IL CORPO DI SPEDIZIONE ITALIANO IN ANATOLIA (1919-1922)

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STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO UFFICIO STORICO Giovanni Cecini

IL CORPO DI SPEDIZIONE ITALIANO IN ANATOLIA (1919-1922) .

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Il libro considera l'arco di tempo che intercorse fra la capitolazione bellica dell'Impero ottomano e la nascita della nuova Turchia di Atati:irk, periodo filtrato però dalle lenti dell'Italia, nazione a essa vicina, sebbene con profonde differenze, ma accomunata dalla medesima origine mediterranea. Lo scambio culturale reciproco era sempre avvenuto senza soluzione di continuità, anche se i due paesi si erano spesso visti come contendenti, dai tempi della Serenissima fino all'allora recente guerra di Libia, che contribuì in maniera decisa alla veloce decadenza di un Impero millenario. Ottenuta quella sponda sabbiosa, ma a suo modo simbolica, uscita vincitrice dalla Grande Guerra, stremata dal conflitto ma ambiziosa di riscatto per la poca considerazione ricevuta fino ad allora, ecco che la Nazione italiana si spinse in una nuova avventura, che potremmo definire tardivamente "coloniale". Mascherando, insieme alla maggior parte delle altre potenze dell'epoca, come missione di pacificazione e di "ordine pubblico", anche il governo cli Roma iuviò in territorio anatolico un contingente militare. Esso avrebbe dovuto garantire le vaghe promesse territoriali ed economiche, ottenute durante il conflitto, e allo stesso tempo creare una situazione di fatto in loco, che secondo le intenzioni avrebbe permesso in modo più facile una penetrazione redditizia e capillare. L'Italia già in contatto commerciale con i porti turchi, in particolare con Adalia, su cui aveva acquisito degli importanti diritti economici, e in possesso dal 1912 del Dodecaneso iniziò così nella primavera del 1919 la sua presenza militare in Anatolia, inconsapevole della consistenza reale dei movimenti nazionalistici e rivoluzionari, che nel frattempo erano nati e sviluppati in quella regione, e degli. opposti interessi in gioco, che avrebbe trovato la sua delegazione al tavolo della pace. Solo le pesanti e ripetute sconfitte dei greci, la rapida ascesa di Mustafa Kemal e il veloce disimpegno delle grandi potenze da quello scacchiere, portarono l'Italia al definitivo abbandono di qualsiasi sogno coloniale in territorio turco, con il relativo ritiro del contingente inviato, che con i mesi era stato - del resto - con gradualità ridotto e rimpatriato.


STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO UFFICIO STORICO

Giovanni Cecini

IL CORPO DI SPEDIZIONE ITALIANO IN ANATOLIA (1919-1922)

ROMA 2010


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PRESENTAZIONE L'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito ha già più volte avuto modo cli interessarsi agli avvenimenti politico-militari dell a prima metà del secolo scorso nell'Egeo e in quello che una volta si definiva il Levante, il Mediterraneo Orientale. Lo stesso Corpo di Spedizione Italiano in Anatolia è stato oggetto di alcuni saggi, come quello pionieristico di Antonio Bagnaia, pubblicato nel 1994 su Studi storicomilitari. È però, questa, la prima volta che l'argomento viene affrontato in maniera organica ed esaustiva. La presenza militare italiana in Anatolia si protrasse per tre anni, fra il 19 I 9 ed il 1922, .in un contesto politico che si faceva via via sempre più delicato e difficile, per il sorgere dalle ceneri dell'impero ottomano della n uova Turchia, moderna e laica, di Mustafa Kemal, non ancora Kemal Atati.irk, il padre dei Turch i. L'invio cli truppe italiane rappresentava il compimento della promessa formulata in termini abbastanza vaghi , con il patto di Londra cli quattro anni prima, di un ampliamento della zona di influenza italiana nel Levante a spese dell'impero ottomano, sulla scia dei lontani precedenti delle repubbliche marinare di Genova e di Venezia e della recentissima occupazione di Rodi e delle altre isole del Dodecaneso. L'intervento venne tuttavia giustificato, sul momento , dalla necessità di porre fine agli incidenti ed ai disordini che si stavano verificando in quelle zone e si estese da Adalia a Boclrum e fino a Scalanova, approfittando della situaz ione in cui versava la sconfitta della Turchia con un corpo di occupazione alleato a Costantinopoli. Lo sbarco greco a Smirne, il sogno - di breve durata- dì poter finalmen te realizzare la "Grande Idea", di poter riunire sotto il governo di A tene le comunità greche che, praticamente da sempre, abitavano al cli là dell 'Egeo vaste zone della costa anatolica, ruppe il delicato e difficile equ.ilibri.o. Dall'interno prese il via la reazione della nuova Turchia, sotto la guida di Mustafa Kemal, l'eroe di Gallipoli, e l'Italia si trovò invischiata in una situazione ben diversa da quella inizialmente prevista. Il governo di Roma, inoltre, aveva in quegli anni altri e ben più importanti problemi da affrontare, a cominciare da quelli legati alla politica interna. Ad un iniziale avvicinamento alla Grecia con l'accordo Tittoni-Venizelos, ìl Corpo di Spedizione seguì poi una linea politica più accorta e realistica con un progressivo restringimento della zona occupata dalle nostre truppe. Tutto ciò accadeva dietro precise istruzion i del Ministero degli Esteri che, pur attraverso .il succedersi dei ministri, seguiva con estrema attenzione l'evolversi della s.ituazione e con il coinvolgi mento ciel Ministero della Guerra, sin dall'inizio preoccupato per l'inadeguatezza della forza ciel Corpo cli Spedizione rispetto ai compiti cui avrebbe dovuto far fronte.

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Alla fine dall'aprile 1922 Je ultime truppe lasciarono Scalanova dirette a Rodi. Dopo tre anni si concludeva cosĂŹ, con un nulla di fatto, una difficile esperienza, nata come ultimo tentativo di ricavarsi una zona di influenza a spese del "grande malato" turco, divenuta occupazione con finalitĂ incerte ed ambigue ma conclusasi, fortunatamente, senza coinvolgimento bellico. IL CAPO DELL' UFFICIO STORICO Colonnello Antonino Zarcone

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INDICE Introduzione

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Tabella di raccordo nei nomi geografici

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Capitolo Primo: Gli Alleati e la l\trchia La situazione internazionale al momento del l'armistizio Il periodo armistiziale La preparazione militare italiana Lo sbarco ad Adalia

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Capitolo Secondo: Formazione del Corpo di Spedizione Le unità TI personale Logistica La partenza Direttive politiche Topografia e antropologia del territorio

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Capitolo Terzo: Gli sbarchi italiani Il piano degli sbarchi Lo sbarco italiano a Bodrum Situazione dei giorni successivj all'occupazione Note monografiche su Bodrum Gli altri sbarchi italiani: Marmarizza, Macri , Scalanova, Kuluk

101 101 » 103 » 107 » 112 » 1.17

Capitolo Quarto: Smirne Lo sbarco greco a Smirne L'opinione pubblica italiana Ufficio informazioni italiano a Smirne

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Capitolo Quinto: La posizione dell'Italia nell'estate 1919 Lo sviluppo del Corpo di Spedizione L'interventista Battistoni La gestione Tittoni delle operazioni militari L'Esercito italiano da Caviglia a Bonomi Gli accordi Tittoni-Venizelos La Croce Rossa ellenica a Macri Da Bongiovanni a Elia

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Lo scioglimento del 4° reggimento speciale L'esercito di Mustafa Kemal

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Capitolo Sesto: Conia Il reparto italiano di «Konia»

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Capitolo Settimo: Le Commissioni interalleate dell'autunno 1919 I lavori congiunti per la demarcazione della linea Tittoni-Yenizelos L'inchiesta sui fatti di Smirne

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Capitolo Ottavo: Il Corpo di Spedizione italiano nel Mediterraneo orientale Da Abano a Roma: il nuovo corso della politica militare italiana Le attività del Corpo di Spedizione sotto Elia Gli scontri dell'autunno 19 l 9 Il primo arretramento delle unità del Corpo di Spedizione Da Elia a Porta Situazione diplomatica tra 19 I 9 e 1920 Da Porta a Fusoni La partenza degli ultimi reparti

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Capitolo Nono: Le attività archeologiche, geografiche ed economiche italiane in Anatolia Le missioni archeologica e geografica La presenza bancaria italiana La ferrovia per Baghdad e il bacino cli Eraclea

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Capitolo Decimo: Le uniformi del Corpo di Spedizione

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Capitolo Undicesimo: Composizione organica e logistica Corpo di Spedizione in Anatol ìa ( maggio - agosto 1919) Corpo di Spedizione italiano nel Mediterraneo Orientale (agosto 1919 luglio 1920) Corpo di Spedizione italiano nel Mediterraneo Orientale (1921) Base di Rodi Funzionamento dei vari servizi

» 453 » 453

Conclusioni

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Cariche politiche e militari italiane Comandanti ciel «Regio Corpo di Spedizione italiano in Anatolia» poi «Regio Corpo cli Spedizione italiano nel Mediterraneo orientale»

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Presidenti del Consiglio M inistri degli Affari Esteri Ministri della Guerra Capi cli Stato Maggiore dell'Esercito Governatori cli Rodi

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Ringraziamenti

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Indice dei nomi

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Bibliografia Libri e pubblicazioni Fonti archivistiche Fonti web

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Indice delle illustrazioni e delle tabelle Illustrazioni Tabelle

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INDRODUZIONE L'anno "1919" collocandosi alla metà, sia per cronologia sia per rilevanza nello sviluppo storico dell'epoca contemporanea si inserisce come tappa fondamentale per comprendere alcuni elementi di continuità e discontinuità tra Ottocento e Novecento di primaria importanza. Se ì trattati di pace cli questo e dell'anno successivo hanno tentato di risolvere alcune delle innumerevol i problematiche poste dalla guerra o anche anteriori a essa, hanno altresì acutizzato focolai di attriti nazionali e internazionali, che porteranno a una nuova catastrofica guerra mondiale ancora più vasta e distruttiva di quella appena conclusasi, con relativi strascichi, che arrivano fino ,ù giorni nostri. Alla luce di questi fatti, il "1919" rappresenta il punto cruciale tra il retrogrado e conservatore" 18 15", della centralità cli Vienna e delle mistiche esaltazioni dello zar Alessandro, e il quotidiano, che si colloca come trampolino di lancio per rinnovate proposte di intesa internazionale. I trattati di Pratica di Mare del 28 maggio 2002, per esempio, hanno aperto un nuovo spiraglio di cooperazione tra paesi europei, valicando gli stessi confini naturali e politici del Vecchio Continente, anche in funzio ne di una maggiore integrazione nell'UE, sempre più sensi bi le ali' ingresso di paesi ex sovietici, come Romania e Bulgaria a partire dal 1° gennaio 2007. L'Europa, oggi come in passato, deve comprendere che la moderazione e la collaborazione sono elementi essenziali per la risoluzione dei problemi politici. Il Medio Oriente e il Caucaso sono zone troppo calde e troppo strategicamente vicine, per esentare Bruxelles e Strasburgo dal volgergli interesse con una voce comune e condivisa. Se gli Alleati nel 1945 hanno vinto la Seconda guerra mondiale, i loro nipoti nel primo guaito del nuovo millennio devono ancora «risolvere» la Prima. L' Ostpolitik europea è quindi la sfida del futuro sia verso gli Urali sia verso il Golfo Persico , cammino obbligato se l'Unione vuole essere qualcosa di più di un mero mercato comune e quindi vero soggetto internazionale autorevole e garante dei principi nati dopo la catastrofe del 1945. Tutto ciò , appare ovvio, al termine del Primo conflitto mondiale non sarebbe stato neppure ipotizzabile, benché la Società delle Nazioni, nata zoppa e orfana degli Stati Uniti, avesse grandi ambizioni. La fine della Grande Guerra invece portò con sé, oltre ali' «inutile strage» cli vite umane e distruzione sociale, una rivoluzione pol itico-economica come quella russa e l' abbattimento di. ben 4 imperi, cli cui 3 multinazionali , che eia secoli si prodigavano nell'allungare ancora di più i loro artigli verso altre strategiche regioni. Di questi imperi l'unico che si stabilizzò - potremmo dire trovò pace - proprio con la fine della guerra mondiale è quello ottomano. Esso, nel vuoto cli potere che si era creato grazie alle capacità militari, politiche e diplomatiche del " dispotismo illuminato" cli Mustafa Kemal, riuscirà come l'Araba Fenice a rinascere in una Turchia, seppure non propriamente democratica, almeno repubblicana, moderna , laica e av9


viata verso un progressivo cammino di piena europeizzazione. Un paese che veniva considerato fino ad allora «l'uomo malato» d'Europa, legato alle fortune delle spinte espansionistiche della Triplice Alleanza, vulnerabile da tutti i fronti per l'i mportanza degli Stretti, del crocevia mediorientale, dei nazionalismi intestini, della ferrovia per Baghdad, e che seppe recuperare di un sol fiato nel giro di un triennio quella differenza che ancora lo legava al Medio Evo. Il movimento dei Giovani Turchi prima e la necessità di riforme concrete poi portarono alla ribalta insieme ali' astro nascente Kemal, i suoi piani di modernizzazione ciel Paese. Cavallo di battaglia di questo progetto da circa 90 anni è il laicismo, voluto eia Atati.irk, eroe e padre fondatore del nuovo Stato repubblicano. Le modifiche del 1928 e del 1937 alla Legge Costituzionale (Teskiliìti" Esasye) fissarono in proposito in modo chiaro le regole da seguire. Esse abrogarono la norma che dichiarava l'Islam come religione di Stato e imposero che la Turchia fosse «nazionale, democratica, statale, laica e rivoluzionaria». Di conseguenza anche la rappresentanza politica non poteva che derivare dal Partito Repubblicano del Popolo, i. c ui valori primi erano il nazionalismo, il populismo e il laicismo . Passato il periodo del partito unico, molte cose sono cambiate nel cammino verso l 'Occi.dente e verso la piena europeizzazione, ma da quel momento ogni movimento o partito, che professasse nel suo programma fi nalità di tipo religioso, qualunque esse fossero, non poteva che essere antisistema e quindi bandito come fuori legge. Questa norma è sempre stata tra le più rispettate , anche perché l'Esercito ne è il garante, derivando la sua autorità direttamente dalla dottrina militare dj Kemal. Caso indicativo fu nel! 'aprile del 2007 il primo annullamento a furor cli popolo - e a rischio golpe mil itare più minacciato che reale - cleUe votazioni per J'elezione a presidente della Repubblica di Abdullah Gi.il , giudicato troppo esu·emista, per i suoi incoraggiamenti alle comunità musulmane d' Europa. In si nton ia con questo atteggiamento, ecco perché nel marzo del 2008 è stata solJevata , dinnanzi alla Corte costituzionale la presunta "illegaliLà" della formazione del. premier Recep Tayyip Erdogan e ciel presidente Giil: l'Akp o Partito per la Giustizia e lo Sviluppo. Nel recente passato lo stesso Erclogan era stato accusato, condannato e imprigionato nel 1998 per incitamento all'odio religioso, prima di dare prova cli moderazione sempre all'interno di un movi mento di ispirazione islamica e fondare l'Akp . Esso, sorto a sua volta dallo scioglimento forzato del Partito della Virtù nel 200 1, non ha mai trascorso vita facile, tra le ripetute accuse di attività antilaiche e quindi eversive verso I'uni.tà della Repubblica. In questo senso furono le levate cli scudi deJl 'opposizione kemalìsta per far decadere i progetti legislativi filo -islam ici come la penalizzazione dell 'adulterio , la proibizione della vendita cli alcolici e l'abol izione ciel divieto di portare il velo all'università. Tuttavia la sentenza del 30 luglio 2008 (approvata con un solo voto di scarto) ne ha evitato la chiusura, riducendo la pena a un dimezzamento dei finanziamenti pubIO


blìci, preservando la continuità del governo e della già precaria stabilità istituzionale del Paese. All'atto pratico una condanna più formale , che materiale. Un gesto simbolico, che ha permesso al premier turco di proseguire il suo cammino politico "moderato", tra l'altro all'indomani di un drammatico duplice attentato nella città di Istanbul , nell'isolare il fondamentalismo religioso e avvicinare sempre di più Ankara verso l'integrazione con l'Unione europea. 1 Ecco perché entro confini certi e territori propri, a parte la delicata questione curda, per troppo tempo nascosta sotto al sangue come scomodo tabù, e quella cli Cipro, ancora drammaticamente inisolte, oggi si può rintracciare una Turchia «normale», vero ponte tra Oriente e Occidente, una garanzia di stabilità e collaborazione. Se non può essere considerato ancora un Paese pienamente democratico, secondo alcuni canoni che spesso neppure in Occidente vengono sempre rispettati, la candidatura per vedere i suoi rappresentantj seduti a Strasburgo e a Bruxelles hanno reso necessarie riforme sostanziali . Del resto la graduale integrazione europea è stata accellerata anche dalle massicce migrazioni verso la Mitteleuropa, soprattutto in territorio tedesco degli oltre 3 milioni di tiirkische Arbeiter, che rappresentano una base economica fondamentale, non solo per la Germania, ma per l' intero Continente. In questo contesto il viaggio e i relativi colloqui del papa Benedetto XVI con il Gran Muffì di Istanbul Mustafa Cagrici , il patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I e quello armeno Mesrob II del dicembre 2006, malgrado fossero viziati in parte da alcune infelici dichiarazioni pontificie ritenute offensive dal mondo musulmano, rappresentano ulteriori e importanti speranze di dialogo tra "civiltà", ricche proprio perché portatrici di diverse culture e tradizioni. Il Bosforo è stato da sempre un crocevia internazionale, dove si ignoravano i rigidi confini cli tipo etnico, culturale, sociale e religioso .2 La moschea di Santa Sofia è la testimonianza concreta di come l'arte sia più forte delle differenze confessionali. In essa i simboli. del Cristi~nesimo e dell'Islam continuano a esistere e coesistere. Anche l'Italia è protagonista nella costruzione cli questo dialogo. I cliversi_incontri al vertice e la mostra sulla Turchia, allestita nel palazzo del Quirinale nei primi mesi del 2007, hanno avuto come scopo il consolidamento di una partnership non solo economica, fondata su una comune cultura mediterranea. Episodi di questo tipo rappresentano contributi significativi, se ancora la mentalità occidentale con ottuse pretese cli superiorità spesso trova comodo etichettare come monolitica e intollerante la totalità dei Paesi cli fede islamica, come focolaio di fondamentalismo tout court. Il secolo si è aperto con il primo genocidio, proprio a opera dei turchi, contro le minoranze annene, ma come nel caso della Germania, anche la «Turchia anno zero» ha saputo sdoganare i pesanti retaggi ciel passato. Non va dimenticato che se in Italia e in Francia il suffragio femminile arrivò solo nel 1946 , in 1

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G. Cecini, Cose turche, in «Web Tribune» ciel 3 l/7i2008 (www.webcribune.it). P. Mansel, Cosu,ntinopoli , Monclaclori, Milano 2003, pp. 39 1,407.

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Grecia nel 1954, in Svizzera nel 1971, in Portogallo nel 1974 e negli Stati Uniti tutte le cittadine di colore poterono votare solo nel 1965, in Turchia il diritto di voto alle donne venne sancito nella Legge Costituzionale del 1924 e nel 1926 venne promulgata la legge che sanciva l'uguaglianza fra uomini e donne in fatto di divorzio, abolendo la poligamia.3 Ecco quindi ingiusto e offensivo per un popolo, legare ancora a esso nel nostro immaginario collettivo e nel linguaggio stereotipi popolari, religiosi e modi di dire non certo rispettosi, perché risalenti a periodi lontani sia per tempo che per cultura. Persino la Cesira/Loren nel film «La ciociara» prendeva per <<turchi» l'infame soldataglia marocch.iua, criminale e razziatrice. Lo studio che qui viene trattato vuole considerare il periodo che intercorse fra la capitolazione bellica dell'Impero ottomano e la nascita della nuova Turchia di Atati.irk, filtrato però dalle lenti dell 'JtaUa, Nazione a essa vicina, con profonde differenze, ma accomunata dalla medesima origine mediterranea. Lo scambio culturale reciproco era sempre avvenuto senza soluzione di continuità, anche se i due paesi si erano spesso visti come contendenti, dai tempi della Serenissima fino alJ'allora recente guerra cli Libia, che contribuì in maniera decisa alla veloce decadenza di un Impero millenario. Ottenuta quella sponda sabbiosa, ma a suo modo simbolica, uscita vincitrice dalla Grande Guerra, stremata dal conflitto ma ambiziosa di riscatto per la poca considerazione ricevuta fino ad allora, ecco che la Nazione ital.iana si spinse in una nuova avventura, che potremmo definire tardivamente "coloniale". Il Mediterraneo, ancora considerato centro geopolitico vitale, aveva perso un protagonista come quello turco e la giovane Italia sperava di avvantaggiarsene, per scrollarsi di. dosso la reputazione cli «Grande Proletaria» e di cadetta dei salotti. diplomatici. Mascherando, insieme alla maggior parte delle altre potenze cle11'epoca, come missione cli pacificazione e di "ordine pubblico", anche il governo di Roma inviò in territorio anatolico un contingente militare. Esso avrebbe dovuto garantire le vaghe promesse territoriali ed economiche, ottenute durante il conflitto, e allo stesso tempo creare una situazione di fatto in loco, che secondo le intenzioni avrebbe permesso in modo più facile una penetrazione redditizia e capillare. L'Italia giù in corttatto commerciale con i porti turchi, in particolare con Adalia, su cui aveva acquisito degli importanti diritti economici, e in possesso dal 1912 ciel Dodecaneso iniziò così nella primavera del 1919 la sua presenza militare in Anatolia, inconsapevole della consistenza reale dei movimenti nazionalistici e rivoluzionari, che nel frattempo erano nati e sviluppati in quella regione, e degli opposti interessi in gioco, che avrebbe trovato la sua delegazione al tavolo della pace. Ecco quindi la posizione delicata dell'Italia, la cui veste di vittoriosa conquistatrice sul ten-itorio di una Nazione sconfitta si affiancava alla successiva consapevoJ

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A. Biagini, Storia della Turchia comemporanea, J3ompiani, Milano 2005, pp. 61-62.


lezza di trovarsi in un contesto politico più grande di lei. In un periodo in cui l'intera Enropa non era ancora completamente pacificata e con lo spettro cli nuove guerre locali, la scelta obbligata per il Corpo di Spedizione italiano , se non poteva essere la piena collaborazione con i kemalisti in funzione anti-ellenica, almeno si indirizzò verso l'assistenza e il supporto della popolazione civile turca ne1la logica di ottenere almeno vantaggi economici. Proprio per questo motivo, senza voler togliere nulla alla correttezza e al senso del rispetto dimostrati dalle truppe italiane, appare una forzatura - a novant'anni di distanza - voler esprimere giudizi sempJ_icistici, che vorrebbero ritrovare nell'operato del Corpo di Spedizione una filantropica missione cli peace-keaping ante litteram, facendo paragoni con l'at:tualità .4 Nell'analisi dei fatti non va dunque dimenticato mai il fine espansionistico delle rivendicazioni dell'Intesa sui territori appartenenti ai paesi vinti. Solo le pesanti e ripetute sconfitte dei greci, la rapida ascesa di Mustafa Kemal e il veloce disimpegno delle grandi potenze eia quello scacchiere, portarono l'Italia al definitivo abbandono cli qualsiasi sogno coloniale in territorio turco, con il relativo ritiro del contingente foviato, che con i mesi era stato - del resto - con gradualità ridotto e rimpatriato.

Foto di gruppo rajjìguranle la visita dei generali Batlistoni e Gualtieri alla città di Buldur 4

Prejè1zione a cura di Massimo lntrovigne, in C. Totaro, A. B,ignaia, Missione Caprini. Il contributo dell'Arma dei Carabinieri per il riordino della Gendarmeria Onomana , Pintore, Torino 2005, pp. 11- 12. 13


!( generale Enrico Caviglia. 14


I protagonisti italiani, che giocarono un posto di rilievo in questa impresa, forono molti tra politici e militari. In ambito governativo all'inizio i ministri Vittorio Emanuele Orlando (presidente del Consiglio), Giorgio Sidney Sonnino (ministro degli Affari Esteri) ed Enrico Caviglia (min istro della Guerra), poi sostituiti rispettivamente da Francesco Saverio Nitti, Tommaso Tittoni, Alberico Albricci e poi Ivanoe Bonomi, nonchĂŠ Carlo Sforza che partendo dall' incarico di Alto commissario alleato a Costantinopoli venne via via promosso fino al ruolo di ministro degli Affari Esteri nell'ultimo governo Giolitti. ln ambito militare invece figure di primo piano furono i generali: Ugo Cavallero, capo della Sezione militare della delegazione italiana a Parigi, Armando Diaz, capo di Stato maggiore dell'Esercito, Pietro Badoglio, suo vice e poi suo sostituto , e i comandanti che si susseguirono al vertice del Corpo di Spedizione, interpretando a loro modo i valori , le potenzialitĂ e le oppo1tunitĂ della loro missione: i generali Giuseppe Battistoni, Luigi Bongiovanni, Vittorio Elia, Achille Porta e il colonnello Giorgio Fusoni .

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Cartina dell'Anaiolia occidentale, in cui viene riprodotta la suddivisione tra zona greca e italiana . I nomi delle localitĂ sono quelli perlopiĂš utiliz.zati dai reparti del Corpo di. Spedizione e quindi presenti in questo volume. 16


Tabella di raccordo nei nomi geografici In questa ricerca la scelta della grafica utilizzata per i nomi propri geografici e di persona in lingua turca è stata indirizzata dalla consuetudine presente nei documenti considerati. Le testimonianze, le cronache, le relazioni, i racconti sono tutti in re, per la maggior patte contemporanei agli avvenimenti stessi e prodotti dai vari comandi e presidi considerati. In massima paite (a eccezione delle citazioni virgolettate, che possono esprimere alcune differenze) quindi si è preferito usare un 'unica traduzione italiana traslitterata o più prossima alla semplificazione con la pronuncia italiana, per coerenza all'uso che i relatori militari e politici hanno impiegato durante il periodo in oggetto. Del resto anche all'epoca l' utilizzo di termini spesso difformi creò non poche difficoltà agli addetti alle decodifiche e dei vari comandi. Un modo per rendere subito identificabili le località fu la richiesta di inserirne oltre il nome (il più possibile riccorrente) anche la circoscrizione amministrativa di appartenenza, così da non generare confusione e possibilità di fraintendimento. 1

Di seguito quindi un elenco delle località più diffuse nei documenti o con maggior varianti tra la toponomastica in uso dagli italiani all'epoca, quella greca e quella odierna turca: Adalia = Attaleia = Antalya Afiun Karaissar =Afiun Karahissar = Afium Kara Haissar = Afyon Karahisar Aiasoluk = Ayassoulcuk = Ajassoluk = Selçuk Aidin = Aydin Ai vali= Ayv~ùy =Ayvalik Akshehr = Askhehir = Akchehir = Ahchehir Akikoi =Achirkoi = Achi Koi = Haki Koi = Yatagan Akhissar = Akhissr Alaya = Alaja = Alaia = Alanya Alejud =Alajundi Alessanclretta = lskenderun Angora = Ankara Arvalia =Arvaglia = Arvalya Azizié = Azizije Ba.likessir = Balikesir Beischehir = Bejschehir = Bey Sehir = Bey Shehir = Beysehir = Bei~ehir Bergaz = (a nord di Sokia) Boclrum = Budrum = Halicamassus = Alicamasso ' AUSSME. E-3, b. 8, f. 8/3 e, lelegrarnrna di Tiltoni B Coniando Su premo del l 0 i9/l 9 I 9. 17


Bugiak = Budjak = Budiak Burdur - Buldur Case= Ka§ Castelrosso = Castellorosso = Castellorizo = Kastellorizo = Meis Ad. Cine =Tchina = çine Conia= Konia = Konya = Qoniya Costantinopoli= Cospoli = Stanbul = Istanbul Deringe = Derije = Derye Dermengik = Dermengijk Efeso = Selçuk Egerclir = Egherdir = Egirdir Eraclea = Eregli = Heraclea Erivan = Erevan =Jerevan= Yerevan Eskichehir = Eskischehr = Eski~ehir Eskihissar = Eskihisar Finn.ica = Finnika = Finike Gir Ova = Giova = Gé.)kova Giroba = Gir-Oba (territorio di Cine) Ieronta = .Teronta = Diclim Hafiz Pasci~t = Hafiz Pascha Kocharli = Kotsharli = Kotscharly = Kocharty = Koçarli Kuluk = Glilluk Kurfali = Curfaly = Kurfaly Kutaia = Kutahia = Kutaya Lero = Leros Macri = Macry =Makri = Fethiye Magnesia= Man issa= Manisa Marmarizza = Marmaritza = Marmarice = Marmaris Meandro = Menclerez Menemen = Menemeni Mersina = Mersin = Içel Mugla = Mougla =Mula= Mugla Naibli = Naibly = Naybly Nazilli = Nazjj Pandenna = Panderna = Bandirma Pendik = Pendjik Pergamo = Bergama Ponte Aiclin = Ponte Aydin Samo= Samos Scalanova = Skalanova = Ku§adasi Scutari = Skutari 18


Smirne= Smyrna = Izmir Sobudia = Sobbudia = Sobuclja Sokia = Sokhia = Soke Spilia = Plakai = Karine TekkĂŠ = Teke Burnu Tscheltigkdjjkioi = Tescheltidg kioi Yenichift = Jeefrishift Vathy =Wathi = Wathia N .B. Il termine "Consulta" in questo volume viene associato al ministero italiano degli Affari Esteri, in cui trovava la propria sede fino al 1922.

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Capitolo Primo Gli Alleati e la Turchia LA SITUAZIONE INTERNAZIONALE AL MOMENTO DELL'ARMISTIZIO Dopo 4 anni e mezzo di cruenta guerra, combattuta in tre continenti, la conclusione del conflitto mondiale vedeva le potenze dell'Intesa divise circa i provvedimenti da prendere nei confronti delle nazioni sconfitte. In questo contesto , se la Germania rimaneva il primo e principale oggetto della riprovazione internazionale, la questione sulla ripmtizione dell'eredità ottomana rappresentò allo stesso modo un nodo importante e cruciale, perché decisivo per la creazione del nuovo assetto geopolitico del Mediterraneo Orien tale. Quando la Conferenza della pace si inaugurò a Parigi nel gennaio del 1919, non vi era tra gli Alleati alcun piano ben definito sulJa soluzione della questione orìentale; anzi nemmeno le potenze più interessate, tranne la Grecia, avevano un proprio preciso disegno circa la sorte dell' Impero ottomano, che rimaneva quindi all'insegna cli gravi incognite. Le tradizionali politiche dell 'equilibrio non erano più sufficienti a mantenere le spinte centr.ifughe innescate dalla Grande Guerra in quel settore ge-ostrategico.

I "Quattro grandi" a Parigi: (seduti da sinistra a destra) Orlando , Lloyd George, Clemenceau e Wilson. 21


Nella seconda metà dell'Ottocento, quello, che era stato un Impero temibile e invincibile, aveva iniziato a intravedere il suo declino. Le riforme moclernizzatrici endogene al governo o provocate dalla spinta del movimento dei Giovani Turchi, che lentamente avevano dato avvio al trasferimento di funzioni dalle istituzioni religiose a quelJe secolari, non solo non stavano impedendo la rovina, ma anzi ne accelleravano la crisi , rendendo esplosive le tensioni fino ad allora latenti. La riforma degli enti locali, delle Forze Annate e della scuola non riuscirono a far uscire il paese dai contrasti di natura religiosa e nazionalista, che ormai dilagavano senza sponda. Le potenze straniere, interessate ad acutizzare questo stato di malessere, grazie alle capitolazioni e premendo ai confini, ostacolavano i vari interventi (pseudo)ùmovativi attuati dal governo del Sultano e del gran vizir (primo ministro), contribuendo al lento e progressivo scollamento della Nazione dai palazzi di Costantinopoli. La crisi economica, la guerra e la sconfitta mjlitare diedero il colpo di grazia a ogni possibile tentativo di mantenere incolume almeno il territorio nazionale turco. Di fronte a questa situazione drammatica, i governi cli Londra e Parigi, da decenni antagonisti in campo coloniale, vedevano nell'Asia Minore un nuovo e appetibile terreno cli caccia sia per .il consolidamento dei diritti acquisiti, sia per l'ampliamento delle rispettive zone d'influenza, ma nella pratica mancava ancora un'idea chiara su ciò che era sul piatto della contesa. Caduto il Reich che tanto aveva ottenuto in economia e in potere in quelle regioni, sconfitta e al collasso finanziario la Sublime Porta, che ne reggeva i destini, la Gran Bretagna e la Francia, nel tentativo di farsene assegnare l'eredità e rafforzare le concessioni prebelliche, praticavano politiche opposte: l'una mirava al più radicale smembramento dell'Impero, che le permettesse , con il controllo dell'Arabia e della Mesopotamia, di salvaguardare le vie d'accesso verso i ricchi possedimenti dell' India, perla del suo impero; l'altra, per contrastare la rivale, desiderava contenere lo smembramento ottomano e, al contempo , consolidare la propria posizione in Siria. L'Italia, che ormai eia diversi anni aveva sviluppato in quell'area rapporti commerciali, che raggiunsero il loro apice nel periodo compreso tra la fine della guerra di Libia e l'inizio cli quella mondiale, anche a fronte dell'occupazione e de1l'amministrazione militare del Dodecaneso, voleva estendere questa base' di partenza gi~1 consolidata.' Prima della guerra alcuni gruppi industriali e finanziari avevano addirittura ottenuto l'incarico di studiare la realizzazione della diramazione ferroviaria Adalia-Burdur che potesse collegare la costa meridionale con il tronco principale per Baghdad. Si moltiplicavano nella zona anche iniziative italiane di tipo culturale, commerciale e spesso anche le visite di navi della Regia Marina. Se tutti questi episodi vennero congelati dallo scoppio della Grande Guerra, dopo il conflitto queste premesse portarono il governo di Roma a rafforzare le proprie aspirazioni, forti di quanto ' N. 0(lumanis, U1wJàccia, un(I razza. le colonie italiane del 'Egeo, li Mulino, Bologna 2003, pp. 57-60; M. G. Pasqualini. L'Esercito Italiano nel Dodecaneso 19/2-1943. Spernnze e reallà, USSME, Roma 2006, pp. 86-88 . 22


d:isposto e accettato nell'articolo 9 del patto di Londra, firmato il 24 aprile 1915 insieme a Gran Bretagna, Francia e Russia. «Questo risultato costi.tu iva un passo logico e coerente della politica estera italiana: facendo buon uso dell'equilibrio delle forze, la posizione di vantaggio in cui venne a trovarsi per la sua neutralità le permise di ottenere un prezzo alto anche se non irragionevole».2 Negli accordi emergeva-va detto subito in modo alquanto poco preciso, come ad aver timore di dichiarare i propri intenti - ·il generale interesse dell'Italia a ogni mutamento mediterraneo dell' Impero ottomano e l'impegno alleato sia nel caso in cui la spartizione della Turchia fosse decisa, sia nel caso del mantenimento della sua integrità fisica, a riconoscere a Roma, oltre al già posseduto Dodecaneso, una zona prossima ad Adalia da delimitare nel modo più opportuno. In quella circostanza le varie potenze in lotta non avevano ancora raggiunto nessuna decisione e nessun impegno definitivo sulle sorti della Turchia ed ecco perché le ipotesi erano varie per rispondere jn un modo o nell'altro alle ambizioni italiane .3

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Cartina del M~dio Oriente secondo gli accordi Sykes-Picot 2

R. Albrecht-Carrié, Sto.ria diplomatica d'Europa 1815-1968, Latcrza, Roma-Bari I 978, p. 380. M .Toscano.li patto di ùmdra. Storia diplomaticadell'ifllervento ilaliano (1914-1915). Zan ichclli, Bologna 1934, pp. 162-163, 187.

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Il 21 agosto 1915 il governo italiano dichiarò guerra a quello ottomano, senza tuttavia avere reale convinzione di tale ardito gesto.4 Nel frattempo, in pieno stile Belle Époque, l'opera delle cancellerie e degli ambasciatori era più attiva di quella delle meretrici e delle ballerine. Se già nel 1914 la Russia aveva ottenuto l'assenso a un suo stanziamento sugli Stretti ,5 per lei vitali, in tempo cli guerra gli accordi tra Francia e Gran Bretagna furono completati con gli accordi segreti del 16 maggio 1916 tra l'esperto conoscitore inglese di questioni orientali Mare Sykes e l'ex console francese a Beirut Georges Picot, i cui risultati vennero conclusi ali' insaputa dell 'ltalia, perché questa si stava r.ivelando inaffidabile e inadempiente verso i suoi obblighi di dichiarare guerra alla Germania.6 In questi patti, nelle intenzioni degli Alleati, prendeva corpo l'idea della spartizione dell'Impero ottomano, che secondo i precedenti accordi era soltanto mutilato: la Siria ai francesi, la Mesopotamia e la Palestina agli inglesi. L'evoluzione del conflitto stava mutando gli interessi e le contropartite da offrire ai vari contendenti. L'ingresso nelle ostilità della Romania, il fantasma di una Grecia ambiziosa al fianco dell'Intesa e le richieste di pace separata del'imperatore Carlo d'Asburgo imponevano una chiarificazione su ciò che ci si sarebbe spartiti al momento dell'eventuale vittoria. Questi avvenimenti ooo potevano che complicare lo scacchiere balcanico-mediterraneo e quindi il ministro degli Affari Esteri italiano Giorgio Sidney Sonnino cbjese la chiarificazione e la consistenza pratica dell'articolo 9 del patto di Londra, il cui contenuto fino ad allora era rimasto in attesa cli determinazione. La Consulta preparò due memoriali molto attenti~ minuziosi, che fece giungere ai governi dell'Intesa il 4 novembre 1916, in cui presentò in maniera anche troppo precisa le sue rivendicazioni territoriali ufficiali per l'Asia Minore: i vilayets7 di Aidin (comprensivo di Smirne), Conia e Adana (con lo strategico porto di Mersina), aggiunti alla zona di Adalia e all'isola di Castelrosso, occupata dai francesi. Il ministro reclamò anche di essere informato su eventuali trattattive in corso tra l 'lotesa e il governo cli Atene, volte al suo ingresso in guerra, a fronte di compensi territorialì in Anatolia.8 Una volta dichiarata guerra contro Berlino il 28 agosto, Roma si sentiva ormai a pieno legittimata a ottenere considerazione per le sue ambizioni in Turchia, come riconoscimento per il suo impegno bellico, ponendosi nella sostanza su un piano di parità con le altre potenze: «La nostra dichiarazione di guerra alla Germania deve togliere agli Alleati qualunque pretesto di riserva nel comunicarci gli accordi intervenuti e le loro intenzioni circa le questioni degli Stretti e del prossimo Oriente nelle

F. L. Grassi, L"Italia e la questione turca ( 1919-1923) . Opinio11e pubblica e politica estera , Silvio Zamornni editore, Torino 1996,p. 19. j M. Toscano, Gli accordi di Sa11 Giovan11i di Moria11a. Storia diplomatica dell'intervemo italiano li (19 /6-1917) , Giuffrè, Milano 1936, pp. 32-39. 6 M. Toscano, Gli accordi di San Giovanni di Moriana , op. c it., pp. 74-94. 1 Vilayet o villiyet: circoscrizione amministrativa retta da un govemut.ore dello valì. 8 M. Toscano, Gli accordi di San Giova11ni di Moriana, op. cit-., pp. 156-173. 4

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Cartina con le richieste di Sonnino del novembre 1916

quali l'Italia è grandemente interessata» .9 TI timore che in prevalenza veniva sollevato dal ministro itali.ano era la possibilità di perdere il diritto di prelazione su Smirne, che Pietrogrado e Parigi, quest'ultima timorosa della concorrenza italiana nel Medi terraneo orientale, potevano invece riconoscere ai greci, una volta che Venjzelos fosse ritornato al potere, legando i destini di Atene a quelli dell'Intesa_H> Letti i memoriali di Sonnino, il problema principale per il Quay d'Orsay e per il Foreign Office era che I.a trattattiva per an-ivare agli accordi Sykes-Picot era stata lunga e faticosa e quindi riaprire il contendere, per accontentare la Consulta, non poteva che apparire sgradito e pericoloso verso il tanto laborioso equilibrio raggiunto nel Mediterraneo orientale. Di tutt'altro tono era la politica del ministro russo Sergei Sazonoff che, più per poca lungimiranza, che per vero timore di perdere diritti acquisiti, argomentò le sue obiezioni alle richieste italiane. Nella conferenza cli Londra del 29 gennaio e del 12 febbraio 1917 gli ambasciatori russo Yladimir Nabokoff e francese Paul Cambon si distinsero nella ferma contrarietà di concedere all'Italia rispettivamente la regione di Smirne e quella di Adana, circoscrivendo alla sola Adalia e al relativo entroterra i diritti riconosciuti . Il ministro britannico Arthur .Tames Balfour invece tentò di conciliare le posizioni, consapevole che ormai Roma almeno qualcosa di più concreto dovesse ottenere. Propose all'Italia un'ampia zona interna, in gran parte dese,ti.ca e senza importanti sbocchi sul mare. Una via di mezzo, che non accontentava nessuno. Sonninò era della convinzione che doveva ottenere una soluzione soddisfacente, non una soluzione immediata. Le proposte di Balfour non potevano essere ritenute che semplice elemosina, perché si scostavano in modo tale da escludere i capi salti del memoriale italiano: Smirne e Adana. 9 L. Riccardi, Alleati 110n amici. I.e relazio11i politiche tra l'Italia e /'J111esa durame la prima guerra 111011diale, Morcelliniana, Brescia I 992, p. 337. '° L. Riccardi , op. cit., pp. 339-34 l.

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Tuttavia le pressioni di Sonnino e degli ambasciatori Guglielmo Imperiali (Londra), Giuseppe Salvago Raggi (Parigi) e Andrea Carlotti (Pietrogrado) furono così reiterate e tanto pungenti da portare l'Intesa a prendere in seria considerazione i desiderata di Roma. In questa partita giocarono anche due timori , che tanto preoccupavano inglesi e francesi e che li portavano a maggiori aperture verso gli italiani: la possibilità che la rivoluzione bolscevica impedisse alla Russia di reggere il fronte orientale, collocando l'Italia in una posizione politico-diplomatica molto più rilevante nel contesto della gue1Ta, e il rischio a Roma cli un pericoloso terremoto politico interno. Esso avrebbe di certo condizionato la politica estera dell'Italia e i suoi impegni internazionali, qualora una mancata soddisfazione diplomatica avesse messo in cattiva luce la politica di Sonnino in Patria e spinto i già agguerriti socialisti, alleati in questo con Giovanni Giolitti e Tommaso Tittoni, a chiederne le dimissioni. In effetti l'opinione pubblica italiana, variegata ma decisa a far sentire il peso dello sforzo bellico, sentiva il problema come attuale. Dopo .mesi di una pressante campagna di rivendicazioni (comprendenti anche Angora,Alessandretta e Aleppo) eia parte del senatore Leopoldo Franchetti sulle colonne del Corriere della Sera e del funzionario alle Colonie Giovanni Alessandro Rosso sull'Idea Nazionale , nell'aprile del 1917 fu completata la redazione di un memoriale molto temerario nelle rivendicazioni, fru tto dell'opera della conente di Franchetti, che venne consegnato a Sonnino e al presidente Paolo Boselli. Il documento, sottoscri tto da oltre tremila personalità del mondo politico, scientifico , artistico e letterario, conteneva richieste molto vaste e ardite, se si pensa al delicato contesto diplomatico: «Attribuzione all'Italia dell' Asia Minore continentale e marittima con tutte le sue coste e tutti i suoi po1ti sul Mare Egeo e sul Mediterraneo, Alessandretta compresa, e con le isole che per la loro vicinanza alla costa fanno parte integrante del continente» .11 Di fronte a questo clima incandescente al di quà delle Alpi e al progressivo disimpegno russo, a causa della Rivoluzione, Parigi iniziò a trovarsi più vicina a Londra, nel tentativo di trovare un compromesso con Sonnino. L'avvenimento che però convinse il nuovo governo di Alexandre Ribot ad accellerare in questa direzione fu il timore di una pace separata con l'Austria-Ungheria, dopo le offerte ciel principe Sisto di Borbone. Ecco quindi che il Quay d'Orsay, rispetto alle posizioni intransigenti fino ad allora dimostrate, si rivelò più conciliante e si avvicinò a Balfour e a Lloyd George nel poter concedere Smirne agli italiani, a fronte della rinuncia di Roma alle rivendicazioni su Aclana e su Mersina, già assegnate in segreto ai francesi e che avrebbero creato non pochi problemi al predominio di Parigi su tutto l'arco ciel golfo di Alessandretta. 12 Ecco quindi che si arrivò all'insolito convegno anglo-franco-italiano di San Giovanni di Moriana (Saint Jean de Maurienne, località della Savoia), svoltosi nel vagone ferroviario sul quale erano giunti da Parigi i delegati francesi e inglesi e che era stato 11

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M. Toscano, Gli accordi di San Giovanni di Moriana, op. cit., pp. 28-29, 135-144, 267-269. lvi. Toscano, Gli accordi di San. Giovanni lii Moriana , op. cit., pp. 249-265 .


spinto di fianco alla stazione. In quella circostanza l'Italia, in cambio del suo assenso per la parte degli accordi Sykes-Picot di cui era stata informata, otteneva l'accettazione di alcune importanti richieste contenute nei memoriali del novembre 1916. L'incontro avvenne in tre sedute nella giornata del 19 aprile 1917, dove i rapporti tra gli Alleati furono freddi come la neve della località alpina e basati sulla massima diffidenza e incomprensione tra i delegati. 13 I relativi verbali , non sottoscritti dalle parti perché in attesa dell 'adesione russa (e.x:primer son opinion), 14 riconoscevano all'Italia da parte francese e inglese il sangiaccato 15 di Adalia, la zona di Conia e il vilayet diAidin con Smirne, con l' impegno però a rendere quest'ultima un porto libero anche per il commercio inglese e francese , in cambio dell'estensione agli italiani dei diritti goduti da Gran Bretagna e Francia nei porti di Alessandretta, Haifa e San Giovanni d'Acri . Mersina diveniva un porto franco e di transito, come la ferrovia di Adana, per i commerci dell'Italia, dei suoi protettorati e delle sue colonie.16 Tuttavia manca va ancora un a vallo formale a quanto discusso in Savoia e a sanare questo sospeso non contribuì il dilatarsi delle posizioni russe, sempre più assenti. In agosto però il governo italiano, con toni polemici volle chiarire i compensi fino ad allora accettati . In un lungo e tortuoso lavoro diplomatico Sonnino fece arrivare a Londra e a Parigi un nuovo memoriale il 18 agosto 1917 dove erano incluse tutte le condizioni espresse in aprile: 17 oltre Adalia e Aidin si includeva anche Conia, ins.ieme aI libero passaggio per i suoi sbocchi naturali (ovvero i porti di Aclana e di Mersina), la regione limitrofa a Smirne, il transito e l'uso del porto franco di Costantinopoli come avevano ottenuto i francesi, gli inglesi e i russi, la partecipazione ai negoziati con gli arabi e l'ottenimento di compensi in quelle zone ciel futuro Stato arabo , non compresi negli accordi Sykes-Picot. Era chiaro che tutto ciò risultava oltre misura ed eccessivo da accettare per Londra e Parigi, perché gli italiani a questo punto pretendevano il quasi dominio ciel golfo di Alessanclretta e una posizione più che sproporzionata nel Medio Orjente, danneggiando sia le mire inglesi e francesi, ma anche le loro merci di scambio, come Smirne, che l'Intesa voleva usare per convincereJa Grecia a entrare in guerra al proprio fianco .' 8 Tuttavia queste richieste, elevate in un periodo in cui la Russia stava implodendo e l'apporto italiano risultava essere visto come indispensabile, influenzarono i governi alleati, che si trovarono a migliorare la condizione dei compensi siglati a Londra. Ecco quindi che puntando a obiettivi sproporzionati, ma in parte legittimi in rapporto alle altre spartizioni, le aspirazioni italiane furono almeno confermate e accresciute in maniera modesta, ma significativa . 13 14

L. Riccardi, op. cit., pp. 336-337. M. Toscano, Gli accordi di San Giovanni di ,Woriana, op. c il., p. 279.

i ; Suddivisione 16

amministrativa dell' Impero onomano intermedia fra i vilaye1 e i cazà. M . Toscano, Il pauo di Lo111lra, op. cit., p. 194, art. 2. 7 ' Ministero degli Affari Esteri , / docume,ui diplomatici i/Clliani, V serie: 19 .14- l918. volume VIII, Roma 1980, documento 897, pp. 617-618. 8 ' L. Riccardi , op. cit., p . 351. 27


l co,?fini dell'Asia Minore stabiliti.fino all'accordo di San Giovanni di Mariana compreso

Da pa1te sua la Grecia, entrata nel conflitto il 27 giugno 1917, era l'unica che a guerra finita aveva le idee chiare e la volontà tale da imporre subito all'attenzione generale le proprie pretese. Il suo primo ministro, Eleutherios Venizelos, si era dimostrato simpatizzante fin dallo scoppio della guerra con l'Intesa, anche per il trattato serbogreco in vigore e per il desiderio nazionalista che animava "il Leone di Creta". Infatti proprio lui, che aveva po1tato la sua isola all'indipendenza dalla Turchia nel 1905, era il capofila della "grande idea", l'ambizioso progetto di riunire, a spese dei turchi, in una Nazione ellenica tutte le comunità neogreche dell'Egeo e dei dintorni. Egli era convinto che solo appoggiando gli Alleati sul fronte orientale, che giudicava avere ottime probabilità di vittoria, avrebbe potuto realizzare il sogno deJia Grande Ellade. Nel 1915 giudicando l'aiuto alla Serbia sia indispensabile sia fattibile , prese contatto con gli inglesi e con i francesi per un loro invio di 150 .000 soldati a Salonicco, con relativo abbandono della stretta neutralità, che stri ngeva gli ellenici negli incagli della politica della giovane monarchia di Atene . Venizelos però aveva sopravvalutato la forza deL!a sua posizione in Patria. Il re Costantino, oltre a essere il cognato del Kaiser, credeva che gli interessi del suo paese sarebbero stati preservati meglio, rimanendo alla finestra, mentre gli altri si confrontavano nel conflitto. La posizione del sovrano prevalse e il primo ministro , una volta licenziato dal suo incarico il 5 ottobre 1915, ritornerà alla politica con un colpo di Stato solo nell'ottobre del 1916, in un governo a Salonicco riconosciuto dagli inglesi 28


Lii

"Grande El/ade" di Venizelos

come legittimo , riprendendo il potere con l'appoggio popolare, dopo l'abdicazione di Costantino nel giugno 1917 . 19 Ecco quindi che già il 30 dicembre 1918 in un breve , sobrio, ma preciso memoriale, «La Grèce devant le Congrès de la Paix», Venizelos pretendeva a fronte ciel suo intervento, giudicato determinante per lo scacchiere macedone, compensi in Anatolia giustificati dalla necessità di tutelare le minoranze elleniche della regione. Le rivendicazioni clel1a grande Grecia «dei due continenti e dei cinque mari» erano: tutta la Tracia con Costantinopoli, non esc)udendo però, in via subordinata, che la zona degli stretti con la capitale potesse formare uno stato internazionale, sotto la protezione della Società delle Nazioni; tutta l' Anatolia occidentale con Smirne; tutte le isole dell'Egeo, compresi Rodi e il Dodecaneso.20 Rispetto alle precedenti posizioni basate sulla concretezza e sull 'empirismo, opposta si mostrava quella degl i Stati Uniti cl' America, che non nutrivano apparenti ambizioni espansionistiche, non domandando «nulla per noi» , auspicando una soluzione in linea con i principi enunciati fino ad allora dall'idealista ed egoçentrico presidente Woodrow Wilson e certificati dai suoi famosi Quattordici punti dell'8 gennaio 19 R. Albrccht-Carrié. (l p . cii.., p. 381 ; J. Keegan. La prima guerra mondiale. Una s/oria polilico-militare, Carocci, Roma 200.l , p. 288. 2<l A. G iannini. La questione oriellfale alla COJ!f"erenza della Pace, Istituto per l'Oriente, Roma 1921, p. 2 .

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1918. Le posizioni ciel presidente americano, in coerenza con il classico atteggiamento isolazionista sui generis clell 'emergente potenza d'oltreoceano, chiarivano che i motivi dell'entrata in guerra del suo paese erano scaturiti come risposta alleviolenze subite, alle negazioni del di.ritto, con l'unico proposito di ristabilire la libertà delle istituzioni e assicurare la giustizia. In questa ottica, a tratti ingenua e a tratti opportunistica, definita da Clemenceau noble candeur, cli chi ignorava o voleva ignorare la Realpolitik del Vecchio Continente, il XII punto di Wilson si poneva in contrasto con la consolidata logica diplomatica di mercato di scambio e con qualsiasi pretesa coloniale o di espansione in territorio anatolico: «Alle parti turche del presente Impero ottomano saranno assicurate pienamente la sovranità e la sicurezza, ma le altre nazionalità che vivono attmùmente sotto il regime cli questo Impero devono, d'altra parte, godere una sicurezza certa di esistenza e potersi sviluppare senza ostacoli; l'autonomia dev'essere loro data. I Dardanelli saranno aperti in permanenza e costituiranno un passaggio libero per le navi e per il commercio di tutte le nazioni, sotto garanzie internazionali» . Se i propositi cli partenza erano alti e nobili, i tre principi fondamentali, qui espressi, apparivano vaghi e molto elastici. In attesa di una definizione precisa, erano dunque interpretabili secondo i singoli interessi delle vari.e Nazioni e possibili cli soluzioni diverse. Allo stato dell'arte esso non era altro che un programma generale per la pace, un impegno morale ambizioso, per altro assunto in modo unilaterale da un governo, quello di Washington, che nella pratica non aveva mai dichiarato guerra all'Impero ottomano e che quindi lo metteva in una posizione delicata, ora che pretendeva cli deciderne il destino. Gli "Associati" Stati Uniti non potevano obbligare sul piano giuridico gli Alleati a doverlo accettare, non avendo forza cli trattato internazionale, s,ùvo nella misura in cui la morale li avrebbe indotti a seguirne il monito.21 In più la decisione di spendersi in prima persona alla pari con gli altri "capi di Governo" , metteva l'inesperto ma altisonante "capo di Stato" Wilson in una condizione meno idealista e più politica, che alla lunga gli si torcerà contro. La scelta di inviare una delegazione di plenipotenziari al suo posto e rimanere convitato di pietra , gli avrebbe garantito invece cli mantenere la sua estraneità ai giochi politici di. Clemenceau, Lloycl George e Sonnino, e dato più continuità e autorevolezza ai suoi propositi da Washington.22 È da aggiungersi come, se l' armistizio con i tedeschi aveva come cardine i punti wilsoniani, senza possibilità alcuna di equivoci o virate in itinere, quello con i turchi appariva più come una resa a discrezione, un nudo elenco di obblighi, che Costantinopoli avrebbe dovuto seguire durante l'armistizio.23 21

R. Albrcchè-Carrié, op. cit., p. 396. C . Sforza, L'lla/ia dal 1914 al 1944 quale io la vidi, A. Mondadori, Roma 1944, pp. 53-54. 21 ' A. Giannini, La questione orientale alla Co11/erenza della Pace, op. cit.. p . l . 22

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Il re Vittorio Emanuele ili in compagnia del presidente Wilson

Per un anno intero il problema, come in seguito s.i vedrà, fu trascinato avanti insoluto , attraverso vicende assai varie, avviandosi soltanto nel convegno di Londra ciel febbraio 1920 a quelle conclusioni fondamentali, che elaborate nei dettagli da sei commissioni, sotto la guida dell'organo esecutivo della conferenza, il Consiglio dei ministri degli Affari Esteri (o consiglio dei Cinque), si concretizzarono a Sanremo nel progetto di trattato, che fu poi firmato a Sèvres il 10 agosto 192(L Ecco quindi che ancor prima della fine ufficiale delle ostilità, ciascuno aveva i suoi progetti, i suoi interessi e le sue soluzioni . Ora, che si doveva pensare a ottenere il successo con la "pace", gli sforzi per raggiungere la vittoria della guerra sembravano cosa di poco conto . Si erano combattuti fino ad allora nemici comuni, ma ciascuno con obiettivi distinti e, almeno in patte, in contraddizione tra loro. Per cli più i governanti, rappresentanti di nazioni democratiche, i cui popol i tanto avevano patito per gli OITori del conflitto, nelle loro azioni diplomatiche non potevano dimenticare il consenso delle Camere sul loro operato,24 le sca., Sui rapporti Lrn Orlando , Sonnino e il Pmlamento negli aspetti di politica esteni si veda F Bruno, li Parlamento italicmo e i 1raua1i intemazionali. Stmwo albertino e Coslituzione repubblicm1a, Giuffré, Mi lano .I 997, pp. 31 -70, I69-174. 31


denze elettorali, la pressione deU' opinione pubblica nazionale, gli influssi e le pretese delle vari.e lobby, che non poco condizionavano l'operato dei delegati. In tempo di guerra, concedendo con generosità territori e compensi appartenenti ai nemici o sperando che l'evoluzione degli eventi potesse creare ulteriori opportunità, i popoli erano stati incoraggiati eia molte e aJlettanti promesse. In questo senso vanno considerate per esempio le aperture ciel colonnello Lawrence "cl' Arabia" a Faisal dell ' Hegiaz e quelle inserite nella dichiarazione sulla Palestina del segretario di Stato britannico Balfour del 1917 agli ebrei. A guerra finita invece la Francia e la Gran Bretagna, regine della diplomazia, si trovarono con il crollo degli Imperi centrali troppo anticipato rispetto al previsto, sommerse da pericolosi impegni che , se non apparivano del tutto contradittori in senso strettamente legale , erano incoerenti e poco realizzabili.25 In sostanza molti governi e relativi popoli avevano la convinzione di aver diritto a tanto, seppur sulla base di vaghi accordi e ora pretendevano il pagamento de11e cambiali politiche elargite con prodigalità in tempo di guerra. L'Italia non era diversa dalle altre nazioni , anzi questa situazione così variegata e ricca di interessi opposti fece nascere il sospetto, che eventuali operazioni militari alleate potessero provocare seri ostacol i alle aspirazioni italìane di potenza. Ciò spinse il capo della Consulta Sonnino, già prima dell 'armistizio di Mudros, a richiedere il rafforzamento della presenza militare italiana nel Mediterraneo Orientale: «È necessario abbia luogo nell'Egeo una dislocazione di nostre unità navali [ ... in grado di] assicurare in tempo utile e adeguato a quelle qualsiasi operazioni navali e di sbarco di cui si presentasse improvvisamente occasione sulle coste turche» . A tal proposito il ministro della Marina Alberto De Bono ordinò che fosse inviato a Mitilene l'incrociatore Piemonte, seguito a breve distanza dalle corazzate Roma e Vittorio Emanuele e da un altro incrociatore, il Ubia.26

IL PERIODO ARMISTIZIALE Ai primi di ottobre del 1918 , rassegnate le dimissioni , gli uomini che avevano portato l'Impero ottomano in guerra abbandonarono il paese a bordo di una nave da guerra tedesca. li nuovo governo provvisorio di Ahmed izzct pascià comunicò al comando britannico cli essere pronto a chiedere la resa. Nell'intento di emarginare i francesi, seguendo la logica dei sospetti reciproci, il governo di Londra avviò da solo i colloqui con i turchi sull'isola di Mudros (Lemmo).1130 ottobre l 918 a bordo della nave ammiraglia Agamennon il ministro turco della Marina HUseyin Rau f firmò con il viceammiraglio inglese Somerset A1thur Gough-Calthorpe la cessazione delle osti25

R. Albrecht-Carrié, op. cit., p. 378.

•6

L. Flussi, /,,(1 diplomazia delle cannoniere: gli sbarchi italiani in A11111olia nel 19/9, pp. 39-41 , in «,\nali~i Storica:

rivista di studi e ricerche». n. I , 1983. M. Mac Millan, Parigi ./9 19. Sci mesi che cambiarono il mondo, Mondadori, Milano 2006, p. 469.

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lità più nota con il nome di " armistizio di Mudros" . Tra tutti gli articoli il più interessante, per la nostra analisi , risulta essere il 7: «Gli Alleati hanno diritto di occupare qualsiasi punto strategico qualora si verifichi una situazione che minacci la loro sicurezza» ,27 insomma una cmta bianca che Londra e Parigi potevano interpretare e spendere a loro piacimento. Intanto a Costantinopoli , occupata il 13 novembre 19 18, si venne a fonnare una presenza internazionale da parte dei reparti delle potenze alleate (in totale 3.626 uomini) e 55 loro navi attraccarono nel porto, dominando il Bosforo come neanche la marina ottomana aveva fatto mai. La città , contemporaneamente a Vienna e Berlino, venne suddivisa in zone tra gli eserci ti vincitori, ognuna delle quali aveva la sua rappresentanza nelle persone degli Alti commissari, che ricoprirono per un triennio un'autorità persino più alta del Sultano. Gli stessi tui:chi si sentivano stranieri in Patria, proprio perché le reiterate proteste contro gli abusi interpretati vi dell'armistizio rimanevano inascoltate. Il gran vizir,Ahmecl Tevfikpascià,28 «vegetava» alla Sublime Porta, mentre il Sultano a Dolma Bagcé. Nessuno si curava di loro e per ogni reclamo o richiesta di protezione, s ia gli ottomani che gli stranieri facevano affidamento solo sugli Alti commìssari.29 11 comandante supremo delle forze britanniche nel Mediterraneo era Calthorpe, che rivestiva anche il ruolo di Alto commissario inglese.30 II contrammiraglio Mark Lambe1t Bristol era l' Alto commissario statunitense , mentre il contrammiraglio della squadra nel Levante Jean François Charles Amet era guello francese. 31 L'Italia dando molta importanza alla figura dell'Alto commissario, giudicandola non inferiore a guella cli rappresentante diplomatico, scelse per questo incarico sempre figure di spicco e autorevoli funzionari del ministero degli Affari Esteri ,32 a partire eia Carlo Sforza, success ivo capo della Consulta. Partendo dalla sua non del tutto definita posizione, l'esponente italiano ebbe subito un atteggiamento molto " politico" del proprio incarico, delineando già la sua futura posizione, interessata a secondare i diritti e le aspirazioni dei turchi , piuttosto che a inasprire le variegate richieste italiane di tipo coloniale o economico.33 Il 23 novembre arrivò in città il generale d ' armata Louis Félix Made François Franchet d'Esperey, già comandante in capo delle forze alleate in Macedonia, e il 27 fu il turno del generale George Francis Milne, comandante in capo delle truppe inglesi. A metà dicembre, secondo gli accordi Sykes-Picot, le truppe francesi si spinsero in Cilicia, occupando le città cli Mersina e Adana , sulla costa meridionale cieli' Anatolia. 2~

Pascià: ·'Signore'' , tiwlo onorifico attribuito ai fun;cionari (civili o militari) che erano stati destinati dal Sultano a ricoprire la suprema carica govematorale di una provincia Ottomana o dello Stmo (cotne nel caSll del gran 1,izir), responsabi li del loro operato soltanto di fronte alla Sublime P<.>rta. 2-, C. Sforza, op. ci1., p. 56. 30 P. M~nse l, op. cit., pp. 359. 363. 31 C. Sforza, op. ci1., p. 56. n F. Caccamo, L'lralia e la «Nuova t:.:umpa». Il conjiwuo sull'Europa oriemale al/r1 conferenza di pace di Parigi ( /9/9-1920), Luni Editrice, Milano-Trento 2000. p . 33. 33 F. L. Grassi, L'Italia e la questione 1urca. op. c it., p. 32 .

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Questo ultimo intervento convinse Sonnino circa la necessità di agi.re e prospettò agli Alleati l'oppo1tunità di un'operazione analoga da parte italiana nei territori individuati dall'articolo 9 del patto di Londra. Se il governo francese si espresse con un benevolo disinteresse, la risposta di Londra fu un secco rifiuto. La politica diplomatica inglese, in pieno sviluppo nel Mar Rosso e in Palestina, trovava ingombranti questi desiderata italiani, om1ai superati dai nuovi piani britannici spartitori del Medio Oriente. Per questo le ambizioni di Roma dovevano essere placate, se non addirittura soffocate. Il ministro degli Affari Esteri britannico Balfour, colto di sorpresa e da in1barazzo, spiegò all'ambasciatore a Londra Imperi.ali, che l'operazione militare francese era in sintonia e in linea con i propositi di occupazione interalleata della Cilicia e della valle del Tauro e che non si ravvisava la necessità di estendere il medesimo tipo di occupazione al vilayet di Adalia. Anche l'ambasciatore a Roma, James Renne! Rodd si espresse nello stesso tono risoluto, direttamente a Sonnino, non convincendolo del tutto. In Italia, dopo l'altolà cli Londra, vennero sì arrestati i preparativi militari, con prontezza intrapresi subito dopo gli sbarchi francesi in Cilicia, ma nelle intenzioni di Sonnino la sospensione doveva avere esclusivo carattere momentaneo, in attesa cli nuovi sviluppi. Egli precisò al capo di Stato maggiore della Marina, ammiraglio Paolo Thaon di Revel , che il ritiro delle disposizioni in precedenza impartite non era definitivo. Esse dovevano quindi rimanere valide, in vista di più favorevoli decisioni tra gli Alleati. Nel frattempo da Costantinopoli Sforza propose di organizzare nelle zone attribuite all'Italia dagli accordi del 1915 e del 1917, «mediante invio di agenti non ufficiali ed alla occorrenza sconfessabili», un' azione tesa a ottenere al momento opportuno «autonome richieste» di assistenza da parte delle autorità locali,34 proprio per rendere favorevole anche agli italiani l'opportunistico articolo 7 dell' armistizio dì M udros. Solo una presenza militare .italiana, con una certa indipendenza dal comando alleato, poteva garantire gli interessi nazionali, senza però oltrepassare quei limiti di opportunità - e cli possibile collaborazione - politica nei confronti della "giovane" Turchia, che l'Alto commissario intravedeva come essenziali. Va interpretato in questa logica l'incontro segreto , che il 17 dicembre Sforza ebbe con due importanti esponenti alternativi alla politica ufficiale ottomana, uno dei quali predestinato ad avere un notevole seguito: «l'eroe dei Dardanelli» Mustafa Kemal. In questa circostanza il diplomatico italiano imbeccò il generale ribelle a ergersi difensore della dignità del proprio paese, garantendo - se necessario - un sicuro aiuto morale e sostanziale di Roma.L'episodio in se stesso non ebbe un primario valore storico, anche perché sembra essere stato frulto cli una personale iniziativa dell'Alto commissario, tuttavia rappresenta un segnale significativo. In ten11inì pratici fu il preludio cli quella variabile vicinanza, a tratti velleitaria e ingannevole, tra (pseudo)equità italiana e desiderio turco di non essere sopraffatti, che vedrà negli anni a venire proprio Sforza e Kemal protagonisti.35 3'

L. Flu~si, op. c it., pp. 41-42 . F. L. Grass i, L'Italia e la q11es1io11e w ra 1, op. cit., p[l. 33-34; ide m, A1a1iirk. lljòndatore della Turchia moderna, Salerno editrice, Roma 2008, pp. 147-149.

.i;

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Il ministero della Guerra a Costantinopoli

Nel frattempo agli inizi del 1919 la presenza interalleata a Costantinopoli era divenuta massiccìa, sotto la supervisione del generale inglese Henry Maitland Wilson, comandante delle Forze alleate nella Turchia europea. Sempre ìn base all'artkolo 7 di Mudros, i compiti del contingente erano - di massima - legati alla gestione dell'ordine pubblico, alla cooperazione e supporto della gendarmeria locale e all'intervento in caso di necessità. Per questo il 17 gennaio del l 919 venne formato un Comitato interalleato dì controllo, che potesse garantire l'ordine e la sicurezza nella città, affiancando la Gendarmeria imperiale ottomana che, mantenendo i regolari compiti di polizia, veniva indirizzata e riorganizzata secondo i canoni europei dagli ufficiali e dai m ìlitari alleati. La delegazione it,ùiana al tavolo della pace, tra i litigiosi e opposti Orlando e S0n1ùno, «senza un mandato preciso e decisa a muoversi sulla base di un empirismo che salvaguardasse tanto le clausole del Patto di Londra quanto i criteri indìcati da Woodrow Wilson»,36 non volle rimanere fuori da questa iniziativa, dai preziosi risvolti diplomatici. Se il presidente del Consiglio era in forte disagio di fronte a questioni, che non rientrassero direttamente negli interessi italiaru, il ministro degli Affari Esteri con alterni risultati, invece, diede prova cli saper districarsi meglio nel ginepraio diplomatico parigino. 36

Prefazione di F. Perfetti a F. Caccamo, op. cit., p. 7.

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Vittorio Emanuele Orlando ( a sinistra) e Giorgio Sidney Sonnino (a destra)

li capo della Consulta, consapevole che gli Stati Uniti, con i quali Roma (varibadito) non aveva nessun accordo scritto, si sarebbero opposti a una divisione imperialista della Turchia, iniziò a dosare richieste e rinunce, per giocare il ruolo cli antimperialista agli occhi cli Washington contro gli accordi spartitori degli anglofrancesi. Sonnino in questa sua azi.one venne consigliato dall'Alto commissario Sforza, che consigliò attenzione verso le richieste degli sconfitti turchi, e dal segretario generale degli Affari Esteri Giacomo De Martino , che invece prefigurava un "protettorato" italiano su ampie zone anatoliche. Nell ' impossibilità di mantenere un'amministrazione ottomana, incapace e allo sbando, l'al ternativa poteva essere per l'Italia una forma di controllo simile a quella americana su Cuba e sulle Filippine.37 3·,

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F. L. Grassi,L'ltalia e la questione fllrca, op, cii., p. 27.


Cartoline commem.orative di alcune uni.là dislocate a Costantinopoli

La situazione appariva molto fluida e ancora in via di definizione. Solo un attento bilanciamento avrebbe potuto districare la matassa diplomatica, che vedeva sempre di più gli ALieati. distanti dalle posizioni italiane. Dopo reiterate richieste in proposito, soprattutto premendo sul governo di Parigi, tuttavia Sonnino riuscì a far coinvolgere anche un battaglione italiano neU 'occupazione della capitale ottomana.38 Di conseguenza in febbraio il governo di Roma, in base alle autorizzazioni provenienti dalla Conferenza della pace, inviò a Costantinopoli anch'esso i primi reparti , per svolgere servizio di polizia internazionale. Il giorno 5 da Salonicco partì con la nave Orione il III battaglione del 62° reggimento fanteria della brigata Sicilia, con un effettivo di 740 soldati e 19 ufficiali alle dipendenze del Corpo di Spedizione italiano in Oriente, al comando del maggior generale Ernesto Mombelli della 35" divisione di stanza a Sofia, che giunse sul Bosforo il 7 febbraio . li giorno successivo fu la volta del colonnello Balduino Caprini e del suo reparto di carabinieri, che sbarcò dalla nave Iì-inacria. Ai militari cieli' Arma , da quel momento in contatto diretto con Sforza, nel progetto di vigilanza e controllo della sicurezza di Costantinopoli insieme a inglesi e francesi, fu affidato il settore di Scutari. Queste unità per l'impiego operativo passarono alle dipendenze del generale Wilson, che inoltrava le direttive tramite l'ufficio militare italiano di collegamento, mentre ri'

8

V Galli nari, L'esercito italiano nel primo dopoguerra /918-1920, USSME, Ronrn I980, p. 99 .

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manevano per le questioni disciplinari alle dipendenze del comando del Corpo di Spedizione in Oriente, dislocato a Rodi. Questo tipo di gerarchia però portò anche a casi di invidie reciproche e conflitti tra generali dei rispettivi paesi. La situazione più critica appar.iva quella tra il francese Franchet d'Esperey e l'inglese Wilson. Il primo, che ricopriva il ruolo di comandante dell'Esercito alleato d' Oriente (Armée Alliée d'Orient) e che aveva condotto con successo alla capitolazione delle truppe tedescobulgare, non accettava ora la subalternità del britannico. Per questo capitò spesso che volle impartire ordini alle truppe francesi e italiane, senza informare preventivamente il comando inglese. All'interno cli questa disputa, le truppe italiane riuscirono a trovare la loro coliocazione, riconoscendo la propria dipendenza unicamente da Wilson e dal suo sottoposto generale Milne, senza altra pretesa diretta dai francesi . 11 compito delle forze italiane era di assicurare la pace e di mantenere l'ordine nel settore loro assegnato, cooperando soprattutto con le autorità turche , esercitando poteri cli vigilanza e cli controllo, senza alcuna diminuzione della sovranità ottomana, al1a quale competevano ancora le funzioni giurisdizionali e amministrative. Obiettivo apparentemente collaterale per le truppe italiane, ma ritenuto primario per la politica italiana che lavorava a Parigi, era quello cli natura economico-politica, nel!' intento di porre le basi per futuri insediamenti commerciali e per gli sfruttamenti delle risorse locai i.39 Negli stessi giorni in cui il Bosforo, sotto occupazione straniera, compiangeva le sue antiche glorie, la Ville Lumière fes teggiava il suo innalzamento a capitale del mondo . Il Consiglio supremo o Consiglio dej Dieci (perché composto dal primo miIl generale Franchet d'l:,sperey

39 A. Bagnaia,L'Anato/ia ( 1919-1923). il corpo cli spedizione italiano nel Mediterra,wo orie111ale e la missione Caprini, pp. 273-277, in Swdi Slorico-m.iliwri 1992, USSME, Roma l 994.

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Una moschea a Cos1antinopoli

nistro e dal capo della diplomazia di ciascuna delle cinque potenze Alleate e Associate, tranne il Giappone rappresentato da due ambasciatori) aprì i lavori della Conferenza della pace al Quai d'Orsay il I 8 gennaio 1919, una data scelta appositamente dal governo di Parigi, perché significativa per i francesi: quello stesso giorno del 1871 a Versailles Guglielmo I era stato incoronato Kaiser della sbaragliante Germania. Come al Congresso cli Vienna, cento anni prima, si ritenne in maniera erronea, che la conclusione delle ostilità avrebbe portato a una pace veloce e duratura. Ci si sbagliava, ma l'euforia di costruire un "nuovo mondo'' ed entrare nella storia era più grande della cruda realtà, anche a fronte dell'impreparazione con cui si affrontarono molti degli argomenti in agenda. La guerra era finita troppo in fretta e la cessazione dei combattimenti aveva pa1torito una quantità incalcolabile di questioni impreviste, molte delle quali incontrollabili per la distanza o per la riluttanza delle grandi potenze a impegnare troppo le proprie risorse. Le ragioni umanitarie erano lodate da tutti , fino a quando non si presentava il conto eia pagare. T politici nell'intento di cercare ciò che era (pseudo)giusto , non potevano dimenticare anche ciò che era realistico, dovendo ascoltare anche la voce democratica del proprio popolo e soprattutto la loro fame. Partecipanti erano i delegati delle rappresentanze francese, inglese, italiana, giapponese e americana, rispettivamente presiedute da Georges Clemenceau, Davicl Lloyd George, Vittorio Emanuele Orlando, Kimmochi Saionji e Thomas Wooldrow Wilson. Secondo la nuova impostazione diplomatica, che vedeva in quest' ultimo il campione dell'ostentata purezza in politica, i paesi sconfitti, in quanto tali perché ingiusti, 39


non avevano diritto di rappresentanza. Essi furono esclusi non solo da ogni decisione, ma anche estromessi dalla partecipazione alle sedute che avrebbero delineato il loro futuro politico, militare, economico e territoriale . Di massima importanza politica fu anche la Sezione Militare della conferenza, dove trovavano spazio i massimi vertici delle rispettive Forze Armate dei cinque paesi principali. L'Italia fu rappresentata dal generale Mario Nicol is di Robilant, che ebbe a collaborare con il generale Ugo Cavallero, vertice militare delJ.a delegazione -italiana a Parigi. La Conferenza "plenaria'' vera e propria contava 30 delegazion i di paesi facenti parte della coalizione vittoriosa. Aveva però poca rilevanza pratica e per guesto veniva convocata solo in modo sporadico, senza per altro grandi margini di manovra dec isionale . Il numero delle delegazioni venne raggiunto dopo accese discussioni su quali nazioni e rappresentanze avessero d iri tto e merito per poter chiedere considerazione. Per esempio si aprì u n dibattito sulla partecipazione dell'Hegiaz ai lavori della conferenza. Alla fine fu deciso che allo «Stato arabo» fossero assegnati due delegati: l'emiro Faisal, figlio del re Hussein , e Rustum Haidar.40 Per quanto riguardava i destini dell 'lmpero ottomano , essi apparivano regolati , come si è visto, da diversi accordi tra gli Alleati, sottoscritti durante le ostilità: il patto di Londra del 24 aprile 1915 , il trattato franco -inglese Sykes-Picot del 16 maggio 1916, siglato all'insaputa dell' Italia e in contrasto con gli impegni assunti a vari livelli con gli arabi in rivolta,e l'accordo franco-anglo-italiano di San Giovanni di Mariana del 20 aprile 1917 . Quest'ultimo, che riconosceva i diritti dell'Italia su una larga parte clell' Anatolia del Sud con Smirne, Adalia, Conia e Mersina, come si è accennato, doveva essere sottoposto ali' approvazione ciel governo russo , che per il sopraggiungere della Rivoluzione , il rifiuto bolscevico della guerra e la pace di Brest Litovsk non avvenne mai, con il pretesto per i governi di Londra e Parigi di dichiarare l'accorcio nullo. Forti polemiche in ltalia,41 soprattutto di stampo giornalistico, misero in evidenza la malafede degli Alleati anglo-francesi, che prendendo come scusa la defezione russa, non volevano più riconoscere le promesse fatte in tempo cli guerra. Nella sostanza, conoscendo l' oggetto dei desiderata italiani contenuto nel memoriale cli Son nino del 4 novembre 1916, Pietrogrado li aveva accettati implicitamente con l 'accordo i.talo-russo del 2 dicembre successivo.42 La beffa , oltre al danno , era sottolineata proprio dal fatto che i compensi territoriali in questione non riguardavano il governo zarista, il cui abbandono delle ostilità, tra l'altro, aveva gravato il già delicato fronte italiano, su cui gli austro-tedeschi concentrarono .il grosso delle truppe disimpegnate dal fronte orientale e per poco o nulla equilibrato dai rinforzi statunitensi, che invece in massa erano confluiti sulla Somme e sulla Mama.43 A. Giannini. op. cit., 2 . "Si veda l'Italia in Asia 1\!!inore su «Il Messaggero» del 13/3/1920. ' 2 M. Toscano. Gli accordi di San Giovanni di Moriana, op. cit., pp. 192- J93. ' 3 I reparti stranieri che parteciparono all ' offensiva d i Vittorio Veneto furono: 3 divis ioni britann iche, 2 divis ioni fnincesi, J divisione cecoslovacca e I reggimento statunitense.

4-0

40


Le promesse dell'aprile 1917 prevedevano un settore tra il mare a Ovest e a Sud, Smirne e la ferrovia di Egerd ir a Nord, Conia e la Baghdacl-Bahn a Est. La penetrazione economica sarebbe r.isultata notevole, con i traffici di grano , di cotone e oppio proven ienti da Conia verso Smirne, sbocco naturale dell ' Anatolia meridionale, da preferire ad Adalia le cui comunicazioni carovaniere erano spesso impraticabili. Inoltre la presenza nella zona assegnata della ferrovia per Baghdad, principale arteria cli tutta la regione, avrebbe favorito ancora cli più la rilevanza commerciale italiana. La realtà internazionale del 1919 però si prestò ad altri progetti, in barba ai dettami dei trattati bellici, che escludevano assegnazioni ad altri paesi, salvo il mantenimento cieli' «equilibrio mediterraneo» e del tradizionale concetto di ba/ance of power. Questi progetti sì chiamavano "Grande Ellacle" . «Pieno d'energia, conv incente, instancabile, Venizelos conquistò i britannici, seppe blandire i francesi , rassicurò gli americani e quasi riuscì nell'intento di neutralizzare gli italiani».44 L'astro nascente cretese rappresentava non solo un interlocutore più affidabile degli italiani per gli anglo-frances i, ma anche un'ottima pedina spendibile nell'Egeo, complementare alle mire espansionistiche cli Londra e Parigi . TI nuovo sottosegretario di Stato inglese agli Affari Esteri George Curzon riteneva i greci incompetenti e cor-

Eleutherios Venizelos 4

"

Georges Clemenceau

M.Mac Millm1,op. cit., p. 443 . 41


rotti nell'ambito amministrativo , ma il suo odio per i turchi e il sospetto verso gli italiani, lo portò apertamente a difendere la causa di Atene.45 In queste circostanze a poco valse il tentativo itali.ano verso il governo di Washington dì far valere i principi di equilibrio nel Mediterraneo e le promesse precedenti di sfruttamento economico in Anatolia. Sulla Rive gauche i nuovi malcelati interessi anglo-francesi potevano contare ora anche sulla risolutezza idealista e ambiziosa di Wilson, che nel precisare le sue ìdee, si dichiarò contrario a ogni distacco da Costantinopoli cli regioni abitate da turchi e alla teoria dell'equilibrìo , perché antidemocratica e in contrasto coi suoi ideali sulla Società delle Nazioni. Sfruttando a senso unico l'idealismo americano, il 14 e il 30 ottobre 1918 il governo inglese aveva già dichiarato come gli accordi del 1917 erano da ritenersi decaduti , di non sentirsi legato eia altri impegni, oltre quelli derivanti dall'articolo 9 del Patto di Londra e che, in seguito alla partecipazione alle ostilità degli Stati Uniti, nessun accordo passato o futuro potesse ormai avere valore senza l'approvazione ciel governo americano, che dalla sua non giudicava "morale" neppure il Patto dì Londra.

LA PREPARAZIONE MILITARE ITALIANA

Da quello che sta va emergendo, dopo anni di intensa trattativa con gli Alleati, alla fine della guerra la situazione dell'Italia non era certo invidiabile. In sede diplomatica non vennero presi in considerazione gli accordi di San Giovanni di Moriana, verso i quali il 14 o ttobre 1918 Balfour aveva già mosso molte riserve, mentre ottennero più credito le pretese della Grecia sulle province cli Smirne e Aidin. In sintonia con la grande idea venizelosiana, che ambiva a ricostruire il mito clell'Ellacle padrona cieli 'Egeo, il premier greco pretendeva per sé, come si è detto, oltre la Tracia occidentale anche l'Anatolia occidentale e tutte le isole circostanti esclusa Cipro. Queste concessioni scontentarono molto sia la delegazione americana, sia gli italiani. I primi, legati all'idealismo di Wilson e alle logiche dell'ambigua dottrina Monroe sul loro espansionismo legittimato in America e nel Pacifico, interpretavano queste decisioni come un nuovo e alternativo tipo di colonialismo, che (se fatto dagli europei) il governo di Washington disapprovava in coerenza con i famosi Quattordici punti. I secondi si vedevano privati di diritti, considerati acquisjtj, anche se Orlando non fece opposizione alla proposta francese di far occupare temporaneamente Smirne ai greci. Anche in questo si evidenziò una certa disponibilità e apertura al compromesso del programma italiano, causa ed effetto della sua vaghezza e ambiguità.46 In Patria, per riequilibrare l'espansione anglo-francese in Oriente, i nazionalisti italiani avrebbero voluto controllare lo Yemen, il Dodecaneso , i porti cli Smirne, di Ales45

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M. L. Smith, Icmian vision: Greece in Asia /1,Jino,; 1919-1922, Allen Lane, London 1973 , pp. 64-65. F. Caccamo, op. cii.., pp. 28-29, 32.


sanclretta e il bacino carbonifero cli E raclea su] Mar Nero. Questa ultima richiesta aveva un certo seguito nei salotti parigini, dove l'Italia a più riprese, anche a titolo cli ricompensa per l'affermarsi dei favori alla Grecia, esigeva in via definitiva le concessioni di tipo estrattivo e commerciale. Avvenimento che ebbe dell ' increclibile, in controtendenza con la precedente politica inglese , in febbraio alla Conferenza della pace, la delegazione britannica si dimostrò disponibile a un'occupazione italiana . In un colloquio privato clell'8 febbraio il primo ministro Lloyd George illustrò a Orlando e a Sonnino un piano per la ripartizione dei possedimenti ottomani tra le potenze vincitrici: la parte occidentale cieli' Anatolia sarebbe stata assegnata alla Grecia, quella centrale (comprendente Eraclea, Brussa, Conia e Adalia) all 'Italia; la Siria e la Ci licia sarebbero andate alla Francia, la Mesopotamia e la Palestina alla Gran Bretagna e, infine, Costantinopoli e parte clell' Armenia agi i Stati Uniti. Questa apertura, lasciata intendere dal premier inglese, che si accompagnò a un atteggiamento più disponibile anche di altri esponenti del governo di Londra nei confronti delle aspirazioni italiane, indusse Sonnino a un rinnovato ma cauto ottimismo . Buone notizie alla Conferenza della pace avrebbero spento i malumori di un'opinione pubblica e cli un Parlamento ru moreggiante, per gli scarsi risultati sin lì ottenuti dal1' esecuti vo in sede internazionale. In quest'ottica per provare il clima d isteso, ad Adalia venne decisa la riapertura a opera di padre Bosco delle scuole dirette dai missionari salesiani italiani sin dal 1913 ,47 del!' ambulatorio medico, della Missione archeologica e la costituzione di un vice consolato a capo del quale fu nominato Agostino Ferrante marchese di Ruffano. 48 Tutto però si risolse in un fuoco di paglia. A Parigi quello che veniva dato per sicuro negli incontri informali , spesso in seduta plenaria veniva smentito con altrettanta disinvoltura. Ecco quindi che il temporaneo appoggio inglese non portò frutti all'Italia, ma convinse Sonnino che solo un 'azione militare ital iana sulle coste dell'Anatolia , all'insaputa degli Alleati, avrebbe migliorato la sua posizione in sede di trattativa. Già dal novembre precedente il ministro era in contatto diretto con il comandante delle forze italiane nell'Egeo, il tenente gen erale Vittorio Elia, a cui ciel resto aveva confidato la situazione diplomatica con gli Alleati , definendo i confini stabiliti con i territori attigui francesi «per sua notizia ed eventuale norma cli condotta» .49 Elia, che era grande conoscitore di affari turchi , essendo stato in precedenza addetto militare a Costantinopoli con il grado di colonnello,50 in s.intonia con le direttive politiche sugli interessi nazionali , oltre a controllare l'azione filoellenica ciel viceconsolato francese a Rodi, rese nota la sua attività di presenza e vigilanza sulle località 47

M. Toscano, Gli accordi (/i San Giovanni di Moriana, op. cit., p. L2. Ministero degli Affari Esteri , / documenti diplomatici italiani, VI serie: 1918-1922, volume II, Roma 1980, dOCLlmento 603, p. 435. 9 • Min istero degli Affari Esteri , op. cit., volu me I, Roma 1956, docume.nto 45, pp. 22-23. $O A. Biagini, op. cit., p. 29; M. G. Pasqualini, Il Levante, il Vicino e il Medio Orieme ( 1890-1939). Lejòmi archivistiche dell'Ufficio Storico, USS1'v1E, Roma l999, p. 95. 48

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costiere dell'Anatolia. Nel tentativo di impedire interventi greci, le frequenti visite e le brevi soste di motoscafi italiani , volute dal generale, in località come Macri o Marmarizza, avebbero creato sicuramente un clima cordiale, nella prospettiva di un deciso intervento di natura politico-militare .5 1 Questi due porti risultavano strategici , sia perché unici della zona , sia per la loro vicinanza da Rodi, che ne facilitava i collegamenti con la terraferma. Se per ora questa idea venne solo ipotizzata, non conoscendo la vera natura delle sue conseguenze,52 per esplicita direttiva ciel capo della Consulta gli organi governativi, con lo stanziamento di fondi specifici, iniz iarono a creare una rete di fu nzionari e agenti, in incognito o direttamente arruolati tra i locali , preposti a un 'attività capillare e orientati a preparare qualcosa di concreto in avvenire . Anche Sonnino si era così presto adeguato alla logica opportunistica degli intrighi parigi ni, tenendo sotto scacco lo stesso Orlando, che per un puro rispetto istituzionale non chiese al ministro degli Affari Esteri cli dimettersi, per sostituirlo con uno più vicino alle sue idee e meno incline ai bassi egoismi diplomatici e nazionalisti. 5·' Invece, nel g ioco delle parti al tavolo della pace, se le nuove regole wilsoniane scombinavano i piani delle potenze colonialiste alleate, esse dovevano e potevano adeguare le proprie strategie, ammorbidendole e rendendole più in sintonia con l' influenza degli ormai scomodi Associati Stati Uniti. Francia e Gran Bretagna avrebbero giustificato l'espansione come assistenza a fronte cli richieste cl 'aiuto create eventualmente ad hoc. Di conseguenza anche Roma si sarebbe dovuta preparare ad operare in modo simile, per anticipare «i più o meno palesi conconenti dell'Italia».54 Venne chiesto all'Alto comissario a Costantinopoli Sforza di mettersi in contatto diretto con Elia, e a sua volta con il vice console ad Aclalia Ferrante e il console generale a Smirne Tommaso Cadetti, «per lo svolgimento da Rodi di un'azione prudente ed efficace onde assicurare che al momento richiesto partano da notabili, comunità ecc. della costa continentale, indirizzi e petizioni a favore cieli' assistenza dell'Italia» .55 Il 16 febbraio l'addetto militare italiano ad Atene, il colonnello Mario Caracciolo, inviò all'ufficio operazioni del Comando Supremo e al comando del Corpo d 'occupazione de Il 'Egeo un'informativa su Smirne e sull'Anatolia. In questo documento si mettevano in evidenza i molteplici sviluppi che rendevano la regione un banco di prova centrale per il futuro assetto del Mediterraneo orientale: le autorità armene si erano ù1sediate ad Adana, sotto la protezione di truppe frances i, a Smirne era stata festeggiata la riconquistata indipendenza dell'Armenia e inneggiata una stretta unione fra i governi di Yerevan e di Atene. Quest'ultimo, del resto, già. aveva inviato a Smirne la nave ospedale Anfitrite e una missione medica presieduta dal direttore generale di 51

M inistero degl i Affari Esteri, op. cit., volu me TI, docu111ento 8, p. 3. L. Flussi, op. cit., p. 42-43. 53 C . Sforza, op. c il. , p. 51. >1 Ministero degli Affari Esteri , op, cit., volume Il , clocnmento 312 , pp . 2 15-217. 55 Mini stero degli Affari Esteri , op. cit., volume 11, documen to I08 , p. 69 e documento 46 1, pp. 314-3 15 . 52

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sanità del proprio esercito. Nel frattempo le località dell'Asia Minore si andavano a poco a poco ripopolando e si notava un grande esodo di profughi eia Costantinopoli per i vilayet di Brussa e cli Aidin. Di conseguenza i piroscafi della linea Costantinopoli-Panclerma e i treni della Panderma-Smirne risultarono affollati di passeggeri.56 Per la notevole dinamicità degli eventi, la situazione sì presentava incoraggiante anche per il governo di Roma: a Smirne aveva cominciato a funzionare il Controllo interalleato sotto la direzione del capitano di vascello Carlo De Grenet e agli italiani era stata assegnata la vigi lanza della costa clell 'Asia Minore da Adramiti ad Adalia. Ecco perché il 20 febbraio, il cacciatorpediniere Bersagliere giunse proprio ad Adalia, portando alcuni funzionari e agenti ital iani, con il proposito cli istallare un posto di controllo. Da quanto venne telegrafato l'accoglienza locale si rivelò cordiale e aperta alla collaborazione. Nel frattempo il ministro degli Affari Esteri Sonnino, in segreto, chiese di predisporre truppe e navi, per procedere alla prossima occupazione vera e propria cli Marmarizza (penisola a Nord cli Rodi) e cli Adalia, che sarebbe potuta essere di imminente attuazione. Tuttavia le previsioni degli ambienti militari non erano rosee. Secondo il ministro della Guerra Enrico Caviglia - con questi presupposti - vi poteva essere solo una vaga possibilità di future azioni nella Turchia asiatica, non certo un'azione massiccia, come prevista dalla Consulta. In relazione a ciò, chiese al governo l'entità clel]e truppe ritenute occorrenti per intavolare un progetto di massima. Con l'occasione fece presente come il Corpo di Spedizione per le operazioni in Anatolia, già allestito durante la guerra con truppe libiche e il 4° reggimento speciale, nel frattempo aveva visto il suo scioglimento, sia perché le truppe di colore già concentrate a Rodi erano state inviate in Libia, s ia perché non pareva opportuno impiegare per ragioni d'indole disciplinare il 4° reggimento speciale, inidoneo a una nuova missione. Esso risultava suddiviso su 3 battaglioni, composto da 2.358 uomini di truppa e da 80 ufficiali, per la maggior parte elementi scadenti .57 In caso però d'immediato bisogno e prima che fosse stato possibile sostituire suddetti contingenti , il ministro della Guerra propose d'impiegare per le operazioni in previsione in Asia Minore una parte delle truppe del Corpo d'occupazione de11 'Egeo58 (4 battaglioni), con sede a Rodi, da affidare al maggior generale Giuseppe Battistoni. Nell'isola vi era anche dislocato un contingente di rinforzo (in via cli scioglimento),59 comandato dal maggior generale Mario Riveri, che in tempo di guerra avrebbe dovuto raggiungere in Siria il già operante Corpo di Spedizione della Palestina del tenente colonnello degli alpini Gustavo Pesenti ,60 e appunto la totalità del Corpo d'occupazione dell' Egeo al comando del generale Elia. ;r, AUSSME, E-3,

b. 3, f. 3/4 a, Jenern dell'addetto militare ad /\tene Caracciolo ciel 16/2/ 19 19. AUSSME, E-3 , b. 6, f. 6/2 a, telegramma cli Rota a Cav,1llero ciel 28i2/ 19!9. 58 AUSSME, E-3 , b. 2, f. 2/3 a, nota del Comando Supremo. Ufficio operniioni del 27/211919 59 Min istero degli Affari Ester.i, op. cit., volume Il, documento 60 I , pp. 433-434. <.o V. Gallinari , op. cit., p. 108. 57

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Questa ipotesi però aveva i suoi inconvenienti: nel Dodecaneso si poteva contare in realtà di pochi. effettivi disponibili, che tra l' altro avevano già di loro necessità di sostituzione. Inoltre per ragioni dì sicurezza non era conveniente fare troppi spostamenti dì truppa ìn loco sotto gli occhi degli Alleati. Per questo motivo, oltre a sondare la consistenza degli effettivi operanti oltremare, in parallelo anche in Italia vennero fatti preparativi per organizzare un'unità di pronto impiego . Per gli sbarchi Badoglio propose la brigata Campania, ma nel frattempo essa fu prescelta per essere destinata nella città di Conia, in una missione in collaborazione con il governo inglese.61 In alternativa si puntò sulla brigata Livorno, che al primo avviso in caso di necessità, fu predisposta a muoversi con forze e materiali via ferroviaria verso Trieste, il cui porto era stato scelto per la possibile partenza.62 L'uso cli un porto straniero, quale quello giuliano ancora era, venne consigliato dallo stesso Presidente del consiglio Orlando, perché lo spostamento delle truppe verso l'Istria avrebbe creato meno visibilità rispetto al vero obiettivo.63 Per ragioni logistiche e cli segretezza, il loro trasporto via mare sarebbe stato eseguito in due successivi scaglioni. Il primo avrebbe compreso: la «brigata fanteria con parte carreggio et salmerie, gruppo tre battaglioni ciclìsti, plotone e sezione CC.RR ., compagnia telegrafisti su due plotoni, sezione sussistenza, ripa1to sommeggiato sezione sanità con autombulanze, due stazioni radiotelegrafiche». Il secondo avrebbe compreso: <<gruppo tre batterie montagna, rimanenza carreggio et salmerie brigata fanteria, riparto somrneggiato sezione sanità, ospedaletto da campo, una stazione radiotelegrafica, ufficio postale, 100 autocani».64 La possibilità cli utilizzare delle truppe inviate direttamente dall 'ltalia, rispetto ad alcune magari più vicine spostate dai Balcani, sembrava per il Comando Supremo la scelta piì:t indicata non solo per le ragioni cli segretezza, ma anche per evitare di sguarnire regioni. chiave ancora non del tutto sicure e assegnate come l ' Albania, la cui occupazione avrebbe garantito all'Italia, secondo la sua delegazione parigina, un potere contrattuale maggiore al tavolo della pace. In tal senso venne scartata l' ipotesi di destinare per lo sbarco le unità già operanti in Macedonia, perché ciò avrebbe compromesso la riservatezza dell'iniziati va, mentre la sottrazione clell e forze al generale Franchet d'Esperey avrebbe incontrato seri ostacoli di natura diplomati.ca. Si pensò che a tali unità si sarebbe potuto ricon-ere in un secondo tempo, per rinforzare glielementi della prima spedizione, qualora non si fossero ritenute sufficienti per gli sbarchi le truppe dell'Egeo, in aggiunta ,ùla già ventilata possibilità di invio della brigata Livorno proveniente dall'Italia. Al livello logistico il piano di impiego di truppe provenienti direttamente dall'Italia, prevedeva anche l'immediata necessità di cordinarsi con la Marina per «studiare [ ...] provvedimenti necessari per costituzione basi sbarco et per rifornimenti 61 AUSSME,

E-3, b. 6, f. 6/2 a, tclegran1ma di Badoglio a Cavallero del 1°i3i l9 19. AUSSME, E-3, b. 2, f. 2/3 a, telegramma di. Diaz del 2/3/1919. 63 AUSSME, E-3 , b. 6, f. 6/2 a, telegramma di Badoglio a Cavallero del 6/4/1919. 64 AUSSME, E-3, b. 2, f. 2/3 a, telegramma di Scipioni del 3/3/1919. 62

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successivi».65 L'operazione cli sbarco aveva come scopo primario l'occupazione delle località di Adalia e di Mannarizza. Secondo il pensiero di Sonnino da questo ultimo punto l'avanzata sarebbe dovuta penetrare cautamente, ma nel più breve tempo possibile, verso Nord fino a ricomprendere la città di Scalanova, che distava meno di 1.00 chilometri a Sud di Smirne, principale obiettivo delle mire greche. Considerata l'.impossibilità di effettuare sbarchi parziali sul tratto di costa fra Marmarizza e Scalanova, il progetto di occupazione successiva agli sbarchi richiedeva una disponibilità di mezzi logistici abbondanti, specie cli autocarri e la pronta sistemazione di una base di rifornimento a Mannarizza.66 Vennero sollecitate ricognizioni eia Rodi sia per saggiare la consistenza delle comunicazioni terrestri sulla linea Marmarizza-Giova-Mugla-Aidin, sia per far valutare alla Marina i presupposti per una base navale a Giova.67 A tal riguardo il ministero della Guerra chiese a Sonnino l'indirizzo politico da dare all'operazione e le fasi stabilite per l'occupazione di Adalia e cli Marmarizza. Intuendo la profonda diffidenza tra gli Alleati, Caviglia chi.edeva esplicitamente al governo, previo accordo con Diaz , di disporre con sollecitudine i provvedimenti precisi, necessari alla pronta esecuzione degli ordini , senza doversi poi trovare in situazione di imbarazzo diplomatico con gli inglesi , i frances i o i greci. Questi preparativi ovviamente andavano di pari passo con l'evoluzione ondivaga degli incontri a Parigi e Sonnino , cercando cli giocare su piì:t tavoli, non volle escludere un'azione improvvisa per forzare i delegati. Ecco perché nel caso si trovasse piL1 pratico impiegare unità già dislocate in zona di guerra, le forze che Caviglia avrebbe destinato all'occupazione delle località deH' Asia Minore sarebbero state: la brigata Spezia ( 125° e 126° reggimenti) e un gruppo di artiglieria da campagna della 35" divisione in quel momento disponibile a Salonicco, per Marmarizza; uno o due battaglioni del 34° fanteria con la 45" batteria da montagna, dipendenti dal Corpo d'occupazione dell'Egeo, per Adalia. Il primo di questi contingenti sarebbe stato agli ordini del brigadier generale Vincenzo Ponzi, comandante della brigata Spezia, mentre le truppe per Adalia sarebbero state comandate da un ufficiale superiore ancora eia destinarsi tra quelli presenti a Rodi. 68 In tale ottica, condivisa sia da Caviglia che da Orlando, basarsi solo sull'impiego dei reggimenti di fanteria 125° e 126°, significava accettare la considerazione di non far partire per il momento truppe dall 'Italia. Nei piani del Presidente del consiglio, la brigata Spezia nell'attuale situazione poteva essere allontanata da Salonicco senza inconvenienti. Se i due battaglioni del 62° fanteria (brigata Sicilia) presenti lì avessero raggiunto l'altro, che già si trovava a Costantinopoli , si sarebbe potuto spostare a Salonicco uno o due battaglioni di una delle brigate dislocate in Bulgaria. 65

AUSSME , E-3, b. 2, f. 2/3 a, telegramma di Scipioni de l 3/3/1919. AUSSME, E-3, b. 2, f. 2/3 a, telegrnn11na di Cavallero del 27/2/ 19 I 9. 6 ' Ministero degli Affari Esteri, op. ciL, volume 11 , documento 683, p. 497. 68 AUSSME, E-3 , b. 2, f. 2/3 a, telegramma di Caviglia elci 25/2/ 1919. 66

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In questo ampio ventaglio di ipotesi, il Comando Supremo non aveva un'idea precisa su come dislocare le forze disponibili tra Adalia e Marmarizza, non avendo del resto molte informazioni sulla situazione locale. Tuttavia data la maggiore importanza del centro abitato di Adalia rispetto a quello di Mannarizza e la vicinanza di quest' ultima località all'isola di Rodi, da dove si sarebbe potuto, in caso di necessità, predisporre con facilità l'invio di qualche rinforzo, sembrò che la maggior forza dovesse essere destinata all'occupazione proprio di Adalia.69 L'entità del contingente da inviare venne stabilita dal ministero della Guerra, in seguito alla relazione di una delegazione dì ufficiali recatisi sul posto, basata anche sull'estensione ciel territorio da occupare intorno alle due citt~1. Alla luce cli queste considerazioni sembrò troppo poco l'invio cli un solo battaglione ad Adalia, che contava più di 20.000 abitanti.70 Sul lato prettamente logistico, poi era necessario capire, vista la consistenza delle unità impiegate, quali località oltre Rodi, dovessero essere predisposte per la raccolta e il concentramento delle truppe prima delle operazioni vere e propri-e.7 1 Lo sbarco e l'occupazione di M.armarizza, quindi secondo i piani effettivi, non erano fine a se stessi, ma nell'ottica di essere ìl trampolino cli lancio per un rapido dilagare fino a Scalanova. Essa sembrava la località più adatta, quale sede del comando ciel Corpo di Spedizione, perché quel settore, a contatto con la regione di Smirne, che formava oggetto di aspirazione greca, sarebbe stato quello in cui l'azione del comando doveva maggiormente fars i sentire. Per arrivarvi però via terra, le truppe avrebbero dovuto percorrere l' itinerario Marmarizza-Mugla-Milas-Aidin-Scalanova, lungo 200 chilometi-i. Per tale spostamento sarebbe stato necessario fare una base di rifornimento a Marrnarizza e dotare di speciali mezzi logistici le truppe stesse. Dato che tutto ciò doveva essere fatto con relativa prontezza, occorreva pur sempre una ventina di giorni per lo spostamento con truppe di fanteria, tempo giudicato eccessivo, non volendo considerate eventuali altre complicazioni. li Comando Supremo comprese, dopo attenti studi che rilevarono l'impossibilità cli far affidamento sulla rotabile considerata,72 che la possibilità d i raggiungere Scalanova da Marmadzza risultava impraticabile, perché «località questa che per essere priva di comunicazioni rotabil i col retroterra non si presta per muovere verso località interne».73 Il porto di Mamiarizza era, per le condizioni nautiche. il migliore di tutta la zona costiera compresa fra Scalanova e Adalia. Tra Mannarizza e Scalanova non esisteva però una rotabile diretta. Marmarizza era unita a Mugla con una mulattiera e Mughi con Aidin attraverso una rotabile passante per Milas. Mancava invece una comunicazione ordinaria da Aidin e Scalanova, per il quale tratto occorreva servirsi della ferrovia fino ad Aiasoluk e del successivo tronco rotabile fi no a Scalanova cli AUSSME, E-3, b. 2. r. 2/3 a, nota di Guzzoni del 28/2/1919. AUSSME, E-3, b. 2 , f. 2/3 a , nota di Guzzoni del 28/2/1919. 71 AUSSME, E-3 , b. 2, f. 2/3 a , telegramma di Caviglia del 25/2/19 I 9 . 72 AUSSM E, E-3, b. 2, f. 2/3 b, nota di Guzzoni de l 10/3/1919. 73 AUSSM E, E-3 , b. 2, f.2/3 b , notadi Scipioni del 10/3/1919.

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Cartina della zona inerente gli sbarchi italiani

circa 15 chilometri. Situazione analoga tra Marmarizza e Adalia dove non esisteva nessuna comunicazione rotabile; tuttavia il porto di Adalia era collegato con Burdur, sulla ferrovia Smirne-Aidin-Burdur, mediante una rotabile dello sviluppo di 150 chilometri citca. La relazione dipingeva però una situaz ione impraticabile all'atto pratico. Da quanto si stava delineando, si dedusse che l'occupazione cli Scalanova doveva essere fatta per mare, perchÊ da essa era fac ile procedere poi verso Aiasoluk, da dove si poteva procedere all'occupazione della ferrovia, impedendo che il materiale rotabile ferroviario della linea Smirne-Aidin-Burdur venisse ritirato su Smirne. Qualora però lo sbarco a Scalanova dovesse essere assolutamente escluso per ragioni politiche, considerati i problemi cli segretezza, essendo la vicina Smirne un crocevia di spie e cli informatori, conveniva effettuarne uno a Boclrum e a Kuluk, focal ità entrambe collegate con Milas per mezzo cli rotabile. In questo caso l'occupazione eia terra cli Scalanova sarebbe stato effettualo da una colonna leggera (bersaglieri cicl isti con automitragliatrici, dotate di largo servizio autocarreggiato, o fanteria su autocan-i fino ad Aidin) non prima di quattro giorni dopo lo sbarco a Kuluk. Infatti l'ultimo tratto 49


Aidin-Aiasoluk non era servito da strada rotabile e i soldati, non potendo avvantaggiarsi della ferrovia, avrebbero dovuto percorrere a piedi il sentiero lungo la strada ferrata.74 Stante però le difficili comunicazioni stradal i era necessario che, occupata Scalanova da terra con la colonna leggera, le rimanenti truppe e i rifornimenti destinati a quel porto sarebbero comunque arrivati via mare, onde evitare degli spostamenti difficoltosi , suddivisi su tappe impervie e poco agevoli per le salmerie. Per questo progetto le forze ritenute necessarie alla prima fase dell'occupazione erano: 1 gruppo ciclisti (3 battaglioni) per Aidin e Scalanova; I reggimento fanteria per la base a Marmarizza; 2 battaglioni ad Adalia con l'aggiunta di altri 2 battaglioni ciclisti per raggi ungere alJ 'interno B urdur. 75 Comunque fosse stato l'aspetto operativo, i lim iti della zona da occupare in un primo tempo sarebbero stati rappresentati verso l' interno dalle strade: ScalanovaAiasoluk-ferrovia Aiasoluk-Aidin-Burdur-strada Burdur-Adalia. I battaglioni ciclisti dislocati a Burdur e Aidin avrebbero presidiato con distaccamenti le località più importanti prossime alla ferrovia Aìdin-Burdur. Tuttavia l'occupazione più che un'imposizione militare, doveva avere il carattere di una penetrazione pacifica intesa a cooperare con i turchi per valorizzare le risorse del paese e attivarne il commercio. Sarebbe stato quindi opportuno aggregare al Corpo di Spedizione tutti quegli elementi indispensabili per conferire all'azione il carattere di assistenza sani taria per l'impianto di numerosi ambulatori pubblici, nonché personale pratico cli commercio, agricoltura e industria, per un intervento civile.76 Ai primi di marzo nel frattempo da Atene, Caracciolo teneva l'aggiornamento sulla situazione politco-militare greca: a Smirne i conflitti fra la popolazione locale in transito e gli emissari greci provenienti da Atene avvenivano ogni giorno. La situazione rivelava la decisa volontà musulmana di opporsi alle pretese della Grecia, preferendo il dominio di qualunque altra nazione. Il giornale "Patriarca" pubblicava che il valì77 di Smirne chiedeva agli Alleati l'allontanamento della Croce Rossa ellenica composta da provocatori, il cui obbiettivo era favorire l'intenzione ciel governo greco cli procedere allo sbarco in un punto della costa presso Smirne , per raggiungere l'importante centro ferroviario cli Ai.asoluk. Questa evenienza avrebbe avvalorato la presenza cli truppa greca nell' isola di Mitilene, tesi sostenuta anche dalle ingenti somme spese da Atene per la propaganda finalizzata a incoraggiare l'elemento locale e dal sussidio votato dal Consigli.o dei ministri per un mil ione cli dracme eia destinare ai profughi cieli' Anatolia.78 Anche la stampa locale risentiva delle effervescenze contrapposte. J giornali pubblicavano che la situazione a Smirne diventava pericolosa per l'elemento greco; per questo i soldati turchi richiamati iniziavano a formare bande armate che si aggiravano intorno 1 ·• AUSSME, 75

E-3 , b. 6, f. 6/2 b, telegramma di Badoglio a Cavallero del 3/4/1 919. AUSSME , E-3, b . 2 , f . 2/3 a, telegranuna di Pariani del 28/02/1919. 76 AUSSME, E-3, b . 6, f. 6/2 a , nota per la predisposizione per lo sba rco di Badoglio cie l 10/3/ 19 19. 17 Valì o 11a/y: governatore generale d i una provincia turca. 78 AUSSME, E-3, b. 3, f. 3/4 a, telegramma di Caracciolo del 7/3/19 19.

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alla città. A causa della censura ottomana, i direttori dei giornali greci decisero di sospendere le pubblicazioni, auspicando però un intervento inglese, finalizzato all'occupazione provvisoria della città, per mettere termine agli eccessi dei turchi. 79 Alla luce di questo atteggiamento offensivo dei greci, cbe non si astenevano tra l'altro dal tenere d'occhio le ambizioni italiane, secondo Caracciolo era urgente agire e appariva opportuno evitare un approdo nei porti greci cli navi con truppe italiane a bordo. Egli era convinto che non bisognasse perdere tempo, proprio perché le notizie pervenute dall'Asia Minore dimostravano un clima adatto per un intervento italiano nella zona. Dai continui incidenti fra greci e turchi <<traggo convincimento della opportunità nostra rapida azione. Occorre però essere pronti subito per poter contare su qualunque occasione favorevole e prevenire qualsiasi azione Grecia. E' indispensabile comando delle truppe affidato ufficiale energico che sappia agire propria iniziativa appena possibile. Da informazioni ufficiali Regia Marina pare Isola Lero località opportuna per concentramento di truppa e attesa occasione propizia senza troppo mostrarsi. Prego dare ordini che piroscafi portando truppa ovvero anche solo ufficiali evitino porti Grecia specialmente Pireo dove è attivo spionaggio».80 Se l'incertezza e I.a confusione regnante erano evidenti agli occhi degli osservatori locali, sintomo positivo per una fattiva cura italiana, da poter somministrare come valida giustificazione al Quai d'Orsay, il rovescio della medaglia dimostrava come la missione non sarebbe stata facile, né di poco conto. L'ordine pubblico inesistente e l'amministrazione locale latitante, sommati allo stato arretrato in cui vertevano le vie di comunicazione stradale , non potevano che suscitare nelle alte sfere italiane seria preoccupazione. Una decisione però andava presa, anche perché se Venizelos otteneva credito come uomo affidabile a Parigi, contemporaneamente il suo governo non stava certo ad aspettare l'approvazione ufficiale del suo operato e continuava anzi ad alimentare la crisi nell'entroterra turco. Anche l' ufficio informazioni italiano di Smirne, tramite il capitano Vincenzo Fago, ufficiale di collegamento tra l'addetto militare ad Atene e iJ comando di Rodi, confermò i piani greci. Nonostante l'attività del controllo interalleato del cabotaggio sulla costa dell'Anatolia, mancavano i mezzi efficaci per la sorveglianza e ciò favoriva molto i piani cli Atene. Da Mitilene, Samo, Chio via Smirne i greci attraverso la Croce Rossa introducevano grande quantità di anni verso il vilayet di Aidin. A Scalanova e sulla ferrovia Aidin-Diner non esisteva ancora alcun controllo interalleato, che invece funzionava sulla linea Smirne-Panderma per opera dei francesi e sui tronchi per Conia dagli inglesi. In aggiunta a questo , alcuni emissari cretesi esercitavano un'attiva propaganda ellenica, inasprendo la popolazione turca, disposta persino a ricorrere al massacro pur di fermare l'avanzata greca. 79 80

AUSSME, E-3, b. 3 , f. 3/4 a, telegramma di Caracciolo del J0/3/ 19 J9. AUSSME, E-3, b. 3 , f. 3/4 a, telegramma di Caracciolo del 9i3/19!9.

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La drammaticità degli eventi portò spesso a richieste turche nella speranza di un intervento immediato di Roma. La devozione locale verso di essa portava Fago a ritenere Marmarizza e Bodrum già virtualmente sotto influenza italiana. A Sm irne, dove era giunto il nuovo console generale Carletti, venivano confermate le notizie di cordiali accoglienze turche agli ufficiali italiani presenti.81 Ai primi di marzo ad Adalia, dietro ri.cbiesta del Comitato di controllo interalleato, con il cacciatorpediniere Bersagliere arrivò Alberto Marchi, funzi.onario delle dogane, che insieme a un reparto di bersaglieri compì una missione esplorativa per studiare la situazione locale, che non apparve subito delle migliori, vista la precarietà politico-sociale della zona. In maniera confidenziale il generale Elia fece un resoconto dettagliato della situazione al ministero della Guena. L'ufficio istituzionale di rappresentanza di Marchi, responsabile delle attività doganali , era fissato nella stessa residenza del mutasserif/''2 mentre il secondo fi ne di natura commerciale veniva svolto insieme al commendatore Bri zzi e un maggiore commissario, dedito ad avviare scambi . L'accoglienza risultò ottima da parte cli tutte le autorità locali specie ciel mutasserif, che promise ogni appoggio alle autorità italiane. Se l'accogl ienza appariva buona, la situazione di Ada! ia era molto precaria. 11 territori.o circostante infestato cli disertori armati e altri malviventi . I villaggi e le culture venivano abbandonati da.i contadini, che per sfuggire agli attentati scendevano in città. Anche ad Adalia la sicurezza pubblica era deficiente, avendo le autorità perduto dopo l'armistizio ogni prestigio . Le fo rze della gendarmeria e della polizia risultavano scarse , mal pagate e con un compiti ingrati; un nuovo reclutamento cli tali agenti elette risultato negativo. La popolazione musulmana mostrava sfiducia, sconforto e per questo pronta a ogni novità pur di sortire dal mal governo debole e incapace.83 Essa appariva come disposta a ogni eccesso, pur di non ricadere sotto il dominio ellenico . Al contrario avrebbe salutato con gioia l'intervento cli qualunque governo forte che li avesse appoggiate nel!' ostacolare l'intervento della Grecia. A Il'opposto l'elemento ortodosso , numericamente consistente , aveva approfittato subito dell 'indebolimento dell'autorità politica dopo l'armistizio, per assumere un atteggiamento palesemente favorevole ad Atene, soprattutto dopo l'annunzio pubblico di un prossimo arrivo di navi greche per l'occupazione ciel tèrritorio. Non era infondato il timore che gli ellenici locali potessero suscitare incidenti a beneficio dei loro connazionali.84 Per cercare cli supportare 1'opera dei messi i tal ian i, Elia informò cieli' imminente invio, appena gli fosse possibile, cli una silurante per Adali.a, facendo presente intanto della necessità di collocare nel golfo una nave militare italiana, munita almeno cli una stazione radiotelegrafica capace di poter comunicare con Rodi. Essa sarebbe dovuta 81

AUSSME, E-3, b. 6, f. 6/J b, telgramma cli Caracciolo del 23/3/1919. M111asserif o n·1uTa$m·rì/: capo di ripartizione ten-itoriale dell'Impero ottomano. s.1 Mini~lero degli Affari Esteri, op. cit., volume Il, documento 66 1, pp. 501-502. 84 L. Flussi,op. c i1., p. 44.

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Scorcio panoramico della città di Adalia

essere di tonnellaggio non troppo grande, tale che potesse in caso di cattivo tempo trovare sicuro rifugio nella vicìna baia di Porto Genovese. Nel frattempo sarebbe arrivato ad Adalia anche il piroscafo Lir;ure con merci cli scambio.85 Le drammatiche informazioni che giunsero sulla situazione anatolica portarono Fago a ritenere conveniente escludere l'avanzata da Sud e procedere invece con uno sbarco di truppa proveniente dall'Italia direttamente presso Scalanova, senza ulteriori tappe intermedie, che invece avrebbero rìtardato ancora più la spedizione, compromettendo l'indispensabile segretezza.86 Anche Badoglio e Cavallero risultarono essere della stessa opinione, avendo loro a cuore l'aspetto operativo militare. An-ivare per terra a Scalanova avrebbe aggravato l'efficienza e l'efficace della missione, mettendo a repentaglio i fattori rapidità e sorpresa, fondamentali in quei frangenti, essendo in competizione sul campo con i greci in allerta .87 La proposta di Badoglio era per 4 scaglioni: il 1° composto da due battaglioni dì fanteria per Adalia e eia uno bersaglieri ciclisti per Burdur; il 2° composto da un battaglione di fanteria per Mannarizza; il 3° composto da un battaglione di fanteria per Kuluk e eia un battaglione bersaglieri per Ai.di.ne Scalanova; il 4° composto da due battaglioni fanteria per Scalanova. Per questo progetto era necessario predisporre con la Marina l'invio da Trieste di 3 piroscafi capaci di imbarcare due scaglioni completi con servizi loro assegnati.88 85

AUSSME, E-3 , b. 3, f. AUSSME, E-3 , b. 3, f. 87 AUSSME , E-3 , b. 6, f. •s AUSSME, E-3, b. 6, f. 86

3/4 a, telegramma di Elia a l ministero della Guerra del 6/3il919. 3/4 a, te legramma di Elia del 16/3/1919. 6/2 b, telegramma di Cavallero a Sonnino del 5/4/1919. 6/2 b, telegramma di Badoglio a Ca vallero del 16/4/1919.

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Il solo Sonnino ancora ai primi di aprile non riteneva questa scelta , per quanto comprensibile sul lato militare, opportuna sul lato politico, non escludendola però in caso d.i mutata situazione.89 A metà marzo il comandante Alessandro Ciano della Stazione navale del Dodecaneso, istituita il 16 marzo 1919, riferì dello spirito di amicizia e dell'entusiasmo dimostrato dalla popolazione di Adalia per gli italiani, aggiungendo come i disordini fossero continui soprattutto tra i detenuti delle carceri e la gendarmeria, con l'aggiunta della minaccia proveniente dai disertori. Per ragioni cli sicurezza Ciano teneva sul posto il Bersagliere e in caso cli evenienza sarebbe intervenuto con prontezza anche il Regina Elena. In previsione cli ciò il 10 marzo a Lero vi era già stato un incontro tra Ciano e Battistoni , con lo scopo di prendere accordi in merito allo sbarco in Anatolia. Proprio l'impiego della Marina, per la sua azione non invasiva, avrebbe garantito almeno per l' inizio, una valida presenza sul territorio, senza però dare adito a propositi spudorati e aggressivi. Da Parigi, Sonnino propose per ogni evenienza anche l'invio di almeno un drappello di carabinieri per garantire la sicurezza del consolato, della Missione italiana e dei traffici con il Dodecaneso. Del resto il sopravvento di navigli mercantili francesi eia Mersina avrebbero creato intralcio ai collegamenti commerci.ali, che il Liguria stava consolidando tra Rodi e Adalia.90 Il 22 marzo De Martino scrisse a Sonnino: «Si è visto spesso in Turchia che i disordini (anche abilmente fomentati) servono d.i buona ragione per azioni militari e politiche. Non si potrebbe cogliere questa occasione? (P. es. questi disertori, che sono briganti, molto facilmente danno fuoco a qualche casa, ecc .) . Uno sbarco di marinai per ristabilire l'ordine opportunamente presentato per mezzo di corrispondenze e giornali, ecc.»9 1 poteva risolvere l'indotta inerzia italiana. Tutte queste sollecitazioni, militari e politiche, spensero quals.iasi ulteriore titubanw e tentennamento nell'animo cli Sonnino, per portarlo a una precisa e detenninata decisione: il 23 marzo telegrafo a Sforza invitandolo a mettersi «in diretta comunicazione con comando Rodi e con RR. Navi dislocate su costa Adalia» per effettuare sbarchi di truppe non appena se ne fosse prospettata la possibilità.92 La decisione ciel ministro era condizionata anche dalle notizie del console Ferrante che, collaborando in maniera decisa e in continuo contatto con le varie autorità m.ilitari, chiedeva con insistenza un intervento, anche in numero limitato per dare un segno forte alla popolazione locale e cogliere il momento di incertezza. Non si poteva esitare ancora, mentre il «partito "Giovani Turchi" alimentano agitazione sperando pescare nel torbido» e il mutasserif locale, completamente dalla parte degli italiani, ormai era in procinto di rientrare a Costantinopoli.93 AUSSME, E-3, b. 6, f. 6/2 b, te legramma di Sonnino a Cavallero del 7/4/1919. AUSSME, E-3, b. 6, f. 6/1 e , telegramma cli Biancheri del 21/3/1919. 91 L. Flussi, op. cit., p. 44. 92 L. Flussi , op. cit., pp. 44-45. 93 AUSSME, B-3 , b. 6, f. 6/1 e, telegramma di Sonnino a Cavallero de l 26/3/1919.

89 90

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Il 24 marzo la Regina Elena attraccò al porto di Adalia. Ciano informò che l'accoglienza rivolta alle sue unità fu molto positiva; la situazione locale era calma ma instabile, a causa dell' assenza di mezzi adeguati forniti dal governo centrale.94 Il giorno 25 arrivò in citta il professor Biagio Pace, esponente della Missione archeologica italiana, che dal) 'alto dei suoi studi politico-geografici e antropologici della regione , contribuì alla preparazione delle azioni militari, che si stavano profilando all'orizzonte. Anzi lo stesso Ferrante lo incaricò «di collaborare a orientare lo spirito pubblico verso manifestazioni formali del desiderio di un nostro intervento cli salvaguardia» .95 Nel frattempo, in attesa del momento propizio, un particolare che venne notato e che acquistava una rilevanza internazionale era la mancanza di strutture d i assistenza alla popolazione in campo medico. In sede diplomatica dove i rapporti tra Italia e Alleati erano sempre più tesi, un'iniziativa "umanitaria" sarebbe stata di sicuro ben vista e avrebbe creato anche un clima di amicizia con la popolazione locale, che ancora pativa le sofferenze della guerra, soprattutto a causa di un'insufficiente azione cli igiene e di profilassi svolta sino ad allora. Del resto anche la Croce Rossa elleni.ca aveva così iniziato la sua attività, degenerata poi in una malcelata campagna cli aiuti alla causa greca, attraverso il contrabbando cli anni e munizioni. Dalle informazioni giunte direttamente dall'Anatolia risultava che un mezzo cli penetrazione italiana molto adatto alla regione sarebbe potuto essere proprio la costituzione di numerosi ambulatori forniti cli materiale sanitario . Il capitano medico di complemento Giovanni Carossin i, che prii11a della guerra aveva dimorato in Asia Minore e aveva compiuto ricognizioni e studi del genere, aveva in ciò una speciale competenza. Trovandosi in Libia, venne richiesto il suo rimpatrio al governatore della Tripolitania e l'assegnazione al Corpo dì Spedizione. Secondo le informazioni cli Battistoni a metà aprile funzionavano regolarmente ambulatori italiani a Bodrum, Marmarizza e a Macri, ciascuno diretto da un ufficiale medico .96

LO SBARCO AD ADALIA Si attendeva una circostanza favorevole ed essa arrivò. Nella notte tra .il 27 e il 28 marzo una bomba ad alto potenziale esplose nel quartiere cristiano di Porta Nuova, vicino alle scuole femminili italiane, gestite dalle suore d ' Ivrea. Ferrante giudicò ì danni gravi, la situaz.ione molto critica per l' assenza delle minime garanzie di ordine pubblico della polizia loc,ùe. L' immediata conseguenza era un vivo allarme da parte della popolazione, senza distinzione di nazionalità, desiderosa di un clima disteso . 94 % 96

AUSSME,E-3, b. 6, f. 6/1. e, telegrnmnrn di Sechi a Parig i del 25/3/1 919. M. Petricioli, Archeologia e politica estera tra le due guerre, Firenze J988, p. 26. AUSSME, E-3, b. 6 , f. 6/2 b , Lelegramma di BallislOni a Comando Supremo del 18/4/ 19 19.

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La Regina Elena sì avvicina al porto di Aclalia

Senza aspettare altre direttive in proposito, alle ore 15 ciel giorno 29 il comandante della Stazione navale del Dodecaneso Ciano, eseguendo le disposizioni emanate da Sonnino, ordinò lo sbarco di due compagnie di marinai dalla nave Regina Elena, composte da quattro plotoni ciascuna per un totale di circa 300 uomini e 4 mitragliatrici, che iniziarono l'occupazione dalla periferia fino al centro del1a città . Ferrante nel darne la notizia a Rod.i precisò che l'azione era stata eseguita al fine di tutelare l'ordine pubblico, gravemente compromesso dagli ultimi avvenimenti. La popolazione, che aveva richiesto l'intervento, aveva accolto i marinai con sollievo . Il professor Pace in questi frangenti fu molto attivo, intuendo come le sue capacità di informatore militm·e potessero essere più utili di quelle di archeologo. Fu lui a consigliare le postazioni da presidiare, su quali fasce della popolazione premere per guadagnare simpatia e su come creare i presupposti per mantenere un clima non ostile. Grazie alla sua azione fu scoperto un deposito di esplosivo, un nascondiglio di armi e un concentramento di uomini, potenzialmente per.icolos.i. L'operazione militare era stata un primo successo , tuttavia la presenza dei marinai non poteva che essere temporanea e Sonnino ne era consapevole: «ignoro quanto tempo potranno rimanere terra nostri marinai. Loro presenzaAdal ia non potendo essere che provvisoria, sarebbe opportuno sostituirli con nostre truppe».9 7 Ecco quindi che l'ammiraglio Giovanni Sechi chiese a Diaz di preparare un contingente cli al97

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AUSS1v1E, E-3 , b. 6, f. 6/J e, telegramma del 1ninistero degli Affari Esteri~ Cavallero d el 1°/4/ 1919.


meno circa 400 bersaglieri armati di mitragliatrici, pronto a partire con il piroscafo Orione da Rodi al prìmo cenno del governo, così da concretizzare il primo avamposto della Marina, che in caso di cattivo tempo non avrebbe potuto tenere a lungo il Regina Elena nel porto di Adalia.98 Il tutto avvenne con il massimo riserbo e nella piena segretezza, tanto che il ministero degli Affari Esteri italiano progettò l'operazìone, tenendone all' oscuro persino il Presidente del consiglìo Orlando.99 Anche Caviglia non aveva notizie precise <<circa la estensione e gli scopi delle progettate spedizioni in Anatolia» , né le avevano il capo di Stato maggiore della Marina al quale venne riferito che lo sbarco ad Adalia era stato ordinato «per iniziativa del comandante Ciano d'accordo con funzionario Ministero Esteri, Ferrante, per ragioni di ordine pubblico». 100 L'avvenimento non poteva ce1to rimanere circoscritto e segreto a lungo. Il 2 aprile la delegazìone italiana presso la Conferenza della pace ufficializzò lo sbarco, motivando l' intervento come richiesta della popolazione locale, finalizzato a questioni cli ordine pubblico. Del resto la delegazione a Parigi cercò di sminuire l' accaduto e motivare la mossa come in linea con i dettami dell'armistizio. La comunicazione dello sbarco, fatta ai rappresentanti militari alleatì dal generale Cavallero, provocò vivaci reazioni , che non incisero però sull'accordo del 30 marzo per l'occupazione italiana cli Conia, stabilita da Dìaz e dal generale Wilson [ù1fi·a Reparto cli Conia]. Il 5 aprile in un incontro proprio tra Cavallero e Wilson, il primo precisò «che occupazione Adalia rìmane campo puramente militare anzi ordine pubblico motivata come est stato dà necessità dare protezìone popolazione locale». A conferma di ciò l'italiano mostrò alcuni telegrammi di Ciano «che danno eiettagli disordini avvenuti ad Adalia et in seguito ai quali est stata ordinata occupazione>>. 101 Questa comunicazione non venne data con tempestività al Quay d'Orsay, attendendo invece alcuni giorni, perché l'avvenimento non avrebbe dovuto intaccare l'onestà dell' Italia e turbarne la credibilità deì suoi rappresentanti. Difatti a Parigi per il 31 marzo erano attese le prime decisioni definitive sulla spartizione della Turchia, assegnando: Srnìrne e Aidin ai grecì, la pianura cli Cilicìa, le città cli Diyarbakir e Malatya con un cuneo fi no a Sivas ai francesi, l'Anatolia orientale agli inglesi, che nel frattempo erano sbarcat.ì a Muclania, e la Cilicia ìnterna e parte dell'Anatolia occìdentale agli italiani. La zona dei Dardanelli fu dichiarata territorio da sm ìlitarizzare e alle autorità turche rimase solo Costantinopoli e 120.000 chìlometri quadrati di entroterra asiatico comprendente Bursa, Kayserì, Angora, Amasia, Sinop e Samsun. Nel frattempo il 3 apr.ìle i marinai, come chiesto e per ordine di Elia .in accordo con Sonnino, furono affiancati da un contingente proveniente da Rodi a bordo del piroscafo Ligure, composto dal XXXI battaglione bersaglieri ciel Corpo di occupazione dell'Egeo, AUSSME, E -3, b. 6, f. 6/1 e, telegramma di Sechi a Diar. de l 1°/4il919. S . Crespi, Alla difesa (t/ta/ia in guerra e a Versailles, Milano, Mondadori I 941, p. 574. 00 ' L. Flussi, op. cit., p. 46. 0 ' ' AUSSME, E·3, b. 6, f. 6/2 a , telegrnmma d i Cavallero a Diaz del 6/4/19 I 9 .

9$

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IL capitano Ciano passa in rivista il battaglione di bersaglieri, appena sbarcato ad Adalia

composto da 450 uomini con 4 mitragliatrici comandati dal tenente colonnello Adolfo Mozzoni. Il contingente includeva anche un drappello di carabinieri comandati da un ufficiale, il tenente Bozza. Le nuove truppe effettuarono una ricognizione a seguito della quale Mozzoni accertò che Ada! ia non era adatta come base di rifornimento. Venne proposto come alternativa, essendo Rodi troppo distante , una base navale provvisoria a Marmarizza. L'8 aprile i marinai della Regina Elena fecero ritorno a bordo e il presidio della città quindi 1imase di esclusiva pertinenza dell'Esercito. Questa situazione, benché avesse colto le autorità locai i di sorpresa, non scuscitò nell'immediato lagnanze od opposizioni; anzi in un primo momento, esse accolsero con favore la presenza delle truppe italiane, alle quali fornirono anche cavalli e altri mezzi di sostentamento richiesti. Solo dopo alcuni giorni ne sentirono la scomoda ingerenza. Da questo momento iniziarono copiose e reiterate le richieste di allontanamento, adducendo l'inutilità dell'ulteriore permanenza militare italiana. Esse ovviamente non ebbero seguito, anzi ì reparti sbarcati nel mese di aprile iniziarono la successiva penetrazione nella regione seguendo la ferrovia Adalia-Burdur con l'intenzione di raggiungere Conia dove nel frattempo, nell'ambito di una riorganizzazione delle forze interalleate in Asia Minore , era stato distaccato un battaglione italiano in sostituzione dei militari inglesi. Il tentativo, comunque, non ebbe seguito a causa cieli 'opposizione britannica e pertanto le forze italiane si limitarono all'occupazione della fen-ovia e il battaglione cli Conia rimase come «unità separata delle truppe italiane in Anatolia». 102 102

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L. Flussi, op. cit., pp. 46-47.


Foto di gruppo davanti il comando italiano diAdalia: 1) tenellle colonnello Mozzoni 2) capitano Mussa 3) Jzet bey ( comandante presidio turco) 4) Mustafa bey (comandante battaglione turco) 5) Raouf bey (delegato <!{fari esteri) 6) Nigàn bey (ispettore di dogana) 7) Bakih bey (direttore di dogana)

8) tenente Bozza

La risposta greca al blitz italiano su Adalia non fu certo comprensiva e amichevole. Da Atene, l'addetto militare Caracdolo riferì voci cli nervosismo e cli una possibile risposta greca su Smirne, a seguito dello sbarco italiano ciel 29 marzo, episodio che aveva suscitato insoddisfazione anche nelle comunità elleniche dell'Anatolia. Attraverso la Croce Rossa greca, che vedeva ormai la sua presenza anche in territorio anatolico, Atene faceva capire che le sue mire non si limitavano a Smirne e Aidin, ma che avrebbero ricompreso anche località più a Sud, come Bodrum e Macri. 103 L'attività delle missioni sanitarie elleniche da questo momento in poi, oltre a un'attività di propaganda nazionale, ebbero in più di un'occasione il proposito di ostacolare o di calunniare l'attività di ricognizione delle unità della Marina italianaY14 A Vurla la sezione sanitaria, secondo le informazioni in mano agli italiani, stava non solo continuava l'introduzione clandestina di anni e munizioni , ma anche l'esportazione di contrabbando di bestiame e viveri per la Grecia. Parallelamente gli agenti militari e civili britannici continuavano in un'intensa attività di proselitismo verso la loro causa in larghi strati dell'élite ottomana.w5 Anche da parte francese l'atteggiamento verso l' Italia non era migliore. L'ex ministro dell'Interno, Rcscid bey, 106 ritenuto agente stipendiato dalla Francia (che gli verio, AUSSME, E-3, b. 6, f. 6/4 b, telcgramma di Caracciolo a Comando Supremo del 2/5/19 19. 10 " AUSSME, E-3, b. 6, f. 6/4 b, relazioni di Ciano inviate il 7/5/ I9 I9. 105 AUSSJ\,fE, E-3, b. 6, f. 6/4 b, telegramma di Lauro a ministero della Marina del 5/5il 919. 06 ' Bey: dal turco antico Beg ovvero "signore", il termine nato in epoca moderna come identificatko di vassallo del Sultano, acquisì in scgaito il significato più ampio di responsabile fiscale o militare di una circoscrizione amministrativa del'Impero, per poi diven ire comune appellativo di rispetto. 59


Sentinelle italiane e ottomane all'ingresso di una moschea adibita a deposito di munizioni. Si riconosce il colonnello Mozzoni ( al centro con il copricapo piumato) e il tenente Bo:a,a (ultimo a destra in. seconda.fila).

sava 2.500 franchi mensili), pubblicò una lettera aperta «contro l'occupazione italiana cli Aclalia e contro ce1te esagerate pretese dei Greci». La missiva era stata stampata nella tipografia del "Journal de Genève" , ma ancora non era stata messa in vendita, né in distribuzione, ma venne inviata ad alcune personalità e autorità. Conoscendo la vicinanza di Rescid bey a Parigi, i turchi erano ritenuti a credere che la Francia fosse contraria all'azione italiana e risvegliare in lei una simpatia recentemente sopita.107 Il contesto non appariva molto incoraggiante per le ambizioni italiane. Una serie cli. fattori, tra cui ]a continua propaganda anglo-ellenica, nonché lo sbarco ad Adalia, avevano provocato la perdita della posizione privilegiata che l'Italia aveva saputo ritagliarsi tra larghi strati delle comunità locali. Per esempio si era formato un "Comitato cli difesa dei diritti ottomani", organo rappresentivo di notabili e di amministratori locali, che risultava facilmente manovrabile, anche in funzione di una sua delega-

'°7 AUSSME, E-3, b. 6. f. 6/4 b, bolle ui.no speciale de.Jl'ufticio infonnazioni dell~ Marina del 60

14/5/1919.


zione in partenza per Parigi, finalizzata a rappresentare i propri diritti.108 In questo senso, se i maggiori timori ancora provenivano da Atene e da Parigi, non andava dimenticata la pos.sibile reazione dello Stato turco e della sua popolazione, che non avrebbe troppo tollerato questa intrusione, malcelata come tutela dell'ordine pubblico , e sempre più vista come vera e propria occupazione militare, arbitraria e inopportuna. Il maggiore dei carabinieri Giovanni Battista Carossini, legato ali 'attività cli Caprini a Costantinopoli, ma sempre più impiegato con compiti informativi a Smirne, riferì che l'elemento musulmano, in precedenza amichevole, aveva anche protestato con vivacità. Un Ferrante, molto preoccupato per questa situazione in divenire, comunicò ali' Alto commissario italiano di alcune voci , che avrebbero voluto l'immenente arrivo ad Aclalia cli un battaglione turco. Sforza si rivolse quindi al Gran Visir in proposito . Con una certa risolutezza, chiarendo la stima per il criterio politico ottomano, il diplomatico toscano non lesinò anche giudizi cli carattere comparativo. T1 governo di Costantinopoli non aveva mai minacciato con la forza le altre potenze, in caso dì occupazioni; cli conseguenza un 'azione di questo tipo rivolta all'Italia sarebbe stata interpretata come «non amichevole» e per questo causa di «grave responsabilità» . Se per la Consulta, questo linguaggio poteva sembrare troppo duro, venne giustificato da Sforza come segno di autorevolezza, dopo le reiterate richieste del gran vizir di richiamare il battaglione italiano, qualora l'ordine fosse stato ristabilito.L'Alto commissario non solo riteneva fondamentale il battaglione ad Adalia, ma spronava il governo a proseguire così: «Bisogna sopratutto evitare che una politica cli amicizia sia dai turchi interpretata come politica di debolezza. Per parte mia raccomando ancora più occupazione Budrum e Macri». 109 Intanto Sonnino ritenne necessario che la Marina mantenesse delle unità in permanenza davanti alle località costiere di Kuluk, Bodrum, Marmarizza e Macri in modo da poterle occupare con reparti di pronto impiego, qualora le truppe greche avessero accellerato con un'avanzata su Sm irne. li ministero precisò che le truppe italiane non dovevano occupare le province di Smirne, Aidin ed Egerd ir, perché esse erano state riservate dalla Confemza della pace ai greci, i quali per questo già avevano inviato circa 3.000 uomini nel territorio di Smirne camuffati con abiti civili . A partire dal mese di aprile, intanto, sia la stampa greca sia quella anglo-francese coglieva ogni pretesto per attaccare e mettere in cattiva luce l'attività italiana in Turchia e nelle regioni limitrofe, giudicata cospirativa e scorretta. Alcuni giornali francesi pubblicarono la notizia che dieci navi della Marina italiana avevano attraccato nel porto di Smirne. S i trattava evidentemente di informazioni false , divulgate allo scopo di creare i presupposti per uno sbarco greco nella città anatolica.11 Caracciolo da

°

08

AUSSME , E-3 , b. 6, L 6/4 b, bollettino speciale dell ' ufficio informazioni della Mari na del 3/5/ 19 19 . AUSSl'vfE, E-3 , b. 6, f. 6/2 b, telegramma cli Sonnino a Cavallero ciel J8/4/1919. 110 L. Flussi, op. ciL, p. 47. '

109

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Atene invece rese note alcune illazioni che vennero messe in giro ad arte, che volevano non solo la presenza di una fitta rete di agenti italiani in Anatolia, ma anche l'azione di una squadra di ingegneri con il compito di studiare il progetto per il tronco ferroviario Adalia-Burdur. Ovviamente, qualora queste notizie fossero state confermate o solamente ripetute, avrebbero creato non poco risentimento negli ambienti economici inglesi, visti i priveligi esclusivi che essi detenevano i.n fatto di collegamenti su ferro in Anatolia. 111 Era per questo motivo che per osteggiare le pericolose influenze greche era necessario per Elia e Battistoni, in accordo con la Marina, inviare elementi adatti a stabilire a Smirne un servizio informazioni adeguato allo scopo e finalizzato a rimanere in collegamento diretto con le autoritĂ militari.

11 1 AUSSME,

62

E-3, b. 6, f. 6/4 a , telegramma di Caracciolo a Comando Supremo del 28/4/1919.


Capitolo Secondo Formazione del Corpo di Spedizione LE UNITÀ

Mentre ad Adalia la situaz.ione si sera sbloccata con l' intervento del battaglione bersaglieri proveniente da Rodi, nel frattempo procedeva la designazione e la formazione del Corpo cli Spedizione vero e proprio, quello che aveva H compito cli procedere in maniera consistente all'occupazione della zona attribuita all'Italia . Per ragioni cli opportunità politica, come del resto era accaduto per Aclalia, appariva fondamentale la massima segretezza e un pretesto che giustjficasse l'intervento . La possibilità che i greci muovessero su Smirne, nei piani di Sonnino , era un più che valido motivo per far scattare l'intervento italiano, non volendo avvantaggiare Atene p.iù di quanto la Conferenza della pace avesse già fatto, sottraendo ulteriori diritti e benefici, che Roma clava per scontati come propri. Evitare avanzate della Grecia in territori non dj sua competenza era fondamentale, anzi quasi vitale per la delicata trattativa diplomatica in atto al Quai d'Orsay. Dopo lunghe discussioni, corredate da ipotetici spostamenti di reparti sulle carte, il Comando Supremo decise che le unità cl,a impiegare, per ragioni di efficienza e poca visibilità dovevano essere tolte dalla 33A divisione della 3A armata. Dovendo trasferire la brigata Sassari a Torino in servizio di ordine pubblico ,' gli effettivi disponibili della divisione erano di massima quelli della brigata Livorno con i relatjvj 33° e 34° reggimenti di fanteria, con l'aggiunta del IV battaglione bersaglieri ciclisti , proveniente dal I gruppo, destinato alla 3" armata. Il comando della 33A divisione, che doveva essere sciolto, venne invece costituito in modo da convertirsi in vertice del Corpo di Spedizione in Anatolia;2 in totale la forza da impiegare era quantificabile in 15 .000 uomini. La composizione del Corpo non era mutata rispetto a quanto in precedenza ipotizzato; si erano resi necessari solo altri approfondimenti per completare gli studi e raccogliere dati per l'effettiva spedizione. Il generale Gi.useppe Battistoni, ormai accreditato come comandante del Corpo di Spedizione, insieme al capitano Tamassia si imbarcò con U postale da Gallipoli lunedì 31 marzo e arrivò a Rodi mercoledì 9 aprile. Nell'isola dell'Egeo, come si è visto , aveva già preso contatti con le altre autorità militari e civili italiane per studiare il piano di occupazione delle località costiere. 1119 aprile per ordine di Elia tutti gli elementi , i reparti e i servizj dell'ex spedi zione Rivieri che si trovavano a Rodi , fatta eccezione per il 4 ° reggimento spe'V. Gallinari, op. cit., p. 109. AUSSME, E-3 , b . 3, r. 3/l , telegramma di Guzzoni del 31i3/19 19; alternativarnente il nome del Corpo lo si trova Cùn la dicitura "spedizione", altre "occupazione'' e a vo.lte è corretlo a man(). 2

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Cartolina commemorativa delle campagne (tra cui l'Anatolia) del 33° reggimento fanteria Livorno 64


ciale, passarono agli ordini di Battistoni. li reparto mitragliatrici Colt, pur dipendendo dal comandante del Corpo di Spedizione, per il momento per le questioni organiche e disciplinari rimaneva amministrato dal comando del 34° reggimento fanteria. Il personale, che a quella data prestava servizio alla dipendenza di elementi del Corpo d'occupazione, continuava nelle stesse mansioni. e sarebbe stato con gradualità disimpegnato a mano a mano che Battistoni ne avrebbe richiesto a Elia la necessità e l'opportunità. Il ministero della Guerra incaricò il comando di Elia di costituire una base logistica a Rodi per il Corpo cli Spedizione. Un elemento sempre presente nelle comunicazioni interne era la prescrizione cli limitare al minimo la diffusione degli scopi della mjssione e delle destinazioni degli sbarci. Massima riservatezza e segretezza erano il fattore principale. Ai militari venne comunicato di essere destinati a Conia, località già attribuita per competenza all'Italia in accordo con. gli Alleati.

IL PERSONALE Battistoni, nell 'intento di circondarsi di persone fidate e capaci, presentò al Comando Supremo l'elenco degli ufficiali, che avrebbe gradito far destinare al Corpo. Nella lista erano compresi alcuni già prese11ti nell'Egeo, altri della 33" divisione e altri da lui. personalmente conosciuti, appartenenti alla 26" divisione e che avrebbe voluto avere con sè. Fra questi vi erano alcuni ufficiali di complemento e della milizia territoriale che avrebbero accettato molto volentieri di prorogare il loro congedo e cli seguire il servizio, qualora fossero destinati a seguirlo. Il trasferimento non avrebbe creato nessun danno alla 26" divisione in considerazione degli imminenti congedi, qualora questi elementi non fossero destinati in colonia. Queste richieste erano motivate dalla deficienza di organico nella JJA divisione , di cui il generale aveva riscontrato l'entità. Con urgenza era necessario il completamento soprattutto per quanto riguardava la sezione di sussistenza, l'ufficio di commissariato e l'integrazione di uomini di truppa per il funzionamento ciel nucleo comando, come uno scritturale e un dattilografo. Battistoni chiese l'assegnazione del colonnello Umberto Testa, come capo di Stato maggiore, ora al comando dell'8" armata, mentre propose il rimpatr.io del capitano Da Bove, del maggiore commissario Marchi, del maggiore di cavalleria Cardassi, lasciando invece al comando il maggiore Maugeri e il tenente veterinario Rivera. Secondo l'elenco fornito da Battistoni il comando del Corpo di Spedizi.one sarebbe stato così composto: - Comandante: maggiore generale Battistoni commendatore Giuseppe 65


- Ufficiale d'ordinanza: da destinare - Capo di stato maggiore: colonnello Testa cavaliere Umberto. Ora al comando 811 armata - recapito 33" divisione - Sottocapo di stato maggiore: tenente colonnello Giordano ( che è già a Rodi) capitano Bisesti Cesare (in S.A.P. note categoria - ora è al comando della 26" divisione) capitano complemento ingegnere Sassella Mastino (ora è al comando 2611 divisione - è al comando di Como - classe 1889) - Ufficio servizi: capitano complemento Senes Guglielmo (classe 1890, corso di Como, avvocato, ora al comando 2611 divisione) capitano Tamassia (in S.A.P. corso di Torino, è al comando 33" divisione) -Addetti ali' Ufficio del capo di stato maggiore per i servizi politici, commerciali, agricoli, industriali, lavori pubblici: segretario particolare del comandante, capitano della milizia territoriale Fauda cavaliere Giuseppe (classe 1887, ora al comando 2611 divisione) [Battistoni lo chiede con insistenza] capitano Da Bove (pare sia a Rodi) capitano Carossini ( ora in Libia) capitano Basso (ora credo a Smirne) capitano Fago Vincenzo (a Smirne) [questi 4 Battistoni non ti conosce e si riserva di destinarli a vari incarichi in base alle loro competenze e attitudini] - Informazioni e propaganda: capitano Tieri avvocato Giuseppe (di complemento, classe 1887, ora alla 26" divisione, può servire anche per ufficio segreteria) - Ufficio Marina: un tenente o sottotenente di vascello (da destinare) - Comandante del genio: maggiore Grosso cavaliere Luigi (ora alla 26" divisione, ottimo elemento coloniale) [Battistoni lo chiede con insistenza] capitano del genio Persico (già a Rodi) 66


- Ufjìcio sanità (quello della 3311 divisione): maggiore medico Sorbara cavaliere Duilio (della 3311 divisione) ufficiale ora adatto - Ufficio di commissariato con servizio cassa: maggiore commissariato Ulrico Levi ( quello della 33" divisione) 4 subalterni 1 cassiere 1 controllore - Ufficio veterinario: capitano veterinario Barbanti dott. Silvano (10° deposito r(fornùnento quadrupedi 8 11 armata) alrneno 3 subalterni ( quelli che sono ora alla brigata Livorno) - Quartier generale: comandante, capitano Liccioli Mario (della milizia terrir.oriale, volontario di guerra trentino, ora alla 2611 divisione, aspira a passare in servizio permanente e.f .fettivo) i~ffìciale d'amministrazione, Accardi Giuseppe (di complemento, classe 1896, ora alla 2611 divisione) - Interpreti: di turco (da destinare) di greco di inglese Ufficio cartografico e fotografìco. Lo si ritiene indispensabile, occorre sia munito almeno di tavolette pretoriane, altimetri, livello Egault e tacheometri.3 Il Comando Supremo non assegnò a Battistoni il maggiore Carta (perché già destinato ad altro reparto), gli vennero inv.iati però i capitani Trieri e Fauda e gli interpreti di turco e greco (sottotenente Rossi) e di inglese (tenente Miglìorini). Per .la funzione di scritturale e di dattilografo, si rispose di cercare in loco. A Rodi attendevano il tenente colonnello di Stato maggiore Eduardo Giordano e il capitano del genio Persico, mentre il capitano Tamassia era già al seguito ciel generale. Si confermò che a Rodi era presente il capitano di complemento degli alpini Da Bove, che però aveva chiesto il rimpatrio (essendo funzionario coloniale e classe 1881) e vi erano anche reparti del l'antica spedizione Rivieri., tra cui una compagnia -' AUSSME, E-3 , b. 3, f. 3/J , nota di Battistoni.

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genio zappatori, un reparto mitragliatrici Colt, due sezioni radiotelegrafiche. Ma ciò non bastava. Erano molti gli ufficiali studenti in attesa di congedo, molti soldati di truppa di classi cli leva destinate al rimpatrio. Si era già chiesto al ministero per le relative sostituzioni ai reparti, ma ancora non si era ricevuto adeguato riscontro . Badoglio chiese tuttavia a11'8A armata di mettere a disposizioni uomini e materiali per la 33A divisione, nella persona ciel colonnello Testa, capo di Stato maggiore della stessa, nonché uomo di fiducia dì Battiston i. Nel dettagglio la composizione delle unità dei servizi del Corpo di Spedizione era molto varia, ma non tutta operativa e bisognosa cli rincalzi urgenti. La forza della mezza compagnia telegrafisti era così composta: ufficiali 2, truppa telegrafisti 120, truppa treno 24, però i due ufficiali erano in procinto cli rimpatriare perché studenti e 115 telegrafisti perché della classe 1900. La forza dei carabinieri era: ufficiali 1, carabinieri 40. La forza dei reparti mitragliatrici Colt era: ufficiali 1, truppa 38, armi 8. Reparto mancante di qualsiasi mezzo di trasporto. La forza della mezza sezione sussistenza era: ufficiali 1, truppa sussistenza 14, treno 2. La forza della mezza sez.ione sanità tutta carreggiata era: ufficiali medici 2, ufficiali amministrazione 1, cappellano 1, truppa sanità 26, truppa treno 10, automobilisti 5. Anche qui alcuni attendevano il rimpatrio: l'ufficiale di amministrazione perché studente e i 26 truppa sanità perché della classe 1884. La forza degli ospedaletti era: ufficiai.i medici 2, farmacisti 1, truppa sanità 5, truppa treno l. Di questi dovevano rimpatriare i due ufficiali perché studenti e i 5 uomini di sanità perché classe 1884. Ai primi di aprile si dispose di tenere pronti per l'imbarco a Trieste il IV battaglione bersaglieri ciclisti, la I 86A batteria montagna, la 59A sezione radiotelegrafisti, U 50° autoreparto al completo, la sezione carabinieri e la mezza sezione sanità carreggiata. Le unità in partenza da Trieste si dovevano unire ad alcune gi11 dislocate a Rodi. Dei reparti provenienti clall 'Italia erano fissati per Ada! ìa un reggimento fanteria su due battaglioni, un battaglione bersaglieri ciclisti, una batteria da montagna, più l'aliquota servizi partenti, mentre la mezza sezione sanità carreggiata, una sezione carabinieri erano quelle partenti da Rodi; per Marmarizza erano invece un battaglione fanteria, una stazione radio, una squadra sussistenza, partenti da Trieste. Fino al porto giuliano il trasporto di tutti i reparti della 33A divisione, tranne il XXXIV gruppo obici che sarebbe rimasto al comando della 3A armata, sarebbe avvenuto per fen-ovia cominciando nell'ordine seguente: in un primo tempo 33° reggimento fanteria, comando 33A divisione, compagnia telegrafisti e mezza sezione sussistenza. In un secondo tempo comando brigata Livorno con 59A e 455/\ compagnia mitragliatrici , 34° reggimento fanteria, comando LII battaglione genio zappatori, 70A compagnia zap68


patari genio, mezza sezione sussistenza e sezione sanità. Per tutti. questi repar1i il carico era a Pasian Schiavonesco (località denominata così fino al 1923 , oggi Basiliano) e lo scarico a Trieste, dovendo prendere imbarco in quel porto. In ultimo, era la brigata Sassari, che avrebbe caricato i suoi effettivi a Pasian Schiavonesco, rimanendo a disposizione del comando della 3" armata, e scaricando nella stazione, che eletto comando avrebbe fissato in relazione alla sua dislocazione definitiva. La forza complessiva da imbarcare a Trieste era di circa I 0.000 unità, predisposta per effettuare gli sbarchi nelle località di Adalia, Kuluk, Marmarizza e Scalanova. Era cos1 composta: comando di.visione (400 uomini), l brigata completa di fanteria

I bersaglieri ciclisti in forze al Corpo di Spedizione in Anatolia 69


(5.900), gruppo ciclisti (1.500), gruppo artiglieria da montagna (800), I compagnia telegrafisti (250), I sezione radio (60), sezione sussistenza (100), 2 reparti sonuneggiati sanità (220), I ospedaletto (100), 1 comando battaglione e 1 compagnia zappatori (300), 4 stazioni foto (40), mezza sezione Forni Weiss ( 100), autoreparto ( 150). Arrivato a Trieste, il comando della 33A divisione avrebbe preso il comando di

tutti gli elementi, che dovevano essere imbarcati in 4 scaglioni: l) comando 33° reggimento fanteria con due battaglioni e corrispondente aliquota salmerie; I V battaglione bersaglieri ciclisti; 186A batteria montagna; metà della 33A sezione sussistenza; 190A sezione autocarri; una stazione della 59A sezione radio; un plotone della 133A compagnia telegrafisti; 6 forni modello 97 . 2) comando 33A divisione esclusi carabinieri, un battaglione del 33° regg.imento fanteria con corrispondente aliquota salmerie; una stazione della 59A sezione radio con comando sezione; una squadra della 33A sezione sussistenza. 3) un battaglione 34° reggimento con aliquota salmerie corrispondenti; I gruppo battaglioni ciclisti con battaglioni V e XII; un plotone della 133A compagnia telegrafisti; una stazione della 59A sezione radio; 117° reparto sommeggiato sanità; una squadra della 33A sezione suss.istenza; 6 forni modello 97; 232A sezione autocarri; una stazione fotoelettrica. 4) comando brigata Livorno con 59A e 455A compagnia mitragliatrici; 2 battaglioni 34° reggimento fanteria con corrispondenti aliquote salmerie; XL gruppo artiglieria montagna con 188/\ e 190" batteria; 33" sezione carabinieri; 379° plotone carabinieri; LII battaglione genio zappatori con 70A compagn.ia; metà della 133" compagnia telegrafisti; 133° reparto sommeggiato sanità; 118° ospedaletto da campo; 12 forni modello 97 sommeggiati; 50° autoreparto con sezioni 382A e 437" e mezza 1013"; 2 stazioni fotoelettriche.4 Le unità della 33" divisione da imbarcare iniziarono ad affluire nelle zone .circostanti a Trieste e il colonnello Testa informò che il comando della 3A armata aveva ordinato che anche gli elementi d.is]ocati nella zona di Udine e cli Adelaberg dovessero essere avvicinati a Trieste, mentre il 33° reggimento fanteria, che vi era già accantonato, doveva per ragioni d'alloggiamento, essere dislocato fuori dalla città a distanza non superiore a una tappa. Il comando di divisione invece sarebbe rimasto a Trieste, in via ciel Belvedere numero 11. Solo il 6 aprile la brigata Livorno fu autorizzata dal Comando Supremo a rivolgersi ai deposti reggimenti dipendenti per attingere i complementi di ufficiali e di truppa necessari all'integrazione dei reggimenti stessi. Gradualmente le unità e i reparti di fanteria, dei ciclisti, d'artiglieria, del genio e la mezza sezione forni iniziarono a essere abbastanza a buon punto di preparazione, mentre le deficienze, in procinto cli es., AUSSME, E-3, b. 3. f. 3/l, telegramma di Badoglio del 3i4/l 919.

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sere appianate, non avevano valore apprezzabile nell'efficienza dei reparti. Gravi lacune invece erano per il servizio sanitario e di commissariato. Problematica era la situazione dei reparti di comando e servizi . Ai primi di maggio, su sua proposta venne segnalato il tenente colonnello Attilio Pera de1 deposito dell '84° reggimento fanteria Venezia, per essere impiegato nel Corpo di Spedizione , quale comandante di uno dei reparti. Infatti risultava che il I battaglione del 34° reggimento fosse comandato eia un capitano. Grave era la mancanza cli ufficiali medici, dei quali ne occorrevano almeno 4 per la brigata Livorno, 3 per il I gruppo batterie da campagna e l per il XL gruppo da montagna. C'era bisogno anche che venissero assegnati due specialisti (1 oculista e l odontoiatra), in sostituzione di due altrettanti ufficiali medici, al 118° ospedaletto da campo. L' ufficio commissariato divisionale aveva assoluto bisogno di essere completato del personale. Per le sue deficienze si trovava già pesantemente in difficile

Cartolina commemorativa del 34° reggimento fanteria Livorno 71


condizione di funzionamento e sarebbe stato impossibilitato a esplicare il proprio mandato nelle varie basi di sbarco, fra le quali era necessario che si suddividesse , probabilmente in tre locali tà diverse e lontane. Per tale necessità occorreva l'assegnazione degli ufficùùi di commissariato richiesti e non di altra specialità a esempio d'amministrazione. Urgeva anche la costituzione di un magazzino/deposito d'artiglieria, assegnandovi almeno un ufficiale consegnatario con qualche sottufficiale e qualche operaio per far funzionare un piccolo laboratorio. Anche lo stesso comando di divisione risultava carente di personale. Essendo stato in via di scioglimento, pertanto si trovava sprovvisto di personale di truppa (dattilografi, scritturali, disegnatori, etc.). Questo personale venne richiesto al comando della 3" armata, mentre non erano ancora giunte le squadre topografiche, per le quali già era stato emanato l'ordine di costituzione e di assegnazione. Tutte le richieste erano state fatte con insistenza al comando della 3" annata, che però non sembrava essere in grado di fornire tutto questo personale specializzato.

