STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO UFFICIO STORICO
Giancarlo BOERI Piero CROCIANI Massimo FIORENTINO
L'ESERCITO BORBONICO DAL 1830 AL 1861 TOMO 11
Roma 1998
PROPRIETÀ LETTERARIA
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F inito di stampare nel mese di luglio 1998 da
IMAGO M EDIA s.r.l. - Via Nuova Monte Muto 81016 Piedimonte Matese (CE) - tel./fax 082378558 I
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Ms A.S.Na. A.R.C.R. Arch.Borb. Aff.Est. Min.Gue1rn O.d.g. Com.Gen.Art. Contr. Exc. Atti Aquila Prot. Cons. Guerra B.N.Na. N.Y.P.L. S.N.S.P.
= Manoscritto = Archivio di Stato di Napoli = Archivio Riservato Casa Reale (Archivi Privati) = Archivio Borbone =Affari Esteri = Ministero Guerra = Ordini del Giorno Comando Generale = Comando Generale di Artiglieria = Giunta dei Contratti = Excerpta (Sez. Militare A.S.Na.) =Atti Intendenza Aquila = Protocolli Consiglio dei Ministri-Min. Guerra = Biblioteca Nazionale di Napoli = New York Public Library = SocietĂ Napoletana Storia Patria
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Il Regno in cifre
Monete Grano Carlino Ducato
= 12 piccoli (o calli) = 10 grana = 10 carlini
Misure di lunghezza Palmo lineare Canna lineare Miglio
= km. 1,85 1
di peso Oncia Libbra Rotolo Cantaio
= gr. 26,88 = kg. 0 ,320 = kg. 0,890 = kg. 89,099
= cm. 26,367 ( di 12 once) = m . 2,109
Per determinare l'altezza dei coscritti erano in uso il piede (cm. 32,484) e il pollice (cm. 2,707)
UnitĂ di capacitĂ per aridi Misura Tomolo
liquidi Caraffa Barile Botte
= l . 2,304 =l.55,318
= 1. 0,727
= 1. 43,624 = 1. 523,488
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Qualche osservazione sull'evoluzione dell'uniforme borbonica tra il 1830 ed il 1861
Questo secondo tomo propone al lettore un viaggio nel tempo che, attraverso oggetti, illustrazioni e dettagli, ricomponga l'aspetto del Real Esercito delle Due Sicilie, disciolto quasi 140 anni fa. Tuttavia, prima d'iniziare il nostro percorso, vorremmo esporre alcune considerazioni, frutto dei nostri anni di ricerca. Si tratta peraltro di commenti che sono in larga misura interpretativi: non solo fatti, quindi, ma anche opinioni, che il lettore sarà perfettamente libero di accettare o confutare. Osiamo però sperare che esse contribuiscano a dare un senso alle molte informazioni che abbiamo rispolverate, dopo molti anni di oblìo, ed allineate, una dietro l'altra, nella nostra ricostruzione. Questo delicato esercizio ci è ispirato dalla nostra passione. Ma si giustifica anche per il fatto che quello delle Due Sicilie è un esercito dimenticato, la cui memoria è stata per lungo tempo disprezzata e finanche rinnegata. Di conseguenza, il filo conduttore di quelle cose e circostanze lontane - filo che, all'epoca, era palese per i suoi contemporanei - si è fatto evanescente ai nostri occhi, quasi inesistente. Ma quel filo è pur sempre lì, nascosto tra fonti iconografiche e cimeli, norme amministrative e foto d'epoca. Per quanto ridotti siano gli indizi, il ricercatore può tentare di far rivivere quella logica. In altri termini, il nostro è un modesto tentativo per avvicinare i perchè dell'uniforme borbonica, partendo dai chi, dai come e dai quando che le nostre ricerche hanno individuato.
1. Sulle traccie di un esercito scomparso
La storiografia italiana - militare e civile - ha generalmente ignorato, schernito o disprezzato questo esercito - a priori, in quanto vinto. Evitando di cadere nell'estremo opposto - quello dei nostalgici filo-borbonici per partito preso - abbiamo ritenuto in questi anni più costruttivo cercare anzitutto di raccogliere e comprendere le testimonianze di quell'esercito, importante nella storia italiana tanto per le sue dimensioni che per il ruolo politico-militare che esso svolse. Pur comprensivo di numerose immagini d'epoca, di riproduzioni di reperti, di contributi grafici contemporanei e di commenti critici, il corredo iconografico che presentiamo in questa sede non può tuttavia dirsi ancora completo. Per ragioni di spazio e d'opportunità, infatti, non è stato possibile riunire in questa sede tutte le fonti ed i cimeli che ancora sopravvivono presso le collezioni pubbliche e private. D'altra parte, riteniamo che restino ancora da scoprire fondi archivistici e documentali, cimeli, raccolte iconografiche. Confidiamo che la pubblicazione di quest'opera - frutto di quasi trent'anni di ricerche da parte degli autori e degli altri appassionati e studiosi ad essi collegati da vincoli di solidmietà
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scientifica - produca uno slancio di generosità, rendendo piL1 accessibili i giacimenti nascosti. Val la pena in effetti di ricordare che la documentazione su cui si fonda il nostro lavoro non costituisce una materia prima di facile accesso. Riunire e studiare tutte le fonti in questione è stato possibile solo investendo tempo e pazienza, rintracciando indizi ed opportunità in Italia ed all'estero, alla ricerca cli filoni la cui esistenza è talvolta al limite dell ' incredibile. Per uno strano scherzo del destino, infatti, una parte dell'iconografia militare ufficiale delle Due Sicilie, recata seco dalla famiglia reale borbonica in esilio, si disperse in Francia alla fine del secolo scorso. Una parte, acquistata dalle autorità locali, è ancor oggi conservata presso le collezioni pubbliche transalpine. Un'altra parte, a suo tempo acquisita da un facoltoso notaio parigino, venne in seguito ceduta ad una prestigiosa università statunitense. Altri cimeli, pure appartenenti alla fam iglia reale napoletana, hanno potuto far ritorno a Napoli agli inizi degli anni sessanta. Altre raccolte iconografiche, invece, si erano già disperse in Svizzera, Gran Bretagna, Russia, ecc. ecc. Molti cimeli, d'altra parte, verosimilmente g iacevano da qualche parte, a Napoli, nel Meridione tutto o in Svizzera. I cimeli militari borbonici vennero spesso abbandonati dai proprietari, nel timore di atti rarsi rappresaglie politiche. Qualche volta, tuttavia, essi vennero amorevolmente conservati nei bauli di famiglia e, in qualche caso, trasmessi ai musei locali. Altre volte, invece, vennero venduti ai rigattieri per pochi denari, con quella disinvoltura con la quale, spesso, sono state affrontate le grandi svolte storiche del nostro Paese. Come si cantava a Napoli: " ...chi ha avuto, ha avuto, ha avuto - chi ha dato, ha dato, ha dato - scurdamrnece o' passato - simmo e 'Napule paisà " ... Gli stessi archivi pubblici dovettero far fronte a gravi distruzioni, provocate da incidenti o eia eventi bellici, che produssero amputazioni importanti dei fondi documentali. D'altra parte, subito dopo l'Unità, alcuni libri e manoscritti dell'amministrazione militare napoletana - quelli del celebre Reale Officio Topografico - vennero trasmessi alle Biblioteche Militari italiane, dove sono ancora oggi custoditi. Peraltro, l'utilizzo ciel materiale così laboriosamente rintracciato è d ipeso dalla volontà di collaborazione cli collezionisti e pubblici conservatori. Molti cli questi, fortunatamente, hanno compreso i moventi disinteressati della nostra ri.cerca, permettendoci di accedere alle fonti in loro possesso. Alcuni, addirittura, hanno apportato nuovi indirizzi di ricerca. Altri, invece... Per quanto incompleto, tuttavia, pensiamo che il nostro lavoro ricostruttivo sia ricco di spunti. Ci illudiamo che esso costituisca un saldo punto di partenza per future ricerche . Complementi, rettifiche e nuovi apporti saranno quindi i benvenuti, nella misura in cui essi intendano contribuire ad aumentare le conoscenze di tutti e non ad alimentare le sterili polemiche cli pochi.
2. L'uniforme: un indicatore della storia, al crocevia tra etnografia, arti applicate e politica Non vi è nu lla che riveli così efficacemente le condizioni sociali, storiche e politiche cli un esercito quanto il suo modo cli vestire. Questa considerazione, genericamente applicabile a tutti gli eserciti, è particolarmente vera se riferita alle vicende del Real Esercito delle Due Sicilie. Durante i centoventicinque anni di
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vita di questo organismo militare, a cavallo tra il XVIII ed il XIX secolo, influenzata dai mutevoli assetti delle alleanze politico-militari, l'uniforme borbonica si trasformò profondamente, sull'onda degli eventi del periodo. Una delle caratteristiche che balza all' occhio di clii osservi le immagini dell'esercito borbonico è il fasto delle sue tenute. 11 Mezzacapo, nel 1858, sottolineava che "... chiunque abbia veduto le truppe napolitane, può attestare come sieno esse vestite con lusso, più che con decenza ". "A Napoli", osserva lo storico del costume partenopeo Adelaide Mastrocinque, "lo -~farzo suntuario è sentito più che altrove. Il vestiario ha, nella Capitale del regno ,neridionale, un linguaggio simbolico e rappreseruativo, al quale difficilmente i Napoletani rinunzieranno. Ogni occasione è buona per far festa e scendere per le strade: le solennità religiose e civili, le incoronazioni e i m.atrùnoni, le nascite e le rnorti ". E, aggiungiamo, di questo apparato celebrativo le Reali Truppe costituirono sempre un elemento essenziale. Le belle uniformi indossate nel corso della loro storia costellano infatti l' iconografia di ogni celebrazione dell'antico reg no. Una messa solenne al Campo di Marte; la posa della prima p ietra di una basilica; la festa di Piedigrotta; il Venerdì Santo; il varo d i un bastimento da guerra; l'inaugurazione delle Reali Ferrovie. Questi ed altri gli avven imenti che offrirono agli artisti del tempo l'occasione per raffigurare la gente, i fatti ed i luoghi del regno; ma anche i suoi soldati , fornendo così insostituibili reportages che completano le fonti d'archivio. Questo fasto, senza dubbio, al costume militare napoletano derivava anche da un'antica tradizione artigianale nel campo dell'abbigl iamento. Forse sin da quando Matteo Carlo Vespulo maestro e lavoratore de li pennacchi nella Napoli ciel 1472 forniva penne di struzza di diversi colori per la genie d'arme del Duca di Milano, che sta nella Provincia d'Abruzzo. Quando il ricercatore ha la fortuna cli poter esaminare un'uniforme borbonica, si imbatte, attraverso le etichette delle fodere e le marche dei bottoni, nei nomi e negli indirizzi cli sarti ed artigiani cli un tempo che fu. I documenti d'archivio aggiungono , grazie ai contratti d ' appalto, altri nomi di grossisti e dettaglianti dell' uniforme borbonica, delineando i contorni ragguardevoli dell'indotto economico delle forniture militari. Il frutto di questo oscuro ma prezioso lavoro di tessitura, colorazione, cucito, taglio e ricamo; della sapiente lavorazione dei pellami ed ottoni; dell'elegante perizia dei sellai e degli armaioli: tutto ciò riaffiora nei cimeli oggi custoditi in musei e collezioni. La qualità di questi oggetti anticipa, storicamente parlando, quella reputazione dell'artigianato sartoriale meridionale ancor viva al giorno d'oggi. Il recupero degli oggetti d'uniforme rievoca inoltre il clima quotidiano della v ita mil itare del tempo. Con un poco d 'inunaginazione, il ricercatore potrà tentare di ricostruire, fisicamen.: te e psicologicamente, sia gli uomini che ne fecero uso, che gli artigiani che li crearono. Nasce allora un dubbio: le Reali Truppe fungevano solo da orpello decorativo dei fasti borbonici? D iremmo invece da fastoso ma tangibile (e onnipresente) monito della presenza della corona; dunque, da veicolo dei segnali politici che il sovrano intendeva inviare, tanto all 'interno che all'esterno dello stato. Prendiamo l'esempio della celebre Festa di Piedi grotta, autentica kermesse militare sotto parvenze rel ig iose! Non è un caso che le grandi novità militari napoletane venissero presentate in quel!' occasione. Al cospetto di un folto pubblico di sudditi e di un selezionato nucleo cli
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osservatori militari e diplomatici stranieri, Ferdinando II teneva ogni anno un muto discorso di potere. Per quanto implicito, però, il suo era un discorso molto chiaro: Napoli è una potenza autonoma ed ha i mezzi per difendersi contro i nemici interni ed esterni. Se nella sfilata del 1837 la Guardia Reale aveva ancora indossato le rosse uniformi di stile britannico, e nel 1838 compari va invece vestita di bleu alla francese, forse le cose non stavano più come prima ... ! Si dice che ciò che un napoletano fa capire con i gesti è spesso più espressivo delle parole: beh, Ferdinando II era un napoletano verace... ! Il lettore avrà indovinato che, ancora una volta, si vuol ribadire l'importanza dell' influenza della sfera politico-militare sul settore uniformologico. Nel caso delle Due Sicilie, la varietà e l'intensità di tali influenze composero, negli anni tra la fine del XVIII secolo e la Restaurazione, un quadro complesso e diversificato. Spesso queste influenze si dettero il cambio a pochi anni di distanza: ad esempio, vestita alla prussiana con il regolamento del 1791, la cavalleria borbonica adottò uno stile misto austrornsso nel 1803 e poi britannico tra il 1808 ed il 1815. Nello stesso periodo, le truppe reclutate sul Continente dai Francesi conobbero una lunga stagione uniformologica d' impronta napoleonica, arricchita dal gusto (discutibile) del re Gioacchino, noto in tutta la Grande Armèe per le sue stravaganze ed eccessi! In sintesi, possiamo quindi dire che, sino alla Restaurazione, 1' influenza straniera sull'uniforme napoletana si era manifestata per due ragioni principali: l'impiego di istruttori e l'adozione di dottJ.ine tecnico-professionali di origine straniera: è il caso, ad esempio, delle influenze prodottesi tra il 1789 ed il 1800; l'entrata del regno nei sistemi d'alleanza politico-militare pilotati dalle grandi potenze: l'Austria, tra il 1801 ed il 1805; la Gran Bretagna, durante il Periodo Siciliano; la Francia, durante il coITispondente Decen nio Francese. Talvolta, queste influenze si erano sviluppate anche grazie al legame di dipendenza del1' approvvigionamento logistico durante i conflitti: è il caso britannico durante il Periodo Siciliano. / D'altra parte, queste grandi predominanti potevano lasciar spazio ad altre influenze, che potremmo definire minori o settoriali. I Granatieri Reali (antesignani della fanteria della Guardia Reale), ad esempio, subirono un' in iziale influenza uniformologica russa, all' atto della loro creazione, per motivi precipui legati al primo reclutamento dell'unità. In effetti, alcune contaminazioni uniformologiche si produssero a seguito della comparsa delle forze zariste nel bacino mediteITaneo intorno al 1799-1800.
3. Perché Ferdinando II dette alle sue riforme un'impronta francesizzante? Cerchiamo ora di riassumere le caratteristiche del contesto politico-d iplomatico-militare precedente alla -salita al trono di Ferdinando II: - minaccia francese con la connessa (ed aggressiva) protezione britannica; - restaurazione e primo "amalgama" delle forze lealiste siciliane con i contingenti murattiani; - ricoITenti moti rivoluzionari, dominati dal ricordo napoleonico; - conseguente (ed ancor più pesante) tutela militare austriaca; - parallelamente, seconda restaurazione ed espulsione definitiva degli elementi murattiani dall'esercito.
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Tutti questi elementi, o meglio le correlate influenze, possono puntualmente rintracciarsi nell'evoluzione del costume militare napoletano del periodo, tal volta addirittura mescolate tra di loro. Le immagini presentate nei precedenti volumi della collana fanno fede cli questo complesso panorama. L'8 dicembre 1830, Ferdinando II ascese al trono ed il suo proclama di avvento sembrò aprire grandi speranze di rinnovamento. Partiti di corte ed osservatori stranieri scrutarono con attenzione i suoi primi atti politici, per trarne auspici. Come già più volte enunciato, il nuovo sovrano decise di adottare nuovi orientamenti nel settore delle uniformi e degli equipaggiamenti. Nel grafico allegato, abbiamo per l'appunto cercato di rappresentare visivamente il succedersi e l'intensità delle riforme dette ferdinandee. Come potrà osservarsi, preceduto da un periodo di assestamento durante gli ultimi anni di regno di Francesco I e da una fase di studio e preparazione, verso il 1833 iniziò un profondo rinnovamento. Apparve chiaro come l'esercito borbonico stesse abbandonando gli stili austriaco e britannico che avevano fondamentalmente caratterizzato i regni precedenti, per assumere un aspetto francesizzante, ispirato ai modelli in vigore tra la fine del regno di Carlo X e quello di Luigi Filippo. Ma ciò non voleva dire che Ferdinando II amasse Luigi Filippo. Malgrado i suoi scambi epistolari con la zia Maria Amalia, Regina dei Francesi, per vari anni Ferdinando mantenne con Luigi Filippo dei rapporti piuttosto distanti. La tensione diplomatica scaturita a proposito di un progetto matrimoniale non gradito al sovrano napoletano si tradusse addirittura, nell'ottobre del 1835, nella chiusura delle rispettive ambasciate che furono riattivate solo nel 1840. Tra queste due date, osservando il nostro grafico, si scoprirà che la prima fase delle riforme ferdinandee era già stata realizzata, tra l'altro proprio quella francesizzazione della Guardia Reale che aveva tanto colpito nel 1838 gli osservatori inglesi (Kennecly). Questi suggerì una correlazione tra tale riforma ed il recente viaggio di Ferdinando II in Francia. Forse che sì ... ma forse che no, dato che l'adozione delle uniformi bleu per la Guardia Reale era già stata contemplata dalla.Tabelle del Vestiario del 1833! D'altra parte, nel 1836, Ferdinando II aveva fatto un viaggio ufficiale anche in Austria (culminato tra l'altro nel suo secondo matrimonio). In realtà, tra Ferdinando II e Luigi Filippo si frapponevano sul piano politico varie divergenze. Prima tra tutte, la Costituzione, cui il Borbone napoletano fu sempre fortemente ostile. Poi la contrastante posizione assunta dalle due corti in merito alla successione spagnola (il famoso conflitto tra Carlisti e Isabellisti). Per cli più, Ferdinando aveva spesso (e pubblicamente) criticato la politica italiana dei Francesi: non dimentichiamo tra l'altro che, dopo le giornate del Luglio 1830, la Francia era di nuovo considerata come un potenziale perturbatore degli equilibri post-napoleonici. Altre incomprensioni si erano infine accumulate a seguito cli vari progetti matrimoniali borbonici incrociati in cui Napoli fu lasciata da parte ... Sappiamo invece che le inclinazion i personali di Ferdinando II erano piuttosto filo-bri: tanniche ... Mal' atteggiamento inglese si faceva progressivamente più arrogante nei confronti di Napoli a mano a mano che Ferdinando cercava di affermare la sua autonomia rispetto agli antichi alleati. Tra l'altro, uno dei più feroci dileggiatori delle riforme militari ferdinandee fu proprio il plenipotenziario inglese nelle Capitale, che scherniva quel grande eserc ito inutile, neppure tre quarti del quale ·sono effettivi (1834). I Francesi, invece (cfr. Ouclinot, "De l'Italie et de ses forces militaires", 1835), sembravano salutare con sincera ammirazione gli sforzi napoletani ... Di fatto, la tensione con la Gran Bretagna andò salendo nel corso degli anni trenta.
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Dapprima, lo scandalo familiare dellafuitina di Carlo, Principe di Capua, con la cittadina britannica Mrs. Penelope Smyth: g li Inglesi avevano, a giudizio di Ferdinando, mostrato troppa comprensione ... Si innestò poi la celebre vertenza degli zolfi sicil iani. Nel luglio 1838, le Due Sicilie avevano in effetti firmato un accordo commerciale con la ditta marsigliese Taix-Aycard per la vendita del minerale. La Gran Bretagna, stimandosi lesa nei suoi interessi sulla base di un accordo del 1816, alzò la voce, non esitando a sequestrare qualche naviglio civile napoletano ed a strapazzare la rappresentanza diplomatica borbonica a Londra. Ferdinando li rispose allertando 12.000 uomini in Sicilia e preparandosi ad aprire le ostilità. La situazione sembrava inestricabile. Napoli cercò dapprima l'appoggio austriaco, ma Vienna sembrò lavarsene le mani . Fu a questo punto, e solo a questo punto - malgrado le perduranti divergenze - che Napoli si rivolse alla Francia per un sostegno diplomatico. Siamo però nel 1840, dieci anni dopo l' avvio delle riforme militari ferdinandee ... Non è da escludersi, tuttavia, che l' idill io politico tra le Due Sicilie e la Francia - in verità durato solo sino al 1845 - possa aver influito sul completamento del secondo ciclo di riforme. Ma allora, ripetiamo, perché questa scelta? Lo scettico lettore - ormai stanco delle nostre divagazioni - potrebbe rispondere: perché così piacque a Sua Maestà Siciliana. C iò che senza dubbio sembra una buona ragione .. . Suggeriamo però anche una spiegazione più articolata, che potremmo chiamare la teoria del segnale (il lettore ci perdonerà la presunzione!). L'adozione d i uno stile e di un' organizzazione francesizzanti per le Reali Truppe sarebbe rientrata, secondo questa opinione, in un piì:1 vasto quadro, diremmo oggi progetto politico. Elemento minore ma segnale: comunicazione, insomma, di valori meno innocenti del semplice colore dei pantaloni o della foggia degli schakot. Molti storici sottolineano che, con l'avvento al trono di Ferdinando II, prese forma un nuovo esperimento d ' intesa tra i Borboni e la borghesia meridionale. Questo esperimento - ultima spiaggia per una revi vescenza della corona napoletana - prendeva avvio dalle profonde rifor/ me economiche, civili e sociali che il Decennio Francese aveva lasciato in eredità al restaurato Borbone. U richiamo degli esuli fu un segno dello spirito di riconciliazione che animava il sovrano. Agli inizi del suo regno, Ferdinando Il veniva percepir.o dall'opin ione pubblica italiana come un monarca aperto ai tempi nuovi, clemente nei confronti degli oppositori, iniziatore di nuovi esperimenti ed equilibri politici. Nel 1831, si manifestò una corrente d'opin ione che vedeva in lui il candidato i.deale alla corona d 'Italia. Sul piano militare, Ferdinando 11 aveva compreso che, se voleva fare dell'esercito un affidabile sostegno della corona, doveva spezzare il connubio tra spirito carbonaro e tradizione militare murattiana che aveva reso possibile la rivoluzione del 1820. Ferdinando voleva fare dell'esercito un fattore di conservazione dello stato borbonico, riscattandone il suo passato dissidente. Furono quindi richiamati in servizio gli antichi ufficiali murattiani: liberali, certo, ma più capaci ed efficienti dei vecchi e leali monarchici; anti-austriaci (e ciò che non dispiaceva al sovrano, anzi ... ); ma non per questo filo-francesi ... Attenzione, però: Ferdinando non aspirava certo a diven ire un sovrano costituzionale come l'Orlèans ... Ma il mode ll o offerto da Luigi Filippo - Re dei Francesi , gran conciliatore di borghesi, bonapartisti e monarchici; ma pur sempre Borbone di nascita-, se filtrato da una sano spirito legittimista, poteva servire a veicolare il nuovo spirito di riconciliazione che si cercava di
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suscitare intorno alla corona napoletana. Ecco dunque che la moda militare francese prendeva piede nelle Due Sicilie e parallelamente si creava una specie di guardia nazionale, che poi Guardia Nazionale non era .... ma quasi: ossia la Guardia d ' Interna Sicurezza (vecchia terminologia murattiana!) e le Guardie d'Onore. A questo riguardo, è sintomatico notare che, ancor oggi, molti storici parlino di guardia nazionale per indicare queste istituzioni ... In fondo, scegliere il modello francese - all'epoca molto in voga anche per i recenti successi militari nelle campagne cl' Africa - tenendo a bada le pesanti ingerenze austriache e britanniche, senza peraltro veramente legarsi al carro politico francese: tutto ciò assomigliava molto aI!o spirito provocatore, ma sottile, di Ferdinando II, soprattutto geloso della sua indipendenza, deI!e sue prerogative e della neutrali tà del suo popolo. Se si accetta questa chiave interpretativa, allora si comprenderà anche perchè il rinnovamento uniformologico napoletano s i cristallizzasse al momento in cui i modelli francesi prendevano un indirizzo o troppo modern ista (la tunica aveva un gusto troppo liberale ...); o chiaramente bonapartista (dopo il 1848). Anche nelle uniformi, Napoli doveva infatti restare nei limiti della leggittimità borbonica. Luigi Filippo aveva abolito gli emblemi dinastici dagli schakots, mettendo al loro posto un gallo nazionale? Ferdinando conservava il più corretto modello Carlo X ! I Francesi abolivano i gigli che distinguevano le compagnie di centro, introducendo la stella a cinque punte di sapore napoleonico? Napoli sfoggiava ostinatamente il fiore dinastico! Gallone tricolore per le teste di colonna del Re dei Francesi? Livrea reale per i Napoletani di Re Ferdinando! Pass ino invece spalline, pompon, pantaloni rossi, berrettoni cli pelo e finanche le goliere, al posto delle tradizionali sciarpe. Lo spettacolo poteva cominciare!
4. Rispetto agli altri eserciti europei della fine degli anni cinquanta, l'uniforme e l'equipaggiamento del soldato napoletano erano sorpassati ? Il nostro quesito riformula u na delle critiche in effetti più ricorrenti in merito al vestiario militare borbonico: elegante, ma fuori moda. Abbi.amo appena accennato alla cristallizzazione dell ' uniforme borbonica sul finire degli anni quaran ta: abbiamo anzi modestamente cercato di trovarne un movente politico e psicologico. Vorremmo ora misurarne la reale portata pratica. In particolare, appare oggi singolare l'ostinazione con cui l'amministrazione militare borbonica sembrò ignorare la riforma che più di ogni altra aveva rivol uzionato l'uniforme europea alla metà ciel secolo: l'introduzione, cioè, della tunica al posto dell'abito a falde. La tunica era stata introdotta in Piemonte nel 1842, in Prussia nel 1843, in Francia tra il 1843 ed il 1845, negli Stati Pontifici nel 1849, in Austria nel 1849, nei ducati centrali italiani tra il 1849 ed il 1850. A Napoli, malgrado, nel 1848, si fosse concessa la tunica alla Guardia Nazionale ed al Corpo della Regia Strada Ferrata, sta di fatto che essa non venne adottata su scala se non nel 1860, sotto il nuovo re Francesco II, e limitatamente ai Battaglioni Cacciatori e Carabinieri Cacciatori. Si potrebbe ob iettare che, nel 1860, lo stesso esercito britannico aveva introdotto la tunica da soli quattro anni; e che quello russo aveva eliminato gl i abiti a falde da ancor meno tempo.
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Si trattava tuttavia di (vistose) eccezioni ad una tendenza generale ben consolidata da anni. Dal punto di vista estetico, tuttavia, è certo che le gran tenute delle truppe napoletane, ancora legate ai canoni napoleonici della varietà di uniformi per ogni specialità, pur se eleganti in parata, apparivano alquanto superate rispetto all'impressione visiva data da altri eserciti (come quello sabaudo), quasi americani nella sobrietà e standardizzazione delle uniformi . Nel caso borbonico, tuttavia, non pensiamo che questo r itardo abbia veramente influito sulle condizioni del soldato in ambito operativo. In effetti, le esperienze dell'esercito francese e di quello p iemontese mostrano come, in quello stesso periodo, la tunica non riuscisse di fatto ad assolvere ad una funzione di dotazione standard per tutti i teatri d'impiego. In quegli anni, quindi, in molti eserciti, la base del vestiario delle truppe in campagna r imase il tradizionale cappotto dalle falde rialzate, abbinato a capi di cotone: e tale doveva rimanere sino alla Prima G uerra Mondiale ... Di questa tenuta, come vedremo, il fante napoletano era nonnalmente equipaggiato; in una versione, tra l'altro, particolannente interessante per il moderno collo abbassato e per la colorazione grigio-celeste (bigio) anticipatrice di altre, future mimetizzazioni delle gue1Te moderne. Va in effetti notato che la colorazione dei capi di campagna napoletani si rivelava molto adatta agli ambienti naturali del meridione italiano, caratterizzato da spazi molto piatti dall'orizzonte ottico assai luminoso, oppure da rilievi pietrosi con rada vegetazione dai colori spenti. A nostro parere, invece, più grave fu il ritardo accumulatosi a Napoli nel campo degli equipaggiamenti, specchio fedele dell'a1Tetratezza nella modernizzazione degli armamenti individuali . Anche in questo campo, si dovettero attendere gli ultimi anni di v ita del regno per dare un taglio più o meno netto con il passato ... Peraltro, q uando s i parla di armamento e, in via derivata, di equipaggiamenti, non bisognerebbe mai perdere di vista l'essenziale. In altri termini: qual'era la finalità operativa cui la corona napoletana intendeva destinare la forza armata? È principio largamente condiviso da molti storici che l'impiego dell'esercito borbonico fu / senza dubbio concepito in funzione della difesa delle frontiere dalle invasioni esterne - ritenute improbabili , ✓in verità, dato che il regno sembrava miracolosamente protetto dall'acqua santa pontificia e da quella salata del Mediterraneo! - ma soprattutto rivolto al mantenimento dell'ordine pubblico interno (Pieri lo definisce un esercito di polizia). Le tragiche giorna'te del Maggio 1848 a Napoli e la campagna in Sicilia del 1849 ne furono una chiara dimostrazione. Si potrebbe, in senso opposto; citare la campagna del 1849 contro la Repubblica Romana: ma questa può parimenti iscriversi in una logica di difesa avanzata delle frontiere. L'unico reale esempio di impiego dell'esercito napoletano fuori dal territorio nazionale fu dunque l' invio, nel 1848, di un corpo di spedizione nel Settentrione. Si trattò tuttavia di una scelta politica non sinceramente condivisa da Ferdinando TI e quasi impostagli dal precario contesto di politica interna. In s intesi, è possibile che il forte ritardo nell' evoluzione dalla pietra focaia alla percussione, dalla canna·liscia a quella rigata, dalle candide buffetterie napoleoniche ai più discreti equipaggiamenti in vita verniciati cli nero; è possibile, dicevamo, che tutto questo possa spiegarsi anche con il fatto che, per lungo tempo, non si ritenne realmente probabile l'impiego delle unità sui campi d i battaglia, rna che ci si teneva.soprattutto pronti a fronteggiare insurrezioni in ambito urbano o rurale. Nel seguito, gli avvenimenti politico-militari del Risorgimento si incaricarono di smentire queste illusioni..
