STATO MAGGIORE ESERCITO UFFICIO STORICO
Luigi Emilio LONGO
IMMAGINI DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE LA CAMPAGNA DI TUNISIA (1942-1943)
Roma 2007
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A Carletta, la splendida "batuffola" del nonno
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INDICE G-ENERALE pag.
PRESENTAZIONE
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ABBREVIAZIONI E SIGLE AVVERTENZE
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INQUADRAMENTO E SINTESI DELLA CAMPAGNA DI TUNISIA (1942-1943)
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1 - I PRESUPPOSTI POLITICI, STRATEGICI E MILITARI 2 - LO SVILUPPO DEL QUADRO OPERATIVO A) B)
L'OPERAZIONE TORCH E LA PRIMA FASE DELLA CAMPAGNA (8.J I .1942-3 1.1.1943) LA COSTITUZIONE DELLA 1a ARMATA ITALIANA E LA SECONDA
C)
FASE DELLA CAMPAGNA(l .2-15 .3) . • LE FORZE CONTRAPPOSTE f COMBATTIMENTI DI KASSERINE E MEDENINE LA TERZA ED ULTIMA FASE DELLA CAMPAGNA (16.3- 13.5) • •
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IL TERRENO LO SCHIERAMENTO DELLE FORZE ED I RAPPORTI QUANTITATIVI E QUALITATIVI
•
LO SVILUPPO OPERATIVO a) LA BATTAGLIA DI ~IARETH - .EL-HAMMA ( 16-30 MARZO)
b) LA BATTAGLI DELL' AKARIT (5-6 APRILE) e) IL RIPIEGAMENTO SULLE POSIZIONI DI ENFIDAVlLLE (7- 13 APRILE) d) LA PRIMA BATTAGLIA DI ENFIDAVILLE (19-30 APRILE) e) LA SECONDA BATTAGLIA Dl ENFIDAVILLE (9- 12 MAGGIO)
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3 - CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI ESSENZIALI
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ELENCO DELLE CARTINE
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IMMAGINI OPERATIVE
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L'OPERAZIONE TORCH E LA PRIMA FASE DELLA CAMPAGNA (8.ll.1942-31.1.1943)
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LA COSTITUZIONE DELLA 1a ARMATA ITALIANA E LA SECONDA FASE OPERATIYA DELLA CAMPAGNA (l.2.1943-15.3.1 943)
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LA T ERZA ED ULTIMA FASE DELLA CAMPAGNA (J.6.3.1943-1 3.5.1943)
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179 IMMAGINI LOGISTICO-AMBIENTALI
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PRESENTAZIONE Fra tutte le campagne combattute dall'Italia nel secondo conflitto mondiale, quella di TunJsia rappresenta la ,neno conosciuta anche se, invece, va considerata come quella tra le più "se_~itite" da quanti vi parteciparono, ben consapevoli che la loro resistenza in quell'ultirno lembo d'Africa sarebbe risultata determinante per cercare cli ritardare il più possibile la perdita totale e d(!_finitiva del bacino del Mediterraneo. ·.; Le truppe italiane si batterono con indubbia energia e valore, accanto a quelle dell'alleato germanico, e ciò nonostante la mancanza da parte del nostro Comando Supremo di un 'adeguata e tempe;,'tiva pian(ficazione . Il massimo organismo militare italiano, infatti, nei due mesi seguiti alla battaglia di El Alamein. ed al conseguente ripiegamento verso Ovest, era rimasto incerto fra due soluzioni estreme : o il sacrificio delle truppe d'Africa , prolungandone la resistenza per guadagnare il tempo siçfficiente ad u.n rafforzamento delle difese in Sicilia ed in Sardegna, il che avrebbe comportat~ l'invio di notevoli rinforzi in reparti, armi e materiali, ovvero il recupero di ciò che era recupera4fle delle Grandi Unità abbandonando tutto il resto, il che avrebbe consentito l'ulteriore disponibilità di reparti esperti sul territorio nazionale. Alla.fin.e, era prevalso l'orientamento di alimentare la i-esistenza delle truppe in Nord Africa, senza peraltro dedicarvi la determinazione indispensabile perçhé un prezza così oneroso risultasse redditizio. Ad onta di tale fondamentale penalizzazione, sul fronte tunisino tutte indistintamente le Gran.di Unità italiane si batterono gagliardamente, anche se l'in]èriorità qualitativa dell 'armamento, dei mezzi e clell' equipaggiamento, l'insufficienza degli org~ni di funzionamento dei comandi e di quelli di trasporto delle unità, il disequilibrio mai colmato tra forze terrestri ed aeree e la sproporzione numerica sempre a vantaggio del nemico avrebbero allafine avuto la meglio. Eppure, gli ufficiali e le nostre truppe in linea combatterono con una determinazione ed un vigore decisamente inconsueti, mostrando sempre un morale più elevato di quello mes,ço in mostra in situazioni certamente meno precarie, probabilmente perché da parte di tutti c'era la consapevolezza che dffendere il possesso dellaTunisia signfficava, in realtà, dffendere l'Italia . . II fatto che, nonostante tali presupposti, la nostra campagna in Nord Africa abbia vìceversa ass{~hto una risonanza minore rispetto ad altre vicende belliche, è da mettere presumibilmente in relazione alla concomitanza con i ben più gravi eventi di carattere politico-militare che nello stesso périodo stavano maturando sia in ambito nazionale che internazionale . /;,.Ilo scopo quindi di attribuire anche alla campagna di Tunisia il giusto valore che merita nel contesto delle vicende dell'Esercito Italiano, è stata cura del!' Ufficio Storico arricchire la collana ic,onografica relativa alla seconda guerra mondiale con questa nuova raccolta di immagini fotografiche, selezionate e commentate con l'abituale, appassionata precisione dal gen. Luigi Emilio Longo, autore anche di una preliminare ed efficace sintesi della situazione operativa, al quale va pertanto il più fervido ringraziamento dell' Ufjkio e mio personale. COL. MATTEO P AESANO
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ABBREVIAZIONI E SIGLE AA A. C. I. T.
A. N. Z.A. C. art. A.S. btg. /ni c. a. C. A. - CC. AA . carnp cav. c . c.
CC. N.N. coll. C.S: D.A.K. Div. ftr. f. f. Gr. G. U. - GG. UU . 1st. St. Germ. I. W.M. mod. mont. Motor. ne M. V. S. N . O. B. S. (Oberste Suden) O.K.W. P.A. I. Q.G.
Ro R.A. R.A.F. Raggr. to R.E. rgt. R.M.
Autori vari Armata corazzata italo-tedesca AustraJian New Zeland Army Corps artiglieria Africa Settentrionale battaglione/ni contraerea/i Corpo d'Armata-Corpi d'Armata campale - campagna cavalleria contro can-o/i Camice Nere collezione Comando Supremo Deutsche Afrika Korps Divisione fanteria facente funzioni Gruppo Grande UnitĂ - Grandi UnitĂ Istituto Storico Germanico Imperial War Museum modello montagna Motorizzazione Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale Comando Superiore Sud Oberkommando der Wehrmacht Polizia Africa Italiana Quartier Generale Regio Regia Aeronautica Royal Air Force Raggruppamento Regio Esercito reggimento Regia Marina
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r. t.
S. I. M. S.P.E. T. S. USSMA USSME USSMM v.m.
radiotelegrafista Servizio Informazioni Militari Servizio Permanente Effettivo Truppe Speciali Ufficio Storico Stato Maggiore Aeronautica Ufficio Storico Stato Maggiore Esercito Ufficio Storico Stato maggiore Marina valor militare
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AVVERTENZE Le oltre 300 immagini fotografiche presentate costituiscono il prodotto di una selezione effettuata su oltre un migliaio fra quelle esaminate. Le immagini provengono, per la maggior parte, dalla fototeca dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore Esercito; nei casi di altre fonti , queste sono espressamente indicate nelle didascalie. Ai fini della loro più opportuna disposizione nel volume, le riproduzioni sono state distinte secondo due tematiche di fondo concernenti gl i aspetti operativi, a loro volta presentati in relazione all'evoluzione cronologica degli eventi, e quelli logis6co-ambien tali. La dicitura "non autorizzata" che compare in alcune delle fotografie è relativa all'epoca dell a loro effettuazione e riferibile a misure di censura militare. Nel testo relativo allo svolgimento delle fasi principali della campagna, necessariamente sintetico, si è cercato per quanto possibile di menzionare solo i toponimi che è possibile ritrovare in almeno una delle cartine inserite; per gli altri, anch' essi citati ma per i quali non sussiste tale rispondenza, se ne è fornita una localizzazione topografica per approssimazione.
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... e tranquillamente aspettare, soldati gli uni agli altri piĂš che fratelli, la morte, che forse non ci oserebbe toccare, tanto siamo giovani e belli(*)
INQUADRAMENTO E SINTESI DELLA CAMPAGNA DI TUNISIA ( 1942-1943)
* Soffici A., Kobilek , pag 196.
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1 - I PRESUPPOSTI POLITICI, STRATEGICI E MILITARI l secondo conflitto mondiale ha visto 1'Esercito ltal iano impegnato su diversi fronti, da quello alpino occidentale a quello greco-albanese, da quello libico-egiziano a quello russo, nella condotta di operazioni a volte risultate anche validamente impostate e condotte ma che, in un quadro generale d'insieme, non sono mai apparse oltremodo brillanti, soprattutto per una ce1ta carenza di convinzione e di motivazione circa gli obiettivi di una guerra alla quale si era giunti con una preparazione affrettata e sommaria oltre che con una dotazione di mezzi non adeguata ad un conflitto di tale portata. Ciò, naturalmente, non inficia in alcun modo la luminosità di certe fasi operative, come quelle condotte ad esempio dagli alpini durante la campagna di Russia o dai paracadutisti nel corso della battaglia di El Alamein, ma si era trattato pur sempre di prestazioni limitate a Corpi e Specialità dotati, gli uni, di una particolare coesione strutturale interna, e le altre di una altrettanto particolare spinta motivazionale, qualità che certo non si poteva pretendere fossero peculiari al resto dell'Esercito. La stessa cosa valeva naturalmente anche per le altre due forze armate, dove gli operatori subacquei della R.M. e gli equipaggi dei reparti aerosiluranti della R. A., ad esempio, costituivano nel contesto di queste, sotto l'aspetto delle motivazioni e della conseguente propensione alla lotta, un qualcosa di notevolmente diverso dalla massa dei rispettivi quadri. La campagna condotta in Tunisia, invece, ha rappresentato una positiva sorpresa, dal momento che ha visto tutti i combattenti, appartenenti alle varie Armi, Corpi e Specialità dell'Esercito senza distinzione di sorta, battersi con una determinazione ed un vigore decisamente inconsueti, tanto più quando si tenga conto che la situazione era a netto favore degli angloamericani e neanche al più sprovveduto dei militari italiani in quell'ultimo lembo d'Africa rimasto in nostre mani poteva sfuggire il fatto che la sconfitta dell'Italia era onnai sancita e si sarebbe verificata, come in effetti avvenne, a breve termine . Gli ufficiali e le truppe in linea però, pur consapevoli della precarietà della loro situazione, mostrarono sempre un morale elevato, fors'anche più elevato di quello messo in mostra allorché la partita era sembrata ancora tutta da giocare , e combatterono tutti con grande tenacia dimostrando di rendersi pienamente conto che lì, inTunisia, si stava difendendo l'Italia. Senza tema di smentita, si può quindi affermare come la campagna in questo scacchiere nordafricano sia stata la migliore condotta dal nostro Paese nel corso della seconda guerra mondiale, ed il fatto che , Iispetto ad altre nostre presenze in altri teatri operativi, essa venga considerata a tutt'oggi presso la pubblica opinione in tennini senz'altro minori e meno ridondanti va ascritto, a nostro avviso, all'essere rimasta anche all'epoca del suo svolgimento piuttosto in secondo piano dal momento che ben altri e più gravi eventi erano in gestazione tanto sullo scenario nazionale che su quello internazionale. Il "punto di rottura" della guerra che le forze dell'Asse italo-tedesco stavano conducendo da oltre due anni sullo scacchiere libico-egiziano fu rappresentato, come è noto, dalla battaglia di El Alamein. Dopo i successi della primavera precedente, culminati con la riconquista di Tobruk e l'attestamento delle suddette forze nella strozzatura di Alamein, le stesse, dopo aver combattuto accanitamente bruciando le ultime risorse di carburante e materiali vari nel corso della battaglia finale, avevano iniziato la ritirata verso la Libia. Alla fine di novembre 1942, le unità superstiti avevano evacuato la Marmarica e la Cirenaica, tallonate da presso dall'VIII Armata inglese. Poi era stata la volta della Tripolitania, ed il 23 gennaio 1943 Tripoli era caduta nelle mani del nemico, configurando con ciò la fine definitiva del colonialismo italiano del quale la città, da oltre trent'anni, costituiva il simbolo. Il 3 febbraio l'ultimo nostro militare abbandonava la colonia per trasferirsi in Tunisia e due giorni dopo il Comando Supremo italiano in Libia veniva soppresso, così come erano state sciolte le ultime truppe libiche rimasteci fedeli. La guerra nel deserto era terminata, ed aveva inizio la battaglia per il possesso della Tunisia. Con una delle più abili ritirate della storia militare, il Feldmaresciallo Rommel era riuscito a por-
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Cartina n. 1 - La Tunisia, con alcuni dei toponimi operativi più noti (le frecce indicano le direttrici clell'<4fensiva angloa,nericana).
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tare in salvo il grosso delle forze poste sotto il suo comando. Al mattino del 3 novembre 1942, l' A . C. I. T. ( Armata Corazzata Italo-Tedesca) disponeva ancora di soli 182 carri armati, e la situazione aveva indotto Rommel ad ordinare la ritirata , intento peraltro vanificato da un fonogramma di Hitler che ne vietava perentoriamente l'esecuzione, il che avrebbe comportato il giorno successivo la distruzione della G. U. e delle sue punte di diamante, rappresentate dall'A.fi'ika Korps e dalla Divisione corazzata Ariete. A quel punto Rommel si vide costretto ad ordinare il "si salvi chi può". Ma se l'anno precedente, durante l'offensiva britannica che lo aveva costretto a retrocedere sino alla linea di El Agheila, gli era stato possibile salvare il grosso delle fanterie portandole a trincerarsi a ridosso di questa località, ora invece la sorte delle truppe appiedate, quasi tutte italiane, risultava inevitabilmente segnata. E ciò senza che Rommel dovesse esserne considerato il responsabile, così come pedissequamente si continua a ripetere anche da parte di storici pur autorevoli. La verità è che il Capo di Stato Maggiore Generale italiano Ugo Cavallero gli aveva negato i 1500 automezzi, richiesti proprio allo scopo di poter mettere in salvo le fanterie così da costringerlo a resistere ad ogni costo. Messe nelle condizioni di non potersi assolutamente muovere, le Divisioni Trento, Bologna, Brescia, Folgore e la Brigata paracadutisti tedesca Ramke -o meglio, ciò che di queste GG. UU. era rimasto dopo El Alamein- vennero pressoché totalmente annientate; riuscirono a sganciarsi l'Afrika Korps, buona parte della Littorio e della Trieste nonché elementi della 164a e 90a Divisione germanica 1• I superstiti della battaglia di El Alamein iniziarono una lunga marcia di 2300 km che avrebbe ricalcato, se pur in un ambiente climaticamente all'opposto ed in una forma meno draimnatica, l 'esperienza che i loro commilitoni sul fronte russo avrebbero vissuto di lì a poco in quello scacchiere. Qui la ritirata si svolse in un mare di sabbia sollevata dal vento , sotto un solleone implacabile solo a tratti interrotto da impetuose raffiche di pioggia. Neanche la progressione dei vincitori, d'altro canto, fu agevole, poiché i reparti italo-tedeschi di retroguardia avevano cura di minare il terreno piazzando inoltre in ogni dove numerose boody traps. L'inseguimento assunse ben presto sembianze da incubo, caratterizzato da campi minati truccati, relitti che celavano ordigni diabolicamente mimetizzati, edifici imbottiti di esplosivo con l'innesco rappresentato dalla maniglia di un porta o dal rubinetto di un lavandino ovvero ancora da un quadro storto il cui tentativo di raddrizzamento era sufficiente afar saltare l'intero edificio. Se, nonostante questi tentativi di rallentarne la progressione, le truppe inseguitrici si avvicinavano troppo, allora Rommel faceva entrare in azione carri armati e pezzi anticarro così da impegnarle in combattimenti cli contenimento allo scopo di guadagnare tempo. Con l'entrata di Montgomery a Marsa Matruh, avvenuta il 7 novembre, poteva dirsi terminato l'evento ElAlamein. Il comandante dell' VIII Armata si portò successivamente a Sidi el Ban-ani (il 9), a Sollum (1'11), a Tobruk (il 12) , giungendo infine a Bengasi il giorno 19. Tra morti e feriti, l'A. C. I. T. aveva subito perdite nell'ordine di 25. 000 uomini, circa il doppio rispetto a quelle inglesi; a quel punto, l' VIII Annata era finalmente libera di lanciarsi in un inseguimento che , se non fosse stato condotto con la lentezza e la torpidità di riflessi tipica del suo comandante, avrebbe potuto tramutare il ripiegamento delle truppe italo-tedesche in una vera e propria rotta. Il 22 novembre l 'A. C. I. T. raggiunse la linea di El Agheila, dopo aver percorso un migliaio di chilometri in 18 giorni . Due giorni dopo ebbe luogo una riunione alla quale presero patte Cavallero, Bastico -nominato Comandante Supremo delle FF. AA. italiane in A. S. nel giugno 1941, avrebbe mantenuto l'incarico sino all'agosto del 1942 allorchè, promosso Maresciallo d'Italia, sarebbe divenuto governatore della Libia-, Rommel e Kesserling; quest'ultimo era diventato il responsabile tedesco del settore operativo Sud, che comprendeva l'Italia e lo scacchiere del
1 AUSSME,
D .S .C.S., tele n. 11113 dell' l 1.11.1942, da DELEASE a C.S., f.to Rommel.