LOGISTICA

Secondo gli ordini ciel generale Batt.istoni vennero predisposte anche le direttive logistiche per le dotazioni di reparto. Per il servizio sanitario , de] genio e d'artiglieria, gli scaglioni avrebbero avuto su.i piroscafi una dotazione cli materiale occorrente ai primi bisogni. Data l' urgenza, i materiali erano in via cli raccolta o d'acquisto a Trieste. Gl:i scaglioni sarebbero partiti con quindici giornate di viveri. a] seguito. li successivo primo rifornimento sarebbe dovuto consistere in almeno sessanta giornate di viveri complementari, avena e foraggio e trenta giornate cli viveri di riserva, conforto e tabacchi; ciò sarebbe servito a costituire dei depositi viveri alle basi di sbarco. Del quantitativo menzionato sarebbe stato indispensabile che una metà almeno, fosse fatta affluire prima dello scadere di otto giorni dalla data di sbarco delle truppe. Per il fabbisogno dell'Anatolia avrebbe provveduto il deposito vettovagliamento con base a Napoli che già serviva l'Egeo e la Libia , perché Taranto risultava già saturo per i rifornimenti cieli' Albania e della Macedonia. La 33" divisione avrebbe informato il comando cli Rodi del necessario e questo Io avrebbe comunicato a Napoli, che avrebbe provveduto con rifornimenti periodici verso l'isola. Per garantire 1'efficienza delle dotazioni eia inviare, si pregava di trasmettere con tempestività le richieste periodiche necessarie agli effettivi della divisione. Del resto, nell'impossibilità di rifornire per vi.a immediata clall 'ltalia d.irettamente in Anatolia le truppe, Rodi venne prescelta come base secondaria, meglio rispondente alla gestione operativa, con dotazione di trenta giornate viveri corrispondenti alla forza del Coq)o di Spediz.ione, vista l' impossibilità logistica a utilizzare i porti anatolici. Nel frattempo però venne ordinato che da Napoli giungessero coJà scorte cli derrate per un fabbisogno cli tre mesi e fo72


raggi per un mese. Il trasporto tra Rodi e l'Anatolia sarebbe stato effettuato da due piccoli piroscafi, forniti dal ministero dei Trasporti. La cassa militare clell 'isola avrebbe garantito iJ supporto amministrativo e finanziario ciel Corpo. Con lo stesso scaglione di primo riforn imento sarebbe giunto anche il magazzino avanzato vestiario ed equipaggiamento. Le questioni relative ali' invio cli derrate e materiale dovevano invece essere trattate direttamente con l'intendenza per l'Asia Minore e con la delegazione trasporti. Per il rifornimento della benzina e dei lubrificanti era stata prospettata alla delegazione trasporti la questione del quantitativo occorrente al seguito degli scaglioni. Il parco dei mezzi cli trasporto assegnati alla 33A divisione per la spedizione era composto eia 150 autoveicoli, suddivisi tra i vari scaglioni da poter usare una volta sbarcati. Per questo si richiedevano dieci giornate cli benzina e lubrificanti per il fabbisogno giornaliero complessivo di circa 9 tonnellate cli benzina in aggiunta ai lubrificanti. Gli ulteriori rifornimenti sarebbero stati effettuati dall'intendenza per Asia Minore di Taranto. La 3A annata aveva difficoltà a provvedere al foraggio e al vino. Si pregò di predisporre che i piroscafi per il trasporto, diretti a Trieste, fossero già provvisti di 10 razioni cli foraggio e 10 razioni di vino , rispettivamente per il quantitativo dei quadrupedi e degli uomini imbarcati sui singoli piroscafi. Vennero nel frattempo richiesti anche i mezzi per lo sbarco, una volta in zona d'operazione. Si decise che essi sarebbero stati forniti strada facendo , in un porto durante il viaggio, come per esempio Bari. Per la preparazione sanitaria, Testa chiese di precisare la data di partenza, per avviare in tempo la pratica dei vaccini alla truppa ( occorrevano dieci giorni per fare effetto) e per evitare così spreco di chinino nella profilassi antimalarica. Battistoni rispose in maniera seccata, dovendo aspettare ancora ordini in proposito da Parigi e sottolineando che per il viaggio erano occorrenti almeno sei giorni, periodo sufficiente per non rendere la questione urgente. Benché il Tesoro avesse messo a disposizione 4 milioni in valuta locale per il Corpo cli Spedizione, Badoglio predispose che la Cassa militare di Trieste fornisse i fondi che la 33A divisione avesse ritenuto necessario. Il trattamento economico per le truppe sarebbe stato quello delle truppe operanti in Italia, senza ulteriori indennittà. Per regolarizzare le posizione e le identificazioni dei reparti, dispose che, la compagnia genio dovesse cessare di chiamarsi "Compagnia specialisti" e chiamarsi invece "262A compagnia zappatori", con il deposito del 1° reggimento genio zappatori (Pavia), e sempre assegnata al LII battaglione gen io zappatori appartenenti alla 33" divisione. Il 19 aprile si ritennne opportuno costituire, al posto della sezione operante dell'ufficio postale della 33A divis.ione, un vero e proprio ufficio autonomo. Tale determinazione venne presa in considerazione del fatto che i due uffici in Anatolia dovevano essere situati a così rilevante distanza. Per comunicare dall'uno all'altro sarebbe stato necessario un percorso di ventiquattro ore, come ebbe a riferire il cli73


rettore della Posta militare della 3" armata, dopo aver conferito con il capo di Stato maggiore della 33" divisione. Il nuovo ufficio postale sarebbe stato distinto con il numero 162 e avrebbre avuto come titolare l'ufficiale postale signor Sermonti Nello , assimilato a sottotenente già partito per Trieste, dove l'ufficio si sarebbe costituito. Nel contesto di massima sicurezza, un fattore non da poco era quello inerente alla con-ispondenza con l'Italia. Ai primi di aprile Battistoni chiese che il piroscafo postale passasse anche per Lero (sua sede, in attesa dell'arrivo del comando della 33" divisione) sia in andata che nel ritorno sulla tratta Taranto-Gallipoli-Pireo-PatrassoSmirne-Rodi. In questo senso si studiò un modo per evitare il più possibile i porti greci e utilizzare al meglio Rodi come centro di diffusione , ma le isole cli Lero e Cos rimanevano, seppur collegate settimanalmente, secondarie rispetto alle tratte principali. Ragioni di sicurezza portarono a posticipare la possibilità cli inserire anche porto Laki (Lero) tra le tappe del servizio proveniente da Taranto.5 Cessato il motivo di riservatezza a fine maggio, a sbarch i avvenuti, venne riesaminata la necessità degli scali , ormai in relazione alle nuove dislocazioni del Corpo di Spedizione sulla costa e dei collegamenti con il suo comanclo.6 Come attrezzature speciali per il Corpo di Spedizione si ritenne indispensabile l'invio di un centinaio di bussole speciali luminose Salmoiraghi e dell'istruzione Deriaz. Si propose di far stampare anche 400 copie della pubblicazione meteorologica climatica sull'Anatolia a opera dell 'ufficio meteorologico di cui, 250 per il Corpo di Spedizione in Anatolia, 50 per il Corpo d'occupazione dell'Egeo e le rimanenti per i comandi. e i ministeri. Il materiale era necessario perché il territorio appariva molto aspro, in parte montagnoso, in parte desertico. Il 17 aprile Battistoni, dopo essersi appellato al Comando Supremo, si rivolse a Elia per richiedere un ufficiale di marina da aggregare al Corpo, «la cui necessità per la effettuazione degli sbarchi, per la utilizzazione del naviglio, per la sorveglianza costiera è evidente».7 Il ministero della Marina però non ritenne opportuno procedere a tale assegnazione, proponendo che Battistoni dovesse prendere accordi diretti con il comandante della stazione navale di Rodi, il quale ravvisandone la necessità avrebbe potuto indicare temporaneamente un ufficiale per lo scopo. Tale necessità per Battistoni si manifestava come urgente, considerata l'organizzazione delle località scelte per la costituzione della base, di quelle di sbarco , dei. mezzi cli attracco e di scarico dei piroscafi e de]le località di deposito derrate e materiali. Per poter riferire in proposito era necessario che Battistoni potesse eseguire o far esegui.re subito una o più ricognizioni a Marmarizza, Bodrum, Kuluk, Scalanova e Lero; ricognizioni per le quali occorreva evidentemente il competente ausilio dell'ufficiale di marina. Per la costituzione della base Battìstoni non ritenne opportuno costituirla subito in località della costa, prima che le truppe vi si fossero affermate e avessero guadagnato 5

AUSSME, E-3 , b. 6, f. 6/3 a, promemoria di Guizon i del l5/4l?J/1919. AUSSME, E-3, b. 6, f. 6/3 a , telegramma di Badoglio a Battistoni del 16/5/ 1919. 7 AUSSME , E-3, b. 7, f. 7/4 d , lettera di Battistoni a Elia del 17/4/1919. <o

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un certo spazio in avanti. Sarebbe stato pertanto desjderio, che in primo tempo la base fosse costituita in parte a Rodi e jn parte a Lero , donde i materiali e le derrate sarebbern state inviate a Scalanova, Kuluk o in altre località, solo successivamente, nella misura richiesta dai bisogni immediati. Analogamente doveva farsi anche per le truppe. Sembrava conveniente che i reparti provenienti dall'Italia fossero prima sbarcati a Rodi e a Lero, sia per dar loro modo di riposarsi dal viaggio, riordinarsi e completare la loro organizzazione, sia perché uno sbarco in massa sulla costa non appariva conciliabile con le esigenze politiche e internazionali ciel momento. Per questo, conveniva valersi di Rodi e di Lero come serbatoio del.la truppa da inviarsi poi sulla costa alla spicciolata, quasi per infiltrazione. Tutto ciò avrebbe richiesto continui trasporti cli truppa e cli notevoli rifornimenti fra le isole e la costa. Pertanto l'opera dell' ufficiale di marina era e aveva un carattere cli continuità sia nei riguardi della disponibilità dei mezzi di trasporto, sia nei riguardi delle modalità del loro impiego. A fine maggio Badoglio si interesserà su dove i militari si sarebbero dovuti concentrare. Venne stabilito che i militari da avviare al Corpo di Spedizione, sia per le nuove assegnazione, sia per il ritorno dalla licenza, dovevano essere fatti affluire a Napoli, presso la base dei rifornimenti per l'Egeo e l'Anatolia. Dal capoluogo campano i militari, per cura dell'Ufficio trasporti militari marittimi, avrebbero proseguito direttamente con i piroscafi requisiti adibiti al servizio rifornimenti o altrimenti sarebbero stati inviati per ferrovia a Taranto, per farli imbarcare con il postale, che ogni settimana, il venerdì alle ore 16, partiva per Rodi. Considerato però che il numero cli militari che poteva essere trasportato a mezzo del postale era assai limitato, i militari potevano tuttavia essere concentrati presso il deposito truppe coloniali cli Napoli, con il quale era in relazione l'Ufficio trasporti militari marittimi.8 Una volta sbarcati a Lero, i reparti e i servizi ciel primo scaglione della 33" divisione dovevano passare sotto la dipendenza del comando del Corpo di Spedizione. Il contingente avrebbe osservato alcune disposizioni per gli accantonamenti, i lavori e i servizi. I reparti di fanteria, man mano sbarcati, avrebbero provveduto alla sistemazione riegli alloggiamenti e al riassetto delle principali mulattiere, secondo gli ordini che sarebbero stati dati loro dal comando della brigata Livorno. Questo doveva infatti subito stabilire una rete cli "posti di corrispondenza" fra i vari alloggiamenti jn funzione degli ordinari bisogni e, soprattutto, per istruire il personale in questo vitale servizio, che in avvenire poteva, in molte circostanze, assumere grande importanza. Gli effettivi ciel genio, agli ordini del maggiore Luciani, dovevano provvedere con la mezza compagnia zappatori alla sistemazione della banchina e del piazzale di Porto Laki e alle riparazioni occorrente agli zatteroni; con la mezza compagnia telegrafisti all'impianto di una rete telefonica volante fra un centralino a Porto Laki e i comandi della brigata Livorno del 34° fanteria e ciel battaglione cl islocato alla Baia di Parteni; con il personale delle stazioni radiotelegrafiche della divisione a rinforzare il perso8

AUSSME, E-3 , b. 6 , f . 6/3 a. telegramma di Graziosi a Comando Su premo del 7/6/1919. 75


nale delle stazioni del piroscafo Palasciano e di Porto Laki in modo che il servizio presso questo ultimo potesse essere continuativo sia di giorno come di notte. Il 133° reparto di sanità avrebbe impiantato un'infermeria temporanea nel locale già adibito a tale scopo dagli inglesi. Avrebbe fatto servizio in particolar modo per i reparti sprovvisti di ufficiale medico. La mezza sezione sussistenza s.i doveva stabilire sulla baia di Alinda. In attesa dei rifornimenti, che dovevano giungere dalla baia di Rodi, avrebbe distribuito i generi trasportati con lo scaglione dall'Italia, con i mezzi che avrebbe richiesto giorno per giorno. Per il servizio postale, avrebbe iniziato a funzionare per l'intero scaglione l'ufficio postale n° 162, il quale si sarebbe stabilito a Porto Laki. Il plotone dei carabinieri si doveva dislocare a Porto Laki e, previo accordo con il locale comando cli presidio, avrebbe provveduto a intensificare il servizio, già disimpegnato dai carabinieri dell'isola, contro lo spionaggio sugli arrivi. e sulle partenze del naviglio nel porto . Avrebbe provveduto inoltre agli ordinari servizi di vigilanza nei dintorni degli accampamenti. I carabinieri a cavallo costituirono un "drappello fisso" a Porto Laki per il servizio d'ordine alla banchina e per servizi di scorta agli ufficiali del comando marittimo. Il servizio degli sbarchi e degli imbarchi a Porto Laki doveva essere diretto dal maggiore Ascoli il quale, si sarebbe rivolto direttamente al comando superiore navale del Dodecaneso. Per poter prevenire eventuali tentativi criminosi contro le navi ancorate aUa baia di Porto Laki venne stabilito un serv izio di vigilanza fatto da due posti di guardia collocati ai due lati dell'entrata della baia stessa. I detti posti dovevano essere forniti dalla brigata Livorno, che li avrebbe presi dai propri reparti mi-

Cartolina commemorativa del 34° reggimento fanteria Livorno 76


traglieri. Ogni posto doveva essere costituito da 1 sottufficiale, 2 caporali, 12 soldati e una mitragliatrice. Il compito principale di questi posti era quello cli segnalare l'arrivo cli qualsiasi imbarcazione, con l'impiego di mezzi di segnalazione diurni e notturni, da assegnare appositamente. Il comando della brigata Livorno avrebbe stabilito inoltre un posto di segnalazione sul piroscafo Palasciano, per poter corrispondere con i due posti di vigilanza. Tutto il servizjo di vigilanza alla baia di Po1to Laki era diretto sempre da Ascoli con un ufficiale subalterno a sua disposizione , comandato a turno tra gli effettivi della brigata. Per quanto riguarda l'aspetto amministrativo, venne cosOtuita e cominciò a operare una "CommÉssione affitti, requisizioni e danni" così composta: maggiore Luciani (presidentet tenente dei carabinieri, ufficiale del comando della brigata Livorno (membri); tenente Rossi del comando della divisione (segretario e interprete).1 compiti della commissione erano: 1) assicurarsi che fossero regolarmente e in tempo pagati gli affitti, regolati i danni stabiliti ed eventuali responsabilità dei danni stessi; 2) agevolare i corpi nella ricerca cli locali, restando stabilito che nessuno poteva occupare locali per accantonamenti e terreni per alloggiamenti, senza averne preventivamente informato l'apposita "Commissione", la quale recatasi sul luogo si sarebbe accertata che l'occupazione fosse avvenuta secondo le prescrizioni regolamentari (stato cli consistenza, contratto per il fitto , ecc.). Tabella 1.: Ordine di battaglia del Corpo di Spedizione

Una volta stabilita la consistenza e la fom1azione dei reparti così appariva il dislocamento dei comandi, uffici, truppe e servizi al mattino dell ' 8 aprile 1919: Comando 33A divisione, Trieste via del Belvedere n. 11 Comandante maggior generale Giuseppe Battistoni , a Rodi Capo di stato maggiore colonnello Umberto Testa, Trieste Comando quartier generale, Trieste, via Vincenzo Bellini n. 13 33A sezione carabinieri reali, Feletto Umberto (Udine) 379° plotone carabinieri reali, Trieste (Caserma Rozzoli) 33° autoclrappello, Trieste, via Belvedere 11 94° ufficio postale, Feletto Umberto (Udine) Comando brigata Livorno Comandante brigadier generale Francesco Gualtieri, Trieste, via Belvedere n. 11 59A e 455A compagnie mitragliatrici di brigata mod. 907 Fiat (costituite dalle compagnie 1487" e 1578A della brigata Ca1anzaro) Comando 33° reggimento fanteria, Trieste via Belvedere n. 11 I - II - lil battaglioni 33° reggimento fanteria , Trieste (Silles) Salmerie e carreggio a Pasian Schiavonesco in attesa d' imbarco Comando 34° reggimento fanteria , Coseano (Udine) T - II - III battaglioni 34° reggimento fanteria con salmerie reggimentali di 400 quadrupedi complementari, zona di Coseano (Udine) 77


Comando I gruppo bersaglieri cicl isti, Barcola (Udine) Comando IV battaglione bersaglieri ciclisti, Barcola (Udine) Comando V battaglione bersaglieri ciclisti, Aquileja Comando XII battaglione bersaglieri ciclisti, Pieris Comando 40° gruppo artiglieria da montaglli!, Planina Comando 186" batteria da montagna, Prosecco Comando 188" batteria da montagna, Stuclena Comando 190" batteria eia montagna, Planina Comando genio divisionale Comandante maggiore Luci ani, Trieste Comando LII battaglione genio, Torreano (Udine) Comando 70" compagnia zappatori, Torreano (Udine) Comando 133" compagnia telegrafisti su tre plotoni, Trieste (Roiano) Comando 59" sezione radio su tre sezioni, Trieste Comando 1" sezione fotoelettrica , Trieste (Roiano) Ufficio sanità divisionale, tenente colonnello Romano , Trieste 33" sezione sanità, Martignacco (Udine) I 33° reparto sanità sommeggiata (33" sezione sanità), Leonacco (Udine) I 17° reparto sanità sommeggiata ( 17" sezione sanità), S. Giorgio cli Nogaro I .18° ospedaletto da campo, Trieste (via Torre S. Pietro n. I) Ufficio veterinario, tenente Vitale, Trieste Ufficio commissariato divisionale, maggiore Levi , Trieste 33" sezione sussistenza, Torreano (Udine) ½ sezione Forni mod. 97 50° autoreparto con sezioni l 90-232-382-437-1013, Li pizza (Trieste) Oltre a questi reparti, vi erano gli elementi appartenenti al presidio di Rodi e da quel momento a disposizione del Comando Supremo per un'eventuale spedizione in Anatolia: ½ compagnia genio telegrafisti ½ sezione sussistenza ospedaletto 50 letti ½ sezione sanità 166" sezione CCRR salmerie composte eia 80 muli, già appartenenti al 4° reggimento speciale.

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Imbarco a Trieste delle truppe del 34° Reggimento fanteria

LA PARTENZA

A Trieste il 21 aprile iniziarono ad affluire i materiali dei reparti e dei servizi sul molo numero 2. I materiali del genio erano invece già stati trasportati il giorno precedente. Il capitano Gamba fu incaricato delle operazioni di imbarco e cli quelle preparatorie ad esse, come la vigilanza dei materiali, per impedirne il furto e la manomissione. Egli impartì alle unità da imbarcare una serie cli scrupolose misure cli sicurezza. Ecco la sintesi delle più importanti. Il veterinario doveva provvedere che tutti i quadrupedi fossero visitati prima dell'imbarco. Sul piroscafo non si doveva caricare né benzina né lubrificanti, eccetto per il minimo indispensabile per il primo funzionamento delle tre stazion i radio e perché gli autocarri potessero effettuare un piccolo percorso dallo sbarco alla zona cli sosta. La benzina e i lubrificanti dovevano essere caricati in appositi affusti e sistemati in modo adeguato. Gli autocarri e le automobili dovevano quindi essere caricati a serbatoio vuoto, a responsabilità del comandante dell'autoreparto o autodrappello, che avrebbe dovuto assicurare lo stesso Gamba dell 'avvenuto svuotamento e asciugamento dei serbatoi prima del carico . Gli esplosivi facenti parte del materiale del genio dovevano essere anch 'essi caricati in quantità limitata (I 50 chilogrammi) e collocati allo stesso modo in luogo a parte. Per prevenire gli incendi era stata consegnata al comandante nùlitare del piroscafo una certa quantità cli estintori da incendio e sacchi di sabbia. 79


L'imbarco della truppa sarebbe stato successivo al car.ico dei materiali. Le disposizioni disciplinari e d'ordine per la vita di bordo erano di competenza e sarebbero state fissate dal comandante di scaglione. A tal riguardo questi ebbe in consegna un apposito promemoria di altri documenti di carattere particolare per i.I primo funzionamento dei servizi a terra nelle località cli sbarco. Lo scaglione "Giallo" era destinato a partire per primo per il Dodecaneso, imbarcandosi sul piroscafo Ferdinando Palasciano agli ordini del brigadier generale Francesco Gualt:ieri, comandante della brigata Livorno, ed era così composto: Comando brigata Livorno (brigadier generale Francesco Gualtieri, tenente veterinario Molcesi) Comando 34° fanteria (colonnello Pietro Ferrari) I battaglione 34° fanteria (capitano Battaglia) II battaglione 34° fanteria (maggiore Francesco Sartoris) ½ 33" sezione sussistenza (tenente Ferri) 1013" sezione autocarr.i (sergente Polide) 59" sezione radio (tre stazioni) (tenente Peretti) ½ 33" compagnia telegrafisti (con ½ parco e un camion) (tenente Turchetti) 12 forni con personale (tenente Bosco) 33° reparto sommeggiato (capitano dott. Fonzoni) 379° plotone CCRR Plotone 70" compagnia zappatori ( con I O metri pontile) (tenente Siciliano) l stazione fotoelettrica carreggiata (capitano Belli) Totale: ufficiali 63, truppa 2.214, quadrupedi 293 , carri 64, autovetture 22, biciclette 43, motociclette 2. Nel frattempo in Italia giungevano notizie non troppo incoraggianti dalla Grecia . A metà aprile Caracciolo informò che ad Atene si stavano riunendo 400 gendarmi, scelti tra i migliori, per un eventuale occupazione in territorio turco insieme al Corpo d'Armata concentrato a Salonicco. Questa eventualità era confermata dalla presenza di 20 piroscafi greci a Lernos , con il proposito di portare truppe in Anatolia. Anche a Smirne sembrava corressero voci analoghe, dove era giunto l'incrociatore Averojf e la nave italiana Liguria, il cui comandante informava che i marinai della nave ellenica avevano creato incidenti in città, pretendendo che da alcuni caffè tra i quali il Lunapark fossero ritirate le bandiere italiane. In un'altra occasione 4 e.i vili eJieni.ci invece strapparono un tricolore da una casa privata, ma, prima che potesse intervenire la gendarmeria ottomana, alcuni cittadini italiani reagirono bastonando «a dovere» i greci e mettendoli in fuga.9 Secondo il capitano Fago della nave Liguria a Smirne vi erano molto più cli 3.000 emissari e militari greci in abiti borghesi, pronti ad agire in 9

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AUSSME, E-3 , b. 7, f. 7/4 b, telegramma di Pago a Batt.istoni del 24/4/J 919.


caso dì necessità, acuì, aggiunse, erano stati dìstribuite anche bombe a mano,10 in parte nascoste nelle chiese ortodosse. Del resto anche il continuo afflusso di ufficiali superiori, funzionari civili e della Croce Rossa ellenìca con i loro seguiti facevano capire come i pìani d i Atene su Sm.ìrne non fossero poi così tanto segreti. Tutta questa diffusa attività apparì va agli occhi degLì ìtaliani come organìzzata con la connivenza o almeno grazie al lassìsmo delle autorità frances i e inglesi, che sempre più apertamente spalleggiavano le rivendicazioni eileniche. L'opportunità politica e la segretezza condizionarono quindi ancora di più la preparazione e l'esecuzìone dell' operazione da parte del Comando Supremo. Il 16 aprile Diaz comunicò che, in accordo con Thaon d ì Revel , il primo scaglione doveva dìrìgersi a Lero e non a Rodi, per ragioni cli ancoraggio . 11 Se ci fossero stati problemi di alloggiamenti per la truppa, questa sarebbe potuta rimanere a bordo del piroscafo , scendendo solo per le esercitazioni. Ecco quindi che la mattina ciel 26 aprile il 1° scaglione partì da Trieste con ìl piroscafo Palasciano. Il comandante della brigata Livorno, generale Gualtieri, non era a conoscenza dei piani e la decisione di partire a sua volta eia Lero per Scalanova spettava al solo Battìstoni , che avrebbe provveduto , qualora avesse ricevuto notizie sui movimenti greci verso Smirne. Chiarite q ueste direttive , rimaneva inteso (come nel precedente di Aclalia) che gli sbarchi dovessero essere opera di marìnai , a cui sarebbero seguite in seguito le truppe vere e proprie della spedizione. Per questo motivo venne giudicato opportuno dare alle truppe cli sbarco mezzì adeguati di trasporto per eventuali rapidi spostamenti. II ministro ìnv itò il Comando Supremo a mettersi d'accordo in merito direttamente con la Marina, che tuttavia venì va contemporaneamente informata di quanto deciso ecomunicato .12 Intanto da Parigi Cavallero, ìn un promemorì.a per la spedizione, precisò che l'occupazione dei pun ti della costa:

sarà attuata a scaglioni come 1nìsura precauzionale non appena truppe greche siano sbarcate a Sm.irne, a meno che non si creda di farlo senz'altro, visto che militari greci in borghese si trovano già in numero rilevante a Smirne. 2 °) Le truppe del primo scaglione sbarcheranno a Scalanova e dovranno immediatamente spingere loro elementi ad Ayassoluk per occuparne tale località. Fino a nuovo ordine il distaccamento di Ayassoluk dovrà solo occuparsi di misure d'ordine pubblico senza ingerirsi della gestione Inglese Smirne-Aidin . 3°) Allo scopo di evitare qualsiasi catrito con le autorità Inglesi ed avere una certa ingerenza se non altro come sfruttamento della lineaferroviaria - occorerrebbe però entrare fin da ora in trattativa con /

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)

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10 AUSSME, E-3 , b. 6, f. 6/4 a, promemoria di Guzzoni del 28/4/1919. "AUSSME. E-3 , b. 6, f. 6i2 b, lelegrarnma di Diaz a Cavallero del l6i4/1919. 12 AUSSME , E-3 , b. 6, f. 6i2 a, comunicazione di Sonnino a Comando Supremo del J5/5/J9 19.

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le autorità stesse per l'eventuale occupazione di punti della ferrovia Smirne AidinEghedir. Sembrerebbe addatto allo scopo il proporre agli Inglesi la sostituzione con nostre truppe del distaccamento da essi impiantato ad Eghedir (come fu già fatto per Konia) e stabilire un servizio autocareggiato tra tale presidio ed Adalia. 4°) Infine per essere sempre informati di quanto avviene a Scalanova sarebbe opportuno mandare subito in tale località buoni elementi informatori civili. Qualora il presente promemoriafosse approvato, la Sezione Militare provvederebbe ad emanare le disposizioni relative alle direttive da darsi alle nostre truppe ( capo 1 e 2) mentre il Ministero degli Esteri dovrebbe svolgere le pratiche con le autorità ùi[?lesi relative alla sostituzione di truppe inglesi ( capo 3) e dare disposizioni per il servizio informazioni (capo 4). 13 La risposta cli Sonnino fu cl1e: (capo 1) l'occupazione cli Scalanova sarebbe avvenuta solo se si avesse avuta notizia cli sbarchi greci su Smirne, mentre si doveva comunque mantenere alcune navi in permanenza al largo d i K.uluk, Bodrum, Marmarizza (località a sud del parallelo 37°, 30' della convenzione 1914) in modo da sbarcarvi reparti cl i marinai non appena i greci avessero mosso sulle stesse o su Smirne; il capo 2 venne approvato e lasciava alle autorità militare decidere se occupare Aiasoluk secondo le circostanze del momento in sintonia con le intese già prese coll'anm1iraglio Revel; sul capo 3 l'argomento rimaneva riservato; il capo 4 veniva approvato e si invitava a fare lo stesso per le altre località secondo il prudente giudizio delle autorità militari, su cui spettava l'esecuzione .14 Gualtieri <<per ristrettezza di tempo>> , ma probabilmente per mantenere i piani il più possibile circoscritti, non fu informato cli questi accordi. Battistoni quindi aveva una certa autonomia, ma in caso di informazioni dubbie doveva contattare il Comando Supremo. Il contingente che doveva partire per Kuluk (un battaglione del 34° fanteria) sarebbe stato inviato anch'esso nel Doclecaneso con piroscafo, insieme con i primi due battaglioni già partiti con il Palasciano. Con il secondo scaglione veniva inviato il comando della 33A divisione, fatta esclusione del capo di Stato maggiore colonnello Testa con il personale strettamente necessario, che doveva rimanere a Trieste per regolare l'imbarco dei successivi scaglioni. La parte rimanente del Corpo di Spedizione, ossia l'intero 33° reggimento fanteria, un gruppo da montagna su 3 batterie, ecc., rimaneva per il momento nella città giuliana, in attesa che si fosse chiarita la situazione in ,Anatolia, ma sempre pronta a essere eventualmente impegnata anche ad altri scopi, se le circostanze del fronte italiano lo avessero richiesto. Invece venne notificato che il I gruppo cl.i 3 battaglioni ciclisti (IV, V e XII), prima assegnato al Corpo cli Spediz ione, era stato rimesso a disposizione della 3A armata. 11 30 aprile dopo una traversata tranquill a il ?a/asciano con il primo scaglione giunse a Porto Laki (Lero) . Causa cattivo tempo solo durante la mattina del 3 mag'' AUSSME, E-3, b. 6 , f . 6/2 a, p romemoria di Cavallero del 21 /4/1 919. AUSS!'vlE, E-3, b. 6 , f. 6/2 a. istruzioni de l m inistero deg li Affari Esteri ciel 22/4/1919

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I reggimenti d i fanteria di linea della brigata Livorno

gio le truppe , i q uadrupedi e il materiale poterono prendere terra, in tempo per il ritorno d i Battiston i suil 'isola con l'esploratore Guglielmo Pepe. In attesa de Il ' impiego operativo, i reparti di fan teri a vennero impiegati in lavori stradali per collegare le baie cli PantaLia, di. Gurna e di Porto Laki, fra loro e con Lero. 15 I reparti del Corpo di Spedizione Ri vieri (ad eccezione del 4° reggimento spec iale) furono riun iti al Corpo cli S pedizione agli ordini del generale Battistoni. ll Corpo d'occupazione dell'Egeo, il cui co mando aveva sede già a Rodi, restò agli o rdini del generale Elia.

DIRETTfVE POLITICHE

Tn vista del sopraggiungere di un contingente così rilevante e che avrebbe d i sicuro mutato le gerarchie e l'organico preesistente, vennero chiesti chiarimenti circa la dipendenza degli e le menti che si trovavano già in Anatol ia e che fino ad allora facevano parte del Co rpo d 'occupazione dell 'Egeo. T due comandi , benché distinti, avrebbero generato confusione e rischio di sovrapposizione su alcune competenze, soprattutto per la comune dislocazione a Rodi e l'i mpiego di una parte degli stessi e lementi. Nello specifico era urgente defin ire le attribuzioni che El ia (essendo esso tenente gene rale, mentre Battisto ni era maggior generale in comando di divi sione) dovesse eventualmente conservare sugli elementi da lui dipendenti in quel momento disio'

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AUSSME. E-3, b. 7, f.

r. 7i3, minuw del Diario storico m il itare ( 15 apii le-3 1 maggio

19 19). giovedì 8 maggio.

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cati ad Adalia e sui vari ambulatori distaccati come quello di Bodrum e di Marmarizza. Il Comando Supremo rispose che appena le prime truppe del Corpo di Spedizione avessero preso terra nella Turchia asiatica, tutti gli elementi italiani già in Anatolia, compresi quindi gli ambulatori, sarebbero passati alle dipendenze ciel generale Battistoni e del comando della 33" divisione. Dopo esser stati presi accordi tra il ministero de1la Guerra e il Comando Supremo, Battistoni, per cordinare le attività militari con quelle politiche, il 27 aprile partì eia Lero alla volta di Costantinopoli, dove ebbe un colloquio con Sforza. Il suo viaggio venne coperto da massi.ma discrezione: il generale arrivò in città in abito borghese. 16 Vista la situazione e la necessità di lavorare in sinergia con la Marina, l'itinerario e i mezzi vennero concordati insieme a Ciano: fino a Smirne con il Centauro, poi via ferrovia.17 Per il suo viaggio il generale venne corredato cli 2.000 lire , cli cui la metà in oro, comprese undici lire turche, ognuna delle quali corrispondeva a 22,72 lire italiane in oro. 18 Intanto da Parigi il 24 aprile la Sezione militare comunicò le direttive operative per il Corpo cli Spedizione. Allo scopo di precisare i compiti che venivano affidati alle truppe destinate alla spedizione in Anatolia, erano stati fissati alcuni capisaldi in accordo con il ministero degli Affari Esteri. I compiti assegnati ai reparti operativi si sintetizzavano nella pronta occupazione militare delle località anatoliche, limitandosi in un primo tempo alla sola Scalanova senza ulteriori ordini in proposito, non appena si avesse avuto notizia che truppe o marinai greci avessero compiuto atti di sbarco a Smirne. L'ammiraglio Thaon di Revel, riferendosi a un precedente ordine di Sonnino (IO aprile) in antitesi con quello impartito a Battistoni, che avocava a se l'ultima decisione sul Comando navale del Doclecaneso, reclamò un'autonomia operativa dall'Esercito . Egli propose per le autorità navali della zona di ricevere subito l'ordine di sbarcare immediatamente su Scalanova o altri porti più a Sud , qualora il suo comando avesse avuto notizia di movimenti simili dei greci , prima cli avere la possibilità cli ricevere ordini in proposito da Battistoni e quindi dover partecipare nelle decisioni con l 'Esercito . A tal proposito Badoglio autorizzò, in caso fosse stato necessario un immediato intervento, la possibilità che la Marina prendesse subito l'iniziativa, senza ulteriore ordine di Battistoni. Questi però doveva essere subito informato clell'accaduto e si confermava come l'ordine di occupare Scalanova, a seguito di intervento greco su Smirne, sarebbe spettata sempre al comando del Corpo di Spedizione, cui del resto facevano capo gli elementi del servizio informazioni. Per il momento , compito della Marina rimaneva mantenere dislocate navi nelle acque di Kuluk, Boclrurn, Marmarizza e Macri (che si trovavano a Sud del parallelo 16

AUSSME, E-3, b. 6, f. 6/4 a, telegramma di Badoglio del 28/4/1919. AUSSME, E-3 , b . 7, f. 7/3, minuta del Diario storico militare ( J 5 aprile-3 I maggio 19 I 9), domenica 27 apri le. 18 AUSSME, E-3, b. 7, f. 7/4 g, lettera di Giordano a Battfatoni del 25/4/J919. 17

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37°, 30' della convenzione 1914) con il proposito di provvedere a primi sbarchi di marinai, seguiti poi da truppe di terra, in risposta a pari azioni greche. Come contro1nossa verso gli emissari ellenici in borghese a Smirne e alle loro varie attività di armamento, si chiese ai generali Battistoni ed Elia di prendere provvedimenti insieme alla Marina e predisporre una serie di ulteriori agenti in incognito a Scalanova e in altre località sensibili , rispetto a quelli che già lavoravano in loco, onde avviare un servizio informazioni sicuro e veloce sulle novità della zona e creare così in sinergia un apparato interforze. 19 Elia subito propose il reperimento degli informatori direttamente tra gli elementi presenti a Smirne, vista la mancanza di personale adatto tra quello sotto il suo comando. L'occupazione era stata ben studiata e pianificata, ma mancavano le direttive politkhe. In che modo le truppe italiane avrebbero svolto la loro attività di «occupazione» in territorio turco e quale autorità avrebbero avuto sulla popolazione? Ecco quindi che Battistoni richiese alla delegazione italiana a Parigi delle indicazioni meglio rispondenti alla gestione del quotidiano. Il comando in Anatol ia doveva occuparsi solo dell'ordine pubblico o doveva anche assumere funz ioni governative sulla zona? Questa chiarificazione era fondamentale, per decidere circa l'assegnazione e le competenze del tribunale da accludere al comando del Corpo di Spedizione, per l'even-

Il ministro Sidney Son.nino (a sinistra) e il generale Pietro Badoglio (a destra) '" AUSSME , E-3, b. 3 , f. 3/2 a, direttive dalla sezione militare della delegazione italiana della pace del 24/4/1919. 85


tuale amministrazione della giustizia civile. A tal proposito Sonnino inviò le direttive politico-militari generali per iJ contegno delle truppe italiane verso i turchi. L'occupazione delle località anatoliche aveva per scopo unico quello di mantenere l'ordine pubblico in cooperazione con le autorità ottomane, sulle quali si doveva esercitare attività cli vigilanza e controllo, influendo con i mezzi ritenuti più efficacì, perché la loro opera si svolgesse in conformità agli interessi italimù. Era da escludersi quals.iasi intervento di carattere amministrativo o giurisdizionale e se in tali ambiti si fossero evidenziate grosse deficienze o manchevolezze dei funzionari preposti, ci si doveva limitare a riferirlo al Comando superiore. Uno sbarco a Scalanova era finalizzato alla penetrazione e all'occupazione di Aiasoluk , Iimitandosi al mantenimento dell'ordine pubblico, senza interventi sulla gestione della ferrovia inglese SnùmeAidin. Questa precisazione "politica" venne ribadita perché in precedenza Cavallero aveva proposto di poter impegnare gli scaglioni successivi nell'occupazione di alcuni punti della fen-ov ia Aiasoluk-Egerdir (specialmenteAidin) , per evitare di essere anticipati dalle truppe elleniche che potevano scendere da Smirne.2<1 Vi furo no decise raccomandazioni affinché le forze militari italiane si adoperassero in ogni modo per rendersi bene accette alla popolazione e che a capo dei reparti o comunque vicino ai comandi fossero posti ufficiali pratici di Oriente. Si ricordava anche la disposizione sul contegno quotidiano, raccomandando la maggior prudenza di linguaggio per evitare malevoli e dannose interpretazioni riguardo gli intendimenti italiani. Per norma il linguaggio «politico» doveva essere il più neutro possibile, facendo bene però intendere che nei fini dell'Italia vi era il mantenimento della sovranità turca. Del resto l'occupazione italiana, mirando a garantire gli interessi italiani in armonia [sic] con le azioni delle altre potenze, non tendeva affatto a menomare il prestigio e le autorità ottomane. Quello che Sonnino taceva, ovviamente, era che questa armonia a Parigi non .esisteva. Però Battistoni sapeva leggere tra le righe e comprese che un elemento c.ia chiarire risultava proprio la collocazione ciel Corpo di Spedizione a]l' interno della politica internazionale. In aggiunta a.queste disposizioni sul comportamento verso i turchi, il generale chiese direttive chiare nei riguardi delle relazioni che le autorità mìlitari italiane avrebbero dovuto mantenere con gli Alleati, in particolar modo con i greci. Quale doveva essere il contegno dei suoi uomini e di conseguenza del suo comando con le autorità elleniche, con le quali sarebbero prima o poi venute in contatto? Su questa eventualità Battistoni sottolineò che, se le autorità italiane avessero potuto liberamente dichiarare che l'Italia agiva in pieno diritto, per mandato conferito dalle potenze alleate, la missione del Corpo di Spedizione ci avrebbe guadagnato in prestigio e in efficacia. La puntualizzazione cli Battistoni, per quanto scomoda a sentirsi per Sonnino, sottolineava la cruda verità: l'Italia era isolar.a in politica estera. A Parigi la situazione era sempre più critica e diffic ilmente poteva rimanere circoscritta. Il 26 aprile, il miz-0 AUSStvfE, E-3, b. 6, f. 6i2 a, tclegrnmma di Cavallero a Sonnino ciel 17/4/19 I 9.

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I delegati delle quattro potenze occidentali: ( da si11is1ra) Uoyd George, Orlando, Clemenceau e Wilson

njstero degli Affari Esteri comunicò le ultime direttive pol itiche per l'occupazione dell' AnatoJia malcelando le ambiguità e l'opporrunismo politico: «Non è il caso di affermare che la spedizione italiana in Anatolia è fatta col consenso della Francia e del1'Tnghilterra , né che l'Italia agisca nel l'Anatolia per mandato degli alleati .11 contegno delJe autorità italiane di fronte alle autorità greche con le quali potesse eventualmente venire a contatto deve essere fermo e cortese. Occon-e tenere presente il concetto che gli sbarch i sono fatt i per mantenimento dell ' ordine pubblico. Attenendoci noi strettamente a questo concetto, le provocazioni e gli eventual i disordin i non potranno venire che dai greci» .21 Questa presa di posizione rispetto agli altri Alleati era motivata dal fatto che al Quai d'Orsay si era appena consumata Ja tragedia. Nel nuovo Consiglio dei Quattro , composto alla fine di marzo solo dai premier dell'Intesa escluso il Giappone, al tavolo della pace i delegati di Londra e Parigi risultarono ben lieti di appoggiare lepretese di Venizelos con forte irritazione e frustrazione ita liana. La situazione alla Conferenza della pace degenerò a tal punto da creare una frattura tra la posizione italiana e q uella alleata. A proposito della questione adriatica il 20 aprile, giorno di Pa11

AUSSME, E-3, b. 3. b. 3/2 b, telegramma di Badoglio al corpo di occupazione Egeo del 27/4/ 19 19 . 87


squa, la posizione oltranzista di Wilson emerse in pieno, senza alcuna possibilità di poter tollerare ragioni e interessi diversi dai suoi. Egli era convinto con fermezza che le sue idee non solo fossero necessarie, ma anche giuste sul piano morale. «Chi lo contrasta va non solo aveva torto, ma era anche malvagio». 22 Lo scontro tra Sonnino e Wilson non ammetteva deroghe. In gioco non vi erano sempli.cemente le sorti di Fiume, ma alcuni principi inderogabili: l'italianità e )'autodeterminazione dei popoli. Un fallimento del caparbio e ostinato Sonnino, che tanto aveva speso per ritagliare una posizione internazionale all'Italia, non solo avrebbe significato il crollo di un lungo e meticoloso lavoro della politica diplomatica italiana, prima con la Triplice Alleanza e poi con l'Intesa, ma avrebbe con probabilità fatto cadere il governo, non autosufficiente senza i nazionalisti e i conservatori. Egli ancora in stile ottocentesco si attaccava al diritto e al sistema bismarckiano dell'equilibrio di fronte a pol itici pragmatici e di lungo corso come il ''vegliardo" Clemenceau e il "cin.ico" Lloyd George. Per questo si trovò isolato . Lo stesso Wilson, che quando lesse nel dicembre del 1918 il patto di Londra lo giudicò meschino, parve in questa circostanza voler applicare solo nei confronti dell'Italia i suoi principi, ignorando i giochi politici degli altri esponenti. Sonnino senza mezzi termini restituiva la profonda avversione: «Ora il presidente Wilson, dopo aver dimenticato e violato più volte i suoi Quattordici punti, vuol rifar loro una verginità applicando rigorosamente quelli che si riferiscono all'Italia» . L'accusa bruciava perché conteneva una scomoda verità.23 A questo punto, non potendo convincere la delegazione italiana, il presidente americano in buona fede la umiliò pubblicamente quando, nel tentativo cli indebolire i desiderata cli Orlando e Sonnino, dalle colonne del "Temps" il 23 aprile inviò un appello diretto al popolo italiano , chiedendo un atteggiamento più flessibile nei confronti dei confini orientali. Wilson partiva dal presupposto che il <<patto» di Londra fosse un accorcio «privato>> tra Italia, Francia e Gran Bretagna e cli conseguenza senza una sua validità giuridica riconosciuta.24 Egli, da predicatore laico tipico della tradizione americana, era convinto di interpretare il desiderio delle masse e qualora fosse riuscito a raggiungerle, queste si sarebbero schierate con lui.25 Questo gesto, invece considerato come oltraggioso e offensivo della dignità e del! 'autorità costituzionale del governo italiano, portò .il 24 aprile la delegazione gu idata da Orlando, convinto di avere dietro di sè un'opinione pubblica sovraeccitata, a lasciare la Conferenza per tornare a Roma. Questa pericolosa decisione ciel Presidente ciel consiglio, cli regola sempre composto e moderato, fu presa per lealtà nei confonti cli Sonn ino , anche perché lasciare a Parigi un delegato senza autorità come Silvio Crespi non era una mossa del tutto saggia .26 Tuttavia se in Parlamento il 29 aprile il governo incassò 382 voti a 12

M. Mac Millan, op. cii.. p. 19. M. Mac Millan, op. cit., p. 382. :i,i M. Toscano, li pa110 di Londra , op. cit., p. 155. l$ M. Mac Millan, op. cit., p. 22; C. Sforza , op. cit., p. 52 . 26 C . Sforza, op. cit., p. 52. 23

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Ilpremier inglese L loyd George (a sinistra) e il presidente statunitense Wilson (a destra)

favore e solo 40 contrari, provenienti dall'estrema sinistra socialista,27 il risultato migliore venne raggiunto nelle piazze, dove ormai si inneggiava contro la provocatoria ingerenza di Wilson.28 Un'interpretazione molto precisa di q uesto clima fu quella data da Pietro Nenni:

L'Italia sofjì·e di una specie di complf?sso d'inferiorità . Tardi arrivata nel concerto europeo, impegnata nella lotta dell 'unità nazionale durante il secolo delle espansioni coloniali, ridotta a raccattare le briciole del banchetto imperialistico, coraggiosa ma povera in un tempo in cui la guerra è aff'are di quattrini e di materie prime, maltrattata dagli alleati nel 1919, essa è continuamente in balia di chi sa eccitare i suoi rancori contro gli imperialismi soddisfalti.29 A rendere la situazione ancora più effervescente furono alcune notizie provenienti dalle isole dell 'Egeo . Il 2 maggio Skevos Servos , delegato del Dodecaneso a Parigi, illustrò la situazione di profondo attrito tra la popolazione locale e le autoriat italiane.30 Nei giorni immediatamente precedenti alla Pasqua in tutte le isole i metropoliti avevano proclamato l'unione alla Madrepatria Grecia con profondo giubilo ciel poG. Mammarella. P. Cacacc, la poliricCI estera dell'/1a/io . Dallo Stato unitario ai giorni nostri , L1terza, Ba(i 2006, p. 81. 18 C . Sforza, op. cit., p. 52. 19 P. Nenni, Sei a1111i di guerra civile, Rizzoli, Milano L945, pp. 226-227. :;o !vl. G. Pasq ualini , L' Eserciro ltaliww nel Dodecaneso 1912- /943 , op. ci t., pp. 111-1 12.

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polo. Secondo le fonti elleniche, il giorno della festivitù gli italiani avrebbero risposto con decisione e violenza, per impedire queste manifestazioni, producendo una strage di civili, facendo uso di torture, fucilazion i, vandalismi e decretando il blocco navale dell 'arcipelago.31 Il 3 maggio la delegazione greca alla Conferenza della pace , tramite l 'Agenzia Radio Parigi, diffuse la notizia «Violents incidents clans le Dodecanese>>, concludendo le recrinùnazioni contro l'Italia con un espi icito appello agli Alleati di intervenire: Le Comité dodécanésien de Paris se propose d 'adresser à MM. Clemenceau., Wilson et Lloyd George une protestation contre l 'attitude des autorités italiennes et de solliciler une intervention pour résoudre le con/lit. «li Comitato del Dodecaneso presso Parigi ha deciso d'indirizzare a Clemenceau , Wilson e Lloyd George una nota cli protesta contro l' atteggiamento delle autorità italiane per sollec.itare un intervento risolutivo del conflitto» [T.cl.a.]. 32 Gli avveL1imenti cruenti di Pasqua vennero poi smentiti, dopo l'intervento ciel governatore Elia e delle autorità italiane ad Atene. La versione italiana chiariva come gli scontri potevano essere addebitati al clima creato dai notabili ellenici locali. L'episodio più cruento era stato quello provocato dalla condotta cli un papas, più volte condannato e noto per il suo cieco fanatismo, che degenerò in rivolta nel villaggio cli Villanova contro la locale brigata della Guardia di Finanza e un drappello di 15 soldati cli fanteria con ufficiali. Il religioso , forte cli una folla cli circa 200 contadini e donne, iniziò l' assalto con l'uso di sassi e bastoni contro i militari italiani, che a quel punto si difesero con le baionette. Le vittime furono contenute da entrambe le parti e l'ordine venne ristabilito, ma il clima Luttavia rimaneva incandescente e l'Italia si trovava spesso neUa veste cli doversi difendere da continue accuse,33 anche di matrice inglese, volutamente gonfiate o enfatizzate senza misura in cassa di risonanza alla Conferenza della pace. Londra maturava sempre di più la consapevolezza che i propri interessi fossero complementari con quelli di Atene e quindi opposti a quelli di Roma. A Parigi durante l'assenza di Orlando e Sonnino il timore eh.e l'inasprimento dei rapporti con l'Italia fosse seguito da un'estensione dell 'occupazione italiana, eia Aclalia ad altri centri cieli' Anatolia meridionale, indusse le delegazioni alleate a concedere in forma ufficiale alla Grecia il controllo cli Smirne, che poteva così essere occupata dalle truppe elleniche quanto prima . Questa concessione appariva in netto contrasto con le clausole armistiziali, che prevedevano un intervento alleato solo per questioni di ordine pubblico. Come ebbe a dire Sforza nelle sue memorie , la decisione di concedere Smirne ai greci era stata presa «solo per fare un tiro>> a Sonnino e alla lunga si sarebbe rivelato «un cattivo servizio reso alla Grecia ben più che all'Italia» e un cattivo presagio per l'intera Intesa.34 In questa decisione un ruolo fondamentale lo svolse Lloycl George che strategicamente si opponeva a qualsiasi ulteriore aspirazione ita3

AUSSME, E-3, b. 6, b. 6/1 d, telegranum1 di Manzoni a Comando Supremo del 14/5/1919. AUSSlV[E, E-3, b. 6, b. 6/1 d, Violents incidents dans le Dodecanese del 3/5/ 191 9 -16 heures 30. 33 AUSSME. E-3, b. 6, b. 6/1 d, relazione di Elia sui raui verificatisi il giorno di Pasqua. 34 C. Sforza, op. cit., pp. 52-53, 59. '

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liana nel Mediterraneo. La Gran Bretagna, regina del balance ofpower e interessata al mantenimento del ruolo cli arbitro nello scacchiere mediorientale, noncurante dei trattati con cui si era impegnata durante il conflitto, con piglio autoritario temeva l'Ital ia, che dalla felice posizione geografica e grazie all'acquisizione della Libia e del Dodecaneso, si innalzava a ambiziosa e scomoda rivale. A guerra finita, riconoscerle altri possedimenti strategici, avrebbe significato un indesiderato ingombro, proprio quando ci s i era finalmente liberati della Sublime Porta. È in tale ottica che va considerata la politica d.i Londra, che giocò la carta dell' espansionismo greco, cioè di una piccola potenza facilmen te controllabile, in funzione anti-italiana, così come giocò la carta, seppur con maggior cautela, del nazionalismo arabo in funzione anti-francese. In questa circostanza se in un primo tempo i delegati statunitensi si mostrarono contrari ad avvalorare le mire elleniche sulla zona cli Smirne, perché pensavano a possibili contrarsi con i turchi, l'improvvisa conversione cli Wilson al criterio anglo-francese e l'assenza polemica dell'Italia portò alla decisione del Consiglio supremo della Conferenza di autorizzare la definitiva occupazione della città. Questi compromessi incrociati portarono in modo indiretto vantaggio alla Grecia che, con l' occupazione cli Smirne, avrebbero visto concretizzarsi , anche con troppa facilità, parte delle richieste formulate in precedenza da Venizelos . La decisione fi nale degli Alleati, tenuta nel massimo segreto e prospettata il 6 maggio al governo greco, fu comunicata a Orlando in modo alquanto brusco il 12 maggio, a tre giorni dalla data fissata per l'in izio delle operazioni, benché la delegazione italiana avesse fatto ritorno a Parigi già il giorno 7. Tale dinamica degli eventi era il rifles so della poca considerazione che il "Concerto dei grandi'' aveva per l' Italia, che dalla sua non poteva neppure contare su diplomatici astuti e incalliti come Lloyd George e Clemenceau o sul potere che da oltre oceano appoggiava Wilson e i sui irreali e stravaganti propositi. Come primo riflesso l'assegnazione di Smirne alla Grecia po1tò una serie di dissidi, incomprensioni, scaramucce e accuse reciproche tra il governo di Roma e quello di Atene. A poco servì la richiesta di Orlando, quasi digiuno cli lingua inglese, di integrare con forze intera} leate l'azione greca. Tuttavia si decise che reparti italiani, francesi, inglesi avrebbero preventivamente occupato alcuni forti costieri, salvo a imbarcarsi subito dopo, lasciando i greci a custodia della città. Ecco quindi la necessità per l'ltalia cli reagire con un'azione della stessa portata nell'intento di ribadire la sua autorevolezza e consistenza politico-militare. Il 12 maggio, Sonnino informando la Marina che da Parigi si era permesso alla Grecia l'occupazione di Smirne,35 confermò l'idea di sbarcare su Scalanova. Per il Comando Supremo era di fondamentale importanza accellerare quindi i rimanenti scaglioni da Trieste, perché vi erano notizie dell ' invio di una intera divisione greca diretta in Asia Minore .36 :-5 :, 6

AUSSME, E-3, b. 6, f. 6/2 a, telegramma di Sonn ino a Marina <lei 12/5/ 1919. AUSSME, E-3, b . 6 , f. 6/2 b, telegramma di Sci pioni a Cavallero del 13/5/1 9 19. 91


Se la comunicazione ufficiale dell'autorizzazione per lo sbarco greco su Smirne era pervenuta al governo di Roma solo il 12 maggi.o e malgrado tutti i preparativi fossero stati eseguiti nel massimo riserbo , già il giorno 9 l'Alto commissario Sforza da Costantinopoli 1iuscì a venire a conoscenza delle decisioni prese a Parigi e comunicarle con tempestività ai comandi militari del Dodecaneso, che quindi poterono senza esitazione predisporre le direttive cli allerta, che già avevano ricevuto da Sonnino. Avuta la notizia Battistoni, predispose subito l'imbarco sul Pala.sciano per l'alba del giorno 10 del comando del 34° reggimento fanteria con il Il battaglione, della mezza 133A compagnia telegrafisti, della mezza 70A compagnia zappatori, del reparto sonuneggiato cli sanità e del 379° plotone carabinieri, che insieme alla 10 l3A autosezione, a lla 59A sezione radio e a 6 unità della 54A sezione forni dovevano partire per Scalanova. Sarebbero rimasti a Lero il comando del Corpo di Spedizione, il comando della brigata Livorno, il I battaglione ciel 34° reggimento fanteria, la sezione sussistenza, 6 forni, l'ufficio postale 162 e la 1A stazione radio eia 1,5 kw. Allo stesso tempo si mandò ordine a Rodi , perché Elia predisponesse il capitano Persico con una compagnia zappatori, un repatto mitragliatrici Colt, un drappello di carabinieri e un drappello di sanità per occupare Mannarizza e si organizzassero i repa1ti che dovevano occupare Kuluk (1 compagnia e 2 sezioni miLrngliatrici), Macri (1 compagnia e l sezione mitragliatrici) e Bodrnm (comando battaglJone, l compagnia e I sezione mitragliatrici). 37 Le notizie che provenivano da Atene non facevano che confermare questo allarme: strani movimenti di navi militari e civili greche tra Mitilene, Cavalla e Salonicco e la presenza di soldati in borghese a Smirne rappresentavano il primo passo per un intervento massiccio in Anatolia.38

\.

Il quotidiano "Ternps" pubblicò una lettera sull'avvenire economico di Smirne. La separazione della città e del vilayet di Aidin dal resto dell'Asia Minore e una sua annessione al territorio greco non solo non avrebbe nuociuto alle attività locali, ma anzi questo cambiamento avrebbe creato enorme vantaggio alla produzione e ai traffici della regione. Solo una nuova amministrazione (gestita direttamente eia Atene) e solo un'efficace penetrazione, quindi non limitata alla costa, avrebbe garantito questa sorgente inesauribile dì progresso e sviluppo. Ciò includeva la proposta dell' annessione dell'intera zona da Smirne fino a Castelrosso.39 Intanto i greci non attesero altro tempo per le prove generai.i dell'azione dì invasione delle coste turche . li 1O aprile una missione sanitaria ellenica era sbarcata a Bodrum, mentre un altro manipolo aveva tentato , senza riuscirci, cli sbarcare a Macri. In vista dei disordini provocati dai greci in queste località, si rendeva pertanto necessario proteggere i due posti sanitari italiani qui esistenti , anche in funzione del proget.l, AUSSME, E-3, b. 7, f. f. 7/3, minuta del Diario storico militare ( 15 aprile-31 maggio 19 l 9), venerdì 9 rnaggio . .is AUSSME, E-3, b. 6, f. 6/4 b, telegramma di Caraccio.lo a Comando Supremo del 9/5/ 19 I9. l? AUSSME, E-3 , b. 6, f. 6/4 b, stralcio dell'articolo del "Temps" dell'I 1/5/1919.

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tato intervento militare in Anatolia . Elia tenne aggiornate le autorità italiane a Parigi, che con una certa preoccupazioni guardavano la cosa, timorose cli perdere l'iniziativa sul campo, unica rivalsa da poter spendere nella fallimentare esperienza al tavolo della pace, anche perché ad Adalia si preannunciava l'arrivo indisturbato di un battaglione turco, che poteva indebolire l'Italia agli occhi delle altre potenze. Dopo la fallita impresa di Macri, i passeggeri ellenici del piroscafo Rumeli non nascosero l'intenzione di tornare in città con una torpediniera greca, gettando una sfida a chiunque si fosse voluto oppon-e. Per questo motivo Elia prospettò l'opportunità di stabilire nelle due località della costa un piccolo presidio, anche per dare alla popolazione locale l'impressione che l'Italia non si faceva intimorire. L'accelerazione con cui Atene stava agendo infatti aveva avuto ripercussioni molto dannose nello stesso Dodecaneso, in partkolar modo a Cos, dove l'importante comunità musulmana, vicina agli italiani, era legata da secolare vincolo di parentela con l'antistante Bodrum. Il timore turco che l'Italia potesse rimanere indifferente o compiacente «all'inconsulta rappresaglia greca di questi figli», creava una certa preoccupazione,4° clima che il comando militare e civile italiano di Rodi non poteva certo permettersi. In questo contesto Diaz non escluse l'interessamento proprio di qualche potenza stnmiera, propensa a creare imbarazzo negli ambienti diplomatici di Roma. In realtà l'azione ellenica accellerò solo la presa di posizione italiana che in autonomia premeditava sbarchi precauzionali; infatti Diaz già il 22 aprile aveva chiesto al ministero degli Affari Esteri cli poter occupare Bodrurn e Macri con distaccamenti. fissi di truppe itaiiane.4 1 Prevedendo disordini e a protezione dei posti sanitari, Sonnino autorizzò l'operazione,42 usando però tutte le cautele del caso, vista la delicata situazione a Parigi. Ecco quindi che si poteva senz'altro dare effetto alla proposta di Bodrum e Macri a tutela dei posti sanitari lì istituiti, valendo le stesse direttive cli massima già indicate per le altre occupazioni , utilizzando le truppe e i servizi che si tenevano a disposizione a Lero e a Rodi, prendendo accordi con le locali autorità della Marina per il trasporto dei distaccamenti. Tuttavia venne deciso che per l'occupazione delle due località si doveva impiegare nel complesso una forza non superiore a un battaglione.43 Nel frattempo il giorno 11 pa1tì eia Trieste sui piroscafi leopolis e Gherty il secondo scaglione del Corpo cli Spedizione diretto a Cos, costituito dal comando della 33A divisione, il III battaglione ciel 34° reggimento fanteria, con due compagnie mitragliatrici di brigata, la 262A compagnia zappatori, il resto della 70A compagnia zappatori e della 133 11 compagnia telegrafisti, la 232A autosezione e il 118° ospeclaletto da campo. TI 10 maggio Elia ordinò al capitano ciel genio Luigi Persico di sbarcare a Marmarizza, avendo ai suoi ordini i seguenti reparti: la sua compagnia ciel genio, il reparto 40

AUSSME, E-3, b 6 , AUSSME, E-3, b. 6, 4 2 AUSSME, E-3 , h. 6, 4' AUSSME, E-3 , b. 6, 41

f. 6/2 b, telegramma di Sonnino a Cavallero del I 8i4i I919. f. 6/2 b, telegramma di Diaz a Sonnino del 22/4/19 19.

f. 6i2 b, telegramma cli Sonnino a Cavallero del 6/5/1919. f. 6/2 b, telegramma cli Scipioni a Cavallero de JJ'8i5/1919.

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mitragliatrici Colt (8 armi), un drappello cli carabinieri e una squ adra di personale di sanità .44 Venne chiarito a Pers.ico che, secondo le direttive impartite, l'occupazione delle località anatoliche aveva per unico scopo quello cli mantenere l'ordine pubblico in cooperazione con le autorità ottomane, sulle quali si doveva esercitare attività dì vigilanza e controllo, influendo con i mezzi ritenuti più efficaci, perché la loro opera si svolgesse in conformità agli interessi italiani. Persico, che conosceva dì persona il caimacan45 di Mannari.zza, veniva incaricato cli tranquillizzarlo, chiarendo come lo sbarco venisse eseguito per ordine superiore e che certamente le sue autorità ne erano già a conoscenza . In caso cli rimostranze, Persico aveva l'ordine di. prendere in consegna l'atto cli protesta, senza rilasciare però lui stesso alcun documento scritto. Rlsultava primario , anche grazie ai servigi del posto sanitario, tentare di intrattenere con le autorità locali rapporti cordiali e di comprensione, raccomandando ai soldati cli presentarsi nello spirito e nel comportamento mai in forma osti le , ma invece come amici e coadiutori della Turchia per il mantenimento dell'ordine. Per questo motivo appariva basilare far capire sia agli ufficiali sia alla truppa gli speciali riguardi che sì dovevano alla popolazione turca, alla loro religione, alle loro donne e alle sepolture, che potevano trovarsi anche fuori dai cimiteri. Qualsiasi comportamento sconveniente doveva essere punito con severità, in particolar modo la sottrazio ne o l'acquisto forzato di generi alimentari ed.i sostentamento. TI comando di Rodi sottolineò più volte cli seguire la massima attenzione in proposito: qualsiasi incidente addebitabile a responsabilità italiana avrebbe sig nificato grave danno all' immagine, al prestigio e al1'azione svolta . Per questioni di rispetto e cli immagine si proibì di innalzare il tricolore , che sarebbe stato interpretato come sopraffazione. A parte queste regole di civi.ltà e di buona educazione, la missione militare non doveva passare in secondo piano, anzi «per quanto la nostra occupazione abbia carattere assolutamente pacifico, far buona guardia sempre: specialmente di notte: stabilire il campo in località acconcia anche per la vigilanza ed eventuali difese: e cli facile e d'immediata comunicazione col mare . Tener sempre parte della forza pronta a prendere le armi. Stabilire colla nave segnalazioni cli urgenza . Prima ciel tramonto la truppa sia nel campo e non abbia mai uscita di sera» .46 ln caso cli urgenza c i si sarebbe potuti rivolgere al comando più vicino, tra quello di Elia e quello cli Battistoni, anche se, dipendendo da quest'ultimo, i regolari rapporti e le richieste dovevano essere indirizzati direttamente a lui. Per il primo rapporto e per la comunicazione cli sbarco , Elia chiese di esserne informato per conoscenza. Persico venne munito , attraverso la Cassa militare, cli 5 .000 lise .in carta italiana, essendo essa già in corso a Manna.rizza e di 20 lire in oro turco, da utilizzare in casi p articolari.47 AUSSME. E-3, b. IO, f. 10/2 b, ordine di Eli a a Persico del 10/5/ 1919. Caimacan o caimacam o kaimakan: funzionario amministrativo dell' I111pero ottomano che aveva le mansion i di capo di un d istretto , il rnzà ; questa carica fu in uso dal J864 al 1924. 46 AUSSME, E-3 , b. IO, f.10/2 b, ordine cli El ia a Persico del J0/5/1919. 47 AUSSME, E-3 , b. IO, f. 10/2 b, ordine di El ia a Persico del J0/5/19 19. 44

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Alcuni cilladini lllrchi incontrati dalle /ruppe italiane durante una ricognizione nei pressi di Milas

TOPOGRAFIA E ANTROPOLOGIA DEL TERRITORIO

L'operazione militare per la sua vastità d'operazione e per Ja sua peculiarità geomorfologica , doveva essere preparata nel miglior modo, anche sotto l'aspetto tecnico e topografico. Per questo motivo già in aprile il Comando Supremo ordinò alla sezione cartografica militare 1.000 carte al milione dell'Anatolia e una serie di carte delle zone locali (fogl i Smirne, Conia, Costantinopoli e Sinope), riproducendole da un 'edizione inglese del 19 I6. In un secondo tempo ne vennero chieste specifiche delle zone dj Smirne, Afiun Karaissru-, Conia, Bodrum , Adalia , Ermcnech, ricavabili dalla carta dell'Asia Minore 1:400.000. preparata tra il 1902 e il 1908 dal famoso carrografo tedesco Richard Kiepert. Vista l' urgenza si rimproverò l' Istituto geografico militare di Firenze cli rivelarsi lento nell'evasione delle commesse, che invece avrebbero richiesto tempi brevi. Considerata la situazjone in cui ci si trovava, venne sottolineato come la planimetiia doveva essere stampata con il solo co lore bistro e le varie dic iture dovevano essere in composizione tipografica. Non riuscendo a produrle in proprio con il materiale posseduto, l'ltalia in giugno chiese al War Office , se fosse nelle sue possibilità di fornire un aiuto. Nel caso che gli inglesi avessero potuto esaudire questa rich iesta, sarebbe stato evitato di continuare a riprodurre dalle vecchie carte del Kiepert. 95


Il brigadiere generale Nicola Vacchelli, comandante dell'Istituto geografico, fece presente che le carte inglesi non erano più facili da riproduffe, ma almeno erano più ch ~are nei particolari, avevano tre tipi di rappresentazione orografica (tratteggio, sfumo e curve) e rendevano il loro uso più adatto all'impiego operativo. In ogni caso precisò come i tempi per le riproduzione si aggirassero intorno ai due mesi, nel caso che si fosse iniziato a lavorare sul materiale fornito dagli inglesi . Aggiunse che oltre alle carte, su cui si stava g ià lavorando, l'Istituto geografico proponeva l'invio di altri operatori direttamente sul campo delle zone interessate, per la raccolta e l'elaborazione di una serie di altre notizie e dati che potessero servire a uno studio preliminare della regione. Alcune informazioni g ià risultavano in possesso del Comando Supremo e quindi chiese di poterne d~u·e visione al personale clell 'istituto. Per questioni di necessità e per ragioni di tempo il Comando Supremo si occupò dì chiedere preventivi anche fuori dagli uffici militari di Londra, su consiglio diretto delle autorità omologhe inglesi, che non avevano la possibilità di esaudire tutte le ri chieste italiane. L' uffic iale italiano di collegamento al War Office informò di aver rintracciato nelle sue ricerche alcune guide dell'Asia Minore. L'unico testo all' altezza risultava essere la guida Murray, p urtroppo fuori stampa e quindi introvabile. In compenso era riuscito a prendere visione di una monografia militare fatta dal Genera! Staff War Ofjke nel 1906. Trasmise in Italia una sintesi dell 'opuscolo, relativa agli itinerari giud.icati più utili, e nel caso questa selezione fosse stata di interesse, si sarebbe provveduto a inviarne il rimanente. Intanto al ministero della Guerra si studiava per preparare la pubblicazione d i una monografia in proprio; il capitano Arturo Kellner dell'Istituto geografico si stava occupando della pianificazione e della revisione ciel progetto, il cui lavoro era atteso con massima urgenza. A fine giugno le bozze a stampa della monografia "Notizie sull 'Anatolia" erano pronte a Roma, presso lo Stabilimento poligrafico per l 'ammi.nistrazione della Guerra. La tiratura prevista era di 1.000 copie. Gli schizzi da allegare erano uno ero-idrografico , uno ferroviario e una cartina in scala 1:1.000.000 delJa regione Sud-occidentale dell'Anatolia. I primi due schizzi erano di competenza ciel Comando Supremo e appena li avesse completati, dovevano essere inviati al Comando del corpo di Stato maggiore, che avrebbe provveduto a consegnarli allo stabilimento, mentre le 1.000 copie della cartina sarebbero state realizzate dall'Istituto geografico, che avrebbe spedito il tutto direttamente allo stabilimento poligrafico. La monografia riguardava un dettagliato inquadramento geografico , antropologico, culturale, politico ed economico-commerciale. Ovviamente l'aspetto climatico e sulle condizioni dì abitabilità. rappresentava l'introduzione più appropriata, per facilitare le decisioni logistice degli alti comandi, per cercare di supportare al meglio le truppe italiane, che si trovavano g ià in situazioni disagiate. Per esempio Adalia, la località più cli interesse per l'Italia, si diceva contasse 32.000 abitanti, di cui 20.000 musulmani, 10.000 ortodossi, 500 albanesi, 500 cretesi; le altre minoranze erano israeliti, armeni e alcune decine cli europei in prevalenza italiani, oln·e ov96


Gli scavi della città di Perge nella zona di Adalìa

viamente al contingente d'occupazione presente. 11 clima venne definito temperato, malgrado il termometro superasse i 45° ne1 periodo estivo, in particolar modo nelle ore più calde; questa situazione non era compensata da un alto tasso di umidità, tipico della regione. La sera si caratterizzava per un netto miglioramento, a causa di un vento fresco proveniente dai vicini promontori, che ne raddolciva la condizione cli vita. Nel periodo invernale le pioggìe torrenziali, il vento umido e la bassa temperatura caratterizzavano invece una condizione opposta a quella estiva, ma sim ilmente poco favorevole. Questo lavoro nella sua forma definitiva prese il nome cli «Monografia su Adalia, la Panfilia, la Pisidia e la Licia» ed era così composto: J O La regione: La regione in generale; Adalia, sua popolazione geograjlca, topografia della città, considizioni portuali, clima ed igiene, amministrazione, popolazione; Le altre città, Alaya, Burdur, Macry, I centri minori. 2 ° Il suolo: L'agricoltura, suo stato attuale, quantità di produzione, suo possibile incremento, allevamento di bestiame, possibilità di impianti di caseificio, colonie agricole, etc; Le.foreste, loro ubicazione, essenze e produzioni, stato attuale e migliorie in vista; I giacimenti minerali, ubicazione, importanza e prodotti. 3° Industrie e .commercio: Le industrie, molini, seta, tappeti, oppio, olio di rose, possibilità di impianti industriali e nuove fabbriche (molini , segherie, birra, gassone,filanda, etc.),forze d'acqua; Il commercio, le sue caratteristiche, esportazioni, importazioni, statistiche, movimento generale del porto . 4° Le vie di cmnunicazione: Le vie attuali, carrozzabile a Burdur, da Adalia a lstanoz, d 'Adaiia ad Alaya, mulattiere, carovaniere, vie marittime; Le vie avvenire, ferrovia ad Alaya,ferrovia ad Ak-Seky,ferrovia verso Burdw~ d'Adalia a lstanozElmaly e lstanoz-1~feni, servizi automobilistici. Conclusione. Nelle sue pagine si leggeva come la cosiddetta "zona cli Adalia" si presentasse agli occhi dei contemporanei con un elevato grado di immeritata decadenza. I tecnici, gli ar97


cheoJogi e i giornalisti italiani che l'avevano visitata negli ultimi anni ne avevano dato l'identico giudizio sconfortante. Dal contenuto degli scritti di questi pionieri e dalle osservazioni, che i residenti italiani avevano accumulato, si doveva dedurre quanto aitificiale, illogica e fallace fosse questa decadenza di Adalia e delle città che le erano vicine. Per questo lo stesso Kellner nelle sue descrizioni era amareggiato. Bastava recarsi sui luoghi, fare un paio d'ore di viaggio da Adalia e si sarebbero trovate le imponenti rovine di Perge, cli Selge, di Aspendos, di Sillium, di Olvia, di Side. Esse erano possenti metropoli e acropoli ancora all'epoca cli Alessandro Magno. Tutto attorno ad Adalia, fino ad Alaya da un lato, sita nella romana Cilicia Trachea, fino a Talmesson dall'altra dove vi era la moderna M.acri, il paese era costellato dai resti cli antiche e fiorenti città. L'intera Licia era una ripetizione della Troade dove la c.ivi1tà dell 'Ellacle europea si scontrò contrn quella della più ricca e asiatica Ionia. Ne erano testimonianza templi, fori, terme, acroteri, arche, ipostili , colonnati, anfiteatri, monete di magnifica bellezza. Tutto attestava di una vetusta, fiorente e abbondante civiltà. In maniera un pò pittoresca, nella trattazione si faceva un colorito confronto tra il passato e il presente: Ove oggi, ad esempio, non troviamo più che il sudicio squallore di una capanna di carbonaio che guadagna a mala pena il pane quotidiano disboscando e rovinando le foreste tutt'attorno, vi erano, trecento e quattrocento anni prima dell 'era nostra, possenti_tetrapoli e pentapoli dominatrici di città vicine. Dove oggigiorno si acquatta vergognoso il tugurio in fanghiglia del contadino anatoliota, s 'estollevan al cielo, purissime, le colonne di marmo dei templi sacri alle Divinità serene dell'Olimpo. Ove infine oggi L'indigeno contratta o mercanteggia sulla base di miserabili quarti di lira italiana, si passavano transazioni di migliaia e migliaia cli tetradracme attiche . E così continuò la storia pel corso dei secoli. Satrapi, persiani, mitrati, governatori dei Selgu.cidi che marcavano le monete antiche coll'ancora del grande Alessandro , emiri selgiucchi venuti dai monti 4gani, arditi navigatori, e cauti negozianti salpati da Genova e da Venezia, arabi egiziani; tutte queste chiatte diverse di origine, di ,\pirito e d'anima avevano fatto d 'Adalia un importantissimo emporio.48 Con queste parole l'autore prese lo spunto per dimostrare come il regresso dell'umanità fosse un paradosso. Allo stesso tempo nella considerazione di Kellner, poiché il suolo appariva lo stesso che del passato, i suoi tratti erano i medesimi e chi lo coltivava apparteneva grosso modo a quella medesima gente del passato per etnia, si doveva di conseguenza cercare altrove le ragioni prime di questa misera decadenza. Potevano essere presi a pretesto sufficiente nello spiegare la decadenza delle città di Panfilia e di Licia alcuni avvenimenti drammatici come il colera che desolò nel 189495 e colpì un terzo circa della popolazione , gli incendi che vi infierirono a cavallo del •~AUSSME, E-3, b. 5, f. 5/1 , conclusione della Monografia su Adali11, la Panfilia, la Pisicl ia e la Licia.

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secolo, distruggendone i quartieri più popolosi e pìù evoluti, ì terremoti che ridussero a quasi necropoli le città più fiorenti degli altipiani, glì assedi sanguinosi che Adalia ebbe a subire fino all'epoca delle guerre napoleoniche, ma tutto ciò non convinceva del tutto il relatore. Egli invece, non volendo entrare in disquisìzìoni politiche, cercò altre ragioni con radici ben più profonde. Partendo dal presupposto, che a ogni nuova era di civiltà sì affiancava e occorrevano istituzioni e provvedimenti statali diversi, egli prefigurava un inevitabile decadimento per «l'era meccanica», che si stava vivendo. Solo un energico intervento eia parte di forze nuove, attive, moderne e tecniche avrebbe potuto ridare all'intera regione il lustro , che aveva nel passato e che avrebbe quindi ogni diritto di reclamare anche per il futuro. Quindi solo dalla modernizzazione dei mezzi di comunicazione e di trasporto, che dipendevano tutte le speranze e le possibilità di questo risorgimento. Se il traffico di Aclalia era sceso «ìn soli quattro lustri a un quarto del prìmìtivo», lo si doveva all'i noltrarsi che dal mare avevano fatto nelle terre tre ferrovie: la Smirne Aiclin - Egerdir (inglese), la Smirne Kassaba-Afiun Karaìssar (francese) e la Costantinopoli -Afiun Konish (tedesca) . Era questo progresso che aveva isolato Adalia dai grandi traffici e che non era percepito dal contadino, definito «una "testa dura", refrattario alle innovazioni» , né dal commerciante turco «lento ad apprezzare». Al contrario era colto in rutta la sua portata «dai numerosi greci della regione, che, per quanto arretrati in confronto allo Europeo, pure comprende l'abisso che intercede tra il trasporto per rotaia e quello per sommeggio». In questa logica, che potremmo definire oggi "terzomondista", era la missione dell'Italia, «del supremo interesse della civiltà ed un sano impiego di forze attive e di capitai i, che Panfil ia e Licia siano attraversate eia binari che le loro rade e le loro baie siano provviste di po1ti rispondenti alle esigenze moderne». In questo senso prima la costruzione di strade e ferrovie e poi di fabbriche con macchine agricole, con impianti industriali, forestali e minerali di ogni specie, con metodi moderni di commercio avrebbero sviluppato il traffico e quindi garantito quello sviluppo necessario e meritato. Il lavoro di Kellner chiudeva con toni polemici, non volendo essere giudicati meno capaci in campo coloniale del Regno Unito, che in ambiente internazionale stava soffocando le ambizioni dell 'ltalia. A proposito cli questo progetto d.i miglioramento sociale scrisse:

L'idea è inapplicata, qui; ma non è nuova. La ritroviamo nelle opere di coloro che furono i professori di energia delle nazioni che ottennero il massimo imperio nel mondo - Roma e la Gran Bretagna dopo Elisabetta - Tacito e Rudyard Kipling. Siam forse n.oi,figli della terra e più grande Italia, rampolLi degenerati di antenati romani od indegni alleati di colonizzatori anglo-sassoni? Non lo crediamo. E perché, mettiamo all'opera giusta efeconda.49 49

AUSSME, E-3, b. 5, f. 511 , conclusionc della Monografiu su Adalia, la Panfilia, la Pisidia e la Licia.

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. Il teatro di Aspendos nella zona di Adatia

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Capitolo Terzo Gli sbarchi italiani IL PIANO DEGLI SBARCHl Il giorno 10 a Lero si tenne un incontro tra Ciano e Battistoni, per preparare le operazioni circa gli sbarchi nelle varie località costiere dell'Anatolia. Il comandante navale ordinò che gli equipaggi del Coatit e del Liguria dovessero occupare in via preliminare Bodrum e Macri. 1 Nel frattempo oltre ai piroscafi Palasciano e Tramontana già a Lero , arrivarono in porto anche il cacciatorpediniere Corazziere (destinato a Bodrum e Kuluk) il Mas 282 (destinato a Bodrum), la nave ausiliaria Cappellini (destinata a Kuluk) , il piroscafo Lido (destinato a Bodrum) e il cacciatorpecliere Artigliere (destinato a Macri). 2 Intanto giungevano notizie daIJa nave Duilio, ormeggiata a Smirne, che i reparti di marina.i italiani, inglesi e francesi avrebbero occupato il forte , per poi lasciarlo in consegna ai greci, che erano attesi per il giorno 15 .3 Tutto era pronto. Non si poteva aspettare altro tempo. Era di fondamentale importanza agire in parallelo con le mosse di Atene. Per questo Battistoni ordinò al generale Gualtieri (che aspettava a Lero), comandante e quindi responsabile delle operazioni della brigata, di procedere subito all'occupazione di alcuni punti della costa dell'Anatolia valendosi delle truppe appartenenti al I scaglione della spedizione e di quel le disponibili a Rodi. Ecco un resoconto delle unità da impiegare: 1) ali ' occupazione cli Scalanova trasportati con il pirnscafo Palasciano il comando del 34° fanteria e il I battaglione ½ plotone della 70A compagnia del genio la 59A sezione radio con due stazioni (la rimanente stazione rimaneva a Lero) - una sezione fotoelettrica il 379° plotone carabinieri un drappello di sussistenza 6 forni sommeggiati ½ 1013" sezione autocarri 2) all'occupazione di Kuluk trasportati con la nave Cappellini una compagnia fucilieri e due sezioni mitragliatrici del Il battaglione del 34° fanteria 'AUSSME, E-3, b. 7 , f . 7/3, rninuLa del Diario storico militare (1 5 aprile-31 maggio l919), sabato 10 maggio. AUSSME , E-3, b. 7, r. 7/3, minuta del Diario storico militare (15 aprile-31 maggio 19 19), domenica I I maggio. 3 AUSSME, E-3, b. 6, f. 6/4 b , telegramma di 13attistoni a Comando Supremo del 14/5/ 19 J9 . 2

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3) all'occupazione di Bodrum traspottati con il cacciatorpediniere Corazziere, il piroscafo Lido e il Mas 282 il comando del II battaglione ciel 34° fanteria. una compagnia fucilieri e una sezione mitragliatrici ciel II battaglione ciel 34° fanteria 4) all'occupazione cli Macri trasportati con il cacciatorpediniere Artigliere e il piroscafo Tramontana una compagnia fucilieri e una sezione mitragliatrici del TI battaglione del 34° fanteria 5) all'occupazione cli Marmarizza una compagnia zappatori e un reparto mitraglieri Colt provenienti eia Rodi Una volta giunte nella rada cli Scalanova, le truppe destinate a occupare quella città, tutte dipendenti dal tenente colonnello Pietro Ferrari, comandante ciel 34° reggimento fanteria, non dovevano sbarcare prima di aver ricevuto l'ordine dal comandante della Regina Elena, che avrebbe fatto prima scendere un distaccamento cl i marinai. Questo perché l' intervento italiano su Scalanova e su Kuluk doveva essere la risposta a un'azione greca su Smirne. In modo diverso l'occupazione di Boclrum, Macri, Marmarizza doveva essere fatta non appena i distaccamenti, in procinto cli irnbaracarsi, fossero arrivati sul posto, allo scopo di mantenere l'ordine pubblico e cli proteggere i posti italiani di controllo e gli ambulatori, già stabi liti in quelle località . Una volta effettuato lo sbarco a Scalanova si doveva quindi procedere all'occupazione del nodo di Aiasoluk, destinandovi una compagnia fucilieri e una sezione mitragliatrici. I comandanti dei distaccamenti, in accordo con i comandanti della Marina sì sarebbero messi subito in relazione con le autorità turche del luogo, alle quali avrebbero dato assicurazione che l'occupazione aveva il solo scopo cli mantere l'ordine pubblico e la tutela degli interessi italiani e che nessuna ingerenza sarebbe stata presa nell'amministrazione interna della Turchia, tanto meno nell'amministrazione della giustizia. Le truppe avrebbero, per questo , dovuto adoperarsi in ogni modo per rendersi bene accette e di cordiale cooperazione. Le truppe distaccate a Kuluk, Bodrum, Macri e Marmarizza dovevano portare con sé almeno cinque giornate cli viveri , quelle destinate a Scalanova potevano invece disporre di tutto il fondo cli derrate esistenti a bordo del Palasciano. Per la confezione del pane si sarebbe provveduto utilizzando di preferenza i forni turchi, mentre per la carne e la legna i mercati locali sarebbero stati sufficienti per l'acquisto . Il comando di Battistoni avrebbe provveduto ai successivi rifornimenti da Lero e da Rodi.4 • AUSS.ME, E-3, b. 7, f. 7/4 f, lettera di Bauistoni a Gua ltieri del 10/5/1919. 102


LO SBARCO ITALIANO A BODRUM

La sera del 10 maggio l'esploratore Coatit partì da Rodi per giungere a Bodrum ali' alba del I' 11 . La compagnia da sbarco composta da 60 marinai, preparata e istruita durante la notte, scese a terra in buona tenuta, completamente armata ed equipaggiata, costituita su tre plotoni agli ordini di ufficiali e di aspiranti, comandata dal sottotenente di vascello di complemento Mucci. Le lance che si scostavano da bordo alle 5:30, erano precedute dal comandante della nave capitano di fregata F. Padalino con il battello a motore, onde indicare i punti di approdo . Alle 5:45 sbarcarono a terra .i marinai dei due primi plotoni , che disposero subito il servizio provvisorio per la sorveglianza al pontile, onde accertare lo sbarco dell'intera compagnia. A questo punto, secondo .le istruzioni ricevute, Padalino si recò dal caimacan per comunicargli di aver occupato la città. Questi era ancora al letto, sicchè il comandante approfittò per impartire ordini alla compagnia, che nel frattempo era tutta sbarcata, circa i posti da occupare e il modo di comportarsi. Indicò perciò il castello e vi fissò là il concentramento , per la sua posizione assolutamente dominante, ma prossima alla banchina dove era di guardia un drappello e dove erano pronte due imbarcazioni. Poi dispose che una squadra si potesse recare a protezione della missione san.itaria italiana e un'altra si fosse tenuta pronta in caso di eventuale richiesta di quella greca. Una terza invece fu inviata a protezione dell'ufficio del controllo internaziona.le sulla navigazione. Nel frattempo furono stabiliti, tra la nave e la terra, segnali convenzionali d'urgenza per i vari casi d'allarme. Nel frattempo a Lero giunta notizia che i primi sbarchi erano avvenuti senza incidenti , Battistoni avvertì il tenente colonnello Ferrad, che l'imbarco del II battaglione per Bodrum poteva cominciare verso le ore 10. Una volta completato, alle ore 13 il Corazziere e il Lido presero il largo.5 A terra invece, disposte le consegne e le dislocazioni, Padalino incontrò l'interprete dell'ufficio controllo e quindi il capitano medico dell'Esercito , Naccarato, capo della missione sanitaria. Spiegò loro lo scopo della sua pl'esenza e le direttive. Insieme ad essi ritornò poi dal caimacan, che intanto sì era alzato. Egli parlava in francese, sicché Padalino ebbe la possibilità di spiegarsi senza inteq)fete. Gli comunicò d'aver occupato la città, secondo le istruzioni del proprio comando militare, allo scopo di preservare l'ordine pubblico, secondo la perfetta amicizia tra il governo italiano e quello ottomano. Il caimacan fu sorpreso , insistendo nel domandare se vi fossero stati altri scopi oltre quello, sicché essendo assoluta la tranquillità del paese, non ritenne necessario l'intervento italiano, che egli giudicò contrario alle norme contenute nell' arm istìzio. A sua volta, Padalino confermò come la sua presenza potesse essere una migliore garanzia a quell'ordine. Si dichiarò pronto a tutto ciò che poteva occorrergli al riguardo, rinnovando da parte del governo di Roma i propositi cli assoluta amicizia 5 AUSSME,

E-3, b. 7, f. 7i3, minuta del Diario storico militare (15 apri lc-31 maggio 19.19), domenica 11 maggio. 103


verso la Sublime Porta. Invitò quindi il caimacan a cedergl i un locale qualunque, preferibilmente il castello, per aJJoggiarvi i marinai. Il turco, visibilmente turbato, non seppe opporsi con un reciso rifiuto, aggiungendo che mancandogli istruzion i, avrebbe telegrafato per averne. A questo punto Padal ino lo informò allora che nell' attesa della risposta avrebbe cominciato a sistemare la sua truppa. Più tardi il caimancan informò il comandante italiano che il telegrafo non funzionava e che avrebbe mandato un uomo a cavallo. Dovendo attendere quindi circa 20 ore per una risposta, invitava Padalino a ritornare a bordo. Questi replicò che il r.itorno non era previsto negli ordini ricevuti dal suo governo, mostrando meraviglia sul perché non potesse favorirlo nella missione, cedendogli le chiav i del castello, pur aspettando le opportune chiarificazioni. Per carpire una qualche collaborazione, 1'italiano tentò di convincerlo che ci sarebbe dovuta essere almeno qualche intesa, a loro insaputa, fra i due governi. Il caimacan risultò tuttavia inamovibile e non autorizzò nessuna delle richieste cli Padalino. In ogni caso il castello si ri levò già quasi completamente aperto e quindi venne subito guardato dai marinai italiani, pronti a impedire che venisse chiuso od occupato dal)a gendarmeria ottomana, che si aggirava per le vie con l'intento cli radunarsi. In seguito il caimacan mandò a dire che il telegrafo era stato riparato, che perciò sperava di ottenere .in breve una risposta dal suo superiore diretto e per questo pregò ancora una volta le truppe di attendere novità a bordo della nave. Padalino ribadì. gli amichevoli propositi degli italiani e lo invitò nuovamente a cedergli i locali del castello, che rimanevano comunque presidiati dai marinai. A questo punto il caimancan dichiarò l'impossibilità cli poter concedere il castello, ma non si sarebbe opposto che le truppe fossero sistemate altrove ove si credesse più opportuno. Ciò avvenne in un grande albergo, evitando l'accampamento nel castello, atto che avrebbe potuto essere interpretato come violenza ed eccessiva ingerenza nella poli tica turca. Risolto il problema dell'alloggiamento, Padalino si recò con il capitano Naccarato dal sindaco, dal quale si intrattenerono, mentre si aspettavano novità dal caimacan. Il primo cittadino si dimostrò molto affabile e, a quanto tradusse il capitano , non gli era malvista la presenza italiana, sempreché fosse autorizzata dal suo governo. Durante le due ore successive, dalle 9 alle 11, pur mantenendo la popolazione civile l'aspetto più tranquillo, la gendarmeria si muoveva con una certa agitazione, per cui Naccarato confessò che per quanto la preparazione morale della popolazione fosse rassicurante, non era da escludere la possibilità di un atteggiamento energico della gendarmeria, consigliando Padalino cli diffidare di questa lunga stasi, durante la q uale non si erano visti né il caimacan né i gendarmi. Fu allora che per dovere di informazione Paclalino rad iotelegrafò a Ciano circa «l'esagerato senso di responsabilità del Caimacan» e l'insistenza della sua richiesta per far ri tornare a bordo i marinai. A tal riguardo richiese istruzioni in caso si profilasse una resistenza turca al la permanenza, caso che pareva reale e quindi oggetto di ulteriori decisioni. 104


Verso le ore 13 il caùnacan fece recapitare una lettera aperta. In essa in lingua turca era contenuta la stessa protesta fatta a voce e secondo la quale egli riteneva superfluo e contrario alle condizioni. di armistizio la permanenza italiana armata in città, riferendo che quella era la risposta del suo superiore. L'interprete non riuscì a tradurre con precisione la lettera , ma più tardi il caimacan poté spiegarla di persona e a voce, sempre in francese. Vedendo in questo, il riconoscimento della sua impotenza per un'azione coercitiva, Padalino non ne tenne conto e anzi nel pomeriggio tornò a fargli visita, questa volta in compagnia del capitano del porto e del mini stro ciel culto riuniti. In modo diplomatico Padalino fece intendere che ben capiva la situazione delle autorità locali e che, se proprio non si ritenevano autorizzate a cedergli i locali , sperava che si potessero almeno adoperare per indurre j loro superiori ad autorizzarle e a poter agevolare in qualche modo gli italiani. Essendosi così attuate le previsioni, Padalino concluse con un telegramma: «Caimacan attende ordini, intanto truppa alloggia tranquillamente grande albergo, nessun incidente, impressione favorevole». Dal comando di Ciano ricevette risposta tramite radiogramma, che annunciava l'arrivo del Corazziere e del Udo, e diede opportune disposizioni perché le truppe dell'Esercito, con le imbarcazioni e il personale della Marina, alle ore 19 potessero sbarcare tranquillamente a terra. Paclalino s i recò a conferire con il maggiore Francesco Sartoris, comandante del II battaglione de] 34° reggimento fanteria e con il comandante del Corazziere prima che questi iniziassero le operazioni cli discesa a terra, informando dello stato di assoluta tranquillità e della disponi bili tà del castello per il loro alloggio. Dopo l'avvenuto sbarco del battaglione, composto da una compagnia e da una sezione mitragliatrici, Padalino tornò ancora dal caimacan per indurlo, semplicemente per questioni di forza, a consegnargli le chiavi del cancello centrale del casteilo. Il maggiore Sartoris, che prese le direttive del colloquio, decise di non perdere ulteriormente tempo e di aprire tale cancello con la forza. La truppa allora prese alloggio nel castello, sempre sorvegliato dai marinai sino a sistemanzione completata. Gli ufficiali della Marina si m isero a disposizione e aiutarono nell'alloggiamento e a tutto quanto concernesse il rifornimento di viveri e cli materiali. Durante le ore pomeridiane eia alcune frasi non evidentemente chiare, che un ragazzo turco riferì al capitano Naccarato, si ebbe il sospetto che sul piroscafo greco Kokkly , che era solito trafficare tra quelle isole, ci fosse dell'equipaggiamento da guerra destinato ai greci. Si decise perciò per una minuziosa visita al tenente Comai a bordo cli tale p iroscafo, assieme al delegato del controllo internazionale e al capitano turco del porto. Dalla più minuziosa ispezione il risultato fu negativo e quindi emerse come in realtà il ragazzo aveva confuso un ufficiale della missione italiana, con quello della missione greca e quindi si trattò unicamente di cattiva espressione del giovane. 105


A sera tardi, quando il battaglione si era sistemato con le tende nel cortile del castello, Padalino ritirò metà della compagnia, circa 30 persone, continuando a tenere il posto di sorveglianza all'albergo, ove era l'altra metà, e al molo. Il comandante del battaglione, nel rilevare la guardia ciel castello, ad alloggiamento completo delle truppe, fece fare regolare cessione fra i due drappelli, con ricevuta scritta. A l castello venne comunque lasciato un posto di segnalazione della Marina, per il collegamento con le truppe dell'Esercito, nell'intesa che si sarebbe agito fino a sistemazione completa, con le norme e i segnali stabiliti per la compagnia della Marina. Nel pomeriggio il caimacan inviò l'interprete a Padalino, per riferirgli che avrebbe desiderato risposta scritta alla sua protesta. L'italiano , che per ordine non poteva rilasciare nulla di compromettente, rispose che aveva già risposto a voce e che in ogni modo si sarebbe recato di persona a dissipare gli ulteriori dubbi, cosa di cui però non ci fu bisogno. Il 12 maggio, alle ore 18 per parere espresso di Sa11oris, perdurando la tranquillità assoluta, Padalino ritirò il resto della compagnia. Rimasero ancora i gruppi di segnalazione, di sbarco e di collegamento, che vennero imbarcati il 14, avendo .il maggiore stabilito un posto di segnalazione con soldati tra la nave e la tena. Gli accordi tra i due ufficiali furono cli estrema collaborazione, stabjlendo insieme le tabelle dei segnali urgenti. Durante tutta la presenza delle truppe deila Marina non venne alzata mai di proposito la bandiera nazionale, avendo ricevuto istruzioni. verbali contrarie, dovendosi regolare come se facenti parte cli una forza ottomana a tutela dell'ordine pubblico. Padalino sottolineò il perfetto ord.ine e l'ammirevole contegno di tutto il suo personale , sia a terra che a bordo , grazie alla cui disci.plina poté senza il benché minimo ritardo, attuare il piano da lui desiderato e agire in modo molto rapido. Le importanti parti affidate a ogni ufficiale, dell'azione che si svolgeva contemporanea e ampia , furono espletate con tanta perizia da poter ritenere che non potesse prodursi altrettanto senza l'attiva e l'intelligente cooperazione d'ognuno cli essi . I sottufficiali sia della compagnia, che a bordo, si mostrarono perfettamente all'altezza della situazione. I primi con tutta fiducia poterono più volte essere lasciati a se stessi con i loro drappelli. Gli altri a bordo, con il personale ridotto cli circa 90 persone (50 della compagnia da sbarco, 30 per rifornimenti a bordo e a terra e armamenti cli tutte le imbarcazioni, il che rappresenta va più della metà de Il' equipaggio), poterono bri1lantemente moltiplicare i propri sforzi, e oltre ad avere la nave continuamente pronta per tutto il tempo che occorse, esplicarono un lavoro di attività ben superiore al normale. Operarono lo sbarco delle truppe , ciel loro materiale e prepararono nella stessa notte 30 tonnellate d.i carbone per il Corazziere, estraendolo daIle carbonaie .6

6 AUSSM.E, E-3 , b. 5, f. 5/2 a , Relazione del capitano di fregata F. Pada li no comandante del R. Esploratore "Comit'' diretta al comando stazione navale del Dodecaneso R. Nave " Regina Elena", riguardante i contingenti italiani nella Turchia europea e rapporto circa l'occupazione di Budrum (l l maggio I9 l 9).

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MARE RRANEO ... . La wna d'a,ione italiana SITUAZIONE DEI GIORNI SUCCESSIVI ALL'OCCUPAZIONE

Nd giorni successivi aJlo sbarco, Padalino insieme a Sartoris effettuò un giro e sludiò le posizioni della città, presentandolo al sindaco e al ministro del culto , e preoccupandosi di stabilire una cordialità tra il maggiore e l'ufficiale capo della missione sanitaria greca. Così fece in modo che la mattina del 14 il tenente greco venisse a fargli visita ufficiale. Si fece trovare da Sartoris, sicché il capitano informò il greco che la visita poteva essere duplice. Entrambi gli ufficiali italiani si espressero nel modo più conveniente, tivolgendo affermazioni di sincera cordialità e offrendo la loro opera 107


in tutto ciò che potesse occorrergli . Vi fu qu indi uno scambio cli visite: il greco venne invitato anche a colazione a bordo del Coatit, dove rammentò l'amicizia che lo legava con il comandante Ciano, verso il quale fece molti complimenti. In questa circostanza chiese dove si trovasse la Regina Elena, ma Padalino rispose in forma evasiva. In quei giorni venne evidenziata la poca autorevolezza delle autorità ottomane. Esse pur non dimostrando un aspetto ostile, erano circospette alla presenza degli "invasori". Al contrario il grosso della popolazione civile, compresi i greci poveri, faceva buon viso alla presenza degli italiani e anzi molti salutavano Padalino, Sartoris e Naccarato, dando un'impressione favorevo le. Il resto della popolazione era indifferente. Il 14 maggio i marinai scesero a terra .in franchig ia, una squadra per volta dalle 17 alle 19:30 in analogia a guanto praticava l'Esercito da due giorni. Erano tutti consapevoli delle istruzioni. L'Esercito aveva qualche ronda armata in città, per sorveglianza dei militari. Il caimacan chiese spiegazioni all'interprete su queste attività di controllo, ma Padalino in accordo con Sartoris si riservò di spiegare verbalmente lo scopo di dette ronde, quando il funz.ionario turco, che sembrava essere sfuggente, sarebbe stato più accessibile. Ciò avvenne 16 maggio: l'incontro fu tra i due ufficiali, il caùnacan e suo fratello e avvenne in piena cordialità. Non vi fu nessun accenno del funzionario ottomano circa le ronde, sintomo che ormai si era calmato e quasi rassegnato agli eventi. Il 15 maggio arrivò a Bodrum Battistoni insieme a Giordano, ai quali Padalino riferì sulla situazione trovata e sull'operato delle truppe. Il generale, dopo una breve ispezione sul Coatit e alle truppe cli fanteria al castello , si mostrò soddisfatto di tutta l' opera svolta, ripartendo in giornata. In quei giorni erano iniziati alcuni lavori di ammodernamento della zona del porto. Era stata predisposta la messa a posto di gavitelli alle testate dei moli sommersi, per facilitare l'entrata in porto, e l'ormeggio di una boa preparata dal comandante del Corazziere sulle secche "Sighi", nel caso la capitaneria locale avesse favorito una delle tante ancore inutil i che possedeva. Intanto, avendo convenientemente preavvisato il caimacan, i marinai procedettero alla messa a posto di due segnali per l'entrata in porto, sostituiti da due blocchi di legno sormontati da un'asta con piramide (rosso a sinistra entrando, verde a dritta) . Questi segnali erano ali 'estremità dei due moli, il meno profondo era a metri 6,5 dall'acqua. Essendo ormeggiati con blocchi di pietra, sebbene fossero alquanto sicuri, non si poteva garantire che essi non potessero essere asportati specie dai battelli. L'ormeggio definitivo sarebbe stato effettuato al momento della cessione delle ancore richieste al capitano del porto. Con questo materiale sarebbe stato piazzato nel porto dai marinai anche un posto d'ormeggio per bastimenti lunghi, mentre quattro mine scariche potevano servire da boe. Con lo stesso preavviso iniziò anche la ricostruzione del ponte in legno, che era sul piccolo torrente che per l'antico quartiere greco della città costituiva l'unico prolungamento della strada, quando il torrente era in piena. Questa opera, essendo molto visibile, nelle intenzioni avrebbe fatto ottima impressione sulla cittadinanza. 108


Una nuova visita al caimacan si svolse il I 8 maggio, giornata di inconui anche con il cadì,1 il sindaco e il muftì .8 La loro disposizione verso g li italiani era notevolmente migliorata. TI caimacan riportò alcune voci secondo le quali il comandante Ciano avrebbe fatto affiggere manifesti rassicuranti per le popolazioni turche e che garantivano come Smirne non sarebbe rimasta ai grec.i. Il 20 maggio il caimacan, il cadì e il sindaco restituirono la visita ufficiale al comandante a bordo del Coatit e al maggiore Sartoris al castello. Si dimostrarono di si ncera affabilità . Erano palesemente di buon umore ed espansivi. Fu frequente la loro affermazione: «Noi vi abbiamo sempre amato e continueremo ad amarvi». Si trattennero circa un 'ora a bo rdo, e prima di. lasciare la nave, il caimacan si espresse con tono cli grande sincerità: «Vi porgo il saluto di sincera amicizia del mio paese pel vostro». I notabili si rivolsero nella stessa forma amichevole anche a Sartoris. Il caimacan gli chiese quale sarebbe stata la sua condotta, in caso di d imostrazioni anti-elleniche da parte dei turchi. TI maggiore rispose che se le dimostrazioni si fossero mantenute in una forma civile, tale da non implicare pericolo per a lcuno, egli non avrebbe fatto altro che informare i suoi superiori, aspettandone istruzioni. Se invece dette dimostrazioni avessero avuto carattere di violenza , egli avrebbe dovuto proteggere i deboli mettendoli al sicuro dalle sopraffazioni e quindi separandoli daj dimostranti. TI caimacan si mostrò molro soddisfatto da tale risposta e assicurò che ritene va da eslcudersi l' ultima ipotesi. ln serata fece sapere attraverso l'interprete, che il giorno 23 avrebbe avuto luogo una dimostrazione anri-cllenica, incitata dal loro nuovo governo. Assicurò uno svolgimento tranquillo, ma per gli accordi presi tra i l comandante e il maggiore, tutta la gente sarebbe stata consegnata. Venne disposto che due lance, con l'apparenza di fare esercizio di voga, si tenessero davanti al lato E st della città in prossimità ciel quartiere greco. Nel caso ci fosse stata una seria minaccia, avrebbero imbarcato la popolazione in pe1icolo , sottraendola alle violenze e portandola a bordo. I marinai avevano ordine di intervenire soltanto in caso di gravi complicazoni e quando si rendesse indispensabile la loro azione agli scopi predetti, altrimenti Padalino avrebbe provveduto che questo intervento ven_ìsse richiesto. La preavv isata dimostrazione ebbe luogo nel pomeriggio in una forma molto corretta. 11 popolo di tutto il distretto di Bodrum, con a capo i notabili , si recò alla moschea centrale dove il mujiì e il figlio lo del sindaco avevano, dopo solenne preghiera, pronunciato discors i di protesta contro l'occupazione greca, rammentando spesso il principio di autodeterminazicone, che dicevano non giustamente applicato. Alla fine della cerimonia il mi~fi.ì con tutti i notabi li s i recò al castello e consegnarono a Sartoris una protesta scritta sintetizzante l'esito della cerimonia, per cui era ferma volo ntà dei turchi, che i greci si allontanassero dal loro paese. Aggiunsero che si dichiara7 8

Au1orilà giuridica e religiosa musu lmana. Amorilà giuridica e religiosa musulmana.

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vano tutti uomini, donne e bambini pronti a prendere le armi nel caso disperato , perché convinti che fosse più opportuno sacrificarsi in guerra, anziché morire a poco a poco sotto il domin io, sia pure parziale, dei greci . Questa protesta era ricoperta di firme e bollì dì molti notabili e accompagnata da una lettera, nella quale dimostravano la speranza che l'Italia volesse presentarla alle grandi potenze. A voce confermarono le simpatie per il governo di Roma e il maggiore rispose che avrebbe trasmesso tale documento al comandante del Corpo di S pedizione a Rodi. Nei giorni successivi grazie alla crescente amicizia con il tenente dei gendarmi, questi offrì ai due comandanti italiani i cavalli della sua guarnigione per una cavalcata . Il maggiore e il capitano approfittarono della cortesia , ottenendo anche la guida cli un gendarme a cavallo. li giorno 25 , Padalino si recò a ringraziare il tenente ottomano per la sua gentilezza e l'invitò a bordo per colazione. Durante la serata l'espansività ciel turco raggiunse il culmine . Data la sua alterazione dovuta al bere, sembrava sincero nelle sue affermazioni, soprattutto quanto disse che il caimacan. favoriva in modo evidente i greci. Di questa politica ellenofila egli aveva avuto più volte prove tangibili, che però non poteva far rilevare ai superiori giacché il mutasser~f di Mugla, a cui avrebbe dovuto indirizzarsi, era amico e condivideva l'idea del caimacan . L'impossibilità di allontanare il funzionario in modo legale, lo aveva convinto e disposto a qualu nque cosa, non esclusa quella di sopprimere il caimacan durante qualche moto popolare. Il tenente assicurò poi che gli era fedele la popolazione in genere e la gendarmeria in particolare. Raccontò quindi come una volta (e questo venne confermato anche dall'interprete usato dal comando italiano e da due informatori che servivano il capitano medico Naccarato) in occasione di una dimostrazione anti-ellenica, egli venne allontanato dalla città con futi li motivi dal caimacan. Quando gli informatori lo avvertirono per telefono di guanto accadeva, invitandolo a ritornare e a mettere in opera il suo progetto, egli ricevette, per opera del caimacan, soltanto a cose fatte la comunicazione , e quantunque ritornò precìpotosamente, giunse in ritardo. Aggiunse che il caimacan si recava molto spesso presso la stazione sanitaria greca e che infine insisteva perché venissero lasciati liberi quei greci che venivano a Bodrum cli contrabbando dall'isola dì Kara-Adà, e, che per disposizioni superiori, egli chiudeva in caserma in attesa di rinviarli . Il tenente diede allo stesso Padalino una prova di quanto raccontato: fece vedere eia una finestra della casa dove si trovavano rimanendo al buio, come nello stabile di rimpetto vi fosse un greco che, giunto di contrabbando come aveva eletto, egli aveva isolato da tre giorni, ma che infine, per le molte preghiere ciel caimacan., acconsentì a fare uscire per quella sera perché dormisse comodamente in città. Invece questi complottava con alcuni suoi connazionali . Infatti si vedeva oltre l'uomo in oggetto, un sottufficiale della missione sanitaria greca e altre due o tre persone , che l'interprete classificò come greci. Quella era la casa della fi danzata ciel sottufficiale, dove , a parere degli informatori collaboratori degli ital iani che abitavano di fron te, si tenevano conti nue adunanze a ore notturne. 110


Il 26 maggio vi fu un altro incontro con colazione a bordo del Coatit. Vi era invitato, oltre al tenente della gendarmeria, anche il maggiore Sartoris , al quale Padalino aveva nel frattempo riferito le notizie apprese nella sera precedente . Alla grande espansione del primo, gli italiani risposero con affermazioni di amicizia . Nel pomeriggio sì ebbe una nuova cavalcata con gli animali della gendarmeria. TI tenente era persona molto aperta, di carattere militare, di cordialità espansiva, ma di ruvida apparenza. Era da ritenersi che le sue idee fossero veramente sentite, sebbene non potesse escludersi una certa dose di odio personale per il caimacan, al quale egli si sarebbe voluto sostituire. Il caimacan effettivamente aveva sempre una certa dose d.i riserbo, come pure suo fratello, che, sebbene andasse notevolmente diminuendo, contribuiva ad avvolgerlo di sospetti. Per questo non sembrava persona di cui era bene fidarsi per il momento; in più sembrava che sia lui, che suo fratello avessero interessi economici in comune con i greci. Il 27 maggio il ricco notabile turco Fenzi bey, partito da Macri diretto a Costantinopoli con nave ottomana rimorchiata dal motoscafo FetaLonda battendo bandiera inglese perché dell'armatore Whasitall di Smirne, diffidando della condotta poco obbediente dell ' equipaggio greco del motoscafo , a stento riuscì a farsi portare a Bodrum, dove venne a porsi sotto la protezione italiana. Egli si rivolse in un primo tempo per chiedere se gli italiani potevano fornirgli un qualche mezzo per proseguire il viaggio, ma più tardi avendo telegrafato al mutasserif cli Mught, gli venne consigliato per la sua sicurezza cli rimanere a Bodrum. Più tardi egli fu avvisato che tali notizie erano poco esatte e il mutasserif spiegò come ormai tali allarmi erano frequentissimi, dato lo spavento della popolazione per J' invasione greca. Intanto per una serie cli comunicazioni telegrafiche che il Fenzi bey ebbe con il mutasserif: egli comunicò a Padalino cli aver deciso cli chiedere (e cli ciò era stato egl.i autorizzato) aiuto all'Italia sia ufficialmente che in segreto, giacché in entrambi i casi qualora Roma si fosse impegnata ad aiutarli, essi avrebbero preso le armi, g ià in gran parte preparate, contro i greci. Il Fenzi bey desiderava perciò che il comando italiano di Bodrum chiedesse al proprio governo una risposta in proposito. Sartoris e Padalino si consultarono e deciderono cli indurre il Fenzi bey a recarsi a trattare d.irettamente a Rodi , dove le cose avrebbero potuto procedere molto più sollecitamente. Preavvisando perciò quel comando con il telegrafo, predisposero il suo invio con la vedetta Tramontana in territorio italiano. La sera egli si recò a pranzo a bordo del Coatìt e - a quanto detto eia Padalino si dimostrò uomo di forte talento e cli cultura non comune fra i turchi. Confessò di essere un fiduciario del Sultano e che viveva con lui a palazzo. Dalle informazioni che emerserso , risultò essere anche uno scrittore, una persona agiata e della massima influenza. Le sue chiare idee politiche colLimavano perfettamente con le direttive delle truppe italiane, aveva una cognizione ampia della politica ottomana ed europea nei vari tempi, era molto persuaso dell'assoluta necessità cli appoggiarsi unicamente all'Italia per il momento e in avvenire. Solamente in essa sperava per la salvezza di 111


quella parte del! 'Impero ottomano che sarebbe potuta rimanere indipendente. Egli aggiunse che il più grande oltraggio fatto dalla Gran Bretagna ai turchi era quello cli aver inviato, come capaci cli una civiltà superiore, i greci, che essi conoscevano essere assolutamente incivili, cli gran lunga al cli sotto dei suoi connazionali. Per tali motivi questi ultimi non si sarebbero mai assoggettati a rimaner sotto quel dominio. Se necessario, avrebbero preferito morire in una lotta sia pure insensata, ma nobile. Il Fenzi bey passò la notte a bordo, in attesa di partire all'alba con il Tramontana. Secondo le informazioni del caimacan, egli era l'amministratore dell'ex kédivé (viceré) d'Egitto. L'attuale suo viaggio era funzionale a visitare le tenute del Sultano ed era accompagnato, in incognito, da un tenente aviatore turco , che parlava correntemente l' inglese . Tanto il Fenzi bey che il caimacan riferirono esservi diverse barche pescherecce, che di contrabbando sbarcavano della polvere da sparo. Essi avrebbero gradito che si esercitasse sorveglianza onde impedirne il contrabbando. Tuttavia non si ritenne che questo traffico era fatto a scopo guerresco, ma semplicemente per usi di caccia e cli pesca, che costituivano le principali risorse alimentari ciel paese. Intanto proseguivano i lavori al porto. Il 28 maggio venne iniziata la costruzione di un pontile in legno lungo 12 metri per aumentare i punti d'attracco degli ormeggi. L'ufficiale aviatore al seguito del Fenzi bey aiutò il lavoro fornendo un lungo e massiccio albero che avevano a bordo, per completare l'opera. li capitano del porto e il caimacan si dimostravano molto soddisfatti di queste costruzioni in corso. Ci si interessò anche circa il cavo telegrafico sottomarino tra Bodrum e Cos, ma le notizie a disposizioni erano scarse. Sembrò che il punto di partenza di questo cavo si trovasse a circa 3 chilometri fuori Boclrum. Esso non era mai stato completato prima a causa dell'occupazione italiana di Cos (guerra italo-turca) e poi per il sopraggiungere della gue1Ta mondiale. Esso doveva partire dal fanale di Kum Bumum diretto a Kefaluka, ma non si era ce1ti se detto cavo fosse già disteso o meno. L' unica cosa certa era che il punto d'arrivo sulla costa sarebbe dovuto essere nel.l'ansa tra i villaggi di Kemer e Kefaluka ove si trovava una piccola costruzione isolata, destinata ad accogliere gli apparecchi di comunicazione. Venne accluso uno schizzo di Padalino desunto dalle informazion i. Nel frattempo gli incontri tra i notabili locali e gl.i ufficiali italiani si susseguirono: il 29 maggio il maggiore Sartoris offrì al castello un pranzo ufficiale a tutte le autorità della città. Per il giorno dello Statuto le autorità locali fu rono invitate a bordo del Coatìt per assistere alle regate fra le squadre dell 'equipaggio. Le autorità dimostrarono il loro compiacimento nell'assistere a questa festa nazionale italiana.

NOTE MONOGRAFICHE SU BODRUM

Il capitano Padalino, per chiarire meglio la situazione geografica e sociale di Bodrurn, compilò una relazione, che qui viene sintetizzata. 112


Schizzo del cavo telegrafico sot1omari110 tra Bodrum e Cos

Bodrnm sj estendeva quasi totalmente lungo la spiaggia con una sotti le striscia di edifici , che soltanto a ponente si addentrava per qualche centinaio di metri . Il porto risul tava al centro e dal lato Est era li mitato dal castello dei Cavalieri (o dÏ San Pietro), che dominava per intero la città . Nel porto potevano ormeggiarsi navi di piccole dimensioni. L'entrata era hu¡ga una cinquantina di metri e profonda 9 metri e iniziava a circa 20 metri dal casotto del fanaJc , a ponente del! ' imboccatura. Però decresceva rapidamente , e la linea di 3 metri si estendeva per 100 metri circa verso Nord all ' inI 13


temo e a 300 metri a Est. La linea dei 4 metri era quasi circolare e aveva un diametro di 200 metri. Nell'interno, davanti alla moschea, prossima al castello e poco a ponente della moschea diroccata, che era nel centro ciel porto, a 20 metri da terra vi erano 2 ,5 metri, permettendo così l'ormeggio ai cacciatorpediniere. Si operavano delle primordiali operazioni di palafittaggio ai moli. Il traffico era limitato ai carichi, che facevano il piccolo cabotaggio , e a qualche piccolo piroscafo greco dalla società Pireo Palica & C., che facevano traffico tra l'Anatolia e le isole adiacenti. Le comunicazioni terresti erano minime, effettuandosi per carovane, e raggiungevano, dopo circa dieci ore, la strada carrozzabile di Smirne, a cui si poteva giungere in cinque giorni e in dieci a Costantinopoli. Il castello costituiva un'ottima posizione dominante, da cui qualche centinaio di soldati avrebbero potuto sostenere qualsiasi attaco dalla città, se non fosse stata accompagnato da bombardamento. Per una porta laterale, che era a Est ciel castello, e che clava su un piccolo molo interno al porto, si poteva far traffico con battelli, rimanendo sufficientemente al riparo dagli attacchi cli terra, sicché in caso dì. isolamento il collegamento era possibile per questo passaggio. Il castello era attaccabile solo dal lato Nord , per la lingua di terra che lo collegava alla città, e attraverso la protezione di una nave leggera, escludendo un attacco con cannoni, si poteva ritenere nelle condizioni presenti imprendibile. Al suo interno vi erano molte costruzioni riadattabili; con qualche lavoro sarebbe stato capace di alloggiare un battaglione con tutti i servizi sommeggiati. Vi era anche qualche statua acefala di buono stile, numerose sculture e bassorilievi molto pregevoli. La Missione archeologica ital iana del professor Amedeo Maiuri stava catalogando questi rari manufatti e abbozzando un progetto di restauro con l' impiego dei militari provenienti da Rodi.9 Esso era stato adibito dai turchi a vari usi e come prigione per i condannati politici; sembrava che vi era stato deportato anche l'ex sultano Abdul Hamid . Si diceva che il castello fosse stato un deposito per rifornimento di sommergibili durante la guerra mondiale e difatti vi era una grotta prossima alla porticina laterale che dava sul mare, provvista di un pagliolato. In questa, si notavano tracce scure e si sentiva un tanfo che poteva, sebbene non in modo assoluto, accreditare tale asserzione. La costruzione del castello risaliva al 1503, con un buon stato di con servazione, sebbene avesse sofferto molto per un bombardamento da parte dei francesi. Maestoso e molto interessante, cerchiato da un triplice ordine cli muraglie, il castello aveva una torre centrale cilindrica, due qu adrangolari e altre minori. Era straordinariamente ricco d.ì decorazioni . Sotto il ponticello, che era subito dopo l'ingresso del castello, vi era un mucchio di carbone antracite, probabilmente un deposito per un'officina, che si diceva avessero impiantato i tedeschi durante la guerra . Questo mucchio , se fosse stato unicamente carbone e se il terreno fosse stato pareggiato allo stesso livello cli quello circostante , poteva essere presumibilmente cli trenta tonnellate. 9

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M. Petricioli, op. cit., pp. 25-26; si veda il capitolo dedicato all'attività archeologica.


Se l'aspetto esteriore di Bodrum la identificava come abbastanza pulita, nell'interno l' igiene era molto trascurata, e si aveva diffusione di scabbia, tracoma, altre congiuntiviti croniche, tifo, sifilide e nell'entroterra anche il vaiolo. Esistevano dei piccoli alberghi di cui uno discreto in posizione centrnle, fornito cli due letti, ma era però possibile trovar altre sistemazioni in affitto. Occupando tutto l'albergo per due giornate con la compagnia, si spese 23 lire, escluso mance e altre spese; in tutto 73 lire. L'acqua si poteva attingere da varie fonti, di cui una prossima all'ingresso principale del castello. Un'altra p.iù abbondante nei pressi del municipio era discretamente potabile; la più copiosa, ma che conteva molti idrati ed era quindi poco consigliabile sia per bere, sia per l'alimentazione nelle caldaie, era al centro del porto, prossima a un ponticello in muratura accanto al vicolo che an-ivava alla casem1a dei gendarmi. Una piccola fonte d'acqua limpidissima e che si reputava buona, non potendola analizzare in modo completo, si trovava nella piccola spiaggia sotto il monte dove erano i mulini a vento, leggermente spostato verso la città, tra la punta Doguir e la punta Kaplan, e prendeva il nome di fontana Salnacia. Dall'esame chimico grossolano possibile con i mezzi a bordo del Coatit, risultava che l'acqua non contennesse solfati in quatità apprezzabile, possedeva una discreta quantità di carbonato di calcio, non conteneva sostanze organiche. Poiché era bevuta da buona parte della popolazione, senza danno, e la sorgente sembrava abbastanza protetta contro eventuali inquinamenti si ritenne abbastanza buona da bere. Venne riferito che era sempre liquida e la portata non era costante, con una media di quattro tonnellate al giorno. Vi era ancora un'altra fonte d'acqua buona, che i local i attingevano, a metà dal monte che era all'estremo Est della città. I locali la ritenevano buona da bere e sufficientemente abbondante, però si trovava distante dal mare, e qui giungeva attraverso rivoli poco puliti. Era perciò difficile rifornirvisi. Nell'isola di Kara Aclà al livello del mare c'era una sorgente d'acqua minerale, che tra i crepacci degli scogli venne a far serbatoio in una specie di conca profonda circa un metro, larga d_iversi metri quadrati, e limitata da una barra di scogli da dove si scaricava in mare attraverso alcuni fori. Aveva sempre, anche a pochi centimetri dalr acqua m:arina, un'elevata temperatura, sebbene variabile , e qualche volta emanava dei vapori. Un riparo cli pietre era stato alzato dai contadini del Juogo per impedire che il mare invadesse la grotta e si mescolasse all'acqua. Questa sorgente aveva la portata di circa cinque litri al minuto. L'acqua era I impida, aveva la temperatura cl i 31 ° gradi in tutti i punti accessibili della grotta. Emanava un lieve odore di acido solfidrico, dal quale si vedevano affiorare qua e là alcune bolle . Le pietre del fondo erano coperte di alghe bianco giallastro, al sapore era alquanto amara e salata. Gli oggetti d'argento immersi in essa si abbrunivano leggermente. Dall'analisi chimica grossolana, eseguita con i mezzi di bordo, risultava che la quantità totale dei sali era di circa cinque grammi per litro. Abbondavano i sali di calcio e di magnesio, i carbonati, i cloruri, i solfati. L'acqua era usata dagli abitanti del luogo a scopo lassati vo, non pare che usassero bagnarsi in essa, sebbene anche tali bagni potevano essere proficui per le malattie della pelle e come bagni termali. J 15


Le risorse alimentari del paese non erano affatto abbondanti, tuttavia ci si poteva provvedere di carne bovina e ovina, burro, latte, fagioli, cipolle .e verdure fresca. Mancava caffè, zucchero, riso, vino , conserva, lardo, formaggio, petrolio, candele e grassi. Vì erano nella città in punti diversi, specialmente presso il castello, e nella strada che da questo andava a levante, cinque ancore comuni cli cui due da ci.rea 300 chilogrammi, una a quattro marre di 300 chilogrammi, le altre due da una tonnellata; oltre un paio dì lunghezze di catene con maglia a traversino da dieci centimetri in cattivo stato di conservazione. Vi era nel porto una lancia e 15 remi che dicevano della nave francese inviata durante la guerra per esplorare e indagare circa il rifornimento dei sommergibili . Sì voleva che in tale occasione la lancia sia stata fatta astutamente avvicinare, e che aperto il fuoco da terra, in varì punti, tre marinai rimanessero uccisi, vari fatti prigionieri. e in seguito decapitati per mano della gendarmeria. Ne seguì ìl bombardamento della nave francese e poi la cacciata violenta dei greci, che vennero sospettati cli spionaggio con i francesi . Nella parte Est della città vi era il quartiere greco, che nel frattempo era abitato prorn.iscuamente anche da musulmani, che avevano occupato le case durante l'assenza degli ellenici e soltanto parzialmente vennero resti tu ìte agli antichi proprietari. Nella parte centrale del paese vi era il quartiere turco. La città contava circa 8.000 abitanti, cli cui 700 greci. Le loro occupazioni rispondevano a.i caratteri generali cli questi popoli, cioé poco attivi, benché favorìtì da una grande fertilità del terreno, pochi erano quellì dediti all' agricoltura e ancora meno all' ìnclustria, limitata a qualche mulino a vento. Boclrum era sede di un caimacan , d ipendente dal m.utasser(f' di Mugla, con il quale faceva parte ciel vilayet di Smirne. L'ordine pubblico era affidato alla gendarmeria, costituita da una trentina di uomini in città, divenendo una settantina con gli elementi cli riserva. Al comando cli essi era un tenente della gendarmeria, alcuni soldati erano armati con fucili Mauser. Vi era una capitaneria di porto con a capo un ufficiale con il grado cli tenente di vascello . Altre notabilità erano il direttore della dogana, il capo ufficio postale (la posta aveva anche il telegrafo), il ministro del culto e il sindaco. La città. non aveva alcuna illuminazione per le strade che erano' strette, tortuose e mal selciate. Le fedi professate erano la musulmana, la greco ortodossa e la cattolica; vi erano molte moschee e una chiesa cr.istiana. Vi era notevole produzione di vallonea, si faceva commercio di ovini , bovini, cuoiame, tabacco e frutta. I cuoiami lavorati provenivano da Melesca. Vi era anche ciel cotone che veniva dall ' interno, usato in mi nima quantità per l'assenza di industrie, nonostante la vasta produzione. Nell'isola di Kara Aclà a Sud-est cli Bodrum, v'era un nucleo cli pastori. Da questa e eia altri punti pervenivano a Bodrum latticini freschi, tra cui lo yogurt di ottima qualità e la ricotta. Sulle coll ine a ponente, quasi circondando la città, vi erano le rovine di Alicarnasso, patr.ia di Erodoto (anche Diogene sembra esservi stato qualche tempo), ridotta a pochi ruderi, che pe rò delineavano una ll6


Alcuni notabli di Mugla offrono un pranzo ai primi militari italiani giunti in città

cintura in muraglia. All'estremo Est della città vi era una chiesa greca in costruzione, che allo stato dell'epoca poteva sembrare un castello djroccato, e accanto ad essa vi era un vero rudere di castello. Il malconcio lazzaretto chiudeva il porto a ponente.

GLI ALTRI SBARCHI ITALIANI: lVIARMARIZZA, MACRI, SCALANOVA, KULUK

All'alba del giorno ll, avuta notizia dei primi sbarchi su Bodrum, alle ore 6 Battistoni a bordo del Palasciano chiamò i comandanti del Corazziere e del Cappellini, ai quali diede l'ordine del pronto imbarco. Alle ore 18:20 e alle 19 partirono per Macri il Tramontana e l'Artigliere, mentre il Palascìano e il Cappellini completavano il carico degli uomini e dei materiali. Ecco quindi che l' l l maggio avvennero anche gli sbarchi di truppe italiane a Marmarizza (200 uomini componenti una compagnia del genio zappatori, una squadra dei carabinieri e una della sanità) e a Macri (60 marinai) rispettivamente trasportate dal cacciatorpedieniere Corazziere e il piroscafo Dalaman per la prima e dall'ariete torpediniere Liguria per la seconda con l'ordine di procedere immediatamente anche su Scalanova. In proposito Thaon di Revel, comunicando di aver ricevuto ordini direttamente da Sonnino con massima urgenza e segretezza, diede l'ordine al comandante navale del Dodecaneso Ciano, il quale avrebbe avvertito poi Batti stoni, chiedendo che i marinai fossero, appena possibile, sostituiti eia truppe di terra. A Macri il caimacan si rivelò ostile e protestò. Egli rifiutò di con117


cedere dei locali per l'alloggiamento dei marinai, che quindi si accasermarono presso la Camera della dogana, occupando alcuni magazzini privati, dove venne alzata la bandiera italiana. 10 Il 12 maggio sbarcò dal cacciatorpediere Artigliere e dalla vedetta Tramontana un reparto del II battaglione del 34° reggimento, composto da 185 uomini, che prese il posto dei marinai della Liguria, che tornarono a bordo. Alle ore 13 del giorno 14 i marinai del Regina Elena occuparono Scalanova con una compagnia e una sezione mitragliatrici, avvantaggiandosi di un pontile da loro stessi costruito nei giorni precedenti a 6 chilometri a Nord de!Ia città, mentre un'altra compagnia di marinai con sezione mitragliatrici raggiunse la stazione ferroviaria di Aiasoluk, dopo quattro ore di marcia, accolta con dimostrazioni di simpatia. Il caimacan di Scalanova protestò verbalmente. Mentre questo accadeva nell'area Nord de[la zona interessata, più a Sud un plotone cli marinai (20 uomini) del cacciatorpediniere Corazziere partì da Marmarizza dirigendosi verso Kuluk, dove sbarcò fra l'indifferenza generale della popolazione. Il solo caimacan presentò una protesta scritta, preparata in precedenza. 11 Dal console Ferrante, sin dal 15 maggio, giunse la notizia che i notabili di Alaya avevano chiesto con insistenza l' intervento italiano. Venne sollecitato in proposito Batti stoni, che però fece presente l'esiguità delle sue unità, già ampiamente impiegate su una fascia di costa molto ampia. Ecco quindi che non poterono estendersi le occupazioni a oriente di Aclalia, come invece era nei desideri ciel ministro degli Affari Esteri. Per lo stesso motivo non si procedette a1l'occupazione di Isparta, tra Burdur ed Egerdir. Questa azione era stata proposta da Ferrante, che anche qui aveva ricevuto numerose sollecitazioni da parte delle autorità locali. Se Battistoni non era in grado di intervenire in tutte le località per l'esiguità delle forze, tuttavia questa situazione suggerì il Comando Supremo almeno l'invio graduale del resto del Corpo di Spedizione, ancora a Trieste, verso il Dodecaneso e l'Anatolia. Nel frattempo il 14 maggio, Diaz comunicò a.i reparti dislocati che il «significato politico nostra occupazione consiste più nelJa presenza nostra truppa che nella entità. della medesima».12 Richiamò l'attenzione sull'importanza di dotare i reparti cli larghi mezzi logistici, per facilitare i rapidi spostamenti. Dalle informazioni a disposizione del Comando Supremo, i greci potevano inviare il'l Anatolia un'intera divisione dalla Macedonia. Si imponeva con maggiore urgenza l'invio di nuove truppe: rendere operativa la Spedizione Rivieri stazionata a Rodi e .il pronto impiego ciel secondo scaglione in arrivo con i piroscafi Palasciano, Leopolis e Gherty. Sollecitare poi l'invio dell'altro reggimento fanteria (con il comando della 35A divisione, un battaglione fan teria, un reparto del genio), 3 batterie da montagna, una sezione sani tà, 12 forni, 66 autocarri e il rimanente materiale ancora da imbarcare a Trieste.

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AUSSME . E-3, b . 6, f. 6/4 b , teleg ramma di Elia dell' I li5/1919. AUSSME , E-3 , b. 6, f. 6/2 b, telegramma di Scchi del 16/5/19 19 . 12 AUSSME, E-3, b. 3, f. 3/3 a, telegramma di Din del 14/5/1919. 11

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Battistoni intanto, nel primo pomeriggio del 14 maggio insieme al suo comando, si era trasferito da Lero a Cos, per cordinare meglio le posizioni raggiunte. Il giorno successivo sbarcò dal Palasciano, proveniente da Lero, a Scalanova anche il I battaglione del 34° fanteria con il comando reggimentale e alcuni reparti minori, che sostituì i mari nai là dislocati e quelli aAiasoluk. Sempre il giorno 15 una compagnia del II battaglione del 34° e due sezioni nùtragliatrici con il Cappellini, partito da Lero il 14, sbarcarono a Kuluk. A Mar.marizza sopraggiunse invece una compagnia del genio zappatori e un reparto Colt, prelevato dal contingente. Nessun incidente venne segnalato nelle varie locaLità occupate. 13 Onde evitare possibili agitaz.ioni, il comando inviò a Macri come capo dell'ambulatorio locale il capitano medico Carossini. Egli aveva molta popolarità, godendo di ampia stima , per il suo precedente operato in 14 quelle zone e quindi avrebbe agito proficuamente «per opera pacificatrice». La sera del 15 maggio sopraggiunse a Cos dall'Italia anche il secondo scaglione del Co1vo di Spedizione, che l'indomani raggiunse Lero con il Leopolis e il Gherty. Il III battaglione del 34° fanteria e la 262" compagnia zappatori, sbarcati il 17, vennero trattenuti per volontà di Battistoni a Lero come unica riserva. Il Gherty ripartì poi per Scalanova con la 1487" e la 1478" compagnia mitragliatrici di brigata e metà della 70" compagnia zappatori. Avendo Ciano riferito di alcune richieste della componente musulmana di Sokia di intervento italiano per prevenire l'azione greca, sempre il 17 la 2" compagnia del 34° fanteria con il comando di battaglione partì da Scalanova per recarsi a occupare quella città. Nei piani di Battìstoni questa azione avrebbe garantito anche una copertura difensiva di Scalanova. Per saggiare questi ri15 sultati alle ore 21 con il suo comando si imbarcò sul Cappellini per recarsi sul posto. Nel frattempo il 15 maggio i greci erano sbarcati e avevano preso Smirne e anche da lì fioccarono lettere filoitaliane, come qnella del signor Rifat presidente della "Società che non accetta l'annessione di Smirne alla Grecia" al comandante delle forze di terra e dì mare dell'Italia a Scalanova: «Contro il programma dì Wilson, contro il patto della pace, contro la giustizia, Grecia occupa Smirne e dintorni . E' chiaro che, dove Grecia mette piedi , Turchi non possono vivere. Protestiamo con tutta forza, chiedendo aiuto che grande Nazione Italiana protegga nostro diritto. In caso contrario, se nostri desiderati non saranno ben esauditi, ci difenderemo fino all'ultimo. Domandando la vostra giustizia, siamo con stima».16 Queste richieste po1tarono il Comando Supremo a consigliare prndenza. Non si riteneva utile estendere ulterionnente l'occupazione verso Smirne e verso i villaggi vicini alle zone presidiate. Si lasciava comunque libertà secondo le necessità del caso di giudicare sulla convenienza cli tali occupazioni.'7 Le priorità erano su Scalanova e Kuluk, poi AUSSME, E-3 , b. 6 , f. 6/2 b , promemoria di Ci,mo del 20/5/1919. AUSSME, E-3 , b. 7 , f. 7/3, nù nuta del Diario storico militare (lS aprile-3 1 nuiggio 1919), giovedì 15 maggio. 15 AUSSME. E-3. b. 7, f. 7/3, minuta elci Diario storico cnilirnre (lS aprilc-31 nrnggio 1919), sabato 17 maggio. 16 AUSSME, E-3, b. 3, f. 3/3 e, 1.e ttera di Rifat a.I comandante italiano a Scalano va de.) I 8/5/19 19 . 17 AUSSME , E-3, b . 3, f. 3/3 a , telegramma di Badoglio a Comando Corpo occupazione Egeo del 15/5/1919. 13 14

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in seguito in previsione si poteva puntare su Aidin e nell'entroten-a diAdalia, per una possibile futura occupazione anche di Burdur e di Egerdir. Lo stesso Sonnino, smentendo una sua richiesta di occupazione di Alaya, precisò che ulteriori temporanei distaccamenti potevano essere istituiti solo qualora le comunicazioni lo avessero consentito agevolmente: «se noi intendessimo presidiare con notevoli forze qualunque centro anche di scarsa importanza ne verrebbe un dispendio di energia non necessario e non proporzionato ai fini che vogliamo raggiungere. Se occupazioni permanenti e con nuclei importanti devensi estendere è preferibile farlo nella zona a sud di Aiclin dove può esservi eventuale pericolo occupazione greca. È invece oltremodo consigliabile che truppe facciano requisizioni quanto possibile estese scopo far sentire a popolazione nostra presenza tale fino che si è fatta presente opportunità inviare ai nostri patti larghi mezzi logistici». 18 Se lo scontro bellico era stato - per il momento - evitato dalle truppe italiane, la presenza invasiva creava i suoi malcelati risentimenti. Ecco quindi un elemento rilevante che continuer~1 senza sosta: l'alternanza di richieste di intervento ant.i-greco e di vive proteste di orgoglio turco. Vennero rilevati anche giudizi delle autorità locali sulla presunta doppiezza degli italiani. Per i turchi, essi si presentavano come amici a Sud di Smirne, quando invece in queJJa città avevano appoggiato (obtorto collo in realtà, come si vedrà) gli odiati greci nell'invasione, decisa al tavolo di Parigi. Nei telegrammi dei giorni successivi agli sbarchi, provenienti dal Liguria, si leggeva delle reiterate lamentele delle autorità ottomane. Queste, ritenendo lo sbarco inutile perché l'ordine pubblico risultava imperturbato, si riservarono di contattare il loro governo, per ricevere istr.uzioni in proposito, intimando la responsabilità italiana in caso cli eventuali disordini. Come si è visto, a Macri considerata l'ostilità delle autorità locali, nell'impossibilità di ricevere indicazioni per l'alloggio dei marinai, essi avevano trovato sistemazione presso la piccola Camera del I.a dogana e presso un magazzino privato. Il caimacan, offeso perché i marinai avevano alzato la bandiera italiana, continuò nelle sue lamentele, intimando il reimbarco delle truppe, ritenendo tutti questi compo1tamenti come non conformi alle clausole amùstiziali. Secondo gli ordini superiori ricevuti dagli ufficial i italiani , nessuna risposta scritta venne prodotta al governatore. 19 Il caimacan di Marmarizza Feisi protestò per iscritto al capitano Pretti, comandante ciel cacciatorpediniere Bersagliere: <<Come ho ripetuto alla '8.V. anche a voce, Io sbarco di truppe in città col pretesto cli costruire uno sbarcatoio e vigilare il locale di deposito del carbone, per la costruzione del quale protestai precedentemente, è contrario alle condizioni dell'armistizio garantito dalle grandi potenze. Nonostante tale opposizione sono state ora viste sbarcare truppe dal cacciatorpediniere a terra. A nome del governo ottomano protesto contro questo fatto che è contrario all'atto dell'armistizio e ai diritti che ne deriverà incomberà alla S.V. lll .ma» .20 8

AUSSME, E-3 , b. 6, f. 6/1 e , 1.elegracncna di Sonnino a Comando Supremo del 28/5/L9 19. AUSSME, E-3, b. 10, f. l0/2 b , telegrammi ciel Liguria riportali da Ciano a Battistoni del 11-12/5/1919. 20 AUSSME, E-3 , b. 3, f. 3/3 e, copia della lettera di Feisi a Strctii del 11/05/1919. '

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La popolazione e le autorità turche reagirono in vario modo a queste occupazioni. Il disappunto e le proteste erano alternate da commoventi richieste di aiuto, come quella del presidente del Consiglio nazionale di Marmarizza signor Ejub e i consiglieri tra cui il sindaco signor Mermet che inviarono una lettera a Pretti, «delegato militare del potente governo» a Marrnarizza:

Con molto dolore siamo oggi informati che Smirne e la sua periferia, abitata per la maggior parte da turchi e musulmani, saranno unite alla Grecia e che l'occupazione ne è già iniziata. Anche se questa occupazione e annessione.fosse stata decisa nella conferenza di Parigi - la quale promise alle nazioni una pace senza vendetta, né odio - tuttavia noi non l 'accettiamo. E per conseguenza protestiamo energicamente contro l'occupazione di Smirne e dintorni e contro la loro unione alla Grecia. Per comprovare poi di fatto la nostra proposta abbiamo deciso di difendere quella bella parte della nostra patria.fino all'ultimo uomo, arruolandoci nelle legioni nazionali che si vanno formando dappertutto. Se l'Europa non vuol vedere tragedie umane che avverranno per la nostra patria e per il nostro onore, deve garantire la giustizia promessa a tutte le nazioni scacciando ed allontanando subito da Smirne e dalla sua per~feria gli elleni i quali non hanno affatto diritto su di essa. E poiché intorno a questa questione abbiamo .fiducia nel sentimento d'equità del potente vostro governo, per questa ragione vi preghiamo con ossequio di intercedere e not(ficare la presente nostra protesta al più presto possibile.21 K iamil bey, mutasserffdel sangiaccato Menteché e il Fenzi bey, nella convinzione che il simulacro di Stato ottomano era ormai destinato alla liquidazione e che ormai il sangiaccato era di fatto separato dal governo centrale, per l'intervenuta occupazione ellenica, espressero a Battistoni il serio proposito di proclamare l'indipendenza della zona e offrirne il protettorato al governo di Roma, convinti che esso potesse garantire con efficacia la stabilità.22 Il generale in maniera prudente fece sapere che I'attività politico-diplomatica italiana era incentrata sul mantenimento della sovranità ottomana, nell'impossibilità d.i accettare offerte di protettorato, senza poter precon-ere le decisioni della Conferenza di Parigi. Dopo un viaggio un pò movimentato, e dopo aver ottenuto il 17 maggio la nomina quale ufficiale dell'Ordine Militare d'Ttalia,23 il 19 maggio Battistoni arrivò a Scalanova,Aiasoluk e Sokia. ll 20 era a Kuluk. L'accoglienza della popolazione tmca apparve cordiale e anche l'elemento greco sembrava onorato dall'evento. A Sokia il generale fu accolto dai notabili, dalle autorità e dalla cittadinanza turca addirittura con entusiasmo . Venne fatto capire che la popolazione musulmana temeva solo che

AUSSME, E-3 , b. 3, f. 3/3 e , lettera del Consig lio naz ionale di Marmaris al capitano Pretti del 15/5/1919. AUSSME, E-3, b . 6 , f. 6/4 e , telegramma di Bauistoni a Comando Supremo elci 2/6/1919. i:- Regio decreto numero I07, eia www.quirinale .i t

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l'occupazione italiana fosse provvisoria, sperando invece che divenisse stabile, per protegger invece la temuta invasione greca. Tra i notabili di Sokia il pascià, giudicato molto influente, e il sindaco ebbero a dichiarare che i turchi non avrebbero mai accettato la dominazione greca, essendo per questo disposti anche alle estreme conseguenze. Domandarono che questi avvertimenti fossero fatti conoscere alla Conferenza per la pace. A Battistoni venne assicurato che anche ad Aidin i turchi desideravano vivamente l'occupazione italiana. Per questo si propose di raggiungere quanto prima anche Milas, dove l'intervento era stato richiesto. Il 20 maggio Battistoni raggiunse Rodi, località a quel punto giudicata migliore come comando e centro geografico dello scacchiere, ideale per le comunicazioni radio con tutte le località interessate. Per questo il generale sollecitò i materiali per costruire baraccamenti, magazzini, per un ufficio distaccato e una base propria a Rodi. Dopo il giro esplorativo, Battistoni volle fare un primo quadro generale del le sue esperienze sul campo. Fece presente al Comando Supremo che a Macri, a Bodrum e a Marmarizza si erano tenute imponenti comizi di protesta contro l'occupazione greca di Smirne. In essi i turchi avevano abbondato in invettive anti-elleniche, proclamando di voler oppon-e contro Atene una resistenza armata. 24 In parallelo all'odio verso i contingenti mandati eia Yenizelos, però traspariva anche una disomogenea, ma non per questo da sottovalutare, simpatia per le truppe italiane. La Commissione musulmana diAidin aveva presentato a Scalanova al tenente colonnello Ferrari la richiesta di occupare la loro città ed essere annessi all'Italia quali sudditi.25 Ricevuta questa offerta, il generale, dopo aver notificato la situazione al console Cadetti a Smirne, ordinò a Ferrari cli rispondere che a causa delle decisioni dell'Intesa, non era possibile per il momento aderire alla loro richiesta.26 La verità era che le concessioni fatte a Yenizelos dal Consiglio supremo non permettevano ad altri di occupare le località sulla ferrovia, ma questo non doveva essere reso pubblico , per evitare di inimicarsi i turchi. L'equidistanza italiana fra le due parti in lotta reggeva, tanto che gli episodi di amicizia turca non rimasero isolati . Kemal bey, presidente della commissione armistiziale, espresse al tenente colonnello Serafino Vitelli, ufficiale cli collegamento a Costantinopoli, il rincrescimento perché gli italiani non si erano affiancati ai turchi nella lotta contro i greci. Tali pos.izioni sembravano ampiamente condivise fra i notabili locali, tanto da far sbilanciare Cevad pascià, capo di Stato maggiore dell'Esercito ottomano. Egli rassicurò che le azioni am1ate turche non sarebbero state compiute contro gli italiani.27 Anche dal Dodecaneso arrivarono delle notizie che portavano a riflettere. Elia informò che le comunità locali musulmane reclamavano l'impegno italiano di non abbandonare i propri connazionali turchi, esempio della devozione sempre dimostrata 24

AUSSME, E-3, b. 6, f. 6/2 b, telegramma di Badoglio a Cavallero del 26/5119 19. b. 3, f. 3/3 e, lettera dei notabili di Aidin al comandante della Regina Elena del 26/5/1919 26 AUSSME , E-3, b. 6, f. 6/2 b, telegramma di Battistoni a Comando Supremo del 27/5/ 1919. 27 AUSSME , E-3, b. 6, f. 6/4 b, telegramma di Vitelli a Comando Supremo del 24/5/1919. 2·1 AUSSME , E-3,

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Scorcio panoramico di Rodi

per l' Italia. li generale si espresse con preoccupazione , perché una delusione di questo tipo avrebbe potuto incrinare il clima favorevo le dei musulmani per il governo ita1iano dell 'arcipelago.28 Una seltimana era passata dai pri mi sbarchi e tu tto ri sultava tranquillo , anche troppo. Questa situazione però non poteva che rimbalzare a Parigi . ln pochi g.iorni le notizie degli sbarchi italiani arrivarono al tavolo del Consiglio sup remo e suscitarono calorose reazioni. Avendo l' Ita lia occupato in maniera " abusi va" le varie località costie re , Cle menceau fece vive rimostranze . Orlando prese tempo e si riservò di chiedere informazioni. Il Presidente del consiglio italiano giustificò l'occupazione , come dovuta a ragio ni d ' ordi ne pubbl ico e su r.ichiesta della popolazione . ln realtà i motivi de ll'occupazione delle coste anatoliche erano motivate dal desiderio di Sonnino di creare uno stato dj fatlo , che permettesse al governo di R oma di appoggiare da posizio ni di forza le proprie aspi.razioni in Oriente. Le successive reazioni degl i Alleati, soprattutto da parte britannica, furono molto dure. Le richieste di ri tiro delle truppe dalle zone occupate arrivarono con insistenza ali ' attenzione di Orlando e di So nnino . Lloycl Geo rge e Clemenceau protestarono con decisione, affermando che l' azione m ii itare sulle coste anatoliche aveva creato uno stato pregiudizievole al lavoro della Conferenza con ripercussioni negative sul la realizzazione delle aspirazioni ita liane in Asia Minore. La posiz ione dell'Intesa, indispettita dall'in iziativa aggressiva ciel l 'lta:is

AUSSME, E-3. b. 6, f. 6/4 b, telegramma di Sonni no a Cavallero del 27/5/ 1919. 123


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L'isola di Rodi

lia, andava sempre più delineandosi in forma contraria alle aspirazioni territoriali di Roma. Ecco quindi che quando gli ambienti militari italiani chiesero a Sonnino se si potesse fornire comun.icazione alla stampa sulle occupazioni effettuate, questi rispose 124


che la situazione er.a troppo delicata da non poterla rendere pubblica, dovendo già sopportare abbondanti cahiers de doléance da Parigi , Londra e Waslùngton: «Non sembra il caso per il momento di fare alcuna comunicazione circa le nostre occupazioni in Asia Minore».29 Nella logica di recrinùnazionj reciproche la stampa greca iniziò una tenace campagna di accuse contro Roma , proseguendo a diffondere notizie fa lse come quella che voleva l'assegnazione ciel Doclecaneso alla Grecia. La cl iplomazia ita Iiana ad Atene protestò con insistenza presso il governo ellenico, nel tentativo di rendere efficace la censura contro questi attacchi che l' Italia considerava indegni .30 Le stesse autorità militari italiane a Rodi si trovarono in difficoltà di fronte ad azioni della popolazione elle1ùca, simili a quelle avvenute il g iorno cli Pasqua. Intanto le lettere turche ai comandi locali italiani continuavano, sempre più decise sulla loro opposizione contro i greci. li "Comitato nazionale cli M,tl'marizza per l'opposizione all 'occupazione greca" continuò nelle sue nùssive filoitali ane. JI suo presidente Ejub si rivolgeva ora al capitano Persico come «delegato del potente governo italiano»: Avevamo protestato energicamente contro gli elleni i quali contrariamente alt' armistizio violarono il diritto e la giustizia occupando Smirne e dintorni, ed avevamo pregato e supplicato che venissero sfrattati ed allontanati da quel paese della nostra patria perché non fosse dato motivo ad incidenti sanguinosi. Da quel giorno fino ad oggi è già trascorsa una settimana e non si vede nessun indizio circa lo ,tfratto degli elleni da Smirne : non solo, ma siccome non abbiamo ancora avuto nessun avviso intorno a quanto le grandi potenze vogliono fare in merito alla predetta nostra protesta, per questo motivo da parte degli elleni, reputando altresì necessario le seguenti nostre pretese. La nazione non tollera assolutamente la separazione di Smirne e dintorn i che fann o parte della patria e sono abitati da turchi e da musulmani e quindi la protratta occupazione degli elleni di quella nostra terra benedetta fa crescere l 'agitazione e l'eccitazione nazionale e nascere un nervosismo indescrivibile. Ove Le grandi potenze non esaudissero queste nostre giuste domande e non scacciassero al più presto gli elleni da Smirne e dintorni, sarebbero spettatrici di grandi fatti sanguinosi e si troverebbero di fronte ad uno spargimento universale di fronte alla pace ad alla calma desiderata . Le grandi potenze devono ammettere che i turchi e i musulmani non chineranno il capo alla schiavitù ed alla sovranità della Grecia . Basandoci sui nostri dirif1i evidenti reclamiamo insistentemente e fermamente lo sfratto degli elleni da S,nirne e dintorni e supplichiamo le grandi potenze di aiutarci in questa equa preghiera e reclami della pregiudicata nazione musulmana che, per assicurare Smirne e dintorn i ai turchi e musulmani, è pronra a subire qualunque sa~· AUSSME. E-3, b. 4 . f. 4/4 a, telegramma d i Sonnino, riportato da Badoglio il 29/5/ 1919. "'AUSSME, E.-3 . b. 6, f. 6/l c. telegramma cli Manzoni al Comando Supremo ciel 23/5/1919. 125


crificio e che ha capitolato per comprovare il suo diritto di vivere tra le potenze civili versando occorrendo a tale scopo anche il proprio sangue . Informiamo la S. V. che le manifestazioni nazionali cui Ella assiste sono fatte a proposito di quanto sopra, e La preghiamo ossequiosamente di comunicare al più presto questa nostra protesta al suo Potente Governo e ai grandi governi degli Stati Uniti d'America, d'Inghilterra e di Francia. 31

Il 22 maggio Battiste.mi chi.ese che fosse ripresa in esame la questione di Aidin, per ottenere l 'autorizzazione a mantenere l'occupazione di Sokia e occupare Magnesia a circa 15 chilometri a Nord di Sokia. Venne risposto che Aidin e la zona a Nord cli Aiasoluk potevano essere occupate dai greci, che non si potevano spingere oltre la ferrovia. Di conseguenza gli italiani non vi potevano inviare truppe, avendo giurisdizione solo sulle località a Sud della ferrovia . Se i turchi chiedevano la protezione degli italiani, le autorità locali inglesi, eseguendo le disposizioni di Parigi favorivano e incoraggiavano l'avanzata dei greci. Ecco come si espresse l'ammfraglio Calthorpe in proposito: Il Consiglio delle principali Potenze Alleate ed Associate ha approvato nel-

!' eventualità di disordini nei villayet di Aidin in qualsiasi luogo a nord di Aidin compresa questa città truppe greche possano essere inviate a restaurare l'ordine, ma solo dopo aver ottenuto l'approvazione dell'i(fficiale navale più anziano delle.flotte alleate a Smirne il quale sarà giudice defi.nitivo se le circostanze giust(fichino o meno l'invio di truppe. 1htppe greche possono tuttavia essere inviate senza speciale autorizzazione nei distretti entro San.giak di Smirne ma non a sud di Ajassoluk [ compresa] ed entro il kaza di Aivali allo scopo di ristabilire l'ordine e di proteggere il ritorno dei fuggiaschi. Le autorità militari greche dovrebbero ricevere facilitazioni su tutte le linee ferroviarie irradianti da Smirne per l'esecuzione di detti movim.e nti. ll signor Venizelos ha mandato istruzioni alle autorità greche di conformarsi alle suddette diJJJosizioni.32

La morale dell'inglese era chiara: la Conferenza della pace aveva autorizzato Venizelos a occupare a suo piacimento il sangiaccato di Smirne fino ad Aiasoluk e il kaza di Aivalì con l'obbligo per i greci di non scendere a Sud della ferrovia, per permettere ai profughi connazi.onali di rientrare alle loro case. L'eventuale occupazione di altre località, all'interno del vilayet di Aidin, doveva essere invece autorizzata dall'ammiraglìo superiore Calthorpe. Anche l'Italia si doveva adeguare a tali disposizioni, con eventuali ripiegamenti su località già occupate, ma non di sua competenza. Per avere disposizioni precise Ba3

'

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AUSSME, E-3, b- 3, r. 3/3 e, .lettera del Comitato nazionale di Mannaris a Persico del 23/5/191 9. AUSSME, E-3, b. 3, f. 3/3 a.1.elegranuna segreto in cifra, Parigi 19/5/1919.


doglio domandò a Cavallero di sapere da Sonnino quale dovesse essere la pottata dell'occupazione: solo costiera o anche nell' interno? Nel primo caso si sarebbe consigliato una riduzione degl i effetti vi del Corpo di Spedizione, tipo l'artigl ieria da montagna, i servizi sanitari e gli autocarri. 33 Sonnino rispose in maniera molto vaga: «per ora non mi è possibile dare un 'esauriente risposta [ ...] per conseg uenza mi è pure impossibile precisare le richieste dirett ive . Tuttavia debbo aggiungere che è nostro desiderio di mantenere le occupazioni fatte , e che sarà pure consigliabile che le RR. Autorità Militari tengano sempre prontamente disponi bile una certa quantità di truppe per il caso in cui disordini locali ovvero insistenti richieste delle popolazioni rendano necessarie u lteriori occupazion i interne. Comunque queste non potranno dal lato occidentale [aggiunto a penna] spingersi al nord di Ayassoluck ed Aidin, rimanendo inteso che queste clue località non debbono essere occupate dai nostri».34 Gli italiani di conseguenza s i dovevano li mitare a Scalanova, senza spingersi verso le altre località più a Nord, comprese quel le sulla ferrovia. T uttavia B attistoni, ormai consapevole della crisi diplomatica, ini:liò a lamentare la situazione come precaria e con ampi margini di migl ioramento: oltre alle distanze eccessivamente lunghe tra le località e la quasi totale mancanza di forme di comunicazione, egli fece notare come l'impiego di riserve era ostacolato dalle circostanze. Che esse fossero tenute in qualche isola, Rodi e Lcro, o fossero tenute sulla costa (Kuluk , Boclrum, Marrnarizza) non potevano spostarsi che per via di mare e di massima mancavano i mezzi navali adatti e sufficienti per eseguire un sollecito trasporto. In ogni caso il tempo occorrente per gli imbarchi e per gli sbarchj apportava sempre grande ritardo al movimento. Date queste speciali condizioni geografiche le forze assegnate al Corpo di Spedizione apparivano assolutamente insufficienti allo scopo . Particolarmente sentita era la mancanza cli reparti celeri qual i potevano essere i bersaglieri cic listi o meglio ancora la cavalleria montana s u cavalli sardi (richiesti e concessi due squadroni , ma ancora non inviati), molto adatta in una zona ove la rete delle comunicazioni si componeva essenzialmente di vie mulattiere, percorribili a cavallo. in aggiunta, la difficoltà del foraggiamento non era tale da impedire l'impiego cli un paio di squadroni in una regione ove i pascoli erano molto estesi. L a possibilità di disporre di reparti celeri avrebbe attenuato l' inconveniente delle grandi distanze per via di terra. Analogamente era indispensabile poter clispoITe cli qualche nave passeggeri per i trasporti di truppe e di rifornimenti per via mare nonchè di adeguati mezzi da sbarco, potendo fare poco assegnamento sulle forze navali del Dodecaneso sempre impegnate in allri compiti c , per la loro specie , poco adatte ai trasporti cli truppe e di materiale . Anche lo scopo poli tico dell'impresa richjedeva fo rme adeguate. Ne l momento specifico se si voleva acquistare la fiduci a dei turchi occorreva che le truppe italiane fossero e si sentissero AUSSME. E-3, b. 6. f. 6/2 a, telegramma cli Badoglio a Cavallero del 21/5/19 19 . ), AUSSME. E-3, b. 6, f. 6/2 a. telegramma cli Sonnino a Cava llero del 23/5/19 19.

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superiori alle greche o almeno capaci di contenere l'impulsiva aggressione delle avanzate elleniche. Questa sensazione ora mancava, le popolazioni turche che erano alquanto diffidenti nei primi giorni dello sbarco italiano, ora manifestavano in modo spontaneo la loro simpatia e invocavano l'intervento agli uomini di Battistoni. Tuttavia temevano che le relative occupazioni si rivelassero provvisorie e non si sentivano abbastanza rassicurate. Lo sbarco greco a Smirne, l'incerta sorte di Aiasoluk e il mancato intervento italiano ad Aidin le mantenevano perplesse. D'altra parte i greci con attiva propaganda si sforzavano di avvalorare la convinzione che l'azione italiana fosse temporanea e ad arte diffondevano voci di prossimo sgombero non solo dall'Anatolia, ma anche dal Dodecaneso. Se gli ellenici diventavano sempre più baldanzosi e organizzavano comitati, i turchi a loro volta erano in-itati e iniziavano a formare bande, minacciando massacri. Gli italiani nella loro veste "neutrale", con pochi uomini apparivano deboli e incerti agli occhi cli entrambi . Di fronte a questi due schieramenti, Battistoni non poteva che essere pessimista sul futuro suo e del comando: «a tutt'oggi noi abbiamo in Anatolia poco più di. un reggimento; i greci a quanto risulta da informazioni ufficiali ne avrebbero almeno sette. Gravi conflitti appaiono molto probabili fra turchi e greci e se noi ci troveremo deboli fra i due contendenti la nostra posizione materialmente e moralmente risulterà precaria. Sono di avviso che l'impresa di Anatolia sia molto promettente per l'avvenire e ritengo altresì che il momento per svilupparla sia molto favorevole ma anche fuggevole, poiché la simpatia dei turchi verso di noi si basa soprattutto sulla speranza di un nostro valido aiuto contro i greci. Non bisogna però nasconderci che l'impresa richieda larghezza di mezzi e chiarezza di intenti, e panni che l'uno e l'altro finora facciano difetto. Confesso che in tali condizioni io sento il compito superiore alla mie forze e ritengo doveroso rappresentarlo a codesto comando. Le truppe ciel Corpo di Spedizione in seguito alle riduzioni apportate raggiungono solo la forza di una brigata mista. Qualora tale forza non debba o non possa essere superata, portandola almeno alla forza di una divisione con rinforzo di elementi speciali, pregherei di volermi esonerare dal comando del Corpo di Spedizione, la cui costituzione non corrisponde al grado, alla carica e all'anzianità del sottoscritto che per un anno e mezzo ha retto il comando di una divisione in guerra».35 Questa sorta di sfogo e di richiesta di dimissioni non si rivelava però fine a se stessa. Battistoni, ormai demotivato, propose quindi di dare il comando delle truppe per le operazioni militari a un generale di brigata (non a Gua.Ltieri però, che non gli sembrava idoneo), messo agli ordini e sotto la direzione politica di Elia, il quale per l'antica conoscenza delle persone e delle pratiche d'Oriente sarebbe stato cli certo più competente di lui stesso . Ne sarebbero conseguiti svariati vantaggi quali a esempio: migliore coordinamento de11'azione politica nel Dodecaneso con quella in Anatolia; 35

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AUSSME , E-3, b. 2, f. 2/5 a, nota di Banistoni a Comando Supremo del 24i5/1919.


semplificazione del funzionamento del comando; migliore utilizzazione del personale (ufficiali e truppa), dei mezzi logistici e del naviglio disponibile qualora essi venissero impiegati in sintonia per il Corpo d'occupazione dell'Egeo e per quello di Spedizione in Anatolia, purché il loro impiego fosse regolato da un comando unico. Esso avrebbe avuto una conseguente notevole economia di spesa per stipendi, indennità, spese di rappresentanza, ecc., con lo snellimento dei dualismi esistenti sia fra i comandi e le truppe , sia tra le molteplici comunicazioni e dipendenze delle varie autorità militari (Esercito e Marina) e civili, che avendo a che fare con ministeri diversi e parallelamente con il Comando Supremo creavano confusione. Di questa proposta non aveva creduto di far cenno ancora a Elia, ma non aveva motivo di ritenere che la sua attuazione gli potesse tornare gradita. Del resto Battistoni aveva a lungo fatto presente che, benché molto cortese e collaborativo, Elia era apparso contrariato cli non avere ricevuto il comando ciel Corpo di Spedizione, cercando quindi di tenere il comandante titolare cli questo sotto una specie di tutela. Di fronte a questo scenario e alle molte incognite sul limite tra zone greca e italiana, Battistoni venne quindi redarguito, senza accettare nessuna delle sue proposte: doveva pazientare sulle posizioni acquisite e non si doveva fare troppi problemi. In fin dei conti la politica aveva i suoi tempi e lui non poteva capire. Di fronte alle ripetute richieste dei notabili in favore del comando cli Battistoni, Sonnino volle precisare come l'Italia non aveva alcun interesse a favorire in Asia Minore una situazione che portasse a un governo indipendente , per accettarne poi il protettorato. La situazione internazionale imponeva una riconciliazione tra l'Italia e Alleati. Con il gradimento di Sonnino, l'Alto commissario italiano a Costantinopoli propose agli omologhi di Francia e di Gran Bretagna la graduale soppressione del servizio dei controlli interalleati nella regione di Smirne e Ai vali (navigazione, telegrafi, stampa, passaporti), potendone cedere la continuazione alle autorità greche, per evitare :inevitabili attriti. Al tempo stesso Sforza propose che Bodrum, Macri e Aclalia, fossero sottratte al controllo centrale e passassero alle dipendenze delle autorità italiane occu1Janti, curando così l' intensificazione delle comunicazioni commerciali. 36 In tale modo la zona di Scalanova-Adalia, i relativi porti e le stazioni doganali, avrebbe ricevuto lo stesso trattamento della Cilicia (Mersina-Alessandretta), affidata ai francesi . Queste iniziative vennero approvate in pieno dalla Consulta che informò delle discussioni i ministri competenti delle Finanze, della Marina e della Guerra, nonchè a Rodi il comando di Batti stoni . Nel frattempo circa i mandati per l'Asia Minore la delegazione americana affermò che non avrebbe assolutamente accettato un mandato unico. In alternativa proponeva una suddivisione: alla Francia il Nord dell'Anatolia, all'Italia la zona di Adalia e alla Grecia quella di Smirne. A ciò si. aggiungeva la concessione delle ferrovie turche agli inglesi, i lavori pubblici ai francesi e i porti agli italiani. Il governo cli Parigi faceva 36

AUSSME, E-3, b. 6 , f. 6/4 b, telegramma di Vitelli a Comando Supremo dc.I 30/5/19.19. 129


La situazione del Cmpo di Spedizione nel giugno 1919 tra Scalanova e Aidin

tuttavia sapere che esso avrebbe rinunciato volentieri alla zona Nord, promettendo cli abbandonare anche il bacino carbonifero di Eraclea, qualora non si fossero mossi impedimenti ali 'assegnazione della zona di Alessandretta e Mersina, indispensabile per il collegamento con la Sfr.ia. Nel frattempo alcuni problemi logistici emergevano per le truppe italjane ormai autonome in territorio anatolico. Urgeva un impianto e una stazione radio di grande potenza per alcune local iat sul continente. Per il momento il posto di comando per mantenere il collegamento radiotelegrafonico con le località occupate era disposto solo a Rodi, essendo l'unica località dove esisteva una radio sufficiente e potente per poter avere contatti con l'Italia e con le estreme località occupate, che spesso erano isolate e potevano comunicare con difficoltà. Per questo motivo spesso arrivarono notizie distorte, altre volte inesatte. Per esempio a Roma giunse la notizia che le truppe italiane una volta giunte a Aiasoluk, avuta la notizia dell'avanzata verso Sud dei greci provenienti per ferrovia da Smirne, sarebbero arretrate. Sonnino irritato dalla notizia del presunto ritiro , consigliando sempre prudenza, ordinò di rientrare al più presto sulle posizioni avanzate, proprio per arginare il dilagare ellenico nella zona. 37 Ma per 37

130

AUSSME, E-3, b. IO, f. I0/2 b, telegrarnma di Badoglio al com~ndo di Leros del J 9/5/1 9 l 9.


Il generale Battistoni (di spalle) in conversazione con il caimacan di Milas (con.il fe z)

pronta risposta Battiston.i smentì qualsiasi informazione sul ripiegamento dalle località occupate, sp i.eganclo del solo avvicendamento tra marinai e soldati. Per evitare equivoci che avrebbero compromesso la sinergia politica e militare, aggiunse che «per ovvie ragioni di responsabilità e di disciplina ritengo necessario che autorità centrali accettino solo le comunicazioni che vengono fatte dal sottoscritto» .38 Del resto Battistoni aveva altri problemi e anche più seri di natura operativa. Chiese un miglioramento del servizio postale sia per questioni di funzionalità, sia per questioni di prestigio. Propose provvedimenti per la popolazione delle località occupate. La presenza italiana non doveva essere solo sterile occupazione militare, ma doveva venire accompagnata eia iniziative utili quali l'invio cli merci (tessuti, riso, caffè, zucchero), l'istituzione cli spacci, formazione di cooperative e avviamento di commerci. In tale ottica si faceva presente l'arretratezza della situazione delle isole dell'Egeo, dove nulla di tutto ciò era stato fatto, benché fossero occupate dall'Italia da sette anni. A Rodi urgeva la costituzione cli un magazzino distaccato proprio per l'organizzazione di queste attività e per costituire delle riserve mobili dì truppe eia sbarco per ogni eventualità. Non escludendo la possibilità di opposizioni da parte dei 38

AUSSME,E-3, b. 10. f. 10i2 b. telegramma di Battistoni del 21/5/1919. 131


turchi, bisognava garantire continuità alle linee di rifornimento alle località distaccate, aggiungendo come i mezzi da sbarco fossero insufficienti. Da Adalia a Scalanova vi erano circa 700 chilometri e le comunicazioni via terra non erano complete. Fece presente come non esistevano altre forze concentrate a Rodi. L'unica riserva era il III battaglione del 34° reggimento fanteria a Lero, che riteneva indispensabile tenere nel settore Scalanova-Kuluk. Tale reparto poteva considerarsi una debole avanguardia utile solo a fare atto di presenza. Per integrare le forze con truppe d'efficienza, chiese reparti di bersaglieri ciclisti per la penetrazione interna e di. cavalleria per le ricognizioni, per il collegamento e per il loro particolare prestigio presso la popolazione. Il Comando Supremo rispose che le disponibilità in Patria non permettevano rapide integrazioni per 1' Anatolia, ma vennero promessi comunque per il futuro il IV battaglione bersaglieri ciclisti ancora a 1ì·ieste e il XCVI gruppo con due squadroni dei Cavalleggeri di Roma, già pronti a partire a Bari, a cui venne disposta la somministrazione della vaccinazione antivaiolosa e la profilassi antimalarica. Infastidito da così poca considerazione, come si è visto, Battiston.i arrivò anche a minacciar ancora con più insistenza una richiesta di esonero dal comando se non avesse ottenuto miglioramenti per le sue truppe e nuovi effettivi da poter impiegare per lo scacchiere, che giorno dopo giorno non solo si alJ.argava, ma veniva incalzato dalle spinte centrifughe greche e eia quelJe centripete turche, ormai irreversibili. Anche se questi problemi impedivano un'agevole conduzione delle truppe , egli manteva la situazione all'altezza della situazione, come unico regista e attento esecutore cli ogni mossa e cli ogni spostamento. Ricevendo le notizie sull'entità delle forze in campo, preparò il dislocamento che dovevano avere i reparti e i servizi che si attendevano dall'Italia: a Marmarizza un battaglione ciel 33° reggimento fanteria; a Kuluk una batteria cli artiglieria eia montagna e sei forni, una sezione autocarri e la rimanenza della 133A compagnia telegrafisti; a Scalanova una batteria artiglieria da montagna; a Macri un battaglione; ad Adalia un comando reggimento fanteria , un battaglione, una batteria artiglieria da campagna, un reparto sommeggiato cli san.ità, mezza sezione cli sussistenza, sei forni , due sezioni ausiliarie e mezza sezione di carabinieri reali. A Rodi rimaneva la sezione dei carabinieri, il comando del Corpo cli Spedizione e il comando dell'autoreparto. Se le preoccupazioni ciel generale erano sull'esiguità dei reparti, l'attenzione di Sonnino era rivolta alla frammentazione delle unità. Per il governo l'importante era non disperdere le forze nel presidiare località sperdute e poco rilevanti; meglio concentrarsi nella zona a Sud di Aidin, «dove esservi eventuale pericolo ulteriore occupazione greca. È oltremodo consigliabile che truppa facciano ricognizione quanto più possibile estese scopo fare sentire popolazione nostra presenza ed è tal fine che si è fatta presente opportunità inviare a nostri reparti mezzi logistici» .39 Quella vista da Sonnino era una situazione però poco rispondente alla realtà. Non teneva in debita considerazione, come del resto nessuno a Parigi, gli umori della po19 · AUSSME,

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E-3, b. 3, f. 3/3 a, telegramma di Sonnino a Comando Supremo de l 28/5/1919.


polazione locale. I turchi stavano preparando bande per opporsi con la forza ai greci e difendere il suolo nazionale. A partire dal mese di giugno , queste formazioni videro accrescere notevolmente i loro effettivi e fissare il loro centro decisionale sul Mar Nero, lontano da ogni controllo sultanile o alleato. I turcl1i che alle prime notizie dello sbarco dei greci avevano sperato nell'appoggio diretto dei reparti del Corpo dì Spedizione, con il passare dei giorni divennero molto diffidenti e sospettosi anche verso glì italiani, avendo saputo che lo sbarco dei greci era avvenuto con il consenso degli Alleati. Diversamente dagli esponenti politici, Battistoni percepiva questo clima, che lo preoccupava non poco. Nella previsione di un eventuale contatto delle truppe italiane con quelle greche, domandò precise istruzioni, sembrandogli ambigua la posizione italiana fra turchi e greci. Le risposte che gli giunsero, ribadirono le già vaghe direttive ricevute. Per la Consulta l'importante era essere collaborativi con i turchi e «fermi e cortesi» con i greci: un ritornello molto diplomatico e senza significato reale. Sonnino, interessato solo a evitare altri motivi cli riprovazione da parte di Francia e Gran Bretagna, confessò che se le suddette direttive non avevano considerato specificatamente il caso prospettato da Battistoni, tuttavia sembravano sufficienti a stabilire la linea di condotta senza null'altro a prentendere dal governo. Dava per scontato che non sarebbero potuti avvenire contatti tra italiani e i greci, solo perché al tavolo della pace erano state fissate le linee di demarcazione delle zone di influenza, con la preclusione reciproca dì sconfinamento nel territorio dell'altro. Le truppe greche erano state autorizzate a occupare il sangiaccato di Smirne fino ad Aiasoluk, non potendosi spingere in caso di scontri con i turchi più a Sud della ferrovia Smirne-Aiasoluk-Aidin, linea che invece per gli italiani era il limite Nord . Secondo queste indicazioni, Battistoni doveva tenere le sue truppe a una distanza di almeno cinque chilometri dalla ferrovia. Ad esse spettava solo l'assistenza alle popolazioni turche, limitandosi a mantenere l'ordine pubblico nelle località affidate loro, dovendosi mantenere completamente estranee ai possibili conflitti fra le formazioni greche e quelle turche. I comandanti dei reparti di Scalanova,Arvalia, Sokìa e Magnesia dovevano però riferire a Rodi nel caso i greci violassero le condizioni stabilite dalla conferenza di pace.40 Come è facile capire, queste direttive non convinsero Battistoni, i cui timori erano causati, oltre che dall'attrito italo-greco, anche dal movimento armato turco che si andava organizzando all'interno della zona assegnata all'Italia, per combattere l'occupazione straniera senza distinzioni. A c.iò si sommava anche un elemento imbarazzante e inattuabile: il comandante italiano continuava a trovarsi recapitate richieste turche di esplicito aiuto o addirittura offerte radicali di poter essere annessi all'Italia. Intanto la situazione e la dislocazione dei reparti erano ancora in fermento: il 23 maggio metà della IA compagnia del 34° fanteria da Aiasoluk si spostò ad Arvali. La ·10

AUSSME. E-3, b. 5 , f. 5/6 a, direttive di Battiswni del 29/5/1919.