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Anche l'analisi del comportamento degli alti comandi napoletani durante la campagna del 1860 sembra suggerire che la Corona e lo Stato Maggiore borbonici, sino all'ultimo, non fossero veramente persuasi che la soluzione della crisi potesse venire da un'opzione militare dura e pura. In queste condizioni, ci si attendeva soprattutto che l'esercito durasse in attesa di uno sblocco politico de11'emergenza, possibilmente con l'intervento diplomatico di potenze "amiche". Tuttavia, nella prima metà degli anni cinquanta, si era già cominciato a percepire che il clima delle re1azioni internazionali era irrimediabilmente compromesso per la corona napoletana. Grazie agli sforzi congiunti delle diplomazie sabauda e britannica, la tensione crebbe progressivamente per sfociare, dopo il Congresso di Parigi, nella rottura delle relazioni diplomatiche napoletane con la Gran Bretagna e la Francia (ottobre 1856). Iniziò dunque, faticosamente, a farsi strada l' idea che, da sole, acqua santa ed acqua salata non sarebbero forse più bastate a proteggere il regno. Di qui il moltiplicarsi dei provvedimenti ordina.mentali volti a consolidare l'organico delle unità e ad allargare il numero delle unità di campagna; la creazione di nuove unità leggere; l'accelerazione dei programmi di ammodernamento dell'armamento portatile e lo svecchiamento (appena iniziato, in verità) degli equipaggiamenti.
5. Come era vestito il soldato borbonico durante la campagna del 1860? Le fonti documentarie ed iconografiche coeve ci forniscono molte informazioni sulle tenute da manovra e combattimento delle truppe napoletane, in particolar modo per le fanterie. Sapere tuttavia con quali tenute i reparti borbonici abbiano affrontato la campagna del 1860 è questione ben più complessa ed incerta, i cui termini si ricollegano a tutta una serie di informazioni strutturali (dislocazione dei magazzini di casermaggio, criteri di approvvigionamento durante il conflitto, materiale lontananza dai punti di distribuzione, comportamenti individuali o di singole unità, ecc.) purtroppo solo in minima parte conosciuti. Va poi tenuto presente che le uniformi da campagna erano di norma stabilite dai comandi di volta in volta, mediante appositi ordini cli servizio. Soprattutto per quel che riguarda la fase saliente della campagna (Volturno ed oltre), i documenti del comando borbonico ci sono noti solo nella misura in cui i suoi membri ne fecero una diffusione a stralcio nelle loro memorie. E, naturalmente, avendo più riguardo a questioni cli carattere strettamente tattico-strategico, che agli aspetti della logistica spicciola. D 'altra parte, lo stesso Battaglini affermava che il protocollo del Comando Generale - che lui potè consultare a Napoli prima delle distruzioni dell'ultima guena mondiale - si fermava al 4.9.1860 foglio l.358. Ciò nonostante, la lettura di tali resoconti costituisce pur sempre una delle pdncipali fonti disponibili per sap_erne di più. Ne abbiamo quindi tratto alcuni spunti. Prima di tutto, è necessario ricordare la scansione episodica della campagna: è infatti evidente che le capacità logistiche in materia di generi di vestiario ed equipaggiamento variarono enormemente durante l'evolversi di quei nove mesi di guena. Durante la fase siciliana, infatti, l'esercito disponeva di tutte le strutture necessarie ad approvvigionare i suoi reparti in campagna: le unità mantenevano i loro depositi, le piazze principali erano operative, le linee di rifornimento dal continente restavano totalmente aperte. A tal
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punto che l'evacuazione delle truppe dopo la resa di Palermo avvenne senza problemi. Pensiamo quindi che, in quella prima fase, l'aspetto del combattente non sia stato diverso da quello che le norme e l'iconografia attestano con riferimento alle normali situazioni operative. Tra l'altro, il celebre episodio del soldato del 7° di Linea che inveì sul molo di Palermo contro il gen. Lanza fornisce una testimonianza indiretta e sintomatica della normalità della situazione dei reparti . Altrettanto sintomatico è l'epiteto di straccioni con cui sia quel soldato, che i Cacciatori impiegati a Calatafimi avevano apostrofato i volontari garibaldini: quasi, cioè, a sottol ineare il contrasto con l'ineccepibile aspetto delle Reali Truppe. Il Battaglini ("La fine d ' un esercito", pag. 236) apporta un'u lteriore conferma grazie alla testimonianza cieli' ardente rivoluzionario Salvatore Calvino, secondo il quale i soldati borbonici uscirono da Palermo forniti di tutto che non mancavano di un bottone. Le cose naturalmente si complicarono nella fase tra Calabria e Napoli : non tanto perché i reparti avessero a quel punto sofferto di mancanze tali da alterarne il vestimio; ovvero perché le esigenze operative si fossero a tal punto fatte sentire da modificai-e le tenute regolamentari (peraltro pratiche rispetto agli standard dell'epoca). In realtà, in Calabria, iniziò lo scompaginamento delle forze borbon iche. I reparti si sbandarono, i soldati si misero in salvo o cercarono di raggiungere il grosso delle forze al nord con i propri mezzi e quasi sempre a piedi. Di conseguenza, essi si disfmono di qualsiasi cosa fosse loro d'impaccio, devastando le loro dotazioni e mettendo a dura prova le calzature con centinaia di chilometri di marce forzate. Alcuni reparti restarono uniti sotto la guida dei loro ufficiali. Tuttavia, molti furono i reduci isolati che mTivarono dalla Calabria a Capua in penose condizioni. Ed a quel punto della campagna, i magazzini delle piazze principali si trovavano ormai già in mano garibaldina: i rimpiazzi dei generi divennero quindi difficilissimi se non addirittura impossibili. In tal senso, va citato uno dei "Commenti confutatori ... " (Napoli, 1870) rivolti dal gen. Ritucci allo storico De Sivo. Rievocando le prime settimane del suo comando in capo, egli affermò (pag. 30) : "... furono da me impiegati i primi giorni. .. alle misure opportune per vittuagliare l'Esercito, privo di riserve di viveri di sorta alcuna; ... alle providenze per riorganizzare le svariate Fazioni di ogni arm.a, provenienti da più direzioni, incomplete d'anni o inernii affatto, e m.a ncanti di abiti, biancheria e di calzatura, e per rivestirle e riarmarle". E ancora (pag. 46) ... "nella penuria di ogni mezzo e più marcatamente di viveri, di trasporti, di munizioni da guerra sufficienti per tutti i corpi, e di ricambi per la fanteria ... " Per comprendere meglio quanto abbia influito il fenomeno dello squaglio, citiamo la testimonianza di Alberto Mario con riferimento alla Calabria ("La camicia rossa", Milano 1875). La scena descritta si svolse nell'accampamento borbonico del gen. Ghio a Saveria Mannelli: "In tutta la lunghezza del villaggio, nei due lati della contrada, scintillavano ad intervallo i fasci d'anni(. .. ) Bella gioventù, pofettamente equipaggiata(. .. )". Tuttavia, qualche ora dopo la fuga di Ohio, la situazione cambia: "Dalla per~feria pre,nevano verso il centro soldati e bassi 1,iffi.ciali di tutte le armi., gridando e spogliandosi di tutto quello che avrebbe dovuto servire alle offese; la terra era coperta di fucili, daghe, giberne, ecc. ecc (. ..) ". D'altra parte, sappiamo che molti reparti lasciarono invece Napoli in perfetto stato, bagagli al seguito. Ciò è confermato - a posteriori - da altre due testimonianze riportate dal Battaglini ("Il crollo mil itare del Regno delle Due Sicilie", Modena l 938, pag. 207 e 222): all'atto della resa della piazza di Capua, il gen. sardo Della Rocca trovò bella gente, ben vestita; quando il corpo borbonico del gen. Ruggiero sconfinò a Terracina negli Stati Pontifici, il comandante
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francese che presiedette al disarmo dei napoletani che "l'aspetto dei soldati non avrebbe potuto essere migliore". Era tuttavia nelle dotazioni individuali che la situazione si era fatta progressivamente più critica: sia il gen. Ritucci che le fonti del Battaglini (Archivio di Stato di Napoli) citavano la mancanza di scarpe, camicie ed altri generi, cui si suppliva sfasciando lenzuola. Il rapporto del gen. Ritucci al re del 14 ottobre 1860 era "... di avviso che ad onta dell'avanzata stagione, a conji·onto dello estremo rovescio, sarebbe preferibile di cercare di provvedere nel miglior modo ai bisogni del soldato ... ". Lo stesso Consiglio dei Generali, il 3 novembre 1860, scriveva nel suo "Avviso": " ... considerando che la truprw in gP-naale manca positivamente di scarpe e di vestimenta ... ". li gen. Ritucci aveva in particolare insistito sulle penose condizioni della fanteria della Guardia Reale dopo Caiazzo (ottobre 1860). Tuttavia, anche in questo caso, la mancanza di effetti di equipaggiamento e di copricapi - cui non si sapeva come far fronte - sembra fosse stata provocata dagli stessi soldati che, durante gli scontri, se ne erano disfatti: "/ Granatieri e i Cacciatori della Guardia, a dippiù di sgmnento dir debbo con pena che mostravano anche malavoglia ... ed i loro bisogni erano innumerevoli, per aver gettati quasi nella totalità caschi e sacchi, molti La giberna, ed alcuni anche i loro fucili..."; " ...al Re mostrarono la malavoglia della Guardia Reale, sconnessa, depressa e mezza spogliata ... ". Il tono dei battaglioni Cacciatori sembra essere stato differente, almeno sino alla metà di settembre. [I gen. Palmieri testi moniò di aver visto il 6° Btg. (Ten. Col. La Rosa) ben vestito ed equipaggiato; ed in grado, dopo ore di marcia, di presentarsi in rivista come per una parala. In generale, già prima di Caiazzo e del Volturno, i cronisti erano concordi nel criticare le carenze della sussistenza causa costante di penuria, e concausa quindi di diffidenza ed' indisciplina. Il gen. Von Mechel notò che " ... Le truppe nazionali, per negligenza dei proprii capi dei corpi, vengono molto ,nale provveduti... " e riferì che" ... si fece assai bottino (durante gli scontri del 26 e 27 settembre - N .d.A.) di armi, cappotti e coperte". Fu senza dubbio dopo la resa di Capua, comunque, che anche i reparti provenienti da Napoli incominciarono ad avere seri problemi. Dentro Capua erano infatti rimasti i carriaggi e le cassette al seguito dei reparti, in cui, secondo le norme prescritte, ufficiali e soldati distribuivano quella parte del vestiario e dell_'equipaggiamento che non dovevano essere indossati (ciò soprattutto in cavalleria). Della circostanza si lamentò in particolare il cappellano Buttà, arrivato a Gaeta in condizioni cosl penose che Francesco II gli fece dono di un taglio di panno castorato per farsi confezionare un cappotto! Ma il Buttà ci illumina su un'altra situazione, del tutto italiota! Sulla base di una lettera del Commissario di Guerra Cerbino, egli affermava che nella Piazza di Gaeta assediata esistevano ancora delle balle sigillate di tessuti regolamentari, depositate presso 1magazzini del 1° e 3° di Linea. Malgrado quindi le privazioni che truppa ed ufficiali subivano quotidianamente, alcuni solerti amministratori facevano in modo che panni e vestiario restassero ben chiusi nei depositi, piuttosto che essere distribuiti ai combattenti .... Per finire, ricordiamo il celebre quadro del Bossoli che illustra la resa delle truppe borboniche che escono da Gaeta. Se ammettiamo che il pittore si affidò a precise 'testimonianze oculari, dobbiamo riconoscere che i reparti erano ancora in grado - dopo nove mesi di scontri - di mantenere almeno una parvenza di quel " ... lusso, più eh.e ... decenza" di cui aveva parlato il Mezzacapo! Concludiamo le nostre osservazioni riproponendo, in via di sintesi, una descrizione delle t
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uniformi da campagna delle truppe napoletane alla fine degli anni cinquanta. Fu in questo campo, in effetti, che l'amministrazione militare napoletana - pur restando sulla falsariga dei modelli uniformologici francesi degli anni venti e trenta - dette prova di saper applicare qualche soluzione originale.
5.a L'uomo a piedi Tutte le fanter ie (ed i corpi appiedati, in generale,) erano dotati di una renut;:i rii cnton~ bigio, composta da giubba, pantaloni e uose (detti s.tivaletti). La giubba, a tenore del contratto generale di fornitura del I O febbraio l 852, era del modello ad un petto: tagliata corta in vita, ma modellata in modo da coprire le reni e lo stomaco, era munita di controspalline a patta e semplici paramani impunturati; sul colletto si applicavano le mostre reggimentali (bleu per la Guardia Reale, alamaro bianco per i Carabinieri a piedi). Si applicavano i distintivi di grado in cotone bianco od in lana gialla; non risulta invece l'uso di distintivi di funzione e/o di specialità. I pantaloni erano tagliati alquanto ampi, in modo eia assi curare libertà cli movimenti; grazie all'adozione d i uose più alte, a partire dalla seconda metà degli anni cinquanta, si era ormai generalizzato l'uso di infilare l'estremità negli stivaletti, chiusi eia vari bottoncini lateral i; il pantalone era allacciato in vita da bottoncini laterali, con sistema a piccolo ponte. Tale tenuta (detta nel gergo militare biggia) era indossata in svariate occasion i; in campagna era quasi sempre abbinata allo schakot coperto da incerata, anche se i più pratici bonnets e kepì apparirono sempre più numerosi nel corso degli avvenimenti bellici. Ricordiamo che, con l'introduzione della tunica, i reparti Cacciatori presero l'abitudine (forse autorizzata ufficialmente) di servirsene anche nella tenuta di campagna, infilando i pantaloni nelle uose. In tal senso la testimonianza delle foto coeve e quella del gen. Tabacchi nella "Corrispondenza Cenni". Per gli ufficiali, era in uso il soprabito d ' uniforme con calzoni bigio-celesti e coperta (o . cappotto) indossata a tracolla in una fodera nera, con equipaggiamento completo, schakot coperto o kepì. Le foto mostrano un uso diffuso di stivali più o meno fuori ordinanza (da quelli corti alla caviglia, a quelli alti semi rigidi), e addirittura cli uose di panno eia truppa, con pantaloni i nfi Iati. La tipica tenuta cli manovra e combattimento si completava con il cappotto, indossato sulla biggia o portato arrotolato sullo zaino. Nelle marce, le falde ciel cappotto erano alzate anteriormente e fissate con asole e bottoni sul retro-martingala, cos1 da lasciare amp ia libertà alle gambe . A due petti, chiuso da due file ciascuna di cinque bottoni metallici, il cappotto napoletano introdotto a partire dalla prima metà degli anni quaranta assomigliava al cappotto frnnc~se mod . 1828/32, dal quale tuttavia si differenziava per l 'aggiornamento del taglio e l'assoluta modernità del collo largo ed abbassato (che in Francia sarà adottato solo nel corso degli anni sessanta). Esso era confezionato in panno grigio-celeste per tutte le unità di fanteria della Linea ed i Tiragliatori della Guardia R eale. M algrado l'assenza di documenti al riguardo, le fonti iconografiche della fine degli anni cinquanta attribuiscono cappotti di un panno di colore più scuro al le unità della G uardia Reale (per il Real Marina il colore d 'ordinanza era il bleu). Per i Corpi Facoltativi il colore regolamentare era ugualmente bleu. /
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Il cappotto, oltre che in tenuta di marcia, era comunque indossato con ogni uniforme (anche in parata invernale) nei giorni rigidi e piovosi; nelle guardie, era obbligatorio la notte; corvèes ed attendenti usavano invece i fondi di magazzino dei vecchi modelli. Si autorizzava in servizio armato l'uso delle sole spalline (mai delle mozzette), che erano agganciate alla controspallina a patta con bottoncino. Sul colletto figuravano i tradizionali distintivi di unità. Sulle mani che venivano applicati i distintivi di grado e quelli di anzianità: non appaiono invece i distintivi di specialità o funzione. Particolare inoltre l'uso di un cappotto da scolta, di panno di lana naturale, molto ampio e forse foderato di pelliccia, con cappuccio: cli tr1le c~po r1hhiamo solo un'immagine tratta dall'Album dello Zezon e nessuna conferma documentaria. I soldati imbarcati del Real Marina usavano inoltre un cappotto di panno monachile marrone, tipico degli equipaggi della flotta. Per gli ufficiali era in uso un cappotto pure a cinque bottoni, di panno bleu, con cappuccio fisso a cordelline di chiusura, senza mostrine.
5.b L'uomo a cavallo Anche i corpi a cavallo erano dotati di una tenuta di cotone bigio. Questa dotazione è confermata dai diversi contratti di fornitura: in particolare, il citato contratto del febbraio 1852 (già ricordato per i corpi a piedi) specificava chiaramente che il modello della giubba bigia da cavalleria era a due petti, seguendo la tipologia del precedente mod . 1842. In effetti, disponiamo di qualche figurino - tratto da manuali per la scherma - che rappresenta il modello a due petti. Tuttavia l'unica raffigurazione pittorica dettagliata della giubba bigia da cavalleria (relativa agli Ussari della Guardia Reale in tenuta di marcia) è quella dell'Album dello Zezon .... ed è inequivocabilmente ad un petto! È quindi difficile chiarire tale dubbio, dato che, tra l'altro, la tavola dello Zezon ed il citato contratto sono quasi dello stesso periodo. I regolamenti cli addestramento disciplinavano con chiarezza la tenuta di marcia in campagna, che si componeva della giubba di panno da scuderia, con pantaloni pure di panno; esistono inoltre immagini che attestano l' uso dei calzoni bigi con la giubba di scuderia. È quindi interessante analizzare le norme cli affardellamento per comprendere che cosa, in definitiva, il cavaliere portasse seco in campagna; nella valigia da sella: giacca e pantaloni di cotone bigio (con sottocalzone per i climi più fredd i) con bonnet e camicia di ricambio, supposto che il soldato sia vestito di panno, cioè con la giacca di scuderia e copricapo coperto dal1' incerata; nella valigia al seguito (sul carro): gran tenuta, pantalone cli gran tenuta, pantalone bianco e pennacchio (se del caso). Appare quindi evidente che le unità in movimento potevano abbin;i r~ oggetti nelle due serie: scucleria+cotone bigio; gran tenuta+pantalone bianco. Le citate norme ci fanno inoltre meglio capire come mai, a seguito della perdita di alcune piazzeforti, il con-edo dei reparti in ritirata dalla linea del Volturno si fosse alquanto ridotto, dato che le valigie lasciate sui carri (con le gran tenute) divennero preda bellica dei volontari garibaldini e dell 'esercito sardo. Aggiungiamo che, sul collo delle giacche bigie, erano applicate come consueto le mostrine del colore reggimentale: bleu per gli Ussari, del colore distintivo per le altre unità.
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Tradizionalmente bianco sin dalle campagne napoleoniche, il cappotto di cavalleria napoletano si 1ifaceva ai classici modelli francesi. Di taglio ampio, a largo collo abbassato, con pellegrina, martingala posteriore e maniche dal paramano rivoltato, esso era adorno delle mostre reggimentali. A partire dal 1852, tale capo fu accorciato di circa un palmo, dovendo il lembo di essi non oltrepassare la polpa delle gambe, ma solo coprirla per tutta la sua grossezza. Va ricordato che, sul cappotto di cavalleria, di norma l'uso dei distintivi di anzianitĂ e di quelli di fun zione e specialitĂ non era tollerato; si mantenevano invece i distintivi di grado. Interessante notare che gli ufficial i degli Ussari indossavano un'ampia mantella bianca con col.lo guarnito di rosso, erede degli splendidi mantelli alla spagnola che l'ufficialitĂ borbonica sfoggiava nella Restaurazione. Ignoriamo peraltro se anche gli ufficiali degli altri corpi avessero lo stesso tipo di mantello. Il Treno e le Guide dello Stato Maggiore indossavano invece un cappotto a pellegrina di panno bigio. La Gendarmeria a cavallo impiegava un'ampia mantella bleu con pellegrina, riccamente filettata e guarnita cli scarlatto. Caratteristico, infine, il cappotto con cappuccio dei Cacciatori a Cavallo, di panno manone, a doppia bottoniera d'osso nero, con pattina di chiusura all'altezza della gola: lo stesso modello sembra essere stato indossato anche dall'ufficialitĂ del reparto.
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DISTINTIVI DI SERVIZIO
A - Sciarpa (detta ciarpa) per Generali, 1830-1861.
B - Sciarpa per ufficiali superiori e subalterni, 1830-1841. (Collezione Privata, Roma). Dimensioni non rilevate. li "Regolamento pe' novelli distintivi ... " annesso al Reale Decreto n.39 del 6 Dicembre I 830 avvertiva che: " ...! Generali di qualunque grado, arma, o destinazione essi siano...conserveranno parimente la ciarpa di argento intassuta con seta scarlatta che attualmente usano." (Capitolo III). Si rinviava quindi a quanto stabilito dal Regolamento del 1829 per i Generali (Capo Primo) che precisava: "La ciarpa sarà di seta scarlatta ed argento, tessuti insieme a forma di nastro; la fascia sarà larga 30 linee - 70 mm. ca. - e divisa longitudinalmente in quattro strisce scarlatte e cinque d'argento, e foderata di pelle scarlatta in tutta la parte che cinge il corpo. Agli estremi vi saranno due fiocchi di canutiglie, di cui Le superiori in argento e le inferiori di argento e seta scarlatta, lunghi ognuno 7 pollici - 190 mm. ca. - ... ". Il citato "Regolamento.... " del 6 Dicembre 1830 specificava inoltre aJ Capitolo V: "Essendo La ciarpa di argento e seta anzidetta esclusivamente serbata pe' Generali. .. lutti gli iiffiz.iali superiori, esenti delle reali Guardie del Corpo, e subalterni del reale esercito, di qualunque arma essi siano...dovranno indistintamente fare uso della ciarpa di seta bianca e scarlatta... e siccome la ciarpa è un distintivo esclusivamente attribuito agli uffiziali, cosi da ora in poi resta sopressa per tutti gli ajutanti... del reale esercito... niuno eccettuato." A titolo indicativo, per completare l'osservazione degli esemplari presentati, specifichiamo che una sciarpa per ufficiali superiori e subalterni del Museo Nazionale di San Martino in Napoli presenta una lunghezza totale di 230 cm. ed una fodera interna di pelle di capretto bianca. Un altro cimelio, appartenente al Museo Storico della Scuola Militare Nunziatella, mostra l'uso di filato argento ai fiocchi. Al di là delle disposizioni vigenti, la confezione dei singoli accessori risentiva quindi ciel gusto personale e dei prop1ietari.
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DISTINTIVI DI SERVIZIO
Avanti e retro deJJa goliera (o gorgiera o scollo) per ufficiali del Real Esercito, 1841-1861. (Collezione Privata, Roma. Foto M.F., 1995). 0
Il Reale Ordine n. 114 del 24 Aprile 1841 abolì. la sciarpa degli ufficiali subalterni e superiori e introdusse la goliera quale distintivo " ... nelle circosianz.e di sen1izio, di Gala e cosi simili". L'esemplare qui raffigurato è del modello per il Reale Esercito: esistevano infatti un modello per la Reale Annata di Mare (utilizzato anche dagli ufficiali del Reggimento Real Marina, malgrado l'appartenenza alla Guardia Reale) ed un modello per la Guardia Nazionale inLrodotto nel 1848. Apprendiamo dalle carte del Commissario di Guena Don Antonio Avena (Archivio di Stato di Napoli, Sezione Militare - Fondo 15, Comando Generale, Ministero della Guerra) che, nell'aprile 1840, l'amministrazione napoletana aveva acquistato in Francia alcuni capi di vestiario ed accessori nùlitari, tra i quali anche due goliere per ufficiale. La similitud ine dei modelli napoletani con quelli d'oltralpe non è quindi casuale. Va peraltro precisato che per gli ufficiali dei corpi montati (compresi Artiglieria a cavallo e Treno - cfr. citato R.O. n. 0 114 del 184 1 a conferma della Ministeriale 6311 del 24 Agosto 1838) la funzione di distintivo di servizio era assolta dall' uso della giberna con bandoliera, nei rnodell i fis sati per ogni coqJo. Le dirnensi.oni delle goliere da noi esaminate oscillano tra 138 e 163 mm per la larghezza e tra 63 e 70 nun. per l'altezza Oo standard si situa peraltro intorno a 145 mm. su 70 mm.). L'emblema in metallo argentato misura 50 mm. x 60 mm. ed il diametro degli orecchioni è di 25 mm. Le goliere presentano di nonna una fodera di pelle di capretto bianca che maschera le viti cli fissaggio dell'emblema; agli occhielli posteriori degli orecchioni si fissava la catenella clorata per l ' aggancio ai bottoncini delle spalline.
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DRAGONE
A - Dragona di gran tenuta per ufficiali di corpi montati, circa 1840-1861. (Collezione Privata, Roma. Foto M.F., 1995). Nastro di bufalo bianco e fiocco in filato d'argento con emblemi al recto e verso della noce (vedi dettagli) in ricamo dorato. Gli uffici al i dei corpi a piedi avevano una dragona sirrùle ma con nastro di tessuto in filato d 'argento solcato da cinque lighe scarlatte.
B - Dragona presumibilmente per gran tenuta di ufficiali dei corpi esteri, 1859-1861. (Collezione Privata, Roma. Foto M.F., 1995). Cordone di seta nera con passante e fiocco di ricamo e filato dorati. Questa tipologia di dragona, di modello francese, compravo a Napoli nel corso degli anni cinquanta (Battaglioni Cacciatoli, Tirag1iatori ed Ussari della Guardia Reale) . Sulla base delle foto d'epoca, è peraltro possibile affermare che la sua diffusione crebbe sotto il regno di Francesco II - tanto nei c01vi a piedi che in quelli a cavallo - forse soppiantando la tradizionale dragona a nastro. L'accessorio degli ufficiali napoletani aveva però il fiocco ed il passante in filato d'argento, e non <forato come quello francese. Stando sempre alle fonti iconografiche ed a qualche esemplare dei musei elvetici, sem-• brerebbe tuttavia che gli ufficiali dei Battaglioni Carabinieli Cacciatori Esteri abbiano utilizzato una dragona di filo dorato. In tenuta giornaliera, inoltre, venivano utilizzate dragone simili, ma interamente di seta nera. Altre dragone ad oliva, di cuoio nero, compaiono nelle foto d'epoca per le tenute di campagna del periodo 1859- 1861.
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DISTINTIVI DI ANZIANITÀ
Si tratta della 1iproduzione dei Modelli originali annessi al Regolamento del 23 Dicembre 1834 (A.S.N. - Sez. Guerra e Marina). È una delle poche fonti regolamentari del pe1iodo ferdinandeo che ci sia pervenuta intatta e completa dei rnout::lli gralìci d'origine. I citati distintivi erano attribuiti a tutta la lrnppa ed ai sott11fficiali, esclusi Ajutanti e Po1tabandiera (Portastendardi). Essi si applicavano sul solo braccio sinistro dell'uniforme e dei cappotti, " ...a forma di angolo acuto al di sopra del gomito ". I distintivi erano peraltro vietati sui cappotti della cavalleria, della Gendarmeria a Cavallo e dell' A1tiglieria a Cavallo. Gli chevrons (o cavalletti, ossia galloni a "V" rovesciata) erano confezionati mediante applicazione di un gallone di lana scarlatta avente la larghezza cli un pollice (circa mm. 27), " ... dovendo la lunghezza di ciascun distintivo essere regolata a norma della grandezza della manica." Per i corpi la cui giamberga (ossia abito) era di. color scarlatto (all'epoca dell'emanazione del Regolamento: i Corpi della Guardia Reale e le Utùtà Svizzere), era previsto un gallone di cotone bianco o di lana arena d 'oro, " ... a seconda de 'finùnenti delle giamberghe medesime" ovvero " ... secondo gli alamari o le allacciature che si trovano negli wi{formi stessi. " Sulle giubbe giornaliere di panno bianco all'epoca ancora in uso, e rimaste nel seguito per le sole lUÙtà svizzere - si utilizzava il gallone scarlatto ordinario. La medaglia cl' onore veniva attaccata al lato sinistro del petto. Il suo utilizzo era esteso anche agli Ajutanti e Portabandiera ed anche nel caso di promozione al grado di ufficiale " .. .per dimostrare con quella marca distintiva di aver percorsa lunga ed onorevole carriera nel nobile rnestiere delle anni".
Da notare la foggia dei paramani raffigurata nei Modelli. Si lrntta in effetti del primo tipo cli paramano alla.francese introdotto dalle riforme ferclinandee: esso resterà nel seguito solo per talune specialità, dato che la forma della pattina ve1rne modificata (da tricuspide, come nell'illustrazione, a rettangolare). Anche l'uso della semplice filettatura distintiva intorno al paramano, in luogo del colore distintivo pieno, è tipico delle primissime forn.iture introdotte a partire dal 1833. Peraltro, anche questa caratteristica (riscontrata anche in taluni 1itratti dell'epoca) ve1rne modificata nel corso degli anni trenta.
A - Distintivi di anzianità, 1834-1861. Rispettivamente per 10, 15 e 20 anni di servizio.
B - Dettaglio del gallone dei chevrons. Tipo in lana scarlatta.
C - Medaglia per i 25 anni di servizio, 1834-1861. L'uso della medaglia rimpiazzava l'utilizzo de-i' galloni a chevron per i periodi precorsi. Nastro color arancio forte, largo 1 pollice e mezzo (nun. 4 I).
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DISTINTIVI DI GRADO PER SOTTUFFICIALI DEI CORPI A PIEDI
1 - Caporale, 4° Reggimento di Linea Principessa; 2 - Caporal Foriere, reggjmenti di linea, tenuta di quartiere; 3 - Caporal Tamburo, Reggimento Real Marina, gran tenuta;
4 - Secondo Sergente, Battaglione Tiragliato1i della Guardia Reale; 5 - Primo Sergente, reggi menti svizzeri di linea, piccola tenuta; 6 - Primo Sergente Foriere (o Fotiere Maggiore), I 0° Reggimento di Linea Abruzzi;
7 - Primo Artigliere, Rgt.i Re e Regina (Secondo Artigliere: un solo cavalletto);
8 - Geniere di 2a Classe ( Ia Classe: due cavalletti).