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Mediterraneo. Nel corso del1a riunione , venne presa la decisione di proseguire la ritirata per portarsi su un linea posta ad occidente di Buerat, indubbiamente meno favorevole rispetto a quella di El Agheila ma che, secondo il parere di Rommel, avrebbe costretto il nemico ad affrontare i 300 km dell'assolato deserto sirtico e che, soprattutto, avrebbe potuto garantire all ' A. C. I. T. un respiro di almeno tre settimane prima della battaglia decisiva, oltremodo utili per far affluire rifornimenti e rinforzi. La manovra, ad onta delle non poche difficoltà connesse soprattutto alla situazione carburanti sempre più precaria, potè essere svolta con regolarità entro il 17 dicembre. Quando gli Inglesi ne ebbero la percezione cercarono di opporvisi, ma a quel punto era già troppo tardi. Per poter procedere allo sgombero dei magazzini e delle infrastrutture della Tripolitania, ed anche per predisporre la dislocazione dell'Armata in Tunisia, il Comando Supremo italiano aveva emanato ordini affinché il ripiegamento fosse attuato in modo tale da garantire un minimo di tempo preordinato. Rommel, però, aveva evidenziato come, una volta iniziato il movimento con lo scopo preciso di non lasciarsi agganciare dall'avversario onde portare in salvo tutta l'Armata, a quel punto l'iniziativa sarebbe inevitabilmente passata nelle mani di questo, con conseguente condizionamento dei tempi del movimento di ritirata dall'impulso offensivo impresso dagli Inglesi. In effetti, dei due mesi richiesti dal Comando Supremo, l'A.C.l.T. non fu in grado di assicurarne nemmeno la metà: partendo dalla linea di Buerat il 3 gennaio 1943 con i primi reparti, tra il 22 ed il 23 lasciava Tripoli ed infine, il 3 febbraio, abbandonava l'ultimo lembo della colonia italiana Al punto nel quale erano giunte le cose, i problemi che il Comando Supremo si trovava a dover affrontare erano fondamentalmente tre. In primo luogo, era necessario organizzare difensivamente posizioni che garantissero un minimo di sicurezza alle spalle dell'Armata corazzata - si trattava della linea Garian-Tarhuna-Homs e delle posizioni francesi di Mareth, poste a sbairnmento della strettoia di Gabès - ed inoltre di assicurarsi il saldo possesso delle comunicazioni fra la Tripolitania e la Tunisia settentrionale nonché quello della zona di Sfax-Sousse, destinata a costituire le retrovie cieli' A.C.I.T. una volta che questa fosse rifluita sulle posizioni di Mareth. Poi, occorreva trasportare in Tunisia quanto era recuperabile in Tripolitania in termini di uomini, mezzi e materiali. / Infine, era necessario affrontare il problema del ripiegamento delle truppe stanziate nel Sahara libico, circa 6000 uomini dislocati in numerosi posti isolati, e dei presidi della Tripolitania. Naturalmente, gli eventi sviluppatisi in corrispondenza della striscia costiera (ovvero l'avanzata dell'VIII Armata) avevano determinato l'abbandono della parte orientale delle fasce avanzate e centrali , ma restava il grosso delle forze che non si poteva perdere, tanto più che già si erano avuti casi di diserzione fra le truppe libiche. Un discorso a parte merita lo sgombero del Fezzan, che venne più o meno a coincidere con la progressione verso Nord delle truppe francesi del gen. Leclerc. Se per l'Italia il settore sahariano ebbe sempre un'importanza secondaria, per il movimento degaullista rivestiva invece un valore più rilevante per i motivi politici che vi erano connessi. Dai primi di febbraio, dopo l'abbandono dell'ultimo lembo della nostra colonia, Rommel ebbe un solo pensiero, ossia portare la sua Armata in salvo in Tunisia, ed ivi fare massa con tutte le forze disponibili; facilitato in tal modo il problema dei rifornimenti, sarebbe stato poi più agevole fronteggiare in migliori condizioni le esigenze operative che la situazione avrebbe imposto. , Attraverso l'analisi dei successivi atteggiamenti del Feldmaresciallo non si può escludere che egli coltivasse 1' ipotesi di una "Dunkerque africana" e ritenesse di identificarla con Tunisi, verso la quale occorreva pe11anto avvicinarsi senza impiegare eccessivo tempo. Se l'ipotesi , come è probabile, fosse vera, tutti i ripetuti sforzi messi in atto da Rommel per strappare al C. S. il permesso di ripiegare da una posizione all'altra potrebbero essere interpretati come gli atti di un piano predeterminato, ben definito e tenacemente perseguito. Nel corso della citata riunione di vertice del 24 novembre, era anche stato deciso di indirizzare tutti i rinforzi in Tunisia, alle truppe della 5a Armata tedesca che, al comando del gen. Jurgen
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von Arnim, dalla metà dello stesso mese stavano opponendosi alla forze angloamericane sbarcate il giorno 8 in Marocco ed in Algeria e penetrate da Occidente in Tunisia il giorno 15. Alcuni giorni dopo la riunione, Rommel si recò al Q. G. del Fuhrer prospettandogli l'opportunità di abbandonare l'Africa, ormai da considerarsi inevitabilmente perduta, salvando così quei veterani tedeschi che avrebbero potuto dare un molto valido contributo alla difesa del! 'Europa. Ma Hitler respinse decisamente la proposta, in quanto tendeva a mantenere il nemico il più lontano possibile dall'Europa Meridionale, ed inoltre l'abbandono dell'Africa avrebbe potuto comportare la caduta di Mussolini, con tutte le serie conseguenze che ne sarebbero derivate per la Germania. La sconfitta subita ad El Alamein dalle forze dell'Asse, frattanto, poneva a Londra il problema di cosa fare, anche se l'Inghilterra non era più onnai l'unica a decidere ma doveva tener conto anche dei punti di vista americani. Mentre per gli Inglesi, da sempre, la guerra significava solo colpire il nemico ovunque fosse possibile cercando di ottenere la vittoria e certamente non per soddisfare le necessità di un alleato e tanto meno per "soccorrere gli oppressi", la mentalità americana era invece sostanzialmente diversa. Per gli americani, infatti, lo scendere in campo esigeva innanzitutto la ricerca di una giustificazione morale tale da concretizzarsi quasi in una" missione divina", quella cioè di punire i cattivi e di liberare gli oppressi; da tale premessa sarebbe venuto il via libera per lanciarsi poi al più presto e con ogni mezzo nella mischia, superando disinvoltamente qualsiasi pregressa remora in chiave pseudo-quacchera o di ipocrita compunzione. Pertanto, una volta immedesimatisi nella "crociata", gli americani pervennero nelle acque europee con l'unico intento di sbarcare al centro del continente e di c01Tere senza indugio in aiuto dell 'Unione Sovietica. Dal canto suo Hitler, per la scarsa importanza sempre attribuita allo scacchiere medite1wneo non aveva troppo insistito, nonostante le ripetute richieste italiane, in sede di trattative annistiziali con la Francia nella tarda primavera del 1940, per ottenere in Tunisia concessioni estese al nostro Paese in modo da risolvere radicalmente il problema dei rifornimenti per la Libia. Solo dopo lo sbarco angloamericano in Algeria e Marocco e la defezione dei generali francesi egli decise repentinamente l'occupazione del resto del territorio francese, l'occupazione della Corsica e la costituzione di una prima testa di ponte in Tunisia. Una mossa indubbiamente giusta, ma tardiva. Lo sbarcare a Biserta ed a Tunisi l'anno precedente, infatti, avrebbe probabilmente significato lo sgombero dell'Africa Settentrionale da patte degli Inglesi, mentre ormai, in quel novembre 1942, l'operazione non era più l'unico modo per salvare ancora la Tripolitania come riteneva Cavallero ma solo un mezzo per recuperare tutte le forze ed i mezzi che fosse stato possibile far ripiegare dalla Libia. Se la costituzione della testa di ponte in Tunisia -e il discorso vale anche per le altre decisioni assunte da Hitler- rappresentò tutto sommato un atto dovuto, quasi obbligato, l'errore fu invece quello di attribuirle scopi tanto ambiziosi quanto irrealizzabili. La suddetta costituzione avrebbe avuto un significato ed un valore solo nella previsione del recupero e successivo trasferimento sul continente europeo di quanto rimaneva dell' A.C.I.T., mentre dopo lo sbarco angloamericano in Nord Africa l' intera posizione italo-tedesca in quel teatro operativo sarebbe divenuta insostenibile, ed anche in un tempo relativamente breve. Nessuno , nell'ambito degli alti comandi dell'Asse, volle prendere atto che, al di là dei facili ottimismi derivanti dalla diminuzione della rotta fra i porti ital iani e quelli di Biserta e Tunisi nonché dalla disponibilità dei mezzi navali da trasporto recuperabili nei porti meridionali francesi, mancavano le premesse per una efficace continuazione della lotta nel Mediterraneo -prima fra tutte, quella della superiorità o quanto meno parità nelle operazioni aeree- e che di conseguenza l'evoluzione degli eventi in tale teatro operativo sarebbe stata ineluttabilmente negativa. Hitler infatti volle continuare a perseguire anche in Tunisia obiettivi impossibili, nonostante che da parte italiana si fosse cominciato a prospettare l'opportunità che si ponesse fine alla guerra contro l' Unione Sovietica così da poter disporre di un maggior numero di forze aeree e
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terrestri da impiegare nello scacchiere mediterraneo. M a da questo orecchio Hitler era assolutamente sordo: da l suo punto di vista, se la Russia avesse potuto disporre di soli sei mesi per riorganizzarsi, l'Asse si sarebbe trovato di fronte un nemico contro il quale avrebbe dovuto nuovamente d ifendersi, con scarso benefi cio per le forze dislocate in Africa dal momento che il problema era essenzial mente di trasporti. S i trattava invero di considerazioni opinabili, anche se tale aggettivazione poteva anche non essere estesa al concetto hitleriano che lo spazio conquistato in Tunisia dovesse essere considerato come essenziale per lo sv iluppo successivo degli sforzi . Al punto in cui erano giunte le cose, infatti, la soluzione più sensata sotto l'aspetto strategico poteva anche apparire quella di temporeggiare sul fronte tunisino con due opzioni, l' una per cercare di recuperare il più possibile dell' A.C .I.T. , l'altra per guadagnare il massimo di tempo utile al rafforzamento d~lJe difese del continente europeo , ed in particolare de1l'Itali a, indubbiamente il bersagli o più esposto. ' D 'altra parte anche la possibilità di utilizzare le più corte, meno vuln erabili e quindi meglio difendibili rotte tunisine g iunse in ritardo , quando cioè il tonnellaggio dispon ibile consentiva trasporti molto limitati ed anche le forze aero-navali di scorta erano al limite. S i consideri che per mantenere la capacità di combattimento dei circa 250.000 soldati , fra italiani e _tedeschi affluiti in Tunisia per costituire e difendere la testa di ponte, sarebbero state necessarie almeno 140.000 tonnellate di rifornimenti mensili, cifra poi ridotta a 120.000 dagli italiani in base al calcolo che fino ad un terzo del totale sarebbe stato affondato dal nemico. In realtà, durante il mese di marzo del 1943 soltanto 29 .000 tonnellate pervennero ai combattenti dell'Asse , un quarto delle quali per via aerea. La constatazione della precarietà della loro situazione risulterà ancora più eclatante quando si consideri che, nello -stesso mese, solo gli americani sqarcarono nei porti nordafricani circa 400 .000 tonnellate di rifornimenti. Sempre nello stesso mese Rommel , giunto alla conclusione che l'ulteriore permanenza sul suolo africano delle truppe italo-tedesche sarebbe equivalsa ad un vero e proprio suicidio, inviò a Kesserling una relazione nella quale -esclusa ogni ragionevole speranza , stante la soverchia superiorità nemica ad ogni livello , di'poter assestare ad uno dei complessi d i forze alleate un colpo decisivo prima che essi si congi ungessero e fossero in grado di sviluppare una manovra combinata unitaria- mise in rilievo 1'indifendibilità di un fronte di quasi 650 km e la conseguente necessità di ridurlo ad un arco d i soli 150 km intorno a Tunisi ed a Biserta, e precisando altresì che anche tale ridotta porzione di linea non sarebbe stata difendibile qualora il fl usso dei riforn imenti non fosse stato pari alle 140.000 tonnellate mensili g ià calcolate come minimo indispensabile. M a come tutta risposta, Rommel si vide recapitare un breve messagg io nel quale lo si informava che H itler non cond ivideva il suo modo di valutare la situazione. Lasciato definitivamente il comando delle forze italo-tedesche in Africa e rientrato in volo in Europa, ripetè la propria valutazione dapprima a Mussolini , che sembrò condividerla, e successivamente anche al Fuhrer che invece la giudicò ispirata ad un infondato pessimismo derivante dallo stato di stress psico-fisico del quale il Feldmaresciallo era affetto dopo tante fatiche affrontate in terra d 'Africa. Dalla contrapposizione tra la radicale concezione hitleriana e la realtà concreta della situazione derivò infine una direzione strategica della campagna caratterizzata, d all'inizio alla fine, dall' assenza di una ferm a determinazione sugli scopi da perseguire nonché dall'incertezza fra il tenere ad ogni costo la Tunisia e l'accontentarsi in p ratica di guadagnare tempo. Ma quest' ultima pratica ha valore sul piano strategico e tattico qualora serva a recuperare forze e non a distruggerle, e ad irrobustire le difese successive, altrimenti risulta fine a sé stessa e p riva di significato. In ultima anal isi , valutata oggi ad oltre sessant' anni di distanza e conoscendo l' esito fi nale del secondo conflitto mondiale con tutto il vastissimo repertorio di documentazione che lo coITeda, la resisten- 20-
za .ad oltranza in Tunisia appare come un "nonsenso strategico ", dal momento che indebo.lĂŹ anzichĂŠ favorire la difesa del territorio italiano contro il quale era facile prevedere che si sarebbe rivolto iI successivo attacco nemico. Ed inoltre, particolare non trascurabile, non ebbe nemmeno il valore emblematico che avrebbe invece potuto assumere se fosse stata condotta in Tripolitania.
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2 - LO SVILUPPO DEL QUADRO OPERATIVO A) - L'OPERAZIONE TORCH E
LA PRIMA FASE DELLA CAMPAGNA
(8.11.1942-31.1.1943)
el! 'ultima decade di ottobre del 1942 mossero dai porti degli Stati Uniti e dell'Inghilterra più di 800 fra navi da guerra e mercantili che trasportavano tre distinti corpi di spedizione destinati a sbarcare rispettivamente ad Algeri, Orano ed in Marocco. L'imponente flotta angloamericana pervenne davanti alle coste del Nord Africa francese all'alba dell'8 novembre, ed ebbero inizio gli sbarchi; questi incontrarono scarsa resistenza ad Algeri mentre più vivace fu quella riscontrata ad Orano, anche se particolarmente dura e tenace si rivelò quella opposta dai francesi in Marocco, specia1mente a Casablanca. . L'armistizio firmato in Algeri due giorni dopo fra l'ammiraglio Darlan, comandante militare deil' Africa Settentrionale francese ed il gen. statunitense Clark, comandante in capo delle forze alleate nel Mediten-aneo, riguardò l'Algeria ed il Marocco senza coinvolgere automaticamente l'armata francese della Tunisia, che non si oppose allo sbarco del 10° Rgt. Bersaglieri, di tre battaglioni di fanteria e di un gruppo di semoventi italiani nonché di un reggimento di paracadutisti tedeschi, il tutto trasportato per via aerea e con convogli marittimi veloci in grado di attraversare nottetempo il canale di Sicilia. Le forze Alleate sbarcate, una volta lasciati i porti, si concentraronoyresso la frontiera con l'Algeria mantenendo il possesso di Medjez-el-Bab, la chiave di accesso alla piana di Tunisi, mentre quelle francesi si assunsero il compito di rallentare l'avanzata delle
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i Cartina n. 2 - La testa di sbarco dell'Asse in Tunisia.
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Cartina n. 3 - L'Operazione Torch.
truppe dell'Asse e di proteggere, nel contempo, la radunata delle trùppe sopraggiungenti, di cui il contin'g ente destinato ad occupare la Tunisia risultava piuttosto esiguo poiché la necessità di for:rri're copertura al Ma.r occo in vista di un possibile attacco delle truppe avversarie da Nord attraver~o la Spagna, aveva indotto gli angloamericani a stabilire in Atlanti?O il centro di gravità dell'intera operazione. La reazione dell'Asse all' Operazione Torch -questo il nome ip. codice dato dagli alleati allo sbarco in Nord Africa- fu piuttosto rapida: gjà al mattino dell'll novembre, violando gli accordi dell'armistizio del 1940, la 1a Armata tedesca e la 4.1 italiana, penetrarono nel te1Titorio francese rimasto sotto il governo di Vichy con a capo Pierre Laval, ed inoltre truppe italiane sbarcarono in Corsica: Nella stessa giornata venne occupata anche Tunisi, nel cui aeroporto le prime avanguardie aerotrasportate tedesche erano già giunte nel tardo pomeriggio del giorno 9. A queste si aggiunsero il 13 truppe italiane inviate, nonostante il non gradimento germanico, per affermare le nostre aspirazioni sul protettorato francese della Tunisia. Anche gli angloamericani non avevano però perso tempo: il 12 novembre erano sbarcati a Bona, il 15 truppe paracadutiste avevano occupato Tebessa ed il giorno successivo Souk-elArba, in Tunisia, ed infine il 17 la divisione francese di Costantina, rinforzata con elementi americani, aveva raggiunto Gafsa minacciando le comunicazioni stradali fra Tunisi e Tripoli. Ma in quello stesso giorno era arrivato in zona con il suo XC Corpo d'Armata tedesco il gen. Walther Nehring, che due giorni dopo chiese perentoriament~ al gen. Barrè, comandante deile forze francesi con Q. G. a Medjez-el-Bab, di lasc:iargli libero il passaggio verso l'Algeria. Barrè oppose un rifiuto ed iniziò a ritirarsi verso Occidente iseguencto il criterio del "ripiegamento aggressivo", ed il giorno 20 stabilì il contatto con i primi elementi britannici. La speranza di impadronirsi di Tunisi prese forma in quei giorni raggiungendo il culmine il 30 novembre allorché il V C. A. inglese arrivò a non più di 25 km dalla città; ma già nei primi giorni di dicembre i tedeschi riuscirono a ristabilire la situazione, favoriti anche dalla pioggia e dal fango che ostacolarono notevolmente i movimenti del nemico. Ed il giorno 8 dello stesso mese venne costituita la 5'1 Armata Corazzata, un'unità mista italo-tedesca sotto il comando germanico anche se alle dipendenze del C. S. italiano, la cui guida fu assunta il 31 dal gen. Hans Jurgen von Arnim che aveva ai suoi ordini 47.000 soldati tedeschi, 18.000 italiani, 330 carri armati e 360 cannoni.
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Il termine della prima fase della campagna è ascrivibile al momento nel quale l' A.C.I.T. raggiunse la pozione difensiva di Mareth el Hamma. L'intervallo di tempo intercorrente fu caratterizzato dalla messa ·in atto, da parte italo-tedesca, dell 'organizzazione operativa del nuovo scacchiere, penalizzata però dalla mancanza di una direzione unitaria e, dalla controparte franco -angloamericana, dal tentativo (fallito) di occupare di sorpresa Tunisi e Biserta. Giustamente i comandi tedeschi dettero assoluta precedenza al fronte Nord, ed in particolare alla ricerca di profondità per il mantenimento delle posizioni chiave della testa di sbarco, mentre il C. S. italiano ebbe soprat-
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Cartina n. 4 - La posizione di Mareth-El Hamma.
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Cartina n . 5 - Organizzazione di comando dell'Asse dal 5-2 al 13-5-1943 . /
tutto cura di assicurare il collegamento tra le forze del!' Asse operanti in Libia e quelle della testa di ponte nonché di rafforzare la posizione difensiva di M.areth el Hamma. Definita da qualcuno in vena di eleganza letteraria la Maginot del deserto, non corrispondeva affatto a tale immagine in guanto si trattava, in realtà, cli un complesso di una trentina di bunker in parte superati, di profondità scarsa, di efficienza ridotta, degradati dall ' azione degli agenti atmosferici e delle acque cli superficie ed in buona parte smantellati tre anni prima a cura della nostra Commissione d'armistizio. Inoltre, nella parte settentrionale, pi.ana, della linea i singoli fortini erano nettamente dominati dal terreno antistante, mentre nella parte meridionale , alta, offrivano un ottimo dominio di osservazione ma scarsissima efficacia cli tiro davanti al margine della posizione, che correva sul fondo e doveva essere difeso dalle armi automatiche dal basso. Ad ogni modo , il vantaggio dell'osservazione in profondità e sul rovescio dello schieramento avanzato avversario offerto dal settore montano compensava lo svantaggio determinato dall'osservazione nemica. Era però un compenso realizzabile con un'adeguata disponibilità di artiglierie, specie del tipo a lunga gittata, e cli munizioni. L'organizzazione della testa cli ponte da parte italiana risultò piuttosto inceppata e lenta, priva di una programmazione definita e concreta che, sola, avrebbe potuto garantire l'intensità ed il ritmo richiesti dalla situazione. Ben diverso fu l'atteggiamento tenuto dall'Alto Comando tedesco, -in particolare dal Feldmaresciallo Kesserling, che ne costituiva la longa manus in Italia- che il 9 dicembre provvide a sciogliere il XC C.A. del gen. Nehring, il quale sin da trenta giorni prima era stato il comandante cli tutte le forze dell'Asse affluite in Tunisia, ed a costi-
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tl).ire la Y1Armata corazzata italo-tedesca al comando del gen. von Arnim, come s'è già detto in precedenza . Il fattore che determinò prioritariamente la condotta ciel Comando Supremo italiano fu il modo diverso , rispetto a quello clell' Alto Comando germanico, di valutare la correlazione tra lo scacchiere libico e quello tunisino. Il Maresciallo Cavallero, pur riconoscendo che se fosse andata perduta la Libia sarebbe stato ancora possibile "fare qualcosa'' mentre se si fosse persa anche la Tunisia non sarebbe stato possibile fare altro, attribuì priorità alla difesa ed al mantenimento della Tripolitania, che avrebbe voluto conservare ad ogni costo o, quanto meno, abbandonare il più tardi possibile. Di conseguenza, soltanto allorché, nei primi giorni di gennaio del 1943, la rinu ncia a tale intendimento risultò ineluttabile, il Capo di Stato Maggiore Generale si dedicò per intero al problema della Tunisia che, se non aveva sino all ora trascurato, non aveva certamente tenuto in primo piano. Infatti, una maggior cura ed attenzione dedicate a questo sin dall'inizio avrebbero consentito una migliore utilizzazione dei primi venti giorni decors i dalla costituzione della testa d i ponte durante i quali non si ebbero perdite di naviglio , vi fu l'afflusso maggior di forze italiane (traibili da quelle dislocate in Sicilia, al momento non minacciata, e rimpiazzabili a breve termine con altre disponibili sul territorio nazionale) ed infine si realizzò anche la costituzione di un fronte della testa di ponte più robusto ed "economico" e possibilmente esteso sino al confine con l'Algeria così da dare maggior respiro a Tunisi ed a Bisetta. Inoltre, una più approfondita valutazione deJle esigenze da parte di Cavallero e del suo staff avrebbe indotto a concentrare lo sforzo iniziale sulla parte settentrionale della Tunisia rinviando ad un secondo momento , invece di attuarla in contemporanea, la costituzione del settore difensivo Gabès-Sfax , là dove il pericolo che il nemico potesse separare l' A. C. I. T. dalle truppe dell 'Asse in Tunisia era, all' inizio , più potenziale che reale. Un tale modo di procedere avrebbe anche evitato la dispersione ed il logorio delle forze e la creazione cli tanti piccoli settori difensivi tipo quelli di Tu nisi, Bise1ta, Gabès, Sfax, ecc, che essendo tutti deboli e vulnerabili, qualora attaccati in forze non sarebbero stati in grado di opporre una valida e "pagante" resistenza. In sostanza, ad apparire debole e precaria era l'intera testa di ponte che, per la componente italiana, era costituita da truppe radunate frettolosamente, indipendentemente dai vincoli ordinativi e dai precedenti orientamenti di impiego, fatte affluire differendone nel tempo l'arrivo non solo in relazione alla disponibilità dei trasporti ma facendole giungere per blocchi di unità minori -battaglioni e gruppi- con conseguente impiego "a spizzico" alle dipendenze dei comandi di settore tedesch i che ne ignoravano le peculiarità d'impiego. In ultima analis i, si stava ripetendo quanto era accaduto due anni prima in occasione della campagna di Grecia, e questa pertinacia nel non fare assolutamente conto di esperienze pagate a così caro prezzo sulla propria pelle ci sembra costituisca la responsabilità forse primaria degli stati maggiori italiani, sia a livello centrale che di forza armata . Anche il problema dell'ordinamento di comando delle forze in Tunis ia venne affrontato da Cavallero con un certo ritardo, a testimonianza della relativamente scarsa partecipazione alla vicenda tunisina (si pensi che si era recato sul posto la prima volta solo il 7 gennaio 1943 mentre Kesserling vi si era portato più volte durante i mesi di novembre e dicembre dell 'anno precedente indirizzando e sostenendo l'azione di comando del gen. Nehring, prima, e von Arnim in segu ito). Il problema sarebbe stato affrontato concretamente solo fra il 20 ed il 23 gennaio. Cavallero dispose che le forze clell' Asse fossero raggruppate in due Armate, la 5° Corazzata tedesca a Nord, al comando del gen. von Arnim, e la 1a italiana -già A.C .I .T.- a Sud al comando del gen. Giovanni Messe (che , proveniente dalla Russia dove era stato alla guida de] C.S.I.R., era destinato a sostituire il Feldmaresciallo Rommel), entrambi dipendenti dal C.S. italiano. Si trattava di una dipendenza voluta dal nostro Capo di Stato Maggiore Generale nell' intento di limitare la libertà di iniziativa lasciata sino a quel momento al gen. von Arnim e , in pratica, a Kesserling ovvero ali' Alto
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Comando tedesco, anche se il provvedimento si sarebbe ben presto rive lato impraticabile non potendosi, da Roma , risolvere razionalmente e con la necessaria tempestività i problemi operativi delle due Armate.