133


232" autosezione e il I plotone della compagnia zappatori sbarcarono con il Gherty a Kuluk, mentre un reggimento cli fanteria era stato destinato all'occupazione di Scalanova e Kuluk, parte proveniente da Lero , parte in viaggio, mentre gli elementi già sbarcati a Bodrum, Marmarizza e Macri e il battaglione bersaglieri ad Aclalia consolidavano le loro posizioni. Il 26 giugno il Comando Supremo informò che a Trieste il piroscafo Pietro Calvi stava iniziando il carico del XL gruppo da montagna e ribadì che appena sarebbero arrivate altre truppe ad Adalia, doveva essere lasciato libero il XXXI battaglione bersaglieri. Tekkè, presso Magnesia, venne occupata con la 3" compagn.ia del 34° fanteria e una sezione della 381" compagnia mitragli atri ci. Su proposta di Ciano si dispose che in ogni località occupata ciascun ufficiale dell'Esercito più alto in grado fosse investito della direzione dei servizi militari e politici, in sostituzione degli omologhi della Marina, i cui reparti con gradualità stavano venendo avvicendati e reimbarcati.4 1 La popolazione musulmana fece un'accoglienza entusiastica.42 Per evitare disordini Battistoni il 28 dispose l'occupazione con il III battaglione del 34° fanteria, partito da Lero il 27 con il Gherty, e con una sezione della 1578" compagnia mitragliatrici dì brigata cli Capo Placas , a 16 miglia a Sud di Scalanova, dove approdavano alcuni velieri greci. La notte tra il 27 e il 28 fu di partenza il Leopolis da Rodi a Kuluk dove avrebbe ricevuto ordini dal Comando superiore del Doclecaneso. A Rodi vennero caricati: una stazione radio , una sezione cli carabinieri e un ambulatorio, destinato a funzionare almeno in primo tempo a Kuluk, diretto dal capitano Naccarato, che aveva già avuto ordine di recarsi appena possibile da Bodrum a Kuluk. 43 Nel frattempo sempre il 28: Battistoni ordinò al XXXI battaglione bersaglieri ad Adalia cli effettuare altre ricognizioni; vennero diramate le disposizioni per preparare l'occupazione cli Milas ; eia Bodrum si comunicò che il capitano Naccarato in visita a Milas era stato accolto festosamente e infine Ciano comunicò l'occupazione di Tekke. Il 29 la 262" compagnia zappatori proveniente da Lero con il Cappellini sbarcò a Rodi, mentre il III battaglione occupò prima Sobudia (località presso Sokia) poi sbarcò a Kuluk, mentre il 30 maggio per aderire alle richieste delle autorità e della popolazione turca raggiunse Milas in Caria, dove l' accogUenza risultò festosa. Per questa ultima località la forza impiegata inizialmente fu una sola compagnia e alcuni reparti minori partenti da Kuluk, in attesa della rimanenza ciel l:>attaglione, che entrò in città il giorno seguente. Intanto il 30 Battistoni sbarcò con il Cappellìni a Kuluk per un giro d'ispezione, che proseguì l'indomani a Milas e poi a Mugla. Nelle due località venne accolto festosamente dal caùnacan e dai notabili. Questo clima portò come risultato l'accantonamento del comando del I1I battaglione nel fabbricato della scuola di Milas, messogli a disposizione dal caimacan, e la possibilità di. innalzare il tricolore sul balcone dello stesso edìficio.44 41

AUSSME, E-3. b. 7 , f. f. 7/3, 01inuta del D.iario swrico mil itare ( 15 apriJe-31 maggio .l 919), mercoledì 28 maggio. AUSSME, E-3, b. 6. f. 6/2 b, telegramma di Badoglio ciel J0 /G/19 J9. 43 AUSSME , E-3, b. 7, f. 7/4 h ,comunicazione cli Giordano ciel 27/5/ 1919. '" AUSSME, E-3 , b. 7, f. 7/3 , minuta ciel Di ario storico militare (15 aprilc-3 1 maggio I 919), sabato 3 1 maggio. '

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12


La linea provvissioria stabilita da Battistoni

Mentre g iunge vano notizie che Aidin e Ai vali erano già occupate dai greci ,45 da Scalanova g li italiani raggiunsero altre località a Sud-ovest di Aiasoluk. La situazione si rivelava critica . TI 31 si ebbero notiz ie che i greci stavano avanzando su Sokia , su altre località a S ud di A iasoluk e della fen-ov ia. Le minacce di avanzamenti ellenici erano forti , mentre le rassicurazioni del Comando Supremo non erano del tutto convincenti , continuando a riferire c he in base agli accordi presi a Parig i, l'esercito di Venizclos non poteva oltrepassare la fe rrovia e spingersi oltre Ai asoluk. Nel tentativo di consolidare le posizioni , comunque Battiston i accellerò la costituz ioni cli altri presidi . li giorno 2 g iugno , vi fu un contatto tra truppe italiane e quelle greche a Kurfali , all'altezza di Azizié. Ciano e Ferrari ebbero un colloquio con il comandante greco e presero accordi su come i rispettivi contingenti dovessero rispettare le consegne della Conferenza della pace . Ecco quindi l'occupazione italiana di Kurfali e Bergaz. 46 Sempre il 2 giugno venne ordinato al comando della brigata Livorno di trasferirsi da Lero a Milas con il p rimo mezzo utile. l i comandante della Duilio prese contatto a Smirne con l'ammiraglio Calthorpe e l' Alto commissario greco e governatore della 15 ' 46

AU SSME , E-3 . b. 6. f. 6/2 b, telegramma cli Bauiston i a Comando Supremo del 31/5/19 19. AUSSME, E-3, b. 7, f. f. 7/3, minuta del Diario storico militare ( I O giugno-3 l luglio 191 9). lunedì 2 giugno . 135


Il generale Battisioni (al centro) insieme al suo S1ato maggiore e alcune guide locali lungo il tragitto Adalia-Burdur

città, Aristidis Stergiadis. Dai colloqui emerse la promessa che i greci avrebbero rispettato la Unea Aiasoluk-ferrovia di Aidin per le loro occupazioni .47 Sonnino chiese di essere informato subito su eventuali ulteriori occupazioni autorizzate dall'ammiraglio.4~ Il 4 con un piccolo reparto del 34° fan teria vennero occupate temporaneamente Musaly e la Vecchia Efeso. Due plotoni della SA compagnia del 34° fanteria e una sezioni mi tragHatrici occuparono Ieronda, allo scopo di evitare il co ntrabbando del bestiame , esercitato dai greci fra l'isola di Samo e gli approdi del porto di Kovella e Karakigu ,49 mentre il 6 giugno fu la volta cli Giroba, nella regione cli Ciné tra Aidin e Mugla, con la 9A compagnia ciel lil battaglione ciel 34° fa nteria e metà della 705A compagnia mitragliatrici . Battistoni dispose che tali occupazioni fossero temporanee . invitando i comandi subalterni cli evitare sparpagliamento delle forze. Infatti di massima le operazioni militari italiane si concentrarono nella zona costiera e per quanto riguardava l'interno solo l'entroterra a occidente di Ad,ùia. Il comando ciel 11 battaglione ciel 34° fanteria con il reparto zappatori si trasferì da Boclrum a Kuluk. Nel frattempo mentre da Trieste partiva il Palasciano con il II, il III battaglione del 33° fanteria e il relativo comando di reggimento, il piroscafo Pietro Calvi, appena giunto dall'Italia scaricò a Scalanova la 190A, a Kuluk la 188A compagnia da AUSSME, E-3, b. 7 , f. f. 7/3, minuta del Diario storico mi litare (I O g iugno-31 luglio ·19 19), martedì 3 g iugno. AUSSME, E-3, b. 6, f. 6/2 b, telegramma di Grassi a Marina del 3 1/5119 19. ' 9 AUSSME, E-3, b. 6, f. 6/2 b, telegramma di Battistoni al Comando Supremo del 5/6/ 19 l 9 .

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TI generale Battìstoni ( al centro) insieme al suo Stato maggiore fermi per un caffè lungo il tragitto Adalia-Burdur

montagna e a Rodi il comando del XL gruppo da montagna. Il 12 giugno giunse a Rodi il Palasciano, che ripartì per Adalia unitamente alla Pietro Calvi e alla Regina Elena dove prese imbarco anche Battistoni'. Una volta ad Adalia vennero scaricati il Il e il III battaglione del 33° fanteria con il comando di reggimento, la 186A batteria da montagna e la 437A autosezione. In quell 'occasione Battistoni da Adalia ebbe modo di compiere un ampio giro esplorativo, arrivando a Burdur e alla stazione di Baradiz, dove fu accolto cortesemente dal mutasserif e dalle autorità locali. Una volta ripartito per Rodi, il generale riportò con se il XXXI battaglione bersaglieri, ormai sostituito nel presidio della città dai battaglioni del 33° fanteria . J bersaglieri quindi rientrarono sotto le d ipendenze di Elia e del suo Corpo d'occupazione dell'Egeo. Il 16 giugno la 9A compagnia del 34° fanteria con mezza compag11ia mitragliatrici ciel III battaglione e la 188A batteria da montagna occuparono il bivio di Esch ihissar sulla strada Milas-Mugla. Venne disposto che le forze della zona cli Aclalia (2 battaglioni del 33° e la 186A batteria da montagna) fossero dislocate lungo la rotabile Adalia-Burdur con lo scopo di assicurare la sicurezza dei passeggeri alle carovane e ai contadini lungo il tragitto . A fine giugno da Trieste partirono i piroscafi Menfi e Indiana con i seguenti elementi: IV battaglione bersaglieri c iclisti, I battaglione ciel 33° reggimento fanteria, 117° reparto sommeggiato sanità, 33A sezione carabinieri, un plotone della 133A compagnia telegrafisti, 190A autosezione; mentre il piroscafo Pietro Calvi salpò da Brindisi diretto a Scalanova con il II gruppo Cavalleggeri di Roma (comando di gruppo e squadroni 4° e 5°). 137


La ripresa del cammino verso Burdur

La situazione risultava abbastanza stazionaria, ma la pressione dei greci da Nord e l'infoltirsi di voci su possibili sollevazioni nazionaliste turche preoccupavano non poco Rodi. Il commodoro inglese di Smirne, capo della flotta interalleata, espresse tuttavia al comandante della Roma il suo parere favorevole all'occupazione della ferrovia di Aidin da parte delle truppe italiane. Battistoni fece presente alla Roma e al Comando Supremo che non era intenzionato a far presidiare .la ferrovia, troppo distante e troppo pericolosa. Un'eventuale responsabilità su quella linea di comunicazione, nel rapporto tra area d'intervento e uomioi a disposizione, avrebbe creato più danni che vantaggi. Questo clima, tendenzialmente favorevole ma comunque pericoloso, portò Battistonì verso un ruolo sempre più politico. Parigi e Roma erano lontani, egli aveva bisogno di agire in maniera pragmatica in un contesto inaspettato. Ecco che chiese l'autorizzazione per armo lare come vo.lontari alcuni interpreti e informatori tra glielementi italiani nativi e residenti in Asia Minore.50 Per Badoglio era necessario accertare se i prescelti fossero sudditi turchi o italiani. In questo secondo caso, essi sarebbero dovuti essere giovimi non soggetti agli obblighi militari oppure già congedati dall'Esercito . Le condizioni erano limitanti, tuttavia Battistoni venne però autorizzato a valersi come servizio volontari.o degli stessi elementi come borghesi a pagamento.51 50 AUSSME. 5'

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E-3, b. 6, f. 6/3 a, telegramma di Battistoni a Comando Supremo del 29/5/1919. AUSSME, E-3, b. 6, f. 6/3 a, telegramma di Badogl io a Battistoni del l"/6/1919 .


Il generale Mustc(/'a Kenwl

Intanto le auLorità centr ali di Costantinopoli per quanto non e ntusiaste de.Ilo stato di cose, a causa dell' occupazione straniera, accettarono diplomaticamente la situazione, ponendosi ufficia lmente contro ogn i possibile azione nazionalis tica avversa alla presenza s traniera sul proprio territorio. Se l' impressione però era quella che l'Impero ottomano fosse fi nito, come Lloyd George credeva, la verità era che tale assopimento non solo risultava temporaneo, ma al momento del risveglio avrebbe mostrato tutta la sua pericolosa vitalità, proprio perché il sovrano e i suoi minist1·i no n rappresentavano più la " reale" Turchia.52 Il generale Mustafa Kemal, dopo aver com'2

C. S forza. op. c ii., pp. 57-58.

139


battuto con valore durante il conflitto mondiale, si rese paladino della dignità turca, opponendosi all'atteggiamento di rassegnazione con cui il governo aveva accettato le clausole armistiziali, che rappresentavano una vera e propria resa senza condizioni alle potenze dell'Intesa. Egli, già inviso al governo ciel Sultano per aver avuto in passato idee cospirative cli rinnovamento, iniziò la sua attività politico-militare alternativa a quella ufficiale con il chiaro proposito di creare un nuovo Stato nazionale turco , rompendo sia con la tradizione ottomana precedente, sia con il lassismo più recente, che stava aprendo l'A natol ia all'occupazione degli eserciti stranieri. In questo contesto, si aprì lo scenario dei due drammi che videro la Turchia come protagonista nel primo dopoguerra: la contesa contro i greci e contro gli Alleati e la lotta interna fra sudditi musulmani e dinastia ottomana. Essa per sua fortuna o sfortuna, diversamente da quanto accaduto ai Romanov, agli Asburgo e agli Hohenzollern, era riusc.ita a mantenere il suo post.o anche dopo la sconfitta mìlitare.53 Rimandando al seguito degli eventi un'analisi più approfondita sull'argomento, si può già qui accennare alla genesi dei movimenti combattenti , che in via diretta o indiretta facevano capo al futuro Atatilrk. Nelle comunicazioni italiane le forze turche di opposizione agli stranieri avevano sempre la denominazione d ì «bande» 54 o «irregolar.i» e solo con il tempo acquisteranno dignità e autorevolezza, proprio a partire dall'Italia. Se molte accuse, mosse da Atene contro Roma, di complicità e omertà verso queste formazioni rispondevano a logiche di pura denigraz ione politica, un atteggiamento indulgente degli italiani portò con gradualità a rivolgere simpatia per la giovane Repubblica cli Turchia.

):<

54

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P. Mansel, op. cit., p . 364. M. G. Pasqualini , L'Esercito Italiano nel Dodecane.w /912-1943 , op. c it., J05.


Capitolo Quarto Smirne Lo SBARCO GRECO A S MIRNE A fine aprile, ormai orfano dell'Itali a, il Consiglio dei "Tre'· vedeva con molta preoccupazione e risentimento le azioni italiane in Asia Minore. Wilson min acciò di inviare una nave da g uena americana a Fiume o a Smirne, mentre Lloyd George riferì che la Grec ia si era offe rta di inviarne una propria. Per il governo d i Atene era una grande op portu nità in una situazione ideale: contemporaneamente avrebbero aiutato gli Alleati , fermato gli ardori espansionistici degli italiani in Asia Minore e dato avvio alla mega/i idea . Nell o spec ifico Smirne veniva cons iderata il centro d i cultura e di nazional ismo ellenico e nucleo delle rivendicazionj patriottiche . Al tavolo d i Parigi l 'occupazione della c ittà venne motivata dai recenti massacri di greci avvenuti nella zona. TI governo di Costantinopoli sarebbe stato avvertito delle operazion i dodic i ore prima dello sbarco. Tuttavia gli Alleati non intendevano dare con questa decisione alcuna indicaz io ne definitiva cli ri partizione dei territori in Asja Minore, riservandosi in un prossimo futuro una deliberazione più generale su l! ' intera regione , in attesa d i capire come affrontare le condizioni della pace con lo stato turco. Otten ute Je debite autorizzazioni al tavolo del Quai d'Orsay, il 7 maggio il governo greco dispose , tramite il generale Leonidas Paraskevopou los e ne lla massima segretezza per evitare ogni resistenza turca, l'invio a Smirne della 1A div isione del l Corpo d 'Annata. Il g iorno stesso al Pireo vennero requis iti uoa ventina di piroscafi, facendo diffondere la notizia che sarebbero stati utilizzati per rimpatriare i profughi greci in Bessarabìa e in Crimea . Tl 9 maggio il navig lio imbarcò, secondo le notiz ie greche in 30 ore, la I A divisione ad Elefteria (a Sud-ovest di Cavalla), dove il Corpo di spedizione era stato fatto spostare da Drama. A nche in questo caso la scelta di un porto secondario , per nulla adacto a un imbarco di tale portata, fu indiJ·izzat'a unicamente da moti vi di riserbo. Il 14 la flotta trovò l'ancora all'isola di Lesbo , per esaminare g li ultimi dettagli dello sbarco. La decisione di adoperare la I A divi sione sembrava mossa da diverse considerazioni. Per prima cosa, essa apparteneva al I Corpo d'armata costituito da elementi poco sicuri e che per questo motivo era stato in precedenza scelto per l' in vio in Ru ssia. In secondo luogo la l A divisione, rimasta a Drama in Macedonia senza più raggiungere il Corpo d'armata già in Russia, dopo il ritiro delle forze alleate al cli quà del Dniester, era libera da qualsias i altro co mpito. Infine e ra la divisione c he passava come la più mal sicura, 1

1

M.. Mac Mi llan , op. cii ., p. 542.

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Adunata di soldati greci a Smirne, dopo lo sbarco

dati i suoi sentimenti realisti, e quindi era meglio tenerla impegnata ìn uno schiacchiere impegnativo. Essa comprendeva il primo reggimento, che si ribellò all'atto della partenza per il fronte, e il 38° reggimento fanteria (l O euzoni), il quale durante la mobilitazione ebbe più di 500 disertori: nell' operazione cli Smirne era certo che sì sarebbe ben comportata! Il Corpo cli spedizione greco era così composto: comandante della divisione era il colonnello Zapheìrìou; comandante della fanteria divisionale il colonnello Tseroulis; 3 reggimenti cli fanteria: 4° reggimento fanterìa (sede a Jarissa) comandato dal colonnello Schinas; 5° reggimento (sede a Tri.kala) comandato dal tenente colonnello Tzakalos; 38° reggimento (1 ° euzoni con sede a Karditza) comandato dal tenente colonnello Stavrianopulos; ½ squadrone dì cavalleria; comandante dell'artiglieria divisionale il tenente colonnello Papajoannu ; 2 gruppi cli artiglieria eia montagna; 1 parco cli artiglieria divisionale; 1 parco del genio con 2 compagnie zappatori; l distaccamento telegrafisti; 1 gruppo dì sussistenza; elementi di sanità. 142


Dopo l'ordine diretto di Ve nizelos del 12, la partenza per Smi rne venne effettuata il giorno 14 alle ore 19:20. li convogl io fu preceduto da 3 torpediniere britanniche al comando dell ' ammiraglio Stuart e sco1tato da 6 cacciatorpedin iere greche: Leon,Lan.cia , Naforatussa, Sfendoni, Thetis e Egli. Già si trovavano a Smirne gli incrociatori Lenmos e Averoff, mentre il Kilkis g iunse a Smirne eia Costantinopoli per fornire con gli altri le compagnie da sbarco. La mattina del giorno J4 l' ammiragl io Calthorpe informò Nad ir Ali pascià, comandante delle fo rze ottomane in città , che le posizioni fortificate sarebbero state occupate dalle truppe alleate in base alle c lausole dell 'articolo 7 dell ' armistizio.2 Nella baia erano presenti 22 nav i da guerra alleate (ing.lesi, francesi e italiane) e altre unità greche e americane. Secondo gli accordi intervenuti fra i comandanti delle flotte alleate presenti a Smirne, furono costituiti quattro gruppi da sbarco, che nel pomeriggio ciel giorno 14 presero terra e occuparono i fort i della città senza difficoltà. n forte di Cianak Kalesi fu occupato da compagnie da sbarco dell'Averoffe della Lemnos, il forte Karaburun fu occupato da marinai italiani del la Duilio e gli altri forti da parte di compagnie da sbarco anglo-francesi. Il primo contingente degli uomjn i di Venizelos, composto da 120 marinai, prese te1n all 'alba del g iorno 15 senza trovare resistenza . Seguirono alle ore 7:30, alcuni reparti del 1° reggimento euzoni , giunto con due piroscafi più veloci che precedettero il convoglio. A lle ore 8:30 dal piroscafo Patris iniziarono a scendere i militari ellenici , per poi dare corso in maniera veloce a l vero e proprio sbarco del contingente principale. T1 grosso dello sbarco avvenne verso le ore 17, ora in cui si trovavano a Smirne il l O euzoni e il 4° fanteria. I contingenti greci , all ' incirca 20.000 solclati,3 presero possesso dei forti della città, dai quali si ritirarono le compag nie dì sbarco alleate . Alle ore lJ due battaglioni greci. preceduti eia fanfara inneggiante a festa e bandiere, acclamati eia grandi fo lle al grido di «Zito Yenizelos» (Lunga vita a Venizelos), iniziarono un a sfilala nel centro ci ttà verso i quartieri turchi. La propaganda ellenica motivò l'operazione come coere nte ai termini dell 'ordine pubblico sanciti nel! 'armistizio e precisando che l' occupazione non avrebbe pregiudicato in nessun modo le decisioni finali de ll a Conferenza nei riguardi di que lla regione . Se la popolazione greca si abbandonò a manifestazioni di gioia . quella turca si riunì nelle moschee mostrandosi assai irritata e avvilita. Non appena i greci arri varono nella piazza del Konak,4 davanti a una caserma ottomana si udirono degli spari. All 'esercito ottomano era stato ordinato di non aprire il fuoco , infatti era stato un agente nazionalista , Hasan Tahsin. a sparare tra la foJJa per uccidere uno deg li alfieii greci. U na banale scinti lla era ciò che incendiò le delicate polveri. Se fu un turco il primo a far ricorso

ç. 'Erhan. Greek Ocrnpation of /:mir liii(/ Adjoi11i11g Territories. Rep(lrt of1/te l111er.Allied Commission ofillq11il)'. May-Se(ltcmber 1919. Ccntrc for Strategie Research in Ankara.Aprii 1999 (SAM Papcrs. No. 2/99). p. 7. 3 J.P.D. Balfour (ITT Lord Kinross), /\t(l(iirk: A Biogrct(lhy ofMuswfa Kemal. Father o/Modem Turl.ey. William Mor2

row and Co., New York 1965, p. 154. ·• Ko11ak : res idenza ufficiale dell'autorità ci vile di un cn poJuogo.

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La sfilata dei soldati greci a Smirne

alle anni, la ritorsione ellenica non si fece attendere , peraltro con toni sproporzionati. Gli euzoni aprirono il fuoco all'impazzata e quando i soldati turchi uscirnno dalle caserme per arrendersi, questi vennero picchiati e spinti verso il porto a colpi di baionetta anche con la collaborazione attiva della popolazione civile greca. Alcuni turchi tra cui lo stesso Tashin, dopo essere stati uccisi, vennero gettati cadaveri in mare . A seguito della richiesta del comandante ciel Corpo di spedizione greco, la guarnigione turca (3.000 uomini con un generale) fu allontanata dalla città, dove venne proclamato lo stato d'assedio . Tutti gli ufficiali della gendarmeria turca vennero arrestati. II maggiore dei carabinieri Giovanni Battista Carossini tentò di ottenerne la liberazione. L'arrivo dei greci in città venne quindi segnato da un bagno di sangue contro la popolazione c.ivile e dall'inasprimento dell'od io etnico e religioso, già latente e diffuso. La carneficina produsse oltre 400 vittime, senza distinzione di vecchi., donne o bambini . Le truppe italiane in loco riferiranno sull'accaduto, sospettando che gli incidenti fossero opera degli stessi ellenici, come scusa per un'ignobile rappresaglia. Un colonnello turco ferito eia un colpo di baionetta fu soccorso dal maggiore Carossini e portato sulla nave Duilio, che insieme all'Artigliere erano state inviate a Smirne a tutela degli .interessi nazionali. L'incolumità della comunità italiana in città fu tutelata dal console Mario Indelli, ma le intinùdazioni e le minacce non mancarono neppure verso i cittadini italiani. In tutto ciò la colonia nazionale rimase sorpresa e disorientata, ancora convinta che Smirne fosse destinata a divenire italìana . 144


Gli i11cide111i di Smirne in un'illusrrazione dell'epoca

A occupazione compiuta, venne comunicato che la divisione greca sarebbe stata integrata sul posto da un grosso contingente di gendarmi da 600 a 800, in pa1te pattiti il giorno 16 a bordo del piroscafo Assos e in parte di prassima partenza. Tali gendanni erano stati scelti accuratamente e avrebbero formato un battaglione al comando del tenente colonnello Hagiycannu. Le forze del Corpo di spedizione, dalle informazioni italiane, doveva aumentare a circa 26.000 uomini ,e poichÊ la LA divisione con i gendarmi e gli altri elementi non raggiungeva tale forza, si prevedeva che essa sarebbe stata rinforzata da altri reparti provenienti da Mitilene, tra cui il 6° reggimento fanteria del la divisione Creta. I greci beneficiarono anche cli alcuni depositi ottomani di armi, requisiti con sentita reazione dei turchi. AJcuni elementi della Croce Rossa ellenica sbarcarono a Vurla. I giornali greci diedero molto risalto all'imminente l'occupazione di Ai vali del 30 maggio, dando enfasi alla possibile avanzata anche fino ad Aidin . Ciò che non venne 145


pubblicizzato furono i combattimenti tra greci e formazioni di popolazione e gendarmeria turca, che si ripetevano ormai vivi e cruenti. La stampa ellenica invece reclamava considerazione a Parigi contro le mire italiane su Scalanova. In questi frangen ti i rapporti tra Roma e Atene rimanevano tesi: le accuse g reche presso Lloyd George di ingerenza ellenofobe italiane verso i turchi si moltiplicavano , tuttavia il coJonnello N. Zapheiriou fece un proclama, come ne aveva fatti Venizelos nei quali si raccomandava ai suoi uomini «ogni riguardo verso gli abitanti italiani della città, avendo anche l'Italia dato il suo consentimento allo sbarco».5 A Smirne giunsero anche alcuni giornalisti stranieri ellenofili: il deputato svizzero Edouard Chapuisat, direttore del giornale "Journa] de Genève" , e l'australiano William Alfrecl Oscar Lloycl, che a Rodi aveva manifestato, in termini giudicati inopportuni, sentimenti anti-italiani. Nei giorni successivi apparirono suoi articoli sulle colonne del giornale greco "Cosmos" con carattere apertamente ostile agli interessi italiani.6 La tensione contro Roma crebbe con il passare dei giorni. Padre Testore, dei frati domenicani , nei suoi viaggi io treno subì l'attacco cli bande armate . Successivamente nell'intento dj recarsi a Sokia per visitare le truppe italiane, venne bloccato dalle autorità greche. Intanto le polemiche accese dalle violenze commesse dai greci portarono ad alcune proteste alleate. La Grecja rispose con il richiamo cli 70 ufficiali del I Corpo di spedizione e la loro sostituzione con altrettanti provenienti da Cavalla.7 Il generale Leonardo Pulbon, comandante della 9A divisione, era partito eia Salonicco alla volta di Smirne per compiere un 'inchiesta sulle responsabilità dei conflitti avvenuti. Nel frattempo le notizie sui fatti di Smirne giunsero anche a Costantinopoli dove produssero impressione e eccitazione molto pericolose. I partiti più intransigenti e fanatici iniziarono a minacciare reazioni per impedire l'umiliazione nazionale e il mantenimento dell'occupazione greca, anche attraverso l'uso di bande armate e guerriglia diffusa. Si stava formando l'unificazione dei partiti, verso un blocco nazionale che potesse agi re nel concreto contro gli " invasori". L'esercito turco era ridotto a soli 9 Corp.i d 'Asmata su 18 divisioni con 2 .000 uomini ciascuna di cui 1.500 armati di fucile e altri di artiglieria e mitragliatrici, con 8 pezzi da campagna e 12 mitragliatrici per ogni divisione. Ogni Corpo d'Annata in più aveva 200 uomini cli cavalleria, 200 ciel genio, altTi servizi disarmati e 8 pezzi d'artiglieria di medio calibro. Tutto l'esercito raggruppato in 3 Armate, avente ciascuna 8 pezzi d ' artiglieria cli grande calibro. Lo Stato maggiore non presentava più forze e truppa combattente cli valore bellico. La situazione militare della sconfitta Sublime Porta era labile e precaria, ma il colonnello Caprini, in una sua relazione, ritenne però che se si fosse effettuata la costituzione di bande armate indipendenti, la Turchia avrebbe potuto dare serie e gravi preoccupazioni militari perché i musu Imani erano ottimamente organizzati e nell 'in5

AUSSiv1E, E-3, b. 6, f. 6/4 b, relazione di Caracciolo del 16/5/1919 e promemoria di Guzzoni del 27i5/ 1919. AUSS~.IE, E-3, b. 5, f. 5/3 d, notiziario dell 'Uffcio informm:ioni a Smirne del 10/6/1919. ' AUSSM.E, E-3, b. 6, f. 6/4 b, telegramma di Caracciolo a Comando Supremo del 25/5/1 919. 6

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terno del paese vi erano nascosti fucili, munizioni, mitragliatrici e cannoni per alimentare la guerriglia e il brigantaggio politico.8 Nei giorni seguenti allo sbarco , continuarono incidenti e saccheggi. Le formazioni elleniche raggiunsero Ai vali e si distribuirono lungo la ferrovia Torbali-Baindi1tir e Odemisch. Parte della popolazione turca abbandonò la città per timore degli invasori, mentre la componente ellenica locale tentava di prendere il sopravvento. Il 13 maggio Ciano informò come il consolato inglese di Sarno favorisse l'immigrazione greca sul continente, soprattutto verso Scalanova e le località limitrofe, fatto che non poteva passare in sordina.9 In questa situazione assai particolare, benché i greci avessero promulgato lo stato d 'assedio e il disarmo della popolazione civile , il clima non si accinse ad attenuarsi, anzi alcuni scontri continuarono anche nell'entroterra, verso Aiasoluk, Magnesia e Aidin, dove i greci tendevano ad allargare la loro occupazione. Le autorità italiane tenevano sotto controllo la situazione, in attesa di contromosse a loro volta. Intanto senza plausibili motivazioni, quindi contro le decisioni degli Alleati, tra la sera ciel 26 e giorno 27 tre treni carichi cli soldati greci avevano raggiunto Aidin. All 'addetto militare italiano ad Atene Caracciolo risultava che i greci avessero già impegnato nel complesso queste uni tà: 1A divisione al completo (1 ° euzoni, 4° e 5° fanteria), 8° reggimento cretese (partito da Atene), 3° reggimento cavalleria (partito da Salonicco), 6° reggimento divisione Arcipelago (partito da Mitilene) e probabilmente anche gli altri due reggimenti (4° e 5° da Cavalla) della stessa divisione, mentre era già annunciata la partenza del 1° reggimento cavalleria. Era noto che una colonna si dirigeva verso Aidin, un'altra verso Baindyz-Zirlk (sulla ferrovia di Odemisch) e un'altra verso Cassaba (ferrovia di Magnesia). Erano già state occupare dai greci Magnesia, Aiasoluk, Kirkidje (a Sud-est di Aiasoluk), Baindys e ci si aspettava presto anche l'occupazione di Aidin. Nello stesso tempo un reparto cretese era sbarcato ad Aivali. Secondo un giudizio complessivo, Caracciolo dal punto di vista militare ritennne che l'occupazione dell'Asia Minore avrebbe richiesto alla Grecia ancora notevoli forze per lungo tempo. Le info1·mazioni sulla situazione delle truppe greche in Anatolia iniziarono a circolare, in maniera frenetica, anche presso la delegazione italiana a Parigi: a Smirne vi erano 3 battaglioni del 6° reggimento Arcipelago, 1 battaglione e mezzo dell'8° reggimento cretese, I battaglione euzoni; ad Ai vali 1 battaglione e mezzo cretese; a Torbalì l battaglione euzoni; a Magnesia il 5° reggimento e il 3° battaglione del 105°, l plotone di cavalleria; ad Aidìn 5 battaglioni, 1 gruppo artiglieria da montagna. ln campo avverso i turchi avrebbero avuto invece nella regione c.irca 5.000 uomini armati di fucili tra truppe regolari e irregolari e una batteria d' artiglieria eia campagna. I greci si attendevano una resistenza, ma il paese era ancora calmo a 40 chilometri a Nord di Aidin. Il governatorato greco inviò il signor Stergiadis come Alto commis8 9

AUSSlvfE. E-3 , b. 6 , f. 6/4 b, telegramma di Caprini a Comando Supremo del J 8/5/19L9. AUSSME, E-3, b. 10, f. 10/2 b, telegramma di Ciano a Battistoni del 13/5/1919. 147


sario. Intanto nei salotti parigini si sparse la voce che gli stessi italiani avrebbero armato 700-800 irregolari turchi. Nel frattempo il generale Franchet d'Esperey autorizzò il comando greco al ritiro delle truppe dalla Bessarabia per un loro impegno jn Asia Minore. Secondo le informazioni cli Battistoni le truppe greche al 1° giugno ammontavano a 21 battaglioni di fanteria, 2 reggi menti cli cavalleria, 5 batterie cli artiglieria da montagna, 500 carabinieri e più di 3 .000 uomini ex congedati. Il 10 giugno si ebbe notizia che il movimento di truppe greche confluiva in forma massicia su Smirne, sia in ripiegamento via convogli fen-oviari da Aiclin e Nazilli, sia con sbarchi di navi provenienti dai porti nazionali. li giorno 3 erano partiti alla volta di Smirne circa 2.000 tra militari cretesi e gendarmi, mentre era in procinto di arrivare una delle divisioni greche dislocate in Bessarabia. L' 11 giugno era partito dal Pireo per Costanza e Calata (Romania) il trasporto per imbarcare le divisioni dislocate sulla costa occidentale del Mar Nero . TI I 9 giugno sbarcò a Smirne il generale Konstantinos Nider, oriundo tedesco e già comandante del Corpo di spedizione greco in Russia. Egli arrivò insieme al suo Stato maggiore , per assumere il comando delle truppe greche nell'Asia Minore. In questo modo Smirne sarebbe divenuta sede di Corpo d'Armata, dove già si era istallato il colonnello Lufas, il quale avrebbe assunto servizio di Stato maggiore di Corpo d ' Armata. L'arrivo ciel generale in Anatolia non era cosa gradita alle autorità inglesi e francesi e si attendevano ancora la maggior parte delle sue truppe. TI 16 giugno Sonnino informò che in seguito aLJ'jnvio di altri reparti dalla Macedonia, dalle informazioni in suo possesso il numero cli soldati greci in Anatolia sorpassava i 20 .000. Si notò come i greci stessero concentraiido forze considerevoli alla testa della valle del Piccolo Meandro per eseguire un'azione aggirante contro le bande turche nella valle dell'Hermos, mentre in ambiente musulmano si andava determinando una corrente ostile al valì cli Smirne .U1 II 13 giugno i greci continuavano a ritirare truppe da Aidin e vennero seguiti dalla popolazione civile, impaurita da possibil i. reazioni delle bande turche, che si sta vanno organizzando in modo massiccio. A Smirne giunse anche un ufficiale superiore greco de.I genio con una ventina di ufficiali per stabilire una base, ma non aveva per il momento né parco né materiali. Giunse anche il generale medico francese Arnaud, capo dei servizi san itari dell'esercito ellenico , il quale dipendeva dall'organizzazione locale e dai presidi della zona occupata. Un comitato di notabili greci acquistò per oltre mezzo milione cli lire turche, la v illa Spartali a Boudja (Smirne) per offrirla al capo ciel governo Venizelos. La spesa sarebbe stata coperta con una sottoscrizione popolare a una dracma. Intanto il 10 giugno vi era stato un attacco delle bande turche a Pergamo ed eccidi compiuti dai greci a Menemen. Gli irregolari turchi avevano obbligato alcuni notabili turchi di Pergamo, arricchiti durante la guerra, cli fornire loro degli aiuti. Questi "' AUSS1\1E, E-3, b. 5, f. 5/3 d, notiziario dcll'Uffcio infom1azioni a Smirne del ll/6/l 9'19. 148


Il generale Konstantinos Nider con. il suo Stato maggiore

notabili si videro costretti, dai capi delle bande turche, a somministrare viveri e aiuti agli irregolari, che si trovavano nella zona comandati da ex ufficiali dell'esercito ottomano. Mal sopportando questo gravame, che veniva loro imposto dai nazionalisti, i notabili chiesero l'appoggio degli ellenicì e ottennero che la città venisse presidiata dai greci. Questi la mattina clell' 11 giugno , con 1.200 soldati di fanteria, con mitragliatrici, due pezzi da 75 e 40 cavalli, partiti da Menemen , giungevano a un quarto d'ora da Pergamo dove sostarono . Le truppe greche non osarono accedere all'abitato, temendo un tranello e avanzarono solo in seguito alle insistenze di un armeno tale Artim e dell'ex brigante turco Amhid Ciaus che erano andati loro incontro. Le truppe greche presero infatti possesso, indisturbate, della città, occuparono il Konak, dopo accordi con :il caimacan mandando pattuglie nei vari quartieri. Il grosso alloggiò nel vecchio castello che dominava l'abitato. 40 cavalleggeri stabilirono il collegamento con Dikili. Nella notte tra il 16 e il 17 giugno bande turche forti di un numero di circa 5 .000 uomini irruppero nella città, uccisero le pattuglie greche e investirono la fortezza, dove si trovava la maggior parte delle truppe e ne cacciarono il presidio, che subì gravissime perdite. I greci a prezzo di gravi sacrifici riuscirono ad aprirsi un varco fra gli assalitori e si ritirarono verso il fiume Bakir-Tchay. Il passaggio del fiume venne compiuto nelle condizioni più sfavorevoli, non esistendo ponti e non conoscendo i guadi. Premuti dalle bande che avevano assalito Pergamo e presi cli fianco 149


da altri irregolari turchi, i contingenti greci furono decimati. Solo 300 uomini si salvarono, fuggendo verso Menemen. Restarono in mano dei turchi tre mitragliatrici e due cannoni. Durante la fuga gli scampati di Pergamo trucidarono quanti musulmani trovarono sul loro cammino, saccheggiarono e devastarono le loro case. Conosciuti a Menemen i fatti di Pergamo, la guarnigione greca e la popolazione civile ortodossa insorsero contro i musulmani, uccidendo il caimacan e la sua famiglia, una trentina di funzionari e 300 civili turchi , di cui saccheggiarono le case. Il giorno 19 i greci rioccuparono Pergamo , a mezzo di 300 regolari sbarcati a Dikili e di colonne formate con bande di irregolari . I greci si macchiarono delle più atroci rappresaglie in tutti i centri musulmani tra Menemen, Pergamo e oltre in direzione dì Soma. Secondo la versione greca tale massacro sarebbe stato provocato in risposta dell'alzata della bandiera turca e contro la ribellione locale. II contegno delle truppe greche a Magnesia era diventato arrogante e provocatorio. La città venne anche minacciata cli distruzione nel caso in cui ci fosse stato un attacco turco. Sembrava intanto accertato che le forze turche della zona fossero agli ordini cli Aly bey , lo stesso che comandava le bande che assediavano Aivali, dove la posizione dei greci sembrava poco rassicurante. In quella zona i turchi disponevano di munizioni e anni per 35.000 uomini . La popolazione indigena aiutava i musulmani nei rifornimenti e nel vettovagliamento. Da informatori «degni di fede>>, giunti da Costantinopoli, il comando italiano venne a sapere che Muredin pascià nei pressi dì Panderma stava organizzando forze assai considerevoli, che sarebbero presto scese in due colonne rispettivamente una per Balikessir, Soma e Akhissar mentre l'altra si sarebbe concentrata ad Afiun Karaissar. In attesa di queste forze volontarie, altri uomini venivano reclutati con sistema di vera e propria mobilitazione. Altri dignitari turchi avevano più volte dichiarato che dall'organizzazione militare clandestina l'Italia non aveva nulla a temere, ma che essi non avrebbero mai potuto tollerare il giogo greco. Per ribellarsi a esso, erano disposti a combattere fino a I'ul timo uomo e a spendere tutti i loro averi. Stavano a precisare come vi fossero nazionalisti musulmani, che disponevano di considerevoli ricchezze . Venne riportato che un notabile turco pronunciò esplicitamente, davanti alle commissioni francese e inglese la seguente frase: «Venga un caporale italiano col tricolore e tre soldati e noi ci sottometteremo tutti, m,~ non tollereremo mai che oggi siano padroni cli noi quelli che sino a ieri erano i nostro servi». Queste parole non convinsero però il comando italiano, che giudicava questo strano amore per l'Italia interessato e condizionato alla logica nazionalista turca di cacciata degli stranieri. Gli italiani , in questa circostanza, sembravano il male minore e per questo poteva tornare utile averli come amici sia in armi in Patria sia con una poltrona al tavolo di Parigi. Nella sua relazione, il capitano Fauda non nascose «il dubbio che l'elemento musulmano una volta scatenato , col fanatismo religioso che, data l'assoluta mancanza cli cultura, lo accieca, possa compiere degli atti dì violenza su tutti i cristiani senza distinzione, [50


come ha già fatto otto giorni addietro a Isrnid (sul Mar di Marmara) dove vennero uccisi armeni, greci e anche alcuni inglesi che colà si trovavano». 11 Se i turchi si mostravano simpatizzanti per l'Italia, la propaganda greca invece sparava a zero contro tutti coloro che ostacolavano gli interessi cli Atene. Il giornale greco "Cosmos" pubblicò la seguente notizia tendenziosa: «Le relazioni italo-turche. Ordini per mezzo cli aeroplani. Oggi arrivati a S . Stefano (Costantinopoli) degli aeroplani italiani cli nuovo sistema che hanno portato una lettera ali' A lto commissariato italiano di costit nella quale gli si raccomanda di stringere vieppiù le relazioni italo-turche» . Vi furono inoltre boicottaggi proclamati contro tutti gli stranieri catto1ici. Non solo vennero chiusi i giornali turchi "Kulu" e "Moussavat", ma stessa sorte toccò a quello francese "Réforme", il cui direttore venne aJTestato sotto imputazione di seguire la politica italiana ed essere pagato da Roma. Con grande difficoltà ottenne la liberazione provvisoria e solo perché gravemente infermo. I greci, che evacuavano i posti occupati dagli italiani, istigavano i loro soldati contro l'Italia. In ciò contribuì il livore dei loro papas, i quali esercitavano un 'attiva propaganda. Il prete greco di Scalanova faceva tra l'altro l'informatore ed eseguiva parecchi viaggi ad Aiasoluk e a Smirne. Oltre alla testimonianza cli Faucla, gli eccessi compiuti dai greci a Menemen il giorno 17 giugno erano documentati anche in altre due relazioni italiane. La prima era compilata dal capitano commissario della nave Roma Aroldo Bargani e dal tenente medico Enea Brunetti, che ebbero l'ordine di partire il giorno 19 eia Smirne, per portare soccorsi alle popolazioni cli Menemen. Essi dichiararono fra l'altro: «A confermare quanto il saccheggio e l'eccidio sia nel programma dell'occupazione greca, basta porre in rilievo questo fatto: tutte le case greche sono segnate da una croce bianca dipinta con calce sulla porta dell'abitazione, e ciò perché le truppe non abbiano a rivolgere Ra loro furia sulle case dei connazionali. Per i poveri tuguri dei musulmani non c'è alcuna pietà». La seconda relazione fu compilata dal capitano della Croce Rossa Italiana dottor Ernesto Basso, il quale portò il giorno 20 giugno dei soccorsi sanitàri alle popolazioni di Menemen. Egli confermò le gravi accuse contro i greci, già fatte dagli ufficiali italiani che lo avevano preceduto , e dichiarò esplicitamente che mentre le vittime tra i musulmani erano moltissime, tra i greci risultava ferito un solo soldato. La Sublime Porta con nota informò che le vittime turche a Menemen erano state 200 morti e 200 feriti, che i funzionari superstiti e i notabili erano stati arrestati e che il saccheggio si estendeva a opera dei greci. La popolazione locale costernata dichiarò che se non si fosse portato rimedio, sarebbe emigrata in massa. Nel frattempo era partito da Smirne verso Aidin un treno militare greco composto di 700 uomini, 18 ufficiali, 64 cavalli e 10 mitragliatrici. Circolava insistentemente voce che a breve avrebbe avuto luogo lo sbarco di 2 reggimenti francesi a Smirne. 11

AUSSME, E-3, b. 5.

r. 5/3 b, relazione del capitano Fauda sugli avvenimenti di Pergamo del 21/6/1919. 15]


La stampa greca difendeva l'operato dei connazionali. Il 25 giugno sulle colonne del giornale "Progrès", il quartier generale greco a Smirne comunicò la sua versione sugli incidenti cli Pergamo e M enernen: Nel periodo transitoriojj-a l'evacuazione di Pergamo per ragioni militari e la successiva rioccupazione si sono svolti i seguenti.fatti: briganti turchi hanno saccheggiato la città appena evacuata dalle nostre truppe; magazzini appartenenti ad israeliti, armeni e turchi sono stati saccheggiati. Appena la città fu rioccupata trovammo dei nostri militari che portavano i segni di orribili supplizi. I villagi quali Axali, Mariclar, Ghiaghiakeuy, Sumbakeui e Chourulì hanno subito gravi danni durante i combattimenti con i briganti. Parecchi abitanti turchi dei villagi della regione di Pergamo, in seguito alla condotta ostile tenuta verso di noi, hanno abbandonato i loro villagi e si sono rffugiati a Soma. Una delegazione cli turchi di Pergamo è venuta a chiedere la nostra protezione ed ha espresso il sollievo della popolazione nel vedere la città rioccupata dalle nostre truppe. Le comunità israelitiche ed armene ci hanno redatte degli indirizzi di felicitazione per la loro liberazione. Gli avvenimenti di Menemeni si sono svolti nel seguente modo: il Kaimakan di Soma ha inviato istruzioni al Kaimakan di Menemeni per attaccare alle spalle le nostre truppe e.far insorgere contro di noi gli elementi sovversivi. I turchi con alla testa il Kaimakan di Menemeni hanno attaccato le nostre truppe dal rovescio del Palazzo del Governatore. Soldati nostri sono stati uccisi e jèriti, il Kaimakan e un nostro ufl'lciale sono stati uccisi, il combattimento è durato un'ora. Attualmente l'ordine è ristabilito. L'autorità giudiziaria ha avuto ordine di recarsi sul posto ed agire rapidamente: è iniziata la restituzione degli oggetti rubati. Tutti i colpevoli sono stati dejèriti alla Corte Jltlarziale e subiranno le conseguenze della legge. Da qualsiasi lato si volessero vedere gli eventi, la situazione appariva drammatica e senza una chiara soluzione, viste le alterne vicende e l'odio etnico, che da entrambe le parti traspariva. Gli avvenimenti di Pergamo e Menemen davano l'impressione che la spedizione greca prendesse «sempre più carattere cli una occupazione definitiva» 12 con modalità cli vere azioni di guerra, a cui l'elemento musulmano opponeva fortissima resistenza con pari crudel.tà. Come misura precauzionale, l'ammiraglio Calthorpe ordinò all'Alto commissario ellenico cli Smirne cli far sgomberare le truppe greche entro il 23 giugno dalla zona e dai villaggi fra Nazilli e Aidin, comprese le due città. Tuttavia, mentre un viaggiatore giunto da Atene dichiarò che nella capitale greca si andava organizzando con forza il partito anti-venizelista, U 19 giugno i greci riprendevano Pergamo con circa 3 .000 uomini sbarcati a Dikili e provenienti. da Mitilene. Davano manfo1te a questi contingenti regolari circa 2.000 armati costituenti fornrnzioni volontarie greche. Le bande turche avevano per qualche tempo contrastato lo sbarco a Dikili, ma questo ebbe infine successo, essendosi i ribelli ritirati. Se la s·ituazione sembrava ri12

]52

AUSSME, E-3, b. 4, f. 4il a, riferimento di Sonnino,riportato nel tclegramnu1 a mano di Pellicclli del 21 /6/ 1919.


fluire per i turchi, tuttavia i greci non si sentivano per nulla sicuri nelle località recuperate, malgrado le guarnigioni fossero integrate da rinforzi. Le forze musulmane guadagnavano giorno dopo giorno volonrari. ln maniera massiccia organizzavano la resistenza, ribatrezzata "Forza nazionale turca", con effetti vi e comandanti ottomani. I greci erano tristemente consapevoli, che la Nazione turca non era vinta, anzi desiderosa di riguadagnare il prestigio, che il proprio governo gli aveva fatto mancare . Questa tendenza greca alla rassegnaz ione e i primi scacchi militari portavano a vendicarsi sui civil i, con relative risposte turche di altri massacri. Molti osservatori prevedevano che la prima conseguenza dell' occupazione sarebbe stata que lla di formare una realtà simile a quella, che si era verificata in Macedonia . Del resto la situazione era riconosciuta difficiJe anche dagli ambienti greci, dove si temeva di aver dato al mondo spettacolo d'incapacità. Per di più l'avanzata greca si era spinta in maniera disordinata molto all' interno , lungo le ferrovie che facevano capo a Smirne e lungo la vallata dei fiumi da Sud a Nord, temendo ora di subire attacchi imprevisti, che avrebbero rotto le linee. Lungo la ferrovia Aiclin-Denizli , i greci si erano spinti fino a Nazilli senza incontrare - sul pri ncipio - difficoltà, ma presto bande turche cominciarono a colpire le retrovie con colpi d i mano sul la fe1TOvia e sui ponti. I greci, sguarnendo quasi compJetamente Smirne, mandarono avanti quello che potevano cli rinforzi e nello stesso tempo, anche per effetto di pressioni diplomatiche, si ritirarono da Nazilli su Aiclin . Tuttavia non erano ancora riuscitj ad affem1arsi in modo sicuro; jj g iorno 27 la fenovia non andava oltre Balochik. Aidin era quasi tagl iata fuori dalle comunicazjoni e, se le operazioni in vista per liberarla non avessero avuto sollecito successo, la sorte dei greci fa rimasti non era certo delle migliori. Secondo alcune notizie, il maggiore inglese Honter sarebbe stato inviato nella zona di Aidin-Denizli, raccomandando i turchi di accogliere bene i greci, «come se fossero inglesi» , poiché «vanno colà per conto dell ' Intesa» . Intanto lungo la fen-ovia Baynclir-Odemisch i greci erano g iunti i.n quest' ultima località, disturbati da scarse azioni di bande turche. Lungo la ferrov ia di Magnesia erano giunti verso Alad yr e Ahmeclli, al di là cli Kassaba; si prevedevano azioni turche dalle regioni di Axari -Salihli. Nella reg ione cli Pergamo, le operazioni partenti dal mare con base a Dikeli continuavano lungo la vane dell'Ermus. J greci avevano prima occupato la città senza ostacoli, ma un attacco turco con altrettanta facilità li ricacciò su Menernen. Intanto sollecitazioni sulle retrovie e a Menemen stessa rendevano più diffici le la ritirata delle truppe. Vi erano gravi perdite ellen iche malamente nascoste; fonti turche parlavano di un migliaio di uomini e 17 cannoni, c ifra forse esagerata. ma non troppo lontana dalla realtà. TI colonnello del le truppe greche non era stato dei più brillanti: le diserzioni erano numerose, specie nei centri abitati, dove i soldati trovavano asilo , vestendosi in borghese. 13 13 AUSS ME, E-3 , b. 5. f. 5/3 b, rapporto mensi le de lla $iluazione poli1ico-111ilitarc in Grec ia dell'addetto mili.are ita1iano ad A Lene del 30/61 19 19.

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Intanto gli effettivi da ambedue i lati aumentava a vista d ' occhio. A fine giugno si contavano per la resistenza turca circa 50.000 uomini. I greci, intensificando i trasporti di truppe regolari, già avevano sbarcato altri due reggimenti della 13A divisione e si avviavano con la rimanenza a far partire tutta insieme anche la 2A divisione. Secondo un calcolo di Caracciolo da Atene, le truppe elleniche fino ad allora sbarcate a Smirne si aggiravano nell'ordine dei 40.000 uomini, ma entro breve con le spedizioni in programma sarebbero diventati almeno 70 .000, cli cui 10 .000 solo per la zona cli Aiclin. Venizelos, pur di inviare quanto possibile in Asia Minore, aveva decimato le stesse guarnigioni in Patria. Questi rinforzi non impedirono il ripiegamento greco , che inevitabilmente si trovò di fronte un nemico invisibile, che godeva del fattore sorpresa e della conoscenza del territorio. Dopo l'occupazione di Pergamo da parte dei turchi, i greci sgomberarono improvvi samente il l9 giugno anche Nazilli , che fu invasa e saccheggiata da bande di predoni messe poi in fuga dai turchi sopragiunti. Rinforzi ellenici furono mandati nei dintorni cli Pergamo dove avvennero vari combattimenti a cui parteciparono truppe turche dell'esercito regolare. Il 29 giugno i turchi ricominciarono l'avanzata verso Sud e dopo un' accatlita battaglia nella quale i greci persero 120 uomini (40 furono uccisi e 80 feriti), costrinsero le truppe elleniche a ritirarsi , con relativo crollo ciel morale. Alla battaglia presero parte tra i 5.000 e i 10.000 soldati dell'esercito regolare turco con l'impiego delle unità d'artiglieria. La città fu incendiata e per metà distrutta, lasciando senza tetto un gran numero di abitanti. I greci scalzati fuori dalla città, ricevuti rinforzi da Tiro, lanciarono un contrattacco rientrando ad Aidin il 4 luglio. Proprio in questo periodo, i greci si erano anche sp.inti a una ventina di miglia a Sud di Giroba, venendo a contatto con le truppe italiane, mentre molti turchi feriti affluivano verso i presidi del Corpo di Spedizione di Bergaz e Kurfali. Il 7 luglio un distaccamento di trecento greci assalì le posizioni turche a Yenicillik, dodici miglia a Nord-est di Magnesia, e nel combattimento i greci persero venti uomini e i turchi settanta. A metà luglio si contavano 80.000 soldati greci. Contrariamente alle assicurazioni date al commodoro inglese i greci occuparono Nazilli e operavano verso Est. A Nord del sangiaccato si svolsero importanti combattimenti fra Soma e Pergamo . Quando giunse in Anatolia il colonnello generale Paraskevopoulos (comandante generale) nei circoli militari greci si assicurava che il contingente di occupazione sarebbe stato portato a 125.000 uomini.

L'OPINIONE PUBBLICA ITALIANA

La stampa italiana fu molto sensibile agli avvenimenti avvenuti in Turchia. "La Nazione" di Firenze uscì il 12 giugno con un articolo molto duro. Eccone qui riprodoto il testo: 154


Si accusa la Co,!ferenza di non considerare la crudeltà dei greci contro i turchi, dopo che i primi hanno preso possesso delle posizioni in Anatolia. i primi massacri sarebbero già avvenuti il i 5 maggio allo sbarco a Smirne "sotto l'occhio benevolo della squadra internazionale", ora seguono "le uccisioni, alla spicciolata, i saccheggi dei negozi, le violenze, Le rapine, le oppressioni, gli insulti". Si insinua una connivenza inglese a queste malefatte elleniche, volute e perpretrate dalla volontà rapace di Venizelos . Sembra che il I 5 maggio anche alcuni italiani fossero oggetto di insulti e solo la presenza della Duilio frenò i facinorosi dall'andare oltre. Nei giorni continuano gli attriti tra i 10.000 soldati greci e la popolazione vessata dalla proclamazione dello staro marzùtle imposto dagli ellenici. Il /9 maggio i contingenti alleati distaccati sui forti della per~feria di Smirne furono rii irati. Sembrerebbe che la popolazione turca guardi con malinconica rassegnazione la partenza degli italiani, con quali il rapporto era molto cordiale . !l 20 e il 21 maggio dopo che la nostra nave Regina Elena ebbe buttato l'ancora a Scalanova, tuffi i paesi del bacino del piccolo Meandro ed anche altri paesi, oltre i limiti del bacino mandarono a ,wi commissioni di notabili. Tiro, Odemisch, Sokia , Aidin ci inviarono il fior flore della popolazione, non per ano di omaggio o di cor1esia, ma per un. preciso atto politico, per chiederci la sudditanza italiana, e intanto almeno la protezione italiana. Aidin ci inviò il 25 magRiO una seconda commissione, ne era alla testa il vecchio pascià Hagi Ha/i/. Questi, presente a Smirne il giorno de/{' occupazione, raccontò particolari strazianti, che commossero profondamente gli uf ficiali e in particolar modo il comandante del Regina Elena, Ciano . Hagi flalil richiese formalmente per il suo paese l'occupazione italiana, per gli abitanti la nostra cittadinanza e rilasciò in questo senso formale dichiarazione scrifla e firmata da lui e da tutti i notabili. Tutte le rappresentanze di Odemisch, Tiro, Baindyr, Aidin e Sokia proposero inoltre formalmente di deviare il commercio dal porto di Smirne alla baia di Scalanova. Essi asserirono che i paesi del bacino del piccolo Meandro con-fluiscano naturalmente a Scalanova e chiesero che essa non rimanga isolata dalla linea ferroviaria Dinar, Aidin., Aiasoluk e conseguentemente dalle grandi arterie stradali. Queste offerte non hanno avuto risposta e i greci il 29 maggio hanno occupato Aidin. Se nelle zane dei greci la guerriglia continua, nei territori occupati dagli italiani non c'è segno di rivolta o di disordine. Diversameme dai proclami del comandante greco a Smirne, colonnello Zapheiriou, che intimano rispello e minacciano punizioni, sbandierati in Europa, la situazione è tragica e le azioni violente continuano. li 4 giugno i turchi già hanno organizzato bande ben organizzate . ll 31 niaggio i turchi hanno fatto saltare il ponte di Odyelesch a Zigubaliodemie e i greci hanno fatto sbarcare altri seimila soldati con abbondante materiale. I greci si.farebbero beffe delle direuive della Conferenza ripor/ate dall 'ammiraglio inglese Ca/thorpe (che rappresenta l'intesa com.e maggior in grado), di non.fare uso delle ferro vie per ragioni militari . Il 29 maggio i greci oc155


cupano oltre Aidin anche Kasavalle, Ermos e Tira Valle, e il 31 Magnesia. Nel.fi·aitempo solo il fermo contegno delle autorità italiane a Smirne frena gli attriti provocatori dei greci. L'alto commissario greco a Smirne Steghiadis lStergiaclisJ equivocando disapplica le direttive della Conferenza. Nel.frattempo, benché la popolazione civile turca sia vessata e minacciata, la resistenza turca agisce. Rauph [Hi.iseyin Rautl, ex comandante della corazzata ottomana l'Hamidié, adesso è comandante di bande armate che si radunano sui monti, chiamate Zeibek. Insolenze dei greci verso gli italiani. Unprimo caso a Smirne dove alla.fine i greci dovettero concedere l'onore alla bandiera italiana alla partenza dei nostri soldati. Un altro episodio: a Cwjaly, a nove chilometri circa di distanza da Azizije e da Bergaz, i greci fedeli al loro sistema di occupare ì paesi.fuori delle zone temporanee di influenza spinsero unapattuglia dopo essersi insediati aAzizUe e Bergaz, dove secondo le disposizioni di Parigi dovevano esserci reparti italiani. Il comandante Ciano a cavallo insieme al tenente colonnello Ferrari e a due carabinieri si diresse verso Curfaly. Durante il tragitto furono fermati da un plotone greco comandato da un tenente che intimò l'alt con i fucili puntati. Ciano proseguì stizzito apostrofando il subalterno greco e un.a volta a AzizUe protestò contro i metodi incivili dei greci e ricevette le scuse sia dal colonnello greco comandante della zona e anche dal subalterno sulla via del ritorno. L'incidente fu chiuso .14 La co11flittualità tra greci e turchi persiste. Nei dintorni delle località dove sono i reparti italiani, Sc:alanova, So/da, Ayassoulcuk, sotto il comando del generale Battistoni regna la calma. Le popolazioni lavorano e reclamano la nostra presenza.

Dalle righe del quotidiano fiorentino si evince come la società italiana fosse informata di ciò che accadeva e di come, per quanto lontana l'Anatolia, anche essa rappresentasse un contesto importante della politica diplomatica e militare ciel Paese.

UFFICIO INFORMAZIONI ITALIANO A SMIRNE

Nella primavera del 1919 in Asia Minore era molto attivo il Servizio controllo della navigazione interalleata e l'Italia vi contribuiva con numerosi ufficiali dislocati nelle varie località. Smirne era la sede ciel capo zona (capitano di vascello Carlo De Grenet) e del suo ufficio con il tenente di vascello Portuaio, il sottotenente medico Masi, l'ufficiale di dogana Manfredonia e il giudice conciliatore Marini; ad Ai vali il capo posto era l'ufficiale alla dogana Spampinato; a Boclrum il capo posto era l'ufficiale cli dogana Leone; a Macri il capo posto era l' uffic iale cli dogana Stinco e ad Adalia il capo posto era l'ufficiale d.i dogana Marchi.15 Questi elementi con il so11 '

Per il resoconto e gli sviluppi dell'accaduto si veda il capitolo seguence. E-3, b. 6, f. 6/1 a, telegramma di Vitelli del 9/5il919.

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praggiungere dello "stato di guerra" ne lla zona avevano iniziato a ricoprfre in parallelo anche il ruolo cl i informatori per il governo di Roma. Abolito il controllo di cabotaggio in seguito all' occupazione greca , De Grenet restò a Smirne in missione per continuare l'opera del rimpatriato maggiore Lauro, che qui faceva servizio in formazioni per conto della Marìna. Battistoni, passando per Smirne, lo incaricò di assumere il comando del presidio italiano . Data l ' urgenza con la quale gli. avvenimenti offrivano all 'Italia la possibilità d i volgere a prop rio profitto la situazione determinata dalle occupazioni greche in Asia Minore, si ritenne di segnalare l' opportuniti't di una più intensa e coordinata azione politico-militare de!Ja zona, con la designazione di personale d'esperie nza e con la conoscenza diretta degli ambienti interessati e dei problemi attinenti. A Sm irne vi era già un ufficio politico-militare presso il console Carletti , costituito proprio da quest'ultimo, che aveva avu to il merito d 'aver sollecitato a Baltistoni questa urgenza. con Ja collaborazione di ottim i ele menti locali , italiani e turchi. Ora si prospettava la possibilità di integrarlo con nuovi addetti. che avrebbero migliorato il servizio . L'ufficio era fino ad allora embrionalmente fun zionante da quando il capitano Fago . assegnato alrufficio dell'addetto militare ad Atene colonnello Caracciolo, era stato distaccato a Smirne in temporanea missione, affidatagli nel febbraio 1919 con funzioni informative e di collegamento, dal capo di Stato maggiore della divisione. Ecco quindi che si studiò un modo per poter completare questo u ffic io , per megl io utilizzarlo a scopo cl'intelligence anche in stretta collaborazione con le fu nzioni del 157


Corpo di Spedizione. L'idea era quella di dotare la sede di un ufficiale superiore (preferibilmente di Stato maggiore) capo dell'ufficio, di un capitano (o maggiore) segretario, di un ufficiale addetto al protocollo e alla cifra, di un uffic iale (capitano) di collegamento con il comando della 33" divisione a Rodi, d.i un ufficiale della Marina (tenente di vascello) cli collegamento con i comandi navali di S mirne, di Scalanova e di Rodi, di un ufficiale (esperto delle lingue greca e turca) addetto particolarmente alla raccolta di informazioni e alla vigilanza sugli informatori, di due militar.i scritturali e dattilografi , di due militari automobilisti, cli cui uno meccanico e un sottufficiale per le spedizioni della corrispondenza e la contabilità.. L'ufficio, posto alla diretta dipendenza del Comando Supremo (ufficio operazioni o servizio informazioni) e della Sezione mili tare presso la delegazione di Parigi, doveva quindi agire in perfetta identità di vedute e cli indirizzo politico con il consolato italiano, del quale avrebbe seguito le .istruzioni, uniformate a quelle ciel ministero degli Affari Esteri. Sonnino pregò di fornire gli elementi necessari per un progetto concreto, curando d,e .i nominativi dei candidati a tale delicato compito possedessero i requisiti occorrenti alle funzioni c ui sarebbero stati chiamati. Da Parigi si ritenne il capitano Fago idoneo all ' incarico , essendo già nelJ'ufficio, peraltro eia lui creato. Egli conosceva perfettamente gli ambienti e i luoghi, sicché nessuno meglio di lui avrebbe potuto assol vere il compito cli segretario di un ufficio , che doveva continuare l'opera da lui stesso iniziata. Egli era giudicato un ufficiale serio e sul quale si poteva riporre ogni fiducia, ' 6 ma le ragioni della diplomazia non coincidevano con quelle degli uomini in cl ivisa. L'opinione di Battistoni era nettamente contraria: «uomo colto , intelligente e attivo, ma imprimeva all'opera un carattere troppo personale, più addetto a un propagandista e a un giornalista che a un ufficiale addetto a un comando, il quale deve esssere semplicemente l'interprete fedele, riservato e misurato degli intendimenti del comandante» . 17 Fin da quando egli era stato messo a disposizione di Battistoni, questi lo distaccò a Smirne insieme a un altro ufficiale del comando , il capitano Fauda, affinché raccogliesse informazioni sulla situazione del momento, essendo la città di Smirne il centro più opportuno per conoscere quanto avveniva sia nell 'ambiente politico internazionale ivi formatos i, sia anche nel l'interno cieli' Anatolia. Del servizio eia lui fatto là il generale non fu molto soddisfatto, poiché mentre , secondo le sue vedute, il servizio doveva avere un puro scopo informativo ed essere quindi improntato al massimo riserbo, Fago vi imprimeva un carattere quasi di «redarne e di propaganda nazionalista non opportuno» , dato che le direttive ricevute da Roma non accennavano affatto a un'azione italiana su Smirne e non era quindi il caso di alimentare speranze nei locali, che potessero poi trasformarsi in delusioni. 16 11

158

AUSSME, E-3, b. 6, f. 6il a, lettere di Cavallero del 19/6il9J9. AUSSME, E-3, b. 6, f. 6/3 b, relazione sul Fago di Battistoni del 5/6/19 19.


Sempre secondo il giudizio del generale, egl i aveva la tendenza a voler far prevalere le sue idee , a ol trepassare i compiti che gli erano affidati , a influire sul superiore e a prendere la mano. T radiogramm i, che egli spediva al comando, erano molto prolissi. non sem pre o bbietti vi, contenevano spesso commenti superf1ui, sollecitazioni. pressioni, talchè Battiston i dovette richi amarlo a maggiore concisione e serenità. Fago venne redarguito a nche perché aveva tendenza a intromettersi in cose che riguardavano altre autorità militari, politiche o diplomatiche le quali e rano da lui tacciate di inerzia , magari di poco patriottismo o di scetticismo, se non avessero assecondato il suo sp irito alquanto megalomane e le sue vedute unilaterali e irresponsabili. In questa logica faci lmente creava disagio e dava luogo a screzi. Battiston i aggiunse, da quello che gli venne riferito, che g ià il suo predecessore, generale R iveri, ebbe molto a lagnarsi di lui . Fago aveva seminato dissidi nell' ambiente del comando e pur senza voler accogliere le dicerie, che attribuivano a una sua azione non ben chiara il ri chiamo di Riveri, era certo che egl i era lontano da simpatie e stima al comando. De l resto anche lo stesso Elia ebbe occasione cli parlare a Battistoni poco favorevolmente di lui . Nell'ambiente interno cli un comando ven.iva g iudicato un elemento disgregatore. mentre nei rapporti estern i con le popolazioni e con le autorità estere poteva essere compromettente, poiché oltrepassava le direttive e gli intendimenti del comandante. Lo stesso Battistoni ignorava la vera missione affidata al capitano dal ministero della Guerra e questa dipendenza parallela tendeva a scavalcare il generale. Questi arrivò a vietare a Fago la corrispondenza diretta con Roma, ri badendo che era tmica prerogativa del comandante della spediz.ione poter intrattenere comunicazio ni con le autorità superiori. Battistoni iniziò a sospettare di essere estraneo a qualcosa di importante: «Fago sembrava essere un agente segreto del ministero». Richiamato da Smirne a Rodi , quando Battistoni non gli nascose l' insoddisfazione verso il suo operato, egl i chiese di tornare in Italia, perché avrebbe dovuto presentare al generale Vacchelli. già capo divisione di Stato maggiore del ministero, documenti e relazioni compi late tempo addietro per suo ordine. Battistoni lo Jascò partire, desiderando che non facesse più ritorno, poiché né lui aveva le qualità per essere un modesto e disciplinato collaborazione del comandante - è "Uomo non desiderabile" - né d'altra parte egli chiedeva che fosse sostituito. 18 Intanto nel riassetto dell'ufficio di Sm irne vennero chiariti con prec isione le finalità e le competenze. Dal nuovo capo del! ' uffic io, investito delle funzi oni di comandanLe di presidio , che erano nel frattempo assegnate a De Grenet, dovevano dipendere a sua volta nei rapporti disciplinari ed esclusi i capi missione, tutti i militari di passagg io, in res idenza e inviati in città con speciali incarichi , come l'u fficiale addetto alla sezione ita Iiana ciel controllo interalleato dei passaporti , l'ufficiale addetto al controllo della Banca Ottomana. gli ufficiali assimilati della posta militare. 18

AUSSME, E-3, b. 6. f. 6/3 b, relazione ~ul Fug<> di Battistoni del 5/6/191 9. 159


L'uffido doveva assumere altresì le mansioni di comando di tappa, dato il continuo traosito di militari italiani provenienti e diretti a Costantinopoli, nelle isole dell'Egeo, a Conia, nell'interno e nelle zone occupate dagli italiani in Anatolia. Venne deciso che all'ufficio fosse indispensabile un'autovettura, un piccolo camion, un motoscafo, due motociclette, due biciclette, due macchine da scrivere. Le spese ordinarie d'ufficio , in base a quanto si era praticato negli ultimi tre mesi, potevano calcolarsi a non più di 3 .500 lire italiane mensili, compreso l'affitto dei locali e degli alloggi occorrenti. Cosa urgente era provvedere alle più rapide comunicazioni postali e telegrafiche fra l'Italia e l'Asia Minore. Questi servizi vitali fino ad allora si erano svolti in condizioni misere, con scapito continuo e crescente degli interessi nazionali. Era ovvio supporre che, interessando al riguardo il ministero della Marina, si doveva riconsiderare l'opportunità d'istituire un diretto corriere mii itare, almeno settimanalmente, fra Taranto e Smirne e viceversa. Si doveva provvedere anche per la trasmissione giornaliera, anche in chiaro, cli comunicazioni da diffondere eventualmente a mezzo della stampa, per interessare e rendere partecipe l'opinione pubblica in Patria, con congrui ampliamenti tecnici e una più larga concessione per l'uso delle stazioni radiotelegrafiche, fisse e mobili , nel Mediterraneo orientale. Quest'ultimo provvedimento risultava indispensabile, tenuto conto del sistematico ostruzionismo anglo-greco attuato a danno italiano dall'Eastern Cy. Era inoltre da considerare, in accordo con la Marina se non fosse il caso di procedere con urgenza all'impianto di campi di atterraggio nelle vicinanze di Smirne, a esempio a Sevdikeu i (dovei tedeschi durante la guerra avevano organizzato un campo di aviazione) a Menemen e all'ippodromo di Paradiso , locali.tà che si prestavano bene a tale scopo . Le progettate cornunicaz.ioni aeree dal campo di Centocelle (Roma) fra l'Italia, la Grecia e Costantinopoli, avrebbero potuto anch'esse favorire la frequenza di contatti e lo scambio di corrispondenza con l'Oriente mediterraneo, cui l'Italia nelle intenzioni doveva mirare , con particolare, se non esclusivo interesse, nella rinnovata gara politico-militare mondiale. 19 In tutto ciò Smirne rappresentava località primaria e strategica. Porto e porta naturale di tutta l'Asia Minore , capolinea delle tre principali arterie ferroviarie che allacciavano Smirne al Mar di Marmara a Nord (linea francese Soma-Paderma) alla dorsale anatolica, nella stazione di confluenza Afiun Karahissar, a Nord-est, (linea inglese Aiasoluk-Aidin-Egerdir). Per l'ubicazione che le conferiva il primato fra gli scali di Oriente, e per l'importanza stessa della città, considerata capitale della Turchia asiatica, sede di consolati generali , delle più potenti società di navigazione, di compagnie di assicurazioni, di filiaU di banche ottomane, greche ed estere (tra cui il Banco di Roma), di cospicue aziende industriali, agricole, commerciali, dimora del più ricco elemento tanto indigeno che straniero, Smirne era infatti l'osservatorio-internazionale più sensibile di tutto il Mediterraneo orientale. 19

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AUSSME, E-3, b . 6, f. 6/ 1 a, allegato del 16/6/1919 al promemoria cli Cavallero.


Dal punto di vista che maggiormente interessava il governo di Roma, Smirne rappresentava un proficuo impiego di mano d'opera e un territorio da cui ricavare con razionale sfruttamento ogni sorta di prodotti agricoli e sufficienti materie prime, dovendo l'Anatolia rappresentare per l'Italia un nuovo e più facile sbocco per l'emigrazione. In rapporto all'iniziativa di occupazione di vaste zone, l' es.istenza e il completamento dell'ufficio politico-militare di Smirne, come organo di propaganda e centro di informaz.ioni, era questione della massima considerazione. Fino al giorno dell'occupazione greca l'ufficio si era occupato delle seguenti mansioni: - Informazioni politiche , militari, economiche, etc. (sollecitamente trasmesse agli organi competenti); - Redazione di un notiziario politico-militare; - Spoglio della stampa greca, di Atene e locale; - Collegamento con la divisione di Stato maggiore dell'addetto militare ad Atene, con il comando della 33" divisione, con il comando ciel reparto autonomo di Conia e con il comando superiore navale di Smirne e Rodi; - Propaganda negli ambienti più ostili e azione diretta a controbattere la diffamante campagna della stampa straniera, specialmente greca; - Collaborazione con il delegato nell'intento di plasmare la depressa colonia italiana a nuove forme di decoro, di attività, di sicurezza e tutela; - Riservata azione personale nei vari comitati e fra personalità turche, di tutte le gradazioni politiche, chiedenti l'appoggio dell'Italia nella definizione della sorte dell'Impero ottomano. Dalla già prolifica azione svolta, emergeva la chiara indicazione della necessità che, nel momento in cui le operazioni militari in Anatolia avessero avuto bisogno più che mai dell'ausilio di una parallela e preventiva azione d'indole politica, a esse vi fosse necessaria anche un 'azione complementare di comunicazione e propaganda. Solo un 'aziòne ispirata alle circostanze, svolta in armonia con le istruzioni e le direttive del delegato, e tendente all'attuazione immediata di provvedimenti suggeriti da informazioni controllate e dall'assidua informazione dei fatti, avrebbe potuto con reale efficienza concorrere all'affermazione e allo sviluppo graduale degli interessi italiani morali ed economici in Asia Minore. 20 Il progetto, per quanto dettagliato e di notevole interesse sul lato strategico, con il tempo non rientrò nei piani di Sonnino. Il 21 giugno, tramite una nota di Cavallero al console Carletti, la delegazione italiana a Parigi informò che per il momento le priorità operative erano altre e che non sembrava il caso di inviare a Smirne il delegato politico. Ne conseguiva quindi che anche l'impianto dell' ufficio politico-militare così come proposto da Fago non avrebbe - sempre per il momento - avuto 10

AUSSME, E-3. b. 6, f. 6i l a , promemoria di Cavallero del 18/6/19 l 9. 161


seguito. La risposta non era deJ tutto negativa, ipotizzando per il futuro, se la situazione avesse consentito di riprendere in esame la questione, il ricorso all'idea originaria di impiantare a Smirne un centro nevralgico per la politica estera italiana. In alternativa per le informazioni in Anatolia continuava a funzionare un ufficio informazioni diretto dal colonnelo Marchetti, alle dipendenze del centro di Costantinopoli con propaggine a Smirne, ove faceva capo l'Ufficio censura postale. Per le esigenze del Corpo di Spedizione, però a metà giugno si pensò di provvedere all'impianto di un regolare Ufficio I.T.O. (Informazioni Truppe Operanti) a Rodi alle dipendenze di Battistoni e destinarvi come responsabile il maggiore Emilio Canevari.2 1 Le direttive per l'istituzione e il funzionamento dell'ufficio furono le seguenti: i) l 'Lfffìcio I.T.O. Anatolia si atterrà ìn quanto consentito della speciale situazione del Corpo di Spedizione, alle "Norn.e generali per il Servizio lr?formazioni presso le truppe operanti"; 2) l'ufficio l.T.0. sarà pertanto parte integrante dello stato maggiore del Corpo di Spedizione e confermerà la sua azione in tutto e per tutto alle direttive, istruzioni e ordini che riceverà dal comandante del Corpo. Il capo dell'ufficio l .T.0. darà conoscenza a Battistoni di tutte le informazioni raccolte e inviate a questo comando (servizio I. e ufficio operazioni) e lo informerà altresì di tutta l'attività riservata svolta dall'ufficio stesso; 3) l'azione dell'ufficio l.T.O. Anatolia si svolgerà nella zona dell'Asia Minore costituita dai vilayet costieri tra Smirne e Alessandretta, con relativo hinterland. Avrà pertanto sede e centro in Asia Minore e precisamente si stabilirà a Scalanova. Nelle restanti parti dell'Asia Minore si esplicherà l'azione degli organi del Servizio Informazioni in Costantinopoli e nella Transcaucasia, con i quali, e specialmente con il primo di essi, l'ufficio l.T.0. Anatolia dovrà tenersi in diretti rapporti; 4) gli scopi cui deve tendere il servizio informazioni dell'istituenda ufficio possono, nelle loro linee generali, così riassumersi: a) raccolta, nella zona occupata dalle nostre truppe, di informazioni interessanti la po{itica militare e concorso nel!'azione di vigilanza svolta dai nostri militari ( controspionaggio, censura postale e telegrafica, passaporti, permessi di circolazione nella zona occupata, controllo stampa); b) raccolta, in tutta la zana assegnata di informazioni militari (forze armate di qualsiasi nazionalità o provenienza) e politico-militari; e) vigilanza sullo spirito delle nostre truppe e propaganda tra esse; d) vigilanza sullo spirito delle popolazioni e azione intesa a volgerlo in nostro favore e secondo i nostri interessi; 5) l'uftìcio l.T.O. Anatolia sarà costituito da personale specializzato (interpreti, U:fficiali inj'ormatori,jìduciari, ecc.) che sarà scelto e assegnato per cura di questo comando. Il comando del Corpo di Spedizione vorrà tuttavia concorrere, con personale tratto dai corsi dipendenti e integrare l'ufficio onde consentirne il regolare .funzionamento; 6) all'istituendo U:fficio sono assegnati mezzi propri di trasporto (due autovetture e due motocarrozzette); 7) criterio di base per il funzionamento dell'Ufficio 21

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AUSStvlE, E-3, b. 6 , f. 6/3 a, telegramma di Marchelli del 14/6/1919.


I.T.0. Anatolia è quello di evilare ogni impaccio di organizzazione schematica e burocratica. Il capo 14f'icio dovrà perciò con ogni cura conservare all'organismo a lui affidato il carattere di agilità, mobilità, adattabilità, evitando la tendenza comune a trasformarsi in organo di studio, produttore di ponderosi rapporti e spesso anche di vere e proprie pubblicazioni. Raccoglierà quindi tutto il materiale interessante la regione, ma lascerà agli organi competellti la cura di elaborarlo; 8) per do verosa economia di personale e di mezzi e per il necessario cordinamento dell'azione, gli organi informativi eventualmente già esistenti presso nostri comandi in Asia Minore, do vranno essere sopp ressi, e sottoposti all 'u:!Jicio l .T.O . del com.a ndo del Corpo di Spedizione. A tale ujjìcio deve inoltre essere riservato, in massima, di stabilire e di mantenere per quanto concerne l 'azione informariva, le relazioni con enti e uffici d 'informazioni de lla Marina, con le nostre au1.orità consolari, con at,aorilà civili locali, con rappresentanze delle colonie europee, ecc.22 Intanto gl i agenti uffic iali e non uffic iali c he l' Italia aveva sul territorio continuavano a informare sulle nov ità e sui movimenti delle truppe greche. A metà luglio pe r quanto sforzo si potesse profondere si fece presente come, dalle informazioni ricevute, non fosse possibile indicare con precisione le dislocazioni delle forze greche a causa dei continui spostamenti per terra e per mare, di giorno e d i notte. Inoltre i reggimenti greci non portav,mo suUe divise né i.I nu mero , né distintivi e mostreggiature. Il comando greco manteneva in geloso segreto il movimento di truppe e reprimeva ferocemente anche i semplici sospetti d i spion aggio. Gl i informatori greci assoldati dal!' Italia erano inaffidabi li, quelli turchi incapaci cli assu rnere e riportare notiz ie esatte, e gli elementi connazionali incontravano infin ite difficoltà a penetrare le lince greche. Anche i contatti con la popolazione locale continuava in maniera incessante da parte delle autorità italiane, per creare entusiasmo alla presenza dei militari. Jl 6 luglio il capitano Fa uda, divenuto capo dell ' ufficio informaz ioni del Corpo di Sped izione, fece presente di un suo interessamento per stabil ire un aUacciamento fra i porti di Scalanova, Kuluk, Giova, Bodrum, Marmarizza, Macri , AdaLia e Rodi attraverso alcuni contatti con proprielari locali di piroscafi di piccolo tonnellaggio. La conclusione però presentava non poche diffi coltà. Sarebbe stato necessario, per le ulteriori pratiche, conoscere se l'efficienza commerciale della zona potesse, anche nei primi tempi, compensare la spesa c, qualora il servizio non fosse attivo, nel primo periodo, se si potesse avere modo di vedere garantito un minimo per le spese d' indole generale. Si ritenne necessari o precisare che la rotta dei piroscafi di piccolo cabotaggio avrebbe dovuto escludere Smirne , almeno fino a che non fosse stato costituito là un deposito dì transito. Toccare questo porto non comportava nessun vantaggio, avendo le autorità greche messo il divieto a ogni esportazione. Invece sarebbe stato oppor22

AUSSME, E-3, b. 2. f. 2/5, letlera di Badoglio del 19/6/ 1919. 163


tuno che, almeno ogni quindici giorni, i piroscafi raggiungessero Costantinopoli. Si ritenne assai utile l'invio di agenti commerciali nei vari punti della costa e nei centri più importanti dell'interno. Lo scopo sarebbe stato l'importazione e l'esportazione di merci da e per l' Italia, avviando così con probabilità di successo un movimento commerciale. Intanto il minjstero della Marina il 2 luglio designò De Grenet "Residente militare italiano". Per questo furono richiesti i nulla osta ai ministeri degli Affari Esteri e della Guerra. L'incarico affidato era puramente informativo e il cambio di denominazione, avvenuto dietro sua richiesta, era stato fatto , a similitudine di quando fatto da Francia e Gran Bretagna, per giustificare la sua presenza a Smirne. Ai primi di agosto, Tittoni mostrò delle perplessità nei confronti del numeroso e vario personale, che si occupava del servizi.o di intelligence. In questo periodo si trovavano a Smirne per il semplice servizio d'informazione De Grenet con il titolo di "Residente Militare" per conto della Marina, Fauda per conto del Corpo di Spedizione in Anatolia e "Ufficiale" per conto del!' Addetto Militare in Atene. Inoltre anche il maggiore dei carabinieri Carossini, oltre a disimpegnare il servizio specifico affidatogli circa la riorganizzazione della gendarmeria, faceva servizio infonnazioni per conto del colonnello Vitale, dell'ufficio di Costantinopoli. Venne notato come questa situazione produceva non solo un'inevitabile moltipli cazione di lavoro e l'invio ingombrante di identici telegrammi, ma si temeva potesse comportare anche ragione di spiacevole diverso atteggiamento politico, come di possibili reciproche rivalità. Per questo Tittoni si rivolse alle legazioni estere perché in vista anche di un possibile prossimo mutamento della situazione politica e militare, che avrebbe determinato una diminuzione di talune necessità, venisse costituito un unico Ufficio informazioni, il quale avrebbe corrìsposto a tutte le varie esigenze e alle particolari domande sia dell'Esercito che della Marina. Inoltre a Smirne si trovava anche il regio delegato Carlo Senni , cui spettava per natura e funzione la rappresentaza dello Stato con conseguente azione politica e rapporti con le autorità estere. Ecco quindi , nelle intenzioni del ministro, che l'ufficio unico militare da costituirsi fosse subordinato a questo delegato per tutto quanto potesse avere attinenza con l'azione politica. Per tale motivo egli doveva avere contatti diretti con il governo, rispondere alle eventuali domande, ricevere direttive cli ordine politico e raccogliere tutte le principali informazioni , che avrebbe poi inviato sia ai dicasteri competenti (Affari Esteri e Guerra), sia alla Marina, sia al comando del Corpo di Spedizione, sia ali ' occorenza ad altri enti periferici. Analoga situazione , per quanto in proporzioni molto minori, si sarebbe dovuta creare, quanto al servizio cli informazioni, anche a Costantinopoli, dove in tal senso i servizi dovevano essere indirizzati.23 A fine agosto Tittoni comunicò a Cavallero le decisione che erano state prese da Battistoni. Il generale aveva chiamato alle sue dipendenze per il servizio informan AUSSME, E-3. b. 6, f. 6/2 a, telegramma di Tittoni a Diaz e l3acloglio del 3/8/1919. 164


·-.

La basilica di Sanra Sofia a Costantinopoli

zioni a S1nirne il maggiore Carossini, che avrebbe comunque continuato nella carica di ispettore alla gendarmeria ottomana. Il ministro tuttavia ch iese di riesaminare d 'accorcio con il delegato governativo di Smirne se tale car.ica fosse compatibile con l'ulteriore compito d'in.tel!igence affidatogli, sempre con il proposito g ià espresso al Comando Supremo. a partire da settembre , di unificare il servizio informazioni di Smi rne. In questa logica si pregò di dare a Carossini istruzioni affinché limitasse il compito informativo per il Co mando Supremo , astenendosi da qualsiasi azione, i ngerenza politica o missione all'interno senza espressa autorizzazione di Sen ni, unico titolato per decisioni cli indole politica nella zona. Di conseguenza, per migl iorare la si nergia e l 'efficenza del servizio, Senni doveva essere informato su «qualunq ue movimento militare nel territorio di sua giurisdizione e gli trasmetta ogni notizia d i qualche importanza od interesse» e interpellato per tutte le «relazioni delle autorità militari con autorità estere nostri comandi od ufficiali distaccati a Sm irne» .24 Elia, all'epoca n uovo comandante ciel Corpo di Spedizione. però non fu d'accordo ne l destinare Carossini a quel l' incarico, non compatibile nei riguardi internazionali data la sua posizione ufficiale come ispettore dell a gendarmeria ottomana . In alternativa propose di : lasciare completamente a disposizione il colonnello Vitale, q uale capo ciel se rvizio controllo di Smirne; e liminare l'attuale meno perfetta collabora,.. AUSS!vlE. E-3 . b. 6. f. 6/2 il, 1elegrammn di Tiuoni a Cavallero del 24/8/1919. 165


zione fra il servizio informazioni di Carossini e quello di Senni; assicurare l 'immediata coordinazione attraverso il servizio I.T.C. per l'Esercito e per la Marina di un ufficiale capace e dĂŹ buona preparazione sulla situazione presente. A tal proposito Elia propose di destinare per Smirne il tenente colonnello di Stato maggiore Eduardo Giordano, ritenuto l'unico che potesse rimediare alla situazione creatasi in cittĂ . Egli del resto poteva vantare ottimi rappotti reciproci con Senni e con Carossini. Qualora il Comando Supremo avesse approvato i provvedimenti adottati e li avesse autorizzati , El ia avrebbe dato sistemazione definitiva agli organi militari italiani di Smirne in accordo con la Marina, con Vitale e con Felice Maissa, che nel frattempo aveva preso il posto di Sforza a Costantinopoli.25

Fantoccio raffigurante un greco, ornato di stendardo con la foto di Venizelos e con al fianco le bandiere ellenica, inglese,J,-ancese e americana, che calpesta beffardo il tricolore italiano. L'oggetto venne sequestrato dai Carabinieri del colonnello Caprini a Costantinopoli nel 1919 (Museo del Gruppo Medaglie d'Oro al Valor Militare - Roma)

,s AUSSME, E-3 . b. 8, f. 8/3 e , telegnirnma di Eli a a Comando Supremo del 29/8/1919.

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Capitolo Quinto La posizione dell'Italia nell'estate 1919 Lo SVll.,,UPPO om_., CORPO DI SPEDIZIONE Nel mese di maggio, nel tentativo di ricucire lo strappo tra l'Italia e il Consiglio dei "Tre", si prospettò alla Consulta l' offerta cli un ' iniziativa politico-militare nel Caucaso, già in discussione da mesi all'interno della Sezione militare del Consiglio supremo.' Lo scopo della missione era quello di sostitui re le truppe inglesi, costituenti un limitato presidio, che in que lla regione aveva accusato tutti i sintomi per indurre il governo di Londra a ipotizzare l'immed iato rientro . La zona, una terra geograficamente im pervia, immensa e ricca di potenziali risorse, era nella sostanza indifesa, dopo il crollo dei colossi zarista e ottomano , che se l'erano contesa fino a pochi mesi prima . L'idea di impegnare in sostituz ione gli italiani era stata promossa da Lloyd George, con il doppio obiettivo di non sguarnire la delicata fascia sud di que l cordon sanitaire, che doveva tamponare la possibile avanzata della Rivoluzione bolscevica, e impegnare il governo di Roma in un 'operazione scomoda, onerosa e ufficialmenle di prestigio, che avrebbe atte nuato gli ardori espansionistici in Anatolia . n governo italiano accolse con entusiasmo la proposta e, a seguito di una missione esplorativa affidata al colonnello Me lchiade Gabba,2 Cavig lia g ià preparava la spedizione di 80.000 uomini .3 Tuttavia in Italia questo intervento era visto da molti, compreso Vittorio Emanuele TTT e il ministro delle Colonie Gaspare Colosimo, come un pessino affare. Incuranti della reale portata dell'iniziativa, Sonnino e Orlando, alla ricerca di nuovo credito agli occhi delle altre potenze, s.i lasciarono convincere a bere questo calice avve lenato. La penetraz ione italiana fino a Baku e a Batuml rappresentava per i bri tannici un favore non da poco, che però sfumò in extremis quando il governo Orlando perse l' appoggio del Parlamento il 19 giugno, a seguito della fallimentare opera dell' esecutivo alla Conferenza della pace di Parigi . Ottenuta la fiducia, il nuovo presidente del Consiglio Francesco Saverio Nitti , radicale e di area più moderata in politica estera rispetto ai precedenti, e il suo ministro degli Affari Esteri Tommaso Tittoni espressero con decisione la loro avversione per l'impresa caucasica, giudi.cata troppo costosa ( I miliardo e 200 milioni per il so lo mantenimento annuo delle truppe oltre alle spese navali e di armamento) e nella sostanza inutile agli obiettivi dell'Italia. La politica di Nitti, la c ui concezione delle relazioni internazionali era tutta economica, coerente con la sua formaz ione culturale 1

r. M . Sale, La missione mi/i,are i111/i,111a in 1ìw1scm1casia 1919-1920. USSME. Roma 2007, pp. 33-41 .87-93.

2

I. M. Sale, op. cit., pp. 93-103. G. Ro molotti, 1919 la pace sbaglfow, Mursia, Mi lano 1969, pp. 376-377; G. Rochm, L'esercito italiano da Vi/torio Ve11e10 a Mussolini, Laterza , Bari 2006, p . 390.

3

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e la sua attività di professore universitario,4 sin da subito dedicò le sue attenzioni alla preoccupante crisi sociale interna e al risanamento dei prodighi bilanc.i di guerra. Dì riflesso Tittorri, meno dottrinario e con una lunga esperienza in campo diplomatico, se nel suo esordio al Senato del 25 giugno aveva proclamato la volontà di continuare a battersi per i legittimi obiettivi italiani in Adriatico e in Asia Minore, si mostrò di massima molto più conciliante e aperto al compromesso nei confronti delle altre delegazioni presenti a Parigi.5 Creando stupore nel Foreign Office, per prima cosa fece decadere senza nessun ulteriore esito ogni azione pregressa sul Caucaso operata dal gabinetto Orlando. Anzi in linea generale e con le debite accortezze anche l'impegno in Anatolia doveva essere ridimensionato da parte delle truppe italiane, che in maniera discontinua continuavano a ricevere gli elogi e le richieste di aiuto delle popolazioni locali. In maniera molto pragmatica il nuovo governo aveva rinunciato a ulteriori spedizioni oltremare e anzi sollecitava il rientro di molte delle unità dislocate fuori i confini nazionali. A un minore impegno militare all'estero corrispondeva però una accresciuta domanda d'interventi all'interno, ben inteso sotto il controllo e l'indirizzo del governo. Per tutti questi motivi la nuova politica iniziava a preoccupare anche il Comando Supremo, soprattutto per l'intenzione di Nitti di ridurre in modo drastico le spese militari e per i fo1.ti sospetti, che il nuovo governo aveva verso gli alti esponenti delle Forze Armate. Se i rapporti tra Odanclo e Diaz si erano sempre contraddistinti da una solida cordialità, Nitti stava avviando quel lento e graduale riflusso, con il proposito cli recuperare il potere concesso dalJa "politica" ai militari in tempo di guerra. I primi risultati, per riequilibrare i poteri dello Stato, sarebbero stati raggiunti solo con il trasferimento del Comando Supremo da Abano a Roma e il relativo ribilanciamento e cooperazione tra governo, ministero della Guena e Comando Supremo, con quest'ultimo che assumeva una struttura, che prefigurava la sua riconversione in Stato maggiore dell'Esercìto.6 Tuttavia alla fine del giugno del 1919 il problema pr.incipale r.imaneva quello di ricucire Je delicate relazioni con gli altri delegati a Parigi. Il discorso di Tittoni al Senato non poteva che rinnovare le tante critiche inglesi, francesi e americani verso il governo dì Roma. Il Consigl io supremo, dopo una lunga e dura discussione contro le posizioni italiane, decise d.i incaricare il segretario cli Stato britannico agli Affari Esteri Balfour per la stesura di una nota congiunta di protesta per evidenziare le diverse infrazioni italiane al Patto cli Londra su Fiume e sull'Asia Minore. Se l'Italia avesse insistito a rimanere in Anatolia, «la fine inevitabile sarà il suo isolamento»? Ecco quindi che nei propositi di Tittoni, giunto sulla Senna ed escluso un nuovo Aventino italiano da Parigi, che avrebbe di sicuro reso operante quell'isolamento minacciato dal governo inglese, vi fu la convinzione di poter maturare un riavvicinamento con gli Alleati , proprio attraverso una riconciliazione con il principale «antagonista» Ve4

L Micheletta, Italia e Gran Bretagna nel primo dopoguerra, Volume l,Jou vence, Roma 1999, p. 19. F. Caccamo, op. cit, pp. 182-183, 197 . 6 V. Gallinari , op. cit, pp. 116-117. 7 L Michclctta, op. cit., pp. 22-23. 5

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nizelos. L'obiettivo dell'italiano era quello di fissare una linea di demarcazione tra zone italiana e greca, presupposto fondamentale per ini.ziare una seria trattativa con Atene nel complesso dei possibili confini comuni in Albania e in Asia Minore. Tittoni, cercando di sondare intanto la situazione con Balfour, tentò cli far comprendere come l'Italia fosse interessata solo a risultati di natura economica in ten-itorio ex ottomano, per ovvjare le carenze di materie prime. Nei progetti del nuovo governo non vi era quindi nessun proposito di tipo territoriale. Allo stesso tempo però non era pensabile che si potesse ritirare in un sol colpo tutto il contingente delle truppe dislocate in Asia Minore. Per dimostrare la sua buona fede , tuttavia, il ministro garantì che nessun altro sbarco, né altre occupazioni sarebbero state operate dalI'Esercito italiano in quello scacchiere.8

Tommaso Tittoni • L . Michelctta, op. c ii., pp. 25-26.

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Comunque, quali fossero le intenzioni ciel nuovo governo, la situazione in Anatolia era ancora incandescente con i greci e i turchi in lotta, con gli italiani nel centro, talvolta criticati, ma molto più spesso osannati dalle popolazioni locali quali difensori della pace e della tranquillità. A tal proposito iJ3 giugno, vi fu un discorso letto dal sindaco di Sokia Mustafa e.ffendi,9 in occasione deJla visita in quella città del comandante della brigata Livorno Gualtieri: «Rivolgiamo i nostri più sentiti ringraziamenti e la nostra riconoscenza al potente governo e alla Nazione italiana che porta rispetto ai nostri sentimenti di dignità e amor proprio Nazionale, rendendoci vieppiù contenti del grado elevato della sua civiltà e dandoci prova convincente della sua nobiltà e magnanimità verso il popolo Turco che in questi momenti disastrosi è maltrattato e insultato da tutte le partì. Salutiamo sinceramente e rispettosamente il sìg. generale che ci ha voluto onorare colla sua presenza fra noi». 10 Dello stesso tenore il 6 giugno i notabili cli Mugla, recatasi a Marmarìzza, si erano rivolti al tenente di vascello Berardinelli, comandante della torpediniera Perseo, e al capitano Persico, comandante ciel presidio di Marmadzza dicendo che «qualora la Turchia dovesse cessare dichiarano accettare dominazione Italia a preferenza di qualsiasi altra et desiderano che ciò sia notificato a conferenza Parigi. Assicurano che tranquillità pubblica sarà mantenuta finché greci non varcheranno Grande Meandro ma non permetteranno mai che greci lo varchino et difenderanno ingresso gole montane con tutte loro forze che pare ascendano a 60 mila uomini. Rilevano interesse Italia evitare con azione diplomatica tale misura violenta che dato carattere impulsì.vo torna pericolosa truppe italiane. Qualora influenza ì.talìana fosse stabilita modo definitivo promettono larghe agevolazioni commerciali, anche se conferenza pace facesse loro condizioni dì relativa indipendenza, pure di avere subito appoggio Italia. Chiedono risposta» . 11 Sempre il 6 gìugno era la volta di un notabile dì Aìdìn (Cadìradi Hussein effendi) al comandante militare di Scalanova, che protestava contro gli atti di barbarie commessi da soldati greci verso i cittadini musulmani, quali furti, tentativi di stupro e saccheggi. Il notabile aveva espresso il desiderio che i fatti in essa citati fossero portati a conoscenza del «Comando in Capo delle squadre alleate a Smirne». Ciò venne fatto a mezzo del delegato italiano ìn quella città. 12 Sempre a Scalanova I'8 giugno, furono consegnate dal muftì e dal sindaco Ibraim lbnosalim le proteste contro gli atti di barbarie commessi dai greci. Venne descritto nel dettaglio come vari musulmani sarebbero stati impiccati, decapitati e barbaramente uccisi. Le loro proprietà bersaglio di vari casi di saccheggio, devastazione, avìgeato e violenze di diversa natura. La carne del bestiame rubato (circa 500 capi) venne poi messa in vendita a «cinque pia9

Effendi: titolo indicante rispetto, traducibile con "signore" o "maestro". AUSSME , E-3, b. 5, f. 5/3 a.

10

"AUSSME , E-3 , b. 6, f. 6/2 a, telegramma di. Badoglio n. 8267. 12 AUSSME, E-3, b. 5 , f. 5/3 b, protesta su alcuni fatti avvenuti a Aidin del 6/6/ 1919.

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stre l'oca». «I depositi di munizioni di Selcine attualm ente sotto la sorveglianza delle potenze alleate, furono saccheggiate dalle popola:Gioni greche di Cernigiè e di Selci ne; le armi , bombe e muniz ioni furono messi in azione contro la popolazione musulmana}). Funzionari pub bi ici turchi vennero arrestati, derubati , per poi essere incarcerati tra «fame e mille torture» nel carcere di Smirne . «Siamo informati da fonti sicure» che alcune bande organizzate greche favo rite dalle truppe regolari, dopo aver rubato i tappeti della moschea Hagi Isac (a Selciut), «soddisfecero i loro bisogni naturali ingiuriando così la nostra religione». Invece di portare pace e ordine, secondo quanto stabilito a Parigi, «fa pena a vedere compiere tali atti barbari da gente che si dice civilizzata. Dei fatti qui enumerati sopra potete constatare che essi vogliono far scomparire la razza musulmana. Abbiamo cercato a far sapere al nostro governo le torture da noi s ubite, però i greci misero la censura e s' impadronirono delle stazioni telegrafiche, dunque non è possibile far senti_re il nostro dolore, perciò siamo obbligati a rivolgerci ai rappresentanti delle Nazioni Alleate prendendo come intermediario Lei comandante del Corpo d ' Occupazione e rappresentante della civile e potente Ital ia. Basandoci sulla sua bontà ed umanità la preghiamo a far sapere a posti competen ti le barbarie compiute dal Corpo d'Occupazione Greco, e di far in modo che non abbiano a ripetere tali atti>> . 13 Non potendo Battistoni prendere iniziativa, trasmise tutto a Roma. In quelle circostanze, ancora console Sonnino, si ord inò ai comandi in Asia Minore di astenersi da qualsiasi questione di ordine politico , locale , interno e in special modo dall'avere anche la sola apparenza di provocare movimenti separatisti. I militari italiani non avevano che da rico rdare, come la presenza delle truppe era solo determinata dalla necessità di salvaguardare l'ordine pubblico e che la politica del governo italiano voleva conservazione la sovran ità, l'integrità ottomana e aveva sostenuto gl i interessi ottomani alla Confe re nza di Parigi in tutte le questioni possibili. Per questo i reparti del Corpo d i Spedizione non potevano farsi neanche latori di desideri , che potessero contrastare con questi criteri fondamental i . 14 Questa sottolineatura di Sonni no non piacque a B attistoni , la cui risposta confermò come si fos.se sempre attenuto alle disposizioni d iplomatiche impartitegl i. Ribadendo di non aver mai incoraggiato nulla, non aveva le forze, né la dislocazione per farlo, potendo presidiare solo la costa, per impedire azioni sovversive turche , che del resto g ià di loro raccogl ievano un certo seguito . In questa circostanza, senza dare adito a possibili soIIecitazioni autonomiste o insurrezionali, aggiunse c he si era limitato a trasmettere «per debito d'ufficio d ichiarazione e domanda notabili Mugla [ ...) chiedendo quale risposta dovessi dare». ConcJuse dicendo che alle richieste dei notabili «risponde rò che azione militare e diplomatica italiana[ ...] è di salvaguardare " AUSSMC:, E-3, b. 5, f. 5/3 h. proteste dei nocabili di Scalanova dell'S/6/1919. "AUSSM13. E-3, b. 6. f. 6/2 a. te legramma cli Son nino n Cavallcrv cieli ' I 1/6/1919 . 171


sovranità ottomana ma che non può appoggiare movimento separatisti né protettorato per non precorrere decisioni conferenza Parigi» .15 Le precisazioni tuttavia non bastavano a rendere tranquillo l'animo del comandante del Corpo di Spedizione. Tale situazione era po1iatrice di imbarazzo e difficoltà per il generale. Se le circostanze offrivano alle trnppe italiane venerazione e rispetto, dall'altra le voleva investire di responsabilità politiche che invece non era opportuno assumersi. In proposito Tittoni, seguendo la strada già intrapresa da Sonnino, escluse perentoriamente qualsiasi possibile intervento che eccedesse il puro e semplice ordine pubblico, come dissuase il comandante e i suoi subalterni da qualsiasi incoraggiamento alle costituende bande armate turche. Essere acclamati come paladini e difensori dei turchi avrebbe comportato la reputazione cli faziosi sollevapopolo al tavolo deIJa pace e avrebbe oltretutto impegnato militarmente l'Italia in un impari quanto inutile scontro, che non apparteneva alle consegne dello sparuto Corpo di Spedizione. Proprio il numero esiguo degli effettivi preoccupava non poco Battistoni, che in cuor suo avrebbe sposato molto volentieri la causa turca contro i g reci. Desisteva dall'intraprendere un'azione contro gli ellenici solo perché era cosciente della netta superiorità numerica e logistica delle forze inviate da Atene in Asia Minore . Era comunque favorevole a un intervento italiano alternativo e indiretto, magari con il pieno sussidio tecnico ed economico alla gendarmeria ottomana. Prima preoccupazione rimanevano comunque i suoi uomini, il loro stato e il loro morale. Con apprensione egli notava come in talune visite fatte ai reparti dipendenti avesse riscontrato una certa tendenza a «mettersi sul piede cli guarnigione», comportamento che non era compatibile con la situazione attuale. Le poche truppe di cui disponeva si imponevano, spendendo il nome dell'Esercito e della Nazione italiana, più che con la forza reale, ma ciò non bastava. Occorreva che esse si moltiplichicassero con la mobilità. Disseminare forze in numerosi e piccoli distaccamenti, per aderire a richieste delle popolazioni e per desiderio di estendere l'occupazione , non era opportuno per ovvie ragioni militari. logistiche, disciplianari e anche perché non conveniva che i delicati rapporti politici con le autorità e con le popolazioni, turche e greche, fossero lasciate a giovani e inesperti uffic iali comandantj cli piccoli distaccamenti. Era quindi preferibile tenere presidi di qualche consistenza (almeno con forza di una compagnia) e disporre che essi facessero sentire la loro presenza nella zona e nei villaggi circonvicini con ricognizioni ed esercitazioni quotidi.ane, anche della durata di più giorni. Ciò sarebbe servito anche a riconoscere il ten-eno, a rendersi familiari alle popolazioni, a infondere loro fiducia nella protezione italiana contro eventuali turbamenti dell'ordine pubblico, a prendere collegamento con altri distaccamenti vicini. Come indicazione di massima, Battistoni precisava che i reparti dovessero po1iare con sé il primo rancio da consumare in campagna, così da poter sviluppare al meglio ,s AUSSlvlE, E-3, b. 6 , f. 6/2 a, telegramma di Batristoni a Sonnino del 16/6/19 19. 172


1c ricognizioni . Si doveva partire di buon mattino, fare una sosta prolungata nel le ore più calde, per poi rientrare al tramonto. TI personale doveva sempre essere armato e provvisto di munizioni, ma se funzionale poteva invece lasciare gli zaini. 16 Questo sistema di piccole colonne mobil i, nei desideri del generale , doveva avere larga applicazione; esso poteva essere ancora maggiormente sviluppato con l'atteso arrivo di squadroni di cava.lleria e di reparti di bersaglie1i ciclisti. Battistoni informava anche che appena fosse gi unto il 33° reggimento fanteria e sufficienti autocarri per il trasporto de1la truppa avrebbe fatto occupare Isparta. 17 Questa località insieme a Burdur era la logica via di collegamento tra i due avamposti italiani a loro modo isolati: Conia e Adalia. In questo frangente Battistoni si ri velò molto partecipe e interessato alle condizione dei suoi sottoposti. li 13 gi ugno insieme al notabile Sureye bey giunse da Milas a Cine in automobile. Questa località (a sud di Aidin) era stata occupata dagli italiani con 200 uomini g iunti con una colonna di autocani, bene acco lti dalla popolazione in maggioranza musulmana. In quella circostanza Sureye bey espresse la propria ammirazione e devozione per gli italiani che erano dovunque ben accolti. Battistoni la sera ritornò a Milas dove aveva istallato il suo quartier generale, mentre a Cinesi stabilì il capitano medico Naccarato con il compito di organizzare il servizio sanitario. Proprio questa attività di soccorso medico si dimostrò ottima ai fini propagandistici. Sforza ai primi di giugno fece presente come a Sa lonicco fossero disponibili mol ti materiali sa ni tari: «Prego raccomandare massima larghezza nell'accogliere eventuali domande del Generale BATTISTONT giacché istituzione di ambulatori ed ospedaletti costituiscano Asia Minore massimj strumenti propaganda».'R Dove non riusciva ad ,UTivare Battistoni, vi erano le periodiche visite del generale Francesco Gualtieri, comandante della brigata Livorno. In una relazione egli descriveva con preci sione una sua ispezioni ai reparti dipendenti presenti in Anatol ia, avvenuta tra il 2 e il 6 giugno. A Scalanova visitò i reparti lì dislocati e li trovò in parte accantonati e in parte accampati e che stavano eseguendo lavori per la riparazione del porto, de lle strade: e per l' igiene pubblica. Si diresse poi in automobi le ad Arvalia, dove visitò quel dislocamento , che trovò accampato sulla destra della strada stessa, avente sul.le alture, a cavaliere della strada, piccoli posti avanzati per sbarrarla alle truppe greche. A Sokia trovò tutti i reparti accantonati e intenti in lavori stradali e di igiene pubblica. A Tekké trovò un plotone della 3" compagnia attendato , in servizio di sicurezza e di vigilanza alla stazione ferroviaria, mentre il rimanente della compagnia era accampato in paese . Qu i incontrò il capitano Dossena appena ritornato eia Musali , dove si era recalo per verifica re se fosse stata occupata dai greci. Riferì , che ve Ji 1•

AUSSME. E-3, b . 5. f. 5/6 .i . ci rcolare di Bauistoni del 6i6/ 1919. " AUSSM E, E-3 , b. 6. b. 6/1 b. te legramma di Banistoni del 5/6/1919. '~AUSSM E, E-3, b. 6, f. 6/3 a, Lelegr:unma di Biancheri a Comnndo Supremo dell'S/6/ 1919. 173


aveva trovati, e dispose che la sera stessa si trovassero a Musali .il capitano Battaglia, comandante del I battaglione del 34° e il comandante del battaglione greco , che aveva residenza in Deinnendyk, e che provvedessero allo sgombero de lle truppe greche da quelle località e rientrassero a Nord della ferrovia. Gualtieri poi tornò a Sokia, dove il maggiore dei carabinieri Carossini aveva avuto contatti con il caimacan e con l'archimandrita e aveva disposto che le autorità rendessero omaggio al generale al momento del sul arrivo. Rientrato a Scalanova assistette alle gare sportive organizzate fra i militari del 34° reggimento fanteria e i marinai della regia nave Regina Elena. Notò con vivo compiacimento l'affiatamento esistente fra i soldati dell'Esercito e quelli della Marina e l'impegno che tutti avevano posto affinché le gare ottenessero il miglio r risultato e dimostrassero la fratellanza esistente fra le varie Forze Armate e l'orgoglio di sentirsi soldati ital iani. Il 4 giugno con la vedetta Tramontana arrivò a Spilia. Fece visita al distaccamento, che trovò accampato sopra un' altura nelle adiacenze del paese stesso e lateralmente al sentiero, che da lì conduceva a Sokia. Notò che a Spilia il punto di approdo era esposto alle onde del mare , le quali già in tempi normali rendevano difficile l'ormeggio . Ciò faceva purtroppo prevedere che ciò accadesse di frequente e che non sarebbe stato possibi le approdarvi ogni qualvolta il mare era agitato. Non vi esisteva pontile e per questo il generale ordinò ai soldati di costruirne uno con materiale d'occasione. La tappa successiva fu Kuluk, dove incontrò subito il comandante del Corazziere, il quale gli comunicò gli ordini emanati dal comando , per l'occupazione nella giornata del 5 di Ieronta con la SA compagnia del 34° reggimento fanteria e di Gir Ova con 1'8A compagnia. Visitò la truppa, che vi era tutta accampata e adibita ai lavori stradali, allo sgombero delle macerie e a quelli di igiene. Durante la notte, la SA compagnia si preparò per la partenza e iniziò l'imbarco alla sua presenza sul Coraz.ziere e sul Sagittario. La mattina ciel 5 giugno da Kuluk Gualtieri partì per Milas insieme alla colonna cli autocarri, che vi si recava per compiere il traspo1to dell'8A compagnia, destinata all'occupazione di Gir Ova . Alle ore 6 arrivò a Milas, ove trovò,1a truppa parte accampata e parte occupata nei lavori strada.li e a quelli di igiene pubblica. L'8A compagnia alle ore 7 fu pronta a partire per Gir Ova. Gualtieri si unì alla colonna insieme al maggiore La Sala e al capitano medico Naccarato. Arrivarono a Gir Ova alle ore 14:30. Furono accolti in man.iera festosa dalla popolazione e dall'amministrazione comunale. Il caùnacan ringraziò il generale dell'intervento, mentre il colonnello turco mostrò l'intenzione di presentare una protesta. Non insistette oltre nel suo proposito, solo perché Gualtierì chiarì con tono energico che le sue disposizioni non prevedevano la raccolta di proteste. Questi di spose che I' 8A compagnia si accampasse di lato alla strada per Aidin, essendo già tardi e mancando il tempo di trovare conveniente l'accantonamento, che del resto aveva bisogno di una ripulita prima di poterlo fare oc174


cupare dai militari. In serata rientrò in autocarro a M ilas, per ripartire i'indomani per Kuluk e seguire l' imbarco sulla vedetta Tramontana, che lo riportò a Lero.•9 Da lla sua ricognizione Gualtieri dedusse queste considerazioni: Morale degli uomini: il morale degli ufficiali e della truppa è elevatissimo . Tutti so,w compresi dell 'alt.a missione, che sono venuti a compiere; tutti si com.portano in modo encomiabile. Tutte le popolazioni ne sono ed(ficate e parlano di noi con vera e sentita ammirazione . Medici: /'1,tficiale medico, che era a Kuluk, andò a leronta con la 5A compagnia del 34° fanteria, quindi a Ku/uk non vi è rimasto nessu11. medico . Eventualmente vi si recherà l 'itficiale medico, che trovasi a Milas, ma è necessario destinarne uno . A Gir Ova rimase temporaneamente il capitano medico Naccarato, ma è pure necessario destinarvene uno srabile per il servizio anche della popolazione . A Sokia ebbi occasione di constatare che carovane di rognosi vi si recano da Aie/in per farsi curare dai JWstri ufficiali medici; ma le provviste di pomata e di altri medicinali vi sono quasi ter1ninate. Ne f eci parola al sig . comandante della nave Regina Elena Cav . Ciano, il quale cedetre subito IO chilogrammi di pomata al comand.o del 34 ° fanteria . Generi alimentari: in tutte le localit.à sopraspecificate, ad eccezione della carne, che si paga circa 3 lire al chilogrammo, delle uova che costano 20 centesimi, tutti gli altri generi alimentari e gli altri oggelli hanno prezzi esagerati. È di urgenza rifornire i bazar dei battaglioni con generi e oggelli da acquistarsi in Italia. La sezione sussistenza ha distribuito varie volte la ra zione vino; occorrerebbe.fame venire dal/' Italia e dare l'autorizzazione di poterlo acquistare a Samo a prezzi convenienti per sopperire a qualche distribuzione alla truppa e provvederne anche alle mense degli ufficiali. Locali: è necessario stabilire la quota di affitto da corrispondere mensilmente ai proprietari, affinché tutti i comandanti e i reparti possono regolarsi a mantenersi nella stessa misura. Giornali:.faccio viva preghiera affinché i reparti possano avere i giornali italiani, anche a pagamento. ed essere così al corrente degli avvenimenti riguardanti la nostra Patria. Ci senziamo più vicino alle nostre famiglie e men.o isolc1ti. Strade: da Scalanova ad Arvaglia la strada è cam.ionabife e in ottima condizione: vi si trova un ponte rotto, che è già in riparazione e che provvisoriamente la compagnia genio l'ha sostituito con un altro ponte in legno: vi è anche un tratto breve.franato, che è già in ricostruzione. Da Scalanova a Sokia la strada è camionabile; in alcuni tratti trovasi in poco buone condizioni, ma è già in riparazione; prima di entrare in Sokia bisogna attraversare il lotto del fiu me per mancanza assoluta di ponti; vi si passa nei tempi di secca, m.a in quelli di piena sarà impossibile . Da So/da a Tekké la strada era carrozzabile, ma ora trovasi in pessime condizioni tanto che bi19

AUSSME. E-3. b. 5, f . 5/3 a, rela'l.iOnesullc ispezioni del giungo 1919 del genera le Gualticri.

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sogna percorrerla a cavallo; le acque, che scendono a precipizio dai monti soprastanti, ne hanno asportato tutta l'inghiaiatura e hanno rovinato la massicciata che in moltissimi tratti manca totalmente . Per ridurla carrozzabile occorre l'impiego di molto personale del genio, di molti lavoratori e di molto materiale. Non è assolutamente possibile ripararla con una sola opera dei militari di fanteria. Inoltre tra la stazione ferroviaria di Tekke, che trovasi nelle adiacenze delle rovine di Magnesia e del paese stesso di Tekke, manca il ponte suljzume e bisogna passarlo a guado. Questa strada da So/da a Tekke è fiancheggiata dalla ferrovia inglese, che si riallaccia a Balshyk a quella di Aidin-Aiassoluck. Spilia - manca di pontile per l'appodo delle barche, ne sta costruendo uno con materiale avventizio l'attuale presidio. Vi è un sentiero, eh.e unisce Spilia a Sokia. Da Kuluk a Milas la strada è camionabile, ma in alcuni tratti è stata guastata dalle acque: il guasto però è di poca entità ed è in via di riparazione. Da Milas al bivio di Achirkoi la strada è camionabile; pure questo tratto in vari punti è corroso dalle acque, ma la riparazione è facile. Dal bivio di Achirkoi a Gir Ovala strada è camionabile, ma in trenta punti ciascuno dai venti ai cinquanta metri di lunghezza, è in deplorevoli condizioni, ave,ulo le acque portata via anche la massicciata e scoperte le roccie sottostanti. In taluni punti fu necessario far scendere i militari dai camions per renderli meno pesanti e far riattare la strada. Con tutto ciò molte gomm.e si ruppero e si dovettero far rimorchiare due camion per guasti al motore . È assolutamente necessario fare eseguire le costruzioni in tale tratto altrimenti i camion rimarranno presto senza gomme e i motori si sfascieranno e si renderà così dffficilissimo il rifornimento al distaccamento di Gir Ova, che per la distanza da Milas, circa 90 chilometri, non si potrà eseguire coi muli. Miniere: a Sokia vi è una miniera di lignite; gli inglesi la stanno sfruttando. Si dice che vi siano miniere di smeriglio, ma non ebbi tempo potermene accertare. A Kuluk vi è una miniera di smeriglio: l 'estrazione di esso fu sospesa dal 1914. Nelle adiacenze di Achirkoi tutti i campi lavorati danno segni evidentissimi di esistenza di miniere di smeriglio, essendone cosparso tutto il terreno ed essendo quasi tutti i muretti di divisione costruiti con blocchi di smeriglio; anche la strada ne è cosparsa . L'esistenza dello smeriglio sulla strada fa si che le gomme si corrodano e si riscaldano straordinariamente tanto che basta un piccolo intoppo per farle poi scoppiare. Foreste: quella a est di Milas è immensa. Ho ragione di ritenere che nessuno l'abbia mai attraversata. Solamente gli abeti giacenti lungo la strada Milas-Achirkoi basterebbero a fornire tavole per la costruzione di tutte le baracche necessarie e legna da ardere. Occorrerebbero però seghe meccaniche e altri attrezzi ajjfoi.20

Un altro problema che venne riscontrato da Gualtieri, ma facilmente risolvi.bile, era quello legato all'uso degli animali eia soma e dei cani. Gli animali venivano adibiti a mansioni molto impervie. Pertanto venne richiesta una vigilanza e una manutenzione 20 A USSME,

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E-3, b. 5, f. 5/3 a, relaz ione sulle ispezioni de l giungo 1919 del generale Gualtieri.


proporzionata alle relative attività. Il clima, la mancanza c(j strutture e ambienti per ripararli e farli riposare erano fattori di diminuzione della loro resistenza organica. Massima pulizia, allontamento deJ letame, controllo dei pascoLi e degli abbeveratoi, ferratura adatta agli scopi erano tutti fattori che avrebbero migliorato la loro condizione fis ica e quindi il loro rendimento. J ricoveri dovevono essere vigilati; le visite veterinarie essere pe1iodiche e immediato l'allontamento nel caso di capi malati o con sintomi cutanei. Per quanto riguarda gli autocmTi si riscontrò un uso improprio. li consumo della benzina e deUe camere d'aria risultava eccessiva agli scopi prefissati. Ogni spostamento da quel momento andava autorizzato dal comando competente. A questo problema si poteva ovviare con l' uso d ei muli, an imali molto adatti al contesto anatolico; tuttavia la mancanza di personale adeguato alle salmerie impediva un uso più capillare della soma, preferendo quindi l'impiego sproporzionato degl i autocaffi. Oltre alla presenza costante di Gualtieri, in quel periodo era molto apprezzata anche l'opera del maggiore dei carabinieri Carossini. Come si è già avuto modo di vedere, egli aveva come compi to principale quello di riorganizzare la gendarmeria ottomana , ma in paraUelo aveva ricevuto ad interim il ruolo di capo dell ' ufficio interalleato di Smirne . In una sua ispezione in c ittà comunicò dalla zona Milas-Mugla che nel sangiaccato di Mentescè si andavano fo rmando bande turche per attacchi energici. Tale forma zione avveniva per opera di ufficiali turchi , che non agivano per ord ine ciel governo legittimo, né in pieno accordo con le autorità locali . Di fronte a questo stato cli cose, Ca.rossini diede disposizione ai comandi visitati perché non incoraggiassero la costituzione di queste bande ne lla zona dell'infl uenza itali ana, poiché la loro azione avrebbe forn ito un ottimo pretesto di discredito alle altre potenze alleate verso l' azione del Corpo di Spedizione. Alla fin e del suo giro che lo portò a Milas , Mugla e Kuluk, tra il 9 e il 12 giugno, Carossini compilò un promemoria molto dettagl iato sulla gendarmeria ottomana. A Mugla su 15.000 abitanti vi erano soltanto 800 cristiani. Il metropolita Dimitri forse per la poca cntifa de i sui fed eli, non era troppo intransigente e temeva le rappresaglie turche, evidentemente perché sapeva ciò che già stavano facendo i g reci a ltrove. Il maggiore lo rassicurò sull 'opera cli protezione che le autorità ital iane gli avrebbero senza dubbio accordato . In città vi era la sede del comando di un battaglione di fa nteria turca, con una compagnia di 40 uomini , che aveva distaccamenti di compagnia a Milas (80 uomini) e Marmarizza (30 uomini). Vi erano inol tre i quadri di un reparto di riserva (Redifj ). A Carossini sorse l'idea della sistemazione di una circoscrizione amministrativa , meglio rispondente alle e sigenze de l servizio nella zona occupata dagli ital iani e non avente rapporti gerarchici con 1e autorità residenti al di fuori della zona stessa. U maggiore italiano propose l ' istituzione di un vilayet con sede del valì a Mugla e comprendente le seguenti province: sangiaccato cli Mi las comprendente i cazà2 1 d i Sokia-Milasi,

Ca;;à: circoscrizione co n a capo un cai111aca11. 177


Scalanova-Bod.rum; sangiaccato di Mugla comprendente i cazà di MarmarizzaMugla-Coigeis; sangiaccato di Macri comprendente i cazà di Macri-Casc-Elmali, mentre Denizli. poteva essere un sangiaccato indipendente con i suoi 5 cazà. Ada1ia era già sangiaccato indipendente, mentre Burdur e !sparta erano per il momento due sangiaccati che dipendevano da Conia. A Mugla la mattina del 10 giugno Carossini ebbe un colloquio riservato con il mutasse,){ che si servì del figlio come interprete. La conversazione ebbe in argomento gli umori della popolazione e la presenza dei greci e degli italiani sul loro territorio. 11 turco rispose che la popolazione preferiva l'indipendenza, ma obbligata a scegliere tra i greci e altri occupanti, nessun dubbio poteva esservi sulla preferenza degli italiani. Il mutasserif chiese quale credeva fosse la zona concessa ai greci e il maggiore accennò a una linea che dal golfo di Adramit andava fino a Finnica. A occidente cli tale linea sarebbero rimasti i greci. Ma allora il mutasserff si interrogò come mai gli italiani avessero occupato anche Bodrum , Milas e la regione di Cine con Giroba , esprimendo il suo timore che il Dodecaneso potesse essere attribuito ai greci. Dalla sua il maggiore chiese notizie sul movimento di drappelli di giovani, che aveva notato per le strade. I gendarmi di scorta avevano assicurato essere soldati, sbandati in seguito ai fatti di Smirne, che venivano ricondotti al reggimento. Dopo aver alquanto tergiversato e aver cercato di escludere la risposta, il mutasserif conJessò: è un grave segreto che le confido, ma d'altronde io non so più che fare. Stanotte ri-

masi fino alle 3 per metter cl' accordo i notabili, ma ormai non credo potermi opporre. Nel territorio di Denizli hanno deciso di organizzare la resistenza. Fu nominato un comitato che fece appello alla gente del Mentescè e i miei amministrati non vogliono restare sordi all'appello. Mi dicono che il ponte ferroviario sul Meandro fu occupato dai nostri. Se le altre potenze non intervengono contro di noi, certamente butteremo in nuire i greci. Il movimento non è organizzato dall'intesa liberale (il partito al potere) che non ha aderenti. (Ciò è vero: il partito forte ora in Turchia è soltanto i Giovan.i Turchi). Ricevetti dal mio governo un ordine di essere assolutamente amico degli italiani. So pure che un. altro ordine fu mandato, secondo il quale sono stigmatizzate le sottomissioni di certe popolazioni musulmane ai greci e sì promettono rappresaglie dei funzionari che accettarono di servire sotto i greci; però tale ordine non. l'ho ancora ricevuto.22

La notizia era molto preziosa per gli italiani. Poteva suscitare molto interesse, proprio perché i ripetuti scontri tra turchi e greci erano il principale problema diplomatico per il governo cli Roma. Sapere in anticipo gli obiettivi e gli scopi delle bande e di tutta l'organizzazione avrebbe permesso alle truppe del Corpo di Spedizione di vigilare meglio, evitare nuovi attriti e, se possibile, farsi coinvolgere il meno possibile in un conflitto sempre più duro e violento. 22

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AUSSME , E-3, b. 7, f. 7/3, diario di Caross ini .


Carossini chiese quindi chi avrebbe fatto capo a queste formazioni, se Nureddin pascià il famoso ex generale di Smirne o piuttosto qualcuno che ancora si aggirava nell'ombra. L'interlocutore rispose che i capi sarebbero stati eletti dagl i stessi insorti e aggiunse che l'obiettivo della loro azione era solo contro i greci, non contro i francesi, né contro gli inglesi. Per gli italiani poi avrebbero nutrito sentimenti di speciale benevolenza. La protesta del colonnello turco di Gir Ova era stato un caso isolato, del resto già sanzionato . In segu ito all'importante notizia avuta dal mutasserif, il maggiore chiamò Naccarato che era nel territorio di Cine a Giroba, per fissare un incontro ad Akikoi dove convennero alle medesime conclusioni: il centro dell'agitazione era Denizli, ma l ' organizzazione era fatta specialmente a Giroba per opera del colonnello ~evket bey, comandante della 5711 divisione ritiratasi lì da Aidi n. L'ufficiale turco riuniva i soldati dispersi, disertori e vari nuclei organici. Infatti ad Akikoi Carossini vide sostare una batteria da montagna su 6 pezzi di ottimo materiale, probabilmente diretta nel Cine. DalJe informazioni in possesso, sui monti di Odemisch si contrastava ancora l'avanzata ai greci. Scopo dell'organizzazione turca era di spingersi verso Nord passando la ferrovia tra Deirmengik e Carabunar e tagliare alle truppe greche di Aidin la ritirata. Contemporaneamente e con diverse azioni frazionate, bande da Denizli e dal Mentescè convergevano verso Aidin , ma non era ancora chiaro se il movimento nel Mentescè e nel Cine corrispondesse a un'agitazione sincrona a Nord di Odemisch. Gualtieri giunse l' 11 giugno a Kuluk da Lero proseguendo per Milas . Si aggiornò con Carossini s ulla situazione, in sintonia con gli ordini di Battistoni: «Non conviene incoraggiare formazione bande turche nelle zone eia noi occupate perché fornireb bero pretesto intervento ad altre potenze e sarebbe contrario a direttive nostro governo secondo le quali noi dobbiamo mantenere ordine e non provocare disordine». Carossini riferì di come si fosse attenuto alle direttive, aggiungendo che era necessario sollecitare Naccru:ato che, trovandosi a Giroba, era in contatto con le autorità civili e militari ottomane. In quella località vi era il centro dell'organizzazione, il cui capo ~evket, essendo di tendenze alquanto indipendenti rispetto alle autorità civili del suo paese, doveva essere informato di persona del punto di vista del governo italiano. Non si sapeva però se i capi dell'organizzazione avrebbero potuto o voluto tenere conto delle raccomandazioni italiane. In ogni caso sarebbe stato meglio per tutti, che essi avessero trasportato l 'organizzazione a Nord delle linee italiane e della provincia di Mentescè, in un luogo abbastanza isolato, dove per ora i greci non avrebbero potuto spingersi a disturbarla. Nel caso che i turchi non avessero voluto desistere dal loro proposito, perché certi della sua riuscita, proprio Naccarato poteva essere buon giudice accreditato e avrebbe potuto agire con successo in conformità agli ordini del generale Battistoni. In questo contesto alcuni accorgimenti apparivano idonei per costituire un buon alibi morale per gli italiani in sede internazionale, di fronte al dilagare degli irregolari turchi. Le anni e le munizioni non difettavano alle bande e in qualche presidio ita179


liano vi erano addirittura santabarbare e depositi di armi ottomani. Si pensò quindi di farli presidiare e custodire da reparti del Corpo di Spedizione, come si faceva già a Sokia, tentando così di respingere qualsiasi accusa greca d.i collaborazionismo. Un particolare, che venne notato da Carossini, era il comportamento a tendenza autoritaria del colonnello ~evket. Questi per compiere la propria piccola mobilitazione, disponendo di pochi uomini di collegamento, spesso ricorreva per requisizioni e prestazioni forzate a sistemi molto energici, che talvolta erano criticati da1le stesse popolazioni, benché unanimi nell'approvare gli scopi dell'impresa. In quella zona Kuluk poteva rappresentare un ottimo avamposto italiano per controllare il via vai cli mobilitazioni incrociate. Qui v.i erano diversi locali vuoti, che potevano riuscire molto utili per la base italiana, quali alloggi, caserme, scuderie, magazzini e depositi . Carossini cercò di facilitare le relazioni tra l'autorità turca e il comandante cli presidio, perché tutti i locali che i) comando italiano avesse richiesto fossero concessi a un prezzo equo e prima che la concorrenza privata venisse a contenderli . In quest'ottica il comando cli presidio avrebbe avuto però bisogno di una ce1ta libertà d'azione per poter provvedere, d ' accorcio con il servizio delle comunicazioni marittime e degli scambi . Nel Mentescè vi erano disponibiU smeriglio, tabacchi, avena, cotone (a Dalma), ma occorrevano petroli, manifatture, caffè, paste alimentari e riso. Tuttavia il problema principale era quello stradale. Il mutasserifriteneva molto opportuno fare di G ir Ova il porto ciel suo distretto, però aggiunse che per evitare la lunga navigazione necessaria per doppiare il Capo Crio sarebbe stato meglio spingersi fino a Mannarizza. Si trattava in tutto di 60 chilometri di percorso, dei quali circa 30 erano già percorribili con auto. Il mutasserif aveva già i fondi per il riassetto delle strade, ma non trovava mano d'opera. Carossini gli promise di metterlo in relazione con un abile cottimista anconetano abitante da anni a Smirne. Questi era giudicato «un ottimo italiano», facoltoso imprenditore e avrebbe potuto assumere il lavoro. Il maggiore fece presente a Rodi che il lavoro sarebbe stato più sollecito, se vi potessero essere adibiti soldati specialisti, quali minatori e muratori, che però scarseggiavano tra le truppe dislocate. Anche la strada tra Akikoi e Mugla con un ponte asportato dalla piena avrebbe avuto bisogno cli essere riparata. Le travi a doppio T giacevano ancora tutte sul greto e con poca fatica si sarebbe potuto riparare il guasto. Le strade, come erano allora, risultavano essenziali per gli autoveicoli. Occorreva farle riparare, non occorrendo neppure molto lavoro per le operaz.ioni più importanti. Si sarebbe potuto pure senza spesa e con grande vantaggio stabilire una linea di tappe ogni 30 chilometri circa, per facilitare i trasporti a soma e con carretto . Tra Milas e Akikoi la strada attraversava un grande bosco cli pini, dove con l'istallazione di una piccola segheria con motore a scoppio si sarebbe potuto provvedere con minima spesa a tutte le tavole e i murali necessari alle truppe ,23 approfittando per il trasporto dei mezzi, che ritornavano scari21 · Carossini

fece presente che un lavoro simile era fattibile. perché già sperimentato per il deposito convalescenziarjo di Corfù.

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chi dopo aver portato gli approvigion amenti per le truppe. Se si fosse provveduto con tempestività in questi interventi, si sarebbe evitato l'impraticabilità della rete viaria, che in quelle condizioni ne l periodo autunnale sarebbe s tata sicura. A metà giugno le ispezioni e gli incontri ciel maggiore dei carabinieri mostrarono una chiara fotografia della realtà dell ' interno dell' Anatolia, variegato sì ne l giudizio specifico delle singole persone incontrate, ma in generale sempre fiducioso verso i " briganti", concil iante verso gli italian i, sospettoso verso gli Alleati e apertamente ostile verso i grec i. Un fatto molto curioso (anzi profetico, con il senno de l poi) fu il colloquio rra Carossinj e il mutasserifdi Deni zli.11 turco. giudicato dall'italiano persona colta e pratico di politica generale, oltre a sottolineare che la conferenza cli Versai lles non aveva nessun di ritto di affidare territori turchi ai greci. aggiunse: «noi vediamo delinearsi nel fum ro una alleanza tra Italia - Gcnnania -Austria tedesca e Giappone alla qua le ci uniremo noi pure>>.24

L' INTERVENTISTA 8AT'fISTONI

Come si è potuto ricavare dalle testimonianze dei vari protagonisti del Corpo di Spedizione , gli italiani avevano trovato da subito un clima cordiale e solo a tratti d iffidente. Non così i grec i e proprio questo clima aspro, succe!.>sivo allo sbarco a Smirne e alla loro penetrazione verso l' interno, aveva acutizzato il conflitto fra ]oro e i turchi , al quale le truppe italiane si mant'enevano estranee sia per opportunità che per necessità. La neut ra lità era però resa djffi cile dall'aggressività delle formazioni elleniche, che in diverse occasioni aprirono il fuoco s ui repa1ti italiani, e dai tentativi di questi di proteggere le minoranze dalle strag i e dalle persecuzioni. Le disposizioni date in proposito da Roma erano però g iudicate da Battistoni «vaghe, evasive e di impossibile applicazione» .25 TI generale, nel riferire circa i conflitti avvenuti il giorno 14 g iugno tra indigeni cli nazional ità greca e turca nei p ressi di Scalanova sulla strada per Sokia, aveva accennato aIJa possibilità di provvedere a un ordine di disarmo del le popolazioni a opera delle autorità locai i. Gli italiani del resto, per consegna, potevano solo essere ::;pettatori e riferire di conseguen za. L a questione fu prospettata al governo, dimostrando la difficol tà cli attuazione di un provved imento cli tal genere. li Comando Supremo osservò che tale azione coercitiva avrebbe suscitato altri conflitti con gli indigeni greci, di cui non si potevano prevedere le conseguenze, sop rattutto se a provvedere al disanno fosse ::;tata la gendarmeria turca. In queste circostanze gli alti vertici militari italiani giudicarono più opportuno far intervenire proprio gli uom ini di Batti ston i, neutrali e quindi probabilmente più autorevoli. Ris ultava più conveniente che le 2'

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AUSSM E. E-3. b. 7, f. 7/3 .diario di Carossini. V. Galli nari. op. cit. p. 129. 181


truppe italiane, seguendo le direttive circa l'azione in Anatolia con lo scopo di mantenere l'ordine pubblico, potessero intervenire caso per caso, procedendo con eventuali disarmi parziali, d'accordo con le locali autorità turche, mantenendosi però il più possibile estranee a competizioni locali di ordine politico. La situazione aveva del paradossale. Gli italiani si trovavano nell'imbarazzante situazione di non poter agire o con molta circospezione, ma allo stesso tempo s:i trova vano prossimi a gravi incidenti, che ancora per non molto si poteva evitare di chiamare vera e propria guerra. Battistoni, spesso in contrasto con il governo e sempre pronto alle dimissioni, viveva con molti dubbi e perplessità la situazione politico-militare che gli si prospettava davanti: La nostra situazione di }i-onte ai turchi è buona: essi ci accolgono ovunque con viva simpatia, sperando in una generica cooperazione per l'avvenire, ma sopratutto altendono da noi una efficace protezione contro i greci. Mentre bande turche armate attaccano i greci dal nord e dall'est nelle valli dell'Ermo e del Piccolo Meandro, e mentre forze maggiori forse si raccolgono a tergo di queste bande, regna invece la tranquillità nella zona da noi occupata, cioè a sud del grande Meandro. Ciò devasi alla nostra presenza, e meglio alla speranza nutrita dai turchi che la nostra presenza impedisca ai Greci di passare il grande Meandro. Essi lo han.no dichiarato: "garantiteci che i greci non passeranno il Meandro e noi vi assicuriamo che staremo tranquilli jldando nella vostra protezione. Il giorno però nel quale i greci invaderanno la regione a sud del Meandro succederanno probabilmente grossi guai, poiché noi - dicono i turchi - disponiamo di circa 60 .000 uomini e siamo disposti tutti prima di rassegnarci all'occupazione greca" Ne consegue che l'attitudine amichevole e.fiduciosa dei turchi verso di noi non ci deve illudere, essa è condizionata, è impegnativa: essi attendono da noi afj'idamenti precisi. Siamo noi in grado di darli? I Greci continuano ad estenersi, a dilagare, a sbarcare a Smirne nuove.forze. Pare che due nuove divisioni dalla Bessarabia saranno trasportate in Anatolia; a Smirne si stà costituendo un Comando di Corpo d'Armata, ma già.fin d'ora può dirsi che le forze sbarcate in Anatolia raggiungano la forza di un Co,po d'Armata. È evidente l'appoggio che gli Inglesi danno ai Greci. È noto che ai Greci era stato concesso di occupare solo il Sangiaccato di Smirne (escluso l'appendice Aiassoluck-Scalanova) e eh.e eventualmente occupazioni all'infuori di esso dovevano essere autorizzate dall'Ammiraglio Inglese di Smirne solo nel caso di gravi turbamenti dell'ordine pubblico. Di questa facoltà discrezionale l'Ammiraglio Inglese si vale per favorire i Greci; egli ha consentito l'occupazione di Aidin ove l'ordine pubblico non era affatto turbato, avrebbe consentita l'occupazione di Solda se noi non avessimo energicamente 182


protestato, e mentre il consiglio dei Quattro aveva stabilito che i Greci potessero solo valersi della ferrovia Smirne-Aidin, ora si è concesso che occupassero anche Nazli: poi verrà Donizli . Nessun limite pare sia posto alla marcia dei greci verso oriente lungo la f errovia, e già essi si vanta,w che occuperanno anche Konia. L'ammiraglio Inglese giorni addietro telegrc~fàva: ''È fortemente deplorevole che forze armate di qualunque potenza corrano ad occupare località con intenzione di precedere la conferenza di Parigi". Il telegramma era diretto al Comandante Greco, mafu comunicato anche a me, onde ho motivo di credere che /'Inglese parlasse a nuora perché suocera intendesse. Giorni addietro lo stesso ammiraglio, alle mie rimostranze per il continuo dilagare dei greci, mi rispondeva in via generica che li aveva richiamati all'osservanza dei patti convenuti, ma nelfrauempo mi chiedeva quale.fosse la dislocazione delle mie truppe e quali località intendessi di occupare. Risposi che non mi vedevo autorizzato a comunicarglielo. Gli Inglesi nel loro appoggio ai greci pongono in non cale [ sicJ 01;ni doveroso riserbo verso di no i: basti il dire che nella zona da noi occupata (Giroba-Milas-Mugla) mi viene segnalata la presenza di ufficiali inglesi che fanno propagandafilellenica. Dopo l'incidente del J O giugno a Kurfalia , nel quale per poco non si ruppero le ostilità coi greci, questifi1wra non hanno più insistito nell'estendersi a sud, ma avanzano invece verso est. Dato però an che la sfera d'influenza greca è delimitata in. modo così vago che consente ai greci di giuocare la malafede nell'equivoco sulla complicità degli inglesi non è escluso eh.e altri incidenti del genere possano da un momento a ll'altro ripetersi.26

Questo clima non poteva che portare gli jtal iani a diffidare non solo dei greci, ma degli stessi inglesi e soprattutto dell 'ammiragJio Calthorpe, che non sempre ricopriva il suo ruolo di arbitro con severa imparzialità . Il 1° giugno il comandante della Duilio, capitano di vascello Magliano, si recò dall 'ammiraglio inglese e dall ' Alto commissario greco a Smirne, che dopo alcuni tentennamenti dichiarò di aver impartito ordini affinché le truppe elleniche si ritirassero ad Aiasoluk, senza ulteriori avanzamenti più a S ud . Nella vaJle del Meandro avrebbero li mitato cosl l'occupazione ad Ajd in con alcuni nuclei lungo la ferrovia. J greci avevano nel frattempo evacuato Kurfali e anche Bergez, che ven nero occupate ciascuna con una compagnia del I battaglione del 34° fanteria. Paralle lamente anche gli ambienti politici si interessarono agli scontri nella zona di confine con chiare richleste . Da Atene , dopo alcune lagnanze italiane per insulti e saccheggi commessi contro i propri connazionali e i propri vessilli, il governo si mostrò dolente per gli in26

AUSSME, E-3, b. 6, f. 6/2 a, relazione di Battistoni dell' 11 /6/1919. 183


cjdenti e garantì che ordini categorici erano stati impartiti per impedirne il ripetersi .27 Le rassicurazioni greche tuttavia non migliorarono gli episodi cli contrasto. Il 2 giugno due episodi riaccesero i contrasti. Una piccola pattuglia italiana ebbe delle noie a Smirne, risolta con una chiarificazione di De Grenet con il colonnello Efiri, comandante d'occupazione. Un reparto italiano a Orfali, a Sud della linea fenoviaria Aiasoluk-Aidin all'altezza di Azizié, prese contatto con truppe greche di «attitudine ostile>>. Il comandante greco dichiarò al capitano italiano di aver ricevuto ordine d'impedire il passaggio. Il tenente colonnello Ferrari, comandante del 34° reggimento fanteria recatosi ad Azizié per conferire con l'omologo del settore greco , ad analoga risposta, declinò ogni responsabilità derivante dall'occupazione con la forza. Sopraggiunto il capitano Ciano con reparti di arditi e sezione mitragliatrici venne fermato anch'egli da ufficiali e pattuglie greche , che puntarono le armi contro il comandante italiano, che proseguì protestando vivamente e ordinando all'ufficiale il ritiro dei suoi uomini. Queste minacce sortirono quanto voluto. Ciano giunse a Azizié, riuscì a parlare con il colonnello greco responsabile del settore, ottenendo il ritiro delle truppe elleniche dalla zona di Orfali, che fu occupata dagli .ittùiani . Prima di ripiegare, le formazioni greche resero gli onori militari al capitano Ciano e al tenente colonnello Ferrari. Un altro reparto italiano il 2 giugno occupò Bergaz sulla strada Scalanova-Tekké. Poco dopo vi giunse un reparto di 120 militari greci. Ciano invitò il colonello ellenico a ritirare i suoi uomini al di là della ferrovia. Si è visto come il "Consiglio dei Tre" avesse una predilezione per la Grecia nelle sue rivendicazioni. Per gli inglesi e francesi aveva una spiegazione strategica, per gli americani un significato idealista, per tutti una lezione contro l'Italia che si era dimostrata, ai loro occhi, capriocciosa e testarda nelle sue richieste da egoista parvenue. Da parte sua Atene, se ammaliava le platee con la pirotecnica oratoria cli Yenizelos , cercava in tutti i modi di screditare Roma. Di questo gli italiani ne erano coscienti e a maggior ragione il comando de1 Corpo di Spedizione. Ai primi cli giugno Battistoni con piglio polemico espresse la sua convinzione sull'evidente appoggio inglese ai greci , che provocando disordini in Anatolia, a suo dire , aveva l'obiettivo cli creare difficoltà all'operato italiano e fornire i pretesti per ulteriori inte.-venti di Atene. Secondo lui era ovvio come in tali casi l'azione italiana dovesse inevitabilmente volgersi contro i greci e - di riflesso - a favore dei turchi. Le esigue forze però non lo avrebbero permesso, allora propose in forma chiara qualcosa cli più ardimentoso: «non sarebbe addirittura il caso di organizzare e di dirigere la resistenza turca». Cosciente della portata dell'operazione, che oltrepassava la sua competenza e le sue facoltà, non poteva che rimettersi al volere ciel governo. Rese noto che fra i 50.000 turchi e altrettanti greci che si «azzuffavano» non sarebbe stato facile mantenere l'ordine con 2.000 o 3.000 italiani, non potendo contare sulle truppe del settore Aclalia-Tsparta, troppo lontane dalla zona calda. 2 ;

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AUSSME , E-3 , b. 6, r. 6/4 e, telegramma di Sonnino a Comando Supremo del 5/6/ 191 9 .


Il generale Batti stoni presenzia a una rivista di truppe a cavallo presso Scalanova

In termini di paragone, fece presente che nel periodo dal 3 maggio all'8 giugno gli italiani erano riusciti a sbarcare in Anatolia solo 3 battaglioni di fanteria, mentre dal 15 maggio al 4 giungo i greci avevano Lrasportato a Smirne 22 battaglioni , 3 reggimenti d i cavalleria, 7 batterie eia montagna, 1.000 gendarmi, aggiungendo almeno altri 3.000 individui g ià congedati residenti in Asia Minore e in quel periodo di nuovo incorporati. ln complesso si poteva valutare in circa 38.000 uomini la forza presente in Anatolia e g ià era stato annunciato l' invio di un'altra divisione dalla Bessarabia e la costituzione di u n comando di Corpo d ' Armata a Smirne. Quando sarebbero stati ultimati gli sbarchi ital iani, egli invece avrebbe avuto a disposizione solo 7 battaglioni di fanteria, 3 batterie di artiglieri.a da montagna e 2 squadroni di cavalleria. Questa grande s proporzione di forze era resa ancora più grave dalla circostanza che, mentre i greci erano relativamente concentrati nel sangiaccato di Smirne e nelle sue vicinanze, le truppe del Corpo di Spedizione erano disseminate da Adalia a Scalanova , ovvero su un ten-eno d ' azione lungo circa 400 ch ilometri. A tale inconveniente non era possibile rimediare, poiché sulla di.rettrice Adalia-Burdur-Ispa1ta, che costituiva scacchiere a parte non era possibile dislocare meno di un reggimento . Mentre i presidi di Macri, Mannarizza, Bodrum, Kuluk, Mugla per quanto ridotti assorbivano a.Imeno un battaglione, così che Battistonj non poteva mai avere sulla linea del Meandro più di 3 battaglioni. Ad aggravare la situazione degli italiani erano le strade e Je altre vie di comunicazioni del tutto ineadeguate per gli spostamenti frontali, mentre i greci disponevano della strategica ferrovia, anche se sempre più oggetto delle scon-ibande degli itregolari tw·chi. 185


Altro fattore sfavorevole era che gli :italiani si dovevano guardare anche le spalle perché la popolazione della costa e delle isole era in prevalenza greca. Samo era la culla del brigantaggio greco, elementi tutti molto ostili e che in determinate circostanze avrebbero potuto essere pericolosi per le retrovie italiane.L'area della zona di influenza che il Corpo di Spedizione occupava e che doveva controllare in Anatolia veniva valutato da Battistoni all'incirca iJ doppio dell'area della Sicilia oppure all' area di tutta l'Italia settentrionale, ma le difficoltà di spostamento per mancanza di strade e per la natura ciel terreno erano molto maggiori. Il generale si interrogava quindi: «Chi si senti.rebbe cli fare la gue1w o semplicemente di tutelare l'ordine pubblico nell'Alta Italia con 7 battaglioni e in Sicilia con 3 o 4 battaglioni? E tutto ciò senza poter disporre neppure di una ferrovia?». Quanto esposto, per lui bastava a dimostrare come le forze destinate alle spedizioni in Anatolia non erano per nulla sufficienti né per imporsi contro i greci, né per imporsi contro i turchi, né per appoggiarli con efficacia, né per dare loro la tranquillità alla quale aspiravano, né per frenarli qualora essi volessero scagliarsi contro i greci. Secondo Battistoni sembrava paradossale (e ora diremmo essere anche profetico) che alla vigilia della pace e mentre a Parigi si discuteva sul disarmo, si consentisse invece alla Grecia uno sfoggio di forze che sembrava il preludio di una nuova guerra. In tono polemico egli annotò come tali conclusioni non dovessero portare che a una sorta di autocritica e indurre a considerare se per parte italiana si fosse prevista tutta la vastità dell'impresa, alla quale ci si era spinti, e quindi se si fosse pronti ad affrontarla con mezzi adeguati per l'avvenire. L'occupazione greca del sangiaccato di Smirne e di una parte del vilayet di Aidin aveva interrotto le comunicazioni delle autorità ottomane dell'Anatolia meridionale (specialmente del sangiaccato di Mugla) con il governo centrale di Costanti nopoJ i, rimanendo senza orientamento e istruzìoni. Inoltre le autorità ottomane di quella parte del vilayet di Aidin, che era occupata dagli italiani, risultavano anche separate dal valì di Smirne, che risiedeva nel territorio occupato dai greci. Secondo Batt.istoni, allo scopo di assicurare il funzionamento degli organi governativi ottomani, sarebbe convenuto che il governo di Costantinopoli modificasse sia pure in via provvisoria le relazioni gerarchiche delle sue autorità stanzìate nel territorio occupato dalle forze del Corpo di Spedizione, mettendolo tutto alla dipendenza di un 'unica autorità, che sarebbe potuto essere il mutasserifcli Mugla (capo del sangiaccato di Mentech~). Il comando italiano avrebbe potuto agevolare le relazioni per via marittima eradiotelegrafica fra Mugla e Costantinopoli. In questo frangente avrebbe trovato utilità l'istituzione di una linea di cabotaggio Costantinopoli-Scalanova-Kuluk-Rodi, la quale sarebbe stata molto gradita ai turchi e avrebbe avvantaggiato anche gli italiani. Seguendo questa linea poUtica, Tittoni ai primi di luglio darà istruzioni a Sforza di intercedere presso la Sublime Porta in questo senso, «mostrando pieno valore tale proposta che conferma nostra volontà mantenimento sovranità ottomana».28 28

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AUSSME, E-3, b. 6 , f. 6/2 a, telegramma di Tittoni a Sforza del 5/7/1919.


L' interessamento italiano avrebbe garantito anche un altro vantaggio non da poco per la situazione interna: mettere tutta la zona occupata dagli italian i alla dipendenza di mutasser(f di Mugla avrebbe agevolato anche la riscossione delle tasse, il cui ricavato serviva a pagare le spettanze dei funzionari otto mani. Gli inconvenienti del mancato pagamento degl i stipendi per parte del governo ottomano nei territori considerati era evidente e tale da giustificare l'interessamento italiano , con relativo incremento di gratitudine della burocrazia ottomana. Con essa s i poteva quindi avv iare un 'attiva consulenza di gestione ammi nistrati va . Al f ianco delle autorità turche avrebbe giovato stabilire dei commissari italiani , che senza menomare l'autorità dei fu nzionari stessi cooperassero con essi e servissero da collegamento fra l'autorità turca e quella italiana. Nell'interesse della sicurezza e dell'ordine pubblico, sempre al fine di collaborare con gli uffici turchi, si doveva provvedere affrnché i rasc-elbeledye, i mudir, 29 i caimacan vegl iassero con maggior efficienza aJle misure pi ù urgenti relative alla sorveglianza de lla popolazione, ai controlli sul transito, alla censura dei giornali, ai calmieri, alle requisizioni di locali per uso mi litare. Secondo Battistoni questo prov visorio riordino politico-amministrativo poteva essere ottenuto in accordo fra l'Alto commissario italiano a Costantinopoli e il governo turco . Nel contesto cli queste relations dangereuses tra gli italiani e i " nemici" ottomani, proprio Sforza già di suo aveva avuto a che fare con imbarazzanti proposte di Damad Mehmed Adii Ferid pascià, dal 4 marzo 1919 nuovo gran vizir a Costantinopoli. Due setti mane dopo lo sbarco a Smfrne, il premier ottomano chiese udienza all ' Alto commissario. Illustrò i drammatici rivolgimenti che si sarebbero sviluppati se Venizelos avesse ancora perseverato nel la sua pol itica anti-turca, non senza accostarvi un rimed io a suo dire miracoloso: «questo pericolo non ci sarebbe se, non la Grecia, ma una grande potenza amata dai turchi fosse incaricata di occupare Smi rne e il suo vilayet [ ...J Perché l'Ital ia non organizzere bbe un plebiscito della popolazione ciel vilayet d' Aidin che sarebbe unanime per invocare un'occupazione militare italiana al posto della greca?» .30 Sforza comprese che non c'era nulla cli buono in quel che proponeva il gran vizir, tra l'altro non più auto revo le verso Ja Nazio ne turca o nella possibilità cli rappresentare q ualcuno o qualcosa oltre se stesso. Se Battistoni evidenziava uno stato di cose reali e potenzialmente vantaggiose, sol.o un diplomatico avvezzo e capace di valutare l' intero quadro politico poteva riportare a san i consigli le impressioni e le ipotesi di far esplodere un teneno già di suo minato. Tutavia le re lazioni e la collaborazione tra italiani e autorità ottomane continuavano . Per quanto riguardava la gendarmeria, il maggiore dei carabinieri Carossini si era speso per ottenere che fosse formato un reggimento la cui circoscrizione corrispondesse alla zona occupata dal Corpo di Spedizione o quanto meno, che la genclanneria cs.istentc nella zona cli infl uenza itaUana non dipendesse da autorità residenti 20 Mudir:

goventatore di una provincia.

·'°C. Sforza. op. cit. , pp. 5 9-60.

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nella zona greca. I gendarmi e i militari rimasti a Nord della ferrovia, lì inutilizzati anche perché ten-orizzati dai greci, avrebbero potuto essere richiamati e colmare le deficienze cli organico. Il concorso della gendarmeria turca, sulla quale Carossini e in genere i carabinieri italiani avevano acquistato molto ascendente , sarebbe potuta tornare molto utile, in specie per tutti quei servizi giurisdizionali, rimasti in capo a nonna del!' armistizio all'autorità ottomana, che manteneva la sovranità legale. Considerato però che i gendarmi avevano una paga misera e precaria, secondo Battistoni sarebbe convenuto sussidiarli a carico del bilancio italiano, salvo a rivalersi. della spesa prelevandone poi il rimborso sulle tasse da percepire destinate allo stato ottomano. In alternativa, quanto meno, si sarebbe potuto intanto corrispondere ai gendarmi, che avrebbero cooperato nel servizio d.i investigazione e di poi izia con la truppa italiana almeno i viveri e gli indumenti, come scarpe e biancheria di cui erano deficitari. Il generale ritenne che dallo stesso bottino cli guen-a fatto dagli austriaci si sarebbe potuto agevolmente prelevare del materiale cli equipaggiamento da mettere a disposizione del Corpo di Spedizione per tale scopo. Tali provvedimenti di portata non molto gravosa sarebbero stati molto utili, secondo le valutazioni di Battistoni, per assicurare la cooperazione della gendarn1eria turca. 31 A metà luglio Tittoni si espresse sul riordimento della circoscrizione della gendarmeria ottomana, approvando l'operato di Carossini. Accolse anche la possibilità, espressa dal comandante del Corpo di Spedizione, di provvedere a qualche sussidio e aiuto di viveri o altro in favore dei gendarmi turchi per servizi fatti nell ' interesse dell' Italia. Tuttavia, nella speranza che a Parigi fossero decisi dei miglioramenti territoriali, fece presente come la zona destinata a Roma non appariva ancora definitiva. Pertanto sembrava, sotto un certo punto di vista, prematuro un completo riassetto della circoscrizione, che sarebbe probabilmente mutata in breve tempo . Secondo il ministro una definitiva riorganizzazione poteva essere fatta solo a sistemazione avvenuta della posizione di. diritto, ottenuta dall'Italia al tavolo della pace.32 Intanto le condizioni della sicurezza nei territori occupati erano minacciate dalla propaganda politica greca, che mirava a provocare incidenti addebitabili ai turchi, che potessero dare il pretesto a ulteriori occupazioni da pa1te dell'esercito cli Venizelos . Verso gli italiani si svolgeva una sistematica opera di denigrazione , fatta sia a mezzo della stampa, sia per mezzo del clero greco, sia con altri modi ancora meno "ortodossi". Questo era facilitato dall'elemento ellenico , molto n umeroso a Sokia e nelle località costiere (Scalanova, foce del Meandro , ecc.), che esercitava un attivo spionaggio militare a danno degli italiani . Si distingueva in questa opera ostile .il metropolita greco di Sokia, che eccitava l'opinione pubblica contro gli it~ùiani , alimentava agitazioni e esercitava azioni cli spionaggio . Da quanto confessato allo stesso maggiore Carossini, egli informava regolarmente le autorità militari greche a Torbali li

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AUSSME, E·3, b. 6, f. 6/2 a, relazione cli Battistoni cicli' J 1/6/l9l9. AUSSME, E-3, b. 6, f. 6/2 a, telegramma di Tittoni a Co1mmdo Suprerno del 14/7/1919.


e il colonnello greco Zapheiriou a Smirne di tutto ciò che rifletteva la dislocazione e i movi menti delle truppe del Corpo di Spedizione. Inoltre forniva anche notizie inesatte , tenden, iose e addirittura false sul formars i di bande turche e sulle cond izioni dell'ordine pubblico nel territorio occupato dagli. ital iani . In questo modo svolgendo il ruolo di agente provocato.re, inaspriva le relazioni non solo fra greci e turchi, ma anche fra greci e italiani. Battistoni, preoccupato per questo, interessò anche le autorità italiane ad Atene per sollecitare al governo greco l'allontanamento del metropolita da Sokia e perché fosse moderato lo zelo pol itico del relig ioso. La richiesta venne inoltrata anche a Sforza, poiché quel metropolita dipendeva dal Patriarcato ecumenico di Costantinopoli _33 Altro elemento pericoloso per J ' ordine pubblico era il brigantaggio samiota. I briganti dell'isola di Samo, ai quali si aggiungevano molti profughi el1enici là riparati da anni e in precedenza abitanti della valle ciel Meandro , approdavano nella penisola a Sud di Scalanova e rubavano molto bestiame, che portavano poi nella loro isola. In un conflitto con questi briganti restò ucc iso un gendarme turco e ne venne ferito un altro; vennero uccis i d ue contadini turchi e un migliaio di capi di bestiame fu rubato. S i calcolava che più d i un migliaio cli fuoriuscit i greci dediti, per istinto naturale e per rappresaglia, al brigantaggio fossero ormai tornati per ferrovia e per mare nei paesi ciel basso Meandro. Di fronte a queste considerazioni Battistoni si interrogò sul eia farsi, proponendo delle ipotesi molto audac i e autoritarie. Contro la propaganda sarebbe servita la censura sulla stampa, sul telegrafo, sul telefono , sul servizio postale, intesa a impedire le comunjcazioni fra gli ellenici della zona occupata dai greci e i loro connazionali della zona occupata dagli italiani. Essa avrebbe dovuto essere esercitata in accordo con le autorità turche, ma il Corpo non disponeva del personale necessario per istituire questi servizi, che avrebbero richiesto spec~almente numerosi interpreti. Queste misure avrebbero dovuto inoltre essere i ntegrate da un controJJo sulle persone, che passavano attraverso la linea di delimitazione fra la zona di influenza greca e quella italiana, ma anche in questo caso le difficoltà erano contingenti. La linea non era ancora definita con precisione, né era stabile e le truppe del Corpo <li Spedizione per la loro esiguità non erano assolutamente in grado di stendere u n cordone di sorveglianza, che avrebbe dovuto avere un' estensione di oltre 100 chilometri per terra lungo la valle del Meandro e di 200-300 chilometri lungo la costa. Un fattore dete1Tente a questo provvedimento era che il complesso d i queste misure avrebbe portato in defmitiva a stabilire una baiTiera fra zona Nord e Sud della ferrovia e quindi , per l' inevitabile rappresaglia greca, a impedire agli stessi italiani di comunicare con la zona di Sm irne, po1tando un danno forse superiore a quello che si voleva evitare. Tuttavia a scopo preventivo, l'avvertimento presso il governo di Atene di un'escalation in tal senso, poteva far comprendere che un' opera inuenta e impulsiva 1-'

AUSSME. E-3. b. 6. f. 6/2 b . 1clegramma di Bauistoni a Comando Supremo del 19/6/19 19. I S9


oltre a inasprire sempre più le relazioni italo-greche, avrebbe rafforzato, per naturale reazione, le simpatie italo-turche. Contro il brigantaggio e il contrabbando samiota si cercò invece cli provvedere con una crociera di Mas, supervisionata eia Ciano, lungo la costa eia Scalanova a Kuluk e con un piccolo distaccamento che il comando di Battistoni aveva istituito a leronta. Se tali misure rappresentavano un freno, non erano però sufficienti a ottenere risultati accettabiIi. Per la cronica deficienza di mezzi terrestri e navali era impossibile darvi maggiore estensione. Per migliorare il servizio cli navigazione fra Rodi e l'Italia lo si poteva rendere più frequente e più celere, specialmente in relazione al trasporto di militari che andavano e venivano dalla licenza. Di grande utilità poteva essere una linea cli cabotaggio, che facesse il servizio Costantinopoli- Smirne-Scalanova-Kuluk-BodrumRocli. A questo proposito osservava Battistoni che, mentre la Soci.età Puglie faceva il servizio per i porti greci (Corfù , Patrasso , Pireo) , i piroscafi greci (a esempio il Rumely) facevano il servizio, nonché attività di spionaggio e contrabbando cli armi, fra la Grecia, le isole del Dodecaneso e i porti cieli' Anatolia (specialmente Macri). Per il generale un mezzo pratico e veloce poteva essere l' imp.iego di aeroplani e idrovolanti. Essi potevano trovare svariati usi: per i rilievi topografici, dato che non si potevano per il momento eseguire rilievi regolari geoclatici, mentre le carte rappresentavano il terreno in modo molto incompleto e inesatto; per ricognizioni in genere; per servizi cl.i posta aerea, perché i servizi postali ordinari non funzionavano più e raramente fu nziova il telegrafo turco; per propaganda; eventualmente per difesa (aeroplani muniti di mitragliatrici). Campi di atterraggio se ne potevano trovare ovunque a Rodi , a Cos, a Lero, a Sokia, a Milas, a Mugla e ad Adalia. Trovando molta difficoltà a corrispondere con i vari distaccamenti del!' Anatolia, poiché la trasmissione non poteva farsi che settimanalmente , mentre le stazioni radio non consentivano che telegrammi brevi, richiedendo ripetizioni, Battistoni insistette sulla necessità che fossero riattivati i cavi Rodi-Marmarizza e Cos-Bodrum che avrebbero trovato poi il loro proseguimento nella rete telegrafica turca e nella rete militare italiana. Data l'estensione della zona occupata, a metà giugno il generale inoltrò alcune richieste in proposito: «stante condizioni viabilità troverebbe Anatolia utile impiego carettino leggero tipo austriaco. Risultano esistere grande quantità preda bellica. Pregherei inviarne, titolo esperimento, un centinaio»;34 sollecitò anche l'urgenza di almeno altre sei stazioni radiotelegrafiche carreggiate e l'invio di 600 chilometri di filo telegrafico, ma si dovette accontentare per il momento di soli 100 chilometri.35 Con l'estendersi dell'occupazione dell'interno del!' Anatolia si prospettava anche la necessità di lavori di indole svariato, di interesse militare e anche di interesse pubblico, i quali esorbitavano dalla possibilità e dalla competenza delle due compagnie :u AUSSME , E-3, b. 6, f. 6/3 a, 1.elegrnmma ti.i Bauistoni a Comando Supremo del 17/6/1919. 3s AUSSME, E-3, b. 6 , L 6/3 a, telegranuni di Tnini a Comando Supremo del 17/9/1919,di Bmtistoni a Com,mdo Supremo del 19/6/1919 e di Gu1.zoni del 28/6/19 19 .

