sua veste di Generale, dal suo scranno di Senatore le preclari doti della mente, la vasta esperienza, la riconosciuta sua autorità a vantaggio delle istituzioni militru.·i." Allora il 9 alle 11 vado a far la visita di dovere al Ministro pronto ad andarmene l'indomani, quando il Ministro mi dice "no il Decreto deve essere ancora registrato alla Corte dei Conti." Io replico ma la lettera dice "posizione ausiliaria speciale dal 10 corrente" E allora rèplica "è un errore arizi aspetta" e cancella l'"è" mettendoci un "sarà" e cancella "dal 10 marzo corrente" Aggiunge aspetta il bollettino e aspetta che sia il Decreto registrato alla Corte dei Conti.»7 Da un altro appunto di Dallolio appare anche che il Ministro gli aveva detto: «No, no per ora devi rimanere, ci penserà qualche altro ad allontanarti dal servizio attivo, io no, del resto me ne vado da Ministro.»8 Ma Dallolio, con il suo carattere, non poteva accettare un simile accomodamento per cui, lo stesso giorno, appena rientrato al suo Ufficio scriveva al Ministro: «Caro Albricci come comprenderai colla votazione già avvenuta in mia presenza ad Ispettore Generale d'Artiglieria del Tenente Generale Ricci e col mio Decreto già firmato è naturale che abbia il suo corso l'applicazione della legge. Nulla intendo so1levare al riguardo, né per ragione alcuna cercherei obbiezione o vorrei fame, altri dicano ciò _che vogliono. Quando per legge alla firie della carriera aniva l'ora di andarsene ci deve essete una sola paròla per risposta: Pronto. La correzione da Te·fatta alla lettera di Ufficio rappresenta l'animo tuo buono e gentile, non accettandola avrei mancato di riguardo e non apprezzato un sentimento di cameratismo. E ho sempre evitato di commettere tali errori. Però tu vedi le circostanze come sono ora. Si sa che l'Ispettore Generale d'Artiglieria dovrà andarsene e quindi converrai che è meglio togliere, presto ogni incertezza, anche per dare ali' Arma un carattere di stabilità nei riguardi dell'Ispettorato. Quindi sono grato della tua correzione, tutto sto preparando per lasciare il mio posto, solo dimmi tu la data, prontissimo ad andarmene anche domani. E ripeto dal cuore i sentimenti con cui ho raccolto le buone parole del Generale Albricci di cui ho sempre seguito con particolare simpatia la splendida carriera, ricordando con compiacenza i giorni di Venezia in cui con tanta fede e tanta Italianità guardavamo all'altra sponda.»9 Alla lettera era seguito l'incontro con il Ministro, al termine del quale Dallolio annotava nei suoi appunti: «Contra miglior voler voler non pugna, ... e rimasi Ispettore Generale d'Artiglieria.>> 1
Tre giorni dopo il colloquio con il Ministro, il 13 marzo, Dallolio si sfogava ancora con il fratello: «A tutt'oggi ore 17 ? non ho avuto risposta. Ieri l'Epoca pubblicava la nomina del Generale Ricci ad Ispettore Generale ci' Artiglieria al mio posto ... E allora sono andato da Badoglio il quale mi ha detto una quantità di cose gentili .... Ma.sai meglio di me [termine illeggibile] e ha finito per concludere "devi rimanere sino alla pubblicazione del bollettino" E aspetto .... Nota che c'è una direttiva della Presidenza del Consiglio in data 29 febbraio 191 O nella quale si legge "Dare disposizioni perché tutti i Decreti che portano cessazione dal servizio di personale civile e militare non si.ano comunicati agli interessati né a mezzo del Bollettino ufficiale né in altra fo1ma diretta od indiretta se non dopo registrato dalla Corte dei Conti". E allora perché mi è stata scritta la lettera? Ci sono poi altre storielle che ti dirò a voce veramente divertenti ... C'è da stare allegri a 67 anni per fortuna da 3 mesi non vedo più nessuno e così passerò e di mia spontanea volontà fra i dimenticati e seppelliti . ... casa, Senato. Ma dell'Esercito non voglio sentire pm·lm·e più.»w Dal tono della lettera del 9 marzo, inviata al Ministro della Guerra Albricci, poteva sembrare che Dallolio fosse sereno , ma in realtà, dentro di sé egli covava risentimento per tutte quelle incongruenze
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fascicoloni, fase. XII, f. 8, appunti 14 maggio 1918 - 9 settembre 1920, p. 14. serie lettere ai familiari, lettera 13 marzo 1920 ad Albe1to. 8 APTGP, serie fascicoloni, fase. XII, f. 8, appunti 14 maggio 1918 - 9 settembre 1920, p. ,15. 9 APTGP, serie fascicoloni, fase . XII, f. 8, appunti 14 maggio 1918 - 9 settembre 1920, p. 15. 10 APTGP , serie lettere ai familiari, lettera 13 marzo 1920 ad Alberto. APTGP, serie
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che si erano ve1ificate nell 'alternanza di decisioni. E l'incongruenza maggiore era quell'andirivieni di comunicazioni ufficiali , in deroga alla disposizione di comunicare la cessazione dal servizio soltanto dopo la registrazione alla Corte dei Conti. Inoltre, quel sibillino «storie11e che ti dirò a voce veramente divertenti» , indica sicuramente dei retroscena . Il 13 marzo venivano annunziate le dimissioni del Generale Albricci da Ministro de11a Guerra e al suo posto era nominato Ivanoe Bonomi. Era comprensi bile che nell'ultimo periodo Da11olio avesse avuto la sensazione di essere stato messo da parte. E un contributo a questa sensazione l'aveva dato la «mancata partenza» per l'estero , che annullava quella possibilità che gli era stata ventilata. «Ci rca la mia andata all'estero nessuno ci pensa e non credo neanche passi per l'anticamera del cervello di qualcuno. Ora poi è naturale mi abbiano qui. Non è il caso di fare la mammoletta né l'orgogJioso , la situazione reale come è= dimenticato =. Ed è giusto, tutto passa gli uomini come le cose.» 11 E continuava a battere sempre sul tasto dell 'età: «Ho 67 anni e ne ho abbastanza. Non mi lagno , espongo, dico, ragiono parlo , perché dici che mi lagno? Ma mi lagno di quello che non ho fatto e mi lagno di non poter fare quello che vorrei ecco tutto ma poi quando mi guardo attorno, constato che ormai sono una locomotiva di riserva per treni merci.» 12 Dallolio concludeva questa pagina della sua vita con una lettera molto malinconica alla figlia Elsa: «La mia vita é automatica , mi alzo tardi, vado all'Ispettorato Generale sino alle 12, poi passo dal Senato a vedere se c'è posta, alle 13,30 faccio colazione, poi leggo, poi più tardi [parola illeggibile] E la sera spesso e solo al c inematografo . Capisco, dirai, non è vita ed io son pronto a darti ragione , ma nell'omnibus degli altri non ho voglia d'andare e mi contento d'andare a piedi o nel tram .......... ma solo.» 13 Ivanoe Bonomi, nuovo Ministro de lla Guerra, nel comunicare a Dallolio lo scioglimento deJl ' Ispettorato dell'Arma di Artiglieria così concludeva: «In tale occasione mi è grato confermare a V.E. i sentimenti che a nome dell 'Esercito e del Governo ebbi ad esprimere all'E.V. con lettera 21 aprile ultimo , e poiché con la soppressione dell'Ispettorato Generale d 'Artiglieria, manca l'opportunità di affidare a]tra carica corrispondente all ' alto rango dell 'E.Y. il Ministero dovrà, non senza rincrescimento, promuovere il collocamento di Lei in posizione ausiliaria speciale per riduzione cli ruoli organici .» 14 Nello Stato di servizio del Generale Alfredo D allolio compare la seguente variazione: «Collocato per età io posizione ausiliaria speciale per riduzione di ruoli organici dal 1° ottobre 1920 R. 0 D.0 9 settembre 1920.» Nella posizione «ausiliaria» sarebbe rimasto fino al 21 giugno 1925, quando era collocato a riposo per «aver raggiunto i limiti d'età prescritti» e, pertanto, inscritto nei ruoli della «riserva» . Ma anche in questa nuova posizione, Dallolio non avrebbe smesso di operare per l'Esercito, dato che veniva nominato Presidente di diverse Commissioni , per: - <<l'esecuzione concernente l'assegno vitalizio ai superstiti della guerra per l' indipendenza d'Italia»; 15 - il «riconoscimento dei titoli al computo della campagna del 1867 ne ll 'agro romano» ;16 - per la compilazione del regolamento sulle requisizioni; 11 - «per l'esame dei titoli prodotti dai Tenenti Generali d'Artiglieria in servizio permanente per l'avanzame nto alla carica di Direttore Studi ed Esperienze d ' Artiglieria» .18
serie lettere ai familiari , lettera 31 agosto 1920 a Elsa. serie lettere ai familiari, lettera 15 agosto 1920 a Elsa . 13 APTGP , serie lettere ai familiari, lettera 15 agosto 1920 a Elsa . 1 • APTG P, serie fascicoloni, fase. XII, f. 8 , appu111i /4 maggio 1918 - 9 settembre 1920, p. 19. " R.D. 28 gennaio 1926. 16 Jbid . " D.M. 9 novembre 1926. 11 D.M. 22 novembre 1926. 11
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Capitolo 44 GLI INCARICHI SGRADITI CONTINUAVANO A PIOVERE SU DALLOLIO: L'INDAGINE SULLA REGIA GUARDIA
La Guardia Regia, sorta nel 1919 per volere dell 'allora Presidente del Consiglio Nitti, previo scioglimento del preesistente Corpo delle Guardie di città, era alle dipendenze del Ministero dell'Interno per la tutela dell'ordine pubblico nei centri di maggior popolazione per la fun zione esecutiva e cli poli zia giudiziaria e amministrativa, esclusa quella investigativa. Sarebbe rimasta in vita sino ai primi mesi del 1923, quando venne sciolta dal Governo guidato eia Mussolini e la Bandiera del Corpo fu trasportata a Torino e quivi consegnata all'Armeria Reale (5 marzo) .1 Nel 1923, dunque, Mussolini aveva convocato Dallolio. Dallolio accettava malvolentieri questo nuovo incarico: «Mi è capitata una tegola sul capo, la Presidenza della Commissione d' Jnchiesta Amministrativa su lla Regia Guardia dal dì della sua istituzione. È l'Onorevole Mussolini che all 'insaputa di Diaz mi ha voluto e quando ho accennato di non [voler] bere l'amaro calice mi ha risposto S.E. Acerbo "Noi la vogliamo assolutamente e siamo disposti a darle ciò che desidera, ma deve fare l'inchiesta". E ha aggiunto "chieda la mia testa ma bisogna che faccia l'inchiesta." Quind i come soldato debbo obbedire.»2 La Commissione si installava al Viminale e Dallolio , man mano che i lavori procedevano, scopriva «cose da rabbrividire>>, peraltro già preannunciate da voci che circolavano su lla Regia Guardia, prospettandone delle iiTegolarità. Di conseguenza, egli era intenzionato ad affrontare la sua incombenza con estrema cautela, per potersi districare fra dicerie e constatazioni: «Ogni intenogatorio sarà vidimato e firmato, ogni relazione conterrà tutti i possibili documenti, perché fare un ' inchiesta alimentata coi si dice, risulterebbe per via di anonima. o quanto pare non mi va. Nessuna velleità di accusare, dovere di coscienza di esporre con scrupolosa onestà e maggiore coscienza.»3 Dallolio si rammaricava di non aver potuto evitare un impegno così gravoso, «feci tutto il possibile per non bere il calice amaro tanto più che prevedevo ciò cui andrò incontro ma risposero in modo lusinghiero ma deciso " vogliamo Lei." E così sia. Certo procederò con i piedi di piombo.»· E più avanti , avrebbe scritto a Elsa: « ... [Mussolini mi] voleva per la Guardia Regia perché il mio nome è una garanzia. Non ripeterlo. Lo dico a te.» 5
Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, lenera n. l .067 di RR.CC. del 18 marzo 1923, p. 6. All'atto della costituzione della Guardia Regia i posti di Ufficiali (2 Tenenti Generali, 2 Maggiori Generali, IO Colonne lli, 20 Tenenti Colonnelli, 48 Maggiori, 100 Capitani . 195 Tenenti e Sottotenenti) venivano ricoperti da Ufficiali del disciolto Corpo del le Guardie di Città, da Ufficiali del Regio Esercito e della Regia Marina in attività di servizio, e da Ufficiali delle categorie in congedo. L'organico complessivo (377 Ufficiali e 25.000 Sottufficiali e truppa) era articolato in un Comando Generale, 7 Legioni , la Scuola Allievi Guardie , la Scuola Aspiranti Sottufficiali. «Si trattava di una istituzione che non poteva dirsi nuova, perché eia molto tempo si pensava cli formare due corpi distinti : uno per la polizia delle città cd uno per la polizia nei paesi e ne lle campagne. D 'altra parte i Carabinieri, per la doppia dipendenza c he avevano (dal Ministero della Guerra e dal Ministero dell ' interno) non potevano completamente rispondere alle esigenze della Direzione Generale della P.S. e dei Prefetti. e qui ndi , si sentiva la necessità di formare un nuovo corpo che avesse pure e semplici mansioni di polizia .» Cfr. Deposizione del Gen. Lordi alla Commissione d ' inchiesta , ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, seduta 4 ap rile 1923 , p. 5. z APTGP, serie lertere ai familiari . lettera 17 febbraio 1923 a Elsa. J APTGP, serie lettere ai familiari, lettera 23 febbraio 1923 a E lsa. ' ACS, fondo Ministero A1mi e Munizionj ,
, lbid. 5
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serie leuere ai familiari. lettera l O aprile 1923 a Elsa.
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Riguardo alla Regia Guardia, avvisaglie di iITegolarità erano emerse fin dal novembre 1920. TI Capo sarto (Ditta Barberini) del Reggimento di Fanteria di Napoli aveva protestato perché estromesso da una gara d'appalto per adattare le giubbe di Cava11eria alla Regia Guardia. Il motivo dell'escJusione della Ditta Barber:ini andava ricercato nei rilievi che le erano stati mossi per «imprecisioni» relative a una precedente fornitura di berretti (poi prontamente sostituiti).6 L'adattamento delle giubbe era stato commissionato, per un prezzo doppio dell'offerta di Barberini, a una ditta concorrente che poi l' aveva subappaltato allo stesso Barberini. Questi, nel maggio 1923 , informò dell'accaduto la Commissione d'Inchiesta. 7 L'8 marzo 1923 Dallolio iniziava gli. inteITogatori. Pressoché contemporaneamente il Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri Reali trasmetteva al Generale Dalloiio copia della relazione compilata in occasione dello scioglimento degli uffici della Regia Guardia, evidenziando, in sintesi: 8 - l'estrema facilità con cui gli Ufficiali assegnati al Comando, invece di esservi subito trasferiti effettivi, venivano considerati comandati in esperimento, allo scopo di favorirli per la corresponsione dell 'indennità di missione; - la prodigalità usata nella festa della Bandiera, finita con una liquidazione finale dei conti non del tutto regolare; - la ricercatezza eccessiva di sistemazione degli uffici; - la concessione gratuita di qualche oggetto di mobilio negli appartamenti di due Ufficiali Generali alloggiati al Comando, e l'ampiezza eccessiva dei relativi alloggi considerati di servizio; - la trascuratezza di non aver curato la liquidazione delie spese del funerale del Generale Ameglio e la prodigalità della spesa per la corona (7 .000 lire), fatta a carico di tutto il personale eseguendo di autorità la relativa trattenuta; - la poca oculatezza con cui, appena fondato il Corpo, si mandavano in giro Ufficiali, muniti di forti somme, a reclutare Guardie mediante premio di ingaggio; - l' ingiustificato privilegio - benché legalizzato dal Ministero dell'Interno - del viaggio gratuito (a mezzo Ferrovie, tramvie, battelli , ecc.) esteso a tutto il personale della Regia Guardia; concessione che poi sarebbe stata revocata. /
Il primo testimone a essere ascoltato era il Maggiore di Amministrazione Cantagallo, che aveva preso servizio quale Direttore dei Conti alla Legione di Roma della Regia Guardia il 14 aprile 1920. Egli dichiarava che al suo arrivo <<non esisteva né contabilità, né amministrazione. Si riscuotevano milioni alla tesoreria e vi era un semplice Tenente pagatore che custodiva le rilevanti somme prelevate in una piccola cassetta.»9 « ... Trovai una grande baraonda e non vi erano norme amministrative, mancando personale tecnico. Allora, chiedendo informazioni a destra ed a sinistra, riuscii a formare, alla meglio, la contabilità delle anticipazioni ricevute, ... >> 10 una contabilità, peraltro, limitata al controllo aritmetico delle uscite senza alcuna possibilità di controllo della loro regolarità. Inoltre, la Legione si trovava spesso nella necessità di dover «impiegare le anticipazioni avute sopra un capitolo per spese che dovevano essere imputàte su un capitolo diverso.» 11 La <<baraonda» lamentata dal Direttore dei Conti della Legione di Roma era tale che «alcune guardie della Caserma dei Pellegrini minacciavano di ammutinarsi perché non avevano le cassette dove ripoi;re il loro corredo, benché fosse già trascorso molto tempo dalla data del loro arruolamento.» 12 Questa testimonianza veniva suf-
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fondo Ministero Armi e Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, Relazione 2 agosto 1923, p. 38. fondo Ministero Armi e Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, lettera s.n. del maggio 1923. 8 ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, lettera n. 1.062/28 . 9 ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, seduta 8 marzo 1923, pp. 1-2. w ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, seduta 8 marzo 1923, p. 2. 11 ACS , fondo Ministero Armi e Mlllùzioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, seduta 8 marzo I 923, p. 4. 12 ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, seduta 8 marzo 1923, p. 11. 7
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fragata dalla deposizione del Comandante della Legione Allievi di Caserta (prima dell'ammissione nella Re~ia Guardia Ufficiale delle Guardie di Città) secondo il quale «la Regia Guardia sorse senza norme amministrative, e quindi - nei primi tempi - ognuno cercò di applicare le norme che aveva avuto modo di conoscere nei corpi di provenienza. Io, naturalmente, applicai quelle che avevo sempre applicato nelle Guardie di Città.» 13 A riprova di questa affermazione, la Direzione Generale della P.S. presso il Ministero dell'Interno specificava che verso la fine del 1919 ~ra stato preparato uno schema di regolamento di Amministrazione e contabilità per il Corpo della Regia Guardia che, dopo alcune modifiche sulle contabilità speciali, veniva inviato alla Ragioneria Centrale dello Stato per l' approvazione. Questo regolamento era approvato dal Ministero del Tesoro in linea di massima, ma restituito alla Direzione Generale di P.S. verso l'ottobre del 1920 per gli ulteriori approfondimenti. Tuttavia, il Comando Generale , per dare alle Legioni norme precise per l'amministrazione del Corpo, diramava delle istruzioni contabili, senza attendere la definiva stesura che avveniva dopo il parere positivo del Consiglio di Stato del 22 dicembre 1921. Il R. D. n. 1.147 del 13 luglio 1922 ne sanciva la definitiva approvazione. 14 Tralasciando gli aspetti amministrativi, a seguito del continuo ruotare di incarichi (e personale) «furono instaurati i vecchi sistemi, si fecero ritornare al Comando tutti gli ufficiali e militari di truppa allontanati da S.E. Ameglio, si stabilì il regno del terrore, fu organizzato un certo servizio di pedinamento per mezzo di Regie Guardie fedeli al Maresciallo [nome illeggibile] .>> 15 A parte alcuni episodi non generalizzati (furti di materiali e ammanchi di cassa) le principali malversazioni verificatesi presso la Regia Guardia riguardavano: - abusi su certificati di viaggio; spese d'impianto della Regia Guardia; spese di Casermaggio; spese per la cancelleria; minuto mantenimento delle caserme; Circolo Ufficiali nella Caserma «Regina Margherita»; premi di ingaggio delle guardie all'atto dell 'incorporamento; irregolarità nelle promozioni; irregolarità nel servizio viveri; uso delle automobili; divise da parata; festa della Bandiera. In merito ai ce1tificati di viaggio risultava che a volte erano stati rilasciati ·a Ufficiali che non avevano viaggiato, per compensarli di ritenute a loro indebitamente effettuate, in accordo con il Ministero dell 'Interno. 16 Le irregolarità più gravi riguardavano, però, il rilascio di certificati di viaggio per servizi privati, o che nulla avevano a che fare con quelli propri deJla Regia Guardia, per i quali veniva dichiarato sugli atti che si trattava di servizi riservati e urgenti di pubblica sicurezza. «Alle volte si mandavano sottufficiali da Roma per portare lettere e pieghi alle signore degli ufficiali Generali che stavano in villeggiatura.» 11 Il caso più grave appare quello di un Brigaqiere che dichia-
fondo Ministero Armi e Munjzioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, seduta 23 aprile 1923, p. 2. Ministero Armi e Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3 , lettera n. 9.618-6 del 26 magg. 1923. 15 ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3 , seduta 10 marzo 1923 , p. 6. 16 ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, AH. Malversazioni e certificati di viaggio, p. 4. 17 ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, All. Malversazioni e certificati di viaggio , p. 5.
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rava «di essere andato nell'aprile 1922 a Catania, con regolare certificato di viaggio, con l'incarico di verificare se fosse giunto in quello scalo ferroviario un vagone di legname, che interessava il figlio di S .E. De Albertis. A questo sottufficiale furono corrisposte anche le indennità di trasferta per 5 giorni (lire 70) come si è riscontrato nella tabella relativa allegata alla contabilità.» 18 Comunque, in generale, l'indennità di trasferta era stata sempre corrisposta a tutti i sottufficiali che si erano recati fuori Roma per servizi estranei all'ordine pubblico. Per le spese di impianto della Regia Guardia era stato istituito, con decreto ministeriale n. 2 .620 del 18 febbraio 1920, il capitolo 131, con una dotazione, per l'esercizio 1919-20 di 4.000.000 lire. La Corte dei Conti richiamava l'Amministrazione della Regia Guardia «alla stret~a osservanza delle disposizioni regolamentari specie per ciò che si riferiva all'entità di determinare spese fatte direttamente coi provveditori, impresari ecc., senza le formalità delle volute contrattazioni ... quasi sempre omesse e giustificate dal1 'urgenza degli acquisti e dei lavori anche quando l'urgenza era irrisorio ammetterla. Comunque, l'economia di circa 5/8 sulla somma preventivata per le spese d'impianto, se distrugge in parte la voce di indebite appropriazioni e di sperpero per oltre 4 milioni, sta a dimostrare che effettivamente lo stanziamento in bilancio fu oltremodo eccessivo e che servì d'incentivo a spendere senza misura ed a creare bisogni non necessari e lussuosi .» 19 Per la fornitura degli effetti di casermaggio alle singole Legioni, il Comando della Regia Guardia il 30 giugno 1920 sottoscriveva una convenzione con una ditta in base alla quale le Legioni avrebbero dovuto cessare di pagare il noleggio del mobilio e cedere «a prezzo di stima all'Impresa Casermaggio quello che in antecedenza avevano acquistato per i primi bisogni .» Tuttavia la circolare veniva disattesa dalle Legioni e il passaggio dei materiali avveniva con due anni di ritardo, con deprezzamento del materiale stimato all'atto della consegna dei materiali, anziché alla data di emanazione della circolare. Ma l'irregolarità maggiore, come dichiarava il Generale Bonansea, si era verificata perché la ditta, pur disponendo di soli 1.700 letti «... addensando i militi nelle giaciture, poté percepire diarie per 6.000 posti. Gli risulta che alla stessa Legione Allievi in un tempo si misero talvolta assieme due letti formati con pagliericcio e vi dormivano tre persone.>>20 Una serie di irregolarità venivano commesse per ordine del Segretario Generale nel settore della fornitura della cancelleria, per la quale non si rifuggiva da <<artifizi banditi dalla legge di contabilità generale dello Stato» 21 come nel caso della permuta di due macchine da scrivere, senza che fossero state prima assunte in carico, per poi essere dichiarate fuori servizio e proposte per l'alienazione previa autorizzazione del Ministero. Risultavano anche «in tutti i Comandi in genere rilevanti lavori per adattamenti di alloggi che importarono considerevoli spese ... Se dallo Stato si può invocare un aiuto finanziario non si deve sperperare il pubblico danaro22 ••• È questo indice di cattiva amministrazione che doveva essere repressa ed i col-
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ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, Ali. Malversazioni e cert(ficati di viaggio, p. 5. 19 ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, Ali. Spese d'irnpianto-Mobili, Cancelleria, pp. 3-4. 20 ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, seduta 11 giugno 1923, p. 4. 21 ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, All. Spese d'impianto-MobiliCancelleria, p. 12. 22 Risultava che alcuni Ufficiali si erano fatti eseguire lavori murari, di tinteggiatura e altro negli alloggi da loro occupati «perfino tre volte di seguito e solo perché un vano era stato aperto in una parte piuttosto che in un'altra della stessa parete, perché il colore dei muri non rispondeva al gusto di qualcuno di famiglia.» Cfr ACS, Ministero A1mi e Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, Ali. Spese d'impianto-Mobili, Cancelleria , p. 7.
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pevoh delle dilapidazioni dovevano essere richiamati al senso della rettitudine previo lo addebito delle spese sostenute in più del necessario.» 23 Nel settore del minuto mantenimento delle caserme, risultavano effettuate spese «senza perizie tecniche preventive e successivi collaudi dei lavori, e senza dichiarazione alcuna sulla congruità dei prezzi pagati per gli acquisti in economia delle materie, ... cioè senza stima dei lavori, senza collaudi di sorta, vi è soltanto in calce alle fatture e dei conti una dichiarazione del Capitano Bozzoni, il quale è poi lo stesso ordinatore delle spese, che assicura l'equità dei prezzi pagati.>>24 Infatti, apparivano «molte opere di riparazioni e adattamenti di locali ad uso uffici ed alloggi di Ufficiali in caserma, in cui sono comprese carte da parati, tende ed altre spese di lusso, che importano somme rilevanti ... Le note di tali spese portano per lo più il visto dell'Ingegnere del Ministero dell'Interno, addetto al servizio fabbricati carcerari. Alcuni 1avori agli alloggi in caserma degli Ufficiali sono stati eseguiti più volte, ma non ho visto il registro delle deliberazioni del Consiglio d 'Amministrazione nonostante le mie insistenti richieste perché succedeva spesso che i successivi occupanti non erano soddisfatti dei lavori precedentemen5 te compiuti, e così si spendeva allegramente il danaro dello Stato senza alcuna necessità assoluta.>>2 In quanto ai «bisogni non necessari e lussuosi», l'accenno era riferito all'acquisto del mobilio del Comando Generale per il quale il Consiglio cli Stato - interessato dal Ministero del Tesoro - aveva espresso parere contrario all'accettazione del rendiconto poiché «non era ammissibile l'acquisto a trattativa privata di oggetti per un così rilevante importo e che si sarebbe dovuto e potuto esperire una pubblica gara per garantire le convenienza dei prezzi e ritrarre a favore dello Stato la maggiore economia possibile .»26 Ma tali «bisogni» emergevano ancora in merito all'acquisto di «corsie vellutate, dei tappeti, delle pedane ed altri oggetti pei quali non si può disconoscere un eccesso di lusso che forse sarebbe 27 stato opportuno evitare o almeno ridurre per il solo ufficio del Generale Comandante.>> Per il Circolo della Caserma «Regina Margherita» le spese d'impianto erano state sostenute dallo Stato, in occasione dell'ru.Tivo di un Comandante «si fece una nuova inaugurazione del Circolo e fu fatta una festa che portò la spesa di circa f, 7 .000, pagate provvisoriamente dalla Legione "in sospeso" e poi ricuperata con versamenti degli Ufficiali. Il Comandante del1a Legione mi obbligava ad anticipare i fondi per il Circolo, salvo a ricuperarli in seguito.»28 Le irregolarità per j premi di ingaggio erano conseguenti al fatto che «nel 1920 si prometteva il pagamento del premio di ingaggio ali' atto dell'incorporamento e quindi gli arruolati strepitavano per essere pagati subito. Per il modo con cui le guru.·die venivano comandate in servizio di o.p. e per il trattamento (vitto, alloggio, equipaggiamento ) che loro si forniva, le stesse commettevano atti di indisciplina ed il Colonnello [nome illeggibile] faceva fare congedamenti in massa, con la perdita in qualche caso - da parte dello Stato - del premio di arruolamento già pagato. Ciò avvenne, in maggior misura, dopo il conflitto del 24 maggio 1.920. Molti premi furono perduti perché si prometteva il pagamento del premio all'atto dell'ingaggio e quindi il pagamento poteva essere reclamato anche da
fondo Ministero Armi Cancelleria, p. 7. 2" ACS , fondo Ministero Armi e delle caserme, p. l. 25 ACS, fondo Ministero Armi e delle caserme, p. 2. 26 ACS, fondo Ministero Armi Cancelleria, p. 5. 27 ACS , fondo Ministero A1mi Cancelleria, p. 6. 28 ACS, fondo Ministero Armi e 23
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e Munizioni , Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, All. Spese d'.impianto-Mobili, Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia , b. 3 , Ali. Spese di minuto mantenimento Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, Alt. Spese di minuto mantenimento e Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3 , Ali. Spese d' impianto-Mobili, e Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3 , Ali. Spese d'impianto-Mobili, Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, seduta 8 marzo 1923, p. 10.
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coloro che dopo la presentazione al corpo venivano licenziati in seguito alle informazioni raccolte sulla loro condotta.»29 D'altra parte j premi di arruolamento erano una necessità imprescindibile perché, come deponeva il Comm. Quaranta essi «si dovettero stabilire per allettare i giovani ad entrare nella Regia Guardia e per formare più rapidamente il nuovo Corpo; si mandarono anche Ufficiali a fare propaganda. Questi Ufficiali venivano provvisti di danaro, ma la Direzione Generale della P.S. non fornì direttamente danaro a nessuno. Essa si limitava a scrivere ai Prefetti affinché agevolassero l'opera degli Ufficiali incaricati dell'arruolamento .»30 Comunque, la relativa contabilità risultava in disordine tanto che, diverso tempo dopo , si trovavano ancora delle «partite sospese tra le quali una di 4.900.000 lire per premi di arruolamento. Saputo ciò io andai alla Prefettura, dove mi dissero che le contabilità di quella anticipazione erano state restituite alla Legione perché non erano state trovate regolari ... Da questa lettera risultavano le anticipazioni fatte alla Legione di Roma per i premi di arruolamento e risultava pure che per una di queste anticipazioni era stata presentata la contabilità, che poi era stata restituita alla Legione, perché non trovata regolare, mentre, per le altre anticipazioni, non risultavano presentate affatto le contabilità.»3 1 Comunque l'inconveniente si era verificato, in maggior misura, sotto il Comandante Generale Ameglio poiché in quel periodo «molte persone furono allontanate dal Corpo dopo che avevano già riscosso il premio ... perché allora si fece una larga epurazione.»32 L' «epurazione» a cui accennava il Maggiore Cantagallo nella sua deposizione era stata dovuta al fatto che «nella fretta di raccogliere arruolandi, furono comprese persone fisicamente non idonee , delinquenti, disertori e persino due condannati a]J'ergastolo ed uno alla pena capitale ... Nella sola Legione di Roma furono mandate via 850 guardie.»33 Irregolarità emergevano anche in merito alle promozioni. In occasione del riordinamento dell'Arma un Colonnello veniva convocato dal superiore che gli comunicava la prossima promozione a Generale, a condizione che facesse «subito una proposta per promuovere Cantuti per merito eccezionale. Io dissi che era un'infamia, ma il Generale Lordi insistette facendomi notare che si trattava di favorire una sola persona e che ciò era necessario per far varare il progetto di riordinamento dell'Arma ... Quando arrivai al Comando Generale trovai il ... molto alterato. Letto il rapporto, egli si meravigliò con me, dicendo che non avrebbe mai creduto che mi fossi prestato a simile porcheria. Però io risposi che lo avevo fatto perché mi avevano detto che erano tutti d'accordo e che se io mi fossi rifiutato di fare la proposta avrei mandato alI 'aria tutto il progetto del riordinamento dell'Arma ... Quando mi accorsi che era tutto un trucco strappai il rapporto.» 34 Sempre in tema di promozioni, un Ufficiale testimoniava che nel decreto riguardante i Tenenti Colonnelli, dopo la sua firma, era stato aggiunto un nominativo.« ... Egli era venuto nella R. Guardia con la promessa di diventare Tenente Colonnello e quando seppe che non era stato compreso nelle promozioni venne a protestare energicamente; cosicché venne aggiunto nel Decreto di promozione - già firmato dal Re - il suo nome. Non so se 1'.aggi unta sia stata fatta al Comando Generale o al Ministero ... Io posso assicurare che i Ten. Colonnelli promossi erano 5 e nel Decreto diventarono 6.»35 In merito alle promozioni e ai trasferimenti, apparivano in scena anche le mogli di interessati. «Una signora, per esempio si recò al Comando Generale per ottenere il trasferimento insieme con ]a madre e con un bambino. Alla porta però, non fecero passare né la madre né il bambino ma fecero passare la
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fondo Ministero Armi e fondo Ministero Armi e 31 ACS, fondo Ministero Armi e 32 ACS , fondo Ministero Armi e 33 ACS, fondo Ministero Armi e 3 • ACS, fondo Ministero Armi e 35 ACS, fondo Ministero Armi e
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Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, seduta 8 marzo 1923, p. 11. Munizioni , Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, seduta 26 marzo 1923, p. 4. Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, seduta IO marzo I 923, p. 7. Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, seduta 25 aprile 1923, p. 7. Munizioni , Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, Relazione 2 agosto 1923, p. 21. Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, seduta 10 marzo 1923, pp. 3-4. Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, seduta 12 marzo 1923, p. 6.
signora in camera di Cantuti che chiuse le imposte e le disse, trattandola in 2a persona, che sarebbe stato facile intendersi. Nulla fece di male alla signora; ma le fece capire chiaramente le sue intenzioni ... » .36 «Mi venne riferito al tempo dell ' inchiesta di S.E. Giardino di un altro caso riguardante la moglie di un maresciallo che domandava il trasferimento del marito. Cantuti prima non volle riceverla e poi la mandò a prendere con la sua automobile. Ma la Signora capì e non andò.» 37 Irregolarità si verificavano anche nell'ammissione dei Tenenti per i quali «fu cancellato, in un Decreto con la scolorina, il nome di due Tenenti con quello di altri due, per spostare la anzianità, con danno di terzi .» 38 Il fenomeno della sostituzione di nomi era confermato dal Generale Bonansea il quale dichiarava che «relativamente alla irregolarità dei Regi Decreti di nomina degli Ufficiali della Regia Guardia, il falso di tali documenti non si limitò soltanto ad aggiunzione di nomi, ma anche a sostituzione dei medesimi. E poiché il numero delle nomine era limitato, è evidente il danno che ne derivò a coloro che furono sostituiti.»39 Per l'ammissione nella Regia Guardia si era verificata l'offerta, tra la fine del 1919 e il febbraio del 1920, da parte di qualche candidato, di danaro. Si trattava, in particolare, di un <<Ufficiale appartenente al Presidio di Civitavecchia che offrì 12.000 lire per ottenere l'ammissione nella Regia Guardia. Detto Ufficiale era sicuramente di fanteria ... proveniva dai sottufficiali dei Carabinieri Reali e apparteneva come tale alla Legione di Palermo.»4o, L'episodio era confermato dalla deposizione del Generale Bonansea secondo il quale «il falso nei R. Decreti può assumere rilievo anche maggiore quando si tenga conto che doveva essersi diffusa la voce che la nomin a ad Ufficiale del Corpo poteva ottenersi mediante danaro , poiché un giorno, si presentò ad un Maresciallo del Comando Generale un Ufficiale di complemento del grado di Tenente il quale dichiarò che portava seco la somma di lire 12.000 e che era pronto a sborsare il danaro, per essere nominato Ufficiale della Regia Guardia, sapendo che già altri avevano con lo stesso mezzo avuto facilitato il passaggio nel Corpo. Il Maresciallo , persona onestissima, gli ri spose che egli non sapeva di tali fatti. D etto Tenente non fece passaggio nella Regia Guardia.»41 Le iITegolarità nel serv izio viveri dipendevano da un Tenente il quale «alterava i prezzi che i generi avevano in piazza e, siccome la somma dovuta al fornitore era basata sui prezzi della piazza, il fornitore veniva a percepire una somma superiore a que11a che si doveva pagare. Io feci fare il conto di quanto poteva essere stato pagato in più al forn itore e gli imposi una ritenuta di lire 5.000, che egli accettò senza opposizione.»42 Questa situazione veniva confermata dalla deposizione dal Comandante Generale De Albertis dalla quale si rilevava che il fornitore «riceveva per la fornitura dei viveri somme superiori a quelle dovutegli perché venivano alterati i prezzi della piazza che dovevano servire di base per determinare quanto era dovuto al fornitore. Io volevo fare eseguire una inchiesta, ma, siccome ve ne erano altre in corso , quella non si potette fare .»43 È da tener presente , comunque, l'azione di «molte persone interessate a far nascere degli inconvenienti per mand are via il Foggia ed affidare ]'impresa ad altri» sui quali coITevano già delle voci.44 Per quanto alle irregolarità nell'uso di automobili , emergeva l'effettuazione, sulla piazza, delle spese riguardanti il loro funzionamento senza regolari contratti, senza dichiarazioni tecniche sulla congruità dei
Ministero Armi e fondo Ministero Armi e 3 s ACS , fondo Ministero Armi e 39 ACS, fondo Ministero Armi e '° ACS, fondo Ministero Armi e 41 ACS, fondo Ministero Armi e • 2 ACS, fondo Ministero Anni e 13 • ACS, fondo Ministero Armi e « ACS, fondo Ministero Armi e l<i
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Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, seduta 12 marzo 1923, p. 9. Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, seduta 12 marzo 1923, p. 10. Muniz ioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, seduta 23 marzo 1923, p. 2 . Munizioni , Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, seduta 11 giugno 1923, p. l. Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia , b. 3, seduta 2 luglio 1923, p. 2. Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, seduta 11 giugno, pp. 1-2 . Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, seduta 10 marzo 1923, p. 10. Munizioni , Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, seduta 6 aprile 1923, p. 5. Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, seduta 25 aprile 1923 , p. 3.
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prezzi e senza che l' acquisto di materiale automobilistico venisse inventariato. Ciò «senza mai che nessun oggetto passasse in caricamento al magazzino , anzi più spesso accadeva che il magazziniere era obbligato ad assumere in carico delle merci senza neppure averle vedute; e ciò accadeva quando tali dichiarazioni di carico dovevano essere allegate ali.e fatture di acquisto, in seguito a richiesta degli uffici di revisione. Al magazziniere capitava soltanto mensilmente un prospetto dell'efficienza degli automezzi.»45 Ciò che colpiva, inoltre, era l'uso veramente abnorme cui erano adibite le sette automobili in dotazione al Comando Generale: oltre a usufruirne «le rispettive famiglie degli ufficiali.» 46 Questo rilievo era avvalorato da quanto testimoniava un Ufficiale di Amministrazione, già addetto alla Legione di Roma: «Credo che negli automezzi vi siano stati sperperi, tanto che non arrivavamo mai a pagare tutte le spese ed ancora ne ho alcune in pendenza .. . Tutti i Generali del Comando Generale avevano l'automobile e l'usavano notoriamente anche per la famiglia .»47 Ciascuna delle macchine aveva un consumo giornaliero di oltre 100 litri di benzina, in grado cioè di coprire «un percorso complessivo di 160 km giornalieri, ciò che sembra assolutamente eccessivo per delle macchine che facciano servizio solo in città a disposizione solo dei Generali della R. Guardia.» 48 Inoltre, notevoli perplessità nascevano dal rinvenimento, alla Caserma dei Parioli di Roma, «sotto il terreno, di 10-12 fusti di benzina di media grandezza, per modo che si può dire che fossero ivi accantonati non meno di 10 quintali di benzina. Il Generale D'Alessandro confermò l'esistenza di questo deposito sotterraneo aggiungendo che esso doveva servire quale riserva per l'autoreparto in caso di scioperi o di grandi calamità. Soggiunse che il deposito è venuto a farsi mediante la giornaliera economia sul consumo fornita dall'Autorità Militare pel funzionamento delle automobili da lei cedute.»49 D'altra parte le macchine della R. Guardia venivano utilizzate anche dal Ministero dell'Interno come testimoniava, alla Commissione d'inch iesta il Generale Lordi sulle automobili «che erano a disposizione non solo di parecchi Generali del Comando Generale, e delle loro famiglie, ma anche a disposizione del Comm. Ferrarsi Capo Divisione al Ministero dell'Interno, e della sua Signora.»50 Un'altra manifestazione di sperpero di danaro pubblico fatto dalla Regia Guardia era stato quello per l'adozione della divisa da parata, desiderata dal Comandante Generale e presentata durante la Festa dello Statuto del 1921. In tal'e occasione venivano presentate «poche centinaia di Guardie vestite di panno scuro, ma in genere sul pubblico questa nuova divisa non fece bella impressione. Si disse che le guardie così vestite, e con quel largo cinturone che portavano si rassomigliavano ai Pompieri della Capitale e ciò non conferiva prestigio a dei tutori del!' ordine.»5 1 La nuova divisa veniva dismessa, poco dopo e distribuita agl i allievi di Caserta quale divisa da fatica. Complessivamente l'operazione veniva a costare 4 milioni52 , così ripartiti: - acquisto di SO .000 metri di panno 2.500 .000 - confezione n. 16.000 divise 400.000 - acquisti scarpe, berretti, fregi, ecc. 1.500.000 In sostanza, tutta l'operazione rivelava .«la leggerezza con la quale venne trascinato lo Stato nella spesa di una nuova divisa per un Corpo di quasi 40 mila uomini , senza assicurarsi prima ch'essa conferisse quella impressione estetica seria e confacente ad un Corpo di polizia e senza prevenire in qualche maniera le complicazioni della contabilità delle Compagnie.»53
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Ministero Anni e Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, Ali. Automezzi e biciclette, p. 4. Ministero Armi e Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, Relazione 2 agosto 1923, p. 20. Ministero Armi e Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, seduta 8 marzo J 923, p. J.3. Ministero Armi e Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, Alt. Automezzi e biciclette, pp. 6-7. Ministero Armi e Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, AH. Automezzi e biciclette, p. 8. Ministero Armi e Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, seduta 19 aprile 1923, p. 4. Ministero Armi e Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, Ali. Un.(forme di panno nero, p .... Ministero Armi e Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, All. Uniforme di panno nero, p. 3. Ministero Anni e Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, A.Il . Uniforme di panno nero, p. 2.
Certamente le maggiori irregolarità della Regia Guardia si erano verificate in occasione della festa della Bandiera per la quale «vi è stata deviazione amministrativa e presentazione di documenti falsi . La relazione del Comm. Oggioni, Ispettore Superiore del Tesoro, approvata in tutti i suoi particolari dal suo Ministro, sta a dimostrare l'errato procedere delle superiori autorità e l'opera indelicata compiuta dai funzionari preposti all 'amministrazione della Regia Guardia e alla tutela dell'erario. Resta ora a stabilirsi se i mezzi illeciti usati per gius6ficare una spesa esorbitante di molto la preventivata hanno per base la frode oppure ripieghi, pur sempre biasimevoli, per raggiungere il fine di mettere in tacere spese che non potevano avere la superiore approvazione amministrativa sotto la vera dizione nella quale erano state sostenute.»54 La cerimonia era stata fissata per il 4 giugno 1922, festa dello Statuto nazionale, durante la quale era stata prevista la consegna della Bandiera al Corpo della Regia Guardia. Dopo la consegna della Bandiera si sarebbe dovuta svolgere la cerimonia presso la Scuola dell a Regia Guardia al Flaminio, ma ritenendo che distava troppo dal centro di Roma, il ricevimento venne organizzato al Grand Hotel. Anche a seguito di un fraintendimento sull'eventuale concorso alle spese da paite del Ministero degli Interni, fra il Senatore Vigliani, Direttore Generale della Pubblica Scurezza e un rappresentante del Comando Generale della Regia Guardia, sorgevano «quelle voci vaghe, che poi finirono col prendere credito, che il Ministero avrebbe pagato tutte le spese della festa. E che vi fosse tale convinzione è provato in quasi tutte le disposizioni rese da quanti vennero convenuti dinnanzi a questa Commissione. Per questo erroneo convincimento non vi fu più limite nelle spese; si fu grandiosi, superlativamente grandiosi. Alla festa intervennero il Presidente del Consiglio, Min istri, Senatori, Deputati, Ufficiali Generali, superiori ed inferiori ed il fior fiore della nobiltà romana. Il numero degli invitati fu quasi triplicato e le spese per conseguenza non si contennero più nel preventivo.»55 «Sale addobbate con fiori , orchestra, canto , buffet e champagne di marca per le maggiori personalità.»56 Per coprire le spese venivano preparati tre rendiconti fittizzi: 57 - riparazioni biciclette L. 3 .000 - spese impianto Legioni L. 10.996 - spese vitto per allievi della Scuola di Caserta L. 29 .879 Il rendiconto sulla riparazione delle biciclette trascinava due Ufficiali a compiere atti falsi: l'Ufficiale pagatore il quale consegnò la somma al suo Relatore anziché al firmatario delle note e l'Ufficiale consegnata.i-io che compilò un verbale di collaudo in cui dichiarava che tutte le riparazioni alle biciclette erano state «regolarmente e convenientemente eseguite.»58 Per le spese di vitto agli allievi della Scuola di Caserta, veniva compilato «un atto deliberativo in cui il Consiglio dichiarava sotto la sua responsabi lità che durante il mese di giugno 1922 si erano avute n. 8.537 giornate di presenza, come risultava da dimostrazione corrispondente ai dati profferti dai rapporti situazione. L'atto deliberativo ha la data del 30 giugno 1922 ed è firmato dal ... non dal Presidente Tenente Colonnello Lizza, che si rifiutò di firmare. E ben fece giacché nulla di più falso avrebbe sottoscritto in quanto gli allievi mai vennero .»59 In merito il Direttore dei Conti veniva tranquillizzato dai superiori con l'assicurazione che «della faccenda era edotto il Comando Generale ed il Ministero dell'Interno e che, al più presto, il Comando Generale avrebbe provveduto a sistemare la partita.»60 Peraltro, continuavano a girare titoli fittizi: «Una
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fondo Ministero Armi e Ministero Armi e 56 ACS, fondo Ministero Armi e 57 ACS, fondo Ministero Armi e 58 ACS, fondo Ministero Anni e 9 $ ACS, fondo Ministero Armi e 00 ACS, fondo Ministero Armi e ACS,
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Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, All. Festa della Bandiera, p.l. Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, Ali. Festa della Bandiera, pp. 3-4 Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia , b. 3 , Relazione 2 agosto 1923, p. 28 Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, Ali. Festa della Bandiera, pp. 8-12. Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, Al!. Festa della Bandiera, p. 9. Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, Ali. Festa della Bandiera, p. 11 . Munizioni , Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, seduta 8 marzo 1923, p. 9.
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mattina, fra gli altri documenti, mi fu presentata una contabilità in cui era compresa una partita di oltre 3.000 lire per riparazione alle biciclette, mentre non mi risultava che potesse esservi stato bisogno di tali riparazioni. Allora io, insospettito, misi tutto da parte, senza firmare ... Dal Capo armaiolo seppi che il titolo di spese riguardante le suaccennate riparazioni alle biciclette era un titolo fittizio perché nessuna riparazione era stata fatta su biciclette ed il Maggiore Cantagallo lo invitò a firmare assicurandolo che la somma dovette servire per pagare le spese per la Bandiera. Poi venni a scoprire l'altro documento riguardante il pagamento di circa 30.000 lire per viveri agli allievi che erano stati a Roma in occasione della festa per la Bandiera, perché il Tenente Colonnello Lizza mi disse che era stata preparata una dichiarazione per far figurare presenti a Roma un certo numero di allievi che, invece, non vi erano stati come venne a risultare scrivendo alla Legione di Caserta. Così estendendo le indagini venni anche a conoscenza dell'altro titolo fittizio di circa lire 10.000 per fornitura di libretti.»6 1 «Intanto, corsa la voce dell'inchiesta del Comm. Oggioni ... si compie il capo lavoro coll'atto deliberativo n. 100, in data 12 ottobre 1922, e con esso [si] coinvolge nelle spire delle responsabilità ognuno dei membri del Consiglio, e primo fra tutti il Comandante Generale che in quella circostanza tenne, come di prescrizione, la Presidenza del Consiglio ... Detto atto venne letto in seduta consiliare alla presenza di tutti i membri, ad eccezione del Ten.Colonnello Bolzoni che era assente dal Comando, senza che alcuno di essi facesse la benché minima osservazione ... Non si comprende come tale deliberazione sia stata firmata senza alcuna riserva, senza alcuna eccezione, mentre con essa si venivano a sanzionare spese non consentite e per le quali non vi erano disponibilità di fondi in bilancio e quel che è peggio si venivano ad ammettere atti men che corretti e artifizi contabili dolosi. Di fatti in essa, fra l'altro , è detto che: - il Maggiore Cantagallo data l'urgenza fu autorizzato, a nome del Comando Generale, e dietro intesa con il Ministero, di comprendere le spese della cerimonia della bandiera nella maniera più adatta, perché fossero ammesse in contabilità, - se è stata scorretta la forma è da escludersi nel modo più assoluto, da parte di tutti, ogni illecito lucro e che nella sostanza nessuna azione criminosa scorretta vi è da reprimere.» 62 La Commissione d'Inchiesta nelle sue conclusioni metteva in rilievo le difficoltà incontrate a vincere «la manifesta e talvolta anche confessata reticenza delle persone interrogate.»63 Questa «reticenza» era dovuta, stando alla relazione conclusiva «per amor di quieto vivere e per timore di rappresaglia o di eventuali successive responsabilità penali.»64 È appena il caso di sottolineare che la paura di rappresaglie era ancora viva nell'ambiente della Regia Guardia anche quando erano venute alla luce le storture interne. Tuttavia, la Commissione d'Inchiesta riusciva a trarre le seguenti conclusioni: - «La gestione del Corpo della Regia Guardia non fu informata a sani e rigidi criteri d'amministrazione ed essa, spesso, si è allontanata dall'osservanza delle buone norme sancìte dalla legge sulla contabilìtà dello Stato, le quali sono ,le meglio adatte a garantire la correttezza nelle contrattazioni e la difesa del pubblico danaro . .È certo dunque che la gestione non fu oculata e fu anzi disordinata e dispendiosa. Si può ritenere che il Corpo della Regia Guardia vissuto 38 mesi sia costato all'Erario circa 950 milioni.»65 - «Tutti o quasi gli ufficiali del Comando Generale sono responsabili, in maggiore o minore misura, dell'irregolare e dispendioso funzionamento di quasi tutti i servizi.»66
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ACS, fondo ACS, fondo 63 ACS, fondo 64 ACS, fondo 6S ACS, fondo 66 ACS, fondo 62
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Ministero Armi e Ministero Armi e Ministero Armi e Ministero Armi e Ministero Armi e Ministero Armi e
Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, seduta IO marzo 1923, p. 14. Munizioni , Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, All. Festa della Bandiera, p. 20. Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, Relazione 2 agosto 1923, p. 43. Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, Relazione 2 agosto 1923, p. 3. Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, Relazione 2 agosto 1923, p. 43. Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, Relazione 2 agosto 1923, p. 44.
- Il Comandante in 2a, anche se «non ha avuto diretta ingerenza nell 'amministrazione, ha una speciale responsabilità su un complesso di fatti svoltisi in penose condizioni di vita del Corpo, in quanto in diversi casi di negligenza, di scorrettezze e di abusi non ha imposto gli adeguati provvedimenti disciplinari.»67 - Le maggiori responsabilità, però, andavano attribuite al Comandante Generale «la cui incerta azione ha reso sempre maggiore l'isolamento e l'esautoramento del Comandante Generale. A lui deve altresì rimproverarsi qualche atto di debolezza e di indifferenza contrario al suo compito.»68 Infatti egli «avrebbe dovuto con ogni mezzo che fosse lecito e regolare, farvi fronte; magari intervenendo personalmente con l'autorità della sua alta carica, presso la Direzione Generale di P.S. per indurla ad una legale si.stemazione della relativa spesa; magari imponendosi ed imponendo agli ufficiali dipendenti forti contribuzioni personali, ma mai avrebbe dovuto consentire ed autorizzare la compilazione di documenti fittizi.»69 In effetti, il Comando Generale della Regia Guardia il 24 giugno 1922 diramava a tutte le Legioni una circolare con la quale si chiedeva il concorso degli ufficiali per trovare modo di restituire alla cassa della Legione il danaro che ne era stato prelevato. Ma la somma ricavata dalla sottoscrizione fu inferiore anche alla più modesta previsione poiché non si realizzarono chef, 4.690 e perciò le preoccupazioni aumentarono.»;o Per quanto attiene, poi , a fatti di lucro personale, un'annotazione di pugno dal Generale Dallolio sul Segretario Generale definito «in realtà la volontà più forte, la volontà prevalente» metteva in luce che «quanto alle qualità morali ed alla reputazione di lui, frequenti ed insistenti sono state le deposizioni poco favorevoli raccolte, specialmente quelle alludenti al notevole miglioramento delle sue condizioni economiche; sul quale proposito la Commissione si limita a riportarsi alle risultanze - separatamente esposte - delle acquisì te indagini fatte.» 1 1 Gli atti deliberativi approntati al Comando Generale della Regia Guardia venivano a frustrare l'opera del Generale brigadiere .Muscarà,12 ciò che è veramente incomprensibile specie nei riguardi del Comandante Generale il quale «al ricevere la relazione Muscarà non poteva stare né a pensare, né a transigere sul da farsi ... La documentazione falsa era stata denunziata ed egli comunque doveva punire i colpevoli, sia pure tenendo conto delle attenuanti. Ormai non era più una mancanza sulla quale si sarebbe potuto transigere. Occorreva perciò ristabilire subito il prestigio dell'onore che volenti o nolenti si era intaccato, sia pure senza fini personali. Non dovevano quindi, né potevano i membri di quel Consiglio d'amministrazione addivenire alla regolarizzazione di spese non autorizzate legalmente, se in antecedenza non fosse constatato a ciascuno di essi che erano state prese delle disposizioni verso coloro che avevano commesso irregolarùà.»73
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ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, Relazione 2 agosto 1923, p. 44.
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fondo Ministero Anni e Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, Relazione 2 agosto 1923, p. 44. fondo Ministero Armi e Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, Relazione 2 agosto 1923, p. 32. ;o ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, AH. Festa della Bandiera, p. 15. 71 ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, Relazione 2 agosto 1923, p. 45 . 72 Il Generale Muscarà, Comandante della Legione di Roma, all'atto della firma di una contabilità di f. 3.013,85 inerente la riparazione di biciclette, che egli riteneva non avesse avuto luogo, non firmava i relativi documenti ed incaricava il Presidente del Consiglio d'Am ministrazione, Tenente Colonnello Bcrnardi di indagare. Quest'ultimo nell'eseguire l'ordine del suo superiore scopriva che nessuna riparazione d i biciclette era stata eseguita per cui i documenti erano falsi. La scoperta di questo documento di comodo conduceva alla documentazione, altrettanta falsa , di 29.879 lire per vitto alla truppa mai fornito e quella di 10.998 per fornitura di libretti non eseguita. li Generale Muscarà veniva convocato dal Comandante Generale e accusato di «fare un'inchiesta a carico del Comando Generale». Per questo veniva invitato a presentare la sua relazione al Comandante Generale che la «insabbiava», «in quanto non venne preso alcun provvedimento verso chicchessia dopo la presentazione del grave documento». Cfr. ACS, Ministero Armi e Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3,All. Festa della Bandiera, pp. 16- 18. 13 ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, Ali. Festa della Bandiera, p. 17.
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È da rilevare, comunque, che la «relazione Muscarà» non aveva riscosso il dovuto riconoscimento in quanto gli era stato attribuito l'intendimento di colpire il Comando Generale a seguito di attriti sorti fra l'Ufficiale ed il Comando Generale stesso.74 Un parere del genere, per essere compreso, va inquadrato nel clima conflittuale esistente al Comando Generale della Regia Guardia, anche perché si era aperta la lotta per la successione al Comandante per cui ufficiali, che «avrebbero dovuto essere buoni colleghi e leali camerati , divennero tra loro - acri avversari. Onde gelosie rivalità, denigrazioni, lotte sorde se pur ammantate di formale cortesia, tutto insomma uno scatenarsi di egoismi, di cocenti ambizioni, di livide passioni che ammorbavano l'ambiente del Comando stesso ed ebbero ripercussioni nell'animo dei dipendenti del Comando stesso e nei Comandi delle Legioni, frantumando sin dal principio quello spirito di coesione e di cameratismo che avrebbe dovuto essere la bella caratteristica di un Corpo tipo militare.»75 Dallolio si rendeva conto, con il procedere dell'indagine, del malcostume imperante che aveva consentito delle malversazioni inconcepibili per una persona che aveva dato sempre tutto se stesso senza pretendere alcunché , e che un giorno aveva scritto al fratello: «Capisco c'è sempre di mezzo il fatto che a me il sangue non ha gonfiato il portafoglio come scrive un illustre collega [nome illeggibile] ma d'altra parte come transigere colla propria coscienza morale?»76 «Ma cosa non ascoltano le mie orecchie circa la Guardia Regia non hai idea ... c 'è qualcosa di enorme, pensa i funerali di A meglio costarono 14.500 lire ed una corona 7 .000 lire .. . .. . Non ripetermi perché ho trovato talmente al di là le 7 .000 lire che ho richiesto i documenti perché credo sarà una grassa corona.>>77 Una situazione tale di malversazioni tanto da far dire al vecchio Generale che si trattava di una «baraonda amministrativa». <<Ormai mi sono persuaso che se la creazione della Guardia Regia fu una baraonda amministrativa, l'andamento fu qualche cosa di [parola illeggibile] imperialistico. Corone da 7.000 lire per un morto, bicchierate da 9.000 per l'inaugurazione di un Circolo Ufficiali , 14.500 per i funerali di Ameglio, 44.100 per la festa della Bandiera.»78 Le cause del malcostume andavano ricercate, secondo la rei.azione conclusiva, anche nel vizio congenito del nuovo organismo79 consistente nel fatto che «nelle disposizioni costitutive del Corpo furono inserite norme che stabilivano gravi deroghe a principi fondamentali per un retto e solido ordinamento e per le quali vennero a mancare agli Ufficiali della R. Guardia le garanzie per un imparziale e giusto svolgimento della carriera.» In altre1parole l'articolo 14 del Regio Decreto 2 ottobre 1919 n. 1.790 autorizzava, per il solo fatto dell'ammissione nel Corpo, avanzamenti particolari a vantaggio di alcuni Ufficiali negandoli ad altri, mentre l'articolo 9 del successivo Decreto n. 2.198 del 31 ottobre 1919 sanciva la possibilità di promozioni a scelta, prescindendo dall'anzianità: una possibilità rimessa alla volontà «e si può dire all'arbitrio» del superiore e del Ministero dell 'Interno. Era, questo, un provvedimento molto ambiguo che si prestava a delle manipolazioni per cui il Generale Lordi dichiarava che «d'accordo fra il Generale Croce, me ed il Ministero era stato deciso di non concedere più agli Ufficiali del R. Esercito l'ammissione nella R. Guardia con un grado superiore a quello che avevano sebbene il R. Decreto di istituzione del Corpo consentisse tale beneficio, che era stato concesso anche a me. Per questi accordi fu negato il grado superiore a parecchi distinti Ufficiali ... Ma S.K Ameglio fece poi ammettere nel Corpo della Regia Guardia , col grado superiore, diversi Ufficiali che ebbero anche delle promozioni per meriti eccezion~li.»80 L'ammissione nel Corpo della Regia Guardia con il grado superiore creava grave malcontento tra gli Ufficiali della Regia Guardia esclusi da tali benefici e, contemporaneamente, antipatie da parte degli Ufficiali dell'Esercito che vedevano conferire le promozioni con tanta facilità. Questi ultimi, infatti, non potevano
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fondo Ministero Armi e Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, Relazione 2 agosto 1923, p. 30. Regia, b. 3, Relazione 2 agosto 1923, pp. 9-10.
ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni , Commissione inchiesta Guardia APTGP, serie lettere ai familiari, lettera 30 novembre 1918 ad Alberto.
serie lettere ai familiari, lettera 4 marzo 1923 a Elsa. serie lettere ai familiari, lettera 8 marzo 1923 a Elsa. 9 ' APTGP, serie fasci coloni, fase . XII, f. 3. 80 ACS , fondo Ministero Armi e Munizioni, Commissione inchiesta Guardia. Regia, b. 3, seduta 4 aprile 1923, p. 2. 78
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accettare che, alla fine di una guerra micidiale e vittoriosa, venissero conferite con tanta facilità promozioni mentre essi avevano guadagnato i rispettivi gradi durante aspri cimenti e sanguinose prove, tra le inenarrabili sofferenze della trincea, sotto il peso di terribili responsabilità e la quotidiana minaccia di pericoli mortali . Di conseguenza Dallolio scriveva alla figlia« ... Tutti i giorni, sempre di più, si scoprono le muffe di quell ' ambiente inquinato. Il tuo fa moso Tenente dei Carabinieri diventato Generale della Guardia Regia è stato il maggior colpevole di tutto.» 81 Era naturale che le condizioni delle Legioni dipendenti in alcune de1Je quali avvennero irregolarità, anche gravi (acquisti fatti a prezzi rilevanti, consumi eccessivi, malversazioni e appropriazioni indebite , furti) non differissero sostanzialmente da quelle del Comando Generale. Particolarmente disordinata fu l'amministrazione della Legione di Roma dove i servizi furono impiantati in modo «tumultuoso». La relazione finale , a titolo di esempio, riportava qualche tratto della deposizione resa dal Primo Ragioniere Tocco «uno dei pochi che levò la voce, purtroppo senza risultato , contro il travolgente disordine. Destinato alla Legione di Roma nel gennaio 1920, vi anelò malvolentieri perché dichiara "sapevo che la gestione era incominciata in modo tumultuario come potetti poi constatare personalmente. Domandai spiegazioni su ciò che dovevo fare e mi dissero che non vi era alcuna no1ma . Allora risposi che senza norme non potevo impiantare il mio servizio. Era impossibile lavorare perché non esistevano nemmeno i ruoli delle paghe. Si dovevano pagare le competenze agli Ufficiali in base alle semplici loro dichiarazioni. Altri pagamenti venivano anche ordinati per telefono. Le sollecitazioni in proposito fioccavano da tutte le parti. Era una vera ossessione82 .•• I pagamenti venivano fatti senza distinzione di capitoli; quindi si pagava la benzina per esempio sui fondi delle paghe, le paghe sui fond i dei premi di arruolamento. l Comandanti di Legione sostenevano che nei Corpi della Regia Guardia non si doveva fare distinzione di capitoli nell'eseguire le spese. Non fu mai possibile impiantare il registro delle deliberazioni del Consiglio di Amministrazione nonostante le mie insistenti richieste."»83 Si è acce nnato, in precedenza al clima di «livide passioni che ammorbavano l'ambiente del Comando». Nel complesso, al Comando Generale «si viveva in mezzo alle vendette, agli intrighi, alle corruzioni ed ai favoritismi estesi alle promozioni ed ai concorsi alle scuole.»84 Un clima di ripicche ind icato dal Generale Bonansea nella sua deposizione: «Dopo il mio allontanamento dal Comando Generale, disegno predisposto, furono oggetto di provvedimenti ed angherie, come io stesso, tutti coloro che mi avevano coadiuvato nelle molteplici attribuzioni di Ufficio, e che comunque avevano palesato devozione per me; e con offesa alla legge comune , nella mania della persecuzione, non si rispettò neppure il segreto postale e telegrafico.» 85 Certamente rappresaglie erano paventate da chi non ottemperava a ordini irregolari come dichiarava il Maggiore di Amministrazione Cantagallo, già addetto alla Legione della Regia Guardia di Roma: «Prego V.E. di tener presente l'ambiente in cui vivevo. È certo che se io rnj fossi rifiutato di aderire a quanto il Colonnello Monaco mi disse di fare per il conteggio di quelle spese,86 sarei stato a brevissima scadenza, vittima di qualche grave atto di rappresaglia che avrebbe rovinato la mia carriera. Del resto, faccio notare che cercai di resistere quanto potetti, tanto che rimandai sempre l'operazione fin o a che, dopo alcuni giorni, cioè verso la metà di luglio, non potetti più oltre esimermi dall 'eseguire l'operazione.»87 Quest'ultima deposizione veniva confermata dal Generale Muscarà che riteneva fondate tali preoccupazion i «perché chi non obbediva alla volontà del Comando Generale passava facilmente dei
serie lettere ai familiari, lettera 10 marzo 1923 a Elsa. fondo Ministero Armi e Muniz ioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3 , seduta 12 marzo 1923, p. 7. u ACS, fondo Ministero Anni e Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, Relazione 2 agosto 1923, p. 16. "' ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, seduta 12 marzo 1923, p. 7. 85 ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni , Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, seduta del 27 marzo 1923, p. 2. " 6 L'interrogatorio del Maggiore Cantagallo verteva. in quel momento, sulle operazioni in-egolari compiute per la Festa della Bandiera. 87 ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, seduta 17 marzo 1923, p. 2. R,
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guai.»88 Le intimidazioni erano esplicite: al Tenente Colonnello Lizza si faceva rilevare che «sebbene fosse il primo in ruolo per la promozione a Colonnello, un contrasto col Comando Generale [in materia _ di spese per la Festa della Bandiera] avrebbe potuto dargli dei dispiaceri.»89 Il clima di vendette incrociate colpiva anche il Comando Generale dato che «l'inchiesta alla Legione di Roma da parte del Ministero del Tesoro, sembra provocata dal Ten. Col. Bernardi per vendicarsi di essere stato allontanato dal Comando Generale.>><}(> In questo ambiente di possibili ritorsioni va tenuto anche presente che «il Segretariato Generale sospettava che presso la Legione di Roma vi fosse un complotto c~ntro il Segretariato medesimo ed io ero ritenuto uno degli appartenenti a quel complotto. Perciò, più che mai, dovevo temere gravi atti di rappresaglia se non mi fossi piegato a fare quello che il Segretariato Generale voleva.»91 Questo clima discendeva dal fatto che «vi erano nella Regia Guardia alcune persone che pensavano soltanto a salire rapidamente ai più alti gradi, senza preoccuparsi delle finalità cui il Corpo doveva rispondere ... le quali per il loro insaziabile arrivismo hanno portato il Corpo alla rovina ... >>.92 Secondo la deposizione del Generale Bonansea fra questi vi era il Cantuti che <<voleva arrivare presto a essere nominato Comandante in 2a e riteneva che il Marchetti era stato mandato via appunto perché nella formazione del nuovo organico del Comando Generale faceva ombra a Cantuti, perché giovane di età essendo di lui più anziano e quindi concorrente al posto di Comandante in 2\> .93 Le ambizioni di Cantuti emergevano anche dalla deposizione di un altro Ufficiale, secondo il quale avendo avuta, egli, «una promozione per meriti speciali aspirava ad una seconda e non riuscendo ad averla colse il momento opportuno per creare la R. Guardia con l'unico scopo di salire più in alto che potesse, con la intenzione di diventare poi prefetto.»94 Un clima nel quale il termine <<collaborazione» era pressoché sconosciuto, tanto che il Comandante Generale Croce aveva affermato, in .un memoriale presentato alla Commissione d'Inchiesta, che quando si era insediato al Comando Generale, aveva trovato i posti dei Capi servizio già ricoperti «e non fu nemmeno pro-forma interpellato se le persone che dovevano essere i suoi immediati coadiutori e gli interpreti fedeli e solleciti delle sue direttive, fossero di suo gradimento. La promozione a scelta del Ten. Col. Cantuti fu per lui una vera sorpresa: ne ebbe cognizione soltanto il giorno in cui il Cantuti gli si presentò coi distintivi del grado di Colonnello>>.95 «Chiestogli come aveva potuto ottenere quel grado, egli rispose che la promozione era stata effettuata dal Ministe,ço in base ad una disposizione che si trovava compresa (si potrebbe dire volutamente nascosta) in un Decreto riguardante materia tutt'affatto diversa dall'avanzamento, e cioè assegni.»96 Un clima di diffidenza verso gli altri, anche per la presenza di «spie». «Vi erano dei militari che non avevano quasi altro incarico che quello di fare la spia per incarico del Generale Cantuti. Si riteneva da molti al Comando Generale che anche le lettere anonime venissero compilate negli stessi Uffici del Comando Generale contro le persone oneste, per confondere di più le cose e per sviare le indagini a carico di chi commetteva delle irregolarità.»97 Il -Generale Muscarà, nella sua deposizione parlava, addirittura, di «una rete di spioni>> al punto che mentre faceva battere a macchina un'inchiesta riservata, appoggiandosi all'esterno dell'ambiente, a «un Maresciallo dei Carabinieri molto fidato» il Comando Generale era informato del contenuto dell'inchiesta stessa.98
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ACS, fondo
Ministero A1111i e Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, seduta I O aprile 1923, p. I. ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, seduta IO aprile I 923, p. 3. 90 ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, Relazione 2 agosto 1923, p. 31. 91 ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, seduta 17 marzo 1923, p. 4. 91 ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, seduta 24 aprile 1923, p. 5. 93 ACS , fondo Ministero Armi e Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, seduta 12 marzo 1923, p. 11. 94 ACS , fondo Ministero Armi e Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, seduta 29 aprile 1923, p. l. 9 ; ACS , fondo Ministero Armi e Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, Relazione 2 agosto 1923, p. 8. 96 ACS , fondo Ministero Armi e Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, Seduta 2 luglio 1923, p. 2. 97 ACS, fondo Ministero Anni e Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, seduta 13 ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni, Commissione indùesta Guardia Regia, b. 3, seduta 13 marzo 1923, p. 2. 98 ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, seduta 27 marzo 1923, p. 2. 89
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Certamente questo cl ima ha favorito l'invadenza della Direzione Generale della Pubblica Sicurezza e la prevmicazione da pmte della politica (Nitti) su una forza di polizia attuata attraverso la «quasi assoluta libertà d'azione concessa dal Ministro dell'interno del tempo alla Direzione Generale di P.S.;99 la coscienza in questa evidentemente formatasi di poter disporre secondo la propria volontà ed il proprio arbitrio.» 100 Dalla deposizione del Direttore Generale di P.S., Quaranta, risulta che in origine si concepiva il Comando della Regia Guardia come un organo alle dirette dipendenze della Direzione Generale della P.S., ma il Ministro dell'Interno (Nitti) «volle invece creare un Comando Generale quasi autonomo, retto da un Comandante di Corpo d' Amata». 101 I1 Direttore Generale della P.S. Quaranta, nella sua deposizione davanti alla Commissione d 'inchiesta dichiarava che quando assunse l'incarico aveva preparato un progetto per formare «un Corpo unico di Polizia che doveva essere costituito dai Carabinieri. Ma quando io vidi come erano organizzati i Ministeri ed il Comando Generale dei CC. RR. dovetti ricredermi , perché vidi che il Ministero della Guerra non voleva assolutamente cedere, neanche in minima parte, la sua autorità, sull'Arma dei Carabinieri, al Ministero dell'Interno. E come poteva il Ministero dell'Interno rispondere dell'ordine pubblico se i Carabinieri non erano alle sue dirette dipendenze? M a l'inconveniente che io volevo evitare con la creazione della Regia Guardia, che secondo me doveva dipendere dalla Direzione Generale della P.S., si verificò ugualmente , ed anche peggio, quando si volle dare a questo Corpo un Comando Generale quasi autonomo, mentre secondo me, doveva esservi soltanto un Generale per la disciplina.» 102 Successivamente era stato preparato un D ecreto «per far considerare la Regia Guardia come parte integrante dell'Esercito, ma poi quel Decreto non ebbe più corso, perché in una riunione al Ministero della Guerra il Generale Badoglio si oppose ed io rimasi persuaso delle sue considerazioni.»io3 In questa situazione «la mancata energia nei Comandanti Generali di fronte alla Direzione Generale di P.S. ed ai dipendenti Comandi, e la loro azione che non fu spesso di buon esempio (Ameglio e D e Albertis) fecero sì che nell'amministrazione della Regia Guardia sorgessero abitudini spenderecce, s'incoraggiasse, sia pure non volutamente, la negligenza e gli abusi del personale adibito ai servizi e si formasse in una parola nell 'ambiente una psicologia tutta particolare per la quale l 'ordine , la regolarità, il rispetto delle norme regolamentari venivano spesso giudicate superflua e tarda burocrazia ed il senso della economia non era sentito come un dovere imprescindibile in un periodo che fu quanto mai grave per la finanza pubblica. Onde molti si ritennero autorizzati a fare, a fare comunque, affrettatamente, nel modo più spiccio senza vincoli di regolamenti, senza troppo badare alla spesa, e si disposero o si eseguirono provvedimenti con un certo senso d i leggerezza e di arbitrio.» 104 A questo vanno aggiunte altre tre cause: - l'invadenza della Direzione Generale della Pubblica Sicurezza nella sfera d'azione del Comando Generale della Regia Guardi a. « ... ]L'ingerenza del Direttore Generale del tempo Comm. Quaranta, si estese a tutte o quasi le attribuzioni proprie del Comando Generale, del quale limitò notevolmente la libertà di movimento, intaccandone dj conseguenza l 'autorità ed il prestigio». Egli « ... voleva troppo ingerirsi nel l'andamento della Regia Guardia e pretendeva che io mi occupassi soltanto del dettaglio. Cantuti che, come Segretario Generale, avrebbe dovuto essere sempre dalla mia parte, non ha mai fatto ciò, anzi mi ha posto in una condizione insostenibile. E, lo dico sinceramente, questo non posso assolutamente perdonarglielo.>> m5 La Direzione Generale di P. S. intendeva estendere la sua attivi-
Un ragio niere riferiva che, quando si faceva osservare al Dii·ettore Generale, Quaranta, la necessità di attenersi alle norme stabilite dalla Legge nell'amministrazione del Corpo, egli rispondeva: «La legge sono io». 100 ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, Relazione 2 agosto 1923, p.J6. 10 1 ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, seduta 26 marzo 1923, p. 2. 102 ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, seduta 26 marzo 1923, pp. 7-8. ioJ ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni , Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, seduta 26 marzo 1923, pp. 3-4. 104 ACS, fondo Ministero Anni e Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, Relazione 2 agosto 1923, p.17. ios ACS , fondo Ministero Armi e Munizioni , Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, seduta 2 lugl io 1923, p. 2. 99
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tà sulle «questioni di ordinamento, la formazione dei Quadri Ufficiali, la materia dei trasferimenti, le decisioni sulla divisa della truppa, ecc. Cose che avrebbero dovuto essere di quasi esclusiva spettanza del Comando Generale furono senza ragione usurpate dalla predetta Direzione Generale, la quale mal tollerava sugli argomenti sopraccennati l'intervento del primo.» 106 Quaranta «che era J'uomo di piena fiducia dell'Onorevole Nitti fu la vera volontà direttiva e imperante nel Corpo. Sulle designazioni agli alti uffici del Comando Generale , sulle promozioni di alcuni Ufficiali, egli dispose con esclusivo potere; fece sentire altresì il peso della sua volontà sul reclutamento e sui trasferimenti degli Ufficiali, sulle ammissioni nelle scuole, su alcuni non lodevoli sistemi d'acquisto e persino tentò di imporre le sue personali vedute in materia di disciplina degli Ufficiali e della truppa.» w; In merito il vecchio Comandante Generale Croce non escludeva «l'influenza del Comm. Quaranta per l'ammissione nel Corpo di qualche elemento moralmente non buono» .ws In effetti, era stata nominata una commissione, per l'ammissione degli Ufficiali nella R. Guardia, che avrebbe dovuto esser presieduta dal Comm. Quaranta, mentre il Comandante in 2a della R. Guardia doveva venir relegato al ruolo di membro. La Commissione non si era mai riunita . «Il Comandante Generale mandava al Ministero la lista degli Ufficiali da nominare ed il Ministero faceva le nomine.» 109 La Direzione Generale di P.S. si permetteva addirittura di «modificare i decreti già firmati da S. M. iI Re, in uno dei quali una volta , per indebite pressioni d 'un alto personaggio , aggiunse la promozione a scelta di un Maggiore a Tenente Colonnello.» 110 Anche in questo caso le rimostranze avanzate dal Comandante Generale al Sottosegretario di Stato Grassi e all'On . Nitti risultavano senza alcun positivo risultato «... giacché il Comm. Quaranta si considerava l'effettivo Comandante Generale del Corpo della Regia Guardia assumendone, talvolta, anche, manifesti e tangibili atteggiamenti, come ad esempio nella circostanza in cui passò in rivista gli squadroni della legione di Roma, e commise poi a S .E. Croce [Comandante Generale] 1'incarico - che non fu eseguito - di esprimere il suo compiacimento ai suddetti reparti.»'" - l'ingerenza politica sulla vita della Regia Guardia. In merito si citano alcuni episodi. II primo è riferito aI Comandante Generale Ameglia che «scrisse a Giolitti una lettera (di cui ho copia) addebitandomi il fatto di avere ammessi nella Regia Guardia il Ten. Colonnello Pistolesi ed alcuni miei parenti (Ten. Lordi e Capitano medico Pistolesi che ha sposato mia figlia) ma io nulla ho da rimproverarmi per queste ammissioni perché erano ottimi Ufficiali , tanto che, anche dopo che io ho lasciato la Regia Guardia, hanno continuato a valersi dell'opera loro con grande profitto e non sarebbe stato certamente giusto che essi fossero stati esclusi dalla ammissione nella Regia Guardia, solo perché erano miei parenti.» 11 2 Ancora il nome cli Giolitti ricompare nella deposizione del Generale Bonansea il quale dichiarava che all'atto del transito nella Regia Guardia «il passaggio tardava a venire ed allora io mi rivolsi a S. E. Giolitti, che scrisse a Nitti, ed allora fui chiamato.»m Un episodio significativo si riferisce all'opposizione svolta dal Tenente Generale Lordi «quando venivano chieste dal Sottosegretario di Stato (Porzio), per ragioni di carattere politico, delle concessioni che io non ritenevo consentite dalle disposizioni vigenti. Per simili ingerenze ebbi anche
fondo Ministero Armj e Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, Relazione 2 agosto 1923, pp. 6-7 . fondo Ministero Armi e Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, Relazione 2 agosto 1923, p. 7. 108 ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, seduta 2 luglio 1923, p. 1. 109 ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, seduta 4 aprile 1923, p. 7. 110 ACS , fondo Ministero Armi e Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, Relazione 2 agosto 1923, p. 8. 111 Il Direttore Generale Quaranta «anche in una intervista col Giornale d'Italia, non esitò a dichiarare che il comando etlettivo della Regia Guardia era nelle mani della Direzione Generale di P.S.» Cfr. anche ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni , Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, Relazione 2 agosto 1923, p. 112 ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni , Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, seduta 4 aprile 1923, p. 2. m ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, seduta 12 marzo 1923, p. J7. 1()6
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un incidente col Comm. Flores, Capo di Gabinetto di S.E. il Sottosegretario, il quale, poi , in sostanza riconobbe il suo torto.» 11 4 Altro episodio emergeva durante la deposizione del Comandante della Regia Guardia Dc Albertis il quale affermava che «quando allontanai il Bonansea, dovetti sostenere una lotta vivacissima col Presidente del Consiglio e col Ministro dell 'Interno che volevano indurnu a farl o tornare al Comando Generale. Il Bonansea ostacolava continuamente il mio operato e quando io facevo qualche cosa egli veniva al Ministero e d'accordo con Fe1raris, cambiava tutto.» 115 Su un altro episodio, il Generale Bonansea dichiarava d'aver ricevuto l'avvertimento «alla caduta dell'ultimo Ministero Giolitti» che si stava tramando ai suoi danni , come Comandante in 2". 116 A seguito di questo «avvertimento» il Generale Bonansea aggiungeva che «nei primi giorni della costituzione del Governo Nazionale Fascista, uno dei miei figli e la inia figliola, per spontaneo amore paterno, si presentavano, una sera, all'Hotel Savoia, direttamente a SE. Mussolini , invocando dalla sua giustizia, che fosse fatta luce sulle trarne che si ordivano ai miei danni.» 111 Successivamente, Bonansea scriveva direttamente a Mussolini invocando «come padre e soldato, luce completa. E recato1ni di poi, in albergo, presso S.E. il Generale De Bono, che ho avuto l'onore di conoscere in guerra, all'Armata del Grappa, rivolsi anche a lui vivissima preghiera di volersi interessare , perché venisse sul funzionamento della Regia Guardia eseguita accurata ed ampia inchiesta.» 118 Ancora nomi di politici apparivano quando il padre del Tenente Colonnello Bernardi, a causa di una mancata promozione affermava al Ministero dell'Interno che «se fosse stato necessario , avrebbe potuto parlare anche al Presidente del Consiglio.» 119 Ulteriori irregolarità venivano segnalate a personalità politiche affinché promuovessero adeguati provvedimenti. In merito alla situazione deternunatasi per la Festa della Bandiera «il Generale Muscarà ritenne oppo1tuno informare della cosa S.E. Fa.eta. Credo che in seguito a ciò fu ordinata la ispezione dal Ministero del Tesoro.» 120 - il comportamento stesso de i vertici della Regia Guard ia che aveva assunto connotazioni politiche: «Era interesse del Ministero dimostrare che i Generali dell'Esercito gli [al Comando Generale] erano avversi e così ogni riunione alla quale partecipassero S. E. Giardino, D 'Annunzio, ecc. veniva segnalata come iiunione cospiratrice ai da nni del Governo. Una riunione in casa della Signora Capomazza alla quale intervennero delle Dame di Corte , la signora Giardino ed altre fu segnalata al Ministero tramutando la detta signora del Generale partecipante ad esso thè in un servizio segreto .» 12 1 - la corsa contro il tempo: «l' ossessionante proposito della p redetta Direzione Generale avuto di costituire il Corpo della Regia Guardia in brevissimo tempo; l'eccessivo e non disinteressato zelo di qualcuno (Cantuti) dimostrato nel seconda.re tale proposito con mezzi spesso arbitrari , forse per apparire persona capace di superare ogni ostacolo ed ogni difficoltà.» 122 Lo scioglimento del Corpo comportava la definizione di alcune pendenze amministrative .123 Fra le principali , innanzitutto la sistemazione del «fondo di soccorso», previa riscossione di tutti j crediti verso le ex Legioni per ritenute ai puniti e per liquidazione degli spacci cooperativi. Con questa operazione venivano recuperate complessivamente 800.000 lire , versate , per la custodia, alla Legione Territoriale dei Carabinieri Reali di R oma.