B) - LA COSTITUZIONE DELLA l'' AAvlATA ITALIANA E LA SECONDA FASE DELLA CAl'vfPAGNA (l .2-15.3.1943)
Jl 1° febbraio 1943 venne costituito, con elementi e mezzi tratti in gran parte dal Comando Superiore Italiano in Libia (la cui soppressione sarebbe avvenuta cinque giorni dopo), il comando della 1a Armata, destinato a sostituire il comando tedesco dell' A. C. I. T. allorché fosse stato attuato il suo schieramento sulle nuove posizioni a Sud di Gabès. Ma il problema più importante era, una volta costituita la G .U ., quello di darle un capo ali' altezza, e la scelta cadde sul generale italiano, Giovanni Messe, che indubbiamente si era dimostrato il più valido sul piano operativo ed era altresì apprezzato anche dai tedeschi, fors'anche per aver loro mostrato i denti in più di un'occasione durante la campagna di Russia. ngen. Messe, accompagnato dal Maresciallo Cavallero, il 23 gennaio fu ricevuto da Mussolini che gli assegnò le direttive di massima, consistenti nell'opporsi con s uccesso alle forze nemiche che da Sud miravano a stritolare come in una morsa la nostra presenza in Tunis ia in attesa che poi, in estate, si potesse riprendere l'iniziativa operativa con un grande spirita offensiva verso 1'Algeria ed il Marocco per la riconquista della Libia. Lo scenmio prefigurato , peraltro, dovette sembrare eccessivamente ottimistico pure a chi lo aveva delineato per cui, anche per le obiezioni mossegli con la dovuta subordi nazione ma con convinta determinazione dal suo interlocutore, al momento del commiato si espresse in ternùni più realistici: " Occorre comun-
que resistere ad ogni costo, resistere fino all'estremo per ritardare l'attacco diretto contro l'Italia che seguirà fatalmente alla caduta delle nostre posizioni africane. Occorre che possiate resistere sino all'autunno, così che l'attaccQ nemico non possa effettuarsi sino all'anno prossimo." La decorrenza della nomina era stata stabilita per il 5 febbraio , ma già dal 31 gennaio Messe era giunto a Tunisi. In realtà, l'assunzione del comando sarebbe avvenuta il 20 del mese, ma non appena pervenuto sul posto egli si mise subito all'opera per rendersi ben conto della situazione e provvedere alla formazione del proprio stato maggiore. A capo di tale struttura venne posto il gen. Giuseppe Mancinelli, che essendo stato Addetto Militare a Berlino per alcuni anni aveva un'assoluta padronanza della lingua tedesca ed una approfondita conoscenza dei procedimenti operativi dell'alleato , ulteriormente accresciuta dai 12 ·mesi trascorsi come ufficiale di collegamento preso il comando di Rommel. Quale suo omologo, da patte tedesca era stato designato il gen. Fritz Bayerlein, ufficiale esperto della guerra africana ed in particolare di tutto quanto atteneva agli aspetti logistici. Nelle sue memorie, Messe afferma senza mezzi termini come tale ordinamento non interferisse minimamente nelle prerogative del capo di stato maggiore italiano anche nei confronti delle truppe tedesche; quella, fra l'altro, era l'unica volta nella quale divisioni germaniche venivano poste agli ordini di un comandante italiano. La cooperazione fra i due eserciti, nell' ambito della G. U ., non solo non ebbe a soffrirne, ma si mantenne pressoché ottimale durante tutta la durata della campagna.
Le forze contrapposte Poiché le truppe disponibili dovevano essere inquadrate in due CC.AA., Messe richiese di poter scegliere i due· comandanti, che dovevano avere requisiti tali da garantirgli la massima affidabilità sotto tutti gli aspetti. La scelta cadde su due generali già conosciuti da Messe, Taddeo Orlando per il XX C.A. e Paolo Berardi per il XXf. Per quanto atteneva alle forze, la l" Armata,
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con il passaggio alle proprie d ipendenze il 26 gennaio del le unità della Tripolitania e del Sahara, i1 30 dei reparti dislocati a Sud del 34° parallelo ed il 12 febbraio di quelli stanziati a Sud della linea Sfax-Gabès (il 34° parallelo era il limite di settore fra la l a e la 5a Armata, stabilito inizialmente da Cavallero e poi modificato dal suo successore Vittorio Ambrosio subentratogli nella carica il 1° febbraio) , risultava costituita come segue: Truppe italiane XX C. A .: truppe cli corpo d'armata, Divisione Giovani Fascisti, Divisione Trieste (in tutto: 12 battaglioni fucilieri, 119 pezzi controcarro, 16 mortai da 81, 113 pezzi da campagna, 16 pezzi di medio calibro, 15 pezzi e .e. e da costa, 12.550 uomini); XXI C. A.: truppe di corpo d'armata, Divisioni La Spezia e Pistoia (in tutto: 15 battaglioni fucilieri, 3 battaglioni nùtraglieri, 152 pezzi controcarro, 64 mortai da 81 , 143 pezzi da campagna, 18 pezzi di medio calibro, 2 pezzi e.e. e da costa, 21.250 uomini); Truppe d'Armata: Divisione Centauro (assegnata il 12 febbraio), Raggruppamento Mannerini (comprendeva le forze della Tripolitania e del Sahara), Raggruppamento Roncaglia (comprendeva le forze precedentemente dislocate nel Sud tunisino), altre truppe varie, Gruppi carri Nizza e Monferrato (in tutto: 10 battaglioni fucilieri, 6 battaglioni mitraglieri -di cui 5 compagnie sahariane- 140 pezzi e.e., 26 mortai da 81, 48 pezzi da campagna, 76 pezzi e .e . e da costa, 14 carri armati efficienti -di cui 6 semoventi- e 30 inefficienti, 40 autoblindo, 16. 000 uomini) . J1 totale delle truppe italiane era di 37 battaglioni fucilieri, 9 battaglioni mitraglieri, 411 pezzi e.e., 106 mortai da 81,304 pezzi da campagna, 34 pezzi cli medio calibro, 106 pezzi e.e. e da costa, 14 carri armati efficienti e 30 inefficienti, 40 autoblindo, 48. 400 uomini . Sotto l'aspetto qualitativo, va detto come la Divisione Giovani Fascisti comprendesse, sul fronte tunisino, l' 8° Rgt. Bersaglieri ed il 136° Rgt. Artiglieria, oltre naturalmente ai propri battaglioni i cui componenti erano destinati a costituire un Gruppo d'Assalto quale riserva d'Armata . La G. U. avrebbe dovuto assumere la denominazione di Divisione Bersaglieri cl'Afi·ica, articolata su sei battaglioni, ma l'incalzare degli avvenimenti non avrebbe consentito questa trasformazione ordinativa. Per quanto riguardava la Centauro, questa quasi Divisione (come era stata definita da qualcuno con riferimento non certo agli uomini che la componevano quanto ai comandi che ne avevano disposto la partenza per il fronte africano) era stata classificata come corazzata anche se avrebbe finito per combattere priva cli carri. Nel 1942 la G .U. si trovava in Friuli, terreno quanto meno poco idoneo in vista di un impiego operativo in territorio africano. Il movimento per l' A. S . ebbe luogo ai primi di dicembre: partiti gli uomini, però , non erano stati imbarcati i carri, per cui la G .U . si era ritrovata sulla linea del fronte pressoché dimezzata, disponendo del 5°Rgt. Bersaglieri e del 31 ° Rgt. Carristi, ma questo secondo reparto era senza automezzi e disponeva solo di qualche carro M racimolato dai residui clell 'Ariete e della Littorio. Il fatto ci riporta • al discorso accennato in precedenza circa la non messa a profitto di quanto era accaduto un paio di anni prima sulle banchine dei porti pugliesi in occasione degli imbarchi di truppe e materiali da inviare al fronte greco-albanese. Degli stessi episodi cli disarticolamento ordinativo fu vittima anche la Divisione Superga, facente parte del XXX C . A. , il cui avviamento repentino ed affannoso in Tunisia non rese possibile il rispetto dei vincoli organici in partenza così come l'urgenza dell'impiego, all'atto dell'arrivo, quello della loro ricostituzione . Con i suoi 91° e 92° Rgt. Fanteria ed il 5° Artiglieria avrebbe continuato a far parte del XXX C . A ., che comprendeva anche il Rgt. Volontari Tunisini (costituito da oltre 4000 elementi tratti dalla folta colonia italiana locale), il Ragg.to d'Assalto "T", la DLX Coorte M.V.S.N., il Rgt. San Marco della R . M . sui due Battaglioni Bajtle e Grado, .il CXXXVI Btg. e.e., il LXV Gruppo obici da 100/17, il Il Btg. Lanciafiamme ed altri reparti minori . - 29 -
Il 10 novembre 1942, poco prima dell'invio dei repa1ti della Superga, il C. S. aveva disposto per la costituzione di un raggruppamento motocorazzato che avrebbe assunto ìa denominazione di soa Brigata Speciale al comando del gen. Giovanni Imperiali di Francavilla che, more solito , fra ordini e contrordini era partito affrettatamente dall'Italia senza ricevere direttiva alcuna né altre informazioni di sorta se non quella che sarebbe stato alle dirette dipendenze operative di von Nehring, comandante del XCC.A. tedesco. Sulla carta, la 50" avrebbe dovuto comprendere il Ragg.to esplorante corazzato Lodi, il IV Btg. carri M 41, il l O Gruppo batterie motorizzate da 75/18, un Gruppo di batterie semoventi, una compagnia mista del Genio e varie sezioni di servizi; in realtà , la fonnazione della Brigata ebbe luogo utilizzando unità già impiegate nella Tunisia settentrionale ed anche sottraendo reparti alla Superga ed alla difesa del territorio libico occidentale fra i quali il VI Gruppo Squadroni Aosta (appiedato), il LX Btg. mitraglieli ed il V Btg. CC. NN. Dopo un periodo trascorso a Sfax, la Brigata prese parte all'occupazione della zona costiera e poi a quella dei numerosi passi montani per cercare di anticiparvi gli alleati ; a metà dicembre 1942 arrivò a comprendere più di 7000 italiani e 1500 tedeschi, dislocati su un fronte d'altronde molto ampio di circa 350 km. Negli ultimi giorni dello stesso mese , una volta giunto a Tunisi il comando del XXX C.A., prendeva alle proprie dipendenze sia ]a Divisione Superga che la 50a Brigata Speciale . Truppe tedesche 90a Divisione leggera (passata poi alle dipendenze de] XX C.A.): 6 battaglioni fucilieri, 29 pezzi e.e., 13 pezzi da campagna, 3 pezzi di medio calibro, 5600 uomini; 164a Divisione leggera (passata poi alle dipendenze del XXI C. A.): 4 battaglioni fucilieri, 16 pezzi c . c., 5 pezzi da campagna, 4300 uomini; lY Divisione corazzata: 3 battaglioni fucilieri, 36 pezzi e .e., 14 pezzi da campagna, 9 pezzi di medio calibro, 66 carri armati efficienti, 6200 uomini; 1° Rgt. Granatieri d 'Afi·ica: l battaglione fucilieri rinforzato, 17 pezzi e.e. , 2 pezzi da campagna, 1200 uomini; Brigata Lt{ftwajfe: l battaglione fucilieri rinforzato , 16 pezzi e.e., 5 pezzi e.e. e da costa; 19a Divisione e.a.: 35 pezzi e .a., 6850 uomini Gruppi esp]oranti: Il pezzi e.e., 2 pezzi da campagna, 47 autoblindo, 1050 uomini Altre truppe di C . A.: 18 pezzi di medio caJibro, 9 pezzi e.e. e da costa, 1200 uomini Il totale delle truppe tedesche era di 15 battaglioni fucilieri 125 pezzi e.e., 72 mortai da 120, 36 pezzi da campagna, 30 pezzi di medio calibro, 49 pezzi e.e. e da costa, 46 carri armati efficienti, 47 autoblindo, 27 .950 uomini. Il totale complessivo delle forze della P Armata era di 52 battaglioni fucilieri, 9 battaglion i mortai (178 armi), 340 pezzi da campagna, 64 pezzi di medio calibro, 155 pezzi e.e. e da costa, 80 carri armati efficienti + 30 inefficienti, 87 autoblindo, 76.350 uomini. Il 23 febbraio venne costituito il Gruppo di Armate, al comando del quale fu posto il Feldmaresciallo Rommel poi sostituito dal gen . von Amìm, comandante della 5a Armata. · Ma il dato statistico relativo a] numero delle GG.UU. non esprime certamente il reale rapporto di forze esistente fra le controparti , stante la differenza di struttura e di mezzi fra le divisioni italiane e quelle inglesi ed americane e della quale si parlerà più in dettaglio nel paragrafo concernente le operazioni sul fronte della 1" Armata, nella fase finale della nostra permanenza sul suolo africano. Un altro elemento da tener presente per una valutazione oggettiva della situazione è quello dei rifornimenti. Il nemico aveva concentrato nello scacch iere mediterraneo la quasi totalità dei propri sommergibili e 5000 aeroplani (2000 fra bombardieri ed aerosiluranti, 2000 caccia e 1000 ricognitori), la metà dei quali dislocati in Tunisia, e con questa flotta aerea martellava incessantemente i nostri porti di carico e scarico e le rotte dei nostri convogli. Dal mese di dicem-30-
bre 1942 le perdite dell'Asse avevano cominciato ad aumentare con una progressione inarrestabile. Se nei mesi precedenti la nostra Marina, pur a prezzo cli grandi sforzi, era riuscita a far affluire in Tunisia una media mensile di circa 80.000 tonnellate di materiali con perdite contenute in limiti ancora tollerabili, nel marzo del 1943 l'intensificarsi dell'azione nemica (specie quella aerea) avrebbe accresciuto le perdite in maniera non più sopportabile, ed in aprile la situazione sarebbe precipitata: non fu possibile infatti avviare che circa 58.000 tonnellate delle quali andò perduto il 41,8%, e l'u ltimo giorno del mese vennero perduti tre nostri cacciatorpediniere due dei quali carichi di truppe tedesche e l'altro di munizioni. La percentuale delle perdite sarebbe salita, nella prima decade di maggio, al 77,3%. Inoltre, il continuo martellamento aereo sugli impianti portuali di Tunisi, Biserta, Susa, Sfax e Gabès, ne aveva ridotto la potenzialità di scarico merci da 7500 a 2500 tonnellate giornaliere. Per quanto riguardava l'avversario, l'Ordine d.i Battaglia delle forze angloamericane, consistenti in due armate inglesi, un corpo d'annata statunitense ed un distaccamento d'armata francese, era il seguente:
i.a Armata britannica (gen. Anderson): - V e VI CC. AA. - 4", 56", 78", 81" Divisioni di fanteria - 6a e lla (in affluenza) Divisioni corazzate - XXVI Brigata corazzata britannica (operante con la 1a Divisione corazzata U .S.A.) - Army Tank Regiment britannico (operante con il XIX C.A. francese) - Reggimento paracadutisti 8a Armata britannica (gen. Montgomery) X e XXX CC. AA. - 44'\ 50'1, 51 31 Divisioni di fanteria - 1a Divisione sudafricana, 9" Divisione australiana, 4a Divisione indiana, 2a Divisione neozelandese I a e 10a Divisioni corazzate britanniche - Brigata Guardie - Gruppo Autonomo del deserto (Long Range Desert'.'i Group) - Distaccamenti greco e polacco -
lI Corpo d'Armata U.S.A. (gen. Patton) - l\ 9\ 34a Divisioni di fanteria - 1a Di visione corazzata - Reggime11,t o paracadutisti - 1a e 2a Divisioni di fanteria (entrambi in affluenza) Distaccamento d'Armata francese (gen. Juin) - XIX C.A. - Divisione di marcia Costantina, Divisione di marcia algerina, Divisione di marcia marocchina, Divisione francese di Tunisia (operante con la 1a Armata inglese) - Corpo Leggero d'Africa (operante con la 1a Armata inglese) - Brigata Koenig (operante con 1' 8" Armata inglese) - Brigata Leclerc (operante con l'8a Armata inglese) - Divisione corazzata in costituzione (assegnata poi al XIX C.A.)
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Dal punto di vista operativo, questa seconda fase della campagna fu caratterizzata da un'iniziativa offensiva delle trnppe dell' Asse con l 'intento di respingere la minore delle due masse di forza nemiche onde poter guadagnare il tempo necessario a battere successivamene quella principale, ovvero 1'8a Armata. La manovra però fallì, e l'unico risultato di un certo ri lievo consistette nell 'evitare che l'avversario tagliasse le comunicazioni fra la 1" Armata italiana e la 5'1 tedesca.