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ciel genio zappatori, richiedendo ulteriori organi e personale appositi. Risultando prematuro parlare di lavo ri di grande entità quali bonifiche e grandi imprese stradal i e simjli, era indispensabile provvedere alla sistemazione di fabbri cati per gli accantonamenti e i magazzini , a stipulazioni di contratti di affitto, a liquidazioni di danni , a costruzioni di baraccamenti, a lavori idrici, a sistemazioni di ponti sulle p1incipa li arterie stradal i, a sistemazioni telegrafiche e telefoniche , a costruzioni di pontili nei porti, a impianti di segherie, fornaci di calce, ghiacciaie, a laboratori d i carpentiere specie pe r le riparazioni al carreggio. Secondo i calcoli dei tecnici del Corpo di Spedizione per l'impianto di questi servizi occorrevano: organj direttivi cioè una direzione del genio , un consig lio d 'amministrazione, uno o più ragionieri-relatori , degli uffici staccati (a Scalanova, a Kuluk, a Macri , ad Adalia); un laboratorio , un deposito di materiali diversi, fondi in denaro; mano d'opera apposita, avendo presente che la truppa di fanteria per la loro scarsità, per la loro mobilità, per i servizi di carattere militare, che le assorbivano completamente, non si potevano utiJjzzare . Le truppe del genio (2 compagnie) erano già poche per i lavori di campagna propriamente detti: siste mazione di qualche breve strada carreggiabile e mulattiera e di ponticelli di circolazione e simi li. Solo una piccola parte di esse poteva venire rec lutata fra gli indigeni, i quali oltre a essere di poco rendimento erano anche numericamente assai scarsi , sia per il depauperamento de lle lunghe guerre sia perché assorbiti dall 'agricol tura e dalla pastorizia . Pertanto sarebbe stato forse necessario inviarli dalla Madrepatria, provvedimento questo che sarebbe potuto servire a preparare una corrente di emigrazione dall' Italia in Anatolia. l notabili di Mugla avevano dato assicurazione che qualora l' influenza italiana fosse stata stabilita in modo definitivo ed efficace, tale da escl udere la possibil ità di qualsiasi penetrazione ellenica, sarebbero stati pronti a entrnre in trattative commerciali di tal genere, che le industrie e gli interessi italiani venissero ad avere garanzie e assoluta preferenza su qualunque altra nazione , per modo che le grandi ricchezze naturali del paese venissero messe in valore dall'operosità e dai capitali italiani a esclusivo vantaggio dell ' Italia e delle popolazioni dell' Anatolia. l n ottemperanza alle comunicazioni ricevute, Battistoni espresse l'intenzione di non tralasciare di far assumere info1mazioni c irca la specie ed entità deJle merci di cui abbisognava l' Anatolia e di quelle che invece essa poteva offrire a ll'Italia. Fece anche presente che non disponeva di personale competente per fare in materia studi completi , statistiche , ecc. , mentre d ' altra parte conveniva di iniziare subito il lavoro di penetrazione senza attendere il risultato di lunghi studi teorici che avevano scarso valore pratico e che in defini tiva finivano con il giacere negli archivi ministeriali. Egl i riteneva più pratico che fossero in viati senza indugio de i piroscafi dì prova, portanti articoli di cui lo smercio appariva sicuro, quali a esempio tessuti e mercerie, fez , manifatture in genere, chincaglierie, riso e possibilme nte caffè e zucchero. Essi potevano fare scalo a Scalanova (per Sokia), a Kuluk (per Milas e Mugla), a Boclrum, a Macrì e ad Adalia (anche per la zona di !sparta). 19 1


Con tali piroscafi di prova potevano essere inviati anche agenti commerciali seri, onesti, accreditati che raccogliessero le domande e le offerte per nuove spedizioni . Sokia, Milas, Mugla, Macri,Aclalia sarebbero state località opportune per l'impianto cli mercati. Per i trasporti fra la costa e l'interno, mancante fen-ovie, occorreva impiegare cammelli cli cui vi erano sul luogo abbondanti carovane e in taluni casi ancora autocarri qualora vi fosse la convenienza economica. Il dromedario, impropriamente in Turchia come in Libia chiamato cammello, era molto diffuso in Anatolia dove si prestava molto bene per il servizio di carovana. Le truppe italiane si valsero infatti in larga misura di questi animali per i trasporti , ma il prezzo di nolo delle carovane era così rilevante che più spesso conveniva l'acquisto dei quadrupedi piuttosto che il noleggio, con il quale si finiva per pagare quattro volte di più. Era necessario in ogni caso rendersi indipendenti dalle carovane dei cammelli locali, che poiché erano di per esse necessarie, diventavano ogni g iorno pi ù costosi . Si richiese l 'autodzzazione per procedere all'acquisto del numero di cammelli richiesto dall'esigenza dei trasporti. Per il loro governo ci si poteva valere dell' opera dj un numero adeguato cli ascari libici, scelti fra i battaglioni più fidati . Questi ascari avrebbero rappresentato anche un buon mezzo cli propaganda perché, come già si era verificato a Rodi durante la breve permanenza che vi. fecero il IV e metà del VIII battaglione libico, sui turchi produsse impressione favorevole nel vedere altri musulmani così devoti all'Italia. Questa stessa motivazione, per esempio, era stata alla base della scelta francese di far presidiare la ferrovia ne lla zona tra Magnesia e Afiun Karaissar da senegalesi musulmani , che i turchi avevano accolto come segno di speciale riguardo e con i quali avevano fraternizzato.36 Ecco quindi che margini immediati di scambi proficui e attività cli commercio erano a portata cli mano, all'interno ciel piano politico-militare del Corpo di Spedizione . Per l' importazione in Italia si trovavano pronte in ogni porto anatolico grosse partite di tabacco, che vi giacevano invendute. Abbondava anche il bestiame e vi era molto olio da raffinare. Una buona speculazione poteva farsi con la preparazione della carne di cinghiale, che era pure molto abbondante e che i locali non mangiavano per ragioni religiose . Batt.istoni non riteneva difficile ottenere dal governo ottomano o anche semplicemente dalle autorità locali (mutasserif di Mugla) i necessari esoneri ai divieti di esportazione e importazione , tuttavia lo scambio di merci contro altre merci non sembrava cli pratica attuazione . Sarebbe stato preferibile stabilire, da persone competenti in modo costante, il relativo rapporto fra la valuta italiana e quella turca, che poteva essere fatta da agenzie bancarie italiane, qualora esse fossero create per esempio a Sokia, a Mugla e ad Adalia. Alcune idee, inerenti imprese industriali e agricole , erano: introduzione di macchine agricole, impianto di torchi e raffinerie per olio, poiché le ol.ive erano buone e 36

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AUSSME , E-3, b. 4 , f. 4/3 a, lettera di Capon al presidente del cons ig lio del 22/6/1919.


abbondanti , ma i torchi per o! io esistenti erano insufficienti a smaltire la produzione, cosicché le olive inacidivano e l'olio prendeva un sapore sgradevole; impianto dì segheria, di teleferiche per trasporto di legnami, impianto di luce elettrica in alcuni dei centri principali (per esempio a Mugla), impianto di cinematografi. Fra i lavori pubblici di maggiore entità si segnalava per il momento il mig lioramento dei porti di Kuluk, Po1to Giova e Marmarizza e delle comunicazioni che li collegavano con Milas e Mugla, compensando così la perdita di Smirne per l'Italia. Marrnarizza poteva diventa.re una magnifica base navale da guerra e anche un discreto attracco commerciale, assai migliore di Rodi. Sarebbe stato necessario però subito intervenire alla costruzione della rotabile Marmarizza-Giova lunga 35 chilometri e completare quella Giova-Mugla. La città di Mugla, che era sede del governo del sangiaccato di Menteché, ne avrebbe ottenuto molto e nitte le magnifiche campagne dei dintorni avrebbero guadagnato valore. Secondo Battistoni esisteva l'ra gli ottomani una certa prevenzione contro la ferrovia. Questa credenza era accreditata dalla circo tanza che durante la gue1rn essa era servita ai tedeschi come mezzo di sfruttamento: mentre i paesi situati lungo i binari e le stazioni erano stati depauperati dalle requisizioni, quern lontani da essi avevano continuato a godere di un relativo benessere. li generale era della convinzione che questo pregiudizio poteva ces::;are nel momento in cui le popolaz ioni interessate avessero avuto esperienza che la ferTovia o ltre che per esportare, poteva servire anche per importare e quindi per farvi arrivare le merci carenti sul luogo . Molto importante sarebbe stato lo studio per lo sfruttamen to cli miniere, che tutti assicuravano esistere nella zona montuosa fra Macri e Adalia. Per agevolare l'avviarsi degli scambi, il generale ritenne molto utile che fossero accorciate ai notabil i locali , ai possidenti e a:i commercianti turchi., facilitazioni di viaggio per visìtm·e l' Italia allo scopo di conoscere le risorse industriali di cui poteva disporre , dare commissioni, mettersi in rapporto con le aziende commerciali, industriali, agricole della Penisola. Questi viaggi avrebbero giovato anche a meglio persuadere i turchi sull ' utilità dei rapporti commerciali e a sfatare le naturali diffidenze, che avrebbero potuto trovare gli agenti italiani in Anatolia, non ancora conosciuti e ritenuti a torto come ingordi speculatori. lnsieme a queste accurate analisi legate alle condizion i socio-economkhe ciel terreno, Battistoni non tralasciava mai anche l'attenzione da rivolgere ai suoi uomini, alla loro condizione e al miglioramento della loro vita. Una serie di interventi avrebbero creato un clima molto più disteso e alleviato i comurù problemi inerenti alla pennanenza di forze fuori dai confini nazionali. ln questa logica poteva riuscire molto utile un giornale italiano bi lingue, impiegabile anche a scopo di propaganda e per fornire alle popolazioni dell 'Anatolia notizie sugli avvenimenti europei di c ui (a detta di Battistoni) erano ansiose. Poteva riportare: i comunicati del!' Agenzia Stefani; notiiie varie raccolte da altri giornali politici; articoli ufficiali ispirati dal governo italiano; articoli di carattere commer193


ciale, agricolo, industriale intesi a far conoscere le risorse dell'Anatolia; cronaca locale dell'Anatolia e pubblicità. Esso poteva essere stampato a Rodi e diffuso a Scalanova, Sokia, Milas, Mugla, Macri,Adalia, !sparta, Conia , ecc. Per agevolare il primo impianto poteva servire la stamperia del "Messaggero di Rodi" con l'aggiunta dei caratteri turchi, che potevano acquistarsi facilmente a Smirne e a Costantinopoli. In un primo tempo poteva avere cadenza settimanale, dato che non sarebbe stato possibile poterlo distribuire ogni giorno in Anatolia. Il personale occorrente sarebbe stato: 2 tipografi e l'impressore (soldati) , 1 redattore turco (il cui costo sarebbe stato circa lire 30 al giorno), 2 compositori turchi (circa lire 20 al giorno) [totale 70 lire al giorno], l redattore italiano (ufficiale). Per questi fondi sarebbe occorso subito un anticipo di lire 10.000 per il primo impianto e l'invio della carta per un fabbisogno di 5.000 copie al mese (30.000 fogli di 0,70 x 1,05 per un anno). Per gli stipendi e le altre spese del g iornale si poteva calcolare lire 1.500 mensili; deducendone circa lire 800 da introiti per la vendita, restava una spesa netta d i lire 700 mensile, il che non sembrava eccessivo, se si fosse tenuto conto dei risultati che il giornale avrebbe potuto dare in termini politici , morali ed economici . Un altro canale di comunicazione potevano essere i ci nematografi. Questo tipo cli impianto a Sokia, Milas, Mugla sarebbe tornato molto gradito alla popolazione e alla truppa e sarebbe stato ottimo strumento di propaganda. Poteva riprodurre documentari sulla guerra, panorami delle più belle città italiane e fotografie di personaggi illustri . Il materiale occorrente poteva essere cli facile reperimento con la smobilitazione e con la redistribuzione del materiale usato durante la guerra. Un altro elemento importante per i propri soldati era quello di carattere economico-amministrativo. Come già altre volte Battistoni aveva fatto presente, vi era la necessità cli stabilire le indennità e le varie competenze, che sarebbero spettate agli ufficiali e alla truppa, tenuto conto del costo molto alto della vita in Anatolia. Occorreva soprattutto una congrua indennità di missione per gli ufficiali e gli uomini d i truppa isolati, che non potevano usufruire della mensa dei comandi, dei corpi e dei reparti . Ciò appariva necessario anche per risolvere contrasti stridenti che si erano creati. Aci esempio a un ufficiale del comando, che era a Smirne per serviz io d'informazione e doveva vivere lì in albergo, non era stata ancora stabilita alcuna speciale indennità, mentre il tenente di vascello Luigi Biancheri destinato dal ministero della Marina quale ufficiale cli collegamento presso il comando ciel Corpo di Spedizione, percepiva una speciale indennità cl i missione di lire 65 al giorno pur dimorando sempre a Rodi e usufruendo della mensa del comando. A parte queste osservazioni, l'aspetto delle spese anche in fu nz ione della "visibilità" dell'azione politica del Corpo di Spedizione non risultava comunque un elemento eia poco . Altre disponibilità economiche da integrare riguardavano le spese di rappresentanza e per le informazioni. Infatti già il 27 maggio Battistoni aveva chiesto entro quali limiti dovesse contenere le spese necessarie per poter procacciarsi no]94


tizie politico-mi litari, per la propaganda presso gli indigeni e per sovvenzioni agli stessi. Così sarebbe stato necessar io conoscere se cd entro quali limiti il comando potesse assumere impegni per gli informalori, soprattutto per assoldare interpreti. Di questi ne occon-evano un buon numero, per spese riservate, per eventuali sussidi in contanti ed elargizioni in natura in determinate c ircostanze. Il generale desiderava anche conoscere se era sua facoltà eseguire, nei limiti della disponibilità, distribuzioni di viveri e altri generi cli conforto agi i abitanti poveri delle località occupate in Anatolia. Essendo in fine necessario mantenere il comando del Corpo di Spedizione con il decoro necessario di fronte alle autorità e alle popolazioni con le quali si era inevitabilmente a contatto, pregava di fissare, per il comando stesso, una congrua spesa di rappresentanza.37 La mensa del comando del Corpo di Spedizione per locali, per i suppelleuili , per le SLoviglie e per il trattamento era molto modesta, molto inferiore a quella ciel Corpo d'occupazione dell ' Egeo. In queste condizioni non si poteva ricambiare con il voluto decoro ai ricevimenti che il suo comando aveva avuto dai notabili e dalle autorità di Sokia, Milas e Mug la. Sarebbe occorso quindi che fosse stabilita un ' indennità di rappresentanza o fosse ammessa una spesa a piè di lista con rendico nti e un massimo fi sso.38 Per gli stessi motivi Battistoni faceva presente come agli ufficiali alle sue dipendenze , non fosse stata fi nora corrisposta a.lcuna indennità di equipaggiamento. Essi avevano subìto spese non lievi, per mettere il loro corredo in ordine allo scopo di ben figurare presso le autorità e le popolazioni indigene, ed era faci lmente prevedibile che altre notevoli spese sarebbero state affrontare in seguito per mantenere il proprio equipaggiamento in ordi ne, specialmenre perché occorreva far venire tutto dall'Italia, mancando assolutamente su l posto la possibi lità di fare gli acquisti necessari. Si propose pertanto che, come era stato fatto per le truppe italiane in Palestina, venisse coJTisposta agl i ufficiali del Corpo di Spedizione in Anatol ia un'inden1ùtà di equipaggiamento di lire 6 00, da paga rs i per metà subito e per l'altra metà al compimento del primo anno di servizio nel Corpo cli Spedizione. inoltre , a somig li anza ciel trattamento fatto ai reparti italiani operanti in territorio di altri stati, s i chiedeva che, pur corrispondendo alle truppe del Corpo di Spedizione gli assegni in valuta cartacea italiana. g li assegni stess i fossero aumentati dell'aggio che l'oro godeva sulla carta.39 Tutte queste considerazioni mostravano come le potenz ialità della presenza italiana in Anatolia, anche per opera del Corpo di Spedizione, compoitassero un intervento ingente anche di natura economica. Sfortunatamente le risorse molto limitate del l'ltalia imponevano altre priorità e le sollecitazioni di Battistoni continuavano a trovare grossi ostacoli sia politici, che pratici . Tuttavia il 12 giugno il Comando Supremo espresse il parere alla delegazione italiana a Parigi , che la forza del Corpo di Spedizione fosse insufficiente e che le cattive comunicazioni non miglioravano la siA USS ME, E-3. b. 6. f. 6/3 n, lclegram rna di Batti stoni a Comando Supremo del 27/5/ l 9 l 9. s AUSSME. E-3. b. 4. f. 4t3 c . relazione sulla spedizione d i Battiston i delr 11/6/ 19 19. 39 AUSSME. E-3. b. 6 . f. 6/3 a. telegramma cli Bauistoni a Comando Supremo del 27/5/1919. 37

3

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tuazione deficitaria. Si presentò a Parigi la convenienza di un aumento , in relazione alle nuove esigenze e per opporsi all'espansione greca. Oltre a queste considerazioni di carattere militare altre se ne prospettavano di indole politica. L'impresa dell' Anatolia appariva molto promettente per il futuro e il momento per svilupparla era assai favorevole, ma anche fuggevole perché la simpatia dei turchi verso gli italiani si basava soprattutto sulla speranza cli un valido aiuto contro i greci, che avevano in Asia Minore circa 7 reggimenti. Gli italiani, se avessero voluto mantenere una certa credibilità, senza però esporsi in fiancheggiamenti in favo re dei turchi, avrebbero dovuto portare le forze complessive almeno a una divisione di fanteria rinforzata. La proposta d ' integrazione era quindi per una brigata cli fanteria con relativa aliquota di servizi, oppure un reggimento cli fanteria e uno cli cavalleria. ln questo senso alcune consideraz.ioni di Battistoni volevano dimostrare la convenienza di aumentare il Corpo di Spedizione , le cui forze erano alquanto inferiori a quelle greche , non solo in termini cli effettivi, ma anche perché gli el.len.ici potevano avvantaggiarsi delle comunità dei connazionali in loco. Le truppe italiane erano insufficienti quindi sia in senso relativo , che assoluto, specie se si teneva conto delle numerose località presidiate e che sarebbe stato necessario presidiare. Questo tanto sotto il punto di vista dell' opportunità politica , che per la convenienza di collegare i vari distaccamenti disseminati in una zona molto estesa. Il Comando Supremo, per quanto in linea di principio contrario a un eccessivo disseminamento delle forze nelle imprese oltre mare, accolse le ragioni esposte dal generale e propose un aumento di forze corrispondente a una brigata.40 Badoglio condivise le iniziative proposte eia Battistoni, riportando i punti della relazione ciel generale deU' 11 giugno direttamente a Sonnino a Parigi:

1 °) Situazione oolitico-amministrativa turca nei territori occupati Si richiama l'attenzione di VE. su quanto riferisce il generale Battistoni circa la dWzcile situazione nella quale sono venute a trovarsi le autorità turche di parte dei territori da noi occupati. Dette autorità non possono più mantenere sicure relazioni col vali di Smirne , dal quale dipendono, e quindi con Costantinopoli. Si riterrebbe pertanto opportuno che SE. l'Alto Commissario italiano a Costantinopoli entrasse in trattative col Governo centrale turco, per trovare una soluzione, che possa agevolare dette autorità provinciali nelt'adempimento delle loro fun zioni amministrative. li generale Battistoni prospetta altrettanti notevoli vantaggi di ordine politico e rnmmerciale che potrebbero derivare dall 'istituzione di una linea italiana di cabotaggio Costantinopoli-Scalanova-Kuluk-Rodi. 2 °) Riordinamento della gendarmeria ottomana Si appoggiano le proposte del generale Battìstoni (sussidi - viveri - indumenti ·•0 AUSSME , E-3,

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b. 6 , f. 6/2 a , comunicazione di Cavallero H Sonnino ciel 19/6/191.9.


per i gendarmi che cooperano al man1enimen.10 dell'orchne nella zona da noi occupata) e si resta in attesa di conoscere il parere di VE. in merito. 30) ~ Per quanto riflette l 'azione svolta dal metropolita greco di Sokia, si richiamano i telegrammi di S.E. Sonnino da Parigi[ ...]. 4 °) Istiluzione di un giornale italo-turco Questo Comando ha autorizzato il Comando del Corpo di Spedizione di iniziare la pubblicazione di un giornale italo-turco, da pubblicarsi a Rodi, e di appoggiare la istituzione di un giornale turco a Mugla. Si fa riserva ad ogni modo di ritornare sul1'argomenLo, dato che la pubblicazione di un. giornale potrà diventare un ottimo strumento di propaganda italiano. 5°) Servizio dei tra.morti In passato questo Comando aveva interessato lo Stato Maggiore della Marina per il miglioramento dei servizi navali dislocati nel D0decc111eso. Sta il.fatto, che il primo periodo di assestamento del Corpo di Spedi:,ione è stato superato, mercé l'arriva cooperazione della R. Marina. Le proposre del generale Battistoni, rifleuenti il miglioramento dei servizi marittimi Italia-Rodi-Anatolia dovranno essere messe hi relazione con gli intendimenti del R. Governo circa la politica di penetrazione commerciale da attuarsi in Anatolia. 6°) Servizio dei cavi Il generale Battistoni propone il riattamemo dei cavi Rodi-Marmarizza-CosBudrum. Questo Comando ha telegrafato al Comando del Corpo di Spedizione Anatolia per maggiori notizie: e si riserva di ritornare sull'argomento. 7 °) Lavori del Genio Potranno essere intrapresi in Anatolia dei lavori di interesse pubblico e di grande entità, quando sarà}tssata la vera portata della nostra occupazione: per ora sembrano sufficienti i mezzi militari, per lavori di circostanza. 8°) Provvedim enti di carattere commerciale e industriale [ ... } l provvedimenti di carattere commerciale, proposti dal generale Battistoni, vengono prospettati da questo Comando al competente Ministero per /. 'Industria il Commercio e il Lavoro :H Tuttavia se l' interesse di Badoglio era di favorire Battistoni nelle sue pro poste, le contingenze di natura operativa e quelle cli ambito politico erano tra di loro guasi sempre discordanti . Infatti se il Corpo cli Spedizione in Anatol ia era stato costituito in base alle direttive avute dal governo per l'occupazione di determinati porti della costa, il nuovo sviluppo im poneva che l'occupazione procedesse verso l'interno. La necessità di nuovi presidi per contenere l'espansione greca e per collegare il distaccamento di Conia con quello cli Adali a , rendeva insufficienti le forze fino acl allora as"' AUSSME, E-3, b. 6 , f. 6/2 ,1, reluzione di Badoglio del 27/6/19 19. 197


Il generale Battistoni presenzia a una rivista presso Kuluk

segnate. Per questo Badoglio, dichiarando che in linea di principio fosse contrario a un eccessivo disseminamento delle forze nelle imprese oltre mare, riteneva oppo1tuno procedere a un adeguato aumento di forza del Corpo di Spedizione, ribadendo l ' utilità dell'occupazione e del proposito di darle un carattere cli stabilità, con il proposito di accrescere il più possibile il prestigio italiano, sia cli fronte alle popolazioni turche, sia agli occhi dei militari greci. Intanto le richieste dei locali, benché sempre alternate da qualche protesta isolata , non si esaurivano. Il 17 giugno Gualtieri riferì che la popolazione turca aveva domandato mezzi d.i trasporto, che potessero consentire l'esportazione di merci dal 1' Anatolia e l'avviamento di relazioni commerciali con l'Italia o almèno in un primo tempo con il Dodecaneso. Aggiunse che numerose carovane partivano da Mugla e da Milas , dirette ad Aidin, in quanto la compagnia inglese, che aveva la gestione della ferrovia Aidin-Smirne , aveva accordato delle agevolazioni partico.lari, concedendo la precedenza dei trasporti delle merci provenienti dalle citate località.42 Intanto in attesa cli decisioni politiche per l'assegnazione di nuove truppe, le azioni propagandistiche erano elementi paralleli ali' azione militare. Il generale Scipione Scipioni il 16 giugno preparò una lista di argomenti, suggeriti dalla Consulta, da poter spendere con la stampa a sostegno delle aspirazioni italiane in Asia Minore. Egli fece 12 ·

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AUSSME, E-3, b. 5, L 5/3 a.


una caLTellata cli avvenimenti recentj, dagli accordi economici con la Turchia del I 913, alla d iplomazia dj guerra, fino ad arrivare all'operato inglese (non accettato dall 'ltalia) a fi ne guen-a di cedere all'occupazione provvisoria greca su Smirne come fatto com piuto. A q uesto punto l'Italia «privata dell' unica zona suscettibil.e d' immediato rendimento chiede legittimi e precisi compensi a Eraclea con tutta la residua zona dell'Anatolia settentrionale» . Si ribadiva la comunanza di tradizioni storiche nel Mediterraneo tra LUrchi e italiani , l'amicizia e tolleranza che c'era tra i due popoli, nonché i legittim i compen si che dovevano essere riconosciuti alla Nazione italiana per lo sforzo bellico. 1 tentativi d i natura propagand istica però non erano suffic ienti; vi e ra urgente bisogno di nuove truppe , se si voleva tenere testa allo sviluppo dei compiti della missione. Benché la situazione militare fosse sconfortante, comunque l'azione del Corpo di Sped izione non aveva sosta. Il 17 giugno la 9A compagnia del 34° reggimento fanteria con mezza compagnia mitragliatrici del ili battaglione e una batteria d i artiglieria da montagna, sbarcata a Kuluk, avevano occupato l'impo1t ante nodo stradale di Eskihissar fra Milas, Mughi e Aidin. Per migliorare la rete stradale la compagnia del genio, che si trovava a Scalanova venne trasportata a Giova, per proseguire per Ula con il compi to di iniziare il ripristino della strada tra Mugla e Giova:B I consoli di Smirne e Adalia avevano sollecitato al governo l'opportunità che le truppe si affermassero anche a Denizli e a !sparta, ma Battistoni espresse il suo assenso condizionato, solo nel caso di ulteriori rinforzi e della possibilità di utilizzare la ferrovia di Aidin, per garantire i rifornimenti al distaccamento, tanto più che , un migl ioramento della situazione turca, poteva rendere meno desiderabile la presenza italiana. Anche l'Alto commissario italiano a Costantinopoli condivideva la prudenza del generale. Sforza aveva contattato il governo ottomano, che g li aveva rappresentato la convenienza che la S ubl ime Porta fosse informata sui movimenti del le trnp pe italiane, per evitare malintesi e possibili tà d i conflitto. TI delegato italiano nell' intento di evitare ulte riore perdila di prestigio con i turchi , si riservò d i fare presente a Roma la convenienza di limitare l'occupazione , la cui estensione, oltre a problemi d i natura politica con Costantinopoli , avrebbe potuto presentare anche clifficollà mil itari e logistiche. Battisto ni intanto continuava a visitare le truppe per orientarsi sul campo e, in mancanza di repa1ti sufficienti, fornire almeno indicazioni mirate ed efficaci . Dal 17 al 19 giugno egli era ad Adalia, notando che l'accoglienza degli abitanti e delle autorità locali appariva cortese, però non sembrava entusiasta della presenza italiana. Intanto ad Adal ia dopo esser giunto da Trieste il 33° reggimento fan teria, nel pomeriggio ciel 17 giugno il XXXI battaglione bersaglieri fu imbarcato sul piroscafo Palasciano per rientrare a Rodi. Tutti gli altri reparti e servizi che già si trovavano in Adalia (stazione radio , carabinieri, sanità), compresi i cifrati di battaglione e la valuta 03

AUSSME. E-3. b. 6. f. 6/2 b. telegramma di Bauistoni a Comando Supremo del 20/6/1919.

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aurea turca di riserva sarebbero passati a disposizione del comando del 33° reggimento fanteria. Dovevano essere lasciati in via provvisoria ad Adalia anche i muli con i relativi conducenti. Secondo le direttive emanate, le truppe del 33° fanteria, rinforzate eia una batteria da montagna e da una autosezione, si dovevano dislocare lungo la linea Aclalia-Burdur. Questo scaglionamento ebbe inzio a partire dal 19 giugno con l'arrivo a Karabair (a 20 chilometri a Nord di Adalia) di una compagnia, del reparto zappatori e di una sezione mitragliatrici del III battaglione del 33° reggimento fanteria, ma per il momento si ritenne ancora prematuro occupare le località più interne , come !sparta e Egerdir.44 Avuta la notizia che a Burdur 70 prigionieri evasi dal carcere turco avevano ucciso alcuni gendarmi e il fratello del sindaco, impadronendosi delle anni e dandosi alla campagna, Battistoni ordinò che fosse sollecitato il movimento delle truppe in corsa e che fosse occupata Burdur con una compagnia e una sezione mitragliatrici. Da Adalia solo il 30 giugno una compagnia si spinse fino a Bugiak e un'altra a Burdur.45 Ad Adalia sarebbe restato il comando del 33° fanteria con il reparto arditi e quello cannoncini, con una compagn ia fucilieri, una mitragliatrici e il reparto zappatori del II battaglione; il resto del II battaglione, il Ill battaglione e la batteria da montagna sarebbero stati dislocati lungo la rotabile Adal ia-Burdur. Al 1° luglio le unità ciel 33° fanteria vennero così suddivise e dislocate: comando di reggimento, plotone ard iti, reparto cannoncini, comando ciel li battaglione, una compagnia fanteria, una compagnia mitragl iatrici, un reparto zappatori ad Adalia; una compagnia a Karahy.r; una compagnia a Kirgos-Han; un reparto zappatori, comando batteria artiglieria da montagna con una sezione a Tschibuch-Han; una sezione artiglieria da montagna a Hafiz Pascià; due plotoni e una sezione mitragliatrici a Tscheltigtik; comando ciel llI battaglione, una compagnia e una sezione mitragliatrici a Kurnag; una compagnia e una sezione mitragliatrici a Burdur..46 I distaccamenti furono accolti festevolemente dalla popolazione. A Bugiak il reparto fu ricevuto eia alcuni notabi li, che misero a sua dispos izione le scuole ciel paese. Haftig pascià, capo della gendarmeria turca, dichiarò di aver .ricevuto ord ine dai propri superiori di cooperare con gli italiani per assicurare la pubblica sicurezza . A Burcl ur il sindaco e i notabili si dichiarono lieti cieli' arrivo delle truppe e offrirono spontaneamente terreno per l'accampamento . TI comandante del presidio turco e il mutasser(fdelJa città presentarono invece una protesta, asserendo che nulla era anormale, tanto eia giustificare l'occupazione. Per Battistoni era «evidente che presentarono protesta unicamente per coprire loro responsabilità personale verso governo. D'altronde è associato evasione detenuti, uccisione fratello sindaco scopo rapina e uccisione due gendarmi» .47 ·" AUSSME, E-3. b . 6, f. 6/2 b , v<1 ri<1~.ioni del la situazione delle truppe i n Asia Minore del 23/6i19 19. , ; B. Pace, D(ll/a pianura di Adalia alla valle del Meandro. Impressioni di viaggio , A lpes, M i l.,mo 1927, p. 56. 0 6 ·' AUSSME, E-3 , b. 6, f. 6/2 b, telegramma di l.lattistoni a Comando Supremo del I /7/ 19 I 9 . 7 " AUSSME. E-3 , b. 6, f. 6/2 b, telegra mma cli Battistoni a Comando Supremo del 6!7i l 9 19.

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A ciascuna compagnia impegnata, rinforzata da una a più sezioni di mitragliatrici, era assegnata una sezione di sorveglianza dell 'estensione di circa 20 chilometri lungo la rotabile principale con lo scopo di assicurare la sicurezza ai passaggeri , alle carovane, ai contadini lungo la rotabile stessa e nei villaggi vicini. La separazione fra le varie sezioni doveva essere materialmente indicata nel terreno con apposite tabelle. Nella sezione assegnatale, ciascuna compagnia poteva a seconda dei casi accampare rutta riunita o anche a ploto ni distaccati. scegliendo le zone di accampamento ne lle locaUtà più salubri , p iù alberate e meglio forni te di acqua potabile. Gli accampamenti potevano stabilirsi in prossimit~, cli abitati , ma non vi si doveva accantonare, sia perché i locali risultavano miseri e antiigienici , sia per non tenere i soldati troppo a contatto con la popolaz ione locale. I distaccamenti di truppa dovevano tenersi collegati sia con ciclisti , sia con posti di COlTispondenza, sia con il telefono , sia con le pattuglie montate sui muli e simi li. Le truppe avrebbero dovuto provvedere ai piccoli lavori di manutenzione stradale del tratto loro assegnato, anche se gli strumenti da zappatore erano molto carenti. Avrebbero esegui to r icognizioni nei paesi vicini, per dare sicurezza contro atti cli brigantaggio. 1n ciò dovevano operare possibilmente in accordo con i posti di gendarmeria turca esistenti nelle local ità lungo la strada. Avrebbero fornito assistenza ai passanti e alla popolazione, provvedendo se necessario all a loro sicurezza. Esse sarebbero state fomite di viveri per alcuni giorni; ciascuna compagnia doveva essere provvista di qualche mezzo di trasporto quali mul i e carretto. Il comando del 33° fanteria doveva provvedere che gli ufficiali medici percorressero periodicamente la li nea cli tappa con autocarro e con l'autoambulanza con provviste di medicinali generici e antimalarici , per modo da portare assistenza sanitaria alle truppe e anche alle popolazioni della campagna con l'ausilio di ambulatori mobili. Questa iniziativa sarebbe valsa eia ottimo mezzo di propaganda. I distaccamenti avrebbero provveduto a istituire piccoli posti di ristoro a pagamento per gli ufficiali e per i soldati di truppa isolati, che fossero cli passaggio. Il comando ciel 33° fanteria avrebbe provveduto a collegare tutti i distaccamenti con le linee telefoniche. Inoltre la stazione radio eia campo sarebbe stata impiegata a Tschelligkdjjkioi presso il comando del lII battaglione. Essendo le cond iz ioni delle strade in taluni punti catti ve, l'impiego degl.i autocani doveva essere ridotto al minimo indispensabile. Fino a quando la ripida salita esistente in corrispondenza della gola Tuhibuk Begaz non fosse stata migliorata, non doveva essere percorsa con autocarri carichi . Per questo il servizio degli autocarri doveva essere spezzato in due tratti: da Adalia a piedi della salita, e da Hafiz Pascià a Burdur. Per fac.il itare il servizio sul secondo tratto, doveva essere tenuto ad Hafiz Pascià un distaccamento di quattro o cinque autocarri. I materiali da Tschibuch Han ad I-Iafiz Pascià sarebbero stati trasbordati mediante un servizio di salmerie, che doveva essere fatto a cura della batteria da montagna. Quest'ultima e il reparto zappatori del battaglione di Tscheltigkdjjkioi avrebbero provveduto a migliorare il fondo stradale in corrispondenza alla salita d i T ubi buk Begaz 201


sotto la direzione e responsabilità del capitano comandante la batteria . Analogamente la compagnia dislocata a Gurna avrebbe provveduto a migliorare il fondo stradale nella sezione a essa assegnata. Un'iniziativa volta alla maggior sicurezza poteva essere quella del trasporto di mitragliatrici sugli autocarri . A tale scopo il comando avrebbe inviato appena possibile a Scalanova, a Kuluk e ad Adalia qualche mitragliatrice Colte Fiat. Battiston i dispose pertanto d i far studiare e sperimentare tale impiego, facendo preparare opportuni adattamenti , perché le mitragliatrici potessero essere impiegate sui mezzi, per modo da poter eseguire il fuoco in tutte le direzioni. Ordinò pure che venisse stabilito un adatto caricamento delle vetture con piccole dotazioni di munizioni, viveri di riserva e oggetti di medicazione e si imparasse a eseguire prontamente il carico e lo scarico, per poi poter essere informato di quanti uomini sempre armati, conducenti inclus.i, potessero così trovare posto sull'autocarro.A scopo precauzionale, tutti gli autocarri dovevano issare un pennoncino dai colori nazionali. Per una scorta aggiuntiva si poteva studiare anche, nelle marce, di far precedere gli autocarri da ciclisti o meglio motociclisti , per i cui mezzi si sarebbe dovuto aspettare un apposito invio. Intanto Battistoni infonnò che verso la fine di giugno sarebbero giunti ad Adalia almeno uno squadrone di cavalleria (composto di 90 cavalieri e di 50 ciclisti) e una sezione carabinieri che avrebbero consentito di completare il servizi.o ed eventualmente di estenderlo.48 In realtà il 25 giugno il piroscafo Pietro Calvi arrivò ad Adalia con due squadroni di cavalleria, ma per ordine cli Battistoni non venne scaricato nessun elemento e il piroscafo venne fatto subito proseguire per Rodi , avendo nel frattempo desti nato quelle truppe a Scalanova. La vastità del territorio e i fini diversi tra autorità militari e diplomatiche si facevano comunque sentire . Ai primi di giugno Fe1Tante chiese mezzi e truppa (una compagn ia del genio) per alcune opere civili. Il comando del Corpo di Spedizione però disponeva di sole due compagnie zappatori che a suo dire non erano neppure sufficienti per seguire le attività di rifornimento e collegamento delle tante località occupate su una zona così ampia. La richiesta fu declinata perché ad Adalia era rimasto un solo battaglione e a dire di Battistoni, Fen-ante era interessato solo alla borghesia della città con opere sicuramente impo1tanti come le strade o l' incanalamento dell'acqua, ma le priorità e le opportunità del comando di Rodi erano per i suoi soldati, di ClLi. lui era il «solo giudice» . Tuttavia dopo l'appello del console alla Consulta per questo rifiuto, Sonnino si mostrò contrariato dalla - giudicata - poca collaborazione di Battistoni e sollecitò il Comando Supremo di esaudire le richieste di Ferrante. Si osservava che proprio in quei giorni erano sbarcati ad Adalia due battaglioni del 33° fanteria per cui sarebbe stato possibile fornire un numero sufficiente cli zappatori. A ogni modo si propose di invitare Battistoni ad aderire alla richiesta di mano d'opera, traendo gli uomini per il momento dallo stesso presidio di Aclalia proprio accresciuto di un '

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AUSSME, E-3 , b . 5, f. 5i6 b, direttive di Bauistonj del !6/6i!9J9.


battaglione (I 'altro era in sostituzione del battaglione bersaglieri che sarebbe statoritirato) e a esaminare la possibilità di inviare ad Adalia una delle due compagnie genio ciel Corpo di Spedizione, co nsiderato che una era ancora a Rodi. Il generale venne anche redarguito, richiamandolo sulle opportunità che le 1ichieste autorizzate dal ministero degli Affari Esteri fossero sempre prese in seria considerazione, poiché la spedizione in Anatolia doveva essere guidata più da criteri politici che mi litari. Questa subalterni tà diplomatica all'operatività militare non convinse il comandante del Corpo dj Spedizione. Batlistoni lamentò cbe Penante aveva sempre rifiu tato un incontro per discutere dei lavori da effettuare ad Aclalia e dell' impegno delle truppe per queste opere. Il generale ri mproverava a Ferrante cli essere troppo superbo del suo ruolo , per altro g iudicato marginale e secondario, preferendo ricorrere al ministero degli Affari Esteri e alle autorità di Roma per screditare e scavalcare il comando del Corpo di Spedizione. S pesso avrebbe fatto valere la sua autorità per l' impiego dei battaglioni cli Adalia e Conia, senza interpellare Battisto ni. Questi nel bel mezzo dell 'incomprensione tra alcuni suoi ufficial i superiori di grande esperienza e il console , giudicò Ferrante: «giovane funzionario, il quale attualmente ad Adalia non ha neppure le funzioni cli console, ma solo quelle di delegato dell 'Alto Commissario di Costantinopoli , missione di carattere temporanea, la quale anzi a mio avviso non avrebbe più ragione d i sussistere dopo che il territorio è stato da noi occupato militarmente».49 Battistoni considerava il proprio incarico non solo mil itare , ma anche politico, reputandosi anche rappresentante del governo italiano. Con q uesti presupposti si chiedeva sull'opportunità cli lasciare Ferrante ad Adal ia, dove la situazione era tranqui lla, se a Sokia e a Scalanova nessun rappresentate diplomatico invece era stato inviato: «In ogni caso occorrerebbe stabilire fin dove arriva la responsabilità di questi funzionari del Ministero degli Esteri e fin dove si limi ta la mia, poiché io no n potrei certamente accettare al mio fianco un consigl iere od un controlJore che potesse impormi e farmi imporre la sua volontà, lasciando però a me comandante della spedizione la responsabilità delle eventuali conseguenze». Battistoni propose, per il buon andamento dell 'azione sia militare che pol itica , che fosse assicurata l' unità dicomando. Con il suo prestigio e la sua autorità il comandante del Corpo di Sped izione doveva sapere di avere l'appoggio , l'incoraggiamento e la fiducia delle autorità superiori. Se tale fid uc ia non vi era, egli era disposto a rimettere l' incarico, «senza rammarico», come del resto gi~t aveva avuto modo di esprimere in precedenza . Il ministero della Guerra, di fen dendo Battistoni, ebbe modo cli sottolineare che la responsabilità e 1·autorità delle truppe in Anatolia spettavano al comandante militare e non ai funzionari ci vi li .50 In agosto sempre sul rapporto tra Ferrante e Battiston i, quest'ultimo annoterà «di aver incontrato più d ifficoltà a trattare con taluni ital iani, che coi turchi».51 "' AUSSMc. E-3. b. )2 . r. 12/ t. relazione su Ferrante di Battistoni del 25/6/1919. ,o AUSSME,E-3, b. 12, f. 12/1 . promcmoriadi Bassetto del 6/7/1 9 19 . ~, AUSSME, E-3, b. 12. f. 12/1, promemoria di Gu1.2oni del 4/8/1919. 203


Intanto però ad Aclalia i movimenti cli regolari turchi erano molto attivi e le truppe italiane non sapevano come comportarsi al riguardo. Il 19 giugno il comando turco aveva ricevuto ordine cli inviare per il giorno seguente un battaglione a Denizli. In accorcio con il console Ferrante, il colonnello responsabile ciel presidio ital iano, nonché comandante ciel 33° reggimento fanteria, Guido Torriani fece chiamare il comandante turco per invitarlo a soprassedere sui movimenti della sua truppa. L' italiano chiese quindi ordini a Rodi sul da farsi. In caso di rifiuto avrebbe dovuto impedire con la forza la partenza del battaglione turco, procedere con 1' arresto ciel comandante e il disarmo della truppa? In attesa di una soluzione, sospese i movimenti dei suoi reparti iniziati in mattinata. Per questo comunicò al comandante della 9A compagnia del 33° fanteria, partita da Adalia e impegnata in ricognizioni, di fermarsi e cli stazionare a Karabayr, dove doveva predisporre un intenso servizio di sorveglianza, senza però impressionare la truppa, trattandosi solo di disposizioni precauzionali. Il 23 giugno il colonnello Torriani insieme al console Ferrante si recò a Burdur, dove incontrarono il sindaco e il mutasserifVosfi. Il primo sembrò contento dell'arrivo delle truppe italiane, ma il rappresentante governativo invece era del parere del tutto opposto. Fece varie domande circa quali sarebbero state le intenzioni . Disse che, prima di dare il consenso a questa azione, avrebbe dovuto ricevere ordini in proposito dal valì cli Conia e , infine, che riteneva opportuno che l'arrivo dei soldati italiani fosse almeno rimandato dopo le solennità del Ramadan e ciel Bayram. Concluse dicendo che, poco prima ciel loro ingresso nel suo ufficio, vi era stata una riunione di vari notabili cli Burdur, da lui presieduta, dove si giudicò poco opportuna l' occupazione delle truppe italiane. Quest' ultima notizia risultò poi smentita dalle d.ichiarazioni fatte dal sindaco, avendo invece lui asserito come la popolazione avesse appreso con piacere l ' avvicinarsi dei repa1ti. In effetti in un giro in paese Torriani rilevò come la presenza delle sue truppe fosse dalla magg ioranza g radita e parlando, nei pressi di Burdur, con due contadini turchi ciel luogo , questi fecero presente come non avessero desiderato altro che la fi ne ciel regime ottomano ed essere invece alle dipendenze di un governo che avesse pensato ai Joro bisogni e al loro progresso. Mostrando loro alcune banconote italiane, spiegando come l' effigie in essi riprodotta fosse quella del re d' Italia, (sempre secondo quanto riportato dallo stesso Torriani) l' avrebbero baciata con piacere. Dissero che quando quelli sarebbero stati in corso anche da loro, avrebbero stracciato la carta moneta turca, che ritenevano senza nessun valore. Intanto, consultato ìl valì di Conia, la protesta scri tta del mumsser(f giunse al colonnello. In essa venne ribadita l' inutilità della presenza italiana, affermando che a Burdur regnava la massima tranqu illità, non vi erano stati atti contrari alle condizioni dell'annistizio e che la popolazione era composta di 400 armeni, 1.000 greci e 80 .000 musulmani. Rafforzò la convinzione che, essendo prossima la festa del Bayram, non era conveniente cli tenere forze militari nei confini e farle avanzare verso l'interno della città, potendo tale fatto fare cattiva impressione e offendere i sentimenti religiosi, in quei giorni più sacri per i musulmani. Dichiarò inoltre cli non aver ricevuto istru204


zioni uffic iali dal suo governo e domandò i motivi che avevano resa necessaria l'operazione. A questa domanda Torriani replicò dicendo che i soldati erano impegnati nella riparazione delle strade nelle diverse località , che prossimamente sarebbe stato informato ufficialmenLe e che, se ne avesse fatto richiesta telegrafica al suo gove rno, tramite il suo superiore di Conia, avrebbe ricevute istruzioni ufficiali circa questi avvenimenti. Ciò non placò le ire del nwtasserif che, ricevute da Conia nuove istruzioni , per mostrarsi irremovibile con gli italiani, rin novò la protesta, dichiarando che i tentativi per occupare militarmente Burclur erano contrnri alle condizioni dell 'armisrizio.52

LA GESTIONE TITTONI DELLE OPERAZIONJ MILITARI

A fine aprile, mentre la delegazione italiana era assente , a Parigi vennero convocate in tutta fretta le delegazioni austriaca , turca e bulgara, malgrado i trattati fossero lontani dall'essere pronti . Ne nacque persino il risch io e il paradosso di concludere la firma della pace con Vienna senza la presenza degli italiani. La delegazione turca invece fu convocata a Vaucresson, dove attese fino al 17 g iugno, prima di essere udita dal Consiglio supremo. Nella seduta Darnad Ferid , presidente della delegazione ottomana, chiese benevolenza per il suo paese . Non disconoscendo gli errori commessi, poneva in rilievo gli intrigh i politici, che avevano accompagnato l'entrata in guerra della Turchia nel 1914 e faceva rilevare che sarebbe stato ingiusto imputare al popolo turco i misfatti del suo precedente governo. Sosteneva la necessit~t di conservare I ' Impero ottomano per l'equilibrio religioso del mondo, affermando che la politica non meno che la giustizia raccomandavano di ristabili re integralmente i tenitori nel loro stato precedente alla guerra. 11 25 giugno iJ Consiglio supre mo , infastidito e annoiato clalle richieste ottomane , respinse per isc1itto le richieste turche , riproponendosi sine die la riconvocazione della de legazione, che ottenne una nuova udienza c irca un anno dopo .53 I problemi orientali, in tutto questo tempo, erano stati esaminati in seno alle Commissioni s peciali, dove l' urto delle varie tendenze e dei contrastanti interessi assunsero talora toni di vivacit~t e cl i lotta assai r ilevante. La Gran Bretagna aiutava in modo s pregiudicato la Grecia , che si era insediata nella regione di Smirne, mentre le pretese italiane si focalizzavano sulla valle del Meandro fi no ad Adalia. In questo periodo l'Italia aveva perso gran parte della sua autorevolezza e gli Alleati g uardavano i s uoi delegati con disprezzo e irrita7.ione. L' ultimo atto della gestione Orlando-Sonnino fu la firma del trattato di Versailles con la German ia il 28 giugno 1919, avvenimento tanto incolore quanto cl istante per la politica di Roma. 52 /\USSME , ;J

E-3, h. 5, f. 5/3 b. relazione di Torri ani del 25/6/ l 919. /\.Giannini. la q111•.rtio11e orientale alla Cmzferl'n~a della pace. op. c iL. , p. 2.

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La nuova delegazione italiana alla Conferenza per la pace an-ivò a Parigi il 29 giugno e, in assenza di Nitti, venne guidata da Tittoni e formata da Vittorio Scialoja, Guglielmo Marconi, Maggiorino Ferraris e Silvio Crespi. Essa dovette subito affrontare le questioni rimaste in sospeso e le ruggini ancora evidenti con gli Alleati. Lloycl George e Clemenceau fecero subito capire che l'atteggiamento di Sonnino e l'intervento militare italiano in Anatolia avevano notevolmente minato la speranza cli trovare compensi per l'Italia in quelle regioni. Secondo i due primi ministro tutto ciò metteva a rischio lo stesso Patto di Londra, unico accordo di guena al quale gli anglo-francesi si ritenevano ancora vincolati. Del resto le colonie africane ex tedesche erano state già spartite senza minima considerazione del governo itaUano. All ' idea che Roma potesse perdere anche le isole dell'Egeo, da Costantinopoli Sforza fece sapere che si stava costituendo «qui anche col mio appoggio un'associazione per la difesa dei diritti degli abitanti i Rodi e Cos. [ ... Si chiede che] le due isole siano restituite alla Turchia e se ciò non possibile siano lasciate Italia che durante sette anni con un buon applicato ugualmente a cristiani e musulmani ha conquistato la riconoscenza di questi» .54 Intanto se Sonnino era parso intransigente e ostinato , le aperture di Tittoni non permettevano tuttavia l'abbandono completo della politica fin allora perseguita. Per nulla intimorito dalle minacce anglo-francesi , il nuovo capo della Consulta rispose il 7 luglio con una nota redatta da Scialoja in cui manteneva la linea politica del suo predecessore. Sul contenuto di essa ne venà data notizia dal ministro degli Affari Esteri nel discorso alla Camera dei deputati del 27 settembre 1919 .55 All 'invito di ritirare le truppe, egli rispose senza esitazione che l'Italia era nel suo pieno diritto. L'intervento con gli sbarchi era giustificato da motivi di ordine pubblico e per preservare i propri interessi, minacciati dal manifesto espansionismo della Grecia sulla stessa regione. Era di tutt'altro avviso proprio il governo di Venizelos che invece accusava pubblicamente Roma di proteggere e favorire le bande insunezionaliste turche, per carpirne le simpatie nella lotta contro gli ellenici. Queste accuse iniz.iarono a circolare soprattutto sulla stampa di Atene e di Smirne quando i greci, in difficoltà contro la resistenza turca (che aveva raggiunto le 50 .000 unità), dovevano giustificare in qualche modo i crescenti insuccessi militari, con l'ulteriore vantaggio di mettere in cattiva 1uce l'Italia al tavolo della pace. La realtà era ovviamente diversa. Era vero che i turchi speravano nell 'ftalia come sorella di lotta, come era vero che gli interessi italiani avevano come ostacolo proprio la Grecia, portando Battistoni più di una volta a proporre una sorta di "alleanza" italo-turca, ma 1a condotta del Corpo cli Spedizione, per espresso ordine superiore, si era sempre mantenuta fino ad allora assolutamente terza nelle beghe tra turchi e greci. 51 · 55

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AUSSME, E-3, b. 4, f. 4/3 a, telegramma di Sonnino al Comando Supre1110 del 17/6/1919. A. Giannini, La ques1io11e oriemale alla Conferenza della pace, op. cit., p. 4: T Tittoni, V. Scialoja. op. cit., pp. 21-40.


La cerimonia de/lclfinna ciel trattalo di Versailles net/a sala degli specchi della reggia

Nel frattempo era in corso la decisione sulla sostituzione ciel vcrtke del Corpo di Spedizione . TI tenente generale Luigi Bongiovanni avrebbe preso .il posto cli Battistoni. li nuovo comaodante in pectore il 27 giugno inviò a Tittoni un «questionario» in 20 punti per capire la situazione in cui s.i sarebbe trovato a operare: J) Finalità della nostra occupazione 2) .Limiti verso est e verso sud de lla zona da occupare e verso nord p er la pari.e che non è ancora fissata. li limite nord già fissato è da considerarsi come definitivo? 3) Criteri nella scelta delle localirà da occupare . 4) Compiti attuali (imm ediati e di prossimo raf?giung imento) della nostra occupazione . Il rispelto all'ordinamento statale ottomano e ai suoi organi amministrativi esistenti. Norme di intervento quando questi non f unzionino o fu nzionino male . 5) La polizia locale (di Stato e M unicipale): Si reputa opportuno - con criteri prudenti di addivenire gradualmente all ' instaurazione di una polizia mista italot11rca, mettendo a pro.fitto le esperienze e la tradizione orientale dei nostri carabinìeri reali? In caso contrario, è lecito porre limiFi a/l'accrescimento della polizia locale e al suo impiego? 207


6) I presidi militari ottomani nella regione di nostra occupazione: Loro eventuali spostamenti e aumenti o diminuzioni; le diserzioni reali e simulate (per costituire bande indipendenti); deve il Comando del Corpo d'Occupazione Italiano disinteressarsene o intervenire e in quali limiti e con quali modalità? 7) L'aumento delle forze del Co,po di Occupazione deliberato dal Comitato Supremo di Guerra: Convenienza di rimettere la partenza dall'Ttalia a quando il nuovo Comandante avrà deciso come impiegarlo - frattanto deve allestirsi e tenersi pronto ali'imbarco. 8) L'uso delle ferrovie per le nostre truppe. 9) L'occupazione di Conia: Sua/unzione attuale; e sue finalità. La dipendenza dal generale britannico. 10) Contegno verso i greci: Possibili c01rflitti nelle zone di contatto . 11) Relazioni con l'Ammiragliato britannico di Smirne . 12) Contegno verso i turchi nella loro lotta contro i greci: Le bande armate che si costituiscono nelle regioni di nostra occupazione con l'intento di combattere l'occupazione greca: tollerarle? Cercare di indurle ad allontanarsi, combatterle apertamente? I rifornimenti alla bande (anche se costituite lontane da noi) che si organizzassero nel nostro territorio. Le dimostrazioni popolari e delle autorità costituite contro i greci. Eventuali persecuzioni contro i greci della regione. Norme di contegno. 13) Relazioni con l'Alto commissario di Costantinopoli. 14) Relazioni con i Consolati di altre Potenze . Norme di contegno. 15) Relazioni con le autorità religiose locali. Norme di contegno. 16) La nostra espansione economica nelle regioni occupate : Favorire subito l'inizio? Deve il Comandante chiedere istruzioni a Roma al Ministero Agricoltura Industria e Commercio. Si può autorizzare l'uso dei trasporti militari per scopi commerciali? A chi[ ...] compete di rilasciare ai commercianti italiani permessi di residenza nelle terre occupate? 17) Lavori: per costruzione o riattamento di stabili ad uso di caserme, per miglioramento e manutenzione stradale, per bonifica, per condutture cl' acqua, per miglioramento di approdi. Si può largheggiare (con la visione della stabilità della nostra occupazione), si deve favorire l'elemento locale come mano d'opera e nell'acquisto di materiali? Si può esigere il concorso delle finanze locali (di Stato e Municipali)? 18) Il nostro servizio di informazioni: Scopi essenziali che se ne richiedono . 19) Le linee telegrafiche: Si riconosce il nostro diritto e la opportunità di metterle subito sotto il nostro controllo? Lo stesso criterio può estendersi ai servizi postali? Si reputa conveniente impiantare nuove linee (nostre) di telegra:fì, di telefoni e postali ed estenderne l'uso al pubblico? Tariffe,francobolli 20) La questione della moneta. Si riconosce la convenienza di dare largo corso alla moneta italiana in concorso alla moneta ottomana e di escludere gradualmente La moneta greca. Si potrà con atto di imperio fissare i cambi? 56 56

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AUSSME, E-3 , b. 6 , f. 6/2 a, pro-memoria di Bongiovanni per il ministro degli Affari Esteri del 27/6/ 19 19 .


A questo doppio decalogo di domande da Smirne il JO luglio risposte in via ufficiosa Carlo Sen ni con carattere di direttive generali, subordinate aUe istruzioni che potevano essergli in seguito date direttamente da Tittoni. J) Le fina lità dell'occupazione in Asia Minore erano esclusivamente politiche. Con essa si mirava a salvaguardare la posiz ione italiana di grande potenza di fronte agli acquisti delle altre pote nze per il mantenimento dell 'equi librio mediterraneo, ad assicurare alla futura attività nazionale una zona nella quale g li interessi si erano già affermati ed erano stati riconosciuti. Si m irava alb·esì a costruire una proporzionali tà cli acquisti di fronte a quelli inglesi e francesi, già assicurati di fatto in Mesopotamia, Palestina e in Siria. L'occupazione nella sua estensione verso Nord aveva lo scopo specifico di contenere l'avanzata greca verso il vilayet di Smirne, che pur non pregiudicando, secondo gli intendimenti della Conferenza. l'assetto futuro cieli' Asia Minore, costi tu i va tuttavia un fatto compiuto del quale doveva necessariamente teners i conto , se esso fosse stato mantenuto contro la resistenza turca. La presenza italiana peraltro non voleva essere in contrasto con il mantenimento della sovran ità turca e dell'organismo politico-amministrativo ottomano, al quale il progresso del tempo e nelle debite fo1me sarebbero state apportate quelle integrazioni e quegli aiuti che avrebbero facilitato l'incremento degli interessi italiani. Per questo i doveri erano reciproci: non solo le aurorità ntil ita1i italiane dovevano scrupolosamente 1ispettare usi, costumi e religione. ma quelle turche dovevano rimanere al loro posto. Su di esse i comandi , con i rnod·i ritenuti più opportuni ed efficaci, potevano influire per l'esecuzione di tutti i provvedimenti ri tenuti necessari nell'interesse delle truppe italiane, astenendosi da qualunque azione diretta. 2) Non potevano essere indicati i limiti deU 'occupaz ione. La situazione jn Asia Minore era ancora dinamica, subordinata, soggetta a trattative in sviluppo e a una situazione non pienamente determinata. I limiti non erano peitanto che quelli di fatto e variabili di giorno in giorno a seconda degli avvenimenti. 3) Le loca] ità da occupare dovevano essere in relazione alla doppia necessità di assicurarsi influenza politica e di contenere l'espansione greca. In relazione alla prima necessità erano da tenersi in maggiore considerazione le sedi di vilayet, di sangiaccati e di cazà. ln relazione alla seconda necessità occorreva stabilire una più fitta rete di occupazione di fronte a quelle greche e a quelle sulla costa. Era ovvio che non proponendosi un 'occupazione m ilit,u-c vera e propria né trattandosi di u n 'azione bellica, sembrava forse eccessiva la preparazione, fin ad allora manifestata, di una rete ininterrotta di occupazioni per mantenere collegamenti frequenti e fitti di presidi fra loro. Era invece necessario rendere agile il Corpo di Spedizione con moW mezzi logistici , per faci litare le comunicazioni, g li spostamenti e 1' autonomia dei singoli presidi. 4) Rispettato l'ordinamento politico amministrativo turco e gli organi che lo rappresentavano, l'az ione dei comand i italiani doveva essere di propulsione a quella delle autorità ottomane, chiedendo loro di agire neJl 'ambito della propria g iurisdi209


zione. I casi di non funzionamento o di cattivo funzionamento delle autorità locali dovevano essere segnalati con la debita e precisa motivazione al ministero degli Affari Esteri, che riconosciuto fondato il reclamo, avrebbe provveduto attraverso l'Alto commissario a Costantinopoli. Niente sarebbe stato più pericoloso che un intervento diretto nell'amministrazione locale. Non si doveva far sorgere il sospetto nel governo turco che Roma volesse sostituirsi ad esso. Ciò, oltre a essere in contraddizione con le attuali finalità italiane e con le ripetute dichiarazioni, avrebbe messo il Corpo di Spedizione contro il sentimento ottomano, la cui suscettibilità e indipendenza si doveva, finché fosse stato compatibile con gli interessi italiani, rispettare. <<Di fronte alle popolazioni locali dobbiamo metterci nella condizione cli potere dar torto alle autorità turche cattive amministratici lente ecc. non dobbiamo metterc i in condizione di avere torto esercitando direttamente una amministrazione difficile e complessa». 5) Non appena la zona italiana d'occupazione sarebbe stata definita, anche di diritto doveva immediatamente provvedersi alla riorganizzazione della polizia locale. Per questo Roma avrebbe trattato con Costantinopoli, perché essa fosse affidata al1'Arma dei carabinieri. Nella situazione presente non conveniva prendere un'immediata ingerenza nel funzionamento della polizia, tuttavia i comandi militari avrebbero cercato di influire sugli organi di polizia come sulle altre autorità turche. Se in un centro importante come quello cli Conia il valì avesse chiesto o fosse indotto a chiedere qualche aiuto italiano, esso doveva essere dato come aiuto tecnico ed' istruzione, mai come organo esecutivo. 6) Nessun intervento doveva essere diretto negli spostamenti dei privati ottomani. Ogni mutamento doveva essere segnalato, indicando possibilmente il motivo. Eventuali modificazioni e provvedimenti dovevano essere chiesti ,ùl'autorità centrale ottomana, come chiarito al punto 4 . Poiché la presenza delle autorità militari italiane tendeva a mantenere l'ordine pubblico locale, era evidente che esse non potevano prendere nessun provvedimento in relazione a fatti e avvenimenti, che si svolgessero fuori dal territorio occupato dal Corpo di Spedizione, né per impedirlì né per agevolarli. 7) Si approvava che la decisione sull'aumento di forze del Corpo cli Spedizione fosse rimessa alle dipendenze del nuovo comandante, dopo che egli avesse fatto un resoconto della situazione. 8) L'uso delle ferrovie anatoliche era già ammesso per il rifornimento del presidio italiano cli Conia . Per l'uso deUa Smirne-Aidin nel tratto Sokia-Egerclir era invece in corso di trattative, di cui si attendeva l'esito . 9) La funzione e la finalità dell'occupazione di Conia erano identiche alla finalità delle altre occupazioni e delle quali si era parlato al punto l. Era evidente che l'importanza dell'occupazione di Conia, capoluogo dell'omonimo vilayet, e della relativa stazione era di grandissimo valore nella linea ferroviaria anatolica. Le relazioni con il comando inglese dovevano essere per quanto possibili formali e subordinate alle direttive politiche del governo di Roma. 210


IO) Nessuna norma generale poteva indicarsi per il caso di conflitti con i greci. Affidato al prudente contegno dei singoli comandanti si affidava l'esecuzione delle istruzioni , che erano state date e la tutela della dignità de ll 'Esercito da conciljarsi con la necessità di evitare superflue contestazioni e incidenti. Era evidente che ogni possibile conflitto non poteva che esaminarsi di caso in caso. 11) L'anuuiraglio britannico di Smirne non aveva ingerenza che per quanto r i.guardava l'estendersi dell'occupazione greca nei limjti tracciatigli dalla Conferenza. Le relazioni ufficia Li erano mantenute da Senni stesso, nel ruolo di delegato italiano a Smirne. 12) Nessun incoraggiamento poteva essere dato dalle truppe italiane al fo rmarsi di bande irregolari, dirette ad alimentare la forza di resistenza turca. In linea di massima i comandi del Corpo di Spedizione dovevano intervenire solo quando ciò potesse seriamente compromettere la tranquill ità locale. 13) L' Alto commissario a Costantmopoli rappresentava la più alta autorità politica dell' Italia in Turchia. Egli poteva direttamente e a mezzo del delegato di Smirne dare direttive poli tiche al comandante de l Corpo di Spedizione. Conveniva per questo che copia delle più importanti informazioni e decisioni m ilitari fosse inviata da Rodi anche a Sforza. del quale il comandante doveva eseguire le eventuali richieste. 14) Doveva tenersi presente la posizione di diritto e di fatto molto singolare che i consoli godevano in Oriente. Le potenze non ritenevano in Turchia aboli te le capitolazion i. Ciò imponeva aUe truppe italiane una delicata e diffic ile condotta non solo di fronte ai consoli , ma anche di fronte ai sudditi delle potenze cristiane, che di tale privilegio godevano. Sarebbe stato opportuno uno stretto contatto con Sen ni per tutti i criteri e le norme di dettaglio, che potevano occorrere nel1e svariate e imprevedibili contingenze. Si doveva tener presente che i consoli italiaru conservano intatta la loro prerogativa e funzione, pertanto sarebbe stato necessario un inti mo contatto con essi. 15) Il rispetto assoluto delle autorità religiose doveva essere la sola norma di contegno di fronte a esse. Poiché fra le autorità religiose si annoveravano quelle facenti parte della gendarmeria greca era da tenersi presente che nessun provvedimento doveva essere preso contro di esse per gli eventuali atteggiamenti contrari agii italiani, salvo che non si trattasse di reati specifici e ben provati, diretti contro la sicurezza delle truppe e contemplati dalle leggi militari vigenti in Italia . Anche in tal i caso doveva però procedersi con somma ponderazione , info1mandone il ministero degli Affari Esteri. 16) L'espansione economica italiana doveva essere al più presto e quanto più possibi le favorita , agevolandola anche con i mezzi mi litari a disposizione dei vati comand i. Poteva essere opportuno istituire accanto al comando un ufficio economico con l'intento di favorire i commerci nazionali . Istruzioni e direttive di massima dovevano essere chieste al ministero degli Affari Esteri, che avrebbe adempiuto con o pportuni provvedimenti. Nessuna limitazione doveva essere apposta alla residenza dei commercianti. 211


17) Nei lavori pubblici si doveva distinguere quanto era di stretta e urgente necessità militare, da quanto si riferiva al bisogno della popolazione. Per la stretta necessità militare italiana sembrava difficile, allo stato attuale, chiedere il concorso finanziario degli enti pubblici turchi. Per quanto si riferiva al bisogno della popolazione si potevano sollecitare le autorità turche. Il buonsenso politico consigliava di far sentire la benefica influenza della presenza delle truppe italiane che, ove compatibilmente con le necessità militari, potevano essere adoperate per migliorare le condizioni locali. L'iniziativa e la avvedutezza dei singoli comandanti avrebbero dato i migliori suggerimenti all'esecuzione dei lavori, che fossero compatibil i con la dignità del Corpo di Spedizione e che potessero affezionare le popolazioni, conciliando la convenienza di dare guadagno agli elementi locali e la necessità cli favorire le importazioni verso la Penisola. 18) Il servizio italiano di informazioni non doveva limitarsi ad attingere notizie di ordine militare, politico ed economico delle zone occupate, ma doveva anche estendersi alle zone non occupate, poiché il riflesso dei movimenti politici, che si poteva svolgere in esse poteva essere di somma importanza per la l.inea di condotta e le diretti ve eia darsi ali' occupazione. Una sintesi delle informazioni doveva essere periodicamente inviato al mjnistero degli Affari Esteri dal!' Alto commissario a Costantinopoli e al delegato a Smirne. 19) Si doveva lasciare immutata l' organizzazione turca rispetto alle poste e ai telegrafi, tanto quanto alle tariffe dei francobolli. Se per il collegamento dei presidi militari fosse necessario stabilire linee telegrafiche, nulla vietava che, subordinatamente alle necessità, ne fosse concesso l' uso anche per i privati. 20) Per la questione della moneta, eia fine aprile si era fatto presente al Comando Supremo l'opportunità di pagare le truppe solo con moneta turca. Malgrado i solleciti, nessun provvedimento risultava essere preso. Inoltre si suggeriva di compilare delle norme di condotta per tutti gli ufficiali che prestavano servizio in Asia Minore, eia sottoporne a revisione del ministero degli Affari Esteri, contenente un rapido riassunto del sistema amministrativo turco e dei cenni storico-geografici della zona, dove Je truppe si trovavano. Risultava opportuno che fossero istitutiti presso l'Istituto orientale di Napoli dei corsi di durata non superiore a tre o quattro mesi da far frequentare a quegli ufficiali (fino al grado di maggiore) , che potessero desiderare prestare servizio in Anatolia. Accordi con l' Istituto potevano anche favorire quei giovani che, avendo regolarmente superato il corso di lingua turca, potevano con determinate agevolazioni prestare servizio presso i comandi .in Asia Minore con lo scopo cli perfezionarsi in quella lingua.57 Ricevute queste direttive cli massima, Bongiovanni venne chiamato il 2 luglio a Parigi, per discutere del suo nuovo incarico con Tittoni e venne trattenuto per prendere colloquio anche con Sforza.58 Il governo però non aveva fatto conoscere il suo 51

AUSSME, E-3, b. 6, f. 6/2 a, risposte al questionari o del generale llongiovanni del 1°/7/1919. ss AUSSME, B-3, b. 6 , f. 6/2 a, tclcgracncna di Tittoni a Comando Su premo del 6/7/1919.

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Linea di demarcazione provvissoria proposta a Parigi

pensiero circa il progetto di aumento delle forze del Corpo , in rela1.ione allo sviluppo dell'occupazione e degli avvenimenti nelle region i sotto cotrollo greco . Le uniche imegrazioni erano state un puro paliati vo. Il più rLLevante fu lo sbarco dell'intero gru ppo del reggimento Ca valleggeri di Roma a Scalanova il 30 giugno. Appena giunto in Anatolia, esso si frazionò, con il comando del gnippo e il 5° squadrone a Kocharl i, a Nord di Sobudi a, una metà del 4° squadrone e la sezione mitragliatrici a Sokia, l'altra inetà con l'aliquota mitragliatrici invece iniziò le perlustrazion i nelle località della valle del Meandro. rn previsLone della possibilità che l'avanzata greca a Sud del Meandro potesse proseguire e rendere inevitabile l'apertura delle ostilità, si dispose per il concentramento nella zona tra Kuluk, Milas e Giroba, cli quante più truppe era possibile. Il 1° luglio arrivarono a Rodi i piroscafi Menfi e Tndiana provenienti da Rodi. Dopo aver scaricato alcuni reparti minori e i materiali , ripartirnno il giorno seguente per Kul uk dove avrebbero sbarcato il IV battaglione bersagl ieri ciclisti e il I 17° reparto di sanità , unità dirette a Giroba, da dove sarebbero stati ritirati gli elementi di fanteria. Il Menfi vuoto ripartì per Salonicco, mentre l'Indiana con il I battaglione del 33° reggimento fanteria proseguì per Scalanova. 59 Sull' Indiana prese imbarco anche il co59

AUSSl'vffi, E-3, b. 6, f'. 6/2 b, telcgra111111a di Oattistoni" Comando Supremo del 6/7/191 9. 213


mando del XL gruppo d'artiglieria da montagna, che doveva dislocarsi a Eskissar dove già si trovava Ja 188A batteria. Una volta a Kuluk l'Indiana iniziò lo sbarco dei materiali del IV battaglione bersaglieri ciclisti e del 117° reparto sommeggiato, destinati a Giroba. Intanto il 5 luglio il comando de.I li gruppo Cavalleggeri di Roma con il 5° squadrone da Scalanova si trasferì a Kocharli (a Est di Sobudia) e il 4° squadrone si trasferì a Sokia. Il 7 luglio, la sezione mitragliatrici Colt da Marmarizza si trasferì a Kuluk via mare, passando a disposizione del comando della brigata Livo:no. II 118° ospedaletto da campo di Lero si trasferì a Kuluk per proseguire per Milas dove era destinato. TI IV battaglione bersaglieri ciclisti raggiunse Giro ba, dove si trasferì anche l'intero presidio cli Eskihissar ( 118A batteria eia montagna, 9A compagnia del 34° reggimento, due sezioni della 705A compagnia mitragliatrici). Il colonnello Ferrari fece presente che due plotoni del 5° squadrone Cavalleggeri di Roma con il comando di squadrone e il comando di gruppo, spintisi in ricognizione vennero fatti oggetti d.i una scarica di fucili, che non produsse feriti, da parte di regolari greci. Questi avvenimenti di ostilità portati avanti dagli ellenici spinsero il generale a ordinare un'avanzata verso Nord. Per garantire una solida difesa a possibili ulteriori interventi ellenici in territorio italiano, vennero chiesti con successo dal comando de.I Corpo d'occupazione dell'Egeo una compagnia del 34° fanteria bis con una sezione mitragliatrici e una compagnia del XXXI battaglione bersaglieri con una sezione mitragliatrici, che sarebbero state impiegate per sostituire rispettivamente la 4" e la 6" compagnia del 34° fanteria con sezioni mitragliatrici, di presidio a Macri e Bodrum. Sempre per concentrare truppe nella zona "calda", si ordinò via telegrafo al comando ciel 33° fanteria cli riunire ad Adalia il II battaglione del reggimento, il quale doveva imbarcarsi al più presto sui piroscafi Sibilla e Ligure che sarebbero stati inviati d'urgenza da Rodi ad Adalia. Per disimpegnare il II battaglione, il comando del 33° fanteria doveva ridurre di numero e di forza i presidi scaglionati lungo la rotabile Adalia-Burdur, conservando però invariato il presidio di quest'ultima località. Il giorno 7 un reparto mitraglieri Colt si spostò a Kuluk da Marrnarìzza, dove venne lasciato un distaccamento dì carabinieri. Nonostante la raccolta di truppe italiane sul Meandro aumentasse, rappresentando il massimo sforzo possibile, avendo fatto arrivare anche repatti messi a disposizione eia Elia, l'inferiorità rispetto alle forze greche, che erano superiori a una divisione, era sempre tale da non potere far fronte a un'eventuale pressione di Atene da Nord. La situazione rimaneva quindi critica. A Smirne continuavano giornalied gli sbarchi di truppe greche.60 L'8 luglìo sbarcò a Smirne il 2° reggimento della 14A divisione greca (3.700 uomini, 350 cavalli, 320 carrette). Tale sbarco sembrava prevedere al trasferimento in Asia Minore di tutta la divisione cl' appartenenza. Dal comando della brigata Livorno e da quello del 34° fanterìa giungevano informazioni, secondo le quali le truppre greche, che ìl giorno 8 luglio erano giunte a circa IO chilometri da Giroba, 00 AUSS1VIE ,

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E-3. b. 6 , f. 6/2 b , telegramma di Bmtistoni a Comando Supremo del 14/7/J 9 l9.


Il porto di Marmarizza

avevano continuato ad avanzare, bombardando e incendiano villaggi, massacrando popolazioni e provocando l'affluire verso le linee italiane di migliaia di profughi terrorizzati, che chiedevano viveri e soccorsi sanitari. Dalle buone posizioni possedute, l'artiglieria greca inoltre tirava in prossimità delle truppe italiane più avanzate, che avevano issato la bandiera nazionale. In questa lotta anche i civili ellenici iniziarono a fare la loro parte. Una banda di briganti greci, presso Musaly (a Nord-est di Sokia) aggredì e trattenne con le armi il capitano Bàttaglia del 34° reggimento fanteria e altri ufficiali, rilasciandoli poco dopo e allontanandosi per i campi.61 La situazione appariva molto grave e lo scontro diretto sembrava divenire di ora in ora più probabile. Questa eventualità venne resa nota da Battistoni ai comandi delia brigata Livorno e del 34° fanteria, dando loro la facoltà di spostare i reparti come meglio avessero ritenuto opportuno in relazione agli avvenimenti e ordinando, qualora le truppe fossero state oggetto del fuoco greco, di reagire energicamente con le armi. A ulteriore supporto il 9 luglio, Elia a seguito di richiesta mise a disposizione di Battistoni anche la 46A batteria da montagna, da destinare a Kuluk dove, appena giunta, sarebbe passata alle dipendenze della brigata Livorno. Il trasferimento avvenne con il piroscafo Diamante, che dopo aver imbarcato a Macri la 4A compagnia del 34° fanteria, anch'essa destinata a Kuluk, aveva ricevuto ordine, a carico effettuato, cli fare scalo a Rodi. Intanto anche una compagnia ciel XXXI battaglione bersaglieri destinata a Bodrum, vi era sbarcata per essere destinata a Kuluk. 6 1 AUSSME, E-3,

b. 6, r. 6/2 h , telegramma di Banistoni a Comando Supremo del 27/6/ l 9 l 9. 215


In questo contesto, vennero anche apportati dei rinforzi nell'attività di collegamento, sia per gli aspetti logistici, che per quelli prettamente operativi. A Smirne e a Scalanova il caro viveri aumentava rapidamente e si faceva sentire, vista l'impossibilità di fare affluire vettovaglie dal)' Asia Minore. Si informò il Comando Supremo di ciò, rappresentando l'opportunità di un servizio marittimo fra Scalanova, Macri e Adalia. Ino]tre a seguito della richiesta di Battistoni, venne inviata a largo di Macri la torpediniera A1pia, con lo scopo di perlustrare la costa ed evitare il contrabbando e i conflitti con conseguenti uccisioni e catture fra velieri turchi e grecì .62 Per il resto eia Rodi si aspettava ancora la vera indicazione della portata che si voleva dare alla spedizione: negli intenti del gabinetto Nitti, essa era semplice atto cli presenza o rappresentava qualcosa cli più? Da Sud intanto le forze italiane di Adalia erano in pieno dinamismo. Le unità del 33° reggimento stavano spostando i distaccamenti sempre più verso Burdur. Sonnino aveva autor.izzato anche l'occupazione cli !sparta, ma Battistoni non riteneva opportuno spingersi fino a quella località, per l'esiguità della sua forza. Tatticamente condivideva la teoria che eia Isparta sarebbe stato possibile collegarsi con Conia attraverso Egerclir, il lago di Ege.rdir e Akehahro, ma tenere troppe località con le poche truppe a disposizione significava inconere in gravi problemi cli stabilità e sicurezza tra i piccol.i reparti isolati. A seguito cli queste ulteriori occupazioni, le reazioni verbali dei reparti turchi non si fecero attendere . Il colonnello Ìsmail Hakki, capo dell' ufficio cli arruolamento della 12A divisione e il maggiore Gevclet, comandante ciel 68° reggimento. espressero la loro protesta a Torriani per mezzo ciel comandante della piazza di Tekke. Secondo gli ufficiali turchi nella regione non erano avvenuti né disordini, né atti contrari alle clausole dell'armistizio, che rendessero necessaria 1'occupazione militare. A loro giudizio era evidente che l'Italia non aveva nessun diritto storico e sociale sulla regione e non avevano ricevuto nessuna istruzione circa l'occupazione dai loro superiori. Ess.i protestarono quindi contro i movimenti militari italiani, che erano contrari alle clausole dell'armistizio e al diritto internazionale, chiedendo cli arrestare l'avanzata delle truppe e desistere dalla spedizione, per calmare l'agitazione degli abitanti. In tal proposito precisarono che la maggioranza predominante della popolazione era musulmana e l'avanzata delle truppe italiane , che non faceva distinzione <<cli razza e di religione>>, suscitava effervescenze nell 'opinione pubblica. Queste lamentele però non modificarono l'operato di Torriani, rispetto alla sua idea di riassetto, che aveva lo scopo cli conciliare l'ottimizzazione delle unità del reggimento con la varietà ciel territorio . Constatate le necessità e le risorse e sentito anche il parere dei vari comandanti di presidio , propose alcune modifiche alle dislocazioni, con i seguenti scopi: aumentare il collegamento fra i presidi, alcuni dei quali si trovavano a distanza troppo elevata l'uno dall'altro; maggiore sfruttamento delle risorse lo62

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AUSSME, E-3, b. 6, f. 6i2 b, telegramma di Banistoni a Comando Supremo del 6/7i l 9 l9.


cali,occupanclo località per il momento sgombre; diminuire il numero degli uomini distaccati, faci litando così i rifornimenti; avere sempre, per ogn i eventualità, un maggior numero di reparti disponibili riuniti in Aclalia. 63 Come ind icazioni di massima propose nuove dislocazioni equidistanti sul te rritorio. Per esempio la costituzione de l presidio a Karamar avrebbe avuto per scopo di ottenere un posto intermedio fra Hafiz Pascià e Bugiak, distanti fra loro oltre trenta chilometri; lo spostamento del comando cli battagl ione da Kurna a C ine in vece aveva come obiettivo il disporre cli un posto più centrale fra Tscheltigclijk e Burdur, con il vantaggio che le d istanze sarebbero state ripartite in maniera più equa e j \ comando di battaglione avrebbe avuto facilità nelle comuni cazioni con i propri reparti. Tra J'altro tanto Karamar quanto Cine avevano risorse locai i suffic ienti per i bisogni delle truppe: acqua in abbondanza, località adatte per l'accampamento e pascoli per i quadrupedi. L' unificazione dell'intera I861\ batteria a Tshi buc-Han (dato che la sua dislocazione doveva rispondere più a necessità logisti che che tattiche) si riteneva opportuna per avere un maggior numero di quadrupedi disponibili per il trasporto dei rifornimenti nel tratto diffici le tra Hatìz Pascià e Tshibuc-Han. A Kyrgoz-Han non si giudicava necessario lasciarvi alcun presidio, poiché essendo la zona infestata di acquitrini, il repa1to ivi dislocato aveva dovuto spostarsi molto a Nord, quasi a sommarsi con l'artiglieria di Tshibuc-Han per trovare una zona più igienica e poiché la locali tà non offriva alcuna risorsa. In quanto alla stazione radio di Kurna questa sarebbe stata lasciata dove si trovava, considerato che I' atrnale sua posizione era stata riconosciuta la più adatta per le comunicazioni, magari con l'aggiunta della sezione nùtrngliatrici della 1546A a sua protezione. Se le pressioni su Battistoni riguardavano la zona interna dell'Anatolia, egli veniva sollecitato anche sull 'occupazione della costa occidentale. Dall' Italia g iunse la direttiva di Diaz per eseguire la proposta della Marina che chiedeva al Corpo di Spediz ione di occupare con un piccolo presidio il Porto Vathy, sulla costa anatolica a breve distanza dal!' isola d i Castel rosso, che per il momento era presidiato dai francesi. Le unità impegnate avrebbero sorvegli.ato la s ituazione e, se necessario, avrebbero sbarcato marinai per il presidio del porto. Il presidio poi poteva essere rimosso , una volta che i francesi avessero abbandonato Castelrosso. Ribadendo ammonimenti già noti, Battistoni, interpellato a riguardo, aveva g ià in formato del rischio eccessivo elci frazion amento delle fo rze. A suo dire quel distaccamento sarebbe rimasto isolato a meno che una piccola unità navale non vi avesse staz ionato , ma tutto ciò rimase lettera morta e per eseguire l' ordine superiore venne tolto un plotone della 6A compagnia del 33° reggimento fanteria da Adalia, già di suo bisognosa di sostegno. Intanto a largo di Vathy iniziò a stazionare il torpediniere Sagirtario .64 6;

Le disloc.azioni fino ad allora erano a<l Adalia , Karabayr. Tshibuc-han . Hafiz Pasc ià. K aramar. Budiak. Tschehigdijk. Ciné, Kurna. Burdur. (>.I AUSSME. E-:l. b. 6, f. 6/2 b. tc.legrainma di Rntti stoni a Comando Supre mo del 6/7/1919.

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Se a Battistoni non erano stati concessi rinforzi quando era nel pieno del suo incarico, ormai alla vigilia del suo trasferimento nessuna sua richiesta poteva trovare riscontro, neppure se suffragata da promesse ciel deposto Sonnino. Intanto in quel frangente il suo successore Tittoni, almento per il momento, si limitò a direttive dinatura logistica. Se in sede diplomatica non arretrava di un passo, era tuttavia cosciente che le truppe del Corpo di Spedizione avevano difficoltà a mantenere le posizion i. S.i mostrò quindi della stessa opinione cli Battistoni di evitare altre occupazioni, ma per motivi diversi, legati alla delicata situazione internazionale: «Nessuna nuova occupazione dovrà compiersi senza mia autorizzazione. Comand i e truppe dovranno astenersi da ogni atto che possa venire interpretato come partecipazione con conflitto greco turco. Nostra azione nei territori occupati deve essere per ora limitata garantire sicurezza ed ordine pubblico e favorire nostra penetrazione commerciale procurando conservare sempre migliori relazioni con autorità ottomane».65 Badoglio rispose al ministro , spiegando che erano stati comunicati a Batti.stoni i nuovi ordini di non effettuare altre occupazioni senza l'autorizzazione.66 Considerate le difficoltà di ordine militare e logistico, il generale fu ben felice di ricevere l'ordine cli evitare nuove occupazioni, anche perché anche gli scambi, che aveva avuto con Sforza a Costantinopoli, avevano evidenziato l'opportunità di non far perdere ulteriore prestigio al governo ottomano con altri colpi cli mano nell'entroterra.67 Tittoni si trovò in completa sintonia con l'Alto commissario, la cui opera sul Bosforo sarebbe stata molto utilie nel tentativo di trovare una collocazione mediatrice per l 'Itaha tra la Sublime Porta e la Conferenza di Parigi. Diaz comunicò a T.ittoni la sua approvazione verso il desiderio italiano di facilitare le relazioni con le autorità locali e Costantinopoli. In tale modo ci sarebbe stata con opportuna cautela la maniera di controllare gl i interventi contrari agli interessi italiani. Si sperava che il governo ottomano accogliesse la proposta fattagli, concedendo il nulla osta al comando italiano a Rodi per porre un suo organo di collegamento con la superiore autorità turca della zona occupata nel territorìo ciel vilayet cli Aidin. Non sembrò il caso per il momento di intervenire più direttamente, stabilendo commissari italiani presso ogni mudir, zuria e caimacanato. Solo con il tempo, quando la situazione di diritto fosse stata definitiva, si sarebbe potuto porre vicino aUe autorità turche mi nori qualche più frequente organo tecnico. In quel momento oltre che prematuro, un tale provvedimento non avrebbe potuto che far sospettare le autorità turche sugli intendimenti ital.iani , cosa che doveva essere assolutamente evitata.68 Tittonì autorizzò pure, in sintonia con quanto propostogl.i , la possi bilità di precedere a disarmi temporanei caso per caso delle popolazioni nei territori occupati, ovviamente solo quando se ne fosse presentata l'assoluta necessità. Non s i espresse "-' AUSSME, E-3 , b. 6, f. (,,; AUSSME, E-3, b. 6. f. 67 AUSSME, E-3 , b. 6, f. 6 s AUSSME, E-3 , b. 6, f. 218

6/2 a , telegramma di Ti1toni a Comando Supremo del 6/7i.19 19. 6/2 a, telegranuna di Badoglio a Tittoni del 917/ 1919 6/2 a, telegramma di Badoglio a Tittoni del 917/ 1919 6/2 a, telegramma di Tittoni a Comando Supremo del 14i7il919.


invece sul conteg no che dovevano tenere le truppe di fronte alla co ndotta dei greci, q uali sconfi namenti di bande elleniche e azioni di propaganda vicina ad Atene . Quesl' ultimo problema non era da poco, se i vari agenti inglesi a S mirne e a Mughi in più di un'occasione fu rono protagonisti d.i denigrazioni contro l'Italia, denunc iando l ' Ulegalità della presenza del Corpo di Sped izione sul suolo anatolico e del suo am pio aiuto fornito ai ribelli. Il generale Cavallero a Parigi con gli omologhi francese , britannico e americano lamentò coma falsa la frase Les ltaliens auraient cmné 700 à 800 irreguliers turcs (Gl i Italiani avrebbero armato dai 700 agl i 800 irregolari turchi) comparsa sul " Résumé des renseignements" del 2 giugno.69 In risposta furo no presi provvedimenti per rettificare la notizia, ma comunque essa era sintomatica del cl ima, che serpeggiava tra le delegazioni. 70 Ciò non poteva bastare al Comando Supremo e Badogl io si espresse con decisione nel richiede re delle istruz ioni precise al governo sul la situazione a tratti into llerabile presente in Anatolia. Se fino ad allora ci s i era limitati a «garantire l' autonomia e l' integ rità delle amm inistrazioni ottomane, e nel mantenere l'ordine pubblicol,1 tali norme non sono però su ffic ienti per uniform are la linea d i condotta dei vari distaccamenti, nelle speciali condizioni in cui essi si trovano. Occ01Te sopratutto defi nire i seguenti punti: l) Qua le debba essere il preciso contegno delle nostre truppe in caso ripetessero i conflitti tra popolazioni greche e turche; e se le nostre truppe debbo no eventualmente prestare man forte a.Ile autorità tu rche, pure mantenendosi più che è possibile estranee alle competizioni di indole locale 2) Quale debba essere il nostro atteggiamento di fronle al costituirsi di bande greche e turche, destinate ad agire fuori del LelTHorio di occupazione italiana. 3) Quale debba essere la nostra linea di condotta di fronte alla invadente propa~anda ellenica, sorretta dai francesi e pare anche dagli inglesi; e se le nostre autori tà possono agire, ed energjcamente, per repri mere tale propaganda, che lede i nostri interessi, procedere ad ,mesti, allontanamento di persone , ecc. quando sia ben stabi lita la responsabilità cli esse».71 Tuttavia ancora non si ebbe ro chiarimenti e Le uniche indicazione ricevute da Battistoni erano que lle sulle trattati ve con l' ammiraglio Calthorpe, per o ttenere l' uso della ferrovia di Aid in (linea Sokia-Egerdir). Questa concessione avrebbe permesso l' occupazione, già autorizzata da Sonnino, cli alcuni centri esclusivamente turchi, apparentemente favorevol i agli italiani, come Nazi li i e Denizli. Il generale italiano il 23 giugno aveva già te legrafato direttamente a Calthorpe per chiedere l'autorizzare del solo passaggio dei convogli su fe rrovia per collegare i presidi. L' amrniragl io si trovava a Costantino poli e Battistoni propose di fa r intervenire l'Al to commissario e premere sugli Alleati da Par igi per far inoltrare l'autorizzazione. L'idea italiana era E-3 . b. 4. f. 4/3 a. Jeucra di Cavallero al rapprcsenmn1c militare permanente frnncese dcWS/06/1919. E-3. b. 4 , f. 4/3 a. lellrc du général Bclin nu rcprescntant militairc pcrmaneni italien du 10/6/1919. 7 1 AUSSME, E-3 , b. 6 . r. 6/2 a, 1elegra111m.a di Badogl io a Caval lero ciel 27/6/ 19 19 . 69 AUSSME. 711 AUS SME.

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quella di chiederne prima l'uso e poi forzare per farsene assegnare la gestione , con la scusa di garantirne la continuità e la sicurezza dagli attacchi dei turchi, che muovevano contro i greci. Dato che questi ultimi si trovano in gravi difficoltà nella regione di A idin , a Sonnino sembrava che le autorità britanniche non fossero contrarie a concedere il controllo clel1a ferrovia di A idin agli italiani, ma si sbagliava cli grosso. La gestione era di capitali inglesi e un omaggio del genere agli itali.mi non era nello stile britann ico . Del resto i greci non solo avevano evitato di sgomberare la ferrov ia cli Aidin, di cui facevano uso per decisione ciel ''Consiglio dei Quattro", ma anzi vi continuavano a mandare altre truppe per difendere le loro posizioni. A fine giugno Aiclin era in una situazione molto particolare. I greci erano in affanno e i turchi avevano iniziato un attacco deciso. Essi avevano l'artiglieria , che tirava sulla città. Un pezzo di grosso calibro era piazzato sulla sinistra ciel fiume Meandro. Ricevevano rinforzi, provenienti da Sud e anzi bande turche, che venivano dalla regione occupata dagli italiani, tentarono di tagl iare le comurùcazioni fra S mirne e Aidin . Quest'ultima fu persa dai greci il 30 giugno e ripresa il 3 luglio, ma non si poteva dire che la partita fosse chiusa. Le forze turche ripiegarono verso Sud e cercarono d i mantenersi sul Meandro, inseguite dai greci che passarono il fiume il g iorno 6 lugUo. Intanto il sottosegretario De Martino il 7 luglio comunicò al Comando Supremo l'effervescente situazione ad Aidin. Incalzate per tre giorni da numerosi contingenti turchi aventi artiglieria e cavalleria, le truppe greche abbandonarono la città, dopo aver incend iato e saccheggiato i quartieri turchi. D'accordo con i delegati inglese e francese De Martino telegrafò prima a Battistoni per ricevere d'urgenza notizie su Aidin, favorendone eventualmente l'esodo nelle linee controllate dagli italiani e poi a Calthorpe. A questi, cogliendo l'occasione di gravità della situazione, chiese di ottenere che l'occupazione greca fosse ristretta al sangiaccato di Smirne con rinuncia del ritorno effettivo su Aidin. Nel fra ttempo Caracciolo informò che ad Atene la diplomazia italiana aveva esposto il problema al ministero greco degli Affari Esteri, protestando e chi.edendo il ritiro dei greci fino alla ferrovia di Aiclin.11 ministro rispose che avrebbe dato ordini in tal senso al governatore greco di Smirne Aristidis Stergiadis ,72 grande amico e concittadino di Venizelos. Queste richieste avevano come implicita conseguenza la possibilità per gli italiani dì prendere il posto degli ellenici, con il pretesto di mantenere l'ordine. Lo stesso giorno Battistoni , confermando il suo atteggiamento poco arrendevole, rifed che truppe greche, incuranti dei limiti prescritti, avevano devastato i paesi tra la ferro via e il Meandro e varcato lo stesso fi ume a Sud di Aidin. La possibilità di portare soccorso agli sfollati era sempre nelle intenzioni del generale. Considerata la penuria di cibo e il caro viveri da Smirne e quindi ne] la regione cli Scalanova, il generale aveva già chiesto al ministero della Guerra se fosse possibile, dietro pagamento, distribuire generi alimentari, in particolar modo riso alla popolazione civile, anche attraverso approvigionamenti apposi72

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AUSSME, E-3, b. 6 , f. 6/2 b, telegramma di Caracciolo a Comando Supremo dcll'8/7/ l 919.


tamente sped iti dall'Italia oppure la possibilità di scambiare la farina cli granturco e gallette, che nei magazzin i di Rodi era in grande quan tità, con bestiame che abbondava in Anatolia e altri generi ingombranti per il trasporto dall'Italia. Nelle località occupate a S ud del Meandro vi erano oltre 20 .000 p rofughi di Adin e dintornj, che dorm ivano all 'aperto, che oltre al la mancanza di viveri , avevano anche bisogno di interventi igienico-sanitari. In quella circostanza Battistoni ordinò che Naccarato da G iroba facesse avanzare adeguati mezzi sani tari fino al ponte sul Meandro e qui verifi casse se vi fosse necessità e convenienza di farli giungere fino ad Aidin. U capitano medico con autocan-o recante bandiera italiana e di neutralità venne però fermato a Emirogla da un piccolo posto greco. Dopo una lunga attesa, ottenne di poter conferi re con il colonnello Zapheiriou, comandante della divisione greca (che ad Aidin aveva le seguenti forze: una brigata fante1ia, due batterie d'artiglieria e uno squadrone d i cavalleria), al quale espose lo scopo della sua visita. Ebbe una risposta evasiva e dovette ritornare a Giroba. Nello stesso giorno una 1icognizione di cavalleria ital iana spinta eia Kocharli verso il Meandro notò che truppe regolar.i greche , formanti per forza un reggimento, avevano passato il fiume, occupando le alture cli Yenichift, a Sud cli Aid in sulla slrada Aidin-Gìroba, circa tre chilometri a Sud del Meandro. Sullo squadrone venne aperto il fuoco con i fucili e qualche raffica di m itragliatrice, senza perdite. G li spari cessarono quando il comando del reparto italiano sventolò un fazzoletto bianco. Al capitano ital iano, che chiese di poter conferire con il comandanle greco , si volle bendare gli occhi, ma a seguilo del suo rifiuto , si presentò invece al maggiore di cavalleria Cardassi, un capitano greco che gli offrì d i accompagnarlo presso il suo colo1rnello . Questi «con contegno arrogante» si trincerò dietro gli ordini ricevuti dal comandante della sua divisione e jn tono «cortese ma sarcastico» aggiunse che intendeva inseguire le bande turche ovunq ue si trovassero salvo poi a rientrare nei suoi limiti. Dopo una lunga discussione promise il pronto ritiro delle truppe. Questo fatto venne riportato anche eia Caracciolo , ma la sua versione voleva che una volta ferm ati dalla cavalleria, i greci erano stati fatti passare senza altre complicazioni , perché giustificarono il loro sconfinamento con l ' inseguimento elci ribell i. Sempre nella stessa giornata il 25° reggimento greco era giunto a 20 chilo metri a Sud di Aidin, ma il tenente colonnello De Ambrosis , comandante il IV battaglione bersaglieri ciclisti, protestò con il comando g reco , insistendo per il ritiro delle truppe. Il colo nnello Zapheiriou dichiarò che senza ordine superiore non poteva far ritirare i suoi uomini dalle a lture di ElmaJy, ma promise cli chiedere istruzioni in proposito a Smirne . Per pronta risposta De Ambrosis d ichiarò che se al mattino del 9 i greci avessero opposto resistenza rispetto alle posizion i italiane, egli avrebbe reagito di conseg uenza con il suo IV battaglione di bersaglieri ciclisti e avrebbe occupato anche con la forza la riva sinistra ciel Meanclro.73 Questo atteggiamento fermo cl i De Ambrosis 11

/\USSME, E-3. b. 7. f. f. 713. minuta del Diario storico militare ( 1° giugno-31 luglio 1919). martedì 8 lugl io.

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era motivato dal convincimento che le truppe greche sembravano voler raggiungere anche Giroba. Infatti nel giorno 8 avanzando , avevano occupato Dorumlar e Jumaly, a soli 12 chilometri da Giroba, e avevano iniziato il tiro sulle posizioni di una sezione mitragliatrici avanzata italiana, distanti un chilometro, presso la q uale sventolava la bandiera tricolore. A seguito di questa avanzata irresponsabile, i soldati del Corpo di Spedizione si trovarono d:i. fronte anche a uno spettacolo inquietante. A seguito cli bombamenti, incendi di villaggi e massacri di popolazione, migliaia cli profughi in preda al panico accorrevano verso le linee italiane, invocando protezione. Vedendo che i greci non solo evitavano di mantenere la promessa del ritiro delle truppe, ma proseguivano l'avanzata, il giorno 9 il maggiore Cardassi si presentò cli nuovo dal colonnello Zapheiriou e chiese formale assicurazione di iniziare il ritiro di truppe nella notte successi.va. Cardassi lo preavvisò che in ogni modo ìl mattino del 10 avrebbe stabilito un distaccamento a Yenichift. Nel frattempo De Ambrosis fa ceva avanzare le sue truppe da Giroba , arrestandosi a 6 chilometri dalle posizioni greche. Durante la marcia truppe .italiane furono fatte oggetto cli qualche raffica dì mitragliatrici da un aeroplano greco, senza però conseguenze negative . NeIJo specifico le artiglierie greche avevano bombardato le posizioni italiane a Giroba il 9 luglio, dopo che i greci si erano ritirati. La brigata Livorno comunicò che nella notte precedente i greci avevano incendiato altri villagi sulla riva sinistra ciel Meandro e che erano avvenuti scontri fra regolari greci e bande turche armate. JI comandante della Roma aveva informato dell'accaduto lo stesso Calthorpe. Questi espresse un giudizio negativo sui greci, che già ammoniti di indisciplina continuavano in questa condotta. Gli italiani invitarono l'inglese a inviare nella zona di Aiclin una sua delegazione per constatare gli atti di ferocia e cli barabria commessi dai greci. Da quanto riportato da Battistoni, il commodoro inglese aveva riconosciuto piena legittimità per le truppe italiane nel poter dimostrare la massima fermezza cli fronte all'attitudine aggressiva greca. Qualunque azione difensiva delle unità del Corpo di Spedizione, sulle truppe greche sconfinanti la loro zona assegnata, sarebbe stata giustificata, anche perché sembrava che solo con la forza si potesse avere l'osservanza dei patti, dopo le reiterate assicurazioni di rientro nella legalità dell'Alto commissario greco a Costantinopol i. Anche in questa circostanza Battistoni fece presente come ci fossero tutti gli estremi per un'attiva opposizione militare contro l'avanzata ellenica . A Giroba egli aveva a dispos izio ne il battaglione dei bersaglieri ciclisti , due compagnie fanteria e una batteria, a Kocharli uno squadrone. Se il governo non fosse intervenuto politicamente, egli avvertì ciel probabile ricorso alle anni e ciel suo piano per un colpo di mano navale sull' isola di Samo. Il 1O luglio il II battaglione del 33° fanteria, ultimate le operazioni d'imbarco sui piroscafi Ligure e Sibilla da Adalia si diresse a Kuluk. Nella zona di Scalanova si era provveduto a rafforzare i distaccamenti cli Musaly e Tekke e a distaccare un plotone 222


a Kemer con il compito di osservare i movimenti g reci dalla valle del Meandro. Le truppe italiane di Gìroba avevano continuato la marcia in avant i iniziata nei g iorni precedenti. Intanto i repaiti di bersaglieri avevano raggiunto il Meandro , prendendo contatto con un plotone di cavalleria greca in ritirata. L'avanzata dei reparti italiani aveva evidentemente indotto i greci a sgomberare la zona della riva sinistra del Meandro , da essi occupata nei giorni precedenti . Venne segnalato un reparto greco posto a guardia del ponte sul Meandro in eonispondenza diAidin , presidio che era però dislocato sulla ri va destra de l fiume. Su quella si nistra , per la vigilanza di tale passaggio, si provvide da parte italiana a distaccare in modo permanente a Shahlmaly una compagnia di bersaglieri ciclisti. che doveva tenere un plotone all ' immediata sorveglianza del ponte, dove fu issato il tricolore. Inoltre si distaccava a Jeni Tahift , per il collegamento con i reparti ciel settore di Scalanova e per la vigilanza della Valle del fiume Tchina e delle alture circostanti , la 9A compagnia del 34° fanteria e una sezione mitragliatrici della 705A compagnia. Le rimanenti truppe che avevano partecipato all ' avanzata verso il Meandro rientravano in serata a Giroba. Al comando della brigata Livorno venne fatta raccomandazione di non estendere eccess ivamente le occupazioni a Oriente de ll a rotabile Giroba-Aidin , ma di adoperarsi invece per ottenere il collegamento verso Occidente e per sorvegliare tutti i passaggi ciel Meandro a valle di Aiclin ; g li si rammentò inoltre che le truppe non dovevano oltrepassare il fiume. Alla fine le reiterate rimostranze a Smirne , Atene e Parigi congiunte con I'avanzata italiana del dis taccamento da Giroba avevano per il momento pagato e ristabilito l'ordine nelle rispettive linee cli demarcazione, ma un fatto molto significativo , avve nuto proprio il giorno I O, permette di capire lo sp irito a tratti brigantesco e indipendente delle formazioni elleniche, che supportate d a una popolazione civile incandescente, si lanc iavano in azioni sconsiderate contro chiunque. Presso Kurfali , una piccola pattuglia italiana di quattro uomini, messa a protezione di una colonna di lavoratori. turchi in prevale nza donne, fu sorpresa da forze di regolari greci apparsi su un 'altura soprastante a tre chilometri da Azizié . Si trovò quasi circondata da soldati regolari greci e da borghesi armati, apparsi improvvisamente in attitudine minacc iosa . I soldati italiani tentarono di farsi riconoscere, ma ciò non impedì che i greci aprissero ugualmente il fuoco sui civili e sui soldati. Furemo uccisi due lavoratori e la pattuglia rispose al fuoco ferendo un greco, ma vista la grande preponderanza del " nemico" e per non essere catturata, si ritirò subito dopo. Nel fraltempo truppe ital iane dal vicino accanto namento con il capitano Cantore accorsero in difesa dei connazionali. I greci ripiegarono a loro volta su u n 'altura vicina, sospendendo il fuoco . A questo punto un capitano greco con un drappe11o di truppa e con la bandiera bia nca venne a presentars i a Cantore, mostrandosi meravig liato de ll' accaduto. Si scusò giusti ficando che non li avevano riconosciuti come italiani. Queste ragioni, poco persuasive , non furon o accettate dal capitano italiano, che si riservò di non ritenere chi usa la faccenda. Nel frattempo , essendosi riscontrata la scomparsa 223


del sergente capo della pattuglia, ne fu chiesto conto al capitano greco, che disse di non saperne nulla. Il tenente colonnello Ferrari, comandante del 34° reggimenlo fan teria, informato dell'accaduto senza perdere altro tempo intervenne e si recò ad Azizié, fece chiamare il capitano greco fino a indurlo a confessare che il sergente era stato fatto prigioniero dai greci. Dopo tentennarnentj il sergente venne liberato e Perrari dovette di nuovo insistere per farsi restituire anche il fucile in dotazione, di cui il militare italiano era stato privato. Durante la confusione dello scontro, il sergente era stato aggredito e catturato a tradimento da borghesi greci armati . Era stato anche derubato del portafoglio, che fu restituito solo il giorno successivo, su ulteriore richiesta della vittima. 11 capitano greco imbarazzato non poté che continuare nelle sue scuse, non sufficienti però a far dimenticare l'accaduto. Avvenimenti di questo tipo non facevano che rafforzare le convinzioni anti-elleniche di Battistoni, che ancora I' 11 luglio lamentava di ricevere dal ministero degli Affari Esteri solo ordini vaghi e di difficile applicazione e che I.e sue reiterate domande non ricevevano risposte accettabili. Precisò come per il decoro dell'Esercito e dell'Italia, fosse ben difficile rimanere inerti di fronte agli oltraggi greci. Per ordine superiore ci si era astenuti dall'intervenire nella zona tra il Meandro e la ferrovia, anche se vivamente richiesto dalla popolazione locale. Del resto l' attività italiana di soccorso e di assistenza alle migliaia di profughi trovava consenso e apprezzamento perfino in alcuni circoli cli Smirne. L'atteggiamento oltranzista di Battistoni era irrobustito dalla propaganda anti-italiana di cui il suo Corpo era bersaglio. In maniera energica fece presente a Roma come la stampa greca sia in loco che addirittura a Washington diffondesse notizie fantasiose, per non dire menzognere. Essa affermava che l'Italia aiutava le azioni turche, incoraggiando, mettendo a disposizioni armi , basi (Rodj) e disinteressandosi delle violenze fatte e perpetrare in territorio occupato da loro (Sokia). fn aggiunta alcune illazioni avrebbero voluto gli stessi italiani, travestiti da turchi, partecipare attivamente alle violenze delle bande irregolari. 11 governo di Atene accusava l'Italia inoltre di fornire grosse quantità cli fucili ai turchi, tra l'altro attraverso l'uso di due torpediniere. Battistoni sollecitò proteste, affermando che quelle cli Venizelos erano solo «menzogne tendenziose» e che se ad Aidin ci fossero gli italiani gli incidenti non ci sarebbero stati. Infatti nella zona a Sud della ferrovia la situazione era tranquilla: <<Nostro appoggio ai turchi è totalmente sentimentale e provocato da naturale reazione contro contegno greci indegno qualsiasi nazione civile».74 Nel frattempo il 13 luglio De Martino comunicò in Italia di aver scritto alle ambasciate di Washington, Londra , Parigi, Madrid , alle legazioni a Atene, a Sofia e al1' Alto commissariato a Costantinopoli sugli incerti rapporti in Anatolia. Egli precisò che, cercando con ogni mezzo di accreditare le voci circa l'aiuto morale e materiale 7'

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AUSSME, E-3, b. 3, f. 3/6 b, telegramma di Battistoni a Comando Supremo de.1617/19 19.


prestato dagli italiani ali 'organizzaz ione aimata turca, i greci tentavano di coprire il loro insuccesso politico , la precaria s ituazione militare e la piena inconciliabilità con l'elemento turco. Di ciò le sfere turche ed estere ne avrebbero avuto chiaro concetto. I delegati francesi e inglesi apparivano convinti della piena coffettezza e dell'indipendenza del! 'azione italiana. TI console degli Stati Unitj aveva interrogato in segreto i notabi li turchi , che avevano risposto come l'unica causa de l! ' insuccesso greco fosse da ricercare nel tradizionale odio e nel lo spettacolo di ab usi e di violenze perpetrate dai greci contro le v ite, le donne e g li interessi musulmani . Dc Martino chiese che qualunque notizia greca su aiuti dn Roma cli anni e munizioni ai turchi fosse assol utamente smentita. Le popolazioni e lleniche nel settore italiano erano tranquille, nonostante l'attività della propaganda greca, che il comando del Corpo di Spedizione aveva ordine di non im pedire, salvo non tendesse a compromettere la sicurezza delle truppe. P resso queste ultime erano afflui ti turchi , italiani e francesi profughi di Aidin , fra i quali un agente deJ consolato francese, due suore e tre gendarmi francesi, che ebbero cure del caso e poi avviati a Smirne con mezzi italiani. A Giroba erano affluiti donne e bambini turchi , feriti da greci anche con armi da taglio. Significativo era come questi profughi avessero confermato g li eccidi commessi dai greci in ritirata e affermato invece il contegno co1Tetto delle bande turche. Ri ferendo a Roma dei suoi colloqui , De Martino concluse: <<Mi r.isulta nettamente dalle citate conversazioni che tutte le inform azioni dirette possedute dagli Alti Commissari alleati, concordino nel mettere in pessima luce tutto l' operato coi greci in Asia Minore mentre il signor De France mi ha per contro dichiarato spontaneamente in man iera espi icita dover riconoscere che nostra occupazione si è dovunque svolta nel modo più corre tto e ordinato, accolta per giunta con discreta ragguardevole autorità locali» . Intanto la propaganda anti-italiana su!Je voci cli aiuti alle formazioni di irregolari continuavano. Per arginare questa campagna, Tittoni chiese di essere informato su ogni sviluppo in proposito, soprattutto se ci fosse stato un evidente coinvolgi mento e ingerenza inglese o francese . Il giornale "Acropoli'' parlava di autocarri pien i di armi inviati dagli italiani ai turchi, sequestrate ne l viaggio dalle truppe greche. Su altre Lesta te "Enos", " Radicale", "Avanti" e " Elefter Tipos" comparvero anche accuse di presunto incoraggiamento morale italiano con vari e ripetuti fiancheggiamenti in favore delle bande turche: «Turchi approfittano di iicoveri fomiti occupazione italiana o ltre il Meandro, organizzano colà bande e o perano attacchi». Secondo Caracciolo questa «campagna è condotta con metodo per provocare disord in i, seminare vittime, dimostrare q uindi necessità allontanamento italiani e sostituzione coi greci>}. Anche gli inglesi non erano teneri con gli italiani. L'addetto militare a Londra trasmise a Roma per conoscenza un opuscolo (Red Book-Red Easter in rhe Dodecaneso 1919) distribuito in Liverpool e in altre città inglesi come propaganda anti-italiana .75 75

A USSME. E-3, b. 4. f. 4/ 1, lellera dcJ J'addeUo a Londra del 14/07/ I9 I9.

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Il porto di Smirne

Questa attività greca era parallela alla nuova avanzata sul Meandro . Era sbarcato a Smirne in forma solenne il generale Paraskevopoulos, che sembrava destinato ad assumere il comando supremo, rinforzato di nuov i effettivi di fanteria, cavalleria e artiglieria. Dai circoli militari greci correvano le voci che essi sarebbero stati portati a 125.000 soldati. Il 14 luglio De Grenet informò che i greci avevano rioccupato Nazilli in contrasto con le direttive di Calthorpe. La spiegazione a tale azione era lavolontà di accerchiare la resistenza turca sul fianco destro. La gravità degli incidenti cruenti che si susseguivano, portarono Battistoni a richiedere direttamente al commodoro inglese l'invio di un ufficiale inglese per sanzionare l'operato ellenico. Egli comunicò che sulla linea Smirne-A id in non vi erano, come un tempo, presidi inglesi o frances i, ma guardie greche . OltreAid.in la ferrovia era guardata dai greci fin dove arrivava la loro occupazione, poi era nèlle mani delle bande turche. La linea Smirne-Magnesia era presidiata da un unico battaglione francese del 5° reggimento genio ferrovieri; Magnesia-Sokia e Pandenna da due battaglioni di senegalesi francesi con graduati del genio. Su queste linee si trovavano presidi da 12 a 20 uomini nelle stazioni importanti e di un graduato e due soldati nelle altre . I depositi di carbone cli Soma e Ushak erano presidiati eia 30 soldati, quelli di Smirne e Panderma da 60 soldati . I francesi si erano energicamente opposti a qualsiasi tentativo di controllo da parte di truppa greca. Il Comando Supremo , in linea con 1a prudenza governativa , non poteva che chiedere a Battistoni moderazione, stemperando le scaramucce con i greci: «insista energicamente presso comando greco perché sia ottenuta stretta osservanza delle decisioni 226


della conferenza di Parigi circa i limiti assegnati con forze superiori. Interesse governo perché a sua volta esplichi nello stesso senso azione diplomatica».76 Qualora non avesse otten uto risultati in maniera pacifica, all'inzio si sarebbe voluto aggiungere che le unità de l Corpo di Spedizione potessero dapprima p rocedere a inti midazioni e qui ndi, se necessario, usare la forza per garantire il buon diritto di Roma, ma per risolvere senza l'uso delle anni avendo poca forza si evitò di aggiungere questa eventualità: «è troppa poca la forza, si prende una bastonata» commentò Bacloglio.77 Quest' ultimo del resto non poteva tacere I.e molteplici quanto ragionevoli lagnanze di Battistoni e chiese al ministro degli Affari Esteri un intervento diplomatico presso il governo greco. L'operato d i Ti ttoni doveva tenere sempre presente, prescindendo da opportunità politiche, che la scarsezza delle forze italfane in Anatol ia (in tutto una brigata fanteria, un battaglione bersaglieri ciclisti, due squadroni cavalleria, tre batterie montagna, d isseminati in una vasta regione) non permettevano cli risolvere la situazione con le arm i. Non si poteva certo dire che il futuro comando di Bongiovanni si trovasse in una si tuazione pacifica. Secondo le inform azioni a sua disposizioni , espresse la sua complessiva buona impressione, ma peccava d'ottimismo. Riferì dello spirito della popolazione soddisfacente, del prestigio delle truppe saldo e la loro sicurezza non destava preoccupaz ion i. Notò però anche elementi preoccupanti. La distanza dei presidi di Burdur e la necessità di custodire la linea di comunicazione con numerosi distaccament i creava una presenza capillare ma debole. Continuando in linea con le lamentele cl i Battistoni, Bong iovanni ritenne esiguo il to ta le delle truppe disponibili per la zona di Adalia . Espresse l'opinione di poter tenere i contatti con le regioni interne, valendo del prestigio guadagnato fino ad aJJora senza addivenire a stabili occupazioni militari. Per d i più nella zona a Nord di Adalia vennero riscontratj vari casi di malaria tra le tru ppe del 33° fanteria. Le visite, fatte dal capo ufficio sanità , evidenziarono come il focola io dell ' infezione fosse la zona di Tuhibuk-Han. Si dispose quindi per far spostare quel distaccame nto e riportarlo verso la città principale. Come aveva notalo Ton-iani, era quindi conveniente tenere ad Adal ia un presidio più forte con la concentrazione delle truppe sparpagl iate nella zona, rinforzandole anche con reparti di cavalleria, g ià promessi eia tempo per Aclalia ma po.i destinati a Rod i, e inslallare a Burdur una residenza con l'ambulatorio e la stazione radio, affidando a questo piccolo reparto cli grande valore simbolico il compito cli mantenere la presenza italiana. Come collegamento si poteva anche conservare l'ambulatorio e un piccolo presidio intermedio a Bugiak. Queste conclusioni di Bongiovanni erano deri vate dal ruolo, che avevano fino ad allora rappresentato gli ambulatori e le residenze sanitarie, con la loro valenza umanitaria e il ritorno polilico. Con il grosso delle truppe ad Adalia g]j italiani avrebbero AUSSME. E-3, b. 3, r. 3/5 b. le legnunm a cli Bado~lio al comando Corpo cli Spediz ione del 9/7/19 19. AUSSME. E-3. b. 3. r. 3/5 b, nota a matita sul telegramma d i Badoglio al comando Corpo di Spedizione del 9/7/19 19. 76 77

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ridotto il rischio operativo, ma allo stesso tempo avrebbero anche tutelato la propria autorità e la popolazione contro il "malandrinaggio", compiendo saltuarie escursioni da Adalia verso Burdur, Isparta, Egerdir, con colonne mobili in forze, informandone le autorità locali e conservando il servizio automobilistico pubblico di Burdur e Adalia. In tale ottica aveva trovato condivisione di intenti con il colonnello Torriani e il console Ferrante. Quest'ultimo, informato del futuro incarico e dell'intera esclusiva responsabilità dell'azione in Anatolia affidata a Bongiovanni, senza obiezioni accettò la richiesta di informarlo direttamente per l'avvenire sulle notizie e sulle proposte di carattere politico, astenendosi dal comunicare con Roma, Parigi e Costantinopoli. Il generale assicurò, trovando .in lui un funzionario valido e di pronta collaborazione, che per le prerogative e attribuzioni consolari avrebbe mantenuto la massima autonomia, ma in realtà la nuova subordinazione militare stava stretta al console, che presto ne evidenzierà il malessere. Mentre Bongiovanni si iniziava a orientare sul grave compito che gli aspettava, a Parigi intanto la politica di Tittoni mostrava un cambiamento di rotta molto marcato. Se Sonnino e Orlando avevano speso energie per voler raccogliere quello che si era seminato nelle difficili trattative diplomatiche durante guerra, il nuovo capo della Consulta con uno stile giolittiano iniziò ad avvicinarsi al "nemico" Venizelos, cercando di calibrare concessioni e benefici. «I vantaggi, che l'Italia poteva ottenere da queste aperture, non erano certo dipesi dal peso che una piccola potenza come la Grecia avrebbe accordato, perché nella sostanza ai margini del processo decisionale della Conferenza della pace , ma piuttosto dalla speranza che la dimostrazione di buona volontà contribuisse alla soluzione delle incomprensioni e degli attriti con le altre potenze, Londra e Parigi .in testa. Nel contesto cli equilibrio interdipendente, tra i tjmori che inquietavano i governi inglesi e francesi c'era anche la possibil ità, che le delusioni per le aspirazioni greche potessero portare a un rovesciamento politico ad Atene e alla relativa caduta ciel loro protetto Venizelos con grave pregiudizio per la loro costruzione diplomatica. Questo ondeggiamento italiano, però se da una parte migliorava i rapporti che Tittoni intratteneva con gli altri delegati, dall'altra metteva in subordine proprio gli autonomi interessi nazionali»,78 che così venivano sacrificati "per quieto vivere''. Ecco quindi che da Roma come primo provvedimento, vennero date disposizioni agli uomini del Corpo cli Spedizione affinché accordassero la massima protezione ai sudditi greci residenti nel territorio occupato . Si precisò che le truppe italiane dovevano rimanere estranee ai conflitti, dovevano eventualmente difendere i civili greci dagli interventi violenti dei turchi e non potevano effettuare nessun arresto o allontanamento cli persone, anche se colpevoli cli agire in modo contrario agli obiettivi nazionali.79 Gli ufficiali italiani avrebbero dovuto conservare relazioni amichevoli con le autorità locali e con i loro omologhi greci con i quali fossero venuti a contatto . ;s F. Caccamo, op. cit., pp. l 86, 206-207 . 19 AUSSME, E-3, b. 6, f. 6/2 a, telegramma di T ittoni a Comando Supremo dell'8i7/1919. 228


Queste direttive così vaghe risultarono più di intralcio che di aiuto all'uscente Battistoni che fino all'ultimo continuò nelle sue proteste. Se il governo si raccomandava sempre di evitare ulteriori occupazioni, eccetto !sparta e Egerdir per il collegamento con Conia e solo perché autorizzato eia Sonnino, il generale rispondeva che non era più un problema di evitare l'avanzata o astenersi da nuove occupazioni; erano i greci che continuamente creavano i contrasti, facendo fuoco contro le ricognizioni italiane e a Giroba erano a contatto contro i suoi soldati: <<non vi è altra alternativa che combattere o ritirarsi» . Egli chiese ancora a quale disposizione si dovesse attenere, essendo la situazione ormai gravissima, fuori da ogni controllo . Allo stesso tempo Battistoni garantiva però la conettezza delle sue truppe nell'eseguire i pur vaghi ordini impartiti e nel rimanere estranee da possibili coinvolgimenti. L'avanzata italiana da Giroba al Meandro aveva come scopo quello di interporre una linea fluviale con i greci, «per rendere meno facili contatti e consentire economia di forze». Sempre per questo motivo il generale aggiunse che si era invece astenuto dall'occupare la zona fra il Meandro e la ferrovia , benché la popolazione avesse invocato con insistenza questo intervento . Questo rifiuto però non gli impediva, grazie ai numerosi presidi disseminati lungo la riva sinistra del fi ume, di garantire sicurezza, fiducia e prestare assistenza alle migliaia cli profughi che 1ì avevano trovato riparo in condizioni peraltro pietose. Questa condotta delle forze :italiane aveva dato i suoi frutti, perché per il momento era tornata a regnare la calma. A metà luglio non vi erano stati più incidenti e nei circoli d.i Smirne il contegno delle truppe italiane veniva riconosciuto come corretto,80 tuttavia parlare di garantire la sicurezza e cli penetrazione commerciale - come si voleva negli ambienti politici italiani - mentre tutta la regione del Meandro era in preda alle fiamme e ai massacri, sembrava una triste ironia vista eia vicino. li 18 luglio Battistoni incontrò il si ndaco di Aidin e il presidente della Mezza Luna Rossa, che gli descrissero gli orrori commessi ad Aidin dai greci e lo ringraziavano per l'opera svolta dagli ital iani. Le autorità e la popolazione ottomana vicino alla linea che divideva il ten-itorio con gli ellenici, chiedevano però agli italiani fatti contro i greci e finora non avevano ricevuto che dichiarazioni, giudicate troppo concil ianti, dai vari ufficiali del Corpo di Spedizione con cui erano venuti a contatto. Il generale temeva che la comune identificazione degli italiani e dei greci come stranieri invasori, abbinata all'attività politica a Parigi in sede diplomatica, potesse prima o poi suscitare una certa avversione da parte dei turchi. Ciò sarebbe significato che anche gli italian i sarebbero stati coinvolti i n quella che si stava rivelando una vera guerra. La propaganda ellenica aveva tutto il vantaggio di far combattere gli italiani. La Grecia avrebbe avuto il doppio vantaggio di rendere odiosi ai turch i gli italiani, almeno quanto loro stessi, e avrebbero alleggerito le loro posizioni, dovendo le bande cli irregolari suddividere le proprie forze negli scontri sia con i greci, sia con gli itali ani. 00

AUSSME, E-3 , b. 6, r. 6i2 a, telegramma di Badoglio a c~vallero del 18/7/1919. 229


Un giornale locale di Smirne informò che le truppe francesi, greche e italiane operanti in Anatolia sarebbero state messe alle dipendenze di un generale inglese. La notizia aveva creato una certa impressione sfavorevole presso i turchi della città, i quali da tale fatto iniziarono a credere che l'azione italiana sarebbe stata d'ora in poi legata a quella greca, mentre speravano di vederla volgere decisamente a loro favore. Per fortuna di Battistoni la notizia non arrivò nella zona di occupazione italiana, dove seppur in maniera lieve le proteste delle autorità locali si facevano sentire. Infatti più ci si allontava dalla linea di demarcazione, più le autorità erano meno soggette alle azioni greche e quindi erano molto critiche verso l'operato degli italiani e, a secondo dei casi, appoggiavano le bande cli irregolari turchi . Il generale continuò nel tentativo di tamponare la situazione con il continuo spostamento di truppe. Per gli incedenti e le violenze delle bande, venne inviato nella zona di Mugla da Eskihissar il comando del XL gruppo da montagna con la 46" batteria e una compagnia del 34° fanteria. li mutasserif della città protestò . Il 24 lug.lio da Adalia venne fatto presente come le bande continuavano ad agire ed erano in movimento verso Aidin. Le autorità di Burclur avevano preavvisato la popolazione della regione di un 'eventuale prossima chiamata alle anni degli uomini validi dai .18 ai 45 anni . In proposito , queste autorità non vedevano di buon occhio l'occupazione italiana e avevano protestato con vivacità.

L'EsJrRCITO ITALIANO DA CAVIGLIA A BONOMI

Come si è visto, nel corso ciel luglio 19 l 9, sia per il mutato indirizzo della politica cli Tittoni, sia per la ventilata sostituzione del comandante deE Corpo di Spedizione, si poterono notare toni molto più concilianti rispetto alla gestione precedente cli Batti ston i, che invece più cli una volta aveva chiesto se non fosse stato opportuno appoggiare in chiave esplicita le rivendicazioni turche contro i greci . Se in più di un 'occasione si era rischiato di entrare in serio attrito tra l'Italia e la Grecia, eia Parigi le intenzioni cli Tittoni erano quelle di prendere direttamente la supervisione delle operazioni del Corpo cli Spedizione. TI 7 luglio chiese al Comando Supremo di essere sempre tenuto informato sulla situazione in Anatolia . Diaz rispose che avrebbe provveduto a far conoscere ogni fatto e questione più importante all'Hotel Edouard VII sede della delegazione italiana, ma giudicando la spedizione di natura <<tmicamente politica>>, il ministro pretese continui contatti personali con i comandi militari, diplomatici e consolari , senza bisogno cli al tre intermecliazioni. 81 Questo accenno permette cli affrontare qui un discorso più generale di forte rilevanza nel contesto politico-militare italiano alla fine della Prima guerra mondiale. Le ostil ità, per necessità operativa, avevano portato alla delega completa della "guerra" alla casta militare. Una sorta di Stato nello Stato aveva inglobato in sé una fetta im8'

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AUSS!vfE, E-3, b. 6, f. 6/ l a, telegramma di Tittoni del 71711919.


press ionante di potere, al limite dell 'autocrazia con le stellette. La gestione autonoma del Comando Supremo ad Abano , i tribunali militari con poteri amplissimi e per ultimo la nornina di un generale d'Armata di primo piano come Enrico Caviglia a ministro della Guerra nella prima frazione del 1919 erano esempi evidenti di questa militarizzazione della res publica. Nella tradizione della separazione a compartimenti stagni tra incarichi politici decisionali e quelli militari strategici e operativi, con il ristabilimento della pace il governo cercò di riprendersi quanto negli ultimi ann i era stato perduto , estromettendo gradualmente gli uomini con la greca dalle questioni politiche, verso i quali rivolgeva una malcelata diffidenza e una forzata collaborazione. Se fin o ai primi mesi del 191 9 le relazioni con gli Alleati erano di massima prerogativa dei militari, l'esperienza a Parigi consentì ai funzionari statali in doppio petto e cilindro cli recuperare in pieno le linee strategiche della politica estera. Un elemento cruciale risultò essere il problema della smobilitazione, che il paese e la situazi.one reclamavano con insistenza. Nei primi mesi di pace la lentezza del ritorno alla vita borghese venne giustificata con la necessità di non poter lasciare sguarni to il delicato co nfine orientale e con il bisogno di permettere a11'economia nazionale di riassorbire senza traumi il gran numero cli braccia provenienti dalle trincee. In realtà il governo Orlando trovò logico prolungare questo indugio, per rafforzare i suoi scop i diplomatici, mentre cli massima Diaz e Badoglio erano favorevoli a una veloce smobilitazione. Tra novembre e dicembre I918 vennero congedate le 11 classi più anziane ( I 874-J 884) con alcune quote anche delle classi fino alla I 904, ma questi provvedimenti si rilevarono ben poca cosa, anche perché la s ituazione internazionale, ancora non chi ara, impediva un congedamento completo delle classi successive.82 L' assenza a Roma del presidente ciel Consiglio e del ministro degli Affari Esteri, impegnati a Parigi, cornporLò la rinuncia a preparare un piano a breve o a lunga scadenza per lo snelli mento dell'esercito in anni, lasciando una notevole libe11à di azione ai capi militari. Nell'unica presa di posizione pubblica il ministro della Guena, tenente generale Vittorio Italico Zupelli, espresse solo la confessione di non aver alcun progetto per attuare la smobilitazione.83 Del resto ancora prima della fine del I 918 le preoccupazioni politiche del governo, più che quelle del Comando Supremo, avevano indotto a richiedere reparti per lo svolgersi della pol itica estera, coloniale e per l'ordine pubblico , tratti inevitabilmente da quelli mobilitati. Proprio questo massiccio impiego cli uomini e mezzi, ormai a guerra finita, imponevano un riesame della consistenza dc.Ila Nazione in armi , tanto eia portare proprio le alte sfere militari a far rilevare la contraddizione tra la necessità cli smobilitazione e i crescenti impegni "poli tic i" che veni vano assegnati all 'Esercito. 84 La sostituzione a via XX Settembre del ministro della G uena con il generale Caviglia nel gennaio del 1919 andava letto nelV. Gallinari. op. cit.. p. 61 . x:• G. Rochat, op. cil .. pp. 12- 13. "' V, Ga ll inari, op. cil., pp. 51-52. 1!2

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I ministri della Guerra: il ienerale Zupelli (a sinistra con un{f'orme da colonnello) e il genere.d e Caviglia (a destra)

l'incapacità di Zupelli di elaborare un concreto programma di riassetto dell'esercito e cli una puntuale risposta ai desiderata dei soldati. Questi obiettivi i nvece dovevano essere una priorità per l'ex comandante clell'8A armata, uomo energico e buon conoscitore dell' animo dei combattenti.85 Si contava sulla sua opera e sulla sua capacità per ricucire quel divario, che si era creato tra ministero della Guerra e Comando Supremo, proprio in un periodo in cui le prerogative governative dovevano recuperare la gestione della poi itica mmtare.86 Tuttavia il miglioramento della condizione dei soldati avvenne solo in maniera modesta, con una persistente incomunicabilità sui veri problenù tra ambienti militari e politici, anche perché il Parlamento su questi temi venne messo in disparte. La situazione ancora incerta sul piano internazionale, portò lo stesso Badoglio , benché contrario a una politica troppo adriatica, a consiglia.re un rallentamento dei congedi. Secondo questa impostazione l'Esercito avrebbe potuto restituire gli uomini al paese solo dopo la firma ciel trattato cli pace e la sistemazione della nuova fro ntiera orientale, a meno che un 'altra guerra avesse dovuto risolvere i problemi tra gli Alleati. ss G. Rochat, op. cit., p. 14. 86 V. Gallinari , op. cii.., p. 62. 232


Questa era l ' intenzione di Orlando e Sonnino, che nei loro piani imperialistici avevano bisogno di un esercito mobilitato e pronto a ogni evenienza, in funz ione dei negoziati di Parigi. Ecco quindi che fino a marzo il dicastero d i Caviglia si caratterizzò dal congedo delle sole 3 classi anziane (1885- 1887) e la classe giovane ( 1900). Dalla fine delle ostilità erano stati inviati a casa quasi 2 milioni di uomini , ma altrettanti erano trattenuti in armi(] 2 classi). A metà maggio gli uomini in armi erano più di 1 milione, di cui L/5 operante in missione al di fuori dei confini nazionali , rendendo complesso il rientro alla vita civile di grandi strati dei mobi litati.87 Da marzo fino alla caduta del governo Orlando le operazioni di smobil itazione si interuppero, non dando segu ito ai reiterati moniti di Nitti , allora ministro del Tesoro, sensibile al riordino amministrativo delle fi nanze e del contenimento delle s pese.88 La salita al potere proprio di Nitti riportò in pri mo piano il problema della smobilitazione, rompendo con la politica fino ad allora avviata, con l'intento di avvalersi proprio di questo provved imento per ridare respiro all'affanno econom ico che soffocava il paese. Al secondo punto del programma di governo ven iva sintetizzato il suo piano: «Co mpiere il più rapidamente possibile il passaggio dallo stato cl.i gue1Ta a llo stato di pace, abolendo tutto ciò cbe la guen-a rese necessario e che la pace rende superfluo e perciò s tesso dannoso». Per guesto ambizioso progetto aveva però bisogno della piena collaborazione degli ambienti militari, cosa non da poco. Ecco quindi che se in precedenza aveva denunciato come retrograda e antidemocratica la nomina di ministri in divisa a capo dei dicasteri militari, ora trovò necessario porre ai vertici dell'amm inistraz ione miJjtare esponenti come il tenente generale Alberico Albricci e l' ammiraglio Gi ovanni Sech i, tra l' altro designati dai capi dell'Eserci to e della Marina. TI primo, essendo un fidato uomo di D iaz, poteva rinsaldare quella fra ttura tra governo e Stato maggiore che troppo gravava sulle so1ti del paese . Nel tentativo di evitare scontri con la frangia nazionalista, ma con il proposi to di evitare anche accuse di trad imento della Patria, Nitti s i spinse nella scelta di cercare la cordialità con la coppia Diaz-Badoglio , che avevano la dote cli essere d ' animo governati vo, estranei eia interessi e ambizioni persona Ii e su cui s i rivolgeva la fiducia del sovrano. Essi tra l' altro erano cosc ienli della necessità di s mobil itare e per questo non si erano compomessi con le ambizioni coloniali del precedente gabinetto. Per il governo in carica risultò quindi naturale trovare in essi dei validi e sicuri interlocutori .89 Rompere troppo bruscamente con una tradizione consolidata non solo poteva rivelarsi dannoso , ma anche inutile. Nell'ordinamento costituzionale italiano il ministro della Guerra concentrava in sé la suprema autorità politica, amministrativa e tecn ica dell ' Esercito . La consuetudine voleva quindi che indossasse una divisa. Nella pratica lo Stato maggiore dell'Esercito con il tempo seppe ritagliarsi nel campo tee87

V. Gall inari, op. cit., pp. 84-85. G. Rochat. op. cii., pp. 16- 18. 69 G. Rochat, op. cii.., pp. 26-30 . 8 '

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I vertici militari: (da sinistra) Alberico Albricci, Annando Diaz, Pietro Badoglio

nico una vasta auto.nomi.a, fino a differenziare le sue prerogative operative da quelle di natura politica e amministrativa, ancora di competenza governativa. La guerra aveva qui.odi ridotto i ministri militari a Jeal.i notai , il cui ruolo era accettare le decisioni del capo di Stato maggiore, il cui ufficio da semplice organo di studio per le operazioni belliche aveva moltiplicato a dismisura le sue attribuzioni, fino a divenire Comando Supremo e a mettere da parte le funzioni del ministro dalle decisioni vere e proprie sulla gestione dell'Esercito.9° Le proposte di riforma iniziate con Albricci nell'estate del 1919 fino a quella del borghese Ivanoe Bonomi, seppur incomplete e scarsamente efficaci nella pratica, avevano come proposito quello di voler ridimensionare lo Stato maggiore. Esso doveva ritornare alle dipendenze del governo , perdendo l'autonomia di comando assoluto e conservando solo i compiti di studio e organizzazione. Il ministro avrebbe così recuperato il massimo de.i poteri, anche in campo tecnico. I successori cli Diaz e Badoglio avrebbero avuto il ruolo di semplici consiglieri del ministro e per questo non sarebbero stati scelti più tra i generali più affermati .9 1 Ecco quindi che dopo l'uscita di scena della politica espansionistica di Orlando e Sonnino, la gestione di normalizzazione operata da Nitti e Ti ttoni, per quanto spesso criticata perché giudicata dalla Destra anendevole e poco patriottica, comportò un rientro nei ranghi per gli uomini in divisa, con relativa tendenza a s mobilitare sia il Paese, sia gran parte delle altre zone estere, dove vi era una presenza militare italiana. In questa ottica si spiega ancora di più la rinuncia all'operazione nel Caucaso e il completo disinteresse dello stesso presidente ciel Consiglio alle questioni adriatiche o mediterranee affrontate a Parigi, per seguire problemi di natura più politica, come la conversione economica e i provvedimenti. sociali a causa dei timori cli rivo90 G. Rochat , op. cit.., pp. 149-150. "' G, Rochat, op . cit. , pp. 156- 157.

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luzione interna . Se al 1° luglio 1919, a otto mesi dopo l' armistizio, l' Esercito italiano contava ancora l .578.000 uomini (di cui 9 .000 in Asia Minore) , ecco quindi che entro la fine di agosto altre 6 classi (fino al J894 compeso) furono congedate, riducendo la forza alle armi a circa 600.000 uomini92 e dando un taglio con il precedente periodo. La critica alla «Guerra cadorniana» fu il tentativo per il nuovo governo di recuperare la concordia e finire con la strumentalizzaz ione de] mito bellico, che veniva incarnato dalla Destra al potere. In quel periodo il radkal-liberale Nitti autorizzò la pubb1icazione della relazione della Regia Commissione d'inchiesta sul ripiegamento dall'Isonzo al Piave , meglio nota come «Inchiesta su Caporetto» senza troppo rinvangare sulle cause e sulle responsabilità personali, ma con il proposito di superare il problema concedendo un ' amnistia ampia. 93 Il contesto favorì senza troppi traumi il governo nel suo graduale recupero di. tutte le prerogative inerenti la politica estera, dando l' avvio a un periodo di "buona ammin istrazione", da molti giudicato "democratico" , anti.patriottico e lesionista della Vittoria e che tanto disgustava i nazionalisti e gli ardimentosi.94 Ma ciò non interferì nella sostanza con le scelte dello Stato maggiore dell ' Eserci to, che grazie alle nuove deleghe del governo e al profilato ordinamento Albricci continuò a gestire indisturbato la vita militare in It,tlia con un sistema simile a qu ello prebellico , con tutte le sue peculiarità e contraddizioni. Per questo, se la spedizione in Anatolia in primavera era stata progettata e realizzata come colpo di mano per dare un segnale forte alla snobistica intransigenza degli Alleati , peraltro con risultati discutibili, in estate la filosofia di fondo era q uella di razionalizzarne la presenza. Di fron te alla necessità cli mantenere un certo grado cli solidità alla missione, il 10 luglio Badoglio fece alcune considerazioni sulla possibilità di migl iorare la linea politico-militare con l'unificazione dei due comandi dislocati nel Mediterraneo orientale. Non trovando la possibilità di dislocare nuovi reparti per l' Anatolia, la possibilità di riunire sotto un unico comando le forze cli occupazione dell'Egeo e quelle ciel Corpo di Spedizione in Anatolia sembrava una soluzione convincente. Era un' ipotesi già in cantiere da qualche tempo , ma aveva preso sempre più consistenza, dopo le reiterare richieste di esonero di Battistoni, per le divergenze d i opinione con il Comando Supremo. La cooperazione tra i due comandanti Bongiovanni ed Elia era già buona, ma in alcune circostanze creava rallentamenti, per esempio nelle relazioni con la Marina, che .i nvece aveva un unico comando tra il Dodecaneso e l'Anatolia, per altro soppresso e divenuto il 10 luglio dipendente dalla Squadra ciel Levante.95 Inoltre, rispetto al passato, si poteva proprio cogliere l'occasione dell'invio di Bongiovanni e puntare sull 'effetto di novità, di semplificazione e cli economia, tanto a cuore al governo Nitti. •n G. Rochat , op. c it. , pp. 26 . 33 . " 3 G. Rochat, op . c ic., p. 76. '" G. Rochat- G. Massobrio , Breve storie, dell'esercito italiano dal /861 al 1943, Ei naudi, Tori no 1978, pp. 200-202; M . Mond ini , La poli1ica delle armi. li ruolo de/l 'eserci10 ne/l'avvel!lo deljàscismo , Later2.a, Bari 2006 , pp. 38-39. 9 s AUSSME, E-3, b. 6 , f. 6/2 a, telegramma di Tiuon i a Nitti de l 7/7/1919.

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Ecco perché il 9 luglio, Badoglio chiese a Bongiovanni di recarsi a Rodi con urgenza per assumere il comando. A Vittorio Elia, la cui condotta amministrativa nel Dodecaneso era stato ben giudicata soprattutto per l'abilità diplomatica, si poteva offrire un altro incarico magari non operativo ma altettanto prestigioso. Lo si poteva proporre per la sostituzione del generale Chiapperoni all' Aja, distaccandolo anche a Bruxelles oppure inviarlo a Washington quale addetto militare, avendo egli tutti i requisiti per ben disimpegnare tale incarico, compresa la perfetta conoscenza della lingua inglese. La decisione venne discussa nella riunione dell' 11 luglio del Comitato di guerra,96 approvando le proposte presentate dal Comando Supremo: 1) Nell'attuale momento politico-diplomatico per ragioni di semplificazione e unità di indirizzo nell'azione italiana si decide l'unificazione dei comandi del Corpo di Spedizione in Anatolia e del Corpo di occupazione dell'Egeo. Il comandante è generale Bongiovanni, che sarà alle dipendenze del comando supremo, avendo facoltà cli corrispondere direttamente per singole competenze con i ministeri degli Esteri, Guerra, Marina e delegazione de!Ia pace a Parigi. Bongiovanni ha ricevuto consegne da Elia e Battistoni, e provvederà unificare i comand i, nonché servizi dipendenti, semplificando l'organizzazione inviando in Italia personale esuberante. Bongiovanni partirà il 20 luglio al Pi reo con torpediniere per Rodi. 2) le forze navali. sulle coste dell'Anatolia dipendono per l'impiego politico e di impiego dal comandante del corpo di occupazione, mentre per ragioni tecniche e disciplinari da comando squadra Levante. Quelle stazionate a Costantinopoli e Smirne invece non hanno compiti sulle coste occupate dalle nostre truppe . 3) il governo esplica azione diplomatica per la risoluzione dei contrasti greco-turchi, le nostre truppe devono astenersi eia ogni coinvolgimento. Non è escluso la ri duzione del disseminamento dei nostri presidi. 4) rinforzi per il corpo, 1.000 complementi per Rodi.

GLI ACCORDI TITTONI-VENIZELOS L'opera diplomatica di apertura di Tittoni verso i greci e nel rinsaldare i rapporti con gli Alleati ottenne in poco tempo i suoi frutti . Il capo della Consulta alla Camera loderà il suo operato nel discorso del 27 settembre in Parlamento: se al suo arrivo a Parigi la nuova delegazione italiana riceveva con insistenza biasimi per gli sbarchi in Anatolia, «il [suo] primo risultato fu che non solo dell'intimidazione ciel ritiro delle nostre truppe dall'Asia Minore nessuno parlò più, ma la presenza delle nostre truppe ?e, Organo

istituito il 17 dicembre 1917 e incaricato di decidere sulle question i c he ponessero in relazione la compattez,-a del governo civile con quello dei comand i supremi militari.

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fu ratificata dalla Conferenza beninteso allo stesso titolo provvisorio cli quelle degli alleati)) .97 Tuttavia l'attività della delegazione non s i fermò a sanare le questioni in sospeso del precedente governo, ma si lanciò nell' intavolare nuove prospettive e spiragli di intesa. li 16 luglio T ittoni chiese e ottenne dal Consiglio supremo l'autorizzazione a trattare direttamente e in forma privata con Venizelos in proposito dei sospesi tra i due paesi. Nei due giorni successivi venne intavolata un ' ampia intesa politica italo-greca, con somma soddisfazione degli altri componenti del Consiglio s upremo. Venne confe rmato il carattere provvisorio delle occupazioni nella Turchia asiatica, in attesa delle decisioni definitive dell'assetto dei territori ex ottomani, ma allo stesso tempo si definirono le linee delle rispettive zone di occupazione in Anatolia tra truppe italiane e greche. Questo risultato, negli intendimenti di T ittoni, significava implicitamente l 'approvazione da parte alleata ex post delle occupazioni italiane, come ormai dato di fatto consolidato. In realtà le reazioni inglesi e francesi furono assai tiepide a queste convinzioni e l 'ambigu ità delle rispettive dichiarazioni portarono tuttavia il ministro a comunicare a Nitti che il «riconoscimento di fatto della nostra presenza in Asia Minore è ufficialmente avvenuto».98 Se la soluzione del problema del riconoscimento ufficiale della presenza italiana era ancora lontana da venire , però Tittoni intascò un importante successo , e questo era incontrovertibile: stava guadagnando tempo alla sua causa, avendo stemperato le dure accuse che, meno di un mese prima, Balfour gli aveva rivolto. In aggiunta, da parte sua Venizelos il 17 luglio aveva chiesto al Consiglio supremo di approvare delle garanzie, affmchè la sua zona di occupazione fosse pacificata. Non potendo contare sull'autorità o sulla volontà della Sublime Po1ta, propose di rendere effettivo il controllo alleato, meglio se solo greco, deJl'intera rete ferroviaria convergente su Smirne ed esigere, conformemente all' articolo 20 dell'amùst.izio, la consegna dalle potenze alleate e associate del materiale di gueffa turco.99 Il "Comitato dei Cinque" il 18 luglio, a seguito dei continui scontri nella valle del Meandro , (dietro richiesta di Milne) decise che «la nota sottoposta da Venizelos, relativa ai provvedimenti da prendere contro il governo turco in Asia Minore sarà assegnata agli esperti» e propose cli ufficializzare la linea di demarcazione proposta, che venne chiamata appunto «Tittoni-Yenizelos» dal nome dei due uomini politici. In pratica la «Resolution du Conseil Supreme Interallié»100 dispose che la linea «provvisoria» avrebbe delimitato un percorso, che partendo dalle foci del Piccolo Meandro raggiungeva la strada Scalanova-Aiasoluk fino a Selenus, per affivare alla distanza di 600 metri dalla fe1TOvia Aiasoluk-Efeso . Rispettando questa distanza, ut ile ai greci per motivi difensivi , la linea si sarebbe snodata fi no al fiume "' T. Tilloni, V. Scialoja , op. cit. , p. 24. 98 L. :tv!iche lctta, op. cit., p. 29. 99 AUSSME, E-3 , b. 8. f. 8/1 e, Notice du tvl. Vcnizelos du 17 juillct 19 I 9. 100 AUSS ME, E-3 . b . 8, f. 8il e , Resolution du Consei l Supreme lnterall ié du 18 juillct 19 19.

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Mu§Juk-Deresi. Inoltre si decise di attribuire al maresciallo inglese Edmuncl Allenby (già Alto commissario in Egitto dal 1919 al 1925) il comando unificato del!' Asia Minore, così da assicurare che le truppe greche rimanessero nei confini a loro assegnati. Milne avrebbe mantenuto il suo incarico a Costantinopoli. Il giorno seguente la decisione Tittoni fece un resoconto da diramare al Comando Supremo e agli addetti militari cli Costantinopoli e Atene: - Prima decisione L1Jroposta da Balfour]: 1) la conferenza comunicherà al governo ottomano la sua intenzione di stabilire una linea che né Le truppe greche né le truppe italiane dovranno oltrepassare, rimanendo fermi per gli alleati tutti i diritti loro conferiti dall'armistizio. Il governo ottomano è richiesto di ritirare le sue truppe nelle sue posizioni che gli verranno indicate dal comandante in capo. Il governo ottomano sarà nello stesso tempo informato che la linea che verrà stabilita non ha nessun rapporto con le decisioni territoriali definitive che verranno prese dalla conferenza della pace. 2) il comandate in capo delle forze alleate ed associate trovantisi nella Turchia asiatica, invierà degli ufficiali, i quali dopo avere conferito col comandante navale più anziano a Smirne e con i comandanti italiani e greci.fisseranno la linea militare e ne r(feriranno. 3) Ogni fi1turo movimento della forza degli alleati sarà sotto la suprema direzione del comandante in capo il quale è responsabile verso la conferenza delle operazioni militari nell'Asia turca . - Seconda deliberazione: La linea divisione .fra le due occupazioni greca e italiana in Asia Minore comincia dalla foce del K. Menderes, ne seguirà il corso fino ali' altezza della strada Ayassoluk-ScaLanova, di là essa seguirà la linea della occupazione attuale greca di Ayassoluk e della Vecchia Efeso. Dalla Vecchia Efeso essa seguirà una linea distante in media 600 metri dalla detta ferrovia e che sarà fissata sul posto dai due comandanti greco e italiano, allo scopo di permettere alle truppe greche di proteggere la ferrovia dai colpi di mano dei comitati. Il seguito arriverà fino al fiume Mushluk Deresi che essa seguirà.fino al suo affluire nel Mean dro . Di là essa seguirà il Thalweg del Menderes verso est.fino al punto destinato dal generale Milne (carta di Kiepert al 40.000 edizione 1911). I due governi si impegnano a non passare la linea qui sopra stabilita. Questa occupazione del resto non ha che un carattere provvisorio rispondente allo stato di fatto attuale, la deliberazione sul regime de.fìnitivo questa regione essendo riservata alla conferenza. Ciascuno dei due governi si impegna ad accordare sul terreno che egli occupa piena e intera protezione ai connazionali dell'altro. Saranno date istruzioni ai due comandanti perché r:li ufficia.li delle due armate, intrattengano fi·a di loro le relazioni più amichevoli.

Ricevuto il testo della deliberazione, il Comando Supremo chiese subito alcuni chiarimenti. Per esempio la Vecchia Efeso veniva considerata erroneamente in possesso dei greci, quindi fu richiesto se potesse essere compresa nelroccupazione italiana, dal momento che essa vi era di fatto già inclusa. 238


Tittoni, timoroso per i delicati rapporti tra Alleati, raccomandò Battistoni di tener presente in particolar modo gli ultimi capoversi della seconda deliberazione. Il generale non fece commenti, anche perché la condotta delle sue poche truppe già era in linea con le decisioni prese a Parigi, ma si lamentò delle interferenze del console Ferrante. Essendo i rapporti tra il generale e .il console tesi , il 20 luglio Tittoni chiese che Fen-ante, conservando le sue attribuzioni consolari per la sua esperienza locale, fosse messo in condizioni di ben operare. La sua azione era utile al governo per trarne consigli e direttive sulle norme di condotta sulla regione e per la conoscenza locale. Lo stesso Badoglio difese il comandante delle truppe di Adalia, nel tentativo di spiegare a Tittoni come Ferrante si dovesse accontentare di scarsi mezzi in relazione ai bisogni locali.w1 In questo contesto l'attività civile delle truppe doveva sostituire i compiti prettamente nùlitari . Per questo il ministero degli Affari Esteri ebbe l'occasione di presentare la necessità di fornire dei mezzi sufficienti per provvedere ai lavori, che avrebbero dimostrato i benefici effetti dell'intervento in quelle regioni. Il 21 luglio dal Comando Supremo si espresse il parere positivo di rispondere alla richiesta di 180 complementi ciel genio, suddivisi per mestiere e per le compagnie zappatori in occasione di possibili lavori. Tuttavia il clima rimaneva teso . Per esempio nella zona di Mugla circolavano numerosi briganti e bande, che s i evidenziavano per la loro brutalità, diffondendo notizie terrorizzanti per l'elemento ortodosso. La mattina del 20 luglio giunge a Rodi il Bersagliere con a bordo Bongiovanni, il colonnello Carlo Bergera (nuovo capo cli Stato maggiore della 33A divisione in sostituzione di Testa), 102 il maggiore Liberati e il colonnello Caracciolo, in breve visita prima a Rodi e poi a Smirne. Il 24 Bongiovanni assunse ufficialmente il comando del rinnovato Corpo di Spedizione Italiano nel Mediterraneo Orientale (CSIMO) con sede Rodi e composto da circa 15.000 uomini , avendo alle sue dipendenze tutti i militari italiani dislocati nelle isole e in Turchia. Il comando unificato ereditò anche la gestione del governo civile dell'arcipelago , che dal 1912 era stata assegnata sempre a un milifare. Diaz il 21 luglio aveva proposto al ministro Albricci come denominazione "Comando del Corpo di Occupazione nell 'Egeo e in Anatolia", ma tale nome avrebbe limitato idealmente il campo d'azione e venne scartato. 103 Battistoni, a cui Bongiovanni volle rivolgere parole di elogio , una volta passate le consegne ripartì insieme al tenente Vaccari su l piroscafo Cappellini per l'Italia, dove era atteso al ministero della Guerra per il giorno 31 . L' opera ciel comandante sostituito venne giudicata «energica, abile e devesi specialmente sua iniziativa avanzata Meandro a.r.resto minaccia greca» , attribuendo gli imprevisti alla mancanza di ordini precisi. 1c11 102

AUSSME, E-3, h. 6, f. 6il e , telegramma di Badoglio a Tittoni del 21 i7/1 9 I 9. AUSSME, E-3, b. 6, f. 613 b, telegrammi di Guzzoni a Pignetti dell' I li6/ l 919 e di Pignelli a Comando Sup remo

del l4/6/ J9L9 . io, AUSSME. E-3, b. 6, f. 6/2 a . telegramma di [)iaz a Albricci de l 2 1/7/ 191 9. 239


La nomina di Bongiovanni a comandante italiano dello scacchiere venne completata anche dalla richiesta di Badoglio rivolta a Thaon di Revel, di porre sotto la sua autorità anche le unità della Marina. Un unico responsabile, a cui far confluire tutte le direttive e istruzioni del governo, avrebbe favorito la rapidità delle comunicazioni, la semplificazione delle disposizioni e ]a veloce esecuzione delle stesse. Su richiesta del nuovo comandante, Elia accettò di conservare .il comando del Dodecaneso per circa due settimane, per dare a Bongiovanni il modo di compiere una rapida ispezione nei presidi del!' Anatolia e avere contatti con le autorità. cli Smirne e di Costantinopoli. TI 26 luglio salpò con ìl Coatit alla volta di Aclalia, dove incontrò il colonnello Ferrari. Il 29 luglio Bongiovanni raggiunse Kuluk a bordo del Ligure. Nei giorni successivi proseguì per Scalanova, Smirne e Costantinopoli, dove ebbe un colloquio con il generale Milne . Questi per decisione della conferenza cli Parigi, aveva assunto il comando supremo delle forze alleate e associate, che si trovavano nella Turchia asiatica e doveva coadiuvare, atta verso suoi ufficiali, i delegati greco e italiano per delimitare le rispettive zone. Bongiovanni affrontò, nei suoi colloqui con il generale inglese, la possibilità di prevenire possibili incidenti durante i lavori cli delimitazione e la necessità di tutelare gli interessi italiani nell'ipotesi, auspicata dal governo di Roma, che la spartizione provvisoria divenisse con il tempo definitiva. Dal giro d'ispezione Bongiovanni si fece una chiara idea sulla situazione. Su sollecitazione di Tittoni, dispose una opportuna dislocazione delle truppe per la sorveglianza italiana della linea di demarcazione con la speranza di ottenere quella brigata di rinforzo già promessa. 104 In precedenza per ovv iare i problemi di collegamento Battistoni aveva chiesto l'assegnazione al Corpo di una squadriglia aerea. La richiesta era stata accettata e i velivoli della 59" squadriglia furono smontati, imballati e caricati su ferrovia per esssere diretti a Taranto, da dove potevano essere caricati sui piroscafi Goffredo Mameli e Menfi. In controtendenza Bongiovanni trovò l'impiego deJJ'aviazione non opportuna. Ne dedusse che la richiesta di Battistoni , di far inviare una squadriglia cli aeroplani, dovesse essere rinviata fino alla definitiva deliberazione della Conferenza della pace sull'Anatolia e comunque non prima della fine dell'anno. Come alternativa propose l'invio a Rodi del comandante della squadriglia per lo studio dettagliato degli impianti dei campi nelle località giudicate più idonee. 105 Il Mameli venne quindi adibito all 'imbarco di materiali del genio, sgombrati dalla Macedonia e destinati all'Anatolia. L'urgenza delle operazioni era da focalizzare sull'aspetto umanitario, con la costituzione e l'istallazione di strutture e depositi sanitari. Questi interventi, usati a scopo propagandistico, avrebbero accresciuto l'efficienza militare, c-onfermando le richieste del precedessore Battistoni. Occorreva un pronto invio, anche a scaglioni mediante tutti i postali e i mezzi noleggiati, di almeno diciassette medici con suffic iente ''" AUSSME, E-3, b 6, f. 6/2 a , telegramma di Badoglio a Titton i del 30/7/19 19.

,os AUSSME , E-3 , b. 6 , r. 6/2 b. telegramma di Dia,; ,1 111inistero dell a Guerra del 7/8/1919. 240


quantità di chinino, di materiale per letti , materiale sanitario vario, tessuto per zanzariere per ospedale e per truppa e di guantoni antimalarici. A Macri su 150 soldati si erano verificati 26 casj , tutti in via cli miglioramento. Essendo Macri un paese eminentemente malarico , i casi si erano verificati in grande parte anche nella popolazione. Ogni giorno si provvedeva alla distribuzione del chinino, adottando tutte le mjsure igieniche dettate dal medico, dirigente del servizio sanitario locale, capitano Giovanni Carossini. 106 Per questi motivi, secondo il nuovo comandante era la malaria J ' unico pericolo che preoccupava sul serio la truppa. Questa linea cli condotta faceva capire come si fosse passati da un modo energico cli intendere la spedizione (Battistoni) a una più prudente (Bongiovanni). Mentre a Rodi vi era il cambio ciel comando, il 24 luglio arrivò al Comando Supremo un telegramma cli Cavallero da Parigi "riservatissimo personale": «Al Quai d'Orsay si affermerebbe che Wilson ha consigliato Ven izelos cli trattare tutte le questioni riguardanti penisola balcanica e As ia Minore direttamente con Ital ia. Francia si disinteresserebbe perché riterrebbe che l'Italia ottenendo quanto desidera in Asia Minore non ch iederà occupazioni in Africa. Italia così acquisterebbe vastissima zona Asia Minore che escluclenclo Smirne avrebbe sbocchi sul Mediterraneo, sul Mar di Marmara e sul l\llar Nero» . Era l'anticamera dell'accorcio complessivo italo-greco su tutte le pendenze tra i due paesi. Allo scopo di elim inare le opposizioni della Grecia alle rivendicazioni itali ane in Asia Minore il 29 luglio Tittoni fi rmò un accordo segreto con Venizelos in cu i ci si garantiva reciproco appoggio nelle rispettive mire espansionistiche: l ' Italia avrebbe sostenuto le rivendicazioni greche su gran parte della Tracia e l'Epiro del Nord, mentre la Grecia avrebbe sostenuto 1e r.ichieste italiane ciel mandato in Albania, l'annessione di Valona e a rinunziare in favore cieli' Italia alle sue pretese territoriali in Asia Minore, contrastanti con gli interess i italiani . In aggiunta il governo di Roma si impegnava a cedere le isole in suo possesso nell'Egeo alla Grecia fatta eccezione di Rodi, che avrebbe mantenuto però larga autonom ia locale. Rimaneva inteso che, qualora l'Italia non avesse ottenuto soddisfazione jn ciò che concernevano le sue aspirazioni in Asia Minore, Roma si sarebbe presa piena libertà d'azione in rapporto a tutti i punti dell'accorclo. 107 Questo avvenimento aveva un'importanza decisiva per le vicende dei d ue paesi . T giudizi sugli effetti degli accordi diplomatici italo-greci sono ancora controversi, non si comprende a pieno chi ci avesse realmente guadagnato. Per il governo greco rappresentava il primo concreto riconoscimento delle sue aspirazioni territoriali, per quello di Roma, pur comportando la rinuncia di alcune delle sue aspirazioni divenute tuttavia irrealizzabili, sanciva la legittim ità della sua presenza in Anatolia e la possiE-3, b. 7, f7/6 r. rela2.ione di Faccioli del 9/8/1919. M. Toscano, Il palio di Londra, op. cit. , pp. J 95 -200.

106 AUSSME. 101

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bilità di crearsi una zona di influenza sulla sponda orientale alle porte dell'Adriatico. Per i greci tali trattative presentavano il vantaggio di non doversi confrontare con i turchi, mentre per l'Italia infine , queste trattative significavano l'acquisto di una vastiss ima zona in Asia Minore e in Albania, dove si ipotizzava una soppressione nazionale e una spartizione tra la stessa Italia, il Regno degli slavi del Sud e la Grecia. Per di più rompeva con quell'isolamento diplomatico , in cui l' intransigenza politica cli Sonnino e di Orlando aveva relegato l'Italia. A compenso della cessione del Doclecaneso alla Grecia, avvantaggiata anche della Tracia, l'Italia avrebbe ottenuto una parte molto importante dell'Asia Minore, fatta esclusione della zona di Smirne (destinata alla Grecia), con sbocchi sul Mediterraneo, Mar dì Marmara e Mar Nero. In sintonia con questo clima disteso fra governo italiano e quello greco, il 29 luglio Tittoni , in accordo con Venizelos , inv iò a tutte le autorità diplomatiche, consolari, ai comandi militari e cli Marina in Albania, Grecia, Doclecaneso e Asia Minore istruzioni di improntare in modo cordiale le relazioni con i rappresentanti e i comandi dell'altro Stato, con i quali avrebbero potuto essere in contatto , cercando di eliminare ogni .incidente e di. risolvere con spirito amichevole qualsiasi differenza, che potesse eventualmente sorgere. Il ministro precisò che i comandi in Albania, a Rodi e in Asia Minore, nell 'ambito del compito amministrativo loro affidato, dovevano agire, tenendo in particolare conto i bisogni culturali degli ortodossi, cos) da evitare qualsiasi giustificata lamentela. 108 Anche Diaz si espresse nello stesso tono. Riportando le direttive di cordialità verso i greci, avvertì allo stesso tempo di evitare l'ostilità con i turchi, che avrebbero potuto risentire di questa nuova amicizia verso gli invasori greci. Per quanto possibile, si doveva provvedere al rinforzo dei distaccamenti lontani, che potevano ven.ire a trovarsi in condizioni difficili e in parallelo far conoscere alle autorità civili e militari turche, che gl i italiani non sarebbero stati disposti a tollerare atti cli violenza contro chicchessia e che avrebbero provveduto alla tutela dell'ordine pubblico in ogni caso .109 Eventuali disordini sarebbero ricaduti a danno della stessa Turchia e perciò era loro interesse evitarne il sorgere . Del resto i soldati italiani avevano ricevuto l'ordine di intervenire sempre in modo energico per tutelare l'ordine pubblico , accordando protezione ai minacciati di qualsiasi naz ionalità, specialmente se si fosse trattato cli sudditi greci. Il Quai d'Orsay cercava in tutti i modi di mantenere questa cordialità nei rapporti tra Roma e Atene e notava in Ti.troni una straordinaria «souplesse» (flessibilità), che dalla sua aveva come obiettivo quello di conglobare in blocco tutte le questioni (bulgara, albanese e turca), senza irrigidirsi senza senso su una sola, per ottenerne proporzionati vantaggi , a fronte di possibili sacrifici o appoggi diplomatici. Se la missione ciel Corpo di Spedizione era iniziata con polemiche proteste a Parigi, ma"" AUSSìvtE, E-3, b. 6, f. 6i2 a. telegr:unma d i Tittoni a Cavallero del 29/7/19 19. " >9 AUSSME. E-3 , b. 6, f. 6i2 a, telegramma d i Diaz a Bong.iovanni del 4/8/1 919. 242


scherata da parte italiana invece come garanzia per l'ordine pubblico, in zone vivamente osteggiate e turbolente, alla fine aveva avuto un tacito riconoscimento degli Alleati. Secondo alcuni in Italia però, la politica malleabile cli Tittoni sarebbe stata troppo arrendevole ai desiderata di Venizelos sull'Epiro e sullla Tracia e avrebbe messo l'Italia non solo in cattiva luce agli occhi della Bulgaria, ma avrebbe anche impegnato diplomaticamente il suo nome nella palude ciel contrasto turco-ellenico. llO Questa nuova gestione internazionale, benché ipocritamente spacciata per wilsoniana, dalla sua aveva una sana dose dì prudente Realpolitik, molto utile proprio nel successivo riesame sul futuro della Turchia, che sempre maggiormente, nell 'iclea dei più, doveva rimanere integra e autonoma. Per la loro portata espansionistica, gli accordi tra Italia e Grecia dovevano rimanere segreti e nessun interesse coloniale doveva trasparire verso le popolaziooi coinvolte, che esse fossero macedoni, albanesi o turche. Per i reparti del Corpo di Spedizione non era il caso cli parlare di «zone assegnate alla nostra infl uenza», fino a quando le definitive decisioni della Conferenza non l'avessero certificate, né cli procedere all'occupazione di altre località. Su guesto piano cli estrema cautela era Tittoni che il 3 agosto, attraverso l'Alto commissario a Costantinopoli , fece sapere alla Sublime Porta che l'intenzione italiana era cli limitare l'occupazione militare io Asia Minore al minimo possibile, restringendola quando fosse migliorata la condizione dell'ordine pubblico. Solo se si fosse ritenuto indispensabile per ragioni militari stabilire l'effettivo collegamento tra i presidi di Ada] ia e Conia, si sarebbe potuto inviare qualche distaccamento nelle località cli !sparta e Egerclir, prendendo sempre accordi con il comando di Milne. Bongiovanoi anzi chiese di ridurre la presenza nelle località intermedie, sostituendole sempre più con posti sanitari , e rafforzare Aclalia e Conia. Sì doveva tener presente che ogni aumento di occupazione poteva determinare nelle popolazion i turche dei sospetti sulle vere finalità strategiche, che non era il caso cli evidenziare. Ecco quindi che non venne data considerazione al .rapporto molto allarmato sulla situazione generale nella zona di Adalia ciel colonnello Torriani, che informò cli non essere neppure in grado di sopportare una semplice azione difensiva. Ferrante si mostrò in disaccordo con l'omologo militare. Egli, partendo dalla sua conoscenza del luogo e della popolazione, non si sentì cli giustificare il pessimismo ciel colonnello. Secondo il console, sebbene la propaganda anticristiana si facesse sentire eia parte cli ufficiali ottomani e di elementi religiosi, tale preoccupazione era eccessiva e infl uenzata dall'opera cli provocazioni. Egli bocciò la proposta di Torriani che ipotizzava un aumento della forza italiana per lo meno di un battaglione e l'invio cli tanto in tanto di una nave da guerra. 111 Le conclusioni del colonnello erano invece sconsolanti: quello che era il 33° reggimento, 1111 11 1

AUSSME, E-3, b. 11. f. I I f, copia del bollellino n. 175 ciel 24i7/l 919 sulla Conferenza cli Parigi . AUSS!'vfE, E-3 , b. 6. f. 6/1 e, tel egramnrn di Ferrante al ministero degli Affari Esteri del 23/7/19 I 9. 243


o.lfano di un battaglione dislocato a Kuluk, per rendere disponibili altre truppe destinate a rinforzare i presidi della valle del Meandro, si limitava ora a poco più di 1.000 uomini, scaglionati e dispersi su 120 chilometri , suddivisi tra il comando reggimentale, un battaglione di fanteria e una batteria da montagna. La presenza ad Adalia, composta da soli 200 uomini , poteva avere effetto solo se una nave da guerra avesse fatto di tanto in tanto qualche lunga sosta nel porto. Tramite Sforza il Comando Supremo venne a conoscenza cli questa situaz ione , ma le priorità rimanevano sempre per la valle ciel Meandro. li Corpo di Spedizione doveva provvedere in mass ima parte per un 'opportuna dislocazione delle truppe secondo le esigenze della sorveglianza della linea di demarcazione con greci e al massimo ricorrere al ripiegamento sulla costa delle unità dai presidi isolati dell ' interno . Per Adalia ci si doveva accontentare dei. futuri rinforzi, qualora fossero strati disponibili dall 'Italia. In proposito Tittoni espresse opinione favorevole per un intervento politico di salvaguardia delle truppe cli Adalia, chiedendo di accelerare la preparazione cli una brigata cli rinforzo da inv iare a Rodi, anche se nella pratica ancora non si era predisposto nuIIa per questo invio. In questo frangente il governo doveva fare i conti con una presenza militare a macchia cli leopardo , difficile da gestire , soprattutto in un momento in cui il Corpo cli Spedizione non aveva più quell'obiettivo intimidatorio contro i greci e gli inglesi , che Sonnino gli aveva attribuito . Ad aggravare le cose però ci fu in agosto la pubblicazione greca dell'accordo Tittoni-Venizelos. La reazione irritata albanese, jugoslava e in parte turca non si fece attendere . La divulgazione degli intenti espansionistici crearono notevole imbarazzo ali 'Italia, che ora doveva dimostrare gli scopi amichevoli e il sensibile immediato beneficio dell'intervento sulla popolazione. Da Costantinopoli, dove Felice Maissa stava prendendo :il posto di Sforza , questi comunicò consegne precise al suo s uccessore. L'annuncio dell'accorcio italo-greco poteva provocare turbamento grave fra i turchi , per questo il nuovo Alto commissario doveva «senza che le sue parole assumano menomo significato incorretto per la Grecia e gli elementi greci, assicurare verbalmente le varie personalità turche con cui verrà in contatto che, scopo precipuo deil ' Italia rimane quello di assicurare come un interesse essenziale italiano la vitalità e la integrità della nazione turca e che, nelle regioni turche ove noi avremo una speciale influenza, questa si esplicherà soltanto come una fraterna e temporanea collaborazione. Le aggiungerò che io sostenni sempre presso i turchi che confidavo e lavoravo nell'interesse comune perché un eventuale mandato italiano potesse svolgersi senza baionette». 11 2 L'unico modo per perseguire questa politica cli ago della bilancia era ritornare al1'impiego cli «un largo soccorso sanitario alle popolazioni che hanno lungamente soffe rto per la guerra aumentando nostri ambulatori» . 11 3 Per affem1are la presenza e il suo 112 11,

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AUSSME, E-3, b . 6, f. 6/2 a, telegramma di Tittoni a Cavallero del 14/8/1919. AUSSME, E-3, b. 6, f. 6/2 a, telegramma di Tittoni a Sforza del 3/8/1 919


beneficio alle popolazioni niente poteva essere più utile che intensificare l'azione di servizi sanitari, ai quali affidare anche compiti informativi su quanto poteva interessare la regione da ogni punto di vista e muovere con efficace azione di propaganda. Essa da un verso cloveva sottrarre l'operato italiano alla dipendenza inglese, dall 'altro facilitare gli italiani in ogni agile e diversa azione. 114 Per favorire tale opera, si chiese al governo turco di adoperarsi in modo attivo, per far conoscere tali intenzion i e per chiedere alle popolazioni che accogliessero i medici con la loro tradizionale ospitalità, dando precise istruzioni alle autorità dipendenti. Questa dichiarazione umanitaria nascondeva intenti politici non indifferenti. In privato con Bongiovanni le parole del ministro erano ovviamente diverse. Approvava completamente l'ordinamento dato alla zona di Adalia, anzi in li nea cli massima i presidi principali dovevano rimanere Adalia, Conia (fino a definitiva sistemazione), la zona del Meandro più Marmarizza con presid i navali in relazione ali' eventuale sua futura destinazione. 11 generale concordava in questo senso e anzi, pur cli esci ude re ulteriori incompenze sul terr.itorio, esagerò nel definire le zone controllate sin troppo tranquille ed escludere l'invio di nuove truppe, in precedenza richieste da Battistoni. 115 Secondo lui occorreva invece largheggiare in spedizione di mezzi logistici, speci.e sanitari. Diaz e Badoglio a fine luglio avevano chiesto che si disponesse per .l'invio quanto prima della brigata Calabria per Rodi. Bongiovanni si mostrò contrario, chiese cli evitare l'invio e confermava la sua preferenza per occupazione cli posti interni con residenze e posti sanitari anziché con reparti di truppe. L'8 agosto Diaz comunicò quindi a Cavallero per Tittoni che l'invio era sospeso. La brigata veniva tenuta per il momento a Torino pronta a partire , con il proposito di prendervi presto provvedimenti definitivi e sta bi Iire se si dovesse continuare a tenerla pronta per l'Anatolia oppure per altro impiego o addirittura smobilitata. 11 6 Bongiovani si riservò in ogni caso di eventuali concrete richieste dopo l'incontro con Milne e con il tenente colonnello Giuseppe De Bisogno (Comandante del reparto italiano cli Conia), che avrebbe visto a Costantinopoli, dove probabilmente si sarebbe incontrato anche con Paraskevopoulos, che aveva con insistenza chiesto di incontrarlo.' 17 Tuttavia Tittoni, pago e fiducioso delle dichiarazioni consolanti di Bongiovanni, in cui tutto sembrava tranquillo, lasciò il Comando Supremo libero cli disporre come meglio credesse della brigata Calabria. 18 Quel che da Rodi veniva richiesto era invece personale e mezzi sanitari.r Gli ambulatori presenti in Anatolia intanto lavoravano molto con la popolazione dv ile, tanto che alle autorità turche più sospettose erano ormai chiare le vere intenzioni degli italiani. li valì di Conia inviò al mutasserifdi Burdur due telegranuni invitanclololo a dar '"' AUSSME, E-3, b. 6 , f. 6/2 a. telegramma di Tittoni a 13011giov,111ni del 3/8/ 1919. F. L Grassi, L'Italia e la questione turca, op. cit., p. 67. 116 AUSSME, E-3, b. 6, f . 6/2 b, telegramma di Diaz a Cavallero dell'SiS/1919. 117 AUSSME, E-3, b. 6. f. 6/2 a, tclcgramnrn di Bongiovanni a Cavallero dell '8/8/19 19. 118 AUSSME, E-3, b. 6. f . 6/2 b. tclegran1ma di Tittoni a Comando Supremo del 12i8/1919. 115

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disposizione affinché le popolazioni si astenessero dall'accettare i soccorsi sanitari e dall'usufruire del servizio automobilistico, istituito dagli italiani . li valì infatti era convinto che gli italiani con tali mezzi avrebbero mirato esclusivamente a togliere ai turchi il possesso dei loro territori. Intanto la situazione sul campo non era cambiata e, a causa dei continui scontri tra greci e bande turche comandate da ufficiali regolari, le truppe italiane erano sempre soggette a continui spostamenti tattici. I profughi si riversavano neHa zona italiana. Per questo il comando della brigata Livorno chiese I' autorizzaz.ione per soccorrerli anche con generi di conforto, quali viveri nel limite del possibile. Le perdite greche erano ingenti. Secondo calcoli italiani gli ellenici in Asia Minore sarebbero stati: 105 .000 uomini, 17.000 quadrupedi, 103 cannoni e 160 autoveicoli. Il l 0 agosto una sezione della 190" batteria eia montagna da Scalanova si trasferì a Efeso, mentre da Rodi pa1tiva a bordo del piroscafo Sibilla un plotone del mezzo squadrone Cavalleggeri di Piacenza (18°) del corpo di occupazione dell'Egeo (1 ufficiale, 43 militari di truppa, 45 quadrupedi e 4 catTi), diretto ad Aclalia dove era destinato alle dipendenze tattiche e disciplinari del comando del 33° fanteria.119 Alcuni giorni dopo il 3° reparto zappattori e il plotone dell'8" compagnia del. 33° fanteria dislocati a TshibukHan si trasferirono anch 'essi ad Adalia, mentre la 70" compagnia del genio zappatori da Scalanova si trasferì a Kuluk, per essere impiegata in lavori straclah. Intanto nella zona cli Milas si era iniz iata la presentazione alle armi dei sudditi turchi di qualunque nazionalità appartenenti alle classi l 900- l 901-1902- 1903 renitenti, feriti leggeri o disertori da licenza. La chiamata veniva eseguita per ordine ciel Reclutamento centrale di Denizli . Questo non poteva che portare altro fermento nella zona tra Giroba e il Meandro. Il 7 agosto la 1" e la 2" compagnia del IV battaglione bersaglieri ciclisti e le due sezioni mitragliatrici raggiunsero Jeni Tshift, da dove il 2° reparto zappatori del 33° fanteria partì per Giroba. Venne quindi sopresso il presidio cli Balta per malaria e quello al Ponte sul Meandro, la cui guardia sarebbe stata fornita dal presidio rinforzato di Jeni Tshift. L' 8 agosto il plotone dell '8" compagnia del 33° fanteria dislocato a Tscheltigdijk si trasferì ad Aclalia, dove giunse anche il comando ciel llI battaglione del 33° fanteria, la sezione della 186" batteria da montagna e il plotone dei Cavalleggeri di Piacenza, diretto questo a Burdur. Il giorno successivo la 188" batteria eia montagna da Giroba si trasferì a Heskihissar e la 70" compagnia zappatori eia Kuluk raggiunse Logina (Nord cli Eskihissar). Intanto le truppe vennero colpite da intense epidemie di malaria ed.i enterite, seguite eia morte di alcuni soldati, nelle zone di Giroba , di Scalanova, di Kocharli e di Macri. In attesa che speciali accertamenti sanitari avessero definito con sicurezza l'epidemia gastroenterica , si sospese l'invio in licenza e in congedo dei militari appartenenti ai reparti, che per ragioni di dislocamento dovevano fare capo alla base d'imbarco di Scalanova e di Kuluk. 119

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AUSSlvfE, E-3. b. 7, f. f. 7/3, minuca del Diario storico mil itare ( IO agosto-30 settembre I9 I9). venerdì IO agosto.