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fondo Mjnistero Armi e fondo Ministero Anni e 116 ACS , fondo Ministero Armi e 117 ACS, fondo Ministero Arm i e 118 ACS, fondo Ministero Anni e 119 ACS, fondo M inistero Arm i e 120 AC'>, fondo Ministero Armi e 121 ACS , fondo Ministero Armi e 122 ACS, fondo Ministero Armi e 123 ACS , fondo M inistero Armi e
Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia , b. 3, seduta 4 aprile 1923, p. 6. Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, seduta 6 aprile 1923 , p. 9. Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, seduta 27 marzo 1923 , p. I. Munizioni, Commi~sione inchiesta Guardia Regia, b. 3, seduta 27 marzo 1923, p. 2. Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, seduta 27 marzo 1923, p. 3. Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, seduta 22 marzo 1923, p. 2. Munizioni , Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, seduta 22 marzo 1923, p. 10. Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Reg ia, b. 3, seduta 10 marzo 1923 , p . 2. Munizioni , Commissione inchiesta Guardia Reg ia, b. 3, Relazione 2 agosto 1923, p.17. Munizio ni , Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, lettera n. 1.067 del 18 marzo 1923.
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Successivamente, la restituzione del palazzo in Piazza Pignanelli alla Cassa Nazionale Infortuni proprietaria dello stabile, previo sgombero degli uffici e di due appartamenti occupati da due Ufficiali Generali. Infine, il recupero di consistenti debiti da parte di Ufficiali della Regia Guardia verso fornitori militari , 1'Unione Militare, le ditte Quagliolo di Napoli e Principato di Roma. In particolare, era difficoltoso il recupero verso l'Unione Militare dato che il Comando Generale deHa Regia Guardia aveva sollecitato, dall'Unione Militare, il credito speciale agli Ufficiali fino a 3 .000 lire mensili sugli assegni degli Ufficiali stessi.t24 È evidente, però, come sull'esautoramento del Comandante Generale pesasse, anche, la personalità di quest'ultimo (Cantuti), come nel caso del De Albertis che« ... con la sua azione senza forza detenninò sempre di più la svalutazione della sua autorità ed aggravò il suo isolamento.» In sostanza, la persona del Comandante Generale era stata posta in una situazione di soggezione e, perciò, la sua azione «fu sempre più contenuta in ristretti limiti - essa non poteva avere l'autorità ed il prestigio necessari sugli alti Ufficiali, che gerarchicamente da lui dipendevano, ma che in realtà obbedivano agli ordini della Direzione Generale di P.S., colla quale erano in continuo e diretto contatto e le cui direttive avevano cura e premura di eseguire.» 125 La Commissione d'Inchiesta evidenziava, peraltro, un progressivo affievolirsi della figura del Comandante che diventava «specialmente nell'ultimo periodo, sempre più scialba; la sua voce non si sente o quasi, il suo animo si acconcia ad atti che ne intaccano la dignità e la correttezza, mentre la persona del Segretario Generale (Cantuti) afferma sempre più nettamente la sua in va.dente volontà - forte come è - della fiducia degli organi ministeriali di cui egli può considerarsi la "longa manus" .» Il <<Comandante Generale De Albertis lascia fare, forse per amor di quieto vivere; per evitare scandali egli fa distmggere documenti a carico di persone (Negrelli) che trafficano non disinteressatamente per trasferimenti di guardie e interessa altresì il Commissario di Polizia perché il colpevole venga messo in libertà, sol perché questi è parente di un Sottosegretario di Stato; non impedisce, anzi autorizza, la compilazione di documenti fittizi per far fronte alle spese della Festa della Bandiera preparata con larghezza e sfarzo eccessivi. Egli non vede la necessità, che è imperiosa ed urgente, di risanare moralmente l'ambiente, di imporre a tutti ordine, disciplina, con-ettezza, insomma il senso del dovere e della probità.» 126 / La relazione conclusiva dell'inchiesta metteva in luce come il clima di malcostume avesse fatto affievolire il sentimento del dovere , della lealtà e della correttezza perdendo di vista l'interesse del Corpo ma ponendo in primo luogo quello personale. Dallolio, allora, scriveva amareggiato: « ... Allegri compagni andiamo alla vita e primo maggiore colpevole il famoso Quaranta e Nitti.» 121 Nel Capitolo 39 «Il contrasto Nitti-Dallolio» si è accennato alla tendenza di Nitti di dispon-e di stmtture parallele per essere tenuto informato su fatti che lo interessavano. Questo comportamento emerge anche nel caso della Regia Guardia dove l'invadenza della Direzione Generale della P.S. unitamente alla presenza, nel Comando Generale, di persone pronte a «prestarsi, in ogni modo, per fare cosa grata ai superiori ed anche a compiere atti di rappresaglia» 128 aveva consentito la creazione di una struttura asservita al potere politico. In autunno l'inchiesta su questa «baraonda amministrativa» si concludeva con il plauso del Capo del Governo: «È arrivata una lettera di Mussolini circa l'inchiesta sulla Guardia Regia nella quale si legge "i più sentiti ringraziamenti ed una parola di viva lode per la diligente cura e scmpolosa obbiettività con cui sono state condotte le indagini in parola" .»' 29
12 •
A titolo di esempio si indica che ogni Ufficiale Generale del Comando disponeva di un salotto.
,is ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, Relazione 2 agosto 1923, p. 9. 126
ACS, fondo
121
APTGP,
Ministero Armi e Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, Relazione 2 agosto 1923, pp. 10-11. serie lettere ai familiari, lettera 8 marzo 1923 a Elsa. 128 ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni, Commissione inchiesta Guardia Regia, b. 3, seduta IO aprile 1923, p. 5. 129 APTGP, serie lettere ai familiari, lettera 2 ottobre 1923 a Elsa.
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Capitolo 45 «A ME I DIVIDENDI LAUTI NON FANNO GOLA»
Dallolio, che detestava le cariche onorifiche, nel 1922 aveva scritto alla figlia Elsa: «Alcune volte mi rallegro di non avere un soldo perché la mancia per servizi resi mi ripugna, perché la caccia agli onori ad un tanto al metro mi ripugna più ancora ... Ho scritto in fretta e furia ciò che pensavo ciò che penso, perché poi nella mia povera testa dopo aver visto il campo di battaglia, ci stà un sacro orrore per gli ori per gli argenti, e se vuoi anche per la munifica opera ... dei salvatori della Patria ..... con percentuale. Dunque un angolo qualunque per me, zitto e quieto, e il silenzio attomo.» 1 Nel 1923 era in atto una manovra per fargli assumere la presidenza della Società Aosta-Cogne, ma , come avrebbe anticipato a Elsa, non aveva alcuna intenzione di accettare: «Inter nos pare che Mussolini voglia darmi un altro incarico. Tu capirai che io non sono in grado di fronteggiare le molteplicità degli incarichi , non sono più un giovanetto ... Per tua norma l 'altro incarico (ma non dir nulla a nessuno) sarebbe quello di Presidente della Società Cogne-Aosta, nominato dal Presidente del Consiglio perché nella società di 200 milioni entrerebbe il Governo con 72 milioni. Io però sin d'ora ho fatto capire che non sono cacciatore di posti, e non ho le qualità per mettermi al timone di una barca nuova in un mare burrascoso. Anche oggi me ne hanno parlato. Stringher vorrebbe me e lo so. Mussolini e De Stefani , pure, e me lo hanno fatto capire da lontano, io spero vorranno drizzare altrove la prora ... Sarebbe meglio. Non sono la persona adatta. Ma mi raccomando io ho scritto a te perJe, perché spero non se ne faccia niente.»2 Dopo circa un mese e mezzo il Ministro delle Finanze De Stefani era ritornato alla carica e Dallolio avrebbe ripreso la penna: «A nche oggi ho detto al Ministro .Qe Stefani che non voglio saperne della Presidenza della Società Aosta-Cogne, non è affare per me, non ho le attitudini necessarie per l'allevamento di una Società insidiata nel suo nascere da Perrone ed altri gruppi industriali. Eppoi pensa gli altri due rappresentanti nel Consiglio d'Amministrazione sarebbero_il Capo di Gabinetto e De Stefani o il Capo di Gabinetto e Teofilo Rossi !!!! !»3 Era in atto uno scontro fra due forti personalità: da una parte Dallolio che «resisteva», dall 'altra il Ministro delle Finanze che non demordeva, rinnovando in modo pressante la richiesta. Cosicché, il Generale scriveva alla figlfa: «Ecco la risposta di De Stefani "Ricevo la sua lettera del 15 corrente. Pur sapendo di fare cosa sgradita alla sua modestia io devo insistere perché Ella accetti la designazione a Presidente dell'Ansaldo-Cogne. Questo è anche il vivissimo desiderio deL Presidente del Consiglio. Sono convinto che il suo elevato senso di patriottismo La indmTà a non respi!'}gere questa collaborazione che il Governo Le richiede." Io replicherò No a De Stefani.»4 Dopo pochi giorni Dallo]jo ritornava sull'argomento: «Oggi alle 17 vado da De Stefani deciso più che mai a dire di NO come ho già detto e scritto tre volte in totale . Non è affare per me, perderei la tranquj]Jità e la pace e mi metterei in un vero ginepraio. Si meravigliano che uno dica No ma ciò non mi riguarda, esiste una disciplina del dovere alla quale intendo mantenere fede per l'equilibrio fra il lavoro e la capacità del lavoro .» Quindi, ancora: «Ore 19. Sono stato da De Stefani e ho ripetuto il NO malgrado le sue dichiarazioni, le quali potevano lusingare Dallolio ma non lo potevano persuadere data la sua ferma ed incrollabile convinzione che l'aver compiuto il proprio dovere non dava ragione per assumere un incarico superiore a11e sue forze. E quando mi ha detto "Mussolini la chiamerà e gli dirà deve
lettere ai familiari, lettera 15 dicembre l 922 a Elsa . lettere ai familiari, lettera 18 aprile I 923 a Elsa. ) APTGP, serie lettere ai familiari , lettera 14 giugno 1923 a Elsa. ' APTGP, serie lei/ere ai familiari, lettera 21 giugno J923 a Elsa. 1
APTGP, serie
2
APTG P, serie
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accettare" allora ho risposto che il 6 ottobre 1914 anche S.E. Brusati mi disse "Il Re la chiamerà e dovrà accettare di fare il Ministro della Guerra" e allora gli risposi ad un soldato tutto può chiedere il Re tranne di mancare al dovere della sua coscienza. Hanno pubblicato sui giornali la mia designazione ed io non ho più pace e tutti chiedono ...... tutti nulla hanno avuto mentre altri hanno avuto qualcosa, e mentre gli uomini davano la vita i Generali, i Colonnelli venivano all'arrembaggio per dire a me , Alfredo Dallolio, noi non abbiamo avuto nulla dalla guerra. E in nome di Dio noi si faceva la guerra come i moschettieri o le compagnie di ventura per portare a casa i trionfi in natura? A me i dividendi lauti non fanno gola, nù nausea la caccia al posto colla vergognosa frase abbiamo fatto la guerra e nulla abbiamo ricavato. Ho detto a De Stefani l'animo mio ... Io voglio meritare non ottenere, io non voglio banchetti mi basta la parca e modesta mia mensa. Credi ho detto tutto quanto avevo sul cuore. Tornerà alla carica Mussolini e ripeterò lo stesso. Non voglio né ricompense né onori quando i reduci dalla guerra danno la scalata ... per migliorare la loro posizione .. . Scrivo in fretta . .. farai fatica a leggere ... spero, ritengo, son certo di avere il tuo Sì e anche quello di Giuliana.»5·6 In chiusura Dallolio sollecitava il parere di Elsa perché, come si è già messo in luce nell'«Introduzione», era molto sensibile al parere (e ai consigli) delle due figlie . In verità, nella «vicenda Cogne», Da11olio temeva anche la pioggia di raccomandazioni e richieste che gli sarebbe piovuta sul capo: <<Sono ben contento tu sia contenta [che io abbia detto di no]. La lettera al]a Contessa Del Bono andava benissimo, puoi se mai aggiungere che io non ne ho voluto sapere di Aosta-Cogne quindi non sono in grado di fare nulla , e per essere all 'infuori di una tempesta di domande ho detto NO con maggior gusto e più soddisfazioni.»7 A luglio, Dallolio avrebbe messo il punto definitivo sull'argomento, scrivendo a11 'amica di famiglia Giuliana Benzoni: « ... Sono ben contento di aver detto NO NO NO circa l'Aosta-Cogne per le polemiche che oggi sorgono sul Giornale di Roma e Nuovo Paese. Eppoi non era fardelJo per le mie spalle e per 1a tranquillità dell'anirna mia. Avrei preferito che De Stefani invece di tanto zucchero mi avesse dato qualche pacchetto di sigarette, per quanto fumo l'uno, fumo le altre non rimaneva più nulla, ma almeno era più pratico. Capisco le intenzioni ma ormai nella mia Chiesa si dice messa senza organo e senza . incenso ... ».8 /
Giuliana Benzoni, fidanzata di un Caduto, amica delle figlie di Dallolio . APTGP , serie lettere ai familiari, lettera 26 giugno 1923 a Elsa. 7 APTGP, serie lettere ai familiari, lettera 30 giugno 1923 a Elsa. 8 APTGP, serie lettere ai familiari, lettera 1° luglio 1923 a Giuliana Benzoni.
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Capitolo 46 ILCOGEFAG
All'inizio degli anni Venti era sentita l a necessità di riordinare e ristrutturare tutta l'organizzazione militare e industriale per cui , nel 1923, il Generale Dallolio veniva richiamato in servizio' per affidargli, ancora una volta , il settore della produzione bellica. La volontà di Mussolini di avere Dallo! io alla guida del settore è anche chiarita dal contenuto del verbale della seduta del Consiglio de)l 'Esercito del 1° febbraio 1920 che 1'interessato aveva avuto occasione di leggere molto tempo dopo: «Il Ministro soggiunge che è intendimento dell ' Onorevole Mussolini poter dare al più presto al Generale Dallolio una prova tangibile della gratitudine del Governo per lui, e che anzi l'Onorevole Mussolini ha già pregato il Ministro della Guerra di volergli fare qualche proposta in merito. Egli è convinto di fare cosa utile all'interesse del Paese proponendo detto Generale come Presidente del Comitato per la preparazione della mobilitazione qualora fosse confortato dal consenso del Consiglio e ciò sia per le sue elette qualità di carattere e di ingegno bene adatte e necessarie per un tale ufficio, e sia anche per aver modo di richiamarlo in servizio2 e dargli così quella soddisfazione e quei compensi che gli sono dovuti. S .A.R. il Duca d'Aosta approva pienamente questo doveroso atto di riparazione verso la nobile figura del Generale Dallolio, esprimendo anzi il parere che in questa riparazione si sia già in ritardo. Il Consiglio si associa.» 3 Verso la fine di febbraio 1923 Dallolio veniva convocato da Mussolini per ricevere l'investitura di Presidente del Comitato per la Preparazione della Mobi litazione Civile. «Alle 16,15 di Mercoledì sono stato chiamato al Gabinetto di S.E. Mussolini dove c'erano i Ministri che vedrai sul giornale. Arrivati all' 11 ° punto Mussolini dice: "Io designo per Presidente il Generale Dallolio il quale naturalmente accetta" e mi fis sa negli occhi, io lo guardo come per dire " ma ne ho altli degli incarichi" e Lui ripete forte "ha accettato" e tutti gli altri ... i1mo di approvazione più di tutti S. E. De Stefani e S.E . Pinzi. Dopo Mussolini mi dice "Volevo proprio lei". In quanto agli altri un turibolamento generale. RismTezione di Dallolio ......... e non siamo a Pasqua. Non ti dico Stringher mi ha preso le mani e mi ha detto: "Vado a casa contento, con lei sono sicuro che l'Azienda risorgerà a nuova vita. L'unica persona era Lei". Non ti dico poi la nuova Ansaldo cosa mi ha detto, cosa mi ha scritto ....vedrai. Decisamente ritornando al Senato dopo tre ore di colloquio ho quasi pensato ciò che diceva D 'Azeglio alla morte di Cavour ... "arrivati al vertice della piramide ... occhio ai mali passi". Al Ministero dell'Interno io sono l'uomo dell'occasione, anche mio fratello(!) l'altro giorno riconosceva la mia grande influenza .... del momento.>>4 Dallolio stesso chiarisce il motivo del perché l'attenzione di Mussolini si fosse appuntata su di lui: «Il Generale Alfredo Dallolio diviene Presidente del CMC non perché Generale di Corpo d'Armata ma perché è il Generale Alfredo Dallolio .»5
'R.D. 4 febbraio 1923 , B.U. Ministero Gue1Ta n. 48 del 9 febbraio 1923. In effetti, Dallolio era stato «collocato a riposo a decorrere dal 21 giugno 1925 per aver raggiunto i limiti di età prescritti ed inscritto nei ruoli di riserva (R.D. 15 agosto 1925)». Dalla posizione di «ausiliaria speciale» veniva «richiamato in servizio temporaneo con R. D. 4 febbraio 1923, collocato a riposo ed inscritto nelJa riserva con R.D. 15 agosto 1925, dal 21 giugno 1925 continua dalla data stessa ad essere richiamato in servizio temporaneo dalla riserva conservando lo stipendio annuo di f. 32.000 (D. M. 1 settembre 1925)». Le notizie di dettaglio sul servizio cli Dallolio sono tratte dallo «Stato di Servizio» del Generale custodito presso il Ministero della Difesa , Direzione Generale Per il Personale Militare, Ufficio del Direttore Generale (pror. N. M-D-GMIL- 01 UDG 1/10050 del 24 maggio 2005) . 3 APTGP, se1ie leuere ai familiari, lettera 2 ottobre 1923 a Elsa. '' APTGP, serie lettere ai jàmiliari , lettera 23 febbraio 1923 a E lsa. 5 APTGP, serie lettere aifamiliari, lettera 26 maggio 1926 a Elsa. 2
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Dopo qualche tempo si poneva il problema della sistemazione fo1male di Dallolio che, avendo raggiunto 78 anni, era cessato da ogni servizio e da ogni obbligo militare e, pertanto, non era più iscritto nei moli. <<Oggi sono stato chiamato dal Generale Grossi (Capo di Gabinetto) a nome del Ministro pel mio caso personale. Ora il Ministro aveva preparato un decreto peJ mio richiamo in servizio ... Ma il Capo del Governo non ha voluto intendendo che io Presidente del Comitato di Mobilitazione Civile seguiti a rimanere come tale senza nessun richiamo. "È Presidente del CMC e così deve rimanere sia o non sia in servizio".>>6 Infatti, Dallolio era cessato, dal 21 giugno 1931, di appartenere ai ruoli della riserva, per età, «conservando il grado con la relativa uniforme.» Continuava, peraltro, «ad essere incaricato delle funzioni di Presidente del Comitato per la Mobilitazione Civile con il trattamento di Generale di Corpo d 'Armata richiamato dal congedo anche dopo di aver cessato per età dall'appartenere ai ruoli del Regio Esercito (Giornale Militare 1931, circolare n. 395 del 21 giugno 1931)».7 Per lui , successivamente, sarebbe stato varato apposito decretc8 che all'articolo 1 stabiliva: «Al Generale di Corpo d'Armata attualmente incaricato delle funzioni di Presidente del Comitato di Mobilitazione Civile continuerà ad essere corrisposto - sino a che durerà nelle funzioni predette - il trattamento di Generale di Corpo d'Armata richiamato dal congedo, anche dopo cessato per età di appartenere ai Ruoli d~l Regio Esercito.» Il provvedimento, come indicava la relazione di accompagnamento a firma Scipioni, era stato ordinato da Mussolini quale <<riconoscenza delle alte benemerenze che il predetto Generale ha acquistato in tutta la sua carriera e specialmente nelle alte cariche di Ministro delle Munizioni durante la grande Guerra e di Commissario Generale delle Fabbricazioni di Guerra e prima di Presidente del Comitato di Mobilitazione Civile.»9 Il Generale Dallolio nella sua nuova veste di Presidente del CMC, oltre ad aver assunto alcune delle funzioni riguardanti la Mobilitazione Industriale, che poi sarebbero state devolute al Commissariato Generale delle Fabbricazioni di Guerra, partecipava alla gestazione dello strumento giuridico per varare il nuovo organismo; uno strumento giuridico che poi sarebbe sfociato nella legge 969 del 1925 per «L'Organizzazione della Nazione per la guerra». 10 Il disegno di legge prevedeva di costituire il nuovo organo per le fabbricazioni di guerra «in aggiunta ai Ministeri già esistenti in tempo di pace». Era evidente che tale collocazioneç che si discostava dall'organizzazione realizzata nel 1915-18, non poteva accontentare completamente Dallolio che, tuttavia, poteva ritenersi soddisfatto di ciò che riusciva a «strappare» ai denigratori di quel modello. «Abbiamo avuto due sedute della Commissione Suprema Mista di Difesa per discutere ed approvare un progetto di legge per l'Organizzazione della Nazione per la guerra in caso di mobilitazione parziale e generale. C'è del buono ma il Ministro della Guerra [Di Giorgio] si è dannato e vuole troppo prevedere ed allora sai meglio di me si cade nell'eccesso opposto.» 11 Viceversa, durante la presentazione del provvedimento al Senato, il relatore illustrava una variante che introduceva la «dipendenza dai Ministeri competenti» allo scopo di «impedire che gli Enti di nuova formazione vengano a trovarsi in competizione con i Ministeri dai quali emanano, come altre volte è avvenuto, e per mancanza di coordinamento anziché convergere coi loro sforzi verso lo scopo comune, seguono vie divergenti, nelle quali gli sforzi disperden·dosi si indeboliscono, talvolta si annullano e lo scopo finale finisce per non essere raggiunto.» 12
6
APTGP , serie lettere ai familiari , lettera 29 settembre 1938 a Elsa. Ministero della Difesa, Direzione Generale Per il Personale Militare, Ufficio del Direttore Generale (prot. N. M-D-GMIL01 UDG 1/10050 del 24 maggio 2005), «Stato di Servizio» del Generale Alfredo Dallolio. 8 R.D.L. n. 913 del 25 giugno 1931. 9 APTGP, serie fascicoloni, fase. VIII, f. 1. 10 La legge all'articolo 4 prevedeva la costituzione di un organo centrale per provvedere alle fabbricazioni di guerra e alcutli organi periferici per la direzione delle attività civili mobilitate. 11 APTGP , serie lettere ai.familiari, lettera 11 ottobre 1924 a Elsa. 12 APTGP, serie fascicoloni, fase. X, f . 35, lettera a Canepa del 17 aprile 1917. 7
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ho ricevuto i docUJllent i relat.hi u.11.tt mobil.l= t s.itone i nd ust1•1s.1e 1mmed1ut a, c h e V. !:!. C?i ha inviati, ed e:Jprim.o a lla E . v . od a l cor.rl t;).to per lo. moi.>11lt;:i-zl.o=
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n.
Lettera del Capo del Governo a Dallo/io. (APTGP, Serie fascicoloni)
Lo stravolgimento avvenuto durante la discussione del disegno di legge al Senato, in conseguenza del quale il futuro organismo, anziché risultare «in aggiunta ai Ministeri» (della Guerra, Marina e Aeronautica) come era stato proposto originariamente, sarebbe venuto a dipendere da loro, risultava molto amaro per chi era stato nel precedente conflitto a Capo della Mobilitazione Industriale in piena autonomia ed era fermamente convinto che la mancanza di un unico centro propulsore, di stimolo, di coordinamento avrebbe reso impossibilé la creazione di quell' «Esercito Industriale» che aveva consentito il miracolo produttivo del 1915-18. Uno stravolgimento del disegno di legge per cui la struttura «non avrebbe neanche lontanamente corrisposto ai concetti fondamentali della Mobilitazione Industriale del 1915-18».13Per il Generale Dallolio l'articolo 4 così come varato dal Senato <<era la negazione della Mobilitazione Industriale del 1915-18 (D.L. del 22 agosto 1915) ed era di impossibile attuazione.»14 In seguito il Generale Dallolio avrebbe annotato ancora: «Domando dove in questo articolo c'è traccia del fondamento giuridico ed economico dell'istituto della Mobilitazione Industriale del 1915? Dove c'è traccia del funzionamento del Ministero Armi e Munizioni?»'5 Nel giugno del 1928 veniva costituita la Commissione Suprema Difesa (da ora in poi CSD) e da allora iniziava per il Generale Dallolio un periodo di intensa attività di consulenza per il varo del Commissariato Generale per le Fabbricazioni di Guerra (COGEFAG). Sin dalla prima riunione presieduta da Mussolini, il Generale Dallolio era l'unico a sostenere la realizzazione di un'organizzazione industriale simile a quella realizzata nella guerra 1915-18, in quanto «convinto dell'unicità dell'azione onde evitare danni e minore efficienza del 1isultato complessivo, forte dell'esperienza passata.» 16 D'altra parte il Generale Dallolio dìver-
n APTGP , serie fascicoloni, fase. V1, f. 14, Le attribuzioni dell'Ente - 3a parte. APTGP, serie fascicoloni, fase. VI , f. 17, Promemoria circa i documenti relativi al 1923-1939.
14 15
]bici.
16
APTGP,
serie fascicoloni , fase. VI, f. 14, Le attribuzioni dell'Ente-r parte.
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si anni prima lo aveva anticipato: «Sono vecchio ma ho l'orgoglio di avere le idee giovani e dopo guerra dal mio posto di Senatore combatterò con indomita fede per le industrie italiane incidendo il grande principio della mobilitazione industriale - né oligru:chia né plebi - accordo fra capitale e lavoro sulla base dei comuni diritti e dei comuni doveri. E combatterò da solo, ma colla fede i.J.nrnensa nel progresso che nessuna barriera può trattenere per via, nel progresso che ho sempre sognato senza uniforme, senza vincoli, ma l'integrazione del bene di tutti con :il consenso di tutti.» 17 E Mussolini gliene avrebbe dato atto. Ma il problema delle dipendenze (e di alcune competenze} del nuovo organismo che sarebbe dovuto sorgere veniva continuamente rimesso in discussione nella Commissione Suprema Difesa. Nella VI sessione della csD 18 veniva confermata la dipendenza del nuovo organismo dai «Ministeri militari competenti». Nella VIII sessione della CSD 19 il Generale Dallolio proponeva «essendo cambiata la situazione di fatto» che la dipendenza del nuovo organo venisse spostata dai tre Ministeri alla Commissione Suprema Difesa; proposta che Mussolini approvava subito essendo il Presidente della CSD stessa. In merito alle competenze, su parere del Generale Dailolio, veniva deliberato il criterio secondo il quale il futuro organo per le fabbricazioni di guerra, essendo responsabile della mobilitazione, avrebbe dovuto: - provvedere alla ripartizione delle commesse belliche per tutti gli stabilimenti privati; - suddividere le materie prime fra le industrie produttrici di materiali bellici. Sempre nella VIII sessione della cso veniva aJtres} deliberato che, in attesa della costituzione del nuovo organo, il Comitato Mobilitazione Civile avrebbe dovuto «regolare e coordinare l'eventuale impiego di tutta l'industria a scopo militare in caso di mobilitazione.» Nella XII sess ione della CSD20 veniva deliberato che la responsabilità tecnico-amministrativa sarebbe stata di competenza delle Amministrazioni interessate, mentre l'organo per le fabbricazioni di guerra avrebbe dovuto designare le fonti predisposte per l'espletamento di ciascuna commessa. Una continua rimessa in discussione di dipendenze e competenze del nuovo organo per le fabbricazioni di guerra che metteva in luce quelle «difficoltà opposte dai Dicasteri militari che non vollero rinunciare alle attribuzioni acquisite dopo la guerra 1915-18 con l'abolizione dell'allora Ministero delle Armi e Munizioni.>>2 1 Né si può prescindere dal quadro legislativo che si era venuto a formare in quegli anni; un quadro molto dissimile da quello del 1915-18 che non consentiva di svolgere quella azione unitaria che era stata il cru:dine della Mobilitazionélndustriale del 1915-18 in quanto: 1) l'articolo 5 della legge 969 del 1925 prevedeva che, all'atto della mobilitazione, il servizio prigionieri di guerra passasse sotto la giurisdizione di apposito organo dipendente dal Ministero delle Corporazioni; 2) nel 1935 veniva costituito un organo per disciplinare lo scambio delle valute,22 trasformato poi in Sottosegretariato di Stato per gli Scambi ,23 elevato nel 1937 a Ministero;24 3) sempre nel 1935 veniva istituito il Monopolio riguardante l'acquisto all'estero del carbone, del rame, dello stagno, del nichelio e dei relativi rottami. 25 Comunque il Generale Dallolio, essendo preposto in qualità di Presidente del Comitato Mobilitazione Civile a preparru:e la strada dell'Organismo per le Fabbricazioni di Guerra previsto dalla legge 969 cercava di salvare il salvabile allorché veniva incaricato di predisporre il decreto sulla costituzione del COGEFAG. Questo nuovo organismo, dunque, nasceva nel 1935 sulla base delle deliberazioni della cso e del
APTGP, serie fascicoloni, fase. X, f. 35 . Vl sessione della cso, seduta ciel 28 febbraio 1930. 19 VIII sessione della cso, seduta del 16 febbraio 1931. 20 XII sessione della cso, seduta del febbraio 1935. 21 C. Favagrossa, Perché perdemmo la guerra, Rìzzoli, Milano 1945, p. 34. 22 R.D.L. n. 659 del 20 maggio 1.935. 23 R.D.L. n. 219 del 29 dicembre 1935. 24 R.D .L. n. 1.928 del 20 novembre 1937. 25 R.D .L. n. 1.375 del 28 luglio 1935. 17
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quadro legislativo esistente. Jn effetti esso sarebbe dovuto sorgere al verificarsi dell 'emergenza ma vedeva la luce in anticipo, rispetto al conflitto, dato che l'articolo 15 attribuiva al Governo la facoltà «ai fini della difesa immediata dello Stato di avvalersi, in tutto o in parte, delle disposizioni della legge , anche prima della mobilitazione parziale o totale.» Era stata una nascita, senza ombra di dubbio, voluta in anticipo da Mussolini. Al Generale Dallolio, infatti, il 13 giugno 1935 veniva restituito un promemoria indirizzato al Capo del Governo con 1'annotazione: «Già ordinato alla Guerra di preparare il Decreto per la costituzione dell'Organo.»26 L'indomani, appunto, Da1lolio riceveva dal Gabinetto del Ministero della Guerra disposizioni per la compilazione del Decreto le quali ricalcavano in toto l'articolo 4 senza tener conto, né di alcune deliberazioni della Commissione Suprema Difesa intervenute in quegli anni , né della avvenuta costituzione di un Organo per disciplinare lo scambio delle valute. Il Generale Dallol io nel preparare lo schema del R.D. 27 riusciva a integrare il disposto del famigerato articolo 4 sulle dipendenze, con le deliberazioni della Commissione Suprema Difesa che prevedeva la dipendenza del futuro COGEFAG direttamente dal Capo del Governo, anziché dai tre Ministeri interessati della Guerra, Mruina ed Aeronautica.28 Mussolini , dopo alcune osservazioni proprio sulle dipendenze, tratteneva lo schema del Decreto che successivamente perveniva a Dallolio con la data del 14 luglio 1935 filmato dal Sovrano e controfirmato dal Capo del Governo senza che fosse stato sentito il Consiglio dei Ministri , né che esistesse il concerto con il Segretario di Stato per le Finanze. Ovviamente il Generale Dallolio non aveva alcuna osservazione da fare e pertanto il R.D.Lgt. il 13 giugno 1935 veniva varato .2'J Successivamente, Dallolio venjva incaricato di redigere anche il Decreto del Capo del Governo per la regolamentazione del COGEFAG .30 Al termine di questo lavoro affermava di aver effettuato dei «tentativi di dare un po' di ossigeno al COGEFAG», anche se «il passaggio dall'ruticolo 4 della legge Organizzazione della nazione per la guerra n. 969 ai due decreti non fu facile.» 31 Ma il COGEFAG, così come nato conteneva in sé dei contrasti insanabili. Infatti, mentre l' articolo 4 della legge 969, così come modificato dal Senato , ne rendeva impossibile l'attuazione a causa delle dipendenze fra più Ministeri, l'articolo 1 del R.D .Lgt. n. 1.374, rifacendosi alle deliberazioni della CSD, rispondeva alla condizione indispensabile di sottoporre il nuovo orgaojsmo all'unica dipendenza del Capo del Governo che era anche Presidente della cso. Comunque, una volta costituito il COGEFAG, ne veniva posto a capo il Generale Dallolio,32 che però non era rimasto entusiasta della nomina come scriveva alla figlia Gina: «Ho obbedito al Duce, ma il sacrificio è grandissimo perché l'opera mia è difficilissima. La via è seminata di triboli, e per dovere occorre marciare avanti.» 33 Ma il «marciare avanti», che Dallolio aveva scritto alla fig lia, gli creava certamente una situazione di stress se ammetteva che «i miei nervi sono così scossi che basta un nulla per alterarli. Il COGEFAG è una soma molto pesante per le mie spalle ma a parte le ragioni materiali si può dire "non voglio servire più il mio Paese" quando alla mia età mi trovano ancora utile? Eppoi il Duce mi ha sempre trattato bene e dirgli così a quattro occhi "me ne vado perché mi sento vecchio e perché ci sono troppi rospi da inghiottire" mi pare di mancare di riguardo a 84 anni suonati.»34 Egli aggiungeva: «Il Duce mi ha affidato un incarico di coordinamento fra i lavori dei tre Ministeri circa le commesse delle armi e delle munizioni che debbo guidare con un accorgimento e con una poli tica per fare, senza suscitare ombre e che richiede tutta la mia attenzione.»35
21 '
APTGP, serie faseicoloni, fase. VI , f. , 14, Le attribuzioni dell'Ente - 3a parte. R.D. n. 1.374 del 14 luglio 1935. 1• APTGP, serie faseieoloni , fase. VI , f. 14, Le attribuzioni dell'Ente - 3° parte. 29 lbid. 30 Decreto del Capo del Governo 23 settembre I 935. )i APTGP, serie faseicoloni, fase. VI, f. 14, Le afn"ibuzioni dell' Ente - 3° parte. 32 R.D.L. 14 luglio 1935 n. 1.374. )J APTGP , serie lettere ai familiari, lettera 16 luglio 1935 a Gina. 34 APTGP, serie lettere ai familiari, lettera 12 agosto 1937 a Gina. 35 APTGP, serie lettere ai familiari, lettera del 2 gennaio 1938 a Gina. 21
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I «triboli» cui il vecchio Generale accennava nella lettera alla figlia Gina erano dovuti al fatto che il in pratica, si limitava a ricevere e classificare tutte le richieste dei vari Enti controllandone la rispondenza ai rispettivi contingenti di materie prime assegnati e seguendone, successivamente, la distribuzione, ma rimanendo completamente estraneo allo sviluppo delle commesse stesse. Veniva cioè a mancare quell'azione di controllo, pungolo, sollecitazione per la produzione che durante la prima guerra mondiale avevano fatto dire a Cadorna: «Più che in mano mia le sorti della guerra sono in quelle del Generale Dallolio.» COGEFAG,
L'incarico di Commissario Generale per le Fabbricazioni di Guerra consentiva, a Dallolio, di avere un osservatorio privilegiato sulla reale situazione del Paese e in questo ruolo, convinto che la situazione delle scorte e riserve rendesse assurda la preparazione di una guerra e che - al massimo - si potesse pensare a prepararsi alla guerra intesa quale «Difesa Nazionale supremo diritto e supremo dovere di tutti i cittadini, che è una delle migliori garanzie di pace», non ometteva di rappresentare a Mussolini la reale situazione della preparazione. «Tutto quanto io potrò fare per far comprendere che la preparazione alla guerra deve essere una realtà e non una facciata lo farò. Fra le carte che ho lasciato al Duce ci sono due memorie , una sulle Artiglierie, l'altra sulle materie prime. Se la guerra dovesse essere un inevitabile sacrificio, una volta di più [Mussolini] doveva conoscere la verità sulla situazione delle fabbricazioni militari. Ciano mi ha detto: "Conosciamo quanto avete fatto, ma non dobbiamo più dimenticare il suo antico e nuovo grido: Scorte!"».36 Continuava il vecchio Generale: «Tutto quanto io potrò fare per far comprendere che la preparazione alla guerra deve essere una realtà e non facciata lo farò; del resto se vedi Nadalini domandagli se io scrivo chiaro, preciso e senza paroloni quando si parla di fabbricazioni di guerra.»37 La politica delle sanzioni economiche contro l'Italia faceva precipitare la situazione del COGEFAG, che da fisiologica diventava patologica, in conseguenza dell'azione avviata dal Capo del Governo nei confronti dei Sottosegretari di Stato, intesa a: - evidenziare l'assedio economico che complicava il problema dello scambio delle valute e rendeva necessaria una regolamentazione degli approvvigionamenti all'estero di materie prime per le esigenze delle Amministrazioni dello Stato;38 - stabilire i programmi di produzione nazionale e i conseguenti rifornimenti all'estero di materie prime per i bisogni del Paese e per le esigenze belliche; - impartire drastiche disposizioni per il rigoroso mantenimento delle commesse entro i quantitativi di materie prime di cui era stata autorizzata l'importazione. Ciascuna Amministrazione, pertanto, diventava responsabile dell'adeguamento dei propri programmi alla situazione delle materie prime.39 Questo nuovo stato di cose complicava il problema della costituzione delle scorte che - per l'ottica del Generale Dallolio - era fondamentale. È quindi evidente che questa situazione avrebbe portato a un braccio di ferro tra il vecchio Generale e il Sottosegretario Guameri; ma è proprio in questo scontro che si ravvisa la mancanza di unitarietà nella preparazione per la guerra, dovuta alla tendenza dimostrata dai Ministeri Marina e Aeronautica di restare sordi alle sollecitazioni di Mussolini, aggirando l'azione di un centro unico. Già nel 1936 il Sottosegretario alla Marina Cavagnari aveva cercato di scavalcare l'ostacolo rivolgendosi direttamente all'Ufficio Monopoli Metalli del Ministero delle Comunicazioni e richiedendo la cessione di 150 ton. di nichel, 300 ton. di rame e 40 di stagno.40 Almeno quella volta il tenta-
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APTGP,
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Jbid.
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serie lettere ai.familiari, lettera 29 settembre 1938 a Elsa.
Lettera del Capo ciel Governo del 19 ottobre 1935 ai Sottosegretari di Stato. Lettera ciel Capo ciel Governo del 15 novembre 1935 ai Sottosegretari di Stato. 40 APTGP, serie fascicoloni lettera n. 00416 del 2 gennaio 1936 di Maricost a Monopolio Metalli. 39
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tivo di aggiramento falliva poiché l'Ufficio Monopolio rispondeva di rivolgersi, più correttamente, al COGEFAG. 41 L'Aeronautica, per parte sua, in sede di Commissione Suprema Difesa chiedeva una modifica al disposto dell'articolo 3 del R.D. n. 1.374, istitutivo del COGEFAG, proponendo che quest 'ultimo mantenesse la sua competenza soltanto sulle industrie preposte ai fabbisogni di materiali comuni a tutte le Forze Armate, mentre le industrie a carattere specializzato avrebbero dovuto far capo agli organi tecnici della propria Forza Annata incaricati di fornire al COGEFAG i dati statistici per consentire una visione completa dei fabbisogni del Paese.42 Viceversa, il COGEFAG rivendicava a sé la responsabilità della definiz.ione della data di impostazione ed entrata in servizio dei vari mezzi , anziché ai Vertici delle singole Forze Armate poiché «date di inizio, di stato di avanzamento, di consegna con attitudine ad impiego non consentono di essere fissate e stabilite in termine preciso, se prima non siano accertati in sicura realtà le corrispondenti affluenze di materie prime e le conispondenti potenzialità di lavoro.»'13 Il Generale Dallolio, in sostanza, richiamava la filosofia esposta al Capo del Governo al! 'atto di assumere la responsabilità della carica: non si potevano iniziare, proseguire e completare lavorazioni se, parallelamente alla disponibilità di materie prime, non vi fosse la corrispondente disponibilità di «mezzi di attrezzamento, dirigenza lavorativa e di mano d'opera adatta», fattori questi ultimi che esulavano dalla competenza delle Forze Armate e su cui soltanto il COGEFAG avrebbe potuto influire. Il Generale Dallolio, d'altra parte, avvalorava questi preconcetti allorché (riferendosi alla difficile gestazione legislativa del COGEFAG) esprimeva la convinzione che <<il Ministro della Guerra Di Giorgio non volle ammettere assolutamente che i Ministri Militari in tempo di guerra rinunciassero alle loro attribuzioni.»44 Il problema deìle materie prime, quindi, nel periodo delle «sanzioni» economiche applicate all 'Italia poneva il COGEFAG in condizioni ancora più critiche. La richiesta pressoché continua di assegnazione di materie prime, specialmente di queJle siderurgiche, per ultimazione di infrastrutture industriali spingeva il Capo del Governo a disciplinare la materia45 classificando le esigenze secondo una scala di priorità. Sulla base delle direttive emanate dal Capo del Governo, il Commissariato Generale per le Fabbricazioni di Guerra stabiliva, nell'agosto 1937, le «Norme per la richiesta al COGEFAG, e la assegnazione alle Ditte, delle materie prime (metalli) di monopolio e nazionali (materiali siderurgici esclusi)».46 A mano a mano che ci si avvic.inava alla fine degli anni Trenta il problema delle materie prime andava aggravandosi. Nel febbraio 1939, nel corso della XVI Sessione della Commissione Suprema di Difesa, il Commissario per le Fabbricazioni di Guerra Dallolio faceva il bilancio delle materie che più stavano a cuore al COGEFAG .47 In testa alla scala delle «priorità di preoccupazione» stavano Rame , Stagno, Nichelio. Come metteva in evidenza il Generale Dallolio, commentando la riduzione delle esigenze del rame , <<le Forze Armate in fatto di sostituzione del rame si sono avviate risolutamente verso la realtà e non si arrestano nelle posizioni raggiunte.» Ciò stava a significare che, indipendentemente dalle lavorazioni in cui il rame era irrinunciabile, si era aperta la corsa all'utilizzazione di nuove leghe che assicurassero, comunque, una buona resistenza. Se il raffronto tra esigenze e produzione di rame, stagno e nichelio poteva apparire per certi versi sconfortante, più incoraggiante era il paragone della produzione di alcuni metalli, quasi a voler dimostrare l'asserto del Capo del Governo: «Nella vita si cammina soltanto colla ferrea volontà che lega qualche volta anche il destino.» Nel 1939, infatti, rispetto al 1917 si erano registrati notevoli incrementi di produzione come dalla Tabella XXXI.
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APTGP, serie fascicoloni lettera n.M.MJ311 del 2 gennaio 1936 di Monopolio Metalli a Mariscost.
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XVIJT sessione della cso, seduta del febbraio 1937. ACS, fondo Segreteria Particolare del Duce, b. 1.724, lettera n. 1.125. •·• APTGP, serie fascicoloni, Fase. VI, f. 14 Appunti Le attribuzioni dell'Ente. • 5 c ircolare 27 marzo 1937 n. 300 S.P./CGFG. 46 ACS, fondo Segreteria Particolare del Duce, b. 852. •
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Tabella XXXI PRODOTTO Ghisa Alluminio Zinco Acciaio Piombo
PRODUZIONE (Ton.) 863.629 27.715 34.608 2.399.034 44.518
RAPPORTO Decuplicata Decuplicata Quintuplicata Triplicata Raddoppiata
Dallolio, comunque, riusciva a far prevalere il proprio punto di vista presso il Capo del Governo sull'opportunità di non creare un apposito Sottosegretariato allo scopo di evitare condizionamenti politici: <<Conoscendo tutte le difficoltà del compito affidatomi, ma volendo affrontarle assumendomi la massima iniziativa e la massima responsabilità all'infuori di qualunque inframettenza politica, rifiutai di essere Sottosegretario e Mussolini mi nominò infatti Commissario Generale.»4~ La situazione interna del COGEFAG faceva diventare Dallolio, qualche anno dopo, quasi fatalista: «Non hai idea del lavorio di Via Sallustiana e di Via XX Settembre. Credi, sotto un certo punto di vista ci sarebbe da stringersi nelle spalle.»"9 Un senso di fatalismo dovuto, con molta probabilità, anche al fatto che dopo la nascita del nuovo organismo il Generale aveva dovuto subire l'impatto con due altre realtà: la situazione delle valute estere, che imponeva di restringere le importazioni di materie prime, e l'ostracismo dei Mini steri mii itari restii a dover sottostare alla pianificazione dell'impiego e all'assegnazione di materie prime gestite dal COGEFAG. 1) Situazione delle valute estere: la questione delle materie prime e delle scorte era stata seguita dal Generale Dallolio sin da quando era Presidente del Comitato Mobilitazione Civile e continuata, poi, quale Commissario delle Fabbricazioni di guerra. Dopo la costituzione del COGEFAG , egli interessava al problema il Sovrintendente allo scambio delle val ute50 che rispondeva: «Non posso non rilevare che il problema delle scorte è strettamente connesso con quello dei regolari rifornimenti dei materiali di ogni natura e delle materie prime occorrenti all'attrezzatura ed al funzionamento dell.e industrie interessanti la difesa e l'uno e l'altro sono indissolubilmente connessi con la disponibilità di mezzi di pagamento all'estero. Questa disponibilità non consente, purtroppo, di far fronte a tutti i bisogni che vengono prospettati.>>51 L'incomprensione con il Ministro per gli Scambi e Valute Guarneri era destinata a proseguire tanto che, nell'aprile del 1938, Dallolio scriveva che, mentre si trovavano materie prime necessarie per i festeggiamenti a Hitler, non si riuscivano a reperire i fondi per acquistare quelle indispensabili per I' organizzazione della guerra e concludeva: «Un lombardo ed un bolognese non possono dimenticare i versi del Petrarca: "Ben provvide la natura al nostro Stato I quando dell'Alpe schermo / pose tra noi e la tedesca rabbia" .»52 Ovviamente una lettera del genere non poteva non essere portata prontamente all'attenzione di Mussolini che, d'altra parte, conosceva già i sentimenti antigennanici di Dallolio e la sua preoccupata avversione nei confronti dell'avvicinamento verso la Germania. Dallolio, infatti, aveva continuato a nutrire quella diffidenza che diversi anni prima aveva esternato alla figlia Elsa: «Il
serie fascicoloni fase. Vll, p. 24. serie fascicoloni, fase. 1, f. 13, Memoria del Senatore Dallo/io all'Alta Corte di Giustizia per le sanzioni contro il Fascismo, p. 7. 9 • APTGP, serie lettere ai familiari, lettera 27 luglio 1939 a Elsa . 50 APTGP, serie fascicoloni, fase . VI f. 10, lettera COGEFAC n. 514 RP del 15 agosto 1935. 51 APTGP, serie fascicoloni, fase. VI f. 10, lettera Sovrintendenza del 17 agosto 1935. 52 APTGP, serie faseieoJoni , fase. X f.! lettera 5 aprile 1938. ·" APTGP , '
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Tedesco è l'elemento perturbatore di Europa e sarà indubbiamente la causa di nuova guerra, così è bene vigilare e diffidare.» 53 La situazione si sarebbe progressivamente aggravata per cui, verso la fine del 1938, il Generale Dallolio arrivava a mjnacciare le dimissioni a causa della conflittualità esistente con il Sottosegretario Guarneri. Ricevuto da Mussolini, proprio per il problema valutario, scriveva « ... Il Capo ha incominciato (S.E. Pariaoi era uscito) col dichiarare che delle dimissioni non voleva neanche sentirne parlare neanche per ombra e l'ha ripetuto quando uscivo. Chiamerà Valle e Guameri. Però non ritengo esaurita la questione massimo nei riguardi di Guarneri che è ostinato e che ha nella testa idee fisse come chiodi, pur avendo, innegabilmente, delle qualità.»54 2) Ostracismo degli ambienti militari: i Ministeri della Marina e della Aeronautica, in merito alla ripartizione delle materie prime, dimostravano tendenza diversa da quella del COGEFAG, che riteneva necessa1io far dipendere il loro rifornimento da un unico centro. L'Esercito, per parte sua, faceva penare Dallolio a causa dell'ammodernamento delle artiglierie che soffrivano crisi di vecchiaia «Il Duce ha approvato in pieno il Progetto del COGEFAG malgrado le opposizioni dello Stato Maggiore dell'Esercito che non capisce nulla dell'ammodernamento delle aitiglierie.»55 Lo scontro più acceso, però, era con il Sottosegretario ali'Aeronautica, Generale Valle, «Ci sono stati due colloqui con il Capo: uno GuaineliDallolio, ce ne sarà oggi uno Guaineri-Capo e domani uno Capo-Valle. Vedi che non si tratta di cosa semplice. Quarneri è stato molto leale, ha detto che avevo tutte le ragioni di fai·e di fare quello che avevo fatto e dirà anche al Capo che avevo completamente ragione. Non avevo creato un castello di carta come puoi rilevai·e, io ho chiamato le cose coi loro nomi.» 56 Ma, evidentemente, anche il chiarimento alla presenza di Mussolini non sortiva l'effetto voluto, dato che il 14 e il 24 settembre il Generale Valle interessava direttamente il Ministero per gli Scambi e delle valute trasmettendo un elenco di materiali da approwigionare all'estero dal settembre 1938 al mat'ZO 1939 per portare avanti il prograiruna aeronautico. Questo scavalcamento del COGEFAG, da parte dell'Aeronautica, costiingeva Dallolio a: - prendere una posizione molto dura nei confronti del Generale Valle rammentandogli la normativa in vigore e scrivendogli: «Dal giorno in cui è stato costituito il COGEFAG mi sono fatto un dovere cli collaborare con tutti, prendendo solo il posto che legittimamente mi appartiene, sempre considerando la disciplina come unione e coordinamento di sforzi per uno scopo comune e pel maggiore possibile rendimento utile.» 57 - intervenire sul Ministro Guarneri senza avvallare l'operato del Generale Valle poiché «la legge 27 dicembre 1935 XIV n. 2.384 creò il Commissariato Generale per le fabbricazioni di Gue1n per la Mobilitazione cumulativa ossia tanto per la Marina quanto per la Gue1Ta e l'Aeronautica, e non si vedrebbe davvero perché il decreto dovesse applicarsi in un modo e con un organismo dalla Guerra, ed in altro modo e con altro organismo dalla Marina ed in ultimo con un altro organismo dalla Aeronautica. Ciò sarebbe contro la logica, oltre che contro l'evidenza.»58 In particolare però , l'aumentata potenzialità nel campo dell'acciaio rispetto al 1917 era soltarito in apparenza un punto di forza. Vero è che nel 1939 l'industria siderurgica disponeva di una dotazione di attrezzature con una potenzialità ben superiore a quella del 1917, ma questa potenzialità nascondéva il punto di debolezza della siderurgia, cost ituito dalla dipendenza dall'estero per i rottami, essendosi nel tempo l'industria nazionale specializzata verso questa forma di produzione dell'acciaio. certamente di costo più conveniente ma contraria all'indirizzo autarchico .
serie lettere ai familiari, lettera 1° giugno 1926 a Elsa. serie lettere ai familiari , lettera 3 ottobre 1938 a Elsa. 55 APTGP , serie lettere ai familiari , lettera 5 ottobre 1938 a Elsa. 56 APTGP, serie lettere ai .familiari, lettera APTGP, serie lettere ai familiari, lettera 4 settembre 1938 a Elsa. 57 ACS, busta 4.595 f. l/10. 58 ACS, busta 4.595 f. 1/10. 53
APTGP,
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Pertanto, risultando impossibile aumentare l'importazione di rottami di ferro e acciaio, a causa del problema dell'esborso valutario, era giocoforza reperire all'interno le rimanenti disponibilità. Perciò, il Governo, allo scopo di alleggerire il problema siderurgico, interveniva, pesantemente, con le requisizioni per la raccolta di rottami di ferro (R.D.L. n. 1.751 del 26 ottobre 1939,59 rame, sotto la·supervisione dell'Ente Distribuzione Rottami ENDIROT),60 cancellate di ferro61 o di altro metallo.62 Un indicatore delle disfunzioni dell'organizzazione sembra essere una circolare del 1940, da parte del Partito Nazionale Fascista, che invocava l'adozione di provvedimenti disciplinari e misure di partito per quegli industriali che chiedevano assegnaziqni di materie prime superiori agli effettivi bisogni. In merito i proponenti indicavano l'opportunità di adottare sanzioni: nel campo corporativo, sindacale e politico (diffida, radiazione dalla Federazione) sino ad arrivare al confino di poliz~a nei casi più gravi e per i recidivi. Questo provvedimento, se da un Jato cercava di evitare accapanamenti o altre anomalie comportanti aggravio di lavoro per il COGEFAG, costretto a frequenti e laboriosi controlli sulla entità dei fabbisogni reali delle iildustrie, dall'altro si traduceva in un condizionamento e una mancanza di libertà decisionale del management industriale. In questo modo si aggravava il circolo chiuso che si traduceva in quell' «impressione che gli aumenti anziché le diminuzioni delle produzioni provochino gli interventi del Fabbriguerra» denunciati dalr Amministratore Delegato dell'Ansaldo. Oltre a questi condizionamenti influiva, sul funzionamento globale della produzione, la struttura stessa del COGEFAG (e poi del Fabbriguerra) che non consentiva di svolgere due gruppi di compiti tipici delle fabbricazioni di guerra (come era s.uccesso nella guerra del 1915-18): 63 a) formulazione dei programmi; in relazione alle esigenze delle singole Forze Armate e alla disponibilità delie materie prime, e, tonseguente aggiudicazione delle commesse alle Ditte produttrici, coordinando fa produzione ai fini della realizzazione dei programmi prima definiti; b) assegnazione e distribuzione delle materie prime per eseguire i programmi stabiliti e la risoluzione dei problemi connessi alla marcia degli stabilimenti interessati alla produzione (disponibilità del personale, funzionamento degli impianti, disponibilità di energia elettrica, ecc.). Ciò non avveniva anche perché era la stessa dipendenza diretta dal Capo del Governo una delle prime cause del mancato funzionamento di questo organismo. Infatti, negli anni successivi, allorché veniva messa in discussione una semplificazione delle procedure, veniva proposto, da parte industriale, la dipendenza del Fabbriguerra direttamente dal Comando Supremo perché da esso sarebbe derivata la necessaiia autorità specialmente verso gli Enti militari, «ma soprattutto la diretta conoscenza degli effettivi bisogni di tutti, e la possibilità di armonizzarli, allo scopo di determinare le necessarie precedenze in una situazione in cui le materie prime sono insufficienti a tutti i bisogni. Sembra questa una prima ed indispensabile premessa per un efficiente funzionamento.» 64 Come secondo passo, l 'auspicato miglioramento avrebbe dovuto contemplare il. riesame delle competenze. A differenza di quanto era avvenuto nel 1915-18, l'attività del COGEFAG (e poi del Fabbriguerra) era concentrata quasi esclusivamente nel s_econdo gruppo di compiti. «Con ciò il Fabbriguerra mentre è legalmente e di fatto l'organo responsabile della produzione, non è in possesso né dell'autorità né degli
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Erano considerati rottami i cascami di lavorazione ottenuti con l'uso di prodotti siderurgici (lingotti, lamiere, lamierini, laminati, vergella, profilati, trafilati, ecc.) e quei materiali che nello stato in cui si trovavano non rispondevano più all'uso cui erano destinati (caldaie inutilizzate, recinzioni inservibili, ponti in ferro inutilizzati, rotaie di binari non più in servizio). <i0 ACS , fondo Segreteria Particolare del Duce, b. 853. 61 La Presidenza del Consiglio, con la cìrcolare 22 maggio 1940 n. 665/1.1.10 specificava che non erano soggette alla raccolta solo le cancellate di proprietà della Santa Sede, quelle appartenenti a sedi diplomatiche di Stati esteri o a cittadini stranieri, quelle apposte per motivi di ordine pubblico, incolumità e sicurezza pubblica o di interesse militare, nonché per la sicurezza di edifici in cui si conservavano valori dello Stato. 62 ACS, fondo Segreteria Particolare del Duce, b. 853, f.500023/23. 63 FONDEITO, Archivio Rocca, Pr9memoria Ansaldo per il Generale Favagrossa, Sez. 49, f. 27, p. 1. 6<1 FOND.EJTO, Archivio Rocca, Sez. 49, f. 26.
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Circolare del PNF per adottare provvedimenti a carico degli industriali. (Archivio Centrale Stato, Segreteria Particolare delDuce,b . 4595)
elementi per esercitare il vero comando della produzione stessa. Da qui derivano equivoci ed interferenze che vanno a scapito delle funzioni del Fabbriguerra, con l'aggravante che il comando unico della produzione non è esercitato praticamente da nessuno , venendo a rendere ancora più difficili i compiti del Fabbriguerra e ad aumentare le critiche che ad esso si fanno.» 65 Il raffronto fra i compiti dei due organismi similari indica come essi fossero, peraltro, profondamente diversi nei due periodi interessati (anni 19-15-1 8 ed anni 1935 e seguenti) come appare dalla Tab~lla XXXIl.
Tabella XXXII COMPITI SOTTOSEGRETARIATO ARMI E COMPITI COGEFAG COME DA R.D. 193_5 MUNIZIONI (POI MINISTERO) 1915-18 Provvedere a tutto quanto riguardava il munizio- Disciplinare e controllare le attività inerenti alle namento ed armamento, ed ai servizi aeronautici fabbricazioni di guerra, nonché l'impiego ·dei del Regio Esercito come della Regia Marina, in mezzi e del personale all 'uopo necessari. base ai programmi stabiliti dai rispettivi Ministeri, e sempre in rapporto alle reali esigenze dei servizi, ed al criterio di precedenza imposto dalla situazione di un determinato momento. Il Generale Dallolio poneva in evidenza che il COGEFAG, non solo non faceva programmi di armamento e di rifornimenti, ma non riceveva as·segnazione alcuna di fondi che rimanevano di competenza dei Ministeri militari: «In lingua povera nella gue1rn 1915-18 il Ministero Armi e Munizioni e
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FONDEITO, Archivio Rocca, Promemoria Ansaldo per il Generale Favagrossa, Sez. 49 , f . 27, p. 2.
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Sottosegretariato hanno maneggiato miliardi (16 miliardi circa sotto di me) il COGEFAG non ha mai avuto a disposizione una lira per armamenti e rifornimenti, quindi niente commesse. nessun controllo, niente assegnazione di fondi. nessuna spesa.»66 A riprova di questo stato di cose si richiama, in sintesi, la procedura per l'assegnazione e la distribuzione dei materiali agli stabilimenti ausiliari: 1. il COGEFAG (e poi il Fabbriguena), in base alla disponibilità di materie prime, stabiliva per ogni Amministrazione militare o Ente interessato (FF.SS., LL.PP., impianti elettrici, ecc.) quantitativi mensili dei singoli materiali disponibili per l'espletamento delle rispettive forniture (acciaio grezzo, rame, ecc.). L'Amministrazione militare o civile (che diventava l'Ente committente) passava l'ordine dei materiali a essa occonenti alle Ditte fornitrici e ogni singola Amministrazione poteva inoltrare mensilmente un totale di richieste fino alla copertura del proprio contingente; 2. le Ditte facevano la richiesta di assegnazione dei materiali al COGEFAG (e poi al Fabbriguerra) tramite l'Ente committente, perché questo ne accertasse la congruità dei materiali richiesti in relazione al prodotto da costruire. In questa fase le pratiche dovevano seguire una trafila piuttosto lunga, dato che gli Enti investiti della responsabilità di accertare la congruità dei quantitativi da assegnare esigevano che le singole pratiche venissero vagliate dai diversi organi tecnici interessati. Analoga procedura andava seguita nel caso dei getti , con l'unica differenza che richieste, in base alle ordinazioni delle Ditte fornitrici, andavano presentate direttamente dalle Acciaierie; 3. il COGEFAG (e poi il Fabbriguerra), estraneo alla fase di assegnazione di ordini, riceveva e classificava tutte le richkste dei vari Enti, ne controllava la rispondenza ai rispettivi contingenti mensili fissati per ciascuna Amministrazione e distaccava a favore delle Ditte richiedenti le autorizzazioni con le quali potevano essere passati gli ordini alle Acciaierie e Consorzi di Vendita. Di conseguenza il ciclo procedurale delle domande era il seguente con una durata media di tre/quattro mesi: 67 Ditta, Ente appaltante, Direzione Generale, Stato Maggiore (Roma), Fabbriguerra (Roma), Commissione Acciai Speciali (Torino), Ente appa]tante, Direzione Generale, Fabbriguerra (Roma), Ufficio Statistica NUSI, (Milano), Direzione Generale Feniera, Ferriera. Una procedura così lunga comportava spesso che, anivata l'autorizzazione dalla Commissione Acciai Speciali di Torino, 1:Acciaieria designata si trovasse a non avere più la disponibilità di quote o di materiali (che invece aveva quando due o tre mesi prima era stata interpellata) che consentissero la consegna dei materiali bellici finiti nei tempi previsti. Quando poi i quantitativi richiesti dalle Ditte, e regolarmente controllati dagli Enti appaltanti, non venivano concessi integralmente, ma soltanto parzialmente, si rendeva necessario ripetere la pratica, quasi integralmente, per i quantitativi non assegnati. Da questo stato di cose derivava una serie di disfunzioni: - mancanza di reale coordinamento dovuto allo scollamento fra l'impostazione delle lavorazioni (compito delle singole Amministrazioni) e ricevimento delle materie prime per eseguirle (compito del COGEFAG). Veniva così a mancare una precedenza logica nel ciclo produttivo; anche alle acciaierie pervenivano numerose ordinazioni (sulle quali il COGEFAG non poteva interferire) che non venivano soddisfatte secondo ùn criterio di urgenza bensì in base all'ordine cronologico di richiesta; - rallentamento della produzione a causa dei formalismi burocratici, cqe in molti casi non avevano riscontro nella prassi sostanziale, che seguiva altre procedure e altri ritmi. Ciò era dovuto al controllo preventivo delle domande prima di autorizzare l'approvvigionamento dei materiali per cui gli stabilimenti meccanici ricevevano i materiali mediamente sei mesi dopo la richiesta, (occonevano almeno due mesi prima che la Ditta venisse messa in grado di poter passare le sue ordinazioni e mediamente quattro mesi alle Acciaierie per definire gli ordini e per produrre e consegna-
66
APTGP, serie
67
FONDEJTO, Archivio A. Rocca, Rilievi circa le pratiche per l'assegnazione dei materiali Lettera del 3 settembre 1941, Sez.
fascicoloni Bozza Memoria del Generale Dallo/io all'Alta Corte di Giustizia per sanzioni contro il Fascismo, p. 3.
49, f. 25 , p. 7 .