I combattimenti di Kasserine e di Medenine Il 14 febbraio un raggruppamento di forze tratto dal' A.C.I.T. , cost1tu1to da quelle che Rommel aveva potuto sottrarre alla linea del Mareth (equivalente a meno di un divisione) ed al diretto comando dello stesso Feldmaresciallo, venne lanciato contro il fianco meridionale dello schieramento nemico, ed il giorno dopo entrò a Gafsa. Dopo aver piegato a Nord-Ovest, il 17 avanzò di altri 80 km e superò Ferina; in questo modo si era quasi allineat o con la 21 a Divisione Corazzata, trovandosi però a 55 km a Nord di essa e pertanto più vicino a lle linee di comunicazione degli alleati. Resosi conto della grande confusione venutasi a determinare nei comandi americani, .R ommel avrebbe voluto sfruttare fino in fondo l 'occasione favorevole e, avvalendosi di tutte le forze corazzate disponibili , costringere il nemico a ritirare il grosso delle sue forze in Algeria , prospettiva facentesi strada anche nelle menti dei comandanti alleati. Ma il gen. von Arnim, che aveva già richiamato indietro il contingente della 10" Corazzata -che, con la 21 8, costituiva il rimanente delle forze rimaste alle dipendenze del comandante dela 5° Armata e che erano state poste al comando del gen. Ziegler- si mostrò riluttante ad accettare l'idea di Rommel. Questi si rivolse allora a Roma per ottenere l'autorizzazione a proseguire l'offensiva , che pervenne ma lasciando intendere che l'operazione dovesse svilupparsi in direzione Nord, verso Thala e Le Kef, anziché in direzione Nord-Ovest, verso Tebessa. Secondo il commento di Rommel, questa varia/ zione rappresentò un pazzesco, incredibile episodio di miopia, e non si può non concordare con questo severo giudizio quando si consideri che, così, l'attacco si sarebbe sviluppato troppo vicino al fronte portando le truppe a ridosso delle ingenti riserve del nemico. Se, viceversa, Rommel fosse stato autorizzato ad attuare il suo progetto, l' avversario sarebbe stato colto in contropiede dal momento che i rinforzi erano stati inviati in tutta fretta a Thala ed a Sbiba, mentre la zona di Tebessa era rimasta presidiata con deboli forze. Rommel reiterò l'attacco il giorno 19 , ma ormai l'occasione favorevole era sfumata, soprattutto a causa del ritardo della 1.0a Divisione corazzata che, costretta ad un nuovo dietro-front, non giunse in tempo per prendere parte alla fase iniziale. Ad ogni modo, la progressione tedesca venne inizialmente arrestata lungo la via del valico di Kasserine, per essere poi ripresa con successo dopo che Rommel , visto che il nemico non assumeva iniziativa alcuna, aveva portato un attacco con cinque battaglioni -tra i quali il V del nostro 7° Rgt. Bersaglieri il cui comandante, col. Luigi Bonfatti, cadde sul campo- che risultò ben presto vittorioso. Gli americani si ritirarono su Thala, lasciando in mani germaniche oltre 700 prigionieri. Sicuro che gli alleati stessero mettendo a punto un massiccio contrattacco, Rommel arrestò la propria avanzata organizzandosi per contenerlo e passare a sua volta all'azione. In effetti, il nemico stava affluendo in forze sulla zona per cui il 22 il comandante del Gruppo Armate decise, in pieno accordo con Kesserling , di riportare di nuovo verso Ovest le proprie truppe. 11 combattimento di Passo Kasserine , che deve la propria rilevanza storica al fatto di essere stato il primo scontro diretto tra le forze dell'Asse e le truppe americane, servì inoltre a sfatare di colpo la diffusa sensazione di superiorità di cui l' esercito statunitense godeva presso l'opinione
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pubblica europea. Anche gli storici militari americani hanno sempre concordato sul fatto che se Rommel, invece di interrompere l'offensiva l'avesse proseguita su Sbiba e Tebessa con il vigore che gli era proprio, le forze alleate sarebbero state pericolosamente divise in due tronconi e si sarebbero trovate nella necessità di dover sgomberare dalla Tunisia, ripiegando magari in Algeria salvo poi a riprendere l'iniziativa con nuovi rinforzi che sarebbero ce1tamente arrivati a Casablanca. Ma Rommel, irritato e deluso dal comportamento poco collaborativo di von Arnim e da quello altrettanto "qualunquistico" del Comando Supremo italiano, sotto l'aspetto psico-fisico non era più lo stesso uomo dei tempi di Tobruk, di Bir Hacheim, dell' Halfaya. Pur tuttavia, con l'abituale precisione e senso tattico, il 28 febbraio emanò le direttive per l'azione di contrasto delle forze inglesi avanzate nel settore Sud che avevano come scopo l' annientamento, con manovra avvolgente, delle forze avversarie in corso di schieramento fra Medenine e le posizioni del Mareth. La ruota della fortuna, però, aveva preso a girare in senso decisamente contrario. Per svolgere la sua azione offensiva contro Medenine, Rommel avrebbe avuto bisogno di poter dispone tanto della 10a quanto della 21" Divisione che avrebbero dovuto prendere parte all'azione con un meccanismo a tenaglia muovendo dal settore Nord delle posizioni del Mareth verso la zona a Nord-Ovest di Medenine, unendo i loro sforzi a quelli delle altre GG.UU. impegnate nell'azione tra le quali figuravano anche reparti delle nostre Divisioni Spezia e Trieste. Ma il 26 febbraio, una decina di giorni prima della data prevista per l'inizio dell'attacco, von Arnim ne aveva cominciato un altro sul fronte Nord che, se inizialmente si riprometteva solo la riconquista di Medjez el Bab, si era poi trasformato in una vera e propria offensiva in grande stile tanto ambiziosa quanto incerta, che avrebbe dovuto comprendere tutta la linea del fronte tra la costa a Nord e Point-duFahs, e svilupparsi in otto diversi punti contro l'intero V C.A. inglese. Il progetto fallì, soprattutto per la mancata osservanza del principio della concentrazione degli sforzi, ma ancora più grave fu il fatto che, allo scopo di favorire il suo piano, von Arnim aveva trattenuto presso di sé la metà della 10a Divisione corazzata; inoltre, Kesserling aveva disposto che questa G.U., insieme alla 21'\ permanessero durante l'attacco di von Arnim a ridosso del fianco degli americani così da scoraggiare l'eventuale invio di rinforzi a Nord in appoggio delle forze anglo-francesi impegnate dallo stesso attacco. Ne sarebbe seguito un ritardo che ebbe ripercussioni decisive sulle prospettive di successo dell'iniziativa offensiva ad Est: ancora il 26 la posizione avanzata di Medenine era presidiata da una sola divisione britannica, ma entro il 6 marzo, allorché i tedeschi mossero all'attacco, Montgomery aveva avuto il tempo di quadruplicare le proprie forze. L'azione doveva avere luogo attaccando da destra le colline di Medenine con aliquote di tre divisioni tedesche (158, 1a e 10a) mentre sulla sinistra un altro complesso di forze, costituito da reparti della Trieste, della Spezia e della 90a al comando del gen. Sponeck, doveva attaccare le posizioni nemiche a cavallo della rotabile tenendole impegnate mentre le truppe corazzate tentavano l'aggiramento da destra. ll felice esito dell'operazione era basato, ovviamente, sulla sorpresa. Ma contrariame nte ad ogni aspettativa, sia il gruppo Sponeck sulla sinistra che le divisioni corazzate sulla destra si trovarono èla subito sotto un poderoso sbarramento di artiglieria che provocò tanto l'arresto delle truppe di fanteria del primo quanto gravi perdite di cani fra le seconde. Le artiglierie nemiche, ben appostate sulle pendici antistanti Medenine, riuscirono a sventare ogni tentativo di attacco, e mentre le fanterie delle due divisioni italiane furono aiTestate dai cani armati nemici mossi al contrattacco, più a Sud la 15a e la 21a Panzer, insieme a reparti della 10a corazzata, si trovarono bloccate nella piana dal fuoco dei pezzi e .e. inglesi subendo gravi perdite. Il gen. Messe, allorché nella tarda serata fu informato, mediante la ricognizione aerea, che numerose autocolonne alleate stavano affluendo su Medenine, propose a Rommel, la sospensione dell'azione ed il rientro sulle posizioni di partenza, suggerimento accolto dal Feldmaresciallo, ed entro la
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giornata del 7 tutti i reparti italo-tedeschi impegnati rientrarono nelle nostre linee portando con loro anche tutti gli automezzi ed i carri armati danneggiati nel corso degli scontri. Le perdite erano state dolorose, oltre 600 tra morti e feriti e 41 i mezzi corazzati distrutti , mentre pressoché irrilevanti risultavano quelle nemiche. Quel 7 cli marzo fu ad ogni modo un giorno importante anche perché rappresentò 1'epilogo della vicenda africana del Feldmaresciallo Rommel. In serata, era giunto un messaggio di Kesserling nel quale lo si informava che il Fuhrer aveva disapprovato la sua recente valutazione in merito alla situazione tunisina. Kesserling si riferiva ad un grafico illustrante la contrapposizione deUe forze in campo che Rommel aveva inviato ad Hitler dopo una serie di conversazioni con von Arnim ed i componenti dello stato maggiore di questi. Nel corso di esse era emersa la conclusione che ogni operazione in Tunisia sarebbe terminata entro il mese di giugno qualora non fosse pervenuto un rifomi1. Ctrlll . Orll1n~lt1
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Cartina n. 6 - La battaglia di Kasserine.
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Cartina n . 7 - La batlaglia di Medenine.
mento minimo di 69 .000 tonnellate mensili considerato come assolutamente indispensabile per la sopravvivenza dei 346.000 uomini che , fra tedeschi ed italiani, costituivano le unità agli ordini di Rommel; per l'accantonamento delle riserve necessarie per le future operazioni, si riteneva necessario un tonnellaggio doppio. Ma poiché sia in gennaio che in febbraio erano pervenute, ogni mese , solamente 46.000 tonnellate di materiali -e ciò nonostante il prodigarsi della marina mercantile italiana che, delle 51 navi da emico avviate verso la Tunisia, ne aveva perse 22- il comandante del Gruppo di Almate aveva richiesto all'OKW, nei termini espliciti che lo caratterizzavano, che lo si autorizzasse ad un ulteriore ripiegamento, abbandonando la linea del Mareth prima che Montg(:)mery iniziasse la propria offensiva, attestando i 200.000 uomini della la Annata italiana sulla linea, più breve e quindi meglio difendibile, che da Enfidaville penetrava all' interno. In tal modo le due Armate, la 1a e la sa, si sarebbero trovate a dover proteggere un perimetro di non più di 150 km. Rommel si dichiarava ben consapevole che ciò avrebbe significato abbandonm·e tutta la zona con la conseguente perdita di aeropo1ti tanto più preziosi in quanto utilissimi per l'afflusso dei rifornimenti, ma la situazione era quella che era e bisognava prenderne atto. Egli chiedeva inoltre una decisione quanto più possibile rapida, considerando che con ogni probabilità Montgomery avrebbe sferrato 1'offensiva durante il periodo di luna piena; nel frattempo, in attesa delle decisioni "dall'alto", con il decisionismo che costituiva uno dei suoi pregi più significativi, aveva autorizzato l'inizio dei lavori cli fortificazione lungo la nuova linea di Enfidavi111e.
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Hitler prese conoscenza della valutazione di Rommel il 4 marzo, ed andò su tutte le furie, affermando che questo era esattamente il contrario di quanto il Feldmaresciallo gli aveva detto in precedenza, escludendo una ritirata su quella linea che invece ora lui stesso non esitava a proporre. La soluzione prospettata dal Fuhrer prevedeva l'effettuazione di rapide puntate di contenimento contro Io schieramento nemico allo scopo di mantenerlo in uno stato di squilibrio, in attesa che il flusso dei rifornimenti fosse raddoppiato e poi triplicato così come lo stesso Hitler assicurava senza peraltro indicare "come". Rommel, a questo punto, si dovette sentfre troppo svuotato per continuare ad esercitare il comando. Al mattino successivo salutò tutti i membri del suo stato maggiore e von Arnim, che lo scongiurò di impegnare tutta la sua influenza onde salvare le due Armate. Rommel lo rassicurò, affermando testualmente che "non possiamo pennetterci un'altra Stalingrado, ed io.farò tutto quello che posso, fermo restando che la Marina italiana farebbe ancora in tempo a portarci via di qua" . Il giorno 9, il Feldmaresciallo Erwin Rommel partì in volo per Roma, chiudendo così per sempre quella che era stata una vera epopea africana. Dopo una breve sosta nella capitale italiana per una visita a Mussolini, anche al quale ribadì come un perimetro di circa 700 km, quale era al momento quello della testa di ponte dell'Asse, fosse eccessivo e comunque tutto fosse sempre inesorabilmente dipendente dal problema dei rifornimenti, il 10 pervenne a] Q.G . segreto di Hitler in Ucraina , un semplice agglomerato di barc)ccche da cui il Fuhrer aveva diretto la grande offensiva estiva nella Russia meridionale arrestatasi poi a Stalingrado. L' 11 marzo Rommel venne decorato con la Croce di Ferro con diamanti, primo ufficiale dell'esercito nazionalsocialista a ricevere tale alta decorazione, ma ciò non lo fece desistere dal reiterare la richiesta di ripiegamento sulla linea di Enfidaville. Hitler, nel corso della notte, ponderò più attentamente la proposta, e la mattina dopo comunicò a Rommel che aveva deciso di accoglierla, anche se solo parzialmente. Infatti, le unità di fanteria della P Annata sarebbero state trasferite sulla linea dell'Uadi Akarit, molto più a Sud di Enfidaville, mentre la linea del Mareth sarebbe stata difesa dalle unità corazzate ma abbandonata qualora si fosse profilato il pericolo di un suo sfondamento. In questo modo, il fronte dell'Asse sarebbe stato accorciato di 260 km . La /caparbietà tutta sveva di Rommel aveva infine ottenuto successo. A Kesserling venne comunicato come il Fuhrer avesse concesso un congedo allo stesso Rommel, ma che la cosa andava tenuta segreta ad ogni costo, non informandone nemmeno i comandanti di unità ed i loro dipendenti. Certamente al1'inizio del 1943 la posizione di Rommel, non più rivestito dell'aureola dell'imbattibilità ed oggetto pertanto di valutazioni contrastanti, appariva scossa anche in seno all'Alto Comando germanico. Ciò non fu sicuramente estraneo alla decisione, assunta proprio in quel periodo, di accrescere i poteri conferiti a Kesserling estendendone la giurisdizione a tutte le truppe operanti nel Nordafrica. Da quel momento la partecipazione alla gestione delle operazioni del Feldmaresciallo diven ne più diretta ed immediata, ed un aliquota del suo stato maggiore era permanentemente distaccata presso il Comando Supremo italiano. Se gli inglesi erano al corrente che Rommel aveva abbandonato la prutita e che si trovavano ora.di fronte un generale italiano ai cui ordini figuravano due, ed a volte anche tre divisioni tedesche , non ne avevano comunque dato sentore. A loro in fondo conveniva far credere che la "volpe del deserto" fosse sempre lì e come il deteriorarsi della situazione per l'Asse dipendesse unicamente dall 'abilità di generali come "Monty". E' pur vero che Hitler aveva caldamente pregato Mussolini di non divulgare il segreto rimpatrio del Feldmaresciallo e che la richiesta era stata in questo senso soddisfatta. E ' un fatto però che fino ali 'ultimo giorno di.lotta. ed anche dopo la guerra, i mezzi di diffusione e persino i generali inglesi, nelle loro memorie, avrebbero continuato a parlare di Rommel e dei tedeschi, ignorando o fingendo di ignorare di aver avuto di fronte degli italiani comandati da un generale italiano. Pochi, pertanto, furono quelli che menzionarono Messe, ed ancora meno quelli che gli riconobbero i dovuti meriti.
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LA TERZA ED ULTIMA FASE DELLA CAMPAGNA
(16.3. - 13.5.1943)
Prima di entrare ne] vivo delle operazioni condotte dalla la Armata dalla metà di marzo alla metà di maggio, quando la lotta ebbe fine con la cessazione delle ostilità, è opportuno un rapido sguardo alla situazione operativa sul restante fronte dello scacchiere tunisino quale si presentava, approssimativamente, verso la metà di febbraio, anche se alcuni aspetti cli essa (combattimenti di Kasserine e Meclenine) sono stati già esposti nel relativo paragrafo. Elemento. determinante di tale situazione era la grande piana di Sfax, che occupava la parte centrale dello scacchiere e che, tra il mare e g]i ultimi rilievi del sistema orografico algero-tunisino , si estendeva da11a linea dei monti Asker-Akarit sino alle colline di Enfidaville. Pur se interrotta qua e là da stagni e modesti rilievi isolati, questa immensa piazza d'armi consentiva movimenti in tutti i sensi anche se la rete stradale era rada e rappresentata prevalentemente da piste. Nel settore Nord, caratterizzato dall'ampia valle del Medjdrcla che dall'Algeria apre la via su Tunisi, la testa di sbarco creatavi dalle truppe italo-tedesche rappresentava una zona di gravitazione delle forze dell'Asse che faceva riscontro a quella creata a Sud dalla 1" Annata. Tra queste zone, distanti circa 300 km, si estendeva, in corrispondenza degli ultimi rilievi tunisini orientati nel senso dei meridiani, un sottile cordone di truppe che, se poteva garantire una certa copertura alla piana di Sfax contro azioni avversarie di carattere limitato; non era assolutamente idonea per contenere un attacco in forze che da Ovest avesse puntato in direzione della costa. Su questa estesa zoria etano state in buona parte schierate le truppe italiane inquadrate nella sa- Armata tedesca, ovvero il XXX C.A. comandato dal gen. Vittorio Sogno comprendente la Divisione· Superga; la soa·Brigata Speciale (impegnata nel settore di Maknassy) ed unità minori; nèlla parte più meridionale, cioè nel settore Gafsa-EI Guettar, era schierata la Divione Centauro al coma.ndo del gen. Carlo Calvi conte di Bergolo, genero di Vittorio Emanuele III avendone sposato nel 1923 la primogenita, principessa Jolanda di Savoia. Si comprende chiaramente come, se in questa porzione meridionale il nemico avesse realmente iniziato e condotto a termine con successo una ma!:>siccia iniziativa offensiva verso Sfax, dove adducevano da Ovest due buone rotabili, lo schieramento italo-tedesco sarebbe stato spezzato in due tronconi che la controparte avrebbe potuto eliminare agevolmente l'uno dopo l'altro, iniziando verosimilmente da quello Sud. A fronteggiare le nostre truppe disposte nei settori Nord e centrale, l 'avversario schierava la la Armata britannica, composta da elementi di tre diverse naziona, lità, inglesi, francesi (XIX C.A. , gen . Koeltz) ed americane; queste ultime erano rappresentate dal II C.A., al comando del gen. Fredendall, forte di oltre 80.000 uomini inquadrati in quattro divisioni, una corazzata e tre di fanteria. Nella seconda decade di febbraio, il complesso di queste truppe e la 1811 Almata inglese costituirono il XIII Gruppo di Annate alle dipendenze de] gen. Harold Alexander, che dopo I 'Operazione Torch aveva lasciato la carica di Comandante del Medio Oriente ed assunto quella di sostituto di Eisenhower e di Comandante di tutte le forze del Nord Africa. Dopo il fallimento dei vari tentativi offensivi, ed in particolare di quello avente come obiettivo Medenine , le forze dell'Asse assunsero un atteggiamento difensivo su tutto il fronte. In questa fase operativa, alla nostra 1a Armata venne affidata non solo la linea del Mareth ma anche la zona E l Hamma-El Guettar, per cui il fronte della G .U. veniva ad essere costituito da due tratti disposti quasi ad angolo retto e rappresentati l'uno dalla linea del Mareth orientata da Nord-Est a Sud-Ovest e l'altro dai due settori sopra menzionati, aventi grosso modo un orientamento Sud-Nord. Da questo andamento del fronte della nostra G.U. sarebbe derivata la caratteristica di "manovra a tenaglia "assunta dalla manovra avversaria, mirante a scardinare con un'azione di forza sul Mareth l'ala sinistra della 1" Armata appoggiata al mare e di avvolgerne l' ala destra con un'azione sussidiaria attraverso la soglia di El Hamma. Entrambi gli obiettivi - 37 -
furono assegnati all'8a Armata britannica; contemporaneamente, il II C.A. americano avrebbe dovuto sopraffare le nostre difese nella zona di El Guettar e pervenire poi alla costa, distante appena un centinaio di chilometri, sul retro della 1a Armata. Se le suddette iniziative offensive avessero avuto successo, la nostra G .U. sarebbe stata separata dalla 5" Armata tedesca e completamente avviluppata.
Il terreno Ad ogni modo, per comprendere al meglio i termini del problema relativo alla scelta della posizione per la difesa del Sud tunisino, è opportuno e necessario un breve accenno circa alcuni elementi del terreno che avrebbero potuto condizionare la stessa scelta da parte del gen. Messe. Nella regione compresa fra Medenine e Sfax vi sono rilievi montani (Gebel) rappresentati, nel senso dei paralleli, dalle catene che bordano a Nord ed a Sud l'ampia e distesa depressione lacustre degli Chotts e, nel senso dei meridiani, da quelli che si sviluppano da Maknassy verso Nord e da El Hamma verso Sud. Questi rilievi che non spiccano per altitudine (solo in qualche caso superano i 700 metri) sono aspri, dirnti e nettamente dominanti sul terreno circostante, tali, in sostanza, da rappresentare un ostacolo al movimento di entità notevolmente superiore quella che si potrebbe attribuire loro in base ad una semplice valutazione teorica. Lo Chott Gerid e la sua lunga appendice spinta verso Est con il nome di Chott Fejadj, si presentavano all'epoca -ma è da ritenersi che siano rimasti tali- come grandi stagni pochissimo profondi ma intransitabili anche nel periodo estivo per i mezzi motorizzati di qualsiasi specie, tranne che su lingue di terreno molto strette peraltro di agevole inibizione al traffico; costituivano, in sostanza, un fossato non trascurabile e molto efficace frapposto fra la doppia catena di alture delle quali era dotato. L'accesso alla regione di Gabès-Sfax rimaneva pertanto limitato, per le provenienze da Sud-Est, alla stretta zona costituita dalla fascia costiera, e per quelle da Ovest ai varchi esistenti fra i singoli rilievi compresi fra la zona di Maknassy e gli Chott. In particolare, guardando alle provenienze da Sud-Est, è possibile osservare la lunga serie di alture costituenti i monti Ksour estendentisi fino a Dehibat, fra la zona semidese1tica della Tripolitania Occidentale e quella desertica del Sud tunisino denominata Dahar. Si tratta di un vero e proprio elemento separatore, attraversabile soltanto in corrispondenza di alcune depressioni. Ad oriente il terreno.era all'epoca quasi tutto percorribile ed abbastanza dotato di comunicazioni, fra le quali la grande arteria asfaltata Tripoli-Tunisi e la buona strada pedemontana innestantesi in essa all'altezza di Medenine. A Nord di questa cittadina, per la presenza dei monti Matmata (sezione Nord dei monti Ksour), la fascia di facilitazione costiera subiva una strozzatura in corrispondenza del villaggio di Mareth e tornava ad allargarsi procedendo verso Gabès. Il Dahar era invece percorso da poche piste, con radi punti d'appoggio; per questa direttrice desertica si perveniva, attraverso l'ampia soglia di El Hamma, alla zona di Gabès, alle spalle della strozzatura di Mareth . Procedendo a Nord di Gabès, la zona di facilitazione costiera si restringeva di nuovo per la presenza di vari ostacoli rappresentati, in successione, dalla catena del Tebaga, dallo Chott Fedjadj e dalla catena dell' Asker che, con l'uadi Akarit che scorre sul suo prolungamento profondamente incassato nel proprio corso inferiore, costituiva un valido elemento separatore rispetto alla regione di Sfax. Per la difesa della Tunisia contro le provenienze da Sud-Est erano pertanto inividuabili due linee naturali, la stretta di Mareth e lo sbarramento Asker-Akarit. Tra esse, particolare importanza per la manovra delle forze veniva pertanto ad assumere la piana di El Hamma-Gabès, verso le quali convergevano tutte le comunicazioni provenienti da Nord e da Sud.