Le linee italiane di collegamento

LA CROCE ROSSA ELL.ENICA A .MACRI

La situazione di Macri non era peggiore delle altre località costiere presidiate dagli italiani, ma i I peggio doveva ancora da venire. Alle ore 21 del 6 agosto il capitano Riccardo Faccioli, comandante del predisio della città telegrafò a Rodi di aver ricevuto la notizia che nella notte o al massimo il mattino del giorno seguente sarebbero sbarcati a Macri dei militari della Croce Rossa ellenica. La popolazione turca aveva reagito alla notizia con molta eccitazione, facendo preparativi per impedire lo sbarco. U presidio italiano chiese direttive sul eia farsi , dovendosi aspettare grave turbativa alla città. Per pronta risposta da Rodi venne inviata sul luogo la torpediniera Sagittario. 247


IL ritorno in massa della Croce Rossa ellenica a Macri non era che l' ultimo episodio di una tormentata vicenda, iniziata più di un mese prima, quando a fine giugno Battistoni aveva fatto presente al governo di Roma che a Macri vi era un'unità sanitaria greca, sgradita alla popolazione e ai notabili turchi Tra l'altro si avevano più che fondati sospetti sulle finalità sovversive dei componenti della missione. Per questi motivi essa aveva ricevuto più volte ordine di espulsione dalle stesse autor.ità ottomane e aveva chiesto protezione alle autorità italiane, perché oggetto di possibili minacce all ' incolumità dei suoi membri. Secondo Battistoni essa 1isultava inutile, essendoci già in zona un ambulatorio italiano , molto frequentato e apprezzato. Di conseguenza , il generale mandò una torpediniera a Macri per provvedere allo sgombero, ma i greci si rifiutarono di abbandonare la loro attività, nella speranza che potesse sopraggiungere le truppe elleniche. Battistoni prospettò allora l'opportunità che fossero fatte pratiche presso il governo di Atene , per il ritiro degli elementi sanitari dalla zona di occupazione italiana. La Consulta fece sapere che, per ragioni di cortesia, non si doveva impedire il soggiorno agli agenti e alle missioni straniere presenti in zona occupata, ma allo stesso tempo era opportuno tenerne aggiornato l'elenco completo e comunicarlo a Roma. Tramite i comandi m i.litari della zona le uniche missioni rilevate furono appunto quelle della Croce Rossa ellenica a Macri e a Bodrum, che vennero invitate a regolare al più presto le loro posizioni, specificando le autorità da cui erano inviate e il mandato loro affidato. In linea generale le truppe italiane non avevano nessun obbligo di difesa, dovendo ricadere sotto la responsabilità della missione stessa eventuali inconvenienti, dovuti all' ostinazione di rimanere . Su sollecitazione del capitano Faccioli, Battistoni, una volta ricevuta da Roma la direttiva di non occuparsi della cosa, fu irremovibile nel!' attribuire al caùnacan e al sindaco Osman bey l'unica autorità su eventuali decisioni eia prendere in proposito. Solo loro, per la carica ricoperta, potevano sentenziare sul futuro della missione: «se la Croce Rossa Ellenica non è necessaria, né desiderata in paese, essi ne facciano dichiarazione scritta esponendo i motivi pei quali desiderano il suo allontanamento. Questo Comando si incaricherà di trasmettere a chi cli ragione i desideri della popolazione di Makri». 120 Qualora poi vi fossero state delle violenze , allora in quel caso gli uomini ciel Corpo di Spedizione sarebbero intervenuti , per tutelare non solo i componenti della missione, 12 1 ma l'ordine pubblico in genere , in cooperazione con i funzionari turchi , se questi avessero fatto il loro dovere, senza cli essi e contro cli essi se, mancando al dovere, si fossero fatti essi stessi promotori di disordini. Il generale fu altrettanto categorico nei confronti della Croce Rossa ellenica: rimanendo non solo lasciava logicamente supporre, che i pericoli da essa denunciati fossero esagerati, ma che così stando le cose essa, anziché svolgere missione umani120

AUSSME, E-3. h. 7, f 7/6 e , leuera di Battistoni a Facci oli del I0 /7/1919.

,i, AUSStvlE, E-3. h. 7, f7/6 e , telegramma della Croix Rouge Hcllcniquc dc Makri del 29/ 6/ 1919. 248


taria, rappresentava una provocazione contro i turchi. Per questa serie cli ragioni Battistoni fece comprendere che la sua azione sarebbe stata drastica , se necessaria, ma non comprensiva per coloro che avessero mancato cli collaborare al mantenimento della quiete. Aì primi cli luglio arrivarono a Rodi a bordo del piroscafo Rumeli quattro membri della missione della Croce Rossa ellenica a Macri: il dottor Nichìtas Dimitrin, ìl graduato Tsamados e altri due militari. Essi erano stati fatti partire dalle autorità turche dì Macri perché gjorni prima, contrariamente agli ordini dei loro stess.i superiori, avevano portato anni, che furono loro prese dai turchi e restituite solo all'atto della partenza. Dimitrin era stato espulso anche per il suo contegno giudicato provocatorio verso le autorità turche. A Macri, rimanevano comunque ancora sei membri della Croce Rossa ellenica: il sottotenente medico Nicolas Mannolas , un maresciallo e quattro militar.i. Ancora a metà luglio Battistoni assicurò la sua protezione alla missione, nel caso si temesse poter subire violenza. Tuttavia dichiarò che, dovendo rispettare la sovranità ottomana, egli non poteva impedire che l'autorità turca si valesse del suo diritto di sfrattarla completamente, ove credesse la sua presenza pericolosa e a rischio per l' ordine pubblico, anche perché l' Italia giurìcamente non aveva alcun obbligo verso la missione greca. Allo stesso tempo però aveva comunicato alle autorità locali, che le truppe italiane non avrebbero acconsentito ad atti ili oltraggio contro chicchessia. Nel suo rapporto il generale aggiunse che i greci spesso lamentavano pericoli inesistenti, come nel caso ciel denunciato ferimento del sottotenente Mannolas, che in realtà non era stato ferito, ma avrebbe avuto strappata la giubba dalla baionetta di un soldato turco che insieme ad altri tre colleghi gli voleva impedire l'ingresso nei locai i della missione. Del resto l'assistenza ~anitaria della missione era sempre apparsa «irrisoria et ora c,ompletamente nulla» . 122 Secondo il comune sentire il vero obiettivo era invece fare azione di propaganda politica in favore di Atene, tanto che già al momento dello sbarco gli ottomani avevano sequestrato un grosso quantitativo di giornali e di opuscoli destinati a promuovere l'azione di Venizelos. Anche la continua distribuzione di vestiario (stoffe e scarpe) alla popolazione povera era indirizzata a tale scopo. In realtà la stessa consistenza della missione mostrava ]a scarsa realizzabilità dell'operazione: 1 uffic iale medico, 1 sottufficiale farmacista e pochi soldati di sanità, mancando completamente di materiale sanitario, tanto che il 23 luglio si presentarono all'ambulatorio italiano ben 127 ammalati , per la maggior parte greci. 123 La situazione non era per nulla pacificata, anzi le azioni contro la quiete erano sempre più numerose. Ai primi di agosto il maresciailo maggiore dei carabinieri Attanasio Sesano, comandante ciel distaccamento cm·abinieri di Macri, fu incaricato di fare delle .indagini circa una violenza carnale da parte cli un soldato ellenico cli nome AUSSME, E-3, b. 7 , f7/6 c. telegrnmma di Battistoni a Tittoni del 23/7/19 l9. m AUSSME, E-3, b. 7, f 7/6 d, telegramma di Faccioli a Ballistoni del 23nt1919. in

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"Jean" subita da una connazionale di 14 anni, Annina Tukrist, lavandaia del paese. Si arrivò a scoprire lo stupro e il tentativo cli suicidio con lo zolfo dei fiammiferi sciolto nell'acqua della giovinetta, per la vergogna o per il timore di essere rimasta incinta. 124 Tutti questi episodi precedenti rendono comprensibile perché alla notizia di un possibile ritorno in massa della Croce Rossa ellenica si produsse una certa preoccupazione tra la popolazione civile turca, tanto da organizzare azioni difensive. Al mattino del 7 entrarono quindi in porto a breve intervallo di tempo l' atteso piroscafo greco Rumeli e le unità italiane mandate da Rodi: il MA .S. 111 e la torpediniera Sagittario. Durante tutta la mattinata Facciali cercò di fare del suo meglio per rassicurare la popolazione sia musulmana sia ortodossa, che temeva forti rappresaglie eia parte dei turchi, mentre il capitano medico Giovanni Carossini faceva altrettanto presso i molti ammalati che anche quella mattina si recavano per la consueta visita medica all'ambulatorio italiano. Facciali inoltre, come misura precauzionale, consegnava tutta la truppa in caserma edemanava ordini in caso cli allarme. Disponeva anche che due ronde si portassero nelle vicinanze ciel porto, dove si erano recati circa 50 soldati turchi al comando del sergente di fanteria Memet Ciaus , comandante interinale ciel distaccamento di fanteria cli Ma cri, in assenza del sottotenente Ritvan bey quella mattina fuori città. Alle ore 9:30 Faccioli si recò dal caimacan per prendere accordi circa il mantenimento dell'ordine pubblico. Questi riferì cli aver già provveduto in proposito , impartendo ordini ai gendarmi a lui dipendenti, assicurando cli aver dato disposizione di lasciare sbarcare i greci. Dopo tale visita, il capitano italiano si di.resse con tutta fretta nella piazza cle1 porto per constatare personalmente se gli ordini da lui impartiti fossero stati esattamente eseguiti. Si trovava in compagnia del maresciallo Sesano, quando verso le ore 10:30 Faccioli vide giungere verso il pontile della dogana il sottotenente medico della Croce Rossa ellenica Mannolas. Questi salì su una barca per raggiungere il Rumeli, ma appena mosso dalla banchina venne subito richiamato a ten-a dal sergente turco Memet Ciaus, accompagnato eia un manipolo di suoi uomini. Il medico insistette dj voler raggiungere la nave, perché aveva ricevuto l'ordine dal caimacan che poteva salire e scendere dai piroscafi greci, che affivavano in porto . A questo punto Mannolas insistette cli non voler scendere dalla piccola barca dove era. nsergente Memet diede quindi un colpo di calcio di fucile al barcaiolo e poi prese a spinte il sottotenente, dandogli pure un colpo di calcio di fuci le al braccio sinistro. Alla vista cli questo, Faccioli e Sesano accorsero, mentre Mannolas scese dalla barca e fece una decina di passi verso la piazza, si rivoltò indietro estrasse la rivoltella e sparò due colpi con la canna in alto, ma nella direzione del sergente Memet. A questo punto pattirono daJle anni turche due colpi di fucile: uno colpì al petto il sottotenente greco e l'altro gli perforò la testa, uccidendolo. La successione di tali fatti avvenne con tale rapidità che Faccioli, pure essendosi diretto di corsa verso il luogo della nùschia, vi giunse quando Mannolas era già stato colpito e a ten-a. 125 124 125

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AlJSSl'vlE, E-3, b. 7, f?/6 e , relazione cli Sesano u Faccioli del 2i8il9 l.9 . AUSSME , E-3, b. 7, f 7/6 f, relazione di Scsano del 7/8/ 19 I9 .


TI capitano italiano, portandosi davanti al gruppo dei soldati che avevano sparato, ord inò loro di cessare il fuoco e diede ordine ai soldati italiani accorsi, di occupare tulti gli sbocchi della piazza. Poch i m inuti dopo venjva provveduto al trasporto del cadavere verso la missione e llenica , mentre giungeva in biciclella il capitano medico Carossini dal vic ino ambulatorio itali ano, messo in allerta dal rumore degli spari. Ne constatò la morte accompagnadolo poi all'ambulatorio greco. La notiz ia del luttuoso avvenimen to, che subito si propagò in città, produsse enorme panico, specie fra la popolazione greca. Poco dopo questi fatti. giungeva di corsa la truppa consegnata .in caserma e furono prese mis ure di sicurezza piazzando anche le mitragliatrici dalla stazione. Tale misura precauzionale fu anche motivata dal fatto che a r accioli giungeva notizia che i turchi avrebbero iniziaio rappresaglie contro i greci e gli italiani. Tutte queste disposizioni furono eseguite dalle truppe italiane con successo, tanto che nessu n altro incidente vi fu in c ittà. Dopo aver provveduto alla difesa militare, Faccioli si recò immediatamenre a bordo della torpediniera Sag ittario insieme al capitano medico Carossini per prendere accordi anche con i I comandan te dell a nave, il tenente di vascello F. Zezi. Tornati a terra , i due capitani si recarono dal caimacan. per iniziare immediatamente un'inchiesta nel tentativo di accertare le responsabilità del fatto. L' inchiesta fu iniz iata alle ore 13:30 ne ll ' ufficio del caimacan. all a prescn7.a di Facc io li , del capitano Caross ini , del tenente Zezi, dello stesso cai111acan , ciel dottor Nich itas Dimi trin, facen te parte della missione greca e giunto quella mattina stessa con il Rumeli, del procuratore generale del tribunale Alì Kaidar bey, del maresciallo dei carabi nieri Sesano e del capitano di fanter ia turca addetto al! ' ufficio reclutamento Ahmed Rarndi . Funzionava da interprete iJ carabiniere aggiunto addetto alla nave Sagittario per gli italiani e il signor Isacco Codron per i turchi. Furono interrogati tutti i testimoni, che direttamente e indirettamente avevano presenziato al fatto. Ness un mi li tare greco, benché invitato, volle prendere parte al la riunione, né fu possibile trovare alcun testimone greco, che venisse a deporre in merito a ll 'accaduto. Gli interrogatori quindi furono basaci s u circa venti testimon i, tra militari itali ani, turchi, adetti al porto e notabi li locali. DaJJe deposizioni de l testimone principale, il sergente del 2° reggimento di fanteria Memet Ciaus, risultò che fu lui a impartire l'ordine ai suoi d ipendenti di far fuoco in seguito al fatto che il sottotenente medico Mannolas aveva sparato per primo. Questa decisione era conforme ai tassativi ordini , ricevuti più volte dal suo s uperiore sottotene nte di fanter ia R itvan bey. Le direttive impartite erano che, qualora fossero arri vati piroscafi greci, nessun mil itare ellenico doveva scendere né sai ire a bordo e se qualcuno di essi avessse adoperato le armi , anche loro erano autorizzati a ris pondere al fuoco. Per q uesto il sergente volle impedire a Mannolas l'imbarco, prima con le «buone e poi con le a,mi», come da consegne ricevute. Eg li affermò che non sparò lui cl i persona, ma i suoi uomini nel rispetto degli ordini. li fatto che Mannolas avesse estratto la pistola, autori zzò i soldati a sparare, te mendo dell'incolu mità del s upe25[


riore.126 Il commissario del porto, che aveva avuto ordine dal caimacan di lasciar sbarcare i greci, dichiarò di aver discusso con Memet per gli ordini, ma ciò non impedì al militare dì portare avanti la sua posizione . Terminata l'indagine alle ore 14:30 dell '8 agosto tutto il personale della missione greca si imbarcò a bordo del Rwneli mediante barche fornite dalla torpediniera Sagittario e dal M.A.S . 111 sotto scorta dei carabinieri italiani, richiesti dal direttore della missione stessa dottor Dimitrin. Delle risultanze degli interrogatori venne fatta una copia in turco e un'altra in italiano. Ambedue le copie vennero firmate da tutti i componenti della riunione meno che dal med ico greco , il quale, dovendo ripartire al più presto con tutta la missione, non attese la conclusione della relazione cieli 'inchiesta, ma rilasciò una dichiarazione firniata in cui si dichiarava soddisfatto del modo leale e imparziale seguito nella ricerca dei colpevoli. Tutti ì relativi incartamenti vennero inviati poi con il postale Gallipoli al]a Consulta, al Comando Supremo , ali' Alto commissario a Costantinopoli e al.l'addetto militare ad Atene. 127 Nel frattempo la mattina del giorno 8 avevano avuto luogo le esequie di Mannolas, previo avvertimento dell 'autorità militare turca che Faccioli , q ualora se ne fosse presentata l'occasione, sarebbe interventuto anche con le anni per mantenere l'ordine a ogni costo . Questa dichiarazione formale era resa necessaria dal serio allarme, che regnava nella popolazione, la quale inoltre fantasticava su presunti lanci di bombe a mano che avrebbero dovuto esser fatti da parte di soldati turchi sul. corteo funebre al suo passaggio. Il comandante del presidio turco assicurò formalmente che nulla sarebbe accaduto , purché non v.i fossero state donne in giro, anzi avrebbe inviato una rappresentanza ai funerali ,presenziando anch'egli al corteo. Durante i funerali, che si svolsero con la massima calma, d'intesa con il comando del presidio, venne tenuta la bandiera a mezz'asta. Il trasporto del cadavere fu compiuto senza il minimo incidente, rendendo alla salma gli onori militari. Ai trasporto funebre partecipò oltre al picchetto d'onore italiano anche quello turco al comando proprio di Ritvan bey. 128 Bongiovanni inviò una lettera di condoglianze al generale Paraskevopoulos, che rispose commosso. 129 Alcuni giorni erano passati senza nuove turbative, però benchè a Macri fosse tornata la calma, alcune voci attendibili parlavano della costituzione di un apposito comitato di turchi per osteggiare l'occupazione italiana e fare allontanare il presidio . Di questo comitato avrebbe fatto parte anche il sottotenente Ritvan bey. Intanto erano in arrivo a Macri altri 60 militari italiani, per far raggiungere al presidio il numero di 200 unità, mentre il Mas 111 si di rigeva a Porto Vathy, la torpediniera Arpia e il Sagittario mollarono gli ormeggi e si diressero verso Rodi. 130 126

AUSS:ME, E-3, b. 7 , f7i6 f, re lazione di Memet Ciaus del l'8i8/ l9l9. AUSSME, E-3 , b. 6, f. 6/2 h, te legramma di Bergera a Comando Supremo del 13i8/l919. 12 ~ i\USSì1,,fE, E-3, b. 7, f7/6 f, re laz,ione d i Faccioli dell'8/8/!9!9. 129 i\ USSME, E-3 , b. 6, f. 6/2 b, te legramma di Elia a Comando Supre mo del 26/8/19 19. 130 i\ USS1v1E, E-3, b. 7, f 7/6 f, re lazione d i Zezi a Comando navale del Dodecanneso del 12/8/1919. 127

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Se l' azione cli Facciali era stata ineccepibile , ancora il giorno 14 lc autorità turche di Macri non ave vano disposto ancora nessun provvedimento a carico dei responsabili dell'uccisione di Manno las . Da Rodi si ordinò al comandante italiano del presidio, di chiedere alle autorità locali quali sarebbero state le loro intenzioni. dichiarando loro a voce e per iscritto che «il comando italiano delle forze dislocare in Anatolia esige che severa g iustizia sia subito fatta contro i colpevoli dell'uccisione ciel sottenente g reco Mannolas» .'-" Bcrgera chiese subito al caimacan provvedimenti per accertare le responsabiJità ed esigere «severa giustizia» . Caracciolo eia Atene comunicò a Bongiovanni ùi alcune informazioni, che avrebbero voluto la Grecia inviare a Macri una nave da guerra a seguito dell' uccisione di Manno las. Per questo il generale inv iò il giorno 17 il tenente colonnello Giordano sul posto con la torpediniera Sagittario per in formare l'autorità locale e sollecitare la concl us ione del caso Mannolas. L' ufficia le arrivò a Macri la mattina del 18 e attraverso il capitano Carossini fece sapere al caimacan. che avrebbe gradito incontrare al Konak tutte le autorità c iv ili , militari e religiose della città, per dar loro alcune comunicazioni del generale Bongiovanni. Giunto al Konak. in una sa la trovò riuniti il caimacan, il sindaco, il cadì, il capitano addetto all'ufficio recl utamento e il tene nte comandante della gendarme ria, ai qua li si aggiunse il sottotenente Ritvan bey. Giordano espose con brevi parole lo scopo della sua visita e quindi invitò tutti acl alzarsi per ascoltare la lettera di Bongiovanni. Giordano lesse per prima la lettera in italiano , e quindi la fece leggere in turco dal signor Nazin, interp1·ete loca le presso il comando del Corpo: Le agitazioni che da qualche tempo turbano la quiete di codesta ci.Ttà debbono assolutamente cessare. Le truppe che per delega zione della co11ferenza della pace occupano l'Anatolia, hanno da me ricevuto ordine di mantenere l'ordine pubblico, ed esse lo manterranno ad ogni costo. Con ciò l' Italia intende d i esercitare lutti i diritti che le spettano durante il periodo dell'armistizio e in base ai quali ha inviato in Anatolia un corpo di occupazione. Qualsiasi autorità ottomana che ostacoli la pacificazione del paese sarà da me senz'altro destituita. Qualsiasi persona che con incitam.en.to e a girazione turbi Lo spirito pubblico, sarà sottoposta al giudizio dei nostri tribunali militari. lo imendo insomma che l'ordine e la tranquillità debbano regnare a Macri come regnano in tulle le altre località dell'Anatolia occupme da!L 'ltalia, e che la giustizia più illuminata e serena debba subito aver corso per la ricerca e la puniz ione degli autori del reato commesso il 7 agosto. S i persuada og11u110 che le decisioni definitive sulla sorte dell'Anatolia sono riservate unicamente alla Conferenza della Pace, che certamente non si fa rà influenzare dai disordini e dalle minacce da qualunque parte vengano. Si persuadano pure le autorità e le popolazioni musulmane che il ripetersi di disordini non fa che apportare loro gravi danni e condurrà alla rovina il loro paese . Poiché tutti i provvedimenti presi dalle po13 1

AUSSME. E-3, b. 7. f 7/6 f. relazione cli Bergern per i l ministero degli Affari Esteri .

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tenze alleate durante l 'armistizio non hanno che carattere temporaneo; voi dovete aspettare con serenità e con dignitosa calma le decisioni definitive della Conferenza per la pace. Voi conoscete con quanta filantropia e con quanta simpatia verso la popolazione ottomana l'Italia sta esplicando il suo compito in Anatolia, e sono sicuro che vi persuaderete che gli intendimenti da me e,\1Jressi e che farò in tutti i casi osservare mirano unicamente al bene del vostro paese. Per la conoscenza che ho acquistata del buon senso delle popolazioni dell 'Anatolia e dell 'amore che nutrono per la loro Patria, io non dubito un sol momento che autorità e popolazione vorranno persuadersi che è loro opera volenterosa e attiva per calmare gli animi e ridare alla città di Macri la tranquillità di cui ha bisogno.132 A lettura ultimata, Giordano consegnò la copia della lettera scritta in turco al caimacan, autorità più elevata della città, aggiungendo che desiderava in giornata una risposta scritta. Seguì quindi una conversazione in merito al contenuto della lettera ciel generale, durante la quale le autorità locali si dimostrarono molto deferenti ed espressero, con forma che a Giordano sembrò sincera, la loro ferma volontà di unirsi agl i intendimenti ciel comandante ciel Corpo. Nel pomeriggio dello stesso giorno il caimacan inviò al tenente colonnello la risposta richiesta. Essa fu molto cordiale , ma attribuiva la causa della morte di Mannolas alle circostanze sfortunate. Nella sostanza non faceva seguito ai desideri cli giustizia chiesti da Giordano. Nel pomeriggio il tenente colonnello italiano fece quindi chiamare i capi della comunità ortodossa, che desideravano parlar con lui. Alle 1.4 gi unsero presso la sede ciel comando del presidio italiano quattro notabili locali, u no dei quali rappresentava il papas malato. I rappresentanti apparvero evidentemente poco tranquilli, anzi impauriti e per questo manifestarono a voce i timori, che avevano per la loro sicurezza personale in conseguenza dell'odio, che i turchi nutrivano per i greci. Giordano fece di tutto per tranquillizzarli e li rassicurò sull'impegno italiano a garantire la sicurezza e, occorrendo, anche a proteggerli con la forza. Comunicò pure loro che le autorità turche gli avevano fatto promesse formaili in proposito. Li invitò però ad astenersi dal fare propaganda di qualsiasi genere, per non dare alcun pretesto ai turchi e li pregò infine cli aver assoluta fiducia nelle aùtorità italiane e cli ricorrere ad esse in caso cli bisogno. I notabili ringraziarono e pregarono I 'ufficiale cli. far pervenire i loro ringraziamenti oltre che al comando , anche al ministrn Tittoni, del quale essi dissero conoscere tutta l' opera fatta in favore delle buone relazioni fra l'Italia e la Grecia. Vennero infine ricevuti da Giordano i capi della piccola comunità israelitica locale, che espressero i loro buoni sentimenti per l 'ltalia e per la sua autorità. Parlarono dei propri timori per un 'eventuale occupazione greca che, secondo loro, avrebbe condotto alla rovina il paese. Ebbero parole di vera ripugnanza per gli elin

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AUSSME, E-3, b. 7 , f7/6 f, lettera di Bongiovanni alle autorità di Macri del 17/8/1919 .


lenici ai quali, dissero di preferire mille volte gli ottomani. Soggiunsero però che i turchi avevano bisogno di essere assistiti da una grande potenza. A queste parole, in sintonia con la neutralità, che doveva contraddistinguere l'operato del Corpo di Spedizione, l'italiano raccomandò i suoi interlocutori di astenersi assolutamente dal fare politica. Alla fine della sua ispezione, Giordano potè concludere che la città di Macri era tornata tranquilla e non credeva che si potessero verificare altri disordini, a meno che non fosse ritornata la missione greca oppure non vi fosse inviata, come i turchi temevano, una nave da guerra da Atene per ottenere soddisfazione per l'uccisione di Mannolas. Tn quesi due casi egli temeva che, nonostante le promesse e le assicurazioni date dalle autorità ottomane, potessero verificarsi seri e gravi disordini , in quanto la popolazione musu Imana era tutta armata. I turchi cli Macri si mostravano molto preoccupati per le occupazioni , che i greci avevano fatto in As ia Minore e per il modo con il quale avevano trattato i musulmani. Essi non nascosero i loro proponimenti di lottare fino alla morte pur di scacciare i greci dal loro paese. Avevano ancora qualche speranza sulle decisioni defin itive della Conferenza della pace, ma poi era evidente che non avrebbero posto più alcun freno al loro sentimento e ai proponimenti di liberare il paese dall'occupazione greca a ogni costo. 133 La calma tuttavia durò poco a Macri , dove già avanzavano altre formazioni nazionaliste. Il giorno 27 venne esposto un proclama del locale comitato dei Giovani Turch i, che invita va la popolazione a opporsi, anche facendo uso delle armi, a un eventuale sbarco di militari ellenici, pur continuando a rispettare i greci e gli israeliti domiciliati a Macri. Lo stesso giorno il caimacan di Macri, fino a quel momento molto cordiale con gli italiani , comunicò con tono alquanto duro a Faccioli cli aver ricevuto ordine dal mutasse,)[ di Mugla, di proibire lo sbarco e l'imbarco da e per qualsiasi località e per qualsiasi motivo ai greci. Il comando del presidio dì Macrì, nel comunicare gli avvenimenti a Rodi , chiese istruzioni in proposito. 11 comando del Corpo cli Spedizione rispose di attenersi alle note direttive, secondo le guaii le truppe italiane do,1evano intervenire solamente quando si trattasse di rispettare l'ordine pubblico turbato . Venne aggiunto di richiamare con severità il caimacan di Macri e il mutasser(f di Mugla, invitandoli a considerare la grave responsabilità che si stavano assumendo , agendo in conformità a tali decisioni. Si interessò anche Sforza, affinché sollecitasse presso la Sublime Porta un severo richiamo alle autorità di Mugla e cli Macri. Nel frattempo presso quest'ultima città a fine agosto giunse di nuovo il piroscafo Rumeli, che vi eseguì regolarmente le operazioni di scarico merci e passeggeri senza che si ve1ificassero incidenti. Il peggio era stato per il momento scampato, tuttavia sia a causa dell'opera delle sempre più diffuse azioni propagandistiche deUe bande nazionaliste, sia per l'intransigenza cie l mutasserif di Mugla, tvlacri tornava a essere una città insicura. 13-'

AUSSME, E-3 , b. 7 , f7/6 f, rapporto d i Giordano e.le] 21/8/1919.

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DA BONGlOVANNI A ELIA

Rientrato dal suo viaggio a Costantinopoli , le direttive del generale Bongiovanni del I 6 agosto 1919 presentarono le nuove linee di condotta delle autorità italiane e il contegno delle truppe dislocate in territorio anatolico. In esse si precisava come l 'occupazione militare traeva origine innanzitutto eia diritti cli guerra e di vittoria. L'Italia, insieme alle altre forze alleate comandate dal generale Milne, aveva il compito cli assicurare la pace e di tutelare J'ordine pubblico nella regione, per il tempo necessario alla durata dell'armistizio. Questa situazione giuridica imponeva, in attesa delle conclusioni della Conferenza di pace, il regime di stato di guerra, con relative impli.cazioni penali in caso cli reati contro le persone e le cose . L'occupazione non sospendeva la sovranità ottomana, né alterava l'ordinamento governativo e, benché vi si sovrapponesse , in nessun modo lo sostituiva, a meno che esigenze contingenti politico-militari non lo richiedessero, ma sempre esigendo da parte delle autorità locai i massima collaborazione. Si precisava come, secondo la tradizione di civiltà e cli giustizia ciel popolo e dell'Esercito italiano come vanto della Nazione, l'azione in Anatolia dovesse ispirarsi a sentimenti di serena giustizia , di filantropia, al rispetto delle leggi, della religione, delle consuetudini, del diritto familiare e delJe donne di quel.le popolazioni, riconoscendo aitresì pari dignità e rispetto a qualsiasi minoranza, indipendentemente dall'etnia o dal credo religioso. L'azione umanitaria si evidenziava nell'aiuto materiale alle popolazioni disagiate, provate dalla guerra e dalle lotte intestine, e dal pieno sostentamento e solidariet~t verso la gendarmeria ottomana, caposaldo dell'ordine pubblico e ciel mantenimento della quiete locale. A livello organizzativo, la dislocazione italiana era basata su presidi costieri o prossimi alla costa e si completava con alcune «residenze>> nell'interno del paese , formate ciascuna eia un ufficiale delegato a rappresentare il comandante ciel Corpo presso l'autorità ottomana del luogo e eia un posto sanitario, per prestare cure ambulatoriali agli abitanti, che ne avessero bisogno e lo richiedessero . La sicurezza delle «residenze>> era affidata al tradizionale senso di ospitalità delle autorità e del popolo ottomano. Secondo le consegne, i presidi maggiori compievano la loro missione anche ath·averso capillari escursioni nell'interno, anche della durata cli più giorni, con colonne di consi.derevole forza secondo itinerari da comunicarsi anticipatamente alle autoriat ottomane dei luoghi, per i quali le colonne sarebbero dovute transitare. Con questi propositi l'Italia non avrebbe fatto mistero della sua aspirazione a offrire, a pace conclusa, la sua collaborazione al progresso civi le e all'incremento della ricchezza e del benessere nell 'Anatolia. Il trattato di pace fra Italia e Turchia avrebbe stabilito se e in quale fom1a tale collaborazione si sarebbe realizzata. Si escludevano da parte italiana mire palesi o recondite di conquiste territoriali, limitando l'intervento a un reciproco e comune interesse tra i due governi e popoli, il cui obiettivo era 256


il definitivo ritorno a uno stato di piena pacificazione . Ecco perché era fatto divieto per i cittadini italian i (civ ili o militari) res identi in Anatolia qualsiasi manifestazione o azione relativa a.l conflitto turco-ellenico. Secondo le autorità italiane l'equidistanza dalle due fazioni in lotta e il massimo riservo in proposito avrebbero garantito l'ordine pubblico nei territori occupati, come il più sentito cameratismo e cordialità nei confronti dei militari degli altri contingenti alleati avrebbe dato maggiore lustro alla missione assegnata all'Italia e solidità alle relazioni internazionali. A coronamento cli questi p ropositi, Bongiovanni concluse come la piena effic ienza bellica, la disciplina e il benessere morale e fis ico delle truppe fosse il primo e costante pensiero dei rispettivi comandanti .134 Queste disposizion i, dietrn un'abile capacità diplomatica, avevano una forza notevole verso le truppe e allo stesso tempo una grande capacità di persuasione verso gli stranieri , che ne avrebbero inteso il contenuto formale. Malgrado vi fossero state delle incomprensioni con Ferrante, Bongiovanni sembrava veramente l'uomo giusto per fa r uscire il Corpo di Spedizione dal vicolo cieco in cui aveva sonnecchiato nei primi mesi d i v ita, ma fu colpito da un'avvenimento grave: la pubblicazione dell'inchiesta sulla rotta cli Caporetto, che censurava il generale per la sua responsabilità sull 'accacluto. 135 Il 17 egli partì con il piroscafo Palchy per rientrare in Italia e conferi re con Albricci. Elia, che in un primo tempo - come si è visto - avrebbe dovuto abbandonare Rodi, otteneva quindi temporaneamente il comando del Corpo cli Spedizione del Mediterraneo orientale, per poi assumerlo in via definitiva il giorno 22. Confermando le direttive cli Bong.iovanni , Elia però il 23 agosto volle impostare il rapporto con gli Alleati con una maggiore diffidenza. Fino ad allora un elemento dibattuto era se accettare o meno gli inviti da parte cli ufficiali greci. In tal senso Bongiovarmi aveva dato già seguito ad alcune restrizioni, in conseguenza di alcuni episodi capitati a Smirne, dove la stampa ellenica aveva esaltato la «nuova amicizia italo-greca» . 136 In proposito il console Inclelli precisò che nessun banchetto speciale aveva mai avuto luogo fra ufficiali italiani e greci. Soltanto una sera alcuni ufficiali subalterni greci avevano invitato a pranzo al c ircolo tre loro colleghi italiani. Il capitano De Grenet fu informato cieli 'invito e si raccomandò cli mantenere un contegno cortese ma riservato. Gli stessi italiani ricambiarono l' in vito qualche giorno dopo, ma sempre in via privata . Nessun 'altra manifestazione era mai avvenuta. Erano rari i casi personali. Tuttavia Bongiovanni il 18 agosto venne informato dal comandante della bligata Livorno che il comandante ciel 4° reggimento greco cli fanteria con sede a Karabunar (a Est cli Aiclin) aveva fatto pervenire alla sede del comandante del presidio cli Giroba u na gentile lettera di invito , alla quale l'interessato rispose non accettando personalmente e inviando un ufficiale in sua rappresentanza. Il generale non

134

i\ USSME, E -3, b. 12, f. 12 e, d irettive ciel I6i8/ 19 19 del generale Bongiovanni .

135

G . Rochat , op. cit. , pp . 37-77. ALJSSME, E-3, b. 8, f. 8/3 e. promemoria di Guzzon i dell'8/9/ I 9 l 9 .

1~"

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approvò l'operato del comandante del presidio di Giro ba, prescrivendo per l'avvenire di declinare inviti del genere adducendo, in forma cortese, ragioni di servizio .137 Tittoni comunque aggiunse che alle sue istruzioni di relazioni cordiali non poteva essere data interpretazione tale da escludere la possibilità di reciproci scambi cortesi e inviti.13s Tuttavia EJia, molto più pratico di Oriente e avvezzo alle formalità "levantine", impose la massima severità, interpretando in modo restrittivo lo spirito amichevole espresso dal ministro degli Affari Esteri. Trovandosi a contatto con i contingenti ellen ici, le truppe italiane erano sempre tenute a usare loro forme del più cordiale cameratismo ed essere larghi di ospitalità, ma gli ufficiali non dovevano assolutamente accettare eventuali inviti fatti eia ufficiali greci per intrattenimenti, pranzi o altro genere di riunioni mondane. Aderire a tali inviti, che avrebbe richiesto la restituzione, poteva essere sfruttato dalla propaganda greca a danno dell'Italia, come era già avvenuto, per eccitare la diffidenza dei turchi. A ogni invito del genere quindi bisognava rispondere con un rifiuto cortese , adducendo sempre ragionì di servizio. Con queste prime parole del terzo comandante - in ordine cli tempo - del Corpo di Spedizione emerse, dopo la fermezza cli Battistoni e la moderazione cli Bongiovanni, un'ennesima impostazione strategica, evidentemente condi zio nata anche dal minor peso politico dell'impresa orientale e dal sospetto che portava a ritenere praticamente morta la concordia contenuta negli accordi Tittoni-Venizelos. Ecco quindi che, avendo l'Anatolia assunto un impegno secondario per il governo, la parola d'ordine, che proveniva da Roma era que]la ciel rispannio sia fisico che economico delle risorse impiegate. In quel periodo Tittoni raccomandò cli astenersi da ogni e qualunque impresa e lavoro, che non fosse assolutamente indispensabile per il buon trattamento delle truppe e per assicurare nel modo strettamente necessario le maggiori e p.iù importanti comunicazioni fra i vari presidi . Bisognava astenersi eia qualunque opera pubblica, che importasse dispendio cli onere finanziario e impegni, che eccedessero la futura attività italiana. Qualora fossero necessarie opere cli maggior mole, sarebbe stato necessario riferirne in proposito al ministero degli Affari Esteri, per la necessaria autorizzazione. A nche sul piano prettamente gerarchico i cambiamenti si facevano sentire. Si arriverà al 1° settembre e il comando del Corpo di Spedizione, il reparto cli Conia e il contingente a Costantinopoli sarebbero passati tutti sotto la dipendenza diretta del ministero della Guerra, rompendo un altro caposaldo di quella autarchia grigioverde di cui si è parlato in precedenza. Elia, consapevole delJ'impegno di cuì era stato incaricato, abbinato al massimo risparmio, prese delle decisioni cli massima razionalità organizzativa. Il 16 agosto accorpò la 4611 batteria da montagna, già del Corpo cli occupazione dell'Egeo , al XL gruppo da montagna, che risultava così costituito su 4 batterie (4611 , 186 11 , 188" e 131

AUSSME, E-3 , b. 6, r. 6/2 a, telegramma di Bongiovanni a Comando Supremo del 23i8il919.

,.1s AUSSME, E-3 , b. 6, f. 6/2 a, telegramma di Tittoni a lndelli del 1°/9/ 1919.

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190A) . Molti reparti furono spostati dai presidi interni come Burdur e Kurna per essere dirottati verso Adalia: l O plotone dell'8A compagnia del 33° fanteria, comando e tre plotoni della 9A compagnia del 33° fanteria, comando e tre sezione della 1546A compagnia mitragliatrici; sul fronte occidentale la 1Ae la 2A compagnia del 34° fan teria dalle località sulla linea di confine con i greci verso Scalanova. Il 24 agosto dispose che i carabinieri, dipendenti dal comando di Rodi, dovessero anche essi essere considerati mobilitati e impiegabili alla pari cli tutti gli altri. effettivi, che godevano del soprassoldo di guerra. Tutti i carabinieri del nuovo comando unificato erano quindi agli ordini del tenente colonnello Vittorio Gorini, con ruolo di carabinieri operanti presso una grande unità mobilitata, per il quale comando vigevano le norme stabilite per il «Servizio di guerra» .1.w Il 25 agosto le truppe italiane dislocate nella Turchia europea (62° reggimento e aliquote servizi vari) passarono alla dipendenza disciplinare del comando di Elia. I reparti continuavano però a dipendere tatticamente dal comando superiore delle forze interalleate nell'Asia Minore (MiJ ne) e a far capo per la giustizia e per le direttive politiche ali ' Alto commissario cli Costantinopoli. Considerata poi la situazione delle zone interessate, il 28 agosto Elia partì con il Ligure per un ampio giro di ispezione a Cos, Bodrum, Kuluk e Milas.

LO SCIOGLIMENTO DEL 4° REGGIMENTO SPECIALE

Nella struttura ciel vecchio Corpo d'occupazione del l'Egeo a Rodi aveva sede anche il 4° reggi mento spec iale, reparto formato da elementi molto scadenti. 11 suo comandante, il colonnello Otello Poso venne rimpatriato in via definitiva nel mese di luglio. Il 7 agosto il capitano Edgardo Bratti, comandante interinale, descrisse a Elia la situazione deficitaria del suo reparto . In seguito alla partenza per rimpatrio dei mili.tari delle classi 1889 e 1890, I.a forza effettiva del III battaglione si era ridotta a 352 uomini di truppa. La forza totale presente ai reparti era poi di soli 232 uomini, essendo gli altri aggregati a vari corpi del presidio . Data la sensibile diminuzione della forza e dato che questa presumibilmente sarebbe stata entro breve diminuita ancora, sia per il trasferimento in altri corpi di militari prosciolti o condannati con pene sospese, sia per il probabile p.ross imo congedamento della classe I 891, propose al comando ciel Corpo la soppressione dell'llA compagnia del reggi mento. Con tale eventuale soppressione sarebbero venuti. anche a rendersi disponibili alcuni elementi reimpiegabili nei corpi che ne avessero avuto bisogno: 1 capitano , 4 subalterni e una decina di graduati . Il 9 agosto Elia, in attesa dell'autorizzazione dall 'Italia cli poter sciogliere il superstite comando di reggimento, dispose in autonomia lo scioglimento della 9A com1.19

AUSSME,E-3, b. 8 , L 8/3 a,allcgato 3 del 24i8/ 19!9. 259


pagnia del battaglione ormai sotto organico. A questa sollecitazione del generale, il ministero della Guerra rispose affermativamente e dispose che i 25 uomini di truppa, che sarebbero divenuti disponibili a seguito dello scioglimento del comando del reggimento, potevano essere trattenuti a Rodi, rimpatriando solo quelli che per anzianità di classe o per altri motivi vi avessero diritto. Ecco quindi che a metà agosto venne approvato lo scioglimento del comando del 4° reggimento speciale. Gli elementi di truppa risultati disponibili rientrarono nelle compagnie, se graduati o sottufficiali trasferiti come effettivi al 34° reggimento fanteria. Il capitano Bratti assumeva il comando del llI battaglione, formato dalla 9" e 10" compagnia, sciogliendosi la 2" compagnia. Con il decreto d'amnistia n. 1582 ciel 2 settembre, essendo cessato il motivo per il mantenimento della 10" compagnia del 4° speciale, si dispose che il 6 settembre essa dovesse essere sciolta. Gli ufficiali e i militari cli truppa di tale compagnia sarebbero passati effettivi al 34° reggimento fanteria continuando ciascuno nel loro impiego al comando, mentre agli effetti amministrativi erano aggregati ai reparti dai quali venivano amministrati. I materiali vari in carico alla compagnia sarebbero stati versati ai magazzini competenti. In conseguenza di queste dislocazioni il comando ciel 34° reggimento fanteria avrebbe informato l'Avvocato militare dei successivi trasferimenti dei mili.tari menzionati. II 3 settembre Albricci si espresse nello specifico sugli ufficiali del battaglione. Il capitano Edgardo Bratti, il tenente Gino Santi e il sottotenente Gustavo Salvo venivano trasferiti al 34° reggimento per colmare delle mancanze. II tenente Alfredo Ambrosini in un primo tempo doveva essere rimpatriato, mentre al capitano Leonardo Moreni era stato revocato il trasferimento al 34° reggimento. Riguardo alle decis.ioni prese sullo scioglimento, ne diede comunicazione ufficiale Elia il 14 settembre: In seguito ai congedamenti e al graduale svolgersi delle pratiche penali, la forza ciel l1I battaglione ciel 4° reggimento speciale si è ridotta a quello di una compagnia organica; pertanto, per semplicità amm inistrativa e migliore utilizzazione del personale si dispone quanto segue: IO - Sotto la data del 15 corrente il comando del ITl battaglione e la 9" compagnia del 4° speciale dovranno essere disciolti. 2° - Tutti i militari di truppa del comando cli battaglione e della citata compagnia a eccezione di quelli esenti da qualsiasi imputazione cli cui è cenno al n. 3 dovranno essere trasferiti alla 10" compagnia del 4° reggimento speciale, che continuerà a sussistere e sotto la data del 15 corrente passerà alle dipendenze disciplinari del comando del 34° reggimento fanteria, comandato dal tenente colonnello Grillo. 3° - I militari di truppa esenti eia imputazioni, dovranno essere trasferiti al 34° reggimento fanteria, che li assumerà in forza effettiva. 4° - Tl personale ufficiali sarà così trasferito e utilizzato. 260


a) il capitano Bratti Edgardo e U tenenteAmbrosini Alfredo destinati a prestare servizio presso questo comando, passando effettivi al quartier generale ciel Corpo cli Spedizione; b) il capitano medico Borello Giovanni, reggente l'ambulatorio di Marmarizza, passa effettivo alla locale infermeria presidiata continuando l'attuale impiego. c) gli ufficiali effettivi di battaglione, che prestano servizio al comando di tappa e al Tribunale militare, passano effettivi al 34° reggimento continuando nel loro attuale impiego. d) il capitano Paoli Gino, comandante della 9" compagnia del 4° reggimento speciale passa effettivo al 34° reggimento per essere impiegato come crederà di disporre il comando cli reggimento. 5° - i materiali vari del disciolto comando cli battaglione e della disciolta 9" compagnia dovranno essere versati ai magazzini competenti.

L'ESERCITO DI lVIUSTAFA KEMAL

Come si è potuto capire dai fatti fino a qui descritti, la firma dell'armistizio a Mudros prima e l' occupazione di Costantinopoli e Smirne poi avevano creato nell'animo cli grossa parte della componente nùlitare e civile turca un senso di indignazione verso la realtà debole e lassista della politica governativa , che stava con disinvoltura prostrando la dignità del Paese agli stranieri invasori.L'impotenza del Sultano e del gran vizir avviliva un popolo già sconfitto e impoverito dalle recenti guerre. La situazione tra i movimenti e i partiti era frammentata. Quella che era stata la linea politica comune cli tutti i nazionalisti nel Comitato "Unione e Progresso", di cui i Giovani Turchi erano stati il braccio armato, non era più condivisa, anche a seguito cli una sterzata verso posizioni meno laiche e più estremistiche. La Turchia, tra le gelosie e i contrasti intestini degli Alleati , si stava dissolvendo come neve al sole. Quindi, in conseguenza cli un vuoto di potere ormai dilagante, il tentativo cli opporre un'accanita resistenza, per cercare cli salvare il destino della Nazione , non avrebbe creato più danni di quelli già compiuti dal regime ottomano ormai al tracollo. Il giorno successivo allo sbarco greco a Smirne il generale Mustafa Kemal, esponente dei Giovani Turchi, eroe della guerra di Libia, di quelle balcaniche e di quella mondiale, benché sospettato di cospirazione, venne inviato a Samsun come ispettore del IX Corpo cl' Armata con il compito di pacificare la zona e cli garantire le clausole dell'armistizio. Arrivò sul Mar Nero il J9 maggio , dove intuì le potenzialità del nazionalismo turco e si mise a capo delle formazioni, che avevano intenzione cli contrastare le amputazione del. territorio anatolico attraverso la creazione di un nuovo Stato indipendente e sovrano. La posizione politica dell' «eroe dei Dardanelli», generata dal variegato movi mento dei Giovani Turchi, iniziò a differenziarsi sempre di più dagli unionisti, 26[


tanto da porsi ormai come loro alternativa in divisa nella lotta contro il Sultano e gli stranieri che lo tenevano in scacco . Del resto già alla fine della guerra si erano formati dei focolai dì opposizione al governo cli Costantinopoli in Anatolia e in Tracia, ma fu la presenza del XV Corpo d'Armata a Erzurum e del IX Corpo a Samsun, che permisero di organizzare una valida resistenza anche dal punto cli v.ista militare. Oltre a Kemal, il cui potere crebbe con l'evolversi della guerra in Anatolia, una delle personalità che contribuì maggiormente ali' ideazione e all 'organi.zzazione della resistenza fu il generale M usa Kazim Karabekir, comandante del XV Corpo. Tra la primavera e l'estate del 1919 iniziarono gli scontri, principalmente contro i greci, dando una notevole consistenza alla rivolta nazionalista, che con gradualitù guadagnò J' appellativo di "kemalista", differenziandosi ancora di più dalle etichette "unioniste" o "giovani turchi", che invece gli stranieri con disinvoltura continuavano a ritenere sinonimi. Quando le notizie cominciarono a filtrare anche a Costantinopoli, in seguito a pressioni del comando dell'Esercito alleato d'Oriente (C.A .A.), il 23 giugno il governo turco richiamò il generale ammutinato. Dopo il rifiuto di presentarsi per rendere conto al governo sul suo operato, venne destituito , posto in stato cli accusa e condannato a morte in contumacia, per avere organizzato bande insurrezionali contro lo Stato imperiale. Incurante della rottura con il governo ufficiale , perseguendo il suo scopo, Kemal convocò i congressi rivoluzionari di Erzurum in luglio e cli Sivas nel settembre del 19 J9, dove fece prevalere la sua linea cli resistenza a oltranza (Associazione della difesa dei diritti di Anatolia e Rumelia), fo1te cli 100.000 uomini bene motivati e armati, che avevano iniziato a infliggere duri colpi ai greci in battaglia. A Nord di Pergamo erano caduti non meno di 3 .000 greci, mentre le reiterate richieste cli Atene cli ottenere rinforzi rimasero lettera morta. In questo stato cli cose per gli Alleati appoggiare la Grecia avrebbe significato rendersi più invisi alla nuova Turchia e comunque gli inglesi e i francesi non disponevano di truppe tali da poter soccorrere gli ellenici in difficolt.à. Venizelos iniziava sempre di più a essere visto da larghi strati dell'opinione pubblica locale e internazionale come causa della guerra, che era scoppiata in Asia Minore. La maggioranza dei turchi rivolgeva fiducia verso le armate di Kemal e nella convinzione che potessero ricacciare da Smirne gli invasori in poche settimane. U patto nazionale prevedeva che le terre abitate dai turchi, inclusa ovviamente Costanti.nopoli , dovessero restare unite sotto un'autorità propria. Ecco quindi che a partì re dall'estate del 1919 il destino di ciò che rimaneva clell'lmpero ottomano dipendeva sempre meno da quanto veniva deciso a Parigi e sempre più dalle mosse del generale ribelle e della sua Repubblica d'Anatolia con capitale Angora. Due diversi mondi erano in rotta di collisione: uno fatto di conferenze internazionali , linee tracciate su carte geografiche, popoli che si spostavano ubbidienti 262


Il congresso di Sivas: al centro Mustafa Kemal

i n questo o in quel paese, l'altro costituito da un popolo che si stava liberando del passato ottomano per riconoscersi in rinnovata Nazione turca. 140 Nella situazione interna della Turchia era la provincia quella che dettava le regole. L' occupazione di Smirne , accordata ai greci, aveva prodotto fra i musulmani la più penosa impressione e, dopo una breve pausa di stupore e di smarrimento, provocò la più acuta reazi.one da parte della popolazione locale, in particolare quella anatolica. La maggioranza dei turchi erano concordi nel proposito di opporsi a qualunque soluzione della questione ottomana, che non avesse ammesso l'integrità territoriale e politica del loro paese: tutte le regioni asiatiche abitate da turchi, con capitale Costantinopoli . L'intensità e l'estensione del movimento diretto in Asia Minore da Mustafa Kemal e dall'ammiraglio Rauf bey , arbitri di quasi tutte le forze e le supersti ti risorse militari del paese, era la prova manifesta della decisione di resistere a oltranza. Decisione, già più volte riaffermata nei congressi nazionalisti indetti a Erzerum, ad Amasia, a Balikesri, a Usciak e da ultimo a Sivas, con l'intervento dei delegati di tutti i vilayets dell'Anatolia. Una notevole ripercussione dell ' azione rapida e risoluta cli Kemal si era pur verificata a Costantinopoli, dove i vari partiti, distinti e divisi più che mai dalle personali ambizioni dei rispettivi capi e dirigenti, erano pervenuti almeno ad accordarsi sulla base deU'.invocata applicazione dell'articolo 12 del progranuna cli pace del presidente Wilson, che garantiva una Nazione turca indipendente. "'0

M. Mac Millan, op. cit., p. 548.

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Sussistevano, però, sempre differenti tendenze e particolari simpatie , più o meno spontanee, verso l'una o l'altra potenza, cui la Turchia intendeva liberamente rivolgersi per quell'assistenza straniera, che tutti i partiti ritenevano indispensabile al futuro assetto e sviluppo nazionale. Il naturale organo, che avrebbe dovuto rispecchiare questa avvenuta intesa fra Costantinopoli e la provincia, era proprio quello che ne rimaneva fuori: il gabinetto predieduto da Damad Ferid pascià. Esso, come organo del Sultano, propendeva ad attuare una politica dinastica, in contrasto con il sentimento e con le aspirazioni del popolo. Le dimissioni a breve scadenza di due ministri della Guerra, che non vollero appoggiare il Gran Visir nel considenue Kemal rivoluzionario e ribelle, dimostravano chiaramente che il gabinetto Fericl non rappresentava che se stesso . All'atto pratico il governo si reggeva unicamente perché, essendo sciolta la Camera, non poteva essere rovesciato da un voto contrario, ma tutta la popolazione musulmana lo aveva già condannato e lo esecrava. La sua caduta mora.le era stata segnata dal giorno dell'occupazione greca cli Smirne, che per l'operato degli invasori rappresentava agli occhi dei turchi una dichiarazione di guerra alla parte più sana della propria Nazione. In questi frangenti i greci, non contenti di metter piede in Anatolia, avevano agito eia veri banditi, saccheggiando, incendiando interi villaggi , massacrando le popolazioni musulmane ed estendendo anche l'occupazione militare oltre la zona tardivamente limitata dalla conferenza di Parigi. La reazione dei musulmani non fu quindi da meno. I sanguinosi avvenimenti, che si svolsero in quel periodo incessanti tra ellenici e turchi, nonostante 1'effimera tregua dovuta alla rispettiva speranza di entrambe le parti nelle favorevoli conclusioni della commissione interalleata d'inchiesta, diedero la più eloquente smentita all'opera preventiva di mistificazione e di propaganda ispirata da Venizelos. Gli scontri sollecitarono pure gli Alleati ad affrontare il complesso problema della sistemazione turca con la dovuta oculatezza e con una più esatta nozione della reale situazione interna del paese. Non si poteva infatti giudicare una pacificazione fra ortodossi e musulmani in Asia Minore, in Tracia e altrove, come inconcepibile senza considerare l'odio reciproco e secolare fra greci e turchi. Questi, che ben conoscevano il metodo e i sistemi ellenici, per averli essi stessi applicati contro gli armeni , insorsero perciò contro l'insediamento de.Ile truppe mandate eia Atene in Anatolia e così ragionavano: «L'Europa ci ha disarmati , ci ba incatenati, ci ha consegnati a dei carnefici, ma noi non morremo senza difenderci. Anche di fronte al nostro stato attuale, la Grecia è nella impossibilità cl' aver ragione delle forze che ci restano». Fu questa fede che animò Kemal e Rauf e sollevò in armi tutta la popolazione ciel vilayet cli Aidin. Se i greci non avesssero incontrato una tale resistenza, probabilmente sarebbero andati molto più avanti nella conquista dei territori turchi . La prima resistenza opposta all'avanzata greca, dalle bande cli fuggitivi della zona occupata , favorì in seguito un'organizazione, che andò man mano ingrossandosi di forze regolari, in seguito denominata " Difesa 264


nazionale" , e che poi fu dislocata in numero imprecisato, ma considerevole , in tutto il territorio dell'Asia M inore. Costantinopoli non aveva più alcun potere su quei vilayets . 1n nome cli Mustafa Kemal era stato decretato l'arruolamento di tutti gli uomini validi. Egli impose le tasse, percepì quanto era necessario alle sue truppe, ripartite in tre settori, ne ordinò e coordinò i movimenti, e svolse in prima persona o tramite i suoi ufficiali in tutti i villaggi e nelle campagne una vasta propaganda patriottica, che agì fortemente su tutta la popolazione musulmana, chiamata alla suprema difesa della Patria dal pericolo di essere sopraffatti. La situazione, già per se stessa minacciata, in Anatolia era venuta ad aggravarsi con l' arrivo cli alcuni reggimenti inglesi di fanteria indiana, ritirati dal Caucaso nella regione d i Afiurn-Karahissar. Non era quindi da escludere l'eventualità di possibili incidenti fra reparti di truppe britanniche e qualche distaccamento avanzato delle forze di Mustafa Kemal, il cui programma mirava a liberare il suolo dell'Asia M inore dall'invasore , qualunque esso fosse . Nella nuova politica turca un altro elemento da non sottovalutare era 1' intesa esistente fra Ke mal e la Repubblica del!' Azerbaigian per una coordinata azione rispettivamente contro i greci a Occidente e contro gli armeni a Oriente. Era innegabile che i continu i attentati contro gli armeni, circondati da ogni parte da nem ici (turchi,kurdi, georgiani, tartari e circassi), costituissero anch'essi un'altra seria minaccia . Ne era prova il discorso a Erivan del colonnello americano Williarn Haskell (Alto commissario per il soccorso in Armenia), che aveva perfi no accennato all' oppo1iunità dell'invio in quella zona d' un Corpo di spedizione per conto degli Stati Uniti. I turchi "azezis" del Caucaso, che avevano il loro centro a Baku , subito dopo la dichiarazione di N ikolaj Lenin che riconosceva a tutte le nazionalità dell'Impero russo il cli.ritto di formazione e di nomina ciel proprio governo, si costituirono in Stato indipendente, creando la repubblica di Azerbaigian. Il capo ciel gabinetto a Baku era Nasib bey Usubbekov e ministro per gli Affari Esteri Ali Mardan Topchibashev, presente a Parigi in qualità di rappresentante del governo cieli' Azerbaigian alla Conferenza della pace . Provvisto di ricchezze enormi e fornito di armi sufficienti per una lunga resistenza, il nuovo Stato turco del Caucaso aveva come principale obiettivo di ostacolare le aspirazioni degli armeni e nell'eventualità di ricorrere alle anni contro di essi . Per raggiungere lo scopo , ma anche per difendersi da un possibile attacco eia Nord dei russi, era stata conclusa un'alleanza fra l'Azerbaigian e la Georgia. Una completa identità di vedute esisteva pertanto fra quelle repubbliche e Mustafa Kemal, le cui forze erano destinate con uno sforzo comune a operare nelle province orientali contro la nuova Repubblica armena e in quelle occidentali contro il Corpo di spedizione greco. Tuttavia sebbene Kemal avesse dichiarato di non aver alcun rappo1io con i proseliti, ancora numerosi in tutta la Turchia , del defunto Comitato "Unione e Progresso" , gli unionisti, che propugnavano anch'essi i 'unità cieli' Anatolia, favori vano come 141 potevano il movimento nazionale, che a lui faceva capo. '" AUSSME , E-3 . b. 8 , f. 8/4 ll, relazione sulla s ituazione in Turchia di fago.

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Il palazzo del Sultano a Costantinopoli

Kemal aveva dichiarato sin dal prìncipio che ìl movimento deJJa ..Difesa nazionale" non era contro il Sultano, nè contro le potenze dell' Intesa, ma contro il governo cli Costantinopoli, che non era l'espressione della volontà del popolo. Chiedeva perciò elezion i. in tutta la Turchia e la nomina di un governo, che rispecchiasse ìl volere della Nazione. In ciò stava la sua forza e ciò indusse le grandi potenze a considerare il suo movimento con grande attenzione e ad assumere un atteggiamento di neutralità neUa lotta fra Iuì e ìl governo di Damacl Ferie! . n generale ribelle aveva inviato nel frattem po varie intimazione al gran vizir perché si dimettesse, ma questi era troppo attaccato al suo posto e non intendeva abbandonarlo. Di conseguenza dopo un ultimatum rimasto anch'esso inascoltato, Kemal ruppe le relazioni con il governo. In parallelo aveva avvertito, tramite l'Alto commissario inglese gli altri delegati alleati sul Bosforo, che la rottura delle relazioni era solo contro il governo e che i distaccamenti alleati e le comunicazioni con essi sarebbero stati rispettati. Come egli aveva promesso , le milizie della "Difesa naziornùe" avevano quasi dappertutto in Asia Minore rimpiazzato senza resistenza i funzionari ottomani ligi al governo. La loro ritirata, avvenuta quasi dappertutto senza resistenza, dimostrava che tutto ìl paese era per la "Difesa nazionale". Milne, avuto sentore di questi fatti, aveva dato l'ordine ai suoi distaccamenti e a quello italiano dj Conia di non immischiarsi nella questione fra milizie cli Kemal e i funzionari governativi , lasciando che se la risolvessero tra loro , e cli intervenire solo in caso dì gravi. disordini minaccianti l'ordine pubblico e la sicurezza dei distaccamenti alleati. A Costantinopoli frattanto , il lavorio diplomatico cli ciascuno degli Alleati, più segreto che palese, si svolgeva assiduo e multiforme, innestato sugli intrighi, che i vari 266


partiti, gruppi e gruppetti turchi tramavano a favore cli questa o cli quella potenza del1'Intesa, a seconda delle particolari simpatie, ma più ancora in ragione dei privati interessi e delle personal.i ambizioni dei rispettivi capi. Davanti ai progetti di Kemal l'impaurito governo di Costantinopoli aveva fatto di tutto per indurre gli Alti commissari alleati a intervenire con loro contingenti nazionali contro i ribelli, e ultimamente aveva chiesto di poter mandare proprie truppe (2.000 uomini) per rimettere l'ordine in Anatolia. Non era facile dire di no, opponendo lo stesso criterio di neutralità proclamato dagli Alleati negli incidenti dell'Anatolia. D'altra parte la misura non poteva che produrre inconvenienti . Si era riunito per questo d'urgenza il consiglio degli Alti commissari alleati ed era stato sentito il parere di Milne più direttamente interessato, quale comandante delle truppe internazionali in Asia Minore. In conclusione fu negato al governo turco di Costantinopoli di poter mandare truppe in Anatolia, perché ciò avrebbe potuto provocare una guerra civile, rendendo molto delicata la situazione dei distaccamenti alleati. Per di più i 2.000 soldati non rappresentavano una forza sufficiente per avere vero effetto sulla situazione. Milne dichiarò persino che se fosse stato concesso al governo di mandare truppe turche in Anatolia, egli avrebbe ritirato i suoi propri distaccamenti, non potendo lasciarli esposti alle difficoltà che ne sarebbero derivate. Era anche pensiero di tutti, benché non se ne parlasse, che qualunque reparto, il governo ottomano avesse inviato in Anatolia, sarebbe passata, come tutte le altre, al servizio di Kemal. Questa era la situazione: eia una parte un' Asia Minore tutta nelle mani del partito della "Difesa nazionale" e dall'altra un governo a Costantinopoli inviso al paese e che si teneva in piedi solo perché i kemalisti non volevano ricorrere a violenze, che potevano alienargli le simpatie degli Alleati. Per capire il valore ciel movimento nazionale turco bisognava vederlo però nelle sue relazioni con la politica delle grandi potenze. Comunque la si vedesse, eia Mosca, da Atene, da Roma, eia Parigi, da Londra o da Washington, Mustafa Kemal era un rappresentante nazionale con cui prima o poi si sarebbe dovuto interloquire e trattare. Nella logica dei brillanti cristalli di Versailles questa amara considerazione emergeva sempre più nitida, proprio perché, dopo una funesta guerra durata cinque anni, un'Asia Minore non pacificata avrebbe riacceso possibiU crisi nei Balcani, nel Caucaso e nel Medio Oriente. Da parte italiana tra settembre e ottobre numerosi furono i richiami ai reparti del Corpo di Spedizione sulle disposizioni d:i limitarsi all'ordine pubblico e di evitare coinvolgimenti di ogni tipo nella politica interna turca, anche a causa del crescente seguito, che suscitava Kemal in antitesi con il governo di Costantinopoli . L'ordine categorico per i soldati italiani era di mantenere la massima neutralità e di cercare di persuadere i turchi che la presenza italiana era garanzia multilaterale di sicurezza e stabilità. Provocare scontri contro gli italiani non avrebbe giovato a nessuno. In realtà dietro questo paravento diplomatico, l'Italia in via ufficiosa aveva iniziato un chiaro piano di sostegno alle ambizioni nazional i kemaliste. Risalgono alla seconda metà di ottobre del 1919 le prime notizie pervenute al Foreign Office su una possi267


bile unione di intenti fra Roma e Aogora, volta al riconoscimento dell'occupazione italiana in cambio dell'appoggio al mov.imento rivoluzionario turco contro i greci . La ricerca di quest'intesa era stata autorizzata e sostenuta proprio da Tittoni e da Sforza, che promosso sottosegretario cli Stato agli Affari Esteri vedeva nella scelta kemalista la carta vincente per la politica diplomatica dell'Italia. Presso la Consulta si stava affermando quella linea di sostegno ai nazionalisti turchi, che negli anni seguenti sarebbe stata il fulcro della politica italiana nel Vicino Oriente. 142 Tuttavia la pretesa italiana di sapersi più furbi degli altri incapperà presto in madornali equivoc.i. La previsione che porterà Roma a intrattenere rapporti tanto con la Sublime Porta quanto con Mustafa Kemal, come se fossero le due facce della stessa medaglia, si rivelerà un 'arma spuntata contro la concorrenza di Londra e Parigi e un 'arma a doppio taglio nei confronti delle stesse posizioni turche, che per questa doppiezza non saranno certo riconoscenti. Nel frattempo sul Bosforo il 2 ottobre il governo di Damacl Fericl rassegnò le dimissioni e fu sostituito al potere dal ministero di Ali Riza pascià, molto più conciliante e desideroso di accordo con il partito della "Difesa nazionale" di Kemal. I punti pr.incipali su cui si era sviluppato l'accorcio erano il riconoscimento ciel programma del partito della "Difesa nazionale", quale era stato proclamato nei congressi cli Sivas e cli Erzerum: l'integrità del.la Turchia in Anatolia e in Tracia e quindi ferma opposizione alla formazione di un'Armenia indipendente, alla cessione di Smirne alla Grecia e di altri territori agli italiani o a qualunque altro paese; i destini nazionali dovevano essere decisi eia un Parlamento, i cui membrì dovevano essere eletti al più presto; scelta del delegato alla Conferenza della pace fra le personaIità turche pitt degne e competenti. Partendo da questi punti, il governo in un proclama alla Nazione diclùarava di condividere il sentimento del partito della "Difesa nazionale" . Prometteva prossime elezioni in dicembre, raccomandava l'unione cli tutti i partiti perché la Turchia potesse presentarsi con vantaggio alla Conferenza e si impegnava nel far tutto il possibile perché alla Turchia fosse garantita l'indipendenza secondo i principi di Wilson. Si era creata quindi nel paese una situazione sui generis, anormale e piena di compromessi. Il nuovo governo di Costantinopoli, che Kemal avrebbe vo.1nto riunire in Anatolia , era emanazione diretta ciel partito della "Difesa naziomùe" ed esisteva solo perché il generale gli aveva dato il suo appoggio. Kemal tuttavia, che era l'uomo della situazione e che comandava di fatto, si trovava in una posizione al limite ciel paradosso: come poteva assumere ìl potere "legale" e rispondere davanti agli Alleati e allo stesso tempo fomentare la rivoluzione, essendo in contrasto con le clausole militari dell'armistizio e quindi collocarsi nella sostanza fuori dal potere costituito? Se egli fosse arrivato ìn Parlamento, le potenze avrebbero dovuto imporgli cli cessare dal movimento nazionale , cli ritìrare gli irregolari da Smirne, di consegnare tutte le armi e le munizioni cli cui egli era venuto in possesso 142

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L. Michcletta, op. cit., p. 75.


in Asia Minore, in eccedenza 1ispetto alla quantità consentita dalle condizioni di smobili tazione imposte dall ' armistizio . Tutte cose impossibili. Il governo della Turch ia ebbe a procedere qu indi molto male, come è da aspettarsi tutte le volte che le responsabil ità non sono chiare e la direzione non è unjca e palese. 11 problema era anche la predisposizione dcgUAlleati verso l' integrità della Turchia. La neutralità benevola delle potenze nell a lotta tra il governo di Damad Feride la "Difesa nazionale", situazione che aveva accresciuto la forza morale e materiale del movimento kcmalista, favoriva nella sostanza l'interesse a mantenere il paese integro. in quei frangenti come non mai, per ing lesi, americani e francesi, lo sbraco greco a Smirne si rivelava un grossolano errore e bisognava far rientrare gli ellen ici il prima possibile, prima di far precipitare Le deboli relazioni diplomatiche con i turchi nelle sabbie mobili. 1ùttav ia il rafforzamento poli tico di Kemal non rispecchiava una netta poli tica alleata in suo favore. Anche la Commissione d ' inchiesta sui fatti di Aidin si risolse in una lettera a Yenizelos. perché evitasse in avvenire simili inconvenienti, senza min imamente accennare a possibili partenze eia Sm irne . Per di più se i greci fossero rimasti nel sangiaccato, gli italiani si sarebbero sentiti autorizzati a rimanere nelle loro posizioni tra Sca lanova e Adalia e i francesi nell 'occupazione delle zone orientali. cedute dal comando del maresciallo Allenby, vitali per le comunicazioni ferroviarie con la Siria. Con queste condizioni la situazione rimaneva incerta e cri tica. In risposta al tentennamento degli Alleati nel prendere una decisione chiara e netta, il governo a Costantinopoli perdeva autorevolezza. Ciò favoriva la posizione ibrida d i Kemal, che a questo punto continuava a far vedere i propri muscoli contro Atene. J greci, per i continui attacchi e minacce turche, vivevano in contjnuo allam1e e nervosismo, lamentando di non avere Je mani libere, perché vi ncolati dagli ordi ni clell 'Tntesa. Essi inoltre consideravano con timore le prospettive cli una campagna invernale alla quale non erano preparati. Avendo iniziato le operazioni militari nel maggio 191 9, con la convinzione cli vi ncere e ntro l'estate la debolezza ottomana , in autunno avrebbero voluto vedere la questione presto risolta, anche perc hé l'esercito era stanco e le malattie lo avevano decimato. Le bande di briganti greci, nella zona occupata eia Atene, commettevano più che mai saccheggi e provocavano feroci reazioni dei turchi . Questi, da parte loro, vedevano con risentimento il ritardo con cui la Conferenza della pace prendeva decision i su l proprio conto. Per questo molti ili essi credettero di poter sollecitare queste decisioni con azion i dimostrative e provocatorie, attaccando i greci e minacciando in genere gli stranieri in Patria. Gli elementi combattenti erano in cetto modo imbaldanziti , per i fac ili successi kemaljsti per far t1ionfare il programma nazionale in Anatolia. e non nascondevano di sentirsi in grado, quando lo avessero voluto di liberare con la forza l'Anatolia dall 'occupazione ellen i.ca. Bande d'insorti turchi si erano infiltrati nel ten-itorio e nelle c ittà occupate dai greci con lo scopo di provocarvi disordini e sommosse. Mancava però negli insorti turchi un perfetto accordo e molte erano le iniziative dei diversi capi , i qu ali aderi vano in modo personale agli ordini e non di rado com.mettevano saccheggi e atti di vio lenza . Una sorta di circolo vizioso serpeggiava in tutto il vi269


Mustl!fa Kemal

layet di Aidin . L' aumentare del rigore dei greci verso i musulmani nella zona occupata, alcuni arresti e condanne da essi inflitte, cominciarono a inasprire nei turchi anche gli elementi più moderati. Anche le notizie di ogni genere , che arrivavano dall ' Eu.ropa, mentre provocavano timori e speranze a secondo del tono di esse, fi nivano con l'eccitare le parti in lotta. Tali noti.zie parlavano dì nuovi territori assegnati ai greci in Anatolia e ciel loro totale o parziale ritiro dalle attuali occupazioni. Parlavano cli mandati affidati alla Gran Bretagna favorevoli e contrari ai greci, di perfetto accordo e di disaccordo fra governo ottomano e Mustafa Kemal, di levata di scudi dei Giovani Turchi in accordo con i tedeschi. A tutto ciò si aggiungeva l'attiva ripresa della propaganda degli inglesi, che pur di ottenere vantaggi per la propria causa, finivano per aizzare i greci contro i turchi, e turchi contro turchi per dividerli e potere più facilmente presentarsi come pacieri, carpenclone i vantaggi politici ed economici. t43 La si tuazione non migliorò al formarsi del nuovo Parlamento, che riunitosi il 12 gennaio 1920 a Costantinopoli votò la "Difesa nazionale", riconoscendo formalmente il movimento politico cli Kemal, ma mantenendo un'ambiguità verso la Conferenza di Parigi . Gli Alleati reagirono con l'occupazione della Capitai.e ai primi di marzo e il Parlamento fu di nuovo sciolto, decretando la fine dell'istituzione rappresentativa ottomana a Costantinopoli. 3 '"

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i\USSME, E-3, b. 8, f. 8/4 e, lettera cli Elia del. L5/Jlil 919.


Capitolo Sesto Conia IL REPARTO ITALIANO DI «KONTA»

La fe1rnvia per Baghdad aveva rappresentato una risorsa insostituibile di collegamento per l' Oriente . Questo lo avevano capito i tedeschi, gli inglesi e i francesi, che vi avevavo iJwc-stito grossi capitali e fatto un obiettivo strateg ico e milit~u·e, oltre che economico e commerciale. La sconfitta ottomana e tedesca aveva quindi creato nuove opportunità e gli ingles i, primi tra tutti , avevano tutto l'interesse di mettere le mani su c iò che ritene vano vitale per i collegamenti con l' Ind ia, perla del suo Impero. Per q uesto motivo una local ità di primaria importanza, p1ima del transito interritorio siriano, appru1enenre agli scomodi alleati francesi, era la città di Conia, centro di scambio e passaggio dell ' Anatolia centrale. La città era situata a J.020 metri sul livello del mare , in un esteso e pianeggiante altopiano molto fertile, in alcuni tratti acquitrinoso, dom inato a Occidente da nude creste montane. che raggiungevano u·a i 1.500 e i 2.000 metri . La vegetazione rigogliosa era priva cli alberi di al to fusto , abbondavano i frutteti e sparpagliati erano gli alberi cli medio e piccolo fu sto. Per la sua posizione Conia non era riparata dai venti del Nord, frequenti e freddi. 11 clima era rigido nell ' inverno con nevi abbondanti e caldo intensamente in estate, spec ialmente nei mesi di giugno e lug lio, in cui venivano superati i 30 gradi. L'acgua potabile veniva trasportata tramite condutture da Ciaviba (a breve distanza da Conia), era buona e non subiva inquinamento nelle zone che auraversava. Non esistevano a Conia fabbricati industriai i, di conseguenza i maggiori prodotti della regione erano que lli legati all'attività agricola e dell ' allevamento: cereali e lana in particolare. La comunicazione telegrafica cieli ' intera zona risul tava buona e ben sviluppata, ma difettavano le linee telefoniche. La distanza deUa fe rrovia dalla stazione cli Costantinopoli " Haidar Pascià" a Conia era di 747 chilometri. I treni perc01revano l' intero tragitto in tempo variabile dalle 40 alle 65 ore. Le strade nei dintorni di Conia erano camionabili fino ad Adali a nella buona stagione. Erano impraticabili salvo a carreggio leggero durante la stagione del le piogge. La città di Conia contava 75 .000 abitanti; la maggioranza della popolazione locale era turca di religione musulmana (69.500) con una minoranza armena (3.000) e una greca ortodossa (2.500). Sebbene v i fosse qualche ele mento ostile, la massa della popolazione sembrava fav orevole all'occupazione alleata , mostrando la sua avversione unicamente contro il governo cli Atene. La popolazione turca era per la maggior parte favorevole al vecchio regime e d i tali opinioni politiche risu ltavano essere anche le autorità locali più in vista , cioè 271


Cemal pascià, comandante ispettore del]' Armata Jlderim, e il valì Riza pascià. I Giovani Turchi avevano però un alto numero cli simpatizzanti e le zone unioniste erano alquanto attive. Negli ultimi tempi non si erano avuti in città incidenti; sia nell'abitato che nelle campagne circostanti regnava la calma più assoluta. 1 Verso la fine di aprile del 1919 si era diffusa fra la popolazione greca e armena la diceria che i Giovani Turchi, profittando delJ'esiguo numero di truppe inglesi presenti in Conia, avrebbero tentato un colpo di mano. Sembrò che a tale scopo, alcuni capi partito unionisti avessero già riunito in una lista alcune centinaia di nomi designati tra coloro che avrebbero preso parte al movimento insurrezionale .2 Questo clima non poteva che suscitare interesse anche a Roma, per via dei palesi interessi che 1' Italia coltivava in quella regione. Già nel marzo ciel 1919 da Atene Caracciolo comunicò al Comando Supremo che, secondo notizie a sua disposizione , a Conia alcune autorità ottomane avevano dichiarato deposto il sultano Mehmed VI, mentre i giornali continuavano a riportare episodi di sanguinose aggressioni contro gli ellenici , con relative e ripetute richieste di intervento degli Alleati, che nel linguaggio dei greci sign ìfìcava "inglesi" . Ciò appari va confermato pure eia altre fonti. Anche il tenente colonnello Vitelli, ufficiale di collegamento a Costantinopoli, riferiva cli noti z.ie non proprio confortanti; le comunicazioni del comando inglese, attraverso un suo ufficiale informatore a Conia (tale Giuliano), riportavano che la situazione là risultava preoccupante a causa dell'opera della propaganda degli agenti del comitato " Unione e Progresso" , che stavano arruolando elementi musulmani turbolenti, incitando il massacro dei cristiani. Secondo lo stesso ufficiale i musulmani erano armati, mentre non lo era la minoranza cristiana. Egli richiese che certi fun z.ionari e predetti propagandisti fossero arrestati subito e che il presidio inglese composto eia soli 80 uomini fosse portato a 200 e che fossero inviate tre automitragliatrici blindate e due aeroplani. Questa agitazione era motivata dai possibili disordini, che ci sarebbero stati in occasione della pubblicazione inerente le condizioni imposte alla Turchia, decise alla Conferenza della pace. 11 comando inglese stava provvedendo per l'arresto degli elementi più turbolenti, ma fin ad allora non aveva deciso nulla circa l'eventuale misura militare.3 Del resto a Conia la presenza degli inglesi era limitata a una compagnia del reggimento inglese Liverpool con il comando cli battaglione ad Afiun Karahissar. Altre truppe erano state dislocate in formazione sparsa e si trovavano scaglionate lungo la ferrov ia. Le truppe inglesi dipendevano per l'impiego dal comando inglese dì Costantinopoli (generale Mii.ne); a Conia vi erano due ufficiali inferiori inglesi per il servizio di controllo, nessun ufficiale francese , né alcun rappresentante degli Alti commissari. Da parte turca a Conia si trovava invece il qua1tier generale del XXIV Corpo cl' Annata (composto dalla 23" e dalla 41" divisione). ' AUSSME, E-3 , b. 5,f. 5/5 a, telegramma di Badoglio del 14/4/1 9 l 9. AUSSME, E-3 , b. 6, f. 6/ 1 b, promemoria del Comando Supremo ciel 23/5/1919. 3 AUSSME, 8 -3 , b. 6 , L 6/l b, telegramma cli Vitelli del 4/4/ 1919.

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Intuendo un risvolto interessante per la politica internazionale svolta dall'Italia in Asia M inore il 24 marzo il generale Diaz aveva dichiarato al generale Wilson di essere pronto a sostituire con un battaglione italiano quello inglese distaccato nella zona di Conia. La speranza, già ampiamente sostenuta dal generale di Robilant in seno alla Sezione militare del Consiglio Supremo , era quella cli sfruttare a pieno un intervento italiano al centro della Turchia sotto la benedizione degli Alleati. Nel contesto della ventilata missione italiana nel Caucaso , dove si sarebbe potuto intervenire con due divisioni di fanteria, Conia con il suo battaglione poteva d.ivenire un efficace grimaldello, per allargare la propria penetrazione a Sud verso Adalia e Aclana e a Nord verso i giacimenti minerari di Eraclea e i porti sul Mar Nero.4 Ecco qundi che, ancora in embrione la formazione del Corpo di Spedizione per l'Anatolia, si profilò l'ipotesi cli integrare le forze dislocate nel Dodecaneso con altre da impiegare subito nella Turchia asiatica. Badogl io subito precisò che per tale operazione, qualora non si ritenessero sufficienti o impiegabili le truppe del Comando d'occupazione deU'Egeo, avrebbe messo a disposizione un' unità della brigata Campania, dislocata fra Parma e Guastalla.5 La brigata Campania si presentava in completa efficienza comprendente il 135° reggimento fanteria (composto cli 42 ufficiali, 2.063 militari di truppa, 10 carri, 292 quadrupedi) , il 136° reggimento fanteria (composto da 39 ufficiali, 2 .018 mi litari di truppa, 55 carri, 196 quadrupedi) e la compagnia mitragliatrici di brigata (4 ufficiali, 160 militari di truppa, 12 c,mi, 43 quadrupedi) .6 La scelta apparve condivisa dal ministero della Guerra, che era stato interpellato da Parigi. Per ordine cli Diaz, che riteneva necessario procedere con urgenza alla costituzione di un battaglione cli circa mille uomini, gli uomini del 136° reggimento vennero inquadrati, pronti a muovere al primo avviso,7 in attesa di sapere il porto d' imbarco , per predisporre il movimento delle truppe per via ferroviaria. Benché si attendesse per tutte le informazioni precise indicazioni da Parigi in proposito delle istruzioni sui necessari accordi con il comando di M ii ne, si decise che sarebbe stato importante , per lo svolgimento della missione, che la composizione dell'unità da impiegare potesse permettere agli effettivi di sdoppiare il battaglione.8 Gli inglesi aggiunsero che era indispensabile che vi fossero con il reparto alcun i ufficiali che parlassero correttamente francese, inglese e almeno uno che conoscesse bene la lingua turca per non doversi fidare solo sull'intervento di interpreti locali. Le carte topografiche della regione potevano venire fornite al battaglione italiano dal comando inglese , che si ritenne nel complesso molto soddisfatto deJla decisione che un'unità italiana fosse destinata a Conia, perché la sua presenza avrebbe contribuito con efficacia a riportare la calma in tutta la regione. ' I. M. Sale, op. cit.. pp . 37-40. 5 A USStvlE, 'E-3, b. 2, f. 2i3 a. telegramma di Badogl io del 28i2/ l 9 19. 6 AUSSME, E-3 , b. 2 , f 2/3 a , fonogramma d i Bonzani del 2/3/1919. ; AUSSME , E-3 , b. 2 , f. 2/3 a, telcgramrna di Diaz ciel 28/2/ 19 19. s AUSSJ1,,1E , E-3, b. 6, f. 6/l b, telcgwmma cli Cavallero del 2/4/ l 919.

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Nel frattempo si iniziò a muovere la gerarchia militare italiana per delineare la struttura dell'unità prescelta. La richiesta ufficiale venne fatta dal Comando Supremo al capo cli Stato maggiore della 51 A divisione e prevedeva:

Formare un grosso Battaglione (sdoppiabile) su quattro compagnie fucilieri e due mitragliatrici. Ogni mezzo battaglione da uno dei battaglioni del reggimento. Comandante un Tenente Colonnello ( capo di uno dei due battaglioni scelti) sottocomandante il maggiore capo dell'altro battaglione, destinato a comandante uno dei due mez:z.i, in caso dovessero separarsi. Due aiutanti maggiori, due medici con relativi aiutanti di sanità e portaferiti. Comando di battaglione sdoppiabile. Due plotoni zappatori . Cercare nella Brigata Ufficiali e truppa che sappiano.francese-inglese arabo e darlo in aggiunta come interpreti. Forza complessiva circa Mille uomini di classi giovani (92 e anche 90 fino a 99) . Carreggio e salmeria come per due battaglioni ordinari. Mettere in ordine corredo e armamento: cappotto,jàscia di lana.farsetto a maglia, vaccinazione antivaiolosa e profilassi malarica [. ..].9 I rincalzi sarebbero pervenuti da altri reparti, il personale ciel battaglione avrebbe avuto diritto al trattamento in vigore per le truppe dell'Esercito operanti in Italia. L'equipaggiamento personale doveva avere 1e sue peculiarità; per i materiali speciali ci si doveva rivolgere all' intendenza di zona retrovie. In sostituzione deglii elmetti metallici vennnero distribuiti elmetti africani, in sostituzione della camicia cli tela venne fornita una camicia di lana, tutto il personale venne dotato di fascia dì lana e di farsetto a maglia, in luogo della mantellina vennero distribuiti pastrani grigioverdi. I conducenti anziché i fucili modello 91 e relativa baionetta furono armati con moschetti a baionetta per truppe speciali. Gli ufficiali del battaglione erano inoltre autorizzati a portar con se l'uniforme di tela kaki, mentre il comandante, il sottocomandante e gli aiutanti maggiori in 2A potevano dispoffe cli un cavallo di servizio .10 Il battaglione doveva essere pronto a muovere da Guastalla al primo avviso a partire dalla mezzanotte del 13 aprile completo di personale, materiali e quadrupedi. A cura del Comando Supremo sarebbero stati inviati a Guastalla un nucleo telegrafisti e radiotel.egrafisti. Date le deficienze a Conia dì comunicazioni telefoniche, si dispose presso il comando della 6A Armata per provvedere ad assegnare al battaglione una conveniente scorta di materiale telefonico . Per cura ciel XII e del XXVII Corpo d'Amrnta sarebbe stato inviato il personale cli sussistenza, di sanità e veterinario. ll battaglione salvo circostanze impreviste sì sarebbe imbarcato a Genova sul piroscafo Taormina il 16 aprile, mentre lo sbarco sarebbe avvenuto a lsmìd (Mar cli Marmara) , dove avrebbe avuto costituzione una piccola base italiana per il rifornimento delle truppe. Dalla Sezione militare della delegazione italiana a Parigi, Cavallero ch iese al 9

AUSSME, E-3, b. 5 , f . 5/5 a, comunicazione de l comando della brigata Campania del 4/4/1919. AUSSME, E-3, b. 5 , f. 5/5 a, fonogramma a mano di In frea (senza data).

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Comando Supremo che il battaglione dovesse essere accompagnato da un ufficiale superiore dello Stato maggiore, che avrebbe assistito il comandante ciel battaglione nelle operazioni di sbarco e nella sistemazione a terra con il compito cli intervenire in caso di necessità, riferendo direttamente in Italia a operazione compiuta. 11 Ecco quindi che, dall'esigenza di non poter indebolire le forze impegnate nel Dodecaneso, venne scelto il IX battaglione tra i due del 136° Reggimento fanteria, denominato "Reparto italiano di Konia" o "Reparto Speciale K" o ancora solo "K" per ragioni di sicurezza. Esso era formato eia quattro co mpagnie (1 A, 2A, 7A e 9A) di fanteria su qu attro plotoni ciascuna, da due compagnie (322A e 1199A) cli mitragliatrici su quattro sezioni ciascuna, dalla 60A sezione radiotelegrafica e dai servizi vari (sussistenza e sanità) per un totale cli l.025 uomini e 30 ufficiali, tra i quali il cappellano militare don Emilio Bonard.i. Il suo comandante era il tenente colonnello marchese Giuseppe De Bisogno che aveva l'ordine, se possibile , cli prendere e stabilire contatti tra Conia e il XXXI battaglione bersaglieri, inviato da Rodi adAdalia; 12 il comandante in seconda era il maggiore Salvatore Mel ia. li battaglione italiano doveva dipendere per l'impiego dal generale Milne, esso però doveva far capo, per tutte le relazioni con le autorità britanniche (eccetto naturalmente le autorità locali) e per l'invio di notizie al Comando Supremo italiano e all ' Ufficio operazioni, all 'uffic iale di collegamento presso il Comando dell'Esercito Alleato d'Oriente, tenente colonnello di Stato maggiore Vitelli, che avrebbe provveduto a informare le varie autorità interessate. Inoltre secondo le prime direttive sarebbe dovuto dipendere agli effetti disciplinari e sino a disposizione, d al comando della brigata Sicilia con il quale avrebbe corrisposto sempre tramite Vitelli . 13 Nello stabilire equipaggiamento Diaz pregò cli tener presente che il battaglione, le cui truppe dovevano partire dall' Italia in perfetto ordine, sarebbe stato rifornito fino a Conia per ferrovia da Ismid. Vennero presi accordi subito con la Marina per il trasposto . Lo sbarco sarebbe avvenuto probabilmente a Ismid, per poi procedere con il trasporto fino a Conia via ferrovia (50-60 ore), anche se il generale Cory, ex capo di Stato maggiore del generale Mii.ne, aveva cons.igl iato Scutari come porto cli sbarco per il battaglione. Questa ipotesi appariva meno praticabile, ma se all' ultimo fosse stata preferita, si chiese di informare Milne dell'eventuale variazione, per predisporre il necessario al trasporto ferroviario da Scutari a Conia. Nel frattempo a Parigi il 16 aprile i generali Cavallero e Thwaites, della delegazione britannica per I.a Pace, ebbero dei colloqui. I punti principali degli accordi circa il battaglione italiano destinato a Conia erano:

I) Il battaglione partirà con. 20 giornate di viveri in più di quelle correnti per il viaggio; Al.JSS1v1E, E-3, b. 6, f. 6/1 b, telegramma di Cavallero de l 16/4/ 1919. AUSS ME . E-3. b . I l , f 9 a . 13 AUSSME, E-3, b. 6 , f . 6/l b , telegramma d i Vill ari del 29/4/19 19. 11

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2) Il battaglione si dirigerà al porto di Skutari a meno che non pervenga in tempo un'altra destinazione da parte del generale Milne; 3) Durante il tragitto per ferrovia dal porto di sbarco a Konia, il battaglione rimarrà alle dipendenze del generale Mi/ne; al suo giungere a Konia, il battaglione passerà alle dipendenze del generale Allenby; 4) ll f?enerale Allenbyfarà trovare sul posto al comandante del battaglione le direttive per l'impiego del battaglione medesimo fermo restando la sede di esso a Konia; 5) Il generale Allenby darà disposizioni perché a partire dal momento in cui il battaglione giungerà a Konia, il suo r(fornimento sia assicurato dalle basi britanniche e con mezzi britannici. Come vi ho comunicato esso partità da Genova il 16.14

Secondo gli accordi durante il viaggio in treno da] punto di sbarco fino a Conia il battaglione era dipendente dal comando di Milne a Costantinopoli e una volta giunto a destinazione dal comando di Allenby, comandante delle truppe dell' Egitto e della Siria, il guale avrebbe fatto trovare le direttive relative al suo impiego e ai rifornimenti. Questi infatti rimanevano di competenza delle basi britanniche e effettuati con mezzi britannici . Ulteriori istruzioni sul viaggio sarebbero pervenute tramite Vitelli, che per l'occasione garantiva la sua presenza a Scutari. Alla fine per ordine del Comando inglese venne deciso che il luogo dello sbarco dovesse essere Deringe, dove i piroscafi potevano attraccare molto meglio che a Ismid , che si trovava a IO chilometri cli distanza. Il servizio ferroviario inglese aveva stabilito per il trasporto del battaglione due treni di 30 vagoni ciascuno oppure 29, se si desiderava avere un vagone passeggeri per gli ufficiali; il primo treno sarebbe partito alle ore J 8, mentre il secondo alle ore 3 del mattino successivo. La partenza avrebbe avuto esecuzione dalla banchina. TI viaggio sarebbe durato circa 35 ore. Per i rifornimenti, carne e legumi potevano acquistarsi sul posto, perché gli inglesi, mancando cli frigoriferi, non potevano inviare carne congelata alle loro truppe. Nell'impossibilità di rifornire il reparto dalla costa meridionale dell'Anatolia, le altre razioni sarebbero state inviate invece dagli inglesi via treno da Costantinopoli una volta al mese, compresa I.a legna da ardere, di cui però vi era abbondanza anche nelle vicinanze di Conia. Il battaglione era quindi pronto e con tutte le carte in regola per raggiungere la destinazione. Il 17 aprile alle ore 14:30 partirono eia Guastalla sette vagoni con le due squadre di zappatori e relative attrezzature, assegnate al battaglione speciale, che arrivarono a Genova alle ore 2:25 del 18. Per il sollecito trasporto .«a gran velocità» ciel materiale del genio dalla stazione Principe al porto, il Comando Supremo chiese due camion . Il battaglione salpò il 18 aprile con il piroscafo Taormina dal capoluogo ligure, su due scaglioni uno retto da De Bisogno e l'altro da Melia. Al momento della partenza presenziò il maggior generale Pio Invrea, comandante della 51" clivisione. 15 "AUSSME, E-3. b. 6 , f. 6/1 b, colloqu i tra Cavallero e Thwaites del 16/4/1919. 15 AUSSME, Diario storico mil itare del Reparto di Konia, 15/4/l 919.

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Il bartaglion.e destinato a Co11ia in parlenza da Genova con il pirosccto Taormina

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Dopo ulteriori accordi con le autorità britanniche esso sbarcò quindi il 23 aprile a Deringe (Denigé) stazione fe rroviaria nella baia di Ismid (Isurid), dove passò alle dipendenze del generale MiJ ne, che si interessò del suo trasporto ferroviario fino a Conia. 16 Nel frattempo emersero delle confusioni su11a vera competenza della zona, per la sua collocazione remota rispetto ai centri decisionali. Ali ' iniz io si era parlato del comando di A1lenby al Cairo, ma le autorità inglesi non si trovarono d'accordo . Per maggiore chiarezza i122 aprile Cavallero chiese spiegazioni a Wilson e Thwaites . La spiegazione era da ritrovare nella decisione inglese cli passare la località di Conia dall'autorità di Milne a quella cli Allenby, ma per quest'ultimo risul tava troppo lontana da controllare, quindi in via definitiva si arrivò a stabilire come il reparto italiano, lì dislocato, non dipendesse dall 'Egitto, bensì ricadere sotto il comando di Franchet

La dislocazione dei reparti di "Konia" 16

B. Pace, Dalla pianura di Ada/ia alla valle del Meandro . Impressioni di viaggio, op. ci L, p. 53. AUSS.M E, E-3 . b. 6, f. 6/l b, comunicazione d i Thwaites del 2/5/ 19 19. 18 AUSSME, E-3 , b. 6, f. 6/J b, promemoria sulla Dipendenza del banaglione di Konia del 26/8/19[9. 19 AUSSME, E-3, Diario storico militare de l Rcpano di Konia. 25/4/19 19. ,oAUSSME. E-3, b. 6 , r. 6/1 b, telegramma di Vitelli del 27/4/19 19. ' ' AUSSME, E-3, b. 6 , r. 6/1 b, comu nicazione di C 1v<1 1lero del 15/5/19 19 . 11

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d'Esperey a Costantinopoli e quindi nella sostanza nelle sue mansioni operative da Milne stesso. 17 Per gli effetti disciplinari invece il battaglione rimaneva dipendente dal comando italiano, quindi sotto Battistoni, con il quale si doveva comunicare via Costantinopoli, ma per «pratiche riflettenti impiego» anche direttamente. Dopo un viaggio compiuto senza incidenti, il reparto giunse a destinazione il 25 aprile in perfetto ordine , dove assunse le relaz ioni di dipendenza del battaglione inglese sostituito , ereditandone i metodi di rifornimento. 18 Il contingente al suo arrivo in città fu molto ben accolto dall'amministrazione turca e dalla popolazione, specialmente dall'elemento greco e armeno. De Bisogno si presentò subito e porse i suoi saluti al comandante ciel Corpo cl' Armata turco della città. Il valì cli Conia si recò quindi in visita dal tenente colonnello italiano, che in via provvisoria aveva sistemato il comando presso il Grane! Hotel di Baghdad. 19 Le autorità civili e militari locali si mostrarono molto deferenti e disponibili a favorire in ogni modo la sistemazione, anche perché il concorso degli zappatori italiani per spegnere un incendio sviluppatosi la notte del 27 aprile al bazar venne assai apprezzato. 20 Ottime erano le relazioni con le autorità britanniche locali, dalle quali con vero compiacimento si erano ottenute le più grandi facilitazioni per la sistemazione del reparto. Avute queste notizie, il 15 maggio Cavallero porse i ringraziamenti a Wilson per la <<partecipazione fatta al battaglione» .2 1 Nel complesso la situazione politica era buona e la presenza italiana evidenziò come i propositi sovversivi fossero completamente sopiti e la popolazione manteneva la massima calma e tranquilli tà. L'arrivo ciel distaccamento italiano aveva prodotto un grande senso di sollievo specialmente nella popolazione greco-armena di Conia, che aveva accolto i soldati con giubilo, perché in essi vedevano una salvaguard.ia e una protezione.22 Gli armeni però reclamavano dalle autorità turche scuole e chiese. Il tenente colonnello De Bisogno , oltre la visita del valì turco, ne ricevette del vescovo armeno e di quello greco, cli alcuni ufficiali ottomani, di due sacerdoti francesi, custodi di una chiesa cattolica e dei principali maggiorenti della città. I milita:ri erano sistemati nelle case della città, gli ufficiali parte in albergo e parte negli alloggiamenti de1la truppa. Essa aveva organizzato il comando e una piccola infermeria accantonata e avrebbe disposto , non appena possibile, del funzionamento di un ambulatorio, aperto al pubblico. 1 materiali vari erano al coperto in magazzini riparati . Le condizioni sanjtarie della truppa risultavano ottime e i viveri venivano per il momento acquistati sul posto (carne , legumi e legna), in attesa della prima spedizione inglese di vettovagl iamento (soprattutto farina) per i militari e cli foraggio per i quadrupedi, che sarebbe dovuta arrivare dalla stazione di Costantinopoli ''Haidar Pasc.ià". La stazione radiotelegrafica era impiantata ad Aksbehr, ma non ancora era in comunicazione con altre stazioni. A tal proposito il comandante della 60A stazione ri22

AUSSME, E-3, b. 6, f. 6il b. promemoria del Comando Supre mo del 23/5/19 19. 279


ferì dell'impossibilità di comunicare con Adalia, essendo la potenzialità del suo apparecchio insufficiente per la distanza dei circa 190 chilometri, che separavano le due località. Ritenne pertanto inutile la sua permanenza a Conia, a meno che non fosse stata impiantata una stazione intermedia a Beischehir.23 Battistoni da Rodi cercò cli rassicurare il contingente, ribadendo non solo l'interesse del comando a stabile un effettivo e durevole contatto radiotelegrafico, ma informando che i distaccamenti provenienti da Adalia si sarebbero portati quanto prima nella regione cli Burdur, !sparta ed Egerdir da dove sarebbe stato facile collegarsi con Akshehr. Per questo si ritenne che la 60A stazione radio eia Akshehr avrebbe potuto corrispondere con Aclalia attraverso la stazione intermedia, che poteva essere stabilita nei pressi cli lsparta. 24 Le truppe italiane, ormai sistemate in città, dovevano quindi sostituire gli inglesi per la protezione della linea ferroviaria tra le stazioni di Conia e Kutaia e ancora fino a Eskichehir (esclusa) su un tratto lungo circa 350 chilometri. I compiti <<cli controllo» del battaglione non furono mai specificati e fu sempre convenuto che fossero limitati al presidio della ferrovia e al mantenimento dell' ordine pubblico. I distaccamenti itafomi avrebbero compiuto le stesse funzioni compiute dai precedenti inglesi. Le località più importanti rimanevano Afiun Karahissar, Alejud (presso Kutaia) ed Eskichehir. La dislocazione era per il comando del reparto e due compagnie a Conia, un plotone ad Akshehr, due compagnie meno due plotoni ad Afiun Karahissar e un plotone ad Alejucl. L'8 maggio il comando inglese comunicò che il distaccamento italiano doveva inviare subito una compagnia a Eskichehir, per sostituire la compagnia inglese, che si sarebbe ritirata quindi a Karahissar, dove sarebbe confluita anche la compagnia inglese dislocata a Conia. Il cambio delle truppe inglesi con quelle ita1iane ad Afiun Karahissar, cui fu presente Vitelli, avvenne senza problemi. In previsione, i posti cli guardia alle piccole stazioni sarebbero stati soppressi, quindi il comandante di battaglione a breve avrebbe dovuto inviare forti pattuglie in qualsiasi punto della linea, che fosse stato minacciato. Nel frattempo, come da ordini ricevuti, il comandante di battaglione aveva disposto la ricognizione della strada Conia-Adalia. De Bisogno informò il Comando Supremo che le comunicazioni con Adalia avvenivano tramite il telegrafo turco, non ancora con la radio, in attesa di trasmettere claUa stazione di Akshehr per cercare cli stabilire il collegamento. Da ricognizioni risultava che la strada Conia-Beischehir sul lago era camionabile, oltre Beischehir era solo mulattiera, per questo sarebbe stato opportuno che il distaccamento di Adalia rilevasse il tronco Adalia-Kizilova-Beischehir. La strada di Akshehr, sede del distaccamento, era per metà carreggiabile. Da Afs bar a Egerdir faceva servizio il vapore. De Bisogno precisò quindi che qualora il distaccamento cli Aclalia avesse occupato le località cli Burdur, I sparta e soprattutto Egerclir, ove aveva termine la ferrov.ia di Aiclin, sarebbe stato fa23

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AUSSt'v!E, E-3, b. 6, f. bi3 a, telegramma di Vitelli a Comando Supremo del 27/6/ I 919. AUSSME , E-3, b. 6, f. 6/3 a, telegramma di Badoglio a Battistoni del 30/6/191 9.


cile stabilire un effettivo collegamento tra Aclalia e Conia. Infatti come era noto la strada Adalia-Burdur, per quanto non in buone condizioni, era tuttavia camionabile.25 1118 maggio il console Ferrante ad Aclalia informò che le località di Adalia, Burdur, Isparta erano calme e propose di farle occupare al più presto. Potevano essere inviati a !sparta due battaglioni (a suo dire sufficienti), mandati da Adalia, sostituibili con un reparto de1 genio militare, perché la popolazione era molto preoccupata dell'avanzata dei greci . Questo timore sarebbe stato evidenziato anche dagli ufficiali e dai controllori inglesi, rimasti impressionati. Il Comando Supremo ritenne che .l'occupazione di Isparta non potesse effettuarsi per il momento, data l'insufficienza delle forze disponibili. Pertanto, si propose di procedervi , anche per facilitare le comunicazioni con il reparto di Conia, appena si fossero potuti impiegare sul posto le forze che stavano per imbarcarsi a Trieste (due battaglioni del 33° fanteria e il gruppo cli cavalleggeri) , che però, come si è visto, non raggiungeranno mai Aclalia. A metà maggio l'Alto commissario a Costantinopoli annunciò la visita a Conia ciel principe Abdulrahis, mentre il 18 maggio partirono per una visita a scopo cli istruzioni al battaglione Milne e il suo capo di Stato maggiore, generale John Duncan, accompagnati dal tenente colonnello Luigi Villari.26 Si confermò grosso modo la dislocazione precedente: l'intero reparto a Conia, meno due compagnie ad Karahissar, meno due plotoni distaccati rispettivamente ad A kshehr e Alejud. Al comando italiano sembrava una dislocazione molto frastagliata, dovendo il battaglione occupare una striscia di territorio lunga 200 chilometri (Karahissar-Conia) . Per gli italiani il compito sarebbe dovuto essere più politico che militare, ma ev identemente gli scopi italiani e inglesi divergevano. Il 19 maggio Vi Ilari fece ritorno presso l'ufficio cli collegamento, riferendo che la situazione era nonnale, i rapporti fra i reparti, la popolazione e le autorità ciel luogo erano ottimi, che Duncan ripo,tò ottima impressione sulle truppe italiane e che quindi i britannici stavano evacuando in via definitiva la regione da Conia fino a Eskichehir. Se il rapporto con gli inglesi e con i turchi era improntato da grande cordialità, emersero incrinature con i francesi. Il 21 maggio da Costantinopoli il comandante delle forze interalleate in Oriente (C.A.A.), Franchet d'Esperey espresse la sua sorpresa perché il reparto italiano di Conia non era stato posto per impiego alle sue dipendenze, ma a quelle dì Milne. Il C.A.A. attribuiva molta importanza a tale gerarchia, perché questo stato di cose portava gli italiani a riconoscere la supremazia inglese sull'Asia Minore, situazione che il comando francese non voleva assolutamente consolidare. In proposito D.iaz precisò di non aver ricevuto da Parigi nessuna comunicazione e per questo il Comando Supremo pregò la Sezione militare alla Conferenza della pace di portare le la27 gnanze francesi a conoscenza del ministero degli Affari Esteri. ~

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AUSSME, E-3, b. 6 , b. 6/l b, telegramma di Badoglio del 23/5/1919. AUSSME, E-3, b. 6, b. 6/l b, telegrarnm,1 di Vitelli del 12/5/1919. ~7 AUSSME, E-3, b. 6 , b. 6/1 b, telegramma di Badoglio del 24/5/1919.

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L'azione offensiva ellenica non poteva che creare ripercussioni anche a Conia. La popolazi.one turca risultò alquanto eccitata alla notizia, che circolava sull'occupazione di Smirne da parte dei greci. L'avvenimento era stato appreso con rincrescimento dagli ufficiali turchi, con sentimenti cli ostilità dalla popolazione, che manteneva invece un giudizio positivo sugli italiani. Alcuni centri greci richiesero 1'intervento dei soldati temendo rappresaglie. 28 Il 4 giugno, festa dello Statuto , ebbe luogo una rivista di truppe italiane, bene accolta dalla cittadinan za di Conia e le autorità si recarono a fare visita al comando , per esprimere le loro felicitazioni. 29 Il 2 giugno De Bisogno per un colloquio informativo incontrò a Beischehir il tenente colonnello Lavaggi, comandante della carovana di 15 muli ciel battaglione di Adalia. li primo partì da Conia alle ore 7 e fece il tragitto in camion in cinque ore, con una velocità media di 22 chilometri all'ora. Riscontrò che i ci rca 110 chilometri di strada risultavano buoni, ma mancanti di lavori di manutenzione. Al contrario Lavaggi aveva impiegato quattro giorni in soma, su mulattiere impraticabil i. Beischehir rappresentava una località molto rilevante per la zona, infatti essa, oltre al terreno particolarmente fertile, disponeva d.i una diga, regolatrice delle ncgue provenienti a Ciumra, da dove si irradiavano per estensione alla pianura di Conia. Alcun i lavori di perfezionamento cieli 'irrigazione avrebbero trasformato questo territorio dimenticato in rigoglioso e prospero. L'incontro portò all'esame piì1 approfondito sulle comunicazioni della regione. Le condizioni del tronco stradale percorso fra Conia é Beischehir erano discrete, fra Beischehir e Adalia erano invece difficili e quindi emerse la necessità cli studiare altri percorsi. Secondo la minuziosa descrizione di De Bisogno a proposito del suo viaggio, la strada di 2A classe che partiva da Conia si sviluppava superando una regione montuosa, d'elevazione tra i 1.100 ai 1.500 metri con larghezza di circa otto metri e con pendenze non molto forti. Aveva fondo artificiale in alcuni tratti e in complesso per circa una dec.ina di chilometri, il fondo era stato molto danneggiato dal transito di autocarri con ruote ferrate, cli modo che si presentava cedevole e di difficile percor1ibilità, specie nel tempo piovoso. La strada non era munita di paracarri e solo in tratti limitati si elevava alquanto al di sopra del terreno circostante. Dovendo attraversare ruscelli e strette insenature del terreno era ricca cli ponti, alcuni dei quali in mediocri condizioni di stabilità. La strada, buona per la sua maggiore lunghezza, era priva cli manutenzione e quindi soggetta a danni, che avrebbero potuto essere causati dalle piogge e dall'atmosfera. Lasciando Conia, la strada superava con forti pendenze la catena montuosa, che la cingeva dalla parte Nord occidentale, si svolgeva su altopiani e dopo circa 35 chilometri discendeva sul fondo di una vallata, ricca di acque, a 1.100 metri. Quindi in dfrezione Ovest, svi2

s AUSSJ'vlE, E-3, b. 6 , b. 6/ l b . telegramma di Vitelli de l 24/:5/ 19 19 AUSSM.E, E -3, b. 6, b. 6/ 1 b, telcgrain1na di Badoglio del 4/ 6/1 9 19.

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luppandosi a Nord del Monte Huzvt Oren, si avvicinava al la prima borgata di qualche importanza per il numero delle case: lonuzJar. Seguiva il corso di un torrente, non molto ricco di acque in quella stagione e con direzione d i S ud-est e poi di Sud, raggiungeva Be ischehir. dopo aver toccato alcuni villaggi poveri e di limitata estensio ne. li terreno limitrofo al percorso della strada si poteva c lass ificare in tre tratti . TI primo. partendo da Co nia, era per circa 40 chilometri montuoso, privo di vegetazione, brull o con pochi arbusti. Il secondo, per ci rca 30 chilometri, coll inoso ma con zone pianeggianti sufficientemente fertili. Era coltivato a orzo in gran parte . li terzo infine. per altri 40 chHometri pianeggiante con zone ampie, fe rtili e coltivate con piantagioni di orzo e o ppio, era 1icco di pascoli per il bestiame. In questi ultimi due tratti la vegetazione arborea aveva discreto svi luppo. Lungo la cam ionabile si distendeva la linea telegrafica Conia- Beischehir. Beischehir era un villaggio situato a Sud-est del lago omonimo e sulla destra del fiume che aveva lo stesso nome. Aveva circa 2 .500 abitanti , di cui 400 famiglie turche . I00 fami glie circasse e tre fami g lie cristiane . La malaria, in passato molto accentuata e solo di recente in diminui ione grazie ai lavori di bonifica, aveva obbligato gli abitanti di Beischehir ad abbandonare molte abitazioni sulla riva del lago, cosicché i circassi e gran parte dei cittadini benestanti avevano case sull e colline non molto ele vate pross ime al lago e che scendevano con facile declivio. La città era sede di caimacan (Abdul Remzi) e aveva una guarnigione di circa 200 soldati turchi di cavaJleria, con circa 300 cavalli. O ltre alla caserma o uomana, es istevano fabbr.icati di stile europeo capaci di alloggiare oltre l .000 uomini. Allo sbocco dell'emissario del lago, ingegneri e operai italiani prima della guena avevano terminato un 'opera di chiusura delle acque . La costruzione aveva grande valore, sia per l' importanza dell' opera d 'arte sia per il grande beneficio che recava all'irrigazione de lla piana di Conia. Le acque de l fiume Beischehir, regolate alla loro origine, correvano con il volume richiesto a Ciumra, sede della società di irrigazione . A Beischehir risiedeva invece un ufficio succursale della società di inigazione in diretta comun icaiione telegrafica con Ciu1ma. La ricchezza del paese era data , oltre che dal prodotto dell" orzo, dcli 'oppio e del bestiame , anche dall ' abbondanza di pesci, di cu i gli abitanti ne facevano un ricco commercio. Le sponde de ll 'esteso lago erano dominate da colline ricoperte in alcune località da bosch i ricchi di alberi. Dalle notizie i n possesso di De Bisogno s i rilevava che Beischehir e la zona circostante avessero un notevole valore in relazione alla ricchezza, che pote va ricavarsi dalla piana di Co nia . Le autorità dc! v illaggio , il cai111acc111 . il sindaco, il comandante del reparto di cavalle ria turca e a lcuni privati accol sero De Bisogno con la massima cordial ità e sim patia . Ogn i facilitaz io ne e ra stata accordata per visitare le localit?t e per il rico283


vero degli uomini durante la giornata cli sosta. Dalle informazioni assunte sul luogo, sembrava che la popolazione fosse estranea ai movimenti politici , perché tutta dedita alla coltivazione dei campi e alle cure del bestiame. Fra i circassi, però, esistevano alcuni capi avversi al regime sultanile e di dubbia fede, in particolar modo Suleiman Seni, capo cli quelle famiglie allontanatesi eia Beischehir per sottrarsi alla vigilanza. Da quanto si deduceva, si confermò che le comunicazioni con le altre località erano molto difficili soprattutto nel tratto tra Beischehir e Adalia. Era necessario studiare la possibilità di servirsi di altre strade. Risultava che eia Adalia partissero due linee di comunicazioni: una per Burdur-Afiun Karahissar, l'altra per Egerdir-Akshehr. Entrambe facevano capo alla linea ferroviaria che da Aidin arrivava a Conia. Ambedue le strade risultavano in gran parte camionabili, anche se in alcuni tratti richiedevano lavori di sistemazione. Il collegamento poteva quindi essere ottenuto servendosi della strada camionabile da Adalia a Akshehr per un tratto e della ferrovia AkshehrConia per il rimanente. Eventuali trasporti sulla linea di Akshehr inoltre povevano utilizzare il battello sul lago di Egerdir fra Egerdir e Afshar. 30 Nel frattempo a Costantinopoli erano in corso da parte cieli' Alto commissario italic1110 azioni diplomatiche in favore del reparto «K» . Sforza strinse rapporti personali con il Gran Celibì (Gran Signore) della con fraternità dei Mevlevì (Mawlawiya), che aveva la sua sede principale a Conia dove godeva di grande influenza . II Gran Celebì risiedeva da tempo nei dintorni dì Costantinopoli e solo di recente, anche per l'intervento dello stesso funzionario italiano, fece ritorno al suo tekkè (convento) di Conia dove si conservava il mausoleo ciel fondatore della confraternita, il poeta mistico persiano Celaleddìn Rumi, detto Mevlana che nel XIII secolo aveva diffuso il sufismo . L'ordine dei Mevlevì era il più rispettato fra quelli esistenti, anche per la sua antichità. Nel tempo aureo dell'Impero ottomano i Mevlevì fornivano ì principali funzionari delle cancellerie turche, mentre la setta dei Bettachì (fiorente in Albania) dava il suo migliore personale di giannizzeri. I Mevlevì possedevano, oltre che a Conia, numerosi tekkè in tutta l'A natolia e godevano di grande influenza. Il loro sentimento musulmano era più largo di quello comune del popolo, infatti per esempio fra i Mevlevì si riteneva che il Sultano non avesse nessun vero diritto a essere considerato come Califfo , titolo che per il mondo islamico identificava il successore del profeta Maometto nella guida politica e spirituale dei fedeli. I Dervisci giranti , che avevano dei tekké anche a Costantinopoli, appartenevano all'ordine dei Mevlevì. Il Gran Celebì discendeva, secondo la tradizione clall 'u ltìmo dei sovrani selgiuchidì, da dove derivava sia l'uso secolare del titolo di Gran Celebì di Con ia sia, per la cerimonia dell'investitura dì un nuovo Sultano , la pratica cli cingergli la sciabola di Osman, capostipite della dinastia ottomana. :v.J AUSSME , E-3, b.

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6, b. 6/J b, relazione di De Bisogno del 7/6/1919.


L'impervia strada tra Adalia e Burdur

Sforza 1icevette varie volte il Gran Celebì , a cui fece ottenere un vagone speciale per il suo ritorno a Conia, telegrafando a De Bisogno di farg li rendere gli onori al suo arrivo. G li pro mise che, se avesse effettuato un'escursione a Conia, la prima visita sarebbe stata presso di lui . Ne l corso de lle sue conve rsazioni il Gran Celibì accentuò, secondo il costume orientale, il suo ritenersi ormai fede le suddito italiano e la sua intenzione di porre al servizio dell'ltalia tutta la sua influen:t.a . Jnvitato a prendere parte al Gran consiglio della corona, indetto dopo lo sbarco greco a Smirne , chiese a Sforza se dovesse intervenire . A tali s ue manifestazio ni il diplomatico italiano rispose in modo gene rico, assicurando che il suo paese era lieto di poter contm·e su lla sua deferenza e influe nza. Nella visita di congedo i l Gran Celebì si fece ardito a precisare un pensiero, che già aveva malce la to. Confidò che già eia molto tempo aveva mandato alla Conferenza di Parigi un memoriale circa il d iritto dc li' Anatol ia a U'indipendenza . ln tal proposito chiese in caso di mandato ital iano. cosa che giudicava ormai sic ura e indiscutibi le, se il governo di Rom a avesse continuato ad afferm are il concetto della sovranità del Sultano o non pi uttosto avesse voluto preferire lui. ricorrendo a forze e tradizioni p iù vi ve e più dirette . Propose, insomma, la sua candidatura a capo , sia pure teorico e formale. di un 'organizzazione italo-anatolica. Sforza nella s ua delicata vesle diplomatica ri spose con molto tatto. Benché desiderasse l 'integrità della Turchia e del mantenimento de l Sultano come il mezzo che appari va più s icuro per garantire il graduale e libero sviluppo dell a nazione turca, l'Italia di certo non poteva ignorare tuttavia l' importanza e il valore di cerle forze re285


gionali, come quella della sua illustre famiglia. «Potere essere egli certo che a quelle forze noi saremo lìetì dì far ricorso, perché ovunque dovesse affermarsì una speciale influenza italìana, là noi von-emrno che questa influenza si basi non tanto sulle nostre baionette quanto sul consenso dei migliori». Per ovvie ragìonì di prudenza non sì spinse più in là, ma il Gran Celibì. si mostrò soddisfatto della risposta, promettendo di mandargli copia del memoriale, che aveva spedìto a Parigi.3 1 In segno dì riconoscenza verso l'Italia, una volta rientrato a Conia il Gran Celebì insìeme ai notabili cieli.a città telegrafò al ministero ottomano degli Interni, affermando che la popolazione della città e della regione circostante era contenta dell'occupazione italiana, perché rispettosa dei costumi e della religione locale.32 A fine giugno come coronamento cli questa collaborazione, a Conia si ventilò l ' ìdea di una diffusione della cultura italìana. Il comando ciel battaglione propose di aprire una piccola scuola italiana gratu.ita in città, avendo ìncontrato molto favore eia parte degli ambienti locali, incaricando come insegnante il. cappellano militare don Bonardi, che aveva la patente di insegnante. In proposito chiese al Comando Supremo di adoperarsi per l ' ìnvìo del materiale scolastico per classi elementari che secondo le sti me avrebbero potuto accogliere cento alunni. L'esecuzione della proposta non era però esente da impegni di varia natura. Oltre alle spese per i supporti cliclatticì e per l'affitto dei locali, era necessario anche far costruire dagli artigiani locali i banchi e tutto l'arredo scolastico, nonché fornìre aì bambini una razione gratuita di pane e cli minestra, come conforto materiale di supporto. Ai prìmi di luglio, Tittoni interpellato approvò la proposta, con qualche dubbio solo sulla somministrazione ciel vitto, e informò di aver interessato la Direzione generale delle scuole all'estero per dare le clirettìve e fornire il materiale per l'istituenda scuola sia dìrettamente, sia attraverso l' Assocìazione nazionale dei missionari . L' idea trovò mol.to consenso tanto da chiedere anche all'Alto commissario e al comando del Corpo di Spedizione di esaminare la possibilìtà di aprire pìccole scuole ital iane anche in altre località dell'Anatolia, presentando proposta al ministero degli Affari Esteri, per ottenere i necessari aiuti , specie per il materiale scolastico. Il dicastero di Tittoni acconsentì all'iniziativa, assumendo l'onere della somministrazione di libri , suppellettili e oggettì di cancelleria occorrenti per almeno cento alunni / 3 Del resto altre iniziative analoghe si stavano già svìluppanclo a Mugla, Macri, Burdur, Silifke e Sokia, dove in genere facevano attività didattica i cappellani militari. Le successive comunicazìoni sull'argomento sarebbero state fatte dalla Direzìone genera.le direttamente al reparto cli Conia o per il tramite del regìo console dì Adalia .34 Anche ì soldati italiani sembravano in modo positivo influenzati dal contesto amichevole. Aì prinù cli luglio venne comunicato dal Comando Supremo che la divisione 1 · ' AUSSME , E-3, 11 · A. Bagnaia, op.

b. 6, b. 6/1 b, telegramma d i Sforza del li7il919. cit., p. 286. ,J AUSSME , E-3, b. 12, f. 12/5, com unicazione del ministero degli Affari Esteri del 29/8/ 1919. ·" AUSSME, E-3, b. 6, b. 6/ J b, te legramma cli Badoglio del 6/7/19 19. 286


te1Titoriale cli Firenze si stava .interessando per inviare del materiale destinato all' istituzione della "Casa de l Soldato" presso il reparto italiano cli Conia.35 Mentre a metà agosto verrà organizzata presso il giardino del municipio una gara sportivo-militare, che ebbe un buon successo . Furono invitati il Gran Cel ibì e le altre autorità militari e civili , che gradirono molto l'iniziativa, anche grazie alla cordialità di De Bisogno e di Marchi. L'episoctio trovò seguito sul giornale locale "lbret" e nel plauso sia di Elia che di Albricci, che trovarono l'evento in linea con i propositi della missione affidata.36 Tuttav ia q uesta situazione di cord ialità non poteva che risentire delle nubi presenti in territorio ottomano. Venne esclusa l'imminente entrata di bande in città, ma le incertezze politiche non aiutavano la stabilità e l'omogeneità delle varie autorità ufficiali e ufficiose. 11 colonnello turco Usciak dischfarò di rendersi responsabi le evolere impedire la costituzione di bande, pur mostrando odio verso i greci. Il murasserif fu leale verso gli italiani e dichiarò essergli giunto un telegramma da Usciak, minacc iante la sua vita perché si era mostrato contrario alle bande. Confidenzialmente comunicò a Dc Bisogno che il colonnello dcUa guarnigione turca faceva il doppio gioco. TI mutasser(fnon aveva fiduc ia nelle truppe turche ciel presidio. Jn più fece presente che i francesi approvavano I'atteggiamenle turco ostile a i greci, cercando di raccogl iere firme per farli aderire alla politica francese. Intanto eia qualche tempo si stava notando il fluire di ufficiali ottomani e il movimento di truppe turche regolari. Cemal pascià, comandante delle truppe di Conia, che aveva premeditato un 'azione di propaganda sfavorevole agli italiani era statorichiamato dal governo. Tuttavia la sua propaganda fu sufficiente a creare anche in quella regione un partilo militare con lo scopo di opporsi alla penetrazione delle potenze alleate, specie dell 'ltaJia. Il partito militare distribuì ai primi di luglio in marùera massiccia armi e munizi.oni alla popo1a7,ione e riuscì a ottenere dalla cassa del governo di Conia una forte somma di denaro, malgrado la disapprovazione del valì Djemal (Gemal) bey, che non seppe impedire tale erogazione. Djemal bey, pure disapprovando lo scopo del partito militare, non aveva ne ll a sostanza autori tà e nessun ascendente per contrapporsi alla propaganda. li dissidente Nazim bey , comandante del presidio di Beischehir, riunì molti mi litari lì residenti, invitando alla resistenza, qualora il territorio fosse occupato da tru ppe dell ' i ntesa . Aveva provveduto alla distribuzione di armi e cartucce a quasi tutti gli abitanti di quella località. ai quali aveva rivolto anche discorsi pieni di inci.tamenti , con l' obiettivo di organizzare una forza di opposizione contro gli stranieri. Le autorità italiane tentarono di esprimere proteste formali al governo della Sublime Porta per far cessare questa propaganda avversa, ma la distanza geografica, la poca autorevolezza e l'arrendcvolezza, che contraddistigueva la politica di Costantinopoli, non erano sempre di ai uto. 3' /\USSME,E-3, b. 12, f. 12/3.promemoriad i Bas,ctco del 10/7/ 1919. '• AUSSME. E-3. b. 13, f. 13/4. e s1ra110 dclrarticolo del lbret.

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Tuttavia il giorno 21 luglio il tenente colonnello Ìzzet, comandante cli artiglieria del I Corpo d'Armata a Conia, si presentò al comando italiano offrendo il suo servizio e dimostrando grande simpatia per l'Italia. Aggiunse che per ordini superiori gl i ufficiali turchi avevano ricevuto indicazione di considerare l'Esercito italiano come alleato. All'opposto espresse grande avversità per i greci. Per questo chiese con insistenza agli italiani di collaborare alla lotta, fornendo fuc ili, casse cli cartucce per mitragliatrice e quattro autoblindati per rafforzare le truppe turche contro gli ellenici. Nel frattempo, era avvenuto il cambio al comando dei Corpo di Spedizione. Badoglio chiese a Bongiovanni, al momento ciel suo affivo a Costantinopoli, che il Comando Supremo tram ite Rodi fosse aggiornato in modo dettagliato sugli avvenimenti di Conia. Quindi espresse la convenienza che il reparto mantenesse contatti più stretti con il suo comando, facendo capo per tutte le questioni, a eccezione solo di quelle riguardanti il suo impiego , che erano cli competenza di Milne. Questi contatti comunque erano poco favorit i dalla posizione isolata cli Conia, rispetto alle altre località in mano italiano. Cavallero chiese a nome di Bongiovanni al ministero degli Affari Esteri se, allo scopo di effettuare il collegamento Adalia-Conia, si potesse considerare assegnata alla zona d' influenza italiana la regione cli !sparta ed Egerdir e se la stessa zona dì Conia, dove l'Esercito era presente con presidi , potesse ritenersi anch'essa nei limiti assegnati all'Italia.37 A tali richieste, che avevano il chiaro fi ne di ottenere l'autorizzazione cli poter occupare !sparta ed Egerdir, Tittoni rispose escludendo ogni possibile ulteriore occupazione. Parlare cli «zone cli influenza» era alquanto prematuro e dipendeva solo dalle deliberazio ni della Conferenza della pace e l'Italia non poteva compromettere la sua credibilità internazionale con ulteriori colpi d i mano , che avrebbero portato le stesse popolazioni turche a travisare le final ità del! 'Italia. Per migliorare le comunicazion i, in alternativa il ministro propose l'utilizzo di distaccamenti intermedi nelle località in questione, tramite preventivi accordi tra il comando di Rodi e quello di M ilne .38 L'ipotesi di far intervenire i vertici del Corpo di Spedizione in Anatolia era per Tittoni, forte ormai cli un certa autorevolezza con i greci, l'opportunità di tentare di sganciare il repa1to di Conia eia ordini stranieri e porlo alle uniche dipendenze ciel comando cli Rodi. Se ciò gli fosse riuscito, avrebbe comportato che tutte le truppe italiai1e in Anatolia avrebbero ottenuto identiche direttive politico-militari e pari f inalità, mettendo sullo stesso piano l'occupazione di Scalanova e Aclalia con quella di Conia, condizionata dall a scomoda infl uenza ciel War O.ffice . Questo poteva accadere ovviamente in vista anche di un'eventuale modifica della situazione generale poli ticomilitare da decidersi a Parigi.39 In quest'ottica il governo italiano si mosse più volte presso il comando inglese, affinché il reparto fosse posto sotto l'autorità del comando 17 :

AUSStvlE. E-3, b. 6 , b. 6/ 1 b, nota d i Cavallero del 26/7/19 19. '"AUSSME, E-3, b. 6 , b. 6/ l b , telegramma d i Tictoni del 271711919. 39 AUSSME, E-3, b. 5 , b. 5/5 d, telegram ma di Badoglio del 6/8/1919.

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ciel Corpo di Spedizione, per timore che la persistente dipendenza dai britannici potesse pregiudicare il prestigio italiano presso la popolazione turca. Londra, dedita a problemi diplomatici più gravi e già in imbarazzo nel far fro nte alle varie promesse fatte a francesi, arabi ed ebrei, ignorò sempre con astuzia queste richieste. Del resto la ferrovia era gestita da capitali inglesi ed essi non avrebbero potuto pregiudicare la loro autonomia con le eventuali ingerenze politiche di un esercito straniero su una linea così importante come la Costantinopoli-Aleppo. Milne tuttavia confermò il compito prettamente cli controllo delle truppe italiane a Conia. Benchè la situazione fosse delicata, esse dovevano astenersi da possibili interventi diretti contro le bande turche e a sostegno dei greci. Per questo il .18 agosto, a seguito della presenza di forti formazioni rivoluzionarie nella zona, il comando inglese decise di far ri tirare alcune compagnie dai presidi più avanzati. Vitale telegrafo eia Costantinopoli che il comando inglese aveva deciso, in relazione alla minaccia su Afium Karahissar, di raccogliere il battaglione nei due presidi estremi, Conia e Eskishehr (Akshehr),40 sgomberando le altre località più a Nord, dove i distaccamenti sarebbero stati sosti tui ti eia truppe britanniche. Secondo le informazioni a disposizione, ad Afium si stavano radunando formazioni ribelli sempre più consistenti anche contro le direttive del mutasser(f Si propose quindi cli rafforzare con una compagnia questo avamposto, senza però chiarire le consegne. Il manipolo doveva presidiare, ma non entrare in conflitto con le bande, jn attesa di una sostituzione con truppe inglesi , richieste a Milne. Contemporaneamente si domandò anche a Sforza di svolgere sollecitazione perché i distaccamenti dislocati a Nord cli Akshehr fossero al più presto rilevati dai britannic i, cosa che avvenne il 24 agosto. Le truppe italiane sostituite rientrarono quindi a Conia. Questo contesto internazionale rese la necessità di dover chiarire il rapporto tra inglesi e italiani. Vennero stilate delle precisazioni eia far inoltrare tramite Cavallero alla delegazioni britannica al tavolo della pace. Il battaglione italiano doveva essere adibito al solo presidio della linea ferroviaria e non poteva essere utilizzato come forza d'urto contro le bande turche. Del resto <<per tutti gli altri compiti aventi attinenza con le relazioni con le autorità ottomane, penetrazione, informazioni, ecc. il no41 stro battaglione non riceve istruzioni che dal Comando italiano con sede a Rodi». Mentre la politica ad alti livelli faceva il suo corso, anche il reparto di Conia soffriva delle gravi deficienze di natura logistica, che già vessavano le altre unità italiane disseminate in territorio turco. Il 6 agosto De Bisogno inoltrò alcune proposte per migliorare le condizioni del suo reparto: 1 ° - Sistemazione della giaci1ura per gli uomini di truppa. 2 ° - Aumento d'indennità per gli Ufficiali e truppa. AUSSME , E-3 , b. 6, b. 6/l b, promemoria sulla Dipende nza de l battaglione di Konia del 26/8/19 19. " AUSSME , E-3. b . 6. b. 6/1 b, 1e legramma del ministero degli Affari Esteri a Cavallero del 26/8/1919.

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3° - Istituzione di un 'unità sanitaria a Konia per ambulatorio e per migliorare le condizioni dell'infermeria. 4° - Assoluta necessità di 4 bagni tipo Blanc . 5° - Fornire il Reparto di una m.a cchina per proiezioni con accessori ecc. 6° - Provvedere giuochi per i soldati (Boccia - Foot-balls - dame - ecc.) 7° - Inviare una rappresentanza dell'Unione Militare per rifornimenti vestiario e biancheria. 8° - Inviare vini-vermouth-birra e altro materiale per stabilire una cantina per soldati. 9° - Stabilire cambio moneta italiana in turca. 10° - Ritenendo esuberanti i muli presenti al reparto si propone una riduzione di N° 34 se è possibile. Il O - Avendo questo Reparto nella cassa lire 17 mila in moneta di nikel si propone di versarla a qualche banca non essendo stato possibile cambiarla in moneta turca. 12° - Chiedo autorizzazione stipendiare un interprete di lingua turca per servizio dell'ambulatorio. A Konia potrebbero essere disponibili uno e due italiani. [cancellato a matital 12° - Provvedere il reparto di Conia di un automobile e di camion.s·. [a pennaJ 42 Queste iniziative purtroppo non trovarono seguito. Il governo italiano, con i problemi sociali in Patria e intento nella smobilitazione, non poteva destinare troppe risorse alle forze in Anatolia, per altro sempre più considerare secondarie nei piani strategici del nuovo esecutivo. Ecco quindi che il malessere dei soldati emerse in maniera decisa . In un periodo in cui. i giornali giolittiani e di sinistra si scagliavano contro l' interventismo e in favore del rifiuto della rovinosa gueffa, utilizzando anche le autorevoli conclusioni dell' «Inchiesta su Caporetto» ,43 il 23 agosto il quotidiano socialista I' «Avanti!>> pubblicò una lettera aperta di protesta, scritta al direttore del «pregiato giornale» da alcuni soldati a Conia «onde fare conoscere le dolorose condizioni» in cui erano costretti a operare: Da più di tre mesi siamo qui, e nonostante le promesse che il nostro colonnello ci fece all'arrivo in Konia, ancora si dorme sulla terra nuda; senza nemmeno un chilo di paglia. Poi una curiosa diceria è messa in giro, ed è che noi siamo venuti in Konia volontari ... Nemmeno per sogno! Partimmo da Genova il I 8 aprile, e ci si promise che per soli tre mesi dovevamo andare a Costantinopoli per formare la spedizione italiana di Turchia, mentre ora, all'insaputa nostra, il colonnello.firma per stare qui un anno . E chi ci resiste tanto tempo? Qui siamo tutti ammalati. Di un battaglione è appena disponibile la guardia per la stazione e lutti gli altri sono all'ospedale. E pensare poi che qui anche militari 11 ' ,1.i

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AUSSME , E-3, b 5, b. 5/5 a, nota di De Bisogno del 6/8/19 19. G. Rochat, op. c it. , pp. 38-49, 144-1 48.


delle classi 90-91 [ ...]tutti reduci dalla prigionia! Poi ci promisero, per acquietarci, che ci avrebbero data l'indennità di colonia; invece ancora non sono capaci darci l'aumento di paga, cioè i noti 30 centesimi. Noi protestiamo, e se non ci si dà subito il cambio, la faremo.finita noi .44 Questo articolo pubblicato da un giornale rivoluzionario, antimilitarista e in contrasto con le formazioni nazionaliste, in un periodo così tumultuoso per la vita politica e sociale italiana, non potè che rappresentare un piccolo ma rilevante scandalo, portando all'apertura di un'inchiesta interna all'Esercito. Diaz in proposito espresse al governo tutta la sua solidarietà per le gravi condizione degli elementi dislocati a Conia. Con il proposito di mantenere la sua fama cli comandante vicino ai suoi uomini, chiarì che, sapendo bene la situazione in cui i soldati erano costretti a operare, aveva più di una volta chiesto dei decisi miglioramenti alle truppe interessate. Polemicamente fece notare come ogni suo tentativo cli equiparare economicamente i reparti in Asia Minore con quelli dislocati in Estremo Oriente aveva trovato ostacoli di natura logistica e amministrativa.45 Nel tentativo cli capire bene la situazione, il colonnello Vitale fu subito inviato a Conia per accertare la veridi.cità delle accuse e la reale condizione della truppa . T1 28 agosto egli telegrafò da Conia, descrivendo una situazione precaria. Circa la metà degli uomini avevano brande improvvisate, il resto dormiva con cope1te e teli cli tenda su paglia di cattiva qualità, l'unica disponibile, in case con pavimento in legno. I giacigli erano effettivamente scomodi, ma simili a quelli in dotazione a tutte le truppe impegnate in Anatolia. Solo i francesi e gli inglesi avevano letti più comodi. Considerata la dipendenza logistica britannica, le brande furono invano richieste al comando di Milne, al momento della sostituzione in città. Della cosa se ne erano interessati anche i francesi , ma fino ad allora le loro promesse non si eraoo concretizzate. Dalla relazione di Vitale Elia evinse che le condizioni sanitarie riscontrate erano serie ma non gravi, soprattutto per il sopraggiungere di malaria e altre epidemie, che avevano colpito numerosi militari . I sintomi riscontrati erano la febbre che durava per giorni, accompagnata eia dolori agli arti e cefalea . Benché l'infermeria locale contasse solo 12 letti insufficienti, gli ufficiali medici avevano fatto del loro meglio. Infatti, soprattutto grazie alla loro opera queste malattie non avevano provocato complicazioni di rilievo o r icadute. I malanni erano causati dal tipico clima della regione e per questo già riscontrato in precedenza dalla popolazione locale. Del resto, secondo Vitale, ciò non pregiudicava la regolare efficienza del repmto, la cui forza presente a fine agosto era di 30 ufficiali e di 1.025 tra sottuffici,ùi e truppa. Non si era provveduto a nuovi complementi a Conia, perché gl i elementi di fanteria giunti in 44 AUSSl'vIE, E-3, b. 12 , f . 12i4 a , articolo del! ' «Avanti 1» ciel 23/8/1919. , ; AUSSME, E-3 , b. 6, b . 6/ 1 b, comunicazione d.i Oiaz ai vari ministeri del 29/8/19 19.

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Turchia erano stati appena sufficienti a sopperire in parte i bisogni dei due battaglioni del 34° reggimento, che presidiavano il Dodecaneso e Macri, ridotti dal congedamento cli tutti gli elementi delle classi anz iane. L' ispezione di Vitale mostrò anzi che le unità della brigata Livorno, a seguito dei congedamenti e delle licenze, avevano maggior bisogno e urgenza di essere rinforzati di uomini , piuttosto che il reparto cli Cernia. In ogni caso Vitale garantiva che, oltre al proposito del comandante cli acquistare della paglia appena ultimata la mietitura in corso, a Salonicco era pronto il materiale sanitario necessario, 100 letti e 900 brande da destinare a Conia. Lo stesso Elia aveva fornito direttamente a un ufficiale del reparto, giunto a Rodi e pronto a rientrare a Conia, 1.000 coperte e 1.000 fodere per pagliericci.46 La paga, benché insufficiente nei confronti del costo della vita, era versata regolarmente, mentre il rancio appariva buono . L'unico serio malcontento della truppa nasceva dal cles.iderio di licenze e dai ritardi nei congedi .47 Malgrado la relazione di Vit,ùe non fosse del tutto consolante, il Comando Supremo in settembre liquidò la cosa come episodio pretestuoso e nello spirito «falso» , montato ad arte dall '«Avanti!» per scopi sovversivi. Benché si riconoscesse, nei mesi passati, un disagio per le truppe , colpite eia un'epidemia cli febbre pappatacea, combattuta con mezzi insufficienti, si concluse che il repaito allo stato dei fatti poteva considerarsi «in buona efficienza, e perfettamente in mano del suo comandante».48 La questione però non si risolse così, se l'anno seguente il 28 novembre ancora il guotidi.ano socialista ebbe a lamentare le condizioni della truppa, pubblicando la lettera di un anonimo congedato: «gli ufficialetti se la spassano, sono i soldati a vivere in cattive condizioni e a non godere delle dovute licenze» .'19 La realtà era nella sostanza amara, trovandosi i soldati italiani tra l'altro in un contesto come quello internazionale, in cui la modestia dei mezzi portava non solo a sfigurare di fronte agli altri eserciti, ma anche a porsi in condizione subordinata nelle tematiche logistiche e operative. Queste difficoltà riflettevano q uindi una situazione più generale: la grave mancanza cli collaborazione con il comando inglese. TI War Office il 19 agosto fece sapere al delegato finanziario italiano a Londra:

Vi informo che sono sorte delle d~fficoltà circa la provvista dei generi di vettovagliamento,forniti dai magazzini britannici alle truppe italiane dislocate a Konia . In passato si provvedeva a tali rifornimenti contro un credito Britannico verso il governo italiano, ma ora che tale credito è terminato, questo dipartimento non è più in grado di provvedere ai rtornùnenti anzidetti, a meno che non intervengano degli accorcli per il pagamento anticipato a Londra, in valuta sterline. 16 ' AUSSME,

E-3, b. 6, b. 6/1 b, telegramma di Elia a Conrnndo Supremo del 6/9/ 1919. AUSSME, E-3, b. 6, b. 6/ l b, telegn.1111111,1 di V itale al Comando Supremo del 4/9/1 919. 8 " AUSSME, E-3. b. 6, b. 6/1 b, comunicazione del Comando Supremo ai ministeri del 12/9/19 19. 9 '' F. L. Grassi , L'Italia e la questione orie11tale,op. cil., p. 56. "

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lmeresso pertanto la S. V. perché questo dipartimento sia informato con sollecitudine se le autorità italiane possono disporre per il pagamento in. lire sterline, com.e è stato sopra accennato, in caso contrario si sarà :.piacenti di dover cessare la distribuzione dei rifornimenti di viveri per Le truppe italiane in Konia.~ Un problema non da poco. All'inizio dell 'operazione infatt i il governo di Londra aveva stanziato crediti in sterl ine per finanziare e rifornire la spedizione di Conia. I l mancato rinnovo d i questo bil ancio avrebbe comportato l'onere delle spese unicamente a carico dell'amministrazione ilaliana, fatto re molto gravoso ne ll 'economi a della spedizione in Turchia. L'alternativa, proposta dagli inglesi, era che Roma aprisse un fondo anticipalo in sterline in favore di Londra. Per questa ultima ipotesi però il rapporto valutario era un serio ostacolo per l'economia ital iana. Nel rapporto dei cambi i pagamenti sarebbero risultati ancora pi ì:1 onerosi per il ministero ciel Tesoro , tra l'altro già occupato nel risanamento inlerno. La situazione si rivelava ambigua. La dipendenza inglese - spirito e ratio della missione a Conia - non avrebbe più comportato anche Ja sovvenz ione logistica britannica, e ciò spinse il governo ital iano a rivalutare il suo impegno sulla relaliva tratta fetToviaria, cercando di sgangiarsi dalla Gran B retagna, dimostratasi inafficlabiJc. Tn questa circostanza si volle ri badire la nota cli Cava llero a Thwaites del J4 aprile che chiari va: «il suo ri fornimento sia assicurato dalle bas.i britanniche e con mezzi britanni ci» .51 Essendo cambiati i presupposti , l' Italia non si senti va più soggetta ai termini degli accordi sottosc ritti. Già il 30 luglio Tittoni aveva proposto al Comando S upremo che il battaglione, data l'identità dei compiti con le altre truppe ital iane delJ 'Asia Minore, passasse alla sola dipendenza del Corpo di Spedizione. n Comando Supremo, in data 2 agosto, rispose assicurando d'aver ordinato che il reparto fosse considerato alla dipendenza di sciplinare e politica del comando di Rad.i, restando solo per l' impiego sotto il comando inglese. Il problema rimaneva comunque nella sua complessità: il 26 agosto Tittoni espresse il timore c he gl i inglesi potessero pregiudicare l' influenza italiana in Asia Minore . impiegando il battaglione in modo contrario agli intendimenti di Roma, magari in fun zione anti-turca, creando vantaggio indiretto alla Grecia. Per questo il ministro chiese di fi ssare con esattezza il compito delle truppe impiegate, così da evitare ambigui tà e creare una sintonia con la pi ù ampia politica italiana, chiedendo che gli o rdini c irca l'i mpiego e gli eventuali spostamenti potessero avere l' approvazione preventiva del comando ciel Corpo di Spedizione. La soluzione p iù facile appariva quella di sottrarre completamente ìl battaglione dalla dipendenza britannìca e farlo ricadere sotto la g iurisdizione di Rodi , cercando di motivare questa mossa con il fatto 50 51

AlJSSME, 6-3, b. 6. b. G/1 c. celcgrn111111a del Wa1· Office al dclcguto finanziario il,iliano a Londra del 19/8/1919. AUSSME. E-3. b. 6. b. 6/ J c. telegramma di Cavallero a Thwai1cs tJel 14/4/1919. 293


S'Kclch-ma.p to ill1.1strat~ the hrii:•tian o ( tbc Konia Pia.in

Il nodo ferroviario di Conia e il suo bacino idrico

che il Corpo di Spedizione comunque aveva la copertura della deliberazione del Consiglio dei Quattro del 19 luglio. Tuttavia gli ostacoli non erano da poco. L'Italia sapeva come gli inglesi non avrebbero accettato facilmente un'ingerenza straniera in una zona così delicata, come il tratto ferroviario intermedio della ferrovia per Baghdad. Per cli più, per quanto inefficaci e a singhiozzo, i rifornimenti logistici del battaglione erano ancora a carico della base britannica. Un'eventuale somministrazione autarchica italiana era impossibile , data la mancanza cli possibili comunicazioni regolari con Adalia e l' impossibilità di ottenere l'autorizzazione dai francesi di impiantare una base a Mersina. Le uniche derrate sufficienti erano quelle che potevano essere acquistate sul posto. Se la dipendenza fosse passata di completa pertinenza italiana, gli impervi 200 chilometri, che separavano Conia dal mm·e, avrebbero impedito un approvvigionamento alternativo e l'esercizio regolare e continuo del comando.52 L' unica soluzione poteva risultare provvedendo a una diramazione fem)Viaria dei rifornimenti eia Costantinopoli, già destinati lì per il 62° reggimento fanteria. Si calcolarono necessari e sufficienti sol.o due vagoni al giorno per il trasporto di 5 chilogrammi (acqua compresa) di viveri per ciascu no dei 1.000 uomini e di 2 chilogrammi cli foraggio per ciascuno dei I 00 quadrupedi, per un totale di 7 tonnellate. Tuttavia la possibilità di ottenere in concessione questi due vagoni dagli inglesi non venne presa in considerazione da1 governo cli Londra.53 Il Comando Supremo, nel tentativo di riorganizzare gli impegni oltremare, espresse il parere cli ritirare completamente il contingente, ormai logoro e inutile, 52 53

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AUSSi'vlE, E-3, b. 6, b. 6il b, promemoria sulla Dipendenza del battagl ione di Konia del 26/8/1919. AUSSME , E-3, b. 6 , b. 6/ I b , protnemoria sui rifornimenti al ba1taglione italiano di Konia .


anche se trovava in Elia un convinto asse1tore della politica orientale e quindi in linea contrario a ogni arretramento . Ovviamente Diaz, estraneo e scevro da ogn i complicazione politica , non volle entrare nella decisione prettamente politica, lasciandola semmai al collega Cavallero e a Tittoni , impegnati nei negoziati a Parigi: «Naturalmente gli accordi stessi, di natura strettamente militare, non potevano contemplare le modalità di pagamento del debi to che l'Italia avrebbe incontrato verso il governo britannico» .54 Dal canto suo anche AJbricci (espressione politica di Diaz) aveva mosso pi ù di un 'obiezione al mante nimento di un reparto così lontano quanto inutile. Ecco quindi di pe1tinenz.a del solo Tittoni risolvere l'intrigo internazionale, dovendosi barcamenare in primo luogo in uno spi noso gioco delle parti tutto interno al governo italiano. Le ipotesi a questo punto erano: I) ritirare il contingente di Conia come proposto dal ministero della Guena, 2) ridune il presidio di Conia e concedere un nuovo credito al governo britannico per gli ulteriori rifornimenti, 3) rinunziare al servizio britannico e chiedere con insistenza i vagoni e provvedere direttamente con l'acquisto sul posto in contatto con le autorità italiane di Costantinopoli. Ciascuna opzione avrebbe scontentato una parte del governo: in caso di ritiro la delegazione italiana a Parigi avrebbe perso prestigio e peso internazionale, in caso di sovvenzione in sterline - ridimensionando però il conti ngente - il Tesoro ne avrebbe 1isencito, infine in caso di completo mantenimento in forma autarchica, le alte gerarchie militari (Albricci e quindi Diaz) avrebbero mal accettato guesta decisione. Tittoni si rimise al parere di Sforza circa la convenienza o meno di mantenere il battaglione. La decisione definitiva spettava quindi a .lui oppure a nuc)Ve diretti ve cli Tittoni, eh.e di massima era contraiio al ritiro completo, favorendo l'autarchia per questioni e.li prestigio con i turchi .55 Alla fine , per ragioni di prestigio , si trovò una soluzione di comodo e venne deciso che gli effetti vi sarebbero stati ridolti a 500 unità , sempre sotto l'autorità inglese. Per quanto riguardava i rifornimenti invece, ciò che non sarebbe stato disponibile sul posto, sarebbe sta to inviato dall'ltalia .56 Nel frattempo la situazione politica di Conia mantenne le sue strane peculiarità. La situazione nel vilayet si stava aggravando. A metà settembre iniziarono a emergere delle agitazioni interne alla politica turca. Da Sivas l'ammiraglio Hi.iseyin Rauf e il generale Pazl.i pascià, noti capi delle forze della "Difesa nazionale", avevano telegrafato a influenti ufficiali turchi di Conia e a Beischehir. Annunciarono di non vole r più riconoscere l' autorità del Sultano e del governo cli Costantinopoli. Inoltre, sotto la minaccia di desrituirli , imposero al valì di Conia e al generale Said bey, comandante del XII Corpo d'Armata turco, di segu ire la loro politica, consigliando di non molestare l'elemento c ristiano. IJ valì di Conia si dimostrò risoluto a opporsi a queste pressioni , tanto da informare ciel fatto la Sublime Porta. 57 Risultava inoltre che il .s. AUSSME. E-3. b. 6. b. 6/1 e, telegramma di Diaz a Albricci del 16/9/1919. 55 AUSSME, E-3, b. 6. b. 6/l e, telegramma di De Martino a Cavallero del 3/l0/19 19. 56 AUSSME, f.-3, h. 5, I'. 5/5 d , te legramma di Alhricci del I8/ 10/ I 9 I 9. 57 AUSSME, E-3. b. 7. f. 7/3, Diario scorico-mi litare ngosto-settern brc 1919, 18 sclle mbre.

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comandante della divisione di Nigde aveva telegrafato al pascià di Conia, rifiutando qualsiasi dipendenza da lui. Aveva occupato il telegrafo, impedendone l'uso alle autorità di Conia, che non potevano più comunicare con Costantinopoli. Lo stesso reparto italiano risentì dell'interruzione radiotelegrafica. De Bisogno chiese quindi istruzioni sul contegno che doveva tenere. Come si sarebbero dovute comportare le truppe italiane, se le bande armate fossero entrate in città per usare violenza contro i rappresentanti del governo turco e per saccheggiare? Anche perché il valì di Conia, impressionato dagli eventi , dubitava della fedeltà delle truppe del presidio turco. Venne risposto da Roma cli tenersi in stretta collaborazione con il valì cercando di incoraggiarlo nel mantenersi in contatto con il comandante del Corpo d'Annata. Il vati avrebbe dovuto far presente, nell'interesse del suo paese, quali gravi pericoli sarebbero derivati se l' ordine interno di un centro importante come Conia non potesse essere tenuto dal presidio turco. Nell'eventualità che le bande si avvicinassero alla città, invece De Bisogno avrebbe dovuto tenere la truppa riunita in modo da agire soltanto dove il suo intervento era giudicato efficace e soltanto quando la gravità della situazione lo richedesse. Venne ricordato - e questo era primario per il governo italiano anche a costo cli non trovare sintonia con Londra - che il compito degli italiani era e rimaneva soltanto quello ciel mantenimento dell'ordine locale, inteso in senso r.istretto. Perciò non ci si doveva lasciare attrarre in azioni parziali , né disseminare truppe a protezione di troppi punti staccati, ma vngilando in modo attento allo scopo di evitare sorprese.58 Nelle zone vicine intanto le bande turche annate imponevano alla popolazione versamenti di denaro e di vettovaglie. A tal proposito De Bisogno, come da ordini r.icevuti, subito provvide a rinforzare i distaccamenti più rilevanti , la stazione radiotelegrafica e la stazione ferroviaria. Nella notte del 20 settembre ad Afium-Karahissar, dove esisteva un presidio inglese, alcuni emissari di bande si impadronirono di tutta la posta turca, proveniente eia Costantinopoli. Il colonnello inglese e il valì di Conia chiesero l'autorizzazione di servirsi della radio italiana per comunicare con Costantinopoli, trovando disponibilità a tale richiesta. Nella città cli Conia la situazione era ancora calma . Il valì si dimostrava leale esecutore degli ordini ciel governo centrale e manifestò la sua graditudine per il contegno delle truppe italiane.59 Intanto le autorità turche , anche a mezzo della stampa, dichiararono che le notizie corse sulla situazione cli Conia e Afium-Karahissar erano esagerate e assicurarono allo stesso tempo di aver provveduto con rnisme intese a mantenere l'ordine delle diverse località cieli' Asia Minore.60 Said bey, allo scopo di tranquillizzare la popolazione della città, pubblicò un manifesto dicendo che il comando di Conia era in perfetta armonia con il trono imperiale e invitava ad attendere alle proprie occupazioni.61 58

AUSSME, E-3 , b. 7, f. 7/3, Diario storico-militare agosto-settembre AUSSl'vfE, E-3, b. 7 , f. 7/3, Diario storico-militare agosto-settembre 60 AUSSME, E-3, b. 7, f. 7/3, Diario storico-militare agosto-settembre 61 AUSSME, E-3, b. 7, f. 7/3, Diario storico-militare agosto-sette mbre

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19 19, 19 seuembre. 19 19, 26 settembre. 19 19, 24 settembre . I 9 I 9, 29 settembre.


Gli appelli alla calma però erano soppraffau i dagli eventi. I rappresentanti delle bande kemalistc entrarono in citt~t occupandola senza provocare disordini, il potere passò nelle lo ro man i. Il va/ì e Sa id bey, che venne esonerato dalla carica di comandante del Corpo d'Armata , abbandonarono la città e partirono per Costantinopoli. In questo vuoto di potere le rappresentanze della popolazione chiesero quindi aiuto a Dc Bisogno che conservava molto ascendente sul.le autori tà militari e politiche locali. Una commissione d i notabili del pattito nazionale si era presentata da lui, per ossequiarlo e per fargli assicurazione che avrebbero mantenuto l' ordine della città.62 De l resto l' occupazione dei <<ribelli» non pregiudicò i compiti ciel reparto italiano, che rimase a mantenere l'ordine , e della scuola, che continuò a funzionare regolarmente. Questa coabitazione stava a ribad ire l'amicizia che i turchi , sia legittimisti che rivoluzionari, avevano verso l' Ital ia. La situazione era cambiata molto veloceme nte, ma senza traumi evidenti, almento per il contingente italiano, tanto che da quel momento il comando di Rodi iniziò a rivolgere a quell'avamposto poca attenzione; in fondo era l'unica località occupata, dove regnava la calma. Intanto il 26 settembre da Rodi vennero richiesti i documenti che riguardavano Ja r.ichiesta fatta dal maggiore Halil, comandante della gendarmeria di Conia, per ottenere di essere rimpatriato in Tripolita nia, dove desiderava essere assunto in serv izio da l governo ital iano.63 Il 22 ottobre De Bisogno comunicò che per consegna avuta dal comando inglese i posti di guard ia alJa stazione ferroviaria di Conia e di Afium dovevano vietru·e a chiunque di danneggiare il materiale, cli produrre disordini, disturbare i viaggiatori e manomettere la posta. Il colonnello aggiunse che, pur astenendosi dal] ' intraprendere qualunque azione contro le bande, la truppa comandata ai servizi di guardia non poteva assolutamen te permettere trasgressioni alla consegna, avuta dal comando britannico .64 In que~to modo s i evitò di inim icarsi gli inglesi e di non perdere l'amicizia de i turchi: il comando di Conia operava secondo i doppi intendimenti espressi dal governo. Proprio per questo motivo Tittoni cercò di cogliere la peculiare situazione di Conia e portarla a proprio favore. Se i britannici e i francesi da mesi tentavano di avvicinare i movimenti nazionalisti in un nuovo gioco diplomatico complementare a quello filogreco, l'Italia non poteva permettersi il lusso di scartare anch'essa questa opportunit~t, potendo spendere agli occhi dei turchi una propria rinnovata avversione per Atene . Ecco perché in data 24 ottobre da Roma partì l'ordine di mettere in condizione De Bi sogno di poter avvicinare Musta fa Kemal e creare a titolo personale (quindi azione sconfessabile e non vincolante per il governo italiano) una proficua am ic izia e collaborazione .li5 • 1 AUSSME, E-3, b. 7. f. 7/3. Di,1rio slorico-militare agoslo-sellcmbre 1919. 30 scuembre. "'' AUSSME, E-3, b . 5. f. 5/5 d, leu.:ra di Scuero del 26/9/1919. (,1 AUSSME, E-3. b. 7, f. 7/3, Diario ~torico-111iliturc ottobre-novembre 1919, 22 ollobre. 65 F. L. Grassi , r: lwlio e la q11estio11e turca , op. cit.. p. 72.

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La faccenda non ebbe seguito, anche a fronte della relazione del tenente colonnelJo Villari che, inviato a Sivas in novembre, giudicò Kemal un «montato», sopravvalutato e senza un reale seguito.66 Tuttavia l'episodio italiano di poterlo avvicinare risultò comunque indicativo dell'impo1tanza data dalla Consulta alla repentina ascesa di consensi e di potere, che il generale destituito stava guadagnando tra la popolazione civile. L'esperienza del reparto di De Bisogno va ricordato anche per questo motivo e nell'evoluzione degli eventi fu turi non appare per nulla secondario, attribuendo alla missione di Conia un significato singolare. Ormai quella zona, eia tranquilla regione isolata, era tornata ad essere uno strategico crocevia, base per i nazionalisti e luogo d'intrighi per inglesi e francesi. Nel frattempo se in città la situazione rimaneva calma, nei dintorni non era lo stesso. Il 3 novembre giunse la notizia che a Beischehir, a 40 chilometri da Conia, fra la popolazione e le bande nazionaliste erano avvenuti conflitti sanguinosi con un centinaio fra morti e fe riti. Nell'intento cli non doversi confrontare in scontri armati, sempre nella logica restrittiva dell'ordine pubblico , il 4 novembre in seguito ad autorizzazione del comando inglese , De Bi sogno ritirò le guardie lungo la ferrovia Afium-Conia. 67 Il giorno 2 novembre venne celebrata in una chiesa cattolica la commemorazione dei soldati morti in guerra, alla presenza di ufficiali, sottufficiali, truppa e rappresentanti dei presidi inglesi e francesi , che intervennero alla cerimonia; mentre il 4 novembre, in occasione del primo anniversario della Vittoria , vi fu una solenne rivista della truppa. Alla cerimonia intervennero ufficiali inglesi, francesi e la popolazione civile. ln quei giorni in città era giunto anche ii colonnello Carlo Bergera. Al suo ritorno a Rodi riferì sulla buona impressione riportata dalla visita, per le ottime condizioni di quel reparto e per l'elevato spirito di italianità , che distingueva tutti i componenti del contingente, sia ufficiali che soldati. Venne rilevato con piacere che De Bisogno era in ottime relazioni con l'autorità e con la popolazione della città. Esse simpatizzavano per gli italiani nonostante l'intenso lavorio di propaganda degli inglesi, francesi e americani. Ne era un esempio il fatto che la popolazione ricorresse cli prefenza all'opera dei medici italiani piuttosto che a quella degli americani, malgrado questi abbondassero di mezzi e distristribu.issero grandi quantità di medicinali gratis. 611 Nel frattempo la situazione era tornata alla tranquillità. Anche a Beischehir regnava la calma. A Conia inglesi e francesi facevano rilevanti acquisti di orzo, farina e grano e le autorità turche di Afium avevano permesso l'invio di grano e bovini. In tutta la regione di Conia erano giacenti grandi quantità di grano nelle stazioni ferroviarie e nei campi, a causa della cleficenza dei mezzi. di trasporto, con grave danno dei commercianti, che lamentavano gravi perdite. Il valì cli Conia si era lamentato con un (,; F. L. Grassi , L'/1alia e la quesrione mrca, op. cit.. p. 74; ibide m, Ataliirk , op. cit., pp. 176- 178 m AUSSME. E-3 , b. 7, f. 7/3, Diario storico-militare ottobre-novembre 19 19, 4 novembre . @ AUSSìVIE, E-3, b. 7, f. 7/3, Diario storico-militare onobre-novembre 19 19 , 4 e 6 novembre .