I sottufficiali Guastat01i (Caporali e Sergenti) utilizzavano i galloni del grado co1Tispondente, portando sull'avambraccio l'emblema della specialità. Il Portabandiera (Portastendardo in cavalleria) e l' Ajutante si distinguevano per l' utilizzo di mozzette come gli ufficiali subalterni (vedi infra). Dall ' iconografia contemporanea, rileviamo che i Capi'Musica portavano due rrwzzette del colore dei bottoni (come gli Ajutanti), circostanza peraltro non confermata dalle fonti documentmie (Reale Ordine del 14 Novembre 1829). I contratti di fornitura precisano che il gallone di grado era lungo I palmo e mezzo (ca. 39,6 cm.): - per la gran tenuta, in filo dorato od argentato (a seconda del colore dei bottoni del corpo, tranne per i Granatieri ed i Cacciatori della Guardia Reale che impiegavano sempre l'argento); - per le tenute di quartiere e da campagna (cappotti), cotone bianco. Da un abito originale del Musée Militaire Vaudois di Morges (Losanna) ricaviamo inoltre i seguenti dettami: il gallone (del tipo detto a tiratiglia, ossia con trama a righe longitudinali) era largo 18 mm. ed era cucito su un supporto del colore distintivo, sporgente circa 3 mm. da ciascun lato (o circa ~ mm. tra ogni gallone, nel caso dei sergenti). L' applicazione trasversale si effettuava pattendo dalla cucitura interna della manica, a circa 25 mm dal bOIL,O superiore del paramano e saliva in diagonale verso la cucitura esterna toccm1do appena l'angolo della (eventuale) pattina dei paramani In realtà, non era il gallone ad essere cucito alla manica ma il suo supporto: questo era peraltro fissato solo alle cuciture delle maniche e non lungo la manica stessa.
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DISTINTIVI DI GRADO PER SOTTUFFICIALI DI CAVALLERIA
1- Caporale, Reggimento Cacciatori a cavallo; 2 - Secondo Sergcnle, Reggimenti Lancieri: 3 - Primo Sergente, 3° Reggimento Dragoni:
4 - Primo Artigliere, Compagnia a Cavallo (secondo Zezon in rosso. secondo Aloja in giallo); 5 - Caporale, Reggimenti Ussari della Guardia Reale.
Fatta eccezione per gli Ussari della Guardia, i Portastendardi e gli Ajutanti si distinguevano per l'utilizzo di mozze/le del modello per ufficiali. Per quanto riguarda gli Ussari (e le Guide dello S.M. Esercito), le fonti iconografiche provano che i distintivi di grado per Caporali, Secondi Sergenti e Primi Sergenti erano del modello per corpi a piedi (galloni trasversali). Le maniche della loro uniforme erano peraltro tagliate in un unico pezzo di tessuto, mediante una sola cucitura (all'esterno): ciò spiega l'applicazione dei distintivi nel centro, utilizzando come solo punto di riferimento la punta del paramano. Anche i sottufficiali d'Artiglieria della Compagnia a Cavallo utilizzavano i distintivi dei corpi a piedi (galloni trasversali); i graduati (Primi e Secondi Artiglieri) impiegavano egualmente i cavalletti come nei reggimenti a piedi. Dai contratti di fornitura apprendiamo che il gallone di grado della cavalleria era lungo 3 palmi (ca. 79 cm.). Stando alle fonti iconografiche, sembrerebbe che la messa in posa dei galloni a punta differisse leggermente a seconda del tipo di paramano dell'unità: foggia aferro di lancia per Lancieri, Cacciatori a Cavallo e Gendarmeria a Cavallo; più propriamente a chevron per Dragoni e Carabinied a Cavallo. Per altri eiettagli sartoriali, rinviamo alle tavole fotografiche relative ad un abito da Guardia d'Onore di collezione privata.
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STATO MAGGIORE GENERALE
1 - 2 - 3 - Spalline da Maresciallo di Campo, 1858-1861 circa. Musée Cantonal d'Histoire et d'Etnographie, Chàteau de Valère, Sion (inv. MV 3423 A/8 - foto M .F. 1996). In linea di principio, è poss ibile ritenere che il modello di spalline per generali introdotto dal Real Decreto del 6 Dicembre 1830 sia stato mantenuto in servizio sino alla caduta del regno. In effetti, sino ad oggi, non sono state rinvenute prove docume ntali del contrario. Tuttavia, talune fonti iconografiche (tra cui alcune foto di personaggi della Famiglia Reale e diversi ritratti di generali di vario grado) indicano che, nella seconda metà deg li anni cinquanta, venne utilizzata una nuova spallina, di ispirazione francese. È peraltro possibile che il modello ciel 1830 non sia mai stato formalmente abolito. Gli esemplari dello Chateau de Valère, appartenuti al Gen. de Riedmatten (promosso Maresciallo di Campo nel 1852), presentano per l'appunto dell e caratteristiche concordanti con le citate fonti iconografiche. Rispetto al vecchio modello, compaiono due caratteristiche principali: ricamo a scaglioni sul gambo (in luogo dei tradizionali motivi a fogliami) e cannottigli della frangia meno grossi e più corti. Stando agli esemplari svizzeri, inoltre, anche l'ornamento del piatto venne modificato, adottando il disegno fran cese. Il tipo di bottone, la presenza di gigli e corone ed il colore della fodera contraddistinguevano tuttavia gli esemplari borbonici. Gli esemplari de Riedmatten, in ricamo dorato, sono lunghi in totale mm. 185 (cornice compresa). Il gambo è lungo mm. 123 e largo mm. 71; il pialfo è largo mm. 124 (cornice compresa). La cornice è composta di un elemento centrale (mm. 12,2) e da due cornicette complementari (mm. 2,2); la frangia di cannottigli è lunga mm. 55. Sul piatto di ambedue le spall ine figura un giglio (mm. 27 x 22) sormontato da una corona (mm. 38 x 23), ambedue in metallo argentato. La fodera della spallina è di panno scarlatto all'interno del gambo e del piatto; la struttura cli supporto della frangia è invece guarnita cli panno bleu scuro.
4 - 5 - Dettagli di due ritratti di generali, realizzati in epoca precedente alla modifica della gran tenuta avvenuta nel 1859. Si tratta di alcune delle fonti d'epoca che forni scono un riscontro alla probabile introduzione di una spallina di nuovo tipo.
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SPALLINE PER UFFICIALI SUBALTERNI DEI CORPI A PIEDI
Spallina e moz.z,etta per Secondo Tenente, 1836-1848. (Sezione di Artiglieria del 4° Reggimento Svizzero). Musée des Suisses à l'Etranger, Chàteau de Penthes, Pregny-Chambésy (Ginevra). Foto Patricia Kettenhofen, 1994. Si tratta del modello per corpi a piedi introdotto a seguito delie disposizioni del Reale Ordine n.142 del 21 Maggio 1836. La tipologia si caratterizza a colpo d'occhio per la forte angolatura del piatto delle spalline dspetto al gambo, ottenuta grazie ad un'anima di legno ricoperta dalla fodera di panno del colore distintivo (mostratura) dell' unità. Gambo e piatto sono ricoperti del gallone a tiratiglio liscio; la frangia e la cornice sono composte da cannottigli lisci e vermiglioni. La tipica spallina senza fran gia dei subalterni era chiamata mozzetta nel linguaggio burocratico napoletano.
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SPALLINE PER UFFICIALI SUBALTERNI DEI CORPI A PIEDI
1 - 2 - 3 - Spalline da Capitano Comandante di una compagnia granatieri del 3° Reggimento Svizzero, 1827-1835. Musée Cantonal d'Histoire et d'Etnographie, Chàteau de Valère, Sion. (inv. MV 1231 A/B - foto M.F. 1996). Il Real Decreto del 6 Dicembre 1830 si era limitato a fissare i due nuovi modelli di spalline che venivano attribuite ai generali ed agli ufficiali superiori. In effetti, nell'ambito del citato provvedimento, la sola disposizione relativa ai subalterni si riferiva all'impiego generalizzato, per tutti i corpi, dei gigli quali unici distintivi di grado ormai autorizzati a figurare sulle spalline già in uso. Fu solo nel maggio 1836 che si procedette, anche per i subalterni, all'introduzione di un nuovo modello. Negli esemplari dello Chateau de Valère qui raffigurati - appartenenti ad un abito da ufficiale del 3° Reggimento Svizzero che presenteremo nelle pagine seguenti - pensiamo per l'appunto poter identificare il modello di spalline utilizzato dai subaltenù sino al 1836. La nostra attribuzione è peraltro confortata anche da alcuni ritratti d'epoca (cf. tra l'altro dett. A). La tipologia - influenzata dai coevi modelli britannici - è caratterizzata dalla cornice a mezza luna d'ottone dorato (larga mm. 4 alle estremità e mm. 8,5 al centro), guarnita da due bordi concentrici di cordonetto ricamato (rispettivamente, mm. 5,5 e mm. 1,8 di spessore). La frangia (lunga mm. 60) è rinforzata internamente da un supporto in cuoio. Il gambo (lungo mm. 105 e largo mm. 68) ed il piatto (largo mm. 123) sono ricoperti di gallone a tiratiglio liscio, con fodera di panno scarlatto. La spallina è lunga in totale mm. 180. Sul piatto di ambedue le spalline figura un giglio (mm. 25 x 38), così come previsto per i C apitani Cpmandanti dai provvedimenti del 23 Settembre 1824.
4 - 5 - Esemplari di spalline per ufficiali subalterni dei corpi a piedi, circa 1818-1826. Colìezione Privata, Roma. Foto GCB. Alfine di fornire un ri scontro evol utivo, facciamo un passo indietro per fornire due immagini di spalline databili al regno di Ferdinando I. Si tratta in effetti della più antica tipologia napofetana da noi conosciuta di spalline per subalterni nella quale compaia la cornice con mezzaluna metallica. Vari sono i riscontri iconografici della prima Restaurazione che sostengono l'identificazione dei reperti. L'osservazione comparata dei diversi esemplari permetterà di valutare l'evoluzione delraccessorio agli inizi del regno di Ferdinando ll.
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SPALLINE PER UFFICIALI SUBALTERNI DEI CORPI A PIEDI
A-B-C-D - Diverse viste di spallina e mo7zetta per Sernnclo Tenente, 1848-1859 (4° Reggimento di Linea Svizzero). Collezione P1ivata, Roma - Foto M.F.. 1995. Si tratta della tipologia per corpi a piedi introdotta sul finire degli anni quaranta. Più vicine alle tendenze della moda francese, tali spalline non modificavano i dettami generali del Reale Ordine n. 142 del 21 Maggio 1836. La struttura interna si componeva di rinforzi in cartone spesso o legno leggero, guarniti dalla fodera e dai galloni come in precedenza.
E - Spallina per Capitano Comandante (o Capitano di l classe nei Corpi Facoltativi). Esemplare per lo Stato Maggiore dell'Esercito. Museo Nazionale San Martino in Napoli, Collezione Savarese, (inv. 8606). Foto M.F., 1975. L'immagine mostra la spallina con giglio del grado corrispondente (gallone e frangia dorati, fodera scarlatta, bottone dorato, giglio in argento) in applicazione delle citate nonne del 1836. Il particolare (E/1) pe1mette di apprezzare la fattura del giglio, il cui colore è sempre opposto a quello del gallone cli fondo (argento su oro; oro su argento). li disegno dei gigli di grado poteva tuttavia variare a seconda dei fornitori, come constatato dall'esame di vari esemplari ct·epoca.
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SPALLINE PER UFFICIALI SUPERIORI DEI CORPI A PIEDI
Riproduzione fotostatica della tavola n. 2 allegata al Real Decreto n. 39 del 6 Dicembre 1830, che introdusse le spalline per i Generali e per gli Ufficiali Superiori del Real Esercito e della Reale Armata di Mare. I gradi di Maggiore, Tenente Colonnello e Colonnello erano indicati dalla presenza sul piatto della spallina (detta parte convessa) tispettivamente di uno, due o tre gigli sempre sormontati dalla corona reale: - il colore del gambo, del piatto, della cornice (tortiglioni) e della frangia (cannottigli) era, come per i subalterni, quello dei bottoni dell'uniforme (tranne i Granatieri ed i Cacciatori della Guardia); - gigli e corone erano di metallo opposto a quello di fondo. Le dimensioni delle spalline erano le stesse di quelle per i Generali. Tuttavia, la parte supetiore, ossia il gambo, era di "metallo a gelfo lavorato a squame finte diritte cosi dette a scaletta"; la parte inferiore (o parte convessa) era invece liscia e terminante con un tortiglione grande e due piccoli. A questi, erano uniti 32 cannottigli di metallo filato (oro o argento a seconda del colore della spallina) della lunghezza di 2 pollici e 6 linee (67,6 mm. ca.) e della grossezza ciascuno di 13 linee (29 mm. ca.). La fodera era del colore della mostra dell'uniforme dell ' unità. I travetti, formati da catenette di rame dorato o argentato (a seconda del colore delle spalline), erano sottopannati dalla fodera distinti va. Quanto all'attribuzione delle spalline in questione, il testo del Regolamento del 6 Dicembre 1830 è ambiguo. In effetti, il Capitolo II sembra attribuirle a tutti gli ufficiali superiori - sia nei corpi a piedi che in cavalleria: " ... qualunque sia la Loro posizione... " - con la sola esplicita deroga dei Cavalleggeri della Guardia Reale e dei Lancieri Real Ferdinando. Per quanto riguarda la cavalleria, in realtà, l'articolo 2° del Reale Ordine n. 0 142 del 21 Maggio 1836 è ben più chiaro. Esso attribuisce infatti a tutti i gradi, da ufficiale superiore a Portastendardo, delle Reali Guardie del Corpo, della Gendarmeria Reale a Cavallo, dei tre Reggimenti Dragoni e dei due Reggimenti Lancieri un unico modello di spallina - ossia quello con corpo a piccole ghiande - rigorosamente in metallo e filato d'argento per tutte le citate unità. I criteti d' atttibuzione dei gigli e delle corone erano naturalmente gli stessi sopra indicati.
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SPALLINE PER UFF1CIALI SUPERIORI DEI CORPI A PIEDI
Varie viste di spalline per ufficiali superiori dei corpi a piedi.
A - Spallina per Colonnello del Corpo Politico d'Artiglieria, 1830-1861. Collezione Privata, Napoli (foto Di Somma, 1975). Lastra di metallo dorato, cornici e cannottigli di filo dorato, gigli e corona di metallo argentato, fodera di panno scarlatto. 1 - Dettaglio del piatto della spallina con i tre gigli e corona denotanti il grado. 2 - Dettaglio dell'estremitĂ superiore del gambo, con bottone dorato del Corpo. 3 - Dettaglio della cornice e dei cannottigli da ufficiale superiore. 4 - Dettaglio dell'interno della spallina, strutturata su una cassa di legno foderata di panno.
B - Spallina per Tenente Colonnello di un corpo non identificato, 1830-1861. Museo Nazionale di San Martino in Napoli, Collezione Savarese (foto M .F. 1975). Lastra di metallo dorato, cornici e cannottigli di filo dorato, gigli e corona di metallo argentato, fodera di panno scarlatto. Bottone dorato liscio.
C - Spallina per Maggiore dei Veterani ed Invalidi, 1830-1861. Collezione Privata, Roma (foto G.C.B. 1995). Lastra di metallo argentato, cornici e cannottigli di filo argentato, giglio e corona di mĂŠtallo dorato, fodera di panno bleu. Bottone argentato del Corpo.
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SPALLINE PER UFFICIALI SUBALTERNI DEI CORPI A PIEDI
Schema fotografico del sistema di distintivi "...che competono alle diverse graduazioni. .." degli ufficiali subalterni. Utilizzando diverse immagini di spalline e di mozzette del periodo 1850-1861 per ufficiali subalterni dei corpi a piedi, il fotomontaggio permette di visualizzare i gradi: 1 - Portabandiera (Portastendardo in cavalleria); 2 - Ajutante; 3 - Alfiere; 4 - Secondo Tenente; 5 - Primo Tenente; 6 - Capitan Tenente (o Capitano di 2a Classe); 7 - Capitano Comandante (o Capitano di Ja Classe). Il gallone, la cornice e la frangia erano del colore dei bottoni delle unità (salvo i Granatieri ed i Cacciatori della Guardia Reale i quali, nonostante i bottoni eforati, portavano spalline in argento). I gigli erano di colore opposto al gallone. Ricordiamo peraltro che, con disposizione del 18 Marzo 1848 (Min. Guerra-2° Ripartimento-n. 1030), si dispose che anche i Capitani di 2a Classe portassero sulle spalline i gigli come quelli cli 1a Classe. Naturalmente, lo schema è valido anche per i subalterni dei corpi a cavallo, fatto ovviamente salvo il modello generale della spallina.
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CAVALLERIA SPALLINE PER UFFICIALI DI
A - Vista superiore ed inferiore di spallina e mozzetta per ufficiale subalterno di cavalleria, 1836-1861. Esemplari di Collezione Pri vata, Roma (foto G.C.B. l 995). Dime nsioni non rilevate. Lastre di metallo argentato, cornici e cannottigli di filo argento, fodera di panno scarlatto.
B - Dettagli di spallina e mozzetta per ufficiale subalterno di cavalleria, 1836-1861. Museo Nazionale di San Martino, Collezione Savarese (foto M.F. 1975). Dimensioni: larghezza al piatto (cornice compresa) mm. 145; larghezza all 'estremità superiore del gambo mm. 73 (sottopannatura compresa); lunghezza totale mm. 190 (cornice compresa). Giglio : mm. 38 x 30. Sino al 1836, esistevano nella cavalleria napoletana alcune spalline da ufficiale mol to s imili al modello poi descritto dal Reale Ordine n. 0 142 . In particolare, gli ufficiali dei Lancieri Real Ferdinando utilizzavano una spallina dal decoro quasi identico ma con metalleria mista argento ed oro. Il citato Reale Ord ine precisava invece che le nuove mozzette e spalline " ... avranno il
pezzo di sopra di argento a getto col lavoro a piccole ghiande rilevate nella parte superiore con ornati e nel piano ù1feriore avendo di argento filato altresì i cannottig li con i sovrastanti corrispondenti verrniglioni". Il modello era unico per tutti i gradi , dal Portastendardo al Colonnello. Gli ufficiali superiori, tuttavia, utilizzavano - come di norma - i gigli e le corone del grado cotTispondente nonché i cannottig/i previsti per il loro rango. Il colore de lle spalline era argento per tutti i reparti menzionati dal provvedimento (Reali Guardie del Corpo, Gendarmeria Reale a Cavallo, Dragoni e Lancieri), con g igli e corone clorati. Ricordiamo in effetti che il Reale Ordine era anteriore alla creazione, ne l 1848, del Reggimento Cacciatori a Cavallo, la cui unifom1e aveva i bottoni dorati. Le spalline da ufficiale di questo reggimento furono quindi le sole in tutta la cavalleria ad essere dorate, con gigli e corone in argento e fodera gialla. Quanto agli Ussari della Guardia Reale (nel 1836 ancora denominati Cavalleggeri), lo stile della loro uniforme mal s i accordava all' utilizzo delle spalline: i gradi da ufficiale - in precedenza indicati da ricami e galloni sul copricapo - vennero identificati a partire dal 1838 unicamente dagli chevrons applicati al cli sopra dei paramani (ved i tavola) .
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DISTINTIVI DI GRADO PER GLI USSARI DELLA GUARDIA REALE
1 - Portastendardo; 2 - Ajutante (con dettaglio del retro, valido per tutti i gradi, salvo il colore dei galloni); 3 - Alfiere;
4 - Secondo Tenente; 5 - Primo Tenente; 6 - Capitano; 7 - Maggiore; 8 - Tenente Colonnello; 9 - Colonnello. Con la Ministeriale n.0 6949 del 3 Settembre ] 838, l'uniforme dei Cavalleggerì della Guardia Reale venne completamente modificata sulla base del nuovo modello francese all'ussaro. Con tale provvedimento si specificava tra l'altro che i vecchi distinti vi di grado dei Cavalleggeri (galloncini ed aneliate rìcamati sul bordo dello shakot) erano aboliti e sostituiti da un nuovo sistema visualizzato dal nostro schema. 11 documento precisava che i nuovi distintivi " ... dovranno essere piazzati su di ambe le maniche, sia della dolmanda, come del mante/letto a pelliccia, prendendo per base il gaLLoncino che guarnisce il paramano di ciascuno de ' due indicati oggetti" . Le fonti iconografiche provano inoltre che gli stessi distintivi erano utilizzati anche sullo spenzer di piccola tenuta degli ufficiali. Il galloncino del paramano era a tiratig!ia, in filo di cotone bianco per la truppa ed i sottufficiali, in filo d'argento per gli ufficiali, gli Ajutanti ed i Po11astendardi. Ciò spiega perché, per questi ultimi, nessun gallone di grado aggiuntivo fosse previsto, dato che la guarnizione del paramano bastava di per sè a differenziarne il rango rispetto alla truppa. Malgrado la stretta aderenza della nuova uniforme ai modelli francesi, il sistema dei distintivi di grado se ne differenziava totalmente: si trattava in effetti di "galloni in argento - ovvero dorati, se del caso - a tiratiglia situati ad angolo e sormontati ove.finisce il primo gallone - cioè, quello superiore - da un ricamo a tarallette di tre nella parimenti di argento". (Per i lettori di origine non meridionale vale forse la pena di r icordare che il tarallo è il tradizionale biscotto secco napoletano a forma di ciarnbellina ... !).
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STATO MAGGIORE GENERALE
La gran tenuta dei Generali (detta uniforme col dente nel gergo militare napoletano) è una delle unifom1i più rappresentative dell a tradizione militare borbonica. Caratterizzata dai ricami di modello spagnolo introdotti nel XVIII sec., essa rimase in servizio sino al 20 Giugno 1859, data della sua abolizione ufficiale (R.0. n. 171). Ricordiamo che già nel gennaio 1836 si era tentato di modernizzare la montura dei Generali elevando la più pratica tenuta giornaliera al rango di grand ' uniforme, seguendo la moda francese. Il tentativo restò verosimilmente senza esito, dato che le fonti iconografiche degli anni quaranta e cinquanta - e finanche le fotografie del periodo 1858/59 - ne testimoniano ancora l'utilizzo, in realtà autorizzato per quanti già disponessero del costoso capo. Il Regolamento del 1829 restava alla base del s uo impiego. Proprio nel corso degli anni trenta, tuttavia, si apportarono alcune modifiche: - applicazione dei passanti (travetti) per le spalline introdotte il 6 Dicembre 1830; - nuovo tipo di bottone con trofeo (in luogo del vecchio modello settecentesco a spirale); - sempl ificazione del ricamo alla tagl ia; - disposizione verticale delle tasche posteriori (in luogo di orizzontale).
A - Dettaglio del colletto di un abito per Brigadieri: l'altezza posteriore è di 60 mm., quella anteriore di 55 mm. (da originale presso il Museo Nazionale di San Martino, Napoli).
B - C - Viste dello stesso abito (nello stato di conservazione constatato nel 1975 - foto M.F.).
D - Dettaglio del passante per spalline (travetto) per Marescialli di Campo, Tenenti e Capitani Generali (dalla tavola I annessa al R.O. n.39 del 6 Dicembre 1830).
E - Bottoni di nuovo modello per: Brigadieri (metallo argentato); Marescialli di Campo, Tenenti e Capitani Generali (Collezione Privata, Roma - foto M.F.).
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STATO MAGGIORE GENERALE
A - B - Altre viste e dettagli relativi all'abito da Brigadiere del Museo Nazionale di San Martino, Napoli (foto M.F.). Malgrado il deterioramento dei tessuti, è ben visibile l'imbottitura dei petti con fodera di rasatello impunlurala.
C - Dettaglio del ricamo della taglia (Brigadieri) secondo il Regolamento del 1829 (facsimile della tavola originale). Tale ricamo va confrontato con quello, piĂš semplice, del periodo ferdinandeo (vedi foto A).
D - Dettaglio del ricamo applicato all'estremitĂ delle falde per Marescialli di Campo, Tenenti e Capitani Generali (tavola ufficiale del Regolamento del 1829 - Brown Military Collection, Brown University - Stati Uniti).
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STATO MAGGIORE GENERALE
Riproduzione fotostatica della tavola n. 1 allegata al Real Decreto n. 39 del 6 Dicembre 1830, che introdusse le spalline per i Generali e per gli Ufficiali Superiori del Real Esercito e rlcll.a Reale Armata di M are. I diversi gradi erano indicati dalla presenza sullo scudo d i uno, due o tre gigli sormontati dalla corona reale: - per i 81igadieri, la parte piana delle spalline era ricamata in argento con giglio e corona clorati; - per i Marescialli cli Campo, i Tenenti cd i Capitani Generali, il ricamo della spallina era clorato con g igli e corona in argento. Il corpo delle spalline era lungo 5 pollici e 10 li nee (157,9 mm. ca.) e largo 2 pollici e 6 linee (67,6 mm. ca.). La frangia delle spalline (dello stesso colore della parte piana) era composta da ventuno cannottigli della lunghezza¡ di 2 pollici e 6 linee (67,6 mm. ca.), gross i ciascuno 18 lince (40 mm. ca.).
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STATO MAGGIORE GENERALE
A - B - C - Diverse viste di un cappello per Generali databile agli anni trenta (originale di Coilezione Privata, Roma). Si I.ratta del modello previsto dal Regolamento del J 829, rimasto in servizio sino aU'adozione del nuovo modello di cappello per tutti i corpi del novembre 1840. Tale copricapo si inserisce, in ultima analisi, nella tipologia generale per ufficiali introdotta dalle riforme del periodo di Francesco I. Non disponiamo delle dimensioni del cimelio riprodotto. Sulla base del citato Regolamento, tuttavia, possiamo fornire alcune caratteristiche generali: - falda posteriore alta 9 pollici (244 mm. ca.); - falda anteriore (detta becco) alta 7 pollici (190 mm . ca.); - falde laterali (dette ali) di 5 pollici e 6 linee (150 mm. ca.). Da notare la foggia della coccarda che - ispirandosi agli archetipi tradizionali - si presenta in realtà come una nocca di tessuto marezzato (in luogo del tessuto di lana, di forma circolare, previsto dal Regolamento). Anche i maccheroni laterali sono reaJizzati in vero filato d 'argento (conformemente alle norme) e non ancora meccanicamente stampati in metallo come si farà in seguito. 11 piumeggio è in " .. .penna di astruzzo bianca... ".
D - Dettaglio del gallone d'oro a merli per Generali (tavola ufficiale del Regolamento del 1829 - Brown Military Collection, Brown University - Stati Uniti). Il testo precisa che il gallone era "largp nel massimo 40 linee - (90 mm. ca.) - e 29 nel minimo - (64 mm. ca.) - di cui 5 linee - ( 11 mm. ca.) - .... ripiegate nell'interno".
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STATO MAGGIORE GENERALE
A - B - C - Diverse viste di un cappello per Generali (originale del Musco Nazionale d i San MarLino, Napoli - foto M.F., 1975). Si traua del modello di base introdotto per tutti i corpi nel novembre L840, di linea più moderna e di dimensioni p iù ridotle rispetto al vecchio tipo. Il cappello dei Generali era confezionato in castorino nero in luogo del consueto feltro: la falda anteriore misura 120 mm., quella posteriore 173 mm., quella laterale 107 mm . fl maccherone (dal francese "macaron ", specialità dolciaria simile all'amaretto nostrano; nulla a che vedere con la pastasciutta!) di metallo argentato posto alle estremità delle falde laterali era largo 55 mm. ed era fi ssato ad una cervelliera cli galloncino argento e rosso.
D - Il gallone impiegato dai Generali a partire dal 1840 - e sino al 186 I - differiva da quello originariamente introdotto dal Regolamento del 1829. S i trattava di una punta di Spaina con tessitura a mattoncini di disegno identico a quello assegnato nel 1825/27 agli ufficiali superiori dei Reggimenti Svizzeri. L'altezza apparente del gallone esam inato è di 70 mm . ca. ( max) e di 45 mm. ca. (min.). R iproduciamo il dettaglio della tavola del 1825/27 relativa agl i ufficiali superiori svizzeri per permettere appunto il confronto con il reperto originale fotografato. Anche altri cappell i da Generale del modello 1840 da noi esaminati , nonché le fo nti iconografiche, confermano l ' utilizzo del galloné a mattoncini.
E - Dettaglio del cappio metallico dorato (detto ciappa o sole) che fissava la coccarda nazionale (d i fo rma irregolare avente una larghezza sviluppata dì ca. 100 mm.). Il dettaglio è tratto dalla tavola del Regolamento del 1829 (B rown Military Collectio n - Brown Universìty - S tati Uniti). La lunghezza apparente del cappio esaminato è di ca. 140 mm.
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STATO MAGGIORE GENERALE
A - B - Viste di un kepì per Brigadieri databile alla prima metà degli anni cinquanta (01iginale di Collezione Privata, Roma). Dimensioni non rilevate. Il copricapo è conforme alle prescrizioni del Reale OrùiJ1e ùel 23 marzo 1850 che stabiliva i nuovi distintivi d i grado per i Generali. L'osservazione dell'esemplare permette tuttavia di precisare la disposizione cromatica dei ricami, d istintivi ed accessori. In effetti, anche nel caso dei Brigadieri, solo il ricamo del distintivo di grado, del hottone in cannottiglia al centro dell'imperiale ed i bottoncini metallici del soggolo (qui assente) sono in argento. I galloncini piatti che guarniscono il turbante bleu e le cuciture della calotta (anterionnente, posteriormente e lateralmente), cosi come quelli che compongono il nodo ungherese sull'impe1iale, sono sempre - per tutti i gradi - dorati . Sempre dorato è altresì il soggolo. Durante la seconda metà degli anni cinquanta, la foggia generale dei kepì tese ad abbassarsi e ridursi ulterionnente, sino ad assumere - intorno al 1858/61 - una silhouette schiettamente francese.
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STATO MAGGIORE GENERALE
Soprabito d'uniforme e kepì del Generale Brigadiere Don Felice Barone Schumacher, 1860-1861. (Musée des Suisses à l'Etranger - Chateau de Penthes, Pregny-Chambésy, Ginevra - foto Patricia Kettenhofen, 1994). Ufficiale superiore svizzero nominato allo Stato Maggiore dell'Esercito nel 1859, il Barone Schumacher fu promosso Brigadiere nel corso del 1860. Il limitato periodo di utilizzo dei capi d'uniforme qui mustrati e la competente cura del Museo di Penthes spiegano l' ottimo stato di conservazione dei cimeli. U soprabito è del modello 1840 del taglio di fanteria, fatta salva l ' assenza dei bottoncini sulle spalle per la goliera, distintivo non utilizzato dai Generali . Sui paramanj figurano i distintivi di grado previsti dal reale Ordine n. 171 del 20 Giugno 1859. Il colletto è alto 62 mm. I bottoni sono quelli per Biigadieri con diametro di 22 mm. al petto ed alle falde posterioli e di 14 mm. ai paramani. Sul petto, due file di sette bottoni ciascuna disposti a petto di pollo ossia a scudo: la prima fila di bottoni , vicìno alle spalle, spazia su una larghezza di 320 mm.; la seconda si allarga sino a 335 mm.; la terza si riduce a 325 per poi progressivamente diminuire sino ai 45 mm. dell'ultima fila di bottoni presso la cucitura delle falde intorno alla vita.