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Lo schieramento delle forze ed i rapporti quantitativi e qualitativi
Le forze della 1a Armata erano schierate come segue: - sulla linea del Mareth , partendo dalla costa: Div. GG. FF., Div. Trieste, 903 Div. leggera tedesca, Div. La Spezia, Div. Pistoia, 164a Div. tedesca; - nella zona di El Hamma: Raggruppamento Sahariano; - nella zona di El Guettar: Div. Corazzata Centauro; - riserva d'Armata: 1Y Div. corazzata tedesca, il B tg . Luft waffe, un btg. Tedesco di Granatieri d'Africa. Le forze destinate dal nemico a compiere le tre azioni specificate nel paragrafo erano le seguenti: - attacco contro il fianco sinistro della P Armata, e precisamente contro la linea tenuta dalle Divisioni GG. FF., Trieste e 90a tedesca: XXX C . A. britannico con le Divisioni di fanteria soa (rinforzata dalla 23a Brigata corazzata), 51 a, 4a indiana e con la Brigata Guardie; azione sussidiaria aggirante contro la soglia di El Hamma tenuta dal Raggruppamento Sahariano: C.A. neozelandese del gen. Freiberg con la 2a Divisione, 1'8" Brigata corazzata, un reggimento corazzato, un reggimento artiglieria di medio calibro, Gruppo francese del gen. Ledere. In tutto 27 .000 uomini e 20 carri armati, ovvero una forza in uomini quasi quadrupla di quella del nostro Raggruppamento Sahariano, con un schiacciante superiorità in carri armati, artiglierie ed appoggio aereo; riserva d'Armata (8"): XC.A., tutto costituito da unità corazzate (Divisioni corazzate P e 7a e 4a Brigata corazzata) - azione contro El Guettar tenuta dalla Div. Corazzata Centauro e dalla 50a Brigata Speciale: Il C .A. americano (Divisioni di fanteria 1a, 9a, 34a e 1a Divisione corazzata).
Il rapporto numerico delle forze fra la l" Armata italiana e 1'83 Armata inglese, all'inizio della battaglia di Mareth-El Hamma, era il seguente: - GG.UU. = 14 contro 13; - Battaglìoni = 63 contro 70; - pezzi e.e.= 683 contro 968; - pezzij'artiglieria = 580 contro 706; - autoblindo = 66 contro 192; - carri armati = 94 contro 620; - mortai = 341 contro 200. In sostanza, 1'8a Armata presentava rispetto alla ) 3 : - una netta superiorità numerica delle artiglierie e dei pezzi e.e., resa più accentuata dalla notevole superiorità del materiale inglese rispetto a quello italiano; - la diversità strutturale delle divisioni di fanteria: alta percentuale di armi pesanti collettive e di artiglieria rispetto al numero totale degli uomini e capacità cli manovrare e combattere in movimento. Per contro, la divisione di fanteria italiana disponeva di poche anni pesanti rispetto al numero dei suoi componenti il cui impiego pertanto risultava eccessivo e sproporzionato allo scopo, non possedeva nessuna attrezzatura né possibilità per combattere in movimento (fatale, sotto questo aspetto, la caratteristica negativa di tutti i mezzi radiò impiegabili solo in stazione), i servizi accentrati con conseguente necessità
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20/21 MArnl 1843 di trasferirne la manovra ali' indieTòru i'1 ollb rlU!l!!I · tro conferendo così al sistema dalla 5{/Dt,. · logistico carattere di pesantezza; ,11m Marzo . u 15' Dlv. tfflmtll a , ~ - la diversità strutturale delle divie· 001ltlooa 19 mt.i. di l)fft'l. · sioni corazzate: le unità carri d'appoggio per fanteria erano in prevalenza dotate degli Army Tanks da 20-25 tonn. ed armati con cannoni da 40 mm; le loro possibilità erano aumentate con l'adozione del carro Scorpion, idoneo ad aprire varchi nei campi minati. Nel settore settentrionale del fronte fece la sua apparizione anche il carro appoggio fanteria Churchill (40 tonn, cannone da 57 mm). Le unità corazzate leggere erano dotate di carri da 15-18 tonna corazza sottile, con cannone da 44 mm. La div isione corazzata disponeva di carri americani (Grant e Shermann) di ottime qualità meccaniche, con elevata velocità ed armati con pezzo da 75 lungo. La divisione corazzata italiana era invece dotata di carri MI3 ed Ml4, leggeri, con éorazzatura scarsa, poco veloci, di mediocri qualità meccaniche ed armati con pezzi da 47 mm; - lo squilibrio nel campo délle artiglierie: quelle italiane erano, ad •l I, , CAMPI MINATI DELL.ASSE eccezione di poche bocche da fil OÙART. GEN. DEI CORPI fuoco moderne, di qualità balistiROVlNE che e meccaniche inferiori, per cui o MIGLIA 8 r' . f I I gittata, celerità di tiro, maneggevoI 12 · o CHILOMETRI lezza e manovrabilità ne risultavano molto penalizzate;inoltre, andaCartina n. 8 - La bauaglia del Mareth. va considerata la deficienza nel munizionamento (a fattor comune con i tedes·chi) a fronte dell'inesauribilità di quello angloamericano. ,'
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Lo sviluppo operativo Sul fronte della 1a Armata gli avvenimenti salienti che caratterizzarono questa terza fase operativa furono: a) la battaglia di Mareth - El Hamma (16-30 marzo); - 40-
- b) c) d) e)
la battaglia dell'Akarit (5-6 aprile); il ripiegamento sulle posizioni di Enfidaville (7-13 aprile); la prima battaglia di Enfidaville (19-30 aprile); la seconda battaglia di Enfidaville (9-13 maggio).
a) La battaglia di Mareth-El Hamma La battaglia ebbe inizio nella serata del 16 marzo con la manovra del nemico tendente a separare le due Armate dell'Asse per poi batterle e distruggerle separatamente e della quale s'è accennato nella parte iniziale del presente paragrafo. Il disegno operativo della 1a Armata consisteva nel fare muro nel settore di Gafsa, il settore dove operava il II C.A. statunitense, in attesa che il comando del Gruppo di Armate avviasse le forze nece.s sarie a garantire l'integrità del settore, e nel tenere il più a lungo possibile la posizione impedendone la caduta ed il forzamento del'importanté nodo di El Hamma. L'insieme dei provvedimenti adottati dal comando italiano valse a far falli re l'attacco frontale condotto da tre divisioni di fanteria del XXX C.A. inglese; anche la manovra aggirante in direzione di El Hamma per minacciare le retrovie della in Armata ed impegnare le sue riserve, affidata alle truppe neozelandesi , fu arrestata dai difensori italiani. Il piano iniziale del gen. Montgomery non conseguì pertanto nessun risu ltato importante, tanto che lo stesso gene-
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o Cartina n. 9 - La battaglia dell 'Uadi Akarit.
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rale decise il 23 di spostare l'asse dello sforzo sul fianco dell'entroterra, in direzione di El Hamma, trasformando in azione principale quella che era stata sino allora l'azione sussidiaria dei neozelandesi. 11 nuovo piano d'attacco fu però subito chiaro al gen. Messe, ed il tempestivo spostamento della 15a corazzata nelle vicinanze di El Hamma così da poter sostenere la 21'1 corazzata e la 164a leggera fatte affluire in zona due giorni prima, consentì al1a 1a Armata di contenere l'avanzata britannica contro la quale si svolse anche un riuscito contrattacco di una trentina di carri della 15a corazzata. L'offensiva sul fronte di El Hamma, diversamente da quella sulla linea del Mareth, che era stata nettamente stroncata, fu invece contenuta solo per il tempo necessario a consentire al grosso della la Armata, che doveva marciare a piedi, di ripiegare sulla posizione dell'uadi Akarit, in base a quanto ordinato dal gen. von Arnim sin dal 24, nonostante il diverso parere del gen. Messe che avrebbe preferito persistere nella difesa delle posizioni del Mareth. In conclusione, la battaglia di Mareth -El Hamma -che aveva visto duramente impegnata anche la Div. Centauro , investita sin dal giorno 17 da preponderanti unità motocorazzate statunitensi alle quali aveva reagito bravamente- costituì un grave smacco per le forze alleate che, ad onta della loro superiorità, non furono in grado di sfondare la linea del fronte tenuta da quel1e italotedesche e neanche seppero sfmttare il momento favorevole del ripiegamento italo-tedesco per raggiurygere la costa e tagliare la strada alle truppe in ritirata, che ebbe luogo nel massimo ordine portando via, come affermato nella relazione ufficiale, "fin l'ultima cartuccia". Il col. americano Kellet, nostro avversario di allora, nel suo studio pubblicato nel 1952 su Military Review, ha scritto come in questa battaglia il gen. Messe , pur trovandosi a dover assolvere un compito tatticamente senza speranza, aveva ottenuto il grosso risultato di impedire al nemico di sfondare completamente nel1a piana tunisina dal 20 marzo al 7 aprile.
b) - la battaglia dell'Akarit /
La posizione Akarit-Chotts era già stata presa in considerazione al momento della costituzione della testa di sbarco in Tunisia. Ad essa, più che a quella del Mareth, aveva sempre rivolto la sua attenzione il Maresciallo Rommel, e con lui in un primo momento anche il Marescial1o Cavallero che poi invece aveva preferito la seconda, meno forte e con il suo punto vulnerabile nella zona intermedia ma della quale si sarebbero potute utilizzare le deboli e malandate fortificazioni francesi. Rommel aveva sempre pensato ad una difesa elastica che, a seconda della disponibilità delle forze e dei mezzi e sfruttando il momento favorevole, avrebbe potuto trasformarsi in una controffensiva a fondo, ovvero ilTigidirsi in un estremo e limitato ridotto che consentisse l'esodo delle forze recuperabili a favore della lotta sul continente europeo. E, non appena rientrato in Germania, si era affrettato a suggerire a Hitler di impartire a von Arnirn l'ordine di far ripiegare le forze italo-tedesche dalla posizione di Mareth quella di Akarit. Il comandante del Gruppo Armate si era recato il 14 marzo dal geo. Messe comunicandogli l'ordine ma lasciando senza risposta la domanda rivoltagli da quest'ultimo se, una volta arretrate di 60 km -tale era la distanza fra le due posizioni- le divisioni italiane Spezia e Pistoia (delle quali era stato previsto il ripiegamento direttamente dall'Alto Comando tedesco) , si fosse dovuto egualmente attendere 1' attacco e difendersi ad oltranza sulla linea del Mareth oppure se l'arretramento delle due GG. UU. dovesse essere inteso come la prima fase di un ripiegamento generale sulla linea Akarit-Chotts. Nella notte sul 15 ebbero inizio i movimenti per scaglioni delle due divisioni, ma nel pomeriggio dello stesso giorno pervenne dall' O .B .S. l'ordine di sospensione degli stessi previsti per i giorni 16 e 17, ed il giorno dopo ancora quello del ripristino della situazione precedente, riportando in
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Cartina n.. IO · La linea difensiva di Enfidaville.
linea le truppe già spostate. Naturalmente, questo incrociarsi di ordini e contrordini dette luogo ad una crisi di due intere giornate con conseguenze negative nell'ambito dei lavori e del consumo dei carburanti, ma valse però ad orientare il comando della l" Armata sulI 'eventualità di un ripiegamento e sull'esigenza di fott ificare la nuova posizione verso la quale , in aggiunta ai circa 2500 uomini che già vi lavoravano, ne furono inviati altri per il rafforzamento del corso dell' Akarit, il completamento di un campo minato e la messa in opera di reticolati. In conclusione, la posizione degli Chotts si presentava sotto ben altro aspetto di quella del Mareth; ma a parte gli elementi materiali, un ruolo particolare lo giocava anche l'orientamento psicologico del gen. von Arnim che il 1° aprile prospettò a Messe l'opportunità di ripiegare a Nord, dietro la linea di Enfidavi11e, tutto il personale ed il materiale non strettamente necessari alla difesa della posizione Akarit-Chotts. Le misure attuate di conseguenza non poterono sfuggire all'attenzione ed all'apprezzamento delle truppe; il C.S., venuto a conoscenza di ciò, confermò all'Armata il concetto di resistenza ad oltranza ed ordinò di evitare che si ingenerasse la sensazione che le attuali posizioni dovessero avere solo una funzione di ritardo. Un concetto più facile ad esprimere in un ord!ine che a tradurre in realtà, tanto è vero che la battaglia dell' Akarit non sarebbe durata più di 24 ore . • Montgomery aveva inizialmente pensato di sfondare lungo il ristretto settore costiero e di sfruttare la breccia per lanciare in profondità i mezzi corazzati, e decise di impiegare nell'azione le tre divisioni di fanteria del XXX C.A. - La sera del 5 aprile la 4a Divisione indiana attaccò simultaneamente le posizioni della Trieste e della Spezia ad Ovest del gebel Romana, e riuscì a -43-
creare una notevole sacca. Alle prime luci dell'alba del giorno 6, la soae 51 a inglesi partirono a loro volta aIJ 'attacco appoggiate dal fuoco di quasi 400 cannoni. Mentre la soa venne fermata Iungo la linea del fosso anticarro, la 51a riuscì ad invece aprirsi un altro varco sul fronte della Trieste. Se le:divisioni del X C.A. britannico avessero tempestivamente sfruttato la breccia aperta dalla 4a Div. indiana nonché quella, se pur meno ampia, della 51 a inglese, la fine della guerra in Africa Settentrionale sarebbe stata anticipata di un mese. Le forze corazzate tardarono invece a muoversi ed a sfruttare il momento favorevole per lanciarsi in profondità, dando così modo alla l8 Armata di restringere la breccia della 51a e di bloccarvi, mediante un contrattacco della 15a Div. corazzata tedesca, le avanguardie corazzate del XC.A. inglese. Con la sua tipica tendenza a procedere con cautela, Montgomery pensò di effettuare Io sfondamento la mattina successiva, con il supporto di un massiccio fuoco d'artiglieria e di un bombardamento aereo. Ma al sorgere del nuovo giorno il nemico si era eclissato, e quello che avrebbe dovuto essere un colpo micidiale destinato a metterlo fuori combattimento si trasfonnò invece in una lenta avanzata sulle orme di un' armata che ancora una volta gli era sfuggita di mano. D'altro canto, nell'ambito di quest'ultima la convinzione di un nuovo ripiegamento si era un po' insinuata nella mente di tutti, e la fiducia nella robustezza difensiva e nella capacità di tenuta della posizione degli Chotts era venuta meno. Malgrado ciò, la f 1 Armata combattè senza tentennamenti, sband~i:rienti e riserve mentali ed i .reparti tagliati fuori, rimasti privi dell'ordine di ripiegamento , si batterono accanitamente sino alla sera del 7 aprile sulle posizioni loro affidate.
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Cartina n. 11 - En.jìdaville e le operazioni conclusive.
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. - e) - Il ripiegamento sulle posizioni di Enfidaville La necessità del ripiegamento della 1a Annata sulle posizioni di Enfidaville, effettuato per una profondità di 25 km fra il 7 ed il 13 aprile in contemporanea con il ripiegamento del fronte centrale della Tunisia, trovò concordi tanto von Arnim quanto Messe ad eccezione del modo di intendere l'operazione. Infatti, mentre il generale italiano avrebbe voluto sottrarre subito le unità dell'Armata al raggio d'azione della massa corazzata nemica, attuando procedure di manovra elastica senza l'onere di combattimenti prolungati su un ten-eno piatto ideale per l'impiego della predetta massa, il suo collega tedesco mirò invece ad impegnare l'Armata in combattimenti su linee successive ravvicinate, un procedimento molto più oneroso e rischioso dal momento che i reparti ripieganti avrebbero potuto sgretolarsi ed esaurirsi prima di pervenire suJla posizione finale da difendere. La differenza fra le due concezioni -manovra di ripiegamento intesa in senso classico (Messe) e manovra in ritirata (von Arnim) - era di carattere sostanziale, e non si può negare come la soluzione Messe risultasse molto più aderente alla situazione e, soprattutto, tenesse nel debito conto le reali possibilità operative delle truppe di fanteria, già duramente provate ed ammassate su pochi autocarri civili frutto di requisizioni ed il più spesso condotti dagli autisti originari. D'altro canto, va anche riconosciuto come il metodo del ripiegamento lento venne adottato da von Arnim sotto il costante assillo di coordinare il movimento della 1a Annata con quello delle truppe schierate ad Ovest, ovvero il D.A.K. ed il XXX C.A. italiano. L'ordine di ripiegamento di von Arnim stabiliva pertanto modalità e presc1izioni in notevole contrasto con quelle già impartite da Messe, e la loro esecuzione dette luogo a vari inconvenienti, ma il fatto che i resti della Trieste e della Spezia fossero stati inviati -contro il parere di von Arnimdal comandante della 1a Armata direttamente sulle posizioni di Enfidaville e che la GG. FF. e le artiglierie meno mobili fossero state fatte lipiegare nella zona della sebka El Djem a cavallo della strada così da poter recuperare gli automezzi necessari per il trasporto deJle truppe lasciate indietro, si rivelò del tutto positivo in quanto salvò unità che avrebbero poi dato un apporto fondamentale alla difesa delle posizioni di Enfidaville. Il giorno 13 anche gli ultimi reparti della 15a e 90a tedesche ed i nostri Gruppi Nizza e Monferrato, che avevano svolto azioni ritardatici con la 164a ripiegata il giorno precedente, entrarono nello schieramento delle forze già sulle posizioni di Enfidaville. In conclusione, si può affermare che il ripiegamento su questa località fu un'operazione che non fallì il suo scopo essenziale, indipendentemente dal meccanismo prescelto e dal come questo funzionò. Se si considerano la potenzialità del nemico e, da parte italiana, la scarsa o quasi nulla mobilità delle fanterie, le deficienze dell'armamento e dei mezzi di collegamento, l'incapacità dei mezzi radio a funzionare in movimento, l'insufficienza quantitativa e qualitativa delle artiglierie, degli automezzi e dei materiali in genere, non si può non concordare con quanto espresso da uno dei maggiori critici militari, l'inglese Liddell Hart che, alla pagina 600 della sua "Storia militare della seconda guerra mondiale" afferma testualmente che "il ,nodo in cui la la Armata italiana, ormai minacciata di fronte ed alle spalle da forze preponderanti, fu tratta fiwri da una situazione quasi disperata costituì un 'impresa davvero memorabile".