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ufficiale italiano perché le autorità inglesi trattenevano altrove il materiale e non facilitavano il loro commerc io.69 Tra fine novembre e fine dicembre a Conia, come nel resto del paese, si svolsero le elezion i. Tra i deputati eletti vi furono due candidati, che non avevano mosso delle riserve sull'operato del governo e tre candidati apertamente nazionalisti ; uno di questi era il colonnello Lufti comandante della divisio ne cli Afium Karaissar.70 Intanto anche nella regione, per quanto isolata, ma sempre rilevante se si considera l' importanza della ferrov ia, i movimenti diplomatici agivano senza sosta. Ai primi di dicembre LI governo provvisorio di Costantinopoli , in seguito a comunicazione delle autorità francesi della capitale ottomana , diresse al valì. di Conia un telegramma annunciando che la presenza francese nella zona di Aleppo non aveva scopo di occupazione mi litare, ma serviva piuttosto a ostacolare le eventuaJi aspirazioni cli possesso militare italiano in Anatol ia. in parallelo a questa comunicazione, arrivò notizia che il generale francese Henri Joseph Eugène Gouraud era io viaggio per Si vas con l'obiettivo di recarsi a conferire con Mustafa Kemal. Ad Afìurn-Karahissar i francesi , contrariame nte al precedente modo di comportarsi con le autorità turche, concedevano lo ro vagoni feITov iari per il trasporto di truppe sulla linea per S mirne. A seguito di queste manovre. il comando dì Rodi raccomandò al comandante De Bisogno di seguire attentamente il nuovo atteggiamento delle autorità mil itari francesi, essendosi in quei tempi d.i molto intensificata la propaganda di Parigi. L'attività d'informazione ebbe i suoi frutti . Ven nero subito riferite a Rodi e di conseguenza al ministero degli Affar.i Esteri e alla delegazione italiana per la pace notizie fresche quanto importanti , per il proseguhnenlo del lungo lavoro cli negoziato. La feITov ia Conia-Adana-Aleppo era stata ceduta dagli inglesi ai francesi ; la vigilanza francese quindi si estendeva sulla linea fe.n-oviaria a cominciare da Conia fino ad Aleppo compresa. Inoltre l'autorità francese esercitava sul traffico feITovi ario l'intero contro llo e anche la direzione gestionale . AJ battaglione ita li ano rimaneva affidata soltanto la vigilanza della linea con Afium-Karahissar escl usa, mentre sullo stesso tratto il controllo e la direzione erano affidati agli inglesi. In tutto De B isogno rimaneva in buoni rapporti con le autorità sia francesi che inglesi .7 1 Questi movimenti non potevano piacere ovviamente alle frange kemalisti , che vedevano con profonda diffidenza e repulsione qualsias i ingerenza straniera, politica o commerciale. A fine dicembre i nazionalisti vietarono il trasporto di merci e derrate (specialmente gra no) sulla linea Conia-Adana per impedire l'invio di rifornimenti alle truppe francesi.72 Il giornale nazionalista " Ko nia" traendo argomento della sollevazione nell'Egitto e nell ' India incitò la popolazione musu lmana contro gli europei e in special modo contro gli inglesi. Per ta le articolo l'ufficio controllo inglese llJ

AUSSME. E-3. b. 7 , r. 7/3 . Diario storico-militare ouobre-nove111bre 1919, 22 novembre.

'° AUSS ME. E-3, b. 7, f. 7/3 . Diario storico-mil itare onobre-novembrcedicembrc 1919.26 novembre e 29 dicembre. 7'

72

AUSS ME, E-3 , b. 7. f. 7/3, Diario s1orico -mi li1arc d icembre 1919. 12 d icembre. A USS ME, E-3. b. 7. f. 7/3, Di ario storico-mili tare dicembre I919. 27 dicembre.

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Panorama di Conia

protestò presso il valì di Conia , che ordinò la sospensione ciel giornale per un giorno, ma tale intervento non poteva che essere un paliativo, rispetto al malcontento xenofobo ormai diffuso. Per questo motivo i nazionalisti costrinsero i commissari militari francesi, comandanti le stazioni di Eregli e di Ulukiska, ad abbandonare il loro posto, malgrado avessero fatto vive proteste.73 Indipendentemente da ciò la situazione in città rimaneva comunque favorevole al l'operato degli italiani. A fine dicembre il Gran Cel ib1 offrì ai rappresentanti degli eserciti alleati un sontuoso banchetto, dimostrando per gli uomini di De Bisogno accentuata s impatia e confermando che, se non poteva esserci amicizia per gli stranieri, almeno Roma veniva giudicata come il male minore. In questo modo anche i primi mesi del nuovo anno furono caratterizzati eia una discreta calma, tanto eia non preoccupare i comandi italiani sugli sviluppi della missione ciel reparto di Conia e sulla situazione che si era venuta a creare con gli Alleati, con la popolazione civile e con i «ribelli». Questo clima, quasi in controtendenza con tutto il contesto dell'Anatolia, poteva rappresentare un'opportunità per il governo Roma, che nel febbraio ciel I 920, attraverso il nuovo ministro degli Affari Esteri Scialoja, chiese al reparto comandato da De Bisogno cli stabilire ottimi rapporti con il movimento nazionalista turco in pro·,, AUSSME, E-3, b. 7 , f. 7/3, Diario s1orico-111 i.lit.are dicembre I 9 19. 23 e 26 dicembre .

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spetti va d i una collaborazione politica, anche se questo indirizzo trovava un limite nei programmi di espansione itali ana sulla costa de ll'Egeo. Gli stessi turchi vedevano con favore l'occupazione itali ana, ma soltanto come temporaneo espediente in funzione anti-greca.74 Tuttavia il contingente appariva come insuffic iente sotto ogni punto di vista, lamentando grav i disparità e insufficienze ne i servizi così eia rendere di ffi cile il compito ciel presidio, ridotto a 2 1 ufficiali, 319 soldati e 121 quad rupedi, specie in quel delicatissimo mome nto. I militari g rec i in Anatolia erano più di 100.000, mentre gli italiani erano ormai ridotti in marzo a meno di 5 .000 uomin i, tra tutti i presidi , reside nze e comandi, fatto re che non poteva che far soccombere ogni minima ipotes i di resistenza anti-greca. Proprio il timore di ripercussioni negative su questi incerti rapporti, po1tarono l' allora sottosegretario di Stato S forza a consultare Milne ai primi di mar:t.o e dispo1Te, contro il parere ciel brigaclier generale Achill.e Po1ta (allora nuovo comandante a Rodi) , che il repfuto fos se richiamato a Costantinopoli, che proprio in quei giorni veniva occupata da ingenti forze alleate. La stelta di evacuare la zona di Conia fu molto d ibattuta in sede governativa e militare italiana, soprattutto in funzione del peso che I' llalia poleva antora far valere agl i occhi degli Alleati. li ministro Sci aloja si opponeva al ritiro, giudicandolo atto cli debolezza. Di diversa opinione era Nitti. Per lui il gesto di arretrare , a fron te cli un risparmio finanziario, poteva dimostrare ai turchi le sincere aperture dell'Italia , unica Potenza alleata d isposta a ritirare i suoi uom ini. L'elemento curioso, a dir poco grottesco, fu tuttavia che da un lato Roma si faceva vanto de l ritiro dei suoi uomini per distinguersi da Parigi e Londra, mentre clall ' a ltro insieme acl esse, seppur in modo secondmfo, partecipava in quei giorni all'occupazione completa della capitale ottomana a scopo di rappresaglia. In ogni caso la scelta era stata presa. Le truppe italiane partirono eia Conia via ferrovia in 3 scag lioni rispettivamente l' 11 , il J2 e il 13 marzo 1920; su.I Bosforo vennero in tegrate al llI battaglione ciel 62° reggimento Sicilia , per costituire il 21 aprile il 313° reggime nto fanteria su due battaglioni , messo agli ordini ciel colonnello Enrico Rol letto, che continuò a partecipare alr occupazione alleata della c ittà.75

1•

v .Gallinari,op.ci1 , p.159. ,s V. Gallinnri, op. cii. p . 160. 301



Capitolo Settimo Le Commissioni interalleate dell'autunno 1919 l LAVORI CONGIUNTI PER LA DEMARCAZIONE DELLA LINEA TITTONJ-VENIZELOS 1 Ai primi di settembre iniziarono ì primi seri contatti riguardanti la definizione della linea Tittoni-Venizelos, che in luglio era stata deliberata durante i lavori della Conferenza della pace di Parigi. li generale Milne il 1° settembre inten-ogò Elia sulla possibilità che i greci stabilissero in via provvisoria un posto di sorveglianza, per la protezione ciel tronco feiTOviario tra Aiasoluk e la stazione di Balachik, da collocarsi entro la fascia di zona neutra, che correva a Sud della ferrovia stessa. Elia ritenne ragionevole accettare la richiesta dell'inglese, tuttavia il Comando Supremo (viste le successive richieste cli Milne) giudicò l'apertura del generale italiano pericolosa per il collocamento dei posti greci a Sud della ferrovia cli A idin. Ciò avrebbe potuto pregiudicare le pretese italiane, sia sul controllo dell'importante linea Aiclin-Egerclir, sia per l'occupazione della vallata del Grande Meandro. I greci sarebbero stati così autorizzati a mettere piede al cli là della ferrovia, proprio nella regione cli Scalanova, che tanto interess~tva agli italiani. Il ministero degli Affari Esteri e quello della Guerra erano a ogni modo competenti a giudicare l'operato di Elia, che non dipendeva più dal Comando Supremo. Venne deciso che a questo punto il comando di Rodi come contropartita, collocando qualche distaccamento nelle vicinanze delia ferrovia, avrebbe potuto con la sola presenza dei militari italiani provvedere alla sicurezza della linea, anche senza doversi impegnare in conflitti con le bande turche, che almeno sino a quel momento non avevano dato la minima molestia ai presidi del Corpo cli Spedizione.2 Ecco quindi che il 4 settembre il colonnello di Stato maggiore inglese Anclerson comunicò al tene.nte colonnello Ferrari, comandante del 34° reggimento fanteria, che il confine provvisorio cli cui si accennava negli scambi orientativi era quello che gli aveva indicato sulla carta in occasione della sua visita a Scalanova. Precisò anche che in base agli accordi della convenzione era deciso che la linea di confine tra la Vecchia Efeso e il fiume Mushluk Dere dovesse essere «fissata sul terreno dai Governi Greco e Italiano in maniera da permettere alle truppe greche di proteggere la ferrovia da un improvviso attacco» e che la linea così fissata dovesse seguire la ferrovia a «una distanza di 600 metri» eia essa. In relazione alla citata decisione del "Consiglio dei Quattro'' il generale Milne era dell'avviso che il tracciato della linea di demarcazione in questione venisse riconosciuto e fissato al più presto possibile, e propose A USSME, E-3 , b. 5, f. 5/4 a-b. Relazioni del colonnel lo d i stato maggiore Carlo Bergcra, delegato ital iano per i l tracciato del terreno sulla l inea di demarcazione tra le occu pa1..ion i greca e italiana in Anatol ia (l inea T ittoni-Vcni ze-

1

los) del 14-24 settembre e l 1-22 ottobre 1919. 2 AUSStvlE, E-3, b. 8 , f. 8i3 e, promemoria del Comando Supremo ciel 19/9/1919. 303


quindi, che tale ricognizione dovesse essere eseguita da un ufficiale greco e da uno italiano in una data abbastanza vicina e che vi dovesse assistere, se a ciò avessero acconsentito ambedue le parti interessate, un ufficiale britannico.3 M ilne era preoccupato perché il tratto di ferrovia da Smirne ad Aidin poteva essere oggetto di attacchi da parte di forze turche in direzione Sud-ovest, con lo scopo di interrompere le comunicazioni tra le due località. In relazione a ciò, il comando inglese aveva ricevuto alcune informazioni (da fonte, però , sulla quale non si poteva fare affidamento troppo sicuro), dalle quali sarebbe risultato che nella zona Sokia-Scalanova-Azizié si stessero organizzando e concentrando bande irregolari, il cui scopo sarebbe stato un attacco alla feffovia. Si richiese quindi la massima collaborazione al comando italiano nel reperimento cli informazioni in proposito. Oltre a ciò emerse l'interesse inglese a sollecitare anche l'individuazione di una linea cli confine con i turchi, oltre la quale non dovessero essere distaccamenti dei presidi italiani, e un'altra linea più ampia, che segnasse invece il limite delle residenze italiane all'interno. Elia, con solito piglio fermo ma risoluto, rispose il 12 precisando che le istruzioni ciel governo italiano limitavano il compito delle truppe al suo comando nella zona di occupazione al mantenimento dell'ordine pubblico, inteso in senso ristretto. Per questo si sarebbe attenuto alle dichiarazioni già fatte dal suo predecessore, generale Bongiovanni in un colloquio con lo stesso Milne. Una diretta azione italiana contro truppe e bande turche in lotta con i greci avrebbe ecceduto dal compito assegnato e quindi era da escludersi. Ribadì quindi. che non avrebbe potuto accettare, per le sue truppe dislocate sulla linea di demarcazione, la responsabilità d'impedire un'azione turca da quella regione contro i greci. Aggiunse anche , che la limitata entità delle forze italiane in quel l'area e la dislocazione, che esse avevano dovuto ass-uinere per esigenze logistiche e sanitarie, non avrebbero permesso la garanzia d'un efficace vigilanza. Concluse, sentenziando, che allo stato di fatto l'indole delle operazioni militari, che sarebbero occorse per assicurare la linea indicata da offese di bande, sarebbe uscita dai limiti che gli erano imposti dalle istruzioni ricevute da Roma. Per il resto mantenne la sua disponibilità a collaborare a tutte le altre questioni . Era proprio per il senso di responsabilità e di pacificazione, che contraddistingueva ìl s uo comando, che si era affrettato ad aderire alla richiesta fattagli il l O settembre, ammettendo che, anche entro la zona neutra dei 600 metri, fossero provvisoriamente stabiliti dei posti di vigil.anza greci, per facilitare la difesa immediata della ferrovia, della quale essi erano gli unici responsabili. Non aveva neanche nulla in contrario a che questi posti greci, sempre nella zona dei 600 metri, potessero eventua1mente essere da essi rinforzati. Per quanto riguardava le s ue competenze «il ponte s ul fiume Meandro a sud cli Aidin essendo presidiato da truppe italiane si può virtualmente considerare come difeso da un attacco eventuale di bande turche» .4 Tuttavia la rete di agenti italiani ' AUSSME, E-3, b. 5 , f. 5/4 c. lettera di Anderson dell'8/9/l 9 19. "AUSS ME , E-3, b 5 , f. 5/4 e, lettera di Eli a del 12/9/19 19.

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avrebbe collaborato, avendo lui richiamato l ' attenzione dei presidi dislocati nell.a regione sulle informazioni relative all'organizzazione e al concentramento di bande irregolari nella zona Sokia-Scalanova-Azizié. Sarebbe stata premura del comando di Rodi di comunicare all'omo logo inglese qualsias i notizia potesse interessarlo ariguardo . A seguito dj queste intese al ve1tice, il 6 settembre il generale John D uncan, capo di Stato maggiore di Milne, dopo aver visitato iI fronte restò a Smirne due gio rni, per poi ripartire per Costantjnopo li. Passando per Aiasoluk parlò con il tenente colonnello di Stato maggiore D . D. Haskard e qui a nome di Milne infonnò il colonnello Anderson che era de ll a massima urgenza procedere alla delimitazione del le rispettive zone tra ita liani e greci e tra truppe otto,mme e q uelle ital iane dislocate in Asia Minore. Sarebbe stato bene che gl i italiani nominassero un ufficiale superiore come delegato per un tavolo di discussione , cosa che in teoria sarebbe stata d i competenza dell'ufficio del tenente colonnello P ietro Ferrari. comandante del 34° reggimento di fanteria. Anderson aggiunse che anche il comando greco desiderava corrunciare presto e quind i occorre va inoltrare al più presto l'ordine per l'inizio de i lavori . Ecco quindi che per gli jnglesi appariva fondamentale sapere, per le comunicazioni di rito, se l'operazione sarebbe stata svolta per l'Ital ia direttamente da Fe1Tari o da un suo subalterno ed eventualmente se fosse stata necessaria la partecipazione cli Haskarcl come assistente. Nel frattem po, sapendo che g ià erano stati avviati alcuni lavori tra il comando italiano di Scalanova , lo stesso Haskard e un uffi ciale greco delegato dal comando ellenico di Aiasoluk , Anderson telegrafò perché fossero sospese le trattative in atto , fino a quando non s i avesse una commissione apposita con delegati nominati ad hoc dai rispettivi comandi.5 Anderson, per maggiore chiarezza e per accertarsi che tutti gli interessati fossero a conoscenza dell e direttive in man iera inequivocabile, fece presente che nella convenzione siglata tra Venizelos e Tittoni e approvata dal "Consigli o dei Quattro" in relazione alla linea omonima (che da parte italiana era giudicata provvisoria). era stabili to che la delimi tazione del confine tra La Vecchia Efeso e il fi ume Mushisk Dere sarebbe stata fissata sul terreno dai govem.i greco e italiano con una linea che avrebbe seguito la fen-ovia a una distanza di 600 metri da essa, in maniera da permeuere alle truppe greche di proteggere la fe1TOvia da un improvviso attacco.6 Una volta informato de ll ' iniziativa, Elia, consapevole dell'atteggiamento molto più aperto di Bongiovanni verso Milne, rispose di come solo in quel fra ngente veniva informato del colloquio che g li inglesi avevano avuto con il suo predecessore, chiarendo come egli fosse alJ 'oscuro che la Conferenza di Parigi avesse dato l' incarico al comando britannico di stabilire una linea di demarcazione, tra greci e turchi oppure ' AUSSì'vlE. E-3. b. 5, f. 5/4 a. tclegrammu di Carossini inviato a comando Corpo d i Spediz ione del AUSSME. E-3. b. 5. f. 5/4 a. lettera del colonnello Andcrson dcll'8/9/l919.

10/9/1919.

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fra le truppe italiane e quelle turche. Nel primo caso egli si dichiarò assolutamente irresponsabile, mentre per la seconda rispose che non si sarebbe potuto fissare , sia perché le truppe regolari turche stavano continuando a mantenere i presidi nelle località soggette all'influenza italiana, sia perché nello stato attuale di agitazione del paese, siffatta demarcazione avrebbe avuto uno scopo puramente accademico. Uno stud io del genere se fattibile in agosto, console Bongiovanni, in quei fra ngenti molto turbolenti sarebbe stato inutile e fuorviante. A ogni modo Elia dichiarò di rimettersi alle decisioni del proprio governo, a cui avrebbe chiesto istruzioni, nonché chiesto ulteriori informazioni direttamente ai presidi considerati. Elia riferì come l'ufficiale di collegamento Haskarcl gli avesse fatto comprendere che sarebbe stato utile fissare i limiti della zona d'influenza, considerando i limiti dei presidi e delle residenze, secondo le aspirazion i italiane. Egli però replicò che nella provvisorietà della situazione, le occupazioni rispondevano solo a un concetto di mantenimento cli ordine pubblico, sottolineando che la temporanea «occupazione o non occupazione» italiana non significava necessariamente un'aspirazione o rinuncia. Il generale italiano agì in questo modo, convinto che un' azione più pragmatica e quindi impegnativa fosse cli danno all'impiego italiano. 11 Comando Supremo condivise l'agire e le osservazioni del comandante del Corpo cli Spedizione, però ritenne opportuno informare Elia (ribadendo le istruzioni cli Tittoni) come nella seduta del 18 luglio, la Conferenza della pace avesse stabilito che venissero fissati dei limiti di demarcazione fra le occupazioni italiana, greca e turca in Anatolia? Lo stesso Diaz accolse la posizione cli Elia sull'impossibilità di determinare una demarcazione, perché la missione cli mantenimento cieli' ordine pubblico impediva una collocazione stabile e precisa, tuttavia le decisioni di Parigi erano verso la demarcazione, quindi appariva necessario trovare una soluzione. In questo modo quindi su richiesta ciel generale Milne ci si accordò per organizzare in tempi brevi dei lavori congiunti italo-greci , con l'ausilio, vivamente raccomandato, della presenza di un arbitro inglese. Da parte italiana la candidatura cli Ferrari decadde quasi subito, in vista del suo rimpatrio e venne nominato da Elia in via definitiva il più abile colonnello di Stato maggiore Carlo Bergera. Il 12 settembre egli partì eia Rodi con la Sagittario per Scalaoova insieme con i due tenenti Vittorio Tassinari e Carlo Miglforini, un interprete e un fotografo. Per ordine della Sezione militare della delegazione italiana a Parigi, l'oggetto della limitazione del)' occupazione greca a Ovest cli Aiasoluk doveva esse.re la strada Aiasoluk-Scalanova fino all'incontro con il fiume Selenus, questo fino alla confluenza con il fiume Meandro e questo fino al mare .8 La sera ciel 13 la delegazione giunse a Scalanova e qui Bergera conobbe il tenente colonnello Haskard, ufficiale cli collegamento del comando avanzato britannico di Smirne ' AUSSME , E-3, b. 8 , f. 8/3 b, promemoria d i Guz:wni cieli' I 1/ 10/ 1919. ; AUSSME, E-3. b. 5, f. 5/4 a , lettera di Guzzoni del 13/9/ 1919.

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Il colonnello Carlo Bergera

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con il comando italiano del settore di Scalanova. Il mattino seguente Haskard pose i desiderata dei greci in relazione ai lavori sul tracciato e in particolar modo sulJa protezione della ferrovia di Aidin: occupazione di parte delle colline cli Efeso, ove erano gli italiani; occupazione di alcune coli ine a Sud di Azizié; occupazione di alcune collìne a Nord di Naibli. Benché l' ufficiale inglese mostrasse sulla catta le richieste greche, Bergera si riservò di visionare sul campo la fattibilità delle concessioni. Nel frattempo si attendeva anche di conoscere il nome del delegato greco e cli quello britannico , assistente ai lavori. Bergera pose subito come elemento fondamentale la tracciatura ciel fiume Selenus, ormai inesistente, ma che rappresentava però il punto di riferimento secondo gli accordi precedenti, per la delimitazione delle due zone a Ovest di Aiasoluk. Nella giornata ciel 14, sia i due tenenti italiani sia Bergera fecero alcuni sopralluoghi approfonditi sul campo. Oltre al rilievo ciel fiume Selenus e il suo congiungimento con la strada Scalanova-Aiasoluk, la ricognizione più importante risultò essere quella compiuta sulla collina di Efeso , dove era il distaccamento italiano con bandiera. Posizione ben scelta e molto importante, sotto tutti i punti di vista, per l'occupazione ciel Corpo di Spedizione. In proposito il professor Maiuri, della spedizione archeologica italiana , in agosto aveva espresso la convinzione che Efeso dovesse rientrare nella zona italiana, per l'alto valore storico e artistico e per la testimonianza, attraverso le sue rovine, della civiltà romana in Asia Minore. Il 15 venne comunicato da Haskard il nome del delegato greco, colonnello Theodore Contos, comandante delle truppe greche cli Aiasoluk, e che lui stesso era stato accettato dal quartier generale greco come assistente inglese. Da lla documentazione inglese emerse come l'oggetto dei lavori fosse il solo tratto ferroviario tra Aiasoluk e Dermengik, mentre Bergera chiese, citando il pensiero di Milne, di esaminare l'intera Linea Tittoni-Venizelos. Haskarcl non ne risultò convinto e incalzò ancora l'italiano con i desiderata greci, per sapere se l'omologo Contos potesse porgergli tali domande. Sin eia subito vennero notati eia Bergera i differenti propositi, i discordanti intereressi delle parti e l'ambigua posizione cli Haskarcl, che in sua difesa accusava gli italiani di aver capito male i propositi dei lavori e che spronava a chiedere ragguagli a Smirne o a Rodi. Ecco quindi una sorta cli gioco delle parti: se gli italiani volevano a.llargare più in generale il discorso sull ' intero tracciato (come del resto era nelle disposizioni di Milne), gli inglesi e i greci cercavano invece di circoscriverlo solo a quello che più gli premeva. L' inglese chiese con insistenza di rispondere, anche in linea di massima, nell 'intento di procedere subito con la trattazione della questione cara agli ellenici. Bergera rispose che avrebbe ritenuto necessario prima fissare tali desiderata sul terreno, e non fare subito una formale r iunione di lavoro con il delegato greco, se non dopo un primo incontro cli conoscenza per lo scambio delle credenziali, ma soprattutto, per intendersi sull'entità dei lavori da fare , data la divergenza d.i vedute sull'estensione di essi. Era da chiarire innanzitutto se l'autentica interpretazione del lavoro da svolgere fosse la posizione italiana oppure quella greca (che poi coinci308


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Schizzo della commissione per la zona cli Aiasoluk

deva con quella inglese). Haskard, non riuscendo a convincere l' italiano, accettò di aggiornare la discussione al giorno 16 con una ricognizione sul terreno di tutta la linea fe rroviaria. In questa circostanza vennero presentate concretamente le richieste greche, ma, benché Bergera si fosse fatto un'idea precisa della situazione, non si volle espri mere in modo definitivo. Anche il giomo 17 venne dedicato alle ricognizioni e in questo caso Bergera rispose negativame nte, perché egli fu dell ' idea che gli el lenici avessero solo di mira a estende re l'occupazione sotto il pretesto della difesa de lla fenovia. Il 18 Senni , delegato italiano a S mirne dell'Alto commissario Sforza,si diresse a Scalanova per parlare con Bergera di varie questioni, che esulavano dalla sua mi ssione specifica. Con l'occasione iJ colonnello espose il suo operato nella questione della delimitazione e Senni g li accordò piena comprensione con l'assicurazione di essere egl i stesso ciel medesimo avviso circa l'ampiezza della linea du del imitare. TI generale John Hanbury-Williams, affiancando i l colonnello Anderson a Smirne, chiese tramite Haskard a Bergera se si potesse combinare un incontro a Scalanova, cosa che venne fi ssata per il 19. Quella mattina alle 8 Hanbury sbarcò a Scalano va con un capitano segretario e venne ricevuto alla banchina claJlo stesso Bergcra. Il benvenuto si svolse con cordia lità e per espressa volontà dell' inglese si postic ipò l'incontro vero e proprio a metà mattina, perché il generale avrebbe dovuto prima parlare con iJ connai ionale Haskard. Alle 10:30 Bergera raggiunse gli inglesi insieme con i due ufficial i ita309


lian:i suoi collaboratori e vennero iniziate le conversazioni, affrontando subito le estensioni dei poteri attribuiti, secondo le interpretazioni italiana e inglese. In questa circostanza Haskard precisò che il comando italiano aveva male inteso gli ordini di Milne, che secondo lui aveva fissato i lavori alla sola ferrovia Aiasoluk-Dermengik. Hanbury si espresse in proposito, chiedendo a Bergera cosa ne pensasse delle richieste greche. Il colonnello italiano in forma pacata espresse la sua opinione prudente in proposito, già per altro nota ad Haskard, e sembrò trovare in questo accordo con Hanbwy. Questi, dopo aver invitato a pranzo la delegazione italiana, ripattì nel pomeriggio . Nel frattempo alle ore 13:30, come era stato in precedenza convenuto, ebbe luogo la prima riunione regolare con il delegato greco colonnello Contos, presso la sua abitazione ad Aiasoluk. Durante la seduta Bergera osservò una studiata incertezza di Contos , forse ordinatagli, con l'evidente proposito di temporaggiare, dare risposte evasive, fare puntualizzazioni speciose e notò come né lui, né il suo segretario inter prete tenente Spiros Scordillis prendessero appunti , mentre Haskard fissò per iscritto solo alcuni passaggi. Viceversa il segretario di Bergera, il civile Francesco Corletti , per s uo espresso ord.ine, trascrisse tutto, così poi eia poter permettere al colonnello di redigere personalmente la minuta del verbale, che poi inviò al comando di Rodi , e che invece in alcuni punti venne contestata «sulla dizione» dagli ellenici. Benché la delegazione itali ana disponesse di carte topografiche non molto adatte per prendere in adeguata considerazione i desiderata dei greci, Bergera rispose negativamente al primo quesito, mentre chiese - per evitare malintesi - che Contos specificasse e individuasse s ul terreno l'oggetto del contendere, utilizzando dei pilastrini sul ten-eno («construire des petites piliers») per indicare con precisione la linea che desiderava raggiungere. A Bergera rimase impresso questo passaggio, tanto da ricordare il termine greco <<stilos» per identificare i pilastrini. Contos fece capire di aver compreso le condizioni dell'italiano e promise per il g iorno successivo l'esecuzione del tracciato con i segnali, ma ciò non evitò quei malintesi linguistici che, una volta messo tutto nero su bianco , emersero tra le due delegazioni, creando la dizione "Bergera" e quell.a "Contos".9 L'esame del tratto di ferrovia da Belagik a Dermengik, fatta dall'italiano nella ricognizione del 16 settembre, lo aveva convinto (e Haskarcl si era mostrato d'accordo) che la linea dei 600 metri era lì sufficiente per la difesa della ferrovia . La logica conseguenza sarebbe stata che in tale tratto, i greci avanzati in zona di diritto italiano, perché al dì là della linea dei 600 metri, dovessero ritirarsi s ulle loro posizioni . Bergera fece subito capire il suo proposito, dichiarando volervi mettere alcuni posti italiani, in pieno accordo con il comando del settore cli Scalanova. Esso gli «rappresentava che la nostra occupazione (d'altronde ben legale) cli Ereskici, dove ora è quella abusiva dei greci, parecchio a sud della linea dei 600 metri, [ ...avrebbe potutoJ far tornare ai loro tetti qualche migliaia di profughi turchi, scappati all'invasione greca». 10 9

J\USSME, E-3 , b. 5, f. 5i4 a, rclaz.ione cli Bergera su i lavori dal 14 al 24 settembre 1919, pp. 7-8 . AUSSME, E-3, b. 5, f. 5/4 a, relazione di Bcrgcra su i lavori dal 14 al 24 settembre l9l9, p. 8.

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Su q uesto punto in seduta Bergcra chiese esplicitamente risposta scritta. NelJ'esaminare la minu ta del verbale per le correzioni, Contos , che non volle mai meltere nero su bianco la risposta , pregò , a scopo di propria giustificazione, di aggiungere in parentesi che non aveva capito si trattasse di risposta scr itta, essendo convinto che Bergera si fosse limitato a volerla solo a voce . Di fro nte a tale comportamento sordo, la delegazione italiana si espresse in fo rma negativa sulle rimanenti richieste greche. I lavori venne ro aggiornati al 20 pomeriggio per la seconda seduta. Bergera , diffidando delle promesse greche, volle subito notizie se fossero stati fissali i «pilastrini sul terreno», come da lui richiesto il g iorno precedente e gli venne risposto in modo affermativo . A quel punto propose di passare alle decisioni sul fiume Sele nus , promessegli nella prima riunione, ma Contos gli disse che a seguito di nuovi ordini non si doveva più fare la delimitazione a partire da Aiasoluk , ma dovevasi cominciare solo a pa11ire da alcuni chilometri più a Est, cioè alla curva di fronte a Seitan A lan. Sentitò ciò, Bergera cadde «dalle nuvole per la novella sorpresa ellenica!» .' ' Anche in questa circostanza egli chiese con insistenza un documento scritto che ce1tificasse le volontà greche, cosa che subito Contos fece compilare dal suo segretario, continuando a negare invece forma scritta per quello di c ui si era parlato fin ad allora. Bergera dovette constatare una profonda mancanza di presa di responsabilità da parte dei greci, anche pe rché Contos, dichfaratosi incompetente a d iscutere sul tratto a Est del Musluk Dere (di massima importanza per gl i italiani), non si preoccupò di fornirg li il nominativo del delegalo incaiicato. A questo punto Haskard propose di deferire come arbitrato le decision i a un inglese sostituendosi ai delegati greco e italiano, uscita che venne presa da Bergera come una provocazione più che come un 'ipotesi fattibile. In questa circostanza Bergera ebbe sempre più la conferma che la delegazione ellen ica (e per gioco delle p arti anche l'arbitro inglese) volesse subdolamente eludere con sotterfugi interpretativi lo status quo della regione tra Aiasoluk e la Vecchia Efeso, per marcare stretto solo su ciò che faceva comodo ai greci. In questo contesto gl i interessi ellenici e britannici apparivano convergenti: mantenere confusa e equivoca la linea d i demarcazione per avere la possibilità, quando la crisi con la popolazione musulmana fosse arrivata al suo apice, di spingersi in tetTitorio assegnato all'Italia in caso di scontri violenti con i turchi, per poi mettere di fronte al fatto compiuto Roma e magari sottrargli ten-eno. li 21 settembre Bergera inviò i tenenti Tassinari e Migliorini dal delegato greco Contos, con un triplice scopo: l) Portarg li la minuta del verbale della prima riunione per le eventuali coITezioni secondo le modalità indicate eia Bergera. In tale modo si sarebbe garantita l'esattezza del processo verbale di fronte alla notevole facilità riscontrata nel collega greco a g lissare su quanto non gli piaceva. La minuta riveduta e co1Tetta venne fatta esaminare anche ad Haskard. Contos propose alcune correzion i riferitesi all'estensione dei suoi poteri, e ciò fu accetrato dagli italiani, mentre quando 11

AUSSME, E-3 , b. 5. f'. 5/4 ,t, relaz.ioncd i Bergerosu i lavori dal 14 ,1124 settembro.: 19 19,p.9.

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propose delle correzioni sostanziali relative alla richiesta dei «pilastrini» , che egli disse avere compresa come richiesta cli «sentinelle», trovò la piena intransigenza di Bergera, che propose e ottenne quindi cli mettere a verbale le due dizioni, con nota esplicativa a piè cli pagina. 2) Chiedere se fossero stati messi i «pilastrini», così che i tenenti potessero andarli a verificare. 3) Avere le risposte scritte chieste in precedenza. Alla richiesta circa i pilastrini, venne loro risposto che anziché pilastrini erano state collocate «sentinelle», suscitando in essi un'accesa protesta, sentendosi presi in giro. Il tenente Scorclillis in primo luogo affermò che erano state colJocate sentinelle perché il colonnello Contos non aveva capito bene la richiesta. Aggiunse che furono collocate perché le sentinelle sarebbero state più visibili e poi perché la collocazione di sentinelle era più veloce che piantare segni nel terreno. Appena gli ital iani avessero fissato i pilastrini le sentinelle si sarebbero ritirate. Alle ore 11 Tassinari e Migliarini riferirono l'accaduto a Bergera, mentre questi si appresta va a pattire da Scalanova alla volta di Smirne per le questioni inerenti al nuovo servizio informazioni. Egli, ovviamente, restò molto sorpreso e indignato nel profondo dalle notizie apprese; comprese che le sentinelle potevano essere per i turchi una gravissima provocazione, essendo in fondo una nuova occupazione reale sul territorio, e quindi una possibile causa di nuovi incidenti, come subito avvenne. Per di più esse facevano fare una magra figura agli Alleati in genere e quindi anche alla politica e ai militari italiani. Bergera, non perdendo tempo, considerata la grave situazione che si era creata, scrisse subito a Contos una lettera di protesta, cui copia venne comunicata per conoscenza anche ad Haskard, per l'accaduto e per esigere quanto si era convenuto tra i due. l n essa Bergera con toni decisi ma diplomatici fece presente a Contos che

[ ...} si vous voulezfaire les petits piliers, bien: c'estpour votre in.térét. Si vous ne lefaitez [sic] pas, pour moi c'est indifferent. Les sentinelles que vous avez mises hier matin peuvent étre une provocation. le décline toutes responsabilités pour ce qui pourra en. ven.ù~ tandis que les sentin.elles ne seront pas été enlevées. [ ... ] «[ ...]se voi volete utilizzare i pilastrini, bene: è nel vostro interesse. Se voi non li volete utilizzare, per me è lo stesso. Le sentinelle che voi avete messo ieri mattina rappresentano una provocazione . Declino ogni responsabilità per ciò che potrà accadere, se le sentinelle non verranno tolte[ ...]» [T.d.a.] .12 In questa occasione il delegato inglese non si sentì. di dar torto all'italiano, non potendo però prendere posizione ufficiale. Il mattino del 22 settembre, Bergera inviò Mìglìorini e Tassinari sul terreno a Sud di Azizié dove trovarono un nuovo posto greco di 10 uomini con un sergente nella posizione già nota, oggetto del desiderio greco, e ne presero fotografie. Gli. elementi cli 12

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AUSSME, E-3, b. 5, L 5/4 a, lettera di Bergera a Con LOS del 21/9/1919.


tale posto dissero di non avere ricevuto ordine di muoversi al co.llocamen to di seg nal i neJ terreno , come aveva detto Scordillis, che attendeva l'invio dei pilastrini o bandierine da parte del suo comando. Essi aggiunsero al comandante della postazione itali ana antistante (di Kurfa li) che i posti erano stati col locati d 'accordo con il colo nnello italiano d i Rodi. Questa situazione non fece che contrari are ancora di più Bergera, che tra l) ltroa ogn i ulteriore richiesta d i risposte scritte, trovò la reiterata ignavia di Contos. Q uesti invece propose le note correzioni al verbale per giustificare il suo rifiuto di dare risposte scritte e aggiunse che non sapeva cosa g li italiani volessero così con insistenza per isc1itto. Nel pomeriggio del 21 Bergera si recò a Smirne per alcune questioni inerenti il servizio informazionj itaJiano della città. Prese contatto con Senni e con il te nente colon nello Eduardo G iordano, per definire le sn·ategie da adottare all'interno dell'ufficio d' in.telligence, retto da De Grenet; parlò con tutti gli ufficiali del presidio a partire dal comandante Monaco. li giorno seguente, accompagnato da Giordano, fece visita al generale Hanbury. All ' incontro, che durò un paio di ore, era presente anche il maggio re inglese Blake del servizio informazioni . Gli inglesi, avendo ricevuto una relazione di Haskard , si preoccuparono di affrontare alcune questioni logistiche e muovere domande diverse , specialmente sulla questione de i pilastrin i. Hanbury aggiunse che g li era stato riferito come Bergera avesse dato ordine a Contos di ritirare su tutta la linea Tittoni-Venizelos i posti greci entro la zona dei 600 metri, altrimenti avrebbe fatto attaccare questi presidi dagli italiani. Bergera negò quanto gli veniva attribuito e protestò energicamente contro tali asserzioni false e tendenziose, che screditavano la sua missione e identificavano i suoi interlocutori greci come persone false e inaffidabili. Per questo motivo Bergera volle ribadire l'i nterpretazione, a suo giudiz io autentica , delle istruzioni dj Mi lne, contro le faziosi fantasie di Atene. intanto il mattino del 23 settembre alle o re 8 i tenenti Tassinari e Migliorini portarono a Contos per le correzioni la minuta del verbale della seconda seduta, che doveva essere approvata. Le richieste di Haskard di cambiare due parole vennero accettate dagl i ital iani. Nel frattempo Contos comunicò a Tassinari e Migliori ni cli essersi d ispiaciuto che il colonnello Bergera si fosse turbato per l'affare delle senti nel le, giusti ficando il tutto come frutto di un malinteso. Comunque tutto si era sistemato: le sentinelle erano state tolte già la mattina ciel g iorno precedente, avendo egli impartito ordini in proposito già il 21 stesso. A ll 'obiezione del tenente Mig liorini , che asseriva aver visto il posto greco delle sentinelle in questione alle ore 10:30 (1 1:30 o ra greca) del giorno 22, in primo tempo Contos rimase sorpreso, poi disse che non s.i trattava di sentinelle, ma di uomini addetti al collocamento dei pilastrini . Gli ufficiali ital iani, presentando lettera di protesta formale famata da Bergera, pregarono l' ufficiale ellenico cli dare le varie risposte ~critte, più voJte richieste, ma mai ricevute . TI 25 Contos rispose alla lettera di protesta per i pilastrini, con una senza numero , dalla quale traspar iva la già nota malafede, più volte esternata. 3 13


Nel frattempo da Rodi Elia, benché comprendesse la situazione di disagio diplomatico in cui si era obbligati ad operare a causa della malafede degli Alleati e benché avesse chiesto l'intervento interpretativo a Milne, sollecitò prudenza a Bergera. Per quanto ritenesse giustificata nella sostanza certa risolutezza, essa poteva nella forma rappresentare dì ostacolo, anzi persino appiglio per i greci (e per gli inglesi) cli mancanza di volontà italiana verso la collaborazione. Per di più minacce cli far intervenire ufficialmente il governo di Roma e la conferenza di Parigi a riguardo avrebbe messo lo stesso Elia in condizione di imbarazzo , avendo in loco M ilne come referente responsabile dei rapporti interalleati: «mi rendo conto impazienza naturale dinanzi palese ostruzionismo ma faccio appello tutta sua calma per non fare gioco altra parte». 13 Nel pomeriggio Bergera tornò a Scalanova da Smirne; Haskard gli assicurò la disponibilità di un carrello ferroviario per le ore 6 del giorno successivo e così venne stabilito il sopralluogo con Contos. Il colonnello italiano fu accondiscendente affinché tale ispezione sì svolgesse a partire dal punto fissato dalle recenti limitazioni del comando greco, pur di concludere in fretta la sua missione senza ulteriori intralci. Il 24 mattina Bergera si recò ad Aiasoluk con Haskarcl e con i due tenenti italiani per l'appuntamento con il delegato greco, per partire tutti. insieme alle ore 6 in carrello per le rilevazioni convenute. Per i greci si presentò il tenente Scordillis e informò i presenti come Contos avesse ricevuto l 'ordìne , in cui gli veniva notificata la sua cessazione clall 'incarico cli delegato nella commissione della delimitazione. Per questo egli non sarebbe venuto all 'appuntamento. A questo punto Bergera, stanco cli questo ostruzionismo , chiese a Scorclillìs di ricevere subito da Contos una comunicazione scritta della cosa e che lo avrebbe atteso alla stazione di Aiasoluk. Il tenente greco ritornò alle ore 7:25 (ora greca) con la risposta del suo superiore, che non si riteneva tenuto a produrre nessun documento scritto sulla situazione, che si era venuta a creare. Nel frattempo dal capo stazione di Aiasoluk, Haskard ricevette un plico eia Smirne , ciel cui contenuto diede comunicazione a Bergera: l ' ufficiale inglese veni va richiamato in città .

In questo modo, alquanto brusco e sospetto, vennero sospesi i lavori, ma i delegati inglese e italiano vollero recarsi ugualmente con il carrello sulla Iinea e si spinsero fino ad Aid in, da dove rientrarono in mattinata a Scalanova. Aci Aidin trovarono una comunicazione che il comando greco aveva scritto in data 23 alle ore 23:40 e successivamente recapitato tramite il posto italiano di Efeso. Bergera era convinto della sua missione, purché conscio del]a necessità di prudenza, costanza e soprattutto di energia irremovibile, considerato gli interlocutori con cui aveva a che fare. Il 25 settembre Bergera, mentre i suoi ufficiali preparavano gli originali dei verbali delle riunioni fatte , si recò a Sokìa, Kocharli, Buyuclu e Begarassi. La sera del 25 Haskarcl firmò come assistente i verbali e il 26 partì per Rodi via Smirne. 11 26 Bergera in persona portò a far finnare gli originali dei verbali al delegato greco, dal quale si cont:, AUSSME, E-3, b. 5, f. 5i4 a, telegramma di Elia del 23/9/1919.

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Zona esaminata dalla commissione di deli111irazione

gedò con la massima cordial ità. Del verbale furono redatte tre copie, una per il delegato italiano , una per quello greco e una per quello inglese, che per espressa richiesta di H askard, venne inviato a Smirne al generale Hanbu ry in data 26 settembre tramite corrie re speciale, nella persona del tenente Migliorini . Il mattino de l 27 alle ore 7 con il Mas 26 Bergera lasciò Scalanova, via Samo e Cos, e rientrò a Rodi alle ore 2 del giorno 28. La notiz ia, che i lavori si fossero arenati senza produrre nulla d i concreto, non ve nne grad ita da Mii ne, che si premurò di contattare con urgenza i comandi italiano e greco, per sollecitare entro la fine del mese la conclusione del compito affidato. In caso contrario egli avrebbe dovuto prendere provvedimenti, rappresentando tale diffi coltà alla Conferenza della pace di Parigi, promotrice della risoluzione riguardante la delimitazioni delle zone di occupazione . Il 25 settembre nel l' informare le autorità italiane a Costantinopoli sulla necessità di trovare un accorcio, il generale Mii ne pregò il colonne llo Vitale di volersi interessare . nella sfera delle sue attribuzioni , affinché raccordo fosse raggiunto al più presto.1·1A Roma la richiesta dell'inglese non poteva che essere ben accettata, considerato che la faccenda si era arenata per motivi non addebitabili alla parte italiana .15 Per pronta risposta, Bergera fece intendere che oltre alle difficoltà tecnkhe, bisognava ve"AUSStvl E. E-3, b. 8 . f. 8/1 a. promemoria di Guzzoni a Comando Supremo del 30/9/1919. AUSSME, E-J . b. 8 . f. 8/ 1 a. telegramma di Vicale del 26/9/ 1919.

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3 15


dersela con l'atteggiamento greco cli voler «mangiar terreno». Dello stesso tono fu Elia, sempre molto sospettoso. In assenza di una mancata intesa in Anatolia, le possibili ripercussioni decisionali alla Conferenza della pace sarebbero state sfavorevoli agli italiani: «ritengo essenziale che una delimitazione fatta a Parigi su carte imperfette e che si prestano ad equivoci, cioè a fare il gioco dei greci, venga a compromettere la nostra situazione». ' 6 Comunque fossero andate le cose, per il comando di Rodi le posizioni ciel Corpo di Spedizione sarebbero state di sicuro meno difendibili. Da come si profilava la situazione , risultava che la linea di demarcazione tra delimitazione italiana e greca sarebbe andata a coincidere all'incirca con la linea provvisoria, stabilita a Parigi dopo i fatti di Aidin, e dopo che i greci avevano messo piede in territorio prima assegnato agli italiani . Si sarebbe così ratificato «il fatto compiuto>> da parte dei greci, a danno della «nostra correttezza dell ' occupazione» . 17 La situazione non appariva così conclusa, ma lo stato cli cose non soddisfaceva neppure Atene o Londra. Come previsto quindi il 5 ottobre il servizio informazioni italiano di Smirne ricevette dal comando avanzato britannico un telegramma di Mii ne diretto a Elia e a Nider:

Vista la differenza di opinioni tra il rappresentante greco e quello italiano suLla questione della delùnitazione delle zone presso le Vecchia Efeso, est stato riferito a Parigi per le decisioni del caso stop Est desiderabile che il rimanente della linea di separazione dei due eserciti sia fissata stop Desidero pertanto che i rappresentanti dei due eserciti conferiscano insieme afjìnché essi .ftssino il limite dal miglio cinquantuno e mezzo della.ferrovia Smirne-Aidin.fìno al punto dove il Mushluk Deresi attraversa la ferrovia stop Dalle istruzioni a Parigi risulta che la linea che segue il lello del ruscello Meshluk e il Meandro, che est una linea ben de.finita, dffficilmente può essere intesa in senso diverso stop 18 Con questi propositi la trattativa doveva ricominciare da dove si era bloccata, con gli stessi protagonisti, ma con uno spirito che, almeno nei propositi di Parigi e di Milne, doveva escludere yuell 'atrnosfera di diffidenza e voluto equivoco, che fino ad allora erano regnati. Risultò rilevante la risposta di Elia, che in maniera esplicita , ma pacata, illustrò la condotta ineccepibile del delegato italiano, sia per le capacità dimostrate, sia perché investito dei poteri necessari alle decisioni del caso, a differenza invece di quello greco che, per mancanza di autorità e di decisionismo, si era dimostrato inadeguato. Soltanto lui poteva essere giudicato come un ica causa del rallentamento e dell'insuccesso delJe sedute. Nelle parole di Elia emerse come solo un 16

AUSSME , E-3, b. 8, L Sii b, relazione di El ia del J"/1 0il919. AUSSME , E-3, b. 8 , f. 8/ 1 a , promemoria di Guzzoni ciel 5/J0/1919 . '~AUSSME , E-3, b. 5, f. 5/4 b, allegato l. In alcune traduzioni del telegramma è ripo1tato «[ ..] diffici l111enle può susci tare differenze cl i op inioni». 17

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Delimitazione della linea di demarcazione

uffici ale ellenico con pari poteri e capacità diplomatiche a quelli dell'omologo italiano avrebbe potuto contribuire a risolvere il tutto, in fretta e con successo . 19 Anche TiLtoni si espresse sulla ripresa dei lavori. Mostrando ottimismo , puntualizzò che lo spirito italiano doveva basarsi su alcuni principi fondamen tali:

Mi sembra invece indispensabile riconfermare ad Elia che nostre truppe debbono assolutamente astenersi tanto nella zona di Aidin cmne soprattutto in quella di Konia dall'intraprendere qualunque azione contro bande turche siccome specialmente avverrebbe seguendo i criteri generale inglese Mi/ne. [. .. / la distanza di 600 metri deve essere intesa quale "media" e non in senso assoluro, nonché di raccomandare ai rispeuivi coma11da111i di voler portare nello stabilire linea sul terre no uno spirito conciliante .20 Intanto la sera de l 9 Bergera, riconfermato nell ' incarico da Elia, partì da Rodi con il cacciatorped iniere Bersagliere per a1Tivare l' indomani a Scalanova, accompagnato da Tassinari quale segretario, il maggiore dell ' lstituto geografico militare Silvio Govi, l' interprete Alì Rizà. un fotografo e Haskard . L'ob ietti vo della missione era quello di riprendere i lavori , inten-otti jl 24 settembre per volere del governo greco, ma H askard venne informato con sorpresa tramite il servizio infom1azioni ital iano di Smirne della sua sospensione dal l' incarico per ordine di Hanbury, <<perché sta ai delegati appianare le loro divergenze». 21 Jn questo modo il comando inglese seppe sganciarsi da questo ingombrante arbitrato, lasciando ai sol i delegati italo-ellenici la responsa''' AUSSMG. E-3. b. 5. r. 5/4 e, allegmo 4 1. AUSSME. E-3 , b. 5. f'. 5/4 c. allegalo 5 . lt AUSSME. E-3. b. 5, L 5/4 b. allcg~lo 7.

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bilità e gl i oneri del loro operato, con un invito, che aveva il sapore però di arguzia diplomatica: «regolare punti differenza essi stessi et che devono insieme per ottenere accomodamento amichevole» .22 Nel frattempo l' 11 Bergera contattò Contos a Aiasoluk per informarlo sulla pronta ripresa dei negoziati. In serata gli porse visita, recandosi insieme a Govi presso la sua residenza, così da presentare il connazi.onale e le sue mansioni di cartografo. Nel colloquio con il greco i toni furono cordiali. Contos esternò stupore per il ritiro di Haskard, con il quale solo la mattina aveva ancora confrontato le idee per la ripresa dei colloqui, e presentò alla delegazione italiana il suo collaboratore, il tenente di artiglieria Giorgio Ghenadis, dello Stato maggiore del Corpo d'Annata del generale Nider, mandato da Smirne per l'occasione. Il primo incontro della nuova sessione dei lavori venne fissato per il giorno seguente alle ore 8. Con ca1Tel10 la delegazione, composta da Bergera, Contos , Govi, Scordillis, Ghenadis, Tassinari, l'interprete Corletti e un fotografo, partì da Aiasoluk verso il 51 miglio e ½, ma Contos chiese subito al collega italiano di proseguire e iniziare la ricognizione anziché dal!' estremo occidentale, dall'estremo orientale, cioè dal Mushluk Dere verso Aidin. A prima vista la cosa apparve indifferente a Bergera, che non trovò motivi per rifiutare la richiesta, ma poi comprese, avendo la notte precedente ricevute notizie su possibili attacchi colà delle bande turche, che la vera i ntenzione del greco fosse quella di sfruttare la presenza della delegazione italiana per altri fini. Ecco quindi che an-ivati al punto occidentale del tratto in questione, Bergera espresse motivazioni di tempo e propose di iniziare da lì, trovando tutti d'accordo. Durante il sopralluogo sul campo Bergera notò una certa an-endevolezza della delegazione greca, preoccupata di «perdere terreno», quando aveva ricevuto ordine superiore di avanzare e di non ritirare altri posti. A conclusione della mattinata Bergera fu invitato dai greci all'Ephesus Hotel per un vero e proprio pranzo di rappresentanza, dove intervenne anche Harkard, che aveva in precedenza con insistenza consigliato all'italiano di accettare l'invito. Il 13 ottobre venne speso per la compilazione ciel verbale del giorno precedente, per la messa in opera di Scordillis di 12 pilastrini e per l'invio di Govi a rilevare il corso del Piccolo Meandro e del terreno a occidente di Aiasoluk. In questa zona il maggiore ebbe anche la disavventura, insieme al personale di truppa e ai rematori civili che lo accompagnavano, di essere preso a fucilate da un posto greco su un'altura del Meandro, senza però conseguenze. Il giorno 14, di buon ora, la delegazione si recò aAiasoluk. Per prima cosa venne letto e firmato il verbale dell'incontro precedente, poi iniziò sul terreno una verifica molto zelante (e per questa molto apprezzata da Bergera) da parte di Govi dei 12 pilastrini che ormai segnavano inequivocabilmente la linea e che per espressa richiesta di Bergera sarebbero stati «fissati sul terreno, datati e dipinti di bianco così da essere ben visi.bili» [T.d.a.) .23 L'italiano 12

AUSSME, E-3, b. 5 , f. 5/4 h, allegato 8.

,,i AUSSME, E-3 , h. 5. f. 5/4 b, al legato 13, verbal de la quatriéme réunion du 14/10/J 9 I 9 , p . 2 e allegato 16. 3 18


I membri della com m issione italo-greca: (da sinistra) un ufficiale greco, un soldato iralia110, un ujficiale greco, il co/011.nello C o 1110.1·, il colonnello Bergera, un iifliciale italiano, il 111aggiore Covi e un ufficiale greco.

aggiunse che i rispettivi comandi avrebbero dato direttive alle tr uppe sul l'esistenza di questi segnali e sul loro s ignificato. In giornata Contos presentò a Bergera il tenente colonne! lo Thomas . comandante interinale del l '8° reggimento cretese , ora di guarn igione ad Aiasoluk e dintorni . Entrambi i greci con vivo rammarico porsero le più ampie e formali scuse per l'i ncidente del giorno p1ima, che aveva visto come protagonista Govi·. Il 15 e il 16 ottobre , inattive per questioni logistiche, vennero impiegate per la redazione dell' ultimo verbale e per una visita di Bergera alle n·uppe dislocate a Ieronta e a Porto Covell o. Il 17 vennero qui ndi ripresi i lavori sul campo a parti re da Azizié, anche se, a causa cli un attacco turco nella notte precedente proprio in quell a zona, la delegazione greca aveva inizialmente mosso delle riserve. La d iscussione, incentrata sulla distanza di sicurezza contro attacchi al!a ferrovia, apparve a detta di Bergera «molto vivace» ma poi venne risolta con un accordo24 e con la definizione della posa dei paletti dal numero 13 al numero 27. In questa c ircostanza si ebbe la riprova de ll 'egregio supporto all a missione di Bergera svolto da Govi, Tassinari e Migl iarini. Durante il g iorno 18 si conclusero le ricognizioni da Balagìk verso Est fino a Mushluk Dere, esrrcmo orien2" A USSME, E-3. b. 5, r. 5/4 b, relazione d i Aergcra s11i lavori dal l' 11 al 22 onobre 19 19, p. 6. 319


Una pausa dei lavori della commissione: in piedi al centro il maggiore Covi, davanti a lui seduti Contos e Bergera

tale cli questa ripresa dei. lavori, che vennero così ultimati, non senza però alcuni botta e risposta tra .i due delegati sull'oggetto della discussione . Anche in questa circostanza, se il greco si preoccupava dì una difesa più ampia contro gli attacchi dei briganti, l'italiano rispondeva che le direttive di Milne imponevano solo la discussione inerente alla ferrovia. Comunque tutto si risolse in maniera pacata e alla fine venne riconosciuto il diritto di servitù per gli italiani nell 'utìlìzzare dei cammini dì collegamento in territorio greco, diritto che invece non era riconosciuto ai greci, per «non fornire occasioni al turbamento della tranquillità, il cui mantenimento era l'unico obiettivo degli italiani» [T.d.a.]. 25 La mattina del 19 Bergera compilò il verbale e invitò il delegato greco con il suo segretario per un pranzo cli rappresentanza sul cacciatorpediniere Bersagliere, appositamente fatto ancorare a Kanigin Kus per ev.itare di dover accogliere i greci a Scalanova e allo stesso tempo per restituire la formalità ricevuta. In questa circostanza i comandanti della nave e quello del 34° reggimento fanteria supportarono Bergera, che in quella circostanza apprese da Contos le nuove direttive del comando greco, che lo designavano quale rappresentante per la delimitazione della linea anche a Ovest del miglio 51 e ½. Per opinione cli Venizelos, essa rappresentava questione di massima i;

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A USS!v!E, E-3 , b. 5, f. 5/4 b, allegato 27.


importanza.L'italiano non sapendo nu ll a dì ques ta ulteriore decisione, c he tra l' altro riguardava pochi ettometri della pianura di Efeso , s i riservò d i chiedere s piegazioni al comando di Rodi. 11 giorno 20 venne dedicato all'ultima ricognizione di controllo e per fissare alcuni dettagli, come la verifica de i rimanenti paletti provvisori e la consiste nza di quelli definitivi: «con base in solida muratura ( 150 cenlimetri di altezza, 50 centimetri di sezione di lato), dipi nti di bianco e numerali daJI ' I al 27» [T.d.a.). 26 La loro siste mazione sarebbe dovuta avvenire entro il 10 novembre e controllati dai due delegati . Tutto ciò ve nne inserito ne i verbali , che vennero completati e fi rmati la sera del 22 a Aiasoluk e di seguito spediti, tramite il servizio info rmazioni di Giordano, al comando di Mi ine e a quello italiano a R odi , accludendo nota sulla proposta greca di continuare i lavori suUa tratta ri ma ne nte . In questa sede la delegazione greca fece capire come avesse ricevuto precise istruzion i dal suo gove rno cli mantene re un at.teggìamento conciliante nelle tranative con il comando italiano. A tal propos ito s ia Elia che Tittoni s i dimostrarono favore voli e ottimisti sulla riuscita degli ulterior i lavori, a nche perché la comple ta precisazione della de marcazione era proprio la primitiva tes i del comando italiano .27 Tn ogni caso la contin uazione dei lavori nel settore Aiasoluk-Scalanova dipendeva da una decisione della Conferenza di Parig i, che ancora non era s tata comunicata. Era quindi il caso di as pe ttare .28 J buoni propos.it i però non giovarono all'impresa di collaborazione e i lavori congiunti si arenarono ancora. 1 dissidi e le incompre nsioni sul campo pe r delineare in manie ra chiara la linea s i susseguirono ancora fi no aIJa fine del! 'anno, qua ndo s i concordò insieme su i risultati raggiunti fi no ad allora. Intanto a Parigi M ilne propose con ins istenza interventi di forze congiunte interalleate per te nere a bada gli scontri tra greci e turchi. In seguito fu sua l ' iniziativa per una linea aggiuntiva per delimitare le zone assegnate agli italiani da quelle dove le truppe ottomane ancora avevano la piena giurisd izione. Que!>ta ultima proposta ris ultò tuttavia impraticabile per la totale promi scuità in cui i reparti dei due eserciti operavano, addirittura anche nelle stesse località.

L'INCHIESTA SUI FATTI DI SMJRNE29

L'occupazione greca d i S mirne, avve nuta, come si è visto, il J5 magg io del 191 9 , fu l'in izio cli u na crisi profonda e de tte luogo a numerosi incidenti, che avevano reso nel volgere di pochi giorni assai grave la situazione dell 'Asia Minore . Le truppe elu. AUSSME. E-3, b. 5. f. 5/4 b. allegato 25. verbal dc la sèptiéme réun ion du 20/ 10/ 1919, p. 2. n AUSSM E, E-3. b. 5, f. 5/4 b, allegato 30. 28 AUSSME. E-3. b. 5. f. 5/4 b, allegato 35. 29 Per un npprofondimcnto si veda ç . Erhan, op. cii.; P. Buzanski , '111 f' /lllerallied /11 11es1igmio11 of the Greek ln vasion 0JS111yma . 19 19 , in «TheH istorian» n. 25 ( m~y 1963). pp. 325 -343 e M. L. Smith . op. cit., pp. 86-10 I, Ll J-1 16.

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leniche si erano macchiate di una serie molto ]unga di crimini: furti, saccheggi, devastazioni, omicidi e stupri. In proposito l' 11 giugno Sonnino riportò un telegramma dell'ambasciata italiana a Londra: Ad interrogazione circa atrocità greche in Smirne, Sottosegretariato Stato affari esteri ha dichiarato che sbarco greco jìt accompagnato da disordini a colluttazione che causarono numerose villime. Parecchie persone compresi due soldati greci, erano stati condannati a morte perché rei di saccheggio, e grave punizione era stata pure ù1flitta ad un ufficiale superiore greco. Ministro aggiunse che ultime notizie segnalavano adozione misure opportune per punizioni colpevoli.30 Anche Venizelos stesso era stato costretto ad ammettere la verità di almeno una parte dei crimini denunciati. Per questo in giugno il tenente colonnello Stavrianopulos, ritenuto responsabile dei fatti avvenuti durante l'occupazione greca di Smirne, era stato deferito al tribunale ellenico di guerra. Alcune responsabilità del comando supremo , del Corpo d'occupazione greco e del suo comandante, nonché di alcuni ufficiali, che avevano mancato al loro dovere, vennero riconosciute dal governo di Atene, tanto da prendere provvedimenti disciplinari in proposito. Queste sanzioni però non potevano chiudere il caso come un'esclusiva questione interna alla Grecia. Già in giugno vi era stata una notevole pubbliciat sui fatti di Menemen, mentre nel mese di luglio furono molte le ulteriori segnalazioni di diplomatici alleati su quel che era accaduto e che ancora stava accadendlo. L' 11 luglio James Morgan, console generale britannico a Smirne, comunicò al suo governo che l'artiglieria greca era stata responsabile della distruzione di due vinlaggi, uccidendo 20 turchi , tra cui donne e bambini . In un'altra occasione i soldati greci avevano arrestato 37 soldati turchi e civili. I cadaveri di queste persone erano stati ritrovati più tardi . La gola delle vittime era stata tagliata, tutti erano stati trafitti con le baionette, le loro orecchie e labbra erano state strappate.31 Il 15 luglio fu la volta ciel Sheykh-ul-Islam32 Mustafa Sabri, rappresentante del Gran Visir. Questi inviò una lettera a Clemenceau, in qualità di presidente della Conferenza della pace. In essa denunciò tutte le violenze e le atrocità commesse dai greci nella regione di Smirne al loro arrivo in c iascun villaggio, con la complicità dei loro connazionali indigeni, contro le popolazioni locali in prevalenza musulmane. Si calcolavano in alcune migliaia i morti e in 150.000 i profughi terrorizzati, che avevano dovuto abbandonare le loro case, per evitare violenze maggiori. In aggiunta a questa azione criminale, il governo greco avrebbe incoraggiato una migrazione forzata cli suoi connazionali sia da altre locaLità della Turchia sia da oltremare, volendo in que30

AUSSME, E-3, b. 4, f. 4/3 a, telegramma di Sonnino alla se:lione mi litare presso delegazione congresso pace del

11 /6/1919 . >1 ç. Erhan, op. cit, p . I I.

n Massi ma autorità religiosa musu lrmina , carica aboli ta nel marzo de l 1924. 322


sto modo rimpiazzare i legittimi cittadini turchi , la cui alternativa era la morte o la fuga. Per questo, il governo im periale «crede suo dovere di segnalarle alla benevole attenzione de lle grandi potenze Alleale» [T.d.a.] ,33 richiedendo il loro intervento per porre fine a questo stato di cose, contrario alle intenzioni e a i sentimenti di giustizia e di equità dei quali erano animati tutti i popoli. Come prima richiesta, si pregò di verificare quanto esposto attraverso la raccolta d'informazioni attendibili . Si precisava che questi fatti sarebbero apparsi evidenti in maniera facile, se si fosse deciso di designare una commissione d' inchiesta, della quale in modo esplicito si sollecitava l' invio in loco . Secondo Sabri la più giusta delle decisioni possibi li sarebbe stata quella, ispirata ai principi di Wilson, della pronta evacuazione degli e llenici dai territori, che erano occupati in Asia Minore e sui quali essi non avevano nessun diritto. All 'indirizzo cli Clemenceau, oltre a queste richieste del governo ottomano, si sommò anche la proposta del delegato francese a Sm irne d'intervenire per calmare gli attriti tra i greci e i turch i: «Per risolvere questa grave crisi. s'impone un'azione militare. Sarebbero sufficienti, del resto, pochi effettivi alleati , dai quali dovrebbero essere esclusi i contingenti italiani. I Greci dovrebbero essere invitati a limitare in modo restrittivo la lo ro occupazione sul Caza di Aidin e sul Sangiaccato di Smirne» [T.d.a.].3-1 Anche questo messaggio, per quanto ne.Ila forma obiet6vo, risentiva della convinzione francese , che l' intervento itali ano non solo fosse inutile, ma anche dannoso alla stabililà della regione. La dec isione di aprire un'inchiesta sui fatti di Smirne venne appoggiata dalla delegazione italiana, come a ribadire il giudizio negativo verso la pol itica cli Atene, che gli accordi conclusi in luglio con Tittoni non avevano certo eliminato . Le gravi accuse rivolte alle forze armate greche sulle atrocità commesse io territorio turco, amplificate da un'opinione pubblica europea distratta ma comunque eccitabile da episod i del genere, portò il 18 luglio il Consiglio supremo ad aprire un' inchiesta sui rnassacri compiuti dai greci nel maggio 19 19 nelle località del sangiaccato di Smirne, del vilayet di Aidin e nella valle del Grande Meandro con l'invio in Asia Minore di una commissione militare interalleata preposta alle indagini sul campo. 1n un primo tempo Balfour avrebbe preferito indirizzare l' attenzione della commissione sul controllo per il fu turo, piuttosto che sanzionare il passato, tuttavia le pressioni del Partito laburista fu rono molto forti e i greci l'avevano commessa troppo sporca, per far passare in sord ina il tutto. 35 La comnùssio ne venne composta da quattro dc.legati: per gli Stati Uniti il contrammiraglio (già Alto commissario a Costantinopoli) Mark Lambert Bri stol, per la Francia il generale Georges-Hippolyte Bunoust designato da Franchet d'Esperey, per la Gran Bretagna il generale Robert Hugh Hare des ignato dal generale Milne e per

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AUSSME. E-3. b. 3, r. 3/6 a, lettre de Moustafo S,1bri à la Confcrence de la Paix du J5n/l9!9. AUSSME. E-3, b. '.l. f. 3/6 a, lettera del delegato francese a SJT1irnc ali' Alto commissario francese li Coswntinopoli. Js ç . Erhai1. op. cit.

,1,,

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l'Italia il generale Alfredo Dallolio (o Dall'Olio). Come segretario generale fu designato il tenente colonnello Villari.36 L'esclusione di un membro ellenico nella commissione d'inchiesta suscitò una pronta reazione del governo cli Atene. 37 Venizelos inviò una lettera a Clemenceau , dove affermava che nessuno più del governo greco auspicasse a un'indagine approfondita, che potesse chiarire la dinamica degli incidenti e poter dimostrare la responsabilità dei singoli militari, salvando il buon nome del paese . Allo stesso modo era convinto cli dover rilevare anche le responsabilità dei turchi nelle provocazioni e nelle violenze contro le popolazioni cristiane della regione. Nella sua esposizione Venizelos con abbondanza fece uso deJJa retorica per parlare male dei turchi , giudicati senza mezzi termini perfidi nemici sconfitti, e per esaltare .invece l'esercito greco, compagno e amico delle potenze alleate e associate, nonché compartecipe dei lutti e dei sacrifici che avevano portato l' Intesa alla vittoria. 38 L'ascendente che l'esponente cretese aveva a Parigi si era dimostrato fino ad allora molto proficuo e non trovò difficoltà a convincere delle sue ragioni Clemenceau, Balfour e White. Tuttavia Tittoni riuscì a far prevalere la tesi che il membro greco sarebbe stato ammesso soltanto per rappresentare la difesa dei greci, ma non avrebbe fatto parte della Commissione e perciò non avrebbe avuto diritto di voto. Ecco quindi che il Consiglio supremo ammise una limitata partecipazione ai lavori anche di un delegato greco, il colonnello Alexancler Mazarakis, e per imparzialità anche di uno turco , il colonnello Kadri effendi. Il membro designato per l'Italia, il generale DalloIio, era un e lemento di altissima esperienza, essendo stato in precedenza sottosegretario di Stato, poi ministro delle Armi e delle Munizioni, comandante generale cl' artiglieria e senatore dal 1917. Venne nominato per questo delicato incarico diplomatico direttamente eia Tittoni, a seguito della proposta di Albricci. Il ministro degli Affari Esteri volle chiarire con precisione le direttive ciel delegato italiano e per questo il 23 luglio si espresse in questo modo alla Sezione militare della delegazione italiana a Parigi: «confido egli. saprà svolgere suo compito in corrispondenza nostri interessi e finalità e mantenendo spirito concordia con colleghi alleati. Ho telegrafato ad Alto Commissario Italiano Costantinopoli a R. Delegato Smirne e Comando Corpo Spedizione Anatolia mettersi. sua disposizione per esecuzione sua missione. Commissione si riunirà a Costantinopoli ove Generale Dall' Olio dovrà recarsi» .39 Tittoni, per rendere chiara la situazione al suo designato, ritenne opportuno di accludergli una memoria «Persecuzjoni compiute dai greci contro i turchi in Asia Minore» sugli avvenimenti intercorsi, nonché il fascicolo «Italia e Grecìa in Asia Minore» nella quale era riassunta la questione anatolica. Altre informazioni gli sa36

F. L. Grassi , Alatiirk, op. cit., p. 176. AUSSME E -3, b. 3 , f. 3/7 e, allegato al telegramma 995 di T ittoni alla Sezione Militare De legazione llali ana Pace. :,s AUSSME, E-3, b. 3 , f. 3/6 a, lettre del Venizelos à Clcmenceau du 19/7/ 19l9. 3" 1\USStVIE E-3, b. 3 , f. 3/7 e, telegramma 995 cli Titton i alla Sez.i one l'v lilitare Delegazione Italiana Pace. 37

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rebbero state comunicate in seguito d irettamente dall'Alto commissario italiano a Costantinopoli. Il 26 luglio la Conferenza di Parigi deliberò le istruzion i per la commissione. L' inchiesta della commissione doveva prendere come punto di partenza i fatti che avevano accompagnato e seguito l'occupazione delle truppe greche delle regioni di Smirne, Aidin e Aivali, che erano stati nello specifico riferiti nel reclamo indirizzato da Mustafa Sabri, nonché tutti gli avvenimenti rilevanti dalla data dell 'occupazione fino ad ,ùlora. La commissione avrebbe determinato le responsabil ità, sottoponendo in tempi pi ù rapidi possibile il suo rapporto al Consiglio delle potenze alleate e associale con le conclusioni, che essa avesse creduto di dovere formare. La comm issione ebbe la sua prima riunione a Costantinopoli il J 2 agosto.40 I lavori si suddivisero in 46 sedute e in un ampio sopralluogo nelle zone interessate, vis itando Smirne , Aiclin, Menemen , Mani.sa, Nazi!Ji, Oclemisch , Aivali e Cine, dove udirono 175 testimoni, tra turchi, grec i, armeni, ebrei, americani , inglesi, francesi e italiani. Il 13 ottobre la Com missione presentò una dettagliata relazione in merito , costituita da tre parti. La prima parte era un dettagliato resoconto delle indagini, la seconda parte era fi nalizzata ad attribuire le responsabilità alle persone coninvolte nei fatti, la terza parte conteneva una valutazione dell ' indagine e le proposte per il consiglio della Conferenza deUa pace di Parigi. Le conclusiorù a cui si arrivò dimostrarono come i presupposti e la situazione creata a Smirne e nel vilayet di A idin risulravano opposti a que lli presentati dal governo di Atene.41 La Commissione, proclamando la non necess ità dell'occupaz ione della valle del Grande Meandro, considerò arbitraria l'invasio ne greca d i quel territorio e causa prima dei cruenti avvenimenti."2 Dopo l' armistizio di Mudros la situazio ne dei cristiani de l vilayet di Aidin era considerata soddisfacente e per null a minacciata . L' intervento greco non si era mostrato come opera pacificatrice e «civilizzatrice», ma come occupazione, come crociata e dunque come una minaccia religiosa, contro ogni principio di nazionalità. L'occupazione, che aveva in principio lo scopo di mantenere l'ordine, presentava in realtà tutte le forme di un ' anness.ione. Risultarono subito decaduti i pretesti dello sbarco, per difendere i cristiani minacciati. In realtà proprio lo sbarco greco aveva creato contrasti, scontri violenti e agitazioni religiose . Si riconobbero responsabilità alle autorità sm irnine per aver fa vorito l'evasione e l'armamento dei carcerati di diritto comune dalle prigioni prima de ll'arrivo dei greci, nell ' intento di impedire lo sbarco , ma anche del console ellenico per i disordini. Questi, senza conformarsi alle istruzioni del Consiglio supremo e senza aver chiesto nessuna autorizzazione al rappresentante dell 'lntesa, aveva permesso al comando militare .,o AUSSM E •1

E-3. b. 7. f. 7/3, minuta del Di ario storico militare ( 1° agosto - 30 settembre 1919), 23/8/ 1919.

ç. Erhan. op. cit, pp. 16 -18.

'' 2 1{

grave mpporw inlff(l/lecuo .rni 111.assacri greci a Smirne e a Aidin in «TI Messaggero» del 7/01/1920 .

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Il vilayet di S1nirne in possesso delle truppe greche

greco di dare il 10 maggio ordine di inviare truppe ad Aidin, Magnesia e a Kassaba, fuori dai li miti del sangiaccato di Smirne. Inoltre il console, lasciando di proposito la popolazione locale nell'ignoranza dell'estensione e dei limiti dell'occupazione, aveva favorito la sovreccitazione degli abitanti musulmani e in seguito quind i i disordini. Del resto l'Alto commissario greco Stergiadis era il solo a esercitare un'efficace autorità, mentre le autorità turche non avevano alcun potere reale, non ricevevano più ordini da Costantinopoli e non avevano più mezzi per fare eseguire le loro decisioni, in seguito alla quasi completa disparizione della polizia e gendarmeria turca. In tutta giustizia però i greci non potevano essere considerati come sol i responsabili e queste stesse considerazioni si appl icavano agli avvenimenti che si erano svolti nelle regioni cli Pergamo e nei dintorni di Magnesia e di Eudemichio . I greci erano invece soli responsabili del massacro cli Menemen. Questo non era stato preparato, ma il comando greco conoscendo lo stato di sovreccitazione delle truppe in segu ito ai fatti di Pergamo avrebbe dovuto e potuto prendere disposizioni per evitare che le truppe snervate, stanche e impaurite commettessero senza provocazione un vero mas326


sacro di civili turchi inermi. Gli ufficiali presenti a Menemen avevm10 completamente mancato al l oro clovere .43 1n sintesi ecco g1i episodi pi ù gravi sulle persecuzioni , riscontrate dalla Commissione, compi ute dai greci contro i turchi : - Il 15 maggio appena sbarcati a Sm irne , i greci si diedero a violenze e persecuzion i contro l'ele mento musulmano , aiutati dalla popolazione greca e da riservisti sbarcati in precede nza sotto veste di composizioni sanitarie . Le truppe turche e la gendarmeria, che non opposero alcuna resistenza e rimasero chiusi nelle loro caserme, furono le prime vittime: gli ufficiali furono derubati e in gran parte assassinati. Nei giorni seguenti la popolazione civile musulmana fu sottoposta alle più feroci sevizie: il saccheggio dei quartieri turchi fu generale. Le stesse autorità greche dovettero prendere provvedi menti repressivi a carico delle proprie truppe per frenare gli eccessi. - TI I 6 giugno un battaglione greco veniva decimato in combattimento contro le bande turche a Pergamo. F uggendo verso S mirne i resti di questo battaglione si abbandonarono a eccid i e devastazioni d'og1ù genere. Soltanto a Menernen , si calcolava che i morti e feriti turchi avessero raggiunto le 2.000 unità. - Nella valle del Meandro i greci, che alla fi ne di giugno si erano spinti sin oltre Nazill ì dj fronte alla press ione delle bande turche, furono costretti a ritirarsi e successivamente il 30 giugno da Aiclin. La loro ritirata fu ovunque segnata da stragi compiute fra la popolaz ione inerme, dal saccheggio e dalla distruzione dei quartie1i turchi. Le stesse violenze accompag narono l'abusiva occupazione delle truppe elleniche nella zona tra il Meandro e la ferrovia di Aidin. La popolazione turca fuggita da questi terTitori si rifugiò nelle località presidiate dagl i italiani , e nella regione di G iroba dove erano raccolti più di 20 .000 profughi. I Commissari alleati a Smirne erano stati concordi nel deplorare le strag i fatte dai greci e nel fa r presente l'estrema gravità della situazione . U n elemento aggiuntivo che venne sottolineato era che l'occupazione aveva tra l'altro imposto alla Grecia sacrifici militéu-i considerevoli , sproporzionati alla missione che doveva compiere, se essa fosse stata puramente temporanea. Essa a posteriori avrebbe potu to avere una base di «legalità» soltanto se la Conferenza della pace avesse deciso per l'annessione completa e definitiva della regione alla Grecia. In questo caso doveva essere lasciata liber tà d ' azione al comandante greco nel riguardo delle forze turche. Tutlavia l'annessione accennata sarebbe stata contraria al principio del rispetto delle nazionalità, perché nella regione occupata. al l ' infoori della città di Smirne e di 43

L'inchiesw di Smime . Le trup1>e alleate sostituite a quelle greche iu «Giornale d' Ital ia», 9/1/1920.

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Aivali, il predominio dell'elemento turco sull'elemento greco era incontestabile. Nella sua forma era incompatibile con il ritorno dell'ordine e della tranquillità cli cui la popolazione minacciata dalla fame aveva grande bisogno. Era dovere della Commissione far rilevare che il sentimento nazionale turco , che aveva già manifestato la sua resistenza, non avrebbe accettato questa annessione. Esso non avrebbe ceduto che alla forza, intenzionato quindi a opporsi e combattere l'esercii.to ellenico, qualora avesse avuto il mandato internazionale sui territori considerati. Le conclusioni della Commissione erano quìndì che l'occupazione non aveva avuto come scopo mantenere l'ordine, quanto la sopraffazione pura e semplice, che come effetto aveva ottenuto esattamente il contrario, trovando una solida e motivata resistenza . Pertanto se l'occupazione militare doveva avere il solo scopo del mantenimento dell'ordine, essa non poteva essere affidata a truppe greche, ma a truppe internazionali, sotto l'autorità del Comando supremo alleato in Asia Minore. Non trovando opportuno assecondare l'espansionismo greco la Commissione in alternativa quindi propose di sostituire tutte le truppe greche con altre alleate meno numerose e giudicate neutre dalle due parti in causa. Se per una questione dì amor proprio, s i fosse voluto impiegate anche forze elleniche, esse dovevano pertanto dislocarsi in una zona interna del territorio considerato, onde evitare possibili contatti con le forze nazionali turche, che a più riprese avevano affermato che la loro ostilità era rivolta solo contro i soldati mandati da Atene. Le misure proposte dovevano togliere ai capi del movimento nazionale turco ogni motivo cli resistenza armata e restituire al governo centrale di Costantinopoli l'autorità che aveva perso. Se ciò non fosse accaduto l'Intesa avrebbe compreso i veri intendimenti deJie truppe irregolari e agito di conseguenza contro il nazionalismo turco. Per facilitare la precaria politica ottomana, la riorganizzazione della gendarmeria venne assegnata alle potenze a11eate, che in tal modo avrebbero cercato di differenziare gli eserciti stranieri eia una forza cli polizia indigena, supportata bene inteso dall'impegno del governo di restaurare un'effice amministrazione civile. A Parigi il Consiglio supremo .iniziò .l'esame dei risultato clell'inchìesta nella seduta dell '8 novembre, con molte prevenzioni, e non senza una riserva del delegato inglese Eyre Crowe per avere la Commissione ecceduto il mandato. Essa doveva solo indagare sui presunti eccessi ellenici, non entrare nel merito dell'operato "politicomilitare" dell'esercito cli Venizelos. Clemenceau, che presiedeva il Consiglio, pose invece la questione in due termini ben distinti: responsabilità greca per i massacri e capacità greca finanziaria e m ilitare cli mantenersi in Asia Minore. Dopo sue richieste in proposito, fu udito Venizelos, il quale dapprima impugnò l'inchiesta perché il colonnello Mazarakis non aveva partecipato ai lavori, ma poi, alle rimostranze di Clemenceau, entrò nel merito delle questioni, e sostenne che la Grecia era in condizioni economiche e militari tali da potersi sostenere a Smirne. Fu anche udito il delegato francese neJJa Commissione, generale Bunoust. 328


Alla fine dell' inchiesta Francia e Stati Uniti sembravano favorevoli al ritiro dell'occupazione greca in Asia Mino re, mentre la Gran Bretagna sarebbe stata disposta a mantenere l'occupazione all'incirca nei suoi attuali limiti. L' Italia , tramite De Martino , sostenne il mantenimento dcli ' integrità del territorio ottomano: «Le occupazioni militari in Asia min ore sono state chiaramente solo provvisorie e non dovrebbero in alcun modo pregjudicare la soluzione definitiva della questione turca»:14 La discussione contjnuò nella seduta del JO , e si esaurì soltanto nella seduta del 12 novembre, con l' invito alla Grecia di una nota in cui si dichiarava che le riserve da essa fatte erano in parte fondate, ma che le conclusioni della Commissione dovevano ritenersi valide. Nel! 'insieme la responsabi lità per gli eccessi corrunessi incombeva sulle autorità greche, le cui colpe erano state in parte riconosciute dallo stesso Venizelos. Si rendeva omaggio all ' imparzialità della Commissione e alla scrupolosa coscienza con cui aveva assolto iJ suo compito. Si attirava l'atte nzione di Atene sui gravi errori commessi dall'amminis trazione greca , formulando l' augurio che l 'espericnza fatta le permettesse di evitare la ripetizione. Jn conclusione si autorizzava a mantenere l'occupazione greca, pur riconoscendo che essa fosse puramente provviso1ia. Come ha commentato lo storico turco çagri Erhan , i risultati della Commissione, per quanto riconoscessero le responsabilità greche, non generarono nessuna sanzione, creando l'ennesima ingiustizia grave all ' interno delle infelic i decision.i della Conferenza di Parig i .45 Senza una ferma condanna da parte delle grandi potenze, l'esercito greco avrebbe proseguito la sua azione e le atrocità da ambedue i lati sarebbero continuate in Anatol ia per ancora più di tre ann i, fino alla definiriva cacciata degli ellenici dalla regione nel 1922.

••ç. P.rhan, op. cit, pp.18- 19.

'~ç . Erhan, op. cit. p. 28 . 329



Capitolo Ottavo Il Corpo di Spedizione italiano nel Mediterraneo orientale

0A ABANO A ROlVIA: IL NUOVO CORSO DELLA POUTICA MILITARE ITALIANA

Durante l'estate la mutata situazione internazionale e il carattere prevalentemente politico che l'occupazione in Anatolia aveva svolto, portarono il governo a recuperare sotto il suo proprio pieno controllo le azioni all'estero delle Forze Armate italiane. Come si è visto, in seguito ad accordi presi fra Comando Supremo e i ministri competenti , si dispose che a datare dal 1° settembre 1919 il comando delle truppe in Albania e il comando del Corpo di Spedizione nel Mediterraneo Orientale, compresi i reparti di Conia e il contingente dislocato a Costantinopoli sarebbero passati alla cliretta dipendenza del dicastero della Guerra. Anche l'i ntendenza per l'Asia Minore (A.M.) avrebbe seguito la stessa sorte , sotto la diretta dipendenza del ministero. Seguendo tale logica questi comandi, continuando nelle consuete relazioni con le varie autorità politiche, avrebbero trasmesso per competenza alla divisione di Stato maggiore del ministero della Guerra tutte le comunicazioni precedentemente dirette al Comando Supremo, che però doveva riceverle - in particolar modo quelle di carattere militare - ancora per conoscenza, anche quando questo sarebbe stato trasferito presso il comando ciel corpo cli Stato maggiore. Tale procedura avrebbe tenuto sempre al corrente Diaz e Badoglio sulla situazione militare della regione ,1 anche se tutto ciò per correttezza nella pratica già avveniva: per esempio nel caso del reparto di Conia, che dipendeva in via diretta da Abano. TI passaggio di dipendenza non risultò esente da malumori. Tra i comandi militari e la coi11pagine ministeriale le gelosie e il desiderio di avere voce in capitolo sulle sorti di una zona così delicata si mostrarono evidenti. Questo cambiamento però se da un lato fornì l'occasione per dare un taglio sempre più politicamente difensivo alla ratio del Corpo cli Spedizione, trovò rispetto al periodo della sua costituzione un clima di certo più disteso, già costruito dalla moderazione di Bongiovanni e di Elia, in piena sintonia con le direttive di Tittoni. Ancora una volta il Corpo di Spedizione funzionò come un preciso barometro capace di registrare le tendenze delle pressioni esistenti alla Consulta. Inoltre a Rodi venne costituito un Ufficio politico, diretto dal conte Carlo Senni, alle dipendenze dell'autorità militare. Elia venne invitato ad accordare al console i mezzi e il personale necessario presso tutte 1e autorità militari con le quali, per l'espi icazione del suo mandato, fosse venuto in con1

AVSSME , E-3 . b. 5 , f. 515 d , telegramma di Diaz del 30/8/1919. 331


tatto. Oltre l'azione immediata Senni doveva studiare un preciso programma operativo da svolgersi in Asia Minore e che egli avrebbe sottoposto a Roma, non appena la posizione italiana sarebbe stata completamente definita. A lui Elia poteva anche affidare gli studi circa il futuro assetto amministrativo di Rodi , comparto di prossima smilitarizzazione. In casi eccezionali Senni poteva corrispondere direttamente con Roma, ma mostrando a Elia quanto intendeva trasmettere. Per la diretta conoscenza che Sforza aveva di Senni, venne garantito a Elia, che in lui avrebbe trovato «un disciplinato e fedele collaboratore nell'opera delicatissima, e di carattere tutto speciale, che intendiamo svolgere».2 Nel tentativo di far rientrare la dispersione delle forze, la Psesidenza del consiglio, il ministero della Guerra e quello degli Affari Esteri approvarono la trasformazione definitiva dei presidi in residenze, con relativa semplificazione nei rifornimenti e la diminuzione dei rischi. Il Comando Supremo consigliò una riduzione graduale, vista la delicata situazione strategica del contingente impiegato. li comando di Rodi, dubbioso solo per questioni di prestigio, non mosse obiezioni. Non poté che rallegrarsene, date le forti carenze di organico, che ormai imperversavano su ogni reparto , impedendo qualsiasi vigilanza efficace sul territorio e una difficoltà cli rifornimento, per le pessime vie di comunicazione . Tabella 2: Organico ciel Corpo cli Spedizione italiano nel Mediterraneo Orientale al I O settembre 1919 Quartiere generale: ufficiali 37, truppa 208, cavalli ufficiali 6, quadru pedi 29. Fanteria: ufficiali 236, truppa 7.842, cavalli ufficiali 11, quadrupedi 757. Bersaglieri ciclisti: ufficiali 19, truppa 478. Bersaglieri: ufficiali 33, truppa 343, quadrupedi 100. Cavalleria: ufficiali 17, truppa 375, cavalli ufficiali l 7, quadrupedi 283 . A1tiglieria: ufficiali 19, truppa 796, cavalli ufficiali 4, quadrupedi 383. Genio: ufficiali 30, truppa 1.069, quadrupedi 352. Sanità: ufficiali 26, truppa 406, quadrupedi 170. Sussistenza: ufficiali 13, truppa 344, quadrupedi 112. 50° autoreparto: ufficiali 6, truppa 326. Corpo regie Guardie di finanza ufficiali 9, truppa 436. Carabinieri reali: ufficiali 17 , truppa 418, cavalli ufficiali 4, quadrupedi 60. Totale: ufficiali 462, truppa 13.041.3 Composizione del Corpo di Spedizione Comando del Corpo cli Spedizione Stato Maggiore Quartiere Generale 2

AUSStvlE, E-3, b. 8, f. 8/3 b , nota di Sforza a Elia del J0/9/ l 9 J9 . ·' AUSSME. E-3, b. 8 , f. 8/3 a, allegato I del 15/9/1919.

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Carabinieri Reali Auto Drappello Ufficio Postale (numero 94) Truppe Fanteria: Comando brigata Livorno con due compagnie mitrag liatrici 33° reggimento fanteria (3 battaglioni, ciascuno di 3 compagnie fucilieri. su tre plotoni e I compagnia mitragliatric i su 8 armi) 34° reggimento fanteria (4 battaglioni , costituiti come il precedente) XXVI battaglione bersaglieri (2 compagnie bersaglieri, ciascuna su tre plotoni, di cui una con soli quadri ufficiali; I compagnia mitragliatrici su 8 armi) IV battaglione bersaglie ri ciclisti (3 compagnie ciclisti , ciascuna su tre plotoni e I compagnia mitragliatrici s u 6 armi). Repaito italiano di Conia Reparto italiano di Costantinopoli Cavalleria:

n Gruppo CavaflegReri di Roma (2 squadroni) I plotone autonomo Cavalleggeri di Piacenza Artiglieria: XL gruppo artiglieria da montag na (3 batte rie da 65 e I batteria da 70) Genio: Zappatori: LIT battaglione genio (3 compagnie senza sezioni da ponte) Telegrafisti: 2 compagnie Radio Telegrafisti : 4 sezioni Fotoelettrici: I sezione

R. Guardia di Finanza: Circolo mobilitato dell'Egeo Servizi Sanità: I sezione e mezza cli sanità 2 ospedalctt i da campo eia 50 letti 1 ospedale base di Rodi 2 convalescenziari (Rodi e Cos) Varie infermerie presso i corpi 7 ambulato ri in Anatolia per la popolazione civile Commissariato: I sezione e mezza sussistenza 1 sezione forni mod . 97 Artiglieria: sezione staccata di artiglieria 333


Genio: magazzino avanzato del genio Veterinaria: I infermeria quadrupedi 6 posti di medicazione quadrupedi Postale: Uffici postali (civile di Rodi, ufficio postale militare 94, ufficio postale militare 162, ufficio postale di Smi rne 171) Tappe: J salmeria a disposizione 1 autoreparto Reparti dipendenti solo disciplinarmente Conia: I battaglione del 136° reggimento fanteria (su 4 compagnie fuc ilieri e 2 compagnie mitragl iatrici su 8 anni) Aliquota per i vari servizi Costantinopoli: comando 62° reggimento fanteria e I battaglione su 4 compagnie fucilieri e I compagnia mitragliatric i:'

Già a fine agosto arrivò a l Comando Supremo un promemoria del comando del Corpo in cui si. apportavano alcune importanti modifiche strutturali. Veniva abolito il comando di Rodi del 34° fan teria, sciolti i due bauaglioni del regg imento , che si trovano sull 'isola. Con gli elementi delle disciolte unità si sarebbe provveduto: ad aumentare le forze dei reparti deJla brigata Livorno in modo che ogni compagnia avesse sempre una forza presente di 150 uomini ; a colmare con il carreggio e le salmerie le deficienze degli altri reparti e servizi; a costituire un battaglione complementare (con sede a Rodi) con le funzioni solite dei battaglioni complementari , usandolo intanto nei servizi cli presidio a Rodi. Gli elementi rimanenti sarebbero stati rinviati in Italia. La bandiera di gueffa sarebbe stata ceduta alle unità del 34° fanteria operanti in Anatolia insieme alla brigata Livorno . Come da programma veniva ridotto a una sola compagn ia (da un battaglione di due compagnie con 22 ufficiali e 261 uomini cli truppa) il 4° reggimento speciale d 'istruzione. Per quanto riguardava i bersag lieri , vennero fusi in un unico battaglione i precedenti XXVI e XXXI, la c ui forza ne l complesso ammontava a 38 ufficiali e 359 uomini cli truppa. Gli ufficiali che sarebbero stati esuberanti , dopo il riordino di questi reparti, dovevano essere rimpatriati. Per l'artiglieria, ve nne sciolta la 46" batteria da montagna, per utilizzarne il poco personale , che andava a rimanere dopo il congedo delle classi 189 1e 1892, per colmare qualche de'AUSS ME, E-3, b. 8. f. 8/3 a, allegato 2. 334


ficienza delle altre batterie da 65 del XL gruppo artigl ieria eia montagna. I muli sarebbero stati utilizzati per completare l'organico delle altre batterie e per rinforzare le salmerie esistenti nel Corpo di Spedizione. Per il gen io, fu 1iunita la mezza compagnia del 7° reggimento telegrafisti dcli' ex spedizione Rivieri e iI distaccamento del 3° genio dell'ex Corpo d'occupazione dell 'Egeo in un 'u nica compagnia. Infine per quanto riguardava la cavalleria, vi fu la trasformazione del ploto ne dei Cavalleggeri di Piacenza in squadrone.5 Nel frattempo, compreso che Bongiovanni no n avrebbe più ripreso le redini del Corpo di Spedizione, Elia, divenuto il IOsettembre in via ufficiale il nuovo comandante, ottenne nuove direttive politiche. Per quel che concerneva il Dodecaneso, il generale doveva con speciale cura evitare ogni dissapore con le autorità ortodosse, tenendo presente che la definitiva sistemazione delle isole, nei riguardi della sua sovranità, sarebbe stata decisa in tempi brevi. Pur conservando la massima riservatezza, si sarebbe dovuto studiare fin da allora quale forma si sarebbe potuto dare alla partecipazione della popolazione dell 'isola cli Rodi , sotto L'egida italiana, al governo del!'amministrazione. Tale delega però non doveva venir considerata come una formula defin itiva e immediata, ma concessa in stadi. successivi e graduali. Ne llo stesso ordine cli idee e con lo stesso prudente riserbo Elia avrebbe preso fin da allora in causa i problemi principali, che si sarebbero presentati per il nuovo regime (bilanci, gendarmeria locale, giustizia, soppressione deUe Capitolazioni, scuole, etc.) in modo da poter aver pronte le soluzioni da preporre al governo centrale e da attuare localmente. Era opportu no che le riforme mirassero a ridurre al minimo nat i i bilanci e al minimo soprattutto le spese per la forza d'occupazione. Per quel che concerneva l'Anatolia invece, veniva confermato di massima il modo con cui Bongiovanni aveva esplicato il suo mandato , comprese le «direttive)) ciel 16 agosto. Questo valeva, salvo casi nuovi e situazioni imprevedibili , ad assicurare all'aiione italiana in Anatolia il carattere della continuità. G li accordi intervenuti tra Bongiovanni e Milne potevano essere mantenuti eia Elia in modo integrale fi no a quando nuove circostanze avessero consigliato di mutarli. Egli doveva quindi a questo proposito tener soprattutto presente il rispetto dei patti stipulati a Parigi; tanto nei riguardi delle recenti intese fra l' Italia e la Grecia, quanto in quelli sulle immediate esigenze della politica ital iana in Anatolia, fra le quali era principale la necessità di evitare conflitti armati fra le truppe del Corpo di Sped izione e i turchi, per cause che non fossero evidente mente connesse al mantenimento cle!J'ordine pubblico nei luoghi d'occupazione militare. A tale scopo Elia, qualora lo avesse ritenuto opportuno, poteva provvedere a mutamenti nella dislocazione delle truppe e anche alla riduzione di forza del battaglione di Conia, previ accordi con Milne. J1 generale inglese doveva comunque essere informato sui movimenti, che dovevano essere illustrati come connessi a particolari ragioni militari della regione costiera o ciel Dodecaneso. 5

AUSSME, E-3. b. 8. f. 8/3 b. promemoria sulla sistemazione di alcuni reparti.

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Venne chiarito a Elia come dovesse tener la maggior sincerità e chiarezza possibile di linguaggio con l'autorità suprema britannica su eventuali conflitti fra le truppe italiane e i turchi. Milne, nel suo realistico buon senso, non avrebbe potuto pretendere di ottenere dagli italiani, per quanto sotto i suoi ordini, un'azione che fosse contraria agli evidenti interessi politici di Roma. 6 Il ministero della Guerra invitò Elia a trasmettere proposte concrete circa un completo riordinamento delle forze a sua disposizione, suggerendo inoltre una determinata ripartizione numerica della forza del contingente fra i vari presicl i. La risposta del generale fu pronta a recepire gli ordini provenienti dal governo, anche se all'oscuro fino ad allora delle intese tra Bongiovanni e Albricci. Il 12 settembre, 'confermando le norme di comportamento del suo predecessore, volle sottolineare la neutralità che gli italiani dovevano dimostrare a fronte degli scontri tra greci e turchi, regolari o bande che fossero. La cura dell'ordine pubblico, vera missione degli italiani, non doveva affatto implicare interventi nella politica interna della Turchia. Per questo il ritiro sulle posizioni costiere avrebbe evitato qualsiasi inutile e fastidioso contatto con le bande turche. Queste precisazioni, all'apparenza solo note dì condotta interna, avevano in realtà un deciso senso politico, per certi aspetti anche molto polemico. Mentre a Parigi si decideva su una zona cuscinetto interalleata su Aidin escludendo l'Italia [ù1fra], in Turchia Mìlne, non potendo trovare affidabile collaborazione negli eccessi cieli' ira greca, sperava di indurre, su sollecitazione proprio degli ellenici, gli italiani verso la repressione del ribellismo turco, facendo r.ientrare anche questo nel contesto di "ordine pubblico". Richieste in questo senso, rivolte con insistenza a Costantinopoli a Sforza, vennero tutte respinte dal comando cli Rodi , che reclamava come non pertinenti agli scopi e agli interessi dell 'Italia: «Le nostre finalità sono di ordine politico e commerciale. L'interesse italiano è mantenere l'equilibrio del Mediterraneo di fronte alle acquisizioni ten-it:orial i inglesi e francesi in Siria e Palestina .[ ...] La popolazione deve sentire il beneficio della nostra occupazione soprattutto ìn forma di aiuto sanitario».7 La nota dolente era però sul reparto cli Conia, che per la sua dipendenza inglese veniva spesso destinato proprio alla caccia dei ribelli. In ogni caso i rapporti con gli inglesi dovevano nella forma rimanere ineccepibili, anzi fondati sulla massima esibizione della disciplina e del contegno, per dare la migliore impressione possibile. Il questa ottica Elia fece presente al presidio cli Adalìa che la corazzata inglese Malbourough, proveniente da Smirne-Scalanova-Rodi in giro di crociera, avrebbe attraccato il 27 settembre ad Adalia per una breve fermata. Le truppe italiane non solo dovevano rivolgere al comandante (capitano di vascello) e all'equipaggio la consueta cortesia, ma anche, secondo le circostanze, fare abilmente rilevare come, .in mezzo alla reale agitazione del paese, la tranquillità e la sicurezza più assoluta fossero assicurate solo dove avevano sede le residenze o i presidi italiani. <,

AUSSME. E-3, b 8 , f. 8/3 b , nota di Sforza a El ia del I0/9/l9 19 . Bagnaia, op. cit., p. 284 .

7 A.

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Tuttav ia non tralasciò di far presente come la politica inglese fosse per certi vers i opposta a quella italiana. Egli non aveva ancora incontrato Milne, non potendo nelle presenti circostanze allontanarsi dal comando di Rodi neppure per gli otto o nove giorn i occoITenti per un viaggio a Costantinopoli, però questa divergenza era palese anche dalle continue rel azioni, che i suoi uomini gli inviavano: l'attuale tendenza del comando britannico è di cercare di farfcu·e a llOÌ precisamente quello che a noi non conviene; cioéfar da noi ostacolare l'armamento delle bande, i loro movimenti, etc.; con il duplice scopo di diminuire l'integrità di eventuali conflitti fra le bande e greci e fra bande e truppe che ancora loro si opponessero; e di sminuire la simpatia della quale noi (in misura tanto superiore agli inglesi) godiamo .fra la popolazione turca .8

Per questi motivi, eventuali movimenti di truppa sarebbero stati disposti in autonomia , limitandosi a comunicarli agli inglesi. Per il battaglione di Conia la situazione era particolare, essendo esso, come il battaglione di Costantinopoli , un reparto che dipendeva da Rodi solo disc iplinarmente e non per l'impiego. De Bisogno, benché bene edotto dalle direttive del governo, molto più degli altri reparti era a rischio di potersi incontrare con le bande e quindi in situazione critica per la regolare e pacifica missione dei suoi uomi ni. Come era noto, il comando britannico aveva fatto fornire al reparto itaJjano cli Conia guardie ai magazzini di munjzioni della cirtà e a tutti i posti di vigilanza sul troncone fctrnviario della zona , compiti gravosi e a rischio continuo di scontri con i turchi. A parte questi elementi , per Elia la situazione sembrava in migliora mento in Anatolia, compres i gli effetti benefici. che avrebbe portato Ja designazione di Seni1i all' Ufficio politico a Rodi. Il generale concordò a pieno nella nomina del diplomatico, che eia anni conosceva, apprezzava e che, nei frequenti rapporti che aveva di recente avuto con iJ comando e con l'elemento militare di Sm irne , si era mostrato molto competente.9 Tuttavia in una nota al ministro Albricci , il comandante elencò la consistenza dei reparti , facendo notare come le riduzioni cli effettivi e dei reparti a Rodi avrebbero indebolito i presidi del Dodccaneso.11 Corpo d 'occupazione dell'Egeo era costituito da una forza complessiva di 4.000 uomini: 2 compagnie di carabinieri, il 34° reggimento fanteria (bis) su 2 battaglioni, ciascuno con 2 sezioni mitragl iatrici Fiat 191 6, il III battaglione ciel 4° reggimento speciale d'istruzione (su 2 compagnie), i XXVI e XXXI battaglion i bersaglieri (su 3 compagnie fu cili e 2 sezion i mitragliatrici ), l plotone Cavalleggeri di Piacenza, la 46" batteria da 70 montagna, elementi vari genio zappatori e telegrafisti, 1 circolo della Guardia di finanza con 2 compagnie, servizi sanità , sussistenza e automobi lismo .10 A ricluzione ultimata si sarebbe passati ~ AUSSME, E-3 , b. 8, r. 8/3 b, lcuera di Elia a Sfortit del lO/ I0/1919. • AUSSME, E-3, b. 8, r. 8/3 b, lettera di Elia a Sfo1?.:1 elci IOiJ0/1 9 19. "' AUSS ME , E-3, b. 8, f. 8/3 b. promemoria cli Gunoni ciel 22/9/ 19 19.

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Il maggiore Sartoris (a sinistra) e il conte Senni (a destra) a bordo del Gallipoli

da 8 compagnie cli fanteria di linea e 6 di bersaglieri, quante erano in quel momento, a 1 solo battaglione complementare ciel 34° reggimento e 1 battaglione (3 compagnie) cli bersaglieri. Elia non riteneva tale forza suffic iente. Se Roma aveva permesso di mandare in luglio una compagnfa di fanteria e una bersaglieri a Macri e Bodrum, in sostituzione di truppe che Battiston.i aveva spostato in avanti, era opinione di Elia che non convenisse sguarnire i presidi. del Dodecaneso fino a che non si fosse decisa la questione delle isole, la cui risohizìone si aspettava sempre come prossima. Tanto nell ' ipotesi della annessione di tutte le isole all'Italia, quanto nell'avversa ipotesi, che a qualcuna di esse si dovesse rinunciare, non si potevano sguarnire i presidi al disotto del limjte minimo al quale era già stati ridotti. La popolazione delle isole non era di massima né pugnace né difficile, ma anzi era in genere ossequiente. Ciò però non avrebbe impedito che, se lavorata eia elementi turbolenti e da agenti panelleruci, essa potesse, come era successo durante i giorni cli Pasqua, abbandonarsi a manifestazioni che avrebbero richiesto la presenza di truppe, onde evitarne degenerazioni. Non appariva opportuno che la proclamazione della decisione sulle isole potesse trovare i presidi troppo esigui e quindi soggetti a possibili agitazioni.L'eccessiva debolezza sarebbe potuta essere eia incentivo a dimostrnzioni o a conflitti fra i due pmtiti o fra musulmani e ortodossi. Di fronte a questo scenario Elia perciò propose che, fino a quando la sorte delle isole non fosse stata accettata, fosse mantenuto così come era il comando interinale 338


del 34° reggimento fanteria (bis) di Rodi e i suoi due battaglioni. Egli annotò anche che, se si fossero dovuti sciogliere i due battaglioni secondo le proposte di Bongiovanni, sarebbe stato opportuno non muovere da Rodi la bandiera del 34°, che sventolava a Paitos e che, fra la reverenza della popolazione di tutte le comunità, era stata «il simbolo de.Ila Patria durante questi anni cli guerra e l'emblema tangibile e venerato della potenza occupante in queste terre».11 11 suo allontanamento da Rodi avrebbe suonato quasi a rinuncia di quello che da sette anni e mezzo era stato l'interesse degli italiani nel Mediterraneo orientale. Per quanto riguardava il battaglione del 4° reggimento speciale, Elia concordava in pieno nella riduzione da due a una compagnia e il rimpatrio degli ufficiali subalterni e non utilizzabili a Rodi. Sui battaglioni bersaglieri dell'Egeo era dell'opinione di abolirne il comando , tenere nell'arcipelago il solo XXVI battaglione , rinforzandolo con gli ufficiali e con tutti gli uomini del XXXI battaglione, rimpatriando i quadri dello stesso non necessari a Rodi. Approvando queste proposte, Elia pregò di tener conto che desiderava trattenere il XXVI (e non il XXXI) perché era dislocato nelle isole e ciò non lo avrebbe obbligato a cambi di comandanti di presidio. Nell'esame ciel futuro dei reparti cli artiglieria Elia dissentì dall'idea di sciogliere la 46" batteria da montagna, che era una buona unità, già del Corpo d'occupazione. Data la vasta estensione del territorio oggetto di occupazione in Anatolia con forze assia esigue, avere il gruppo su quattro anziché su tre batterie era cli notevole vantaggio, almeno fino a che 1a situazione nei riguardi delle occupazioni greche e delle bande turche non fosse stata chiarita. Sul genio Elia accettò tutte le proposte di Bongiovanni, mentre sulla cavalleria, egli ritenne utile poter trasformare in squadrone il plotone (di 50 cavalli) del reggimento Cavalleggeri di Piacenza, dislocato ad Adalia. Questo piccolo aumento di forza cli cavalleria avrebbe dato la desiderata elasticità alla presenza italiana e avrebbe permesso ulteriori riduzioni di presidi. 12 Di fronte a queste precisazioni, a metà settembre arrivò la risposta del ministero della Guerra, approvando e autorizzando di massima le proposte cli Elia, tranne quella inerente la trasformazione in squadrone del plotone dei cavalleggeri. Albricci, sia per armonizzare l'azione a)le direttive politiche, sia per applicare al comando del Corpo i criteri della più stretta economia di personale, che avevano indotto alla riduzione di tutti i contingenti all'estero, nelle colonie e alla soppressione di alcuni cli essi, basandosi sulla situazione politico-militare, ordinò una riduzione del numero dei presidi interni. Portò gli effettivi del Corpo da 17 .000 ( cifra però non rispondente alla realtà) a 10.000 unità, di cui solo 5.500 combattenti. Tale forza poteva essere costituita così: 900 militari a Costantinopoli, 500 per l'occupazione di Conia, 800 per il settore di Scalanova, J .000 per il settore cli Milas, 300 per l'occupazione costiera, 500 per il settore di Adalia e I .500 per l'occupazione del Doclecaneso. Aggi ungendo 11 12

AUSSME, E-3 , b. 8, f. 8i3 b. lettera di Elia ad Albricc i ciel 10/9/19 19. AUSS tvlE, E-3, b. 8, r. 8/3 b, lettera di Elia ac.l Albricci del J0/9il 919. 339


un complessivo di 4.000 uomini per le aliquote con-ispondenti ai n uclei carabinieri e Guardia di finanza, ai servizi, alle percentuali cli malati e di inviati in licenza si aveva appunto il totale di 9.500 / 10.000 uomini. Si chiese quindi a Elia di inoltrare al ministero il prima possibile le proprie proposte circa la composizione organica più opportuna per il Corpo di Spedizione dato tale limite di forza, che sarebbe stato intanto raggiunto non sostituendo i militari appartenenti alle classi congedate. Se l'entità di tali congedamenti fosse diventato in seguito tale eia far diminuire la cifra proposta, i.I comando avrebbe fatto la sua rich_iesta sia per i mil itari di truppa che per gli ufficiali e il nùnistero avrebbe provveduto a riguardo. 13 Effettuato lo scioglimento del comando del 34° reggimento (bis) e dei due battaglioni che si trovavano a Rodi , da Roma venne deciso che la bandiera del reggimento disciolto venisse data al 34° reggimento della brigata Livorno. 14 Tuttavia Elia dispose che in via termporanea essa rimanesse a Rodi presso il comando del IV battaglione fanteria. Per quanto riguardava le linee politiche, Sforza aveva avuto dei contatti con lo stesso Albricci circa l'indirizzo da seguire nel Dodecanneso, in Anatolia e sulle speciali funzioni affidate a Senni. Tali istruzioni, che per la parte riguardante l'azione militare italiana confermavano gli intendimenti già espressi eia Tittoni , circa la necessità di ridurre al minimo i presidi cl ' occupazione, dando invece larga applicazione alle istituzioni delJe residenze. Infine il 21 settembre dall 'ufficio delle colonie del ministero della Guerra venne presentata la proposta del Comando generale deU' Arma dei carabinieri, in cui si chiedeva che i propri militari facenti parte del Corpo di Spedizione potessero essere sistemati in tenenze e stazioni, come era da tempo stato fatto per quelli del sc.iolto Corpo cl' occupazione cieli' Egeo . li ministero si mostrò favorevo le all' accoglimento della proposta, pertanto chiese a Elia di tener in conto anche di questa possibilità all' interno dello studio di riordino già esposto. 15 Di fronte a questo scenario però le priorità che premevano a Roma non erano allineate con quelle che si prospettavano sul campo. Il problema principale rimaneva però sempre il numero degli uonùni da impiegare. Elia trasmise quindi 1'8 ottobre una relazione nella quale si faceva presente come i numeri in possesso del governo fossero errati. In realtà la forza ciel Corpo era di 13 .678 (situazione al 27 settembre). Per di più un numero alto di essi risultava ammalato e, per ragioni di distanze e di insufficienti mezzi di trasporto , molti militari erano per forza curati in ambulatori presso i corpi e la cifra cli quelli a riposo era notevole, trattandosi in realtà di ind isponibili perché veri malati. Detraenclo quindi dalla cifra effettiva, gli ammalati i.ndisponibili , che raggiungevano in Anatolia 1/10 della forza e gli assenti permanenti per licenza (in media 1.500), il Corpo era già composto all'inc irca della forza disponibile voluta

13

i\ USSME, E-3, b. 8, f. 8/3 a , nota di Albrkci del 15/9/19 19. A USSME, E-3. b. 8 , f. 8/3 b, lettere di Bon:i an i a El ia del 13 e 18/9/1919 . 15 AlìSSME, E-3, b. 8, f. 8/3 a , telegramma di Rom.ani del 2 l /9i l 919. 14

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dal ministero della Guerra, salvo la differenza per eccesso , dovuta al numero di congedanti in attesa di rimpatrio. Per guanto riguardava le sitcmazioni organiche di alcuni reparti , la situazione in ottobre era avvenu ta non senza insufficienze organiche. li 34° reggimento fanteria (bis) dell'Egeo da due battaglioni, senza comando effettivo e quindi comandato in via interinale dal tenente colonnello Grillo con una forza di 1.449 uomi ni, escludendo 7 1 elementi delle salmerie a lui di pendenti in ambito ammin istrativo, ma in forze al comando di Rodi , era stato ridotto a un battaglione . Costituiva così il IV battaglione del 34° reggimento (sede del comando a Scalanova, tenente colonnello Enea Chiodelli) con l'organico seguente della forza complessiva cli 8 I 7 uomini: Stato maggiore di battaglio ne con salmeria, 1 re patto zappatori, 3 compagnie fucilieri ( I 50 uomini su tre plotoni), l compagnia mitraglieri (su 8 arm i). f rimanenti uomini del 34° , così disciolti, servivano come comple menti per gli altri battaglioni della brigata Livorno in Anatolia, specie per quelli de l 34° di Scalanova in peggiori condizioni numeriche per malaria. I due battaglioni bersaglieri dell 'Egeo (XXVI e XXXI, già riuniti come reggime nto sotto il ''Comando bersaglieri dell'Egeo" nel frattempo abolito) rispettivamente con I 13 e 150 uomini erano stati ridotti a uno solo (.XXVI) con il seguente organico: Stato maggiore cli battaglione, I compagnia bersaglieri (su tre p lotoni), I compagnia mitragliatrici (su 8 armi) e i soli quadri ufficiali di una compag nia, che si sperava poter completare in seguito. Il 4° reggimento speciale, g ià ridotto a 10" compagnia con una forza di 98 presenti, dopo il recente decreto di amnistia n . 502 del 2 settembre veniva completamente sciolto e g li uomini passati al 34° reggimento fanteria. Degli ufficiali rimasti provenienti dai reparti disciolti erano stati tratti i complementi per la brigata Livorno e per il TV battaglione bersaglieri cicl isti. Ripianate così le deficienze ufficiali dell ' arma di fan teria del Corpo cli Spedizione , vi restevano alcuni ufficiali disponi bili al rimpatrio, ciel quale si sarebbe senz'altro provveduto per economia. l vari reparti telegrafisti , ovvero il disraccamento del 3° genio dcli 'ex Corpo d ' occupazione dell'Egeo e la mezza ciel 7° reggimento telegrafisti dell'ex spedizione Rivie ri , venivano fu si in un' uni ca compagnia te legrafisti de nominata «133" bis» in attesa del numero definitivo fi ssato dal ministero. Tcarabinieri dell 'Egeo e dell 'Anatolia vennero riuniti sotto un unico comando e ritenuti tutti mobilitati e promiscuamente impiegabi li. La compagnia di Rodi venne trasferita a Scalanova. 16 Con il suddetto riordinamento, in d ipendenza del massimo di forza disponibile fissato dal ministero , il Corpo di Spedizione risultava: Fanteria: Brigata livonw composta dal 33° fanteria su 3 battaglioni e dal 34° regg imento su 4 battaglioni (ciascun battaglione formato di 3 compagnie fucilieri e 16

AUSSME, E-3. b. 8, f. 8/3 a. nota di Elia dell'8/I0/1919. 34 1


1 una mitraglieri); XXVI battaglione bersaglieri (2 compagnie bersaglieri e 1 compagnia mitraglieri, anche se una delle 2 compagnie bersaglieri aveva i soli quadri; IV battaglione bersaglieri su 3 compagnie ciclisti e l compagnia mitaglieri ; Reparto italiano di Conia composto eia I battaglione del 136° reggimento (4 compagnie fucilieri e 2 compagnie mitraglieri); Reparto italiano di Costantinopoli composto dal comando del 62° reggimento e 1 battaglione (4 compagnie e 1 compagnia mitraglieri). Cavalleria: IT Gruppo cavalleria Roma (2 squadroni); 1 plotone autonomo cavalleria Piacenza. Artiglieria: XI Gruppo artiglieria da montagna (3 batterie da 65 e 1 batteria da 70). Genio: Reparti vari. Guardia di Finanza: Circolo dell'Egeo. Servizi: Sanità, commissariato , artiglieria, genio, veterinario , postale, tappe. Fissate le limitazioni all 'interno dei reparti , Elia non ritenne possibile, né opportuno fissa re a priori le entità dei contingenti per i vari settori. Data la situazione politica , tale quale era , date le condizioni sanitarie dei reparti, date 1c pioggie che gonfiavano i corsi d'acqua rendendoli inguadabili, non era escluso che si imponesse una variazione delle forze nei reparti, per poter rispettivamente fronteggiare la situazione e per tenere in efficienza le unità minori, che si depauperavano più di quanto si potesse credere. Se fosse stato necessario, si sarebbe quindi provveduto con un aumento di forza per la sicurezza di certi distaccamenti, che prima di essere isolati per le pioggie, potevano ritenersi sufficienti. L'istituto delle «residenze», che si voleva al più presto e in modo capillare applicare, per ridurre l'occupazione militare, prescindendo dalla difficoltà di disporre di elementi idonei alla delicata carica di residente e con sufficiente preparazione, comportava notevole ritardo. L'attuale situazione oltremodo delicata e incerta ne sconsigliava l'applicazione. Per tutti questi motivi , Elia fece comprendere che l'economia e i congedamenti forzati mal si sposavano con il desiderio di mantere all'altezza del dovuto l'efficienza dei reparti del Corpo cli Spedizione. Il comandante richiese ancora i complementi per .il rimanente battaglione bersaglieri, per la cavalleria ormai insufficiente e medici da inviare stabilmente, indispensabili protagonisti dell'azione sanitaria attuata inAnatolia.17 Eventuali diminuzioni cli tali attività avrebbero nuociuto al prestigio e all'autorevolezza, che l'Italia era riuscita a guadagnarsi sul campo. Questa opinione era appoggiata in pieno dal Comando Supremo, consapevole del difficile compito di Elia cli dover bilanciare l'ordine operativo a una carente struttura organica. 18 Diaz in più occasioni con Albricci espresse solidarietà al comando cli Rodi. 11

18

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AUSSME, B-3, b. 8 , f. 8/3 a , nota di Elia dell'8il0/1919. AUSSME, E-3, b. 8, f. 8/3 a, nota di Rovere ciel 17/1 O/ 19 19


Dopo aver preso in esame la proposta di Elia per il riordinamento dell e forze del Corpo di Spedizione, si associò completamente alle proposte stesse, rappresentando l'opportunità di non ridurre ulteriormenle il contingente , che in realtà raggiungeva già la forza assai limitata consentita dal ministero. Convennne che l'opera organizzatrice in Anatol ia dovesse, per quanto possibile, escludere la diretta azione militm·e , però ritenne che la reale situazione politica consigliasse di ritardare ancora per qualche tempo una notevole riduzione dei presidi , sia in Anatolia, sia nelle isole dcU'Egeo. La grande estensione di teITitorio soggetto all'influenza italiana in Asia Minore aveva provocato un inevitabile disseminamento delle fo rze, solo in parte eliminato da Bongiovanni. D 'altra parte proprio iu quel periodo il mov imento nazionalista e l'azione delle bande turche andavano assumento nell'interno cieli' Anatolia un aspetto di gravità, che poteva essere sfuggito al ministero della Guerra. Medesima situazione riguardava il Doclecaneso: la sorte ancora incerta di quelle isole sembrava consigl iare di mante nervi sufficienti presidi, come osservato da Elia. Diaz appoggiava infine la richiesta di complementi di cavalleria e dei bersaglieri e l'invio di medici per le ragioni cli ordine umanitario e propagandistico .19 Di fronte alla solidarietà che il capo di Stato maggiore offriva al comandante del Corpo di Spedizione, Albricci rispose con comprensione e con il proposito di voler, per quel che gli era posssibile, rientrare nei magri bilanci di N itti e salvare la stabilità della missione italiana in Anatolia. Spiegò come la determinazione di ridurre e riorganizzare il Corpo di Spedizione era stata presa dal ministero della Guerra per ragioni d i opportunità politico-mil itare. Rispondendo a pieno alle direttive generali di Tittoni e della Presidenza del consiglio circa la condotta italiana nel Mediterraneo orientale, tali motivazioni avevano trovato pie na conferma in quanto aveva riferito sull 'argomento Bongiovanni, reduce da quella regione. La vastità della zona soggetta all 'influenza italiana aveva all'inizio provocato on disseminamento cli forze, che preoccupò Bongiovanni fin dal suo arrivo in Asia Minore, convjncendolo della necessità di ridurre al minimo il numero dei presid i e di dar invece largo sviluppo al sistema delle residenze. Questo concetto era stato ampiamente approvato da Tittoni; il ministero della Guerra aveva intenzione cli attuarlo , sia per semplificare il diffic ile problema dei riforn imenti in una regione così difettosa di viabilità, sia per adattare l'azione milit~u-e agli interessi nazionali e alla delicata situazione politica in quelle regioru. Tn aggiunta a questo , per attuare a pieno le direttive della delegazione alla Conferenza della pace, si sarebbe continuato ne l proposito di migliorare il più possibile le relazioni con i greci, anche se non si poteva pensare, come ben aveva chiarito Bongiovanni a Milne, alla possibi lità di un 'azione italiana armata contro il movimento nazionali sta turco. Questo anz itutto perché ciò avre bbe alienato definitivamente la simpatia e le speranze che l'elemento locale ripone va nella fu tura opera organizzatrice in quelle regioni , facen do perdere in un solo colpo i vantaggi acquis iti in tal ' 9 AUSSME, E-3 , b.

8, f. 8/3 b, lettera di Diaz ad A lbricci del 25/9/1 9 19 e r. 8/3 a, celegramma di Diaz ck:I I 7/ I0/19 19.

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senso rispetto agli Alleati , ma anche perché per un'azione di questo genere sarebbero occorsi in ogni modo ben altre forze, che l'Esercito italiano non aveva in Asia Minore. Quanto all' azione delle bande turche, a parte la vaga consi derazione da chiarire circa le vere relazioni tra tali elementi armati, i dirigenti del movimento nazionalista e le autorità ancora fedeli al governo cli Damacl Ferid, Albricci ritenne che il miglior consiglio fosse quello cli evitare in ogni modo il contatto con esse. Ciò avrebbe comportato la riduzione al minimo dei presidi dislocati all'interno. Tutto ciò era in linea con le direttive governative, avendo Sforza raccomandato che l 'organizzazione delle truppe doveva escludere qualsiasi azione militare. Ogni minimo sospetto da parte dei turchi su un possibile intervento italiano al pari di quello dei greci avrebbe comportato non solo un grave danno al prestigio e al rispetto verso gli italiani, ma anche una reazione militare come quella appunto che vedeva fron teggiare proprio gli ellen ici e le bande locali . Albricci evidenziò come la richiesta di ridurre il contingente fosse pure in sintonia con le esigenze generali, legate al forte congedamento di molte classi in armi. Egli rimase in attesa dello studio di Elia per la riorganizzazione delle sue truppe , commjsurata alla situazione delle occupazioni nell'Egeo e in Anatolia alla situazione politica attuale .20 Un altro elemento molto controverso, in bilico tra le esigenze finanziarie e quelle operative, era quello legato alla concessione delle varie indennità di missione . Fin dalla primavera si era parlato di considerare l'Asia Minore come teatro cli guerra, anche a fronte della disagiata e costosa vita che le truppe italiane avevano trovato . Ai primi di agosto giunse a Roma un rapporto del console italiano a Smirne Mario Indelli sulle condizioni della truppa del Corpo cli Spedizione. Egli evidenziò che lo spirito molto alto di abnegazione e cli disciplina, che animava tutti tra ufficiali e soldati dei presidi e dei distaccamenti che aveva visitato, lo aveva «mi si passi l'espressione di stile non burocratico, profondamente commosso» .2 1 I soldati si rendevano fieri e sicuri dei destini del paese, ma gli effettivi erano molto scarsi, il materiale difettava in modo impressionante, le economie erano spinte ad eccessi, che si augurava dovuti a momentanea difficoltà e imprevidenze. Gli ufficiali avevano gli stessi stipendi che avrebbero avuto nelle comode guarnigioni ciel Regno, in un paese in cui il costo della vita era fra i più alti e le cose più necessarie erano autentiche rarità. Ad essi era assegnata ad esempio un'indennità giornaliera per l'alloggio cli una lira ed erano costretti a privarsi così di una camera ammobiliata, che non si rifiutava il più modesto degli impiegati locali. I miLitari di truppa erano con un soldo di 50 centesimi al giorno, insufficienti all'acquisto del più modesto pacchetto di sigarette , il cui scambio era nel paese tradizionale maniera di entrare in conversazione. Gli ufficiali distaccati a varie diecine di chilometri dai presidi , in una regione sprovvista di strade e non comoda per le soste, non avevano cavaJli, né erano autorizzati a provvedersene. E-3 , b. 8, f. 8/3 b , lettera di A lbricci a Diaz del l 0 /!0i l 9 19 . AUSSME, E-3, b. 6, f. 6/2 a, estratto del rapporto di Indell i.

io AUSSME, 21

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Così dovevano chie dere in prestito ad amici e simpatizzanti. Gli autoparchi erano scarsamente provvisti, vi era enorme pen uria di biciclette, di materiale telefonico e nella sostanza «cli tutto quanto, in una parola, impone a popo lazioni primitive, come qoeJle musulmane dell' interno dcli' Anatol ia, il rispetto e la considerazione, senza parlare , naturalmente, degli inglesi e dei francesi, perfino i greci, con manifestazioni esteriori di apparecchio mi litare fornito e potente, cercando di accapan-arsi».22 Forse lndelli esagerava, ma questa descrizione appariva così drammativa che anche se vi fosse stata una sola parte cli verità, sarebbe stata preoccupante . Tittoni inoltrò la relazione ad Albricc i commentando: «Le considerazioni f ...] circa il trattamento fatto alle nostre truppe, in confronto delle truppe di altre nazioni ed in relazione alla sitazione ed alle necessità locali, appaiono fondate, e sembrerebbe pertanto opportuno avviare a taluno degli inconvenienti rile vanti».23 Nel g ioco delle responsabilità tra i dicasteri , il Reparto ordinamento e servizi ciel Comando Supremo , sperava in un interessamento p roprio del ministro deg li Affari Esteri nel far presente al governo che, in assenza dei rinforzi provenienti dalla brigata Calabria per Rod i, le agevolazioni eia concedere alle truppe ciel Corpo di Spedizione non avrebbero gravato in modo eccesivo sul bi lancio dello Stato.24 Infatti già dal mese cli maggio il Repatto operazioni e servizi ciel Comando Supremo aveva preparato un promemoria con delle proposte, riguardanti nello specifico il miglioramento del trattamento degli ufficia] i, rimasto lettera morta: a) che agli ufficiali venisse pagata una indennità di equipaggiamento di lire 600 (di cui ½ subito e ½ dopo il compimento di un anno di servizio presso il Corpo di Spedizione) . b) che gli assermifossero aumentati dell'aggio dell'oro sulla caria. - Lo stesso Comando inoltre aveva chiesto: c) che venisse fissata una indennità di rappresentanza p er il Comandante . d) che venissero in qualche modo precisati i limiti, e!ltro i quali dovevano essere contenute Le spese di propaganda, per ilfformazioni, per aiuti alle popolazioni, eccetera. e) che fossero autorizzate eventuali distribuzioni di viveri agli abitanti poveri delle regioni occupate. Le pratiche relative alle proposte del Comando del Corpo di Spedizione in Ana10liaji1rono svolte dall ' Ufficio Ordinamento e Mobilitazione di questo Comando che [ ... J si rivolgeva alla Direzione Serv. Log. e Amminisn·. del Ministero della Guerra esprime,ulo il parere che al personale del Corpo di Spedizione in Anatolia venisse usato un trattamento analogo a quello del Corpo di Spedizione italiano in Estremo Oriente. E-3. b. 6, f . 612 a. estrouo del rapporto di lndelli. AUSS ME, E-3. b. 6, r. 6/2 H , telegrammi di Ti twni a Cavallero del 3/8/19 19 e del 20/8/ 19 19 . AUSSME. E-3. b. 6. f . 6/2 a. promemoria di Guzzon i per Cavallero dcl i' 11 /8/ 19 19.

22 AUSSME,

23

2•

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Tale trattamento è fissato da un decreto Luogotenenziale del maggio u .s. e concede: I) una indennità di equipaggiamento di lire 700 agli ufficiali superiori - di lire 400 a quelli inferiori 2) speciali indennità per gli ufficiali, oltre quelle ordinarie e precisamente: Co mm.te L. 15 - Uff. superiori L. 12 - capitani L. 9 - iif.f. subalterni L. 6. 3) inette a carico dell 'amministrazione le spese dì mensa ufficiali. Tutti gli ufficiali oltre le razioni viveri [a matita] versano 215 delle loro indennità di guerra. La Direzione Serv. Log. e Amm. [ ...] - non concede l'indennità di equipaggiamento - accorda al Com.te del Corpo dì Spedizione una indennità giornaliera di L. 20 - dichiara che si provvederà per il pagamento degli assegni agli ufficiali in valuta turca - si riserva di fare cmnunicazioni circa le spese per ù~formazioni politico-militari, per sovvenzioni agli indigeni ecc. 25

Da mesi si attendeva, ma ancora nessun provvedimento era stato preso dal ministero circa la soluzione della nuova indennità giornaliera per il Corpo di Spedizione. Mentre il ministero aveva già fatto conoscere la linea cli massima, che la nuova indennità era stata approvata nella misura preposta dal Comando Supremo e che essa sarebbe stata ratificata con un decreto di prossima pubblicazione, effettivamente l'ordine esecutivo per il pagamento di questa nuova indennità non era ancora giunto. Si faceva notare al ministero che l'importanza di questa nuova indenni tà era per molti riguardi superiore a quella già concessa «di missione di servizio ìsolato in Anatolia». Infatti questa indennità sarebbe stato un buon meritato compenso alle maggiori fatiche, ai maggiori disagi e soprattutto alla quasi certezza di essere colpiti da malaria, alla quale sottostavano i reparti dislocati nelle zone occupate. Questa indennità, che sostituiva quella di guerra, e che era stata in maniera opportuna ripa1tita in modo che il beneficio venisse risentito in giusta proporzione a seconda del grado, avrebbe certo avuto un'influenza morale molto forte sulle truppe e sarebbe stata anche appropriata come trattamento paraUelo a queUo fatto alle truppe metropolitane dislocate in Libia. Se il Comando voleva che fosse meno sentito il desiderio cli rimpatrio dei militari dislocati in zona disagiata, bisognava dar loro un adeguato compenso nel trattamento economico. Solo così si sarebbe potuto avere, specie per quanto riguardava i quadri, quella stabilità che era sempre necessaria, ma lo era ancor di più quando si trattava di svolgere un'azione non solo nùlitare, ma anche politica, quale quella richiesta ai comandanti italian i in Anatolia. Infatti aU ' ufficiale che si trovava al comando di un presidio anatolico non valevano né gli studi fatti precedentemente sui libri, né la lettura di quelle monografie, purtroppo scarse e deficienti, pubbli.cate sul!' Anatolia; ma 25

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AUSSME, E-3, b. 6, f. 6i2 a, promemoria del Reparto operazioni del Comando Supremo cieli' I li8/ 19 19.


valeva unicamente la pratica acquistata s ul posto, a contatto quotidiano con le au torità local i e con la possibilità continua di studiare usi , costumi e modo di pensare degli abitanti. Nelle cond izioni presenti un ufficiale, quando poteva cominciare a rendersi indispensabile per aver acquisi to questa pratica,rimpatriava o per aver contratto la malaria o per altri motivi di salute o in seguito a replicate domande di ri mpatrio. La nuova indennità sarebbe val sa a richi amare al Corpo di Spedizione c lementi volontari, ai quali s i riteneva anche di poter fissare un obbligo di permanenza per un determi nato periodo di tempo . Infine il Comando Supremo . persuaso dell'efficacia di questa indennità sul morale del soldato, aveva g ià dato ordine esecutivo per il pagamento di questo riconoscimento a i congedanti del 1895 e in modo analogo avrebbe fa tto nei rig uardi della c lasse del 1896. Per il momento il pagamento era stato ordinato solo per la truppa. Defi nire la questione sarebbe valsa a evitare lunghe e com plicate pratiche amministrative fra i depositi e i mil itari congedati, senza aver percepito l'indennità, che come il ministero della Guen-a aveva comunicato, sarebbe entrato in vigore dal J O novembre 191 9. A completamento del pro vvedime nto , urgeva pure una sanzione defini tiva, anche per la truppa destinata a missione per servizio isolato. v isto che l'indennità per truppa risultava insu ffic iente. Come si è visto . però i tagli sempre pit1 frequen ti d i bilancio e il desiderio di ridurre al minimo r impegno delle missioni all 'estero portarono il governo a non prendere con la dovuta importanza tutte le richieste inoltrate. A fin e agosto il generale Angelo Modena della Direzione generale dei servizi logistici e amministrativi del ministero della GuetTa aveva scritto al Comando Supremo in relaz ione al «Trattamento economico per le truppe in Anatolia» . L'amministrazione militare non poteva , come richiesto. riconoscere agli uffi cial i del Corpo di Spedizione l'indennità di equipaggiamento, volendo provvedere però affinché gli assegni , fossero eia allora in poi pagati in valuta turca. per impedire svantaggi sul cambio. Per quanto poi concerneva l' indenni fa di rappresentanza, il ministero acconsentì che a Batt istoni e Bongiovanni venisse fatto il medesimo trattamento stabilito da ll'ai1ico lo 2 del decreto legislativo 4 gennaio 1917 n. 22 , per il comandante delle truppe italiane in Macedonia, e cioè g li fosse corrisposta l' inde nnità giornaliera di rappresentanza di lire venti dal giorno d'imbarco fino a quello dello sbarco in Italia. Per quanto, infine, rifletteva le spese necessarie per informaz ioni politico-militari , per la propaganda presso gl i indigeni, le sovvenzion i agli stessi e le distribuzioni d i viveri agli abitanti poveri , il ministero si riservava di fare ulteriori comun icazioni.26 Nel frattempo ad agosto era scoppiata la denuncia deJI '«Avanti !» sulle condizioni dei soldati a Conia. Nel la speranza che la nuova gestione Elia, comandante ritenuto da tutti i suoi sotto posti come vic ino ai soldati, portò in autunno delle ulteriori richieste in proposito . n colonnello Torriani da A.dalia rese noto che sin dal giorno dello 1 "

AUSSM E.1:i-3 , b. 6, f. 6/2 a. tc lcgrarnmn cli Modenn a Cornnndo Supremo del 31/7/19 19.

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sbarco in città il morale delle truppe si era sempre mantenuto elevato, però nel suo solito piglio schietto volle aggiungere l'amara realtà. Egli sosteneva come fosse doveroso far sapere ai comandi superiori che durante i mesi di luglio , agosto e settembre, quando i reparti si trovavano dislocati nell'interno dell'Anatolia, fosse emerso tra la truppa il bisogno di vestiario adatto al luogo e al clima, essendosi allora verificata una temperatura talvolta cli 50 gradi . Faceva anche presente che, pur non verificandosi un vero e proprio malcontento, il soldato che si trovava in condizioni molto più disagiate della truppa in Italia, desiderava avere dei miglioramenti economici, dei quali da tanto tempo si. parlava, ma di cui finora nulla si era visto. Il fante metteva spesso a confronto la propria posizione finanziaria con quella dei soldati della Marina , che pur trovandosi in pari condizioni di luogo, venivano a percepire assegni di importo superiore. Per il vitto Torrian i. fece presente che era necessario l'invio urgente cli generi di condimento (olio, burro, conserva, lardo, ecc.), dei quali la locale sezione sussistenza era sprovvista o lo era in pessima qualità. Era impossibile peraltro trovarne sul mercato locale. C'era necessità anche di vino, perché quello a disposizione era ormai aceto. Un 'altra lagnanza del soldato era che quando veniva inviato in licenza, era trattenuto per circa un mese a Rodi, dove gli venivano fatti eseguire lavori di corvè al porto. Infine molto sentito era il disservizio postale.27 Di fronte a queste richieste così incalzanti ìl governo non poteva rimanere sordo, anche perché anche questa volta Diaz sponsorizzò le reiterate richieste degli uomini di Elia .28 li ministro della Guen-a rese noto il problema direttamente al Presidente del consiglio: «m i affretto a comunicare che questo ministero ha determinato che le indennità al personale del Corpo di Spedizione siano elevate nella misura consentita dalle condizioni del bilancio, specialmente per il distaccamento di Costantinopoli si è provveduto con vera larghezza così da garantire il prestigio delle nostre truppe rispetto ai contingenti alleati».29 Venne chiesto di interessare con urgenza il ministero del Tesoro, affinché potesse disporre dei fondi richiesti già da mesi sia dal ministero della Guena che da quello degli Affari Esteri. Per ragioni di economia tuttavia Ia decisione sulla concessione delle nuove indennità venne procrastinata fino a quando non fosse stata compiuta la forte riduzione di forze già disposta per il Corpo di Spedizione.

LE ATTIVITJ\ DEL CORPO DI SPE])JZIONE SOTTO ELIA

Mentre venivano disposte le varie riduzioni e le modifiche nell'organico dei reparti, la situazione internazionale in Anatolia non variava . Gli scontri tra bande turche e regolari ellenici continuavano, quasi sernpe con questi ultimi che vedevano la 27

AUSSME , E-3 , b. 14, f. 14/3, comunicazione di Torriani del 31/10/1919. AUSSME, E-3, b. 8, f. 8/3 b, promemoria di Guzzoni del 3/1 O/ J9 I 9; telegramma di Diaz de l 5/1 O/ 1919. 19 AUSSME, E-3, b. 8, f. 8/3 b, lettera di AJbricci a Nitti. 28

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La sede del comando i1aliw10 ad /\dalia

peggio. La situazione della regione occupata dagli italiani era così sintetizzata: costirnzione di bande armale turche finalizzata al reperimento di fondi per conti nuare la guerra contro i greci. TI movimento era diretto da comitati centrai i, che agivano a mezzo di sottocomitati costituiti ne i centri minori. l membri erano in genere persone autorevoli, appm1enenti al p;U1ito nazionalista. Di tali comitati era segnalata la presenza a Giroba, Mugla, Marmari:lZa, Macd, Cahasba (a Nord cli Porto Vathy) e Aclalia. Le popolazioni mu sulmane. aJle quali i comitati sembravano rivolgere esclusivamente le loro richieste, accompagnandole talvolta con minaccie cli rappresaglia, subivano mal volentieri le imposizioni. Da qualche centro era giu nta notizia cli palesi manifestazioni di malcontento da parte degli abitanti. che non volevano versare denaro, né sottostare all'obbligo, fatto agli uomini validi, di arruolarsi nelle bande. Da altre local ità, fuori del raggio di influenza dei presidi italiani, erano anche segna lati frequenti atti di brigantaggio commessi da bande di passaggio o eia gregari isolati. In apparenza , sembrava che le autorità locali si disinteressassero dell'opera dei comitati, ma non era escluso, e il loro contegno confermava le suppos izioni, che alcune aderivano e partecipavano al movimento. Era noto ciel resto, che il governo di Costantinopoli aveva in generale poca influenza sulle autorità stesse. Lo scopo principale dell 'organizzazione sembrava un icamente quella di cacciare i greci dalle regioni occupate e nu lla , almeno per il momento , lasciava supporre intenzion i ostili agli italiani. 1comandanti cli presidio e i residenti del Corpo cli Spedizione erano anzi concordi nell 'affermare che le popolazioni erano animate da sentimenti di simpatia e di stima verso l 'Ttalia e le sue truppe. Però , dato il carattere nazionalista a cui era 349


improntato il movimento, non era da trascurarsi l'eventualità, che esso potesse degenerare in movimento xenofobo all'atto dell'applicazione delle decisioni della conferenza di Parigi, qualora queste non tenessero conto delle aspirazioni nazionali del popolo turco . Con molta circospezione venivano giudicate le sempre cordiali e amichevoli dimostrazioni , che i vari comitati e circoli civici rivolgevano all'Italia, come la lettera di ringraziamento di una commissione di negozianti e professionisti di Aidin «per l'opera di soccorso svolta dalle truppe italiane» in favore dei profughi di Aidin: Il nostro ricordo di gratitudine verso il Ten. Colonnello De Ambrosia per i soccorsi prestati ai disgraziati profughi di Aidin è indimenticabile. Ci onoriamo perciò pregare che si voglia trasmettere i nostri vivi sentimenti di riconoscenza al Ministero della Guerra di aver destinato al nostro paese il predetto On. Comandante . La presente lettera di ringraziamento è stata firmata dai sottoscritti notabili negozianti di Aidin a nome di 5000 pro.fughi.30

Di massima queste lettere sembravano indirizzate, sotto l'alone della compiacenza e della lusinga, a sollecitare un possibile intervento filotu rco contro i greci , che sempre più numerosi approdavano sul suolo anatolico. Non temendo quindi nessun rischio d.i attacco turco contro gli italiani, il miglior modo per rimanere terzi era mantenere un 'equidistanza anche con i greci e vincere le resistenze degli inglesi, che premevano affinché il contingente di Cernia avesse un ruolo più operativo. Per questo l'allerta era sempre alta, con il proposito di impedire ogni possibile scontro, quasi cercato dalle autorità di Atene.3 t L'8 settembre, l'ufficio informazioni italiano di Smirne comunicò che alcuni giorni prima erano giunti dall'interno in città 900 soldati greci , mentre altri 1.100 , dì cui 500 ammalati o feriti, ne erano partiti per rientrare in Patria. Al campo di aviazione greco di Paradis (presso Smirne) erano concentrati undici aerei. Il numero degli apparecchi, ceduti alla Grecia dagli inglesi, sarebbe stato presto portato a venti e che sarebbe stato istituito un regolare servizio di collegamento aereo con Costantinopoli. Nel frattempo a Smirne era stata costituita una scuola di gendarmeria per volontari greci, che contava già cinquanta a!Iievi. Di sponda anche i turchi preparavano ulteriori azioni. Essi erano ansiosi nell'attesa del risultato dei lavori della Commissione d'inchiesta per i massacri di Aidin. Alcuni informatori provenienti dalla regione di Denizli, assicuravano che sarebbero scoppiate violente azioni di bande qualora la commissione avesse negato la responsabilità dei greci. A metà settembre a Balikesri ebbe luogo una riunione cli oltre cento capi delle bande turchi. Essi decisero di continuare la lotta fino alla completa cacciata degli. ellenici da Smirne. Da parte loro i greci avevano iniziato dei lavori di fortificazione nei dintorni della città, in special modo verso il lato Sud. Erano sempre più fre30 31

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AUSSME, E-3, b. 6, f. 6/2 e , copia della lettera dei notabi li di Aid in. AUSSME. E-3, b. 8, f. 8/1 e , lelegrammi cli Dc Marlino , cli El ia e di Rovere .


que nti le notizie, insistenti e concordi , di un prossimo attacco in fo rze di bande turche contro Aidin. L'attacco sarebbe stato combinato con puntate cli diverse formazioni in vari punti sulla ferrovia, per isolare la città . L'attacco avvenne il giorno 27 settembre , effettuato tra Ornerly e Aiclin , con l'impiego di artiglieria eia ambo le parti. Gl i strasc ichi dei combattimenti arri varono fin o a Karabunar a Sud-ovest di Aldin. Ll 23 settembre l'ufficio informazioni italiano di Smirne rese note alcune notizie secondo le quali una commissione di notabili musulmani avrebbe fatto conoscere alle autorità turche, che i greci continuavm10 ad mrnare i c ivili ortodossi della città. Detta commissione avrebbe ch iesto di conseguenza di fare mettere i musulmani sotto la sorveglianza della poi izia internazionale . Jntanto a Smirne si andava generaliz7.ando la persuasione che il responso della conunissione d' inchiesta sui fatti di maggio e g iugno sarebbe stato nettamente contrario ai greci, i quali attrib uivano al commissario americano un'azione loro contraria . La propaganda ing lese del resto accrebbe una certa effervescenza tra g li ellenici , che a li vello diplomatico si vedevano limitare le loro ambizioni te1ritorial i, nell'ipotesi cli essere sostituiti dai contingenti multinazionali . Tuttavia l' azione degli italiani garantiva una certa tranquiliità, anche in seguito alle fo tti deficienze nell'organico dei rc pa,ti dipende nti , verificate a l congedamento delle classi 1892-93 -94 e all ' invio di militari in licenza ordinaria . Dopo alcuni atti di brigantagg io per opera di gregari delle bande della "Difesa naz ionale" a danno della popolazione o rtodossa di Pend ik, a circa 10 chilometri a Sud di Eskihissar. La presenza delle truppe ita liane restituì aUa regione la tranquil lità . li comando italiano di settore di Aclalia informava che i depositi di munizioni turche lungo la direttrice Aclalia-Buldur erano stati sgombrati. I nuclei di bande si erano spinti fino a Buldur e Tsparta. Questo aveva molto impressionato la popolazione d i Aclalia, che fino ad allora aveva goduto di una certa calma, anche a fronte della consistente presenza del reggimento di Torriani. Intanto g li scontri continuavano soprattutto nella zona adiacente alla valle del Meandro. Dei disordini avvenuti e del contegno pass ivo tenuto nella circostanza dalle autorità ottomane local i venne informato il mutasserif d i M ugla che, recatosi personalmente a Pe ndik, prese provvedimenti a carico dei responsabi li e dispose inoltre che il capo banda ordinasse ai gregari , sotto minaccia cli gravi punizioni , cli sgombrare la regione del Meoteché . Anche ad Adalia la presenza italiana continuava a essere sentita e apprezzata.A metà settembre si verificò un incendio nel camerone adibito a dormitorio d ei marinai locali. Esso fu subilo domato dall' intervento cli alcuni soldati e d i marina i della torpediniera Saffo. Le au torità local i non mancarono di ringraziare iJ comando di presidio, dim ostrando am ic izia all ' Italia. Il colon ne llo Torri ani a fine settembre comunicò che il nmtasserif di Isparta aveva aderito al riconoscimento del governo nazionale e . dopo aver esitato, anche quello cli Adalia fece lo stesso. TI mutasserif cli Burdur, essendosi rifi utato cli aderire, era stato deposto. Ad Adal ia erano g iunti emissari del nuovo governo e vi svolsero un ' attiva opera cli propaganda. La popolazione e le autorità subivano le imposizioni del nuovo 35 1


governo senza entusiasmo e le avrebbero respinte se avessero avuto la convinzione di poter contare su un efficace appoggio delle truppe e delle navi italiane. Nel frattempo a Mugla, il mutasserif locale aveva ricevuto ordine dal recente congresso nazionalista di Nazli, di non riconoscere più l'autorità del governo cli Costantinopoli, che era stato dichiarato decaduto. Il mutasserif, che g:ià s.i mostrava fautore del movimento insurrezionale, indisse quindi una riunione fra i notabili, per stabilire un governo provvisorio nel mutasseriffato . Sempre più spesso si veniva a sapere che influenti personaggi ottomani abbandonavano di nascosto Smirne, per ragg iungere le bande. Anche importanti elementi militari, rimasti fino ad allora fedeli al governo di Costantinopoli , stavano aderendo al movimento nazionale , per unirsi alle bande e combattere a viso aperto i greci. La situazione era in piena evoluzione, a tratti ondivaga. A Smirne continuava l 'invio di rinforzi greci verso la regione di Aidin , mentre procedevano alacremente i lavori d i fortificazione. In città fra i profughi greci ricoverati cresceva il malumore verso le autorità elleniche, che essi ritenevano incapaci di protegger1i e di farli ritornare nelle loro case . Si notava un crescente malumore anche fra gli stessi militari, che incolpavano il governo di Atene di averli lanciati in un'impresa difficile e incerta . Ne era sintomo la partenza di militari "costantiniani" , che venivano allontanati perché si dubitava della loro fedeltà. Sull'altro fronte le cose non erano certo migliori . Informatori giunti da Ak-Issar-Salikli-Odemisch assicuravano che le forze turche stavano aumentando sul fronte di Aidin, ma si registravano però casi in cui fra i capi turchi non fosse completo l' accordo. Non di rado si verificarono conflitti armati fra le stesse bande. Questo però non spense il nemico principale : scontri sul ponte cli Odemisch e altre manifestazioni muscolari turche facevano di Smirne un crocevia incessante di feriti e di scampati greci alle ripetute azioni degli avversari. In questo clima bollente intan to proseguivano le continue variazioni alle dislocazioni dei reparti italiani: la 2A compagnia del IV battaglione bersaglieri ciclisti si trasferì da Giroba a Jarùtschiflik prima di arrivare a Kuluk e partire per Taranto ai primi di novembre, mentre un plotone della 9A compagnia del 34° fanteria sostituì il pl.otone dell ' 8A compagnia a Isperinge . Questa sarebbe stata la premessa della progressiva sostituzione dell' intero IV battaglione bersagl ieri disloc ato nella zona di Giroba-Ponte sul Meandro, con altrettanti reparti della brigata Livorno e il concentramento del battaglione stesso a Kuluk , per essere pronto per l' imbarco. II movimento doveva aver termine per il 24 ottobre . Intanto il 28 settem bre il III battaglione del 34° fanteria si trasferì da Kuluk a Scalanova, passando alle dipendenze ciel comando del 34° fanteria, mentre il II battaglione del 33° fanteria da Scalanova passò a Kuluk. ll 10 ottobre venne ordinato che il I battaglione del 33° fanteria si trasferisse nella zona Mugla-Eskih issar-Giroba. Con tale s postamento erano riuniti i vari battaglioni ciel 33° fanteria tutti in due zone, una più prossima a Scalanova, l'altra a Mugla . Un accorgimento che avrebbe agito sul morale fu però fondamentale. l reparti rimanenti con i loro movimenti e le loro perlustrazioni dovevano smentire per quanto pos352


sibi le quelle voci che già si diffondevano tra le comunità locali, che avrebbero voluto nella partenza del battaglione bersaglieri un disimpegno di Roma dallo scacchiere cieli ' Anatolia .32 Questa convinzione aveva g ià preoccupato i musulmani , che i ntraveclevano l 'avvento dei greci con i loro propositi di vendetta . Per sedare questi timori e perché l' avvicendamento dei presid i fra le truppe partenti e quelle subentranti non avesse a portare perturbame nti nel regolare andamento del servizio, Tittoni ordinò che venissero date opportune disposizioni finalizzate a mantenere un indirizzo continuo per tutte le questioni di carattere politico locale. 33 Detti movimenti avevano per scopo cli realizzare una maggiore economia e un più efficace impiego de lle truppe, di semplificare l'aspetto logistico e cli ristabilire le dipendenze organiche dei vari reparti, dislocati in un primo Lempo in ragione delle esigenze tattiche. Di massima l' obiettivo era presidiare gli importanti porti costieri e pochi strategici centri dell ' intemo. Nel contesto del presidio delle coste nel settembre del 1919 era emerso il caso di Finn ica, importante porto commerciale e centro marittimo a occidente di Adalia. Sin eia giugno la Marin a aveva fatto presence al Comando Supremo l'opportunità che venisse collocato un plotone come presidio a Porto Yathy, per neutralizzare l'infJuen:ca dell'occupazione rrancese dell' isola di Castelrosso. 11 comando cli Rodi aveva provveduto il 3 luglio a far trasferire da Adalia a Porto Vathy un plotone del 33° fan teria. Gli abitanti di Finnica si rivolsero quindi da quel momento agli italiani , per ottenere che un presid io fosse collocato anche nel loro paese. La presenza deJle truppe avrebbe impedito gli atti di br igantaggio, che bande armate andavano compiendo nella regione .34 in una letterari volta al comando di Elia, alcuni notabili della comunità presentarono in modo molto preoccupato le oppressioni che da cinque anni la cittadinanza subiva. Alla fin e della guena, come per altre zone, anche essa, a1la notizia che la regione sarebbe dovuta passare sotto la protezione del governo di Roma, rimase contenta e o norara. La presenza delle truppe italiane ad Adalia aveva prodotto la piena fidu cia, che esse avrebbero assicurato il manten imento dell'ordine, sperando che le operaz ioni militari si sarebbero compiute anche per Finnica. Ma il loro scalo non era stato ancora preso in considerazione , tanto che le disgrazie della guena sembravano poca cosa rispetto ai disordini più recenli, soprattutto frutto delle ripetute incursione delle bande di predoni. Veniva reso noto come alcuni giornj prima dieci briganti turchi avessero attaccato di notte il villaggio d i Kom licè distante due ore e mezza dal capoluogo . Essi avevano dichiarato che ai connazionali non avrebbero fatto del male e che erano venuti esclusivamente per gli elementi non musu lmani . Cosl entrarono nelle case degli ortodossi e dopo aver preso i denari e gli oggetti prezios i, che vi ave-

n i\USSME, E-3, b. 8. f. 8/3 b, telegramma della delegazione italiana alla pace del 27/10/1919. E-3, b. 8. r. 8/3 b, promemoria del Co111ando S upre1110 dell'8/ l J/191 9. 3 ' AUSSME. E-3. b. R. f. 8/3 b. promemori a di Gui.zoni de l 6/J0/1 9 19.

3~ AUSSME,

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vano trovato, avevano portato via con loro otto persone, di cui quattro adolescenti. Non si ebbe poi nessuna notizia della so1te dei rapiti, tranne alcune voci sul ritrovamento sulla montagna del cadavere di uno di loro. Inoltre per le strade di alcune località continuavano ancora simili atti di brigantaggio e molti cittad ini erano stati costretti ad allontanarsi dal capoluogo, per trovare rifugio nei boschi o per mare. La lettera si concludeva con la preghiera che fosse presa in consi.derazione questa situazione critica tanto da intervenire in loro soccorso.35 Senza dubbio - ed Elia ne era consapevole - come nei numerosi casi simjJj, la narrazione dei fatti raccontati poteva essere frutto di emotività e di eccessi dì protagonismo, finalizzati ad avere un qualche seguito e considerazione. Tuttavia non potendo discernere la reale crudeltà subita dalla fantasia pietosa, le autorità italiane di Rodi accordarono un certo credito a tale richieste. A questa lettera fece seguito una proposta di Elia al Comando Supremo di occupare la local ità di. Finnica. Il generale era certo che nei paesi presidiati dalle proprie truppe, anche con piccoli reparti, regnava la tranquillità e le popo]az.ioni si sentivano rassicurate negli averi e nella vita, proseguendo riconoscenti nel lavoro e nel commercio sotto la protezione italiana. Il caso di Finnica, importante scalo nella baia omonima, aveva richiamato la speciale attenzione del comando di Rodi, che desideroso di mantenere attiva la speciale attenzione, già fiorente per le notevoli ricchezze della regione , aveva pensato all'opportunità di un'occupazione militare. A ciò si aggiungeva la mjnaccia di una fastidiosa infliltrazione di Parigi sulla costa del sangiaccato cli Adalia, per la presenza del noto presidio francese di Castelrosso, al quale sembrava si fosse rivolto il caìmacan di Finnica per aver un sollecito aiuto e asilo. Era nell'interesse italiano evitare tale possibile ingerenza francese, per la quale sarebbe bastato l'invio anche di poche truppe. Trattandosi però di una nuova occupazione di territorio, Elia non poteva che chiedere la preventiva autorizzazione a procedere nel tempo e nella misura (si precisò comunque limitata), che le circostanze del momento avrebbero potuto consigliare. L'azione italiana sarebbe stata circoscritta a garantire la sicurezza e l'ordine pubbUco , in senso ristretto a Finnica e ad agevolare virtualmente la penetrazione italiana commerciale nel paese.36 Il Comando Supremo espresse parere negativo, perché per il mantenimento clell 'ordine sarebbero potuti bastere le brevi e frequenti visite delle unità navali italiane. li criterio informativo del l'azione in Asia Minore doveva essere il mantenimento dell'ordine con spostamento di truppe evitando, per quanto possibile, cli immobilizzarne.n Questo episodio chiarisce bene come i rapporti cli antagonismo tra Roma, Parigi e Londra non si risolvevano nelle sedute della capitale francese, ma anche nel bel mezzo delle campagne anatoliche, a maggior ragione perché il comando di Rodi doAUSSME, E-3 , b. 8, f. 8/3 b, lettera ciel 7/9/1919. AUSSME, E-3, b. 8, f. 8/3 b, lettera di Elia a Comando Supre mo del 12/9/1919. 37 AUSSME, E-3 , b. 8, f. 8/3 b, te legramma dell'Ufficio "O" al ministero degli Affari Esteri ciel l6/ 10il919. J~

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veva restare in equilibrio precario tra Je risolute direttive del governo italiano e le sollecitazioni d ' interven to prospettate dal comando britannico di Costantinopoli. L'8 oltobre Elia ricevette da Milne il seguente telegramma: «prego Vostra Eccellenza impedire ai turchi di rifornirs i di munizioni dalle città occupate dalle truppe italiane» . Questa richiesta era segno evidente che g li inglesi e i greci non riuscivano da soli a tenere testa al forte dinamismo dei ribelli, sperando nell'opera degli italiani , che sembravano ottenere più credito di fronte ai kemalisti. Il tenente colonnello Giordano, ufficiale italiano di collegamento a Smirne, comunicava infatti che i turchi in diverse locali tà per esportare armi avrebbero fatto minacce e violenze contro i mil itari inglesi, che custodivano i depositi d i muniz io ni. Il te legramma di Milne era originato evide ntemente da tali accadimenti. Secondo l' opinione cli Sforza, la richiesta ciel generale britannico aveva diversi scopi: l) d'impedire che i turchi con abbondanza di munizioni potessero intensificare la loro azione; 2) compromettere l' Italia di fronte al partito nazionalisra; 3) creare diffidenza verso l'elemento greco. L'azione che Milne richiedeva però era contraria alle istruzioni del governo italiano. che prescri vevano a Elia di limitare la propria azione al mantenimento dell'ordine pubblico nei paesi occupati, intesa nel senso stretto e quindi rimanere estranei alla politica interna. L'adesione alla richiesta del generale inglese avrebbe portato i presidi italiani in conflitto diretto con i turchi, ecco perché Elia, nell'atl'esa di eventuali disposizioni del governo di Roma, mostrò la sua contrarietà a tali ordini, prendendo tempo con il comando britannico.38 Successive e ulteriori insistenze, rappresentate atrravero il colonello Haskard, confermarono n Elia il conv incimento che i propositi di Londra erano sempre più in contrasto con i reali vantaggi per Roma: «queste platoniche indicazioni linea residenza e linea presidio siano intese a vi ncolare gli italiani per quelle future zone d'influenza che il governo italiano intenderà reclamare» .39 Altro elemento che non poteva lasciare indifferente il comando di Rodi era la propaganda inglese. Essa si stava intensificando presso le popolazioni turche dei ten-itori soggetti al! 'occupazione italiana. L'Ufficio militare a Sm irne era stato informato dal generale Hanbury che il cappellano m ilitare Hombling aveva ricevuto incarico dal vice ammiraglio John De Robeck,Alto commissario britannico in Turclùa,di soccorrere i profughi e che era stato munito dallo stesso Hanbury cli una lettera di raccomandazione per le autorità italiane. li cappellano partì il giorno 4 novembre per Sokia , con il pretesto umanitario, menrre le sue azion i po1tavano a credere che svolgesse una grande attiv ità oratoria, contraria all' in teresse d i Roma. A Sokia si trovava invece un ufficiale inglese, proveniente da Scalanova, che con la scusa cl i visitare i distaccamenti italiani , creava diffico.ltà ai relativi comandanli e alle autorità locali , as38 J9

AUSSME, E-3, b. S, r. 8/3 a, telegramma di Sforza del 9/10/ 1919. AUSSME, E-3, b. 8. f'. 8/3 b. telegramma del ministero degli Affari Esteri del 5/11/19 19. 355


su mendo informazioni sull' efficienza delle bande turche nella regione. L' intelligence italiano ipotizzò che tale missione fosse stata pianificata dalle stesse autorità inglesi.40 I rapporti tra Italia e Gran Bretagna rimanevano quindi sospettosi e sul filo della formalità, anche perché ì reparti del Corpo di Spedizione continuarono a guardare da s pettatori i protagonisti in campo. Ai primi di novembre all'indirizzo di Tittoni arrivò la comunicazione che l'addetto militare italiano a Londra aveva ricevuto delle osservazione fattegli dal War Office. In Asia Minore si stava determinando una situazione difficile in conseguenza della poca attinenza del!' operato ciel comando del Corpo di Spedizione agli ordini del generale Milne. Inoltre vi era l'impressione che la politica di Roma non seguisse una linea chiara e nett.a. Per questo motivo secondo il War Office sarebbe stato più conveniente per il governo italiano esprimere in modo chiaro le proprie intenzioni, fidando nei sentimenti amichevoli del governo inglese e di Milne, astenendosi da resistenze passive , che si sarebbero rivelate dannose. La reazione della Consulta fu immediata. Attraverso il comando di Rodi e l'ambasciata a Londra, il ministro volle ribadire agli inglesi che il comando italiano in Asia Minore, pur ispirandosi a tutti ì doverosi concetti dì disciplina verso Milne, in qualità cli capo delle forze alleate, non poteva che segui_re le deliberazioni del Consiglio supremo del 18 luglio, che specificava e precisava i compiti e gli obiettivi assegnati al generale britannico. Nel caso Milne avesse richiesto atti o movimenti non contemplati da quella deliberazione, il comando italiano aveva il dovere dì chiedere istruzioni al proprio governo. Del resto l'agire degli italiani, guadagnando il favore dell' opinione pubblica dei ten-itori occupati, qualora non guastato dalle richieste d 'intervento ingiustificato degli inglesi, avrebbe permesso di ottenere benefici e interessi comuni in tutti i territori dell'ex Impero ottomano. Quanto poi alla richiesta di indicazione dei desideri di Roma in Asia Minore, era ovvio che l'esposizione, la discussione o le decisioni a riguardo non potevano avvenire che nel seno della Conferenza. Il comando di Rodi non aveva competenza e responsabilità cli natura politìca ,4 1 anche se in realtà iI suo operato non sì I imitava ai soli fini militari. Proprio dai presidi italiani venne segnalata la continua partenza di volontari turchi per il fronte di Aidin. Il 25 ottobre a Heuchk aveva avuto luogo un importante convegno fra i capi più influenti della bande turche, allo scopo di conce1tare una maggiore coordinazione nelle operazioni delle bande stesse, condizione che faceva difetto. Prova ne erano ì recenti saltuari picco! ì scontri. Jn questo convegno ebbero occasione cli manifestarsi i vari e discordi pareri dei comandanti delle varie formazioni, parte dei quali preferivano attendere ancora prima cli iniziare la lotta decisiva, mentre altri avrebbero voluto attaccare subito. Fra questi ultimi specialmente ì profughi, che speravano di rientrare in possesso delle proprie cose prima dell'inverno. Continuavano però sempre scramucce sul fronte di A id in-Oclemisch e continui piccoli attacchi, che 0 " AUSSME, E-3. b. 8, f. 8i3 f, telegramma del ministero degli Esteri del l0/11/19 I9. "' AUSSME, E-3. b. 8 , f. 8/3 b, telegramma di TiHoni del ?i 11/ I 919 .