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-STATO MAGGIORE GENERALE
A - Dettaglio delle falde posteriori e dei paramani del soprabito d'uniforme del Brigadiere Schumacher, 1860-1861. (Musée des Suisses à ·l'Etranger- Chàteau de Pent:hes, PregnyChambésy, Ginevra - foto Patricia Kettenhofen, 1994). Le falde del soprabito misurano 450 mm. con una lunghezza delle tasche di 240 mm.; il battente delle tasche ha una larghezza massima alla punta inferiore di 35 mm. I paramani sono alti 62 mm. 11 ricamo di grado in argento è alto 30 mm. ca.; su l paramano figura una bacchetta con trama a spiga di 4 mm. più una bacchetta a festone ondulato, la cui larghezza massima è parimenti di 4 mm.
B - Kepì del Brigadiere Schumacher, 1860-1861 (ibidem, foto Patricia Kettenbofen, 1994). Il copricapo riflette le caratteristiche già descritte in precedenza ma la sua linea e le sue d imensioni, più moderne e ridotte rispetto all'esemplare dei primi anni cinquanta, rivela la fattura più recente.
I'
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STATO MAGGIORE GENERALE Anche gli equipaggiamenti subirono alcune modifiche rispetto a quanto stabilito nel 1829.
Il cinturone di gala qui ricostru ito apparve sul finire degli anni trenta, in luogo di quello a fibbia rettangolare previsto dal Regolamento. I nostri disegni si basano su diversi ritratti e su alcune fotografie d'epoca che mostrano i differenti dettagli. Stando al i~ fonti, possiamo identificare un modello di base, munito di elementi di giunzione delle bigliere trapezoidali; esisteva tuttavia anche una variante con accessori alla ussara, ossia con elementi di raccordo a borchie cesellate a testa di leone. Tali borchie leonine (tanto della fibbia che alle bigliere) misuravano 50 mm. ca. di diametro: se ne trovano alcuni esemplari nelle raccolte di fregerie nĂšlitari del Museo Nazionale di San Martino, Napoli. Il cinturone era guarnito di stoffa rossa che ne profilava i bordi esterni. Il corpo era coperto da un gallone dorato solcato da tre righe scarlatte. La tessitura delle sezioni dorate del gallone era obliqua ed alternata tra i due segmenti del bordo superiore ed i due inferiori cosĂŹ da creare un decoro a spiga. Lo stesso motivo era ottenuto sulle bigliere, probabilmente confezionate in marocchino rosso, anch'esse intersecate da una riga scarlatta.
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STATO MAGGIORE GENERALE
A - Ricostruzione del cinturone modello 1829, sulla base dei ritratti del l'epoca e del testo del Regolamento. Il decoro ciel gallone dorato è lo stesso già descritto. Dettagli fotografici della fibbia anteriore (A/1: dimensioni mm. 43 x 72) e cli quella per le bigliere (A/2), originali del Museo Nazionale di San Martino, Napoli (foto M.F., 1975).
B - Ricostruzione di un cinturone di cuoio nero per la tenuta da campagna, 1858-1861. L'es istenza cli tale accessorio è documentata da varie foto d'epoca che raffigurano alcuni membri della Famiglia Reale in soprabito d'uniforme da Generale. La fibbia ante1iore (B/1: dimensioni mm. 53 x 59) è un reperto del Museo Nazionale di San Martino, Napoli (foto M.F., 1975) e corrisponde all'accessorio identificato sulle foto dei citati personaggi. Varie foto cli Francesco II in gran tenuta da Capitano Generale mostrano inoltre un cinturone di gala, di tipologia simile a quella del modello da campagna, ma guarnito ciel consueto gallone dorato a righe rosse, chiuso anteriormente da una fibbia analoga a quella qui ill ustrata. Fatta salva l' ipotesi (peraltro plausibile) di una speciale tipologia per i Principi di Casa Reale, si potrebbe pensare che - intorno al 1858 - sia stato introdotto un nuovo modello d i cinturone per Generali, di ispirazione francese - con una versione di gala ed una g iornaliera simile al modello predominante all'epoca presso i Corpi di fanteria leggera e quelli Facoltativi. Resta tuttavia l'incertezza, dato che altre foto d'epoca dello stesso periodo, anch'esse raffiguranti dei Ge11erali in soprabito d'uni forme, mostrano invece l' utilizzo indifferentemente del semplice buc!riere porta-spada (di cuo io nero o in tessuto dorato) e/o del cinturone di gala con borchie leonine.
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STATO MAGGIORE GENERALE
A - Sciabola di gala per Generali, 1836-1860. Esemplare appartenuto al Gen. Giuseppe Salvatore Pianell (Museo Storico della Fanteria, Roma - Tratto dal Catalogo della Mostra "Dagli Eserciti Preunitari al l'Esercito Italiano", Roma I 98S - foto SME) Fornimento in corno biondo, ottone e ottone dorato. Lama marcata "La Bruna 1836". Dimensioni: lunghezza mm. 980; lama mm. 830 x 32; peso gr. l.010. Ispirata a lle scimitarre all'orientale in voga in Francia a seguito della Campagna d'Egitto, questa tipologia compravo a Napoli durante il Decennio Francese. Se ne conoscono molte varianti, tutte di squisita fattura, che denotano in egual misura l'alto livello tecnico dei migliori armaioli napoletani ed il gusto personale dei proprietari. B - Dettaglio del fornimcnto di un altro esemplare di sciabola di gala all'orientale per Generali, circa 18301861. Collezione Privata, Napoli (foto gentilmente trasmessaci dal proprietario - dimensioni non rilevate). La crociera, in ottone clorato, era ornata da incisioni a sbalzo che spesso riprendevano il decoro ciel fodero. L' impugnatura era guarnita in generale d'avorio, ma sussistono altri esemplari con guancette in ebano, corno od altri materiali preziosi cli diversa colorazione. C - Spada cli piccola gala e di tenuta giornaliera per Generali, 1840-1852. Esemplare tratto dal Catalogo del Giugno 1992 della "Galerie Fischer" d i Lucerna (rif.n. 82 17). Foto gentilmente trasmessaci dal Sig. Jurg Meier. Lunghezza mm. 1.040. Impugnatura in osso nero girato a spirale da filigrana in filo d 'ottone dorato; pomo ellittico, guardamano ad un solo ramo cli guardia, coccia e piccola contrococcia in ottone dorato. La lama, riccamente lavorata ad acido, è dritta a due tagli; reca tra l'altro il punzone della Real Fabbrica (senza data). Dalle varie incisioni di dedica al proprietario, apprendiamo che l' arma apparteneva al Generale Don Eugenio Barone Stockalper ( 1783-1852), già comandante del 3° I3-eggimento Svizzero, promosso Generale nel 1840. Si tratta cli un'arma ispirata al modello francese 1816 per lo Stato Maggiore. Tale tipologia e quella analoga ciel periodo Luigi Fil ippo erano in effetti molto diffuse a Napoli con numerose varianti . Anche per gli Ufficiali dello Stato Maggiore dell' Esercito è accertato l'uso cli una spada cli modello pressocchè identico, ma sulla cui coccia a pelta figurava il distintivo ciel Corpo (trofeo di bandiere caricato da un'armatura con usbergo all'antica). D - Vista posteriore cli un altro esemplare di spada per Generali, circa 1840-1861. Collezione Privata, Napoli (foto gentilmente trasmessaci dal proprietario - dimensioni non rilevate). L'arma - come alu·e armi bianche per ufficiali - era infilata in una guaina a cartoccio sospesa ad un budriere indossato a tracoUa sotto l'abito od il soprabito d'uniforme. Nel caso dei Generali, il cartoccio era - a seconda delle tenute - in semplice cuoio ovvero ricoperto di gallone dorato con righe scarlatte (cfr. cinturoni di gala). E - Altro esemplare di spada per Generali, circa 1840-1861. Collezione Privata, Napoli (foto gentilmente trasmessaci dal proprietario - dimensioni non rilevate). L'esemplare· - cli foggia più originale rispetto alle tipologie francesi sin qui raffigurate - si distingue per la presenza di un pomo a pelta rovesciata con decoro a mascherone, e per la forma della guardia, dotata di un solo archetto d'unione senza altro ramo ma fornita di una crociera terminante con due pomelli lavorati. E/1: Dettaglio del trofeo per lo Stato Maggiore Generale, fi gurante sulla coccia a pelta.
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STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO
A - Capitano in tenuta giornaliera di servizio invernale, 1839. Il figmino rappresenta un ufficiale nella tenuta di servizio invernale prevista all'atto della creazione ùel Corpo dello Staro Maggiore dell ' Esercito (provvedimenti in materia di vestiario de] 25 maggio 1839). 11 taglio del soprabito appare ben più moderno rispetto a quello dei cappotti dei primi anni trenta, ancora in uso presso i reparti. Esso anticipa per taluni aspetti il soprabito d 'un,(forme rnod. 1840: le dimensioni generali, e soprattutto la lunghezza delle falde, rivelano tuttavia la transizione. Ricordiamo che gli Ufficiali dello Stato Maggiore dell 'Esercito, insieme ai Generali, erano i sol i abilitati all'uso delle spalline sui soprabiti, in qualità di distintivo di servizio. A partire dal 1841, per tutti gli ufficiali del Real Esercito - salvo i Generali - fu all'uopo introdotta la goliera. Malgrado il carattere generale di tale nonna, gli ufficiali dello S.M.E. adottarono questo distintivo di funzione sulle sole tenute ordinarie e di gala, mantenendo sul soprabito - sino al J 859 - soltanto le spalline, al fine di ben distinguersi dagli allTi corpi operativi. Quando, in quella data, vennero introdotti i distintivi di grado ai paramani dei soprabiti e del1e tuniche, le spal line scomparvero definitivamente dalla tenuta da campagna degli ufficiali dello Stato Maggiore. Sempre allo scopo di permetterne una rapida identificazione, tuttavi a, il colletto del loro soprabito venne contemporaneamente guarnito dal caratteristico ricamo dorato a forma di alamaro. Nel corso degli anni quaranta e cinquanta, il cappello venne sempre più ·spesso ri mpiazzato nelle occasioni di servizio dal confortevole caschetto a visiera, che peraltro le norme del maggio 1839 non prevedevano; - dettagl io del bottone con fregio dello Stato Maggiore dell' Esercito; - dettaglio della filettatura posteriore del soprabito.
B - Carabiniere delJo Stato Maggiore in tenuta estiva per servizi armati, 1858. Il carabiniere indossa l'uniforme di servizio caratterizzata dal caschetto a visiera, più pratico senza dubbio rispetto al voluminoso berretto ne di pelo d'orso della gran tenuta. L'alamaro e le cordelline sono gli attributi specifici dell ' unità, creata per scorporo dal Reggimento Carabinieri a Piedi della L inea a seguito del suo passaggio dall'organico della Gendarmeri a a quello della Fanteria. Ciò potrebbe spiegare la sopnivvivenza cli tali accessori, seppure modificati nei colori robbia e nero dello S.M.E., e l'uso dello stesso berrettone di pelo. li moschetto con piastra a percussione e canna rigata (calibro 17,5), dotato di alzo a cursore e sciabola baionetta, rappresentava una delle anni più moderne tra quelle prodotte nel Regno, malgrado il numero ridotto di esemplari distribu iti ai reparti sino alla campagna del
1860; - dettaglio delle tasche dell'abito.
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STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO
Primo Tenente, Squadrone delle Guide dello Stato Maggiore, in gran tenuta invernale, 1858. Il figurino è ispirato alle sole due fonti da noi conosciute che documentano l'unifonne ùegli ufficiali addetti allo Squadrone, ossia i figurini acquarellati e fustellati dei fratelli Gin (Museo Nazionale di San Martino in Napoli, Depositi) ed una raccolta di acq uarelli databile agli anni 1858-60, custodita presso la New York Public Library, di autore ignoto. Ricordiamo che, all'origine, l'unità ricevette un organico di mezzo squadrone, composto esclusivamente dai migliori sottufficiali dei corpi di cavalleria, senza quadri propri per il comando e l'amministrazione, funzioni coperte da addetti dello S.M. Sul finire degli anni cinquanta, tuttavia, l'organico passò ad uno squadrone e vennero attribuiti in proprio all'unità cinque ufficiali (un capitano, due primi tenenti e due secondi tenenti), spesso provenienti dagli Ussari. L'uniforme è simile a quella degli Ussari della Guardia Reale, ma i colori di fondo e degli accessori sono tipici dello Stato Maggiore dell'esercito; in particolare, l'oro sostituisce l' argento in tutte le bottoniere, trecciole, galloni e ricami. Particolarmente caratteristico, inoltre, il voluminoso colback di pelo d'orso, il cui fu sto era confezionato in cuoio naturale con imperiale brunito e lucidato. Secondo la citata fonte della New York Public Library, tra la fine del 1859 e l'inizio del 1860, il reparto avrebbe adottato il più moderno talpack di pelo raso, derivato dai copricapi della cavalleria leggera del Secondo Impero. La vista posteriore della sabretache (o tascasciabola, secondo la terminologia partenopea) mostra la caratteristica forma simmetrica del modello napoletano per ufficiali. A differenza dei tipi francesi, infat6, tanto il corpo (o tasca) che il battente (o patta) sono tagliati a cuore, rispettando le stesse di rnensioni. I dettagli illustrnno alcuni dettagli di costrnzione delle bottoniere.
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STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO
Sottufficiale, Squadrone delle Guide dello Stato Maggiore, in tenuta per marce lunghe, 1855. La tavo1a illustra una tipica uniforme da campagna per corpi montati. Come gli Ussari , le Guide abbandonavano completamente i capi di gran tenuta nelle occasiuJù operative in favore di più pratiche giubbe. IJ caschetto, o kepì - adottato nel 1839 ad imitazione dei copricapi francesi sperimentati durante le campagne d' Africa - è quello di tenuta giornal iera coo cordonetto misto rosso e nero. Per la tenuta di scuderia era utilizzato un copricapo del tutto simi le ma con fi1etti bleu. Ricordiamo che le Guide furono, con l'Artiglieria a Cavallo, tra i primi corpi montati ad adottare il kepì negli anni trenta. Da notare inoltre l ' uso - in verità poco abituale per 1e Guide - della rangona porta-carabina destinata a sostenere la caratteristica arma da 22" della cavalleria leggera. In realtà, l ' arma e l'equipaggiamento erano dì normale dotazione per gli Ussari della G uardia Reale mentre non risulta ufficialmente che le Guide ne facessero uso, dato che il loro armamento regolamentare si limitava alle sole pistole ed alla sciabola. Ricaviamo tuttavia questa pmtico.laiità da una fonte iconografica degli anni cinquai1ta (raccolta di tempere dell'Umbriani , Coli. Priv. , Roma) che - in effetti unica tra tutte quelle da noi conosciute - attribuisce anche alle Guide la rangona e la carabìna; ciò non deve peraltro troppo meravigliare quando si pensi all'analogia tra i due reparti, ben evidente anche dal lato uniformo1ogico. Altra ca.ratt,erìstica comune alle due specialità di cavalleria leggera è l'uso di distintivi di grado applicati diagonalmente sulle maniche, come per i corpi a piedi. Tutti gli altri corpi di cavalleria utilizzavano infatti i galloni a chevron (o a cavalletto, secondo la terminologia napoletana), applicati sempre al di sopra dei paramani. In merito, non abbiamo trovato conferme scritte ma tale pmticolarità è ben chiaramente testimoniata da tutte le fonti iconografiche del1' epoca. Presumiamo che tale uso fosse motivato dall 'esigenza di ev itare confus io ni - a colpo d' occhio - con i galloni a chevron attribuiti ai sottufficiali di Stato Minore ed agli ufficial i delle Guide e degli Ussai·i.
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STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO Uniforme del Tenente Colonnello Don Felice Barone Schumachcr, addetto allo Stato Maggiore dell'Esercito, 1859. (Musée des Suisses à l'Etranger- Chàteau de Penthes, PregnyChambésy, Ginevra - foto Patricia Kettenhofen, 1994).
A - Vista totale dell'abito con i pantaJoni, completo di cinturone, sciabola e goliera (quest'ul.tima pri va tuttavi a degli orecchioni e della catenella di aggancio ai bottoni delle spalline). L'abito è conforme alle prescrizioni del Regolamento del 23 Magg io L839, istitutivo del Corpo. Grazie all'ottimo stato di conservazione, possiamo osservare la pregevole fattura e la qualità dei capi militari napoletani. Da notare, in particolare, la silhouette della montura, caratteri zzata dall' abito stretto in vita in contrasto con i pantaloni di largo taglio, in ossequio dei dettami della moda militare d'oltralpe sul finire degl i anni c inquanta. Su tale tenuta era indossato il cappello per ufficiali superiori o il kepì a calotta scarlatta con gradi e di stintivi dorati, molto simile a quello impiegato dai Generali.
B - Vista posteriore dell'abito. Si accentua ancor più l' effetto di contrasro tra iJ punto vita molto stretto e le ampie falde, alla ricerca della faille de guepe, autentica ossessio ne estetica della moda militare francese del tempo! Le tasche alla Soubise (lunghe 220 mm. tra il punto vita e l'ultimo bottone) ed il fiorone ricamato in oro alla tagli a (largo 60 mm. e lungo 70 mm.) sono caratteristici dell o S.M. II giglio ricamato all 'estremità de lle falde (la cui base inferiore è larga 113 mm.) misura 32 mm. di larghezza e 50 mm. di lunghezza.
C - Dettaglio della dragona per ufficiali montati in bufalo bianco e filato d'argento. Il fiocco misura 90 mm., completo della frangia.
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STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO
A - Dettaglio del colletto dell'abito del Tenente Colonnello Schumacher, addetto allo Stato Maggiore dell'Esercito, 1859. (Musée des Suisses à l'Etranger Chateau de Penthes, PregnyChambésy, G im:vra - fulu Patricia Kettenhofen, 1994). Per la datazione del cimelio, val la pena di ricordare che il Barone Schurnacher venne promosso Tenente Colonnello ed assegnato allo Stato Maggiore (Comando Generale di Napoli) il 22 aprile 1859. Il dettaglio permette di visualizzare il caratteristico ricamo dorato del Corpo, conforme alle prescrizioni del Regolamento del 23 Maggio 1839. È egualmente visibile iJ bottone dorato con trofeo dello S.M. L' altezza del colletto è di 55 mm. anterionnente e di 60 mm. posteriormente.
B - Dettaglio dei pantaloni della gran tenuta del Ten. Col. Schumacher (1859). Il pantalone è confezionato in panno robbia finissimo ed il suo taglio - munito modernamente di una sola bottoniera centrale con pattina, senza più battenti laterali o ponte anteriore - è rappresentativo della tecnica sart01iale per i capi da ufficiale sul finire degli anoj cinquanta. I bottoncin i laterali servivano all'aggancio de]le bretelle, mentre la pattina a fibbia posteriore pennetteva di vestire più agevolmente il pantalone a seconda del servizio (smontato o a cavallo). Le bande di panno bleu misurano ciascuna 34 mm. di larghezza mentre il profilo centrale copre appena 2 mm. di spessore lungo la cucitura esterna. Il sottoscarpa, di panno robbio, si fissava all'interno mediante gli appositi, bottoncini.
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STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO A - Cinturone di gran tenuta per Ufficiali dello S.M.E. I disegni sono basati su un originale custodito presso il Musée des Suisses à l'Etranger (Chàteau de Penthes, Pregny Chambésy, Ginevra) e sulle fonti iconografiche d'epoca . Proprio sulla base delle foto d'epoca abbiamo identificato alcune varianti quali: - il diverso tipo di aggancio per la sciabola (A/1); - l'utilizzo di elementi di raccordo per le bigliere a borchie leonine (A/2 e A/3), analogamente agli Ufficiali degli Ussari .
B - Sciabola del modello detto ''per Uffiziali di Cavalleria Leggera o Lancieri e per Uffiziali dello Stato Maggiore". Derivata dal mod . 1822 francese per ufficiali di cavalleria leggera, se ne conoscono di verse varianti di fattura. L' esemplare è attualmente in Svizzera. Larghezza della lama: 28 mm.; lunghezza della lama: 920 mm.; lunghezza totale dell'arma: 1.073 mm.
C - Fibbia da cinturone di bassa tenuta per Ufficiali dello S.M.E. Originale presso il Museo Nazionale di San Martino, Napoli (foto M.F., 1975 - dimensioni: mm. 50 x 55). Il distintivo della specialità che orna la fibbia è lo stesso che figurava sui bottoni dell'abito e sul trofeo metallico del coperchio di giberna dei Carabinieri dello Stato Maggiore. Il cinturone, in cuoio nero, era dello stesso tipo già illustrato per i Generali.
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STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO
La penosa condizione del cimelio provocherĂ forse nel lettore qualche ironico commento riecheggiante certe spiacevoli malattie dei capelli. Nondimeno, si tratta del solo esemplare pervenutoci di colback per le Guide dello S.M.E., databile agli anni cinquanta. (Depositi del Museo Nazionale cli Capodimonte, foto M.F. , 1975). La carcassa era fabbricata per assemblaggio e messa in forma di st1isce di cuoio di vacchetta naturale di differenti dimensioni . L'imperiale era di cuoio bollito nero lucidato. Malgrado lo stato avanzato di calvizie del reperto, l'immagine riesce ancora ad evocare l'imponenza del copricapo, cli cui forniamo a complemento un ' immagine d'origine tratta dalla ben nota serie litografica dello Zezoo (1854) . Adottato nel 1839 - anno di costituzione del reparto - il colback rimase in servizio per la gran tenuta delle Guide almeno sino al 1859. In effetti , stando ad un acquarello databile a quell'anno (New York Public Library - Stati Uniti), sembrerebbe che un nuovo tipo di la/pack alla francese sia stato introdotto agli inizi del breve regno di Francesco Il.
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GUARDIE DEL CORPO A CAVALLO
A - Guardia del Corpo a Cavallo in tenuta di piccola gala con cappello, 1844. Pur disponendo di una ricca iconografia riguardante le tenute principali delle Guardie del Corpo, manchiamo di una regolamentazione scritta sull 'uso dei singoli capi di vestiario nelle svariate combinazioni prescritte per le differenti occasioni di servizio presso la Corte. Talune fonti degli anni quaranta e le fotografie degli anni cinquanta ci forniscono tuttavia preziose informazioni al riguardo, da cui possono ricavarsi alcune tenute miste di notevole interesse uniformologico. In assenza di regolamenti, è peraltro arduo precisare l'esatta definizione delle monture. Il figurino mostra l'abbinamento dell ' abito e del cappello giornalieri con i calzoni e gli stivali della gran gala. Una tempera dell'Umbriani accredita addirittura l'uso dell ' elmo sulla medesima tenuta mista, circostanza di cui peraltro non abbiamo altre conferme. La magnifica bandoliera, di origine settecentesca, è quella della tenuta di gala: il colore verde della seta di fondo sembra ricollegare storicamente l'unità napoletana alla Compagnia Italiana delle Guardie del Corpo dei Re di Spagna dell'epoca di Carlo - iniziatore della dinastia Borbone di Napoli (Carlo VTl), poi succeduto sul trono iberico come terzo sovrano del suo nome. Il copricapo è del tipo introdotto per le Guardie a Cavallo nel 1843, ed è conforme al modello generale già assegnato a tutte le ,umi nel novembre 1840. Le spalline sono del modello per subalterni di cavalleria, specialità d'assimilazione della Compagnia. La dragona è di dante, con fiocco in ricamo e cannotigli cl' argento.
B - Trombettiere delle Guardie del Corpo a Cavallo in tenuta di mezza gala, 1830. I Trombettieri erano gli unici membri della Compagnia ad avere rango di semplici uomini di truppa, dato che l'assimilazione al grado di ufficiale spettava alle sole Guardie. Seguendo un antico uso, i Trombettieri indossavano un' uniforme dai colori invertiti rispetto alle Guardie. Il taglio dell'abito e la foggia degli accessori sono quelli normali delle Guardie, salvo le spalline ed il piumetta al cappello che denotano la funzione del musicante. La pettiglia dell'abito è ancora del tipo a foggia concava, rimasta in uso sino alle modifiche del 1843. Anche la magnifica sciabola a lama dritta e fornimento in ottone dorato a conchiglia (derivato dalle tipologie francesi à garde de bataille della fine settecento, ereditate per jl tramite murattiano) è comune a tutte le Guardie. Per quanto riguarda il copricapo, il figurino mostra il cappello in uso per determinate circostanze di gala in luogo del caratteristico elmo, diffusamente illustrato dall'iconografia mjlitare coeva. Da notare il modello particolare del cappio da coccarda, a sole, che denota la funzione di corte dell'unità. La tavola è ispirata da una litografia non colorata dell'epoca.
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GUARDIE DEL CORPO A CAVALLO
A - Guardia del Corpo a cavallo in piccola tenuta d'esercizio, 1858. Malgrado la ricchezza delle tenute di gala, le Gmu-die utili zzavano naturalmente pratiche uniformi di serviL,iu, nel rispetto dei colori tradizionali dell'unità. Il kepì recava il distintivo del corpo, tre gjgli a piramide rovesciata con corona, in ricamo d ' argento: questo emblema figurava anche sui bottoni , isc1itto tra due serti di alloro. Con la stessa tenuta, la Guardia poteva portare il cappello giornaliero, protetto da lla fodera di incerata nera, indossato di norma en bataille ( ossia con le estremità perpendicolari rispetto al' asse delle spalle). La bandoliera, del modello generale per i corpi montati, era in cuoio bianco lucido con attributi dorati. Il panno dei calzoni invernali era di colore più scuro rispetto al tessuto estivo qui mostrato. In servizio, le Guardie potevano indossare anche il soprab ito d'uniforme mod.1840, del modello per corpi a cavallo, con le mostre ed i bottoni del corpo.
B - Brigadiere delle Guardie del Corpo a Cavallo in gran tenuta per interni, 1852. Anche in questo caso, i singoli capi di vestiario si combinano in modo differente da quanto illustrato dalla tradizionale iconografia. II figurino mostra l'uso dell'abito di gran tenuta con il cappello ed i pantaloni della tenuta giornaliera. La forma della pettiglia fu modificata nel 1843 rispetto ai tipi degli anni trenta, seguendo lo stile generale dell 'esercito. L'effetto che ne scaturisce è ancora più ricco e evoca le sopravesLi ricamale dei corpi cli casa.reale degli éÙtri eserciti europei del tempo. Come d ' uso, le spalline seguivano il grado effettivo cli assimilazione alla scala gerarchica dell'esercito (Capitano), mentre il titolo rispecchiava la funzione in seno alla Compagnia. La bandoliera, interamente di tessuto d'argento con profili laterali scarlatti, è caratteristica dei sottufjìciali delle Guardie del Corpo a Cavallo (Brigadieri, con grado cli Capitani; SouoBrigadieri, con grado di Primi Tenenti).
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GUARDIE DEL CORPO A CAVALLO
A - B - Diverse viste di un elmo per Guardie del Corpo a Cavallo (originale di Collezione Privata, Roma). Dimensioni non rilevate. Si u-atta di uno dei copricapi senza dubbio più lussuosi e prestigiosi del Real Esercito. I preziosi materiali che lo compongono (metallo argentato per la calotta, dorato per gli accessori , vera pelle di leopardo per il turbante) sono consoni alla funzione di alta rappresentanza dell'unità presso la Corte di Napoli ed al reclutamento d'élite della Compagnia. Derivato dalla tipologia per cavalleria pesante (Carabinieri a Cavallo), l'elmo si caratterizzava per la foggia alta e slanciata del cimiero e per l'ellisse molto accentuata della calotta. L'elmo qui raffigurato è del modello introdotto dopo le modifiche sancite con la Ministeriale n. 4489 del 30 Luglio 1843. Considerata la ricchezza del copricapo, si comprende facilmente come le norme d' amministrazione della Compagnia ne sancissero l'esclusiva proprietà da parte del Corpo ( Dote), con il coITelato obbligo di restituzione alla cessazione ciel servizio.
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GUARDIE DEL CORPO A CAVALLO
A - B - C - Diverse viste di un cappello per Ufficiali delle Guardie del Corpo a Cavallo (originale di Collezione Privata, Roma). Dimensioni non rilevate. Gli [(fficia1i della Compagnia avevano un grado onorifico od effettivo parificato a quello dei Generali (Secondo Tenente: Brigadiere; Primo Tenente: Maresciallo di Campo; Capitano: Tenente Generale). Il copricapo si iscrive nella tipologia dei cappelli per ufficiali del mod. 1840, adottata nella Compagnia solo a partire dal 1843. La forma generale e le dimensioni suggeriscono tuttavia una datazione più recente, collocabile alla prima metà degli anni cinquanta, ciò che appare coerente con le vicende di carriera del propdetario. Il cappello è confezionato in castorino nero, con il gallone a mattoncini dorato, il piumeggio ed il cappio a sole per Generali. Le asole ed i maccheroni sono in fi lato.
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GUARDIE DEL CORPO A CAVALLO
A - B - C - Diverse viste di un cappello per Esenti delle Guardie del Corpo a Cavallo (originale di Collezione Privata, Roma). Dimensioni non rilevate; databile alla fine degli anni quamula o alla prima metà degli anni cinquanta. Gli Esenti della compagnia avevano grado onorifico od effettivo parificat9 a quello degli ufficiali superiori (Primo Esente: Colonne11o; Secondo Esente: Tenente Colonnello; Esente di seconda classe: Maggiore). Ciò spiega l' utilizzo del gallone a tiratiglia dorato in luogo di quello in argento delle Guardie e delle Cariche.
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GUARDIE DEL CORPO A CAVALLO
A - Cinturone di gran tenuta, da originale di Collezione Privata. Dettagli fotografici della fibbia anteriore (A/1, Museo Nazionale di San Martino, Napoli; foto M.F., 1975; diametro: mm. 50 ca.), e di quella per bigliere (A/2 - ibidem). La strullura del cinturone era in pelle di bufalo bianco, sul quale era applicato il gallone d'argento con trama a mattoncini solcato da una riga centrale scarlatta. Esisteva inoltre un altro cinturone per la tenuta giornaliera, identico nella struttura, dimensioni e dettagli a quello qui raffigurato, ma confezionato in semplice pelle di bufalo bianco guarnito da impunture lungo i bordi.