d) - La prima battaglia di Enftdaville
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Le unità italo-tedesche in ripiegamento sì erano schierate sulla linea di Enfidaville secondo l'orientamento imposto dal comando del Gruppo Armate che, in base alle disposizioni originarie, comprendeva larghi tratti di terreno piano ed includeva, se pur in misura minore, modesti rilievi a dolce pendio; sugli uni e sugli altri l'azione dei mezzi corazzati, anche per lo stato primordiale
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dei lavori e delle difese accessorie , poteva svolgersi in condizioni di estrema facilità mentre a tergo, ad una distanza media di 12-13 km, restavano inutilizzate alture naturalmente più forti e che limitavano l'azione dei carri a pochi e ristretti settori. Sembrava fuori discussione che nelle condizioni dell'Annata, povera di uomini, artiglierie, pezzi controcarro, mezzi corazzati e quasi priva di mine, ci si sarebbe dovuti "alleare" il terreno, obbligando il nemico ad una battaglia preliminare di fanterie che non costituivano per esso il massimo elemento di forza, e ciò specialmente dopo le giornate di Mareth-El Hamma e degli Cbotts. In ultima analisi, concetto fondamentale della difesa doveva essere quello di impedire al nemico di creare, con la conquista dei suddetti rilievi, le premesse necessarie per l'impiego delle sue masse corazzate in profondità liberandole dalla nostra azione di fuoco sui fianchi. Le nostre linee, quella "avanzata" e quelfa "di sicurezza", dopo le varie rettifiche apportate a seguito di non poche discussioni con i tedeschi le cui concezioni tattiche divergevano da quelle italiane, assunsero un andamento ad archi successivi. In sostanza, tre rientranze, delle quali due di grande ampiezza alle ali ed una minore al centro, appoggiate ai salienti di Takrouna e del gebel Garci. La linea avanzata aveva il compito di ritardare la progressione nemica, senza che peraltro le forze a presidio si facessero travolgere, mentre quella di sicurezza era preposta a tenere il più a lungo possibile anche a costo di venire alimentata da forze sottratte dalla posizione di resistenza (quella minore, al centro) al fine di conferire maggiore profondità alla difesa e di dominare il terreno antistante L'attacco nemico ebbe inizio sul fronte della 1" Armata nella tarda serata del 19 aprile con un tambureggiante fuoco d'artiglieria che investì con particolare violenza i settori centrali del nostro schieramento a cavallo tra gli speroni rocciosi di Takrouna e Abd es Rahamene ed il centro di Enfidaville. Nel frattempo si andava profilando un movimento di cruTi nemici sulla costa che, se avesse dovuto svilupparsi verso Nord-Ovest (ossia verso il Garci) avrebbe creato una situazione fra le più critiche; ma, grazie alla tenace resistenza opposta dalla Trieste e dalla GG .FF. , 1'azione rimase delimitata a Nord di Takrouna, Nel settore della Pistoia, l'attacco della Y Brigata di fanteria indiana si era indirizzato contro il gebel Blida, sorretto da un poderoso fuoco d'artiglieria; alle prin<e luci dell'alba, nonostante la strenua difesa opposta dal III Gruppo Novara, da un plotone del Rgt. corazzato Lodi e dal 340° Btg. mitraglieri, la resistenza fu infran ta . Particolarmente accanita fu la lotta intorno al caposaldo di Takrouna, valorosamente difeso da un presidio costituito da due compagnie di paracadutisti superstiti della Folgore di El Alamein, da una di granatieri, da alcuni plotoni del I Btg. del 66°Rgt. Fanteria della Trieste, da una sezione cannoni da 65/17 e da un plotqne tedesco di venti uomini. Il piccolo presidio si battè molto vigorosamente, infliggendo gravi perdite al nemico rappresentato da una brigata neozelandese e da un battaglione Maori appoggiati da robuste formazioni corazzate impiegate anche come artiglierie mobili; la lotta si sviluppò per singoli episodi con assalti e contrassalti, con i nostri uomini impegnati a difendersi con pugnali e bombe a mano contro i nemici che, incuranti delle perdite, continuavano a rinnovare gli assalti. In una trasmissione serale del giorno 22 aprile, Radio Londra ammise che lo scontro si profilava come il più duro nell'esperienza bellica dell'8a Armata ed affermò che a Takrouna erano affluiti i migliori soldati che l'Italia possedesse. Solo nelle prime ore del 23 il nemico potè impadronirsi della posizione, che gli era costata perdite ingenti. Quella stessa notte gli inglesi stabilirono che sarebbe stato troppo oneroso insistere nella spinta verso il centro, ed ordinarono all'8a Armata di spostare l'impulso principale verso il settore costiero, in particolare la zona presidiata dalla GG.FF. che reagì con prontezza ed efficacia. Gli attacchi contro la nostra G .U. furono ripetuti a più riprese sino al pomeriggio del 30, e sempre gli attaccanti vennero ributtati sulle posizioni di partenza. Con tale ultimo , sterile tentativo si concluse la prima battaglia di Enfidavilie, un altro rilevante successo difensivo della 1a Armata italiana. - 46-
. - Per quanto riguardava il nostro XXX C.A., il 18 marzo era giunta al suo comandante la notizia dello sgombero di Gafsa, per cui egli si preoccupò subito di rinforzare il settore della soa Brigata Speciale accelerando la già avviata sistemazione di una seconda posizione sulle alture immediatamente ad Est di Maknassy nella quale furono inviati, su iniziativa del comando della 5a Armata, due gruppi esploranti tedeschi per ulteriore rinforzo. Durante l'offensiva americana su Maknassy dell'ultima decade di marzo, tra :i settori minacciati vi fu proprio quello della soa i cui reparti tenero bravamente testa ai reiterati attacchi nemici; le predisposizioni adottate a suo tempo dal XXX C.A. e quelle prese battaglia durante dallo stesso comando e da quello della 5" Armata consentirono di respingere tutti gli attacchi portati dalle forze del gen. Patton contro il valico di Maknassy. L'attacco della !1' Div. corazzata statunitense a questa località fu infatti un vero e proprio fallimento, e lo stesso giudizio può essere espresso per quanto concerne l'altro attacco portato dalla 1a Div. di fanteria nel settore della Centauro. All'inizio del mese di aprile, mentre la situazione su] fronte del XXX C.A. si era stabilizzata, al comandante della G .U. pervenne il preavviso per un eventuale ripiegamento delle forze nel caso che la 13 Armata italiana ed il D.A.K. non potessero mantenersi sulla posizione degli Chotts di fronte all'azione combinata dell ' 83 Armata britannica e delle forze americane provenienti da Gafsa le quali, in particolare, premevano nella zona di El Guettar. Nel documento si specificava che il nuovo schieramento che avrebbe dovuto essere assunto prevedeva il mantenimento di un primo tratto del fronte occidentale in atto dal mare ad Ovest di Biserta al sottosettore Nord della Div. Superga; quindi, previa graduale conversione di 90 gradi, perno l'ala sinistra di detto sottosettore, l'occupazione di una linea che, con andamento generale da Ovest ad Est, avrebbe dovuto saldarsi alla fronte meridionale retrocedente, a sbalzi , da Sud verso Nord, all'altezza del parallelo di Enfidaville. Fra il 7 ed il 13 aprile le forze del XXX C.A., gradatamente, settore per settore, compirono -i movimenti retrogradi previsti passando a mano a mano alle dipendenze del D.A.K., che regolò l'intera manovra. Il comando del XXX C.A., sebbene estromesso da ogni ingerenza operativa sulle sue unità passate alle dipendenze del D.A.K., aveva provveduto, prima dell'estromissione, ad imbastire la difesa di quello che avrebbe dovuto essere il settore assegnatogli. Il 5 maggio, a seguito di direttive del C. S., il comando del XXX C.A. venne sciolto ed il suo personale in parte trasferito alla 1a Armata ed in parte rimpatriato.
e) - La seconda battaglia di Enfidaville La suddivisione in due fasi ( 1a e 2" battaglia) delle operazioni svoltesi ad Enfidaville, usualmente adottata dagli storici militari, a nostro avviso sembra avere più un carattere didattico che reale, perché in effetti quella che viene definita la seconda battaglia di Enfidaville non è altro che la continuazione della prima, limitata per di più a soli due giorni ( 9-11 maggio) durante i quali vi furono attacchi ripetuti nei settori della Spezia, 164° e GG. FF., peraltro tutti respinti, e del Rgt. corazzato Lodi, costretto invece a ripiegare, operazioni comunque tutte di entità ed intensità tali da non assurgere a livello di "battaglia". Il gen. Alexander intendeva chiudere la partita entro il 15 maggio, anche perché al punto in cui erano giunte le cose, non sembrava che 1' Asse potesse fare più molto. Attraverso la decrittazione dei messaggi Enigma era stata valutata unr disponibilità italo-tedesca di 60 .000 combattenti, 100 carri e 115 aerei efficienti , con quasi nessun speranza di rinforzi, a fronte degli oltre 300.000 uomini, 1400 carri e 3240 aerei alleati. Inoltre, gli angloamericani erano anche a conoscenza del fatto che, da parte dell'Asse , le munizioni ed il carburante venivano consumati appena sbarcati e che in particolare la situazione di quest'ultimo era veramente catastrofica.
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Cartina n. I 2 - la fine della .I" Armata italiana. /
Alexander decise di far lanciare il colpo finale dalla 1a Armata britannica lungo la direttrice Medjez el Bab-Massicault-Tunisi, con una violenza tale da impedire qualsiasi resistenza od anche semplici azioni ritardatrici. L'operazione Strike -questo il nome convenzionale- sarebbe iniziata il 6 maggio, preceduta da azioni secondarie anche a scopo dimostrativo. Alle prime ore di quel giorno l'artiglieria inglese si manifestò in tutta la sua potenza: nelle prime 24 ore sparò circa 360 colpi per pezzo, più che ad El Alamein. Massiccio anche l'appoggio aereo, con un numero notevole (1958) di sortite ad opera dei bombardieri. In prima schiera operarono la 43 Div. indiana e la 4a inglese, cui si aggiunsero la 6a e la 7a corazzate. Nel primo pomeriggio del 7, la 2frl Brigata di quest'ultima G .U. fece il suo ingresso a Tunisi, senza incontrare resistenze organizzate poiché, all 'ultimo momento, i tedeschi avevano deciso di rinunciare a fare di Tunisi la "Verdun del Mediterraneo", limitandosi a distruggere le installazioni portuali e militari. I resti della sa Armata germanica e del D.A.K. rifluirono verso la penisola di Capo Bon, ancora intenzionati a battersi. Nel frattempo , a Nord, iniziò a spingersi avanti il 2° C.A. americano, che dopo scontri locali sempre accaniti, il 9 entrò a Biserta. Fra 1'8 ed il 9 il fronte settentrionale si liquefece, ed il gen. Gustav von Vaerst, che aveva sostituito von Arnim al comando della 5a Armata, fu costretto ad accettare la capitolazione. Messe aveva seguito l'evolvere deJla situazione orientato ad arroccarsi a Nord di Enfidaville, coprendosi le spalle sia pure alla meglio Un ulteriore arretramento, che sicuramente sarebbe stato messo in atto sotto l'incalzare di un nemico vittorioso, non rivestiva infatti alcun significato strategico e, per contro, rischiava di provocare lo sbandamento delle unità, sino allora rimaste molto
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ber.1e alla mano. Il giç,rno 12 von Arnim venne fatto prigioniero, e nella stessa serata la 4a Div. Indiana raggiunse Capo Bon, ponendo praticamente fine alla campagna tunisina. Messe, deciso a resistere sino alla fine anche dopo la resa tedesca, ordinò alle ali dell'Armata di ripiegare occu8 pando le posizioni del "ridotto" nei pressi di Batria già progettato per l'estrema difesa. La 90 Div. tedesca, una delle più fiere e valorose dell'Armata, rispondeva di non sentirsi in grado di effettuare tale movimento dopo la resa del comandante germanico e delle altre truppe tedesche, ed allora un btg. della Div. GG. FF che si trovava aggregato alla G .U. tedesca si assumeva il compito assegnato a questa, effettuava in sua vece la manovra ed occupava le posizioni stabilite. La 90a manteneva peraltro il proprio posto e seguiva fino all'ultimo le sorti della la Armata che, ora, era veramente sola. Nella stessa mattinata del 12 cominciava l'intrecciarsi di telegrammi tra Messe ed il C.S. Il primo, dopo aver confermaro il proposito di resistere sino all'estremo, chiariva anche come l'enorme sproporzione delle forze ed il progressivo esaurimento delle munizioni d'artiglieria fasciavano prevedere che la resistenza non avrebbe potuto protrarsi a lungo. Mussolini gli rispondeva che, potendosi considerare raggiunti gli scopi della resistenza, lo lasciava libero di accettare una onorevole resa, espressione che per Messe significava "con l'onore delle armi", ed in questo senso contattava il comando dell'8a Armata che però rispondeva come la resa dovesse essere "incondizionata". Messe rifiutava tale clausola, e ne informava il C.S. aggiungendo che avrebbe continuato la lotta ad oltranza, salvo ordine contrario. E questo non tardava a giungere, a firma di Mussolini: "Cessare combattimento. Siete nominato Maresciallo d'Italia. Onore a voi et vostri prodi". Aveva così termine, dopo sei mesi di dura lotta accanitamente combattuta da entrambe le parti, la campagna di Tunisia. Per l'Italia, le perdite sarebbero ammontate a 14.000 uomini tra morti e feriti ed a circa 90.000 prigionieri. Il condizionale è d'obbligo in quanto, come sempre avviene in circostanze analoghe, sembra impossibile stabilire cifre esatte ed eguali per tutte le fonti; queste riportate sono comunque di fonte ufficiale britannica. Anche per quanto riguarda le perdite alleate le cifre appaiono discordanti, dal momento che le fonti inglesi parlano, per quanto attiene soltanto ai morti, di 11.104 caduti mentre per quelle americane il numero sarebbe di 10. 290. Nemmeno sul numero complessivo dei prigionieri esistono sicuri riferimenti: gli inglesi riportano, per i prigionieri italiani e per il periodo 20 marzo-13 maggio, la cifra di 86.700, mentre per gli americani è di 115.000, ed ancora diversa risulta un'altra fonte sempre alleata che, per i nostri militari catturati e presenti nei campi di concentramento alla data del 25 maggio 1943 , parla di 89.442 presenze. Per quanto riguarda le ricompense, sono state assegnate 4 medaglie d'oro al v. m. alle bandiere delle seguenti unità combattenti del R. E.: - 66° Rgt. Ftr. Div. Trieste - 21 ° Rgt. Art. Div. Trieste - 7° Rgt. Bersaglieri - 8° Rgt. Bersaglieri Per la R.A., sono state ms1gnite di analoga onorificenza le bandiere del 46° Stormo Bombardamento ed Aerosiluranti e del 51 ° Stormo Caccia. Le medaglie d'oro individuali attribuite al personale dell'Esercito ammontano ad 8, mentre 12 risultano quelle assegnate ad appartenenti alla R.M., tutto personale facente parte dell'equipaggio del naviglio militare preposto a servizi di scorta ai convogli diretti in Tunisia; a questo proposito, da rilevare come anche la bandiera della Marina Mercantile sia stata decorata di medaglia d'oro al v. m.
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3 - CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE Il bastione africano era considerato da buona patte dei vertici della dirigenza politica e militare sia italiana che tedesca come l'avamposto dellafortezza europa, la cui difesa avrebbe pertanto consentito quanto meno di ritardare il più possibile la perdita totale e definitiva del bacino del Mediterraneo, la padronanza assoluta del quale da parte degli alleati avrebbe aperto a questi la strada per attacchi aerei e soprattutto per operazioni di sbarco contro la Francia meridionale, le maggiori isole italiane e l'intera penisola italiana e balcanica. Il Feldmaresciallo Rommel, dopo El Alamein, era divenuto portatore di uno stato d'animo particolare che, associato alla stanchezza ed al non buono stato di salute, lo rendeva pienamente consapevole della inutilità della lotta che si stava conducendo onnai da oltre tre anni e, forse, gli faceva anche preavvertire 1' ineluttabilità della sconfitta finale delle forze dell'Asse. Malgrado ciò, non cedette né fisicamente né moralmente e ritenne che se gli fosse riuscito di trasferirsi ne!Ia maniera meno penalizzante possibile in quel nuovo campo di battaglia così diverso dal deserto libico-egiziano avrebbe forse ancora potuto far valere la superiorità delle proprie concezioni tattiche, equesta volta mediante la manovra combinata di unità non motorizzate e di unità mobili. Di queste ultime, cercò di portarne in salvo il più possibile in quanto sussistevano notevoli difficoltà nel loro reintegro e riparazione, motivo per il quale, durante la campagna di Tunisia, sarebbero state le fanterie ancor più delle unità corazzate, a costituire l'elemento determinante dell'impostazione delle battaglie del Mareth, dell' Akarit e di Enfidaville. La Regia Marina, che sino allora s.i era prodigata per trasferire sullo scacchiere tunisino uomini mezzi, non si attivava per tentare di riportarli indietro, e ciò verosimilmente per una decisione presa dai suoi alti vertici. Non si può fare a meno di rilevare, a proposito del compo1tamento di questi ultimi , come un intervento della nostra squadra navale, peraltro già venuto meno al momento dei grandi sbarchi dai convogli angloamericani nei porti algerini durante l'Operazione Torch del novembre precedente e che invece, almeno potenzialmente, sarebbe stato decisivo per le sorti della guerra in Mediterraneo, avrebbe potuto accrescere di molto le possibilità di recupero delle forze italo-tedesche. Ma ]e nostre navi da battaglia continuarono a stare alla fonda nei porti dell'Italia settentrionale, obbedendo ad un progetto ben preciso. D'altra parte, anche se la situazione navale ed aerea dell'Asse fosse stata meno critica ed avesse consentito l'aumento dei trasporti marittimi, forze, mezzi e materiali per progetti ambiziosi sarebbero risultati irreperibili. E poi, va anche riconosciuto come la possibilità di una Dunkerque africana, che portasse in salvo in Sicilia i combattenti d'Africa e le loro armi più utili, apparisse alquanto iITealistica, ad onta della previsione fatta da Alexander -che della Dunkerque originaria era stato uno dei protagonisti- circa la possibilità che almeno 70.000 fra italiani e tedeschi avrebbero potuto sfuggire all'accerchiamento e, dalla ristretta testa di ponte di Capo Bon, prendere terra in Sicilia. Ma il comandante del XVIII Gruppo d'Armate non teneva nel debito conto che nel giugno 1940 la grande operazione di sgombero dalle spiagge francesi era riuscita per il fatto che sulla Manica dominava la Royal Navy coadiuvata da un'efficiente copertura aerea, che c'era la disponibilità di un enorme numero di battelli tratti dal porto di Londra così come da tutti gli altri porti della costa orientale britannica ed infine perché, soprattutto, Hitler aveva ordinato alle sue truppe corazzate di sospendere l'inseguimento onde consentire agli inglesi di mettersi in salvo. Ma nel caso della Tunisia 1943 non c'era nessuno di tali presuppostt, ed anche se qualche natante isolato o qualche aereo da traspor~o dell'Asse avesse tentato di esfiltrare attraverso le maglie molto strette del blocco aeronavale nemico, nessuna speranza di riuscita avrebbe potuto esservi in quanto i suddetti mezzi sarebbero stati privi di qualsivoglia forma di protezione. E d'altro canto, se era vero che si disponeva di una corrente molto limitata di trasporti era
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altrettanto vero che di essa non ci si era serviti per cercare di elevare qualitativamente la nostra efficienza. Infatti, non si provvide ad inviare in Nord Africa un pezzo d'artiglieria più moderno, come ad esempio l'obice da 149/19 od il cannone da 90/53, di buona efficacia, ovvero uno dei semòventi deglj ultimi tipi , quelli da 75/32 e da 105/25, entrati in linea a partire dal 1942 e addirittura · superiori per potenza di fuoco ai contemporanei mezzi corazzati angloamericani. Tale omissione poteva derivare dalla preoccupazione per il pressoché certo affondamento di questi preziosi carichi così come da una certa carenza della nostra sistemazione difensiva sul territorio nazionale profilandosi all'orizzonte l'approssimarsi dell'armistizio. Nessuno poteva nutrire illusioni in merito a quello che sarebbe stato l'immediato futuro, configurantesi con il reticolato di un campo di prigionia, ma forse proprio questa dolorosa prospettiva ebbe un significato ed un effetto reattivo che portò tutti i nostri soldati a continuare a battersi con una carica ed una grinta insospettabili, a quel punto unicamente per l'onore della Bandiera. In premio, avrebbero ricevuto le parole, semplici ed incisive come era nello sti le dell'uomo, di Giovani Messe, il loro comandante, che prima di avviarsi egli stesso verso la prigionia, aveva inviato ai suoi soldati questo messaggio: Il vostro comandante è fiero ed orgoglioso di voi. Nient'altro, ma un saluto che, nella sua laconicità, riassumeva in sé tutto quanto di positivo era emerso in quei sei mesi di lotta con i qu<1:li si chiudeva dignitosamente;dopo sessant'anni, la presenza Haliana in terra d'Africa.
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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI ESSENZIALI Blumenson M., Kasserine Pass, trad. it. Tre gicJrni per la sconfitta, Roma, Casini, 1969; Cavallero U., Comando Supremo. Diario 1940-1943,Rocca San Casciano, Cappelli, 1948; Ciano G., Diario 1939-1943, Milano, Rizzoli, 1946; ¡ Clifford A. G., The conquest o,f North Africa, Little Brown & Co., Boston, 1943; Colacicchi P., L'ultimo fronte d'Africa, Milano, Mursia, 1977; Irving D., La pista della Volpe, Milano, Mond~tori, 1978; Liddell Hart B . H., Storia militare della 2a guerra mondiale, Milano, Mondatori,. 1970; Longo L. E., Giovanni Messe, l'ultimo Maresciallo d'Italia, Roma, USSME, 2006; Mancinelli G., Milano, Dal fronte dell'Africa Settentrionale ( 1942-1943), Milano, Rizzoli, 1970; Messe G., La mia Armata in Tunisia, Milano, Rizzoli, 1960; Montanari M.; Le operazioni in Africa Settentrionale-voi. IV, Enfidaville, Roma , USSME, 1993; Roberti G ., Da, El Alamein ad Enfidaville con l'Armata corazzata italo-tedesca, Napoli , Gallina, 1994; . Stefani F., La .ftoria della dottrina e degli ordinamenti dell'Esercito Italiano, vol. Il, tomo 2°, Roma, USSME, 1.985.
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ELENCO DELLE CARTINE J - La Tunisia, con i toponimi operativi piĂš noti 2 - La testa di sbarco dell'Asse in Tunisia 3 - L'Operazione Torch 4 - La posizione di Mareth El Hamma 5 - Organizzazione di comando dell' Asse dal 5.2 al 13.5.1943 6 - La battaglia di KĂ sserine 7 - La battaglia di Medenine 8 - La battaglia del Mareth 9 - La battaglia dell'Uadi Akarit 10 - La linea difensi va di Enfidaville 11 - Enfidaville e le operazioni conclusive 12 - La fine della 1a Armata italiana in Tunisia
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IMMAGINJ OPERAT'IVE
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L' OPERAZIONE TORCH E LA PRIMA FASE DELLA CAMPAGNA (8.11.1942 - 31.1.1943)
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Orano, 8. XI. 1942: il porto ~/follato di navi per l'inizio dell'Operazione Torch, lo sbarco alleato in Nordafrica.
Algeri, 9 . Xl. 1943: Truppe americane appena scese dalla nave trasporto.