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mantenevano in allarme i greci. Questi erano obbligati a rinforzare tale fronte, dove vi avevano trasportato parecchio materiale fen-oviario, che sarebbe dovuto servire in caso di arretramento. Intanto Atene, nell ' intento di non perdere le posiz ioni , preparava una difesa con l' invio cli altre truppe. li 22 ottobre a Smirne venne segnalato l' arrivo continuo di piccol i rinforzi. 800 uomini erano giunti per rinforzare il 4° e il 5° reggimento della I" divisione e da informazioni assunte dal colonnello Torriani risultava che si stava costituendo ad Adal ia un comitato greco al lo scopo di preparare un movimento rivoluzionario , che avrebbe dovuto far scoppiare una rivolta nei primi g iorni de l mese di dicembre. li 29 ottobre furono gli insorti turchi a entrare a Smirne con la final ità di provocare sommosse contro i greci. In città le autorità elleniche eseguivano arresti cli popolazione musulmana e compievano rappresaglie tra le persone sospette di osti lità al loro governo, ma sul campo la situazione era incerta: i greci arretravano, contavano morti e feriti . Conti nuava l'invio in Grecia di numerosi malati e reduci malconci provenie nti la maggior parte dal fronte di Aidin , dove sempre maggiori erano i casi dj diserzione, specialmente nei reparti presso Magnes ia. Ad aggravare la situazione fu l'iniziativa di Mehmed effendi, che si firmava comandante delle forze nazionali del M cnteché e d intorni. Una sua lettera fu indirizzata al generale Nider, intimanclogl i di cessare le persecuzioni contro i turchi abitanti nella zona greca e minacciandolo in caso contrario di rappresaglia sulle popolazioni greche. Gli Alleati tentarono cli provvedere con iniziati ve diplomatiche e con l'invio di nuove rappresentanze, sperando di rendere la situazione più tranquilla. Ai primi di novembre a Smirne avvenne l'avvicendamento del comandate delle fo rze navali interalleate: l' ammiraglio francese Leyer, giunto con l' incrociatore Vachele1, sostituì il commodoro inglese. li 1O novembre fu la volta del generale Mo ntagne, che arrivò in c ittà con il suo quartier generale, con il proposito di assumere il comando delle forze interalleate, destinate a sostituire quelle nel settore di Aidin. In parallelo anche Elia si prodigò per renders i conto di persona della situazione delle località pi C1 Lontane e critiche della zona. Visitò Adalia e la regione che la circondava (Porto Vathy, Budjak e l'ambulatorio di Buldur), acco mpagnato da Se nni. Nella sua relazione fin ale sul viaggio mostrò giudizi positivi nelle condizioni sanitarie, anche se Porto Vathy era ancora soggetto all a malaria. L'efficienza de i reparti , per un even tuale impiego tattico e per l'esecuzione dei lavori, era molto scarsa per deficienza dei quadri degli ufficiali e degli effettivi delle compagnie. Elia venne ricevuto dalle auto rità c ivili, milit,u-i e re ligiose ottomane coo cordialità, più che con deferenza. Esse es pressero la loro piena fidu cia verso l'Italia, nella quale vedevano la più grande e la sola amica del popolo turco. E' c hiaro c he questa simpatia era condizionala dal giudizio che l' Italia , quale anello debole della cate na alleata, potesse essere lo strumento per rompere I'accerchiamento politico e mii itare che mortificava la Turchia. Tutti coloro che odiavano Atene e sospettavano di Londra e Parigi attendevano da Roma aiuti maggiori, rispetto al! 'attuale benevolo ma quanto mai equivoco atteggiamento. I turchi avrebbero vo357


luto soprattutto aiuti di armi, cominciando dalla consegna per parte italiana dei depositi ex ottomani cli fucili e munizioni, che i reparti del Corpo cli Spedizione avevano in custodia. I turchi erano convinti, come non mai, dell'opportunità della loro lotta, finalizzata a scacciare dal proprio paese gli elleni.ci, diffidando sia dei francesi che degli inglesi. A tal proposito il giorno 8 l'ufficiale di collegamento britannico, tenente colonnello Haskard, aveva richiesto al colonnello Bergera in modo netto se si fosse contemplata da parte italiana, la possibilità che i turchi volessero evacuare gli italiani dal loro territorio, dopo avere cacciato i greci, e se si fosse studiato «il piano di ripiegamento>> dei nostri presidi in Anatolia. Senza dare troppa importanza alla domanda, Bergera rispose che a lui non risultava nulla in proposito. Elia riferì il fatto a Roma e si domandò se tale richiesta potesse rivelare eia parte degli inglesi delle preoccupazioni sulle propria situazione e sulla sicurezza.42 Questo atteggiamento, volto a indirizzare gli italiani contro i turchi, era speculare a quello intrapreso dai greci. Da Smirne Fenara, addetto aggiunto italiano in c ittà, comunicò che il colonnello greco Verikacli, capo ufficio informazioni, gli avesse parlato di una nuova insistente proposta ellenica circa una vasta azione militare contro le truppe di Mustafa Kemal. La presenza del generale d 'Esperey a Salonicco pareva avesse attinenza al progetto cl'operazioni da svolgere in Asia Minore. A ciò anelava aggiunto che, oltre ai 95.000 soldati greci già in Anatolia, altri 25.000 sarebbero stati pronti in pochi giorni a raggiungere Smirne. Durante la conversazione l'italiano potè comprendere il lavorio diplomatico ellenico, tendente a ottenere l'aiuto italiano nella progettata azione. Nel frattempo ai primi cli novembre nella zona di Adalia si svolsero le elezioni pol itiche per il rinnovo del Parlamento ottomano. Ai reparti italiani della città, come a quelli delle altre località , Tittoni aveva raccomandato la massima imparzialità e correttezza, per distinguersi dalle violenze operate dai greci .43 Ne fece una dettagliata cronaca il tenente Ottorino Bozza, comandante della 33" sezione carabinieri del settore cli Aclalia. Il sangiaccato era rappresentato alla camera da due deputati, eletti da un consiglio cli una cinquantina di capi elettori, che a loro volta erano eletti da 500 elettori ciascuno. I due deputati potevano essere prescelti fra i capi elettori stessi oppure fra i comuni cittadini. La sfida elettorale si svolse nella massima calma, pur non mancando un numero rilevante di candidati intorno alla dozzina. I partiti politici in lizza erano quelli dei ricchi Giovani Turchi , del nuovo Partito costituzionale conservatore e di quello governativo. Nessuno però svolse una propaganda netta, basata su principi e programmi distinti , come si verificava in Italia. Quindi le elezioni si basavano su una funzione del tutto meccanica e su una larvata lotta basata su questioni personali. I musulmani presero tutti parte al voto, lo stesso dicasi per gli ortodossi, che AUSStvlE, E-3, b. 8, r. 8/3 b , promemoria di Guzzoni del 14/1 1/19 I 9. > F. L. Grassi, L'/1alia e la questione turca, op. cit. , p. 74 .

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però avevano ricevuto il divieto cli partecipare alla consultazione dal Patriarcato di Costantinopoli. Le elezioni si svolsero con la massima calma: si prevedeva che fossero tutte favorevoli al partito nazionalista. La sicurezza della città era perfetta, ma le campagne erano percorse eia bande nazionaliste e da briganti che compievano ogni specie di spoliazione. Il ripiegamento delle truppe italiane su pochi centri costieri po1.tò questi inconvenienti, come accrebbe lo sviluppo delle bande nella zona del Meandro, dove i greci ormai erano impantanati in una lotta senza esclusione cli colpi. Le avanzate e le ritirate degli ellenici si sommavano a singhiozzo, creando molte tribolazioni alle popolazioni civili. Nella sua visita presso i presidi del settore cli Scalanova, Elia ebbe occasione di rendersi conto di persona delle crescenti sofferenze alle guaii erano soggetti i profughi musulmani rifugiati entro le linee italiane, per effetto della rapida avanzata della stagione invernale, che si :annunciava molto rigida. Gli sfollati erano già stati soccorsi in piccola misura, per quanto lo consentivano i mezzi a loro disposizione, dai comandanti italiani di presidio per ordine del comando di Rodi. Tuttavia, dato il gran numero di questi, circa 40.000 fra i quali molte donne e bambini , la maggior parte era ancora mancante di tutto, specialmente di indumenti e di coperte. Di conseguenza si era fatto presente al ministero degli Affari Esteri la necessità di provvedere con urgenza a fare distribuzioni di soccorsi, di tale genere, usufruendo se possibile del materiale fuori uso, contenuto nei magazzini militari in Italia. Si era fatto presente anche che il ritardo a provvedere da parte di Roma avrebbe giovato all ' intensificarsi della propaganda degli inglesi, avendo già questi fatto de]]e offerte dirette ai profughi cli provvederli di ogni cosa. Tali offe1te erano state per il momento respinte con decisione eia questi, ma con l'aggravarsi dei bisogni sarebbero potute essere accettate con altro animo. Nel frattempo la vita degli uomini del Corpo dì Spedizione si alternava tra azioni di pacificazione tra le parti e ripetute azioni cli «fuoco amico» degli elleni.ci. Il 9 novembre alle ore 7 con un cannone di medio calibro, che si trovava abbandonato nella zona montuosa cli Arvalia verso il mare, e privato dalle truppe italiane clell' otturatore per renderlo inservibile, fu aperto all'improvviso il fuoco sulle posizioni greche di Aiasoluk e sulla ferrovia di Aiclin-Smime. Gregari delle bande turche durante la notte avevano potuto mettere in funzione il pezzo servendosi cli un otturatore di ricambio ricevuto dal comando delle forze nazionali. I colpi sparati furono in totale 21. Il tenente colonnello Chioclelli telegrafò la notizia, recatosi subito sul posto con un camion di militari, che resero inutilizzabile il pezzo asportandone i congegni. Non avvenne nessun incident~ con la banda turca che, non preoccupata delle dimostrazioni fatte, si ritirò all'arrivo delle truppe italiane. Si ottenne anche che gli irregolari turchi che si erano raccoltEper attaccare le posizioni di Aiasoluk desistessero dall'impresa e si ritirassero. Il tenente colonnello italiano informò pure di aver con soddisfazione riso1to l'incidente presso l'autorità militare greca. La situazione sembrava tornata tranquilla , ma le resistenze e le contingenze delle parti in lotta non erano funzionali all'operato itali ano. 359


Il 10 novembre una pattuglia italiana venne presa a fucilate e con fuoco di mitragliatrici dagli uomini di guardia a un piccolo posto greco nelle vicinanze di Naiblì . Alle proteste italiane i greci risposero scusandosi «nel solito modo», cioè di aver scambiato i soldati per irregolari turchi. In seguito a questo venne indfrizzata una protesta ufficiale al comando delle forze interalleate in Asia Minore, facendo notare che il comando greco non aveva ancora risposto ad alcuna delle precedenti proteste per fatti simili . Si fece presente inoltre che fino ad allora si erano potute evitare reazioni «per merito della salda disciplina che regna fra le nostre truppe, ma che il ripetersi degli incidenti del genere, non potrebbe avvenire senza pericolo di gravi conseguenze». Situazione analoga avvenne il J 4 novrembe. Dal presidio italiano di Naibli venne comunicato che era passato sulla vicina ferrovia un treno carica di circa 1.300 militari greci con carreggio , destinati a Tiro, mentre invece fo1ti contingenti rimanevano ad Azizié e ad Aiasoluk. Nella zona di Aiassoluk vi fu un attacco turco contro i greci, che risposero con un fuoco cli artiglieria, del quale venne coinvolta una pattuglia del Corpo cli Spedizione nei pressi di Naibli nel territorio italiano. Gli ufficiali italiani del posto presentarono subito le loro rimostranze al comando del presidio ellenico, che rispose con le solite scuse e giustificazioni.44 Medesima azione venne svolta dal comando di Rodi con l'omologo greco, tramite il rappresentante britannico:

Il Generale Elia prega vivamente Comandante in Capo truppe Asia Minore Occientale voler rappresentare colla maggior possibilie sollecitudine al Comando Ellenico estrema gravità tali fatti. Ripetute ingiustificate provocazioni contro inermi pacifici turchi che lavoravano nella zona occupazione italiana sono incitamento pericolose reazioni. Il succedersi poi di fatti di aperta ostilità per parte di regolari greci contro militari italiani, atti sui quali più volte si è protestato, non potrebbe che condurre a conseguenze assai gravi. Il Generale Elia sarà molto grato di essere assicurato in proposito. Si spera così di porre termine al succedersi di tali fatti oltremodo penosi per noi e che potrebbero dar luogo ad avvenimenti incresciosi.45 Questi fatti tuttavia non rimasero isolati. Il 25 novembre alcuni alpini e altri fanti del 34° reggimento ebbero la sventura cli percorrere a soma la mulattiera NaibliTekke, che passava a qualche centinaio dì metri dalla linea greca. Tale percorso era reso obbligatorio, perché la via ordinaria risultava al lagata dalle ultime pioggie. Malgrado questa situazione fosse stata trasmessa in precedenza dal comando del battaglione al posto greco, mentre un soldato italiano si era fermato ad aggiustare il carico su un mulo, il manipolo greco aprì il fuoco, ferendo il soldato, causandogli la frattura del femore . Il soldato, raccolto da alcuni contadini turchi, venne poi ricoverato al]' ospedale cl ì Sokia, con una prognosi di degenza di non meno di due mesi . Anche in

JJ JS

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AUSSiVlE, E-3, h. 7 , f. 7/3, Diario storico-militare ottobre-novembre 1919. 20 novembre. AUSSME, E-3, h. 7 , f. 7/3, Diario storico-m il itare ottobre-novembre 1919. 20 novembre.


questa occasione E lia segnalò al comando britannico che, mentre attendeva ancora l'esito della sua risposta alle rimostranze i n precedenza per fa tti analoghi, quest'ultimo ano d i ostilità assumeva speciale gravità. Azioni di questo tipo. come pure il furto di bestiame aUa popolazi.one turca, portava un certo livello di diffidenza da parte delle popolazioni locali nei confronti dei greci. Il 27 il colonnello greco Louplias rispose al comando del seuore di Scalanova di essere addolorato degli inc identi avvenuti ai soldati italiani. Egli si trovava g ià sul posto per eseguire un' inchiesta e punire in maniera esemplare gli eventuali responsabili. Questi non erano gli unici problemi dei greci. I ripetuti risvolti negativi come detonatore fecero emergere la crisi profonda, che investi va le truppe ellen iche. A fi ne novembre conti nua vano più numerose le diserzioni fra le truppe greche, anche tra gli uffic iali. La notizia di un grosso complotto scoperto ad Atene per soppri mere Yenizelos e abbattere il governo produsse viva impressione nell' ambiente di Smirne , anche perché si diceva avrebbe comportato parecchi arresti di ufficiali fedeli al re Costantino . Per questo c ircolava un fo rte malumore fra i so ldati greci, che erano stanchi della lunga campagna e le voci che presto Venizelos sarebbe stato ucciso e il suo partito rovesciato si diffondevano g iorno dopo giorno. Gli spostamenti di truppe elleniche per cercare di fren are le spinte continuavano. Il 4 dicembre una colonna mista di truppa greca di circa 3.000 uomini si spostò da Aidin verso il fron te di Odemisch. Il giorno 5 un treno ordinario trasportò un battaglione con mi trag liatrici e artiglieri a da Balagik diretto a Odemisch. Il comandante della brigata Livorno telegrafò che a Sokia e a Scalanova erano stati affissi dei man ifesti proclamanti la guerra santa contro i greci. Su leiman eff endi aveva parlato in pubblico a Sok ia, incitando i musulmani ad accorrere alla guerra . Nel discorso manifestò e affermò la sua devozione ali ' Italia. A Scalanova Mhemuncl bey riun'ì i capi turchi della città e dei dintorni inneggiando i combatti menti. Anche in campo avverso l'escalation della propaganda rendeva il fanatismo non meno pericoloso. 11 metropolita di Smirne fece distribuire ai preti e i maestri una c ircolare riservata in cui si p roponeva di far entrare la dracma (ne l maggio 1919 valeva 15 piastre turche, mentre la piastra turca conispondeva a l/100 della lira turca) nel1'uso comune in sostituzione della lira turca. A tale scopo invitava questi particolari "em issari" a usare tutta la loro influenza morale sulla popolazione, per inculcare nella pubblica coscienza la convinzione che la dracma era il pi ù solido e sicuro titolo di credito a paragone della lira turca di carta, a cui ven iva riconosciuto un valore precario. Dal complesso delle notizie raccolte, si prevedeva un ' imminente azione decisiva dei turchi , poiché essi speravano in un valido aiuto da parte della popolazione musulmana delle regiorti a Nord della feITov ia di Aiasoluk-Aidin. Le forze turche destinate ad attaccare sarebbero state all ' incirca 2.000 uom ini, mentre altre truppe anelavano raccogliendosi verso la linea di delimitazione. I greci avevaoo avuto sentore del movimento e rinforzarono le loro piccole guardie su tutto il fronte . Ad Adalia durante la 36 1


visita del comandante Mehmed effendi, il funzionario pensionato Erat bey riunì circa un centinaio di cittadini, che presero parte a un comizio di Mehmed . Questi, prima propose a tutti i giovani di arruolarsi per salvare la Patria, poi in un colloquio con l'ammiraglio inglese, alla domanda se la sostituzione dei greci con le truppe franco -inglesi fosse stata gradita, rispose che il conùtato di difesa attendeva il risultato delle decisioni di Parigi per sanzionare l'evacuazione dei greci. Altre truppe alleate sarebbero state preferite rispetto agli ellenici, ma comunque tollerate loro malgrado. A Scalanova la situazione era ancora tranquillità, ma incerta. JJ comandante della brigata Livorno ricordò alle sue truppe, che esse dovevano mantenersi estranee eia qualsiasi intervento contro l'uno o l'altra delle due parti, che ormai ogni giorno si contendevano .in scaramucce più o meno gravi. Il 15 dicembre Elia autorizzò il comandante del presidio cli Aclalia di riconsegnare a un reggimento turco, che partiva dalla città, 12 mitragliatrici e 700 fucili Mauser, in precedenza presi in consegna dagli italiani. Perché l'operazione potesse apparire di puro carattere militare, fu suggerito al console ital iano Ferrante cli non presenziare all'evento. Il comando di Rodi ritenne utile rendere nota la cosa, per far sapere attraverso l'Alto commissario a Costantinopoli a Mustafa Kernal quanto vi fosse di cortese e corretto in questo atto . Intanto il comando greco in Anatolia era in profonda ristrutturazione. Fu disposto il rimpatrio di Paraskevopoulos, il cui comando venne assunto dal generale Konstantinos Miliotis-Komninos . .TI Corpo d'occupazione ellenico venne diviso in due Corpi d'Armata, comandati rispettivamente il primo dal generale Nider, con quartier generale a Seycli Keni a Sud di Smirne, e il secondo dal maggior generale Nikolaos Ioannou. Sull'incerto fronte turco e special mente nella zona cli Aiclin continuava però l'attivit~t delle bande. A Smirne sbarcarono quindi una serie di contingenti greci armati di cannoni cli medio calibro di tipo francese, provenienti dalla Madrepatria, che vennero subito inviati nell'interno per rinforzo della prima linea greca. II proposito era quello di affrontare un'importante offensiva avente lo scopo di occupare nuove e più forti posizioni. Tale azione, incentrata nei settori di Kassaba-Odemisch, venne ritardata a causa delle condizioni atmosferiche, molto sfavorevoli. Intanto eia parte dei turchi si pianificava una possibile controffensiva e le azioni cli propaganda si moltiplicavano. Il residente italiano di Buldur notificò che in quella città aveva avuto luogo una dimostrazione popolare, con l'intervento delle autorità locali ineggianti all'indipendenza della Turchia. Circa 60.000 regolati turch.i travestiti con i costumi dei componenti le bande armate si ammassavano dietro a queste bande con l'ordine di arginare e fermare l'avanzata dei greci in caso di sfondamento della prima linea turca. Le bande poi continuavano l'arruolameno forzato di uomini validi armandoli. Negli ambienti turchi regnava un diffuso ottimismo, perché le potenze avevano invitato i loro delegati a presentarsi alla Conferenza della pace dopo Natale. Negli stessi ambienti si era creata la persuasione che la Turchia potesse restare indipendente con il semplice controlJo delle potenze . Si diceva pure che l'Italia avrebbe preso parte importante in questo controllo, specialmente a Smirne. 362


Il generale George Francis Milne (a destra)

GLI SCONTRI DELL' AUTUNNO

1919

Nello stesso periodo in cui Bergera e Contos Lentavm10 di trovare un accordo sulla delimitazione della linea di demarcazione, nella pratica gli scontri sul campo non mostravano per nu lla una loro attenuazione. Vista la grave situazione, il generale Milne aveva qu indi diretto alle autoritĂ inglesi un rapporto telegrafico sulla realtĂ cieli ' Asia 363


Minore, che venne comunicato alla Conferenza di Parigi. Nella sua analisi, Milne riconosceva come tra le formazioni greche e quelle irregolari turche esistesse un vero e proprio stato cli guerra e come il governo ottomano non avesse nessuna autorità, per far cessare tutti i suoi risvolti più drammatici. Le amministrazioni locali erano in balia degli eventi e dei voleri di chi faceva la voce più grossa con i proclami e con il fuoco delle anni. I contingenti, mandati da Atene, trovavano spesso nelle stesse loro avanzate l'elemento debole e incerto della missione ellenica, isolati e costretti a duri scontri, per evitare impopolari ripiegamenti, esclusi apri.or.i da Venizelos. Le forze turche, composte per la maggior parte da bande di. briganti organizzati, erano tra l'altro supportate dai. continui arruolamenti di contadini locali, scacciati dai loro villaggi dai greci, risolute a impedire una nuova avanzata di quest' ultimi e di massima appoggiate in segreto dai rinforzi dalle truppe regolari. In queste condizioni era perciò impossibile fissare una linea cli demarcazione fra greci e turchi, e il miglior provvedimento rimaneva quello di far rimanere, per il momento, le formazioni elleniche sulle loro posizioni, salvo poi fissare dei piccoli aggiustamenti territoriali di natura strategica. Dopo aver eseguito in pieno le disposizioni di ordine ispettivo e di controllo ciel territorio, disposte dal Consiglio supremo il 18 luglio, anche attraverso periodici colloqui con i comandanti alleati , Milne si sentì in dovere di esternare rutto il suo realismo. Nel suo resoconto l' inglese faceva però delle proposte concrete, per stabilire la linea avanzata greca, in modo da evitare nuove occupazioni di paesi turchi, che avrebbero suscitato ulteriori e inevitabili conflitti, anche in regioni già pacificate della Turchia. Nei riguardi dell'occupazione del settore di Aidin, Milne osservava che la situazione militare dei greci in quella regione era estremamente difficile e che effettivamente essi avevano occupato il settore in violazione delle deliberazioni della Conferenza. Per questo egli proponeva, che la presenza ellen ica venisse limitata entro i confini del sangiaccato cli Smirne e quella italiana fosse mantenuta allo status quo. Questa delimitazione avrebbe cli sicuro creato dissapori eia parte di tutti i protagonisti in campo, ma - a detta sua- era la migliore di quelle possibili, considerata ]a difficile realtà a macchia di leopardo della zona . Il tenitorio sgomberato dai greci, che si sarebbe venuto a creare e battezzato «Triangolo di Aidin», sarebbe stato presidiato eia contingenti interalleati.46 Questo nuovo scenario non poteva che interessare molto la delegazione italiana a Parigi. Nell'analisi della relazione, la sezione militare guidata da Cavallero fece subito presente alle autoritt1 politiche cli Roma alcuni rilevanti particolari. Innanzitutto esisteva una differenza, tutta a vantaggio dei greci, tra il confine del sangiaccato di Smirne, quale era assegnato nella nota annessa alla relazione Milne, e quella che risultava sulla carta posseduta dagli italiani. Per esempio la Vecchia Efeso, come anche confermato dagli accordi De Martino-Venize.los intercorsi ai primi di ottobre, era sotto occupazione italiana e i 600 metri stabiliti dovevano essere considerati come cli46

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AUSSME, E-3, b. 8. r. 8/1 e, relazione sulla delimitazi<>ne trn zone cl i occupazioni del 2il0/J919.


stanza media e non come precetto assol uto . Inoltre il generale ital iano proponeva che , se la vallala del Meandro fosse stata sgomberata dalle forze greche, l'occupazione del settore in oggetto sarebbe dovuta passare alle truppe italiane, s ia pure in nome e per mandato delle potenze alleate e associate .47 Questa proposta venne interpretata da Roma come un'occasione propizia per d imostrare la propria vic inanza con i proble mi dcli.a regione e per ribadire le aspirazioni territorial i. fino ad allora mortificate da lla preferenza che gli ing lesi e i francesi avevano accordato ad Atene. Su indicazioni del governo italiano , l'ambasciatore Imperiali sì spese a Londra per convincere i britannic i ad assegnare ai soldati itali ani la zona di Aidin. Era un c hiaro tentativo di estendere l'occupazione italiana, che come tale non trovò ne l F oreign Office alcun apprezzamen to o adesione . Londra e Parigi avevano autorizzato in primavera gli ellenici a prendere possesso cli S mi rne per impedire una crescita politica delrltalia, ora non era pensabile prevedere un avvicendamento proprio degli italiani in q uelle 7.o ne sgomberate dagli c l tenici. Ecco perché il governo inglese non solo rigettò la pro posta, ma ribadì come l'accordo del I 8 luglio tra Tittoni e Venizclos non costituiva per la dipto mazia britannica nessun riconoscime nto uffic ia le degli sbarchi mil itari e de lle relative occ upazioni italiane in Anatolia. Era vero tuttavia, che l'artifi zio giurid ico portalo avanti eia T ittoni aveva avuto i suoi effetti pratici. Batfo ur ne era - abitui - consapevole : l'Italia non poteva p iù essere esclusa da qua lsiasi decisione sul fu turo della Turchia asiatica.48 Di opinione d ia metra lmente opposta a quella italiana era Atene . Alcune personalità elleniche di Sm irne dichiararono pubblicame nte che, se le truppe greche avessero ricevuto !"ordine di sgomberare il territorio del sangiaccato, numerosi reparti si sm·ebbcro rifiutati di abbandonare la ci ttà e a loro si sarebbero un iti molti civili ortodossi, che dalle info1mazioni erano armati e abbastanza fan atici per reali zzare q ueste .intim idazioni. I greci minacciavano insomma le potenze di ripetere a Smirne i crue nti falti di Fi ume. Da come si volesse vedere il problema, esso dove va trovare una soluzione e per q uesto il 7 ottobre la Conferenza di Parigi convocò Milne. Egli dopo aver descritto la difficile situazione militare greca, de fi nendola «dovuta ad una politica d'espansione al di fuori del settore cli diritto» , espresse la convinzione che il governo di Atene doveva .iniziare a rispettare i trattati e Iimitm·si al. co ntrollo del sang iaccato di Sm irne . A fron te del progre ssivo riti ro delle truppe elleniche dalla zona cli Aidin, ipotizzò una regione cuscinetto e un 'occupaz ione interalleata cl i que i ten-itori che sarebbero rimasti sguarniti una volta completata i·evacuazione delle truppe greche . La Confe renza approvò la proposta di M ilne e dec ise la creazione d i questa zona " internazionale" denominata appunto «T1iangolo di Aidin». Essa venne deli mitata da i due Meandri (presunto confi ne dc! sang iaccato di Sm irne , non accellato dagli ital iani), la linea " J\USSME. E-3. b.8, f. 8/1 c, rclnzionedi Cavallero del 6/J0/1919. ·~ L. Nlichclctw, op. cit., pp. 7 1-72, 75 . 365


"Tittoni-Venizelos" e ìl corso del Piccolo çay (Cochak Chai). Doveva essere occupata da una formazione al comando del generale francese Montagu Dates con contingenti composti da truppe francesi, inglesi, greche, ma non italiane. Il 7 ottobre il Segretariato italiano della Conferenza (composto dal segretario generale Giacomo De Martino , il console Carlo Galli, Trombetti , l'amnùraglio Mario Grassi, il generale Ugo Cavallero, il colonnello Toni e il comandante Ruspoli) comunicò che la proposta di Milne era stata accettata, compresa la zona intermedia presidiata dai contingenti britannici, francesi e greci.49 Questi magri risultati italiani a Parigi intanto avevano portato alle dimissioni di Tittoni e alla nomina di Scialoja a capo della Consulta. La delegazione italiana reagì alla decisione suJl'avvicendamento degli ellenici con forti ma vane proteste del nuovo ministro degli Affari Esteri , soprattutto perché la diplomazia di guerra aveva già assegnato la regione d.i Aidin all'Italia, che solo per senso di responsabilità aveva accettato obtorto collo la temporanea occupazione della Grecia. Il delegato italiano sostenne con insistenza il punto di vista che l'occupazione del «Triangolo di Aidin» dovesse essere affidato a Roma o, in alternativa, per lo meno che truppe italiane avessero concorso alla sua occupazione. La Conferenza però ritenne che ciò sarebbe apparso come una sostanziale sostituzione degli italiani ai greci, contraria allo «spirito del provvedimento»50 e non risolutiva del problema fondamentale dell'equilibrio. Scialoja giustificò e si persuase che questa esclusione e questo smacco verso la diplomazia italiana fossero dovuti alla ripercussione degli avvenimenti di Fiume: una sorte di sanzione verso la condotta del governo, giudicata lassista a Parigi, nei confronti degli uomini di Gabriele D' Annunzio. 51 In realtà a pesare e a influenzare gli interessi degli alleati in Anatolia era il clima generale sfavorevole all'Italia, come gli attriti politici tra Roma e Atene e le relative continue accuse di quest'ultima verso la prima di aiutare e rifornire i kemalisti. Intanto i britannici erano pronti a dare avvio all'occupazione con due battaglioni. Il tenente colonnello Giordano informò il 4 novembre della partenza da Smirne di 70 vagoni per Afium Karaissar nell'intendo di caricare truppe inglesi per Smirne come pure da Aidin per la valle del Meandro. Il 6 novembre venne comunicato che era atteso Montagu Dates, al vertice clell'83A brigata di fanteria, e comandante in pectore dei contingenti alleati per l'occupazione della valle del Grande Meandro dal meridiano Oclemisch-Aiasoluk con il limite Sud della linea italiana dj demarcazione e con il limite Nord dello spartiacque delle due valli.52 Montagu Dates con il suo quartier generale arrivò il 10 novembre. Giunsero a Smirne provenienti dalla Grecia 700 militari che dicevano di far parte del grosso contingente, che Atene intendeva inviare in Asia Minore. Gli inglesi secondo le informazioni di Bergera sarebbero stati circa 19 • 50

AUSS ME, E-3, b. 8, f. 8/ J e, resolution du 7/ 10/19 l 9. AUSSME, E-3 , b. 8, f. 8/l e, telegramma di Cavallero a Comando Supremo del 9/L0/1919. 51 AUSSME, E-3, b. 8, f. 8/1 e, promemoria di Guzzoni al Comando Supremo del 13/10/1919. 52 AlJSSlVlE, E-3, b. 8, r. 8/1 e, telegrammi di Paterni del 10/11/1919.

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3.000, mentre i francesi avrebbero inviato poche centinaia cli uomini, non potendo sguarnire Costantinopoli . Nella pratica l'esecuzione dell ' iniziativa però , indipendentemente dalle lagnanze italiane, non vi fu mai, sopratlutto per il rifiuto francese di distogliere suoi repatti dalla calda e vitale zona del Reno e doverle inviare in località sperdute dell 'entroterra turco.53 I contingenti ital iani ed ellenici dislocati sul campo non potevano che risentire di questa profond a tensione politica, che minava i rapporli tra i due paesi. Il mattino del 5 novembre alcuni conducenti della 381 11 compagnia mitragliatrici, recatisi ad Ers Koisi per raccogl ie re legna per la cucina , ven ivano fattj oggetto di tre colpi di fucile eia parte cli regolari greci, costituenti un posto di vedetta presso il paese. La mattina del g iorno 6 iI tenente Giuseppe Al berti n i, comandante del presidio di Musa] i, previa autorizzazione del comando di battaglione, partiva a cavallo alla volta di Derrnengik, per proteslarc presso il più alto in grado di quel presidio greco per l'incidente avvenuto il giorno precedente. Era con lui un interprete e il te nente Carlo Luaschino della 381 11 mitragliat1ici. Questi venne incaricato di accompagnare Albertini, in procinto di congedo, così da pote r perfettamente essere edotto sulla s.ituazionc politico- mi litare de lla zona e riuscire quindi di vaJjdo ausilio al nuovo comandante. La delegazione a circa metà strada incrociò due caval ieri, uno vestilo con abito color kalci e J'allro con vestito blu alla foggia greca. Non portavano armi visibili e non si diede quindi alcuna importanza all' incontro. anche perché la situazione a Musal i era molto lranquilla. Giunti a De rmengik, i due ufficiali ital iani furono ricevuti presso la stazione dal capitano com:m clante il presidio greco com modi assai cortesi. Esposto iI motivo della visita, Al bertini ebbe ampia assicurazione che sarebbero stati dati subito severi ord ini in proposito. Dopo circa venti minuti di colloquio, i due ufficiali fecero per andarsene , quando il capitano li trattenne, facendo serv ire dei rinfreschi. Dopo poco entrò un tenente greco che infom1ò di un avvenimento molto serio: i soldati italiani di Musati avevano c ircondato con le mitragliatrici la casa e arrestato un giovane greco , buon amico del capitano. Questi, essendo iJ ragazzo una persona per bene, chiese quindi ad A lbertini di rilasciarlo. L'italiano rimase stupito, incredulo di fronte alla notizia di un fatto così grave compiuto dai suoi soldati , senza l'ordine di un ufficiale. Rispose che avrebbe voluto saperne di più , rifiutando con insistenza l'invito a pranzo. R ientrati gli italiani a Musali , vi trovarono massima calma. In realtà que11a mattina un commerciante russo, in ottimi rapporti con gli italiani , aveva riconosciuto in uno dei due cavali.cri incroc iati eia Albertini, un noto brigante cli nome Aleco , con preccndenti contro le truppe italiane. Per questo venne data notizia al comando e il sergente Giovanni Camusati della 38 l" compagnia fece immediatamente Lelefonm·e al comando di Sokia per chieclere istruzioni. JI capitano Girolamo Battaglia ordinò di sorvegliare da vicino il brigante, cli inviare immediatamente qualcuno ad avvertire Albertini e contemporaneamente chiamare il tenente 1sacchia a Tekke, che acn A. Bagnaia. op. cii.. p. 294.

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corrse con dieci uomini. Nel frattempo non bisognava prendere provvedimenti risolutori, fino all 'arrivo di un ufficiale, al quale sarebbero state date disposizioni in merito. Il brigante si accorse però di essere stato scoperto e si rifugiò in una casa presso il comando. A questo punto Camusati, interpretando gli ordini con eccessiva larghezza, fece circondare l'abitazione dalla truppa a disposizione (una quindicina di uomini) e piazzò una mitragliatrice presso una porta laterale della casa e poi andò a intimare al brigante la resa. Quest'ultimo, puntando una rivoltella e minacciando i soldati, impedì di essere per il momento catturato. A questo punto la truppa, non avendo ordini di fare fuoco , desistette dal tentativo e si limitò a mantenere l'accerchiamento della casa. Tale era la situazione quando arrivò Albe1tini, che rimproverò il sergente per I' irresponsabile iniziativa e chiese istruzioni a Sokia. Non potendo riceverne, il tenente entrò nella casa dove trovò il brigante insieme a due suoi compari, tutti ben armati. Aleco si dichiarò soldato greco e per questo non poteva certo arrendersi o essere disarmato da truppe italiane. Chiese quindi di far venire il capitano greco, unico rappresentate da lui riconosciuto. AJbe1tini molto preoccupato per la sicurezza dei suoi uomini, in inferiorità numerica se si considerava la simpatia della popolazione per quel brigante, chiese istruzioni al capitano Battaglia, che ordinò di arrestare il brigante a ogni costo. Prima che l'azione italiana potesse compiersi, però Aleco iniziò a lanciare bombe contro i militari intorno alla casa: il soldato Arré e il sergente Attilio Oprandi rimasero feriti. I briganti fuggirono e gli italiani con a capo lo stesso Oprandi li inseguirono in un conflitto a fuoco, dove il sergente perse la vita, l'interprete Masoni venne ferito e Aleco risultò egli stesso colpito. I briganti, per la perfetta conoscenza del terreno e il numero esiguo degli italiani, riuscirono a seminare gli inseguitori. Nel frattempo a Musalì, giunse un aspirante greco che chiese ad Albertini la situazione e se fosse necessario l'intervento delle truppe elleniche. L'ufficiale italiano, rammaricato per la morte del sergente e indispettito dall'offerta grottesca, rifiutò ogni aiuto, aggiungeclo di riferire al capitano greco i suoi più calorosi complimenti per la qualità dei suoi amici . Dopo poco gli italiani arrestarono tutti gli abitanti della casa , che aveva ospitato i briganti, requisite due rivoltelle e altre bombe in uso all'Esercito greco. Il villaggio venne circondato da una serie di sentinelle, grazie ai rinforzi sopraggiunti da Sokia. L'indomani venne intimata la consegna di tùtte le armi presenti a Musali. Dopo aver raccolto una grossa quantità di esse, vennero ispezionate tutte le case e arrestate altre persone, che avevano nascosto altre armi . S.i scoprì che i tre briganti erano ben protetti dal capitano di Dermengik, che per questo motivo aveva cercato cli trattenere Albertin.i e Luaschino, per lasciare così le truppe italiane senza ordini. La salma del sergente Oprandi venne scortata con i massimi onori a Sokia, dove vennero trasportati anche i feriti, dopo le cure del tenente medico Bianchi. Alle ultime esequie di Oprandi, oltre alla commossa popolazione turca di Sokia, presenziò Battaglia, elogiando l'eroica morte del sergente.54 5'

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Sergente Oprandi, classe 1898 , nat<i a F ino del Monte (Bg).


Nel frattempo a Musali questo avvenimento creò un certo turbamento nel la situazione pacifica del villaggio, tanto che g li abitanti iniziarono a mostrare una certa avversione per il b1igante Aleco, reo ai loro occhi di aver incattivito gli italiani. Tuttavia Albertini no n rimase persuaso da questo pentimento, che non gli alienò il sospetto verso gli abitanti d el paese. Dopo l'ispezione vennero infalti rinvenuti 14 rucili da gue1Ta, 26 fucili da caccia ad avancarica, 3 fucili a retrocarica, 4 moschetti , lO fuci li da caccia a una canna , 17 rivo ltelle e 16 coltelli di varie misure. Questi numeri non rendevano certo la popolazione così tanto pacifica, come essa stessa voleva far credere. Il g iorno 7 arrivò ìl tenente dei carabinieri Ugo Luca, a cui venne ceduta la direzione politica, mantenendo Albertini e!:>clusivarnente quella militare. Gli arrestati ven nero tutti scortati e trasportati a Sokia. Il capitano Battaglia, ne ll'elogiare l'operato del presidio di Musali, in viò via treno 50 uomin i di rinforzo con due sezioni mitragliatrici. 11 tene nte Luca si diresse a Derme ngik, avendo saputo che i briganti potevano aver trovato riparò colà . ll capitano greco, come p revedibile, negò ogni consegna , dimostrando ormai palesemente la cattiva fede nel proteggere i criminali suoi connazionali e anzi favorendo le loro infiltrazioni e le loro scorribande. Nel timore però che la reazione italiana fosse severa, pregò Luca di non «rovinarlo», facendo rapporto a i suoi su periori, ne llo specifico al colonnello Contos . In questa g iustificaz ione si confermava il comportamento d iversivo e complice, architettato per trattenere Albertini lontano da Musali.55 11 comandante del 34° fanteria, colonnello ChioclelJ i, inol trò regolare protesta al comando di Aiassoluk. Il colonnello Lanfas del 8° reggimento cretese, dopo sua personale indagine, r igettò ogni responsabi Iità e coi nvolgime nto elci suo sottoposto di Dermengik, non solo dichiarando come false le testimonianze degli ufficia li italiani, ma anche non menzionando affatto la morte di Oprandi. Ovviamente gli italiani non potevano essere soddisfatti di q uesta risposta irresponsabile, anche perché nel frattempo giunse notizia cheAJeco era stato ricoverato all'ospedale di Smirne e una volta guarito iniziò a fare sfoggio pubblico del suo operato. TI comando italiano di Scalanova, reclamando l'immediata consegna dell'assassino e il risarcimento materiale per la famiglia del sergente ucciso, tramite Giordano e il delegato italiano a Smirne rivolse proteste formali sull 'atteggiamento di sufficienza dei comandi ellenici alle autorità inglesi e al generale Nider, che garantì un'inchiesta ufficiale a cura del colonnello De liatis del suo Stato maggiore. Episodi cli questo tenore dimostravano ancora una volta come nella valle del Meandro lo stato d'animo delle truppe italiane fosse quello di estrema allerta. In ottemperanza a quanto stabilito per lo stato di guerra, il generale Gualtieri il 7 ottobre ordinò al genio di minare il ponte sul Piccolo Meandro, scarsamente presidiato per l 'e1>iguità delle forze italiane a causa dei congedamenti, con il proposito di farlo saltare in caso cli e ventuale intenz ione minacciosa di superarl o da parte delle bande degli irregolari 5s

/\USS.Y1E. E-3. b. 8, f. 8/ 6 b, relazioni di Luca. /\lbenini e Bauaglia.

J69


provenienti dalla zona di Giroba. Questo provvedimento precauzionale era rivolto a garantire solo il passaggio dei civili disarmati, fungendo come intimidazione anche verso i militari greci e i turchi, i cui ufficiali erano stati avvisati. Il comando inglese, saputa l'iniziativa italiana, protestò viva.mente e chiese larimozione delle cariche. A questo punto Gualtieri ordinò la bonifica del ponte, eseguendo le direttive dj Elia, ma fece capire che le consegne rimanevano severe e coerenti con gl i interessi nazionali. Il comando di Rodi aveva apprezzato la saggia iniziativa di minare il ponte, però per la sua importanza doveva essergli comunicata: «provveda subito fare togliere esplosivo sotto direzione ufficiale pratico con ogni precauzione evitare dare nell'occhio ed evitare clisgrazie».56 L'8 novembre Gualtieri si espresse con tonj chiari al capitano F. Caron, comandante del presidio di Giroba: «Astenersi assolutamente dall'intraprendere qualunque azione contro bande turche». Sul ponte del Meandro gli ordini prevedevano il libero accesso e il passaggio a chiunque fosse disarmato senza distinzione cli nazionalità. Gli armati, che si fossero presentati sulla riva destra, dovevano lasciare le armi al posto d.i guardia greco, alla riva sinistra a quello italiano: «che a nessuno deve essere permesso di violare la consegna, opponendosi con tutti i mezzi a nostra disposizione compreso quello della distruzione del ponte».

La valle del Meandro 56

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AUSSME. E-3, b. I I , f. 11/5 e, telegramma di Elia del 25/10/1919.


IL PRIMO ARRETRAMENTO DELLE UNITÀ DEL CORPO DI SPEDIZIONE Nella logica del ridimensionamento dello sforzo bellico, il 13 settembre Elia inoltrò delle direttive al comando della brigata Livorno (con sede a Milas) e al comando del 34° reggimento fanteria (con sede a Scalanova): era necessario realizzare una maggiore economia e un piì1 efficace impiego delle truppe, semplificando i meccanismi logistici e ristabilendo le dipendenze organiche. Nelle intenzione ciel generale vi era l'attuazione, appena possibile, di alcune varianti nelle dislocazioni: riunire nella regione della riva sinistra del Meandro fra Buyukluk e Kocharli 1' intero gruppo dei squadron i cli cavalleria, per affidargli, appena ricevuti i complementi, la sorvegl ianza del fiume fino al Ponte a Sud diAidin compreso; spostare il TI battaglione del 34° reggimento da Kuluk verso la regione di Scalanova; abolire i presidi a Dalaman e Menclelia, sostituendovi residenze; mediante opportune sostituzione e riduzioni ridefinire le forze nei presidi d.i Giroba, Akir Kiei, Milas e Kuluk; disimpegnare il battaglione bersaglieri ciclisti per trasferirlo temporaneamente sull'isola di Rodi. Tutte queste indicazioni erano di massima ed Elia si riservò di trasmettere in avvenire successivi parziali ordini esecutivi, alla cui attuazione doveva essere posta gran cura. Trattandosi di provvedimenti esclusivamente cli natura logistica e organica, bisognava evitare che la popolazioni desse false interpretazioni a tali arretramenti. Per questo sarebbe stato conveniente dare comunicazione a riguardo solo agli organi direttamente interessati e con carattere di estrema riservatezza. 57 Tittoni consigliò massima cautela negli spostamenti e nei rimpatri. Essi non avrebbero dovuto far sorgere il benché minimo sospetto, che tali azioni fossero frutto di riesame da parte italiana della situazione in Anatolia: «prego tenere presente che se sussiste impegno non effettuare ulteriori occupazionj è per altro opportuno che per ovvi motivi nostri contingenti non subiscano almeno per ora alcuna diminuzione e riterrei pertanto conveniente che fossero fatti gli opportuni complementi in seguito agli avvenimenti congedi» .58 Il 17 settembre i.I II battaglione de.I 34° al completo da Kuluk si trasferì a Scalanova, passando alle dirette dipendenze del comando del reggimento. Questo movimento sì doveva effettuare tramite il piroscafo Diamante in due viaggi successivi da Kuluk a Scalanova. Il presidio di Menclelia rimaneva abolito , provvedendo però a destinarvi un ufficiale capace cli assumere in via temporanea le funzioni di residente, in attesa ciel ritorno ciel capitano Massabò preposto a tale incarico. Sempre sullo stesso tono era la richiesta di abolire i distaccamenti di Akkioi e Sakis Bmn per l'esiguità degli uomin i disponibili. Il 18 settembre il maggiore De Magistris comandante del I battaglione di leronta, su richiesta del comando del 34° reggimento fan teria, mostrò la sua convinzione sul pronto trasferimento de]]' intero reparto a Scalanova. Egli tro) 7 AUSSME, E-3 , h. 5. f. 5/5 e, comunica;:ione radio di Eli a del 13/9/\9 19 ss AUSSME, E-3, h. 6 , f. 6/2 b, telegramma di Tinoni ad Albricc i del 27/1 O/ 1919

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vava conveniente e oppo1tuna l'abolizione dei due distaccamenti, sia per l'esiguità degli uomini disponibili , sia perché non più necessari in confronto ai disagi della truppa. Se invece da Rodi, data l'esiguità delle forze, non si fosse creduto opportuno approvare il trasferimento a Scalanova anche ciel comando di battaglione e della I 11 compagnia, De Magistris propose però d.i approvare la completa abolizione dei presidi di Sokia,Burn e Akkioi, perché con l'imminente congedamento della classe 1894 e data Ja forza disponibile rimanente, non si sarebbero potuti alimentare. Per il fine politico, sarebbe stato conveniente .istituire invece ad Akkioi una residenza (un ufficiale competente supportato da un interprete e da un ufficiale medico), cosa che, data la scarsità di ufficiali pratici e anziani, la mancanza di interpreti e cli medici disponibili, il comando del Corpo non poteva attuazione nell'immediato. In caso dì trasferimento l'unica alternativa per il momento era non J.asc.iare militari italiani ad Akkioi, affidando invece al custode degli scavi la consegna e la responsabilità del Museo Archeologico ivi esistente. Nella sua relazione il maggiore per l'avvenire, prosegul dicendo, che per presidiare in maniera adeguata Teronta fosse necessaria almeno una compagnia, per l' importanza ciel posto, politicamente e commercialmente, e dati i servizi che si sarebbero dovuti necessariamente disimpegnare in relazione alla presenza di truppe italiane sul luogo, come il servizio di vigilanza ai due porti di Kovella e Karakuia, onde evitm·e il contrabbando con le isole vicine. Nel1' immediato per le condizioni della parte del battaglione ancora a sua disposizione, tenendo conto della forza presente e del congedamento della classe 1894, propose di lasciare a Ieronta un distaccamento amministrativo così composto:

Comando della 154411 compagnia mitraglieri con tre sezioni e un plotone della 111 compagnia. Forza complessiva: 4 idficiali: capitano comandante, 2 tenenti(] al posto di ristoro di leronta e 1 a Kovella), 1 sottotenente medico; 100 militari di truppa (3 sezioni mitragliatrici, 1 plotone della 111 compagnia compresi 13 conducenti, i panettieri, piantoni al M.D. V., piantoni del posto di ristoro e personale dell'infermeria); 12 quadrupedi (delle 3 sezioni della compagnia mitraglieri) Occorrerebbe sempre l'interprete, già concesso dal comando, ma non ancora giunto. Mentre a Scalanova si sarebbe trasferito:

li comando cli battaglione con la compagnia senza numero; la 111 compagnia con 3 plotoni. Forza complessiva: 8 idfìciali: I maggiore comandante, 1 aiutante maggiore, 2 di collegamento, 1 372


zappatore, J tenente comandante della i" compagnia, J sottotenente subalterno, 1 tenente medico 190 militari di truppa: 47 della classe 1894 (prossimi al congedo), 42 conducemì (reparto salmerie), 15 comando di battaglio11e, 45 reparto zappatori, 41 della l" compagnia (3 plotoni ridotti). Circa il trasferimento definitivo ipotizzò a lcune proposte, tenendo presente la situazione non delle più fel ici , prima tra tutte quella sani taria dei mil itari del battaglione . Poi i mezzi di trasporto occorrenti (il carreggio e parte delle salmerie si trovavano già a Scalanova), vista l'impossibil ità di requisire cammelli , non essendovene nella zona del battaglione. Data la difficoltà di vettovagliamento durante le tappe e la distanza tra Ieronta e Scalanova, si pensò se necessario di dover far procedere la truppa senza zaino o con uno mo lto alleggerito, specie da lle coperte. Tn un primo tempo si sarebbe p rovveduto a far confluire a Ieronta i distaccamenti di Sakis Burn e Akkioi, a costi tu ire il nuovo distaccamento e scambio di consegne, qui ndi la partenza via mare dei militari eia trasferirsi a Scalanova, usufruendo dei viaggi ordinari alle vedette di servizio tra Porto Kovella e Scalanova. Per l' imbarco della trup pa era sufficiente un solo viaggio, perché dei 190 militari, 42 di essi (i conducenti) avrebbero raggiunto via te1Ta Scalanova con i quadrupedi. Nel successivo viaggio dell a vedetta si sarebbe svolto 1' imbarco del materiale cl i battaglione, più quello già ritirato ai congedati delle classi 1890-91-92 e 93. Tutto ciò sarebbe valso, se il comando del Corpo non avesse ritenuto pi ù convcn ienle ino ltrare un ordine di servizio straorclina-

TI comando del 33° reggimento fanteria in viaggio da Aclalia verso Milas a bordo dell'Amer igo Vespucci 373


rio alle vedette che stazionavano a Kuluk. Si propose cli lasciare a Ieronta le tre sezioni mitragliatrici della 1544" compagnia, che, dati i congedamentì e glì entrati all'ospedale dì questa compagnia, aveva la forza complessiva di 48 uomini compresi i conducenti. Ecco quindi che il ripiegamento continuò graduale e ininterrotto. Il 10 novembre Elia, comunicò il trasferimento dei vari reparti e unità del Corpo cli Spedizione. Considerata la nuova dislocazione assunta dal I e da] II battaglione del 33° reggimento fanteria, riuniti nello stesso settore del quale veniva aumentata la funzione politicomilitare anche per la presenza di altri reparti (III battaglione del 34° fanteria e gruppo da montagna) , venne ordinato il trasferimento del comando del 33° fanteria eia Adalia a Milas. La responsabilità ciel settore cli Milas veniva ceduta dal generale Gualtieri, il cui comando della brigata Livorno venne trasferito a Sokia, mentre il colonnello Torrìani , nella nuova sede di Milas, assumeva il comando tattico e disciplinare dei due battaglioni del proprio reggimento . Il presidio del settore cli Aclalia, ceduto dal comando del 33° reggimento, veniva assunto dal nuovo comandante ciel III battaglione del 33° reggimento fanteria, maggiore Sartoris , che aveva sostituito GriHo , passato a sua volta al comando del 34° reggimento a Rodi. Il tenente colonnello Visconti, restava a disposizione ciel comando del 33° reggimento e lo avrebbe seguito nella nuova sede. Esso si trasferiva con ì propri elementi, la compagnia cli Stato maggiore , l'aliquota prescritta di salmerie e carreggio, reparto connoncini da 37 e reparto d'assalto a Kuluk. Con la partenza del comando del 33° fanteria l' infermeria reggimentale cessava di funzionare. Nessuna modificazione veniva apportata circa il funzionamento della cassa sussidiaria, la cui gestione passava al comando del III battaglione del 33° fanteria. 59 Anche sul fronte cli Adalia in dicembre vennero presi altri provvedimenti. Dopo la richiesta cli trasferire in città il comando della 9" compagnia eia Bugiak, essendo là un solo plotone, dei quattro totali, Bergera rispose affermativamente il 17 dicembre, a patto che fosse lasciato al comando di quel plotone un valido ufficiale «che dia affidamento di sapere disimpegnare le mansioni che gli verranno affidate e che avevano fatto si , che fosse mantenuto il comandante della 9" compagnia in quella località» .60

DA ELIA A PORTA

Proseguendo nel1'opera di riorganizzazione deile dislocazioni e dei reparti, vi fu anche il cambio al vertice deila brigata Livorno a Sokia. Il 27 novembre il generale Francesco Gualtieri, a cui era stato già ordinato ìl rimpatrio fin da giugno, lasciò l'in59

A USSME, E-3 , b. 5, f. 5/6 b, letten1 di Elia del 10/11/ l 9 l 9 .

"° AUSSME, E-3. b . 10, f. I0i2 e, rich iesta di Sattoris del 2/12/19 I 9 e risposta di Bergern del 374

l 7/ 12/ 19 I 9 .


carico al brigadiere generale Achille Porta. Nel messaggio di addio testimoniò l'alto senso dell'onore e dell'umanità dei soldati della brigata, «ospiti graditi dalla popolazione turca, che vi doveva subire come vincitori» . Elogìando molti degli episodi nei quindici mesi vissuti accanto ai suoi uomini , non dimenticò di ricordare il rispetto e il calore dimostrato dalla gente anatolica, a fronte degli scarsi mezzi a disposizione della brigata e senza aver avuto bisogno di spargimenti di sangue. Le difficoltà incontrate in un vasto territorio (un'estensione di circa 800 chilometri di lunghezza per circa 150 di larghezza), privo quasi di vie di comunicazione avevano dimostrato ancora una volta la capacità della «vittoriosa brigata del Carso , dell'Isonzo, della Bainsizza, dell'Altopiano di Asiago, del Brenta e del Piave». Ma gli avvicendamenti non dovevano finire qui. Il 18 dicembre, a fronte della partenza di Elia per l'Italia con il piroscafo Bengasi per conferire con il governo, Porta, rimanendo a Sokia, assunse anche il ruolo provvisorio di dirigere l'intero Corpo di Spedizione, che di venne comando "interinale" il 14 gennaio 1920, dopo la notizia che Elia non sarebbe più ritornato. Questa sostituzione creò un contrasto tra Badoglio, nuovo capo di Stato maggiore, e Albricci. Il primo fu informato del fatto direttamente da Porta e chiese spiegazione al ministro della Guerra. Questi sdrammatizzò l'accaduto, spiegando il valore temporaneo dell'incarico di Porta e facendo notare come le comunicazioni sull'Anatolia provenivano allo Stato maggiore dell'Esercito nello stesso modo i.n cui arrivavano sul suo tavo]o. 61 In questo modo il tenente generale Vittorio Elia concludeva la sua lunga e proficua attività politica e militare nello scacchiere orientale, quale governatore saggio e comandante vicino ai suoi uomini . Per i suoi meriti il 5 novembre 1921 verrà decorato del cavalierato dell'Ordine Militare di Savoia con regio decreto numero 131 e con la seguente motivazione:

Comandante del Corpo di occupazione nell'Egeo e del Corpo di spedizione del Mediterraneo orientale durante la guerra, diede prova continua, in condizioni assai di,f/frili, di alte virtù militari, di spirito d'iniziativa e di singolare tatto politico. Organizzò con perizia e senno l'occupazione dìAdalia da lui proposta, superando felicemente gravi d~[ficoltà d'ordine militare e politico.62 Prima della sua partenza, però una delle ultime azioni di Elia fu una sonora lavata di testa al colonnello Torriani. Questi da Milas ai primi cli dicembre aveva ricevuto un telegramma di Dimirgi Mehmed effendi (comandante delle forze nazionali di Aidin-Mentescè e del circondario) pieno di rabbia e recriminazioni contro l'operato dei. greci. A testimonianza della veridicità di guanto raccontato, il turco invitò il co-

M. G. Pasqualin i, L'Eserci10 /talia110 nel Dodecaneso 1912-/943, op. cii., p. 134. Informazioni desunte dal volume Le Fiamme Cremisi. Albo d'oro dei bersaglieri r>er gli anni di guerra .MCMXV -MCiWXVl!l. Vo/11111e lii: J decorati, Editore Lu igi Alfieri, Milano-Roma 1931, p. 35 e d,1J si to www.quirinalc.it 61

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mandante del 33° reggimento a Nazilli per rendersene conto di persona, con la speranza di farne partecipe l'opinione pubbl ica europea. A queste richieste di aiuto, Torriani rispose che si doleva di non poterlo raggiungere per il momento, date le ragioni di servizio, aggiungendo la sua solidarietà per la causa e l'assicurazione di una pronta richiesta al comando di Rodi e di Sokia di intervenire in proposito . Come promesso , tale richiesta arrivò all'attenz ione di Elia, che non solo rifiutò l'autorizzazione a Torriani di raggiungere Nazilli, ma trovò la condotta del colonnello assolutamente lesiva dell'autorevolezza e della condotta de.I comando italiano:

Era dovere Vossignoria [Torriani] limitarsi rispondere che suoi doveri militari le impediscono lasciare suo posto. Il dire che chiede istruzioni Sokia et Rodi equivale a far attribuire a queste autorità superiori il rifiuto. Con ciò Ella non ha evitato una responsabilità ma l'ha assunta . Richiamo Vossignoria. tener presente lo spirito delle istruzioni regio governo et i miei ripetuti ordini circa obbligo nostre autorità militari non mischiarsi politica interna turca nell'attuale conflitto greco turco . Faccio presente che noi non costituiamo commissione per constatare atrocità di una aut di altra parte ma siamo soltanto truppe imparziali per man.tenimento ordine nelle località da noi occupate. Super.fluo aggiungere che non autoriz.zo invio nessun ufficiale. Allo stato attuale Vossignoria non.faccia ulteriori comunicazioni ma se Mehmet Effé insistesse gli risponda che ragioni di servizio non le permettono lasciare il settore a lei ajfìdato . Ho comunicato al generale Porta questo telegramma . A questo punto della narrazione, è il caso di affrontare un delicato particolare, importante non solo per gli scopi e per le opportunità del Corpo cli Spedizione , ma soprattutto per lo stravolgimento delle sue finalità a fronte del mutante contesto internazionale. Se l' intento ciel comando italiano era quello di rimanere completamente estraneo alle faccende di politica interna turca, vi erano delle contingenze, che impedìvano un' oggettiva estraneità a ciò che accadeva. La promiscuità con cui le truppe italiane si u·ovavano a operare a stretto contatto con alcuni dei reparti «regolari» turchi , e la malcelata e reiterata ostilità verso i.I governo di Atene, portava più di una volta a una condotta poco ortodossa dei reparti italiani, sollecitata direttamente da Roma. Lassismo sui controlli, riconsegna cli armi in precedenza requisite o addirittura invii ad hoc in via ufficiosa iniziarono a essere sempre più frequenti da parte delle autorità militari italiane a benefic io dei nazionalisti. Tutto però avvenne sempre al limite ciel legale, mai direttamente. Di regola le transazioni avvenivano tramite privati o gruppi industriali nazionali interessati che, in cambio di ottimi profitti, facevano da intermediari tra comandi italiani , guerriglieri ed esercito regolare kemalista. Due episodi molto indicativi, citati eia Fabio Grassi, chiariscono la commedia degli inganni che italiani e Alleati recitavano nel contesto turco . In modo grottesco l' Alto commissario Maissa si raccomandò con i reparti del Corpo di Spedizione di non impiegare la forza per impedire ai turchi i rifornimenti di munizioni, ma perseguire .lo 376


scopo solo con mezzi persuasivi. Di pari tono sembrò la comunicazione del generale Elia, che testimoniò il 4 novembre 1919 il passaggio, per ordine delle autorità britaniche, dei depositi di armi e munizioni dal presidio italiano a quello delle formazioni nazionaliste, una volta vinte le elezioni.63 Ecco quindi spiegata l'istri.onica condotta di tutti i protagonisti del caleidoscopio anatolico, mutevole e duttile, a seconda deJle situazion i e degli interessi contingenti. Se le continue accuse greche sugli aiuti italiani ai nazionalisti avevano all'inizio solo una parte di verità, con gradualità emergeva sempre di più la convinzione politica di prendere parte nella lotta. L'importante decisione dell 'Italia, di scegliere il campo dei «ribelli» come quello vincente e destinato a dettare il futuro della Turchia, si ce.mcretizzò via via il potere decisionale della Conferenza di Parigi perdeva autorità, fino ad arrivare a rifornire le bande con periodicità a partire dal 1921. Del resto il 17 giugno 1920 lo stesso ministro degli Affari Esteri Scialoja in una diretti va di comportamento preciserà: «Occorre tenere presente che noi non possiamo per il momento avere contatti manifesti con il governo cli Angora perché si tratta in realtà di un governo ribelle che non è possibile riconoscere a causa di accordi internazionali. Aggiungo però, in modo riservato, che il nostro governo è sempre disposto ad agevolare Angora come del resto ha fatto finora>> .64 Se l'opinione pubblica italiana aveva e continuava ad avere un certo peso nelle questioni fiumane e dalmate, diversamente le ambizioni in tenitorio turco acquistavano una rilevanza quasi nulla. li giornale «Il Messaggero» il 4 gennaio 1920 denunciò la poca considerazione rispetto alla presenza italiana in Anatolia . Nessun giornalista se ne era occupato, nessun politico o atto funzionario statale aveva fatto visita alle truppe dislocate, nessuna pubblicità era stata data agli avvenimenti. Così ben pochn erano a conoscenza delle vicende della prima spedizione che nel gennaio 1919 era salpata da Taranto agli ordini del generale Riveri, con il propos.ito di occupare tutta la zona da Smirne ad Adalia, assegnata all'Italia nelle pattuizioni fra gli Alleati. I pochi informati avevano la consegna di non parlarne, mentre sulla stampa imperversava la censura. Il quotidiano capitolino annotò che, in base alla situazione emersa nel frattempo forse era stato meglio così, perché non vi «era niente di allegro da raccontare». Con temi molto polemki, l'articolo continuava nella nanazione degli eventi, insinuando senza mezzi termini l'esagerata timidezza di Orlando, la perfidia e la doppiezza cli inglesi e francesi . A fronte delle benevole richieste dei turchi, desiderosi cli trovar vantaggio dalla presenza politica ed economica italiana, Roma non era stata in grado di far valere i suoi d.iritti e compensi in sede internazionale. Al contrario la Grecia era stata sin troppo scaltra nel farsi accordare vantaggi territoriali. Nella descrizione dell'operato del Corpo cl i S peclizione, «Il Messaggero» non tralasciò di raccontare la delicata situazione in cui vennero a operare le truppe italiane. L. Gnissi , L'Italia e la questione turca, op. cit., pp. 59, ì 4-75. A Bagnaia, op. cit., p. 295

6> F.

6"

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Gli ospedaletti erano pieni di militari soggetti a malaria, piuttosto che a feriti per arma da fuoco. Inoltre tutta l' Anatolia era più o meno funestata per l'assoluta assenza di un qualsiasi regime delle acque , mentre sarebbero bastate poche e chiare norme da applicare per ottenere un'utilizzazione idrica capace cli tramutare in sicuro beneficio la ragione cli tanto danno. Ben un quarto ciel contingente di occupazione fu colpito dalle febbri malariche, perché non furono prese energiche misure preventive o per deficienza cli mezzi curativi: «E' tutto questo poté avvenire soprattutto per una mancanza di commisurazione ossia del senso di proporzione fra la valutazione dell'ostacolo e i mezzi idonei a superarlo» .65 A fine gennaio 1920 arrivò al nuovo comando italiano di Porta una lettera di protesta di alcuni residenti turchi di So.kia. Contro le occupazioni greche, si inviava alle autorità militari e politiche italiane un monito a tenere in considerazione le volontà nazionali dei turchi. In un momento in cui si stava decidendo la sorte della Nazione e delle terre anatoliche, tutta la popolazione della città pretendeva la conservazione dei diritti nazionali e degli interessi ten-itoriali, tenendo una grande manifestazione davanti alla piazza del comune martedì 21 gennaio. I dimostranti chiesero al governo di Roma di sollecitare la Conferenza della pace in nome di un loro specifico progra1nma: 1 ° Lasciare la nostra Costantinopoli capitale di tutti gli ottomani la quale non è

solamente la sede del califfato di 390 milioni di musulmani ma anche l'unico monumento della storia turca e il centro vitale del Sultano e dell'esistenza del mondo turco. 2 ° Conservare la dipendenza alla sede del Caltfato e del Sultano di Adrianopoli e distretti, tale provincia fu conquistata con molti sacrifici e da secoli si conserva con gloria ed onore e che.fin oggi è sempre rimasta sotto la sovranità ottomana ed ha una grande importanza locale (strategica) e politica per tutti gli ottomani perché costituisce l'ultima linea di resistenza dalla sede del Calffato e del Sultano. 3° Corne Cospoli è il cuore di tutti i turchi musulmani ed ottomani, così pure la nostra santa Smirne è ìl centro commerciale della grande Anatolia, terra dei turchi ed è anche l'anima. Liberare quindi S1nirn.e e i suoi distretti dal tallone del greco e restituirci per atti la sovranità ottomana per non fare così scorrere ancora del sangue in.nocente. 4° L'entrata in guerra è una questione di concetto e di criterio. Però la responsabilità nostra è una cosa naturale; noi che abbiamo capito l'errore di esserci trascinati in guerra contro di voi da qualche callivo amministratore, avendo trovato conveniente per gli interessi della nostra patria e nazione i principi proclami dell' on. Presidente della potenza repubblica americana, abbiamo sospeso le armi fiduciosi alle eque assicurazioni delle on. potenze alleate le quali avrebbero lasciato sotto la sovranità ottomana. le nostre province situate allo est e al sud dell'Anatolia, abitate maggiormente 65

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«fl Messaggero» , 4 gennaio 1920.


da turchi e musulmani e in base a quella confidenza e fiducia che malgrado tante privazioni e disirazie che stiamo a subire da un anno e mezzo conserviamo la tranquillità per conseguenza biso1;na proteggere dalla violenza l'unità nazionale e politica turca lasciando sotto la sovranità ottomana le nostre terre che da molto tempo si trovano e che dopo l 'armistizio furono occupate da truppe alleate. 5° Mentre qui noi viviamo insieme ai nostri compatrioti come fratelli, i nostri correligionari a Rumeni ed i nostri fratelli rimasti sotto l'occupazione greca ogni giorno ed ogni momento subiscono diversi persecuzioni e vengono soppressi. Come si pensa ai diritti e agli interessi legittim.i de Mli ortodossi, si dovrebbe pur pensare ai medesimi diritti ed i11teressi legittimi delle minoranze turche e musulmane rimaste nei diversi paesi .M

SITUAZIONE DfPLOMATICA TRA

1919 E 1920

Mentre la situazione in Anatolia era in grande fe1mento per le patti in lotta, tutto lo scorcio del 19 l 9 e il principio del I 920 fu occupato dal lavoro delle cancellerie e da una violenta campagna di stampa. Due diversi modi di concepire la politica erano di fron te . Da una parte vi era l' avanzata di Kemal e di un popolo che si stava sbarazzando del passato ottomano, per riconoscersi in un rinnovato popolo turco. Dall 'a ltra vi era , quasi asettica. l'ottimistica attività diplomatica basata su linee tracciate sopra carte geografiche e su popoli che si sarebbero spostali obbedienti in questo e in quel paese. In questa ul tima logica , lontana dalla realrà , le potenze vincitrici continuavano a ragionare . «All'inizio del 1920 la conferenza della pace subì una nuova trasformazione, con la decisione di lasciare in pianta stabile a Parigi soltanto una conferenza degli ambasciatori dotata di competenze esecuti ve e di affidare la soluzione delle questioni rimaste ancora in sospeso a riunioni dei capi delegazione da tenersi a rotazione nei diversi paesi alleati. A un' ul teriore riunione al vertice svoltas i ancora a Parigi nel gennaio I920 segu irono così una serie di conferenze organizzate in varie local ità, a partire da Londra e da Sanremo. Parallelamente si assisteva alla crescente estraneazione degli americani dal processo decisionale della conferenza della pace» .67 Gli Stati Uniti rifiutarono a più riprese qualsiasi mandato sul territorio ottomano, la Gran Bretagna altalenò tra l'intransigente decisione di espellere i turchi dall'Europa e cli smembrare completamente il loro impero e una più moderata, anche in relazione alle pressioni musul mane che le provenivano dalle delegazioni della colonia indiana. Del resto sia l'opin ione pubblica inglese che quella francese sì ponevano più su posizioni radicali, mentre quella italiana era ali 'opposto conv inta della necessità di la66 AUSSME. E-3, h. 7. f. 7/4 rn , lc1rcr.1 d' ignoli residenti a Sokin. 67 F. Caccamo , op. cit .. p. 237.

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sciare i turchi a Costantinopoli e totalmente contraria allo smembramento del territorio nazionale. Se Nitti non voleva rendersi responsabile di una punizione oltremisura pesante e ingiusta contro la Turchia, Lloyd George non voleva una rottura con Parigi e così mettere a rischio Je ambizioni inglesi nel Mediterraneo orientale. Per questo tra il dicembre 1919 e il febbraio 1920 ebbero luogo alcuni incontri bilatera] i tra i due governi, in cui emerse il forte desiderio cli smembrare completamente la Turchia asiatica. Anche Felice Maissa da Costantinopoli consigliava prudenza al Presidente ciel consiglio, facendo intendere che tutta la simpatia che il popolo turco aveva rivolto fino ad allora all'Italia poteva sciogliersi come neve al sole, una volta che Roma si fosse associata alle altre potenze e quindi resa corresponsabile nell'imporre alla Turchia condizioni severe e punitive.68 In tale ottica Nitti fu l' interprete di posizioni più concilianti, che ebbe modo di portare avanti negli incontri preliminari della Conferenza cli Londra del 12 febbraio 1920. Alla vigilia della discussione ciel problema turco, mentre la stampa italiana era unanime nel sostenere che non convenisse smembrare la Turchia, la tesi del! 'espul sione degli ottomani da Costantinopoli continuava ad avere eloquenti difensori sia tra gli inglesi, sia tra i francesi. Tuttavia la posizione diplomatica dell 'ltalia era cli molto cresciuta rispetto alla crisi della primavera precedente. Dal momento che gli Stati Uniti stavano rinunciando al loro peso decisionale, disinteressandosi alle faccende europee, Roma acquisiva autorevolezza agli occhi dei francesi e degli inglesi, che a questo punto dovevano accordarle maggiore considerazione, per il suo ruolo all'interno del balance o.f power.69 Nel caso cli una completa occupazione alleata di Costantinopoli , gli italiani sarebbero stati autorizzati ad interveni re con 10.000 uomini , implicazione che non faceva saltare di gioia Scialoja (né tantomeno Nitti), a meno che non fosse barattata con lauti compensi .70 Si intravedevano infatti di nuovo riconosciute larghe parti delle promesse belliche in teffitorio anatolico, anche se Lloyd George continuava a considerare come decadute le decisioni di San Giovanni di Moriana,71 che ormai non solo cozzavano contro le aspirazioni greche, ma anche con l'incandescente situazione, che l'Anatolia vedeva svilluparsi al suo interno . Il 14 febbraio la questione delle condizioni per la Turchia fu portata in Conferenza e si stabilì innanzitutto di esaminare e definire in uno scambio di vedute preliminari alcuni principi fondamentali del trattato, lasciando agli esperti di stabilire i dettagli delle clausole. Nitti sostenne che gli Alleati dovevano proporsi di concludere un trattato cli pace eseguibile in pratica e cioè che tenesse in debito conto le realtà di fatto. Si dovevano evitare quindi esperimenti teorici, tenendo conto invece del fatto che la Turchia era un'entità nazionale rigorosamente defin ita e non si poteva quindi sopprimere, 68

L. Miche leua, op. cit. , p. 137. F. Caccamo, op. c it. , p. 238. ,o F. L. Grassi, L'Italia e la q11es1ione 111rca, op. ci.t., p. 91. 11 L. Mic he leua. op. cit., p. 138. 69

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né mutilare. I governi cli Londra e di Parigi trovarono questa ipotesi troppo favorevole per la sconfitta Costantinopoli e la bocciarono in partenza. Dopo lunghe discussion i in cui Venizelos mo nopolizzò l'attenzione dei colleghi , alla fine dell 'incontro le conclusioni del 14-J 5 febbraio stabilirono che i turchi avrebbero conservato il Bosforo, sede del Califfo e del governo turco, ma affidavano gli Stretti a un regime internazionale speciale con un esercito proprio, che ne avrebbe garantito la libera navigazione. La Tracia sarebbe passata alla Grecia , menLre l' Armenia e il Kurdistan avrebbero trovato l' indipendenza in entità autonome. Tutti gli altri tenitori ri manenti, eccetto quelli abitati dagli arabi, sarebbero rimasti al Sultano con dei regimi speciali di ordine politico ed economico in favore delle potenze vinc itrici: "mandati" e "zone di ù1tluenze". M andati: i greci sì sarebbero istallati nella regione di Smirne, gli italiani in quella tra Scalanova e Adali a, gli inglesi in Palestina e in Mesopotamia, ai francesi la Siria , la Cilici a fino al Tauro con Alessandretta, Adana e Mersina. Zone di influenza con la persistenza statale turca: la Misia e la Lidia fo10 a lla destra del Grande Meandro ai greci, Caria e Lic ia agli italiani , la Bitinia e il Ponto (vilayet di Angora) agli inglesi, Cilicia Trachea e Conia ai fran cesi .72 Sul piano prettamente giuridico, considerato che le zone di influem,a non potevano essere spartite tra g li Alleati all'interno del trattato con la Turchia, il segretario d i Stato Curzon propose d i inserire le clausole di suddivisione in un accordo separato, da sottoscrivere tra le potenze coinvolte . Questo artifiz io , che si realizze.d1 nell'Accordo trip,utilo , avrebbe permesso di far accettare a Costantinopoli la delega interalleata su tutta la zona, che in un secondo momento Londra , Parigi e Roma avrebbero frazionato fra loro. Questa suddivisione proposta però non piacque per nu lla a Nitti, suscitando una fine disquisizione linguistica con i francesi: équitable contenuto nell 'articolo 9 del Patto di Londra non significava «uguale» . ma «equo» o «congruo».73 La differenza sostanziale di trattamento comunque rimaneva. a danno proprio cli Roma. Di fronte al vasto bottino incassato dai bdtannic i e dai fran cesi, l'Italia non solo aveva ottenuto poco, ma la disponibilità a cedere il Dodecaneso a Ven.izelos, veniva ricompensata solo con zone secondarie e sabbiose delr Africa. di cui francesi e inglesi ben volentieri si sarebbero voi uti sbarazzare. Le argomentazioni cli Lloyd George, in cui si parlava d i «steri le e costoso Dodecaneso» eia cedere, e dei ridenti deserti de l Sahara e clell'Oltregiuba da ottenere in cambio, suonarono come un 'autentica presa in giro. un modo goffo e offensivo per placare le lagnanze dell ' italiano , che a questo punto mi nacciò dì g iungere a una pace separata con il governo di Costantinopoli. Nitli , se partiva da buoni propositi. tuttavia era messo alle corde, senza solidi appigli su cui intavolare un negozialo. li Foreign Office, ora più che mai, fece intendere alla Consulta che la persistente presenza militare del Corpo cli Spedizione italiano in Anatolia era da ritenersi per Londra fattore ostacolante a Lia finna cieli ' Accorto Lripru.1ito da 72 13

A . Giann ini, op. cit.. pp. 6-7. M , Toscano. Il paltO dl /.,{J1ulra. op, ..:i L, pp, l 62- 163, 381


parte degli inglesi, come a ribadire un'ulteriore infrazione compiuta dall'Italia verso il regolare andamento della politica diplomatica degli Alleati. Per questo nell'intento di annuJlare ogni ulteriore nuova rivendicazione cli Roma, Curzon negò anche il fondamento giuridico delle pretese italiane sull'isolotto cli Castelrosso, la cui assegnazione non venne messa nella versione definiva ciel verbale della Conferenza.74 A fronte delle decisioni prese nella Conferenza di Londra su l futuro della Turchia , l'opinione pubblica inglese, anche incitata da una campagna di stampa e da una base di notabili della politica, ciel pensiero e della letteratura, chiedeva a gran voce l'espulsione del Sultano da Costantinopoli, la cui permanenza veniva giudicata come fonte di incertezza e una grave minaccia per la pace del mondo, nonché un appoggio indiretto alla propaganda rivoluzionaria dei Giovani Turchi. Solo la componente indiana dei sudditi di Sua Maestà continuava a vedere come positiva la rinuncia a un ulteriore giro di vite contro la nuova entità statale turca. L'opinione francese si dimostrò divisa, mentre quella italiana non nascose che il problema aveva avuto soltanto una parziale soluzione, in quanto lasciava acceso l' incendio nell ' Asia Minore. Da pa1te loro, i turchi non facevano differenza tra «mandato» e <<possesso effettivo», perché giudicavano entrambe le forme come la perdita del loro potere sui territori. Sui mandati sarebbero stati disposti a fare buon viso, se tutta l'Anatolia fosse ricaduta in questa forma cli limitaz ione, con la speranza che l'intervento economico europeo potesse far decollare le attività commerciali e di risorse che la zona offriva, che per l'anetratezza imprenditoriale e di capitali invece erano rimaste improduttive. Se questi diritti venivano riconosciuti obtorto collo ai paesi vincitori della guerra, ciò non valeva per la Grecia, che agli occhi dei turchi non aveva nessun diritto, perché nella sostanza non aveva vinto nulla. Nel complesso però in Turchia la ripercussione delle prime decisioni degli Alleati non fu lieve e ne seguirono seri incidenti. Allo scopo di fronteggiare la crisi ministeriale, provocata dai nazionalisti, facenti capo a Kemal, le potenze alleate 1'8 marzo minacciarono una completa occupazione internazionale di Costantinopoli, per altro già ben presidiata da più di un anno. li 1O marzo l'operazione fu decisa, mascherando la cosa con motivazioni disciplinari e non politiche. Gli inglesi e greci erano dell'idea di organizzare una vasta spedizione, convinti che solo tale mossa avrebbe indotto i turchi ad accettare il trattato, a cui si opponeva con tenacia il movimento kernalista. Su posizioni diverse gli italiani e i francesi non mancarono di far rilevare tutte le incognite di una simile impresa. L'ordine degli Alleati f u notificato il 16 marzo; il 17 la capitale fu occupata in modo abbastanza pacifico dalle forze alleate agli ordini del generale Milne. Gli italiani contribuirono con circa 1.000 soldati, giudicat i anche troppi per le magre finanze del gabinetto Nitti , «sufficienti per offendere i popoli che le subivano e insufficienti per riportare la pace».75 In effetti, val la pena ricordarlo, questa occu11 • L. 15

Micheletta, op. c it. , pp. 141-144. F. L. Grassi, L'flalia e la ques1ione !urca , op. cit ., p. 96, I00- l OI.

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Comitalo di protesta contro i greci organizzato a Cos1a11ti11opoli

pazione arbitraria avveniva negli stessi giorni in cui il battaglio ne cli Conia lasciava la città, per dimostrme il presu nto spi1ìto am ichevole della politica italiana. Nel timore di fare scelte azzardate, dispendiose e troppo "anglo-francesi", la Consulta proseguì con un ' azione equivoca, velleitaria e molto criticata sia in Patria che all'estero . L'occupazione rivelò ancor di più l' impotenza del governo sultani le. La passività delle forze armate turche nella capitale non rispecchiava tuttavia quella esercitata altrnve. ll colonne llo Giafar Tayar, membro del comitato "Unione e Progresso", si dichiarava indipendente da Costantinopoli e organiaava la difesa in Tracia .76 Ormai morto il Paifamento ottomano sul Bosforo, nello stesso periodo il 23 apri le 1920 nella Grande assemblea nazionale di Angora Mustafa Kemal venne nominato Presidente e Capo elci comitato esecutivo, facente funzione di governo provvisorio.L'Assemblea aveva funzioni sia legislative sia esecutive e avrebbe regolamentato le fun zioni costituzionali deJ Sullano. La prima decisione fu di dichiarare invalido qual unque accordo firmato dal g overno di Costantinopol i. Un a solenne presa di posizione, che sancì di fatto la gue rra civile, con opposte accuse e condanne di " tradimento" e cli "illegalità''. Questo sa rebbe stalo un decreto d ' importanza fondamentale e no n solo per la poli tica interna , considerato che due mesi dopo il ricostituito governo sultanile di Damad Ferid avrebbe firmato il Trattato di pace a Sèvres. 1ntanto proprio i lavori di redazione ciel trattato procedevano lentamente, sotto il controllo del Consiglio dei ministri degli Affari Esteri alleati. Per le clausole militari il 7 "

A. Gian nini. op. cil., p. 9 .

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progetto fu formulato dal Comitato di Versailles e ispirato in sostanza al sistema generale di tutti i trattati: notevole riduzione dell'esercito e una serie di Commissioni di controllo militari e navali Per le clausole finanziarie i francesi miravano a conservare l'attuale Commissione del debito pubblico ottomano. La delegazione italiana propose una formula conciliatrice e cioè che per tre anni ancora sussistesse la Commissione, per far poi luogo a una nuova di controllo anglo-franco-italiana. Sulle clausole economiche fece una riserva Scialoja circa l'assetto delle ferrovie e la liquidazione dei capitali tedeschi in quelle regioni, per garantire gli interessi italiani sulle ferrovie anatoliche e per ottenere che a quella tedesca fosse sostituita un'amm.inistrazione interalleata, in cui l'Italia potesse comparticipare alla pari con la Gran Bretagna e la Francia. In quei giorni accennando alla Carnera i risultati cli Londra, Nitti dichiarò di non aver di mira nella Turchia europea o nelJ' Asia Minore acquisti territoriali, che sarebbero stati un insopportabile peso, ragione di odio profondo e di future guerre. Tuttavia «non possiamo disinteressarci né della libertà degli Stretti , né delle immense materie prime che sono dell'Asia M inore; e a mettere queste in valore l'Italia coopererà con le potenze alleate, per partecipare ai vantaggi che ne derivano». 77 L'Italia dalla sua posizione intermedia, con molto da perdere e poco da guadagnare, tentò cli conciliare le sue aspirazioni economiche e politiche , ma senza rendersi corresponsabile delle eventuali scelte azzardate contro l'orgoglio e la dignità dei turchi. Del resto i "rinunciatari" Scialoja e Sforza avevano, sin dalla seconda metà del 1919, iniziato a intrattenere importanti contatti con il movimento nazionalista di Kemal, con il doppio scopo di non trovarselo contro un domani e carpirne possibilmente le simpatie, barattando concessioni economiche in Anatolia in cambio di comprensione italiana verso i destini della Nazione turca. Alla fine lo schema di trattato,redatto a Londra dalle Com.missioni e dal Consiglio dei ministri degli Affari Esteri, fu inviato , per le definitive decisioni, alla Conferenza di Sanremo del 19-26 aprile, nella quale il Consiglio prese in esame anche la siluazione militare, essendo Erzerum occupata dalle forze nazionaliste turche. Fu udito Venizelos, il quale confermò di poter frontegg iare la situazione militare del!.' Anatolia. Fu deciso cli mantenere l'occupazione cli Costantinopoli finché i turchi non avessero lasciato l'Armenia e la Tracia. In pa1ticolare tra le decisioni, che vennero prese sulle varie zone turche oggetto di contesa, vi fu l'approvazione per la creazione di uno Stato di Smirne, amministrato dalla Grecia e da essa occupato, con un regime transitorio , che poteva arrivare all'annessione diretta di Atene, dopo un breve periodo di tempo. Una speciale Commissione dette gli ultimi ritocchi alle clausole militari. Infine si crearono due zone cli privilegio economico: una per l 'Italia nella zona di Adalia e nel bacino carbonifero di Eraclea e una per la Francia in Cilicia. In aggiunta, seguendo il consiglio già espresso da Curzon nella Conferenza di Londra, si stabilirono speciali accordi economici. tra Gran Bretagna,Francia e Italia per il controllo del territorio ottomano: il cosidetto Accorcio tripartito. 11

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A . Giannini, op. cit., p. 10.


Il 26 aprile la conferenza si chiuse, non senza esplicite riserve di Nitti e del suo Sottosegretario per gli Affari Esteri Sforza (che ormai conosceva fin troppo bene la reale situazione turca) sull'opportunità e sull 'eseguibiUtà delle condizioni da voler imporre.78 Quest'ultimo, convinto assertore della politica filoturca, giocò una nuova carta. In maggio inviò il capitano Fago in missione segreta ad Angora, con il proposito di trovare un punto di contatto con i kemalisti, sperando di farli convoglìare verso l'accetazione almeno ciel Tripartito. La risposta non fu quella sperata . Kemal si rivelò intransigente, facendo auspicare però che, con altre aperture, un accorcio sarebbe stato possibile. A differenza delle illusorie speranze italiane, la verità era infatti un'altra. Fago si ridusse a fare eia ingenuo galoppino tra Angora e la Sublime Porta, senza portare beneficio alla causa di Roma.79 I nazionalisti turch i si dichiaravano unanimi contro il trattato di pace e contro ogni altra sua possibile propagine, mentre la delegazione ottomana, pur dolendosi delle altre rinunce che le erano state imposte, in particolar modo insistette sulla Tracia e su Smirne. Essa osservò che questa amputazione, di profonda ingiustizia, era fatta a tutto vantaggio cli Venizelos , che voleva beneficiare della situazione di vincitore, benché il suo paese non fosse in stato di guerra contro la Sublime Porta. Se nella forma l'Impero ottomano manteneva l'integrità fisica in Asia Minore e a Costantinopoli, con le mutilazioni e le limitazioni, decise a favore delle potenze vincitrici, esso si riduceva a una scatola senza contenuto. L'Italia già critica verso questo risultato, accrebbe le sue perplessità. Alla caduta del governo Nitti , il nuovo gabinetto presieduto dal vegliardo Giovanni Giolitti assegnò il ministero degli Affari Esteri proprio a Sforza, che aveva maturato sempre cli più la convinzione cli operare un modus vivendi con la politica cli Kemal, vero regista e arbitro ciel suo paese. In questo senso se la Consulta continuava a perseguire ufficialmente la politica degli Alleati, rimanendo però critica nella decisione cli riconoscere l'esclusività del controllo greco su Sm.i.rne,80 nella sostanza accrebbe i contatti con i nazionalisti, avendo avuto il ministro una vicinanza politica con loro, sin da quando era Alto commissario a Costantinopoli e quindi in tempi non sospetti. La formale denuncia degli accordi Tìttoni-Venizelos il 22 luglio non sarebbe stata che la testimonianza concreta della piena volontà di Sforza cli smarcarsi dai propositi anglo-ellenici cli sopraffazione: «appena letto quel documento, lo giudicai contrario alla nostra dignità e ai nostri interessi».81 In effetti quell'impegno si era rivelato con il trascorrere dei mesi più fattore di oneri che di onori per l'Italia e lo stesso Tittoni sollecitò Sforza nella sua denuncia: se eia un lato non aveva trasformato in cordiali le relazioni con la Gran Bretagna, dall'altra aveva solo che ingabbiato Roma nelle logiche della politica internazionale cara a Londra. A seguito dei rovesci italiat1i in Albania, la cessione del Doclecaneso, sommato al diniego in78

C . Sforza. op. cit., pp . 60-61. F. L. Grassi. L'Ila/io e la questio,w turca. op. cit., pp. 123-1 25. so L. Michelena, op. ciL. p. 194. SI C. s rorza, Op. CÌl., pp. 93-94 19

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Pietro Badoglio (in divisa), Giovanni Giolitti ( con il papillon) e Carlo Sforza ( con baffi e pizzetto neri)

glese nel concedere Aidin, non valeva di certo il riconoscimento dell'Oltregiuba e di una parte di deserto del Sahara! Ovviamente questa ambiguità dell'operato italiano non poteva che suscitare timori dì machiavellismo negli ambienti del Foreign Office e generare ulteriori minacce di Londra di escludere Roma, questa volta dalla firma dell'Accordo tripartito. A ciò si aggiungevano le relations dangereuses che gli agenti di Sforza intrattenevano con Kemal. L'ammiraglio De Robeck, a proposito dei contatti tra Roma e Angora scrisse che «erano dì così equivoca natura e così apertamente diretti contro U comune interesse degli alleati che , anche dal solo punto di vista militare, la presenza delle truppe italiane nell'area cli Ismid poteva costituire un grave pericolo».82 Nella sostanza gli Alleati temevano che gli italiani, ancora presenti in zone strategiche dell'Anatolia, potessero fornire ai nazionalisti informazioni riservate sulla dislocazioni dei reparti inglesi, ma anche aiutarli in azioni cli disturbo. Sforza assicurò che nella zona in questione nessun reparto italiano era presente e che qualsiasi accusa di questo tono non solo appariva offensiva, ma anche infondata. Nonostante questa nota ufficiale della Consulta, in luglio a Imperiali da parte inglese an-ivò una protesta per alcune presunte dichiarazioni anti-britanniche espresse dal generale Porta ai leader nazionalisti. La s2 L. Michele!la, op. ciL, pp. 195- I 96.

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risposta dell'ambasciatore italiano a Londra fu polemica, anche a fronte della smentita ufficiale del comandante del Corpo di Spedizione. Tuttavia l'incidente non sembrò chiuso, se lo stesso Curzon usò l'avvenimento come argomento prediletto nelle conversazioni con Sforza nella conferenza di Spa nella prima metà di luglio.83 Durante i lavori a Sanremo la delegazione ottomana fu convocata a Parigi per la consegna del trattato, che avvenne solo l' 11 maggio con le consuete formalità e con la facoltà di visionarlo e muovere obiezioni per un periodo di trenta giorni, che poi venne prorogato fino al 26 giugno. In patria l'emozione fu enorme: si parlò persino dell'abdicazione d el Sultano, come protesta contro la severità del trattato.84 Gli scontri in Anatolia a opera dei kemalisti e dei seguaci di Giafar contro i greci furono ripetuti, ma nella sostanza inefficaci.

La delegazione ottomana diretta a Parigi: (da sinistra a destra) Riza Tevfik, Dammi Ferid, Hadi pascià e Re~w1 Hatis 83 8'

L. Micheletta, op. c it., pp. I 97- 198. A. Giannini . op. c ic. , 1>- 12. 387


Mentre l'opinione pubblica di tutti i paesi alleati si mostrò eccitata per questi avvenimenti, le trattative diplomatiche per la firma della pace proseguivano il loro corso. Damad Ferid, di nuovo gran vizir dal 5 aprile 1920, espose dinnanzi ai delegati alleati le ragioni della Turchia, nella conferenza tenutasi a Spa. Egli attribuì la responsabilità dell'entrata in guerra del paese e del massacro de.i cristiani armeni ai suoi predecessori e si augurava cli poter far accettare la Turchia come valido e fedele membro della Società delle Nazioni. Tra le varie r.imostranze sulle decisioni del trattato, non solo si opponeva alla cessione di Smirne ai greci, ma esigeva riparazioni per i danni eia essi causati in violazione del diritto delle genti. Le richieste degli ottomani furono giudicate offensive e inopportune eia gran parte dei ministri alleati e per questo rifiutate. Alla scadenza del termine stabilito, i turchi dichiararono di accettare le condizioni imposte. Con le consuete formalità il 10 agosto nella sala d'esposizione della manifattura delle porce.llane di Sèvres nei dintorni di Parigi, fu quindi firmato il trattato dai delegati alleati, e per i turchi , dal senatore generale Bagdatli Hadi pascià, dal senatore Riza Tevfik bey e eia Re§ad Halis bey, ambasciatore a Berna con fun zioni di plenipotenziario, avendo Damacl Ferid declinato per protesta l'incarico cli Presidente di delegazione. ln tale occasione furono firmati altri protocolli che si riconnettevano alle questioni orientati, tra i quali il trattato con cui l'Italia cedeva alla Grecia il Dodecaneso, meno Rodi e Castelrosso, che però rimaneva nella sostanza autonoma (accorcio Bonin Longare-Venizelos). Dopo una lunga trattativa tra Sforza e Curzon, si arrivò a questa "revisione" (quasi identica) del già denunciato accordo Tittoni-Venizelos. Essa fu siglata il 9 agosto dal premier greco e dall'ambasciatore a Parigi Lelio Bonin Longare. Per gli uomini ciel Foreign Office un'intesa tra Roma e Atene sulle isole dell'Egeo era stata e rimaneva la condizione sine qua non per includere l'Italia nella firma del trattato con la Turchia e ciel Tripartito; ecco perché cronologicamente si colloca nel giorno precedente alla pace cli Sèvres.85 Secondo il memor.iale greco, in maniera assiomatica e perentoria , le isole erano elleniche da migliaia di anni e come tali dovevano tornare tutte alla Grecia, senza far eccezione per quelle che per ragioni strategiche non le erano state aggiudicate durante le guerre balcaniche. Riferendosi poi in particolar modo a Rodi e al Dodecaneso, venne riconosciuto che tali isole erano state assegnate all'Italia dal patto di Londra, ma, al momento della firma di questo trattato, la guerra non aveva ancora rivestito il carattere che le dettero in seguito gli Alleati e Wilson. Perciò non era da dubitare che l'Italia avrebbe preso iniziativa di proporne la retrocessione alla Grecia. Le .isole che essa chiedeva erano: Tenedo, Imbro, Mitilene (o Metelino), Chio, Samo, Nicaria, Castelrosso, Rodi e il Doclecaneso. Volendo assecondare i propositi anti-italiani dell' amico Curzon, nessuna menzione vi era fatta cli Cipro, che pure Venizelos, come una sirena afabulatrice, non trascurò più volte ape1tarnente cli chiedere e far sapere di aver chiesto al governo britannico. 85

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L. Micheletta, op. cit. , pp. 202-206.


Lafirrna del trattato di Sèvres

In realtà la v.isione ellenica era molto semplicistica, non volendo analizzare analiticamente e cronologicamente tutte le tappe italiane sulla strada dell'arcipelago. In base al trattato di Losanna del 18 ottobre 1912 fra Italia e la Turchia, la prima avrebbe conservato il possesso di Rodi e del Dodecaneso, a titolo di pegno per l'esecuzione del trattato di pace da parte della seconda. In tale stato di diritto essa si trovava quando sopravvenne il confl.itto europeo, e, con il patto di Londra (articolo 8)86 ottenne il riconoscimento della piena sovranità sulle isole da essa occupate. Senonchè la Grecia la reclamò con insistenza, trovando anche nell'opinione pubblica italiana una lunga corrente favorevole . Fu soltanto con l'accordo Tittoni-Venizelos però che l'Italia si decise a cedere alla Grecia le isole occupate nell 'Egeo, tranne Rodi, per la quale si impegnò inoltre ad accordare una larga autonomia amministrativa. In un patto aggiunto l'Italia si obbligò a lasciare che la popolazione di Rodi si pronunciasse liberamente sulle sue sorti, con la sola riserva che, in ogni caso, il plebiscito non avrebbe potuto aver luogo a Rodi prima di un termine di quindici anni da] momento della firma del trattato .87 Per quanto riguardava la Turchia continentale invece, secondo il trattato di Sèvres tutto l'Impero ottomano si riduceva, tolto il territorio dj Smirne e delle isole, ali' Anatolia, le cui frontiere erano stabilite dall'articolo 27, salvo il tracciato definitivo sul terreno attribuito alle Commissioni di delimitazione (articoli dal 28 al 35). Cadute le intenzioni spartitorie, gli Alleati finirono per abbandonare ogn_i pretesa territoriale sllll' Anatolia, e si accontentarono di prendere tra di loro degli accordi per eliminare le rivalità e le concorrenze del suo sfruttamento economico, attraverso le già dibattute «zone di influenza». Se i propositi alleati erano quelli di mantenere l'in86 87

M. Toscano, li patto di Londra, op. cil., p. 187. A. Giannini . op. c it., pp. 37-38. 389


Le zone di influenza secondo l'Accordo tripartito. La zona italiana, composta dalla contrada Sud occ iclentale cieli' Asia Minore, era all'incirca così delimitata. La costiera attribuita all'Italia cominciava dalla foce del Kuciuk Mondorez (Piccolo Meandro) a c irca 5 chilometri a Nord di Scalanova e a circa 50 chilometri a Sud di Smirne. Comprendeva quindi la costiera de.ll'antica Caria dirimpetto al Dodecaneso e a Rodi, la costiera della L icia con l'isolotto di Castelrosso, tutto il golfo di Adalia (antica Pamphilya) e parte della Cilicia fino alle foci del Lama-su a Sud-ovest di Mersina. Porti notevoli su questa costa erano Scalanova, Bodrum e Adalia. A Oriente la zona italiana confinava con quella francese seguendo una linea delimitata all'incirca dal Lama-su dal massiccio del B ulgar-Dagh, dalla cresta degli Ala Daghe degli Ergijas-Dagh (immediate vicinanze Sud di Cesarea). A Nord il limite era dato eia una linea idea.le che partendo dagli Erghijas-Dagh attraversava il rialzo stepposo della Licaoni a e raggiungeva la Anaiolische-Bahn alla stazione di Akshehr. Di qui il confine verso Nord-ovest verso la linea ferroviaria Akshehr-Afiun Karahaissar-Kutaia rimanendo al di sotto della ferrovia . Da Kutaia il confine proseguiva a Nord-nord-o vest fino a Keschisch Dagh presso Brussa , piegava quindi fino al lago Abuliond a breve distanza dal Marmara. Da qui s i dirigeva a Sud-ovest fino a raggiungere sull ' Egeo il golfo di Edromicl. Da questa zona cli influenza rimaneva esclusa la zona cli Smirne attribuita alla Grecia. La zona era attraversata dalle reti della Sociélé 011omane du Chemin. de fer Smyrne-Cassaba et Prolongement e del la Ottoman. Aidin Raitway. L'Anatolische Bahn e la Baghdad-Bahn traversavano la zona italiana solo nel tratto Akshehr-Conia e nel tratto cli Conia fino al massiccio del Bu lgar Dagh per una lunghezza cioè di 175 chilometri per l'Anatolische Bah e di 280 chilometri per la Baghdad-Bahn.

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tegrità della Turchia propriamente detta, bastava dichiare "non Turchia" le parti oggetto di spartizjone palese o velata. A ciò mirava l'Accordo tripartito relativo al1' Anatolia, firmato sempre il IO agosto tra Gran Bretagna, Francia e Italia. Come detto nel preambolo del documento, il patto tra i tre Alleati aveva lo scopo cli "aiutare" la Turchia, di promuovere l' incremento delle sue ricchezze e cli eliminare le rivalità internazionali , che erano state in passato di ostacolo a questi fini, e di concorrere al riordinamento interno ciel paese, salvi ovviamente gli interessi speciali delle tre potenze. li principio di uguaglianza era sancito con diverse clausole di natura giuridica, amministrativa ed econornica.88 Con la firma degli accordi di Sèvres terminava la prima fase dei tentativi degli Al leati di dare un assetto ai problemi orientali . li trattato si rivelerà però non meno fragile delle porcellane artistiche in bella mostra nella sala della firma. Esso era, ancora prima di trovare efficacia, battuto in breccia dal movimento d.i Kemal, che si presentò come avversario della Sublime Porta, del trattato e degli inglesi che difendevano il Sultano e i greci. Il problema sostanziale nasceva proprio dal fatto che tal i accordi erano stati firmati e accettati dal governo di Costantinopo] i, che non aveva alcuna autor.ità sul governo di Angora, il quale invece rappresentava la vera supremazia cieli ' Asia Minore in stretta alleanza con Mosca, che stava recuperando le tene perdute nel Caucaso. Le potenze alleate se ne sarebbero presto accorte, valutando necessario sin eia subito una rev isione dell'accordo appena concluso .89 Intanto in Grecia le cose erano cambiate in modo repentino e non cetto tranquillo. Con sommo disappunto dei francesi, ad Atene tornò sul trono il re Costantino, ai loro occhi degno parente dei sovrani tedeschi. Parigi doveva cogliere la palla al balzo, per smarcarsi dall'ormai ingombrante amicizia ellenica. Ecco quindi che una volta tolto cli mezzo Venizelos, sconfitto nel novembre 1920 alle elezioni politiche, la Francia si unì all'ltalia e ins ieme si dichiararono non più legate da alcun vincolo , che imponesse il loro soccorso in favore di Atene e delle sue velleità in-edentiste verso l ' Anatolia. Non volevano del resto che la Turchia divenisse «un altro Egitto» a uso e consumo dell'Impero di Sua Maestà.9° Parigi e Roma erano quindi pronte a interloquire direttamente con il governo di Angora, per rivedere il trattato di Sèvres in cambio dell 'accettazione del Tripartito.9 1 A questo punto della trattazione una considerazione va spesa sul.la profonda doppiezza, che la collocazione dell'Italia si era prefigurata a Sèvres. Sforza, ostile a ogni legame con Londra e Atene , era andato a ribadire con profonda ambiguità l'indir izzo della politica estera di Roma nei confronti dell'Anatolia. Infatti, pur di accettare i magri compensi, contenuti nel Tripartito, la Consulta si era spinta ad avallare una si•• Si veda illfi-a, il capitolo relativo all' attività economica e commercia le delle banche italiane. 89 A. Giannini, op. cit .. p. 14 . 90 P. tvlanscl, op. cit., p. 369. 9 1 M . tvlac Mil la.n. op. cit., p . 566; J .B. D uroselle, Storia diplomatica dal /9 / 9 ai nostri giorni. Led , lviii ano J 998, p. 47; L. Micheleu.a, op. cit., 289-295. 39 1


tuazione, che portava tutti j vantaggi alla Grecia e alla Gran Bretagna, scontrandosi (per logica) con tutta quella costruzione politica, portata avanti dall'operato de.I Corpo di Spedizione, incentrata con il tempo sulla vicinanza "morale" con il popolo turco, sempre più vicino ai ribelli kemalisti. L'obiettivo ultimo che Sforza e i suoi successori inizieranno a perseguire, da questo momento in poi, sarebbe stato il desiderio, attraverso l'amicizia con il mov imento di Kemal, di rompere quell'ordine internazionale, di cui gli stessi italiani erano stati i fautori e gli arbitri, cercando di realizzare e sviluppare i vantaggi che proprio il Tripartito concedeva all'ltalia.92 Questa logica spinse la Consulta, solo in parte in accorcio con il Foreign Office, a favorire i contenuti presenti nel trattato di pace , con la ricerca parallela di ratifica da parte di Costantinopoli e di Angora. 93

DA PORTA A FUSONI

All'inizio del 1920 l'attenzione del nuovo comandante Porta si rivolse a bilanciare gli impiegni sul ten-itorio del Corpo di Spedizione e s i caratterizzò da11a necessità cli stabilizzare al minimo la consistenza delle unità impiegate. Le pression i politiche dall'Italia erano forti. Jn attesa di decisioni chiare e coerenti con l'evoluzione della scena internazionale, il governo italiano diede indicazione al generale cli agire in maniera prudende, ma determinata. Un provvedimento, che avrebbe garantito un clima più favorevole, fu l'abolizione della censura postale a Rodi. Ai primi di febbraio, in risposta ad alcune proteste delle autorità locali a Macri, Porta espresse il proprio sostegno al capitano Fucci, comandante di quel presidio , che non nascose la sua difficoltà. Ordinò di mantenere un contegno energico e dimostrare la sicurezza, per l'esecuzione del compito affidato all'Italia, rivolto al mantenimento dell 'ordine nel suo senso più stretto . Il generale, esortando a non far muovere il reparto per il momento, consigliò la calma necessaria . Ribadì la propria disponibilità e considerazione per ogni ulteriore dubbio che Fucci avrebbe voluto porgergli . Non ritenendo (in realtà non potendo) aumentare il presidio , Porta incoraggiò l'ufficiale con la consapevolezza de.I prestigio e la forza morale, che dovevano senza preoccupazioni portarlo a mantenere la situazione sotto controllo, anche in sinergia con l'abile maresciallo dei carabinieri a disposizione e con il regio stazionario. Del resto era sempre necessario rammentare alle popolazioni locali lo scopo della presenza in territorio turco. L'Italia non aveva in Anatolia obiettivi ten-itoriali ma economici, quindi il mandato del mantenimento dell'ordine doveva essere ben calcolato, senza lasciarsi trascinare a prendere parte palese per nessuna delle parti in lotta. Memore dell'operato cli Ton-iani, Fucci si doveva astenere dall'assumere im'" L. Michelett,1, op. cit., pp. 209-2 I l. 9 J L. Micheletta, op. c it., pp. 263-264.

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pegni di alcun genere per sé o per il governo, piuttosto ricordando ai turchi cbe l' Italia era stata la prima Potenza a sostenere a Parigi la tesi dell'integdtà del loro paese, alla quale tesi ora anche le altre potenze si stavano allineando. Un punto di forza era quindi l'avvertimento, cbe ogni eventuale ostilità dimostrata dai turchi agli italiani poteva compromettere in-eparabilmente la loro causa. Questi ultimi del resto si erano dimostrati più che amichevoli verso la popolazione civile con l'assistenza continua verso i profughi e verso le vittime di sofferenze e di crudeltà. Questo episodio evidenziava il carico cli responsabilità politica che spesso gli uffi ciali, anche inferiori, dovevano addossarsi . La riduzione dei reparti aveva lasciato spesso piccole unità, comandate da ufficiali subaterni, quali titolari di presid i o settori. In febbraio da parte di Bergera e cli Porta emerse la constatazione di un particolare formale, che però preoccupava non poco il comando del Corpo. Era abitudine degli ufficiali, che si trovavano al comando di reparti distaccati dai reggimenti , battaglioni o compagnie in località <lell' Anatolia o dell 'Egeo, di usare nelle lettere d'ufficio , sopra la loro firma la dicitura: «Il Comandante il Presidio» oppure «di Settore» o «cli Sottosettore». Tale abitudine ingenerava nei giovani ufficiali , la falsa presunzione cli considerarsi qualche cosa cli più che comandante di compagnia o di plotone. Tale presunzione faceva si che questi consideravano il loro mandato indipendente dai comandi immediatamente superiori, con l 'incent.ivo a rivolgere la loro attività esclusiva all'esplìcamento delle mansioni di comandante di presidio, trascurando quelle più importanti verso i. loro uomin i, quali comandanti di reparto . Tale fatto venne giudicato riprovevole in quanto non era rivolta al soldato tutta l 'assistenza di cui aveva bisogno e che richiedeva, essendo esso il principale scopo del! ' ufficiale, jn particolar modo nelle locali tà del!' Anatol ia di più disagiata residenza. L' ufficiale, comandante di un reparto distaccato, doveva quindi tenere sempre presente che, mentre poteva essere occasionale comandante di presidio , era e rimaneva principalmente e soprattutto comandante cli reparto: «battaglione», «compagn ia» o «plotone>>. Come tale, doveva la massima cura ai propri dipendenti, anche perché non gli sarebbe stato possibile esplicare con efficacia la propria azione cli comandante di presidio, se non avesse avuto a sua disposizione un reparto cli uomini nelle migliori condizioni materiali e morali possibili. Come provvedimento Porta, per marcare tale criterio anche nelle diciture fonnali di ufficio, prescrisse alcune espressioni considerate più idonee per la corrispondenza. Esse dovevano mettere in evidenza il reparto in oggetto, con la dicitura <<Comando» e se necessario aggiungere sia nell'intestazione sia nelle firme anche il presidio o il settore, ma mai il sottosettore. Tuttavia la situazione nei ten-itori controllati dagli italiani era ancora condizionata da alcuni avvenimenti negativi. A fine febbraio , dopo un incidente avvenuto ad Adalia a una pattuglia di carabinieri durante la notte del 18, Porta impartì al comando dei carabinieri del Corpo di Spedizione una direttiva ben precisa per la normale operatività. Essa prevedeva, come si praticava altrove, che le pattuglie dei carabinieri dovessero essere comandate , durante la libera uscita e i permessi serali delle truppe, con l'incarico 393


di eseguire strettamente servizio di polizia militare, che era l'unica ragione d'essere dell'Arma ad Adalia. In città i carabinieri non dovevano quindi portare il moschetto, bensì la sola rivoltella, la sciabola e il sottogola del copricapo abbassato. In caso di reati gravi e flagranti a opera e fra indigeni, non bisognava mai tradurre gli arrestati in caserma, ma consegnarli immed.iatamente alle autorità turche competenti. In marzo, mentre gli Alleati provvedevano a occupare Costantinopoli con Albrìcci in un primo tempo dell'intenzione di collaborare all'azione con l'invio dei due reggimenti della brigata Piacenza,94 per la creazione di una divisione di circa 10.000 uomini da affidare al maggior generale Ernesto De Marchi, composta anche dal già operante 313° reggimento , da aliquote del genio e dei servizi,95 il Corpo di Spedizione già in Anatolia venne ulteriormente ridotto. Nei primi mesi ciel 1920 la difficile situazione finanziaria dello Stato pesava in modo assai rilevante sulla politica militare. Nitti insisteva sulla necessità di ridurre ulteriormente le spese mil itari, costringendo il ministero della Guerra a continue valutazioni sul costo delle occupazioni ancora in atto e dei rispamù che si sarebbero realizzati con altri congeclamenti.96 Ecco quindi che, dopo la definitiva rottura tra Nitti e Albricci, la necessità di contenere le spese e l'urgenza cli completare la smobilitazione portò il governo, dal 14 marzo con un ministro della Guerra borghese come Ivanoe Bonomi, a imporre nuove riduzioni e ulteriori economie, soprattutto nei presidi all'estero. In agosto per volontà ciel ministro della Guerra e ciel successivo presidente del consiglio Giolitti la b1igata Piacenza da Taranto fu dirottata a Valona, così da impedire un ulteriore impegno italiano in Turchia, che a conti fatti avrebbe fatto sul Bosforo solo il gioco degli inglesi.97 Invece per il contesto prettamente anatolico fu del 18 marzo la richiesta del governo di far rimpatriare il grosso del vecchio Corpo di Spedizione: Data situazione politico m.ilitare creata da recenti avvenimenti, governo ha deciso che nostra occupazione militare in Anatolia sia ridotta soli punti principali costa abolendo tutti i presidi interni. Si eviterà così ogni vicinanza con la occupazione greca fatta eccezione per Scalanova ove Governo ritiene opportuno sia mantenuta un sufficiente presidio. Intero Corpo di Spedizione Mediterraneo Orientale dovrà essere ridotto forza complessiva duemila (2000) uomini comprese aliquote artiglieria Genio et servizi. [...] Datala delicatezza attuale et assoluta necessità che predisposizioni per ripiegamento da località interna rimangano celatafini ordine esecuzione, occorrerà che movimento stesso avvenga massimo ordine et rapidità. 98 Al 1° marzo il contingente in Asia Minore ancora ammontava a 8.796 unità (485

ufficiali e 8 .311 soldati di truppa) e il suo costo approssimativo per le finanze dello '" A. Bagnaia, op. cit., pp. 299-300. 9 ' V. Gall inari , op. cit, p. J60. % V. Gallinari, op. cit, pp. 15 J- 152. 97 V. Galli nari, op. cit, p. 160; A. Bagnaia, op. cit., pp. 299-300. 98 AUSSME , E-3, b. 9, telegramma cli Bonorni del 18/3/1920.

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Stato era di 4 milioni di lire al mese .9"> Per questo venne deciso che gli effettivi in Oriente sarebbero dovuti entro breve scendere a 1.500 soldati per l' Anatolia e 500 per Rodi e il Dodecaneso. Cadde nel vuoto la p roposta di Porta di predisporre circa 300 uomini nella difesa dei civili, minacciati dalle rappresaglie greche, sulla linea Tittoni-Venizelos . Badoglio reputava rischioso oltre che inutile continuare a far fronte ag li scontri , sempre più frequenti e cruenti, tra greci e turchi , preferendo invece mantenersi estranei a qualsiasi sviluppo e ulteriore degenerazione della crisi. In previsione di un comple to riesame de!Ja presenza italiana in Anatol ia, vennero aboliti tutti i presidi interni e le truppe dovendo evitare quals iasi contatto con i reparti ellenici, a eccezione della zona di Scalanova , ven nero ritirate su i tre principali p residi della costa: Adalia, Scalanova e Kuluk .100 li reparto di Conia nel frattempo aveva ripiegato e destinato sul Bosforo. Tutte le opera:t.ione di riassetto dovevano basarsi su criteri cl i massima segretezza e discrezione. Queste decisioni non trovarono la condivisione di Carlo Senni, che il 16 settembre 1919 aveva sostituito Indelli quale console generale a Sm irne . Egli vedeva invece nell'abbandono della valle del Meandro il rapido e libero corso cli azioni delle bande e dei regolari turchi così da g iusLificare spedizioni elleniche e probabilmenle occupazione delle loca] ità evacuate dag li italiani. Sottolineò in partico lar modo il caso critico di Aidin, che era stato sin dal magg io precedente oggetto di fe roci scontri. Anche Porta mostrò il suo scetticismo sulle ridu:lioni, comunicando in aprile al ministero della Guerra come i riliri già in allo erano causa di impressione assai grave sia sul la popolazione musulmana sia su quella ortodossa, con relativo inasprimento della situazione politico-militare. Anch'egli evidenziò la situazione di Aidin , dove la cittadinanza con toni «sentimentali» manifestava preoccupazione e ansia per possibili scontri. Il ripiegamento dalla linea T ittoni-Venizelos avrebbe favorito possibili avanzamenti greci, rompendo il già incerto equilibr io della regione. Sul lato prettamente militare invece, la riduzione a soli 2.000 uomi ni , carabinieri compresi, avrebbe di molto limitato l'altività di collegamento sia terrestre che marillima del cabotaggio , essendo le tre loca lità principali prescelte difficoltose e non centrali nelle linee cli comunicazione. Un primo rimpatrio già avvenne in base alle disponibi li tà di carico con i piroscafi Orione, Bengasi , Roma e Polluce. Venne disposta la paitenza di tutti gli effettivi della Guardia di Finanza e una decisa r.iduzione dei carabinieri. Dovendo formare tre nuclei per i punti costieri anatolici e uno per il Dodecaneso, questa azione di riduzione portò la presenza italiana da una brigata composta da due reggimenti di fanteria completi a sol i 3 battaglion i cli fan teri a ciel 34° reggimento, I battaglione ciel 33°, a 1 squadrone (il 5°) cavalleggeri Roma , l plotone cavallegge ri Piacenza , 2 batter ie da montagna, I compagnia de l genio zappatori, l compagnia te99

G. Rochat.op. ci t. ,p. 107. A . Bug.naia, op. cit .. 1>. 297.

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legrafisti, più i supporti necessari del servizio automobilistico, sanitario e di sussistenza. Per restare però al limite della forza stabilita dal ministero della Guerra, tali battaglioni dovevano essere formati con due sole compagnie fucilieri e una mitragliatrici, anziché tre compagnie fucilieri e una mitragliatrici . Rimaneva poi ancora, sempre nei lim iti di forza stabilita, una compagnia mitragliatrici bersaglieri distaccata nell'isola di Cose tutta composta cli elementi delle classi 1899 e 1900, che non conveniva rimpatriare, sia per dare invece la precedenza a elementi cli classi più anziane, sia per avere disponibile il maggior numero possibile di soldati cli fan teria (circa 200) appartenenti a classi giovani da inviare a Costantinopoli. 101 Porta, che con la riforma Albricci da maggior generale si trovava a ricoprire l'incarico di un colonnello, propose e ottenne che i reparti di fanteria venissero ribattezzati, potendo così favorire la ricostituzione di una reale brigata Livorno in Italia, escludendo così possib.ili omonomie. 102 In questo piano di riassetto il ministero della Guerra approvò il cambiamento cli denominazione dei reparti in Anatolia. Dal l O agosto 1920 i comandi dei battaglione I, II , TV del 34° fanteria e la compagnia mitragliatrici bersaglieri del XXVI battaglione presero il nome rispettivamente: battaglione "Adalia", battaglione "Scalanova", battaglione "Rodi" e compagnia mitragliatrici bersaglieri "Rodi". Il loro organico venne riordinato secondo precise disposizioni e i comandi avrebbero dovuto adeguarsi di conseguenza. Il I battaglione ciel 34° fanteria, conservando il nucleo ciel proprio comando e di quello delle due compagnie, s'imbarcò il 25 maggio con i soldati delle classi 1899 e 1900 per il suo trasferimento ad Aclalia. All'atto de.Ila partenza, avrebbe trasferito come aggregato al IV battaglione del 34° reggimento tutto il personale, ufficiali e uomini delle altre classi, che, secondo gli accordi, verbalmente presi, doveva per il momento essere trattenuto a Rodi. Inoltre avrebbe ricevuto dal 33° reggimento 10 l uomini delle due classi più giovani come complementi alle proprie compagnie partenti , che avrebbero assunto la numerazione cli 1A e 2A compagnia del 34° reggimento fanteria. La riduzione dei reparti, secondo Io spirito collaborativo dell'Italia, si doveva allargare su un piano più generale. Solo la smilitarizzazione dell'amministrazione cli Rodi e la ricollocazione sul continente ciel Corpo di Spedizione 'avrebbe garantito secondo il governo - un miglioramento immediato di natura politica nella regione. Queste decisioni non trovarono ciel tutto concorde Porta, che spesso si trovò a recalcitrare in relazione agli ordini superiori. Egli fece notare come la difficoltà delle comunicazione terrestri, aggravate dalle strade impraticabili e dalla collocazione geografica con le numerose e impervie insenature, avrebbero impedito una celere collaborazione tra i reparti. Del resto anche le comunicazioni radio e telegrafiche

Jl" AUSSl'vfE, Diario storico-militare del Cor:po di Spedizione nel Mediterraneo Orientale, aprile-maggio I 920 (allegati) , lettera di Polta del 12/5/1920. '°2 tvl. G. Pasgualini, L'Esercito Italiano nel Dodecaneso 1912-1943, op. cit., p. 139.

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erano sempre state impostate per avere come centro Rodi e una nuova destinazione del comando ne avrebbe peggiorato il funzionamento . In questa occasione non tralasciò di menzionare Battistoni, che come primo comandante del Corpo , dopo lunghe e approfondite ricognizioni , aveva scelto Rodi come sua sede. Questa decisione era stata motivata, e in quel momento Porta e Bergera ne condividevano tutti i presupposti, dalla convinzione che solo la centra] ità geografica e di transito dei commerci, riposta nell'isola, poteva favo1ire una direzione attiva e capi Ilare. Nessuna località costiera per le strutture, per l'organizzazione e per la collocazione sarebbe stata adatta a ospitare un comando. che per quanto deficitario. doveva sempre coordinare uomini e azioni tanto importanti , quanto distanti sul. territorio. Inoltre la scissione dell'amministrazione civile da quell a nùlitare d i Rod i avrebbe creato notevoli intralci di natura logistica e anche finanziaria. Prevedeva spese ingenti per sostituù·e gl i uffici governativi del.l ' isola, fino ad allora gestiti dal comando mi Li tare . Tutte queste analisi vennero giudicate inopportune dal governo. Sforza, convinto che le ragioni dei militari non coincidessero con quelle della politica, ritenne le varie decisioni prese a R oma come opportune e congeniali con gli obiettivi diplomatici italiani, che dovevano contare su troppe variabili in gioco. Un'amministrazione civile di Rodi e una presenza costiera e rappresentativa dell ' Ttalia in Anatolia avrebbero tranquillizzato gli animi di molti e allo stesso tempo confermato una presenza importante . Anche Albricci sottolineò come la decisione di limjtare le occupazioni alla sola costa avrebbe favorito l' immagine del Paese agli occhi dei turchi in caso di un risveglio del <<senti mento islamico»: «a noi che occupiano meno te rritori e mari che non alle potenze alleate, non ci conviene il trovarci in antitesi a tale movimento», facendo capire che <<saremo lieti quando potessimo dare il seg nale della partenza» .103 Kemal faceva ormai paura e non solo ai greci! Queste analisi apparivano tutle molto equilibrate e prudenli , tuttavia il governo itaJ iano, in questi frangenti, continuava a mostrare un' incessante incongruenza politica cli fondo: ufficialmente appoggiava le volontà filoelleniche dell'Intesa, dall'altro non disdegnava a cattivarsi le simpalie dei nazionalisti turchi , impegnati nella l.otta proprio contro i greci; il tutto con un manipolo di appena 5.000 uomini , che si insedvano tra gl i oltre 100.000 soldati mandati da Atene e gli altrettanti armati affiliati all'esercito di KemaJ. 10~ Trovandosi tra l'incudine e il martello , non ricevendo riscontro alle sue sol lecitazioni, Porta confermò la proposta di rimpatriare il comando della brigata Livorno e uno dei suoi comandi di reggimento, ritenendo che il vertice del Corpo di Spedizione potesse essere affidato al colonnello Alberico Scioccheni, titolare del 34° fan teria, giacché la quasi totalilà dei reparti desrinati a rimanere appartenevano a que l reggimento. Infine , nel caso si fosse dovuto abbandonare Rodi come sede del comando, 10

AUSSME. E-3. b 21.

°' V. Gallinari, op. cic. pp. 159-160.

1

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oltre alla soppressione del tribunale militare dell'isola (che venne chiuso in via definitiva il 1° giugno), propose il suo trasferimento ad Adalia, che era la città dove da più tempo si erano intensificati gli interessi .italiani. Anche questo come gli altr.i suoi suggerimenti fu respinto. La sede più conveniente venne riconosciuta in Scalanova e da Roma giunse la spiegazione che a capo del contingente italiano, per quanto ridotto e scarso anche per formare un reggimento, doveva trovarsi un comandante con il grado cli generale, meglio rispondente ali' autorevolezza delle relazioni con gli omologhi alleati, che ricoprivano anch'essi. lo stesso livello gerarchico. Oltre alla riduzione, nei riguardi del tenitorio presidiato le d:isposizioni del ministro furono modificate. Egli chiese lo sgombero dei presidi di Kuluk, dove però doveva rimanere un piccolo distaccamento di fanteria, carabinieri e una stazione radiotelegrafica, e il mantenimento dell'occupazione militare nei presidi della valle del Meandro. Il vastissimo territorio occupato, comprendente l'Anatolia Sud occidentale e tredici isole cieli 'Egeo, il frazionamento delle truppe in numerosi presidi , le distanze marittime e terrestri da uno ad altro presidio, la scarsa sicurezza degli approdi dell'Anatolia e del Dodecaneso, privi di qualsiasi opera portuaria e di mezzi di sbarco sufficienti, le condizioni di viabilità delle rotabili, diedero alla parte logistica del Corpo di Spedizione un 'importanza, che normalmente non avrebbe avuto. Dopo lunghi ritardi, dipesi eia motivi logistici e di cordinarnento, i ritiri ebbero luogo da tutte le località interne. Soprattutto nell' aprile del 1920 vi fu un massiccio ripiegamento di tutte l e località a Sud-est cli Scalanova: Mugla, Akikoi, Eskissar, Giroba , Jeni Skiff, Karaullar, Bodrum, Giova, Kogia Kavak, Ula, Tekke, Bugiak, Porto Vathy, Burdur, Efeso, Kurfali, Bagarassi e Karagasli. 105 Nella valle del Meandro solo un plotone cli cavalleria rimaneva a regolare il passaggio sul Ponte nella zona di Aidin, ancora presidiata in forza invece dagli ellenici. Del resto venne fatto sapere ai greci, che l'arretramento italiano non autorizzava ulteriori avanzamento verso Sud, rimanendo a tutti gli effetti ancora validi i dettati della linea Tittoni-Yenize1os . Nel frattempo il grosso delle unità ritirate erano state convogliate a Scalanova, che da quel momento era stata costituita come nuovo centro della presenza italiana. Porta fece notare come la popolazione volutamente aveva ritardato molto gli spostamenti dei soldati con l'utilizzo del bestiame. Intanto in luglio prese la partenza anche il 33° reggimento. Il comando, bandiera, nuclei dei suoi tre battaglioni e relative compagnie fucili e mitragliatrici con carreggio e quadrupedi arrivarono a Taranto per poi rientrare al proprio deposito cli Cuneo. Il lavoro di riduzione fu lungo e laborioso. Iniziato nell'aprile ciel 1920 terminò il 7 agosto dello stesso anno, data in cui Po1ta cessò dall'incarico di comandante del Corpo di Spedizione italiano in Medio Oriente per passarlo al colonnello Fusoni, il cui comando già operava sulla terraferma e che cominciò a funzionare a Sokia, con base lo,os AUSSlvtE, E-3, b. 23, f. 23/4, ordini ed operazioni relativi alla riduzione del 16/4/1920 e b. 24, f. 24/1, soppress ione dei presidi cie l 17/4/1920.

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Soldati e i(/fi.ciali italiani davanti al Konak di Burdur

gistica a Scalanova, ove però non si erano stabiliti tutti i magazzini cli base, essendo in corso il trasporto dei materiali relativi a Rodi. Era stato comunicato che il comando della brigata Livorno e gli esuberanti dei comandi dei due reggimenti di fanteria sarebbero stati dislocati in tempi brevi a Vicenza. A metà luglio Porta informò di queste novità Sciocchetti, che alla notizia dell'arrivo di un nuovo colonnello comandante per il Corpo di Spedizione, reclamò polemicamente con il generale e con Bergera. Le indicazioni precedenti, ovvero la trasformazione del 34° fanteria su 3 battaglioni autonomi alle proprie dipendenze, avevano creato un certo clima all'interno del suo comando. L'ordine di un suo inm1ediato rimpatrio, da parte dei soldati e da patte della popolazione locale, di cui poteva vantare una profonda stima e rispetto, sarebbe stato inteso come provvedimento negativo personale verso il comandante del reggimento.U>6 Nel maggio 1920 le forze nazionali turche che fronteggiavano i greci in Anato.lia andavano con evidenza e con rapidità aumentando e, perdendo il carattere cli bande autonome, cominciavano ad avere formazione regolari. Nel frattempo un'armata bolscevica era giunta a Baku nel Caucaso e il governo de!I' Azerbaigian non sembrava opporsi alla sua penetrazione in Anatolia , nell'intento d.i legarsi alle forze di Kemal. Tale mobilitaz.i one creava un certo solido morale agli insorti turchi, mentre tra le truppe greche aumentavano le diserzioni, i segni di indisci plina e di stanchezza. Avute queste notizie, a Roma allo Stato maggiore dell'Esercito commentarono: «Ne vedremo prima o poi delle belle. Avevamo ben ragione di rifornire i clistaccamentil» 107 i0<, AUSSME,

,e,;

G-3, b. 23 , f. 23i7, telegramma di Sciocchetti a Bergera del 2i7/l920 e lettera a Porta del 17/7/1920. AUSSME, E-3, b. 22, f. 22/5 a, notizie sull'Anatolia del 22/5/ 1920. 399


Per quanto lo spettro di Kemal condizionava la situazione , gli scontri tra italiani e greci continuarono lungo la linea T ittoni-Venizelos ancora ai primi cli luglio . Il 3 maggio un reparto greco di cavalleria penetrò in territorio italiano tra Efeso e Kurfali , occupando la collina cli Arvalia. Ogni tentativo ciel colonello Sciocchetti, responsabile ciel settore, cli indurre gli ellenici a ripiegare ebbe esito negativo. A questo punto l'italiano, informato cieli 'accaduto il comando, decise il giorno dopo di avanzare con truppe armate di mitragliatrici, che però vennero circondate dagli avversari, generando uno scontro molto nefasto per i greci, che contarono 2 morti, 16 feriti e 8 prigionieri, tra cui l ufficiale. La reazione greca ci fu il giorno 7 con l'attacco di Kurfali, nella cui difesa perse la vita il comandante locale italiano e un soldato fu ferito. L'accaduto non poteva passare inosservato. Senni espresse la sua indignazione ali' Alto commissario greco a Smirne, che sentito il suo governo, favorì il ritiro delle truppe elleniche entro la linea stabilita. Questi avvenimenti po1tarono Porta a consolidare e rinforzare il confine tra le due zone con l'impiego di ulteriori unità armate cli mitragliatrici e di artiglieria, ma la situazione rimaneva incerta e il settore italiano per gran parte sguarnito. In luglio, dopo un accordo tra Enver e Kemal per le comuni operazioni militari, una divisione di regolari turchi venne concentrata ad Afium. Il comandante ciel settore di Adalia riferì dell'afflusso verso Burclur e !sparta di irregolari sbandati, che si dedicavano alle rapine. Ferrante che si era recato a Burdur constatò la situazione essere decisamente torbida e il morale della popolazione depresso. Per quello scacchiere Porta lasciò arbitro Sciocchetti, comandante di Adalia; egli poteva ritirare l'ambulatorio di Buldur, se la situazione fosse peggiorata. Tuttavia continuavano ad affluire profughi nella zona italiana e parecchi erano giunti anche a Mugla, ove antiche avversioni al movimento nazionalista, determinate da interessi dei proprietari fondiari locali , si riproponevano ora più che mai. Per porre Sciocchetti in condizione di fronteggiare la situazione, Porta decise, in relazione ai mezzi di trasporto che aveva a disposizione, subito cli far affluire a Scalanova i reparti più a portata di mano e ne preordinò intanto il movimento, per creare dei collegamentj con le città più prossime fino ad Adalia. Tuttavia l'avanzata turca rappresentava ancora l' incognita' principale, che nel l'immediato produsse la necessità per gli italiani e i greci di ritrovàrsi ancora intorno a un tavolo per la definizione delle rispettive prerogative territoriali, che ancora venivano risolte sul campo con l'uso di fucilate sulle sponde del Meandro. In sede diplomatica Venizelos e Sforza si incontrarono a Spa, dove prese corpo l'idea di una commissione (2 membri per parte) per alcuni gravi recenti incidenti ad ArvaJia e a Kurfali. La Consulta chiese a Porta di nominare i due membri italiani, individuati nel colonnello Giorgio Fusoni e nel conte Carlo Senni .108

'° AUSSME, Diario storico-militare dei Corpo cli Spedi zione nel Med iterraneo Orientale, li,glio J920-febbraio I921, allegati. 8

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Tra il 9 e il 22 luglio a Aiaso1uk si raggiunse un accordo tra i delegati italiani, Senni e Fusoni, e i delegati greci, i comandanti Paul Mélas e .Tean Ph ilipou. In una situazione giudicata eia Atene cli urgenza, per la difesa della linea ferroviaria assegnata ai greci, l'autorità militare ellenica aveva dato l'ordine cli avanzare in territorio italiano. Come riparazione all'accaduto, i greci si impegnarono a rientrare nella loro posizione di diritto, porgendo il più sentito rincrescimento per l'accaduto. Nel presente accordo diplomatico, venivano ribadite le posizioni del limite e restava inteso che l'occupazione dei punti della nuova linea , che si trovavano compresi nella zona italiana , sarebbero stati provvisori fino a quando una decisione definitiva fosse intervenuta per la delimitazione delle rispettive zone . Nessuna ulteriore ragione militare sarebbe potuta essere invocata in avvenire per giustificare un'ulteriore trasgressione alle convenzioni in quella sede menzionate. Sulla base di ciò si convennne per una commissione composta da un ufficiale italiano e da uno greco per tracciare sul terreno , nel mezzo del confine, la nuova linea provvisoria cli demarcazione tra le due zone . Questo lavoro doveva essere compiuto non oltre dieci giorni a partire dalla data dell 'accorcio , dopo che le truppe greche si fossero ritirate immediatamente sulla nuova linea. 109 Le intese assicurarono che , oltre i militari ital iani, anche i civili , muniti dei consueti clocumentj (passaporti), potessero avere libero transito al posto di controllo greco tra Aiasoluk e Arvalia. Inoltre venne stabilito l'ordine di istallare il collegamento dei pilastrini lungo la linea di demarcazione , tra le foci ciel Meandro fin verso Kurfa li. Il comando italiano ebbe quindi l'impressione che «finalmente le autorità militari greche cominciassero a essere animate da uno spirito di moderazione, cli giustizia e anche di simpatia>> verso gli italiani e cominciò a sperare che per tale nuovo lor0 atteggiamento e per lo spirito energico degli italiani ogni ulteriore eventuale incidente potesse essere evitato. 110 L'accordo siglato portò in primo piano i due protagonisti che traghettarono il Corpo di Sped izione nell'ultima fase della sua esistenza: Carlo Senni e Gi6rgio Fusoni. Le ulteriori riduzioni e il sempre più contenuto impegno assegnato alle unità dislocate rendevano superfluo lasciare un generale a Rodi, anche a fronte del passaggio del presidio italiano a Costantinopoli dalle clipenclende cli Porta a quelle dirette del dicastero diretto da Bonom ia partire dal J O luglio. I gravi dissapori tra il ministro Sforza con Porta e Bergera, portarono le alte sfere militari a ordinare il rimpatrio dei due alti ufficiali e nel predisporne la sostituzione già il 3 luglio. Bergera rimpatriò il 2 agosto, lasciando un vivo ricordo per la sua opera di cordinamento. La necessità di completare il trasferimento da Rodi verso la costa r itardò il passaggio delle consegne in favore di F usoni . Ecco quindi che il colonnello il 7 agosto divenne il nuovo comandante del Corpo di Spedizione Italiano nel Mediterraneo Orientale, ormai completamente rivoluz io10 <>

110

AUSSM E, E-3, b. 5 , r. 5/4 b , protoco le de l'acconl conclu 1, Ayassou louk, le 9i22 juillct 1920. AUSSME, E-3, b. 25. f. 25/5 promemoria di Giordano del 16/9/1920 .

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nato nell ' organico e nei compiti, la cui sede per alcuni giorni rimase a Scalanova e dal 12 agosto a Sokia, mentre Senni ereditò ad interim le funzioni civili su Rodi. Nel!'isola rimaneva invece il comando del presidio, con relative funzioni di supervisione del settore militare del Dodecaneso e accentrando a sé tutte le funzioni tattiche e disciplinari dei reparti dislocati nel!'arcipelago, a sua volta dipendente dalla nuova autorità cli Rodi. La partenza , avvenuta 1'8 agosto sul piroscafo Ionio, di Porta , che dopo Elia aveva unito in sé l' incarico d i comandante militare e governatore del Doclecaneso, portò alla p iena realizzazione di un'ammin istrazio ne civi le dell'arcipelago (comprensivo anche dell 'isolotto d i Castelrosso concesso all ' Jtalia dopo l'ultimo accordo con i greci), di cui si parlava già da mesi , con una netta cesura dell'impostazione militare , fino allora portata avanti, anche grazie alla sostituzione del persomùe in divisa e con l'adozione cli una serie di provvedimenti più in dulgenti come l'abolizione della censura. Dal 17 settembre la gestione politica passò a Felice Ma issa, che dall 'agosto del 19 J 9 ricopriva l'incarico di Alto commissario a Costantinopoli. Questi mutamenti istituzionali non cambiarono però nella sostanza lo spirito della presenza militare in Anatolia , già condizionata dagli eventi politici , sempre più orientati verso l'imminente vittoria del movimento di Kemal e la relativa cacciata di tutti gli stranieri dal territorio nazionale. Oltre ai presidi principali sulla costa, ne rimanevano alcuni sul Meandro, mentre a Kuluk stazionava un piccolo reparto di fanteria con alcuni carabinieri e una stazione radiotelegrafica. Le consegne politiche verso le relazioni con i turchi non sarebbero cambiate. Esse dovevano tendere alla pacificazione dei terri tori occupati, anche se nei giudizi dei nazionalisti gli italiani rappresentavano sempre degli intrusi stranieri, fi mrntari di un trattato vergognoso come quello di Sévres . Ciò rendeva la situazione precaria. Il l O settembre uno sconfortato Fusoni ammise che <<il contegno dei militari di truppa continua a essere non come io lo desidero, nell'interesse soprattutto del nostro prestigio . I soldati e gli ufficiali hanno un contegno n on consono , soprattutto perché sono abbandonati a se stessi». Tuttavia qualche sporadico avvenimento dava ancora vitalità alla presenza italiana in Anatolia. Presso Adalia proprio in settem bre vi fu il saggio accademico musico-letterario cli fine anno e la di.stribuzìone dei premi presso la scuola italiana , gestita dai salesiani. L' istituto, creato dal!' Associazione nazionale per i missionari ital iani ali' estero, nell'anno 19191920 aveva accolto nelle classi d iurne 95 alunni e 106 in quelle serali. I 95 alunni delle scuole diurne erano per nazionalità così distinti: 11 italiani , 35 ottomani , 18 israeliti , 8 armeni e 23 ortodossi. Dei 106 alunni delle scuole serali, a eccezione di una d iecina d'israeli ti e di una quindicina d'ottomani (tre dei quali maestri nelle loro scuole) il resto era composto da ortodossi, che già davano prova del profitto fatto, usando la lingua italiana quando avevano da trattare con gli italian.i, residenti ad Aclalia . 11 comando di Rodi , iI ministero della Marina, il console Ferrante segu irono l'opera 402


Il porto di Castelrosso

didattica, come forma di propaganda italiana, con la più alta simpatia. Il comandante del settore, il maggiore Sartoris, aveva forn ito per l'occasione un teatrino. 111 Un altro episodio felice fu la celebrazione del secondo anniversario della festa della Vittoria. Il 4 novembre 1920 a Scalanova il tenente De Carli tenne un discorso a tutte le truppe del presidio in occasione del solenne evento. L'orazione si dimostrò copiosa cli riferimenti storici alle sventure passate dell'Italia, alle lotte risorgimentali per l' Unità, alla sospettosa alleanza con la fratricjda Austria, alla guerra mondiale non provocata, ma con tenacia e valore combattuta dall ' Italia, fino alla Vittoria, appunto celebrata in quella .ricorrenza. Con toni evidentemente retorici si facevano sentiti riferimenti alla solidarietà tra i fanti, ai comuni patimenti cli trincea, ai lutti, ai cimiteri , alle madri e alla vedove , alle mutilazioni, che ancora erano evidenti nelle più giovani generazioni . In tutto ciò De Carli esortava i soldati alla pietà, all'amore solidale cli Dio anche nei confronti del nemico ferito o prigioniero, delineando la fig ura del militare italiano come cavaliere paladino dei più deboli e indifesi . Tale gesto venne molto apprezzato dal comando del Corpo di Spedizione che non solo elogiò l'ufficiale, ma dispose la messa a stampa del discorso da diramare fino ai comandi di plotone e ai reparti equ ivalenti del Corpo, per l'alto valore di educazione morale e per l'ammirevole interessamento delle sorti dei soldati contenute nelle parole pronunciate. 112 Un avvenimento analogo avverrà anche l'anno successivo. Sia in Anatolia che nel Dodecaneso ampie solennità vennero celebrate in occasione della salesiano . Periodico mensile dei cooperatori di Don Bosco, anno XLIV, n. 9 - seu.embre l 920. AUSSME, E-3, b. 13 , f. 13/4 b, elogio al tenente De Carli del 9/ l 1/1920.

111 Rolleltino 112

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cerimonia per la commemorare della tumulazione ciel Soldato Ignoro e in onore alle madri e alle vedove cl' ltalia.113 All 'inzio del J921 ormai la presenza militare italiana in Anatolia era in una fase O in cui quasi ogni tipo cli ambizione politica stava volgendo al termine. Al .l gennaio si contavano 2.473 unità, tra cui 159 ufficiali e 2.314 uomini di truppa. In maggio il ministero della Guerra per ragioni politiche ord inò il ritiro del presidio di Adalia, che in conseguenza fu sgomberato dalle truppe italiane. In città, dove sarebbe rimasto il console con un distaccamento di carabinieri, si cercò di lasciare un clima favorevole e cli gratitudine ali 'Italia, sperando che esso potesse allargarsi anche alla valle ciel Meandro, dove si sarebbero concentrate le uniche attenzione del contingente. Da Roma venne ordinato di evitare qualsiasi smodata manifestazione di gioia delle truppe in vista del probabile ritorno in Italia. Alcune autorità turche vicino ad Angora non nascosero a Fusoni la pericolosità cieli 'abbandono di Adalia non solo per i turchi, ma anche per gl i stessi italiani. Il colonnello fece capire come non fosse nelle sue facolat cambiare l'ordine dì ritiro, ma diede la sua disponibilità a possibili contatti tra Angora e Roma. Così avvenne e vi fu la visita dell' esponente kemalista Djelal Ecldin Arif in partenza da Aclalia con nave italiana diretto prima a Scalanova e poi verso la Penisola. La paura turca era che abbandono dell' 1tali a potesse significare una facilitazio ne in favore della Grecia e delle sue ambizioni, anche perché Roma stava provvedendo a ritirare i propri uomini anche dalle località di Ieronta, Kuluk e il ripiegamento degli ambulatori di Gir Oba, Mugla e Burdur. Le preoccupazioni turche si rivelarono fondate, anche perché il clima incandescente , pri ma intiepidito dalla presenza moderatrice degli italiani, da quel momento sembrava riprendere corpo. li 25 maggio Fusoni si espresse con serio realismo. Di fronte a11 'aggravarsi della situazione politica in Asia Minore e in seguito alla prevalenza nell'assemblea di Angora di elementi fanatici , il governo italiano d ' urgenza doveva prendere in esame il pericolo di nuovi incidenti, tal.i da ledere gravemente il prestigio dell 'Esercito italiano , tanto da costringerlo ad azioni belliche, che era desiderabile ai fini generali della politica evitare. A tale scopo, il colonnello suggerì cli riesaminare con cura il proposito di ritirare l'intero Corpo, provvedimento che avrebbe fatto acquistare maggiore libertà d ' azione ai suoi uomini , ma che avrebbe creato un vuoto di potere non trascurabile. Un ritiro improvviso e totale poteva essere male interpretato e quindi provocare appunto quella reazione che si voleva evitare . li colonnello ritenne dunque per il momento più prudente cominciare dal rimpatriare il contingente da Adalia e da altre località, senza toccare le truppe della valle del Meandro, perché la loro presenza appariva giusitificata da precise ragioni militari. Raccomandò pure la massima avvedutezza nei rapporti con le autorità locali, 111 A USSM E, Diario storico-mi litare ciel C()rpo di Spedizione nel Mediterraneo Orientale, marzo! 921 -maggio I 921. allegati.

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specialmente con quelle di Adalia nel delicato periodo dell'attuazione del rimpatrio, che doveva essere eseguito senza lentezza, ma anche senza precipitazione, così da dare l'impressione di trattarsi di un 'operazione assolutamente normale. Ottima cosa sarebbe stata una sinergia in questo senso con il console di Adalia, Faralli, affinché impartisse analoghe istruzioni, riuscendo magari a provocare manifestazioni cli gratitudine da parte delle autorità e della popolazione all'atto dell'imbarco delle truppe. Nel frattempo Roma e Parigi stavano lavorando per revisionare il trattato di pace con la Turchia con il doppio scopo cli facilitare un avvicinamento con Kernal e inserire nel testo il contenuto ciel Tripartito. Londra, che giudicava quest'ultimo vantaggioso solo per Francia e Italia, si espresse con molta contrarietà. Tuttavia nella conferenza interalleata che si tenne nella capitale francese tra il 24 e il 29 gennaio 1921 , Sforza espresse la sua vecchia opinione che per raggiungere una soluzione definitiva al problema clell' Anatolia, era necessario portare i nazionalisti a un accordo pienamente condi viso .11A Nel tentativo di cattivarsi le simpatie del governo antagonista cli Angora, l'Italia appoggiò una delegazione kemalista, diretta a Londra per discutere della possibile revisione del trattato cli pace firmato a Sèvres. I 18 delegati turchi furono trasportati dal. piroscafo Croazia e scortati con estrema cordialità dalla nave Cigno, avendo come ufficiale di collegamento il tenente di vascello Alberto da Zara, tra Castelrosso e Rodi, per poi raggiungere l'Italia prima cli arrivare a destinazione. Nella capitale inglese il 23 febbraio le due delegazioni turche, quella di Costantinopoli, capeggiata da Tevfik pascià, e quella di Angora, presieduta dal min:istro degli Affari Esteri del governo nazionalista Sami Bekir bey, comparvero cli fronte agli Alleati presentandosi unite e in pratica con un unico programma: l'integrità e l'indipendenza dei territori abitati dai turchi e la chiara e piena sovranità della Turchia.u5 Questa posizione era in netto contrasto anche con le più ampie aperture italo-francesi , che proponevano di far divenire Smirne una sorta cli porto franco, sotto amministrazione turca, ma a uso commerciale cli Atene. La divergenza non era però insormontabile. Il Quay d'Orsay e la Consulta, all'insaputa del Foreign Office deciso a difendere a tutti i costi l'ellenismo di Smirne, già chiaramente sbilanciate verso Angora, avevano in segreto iniziato a intavolare negoziati separati e raggiunto intese con i nazionalisti. II 13 marzo 1921 quindi avvenne tra Sforza e Sami Bekir un accordo in cui a fronte di una collaborazione italo-turca in campo economico e commerciale con il riconoscimento dì tutti i diritti contenuti nel Tripartito, l'Italia si impegnava ad appoggiare presso gli Alleati la piena integrità turca nelle rivendicazioni territoriali in Tracia e a Smirne. 116 Inoltre l'articolo 5 prevedeva: «Il R. Governo d'Italia dà formale assicu-

L. Michclctta, op. cil., pp. 294-295. m L. Michclctta, op. cit., pp. 3 J9-32 1. 116 L. Micheletta, op. cit., p. 323 .

11 "

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razione che, al più tardi alla ratifica della pace e secondo un accordo tra i due paesi, esso procederà al richiamo delle sue truppe attualmente su tenitorio ottomano». 117 Le indiscrezioni sull'accordo italo-turco suscitarono forte in-itazione nel governo di Londra, che iniziò una martellante recriminazione contro le pratiche poco trasparenti del ministro degli Affari Esteri italiano. Ormai era palese che il governo italiano appoggiasse a pieno gli obiettivi dei nazionalisti, e ciò fu usato dal Foreign Office per insinuare che Roma fornisse materiale bellico ad Angora contrn i greci. Ma i sospetti inglesi erano ora ricambiati interamente dalla Consulta, che a sua volta accusava i britannici di aiutare con finanziamenti e armi Atene nelle sue azioni belliche in Anatolia. Secondo un rapporto pervenuto a Londra, alcuni esponenti cli Angora erano stati di recente a Roma per condurre negoziati su larga scala per l'acqu isto di armi e munizioni, assistiti nelle trattattive da un alto funzionario italiano, mentre nei pagamenti si erano occupate due banche italiane, fra cui la Commerciale. Alcune indagini di Sforza, anche attravero la richiesta di informazioni presso l'istituto di credito milanese portarono a far decadere le spedJiche accuse britanniche, ma la realtà più delle congetture rendeva palese che ormai da mesi l'It,ùia appoggiava moralmente e materialmente i nazionalisti, come Londra aveva sempre fatto con gli ellenici sin dal maggio 1919. 118 Mentre la Consulta si stava considerando soddisfatta in pieno per l'accorcio incassato con Sami Bekir, arrivò il colpo di grazia. La possibilità cli concedere vantaggi esclusivi all'Italia in Anatolia non ,ientrava nel concetto di libertà espresso da Angora. TI trattato venne addirittura ritirato, senza essere presentato alla Grande assemblea nazjonale, che quindi non lo ratificò, sancendo il quasi completo fallimento della politica equilibr.ista di Sforza. Intanto a norma dell'ancora valido trattato di Sèvres, il 31 marzo avvennero con solenni cerimonie le consegne e il passaggio cli Castelrosso dal contingente francese a quello italiano .' 19 Una delle ultime iniziative diplomatiche dell'Italia, cli un certo rilievo, fu quella che vide protagonista il console Alberto Tuozzi, già incaricato da Sforza di un importante e delicato lavoro di ammorbidimento con il governo cli Angora, nella speranza cli accettare l'Accordo tripartito. Propri.o in funzione cli questa missione egli era stato nominato commissario per l'Anatolia con il compito cli coordinare le iniziative italiane di natura politico-commerciali. Dopo alcune intese tra la Consula, il Foreign Office e il Quay d'Orsay, Tuozzi partì da Rodi l'll giugno 1921 per giungere ad Aclalia il giorno seguente, dove venne accolto dal maggiore Carossini, divenuto comandante del presidio il 13 dicembre 1920, sostituendo in questo incarico il tenente colonnello De Bisogno, proveniente a sua volta da Conia. La missione ciel commissario, visto il susseguirsi degli eventi cli politica interna turca, era finalizzata a rientrare in contatto amichevole con le autorità nazionaliste , B. Pace, Auraverso lo regione di Ada/io, Conferenza cli Biagio Pace tenuta al Circolo cli Cultura cli Palermo. Domenica 14 marzo 1915. Stabilimento Tipografico Virzi, Palermo, 1915 , p. 296. " ~ L. Micheletta, op. cit.. pp. 332-336. "" M. G. Pasqualini. L'Esercito ftalia,w nel Dodec(llteso !912· 1943, op. cit., pp. 161 - 163.

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Gli. ultimi reparti ilaliani abbandonano Adalia

dopo il polemico diniego sullo Sforza-Bekir, e incontrare di persona Mustafa Kemal . Nel cl ima ambivalente in cui la nuova politica di Angora muoveva i suoi primi passi, se apparentemente l'Italia era sempre stata considerata come la Potenza meno interessata alla sopraffazione, questa missione venne mal vista dal nuovo (e più intransigente) ministro angorino degli Affari Esteri Yusuf Kemal bey,propr.io per la mancata evacuazione italiana di Ada! ia. Per questo motivo Tuozzi dovette rientrare a Rodi con un nuovo nulla di fatto. In questo clima nefasto Sforza ammise che era giunta l'ora di pon-e termine all'occupazione di Adalia, ma dissimulandone la gravità. Il ministro preannunciò il riti ro al colonnello Fuson i in alcuni malinconici guanto struggenti telegrammi cli malcelata rassegnazione. 120 Le truppe italiane lasciarono la città a fine giugno .121 Insediatosi ai primi di luglio del 192 I a Roma il nuovo governo di Bonomi con Pietro Tornasi Della Torretta agli Affari Esteri, la politica diplomatica dell 'Italia non cambiò negli obiettivi, ma solo nelle strategie. Come in precedenza con Sforza, la priorità rimaneva preservare da qualsiasi "svalutazione" il Tripartito, in balia dei temporanei successi bellici della Grecia o delle sue rovinose sconfitte a opera dei kemalisti.

°F. L. Grassi, L 'Italia e la q11es1io11e wrca, op. cii., pp. l 46 -147.

12

M. G. Melchionni, La politica es1era di Carlo SjÌJrw. nel 1920-21, in «Ri vista cli Studi Po litic i Internazionali», 1969. pp. 25 1-254 .

11 1

407


La mancata ratificata dell'accordo Sforza-Bekir aveva incrinato le relazioni tra Roma e Angora, ma i buoni propositi per una nuova intesa vi erano da entrambi i lati. Gli unici problemi rimanevano quelli con Londra. Infatti se di massima l'Italia e la Francia, fortemente interessate a perseguire gli obiettivi del!' Accordo tripartito, vedevano come prioritario un nuovo e solido accordo con K.emal, la politica fìloellenica di Curzon ancora sperava di rimanere in bilico, sfruttando il meglio della situazione e salvare, oltre alla faccia, il salvabile nelJa critica situazione della sua protetta Grecia. Una volta sgomberata Adalia, nella logica della sua politica oscillante tra Angora e Londra, Della Torretta organizzò una nuova missione per Tuozzi. Tuttavia in quel momento il nuovo inquilino della Consulta cercava - per interesse - di riavvicinarsi ai britannici e un'intesa con i kernalisti sembrava molto difficile, oltre che poco conveniente . Il potere contrattuale degli italiani era precipitato per colpa dei francesi. Essi in autonomia avevano già raggiunto con Yusuf Kemal bey un più che soddisfacente accordo «di buon vicinato>> (siglato con Franklin-Bouillon) sulla Siria e sul1' Anatolia orientale. Parigi si impegnava a evacuare la Ci licia e a far decadere ogni sua aspirazione economica sulla Turchia nazionale, mentre Angora riconosceva le occupazioni francesi a Sud-est cli Alessandretta. A fronte di questa importante "generosità" francese, il governo kemalista poteva giocare con l'Italia un pesante precedente. Dopo il Quai d'Orsay anche la Consulta avrebbe seppellito in modo così disinvolto il Tripartito? Il problema era che per Parigi il territorio anatolico non rappresentava, come per Roma, il fulcro delle aspirazioni orientali, ma solo una pertinenza accessoria alle vitali acquisizioni derivanti dall'accordo Sykes-Picot, quasi mai messe in discussione dai turchi a partire dalla fine della guerra mondiale. In tale gioco al rialzo e al ribasso la Consu1ta si trovò schiacciata tra due fuochi, annullando quasi in modo completo le sottili aperture cli Sforza verso ìl movimento nazionalista. Per questo motivo benché Tuozzi dal 21 novembre al 28 dicembre 1921 ad Angora fosse ri uscito a creare un cordiale legarne diplomatico tra quel governo e quello italiano, ormai un accordo era di fatto impossibile. Yusuf Kemal bey era irremovibile, prefigurando la «rinunzia totale>> dei diritti dell' Italia nella zona d'influenza e l' «immediato ritiro» delle truppe del Corpo di Spedizione dalla valle ciel Meandro: «Anatolia ai Turchi , senza zona d'influenza, privilegi, senza capitolazioni». 122

LA PARTENZA DEGLI ULTIMI REPARTI

Ormai gli eventi della politica interna turca avevano preso il sopravvento e Fusoni ne era quanto mai prima consapevole. In una relazione del 25 dicembre 1921 rivolta al nuovo ministro della Guerra Luigi Gasparotto e all'ambasciatore a Costantinopoli 12 ~

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L. ivlicllelett~, op. cit., p. 5 14.


Camillo Eugenio Garroni, marchese di Carbonara, espresse tutta la sua preoccupazione sui rischi cui sarebbero andati incontro i suoi uomini a causa dei continui scontri tra ellenici e kemalisti. Nell'impossibilità di mantenere una benché minima difesa, Fusoni propose la possibilità di una completa evacuazione italiana e del più celere rimpatrio delle truppe ancora in Anatolia. 123 La relazione portò ai primì di gennaio a una discussione suli 'argomento tra il primo ministro Bonomi e i ministri Della Torretta e Gasparotto. Secondo quest'ultimo la debole presenza italiana, composta da appena 1.500 soldati, avrebbe retto pochi giorni all'eventuale attacco nemico su Scalanova. Proponendo ulteriori rinforzi da mobilitare in caso di pericolo, in via provvisoria consigliava J' inv io di un contingente sufficiente a tamponare almeno per alcune settimane le pressioni. militari nella zona. Esso doveva comporsi almeno di 2 battaglioni di fanteria, d i 2 compagni.e mitragliatrici e di 2 batterie d'artiglieria, magari appoggiate da unità navali nel golfo di Scalanova. Se invece l'intento del governo non fosse stato quello di favorire ulteriori rinforzi, al !ora Gasparotto eh iese di ritirare tutte le truppe al più presto, onde evitare il peggio. 124 La proposta del ministro della Guerra impraticabile nell'immediato, veniva giudicata però ragionevole, proprio perché il clima politico della Turchia prevedeva inevitabili revisioni delle strategie fino ad allora ipotizzate. Per questo Della Toretta continuò nella laboriosa intelaiatura diplomatica per ìnclune Francia e Gran Bretagna a rivedere le clausole politiche di Sèvres e allo stesso tempo indurre ad accellerare quelle econornìche cieli' Accordo tripartito ìn favore dell'Italia. Nell'intento di veder applicati i residuali vantaggi riconosciuti al governo cli Roma, il mi nistro giocò anche la carta della minaccia, intimando di voler rimettere in discussione la questione deì mandati neì paesi arabi, tanto carì a Curzon. Tuttavia le armi spuntate della Consulta non solo non intimorivano Londra, ma anzi mettevano ancora più in cattiva luce la politica estera italiana, irritando i britannici , già insofferenti per queste reiterate sfide senza reale consistenza all'interno di un'alleanza sempre più gravosa. 125 Nel frattempo, constatata la sordità del Foreign Office, si erano avviati alcuni contatti tra la dìplomazia italiana, quella ottomana e quella kemalista, per chiarire e consolidare alcuni punti cli natura economica con la Turchia, ormai amministrata da due governi antagonisti. Grazie anche all 'intervento del banchiere Bernardino Nogara, il ministro sultanita izzet pascià sì impegnò ad accordare per un futuro prossimo una serie di concessioni in favore di gruppi industriali e finanziari italiani [ù1fì·a] in cambio della rinuncia italiana a una parte importante delle clausole di Sèvres. Tuttavia, al di là cli insignificanti ostacoli cli natura procedurale inventati dalla diplomazia cli Costantinopoli e dall'ostruzionismo di Londra per questo tradimento, ali' atto pratico le sorti dell'accordo italo-turco si sarebbero decise ad Angora. Un coinvolgimento in 123

M. Pizz,igallo, L"«uiTi1110» accordo con la Sublime Poru, e la.fi11e de/l'occupazione i1alia11a in A11atolia (1922), in

«Analisi Storica: rivist a di studi e ricerche», n. I, 1983 pp. 59-60. 124 M. Pizzigallo, op. cil., pp. 60-6 I. 125 M. Pizzigallo, op. cil., pp. 6 1-64. 409


queste trattative, anche se indiretto, della politica di Kemal appariva inevitabile, con forte irritazione di Curzon. 126 L'unica pregiudiziale che gli uomini di Kemal ponevano, in sintonia con quanto espresso in precedenza a Tuozzi, era l'abbandono definitivo dal!' Anatolia degli ultimi contingenti italiani. Come in precedenza Gasparotto a Della Torretta, nel nuovo gabinetto Facta, Pietro Lanza principe Di Scalea sollecitò il collega Carlo Schanzer a definire il disimpegno dei soldati italiani, la cui condizione era sempre più precaria. Nell'incontro tenuto al ministero degli Affari Esteri nel pomeriggio ciel 1° aprile 1922 emerse proprio l'intenzione cli Schanzer cli addivenire alla celere partenza ciel contingente, facendola rientrare nel più ampio contesto della proposta di armistizio fra la Grecia e la Turchia, emersa alla Conferenza di Parigi ciel mese precedente. Il nuovo capo cli Stato maggiore dell'esercito, generale Giuseppe Vaccari, si trovò d'accordo, proponendo di eseguire lo sgombero in due fasi , la prima dal Ponte sul Meandro fino a Sokia e quindi a Scalanova per l'imbarco definitivo. Il giorno successivo alla riunione, Vaccari comunicò a Fusoni le prime direttive per l'evacuazione. 127 Dopo che il governo il 16 aprile ebbe concluso !'«ultimo» accorcio (cli natura economica) tra l'Italia e la S ublirne Porta, in base alle disposizioni di Vaccari i I 18 aprile il presid.io di Sokia arretrò, mentre tra il 27 e il 29 aprile da Scalanova tutte le truppe vennero imbarcate e trasferite a Rodi, che .insieme a tutto il Dodecaneso rimarrà in mano italiana negli anni a venire come una specie di riparazione per tutte le delusioni sulla ten-a ferma. Così dopo circa 3 anni si concludeva l'operato ciel «Corpo di Spedizione italiano in Anatolia». La partenza dalle due località creò una certa agitazione nella popolazione civile, data l'incertezza di chi avrebbe sostituito gli italiani., tra i nazionalisti o gli ellenici. In realtà a Scalanova sopraggiunsero le truppe greche, mentre a Smirne il 12 settembre 1922 arriva!'ono i turchi, dove saccheggi, incendi e devastazioni apparivano, a eletta ciel tenente colonnello Giordano testimone in quei giorni , per violenza e devastazione pari a quelli compiuti dai greci nel maggio del 1919. Anche a causa ciel forte vento in serata l'intera città era in fiamme. Le navi alleate, stazionate nel golfo adiacente alla città, assistettero impassibili a ciò che stava succedendo a riva. La mattina del I 4, quando il vento calò, apparve evidente la drammatica realtà: la parte europea di Smirne era completamente in rovina. Intanto l'esercito cli Kemal iniziò l'ultima avanzata verso gli Stretti. I residuali avamposti inglesi e francesi ripiegavano per paura di una nuova guerra contro la Turchia, che al fianco dell'Unione Sovietica, li avrebbe costretti a imbarcarsi in un altro deleterio sforzo bellico. Il disinteresse per un'impresa di questo tipo portò l' 11 ottobre J922 alla firma cle11 ' armistizio a Mudania, che pose defo1itivamente fine alle ostiI ità, al ristabilimento ciel potere turco sui possedimenti dell'Anatolia e della Tracia 126 M . Pizzigallo, op. c iL , pp. 65 -71 127 M. Pizzigallo , op. ciL , p. 72.

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L' incendio di Smirne visto dalle navi alleate

4 1I


orientale. Se fi no a quel momento era convenuto proteggere il Sultano con il suo simulacro di potere, ora nessuno piÚ era disposto a morire per lui. Quindi come erano stati abbandonati i russi bianchi nel 1920, gli Alleati lasciarono al proprio destino le sorti della Sublime Porta. 128 I firmatari del trattato fu rono il tenente generale Charles Harington per la Gran Bretagna, il maresciallo Louis FÊlix Marie François Franchet d'Esperey per la Francia, il maggior generale Ernesto Mombelli per l'Italia e il ministro degli Affari Esteri kemalista Mustafa Ismet !noni.i per la Turchia. 129

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128 129

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P. Manscl, op. cit., p. 384. A. Bagnaia, op. cit., p. 303.


Capitolo Nono Le attività archeologiche, geografiche ed economiche italiane in Anatolia

L E MISSIONI ARCHEOLOGICA E GEOGRAFICA

L' llaJia, nel tentativo di dare un res piro mediterraneo e colon iale alla sua politica , aveva sin dall' ini zio ciel Novecento creato i presupposti per uno sviluppo economico e culturale nel Levante. Attraverso l'opera di viaggiatori, esploratori , avventurieri e agenti di commercio, la presenza nazionale aveva creato una fitta retta di canali e di importanti avamposti, con il proposito di entrare in punta di piedi al fianco delle più accreditate Germania, Gran Bretagna e Francia nella traballante società ottomana. li personaggio più rappresentati vo in questo contesto fu Biagio Pace, esperto di storia antica. che dal 1913 frequentò la Scuola archeolog ica italiana di Atene e che nel 1917 consegui la libera docenza in archeologia e subito dopo fu nominato professore presso l'Università cli Palermo. Questi, ancora prima che l' Italia entrasse in guerra, si spese molto per far confluire l'interesse nazionale verso una più marcata presenza in Anatolia. a fronte delle grandi pros pettive, che si stavano delineando con il lento e progressivo crollo dell'Impero sultaline. Tn una conferenza tenuta nel capoluogo siciliano nel marzo ciel 1915, espresse chiaramente come i I golfo e il porto di Aclalia fossero la porta aperta per far entrare nell'entroterra turco la cul tura e la civiltà di Roma: «la Turchi a [ ...] costituirà una considerevole patte del bottino dei vincitori. Noi italiani non possiamo restare indifferenti a quanto avviene nel Mediterraneo orientale, ove abbiamo degli interessi che no n sono meno gravi perché generalmente ignorati». 1 Dopo l'occupazione del Doclecaneso, giudicò di fondamentale importanza sfruttare proprio Rodi come punto di partenza e il progetto di costrnire la ferrovia Adalia-Burdur come via pri vilegiata per la conquista cieli 'entroterra: <<lo che ho potuto percorrere con una certa larghezza la regione , reputo pertanto mio dovere cli cittadino contribuire modestamente a questa conoscenza. E dichiaro subito . che sebbene abbia visirato il paese per studiarvi gli avanzi delle antiche civiltà, vi parlerò il meno possibile di cose antiche e molto invece, e come meglio saprò di cose moderne» .2 In questo senso, per gli studiosi, cbe venivano mandati in Oriente gli aspetti culturale e commerciale erano convergenti, una sorta cli nuova "missione civilizzatrice" del Nuovo Mondo. Per questo motivo durante la Grande Guerra a Rod i rimase in attiv ità la Missione archeologica del professor Amedeo Maiuri, che ricopriva l'i ncarico di direttore elci 1

2

B. Pm.:e. Allraverso /11 regione di Adalia. op. cit ., p. 5. B. Pace. A11raverxo la regione di J\d11/ia. op. cii., p. 7. 413


Museo archeologico dell'isola nell'ex ospedale dei Cavalieri di San Giovanni, nel quale sistemò tutti i reperti ritrovati e pazientemente catalogati, e sovraintendente ai monumenti e degli scavi dell'arcipelago. Con la collaborazione del genio militare completò gli importanti restauri della via dei Cavai ieri e dell'Albergo d 'ltal ia. Conclusosi il conflitto , l'Italia, come Potenza vincitrice, oltre alle ambizioni di tipo territoriale ed economico, ebbe la pretesa di reclamare la sua supremazia in campo cu1turale, tentando cli farsi assegnare il compito cli sviluppare e promuove l'archeologia nel Mediterraneo orientale, magari riuscendo a sostituirsi alle varie missioni presenti in Asia Minore , .inviate da paesi ormai sconfitti come Austria e Germania. L'oggetto del contendere era rilevante, soprattutto perché la Missione archeologica italiana, composta eia funzionari ciel ministero della Pubblica Istruzione era stata particolarmente attiva nel Dodecaneso e nello studio dell'influenza romana in Anatolia. Il professor Roberto Paribeni, direttore del Museo nazionale romano e degli scavi di Ostia e presidente della Missione, chiese un interessamento alla Consulta, cercando di recuperare a pieno l'eredità. delle missioni tedesca e austriaca presso Ieronta e Mileto . Paribeni aveva un forte ascendente nel fare queste richieste, anche perché rappresentava l'uomo cl i fiducia del mi.nistero degli Affari Esteri nel settore delle missioni scientifiche nel Levane, potendo così contare su ampi finanziamenti. 3 Egli chiese allo stesso comando ciel Corpo di Spedizione cli facilitare gli archeologi italiani nelle loro missioni nella valle del Meandro e ad Adalia.4 Elia rispose di accordare massima disponibilità agli studiosi italiani, proprio a fronte della collaborazione e cordialità che da sette anni, quale comandante militare del Doclecaneso, aveva concesso alle spedizioni archeologiche. Si è già visto, nelle fasi precedenti allo sbarco e nell'occupazione di Adalia, come l'attività cli Biagio Pace fosse per ce1ti versi più "politica" che archeologica. Il suo impegno venne rivolto in massima parte alla consulenza organizzativa delle autorità diplomatiche italiane, per indirizzare sul campo i reparti del Corpo cli Spedizione a occupare le località che, secondo lui, avrebbero dato più slancio e prestigio alla penetrazione militare. Per esempio fu essenziale nel l'attività di supporto alla missione dell'Istituto geografico militare, alla quale diede un grosso contributo, collaborando sia nel contesto prettamente culturale, sia in quello topografico è antropologico. La missione era formata dal maggiore Silvio Govi (valido collaboratore di Bergera nella conunissione italo-greca) , dal maggiore Francesco Cottafavi dell'Istituto geografico, dal capitano Be,tella e dal tenente Luiggi dell'Istituto colonia.le. Essi arrivarono a Rodi il 13 settembre 1919 e, compiuti i necessari preparativi con la richiesta al prelevamento dei mezzi e dei materiali occorrenti, partirono per Adal.ia, accompagnati dal sottotenente medico Esposito , messo a disposizione dal comando di Rodi, e da Pace stesso, che aveva chiesto di far parte della spedizione, per completare i suoi , M. Petriciol i, op. cit., pp. 3-4, 24 ; B . Pacc,Attraverso la regione di ;\dalia, op. cit. "AUSSME, E-3, b. 14 , r. 14/5, lettera di di Pariben i 3117/1919.