B - Ricostruzione della bandoliera di gran tenuta per i Brigadieri della Compagnia; il tessuto d ' argento aveva una trama a spiga; profili scarlatti lungo i bordi. li cofanetto della g iberna era in metallo dorato con coperchi o di metallo argentato e atttibuti (camicetta e trofeo) dorati. Dettaglio fotografico del trofeo (B/1), da originale del Museo Nazionale di San Martino, Napoli (foto M.F., 1975, dimensioni: mm. 65 x mm. 60).
C - Ricostruzione della bandoliera di gran tenuta delJe Guardie. Sulla base dei di vers i ritratti da noi esaminati, possiamo evidenziare due varianti di tessitura del gallone d'argento. Il fondo della bandoliera era inoltre 1icoperto di seta verde, riprendendo forse la tradizione della Compagnia Italiana delle Guardie del Corpo spagnole del Re Filippo V di Borbone, padre di Carlo, primo sovrano napoletano della dinasti a. Dalle fonti iconografiche sembrerebbe infine che le Guardie del Corpo a Cavallo uti lizzassero per taluni servizi smontati negli interni una tracolla simi le alla bandoliera, ma confezionata in semplice seta verde con gallo ni argento - cioè senza guarniture metalliche nè cofanetto - agganciata alle estremità eia un moschettone.
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GUARDIE DEL CORPO A CAVALLO
Bandoliera e giberna di tenuta giornaliera. Esemplare del Museo Nazionale cli San Martino in Napoli, Collezione Savarese (foto SME 1983). Così come per il cinturone, anche nel caso della bandoliera le Guardie utilizzavano giornalmente un accessorio meno lussuoso rispetto alla gala e piccola gala. Nella fattispecie, si tratta di una bandoliera del modello ord inario per ufficial i di cavalleria, ossia in semplice pelle cli bufalo bianco, impunturata lungo i bordi e foderata di sottile pelle scamosciata. Anteriormente, è applicato il consueto trofeo dell'unità, in ottone dorato finemente cesellato. La giberna è di cuoio nero, con elementi laterali e fornimenti della patta (cornicetta e trofeo) in metallo dorato, dello stesso modello di quella degli ufficiali degli Ussari della Guardia (anche per la giberna di gala - fatto salvo lo sportello in metallo argentato - la foggia generale dell'accessorio ed i fornimenti risultavano in effetti identici). L'esemplare mostra peraltro un originale sistema per regolare la lunghezza della bandoliera. In effetti, l'attacco alla staffa destra della giberna avviene mediante il consueto battente, chiuso da due bottoni d'ottone. Sul lato sinistro, la bandoliera non termina con il battente (i bottoni sono in realtà fittizi). La sua lunghezza viene invece regolata all'interno da due bretelle, entrambe agganciate mediante asole ad un bottone d'osso bianco: quella inferiore - più largaregola, come si è detto, la lunghezza della bandoliera; quella superiore - più stretta ma più lunga -, infilata sotto la spallina, ne blocca lo scivolamento all'altezza della spalla sinistra del cavaliere. Le brete!le,fanno corpo con la bandoliera grazie a tre passanti trasversali di cordoncino, cuciti lateralmente tra la pelle e la fodera dell ' accessorio. La fibbia posteriore perde quindi la sua funzione normale di raccordo tra i due segmenti della bandoliera, poiché questa in realtà consta di un solo pezzo all'esterno. La fibbia si riduce pertanto ad un semplice passante scorrevole a fini decorativi. Ignoriamo se un tale sistema - di una complicazione davvero inusuale! - sia stato frutto di una precisa regolamentazione; ovvero dcll' iniziativa di un fornitore su richiesta del proprietario. Dimensioni: bandoliera mm. 960 x mm. 60. Trofeo anteriore: scudetto mm. 65 x 55; diametro del sole mm. 50 (max .); distanza tra i due elementi circa mm. 120. Giberna: larghezza mm. 160 (max.) mm. 130 (rnin.); altezza mm. 110 (max.) mm. 90 (min.); cofanetto interno mm. 75 x 125 x 25; fregio mm. 65 x 60, cornice mm. 7.
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GUARDIE DEL CORPO A CAVALLO
A - Mantiglia (ossia gualdrappa) per Guardie del Corpo a Cavallo (originale di Collezione Privata, Roma). Dimensioni non rilevare; databile agli anni fine quaranta/ ini zio cinquanta. La foggia bilobata era la stessa in uso presso la Gendarmeria Reale a cavallo scelta ed il Reggimento Carabinieri a Cavallo, coerentemente all'assimilazione alla cavalleria pesante dell'unitĂ .
B - Coprifonde per Ufficiali o Esenti (originale d i Collezione Privata, Roma). Dimensioru non rilevate. Stando alle tavole cli Aloja (e malgrado la discordanza di altre fonti iconografiche dell'epoca), tanto le Guardie (fatti salvi i trombettieri) che le Cariche (Brigadieri e Sotto-Brigadieri), gli Esenti e gli Ufficiali della Compagnia utilizzavano la stessa gualdrappa. Differenti sarebbero invece stati i cappelletti o coprifonde, dato che le Guardie e le Cariche appaiono utilizzare un accessorio ad un solo battente con guarnizione di pelliccia.
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GUARDIE DEL CORPO A CAVALLO
Sciabola per Guardie del Corpo a Cavallo, 1830-1860. Derivata dalla tipologia francese per cavalleria pesante Ă gare/e de bataille della fine settecento - ereditata per il tramite del periodo murattiano - la sciabola delle Guardie era senza dubbio una delle piĂš prestigiose armi bianche napoletane.
A - Dettaglio del fornimento e del fodero: esemplare tratto dal Catalogo del Giugno 1994 della "Galerie Fischer" di Lucerna (iif. n. 9040). Foto gentilmente trasmessaci dal Sig. Jurg Meier.
B - Vista totale di un esemplare delle Civiche Raccolte Storiche del Comune di Milano (inventario S117). Le dimensioni sono: larghezza della lama 30 mm.; lunghezza della lama 920 mm.; lunghezza totale dell' arma 1.064 nun.; peso totale gr. 1.020).
C - Dettaglio del lato destro (o interno) del fornimento. Immagine gentilmente trasmessaci dal Dott. Gaetano Fiorentino, Napoli.
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GUARDIE DEL CORPO A PIEDI
A - Guardia del Corpo a Piedi in tenuta di servizio con soprabito, l842. Fu solo con le modifiche decise nel 1843 (Reale Rescrillo n°. 4489 del 30 lugl io) che fu sancito amminist.rativamente per l~ G11ardie a Piedi il rimpiazzo del cappotto mediante un soprabito. Stando alle fonti iconografiche dei primissimi anni quaranta, tuttavia, sembra che tale capo - il cui taglio e linea generale si ispiravano al mod. 1840 per Ufficiali, Aj utanti e Portabandiera dei corpi a piedi (soprabito d'uniforme) - sia stato in realtà distribuito aJle Guardie a Piedi anteriormente al 1843. Ciò potrebbe fo rse spiegarsi con l'intento di armonizzare le tenute rispetto alle Guardie a CavalJo, che avevano già ricevuto nel 1840 il soprabito (del taglio per corpi montati). Da notare la forma molto alta ciel cappello - ancora del tipo in uso negli anni trenta - che venne conservata sia dalle Guardie a Piedi che da quelle a Cavallo fino al 1843, data alla quale tale effetto venne modificato secondo il nuovo modello generale approvato nel novembre 1840 per tutte le armi.
B - Tamburo delle Guardie del Corpo a Piedi in tenuta di gala, 1839. La tenuta cli gala era caratte1izzata dall'impronta tardo-napoleonica sugge1ita dall'abbinamento tra il berrettone cli pelo ed i corti calzoni con le uose cli panno. A tale proposito, va ricordato che l'introduzione delle calz.abraghe di panno bianco a rimpiazzo dei pantaloni di gala bleu - precedentemente in uso - venne ufficialmente sancito solo con i citati provvedimenti (Reale Rescritto n°. 4489). Lo stesso documento del 1843, tuttavia, fornisce sufficienli informazioni amministrative per consentirci di declune che i calzoni erano già stati distribuiti sul finire degli anni trenta, presumibilmente verso il 1837/38. La circostanza è confermata dalle fonti iconografiche, nelle quali l' uso delle calzabraghe e delle uose in tenuta di gala si combina con quello dell'abito cli vecchio modello. Nel 1843, infatti, venne adottato un nuovo abito di gran tenuta: la foggia del plastrnn al petto d ivenne convessa anzichè concava; l'alamaro al colletto fu rimpiazzato da una granata ricamata; furono aboliti i paramani con alamari e introdotti quelli con patta del modello per la Guardia Reale. Anche le spalline vennero modificate, applicando un giglio 1icamato sullo scudo. Come in passato, l'abito di gran tenuta poteva comb.inarsi con i pantaloni bleu o bianchi cli tenuta giornaliera, a seconda delle circostanze di servizio. II figurino illustra il vecchio tipo di uniforme, c(m taluni attributi tipici dei tamburi: spalline con cornici a colorazione mista; gallone di livrea sulle maniche, ai paramani ed al colletto; accessori bicolori al berrettone. L'equipaggiamento è quello usuale dei tamburi: bud.riere porta-briquet, rangona portacassa con accessori d ' ottone, grembiale di protezione alla gamba sinistra. Dai documenti d i forn itura ciel l O aprile l 843, apprendiamo che i berrettoni erano confezionati dal contrattista Algifniro Duoni, su misura per ciascuna delle Guardie, in pelle di pelo d'orso pet.fettamenze nero, utilizzando penne americane per il pennacchio. La piastra raggiata, di lamierino d'ottone stampato a sbalzo, recava sulla bomba della granata le armi reali. L'imperiale sul retro ciel berrettone era cli panno scarlatto con granata di argento /alzo ricamato. Tutti i cordoni e le guarnizioni (eletti lacci) erano realizzati in lana rossa Jina e argento fino. In ragione della ricchezza dei materiali e degli accessori impiegati, nonché della fabbricazione su misura, i berrettoni delle Guardie a Piedi figurano in effetti tra le più costose dotazioni di vestiario ciel Real Esercito (17 ducati e 63 grana, contro 15 ducali e 80 grana di un colback da musicante della Guardia Reale!).
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GUARDIE DEL CORPO A PIEDI
A - Ricostruzione d'insieme dell'equipaggiamento per le Guardie del Corpo a Piedi (18331860). Si tratta dello stesso corredo delle compagnie scelte della Fanteria e dei Regg.imenti del la Guardia, fatta salva la particolare impuntura che guarnisce il cuoio di bufalo imbiancato. Anche la correggia di giunzione tra il cofano della giberna ed il budriere porta sciabola è foggiato diversamente rispetto alle dotazioni ordinarie .
A/1 - Dettaglio del sistema di fissaggio dei fregi metallici al coperchio della giberna (da originale presso il M useo Nazionale di San Marti no, Napoli).
A/2 - Dettaglio della granata applicata ai quattro angoli del coperchio delJa giberna (da originale, ibidem - dimens ioni: 111111 . 49 x 46).
A/3 - Ricostruzione del trofeo metallico centrale applicato sul coperchio delJa giberna, sulla base delle fonti iconografiche. Si tratta, in generale, d i attributi largamente ispirati agli equipaggiamenti francesi in uso p resso la Maison Militaire du Roi tra il 1814 ed il 1830. /
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ACCESSORI E DISTINTIVI DIVERSI, 1830-1861 COLLEZIONE PRIVATA, ROMA (FOTO M.F., 1995).
A - Dettagli del ricamo della taglia (A/1) e del fregio delle falde (giglio, A/2) dell'uniforme da Primo Tenente delle Guardie del Corpo a Cavallo. Ricordiamo che l'uniforme di questo ufficiale - avente rango paTificato a quello di Generale - si caratterizzava per l'aggiunta di rican'li e distintivi prop1i dei Generali a quelli tipici della Compagnia.
B - Bottoni per Guardie del Corpo a Cavallo: per soprabito d'uniforme (B/1) e per abiti di grande e piccola tenuta (B/2).
C - Bottone per Marescialli di Campo, Tenenti Generali e Capitani Generali, del modello 1829. Si tratta in effetti di una tipologia settecentesca rimasta in uso sino agli anni trenta; il diametro era leggermente superiore a quello corrente (24 mm. in luogo di 22 mm.).
D - Bottoni: D/1: per Stato Maggiore dell'Esercito e per Marescialli di Campo, Tenenti Generali Capitani Generali (nuovo modello) - diametro: 22 mm. D/2: per Brigadieri (nuovo modello, stesso diametro del precedente). D/3: per il 2° Reggimento Granatieri della Guardia Reale (stesso diametro).
E - Fibbia per cinturone da ufficiale superiore o Generale (corpo non identificato).
F - Ornamento del pettorale da cavallo per ufficiale di corpo non identificato.
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GUARDIA REALE
Tenente Generale Ispettore dei Corpi della Guardia Reale (S.A.R. Leopoldo di Borbone, Principe di Salerno), gran tenuta invernale con cappotto, 1832 ca. Iscritto nei Ruoli del Reale Esercito sin dal 1796, il Principe Leopoldo - fratello del defunto sovrano Francesco I e zio cli Ferdinando II - fu per molti anni una delle personalità di rife1imento de11a Famiglia Reale in seno all ' organizzazione militare. Posto al comando dei Corpi della Guardia Reale sin dalla prima Restaurazione, egl i indossava la peculiare uniforme della sua carica. Tale tenuta venne modificandosi nel tempo, sulla fa lsariga dei cambiamenti applicati all'uniforme della Fanteria della Guardia. L'ultima variante è quel la degli mmi 1859/61, sotto il regno cli Francesco U, quando titolare della carica era divenuto il fratello del nuovo sovrano, S.A.R. L uig i Conte cli Trapani. Nella versione dei primi anni trenta, sulla caratteristica giamberga scarlatta dei Corpi di Fanteria della Guardia, erano applicate le spalline da Tenente Generale ciel mod. 1830, pur conservando i tradizionali gradi alla spagnola, ricamati sul bordo inferiore dei paramani, al di sotto degli alamari della Guardia. Il cinturone, la sciarpa, la spada, il mantello a pellegrina ed il cappello erano del modello fissato nel 1829 per tutti i Generali del Reale Esercito. Ricordiamo, in particolare, che la sciarpa rimase in uso sino al 1861 quale distintivo di servizio esclusivo della generalità . Il nostro figurino s'ispira alle litografie coeve, con talune varianti ed aggiunte tratte dalle nonne regolamentari.
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GUARDIA REALE
Le uniformi qui illustrate si riferiscono ai primi mesi cli regno di Ferdinando Il (autunno
1830 - inverno 183 1) e si basano sulle istruzioni imprn1ite dai Reali Ordini di quel periodo ai diversi reparti convocati alle manovre al Campo di Marte.
A - Soldato del 3° Reggimento Cacciatori della Guardia Reale. Considerata lafragilità dei panni di gran tenuta, l' uso da parte della truppa degli abiti scmlatti in sede di esercitazioni appare sorprendente: la circostanza potrebbe forse spiegrn·si con l' esigenza di identificare visivamente i reparti che manovravano a partiti contrapposti mediante il colore delle uniformi. Quanto alla qualità dei tessuti rossi, secondo la testimonianza di Ganter (che si riferiva ai panni scarlatti dei Reggimenti Svizzeri , ma la cui esperienza può senz'altro estendersi a quelli della Guardia nello stesso periodo), la stoffa presentava una trama robusta ma la lana era povera di pelo esterno. Ad ogni goccia di pioggia, quindi , l'abito della truppa si copriva di macchie persistenti che solo l'uso della polvere cli cinabro e del sugo di limone, mediante energico sfrcgrnnento con le vecch ie rosette di lana dei briquet, riuscivano ad attenuare. Tale trattamento, ripetuto durante la vita dell'effetto, accentuava la perdita del pelo per palline di lanugine e rendeva ancora pili fragile il tessuto .. . ! L'esame degli abiti napoletani rimasti nei Musei Svizzeri conferma resperienza elci Ganter: il confronto fatto con i panni castorati dei sottufficiali e degli ufficiali rivela crudelmente la povera qualità dei tessuti da truppa, la cui sfumatura di rosso tendeva in verità pili al mattone che allo scarlatto regolamentare. La stessa tenuta, con coppola alla granatiero ed equipaggiamento completo ma senza fucile, era impiegata per le riviste d'allineamento, adunate della truppa disposta in ordine progress ivo di altezza che permettevano di verificare periodicamente l'armonioso allineamento dei ranghi.
B - Ufficiale dei Reggùnenti Granatieri della Guardia Reale in tenuta d'esercizio invernale, 1831. L'ufficiale indossa il_ji-ac o abito di tenuta giornaliera del modello adottato durante il regno precedente. Le spalline - ancora di gusto napoleonico - erano del vecchio modello e furono sostituite nel 1836 dai nuovi distintivi per subalterni. La sciarpa di seta era indossata a tracolla per ogni presa 'd ' armi in campagna, mentre le esigenze di servizio ordinario ne imponevano l'uso in vita. 11 berrettone di pelo, di ispirazione austriaca, era in tali occasioni spogliato degli ornamenti di gala (cordoni. nappe e pennacchio). In manovra, era peraltro più frequente l'uso degli shakot del mocl. 1827.
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GUARDIA REALE
A - Caporale del 2° Reggimento Granatieri della Guardia Reale in gran tenuta invernale con cappotto, 1846. Sul finire degli anni trcnttt. in arrnoniu con il nuovo vc~liario di stile francese. i Jul: 1l:ggi1m:nli Granmieri ciel la Guardia ricevettero dei nuovi berrettoni di pelo d"orso a rimpiazzo di quelli di vecchio modello con visiera. ormai fuori durata. Tale copricapo era riservato alla gran 1enu1a dato che - come in passato - nelle tenute giornaliere e da campagna era utilizzato il consueto shakot, nelln versione per In Guardia (gallone scarlallo all'imperiale per la truppa e dorato per u!Ticiali; chevrons laterali dì filo di co10nc bianco per la truppa e argento per ufficiali; doppia nappina scarlalla e piastra a pelta ciel model lo ordinario). La mostrina di panno blcu scuro - applicata anche sulle tenute di quartiere - crn comune tanto ai Grana1ieri che ai Cacciatori. L'introduzione, tra il 1842 ed il 1846, del cappollo di nuovo modello costituì una de lle ultime riforme del vestiario varate da Ferdinando IJ. Destinato a rimpiazzare il vecchio modello di panno grigio femi ad un sol pello (impiegato a partire della seconda metà degli anni venti). il nuovo tipo di cappouo si ispirava logicamente alle 1ipologie francesi del periodo Luigi Filippo (mod. I832). Origimale tunavia la foggia del largo collello abbassato. che anticipava ncuameme le innovazioni del mod. 1860 francese. Dotato di una martingala a doppio bottone per adattare il capo alla 1aglia del solclaio. il nuovo cappotto rappresentava un innegabile progresso per il benessere dell'uomo di truppa. Grazie ali' incavalca111cnto dei pclti e delle falde, i11 fatti. egli dispo neva di un· adeguata protezione ali" addome. il punto stati!.ticamente più sensibile alle imemperic. In effeni. in 1u11i gli eserciti europei del tempo - in occasionc delle differenti campagne del periodo - si ern constaia10 il devastame effeuo che i rigori della temperatura inìliggevano ai ranghi, colpiti da ogni genere di malattie gastro-intestinali. li nuovo capporto - sul quale erano portaii i distintivi di grado e cl'anziani1ì1 ma no n quelli cli special ità - en1rò a far parie s ia delle tenute di campagna (le J'alde anteriori erano allora sollevate ed abbouonate posteriormente per facilitare i movimenti) che delle gran 1enutc quando il tempo - mollo rigido o piovoso - lo esigesse. L'uso delle ~palline su tale capo. di rigore per le truppe scelte in caso di servizi an11ati, era staio disciplinato con precisione ùa due Reali Ordini delraprile 184."i. Quanto al colore del panno, - in mancanza di oggetli originali - disponiamo cl i differenti fonti iconografiche che peraltro forniscono una ga111111a dì s i'umarure di grigio-;1zzurro alquanto cliversilictlla! Definito genericamente bigio dalle tabelle di vestiario (tallio per la Guardia che per la Linea). il tessuto del <.:appotto era identificalo da un documento di fornitura del 1842 come pt1111w blò e bigio castnrato. Quamo alla nostra illustrazione. ci siamo attenmi al punto di colore rappresentato da Aloja e da altre fon ti con riferimento al capo arrotolato sullo zaino dal'o che - a nostro giudizio - tale posizione risente 111eno dei giochi di panneggio e di luce di alt re raffigurazioni. Tale sfumatura concorda peraltro con alcuni esemplari dello Zezon (la cui colorazione era effottuata a mano per ogni esemplare). Altre fonti pittoriche eia noi consul1ate forniscono addirittura un pu1110 di colore bleu medio-scuro (tempera di Bossoli del 1861 presso il Museo del Risorgimento di Torino rcla1iva alla resa di Gaeta: olio di Anonimo al Museo del Risorgimento di Roma del 1860 relativo ad alcuni prigionieri borbonici al Volturno - inv. "Mobi li'' 7."i5), mentre un olio di G.Toma del 1861-62 ('"Il de naro cli S.Pictro" - Museo Nazionale di Capodimonte - inv. 3567) suggerisce un color g rigio-azzurro di 1onalità media.
B - Musicante del Reggimento Real Marina in tenuta di mezza gala invernale, 1858. Nelle occasioni di mezza gala ed in tenuta giornaliera. le bande della Guardia sos1i1Uivano i magnirici colbacchi di pelo d'on;o (detti korbach o kolbach. e da non confondersi con i berrettoni!) con uno shakot simile a quello della truppa ma ricoperto cli panno fino del colore distincivo. Quello del Real Marina - qui raffigurato nell;1 versione successiva all'nmmoùernumento ciel 1856 - è guarni to di galloni e c hevron d'oro fino e dalla nappina bicolore dello Stato Minore, tipica delle hande (i musicanti dei Granatieri avevano invece gallone e chevron tli lilo di co10nc bianco). L'uso di tale shakot. il particolare modello di spalline di lana scarlaua guarnite d'oroJal::.o e l'uso dello zaino di pelle bianca del modello per musicanti permetteva di identificare a colpo d'occhio un tamburo della banda reggimentale da quelli delle compagnie. Lo strumento, la c ui cassa era di legno e 11011 di rame come per i ranghi. recava, dipinte ad olio. le consuete cornici con colori distintivi e l'insegna reggime ntale. Come nel caso degli ufficial i. la spada - infilata in un budriere indossato i! rr:wolla sotLO !"abito - era portata souo il capporto.
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GUARDIA REALE
Tamburo Maggiore del 1 ° Reggimento Granatieri della Guardia Reale in tenuta di gala, 1856. Profondamente degradato dagli eccessi teatrali del periodo murattiano, lo sfarzo suntuario delle teste di colonna napoletane raggiunse il suo apice durante la Restaurazione. Abiti incrostati di ricami, galloni e nappe; sproporzionati cop1icapi di pelo d' orso; accessori sgargianti, avevano all'epoca composto un quadro così barbaricamente ricco da far impallidire al confronto le pur fastose Musiche militari austriache dell ' epoca "Biederrneier" che ne erano state il modello ispirativo ! Le riforme ferdinandee avevano solo parzialmente affrontato il problema di modernizzare e semplificare l'abbigliamento delle musiche militari. A parte la necessità di ammorliz.zare finanziariamente gli elevatissimi costi dei capi di vestiario, prolungandone l'utilizzo, si trattava in effetti di disciplinare una materia gelosamente influenzata dai gusti personali dei comandanti e dallo spirito di corpo delle unità. Proprio i comandanti di reparto non esitavano infatti aprelevare fondi dai capitoli finanziari autonomi delle unità pur di ben comparire nelle grandi occasioni. Anche l'opinione pubblica, esigente spettatrice degli spettacoli militari della Capitale, aveva la sua influenza! Quando, nel 1838 - all'atto cioè dell'adozione delle uniformi di stile francese per la Guardia Reale -, la lussuosissima tenuta del Tamburo Maggiore dei Granatieri (dono di S.A.R. il Conte di Siracusa) fu rimpiazzata da un uniforme di nuovo modello - pur molto ricca, ma çon più umili gallonature e guarnizioni di cotone in luogo dell ' argento fino simile a quella qui illustrata, piovvero critiche al riguardo dell'avarizia di Ferdinando e del miserabile aspetto del suddetto Tamburo Maggiore! (Lettera del 24/10/1890 di Lintermann, testimone oculare - Carte Cenni dell' Ufficio Storico dello SME, Roma). In effetti, la Guardia Reale rappresentava il baluardo della vecchia moda sgargiante delle teste di colonna, in sintonia con lo stile veterano che essa affettava al cospetto dell ' intero esercito (smentito peraltro alla prova del fuoco!). E pensare che il Generale Ritucci - stando alle sue auto-apologetiche memorie sulla campagna del Volturno - avrebbe più volle insistito affinché fossero almeno aboliti i tradizionali pifferi, festosi e decorativi - certo - ma assolutamente inutili nel coordinare le manovre dei ranghi! Come accennato, il modello di base della tenuta qui illustrata fo introdotto sul finire degli anni trenta. L' uso, nelle occasioni di gran gala, dell e calzabraghe aderenti e degli stivali di pelle colorata guarniti di esotiche pell icce testimonia peraltro dell ' attaccamento ai vecchi stili. L' uniforme del 'Tamburo Maggiore del 3° Reggimento Cacciatori della Guardia era praticamente identica a quelle dei Granatieri, con semplici varianti nella colorazione degli accessori. Circostanza curiosa, l'uniforme in questione - a differenza di quella del Real Marina - non risulta raffigurata in nessuna delle serie di Aloja o di altri autori. L'unica fonte d'epoca conosciuta - più tardi ripresa dal Cenni nei suoi Quaderni - è la raccolta di soldatini dei fratelli Gin (Museo Nazionale di San Martino in Napoli).
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Primo Tenente del Battaglione Tiragliatori della Guardia Reale, uniforme giornaliera invernale, 1859. Solo r assenza dello shakot con incerata, del cappotto mTotolato e della borraccia indossati a tracolla differenziavano questa uniforme da quella da campagna. Il soprabito d'un~fonne degli ufficiali era sempre confezionato in panno bleu anche per quei corpi la cui uniforme ordinaria aveva un colore di base differente. È il caso dei Tiragliatori, ma anche dei Battaglioni Cacciatori e dei Reggimenti Svizzeri. L' assunto è confermato da un soprabito originale (appunto in tessuto bleu) del 13° Battaglione Cacciatori (uniforme ordinaria di panno verde scuro), conservato nei Musei Svizzeri. Nel caso dei Tiragliatori, il sorprendente abbinamento cromatico con i pantaloni verdi trova nell'opera d i Aloja un'ulteriore conferma iconografica. 1 distintivi di grado apposti sopra il bordo superiore dei pmamani del soprabito erano conformi alle disposizioni del 1859 e corrispondevano al sistema di identificazione già impiegato per i kepì.
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GUARDIA REALE
Primo Sergente del Battaglione Tiragliatori della Guardia Reale, uniforme da campagna estiva, 1860. Creato nelle prime settimane del l 856, il Battaglione Tiragliatori venne inquadrato con il 3° Reggimento Cacciatori ed il Reggimento Real Marina nella 2a Btigata della Guardia Reale
della 4a Divisione (Riserva). La sua introduzione nei ranghi della Guardia sancì il riconoscimento dell' evoluzione tattica ed ordinamentale che lo sviluppo su scala dei Battaglioni Cacciatori nel corso degli anni cinquanta aveva prodotto in seno alle fanterie borboniche. Benchè nominalmente già presente per il tramite del 3° Reggimento della Guardia, con i Tiragliato1i (titolo di evidente derivazione francese) la specialità leggera entrava a pieno titolo nell' élite dell'esercito. La campagna del J860 confermò la qualità del reclutamento e soprattutto la validità dei metodi addestrativi e di impiego tattico cbe avevano in pochi anni fatto dei Battaglioni Cacciatori il vero fulcro operativo dell'esercito napoletano in campagna. L' unifo1me illustrata è rappresentativa delle tenute da combattimento indossate dal fante nel corso dell'estate del 1860. La carabina rigata mod. 18S0 e l' equipaggiamento di nuovo tipo (derivato dalle più recenti tipologie d' oltralpe, ma con talune modifiche originali nei sistemi di aggancio delle bretelle) vennero progressivamente ma solo parzialmente estesi ai Battaglioni Cacciatori di nuova creazione ed a quelli di più antica fomrnzione. Peculiare dei Tiragliatori appare peraltro la borraccia agganciata direttamente al cinturone in luogo della tradizionale tracolla di cuoio. Altra particolarità è data dall' assenza - riscontrala in tutte le fonti iconografiche da noi consultate - del tipico tascapane di tela portato anch 'esso a tracolla ma sul lato sinistro. L'applicazione del cappotto intorno allo zaino piuttosto che sulla sua sommità - ancora una volta ad imitazione delle mode francesi - è ispirata ad un foto dell'epoca relativa ai Battaglioni Cacciatori. Potrebbe tuttavia trattarsi di un adattamento personale, dato che le tipologie degli zaini in dotazione non ne avrebbero in linea cli principio consentito la possibilità.
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GUARDIA REALE
A - Ufficiale del 1° Reggimento Granatieri della Guardia Reale in tenuta estiva di marcia, 1836. Sino all'adozione nel 1840 del soprabito d 'un(fonne, il capo di base per le tenute di manovra e di 111arcia degli ufficjali rimase il.frac o abito giornaliero. Sebbene in dotazione sin dagli anni venti, infatti, non risulta che i soprabiti da ufficiale fossero in quel periodo indossati per le esigenze operati ve. Sul frac, in campagna, veniva arrotolato in bandoliera il cappotto (come più Lardi si farà sul soprabito d'uniforme, invertendone però la posizione), sospendendo dallo stesso lato laborraccia. Sempre in bandoliera, ma dal lato opposto, veniva inoltre annodala - sino al 1841 - la sciarpa bicolore di seta, poi rimasta in uso per i soli Generali. Tratta da un acquarello d 'epoca, l'uniforme qui rappresentata è in effetti una tenuta di transizione, caratteristica degli ultimi anni trenta durante i quali - e per periodi brevissimi - fornimre vecchie e nuove si mescolarono. Sull' abito giornaliero di vecchio modello - che sarà aggiornato nel taglio e negli accessori solo verso il 1838 - vennero infatti applicate le nuove spalline di mod.1836, aventi una struttura cli legno che permetteva di sostenere la forte angolatura dello scudo rispetto al corpo. Lo shakot, del nuovo mod. l 833/34, era coperto dall"incerata di vecchio tipo; la nappina però, a differenza del passato, era portata all'esterno della fodera.