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re il materiale conispondente). Ovviamente, le cose si complicavano nel caso di acciai speciali contenenti correttivi, come cromo o nichel , indispensabili per le principali produzioni di guerra. Infatti, le Acciaierie dovevano iniziare, a loro volta, una nuova pratica per essere autorizzate ad acquistare o impiegare, di volta in volta , il correttivo occorrente. Analogo problema esisteva quando parte delle lavorazioni doveva essere passata a Ditte sub-fornitrici, ognuna delle quali doveva iniziare una serie di richieste per l'assegnazione dei vari materiali occorrenti; eccessiva burocratizzazione con la produzione di una numerosa documentazione la cui mole non consentiva certamente un esame sostanziale. Accanto alla normale struttura impiegatizia delle principali Ditte se ne era dovuta creare una parallela dedicata, esclusivamente, allo svolgimento delle pratiche per l'assegnazione di materiaii ;68"69 mancanza di elasticità e rapidità per rispondere alle esigenze clel1a produzione bellica; aumento delle giacenze di materia li nei piazzali e nei capannoni degli stabilimenti, quale «semplice conseguenza dell'errato sistema in atto» ,70 in contrasto con le necessità di guerra che avrebbero imposto il flusso, il più rapido possibile, delle lavorazioni . Le lavorazioni di un sistema d'arma da parte di diversi stabilimenti non coordinati fra di loro portavano a una sovrapposizione di parti finite in attesa di utilizzazione; fenomeno che raggiungeva anche valori del 38% , con punte del 42% per i semilavorati;7' possibilità di costituzione di doppioni di materiali . ll COGEFAG, nòn entrando nel merito della produzione, non poteva evitare soluzioni costituenti doppioni dato che le singole Amministrazioni militari provvedevano direttamente alla creazione dei mezzi necessari (a volte similari fra di loro). Ciò valeva in pa1ticolare per gli esplosivi , bossoli e proietti portando a soluzioni in alcuni casi. in eccesso rispetto ai bisogni e in altri a vere e proprie deficienze; mancanza cli vera padronanza della produzione da parte del COGEFAG. L'organismo poteva essere indotto dallo stato delle cose a giudizi empirici tali da scontentare tutti senza risolvere i problemi, come nel caso del razionamento dell 'energia elettrica per fronteggiarne la carenza, che imponeva il totale arresto della produzione per un giorno senza che potessero essere tenute in conto le urgenze delle lavorazioni;72 impossibilità, di fatto, cli sollecitare una produzione poiché per macchine complesse (carro armato o cannone di medio calibro) entravano in gioco un centinaio di sub-fornitori. Pertanto, un'eventuale sollecitazione di produzione avrebbe richiesto centinaia di specifiche, telegrammi, deroghe, che avrebbero dovuto essere vagliate dagli Uffici del Fabbriguerra e degli Enti di controilo con ulteriore rallentamento della produzione, ottenendo l'effetto contrario di quello voluto. Proprio per evitare questo ulteriore inconveniente avvenivano numerose infrazioni «più o meno tacitamente concordate fra stabilimenti ed Enti committenti, assumendosi i tecnici dirigenti delle aziende , quando siano compresi, come generalmente accade, dei loro doveri di fronte alle necessità belliche, la responsabil ità di allontanarsi dalle prescrizioni del Fabbriguerra.»73 Per tutti questi motivi, lo stato insoddisfacente delle procedure del COGEFAG aveva indotto diverse industrie a chiedere una semplificazione della procedura per l'assegnazione delle materie prime.
Al riguardo l' Ansaldo citava che nel solo Ufficio Acquisti Centrale le persone addette a queste funzioni avevano raggiunto il numero di 51 unità addette ad un valore medio giornaliero, per un semestre , di 44 domande per complessivi 2 .650 fogli di cui 1.500 per materiali ferrosi, 1.100 per materiali 11011 ferrosi e 50 documenti diversi . 69 FONDEITO, Archivio A. Rocca, Rilievi circa le pratiche per l' assegnazione dei materiali, Lettera ciel 3 settembre 1941 , Sez. 49, f. 25, pp. 6-7 . 7° FONDEITO , Archivio A. Rocca, Lettera cli Rocca al Capo di Stato Maggiore Generale Cavallero ciel 31 maggio 1942, Sez. 49, f . 51, p. 3. " FONDEITO, Archivio A. Rocca, Sez. 49, f. 30. n FONDEITO , Archivio A. Rocca, Sez. 49, f . 26: 13 FONDEITO, Archivio Rocca, Promemoria Ansaldo per il Generale Favagrossa, Sez. 49, f. 27, p. 7. 68
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Le prime vie per semplificare e risparmiare tempo per ottenere tutte le prescritte autorizzazioni, assicurando organicità di svolgimento delle commesse, sarebbero state quelle di far pervenire direttamente al Fabbriguerra le richieste da parte delle Ditte e dei sub-fornitori. Ciò, peraltro, avrebbe tolta ogni possibilità agli Enti o Ministeri Committenti di amministrare la propria quota mensile di materiali richiedendo, per converso, al Fabbriguerra una nuova e imponente organizzazione per giudicare sulla congruità di tutte le richieste cli materiali pervenute. Veniva quindi proposto, al fine di ottenere maggiore semplicità e risparmiare due o tre mesi di tempo, che i controlli preventivi puramente formali venissero sostituiti da uno «a posteriori» con diritto cli rivalsa e di sanzioni contro le Ditte che avessero fatto richieste non giustificate di materiali. Il 6 ottobre 1942 veniva tenuta, presso il Sottosegretariato di Stato per le Fabbricazioni di Guerra, una riunione per 1'attuazione del sistema proposto pervenendo alla decisione di attuarlo in via sperimentale per la Società Ansaldo, con riserva di estenderlo, in caso di esito positivo, ad altre grandi Ditte. Pertanto, il 6 novembre 1942 veniva emanata la circolare74 che stabiliva che l'Ansaldo, a cominciare dal gennaio 1943: - per i propri stabilimenti, avrebbe inoltrato direttamente al Fabbriguerra le sue richieste concernenti tanto i materiali ferrosi che gli altri, con ben visibile Ta dicitura «Gestione Ansaldo», dopo aver concordato di massima con i Ministeri interessati le ordinazioni da passare per ciascuno di essi; - per i subcommittenti, avrebbe fatto direttamente le richieste per il materiale occorrente anche ai sub-fornitori, ritirandoli e ridistribuendoli in sub-lavorazione. Il Fabbriguerra avrebbe anticipato i materiali assegnati sul quantitativo del mese successivo, mentre l'Ansaldo, a sua volta, avrebbe trasmesso a ogni Ministero una copia delle richieste avanzate direttamente al Fabbriguerra. In questo modo si sarebbe preavvisato il Ministero interessato dell'addebito che avrebbe ricevuto sulla propria quota, consentendo l'esame di congruità. Dopo le dimissioni di Dallolio, il COGEFAG veniva trasformato in Sottosegretariato di Stato per le Fabbricazioni di Guerra (Fabbriguerra), provvedimento, quest'ultimo , che Dallolio aveva sempre osteggiato allo scopo di evitare condizionamenti politici. Ma l'obiettivo rimaneva sempre quello di raggiungere l'unicità da molto tempo auspicata e si pensava che per questo sarebbe stato sufficiente trasformare il Fabbriguerra in Ministero della Produzione Bellica, provvedimento che veniva attuato il 12 febbraio 1943.75 Il nuovo Ministero (che manteneva la diretta dipendenza dal Capo del Governo76 ritenuta negli anni precedenti una delle prime cause del mancato funzionamento dell'organismo) assicurava l'unicità del nome ma non delle competenze che restavano polverizzate fra: 1) Miproguerra, cui competeva, sia il coordinamento generale della produzione bellica per quanto concernevano i prezzi e l'unificazione dei tipi, sia le attribuzioni spettanti in precedenza al Sottosegretariato di Stato per le Fabbricazioni di Guerra a norma del R. D. n. 464 del 12 gennaio 1942 e alle «Amministrazioni Mil~tari, relative all'apprestamento ed approvvigionamento dei mezzi e materiali bellici>>, entro i limiti e modalità77da stabilirsi con successivi decreti Reali; 2) al Comando Supremo, tramite Comitato Superiore Tecnico Armi e Munizioni, il coordinamento e vaglio delle richieste di mezzi e materiali bellici, inoltrando quelle di sua competenza al Ministero della Produzione Bellica; 3) agli Stati Maggiori di Forza Armata la determinazione dei fabbisogni.
'" Sottosegretariato di Stato per le Fabbricazioni di Guerra, Circ. n. 577160/ 67. I del 4 novembre I942. ;; R.D. n. 25 del 12 febbraio 1943 pubblicato sulla G.U. n. 36 del 13 febbraio 1.943, Attribuzioni del /Vlinistero della Produzione Bellica. 76 R.D . 23 maggio 1940 n. 499. 7 ' Graduale trasferimento delle attribuzioni e relativo comando del personale delle Amministrazioni militari al nuovo Ministero.
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Lettera del Generale Favagrossa, del 26 agosto 1939. (APTGP, Serie fascicoloni)
Di conseguenza, il decreto nato per garantire quell'unicità di comando richiesta da diverse parti e rimuovere gli eccessj di formalismi burocratici lamentati in precedenza, veniva giudicato «quanto di più impreciso ed incerto si possa immaginare. Come prima iniziativa il Fabbriguerra diventato Ministero manda in giro delegati a raccogliere i dati sulle commesse e sulla produzione: ciò dimostra che invece di unità si creano nuovi organi in aggiunta a quelli esistenti e incorporanc!i.»'8 Chi scrive non può sottacere la propria perplessità che uno stesso organo, appena cambiato nome , sentisse la necessità di svol gere un 'indagine su una serie di dati che avrebbero dovuto essere già in possesso degli uffici che veniva a inglobare. Così facendo veniva dimostrato che Fabbriguerra, oberato da formalismi burocratici e controlli preventivi soltanto formali, di fatto , non aveva il polso della situazione. Ne è la riprova la lettera del Generale Favagrossa a Dallolio del 26 agosto 1939. Il successore di Dallolio, Generale Favagrossa, analizzando a posteriori i mali congeniti dell'organismo, affermava che esso, di fatto, si era venuto a trovare «nell'impossibilità cli assolvere i compiti suaccennati, che tuttavia gli venivano attribuiti. Quindi gli si impediva realizzare proprio quanto, ritengo, si proponesse allora il Capo del Governo in analogia alle funzioni espletate, nella gue1Ta 1915-18 dal Ministero delle Armi e Munizioni.»79 Il Generale Dallolio non concordava, però, con l'affermazione di Favagrossa in quanto, come egli stesso annotava, «a partire dal 1923 sino al 31 agosto 1939 mai Mussolini parlò di accentrare (come nel 1915-18) nel Fabbriguerra funzioni svolte dalle Forze Armate.»80 E Dallolio non poteva concordare con l' impostazione di Favagrossa in quanto al nuovo organismo risultava impossibile realizzare quella disciplina unitaria, che era stato il punto di forza della Mobilitazione Industriale nel 1915-18, rimanendo estraneo al circuito delle commesse.
78 79
"0
Archivio Rocca, Pagine di diario ARO 1943, Produzione bellica= fatti e rilievi, Sez. 49, f. 5, p. 3. C. Favagrossa, Perché perdemmo la guerra .... op. cit., p. 33. APTGP, serie fascicoloni, fase . VI, f. 1.4, 3° fascicolo.
FONDEITO,
643
L'esatto ruolo che il COGEFAG avrebbe dovuto avere, lo metteva poi a fuoco soltanto nel 1939 Mussolini: «Il Commissariato Generale per le Fabbricazioni di Guerra, istituito nel 1935 è l'organo che coordina, controlla, sospinge tutti gli stabilimenti che lavorano ininterrottamente per le Forze Armate; tali stabilimenti, che si chiamano appunto ausiliari, sono 876 con una massa di 580.033 operai, sottoposti alla disciplina militare.» 81 Ma ciò, per tutto quanto detto in precedenza, risultava impossibile.
81
Intervento del Capo del Governo al Senato del 30 marzo 1938.
644
Capitolo 47 LE APPRENSIONI DI DALLOLIO PER L'IMPREPARAZIONE DELL'ITALIA
Dallolio era molto preoccupato per la situazione che si andava delineando: «L'uffi cio voci in Italia diffonde delle notizie strampalate, si parla di 15 classi tutte in una volta , il che sarebbe impossibile pel vestiario e per gli armamenti; si parla di inviare Divisioni in Spagna, si parla di offensiva in Libia ecc. L'essenziale è ora di stare tranquilli e silenziosi , e di tenere i nervi a posto. Certo che la prospettiva non è luminosa, quello proprio no, più buia non potrebbe essere . Certo che è inutile parlare di ifili, bisogna pensare a domani ed augurarsi di sortire nel modo migliore .»1 Si può affermare che le apprensioni del vecchio Generale si concentravano in due settori: le scorte e 1' ammodernamento delle artiglierie.
1 Le scorte Dallolio, dal suo «osservatorio» del GOGEFAG poteva seguire le variazioni delle scorte e quindi, con cognizione di causa, era in condizioni di affermare: «La situazione delle materie prime con tutte le riduzioni imposte per economizzare le valute era veramente infelice, non era mai stata cosi misera dal 1935.»2 Per questo motivo egli aveva inviato un promemoria a Mussolini , il 22 luglio 1939, specifi candogli che i dati fornitigli all 'inizio del mese erano ulteriormente precipitati e cosi concludeva: «La legge O.N.D. stabilisce al COGEFAG il compito di provvedere alla ripartizione delle materie prime e dei prodotti industriali, ma PER LA PREPARAZIONE ALLA GUERRA occorrerebbe almeno il minimo necessario per fronteggiare un immediato pericolo. Ora invece tutto sta immiserendo.» 3 Egli, infatti, usava fare una distinzione fra «preparazione della guerra» e «preparazione alla guerra» che, secondo lui, significava «prevedere l'avvenire e ricavare dalle esperienze fatte tutte le conclusioni, organizzando quell'efficace Difesa Nazionale - supremo diritto e supremo dovere di tutti i cittadini - che è una delle migliori garanzie di pace.»4 Con questa visione, egli era costretto a constatare che la realtà della situazione delle materie prime e la loro disponibilità annuale , mancando scorte e riserve, al massimo consentiva la «preparazione alla guerra», essendo assolutamente insufficiente alla «preparazione della guerra». Infatti, la reale situazione delle materie prime del Monopolio metalli come scorta al 15 luglio 1939, risulta dalla Tabella XXXIII.5
Tabella XXXIII MATERIA
PRIMA Rame Nichelio Stagno
SCORTA COMUNE (Ton.) 6.724 168 295
AUTONOMIA IN TEMPO (Mesi)
SCORTA SPECIALE (Ton.)
2 0,75 1
5.000 271 200
serie lettere ai familiari, lettera 28 settembre 1938 ore 08 a Elsa. serie fascicoloni, fase. I , f. 13, Memoria del Senatore Dallolio all'Alta Fascismo, p. 9 . 3 APTGP , serie fasci coloni, fase . I, f. 13, Memoria del Senatore Dal/olio all'Alta Fascismo, Allegato 13. • APTGP, serie fascicoloni, fase. I , f. 13, Memoria del Senarore Dallolio all'Alta Fascismo, p. 9. 5 APTGP, serie fascicoloni, fase. I , f. 13, Memoria del Senatore Dallolio all'Alta Fascismo, Allegato 13/2 . 1
APTGP,
2
APTGP,
AUTONOMIA TOTALE IN TEMPO AUTONO~A (Mesi) (Mesi) 1,5 1 0 ,75
3,5 1,75 1,75
Corte di Giustizia per le sanzioni contro il Corte di Giustizia per le sanzioni contro il Corte di Giustizia per le sanzioni contro il Corte di Giustizia per le sanzioni contro il
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Dallolio, dopo appena tre settimane dalla precedente segnalazione a Mussolini, rifaceva il punto della situazione con un nuovo promemoria6 i cui punti principali erano: a) Situazione delle materie prime al Monopolio Metalli al l O agosto: Rame 3 mesi e mezzo; Nichelio meno di due mesi; Stagno due mesi; b) Piombo, perdurava la grave mancanza del minerale che Dallolio aveva incominciato a segnalare al Ministero per gli Scambi e le Valute sin dal 29 marzo e che aveva continuato a illustrare in ogni opportuna circostanza; c) Rottami di ferro e acciaio , sussisteva il dubbio che entro l'anno si potessero raggiungere le 600.000 tonnellate stabilite nella seduta del 1° dicembre 1938 a Palazzo Venezia dato che l'assegnazione mensile di quindici milioni di lire per l'importazione di rottami dall'estero era insuffi ciente per far fronte integralmente al programma in corso di svolgimento. Oltre tutto, Dallolio segnalava la possibilità che <<l'America del Nord non rilasciasse più le licenze di importazione» (e specificatamente non consentisse ulteriormente la partenza di rottami). Dallolio così concludeva: «Nell'ora che volge ho creduto di presentare il riassunto della reale situazione delle materie prime - le cifre la caratterizzano e definiscono completamente, SENZA COMMENTI - ed il COGEFAG sente le conseguenze di crisi di assegnazione, senza che in precedenza ne abbia potuto avere tempestivo avviso e sentore. Nelle circostanze attuali non invoco aridi articoli di Leggi dico solo a Chi dà ordini ed indirizzo, che lo sforzo coordinato e fecondo necessario al Paese in questi momenti deve derivare dal concorso delle responsabilità ... ».7 Questi dati consentono di rispondere ad una domanda: Mussolini sapeva? Non c'è dubbio che le ricorrenti segnalazioni da parte di Dallolio escludono la possibilità che il Capo del Governo non fosse informato: «li Capo del Governo seguiva gli studi di preparazione e produzione bellica, controllava i rifornimenti bellici, e la mia diuturna opern di espositore della dura realtà non poteva lasciargli alcuna illusione "sulla preparazione alla guerra" .»8 Inoltre, l' 11 febbraio 1937, al termine di una dettagliata relazione fatta da Dallolio, la Commissione Suprema di Difesa gli tributava un entusiastico applauso e Mussolini prendeva la parola per commentare «l'applauso col quale avete accolto le conclusioni del Generale Dallolio è perfettamente logico e spiegab:ile ed il Generale Dallolio lo merita in pieno. Voi non potete seguire, come io seguo, mese per mese, l'attività che giornalmente svolge il Commissariato Generale per le Fabbricazioni di Guerra. Questa attività ha un carattere assolutamente eccezionale. Si tratta cli controllare, sotto tutti i punti di vista migliaia di stabilimenti con una armata operaia di 500.000 unità. Si tratta di apprestare tutti i materiali per la gue1Ta. Desidero rinnovare al Generale Dallolio che si può definire l'instancabile, il più vivo elogio.»!1 Alcuni giorni dopo, Dallolio avrebbe ricevuto una lettera di plauso da S.A.R. Amedeo d:i Savoia. A questo punto, allora, sorge un alt,:o dubbio: la conoscenza dell 'impreparazione da parte di Mussolini si traduceva automaticamente in consapevolezza? li resoconto di Dallolio sull'ultimo suo incontro con il Capo del Governo fa propendere per una risposta affermativa. «Ho lasciato Palazzo Venezia, nell'ultima udienza, colla convinzione che non saremmo entrati in guerra anche se la Germania lanciasse un ultimatum alla Polonia. Mi vengono a par-
APTGP , serie fascico loni , fase. T, f. 13, lvlenwria del Senatore Dallo/io all'Alta Corte di Giustizia per le sanzioni contro il Fascisrno , Allegato 14, N . 1733 S.P. del 15 agosto 1939, Promemoria per il Duce del Fascismo Capo del Governo. 7 APTGP , serie fascicoloni, fase . I, f . .I 3, Memoria del Senatore Dallolio all'Alta Corte di Giustizia per le sanzioni contro il Fascismo, Allegato 14, N. 1733 S.P. del 15 agosto I939, Promemoria per il Duce del Fascismo Capo del Governo , p. 2. s APTGP, serie fascicoloni, fase. I f . 13, lvlemoria del Senatore Dal/olio all 'Alta Corte di Giustizia per le sanzioni contro il Fascismo, p. 10. 9 Commissione Suprema di Difesa, Verbale riunione 11 febbraio 1937 . 6
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Lettera di SA .R. Amedeo di Savoia a Dal/olio del 16 febbraio 1937. (APTGP, Raccolta lettere a personaggi)
lare dì 65 Divisioni pronte , ma (e prese in mano il mio specchio delle materie prime) vogliono fare la g ueITa con le rape ......... così mi disse il Capo del Govemo.» 10 Ma un aneddoto su un colloquio Dallolio-Mussolini (tramandato dalla tradizione orale dei familiari) getta una grave ombra sulla visione strategica del Capo del Governo il quale, a bruciapelo, aveva chiesto a Dallolio: «Se si dovesse mobilitare su quante baionette si può fare affidamento?» Il Generale rispondeva fornendo il dato tecnico sull 'esistenza nei magazzini di 8 milioni. L'indo mani egli rimaneva oltremodo sorpreso nel constatare che i giornali 1iportavano la notizia della disponibili tà di «un Esercito di otto milioni di baionette» e commentava, sfavorevolmente, con i familiari , il fatto che un Capo del Governo potesse confondere il dato sull 'esistenza di un materiale, con la mobilitazione alla quale non concorrono , certamente, tutti gli uomini, sorvolando sul fatto che un esercito non è costituito soltanto da chi va all 'assalto con la baionetta, ma anche da altri mezzi e specialità , come, per esempio , l' artiglieria. 2 L' ammodernamento dell'arti glieria È indubbio che il parco artiglierie e ra costitu ito, in gran parte , da vetusti residuati della Grande Gue1rn. Per questo Dallolio annotava nei suoi appunti: «Quindi necessità di sciogliere J' Artiglieria italiana da og ni ceppo che ancora !'avvinceva e la tormentava. Le malattie si guariscono all a radice o rimangono e si incancreniscono.» 11
10 APTGP, serie fascicoloni, fase . I, f . 13, bozza Memoria del Senatore Dallo/io all'Alta Corte di Giustda per le sanzioni contro il Fascis,no, p. 8. 11 APTGP, serie fa:;cicoloni , fasc. l , f. 13, bozza Memoria del Senatore Dallolio ali' Alla Corte di Giustizia per le sanzioni contro il Fascismo, p. 6.
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Oltre alla vetustà dei materiali, sussisteva anche il problema della permanenza in servizio di una gran quantità di tipi, con intuibili ripercussioni negative sulla catena del rifornimento munizioni, sulla manutenzione e l'addestramento. Infatti, alla data del 1934, risultavano in servizio ben 54 modelli di artiglierie .12 Il Generale Dallolio, pertanto, ne riteneva indifferibile l'ammodernamento, ma imputava alle rivalità fra diverse Armi i ritardi che si verificavano. «Il rinnovamento dell 'Artiglieria potevasi e dovevasi fare prima, anche Mussolini era ben disposto .. . pareva tutto deciso nel 1937 , ma le influenze a favore della Marina vinsero qualunque altra considerazione.» 13 Inoltre, l'invecchiamento degli impianti di produzione, non più ammodernati dopo la fine del conflitto 1915- 1918, e la loro potenzialità, richiedevano un programma di potenziamento previsto in 950 milioni di lire che consentiva di raggiungere una potenzialità di 450 complessi mensili .14 Per consentire il raggiungimento di questo obiettivo, verso la fine del 1940 Fabbriguerra accordava un'assegnazione speciale extracontingente di 4.000 tonnellate di materiali, sufficiente a colmare in gran parte la lacuna relativa all 'ultimazione del primo programma.15 È da tener presente, peraltro, che risulta difficile un paragone fra la produttività raggiunta durante il conflitto 1915-1918 con quella degli anni 30-40 in quanto (come specificava l'Amministratore Delegato Rocca) le caratteristiche delle nuove artiglierie esigevano un lavoro , a parità cli calibro, tre-quattro volte superiore a quella del 1918 .' 6 La produzione cli artiglierie, che aveva raggiunto nel periodo bellico 191519 18 la massima efficienza, ristagnava poi sino al 1932 quando erano iniziati studi ed esperienze, e le prime costruzioni erano prevalentemente di carattere sperimentale. In questo modo « ... si giungeva all'ultimo quadrimestre del 1938, in cui era il caso di coniugare i verbi al futuro esprimenti così la sicurezza.»11 Infatti, il 1938 segnalava la ripresa effettiva con le ordinazioni che andavano sotto il nome di «Primo programma C.S . 41» indicato nella Tabella XXXIV: 18 Tabella XXXIV CALIBRO 75/18, 75/34 75/46 90/53 149/19 149/40 210/22
12
CO~IESSA 268 472 636 632 132 66
Piccolo calibro (fino a 100 mm inclusi) 11. 14: cannoni I. da 65 , 1 eia 70, 5 da 75 , 2 eia 76, 2 da 77; obici I da 75 , 2 eia 100; Medio calibro (eia 101 a 210 mm inclusi) n. 23: cannoni l da 104, 1 eia 105, 3 eia 120, 3 da 149, 4 da 152, I da 155; obici 6 da 149, l da 152, 3 eia 210 ; Grosso calibro (oltre i 210 mm) n. 17: cannoni 1 da 305, I da 381 , 1 da 380, l da 420; obici 2 eia 260, l da 280, 4 eia 305, 3 da 305 , mortai 3 eia 280. 1.i APTGP, serie fascicoloni, fasc.VTIJ/c, Carte riservate per Elsa e Gina , pp . 3-4. 14 FONDEITO, Archivio Rocca, Sez. 14, f. 15, lettera n. A.D. 15/159 di Rocca a Favagrossa ciel 20 giugno 1941, p. 3 promemoria allegato. 15 FONDEITO, Arclùvio Rocca, Sez. 14, f. 15 , lettera n. A.D. 15/ 1.59 di Rocca a Favagrossa ciel 20 giugno 1941, p. 4 promemoria allegato. 6 ' FONDEITO, Archivio Rocca, Sez. 14, f. LS , lettera n. A.D. 1.5/159 cli Rocca a Favagrossa del 20 giugno I 941, p. 3 promemoria allegato . ,; APTGP, serie fascicoloni , fase . I, f. 1.3, bozza Memoria del Senatore Dallolio all'Alta Corte di Giustizia per le sanzioni contro il Fascismo, p. 5 18 PON DEITO, Archivio Rocca, Sez. 14, f. 15, lettera n. A.D. 15/159 cli Rocca a Favagrossa del 20 giugno 1941, p . 1 promemoria allegato.
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I
Il complesso di costruzioni veniva affidato a tre Enti produttori: gli Stabilimenti Artiglierie Ansaldo di Genova, Ansaldo di Pozzuoli e O.T.O. di La Spezia, mentre ai fucinati e stampati dovevano provvedere la Terni, la S .I.A.C. e lo Stabilimento Fossati dell' Ansaldo. 19 Nel 1940, a seguito di disposizioni del Capo del Governo, il primo programma di artiglierie veniva integrato da un secondo programma, messo a punto il 25 maggio dello stesso anno, da aggiungere al primo. Inoltre, a seguito delle esigenze sorte in merito alla produzione di carri armati e alla difesa anticmro, venivano ordinati 3.450 cannoni da 47/32, la cui costruzione veniva ripartita presso gli Stabilimenti Artiglierie Ansaldo di Genova e Pozzuoli . Complessivamente, quindi, la commessa di artiglierie riguardava il materiale indicato in Tabella XXXV:20 Tabella XXXV CALIBRO 47/32 75/18 75/34 75/46 A . A. 90/53 A . A. 149/19 149/40 210/22
la COMMESSA 1.391 76 192 472 636 632 132 66
za COMMESSA 2.059
-
1. .600 760 590 280
TOTALE 3.450 76 192 472 2.236 1.392 722 346
Dallol io specificava i tempi di consegna di queste artiglierie: «La prima commessa relativa al programma delle nuove artiglierie doveva essere quasi tutta ultimata nel 1° semestre 1942 a cominciare dal luglio 1940; ci fu poi una seconda commessa che doveva incominciare nel 1° trimestre 1942 e terminare quas i tutta alla fine del 1944.»21
FONDEITO, Archivio Rocca, Sez. 14, f. 15 , lettera n. A.D . 15/159 di Rocca a Favagrossa del 20 giugno 1941, p. 1 promemoria allegato. 20 FONDEITO, Archivio Rocca, Sez . 14, f. 15, lettera n. A.D. 15/159 di Rocca a Favagrossa del 20 giugno 1941 , p. 2 promemoria allegato. 21 APTGP, serie fascicoloni , fase . I , f. 13, bozza Memoria del Senatore Dallo lio all'Alta Corte di Giustizia per le sanzioni contro il Fascismo , p. 5. 19
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/
i I
Capitolo 48 LE TERZE DIMISSIONI DI DALLOLIO (QUELLE DA RESPONSABILE DEL COGEFAG)
Dallolio da tempo pensava di chiedere di essere messo a riposo, ma la prima vo1ta che ne aveva accennato a Mussolini aveva dovuto soprassedere dato che, come annotava lo stesso Generale , «avevo assunto l'impegno cli portare a conclusione quanto rifletteva il nuovo attrezzamento per la produzione delle artiglierie e quindi su di me faceva sicuro affidamento.>>' D'a1tra parte già da tempo Mussolini si era dimostrato sordo alle richieste di avvicendamento pervenutegli da pa1te del Generale. Il 7 febbraio 1938 Ciano annotava nel suo diario: «Ho detto al Duce del desiderio di Baistrocchi di sostituire Dallolio, ormai vecchio molto e malato. Il Duce ha detto che gli darà un successore solo quando sarà chiuso nella bara.»2 Nell'ottobre del 1938 Dallolio reiterava la sua lichiesta, in occasione di un'udienza concessagli da Mussolini assieme a Pariani, prendendo lo spunto dalla «incomunicabilità» con il Ministro alle Valute Guarneri. «Sono stato clùamato all'improvviso dal Duce (con S.E. Pariani) per la questione artiglierie. Dopo gli ho dato comunicazione della mia lettera scritta a S .E. Guarneri dichiarando che assolutamente non potevo più seguitare a rimanere al nùo posto. E gli ho consegnato un promemmia con XV documenti dai quali risultava tutto lo svolgersi delle varie questioni. Il Capo ha cominciato (S .E. Pariani è uscito) col diclùarare che deUe dimissi01ù non voleva neanche sentire parlare, neanche per ombra l'ha ripetuto quando uscivo. Chiamerà Valle e Guameli. Però non litengo esamita la questione massime nei riguardi di Guameri.»3 Prima rich iesta esplicita di dimissioni Come si intuisce da un'altra lettera, nel giugno 1939 Dallolio avrebbe collezionato un nuovo rifiuto da parte di Mussolini. La sera del 5 luglio 1939, Dallolio era litomato da Mussolini, si potrebbe dire anche in-itato per la mancanza di rigmu-do nei suoi confronti, e preannunciava a]Ja figlia: «Stasera vado alle 19 ,45 e dirò le mie buone ragio1ù riconfennando la decisione espressa il 12 giugno passato. "Vi chiedo urgentemente quel 1iposo di cui sento vivamente l'assoluta necessità". La f 1 risposta fu no, la 2n mi lasciò pensare e mi lasciò riflettere. Ora dopo 23 gionù è stato clùamato subito Pariani (il quale ha taciuto verso di me) sono stati fatti dei nomi, ma nessuno ha pensato di domandare a me dopo 16 anni chi credevo più atto a sostituirmi...... I nomi corrono per i corridoi, e i mjei dipendenti sanno che io non sono stato neanche interpellato!!!! In tutto questo periodo di aspettativa il più sincero di tutti è stato [nome illeggibile] perché Pariani si è un po' preoccupato delle ragioni 4 di personale interesse ..... . e pur difendendosene ha finito spesso per dimostrare sentimenti personali.>> L'indomani Dallolio mandava alla figlia una prima relazione sull'incontro. «Ha esordito [Mussolini] subito dicendo che in questo momento data la situazione attuale desiderava vivamente di rimand·are la mia decisione passati i tre mesi di luglio, agosto e settembre. Ho messo sott'occhio gli argomenti passati, poi aggiungendo fatti nuovi per dimostrare che la mia collaborazione non era più in grado cli effettuarsi come era indispensabile pel compito e per le responsabilità odierne. Mi ha detto che comprendeva quanto avevo messo sott'occh io solo desiderava di rimandare dato l'attuale moment<;>. Se ne poteva riparlare perciò dopo la seduta del Comitato Interministeriale autarchico del 22 dove desiderava ci fossi. E così è stato stabilito. A voce completerò.»5
serie serie 3 APTGP, serie ' 1 APTGP, serie 5 APTGP, serie 1
APTGP,
2
APTGP,
fascico loni, fase. VI f. 14, 3 fascicolo. fascicoloni, fase. VI f. 14, 3 fascicolo . lettere ai familiari, lettera 3 ottobre 1938 a Elsa. lettere ai ja,niliari, lettera 5 luglio 1939 a Elsa. lettere ai familiari, lettera 6 luglio 1939 a Elsa.
651
Al.legato II 0 )
Cm&:aSS.ll!IUU a.nER1U p~ LE PABBBic,.zro:n J>I
n• 1600
=·
l!ooa, 12 Gioano 1939
s.P.
• 2.
1936, u
troppo apes~o att1orano le ttnd.enz.e non taiTOrevoli .!!l!,·
mobili tazioo.e cum.uloti vu che, -pg,ro 1op1sata al deoiderio patrio!
2 Allegati
tico di giovare Oé',C.WJ.a a lla propria oou.aa . a1l'atto pratico si
PRC~~Ol;IA PSR: IL DOOE t>EL ?ASCts·.tQ CA.PO !';E!, GoVSRRD
""·
tradurrebbero poi in
Dal 27 Agooto 19J8 ol .O G1u.;no 1939 .
ai.Dore efficie.nu del risultato co~pl~u1ai.-
-Col promocor1a 1599 S,P. dal 12 corr. Vi ho pro epotta-
to la !litu.tzione
del c.o.o.s.i.:..G.
riepetto ol U:1Aietoro per
~1 S,:3ci>1. o per le Valuti. Da teinpo • anche o v.2. ho dichiara·Col Prooe=oria 1587 S . ? • .!e.l 12 corrente {Alle-1ato T) ho
to che n.on affei
11a.i ~
l'art •
.C.
le:1:en b) de.i la Lec-
ri.asaQ.D.to quent~ è etato argomento 41 comu.nicazioni del COGZ1AG
ge oull.a'organizzazione della Nozione per la Od.erre.
in tale periodo , circa l ' e ttrezzemen tg pw prcd:u;ion G a rt1;;119[ie,
oulle !!1.0.tcric prime e prodotti indu.a triali f i nisco per es3oro
e r.irco
10 valorizzadona
daf.11 St;abil1ment1 t,fiUtnri.
Col PromGOr1a 11•1,37 s . p. d•l 22 =ag;;io 1939 Vi prega.,. at!i.nchà aneo& taaHU'fll appli.&adone l'Art. ) della Leggo 27 D:iecmbra 19.35 (ovvero B.D.Leggo H Lu.glio 1935 n•, 374 e che 1or 1 nuov1 impianti tooae ett1;bili to UAQ groduat or in n1 fini dell '1nte·reaea l'faz.ionale • Alle Ai:m1n.iatns.1on1 dello Steto à lat.tp obbll,so di d4re 41 C0c:i8G:lr18to Generale prevP.ntiYII not:!z:18_ dei proffl,:ml d1 febbr1C8d0Ai d.i
guerra t delle eonseggenti ordinaztoni e comr.10909
da a tfid:nre 3l le 1.ndue trie nezionAli e di attor,gr:,i , per l'oapleta!!lento d1 eeae, ell• n peeifiche d1Dpoeizioni del Coe:11.isaar10 Ge-
!SI!l.!.• on 11 c . o.G.J; . ?.A.G. per qt1.8nto co:1 continuità di penai.ero
a bbia ue(D.Pre cercato di collaborare e di ottenersi eempr 6 allo BP!. rito dellt leggi ool cta&a1or s8lleo della misp:ro dove rioanoooere che qu.an~o scrivevo il 6 Marzo 1937 (illegato I • ) ai pub r1~tere 0681 a traveroo alire ooeunieoz1oa.1 . oppure la u:er;,rataz!on.e del cl tatQ Art. 3• a""9n.ne .coma doll 'Allegeto II• ). A.Oche la o.s.D. ba 1.0aiat1to aul2a
unità della rl.obU:1tazi one ~nduotri.ale tebbru1o
li.a
oram.ai
coopleta~~,, ull 1 oacu.ro, .!....!!....,!& aU 1 W.t1aa ora, un pò dirvt1ec:uu1te Wl pb ind!.ret!aaeDtG 11 C.O.G.S .. 1.A .G. a.e ciò che pu.ò .arr;1 Ta.t'e -
ciii che ai può e no:i s.1 pt1ò ottenere, • cib che ai ~ ottenuto
co1 vari accordi couercial.1. Dio01pilw1are a controllare l• atti V1 tà inerenti alla f!bbric!l:.ion.1. di go.erra , nono.hà l•!a:::p1050 d ai oezd • c!e.l personù
ell'uono n-eoeaaarto aa~bbc U eocapito de.l
c.0.0.s.1 .. J.. G.
• V.J.
ha detto eapl1oita::tenta il JO ,lorzo 19}8 al Se.osto òol l!esno -
Ol"gano che çontrolla, aoapin5e tutti
611
Stubilimenti che lovo rano
1n1nter=-ot:tee.entG !)1!r le Forze A.rcd.-t9, ao le Pabbrica~i.:ini ad.litori aj::)raggono an pò tut-ti, • quasi tutti. eh.i p1à o.h:1. amo, tee.do-
no ad oçcu.paraeno creondo Wla $i.tt1a~ione delicata pel c.o. O.E.l!' •.A. G 1iatt1rala:ento 11 c .o.G.E. 1 . A. 0. non diaO)tlOoce 1 dl.lr1 poo-
01, "" b appU:ltO per 011> elle pur voluto.nel<> negli iltrt la vol0J1tll • le Virtù di attront.:1.re la d.i!!ic»lth., senta piil gagl1a rda la .!!tee del !k>Yet• AQ.O per la preparaz:l.>ne alle òU.err&, !!!!E.!:!, !!.!!1•ord1n9 lloi ta1:t1 , l'attorn.ia un s1lon%1o c:he à 1eola11tento.
Dopo tutto oib
va:.
oompronclorò. che ~n tre a ! ronto dol-
lo necesai_tà di primo ordiné delle tobbricazioii.1 di &ue1rrat ae 1
• 3
e
aiei collaboro tori prendono la parte pi.b &:ttiva di con.cor-ao, Chi
h.a e vuole tutta la reBponaabilità cooa Com~.saario Ceneralo ve-
de però giornelme:i.te ettroversata la su.a Via, e non ~da 1 riaultati contorna ai suoi doeiderata. B allora erodo di aYere 11 do•ere varao d.1 Voi di reppre-aenaere oome la oie collabor3ziono non s1D o1ù in grado d.!. ettattuarsi coiu à indisnenoobile par un · 1avoro lu.."lgo , pertillece, ll2:.
ficuo. Peroib ricor:tando con dem zione 71 anni di servizio • 86 a.a ni di et~ Vi chiedo urgentemente pu.el riposo di cui sento vi.TOm.ente l'aaaoluta nece•aitk.
Prima richiesta di dimissioni di Dallo/io, 12 giugno 1939. (APTGP, Serie fascicoloni, F. l)
652
- 2.
COl>tllISSA!lI A'.l'O GB,.'!ERJ.LB PER LE ?AlJBRICAZlOlll
b e ora certam.ente rid o tte della 111e tà. (Cib, ll.(jtut'alOlente, però ,
DI GO.RP.A
non ha p o tu.to non prodl.U're in Paese le conseguonU r1percua$loJ:L1.)
I l Coaunieeorio Generale.
Circa la situazione delle Soorte in <1,uetsto com.po val.e ci ò
Roma. t 5 agoeto 1939.XVII
ohe h o airritto in datu 10 corl". a S .B . Guarnert. • cho oottopone;o a ll 'ottenzionc di V.E. 2°) - Metalli nazional.1.
PROME!.!ORIA PBR IL DUCE DEL FASCISMO CAPO DEL OOVBfuSO.
Per l 1 all wninio• l o zinco, l 1 antiC10nio ed i l Ced • Sintetizzo lu tJituaz.ion e delle ma terie p rime, come r 1a "11-
t a d&1 documenti a parte, e come h o sem:o re m.easo ao t t ·1 occhio
a
V.E. nelle s uccessive udienze 1n er09m.ento.
.o, non
emerge a l cu.ne difficoltà di sodd isf a r e le richieste d elle l'orze A! mate e del .Paese - u, per il piotnl>o, perdu:lra l a g rave 1;:ancsnza del minerale, che ho coeinci aeo o ae8Il-9lare a l l!Ulistero per gli
In ogni circostanza, ed in ogni opportuno «ome nto. non ho cnanceio, per varo oODtiment o di col.leborazioce, di ta:re r1Petutecnente preeente a S.E. 11 ?!:Lniotro per 811 Scambi e le Valu.te la
Scambi e le Valute sin dal 29 !!arzo p. 'P• - e che 1n. og:ii opportu-
na c1reootant.o ho 1ll usSra t o i n tutti i m.odi, .focendo OJlc!le le propotste d1:r6tte a r1m.etiarY1, • • ,., , ,
eitu.az ione atesaa, - co~a non bo »nceto di incidere 1e praocculi.!. ~ioni continuaoente crescenti in Chi secondo l a Logge• hs il com-
3°) - 11ate:rloli ?erroai .
pito d1 provveder e a.lle t abbrlcazioni di guerra ed alla r ipttrtizione _delle maierie pri eo
é
d ei p r odo tti in4'Uatr1al1 .
10) - Situezio.ce doll e ttateii e Priee al Monopolio Netalli al
\ • a@sto corr. anno:
Ria uardo ai rot tami di ferro • acciai o ai conticua a .lascia ro · 11 c.o.G.E.?.J.. G. nell a p iù gravo d el le c1rcootanze,
Sul dubbio ch e
en tro l •anno n on ai giunga ad ovoro l e 600.000 tonnellat~ (seioO!!,
!..-!...!..!, (i+ - .3 mesi e mezzo con Scor ta CoiO.u.ne, ~
La oitu.ltiono del lo d isponibilità dei prodotti aiderw:s:i-
ci è state eapoeta a V.E. per l "ulti,=a vo lta il 22 Luglio P•P • -
tomile) stabilite nell.a aedutQ del 1 ° Dicembre 1938.XVII a Palae-
- men o di due c.esi con Scorta Comu.ce,
zo Veneziù. Difatti l.'aeaogna;ione di \5.000.000 di l i re ite1ia-
- due lll$81 con Scorta Comune .
ne, mcnoilm.en te, per h a i m.porto.zione di rottami d all'estero à 1nA.-verto che 81 oouo r1d.otte al mini mo possibile l e aase-
au-rt1cienia ))er far .fronte integr-.ol eente al prosraai.m in corso
goo.z1on1 per esige n ze b.e.lllohe indirett e, ~ullo..,.do d el tut t o
di svo lgiee.nto per la produ~iono deoU.nata all 'interno e per quel-
quelle per ceigenzo ci vi.li. - Se non ei fosse adottata t ale mio~
lo oea•gnot.>. all ' e oporta:z.ione.
re., la dispon1bil ith dello _htorie prime di ì.!onop-0110 rieW.tereb-
Ora in da ea 11 agosto corr. cooi oor1vevo a S • .3.Gu.orneri, e la mia co11clua1ono non era che l.a ripe t1z10110 di une a.nuca e
(\) - I mesi ei ri!et"iecono a81,i a d.tJe8h1 f& t t 1 o fine d• a,cno, com.e do. rtapet-t1v1 Verbali (Vedere p er et,. All egatti VII Fo.ecicolc Po.vagrossa).
nuove convent,ion(I. - Ed
= 3 =
f)
d e1 ! a ttore '?e~po che sempre più
(ll
preo~
= 4 =
c 11po O !ronto dello n e eeafli tà dell a guerrs c.oderno perchè, pur V,!_ lu.tandoe valoriet.ando le :nectsaità eoonomicbe del Paese, vi è Wl
delle collabor.:,zloni che de von o ao,.-raata.re ogni penuiero ed ogni
programma a l dioopra d i tut t:b = la preparazione e f f'ico ce.
azione.
.& per
riapondere ai l)rogresai dello ecien.z:a e del l e tecnico, senza volere a fogl.is re le eto ti etiché, occorron ~ l e riser'8 di eaterie pri-
vere dal concoroo d ello r Qeponaab i li tà t 6 dalle e t!e t tivi t h
Que s t o «.:1.0 pr omeinorio
à
un nuovo appello, ma à conte111.-
p oraneam.ente il ce=wre r icor do di <1,uello preeenta ;o il 12 Giugno
!!,, perobè la Mobilitazi one Industriale chiamate a :ri:;:pond~re pos-
P•P• nel qu a.le d ioh1arovo ohe la mia col.laborozione o.on e re p iù
sa r:t;aponder-e. Sin dt;.11 '8 Màggi o P•P• ho p r.oepctte t o a V.B. le oonae-
i n grl.ldO di ettottu.tarsi eoce sarebbe ètoto neceaao.ri o p er un lavor o l u,nao, perti nace e pro:!:1.cu.o.
gu.anze che potrebbero dori wrc.i qual ora 1 • America del Nord non r1laecieaae p1iì le licenze d 'importazione (e apecialo ent e non conseD.U aeo iltsrio17men,;a le partenzit dei ro~tam1. lìe OeoUent 1 ci.tre eono ver-sment& illustra tive. '?onn. 65. 525.=
oppure
79.166.=
82. , 33~ Ecco perch~ e da anni ho 1ns1at i to s11l t u t tore tempo, tanto p1~ per eoperienza Citi.o pereonal e, conoeco 11 c.alvorio delle ia:;-
provvioazion1. e le <.Ufficoltà di creare q,uando s i tratta e nel r.aed.eeim.o tempo, e con l a medesima competonza d i o perure.
oai
p tmto di vi3ta, dell a preparad one ella guerre non ho
aTUto gran fol"tuna. Nel l 'ors el).e volge ho crodo.'to d i presentare 11 r i assunto dell a reale sito.azione del le 2iateri c p:time - le ci fro l e caratterizzano e de!1niscono completamente, senza cotl:4;ent1 • . Ed 11 c.o.G. B.P.A.G. sente le coo.seguen:.e' di crio:1 di assee;nadonc>, senza che in pròcedenza ne a bbia p otuto e vere t empeati YO evviao o sent ore.
N'olio eircoatan:.e attuali. n on invoco aridi articoli di leggi - dico solo a Chi dà ordini od indirizzo, che 1.o eforz:o coo!: dinato o fecondo nol'eseorio al Paese i.o qut a to mo:..en t.o dovo d.eri -
Seconda richiesta di dimissioni di Dallolio, .15 agosto 1939. (APTGP, Serie fascicoloni , F i)
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Seconda iichiesta esplicita di dimissioni Dallolio riprendeva ancora una volta il problema della impossibilità di una seria preparazione in conseguenza della carenza di materie prime, metalli nazionali e ferrosi. Terza ed ultima richiesta esplicita di dimissioni A fine agosto il Generale Dallolio ritornava all'attacco perorando sempre la sua causa, che si può sintetizzare nei problemi relativi alla mancanza di scorte, di materiali ferrosi, e della necessaria valuta estera per approvvigionarli. La lettera si concludeva, ripetendo ancora una volta quanto aveva già scritto: «E allora credo di avere il dovere verso di Voi di rappresentare come la mia collaborazione non sia più in grado di effettuarsi come è indispensabile per un lavoro lungo, pertinace, proficuo. Perciò ricordando con devozione 71 anni di servizio e 86 anni di età, Vi chiedo urgentemente quel riposo di cui sento vivamente 1' assoluta necessità.» Questo andirivieni di promemoria e di rifiuti Dallolio 1'aveva sintetizzato in un appunto manoscritto. Il 31 agosto Mussolini, che ben conosceva il pensiero di Dallolio sull ' avvicinamento italiano alla Germania, espresso sempre senza perifrasi, accettava definitivamente le dimissioni «È stato veramente una pena per me dover accogliere il vostro desiderio, pur ritenendolo giustificato», dandogli atto del lavoro svolto sino a quel momento per il Paese. Dallolio concludeva la sua vita lavorativa scrivendo: «La devozione verso la Patria è sempre stata la guida dell'opera mia, i miei errori medesimi furono spesso conseguenza della generosa disposizione a giudicare bene le persone e al perdono. Eppoi data la necessità di applicare il "Quod facis fa.e citius" in molti casi bisogm~va operare senza essere agitati dal dubbio dell'errore.»6 Sullo Stato di Servizio di Dallolio appare soltanto una variazione telegrafica: «Cessa dalla carica di Presidente del Comitato per la mobilitazione civile. R. D. 3 settembre 1939».7 Le motivazioni addotte a suo tempo dal Generale Dallolio nel richiedere le dimissioni erano certamente plausibili, se si tien conto dei suoi 86 anni di età. Uno storico avvalora questa tesi scrivendo: «Nel febbraio ciel 39 si era rilevata la necessità di provvedere alla sostituzione del Generale Dallolio, un vecchio Ufficiale che era stato Ministro per le Armi e Munizioni nel 15-18 e che per età non era più in grado di affrontare l'immane compito di creare un'industria bellica.»8 Un'interpretazione, questa, adeguata alle motivazioni ufficiali, che però potrebbero apparire pretestuose trattandosi di un Uomo abituato a dire «avanti per la Patria che è tutto.» 9 Ecco perché chi scrive ritiene debba esistere un'a ltra chiave di lettura delle dimissioni; ovvero che ci si debba riferire, anche, ad altri fattori e alte caratteristiche personali di Dallolio. È lo stesso Dallolio che oggi ci aiuta a sostenere questa interpretazione con le parole che usava quando si chiedeva se fosse stato consentito dire a Mussolini il vero motivo: «Ma a parte le ragioni materiali si può dire "non voglio più servire il mio Paese, quando alla mia età mi trovano ancora utile?" Eppoi il Duce mi ha sempre trattato bene, e dirgli così a quattro occhi "Me ne vado perché mi sento vecchio e perché ci sono troppi rospi da inghiottire" mi pare di mancare di riguardo a 84 anni suonati.» 10 A parere di chi scrive il punto chiave delle dimissioni di Dallolio da Commiss,u-io del COGEFAG è proprio questo: i <<troppi rospi da inghiottire» .
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APTGP, serie fascicoloni, f. Vlll, Appunti Alfredo Dal/olio, in data 1° febbraio 1942, p. 2. ; Ministero della Difesa, Direzione Generale Per il Personale Militare, Ufficio del Direttore Generale (prot. N. M-D-GMTL01 UDO 1/10050 del 24 maggio 2005) , «Stato di Servizio» del Generale Alfredo Dallolio. 8 G. Bucciame, I generali della dittatura, Mondatori , Milano I 987, p. 279. 9 APTGP, serie lettere aij'Cllniliari, lettera 7 dicembre 1915 a Elsa. 10 APTGP, serie lettere aij'Cllniliari, lettera 12 agosto 1937 a Gina.
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Promemoria delle richieste di dimissioni di Dallo/io al Duce. (APTGP, Seriefascicoloni, F i)
Questa interpretazione, infine, è suggerita anche da due fatti contrastanti fra di loro; se Dallolio fosse stato veramente «non più in grado di affrontare l'immane compito di creare un'industria bellica» (pietoso eufemismo per dichiararne l'obsolescenza) come mai, dopo le sue dimissioni, il COGEFAG manteneva aperti con lui canali informativi e di richiesta di consulenza (e non solo il COGEFAG)? Sono diverse, infatti, le occasioni di consigli e incontri richiesti a Dallolio: - il Generale Favagrossa, non appena succedutogli alla guida del COGEFAG, aveva sentito la necessità di ragguagliarlo su di una riunione tenuta da Mussolini per la messa a punto delle richieste di materie prime e materiali da armamento alla Germania nel caso di entrata in guerra dell'Italia. Evidentemente il Generale Favagrossa, sbalzato di colpo da un Comando operativo periferico alla Sala del Mappamondo, doveva essere rimasto impressionato dal fatto che, in quella riunione imperniata sui dati della «Quarta Relazione alla Commissione Suprema Difesa 1939» del CNR, ognuno dei presenti facesse «a gara, ammaestrato dal Conte Ciano, ad accrescere in modo incredibile il fabbisogno reclamato», 11 e che Mussolini fosse costretto a escludere gli aumenti che erano stati richiesti «per evitare che la richiesta assumesse un carattere tale d~ far pensare ai nostri amici che non si voglia marciare»; 12 - lo scambio di vedute fra i due Generali continuava per diverso tempo, così il Generale Favagrossa informava il suo predecessore sul!' andamento dell'annoso problema di far accettare al Ministero dell'Aeronautica la prassi da seguire per la richiesta delle materie prime anche per i propri programmi; 13 - a Dallolio veniva richiesto di esprimere il proprio parere sulla riforma legislativa dell'Istituto Consortile, che rischiava di trascurare le funzioni di vigilanza e controllo affidate per legge al
G. Bucciante, J generali della dittatura ... , op. cit., p. 279. APTGP, serie fascicoloni , fase. VI, f. 33, lettera 26 agosto 1939 di Favagrossa 13 APTGP, se1ie fascicoloni, fase. VI, f. 33 lettera 14 ottobre 1939 di Favagrossa
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Lettera di commiato inviata da Mussolini a Dal/olio dopo averne accettato le dimissioni. (APTGP, Serie fascicoloni , F. I)
COGEFAG, per tutti quei Consorzi che riunivano industrie interessate alla produzione bellica. 14 In merito Favagrossa assicurava il suo interessamento affinché la riforma legislativa tenesse conto dei punti di vista di Dallol:io, anche se, nella riunione del 19 ottobre 1939, il Commissario Generale per le Fabbricazioni di GueITa s'era convinto che la riforma «seppure decisa in linea teorica e di massima, troverà in pratica gravi ostacoli derivanti da forze occulte ... ». - nel 1942 Dallolio consegnava una relazione sull'attività del COGEFAG nel periodo antecedente al settembre 1939 al Capo di S. M. Ah1brosio, che preannunciava un incontro al vecchio Generale per potergli parlare del problema di persona; 15 - nel marzo del 1942 il Generale Favagrossa si recava a far visita al suo predecessore e in quell'occasione Dallolio gli forniva ulterioi.-i dati per i quali veniva ringraziato .l 6 Non solo, ma oltre a Favagrossa anche altre personalità si recavano a far visita a Dallolio come osservava lo stesso Commissario. Evidentemente le visite a casa Dallolio erano frequenti, come appare da una lettera di Favagrossa, ma a volte era lo stesso Dallolio che l'avrebbe pregato cli andarlo a trovare , quasi una «chiamata a rapporto>> per discutere insieme gli aspetti principali di questioni in sospeso. Si ritiene, perciò, che debbano esser considerati altri fattori: 1) i sentimenti del vecchio Generale verso il mondo tedesco
C'è una lettera di Dallolio, del 1934, inequivocabile: «Lungi da me il pensiero di profetizzare qualche
serie fascicoloni, fase . VI, f. 33 lett.era 19 ottobre 1939 di Favagrossa serie fascicoloni, fase. VI, f. 33, lettera 31 gennaio 1942 di Favagrossa 16 APTGP , serie fascicoloni, fase. VI, f. 33 lettera 9 marzo 1942 di Favagrossa ,,, APTGP,
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APTGP ,
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Roma, 14 ottobre 19}9/XVII
Eooellonza,
1.nnan.ei tutto mi permettt. 41 ostornarLe 1 sensi del mio grato animo por le parole di approvar.ione e di incitamento obo ha avuto la bontà di indirhzarmi oon Sua del t~ corrente. lleeaun riconoaoimento potr obòo giungermi più. gradito di quello di v.i;.
E desidero dirto ancora del mto rs=arioo· aJ. non p ote:te illustrare a viva voco al.l'E.V. quanto bo potuto taro in quoat.o per;lodo 1»hiAlo dèl 1111 0 incariooJ Son proprio prigioniero d alle l'Arie 1n->Ocabtnzo obo l'B.V. t .anto bene conoaoel
?iell'ultimo ro.pporto dol 9 corrente a p. V&nozia ho p:roapettato ~
al Duce:
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- La queet1one dei h r ; ; ~i ~) da tanto Ìompo ~gitata dall 'A• Y. ll Du.co ha preso vie1o~<lottora che qu.1 allogo (I) t l'ha pie• namente O.pprovata e mi ha proc:0000 ohe ae le 'Porte Ar!l!:O.t• non si de-j cidero.nno o fornire al Oogetag 1 da ti ricbieet1 , 'i ndirà W1.8 riunion,' \ prenso Q.1 :LU1 1 allo scopo d1 obbligare lo stesse Amm1n1s1tre.zioni a daro questi dati. Con l'occaoione ho tatto prondt ro visiono al Duce 41 a.loM1 pro= spetti oon 11 •oarioo di laToro• dello principali ditte ohe lavorano per gli o:rmo.menti, fao-endo rilevare oho q ualou.na d1 esoe •nha ad e.vore im.pesnata la eua potenzialità produttiva per beti 22 mui,d.a oggi.
... Ho riparlato al Duoo dollo deroghe cl regilrJo nonuùo di lavoro, rib\dendo le dirottive già date d.$1.la ;t.v., oome l"edrà dall'aocluao promemor1Q (II}. Il Duco l'ha approvato. - no, infine, presontato al Duoo altro promemoria, ohe qui pure allego (III}, oiroa •propo:,te" intese ad apport an varianti nella etera di attiibuzloni dol Cogof'agl Il Duoe ha oonvonuto pieno.monte ohe Q.uoo to non 6 il =omento 41 tflr cambiamenti, rioonoooondo 1 f i n d'ora, che 6 ooue:ndo.le ooneiervare 19. "Wli tb. di indirizzo• t re.oa pou81b1le eolamente con U1I "oantro u:riioo•. Unità di ind~rizzo e oentro u.n1oo aem.9re propog;oo.ti dall 1!. V. 1 Detlid")ro far cennot 1nt1ne, ol.1 1 ! .V. dei oambial!enti avvenuti nol peroor.ale dipendente, o per la nota riob.ieott. del ltinistero della. Gu.erra, o per 11:Ua 4 eo19ione et!:ta.ta opportuna noll'int-oroooo del Hrrlzio. Dopo 11 colonnello tifontoloone, 11 lilniotoro delle. Gu.erra ha ati.. l iuato 1 oolonnelli rava,Mazzei,Lolli (della
»oloie.g
appena pro=osso o.l gro.4o}, ohe v9.nno a oomo.ndare I pare, doi reggi• IDCntio C'd,poi , il oolon.nello Grosso ohe andrà• per designuione del On.= po Oel Oovernp, oomo direttore generale dell!l9dirot, pur r1m.a.nen4o Ooieia oom.e presidente• e creando un v ioo proo·idcnto od un oom.i tato dixettivo. In oonaegu.onza di -.uc&t1 mov11::;ent1, ho dovuto chi~re Oiannelli qui &.lla :,ede, o. prend.ere 11 pooto di l'ava, ouddiv'idendo gli lnoo.ria ohi obe ave'l'o. bua1, t-ra lo a tesso Oiannolli o Ingrav'1le . I l r eporto m9,terie prima ed ilDportazioni ho oreQ.u.to opportuno odoppiarlo,taoendone un r eparto ohe tratterà OOlA::iente 1 mater1t.ù.1 torroe,i o4 un o.lt'ro reparto ohe tratterà i r;ietalli :ricchi e tu.tto quanto rlgu.ar4.0. importazioni ad esportadoni, ·1n oonoidoraziono ohe queste u1ti.mo oi Yogliono u.lteriormente inoTemontare. ;.. capo di quesU duo nu.o.,1 reparti m.etterb duo olo!Donti nuoTi:' sier uno il colonnello d 'art.1ng. l'oreato,obe ha frequenta t o 11 oorao ouperiore tocnioo,do me persotuùmente conosciuto, o por l'altro 11 oolonnello a.•art. L1uzi ,ohe ba molta pratica 1.n m.t,eria, essendo stato per molto tempo alla DirozlOM Genero.le l!i'Artiglioria del lilniah= ro della Guerra, e da questo Ente segnal.a:tomi, Si renderà ood. d1apo:s n:Lb Ue , dopo na:tiuralmente avere bene avvi.ati i nuovi onp1 reparto, 11 Oolll. te Rispoli, ohe reètituir~ alla R.K.ar1M.
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Lettera del 14 ottobre 1939 di Favagrossa a Dallolio. (APTGP, Serie fascicoloni)
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g MAR.1942 rmr,ù XX Roma,
C/1
Eccellenza Generale di C ,A, ALFr.riro DALI.OLIO
hlinistro di Stato Seno tore del Regno RO !.! A
Se::-bo ancora gra to 11 rico r do per la vi= site che ebbi 11 piacere di farLe giorni or sono, e le ringrazio vivrunente pci• · i dati con= tonu"ti nello. sue. gradita <iel 2 corr ente me.se.
Molti devoti ossequi.
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Lettera del 9 marza 1942 di Favagrossa a Dallolio per ringraziarlo dopo esser stato in visita a casa sua. (AUSSME, F. 16, 11/8)
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Lettera del 24 marzo 1947 con cui Dallolio invìta a casa propria Favagrossa. (APTGP, Seriefascicoloni)
cosa, solo vorrei vedere l'Italia allontanarsi per sempre dalla Germania, il nostro peggiore nemico, alla quale nessun interesse ci lega e che se avessero vinto "quel' Allemagne aurait esigé. Nous annesserons le Danemark, la Hollande, la Belgique, la Suisse, le Livonie, Trieste, Venise, et le Nord de la France depuis le Somme, jusque à la Loire. Général Bronsart von Sellendorf ex Ministre de la Guerre"»; 11 2) il tramonto della grande speranza riposta nella firma del «Patto a quattro» Dallolio si era illuso che con il convegno di Monaco fosse stato raggiunta la pace e, quindi, non sarebbe stato più necessario scendere in guerra a fianco della Germania contro la Francia, riproponendogli il caso di coscienza che lo aveva tenuto in sospeso all'epoca della dichjarazione di guerra nel 1914. Dalla situazione di impreparazione descritta occorreva, dunque, «sortire nel modo migliore» come Dallolio aveva scritto alla figlia Elsa il 28 settembre 1938 . La possibilità di «sortire· nel modo migliore» dal vicolo cieco in cui vedeva cacciarsi l'Italia appariva improvvisamente al Generale Dallolio allorché il Capo del Governo , nel corso di un'udienza a Palazzo Venezia, gli annunciava la sua partenza per la Germania. (Vedi Capitolo 51 «Dallolio "politico"»). Era una notizia improvvisa che aveva sconvolto il vecchio Generale, come si intuisce dal fitto carteggio con le figlie per informarle, in anteprima, di quanto stava accadendo e che aveva provocato, in stretta successione di tempo, due sentimenti contrastanti a Dallolio: . - la speranza di un'era di pace foriera di un ordine nuovo in Europa; - la delusione provocata in lui dall' «Uomo Mussolini» che, ritenuto in un primo tempo «uomo d'ingegno», non era riuscito a imporre la pace, anzi aveva portato l'Italia in una guerra che si rivelava contraria a tutti i principi in cui lui credeva, per antica tradizione familiare. «Mai avrei pensato, neanche come un incubo remoto, alla Gue1Ta delle Alpi.» 18
serie lettere ai familiari, lettera 25 maggio 1934 a Elsa. serie fascicoloni, fase. I, f. 13, Memoria del Senatore Dallolio all'Alta Corte di Giustizia per le sanzioni contro il Fascismo, p. 10. i;
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3) le difficoltà di gestione del COGEFAG Le difficoltà incontrate da Dallolio derivavano da un'impostazione del COGEFAG, da lui ritenuta errata, che aveva stravolto i principi di quel1a Mobilitazione Industriale che, nel 1915-18 aveva consentito di affrontare lo sforzo bellico. Questo intreccio di pastoie normative e l'ostracismo dei Ministeri della Marina e dell'Aeronautica non avevano consentito a Dallolio di assumere quell'iniziativa e responsabilità che, viceversa, gli erano state conferite nel 1915-18 «Quando portai al Duce la bozza del Decreto Legge per la costituzione del Commissariato Generale per le Fabbricazioni di Guerra mi disse "Va bene e lei?" ed io risposi: "Domando due cose". Il Duce replicò "Due cose, quali?" e la mia risposta subito fu "Massima iniziativa e massima responsabilità". Sorrise e disse "Va bene".» 19 Ma si è visto, in precedenza che quella «Massima iniziativa e massima responsabilità» chieste da Dallolio, in pratica erano precluse al vecchio Generale per cui Mussolini, dodici anni dopo la costituzione del COGEFAG, era costretto ad affidare a Dallolio «un incarico di coordinamento fra i lavori dei tre Ministeri circa le commesse delle armi e delle munizioni che debbo guidare con un accorgimento e con una politica per fare senza suscitare ombre e che richiede tutta la mia attenzione.»20 Questa chiave di lettura delle dimissioni di Dallolio - che non sposa le motivazioni della versione ufficiale dell'anzianità e dello stato di salute, ma preferisce basarsi piuttosto sui sentimenti del vecchio Generale - sembra suffragata da quel sibillino «a voce completerò» che aveva scritto alla figlia Elsa per ragguagliarla sul colloquio avuto con Mussolini. Sempre questa chiave di lettura, basata in modo prevalente sulla sua delusione per l' «Uomo Mussolini», che a Monaco non era riuscito a imporre la pace, sembra, infine, convalidata da quanto Elsa stessa, come si è già visto, gli aveva scritto per farlo recedere dall'intendimento di presentare le dimissioni: «Caro Padre, comprendo, e lo comprendo da tanto tempo, quanto profondo e quanto (da un certo punto di vista) giustificato possa essere il tuo desiderio di essere esonerato dall'Alto incarico. Ma poiché la Provvidenza ti ha dato delle doti eccezionali e, poiché in momenti eccezionali come quelli che attraversiamo, il Paese ha ancora bisogno di te, sono certa che facendo non lievi'e non gradevoli ulteriori sacrifici rimarrai al tuo posto che più che mai è un posto di combattimento.»21 Si può ritenere che l'ultima goccia dell'amaro calice sia toccata berla a Dallolio durante l'udienza con Vittorio Emanuele III del 7 febbraio· 1941 . Il Generale Dallolio, dopo le sue dimissioni, su proposta di Mussolini era stato nominato Ministro di Stato, quale riconoscimento delle benemerenze acquisite verso il Paese per cui chiedeva al Primo Aiutante di Campo generale del Re «un'udienza privata ritenendo doveroso ringraziarlo per essere stato nominato Ministro di Stato.»22 Così Dallolio annotava l'incontro: «L'udienza è fissata per le ore 10,20 nel Real Palazzo del Quirinale di Venerdì 8 così: - 1923 - 7 marzo ore 10,40 udienza privata nel Real Palazzo del Quirinale, - 1941 - 8 febbraio ore 10,20 " " " " " Sono passati 18 anni e non avevo più parlato con il Re nel grande intervallo. Entro all' ora prevista nella camera dove di solito riceve e, sorridendo, mi saluta rallegrandosi per le mie condizioni di salute e mi fa sedere: - Il Re [:] Non c'è che dire i suoi anni li porta bene. Aggiunge "tra me e Lei la differenza è di 16 anni". - Dallolio [:] Sì Maestà. Ho creduto mio dovere presentarmi a Vostra Maestà per ringraziarla per l' onorificenza statami concessa di Ministro di Stato.
serie fascicoloni, appunti 1° febbraio 1942, p. 3. serie lettere ai familiari, lettera 21 gennaio 1935 a Gina. ~ 21 APTGP, serie lettere ai familiari, lettera 9 agosto 1939 al Generale . 22 ACS, fondo Ufficio del 1° Aiutante di Campo, b. 719. 19
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- Il Re [:] Non ringrazi me, ringrazi Mussolini. - Dallolio [:] Mi alzo in piedi e dico stando sull'attenti e scandendo le parole "Maestà il 1° novembre 1870 ho giurato fedeltà al Re e ai Suoi Reali Successori." - Il Re [:] La ringrazio. - Dallolio [,] E si parlò d'altro. L'udienza è durata quasi tre quarti d'ora e mi ha parlato delle monete che coniava Taddeo Poli Signore di Bologna, della malattia dei pini, dei calanchi ...... ..... anche congedandomi espresse benevolenze al mio riguardo , ma non si è parlato mai di preparazione per la guerra, della mia passata occupazione, ho cercato .... ma!! ... immediatamente il discorso ha deviato. Uscendo dico al Generale Puntoni "Quello che è certo che non chiederò udienza col passato intervallo" . Vado in Senato e Raggi mi dice "Chi sa quante cose avrai dette circa la preparazione della guerra" Rispondo: "silenzio sull'argomento , e gli dico di che cosa si è parlato. R imane per un momento silenzioso poi mi stringe la mano dicendo forte .....Ma Davvero! !»23 Non occorre alcun commento per descrivere la delusione di Dallolio per la vacuità del colloquio avuto. Più che sufficiente la stringatezza dei suoi appunti.
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fondo Dallolio, b. 960 , f. 12, 1. 13, appunto manoscritto di Dallolio in data 8 febbraio 1941.
Capitolo 49 L'INGEGNER ROCCA DELL' ANSALDO NEGLI ANNI '40: UNA RIVALUTAZIONE DEL PENSIERO DI DALLOLIO?
Alcuni anni dopo l'uscita di scena di Dallolio, una lucida analisi dell'Amministratore Delegato dell'Ansaldo metteva a fuoco le disfunzioni esistenti nell'organizzazione che avrebbe dovuto preparare la guerra. «Tutti, infatti, sentono la pressione del Fabbriguerra 1 perché non si impieghi abusivamente (anche ai migliori fini) un chilogrammo di materiale, ma ben pochi ne sentono l'azione allo scopo di spingere la produzione degli aeroplani, dei carri armati, dei cannoni. Si ha spesso l'impressione che gli aumenti, anziché le diminuzioni delle produzioni provochino gli interventi del Fabbriguerra.»2 L'Amministratore Delegato dell'Ansaldo illustrava la reale situazione del COGEFAG, in un promemoria per il Maresciallo Graziani, nel quale affermava che la produzione si era assuefatta a un regime di profonda indisciplina essendosi creata «l'abitudine di agire senza serietà, di cavillare su ogni ordine, di ricorrere subdolamente ad autorità superiori per modificare o eludere le disposizioni ricevute; in una parola si è trovato il modo di fare legalmente il proprio comodo anziché l'interesse generale.»3 Sembra, quindi, poter ancora una volta, attribuire quanto si andava verificando alle già indicate <<difficoltà opposte dai poteri militari» , gelosi delle proprie prerogative acquisite dopo il 1915-18 con lo scioglimento del Ministero delle Armi e Munizioni. In questo modo, il Generale Dallolio vedeva riconosciuto, in parte, il proprio punto di vista un paio di anni dopo aver lasciato il COGEFAG.4 In merito, Favagrossa scriveva che Mussolini aveva maturato l'intendimento di riordinare il settore «in seguito a pressioni su di lui esercitate da industriali», suscitando la reazione del Generale Dallolio che in alcuni suoi appunti personali annotava «sino al 31 agosto 1939 mai Mussolini parlò di accentrare (come nel 1915-18) nel Fabbriguen-a funzioni svolte dalle Forze Armate.»5 Comunque, l'Amministratore Delegato del!' Ansaldo Rocca nel luglio del 1942 inviava al Generale Favagrossa un promemoria tendente al nùglioramento del sistema. In sintesi l'ingegner Rocca auspicava la riappropriazione , da parte di Fabbriguerra, del ruolo di cen,tro propulsore della produzione ricoperto nel 1915-18 con lo scopo di conseguire risultati analoghi a quelli del primo conflitto. Rocca, pertanto, suggeriva di adottare: - un modello simile a quello impiegato durante la prima guerra mondiale; - snellire alcune procedure burocratiche; - inserire, infine, il Fabbriguerra nel processo di determinazione dei programmi della produzione in modo da assicurare il regolare afflusso delle materie prime e la contemporanea riduzione delle giacenze di materiali sui piazzali degli stabilimenti; - conferire la necessaria elasticità di funzionamento all'industria abbandonando le procedure di controllo preventive6 e adottando, in loro vece, quelle a consi.mtivo.7
Nel 1940 il COGEFAC sì trasfonnava in Fabbriguerra, ma con le stesse attribuzioni (e quindi disfunzioni) del precedente organismo. FONDEITO, Archivio A. Rocca, Sez. 49, f . 26. 3 ACS , fondo Segreteria Particolare del Duce-CR-RSI , b. 15, f. 70. • Nel frattempo, il COGEFAG era stato trasformato in Fabbriguerra (con compiti analoghi all'antecessore e, quindi, con le stesse disfunzioni) allorché nel 1941 Mussolini .aveva disposto il riordinamento del settore attraverso l'accentramento delle commesse. Cfr. C. Favagrossa, Perché perdemmo la guerra ... , op. cit., p. 39. 5 APTGP, serie fascicoloni, fase. VI, f. 14, 3° fascicolo. 6 Queste procedure adottate dall'Italia erano diametralmente opposte a quelle tedesche. 7 FONDEITO, Archivio Rocca, Sez. 49, f. 29 . 1
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Nel settembre 1942 Fabbriguerra esaminava la possibilità di adottare una nuova procedura per assegnare le materie prime, occorrenti per una commessa bellica, direttamente alla ditta capocommessa, cui sarebbe poi risalita la responsabilità della ripartizione fra le imprese committenti.8 Il problema si riproponeva dopo 1'8 settembre 1943, quando , per la riorganizzazione dell'apparato militare della Repubblica Sociale Italiana, si rendeva necessario esaminare la convenienza di creare una nuova organizzazione della produzione bellica. L'ingegner Rocca, il 6 novembre 1943 scriveva al Maresciallo Graziani, facendo seguito a un colloquio avvenuto fra i due alcuni giorni prima durante il quale Graziani aveva offerto a Rocca un incarico tale da fargli dire: «Si tratta di un compito così importante ed urgente e sicuramente attuabile, che mi induce, anche per queste ragioni, a declinare l'incarico da Voi prospettatomi, che per contro giudico obiettivamente ineseguibile.»9 Rimane il dubbio se «l'incarico da Voi prospettatomi» riguardasse l'offerta di presiedere l'organizzazione produttiva bellica oppure qualcosa riferita solo ali' Ansaldo , dato che Rocca si prolungava sulla forza lavoro di quell'industria che produceva «la quasi totalità delle artiglierie nazionali, la totalità dei carri armati ed almeno il 40% delle navi» per la quale occorreva una grande energia per riprenderne la produzione bellica. Comunque, la lettera di Rocca era importante poiché, ritenendo inattuabile al momento il progetto di Graziani della ricostituzione di un'organizzazione bellica nazionale (oltre tutto possibile fonte di malintesi e attriti con le Autorità tedesche che avrebbero complicato, ancora di più, i già difficili rapporti fra Repubblica Sociale Italiana ed esercito tedesco), individuava una serie di difficoltà che si frapponevano alla realizzazione del progetto stesso:w - paralisi delle comunicazioni ferroviarie, telegrafiche e telefoniche; - avvenuta compromissione del sistema dei trasporti per l'afflusso del1e materie prime, dei semilavorati e delle sub-forniture, con conseguente espletamento dei prodotti ed intasamento degli stabilimenti con manufatti che non si potevano spedire; - possibilità, soltanto a lunga scadenza, di ristabilire l'equilibrio ed il coordinamento dei vari fattori produttivi, anche a seguito delle requisizioni intervenute e perdite cli materiali; - sconvolgimento dell'attrezzatura industriale nazionale per le distruzioni o sgomberi avvenuti a seguito dei bombardamenti aerei , o per azioni tedesche; - disintegrazione degli uffici militari che si occupavano della produzione; - gravissime difficoltà finanziarie delle industrie per il mancato incasso dei loro crediti verso le Amministrazioni dello Stato (anche a causa del mancato funzionamento degli Uffici Stralcio dei diversi Ministeri) con conseguente esaurimento di possibilità di acquisto di materiali per assolvere gli impegni; - profonda indisciplina cui era abituato il sistema industriale, già messa in evidenza in una precedente lettera. In merito Rocca affermava che «gli Istituti del Fascismo dovevano e potevano dare una disciplina severa e razionale che avrebbe consentito ogni evoluzione nel campo economico e sociale, ma, burocrazia, uomini e organizzazioni hanno concorso in modo concomitante ad impedire le realizzazioni ed il funzionamento efficace di tutto il sistema.» Per questo non si era potuto agire seriamente nel campo della razionalizzazione della produzione, dell'accentramento di comando, per la messa in comune di brevetti e procedimenti, trasferimenti di macchinari da uno stabilimento all 'altro, ecc., disposizioni che, viceversa, erano state la caratteristica dei Paesi belligeranti; - mancanza di mordente e spirito offensivo di cui soffriva «i 'Esercito della produzione», anche perché i dirigenti, che dopo il 25 luglio erano rimasti al loro posto per salvaguardare le organizzazio-
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FONDEITO, Archivio Rocca, Sez. 49, f. 12, lettera Fabbrigue1i-a I 5 settembre 1942 a Ministeri Guerra, Marina, Aeronautica e Comunicazioni. 9 FONDEITO, Archivio Rocca, Lettera di Rocca a Graziani del 6 novembre 1943, Sez. 49, f. 46, p. 2. 1 ° FONDEITO, Archivio Rocca , Lettera di Rocca a Graziani del 6 novembre 1943, Sez. 49 , f. 46, Promemoria per l'Eccellenza il Maresciallo Graziani, Allegato.