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Il gen. americano Mark Clark, comandante in capo delle forze alleate riel Mediterraneo . /
Gennaio 1943: autocolonna su tornanti nel settore di Buerat, durante il ripiegamento delle truppe italo-tedesche verso la Tunisia (Museo Motor. ne).
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Convogli iialiani, scortati da naviglio da guerra, in navigazione verso i porti tunisini (USSMkl).
Sbarco dei rifornimenti destincJti alle truppe italiane in uno scalo del Nordafrica, previo trasbordo su chiatte (USSMM) .
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Scarico dĂŹ materiali direttamente dal piroscafo nel quale erano stivati.
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Trimotori da trasporto S. M. 75, informazione di sicurezza a bassa quota per sventare la minaccia della caccia nemica, in volo tra la Sicilia e la Tunisia (USSMA) .
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Elementi della Div. Pistoia all'arrivo all'aeroporto di Tunisi dopo il trasferimento dall'Italia per via aerea.
Il Feldmaresciallo Envin Rommel, comandante dell'Afrika Korps.
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Un carro officina in attesa di essere sbarcato da una nave trasporto (USSMM) . li\
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La messa a terra di un camion lancia 3 RO.
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Fusti dĂŹ carburante scaricati nel porw di 1ĂŹmisi.
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Automezzi tedeschi in attesa dello sbarco.
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Macchine e personale germanico si accingono a lasciare la banchina.
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Un convoglio italiano sotto attacco aereo; in primo piano, gli effetti sull'acqua dei colpi di mitragliatrice sparati dagli aerei attaccanti (USSMM) .
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Un velivolo italiano da trasporto SM82 in navigazione verso la Tunisia (USSMA) .
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L'arrivo all 'aeroporto di Tunisi. a bordo di un aereo Ju 52, di truppe tedesche munite di biciclette (1st. St. Germ.) .
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Il gen. Bernard Montgomery, comandante dell'8° Armata britannica. /
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Dicembre 1942: un. Bren Carrier del \1 C. A. inglese colpito ed abbandonato sulla strada per Tunisi.
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' Protezione aerea di una nostra autocolonna in marcia (Museo Motor. ne).
Autdcarro italiano viene sbarcato sulla banchina.
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Mezzi germanici appena scaricati dalla nave trasporto; in. primo piano, due carri armati Panzer lii muniti di cannone da 7,5 cm corto (1st. St. Germ.) .
23 novembre 1942: il Maresciallo Cavallero, Capo di Stato Maggiore Generale, all'arrivo in una nostra base aerea per partecipare alla riunione del giorno dopo con Bc1stico, Rommel e Kesserling (USSMA).
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I primi prigionieri americani.
Militari britannici osservano un cannone tedesco da 88/56 (l. W. M. ).
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Genieri guardafili italiani controllano il fimzionamento di una linea telejèmica.
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Il gen. Jurgen von Arnim, comandante della 5" Annata tedesca e, dopo il rientro di Rommel in Germania, del Gruppo di Armate (Y tedesca+]" italiana) costituito il 23.11.1942 (1st. St. Germ.).
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Semoventi italiani da 75! 18 in movimento verso il fronte.
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Mezzi tedeschi danneggiali ed abbandonali a lato di una pista sulla quale scorre il traffico degli alleati; in primo piano, un cannone e.a. Flak-41 da 8,8 cm, trainato da un semicingolato (lsl. S1. germ.).
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Bersaglieri motociclisti effettuano una puntata esplorativa nel settore occupato dal nemico .
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Carro armato italiano M/4141 in movimento (Arch . Arena).
Officina meccanica di circostanza per piccole riparazioni.
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Il gen. Walter Nehrin.g, comandante del XC C. A. tedesco, con il capo di stato maggiore della G. U. sul sedile posteriore dellt'autovettura (1st. St . Germ.) .
Gruppo di prigionieri britannici, le cui espressioni mimiche e gli atteggiamenti depongono per la gioiosa soddisjĂ zione di essere ormai ''fuori dalla mischia" .
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Un'altra immagine del Feldmaresciallo Rommel, in compagnia di un ufficiale del suo comando .
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Dalla torretta di un carro armato italiano M 14141, un ufficiale impiega una cinepresa.
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Una serie di autocarri Dovunque 35, armati con mitragliera Breda da 20/65, con a bordo elementi della Div. GG. FF
Una centralina italiana per il tiro c. a. (Arch. Arena).
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Il singolare contrasto fra l'antico -gli arabi sul somarello- ed il moderno -il caccia americano abbattuto- il tutto nella sconfinata immobilitĂ del deserto .
Nostre pattuglie esploranti su motocicli in azione nella zona a Sud di Gabès .
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Posto rifornimento carburanti: uno dei siti piĂš importanti per le operazioni in un territorio come quello tunisino.
La neutralizzazione di una mina posta dal nemico.
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Non siamo sul fronte greco-albanese, come dall' immagine si potrebbe essere indotti a credere, ma in 1Ïmisia, nel dicembre 1942 imperversò il maltempo, corne dimostra questo autocarro tedesco alle prese con la fanghiglia sulla strada Tèbessa-Tunisi.
Autocannone italiano da 90153 su chassis Lancia 3 RO.
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L'avvicinamento di nostri elementi ad una localitĂ abitata, visibile sullo sfondo; la distanza mantenuta fra le motociclette rappresenta una norma di opportuna sicurezza, onde prevenire od attenuare i pericoli derivanti da una situazione di per sĂŠ stessa a rischio.
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Una lunga colonna di carri armati italiani M/4/4/ in marcia di tra.1ferimento.
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-Un ufficiale esamina il munizionamento di un pezzo c. e. francese da 47/50.
Bomba aerea inglese inesplosa.
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Un caduto britannico durante i combattimenti svoltisi nella zona di Buerat nei primi giorni di gennaio 1943 (1. W. M.).
Una bella inquadratura del trasporto su pianale di un carro armato inglese Crusader.
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Modello datato 1897 di un cannone.francese da 75/34 , rimodernato con l'applicazione di ruote pneumatiche.
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/fanti della Div. La Spezia, dopo aver catturato un camionetta inglese, vi hanno montato una mit.ragliera Breda mod. 39 da 20/65, creando cosĂŹ un efficace sistem.a d'arma.
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~ -. Militari italiani, osservano con interesse quanto è residuato di un cannone c . c. americano da 37 mm.
Prigionieri francesi, verosimilrnente appartenenti alla Legione Straniera.
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Carro armato statunitense H3 Stuart colpito ai cingoli.
Mortaio tedesco eia 5 cm in fase cli caricam.ento per iniziare ilJiwco .
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Un.fante guastatore della Div. Superga disattiva un ordigno esplosivo.
Pezzo da campagna britannico da 25 libbre neutralizzato dal fuoco della nostra artiglieria.
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Fine gennaio 1943: pervenuti sulla posizione di lv/areth, gli uomini dell'Asse si danno alacremente da fare per rafforzarla il piĂš possibile.
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-Si cerca di ripristinare l'efficienza dei vecchi fortini costruiti dai francesi, in parte smantellati ma cornunque tutti degradati dal trascorrere del tempo e dagli agenti atmosferici.
Bersaglieri del 7° Rgt. in appostamento con un pe:a.o c. c. da 47132.
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Pattuglie della Div. La Speziaji1oriescono dai camminam.enti della posizione dU'ensiva del Mareth.
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Mascheramento di un obice pesante campale da 149113 da parte di artiglieri della Div. Trieste.
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L'obice è stato posto in batteria, ed è pronto ad entrare in azione.
Appostamento di nostrifan/.i nella parte meridionale della linea del Mareth che, essendo piĂš elevata, consentiva una migliore osservazione.
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Mitragliatrice pesante Breda 37 e relativi serventi.
Fanti della Div. Pistoia sorvegliano la linea muniti di un mortaio Brixia mod. 35 da 45 mm .
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LA COSTITUZIONE DELLA 1a ARMATA ITALIANA E LA SECONDA FASE OPERATIVA DELLA CAMPAGNA (1.2 - 15.3.1943)
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Marzo 1943: il comandante della l" Armata iialiana, gen Giovanni Messe (il primo a destra) insieme al suo capo di stato maggiore gen. Giuseppe Mancinelli (al centro dellafoiografia, intento all'esame di una carta topografica) e ad altri ufj'icìalì del proprio comando.
L'equipaggio dì un carro M 41 del 31° Rgt. Carrisli della Div. Centauro, armato con cannone da 47/32.
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Pezzi c. a. di una batteria della Div. Trieste.
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Si ripristina la cingolatura di un carro M.14141.
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Mototricicli Guzzi in dotazione ad alcuni reparti della i° Armata .
Due volontari della Div. GG. FF. con la loro mitragliera Breda 37 da 8 mm con la quale effetLuano il servizio di guardia alle posizioni difensive sul Mareth.
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L'ufficiale ed il servente al pezzo c. c. da 47132 appartengono alla Div. La Spezia.
Una bella panoramica del settore settentrionale della linea difensiva del Mareth, a carattere pianeggiante, con visibili alcuni dei nostri centri di fuoco .
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Il capo carro di un M41, appartenente al J O plotone della 2a compagnia del proprio battaglione, come si può riscontrare dal contrassegno tattico .
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L'eqĂšipaggio di una nostra autoblindo AB 41 si appresta a salire a bordo ...
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...da cui poi mon1entaneamente si distacca proseguendo da sola su terreno petroso.
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In attesa dello scontro .con il nemico, si procede ad esercitazioni di vario tipo: questa immagine del taglio dei reticolati riecheggia, anche nelle caratteristiche del terreno , la pietraia carsica della prima guerra mondiale.
Questa immagine ritrae alcuni. com.ponenti del Raggr. to d'Assalto della Div. Superga impegnati in una esercitazione cii avvicinamento all'obiettivo.
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- I rifornimenti indispensabili per proseguire la lotta giungevano in buona parte per via aerea, che offriva maggiori garanzie di sicurezza di quella marittima, sempre meno praticabile. Nella foto, un nutrito gruppo di velivoli della R. A. in volo verso la Tunisia, sempre a quota molto bassa sul livello del mare per le giĂ citate misure di sicurezza (USSMA).
Erano giunti sul fronte tunisino anche reparti della R. M. (il Rgt. San Marco, qui ripreso con i marinai che indossano il caratteristico gilet portacaricatori denominato Samurai) .. .
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...e della R . A . (il I Btg . Paracadutisti, nella foto ritratlo al momento dello sbarco a Tunisi) ...
...nonchĂŠ elementi della P. A. I., che nell'Ăšnmagine appaiono muniti de{MAB con baionetta ripiegabile di loro dotazione specifica.
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Camionette sahariane del Raggr. to Sahariano Mannerini , armate con mitragliera da 20/65, in missione di ricognizione a distanza .
Era impagabile il refrigerio offerto dall 'apertura dello sportello della torretta di un carro M, corne è chiaramente visibile dall'espressione facciale del carrista .
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/' Ufficiali dello stato ,naggiore della
r Armata consultano carte topografiche nel corso di una riunione operativa
all'aperto.
Nostra postazione con mitragliera da 20/65.
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Rilevamenti strumentali operati da una pattuglia del 66° Rgt. Ftr. della Div. Trieste.
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Genieri italiani mentre cercano di neutralizzare una mina ben nascosta nella sabbia .
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Piccoli centri di fuoco presidiati rispettivamente da elementi della Div. GG. FF. dotati di cannone c. c. da 47/32 ...
.. .e da una copia mista italo-germanica, rappresentata da un fan.te italian.o della Div. Pistoia e dal suo omologo tedesco della 164" Div. leggera, con a disposizione una mitraglierajϡancese Hotchkiss da 8 mm.
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14.2.1943: una colonna di carri ar.mati tedçschi, -quello in testa è un Panzer IV, /'/'l ente gli altri sono Panzer III- , muove ajl'auacco contro il fianco meridionale dello schieramento nemico, per sostenere l'intento di Rommel di costringere il nemico a ritirare il grosso delle sue forze in Algeria.
Una quadricanne Flak Vierling da 2 cm spara sulle posiz ioni nemiche nelle vicinanze di Thala .
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Un portaordini tedesco viene fermato per un controllo, vicino ai resti di un caccia americano abbattuto.
Il soldato tedesco è caduto vicino al suo Nebelwe1fer a sei canne, vicino al quale procede a passo spedito un combattente britannico (1st . St. Germ.).
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Un gruppo elettrogeno mobile appartenente all'Afrika Korps.
Postazione difensiva tedesca con ,nitragliera binata MG 34, calibro 7, 92 mm (1st. St. Germ.).
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Carro arnato statunitense M3 Stuart, neutralizzato dai tedeschi.
Anche l'artiglieria c. e . ameriรงana ha lavorato bene, come dimostra questo Panzer Ili messo fuori uso, e con esso anche questo membro del!' equipaggio il cui tronco penzola dallo sportello della torretla a guisa di macabro festone.
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L'asprezza dei combattimenti svollisi nella zona di Passo Kasserine può essere attestata da questa inunagine nella quale il soldato americano.ferito in modo grave alla testa e soccorso da un commilitone, si avvinghia al collo di questi continuando ad urlare per il dolore(!. W. M.) .
Anche questa .fotografia risul1a di grande espressivitĂ , quando si prenda in esame lo sguardo fiss o e come allucinato del prigioniero tedesco catturato dopo il combattimento al valico di Kasserine (!. W. M.).
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Un obice tedesco da 21 cm spara contro le t1:¡upp(f britanniche appostate sulle colline antistanti la cittadina di Medenine, dove Rommel condusse la sua ullima azione sul territorio africano.
Prigionieri americani catturati nel periodo 14 febbraio - 7 marzo I 943, in occasione delt 'iniziativa offensiva tedesca mirante a separare Le due masse di forza nemiche e ad evitare che a loro volta restassero ragliate te comunicazioni fra La Armata italiana e la 5a tedesca.
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Questa immagine, inedita e molto espressiva, mostra le salme di caduti americani nei combattimenti di Kasserine e Medenine (I. W. M.). â&#x20AC;˘)
15.2.1943: nostre truppe entrano a Gafsa.
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Veduta aerea della baia di Sfax, con particolare rilievo per alcuni obiettivi di interesse militare, ripresa da una ricognitore della Luftwaffe (USSMA).
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,.Bersaglieri dell'8° Rgt. attestq.ti sulle posizioni del Mareth, armati (iitiziando dal basso) con fucile mitragliatore Breda 30, MAB, moschetti 91 per cavalleria e mitragliera Breda da 20/65.
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Carri armati italiani M14!41 in azione di fuoco sui rilievi collinari della zona di El Hamma-El Guetiar.
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Un nostro posto difensivo avanzato nella piana di !:>Yax.
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Pattuglia esplorante su motociclette in avvicinamento alla periferia di Gabès.
Elementi della 44a Div. Ftr. de.fl'8" Armata britannica, armati conjĂŹ,cili mitragliatori Bren, all'attacco della linea difensiva del Mareth (!. W. M. ).
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Il gen. brig. conte Carlo Calvi di Bergolo, comandante della Div. Centauro, segue l'andamento delle operazioni da un posto di osservazione avanzato.
Fanti della Div. Pistoia in azione sotto il fuoco nemico.
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L'ingresso di un posto-comando di battaglione sul Mareth.
Il gen. von Arnim sta per decollare su un velivolo leggero Cicogna per recarsi ad ispezionare le proprie unilĂ (1st. St. Germ.) .
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28.3. 1943: carri armati Crusader della 10" Div. Corazzata britannica attraversano El Hamma (1. W. M. ).
Capo pezzo (a destra) ed i tre serventi.
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Il gen. Messe, con alcuni ufficiali del suo stato maggiore, osserva l'anda,nento delle operazioni.
Una mitragliatrice Breda 37 in dotazione al 7° Rgt. Bersaglieri ripresa in piena azione di fuoco.
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Una bella immagine di gruppo ripresa ai primi di marzo del 1943 nella zona fra Gafsa ed El Guetrar, ritraente il comandante della Centauro, gen. Calvi di Bergolo, mentre intrattiene C{ffabilmente alcuni suoi soldati. /
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Bersaglieri dell'8° Rgt appostati ai margini della soglia di El Hamma; si noti il lungo fucile anticarro "Boys", preda bellica inglese.
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Un nuovo compagno, particolarmente interessato al sistema di puntamento del 47132 , sembra essere venuto a rallegrare l'umore dei serventi al pezzo.
Materiale bellico inglese mes.\¡o fuori uso dal .fuoco della nostra artig°lieria: in primo piano, un cannone c . c. da 57143, e sullo sfondo due obici da campagna da 94 mm.
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Una colonna di M 14/41 italiani si dirige verso il fronte (Arch. Arena).
Sull'aereo inglese abbattuto, comincia l'operazione "caccia al cimelio-ricordo" da parte dei soldati italiani e tedeschi prontamente accorsi.
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In primo piano, autocarro sahariano con cannone da 20/65, piÚ distante camionetta sahariana mod. 42 ed infine la terza vettura sullo sfondo è un altro automezzo simile al primo: trattasi di mezzi in dotazione al Raggr. to Mannerini, comprendente le f orze già dislocate nel Sud tunisino, che stanno risalendo verso Nord.
Carro armato britannico Valentine colpito e messo fuori combattimento.
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Nell'incavo della torretta di un mezzo corazzato inglese ormai inutilizzabile la pietà italiana ha inteso lasciare un ricordo per chi non c'è più: "Qui riposa un ignoto soldato inglese" . Così, semplicemente, senza aggiungere altro su quel pezz~ di legno divenuto Croce, per un epitaffio impreziosito proprio da questa laconicità sacrale.
Da un posto comando di Gruppo, un ufficiale italiano impartisce l'ordine di aprire il fuoco alle batterie, mentre il soldato al suo fianco mette in atto l'antico ma sempre valido sistema di protezione dei timpani dall'effetto dell'esplosione.
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Materiale bellico di vario ienere catturato al nemico dalle nostre truppe.
Semovente italiano da 47/32, parzialmente mimetizzato, si appresta ad affrontare la discesa di un ripido pendio (Arch. Arena).
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Un reperto bellico interessante, quanto meno sul piano storico: i resti di un cannone francese Dèpont da 75134, mod. 1897, rimodernato.
Ecatombe di aerei ita[iani -Macchi 200 della .l 53a Squadriglia del 6° Stormo Caccia- distrutti al suolo in una base tunisina: una riprova dell'assoluta superiorità area delle aviazioni alleate.
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Ancora il posto di sepoltura di un soldato inglese ignoto -Unknown, c'è scritto sulla croce- destinato a rilnanere lì per l'eternità., nella solitudine sabbiosa tra Gabès ed il mare.
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LA TERZA ED ULTIMA FASE DELLA CAMPAGNA (16.3 - 13.5.1943)
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Sulle aliure di Matmata,fanti della Div..Pistoia si apprestano a sostenere l'urto nemico.
Opera difort(fi.caz.ione in un settore della linea del Mareth tenuto dalla Div. GG. FF., come comprova la scritta.
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Posto avanzato di osservazione e rilevamento messo in atto da personale della Div. 1i·ieste nella piana di Sfax.
Elementi. della Div. GG. FF. caricano un mortaio da 81 con una granata "ad alta capacità'' .
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Un caposaldo della Div. La Spezia nei pressi dello uadi Zigzaou, al limite Ovest della linea del Mareth.
Un primo piano di una mitraglfatrice Breda 30 e della sua dotazione di casseua attrezzi e canne di ricambio (sulle spalle del servente a sinistra) .
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In una base aerea, un nostro caccia in attesa di decollare per una delle poche missioni che la R. A. era ancora in grado di svolgere (USSMA).
Il nemico si è avvicinato troppo alle nostre posizioni, e gli uomini delle pattuglie di guardia sono usciti per cercare di respingerlo.
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. . no d a 75/46 in postzione . .Un cannone c. a . italia
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Un 47/32 della Div. GG. FF spara contro il nemico avanzante.
Un bunker della nostra linea sul 1Wareth, colpito dall'artiglieria britannica (i. W. M.).
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Guastatori italiani impegnati in un'azione di contrattacco.
Prigionieri americani della 34" Div. Ftr. catturati ad El Guettar dagli uomini della
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soa Brigata Speciale italiana.
Fanti del 66° Ftr. Trieste, appostati nei pressi dell'uadi Akarit, ; sulla destra , due di loro stanno armando un mortaio da 81 mod. 35.
Lo scoppio di una granata inglese proprio a ridosso delle nostre linee.
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Un altro mortaio da 81 caricato con una bomba ghisa acciaiosa .
Appostantento avanzato munito di mitragliatrice Breda 37.
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Ciò che resta della postazione di un cannone britannico cal. 88127 da 25 lih/Jre neutralizzato dal.fiwco di controbatteria tedesco (1st. St ..Germ.).
Il porto di Sfax, ripreso sempre a cura della Luftwaffe, in questa nitida immagine dalla quale sono rilevabili particolari di grande interesse militare (USSMA).
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1\1/otociclisti del 7° Rgt. Bersaglieri, in esplorazione nella regione del Gebel Fejadj, in un terreno aspro e d(fficile che metteva a dura prova tanto gli uomini che le macchine.
Cingoletta inglese Bren Carrier catturata dalle nostre truppe.
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Artiglieri della Div. La Spezia predispongono all'azione un cannone da 65/l7.