B - Secondo Sergente del Reggimento Real Marina in tenuta giornaliera invernale per servizi armati, 1835. Creato sotto il regno di Carlo VII, il Reggi.mento Real Marina era una delle p iù antiche unità napoletane. Dipendente clalr Armata di Mare, il repmto venne progressivamente assinulato nel corso della Restaurazione ai corpi della Guardia Reale, per poi passare sotto l' amministrazione di quest'ultima negli anni cinquanta. L'evoluzione della gran tenuta ciel reggimento accompagnò esteticamente tale integrazione. Le unifonni di servizio e giornaliere conservarono tuttavia più a lungo un carattere marinaro, in linea con le origini e le condizioni di impiego dell'unità. Quella qui illustrata è una versione della metà degli anni trenta, sulla quale appaiono i distintivi di anzianità introdotti nel 1834. ll berretto rigido a visiera - di ispirazione anglo-tedesca, e comune ad altri corpi di marina - venne in seguilo rimpiazzato dal consueto bonnetto in uso per le altre unità a piedi dell'esercito. La pratica giubba a doppia bottoniera rimase in dotazio ne sino agli anni cinquanta ed ispirò in taluni dettagli il nuovo abito giornaliero a falde, con alamari e controspalline a patta, introdotto nell'ultimo decennio.
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Musica del Reggimento Real Marina, 1858 circa. Secondo l'Umbriani - autore di un 'interessante raccolta di tempere dallo stile alquanto ingenuo, ma apparentemente ben documentato - tale era l'aspetto dei Musicanti del Reggimento Real Marina. Rispetto ad altre fonti più classiche (Album dello Zezon e Aloja e Morghen), l'Umbriani attesta l'uso di nidi di rondine in luogo delle più consuete spalline a frange dorate e scarlaue. L'impiego di tale accessorio è peraltro confermato da un'altra fonte del 1859, per Ja tenuta giornaliera dei tamburini . È di particolare interesse la rappresentazione, tra gli strumenti della Banda. del cappello cinese e di un tamburo a cassa lunga dipinto nei colori reggimentali .
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Capitano Ajutante Maggiore del Reggimento Real Marina in tenuta giornaliera di servizio estiva, 1858. L' uniforme degli Ajutanti Maggiori presentava alcune interessanti caratteristiche qual i l' uso della sciabola per ufficiali superiori - secondo la norma del Reale Ordine del 10 aprile 1829 - e l'utilizzo del cappello (come per g li ufficiali superiori , ma con bordo di seta nera) in luogo dello shakot - secondo il combinato disposto dei Reali Ordini del 5 gennaio 1835 e del 24 gennaio 1856. I distintivi di grado - spalline e galloncini per il kepì (e, dal 1859, per il soprabito d'uniforme) - erano tuttavia quelli rigorosamente prescritti per il rango gerarchico effettivo dell'ufficiale. Proprio a proposito dei distintivi da kepì degli Ajutanti Maggiori, ricordiamo che sul fini re degli anni cinquanta (1858) era invalso un fuori ordinanza puntualmente riportato e .... sanzionato dai Reali Ordini! In luogo dei prescritti quattro galloncini da capitano (come nel caso del nostro personaggio), alcuni Ajutanti avevano infatti deciso di innovare la scala dei distintivi inalberando sui loro kepì un originale gallone largo, ad imitazione di quello degli ufficiali superiori (q uest' ultimo era tuttavia sempre accompagnato da uno, due o tre galloncini a seconda del grado). D'altra parte, lo stesso abbinamento del kepì con l 'abito a falde - di gusto tipicamente francese - non sembra trovare riscontro nelle norme che, all'origine, regolavano l'uso di tale copricapo. In effetti - sul finire degli ann.i cinquanta e soprattutto durante il regno di Francesco II -, i comportamenti personali produssero soluzioni più pratiche (ed esteticamente più moderne ... ) rispetto ad uno stile cl' ordinanza manifestamente sorpassato. Le fonti fotografiche cl' epoca forniscono un 'autorevol e conferma di come il buon senso e la praticità (ma anche la fantasia personale) finissero (... talvolta... ) per avere la meglio sui regolamenti! L'abito giornaliero del Reggi mento Real Marina - introdotto agli inizi degli ann.i cinquanta - presenta alcuni attributi originali quali gli alamari di stile germanico al colletto ed alle patte dei paramani (le stesse patte sono in effetti di modello prussiano, e non francese come per il resto dell'esercito) e la foggia delle tasche alle falde. Lo stesso ab.ito - ma con falde corte, alamari di lana gialla e controspalline a patta scarlatte - era in uso per la truppa. In virtù dell'originaria affiliazione dell' unità, la goliera (in metallo dorato, con ancora a gomena intrecciata e corona, pure dorate) rimase del modello 24/4/J 841 per l'Armata di Mare.
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Cappello di tenuta giornaliera per Ufficiale Subalterno del 3° Reggimento Cacciatori della Guardia Reale, 1827-1835 ca. (Musée Militaire Vaudois. Morges (Losanna) - foto Patricia Kettenhofen , l 994). La linea del copricapo, confezionato in feltro nero, è carauerisLica della moda militare del regno di Francesco I e dei primi anni di quello di Ferdinando H. La falda posteriore mi sura 220 mm. di al tezza, quella anteriore 150 nuu. e quelle laterali 155 mm .. ciò che appare all'incirca conforme agli standard fissati nel 1824. L' attribuzione è consentita dal fregio metallico dell'unità (mm. 75 x 75), applicato sul cappio di gallone confonnemenle ai regolamenti del 1825/27 (A/2 - dettaglio della tavola 01iginaIe, Brown Military Collection, Stati Un iti ). Trattandos i di un cappello di bassa tenuta, i bordi sono guarniti da un semplice gallone di seta nero (larghezza apparente 75 mm. ca.): la coccarda è in lana scarlatta: il cappio è composto da due bande di gallone larghe ciascuna 36 mm. (per una larghezza complessiva di 75 mm). Gli angoli delle falde laterali (vedi dettaglio - A/1) sono guarniti di maccheroni con ca111wllig!i in filato d'argento (l'accessorio misura in tutto mm. 70 x 80; diametro della rosetta 45 mm.), collegati ad una cervelliera di galloncino d'argento con riga scarlaua centrale .
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Bonnetto giornaliero per ufficiali attribuibile al 3° Reggimento Cacciatori della Guardia Reale, 1845 ca. (Collezione Privata, Roma - Foto M .F., 1995). L'uso da parte degli ufficiali della coppola olla granatiere (o bo11neltu) era prev isto i11 occasione di taluni servizi armati o di esercizi con prese d ' armi, alfi ne di assicurare l'uniformità con le tenute della truppa. Alcune fonti iconografiche lo associano ali' uso della goliera, con l' abito, nelle mansioni ordinarie di servizio gjornaliero. A partire dai primi anni cinquanta, tuttav ia, gli ufficiali trascurarono progressivamente il bonnetto in favore del più moderno ed estetico kepì. Malgrado gli iniziali, reiterati divieti del Comando Generale d'indossare in servizio il nuovo copricapo (ciò che conferma, in ultima analisi, la frequenza dei fuori ordinanza!), l'amministrazione fi1ù poi con l'anendersi alle esigenze dell a moda, disciplinando l'uso ciel kepì pur senza abol ire quello del bonnetto. Sintomatico di questa transizione, l'esemplare raffìgurato dimostra come il rispetto formale dei regolamenti potesse associarsi al buon senso! Il copricapo si presenta infatti come una semplice busta cli pelle, ricoperta di panno, sulla quale la sapiente applicazione di gallo ni e filettature simulava la forma ciel turbante e della fiam ma ripiegata lateralmente. Salvando l'apparenza .. .l' ignoto prop1ietario non rinunciava dunque alla praticità! La Guardia Reale mantenne il colore bleu della calotta anche dopo l'adozione del robbia per i pantaloni (dal cui tessuto usato - per antica consuetudine - si confezionavano i ben-etti da fatica). Come confermato dalle fonti iconografiche, i Cacciatori della Guardia applicavano sui bonnetti una semplice cornetta invece ciel fregio completo dell'unità. L' uso d i una doppia filettatura (rossa e argento) e dell ' inus uale gallone a trama operata sono forse da attiibuirsi ad un fuori ordinanza.
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Dettagli grafici di piastre per berrettoni di pelo, circa 1840-1860. Disegni cli Stefano Ales sulla base di originali del Museo Nazionale cli San Martino in Napoli, Collezione Savarese. Lamierino d'ottone stampato e lucidato. Dimensioni non rilevale (i due dettagli non sono in scala tra di loro).
A - 2° Reggimento Granatieri della Guardia Reale (il numero sulla bomba della granata intagliato a giorno).
B - Guardie del Corpo a Piedi (sulla bomba della granata figurano le grand i armi ciel Regno delle Due Sicilie).
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Diverse viste di uno shakot per ufficiali del 3° Reggimento Cacciatori della Guardia Reale, 1856-1861. (Collezione Privata, Napoli - foto G.B. 1980). S i tratta di uno shakot del modello 1856, ossia dell'ultimo tipo adottato dall'esercito borbonico, nella versione per la Guardia Reale. Il caratteristico fregio anteriore in lastra d'ottone dorato (mm. 120 x 90 ca.) identifica il 3° Reggimento Cacciatori. · Le dimensioni del copricapo lo avvicinano molto al modello 1860 francese. Altezza anteriore mm. 125; posteriore mm. 170; diametro superiore mm. 130; bordo inferiore di rinforzo in cuoio nero alto mm. 30. Il gallone dorato all'estremità superiore è del modello standard per ufficiali (mm. 21): lateralmente, sono cuciti due chevrons doppi (in effetti, un profilo nero separa ogni chevron in due settori) in gallone d'argento, di trama identica a quella del bordo (chevron interno largo mm. 10; esterno mm . 18). Ricordiamo che, per la truppa, il gallone superiore era di lana scarlatta e gli chevrons in filo di cotone bianco. La nappina lenticolare di lana verde che figura sull'esemplare (diametro anteriore mm . 45) è forse un accessorio g iornaliero in luogo del consueto pompone a doppia pa!La, come riscontrato su alcune fonti iconografiche. Lo shakot di tenuta giornaliera degli ufficiali dei due Reggimenti Granatjeri differiva da quello qui raffigurato solo per il colore della nappina (rosso in luogo di verde) e per l'uso della piastra a pelta (con numero reggimentale intagliato: " l " o "2") in luogo del fregio. Gli ufficiali del Reggimento Real Mqrina avevano egualmente uno shakot di modello simile, ma con galloni e chevrons dorati, nappina rossa e piastra a pelta con distintivo (ancora con gomena).
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A - B - Bandiera Reale del 2° Reggimento Granatieri della Guardia Reale, modello 27 Giugno 1860. Armeria Reale di Torino. Dimensioni non rilevate. A seguito del ripristino della Costituzione del 1848 - decretato il 25 Giugno 1860 e mal accolto dalle truppe, che si rifiutarono in più' casi di prestare giuramento - le bandiere mil itari napoletane vennero modificate con l'aggiunta ciel tricolore. Il tricolore, in effetti, era già apparso nel Regno delle Due S icilie appunto nel 1848: all'epoca, tuttavia, il verde ed il rosso circondavano concentricamente il campo centrale bianco con le armi dinastiche. Il 27 Giugno 1860, Francesco II diede disposizione di adottare il tricolore "mediante ... aggiunta di due fasce verti-
cali; verde l'una, rossa l'altra... ". Si esprimeva peraltro la certezza che, sotto le insegne modificate " ... in questa nuova fonna, dettata dalla sapienza governativa ... " l'esercito e la flotta avrebbero saputo dimostrare sempre più forti i sentimenti di fedeltà alla corona! Ad inevitabile imi tazione delle bandiere militari sabaude, nel campo centrale bianco figuravano (a colori naturali): al recto, le grandi armi del regno; al verso, l'emblema dell 'ordine Costantiniano. Come per le insegne bianche o cremisi tradizionali, sul bordo inferiore figurava la legenda reggimentale . C i sono pervenuti altri due esemplari di insegne tricolori: quello del Reggimento A1tiglieria Re (Armeria Reale di Torino) e quello del 15° Reggimento di Fanteria Messapia (Archivio di Stato di Napoli). Conformi alla medesima tipologia, questi cimeli mostrano livelli di fattura alquanto eterogenei, segno della relativa urgenza (e forse? .. . provvisorietà?!) con cui si era adempiuto al real decreto. Precisiamo peraltro che l'Armeria Reale di Torino conserva altre bandiere napoletane cli preda bellica (come l'esemplare qui raffigurato) ma del modello tradizionale: e quindi legittimo supporre che alcuni reparti si fossero presentati al Volturno con le vecchie insegne. D'altra parte, a Gaeta, i vessilli restarono bianchi .
C - Budriere da Portabandiera dei due Reggimenti Granatieri della Guardia Reale, 18501861. Armeria Reale di Torino. Dimensioni non rilevate. Di panno scarlatto con galloni e guarnizioni in fi lo d'argento, i buclrieri della Guardia Reale sono più ricchi di quelli della Linea, privi di ricami fogliacei.
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A - Bandiera Reale (recto) del 1 ° Reggimento Granatieri della Guardia Reale, circa 18401859. Armeria Reale di Torino. (Foto tratte dal numero unico "Bandiere in Piemonte" di P.E. FicJra edito dal Centro Studi dell' Accatlemia tli san Marciano, Torino, 1971). Dimensioni: mm. 950 X 990. Si lrntta del tradizionale modello borbonico per le unità della Guardia (in seta, recante al centro le grandi armi del Regno ricamate, in basso la legenda "I°R.TO DEL.A GUAR.A GRA."). Tale insegna si caratterizzava da quelle della Linea per il fondo cremisi che riprendeva il colore dinastico, appannaggio delle sole unità della Guardia Reale e della Casa Militare del Re sin dal XVIII sec. La bandiera reca le cravatte tricolori: difficile tuttavia affermare se si tratti di quelle ricevute nel 1848 ovvero cli quelle distribuite il 27 Giugno 1860. Non si può in effetti escludere che il 1° Reggimento della Guardia - nonostante l' adozione generalizzata del tricolore - abbia mantenuto (o forse ripristinato, nel corso dell'ultima campagna) il vessillo tradizionale in luogo di quello costituzionale, particolarmente inviso alla truppa lealista. L'uso delle sole cravatte tricolori sarebbe stato in tal caso una soluzione di compromesso per non acuire la crisi politica già innescata in seno all'esercito all'atto del g iuramento costituzionale. Da notai-e inoltre la foggia arcaica dello scudo araldico, cbe riprendeva la forma barocca del XVIII sec. in luogo di quella ovale, più moderna, utilizzata per i vessill i delle unità della Linea. Asta e freccia - quest' ultima in bronzo dorato ed inciso: vedi dettagli A/1 - sono d'origine.
B - Bandiera Reale (recto e verso) del 3° Reggimento Fanteria della Guardia Reale (Cacciatori), modello 27 Giugno 1860. Armeria Reale d i Torino. (Op.cit.) Dimensioni: mm. 870 X l.050. Rinviamo alla tavola precedente per l'inquadramento storico del modello tricolore. Rispetto alle analoghe tipologie sabaude, il campo bianco appare preponderante rispetto ai pali di colore. Seta ricamata (la croce dell'Ordine Costantiniano appare rovesciata per errore; in basso la legenda "3.0 R.DEL.GUAR.CAC."). Cravatte tricolori. Freccia d'origine (vedi dettaglio B/1).
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Immagini dei recto di insegne dei Corpi di Fanteria della Guardia Reale.
A - 1° Reggimento della Guardia Granatieri. Fondo di panno rosso scuro con gallone esterno ed applicazioni in ricamo di lana gialla. Dimensioni non rilevate. Museo Storico dei Granatieri, Roma (foto SME 1984)
B - 3° Reggimento della Guardia Cacciatori. Fondo di panno rosso scarlatto con gallone esterno ed applicazioni in ricamo di lana giallo-oro. Dimensioni: mm. 530 x 530. Armeria Reale di Torino (tratto dal numero un ico "Bandiere in Piemonte" di P.E. Fiora edito dal Centro Studi dell 'Accademia di San Marciano, Torino 1971). Si tratta all'evidenza dì insegne destinate all'inquadramento dei battaglioni, da innestarsi nelle canne dei fucili. Malgrado la tipologia comune, la loro identificazione è peraltro incerta. In effetti, rispetto alle Guide Generali Serrafila già presentate, esse differiscono per quattro caratteristiche essenziali: - il formato, quadrato e non rettangolare; - la fattura, di gran lunga pii:1 accurata (i fregi sono ricamati e non ritagliati nel panno); - l'assenza <li legende con la denominazione del reparto; - recto e verso identici. In via d'ipotesi, potrebbero forse trattarsi dì Banderuole di Manovra, insegne di norma destinate a sostituire le Bandiere Reali nelle occasioni d'esercizio. Le loro dimensioni tuttavia le ricollegano più alle Guide Generali Serrafila che alle Banderuole di Manovra (i cui soli esemplari conosciuti misurano all'incirca 90 cm., ossia quasi quanto le Bandiere Reali). D' altra parte, anche l'assenza di legende reggimentali non corri sponde a q uatito riscontrato nelle Banderuole di Manovra, i cui recto differiscono inoltre dai verso. Considerando che le Guide Generali Serrqfila erano assegnate alle sole compagnie di destra e di sinistra, resta - per esclusione - l'ipotesi che gli esemplari in questione siano delle insegne per le compagnie del centro. Nessun dato documentale o reperto conferma tuttavia questa possibilità.
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Immagini dei recto delle Guide Generali serrafile dei Corpi di fanteria della Guardia Reale. Museo Nazionale di San Martino, Napoli. Dimensioni non ril evate.
A - 2° Reggimento della Guardia Granatieri. (Altro esemplare rosso; galloni, fregi e legenda bianchi.)·
B - 3° Reggimento della Guardia Cacciatori.
C - Battaglione Tiragliatori della Guardia Reale. (Altro esemplare verde; galloni, fregi e legenda bianchi.)
D - Dettaglio, Reggimento Real Marina. (Altro esemplare rosso; galloni, fregi e legenda bianchi.) Al verso, le insegne sopra indicate mostrano il colore di fondo, con gallone sul bordo, ed al centro la legenda Guide Generali. Si tratta delle insegne d' inquadramento dei battaglioni, mediante riferimento alla posizione sul terreno delle al i e del centro. Nei reggimenti della L inea, l'allineamento era dato delle compagn ie scelte (Granatieri e Cacciatori; riteniamo che l'inquadramento del centro - ossia le compagnie fucilieri fosse affidato alle banderuole di manovra). Le Guide Generali esistevano tuttavia anche nel le unità sprovviste di compagnie scelte, come qllelle della Guardia Reale, per defin izione interamente d 'élite. L' uso dei guidoni d'inquadramento nell'esercito borbonico rimontava all'ultimo quarto del XVIll secolo: i caporal i dell e compagnie di sinistra davano l'allineamento in campagna con un guidone bianco, e quelli del le compagnie di destra mediante un guidone rosso. Tali guidoni - come più tardi le Guide Generali serrafila - venivano portati mediante un asta infilata nelle canne dei fucili dei sottufficiali. Manchiamo tuttavia di una regolamentazione precisa in merito. I dati forni ti dal Regolamento della Guardia d' interna Sicurezza di Napoli ciel 20 Maggio 1835 possono infatti solo parzialmente riferirsi alle altre unità. La foggia indicata dal citato regolamento è quadrata, con una mi sura per ogni lato di 1 piede e 6 pollici (mm. 487). Presso il Museo Nazionale di San Martino in Napoli esiste tuttavia u,,a vastissima collezione di Guide Generali( .. .di dimensione rettangolare! ). La raccolta - purtroppo solo in mini ma parte conosciuta, essendo stata definitivamente inserita nei Depositi del Museo verso la metà degli mmi sellanta - meriterebbe uno studio approfondito che, c i auguriamo, le competenti autorità vorranno promuovere e sostenere.
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A - Sciabola per ufficiali subalternj dei corpi a piedi introdotta dall'Ordine del giorno del 10 Aprile 1829. Esemplare tratto dal Catalogo di Giugno I993 della "Galerie Fischer" di Lucerna (ri r. 11. 86] 8). Folu genLilmenle Lrasmessaci dal Sig. Jurg Meier. Dimensioni non rilevate. Si tratta dell' arma attribuita dal citato Reale Ordine agli ufficiali subaltern i dei corpi di Fanteria (Ljnea e Guard ia reale) , nazionale ed estera, dell'Artiglieria e dei Zappatori. È uno dei modelli senza dubbio più originali della produzione napoletana, rimasto in uso nelle dotazioni dell'ufficialità sino al 1861. Impugnatura in corno marrone scu ro (o nero), metà zigrinata, metà liscia. Fornimento in ottone con cappetta lunga con estremità a testa di mostro mmino e bottone a vite lavoralo. Guardia monoelsa (a staffa). Oreccchiette laterali per il fissaggio del fodero.
B - C - Dettagli del fornimento di una sciabola per ufficiali subalterni dei corpi a piedi derivata dal mod. 1829. Esemplare di Collezione Privata, Roma (foto M.F. 1995). Il fornimento appare in effetti come un connubio tra la tipologia napoletana del mod. 1829 e quella francese del modello 1821 per ufficiali di fante1ia. Le viste dal basso permettono di osservare i ram i della guardia, assenti nel modello napoletano d ' ori.g ine.
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Sciabola per ufficiali subalterni dei corpi a piedi derivata dal 1829. Esemplme di Collezione Privata, Roma (Foto M .F. 1995). Si tratta deUa 6pologia mista tra il modello 1829 napoletano ed il 1uuùellu 1821 francese già presentato in precedenza. L' arma appare su alcune foto ed incisioni d'epoca, indifferentemente per ufficiali della Guardia e della Linea. Impugnatura in corno marrone con spire di filo d' ottone ritorto. Fornimento in ottone con cappetta lunga con estremità a testa cli mostro marino e bottone a vite lavorato. Guardia monoelsa (a staffa) nella parte alta con due rami all'altezza del bordo inferiore; decorata a fiorami e traforata. Lunghezza totale (senza fodero) nun. 933; lunghezza della lama mm. 797; larghezza al tallone mm. 37; spessore al tallone mm. 0,8. Lama curva ad un filo con grande sguscio e falso filo; nel primo terzo decorazioni a fiorami. Fodero in cuoio nero (nm1. 798) con puntale e cappa in ottone eforato. Sull'arma figura una dragona in cuoio nero di bassa tenuta (la frangia del fiocco è assente) .
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Spada, verosimilmente per uniforme giornaliera o tenuta da società, attribuibile ad un ufficiaJe dei Granatieri della Guardia Reale, 1840-1861. Collezione Privata, Roma (foto M .F. 1985). Tullo il forni_111e11lo t i11 bronzo cesellato e dorato. Impugnatura in osso nero r igata. Cappetta corta con pomo a capitello inclinato sull'avanti; guardamano ad un solo archetto d'unione; coccia ellittica fissa, caricata di un trofeo di quattro bandiere incrociate (due per lato) con granata fiammeggiante. La lama, con forti decorazioni in acido sui primi due terzi, è dritta ad un solo filo e grande sguscio con falso filo; marcata sul tallone, in corsivo:
LABRUl'lA NAPOLI 1843 Sul lato destro, in un grande cartiglio a medaglione dalle estremità ovali, figura la scritta in corsivo:
NE ME TIREZ PAS SANS RAISON NE ME REMETTEZ PAS SANS HONNEUR Lunghezza totale (senza fodero) mm. 970; lunghezza della lama mm. 823; larghezza al tallone mm. IO; spessore al tallone mm. 0,6. Fodero in pelle nera (lunghezza mm. 823) con cappa e puntale in ottone eforato.
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Altre viste e dettagli della spada per ufficiali, attribuibile alla Guardia Reale, 1830-1861. Collezione P1ivata, Roma (foto M.F. 1995).
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A - Ricostruzione dell'equipaggiamento individuale per la truppa (da soldato a Primo Sergente) dei Reggimenti di fanteria della Guardia Reale, 1838-1852 (da originali presso il Museo Nazionale di San Martino in Napoli). Si tratta in effetti della stessa dotazione delle compagnie scelte della Linea, fatto salvo l'uso dei fregi di specialità sul coperchio delle giberne: granata (1 ° e 2° Reggimento), cornetta (3° Reggimento), ancora con gomena (Real Marina). Il budriere porta-sciabola e baionetta e la bandoliera della giberna erano in cuoio di bufalo imbiancato e sviluppavano una lunghezza di circa 140 cm. su una larghezza di cm. 6. L'aggancio tanto della sciabola che della baionetta negli appositi alloggiamenti del budriere si effettuava mediante fibbie in ferro e cinghiette di cuoio bianco. La bretella del cofano della giberna si fissava ad un bottone posto sul budriere porta-sciabola per rendere solidali i due accessori e stabilizzare l'insieme sul retro. La giberna misurava mm. 70 x 135 x 110 al cofano, con una patta di chiusura di mm . 237 x 255. A partire dal 1852, in correlazione con la distribuzione delle armi «ridotte» da pietra a percussione, vennero distribuiti dei borsetti porta-capsula in pelle con fodera interna cli vitello con pelo e bottone cli chiusura de1la pattiqa; un passante posteriore (presiglia) assicurava lo scorrimento del borsetto lungo la bandoliera della giberna (dal retro destro sino al petto).
B - C - Fregi in/ ottone da coperchio di giberna, rispettivamente: Cacciatori (mm. 50 x 75); Granatieri (mm. 80 x 56). Da originali del Museo Nazionale di San Martino in Napoli.
D - E - Cuoiami per baionetta e sciabola di fanteria. I foderi erano ambedue in cuoio nero bo11ito (detto sola): cappa e puntale in ottone per la sciabola; puntale in ferro per la baionetta. Le dragone erano in bufalo bianco per tutti e quattro i reggimenti . Variava invece il colore della rosetta di lana della sciabola: rossa per Granatieri e Real Marina; verde per i Cacciatori.
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Sciabola di Fanteria, in uso - tra l'altro - nei Reggimenti fanteria della Guardia Reale, 1830-1861.
A - Esemplare dei Musei e Gallerie Pontificie, M useo Storico, inv. 28787 (foto SME da Catalogo della mostra "Dagli Eserciti Preunitari all'Esercito Italiano", Roma 1984). Lunghezza totale dell'arma senza fodero: mm. 735. La lama po1ta sul tallone il marchio a toppa della Reale Manifattma con la data di costruzione "1841" : dimensioni mm. 595 x 35; fodero mm. 642; peso gr. l.050. Il fodero appare peraltro atipico nel sistema di attacco al budriere (bottone d'ottone anziché passante metallico con cinghietta di cuoio) e nel puntale, coperto dal cuoio invece di essere esterno.
B - Dettaglio del fornimento in ottone (mm. 140) di un esemplare di Collezione Privata. Materiale gentilmente trasmessoci dal Dott. Silvio Cimino. L'esemplare è marcato con l'anno di costruzione " 185 1". Sull'elsa compaiono i punzoni dell'unità di appanenenza: 15(quindicesimo) R(eggimento) - 1(prima compagnia) G(ranatieri) - 12(nurnero cli fila ciel granatiere).
C - Dettaglio della sciabola con rispettivo fodero e della lama tratto da una tavola della «Nomenclatura . delle armi portatili» (Napoli 1839). L'arma derivava dal Sabre d 'ùfanterie modèle 7816 francese. Secondo il citato specchio "Armi di cui va fornito, in atto, ogni individuo di truppa ... " del "Manuale ... " del Cap. Campanelli (1852), erano armati della sciabola di fante1ia: - i sottufficiali (da P1imo Sergente a Caporale), i Tamburi e le Trombe delle compagnie granatieri, cacciatori e fucilieri ; - i soldati delle compagnie granatieri e cacciatori (quindi tutta la truppa dei Reggimenti cli Fanteria della Guardia Reale, Real Marina» incluso - N.d.A.); - i sottufficiali di Stato Minore: Primo Sergente Foriere, Primo Sergente Prevosto, Caporal 1àrnburo, Maestro Armiere, Capo-Sarto, Capo-Calzolajo ; - gli individui cli Piccola Musica: Gran Cassa, Cassa Rullante, Piattino e Cappelletto; Peraltro, anche il Tamburo Maggiore, i Professori di Musica (Musicanti) e gli Apprendisti avrebbero dovuto essere armati della eletta sciabola: " .. .ma invece per maJ<gior lusso dei Cmpi... ", si provvedeva all'acquisto di armi çi.anche speciali.
D - Baionetta di fanteria da 15 pollici nominali (e dettaglio della ghiera) con relativo fodero secondo la tavola della citata "Nomenclatura ..." del 1839.
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GUARDIA REALE Nel periodo in esame, l'arma di base dei Reggimenti cli fanteria della Guardia Reale fu il fucile con canna eia 38 pollici, che armava in generale tutte le compagnie scelte dei corpi a piedi. Va tuttavia ricordato che un Reale Ordine del 7 Ottobre 1853 stabilì l'attribuzione cli 20 carabine rigate per ogn i compagnia ciel 3° Reggimento (Cacciatori). Il Regolamento " ...per la modificazione della forza organica cli alcuni Corpi ciel Real Esercito" del 7 Gennaio 1856 ribadiva all'art. 41 che "ll Reggimento Cacciatori della Ciuardia nel versare nella sala d 'armi di Capua le armi della 14a compagnia e quelle dei 140 soldati della JJa riterrà le carabine, versando invece un numero eguale di.fucili". Sino ad oggi, tmtavia, non sono stati ritrovati esemplari cli carabine con marcl1i o punzoni ciel 3° Rgt.o della Guardia: ignoriamo pertanto di quale tipo d' am1a si sia trattato (se, cioè, a stelo od a maschietto) semmai tale dotazione ebbe effettivamente luogo.