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ni produttive a loro affidate, erano spesso criticati e osteggiati, diventando «scettici col desiderio di non compromettersi con collaborazioni troppo aperte nei riguardi di nessuno; essi preferiscono eseguire rigidamente degli ordini»; - stanchezza .e ostilità delle maestranze «irragionevolmente ma tenacemente» a tutto quanto rappresentava la prosecuzione della guerra. Oltre tutto, un progetto del genere non avrebbe potuto prescindere daJl'approvvigionamento dei combustibili, di materie prime e materiali diversi da parte delle Autorità germaniche, e si sarebbe scontrato (inevitabilmente) con ]'organizzazione creata da parte tedesca per l'inquadramento e il coordinamento della produzione italiana, mentre erano in corso importanti commesse su nuovi programmi di produzione, affidate dai tedeschi a industrie italiane. Per tutti questi motivi l' Amministratore Delegato Rocca, «rinunciando ad una impresa difficile e grave per il futuro e irresolvibile in modo soddisfacente a breve scadenza», auspicava: 1) in un primo tempo, la costituzione in seno all 'Asse di un Comando unico della produzione, ritenendo tale organismo, agli effetti della guerra, di pari importanza del comando unico militare. Ciò, a parere dell'ingegner Rocca, era un passaggio obbligato, dato che i Tedeschi governavano già le materie prime, avevano assunto il controllo dei trasporti , di tutti gli altri mezzi di comunicazione e degli stabilimenti industriali, avevano già formulato programmi di produzione in fase di realizzazione. Pertanto, ove essi avessero assunto il comando di tutta la produzione bellica dell'Asse , avrebbero avuto la possibilità di agire sull' intero scacchiere europeo, assicurando le necessarie integrazioni; 2) in un secondo tempo, la realizzazione di un Comando Tecnico Italiano della produzione bellica soltanto quando sarebbero: migliorate le comunicazioni; definite le produzioni che le Autorità germaniche intendevano richiedere all'industria italiana; stabilite, da parte degli Stati Maggiore italiani, le necessità di produzione bellica necessarie alle Forze Armate ricostituite dalla Repubblica Sociale Italiana; ottenute dalla Germania precise garanzie di fornitura di materie prime, combustibili e semilavorati. Per Rocca questa proposta costituiva una soluzione razionale che non avrebbe dovuto essere contrastata da «questioni di suscettibilità e di prestigio [che] sembrano fuori luogo mentre è in gioco il destino del Paese.» Infine, allorché nell 'ottobre 1943 una Missione Militare italiana partecipava agli «Accordi fondamentali circa la ricostruzione delle Forze Armate italiane», l'ingegner Rocca, prospettava l'opportunità che «il nostro Ministero della Difesa Nazionale ponga immediatamente alla propria dipendenza gli armamenti con un Sottosegretariato apposito che lavorerà in stretto accordo con la commissione Leyers" in modo da evitare l'evidente sconnessione che esiste :in questo campo ed indirizzare gli armamenti secondo quanto effettivamente occorre alle nostre Forze Armate.» 12 Era, questo, un plateale ritorno alla soluzione 1915-18: il Governo della Repubblica Sociale Italiana, :infatti, avrebbe creato; dopo poco tempo, un Sottosegretariato Generale della Produzione Bellica, sistemato a Bergamo nel Pa_lazzo dell'Intendenza di Finanza, articolato su quattro Direzioni Generali , una Ragioneria Centrale, che demoltiplicava la sua azione attraverso otto Delegazioni interprovinciali. 13
La Commissione Leyers, decentrata a Milano, aveva pieni poteri per l'inquadramento e il coordinamento della produzione italiana. Una rinata organizzazione nazionale si sarebbe scontrata con quella messa in atto da parte tedesca a cui sarebbe stato giocoforza che le industrie italiane ricoJTessero per l'approvvigionamento dei combustibili e materie prime. 12 ACS, fondo Segreteria Particolare del Duce-CR-RSI, b. 71, f. 643/6. 13 Delegazioni di Milano, Torino, Genova, Castellanza, Bologna, Venezia, Firenze e Roma. 11
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Capitolo 50 IL COMPENSO A DALLOLIO PER IL LAVORO SVOLTO: DUE COMMISSIONI DI INCHIESTA SUL SUO OPERATO
Pochi mesi dopo il tennine della prima Guerra Mondiale, prendeva l'avvio la Commissione Parlamentare d'inchiesta sulle spese di guerra e il Generale Dallolio era chiamato a rendere conto del proprio operato. Colui che secondo una confidenza di Cadorna aveva avuto «in mano le sorti della gue1Ta», 1 temeva di non essere capace di trasmettere alla Commissione quello che era stato il suo credo: «Produn-e nel momento del bisogno». I pensieri che gli si affollavano nella mente traspaiono, infatti, da una serie di lettere a11a figlia Elsa, dalle quali si può cogliere lo stato d'animo di chi vede messo in discussione il suo credo di servitore dello Stato, impegnato a soddisfarne, a qualsiasi costo, i bisogni e che, passato il momento del bisogno e della crisi, si vedeva non solo accantonato , ma addirittura messo alla gogna. Dal contenuto di queste lettere possiamo comprendere i suoi sentimenti: lo Stato aveva ritenuto di dover rimettere nelle sue mani «le sorti della guen-a» ed ora lo costringeva a salire sul Calvario, facendogli ripercorrere la dura ascesa giorno dopo giorno. Nel 1919 scriveva alla figlia: «Tu hai ragione e vedi giusto ma se potessi farti leggere dentro vedresti per quali torture passi, perché tanti errori io li vedo, li sento, li comprendo ora e ripeto era difficile anche far male, ma bisognava vivere nell'ambiente e dove oggi sorgono i critici ieri allignavano gli osta.colatori e gli inceppa.tori palesi ed occulti.»2 Dopo pochi giorni Dallolio scliveva ancora: «Dunque le difficoltà sono sparite, dunque tutto era facile, era piano, era pacifico per tanta gente per e1igersi oggi a censori e fare le indagini più minute e condannare? .. . Ma in nome di Dio nel 1915 e 1916 non era forse la rapidità il bisogno più impelioso, la cosa più impo1tante fra tutto? Il tempo e le circostanze non sono più fattoli da considerare? No si deve portare avanti solo il pessimismo e le irritazioni devono essere il Vangelo ...... Io non resisto ad una vita in cui giornalmente si deve salire alla tribuna per difendersi, per difendere l'opera propria. Chi parla più della vittoria, quello è un fatto secondmio, chi parla più dello sviluppo economico, del meraviglioso sviluppo industriale verificatosi durante la gue1rn: quello è un episodio da cinematografo; occorre vedere, guardm·e, giudicare, partendo dal punto di vista che tutto è stato fatto male. E così quelli' che stettero lontani e furono inceppatori ed ostacola.tori diventano Catoni e Profeti, così quelli che nulla fecero, anzi tutto disfecero ora sorgono e dicono "vediamo un po' ciò che si è fatto in Italia". Ma allora servire il Paese, lavorare anima e corpo pel Paese vuol dire essere tormentato tutti i giorni, vuol dire tutti i giorni godere le bestemmie e patire .. . E la chiami vita tu questa? E trovi naturale che si stia allegri, quando tutti ci abbandoneranno?» 3 E cosa significasse «lavorare anima e corpo» lo specificava alla Commissione d 'inchiesta sulle spese di gue1ra quando «ripetei la rnia convinzione, che in certi momenti avrei fatto anche moneta falsa pur di avere acciaio e carbone.»4 Una successiva lettera, di oltre un anno dopo, metteva in luce come questo stato d'animo si protraesse nel tempo: «Non è questione di cicuta, ma è indubbio che ci sarà da lottare contro le viltà e contro le mala.fedi, forse anche contro il malvolere altissimo. 5 Ma di ciò poco male, rospi di pantano ce ne
Il 6 gennaio 1916 il Generale Cadorna confidava al Minisu·o delle Colonie Martini : «Più che in mano mia le sorti della gue1Ta sono in quelle del Generale». Cfr. Ferdinando Martini, Diario 1914-1918 Mondadori, Milano 1966. 2 APTGP, serie lettere aifamiliari, lettera 21 marzo 1919 a Elsa. 3 APTGP, serie lettere ai familiari , lettera 30 marzo 1919 a Elsa. 4 APTGP, serie fascicoloni, fase. appunti dal 16 giugno 1916 all '8febbraio 1917. 5 Si ha motivo di ritenere che Dallolio si riferisse a Nitti. In un'altra lettera alla figlia Elsa dell'agosto 1920, Dallolio parla, esplicitamente della prevenzione del «Presidente del Consiglio» (appunto Nitti). 1
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Compiacimento di Mussolini per il giudizio espresso su Dallolio dalla Commissione Parlamentare d 'Inchiesta sulle spese di guerra . (APTGP, Serie Marrone, Giudizi su avvenimenti e persone)
saranno sempre.»6 Dopo tutto questo patire, nella seduta del 28 dicembre 1922 la Commissione Parlamentare d 'inchiesta per le spese di guerra votava l'ordine del giorno che, in sostanza, era l'unanime riconoscimento dell'opera del Generale , auspicando che ne venisse dato atto al generale Dallolio; suggerimento raccolto eia Mussolini che gli dava atto di aver saputo «svolgere la sua azione con appassionato fervore e con illibatezza assoluta.» Dallo]io, in merito scriveva alle figlie allegando un ritaglio di giornale: «Nei giornali del 5 avrete certamente letto quanto riguarda l'inchiesta sulle spese di Guerra e questo brano che mi mette in luce: "Nel comunicare con vivo compiacimento questa constatazione credo doveroso accogliendo ben volentieri il voto della Commissione d 'inchiesta di esprimere a nome del Governo e della Nazione i sensi del1a più viva riconoscenza verso il Generale Dallobo che preposto al difficile e delicato servizio delle armi e munizioni seppe svolgere la sua azione con appassionato e puro fervore patriottico tanto che quest'uomo, a cui la Patria tanto deve e che ebbe facoltà illimitate nel maneggio di. miliardi di lire , oggi vive in povertà, e le sue due figlie che furono durante la guerra infermiere in ospedali da campo, oggi sono costrette a lavorare per vivere. La figura del Generale Dallolio valga di esempio al popolo italiano per il modo con cui si deve servire la Patria." Ora io desidererei il vostro parere , le vostre impressioni ... Io avrei più desiderato si pubblicasse l'ordine del giorno della Corona ... senza entrare nel campo privato. Certi sacrifici debbono essere compiuti per puro senso di dovere, senza l'intervento del pubblico. M a ripeto desidero le vostre irnpressioni.»7 Come Dallolio ha vissuto questo lungo periodo , lui inflessibile, lui tutto çl'un pezzo?. Ci viene incontro lui stesso: «Non hai idea quanto malinconia abbia messo assieme in questo casone dove debbo fare l 'Eccellenza. Io ho sete di tranquillità e di pace e di deserto, deserto.»8 Al termine della Seconda guerra mondiale egli veniva sottoposto al giudizio dell 'Alta Corte per le Sanzioni contro il Fascismo, con il capo d'imputazjone «d' aver nella sua qualità di Senatore con voti ed atti contribuito al mantenimento del fascismo e a rendere possibile la guen-a .»
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APTGP, serie lettere ai familiari, lettera ?agosto 1920 a Elsa. APTGP, serie lettere aifc11niliari, lettera 5 gennaio 1923 a Elsa e Gina. APTGP, serie lettere ai familiari, lettera 7 gennaio 1919 a Elsa.
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Memoria del Senatore Dallolio all'Alta Corte di Giustizia per le sanzioni contro il Fascismo. (A PTGP, Seriefascicoloni,fasc. l ,f. 13)
PROMEMORIA PER L'ALTA CORTE DI GIUSTIZIA' La Difesa della Nazione richiede la preparazione alla guerra. Dal 4 febbraio 1923 al 31 agosto 1939 tutta l'operazione si è svolta seguendo il pensiero. Se vuoi la pace prepara la difesa. Come il CapoFamiglia pensa ali ' Assicurazione vita per proteggere l'avvenire dei figli, così lo Stato deve essere in grado di assicurarsi l'integrità del tenitorio nazionale. Ispettore Generale d'Artiglieria sin all'Ottobre 1920 e dopo in posizione ausiliaiia speciale fui richiamato in servizio in conseguenza dell'ordine del giorno della Commissione parlamentare d'inchiesta per le opere di guerra - ed ecco la data del 4 febbraio 1923 come punto di pattenza cli un lavoro che terminò a inia domanda il 31 luglio 1939. I documenti che metterò sott'occhio inquadrano tale lavoro. La profonda esperienza che avevo fatta durante la guerra 1915-18 mi obbligava a trarre tutte le conseguenze dalla luminosa dimostrazione dei fatti. La tecnica industriale metteva fuori causa il problema della sicurezza sotto l'aspetto politico, organo esclusivamente tecnico come il COGEFAG non doveva occuparsi che di mobilitazione civile. È ciò che sotto di. me ha fatto. Organizzazione preventiva. Tutto ciò che poteva essere sentimento rnio vivo e profondo verso i Tedeschi come risulta dall'esposto l'ho trattenuto finché non arrivai a incamminare verso la meta il problema dell'Artiglieria. Ma studiando il modo di rigenerare tale Am1a obbedivo al pensiero fondamentale della Difesa Nazionale e cioè alla Preparazione alla guerra. Si preparava il passaggio dall'economia di pace a quella di guerra per anivare se mai al più intenso regime di produzione per la salvezza della Patria. Ho cercato cli riunire i documenti più importanti - ne avrei tanti altri - e ho indicato le mie distese ragioni per percorrere la strada tracciatami. Quando ho lasciato il COGEFAG avevo ben dir.itto di credere che eravamo lontani dalla guerra. L'Allegato XX in un colle varie considerazioni esposte giustifica la mia affennazione. Cosa sia successo dopo il 31 Agosto 1939 non lo so, e non faccio critiche sul passato ... espongo. Desidero che esposto e documenti siano letti contemporaneamente affinché si possa giudicare dell'opera mia. In quest'ultimo periodo della mia vita ho provato le angoscie della pace, durante la guerra 1915-18 ho conosciuto le improvvisazioni ma ho conosciuto anche i resultati. Alfredo Dallolio
Nella seduta del 28 Dee.e 1922 la commissione parlamentare d'Inchiesta per le opere di guerra votava unanimemente l'ordine del giorno di cui unisco copia (Allegato J0 ) Nella 70a Seduta del Consiglio dell'Esercito fui proposto come Presidente del Comitato per la preparazione della Mobilitazione Nazionale (Allegato 2°) e in seguito effettivamente nominato con R.D. 15 Gennaio 1923 (Allegato 3°) Il 23 Ottobre 1924 scrissi al Direttorio del Gruppo degli Indipendenti (era sorto in Senato per valorizzare i resultati della guerra 1915-18) dichiarando la mia decisione cli non essere mai più inscritto a pa1tìti, gruppi, unioni (Allegato 4°). Ragione per cui più volte declinai sempre l'offerta della tessera fattami dal segretario del Partito, dal Capo del Governo e dal presidente del Senato (Allegato 5°) . Qualunque sia la capacità di un partito alla sua funzione, manterrò sempre fede alla mia dichiarazione. Nulla perciò mai di vero del mio intervento per qualche azione di partito. La Legge 8 Giugno 1925 N 969 Organizzazione della Nazione per la guerra stabilì con maggior esattezza che la Mobilitazione Nazionale constava della Mobilitazione Militare e della Mobilitazione Civile, e il R.D.L. 15 Ottobre 1925 N. 2281 definiva il compito di quest'ultima (Allegati, 6°, 7°). Con R0 D 0 Le 913 del 23 Giugno 1931 era stabilito il Trattamento economico al Generale di Corpo d'Armata incaricato delle funzioni di Presidente del Comitato per la Mobilitazione civile (Gabinetto) (Allegato 8°). Non ho mai percepito sino al 31 Agosto 1939, in cui lasciai la Presidenza del Commissariato Generale per le Fabbricazioni di guerra a mia domanda, né altri assegni, né altre indennità, anzi non ho mai voluto percepire il premio semestrale di operosità perché, dato il mio grado, ritenevo dì dover compiere tutto il mio dovere senza soprappiù. La Mobilitazione Civile, orientata verso la Difesa Nazionale richiedeva una razionale divisione del lavoro, una saggia economia dì mezzi, perché an1messo il carattere dello scopo si doveva evitare di colpire freddamente l'intensità della vita economica del Paese. Nel 1928 feci riunire tutti i documenti relativi alla Mobilitazione Industriale Immediata, lavoro svolto per la prima volta in Italia e molto importante per la difesa Nazionale. Dato l'incarico avuto, tutte le mie attività erano da esso assorbite nella mia giornata-orario.
'L'intestazione, a matita, era stata apposta da Gina Dallolio Galassi-Paluzzi, figlia del Generale, nel corso del riordino e archiviazione di tutte le carte del padre che, con ammirevole precisione, ella effettuò a partire dal 1974, all'età di 82 anni. Tutte le carte sono ordinate in buste, contenute in Fascicoloni, cui è allegato un piccolo sommario.
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Con R 0 D 0 Le 14 Luglio 1935 N 1374 fui nominato Commissario Generale per le Fabbricazioni di guerra (Allegato 9°). Il COGEFAG (Commissariato Generale Fabbricazioni Guerra), organo esecutivo di carattere esclusivamente tecnico, doveva rispondere della organizzazione industriale per la guerra, doveva aumentare al massimo la potenzialità produttiva in rapporto alle eccezionali esigenze della guerra, ma doveva anche pensare all'attività necessarie ciel Paese, e alla sua economia generale per dare alle sue opere e ai suoi lavori nel campo civile quel ritmo cli sviluppo indispensabile per vivere non per vegetare. Donde la necessità di mettere al 1° Piano le esigenze belliche ma sino all 'ultimo non mettere fuori di casa le esigenze civili. Preparare la Nazione per la guerra non voleva dire preparare la guerra. Occorreva prevedere l'avvenire, ricavare dalle esperienze fatte tutte le sue conclusioni, organizzando per conseguenza la difesa nazionale - perché sarebbe stata grave imprudenza il darvi scarsa importanza rimanendo impreparati, attratti dai falsi dogmi del tempo di pace. Qui desiderat pacem praeparet bellum. Organizzando perciò la Mobilitazione Indust1iale nel senso più vasto della parola si dovevano mettere in opera tutte le forze vive della Pace per salvaguardare l'integrità del teITitorio nazionale. Stimo opportuno far notare che il COGEFAG non solo non faceva programmi di armamento e di rifornimento , ma non riceveva assegnazione alcuna di fondi. Tutto ciò era esclusivo compito dei vari Ministeri Militari. Esso era sorto per disciplinare e controllare le attività inerenti alle fabbricazioni di guerra, nonché l'impiego dei mezzi e del personale all'uopo necessari. Ben differenti erano stati i compiti del Sottosegretariato e del Ministero Armi e Munizioni durante la guena 19 15-18. Allora era detto che dovevamo provvedere a tutto quanto riguardava il munizionamento e l'annamento, ed ai servizi aeronautici del R 0 Esèrcito come della R" Marina, in base ai programmi stabiliti dai rispettivi Ministeri, e sempre in rapporto alle reali esigenze dei servizi, ed al c1iterio di precedenza imposto dalla situazione di un determinato momento. In lingua povera, nella guerra 1915-18 Ministero Armi e Munizioni e S 0 S 0 [Sotto Segretariato] hanno maneggiato miliardi (16 miliardi circa sotto di me) il COGEFAG non ha mai avuto a disposizione una lira per armamenti o rifornimenti, quindi, niente commesse, nessun controllo, niente assegnazione di fondi, nessuna spesa. Circa l'andamento del COGEFAG desidero mettere sott'occhi quanto riguarda il personale delle industrie belliche, le Deroghe e le Commesse (Allegati 10, IObis, 11, 12) allo scopo cli far rilevare come si attenesse alla luminosa dimostrazione dei fatti. Collaborare sì, ma nei limiti delle rispettive responsabilità, con una sola finalità, la Difesa del Paese, verso la quale debbono polarizzarsi militari e civili. Lo spirito generale nel quale era concepito s'affennava così nel seguire quella parte d'azione cui aveva diritto, e nel tempo stesso non dimenticare né le energie intelligentemente utilizzate né i sentimenti umanitari. Scrivendo il 7 Decembre 1937 al Ministro Quarneri dicevo: cli consegna esagerati nelle varie commesse, si finisce per vestire un altare per spo«Non si possono mettere tennini / gliarne un altro e costituire un'oligarchia di operai, mentre per la pace sociale nell'ora che volge si deve cercare di non lasciare mai sfuggire le difficoltà che contrastano la vita degli umili. Affermare sempre la capacità del lavoro, considerare come tramontato il vecchio concetto capitalistico del lavoro merce - ritenendo i lavoratori solo partecipi di un fatto produttivo puramente economico, mentre devono sentire d'essere partecipi anche di un fatto speciale e politico: la difesa del Paese.>> Ritengo che per la preparazione alla gue1Ta , così molte volte dicevo o scrivevo, i provvedimenti devono essere studiati e predisposti fin dal tempo di pace, perché a parte il travaglio e la fatica degli animi, si riscontrano sempre gli effetti della improvvisazione, e non è né opportuno né conveniente che le idee si debbano apprendere dalla forza medesima delle cose e dal rilevarsi successivo dei bisogni. Nel 1938 ebbi una polmonite, contavo dopo la guarigione lasciare il COGEFAG ma c 'era sempre in sospeso la questione della nuova Aitiglieria Italiana. Si trattava della J.nia Alma quante volte a Palazzo Venezia ho ripetuto le ultime parole elette da Napoleone I a S . Elena. Au jour décisif d'une action générale, le chef sentira cruellement son inferiorité en artillerie. Studi erano stati fatti e compiuti, i prototipi esistevano, ma nessuna prospettiva luminosa di realtà si affacciava nei programmi, mentre intanto nelle riviste (ove mai anelavo) si continuavano a mettere in mostra per gli Italiani e peggio per gli Stranieri, artiglierie già sorpassate. · Battezzato Ufficiale cl' Artiglieria il 16 Luglio 1872 con pensiero costante per la mia Arma, ho cercato sempre di rappresentare al Capo del Governo la complessiva importanza della nuova artigl ieria e l'opera del COGEFAG alla stregua dei sentimenti che la determinavano. In passato c'erano stati troppi studi al condizionale esprimenti dubbi, e così partendo dal 1927 si giungeva all'ultimo quadrimestre del 1938 in cui era il caso di coniugare i verbi al futuro esprimenti così la sicurezza. Dagli Allegati J3, 14, 15, 16) si rileva come l'iniziativa ciel COGEFAG rispondendo a bisogni fortemente sentiti malgrado i forti ostacoli che si opponevano alla sua marcia vittoriosa, trovò appoggio presso il Capo del Governo e finì cli tiionfare, potendo serenamente percorrere la sua via. Coi documenti messi sott'occhio non ho certo preteso cli svolgere l'argomento come l'interesse del medesimo richiedeva. Ma ho cercato di affermarne la complessiva impo1tanza, comunicando quelle che a mio credere sono le parti essenziali.
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La prima commessa relati va al Programma della nuova Attiglieria doveva essere quasi tutta ultimata nel 1° Semestre 1942 a cominciare dal Lug l.io 1940, ci fu poi una seconda commessa che doveva cominciare nel I O Trimestre 1942 e terminare quasi tutta alla fine del 1944. Non bisogna credere che sia facile fare trionfare le idee che rispondono a bisogni fortemente semiti , malgrado la potenza che banno in se stesse, forti ostacoli si oppongono sempre alla loro marcia vittoriosa, e prima che sorgano dalla oscurità c'è da discutere col tempo, cogli uomini, c'è eia fare i conti coi mezzi fin anziari disponibili . In una udienza a Palazzo Venezia ho portato due fotografie di bocche da fuoco (A Ile gato 17) che erano sfilate al 7 Magg io 1938 alla presenza del Cancel liere Hitler. Il vecchio AL/35 calibro 149 in compagnia de ll'Obice da 149 M 0 Skoda (preda bellica) gloria del passato ma non più all'altezza delle bocche da fuoco per la ricerca della vittoria decisiva, Artiglieria di ieri già tanto sorpassata, mentre occorrono le artiglierie di domani. Il Capo del Governo mi disse che anche gli Ufficiali Tedeschi e lo stesso Cancelliere Hitler avevano 1ilevato che avevamo come medi calibri delle vecchie Artiglierie. E io ripetei la mia solita frase: il nuovo rimpianga il vecchio ma è illusione credere che il vecchio arrivi a sostituire il nuovo. Quando non si tiene conto degli ultimi perfezionamenti della tecnica, e degli ultimi progressi della Scienza si va incontro alla crisi di vecchiaia, si è dei sorpassati. Quindi necessita di sciogliere I' Artiglie1ia Ita liana da ogni ceppo che ancora I'avvinceva e la tormentava. Le malattie si guariscono alla radice, o rimangono e si incancreniscono. Nel docu mento XIII si legge: nuova Attiglieria per economizzare il sangue e aumentare il rendimento de l l'acciaio. Nessuna fraseo logia conosco i dati della Francia dai quali risui(a la dirninu:lione di perdite nella fanteria d i mano in mano che si sviluppava l'impiego del materiale di guerra. coll'intervento più efficace dell' Attiglieria che ne affrontava le conseguenze . Sin dai primi giorni in cui mi sono occupato della Mobilitazione Civile ho sempre parlato di Sco1te e di materie prime di rise1va. E convinto della necessità di collaborazione fra i militari e i civili. ho con profonda convinzione cercato di non creare dei fossati ma invece dei ponti. Però il fatto sta ne lla certezza di avere i mezzi e non l'ho mai raggiunto mentre nella preparazione alla gue1Ta la sola fiducia è un sentimento che non arriva ad appagare le effettive necessità delle armi e delle munizioni. Un po' la Politica delle Sanzioni - Ottobre 1935 - un po' l'economia nelle commesse e la riduzione nelle impo1tazioni - Nov. 1935 - un po' la 1iduzione della quota di divise estere per impo11azione - Luglio 1937 - cui fecero seguito la riduzione ciel 30% per la produzione dell 'acciaio da l Sett. al Dee. 1937 e la riduzione in valuta del settore rottami e metalli 25 Agosto 1939 - fecero sì che la preparazione alla guerra subì continue scosse e spesso dovette fare macchina indietro. I documenti (Allegati 18, 19, 20) che comunico, indicano i miei ultimi passi nel COGEFAG e come abbia cercato di serenamente percorrer la mia via col concetto del! 'azione unica per cui fu creata la mobi Iitazione cumulativa, e colla convinz ione che la collaborazione sia un sentimento cli solidarietà quando si tratti della preparazione alla guerra. Sempre ho messo sott'occhio la situazione vera della preparazione alla guerra per quanto riguardava il COGEFAG, i dati e le cifre non erano consolanti, ma erano veri, e spesso ripetevo. Non posso dispensarmi dal mio dovere. E racconterò un episodio. I.I giorno 28 Set.te l 938 ero a Palazzo Venezia per la solita udienza . Appena ricevuto alle 17 e I/4 il Capo del Governo mi disse: Dallo Iio mi parli subito della situazione delle materie prime e cieli ' ATtiglieria, perché alle 18 debbo partire per Monaco per inconu·anni con Hitler, Chamberlain, Daladier. Allora esclamai = Il patto a quattro 1itorna a galla dopo 5 anni- Manco male perché abbiamo imperiosa necessità di pace. La situazione delle Materie Prime con nitta le riduzioni imposte causa le valute era veramenc·e infelice, non era mai stata così ridotta dal 1935 per la Scorta rottami feITo e acciaio, e nelle materi.e prime di monopolio vi era ben poco respiro. Per l'Artiglieria si stava seguendo la via più spedita ed efficace, ma cominciando dal 1° Luglio 1940 i resultati maggiori si sarebbero avuti nel 1941. 1131 Agosto 1939 il mio compito come Commissario Generale per le Fabbricazioni di guerra era finito (Allegato XXI). Ho lasciato Palazzo Vene7,ia nell 'ul tima udienza, colla convinzione che non saremmo entrati in guerra anche se la Germanja lanciasse un ultimatum alla Polonia. Mi vengono a parlare di 65 Divisioni che saranno pronte ma (e prese in mano il mio specchio delle materie prime) vogliono fare la guerra con le rape ... così mi disse il Capo del Governo. Egli sapeva che io ero antiteclesco più volte g liel'ho d ichiarato, accennando a 1icorcli di famigl ia che presto metterò sott'occhio. Il Ministro G uarnieri gli fece leggere la mia lettera 5 Apri le 1938/ (Allegato XXII) e disse= Dallolio è vecchio ma non è burocratico. l Senatori mi hanno tante volte sentito parlare del 12 Giugno I 859, partenza degli Austriaci da Bologna. Quel ricordo della mia lontana infanzia era impresso al vivo nella mia memoria, e avevo sempre mantenuto la promessa fatta a mio Padre di non dimenticarlo mai e che mi sarebbe rimasto per tutta la mia vita caro e memorando. Ho avuto occasione di ricordare tuttociò a Bologna nel 1918, quando come Ministro delle Armi e Munizioni sono andato a parlare per raccomandare le sottoscrizioni al 5° Prestito Nazionale. Antitedesco sono rimasto sempre (mio padre liberale del 1848 era stato Deputato nell'Assemblea dei popoli delle Romagne, la cui prima dichiarazione del 6 Sett. 1859 fu rivendicato il loro diritto non vogliono più governo temporale
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pontificio-) e il 2l Aprile 1945 quando sono giunto in Piazza con mia figlia Elsa, pareva che in Bologna persino l'aria fosse mutata, infatti era aria di libertà come 86 anni prima. I Tedeschi erano partiti, c'era la gioia di sentirsene liberati, dopo una attesa che diventava sempre più angosciosa. Senatore sin dall '8 Marzo 19 17 (R 0 D 0 23 Febbraio 1917) fui dei primi ad appartenere al Gruppo degli Indipendenti che mirava a valorizzare la vittoria e a sostenere la ricostruzione laboriosa e ordinata del Paese con vigore di disciplina e di lavoro, per risorgere dal disagio acuto lasciato dalla guerra (Allegati IV e V). Naturalmente l'Unione Fascista non mi riguardava non essendo inscritto nel Partito , anzi nel Dicembre .l933 in seguito a decisione del Capo di tale Unione, i nuovi Senatori che erano inscritti al partito, per la prestazione del giuramento dovevano essere introdotti nell'Aula eia Senatori tesserati. Ragione per cui all'ultimo momento fui sostituito eia altro Senatore nell'introdurre il Senatore Giuria. Ricordando quanto mi era avvenuto, pure in seguito pregato da parecchi Senatori non volli assolutamente più accompagnarli per la prestazione del giuramento. Non ammettendo si parteggiasse nell'ammissione de i nuovi Senatori, mi era bastato il primo incidente per decidermi a non volerne più sapere d 'introdurre dei Senatori per prestare il giuramento . Non ho mai voluto appartenere a Commissioni Legislative sin dalla prima seduta 3 Maggio 1939 , e dalla fine del 1937 per tutto il 1938 mancai per 2/3 delle sedute del Senato. Ho parlato al Senato come Senatore , non tenendo conto cli quando ero Sottosegretario e Ministro, in diverse occasioni sino al 1930 e cioè: 30 Marzo 1925 Organizzazione della Nazione per la guerra (Allegato XXITT al XXIII bis) 9 [Marzo] 1926 Ordinamento del R 0 Esercito (Pel servizio tecnico della Artiglieria (Allegato XXIV) 8 Giugno 1926 Bilanc io dei Lavori Pubblici (Ponte cli Madrisio - Linee ferroviarie de l.la Venezia Giulia e Venezia Tridenttna) (AIJegato XXV) ; 7 lGiugno) 1927 Parlo sul Verbale. Preparazione tecnica e scientifica degli Ufficiali di Artiglieria italiana (Allegato XXVI) 18 Maggio 1929 Utilizzazione delle Rocce Asfaltiche (Allegato XXVII) 26 Giugno 1929 {Elettrificazione della ferrovia Aosta Prè S.Didicr {Istituzione d i un'Opera Nazionale per gli Orfani di guerra (Allegato XXVIII) 16 Decembre 1930 Trattamento cli ausiliaria per gli Ufficiali dei gradi di Colonnello o di Generale (Allegato XXIX) Nessun discon,o a partire dal 1917 feci mai su argomento poiitico - il mio Credo era la preparazione a lla guerra e perché si elesse non una lira di più, ma non un centesimo di meno. E quando ho avuto l'occasione ho sempre ricordati i Tecnici e J'indust1ia privata. Non sono mai stato un uomo politico, in tutte le Stagio ni della mia vita rni sono occupato prima dell ' Artjg)ieria, la mia Axma, poi della Difesa del Paese di mano in mano che avevo la possibilità di efficaci iniziative. La motivazione delle Decorazioni della Croce di Commendatore dell'ordine Militare di Savoia (R 0 D 0 23 Maggio 1917 di Moto Proprio di S .M. il Re Disp.sa 4 1 1917) dimostra l 'opera mia nella guerra 1915-19 18 . Direttore Generale di Artig lieria al Ministero della G uerra, indi Sottosegretario di Stato per le Armi e le Munizioni fu l'ani ma dell'impianto e del successivo grandioso ampliamento elci servizi istituiti per provvedere le grandi quantità d'armi, di artiglierie, di munizioni e cli mezzi bellici di ogni genere che l'Esercito a lla frontiera reclamava. Sereno, instaneabìle, attivissimo, animato si meravigliosa fiducia nella virtù dell'Esercito e nelle energie del Paese, organizzò la mobil itazione delle industrie metallurgiche nazionaU , ri uscendo anche nei momenti p iù difficili ad assicurare i rifornimenti cli arrni e di munizioni presso l'Esercito operante. Quanto ho precedentemente esposto dimostra come il mio costante pensiero al cli sopra cli rutto sia stato la preparazione alla guerra dell ' Italia dal punto di vista più comprensivo daJ 1923 al l 0 Sett.e 1939 per via della Mobilitazione Industriale. Quando, dopo avere impiegate tutte le mie forze al servizio della Patria vidi che non mi era possibile compiere il mio dovere come sentivo e intendevo, chiesi il 12 Giugno 1939 di poter lasciare libero il mio posto (Allegato XX) e cl 'allora 1° Settembre 1939 vissi per 4/5 dell'anno in campagna a 17 Km da Bologna come dirò in seguito. Ora, per via della gue1Ta tutto è distrutto in quelle terre cli cui avevo l'usufrutto, per affettuosa decisione di mio fratel lo (morto il 17 Gennaio 1935) affinché più sereni e più tranq uilli fossero i miei ultimi giorni - non c'è più nulla. Alle rovine fatte dai Tedeschi, novelle rovine sovrapposero gli Alleati - nessuna speranza posso alimentare a 92 anni compiuti. Ero al Governo il 24 Ottobre 1917 (Caporetto) e quando per un momento tutto parve disperato, avevo visto la reazione del Paese, e la vittoria del Piave e di Vittorio Veneto mai più immaginavo la somma di tutti i sacrifici dell ' Italia nel 1945, dopo il tributo di sangue, di vite, cli sofferenze di privazioni , cli ansietà pagato a partire dal 10 Giugno 1940. Certo che una voce si leva dall'animo di chi Italianamente sente. Bisogna risorgere. Bisogna sopprimere le conseguenze della gueITa. Bisogna ricostruire laboriosamente, ordinatamente. È un g rido di invocazione, pur sapendo che per quanto mi riguarda non ho speranza alcuna cli una meta . Come ho detto e ripetuto non appartenni mai al Partito, quindi non mi riguardavano affatto le manifestazioni o aderen-
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ze più particolari cli esso; ho sempre ritenuto indispensabile che il Paese fosse preparato alla guerra per non trovarsi disarmato nell'ora ciel pericolo. Non disconosco certo le possibilità di errore, ma chi ha vissuto come me nel 1915-18 la preparazione della Nazione alla guerra doveva averla nel sangue, ed è perciò che l'ho seguita con tutta l'arùma. Mai ho sentito attrazione per la Germania, ed il giorno in cui fui nominato Presidente ciel Comitato di Mobilitazione Civile mai avrei creduto che il mio Paese si sarebbe un giorno associato ad essa . Si può addormentarsi per un momento in quella fiducia che non sempre si ragiona ma l'Allegato XXII, esprime il mio continuo e vigoroso pensiero dal 12 Giugno 1859 ad oggi , per le mie convinzioni profonde e meditate. Dal l Settembre 1939 mi sono ritirato eia tutto - non più Commissario Generale per le Fabbricazioni di guerra, non inscritto nelle Commjssioni Legislative sin dalla l " Seduta - 3 Maggio 1939 - in campagna per oltre i 4/5 cieli' anno, e dal 4 Aprile 1943 a J7 KM da Bologna (Pianoro) sulla strada della Futa ... a Bologna sino al 29 Aprile 1945. La guerra infuriava nelle varie località ove sono rimasto. Ho conosciuto lo smembramento delle fam ig lie, le ansietà indicibili, i ricordi più taglienti. Nel 1939 speravo non si entrasse in gue,n ...... si parlava tutto al più del 1942 e si affermavano le volontà pacifiste ...... Allora c'era tempo di riflettere sull'interesse ciel Paese. Ho già parlato di riduzioni nelle commesse e nelle materie prime sino negli ultimi giorni di Agosto 1939 e quindi i mezzi erano limitati e io ritardo. Per l'Artiglieria rimasi un anno cli più nel COGEFAG, ma era la mia grande passione (Allegato Xlll) e se la guerra si deve potere e sapere far bene, se le gesta cieli' Artiglieria si conoscono si deve perciò giustamente apprezzarla. Non sono mai stato militarista (Allegato XXX) ho lavorato pel mio Paese , senza nulla mai chiedere, come era mio dovere. Ciò che hanno creduto meritassi Io dico alto e forte, non l'ottenni mai per favore. Una cosa sola chiesi al Capo del Governo e cioè= che le Colonie scolastiche Bolognesi di Alberto Dallolio - fondate per prime in Italia nel I 889, a vantaggio dei fanciulli poveri e gracili delle Scuole Elementari di Bologna - non fossero assorbite dal Partito. M i rispose - Suo fratello è 1,;tato un precursore - non saranno toccate. Sono uno dei pochi superstiti di una generazione ormai tramontata, e respingerei un privilegio che mi sottraesse all'impero della Legge, ecco perché ho esposto quanto ho fatto dal 4 Febbraio 1923 al 1° Settembre 1939 mettendo sott' occhio tutti i relativi documenti. Con serenità e con fede attendo il giudizio clell 'Alta Corte sull'opera mia d 'Ttaliano.
Alfredo Dallolio Trascrizione della Memoria del Senatore Dallolio all'Alta Corte di Giustizia per le sanzioni contro il Fascismo.
Nessun rilievo veniva mosso a Dallo1io. Come scriveva a Elsa nel 1950, il biglietto di un amico gli av~va <<fatto aprire gli occhi» in merito a un'eventuale nomina a Senatore della Repubblica da parte de] Presidente della Repubblica Einaudi: «Il biglietto di Bassi mi ha fatto aprire g1i occhi ed ecco subito a scriverti pregandoti di comprendere anche quanto non è stato chiaramente da me espresso. Il Giornale dell'Emilia dice, secondo Bassi, "Il Presidente della Repubblica sembrerebbe intenzionato di nominare il Generale Dallolio Senatore della Repubblica". Nella Costituzione della Repubblica Italiana (articolo 59) si legge: "Il Presidente_del1a Repubblica Einaudi può nominare Senatore a vita cinque cittadini che hanno ill ustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario". In tutta coscienza gli altissimi meriti nel campo sociale (escludo subito gli altri) posso dirle di averli . Non è assolutamente il caso di fermarsi sui vantaggi materiali . .. passare oltre è fermo dovere.» 9 «L'aver fatto il proprio dovere dal 1° novembre 1870 come soldato nei servizi resi alla Patria impiegando tutte le mie forze. L'avere 97 anni ed essere stato onesto. L'avere tre volte rifiutato la tessera d'onore del Partito Fascista di cui una volta allo stesso Mussolini può catalogarsi come altissimi meriti nel campo sociale? In seguito all'Ordine del Giorno della Commissione Parlamentare d'inchiesta sulle spese di guerra - a te ben noto - sono stato ricompensato largamente sin dal 1923 e non ho mai pensato certamente a chiedere di più. Oggi, mezzo invalido diciamolo francamente in che maniera posso servire la Patria come Senatore della Repubblica? Eppoi volere o no per 17 anni ho lavorato con tutta indi-
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serie lettere ai familiari, lettera del 12 giugno 1950 a Elsa .
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pendenza se vuoi , ma dopo ho lavorato seguendo ordini e indirizzo di Mussolini, oggi gli eventi reclamano uomini nuovi. Se Vittorio Emanuele III chiamava revenant Bonomi, cosa sono io che ho 20 anni di più? Ma si sa di più c'è una questione di carattere e non sentimento di riguardo e questa questione mi sta veramente a cuore.» 10 Sempre nel 1950 avrebbe scritto atJcora a Elsa: <<Il mio gruppo che riunisce Senatori non epurati dall 'Alta Corte di Giustizia ha riunito di recente molti Senatori che si agitano per essere richiamati come Senatori della Repubblica. Ho visto un loro Promemoria che ritengo sia stato presentato al Presidente del Senato. Io dichiarai esplicitamente quando me ne parlarono che ad esso non avrei aderito perché c'erano troppe considerazioni sui meriti dei Senatori del Regno , ed ero abituato che le mie note caratteristiche le facevano i miei Superiori ma non le esibivo io. Ed ora cosa succederebbe? Direbbero certamente Dallolio è stato rigido nelle sue conclusioni per lavorare per conto suo, ci sarebbero delle considerazioni per me spiacevoli , e d 'altra parte perché far traboccare una sorta cli supeliorità? In un gruppo ben distinto, saldissima estimazione per me solo, e per altre decine di Senatori nessuna considerazione. Per ultimo i Partiti estrenù vorranno analizzare gli altissimi meriti di questo avanzo di generazione tramontata e proprio a 97 anni debbo essere passato al vaglio della pubblicità. Dopo letto quanto dice il Giornale dell'E~11ilia ho cominciato ad avere dei dubbi: ] ) Triplice elogio di Orlando, 2) Indirizzo di 32 Senatori, per iniziativa cli Gasparotto (7 PRI, 12 DC , 4 Gruppo Misto [illegibili i restanti]), 3) L' insistenza del Senatore Angiolillo per l'intervista. E allora ho fatto il mio esame di coscienza e ho deciso cli far sentire quanto prima al Presidente Einaudi per mezzo di Bergamini ed Anselmi la mia viva preghiera di non essere nonùnato Senatore della Repubblica. Lasciando libero il posto credo di compiere un dovere ma nel tempo stesso voglio esprimere la mia vivissima riconoscenza verso Chi mi avrebbe prescelto. Posso sbagliarmi, ma comincio acredere che Orlando col suo gran cuore abbia avuto la onorifica iniziativa valorizzando il 21 giugno di cui serberò sempre gratitudine pur non accettando. Gina è in tutto della mia opinione. Torniamo all'ottobre 1914. Allora ero a None quando rinunziai al posto di Ministro della Guerra. Spero, come allora, di. avere la tua approvazione.» 11 Dallolio ribadiva e spiegava il suo antifascismo, anche in un'altra lettera: «Come sai io non sono fascista, ma distinguo, io riconosco la necessità di ricostruire laboriosamente e ordinatamente, e francamente si stava peggio con tutti i sullodati Signoli Nitti, Giolitti , Bonomi, Facta ecc., ecc., ecc., almeno se non altro le Ferrovie ed i Servizi Elettrici funzionano, mentre in passato ... erano cibo pel turpiloquio.» 12 Dallolio con queste convinzioni si rivolgeva anche al suo vecchio Presidente del Consiglio Orlando chiedendo il suo interessamento, presso il Presidente della Repubblica, per non essere nominato Senatore. E in questa azione si rivolgeva anche a un altro amico: il Generale Montefinale.
Il comportamento di Dallolio era stato certamente agli antipodi di quello dei principali attori del primo conflitto mondiale che, a pochi anni dalla conclusione, si stavano contendendo le commende da ricevere. Egli era molto preoccupato per ciò che questa disputa avrebbe potuto provocare nell'opinione pubblica: « ... È inutile invocare da mattino a sera i poveri morti quando la clémence sainte sta nel cassettino delle offerte. Guai a venire alla luce come e perché non si fece l'offensiva nell'agosto 1918 quali le compromissioni Orlando-Diaz con Foche se venisse alla luce la verità vera dell'offensiva che culminò con Vittorio Veneto nonostante le gesta eroiche ... di Caviglia e C.» 13
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lbid. 11 lbid. Il
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serie lettere ai familiari, lettera 15 dicembre 1922 a Elsa.
Capitolo 51 DALLOLIO «POLITICO»
Dallolio , nell'ambito dell'Intesa, non si stancava di richiedere rappo1ii paritetici; continuava a essere molto critico sui rapporti fra alleati, che non vedeva finalizzati a un intento comune. Nel 1915 si mostrava scettico sulla condotta militare delle operazioni: «E hanno preso la realtà per ombra. Inghilterra e Francia hanno scherzato col fuoco . La situazione è chiara, non è in Francia che si risolve la guerra e non è affamandola - senza riuscirci - che si piega la Germania.» 1 Come dimostrato da una lettera alla figlia Elsa, egli avrebbe mantenuto queste sue convinzioni anche a guerra conclusa: « ... Ma lasciammo alla paura tedesca dei Francesi libero il varco, e lasciammo così creare una situazione intollerabile per l'Austria e per l'Ungheria, fomentando le aspirazioni di popoli giovani i quali dimenticano la Germania ... Naturalmente la Germania si unirà alla Russia, la Russia diventerà il grande bacino di alimentazione di tutti i mezzi dì tutte le energie tedesche per i tedeschi, russe per i tedeschi ed è naturale . Quando un popolo si desta si può pretendere di soffocare, di avvelenare la Germania, di ridurla alla disperazione? Verrà un giorn() in cui l'egoismo inglese pagherà il fio, come la pazzia politica di Poincaré e le schifose gesta militaristiche dei neri francesi pagheranno il fio. Eravamo piccoli e si maledicevano i croati, e crescevano coll ' odio croato, in casa, dappertutto era un crescendo di odio verso i croati è arrivato il giorno in cui si é lanciato il grido Va fuori stranier come una tempesta sui campi, un tifone in mare ... Pensa colla disciplina tedesca, colla educazione tedesca che battesimo, che legioni, che costruzioni, che preghiere ... di odio!!! C'è da meravigliarsene? No certo. L'hanno voluto.»2 Ma oltre a confutare la condotta militare, Dallolìo era molto critico sul comportamento dei singoli Paesi. Nel 1916 scriveva: «L'Inghilterra segue la sua via, il suo programma e si preoccupa sino ad un certo punto dei suoi alleati, e secondo me non ha la visione esatta di ciò che avviene fuori della frontiera occidentale. I Russi non sono né appoggiati né aiutati come si dovrebbe materialmente e diplomaticamente. I Greci saranno come sempre falsi, tedescamente in tutto, vedrai».3 Dopo un anno ritornava sull'argomento col Ministro del Tesoro: «I rifornimenti coll'America, mentre sembravano i più sicuri e caso veramente più unico che raro ci si offrivano i denari purché spendessimo, invece all'atto pratico tutto sta sfumando.L'America studia come darci i r.ifornimenti a buon prezzo, intanto dà commesse su commesse per conto suo e cerca di stornare i nostri contratti ancora in corso, l 'Inghilten-a accapmn quanto più può pel 19 l7 e pel 1918 , e noi rimaniamo a mani vuote. Il caso è grave e non è a dire che io non abbia guidato e suonate a stormo le mie campane, ma la situazione dolo.rosa dei rifornimenti è tale e quale io la riferisco. Se si vuole di più l'Inghilterra in agosto non ha ancora date le materie prime promesse per maggio. E siamo in guerra.»4 Ritornava, poi, a illustrare la situazione alla figlia: «L' lntesa zoppica molto perché i Francesi lavorano per loro conto e nei Balcani, senza fare giri di parole, li abbiamo contro o meglio fieri oppositori. Tutti sono per loro e non fmmo mistero della loro propaganda, a noi nefasta, come in Tripolitania. Per fortuna in Germania ed in Austria stanno poco bene per altre ragioni non ultima quella dell'appetito. Appaiono all 'orizzonte delle bandiere bianche che scmo tenute da mani sporche e da neutralisti, guai a noi se non riusciamo ad avere una vittoria, una grande vittoria, finiremo per essere invece di un popolo un branco di pecore.»5
serie lettere aifamiliari, lettere ai familiari, 3 APTGP, serie lettere ai familiari, 4 lbid. 5 MCRR, fondo Dallolio, b. 953, f. ' APTGP,
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APTGP, serie
lettera 11 novembre 1915 a Elsa. lettera 4 settembre 1922 a Elsa. lettera 14 settembre 1916 a Elsa. .12, I. 14.
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Anche dopo il termine della guerra Dallolio restava molto scettico sul comportamento degli altri stati europei, dandone anche la colpa a come venivano condotte le trattative di pace. «Gli accordi nostri coll'Austria debbono essere ben misurati per non creare dei malanni maggiori volendo curare un male. È inutile illudersi i Cecoslovacchi e gli Iugoslavi sono contro di noi, e saranno sempre di più contro di noi perché l'odio italiano è per loro il miglior cemento. Peccammo noi nella scelta cattiva dei rappresentanti - civili e militari - nella solita politica negativa ieri coi Francesi, oggi cogli Inglesi , nel non aver compreso che l'avvenire porterà ad una rivolta della Germania e della Russia e della Turchia e dell 'Austria e degli Ungheresi contro mutilazioni chiamate per scherno trattati, contro sopraffazioni: cinque granate per in-isione delle garanzie.Anch'io un tempo sperai nei Cecoslovacchi perché non pareva naturale la loro alleanza, perché non c'erano dissidi di terre, di confini, di razze, di tradizioni, dì storia, a parte quel po' di gratitudine perché senza di noi sarebbero Ungaro-Austriaci più che mai.>>6 In questo contesto internazionale DaJlolio guardava preoccupato all'Italia: «È inutile voler sbandierare la pace quando tutta l'Europa è in fiamme, mai c'è stato un momento in cui occorra maggiore la vigilanza e più sicura la difesa delle porte di casa .... Mai c'è stato un momento in cui più di oggi I 'Itali.a abbia necessità di fare una politica italiana mettendo I' ltalìa sovrattu tto. La mobilitazione nazionale deve impedire quelle affannose improvvisazioni delle ore d'angoscia nelle quali i grandi critici imboscati dietro il messale o dietro gli scaffali delle biblioteche o scuri negli scranni di Montecitorio o Palazzo Madama trovano quegli errori - e c'erano - dovuti ad un'imperiosa necessità produrre ad ogni costo.» 7 Come aveva scritto anni prima (il 31 agosto 1916) a Bissolati: «Occorre parlare da pari a pari, e ripeto sempre che siamo alleati, non chiediamo aiuto e voglìamo essere collaboratori sicuri. forti e coscienziosi ... Ma il Comando Supremo dovrebbe stare in guardia con gli addetti militari perché sono amici, fratelli ma grattati sono sempre addetti militari, col relativo servizio informazioni.»8 In particolare poi, egli era molto critico nei confronti degli inglesi: «In quanto al sacro egoismo degli inglesi io ne sono convintissimo, ed è perciò che emanato il programma ho preso posizione: "Per attuare il programma occorreranno le materie prime che risultano dalle mie richieste, e quindi se avrò le materie prime risponderò della realizzazione del programma, se no, no". E Lloyd George rimase, mi ascoltò in seguito colla massima benevolenza, e spero molto pel mio Paese.»9 Per restare sul tema dell' <<egoismo» degli alleati, Dallolio il 3 agosto 1917 aveva scritto a Nitti sottolineando l'azione accaparratrice svolta dall'Inghilterra, già riportata nella pagina precedente. Dallolio ci teneva a mettere in chiaro che non aveva alcuna intenzione di sfruttare la posizione raggiunta per entrare in politica. <<lo non ho mai avuto intenzione di fare l'uomo politico ... Premesso ciò credi a me nessuno chiede di fare l'uomo politico. Tu rni conosci abbastanza per sapere che mi manca un lato: la resistenza alle maramalderie e alle porcherie che come fango servono a tanti politicanti per farsi strada .......eppoi io sono un'artista che canta finché è sul palcoscenico, ma fuori dal palcoscenico perde la voce.» 10 Sicuramente anti-tedesco. Non occorre soffermarsi su questo aspetto perché è già stato messo in luce, ripetutamente, in precedenza. È sufficiente, in questa sede, richiamare soltanto una sua frase molto illuminante: « ... Quando l'Esercito era antifrancese io ero più che mai antiaustriacante. E da anni non c'è ora in cui non pensi a Venezia per l'Italia, non guardi ]e terre irredente pensando .... come fare per vincere ... ». 11 Ma dopo la guerra lo preoccupava la rinascita tedesca, specialmente l'espansionismo econo-
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serie lettere ai familiari, lettera 4 settembre 1922 a Elsa. serie lettere ai familiari, lettera 23 febbraio 1923 a Elsa. 8 MCRR, fondo Dallolio, b. 954, f . 2, I. ll, p. 3. 9 MCRR, fondo Dallolio, b. 954, f . 2, I. 11, p. 2. 10 AJYfGP, serie letlere ai familiari, lettera 2 marzo I 9 I 8 a Gina. 11 APTGP, serie lettere ai familiari, lettera 1914 rs.c!.] a Elsa. 7
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mico: «I Tedeschi piangono miseria, ma intanto cercano anche in Italia cli acquistare stabilimenti massime se interessanti la Difesa Nazionale. Anche cli recente ho dovuto scrivere a Conti il quale mi risponde per Villadopoli: "Fra le varie richieste ce n'era effettivamente una in cui il capitale straniero era largamente interessato. Però per le stesse preoccupazioni che muovono V.E ... "» . 12 Altrettanto sicuramente contrario al regime comunista che si era instaurato in Russia, a causa della pericolosità che egli intravedeva nella divulgazione delle sue teorie: «La Russia ha riscaldato i cervelli malati e non si cammina verso una evoluzione, il che è logico e naturale, è la vita, ma verso una rivoluzione rossa di gente che nulla sa e tutto spera che crede come i comunardi che [parola illeggibile] la pena di lavorare e invece la distruzione alimenta la vita» .13 Dallolio, qualche anno dopo, interpretava il «Problema Russia» come un possibile elemento perturbatore dell'economia europea: «C'è un problema grave: la Russia non è il caso di guardarlo con il cannocchiale a rovescio; è problema politico oggi, domani terribilmente economico. Ferro e carbone sono la vita di un Paese, guai a noi se sbaglieremo anche questa volta la soluzione, addio visione dell'Italia in alto.» 14 Non era stato mai iscritto al Partito Fascista e aveva rifiutato per tre volte la tessera offertagli: - la prima volta dal Segretario del Partito Turati; - la seconda personalmente da Mussolini che informava Baistrocchi, Sottosegretario alla Guerra, del rifiuto; - la terza dal Presidente del Senato Suardo. «Come ho detto e ripetuto non appartenni mai al Partito, quindi non mi riguardavano affatto le manifestazioni o aderenze più particolari di esso.» 15 Di conseguenza, una nuova procedura instaurata al Senato e riservata agli iscritti al Partito veniva osteggiata da Dallolio. «Naturalmente l'Unione Fascisti non mi riguardava non essendo inscritto al Partito, anzi nel Dicembre 1933 in seguito a decisione del Capo di tale unione, i nuovi Senatori che erano inscritti al Partito, per la prestazione del giuramento dovevano essere introdotti nell'Aula da Senatori tesserati. Ragione per cui ali' ultimo momento fui sostituito da altro Senatore nell'introdurre il Senatore Giuria. Ricordando quanto mi era avvenuto, pure in seguito pregato da parecchi Senatori non volli assolutamente più accompagnarli per la prestazione del giuramento. Non ammettendo si parteggiasse nell'ammissione di nuovi Senatori, mi era bastato il primo incidente per decidermi a non volerne più sapere d'introdurre dei Senatori per prestare giuramento.» 16 Nonostante la mancata iscrizione al Partito, nel 1923 Dallolio aveva apprezzato un intervento di Mussolini: «Ieri ha parlato Mussolini in modo da guadagnarsi l'approvazione generale. Sino i diplomatici come Imperiali e Pansa erano entusiasti. Invece il discorso del Presidente del Senato è stato un sacco di .. . cose non vere, e bisognerebbe dimenticare gli applausi a tutti i Presidenti del Consiglio passati ed essenzialmente i turibolamenti per lui e Giolitti ... » 1; e scriveva a un' amica: «Se i brontoloni acidi statutari avessero sentito Mussolini Venerdì 29 ore 16 a Palazzo Chigi, non avrebbero ce1to più parl_ato cli Giolitti , il ricostruttore degli edifici tarlati, dominatore degli ostacolì girati. Cosa importano a me le volate per contestare le legioni impazienti di camiciotti neri, quando nelle occasioni e nei momenti_veramente importanti l'uomo è a posto e come a posto, Mai avevo ascoltato in una Comune di tale genere incidere la volontà e sintetizzare gli scopi reali .» 18
serie leuere ai familiari , lettera 15 febbraio 1922 a Elsa. serie lettere ai farniliari , lettera 20 maggio l 917 a Gina. 14 APTGP, serie lettere ai familiari , lettera 1O marzo l 923 a Elsa. 15 APTGP, serie fascicoloni, fase. I , f. 13, bozza Memoria del Senatore Dallo/io all'Alta Corte di Giustizia per le sanzioni contro il Fascismo, p. 12. 16 APTGP , serie fascicoloni, fase. I , f. 13, bozza Memoria del Senatore Dallolio all'Alta Corte di Giustizia per le sanzioni contro il Fascismo, p. 9. 11 APTGP, serie lettere aifamiliari, lettera 17 febbraio 1923 a Elsa. 18 APTGP, serie lettere ai familiari, lettera 1° luglio 1923 a Giuliana. 12
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Sempre nel 1923 aggiungeva: <<Mussobni ai grandi mutilati, vale ben di più delle rivolte ideali zuccherine dei professori di libertà tipo Zanardi, Bucci, Treves, Bombacci, Turati .»'9 Ancora più dettagliato un giudizio sul Capo del Governo , al termine di una riunione del Comitato di Preparazione della Mobilitazione Nazionale (di cui Mussolini era Presidente), del giugno dello stesso anno: « ... Veramente si è dimostrato uomo di ingegno , sicuro delle decisioni, pronto nell ' afferrare e discutere le questioni e quello che è più importante - preciso e orientato.»20 Ma i sentimenti di Dallolio rimanevano profondamente anti-tedeschi, come ribadiva, ancora una volta, nella Memoria che aveva preparata per l'Alta Corte di Giustizia per le Sanzioni contro il Fascismo. «La mia profonda convinzione non mutò certo col mutare degli avvenimenti e vidi con preoccupata diffidenza l'avvicinamento alla Germania e con dolorosa amarezza il Patto cl'acciaio.»21 Ciò che preoccupava maggiormente DaJlolio era il clima cli into11eranza politica che, progressivamente, andava instaurandosi in Italia. Delle sommosse si erano già verificate in diverse località22 nel giugno 1914 in Romagna e nelle Marche, oltre a quelle di Napoli, definite dal Presidente del Consiglio Salandra «l'esplosione forse anticipata di un antecedente concerto criminoso»23 e sintetizzate in un telegramma del Comandante dei Carabinieri di Lugo al Ministro dell'Interno: «Verificaronsi fatti di eccezionale gravità ... ».24 E Salandra , Presidente del Consiglio e Min istro dell' Interno affermava ulteriormente: «Perché effettivamente (pare per una parola d'ordine data) l'azione devastatrice si è esercitata soprattutto nelle stazioni e sulle linee ferroviarie, nonché nella rottura dei fili telegrafici e telefonici.» 25 Che si trattasse, effettivamente, di «una parola d 'ordine data» era confermato dal fatto che arrivavano «anche in automobile, en grand seigneur, i membri del Comitato rivoluzionario che confermarono le notizie della rivolta .. . anche a Roma dove si era tentato di assalire al Quirinale la persona del Re, che il popolo aveva dato l'assalto al palazzo Reale due volte e che era stata salvata la persona del Re per miracolo .. . Si spargevano queste voci a breve distanza per ogni borgata, per ogni paese, lasciando tutti nella convinzione che effettivamente la situazione fosse estremamente grave ... confermando la voce che tutta l'Italia era in rivolta ... A mezzogiorno poi del giovedì, io coi miei occhi ho assistito alla proclamazione della Repubblica a Falconara Alta, coll'esposizione della bandiera rossa dalla finestra del palazzo municipale, bandiera rossa che poi con grande codazzo di popolo plaudente scese a proclamare la Repubblica a Falconara Bassa.»26 Dallolio, per questi antefatti, vedeva neJI'immediato dopoguerra l'Italia come «il paese più inquinato, [che] ha voglia di settimane rosse , pensa a cambiare forma , regime, indugia .... credendo di trovare pane e vitto da buoni mercanti che faranno miracoli all'ombra del proletariato imperante. Noi esageriamo in tutto, ieri gridavamo Viva Tripoli ora Morte a Tripoli, gli stessi che gridavano viva V. Emanuele ora sono pronti a gridare Viva Mussolini . E in questo navigare nelle incertezze, nell'essere pronti a mancare ai patti nella difficoltà enorme di tutelare la nostra indispensabi le emigrazione .. . noi cerchiamo le tinte cariche e bigotti ieri diventiamo scalmanati domani. Il Governo ha scosso il sentimento dell'autorità, il dovere non si riconosce che dal frutto, in una parola siamo sull'orlo dell'abisso. Ecco Ja situazione e se deve migliorare non sarà certo l'irÒnia di Salandra, la gotta di S. Giuliano e la numismatica di Vittorio che la cambierà.»27
serie lettere ai farniliari, lettera 12 marzo 1923 a Elsa. serie lettere ai familiari, lettera 30 giugno 1923 a Elsa. 21 APTGP , serie fascicoloni, fase. I, f . 13 , Memoria del Senatore Dallolio all 'Alta Corte di Giustizia per le sanzioni contro il Fascis,no , p. 5. 22 Ravenna, Forlì, Fabriano, Ancona. 23 APCD, Legisl. XXIV, 1• Sessione, Discuss.ni, 2" tornata del 2 giugno 19 14, Vol. lV p. 4.112. i,, APCD, Legisl. XXIV, 1a Sessione, Discuss.ni, 2" tornata del 2 giugno 19 I 4, Vol. IV p. 4.175 . 25 APCD, Legisl. XXIV, l" Sessione, Discuss.ni, 2" tornata del 2 giugno 1914, Voi. IV p. 4.176. 26 APCD, Legisl. XXIV, l" Sessione, Discuss.ni, 2• tornata ciel 2 giugno 1914, Vol. IV p. 4.179. 2 ' APTGP, serie Lettere ai familiari, lettera senza data [presumibilmente degli anni Venti] a Elsa. i?
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E il vecchio Generale non poteva comprendere questo cambiamento dei tempi. <<Pare un sogno vedere tutto cambiato, vedere questa febbre di denaro e questa rivolta al lavoro , vedere spenta ogni idealità, e questa massa crea folle in mano dei Malatesta28 commettere delle vere barbarie per odio, per rabbia idrofoba di morte .... E dire che doveva inaugurarsi la via delJa ragione e dell'amore, della giustizia e della libertà. Povero Paese senza uomini, senza energie in mano a condottieri anonimi o a condottieri stanchi di anima e di corpo.»29 Dallolio vedeva un clima di preoccupazione generale, tanto da chiedersi su quale strada si stesse incamminando l' Italia: «L'Italia sta per diventare una grande casa di nevrastenici. 11 Governo sogna catastrofi, immagina complotti ed è sempre pronto a rovesciare in ogni angolo camions pieni di guardie regie e carabinieri per organizzare disperate difese. Dove andiamo?>> 30 Egli osservava la promessa politica che si affacciava sullo scenario politico italiano con un misto di fiducia e preoccupazione: «Vedremo l'uomo a cui oggi tutta l'Italia affida fiduciosa i suoi destini cosa farà. È strano però come si dissipano presto le ombre. Piccola nùa tutto l'insieme mi da veramente la grande malinconia del silenzio e il grande desiderio della solitudine, bisogna proprio illudersi sempre e sino ali 'ultimo momento, bisogna ingannarsi sempre dietro fantasmi inconoscibili. La misericordia della vita deve essere dormire ed in più sognare?»31 Dallolio, quasi senza avvedersene, stava diventando il punto di riferimento di quanti erano rimasti scontenti dell ' andamento del dopo-guerra. «Tutti i giorni io vedo qualche Colonnello o qualche Generale e se ne vanno tutti malcontenti. E la falange dei malcontenti è l'evento di domani che sarà bolscevico senza saperlo, e sospirerà la distruzione senza la visione del futuro, senza capire dove andremo pel pane quotidiano, senza sentire che l'Italia senza un ideale diverrà il Cile o il Perù con grande consolazione degli alleati di ieri e dei maggiori nemici di oggi. Intanto i Cavalieri di Colombo portano milioni di dollari al Papa, gli Irlandesi preti prendono in America il posto dei preti Italiani. Tutti sono pessimisti oggi, perché quando l'incendio avvampa e le pompe funzionano c'è speranza di spegnerlo, ma aspettare che il Capo dei pompieri telegrafi gli ordini e i dispositivi è da pazzi. Quando le sentinelle facevano il loro dovere al grido "Sentinella all'erta" rispondeva "all'erta stò" ma oggi tutti sono diventati più Turchi del vero . .. E aspettano la fatalità. Addio cara E lsa, ho scritto in fretta, non ho predicato ho detto ciò che pensavo non ho brontolato .»32 Questo sentimento di scontentezza era dovuto, secondo Dallolio, a tre fattori : 1) la corsa sfrenata al potere che si eta scatenata, nella quale erano tagliati fuori quelli che, in trincea, si erano sacrificati veramente per la costruzione di un nuovo domani: «La caccia ai portafogli e sottoportafogli è qualche cosa d 'enorme, tutti vogliono gustare le delizie del potere ... L' ultimo pensiero di tutti è la responsabilità perché alla competenza nessuno più presta orecchio. E con tali requisiti si affrontano i destini di un grande Paese.»33 2) il clima diffuso di malcostume: «Cosa vuoi non si sentono che inganni, che malversazioni, che abbandoni e allora viene la voglia di dire a se stesso perché stare sveglio ... cosa aspettare ... è meglio dormire. Ho la convinzione che siamo sulla china; potremo forse arrestarci ma Iisalire per ora no; sciupati gli ideali della guerra resta solo gli orrori del sangue. E allora hanno ragione quelli che gridano Fuori i ~onti . Siamo alla vigilia dello sciopero dei metallurgici - bruciano i raccolti. Sciopera la gente del mare, ma 34 è possibile così salvare il Paese? E non è meglio andare a fondo eppoi dopo la rivolta ricostrnire?»
Errico Malatesta, maggiore esponente degli anarchici italiani, costituiva una guida delle giornate che poi vennero chiamate «la settimana rossa» del 1914. Cfr. anche R. Yillari , Storia con.temporanea, op. cit., p. 306. 19 AfYf'GP, serie lettere ai familiari, lettera 3 I agosto 1920 a Elsa. 3<l AJYfGP, serie lettere ai familiari, lettera 26 maggio 1920 a Elsa. 3' APTGP, serie Leuere ai familiari , lettera I 8 giugno 1920 a Elsa. 32 APTGP, serie teuere ai fwniliari , lettera 31 agosto 1920 a Elsa. 33 APTGP, serie leuere ai familiari, lettera 23 lnglio 1922 a Elsa. 3• APTGP, serie lettere ai familiari, lettera 15 agosto 1920 a Elsa. 28
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3) lo smarrimento del sentimento di pace per il quale si era combattuto: «Non mi persuade l 'indirizzo attuale per quanto suffragato dai brindisi di Wilson . . .. .. Noi perdiamo di vista 600.000 morti e facciamo consistere la pace in un bollo cli più ad un atto o patto che fu redatto quando le speranze rosse si alternavano coi dubbi oscuri .. ... . O la pace sarà una vera e grande pace oppure addio evoluzione ci metteremo sulla strada di una brutta rivoluzione perché anche gli incendi possono fecondare ma devono bruciare le erbe e le stoppie per fecondare i campi .»35 Ma due anni dopo essersi chiesto dove si stesse andando , trovava lui stesso la risposta individuando nelle lotte fra le opposte fazioni (fascisti e comunisti) la causa dei mali , oltre agli strascichi lasciati dalla guerra: «Siamo in pieno subbuglio per via delle lotte fra fasdsti e comunisti, a Bologna poi c'è mezza rivolta conseguenza dell'azione di un Prefetto molto Questore e poco Prefetto ... perché fascisti, nazionalisti, e destra formano una pattuglia non una maggioranza. Eppoi la guerra ha scontentato troppa gente e troppa gente ha interesse a soffiare su i carboni ardenti. Delle ragioni ce ne sono da tutte le parti, perché realmente a fronte dei gregari i Capi ebbero dei vantaggi e ne chiesero a suon di tromba urtando nervi e timpani ... ».36 Negli anni seguenti la sua maggiore preoccupazione era l'alleanza con la Germania. La possibil ità di «sortire nel modo migliore>> dal vicolo cieco in cui vedeva cacciarsi l'Italia appariva improvvisamente al Generale Dallolio allorché il Capo del Governo , nel corso di una udienza a Palazzo Venezia, gli annunciava la sua partenza per la Germania. Era una notizia così improvvisa e sconvolgente che il vecchio Generale sentiva il bisogno, l'indomani mattina alle 7 di scrivere alla figlia Elsa. «Ieri alle 17 quando sono entrato nel gran salone il Duce mi ha detto "Dallolio vado in Germania" . Allora patto a quattro ho detto subito quando mi ha nominato gli altri del convegno .. .. Momento indecifrabile. Veramente l'odierno convegno di Monaco è proprio l'appeno supremo .. . e speriamo nella pace vera e nella pace duratura nella pace spoglia di compromessi ed espedienti. Ieri sera avevo già telefonato a Gina per avvertirla del patto a quattT0.»37 Nel pomeriggio, all e 15, Dallolio riprendeva la scrittura di quella lettera così importante: <<Ieri sera avevo già telefonato a Gina per avvertirla del Patto a quattro. Speriamo bene ... abbiamo bisogno, urgente bisogno di lungo , pertinace e proficuo lavoro da svolgere nella tranquillità e nella concordia sociale. Il Convegno di Monaco si è iniziato, la riunione dei quattro costituisce già una vittoria della pace e la promessa di un ordine nuovo in Europa . .. del resto io sono chiaro, preciso e senza paroloni quando si tratta di fabbricazioni di guerra. Dopo S .E. Ciano mi ha raccontato tutti i dettagli ... Speriamo bene, abbiamo bisogno, urgente bisogno di lungo, pertinace e proficuo lavoro da svolgere nella tranquillità e nella concordia sociale . 11 convegno di Monaco si è già iniziato, la riunione dei 4 costituisce già una vittoria della pace e la promessa di un ordine nuovo in Europa.» 38 Una traccia di questa udienza, così importante per Dallolio e a dimostrazione della sua franchezza nell'esternare il proprio pensiero si trova anche tra i suoi appunti: «Il 28 settembre 1938 a Palazzo Venezia per le solite udienze , appena ricevuto alle 17 e 1/4, il Capo del Governo mi disse "mi parl i subito delle materie prime e delle Artiglierie, perché alle 18 debbo partire per Monaco per incontrarmi con Hitler, Chamberlain e Dalaclier." Allora esclamai: ':Il patto a quattro torna a galla dopo cinque anni. Manco male , perché abbiamo imperiosa necessità di pace" .>> 39 Evidentemente il vecchio Generale, consapevole dell e carenze italiane, guardava alla pace quale
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s APTGP, serie lettere ai familiari , lettera 7 gennaio 1919 a Elsa .