,11.4


studi scientifici sulla regione. Era in considerazione cli ciò che Elia aveva aderito alla richiesta dell'archeologo, potendo egli essere cli prezioso aiuto e guida alla missione geografi ca, conoscendo la lingua turca, gli usi, i costumi degli abitanti, le principali località e vie cli conrnnicazione, che la spedizione avrebbe dovuto percorrere. Il comando d i Rodi allo scopo di agevolare nel miglior modo possibile la missione ord inò ai presid.i dipendenti di aderire, nei limiti possibili , a tutte le richieste che fossero loro rivolte dai suoi componenti, per ciò che a essi potesse necessitare cli mezzi, materiali ed eventuali scotte. Elia aveva p rovveduto anche a telegrafare a ·M ilne e ali' Alto commissario italiano a Costantinopoli, pregando Sforza di dare comunicazione alla Sublime Porta ciel percorso che la missione avrebbe compiuto e del suo scopo esclusivamente scie ntifico, invitando a informare a sua volta le autorità loca1i ottomane, perché agevolassero e elessero protezione alla missione. Essa, venuta con un programma di massima comprendente in linea generale un itinerario a cavallo della linea Marmarizza-Mugla-NaziUi-Alaschehir-Uschak-Afium Karahissar- Conia-AlayaAdal ia, per consigli o del comando cli Rodi, data la poco sicura situazione della regione Nazilli-Alaschehir-U schak infestata dalle bande, ridusse il suo program ma per toccare solo la direttrice Adalia-Bulclur-Afium Karahissar-Conia-Alaya.5 A fine settembre su indicazioni del generale Natalino Mazzone dell'Istituto geografico militare , a seguito dei gravi incidenti nel territorio traAdalia e Conia, la missione venne richiamata a Rodi, non potendo assolvere per l'autunno il programma preventivato di ispezione dell'interno. Essa, trovandosi nei pressi di Adalia, venne autorizzata a compiere solo un viaggio a Burdur e visitare poi, se lo avesse creduto , le local ità costiere del presidio italiano, toccandole con il piroscafo. Al suo ritorno a Rodi ; ai primi di ottobre, il maggiore Govi riferì che le popolazioni e le autorità locali avevano dato ogni sorta di appoggio, offrendo spontaneamente ospitalità, sicurezza e cordialità di ogni specie . I notabili avevano fatto disagevoli servizi di guida per fac ilitarne i lavori , tutti i presidi avevano reso gli onori militari alla missione e le bande armate non avevano recato alcuna noia, né alcuna ostilità conti·o di loro . I rivolgimenti politici nell'interno non avevano in alcun modo scosso la fiducia della popolazione verso l'Italia .6 Invece di seguire a Rodi il gruppo cli Govi, Pace rimase ad Aclalia e, per quanto riguarda la sua opera archeologica, fu molto attivo in città, dove il restauro della porta di Adriano era per lui «un vero debito d'onore».7 Tuttavia la sua intraprendenza e il suo spiccato decisionismo furono bersaglio delle più vive proteste turche. Il governo di Costantinopoli. c hiese tramite l'Alto commissario italiano una relazione dettagliata cli tutti gli scavi aperti e cli tutto il materiale rinvenuto e che - secondo le autorità locali cli Adalia - era stato depredato e portato anche a Rocli. 8 Ne nacque un caso diAUSSME, E-3, b. S, f. 8/3 d, lettera di El ia a ministero degli Affari Esteri. AUSSJvfE, E-3, b. 8, f. 8/3 a, telegramma cie l ministero degli Affori Esteri del 6i10/19!9. 7 M. Petriciol i. op. cii.., pp. 28-29. s AUSSME , E-3, b. 14, f. 14/5, lettera dell 'Alto commissario del 5/1 1/1919. 5

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plomatico, dove Sforza chiese spiegazion.i direttamente a Ferrante, che rigettò ogni accusa e, difendendo l'operato del suo protetto Pace, cercò in tutti i modi di screditare il mutasse,4 e cercare cli farlo sostituire.9 Tuttavia la situazione non migliorò, anzi in estate anche il comandante del 33° reggimento, Torriani, fu investito da queste lagnanze direttamente eia Ahmed Rauf, direttore degli Affari cli Diritto del Konak. 10 Se le attività di scavo procedevano , in parallelo continuavano ad arrivare le proteste del governo ottomano contro l'asportazione e il trasporto d i marmi e altri reperti nella sede di Ferrante. Giuseppe Moretti, che nel frattempo ad Adalia aveva sostituito Pace, fu alquanto piccato e fece notare di come fosse grottesco che il governo turco si interessasse ora delle azioni italiane, quando era dal 19 I 4 che la Missione scientifica aveva ded icato la sua opera all'individuz.ione , alla conservazione e al restauro delle antichità , in accordo con il sindaco e il mutasseri;f della città, a fronte della massima incuria e usura causata p roprio dalle autorità ottomane, mai interessate all'aspetto artistico della città di Adalia. Riconobbe tutto quello che veniva imputato agli archeologi italian i, ma fece presente come non solo il materiale a d is posizione fosse di molto superiore a quello reclamato, ma che tutto ciò che era stato prelevato , era stato frutto di scavi italiani, e rimaneva nei locali diplomatici cli Ferrante unicamente per finalità conservative, proprio per restituirgli valore storico e artistico, esattamente il contrario di ciò che aveva fino ad allora fatto il governo turco . 11 Per questo, non solo escludeva a priori ogni possibile restituzione da parte del comando di Adalia, ma pretendeva anche il di ritto esclusivo per gli italiani di organizzare il servizio di scavo. In questo trovò concorde lo stesso Elia e nulla venne riconsegnato. 12 La missione continuò quindj nel suo lavoro , tuttavia l'attività archeologica sì iniziò a intiepidire quando a fine settembre Milne ordinò cli richiamare la spedizione geografica del maggiore Govi. Di conseguenza, oltre a ridurre di molto gli ulteriori studi e ricerche ali' interno della regione, anche ad Adalia vi fu una notevole limitazione. Il colonnello Tonfani, poco incline a impegnarsi troppo nelle cose antiche e nelle persone che se ne occupavano , dopo alcun i incidenti che aveva avuto in Libia con i funzionari della Sovraintendenza, precluse la possìbi Iità a M oretti di proseguire nel suo lavoro, che veniva ormai sottovalutato anche a Roma dal governo, più interessato ai tagli di bilancio. 13 Molto più credito era rivolto invece a Pace, che fece notare come ad Aclalia Torriani non si era occupato per nulla dell'importante porta di Adriano e di come i soldati italìcrnì avevano danneggiato i resti delle mura per la realizzazione di alcuni interventi stradali. li professore aggiunse come l'antica cinta fortificata , costituita da torri, ba9

M. Petricioli, op. cit., p. 29. ,o AUSSME, E-3, b . 14, f. 14/5 , lcitcra di Tonfani del 29/8/1919. 11 AUSSME, E-3 , b. l4, f . .14/5, lettera cli Moretti del 22/J 0i!919. 12 ìvl. Petricioli, op. cit., p. 35. •~M . Petriciol i, op. cit., pp . 32-33.

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La porta di Adriano di Adalia 417


Resti delle mura di cinta della città. di Adalia

stioni e falsebrache di varia epoca era stata ineparabilmente rovinata a partire da alcune demolizioni effettuate dalle autorità ottomane, per il reperimento di materiali occorrenti la costruzione di case per i profughi delle guerre balcaniche. Fortunatamente la Missione archeologica italiana era intervenuta in tempo e aveva limitato i danni, ma la situazione non era delle migliori. Per questo, nell'intento di iniziare un lavoro cli ripristino efficace, Pace chiedeva al comando del Corpo cli Spedizione di ordinare la cessazione delle azioni lesive dell'integrità archittettonica delle mura. Il professore non escludeva affatto che in avvenire, per l'incremento della città cli Adalia, parte dei bastioni e delle torri potessero venire abbattute o riutilizzate, ma tutto ciò doveva essere fatto in armonia con un piano regolatore organico, alla cui co'mpilazione doveva collaborare la Missione archeologica. Aggiunse che per ragioni intuitive, sarebbe stata grave onta per gli italiani, non tenere in conto la necessità artistica, che perfino il governo ottomano aveva riconosc.iuto, abbandonandosi in demolizioni parziali e al solo scopo di trarne materiale da costruzione, che non era difficile trovare altrimenti sul posto. 14 Il ministero della Gue1Ta, sollecitato dagli Affari Esteri, impartì ordini preci.si al comando militare di Adalia per una piena collaborazione delle truppe ital iane , a fronte dei «gravi e delicati compiti di civiltà e di coltura» dell ' Italia. 15 14

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AUSSME, E-3, b. 14, f. 14/5, le1tera di Pace del 7/IO/J9J9. AUSSME, E-3 , b. 14, f. 14/5, lettera ciel ministero della Guerra del 1/10/ 1.919.


La via marmorea della Vecchia Efeso

Sul versante della valle del Meandro intanto l'attività di Amedeo Maiuri era altrettanto prolifica e attiva anche nel condizionare le scelte politiche. Il professore già nell'agosto 1919 aveva espresso la convinzione che Efeso dovesse rientrare nella zona italiana, per l'alto valore storico e artistico e per la testimonianza, attraverso le sue rovine, della ci vilfa romana in Asia Minore. Roma imperiale aveva avuto in Efeso il centro amministrativo e commerciale nella zona e gli austriaci a partire dal 1896 avevano effettuato scavi e ricerche in loco. L'Italia era arrivata ultima allo studio dei resti in Turchia, ma proprio in queste circostanze solo la presenza dei propri soldati avrebbe evitato l'ulteriore ingerenza austriaca, che sarebbe sicuramente continuata se la zona fosse stata accordata alla Grecia. Maiuri giudicò Efeso una punta cl ' iceberg; quello che si era trovato fino ad allora rappresentava la minima parte di quel che vi sarebbe potuto scoprire. Della grande rete stradale si era rintracciata solo la Via Arcadiana, tra i monumenti principali solo il Teatro (la scena e l'orchestra), la Biblioteca di Celso, il Tempio di Claudio e la cosiddetta 4 19


Doppia Chiesa. Molte sculture erano state rinvenute dalla missione austr.iaca e le migliori erano state trasportate a Vienna; per questo un'idea poteva essere quella di tentare un recupero in Austria, almeno di una parte dei bassorilievi dell'arco di Marco Aurelio, provenienti proprio da Efeso. Maiuri dava lode al Corpo di Spedizione e al colonnello Ferrari per aver apportato alcune misure cautelative dei siti, a pmtire dall'arrivo delle truppe nella zona di Aiasoluk, ma sottolineò che aveva trovato Efeso nello stato ciel più completo abbandono. Per questo propose di far assegnare l'intera area all'Itali a , recuperando i risultati della missione austriaca. Del resto gli stessi greci, incapaci a suo dire di rintracciare e promuovere quel che di archeologico avevano in Patria, non avrebbero avuto i mezzi e le capacità per sviluppare in Asia Mi nore un serio piano cli valorizzazione e lo avrebbero affidato unicamente agli stranieri.. In questo senso, concedere Efeso alla Grecia, avrebbe significato lasciare a missioni austriache la cura e la responsabilità dell 'attività archeologica della zona. Maiuri confi dava «che, oltre alle ragioni di carattere economico e politico che, militano per una rettifica a nostro favore della zona d 'influenza italiana nel confine nord-ovest del settore di Scalanova , vagliasi tener presente l'importanza speciale delle rovine di Efeso e la necessità di includere nella zona monumentale della città antica, l'abitato turco di Ayassoluk con le sue rovine di epoca classica, medioevale e musulmana» .16 Nel contesto delle sue attività, in autunno Maiuri chiese di poter essere accompagnato in un viaggio esplorativo nella valle del Meandro e in alcuni lavori di scavo e di riassetto delle linee di comunicazione. Sforza sostenne in pieno i progetti cieli' archeologo e Bergera acconsentì ali 'uso di mezzi militari e uomini , purché rimanessero .in numero limitato e sempre all'interno della zona assegnata all'Italia. A Bodrum, Maiuri fu molto attivo per il restauro del castello dei Cavalieri, d anneggiato durante la guen-a dai bombardamenti navali anglo-francesi. Alcuni lavori vennero affidati agli uomini del genio e in questo Elia confermò la sua massima adesione, trovando convergenti le missioni militare e culturale dell'Italia. A seguito di richiesta ciel professore, venne prelevata dai genieri una base marmorea presente nel Bagno di Sol imano , che nel frattempo era stato adibito a uso per i militari .Tuttavia i lavori al castello, finalizzati anche ali' alloggiamento della truppa , a opera degli uomini ciel colonnello del genio Amilcare Boyancé andavano a rilento, soprattutto per manèanza di mezzi e di uomini. A seguito delle lagnanze ciel mutasserif di Mugla, si rispose che nulla era stato asportato dal castello e che i lavori erano limitati a piccoli interventi, senza snaturare l'assetto architettonico e artistico della costruzione; anzi le attività di p ulitura e di restauro avrebbero ridato alle mura limitrofe e alla monumentale Porta cl' Amboise l'aspetto che avevano all'epoca dei Caval ieri . Dopo l'attivismo del primo anno, a seguito del lento e progressivo ripiegamento del Corpo di Spedizione, anche l'attività archeologica divenne meno incisiva a partire dai primi mesi del 1920. Paribeni tuttavia chiese che fossero lasciate almeno in 16

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AUSSME, E-3, b. 14. f. 14/5 , lettera di Maiuri cieli ' LJ/8/1919.


piedi alcune postazioni di uomini ad Akikoi, Ieronta, Aiasoluk, per evitare di dare il pretesto ai tedeschi per tornare in quei siti, e a Bodrum per proseguire i restauri del castello. La situazione era comunque difficile e tutte le proposte di inviare nuove missiotù per creare tre poli archeologici a Rodi, ad Ada li a e a Conia non ebbero fortuna. Solo con la nomina di Sforza a ministro degli Affari Esteri e di Benedetto Croce a ministro della Pubblica Istruzione nel giugno 1920, la questione tornò d'attualità. tanto da arrivare direttamente sul tavolo del Presidente del consiglio Giolitti, ma l'idea di insistere con ulteriori stanziamenti era impraticabile per le magre casse dello Stato e quindi tutto si risolse in una bolla di sapone,17 con non molte e poco rilevanti azioni archeologiche nel periodo successivo.

LA PRESENZA BANCARIA ITALIANA

A conclusione della trattazione sembra interessante spendere qualche considerazione sul. 'attività degli istituti bancari e commerciali italiani in Turchia. Essa risultò per certi aspetti marginale rispetto all' impresa militare in se stessa, ma nella realtà ne condizionò per via indiretta l'operato, essendo in stretto contatto con le decisioni politiche esercitate dal governo italiano, sia in ambito diplomatico, sia per le questioni di sviluppo interno ed esterno di natura economico-finanziaria. In relazione alle aspirazioni coloniali e .imprenditoriali la delegazione italiana al tavolo della pace, anche per motivi lobbistici, risultò molto sensibile alle pressioni esercitate dai principali esponenti ciel ceto industriale e bancario del Paese, che speravano in questo modo di reperire nuove risorse, materie prime e aprire interessanti mercati ai propri prodotti finiti. 18 Del resto l'articolo 260 ciel trattato di Versailles prevedeva, per !.'esecuzione delle riparazioni tedesche, anche il trasferimento cli diritti e di interessi tedeschi in Turchia e l' Italia non era certo intenzionata a rimanere fuori eia questa proficua spartizione. Tra gli istituti che in maggior modo espressero l'iniziativa, anche per i rapporti con il mondo militare vi fu il Banco cli Roma. A differenza delle banche "miste" (Commerciale e Credito Italiano) cli tipo tedesco, che integravano l'attività cli deposito e di credito a breve termine con quello inclusu-iale a lungo termine, l'istituto romano si era dedicato al piccolo risparmio e i.n pochi deceru1i dalla sua fondazione (1880) aveva aperto sportelli in tutta Italia e fu Ja prima banca italiana ad aprire a partire dal 1901 filiali anche all' estero,19 dando un contributo importante allo sviluppo del colonialismo africano. Al termine della Grande Guerra questa crescita si consolidò: tra il 19 I8 e il 1920 nessuna altra concorrente aprì così tante filiali come la banca capitolina. Essa alla 17

M. Petricioli, op. cii., pp. 37-38.

18

L !asell i, L'espansione econo111ico-fi11a11ziaria italiana nei Balcani durante iljè1scismo, Dottorato d i ricerca in sto-

r.ia economica, XVII ciclo , Univers ità degli Studi di Napoli Federico II,Facoltà cli Econom ia, 2005, p. 19. 19 L'Archivio Storico de/fa Ranca di Roma, l' ed iiione, Roma, 2001. p. 16. 421


Locandina pubblicitaria patriottica della Banca Italiana di Sconto: «Date dénaro per la vittoria. La vittoria è la pace»

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fine del 1918 fuori dai confini nazionali contava 23 agenzie; alla fine del 1919 erano 39 e alla fine del 1920 erano 43. 20 In termini assoluti nel 1920 le banche italiane contavano 57 filiali estere: la Banca Italiana di Sconto ne aveva 8, la Banca Commerciale 3, .il Banco di Napoli 2, il Credito Italiano I. In linea con qu esta impostazione e data la sua vicinanza anche fisica (la sede dal 1911 è in via del Corso a palazzo de Carolis) agli ambienti politici, il Banco di Roma trovò logico essere in sintonia con le aspirazioni in territorio ex ottomano. Nel 1918 .I' allora ministro del Tesoro Nitti prese contatti con il presidente del Banco Cado Santucci, per il piano cli espansione dell' istituto di credito, improntato sulla logica del1' italianità e dell'interesse nazionale. Il ministro espresse la «necessità cli impedire ... clisperclimenti di forze e concorrenze fra le stesse banche italiane, concorrenze che sotto nessun aspetto po[tevanol riusci.re giovevoli alla economia nazionale e al nostro prestigio». Solo una collaborazione tra istituti nazionali avrebbe potuto creare ricchezza e contribuito al successo delle mire italiane. Le filiali e le agenzie all 'estero dovevano quindi operare per divenire sempre più uno strumento al servizio del Paese. Per questo Nitti espresse il suo biasimo sull'operato delle varie banche italiane «cli appoggiarsi ad Enti locali cli nazionalità non italiana, salvo che non riusc[issero] a trasformarne il carattere, rendendolo italiano>>.21 Ogni banca in realtà aveva e continuò a perseguire le sue finalità e le sue strategie. Se il Banco di Napoli scelse la via americana del recupero delle rimesse, aprendo sin dal 1901 un ispettorato e poi dal 1909 un'agenzia sulla FifthAvenue a New York, la Banca Commerciale Italiana e la Banca Italiana di Sconto scelsero Costantinopoli, per aprire una filiale all'estero, seguite da un'agenzia a Smirne dell'btituto milanese. Esso aveva del resto notevoli interessi in Asia Minore grazie alla collaborazione con le sue filiazioni Società Commerciale d'Oriente e Società Commerciale Industriale e Finanziaria, controllate da Giuseppe Volpi cli.Misurata e da Bernardino Nogara, che incarnava la doppia identità di consigliere economico del governo e latore di profittevoli aspirazioni dell'imprenditoria e della finanza privata. Quest'ultimo, dalla sua veste di rappresentante italiano presso la Commissione interalleata per I'amministrazione del debito pubblico ottomano, riuscì a ottenere le opzioni per lo sfruttamento delle miniere di Couroudja-Chile e cli Sal Déré nel bacino di Eraclea sul Mar Nero, considerate (in forma esagerata) ricche cli ottimo carbone, succedaneo ciel caro coke .importato dal mercato britannico.22 Come si è visto, l'Accordo tripartito di Samemo del 1920 riconoscerà all'Italia le concessioni per lo sfruttamento della regione cli Eraclea. Nel frattempo la compagnia presieduta eia Nogara aveva ottenuto il via libera alla concessione e avviato gli studi per la realizzazione della costruzione ferroviaria tra Adalia e Burclur, che, nel tenta-

L. De Rosa. Storia dl'i Ba11co di Roma , voi urne Il (dal 1911 al 1928). Banco di Roma, Roma 1983, p. 290. De Rosa, op. cit. , pp. 182- 183. 22 L. lasselli ,op.cit. , pp. 23 , 119-12 1: F. L.Grassi,L"/ta/io e laq11estionew.rca,op. cil.,p. 21. 20

21 L.

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tivo di dare una diretta valvola di sfogo all' entroterra centromeridionale del!' Anatolia, si voleva porre in netta concorrenza con il già consolidato troncone britannico Smirne-Aidin.23 La strategia del la Banca Commerciale era cogliere 1' oppurtun ità economica potenziale del moribondo Impero ottomano e farne un volano industriale per la futura struttura finanziaria italiana, in prospettiva cli una prossima e recessiva riconversione dell' apparato manifatturiero bellico, seguente alla fine della guerra . Questa breve descrizione dimostra come la rete che si era venuta a creare, basata su un numero limitato cli filiali e su collaborazioni minoritarie , non rispecchiava affatto l'attività internazionale degli omologhi istituti francesi e inglesi, che vantavano invece una notevole penetrazione e una decisa autonomia operativa nei mercati stranieri.24 Secondo un programma molto più ambizioso invece il solo Banco cli Roma, bocciando l'idea di un 'espansione nell'Asia continentale e nel Sud-est asiatico, aveva trovato conveniente invece dedicarsi al bacino del Mediterraneo centro-orientale, nel tentativo cli anticipare la concorrenza straniera e italiana, che si stava orientando in maniera simile in quella zona. Il governo italiano risultò entusiasta e collaborativo all'iniziativa.25 Nel 1905 l'istituto capitolino aprì una filiale ad Alessandria, nel 1906 a Malta, nel 1907 a Tripoli e Bengasi e nel 191 I a Costantinopoli. Tra l'ottobre e il novembre 1918 il Consiglio d'amministrazione del Banco di Roma deliberò all'unanimità l'apertura, tra l'altro,26 della seconda agenzia a Costantinopoli, della succursale cli Aclana (dipendente dalla sede di Beirut) , di una succursale a Rodi e di un'agenzia a A dalia (dipendenti dalla sede di Smirne) .2i Infine erano in corso anche trattative per l'acquisto di filiali di banche tedesche in Turchia.28 Fu l'Alto commissario Sforza in persona a promuovere e a spendersi senza parsimonia nel tentativo di coordinare le attività economiche e finanziarie ciel paese. Spogliandosi delle vesti diplomatiche, sembrava sostituirsi agli stessi ind ustriali e magnati, che invece a suo dire non coglievano il senso pat.riottico della scommessa turca, dediti invece alle lucrose speculazioni a breve termine. In uno slancio entusiastico, coinvolgendo in questa azione anche il console Ferrante , giudicò l'apertura ad A dalia dell'agenz ia bancaria romana <<non solo utile, ma urgentissima» .29 La reazione dei vertici dell' istituto capitolino non fu di pari intensità, giudicando l'affare non del tutto vantaggioso nell'immediato, viste le nere nubi politiche sul cielo d'Anatolia, e quindi procrastinabile a seguito di un 'adeguata fase di studio. M. Toscano, Gli accordi di San Giovanni di Moriana , op. cit. , pp. J2, 14-16. L. Iassell i, op. cit., p. 122. 25 L. De Rosa, op. cit., pp. 192- 193. 26 Nel periodo successivo alla guena il Banco aprirà filiali a Gerusale mme, Beirut, Smirne, con dipendenze a Damasco, Ale ppo , Alessanclrella, Haifa, Tripoli d i Siria, Ada na, Rod i, Adalia, Sc,ilanova, Sokia , Giaffa e seue filiali in Spagna. 27 L. Dc Rosa, op. c it., pp.192-207. 28 L. De Rosa, op. c it.., pp. 254-255. 29 F. L. Gniss i, L'Italia e la quesrione turca, op. cit., pp. 42-43.

iJ 24

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Intanto gli eventi politici avevano fatto il loro corso e la presenza militare italiana in Anatolia offriva al Banco di Roma nuove opportunità. Nel maggio del 1919 venne segnalato che le truppe italiane in Asia Minore, essendo pagate in moneta nazionale, subivano un danno nel corrispettivo valore di mercato. Venne subito denunciato non come fenomeno circoscritto solo ad Adalia, dove si era evidenziato il problema, ma connesso alla situazione generale della valuta italiana. T problemi nazionali di natura monetaria (come si è visto per ìl credito inglese per Conia, ùifi·a), in relazione alla situazione generale dei cambi non favorevole, contribuivano a un maggiore deprezzamento della Lira. Per ovviare questi inconvenienti, Sonnino propose dì adottare con la massima urgenza almeno una tra queste due iniziative: 1) Chiedere alle autorità militari italiane con l'assistenza dell'Alto commissario di farsi aprire presso la Banca Imperiale ottomana la valuta locale necessaria per il pagamento delle truppe dislocate nei territori turchi. 2) Provvedere al ritiro di valuta turca cartacea esistente in Tripolitani a per valersene nei pagamenti delle truppe in Anatolia. Questo provvedimento, che avrebbe acquistato un pìù ampio respiro nella politica sulla Libia, trovò ìl plauso del ministero delle Colonie. Infatti Colosimo era pronto a dare subito disposizioni per raggiungere lo scopo, con l'unica avvertenza di conoscere preventivamente se il Comando Supremo fosse stato disposto a sostenere la relativa spesa, proporzionata alla qualità di carta che sarebbe stata consegnata e al tasso che sarebbe stato stabilito in misura equa, ma certo cli molto inferiore al suo valore nomina]e.30 In relazione al presitigio nella zona di occupazione, occorreva quindi ritirare completamente dall' Anatolia tutta la valuta cartacea italiana là esistente, servendosi per i pagamenti alla truppa e ai rifornimenti di sola valuta cartacea turca. Ma come provvedervi? Il 14 ottobre 1919 rispondendo a un apposito telegramma del comando del Corpo di Spedizione, il governo della Tripolitania assicurò che sarebbe stata ritirata la quantità di valuta locale, prevista fin dal mese di luglio, per un valore nominale di 5 80 .40 l lire turche. Di esse ne erano già pervenute 310 .000 circa ed erano quindi da attendere 270.000, che sarebbero bastate fino a tutto gennaio J 920. Questa operazione tuttavia non si rivelò celere e ancora al 22 novembre erano pervenute dalla Tripolitania solo 80 .000 lire turche. Il governo cli Tripoli telegrafò che si sarebbe verificato un ritardo nell'invio delle residuali 190 .000 lire turche, ma che non c 'erano intralci sostanziali . Nel frattempo il comando militare cli Rodi, in base alle notizie assunte dagli ufficiali incaricati di consegmu-e le valute, il 22 novembre aveva già iniziato pratiche con il ministero della Guerra, per ottenere gli importi occorrenti e per far fronte ai bisogni del Corpo di Spedizione, ai quali non si poteva, per il momento, più provvedere con le disponibilità della Tripolitania, essendone venuto a mancare almeno temporaneamente l'invio. TI comando per misura di precauzione intavolò anche pratiche cli:;o AUSSME , E-3, b. 4 , f. 4/4 a, telegramma di Sonnino, ripor1ato ei a Badoglio il 29/5/1919. 425


rette con l'Alto commissario, per l'acquisto di lire turche a Costant.inopol.i. Riteneva così che le trattative avrebbero permesso di far fronte ai bisogni per il mese di gennaio. Per il mese di dicembre si era attraversato un periodo critico per la deficienza del.la moneta; si sperava ora di poter provvedere mediante acquisto a Smirne, operazione che sarebbe stata compiuta da un ufficia]e del comando locale, appositamente incaricato. Vennero comprate quindi a Smirne subito 50.000 lire turche, 1.na il problema sembrava persistere. La deficienza della moneta turca e il proseguimento ciel pagamento degli stipendi in valuta nazionale provocò deprezzamento fortissimo della Lira italiana, in alcuni paesi scarnbi.ata solo con cinque piastre o addirittura in alcuni posti rifiutata categoricamente dai canunellieri, perché non adeguata al corrispettivo del servizio di carovana. Il generale Elia fu molto drastico. Era questo il problema più grave e di più impellente necessità fra tutti quelli interessanti i servizi del Corpo di Spedizione. Si ripeteva essere assolutamente necessario togliare dall'Anatolia la circolazione della valuta cartacea italiana. Il governo doveva provvedere. Per quanto potessero riuscire onerosi gli acquisti, sarebbe stato sempre più conveniente comprare valuta turca, anziché l'effettuare i pagamenti in quella .ital.iana, dato che in alcune estese zone dell'occupazione - a parte alcuni inconvenienti di carattere politico , che avevano dato origine persino a rimostranze della Sublime Porta - in luogo cli una lira turca occorreva pagare ben venti lire italiane .31 Per ovviare questi motivi di natura pratica e per il desiderio di rilanciare l'economia italiana, il governo Nitti anche grazie all'intervento diretto dell'Alto commissario Sforza agevolò lo studio e la realizzazione di un piano capillare in Turchia per il Banco di Roma. Il 16 settembre 1919 la Direzione centrale deU' istituto romano incaricò il tenente colonnello dei bersaglieri Francesco D'Agostino di effettuare un sopralluogo a Rodi e nella zona cli Aclalia, per giudicare l'opportunità e il modo di iniziare proficui affari in quella regione grazie alla sua influenza presso le autorità militari.32 Proprio la sua provenienza dai ranghi dell' Esercito quale ufficiale superiore, nonché la sua profonda conoscenza dell'Oriente, dimostrò come la scelta di D ' Agostino fosse ben ponderata. Nel 1917 era stato destinato a operare quale comandante del Corpo cli Spedizione Italiano in Palestina, comprendente circa 350 bersaglieri e 100 carabinieri, senza armamento pesante e con una limitata dotazione di munizioni, viveri, medicinali e attrezzature. Esso partì da Tripoli per Porto Said via Tobruk il 13 maggio , giungendo in Egitto il 19 maggio. Il suo reparto, nel contesto delle operazioni belliche che dal Cairo si spingevano verso Damasco, aveva dato il suo rappresentativo apporto al grosso delle truppe inglesi e frances i alla conquista della regione , con profonda soddisfazione di Sonnino, che in questo modo credeva di incassare più ve·' ' .AUSSME, E-3, b. 9, allegato "valuta rnrca" . 32 ASRR , Fondo BdR, Vlll.2.1., b. J, fase. I, s.fasc. col. D'Agostino, lettera del.la direzione centrale a D'Agostino. 426


Jocernente la cambiale su Adalia. In realtà il ministro avrebbe voluto inviare un contingente di 6.000 uomini, ma le necessità in Patria e le proteste del generale Luigi Cadoma lasciarono il Corpo di Spedizione alla sua costituzione originaria. Tuttavia l' 11 dicembre 1917 D'Agostino entrò a Gerusalemme a.I. fianco dell'allora generale Allenby, per poi, dopo breve , essere richiamato e sostituito nel comando del Corpo dal tenente colonnello degli alpini Gustavo Pesenti. Durante la sua missione per il Banco di. Roma, oltre a un'accurata analisi sulla situazione locale, D'Agostino appoggiò a Rodi i preparativi per l'apertura della relativa filiale. Rientrato in Italia nel dicembre del 1919 compilò un'interessante relazione sulla regione meridionale dell' Anatolia.33 Riscontrò come le attività e i prodotti ciel suolo che passavano per Adalia, centro commerciale della zona, ne delineassero «la convenienza evidente dell'istituzione cli case bancarie» per un possibile futuro industriale . Registrò una carenza cli linee cli comunicazioni , migliorabili però in avvenire, un discreto transito commerciale e molti corsi d 'acqua, con relativa possibilità di energia elettrica. Nello specifico il Duclen-Su aveva un regime capriccioso, ma rappresentava «la risorsa avvenire cl' AdaJia sia come acqua irrigatoria, sia soprattutto forza motrice». Se incanalato con criterio, poteva dimostrare la sua potenzialità per le colture e per la produzione elettrica. Per il momento l'uso del fiume era stato chiesto e ottenuto in via provvisoria da un ce1to Tecofik bey, dietro cui si nascondeva la Banca Commerciale d'Oriente, la cui concessione era stata stabilita per 40 anni dal mutasserif, ma essa non aveva valore se non confermata a Costantinopoli e poteva essere soppiantata da una diretta concessione del governo centrale. I prodotti agricoli e il bestiame davano un margine di crescita: «credo molto giusto il detto che: la Turchia è un paese ricco di miniere povere». Sottolineò la peculiare precaria situazione politica eia poter cogliere a fini commerciali . L'unico sportello indigeno presente era quello della filiale della Banca Imperiale Ottomana, ma vista la situazione politica ne diagnosticò vita breve. In settembre si era insediata la Banca Commerciale d'Oriente a cui si appoggiava la locale agenzia del Lloyd Trieste. ln città vi era inoltre una discreta diffusione cli ditte italiane. Da quanto esposto, D'Agostino si espresse in un giudizio ottimistico, convinto di poter trarre con cura e pazienza le notevoli pontezialità fino ad allora inespresse: «balza evidente l'opportunità anzi la necessità dell'impianto in Aclalia delle filiali del Banco di Roma.[ ... ] La filiale cl' Adalia va considerata come una delle più importanti e potenti maglie della rete bancaria che il Banco cli Roma sta stendendo sull'Oriente vicino . f...l Per ora non credo conveniente l'acquisto cli terreni o comunque L'ingolfarsi in culture dirette del suolo». D'Agostino aggiunse che l'istituto poteva beneficiare di tutti i vantaggi presenti, solo se l'indirizzo e I' azione commerciale e industriale fossero stati subordinati alla politica dell'Italia nei riguardi cli quella regione, che le sarebbe stata affidata in Ana33

i\SBR, Fondo RdR , Yill.2. I. , b. I, fase .I , s.fasc. col.D' Agostino, Relazione su regione d i Adalia del 1/J 2/1919.

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tolia. Sulla modalità operativa invece, proprio perché «l'Anatolia, ed in ispecie la regione cli Adalia, è un campo vergine, dove tutto è da fare[ ...] occorre che l'organizzazione sia armonica nelle sue parti». Volle escludere il governo come ente organizzatore, «sia in veste militare che in veste civile», essendo stata l' esperienza delle colonie negativa. In alternativa propose un'organizzazione simile a quella della Compagnia delle Indie , in cui si univa la responsabil ità e buoni contatti con gli enti locai i. L'esperienza inglese infatti aveva dimostrato come la libera iniziativa privata, se appoggiata dallo Stato perché a lei sussidiaria in campo politico, poteva creare alti profitti economici e risvolti istituzionali molto rilevanti. Solo una piena collaborazione tra mondo politico-militare e impresa, in termini di responsabile liberalismo british, avrebbe creato valore aggiunto per tutti, senza del resto imprigionare il governo italiano in pesanti e impegnative iniziative all'estero, sconsigliate dalla contingente cris i sociale ed economica che il Paese soffriva al termine del conflitto. L'attività di D'Agostino fu molto apprezzata34 e nell'aprile 1920 venne convocato alla Direzione generale a Roma ,35 dove nel concreto vennero iniziati i preparativi per l'apertura della succursale di Adali.a e le relative agenzie di Sokia e Scalanova. In marzo il direttore della succursale di Rodi espresse l'opinione che per l'avvio della sede di Adalia erano necessarie 25 .000 lire .36 Tutto sembrava pronto per un rapido successo, ma le aspettative si erano rivelate troppo ottimistiche della normale realtà. Nell'agosto 1920 il comando militare locale denunciò che il Banco di Roma con le sue due succursal i a Scalanova e a Sokia, con i regolamenti clell' istituto così severi, impedivano ai due direttori prestiti tali, che potessero recare un vero ausilio agli imprenditori della zona, che avevano bisogno cli denaro liquido , per poter pagare la manodopera destinata a raccogliere i prodotti del suolo. Si era dovuto chiedere ai privati, soprattutto greci, che ne avevano beneficiato, creando una certa avversione verso la banca it.aliana. 37 Il colonnello Fusoni nell'agosto 1920 lamentò per questo la poca attività imprenditoriale italiana tra Scalanova e e Sokia per colpa della carente attività commerciale delle due agenzie del Banco di Roma. I relativi direttori, italiani levantini, risultavano molto dubbi e tra l'altro parlavano poco e male la lingua nazionale . In un pri mo tempo i due funzionari avevano dato credito agli agricoltori locali', invogliandoli ad allargare le colture e i teffeni da lavorare, per poi negargli i prestiti al momento della raccolta. In questo modo , oltre a non fare un buon servizio alla clientela, le due agenzie allontanavano gli interessi e le simpatie che l'Italia stava così faticosamente conquistando in conconenza con gli altri paesi stranieri . Tra l'altro alcune operazioni 34

ASBR, Fondo BdR, VIII.2. I ., b. I, fase . I , s.fasc. col. D'Agostino. lettera del 3/5i20 r..Ja Direzione dell a sede cli Alessandria a Bussetti. 15 · ASBR, Fondo BdR, Vl!J.2.1 ., b. l, fase.i, s.fasc. col.D 'Agostino. ·16 ASBR, Fondo BdR, VHJ.2.1., b. I, fase.I , s Jasc . col. D'Agostino, lettera del dire llore della succursale di Rodi de l 19/3/1920. , 7 AUSS ME, E-3, b. 14, f.14/3, com unicazione di Cardassi del 9i8/1920.

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bancarie non risultarono esenti da sospetti, tanto da portare a un'inchiesta da parte del reparto dei carabinieri della zona.38 In ottobre emersero ul teriori contrarietà verso impegni finanziari a Sokia e Scalanova, mentre a Smirne si decise di investire con guadagni e utili. Il governo chiese spiegazioni in proposito al rifiuto di intervento in favore di vari agricoltori turchi. Questo comportamento aveva creato grosse difficoltà al Paese in sede internazionale, dando discredito alla politica diplomatica italiana. Dalla filiale cli Costantinopoli si rispose che «le autorità militari della zona di Sokia e Scalanova, allo scopo cli favorire questo o quell'agricoltore turco per fini politici, avrebbero desiderato che il Banco di Roma accordasse larghe sovvenzioni agli agricoltori o ad altri proprietari>> , ma i rischi apparivano alti e gli utili nella migliore delle ipotesi minimi. Rammentando l'esperienza della Libia, la situazione consigliava prudenza. Si precisò che «al nostro Istituto tal forma di attività bancaria non possa convenire; d'altra parte se il Governo è sicuro di proporci operazioni di tutto riposo e se noi desideriamo secondare le nostre autorità in Asia Minore nella loro azione politica, si diano da parte dello stesso Governo al nostro Istituto solide garanzie e soltanto in questo caso potremmo , a mio avviso, aderire alle richieste di cui è oggetto il su accennato cli Lei telegramma» .39 Nel dicembre del 1920, l'agenzia di Sokia della sede di Smirne del Banco si rivolse al comando militare , perché il Demanio ottomano reclamava il pagamento da parte della direzione e dei suoi dipendenti della tassa sulla ricchezza mobile (Temettù). Venne fatto notare come, fatta eccezione del periodo di stato cli guerra, tale tassa non era stata mai pagata dai sudditi di quelle nazioni che godevano delle Capitolazioni vigenti in Turchia, né le autorità ottomane avevano mai osato chiederla. Tra l'altro a Costantinopoli nessun istituto di credito straniero pagava questa imposta. Fusoni si rivolse al mutasserif di Sokia per chiedere spiegazioni e per provvedere in favore dell'istituto bancario romano, esentandolo da questo sgarbo nei confronti degli italiani. L'opinione di Indelli era cli non pagare, perché secondo il dettato delle Capitolazioni la tassa non era dovuta da parte del Banco di Roma. Nessuna altra legge vigente imponeva questo tributo e la consuetudine «in tutti i paesi civili [era] d.i non stabilire l'entità di qrnùsiasi tassa, senza i preventivi accertamenti». Il comando del Corpo di Spedizione alla fine rispose che non era dovuto il pagamento della tassa e che si doveva procedere con un reciso rifiuto alla pretesa turca. Se invece si fosse temuto che le autorità insistessero o minacciassero l'uso della forza per ottenere le somme richieste agli impiegati, non restava che protestare prima e pagare poi, pur comunicando alle autorità turche che si pagava perché obbligati manu rnilitari e che ci si riservava di far valere i propri diritti. Ciò ovviamente se non si fosse deciso di opporsi alle pretese turche e appoggiare gli impiegati anche con la forza, il che nelle contin3~

AUSSME, E-3, b. 28, r. 28/7, lettere di Fusoni e di Giord,mo.

39 ASBR, Fondo

BdR, VJII.3.2, b. 8, fasc.JO , lettera dalla di re7.ione BdR a Costilntinopoli 4/9/20.

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genti circostanze, non era la soluzione più indicata dal comando, per le già note esiguità dei reparti .40 Ad Adalia la situazione era solo in parte migliore. La nuova filiale, dipendente da quella di Costantinopoli, dopo lunghe insistenze delle autorità diplomatiche e politiche, venne aperta finalmente nell'autunno del 1920. Se qui la prospettiva cli impegnarsi risultava allettante, perché la città faceva capo alle impo1tazioni di prodotti industriali e le esportazioni dei frutti del suolo di un vasto distretto economico, iJ clima politico teso soprattutto per l'avanzata del movimento kemalista e l'atteggiamento turco - giudicato <<opportunistico>> - in favore dell'Italia facevano emergere grossi sospetti presso la direzione del Banco.41 Queste obiezioni vennero fatte presenti il 22 ottobre anche a Sforza, allora ministTO degli Affari Esteri del quinto governo Giolitti, che aveva già svolto come Alto commissario a Costantinopoli un 'opera di sostegno all'intervento bancario italiano in Turchia.42 Ve1me espresso scetticismo sulla cordialità. turca, ritenuta solo occasionale in funzione dell'appoggio anti-greco. Si citò Kemal che inveiva contro gli stranieri europei in territorio turco. Nel nominare anche Adalia, sembrava prendersela anche contro gli italiani. Benchè la banca capitolina si augurasse una perdurante situazione pacifica e collaborativa con i turchi, «non è assolutamente lecito al BANCO DI ROMA, per fiancheggiare nel campo economico l'azione che il Governo svolge nel campo politico, assumere tutti i rischi che oggi presenta un qualsiasi impegno di capitali in quei paesi». Venne giudicata «follia» concedere ancora finanziamenti nella regione, perché dopo tante sollecitazioni del governo e relative «dolorose esperienze» in Libia e in Anatolia il Banco non era più disposto arischiare così tanto. Viceversa esso sarebbe stato disposto a esaminare la possibilità di creazione di un apposito organismo per lo sfruttamento agricolo de.lJa vaUe del Meandro.'13 Benché la succursale di Adalia avesse ottenuto un certo riscontro positivo nel primo periodo del suo esercizio, soprattutto grazie alle richieste di finanziamenti degli agricoltori della zona, la direzione non si trovò sempre sicura del rischio che si era presa, assecondando gli interessi nazionali , a fronte di scarse garanzie politiche del governo italiano .44 A causa dell 'eccezionale situazione politica, in ottemperanza alle disposizioni del console della città, si decise temporaneamente di chiudere gli sportelli cli Adalia. ln una lettera del 17 novembre 1921 dell'amministratore delegato Giuseppe Vicentini-Lang indirizzata al ministro degli Affari Esteri Pietro Tornasi Della Torretta, venne espressa l'intenzione e la convenienza «dì chiuderla fra breve definitivamente per ragioni economiche ed anche perché le autorità locali dipendenti dal Governo cli Angora ci hanno fatto finora difficoltà per confermarne l'apertura. Nelle condizioni in cuì si trova, la fi liale in parola non ha possibilità di svolgere un utile lavoro e viene a .rappresentare per noi un elemento di preoccupazione e di spesa>>. 40

AUSSME, E-3 , b. 28, f. 28/6. carteggio trn B~ nco di Roma e autorità m il itari de l Corpo di Spedizione.

'" ASJJR. Fondo BdR, VIJl.3 .2, b . 8. fase .IO, lettera dalla direzione BdR a Costantinopoli Ji .10/20. 42 43

L !aselli, op. eit. , p. 133.

ASBR, Fondo BdR, VlH.3.2, b . 8, rase .IO, lettera del 22/ 10/ 20 de.I BdR al ministero degli Affari Esteri . "L foselli, op. cit., p. J33.

430


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il porto di Adalia

Prima di agire in questo senso, il banchiere chiese l'assenso governativo per la progettata chiusura, «ma se, per ragioni di indole politica, eia noi non completamente apprezzabili, codesto Spett. Dicastero ritenesse oppmtuno che, almeno per qualche tempo ancora, la nostra filiale avesse a rimanere aperta, noi saremmo disposti, nel solo intento di far cosa che riesca a vantaggio della difesa degli interessi italiani in quella regione, a sopportare le non lievi perdite cui siamo soggetti per mantenerla in vita» .45 La Direzione generale affari politici del ministero degli Affari Esteri rispose, chiedendo un ripensamento , con la speranza che gli uffici di Adalia potessero ancora rendersi utili agli interessi italiani. 11 ministero riconobbe che ciò avrebbe comportato sacrifici nonliev.i per l'istituto, ma poiché si aveva fondata speranza dì arrivare a una soddisfacente sistemazione dei rapporti italo-turco-greci in quella regione, la decisione di continuare la presenza in quella città, oltre a dare considerevole vantaggio all'Italia, avrebbe profuso una rinnovata fiducia ciel Paese verso il Banco cli Roma. 1n aggiunta a ciò Tornasi Della Torretta fece anche presente che la definitiva chiusura in quel delicato momento avrebbe avuto un significato cli debolezza politica, che sarebbe stato sfruttato ai danni ciel governo dai partiti all'opposizione. Con questo si precisò pure che cli questi discorsi non si doveva lasciare nulla cli scritto, per ragioni intuitive, <<dato che in Italia non si sa concepire ancora una intima collaborazione fra poteri dello Stato e attività privata per il bene generale» .46 45

ASBR, Fondo BdR, XI.5 .3.3, b. I O, fase. I 33, Jeuera di Vicentin i-Lang al ministero degl i Affari Esteri ( J7/ l 1/2 I).

46 ASBR,Fondo

BdR,XJ.5.3.3 , b. 10 , fasc.1 33,notadel 10/ 12/1 92.1. 431


Le linee di comunicazione intorno ad Adalia 432


L'attività ad A.dalia continuò ancora per un breve periodo. Nel 1922 a fronte della decadenza del trattato di Sèvres, del sovraggiungere della Repubblica di Angora e del ritiro delle truppe italiane dall' Anatolia, la sede di Adalia con le due succursali di Sokia e Scalanova vennero soppresse, mentre le filiali di Costantinopoli e Smirne furono trasformate in società di diritto turco.47

LA FERROVIA PER BAGHDAD E IL BACINO DI ERACLEA

Il problema orientale, oltre alle questioni prettamente territoriali inerenti le zone da concedere come <<mandato» o come possesso effettivo, da suddividere tra le potenze alleate, aveva come elemento aggiuntivo - non meno importante - la decisione sul futuro dei diritti economici che il Reich aveva acquisito con gli anni, per la partecipazione al rilancio finanziario del! 'Impero ottomano . In questo contesto l'oggetto principale su cui si rivolse l'attenzione delle potenze dell'Intesa fu la gestione della Baghdad-Bahn (famosa in Italia come «ferrovia per Baghdad»), che rappresentava l'arteria vitale degli scambi e dei contatti terrestri tra l'Europa e il Medio Oriente. In proporzione Gran Bretagna, Francia, Italia e Grecia avevano interesse a mettere le mani su una parte cli essa, a completamento delle rispettive ambizioni territoriali. Se con la Conferenza di Sanremo e il trattato cli Sèvres l'Italia aveva ottenuto come zona d'influenza tutta la Caria e la Licia, ossia il territorio compreso fra il mare e la linea che da Scalanova si allacciava al Grande Meandro e quindi procedeva parallela alla ferrovia Srnirne-Aidin-Egea per poi tornare al mare presso la foce del ManaugatChai a oriente di Adalia; era pure vero che questa fascia di 600 chilometri cli costa era pi uttosto misera. L'assenza di porti imponeva notevoli investimenti, prima cli poter trarre dalle molte insenature approdi discreti. Nei vari incontri che si erano susseguiti, se i vari governi italiani (a partire da Nitti) erano consapevoli di non poter chiedere oltre e quindi apparvero disinteressati a pretendere il possesso d i un territorio più vasto, si preoccuparono d.i lavorare per una penetrazione economica più efficace grazie a porti e ferrovie, da dove la corrente delle attività commerciali e industriali ital iane potesse flu ire senza intralci, né servitù cli passaggio, né costrizioni e soggezioni di gelosie. Per questi motivi, la delegazione italiana si spese affinché fossero garantite condizioni di uguaglianza, per poter poi farle valere alla pari nel campo di libera concorrenza. Pertanto se si dovevano rispettare i diritti acquisiti prima della guerra dalla Gran Bretagna e dalla Francia, ci si chiedeva perché all'Italia non dovesse essere fatta parte uguale a esse, per ciò che riguardava l'eredità tedesca, ossia per la divisione dei beni, che Berlino possedeva in Turchia. Il maggiore di questi beni ern appunto la Baghdad-Bahn, la grande linea quasi per due terzi compiuta, che una volta completata avrebbe allacciato il Mar di Mam1ara con il Golfo Per,., L. Iaselli, op. cit., p. 134 . 433


sico, il capolavoro dell'espansione deJla Germania in Oriente. La posizione centrale del territorio anatolico poteva rappresentare un grosso vantaggio mercantile come collegamento tra i continenti, assegnando alla fen-ovia un ruolo cardine di espansione e sviluppo conunerciale , anche perché il problema anatolico era nella sostanza tutto ferroviario e portuale. La Baghdad-Bahn coglieva bene le potenzialità. Partiva da Scutari sul Bosforo, scendeva ad Afiun Karaissar, da dove si staccava un tronco gestito dai francesi che andava fino a Smirne, per poi proseguire per Conia e Aclana. Qui i due tronchi scendevano uno su Mersina e l'altro su Alessandretta, i cui porti erano occupati dai francesi. Da Adana proseguiva per Aleppo, Tripoli, Mosul e poi ]ungo il Tigri giungeva a Samara e Baghdad. Di qui passava sulla destra dell'Eufrate, toccava Bassora e arrivava finalmente a Koviet sul Golfo Persico. Era per il momento in esercizio fino a Tripoli e in costruzione sino a Mosul.11 tratto Mosul-Samara era tracciato. In esercizio era l'altro da Samara a Baghdad ed era pure tracciato l'ultimo tratto da Baghdad al Golfo Persico. Gli inglesi si erano allacciati alla Baghdad-Ba/in con una linea che da Smirne per Aidin arrivava a Egerdir. Era evidente come non tutto il tracciato della ferrovia di Baghdad apparisse interessante per l'occupazione italiana, ma ciò non voleva dire che la partecipazione all'eredità totale fosse estranea alle mire di Roma. La fenovia sarebbe potuta servire per negoziare le derivazioni, che apparivano necessarie alla penetrazione, come la Conia-Adalia e la Egerdir-Burclur-Adalia. Allacciando poi Egerclir con Afiun Karaissar si sarebbe avuta la più diretta comunicazione fra il Mar di Marmara e la costa anatolica meridionale. Inoltre in previsione dell'assestamento dell'occupazione, per l'Italia sarebbe stato cli grande urgenza il prolungamento ferroviario Sokia-Scalanova, così da effettuare la prima derivazione fra la Baghdad-Bahn e uno sbocco sul mare in mano italiana. Così agendo, si sarebbe attuata la prima comunicazione, per far scendere dalla valle del Meandro j ricchi prodotti ed effettuare proficui scambi con l'inoltro delle merci in un più vasto mercato di derivazione italiana. Era gioco forza confidare nei più diretti accessi indicati fra la zona assegnata ali ' Italia e la ferrovia cli Baghdad, perché solo questa libera partecipazione al flusso della principale arteria anatolica poteva permettere di resistere alla concorrenza con il minor impiego di ri sorse, in attesa che i frutti dell'imprenditorialità italiana potessero eviclenziarsi.48 Nel trattato finale a Sèvres venne sancito l' Accordo tripartito , ossia il principio di eguaglianza tra gli Alleati per tutta una serie cli diritti e garanzie di natura economica e commerciale. In particolare vennero stabiliti accordi per le fen-ovie anatoliche (articolo 4) cioè la Smirne-Aiclin (inglese), la Smirne-Kasaba (francese), la MersinaTarsùs-Adana, e quella parte della fenovia per Baghdad situata in territorio turco, che sarebbe stata esercitata da una società, il cui capitale doveva essere sottoscritto da investimenti britannici, francesi e italiani. A tali gruppi sarebbero state attribuite quote cli capitale in rappresentanza degli interessi che essi possedevano rispettiva4

s «li Messaggero» del 7/ l/ 1920.

434


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h'da d .Ka~cri Cepp

La ferrovia per Baghdad in territorio anatolico

mente al 1° agosto 1914 sull'intera linea di Baghdad, mentre l'eccedenza (quella ex tedesca, per capirci) doveva essere divisa in parti eguali tra detti gruppi .49 In un avvenire prossimo le potenze contraenti erano d ' accordo dì unificare tutte le reti situate nel territorio che restava ottomano, costituendo una socìefa generale per il loro esercizio, ripartendo i relativi capitali in accordo tra i gruppi interessati. All'Italia era assegnato il territorio compreso nella linea che partiva dalla foce ciel fiume Lama nel golfo di Alessandretta, saliva sulla cresta del Tauro , toccava le porte della Ci licia, risaliva verso Ovest fino alla stazione ferroviaria di Akshehr, eia cui girava verso Nord-ovest fino a Kutaia e procedeva quindi in linea retta lungo la zona degli stretti fino al golfo di Eclremid o Adramyti (l'intera zona chiamata Caramania) . Speciali norme erano infine stabil ite per il bacino carbonifero di Eraclea (articolo 7). Tutte le concessioni di esso, i mezzi di trasporto e cli imbarco relativ i a queste concessioni erano riservati al governo italiano , senza pregiudizio però delle concess ioni g ià accordate o eh ieste da sudditi alleati o neutrali al 30 ottobre 1918 . I diritti cli eser-

,,l tvl. Tosc,mo, li patto di Lmu/ra, op. cit., pp. 206-207. 435


cizio appartenenti a sudditi ottomani potevano essere riscattati a carico dell'esecutivo italiano, d'accordo con quello ottomano.50 A seguito di questi trattati, iI governo di Londra eh iese attraverso le ambasciate in Europa la costituzione dei rispettivi gruppi economici per rendere operativi i diritti commerciali riconosciuti alla Francia, alla Gran Bretagna e all'Italia. La prima era rappresentata dal gruppo fondato sulla Bangue Tmpériale Ottomane, mentre l'Italia aveva costituito un progetto di compartecipazione tra la Banca Commerciale Italiana, la Banca Italiana di Sconto , il Credito Italiano e il Banco di Roma. Per valutare la fattibilità dell'operazione, venne richiesta una riunione orientativa nell 'autunno del l 920 dei tre gruppi nazionali .51 Nel frattempo il 26 giugno a Roma, presso il min istero degli Affari Esteri, si tenne una seduta tra i delegati governativi, i rappresentanti della Banca d'Italia e delle quattro banche italiane coinvolte, dove si deliberò la costituzione di un Consorzio per lo studio e l'eventuale esecuzione nella partecipazione riservata all'Italia nei riguardi della ferrovia per Baghdad e in quelli del bacino carbonifero di Eraclea. Le banche si riservarono di delegare i rappresentanti, per prendere contatti con gli omologhi inglesi e francesi .52 A fronte della firma del trattato di Sèvres, l' 11 agosto a completamento della seduta ciel 26 giugno si riunirono di nuovo le quattro banche, il delegato del ministero del Tesoro e della Banca d'Italia per analizzare i piani governativi in Anatolia sulle ferrovie e sul bacino carbonifero del Mar Nero. Su questa ultima zona erano state date concessioni ai capitali italiani e la Società Terni era una delle rilevatrici cli concessioni delle estrazioni minerarie. Nel dibattito emerse la situazione delle linee ferroviarie turche: esse non erano statali, ma gestite da capitali stranieri, soprattutto tedeschi e francesi e lasciavano scoperte le zone centrai i, Nord-orientale e or.ientale. Poi si passò all'analisi delle condizioni economiche del trattato con la Turchia, con particolare attenzione al passaggio che imponeva al governo ottomano di rilevare le ferrovie tedesche e trasferirle, secondo arbitrato della Società delle Nazioni, a una costituenda società italo-franco britannica.53 In base agli accordi che sì susseguirono dall'autunno, la costituenda società sarebbe stata formata con il capitale dì IOmilioni di franchi francesi, di cui 1/3 per ciascun gruppo nazionale. Il rispettivo italiano doveva poi essere suddiviso in parti uguali tra le quattrn banche. Si chiese alla Banca d'Italia un cambio favorevo le per venire incontro agli istituti italiani .54 50 A.

Giannini , op. cit., pp. 39-41; M. Toscano, Il patio di Londra, op. cit., pp. 210-21 1. ASBR, Fondo BclR, XL 11.10, b. J, fasc.7, lettern 7/7/1920 de Thc British J1alian Corporation Limited e Banco d i Roma. 52 ASBR, Fondo BdR, XU J.10 , b. J, fasc .7, nota del 11/8/1 920. 53 ASBR, Fondo BdR, Xl.1 I.IO, b. J, fosc .7, nota riassuntiva sulla ferrovia e sul bacino di Eraclea. ;, ASBR, Fondo BdR, XI. I 1.10, b. l , rasc.7 , promemoria per il Comitato d irettivo. 51

436


Bernardino Nogara

Il 19 ottobre 1920 a Parigi presso la Bangue I mpĂŠriale Ottomane si tenne una ri unione tra i rappresentanti dei gruppi nazionali. Gli interessi delle banche italiane erano sostenuti da Bernardino Nogara, che oltre al ruolo di amministratore delegato della SocietĂ Commerciale d'Oriente, aveva dalla sua un'ampia esperienza politica , maturata nel 1914 in qualitĂ di delegato italiano al Consiglio d'amministrazione del de437


bito pubblico ottomano e nel 1919 quale membro delle Commissioni economiche e finanziarie alla conferenza di Parigi.1 francesi chiarirono subito il loro predominio, forti deUa propria precedente partecipazione al 30%, mentre l'Italia era ferma al 2%.55 Il giorno successivo Nogara in una lettera sintetizzò la riunione con gli omologhi stranieri, in particolare sulla diversa interpretazione della componente italo-inglese dell'articolo 4 , dove si determinavano le attribuzioni delle quote di capitale ai gruppi alleati in rappresentanza degli interessi , che essi possedevano al 1° agosto 1914 sull'intera linea cli Baghdad. I francesi pretendevano il 30% dell'intera tratta Conia-Baghdad (1.500 km), indipendentemente dalla sua reale costruzione. Gli italiani e inglesi invece sostenevano che la proporzione si dovesse limitare agli 800 chilometri esistenti all'epoca. Alle condizioni francesi la società non era praticabile, infatti gli inglesi non accettarono la subalternità. Da ciò si anivò alla discordia sui prezzi da pagare. Si chiese l'arbitrato della Società delle Nazioni e ci si lasciò con la richiesta cl i aggiornarsi .56 Altri incontri avvennero il 13 novembre e il 13 dicembre 1920, ma grosso modo rimasero in sospeso le dispute precedenti. Attraverso la difesa di interpretazioni diverse ciel trattato, questa volta in maniera più esplicita, ciascuna delegazione si espresse in favore della difesa dei propri interessi nazionali, che non potevano essere minati. 57 Nel frattempo le banche italiane chiesero e ottennero degli incontri presso il ministero degli Affari Esteri per discutere circa la ferrovia e a proposito delle miniere del bacino di Eraclea, importante per gli interessi italiani, così da avere una deliberazione chiara per il delegato diplomatico Nogara. La prima riunione avvenne il 29 novembre, una seconda il 5 gennaio 1921. Erano presenti: per il governo i dir.igenti ministeriali Salvatore Contarini, Mario Lago , Bonifacio Ciancarelli, Raffaele Guariglia; per la Banca Italiana dì Sconto il consigliere delegato Angelo Pogliani; per il Credito Italiano il direttore centrale Mario Rossello e poi il delegato Lattes; per il Banco di Roma il delegato Capelli, per la Banca Commerciale l'amministratore delegato Pietro Fenoglio e per la Banca Commerciale d'Oriente lo stesso Nogara. In queste riunioni il consorzio delle banche, nell'analisi economico-finanziaria del progetto di acquisto ed esercizio della ferrovia, chiese con insistenza al governo di accordare garanzie finanziarie e a concedere esenzioni fiscali per partecipare al1'operazione, che pesava sull 'Italia 1/3 del totale , quindi circa 3,3 milioni di franchi frances i.58 I responsabili ministeriali si mostrarono indispobili a impegnarsi così a

55

ASBR, Fondo BdR, XI. I I .I O, b . I. rasc.7 , verbale (in fra ncese) della riun ione tenutas i presso la Banquc lmpetfa le Ottomane il 19/10/20. ;,, ASBR, Fondo BdR , XI. I 1.1 0, b. I , fasc.7 , lettera cli Nogarn a Vicentini del 20/10i20 in cui si ntetizza la riunione precedente s; ASBR , Fondo BctR, Xl.11 .1 0, b. I, fasc.7, notc1 verbale sulla f'errovia tedesca in Anatoli a. Paris 10/11/20 e lene ra di Nogara a Vicentin i 13/11/20. ;g ASBR, Fondo BdR, VIJJ.3.2, b. 8, rasc.10, verbale riunione al ministero degli Affari Esteri del 29/ 11/20.

438


fondo, considerato il riflusso politico per le missioni ali' estero e il ripensamento sulle ragioni della presenza italiana in Anatolia, come si stava delineando alla fine del 1920. Con questi presupposti Lattes pose l'accento sul grave impegno , che ci si apprestava a compiere nella società di acquisto della fenovia e in quella per la costruzione dei nuovi tronconi . Ripropose nuovamente la richiesta per un cambio agevolato, anche sulla parte iniziale della somma da stanziare, non essendo il Credito Italiano intenzionato a ulteriori aumenti cli capitale. Il ministro consigliò di non sollevare ulteriori condizioni; del resto anche senza il Credito Italiano la società si sarebbe compiuta lo stesso . Tuttavia il delegato del Banco di Roma sollevò la questione dell'interesse nazionale.L'istituto capitolino avrebbe accettato l'operazione solo se le quattro banche avessero collaborato insieme, accettando i medesimi rischi. Si rinviò la decisione al 25 gennaio, in attesa di chiarimenti sulle rispettive posizioni , ciascuno presso il proprio consiglio d'amministrazione.59 Tra i consiglieri del Banco di Roma emerse scetticismo verso l'operazione, che per il momento si prospettava onerosa e complicata. L'istituto aveva dato la sua adesione all'opera, solo perché ritenuta d'interesse nazionale e desiderando con ciò dare la propria solidarietà nazionale alla politica estera del governo, contribuendo alla riuscita dell'iniziativa con una propria organizzazione finan ziaria. Per questo motivo , se tra le altre banche qualcuno avesse mosso delle riserve sostanziali, il Banco di Roma avrebbe ribadito come nessun vantaggio personale lo legava ad assumersi impegni così gravosi in Anatolia, avendo interessi più immediati e soluzioni più urgenti. Vista la situazione ad alto rischio, il cambio svantaggioso e la necessità cli pagare in oro, il consiglio d'amministrazione romano si mantenne scettico, chiedendo l'aiuto del governo , trattandosi di interesse nazionale.60 Se in seno alle società itali ane emergevano queste preoccupazioni, finalmente nella riunione ciel 19 febbraio 1921 si costituì a Parigi presso la Banque Impériale Ottomane il "Synclicat Tripartite d'etude pour les chemins de fer de Turquie et d 'Asie", che si sarebbe occupato degli studi e delle analisi per i progetti. Il capitale iniziale venne fissato in 390.000 franchi. Per la sua parte il Banco di Roma pagèl alla Commerciale d'Oriente 6.315,60 franchi per l'anticipo sostenuto .61 Nel frattempo l'avanzata cli Kemal faceva il suo corso e gli ambienti econom ici in stretta collaborazione con il governo compresero che .il trattato di Sévres doveva essere inevitabilmente rivisto, prima che crollasse insieme al residuale potere cli Costantinopoli. Del resto le clausole dell'Accordo tripartito a vantaggio dell'Italia stavano rimanendo lettera morta e la politica britannica tendeva sempre a concedere il minimo indispensabile al governo cli Roma. Nel tentativo di rinegoziare le concessioni e i diritti acquisiti, un "progetto intermedio" era oggetto cli un nuovo trattato fra l'lta-

5' 6" 6

'

ASl/R,l'ondo BdR, XLI I.IO , b. I ,fosc.7 , riun ione agli Esteri 5/1/2 1. ASl/R, Fondo BdR, XLI I.IO , b. I, fosc.7. ASl/R, Fondo BdR, XL li . IO, b. I , fosc.7, riunione del I 9/2/21.

439


lia e la Sublime Porta ai primi di marzo del 1922. ln esso il governo ottomano si trovava a dover accogliere una serie di richieste, presentate dai gruppi industriali e finanziari italiani, i cosidetti "padroni del vapore":

sfruttamento delle miniere di carbone di Eraclea; creazione di una centrale elettrica nel bacino di Eraclea e trasporto dell'energia fino a Costantinopoli; ricerche petrolifere ed eventuale sfruttamento nelle regioni di Van e di Erzerum con diritto di costruire un oleodotto jlno al Mar Nero; costruzione ed eventuale sfruttamento di alcun.i tronchi.ferroviari (Afiun Karaissar -Kutaia; Conia-Lago di Beysehir; Selejke-Karaman; Burdur-Adalia; A1uglaMacri; Kayseri-Eregli; Aidin-Kuluk; Bolu-Eregli); - progettazione e lavori per le opere di irrigazione della valle del Meandro; sfruttamento delle miniere di piombo e di argento di Bulghar Dagh; sfruttamento dei pozzi petroliferi di Bitlis. La risposta del gran vizir Ìzzet pascià riduceva le richieste. Veniva eliminato lo sfruttamento dei pozzi petroliferi e veniva dimezzato il numero dei tronchi ferroviari ri servati. Per il governo della Sublime Porta rimaneva inteso che, solo la firma del vigente governo legittimo di Costantinopoli avrebbe avuto valore sulle clausole sottoscritte . Tuttavia, in attesa di un accettazione bilaterale delle rispettive condizioni, l'Italia continuò nella sua opera diplomatica anche con il governo di Angora. Il ministro kemalista Djelal Edd.in Arif si trovò fa vorevole a concedere , per l'avvenire , un diritto dì prelazione ali 'Italia, a condizione che le sue truppe avessero abbandonato l'Anatolia il prima possibile. In particolare Nogara presentò anche al ministro kemalista degli Affari Esteri Yusuf Kemal la stessa lista originale presentata in precedenza a Ìzzet pascià, sperando di spuntare quello che Costantinopoli aveva rifiutato. L' impossibilità politica cli evacuare subito le ultime truppe dall'Anatolia era tuttavia un veto invalicabile e alla fine si tornò a caldeggiare l'accordo con il governo del Sultano.1116 aprile 1922 fu firmato quindi l'accordo economico tra il ministro italiano a Costantinopoli Garroni e izzet pascià, ma esso presto si rileverà inattuabile.62 La nuova Repubblica d ' Anatolia portò alla graduale nazionalizzazione delle ferrovie con il relativo fallimento di ogni progetto cli sfruttamento economico da parte dell'Italia. In particolare nel documento della pace di Losanna ciel 24 giugno .l.923, l'articolo 7 del Protocol relatifà certain.es concessions accordées dans !'Empire ottoman et déclaration sanzionava la decadenza di ogni singolo accordo, firmato da Costantinopoli, raggiunto nel periodo intercorso tra l'armistizio di Muclros e l 'abolizione del sultanato e alla deposizione del sovrano Mehmed VI: 62

440

M. Piziigallo, op. cit., pp. 66-74.


Les accords intervenus entre le 30 octohre 1918 et le I er novembre 1922 entre le Governement ottoman et les bénéficiaires des contrats et concessions visés à l 'article I , ainsi que les contrats entre particuliers, comportan.t transfert de concession, conclus pendant celte periode, demeureront en vigueur jusqu'à ce qu'ils aient reçu l'approbation du Governement ture [ .. .].63 «Gli accordi raggiunti tra il 30 ottobre I 919 e il l O novembre 1922 tra il Governo ottomano e j beneficiari dei contratti e delle concessioni espressi ali 'articolo I, in aggiunta ai contratti tra privati, inerenti cessione di concessioni, conclusi in questo periodo , decadono nella loro validità fi no a quando non abbiano ricevuto l'approvazione ciel Governo turco>> [T.d .a.].

In questo modo il nuovo Stato fondato da Atati.irk non aveva riconquistato solo l'autonomia politica, ma avviava un forte nazionalismo che tutto avrebbe abbracciato e diretto, annullando le precedenti soggezioni e imposizioni straniere dovute alle pesanti Capitolazioni prima e alla dura sconfitta militare del 1918 dopo.

63

A. Giannini, Tralf(lli e C1ccordi per l ' Orie111e Medi1err(l11eo . Collei.ioni de i trattati di pace, Roma 1923. p. 242. 44 1


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Capitolo Decimo Le uniformi del Corpo di Spedizione

L'unifo1111e militare ha svolto, nel corso dei secoli, diverse funzioni: è servita come pesante e valida protezione negli scontri ravvicinati, come identificazione delle forze in campo durante un combattimento, come senso di appartenenza all'esercito e alla propria Nazione , spesso anche per impone visivamente la superiorità e incutere terrore sugli avversari . Per U tipo di battaglie che si svolsero fino al termine dell'Età moderna, in cui si r iteneva piìl importante l' identificazione del compagno tra i fumi delle polveri da sparo rispetto a fattori di mimetismo , fu poco avvertita la necessità cli rendere il corredo ciel soldato rispondente alle esigenze di particolari compiti o alle condizioni ambientai i e natural i. Ecco quindi l'abbondanza di policromie ed elementi decorativi: uniformi rosse a bande trasversali bianche, pantaloni rossi e gialli, distinti vi argentati su caschi e copricapi poligonali , fasce bianche omerali, pendagli, stendardi e pennacchi colorati. Solo gli scontri nel continente Nord-americano avevano visto nel Settecento, l'adozione cli tenute meno vistose con tonalità più vicine al contesto circostante, con giacche sfrangiate, più simi li a quelle degli esploratori e dei cacciatori, con la finalità di adattarsi al ti P,o di g uerra, che si sviluppava in veloci colpi di mano e assalti improvvisi con successive fughe nella foresta. Nello stesso periodo però in Europa i combattimenti avvenivano ancora nel modo "classico" e quindi non si trovò motivo per abbandonare il tipico stile sgargiante, che dava lustro e prestigio agli eserciti schierati, amplificando il numero e la potenza realmente disponibile. Solo con il successivo abbandono della tattica dello scontro frontale in fi le serrate su campo aperto, ancora cli moda in periodo rivoluzionario e napoleonico, si iniziò a studiare divise calde per l' inverno , fresche d'estate, resistenti e soprattutto non troppo vistcise. L'esigenza di mimetizzare il soldato si presentò in maniera rilevante nelle guerre coloniali, quando gli eserciti europei dovettero affrontare un nemico che, allo scontro in campo aperto, preferiva l'attacco fulmineo e il diretto "corpo a corpo" nel quale era esperto. All'esibizione palese si venne a sostituire la necessità di dissimulare, di confondere, di prendere di sorpresa il nemico. Nelle imboscate il colore sgargiante cieli 'uniforme infatti rendeva il soldato di facile individuazione e per questo in posi zione cli svantaggio. Per primi se ne accorsero gli inglesi, durante le campagne in Afghanistan e in India, che senza seguire direttive ufficiali, in maniera "fuori ordinanza" arrivarono alla tenuta khaki Holland, dando vita alla prima uniforme "mimetica", in breve adottata in tutto il mondo per le truppe coloniali, che oltre al fattore puramente cromatico, che meglio si adattava all'ambiente circostante, aveva le caratteristiche di comodità, freschezza e praticità. 443


Nei primi quindici anni del Novecento, imitando il khaki degli inglesi e ilfeldgrau usato dai tedesch i, quasi tutti gli eserciti europei avevano via via modificato le proprie uniformi. Ultimi a comprendere l' utilità pratica di questi mutamenti furono i francesi, convinti che le loro uniformi con kepi e pantaloni rossi , g iacca e cappotto blu fossero la quintessenza ciel carattere gallico . Forti polemiche si accesero in ambito politico e sociale sulla possibilità di adottare tonali tà più spente per le uniformi o addirittura quando si pensò sin dal1 ' inizio della guerra di imitare i tedeschi con un elmetto protettivo . Il Pickelhaube , benché ancora insufficiente per il tipo cli guerra appena iniziata, rappresentava almeno una prima difesa, se si considerava che per l'adozione dell'elmetto metall ico di colore bleu horizon modello Adrian i francesi dovranno attendere il settembre del 1915, dopo oltre un anno di intensi e cruenti combattimenti in trincea. Anche l'Italia, dopo l'esperimento del bianco in colonia, che però rappresentava un facile bersaglio , sopratutto per gli ufficiali, adottò la tenuta kaki. Per quanto riguardava il corredo metropolitano, l'analisi degli avvenimenti bellici degli altri eserciti e le relativi carneficine, provocate dalla potenza e precisione di fuoco delle nuove armi automatiche, portò allo studio , alla sperimentazione e all'adozione di tenute grigie e grigioverdi , che meglio si adattassero al tipo cli combattimento ormai dilagante, per il quale la tenuta turchina e i vistosi distintivi erano evidentemente inappropriati . Durante la Grande Guerra essi vennero abbandonati , fissando invece nell 'immaginario collettivo il soldato vestito cli grigioverde con in testa l'elmetto Adrian, che in pochi anni divenne il simbolo per antonomasia del combattente clel1 'Intesa. L Ecco quindi che il soldato ital iano nel 1919, quando venne inviato in Turchia, era vestito di grigioverde, uniforme adatta agli aspri crinali alpini e «efficace e superiore per stessa ammissione degli austriaci al colore hechtgrau»,2 ma non del tutto idonea per una realtà geograficamente diversa come quella anatolica, in una missione in cui il fattore di rappresentanza in contesto internazionale non era certo secondario a quello prettamente militare. Nel febbraio 1919 clall' Alto commissariato italiano cli Costantinopoli arrivò comunicazione che i militari avevano u na disciplina e uno stile non consono al ruolo ricoperto in territorio straniero. In paiticolare, a seguito cli sollecitazioni cli vari'ufficiali superiori e alleati, si rimproverava che alcuni militari cli truppa circolavano per la città senza mantellina o cappotto, nonostante il rigore della stagione, destando pietà nei passanti, che invece vedevano gli ufficiali ben coperti da buoni soprabiti. A ciò si aggiungeva che, per ripararsi dal freddo, i militari italiani erano soliti tenere le mani in tasca e calcare il berretto sino a sformarlo, con relativo danno per il prestigio personale e nazionale. A ciò si aggiungeva anche il fatto, che molti d i essi andavano in giro disarmati. ' Sull'evoluzione del mi metismo si veda A. Viotti, L'uniforme grig io-verde ( 1909-1918), USSME, Roma 1994, pp. 7- 16 e F. Cappellano - M. Leonardi - D . Zendri, fo visibili al nemico. li mimelismo nelle uniformi del Novecen/o,

Museo Storico Ital iano del.la Guerra, Rovereto 2004, pp. ll- 14 . 41°. Cappellano- M. Leonarcli - D . Zenclri , op. cit., p. 13.

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l 'uniforrne de/ fa nte italiano nella Prima guerra mondiale 445


Era la completa sconfitta di Sforza e della sua politica dell'immagine, che intendeva dare concretezza e credibilità all'azione diplomatica italiana: «pochi, malpagati, malvestiti e cli bassa statura, i poveri carabinieri italiani sono benvoluti dai turchi, ma sfigurano cli fronte alle sgargianti truppe mandate da britannici e francesi. Tnostri ufficiali cercano cli non farsi trovare dai loro colleghi stranieri per non farsi coinvolgere in spese troppo onerose» .3 La situazione appariva quanto meno drammatica, una vera umilìazi.one, come ebbe a commentare Francesco Bianco in un suo articolo pubblicato su «La Tribuna>> ciel 27 maggio 1919. Come provvedimento, venne disposto che i militari fuori dagli accantonamenti, per qualsiasi motivo , fossero armati della sciabola-baionetta, che indossassero sempre l'elmetto (tranne per i servizi di. corvè, in cui esso risultasse d'ingombro) e che avessero sempre soprabiti adeguati. In questo modo si sarebbe evitato che possibili passanti potessero ritenere che l'Italia non avesse abbastanza mezzi per vestire in modo idoneo i suoi soldati. Venne fatto però presente che il copricapo d'ordinanza per la libera uscita era il berretto e non l'elmetto e che nessun militare straniero usava l'elmetto, quando usciva per diporto. Saputo ciò, a variazione di quanto ord inato, nella comunicazione al III battaglione ciel 62° reggimento fanteria, questo correttivo venne abbandonato .4 Il comandante del battaglione in servizio a Costantinopoli, però, aggiunse come i cappotti in dotazione per taglio, foggia e dimensione erano tali, che, se portati per diporto, potevano suscitare «vera e propria compassione>>, avendo le maniche 25 centimetri più lunghe del necessario, l'attacco delle spalle all'altezza dei gomiti e capienza per contenere sotto giberne e tascapane. Provvedimenti sui capi in dotazione erano da escludersi per la tassativa disposizione, che vietava la modificazione della foggia degli indumenti militari e per la mancanza di sarti sufficienti e capaci di compiere opera cli arrangiamento. Per quanto invece riguardava i benetti, essi erano sgraziati e sformati per costruzione; anche peggio sarebbe stato se si fosse deciso sull'uso degli elmetti, tutti eccessivamente grandi e <<bilancellanti)) sul capo. Venne aggiunto come il battaglione reduce dall'ultima azione interalleata sul fronte macedone, dove bastava le capacità personali per compiere il loro dovere, nella situazione contingente dì Costantinopoli, avrebbe potuto portare al buon esito lénnissione affidata solo con un adeguato equipaggiamento , di cui si era però privi. La truppa, proveniente dalle tende, dormiva ora su pagliericci per terra, impiegata ogni giorno in servizi cli corvè. Essa non poteva in alcun modo trovarsi nelle condizioni di poter rappresentare il soldato italiano per eleganza, come richiesto dal vigente ambiente internazionale, con evidente svilimento della dignità patriottica . Nel tentativo di rendere la situazione almeno più controllabile, venne assicurato il servizio dal 1.4 febbraio di un ufficiale con servizio di pattuglia dalle ore 8 alle 10 :< F. L. Grassi, L'ltalia e la questione turca. op. cit., p. 56. • AUSSME, E-3, b. 7 , r. 7/1 a, chiariinenti tra Ufficio <li. col legamento e Alto commissariato, I0 -12i02/l 9 19 .

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Soldati italiani in marcia con equipaggiamenlo individuale

e½ e dalle 16 alle 20, per prendere provvedimenti disciplinari in caso le direttive inerenti la disciplina militare e l'uniforme fossero disapplicate. Allo stesso tempo dal comandante del battaglione venne inoltrata rich iesta ai reparti di stanza a Salonicco e a Sofia per l'invio di tutta una serie di capi (tra cui mantelline), di articoli di buffetteria e di mostreggiatura, la cui mancanza impediva un'adeguata rappresentanza nella capitale, in particolar modo nei serv.izi d'onore al fianco delle truppe alleate. 5 Infatti persino il generale Jobn Fuller, capo di Stato maggiore del generale Wilson, aveva chiesto che i militari italiani fossero dotati di giberne, quando fossero per strada, per esigenze di ordì ne e di uniformità con i soldati inglesi .6 Se già a Costantinopoli fu necessario l'interessamento per l'abbigliamento del soldato italiano , in particolare in relazione agli omologhi stranieri, per il Corpo di Spedizione in maggio emerse con preoccupazione questo problema, se si pensava che, il soldato italiano ancora indossava la tenuta grigioverde adoperata fino ad allora in guerra. Si era ormai riconosciuto come guesta fosse inadatta a regioni quali l' Anatolia, nelle quali durante l'estate la temperatura raggiungeva i 40 o i 50 gradi. In alternativa la scelta più appropriata era verso una tenuta aperta, che favorisse la traspirazione e un copricapo ampio, meglio se di paglia, che riparasse dai raggi del sole. In proposito si prese in considerazi.o ne la giubba d'ardito e il cappello sul tipo di quello degli ufficiali degli ascari libici, che potevano prestarsi bene alle specifiche esigenze. Vista la situazione , il colore kaki sembrò una soluzione risolutiva, sia per ragion i igieniche e climatiche, ma anche per ragioni estetiche. In aggiunta a questa tenuta defi nibile "estiva", venne studiata l'ipotesi di aggiungerne anche una "invernale", considerato il clima rigido cli alcuni mesi: una giubba più pesante di panno , $

6

AUSS.tv!E, E-3. b. 7 , f. 7/l h,lenera del 3° b~ttaglione del 13/021! 9 19 e di Vitelli del 14/02/1919. AUSStv!E.E-3, b. 7 , r. 7/1 a , norndel 8/02/ 1919. 447


sempre di color kaki , da abbinare a un cappello di feltro. Un elemento non secondario venne riscontrato nel fattore estetico. Difatti il soldato italiano in territorio turco aveva modo di interagire con militari di altri paesi, quali quello francese, inglese, greco e turco , i cui ufficiali apparivano «vestiti meglio de:i nostri». 7 Battistoni espesse il parere di adottare la tenuta kaki, considerato che la divisa grigioverde, rispetto alle altre più curate e confortevoli degli eserciti stranieri, risultava modesta s.ia nel tessuto, sia nella confezione in un contesto, come quello orientale, dove l'esteriorità rappresentava un fattore molto rilevante. Un nuovo tipo di uniforme più elegante e bella avrebbe di sicuro giovato ad aumentare il prestigio cieli 'Italia a carattere internazionale. Ciò aveva particolare valore data la mentalità orientale, che molto si impressionava dell 'esteriorità.8 Tuttavia i problemi logistici e di. comunicazione non si rivelarono secondari. Dopo l'invio in un primo tempo di un migliaio circa di tenute incomplete, non si ebbero altre indicazioni in merito, né altri invii sopraggiunsero. Venne inoltrata quindi la richiesta di completare il fabbisogno di tenute di tela kaki per i militari del Corpo di Spedizione, calcolato in 10.000 completi; mancavano quindi circa ancora 8.500 tenute complete, nonché 10.000 cappelli di cui ancora non era stato inviato nulla. L'urgenza maggiore era per i reparti dislocati nelle zone interne come nella località di Conia. Solo con la divisa "invernale" di panno si sarebbe poteva resistere ai mesi più rigidi , dove il termometro scendeva fino ai 30 gradi sotto zero.9 Ai primi di maggio ciel 19 19 per disposizione di Badoglio, al battaglione speciale per Conia doveva essere modificato l'arn1amento e l'equipaggiamento personale della truppa rispetto a quello in dotazione normale. Al posto degli elmetti metallici dovevano essere distribuiti gli «elmetti africani», in sostituzione cli una camicia cli tela doveva essere distribuita una camicia di lana e in luogo delle mantelline, venivano assegnati pastrani grigioverdi. Tutto il personale doveva avere a disposizione una fascia di lana e farsetti di maglia. L'armamento dei conducenti sarebbe stato costituito dal moschetto e baionetta, invece del tradizionale fucile modello 1891 con baionetta. Gli ufficiali erano autorizzati a portar con loro l'uniforme di tela kaki. Il comandante e il vice comandante cli battaglione dovevano disporre altresì ciascuno di un cavallo di servizio. 10 Un ulteriore problema venne riscontrato , da parte del comando cli Battistoni, riguardo ai disservizi ferroviari in Italia e al pessimo servizio dei piroscafi della Società Puglia. Essa effettuava i collegamenti e creava l'impossibilità di provvedere ai generi di vestiario e di forniture militari, compresi capi di biancheria e maglieria, che in loco erano a esclusivo monopolio cli un'unica ditta , di un certo Alcadeff ,, AUSSME, E-3, b. 6 , f. 6/3 e, leuera d i Bau.istoni del 24/05/1919. ~ AUSS tvlE, E-3, b. 6. f. 6/3 e , teleg ramma di Banistoni a Comando Supremo de l 24/5/ 19 19. '' AUSSME, H-3 , b. 9, f. 9/ L, Servi zi logistici nel Corpo d i Sped izione itali,1110 nel ;vf.edilerraneo ori enta le, magg io 1919 . IO i\OSSME. E-3 , b. 12 , f. 12/2 b. 4<18


•33 Copricapo e mostreggiature del 33° reggimento di fanteria Livorno

di Rodi, che impedendo la concorrenza, imponeva prezzi elevati alle merci, cli cui si necessitava. Per risolvere tale situazione, si propose l'impianto di qualche succursale dell' Unione Militare o in alternativa qualche commercio privato del genere, che potesse anche rappresentare un primo, per quanto modesto, inizio di penetrazione commerciale. Le località consigliate in proposito furono: Adalia, Macri, Scalanova o la stessa Rodi .11 Nel frattempo sia dall'Ufficio ordinamento e mobilitazione, sia dalla Direzione Generale dei servizi logistici amministrativi ai primi di giugno ciel 1919 venne presa in considerazione La richiesta inerente le divise kaki, non solo per i militari del Corpo cli Spedizione, ma per l'intero XII Corpo d'Armata. 12 Emerse in particolare il fattore estetico «in ragion.i dì prestigio verso eserciti alleati», mentre si aggiunse che in ragione de1la pesantezza sia per panno che per il tipo di tela , la tenuta grigioverde e quella kaki risultavano identiche. Secondo la disponibilità dei servizi logistici, si dichiararono utilizzabili i depositi di vestiario della Libia a Napoli, che però sarebbero bastati per forze limitate. Se le esigenze fossero state più ampie, altri ordini ex novo sarebbero risultati più difficoltosi, dovendo in quel caso orientarsi sulle scorte cl i panno e tela grigioverde. 13 In considerazione di ciò il Comando Supremo espresse delle riserve suli 'adozione delle tenute kaki e dopo la decisione cli conservare la tenuta grigioverde, il generale Bongiovanni, d'accordo con la D.G.S.L.A. (Direz ione Generale Servizi Logistici e Amministrativi), avrebbe sperimentato una tenuta grigioverde (di tela e cli panno), una camicia con bavero a cravatta, da potersi adoperare senza giubba e un cappello AUSSME, H-3, b. 6. r. 6/3 a, lettera cli Battistoni al Comando Supremo, 24/0Si 19 l 9. b. 6 , f . 6i3 e, nota di Guzzoni del 9/06 e 1.euera di Mode na ciel 14/06/ 19 I 9. '' AUSSME , E-3, b. 6 , f. 6/3 e, lettera di Modena del 14/06/1919.

11

' 2 AUSSME, E-3,

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all'americana. Solo dopo tale sperimentazione il ministero avrebbe deciso in relazione all'uniforme definitiva per le truppe in Anatolia. 14 Queste reticenze tuttavia portarono anche per gli italiani ad adottare la tenuta kaki . In vista della smobilitazione dal territorio turco, il contingente, che sarebbe rimasto, venne rifornito della nuova uniforme. Per le estati 1920 e 1921 , il generale Porta e il colonnello Fusoni emanarono ordini di servizio in cui nei mesi più caldi i militari per la stagione estiva dovevano fare uso della tenuta kaki «della foggia simile a queIIa dei bersaglieri ciclisti con giubba aperta a bavero rovesciato». I prelevamenti dovevano essere fatti in base alla forza che doveva rimanere a far parte del Corpo di Spedizione a riduzione ultimata, escludendo cioè i reparti che stavano rimpatriando e i militarì delle classi 1897 e 1898. I reparti dislocati in Anatolia avrebbero effettuato i prelevamenti presso i rispettivi comandi di settore: Scalanova, Kuluk e Adalia. I reparti del settore del Dodecaneso li avrebbero effettuati invece presso il magazzino vestiario ed equipaggiamento di. Rodi. Venne fatto divieto assoluto dj consegnare materiale kaki a coloro, che si preparavano al rimpatrio e si richiese la restituzione per tutti coloro che lo avevano ricevuto e che dovevano rientrare in Italia. La tenuta kaki si componeva dei seguenti oggetti: una giubba, un paio di pantatoni corti, un paio di gambali, due cravatte nere, due camicie grigioverde con colletto, un cappello alla boera. I militari di truppa avrebbero portato i distintivi di grado di colore nero sulle maniche della giubba come nella tenuta grigioverde , il cappello alla boera doveva avere sulla parte anteriore e centrale il fregio dell' arma o del corpo cui i militari appartenevano. Sul bavero della giubba non dovevano essere applicate né mostrine né altri distintivi d'arma o corpo, fatta eccezione per i carabinieri che portavano i distintivi per loro stabiliti. Era fatto divieto assoluto di usare promiscuamente capi di corredo di tenute di diverso colore, fatta solo eccezione delle fasce mollettiere per la truppa. I marescialli dovevano portare le controspalline di color kaki con l'applicazione dei distintivi del grado e ciel colore prescritto per la rispettiva arma o corpo. Erano prescritti i bottoni d'osso per la giubba, mentre era lasciata facoltà di portare la canùcia kaki o bianca invece di quella di prescrizione per la truppa e di fare uso fuori servizio del berretto kaki in luogo del cappello. Gli ufficiali dovevano portare i distintivi di grado per essi stabiliti sulle controspalline, che dovevano essere di panno nero, e sul cappello alla boera. In quest'ultimo il distintivo di seta grigioverde era applicato ad angolo come nei cappelli per le truppe da montagna. Fuori servizio era concesso agli ufficiali di far uso della tenuta grigioverde, come pure era data loro facoltà d'indossare di tonalità kaki i pantaloni di tela lunghi, la tenuta di panno e il berretto con i distintivi in metallo bianco o g iallo, a seconda dell'anna o del corpo cui ciascun ufficiale apparteva. In servizio era di pre"' AUSSM E, E-3, b. 4. f. 4/l e, promemoria di Gro~si del 3!07/l9\9. 450


scrizione la tenuta di tela kaki con cappello alla boera. La camicia per gli ufficiali oltre a quella cli prescrizione per la truppa, poteva essere di color kaki o bianca. La cravatta di color nero o kaki. Nella giubba gli ufficiali potevano sostituire i bottoni di osso con quell i .in metallo bianco o giallo a seconda dell'arma o del corpo cui ciascun ufficiale appartiene (facoltà che nel 192 l divenne obbligatoria) . Per gli ufficia li con la tenuta kaki era vietato l'uso dei gambali e delle scarpe nere. Agli ufficiali, eccezione fatta per quelli che dovevano rimpatriare, veniva concessa una volta la distribuzione gratuita degli oggetti del nuovo corredo k aki. Essi potevano prelevare a pagamento una seconda tenuta di tela kaki, i cui prezzi di cessione erano stati fissati dall'amministrazione militare : tela kakì lire 3, 15 al metro; giubba kaki lire 16,80; pantaloni kaki lire 10,80; cappello boera lire 24 ,75; cravatta nera lire 0,80; gambaletti tela kaki lire 7 ,80; camicia flanella lire 28 ,80. 15 Un fatto curioso avvenne nel geannaio del 1921. Arrivarono dall'Italia, provenienti dai depositi dell'Esercito, spedizioni di colli contenenti indumenti militari, ritirati dall' agenzia della Banca Imperiale Ottomana di Aclalia. Dalle informazioni raccolte esse sarebbero state destinate all 'esercito nazionalista turco . Da alcune indagini sì arrivò a identificare quel materiale come proveniente dai magazzini del disciolto campo prigionieri di Busto Arsizio , esuberante all'amministrazione militare e quindi venduto a una ditta turca dalle competenti commissioni dipendenti dal ministero del Tesoro .16 A proposito del contegno e dello stile, F~soni risultò intransigente, in quanto aveva riscontrato com.e i suoi uomini lasciassero molto a desiderare: <<S i porti special.e attenzione sugli automobilisti e sul personale di cucina, sui capelli che ripeto forse per la millesima volta, debbono essere portati corti , sulle giubbe che debbono essere portare sempre abbottonate e munite di gradi e dì stellette, sulle scarpe che non debbono dare l'impressi.one di avere alla nostra dipendenza degli straccioni privi di qualsiasi senso cli amor proprio» . 17 Di conseguenza prescrisse come le mantelline dovessero essere sempre agganciate, i cappotti completamente abbottonati ed entrambi i capi dovevano essere muniti di stellette. Vari mi litari avevano dichiarato di possederne solo un paio, da poter applicare quindi sulla giubba. Si propose quindi di distribuire l'occorrente necessario a completamento del corredo minimo richiesto . 18

15

AUSSME, E-3, b. 17 , fL 17/4 e 17/5, ordini d i servizio sulla tenuta kaki e relative aggiunti e varianti. AUSSME , E-3, b . 18 , f. 18/3, varie co municazioni. J7.AUSSME, E-3, b. 17,f. 17/5 , ordine d i servizio 48. '" AUSSME, E-3,b. 17, f. 17i5 ,ord inccl i servizio 51.

16

451


'


Capitolo Undicesimo Composizione organica e logistica

CORPO DI SPIWfZlONE IN ANATOLIA (MAGGIO - AGOSTO

1919)

La composizione iniziale della 33" Divisione riunitasi a Trieste per lo sbarco in Anatolia fu la seguente: Truppe: Comando 33" Divisione 33" Sezìone Carabinieri Reali 379° Plotone Carabinieri Reali Comando Brigata "Livorno" 33° e 34° Reggimenti Fanteria I Gruppo Bersaglieri Ciclisti , composto dal IV, V e Xll Battaglioni Ciel isti XL Gruppo Artiglieria da Montagna composto dalle 186° , 188° e 190° Batterie Servizi: Comando LII Battaglione Genio Zappatori 70° Compagnia Zappatori del Genio 133° Compagnia Telegrafisti 59" Stazione Radio con 3 Stazioni Radiotelegrafiche Sezione Fotoelettrica 137° Reparto sommeggiato di Sanità 133° Reparto sommeggiato di Sanità 138° Ospedaletto da Campo 33° Sezione Sussistenza Sezione forni (24 forni) LAutogruppo con le 190", 232", 437" , 1013" Autosezioni I frequenti mutamenti di programma e la lunga permanenza a Trieste modificarono la composizione organica del futuro Corpo di Spedizione. Esso giunse in Egeo e in Anatolia in più fasi. Con i piroscafi Palasciano par.tito da Trieste il 26 aprile I 919 alle ore 12 e giunto a Porto Laki (Lero) il 30 aprile ore 9; con il Leopolis e il Gherty partiti da Trieste l' 11 maggio 1919 e giunti a Cos il 15 maggio ore 21; sempre con il Palasciano partito da Trieste 1'8 giugno 1919 e giunto a Rodi il 13 giugno; con il Me11fì e l'Indiana partiti da Trieste il 27 giugno 1919 e giunti a Rodi il I O lugl io; con il Pietro Calvi partito da Brindisi il 28 giugno 1919 e giunto a Scalanova il 30 giugno. 453


Al 31 luglio 1919 con le truppe dell'ex Spedizioni " Rivieri" (Siria e Palestina) il Corpo di Spedizione risultava costituito come di seguito: Truppe: Comando Regio Corpo dì Spedizione (Rodi) Quartier Generale - 33° Autodrappello (Rodi) Comando Carabinieri Reali (Rodi) 33A Sezione Carabinieri Reali (Rodi) 166° Sezione Carabinieri Reali (Rodi) 379° Plotone Carabinieri Reali Comando Brigata "Livorno" 33° Reggimento Fanteria 34° Reggimento Fanteria Sezione Mi tragliat1ici "Colt'' IV Battaglione Bersaglieri Ciclisti II Gruppo Squadrone: 4° e 5° Squadroni del 20° Reggimento "Roma" XL Gruppo Artiglieria da Montagna: 186A, 188A e I 90A batterie Serviz.i: Comando Genio (Rodi) Comando Lll Battaglione Genio 70A Compagnia Zappatori Genio 260A Compagnia Zappatori Genio 262A Compagnia Zappatori Genio 133A Compagnia Telegrafisti ½ Sezione Telegrafisti Spedizione "Rivierì" 7A, 58A e 59A Sezioni Radiotelegrafisti 2 Stazioni Radiotelegrafiche della Regia Marina (Adalia e Rodi) 1A Sezione Fotoelettrica Ufficio Sanità (Rodi) l 18° Ospedaletto da Campo 347° Ospedaletto da Campo 117° Repa1to Sommeggiato 133° Reparto Sommeggiato ½ Sezione Sanità - 1 Reparto Sommeggiato senza numero Ambulatori per la popolazione civile (Bodrurn, Mugla, Marmarizza, Macri, Ada lia) Ufficio Commissariato (Rodi) ½ Sezione Sussistenza del Corpo di Spedizione ''Rivieri" 33A Sezione Sussistenza 454


54" Sezione Forni modello 97 Ufficio Veterinario (Rodi) L Autoreparto 190", 232", 382", 437", 1013" Autosezioni Ufficio Posta Militare 162 (Scalanova) Forza complessiva 10.500 uomini, 1.400 quadrupedi.

CORPO DI SPEDIZIONE ITALIANO NEL l\tfEl>lTERRANEO ORIENTALE (AGOSTO

1919- LUGLIO 1920) Dopo la fusione tra i due distinti precedenti corpi cli spedizione ecco come venne strutturata la composizione organica al l O settembre 1919: Truppe: Comando Corpo di Spedizione Comando Quartier Generale del Corpo di Spedizione Comando Carabinieri Reali Compagnia Carabinieri Reali dell'Anatolia Compagnia Carabinieri Real i Isole Sud Compagnia Carabinieri Reali Isole Nord 379° Plotone Carabinieri Reali Comando Brigata Livorno 33° Reggimento Fanteria 34° Reggimento Fanteria 34° bis Reggimento Fanteria 4° Reggimento Speciale d'Istruzione Sezione Mitragliatrici "Colt'' Comando Battaglioni Bersaglieri XXVI Battaglione Bersaglieri XXXI Battaglione Bersaglieri IV Battaglione Bersaglieri Ciclisti II Gruppo Squadrone Roma (20°) - 4° e 5° Squadroni Plotone Autonomo Cavalleggeri "Piacenza" 40° Gruppo Artiglieria da Montagna 186", 188" , 190" e 46" batterie Circolo Regia Guardia di Finanza 455


Compagnia Regia Guardia di Finanza "Rodi" Compagnia Regia Guardia di Finanza "Cos" Servizi: Comando Genio LII Battaglione Genio Zappatori 70" Compagnia Zappatori Genio 261" Compagnia Zappatori Genio 262" Compagnia Zappatori Genio 133" Compagnia Genio Telegrafisti ½ Compagnia Genio Telegrafisti 7" Sezione Radiotelegrafisti 58" Sezione Radiotelegrafisti 59" Sezione Radiotelegrafisti Stazione Radiotelegrafica della Regia Marina (Ceva) Rodi Stazione Radiotelegrafica della Regia Marina (Kum-Burnù) Rodi Stazione Radiotelegrafica della Regia Marina Adalia l" Sezione Fotoelettrica Autonoma Direzione Sanità ½ 12" Compagnia cli Sanità 118° Ospedaletto eia Campo 347° Ospedaletto da Campo 117° Reparto Sommeggiato 133° Reparto Sommeggiato ½ Sezione Sanità senza numero Ambulatori. per la popolazione civile ad Adalia, Budrum, Mugla, Marmarizza, Macri, Bulclur, Budjak Direzione di Commissariato ½ Sezione Sussistenza del già Corpo di Spedizione "Rivier.i" 33" Sezione Sussistenza ½ I0" Compagnia Sussistenza 54" Sezione Forni modello 97 Sezione staccata cl' Artiglieria Ufficio Veterinario

L Autorepaito 190" Autosezione 456


232" Autosezione 382" Autosezione 437" Autosezione 1013" Autosezione Ufficio Postale civile cli Rodi Colletterie Postali isole dell'Egeo Ufficio Posta Militare 94 Ufficio Posta Militare 162 Ufficio Posta Militare 171 Forza complessiva 11.500 uom ini, 2.000 quadrupedi.

CORPO DI SPEDIZIONE ffALIANO NEL MED'ITERRANEO ORIENTALE

(1921)

Dopo le ripetute riduzioni, al l O gennaio 1921 la composizione del Corpo, il cui comando era stato trasferito nel frattempo a Sokia, era cosĂŹ definita: Comando del Corpo di Spedizione Carabinieri Reali: Compagr1ia "Rodi" Compagnia "Anatolia" Fanteria cli linea: Battaglione "Aclalia" Battaglione "Scalanova" Battaglione "Rodi" Bersaglieri: Compagnia mitragliatrici bersaglieri "Rodi" Cavalleria: V Squadrone " Cavalleggeri cli Roma" Artiglieria: 186" Batteria artiglieria eia montagna 190" Batteria artiglieria eia montagna Genio: 45 7


Comando delle compagnie del genio 70" Compagnia genio zappatori 3" Compagnia genio telegrafisti Guardia di Finanza: Compagnia autonoma del Dodecaneso Elementi naval.i dipendenti dal R. Corpo di Spedizione: Comando superiore navale ciel Doclecaneso Ufficio Marina Servizio sanitari.o: 10" compagnia sanitĂ Infermerie presidiarie: Rodi , Scalanova, Aclalia, Sokia Ambulatori dell'Esercito: Scalanova, Kotscharly, Sokia, Gir-Oba, Marmarizza, Macri, Burdur, Kuluk, Karagatsly Ambulatorio della Marina: Aclalia Magazzino avanzato materiale sanitario Servizio veterinario: Infermerie quadrupedi: Rodi, Scalanova, Adalia

Il forte San Nicola di Rodi 458


Servizi di commissariato: Cassa militare 33A sezione sussistenza Magazzino avanzato deposito e distribuzione derrate Magazzino avanzato foraggio e combustibili Magazzino vestiario e casermaggio Servizio d'artiglieria: Sezione staccata d'artiglieria Servizi del genio: Magazzino materiali vari del genio Uffici postali: n. 115 (Adalia) n. 162 (Scalanova) n. 171 (Smirne) Servizio automobilistico: L Autoreparto Forza effettiva 3.269 uomini, 593 quadrupedi. Il Corpo d.i Spedizione (nelle sue varie denominazioni), oltre alle unità sopra elencate, ebbe alle sue dipendenze disciplinari: le truppe e i servizi del presidio italiano di Costantinopoli dal maggio I 919 al luglio 1920; le truppe e .i servizi ciel Reparto italiano cli Conia dal maggio 1919 al 12 marzo 1920, epoca in cui il reparto stess¡o fu ritirato e fuso con il presidio di Costantinopoli. Per la parte logistica funzionava come base, rifornita dall'Italia, di Rodi e le basi secondarie: Adalia, Kuluk, Scalanova. Da esse partivano le diramazioni a ragnatela per le altre località costiere dell'interno e a partire dalla fusione con il Comando d'occupazione dell'Egeo anche con tutte le isole dell'arcipelago.

BASE DI

Rom

Le tr uppe ciel Corpo di Spedizione in Anatolia partirono da Trieste con al seguito i rifornimenti per il primo periodo di permanenza in Anatolia. Per ordine del Comando Supremo dovevano essere costituiti a Rodi , precedentemente all'arrivo delle truppe stesse, i magazzini base per i vari servizi e per i successivi bisogni del Corpo di Spedizione. 459


MANE

SMfRN·E

Francobolli italiani con timbri postali anatolici

La costituzione dei suddetti magazzini, come da istruzione del Comando Supremo medes imo , fu osservata con molto scrupolo . Il Comando della 33" divisione richiese alla divisione Stato maggiore del ministero della Guerra i mezzi occorrenti ai vari servizi per la vita e il funzionamento delle truppe. La risposta fu di smistare le richieste agli enti, che dovevano provvedere a fornire i mezzi, che, fatti aftluire alla "Delegazione Servizi Libici in Napoli", dovevano proseguire per Rodi dove, a cura del Corpo d'occupazione dell'Egeo, avveniva la costituzione dei magazzini, da appoggiarsi agli organi competenti dei vari servizi, già alle dipendenze per i bisogni delle proprie truppe del citato Corpo d'occupazione. Tale sistema però fu riconosciuto poco adatto alla rapida costituzione dei magazzini . Per i rifornimenti della divisione destinata in Anatolia venne in seguito incaricata l'Intendenza Asia Minore di Taranto. Essa nell'intendimento di costituire nei primi giorni, subito dÒpo l'an-ivo a destinazione, una prima base di sbarco, venne rappresentato il minimo fabbisogno occorrente per la costituzione dei magazzini viveri, vestiario ed equipaggiamento, genio, sanità , a1tiglieria. Per i magazzini viveri erano richieste 60 giornate di viveri, calcolati in base alla forza allora presente di circa 10 .000 uomini e 1.500 quadrupedi. Pur ritenendo possibile sfruttare, per la carne e per la farina, le risorse locali si richiedevano per la costituzione della base 1.000 razioni viveri, comprensiva d i farina e succedanei della carne fresca, per non incorrere in imprudenze logistiche. Da Rodi in data 24 giugno 1919, per la definitiva costituzione cieli a base di Rodi vennero trasmesse alla divisione Stato maggiore del ministero della Guerra alcune richieste di materiali per la realizzazione cli magazzini avanzati cli materiale sanitario, cli 460


artiglieria, cli materiale del genio, per il servizio veterinario, per i servizi automobilistici. Dette rich ieste erano compilate in base ai fabbisogni delle truppe del Corpo di Spedizione, conunisurandoli a un periodo di tempo cli circa tre mesi e tenendo conto delle special i circostanze d'impiego ciel Corpo di Spedizione e delle risorse delle località nelle quali doveva operare. Ben poco venne ricevuto ciel materiale richiesto come sopra eletto, essendo lungo e lento il sistema dell'inoltro dei fabbisogni al ministero della Guen-a. Vennero quindi, in seguito inoltrate con risultati sufficientemente buoni, le 1ichieste per le necessità trimestrali direttamente all'intendenza Asia Minore di Taranto. Con la fusio ne dei due Corpi di Rodi, la maggior parte dei magazzini sottoutilizzati del Corpo d'occupazione dell'Egeo riuscirono a essere sufficienti e adatti alle regolari esigenze delle truppe della nuova unità unificata. Le richieste pervenivano a Rodi dai vari. presidi e distaccamenti e poi venivano inoltrate a Taranto, come da accordi con il ministero della Guerra.

FuNZIONAMENTO DEI VARI SERVIZI

Il comando de] genio si stabi lì a Rodi. In via di costituzione nella primavera del 1919, ma già in funzione con i materiali portati al seguito delle truppe, venne istallato un magazzino avanzato di base per i materiali occorrenti. Nei compiti speciali, cui doveva ottenere il servizio ciel genio, emersero molti problemi, in parte risolti e in parte, la maggiore, rimasta insoluta, per la non pronta disponibilità di mater.iali, i quali sarebbero dovuti trovarsi sul. posto e in local ità abbastanza prossima alle località cl' impiego. L'attività del servizio del genio nei presidi ciel Dodecaneso , da lungo tempo presidiati dalle truppe italiane, si ] imitava fino ad allora a mantenere in efficienza ciò che già esisteva, nell'Anatolia invece esso doveva garantire la vita delle truppe, che da poco la presidiavano, ed essere perciò alacre, ininterrotta, intelligente e di sussidio anche al funzioname nto degli altri servizi logistici del Corpo di Spedizione. I corpi e i r eparti, dislocati per esigenze militar.i cli occupazione in una vasta regione , in presidi privi di buone vie cli comunicazioni con le basi cli r.ifornimento, di alloggiamenti, di collegamenti, tutti infestati dalla malaria, richiesero pronti e adatti provvedimenti. Ciononostante il servizio del genio, nonché quelli dei corpi tecnici, diedero iniziò con sollecitudine, studiando numerosi lavori fra cui essenzialmente ì seguenti: Baraccamenti: dopo lo sbarco in Anatolia le truppe, anche nelle località più importanti (Adalia, Milas, Mugla , Scalanova, Sokia) trovarono scarsi e poco adatti alloggiamenti. La gran parte di esse rimase attendata, in parte malamente accantonata in locali in affitto oppure pubblici , che dovevasi comunque nel breve periodo restituire. L'attendamento s.i prestava poco alla difesa dalla malaria. Si provvide quindi all'impianto delle poche baracche smontabili, già al seguito delle truppe e se ne 46 1


L'arcipelago italiano nell'Egeo

richiesero altre dall'Italia. Si iniziò l'acquisto sul posto di materiali da costruzione. I lavori per la messa in opera dei baraccamenti, data la loro mole, benché avviati con febril ità, andarono per la mancanza di materiali molto a rilento. Era questa la principale ragione per cui le truppe giunte in Anatolia in piena estate, furono decimate dalla malaria e pochi militari ne rimasero incolumi. Anche la sistemazione di tutti gli stabilimenti sanitari di cura per la deficienza di locali richiesero l'opera del genio con conside revoli e accurati lavori di adattamento per la costruzione di baraccamenti. , Problemi analoghi vi furono per le attrezzatura d'ufficio e per l'arredo. Vennero richiesti mobili per gli alloggi ufficiali, l'an edamento per gli uffici dei comandi di presidio e delle istituende residenze. Non potendo acquistare sul luogo, era necessario mandare dall'Italia tutto l'occorrente a partire dai tavoli , le sedie, gli scaffal i e tutti i suppellettivi elementari, nonché gli altri elementi basilari , come materassi per la truppa e vasche da bagno con docce per ufficiali, ritenute necessarie per l'igiene e per la pulizia. L'arredamento degli uffici doveva essere, se non elegante, per lo meno decoroso. Tutto ciò rappresentava una necessità veramente sentita, essendo nelle condizioni presenti dannoso al prestigio il fatto che i comand i erano costretti a ricevere le autorità greche, turche o di altre nazionalità in uffici arredati con mobili improv462


visati, con casse ad uso alimentare o con pezzi di legno squadrati alla meglio, sostituendo alle seggiole cassa per le munizioni. Lavori stradali: la dislocazione delle truppe nei numerosi presidi occupati del!' Anatolia portò a dover provvedere al riattamento, alla sistemazione e ali' organizzazione ciel servizio di manutenzione della rete stradale per lo sviluppo di numerose centinaia di chilometri. Sì provvide ai lavori su tutte le vie cli comunicazione solo per quanto era necessario ad assicurare il rifornimento delle truppe. Anche per i motivi politici, affidati al Corpo di Spedizione, nell'intento di facilitare la penetrazione economica italiana della regione si effettuarono lavori di una certa importanza sulle principali rotabili: Adalia-Buldur, Mugla-GirOva-Marmarizza, Kuluk-Milas, MilasEghissar-Giroba. Lavori idr.icì: si provvide al ripristino di acquedotti caduti per mancanza di manutenzione, alla r.iparazione di cisterne, alla sistemazione di fontanili, a miglioramenti di conduttura, a qualche piccolo lavoro di bonifica. In tutti i presidi venne assicurata la fornitura cli acqua potabile. Lavori idrici di una certa importanza e di utilità anche per la popolazione civile si iniziarono ad Adalia, Macri, Kuluk, Bodrum, Milas, Giroba, Scalanova e Sokia. Lavori per la difesa malarica: la stagione malarica del 1919 fu deleteria per le truppe che vennero a trovarsi nelle zone più malsane, prive dì alloggiamenti adatti a una difesa collettiva dalla malaria. Iniziata e a buon punto fu invece la costruzione dei baraccamenti, per la stagione malarica del 1920. Il comando ciel Corpo in gennaio prospettò ai vertici ciel genio il problema dell'esecuzione dei lavori per la più rigorosa protezione meccanica collettiva e di tutti gli alloggiamenti delle truppe dislocate in Anatolia. Il comando del genio trasmise il progetto dei lavori e copia delle disposizioni date per l'esecuzione . Collegamenti radiotelegrafici: le linee di comunicazione tra i vari comandi e uffici vennero assi.curate. Furono fatte istallazione di stazione rad iotelegrafiche a Rodi (Trianda), Aclalia-Buldur, Makri, Mugla, Milas, Scalanova, Sokia; istallazioni di linee telefoniche volandi e semipermanenti su linee telegrafiche turche già esistenti fra le località con presidi rilevanti. Negli altri casi si usufruì delle linee telegrafiche turche. Si eseguirono per queste linee lavori di ripristino e vennero forniti materiali per la manutenzione. Si assegnarono militari italiani, capaci cli adoperare gli apparecchi a udito usat i dagli uffici telegrafici turchi come a Budrum e a Marmarìzza per il rispettivo collegamento con Milas e Mugla, allegati, a loro volta , con Rodi a mezzo cli radiotelegrafica. Il comando del Corpo di Spedizione era collegato con l'Italia-Costantinopoli-Smirne a mezzo di radiotelegrafica. Per le numerose comunicazioni, oltre a l'uso della stazione radiotelegrafica della Marina già esistente 463


a Rodi (Kum-Burnu), si usufruì del cavo della società inglese "Eastern"; con Atene a mezzo del cavo della società "Eastern"; con Conia a mezzo cli radiotelegrafica , trasmettendo i clispacc.i attraverso la stazione radiotelegrafica cli Aclalia; con i maggiori presidi cli occupazione cieli' Anatolia, tra cui i comandi dei tre settori (Aclalia, Scalanova, Milas) a mezzo radiotelegrafica. Funzionava a Rodi la centrale, istallata presso il comando, e la stazione radiotelegrafica cli Triancla, che permetteva la comunicazione con tutti gli altri uffici. Sanità: vi era un ufficio centrale e un magazzino avanzato sanitario a Rodi. Per le cattive condizioni cli alloggiamento e per la malaria che colpiva le truppe di tutti i presidi, pur assoggettate sin dalla permanenza a Trieste da un'ininterrotta cura chininica, il numero degli ammalati bisognosi di ricovero ospedaliero era ovunque rilevante. Gli stabilimenti sanitari regolamentari e occasionali funzionavano egregiamente oltre la propria capacità di posti letto. Oltre a piccole infermerie di presidio, esistevano i seguenti stabilimenti cli cura in funzione: mezza sezione sanità ad Adalia, il 118° ospedaletto da campo a Milas, il 117° reparto sommeggiato a Giro ba, il 113° reparto sommeggiato a Scalanova, il 347° ospeclaletto da campo a Rodi. Queste strutture funzionavano da stabilimenti di raccolta malati. Lo sgombero degli ammalat.i in Italia avveniva regolarmente, dietro richiesta ciel governo, con apposita nave ospedale. Ambulatori: per la cura degli ab.itanti che ne avessero bisogno e che facessero richi.esta erano istituiti diversi ambulatori medici. Alcuni cli essi si trovavano già in funzione all'atto dello sbarco delle truppe. L'opera degli ambulatori riusciva di molto utile e preziosa alla popolazione civile e acquistava simpatia ali 'Italia. Gli ambulatori, che funzionavano nel periodo considerato, erano quelli cli Bodrum, Mugla, Marmar.izza, Makri e Adalia. Il movimento medio mensile degli ammalati era di oltre 4.500 unità. Commissariato: il servizio di vettovagliamento delle truppe era ass.icurato con i seguenti stabilimenti cli sussisenza. Magazzino derrate di Rodi, rifornito dall'Italia, quelli di Adalia, di Kuluk e cli Scalanova, riforniti a loro,volta eia Rodi, e gli altri minori, riforniti da quello principale più vicino. Lo sfrnttarnento delle risorse locali era solo in parte possibile e venne effettuato per il completo fabbisogno di carne fresca e in gran parte per la farina. La confezione del pane in quasi tutti i presidi era eseguita sul posto e con contratti stipulati con fornai indigeni e adibendo militari della special ità e impiegando , in presidi cli forza rilevante i forn i della 54A sezione modello 97 , dislocati 6 nel settore di Adalia, 6 nel settore di M ilas e 12 nel settore cli Scalanova. Il rifornimento del magazzino derrate di Rodi venne assicurato con richiesta fatta periodicamente e tempestivamente all'Intendenza Asia Minore e a mezzo piroscafi noleggiati. Il rifornimento di derrate e foraggi per i magazzini dell'aliquota sussistenza e dei presidi costieri venne 464


assicurata con linee di navigazione serviti da piroscafi noleggiati e messi a disposizione dalla Marina . Il vestiario era distribuito dal magazzino di Rodi, che riceveva rifornimento da Taranto. TI servizio cassa era quello ciel Corpo a Rodi, operante in valuta cartacea italiana , disponendo in casi opportuni di valuta aurea in giacenza. Amministrazione: le truppe del Corpo di Spedizione avevano diritto alle identiche competenze fissate per le truppe in zona di operazione, da pagarsi in valuta cartacea italiana senza alcun aggio. In seguito a proposta del comando del Corpo cli Spedizione, il Comando Supremo il 24 luglio 191 9 concesse per i servizi isolati , eseguiti da ufficiali in Anatolia, le seguenti indennitĂ di missione da pagarsi in valuta italiana con l'aggiunta dell'aggio in oro: ufficiali generali lire 100, ufficiali superiori lire 80, capitani lire 65, subalterni lire 50. Spettanze alimentari: secondo quanto fissato il 29 maggio 1919, le razione viveri per le truppe ciel Corpo di Spedizione erano le seguenti:

Pane 700 grammi; Carne fresca tra: bovini italiani 200 grammi bovini indigeni 250 grammi bovini indigeni 200 grammi con l'aggiunta di 50 grammi di legumi secchi o di 100 grammi di patate ovini o caprini 315 grammi ovini o caprini 250 grammi con l'aggiunta di 50 granuni di legumi secchi o di 700 grammi di patate baccalà 150 grammi carne americana in scatola 175 grammi circa (4 razioni per scatola) salmone 195 grammi circa (2 razioni per scatola) scatolette carne e conserva di produzione nazionale l per convivente; Pasta 780 grammi Riso 150 grammi Legumi secchi 50 grammi oppure Patate .700 grammi Caffè 12 grammi 465


Zucchero 20 grammi Vino 25 centilitri Condimento preparato i razione Formaggio grattugiato 10 grammi Nell'applicazione della razione viveri di cui sopra erano osservate le seguenti disposizioni: Carne fi·esca : il numero delle distribuzioni settimanali di carne fresca sarà subordinato alla disponibilità di carne su piede. Però non potranno e.ffettuarsi più di tre distribuzioni settimanali di carne fì'esca qualora questa sia ottenuta esclusivamente da bovini italiani . Succedanei della carne jì·esca: quando sia possibile la distribuzione di succedanei della carne fresca dovranno essere almeno tre per settimana. ln tali distribuzioni i corpi e reparti avranno diritto in più del!' ordinario e competenze: per le consumazioni di baccalà a grammi 30 di olio e a una quota condimento di 7 centilitri per convivente a rancio; per le consumazioni di salmone, grammi 15 di olio per convivente a rancio; scatolette di carne in coserva: l'uso delle scatolette di carne in conserva di produzione nazionale dovrà fino a esaurimento del fondo di carne americana in scatola, essere limitato ai casi di assoluta necessità. La pasta sarà distribuita quattro volte a settimana e il riso tre. Quando non sia possibile avere le competenze di legumi secchi e patate, la razione di pasta e di riso sarà composta rispettivamente di 200 e di 180 grammi. Il caffè sarà distribuito un.a volta al giorno. ll vino sarà distribuito possibilmente tutti i giorni. Per il formaggio grattugiato saranno effettuate tre distribuzioni alla settimana. l presidi minori acquisteranno sul posto tale genere di condimento . Condimento preparato non meno di 15 distribuzioni mensili. I presidi che non riuscissero a procurarsi dal commercio i generi di condimento fresco (pomodori, verdure, ecc.) potranno effettuare tutti i giorni distribuzioni di condimento preparato. 1

'AUSSME, E-3, b. 9, Servizio di vitto del 29/5/1919.

466


Conclusioni

Completata l'analisi sui vari aspetti militari, politici ed economici inerenti le ambizioni italiane in Turchia, si può quindi fare un bilancio della presenza del Corpo di Spedizione in Anatolia. La Grande Guerra con i suoi malcelati propositi imperialistici e coloniali aveva spinto l'ambiziosa Italia verso importanti porzioni cieli' Asia Minore con l'intento di completare l'avamposto ciel Doclecaneso , strategico grimaldello per imporre una presenza nazionale diffusa nel Mediterraneo Orientale. Le promesse belliche ne avevano certificato la legittimità, mentre la Conferenza della pace di Parigi ne aveva criticato la logica e tentato di spegnerne gli sviluppi. Ecco quindi che il Corpo di Spedizione venne ideato e si concretizzò nella mente di Sonnino come un atto di forza , un azione autonoma e ardita, che avrebbe dovuto far accettare il fatto compiuto alle altre potenze coinvolte. Gli eventi gli daranno una "postuma", quanto provvisoria, ragione. In effetti l'intervento militare italiano porterà i governi success ivi a beneficiare di qualche considerazione agli occhi delle potenze dell'Intesa, ma è vero pure che l'impostazione, le finalità e gli effetti della spedizione stavano mutando. La politica nittiana e la smobilitazione postbellica italiana ne condizionarono sin da subito dall'interno la fisionomia, mentre l'ascesa di Kemal e la lenta decadenza dell'Intesa in Asia Minore ne rivoluzionarono l'azione. Se Sforza era stato molto saggio nel capire le potenzialità del futuro Atatiirk, dall'altro non aveva ottenuto, alla fine delle doppie trattative incrociate con Costantinopoli e Angora, neppure quegli obiettivi minimi clie la corrente "rinunciataria" giudicava legittimi e opportuni rivendicare dalla controparte turca. In questo ingarbugliato gioco diplomatico il Corpo di Spedizione, ipotizzato per un fulmineo colpo cli mano di una Nazione vittoriosa in antagon ismo contro i suoi Alleati, cambiò gradualmente pelle e si rivelò capace cli saper gestire situazioni critiche ben diverse in un paese non solo sconfitto , ma in profonda difficoltà e per questo desideroso di risorgere. La scarsità di uomini e materiali, la penuria di mezzi cli comunicazione, il terreno impervio e gli intrighi politici in cui si trovò a operare il contingente italiano, mostrarono tuttavia una buona tenuta cli efficienza e efficacia. I vari comandanti, malgrado le loro peculiari sensibi lità, non scaderono mai nella facile ambizione di arrivare allo scontro aperto con i greci o con i turchi nel tentativo di cavalcare personali ambizioni. Essi compresero i tanti limiti e le differenti potenzialità della loro missione e cercarono di essere buoni comandanti, prima che valorosi condottieri. Benchè si trovassero con ordini spesso volutamente vaghi e impraticabili, seppero gestire uomini e situazion i, cercando di trarne j[ meglio anche a costo di entrare in rotta di collisione con le decisioni ciel governo, di inimicarsi il potere politico e venire spesso destituiti per questo. 467


Se di impresa coloniale stiamo parlando, come nella sostanza fu , la spedizione italiana ebbe la lungimiranza cli imporsi con moderazione e pazienza . L'attività d i assistenza e "pacificazione" comportò buoni risultati e la doppia diplomazia, verso Costantinopoli e verso Angora , trasse i suoi frutti almeno nel contesto delle Forze Armate . TI progressivo ritiro e la successiva evacua7.ione potevano e possono ancora oggi sembrare un insuccesso per un contingente andato lì per conquistare. In realtà, lontani dagli specchi d i Versailles e dalle porcellane di Sèvres, iJ comando italiano comprese sul campo che il nazionalismo turco era cosa pedcolosa da ostacolare e la situazione italiana ciel dopoguerra non poteva permettersi un altro conflitto, lontano , destinato alla sconfitta e in fondo inutile. D regime fascista seppe profittare dello spirito collaborativo che l'Italia liberale aveva iniziato a costruire con il governo di Atati.irk e la pace di Losanna contribuì a rinsaldare un buon rapporto tra Roma e Ankara, sia in funzion e politica sia in chiave economico-commerciale, per i mesi e per i decenni successivi.

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Cariche politiche e militari italiane

COMANDANTI DEL «REGIO CORPO DI SPEDIZIONE ITALIANO IN ANATOLIA» POI <dlEGIO CORPO Dl SPEDIZIONE ITALCANO NEL MEDITERRANEO ORlliNTALE»

9 aprile 1919- 24 luglio 1919 24 luglio I 919 - 17 agosto I 919 17 agosto 1919 - 18 dicembre 1919 18 dicembre 1919 - 7 agosto 1920 7 agosto 1920 - 29 aprile 1922

Giuseppe Battistoni (maggior generale "di divisione") Luigi Bongiovanni (tenente generale "di divisione") Vittorio Elia (tenente generale "di divisione") Achille Porta (brigaclier generale) Giorgio Fusoni (colonnello)

PRESIDENTI DEL CONSIGLIO

30ottobre 1917 - 23giugno 1919 23giugno l919- l.5giugno 1920 15 giugno 1920 - 4 luglio 1921 4 luglio 192 1 - 26 febbraio 1922 26 febbraio 1922 - 31 ottobre 1922

Vittorio Emanuele Orlando Francesco Saverio Nitti Giovanni Giolitti I vanoe Bono mi Luigi Facta

MINISTRC DEGLI AFFARI ESTERI

30 ottobre 1917 - 23 giugno 1919 23 giugno 1919 - 26 giugno 1919 26 giugno 1919 - 26 settembre 1919 26 settembre 1919 - 15 giugno 1920 15 giugno 1920 - 4 luglio 1921 4 luglio 1921 - 7 luglio 1921 7 luglio 1921 - 22 febbraio 1922 22 febbraio 1922 - 31 ottobre 1922

Giorgio S idney Sonnino Tommaso Tittoni Francesco Saver.io Nitti (interim) Vittorio Scialoja Carlo Sforza Ivanoe Bonomi Pietro Tornasi Della Torretta Carlo Schanzer

MINISTRf DELLA GUERRA

21 marzo 1918 - 18 gennaio 1919 18 gennaio 1919 - 23 giugno 1919 23 giugno 1919 - 24 giugno 1919

Vittorio Italico Zupelli Enrico Caviglia Giovanni Sechi

24 giugno 1919- 14 marzo 1920 14 marzo 1920 - 21 maggio 1920

Alberico Albricci lvanoe Bonomi 469


21 maggio 1920 - 15 giugno 1920 15 giugno 1920 - 2 aprile 1921 2 aprile 1921 - 4 luglio 1921 4 luglio 1921 - 26 febbraio 1922 26 febbraio 1922 - 1° agosto 1922 IO agosto 1922 - 31 ottobre 1922

Giulio Rodinò Ivanoe Bonomi Giulio Rodinò Luigi Gasparotto P.ietro Lanza Di Scalea Marcello Soleri

CAPI DI STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO

8 novembre 1917 - 2 1 novembre 1919 21 novembre 1919 - 3 febbraio 1921

Armando Diaz Pietro Badoglio

3 febbraio 1921 - 11 aprile 1923

Giuseppe Vaccari

GOVERNATORI DI RODI 27 maggio 1917 - 15 dicembre 1919 15 dicembre 1919 - 7 agosto 1920 7 agosto l 920 - 17 settembre 1920 17 settembre 1920 - 17 agosto 192 1 17 agosto 1920 - 16 novembre 1922

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Vittorio Elia (militare) Achille Porta (militare) Carlo Senni (civ.ile) Felice Maissa (civile) Alessandro De Bosclari (civile)


Ringraziamenti

Questo volume, nato dalla tesi della mia seconda laurea, rappresenta per me un nuovo e ambizioso traguardo nell 'attjvità cli storico. L'argomento trattato non solo ha permesso di comprendere una realtà così diversa dalla mia, come quella turca, ma ha dato l'occasione di rapportanni con la situazione politico-militare internazionale del primo dopoguerra, così complessa, quanto storicamente stimolante. Per questo motivo mi sento in dovere di menzionare non solo tutti coloro che banno contribuito con idee, incitamenti, consigli e suggerimenti a questo lavoro, ma anche coloro che mi sono stati vicin i in questi quattro anni di lunghe e faticose ricerche. A tal proposito porgo il primo ringraziamento al professor Antonello Biagini, che oltre alla sua competenza e umanità, ha dimostrato la sua speciale capacità di sapere infondere in ogni studente l'amore per la cultura . Nel lungo percorso, che mi ha portato in questo "viaggio" in Anatol ia, ci sono poi alcu ni cari amici con i quali mi lega innanzitutto l'amore per la Storia degli uomini in divisa. Le continue chiacchierate fatte con loro sono state linfa vitale per la mia curiosità ed esempio di affetto profondo . Ecco perché ricordo con commozione Stefano Ales, Piero Crociani, il generale Massimo Coltrinari e il tenente colonnello Franco Di Santo, sempre pronti a insegnare il " mestiere" di storico militare a cbj cerca in loro una guida "spirituale". Se sono passato dalla semplice raccolta cli elmetti e uniformi a un 'attività più organica di studio e ricerca lo elevo soprattutto a Stefano e a Piero, che prima di me ha ricoperto lo strano ed eclettico connubio tra il freddo lavoro cli bancario e quello appassionato cli storico. Ho inoltre trovato un valido supporto nel personale dell'Uffic io Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito, che mi ba agevolato nelle ricerche e nella realizzazione ciel presente volume, Én particolar modo nella persona ciel suo capo ufficio, colonnello Antonino Zarcone, del capo della 2A sezione, colonnello Roberto Di Rosa, dei tenenti colon nelli Salvatore Orlando , Giancarlo Marzocchi, Amedeo Chiosano e ciel dottor Alessandro Gionfricla. Preziosa poi è stata la collaborazione della dottoressa Rosa Ansuini , responsabile dell ' Archivio storico cli Capitalia (oggi Unicredit Banca di Roma), nonché del personale della biblioteca dell'Istituto geografico militare cli Firenze . Una particolare menzione al Gruppo Medaglia d'Oro al Valor Militare, nella persona del suo presidente, Medaglia d'Oro generale Umberto Rocca, e ciel suo segretario, nonché mio amico, Riccardo Rana. Un pensiero va inoltre doveroso ad alcune delle persone a me più care , che mi hanno incoraggiato "da esterni" nelle mie ricerche, tra cui Virgilio Mancini, Roberto Piergentil i, Rita Ventura, Luca Guarino, Paolo Portone, Orlando Franceschelli, Se471


bastian Alvarez Murena e Simone Morini, che mi ha seguito "spontaneamente" per due estatj di seguito alla ricerca cli siti archeologici e luoghi storici nella regione di Antalya. In conclusione voglio ricordare i miei genitori, Adriana e Giuseppe, zio Rico e fast but not least Valentina. Se questo libro oggi esiste lo si deve anche a lei, alla sua curiositĂ di imparare qualcosa di Storia militare e alla mia testarda ritrosia alle sue sollecitazioni per rendermi simpatica la lingua inglese.

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Indice dei Nomi

Abdul Hamidll,p.114 Abdulrahis, principe, p. 281 Accardi Giuseppe, p. 66 Albertini Giuseppe, pp. 367-369 Albrecht-Carrié René, pp. 23, 29, 30, 32 Albricci Alberico, pp. 15, 233-235, 239,257,287,295 , 324,336,337,339,340, 341, 343-345,348,371,375,394,396,397 Alcadeff, imprenditore, p. 448 Aleco, brigante, pp. 367-369 Ales Stefano, p. 471 Alessandro 1 Romano\', p. 9 Alessandro III (Magno o il Macedone), p. 98 Allenby Edmund , pp. 238,269,276,278,427 Alvarez Murena Sébastian, pp. 471,472 Aly bey, comandante, p. 150 Ambrosini Alfredo, pp. 260,261 Amet Jean François Charles, p. 33 Anderson, colonnello, pp. 303-305, 309 Ansu in i Rosa, p. 471 Amaud, generale, p. 148 Arré, soldato, p. 368 Artim, brigante , p. 149 Ascol i, maggiore , pp. 76, 77 Badoglio Pietro, pp. 15, 46, 50, 53 , 68, 70, 73-75, 84, 85, 87, 11 9, 122, 125-127 , l 30 , 134,138,163, 164, 170, 196-198, 218 , 219,227,229, 231-236, 239,240,245, 272,273,280-282,286 , 288,331,375 , 386, 395,425,448 Bagdatli Hadi pascià, pp. 387, 388 Bagnaia Antonio, pp. 3, 13 , 38,336,367,377,394,395 ,412 Bakih bey, dirigente di dogana , p. 59 Balfour Arthur James, pp. 25, 26, 32, 34, 42 , 168,169,237 ,238,323 ,324,365 Balfour Kinross Patrick, p. 143 Barbanti Silvano, p. 66 Bargani Aroldo, p. 151 Bartolomeo I (Di mitrios Archontonis), p. l I Bassetto, ufficìale, pp . 203, 287 Basso Ernesto , pp. 66, 151 Battaglia Girolamo, pp. 80, 174,215, 367-369 473


Battistoni Giuseppe, pp. 13, 15, 45, 54, 55, 62,63, 65-68 , 72-74, 77, 80-86, 92, 94, 101-103, 108, l.l.7-122, 126-129, 131-138, 156-159, 162,164, 171-173, 179, 181200, 202,203,205,207, 213-222, 224,226,227,229,230,235,236, 239-241, 245,248-249,258,279,280,347,397 Bekir Sami bey, p. 405-408, 448 , 449 Belin Emile, p . 219 Belli, capitano, p. 80 Benedetto XVI (.Joseph Radzinger), p. 11 Berardinelli Luigi, p. 170 Bergera Carlo, pp . 239,252,253,298,303, 306-315, 317-320, 358,363,366,374, 393,397,399,401,414 Bertella, capitano, p. 4 14 Biagini Antonello , pp . 12, 43,471 Biancheri Luigi, pp. 54, 173, 194 Bianchi, tenente , p. 368 Bianco Francesco, p. 446 Bisesti Cesare , p. 66 Blake, maggiore, p. 313 Bonardi Emilio, pp . 275,286 Bongiovanni Luigi, pp. 15,207,208 ,212,227,228,235,236, 239-242, 245, 252-258, 288,304-306 , 331, 335 , 336, 343,347,449 Bonin Longare Lelio, p. 388 Bonomi lvanoe, pp. 15,230,234,394,401,407,409 Bonzani Alberto, pp . 273,340 Borello Giovanni, p. 261 Bosco, sacerdote, p. 43 Bosco, tenente, p. 80 Boselli Paolo, p. 26 BoyancĂŠ Amilcare, p. 420 Bozza Ottorino, pp. 58, 59, 60,358 Bratti Edgardo, pp . 259-261 Bristol Mark Lambert, pp. 33,323 Brizzi, commendatore , p. 52 Brunetti Enea, p. 151 Bruno Fernanda, p. 31 Bunoust Georges-Hippo1yte, pp . 323,328 Bussetti Ferdinando, p. 428 Buzanski Peter, p. 321. Cacace Paolo, p. 89 Caccamo Francesco, pp. 33, 35, 42, 168,228,379,380 Cadorna Luigi, p . 427 474


Cagrici Mustafa, p. 11 Cambon Paul , p. 25 Camusati Giovanni, pp. 367,368 Canevari Emilio , p. 1.62 Cantore , capitano, p. 223 Capelli, dirigente, p. 438 Capon Augusto, p. 192 Cappellano Filippo, p. 444 Caprini Balduino, pp.13, 37, 61,146 ,147 , 166 Caracciolo di Feroleto Mario, pp. 44,45, 50-52, 59, 61, 62, 80, 92, 146, 147, 154,157, 220,221 , 225 , 239,253 , 272 Cardassi Vittorio, pp. 65,221 , 222,428 Cadetti Tommaso , pp. 44, 52, 122, 157, 16I Carlo Id' Asburgo, p. 24 Carlotti Andrea, p. 26 Caron F., capitano, p. 370 Carossini Giovanni Battista, carabiniere , pp . 61 , 144, 164, 174, 177-181, 187, 188 , 305,406 Carossini Giovanni , medico, pp. 55, 66, 119, 241, 250, 25 l, 253 Carta, maggiore, p. 67 Cavallero Ugo, pp. J 5, 40, 45-47, 61, 8 1, 82, 86 , 91 , 93, 122, 123 , 127, 158, 160, 161, 164,165,171 ,1 96,219,229,241,242,244,245, 273-278, 279,288,289 , 293,295,345, 364-366 Caviglia Enrico, pp. 14, 15,47 , 48, 57,167, 230-233 Cecini Giovanni, p. J1 Cecini Giuseppe, p. 472 Cemal Ahmed pasciĂ , pp . 272 , 287 Cevad pasciĂ , generale, p. 122 Chapuisat Edouard, p. 146 Chiapperoni, generale, p. 236 Chioclelli Enea, pp. 341, 359, 369 Chiusano Amedeo, p. 471 Ciancarelli Bonifacio, p . 438 Ciano Alessandro, pp . 54, 56-59, 84, 101, 104, 108, 109, J17,119,120, 134, 135, 147,155, 156,175,184, 190 Ciaus Amhid , p. 149,251 Ciaus Memet, pp. 250-252 Clemenceau Georges Benjamin, pp . 21, 30, 39, 41, 87, 88, 90 , 91,123,206, 322324, 328 Coclron Isacco, p. 251 Colosimo Gaspare, pp . 167 , 425 475


Coltrinari Massimo, p. 471 Comai, tenente, p. 105 ContarĂŹni Salvatore, p. 438 Contos Theodore, pp. 308, 310-314, 318-320, 363,369 Corletti Francesco, pp. 3 l O, 31 8 Cory George Norton, p. 275 Costa Valentina, p. 472 Costantino I di GWcksburg, pp. 28, 29, 36.1 Cottafa vi Francesco, p. 4 14 Crespi Silvio, pp. 57, 88,206 Croce Benedetto, p. 421 Crociani Piero , p. 471 Crowe Eyre, p . 328 Curzon George, pp. 41 , 381,382, 387,388, 408-410 D'Agostino Francesco, pp. 426-428 D'Annunzio Gabriele, p. 366 Da Bove, capitano, pp. 65-67 Da Zara Alberto, p. 405 Dalloli.o (o Dall'Olio) Alfredo, p. 324 De Ambrosis, tenente colonnello, pp. 22.l , 222, 350 De Bisogno Giuseppe, pp. 245,275,276,279, 280 , 282-285,287-290, 296-300, 337,406 De Bono Alberto, p. 32 De Carli, tenente, p. 403 De France, diplomatico, p. 225 DeGrenetCarJo,pp.45, 156,157,159,164, .165, 184,226,257,313 De Magistris, maggiore, pp. 371,372 De Marchi Ernesto, p. 394 De Martino Giacomo, pp . 295,350,364 , 366 De Robeck John, pp. 355, 386 De Rosa Luigi, p. 423,424 Deliatis, colonnello, p. 369 Della Torretta Tornasi Pietro, pp. 407-410 , 430,431 Di Robilant Mario Nicolis, p. 41 Di Rosa Roberto, p. 471 Di Santo Franco, p. 471 DiazArmando,pp. 15,46,47, 56,57,81 , 93, 118,164, 168 , 218,230 , 231,233 , 234 , 239 , 240,242,245,273,275,291,295 , 306, 331,343,344,348 Dimirgi Mehmed effendi, pp. 375,376 Dimitri, metropolita, p. 177 Dimitrin Nichitas, pp. 249,251 Djelal Edclin Arif, pp. 404,440 476


Djemal bey, valì, p. 287 Dosseni, capitano, p. 173 Doumanis Nicholas , p. 22 Duncan .John, pp. 281,305 Duroselle .Tean-Baptiste, p. 391 Efiri, colonnello, p. 184 Ejub, notabile , pp. 121, 125 Elia Vittorio , pp. 15 ,43-45, 52, 53, 57, 62 , 63, 65, 74, 83, 85, 90, 92-94, 118, .128 , 129, 137,159,165,166,214,215 , 235,236,240,252,256,258 , 259,260 , 270,287 , 291, 292,303 , 304-306, 3 14,316,317 ,321,331,332 , 335-343, 347,348,350, 353-355, 357-362, 370,371, 374-377, 402, 414-416, 426 Elisabetta I Tudor, p . 99 Enver Ìsmail pascià, p. 400 Erat bey, funzionario, p. 362 Erdogan Recep Tayyip, p. 10 Erhan çagri, pp. 143, 321-323, 325,329 Espos ito, sottotenente, p. 414 Facciali Riccardo , pp. 241, 247-252, 255 Fago Vincenzo, pp. 5 .1-53 , 66, 80, 157-159, 161, 265, 385 Faisal Al-Husayn ibn Ali, pp. 32, 40 Faralli Igino Ugo, p. 405 Fauda Giuseppe, pp. 66 , 67, 150, 151, 158, 163,164 Feisi, caimacan, p. 120 Fenoglio Pietro, p. 438 Fenzi bey, notabile, pp. 11 1, 112, 121 Fera Attilio, p. 7 I Ferid Damad MehmedAdil , pp. 187,205,264,266,268, 269 , 344, 383,387,388 Ferrante Agostino, pp. 43 , 44, 54-57, 61 , 118, 202-204, 228,239,243,257,280 , 362, 402 , 4 16,424 Ferrara, diplomatico, p. 358 Ferrari Pietro , pp. 80 , I 02 , I03, 122, 135, 184, 214, 224, 240, 303,305 , 306, 420 Ferraris Maggiorino, p. 206 Ferri , tenente, p. 80 Flussi Luciano , pp. 32, 34, 44, 52, 57, 58, 61 Fonzoni, capitano, p. 80 Franceschelli Orlando, p. 471 Franchet cl'Esperey Louis Félix Marie François, pp. 33, 38, 46,148,281,323 , 358,410 Franchetti Leopoldo, p. 26 Franklin-Bouillon Henry, p. 408 Fucci, capitano, p. 392 Fuller .Tohn, p. 447 477


Fusoni Giorgio, pp. 15, 392, 400-402, 404,407 ,408,410,428,429,450 ,451 Gabba Melchiade, p. 167 Galli CarJo, p. 366 Gallinari Vincenzo, pp. 37,45, 63 ,168, 181, 23 1-233, 301,394,397 Gamba, capHano, p. 79 Garroni Camillo Eugenio, pp. 409,440 Gasparotto Luigi, pp. 408,409 Gevdet, maggiore, p. 216 Ghenadis Giorgio, p. 318 GiafarTayar, pp. 383,387 Giannini Amedeo, pp . 29, 30, 40,205,206,381,383,384,389 , 391,436,441 Giolitti Giovanni , pp. 15, 26 ,385,386,394,421 Gionfrida Alessandro, p. 471 Giordano Eduardo, pp. 66, 67, 84,108, 134,166, 253-255, 3 13,321,355,366,369, 401,410,429 Gorini Vittorio, p. 259 Gough-Calthorpe Somerset Arthur, pp . 32, 33, 126, 135, 143, 152, 155,183 , 219, 222,225 Gouraud Henri Joseph Eugène, p. 299 Govi Silvio, pp. 317-320, 414-416 Grassi Fabio L., pp. 24, 33, 34, 36,245,292,297,298,324,358,376,377,380,382, 385,407,423,424,446 Grassi Mario, p. 136,366 Graziosi Eugenio, p. 75 Grillo Carlo, pp. 260,341,374 Grossi, ufficiale, p. 450 Grosso Luigi, p. 66 Gualtieri Francesco,pp. 13, 77, 80-82, 101,102, 128,170 ,173 , l75-l77, 179, 198, 369,370,374 Guariglia Raffaele, p. 438 Guarino Luca, p. 47 I Guglielmo I di Hohenzollern, p. 39 Gi.il Abdullah, p. 10 Guzzoni Alfredo, pp. 48, 63, 74,146, 190 , 203 ,239,257,306,315,316,337,345, 348, 353,358,366,449 Haftig pascià, comandante, p. 200 Hagiycannu, tenente colonnello, p. 145 Haidar Rustum, p. 40 Hakki ismail, p. 216 Halil Hagi pascià, p. 155 Halil, maggiore, p. 297 478


Hanbury-Williams John, pp. 309,310,313,315,317,355 Harington Charles , p. 412 Haskard D. D., tenente colonnello, pp. 305,306, 308-315, 317,318,355,358 Haskell William, p. 265 Hombling, cappellano militare, p. 355 Honter, maggiore, p. 153 Hugh Hare Robert, p. 323 Hussein Cadiradi, p.170 Hussein, re dell'Hegiaz , p. 40 lasselli Lorenzo, pp. 421,423,424,430,433 lbnosalim lbraim, p. 170 Imperiali Guglielmo, pp. 26, 34 Indelli Mario, pp. 144 , 258,344,345,396 Infrea, ufficiale , p. 274 Jnvrea Pio, p. 276 Tntrovigne Massimo, p. 13 Ioannou Nikolaos, p. 362 Isacchia, tenente, p. 367 lsmet (lnlinti) Mustafa, p. 412 lz.et bey, comandante, p. 59 izzet Ahmed pascià, pp. 32,409,440 izzet, tenente colonnello, p. 288 Jean, soldato, p. 250 Kadri effendi, colonnello, p. 324 Kaidar Ali, p. 251 Karabekir M usa Kàzim, p. 262 Keegan John, p. 29 Kellner Arturo, pp. 96 , 98, 99 Kemal Mustafa (Atati.ìrk), pp. 3, 9, IO, 12, 13, 34, 139, 140, 143, 261-270, 297:299, 358, 362,379,382,383,385,386, 391 , 392,397,400,405,407, 408,410,430, 439 , 441 , 467,468 Kemal Yusuf bey, pp. 122,407,408,440 Kiamil bey, mutasserif, p. 121 Kiepert Richard, p. 95 Kipling Joseph Rudyard, p. 99 La Sala, maggiore, p. 154 Lago Mario, p. 438 Lanza di Scalea Pietro, p. 410 Lattes, dirigente, pp. 438 , 439 Lauro , maggiore, pp. 49, 157 Lavaggi, tenente colonnello, p. 282 479


Lawrence Thomas Edward (d ' Arabia), p. 32 Lenin Nikolaj , p . 265 Leonarcli Marco, p. 444 Leone Achille, p. 156 Levi Ulrico, pp. 66, 78 Leyer, ammiraglio, p . 357 Liberati, maggiore, p. 239 Liccioli Mario, p. 66 Lloyd George David, pp. 21, 26 , 30, 39 , 43 , 87-90, 123, 139, 141, 146, 167,206, 380,381 Lloyd William Alfrecl Oscar, p. 146 Loren Sofia, p. 12 Louplias, colonnello, p. 361 Luaschino Carlo, pp. 367, 368 Luca Ugo, p. 369 Luciani, maggiore, pp. 75, 77, 78 Lu fas (o Lanfas), colonnello, p. 369 Lufti, colonnello, p. 299 Luiggi, tenente, p. 414 Mac MillanMargaret, pp. 32, 41 , 88,141,263,391 Magliano Gerolamo , p. 183 Maissa Felice, pp. 166,244, 376,380,402 Maiuri Amedeo, pp. 114,308,4 13,419, 420 Mamrnarella Giuseppe, p. 89 Mancini Virgilio, p. 471 Manfredonia Nicola, p. 156 Mannolas Nicolas, pp. 249-251, 252-255 Mansel Philip , pp. 11, 33,140,391,312 Manzoni, ufficiale , p. 125 Marchetti, colonnello, p. 162 Marchi, maggiore, p. 65 Marchi Alberto , pp. 25,156,287 Marconi Guglielmo , p. 206 Mardan Topchibashev Ali, p. 265 Marini , giudice, p. 156 Marzocchi Giancarlo, p. 471 Mascioli Adriana, p. 472 Mascioli Ulderico, p. 472 Masi, sottotenente, p. 156 Masoni , interprete, p. 368 Massabò, capitano, p. 371 480


Massobrio Giulio, p. 235 Maugeri , maggiore , p. 65 Mazarakis Alexander, pp. 324, 328 Mazzone Natalino, p. 415 Mehmed effendi, comandante, pp . 357, 362 Mehrned VI , sultano, pp. 271 , 440 Mermet, sindaco , p. 121 MĂŠlas Paul, p. 401 Melchionni Maria Grazia, p. 407 Melia Salvatore, p. 275 Mesrob II Mutafyan , p. 11 Mhemund bey, notabile, p. 361 Micheletta Luca , pp. 168,169,237, 268,365,380,382 , 385,386,388,391,392,405, 406,408 Migliarini Carlo, pp. 67,306, 311-313, 315, 319 Miliotis-Komninos Konstantinos, p. 362 Milne George Francis, pp . 33, 38,240,245,256,259,267, 272,273,275,276,278, 279,288,289,291,301 , 303-306, 308, 310, 313 , 315 , 317 , 320,321,323,335 , 336,343,355,356,363-366,382,416 Modena Angelo, pp. 347,449 Molcesi, tenente , p. 80 Mombelli Ernesto , pp . 37, 412 Monaco, comandante, p . 313 Mondini Marco, p . 235 Montagne, generale, p. 357 Montagu Dates, p. 366 Moreni Leonardo , p. 260 Moretti Giuseppe, p. 416 Morgan Jarhes, p . 322 Morini Simone , p. 472 Mozzoni Adolfo, pp. 58-60 Mucci, sottotenente di vascello, p. 103 Muredin pasciĂ , comandante, p. 150 Mussa, capitano, p. 59 Mustafa bey, comandante, p. 59 Mustafa effendi, sindaco, p. 170 Nabokoff Vladimir, p. 25 Naccarato , capitano, pp. 103-105, 108, 110, 134, 173-175 , 179,221 Nadir Ali pasciĂ , p. 143 Nasib bey Usubbekov, p. 265 Nazim bey, comandante, p. 287 48.1


Nazin, interprete, p. 253 Nenni Pietro, p. 89 Nider Konstantinos, pp . .148, 149,316,362,369 NigĂ n bey, ispettore di dogana, p. 59 Nitti Francesco Saverio, pp. 15,167,168,216, 233-235, 237,301,343,348, 380382, 384,423,426 Nogara Bernardino, pp. 409 ,423,437, 438 Nurecldin bey, generale , p. 179 Oprandi Attilio, pp. 368,369 Orlando Salvatore, p. 471 Orlando Vittorio Emanuele , pp. 15 , 21, 31, 35, 36, 39,42-44,46 , 47 , 57 , 87, 88, 90, 91, 123,167, 168,205,228,231,233,234,242,377 Osman bey, sindaco, p. 248 Pace Biagio, pp. 55 , 56,200, 406, 413-416, 4 18 Padalino F., capitano di fregata, pp. 103-11.2 Paoli Gino, p. 261 Papajoannu , tenente colonnello , p. 142 Paraskevopoulos Leonidas, pp. 141, 226, 252, 362 Pariani Alberto, p. 50 Paribeni Roberto , p. 414 Pasqualini Maria Gabriella, pp. 22, 43, 89,140,396,406 Paterni, ufficiale, p. 366 Pazli pasciĂ , generale, p. 295 PelliceIli, tenente colonnello, p. 152 Peretti, tenente, p. 80 Perfetti Francesco, p. 35 Persico Luigi, pp. 66, 67, 93, 94,125,126 Pesenti Gustavo, pp. 45,427 Petricioli Marta, pp. 55 , 114 , 414-416, 421 Philipou Jean, p. 401 Picot Georges, pp. 23-26, 33, 40,408 Piergentili Robetto, p. 47 1 Pignetti Ugo, p. 239 Pizzigallo Matteo, pp. 409 , 410,440 Pogliani Angelo, p. 438 Polide, sergente , p . 80 Ponzi Vincenzo, p. 47 Porta Achille, pp. 15,301, 374-376, 378,392,393, 395-402 Portone Paolo, p. 47 1 Portuaio, tenente di vascello, p. 156 482


Poso Otello, p. 259 Pretti, capitano, pp. 120, 121 Pulbon Leonardo , p. 146 Ramdi Ahmecl, p. 251 Rana Riccardo , p. 4 71 Rauf Ahmed , p. 4 16 Raouf bey, delegato affari esteri, p. 59 Rauf Hi.iseyin (Orbay) , pp. 32, 156, 264, 295 Remzi Abdul, p . 283 Re~ad Halis bey , pp. 387,388 Rescid bey, ministro, pp . 59, 60 Ribot Alexandre, p. 26 Riccardi Luca,pp. 25 , 27 Rifat, notabile, p. 119 Ritvan bey , sottotenente, pp. 250-253 Rivera, tenente , p. 65 Riveri Mario, pp. 45, 159, 377 Riza Ali, interprete, p. 37 Riza Ali , ministro, p. 268 R izapascià, valì, p . 272 Rocca Umberto , p . 471 Rochat Giorgio, pp. 167, 231, 232-235, 257,290,395 Rodd James Renne!, p. 34 Rolletto Enrico , p. 301 Romano , tenente colonnello, p. 78 Romolotti Giuseppe , p. 167 Rossello Mario, p. 438 Rossi, sottotenente, p. 67 , 77 Rosso Giovanni Alessandro , p. 26 Rovere, ufficiale, pp. 34 1, 350 Rumi Celàleddin (Mevlàna), p. 284 Ruspali, comandante , p. 366 Sabri Mustafa, pp . 322, 323, 325 Saicl bey, generale , p. 295 , 297 Saionji Kìmmochì, p. 39 Sale Ilaria Maria, p . 167 Salvago Raggi Giuseppe, p. 26 Salvo Gustavo, p. 260 Santi Gino , p. 260 Santucci Carlo , p. 423 Sartoris Francesco, pp. 80 , 105-109, 11 1, 112, 338,374,403 483


Sassella Mastino, p. 66 Sazonoff Sergei, p. 25 Schanzer Carlo, p. 410 Schinas, colonnello, p. 142 Scialoja Vittor.io, pp. 206,237, 300, 366, 376, 380, 384 Sciocchetti Alberico, pp. 397,399, 400 Scipioni Scipione, pp. 46-48, 91, 93, 198 Scordill is Spiros, pp. 312-314, 3 I 8 Scuero Anton io, p. 297 Sechi Giovanni,pp. 55-57, 118,233 Sene.s Guglielmo, p. 66 Senni Carlo, pp. 164- 166, 209 , 309,313,331,332,337,338,340, 395,400-402 Serri Suleiman, p. 284 Servos Skevos, p . 89 Sesano Attanasio, pp. 249-251 ~evket bey, colonnello, pp . 179, 180 SforzaCarlo , pp .1 5,30,33, 34, 36,37,44,54, 61,84,88-90,92 , 129, 139,166,186, 187,199,206,212 ,218,244,255,268,286,289,295,301,309 ,332,336,337, 344,355, 384-388, 391,392,397,401, 405-408, 415,416,420,421 , 424,426, 430,446,467 Siciliano, tenente, p. 80 Sisto di Borbone-Parma, p. 26 Smith Michael Llewellyn, pp . 42, 321 Sonnino Giorgio Sidney, pp . 15 , 24-26, 30-32, 34-37 , 40, 43-45, 47, 53, 56, 61 , 63, 81, 82, 84-86, 88, 90, 9 1-93, 120, 123-125, 129,130,132,133,152,167 ,171, 172,184,196,205,206,218, 220,228,229,233 , 234,242,322,425 Sorbara Duilio, p. 66 Spampinato Pasquale, p. 156 Stavrianopulos, tenente colonnello , p. 142,322 Stergiadis Aristidis, pp . 136,147,220,326 Stinco Giulio, p . 156 Stuart, ammiraglio, p. 143 Suleiman effendi, notabile, p. 361 Sureye bey, notabile, p. 173 Sykes Mare, pp. 23-26, 33, 40,408 Tacito Publio Cornelio, p. 99 Tahsin Hasan, pp . 143, . 144 Tamassia, capitano, pp. 66, 67 Tassinari Vittorio, pp. 306, 311-313 , 318,319 Tecofik bey, agente, p. 427 Testa Umberto, pp . 65, 66, 68, 70, 77, 82 484


Testore, sacerdote, p. 146 Tevfik Ahmed pascià, pp. 33,405 Tevfik Riza bey, pp. 287,388 Thaon di Revel Paolo Emilio , pp. 34, 81, 82, 84, l.L 7, 240 Thomas , tenente colonnello, p. 319 Thwaites William, pp. 275,276, 278,293 Tierì (o Trieri) Giuseppe, pp. 66, 67 Tittoni Tommaso, pp. 3, 15, 17, 26, 164, .I 65 , 167-169, 172 , 186, 205-208, 212,218, 225,227 , 228,230,234-245,249,258, 268,286,288 , 293 , 295,297 ,303,305 , 306,308 , 313,317,321,323,324,331,343,345,353,356,358,365,366,371, 385,388,389,395,398,400 Toni, colonnello, p. 366 Toffiani Guido, pp. 203-205 , 216,227,243,347,348,351,357,375,376 , 392,4 16 Toscano Mario , pp. 23, 24, 26, 27,40,43, 88,241,381,389,424,435,436 Totaro Cesario, p. 13 Trani, ufficiale, p. 190 Trombetti, diplomatico, p. 366 Tsamados, graduato, p. 249 Tseroulis, colonnello, p. 142 Tukrist Annina, p. 250 Tuozzi Alberto, pp. 406-408 , 410 Turchetti , tenente, p. 80 Tzakalos, tenente colonnello, p. 1.42 Usciak, colonnello , p. 287 Vaccari Giuseppe, pp. 239 ,410 Vacchelli Nicola, pp. 96, 159 Venizelos Eleutberios, pp. 3, 25, 28, 29, 41, 51, 91, 122, 143, 148, 154, 166·, 168, 169, 184, 187,188,206,220,224, 228,236 , 237,240, 242-244, 249,258,262, 264,303,305, 308,3.l.3,320,322, 324,328,36),364,365, 366, 381,38<385, 388,389,395,398,400 Ventura Rita , p. 471 Verikadi , colonnello, p. 358 Vicentini-Lang Giuseppe, pp. 430,431,438 Vi)lari Luigi, pp. 275,281,298,324 Viotti Andrea, p. 444 Visconti, tenente colonnello, p. 374 Vitale, colonnello, pp. 165,166,289,291,292, 3.15 Vitale, tenente, p. 78 Vitelli Serafino, pp. 122, 129, J56,272,275,278,280,281,282,447 Vittorio Emanuele III di Savoia, pp. 31, 167 Volpi di M isurata Giuseppe, p. 423 485


Vosfi, mutasserif, p. 204 Whasitall, armatore, p. 11 1 White, politico, p. 324 Wilson Henry Maitland,pp. 35, 37, 38, 57,273,279,447 Wilson Thomas Woodrow, pp. 21, 29-3 1, 35, 39, 42, 87-91, 14.l , 241,263 , 323,388 Zapheiriou, colonnello, pp. 142, 146, 155,189,221,222 Zarcone Antonino , pp. 4, 471 Zendri Davide, p. 444 Zezi F., tenente di vascello, pp. 251 -253 Zupelli Vittorio Italico, pp. 231 , 232

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Indice delle illustrazioni e delle tabelle ILLUSTRAZIONI

Foto di gruppo raffigurante la visita dei generali Battistoni e Gualtieri alla città di Buldur Pag . 13 Il generale Enrico Caviglia » 14 Cartina dell'Anatolia occidentale » 16 I "Quattro grandi" a Parigi » 21 » 23 Ca1tina del Medio 01iente secondo gli accordi Sykes-Picot » 25 Cartina con le richieste di Sonnino de.I novembre 19 I6 I confini dell'Asia Minore stabiliti fino ali' accordo di San Giovanni di » 28 Moriana compreso » 29 La "Grande Ellacle" di Venizelos » 31 Il re Vittorio Emanuele JTI in compagnia del presidente Wilson Il ministero della Guerra a Costantinopoli » 35 » 36 Vittorio Emanuele Orlando e Giorgio Sidney Sonnino » 37 Cartoline commemorative cli alcune unità dislocate a Costantinopoli » 38 Il generale Franchet d ' Esperey » 39 Una moschea a Costantinopoli Eleutherios Venizelos e Georges Clemenceau >> 41 » 49 Cartina della zona inerente gli sbarchi italiani » 53 Scorcio panoramico della città di Adalia » 56 La Regina Elena si avvicina al porto di Adalia li capitano Ciano passa in rivista il battaglione cli bersaglieri, appena » 58 sbarcato ad Aclalia » 59 Foto di. gruppo davanti il comando italiano di Adalia Sentinelle italiane e ottomane all'ingresso cli una moschea adibita a de» 60 posito cli munizioni Cartolina commemorativa delle campagne del 33° reggimento fanteria » 64 Livorno » 69 I bersaglieri ciclisti in forze al Corpo cli Spedizione in Anatolia Cartolina commemorati va ciel 34° reggimento fanteria Livorno » 71 » 76 Cartolina commemorativa del 34° reggimento fanteria Livorno » 79 Imbarco a Trieste delle truppe del 34° Reggimento fanteria 1 reggimenti di fanteria di linea della brigata Livorno >> 83 » 85 Il ministro Sidney Sonnino e il generale Pietro Badoglio » 87 I delegati delle quattro potenze occidentali » 89 Il premier inglese Lloycl George e il presidente statunitense Wilson

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Alcuni cittadini turchi incontrati dalle truppe italiane durante una ricognizione nei pressi cli Milas Gli scavi della città cli Perge nella zona di Adalia Il teatro di Aspendos nella zona di Adalia La zona d'azione italiana Schizzo del cavo telegrafico sottomarino tra Bodrum e Cos Alcuni notabli cli Mugla offrono un pranzo ai primi militari italiani giunti in città Scorcio panoramico di Rodi L'isola di Rodi La situazione del Corpo di Spedizione nel giugno 1919 tra Scalanova e Aidin Il generale Battistoni in conversazione con il caimacan cli Milas La linea provvissioria stabilita da Battistoni Il generale Battistoni insieme al suo Stato maggiore e alcune gujde locali lungo il tragitto Adalia-Burdur Il generale Battistoni insieme al suo Stato maggiore fermi per un caffè lungo il tragitto Aclalia-Burdur La ripresa del cammino verso Burdur Il generale Mustafa Kemal Adunata di soldati greci a Smirne, dopo lo sbarco La sfilata dei soldati greci a Smirne Gli incidenti di Smirne in un'illustrazione dell'epoca Il generale Konstantinos Nider con il suo Stato maggiore Il quartiere turco cli Smirne La basilica cli Santa Sofia a Costantinopoli Fantoccio greco Tommaso Tittoni Il generale Battistoni presenzia a una rivista di truppe a cavallo presso Scalanova Il generale Batti.stoni presenzia a una rivista presso Kuluk La cerimonia della firma del trattato di Versailles neJla sala degli specchi della reggia Linea di demarcazione provvissoria proposta a Parigi Il porto cli Marmarizza Il porto di Smirne I ministri della Guerra I vertici militari Le linee italiane di collegamento Il congresso di Sivas Il palazzo del Sultano a Costantinopoli 492

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Mustafa Kemal Il battaglione destinato a Conia in partenza eia Genova con il piroscafo Taormina La dislocazione dei reparti di "Konia" L' impervfa strada tra Aclalia e Burdur Il nodo ferroviario di Cernia Panorama di Conia Il co1onnello Carlo Bergera Schizzo della commissione per la zona di Aiasoluk Zona esaminata dalla commissione di delimitazione Delimitazione della linea di demarcazione l membri della commissione italo-greca Una pausa dei lavori della commissione Il vilayet di Smirne in possesso delle truppe greche Il maggiore Sartoris e il conte Senni a bordo del Gallipoli La sede del comando italiano ad Adalia Il generale George Francis Milne La valle del Meandro Il comando del 33° reggimento fanteria in viaggio da Adalìa verso Milas a bordo clell'Anierigo Vespucci Comitato di protesta contro i greci organizzato a Costantinopoli Pietro Badoglio, Giovanni Giolitti e Carlo Sforza La delegazione ottomana diretta a Parigi La firma del trattato cli Sèvres Le zone cli influenza secondo l'Accordo tripartito Soldati e ufficiali italiani davanti al Konak di Burdur Il porto di Castelrosso Gli ultimi reparti italiani abbandonano Adalia L'incendio cli Smirne visto dalle navi alleate La porta di Adriano di Adalia Resti delle mura di cinta della città di Aclalia La via marmorea della Vecchia Efeso Locandina pubblicitaria patriottica della Banca Italiana di Sconto Il porto di Ada1ia Le linee di comunicazione intorno ad Adalia La ferrovia per Baghdad in territorio anatolico Bernardino Nogara L'uniforme del fante italiano nella Prima guerra mondiale Soldati italiani ìn marcia con equipaggiamento individuale Copricapo e mostreggjature del 33° reggimento di fanteria Livorno Il forte San Nicola di Rodi

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Francobolli italiani con timbri postali anatolici L'arcipelago italiano nell'Egeo

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TABELLE

Tabella di raccordo nei nomi geografici Tabella 1: Ordine di battaglia del Corpo cli Spedizione Tabella 2: Organico del Corpo cli Spedizione italiano nel Mediterraneo Orientale al 1° settembre 1919

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Finito di stampare nel mese di ottobre 2010


Stampa e allest imento

Imago Media s. r.l. 81010 Dragoni (CE) - Tel. 0823 866710 www.imagomedia.it - email: info@imagomedia.it


Giovanni Cecini, nato a Roma nel 1979, dopo aver prestato servizio quale ufficiale di complemento presso il 157° reggimento di fanteria "Liguria", si è laureato nel 2003 in Storia Militare presso la facoltà di Scienze Politiche dell'Università degli Studi di Roma "La Sapienza" e, nel 2007, in Storia Contemporanea presso la facoltà di Lettere e Filosofia. È autore del volume I soldati ebrei di Mussolini (Mursia 2008), di saggi e articoli per le seguenti riviste: "Nuova Storia Contemporanea", "La rassegna dell'Esercito", "Unuci", "Nike - La rivista delle scienze politiche", "DEP" dell'Università Ca' Foscari di Venezia, "Il Secondo Risorgimento d'Italia", "Uniformi & Armi" e "Ha Keillah" tra cui L'alleanza mancata tra Francia e Italia: gli accordi Gamelin-Badoglio, Un intellettuale italiano: "l'Educatore jàscista" Giovanni Gentile e L'occupazione italiana della Provenza (novembre I942-settembre 1943). Per lo Stato Maggiore dell'Esercito oltre alla collaborazione in alcuni volumi dedicati all'ordinamento , al vestiario e all'equipaggiamento delle Forze Armate italiane come Bandiere, Stendardi, Labari e Gagliardetti dei Corpi Militari dello Stato 1860-2006 di Stefano Ales e Franco Dell'Uomo, ha pubblicato il saggio Ebrei e Forze AmU1te nel periodo fascista in "Studi storico militari 2004". È stato socio della Società Italiana di Storia Militare; dal 2004 fa parte del comitato romano dell'istituto per la Storia del Risorgimento Italiano; dal 2007 è membro del comitato di redazione della rivista "Il Secondo Risorgimento d'Italia", per la quale segue il progetto Storia in Laboratorio; dal 2008 è socio della Società Italiana per lo Studi.o della Storia Contemporanea. Dal 2009 è collaboratore dell'Ufficio Storico del Comando Generale della Guardia di Finanza e cultore della materia presso la cattedra di Storia delle istituzioni militari della facoltà di Scienze Politiche dell'Università degli Studi di Roma "Sapienza". Scrive sui portali d'informazione "Webtribune" e "Altrenotizie" ed è titolare del sito www.giovannicecini.it.


ISBN 978-88-96260- 15 - 9

€ 25,00

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