A - B - C - Tipologia essenziale dei fucili da 38 pollici (lunghezza della canna, ossia mm. 1.028; calibro mm. 17,5) in uso nei Reggimenti di fanteria della Guardia Reale, 1830-1861. Materiale gentilmente trasmessoci dal Dott. Silvio Cimino. A: a pietra focaia, canna liscia, mirino sul bocchino, contropiastra in ottone a "S"; B: trasformato a perc ussione, canna liscia, mirino in acciaio saldato sulla volata, contropiastra in ottone a "S"; C : a perc ussione, can11a liscia, tacca cli mira fissa sul codolo, contropiastra a rondella tJiangolare in ferro. Si tratta dell' arma lunga cli base delle compagnie scelte (granatieri e cacciatori) della Linea e dei reparti della Guardia Reale, in dotazione dai Secondi Sergenti sino alla truppa. I Granatieri si distinguevano tuttavia per l'uso della baionetta da 18 pollici a doppia schiena in luogo cli quella eia 15 pollici dei Cacciatori. / Il calcio (più spesso in faggio o in noce) disponeva cli un incavo salva guancia sul lato sinistro. Tutti i forn irnenti (fascette, bocchino, scucio, guardamano e calciolo) erano in ottone. Bretella alta. B acchetta in acciaio con testa a pera. Peso: 4,5 kg. circa (a seconda dei modelli). Le munizioni consistevano in palle sferiche eia 20 a libbra (25 gr.) con diametro di 7 linee e 1 punto (mm. 1.6). È peraltro accettato che, a partire dal 1858/59, furono distribuiti anche degli esemplari cli fucili a percussione con canna rigata (4 righe destrorse) con alzo a cursore tarato eia 200 a 700 metri e bacchetta ad alloggiamento ogivale (per palla cil indrico-ogivale ad espansione). D'altra parte, degli esemplari a canna rigata con alzo a c ursore, mà con meccanismo cl' accensione trasformato da pietJ·a, erano già in distribuzione posteriormente al 1852 (vedi infra Linea).
D - Vista totale e dettaglio del manicotto a ghiera con braccio della baionetta per fucile da Granatieri: lama a doppia scn.iena (quattro spigoli); lunghezza 18 pollici (mm. 487); esempio di punzoni sul braccio e sul tallone.
E - Vista totale e dettaglio del manicotto a ghiera con braccio della baionetta per fucile da Cacciatori: lama a tre spigoli; lunghezza 15 pollici nominali (mm. 406).
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Meccanismi di accensione di fabbricazione napoletana, montati sui fucili da 38 e da 40 pollici. Materiale gentilmente trasmessoci dal Dott. Si lvio Cimino.
A - Durante il decennio murattiano vennero costruite a Napoli piastre francesi del mod. 1777 modificate anno IX. Negli anni successivi la Restaurazione, tuttav ia, la piastra a pietra focaia fu
migliorata sia in virtù di modifiche strutturali (maggior d imensionamento della briglia della noce ciel cane, delle viti di blocco, altre infinitesime variazioni nel disegno) che dell'adozione d i material i di eccellente qualità (in particolare, gli acciai usati per la costruzione grazie ai processi di cementazione e tempra). Le dimensioni della piastra sono: lunghezza mm. 160; larghezza mm. 32 (al p1incipio dell'incavo del focone); spessore mm. 4,5; lunghezza del cane mm. 83 (al fusto); scodellino in ottone. Alcuni marchi rilevati su un esemplare: all'esterno quello dell a Man ifattura Reale d i Napoli; all' interno quello della data dell'anno di fabbricazione ed altri punzoni di controllo.
B - Con l' adozione della percussione, verso il 1843, si procedette alla trasformazione (riduzio-
ne) delle piastre da pietra afulniinante. Le prime trasformazioni seguirono il modello jìwicese con un portaluminello a pallina avvitato e brasato alla canna. / Venne in seguito adottato un portaluminello molto più massiccio e robusto, saldato ad ottone, che strabordava sulla piastra: fu quindi necessario piallarne il lato superiore che assunse in prossimità del cane una forma a gradino tipica della trasformazione d i secondo modello o alla napoletana qui raffigurata. Il nuovo cane era lungo mm. 90. Le al tre d imensioni corrispondevano ovviamente a q uelle dei meccanismi mod ificati. Oltre alla marcatura della Manifattura, si evidenziano all'interno i marchi di trasformazione (in questo caso la "A" coronata).
C - A partire dal 1845 vennero d isegnate e sperimentate le prime piastre a molla indietro, espressamente destinate ai fucili a percussione. Le dimenstoni sono: lunghezza mm. 135; larghezza max . mm . 35; spessore mm . 4,5; cane lungo mm. 85.
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A - B - Tipologia essenziale del moschetto da 28 pollici (lunghezza della canna, ossia mm. 758; calibro mm. 17,1) per Guastatori, Trombe e Pifferi in uso nei Reggimenti di fanteria della Guardia Reale, 1830-1861. Materiale gentilmente trasmessoci dal Dott. Silvio Cimino. A: a pietra focaia (piastra lunga mm. 145), canna liscia, mirino sul bocchino, contropiastra a "S";
B: trasformato a percussione, canna liscia, mirino sul bocchino, contropiastra a "S". Sulla base del dettaglio "Armi di cui va fornito, in atto, ogni individuo di truppa, appartenente ad un reggimento di fanteria ... " (Manuale del Cap. C. Campanelli, Napoli 1852) apprendiamo che quest'arma era distribuita ad ogni Guastatore, Caporal Guastatore e Tromba di fanteria. Le fonti iconografiche attribuiscono lo stesso moschetto anche ai Pifferi dei Reggimenti Granatieri della Guardia Reale. Tutti i fornirnenti dell'arma (fascette, bocchino, calciolo, contropiastra, scudo e guardamano) erano in ottone; bacchetta in acciaio con testa a chiodo; bretella alta; peso 3,5 kg. circa.
C - Baionetta da 20 pollici per moschetto con canna da 28 pollici. Dettaglio della stessa, con fodero, come illustrata nell'Ordinanza per le truppe di Cavalleria ... del 1843. Lunghezza mm. 541; lama a tre spigoli. Fodero in cuoio nero con puntale io ottone. /
D - Profilo della daga con lama a sega per Guastatori, 1830-1861. Il caratteristico fornimento in ottone (mm. 150) non aveva subito modificazioni dal lontano 1789. Lunghezza totale dell'arma senza fodero mm. 750; fodero in cuoio nero con puntale in ottone.
E - Dettaglio del fornimento di una daga da Guastatori di Collezione Privata, Roma (foto Cimino, 1975). Si tratta di un esemplare recuperato dalla Guardia Nazionale dopo l'UnitĂ , come rivelato dalla croce sabauda impressa sulla crociera e dalla lama di modello non originale.
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A - Ricostruzione del cinturone per ufficiali del Battaglione Tiragiiatori della Guardia Reale, 1856-1861. Sulla base delle fonti fotografiche e iconografiche d'epoca. Ispirato alle tipologie francesi del rnod. 1845, tale cinturone appare in varie foto ed illustrazioni d'epoca come l'equipaggiamento di base degli ufficiali Tiragliatori, tanto in gran tenuta che in campagna. Tutti i fornimenti sono in ottone. Dalla struttura della fibbia (vedi B) possiamo desumere una larghezza di 50 mm.
B - Fibbia per ufficiali del Battaglione Tiragliatori della Guardia Reale, 1856-1861. Esemplare del Museo nazionale di San Martino in Napoli (foto M.F. 1975). In ottone clorato, con passante e aggancio all' interno, misura mm. 60 x 55, con una curvatura di circa mm. 5. Il freg io è saldato sulla piastra di base.
C - Sciabola per ufficiali del Battaglione Tiragliatori della Guardia Reale e dei Battaglioni Cacciatori, 1850-1861. Esemplare cli Collezione Privata (immagini gentilmente trasmesseci dal Dott. Silvio Cimino). Dimensioni non lilevate. Frequentemente raffigurata dall ' iconografia dell'epoca, la sciabola è quasi certamente del modello "per Ujfiziali del 13° Battaglione Cacciatori" (Svizzero) citato dallo "Specchio delle principali dimensioni delle armi portabili già in uso per l'esercito del cessato Governo delle Due Sicilie" de11'8 Febbraio 1861 ("Giornale cl' Artiglieria", Direzione Generale Armi Speciali). L'arma deriva in effetti dal modello 1845 francese per ufficiali di fanteria: appare dunque verosimile che la sua introduzione a Napol i si ricollegasse in origine ai corpi elvetici. Sul primo terzo della lama, parallelamente al filo, figura il marchio "Napoli Labruna ". Guardia in ottone dorato, decorata a fiorami e traforata. Impugnatura in corno marrone con spire di filo cl' ottone. Cappetta corta, bottone a vite lavorato. Lama curva, ad un solo filo e grande sguscio con falso filo; decorazioni in acido a fiorami (la saetta di curvatura appare nell' esemplare più forte rispetto alla tipologia di base con lama quasi dritta). Fodero mancante. Secondo le fonti iconografiche, gli ufficiali subalterni utilizzavano foderi in pelle nera, con cappa, fascetta e puntale in ottone dorato ; gli ufficiali superiori, foderi in lamiera.
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Carabina da Cacciatori mod. 1850 da 32 ponici (lunghezza della canna, ossia mm. 866; calibro mm. 17,5) in uso presso il Battaglione Tiragliatori della Guardia reale, 1856-1861. Materiale gentilmente trasmesso dal Dott. Silvio Cimino.
A - Profilo generale dell'arma. Si tratta della carabina con carnera a maschietto (sistema Delvigne) che fu distribuita ai Battaglioni Cacciatori a partire dal 1850 dopo la fornitura iniziale di alcuni esemplari del mod.1848/49 a stelo. Essa utilizzava una palla cilindrico-ogivale di tipo Miniè, dotata alla base di un tassello di espansione. La sciabola-baionetta era del tipo con lama a yatagan. La canna era rigata (4 righe, destrorse) con alzo a ritto e cursore tarato tra 200 e 1.000 m. Bocchino, fascetta, ponticello e piastrina della maglietta posteriore sono in ottone, mentre gli altri fornimenti sono in ferro. Bacchetta con battipalla a tulipano con incavo anteriore e forato. Cursore per l'innesto della sciabola-baionetta. Cassa in noce con incavo poggia-guancia sul lato sinistro ciel calcio. Peso totale dell'arma kg. 4,5 circa, a seconda degli esemplari.
B - Esemplare di piastra da carabina, lunga mm. 135, con acciarino a molla indietro. /
C - Esempio di punzone rilevato sul calciolo di un esemplare del Battaglione Tiragliatori: B(attaglione) T(iragliatori) G(uardia) - 5(quinta) C(ompagnia) - N.70 (numero di fila del Tiragliatore).
D - Esempi di punzoni rilevati sulla canna di un esemplare del Battaglione Tiragliatori. Stando alla M inisteriale del 25 Gennaio 1856 n.25, i Tiragliatori ricevettero dalla Sala cl' Armi cli Capua solo carabine con canna costruita secondo ĂŹl metodo eletto a tortiglione, piĂš costoso ed impegnativo.
E - Profilo di una sciabola-baionetta con lama a yatagan per carabina. Fornimento in ottone con crociera in acciaio ed incastro a mol la in acciaio sul lato destro. Lunghezza totale dell'arma mm. 695, con lama in acciaio temperato da 21 pollici nominali (mm. 573). Derivata dal modello francese 1842, l'arma napoletana differiva per il fodero, in cuoio nero con cappa e puntale in ottone, anzichĂŠ interamente di lamiera.
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Soldato ed Ufficiale Subalterno del 1° Reggimento Cavalleggieri della Guardia Reale in tenuta "per esercizi al Campo", autunno 1830. La datazione ci riporta alle prime settimane d i regno di Ferdinando II. Le nniformi illustrate sono quelle prescritte dagli Ordini del Comando Generale di Napoli (A.S.N.Sez. Guem1 e Marina, vol. 4°) per le manovre da tenersi in quel periodo al Campo di Marte (oggi Capodichino). Allo stesso tempo pratiche ed eleganti, queste autentiche tenute da campagna ci restituiscono un ' immagine operativa delle brillanti unità montate della Guardia ancora influenzata dalla moda del tardo periodo napoleonico. L' ampio cappotto a pellegrina, confezionato in panno di lana grezza, entrò infaui nelle dotazioni della cavalleria napoletana sul finire del XVIII secolo. Il taglio e la fattura non avevano peraltro subito particolari modifiche rispetto alle origini: le dimensioni del capo - da indossarsi in caso di temperatura rigida o di tempo piovoso - dovevano assicurare adeguata protezione tanto al soldato che al cavallo. Notiamo che i pantaloni grigi da campagna e giornalieri - di ispirazione austriaca - furono sostiniiti da altri di color b igio-celeste agli ini zi degli anni trenta. 11 Cavalleggero è (tra l'altro) armato del moschettone con canna lunga 22 pollici, derivato anch'esso dalle tipologie francesi del periodo napoleonico. Proprio in questa versione, ossia con sistema di accensione a pietra focaia, l'arnia rimase in uso nel reparto - divenuto Ussari a partire dal 1838-sino alla fine degli anni q uaranta, subendo nel seguito la consueta tra~formazione a percussione. L' L111iforme dell'ufficiale rivela il sovrapporsi cli differenti modelli ispirativi , fenomeno tipico dell'uniforme napoletana tra la fine degli anni venti e l'inizio degli anni. trenta. Il dolman di tenuta giornaliera - come quello scarlatto della gran tenuta - si ispirava infatti ai modelli britannici per Ussari (Cfr Dress Regulation del 1822): taglio generale, forma delle bottoniere, foggia dei ricami e passamanerie, uso del colore distintivo al colletto, etc. Taluni accessori si rifacevano però alla moda austriaca: forma dello shakot, tipo d'incerata, foggia della voluminosa nappina con cifre reali , pantaloni grigio-nocciola. L'uso del giirlel sulla tenuta di campagna - senza dubbio sorprendente - è conforme alla prescrizione dell'Ordine di servizio . L'arnia bianca dei Cavalleggieri - tanto per gli ufficiali che per la truppa - era la sciabola del mod. 1796 inglese per cavalleria leggera, con fomimenti in ferro. Si trattava in origine di forniture britanniche d'importazione, iniziate forse sin eia! periodo siciliano (i marchi dei fabbricanti accanto ai punzoni dei reparti ne fanno fede). Durante gli anni venti , tuttavia, se ne iniziò la costruzione di retta a Napoli da parte della Real Fabbrica (alcuni esemplari dimostrano che la produzione si protrasse almeno sino alla metù degli anni cinquanta). TI modello venne infatti mantenuto per Ja truppa anche dopo il 1838 e l' adozione di uniformi di tipo francese. Dall'esame delle sciabole consegnate, con altri material i, nel 1860 alle autorità pontificie da parte del Corpo del Gen. Ruggeri - armi in parte conservate presso il Museo Storico del Vaticano appare anzi che le prime forniture britanniche (con i punzoni originali dei Cavalleggieri!) erano ancora in uso a quella data. Per gli ufficiali, invece, la tipologia cli base venne con il tempo arricchendosi d i varianti più o meno fuori ordinanza. Egualmente caratteristica della specialità (e di questi anni di transizione) è la sabretache. Tanto la forma - tozza, con patta sagomata a blasone - che le cifre "G.R ." - ispirate all'analogo monogramma reale britannico, ma nell'accezione "G(uardia) R(eale)" in uso a Napoli sin dal 1816/17 - attirano l'attenzione. Ambedue furono tuttavia modificate durante gli anni trenta: dapprima le cifre, sostituite dal più classico "F.R.", poi l'accessorio stesso, la cui forma si conformò ai nuovi modelli francesi.
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Secondo Sergente del 1° Reggimento Ussari in tenuta invernale d'istruzione a cavallo, 1844. La tavola si ispira ai figurini deU' "Ordinanza " di Cavalleria del 1843 ed alle poche nom1e regolamentari sulla composizione delle diverse tenute dei c01vi montati. La stessa uniforme, con la possibile aggiunta del giirtel, era utilizzata anche per le marce brevissùne. L'incerata sullo shakot - di rigore in tenuta di marcia - era peraltro prevista ogni qualvolta il tempo fosse piovoso (non bisogna infatti dimenticare che gli shakot avevano un fusto leggero di suola o cartone, ricoperto di panno fine colorato: ciò li rendeva estremamente fragili alle intemperie!). Per l'istruzione a p iedi, il copricapo era spesso sostituito dal bonnetto di quartiere e la sabretache veniva sganciata dal cinturone. Ricordiamo che lo shakot è del primo modello introdotto nel 1838, con fusto mollo alto e con visiera semi-circolare ed inclinata. Conformemente alle norme dei manuali d'istruzione, - trattandosi cli una marcia breve - il nostro sottufficiale indossa i capi da scuderia: ciò vuol dire che ha già provveduto a piegare e riporre nella sua valigia da sella gli effetti in cotone bigio da quartiere, con il bonnetto ed una camicia di ricambio. Il mantello, da indossarsi in ogni occasione di cattivo tempo o bassa temperatura, è piegato sull' arcione, ciò che vale tra l'altro una protezione ulteriore dall'umidità per le pistole infilate nelle fonde. La mantiglia (gualdrappa) di gran tenuta e ]a valigia al seguito contenente gli effetti di gran tenuta - sono state affidate ai carriaggi reggimentali che seguono le colonne in marcia. La sella all'inglese è quindi coperta dalla sola cavallerizza di montone, ornata dal caratteristico bordo a festone del colore distintivo (frappone).
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2° Reggimento Ussari
A - Trombettiere in tenuta di gala, 1848. Cerimonia religiosa, civile e militare insieme, 1'8 Settembre - "Natività di Maria Vergine" o, più comunemente, "Festa di Piedigrotta" - era senza dubbio u na delle celebrazioni più popolari nella Napoli Borbonica. Per il Real Esercito, 1'8 Settembre costituiva ogni anno un impegno particolare. Mobilitate sin dalle prime ore de] mattino, le truppe dell a Capitale e le guarnigioni affluite dalle Provinc ie animavano sino a sera inoltrata una spettacolare parata lungo le principali arterie di Napoli. La perfetta prestazione formale dei reparti costituiva insieme una manifestazione del prestigio reale d innanzi ai sudditi ... ed un discreto monito politico rivolto agli osservatori stran ieri presenti! Per antica tradizione, i sovran i napoletani amavano mostrare durante la Festa le più importanti novità militari. Fedele alle usanze, Ferdinando TI decise di presentare proprio in occasione della parata del 1838 il nuovo u.n~fonne all'ussaro della cavalleria della Guardia (cfr. R .O. 6949 del 3/9). La scelta di tale tenuta - nel pi ù perfetto stile Luigi Filippo - simbolizzava l 'abbandono dei modelli inglesi per la Guardia e 1' apertura alla moda francese, progressivamente adottata da tutto l' esercito. L'uniforme degli Ussari rimase pressocché invariata sino al 1860, fatti salvi le modifiche allo shakot e l' aggiornamento nei tagli. Per i trombettieri, si conoscono tuttavia talune varianti di gran tenuta. La versione qui raffigurata, tratta da una stampa di A loja della fine degli anni quaranta, rappresenta - a nostro avvi so - una tipologia cli base, modificata in occasione dei diversi rinnovi di forn itura. L'uso dei colori di livrea per le guarnizioni - esempio unico nella cavalleria napoletana, fatte salve le Guide dello Stato Maggiore - è fedele al modello francese.
B - Capitano in uniforme giornaliera con soprabito, 1859. li figurino presenta una tipica tenuta da mattino degli ufficiali di cavalleria. A parte il d istintivo al colletto, l' ufficiale degli Ussari si distingueva a colpo d'occhio dal caratteristico kepì, confezionato nei colori dell' unità ed ornato anteriormente del nodo ungherese con il numero reggimentale. Jl soprabito d'uniforme rnod. 1840 è del taglio di cavalleria: bottoniere disposte a scudo, falde accorciate ed assenza della tasca laterale e dei bottoncini di sostegno per la goliera. Per gli ufficiali dei corpi a cavallo, infatti, il distintivo di servizio (mai usato con il soprabito, contrariamente ai corpi a piedi) era la bandoliera co n giberna e non la goliera: di qui l' inuti lità dei bottoncini. I distintivi di grado sui paramani - simili a quelli da kepì - sono conformi alle disposizioni del 20 giugno 1859.
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Secondo Tenente del 1° Reggimento Ussari in tenuta da campagna, 1860. Raramente raffigurata dalle fonti coeve, l'uniforme per marce Lunghe degli ufficiali degli Ussari si componeva dell'elegante dolman di tenuta giornaliera abbinato ai semplici pantaloni bigi da campagna (in luogo dei più vistosi pantaloni di panno robbia di piccola tenuta) . Con 1'uniforme di marcia (o di rotta), lo shakot poteva essere rimpiazzato daJ più pratico kepl giornaliero. Moderna ed elegante, tale tenuta rivela un'immagine senza dubbio inusuale ma più quotidiana delle brillanti unità montate della Guardia. Il nostro personaggio, la cui posa è tratta da una foto d'epoca, sembra riecheggiare l'ultima strofa del malizioso ritornello militare borbonico per il quale "solo gli Ussari so' Signori!". Il colore di fondo dei dolman (tanto della grande che della piccola tenuta) era il cilestro bleu de ciel, secondo la coeva terminologia militare francese -, ottenuto in teoria mediante una precisa miscela di lane bleu e bianca (1ispettivamente 95% e 5% nel caso delle tipologie francesi adottate come modello dai napoletani). In realtà, sulla base delle fonti iconografiche in nostro possesso, avanziamo l'ipotesi che il colore dei dolman per ufficiali fosse influenzato dall'inevitabile.fuori ordinanza, potendo talvolta giungere a sfumature di celeste molto chiaro. Su lle maniche dei dolman (tanto di gran tenuta che giornaliero) erano applicati gl i speciali distintivi di grado previsti dalla Ministeriale della Guerra n.6949 del 1838, guarniti dal cmatteristico cordoncino detto a taralletta: sia il numero degli chevrons che la combinazione di galloni d'oro e d'argento identificavano i diversi gradi, da Portastendardo a Colonnello. Riteniamo che - come il copricapo - anche le buffetterie e la sabretache venissero talvolta protetti in campagna da fodere di incerata, anche se le diverse fonti iconografiche e documentarie non forniscono elementi di sorta.
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Ussari
A - Shakot, presumibilmente per sottufficiale Minore (o subalterno), 1856/58-1861. Museo Nazionale cl i San Martino in N apoli. Collc7,ione Savarcsc (foto SME 1983). Non disponiamo purtroppo di un corredo iconografico degno cli questo rari ssi mo copricapo. Peraltro. g ià ne l 198:'.l. il ci mel io appariva bisognoso di restauro (pulizia generale. conservazione del cuoi o. consunzione de l panno, v i siera quasi staccata dal fu sto. mancan za della nappin,1 e ciel piumetto di crini ). La for111a e le dimensioni datano il copricapo agli ultim i ann i di vita de l Regno. L"abbin a111ento de l gallone rica 1rn110 in argent o al cappio anteri ore di metal lo bianco/argentone. stampato ad imitazione de l cordo ncino a spiga. sembra suggeri rne l"attri buzione ad un sottuffi- ci ale cl i Stato Minore (A_jutantc Sottufficiale o Portastendardo) . In effetti . cli norma. la truppa ed i graduati avrebbero dovuto utilizzare passamanerie in cotone bianco e gli ufficiali in ri camo d i fi lo d'argento fino. A ltezze : anteriore mm. 138. posteriore mrn. 160. Imperi ale: circonfere nza rnm. 460. diametro 111111. 138. Gal lo ne: mrn. 30. Sul retro: copri nuca di cuoio nero alto mm. I 50: cappio di sostegno della foragg iera lungo mm . ..J.0 co n bo11one cl i llllll. 8. Coccarda. in lam ierino stampato dipinto di rosso: diametro 111111. 55: cappio l ungo mm. I 05 e largo 111111. 30 (iÌ metal lo stam pato imi ta sei clemen ti di cordoncin o in se mi- tondo). Il bollone del cappio ha un diametro d i 111111 . 20. Vis iera larga mm. 165 e profonda lllllì. 36. con bordi arrotondati. fodera inferiore nera. La carcassa dello shakot è in cartone beige con fodera di pelle nera solli le. Soggolo cl i cuo io nero largo lllnl. 20 fissalo al fusto mediante due stalle metalliche.
B - Piastra da sabretache del 1° Reggimento Ussari, 1838-1861. M useo Nazionale cl i San M artino in Napoli. Collezione Savarese (Tratto dal Catalogo del la Mostra ··oagli Eserc i ti Preu ni tari all"Eserci to Italiano··. Roma 1985 - foto SME). Lam ierino c1 ·011one stampato e l uci dato. Dimensio ni: mm. 140 x 150. Ispirata ai model11 t rancesi della R.estaurazione. la piastra veni va fi ssata sullo sportel lo del la sabretache di CLl'O io nero. così da permettere la lettura del nu mero intag liato. I l d isegno dell' accesso rio era unico per ufficiali e truppa .
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Ussari
Ricostruzione dell'equipaggiamento individuale per truppa e sottufficiali sino a Primo Sergente) dei Reggimenti Ussari della Guardia reale, 1838-1861. Sulla base dell'ordinanza di Cavalleria del 1843 e delle fonti iconografiche.
A - Cinturone con sabretache e dettaglio (A/1) della fibbia anteriore. Si tratta di accessori ispirati ai modelli francesi degli anni !Tenta, coerentemente alla tipologia uniformologica dell'unitĂ . Cuoio di bufalo imbiancato con sabretache di cuoio bollito nero; ornamento centrale della sabretache in ottone stampato; fibbie, passanti ed anelli in ottone.
B - Insieme composto dalla bandoliera con giberna, dal budriere porta-moschettone (rangona), dalla spilla netta-focone e dalla correggia per bacchetta del moschettone. Tutti i fornimenti sono in ottone dorato, salvo il congegno di aggancio del moschettone in acciaio. PiĂš che ai coevi modelli frances i per ussari, gli accessori sembrano ispirarsi ancora agli archetipi napo/ leonici.
C - Dettaglio del sistema di aggancio della giberna alla bandoliera e del retro della giberna, interamente confezionato in cuoio nero; anelli e bottoni di fissaggio in ottone.
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Equipaggiamento da ufficiali del 1 ° Reggimento Ussari della Guardia Reale, 1838-1861. Esemplari di Collezione Privata, Napoli (foto tratte dal volume "Francesco II di Borbone Immagini, documenti, testimonianze", Electa Napoli 1994). Si tratta cli rarissi.mi reperti, che riproduciamo per gentile concessione del proprietario.
A - Cinturone e sabretache; dettagli delle borchie laterali di raccordo (A/1) e delle fibbie delle bigliere (A/2). La struttura generale dell ' oggetto è simile a quella già presentata per la truppa. Gli effetti sono tuttavia confezionati in pelle nera di qualità fine, accuratamente impunturata, con metallerie dorate e finemente cesellate. Rispetto ai modelli francesi coevi, l' esemplare di sabretache napoletana differisce in particolare per iJ fatto di avere una patta interna modellata come quella esterna. Dimensioni della sabretache: lunghezza totale sviluppata 111111. 470 circa, di cui mm. 295 per la patta esterna, le cui larghezze sono di mm. 200 in alto e di mm. 270 aUa base inferiore; lo spessore alla piega delle due patte è di circa mm. 15. Piastrn della sabretache: mm. 140 x 150. Dimensioni del cinturino: larghezza mm. 40; diametro delle borchie leonine mm. 50; la borchia femmina della fibbia anteriore e la sottostante patta lobata di pelle sviluppano una lunghezza di mm. 190.
B - Bandoliera con giberna. Si tratta dello stesso accessorio già osservato in precedenza. Da notare la fodera di panno distintivo applicata alle estremità interne della bandoliera, più visibili. Tutti i forni menti sono in ottone dorato finemente inciso. Il trofeo anteriore manca delle due catenelle laterali. Per un'analisi dimensionale, rinviamo alle tavole precedenti.
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A - Caratteristiche del "Modello Inglese n.0 4" secondo lo "Specchio delle principali dimensioni delle armi portabili giĂ in uso per l'esercito del cessato Governo delle Due Sicilie" (dal "Giornale di Artiglieria" dell'8 Febbraio 1861, Direzione Generale Armi Speciali). BenchĂŠ non di origine borbonica, il citato documento riprende termini e parametri molto vicini a quelli ufficialmente in uso presso l'amministrazione napoletana. Per Modello Inglese si deve senza dubbio intendere la sciabola degli ussari, derivata dal mod. 1796 britannico per cavalleria leggera, ma probabilmente anche la consimile arma con guardia monoelsa in ferro della Compagnia a Cavallo di Artiglieria.
B - Vari fornimenti di sciabole, per truppa o ufficiali, appartenenti alla tipologia inglese, con relativi marchi.
C - Dragona in cuoio di bufalo imbiancato per truppa degli Ussari (con fiocco unito o sfrangiato). /
D - Dragona in seta nera e filato argento per Ufficiali degli Ussari.
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Vista totale con fodero e dettagli del fornimento della sciabola per Cavalleggeri e per Ussari della Guardia reale, 1830-1861. Esemplare di Collezione Privata, Roma (foto M.F., 1985). La tipologia britannica, introdotta durante il periodo siciliano, limase in uso anche dopo l'adozione di uniformi di modello francese (1838). Si trattava in origine di anni acquistate presso fornitori inglesi, come confermato dai marchi di taluni esemplari ancora in servizio nel 1860. A partire dagli anni venti, tuttavia, le manifatture reali ne avviarono la produzione a Napoli, protrattasi almeno sino al1a metĂ degli anni cinquanta. L' arma degli Ussari presenta una grande rnanegevolezza grazie ad un peso totale (senza fodero) inferiore a quello cli tutte le altre sciabole di cavalleria, in linea con le caratteristiche ordinative della specialitĂ . Lunghezza totale: senza fodero mm. 836+ 124 - con fodero mm. 880+ 124; lunghezza della lama: mm. 836; larghezza al tallone: mm. 58; spessore al tallone: mm. 10; peso: kg. 0,92 ca (senza fodero). Impugnatura in legno fasciato di cuoio nero. Fornimento in ferro con guardia monoelsa (a staffa), cappetta lunga con orecchiette di fissaggio a perni (taluni esemplari, tuttavia, mostrano l'uso anche di spire di filo ritorto). Orecchiette per il fissaggio del fodero. Lama curva e larga (jn prossimitĂ della punta mm. 42) ad un solo filo e grande sguscio con falso filo. Fodero in feno con bocchetta a vite.
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Sciabole per Ufficiali degli Ussari della Guardia Reale, 1835-1861. Benché appartenenti ad una tipologia comune - non dissimile da quella della truppa, ma influenzata anche da tipologie austriache - tali anni presentano un'ampia diversità di dimensioni, foggia, curvatura e decoro delle lame, ornamento e configurazione dei fornimenti. Le raccolte private ital iane - ed in specie quella di un noto studioso napoletano; la più importante nel settore borbonico - nonché i reperti dei musei pubblici offrono in effetti una tale varietà di esemplari da meritare un approfondimento monografico impossibile in questa sede.