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serie lettere ai familiari , lettera 28 maggio 1922 a Elsa. serie lettere ai familiari , lettera 29 settembre I 938 a Elsa; cfr. anche APTGP , serie fascicoloni fase. I, f. I 3, bozza Memoria del Senatore Dallo/io all'Alta Corte di Giustizia per le sanzioni contro il Fascismo , p. 8. 38 APTGP, serie lettere ai familiari, citata lettera 29 settembre 1938 a Elsa. 39 APTGP, serie fascicolon i, fase. I, f. 13, Memoria del Sen. all'Alta Corte di Giustizia.per le sanzioni contro il Fascismo .
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estrema salvezza del Paese, e perciò possiamo comprendere la delusione di Dallolio sui risultati del Convegno. Con questi sentimenti antitedeschi era più che naturale il suo dolore al sopraggiungere del tracollo della Francia. Dal suo ritiro cli None commentava: «Certo era difficile prevedere una catastrofe per la Francia come l'attuale ... È doloroso pensare a Pètain a quell'uomo di tanto valore come cittadino e come soldato, pensare a 82 anni con un passato senza macchia dover firmare la capitolazione deJI 'Esercito e Francia.»40 «ln quanto agli inglesi se domani fucilassero Eden e Cecil che volevano affamare l'Italia batterei le mani».4 1 Abbiamo detto che Dallolio non era, sicuramente, filo-tedesco, non era certamente un bolscevico, né era fascista. Era un italiano convinto. Come tale allargava lo sguardo della sua visione politica anche agli statisti deg.li altri Paesi alleati che , seduti al tavolo della pace, stavano compromettendo i futuri interessi del nostro Paese. «Io ragiono a modo mio circa la Dalmazi a, ma riguardo al confine, all'ufficio del confine sono intransigente, voglio un limite divisorio di fatto e non di segnalamento.»42 Dallolio, con questa vis.ione e interpretazione dei confini di una Nazione, riandava ai tempi dei Romani che avevano costruito un primo vallo da Fiume sin oltre Oberlanz e un secondo vallo, come raddoppio, sino ad Aidussina, «grandi linee di propugnaceli per segnare e coprire i confini orientali là dove la natura li aveva segnati ».43 Per questo egli non poteva condividere l'operato di «Wil son, Clemenceau , Lloyd George [che] saranno puniti certo per le infamie commesse contro l'Italia tentando d i portarci via Fiu me, Postumia, S. Pietro e basti di re sino Monte Maggiore.»"" Dallolio ritornava sull'argomento l'indomani, anticipando che al Senato avrebbe ritixato la propria fiducia al Governo Nitti, a causa ciel problema dei confini. «Questa volta tranne spiegazioni eccezionali - interne ed estere - difficilmente voterò in favore di Nitti tanto più circa il confine non ho fede alcuna né in Scialoia né in Sforza, è morta la fede delle cose sperate. Bella pariglia, due dondoli che sono due scuri pc! paese , non sanno nulla e pretendono far credere di pensare.»45 E spiegava alla figlia come, dal punto di vista strategico, il confine proposto per J' ftalia sarebbe stato una grave iattura per il nostro Paese , po,iché l'abbandono alle forze jugoslave dei varchi di Naupo1to (Postumia) e Lippa (nord di Abbazia) avrebbe significato la possibilità d'invasione dell'Italia in qualsiasi momento. «Il confine Wilson è un'infamia, quello di Lloyd George è un tradimento . La verità vera è che ogni potenza ha la sua fronte e le sue spalle ed è ridicolo assicurare le Giulie Superiori (varco del Predii) per poi metterci in condizioni dolorose e cancrenose di inferiorità nelle Giulie Inferiori. I Romani avevano eretto militari i due varchi [per] renderli fo1ti propugnaceli d'Italia come sono già per natura a tal fine. Se ciò non avvenisse e perdessimo il varco di Lippa (3a porta spalancata di casa nostra che minaccia il Carso) a nulla servirebbe il tenere a mano il 2° varco e l'intero sistema unico valido a difendere l 'oriente d' Italia ne andrebbe distrutto. Pensa che col confine Wilson si batte Trieste a meno di 20 km e Postumja, S.Pietro, Fiume sono deg li Iugoslavi ... È stata un'infamia perché dopo la vittoria ci si dà in pasto alla Jugoslavia senza le garanzie necessarie perché non si rinnovi il ritorno offensivo della barbarie.»"6 Dallolio concludeva richiamando l 'opera del geografo Adriano Balbi che, a metà 800, aveva scritto: «La li nea più conveniente del confine sotto l'aspetto geografico è quella che dal Tricorno volgendo a
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lettere ai familiari. lettera 26 giugno .J 940 a Gina.
serie lettere ai familiari, lettera 26 maggio 1920 a Elsa.
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serie lettere ai familiari, lettera 27 maggio 1920 a Elsa.
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mezzodì passa ad oriente di Idria di Planina tocca la vetta dello Schneeberg e scende al mare su Fiume .»47 Infine, egli aggiungeva che «la moderna scienza nulla detta di più giusto alla difesa dell 'oriente d 'Italia "tutto che al mondo è civile grande, augusto, egli è romano ancora" . E alla guardia dei ridossi dell'alto Timavo come sui fianchi del Monte Maggiore (1396 metri) Roma aveva condotto le due colonie di Castelnuovo e di Felini collegate l'una con Trieste e l'altra con Pola.»48 La storia, 25 anni dopo queste riflessioni , avrebbe dato ragione al pensiero di Dallolio. La fine del secondo conflitto mondiale mutilava la parte orientale dell' Itali a e l'Esercito italiano , a partire da allora sino alla caduta del Muro di Berlino, era costretto a essere proiettato a Est per chiudere la «soglia di Gorizia» poiché i varchi di Nauporto e Lippa, rimasti in mano jugoslava. rendevano possibile quell' invasione che aveva temuto Dallolio.
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es l bid.
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Capitolo 52 UN CENNO CONCLUSIVO
I parenti ricordano che Dallolio, quando morì, non aveva proprietà. Partito decisamente ricco nella sua vita, aveva dovuto vendere gradatamente il suo patrimonio per rimettere in sesto il capitale della figliastra. Questa situazione economica riceveva riconoscimento ufficiale il 20 giugno 1950 in occasione di un indirizzo di saluto al Senato in occasione del 97° genetliaco di Dallolio. L'On. Conci metteva in rilievo i servizi resi dal Generale come Ministro delle Armi e Munizioni «che mai piegò alla violenza e ai lenocinii della dittatura.» Il Presicllente, a nome dell'Assemblea esprimeva un pensiero di ammirazione e di omaggio per il vecchio soldato che aveva onorato il Senato <<per la sua probità, per la sua vita onorata e per la povertà nella quale egli vive, dopo aver amministrato ingentissime somme con un senso di attaccamento al Paese e di onestà che restano veramente esemplari.» 1 E ancora la tradizione familiare ricorda come fosse rispettoso delle proprietà altrui: a 94 anni, poco prima di morire , ricordava alla figlia Gi na di riconsegnare alla biblioteca del Senato, alcuni libri ricevuti in prestito. Il 14 agosto 1951 (un anno pr.ima del decesso), in una breve nota alle figlie Elsa e Gina (che può essere considerata il suo testamento spirituale) lasciava alcuni documenti personali «la maggiore ricchezza che posseggo». Questa nota seguiva di due mesi la donazione al Museo Centrale del Risorgimento del suo carteggio, da lui stesso riordinato, accompagnato da una lettera nella quale scriveva: «Molte volte sono stato sollecitato a stampare alcuni di quei fascicoli che sono stati tutti scritti con serenità e sincerità, per mettere in luce la verità, respingendo pregiudizi e preconcetti. Non ho mai voluto deviare da una decisione presa da tempo, nulla per la pubblicità, nulla per la polemica.»2 Una donazione, peraltro, come già anticipato nell'Introduzione, con il vincolo di non far consultare le carte prima di quindici anni, sempre al fine di evitare polem iche. Il Generale Dallolio, nella sua azione· di Sottosegretario, e poi di Ministro alle Armi e Munizioni, aveva messo in luce le sue doti di precursore in diversi campi: 1) nel campo dell'industria bellica (al riguardo si richiama quanto già messo in evidenza: «Soverchio davvero sarebbe il sacrificio di tante vite umane, e di non pochi miliardi, se a guerra finita ci trovassimo ad essere esciti dalla tenaglia tedesca, senza aver provveduto a fondare un'industria prettamente italiana. Al termine della guerra ci troveremo ad avere un numeroso esercito di ottima maestranza, l'Industria avrà accumulato riserve economiche; ci troveremo dunque nelle migliori condizioni per attuare questo programma di mobilitazione civile»);3 2) nell 'immissione della mano d'opera femmin ile nel mondo del lavoro, adeguando le realtà ip.dustriale e sociale a quella nuova presenza, sulla base di una concezione di parità dell' uomo e della donna e di rispetto. «Noi non avremo certo rovinato l'avvenire d'Italia quando accanto a quei 600 .000 operai avremo 1.200 stabi1imenti e con essi il trionfo del femminismo . In questo periodo la donna ha ottenuto la sua rivendicazione, perché merita di militare all a stessa altezza dell'uomo ed io che ho visto la donna in certe circostanze, che l'ho vista lottare, soccorritrice di miserie, mi inchino davanti alla donna che lavora, come mi inchino davanti alla Mamma che sa che il suo figliuolo non ritornerà più dal fronte».;4
Resoconto sommario, seduta ciel 20 giugno 1950, pp. 8-9. E . Morelli,/ Fondi archivistici ..., op. cit., p. 273. , ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni-CCMI, b.167. 'AP-S, 447° e 448°
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3) nel futuro sviluppo industriale, affermando: «Il giorno dopo della pace vittoriosa, daremo a11 'Italia 1.200 stabilimenti completi con 600.000 operai che sanno lavorare perfettamente. Le possibilità di trasformare da un momento all'altro le industrie servirà, se non altro, per fare lamiere per navi. "Navigare necesse est" fu tante volte pronunziato ma mai come nelle circostanze attuali se ne è sentito il bisogno. Dopo la guerra noi avremo la necess·ità cli far lamiere, di far locomotive, di far rotaie, di far impianti elettrici, cli pensare ai colori , di dare sviluppo a tutte quelle produzioni che un tempo abbiamo lasciato al di là delle Alpi. Contenti, senza preoccupazioni , troveremo da noi tutto ciò di cui abbiamo bisogno. Tutto questo sforzo non è patrimonio dell'industriale, non è patrimonio dell'operaio. È patrimonio di quello che si chiama macchina accanto all' intelligenza, è patriottismo di quel connubio che è il bene di tutti con il concorso cli tutti .»5 4) nel campo de11a sociologia, a quei tempi pressoché ignorata, promovendo al termine del conflitto un abbozzo di indagine, tramite un questionario<' indirizzato ai proprietari degli stabilimenti che avevano impiegato manodopera femminile. (Vedi Capitolo 22 <<L'Ufficio storiografico della Mobilitazione Industriale e il tentativo di indagine sociologica ante litteram suJla manodopera femminile») . Egli era stato in grado cli prevedere quelli che sarebbero stati i risultati ottenuti dall 'industria perché aveva fiducia nelle capacità, sia dei «capitani d'industria» , sia delle maestranze dipendenti: «Gli industriali sono, quando ce ne è bisogno, la salvezza d'Italia, quando non ce ne è bisogno sono i pescicani, gli sfruttatori e per qual motivo? Io che ho vissuto per anni interi fra gli operai non ho mai detto che gli operai d'Italia non facciano il loro dovere, non ho mai detto che sono dei ladri straccioni. Noi però che domandiamo al nostro Paese di liberarsi dalla stretta della tenaglia tedesca non dobbiamo andare a mettere l'anima nostra fra le strette di altre tenaglie. Credo che dopo aver sacrificato tante eroiche vite per creare un'industria italiana, altamente italiana, questa industria possa, debba sorgere.»7 II lavoro che Dallolio aveva saputo svolgere negli anni del conflitto, veniva riportato dalla Neu Freie Presse di Vienna, su corrispondenza da Lugano del 17 maggio 1917: «Molti giornali italiani fanno giustamente osservare che col ritiro dei Ministri Dallolio e Bianchi il Governo perde due dei migliori e più attivi membri. Questi giornali dicono che Dallolio ha formato dal nulla la produzione nazionale degli armamenti e che dopo la disavventura di Caporetto ha saputo con prontezza rinnovare il materiale bellico. L'industria italiana di munizionamento si poté organizzare solo in grazie della "iniziativa" di questo Ministro ed alle pressioni che egli seppe esercitare a Parigi e a Londra per ottenere le materie prime necessarie. Ora viene di nuovo ventilata l'idea di riunire il Ministero delle Armi e Munizioni al Ministero della Guerra riducendo il primo a un semplice Sottosegretariato.»8 La Tribuna, nel dare la notizia del cambio avvenuto, sottolineava l'opera del Generale Dallolio scrivendo: «È ormai noto come l'Italia si trovò colta dalla confl agrazione europea mentre perseguiva un programma ed una politica essenzialmente di pace. Essa dovette pertanto affrontare subito il più grave problema connesso colla guerra; quello dell'armamento e del munizionamento, problema la cui importanza era compresa soltanto dagli Imperi çentrali, e nemmeno nella sua interezza perché, per esempio - come è noto - la vittoria della Francia alla Marna venne facilitata dalla in-sufficienza del munizionamento tedesco rispetto ai bisogni imprevisti di quella ciclopica battaglia. Toccò al Generale Dallolio cli
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ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni, Miscellanea Uffici diversi, B. 265, Verbali adunanze CMl per l'Italia meridionale, seduta del 1917, p. 1.090. 5 ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni, Miscellanea Uffici diversi, B. 265, Verbali adunanze CMI per l'Italia meridionale, seduta del 1917, p. l.091. 6 La tecnica dell'indagine sociologica tramite questionario nasceva negli Stati Uniti cl' America durante la l '' Guena mondiale, approdava in Gran Bretagna durante il secondo conflitto mondiale e si affermava in Italia al termine della seconda Guerra mondiale. 7 ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni, Miscellanea, Uffici diversi, B. 265 , Verbale del 1917 ciel CMI per l'Italia Meridionale, p. 1.091. 8 APTGP, serie fascicoloni, fase. Vll, f. 14.
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affrontare il problema del nostro armamento in condizioni particolarmente difficili per 1'ltalia a cui faceva anche difetto la materia prima e l'attrezzamento. Né per errori di politica generale, che non è ora il caso di esaminare, i primi mesi di neutralità giovarono a migliorare la nostra situazione. Tuttavia si deve al Generale Dallolio se nonostante queste gravi difficoltà, l'Italia entrando in guerra poté mettersi presto in condizione di avere almeno il fabbisogno , strettamente necessario alla grande richiesta di artiglierie e munizioni in modo da non temere irreparabili sorprese.»9 li Corriere della Sera , per parte sua, concludeva un lungo articolo intitolato Ragioni note e ragioni occulte , affermando che «al Generale Dallolio nell 'ora in cui lascia il posto nel quale seppe acquistare tante e così alte benemerenze, si rivolge spontanea l'espressione di gratitudine del Paese, il quale non potrà dimenticare la nobiltà dei suoi propositi, il fervore del suo entusiasmo, l'utilità indiscussa delle opere da lui compiute. Senza queste noi non avremmo avuto un esercito capace di combattere per tre anni una grande gue1Ta moderna e di rialzarsi in piedi, forte ed aggueITito, dopo una crisi immane , come quella che minacciò di atte1rnrlo nell'autunno dello scorso anno. Giacché a un esercito moderno occorrono armi e munizioni in quantità, che sarebbero apparse fantastiche a chiunque solo pochi mesi prima dell'agosto 1914; e l'Italia allorché scoppiò la guerra , non soltanto non aveva le armi e le munizioni occorrenti a un esercito moderno, ma non possedeva nemmeno l'organismo industriale necessario ad assicurarne la produzione. Il Generale Dallolio si mise al lavoro in queste condizioni e seppe col suo entusiasmo, colla sua fede e il suo patriottismo, suscitare dappertutto energie produttive, e ricavare per l'Esercito cannoni e munizioni ... ». 10 L'Idea Nazionale, infine, nel dare la notizia delle dimissioni scriveva: «Possiamo e dobbiamo riconoscere che il Generale Dallolio ha dato alla guerra tanta intelligenza e tanto lavoro da meritare la gratitudine del Paese. Basta pensare a ciò che le nostre industrie erano alla vigilia dell'intervento e a ciò che oggi sono; basta ricordare che le nostre industrie hanno in pochi mesi restituito all'esercito quasi completamente il materiale da guerra che esso aveva perduto quasi completamente per la rotta di Caporetto, per valutare vicino alla forza del lavoro italiano, quello che il Generale Dallolio ha saputo organizzare di questo lavoro ... Le cr.itiche facili sono proprio fuori di posto, quando si consideri che è occorsa molta fede, molta volontà e un deciso senso di responsabilità, nell'impulso creativo dato dal Generale Dallolio, il quale ha potuto rispondere successivamente alle sempre maggiori esigenze della guerra appunto perché non si era attardato in previsioni miopi sulla durata e sullo sviluppo successivo della guerra. Assumendo un Alto Comando, il Generale Dallolio ha la coscienza di avere ben lavorato per la difesa del Paese.» 11 Il Giornale d'Italia tratteggiava così la figura di Dallolio: «Egli fu chiamato ad assicurare il servizio delle Armi e Munizioni prima come Sottosegretario dipendente dal Ministero della Guerra, poi come Ministro. È noto che allora le industrie metallurgiche in Italia erano poco sviluppate e l'esercito era stato lasciato sfornito perfino dei mezzi bellici necessari ai suoi bisogni ordinari. Bisognava dunque provvedere rapidamente sia al materiale mancante (ed in proporzioni tali che potessero corrispondere alle necessità di un grande Esercito quale fu quello che l'Italia seppe improvvisare con meravigliosa genialità) sia ali' esigenze della nuova tattica di guerra che come è noto, impone l~uso di armi e munizioni abbondanti. II Paese era impreparato a questo sforzo, eppure lo fece, e il merito spetta in gran parte al Generale Dal1olio, che seppe far sorgere dal nulla migliaia di opifici, che creò centinaia di migliaia di operai ... Tale potenzialità fu messa in maggiore evidenza dopo la sventura di Caporetto che ci costò oltre al sacrificio di uomini e di territori , la perdita di un materiale ricco ed eccellente. Fu necessario allora raddoppiare lò sforzo, sia per provvedere ai bisogni immediati per la difesa del Piave, sia per la ricostruzione del materiale perduto, ed anche questo sforzo fu fatto, e mai il Comando Supremo chiese armamenti che non gli fossero concessi nelle proporzioni volute. Se oggi
La Tribuna , 17 maggio 1918, cfr. anche APTGP, serie fascicoloni, fase . VII , f. 14. 1918, cfr. anche APTGP, serie fascicoloni, fase. Yll, f. 14 . 11 Idea Nazionale , 17 maggio 19 18, cfr. anche APTGP, serie fasc icoloni, fase . VII, f. 14.
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° Corriere della Sera , 16 maggio
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il nostro esercito può attendere saldo e sereno il momento dell'attacco nemico, o quello della propria offensiva è per merito del suo eroismo e della sua rinnovata fede, della avveduta abilità dei Capi, ma anche per la sicurezza ormai acquisita di essere ben armato. Il Generale Dallolio lascia volontariamente il suo posto di lotta, e se la sua opera di quattro anni può essere oggetto cli discussioni e di critiche, nessuno potrà negare all'egregio uomo il merito di avere avuto la immediata e completa sensazione della guerra e dei suoi bisogni, ed aver provveduto adeguatamente al più importante dei servizi, quello delle Armi e Munizioni.» ' 2 Questa sua caratteristica traspare in modo ancora più esplicito da una lettera (già citata), circa un Decreto dell' 8 marzo 1917, «riservata alla persona» e indirizzata al Ministro Nitti, con la quale egli rivendicava puntigliosamente la responsabilità (propria) «del Ministero delle Armi e Munizioni a fron te di errori verso altre Amministrazioni» 13 nel caso fossero stati commessi errori da suoi dipendenti. Da un fatto avvenuto nel settembre 1916 traspare un'altro aspetto del carattere del Generale Dallolio. In quel periodo l'Ispettore delle Costruzioni d'Artiglieria, aveva avviato un 'inchiesta sulla errata rigatura dei cannoni da 149 costruiti dall'Ansaldo. L'inchiesta si concludeva senza proposte di punizioni a carico dei componenti della Commissione di Collaudo; conclusioni sulle quali il Ministro della Guerra, Morrone, non concordava annotando: «Non mi associo alle conclusioni del Generale Ispettore circa la responsabilità della Commissione di Collaudo. Ordino che essa sia punita e cambiata, se occ01re, e desidero conoscere anche a chi risale la responsabilità di aver accumulato tanto lavoro da mettere il Capitano Cerret.i ed il Colonnello Marchionni nella impossibilità di compiedo regolarmente e coscienziosamente.»14 L'Ispettore delle Costruzioni rivedeva le proprie conclusioni proponendo una punizione di rigore, sulla quale però il Generale Dallolio non concordava, ritenendo eccessivamente grave quella relativa al Capitano Cerreti, per i molteplici incarichi affidati a una sola persona e per i buoni precedenti dell'Ufficiale. Non aveva, quindi, alcuna remora a intervenire presso Morrone , prospettandogli l'opportunità di escludere la punizione di rigore eliminando così «la materialità della segregazione non necessaria se non forse nociva» , e aggiungeva, «comprendo la necessità della punizione come un dovere del Comando ma reputo che questa deve, non soltanto essere basata sulla maggiore o minore gravità della mancanza di un Ufficiale, ma anche - come nel presente caso - tenendo nella maggiore considerazione le qualità morali ed i precedenti dell'Ufficiale colpito.» 15 Il Ministro Morrone non aveva alcuna difficoltà ad approvare la proposta del Generale Dallolio . Umano e pronto a difendere i dipendenti che lo meritassero, in possesso quindi del primo requi sito di un Comandante. La stima e l ' affetto dimostratigli dai Suoi vecchi subordinati ne erano la testimonianza. Probabilmente quello che riscaldava di più il cuore del vecchio Generale era proprio il ricordo che di lui avevano conservato i suoi subordinati di tanti anni prima, come l'attestato ricevuto da un suo vecchio Sottufficiale che, avendo appreso la notizia della nomina a Ministro di Stato, gli scriveva: «Questo grande riconoscimento per quello che ha fatto in tanti anni a favore della Nazione ha commosso ogni buon italiano. Fra questi ci sono anche io che ebbi l'alto onore di essere stato alle Sue dipendenze quale Capo Operaio al 2° Reggimento di Artiglieria di Pesaro. Voglia scusare Ecce1lenza il mio ardire, ma io ed i vecchi Sottufficiali in pensione ]'abbiamo sempre nel cuore e la rammentiamo con tanto entusiasmo. Ernesto Portioli» .16 Nella tradizione familiare, infatti si riporta come il Generale fosse amato e rispettato dai dipendenti, al punto che le loro famiglie lo consideravano come un benefattore.
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Giornale d'Italia, 17 maggio 1918, cfr. anche
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MCRR, fondo Dallolio, b. 953 , f.12, I. 14, Lettera del 3 agosto I 9 I7.
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APTGP,
serie fascicoloni ,, fase . VII, f. 14 .
fondo Dallolio, b. 959 , f . 7, I. I. fondo Dallolio, b. 959, f. 7, I. 16. 16 APTGP , serie fascicoloni , fase. I f. Art. 59 lettera del 9 giugno 1950.
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lvfCRR , MCRR ,
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Uomo calmo e capace di infondere sicurezza e coraggio negli altri nel momento del bisogno. Commentava i fatti di Caporetto: «B isognava agire e non tenere chiusi gli occhi e combattere per superare il disastro .» 17 Il Generale Dallolio ha dato prova di essere un organizzatore «globale», ma anche un uomo aperto, capace di intravedere, all'epoca della Mobilitazione Industriale (1915-1918), esigenze e aspetti sociali che all 'epoca non rientravano nei normali rapporti fra padronato e masse operaie, che, inoltre, era stato antesignano nella concertazione con le parti sociali. In un suo intervento alla Camera del 15 dicembre 1916 , 1'0n. Turati, certo non tenero verso i militari a motivo della propria ideologia, lo citava «rendendo omaggio alle notevoli qualità di militare e di industriale, anzi di capitano d'industria nell'interesse della Patria» . In sintes i, come lo definì il Ministro Crespi, «un gran organizzatore che è insostituibile.» Un uomo con la religione «del dovere» come ha dimostrato in tutta la sua vita , specie quando, 1914, aveva rifiutato l'incarico «più elevato nel! 'ambito del!' Arma» perché, per dirla con le sue parole doveva dare «esempio di abnegazione». Severo, prima di tutto con se stesso, come aveva dimostrato nel 1917, quando la FIAT gli aveva regalato una coppa d'argento dorata del peso di oltre sei chilogrammi, messa in palio dal Kaiser e vinta dalla società in una gara effettuata un decennio prima sul «circuito del Taurus».·Dallolio non l'aveva tenuta per sé, ma l'aveva versata al Tesoro ritenendo che «in mezzo alla mia miseria sono lieto di potere in ogni circostanza rinsaldare negli animi italiani la fede della vittoria e della grandezza sempre maggiore d'ltalia .» 18 Successivamente la FIAT avrebbe effettuato una rimessa di 800 sterline in oro al Tesoro per riscattare la coppa.19 Una severità verso se stesso che traspare, anche, dalla proposta del 1914 di assumere il Dicastero della Guerra, declinata per quei motivi che il Primo Aiutante di Campo del Re ebbe a definire «una delicatezza di sentimento dinnanzi al quale è d'uopo inchinarsi». La sua umanità, o meglio la sua bontà, traspare da una lettera in cui scriveva che intendeva «vendicarsi» del male ricevuto da una persona, facendo del bene al figlio. <<Ti mando la qui unita lettera, si tratta di aver aiutato il figlio dell'ex Colonnello Berti il quale per invidia e per gelosia mi procurò la famosa aspettativa del 1893. Come vedi mi sono vendicato dei dolori procuratimi dal padre verso il figlio aiutandolo in ogni modo. Però non farmi migliore di quanto sono. Ti mando la lettera perché mi ha fatto venire le lacrime agli occhi. Qui 1n questa carriera ho provato gli effetti del Berti allora Capitano col famoso Colonnello Ellena mentre tua madre angustiata mi aspettava in basso. E io l'avevo salvato il Capitano Berti e quando avevo bisogno e diritto di licenza mi rispondeva mettendomi nelle dure condizioni di buttare all'aria la carriera che era tutto il mio patrimonio. Verrà la mamma a dire grazie ed esprimere la sua riconoscenza ed io penserò a voialtre .... e null'altro .>>20 E viene fuori il suo aspetto «apparentemente burbanzoso», che lui si imponeva per non accettare assolutamente ringraziamenti. «Oggi è venuta la Signori na Montan per una denunzia circa un Capitano della Guardia Regia ... voleva baciarmi la mano ad ogni costo .. poi mi ha consegnato dei documenti veramente vergognosi per quel Capitano ... e pensa fu reclamato in ottobre 1922 e nessuno le ha ancora risposto. Decjsamente la giustizia esiste solo pel Padre Eterno, perché per lu:i anni, lustri, secoli ... sono a disposizione .. per i poveri mortali è illusione o errore.»21 È evidente che c'erano stati anche dei profittatori di questa sua bontà. Compare infatti una serie di millantatori che accampavano pretesi legami cli parentela allo scopo di ottenere qualche vantaggio. «Vado scoprendo dei parenti: prima un figl io il quale diceva tanto bene delle sue sorelle "Elsa e Gina
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APTGP,
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APTGP,
serie fascicoloni , fase XII, f. 8 Appunti dal 27 ottobre al 31 ottobre 1917. serie lettere ai familiari, lettera 23 apri le 19 17 a Elsa. 19 APTGP, serie fascicolon i, fase. 1, f. I b, lettera 12 maggio I 9 17 del Ministro Carcano al Generale. 20 APTGP, serie lettere ai familiari, lettera 22 dicembre 1916 a Elsa. 21 APTGP , serie lettere ai familiari, lettera 14 giugno 1923 a Elsa.
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fanno il loro dovere al fronte". Farabutto che si faceva passare per figlio di S.E. e lo trattavano con tutti i riguardi; poi un altro Signore che si faceva passare per mio cugino; oggi viene un Signorino che era stato in casa mia quando ero Colonnello a Roma nel 1906 e che il padre mi mandava a salutare. Non è male. Che arca di Noé.»22 Per concludere, Dallolio era sicuramente una persona schiva e in diverse occasioni, nei capitoli precedenti, si è già avuto occasione di sottolineare come egli non amasse ricevere onori e la sua aspirazione fosse quella di «trovare un rifugio per dimenticare e farmi dimenticare .. .. Ho fatto di tutto per far bene, e posso dirlo a fronte alta, il caro Paese l'ho adorato.» 23 Un'altra prova di questi sentimenti è data dalla sua risposta a un invito, nel 1923, da parte di un'industria di Milano presso la quale si sarebbe dovuto trovare a fianco di Re Vittorio Emanuele III. A differenza di molti altri, che si sarebbero precipitati alla cerimonia, Dallolio scriveva alla figlia: «Il Direttore dice "Con tutta probabilità S.M. sarà accompagnato da S.E. il Presidente del Consiglio e da altre illustri personalità, ma io sento che a completare la solennità è necessaria la Presenza di Colui che tanto nobilmente presiedette la Mobilitazione Industriale durante la guerra ed è ora chiamato a organizzarla e dirigerla durante la pace. A nome mio, del Consiglio, della Direzione , degli Impiegati e di tutte le maestranze mi permetto adunque rivolgerle la più viva preghiera acciocché Ella pure voglia accogliere l'invito a trovarsi a fianco di Sua Maestà quando il nostro Re visiterà le modeste officine dove con tanto entusiasmo e con tanta coscienza si è sempre cercato di fare il proprio dovere". Non andrò. Trovo naturale rimanere nell'ombra e lavorare silenziosamente dopo che hanno pubblicamente riconosciuto che ho servito bene la Patria perché uscisse vittoriosa dalla grande guerra ... mettermi in vista no, cercare un applauso di ritorno no, seguire l'onda dei nuovi entusiasmi no, la mia bussola è vecchia ..... ma ho navigato sempre con quella ... Tutto sommato non ho ragione del mio no? Possano Elsa e Giuliana trovare giuste le mie ragioni.» 24 Questa ritrosia ad apparire in pubblico la si ritrova anche sotto l'aspetto economico: « ... Non ho mai voluto percepire il premio di operosità perché, dato il mio grado, ritenevo di dover compiere il mio dovere senza altri compensi.»25 Similmente, non aveva mai approfittato della sua posizione per chiedere qualcosa per sé. «Ho lavorato pel mio Paese senza nulla mai chiedere come era mio dovere. Ciò che hanno creduto meritassi lo dico alto e forte, non !'ottenni mai per favore. Una cosa sola chiesi al Capo del Governo e cioè che le Colonie scolastiche bolognesi "Alberto Dallolio" - fondate per prime in Italia nel 1889, a vantaggio dei fanciulli poveri e gracili delle scuole di Bologna - non fossero assorbite dal Partito. Mi rispose "Suo fratello è stato un precursore, non saranno toccate".» 26 Questo atteggiamento di distacco dagli aspetti economici emergeva anche nei confronti del suo nuovo status di Presidente del Comitato di Mobilitazione Civile, allorché affermava: «Materialmente tutto resta come prima, salvo che non sono più in effettivo servizio. Naturalmente ho detto quanto era per me doveroso a fronte di un interesse personale e cioè zero per quanto riguarda l'io, e tutto per quanto riguarda la funzione. Se credono che valga sono sempre a disposizione del mio Paese, se credono abbia fatto già il mio percorso padronissimi, non io certo mi lagnerò ... Sarebbe questo vergognoso a 78 anni. Vedrò poi dopo il 21 la realtà della mia posizione, perché in ogni momento e in ogni circostanza voglio essere un collaboratore non un [parola illegibile] Cosa ne dici?» 27
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serie lettere ai familiari, lettera 23 settembre 1916 a Elsa. lettere ai familiari, lettera 4 maggio 1918 a Elsa. 24 APTGP, serie lettere ai familiari, lettera 5 aprile 1923 a Gina. zs APTGP, serie faseicoloni, fase. I, f. 13, bozza Memoria del Senatore Dallolio all'Alta Corte di Giustizia per le sanzioni contro il Fascismo, p. 1. 26 APTGP, serie fascicoloni, fase. I, f. 13, bozza Memoria del Senatore Dallolio all'Alta Corte di Giustizia per le sanzioni contro il Fascismo, p. 13. 27 APTGP, serie lettere ai.familiari, lettera 3 giugno 1933 a Elsa. APTGP,
z; APTGP, serie
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Capitolo 53 IL CREPUSCOLO DI DALLOLIO
Dallolio, ormai ottantaduenne, venuto in possesso delle terre di Pianoro alla morte del fratello Alberto (17 gennaio 1935), si era dedicato con passione all'agricoltura e al restauro della vecchia casa di None. 1 «Appena libero dagli impegni di Commissario Generale delle Fabbricazioni di Guerra correva a None e lavorava dalle 8 del mattino sino a sera.»2 Il vecchio Generale, tuttavia, non aveva nascosto un certo senso di stanchezza già tempo prima: «Certo non sarei sincero se non dicessi che guardando il cammino percorso e pensando al domani, una certa pace a modo mio mi sorriderebbe ... mettere a me stesso la naftalina come all'uniforme e occuparmi di alberi e fiori. Ma gli alberi non ci sono e dei fiori ho quei pochi vasi rimasti in casa.»3 «La casa di abitazione di None e le sue rose», erano state sistemate negli anni precedenti. Restava ancora da sistemare il te1Teno di None e soprattutto quello del «rio» dove con sbmTamenti di tronchi d'albero egli voleva finire di rinsaldare le sponde. Il suo sogno era poter lasciare in buone condizioni la proprietà alla figlia Elsa, in modo che rappresentasse per lei una dimora e una rendita. La casa, pur conservando le sue caratteristiche e le pitture ottocentesche alle pareti, era stata restaurata da cima a fondo ed «era diventata simpaticissima e piacevole.»4 In questo ambiente Dallolio poteva rilassarsi e ritrovare se stesso, tanto da scrivere alla figlia Gina: <<Canunino tutto il giorno, sorveglio i lavori e mi occupo senza tregua e allora non mi stanco, invece se mi metto a sedere mi sento stanco. Il disturbino 5 va meglio, solo a None non mi preoccupa, all'appello, pronto e vigoroso risponderò subito "presente", e allora tutto va bene ...... ma qui ho migliorato».6 Negli ultimi tempi , però, egli aveva anche visto None come possibile estremo rifugio, qùalora gli eventi bellici avessero coinvolto la popolazione civile, specie delle grandi città, tant'è che nel 1939 scriveva a Elsa: «Situazione difficile perché se mai il Paese dovrà fare sacrifici [saranno] incommensurabili di cui ora non si ha che una pallida idea. Col tuo spirito di organizzazione prepara la casa per un funzionamento regolare, tranquillo e umanitario ... Ninì sarebbe bene averla per poter dire ....... ho gente.» 7 Dal momento in cui aveva «lascia.to libero» il suo posto di Commissario Generale per le Fabbricazioni di Guerra, Dallolio trascorreva più di 8 mesi in campagna (rimanendo da solo per la maggior parte del tempo) e, non disponendo di «dati né informazioni per esprimere un giudizio sugli avvenimenti militari»,8 nelle sue riflessioni in forma di appunti annotava: «Non è il caso di giudicare per induzione e senza la necessm·ia cognizione dei fatti. La Marmora voleva che in tempo di pace tutti parlassero, ma che in tempo di guen-a tutti tacessero. Quando il Paese è in guen-a deve ragionare solo la logica fredda ed inesorabile e si deve tendere sempre ad ingigantire il carattere nazionale della popolazione, ispirandosi sempre e soltanto ai veri interessi del Paese.»9 Il suo unico pensiero era la possibilità di riunire la famiglia e con molto realismo «guardare alla situazione di domani e misurare tranquillamente tutta l'estensione del pericolo, pensare al riparo e provvedere.» 10
Elsa Dallolio era proprietaria della casa, il Generale ne aveva l'usufrutto. APTGP , serie lettere ai familiari, appunti di Gina anni 1943-1944, p. ; APTGP, serie lettere ai.familiari, lettera 26 maggio 1926 a Elsa. • APTGP, serie lettere ai familiari, appunti di Gina anhi 1943-1944, p. 1. 5 Dallolio si riferiva, molto probabilmente, al problema neuro-vegetativo, che lo aveva assillato negli ultimi tempi. 6 APTGP, serie lettere ai.familiari, lettera 26 giugno 1940 a Gina. 7 APTGP, serie lettere ai familiari, lettera 30 agosto 1939 a Elsa. 8 APTGP, serie fascicoloni, appunti di Dallolio in data 26 febbraio 1943. 1
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La casa di None prinut dei bombardamenti. (Proprietà Galassi Paluzzi Tamassia)
Il Generale Dallo/io nel giardino della casa di None ( 1939) in mezzo ai suoi 100 rosai. (Proprietà Galassi Paluzzi 7àmassia)
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Ma, pur relegato in quell'eremo, non poteva ignorare alcuni fatti significativi che denunciavano l'affievolirsi di alcuni valori da lui ritenuti fondamentali quale, per esempio, l 'attaccamento alla Casa Reale. In particolare l'aveva colpito il trattamento riservato al Duca ci' Aosta dalla stampa. «La verità è che entusiasti per quanto avviene in Cirenaica (azione italo tedesca) . .. tutti dimenticano l'impero o non parlano dell'impero. C 'è un'ondata di fatalismo che capovolge le menti e le pone davanti a un solo obbiettivo = il partito e si preoccupa solo dei risultati per gridare spontaneamente e passionatamente in Piazza Venezia .. . E dell'Impero che si sgretola e del Duca che almeno tiene alto l'onore e la gloria d'Italia chi ne parla .... i giornali hanno l'ordine di legare le campane quando si tratta di Casa .Savoia. La Commissione delle Forze Armate vota in Senato un saluto al Duca d 'Aosta, ebbene l'ordine del giorno è mutilato dai giornali che tutti lo riportano e hanno cancellato augusta Casa Savoia e Sacra Bandiera. Io spero si possa uscire dall'incubo dell'Impero , dall'incubo dell'Albania ... ma ho 88 anni e non avrò tempo certamente a dimenticare tante pagine e tanti fatti dolorosi, spero verrà la vittoria, ma certe spine cacciate nel cuore ci vorranno anni e anni per riescire a strapparle ... El 'ai uto tedesco sostituirà il motto di Carlo Alberto l ' Italia farà da sé. Possano i giovani essere migliori di noi e rendere in avvenire la nostra Patria forte , grande, rispettata, gloriosa ... però ricostruire le varie generazioni ... Il Re ha detto ad un Generale: "Il Duca seguirà le sorti del1e sue truppe. Così deve fare un Principe Savoia". Dall'insieme del dialogo fu riportata l'impressione che pel Re - se le sue truppe dovessero capitolare anche il Duca dovrebbe essere con esse.» 11 Sempre nel 1943, Dallolio aveva un lungo scambio epistolare col Generale Montefinale12 in un momento molto triste per la Patria. Egli si chiedeva che cosa avrebbe significato durare (per vincere) a fronte dell'Inghilterra, dell'America e del1a Russia. << ••• E siamo arrivati a parlare di salvare l'Italia nelle ore di più duro sacrificio, colla Sicilia invasa , e colle nostre più belle città martirizzate dal trionfo della forza bruta. Si potrà rovesciare la fortuna? ... » Dallolio si trovava a None già da tre mesi quando, il 26 luglio 1943, fra lui e la figlia Elsa nasceva una divergenza di opinioni sul da farsi per l'immediato futuro . Egli voleva stabilirsi definitivamente a None, sostenendo che questo avrebbe faci litato la vita per il vitto, il riscaldamento e, forse, argomento che non voleva trattare, anche perché a 90 anni non si sentiva di affrontare da solo la situazione che si andava delineando . E None, la «casa» di tutti i suoi, dei genitori, nonni, bisnonni, doveva apparirgli più sicura e protettiva dell'appartamento di Roma. Elsa e1;a di parere contrario, tuttavia avrebbe raggiunto il padre nell'autunno per non lasciarlo più, tranne che per brevi scappate a Firenze e Fiuggi finché fu possibile. 13 Cominciava così il più duro periodo della guerra. Dal suo eremo il vecchio generale seguiva accorato, ma critico , le vicissitudini del le Forze Armate italiane, come si evince da un lungo sfogo epistolare dell'agosto del 1943 con il Generale Montefinale. Dopo 1'8 settembre, mi litari tedeschi venivano a stabilirsi a None. Dallolio, novantenne, nonostante i suoi sentimenti antitedeschi, era costretto a ospitare ufficiali e soldati tedeschi. Per fortuna Elsa parlava correttamente La loro lingua e, sempre freddamente coraggiosa, riusciva a stabilire con ]oro un modus vivendi che permetteva al Generale Alfredo di ottenere «la libertà delle sue camere>> e, in parte, della sua vita. Elsa stessa tirava avanti, fra un attacco e l'altro di asma, prodigandosi nelle incombenze familiari che si erano moltiplicate per l 'arrivo di una cognata e della nipote, profughe da Castelgandolfo. Ma a None sarebbero state ospitate anche parecchie altre persone , per cui la casa era piena. Nel 1944, soprattutto dopo la presa di Cassino e l'evacuazione di Roma, quando la linea di fuoco si era stabi lita sulla linea gotica, a 15 chilometri da Bologna, sulla strada della Toscana battuta da terra e
serie lettere aifamiliari, lettera 8 aprile 1941 a Elsa. Il Generale Montefinale, «collega cannoniere» di DalloIio e suo caro amico, era stato I'fapettore dell'Arma d'Artiglieria che nel 1934 aveva presentato alle prove cli tiro cli Nettuno l'obice 75/18 mocl . 34 che sarebbe stato impiegato nella seconda guerra mondiale. ' 3 AfYT'GP, serie lettere ai familiari, appunti cli Gina anni l 943-1944, p. I. 11
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Il Generale Dallolìo al tavolo di lavoro nella casa di None (1944). (Proprietà Calassi Paluzzi Tamassia)
aria, None si trovò fra Alleati e tedeschi. A giugno erano cessate le comunicazioni fra Roma e Bologna, che sarebbero riprese soltanto nell'aprile 1945, ma erano incominciati i bombardamenti. La casa di None - situata sulla strada della Futa a 17 Km da Bologna - si trovava esattamente in cima a una collinetta che a Nord aveva alle sue pendici lo sbocco del tunnel ferroviario Bologna-Firenze. Per questo veniva bombardata subito, e la casa colonica e i poderi, che confinavano con la linea ferroviaria a pochi passi dal tunnel, erano demoliti dai bombardaménti e poi abbandonati; il bestiame saliva a None. I contadini di None, sostenuti dalla presenza di Dallolio e dalla solerzia di Elsa, non si erano allontanati dalla loro casa e sopportavano i tedeschi. Anche il bracciante perpetuo e factotum agricolo (Bruschein), col suo cavallo da tiro, rimaneva impavido. sulla breccia per lo meno quando non piovevano bombe. Dallolio, che da anni si era occupato di far svolgere i lavori di manutenzione nel rio (un piccolo corso d'acqua che finiva in Savena), rinforzandone le sponde con infinita cura, non aveva più mano d'opera da dirigere e la sue giornate diventavano inoperose e sempre più tristi e angosciose. Oltre tutto, come militare, non riusciva a capire la condotta della guerra da parte degli Alleati, fermi per mesi sulla linea gotica, a pochi chilometri da None; come italiano, è meglio non parlarne, tanto era il suo dolore. Verso la fine del 1944, None, ormai priva di imposte e di porte e lesionata in tutti gli edifici, venne abbandonata (e subito saccheggiata) mentre famiglia e familiari si trasferirono a Guzzano, per essere ospitati provvisoriamente dal medico del luogo. Durante la permanenza in quella località Dallolio (91 anni) si ammalò di polmonite. Sempre nel 1944, il Generale e la figlia Elsa si spostarono a Bologna, ospiti dei Conti Isolani, nel palazzo di piazza Santo Stefano. 14
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Lettera di Dallolio a Montefinale del 25 agosto 1943. (APTGP Serie Marrone, Giudizi su avvenimenti e persone)
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Non appena il Generale Dallolio era giunto a Bologna, le autorità militari tedesche gli avevano inviato alcuni ufficiali, ma poiché egli non conosceva la loro lingua non poté capire il motivo di quella visita; i tedeschi , tuttavia, che erano stati rispettosissimi nella forma e nella sostanza, se ne andarono senza più farsi vedere. A Bologna Dallolio assisté alla liberazione della città. Era la seconda volta, nel corso della sua vita, che gli capitava di veder partire da quella città truppe nemiche. «L'antico sentimento si è risvegliato ancora una volta il 21 aprile di quest' anno quando assistei alla liberazione di Bologna. All 'arrivo delle truppe alleate nella grande piazza pareva che in Bologna persino l'aria fosse mutata! Infatti era aria di libertà come 86 anni prima. I tedeschi erano partiti e c' era la gioia di sentirsene liberati dopo un'attesa che diventava sempre più angosciosa.» Solo dopo molti anni, nel 1971 , la figlia Gina sarebbe venuta a sapere, a Bologna, da un interprete dei militari tedeschi, che questi avevano raccontato di essere stati acquartierati a None, dove c'era un vecchio Generale italiano con la figlia che parlava la lingua tedesca, ai quali loro non avevano recato alcun disturbo . In un certo senso ciò era vero, ma in nessun modo avrebbero potuto capire che cosa avesse significato per Dallolio la loro presenza là. Senza dubbio l'ultima battaglia combattuta da Dallolio fu quella per evitare la nomina a Senatore della Repubblica.
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Lettera del 15 giugno I 950, scriua da Dallolio a Orlando pregandolo di interessare il Presidente della Repubblica affinché non lo n01ninasse Senatore della Repubblica. (APTGP Serie Marrone, Giudizi su avvenimenti e persone)
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!\ppun.1i di Dallo/io, del I 5 giugno 1950, relativi alla visita f allagli dal Genera/e Montefinale cui aveva chies/0 di interessare il Presidente della Repubblica affinché non lo nominasse Senatore della Repubblica. (APTGP, Serie fascico /oni)
Dallolio respingeva la nomina a Senatore perchè non voleva assomigliare ad altre Alte Cariche. Egli con una lettera spiegava alla figli a i motivi dei suoi giudizi spietati: «Cadorna non lo vedo da più di 5 anni e pur riconoscendogli tutte le sue migliori qualità non divido alcune sue ispirazioni personali. Io bo cercato di far capire in alto la necessità di un atto pol itico per troncare gli effetti disastrosi che possono avere certe Commende nomi nate dall'elastico Scalea. Perché spogliare un altare per vestirne un altro è grave errore. Ora coll'aiuto di Cadoma vogliono riabilitare Capello, eppoi?? Cadorna vuole rientrare in Senato con tutti gli onori e poi? Badoglio è l'altro piatto della bilancia Capello-Cadorna e se questo C.C. sale, l'altro si dovrebbe abbassare ma non é B. uomo da farsi mettere colle spalle al muro tanto più che ha polvere da sparare ... e il difendersi per lui non è altro che reazione offensiva . .. E allora il Duca della Vittoria col Ducatone ne vanno dj mezzo, e il Paese coll 'esponente negativo della guerra in quali condizioni va a finire? Se a Capell o vanno tutti gli onori, cosa dirà il pubblico delle rivelazioni Capello su Badoglio, e Badoglio zitto e qu ieto può accettare una menomazione? E l'uomo Diaz fa fare Cadorna Generale d'Eserc ito coll a data di Gorizia e della Bainsizza - altra data sarebbe difficile - tanto più che vuole andare in testa? Ma se Cadoma non ottiene ciò che vuole finirà per demolire Diaz e Vittorio Veneto, e all ora questo povero Paese sarà servi to a lesso e arrosto .. . Capirai a fronte di gente che vuole e che tace romanamente secondo alcuni , ma esponendo in modo rude iJ suo personale programma con quelli pressati per cento ragioni, io me ne stò da parte. E se Cadorna vuo le, se Capello vuole, se Cavaciocchi vuole, se Montuori vuole mettano alla fi nestra il tricolore coll' onore marca Pirelli, ma in definitiva sono i biglietti da mille, l 'automobile e gli attendenti ... e la precedenza! Ho cercato di far capire che per carità di Patria con un atto politico trovassero modo di contentare le giuste e sante brame (bestemmia più bestemmia meno ... avanti pure) di C, C , M, M , senza l'amor proprio di Badoglio ... Io invoco per la Patria indulgenza piena-
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Biglietto augurale a firma di un gruppo di Senatori per il ristabilimento di Dallolio indisposto. (APTGP, Serie fascicoloni)
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Telegramma di Luigi Einaudi in occasione del genetliaco di Dal/olio. (APTGP, Serie fascicoloni)
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ria, con relativa illuminazione a moccoletti e se vuoi anche benedizione papale. Ho scritto in fretta e furia ciò che pensavo, perché poi nella mia povera testa dopo aver visto il campo di battaglia, ci stà un sacro on-ore per gli ori per gli argenti, e se vuoi anche per la munifica opera ... dei salvatori della Patria ... con percentuale. Dunque un angolo qualunque per me, zitto e quieto, e il silenzio attorno. Tutti i diritti sono per le vere vittorie della guerra, i trionfi è meglio rimandarli a quando una lira italiana varrà pel mondo una lira, senza capestri, senza torture senza decapitazioni. Vi abbraccio, direi che ho predicato ... ma almeno se sono salito in pulpito, il mio pubblico era composto da Elsa e Gina Dallolio e nessun Eja Alalà.» 15 D'altra parte un giudizio simile egli l'aveva già in parte espresso quando sul Generale Caviglia, che sembrava non sapesse accontentarsi dei traguardi raggiunti, scriveva: «Caviglia sta ora cantando il gloria all'America del Sud e avrebbe fatto tanto bene a ritirarsi nella sua Finale Marina a rallegrarsi di essere arrivato Generale d'Esercito.» 16 Si avvicinava la fine del vegliardo e i suoi vecchi amici del Senato gli mandavano un biglietto augurale di pronta guarigione. Ai comportamenti di molti dei principali attori della prima Guen-a mondiale descritti più sopra si contrapponeva la stima e, perché no , anche ]'affetto di chi aveva lavorato accanto a lui. Ne è la riprova un biglietto inviatogli da un gruppo di Senatori il 24 maggio 1950 per augurargli: - una pronta guarigione dalla indisposizione che lo aveva colpito , - un sollecito ritorno alle «sale di Palazzo Madama». In particolare il biglietto augurale riconosceva al «vecchio Soldato» la caratteristica di «amministratore dello Stato di esemplare rettitudine e alta capacità». Ma anche il Presidente Einaudi si sarebbe premurato di inviargli il proprio pensiero affettuoso in occasione del genetliaco e li riceveva anche da De Gasperi, Bonomi, Ottani, ecc. Lo stato di servizio di Dallolio si conclude, in modo burocratico, con l'ultima variazione: «Morto a Roma lì 20 settembre 1952.» Quel giorno Dallolio lanciava un ultimo messaggio, portandosi con sé alcuni segreti che ripetutamente aveva proclamato di non voler infrangere, tanto da meritare la frase del Re: «Ha servito bene il suo Paese, l'ha servito anche ben tacendo>>: 1) cosa gli disse Salandra sulla neutralità durante il colloquio del 9 ottobre 1914, 2) il contenuto del colloquio fra il Re e Cadorna dell'8 novembre 1917, quando Vittorio Emanuele III gli comunicò la sua destituzione dall'incarico di Capo di Stato Maggiore dell'Esercito; 3) il mistero sul significato del «Colpo di scena» per la mancata riconferma, all'ultimo momento, di Giardino a Ministro della Guerra, nonostante fosse stato già convocato al Quirinale; 4) il ricon-ente mistero sull' «ombre1laio» cui Dallolio attribuiva diverse malefatte; 5) chi fossero le «molte persone importantissime» con le quali Dallolio era trait-d'union, come scriveva alla figlia Gioa nel 1916.
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fbid.
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APTGP, serie /euere ai familiari, lettera 28 maggio 1922 a Elsa.
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APPENDICI
APPENDICE I L'INCIDENZA DELLE AGITAZIONI OPERAIE SULLA PRODUZIONE
1) Torino A Torino, nota come centro dell'intransigentismo socialista e del neutralismo giolittiano, già nella primavera del 1917 si erano verificati dei segnali premonitori dei disordini che poi sarebbero scoppiati nel successivo mese di agosto. L'On. Bovetti imputava a incapacità del Governo, e in particolare del Ministro dell'Interno Orlando, la mancata interpretazione di tali segnali. «Il primo maggio avvennero in Torino dimostrazioni vivaci per cause di lavoro, ma erano nello stesso tempo dimostrazioni anarchiche e nichiliste fatte da coloro che della guerra non soffrono, che la guerra non sentono, da coloro per cui la guerra è un lusso ed un vantaggio.» 1 Contemporaneamente, la propaganda della pace <<ad ogni costo» andava facendo sempre più adepti trovando risonanza anche alla Camera dei Deputati. Il 12 luglio 1917 veniva discusso l'ordine del giorno degli Onorevoli Basaglia, Bernardini e Caroti: <<La Camera convinta che la guerra mondiale per la sua stessa vastità, per il perfezionato sistema di difesa e di offesa non ha trovato o non troverà la sua soluzione nella vittoria e nella sconfitta delle armi ... che è vana speranza confidare in un epilogo guerresco che significhi il trionfo dei principi di nazionalità ... ».2 Lo stesso giorno l'On. Treves illustrava un altro ordine del giorno in cui si affermava che «la Camera, decisa a seguire una politica estera in concordia con le grandi forze internazionali auspicanti alla pace ed al rinnovamento europeo ... ».3 Sempre il 12 luglio l'On. Ferri terminava un proprio intervento accennando alla necessità di ascoltare «la voce che sale da tutte le trincee da cui è squarciato il seno della madre terra; il prossimo inverno non più in trincea.» 4 Si può concludere che il moto di ribellione verificatosi fra il 22 e 26 agosto era <<occasionato dalla mancanza del pane, ma preparato nei mesi precedenti da agitazioni e manifestazioni di malcontentc5 il cui carattere politico si era via via accentuato e si esprimeva nella parola d'ordine spontanea "fare come in Russia">>.6 L'iniziale parola d'ordine del Partito Socialista «né aderire né sabotare>> 7 si era trasformata in quell'altra «pace immediata - insmTezione immediata».8 Alcuni fatti, poi, pressoché concomitanti, costituivano la classica goccia che faceva traboccare il vaso a Torino, ritenuta di per sé, secondo l' On. Bovetti, «città neutralista» .9 a) la visita da parte di una delegazione del Soviet di Leningrado (5 agosto) che chiedeva l'immediata cessazione della guerra invitando gli operai italiani a imitare i loro compagni russi. 10 In effetti
Legisl. XXIV, 1• Sessione, Discussioni, Vol. XIV, p. 14.586. Legisl. XXIV, l" Sessione, Discussioni, Vol. XIV, p. 14.339. 1 APCD, Legisl. XXIV, la Sessione, Discussioni, Vol. XIV, p. 14.361. • M. Montanari, Politica e strategia ..., op. cit., p. 482. 5 Erano interessati grossi complessi come la Savigliano, Michelin, FIAT-San Giorgio, Lancia, Manifattura Tabacchi. Alla fine di marzo veniva convocata una riunione di massa durante la quale, secondo un rapporto della polizia, erano state pronunciate dichiarazioni incitanti a trasformare il movimento da salariale in pacifista. Cfr. G. Carcano, Cronaca di una rivolta .. ., op. cit., p. 16. 6 G. Carcano, Cronaca di una rivolta ... , op. cit., p. 7. 7 lbid., p. 5. 8 lbid., p. 15. 9 APCD, Legisl. XXIV, 1• Sessione, Discussioni,Vol. XIV, p. 14.586. 10 G. Carcano, Cronaca di una rivolta ... , op . cit., p. 36. 1
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una circolare di ignota provenienza, giunta alla sezione del partito socialista torinese, specificava: « ... I compagni rivoluzionari russi, mi ssionari dal Sovi et, vennero in Itali a per esaminare tutto il nostro organismo rivoluzionario tendente alla fratellanza internazionale d i tutto il mondo ... » .11 b) Un discorso pronunciato in quei giorni da Giolitti a Cuneo per sottolineare «l' urgenza di arrivare alla fi rma della pace e di far cessare l' inutile carneficina, le sofferenze delle genti in trincea ed altrove». 12 c) La diffusione della famosa nota di Papa Benedetto XV sull'«i nutile strage» (14 agosto), politicamente, commentata da Sonnino: «Con tutto il rispetto per la persona e le buone intenzioni del Santo Padre , il Suo intervento non poteva avvenire in un momento più inopportuno. Aveva tutto l'as·p etto di essere stato prima concordato con l'Austria, con la connivenza della Germania». 13 cl) L' esplosione della crisi del pane (22 agosto) la cui scarsità a Torino era già emersa e denunciata dai giornali locali. In particolare La Gazzetta del Popolo del 26 luglio interveniva con un articolo di fondo, senza che però la presa di posizione conducesse a provvedime nti correttivi. Di conseguenza, «alle tensioni in fabbrica per l'inasprimento delle condizioni dei lavoratori militarizzati, alla crescita del costo della vita non compensata dai ritocchi ai salari , alla contrapposizione del fronte interve ntista al movimento neutralista ... alle tensioni nel partito sociali.sta dove importanti forze premono per ]'apertura cli una prospettiva rivoluzionaria, si aggiunge il disagio per le ripetute mancanze del pane, elemen to base dell 'alimentazione delle classi povere.» 14 In effetti, a fronte del fabbisogno giornaliero di farina a Torino, d i 1.200- 1.330 quintali al giorno, ne erano pervenuti in media 942 al giorno, oscillanti dagli zero del 12 agosto ai 2 .854 del 14 agosto .15 I moti fra il 22 e 26 agosto erano stati attribuiti alla mancanza di pane nella città ma, come s'è visto , la matrice politica era incontrove11ibile. Il 23 ottobre J917 il Ministro dell'Interno, Orlando, affermava alla Carnera: «Secondo me, vi fu una certa manchevolezza da parte dell'autorità politica di Torino: e , cioè, si perdette troppo tempo dal 9 al 21 agosto, quando i dolorosi fatti scoppiarono, in una discussione necessariamente sterile col Commissariato dei consumi .» 16 Secondo Orlando la «discussione necessariamente sterile» era dovuta al palleggiamento di responsabi lità avvenuto fra Prefettura e Commissariato, il quale, alle pressanti richieste di grano della prima, rispondeva che era inutile continuare a richiedere grano dai depositi assolutamente sprovvisti del grano e non vi era neanche la poss ibilità d i futuri arrivi: occo1Teva, pertanto, basarsi soltanto sulle requisizioni locali. «Scorte esaurite, consegne insufficienti ebbero la sola conseguenza che poteva prevedersi; la sospensione saltuaria della lavorazione dei molini, le diminuite consegne di fa rine ai fornai ... Si giunse così ai. primi dieci giorni di agosto nei quali si è realmente verificata quella scarsità non più soltanto di grano e farina, ma anche d i pane presso i nostri fornai che già era prevedibile, in quanto era successo che per la scarsezza del grano mandato nel mese di luglio,' 7 taluni mulini avevano dovuto per parecchi giorni sospendere il loro lavoro . : . Si verificò una ressa enorme davanti alle botteghe; alle sette
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ASAL, fondo Prefettura AL-Gabinetto , Personale e Affari Riservati Ministero Guerrà V. 77 Comando Militare delle Provincie di Guerra O vest , f. n. 403-IT del 16 gennaio 1918. 12 G. Carcano, Cronaca di una rivolta ... , op. cit. , p. 38 . 13 Sonnino alle Ambasciate e Legazioni d'Italia del 20 agosto 19 l 7. D.D .l. 5" serie, Vlll, doc. 906; cfr. anche M. Montanari, Politica e strategia ..., op. cit. , p. 482. 14 G. Carcano, Cronaca di una rivolta ... , op. cit., p. 38. 15 lbid., p. 42. 16 APCD, Legisl. XXIV, l" Sessione, Discussioni , Voi. XIV, p. 14.902. 11 Nella seduta tenutasi ad ottobre alla Camera dei Deputati venivano segnalate le seguenti assegnazioni effettive rispetto a quelle preventivate (Cfr. APCD, Legisl . XXIV, l" Sessio ne, Discussioni, Voi. X IV, pp. 14.641-14.642) Maggio quintali 53 .099 , 91, Giugno quin tali 65.104, 14 , luglio quintali 58.861,20 per un totale di quintali 177.065,35 che su un'assegnazione complessiva per tre mesi di quintali 225 .000, costiruiscono una deficienza di circa qui ntali 48.000.
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i panettieri erano senza pane; i mariti, tornati a casa a mezzogiorno dal lavoro, non trovarono il pane; le donne furibonde perché non potevano dar da mangiare alla famiglia corsero al palazzo del Municipio per protestare, insorsero contro i primi trams, contro le pasticcerie, ruppero i primi vetri e questa fu la scintilla che determinò l'incendio.» 18 TI 1O agosto il Prefetto si rivolgeva direttamente al Presidente del Consiglio dei Ministri Boselli con toni drammatici: «Ho telegrafato Commissario Consumi sollecitare invio grano. Prego V.E. raccomandare accoglimento istanza. Condizioni approvvigionamento difficili. Popolazione allarmata.» 19 Sempre il 10 agosto, La Gazzetta del Popolo di Torino scriveva, quasi presagendo i fatti luttuosi che sarebbero successi dopo dodici giorni: «Continua ed è veramente inesplicabile ed intollerabile che contirmi la situazione anormale nella distribuzione delle farine e quindi la difficoltà ai panettieri di produrre pane e ai cittadini di provvedersi del primo alimento indispensabile alla vita. Ci pare che le Autorità locali ed il Governo non si rendano conto che . .. il pane ci deve essere. I cittadini non devono perdere la giornata per acquistarlo, la popolazione che lavora e che esce dalle officine e dagli uffici al mezzodì non deve correre il pericolo di restare senza pane; lo spettacolo della ressa davanti ai panettieri deve finire ... Si crea per la cittadinanza uno stato di cose intollerabile che potrebbe avere gravi conseguenze quando invece da tutti si deve tendere ad eliminare pretesti di malcontento ed a rinsaldare la resistenza delle popolazioni .»20 Tuttavia, la Prefettura insisteva a richiedere il grano e l' 11 agosto, a segtÌito di un'ulteriore richiesta il Commissariato replicava: «È necessario che Vostra Signoria si convinca che se fosse in mia facoltà inviare grano a Torino non indugerei un istante. Ma per motivi indipendenti nostra volontà, essendo ritardati arrivi, tutti depositi sono vuoti, e quindi il Commissariato è nella impossibilità assoluta per alcuni giorni di fru-ne spedizioni. Questi sono momenti in cui è necessario che autorità locali compiano sforzi superiori affrettando con tutti i mezzi il rendimento della requisizione . .. ».21 E ancora, il 14 agosto la Prefettura veniva sollecitata su] problema della requisizione: <<• •• Ricordo Vostra Signoria miei telegrammi annunzianti situazione, invocanti intervento requisizione locale. Noto che questa continua dare risultati meschinissimi e me ne dolgo, perché altrimenti non posso assicurare approvvigionamento regolare ... Tutti questi moniti disgraziatamente furono vani. Invece di spingere al massimo rendimento la requisizione, da Torino si seguitava a mandru-e telegrammi ... ».22 Durante la relativa discussione alla Camera del 20 ottobre, il Commissario Canepa ammetteva: «Specialmente per i mancati arrivi, avevo letteralmente vuoti tutti i centri di sbarco . Non l'ho mai detto per non impressionru-e la popolazione, ma io avevo Genova, Livorno, Spezia senza un solo chicco di grano, e seguitavano intanto a telegrafare da Torino: Mandate grano dagli scali marittimi ... Ora dal 9 agosto telegrafavo al Prefetto in questi termini: "Non posso tacere meraviglia per accusata penuria grano codesta provincia nel momento in cui nuova produzione entra in consumo. Difetto sta nel nessun rendimento locale requisizione, mentre è necessario che da essa tragga.si massimo contributo alimentazione codesta popolazione, perché vanno riducendosi sensibilmente importazioni. Incombemi anzi informare Vostra Signoria che da oggi a tutto settembre sono preveduti pochissimi arrivi da estero sperandosi intensificazione soltanto nell'ottobre. Vostra Signoria ispiri sua azione a questa situazione che non dipende da volontà questo Commissariato" .»23 Nel suo lungo intervento alla Camera, il Commissar.io Canepa smentiva che ad agosto; ali' inizio dei moti, a Torino fosse mancato il grano; in quel mese, infatti, ne erano arrivati in città 67 .980 quintali,
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Legisl. XXIV, Legisl. XXIV, 20 APCD, Legisl. XXIV, 21 APCD, LegisJ. XXIV, 22 lbid. 13 lbid.
l" Sessione , Discussioni, Voi. XIV, pp. 14.642-14.643. l" Sessione, Discussioni, Voi. XIV, p. 14.642. l" Sessione, Discussioni, VoJ. XIV, p. 14.654. I" Sessione, Discussioni, VoJ. XIV, p. 14.776.
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cioè 5.000 in più rispetto a giugno.24 Durante la stessa discussione emergeva l'avvenuto «imboscamento» di una certa quantità del cereale: «L'Autorità militare ha potuto constatare che, quando scoppiarono i moti, esistevano a Torino dodicimila cinquecento quintali di grano, di cui si ritardò la molitura, perché, due giorni prima dei moti, i due più importanti molini improvvisamente fermarono la lavorazione uno adducendo a motivo la rottura di un canale, e l'altro asserendo di dover dare olio alle macchine ... In seguito ad una inchiesta dei Carabinieri, promossa dal Comando del Corpo d'Armata, si trovarono nei retrobottega dei fornai 2.942 quintali di farina che erano stati nascosti.» 25 D'altra parte, si erano già avuti nel mese di marzo dei prodromi dei moti «che non erano determinati da mancanza di derrate , né da cause economiche, perché lo ha detto egli stesso [On. Casalini] i salari sono altissimi, ma disgraziatamente erano determinati da pure cause economiche e cioè dalla volontà di far tenninare la guerra.»26 Il Ministro Orlando ammetteva che l'agitazione: - era stata connessa a un reale disagio nella distribuzione del pane. «Il pane mancò effettivamente in gran parte delle panetterie nei giorni 20 e 21 agosto; ma bisogna anche aggiungere che vi era uno stato di disagio: il pane che terminava troppo presto, la folla che si accalcava dinanzi ai negozi, perché temeva di non fare in tempo per provvedersi. Questo stato di disagio era durato per parecchi giorni, dal 1O o dal 12 agosto .»27 - aveva assunto un carattere «diverso da quello della semplice faccenda del pane. E come dicevo ieri sera all' una di notte al Prefetto: quando voi esponete il pane così in abbondanza nelle vetrine (perché appunto per rendere tangibile che il pane c'era, si esponeva il pane nelle vetrine) la manifestazione si è spostata, essa è una affermazione precisamente antiguerresca. E continua così. Il movimento ha, dunque, avuto un carattere indiscutibilmente politico.»28 L'affermazione di Orlando veniva suffragata dalla dichiarazione dell'On. Grosso-Campana alla Camera: «Non nego che vi sia stato anche un substrato politico. Non nego che si possono essere uniti ai dimostranti degli elementi eterogenei, amanti del disordine, anarchici, perché vi sono tanti operai a Torino di tante città d' Italia, ma certo la causa di quei fatti dolorosi è stata la deficienza del pane.»29 Non solo, l'On. Casalini dava una spiegazione quasi fisiologica del passaggio dal carattere economico a quello politico: «Quando la massa fu fuori dalle officine, la massa che, fin dall'inizio, si era dimostrata contraria alla guen-a e mai si era piegata a diverso atteggiamento, evidentemente non pensò che la deficienza di pane fosse solo conseguenza del disordine nel servizio degli approvvigionamenti, ma pensò, e giustamente, che dipendesse in gran parte dalle condizioni di guerra, dimodoché la manifestazione per il pane divenne contemporaneamente una risoluta manifestazione contro la guerra e per la pace.»30 I moti erano iniziati a mezzogiorno del 22 agosto, con l'abbandono del lavoro da parte degli operai dell'Arsenale di Via Caserta,31 ai quali si erano aggiunti i 2.000 operai delle officine ferroviarie di Borgo San Paolo. A metà pomeriggio erano fermi praticamente tutti gli stabilimenti. Numerosi gruppi di operai erano accorsi al Palazzo del Popolo in corso Siccardi, tradizionale luogo di radunata del proletariato torinese. Donne e ragazzi avevano preso d'assalto le vetture tramviarie mentre erano iniziati i saccheggi di panetterie e pasticcerie,32 ma anche di «negozi di .salumeria, trippai, di calzo-
Legisl. XXIV, 1• Sessione, Discussioni, Voi. XIV, p. 14.775. Legisl. XXIV, 1• Sessione, Discussioni, Voi. XIV, p. 14.776. 26 APCD, Legìsl. XXIV, 1" Sessione, Discussioni, Vol. XIV, p. 14.777. 27 APCD, Legisl. XXIV, 1~ Sessione, Discussioni, Voi. XIV, p. 14.902. 28 APCD , Legisl. XXIV, l" Sessione, Discussioni, Voi. XIV, p. 14.903. 29 APCD , Legisl. XXIV, l" Sessione, Discussioni, Voi. XIV, p. 14.643. 30 APCD , LegisI. XXIV, I a Sessione, Discussioni, Voi. XIV, p. 14.655. 31 G. Carcano, Cronaca di una rivolta ... , op. cit. , p. 50. 32 lbid., p. 52.