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L'allarme è squillalo per i bersaglieri dell'8° Rgt., che si avviano di corsa in. linea .
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La resa di un soldato inglese stanato da un fante italiano
Nostri guastatori all'attacco sulle alture della zona di El Hamma .
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Un soldato britannico caduto nel corso dei combattimenti.
I resti di un aereo da caccia inglese costretto ad un atterraggio di fortuna.
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Gli operatori di una stazione radio al lavoro.
Fanti della Div. Trieste , con mil?7etiz.zazione di circostanza, in posizione di attesa dell'attacco nemico; in primo piano, una mitragliatrice Breda 37.
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Lo schianto di un colpo dell'artiglieria britannica nel seuore di El Guettar; sulla destra, si vedono di-te nostri soldati appiattiti sul terreno per proteggersi dalla conseguente pioggia di schegge.
Alcune mine inglesi, munite di spoletta e detonatore, pronte ad essere impiegate per blocchi stradali (I . W. M.) .
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La suggestiva immagine di nosiri soldati in una fase di contrattacco sull'a.1pro terreno delle allure di Matmata.
Siamo alla metĂ di aprile, ed il caldo -aggiunto alla fatica fisica- comincia a farsi sentire, come testimonia questa significativa veduta di due fan/i della Div. Pistoia che, pur di placare in qualche modo la sete, attingono avidamente ad una sorgente idrica di mollo dubbia potabilitĂ .
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Nelle retrovie, si esamina con attenzione il materiale nemico caduto nelle nostre mani: da sinistra, alcune canne di mitragliatrici Hotchkiss, mortai da 60 e da 81,fuciti mitragliatori Chauchat ed un telemetro.
Un ufficiale della 90° Div. leggera tedesca sta discutendo con colleghi italiani della Div. 1heste i preliminari di un'azione.
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Sulla linea Chott-Akarit è presente anche il B1g. Tobruk,facente parte con il Bafile del Rgt. San Marco della R. M.
Una trincea della Div. u1.Spezi(,l nella zona del gebel Roumana dalla quale fanno capolino, in primo piano, le canne cli un mitra MAB e di una mitragliatrice Breda 37.
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155 -
Un cannone c. a. francese da 75151 colpito dall'artiglieria dell'Asse. /
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Una nota nostalgica sotto il sole nordafricano, attraverso questo cartello stradale tedesco con le indicazioni delle distanze chilometriche dalla madrepatria (1st. St. Germ.).
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La messa a punto di una mitragliatrice francese Hotchkiss da 8 mm nelle retrovie di un sito della R. M nei pressi di
Sfax.
Un soldato italiano esamina il munizionamento di un cannone c . c. da 47/50 ceduto daifi¡ancesi .
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Celere spostam.ento di un pezzo d 'artiglieria (cannone da 65117) mototrasportato della Div. La Spezia nella zona di El Piem, durante la fase di ripiegamento sulle posizioni di Enfidaville.
Un pezzo d 47132 in dotazione ai marinai del Btg. Tobruk (USSMM).
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Uomini dello stesso reparto della R. M., inquadrato durante la battaglia dell'uadi Akarit nella Div. La Spezia , attestati con una Breda 37 (USSMM) .
La R. A. era presente anch.'essa sul fronte tunisino con un reparto di terra, il Rgt. d'Assalto Duca d'Aosta, costituito su due battaglioni dei quali Jtno era il Loreto, ai cui componenti era stato dato in dotazione l'elmetto cecoslovacco mod. 1934 che nella foto appare indossato dall'aviere che impugna anche una mitragliatrice Breda 30 (USSMA).
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159 -
Nostri guastatori in marcia verso le posizioni di Enfidaville.
Immagine ravvicinata di un singolo guastatore, che mette in evidenza i particolari dell'arma, il lanciafiamme mod. 1940, e dell'equipaggimnento .
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II ripiegamento verso le linea difensiva di Enjidaville dei reparti di fanteria della l" Armata, stante la carenza di automezzi militari, viene effettuato con autocarri civili requisiti e condotti dagli autisti originari (Museo Motor. ne).
Un trattore cl' artiglieria inglese tipo Quad catturato Ăšuatto dalle nostre truppe .
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161 -
Uomini e mezzi della 50" Div. britannica in marcia nella piana di !)fax per raggiungere la zona di Enfidaville (!. W. M.).
La I" Armala italiana si appresta ad affrontare l'urto nemico sulla nuova linea difensiva di Enfidaville: un avamposto con un mortaio Brixia da 45 mm, prende posizione sul terreno petroso del gebel Blida.
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Ufficiali e soldati italiani esaminano con molto interesse i meccanismi di un cannone c. a. tedesco da 88156 colpito dal nemico.
Un immagine di grande suggestivitĂ : lo scenario notturno della battaglia d'artiglieria nella zona di Enjidaville .
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Postazione di mitragliatrice MG 34 della 90° Div. leggera tedesca nel settore Ovest della medesima zona.
Un.a scena che non avrebbe bisogno di nessun commento, stante la notevole espressivitĂ che la connota attraverso la dolente compostezza dei volti dei commilitoni del caduto.
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Semovente da 47132 su scafo L 6140 della Div. Centauro, con mimetizzazione vegetale, in movimento nel settore di El Gueuar.
Una veduta della rocca di Tala:ouna, sede del caposaldo italiano intorno al quale si svolse una lotta accanita, mentre è in corso un bombardamento inglese (Arch . Saraceni) .
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Granatieri facenti parte della Compagnia che, agli ordini del cap. Politi ed insieme a paracadutisti della Folgore, a fanti della Trieste ed a un plotone tedesco, costituì il piccolo ma valoroso presidio battutosi con estrema decisione per quattro giorni contro una brigata neozelandese ed altre truppe appoggiate da robuste fonnazioni corazzate. (Arch . Saraceni).
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Gli effetti della dura lotta combattutasi a Takrouna , sono più che evidenti sul viso dei due prigionieri dell' A. N. Z. A. C. catturati dai nostri soldati.
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Trinceramenti della Div. La Spezia: in primo piano, la "mitica"Breda 37.
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I. Delimitazione e segnalazione di una zona minata da parte degli Inglesi(!. W. 1W.) .
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Un pezzo italiano da 75127 con ruote semipneumatiche apre il fuoco da un caposaldo avanzato.
Il comandante della Div. Centauro, gen. Calvi di Bergolo, intento alla consultazione di una mappa con un ufficiale del suo stato maggiore ed un ufficiale tedesco di collegamento .
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Nostri semoventi da 47132 su scafo L6 in movimento nella zona cli Gabès.
Truppe britanniche della 4° Div. Ftr. penetrano nelle dffese italo-tedesche dì Medjez el Bab (!. W. M.).
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Guastatori italiani in azione con lanciafiamme mod. 41.
Cannone inglese da 114 colpito dalla nostra artiglieria.
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Un carro armato M 14141 sotto il fuoco nemico.
Automezzo tedesco del servizio sanitario.
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Mezzo corazzato britannico, un Crusader con cannone da 57 mm, reso inuiilizzabile.
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Il bersagliere ha trovato un assistente locale per la manutenzione della sua mitragliatice Fiat 35.
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Un carro americano M3 Stuart colpi/O e rovesciato sul margine della rotabile Biserta-Tunisi.
Serventi di un cannone tedesca si danno alacremente da fare con lo scr;volo per pulire la canna prima che parta il colpo ...
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...sparato dal capo pezzo del quale è evidente la tensione psico~fisica (1st. St . Germ.).
Un autocarro sahariano A. S. 37 armato con cannone da 47/32 ha aperto il fuoco, ed il suo equipaggio ne sta osservando gli effetti.
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1htppe americane entrano nella stazione ferroviaria di Makn.assy ( I. W. M.).
Un.ferito della la Div. Ftr. USA soccorso e medicato dai commilitoni(!. W. M.) .
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Bersaglieri dell'8" Rgt., inquadrato nella Div. GG. FF., in azione di contrattacco sul Gebel Garci nel corso della prima battaglia di Enjidaville.
Un camion Lancia 3 RO carico di prigionieri francesi appartenenti ai reparti del gen. Ledere.
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Cingoletta britannica, preda bellica dei soldati della Div. Superga che l'hanno prontamente "italianizzata" inserendo sulla fiancata sinistra il motto dannunziano "Memento Audere Semper".
Per questi Caduti tedeschi, cĂ&#x2019;~i bene allineati nel cimitero di guerra ordinatamente composto ed amorevolmente curato dai commilitoni, non c'è che l'auspicio dei sopravvissuti che la terra sia Loro lieve.
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IMMAGINI LOGISTICO-AMBIENTALI
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Una veduta della costa tunisina ripresa a bassa quota da un ricognitore della R. A. (USSMA) .
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La popolazione di Tunisi affolla festante le vie della cittĂ per salutare l'arrivo delle truppe italiane.
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La strada principale di un quartiere per(ferico della cittĂ all'epoca della nostra occupazione.
Il rettilineo dell'Avenue Gambetta, che portava diritto verso il mare.
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Una vedetta per l'avvistamento di aerei nemici.
La riparazione di un motore presso una nostra r~fficina mobile (sullo sfondo, un'autoblinda AB 41).
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Primo piano dì un bersagliere motociclista.
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Il "magazzino.farina" di un nostro reparto della Sussistenza.
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Anche il dromedario è stato precettato per il servizio di sabneria, con relativo conducente.
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Una soluzione di circostanza per ottenere un po' di refrigerio anche nell'assolata piana di ,W'ax: sollevare un po' il grosso telo tenda ed avere a portata di mano l'acchiappamosche (1st. St. Germ.).
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C'è un duello aereo, ed alcuni nostri soldati ne seguono interessati le vicende
Bersaglieri dell'8° Rgt. che approfitiano di un momento di tregua per scrivere a casa.
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Le prossime 8 immagini riguardano il Rgt. Volontari Tunisini, costituito da oltre 4.000 elementi tratti dalla folta colonia locale italiana. Questa prima foto ritrae l'afflusso dei volontari presso il centro di arruolamento.
Radunati nel cortile della caserma Kasbah, sono passati in rassegna dagli ufficiali preposti al toro addestramento.
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Si procede alla con.segna degli effetti di vestiario.
La vestizione è in corso, cosÏ come la ricerca di un adaumnento alle misure personali spesso non adeguato, come è desumibile dallo sguardo preoccupato del volontario in primo piano.
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La prima "libera uscita" è terminata , e si rientra sotto lo sguardo un po' invidioso della sentinella.
I volontari hanno assunto un aspetto marziale, e di esso fanno bella mostra in questa immagine cosĂŹ come in quella che segue ...
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...dove appare sul presentat'arm un Reparto di Volontari inquadrati nella Milizia insieme ai loro comandanti.
E,finalmente, si può sfilare inquadrati per le vie della città .
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Un esemplare delle vecchie "carrette di battaglione", rivelatesi comunque sempre comode ed utili per diverse esigenze.
Primo pi.ano di due appartenenti al Btg. LancĂšfiamme della Div. Superga con un apparato nebbiogeno.
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Le tende di un nostro ospedale da campo ai piedi del gebel Garci.
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Un pò di riposo, più che meritato, anche per i fanti della Div. Pistoia.
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Soldati tedeschi, meccanici di un'officina mobile, alle prese con il telaio di una vettura da ricognizione (ft. St. Germ.).
Si fatica lo stesso anche stando nella Sussistenza, perchè il pe.m dei sacchi da trasportare non è certamente ilteriore a quello dello zaino, anzi.
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Un bel carico di pagnotte ...
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.. ·va ad aggiungersz· a ouelle gt'a'·-s·r. ~ · v ornate .
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Una via centrale di Tunisi colpita da un. bombardamento alleato.
Fusti di carburante destinati ai reparti in linea vengono caricati sugli autome:a.i che li trasporteranno al fronte.
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Un soldato dell'8° Armata inglese indossante una giacca militare italiana da ujjiciale, probabilmente presa ad un prigioniero (l. W. M).
Un'autovettura militare italiana che sul fronte tunisino ebbe modo di incrementare la sua giĂ estesa notorietĂ , ovvero la Fiat 508 Coloniale con guida a destra .
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Manifestazione patriottica nella comunitĂ italiana di Tunisi .
Un nostro soldato ferito viene trasferito dalla tenda dell'ospedale da campo ...
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...sull'ambulanza che lo trasporterĂ ad un centro medico ospedaliero delle retrovie.
Due armieri controllano e sistemano un rotolo di colpi per mitragliatrice Safat da 12,7.
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Il gruppo 1notore di un automez.zo viene attentamente ispezionato dai meccanici di una nostra officina mobile per riparazioni di emergenza.
Il gagliardetto di un battaglione della Div. GG. FF ; a questa G. U. sono riservate le altre tre immagini successive, delle quali una ...
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...mette in evidenza l'atteggiamento ammantato diflerezza un po' spavalda ed un po ' risorgimentale del soggetto, l'altra mostra ...
...alcuni dei ragazzi che, inqua.drati, cantano il loro inno (è partita una tradotta- tutta piena di diciott'anni ...), mentre la terza si riferisce ...
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201 -
...ad una foto , ripresa nel maggio del 1942 a Roma allo Stadio dei Marmi, nel corso della cerimonia per la consegna delle medaglie ai decorati del I Btg. -quello di Bir el Gobi- , che mostra la sfilata a passo di corsa, davanti a Mussolini, del II Btg. che avrebbe raggiunto di lĂŹ a poco l'altro reparto in A. S.
Messa al campo, sullo sfondo delle alture del Mareth .
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Scambio di cordialitĂ fra il gen. Calvi di Bergolo ed alcuni pastori tunisini.
/.\7Jezione e pulizia dell 'arma sono la migliore garanzia per il funzionamento della stessa.
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Si rimpinguano le scorte cli effetti di vestiario nei magazzini dell'Intendenza.
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Vista della citlà araba di El Djem con i resti de Le Colisèe.
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lndubbĂŹa,nente l'autore della scritta possedeva, oltre al dono dell 'arguzia, anche quello della sintesi.
ll saluto alla Bandiera apre la giornata in un comando italiano.
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L'appellativo di "topo del deserto" si addice piĂš che mai a questo soldato della Div. La Spezia emerso al calar del sole dalla. sua buca per consuma.re un po' di rancio.
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Italiani di Tunisi intenti a leggere l'Unione, il quotidiano della loro comunitĂ locale ...
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... del quale l'immagine riproduce la prima pagina della copia del 21 gennaio 1943 .
Due ufficiali del X Rgt. Arditi a rapporto da un ufficiale superiore. L'ufficiale sulla sinistra è il ten . Pietro Corsini , assurto nel dopoguerra al gr:ado di gen. C.A. e divenuto Comandante Generale dell 'Arma dei Carabinieri (5.l l .1977-31.1.1980) .
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Soldati italiani fanno acquisti al 1nercato di Tunisi.
Una tematica scontata nelle fotografie di guerra, quella della lettera da scrivere a casa, ma che questa immagine rende forse ancora piĂš suggestiva per i particolari di dettaglio che la connotano.
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I conducenti dĂŹ un mezzo italiano per trasporti speciali (colombaia) hanno trovato riparo sotto una sporgenza rocciosa dell'aspro terreno del gebel Roumana.
Un'iniziativa culturale ben programmata e condotta dal comando militare di Tunisi, con la collaborazione di una nota casa editrice italiana, come. è evidenziato anche dalle immagini che seguono. Qui l'ingresso della libreria posto in corrispondenza di un rijitgio antiaereo con la relativa protezione di sacchetti cli sabbia.
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Il banco di esposizione del materiale bilingue disponibile della "libreria da campo" ...
...ed il camion Spa 38 R per renderlo mobile.
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L'espressione grintosa di un ujficiale italiano mentre tiene rapporto alla truppa.
Il souk di Tunisi, con le varie chincaglierie esposte.
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A Gafsa i locali assistono incuriositi alla conversazione tra un i1fficiale ed i due bersaglieri motociclisti.
La pesatura dei maccheroni praticata con es/.rema attenzione dal magazziniere.
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Il conducente ha trovato la giusta soluzione, e cammina tranquillo dietro al "suo" equipaggio nel terreno sabbioso della regione degli Chotts.
Marinai del Rgt. San Marco fraternizzano con soldati tedeschi.
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I tedeschi attuano seriamente le misure di sicurezza, ed invitano anche il loro personale alla identificazione.
Bersaglieri ciclisti .~ftlano per una via di Tunisi faui segno al saluto degli abitanti di origine italiana.
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La foto è stata scattata nel 1942 a Pinerolo (Torino) alla locale Scuola di Cavalleria durante il corso "Addestramento di corazzati" svolto per il persOJUlle proposto per l 'invio sul .fi'onte dell'A . S.; sulla destra, una autoblindo AB 41 priva dell'armatura principale, (Museo Arma di Cav.) .
Tunisi, primavera 1943: colore locale .
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Soldati tedeschi infila in attesa del pagamento della "decade "(fst. St. Germ.). ','
L'immagine, serena e dignitosa insienre, di un anziano pastore a colloquio con un nostro soldato.
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Ancora protagoniste le vecchie carrette .di battaglione, utili anche qui, sulle strade del Nord Africa. .
Fierissimo lo sguardo come tutto l'atteggiamento di questo sottufficiale dell'8° Rgt. Bersaglieri.
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In Italia le fabbriche producevano quanto era possibile per fornire mezzi alle truppe combattenti: qui, in un capannone del!' Ansaldo, si vedono -da sinistra- una fila di autoblindo AB 4 I, di semoventi da 75! 18 e di carri armati M 14/41 , tutto materiale pronto per la consegna.
Le scarpe sono fondamentali per i combattenti, come ben sa questo soldato tedesco che porta numerose calzature del suo reparto dal calzolaio del campo (Ist. S1 . Germ.).
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2 18 -
V, DLX Coorte della M . V. S . N., inquadrata nella Div. Superga , presenta le armi.
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AttivitĂ di controllo svolta a Sfax da un soldato del VI Gruppo Squadroni Nizza.
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Un primo esemplare di jeep americana catturata da un nostro reparto dopo un combattimento, come dimostrano i numerosi segni dei colpi incassati sulla fiancata sinistra.
Un teatrino di circostanza per apportare un po ' di buon umore e serenità ; il motto che campeggia in cima al palcoscenico era quello del 31 °Btg. Guastatori, probabilmente rapppresentato sul posto da qualcuno dei reduci del reparto dopo El A lame in .
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Autocarro leggero CL 39, probabilmente in. servizio di ordine pubblico come sembra dimostrare la presenza a bordo di un. gendarme francese.
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... ~. Si cerca di recuperare qualcosa fra il materiale abbandonato dal nemico sulle dune .
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Basta poco per cercare di abbellire e rendere piĂš confortevole i muri di un ricovero ricavato dalla nuda pietra: un paio di chiodi dove appendere la gavetta e lo zaino, ed alcuni fogli di giornale a guisa di tappez.zeria.
Scambio di cordialitĂ fra il marinaio del Btg. Tobruk ed il soldato tedesco che, pur molto giovane, dal distintivo che porta sull'uniforme sembra avere giĂ un bel passato di combattente.
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Esemplare di motocarrozzetta Guzzi molto adoperata sul ji¡onte tunisino per il trasporto di materiali di piccolo ingombro ai reparti operami.
Un'altra immagine piuttosto scontata, ma sempre bella, quella di un nostro soldato a contatto con un gruppetlo di bambini.
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Italiani che, pur nella fase terminale della nostra guerra, rivolgono un fiero saluto alla Patria lontana.
/ /
Un appartenente all'A. N. Z. A. C., indossante la stessa giacca da ufficiale italiano giĂ vista nell'imnwRine precedente.
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Servizio di regolazione del trajfĂŹco svolto impeccabilmeme da un soldato.
La bella, solare espressione fisionomica di un graduato della Div. GG. FF. ,.fiero della sua Croce di Ferro di 2" clas-
se di cui porta l'insegna sulla sahariana.
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Su una spiaggia della costa nei pressi della citladina di Madia si è arenato una specie di balenottero; a parte lo spettacolo, sarebbe di per sÊ legirri1110 che nel iruppe110 di nostri soldati affiorasse anche la speranza di una inusuale integrazione rancio.
Scanzhio di cortesie fra inquilini della stessa buca.
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Ufficiali italiC1ni e tedeschi, or111C1i prigionieri di guerra, ed il comandante bri1c111nico del campo di aviazione in Inghiherra dove sono al/errati dopo il tr(/.\ferimento dalla Tunisia, si SCC1t11biano il regolame111are saluto militare.
Questa /Olografia aerea della R. A. è stata ripresa I 3 giomi dopo la fine delle ostili1à . e mostra 1111 'ampia Zolla di terreno a Nord Ovest di Tunisi dove ha sede 1111 deposito di materiale bellico italiano calturato ed anche un campo di prigionia (USSMA) .
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l'i111magi11e del giovane tenente italiano seduto. in aueggiamento s fa11co e sconsolalo, sul predellino di un carnion, risulta sujflcien/emente emblematica nei riguardi del nostro definitivo abbw1dono del suolo C!fi-icano.
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Per quanto concerne la Tunisia , sono rimasti solo i nostri Caduti, allineati "come in parata " nel cimitero di guerra italiano di Chebedda . Che la terrn , anche per I.oro , sia lieve.
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