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leria».33 Nel rione Vanchiglia i dimostranti avevano assalito la locale caserma delle guardie civiche, mentre dalla parte opposta della città veniva assalito il tram della linea per Orbassano ed erano trafugati 25 sacchi di zucchero e 216 di pane.34 Le prime cariche della polizia si ebbero a Piazza Solferino, facendo naufragare i tentativi di Bruno Buozzi e del Segretario della Camera del Lavoro , D'Alberto, di ottenere l'autorizzazione a parlare agli operai per cercare di placare gli animi. Le dimostrazioni più vivaci si verificarono in via Garibaldi e in via Cemaia, mentre compariva una prima barricata in via Bertola «con assi 35 di ponti di una vicina casa in costruzione e con cancellate di ferro tolte da un vicino giardino». L'indomani, 23 agosto, lo sciopero si sarebbe esteso, nonostante le panetterie funzionassero regolarmente, diventando così generale e confermando innegabilmente la matrice politica dei moti. Gli stabilimenti erano rimasti deserti, con picchetti agli ingressi, mentre folle di operai e donne circolavano per le strade, convergendo in Piazza Carlo Felice, davanti alla stazione di Porta Nuova. I maggiori disordini si verificarono nei quartieri operai: a Borgo San Paolo veniva invasa e incendiata la chie36 sa di San Bernardino. Alla Barriera Milano era incendiata la chiesa di Nostra Signora della Pace e sul campanile veniva issata la bandiera rossa.37 Comparivano altre barricate. Venivano anche saccheggiati i cantieri per l'installazione di cucine popolati a corso Tortona, a Barriera di Lanzo in corso Strabella, e alla Barri.era Mi!lano a corso Palermo. Le barricate più consistenti sorgevano alla Barriera Milano (all'incrocio fra corso Vercelli e via Carmagnola), realizzate con alberi abbattuti e mettendo di traverso alcuni carri della ferrovia Cirié-Lanzo, oppure con carrozze tramviarie rovesciate e filo di ferro 38 spinato nel quale era stato immessa corrente elettrica (all'incrocio fra i corsi Oddone e Regina Margherita) . Gli sciope1i si allargavano alla cintura torinese: a Pianezza, Collegno, Rivoli, Trofarello, Pinerolo e Orbassano. Alla sera, in numerosi stabilimenti, le squadre notturne non si presentavano al lavoro. A seguito di colluttazioni fra poliziotti e dimostranti, che tentavano di disarmare la forza pubblica, il Prefetto chiedeva al Comandante del Corpo d'Armata di assumere la tutela dell'ordine pubblico. Questo provvedimento veniva assunto nel p1imo pomeriggio,39 impiegando truppe alpine e tre compagnie di allievi ufficiali del Genio di stanza a Torino, facendoli però intervenire in divisa da semplici soldati.40 Il disegno operativo da parte dell'Autorità militare era quello di tagliare la città in due per impedire agli operai della Barriera Milano di congiungersi a quelli di Borgo Vittoria e marciare uniti sul centro della città. Per questo, lungo il corso Regina Margherita venivano dislocati reparti militari con l'ordine di spm·are nel caso che i dimostranti avessero tentato di superm·e gli sbarramenti lungo il corso a Ponte Mosca (via di penetrazione dal quartiere operaio di 41 Barriera Milano), e al passaggio a livello di cors? Principe Oddone per le provenienze da Borgo Vittoria. Gli scioperi si allargavano alla cintura torinese: a Pianezza, Collegno, Rivoli, Trofarello, Pinerolo e Orbassano. Il 24 agosto si verificavano le fasi più drammatiche. 42 Venivano erette barricate con vetture tramviarie rovesciate , tavole e furgoni della Gondrad. Nei pressi di Via Vigone e di Via Vir1e la folla, dopo aver applaudito un picchetto di alpini li invitava alla
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P. Spriano, Torino operaia ..., op. cit., p. 238.
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lbid., p. 239.
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Ihid. Queste azioni contro luoghi sacri erano dovute allo «spirito anticlericale in quel tempo assai diffuso fra la gente del popolo» una valutazione, questa, che si integra con quella di Luraghi « ... nel complesso i due episodi si inquadrano bene in un residuo anticlericalismo di marca risorgimentale che ha la sua spiegazione storica, e che fu di grave ostacolo all'incontro fra le masse popolari delle due parti .)) Cfr. anche G. Carcario, Cronaca di una rivolta ... , op. cit., p. 177 ~7 P. Spriano, Torino operaia ..., op. cit., p. 241. 38 G. Carcano, Cronaca di una rivolta ... , op. cit., pp. 62-63. 39 Dagli atti del processo risulta che il Comandante del Corpo d'Armata Generale Sartirana alla richiesta aveva esclamato: «Si dovrebbe pensare prima alla questione del pane e non 1ivolgersi a me troppo tardi. Mi ripugna dare del piombo a chi domanda del pane.>> cfr. anche P. Spriano, Torino operaia ..., op. cit., p. 240. • 0 G. Carcano, Cronaca di una rivolta ... , op. cit., p. 60. " 1 P. Spriano, Torino operaia ... , op. cit., p. 243.· • 2 G. Carcano, Cronaca di una rivolta ... , op. cit., p. 73 .
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fratellanza spiegando loro che Jo sciopero era fatto nel loro stesso interesse perché contro la guerra. «Ad un dato momento qualcuno dei nostri giovani tentò di togliere loro i fucili per cui si ebbe una sparatoria tremenda.» 43 Lo storico Spriano mette in evidenza la caccia alle armi che veniva sviluppata da parte dei dimostranti, sia assaltando le caserme della guardia di città, sia tentando di sottrarle ai reparti militari. II 23, nei pressi deila chiesa di San Bernardino, venivano disarmati due reparti militari . Spriano esclude, in questo episodio, alcuna fratemizz.azione fra soldati e operai.44 Nel pomeriggio del 25 agosto a San Paolo venivano disarmati due soldati di scorta a un carro viveri , e alla Barriera Milano un caporale e tre soldati , anch 'essi di scorta, erano costretti a cedere ]e loro armi.45 Oltre che a Borgo San Paolo e alla Barriera Milano gl i scontri si estendevano alla Barriera Nizza, alle barricate del Corso Ponte Mosca, ai corsi Regina Margherita e Valdocco, veniva assaltato il Commissariat.o di P.S. e, una volta «rotto lo schieramento della forza pubblica, una gran massa di insorti, per Porta Palazzo e via M ilano, si avvia verso il centro cittadino» .46 Ma il tentativo di raggiungere Pi azza Castello e Via Roma falliva , dato che la folla veniva bloccata prima che riuscisse a raggiu ngere il centro cittadino, e gJi scontri si fra ntumavano in molti episodi cruenti nelle strette vie laterali. Diverse cronache della giornata riportano l'intervento di un «nugolo di donne» che in corso Regina Margherita, sbucando dai portoni delle case assaltavano le «tanks» che in quel corso, da Porta Palazzo, si dirigevano verso la parte nord deJla città. « ... Le donne si slanciarono , disannate, all' assalto ... tentarono di arrampicarsi alle mitragliatrici supplicando i soldati di buttare le armi. I soldati non spararono , i loro volti erano rigati di sudore e di lacrime. Le tanks avanzavano lentamente .. . ».47 Sabato 25 agosto la fiammata insurrezionale accennava a spegnersi. A parte alcuni episodi in Barriera Milano, veniva bloccato il tentativo di assalire una chiesa in Borgata Vanchiglia. Spari isolati si avvertivano in qualche punto della città. Nella provincia gli operai di Rivoli, Alpignano, Orbassano e Moncalieri continuavano l'astensione dal lavoro. Gli operai degli stabilimenti di Villar Perosa venivano impediti dall'intervento della cavalleria nel loro tentativo di scendere su Pinerolo.48 Durante la notte fra sabato e domenica scattava la repressione, con l'arresto di membri delle Commissioni esecutive della Sezione sociahsta e della Camera del Lavoro e segretari di Leghe e Circoli. Per riorganizzare l'attività del partito veniva affidata ai Deputati socialisti residenti a Torino (Casalini, De Giovanni, Morgari e Sciorati) il compito di funzionare come Direttivo provvisorio. Domeni ca 26 agosto il Direttivo provvisorio veniva ricevuto dal Comandante del Corpo d'Armata, Generale Sartirana, al quale presentavano il testo di un manifesto indirizzato ai lavoratori torinesi invitandoli alla ripresa del lavoro , che avveniva lunedì 27, per gradi, negli stabilimenti della città a eccezione della Manifattura Tabacchi, la fonderia Garrone, le Industrie Metallurgiche, la Tedeschi e la FIAT, quest' ultima per decisione di Giovanni Agnelli per evitare atti di sabotaggio.
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Ihid., p. 72.
,.. P. Spriano, Torino operaia ..., op. cit., p. 241. 45 Tbid. , p. 248. 46 G. Carcano, Cronaca di una rivolta .. ., op. cit., p. 77. 1 • P. Spriano, Torino operaia ... , op. c it., p. 245 . È da rilevare che anche lo storico Spriano , allo scopo di riportare fedelmente il testo di un opuscolo stampato nel 1928 a Parig i a cura della Sezione femminile ciel Partito Comunista d'Italia, incorreva nell ' imprecisione di segnalare l'intervento di «tanks» fra i repa1t i dell'Esercito impiegati per riportare l'ordine a Torino. ln realtà doveva trattarsi necessariamente di automitragliatrici per tre ordini di motivi: - nel 1917 l' Esercito italiano non disponeva ancora di carri armati, all'epoca in uso nell'ambito dell'Incesa soltanto presso gli eserciti francese e inglese; le automitragliatrici prodotte dal!' Ansaldo erano entrate in linea a partire dal 1916 e qui ndi erano disponibili nel 19 l 7 all'epoca della re pressione dei disordini; l'opuscolo citato da Spriano accenna al fatto che le donne «si aggrapparono alle pesanti ruote», ma è risaputo che i «tanks» si muovono tramite cingoli e non «ruote», che ap partenevano , appunto, alle automitragliatrici. 18 • G . Carcano, Cronaca di una rivolta ... , op. cit. , p. 86.
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Lo storico Valori sintetizzava così gli avvenimenti: «La città rimase in potere della plebaglia, la quale d'altronde non sapeva che cosa fare, se non incendiare casotti daziari , chiese e magazzini ... alla ribellione non mancavano armi. La battaglia per le vie e intorno alla Camera del Lavoro, trasformata in fortilizio, durò 6 giorni quasi continui. Si tentò più volte di impedire sia l'arrivo dei tt;eni coi soldati, sia la partenza di questi per la fronte; si fece un'attiva propaganda sovversiva fra ie truppe, incitandole a gettare le armi ... » .49
2) Genova Le prime avvisaglie di agitazioni operaie a Genova si avvertivano a fine ~lgosto 1915 , quando perveniva alla Direzione dell'Ansaldo una richiesta di aumenti in massa, a variante della politica seguita sino a quel momento dall'Azienda di «concedere aumenti di paga a tutti quegli operai che se ne sono resi meritevoli» .50 La Direzione riferiva a una Commissione operaia l' impossibilità, per ragioni: di principio, cli aderire alla richiesta di aumenti in massa, senza escludere, peraltro, la possibilità di «largheggiare negli aumenti e specialmente per quelli meno retribuiti, escludendo però di aumentare coloro che per mancanze, negligenza o rifiuto a lavoro straordinario, non se ne fossero mostrati degni». 51 Le determinazioni della Direzione Ansaldo venivano comunicate, dalla Commis.sione operaia in una riunione delle maestranze tenutasi a Cornigliano, la sera del 24 settembre, durante la quale veniva respinto il criterio meritocratico stabilito dal Vertice clell' Azienda, per cui 1'indomani 25 setterilbre gli operai dello Stabilimento Elettrotenico e di Materiali d'Artiglieria di Cornigliano si rifiutavano cli effettuare straordinari abbandonando il lavoro al termine del proprio turno; 52 novità che veniva subito comunicata al locale Comandante del 4° Corpo d' Armata.53 All'inizio del successivo mese di ottobre.l'agitazione si allargava quando: 5'1 - in città fra docchi di operai serpeggiava il convincimento che <<la gue1Ta siamo noi operai metallurgici a farla perché forniamo noi i proiettili e le armi e se noi non lavoriamo più la guerra è bella e finita»; - presso la Camera del Lavoro di Sampierdarena era stata tenuta una riunione degli operai meccanici e metallurgici per discutere in merito a rivendicazioni salariali del 20% ritenute dalle maestranze irrinunciabili a causa dell'aumentato costo della vita. In questo modo il malcontento imboccava la strada - contraria alla politica voluta da Dallolio - della protesta collettiva. Pervenivano, infatti, ai. singoli Direttori degli stabilimenti Ansaldo, o addirittura al CMI ligure, domande collettive di aumenti, quah: 55 Stabilimento Meccanico, Officina Calderai da parte cli 235 operai; Stabilimento Meccanico, Officina Calderai da altri 134 operai; Stabilimento meccanico, Aggiustatori Piccola Torneria da 20 operai; Stabilimento meccanico, Officina Grande Torneria da 202 operai; Stabilimento Meccanico , Officina Montaggio Locomotive, una Commissione; Stabilimento per la costruzione delle Artiglierie, Fonderie & Acciaierie, Stabilimento Metallurgico Delta, da parte di un Comitato rappresentante le Officine Artiglierie; Meccaniche, Acciaierie e Delta, Comitato di Mobilitazione Industriale ligure da parte cli 6 «rappresentanti degli impiegati degli Stabilimenti Meccanico e Artiglierie dell'Ansaldo» .56 L'imbocco di una strada sbagliata, rispetto alle direttive emanate dal Generale Dalloho era testimoniato, anche, dalla circolazione di volantini indirizzati ai «Compagni di lavoro» a nome di «Alcuni operai» dello Stabilimento Ansaldo di Sampierdarena.57
49
A. Valori , La condotta politica ..., op. cit. p. 328 e segg. FONDANSGE, fondo Penone, SSR, b. 593, f . 6, lettera al Generale Pedotti del 27 settembre 1915, p. 2 . 51 lbid. 52 Il piano di straordinari prevedeva che una aliquota· delle maestranze lavorasse 10 ore (sino alle 18), una seconda parte 12 ore ( sino alle 20) ed infine una terza pa11e adibita alle macchine utensili 15 ore (sino alle 23) . 53 FONDANSGE, fondo Perrone, SSR, b. 593, f. 6, lettera al Generale Pedotti ciel 27 settembre 1915, p. 1. 5 ' FONDA.l'\JSGE, fondo Perrone, SSR, b. 593, f. 14, lettera di Mario Perrone al fratello Pio del 4 ottobre 19 I 5. ;; FONDA.l'\JSGE, fondo Perrone, SSR, b. 593, f. 14. 56 FONDANSGE, fondo Perrone, SSR, b. 593, f. 13: 57 FONDANSGE, fondo Perrone, SSR, b. 593' f. 7. 5 "
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Compagni di lavoro, Vogli11-tuo 6U.0110N) u11 auwonto l'&e• f C',o,gliauw 1· CM".tiaJl.ioue, Il 1cton1n.nkl è prn1d1.lo. f 111lMrl •u• tH!iriori •ue,,,f'll una Yòlla, 111 tf:tlNU gtnmf, lta11ao dhno1iratt:1 di 'l"Oler AOprafTan, I dGboH. Oi:a 11U1 alto mal 11 l11voratoro doUA llm11 o dolla ptt11,u1
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ALCUNI OPERAI dello Stabilimento Gio: Ansaldo & C. ia ti.la l'UUID.l&IBlU
Volantino indirizzato ai «Compagni di lavoro» . (Fondazione Ansaldo, F. SSR, l. 59317
Il 25 ottobre il Direttore dello Stabilimento Elettrotecnico e Materiali d'Artiglieria informava l'Amministratore Delegato, Mario Perrone, che gli operai si rifiutavano di effettuare gli straordinari intralciando «il regolare procedimento dei lavori che abbiamo in corso per la difesa dello Stato», procurando ritardi che potevano essere superati soltanto grazie <<all 'interessamento dei nostri Capi Officina, alcuni dei quali hanno lavorato ieri al posto degli operai» .'8 L'Amministratore Delegato ammetteva, malinconicamente, «Io non posso fare niente; non resta che ripetere alla Commissione di disciplina e al Comitato Regionale questo stato di cose per scarico di responsabilità pei conseguenti ritardi dei nostri lavori.»59 Una Commissione della Camera del Lavoro di Sestri Ponente e Paesi Limitrofi formalizzava le richieste tendenti a ottenere:60 una maggiorazione del salario giornaliero del 20% per tutti gli operai la cui paga non superava le 4,00 lire giornaliere e del 15% per gli altri; una percentuale del 50% sulle ore straordinarie dopo le dieci ore di lavoro61 e fino la mezzanotte e del 100% oltrepassata la mezzanotte; il trattamento di «lavoro straordinario» per le ore effettuate di domenica. A queste proteste seguiva il 24 gennaio 1916 lo sciopero dei «ragazzi scaldachiodi» del Cantiere Navale ai quali si aggiungevano, l'indomani , gli Allievi tracciatori, calderai, aggiustatori e tornitori , fucinatori, carpentieri in legno, falegnami, muratori, per una astensione massima dal lavoro di 155 operai. Soltanto il 31 gennaio 1916 il Direttore del Cantiere Navale poteva assicurare la Direzione che lo
fondo Perrone, ssR, b. 593 , f. 5, lettera del Direttore dello Stabilimento a Mario Perrone del 25 ottobre 1915. fondo Perrone, SSR, b.593 , f. 5, lettera 51-U 281 del 28 ottobre 1915. 60 FON DANSGE, fondo Perrone, SSR, b.593, f. 8. 6 ' L'orario di lavoro, in base all'articolo 4 del Regolamento di Servizio Interno dell'Ansaldo che ogni operaio era tenuo ad accettare all' atto dell 'assunzione da parte della Società, era di 10 ore.
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sciopero, pilotato dalla Camera del Lavoro di Sestri Ponente e Paesi Limitrofi e da una Commissione Operaia era terminato .62 Comunque, tutta 1a controversia che si era svolta in aperta sfida alla Direttiva di Dallolio, che limitava 1a presentazione di domande soltanto a quelle singole, escludendo le collettive, approdava al Comitato Regionale di Mobilitazione Industriale su istanza: - delle maestranze, a causa della rivendicazione dei miglioramenti richiesti per allineare le retribuzioni alla nuova situazione economica; - dell'Ansaldo che aveva respinto le richieste degli operai nella considerazione che63 la Casa ligure in quel momento non era in condizioni di far fronte all'ulteriore aggravio (circa 3-4 milioni di lire) dato che si trovava già esposta per oltre 24 milioni di crediti da parte del Ministero Marina; crediti riconosciuti, in buona parte, non contestabili.64 Il Comitato Regionale Ligure per la Mobilitazione Industriale, il 12 gennaio 1916, deliberava sia l'obbligatorietà del lavoro straordinario per gli operai degli stabilimenti «ausiliari», sia alcuni maggiori compensi per le maestranze stabilendo, anche, la retroattività delle misure economiche.65 L'ordinanza veniva notificata, tramite Carabinieri, ai Direttori degli stabilimenti interessati che la respingevano «come era loro stretto e preciso dovere verso la Società, [che impediva] di accettare un documento di cotanta gravità per gli oneri che arreca alla Società stessa, non avendo avuto da noi istruzioni al riguardo.>> 66 Alla fine i Carabinieri notificavano l'ordinanza ·ai Nuclei Militari di sorveglianza presso gli Stabilimenti, ai componenti delle Commissioni Operaie affiggendola, anche, alle porte degli Stabilimenti. L'Ansaldo amareggiata per questa intimazione «manu militare senza alcun preavviso sia pure confidenziale»67 da parte del Comitato Regionale Ligure, verso il quale essa riteneva d'aver sempre avuto atteggiamenti di «cortesia e deferenza» , presentava ricorso. In tale frangente la Casa Ligure lamentava che si fosse tenuto conto soltanto degli interessi degli operai ignorando la situazione insostenibile del1'industria, dovuta a enorme rincaro delle materie prime e di tutti i materiali, difficoltà gravissima degli approvvigionamenti, aumento dei noli che aveva imposto l'acquisto di navi in proprio, onere dei cambi per le importazioni dall'estero, considerevoli immobilizzazioni per la costruzione di nuovi impianti, necessità di effettuare i pagamenti in contanti in una situazione di mercato anormale.68 Contro l'ordinanza del Comitato Ligure , oltre all'Ansaldo, ricorrevano anche gli operai, per cui il Comitato Centrale per la Mobilitazione Industriale, il 1° marzo 1916, accoglieva il ricorso delle maestranze, imponendo alla Società quel maggior aggravio stimato di 3 milioni e stabilendo, anche, una nuova retroattività dei miglioramenti. L'ordinanza del Comitato Centrale veniva notificata immediatamente dai Carabinieri agli operai, ma ciononostante non si perveniva alla pacificazione degli animi poiché le maestranze vedevano allontanarsi la speranza di un'immediata corresponsione delle indennità per il caro viveri; pagamento che ancora non era stato effettuato dopo una settimana dalla emanazione della ordinanza. Il 9 marzo 1916 l'Ansaldo scriveva al Comitato Centrale di Mobi1itazione lamentando che la modalità seguita per la notificazione dell'ordinanza aveva, di fatto, provocato l'ilTigidimento_ delle maestranze che, ora, pretendevano la riscossione immediata degli arretrati pena l' interruzione del lavoro.69 L'indomani si incrociavano due lettere:
fondo Perrone, SSR, b. 593, f. 11. fondo Perrone, SSR, b. 593 , f. 14, lettera dell'Ansaldo al CCMI del 9 marzo 1916. 64 FONDANSGE, fondo Perrone, SSR, b. 593, f. 14, p. 2, ordinanza del Comitato Centrale per la Mobilitazione Industriale del 1° marzo 1916. 65 FONDANSGE, fondo Pe1Tone, SSR, b. 593, f . 14. 66 FONDANSGE, fondo Pe1Tone, SSR, b. 593, f. 14, p. 1, lettera del Presidente Pio Perrone al Prefetto di Genova del 17 gennaio 1916. 67 FONDANSGE, fondo Perrone, SSR, b. 593, f. 14, p. 2, lettera del Presidente Pio Perrone al Prefetto di Genova del 17 gennaio 1916. 68 FONDANSGE, fondo Perrone, ssR, b. 593, f. 14, p. 4, lettera del Presidente Pio Perrone al Prefetto di Genova del 17 gennaio 1916. 69 FONDANSGE, fondo Perrone, SSR, b. 593 , f. 14, p. 1, lettera dell'Ansaldo al CMI del 9 marzo 1916 62
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- quella del Comandante della Divisione di Genova che, anche a seguito di incontri avuti con il Presidente del Comitato di Mobilitazione Industriale ligure, con il Capo Gruppo degli Ufficiali controlJori presso l 'Ansaldo e il Questore, suggeriva alla Casa ligure di precisare con un nuovo ordine di servizio i termini di tempo entro i quali la Società avrebbe dato esecuzione all'ordinanza del CMI, concedendo, nel contempo un acconto degli arretrati per scongiurare nuovi scioperi;70 - la risposta dell'Ansaldo che dimostrava l'impossibilità di effettuare le operazioni contabili «improvvisamente e rapidamente, perché non è umanamente possibile cl i sceverare in tempi brevi, in una maestranza di quindicimila uomini , gli operai quelli che hanno diritto all 'acconto e quelli che non ne hanno alcuno .. . l'ordinanza predetta esige un lavoro inge nte; un lavoro improbo cli scritturazioni materia li per ogni singolo operaio, che non si improvvisa.»7 1 In questa situazione l'Ansaldo addossava tutta la responsabilità al Comitato Regionale Ligure ritenendo un eITore la notificazione immediata dell 'ordinanza effettuata direttamente agli operai «senza prevenirne la Società e darle il tempo necessario a prendere rapidamente i provvedimenti per applicare le disposizioni dell'ordinanza stessa.»72 ln pratica l' Ansaldo ravvisava« ... la minaccia della continuazione di uno stato di esautorazione nostra , che comprometterebbe gravemente la continuità ed intensità della produzione nei periodi di tempo susseguenti.» 73 Pressoché contemporaneamente riprendevano le astensioni dal lavoro che, però, mettevano in luce una frattura fra le maestranze: una parte era propensa a riprendere il lavoro ne l caso di corresponsione delle indennità maturate nel corso del mese , un'altra aliquota si dimostrava ostile al deliberato del Comitato della Mobilitazione Industriale ritenendo insufficienti le concessioni ottenute.74 Ma , quando il lavoro riprendeva, il clima continuava a restare caldo , tanto che, in merito , il Prefetto di Genova informava il Ministro degli Interni Orlando che i rappresentanti degli operai, avendo conosciuto, nelle trattative preliminari con il Comitato di Mobilitazione Industriale regionale, il Li mite entro il quale le pretese avrebbero potuto essere accolte, avevano indotto la c lasse opera ia «a reclamare cento assicurandola che avrebbero sempre ottenuto quel cinquanta che rientrava nel limite».75 Ma durante le trattative, non essendosi verificata tale ipotesi, si era determinato un grave malcontento «sia nei rapporti dei dirigenti l'agitazione che si trovaro no sconfessati di fronte alla massa operaia, sia in seno aUe stesse maesu·anze a cu i fu tolta l'ultima illusione di un risultato se non del tutto soddisfacente, almeno, secondo esse, accettabile» e il Prefetto di Genova metteva in guardia il Ministro Orlando perché «l'esperienza ha dimostrato che le maestranze, pur compiendo rigidamente il proprio dovere, possono in determinati lavori , rendere la produzione assai meno efficiente della consueta, una specie di ostruzionismo , ma a detta dei tecnici , inafferrabile. Il che - esegu ito su larga scala - potrebbe arrecare, come è facil e comprendere un assa i grave danno difficilmente riparabile.»76 Per quanto riguarda Genova, gli operai delle ditte Acciaie.tie e Ferriere di Prà, Acciaierie Italiane di Bolzaneto , Ansaldo , Ferriera Bruzzo , FIAT San Giorgio, Fossati, Koerting , Ligure Metallurgica , Oclero , Officine meccaniche Liguri, Piaggio presentavano un memoriale collettivo tendente a ottenere la fissazione di un minimo di paga e un aumento delle retribuzioni nominali , del compenso per il lavoro straordinario e festivo e dell'inden nità caroviveri. Le vertenze suddivise poi in singoli memoriali per ciascuna ditta, venivano sottoposte al Com itato cli Mobilitazione Industriale Ligure che, il 6 ottobre 1917, accet-
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FONDANSGE, fondo Pe rrone, SSR, b. 593 , f. 14, lettera de l C.te la Div. di G enova all'Ansaldo del 10 marzo 1916 FONDANSGE, fondo Perro ne. SSR, b. 593 , f. 2, 1, lettera del!' Ansaldo al C.te la Div. di Genova del 10 marzo 19 I 6. FONDANSGE, fondo Perrone, SSR, b. 593, f. 2, p. 2, lettera dell'Ansaldo al Comandante la Divisione Militare di Genova del
10 marLO 1916. FONDA NSGE, fondo Perrone, SSR, b. 593, f. 2, p. 2 , lettera clell 'Ansaldo al Comandante la Divisione Militare di Genova del 10 marzo 19 16. 1 • FOI\DANSGE, fondo Perrone, SSR, b. 593, f. 2, p. 3, lettera dello Stabilimento Meccanico ali' Amministratore Delegato Mario Perrone dell'8 marzo 1916. ;s .\IICRR, fondo Dallolio, b. 948 , r. 23 , l. ll , p. l. 76 MCRR. fondo Dallo lio, b. 948 , f. 23, I. 11, p. 2. 73
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tava soltanto l'aumento dell'indennità caroviveri.77 Agitazioni, sempre per motivi economici , si verificavano presso vari stabilimenti Ansaldo anche verso la fine della guena: al mattino del 22 maggio 1918 «gli operai dei reparti calafati, ribattitori e cricca.tor.i del "Cantiere Navale Ansaldo" di Sestri Ponente rimasero inoperosi, per non aver conseguito un aumento di paga, non richiesto però nei memoriali presentati a1 Comitato Regionale Mobilitazione Industriale di Genova ... Nel pomeriggio del 23 una cinquantina di garzoni del predetto Cantiere Navale si astennero dal lavorare, pretendendo la sostituzione delle forge a mano, già in funzione da parecchi mesi, con quelle pneumatiche ... Lo stesso giorno nell'Officina "Allestimento Navi Ansaldo", in seguito ad una minore corresponsione della percentuale ordinata dalla Direzione, per la minore produzione avutasi nell'ultima quindicina, gli operai si astennero dal lavoro, ed a nulla valendo l'opera di persuasione fatta, furono fatti uscire dallo stabilimento.» 78
3) Napoli Contrariamente a quanto ritenuto normalmente, Napoli, al momento dell'Unità d'Italia, costituiva già un grosso centro industriale di attività cotoniere, canapiere, liniere, lanerie, e di produzioni militari e metalmeccaniche. Il complesso industriale più importante, in ambito militare, era l'officina di Pietrarsa, a Teduccio in territorio di San Giovanni , dove sin dal 1842 si erano trasferiti gli insediamenti localizzati prima a Tone Annunziata e nella Reggia di Napoli. Era pure presente dal 1853 il complesso GuppyPattison, specializzato nella costruzione di vetture e locomotive ferroviarie, dal quale nasceva per filiazione, nel 1862, lo stabilimento Guppy e Pattison al quale veniva assegnata la costruzione di cannoniere.79 Erano anche gli anni in cui il fiorire di industrie nazionali spingeva quelle straniere, fino allora esclusive fornitrici dell'Esercito e della Marina, ad aprire proprie filiali operative in Italia. Così, nel 1885 , 1' Armstrong Mitchel di Newcastle costruiva a Pozzuoli un cantiere e una fabbrica di artiglierie, diventando uno dei più grossi complessi industriali italiani.80 Questa esplosione industriale comportava, inevitabilmente, la nascita fra le maestranze di agitazioni e proteste: già nell'ottobre del 1861 gli operai delle fabbriche meccaniche di Napoli avevano sospeso il lavoro per ottenere la riduzione dell'orario lavoro da 11 a lO ore.81 Subito dopo lo scoppio della conflagrazione europea si verificavano le prime agitazioni al cantiere Armstrong dove 1.081 operai presentavano una domanda per ottenere un aumento delle paghe, rifiutato poi dalla Direzione che aveva già conc·e sso 1.080 aumenti su un totale di 3.687 addetti al cantiere, e prevedeva di concederne altri 400 ne]l'ultimo trimestre dell 'anno , con particolare attenzione verso gli operai che avevano paghe più basse. Le maestranze, a seguito del diniego ricevuto, nel pomeriggio del 4 ottobre si rifiutavano di lavorare provocando dei disordini all'interno del cantiere in conseguenza dei quali la Direzione riteneva di rivolgersi alla «maggioranza dello Stabilimento affinché facciano riflettere , ai pochi giovani sconsigliati che presero parte ai disordini, il grave danno che potrebbe derivare dal sospendere il lavoro nel momento presente.»82 Questa presa di posizione veniva avvallata dal Presi~ente
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ACS, fondo Ministero Interno, Direz. Gen.le P.S ., Div. Affari Generali e Riservati, B. 53 ,cat. A5G, p. 1.
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ACS , fondo Pubblica Sicurezza, Cat. ASG - 1" Guerra Mondiale, B . 46, Ministero Armi e Munizioni, CCMI, Bollettino settimanale Agitazioni Operaie, del 25 maggio 1918, p. 2. 79 Gli stabilimenti Guppy e Pattison erano specializzati nella costruzione di navi metalliche. so L. De Rosa, Un secolo d'industria a Napoli ( 1860-1979), in lavoraiori a Napoli dall'Uni1à d 'Italia ... , op. cit., Voi. II , pp. 222-225. "' G. Machetti, la protesia operaia, in Lavoratori a Napoli dall'Unità d'Italia ... , op. cit., Voi. II, p.26. Cinquant'anni dopo, si verificavano a Napoli altri. decessi durante la «settimana rossa» avvenuta in molte località italiane per protesta contro la repressione delle manifestazioni antimilitaristiche di Ancona dove si era verificata la morte di un anarchico e due repubblicani e la compromissione dell'ordine pubblico per cui i poteri erano stati assunti, temporaneamente , dall'autorità militare. (Cfr. APCD, Legisl. X.X, 3a Sessione, Discussioni, Voi. IV, p. 4.032). 82 ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni, Miscellanea, Uffici diversi, B. 265, Verbale dell'8 ottobre 1915 del CMI per l'Italia Meridionale, p. 7.
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del CMI, Contrammiraglio Borrello il quale, durante un sopralluogo agli stabilimenti, continuava nella sua linea d'azione rivolta a creare scissioni nelle maestranze rivolgendosi «principalmente ai vecchi operai fiducioso che parola di essi varrà a ricondurre i giovani ai loro doveri evitando che l'antipatriottica condotta della maestranza di Pozzuoli destasse una pessima impressione nel Governo e nel Paese.»83 Tuttavia, le belle parole non smuovevano la rappresentanza degli operai che rimanevano fermi nella loro richiesta di aumento generale e della regolamentazione del lavoro nei giorni festivi per cui il CMI, nel tentativo di un componimento amichevole della vertenza, proponeva un aumento della mercede agli operai, dopo una revisione delle paghe percepite e la limitazione del lavoro nei giorni festivi a sette ore, retribuito con la percentuale del 40%. Mentre proseguiva, nel mese di ottobre 1915, l'azione intesa a intensificare la produzione delle munizioni e dell'acciaio, sorgeva una vertenza fra gli operai e la Direzione degli stabilimenti Pattison sfociata, il 29 ottobre 1915, nell 'astensione dal lavoro delle maestranze che, pur recatesi ai propri posti lavoro, restavano inoperose per protesta contro I'applicazione di grosse multe per ogni giornata di assenza non giustificata e contro il basso livello di paga oraria.84 In merito agli aumenti generalizzati, si creavano due posizioni contrastanti in seno al CMI: - i rappresentanti degli industriali temevano i possibili contraccolpi che si sarebbero avuti sugli altri stabilimenti, una volta ammesso il principio dell'aumento generalizzato, in contrapposizione a quello dell'aumento in relazione alla produttività del singolo; - un dirigente dello stabilimento era del parere, invece, che si sarebbe dovuto pervenire comunque a un aumento generalizzato perché, in caso di aumenti parziali, 1' agitazione sarebbe aumentata con conseguente diminuzione della produttività dello stabilimento; cosa che già cominciava a notarsi dato che «ora già vengono praticati l'ostruzionismo ed il sabotaggio: i lavori delle torpediniere rallentano.»85 Di fronte al pericolo dell'ostruzionismo attuato dalle maestranze, l'Amministratore Delegato Pattison si dichiarava pronto a concedere a tutti, a partire dal 1° novembre, un aumento generale da far valere per tutta la durata della guerra e, pertanto, «per evitare la dichiarazione dello sciopero che, per quanto represso nel modo più energico non potrebbe non perturbare l'andamento della produzione delle munizioni», veniva invitato a rivedere le paghe in maniera differenziata:86 - in linea prioritaria, per quelle che avevano livelli più bassi; - successivamente, su quelle degli operai che negli ultimi tempi non avessero avuto alcun aumento. Nell'adunanza del successivo 4 novembre 1915, l'Amministratore Delegato metteva a punto la situazione delle paghe che risultava essere:
Tabella XXXVI NUMERO OPERAI STABILIMENTO PATTISON CANTIERE PATTISON
% AUMENTI GIÀ AUMENTI DA CONCESSI NEL CONCEDERE NEL OPERAI CORSO DEL 1915 CORSO DEL 1915 SODDISFATTI
750
327
75
50%
880
305
156
52%
s, lbid. ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni, Miscellanea, Uffici diversi, B. 265 , Verbale del1'8 ottobre 1915 del CMJ per l'Italia Meridionale, p. 7. ACS, fondo Ministero Interno, Direz. Gen.Je P.S., Div. Affari Generali e Riservati, anno 1915, B. 30, telegramma della Prefettura di Napoli al Ministero Interno del 29 ottobre 1915. 85 ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni, Miscellanea, Uffici diversi, B. 265, Verbale del 28 ottobre 1915 del CMI per l'Italia Meridionale, p. 49. 86 ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni, Miscellanea, Uffici diversi, B . 265, Verbale del 28 ottobre 1915 del CMI per l'Italia Meridionale, p. 4. 84
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Emergeva, inoltre, l'impossibilità di estendere il meccanismo dei cottimi ad alcune categorie (falegnami e braccianti) e che non vi era alcuna tolleranza sull 'orario di ingresso degli operai, per i quali i miglioramenti di salario richiesti erano causati dall'aumento intervenuto sui prezzi dei viveri. Al termine dell'adunanza si addiveniva alle seguenti concessioni accettate dalla commissione di operai:87 - aumento della paga, a partire dal 1° novembre, a circa 360 operai nella proporzione di 4/5 per chi aveva mercede inferiore a 0,35 lire orarie e di 1/5 a chi aveva una paga superiore a quel limite; - revisione dei salari dei nuovi assunti soltanto per quelli meritevoli di aumento; - estensione dei cottimi a tutte le categorie nel maggior numero possibile; - ammissione di una tolleranza di cinque minuti sull'orario di ingresso al lavoro. A fine novembre del 1916, tuttavia, perveniva alla Direzione dello Stabilimento Pattison un memoriale finalizzato a ottenere una maggiore estensione e una migliore assegnazione dei cottimi, la cui media era ritenuta dagli operai che arrivasse, a malapena, al 10%. In particolare la classe industriale veniva sollecitata ad avere maggiore lungimiranza, instaurando un clima di collaborazione con le maestranze in vista delle future esigenze del dopoguerra. L'Amministratore delegato Pattison confutava il dato del 10% fornito dagli operai (che, secondo la ditta an-ivava invece al 25 %), faceva però presente che essa aveva già provveduto all'aumento delle paghe al 76,8% degli operai su un totale di 1.700 e pertanto non poteva sobbarcarsi a sostenere nuovi e ulteriori aggravi.88 Emergevano comunque alcune manchevolezze congenite nella classe operaia di Napoli: prima di tutto la minore produttività della mano d'opera dimostrata rispetto agli stabilimenti liguri, in rapporto a una minore produzione con un maggior numero di operai. In merito, un Direttore di Stabilimento della Pattison affermava che «Orlando riesce a fare un cacciatorpediniere in undici mesi mentre lo stesso tipo impostato da Pattison con un proporzionale numero di operai non può essere finito in meno di 17/18 mesi.»89 In seconda battuta veniva rilevato un mancato stimolo alla ricerca di maggiori guadagni dovuto, anche, al tenore di vita dell'ambiente napoletano, nonostante «ovunque gli operai meridionali siano andati , si sono fatti onore e non sono risultati inferiori a nessuno.» 90 In merito alle richieste economiche, la discussione si incentrava sull'inopportunità di concedere un aumento di paga che avrebbe comportato, sicuramente, gravi ripercussioni sugli altri stabilimenti della regione a causa dell'importanza della «Vertenza Pattison» e avrebbe pregiudicato, inoltre, la situazione del dopoguerra. Per questo i rappresentanti degli industriali si dichiaravano favorevoli a concedere una indennità per il caro-viveri durante il periodo della guerra, anziché l'aumento della paga. Al termine il CMI deliberava che la ditta Pattison disponesse: 9 ' a) l'aumento a 300 operai per estendere i miglioramenti alla totalità delle maestranze; b) la revisione del sistema dei cottimi; c) la concessione, per tutta la durata della guerra, di un'indennità di 50 centesimi agli operai che guadagnavano 5 lire al giorno e di 40 a quelli che superavano tale lirnite; d) una maggiorazione del 43% per ogni ora di lavoro fatto in giorno festivo oltre le sette ore, fermi restando i compensi per il lavoro festivo e straordinario. Tuttavia gli operai presentavano ricorso avverso l'ordinanza del Comjtato Regionale. Non solo, ma il Comitato Regionale era costretto a constatare che, malgrado l'aumento delle maestranze e delle ore
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ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni, Miscellanea, Uffici diversi, B. 265, Verbale del 4 novembre 1915 del CMl per l'Italia Meridionale, p. 7. 88 ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni, Misce1lanea Uffici diversi, B. 265, Verbali adunanze CMI per l'Italia meridionale, seduta del 13 febbraio 1917, pp. 994-995. 89 ACS , fondo Ministero A1mi e Munizioni, Miscellanea Uffici diversi, B. 265, Verbali adunanze CMI per l'Italia meridionale, seduta del 22 mar. 1917, p. 1.100. 90 ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni , Miscellanea Uffici diversi, B. 265, Verbali adunanze CMI per l'Italia meridionale, seduta del 23 mar. 1917, pp. 1.112-1.113. 91 ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni, Miscellanea Uffici diversi, B. 265, Verbali adunanze CMI per l'Italia meridionale, seduta del 20 febbraio 1917, p. 1.015.
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di lavoro, la produttività non accennava ad aumentare; un fatto gravissimo di resistenza passiva questo, dovuto a parere di un rappresentante degli industriali al convincimento degli operai di poter ottenere ulteriori benefici con questi atteggiamenti,92 e ciò in aggiunta al fenomeno dell'assenteismo. Veniva evidenziato, in particolare, che verso il termine della lavorazione di un manufatto, gli operai rallentavano il proprio lavoro allo scopo di ottenere prolungamenti della commessa.93 In conclusione, i rappresentanti industriali stimavano che gli operai napoletani privilegiassero il tempo libero dal lavoro, capaci «di lavorare con grande attività e di finire in 5 ore quello che avrebbero dovuto finire in 8 se si promette loro di lasciarli in libertà non appena finito il lavoro in corso.»94 Non solo, ma essi erano poco propensi al lavoro straordinario festivo, dato che «gli operai , dopo una settimana di lavoro, tengono molto a passare il pomeriggio della domenica in famiglia.>>95 In sintesi, dalle adunanze del CMI per l'Italia meridionale traspariva: - da parte industriale, il timore che si fosse instaurato un circolo vizioso per il quale un eventuale miglioramento delle paghe orarie avrebbe potuto far diminuire ulteriormente la produttività;96 - sul versante operaio, invece, la convinzione che non valesse la pena lavorare di più a causa dei bassi prezzi dei cottimi e che, in caso di maggiorazione dei compensi, essi avrebbero lavorato con maggiore intensità.9' D'altra parte, come metteva in luce l'On. Cabrini, il Comitato Centrale cli Mobilitazione Industriale si preoccupava dell'andamento della produzione per cui era giocoforza cercare di rimuovere le cause che, in qualche modo, la rallentavano. Comunque, nell'attesa della deliberazione del Comitato Centrale sul ricorso presentato dagli operai, il Comitato di Mobilitazione Industriale per 1'Italia meridionale esaminava le motivazioni del ricorso presentato dagli operai. Veniva così assodata: - l'infondatezza di molte accuse rivolte alla ditta Pattison; - l'esistenza di altri stabilimenti a Napoli dove gli operai, lavorando molto, riuscivano a ottenere guadagni più consistenti; - l'inadeguatezza dei servizi di trasporto pubblico, che si ripercuoteva sulla puntualità degli operai ai quali, a volte, veniva trattenuto il soprassoldo di caro-viveri a causa del ritardo all'ingresso in officina. Permaneva, comunque, il circolo vizioso in quanto gli industriali dichiaravano di essere disposti al miglioramento delle condizioni degli operai se gli stessi avessero prodotto di più; ma le maestranze dichiaravano di essere disponibili a una maggiore produzione nel caso di aumento dei cottimi.93 Per quanto riguarda il complesso Armstrong, alle agitazioni operaie si aggiungevano quelle degli impiegati contabili che assumevano particolare vivacità, tanto che, il 7 giugno 1917, l'Ufficiale di Vigilanza presso lo stabilimento inviava un rappo1to sul comportamento cli un gruppo di impiegati nel quale si ravvisavano gli estremi del reato di ammutinamento e rifiuto di obbedienza, con particolari
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ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni, Miscellanea Uffici diversi, B. 265, Verbali adunanze CM l per l'Italia meridionale, seduta del 22 mar. 1917, p. 1.10 1. 3 ') ibidem ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni, Miscellanea Uffici diversi, B. 265, Verbali adunanze CMI per l'Italia meridionale, seduta del 22 mar. 1917, p. 1.101. 9-, ibidem ACS, fondo Ministero Anni e Munizioni, Miscellanea Uffici diversi, B. 265, Verbali adunanze CM I per l'Italia meridionale, secluta del 22 mar. l917, p. l. l01. 95 ACS, fondo Ministero Anni e Munizioni , Miscellanea Uffici diversi, B. 265 , Verbali adunanze CMI per l'Italia meridionale, seduta ciel 2 gen. 19 I7, p. 934. 96 ACS, fondo Ministero Anni e Munizioni, Miscellanea Uffici diversi, B. 265, Verbali adunanze CMI per l'Italia meridionale, seduta del 22 mar. 1917, p. 1.099. 91 ACS, fondo Ministero Anni e Munizioni, Miscellanea Uffici diversi, B. 265, Verbali adunanze CMJ per l'Italia meridionale, seduta del 22 mar. 1917, p. 1.104 . '>• ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni, Miscellanea Uffici diversi, B . 265, Verbali adunanze CMI per l'Italia meridionale, seduta del 23 mar. 1917, p. 1.116.
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responsabilità degli esonerati dal servizio militare. In effetti, gli addetti al servizio contabile erano stati «trascinati ad uno speciale stato cli eccitazione dalla quotidiana registrazione dei guadagni a cottimo addirittura straordinari della maestranza operaia.»99 Il Generale Dallolio, in una vis.ita effettuata a Napoli il 17 marzo 1917 al Comitato di Mobilitazione Industriale regionale, alla presenza cli una cinquantina di operai in rappresentanza di 20 stabilimenti ausiliari, chiariva di essere venuto «per salutare industriali ed operai, ma non per trattare di questioni economiche, queste riguardano i miei carissimi colleghi del Comitato Centrale ed i bravi colleghi del Comitato Regionale. Mi sono recato fra voi per palesarvi l'animo mio, per ripetervi che una missione sola, un sentimento solo deve guidare tutti: il concorso di tutti per il bene cli tutti.»1exi Egli proseguiva spronando gli operai a ridmre l'assenteismo, nella considerazione che buona parte di loro erano esonerati dal servizio militare. <<l sacrifici che fanno quelli che lavorano nelle officine sono differenti dai sacrifici che fanno quelli che sono in trincea. Se quellì che godono dell'esonerazione per lavorare in officina vedessero ritornare un nostro soldato dopo essere stato quindici giorni in trincea, non uno mancherebbe al lavoro, non uno andrebbe a guardare nel calendario se è domenica o lunedì. Io stesso li ho visti venire dal San Michele e dal Carso e sono rimasto commosso, ma avevano nell'animo l'invitta fede perché bisogna andare sul fronte per sentirsi animati da11a fede dei destini del nostro Paese. lo credo che farebbe molto bene a tanti, a tanti di quelli che lavorano, se andassero a vedere i loro fratelli: non ci sarebbero più domeniche, non ci sarebbero più assenze. Su quelle assenze io dichiaro che protestò, perché l'ho detto e lo ripeto, accanto al soldato che combatte ci vuole l'operaio che lavora. Come c'è un dovere per il primo, così c'è un dovere assoluto per quello che gode dell'esonerazione e costui compie un delitto quando, non essendo malato, sta a casa per riposarsi, quando non va al lavoro e va a godersi una passeggiata, mentre i suoi fratelli combattono e muoiono, compie un delitto quando si avvale dell'indulgenza dei medici per compiacenti attestazioni.»w1 Sul finale del suo discorso Dallolio affrontava due problemi scottanti: 1) lo scarso gradimento del lavoro festivo. Affermava , infatti, che «Si dice che il turno della domenica non piace! Non piace? Ma siamo in guerra. Ma credete forse che noi sappiamo quando è domenica? Sono due anni che ho attorno una serie cli Ufficiali e di impiegati che lavorano da mane a sera, non domandano mai nulla non conoscendo che cosa sia festa. Ebbene sono forse differenti dagli altri? Che cosa dò a questi? Niente. Ora gli operai devono pensare che ... faccio solo appello a quei sentimenti del cuore perché ... non ci deve essere differenza, non ci deve essere visione differente, ma si deve avere invece un sentimento solo di amore di Patria.» 2) le indicazioni dei suoi diagrammi sulla futura produzione. Egli si aspettava di rilevare dei cambiamenti perché «non ho mai conosciuto, nella mia vita, degli operai che non siano buoni e che non sentano italianamente.» 102 Dallolio concludeva ricordando agli operai che l' istituto clell'esonerazione era stato creato allo scopo di disporre cli maestranze che lavorassero. Ma rammentava, anche , agli industriali il bisogno imperioso di fratellanza, <<perché tutti i rivoli si trasformino in torrenti ed il torrente vada al mare tranquillamente, non portando seco la rena degli argini, ma portando il beneficio fecondo delle terre che attraversano. Quindi unione e concorso di tutti nel nome del Paese perché come sapete potrà essere oggi , potrà essere domani, ma i nostri nemici uno sforzo lo tenteranno .» 103
fondo Ministero Armi e Munizioni, Miscellanea Uffici diversi, B. 265, Verbali adunanze CMl per l'Italia meridionale, seduta del 18 mar. 1917, p. 1.210. 100 ACS, fondo Ministero Anni e Munizioni , Miscellanea Uffici divers i, B. 265, Verbali adunanze CMI per l'Italia meridionale, seduta del 18 mar. 1917, p. 1.089. 101 ACS , fondo Ministero Armi e Munizioni, Miscellanea Uffici diversi, B . 265, Verbali adunanze CMI per l'Italia meridionale, seduta del 18 mar. 1917, p. 1.093. 102 ACS , fondo Ministero Armi e Munizioni, Miscellanea Uffici diversi, B. 265 , Verbali adunanze CMI per l'Italia meridionale, seduta del 18 mar. 1917, p. l.094 . 103 ACS, fondo Ministero Armi e Munizioni, Miscellanea Uffici diversi, B. 265 , Verbali adunanze CMI per l'Italia meridionale, seduta ciel 18 mar. 1917 , p. 934. 98
ACS,
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Dallolio, il 18 luglio 1917 era costretto a scrivere all'Ammiraglio Bore11o Presidente del Comitato di Mobilitazione Industriale di Napoli in merito ad alcune agitazioni che si erano verificate in quella città: «Deploro vivamente quanto è avvenuto nel cantiere Pattison raccomando che disciplina sia severamente mantenuta verificando però se proprietari hanno eseguito subito ordini ricevuti circa lodo e nel modo più completo e conciliante. Accordo fra operai e industriali deve essere a qualunque costo mantenuto dato patrio scopo lavorazioni, seguendo concetto di concedere ciò che è equo e giusto e non cedere mai ad intimidazioni. Insisto perché se esonerati o comandati o a disposizione hanno commesso gravi mancanze debitamente accertate siano subito fatti rientrare loro depositi ma insisto ancora maggiormente perché ciò sia fatto con la coscienza di un dovere e mai colla impulsività di un provvedimento di ritorsione. Tenermi al corrente di tutto anche se del caso con apposito incaricato di portarmi lettere o rapporti. Ministro Dallolio.» 104
10 •
MCRR,
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fondo Dallolio, b. 948, f. 23, l. 6.
APPENDICE II I CONDIZIONAMENTI DELL'INDUSTRIA MILITARE
1. I condizionamenti sociali Dopo l'Unità d'Italia, in quel periodo di crisi generale attraversato dall'economia nazionale, si sviluppava una campagna di pressioni per ottenere l'affidamento ai propri cantieri delle commesse collegate ai nuovi programmi di ammodernamento della Marina, varati con la legge n. 3960 del 1° luglio 1877. Questa azione era condotta da: - privati per evidenti motivi prettamente economici; - autorità campane e toscane al fine motivato, anche, dalla necessità di garantire l'ordine pubblico. L'8 novembre 1897, il Prefetto di Livorno trasmetteva ai Ministri della Marina e dell'Interno la memoria compilata da una Commissione di operai, con la quale essi invocavano provvedimenti governativi per dare lavoro al cantiere Orlando . Infatti, come evidenziava il Prefetto, il continuo stillicidio di licenziamenti e l'avanzare della stagione invernale - i cui rigori venivano mitigati soltanto in parte dalla filantropia cittadina' - avevano aggravato il malcontento della classe operaia per cui «data 1' indole piuttosto vivace di questa popolazione vi è serio pericolo di temere che essa possa da un momento all'altro scoppiare in disordini.» 2 Il Ministro della Marina,Amm:irag]io Brin, il 26 gennaio 1898, nel fornire assicurazione che in caso di affidamento di lavorazioni all 'industria privata vi avrebbero concorso tutti gli stabilimenti, smorzava gli ardori del Prefetto precisando che: 3 - le commesse navali potevano trovare collocazione soltanto nell'ambito di una pianificazione che tenesse conto degli stanziamenti e dell'esistenza di tutti gli stabilimenti; - era impossibile che la fornjtura di lavoro a tutti i cantieri navali italiani dovesse ricadere esclusivamente sulla Marina Militare. Il Prefetto di Livorno ritornava sull'argomento a metà febbraio 1899 perché riteneva che non soltanto la classe operaia, ma l'intera cittadinanza fosse sempre più allarmata per cui, «se la rruseria e la fame avessero a spingere gli operai a qualche eccesso, la opinione della cittadinanza non soltanto li scuserebbe, ma accuserebbe d'imprevidenza il Governo, e su di esso riverserebbe tutta la responsabilità.» 4 D'altra parte, il Prefetto non aveva tutti i t01ti a temere dei disordini da parte della classe operaia. Alcuni anni prima (il 27 aprile 1859) dopo la sospensione del lavoro per otto mesi, il cantiere della Marina di San Rocco - poi acquistato dai fratelli Orlando - veniva assediato non solo dalle maestranze, ma anche da buona parte della popolazione livornese che traeva il suo sostentamento dalI'indotto che ruotava attorno alle costruzioni di navi. In quell'occasione il Governo toscano <<provvidamente ordinava che venissero costruite due cannoniere. Queste più non bastando a dare lavoro a tanta gente, fu costretto a far mettere mano alla costruzione di una corvetta "ad elica" che era stata precedentemente decretata.»5 Successivamente, per non gravare ulterionnente sulle finanze toscane, era stata decisa la rotazione settimanale delle maestranze per far partecipare tutti al beneficio deJla paga giornaliera che, nel frattempo, era stata ridotta. Il Comando della Reale Marìna nel gennaio 1860, memore di questi fatti, scriveva al Ministero della Guerra segnalando che andava profilandosi una carenza di legname tale da poter pregìudicare l'anda-
' In quell'occasione era stata data vita a delle «cucine economiche» ed era stata istituita l'associazione benefica del «pane quotidiano» , ecc. 2 ACS, fondo Ministero Marina, Direzione Generale Costruzioni Navali, b.4. 3 ACS, fondo Ministero Marina, Direzione Generale Costruzioni Navali, b.4, 1. n. 643. 4 ACS, fondo Ministero Marina, Direzione Generale Costruzioni Navali, b.4. 5 AS Firenze, fondo Ministero Gue1i-a, b. 1456, f. 211 .
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mento dei lavori, innescando così di nuovo l'esplosiva situazione della disoccupazione. Poiché l'esigenza non poteva essere soddisfatta dalle aree boschive dello Stato toscano - anche a causa dell'incetta di legname effettuata dai Governi Spagnolo e Inglese - il Ministero della GueITa, allo scopo di prevenire un 'eventuale ripetizione dei fatti dell'anno precedente, agiva in due direzioni interessando: 6 - la Commiss.ione della Marina Sarda, incaricata del taglio degli alberi nei territori parmensi e modenesi, affinché ne fosse destinata una parte alla Marina toscana; - il Ministero delle Finanze, del Commercio e dei Lavori Pubblìci toscano, per imporre un divieto di esportazione al legname di provenienza toscana; istanza quest'ultima respinta da quel Dicastero e gelidamente controbattuta dal Ministro deJla GueITa toscano Generale Cadorna. Nel luglio 1897 il cantiere Pattison di Napoli segnalava al Ministro della Marina di aver ultimato la costruzione dello scafo della nave Tevere, con la conseguente necessità di dover licenziare la maggior parte delle maestranze a meno che non intervenisse una nuova commessa relativa ai cacciatorpediniere, per i quali erano in corso da tempo delle trattative/ Il problema veniva ripreso nel marzo 1898 dal Prefetto di Napoli, che lo inquadrava nel più ampio contesto degli stabilimenti meccanici di Napoli, dato che i cantieri Guppy e De Luca avevano già licenziato un terzo degli operai, riducendo la paga ai restanti. Pattison, per parte sua, aveva chiuso il cantiere collegato all.'opificio. Il Prefetto: a) non escludeva che questa vicenda fosse il frutto di un 'azione concordata dagli industriali per far pressioni sul Governo allo scopo di ottenere commesse all'industria locale, sorta con Io scopo di costruire navi da guerra, e che non poteva essere convertita dall'oggi al domani, alla produzione civile; a) auspicava, comunque, che il Governo - pur non impegnandosi - desse un'assicurazione alla classe operaia, dato che ciò avrebbe giovato <<pure a calmare le apprensioni che perdurando l'attuale incertezza non potrebbero fare a meno di crescere ed estendersi.»8 Sul problema interveniva anche il Tenente Generale Malacria, Regio Commissario di Napoli, al quale il Ministro della Marina segnalava, il 2 giugno 1898, che il cantiere Pattison era stato prescelto per la costruzione di 4 cacciatorpediniere, ma che la commessa poteva essere perfezionata soltanto dopo: 9 - l'emanazione del parere del Consiglio di Stato; - la registrazione press0 la Corte dei Conti del relativo Decreto di approvazione del contratto. Mentre, al limite, potrebbe risultare comprensibile una spinta da parte di Enti locali rivolta ad accaparrare posti di lavoro, è meno giustificabile un intervento dall'alto che - trascendendo da valutazjoni di costi/benefici - finisce sempre con il creare delle perturbazioni nella dinamica industriale. Nel 1908 la Commissione Parlamentare d'inchiesta, durante le prove comparative fra le mitragliatrici Maxim e Perino, esprimeva un «voto caldissimo affinché si venga senza indugio all'adozione della mitragliatrice studiata in Italia e costruita ìn uno stabilimento militare.>>10 Se si tien conto del sistema di pagamento a cottimo che vigeva all'epoca presso gli stabilimenti militari, per cui le maestranze restavano senza paga in caso di mancanza di commesse, si possono ben comprende.re le finalità di quell'intervento. Tra l'altro, quest'intromissione interferiva pesantemente a favore della scelta della Perino, ancorché l'aima non fosse ancora messa a punto, tanto da presentai·e, dopo la costruzione in serie, notevoli inconvenienti che obbligavano il Ministro della Guerra Generale Spingardi ,a disporre nuovi esperimenti perché «dati i. precedenti prima di abbandonare definitivamente un 'arma nazionale concretata e costrui ta nel proprio paese, è il caso dì esaminare con altre prove il limite del suo funzionamento al tiro.» 11
6
AS
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ACS,
Firenze, fondo Ministero Guerra, b. 1456, f. 21 J. fondo Ministero Marina, Direzione Generale Costruzioni Navali, b.4. "lbid. ') ibid. 10 MCRR , fondo Dallolio, b. 951, f. 9 , L 3. Il lbid.
720
SOC, AN . CANTIERI O' AeROf'ORTO
n rindisi, 27/9/I943.
come Vice Preoidente della Soc. Costruzioni Aereo ;:avali (S.A.C.A.) àesiàero avere un e.ppuntlll:lento con S. E. il Ce.po del Gover no !Jv.resciallo Badoglio . OGGETTO: La no/ Società v211te. c 1· edi ti dalla 11.e.rina e dall • Aeronauti ca per c irca I8 milioni di lavor i eseguiti e co n s egne.ti e che non veneono pago.ti da molto tempo . Sono costretto a àover c hiuder e lo Stabili,ne.:t o l.)er l a fine della setti.mana s e
in
parte
Wl
quantitativo di de naro
atto e far fronte elle paghe degl i 01,er,;tl non ci verrà versato.
Conto Carlo Dentice di Frasoo Vice Preside nte della S.A.C,A, = lI!1IlID!SI
Richiesta di colloquio con Badoglio per evitare la chiusura di uno stabilimento. (APTGP, Serie fascicoloni)
Rimanendo sul tema dell ' approvvigionamento delle mitragliatrici, il Ministro della Guerra Spingardi, il 20 agosto 1913, faceva sapere alla FIAT che «per incoraggiare l'industria italiana non si sarebbero avute difficoltà ad adottare la mitragliatrice FIAT per le Sezioni ancora da costituire per le quali non erano già state provvedute le Maxim , pur riconoscendo che i due tipi di mitragliatrice non potevano fare a meno di creare inconvenientì.» 12 Il periodo intercorrente fra i due conflitti mondiali vedeva l'Esercito farsi ancora carico delle necessità «sociali» dell'industria tanto che Mussolini, il 5 luglio l 927, scriveva al Prefetto di Torino in merito a possibili licenziamenti presso la FIAT: «Il problema della disoccupazione sarà affrontato dal Regime con i suoi mezzi al momento opportuno. La FIAT faccia il suo gioco, il Regime fa il suo. Questa specie cli ossessione - a fondo ricattatorio - su quello che fa o non fa, farà o non farà l'impresa privata della FIAT, deve finire .» 13 Il 29 agosto 1936 l'ingegner Rocca scriveva al Prefetto di Genova Umberto Albini: «Ben conoscendo il costante interessamento e l'autorevole appoggio clell'e.v. alla soluzione dei problemi, particolarmente di carattere sociale della nostra Società, ritengo doveroso segnalare all'e.v. un periodo di crisi che si prospetta per il nostro stabilimento Fossati ... Per evitare interruzioni di lavoro per le nostre maestranze , abbiamo prospettato all'on . Ministero della Guerra, con lettera 19 corrente, di cui trasmetto copia allegata alla presente, l'opportunità che le nuove ordinazioni siano definite al più presto possibile. Ho ora il dovere cli segnalare a v. e . che , qualora tali ordinazioni non ci fossero conferite, resterebbero disponibili, entro ottobre, circa 500 operai .» 14 Il 22 ottobre dello stesso 1936, il Sottosegretario di Stato alla Guerra e Capo cli Stato Maggiore dell 'Esercito, Pariani, annotava per il Capo di Gabinetto Sorice: «Dobbiamo portare l'attenzione nei licenziamenti dato che alcune fabbriche stanno riducendo troppo .» 15
12
MC RR , fondo Dallolio, b. 951, f. 9, I. 14. L. Ceva -A. Curami, La meccanizzazione .. ., op. cit. , Vol. I, p. 253. I< fbid., p. 251. 15 Ibid., p. 253. 13
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Appunto cii Badoglio per evitare la chiusura di uno stabilimento. (APTGP, Seriefascicoloni)
Dopo i fatti del settembre 1943, la Società Cantieri di Aeroporto di Brindisi vantava crediti dalla Marina e dall'Aeronautica, per l'ammontare di circa 12 milioni, per i lavori eseguiti a suo tempo dalla società che ora rischiava la chiusura per mancanza di liquidità. Il Vice Presidente della Società, il Conte Carlo Dentice di Frasse, richiedeva un colloquio al Capo del Governo, Maresciallo Badoglio, che annotava per il Direttore Generale degli Affari Civili del Governo d'Italia: «S.E. Innocenti. Non si può lasciare chiudere lo stabilimento perché avremmo sulla piazza 800 disoccupati.» '6 In tempi a noi più vicini, quelli del difficile contesto socio-economico degli anni 80, il Ministro della Difesa pro-tempore, Spadolini, emanava ai Vertici Militari delle direttive per gli approvvigionamenti in Italia e all'estero, sottolineando che i responsabili dell'acquisizione di materiali avrebbero dovuto tenere «nella dovuta considera?,ione, fin dalla fase di impostazione dei programmi di approvvigionamento, ]'esigenza di privilegiare, per quanto possibile, la produzione dell'industria nazionale.» 17 Le stesse Direttive precisavano che, in caso di necessità di acquisto aU'estero, occorreva 1icercare delJe formule di cooperazione o, quanto meno, era necessario avviare negoziati per ottenere una compensazione in grado di garantire all'industria nazionale quote di lavoro soddisfacenti dal punto di vista qualitativo e quantitativo. Al limite, «considerate le benefiche ricadute sull'industria nazionale in termini occupazionali e socio economici e tenuto conto delle diverse condizioni contrattuali operanti nel caso di acquisto all'estero, può essere considerato, in linea di massima, accettabile un onere relativamente maggiore, se valutato sul metro della sola componente monetaria - da accertare caso per caso - per i materiali prodotti su licenza in Italia.» 18 Erano, queste, delle Direttive abbastanza stringenti tanto che, fatto parecchio insolito sotto il profiJo formale, veniva richiesta esplicita assicurazione ai Vertici destinatari.
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ACS, fondo Presidenza del Consiglio dei Ministri - Governo di Salerno, b. 16, f.l 1, J.3. G. Spadolini, Gli anni della Difesa, Le Monnjer, Firenze 1988 18 G. Spadolini, Gli anni della Difesa, op. cit., p. 186.
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2. I condizionamenti politici In un certo periodo della storia d'Italia, un condizionamento di carattere politico era dato dall'immanente possibilità di intercettazioni telefoniche alle quali non si sottraeva nessuno: alti dirigenti di industria, Ufficiali, impiegati in sottordine. La velina dell'intercettazione veniva sottoposta direttamente all'attenzione del Capo del Governo che aggiungeva una postilla per indicare la competenza di chi avrebbe dovuto provvedere a fornirgli elementi di valutazione sul contenuto delle conversazioni intercettate. Tutte le intercettazioni venivano visionate da Mussolini, dopo che il responsabile ~èl COGEFAG aveva fornito elementi di valutazione sul contenuto delle stesse. Non si sottraevano alle intercettazioni neanche personalità di rango, come avvenne il 23 gennaio 1940 al Professor Valletta. A volte, in relazione al contenuto del] 'intercettazione venivano a~ottati provvedimenti anche penali, in caso di accertamento di illeciti, o nei casi più semplici, v~nivàno ad9ttate sol· · tanto misure di richiamo. ~;> Condizionamento indiretto all'azione decisionale delle in..du.strie derivava anche·' dal fatto che ·qualsiasi ampliamento, sia infrastrutturale, sia di potenziamento di mac_china.ii-, :doveva essere aut0tizzato dalla Commissione Suprema di Difesa. La Ditta interessata doyeva) str.uìre ·1a' rèla,tiva pratica cqn il Ministero Delle Corporazioni - Direzione Generale dell'Industria che, sentiti i Ministeri competenti, a seconda del tipo di produzione, inviava il tutto alla Commissione Suprem_a per le deliber~zi9rii del caso. Ma, indubbiamente, il condizionamento politico che ha provocato le maggiori ripercussioni sull'industria bellica è stato costituito dall'applicazione delle sanzi'onf economiche, C:he spingeva l'Italia sulla strada dell'autarchia, riguardante essenzialmente il settore siderurgico sotto gli aspetti delle risorse minerarie e dei processi di fabbricazione. a) Autarchia mineraria Come per tutte le industrie che si basano su risorse minerarie, l'autarchia siderurgica trovava una precisa limitazione nella portata dei giacimenti minerari nazionali, e doveva fondarsi su un particolareggiato inventario delle disponibilità nazionali di materie prime. Peraltro, nell'agosto 1936, «le notizie di dominio pubblico sull'argomento sono estremamente frammentaiie incerte ed incomplete, e ciò non è dovuto soltanto al naturale riserbo tenuto dagli interessati ... quanto pmtroppo perché assai spesso gli interessati stessi difettano di conoscenze sicure in merito, anche per le difficoltà inerenti all'accertamento della potenzialità di giacimenti non ancora del tutto esplorati.» 19 Il Generale Dallolio concordava sul fatto che occorresse effettuare delle serie prospezioni geologiche tanto da scrivere: « ... In Italia occorre persuadersi di valutare soprattutto e innanzi tutto i propri prodotti e di scavare il suolo perché sinora è stato semplicemente grattato. Quando si faranno delle ricerche vere e profonde si vedrà che abbiamo zinco, piombo, magnesio, ferro, alluminio, mercurio, amianto, antracite, potassa e forse anche petrolio. Ma è indegno di un Paese di 42 milioni di abitanti ripetere sempre siamo poveri di materie prime, senza aver forato il suolo_per vedere veramente dove sta di casa la realtà. Oggi per esempio abbiamo una produzione soddisfacente di azoto e più ancora ne avremo nel 1927, e durante la guerra purtroppo dal lato azoto solo pochj e mal riesciti tentativi furono fatti. I chimici italiani si sono risvegliati ed affermati, e si devono aiutare, incoraggiare e premiare per oggi e per domani, per la produzione e per la difesa del Paese.»20 Nel 1936 si valutava in 10/15 milioni di tonnellate la quantità di minerali di ferro che, presumibilmente, si trovavano . nelle miniere all'epoca sfruttate (Cogne , Elba, Nurra, Valdaspra). Tenuto conto del loro tenore medio risultava una disponibilità di ferro di circa 5/7
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FONDEITO, Archivio APTGP, Serie lettere
Rocca, Sez. 49, f. 9, p.3. · ai.familiari, lettera del 26 maggio 1926 a Elsa ..
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Torino, I} gennaio I940 XVIII.
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Destra: Intercettazione telefonica del prof. Valletta della FJAT del 23 gennaio 1940 ore 16,15. Sinistra: Intercettazione telefonica di due ingegneri del 13 gennaio 1940 alle ore 19,15. (Archivio Centrale Stato, F. Segreteria Particolare del Duce, b. 851 e b. 852)
milioni di tonnellate, ,sufficienti per soddisfare il fabbisogno nazionale per 4 anni; un arco di tempo al quale andavano aggiunti un altro paio di anni garantiti dalle piriti. Né poteva essere fatto eccessivo affidamento sui rottami di ferro nazionali perché la raccolta interna era limitata. Per quanto riguardava il carbone, questo combustibile, sempre nel 1936, trovava una limitazione nel volume delle risorse nazionali e negli oneri di trasporto, spesso troppo gravosi dato lo scarso valore dei combustibili stessi. b) Autarchia siderurgica Data la situazione nazionale del minerale di ferro e del combustibile, nel 1936 appariva difficile poter parla.re di autarchia siderurgica, a meno di non preventivare un cambiamento radicale e totale del ciclo produttivo allora adottato in Italia, che avrebbe richiesto degli oneri finanziari di notevole importanza per passare dalla produzione di ghisa all' alto forno a coke a quella al forno elettrico.21Ne conseguiva che «l'autarchia dovrà quindi essere forzatamente parziale volendo scartare come contraria agli interessi della difesa nazionale, l'ipotesi dello sfruttamento intensivo delle risorse nazionali per ottenere una autarchia completa, ma temporanea.»22 c) Autarchia economica Era una diretta conseguenza di due fattori: la facilità e sicurezza degli approvvigionamenti e l'economicità dei processi produttivi siderurgici, che potevano essere riassunti nei due fondamentali: dal minerale (a ciclo completo , dipendente soltanto dalle materie prime che si trovano in natu-
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FONDETTO, Archivio Rocca, Sez. 49, f . 9, p.5. FONDEITO, Archivio Rocca, Sez. 49, f. 9' p .6.
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Roma, 28 ge.,,.,io 1940.XVIII PROJ.f?)K)RIA
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Roinfl,26 gennai o l940.XVIII
PER LA SEORZ'rl!RIA PARTICOLARE DllL DVC3 DBL USCISlo!O C,;PO DilL GOVP:RllO
In rel azione o. quanto app.Q.rs d411'un1to Jtro.1010 41 interoetttt~i~ no teloto:rlca. ettettu&ta a TOR.Il'iO il 13 corr. comunico quanto 1egue1
D&lla. r igorosa i nda.tJine esegui t& è emerso che la convere&ztone a i è, •vol to. t ro. l. 1 Ing. Mo.rio ~SELLI, Conaigl.iere Delegato della Soc ietà. Coldta.lie. • l'In,:. Carlo CERUTI, dire ttore deg1i e ta.bil.iment 1 di San Oiuuppe 4.1 Cairo della predetta Società. Il citato Aldo COLLO,cbe ero 1.n quol .momento 1no14ontalmente p.r,! 1ente noll 1 utt1c10 doll'In,g. BOSELLI, parlb pure ®llo 1teaao appare5'. cb10. u la 1u& conver,a:tiont r1suar4ava. altro argomeuto.
Dell o. trae e incrimino. to. e i ~ epontaneamente di chiarato autor• il c-itato tns. iOSILLI, che h4 rilaacioto uno. di ttuea ed eeaur1enté 41 ch1a.raz1ont a\ll ttnore di tutta l& converaa:.1one e sul rea1e aipi:t,! oato da. attrib\liro alla tra.s e eteeaa., .tra e• del -tutto involontaria • ohe non voleva a:tf~tto eseore 1 nelle intenzioni dell'autore, 8spreeei~ ne 41 1n411cipl.ina ver•o dire ttive em.&nc.nt1 d.a autorith, vert o cui lo stseso d i r igente era stato oempre oaeequieott .
t,•tnc. BOSELLI l' 11 oorr. ere. 1tato ricevuto alla aédt centralo del OOGS'AG, ov• tra etato intorm.ato dt ll'éJUnazione di una circolare 111 riduzione del 3o,t eulle aeoegnazioni del coke ed a veva aV\lt o delle 4:l.rettive intes;rative per l'apjili cazions délls circolo.re
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Alla richieeto. tolctonicl\ di i ot ru~1oni del l'Ing. CERUTI, il lJQ SELltI, ... con la traH de. lui ateuo lincera:ient e deplorate. o che G.mmo! t t non teaert, purtroppo, tatrL'1ta al auo mo4o di eepri.mere:1. •• con• oito.to,/'Ointendéva eigni:t'icare al diptndtnte di non preoccuparaene ,di tener:ie soapaaa 1'applicazione pura o a,:m,91 100 1 d ovon.:to o.tt eneroi ~ l a interpret&ziooe cht ne avrebbe :to.tt& lui, in nguito a1le dire t tivo ::::r~~reona.1.mente à Roma ( ehe na.tu.ralmt nte il CE:RtJ'fI non poteva oo=
L' I_ns. ~SELLI rieul.ta •H•r• pertona m.olto 1Uma.tfl ed apprezzo.te. come teonioo 1 di eentt.menti patriottici e 41 t ede ta1cilta. Nei ral)PO.t ti con q uoot o OOGl:."PAG non ho. M1 dato ooco.eiono 4 rilievi o oi h a e_m• pre com.portato con tutt• corrette~za. In conai4eraz1one di quanto eopra • •poeto • dtllt d.1chi~radoni di lealismo e di rammarico 4a1lo ateeeo i,n a1atentomontt t apret•i, ho rit i. nuto , a 03.0,ziono d.oll 10.000.duto, rivolsere al oita.to dirigtntt un ri• 0111~0 a.4 una. maoa:iort miaur• • proprietà di linguaggio.
PROMEMORIA
l!l'JI LA S!XlRETBRU P,ll!TICOLARE DBL DVCB Il:SL 1,<SCISl§O CAPO I>EL GO'IP:RIIO In re1azione a. quanto appare 4all 1W')ito etral.oio di interc•tt&&i~ n e Uletonioa ettettuata a Roma il 2l corr., co:mu1io<1 q,uanto aegue s Il. 18 corr.11 Prot.VALLB'l"l'A e 11 Oonte Pl!:RO'l!TI dt Uci. PIA'? •ono e't!, ti et!et tivuent• 4a zoe ricevuti e ml he.nno esposto 1a s1 t\la~iont 4ella Ditta a.oche net r i guardi d ell' al1uminio. J'eci nota.re cbe 11 coca.::1AG, mentre aveva eod4ietatto tutte le ri= ohieete a quel.la. data pervt n\l·U 4ai lUnieteri lil.l.i.tari per lo PIA1', non poteva - in linea di mAeeim& - aeatgnare q,uello elle, pur ••••ndo a d:lss2. e idone dei M.inia teri ateee i, qutati non aveva.no ancora dtbi&na.to per la ripartieione. Soggiunsi cbe avrei tatto aollecitare le Porze UD!l.te perchè inoltr assero a1 COG.EPJ.G le domand• giacenti, coaa che à a t&ta ratta,
In 4at& 25 corr. bo d1•posto perebà 1'oaae.ro, intanto, aeaegnate &l• la Di tte tonn. 62, 6 41 metallo quale a.nticipo l.le r1cbieate ctae ear&51 no prott11Dt"'1.cnte inviate dal l'iniatero della uerra.
Con la at•••• data ~ p er oeporta~i oJli ed. usi Nor. appena perverra pochitaim.1 giorni, e:1d.eto tente) earà provveduto pe
tata diepoeta 1' oea;naZione di al.tre 74 tonn. l.ici indiretti a4olar1 dall• Porze Armate (tre le riohieet t e.l.eton1.ca dell'o.utorità comp•= 1 aa:us:naz1oD1.
e " l!Dntecatini à p1tna di el.lumi.nJ.o• , ro.,2 Quo.nto till'aeeerzione preetnto cht una certa eoietenza a magazzino ettttUvQ.mente eaiatt, mA 'bitogna tt.ner oonto 41 : - q\13nto eeii,te preeao l e ditte produttrici 'Per etigeue interne di levore.zione ; - quanto giace perchè già assegnato e non oncortl ri tir ato material.= lll&nte Mllo d1tto a4s:Ludicatarie; - qucnto so.r~ em.').). ti to nei lltleei di genna1e,.t •'o'bra10 • mar:io.1 n ei q~ li la produzione - che è ate.te. di 3200 tonn. nel m••• 41 dioe:mbr• scenderà a cirea. tonn. 2000 per cennaio e oirc.o. tonn. 1500 per :teba 'bra1o e marzo, ,nentre il COGEFAO continuerà a JllSntenert prtetoohtl invariata l a dil tr1Wi:1one coa:.e nei lllé91 precedenti e cioh intorno a lle 3000 t oMolb ,te ... 111.eee.
Sinistra: Elementi di giudizio forniti dal Commissario Generale per le Fabbricazioni di Guerra, Favagrossa, su intercettazione del 13 gennaio 1940. Destra: Elementi di giudizio forniti dal Commissario Generale per le Fabbricazioni di Guerra, Fa.va.grossa, su intercettazione riguardante Valletta. (Archivio Centrale Stato, F. Segreteria Particolare del Duce, b. 852)
ra) produzione di ghisa all'alto .forno o al forno elettrico, affinazione di questa per produrre acciaio al forno Martin Siemens o al convertitore Bessemer o Thomas, laminazione; dal rottame (industria sussidiaria poiché dipendente per la massima parte dalle stesse industrie siderurgiche per le quali il rottame costituiva un sottoprodotto e soltanto in piccola parte proveniente dal gettito di ferro vecchio o di demolizione23 ) fusione di questo al forno Martin Siemens o al forno elettrico, laminazione. La sicurezza degli approvvigionamenti per il ciclo completo poteva apparire, a prima vista, scontata in quanto si trattava di materie prime di larga diffusione , che potevano essere fornite da diversi Paesi anche in concorrenza fra di loro. Tuttavia l'esperienza del conflitto 1915-18, allorché.l'insidia dei sottomarini aveva provocato grosse perdite nel traffico navale e, ancor di più quella dei primi mesi di sanzioni, confermavano che «l'industria siderurgica a ciclo integrale presenta in momenti eccezionali di conflitto internazionale dei gravissimi inconvenienti che. ostacolano in modo preoccupante gli approvvigionamenti bellici.»24 Per quanto sopra, era conveniente che la produzione siderurgica nazionale venisse affidata in parte al ciclo produttivo completo da nùnerale e in parte a quello sussidiario da rottame. In merito all'aspetto economico, poi, sui costi di produzione l'esperienza estera aveva posto in evidenza l' importanza delle economie di combusti-
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Per l'Italia neglì anni Trenta l'approvvigionamento di rottami dipendeva largamente dall'estero. FONDETTO,Archivio Rocca, Sez. 49 , f. 9, p.11.
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cìelib<l ra chc ' l a ~ìo~nùu dol l ~ ,attu in 1:arolo. , 1n data. 2'] o.,souto t~HO-X!/1.! 'l , v e:l&a ~oco l t& .
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- prcaCi. 1 n u~e, lli :;cnsJ, dol ;1.. 1), l,. n, 24ò6 , del lt! novea,.'bre 1929. ld c.o~and.a e;e11s Soo!ot~ AA~!'l.ima ;.:-.&àl,dQ di Ocr.o·,:i.-Corr.1eJ,1Mo, in• teti.i. ad o ttenere l 1~uto rizi:..J.:io De 8.4 1mp1a.ntal"c une. U!.11:1\''1 o,!1'!cin11 d! mol:ts.cet<> tor n eo ra~~:\te per 11.P.. ,navi, in ò cr.~vB- &.'l:lpierda.rena, -
ritenimd o 111.110 11 ~UO':"O i:1pianto r1chios~o u.t fini dolla d.1:teaa del-
la U1,1Uon~, - dcil1bera di accogliere l ii ~omsnda della S. A. Anattld.<> 1n dotta 31 o.a..r~o 19 37- U ', A) a. rlc~1e4ere C.~la -S.A.;0 All.1561.do l '.1do:.!ono, nolla ntaliua:.1one del oi.ovo 1~pie.nw, d.oe).1 8.ceorg1:l.Gnt1 teon.tc.1 e co3truttivi ch e VAl&Bho ad ettenWl.~o i da.rtni dqrl-...n.n t i d.a eventM11 offf! oe a.eroe. ' b) a. co::.:.~ i enre All.o B. A. Am1ai.4o ehe ls. pr1:1:1-e-:ntc dolibora.Uone l>r&'"'
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l. ' c a~n-o, • do. ~u ru.,}çi eon.atgu.ente delle valute, le (l'àlJ. don-Bl'll.'lo <?Gacrq ce-ui-n41.~c dugli <>rgQ."U eoc:petent1.
I!,~ , D.
Sinistra: Autorizzazione per l'ampliamento dello stabilimento Ansaldo, reparto fabbricazione bossoli. Destra: Autorizzazione per l'ampliamento dello stabilimento Ansaldo per ìl montaggio di torri corazzate. (Archivio Centrale Stato, F. Segreteria Particolare del Duce, b. 852)
bile negli stabilimenti f unzionanti a ciclo completo, potendosi utilizzare integralmente il calore messo a disposizione in alcuni processi del ciclo. Più in particolare, risultava economico il processo a ciclo completo al forno elettrico per la riduzione della ghisa, in quanto era l'unico che, partendo da materie prime nazionali (minerali, ceneri di pirite, antracite ed energia elettrica), consentiva di arrivare al prodotto finito senza richiedere il consumo di alcuna merce estera.25 Tuttavia, ostavano al raggiungimento di tale obiettivo la disponibilità di energia elettrica e il volume di investimenti necessari ove si fossero voluti realizzare nuovi impianti elettrici ad hoc. Queste considerazioni portavano a suggerire una concentrazione produttiva in pochi stabilimenti dielevata potenzialità, specializzandone alcuni in produzioni di qualità, il che riproponeva il problema della concentrazione industriale che, come già visto, era osteggiato da qualche gruppo industriale. Partendo da tali premesse, gli studi condotti nel 1936 pervenivano alle seguenti conclusioni:26 1) impossibilità di ottenere un 'autarchia permanente e completa per la siderurgia; 2) attuazione di un razionale sistema di scorte che consentisse di superare eventuali periodi critici nel rifornimento di materie prime di origine estera; 3) impossibilità di abolire le importazioni, in misura abbastanza rilevante, di materie prime dall'estero; 4) conseguenza, quindi, che un'autarchia economica siderurgica potesse essere ottenuta soltanto pagando le importazioni di materie prime con la esportazione di prodotti siderurgici o meccanici finiti , le cui possibilità erano subordinate ai bassi casti di produzione;
25
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FONDEITO, Archivio Rocca, Sez. 49 , f. 9, p.20 . FONDEITO, Archivio Rocca, Sez. 49 , f. 9, p.24.
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(rtfe rlmor:rto al toal1o n. 73.lS del 1c eettaml.>rc 19)7-XV)
e , per conosoe~za: .IL OOW<ISSARI•ro G!llleMLS PA3B1U01ZI0!1I l>I GUERRA R
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- presa 1n esame, o.i eensi del a.u.i.. n. 2486 , 1.n data l8 nove.abre 1929, la rlchi cat.a della società Anonic:o. Idrovolanti 11 Sa.voia Marche tti'\ inte.,a a.d ottenere l 'autoriHQzione ·Od instal.lAre n ei pro• p:ri atabilimentl. di ScaW C3J.cndo u..u g ruppo di noi nuove aù.cchine oper8.tr1ci;
- ri tenendo Utile, ài fini dello. difese. n.o.zic>nal e, le predette inatal1az1on.1; - delibertl. che la doa:a.ndo. d<:l l a. Soc. Anon, I dxovolunt i ''Suvoi u t;torohet.-
t1", al legattt al !oSl io n. 733B in data 1° aottombro l.937, del min.1a t oro dt::ll<). COl'.'jiOrO.l'..ioni, debb;,. eocere a.ocol til1 ~
1nv1t a 11 41n.1otero delle Corpor..tr.i on1 a no-ti!icar c 3l la sociotb 1n pa rola che l a preoento autoriu&zione preacinàe dO.llA questione della 10 port~ .&1ono d.\t"l ::incchi nario da.l.l 1e otero 1 e da quel.la oonoeguent o dell e vali.I.te:, l~ quali dovxanno esoere ee,Aaini>te dogl1 orgru:d com-
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Autorizzazione per l'ampliamento dello stabilimento Savoia Marchetti. (Archivio Centrale Stato, P. Segreteria Particolare del Duce, h. 852)
5) necessità, pertanto, di non limitare la valutazione sull'autarchia economica dei diversi processi di fabbricazione unicamente ai bassi costi di produzione ma di estenderla anche alle possibilità di esportazione; 6) possibilità che fosse più conveniente, anche dal punto di vista autarchico, adottare processi i quali, per quanto abbisognevoli di una maggiore esportazione di valuta, avessero costi di fabbricazione complessivi inferiori e quindi dessero maggiori possibilità di esportazione. In pratica, il problema «autarchia» riconduceva al problema della valuta estera.
3. I condizionamenti economici La carenza di risorse economiche ha condizionato gli strumenti militari italiani sin dai tempi degli Stati pre-unitari, imponendo dei compromessi tanto che, nel 1793, il Regno di Sardegna acquistava presso un armaiolo di Vienna una paitita di oltre 5 .000 fucili di cui ben 4/5 usati2; che, a causa del loro logoramento, avrebbero poi subito danneggiamenti nella misura del 20% durante le prove di collaudo.28 Ancora criteri economici avevano condizionato nel 1851 l'ammodernamento delle artiglierie, allorché la Direzione del Materiale di Artiglieria proponeva al Ministro della Guerra di utilizzare la rimanenza nel bilancio della Regia Fonderia, di 10.000 lire, per 1a realizzazione di alcuni cannoni in bronzo. Il
27 La Segreteria di Stato agli Affari Esteri, tramite l'ambasciata di Vienna, cercò di rivaJersi sull'armaiolo .C iari venditore della partita di fucili che, peraltro, obiettava la prevedibilità dei danneggiamenti, dato che la preferenza dell'Annata Sarda, per motivi di rispannio, era caduta su uno stock di armi usate nonostante avessero prestato un lungo servizio , anziché su uno stock di arnù nuove. 28 Archivio di Stato Torino (d'ora in vanti ASTO), fondo Az.Gen., Provvedimento 1726/1799-fasc. B; Scafi'. 57, Cas. 8, P. 7.
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Ministero della Gue1rn chiariva che il Parlamento aveva cancellato dai programmi la voce «cannoni di bronzo con l'intendimento che essi si acquistino di ferracc io, perché meno costosi, epperò scemò le 24.083 lire di 14.083. Le rimanenti 10.000 lire potevano essere utilizzate soltanto per l'approvvigionamento di ferraccio e neJl'acquisto di alcune artiglierie di questo metallo, ma non altrimenti giacché è vietato dalle vigenti leggi amministrative (specialmente dalle Regie Patenti 22 luglio 1826 inserite negli atti di Governo) di variare l'oggetto per il quale il fondo è assegnato in Bilancio.»29 All 'Unità d'Italia urgevano quattro problemi che condizionavano l 'efficienza difensiva del Paese, ma la cui risoluzione avrebbe influito, e a lungo, sulla consistenza dei bilanci dei Dicasteri della Guerra e della Marina: 1) trasformazione dei fucili ad avancarica in armi a retrocarica; 2 adozione nel 1887 dell'Ordinamento dell'Esercito Ricotti su 12 Corpi d'Armata; 3) ammodernamento delle artiglierie; 4) ammodernamento della Marina. 1) La trasformazione dei fucili
da avancarica in armi a retrocarica
L' esigenza prioritaria della Fanteria italiana era quella di disporre di un'arma simile allo Chassepot francese. Ancorché , in Italia, l'industria Glisenti, a Lumezzane (Val Trompia), fosse in grado di produrre su licenza la nuova arma fran cese ,30 il Ministro della Guerra Generale Thaon di ReveP' proponeva di appo1tare una modifica a quelle ad avancarica Modello 1860 , in dotazione alle fanterie italiane, allo scopo di realizzare un'economia di oltre 50 mi lioni .32 Chiaramente un provvedimento di compromesso33 che avrebbe consentito di dar vita alla nuova arma denominata modello 91. Il 5 maggio 1897, durante la discussione dell' ordinamento dell'Esercito, l'On. Colombo dichiarava apertamente la necessità di calibrare la politica difensiva su ll 'economia del Paese , «sono questioni gravi che bisogna esaminare da un punto di vista unico ed elevato. La difesa nazionale deve essere organizzata in proporzione alle nostre condizioni economiche e finanziarie. Ma quando mai Governo, Camera e Paese hanno impreso questo studio? Quando mai hanno pensato ad adattare la politica estera e le spese militari alla nostra potenzialità econom ica?»34 2) L'adozione dell' ordinamento Ricotti Nel 1887 «si può dire che fu compiuta la costituzione dell'Esercito italiano»35 in quanto furono gettate le premesse per il suo ordinamento su 12 Corpi d'Armata. Nel frattempo, erano state approvate dal Parlamento ingenti spese straordinarie, comprensive di quelle per l'Africa e le ferrovie di interesse mili .. tare, per cui, «nel 1889-90 la spesa del Ministero della Guerra era salita, tra l'ordinario e lo straordinario e le spese d'Africa, alla enorme cifra di 403 milioni scesa poi nell'esercizio successivo alla ancora considerevolissima di 305 .»36 Inevitabile la reazione nel Parlamento e nell'opinione pubblica che chiedevano di restringere le spese militari entro limiti compatibili con le risorse fi nanziarie. Il Generale Pelloux, Ministro della Guerra nel 1891, concretava un programma incentrato sul consolidamento della spesa del Ministero della Guerra in 246 milioni (dei quali sette per le spese militari nella
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ASTO, fondo Miscellanea Artiglieria Cas.la 138, fasc.OgPravDiv. Archivio di Stato di Brescia (d'ora in avanti ASBS) fondo Zanardelli , b. 709. 3 ' Ministro dall' 11 aprile 1867 nel Gabinetto Rattazzi. 32 L'introduzione dello Chassepot sarebbe costata 60 milioni a fronte degl i appena 6 necessari per la trasformazione delle armi in distribuzione ad avancarica in retrocarica. ~~ 11 provvedimento consentiva un risparmio di circa due fiorini e mezzo per fucile. )4 APCD , Legisl. XX, I" Sessione, Discussioni, Voi. I, p. 333. 35 APCD, Legisl. XX, la Sessione, Discussioni, VoJ. I, p. 286. 36 lbid. 30
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colonia dell'Eritrea) successivamente consolidato in 239 milioni comprensivi delle spese ordinarie e straordinarie.37 A seguito di altre crisi ministeriali, a dicembre 1893 si arrivava al secondo Gabinetto Crispi. Crispi, pur dichiarando che «aveva trovato l'Italia senza Esercito e senza Marina, faceva poi sui bilanci dell'Esercito e della Mru"ina una ventina di milioni di economie, addossando per di più al bilancio della Guerra i maggiori carichi provenienti dalla nuova politica che si seguiva in Africa.»38 Dalla crisi del marzo 1896 nasceva il secondo Gabinetto Di Rudini, con il programma della «politica del raccoglimento» allo scopo di limitare, per quanto possibile, i bilanci compresi quelli militari, per alleviare il peso sostenuto dai contribuenti. L'incarico di Ministro della Guerra veniva assunto dal Generale Ricotti al quale risaliva l'onere, in tale situazione economica, di dover adattare l'ordinamento del! 'Esercito ai mezzi finanziari di cui si disponeva. «Era evidente, a tutti quelli che per poco intendevano la materia che, se non si ridavano al bilancio della Guerra i mezzi che gli erano stati tolti, non si poteva far altro che ridurre l'esercito, per adattarlo ai mezzi finanziari disponibili. E così fu proposto, necessariamente.»39 Il Ministro Ricotti confermava l'ordinamento dell'Esercito permanente su 12 Corpi d'Armata, ma come avrebbe rilevato più tardi il Generale Pelloux, «per poter stare nei limiti del bilancio di 234 milioni , conservando il numero di 12 Corpi d'Armata, era indispensabile ridurre ciascuno di una parte della sua forza organica; comunque fosse, riduzione del numero dei Corpi d'Armata, o riduzione della forza organica di essi, la diminuzione di potenzialità militare avveniva pur sempre.»40 Le proposte del Generale Ricotti non erano state portate ancora in discussione alla Camera dei Deputati, allorché si era verificata la crisi del luglio 1896, con rimpasto parziale del Governo che coglieva l'Esercito in una situazione di vero e proprio «caos organi.zzativo» dovuto a «un organico provvisorio che non è quello delle ultime leggi d'ordinamento votate, né quello dei Decreti Legge; mentre il bilancio approvato per l'esercizio in' corso non corrisponde né ad un organico legale, né a quello che effettivamente esiste.>> Da quella crisi il Governo usciva con un nuovo Ministro della Guerra, il Generale Pelloux, il quale, dopo qualche mese, rifacendo la cronistoria del provvedimento, dichiarava: «Accettai il portafoglio della Gue1Ta alla condizione che non si facesse alcuna riduzione organica, e che il bilancio fosse riportato alla cifra di 246 milioni. Di questi non più di 7 dovevano essere destinati alle spese militari in Africa, ritornando così allo stesso programma che era in via di svolgimento quando nel novembre 1893 lasciai il Ministero.» 41 Il limite dei 246 milioni, comunque, era ritenuto invalicabile dal Ministro , tanto da portarlo ad affermare: «Non potrei restare un giorno a questo posto se quella somma di 246 milioni che ritengo indispensabile fosse diminuita pur di una lira!»42 Il Ministro, per raggiungere il proprio obiettivo, l'ordinamento su 12 Corpi d 'Armata, sfruttava gli insuccessi della politica seguita in Africa nel 189495, ritenendo giunto il momento di dover disp01Te dei mezzi per un 'efficace e priorità difesa in Europa e dissipare ]a penombra rimasta a seguito della sconfitta di Abba-Garima; <<Un Paese di più di 30 milioni di abitant.i, che ha potuto spendere in Africa, per andarvi a cercare una colonia di dubbio valore, centinaia e centinaia di milioni, a ben maggiore e più salda ragione deve spendere ciò che è indispensabile per la difesa in Europa.»43 Durante la discussione sull'ordinamento dell'Esercito su 12 Corpi d 'Armata, Pelloux dichiarava esplicitamente la subordinazione del problema della Marina a quello prioritario dell'Esercito. Rifacendosi a un precedente intervento dell'On. Marazzi sull'importanza della Marina nella difesa dello Stato «acconsento pienamente con lui nel credere alla parte essenzialissima della
37 APCD, Legisl. XX, 1° Sessione, Discussioni, Vol. I, p. 287 . I sette milioni relativi ali ' «esigenza Eritrea» venivano spostati dal bilancio della Guerra a quello degli Esteri. ;s APCD, Legisl. XX, 1• Sessione, Discussioni, Voi. J, p. 288. 39 lbid. 40 lbid. 41 APCD, Legisl. XX, l " Sessione, Discussioni, Voi. I, p. 289. 2 • APCD, Legisl. XX, I" Sessione, Discussioni, Voi. I, p. 291. 43 lbid.
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Marina nella difesa. Non ho anzi difficoltà a riconoscere che, se nel 1880 la Marina si fosse trovata nelle condizioni in cui si trova oggi, forse sarebbe stato più facile la soluzione del problema complesso dell'ordinamento dell'Esercito e della Marina . Disgraziatamente la Marina allora non aveva quello sviluppo che ha avuto poi , e che purtroppo ha subito un momento di sosta, se non di decadimento, in confronto ai progressi delle altre potenze. Io quindi sono d'accordo con l'On. Marazzj nel pensare che si deve dare alla Marina tutto l' appoggio possibile; e dichiaro che, per conto mio, una volta sistemato l'Esercito non penso punto a domandare per esso alni fondi, a danno possibile della Marina.»44 In conclusione, indipendentemente dalla parte politica, i termini del problema rimanevano invariati , come metteva in luce il 23 marzo 1901 l'On. Fortunato, «o rafforzare il bilancio, o non volendo, come io non voglio, accrescere la spesa neanche di un centesimo, modificare l'ordinamento dell'esercito in guisa che esso possa, senza espedienti e senza infingimenti che si traducono in dannose mistificazioni, senza agguati e senza minacce ad ogni più piccolo rifiorire delle nostre entrate, ad ogni più lieve proposito di sgravi tributari, contenersi durevolmente, veracemente, nei limiti assegnati .» 45 E altrettanto invariati, in modo malinconico, rimanevano i motivi di campanilismo fra Marina ed Esercito. In una visione economicamente più strategica si collocava dopo pochi giorni (26 marzo 1901) Sonnino, i] quale indicava le motivazioni del perché quelle cifre rappresentassero il massimo sforzo che poteva essere richiesto al bilancio , ne'lle condizioni economiche, politiche e finanziarie del momento: «Il Paese vuole dedicare la sua attenzione per qualche tempo principalmente alle questioni economiche e tributarie o di riforma amministrativa. Impensierito dalle condizioni sue interne e dei pericoli che sovrastano ai suoi commerci ed alle sue industrie, esso sente la necessità di dare qualche assetto stabile a quell 'importantissimo ramo della spesa pubblica che è rappresentato dalla difesa militare in terra ed in mare , al fine di poter dedicare ogni incremento delle entrate ed ogni possibile economia negli altri servizi alla risoluzione di alcune incalzanti questioni di riforma tributaria e alla preparazione di nuove riserve e ripari di fronte ai minacciati danni nella rinnovazione degli accordi nazionali.»~6 In conclusione, una «guerra tra poveri» anziché un armonico dosaggio delle varie esigenze facenti capo alla difesa dello Stato, un insieme di provvedimenti di compromesso. 3) L' ammodernamento delle artiglierie Nello Stato unitario, sotto il profilo economico, il problema era emerso il 4 maggio 1897, durante la discussione sul nuovo ordinamento dell'Esercito, allorché il Ministro Pelloux ammetteva che «nessuna delle potenze in Europa si è ancora sobbarcata a quella spesa che sarà pur un giorno necessaria.» 47 In quell'occasione il Ministro si diceva fiducioso che, con il procedere degli studi, la trasformazione sarebbe risultata meno onerosa di quanto si potesse stimare all'inizio. L' On. Colombo però, dato che Pelloux non si era sbilanciato su cifre, effettuava una stima basata sulle diverse esigenze di ammodernamento dell'artiglieria, quantificabile in 60 milioni, dei quali: una metà per la sostituzione dei materiali di artiglieria nelle 324 batterie,48 prevedendo per ognuna di esse una spesa di 90 .000 lire, e l'altra metà per assicurare la disponibilità di un milione di co]pi a trenta lire l'uno.49 L' 11 maggio il Ministro Pelloux ridimensionava la spesa prevista dall ' On. Colombo, ma finiva con l'ammettere che si trattava di cose «ancora un po' campate in aria», dimostrandosi fiducioso nella soluzione di alcune parti del problema «senza dover riconere al cambiamento completo di tutto il materiale. In questo caso la spesa sarebbe alquanto minore , quantunque una spesa ci sarebbe sem-
1a Sessione, Discussioni, Vol. I , p. 538. APCD, Leg isl. XXI, 1• Sessione, Discussioni, Vol. ITT, p. 2.792. 46 APCD, Legisl. XXI, 1• Sessione, Discussioni , Voi. ITI , p. 2.891. "APCD, Legisl. XX, 1• Sessione, Discussioni, Voi. I , p. 293. 8 ' Batterie da campagna, della milizia mobile e di riserva, delle batterie a cavallo e di quelle da montagna. 9 • APCD, Legisl. XX, l" Sessione, Discussioni, Vol. l, p. 332. 50 APCD, Legisl. XX, l" Sessione, Discussioni , Vol. l , p. 532. .... APCD, Legisl. XX, 45
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pre».50 Dopo circa un mese, il 30 giugno 1897, l'On. Badaloni ritornava sull'argomento: «Ieri erano le corazze, oggi sono i fucili e domani, fo dice apertamente il disegno di legge che stiamo discutendo che la maggior parte dei fondi richiesti intende rivolgere agli esperimenti necessari per scegliere il nuovo materiale dell 'artiglieria da campagna e per determinarne l'adozione, saranno i nuovi cannoni che vi imporranno di prelevare nuove centinaia di milioni sul lavoro nazionale.>>51 A distanza di quattro anni i fatti avrebbero dato ragione alla circostanziata stima dell'On. Badaloni, smentendo le generiche affermazioni del Ministro Pelloux. Nel 1901 , infatti, in sede di discussione delle spese straordinarie militari per il quinquennio finanziario dal 1° luglio 1900 al 30 giugno 1905, l'On. Fracassi affermava che «la somma per rifare tutta l'artiglieria attuale da sette centimetri, oscillerebbe fra i 20 ed i 22 milioni. Quella relativa all'artiglieria da nove importerebbe una spesa di circa 43 o 45 milioni. Totale: dai 63 ai 67 milioni.»52 Di fronte al problema dell'entità delle risorse necessarie emergeva un unico filo conduttore deII' ammodernamento dei materiali, che era quello di individuare il «miglior compromesso». Come sul finire degli anni 1860 l'allineamento al nuovo fucile francese Chassépots era stato trovato mediante il provvedimento-compromesso di trasformare i vecchi fucili a retrocarica, così sul finire degli anni 1890, come ammetteva il Ministro Mirri nella seduta del 7 giugno 1899, <<nelle attuali nostre condizioni economiche, politiche e finanziarie queste cifre rappresentano il massimo sforzo continuo che si possa richiedere al bilancio. Noi ora abbiamo fatto una trasformazione provvisoria dell' A1tiglieria: con una spesa relativamente piccola abbiamo trasformato le nostre batterie da nove in modo che possano stare in confronto delle nuove artiglierie degli altri Eserciti. Certo non è che un ripiego, il quale però ha dato ottimi risultati. Abbiamo già tredici Reggimenti provvisti delle artiglierie trasformate ed alla fine tutte le batterie da nove saranno ridotte al nuovo sistema che, ripeto , da buoni risultati.»53 Negli Stati pre-unitari, a parte alcuni Arsenali addetti a soddisfare le esigenze delle Armate di singoli Stati,54 esistevano due poli di eccellenza nella fabbricazione del1e a1tiglierie: quello campano e il piemontese.
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APCD, Legisl. XX, 1a Sessione, Discussioni, Vol. III, p. 2.568. APCD, Legisl. XX, 1" Sessione, Discussioni, VoI. III, p. 2.786. APCD, Legisl. XX, l" Sessione, Discussioni, Vol IV, p. 4.018.
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A Firenze l'Arsenale di Costruzione era ubicato nella Fortezza da Basso e costituito da falegnamerie, officine di armaioli e maniscalchi riusciva a soddisfare le esigenze dall'Armata Toscana. L'attività dell'Arsenale si espletava, anche, nell'ammodernamento delle armi portatili con un programma di rigatura di 25 .000 preesistenti fucili con il sistema messo a punto dal Tenente Colonnello dell'Esercito svizzero Bournand anche perché precedenti lavori di riduzione a percussione per la Guardia Nazionale affidati ad armaioli senesi avevano dato risultati non soddisfacenti poiché «la riduzione non è cattiva, ma potrebbe essere un poco più finita; gli alzi sono inegolari e non conformi al campione poiché differiscono in lunghezza di due ed anche tre millimetri, ragione per cui il tiro non può essere preciso.» (cfr. Archivio di Stato di Firenze, fondo Ministero Guena, b. 1.454, f. 50). Peraltro il Granducato, a causa della mancanza di fonderie, rimaneva tributruio del Piemonte per le artiglierie. E' da ritenere, comunque, che il Ministero della Guena Toscano, immediatamente prima dell'Unificazione, intendesse salvaguardare la funzionalità e potenzialità del suo Arsenale. Segnali in tal senso possono essere interpretati sia dall'autorizzazione ad approvvigionare strumentazione «risultando indispensabile l'acquisto di una quantità di utensili e strumenti di precisione per coJTedo di quelle macchine che ne abbisognano esistenti in questo regio Arsenale» (cfr. Archivio di Stato Firenze, fondo Ministero Guerra- Sez. Materiali, b. 1454, fase. 88 bis) sia dal divieto di licenziare operai borghesi dietro richiesta dell'Ispezione Generale delle Artiglierie a causa della diminuzione del lavoro - poiché l'Arsenale in prospettiva, avrebbe dovuto attendere alla costruzione del carreggio per i parchi divisionali, nel quadro dell'adeguamento ai prevedibili futuri ordinamenti. (Cfr. Archivio di Stato Firenze, fondo Ministero Guerra-Sez. Materiali, b. 1.456 , fase. 210.) Il Ducato di Parma, pur approvvigionando le armi in Val Trompia, disponeva di una Fonderia 1ilanciata coll'avvento di Maria Luisa. Dopo l'annessione dell'Emilia al Regno Sardo nel giugno del 1860 veniva inviato, quale Direttore della Fonderia, il Maggior Generale Cavalli con il compito di rilanciare la vecchia Fonderia. I risultati dell'opera del Cavalli erano subito evidenti «i forni, le macchine, tutti i mezzi di produzione si moltiplicarono rapidamente, e la Fonderia di Parma fu ben presto in grado, non soltanto dì fondere le bocche da fuoco, ma altresì di produrre e di fornire i vari materiali del carreggio, nonché gli affusti.» cfr. C. Montù, Storia dell'Artiglieria Italiana, Arti Grafiche Santa Barbara, Roma 1938, Vol. V, p. 2.087.
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Bocche da fuoco fuse a Napoli tra il 1557 e il 1756 sono oggi conservate presso il Museo storico d'Artiglieria di Torino. Mentre le prime porta vano inciso solo il nome del fonditore ,SS senza alcuno stemma, quelle posteriori a] 1600 erano contrassegnate dalla scritta «Servatur Imperium», oppure dallo stemma del Viceré , o da quello reale dei Borboni. Infine, dal 1737 appare la dicitura «fonditore Castro novo». Notizie certe sulla Fonderia Reale si hanno dal 16 ottobre 1615, allorché il Viceré di Napoli emanava un ' ordinanza per l'assegnazi one di fondi per le spese dell a fo nderia e 2.544 ducati per gli stipendi degli Uffici ali.56 Nel 1742, Re Carlo Ili , volendosi affrancare dalla dipendenza tecnologica da altri Paesi, disponeva l'effettuazione del getto delle artiglierie presso la Reale fo nderia. Era una fonderia che però era costretta a sopravvivere in presenza di tre difficoltà: la mancanza di forza motrice idraulica , lo scarso potere calorifico della legna da ardere e la variabi lità delle condizioni climatiche della zona marittima, che non garantivano continuità nei getti, che si protraevano anche per una giornata. Il salto di qualità della fonderia avveniva soltanto a partire dal 1840 con l'introduzione della prima macchina a vapore. Il polo piemontese si metteva in luce nel 1744, quando nella Regia Fonderia di Torino era stato fuso un «cannone di ferro solcato da righe ad elica a retrocarica con chiusura a vite cioè. In sostanza, il primo cannone rigato.» 57 Nel 1832 Cavalli presentava una memoria sulle artiglierie rigate 58 a retrocarica, che aboliva il caricamento dalla volata.59 Nel 1843 il Re Carlo Alberto stabi liva che «le bocche da fuoco in ghisa da ordinarsi in Svezia per l'armamento della Piazza di Genova fossero costruite a retrocarica con il sistema Cavalli.»60 Infatti diversi studi sul «sistema Cavalli» si stavano compiendo in altri Paesi (principalmente Svezia e Inghiltena). R isale al 1841 un fitto carteggio fra Cavalli e il Barone Wahrendorf che , nella sua fonderia di Stoccolma aveva già effettuato degli studi su un proprio sistema di cannone a retrocarica da lui ideato.61 Wahrendorf, inoltre, il 26 maggio 1843 dava notizie a Cavalli sui risultati raggiunti con gli esperimenti eseguiti su cannoni di sua invenzione che si caricavano dalla culatta.62 L'Artiglieria belga si occupava da anni delle bocche da fuoco che si caricavano dalla culatta, utilizzando per questo la fonderia del Barone Wahrendorf. In questo quadro il Ministero della Guena Belga, il 28 ottobre 1859, si rivolgeva a quello piemontese per avere i dati necessari per intraprendere nel Belgio la costruzione del cannone con il sistema ideato da Cavalli,63 il quale, «acconsente di buon grado a comunicare a quel Governo i
ss Lo Stato Pontificio aveva affidato l'Armeria Vaticana a una famiglia di custodi-fabbricanti. Nel 1859 l'Armeria era già in
grado di produrre armi rigate secondo un modello unico adottato nello Stato Pontificio. Inol tre, la fonderia di Belvedere, affidata ad altra fami glia, nel J 849 avviava la produzione dei primi obici , ma il punto di forza restava l'Armeria presso la quale era stato impiantato - «con fondi anticipati dal Pro-Ministro delle armi - un forno a riverbero di grandi dimensioni nei locali dell'antica Guardia de' Cavalleggeri.» (Cfr. C. Montù. Storia dell'Artiglieria Italiana, Roma, A1t i Grafiche Santa Barbara, 1938, Voi. V, p. 2.656). La nuova attrezzatura consentiva dentro il 1866 la fusione di 12 cannoni di bronzo rigati. (cfr. C. Montù, Storia dell'A rtiglieria Italiana, Roma, Arti Grafiche Santa Barbara , 1938, Vol. V, p. 2.656). 56 M. D' Ayala, Napoli militare , Stamperia dell 'lride, Napoli 1847. 51 C. Montù, Storia dell'Artiglieria italia11a , Roma, Arti Grafiche Santa Barbara, 1938, Voi, Il , p. 1.078. 58 L'intuizione di Cavalli era stata quella di utilizzare la rigatura, non per raccogliere le feccie delle cariche di lancio come si pensava inizialmente, bensì per lanciare proiettili c ili ndro-conici, anziché qlle lli sferici usati sino ad allora, allo scopo di assicurare una maggiore stabilità lungo la traiettoria e , quindi, precisione. 59 Il «sistema Cavalli» per risolvere il problema della chiusura ermetica si basava su di un otturatore a cuneo che con il suo movimento di scorrimento provocava la chiusura della bocca da fuoco assicurando la tenuta ermetica grazie a un anello plastico di rame posto all ' estremità posteriore dell' anima su cui veniva a concentrarsi tutta la pressione del cuneo-otturatore. Cfr. C. Montù, Storia dell'Artiglieria Italiana ... , op. cit. , Voi. V, p. 2.106. ro Cfr. C. Montù , Storia dell'Artiglieria ltalia11a ... , op. cit., Voi. V, p. 2.080. 61 ASTO, fondo Miscellanea di Artiglieria, b. 2 10, fase . 248, f . 4. 62 ASTO , fondo Miscellanea di Artig lieria , b. 248, fase. 17 ter, f. 33. 63 ASTO, fondo Ministero Guerra, b. 2 11, fase. 248, f. 413.
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disegni e le istruzioni relativi al suo sistema di cannoni rigati caricantisi per la culatta, coi perfezionamenti che vennero ultimamente approvati, con che però venga conservato il segreto.»64 In quegli anni, comunque, la Fonderia piemontese forniva Artiglierie anche ad altri Stati, in particolare al Granducato di Toscana, al quale inviava 8 bocche da fuoco dietro scambio di 8,5 tonnellate di cannoni «d'assedio» e «da battaglia» fuori uso. 65 A seguito di lunghe esperienze, nel 1859 il Ministero della Guerra richiedeva una dettagliata relazione sul sistema di chiusura ideato da Cavalli ,66 a seguito della quale il 5 giugno 1859 veniva impartito l'ordine di estendere a tutti gli obici (in quel momento ancora in bronzo) il «sistema di chiusura Cavalli». Sempre nel 1859 il Ministero della Guerra decideva di sospendere la costruzione di cannoni campali in bronzo e autorizzava, invece:6; - «la rigatura degli attuali cannoni da 8 da campagna, e la provvista di un doppio munizionamento di proietti cilindro-ogivali pei medesimi»; - la costruzione presso l'Arsenale di Tor.i no di «una batteria da 4 secondo il modello francese con quelle modificazioni che si crederà del caso»; - l'invio in Francia di un Ufficiale cl ' Artiglieria per raccogliere tutte le infonnazioni del caso. La scoperta di Cavalli veniva utilizzata inizialmente in Francia, ove si era dato luogo alla rigatura della bocca da fuoco di bronzo sebbene, a parere del Cavalli, «di precisione inferiore a quella dei nostri cannoni di fe1To.»68 Nel 1859, appena tre mesi dopo il termine della n ·Guerra d'Indipendenza, il Ministro della Guerra La Marmora approvando la 321 a deliberazione del Comitato Centrale d 'Artiglieria, decideva di effettuare, presso l'Arsenale di Torino, la trasformazione di una batteria da 8 da campagna in bronzo tramite la rigatura e la costruzione ex novo di una batteria di sei pezzi simile al materiale francese, per poter svolgere delle prove comparative su precisione ed efficacia del tiro, mobilità e maneggevolezza, da affidare a Cavalli, Direttore dell 'Arsenale.69 Successivamente, il Maggiore Cavalli veniva invitato a Londra per assistere a delle prove con cannoni rigati costruiti secondo il suo sistema?> Nel 1868 il Colonnello Bianchi, Direttore della Regia Fonderia di Napoli , aveva concepito un nuovo sistema per accrescere la resistenza delle a1tiglierie, «l'autoforzamento», per quanto esso venisse successivamente attribuito al Generale Ucatthius, Direttore dell'Arsenale di Vienna, che era riuscito a portare avanti gli esperimenti mentre in Italia erano rimasti bloccati per mancanza di fondi .71 Occon-e sottolineare che gli Stabilimenti militari, in quel periodo, uscivano a testa alta dal confronto con armaioli privati e commercianti, anche esteri, che affollavano di offerte72 i vari Ministeri della Guerra. Il campione uscito dalle officine Malherte di Liegi, offerto al Granducato di Toscana, risultava un «fucile di qualità ordinarissima composto da pezzi costruiti da cattivi operai . La canna non cilindrica, di calibro alla bocca 17,75 mm, alla culatta 17,85 mm. Rigature spianate meno profonde alla culat-
°' lbid. Archivio cli Stato cli Firenze, fondo Ministero Guerra, Sez. Materiali , b. 1.463 .. ASTO , fondo Miscellanea Artiglieria , b. 21 J, fase. 248, f. 413. 6; ASTO, fondo Miscellanea Artiglieria, b. 209, fase. 248 , f. 489 . 68 ASTO, fondo Miscellanea Artiglieria, b. 209, fase . 248, f. «Nota su introduzione artiglieria rigata da campagna», p. 1. 69 ASTO, fondo Ministero della Gue,n, b. 209, fase. 248', f . 11. 5 .J 91 del 20 agosto 1859. 70 ASTO, fondo Ministero della Guerra, b. 209 , fase. 248 , f. n. 493 di protocollo del 28 febbraio 1870. 71 C. Montù , Storia dell 'Art.iglieria Italiana , Arti Gr<tfiche Santa Barbara, Roma 1938, Vol. VII, p. 2.173. n In quegli anni si verificava un affollarsi di offerte di profittatori, o di presunti inventori che, conoscendo le esigenze degli Eserciti, cercavano di reclamizzare i toro prodotti. A titolo cli esempio si elencano alcune offerte di anni pervenute all'Esercito piemontese: Pedrazzini di Genova, Haid , Cannelli eia S. Etienne (cfr. ASTO, fondo Ministero Guerra, b. 211, fase. 248 , f . 486 «Incetta cli armi all'estero»); Celestino Venier eia Birmingham, Giuseppe Vallé della Compagnia Deposito del 1° Reggimento Artiglieria, Ditta inglese Babone, Charles Schelps di Londra, Antonio Stella Generale Garibaldi, Merli su modifiche al cannone del sistema Cavalli (cfr. ASTO , fondo Ministero Guerra, b. 181, fase. 225).
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ta che verso la bocca e questo è conseguenza della non cilinclricità della canna, esse sono a virgola ma della peggiore specie.»73 Ancor peggio si presentavano le armi offerte all'Armata Sarda: il 22 settembre 1860 il Comando Artiglieria di Torino sc1iveva al Ministero della Guerra, Divisione Generale delle Armi Speciali, in merito a un fucile presentato da un certo Cannelli: «Si è proceduto presso la Regia Fabbrica d' Anni alla visita di un campione di fucile presentato dal Sig. Cannelli e si riconobbe che il medesimo è di qualità peggiore di tutti quelli presentati finora ed è inservibile a qualunque uso. Io mi fò debito di informare la S.V. Ill.ma e mi permetto osservarle che per evitare disturbi a codesto Ministero e perdite di tempo a questo Comando ed alla Regia Fabbrica sarebbe desiderabile che i campioni delle armi che si presentano fossero almeno di qualche Manifattura che offrisse una qualche garanzia di bontà dell'arma stessa.»74 Per concludere , andava ancora peggio per il fucile ideato dal Signor Miniè dell'Esercito francese e presentato dalla Ditta Francotte di Liegi. La lettera dell'll luglio 1861 del Ministero della Gue rra, Direzione Generale delle Armi Speciali, scritta al Comandante Ten-itoriale dell 'Artiglieria di Torino. precisava che era stata costituita apposita Commissione per valutare l'arma proposta nella quale erano state riscontrate irregolarità di tiro dovute a insufficiente lunghezza della canna, che era scoppiata in vicinanza della bocca. Inoltre si erano verificate altre rotture per cui non era il caso di proseguire negli studi e il Ministero rimandava indietro «il fucile scoppiato affinché a cura della S.V. sia posto fra gli oggetti da dichiararsi a suo tempo fuori servizio.»75 4) L'ammodernamento della Marina Nel 1897 , nello stesso anno in clii il Ministro della Guerra Pelloux chiedeva di riportare lo stanziamento del Dicastero della Guerra a 246 milioni, il Ministro della Marina, Ammiraglio Brin, durante la discussione del bilancio del suo Dicastero illustrava le conseguenze che si erano avute negli anni precedenti a causa della contrazione delle assegnazioni sul capitolo per la costruzione delle navi.76 Dopo questa riduzione erano stati progressivamente ridotti gli stanziamenti per il carbone , la manutenzione, il Corpo Reale degli equipaggi per cui «non è dunque meraviglia se per la nostra Marina è incominciato dal 1891 un periodo cli decadenza e se dopo sei anni si incominciano a risentire gli effetti.»77 Il caso più emblematico che l' Ammiraglio Brin segnalava, era forse quello relativo alle torpediniere: «Noi avevamo indovinato un tipo ottimo e costruito secondo questo tipo centoventi torpediniere, che erano oggetto di ammirazione e di invidia per le altre marinerie. Ma secondo i calcoli fatti in Inghilterra queste torpediniere non durano più di 10 anni. E così noi che dieci anni or sono avevamo le più veloci e più efficaci torpediniere, non avendo fatto più nulla per dieci anni , ci troviamo ora in condizioni inferiori alle altre nazioni, principalmente perché non abbiamo costruito nessuna torpediniera del tipo di quelle, così dette destroyers, che filano 3Ò miglia all'ora.» 78 Brin individuava le cause di questa contrazione nel fatto che, «quando cominciano i dissesti finanziari, la prima a soffrire è sempre la marineria, e ne soffre specialmente per la parte che riguarda il materiale. E si comprende: il materiale non grida, mentre il personale sa farsi rispettare.»79 Dal 1871 80 era iniziato un lento processo di ammodernamento che veniva interrotto, come citato, nel 1891 da Brin. Di fronte a questa politica altalenante, il Ministro Brin dichiarava «disastrose anche politicamente queste alternative di entusiasmo e di abbandono , perché in tal modo il Paese avrebbe ragione di ritenersi malamente amministrato se, nonostante tutti gli ingenti sacrifici, può avvenire che scoppi la gueITa precisamente quando
Archivio di Stato di Firenze, fondo Ministero Guerra, Sez. Materiali, b. l .457 , f. 88 bis. ASTO, fondo Ministero della Guerra, b. 211, fase. 248, f. 486 «Incetta d'armi all' estero». 75 ASTO, fondo Ministero della Guerra, b. 181 , fase. 248 , f. 413. 76 11 Ministero della Marina aveva subito una decurtazione di 5 milioni, da 27 a 22 milioni. 77 APCD, Legisl. XX, l" Sessione, Discussioni, Vol. II, p. 1.908.
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Legisl. XX , 13 Sessione, Voi. II, p. l.907. Già subito dopo l'Unità d'Italia, la Marina aveva subito un primo calo giungendo a un punto tale da indurre, nel 187 1, Il Ministro di Saint Bon ad andare davanti alle Camere e proporre al Parlamento l'alienazione di tutte le navi inservibili.
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il naviglio si trova in così cattivo stato.»81 Il Ministro concludeva perciò, proponendo di aumentare il bilancio del prop1io Dicastero di 10 milioni, di cui 5 per riportare il capitolo della costruzione di nuove navi al valore originale di 27 milioni. Per garantire la disponibilità di fondi per l'ammodernamento della flotta, nel 1898 si varava un contestato provvedimento di vendita di navi obsolete (in pmticolare Varese e Garibaldi), i cui proventi avrebbero dovuto essere destinati all'arnmodemmnento della flotta. L'Ammiraglio Brin, in occasione della discussione del bilancio del suo Dicastero, il 15 giugno 1897 rispondeva indirettamente al Ministro della Guerra, anche a seguito di un intervento dell'On . Colombo, ricordando «il grido d'allmme» lanciato alla Camera alcuni anni plima dal Generale Ricci: «La maggior preoccupazione di me, figlio delle Alpi e soldato dell'esercito di te1ra, il maggior tormento dell'mùmo mio è il vedere che questo Paese, dopo aver assicurato la difesa dei seicento chilometri della sua frontiera te1Testre, che è la più forte del mondo, lascia completamente indifesi i sei mila chilometri della sua frontiera di mare.»82 Il richiamo dell'On. Colombo avrebbe consentito più avanti all'Ammiraglio Blindi concludere la discussione sul bilancio considerando come «politica anti-italiana quella di preoccupm·si solo della valle del Po, e poi rassegnarsi a veder devastata una gran parte d'Italia.» 83 Nel 1889 emergeva che in occasione della discussione del bilancio, il Ministro Brin aveva detto all'Ammiraglio Palumbo (divenuto successivamente Ministro della Marina) che manifestava le proprie perplessità sulla vendita delle navi obsolete: «Ella parla da Ammiraglio, ed è giustissima la sua osservazione; ma io non sono Ministro della Mmfoeria soltanto, sono anche Ministro dello Stato, ed in questo momento si impongono ragioni di Stato tali che mi consigliano di accettare ed eseguire la vendita. Noi con questa vendita otterremo il vantaggio di avere in poco tempo navi ancor più perfette di quelle che vendiamo e di affermare all'estero la nostra industria nazionale.» 84 Non va sottaciuto, peraltro, che in tutte le discussioni parlamentari suile spese connesse all'ammodernamento dell'Esercito e al suo ordinamento, sia sempre affiorata l'insofferenza di alcuni settori politici verso l'esistenza stessa dell'Esercito, tanto da far dire al Ministro della Gue1ra Mirti, nel giugno 1899, «tutti gli anni, appena si presenta la discussione del bilancio della Gue1ra, da una patte o dall'altra sorgono le medesime teorie di nazione armata o di esercito permanente.»85 Nel maggio 1897, infatti, l'On. Santini, intervenendo nella discussione sull'ordinamento dell'esercito permanente, si rivolgeva ai deputati dell 'estrema sinistra dichiarando che: «di fronte ai disastli della Grecia devo lusingarmi vo1ranno essi smettere le idee melanconiche della nazione armata. Avete veduto cosa è valso alla Grecia adagiarsi al programma della nazione armata. L'esercito nostro deve oggi rimanere com'è. Ed io, che mi fo un dovere di credere che tutti qui dentro vogliamo mantenuta l'unità, l'indipendenza e la gloria della Patiia, voglio sperare che quella idea i deputati della parte esti·ema della Camera non vo1ranno più propugnare.»86 Una vana speranza, perché dopo circa un mese, l'On. Badaloni, durante la discussione sul disegno di legge relativo alle spese sti·aordinarie del Ministero della Guerra, si rivolgeva al Ministro Pelloux chiedendogli: «Dal momento che la vostra organizzazione militare non ci ha dato che uno istiumento imperfetto per la guerra, e fa pesm·e sul Paese una servitù più onerosa della gue1ra stessa, pensate se non sia ora di por fine a questo sistema dei ritocchi, degli espedienti, delle leggine; pensate se continuando cos~ non veniate voi stesso a dar ragione a quella voce la quale vi ammonisce qui e fuori di qui che nell'interesse stesso della difesa del Paese, altra via d'uscita non vi è da queste strette, se non la trasfonnazione degli ordinamenti militari, quale noi abbimno sempre reclamato, sulla base dell'ordinamento territ01iale della nazione armata, che nella guerra rappresenta il massimo dell'intensità dello sforzo di difesa contro l'invasore e nella pace lascia il massimo di libertà e di sviluppo ai diversi modi dell'attività nazionale.»87
Legisl. XX, 1• Sessione, Discussioni, Vol. lI', p. 1.907. Legisl. XX, 1• Sessione, Discussioni, Vol. II, p. 1.908. 83 APCD, Legisl. XX, 1• Sessione, Discussioni, Voi. Il, p. 1.907. 84 APCD, Legisl. XX, 2• Sessione, Discussioni, Voi. IV, p. 3.437. 85 APCD, Legisl. XX, Ia Sessione, Discussioni, Voi. IV, p.4.017. 86 APCD, Legisl. XX, 1• Sessione, Discussioni, Voi. I, p. 567. 87 APCD, Legisl. XX, 1• Sessione, Discussioni, Vol. m, p. 2.569. 81
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Come se ciò non bastasse, alla distanza di due anni il Governo si trovava davanti all'ordine del giorno Pantano, Mirabelli, Mazza, Gattorno, Garavetti e Vendemini: «La Camera convinta che l'economia e la difesa nazionale reclamino una graduale ma radicale trasfom1azione dell 'ordinamento militare attuale in quello della Nazione armata, invita il Governo a fare le relative proposte e passa alla discussione degli articoli.»88 L'On. Pantano, primo firmatario, motivava la richiesta col fatto che <<in un Paese anemico come il nostro che è costretto a lesinare gli stanziamenti nei bilanci che più interessano la sua vita morale e materiale, e nel quale nessuna riforma economica approda a buon fine, perché non si possono allegge1ire con una mano i contribuenti senza aggravarli con l'altra , è serio invocare a fondamento della propria difesa una organizzazione militare che la estenua e non l'affida?» 89 Per questo stato di cose l'On. Pantano individuava un solo rimedio: «Prevenire il pericolo provvedendo ad alleggerire le attuali spese militari, che senza salvaguardarci estenuano il Paese, aiutando la sua ricostruzione economica ed iniziando quell'educazione militare, veramente razionale, la sola che nell'ora del pericolo possa affidarci che in ogni angolo d'Italia i cittadini formino una muraglia armata a difesa della Patria, e nell 'ora delle nobili audacie le diano combattenti coscienti e sicuri .»90 A fronte di queste posizioni politiche il Ministro della Guerra Mirri, il 7 giugno 1899, puntualizzava come il raggiungimento di simili ideali fosse subordinato al risultato della Conferenza dell' Aja. «Se questa ammetterà il disarmo generale e porterà l'età dell'oro potremo allora fare tutto quello che vorremo; dei nostri fucili e dei nostri cannoni potremo farne tanti attrezzi per l'agricoltura, e la gente sarà tutta pacifica e tranquilla. Ma finché le cose saranno come sono oggi, finché le nazioni d' Europa saranno armate di tutto punto ed aumenteranno e perfezioneranno, ogni giorno, i loro armamenti, abbiamo il diritto (voci il dovere! il dovere!) di mantenere un eserci to, non solo per la difesa esterna, ma anche per quella interna.»91 Ancora il 23 marzo 1901 l' On. Fortunato sottolineava come «all'estero, a mano a mano che aumentavano le entrate, si è provveduto a scemare il debito e ad accrescere le spese civili in proporzione maggiore delle spese militari, in Italia, al contrario, a mano a mano che aumentavano le entrate, sono cresciuti gli oneri del debito e le spese militari , ma i servizi civili rimasti pressoché immobili hanno dovuto acconciarsi ad una percentuale più bassa.»92 Tuttavia, non erano soltanto i Deputati della sinistra, contrari all'esistenza dell 'Esercito permanente, a osteggiare il bilancio del Ministero della Guerra. L'On. Fracassi, durante la discussione delle spese straordinarie per il quinquennio 1900-1905 affermava di non appartenere «alla scuola di coloro i quali ritengono che le spese militari siano spese infruttifere. Io credo invece che le spese militari sono non solo utili, ma necessarie , perché assicurano l'indipendenza e la libertà della Patria. Credo però che queste spese diventano infruttifere non solo, ma sperpero del pubblico denaro, quando falliscono allo scopo per il quale devono essere fatte.» 93 In sostanza , l'altra parte politica non contestava il merito, bensì il metodo con cui i] Ministero, per far passare più facilmente il bil ancio , lesinava «su due o tre milioni», perché con questi sistemi il problema militare risorgeva periodicamente davanti al Parlamento. Ciò si era verificato anche nel 1897, in occasione della discussione dell'ordinamento proposto da Pelloux, dato che «in seguito si è dovuto riconoscere che gli stanziamenti chiesti non erano sufficienti; e, dovendo con mezzi inadeguati mantenere un ordinamento superiore alle forze del bil ancio, si è stati costretti a ricorrere a ripieghi che non hanno giovato al prestigio dell'Esercito, né a quello del Paese.»9~
Legisl. Legisl. 90 APCD, Legisl. 91 APCD , Legisl. 92 APCD, Legisl. 93 APCD , Legisl. 94 APCD , Legisl. sR APCD ,
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APCD,
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XX , XX, XX, XX, XX, XX, XX ,
l" Sessione, Discussioni, Vol. IV, pp. 4.015- 40 16. l " Sessione, Discussio11i, Voi. IV, p. 4.016. l" Sessione, Discussioni, Voi. IV, p. 4.0 17. I" Sessione, Discussioni, Voi. IV, p. 4.017. I' Sessione, Discussioni, Voi JTJ, p. 2.795 . I" Sessione, Discussioni, Voi. Jll, p. 2.786. 1° Sessione, Discussioni, Voi TU, p. 2.786.
APPENDICE III L'INDUSTRIA BELLICA MILITARE E CIVILE DAGLI STATI PREUNITARI ALLA GRANDE GUERRA
L'alba industriale italiana 11 quadro dell'Italia pre-unitaria tratteggiato da Romeo è quello di un Paese essenzialmente bucolico nel quale l'esportazione era limitata ali' invio di fibre tessili verso i centri manifatturieri francesi e inglesi. All'epoca l'attività trasformatrice era limitata a prodotti essenzialmente familiari «nelle campagne, una produzione domestica diretta alla immediata soddisfazione di bisogni familiari viene esercitata su scala assai diffusa dalle donne e anche dagli uomini specie nelle pause invernali dei lavori agricoli . Accanto al lavoro familiare in senso stretto, una importanza crescente sono venute ad assumere altre forme di produzione, nelle quali il lavoro individuale è già sottoposto al controllo di un capitalista. Per esempio la tessitura di cotone.»' Pertanto, un accenno industriale con impianti organizzati in processi lavorativi di operazioni in serie si trovava soltanto nell ' industria cotoniera, localizzata in zone ricche di risorse idriche (Piemonte e Lombardia). Praticamente assenti le materie prime (ferro e carbone) limitate, ad alcuni giacimenti di minerale ferroso in Val cl' Aosta, Alta Lombardia, Toscana, Calabria. Di conseguenza la siderurgia, di livello arretratissimo , era limitata alla produzione di ghisa con altoforni a carbone dislocati laddove coesistevano i tre elementi indispensabili: le miniere del ferro, i boschi da cui ricavare il carbone di legna e i corsi d'acqua per la forza motrice. La combinazione di questi fattori faceva sì che «1'industria meccanica esistesse solo a Milano, Genova e Napoli dove erano stati creati alcuni Arsenali, cantieri navali ed officine ferrovi arie protetti, per motivi extra-economici, dall'amministrazione austriaca e dai Governi piemontese e Napoletano.» 2 Una corrente di pensiero ritiene che in Italia le ragioni della creazione di un'industria siderurgica sostenuta dalJo Stato siano esclusivamente militari, talché sia proprio «l'essere nata come arsenale e di Stato il peccato originale della grande industria ital iana.»3 Chi scrive concorda soltanto in parte, poiché ritiene che lo Stato unitario veniva a trovarsi con il problema di dover creare dalle fondamenta non solo un esercito, ma anche una rete fenoviaria e una flotta. Lo Stato, quindi, doveva provvedere a essi. 1) L'esercito Occorreva procedere all'adeguamento dell'armamento alle nuove tecnologie, uniformarsi agli altri stati europei. Mentre la Germania si orientava verso l'impiego dell'acciaio per le bocche da fuoco, in Italia Cavalli, Direttore della Regia Fonderia di Torino, «volle che la fabbricazione corrente delle artiglierie nella Fonderia si facesse con ghisa e ciò in modo da rendersi indipendenti da materie prime di importazione estera, quali il rame e lo stagno; per le stesse ragioni egli era poco favorevole all'adozione dell'acciaio come metallo per ,utiglierie, attese le grandi difficoltà di produzione di grossi lingotti di acciaio, difficoltà a mala pena superate da Krupp e non certo superabili in quel momento in Italia.»4 Oltre al mantenimento della ghisa, in Italia si seguiva anche la strada del perfezionamento dei processi di fabbricazione, grazie a due innovazioni per accrescere Ia resistenza delle bocche da fuoco attraverso I' autoforzamento e la c~rchiatura.
1
R. Romeo, Breve storia della grande industria ..., op. cit., p. 10.
2
C. Seton-Watson, Storia d'Italia dal 1870 al 1925 ..., op. cit., p. 23. 3 F. Battistelli , Armi, un nuovo modello di sviluppo?, Einaudi, Torino 1982, p. li. 1 •
C. Montù, Storia dell'Artiglieria Italiana ... , op. cit. , Vol. V, p. 2 .179.
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C'era un altro settore dove maestranze italiane vantavano antiche professionalità: la fabbricazione di armi portatili. Nel XV secolo i «capi maestri da canne» della Val Trompia avevano il monopoli o di questa fabb ricazione la cui nascita era stata favorita s ia dalla qualità del minerale fe rroso estratto nelle locali miniere, «una siderite spastica quasi pura, fac ilmente lavorabile in quanto priva di fosforo e. data la presenza di manganese, capace di fornire un ottimo ferro da fucina»,5 sia dalla concomitante presenza dei boschi per la disponibilità del legno da ardere e delle acque del Menna che fornivano la necessaria forza motrice per azionare le ruote dei magli. La presenza di questi fattori favorevoli aveva consentito, nel tempo, la formazione di una classe di esperte maestranze6 che avevano fatto apprezzare, nei vari Paesi, la bontà delle canne della Val Trompia7 rispetto a quella di altre zone.8 Come fenomeno indotto, rispetto alle industrie dell a Val Trompia, sorgevano a Brescia altre fabbriche tra cui le principali erano Duina e Tempini che lavoravano già all'avanguardia, adottando le nuove caratteristiche delle armi da fuoco. In conclusione, nel bresciano era sorto un polo armiero , il cui stato dell'arte aveva indotto , il 29 dicembre 1806, Eugenio Beauharnais Vicerè d'Italia a visitare la Val Trompia. Resosi conto dei favorevoli fattori di produzione, Beauharnais istituiva un Arsenale, con funzioni di coordinamento e controllo delle diverse industrie, a Gardone Val Trompia. Pressoché contemporaneamente si ha notizia dell'esistenza di altre fabbriche a Brescia. All'inizio del maggio 1804, infatti, il Sub Economato dei Beni Nazionali nel Dipartimento del Mella, sulla base della legge del 21 marzo 1804 della Repubblica Italiana su 11 '«alienazione dei beni e l' esazione dei crediti nazionali», chiedeva al Prefetto del Dipartimento un elenco dei Beni Nazionali utili zzati, poiché risultava che molti di tali locali erano occupati dai fornitori «di mitraglia, armi e legna» che non ottemperavano a ll 'obbligo della corresponsione dell'affitto. Dall 'elenco, appron-
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M. Morin - R . Held, Berena - la dinastia industriale piiì amica al 111011do, Acquafresca, Chiasso 1980, p. 27. M. Morin - R . Hclcl , Beretta .... op. cit., pp. 30-31. «Blocchi cli circa 8 Kg di ghisa dopo un primo processo cli decarburazione.rifusione e ripulitura, ridoni a masselli venivano arroventali e sottoposti all'azione di magli successivi per essere trasformati in lame rettangolari. A questo punto intervenivano i "Maestri boffitori" che eseguivano la parte più difficile del l' intero ciclo produttivo avvolgendo le lastre roventi attorno ad un'asta per saldarle per ti.11ta la loro lunghezza a forza di lavoro alla forgia . In tal modo, - a lla fine veniva conferita al tubo così approntato, una forma esterna tronco-conica. Questo abbozzo cli canna veniva passato, in successione, ad altre maestranze per la lucidatura delranima interna, la livellazione, la sistemazione del vitone posteriore per la chiusura della canna cd alla fine i ..Maestri fornidori" per il montaggio del mirino, dello scodellino e del focone. Successivi affinamenti del processo produttivo conducevano all'impiego cli lame trapezoidali - anziché rettangolari che poi venivano avvolte ad elica con le i;pire a contatto durante la saldatura, in modo da conferire maggiore sicurezza al prodotto. 1 Cfr. M. Morin - R. Held, Bere11a ..., op. eit., p. 10 «la canna era il cuore , l'essenza, il sinonimo di un'arma. Gli acciarini malfatti potevano far cilecca e cagionare a l tiratore momenti di sconcerto, le casse goffe o deboli potevano dargli mira storta o i;palla dolorante, ma le canne difettose scoppiavano e lo storpiavano o addirittura lo ammazzavano, e spesso anche chi gli stava vicino. E pianpiano il mondo veniva a render i conto che la canne delle armi bresciane ... scoppiavano così raramente rispe!lo a tune le altre, italiane, tedesche, fiamminghe, spagnole o francesi che fossero, da ispirare maggiore fiducia e preferenza.>) 8 Sin dal l 577 era presente a Gardone Val Trompia l'industria della famiglia Beretta che , tramandata di padre in figlio, avrebbe costituito punto di aggregazione per altre industrie armiere indirizzate alla produzioni di componenti elementari. Sempre a Gardone, nel 1650 era presente un armaiolo, Lazzaro Cominazzi che produceva una carabina con cinque nervature esterne. Artigiani, dunque «il cui magistero consiste particolarmente nella ingegnosa combinazione che questi armaioli sanno concepire della forza di proiezione collo spessore delle loro canne, d i frequente fregiate di filetti o nervature saglienti eseguite con una delicatezza incomparabile.» lnoltre, sempre in Val Trompia, nel vicino paese di Lumezzane, un altro impresario, il Glisenti , aveva razionalizzato la produzione conseguendo un'espansione tale da ottenere nel 1870, dalla ditta Cahen, Lyon & C. di Parig i, concessionaria del brevetto ciel fucile Chassepot, la licenza per la costruzione (ed esportazione) del l'arma d ietro la corresponsione di un premio cli quatu-o franchi per ogni esemplare costruito ed appositamente punzonato a Brescia, eia un incaricato della Cahen. 6
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tato dal Prefetto, risulta che il convento di San Ba1tolomeo era occupato «parte dalla Fabbrica delle armi pprtatili da fuoco e parte dalla Commissione della ricezione delle armi.» 9 Tale fabbrica, peraltro, funzionava già da tempo, tant'è vero che nel precedente ottobre 1803, l'Ispettore al Casermaggio aveva richiesto al Prefetto del Dipartimento del Mella il rimborso dei «130 pesi bresciani di paglia battuta» fornita all'Armeria Nazionale di San Bartolomeo e utilizzata per la spedizione di fucili a Milano. 10 2) La rete ferroviaria Era indispensabile procedere alla costruzione di un'unica rete ferroviaria per legare tra di loro i diversi Stati che confluivano in quello italiano; un'esigenza <<che i privati spesso non sono in grado di fronteggiare da soli, per gli elevati investimenti richiesti e per il grado assai alto di rischio che l'industria meccanica ancora comporta.» 11 In particolare, nella seduta del 13 gennaio 1875, il Consiglio Provinciale di Brescia aveva deliberato la costruzione di nuove linee ferroviarie, 12 con il duplice obiettivo di «cooperare a congiungere il centro della provincia di}:ettamente co11 la rete delle ferrovie nazionali che si svolge sulla sinistra del Po facilitando le comunicazioni con Bologna-Firenze-RomaNapoli ed aprire al Nord della Provincia una nuova linea di traffico avvicinandola a Trento divisa da lei per barriere politiche contingenti e mutabili ma ad essa indissolubilmente congiunta per comunanza di interessi .» 13 Per raggiungere tale obiettivo Vincenzo Stefano Breda, l' 11 novembre 1877, si rivolgeva direttamente al Presidente del Consiglio auspicando che «il pi-incipio che deve proclamare il Governo italiano, siano della Sinistra, del Centro o della Destra gli uomini che governano è questo: tutte le linee costruit'e e che si costruiranno in Italia saranno per i trasporti delle merci formanti parti di un ' unica rete.» 14 3) La flotta Non era più possibile procrastinare il passaggio - tra il 1855 e il 1865 - dagli scafi delle navi da guerra in legno a quelli in ferro poiché l'innovazione delle bocche da fuoco a tiro curvo consentiva di colpire, con granate scoppianti, la parte più debole ed esposta dei vascelli (il ponte) che pertanto doveva essere corazzata. Contemporaneamente, 1a rigatura delle bocche da fuoco, consentendo maggiori potenze aveva avviato la corsa tra cannone e corazza. Pertanto la cantieristica privata iniziava a espandersi: a Livorno i fratelli Orlando rilevavano nel 1865 il cantiere della Marina toscana di San Rocco , la famiglia Odero nel 1871 costruiva a Sestri il proprio cantiere ristrutturando quello precedente dei fratelli Westerman. Per allinearsi agli standard delle altre Marìne 15 l' Italia agiva lungo due direzioni: - la prima era quella di condurre esperimenti nel 1877 su diversi tipi di corazze, sottoponendo al tiro tre diversi tipi di bersagli rispettivamente in ferro (Glisenti) , ferro e acciaio (Marcel), e in fuso acciai oso (Schne:ider). Le migliori corazze risultavano le italiane Glisenti / 6 - la seconda strada era quella di imporre limitazioni ali 'impiego del legname nella costruzione delle navi. Il 18 agosto 1898 il Ministero della Marina impartiva all'Ufficio Tecnico di Genova la disposizione di inserire in un capitolato relativo alla Ditta Ansaldo che «per la costruzione dello scafo l'uso del legname dovrà su dette torpediniere essere limitato al puro necessario e ciò a motivo dei dannosi effetti che può provocare a bordo in combattimento.» 11
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fondo Prefettura del Mella, b. 69. Prefettura del Mella, b. 29. 11 R . Romeo, Breve storia della grande industria .. ., ·o p. cit., p. 15. 12 Linee Brescia-Iseo, Brescia-Casalmaggiore-Parma, Brescia-Trento. 13 ASBS, fondo Zanardelli, b. 805 . "' ASBS , fondo Zanardelli, b. 798 . 15 L'Addetto Navale presso l'Ambasciata di Londra. 16 ACS, fondo Ministero Marina- Direzione Ge1ierale Costruzioni Navali, b. 4. 17 [bici. 10
ASBS,
ASBS, fondo
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La nascita dell'industria La crisi agraria che si verificava intorno al 1880 a causa della concorrenza sui mercati europei dei prodotti cerealicoli d'oltre oceano aveva «una sua funzione nell'accelerare l'avvio di capitali agli investimenti industriali, e nel determinare la conseguente espansio ne di queste attiv ità che caratterizza il periodo 1881-87 . La diminuita redditività degli impieghi agrari allontanava "menti, braccia e denaro dalla terra per farli volgere verso altri campi di attività" (Corbino)». 18 La contemporanea diminuzione dei prezzi delle materie prime e del carbone sui mercati internazionali provocava lo «spostamento della ubicazione de i princ ipali impianti siderurgici: abbandonate le località ricche di minerali o boschi essi venivano dislocandosi verso i grandi centri di consumo o nelle località marittime più agevolmente rifornibili delle materie prime di importazione.» 19 Andavano cosi scomparendo nel S ud , «la fe rriera di Canneto che il Governo borbonico impiegava sin dal 1852 nella confezione dei proiettili, usufruendo delle risorse mineralogiche dei monti del Liri e del Melfa»,20 lo stabilimento di Atina con tre altoforni, le ferriere calabresi di Mongiana , Ferdinandea e Sant'Eufemia, ani mate dalla forza motrice del Ninfo e che disponevano delle lig niti di Gerace e Briatico. In particolare, la ferriera di Mongiana risaliva al 1763 e faceva parte di un processo produttivo che coinvolgeva le miniere di Stilo e Pazzano, Mongiana stessa e la Real Fabbrica: l' Arma di artiglieria, infatti, «intende nelle Calabrie a scavare il minerale di ferro in quelle miniere di Stilo e Pezzano, a fonderlo nelle fornaci di alta fusione di Mongiana, e ridurlo in quelle ferriere a spranghe di fissate dimens ioni ed inviarlo così accomodato alla Real Fabbrica.»21 In Toscana andavano progressivamente spegnendosi non soltanto gli impianti dislocati nella fascia costiera di Pescia, Follonica , Cecina, Colle Val d'Elsa, condizionati dalla malaria «che obbliga a sospendere i lavori negli stabilimenti toscani per 6-7 mesi all'anno onde ne riesce sconvolto, turbato tutto il loro regime economico, la loro azienda, obbligando a continue riparazioni e spese d'impi anto, elevando considerevolmente il costo della mano d'opera, cagionando grande quantità di incon venienti tecnici amministrativi che rendono tali stab ilimenti inetti ad essere condotti dall' industria privata .»22 Scompariva, anche , la miriade di piccole ferri ere interne dislocate lungo i corsi d'acqua che fornivano la forza motrice specialmente nelle valli del Pistoiese: Mammiano, Cireglio, Piteccio, Capostrada, Cutigliano. Scomparivano le ferriere dello Stato Pontificio a Tivoli , Terni e Spoleto, che traevano la materia prima dagli stabilimenti toscani e napoletani. Al Nord chiudevano in Val d'Aosta g li stabilimenti di Quincinetto, Cappella Ferrata, Cignod; in Lombardia le piccole industrie della Val Sabbia; nel Bellunese gli stabilimenti a Sed ico e Zoldo. Iniziava, viceversa, la nuova locali zzazione delle ferriere nelle regioni interne, quelle legate a una nuova classe imprenditoriale: in Lombardia Gregorin i a Lovere, Glisenti a Lumezzane, in Piemonte a Pont San Martin e lungo le coste, quelle legate ai porti di arrivo del carbone (in Liguri a le ferriere di Sestri Ponente, Voltri, Savona; in Toscana a Piombino). In questa situazione lo Stato italiano, alla sua nascita, era venuto a trovarsi nella necessità di razionali zzare l' intero settore degli stabilimenti militari, sia per amalgamare i diversi livelli di tecnologia degli stati pre-unitari, sia per eliminare dei doppioni e creare un'industria statale idonea a garantire contemporaneamente le es igenze militari e la guida della nascente industria privata. Diveniva così indifferibile il riordino dei Servizi Tecnici dell' Aliig lieria e degli Stabilimenti dell'esercito e de lla Marina. In particolare, la ristrutturazione dell'Arma di Artiglieria23 lasciava in vita gli S tabilimenti indicati nella Tabella XXXVII.
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R. Romeo, Breve storia della grande industria ..., op. cit., p. 37. Jbid. , p. 41. 20 L. Campo Fregoso, Sulla riorganiz:azione dei nostri stabilimenti ... , op. cii., p. 71. 21 M. D' Ayala, Napoli militare ..., op. cit., p . 28 I. 22 L. Campo Frcgoso, Sulla riorganizzazione dei nostri stabilimenti ... , op. cit. '
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R.D. n .. 6 del 2 marzo 1862.
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làbella XXXVII Fabbriche d'Armi
Fonderie Costruzioni
Arsenali
Polverifici
Stabilimenti Stabilimenti Officine Meccanici Metallurgici Pontieri
Torino Brescia Torre Annunziata
Torino Parma Napoli
Torino Firenze Napoli
Torino Genova Fossano
Genova Pietrarsa
Mongiana
Pavia
Questo primo riordino, però, rimaneva un provvedimento monco in quanto si limitava alla riorganizzazione strutturale del lavoro senza affrontare il nodo fondamentale del sistema: la stessa sopravvivenza degli Stabilimenti a causa della scarsa entità della committenza pubblica.24 La scarsa committenza pubblica di quel periodo finiva col provocare la sottoutilizzazione di alcuni opifici come , ad esempio, la Fabbrica d 'Annidi Brescia unitamente alla sua sezione staccata di Gardone Val Trompia. In effetti, dopo l'Unità d'Italia le Fabbriche d'Armi avevano ricevuto soltanto due importanti commesse: 1) trasformazione, nel decennio 1872-82, dei fucili rigati a retrocarica Vetterli in quelli a ripetizione Vetterli-Vitali (con una media annuale di 17.330 fucili Mod. 1870) lavorando assieme al Regio Pirotecnico di Torino per l'allestimento delle cartucce a bossolo metallico Vetterli; 2) fabbricazio ne dei fucili Modello 91 , che risultava pressoché conclusa a fine secolo tanto da far approdare nelle Aule Parlamentari il problema della sottoutilizzazione delle Fabbriche d 'Armi già a partire dal 1897 . Sul finire del secolo gli indirizzi politico-militari degli altri Stati europei sulla produzione di armamenti erano: 1) riunire gli stabilimenti governativi per la produzione di materiali militari in luoghi sicuri per posizione geografica o per presenza di fortificazione permanente, dislocando lungo gli assi adducenti a questi centri , dei depositi strategici del materiale approntato; 2) sviluppare l'industria privata a sussidio degli stabilimenti governativi. In Italia, invece, fiorivano ancora contrapposte scuole di pensiero sulla localizzazione più opportuna degli Stabilimenti militari, in relazione alla loro vicinanza alle frontiere terrestri e alle coste. In particolare se ne faceva strada una che individuava nella Conca di Terni una zona non suscettibile ad attacchi provenienti da terra o dal mare, e quindi sicura, a differenza degli analoghi Stabilimenti di Torino, Brescia e Torre Annunziata. Inoltre, la posizione baricentrica della conca nella penisola italiana e la disponibilità di abbondanti risorse idriche che avrebbero garantito la produzione di forza motrice, erano ulteriori fattori positivi che spingevano i fautori della «Soluzione Temi» ad auspicare addirittura la concentrazione colà, di parte degli stabilimenti dislocati a Torino, a causa della scarsa protezione offerta loro dalla frontiera francese e di quegli altri stabilimenti metallurgici destinati al supporto dell'Arsenale della Marina di La Spezia, scarsamente protetti perché troppo vicini alla frontiera francese. All'epoca l'argomento era di tale importanza da assurgere al livello di «Questione Ternana» e le parti contrapposte citavano, con motivazioni diverse, gli indirizzi politico-militari degli altri Stati . Dieci anni dopo l'Unità d'Italia, veniva costruita una quarta Fabbrica d 'Armi a Terni,25 voluta dal Generale Cesare Ricotti Magnani Ministro della Guerra, la cui localizzazione rispondeva ai requisiti richiesti, come poi l'On. Ing. Stefano Breda avrebbe indicato in una seduta della prima legislatura.2(' Nel
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In quel periodo la retribuzione delle maestranze era direttamente condizionata dal valore delle commesse ricevute, in quanto direttamente rapportata all'entità delle commesse stesse. 25 R.D. 1871 che avviava la costruzione ex novo della Regia Fabbrica d'Armi cli Terni. 26 C. Montù, Storia dell'Artiglieria italiana, Voi. VIIl, p. 2.225.
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1897, in occasione della discussione del disegno di legge sulle modifiche all'ordinamento dell'Esercito, l' On. Pantano metteva in evidenza come la presenza di questa Fabbrica «per la sua postura, per le sue cond izioni speciali e per quelle strategiche rispetto alla difesa nazionale»,27 garantisse la presenza di un «nocciolo centrale di Stato» che oltre all'industria privata28 costituiva un «nucleo intangibile del futuro». Era giocoforrn che si scatenasse, tra le poche industrie p1ivate e le Fabbriche d'Armi del Ministero della Guerra, una corsa per accapanarsi la committenza pubblica. Quando gli industriali bresciani riuscivano a ottenere delle commesse, essi le sottraevano alla locale Fabbrica d'Arm i statale provocando un danno a quelle maestranze . 11 Generale Nievo, Ispettore per le Anni e Materiali dei Corpi, scriveva infatti al Ministro Zanardell i, che gli sollecitava l'affidamento di nuove commesse, «quanto alle pistole debbo però osservare che vi fu sempre conflitto tra la Fabbrica d'Armi e l' industria privata bresciana; questa costruisce finora le pistole e più volte la Fabbrica tentò di avocare a se tale lavorazione, ma senza frutto perché ne sarebbero stati lesi interessi pure rispettabili.» 29 È da porre in ev idenza che la crisi della Fabbrica d'Armi di Brescia non coinvolgeva soltanto lo stabilimento statale, dato che la canna del fucile veniva sempre prodotta da costruttori esterni alla Fabbrica unitamente ad altri sem ilavorati. Sul problema delle future commesse si muovevano anche le maestranze (rappresentate da una commissione), in particolare quelle di Gardone Val Trompia, Sezione staccata della Regia Fabbrica di Brescia.30 Oltre tutto, a causa del sistema di pagamento a cottimo, il compenso giornaliero per la costruzione dei fucili risul tava «inferiore alla materiale spesa giornaliera indispensabile per la più grossolana esistenza»,31come già avevano messo in evidenza in una loro memoria le maestranze interne della Fabbrica d'Armi di Brescia, nell 'adunanza di 139 opera i del J8 settembre 1867 ,32 anticipando le richieste formulate dal l ° Congresso Nazionale degli operai dipendenti dal Ministero dell a Guerra,33 ·34 Su questi problemi il Ministro della Guena Pelloux rispondeva nella seduta del 7 giugno 1897 all' inten-ogazione del1'0n. Morgari, «per sapere se e quando intenda dare attuazione ai voti espressi dal Congresso Nazionale degli operai borghesi alla dipendenza del M inistero della Gueirn.»35 Pelloux affer-
27
APCD,
Legisl. XX , l" Sessione, Voi. Il , p . l.306.
u l fattori positivi della Conca di Terni erano testimoniaci dalJa presenza. sin dal 1842, di uno stabilimento per la produzio-
ne dell'acciaio. AS BS , fondo Zanardelli, b. 850 . io La commissione, composta dall'avvocato Quistini, il Sindaco di Gardone Val Trompia , il Prefetto della Società operaia e guell.o della Società dei lavoranti in ferro, metteva in evidenza che a seguito di precedenti sollecitazioni dell ' On. Zanardelli, il M inistro della Guerra aveva affidato per il l O semestre 190 l una commessa di 5 .500 moschetti per Cavalleria che aveva consentito, con il sistema di pagamento a cottimo, un aumento del 25 % sui minimi tabellari previsti per le singole classi di lavoranti. Ma la Commissione si poneva in anticipo il problema della fu tura produzione, una volta finita la com.messa, e pertanto sottoponeva il problema a Zanardelli affinché intervenisse in tempo sul Ministero della Guerra per ottenere ulteriori commesse. Cfr. ASBS, fondo Zanardelli, b. 850. ~• i\SBS, fondo Zamu·dell i, b. 805. n Il sistema di pagamento a cottimo era previsto dal R. D. 22 agosto L852. In particolare questo sistema di pagamento aveva comportato un danno agli operai per la trasformazione del vecchio armamento a retrocarica in quello ad ago. Questa operazione richiedeva, jnfatti, un incremento dell ' impegno lavorativo per ogni singola arma di circa 1/3, con una conseguente diminuzione di 1/3 del guadagno che veniva calcolato sul totale della produzione. 33 Le più importanti richieste erano l'adozione di un orario unico di lavoro, l'inserimento, nell'orario di lavoro di una pausa pranzo, 1'istituzione di un' unica categoria di operai governati vi, la sistemazione di un quadro organico per consentire la copertura dei posti, divenuti vacanti, con l'ammissione di operai che ne avessero diritto, la riforma del lavoro a cottimo, l'avvio a soluzione del problema delle pensioni e degli infornmi sul lavoro. M i\ PCD, Legisl. XX, 1a Sessione, Discussioni, Voi. Il, p. 1.307. 5 J APCD, Legisl. XX , t• Sessione, Discussioni, Voi. Il, p. 1.579. 29
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mava che alcune richieste oltrepassavano le competenze del suo Dicastero investendo quelle delle Finanze e del Tesoro. Comunque, il Ministero si riservava di approfondire l'esame dei problemi sollevati, escludendo a priori quelli che superavano «ogni e qualsiasi idea di attuazione»36 quali la concessione della pensione agli operai avventizi dopo venticinque anni di servizio e la modifica degli orari di 37 Javoro. In conclusione, l'esame svolto dal Ministero in merito alle richieste del Congresso Nazionale di Torino , nonostante «tutta la benevolenza» promessa da Pelloux, non ammorbidiva le posizioni del Dicastero sul problema dell 'orario. Nel successivo giugno 1898 il Sottosegretario alla Guerra Alfan de Rivera lo metteva implicitamente in evidenza, tentando di dimostrare che l'adozione dell'orario unico di 10 ore si sarebbe tramutato in un danno per gli stessi operai.38 Un altro problema assillava le maestranze di Gardone Val Trompia che, il 12 marzo 1901, si rivolgevano nuovamente al Presidente del Consiglio Zanardelli. Il Direttore della Fabbrica di Gardone aveva instaurato una politica riduttiva imperniata sull'opera di persuasione per il prepensionamento degli operai, il trasferimento dei più giovani presso altri Stabilimenti e la diminuzione della produzione. La conseguenza più appariscente di tale linea d'azione era che operai, al di sotto di 50 anni di età e 25 di servizio, venivano collocati a riposo con pensioni irrisorie che li costringevano a una spietata concorrenza con le maestranze delle industrie private, potendo abbassare le loro richieste di salario di una somma pari alla pensione, a tutto vantaggio.di imprenditori poco scrupolosi. In sostanza, la commissione di Gardone Val Trompia temeva che la diminuita produttività potesse pregiudicare il futuro inducendo il Ministero a ritenere la Fabbrica poco idonea a ricevere ulteriori commesse.39 Il Generale Nievo, Ispettore per le Armi e Materiali dei Corpi, 1'8 novembre 1900 rispondeva in modo interlocutorio all'On . Zanardelli, a seguito del suo interessamento, che «le poco liete condizioni della Fabbrica d'Armi mi sono ben note ma purtroppo l'autorità dell'Ispettore è tutta platonica per quanto riguarda bilanci, spese e commesse, cose tutte che il Ministero riserva scrupolosamente a se. Non mancherò di rappresentare al Ministero come sarebbe utile a giugno rinsanguare un po' quello stabilimento che per bontà di prodotti e per tradizioni merita veramente di essere tenuto nel massimo conto» .40 A pochi giorni di distanza, il 18 novembre il Generale Nievo ritornava sull'argomento scrivendo che <<le poco felici condizioni delle Fabbriche d'Armi, ed in ispecie quelle della Fabbrica di Brescia preoccupano da molto tempo il Ministero» e spiegava le linee fondamentali di una ristrutturazione in corso per concentrare la produzione di armi portatili soltanto su due di esse (tra cui appunto quella cli Brescia) e assicurare il lavoro alle Fabbriche d'Armi, per un certo periodo, diminuendo al massimo la produzione annuale, obiettivo quest'ultimo, raggiungibile soltanto contraendo il numero delle maestranze allo scopo di assicurare, a quelle superstiti, un minimo di guadagno giornaliero sufficiente ad assicurare il soddisfacimento dei bisogni più elementm·i. Pe1hnto veniva sollecitato il collocamento a riposo degli operai aventi diritto e il trasferimento ad altri Stabilimenti di quelli convertibili ad altre lavorazioni . L'On. Alfan de Rivera allo scopo di tranquillizzare Zanardelli «sulla sorte dei veramente benemeriti operai della Sua Val Trompia» il 14 settembre 1900 gli scriveva confermando quanto anticipato dal Generale Nievo: «La Fabbrica d'Armi di Torino già non allestisce più anni. 124 operai furono trasferiti alle Offici ne di Costruzioni di Artiglieria in quella città. I pochi rimasti piuttosto che giubilarli o gettarli sul lastrico, ho proposto, ed il Ministero della Guerra ha approvato, che conconano con le macchine che ci sono alla lavorazione delle parti piccole del nuovo materiale di Artiglieria da Campagna, ma avranno vita grama e precaria.»41
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APCD, Legisl. XX , la Sessione, Discussioni, Vol. Il, p. 1.307. n APCD, Legisl. XX, l" Sessione, Discussioni, Vol. Il, p. 1. 580. 38 APCD, Legisl. XX, l" Sessione, Discussioni, Yol. lY, p. 3.95 l. 39 ASBS, fondo Zanardelli , b. 850 . ASBS, fondo Zanardell i, b. 850 . 41 ASBS, fondo Zanardel.li, b. 850. 4(/
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D'altra parte la realizzazione di una quarta Fabbrica d'Armi a Terni aveva aggravato il problema tanto da far chiedere all'On. Alfan de Rivera, nella seduta del 28 febbraio 1898, «che cosa faremo di quattro Fabbriche cl' Armi quando sarà pressoché ultimata la fabbricazione del fucile "Mocl. 91 "?»42 Il Sottosegretario di Stato aggiungeva che, comunque, per imprescindibili ragioni di bilancio con l'esaurirsi della commessa dei fucili Modello 91 sarebbe risultata indilazionabile ]a riduzione di personale nelle Fabbriche d'Anni a premessa della chiusura di alcune di esse, dato che lo Stato di fronte all'imperativo del bilancio non rivedeva i sistemi dj pagamento o delle commesse, bensì preferiva adottare il provvedimento di dimezzare il numero degli stabilimenti per cui, usando le stesse parole dell 'On. Alfan de Rivera «per quanto modesta sarà la mensa, i commensali ridotti alla metà avranno almeno di che sfamarsil»43 L'On. Alfan de Rivera, in una lettera a Zanarclelli sui problemi delle altre Fabbriche cl' Armi, ammetteva che «a giorni Torre Annunziata si troverà nello stesso caso e li è più grave cosa, perché gli operai che possono trovare impiego ali' Arsenale e alle Officine di Costruzione cli Artiglieria di Napoli dovranno recarsi in quella Città dove la vita è più cara e si spostano dal loro centro.»44 Questo clima di incertezza acuiva le tensioni specie a Torre Annunziata, dove gli operai, come metteva in evidenza l'On. De Prisco, avrebbero incontrato maggiori difficoltà al reimpiego rispetto agli operai cli altre Fabbriche cl' Armi , sia per la mancanza in loco cli industrie in grado cli assorbirli, sia per la loro scarsa attitudine alla riconversione, essendo ormai abituati a lavorare soltanto una parte del fucile.45 Le tensioni sfociavano addirittura in tumulti di piazza, come accennava nella seduta del 28 febbraio 1898 lo stesso On. De Prisco. Proprio per anelare incontro alle maestranze di quella Fabbrica cl' Armi , gli Onorevoli Pansini, De Prjsco e Della Rocca presentavano un'interrogazione al Ministro della Guerra «per sapere se voglia provvedere ai posti rimasti vuoti e che potranno vacare nel personale delle Fabbriche d'Armi, occupando esclusivamente quelli licenziati per riduzione cli personale dalla Fabbrica d 'Armi di Torre Annunziata.» 46 Era scontato che l'istanza non potesse trovare possibilità di accoglimento dato che il problema della riduzione del personale, al termine della fabbricazione del Modello 91, investiva il personale di tutte e quattro le Fabbriche d'Armi. La Real Fabbrica d 'Armi d·i Torre Annunziata, dunque, vedeva approssimarsi il progressivo esaurirsi della commessa tra il 1889 e il 1900 e la sua conseguente riconversione. A causa, cioè, deJla sua sottoutilizzazione, essa veniva progressivamente riconvertita ad altre fabbricazioni, mentre iniziava l'esodo delle maestranze verso l'Arsenale cli Costruzione d'Artiglieria di Napoli. Nel 1901 la Real Fabbrica, con un organico di 154 operai cessava definitivamente la produzione delle armi 47 e iniziava quella degli Shrapnel da 75 A campagna e da 70 montagna e delle spolette a doppio effetto mod. 900 e 906. Nel campo delle armi portatili, in Piemonte, nel 1836, si era già pervenuti a un nuovo sistema di innesco a seguito della decisione di La Marmora che aveva stabilito l'applicazione alla carabina del Corpo dei Bersaglieri di una bandelletta di rame contenente 3Tinneschi infilata nel cane."8 Dal Giornale di Artiglieria del 1863, poi , risulta che la Fabbrica d'Armi cli Torino stava effettuando degli esperimenti per la fabbricazione di canne d'acciaio, anziché usare il metodo tradizionale della 49 fucinatura che, dal tardo Quattrocento aveva fatto diventare la Val Trompia un polo per la fabbricazione di «canne per archibugi» .50 ·
42 3 "' 44
APCD, Legisl. XX, la Sessione, Discussioni, Voi. IV, p. 4.849. ASBS , fondo Zanardelli, b. 850.
fondo Zanardelli, b. 350 . "" APCD, Legisl. XX, 1" Sessione, Discussioni, Voi. TV, p. 4.850. 6 " APCD, Legisl. XX, l " Sessione, Discussioni, Voi. TV, p. 4.849. O 7 " R.D. I novembre 1901 (lo stesso che chiudeva definitivamente le due Fabbriche d'Armi di Torino). 48 L'armamento ciel cane provocava lo scorrimento della bandelletta in modo da presentare un nuovo innesco alla successiva percussione che ne provocava l'accensione. 49 Con la fucinatura blocchi cli ghisa venivano ridotti a masselli, arroventati e sottoposti all' azione di magli successivi per essere ridotti a piastre rettangolari che , avvolte attorno ad un'asta, venivano poi saldate per tutta la loro lunghezza. 50 M. Morin - R. Held, Beretta .. ., op. cit., pp. 30-31. ASBS ,
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Nel 1866, dopo la dimostrazione del la superiorità dell'armamento prussiano a retrocarica, avutasi nella Campagna di Francia di quell'anno, l'Italia decideva di introdurre anch'essa l'innovazione della retrocarica, ponendo come condizioni il riuti lizzo dell 'armamento in dotazione ad avancarica con una spesa non superiore a dieci lire per arma. 51 Dopo diversi inconvenienti riscontrati sui prototipi realizzati, la soluzione era resa possibile dall'invenzione di un Ufficiale dell'Esercito italiano, Carcano, che ideava un sistema di otturazione tramite un cilindro cavo con manubrio che assicurava la chiusura ermetica della canna:51 Per la trasformazione dei fucili in armi a retrocarica venivano coinvolte le Regie Fabbriche d'Armi di To1ino e Brescia; il Regio Pirotecnico di Torino invece provvedeva all'allestimento delle cartucce a bossolo metallico. La proposta di trasformazione veniva approvata in Parlamento in quanto «fu una scelta di compromesso che non accontentò nessuno, ma l'unica realisticamente accettabile senza ulteriori rinvii e ritardi che apparivano quanto mai rischiosi in un momento in cui era ancora da completare l'unità del Regno, con tutte le complicazioni che ne sarebbero potute derivare, ed erano nell'aria i primi segni premonitori di nuove guerre tra le potenze europee.»53 Successivamente, nel 1891 , l'Esercito italiano poteva adottare il primo fucile di produzione interamente nazionale (chiamato appunto Modello 91) destinato a sostituire l'armamento precedente della fanteria, il Modello 1860 modificato. Infine, l'innovazione delle polveri infumi diventava un fattore di maggior rendimento del fuoco avendo rivoluzionato il tiro della fucileria sul quale, in precedenza, gravava una coltre di fu mo interrotta da sporadici «periodi di visibilità provocati dal vento o dai tempi di arresto obbligatori per scorgere l'avversario».54 Un capitolo a sé era costituito dagli Arsenali e Fonderie. Negli anni 1871-72, era iniziata presso la Fonderia di Torino la fusione di alcuni cannoni da 24cm e da 32 a retrocarica, con il sistema della cerchiatura,55 concepito dal Colonnello Bianchi e ripreso successivamente dal Colonnello Rosset , del Reggimento operai. Per questi cannoni si era provveduto anche a cambiare il sistema di fusione. 56 Con questi sistemi adottati in Italia si potevano eguagliare i «cannoni di gran potenza» costruiti all'estero . Era lo stesso sistema della cerchiatura che da una segnalazione del 1896 da parte dell'Addetto Navale a Londra sarebbe risultato, successivamente, «sparso in larga sca.Ja e per tutti i calibri.» 57 Il prototipo, sperimentato a La Spezia, dava risultati soddisfacenti al tiro ma non si passò alla sua produzione poiché la diffusione delle corazze sulle navi consigliava di abbandonare come materiali da costruzione delle 'bocche da fuoco il bronzo e la ghisa. Mentre si portavano avanti questi esperimenti sulle cerchiature e autoforzamento, la metallurgia faceva i primi passi sulla strada dell'acciaio e veniva progressivamente abbandonata la fase tecnologica della cerchiatura della ghisa e dell'autoforzamento del bronzo , anche perché si era arrivati al hrnite delle prestazioni che potevano essere richieste a tali materiali per realizzare cannoni da costa, della potenza necessaria per contrastare lo spessore e la resistenza raggiunte dalle corazze delle navi. Veniva così stabilito cli adottare «un nuovo cannone eia costa, di acciaio cerchiato e del calibro di cm. 40, e poiché non esistevano allora in Italia acciaierie capaci di fornire blocchi per bocche fa fuoco si stabilì di affidarne la costmzioni alla casa Krupp .»58
51
C. Montù, Storia dell'Artiglieria Italiana ... , op. c it., Voi. V, p. 2.157. Jbid ., p. 2.519. ;; F. Stefani , La Storia della dottrina ..., op. cit., Vol. l , p. 217. ;., P. Maravigna, Storia dell'arte militare moderna, Torino, Schioppo, 1925 , Voi. III, p. 392. 55 Con tale sistema una bocca da fuoco veniva a essere composta eia più cerchi concentrici dei quali il più esterno era lavorato, inizialmente, con un diametro interno inferiore a quello esterno ciel tubo eia cerchiare. La sovrapposizione ciel tubo esterno previa dilatazione per riscaldamento provocava con il successivo ral'freclclamento la compressione elastica ciel tubo interno. All'atto dello sparo le sollecitazioni interne dovevano vincere le compressioni interne dei singoli strati cli cerchi che, nel loro complesso , reagivano elasticamente . 56 C. Montù , Storia dell'Artiglieria Italiana ..., op. cit., Voi. VIII, p. 2. 172. 57 ACS, fondo Ministero Marina- Direzione Generale Costruzioni. 58 C. Montù , Storia dell'Artiglieria Italiana .. ., op. cit., VoL V, p. 2.152. 52
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Era iniziato il passaggio dai cannoni di bronzo o ghisa a quelli in acciaio, ma contemporaneamente era incominciata anche la dipendenza dall'industria estera, non essendo quella nazionale ancora pronta per la produzione delle nostre artiglierie in acciaio. Non è che sino allora singole industrie private non avessero concorso alla fornitura di materiali bellici, ma più che altro si era trattato di esperienze isolate, tra le quali si collocava il polo anniero della Val Trompia. Già a partire del 1888 le Officine Galileo erano impegnate in lavorazioni a favore dell 'Esercito per l'applicazione del contatore ai telemetri a base verticale ideati dal Capitano d'Artiglieria Braccialini.59 L'anno successivo, a seguito di un ciclo di sperimentazioni condotte a Genova dalla Commissione di Collaudo, erano affidate sempre alla Galileo alcune modifiche proposte dallo stesso Capitano Braccialini.60 All ' inizio il coordinamento fra più industrie private chiamate alla realizzazione di un unico sistema d'arma appariva problematico. Lo metteva in luce nel 1883 la vicenda delle due industrie Armstrong e Gru son, interessate alla stessa commessa per lo studio di un cannone da 40 cm per torre corazzata della fortific azione permanente. Infatti la Armstrong chiedeva che l'apertura superiore delle piastre di cupola venisse effettuata a forma ovale per potervi inserire i propri apparecchi di puntamento a due linee di mira, mentre la Grnson, in carenza di decisioni, aveva già provveduto alla fusione delle piastre corazzate con l'apertura circolare, tale da poter utilizzare una sola linea di mira .6 1 Si arrivava così, nel 1889, a un contrasto insanabile per cui interveniva la Direzione delle Esperienze che, ritenendo poco conveniente sia la modifica delle piastre Gruson, sia l'uso degli apparecchi di puntamento a duplice linea di mira della Armstrong, proponeva di esonerare quest'ultima e di incaricare l'Arsenale di Costruzione di Tor:ino ad approntare gli strumenti secondo il sistema di puntamento dell'artiglieria da costa italiana.62 Migliore invece il coordinamento, negli anni immediatamente precedenti al conflitto 1915- 18, per la realizzazione di un pezzo da 65 ad affusto a deformazione. In quel caso, infatti, l'industria privata Westinghouse , di Vado Ligure, produceva le slitte e le culle mentre agli Arsenali militari restava attribuita la produzione delle bocche da fuoco e affusti .63 Comunque, la situazione degli Stabilimentj militari costituiva una remora anche allo sviluppo del1'industria privata, come testimoniavano i risultati di una Commissione d'inchiesta per l'Esercito costituita in base a tre leggi tra i1 1907 e 1909.6-1 Le ispezioni eseguite dal Tesoro avevano constatata l'esistenza, presso i magazzini degli Stabilimenti d'Artiglieria, di considerevoli giacenze di materiali divenuti inservibili a causa delle: - carenze dipendenti dall'organizzazione ciel lavoro; continue modificazioni e rinnovazioni del mate1iale d'artiglieria; - scarsa vocazione industriale di queste aziende, dirette da una classe dirigente non sempre pronta a recepire comportamenti da «mondo dell'industria». Pertanto, nei magazzini si erano formati fondi, inservibili per le successive lavorazioni da eseguirsi con nuovi materiali e nuovi attrezzi; tali giacenze, quindi, costi tuivano un aggravio di spesa e si sarebbero potute ridun-e notevolmente, se il fabbisogno del materiale fosse stato determinato con criteri di più oculata parsimonia, se le direzioni avessero messa a punto una programmazione dei fabbisogni e avessero impartito, a tempo debito, le disposizioni per la vendita o la trasformazione del materiale fuori uso.65
l,9 Sezione Staccata Poligono Esperienze Ciriè (d'ora in avanti SSPEA) relazione su questioni in studio relative al materiale d'Artiglieria 1889, fase. 6, p. 19. 00 SSPEA, relazione su questioni in studio re lative al materiale d'Artiglieria 1889, fase. 6, p. 30. 61 SSPEA, relazione su questioni in stuilio relative al materiale d'Artiglieria 1889, fase. 9, p. l. 62 SSPEA, relazione su questioni in studio relative al materiale d'Artiglieria 1889, fase. 10, p. I. 63 V. Gallinari, Il generale Alfredo Dallolio ..., op. cit., p. 114. M Leggi 6 giugno 1907 n.287 , 28 giugno 1908 n. 301, 30 giugno 1909 n. 412. 6., AUSSME, Commissione d'Inchiesta per l'Esercito, F 9 1-2, p. 229.
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Il Ministero del Tesoro provvedeva anche ad accertarsi delle risorse che poteva fornire l'industria nazionale. Dall'indagine risultava che ìe officine metallurgiche italiane erano in condizioni cli poter forn ire ferro omogeneo e acciaio fuso fucin ato, laminato o profilato, in condizioni tecn iche determinate e in quantità sufficienti al bisogno . Nei grandi stabilimenti di .Pozzuoli, Terni e Spezia, si producevano cupole per batterie corazzate, cannoni ed elementi di cannoni di ogni calibro, proietti perforanti, affusti in ferro e acciaio con tutti i congegni cli puntamento, installazioni di difesa per corazze e cupole . L' industria privata poteva concorrere anche alla fornitura di proietti.66 Ma il Ministero del Tesoro metteva in risalto le diseconomie esistenti a causa della duplicazione di due Dicasteri (Marina e Guerra) strntturati in modo tale da impedire un effettivo coordinamento sulla realizzazione dei materiali militari. «Un'intesa fra le due Amministrazioni della Marina e de11a Guerra, per mantenere una conveniente unità d' indirizzo nella distribuzione dei lavori e facilitare la speciaEzzazione della produzione di questi stabilimenti, sarebbe assai opportuna perché condurrebbe ad un miglioramento nella tecnica e nella economia della produzione e ad un perfezionamento nei prodotti. Qualcosa deve essersi tentato nel senso di unificare i tipi di prodotti , armi e mezzi di difesa, senza alcun risultato , ma si potrebbe piuttosto ottenerlo col ripartire e specializzare le produzioni delle diverse officine, assecondando in ciò le tendenze dei produttori.»67 Sembra opportuno dilungarsi sul caso della realizzazione di una mitragliatrice di costruzione nazionale, perché emblematico sia della pericolosità della dipendenza dall'industria estera, sia delle capacità attuali del complesso industriale militare italiano. Risale al 1898 la decisione di adottare anche per l'esercito italiano, come attuato in altri Paesi, una mitragliatrice a funzionamento automatico che impiegasse la stessa cartuccia del fucile in distribuzione. Il Ministero della Guerra, per soddisfare l 'esigenza, aveva deciso di effettuare un ciclo di esperienze su armi estere e, inoltre, il 6 gennaio del 1889, autor.izzava l ' lspettorato delle Esperienze e Comando della Scuola Centrale di Tiro a condurre tale ciclo di esperimenti su un prototipo di mitragliatrice ideata da Perino.68 Scartate la Gaitling e la Bergman, e rilevati alcuni inconvenienti sul prototipo Perino , alla fine veniva adottata .la .Maxim (che assumeva il nome di «Mitragliatrice modello 1911») salvo doverne definire il tipo di treppiede. Nel frattempo Perino riproponeva la propria arma modificata e migliorata e, dopo alcuni esperimenti condotti nel 1908 al poligono di Nettuno, la Commissione Permanente degli Ispettori cl' Artiglieria dichiarava: «La mitragliatrice Perino può essere adottata perché con una lavorazione maggiormente perfezionata potrà rispondere meglio della Maxim alle pratiche esigenze. La Commissione Permanente degli Ispettori, associandosi alle conclusioni degli sperimentatori, all'unanimità esprime parere favorevole all'adozione della mitragliatrice Peri no .» 69 Veniva così dato il via alla costruzione di un primo lotto di 150 mitragliatrici da parte della Fabbrica d'Armi di Terni, ma la Direzione Esperienze di Ciriè rilevava nuovi inconvenienti per cui la Direzione Generale cli Artiglieria e Genio decideva di soprassedere all'ordinazione dei relativi treppiedi. Affidato l'incarico di nuovi accertamenti al Generale Clavarino, risultava che, al limite, la mitragliatrice Peri.no poteva essere impiegata in postazioni fisse della fortificazione permanente, a condizione che ad ogni arma ne venissero affiancate altre, per assicurarne l'intercambiabilità al momento del veri ficarsi di inceppamenti.
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Commissione d' Inchiesta per l' Esercito, F 9 1-2, p. 229 , p. 259. Commissione d'Inchiesta per l'Esercito , F 9 1-2, p . 229, p. 230. 68 SSPEA, citata relazione su questioni in studio relative al materiale cl' Artiglieria 1889, fase. 7. 69 MCRR, fondo Dallolio , b. 951, f. 9, I. 2, p.2.
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In conclusione, si erano pagate 647.00010 lire per un'arma di incerto funzionamento, tanto che, il Ministro della Guerra Spingardi annotava di suo pugno: «Tutto ciò è molto strano. Non sono certamente da mettere in dubbio le considerazioni tecniche del competente Ufficia le Generale incaricato dei recenti accertamenti ma, ripeto, sorprende che dopo tanti esperimenti ;7 1 dopo gli osanna della Comm issione d ' inchiesta, dopo la effettiva costruzione delle mitragliatric i Perino ed il relativo premio pagato, soltanto ora ci si accorge che la macchina non va. È da notare che la Peri no fu ultimamente scartata in confronto della Maxim perché è pesante, mentre si voleva una mitragliatrice leggera, non perché si dubitasse del suo ottimo funzionamento . E la sua assegnazione alle fortificazioni fu dovuto a quest ' unico criterio. Ripeto , tutto ciò è sconfo1tante ! II Generale Gigli -Cervi rifaccia le prove con i nuovi criteri e speriamo che attenuino la portata delle conclusioni del Generale Clavarino.»n La FJAT, a conoscenza di queste vicissitudini, nel novembre de l 1912 presentava al Ministero della Guerra un ' istanza per produrre una mitragliatrice su progetto di Revelli, concepita per il raffreddamento ad acqua della canna73 che , sottoposta a un primo gruppo di prove presso il poligono di Nettuno , si dimostrò ben concepita; era semplice e robusta, ma il funzionamento non era ancora abbastanza sicuro e tale da consigliarne l' adozione, nonostante i miglioramenti apportati rispetto al primo prototipo del 1910.74 In meri to il Ministro della Guerra Spingardi riceveva una segnalazione da Dallol io: <<La società FIAT di Torino , sotto l'impulso e la D irezione di persone serie come Iori o ed i suoi amministratori Commendatori Ceriana, Pollone, Marangon e il Deputato ha fatto e fa continui e grandi progressi industriali ... Comunque l' ammini strazione composta da persone serie molto si è persuasa dopo aver ascoltato altri tecnici oltre ai s uoi dipendenti di essere in proprietà di un 'arma non infe riore ad alcune altre della specie e che può offrire a prezzi assai inferiori a quelli delle mitragliatrici straniere. Quindi debbo sperare che il Ministero della Guerra vorrà ordinare rigorosi esperimenti anche ove necessario comparati vi con simig lianti ordigni di guerra. [La FIAT] confida che gli esperime nti confermeranno i propri intendimenti .. . La FlAT si inchinerà al responso di una Commissione che, nominata, deve dare affidamento indimenticabile competenza ed imparzi alità.»n Poco dopo D allolio veniva interessato della questione, in via confidenziale, da parte degli ambienti FIAT affinché potessero venir effettuate delle prove da parte di team misti operai FIAT-Militari. «Eccellenza carissima. Vengo in questo momento a conoscenza che le prove della mitragliatrice FIAT saranno s volte ne l giorno 21 corrente . La FJAT fa domanda verbale perché si lascino effettuare i tiri dai suoi operai. Si ri spose che diffici lmente ciò poteva avvenire perché si voleva che i tiri fossero fatti da
70
Premio corrisposto al Pe rino Acquisto macchinari ed attrezzamenti Allestimento 150 mitragliatrici e parti di ricambio Acquisto del prototipo Acquisto cli un treppiede Totale
71
112.000 110.000 415.000 9.400 600 647 .000
In effetti , le 150 mitragliatrici erano state costruite senza aver prima allestito un gruppo d i prova (cl i almeno tre armi) sulle
quali apportare , preventivamente, que i pe1fezionamenti suggeriti nel ciclo di prove ciel 1908. Inoltre. una non accurata scelta dei materiali, un alleggerimento dell'arma di circa 6 Kg., congiuntamente alla modifica apportata per adattare l'arma al treppiede mod. Ciriè anziché utilizzare quello originario con la consegue nte alterazione della stabi lità, avevano contribuito a peggiorare il l'unzionamento della mitragliatrice Perino. n MCRR, fondo, b. 95 1. f. 9 (2), p.5. 7 , L'acqua era contenuta in un manicotto refrigerante di cinque litri collegato con dei t11bi flessibili acl un bidone della capacità di 18 I. " In effetti l'arma, g ià presentata ne l I910, e ra stata sottoposta a dei mig lioramenti suggeriti da un c iclo di esperimenti tra i guaii la maggiorazione del manicotto refrigerante. 7 l APTGP, serie lettere ai familiari, lettera 5 novembre 19 12 a Spingardi.
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soldati dell'Esercito. Ora io ti prego di permettere che la mitragliatrice sia manovrata dagli operai della FIAT coll'assistenza di quanti artiglieri militari ed ufficiali si vorranno o da artiglieri ed operai della Fiat insieme. Il Direttore della FIAT dice che questo è l'ultimo esperimento.» 76 Dallolio così annotava questa lettera il 15 gennaio 1913: «Non risulta a questo Ministero che sia stata fatta domanda circa la prova delle mitragliatrici FIAT da eseguirsi dagli operai stessi della Ditta. Anzi il Presidente della Comau è di parere che i primi tiri siano fatti esclusivamente dagli operai della FIAT. In seguito poi si faranno manovrare le mitragliatrici solo dagli artiglieri che potranno essere istruiti per tutto il tempo occorrente dal personale pratico della Ditta. Le prove avranno luogo il 23 corrente a Nettuno.»" Il Ministro della Guerra Spingardi autorizzava, «a solo titolo di studio» , un ciclo di esperienze,78 nonostante l 'Amministrazione Militare non assumesse alcun impegno di qualsiasi genere, qualunque fosse stato l'esito delle esperienze, nella considerazione che sarebbe tornata utile la conoscenza di un'altra arma - oltre alla Maxim già introdotta in parte79 - poiché per il completamento del programma del Corpo di Stato Maggiore, che era stato ampliato, andavano approvvigionate altre 340 armi.80 Il 20 agosto 1913 il Ministro della Guerra faceva conoscere alla Fiat l'orientamento favorevole ad adottare l'arma per le Sezioni ancora da costituire, per le quali le Maxim non erano state approvvigionate ,81pur riconoscendo l 'inconveniente di impiegare due tipi di mitragliatrice, mentre si disponeva, già in parte, della Maxim universalmente adottata e che aveva superato lunghe e ottime esperienze. Gli indugi venivano superati allorché si aveva sentore delle difficoltà da parte della Vickers-Maxim di poter onorare gli impegni di fornitura82 per completare le Sezioni mitragliatrici. Pertanto, «il Ministero della Guerra non esitò, allorché si riconobbe l'impossibilità di avere in tempo utile dall'Inghilterra le altre numerose armi Maxim che sarebbero occorse, a commettere 500 mitragliatrici alla casa FIAT, pur affrontando le varie difficoltà - grave tra l'altro quella di un duplice armamento che l'adozione di una nuova mitragliatrice avrebbe compoitato.»83 La casa Vickers, già a fine ottobre 1912, aveva rappresentato di essere nell'impossibilità di rispettare i termini di tempa84 di un contratto per la fornitura all'Italia di 300 armi Maxim da consegnare in sei mesi a partire dal 31 dicembre 1913. A diverse difficoltà di carattere industriale venivano ad assommarsi anche valutazioni politiche che innescavano una serie di solleciti, terg iversazioni , risposte ambigue, che duravano sino al 1915. Infatti, il 19 marzo 1915, l'addetto militare a Londra telegrafava: <<Ieri in una lunga intervista Lord Kitchener dissemi non poter garantire costruzione e consegna mitragliatrici e altri materiali se non in seguito ad assicurazione che Italia è decisa entrare .in azione contro Austria-Ungheria.»85 A pochi mesi di distanza, a seguito di sollecitazioni da parte del Direttore Generale di Artiglieria e Genio, il Ministro degli Esteri Sonnino informava che l'Ambasciatore a Londra non aveva potuto ottenere il necessario permesso per le Maxim, anche perché «il Governo inglese non vede la possibilità cli ottenere in cambio da noi nessuna cosa utile; forse se noi si acconsentisse alla nota domanda di fucili per la Russia il Governo inglese cederebbe sulla questione delle mitragliatrici.»86 Né miglior sorte otte-
serie leuere ai familiari , lettera senza data 1912 a Dallolio. serie lettere ai fè.imiliari , annotazione 15 gennaio 1913 di Dallolio. 78 MCRR, fondo Dallolio, b. 951, f.9, l. 8. 79 :rv!CRR, fondo Dallolio, b. 951, f.12, 1.11. so Era stata già approvata dal Minist.ro della Guerra la proposta cli costituire Sezioni mitragliatrici presso la Guardia cli Finanza per la protezione e vigilanza costiera : · 81 MCRR, fondo Dallolio, b. 951, f.9, 1. 8. 82 MCRR , fondo Dallolio, b. 951, f.9 , I. 17. 83 MCRR, fondo Dallolio, b. 951, f.12, I. 2. s., MC RR, fondo Dallolio, b. 951, f.12, L 11. 85 MCRR, fondo Dallolio, b. 949, f.5 , 1. 2. 86 MCRR, fondo Dallolio, b. 952, f.1, l. 3. 7
c. APTGP,
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APTGP,
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neva l'incontro del 23 giugno 1915, in cui il nostro rappresentante a Londra riceveva la sensazione di «aver urtato contro un muro di bronzo», poiché il Governo inglese paventava che 1'eventuale soddisfacimento del contratto con l'Italia avrebbe pregiudicato la fornitura all 'esercito inglese.87 In questo susseguirsi di sollecitazioni e tergiversazioni si decideva, dunque, di adottare la mitragliatrice FIAT-che assumeva la denominazione di Mod. 191 4-e non v'è dubbio che su questa decisione abbia pesato anche il parere del Generale Cadorna, che così scriveva: «Sarebbe quindi provvidenziale il poter avvalersi di mitragliatrici FIAT, le cui esperienze definitive codesto Ministero ha voluto, così giustamente sollecitare. Io nutro fiducia che tali esperimenti possano giungere ad esito favorevole, ed in tal caso son certo che non si mancherà di provvedere sollecitamente all'allestimento del maggior numero possibile di nuove sezioni, le quali, fortunatamente, potranno essere di organizzazione identica a quella adottata per le sezioni "Mod. 1911" e richiedendo materiali (caneggio , cassette, armature, ecc.) non molto dissimili da quelli occorrenti per tali sezioni e che potranno, perciò, essere in breve concretati.»88 La costruzione in serie della nuova arma avvenne a cura della Metallurgica Bresciana, anche con la collaborazione del progettista Revelli e del Capo officina della FlAT, che a suo tempo aveva seguito la costruzione dei prototipi .89 Comunque, la vicenda delle mitragliatrici aveva messo in luce: 1) la pericolosità della dipendenza dall'industria estera che rendeva aleatorio il flusso degli approvvigionamenti; 2) la mancanza di una programmazione, inconveniente che costringeva l'Esercito italiano a impiegare due tipi diversi di un'arma, approvvigionati a seconda della disponibilità dei mercati esteri; 3) l'impreparazione del complesso industriale militare a mettere a punto le specifiche tecniche, come nel caso della Perino, atte a garantire la buona riuscita di una nuova arma. L'arma da adottare veniva sottoposta a cicli di tiro prolungati che si protraevano al punto che alcuni operai erano colpiti da malessere, senza che si verificassero inconvenienti meccanici. Questo risultato consentiva al Generale Ispettore Gigli-Cervi, che aveva presieduto la Commissione di prova, di trarre degli ammaestramenti sulle armi automatiche in genere e le mitragliatrici , in particolare, che «per quanto costrutte nel modo più perfetto e per quanto ben collaudate possono da un momento all 'altro dare sorprese molto inaspettate» per cui «oltre a creare una maestranza per la loro costruzione, è necessario anche istituire un semenzaio di armaio li spec ialisti del genere.»90 Le conclusioni della Commissione Gigli-Cervi consentivano alla Direzione Generale di Artiglieria e Genio di ritornare sull'argomento della soppressione dei Capi Armaioli , nei Corpi aboliti nel 1897, essendosi ritenuto che il servizio riparazioni delle armi fosse, addirittura, dannoso a causa della limitatezza dei mezzi delle officine reggimentali. In un cinquantennio il complesso industriale bellico .italiano (militare e civile), partendo da una situazione frammentaria e di dipendenza dall'estero , era riuscito ad approdare a elevati livelli produttivi di efficienza in termini di qualità e quantità. Tuttavia, restava insoluto il problema dei costi, anche perché l'autarchia degli anni Trenta aveva posto l'accento sull'autosufficienza più che sulla economicità , e ciò poteva, essere raggiunto soltanto con la concentrazi.one industri ale. Chi era riuscito a ottenere qualcosa in questo campo era stato il Generale Dallolio, che può essere ritenuto un antesignano della concentrazione industriale. Abbiamo già posto in evidenza che egli aveva espresso il desiderio che la Società Anonima Fabbrica Bresciana Automobili (al fine di poter
MCRR, fondo Dallolio , b. 952, f.1 , I. 3. ss MCRR, fondo Dallolio, b. 951, f .9, I. 18. 89 MCRR, fondo Dallol io, b. 951, f. IO . 87
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aumentare i mezzi di produzione) acquistasse l'intero pacco azionano delle 0.M. (già Miani, . ecc.) .91 S 1'lvestn, L'operazione aveva immediata esecuzione e, da allora le Società Officine Meccaniche e la Fabbrica Bresciana Automobili divenivano associate, non solo per l'appartenenza dell'intero capitale sociale della prima alla seconda (in modo che gradatamente di fatto i due enti giuridici venivano a costituire una sola entità economica), oltreché della Direzione dei servizi commerciali e amministrativi, ma anche perché i cicli di lavorazione delle due società venivano a completarsi. La nuova società informava Dallolio92 dell'andamento dell'operazione per il rilievo dell'intero pacco azionario della Soc.An.O.M. (già Miani, Silvestri, ecc.): « .. . Tale acquisto rappresenta per la nostra società uno sforzo gravissimo ed un oneroso immobilizzo che viene effettuato unicamente per coordinare la produzione di detta società in armonia con la nostra ed aumentare così la capacità di produzione bellica dei due impianti. Siamo sicuri che l 'E.V. vorrà apprezzare lo spirito che ci anima in questo programma che è stato così tracciato a seguito della giusta esortazione dell 'lspettorato Automobilistico Militare. In caso di accettazione dell'offerta da parte dell'I.R.I. per soddisfare alle richieste dello stesso è necessario che la nostra società faccia fronte entro la prima quindicina del mese di ottobre ad un ingente versamento. Facciamo assegnamento per poter disporre dei mezzi necessari sui versamenti che ci devono venire effettuati dal Ministero della Guerra a valere sui contratti in corso per le forniture di autocarrette 32 che stiamo effettuando. Tenuto presente quanto sopra esposto rivolgiamo preghiera all'E.V. perché voglia facilitare alla nostra società l'ottenimento dei pagamenti dovutici in modo che ci venga reso possibile l'espletamento del programma indicato poiché se ciò non ci fosse a tempo concesso non sapremmo come dare esecuzione all'operazione alla quale ci siamo decisi per venire incontro alle esigenze della produzione militare. Direttore Generale Ing. Orazi.» Il Commissariato Generale per le Fabbricazioni di Guerra rispondeva alla Soc.O.M. Fabbrica Bresciana Automobili a stretto giro di posta: «Questo Commissariato ha ricevuto la lettera sopra ricordata e in esaurimento della chiusa della lettera stessa, ha formulato le segnalazjoni del caso alle competenti Sedi. Il Commissario Generale Dallolio» .93 Contemporaneamente, però, la Fabbrica Bresciana Automobili informava dell'operazione il Direttore Generale della FIAT: 94 - motivandola con l'incarico ricevuto dalle Autorità Militc.u-i cli aumentare la propria capacità operativa; - sostenendo di essere stata confortata nella scelta e decisione dall'Ispettorato Materiale Automobilistico Militare; - rendendo noto di aver avanzata ofierta all'IRI per il rilievo dell'intero pacco azionario della Società Officine Meccaniche già Miani & Silvestri; - facendo riserva, comunque, che « ... qualora si rendessero necessari ulteriori importi facciamo assegnamento sulla di Lei Società per il completamento dei fondi necessari per il perfezionamento dell 'operazione in oggetto (Delibera n. 8791)». L'ingegner Rocca dimostrava, infatti, che la siderurgia nazionale era impostata su basi errate. A riprova di tale asserto citava il fatto che <<anche in tempo di pace i costi cli produzione della nostra siderurgia erano superiori del 50% a quelli della siderurgia estera con una maggiorazione assai superiore a
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La Società Officine Meccaniche (già Miani & Silvestri) la più vecchia fabbrica di materiale ferroviario esistente in Italia. Stabilimenti dotati di un'ampia fonderia di ghisa, bronzo e alluminio dispongono di Sezioni per costruzioni e riparazioni locomotive. L'attività industriale si svolge nei settori della costruzione cli veicoli ferroviari e tranviari, automotrici e autobus, locomotive e locomotori, motori diesel lenti e veloci, trattori ag1icoli; attività calderaia e impianti chimici. 9! Archivio Storico FIAT, b. 703 , lettera 26 settembre 1935. 93 Archivio Storico FIAT, b. 703, lettera n. 2301 del 28 settembre 1935. 'l<I Archivio Storico FIAT, b. 703, ciel 26 settembre 1935.
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quanto sarebbe stato giustificato dalle condizioni di approvvigionamento delle materie prime, o da quelle del mercato interno.»95 Per questi motivi il secondo confli tto mondiale poneva in discussione il problema della «concentrazione industriale» , del quale era pri ncipale assertore l'Ansaldo che , nel 1943, ne metteva in evidenza i principali vantaggi: 96 1) mi nori costi, e cioè minori consumi di materiali, di lavoro, di mezzi; 2) aumento dei rendimenti , e quindi , a parità cli mezzi, aumento della produzione; 3) miglioramenti cli qualità; 4) maggiore fac ilità di mobilitazione della produzione, anche di fronte ai danni di incursioni , trasferimenti, decentramenti, ecc. Oltre a questi aspetti industriali, la concentrazione arrecava altri vantaggi quali : risparmio di materiali , energia, servizi, locali , disponibilità di forze lavorative, economia delle attrezzature, impiego razionale dei mezzi di trasporto, migliore raccolta e riuti lizzazione degli scarti di produzione, raggruppamento delle richi este e dei programmi , saturazione dei macchinari ed impianti . La concentrazione, però, non significava soltanto razionalizzazione della produzione e non si limitava esclusivamente all'aumento delle dimensioni delle imprese industriali , ma implicava, soprattutto, l'applicazione crescente del principio del comando centralizzato di un complesso di singole unità produttive di prodotti affini o complementari fra di loro. Doveva, cioè , assicurare unità cli comando , di organizzazione, di coordinamento e soprattutto l'efficienza dei mezzi produttivi, specie se questi risu ltavano decentrati sul ten-itorio per sottrarli alle offese aeree avversarie . Questi provvedimenti incontravano, però , serie difficoltà in campo industriale, tanto da far dire, sempre all ' ingegner Rocca: «Se in tutto il mondo si concentra su larga scala mentre eia noi, che siamo i più poveri, ancora si discute senza concludere, ciò non significa altro che l' immaturità della nostra classe dirigente, che ha spesso una mentalità più artigiana che industriale, pur essendo capace - individualmente - di realizzare grandi cose.»97 Erano evidenti i motivi dell'avversione a una razionali zzazione del genere: alla base della concentrazione erano le stesse direttive che avrebbe adottato un dirigente cli grande impresa «il quale governasse un intero ramo di industria: chiusura degli stabilimenti meno efficienti, spostamento di maestranze e di tecnici da l' uno all 'altro stabilimento, utilizzazione in comune dei migliori procedimen ti, metodi, brevetti , ritrovati tecnici, ecc.»98 e ancora di più stabil ire quale impianto dovesse assorbire la produzione di un altro che venisse messo fuori eserc izio.99 M ussolini , il 24 giugno 1943, per questo aveva dichiarato al Direttorio del Partito che «bisogna avere il coraggio di eliminare tutte le industrie che non hanno più ragione di. essere e bi sogna avere il coraggio di esonerare tutti gli industriali , i quali non sono all'altezza dell a situazione.» 100 Era una presa di posiz ione coraggiosa che, peraltro , andava a urtare posizioni di prestigio e interessi particolari cli aziende o cli gruppi che, invece, ostacolavano quel processo, già svoltosi all 'estero, della costituzione di sindacati, trust, ecc., che in sostanza aveva consentito l' accrescimento dei rend imenti. Per questo la concentrazione industriale anelava perseguita anche nel tempo di pace per porre le industrie su di un piano concorrenz iale, ma ancora di più era valida in tempo di guen-a perché consentiva di stabilire, sulla base dei programmi militari , la ripartizione dell a produzione.fra i vari impianti per ottenere i massimi rendimenti.
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FO!\DE!TO, Archivio Rocca. Lettera di Rocca ad Alliata del 10 luglio 1943. Sez. 49, f. 74, p.l Allegato. FONDEITO,Archivio Rocca, Sez. 49, f. 78, p. I . 97 f'ONDl::ITO, Archivio Rocca, Lettera di Rocca ad Alliata de l 10 luglio 1943, Sez. 49, f . 74. testo. 9'l FONDEITO, Archivio Rocca, Sez. 49, f. 74, p. 1, Allegato. Cfr. pure Sez. 49, f. 78, p. I. 99 FONDEITO, Archivio Rocca, Sez. 49, f. 78 , p . 2 . 100 FONDElTO, Archivio Rocca, Lettera di Rocca ad Alliata del 10 luglio 1943 , Sez. 49, f. 74. Allegato p. 2. 96
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http://versilia.toscana.it/sanfrancesco/storia/sipe.htJ.n http://uni-leipzig.de/,...,kuge/forschung/leonardo/quellen.htm
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Gratulatoria Due ri ngraziamenti postumi a ch i mi ha condotto per mano nei primi passi della ricerca: il professor Antonio Sema per i suggerimenti e consigli che mi ha fornito e il dottor Lamberto Alfonsetti I per 1'aiuto datomi nelle ricerche presso la Fondazione Einaudi a Torino, diventando il mio braccio operativo in quella città. Un «grazie» particolare alla professoressa Maria Teresa Tamassia, unica erede del Generale Dallolio, per la disponibilità dimostrata nel permettermi di consultare l'epistolario e i documenti del Nonno e nell'illustrarmene la figura. Si ringrazia la dottoressa Antonella Furlan per l' attività profusa nell 'editing e per i suggerimenti (e incoraggiamenti) fornitimi nell'arco dei quattro anni in cui si è sviluppata la ricerca. Grazie al professor Curami per avermi introdotto nel mondo della ricerca storica. Si ringraziano il dottor Francomario Cola.santi della Biblioteca Nazionale Marciana a Venezia, per l'assistenza prestatami; il Colonnello Massimo Multari, già Capo dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore Esercito Sargeri; i Tenenti Colonnelli CappelJano, Di Gangi , Marzocchi, dell ' Ufficio Storico dello Stato Maggiore Esercito, il Luogotenente Zarrillo del Museo Storico della 3a Armata cli Padova; il Capitano di Vascello F. C. Rizzo di Premuda, Capo Ufficio Storico Marina Militare; il dottor Gionfricla dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore Esercito; il dottor Lombardo e la signora Micheli della Fondazione Ansaldo di Genova; la dottoressa Lupi e il signor Trincali del Centro Ligure di Storia Sociale di Genova, le dottoresse A. Simoni e Camerana dell 'Archivio Storico FIAT; la dottoressa Giordana della Fondazione Einaudi di Torino; il professor Talamo e il signor Alberti dell'Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano di Roma; il dottor Sangiorgi del Museo del Risorgimento di Bologna; il dottor Ricci e la dottoressa De Simone cieli' Archivio Centrale dello Stato di Roma; la dottoressa Briantee la dottoressa M. P. Piccoli dell'Archivio di Stato di Torino; il dottor Damiano e il dottor Della Vecchia del!' Archivio dello Stato di Napoli; la dottoressa Panizza dell'Archivio dello Stato di Alessandria; la dottoressa Alderighi dell'Archivio dello Stato di Mantova, le addette alla Biblioteca Comunale Teresiana di Mantova; la dottoressa Angioi della Biblioteca Comunale L. Quartieri di Forte dei Marmi, la signora Ornella della Biblioteca Civica Vincenzo Joppi di Udine. Si ringraziano, altresì , i seguenti Enti e Privati, per avermi gentilmente concesso di pubblicare i materiali iconografici di loro proprietà: l'Ufficio Storico della Marina Militare, il Museo Centrale del Risorgimento , la Fondazione Ansaldo, l'Archivio storico della FIAT, la Famiglia Tamassia; la Famiglia Eredi Fogliani. Infine, ma non ultimo, un grazie anche a mia moglie Maria Luisa Tona che, come tutte le mogli degli Ufficiali, mi ha saputo attendere con tanta pazienza, nel corso dei miei numerosi e frequenti spostamenti fra Archivi, Musei e Fondazioni d'Italia.
' Lamberto Alfonsetti, laureando alla Facoltà di Scienze Politiche di Torino scomparso prematuramente il 20 ottobre I992, mentre era in servizio quale allievo Ufficiale di complemento alla Scuola di Artiglieria di Bracciano, veniva laureato «alla memoria». Da oltre due anni stava svolgendo attività di ricerca per la propria tesi di Laurea,/ bilanci militari e la politica di riarmo italiana negli anni precedenti la seconda Guerra Mondiale, sotto la guida del Relatore Prof. Rochat. TI lavoro cli coordinamento grafico e stampa della tesi è stato curato, pertanto, dalla sorella Carola.
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INDICE GENERALE
Presentazione Prefazione
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Introduzione
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Cap. 1 Gli anni dedicati alla difesa della frontiera nord-orientale e della piazzaforte di. Venezia Cap. 2 Gli anni da Direttore Generale dell'Artiglieria e Genio e la campagna di Libia Cap. 3 La comparsa di un nuovo mezzo: l'aeroplano Cap. 4 Entrano in scena i «tanks» Cap. 5 Il traino delle artiglierie passa va dal cavaJlo al cavallo-vapore Cap. 6 La posizione di Dalloiio nei confronti della Triplice Alleanza Cap. 7 «Maestà il giuramento non comprende di essere comandato a fare il Ministro della Guerra» e la confusa situazione politico-istituzionale Cap. 8 1 dubbi di Dallolio sulla preparazione dell'Italia Cap. 9 Un primo dilemma: contro l'Austria o la Francia? Cap. 10 L'incomunicabilità tra i Vertici politici e quelli militari Cap. 11 Un secondo dilemma: industria privata o militare? Cap. 12 La nascita del Soltosegretariato (poi Ministero) per le Armi e Munizioni Cap. 13 Gli anni da Sottosegretario (poi Ministro) per le Armi e le Munizioni Cap. 14 La Missione Militare Italiana del Generale Tozzi a New York Cap. 15 Le «lotte» sostenute da Dallolio Cap. 16 Le <<lotte» sotterranee contro Da]lolio Cap. 17 Le prime dimissioni di Dallolio (poi rientrate) da Sottosegretario di Stato Cap. 18 La Mobilitazione Industriale creata da Dallolio: Organi Centrale e periferici Cap. 19 La Mobilitazione Industriale: fu nzionamento generale e ripercussioni sulla struttura produttiva Cap. 20 La sostituzione della manodopera maschile con quella femminile Cap. 21 La smobilitazione al termine della guerra Cap. 22 L'Ufficio Storiografico della Mobilitazione Industriale e il tentativo di indagine sociologica ante litteram sulla manodopera femminile Cap. 23 Altre categorie di manodopera e il conseguente problema disciplinare Cap. 24 I risultati della Mobilitazione Industriale Cap. 25 Turbative alla produzione bellica: sommosse, imboscamenti, esonerazioni e agita. . . z1on1 operaie Cap. 26 Pagine oscure di guerra clandestina: attentati e sabotaggi contro le industrie e le ferrovie italiane Cap. 27 La deficienza di carbone Cap. 28 La deficienza dei trasporti in Italia e loro disfunzioni Cap. 29 La mancanza del grano e della carne Cap. 30 I dispiaceri causati a Dallolio dal porto di Genova Cap. 31 Caporetto Cap. 32 L'attività di Dallolio per il ripianamento delle perdite all'indomani di Caporetto Cap. 33 Do ut des: cannoni francesi in cambio di operai italiani Cap. 34 Dallolio e alcune precisazioni sull'avvicendamento di Cadorna Cap. 35 Il profugato
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Cap. 36 Dallolio nella difesa delle opere d'arte di Venezia Cap. 37 Dallolio nei Prestiti Nazionali e nell'assistenza agli orfani di guerra e ai profughi del Veneto Cap. 38 Il rapporto di Dallol io con 1'Ansaldo Cap. 39 Il contrasto Nitti-Dallolio Cap. 40 Le seconde dimission i di Dallolio (quelle da Ministro per le Arm i e Munizioni) Cap. 41 L'incarico di Ispettore Generale dell ' A1tiglieria Cap. 42 Dallolio membro della Commissione d'Inchiesta in Asia Minore Cap. 43 La cessazione di Dallolio dal servizio militare attivo Cap. 44 Gli incarichi sgraditi continuavano a piovere su Dallolio: l'indagine sulla Regia Gu ardia Cap. 45 «A me i dividendi lauti non fanno gola» Cap. 46 Il COGEFAG Cap. 47 Le apprensioni di Dallolio per l'impreparazione dell ' Italia Cap. 48 Le terze dimissioni di Dallolio (quelle da responsabile del COGEFAG) Cap. 49 L'ingegner Rocca dell'Ansaldo negli Anni '40: una rivalutazione del pensiero di Dallolio? Cap. 50 Il compenso a DaUolio per il lavoro svolto: due Comm issioni di inchiesta sul suo operato Cap. 51 Dallolio «politico» Cap. 52 Un cenno conclusivo Cap. 53 Il crepuscolo di Dallolio
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Appendice I L'incidenza delle agitazioni operaie sulla produzione Appendice II I condi zioname nti dell'industria militare Appendice III L'industria bellica mili tare e civile dagli Stati preunitari alla Grande Guerra
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Fonti e Bibliografia
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INDICE DEI DOCUMENTI
1 Osservazioni circa i documenti che consegnai al Museo del Risorgimento 2 Lettera di Dallolio alle figlie Elsa e Gina con la sua busta 3 Lettera di Cadoma a Dallolio con giudizi negativi su chi non sente la priorità delle munizioni 4 Lettera di Gabriele D'annunzio al Generale Dallolio 5 Appunto di Dallolio relativo alla lettera di D ' Annunzio 6 Testo del manifestino lanciato su Vienna da Gabriele D'Annunzio nel volo dell' 8 agosto 1918 7 Contratto con la FIAT per la costruzione di mitragliatrici 8 Circolare del Comando Supremo sulla Formazione delle Squadriglie automigliatrici 9 Bozza di accordo per la riproduzione, da parte del Governo italiano del cano tedesco PzKpfw IV 10 Lettera di Pio Perrone al fratello per la produzione di autocannoni 11 Lettera del Ministro Spingarcli a Brusati del 17 febbraio 1917 12 Lettera di Cadoma a Dallo1io in data 6 settembre 1917 13 Lettera del Capo cli Stato Maggiore Pollio a Brusati del 1° maggio 1913 14 Seconda lettera del Capo di Stato Maggiore Pollio a Brusati del 1° maggio 1913 15 Lettera del Capo di Stato Maggiore Pollio a Brusati del 13 febbraio 1913 16 Lettera di Salandra a Dallolio del 22 settembre 1915 17 Appunto di Dallolio su acquisti fatti direttamente all'estero 18 Lettera di dimissioni di Dallolio da Sottosegretario di Stato del 5 aprile 1917 19 Lettera di Dallolio del 6 aprile 1916 che accetta cli ritirare le dimissioni 20 Grafico relativo alle vertenze trattate dai Comitati Mobilitazione Industriale Regionali e Centrale 21 Grafico relativo all'andamento della dichiarazione di ausiliarietà degli stabilimenti industriali 22 Grafico relativo a II' assunzione di maestranze femminili negli stabilimenti ausiliari, non ausiliari e militari 23 Lettera di Cadorna a Dallolio per dargli atto dell'efficienza della organizzazione industriale 24 Lettera di Salandra a Dallolio per chiedere elementi di risposta ad una lamenteia di Cadoma 25 Lettera d.i Cadorna a Dallolio per invitarlo ad assistere alla Battaglia della Bainsizza 26 Lettera di un detenuto sul «dovere dell'antimilitarismo» degli operai 27 Volantino della Direzione del Partito Socialista Italiano del 1° maggio 1917 28 Volantino manoscritto indirizzato alla <<Madre Proletaria» 29 Lettera della Legione Territoriale Carabinieri Reali di Torino 30 Proclama di Dallolio agli operai per far cessare ogni disaccordo 31 Complotto anarchico per un attentato alla persona del Re 32 Impianti idroelettrici. Atti cli sabotaggio 33 Ordigni esplosivi camuffati in scatole di carne 34 Apparecchio tedesco per attentati 35 Grafico degli arri vi del grano dal settembre 1917 al maggio 1918 36 Lettera di Dallolio sul porto di Genova del 30 agosto 1916
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37 Stralcio deg li ordini di S.A.R. il Duca d 'Aosta per disciplinare il passaggio sui Ponti diCoclroipo 38 Richiesta di Dallolio a D'Alessandro del 13 dic. 1917 per conoscere verità sul comportamento degli artiglieri a Caporetto 39 Testo della risposta di O' Alessandro 40 Ritaglio dell 'edizione straordi naria della Gazzetta del 28 ottobre 19 17 41 Comunicazione effettuata dal Comandante della 3A Armata a Dallolio sull'andamento del ripiegamento 42 Testo c ifrato della comunicazione effettuata dal Comandante della 3A Armata sull'andamento del .-i.piegamento 43 Ordine del giorno all'Esercito del 18 novembre 1917 44 Lettera di Dallolio a Bissolati del 31 agosto 1916 45 Appello di Dallolio agli operai italiani per un concorde impegno nell'ora grave per la Palria 46 Sollecito di Dallolio da Parigi alla FiAT del 17 novembre 1917 47 Lettera del figlio di Cadorna a Dall olio 48 Risposta di Dallol io al figlio di Cadorna 49 Ringraziamento del figlio di Cadorna a Dallolio 50 Lettera di Ojetti, del 22 luglio 1915, indirizzata ad un Maggiore del Comando Supremo per caldeggiare la definizi.one della propri a posiz ione a Venezia 5 1 Appello agli industriali per la sottoscrizione alla Fondazione Naziona le Industriale per gli Orfani di guerra 52 Telegramma di risposta di Agnelli all'appello di Dallolio per comunicare la sottoscrizione di d ieci milioni 53 Libretto bancario della Banca d'Italia intestato al Ministero delle Armi e Munizioni- Fondo obl azioni a favore dei profughi del Veneto 54 Re ndiconto del conto co1Tente a favore Ministero Anni e Muni.zioniFondo oblaz ioni profughi del Veneto 55 Lettera invi.ata al Ministro degli Esteri, Marchese Cappelli , dall ' incaricato di Affari a Pietroburgo il 14 giugno del 1898 56 Lettera dell'Addetto Militare a Pietroburgo al Comandante in 2" del Corpo di Stato Maggiore, del 24 luglio 1898 57 Lettera dell 'Ansaldo al Presidente del Consiglio per sollecitare un intervento a favore di una commessa di corazze 58 Lettera di Dallolio a Nitti del 18 gennaio 1918 59 Lettera del Ministro del Tesoro Nitti per sollecitare J' intervento di Dallolio a fav ore dello Stabilimento San Giorgio per la produzione di vetro d'ottica 60 Risposta (negativa) di Dallolio a Nitti riguardo allo Stabilimento San Giorgio 61 Lettera di Nitti a Dallolio, del 25 febbraio 1918, con la quale mostra d i condividere la «sofferenza» del Generale 62 Lettera di Badoglio a Dallolio all'atto delle sue dimissioni da Commissario Generale per le Fabbricazioni di Gue1Ta del 14 settembre 1939 63 Lettera del Capo del Governo a Dallolio 64 Circolare de l PNF per adottare provvedimenti a carico degli industriali 65 Lettera del Generale Favagrossa, del 26 agosto l 939 66 Lettera di S .A .R. Amedeo di Savoia a Dallolio del 16 febbraio 1937 67 Prima richiesta di dimi::;sioni di Dallolio, 12 giugno 1939 68 Seconda richiesta di dimissioni di Dallolio, 15 agosto 1939 69 Promemoria delle richieste di dimiss ioni di Dallolio al Duce
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70 Lettera di commiato inviata da Mussolini a Dallolio dopo averne accettato le dimissioni 71 Lettera del 14 ottobre 1939 di Favagrossa a Dallolio 72 Lettera del 9 marzo 1942 di Favagrossa a Dallolio per ringraziarlo dopo essere stato in visita a casa sua 73 Lettera del 24 marzo 1947 con cui Dallolio invita a casa propria Favagrossa 74 Compiacimento di Mussolini per il giudizio espresso su Dallolio dalla Commissione Parlamentare d'Inchiesta sulle spese di guerra 75 Memoria del Senatore Dallolio all'Alta Corte di Giustizia per le sanzioni contro il Fascismo 76 Trascrizione della Memoria del Senatore Dallolio all'Alta Corte di Gjustizia per le sanzioni contro il Fascismo 77 Lettera di Dallolio a Montefinale del 25 agosto 1943 78 Lettera del 15 giugno 1950 , scritta da Dallolio a Orlando pregandolo di interessare il Presidente della Repubblica affinché non lo nominasse Senatore della Repubblica 79 Appunti di Dallolio, del 15 giugno 1950, relativi alla visita fattagli dal Generale Montefinale cui aveva chiesto di interessare il Presidente della Repubblica affinché non lo nominasse Senatore deJla Repubblica 80 Biglietto augurale a firma di un gruppo di Senatori per il ristabilimento di Dallolio indisposto 81 Telegramma di Luigi Einaudi in occasione del genetliaco di Dallolio 82 Volantino indirizzato ai «Compagni di lavoro» 83 Richiesta di colloquio con Badoglio per evitare la chiusura di uno stabilimento 84 Appunto di Badoglio per evitare la chiusura di uno stabilimento 85 Intercettazione telefonica del Prof. Valletta della FIAT del 23 gennaio 1940 ore 16,15 86 Intercettazione telefonica di due ingegneri del 13 gennaio 1940 alle ore 19, 15 87 Elementi di giudizio forniti dal Commissario Generale per le Fabbricazioni di Guerra, Favagrossa, su intercettazione del 13 gennaio 1940 88 Elementi di giudizio forniti dal Commissario Generale per le Fabbricazioni di Guerra, Favagrossa, su intercettazione riguardante Valletta 89 Autorizzazjone per l'ampliamento dello stabilimento Ansaldo, reparto Fabbricazione bossoli 90 Autorizzazione per l'ampliamento dello stabilimento Ansaldo, per il montaggio di torri corazzate 91 Autorizzazione per l'ampliamento dello stabilimento Savoia Marchetti
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