A - Sciabola marcata "Labruna/Napoli/1837" dei Musei e Gallerie Pontificie. Museo Storico, inv. 28814 (tratta dal Catalogo della Mostra "Dagli Eserciti Preunitari all'Esercito Italiano", Roma 1985 - foto SME). Fornimento in ferro con guardia monoelsa (a staffa) e orecchiette di fissaggio al fodero; impugnatura in corno nero con spire di filo d'ottone. Lama curva ad un solo filo con grande sguscio centrale e falso filo, lavorata ad acido sul primo terzo. Lunghezza totale mm . 960; lunghezza della lama mm. 830; larghezza della lama al tallone mm . 30. Fodero in ferro con bocchetta a vita lungo mm. 870. Peso gr. 1.016.
B - Sciabola marcata "Labruna/Napoli/1855" del :Museo Nazionale di San Martino in Napoli. (Depositi foto Cimino 1975). Si tratta di un modello con lama molto curva all'orientale il cui asse rimane tuttavia solidale a quello della guardia. La lama, senza sguscio con un solo filo e falso filo, presenta una forte lavorazione sui primi due terzi. Lunghezza della sciabola mm. 790; lunghezza della lama mm. 660; larghezza della lama al tallone mm. 34. Fodero in ferro con bocchetta a vite lungo mm. 700.
C - D - Dettagli di fornimenti di sciabole appartenenti a collezioni private. Si noti, nel secondo esemplare, la forte curvatura della lama il cui innesto è angolato rispetto alla guardia, imponendo una fogg ia obliqua della bocchetta del fodero.
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GUARDIA REALE
Ussari
A - B - Moschettoni da 22 pollici (lunghezza della canna, ossia mm. 595; calibro mm. 17,1) per Cavalleggeri ed Ussari della Guardia Reale, 1830-1861. Materiale gentilmente trasmessoci dal Dott. Silvio Cimino. A : a pietra focaia (piastra lunga mm. 145), canna liscia, mirino in ferro sulla volata, contropiastra in ottone a "S"; B: trasformato a percussione, canna liscia, mirino in ferro sulla volata, contropiastra in ottone a "S". Sino alla seconda metĂ degli anni trenta, il moschettone aveva armato indifferentemente sia la Cavallelia di Linea che la Guardia. Con la creazione dei Dragoni e l'adozione del moschetto a cassa corta da 28 pollici, solo gli Ussari conservarono il moschettone, ad imitazione dell'analoga specialitĂ francese. Va tuttavia ricordato che i mediocri risultati dei moschettoni avevano spinto l'amministrazione francese ad armare anche gli ussari in campagna (Africa, Crimea ed Italia) di moschetti per dragoni . A Napoli, l'arma rimase formalmente in dotazione sino al 1861, anche se un acquerello di Aloja del 1856/58 mostra un Ussaro munito di moschetto da 28 pollici per Dragoni .... Fornimenti in ottone, saivo la fascetta, la guida e l'anello per la rangona in ferro (l'arma era infatti aggan~iata al budriere e sospesa sul lato destro). La bacchetta, in acciaio con testa a chiodo, era sospesa sulla sinistra ad una correggia di cuoio agganciata al portagiberna. Calcio in noce 'con incavo salva-guancia. Peso di kg. 2,8 circa.
C - Un moschettone da 22 pollici secondo l'ordinanza di Cavalleria del 1843.
D - Viste di un moschettone da 22 pollici nominali con piastra di epoca murattiana (marcata all'interno 1812). Museo Nazionale di Castel S.Angelo, Roma .(foto SME, 1984). Riteniamo che esemplari simili a quello raffigurato siano rimasti in usò, attraverso la Restaurazione, almeno sino agli anni trenta. Le viste permettono di osservare con precisione tanto il meccanismo a pietra focaia che il sistema della guida con anello. Le dimensioni differiscono lievemente dagli standard del periodo ferdinandeo: lunghezza totale mm. 960, canna da mm. 600 e calibro di .mm. n ,5. Ricordiamo tuttavia che anche taluni esemplari di s icura fabbricazione successiva presentano dimensioni variabili: lunghezza totale tra mm . 952 e 960, con calibro sino a 111111. 17,9 e lunghezza della canna di mm. 596.
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GUARDIA REALE
Ussari
Bandoliera con giberna per ufficiali degli Ussari della Guardia reale, 1838-1861. Originale del Museo Nazionale di San Martino in Napoli. La bandoliera sviluppa una lunghezza di circa un metro con una larghezza di mm. 60. Cuoio verniciato nero sulla faccia esterna e al naturale all'interno (un altro esemplare di collezione privata mostra una sottopannatura scarlatta all'interno). Tutti i fornimenti sono in ottone dorato; il fissaggio del trofeo anteriore era effettuato mediante linguette metalliche ribattute. La borchia con testa di leone era collegata allo scudetto mediante tre catenelle, una fissa centrale e due con spinette amovibili.
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GUARDIA REALE
Ussari
Dettagli della giberna e del trofeo di bandoliera per Ufficiale degli Ussari della Guardia Reale, 1838-1861.
A - Dettaglio dell'interno della giberna. Si noti, in particolare, il modo di fissaggio dei forni menti in ottone dorato sul coperchio. Esemplare del Museo di San Martino in Napoli.
B - Dettaglio del coperchio della giberna (mm. 155 x 90) con trofeo in ottone stampato e dorato. Esemplare di Collezione Privata, Napoli.
C - Dettaglio del trofeo anteriore della bandoliera (borchia a testa di leone: mm. 50 x 55 circa; scudetto con cifre reali: mm. 55 x 70 circa). L'esemplare, di Collezione Privata, manca delle due catenelle laterali confrecce amovibili.
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GUARDIE D'ONORE
Comandante degli Squadroni della Capitale, in tenuta di piccola gala invernale con cappotto, 1840. Il figurino, ispirato ad un ritrallo dell'epoca, mostrn il taglio dell'uniforme in uso sino alla metà degli anrù quaranta, quando la pettig/ia assunse la forma convessa già introdotta per altri corpi montati. L'uniforme raffigurata era la stessa prescritta per le udienze di S.M. e per le processioni e balli non di gran gala. L'ufficiaEtà delle Guardie d'Onore si componeva di Capi-Plotone genericamente assimilati ai subalterni di cavalleria - e di Capi-Squadrone (in 1a ed in 2a) parificati al grado di Capitano. Il vivo successo politico 1iscosso dalla creazione della specialità (maggio l 833) presso i molti galantuomini della Capitale e delle Provincie stesse permise in breve di aumentare il numero degli Squadroni sino a raggiungere il totale di 15 per le Provincie Citra Faro (continentali) e di 4 per le Provincie Ultra Faro (siciliane). Ciò consentì tra l'altro di affiancare allo Squadrone della Capitale un secondo Squadrone per la Provincia cli Terra di Lavoro (Casertano), ambedue inquadrati a partire dal 1835 da un unico Stato Maggiore e Stato Minore sotto il comando di un solo ufficiale superiore (che, al contempo, ricopriva il comando dello Squadrone di Terra di Lavoro). A nostra conoscenza, il citato ritratto è la sola raffigurazione di un ufficiale superiore delle Guardie d'Onore, identificabile dall'inusuale doppia anellata e dalle vaiie bacchette che ornano lo shakot. L' uso, sul copricapo, di tali distintivi di grado si conformava espressamente a quanto praticato dai Cavalleggeri della Guardia Reale sin dai primi anni della Restaurazione. L'origine di Lali distintivi (abbandonati dai Cavallegge1i - divenuti Ussari - a partire dal 1838) ci sembra indiscutibilmente murattiana, anche se un analogo ornainento è riscontrabile a partire dal 1815 presso gli ussari britannici (la cui uniforme influenzò profondamente quella dei Cavalleggeri). Lo shakot mantenne l'alta forma tronco-cilindrica sino agli inizi degli anni cinquanta, quando venne introdotto un modello nettamente più basso di forma tronco-conica (simile al mod. 1852 per gli Ussari). Va inoltre notato che il citato ritratto è la sola fonte che attribuisca ad un ufficiale delle Guardie d'Onore le bande in argento ai pantaloni (in luogo di quelle usuali di panno verde), pai-ticolarità da ricollegarsi forse al grado del personaggio. Tutti i capi dell'uniforme erano confezionati in castoro - (panno castorato) di Francia di Ja c1uulitù a pruova di limone, a garanzia della buona tenuta della tintura del panno. A differenza degli ufficiali degli altri corpi di cavalleria - eredi dei tradizionali mantelli bianchi a pellegrina - le Guardie d' Onore utilizzavano cappotti con pellegrina di panno verde, elegantemente guai·niti di fodere (a quarti) del colore distintivo (amaranto per Citra Faro e ce.leste per Ultra Faro).
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GUARDIE D'ONORE
A - Guardia d'Onore (Citra Faro) in tenuta invernale di marcia, 185:4, Il combinato disposto delle Circolari del Comando Supe1iore del 30 Settembre e del 28 Novembre 1846 fonÚsce un preciw deltaglio delle le11ule delle Guardie d'011ore nelle di verse occasioni. Nella tenuta per le marce lunghe, l'uniforme con pettiglia verde e spallline era sostituita dalla g iacca di scuderia (onde non siano maltrattati gli ornamenti dell 'uniforme). Lo shakot - del modello introdotto dopo il 1852 - era ricope1to dal1a consueta incerata; la dragona cli bufalo bianco con fiocco ricamato in argento era rimpiazzata da quella di cuoio nero (ambedue le prescrizioni valevano anche per la tenuta di diporto in caso cli tempo piovoso). Colmo della ricercatezza: la bandoliera veniva protetta da una fodera di pelle di color di tela di nanchino! La sella era bardata della sola cavallerizza di montone, ponendo il cappotto mTotolato sull'arcione e piegando la gualdrappa sotto la valigia da sella. Da notare il pantalone di panno castorato misto grigio e bleu, indossato in inverno (dal 1° novembre) a rimpiazzo di quello estivo di dogk bigio.
B - Trombettiere (Ultra Faro) in tenuta invernale per "isco_rtare S.M. il Re (D.G.) ed i Reali Principi", 1846. Gli Squadroni Ultra Faro si distinguevano per l'uso del celeste quale colore distintivo (in luogo dell'amaranto). Anche per le Gum¡die d'Onore - come per i Dragoni ed i Lancie1i - gli attributi dei trombettieri si rifacevano alle tipologie russe (regno di Nicola I, modello suggerito peraltro anche dagli abbinamenti cromatici). La petti.glia di gran gala - ornata di gallonature bianche disposte verticalmente, orizzontalmente e trasversalmente - era sostituita in tutte le altre occasionj di servizio da un semplice plastron di panno,,come per le Guardie. Per le scorte della Fmniglia Reale si mantenevano peraltro alcuni accessori tipici deUa gala: cordone alla foraggiera, dragona con fiocco ricamato, shakot scoperto (ma senza il piumetta a salice), bandoliera pure scoperta e pantaloni di gran tenuta. Le spalline erano ancora del primo tipo e anch' esse di ispirazione mssa (gambo semplicemente gallonato sul bordo; piccolo alamaro al bottone supe1iore; numero dello squadrone sul piatto e cornici con frangia di colore contrastante) . Ag li inizi degli anni cinquanta vennero intrndotte nuove spalline (gambo interamente ricoperto da una lastra di gallone, rigata al centro da un filetto di colore distintivo - piatto con numero, cornici e frangia come in passato).
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Shakot per Guardie d'Onore degli squadroni Citra Faro, 1845-1852. Esemplare di Collezione Privata, Roma (foto M.F. 1995). Il copricapo delle Guardie d'onore era ricoperto di pa11uu t.lt:l culure ùislinlivo: amaranto per le provincie al di qua del Faro o Citra Faro (ossia al di qua dello Stretto di Messina); celeste per quelle al di là del Faro o Uttra Faro (Sicilia). La forma generale si ispirava al modello francese 1835 per ussari . Stando alle fonti iconografiche, i primi esemplmi di shakot usati dalle Guard ie d'onore negli anni trenta avevano una visiera circolare e inclinata, in seguito soppiantata da quella piatta come peraltro in tutti i corpi del Real Esercito. Sullo shakot venivano applicati i distintivi di grado (secondo il Reale Rescritto del 7 Gennaio J 839): gallone semplice in argento (come quello qui raffigurato) per le Guardie, sino a Sergente incluso; gallone largo per i Portastendardi (e, riteniamo, per gli Aiutanti); anellate e bacchetta ricamate in argento per i Capi-Plotone (assunilati ad ufficiali subalterni); anellate e d ue bacchette in argento per i Cap•i-Squadrone (assimilati ai capitani); stesso distintivo, ma con una bacchetta supplementare per i Capi-Squadrone in Ja. L'altezza del copricapo è anteriormente di mm. 215 e posteriom1ente di mm. 222; la circonferenza superiore è di mm. 570 con un diametro di mm. 177. Il gallone, in tessuto d'argento, è alto mm. 31; la nappina è di -legno ricoperto da 16 ordini d i cannottiglio d'argento dello spessore di mm. 5, per una dimensione di __ mm. 62 x 57. La visiera, guarnita da un bordo d'ottone dorato d.i mm. 12, è larga m m. 45 al punto centrale. Il rinforzo posteriore di cuoio nero copre all'i ncirca trn qua11i ciel fus to.
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Alcuni dettagli dello shakot per Guardie d'Onore degli squadroni Cifra Faro, 1845-1852. Esemplare di Collezione Privata, Roma (foto M.F.).
A - Le cifre reali con corona sono in lamierino d'ottone dorato e misurano (corona inclusa) mm. ] 30; l'accessorio si posiziona a circa mm. 20 dall'alto e a circa mm. 60 dal basso. La coccarda, in nastro di tessuto scarlatto, è fermata da un cappio metallico ornato composto di due bande larghe mm. 14 ciascuna.
B - Posteriormente è applicato un cappietto di cordoncino d 'argento, con un'oliva p ure di cordoncino (mm. 18 x 45): tale accesso1io serviva a fissare il cordone alla foraggiera (lacci).
C - Il soggolo è composto da un mascherone di gorgone (mm. 48 x 53) e da 16 squame di lamierino d'ottone eforato, di cui 14 trilobate, 1 bilobata e l'ultima semplice; un nastrino di cotone amaranto serviva a legare la mentoniera. Si noti anche il cordoncino a spighetta alla base della visiera, in licamo dorato, largo mm. 8.
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Altre viste del medesimo shakot con pennacchio, 1845-1852. Collezione Privata, Roma (foto M.F. 1995). A seconda della circostanze d i serv.izio, le Guardie d'onore modificavano l'insieme d'accessori collegati al copricapo: - " Gala" e "nella Reale Corte" : shakot scoperto con penna (ossia pennacchio) e lacci (cordone alla foraggiera); - "udienza di Sua MaestĂ " , "piccole gale", "processioni" , "feste da hallo, non essendo gran gala" : shakot scoperto senza penna e lacci; - "per iscortare Sua MaestĂ il Re ed i Reali Principi": shakot scoperto senza penna e lacci; - "per la marcia": shakot con fodera d'incerata; - "per diporto" : shakot scoperto e lacci (con incerata nei giorni piovosi).
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Bonetto per Guardie d'Onore, 1845-1855. Esemplare di Collezione Privata, Roma (foto M.F. 1995). Cunf~ziunatu in panno castorato come l'abito, il honeuo rimpiazzava lo shakot nelle tenute per le istruzioni a piedi e a cavallo. Il copricapo conservava intatta l'originaria struttura napoleonica che lo rende caratteristico: la lunga fim11ma di tessuto veniva infatti, come in passato, ripiegata lateralmente nelle falde de} turbante L'esemplare manca del fiocchetto in ricamo d'argento.
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Abito da Caporale delJe Guardie d'Onore degli squadroni Citra Faro, 1845-1861 (5° Squadrone: Abruzzo Ultra). Esemplare di Collezione Privata, Roma (foto M.F.). Il Real Decreto del 30 Maggio 1833 precisava che "L'uniforme delle Guardie d"Onore è uguale per Lutti gli Squadroni, differendo soltanto il numero impresso sui bottoni", fatto salvo naturalmente il colore distintivo (amaranto o celeste) disposto sulle filettature, sulla pettiglia, sulle fodere ed ai risvolti delle falde. Il numero dello squadrone era anche ricamato in argento sul piatto delle spalline. Da una tariffa in data 24 Luglio 1833 del fornitore Pasquale Schettini "Sarto Negoziante .... Direttore (sic) deLL'Abbigliamenro di Lutti i corpi di fanteria e cavalleria della Guardia Reale" (documento nell'Archivio di Stato dell' Aquila), l'abito è definito come "grande uniforme in castoro di Francia di Ja qualità a prova di lùnone ". Tale specifica si riferiva probabilmente alla qual ità di tintura del panno, che doveva resistere anche alle sostanze acide. Il taglio della pettiglia divenne convesso (da concavo, in origine) tra il 1843 ed il 1845 (a seconda delle unità), ad i rnitazione delle coeve tendenze francesi. L' accessorio mascherava la vera chiusura centrale dell'abito, con bottoni d ' osso o metallici. La modifica nella foggia del plastron attenuava l'originaria influenza russa, che rimaneva peraltro evidente nel taglio inconsueto delle faldine a coda di rondine; nell ' abbinamento dei colori del corpo (verde-amaranto; verde-celeste); e nella tipologia degli ornamenti dei trombettieri·. L'esemplare manca dei due bottoni al punto vita. Il colletto misura mm. 52 anteriormente e mm. 57 posteriormente. [ paramani sono alti mm . I05 alla punta e mm. 53 alla base. T bottoni grandi hanno un diametro cli mm . 21 , quelli dei paramani e delle spalline mm . 13. La pettiglia ha una larghezza cli mm. 350 all'altezza dei due bottoni superiori, di mm. 360 alla seconda fila e di mm. 128 alla base inferiore.
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Abito per tenuta di Gala delle Guardie d'Onore Citra Faro, 1845-1861. Esemplare di Collezjone Privata, Roma (foto M.F. 1995). La Circolare n. 748 del Comando Superiore del 30 Settembre 1846 - menzionata dal ''Manuale delle Guardie d'onore Provinciali" del 1851 (Biblioteca Nazionale di Napol i, Palat.XXXII-89) - fornisce il dettaglio dei capi componenti la tenuta delle Guardie a seconda delle occasioni di servizio. Sulla base di questo documento, presentiamo l'immagine dell' abito nella versione di gran tenuta prevista "nei giorni in cui vi sarà Gaia" e "nella reale Corte": "uniforme con pettiglia amaranto, sciacò scoperto con penna, lacci e spallini, cartucciera, pantalone amaranto costantemente qualunque sia la stagione... ". Si noti il dettaglio del cordone alla foraggiera, la cui estremità appare qui agganciata al bottone sul lato destro del plastron, come d' uso quando non si indossava il copricapo.
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Abito per tenuta di piccola gala delle Guardie d'Onore Citra Faro, 1845-1861. Esemplare di Collezione P1ivata, Roma (foto M.F. 1995).
A - B - Secondo la citata Circolare del 1846, J'uniforme prevedeva la "pettiglia verde, sciacò scoperto senza penna, lacci e spallini, pantalone amaranto nell'inverno, e bianco nella state... " in occasione delle udienze cli S.M. il Re, nelle piccole gaie, nelle processio_ni , "come nelle feste da ballo, non essendo gran gala". La stessa tenuta era in pratica prevista anche per le scorte della famiglia reale. In occasione delle marce brevissime si indossava egualmente la pettiglia verde ma con copricapo coperto di incerata, con spal lini ma senza lacci e cartucciera coperta di una fodera di tela nanchino. La pettiglia verde - ossia la stessa pettiglia della gran tenuta, ma indossata al rovescio per proteggerne il panno cli colore distintivo - era inoltre di rigore per le istruzioni a piedi e a cavallo e per diporto.
C - Dettaglio del gallone di grado da caporale, cucito a ferro di lancia come d' uso nei reparti montati aventi paramano a punta, in gallone di cot0ne bianco a tiratiglia: larghezza del gallone mm. 28; altezza totale dalla base laterale del paramano sino alla punta mm. 202.
D - Dettaglio del bottone (5° squadrone: Abruzzo Ultra), semi tondo, d iametro mm. 21.
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Modelli di spalline per Guardie d'Onore degli squadroni Citra Faro, 1840-1861. Esemplari di Collezione Privata, Roma (foto M .F. 1995). Le Guardie d'Onore utili zzarono in effetti due modelli successivi di spalline:
A - Spallina in uso tra il 1833 ed il 1850 circa (datazione sulla base delle fonti iconografiche): esemplare del 4° squadrone (Calabria Ultra). L'i nfluenza russa si manifesta nella disposizione del gallone (largo mm. 19) lungo il gambo; nel piccolo alamaro all'asola del bottoncino; e nel dettaglio del punto ricamato accanto al numero dello squadrone. L'esemplare misura mm. 177 di lunghezza totale, con una larghezza di mm. 65 al gambo e di mm. 136 al piatto (senza cornici, larghe mm. 18 e mm. 4) . La frangia di cannottigli è lunga mm. 70, con una grossezza di ogni cannottiglio d i mm. 2 . TI numero dello squadrone, in filo d'argento, misura nun. 22 x 31. L'alamaro al bottoncino ha una base di mm. 21 con una lunghezza totale di mm. 18. Diametro del bottoncino nun. 13. La spallina (assicurata ad un asola sulla spalla mediante un gancio metallico) si infilava in un passante di galloncino di cotone bianco a tiratiglia, largo mm. 10 e lungo mm. 95, sottopannato del colore distintivo. D a notare il bordo interno ri alzato di cartone bianco, per sostenere l'angolazione del p iatto.
B - Spallina in uso tra il 1850 circa ed il 1861: esemplare del 10° squadrone (Basilicata). Rispetto al modello precedente, la spallina è più vicina allo stile francese dominante neile tipologie per ufficiali. Il gambo è interamente ricoperto da una lastra di gallone d'argento a tiratiglia, solcata longitudinalmente da un rigo del colore distintivo, lobata sul piatto (qualche esemplare mostra un 'estremità tagl iata a punta). La spallina misura 111111. 184 di lunghezza totale, con una larghezza di 111111. 64 al gambo e cli mm. 100 al piatto (senza cornici, larghe mm. 13 e mm. 93). La frangia di cannottigli è lunga mm. 113 con una grossezza di ogni cannottiglio di mm. 3. Il numero dello squadrone misura mm. 20 x 20. Diametro ciel bottoncino nun. 13.
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Pantaloni di gran tenuta invernale e di gala per Guardie d'Onore degli squadroni Citra Faro, 1845-1861. Esemplare originale di Collezione Privata, Roma. Confezionati in finissimo panno di lana castorato, i pantaloni di gran tenuta erano dc] colore distintivo (amaranto o celeste) con bande e filetto del colore dell' abito; in estate, i pantaloni di gran tenuta erano di fi1o bianco (neJle occasioni di gala, tuttavia, si impiegava sempre il pantalone di panno). Per la tenuta giornaliera, si usavano invece pantaloni di color bigio (grigioaz:wrri): di panno castorato d' inverno e cli dogk in estate, ambedue con filettatura laterale del colore dell'abito. Il tagl io - alquanto moderno - dell'esemplare illustrato è tipico dei corpi a cavallo: a vita piuttosto alta (senza cinturino posteriore) e con una certa ampiezza di taglia, il capo assicurava al cavaliere un agio di vestibilità apprezzabile, conferendo al contempo la caratteristica silhouette ispirata alla moda francese del tempo. La chiusura della patta anteriore e l' aggancio delle bretelle erano assicurati da bottoncini d'osso bianchi (diametro mm. 1,9). Le due bande laterali, di panno verde, sono larghe m.m.40.
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Dettagli dei pantaloni di gran tenuta invernale e di gala per Guardie d'Onore degli squadroni Citra Faro, 1845-1861. Esemplare di Collezione Privata, Roma (foto M.F. 1995). Le differenti viste mostrano i principali dettami sartoriali del capo, ivi compreso l'attacco d~i sottoscarpa di panno mediante bottoni. Il pregio dei materiali e la qualitĂ de.Ila fattura vanno naturalmente valutati in funzione delle agiate condizioni finanzimie delle Guardie d'Onore - scelte tra i notabili locali - che provvedevano a proprie spese al guardaroba. In tal senso, il loro vestiario si apparentava piuttosto alle tipologie per ufficiali che a quelle di dotazione conente per la truppa di cavalleria.
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Modelli di spalline per Guardie d'Onore, 1840-1861. Esemplari di Collezione Privata, Roma (foto M.F. 1995). Porn.iamo un' immagine comparativa dei due tipi di spalli.ne esanlinate in precedenza e due viste di dettaglio, che permettono di esaminare le differenze di fattura delle cornici dei due modelli. Abbiamo aggiunto - ai lati, in disegno - alcuni esempi di numeri degli squadron i (5°: Abruzzo Ultra; 3° Siciliano: Catania e Noto; 10°: Basilicata; 9°: Calabria Citra) - ripresi da altri esemplari di collezioni private - che mostrano la diversità tanto nel disegno dei nume1i (in scala tra di loro) che nelle sfumature di colore dell'amaranto e del celeste.
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Gualdrappa per Guardie d'Onore degli squadroni Citra Faro, 1840-1861. Esemplare di Collezione Privata, Roma (foto M.F. 1995).
A - Vista totale della gualdrappa, detta mantiglia nel linguaggio militare napoletano, confezionata in panno castorato verde con gall one e filettatura esterna del colore distintivo. Agli angoli sono apposte le cifre reali con corona. Si tratta in realtà di una mezza gualdrappa, dato che la parte superiore della sella veniva coperta dalla cavallerizza di montone scuro, ornata sul bordo di un festone dentellato (detto frappone) di pmrno del colore distintivo. L'aggancio della mantiglia (usata in gran tenuta) alla cavallerizza (usata in ogni occasione) si effettuava mediante delle olivette abbottonate alle asole visibili lungo .il bordo concavo. L'interno della gualdrappa è foderato di spessa tela grezza, con rinforzo in pelle all' estremità.
B - Dettagli dell'estremità della mantiglia e delle cifre reali. Il ricamo è in filo d'argento su un supporto di panno verde scuro, con paillettes sulla corona. Dimensioni delle cifre (corona inclusa): mm. J65 x 90. Gallone di panno del colore distintivo largo mm. 40.
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Bandoliera con giberna per Guardie d'Onore, 1840-1861. Originale di Collezione Privata, Roma. La bandoliera sviluppa una lunghezza di circa un metro per una larghezza di mm . 60. Confezionata in cuoio di bufalo, essa presenta un lato esterno imbiancato (non lucido) solcato da due Ùnpunture laterali (l' impuntura sulle bandoliere e sui cinturoni di cavalleria in bufalo bianco è caratteristica dei soli equipaggiamenti per ufficiali) . Il lato interno è doppiato da una sottile fodera di pelle al naturale. Tutti i fornimenti sono in ottone lucidato; il sistema di aggancio alle staffe della giberna è caratteristico ciel corpo (un solo bottone centrale con taglio circolare della pattina). La corona ciel trofeo anteriore è collegata allo scudo raggiato con giglio mediante due catenelle con spinette amovibilì.
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Dettagli della giberna e del trofeo della bandoliera per Guardie d'Onore, 1840-1861. Orig inale di Collezione Privata, Roma.
A - Dettaglio dell'interno della giberna, il cui cofanetto contiene una struttura a scomparti in lamierino. Gli elementi laterali sono in ottone lucidato. Le faldine di protezione degli scomparti del cofanetto sono in pelle, nera ail' esterno e al naturale ali' interno. La fodera interna del coperchio, in sottile pelle nera, copre il sistema di fissaggio degli accessori metall ici.
B - Dettaglio del coperchio della giberna (mm. 17,8 x 9,7): il trofeo centrale e la bacchetta esterna sono in ottone lucidato.
C - Dettaglio del trofeo della bandoliera (corona: mm. 4,6 x 3,5; scudetto raggiato con giglio m1}1. 5,8 x 7,2). L' esemplare manca della seconda catenella con spilletta amovibile.
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A - Cinturone per Guardie d'Onore, 1840-1861. Originale di Collezione Privata, Roma. Pelle di bufalo imbiancato con in1punture laterali (larghezza del cinturone: 117m,46; larghezza delle bigliere: nm1. 23). Alcuni esemplari mostrano la presenza dj una fodera interna di sottile pelle al naturale. Dettaglio del fi ssaggio degli anelli cli snodo delle bigliere (A/1) e della fibbia dj quest'ulti117e (A/2: 117117. 3,5 x 8,6).
B - Dettaglio della fibbia del cinturone, in ottone lucidato (mm. 83 x 57).
C - Dettaglio del sistema di aggancio alla fibbia.
D - Dettaglio di un trofeo per fibbia.
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Sciabola per Guardie d'Onore,1833-1861. Esemplare di Collezione Privata, Roma (foto M.F. 1995). La sciabola per Guardie d'Onore è una delle armi bianche piÏ:1 originali e caratteristiche della produzione napoletana. Essa appare vicina, nella linea generale e nel disegno del fornimento, alle tipologie per cavalleria di linea raffigurate dalle fonti iconografiche del periodo 1823-1 833. Impugnatura e guardia in ottone a tre rami, bottone a vite. Lama curva ad un solo filo, sgusciata sui due lati sino al falso filo, punta a lingua di carpa. Decorazione a fioram i e trofei sul primo terzo. Marchi: Mendozza. Lunghezza totale: senza fodero mm. 995, con fodero mm. 1.030; lunghezza della lama: mm. 850; larghezza al tallone: nm1. 28; spessore al tallone: mm. 9; peso kg. 0,89. Fodero in lamiera con bocchetta d'ottone.
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ARTIGLIERIA A - Capitano del 1° Reggimento Artiglieria Re in uniforme di servizio estiva, 1831. La silhouette d i questo ufficiale d'artig lieria dei primi anni cli regno cli Ferdinando II risente naturalmente della moda ciel periodo precedente, largamente influenzata soprattutto dai modelli austriaci e britannici. L'abito a doppia bottoniera costituiva la classica tenuta giornaliera degl i ufficiali dei Corpi Facoltativi: solo i fregi ricamati ed i bottoni permettevano l'identificazione dell'arma. II fìg LLrino mostrn l'uso al colletto di un profilo dorato lungo il bordo superiore e quello anteriore: il dettaglio, per quanto inusuale rispetto alla grande maggioranza del le fonti coeve, è peraltro fedelmente ripreso da un ritratto dell 'epoca. Le spalline sono del ti po in uso durante il regno precedente, dato che solo nel 1836 - a complemento delle norme emanate nel dicembre 1830 - vennero introdotte le nuove spalline per ufficiali subalterni, caratte1izzate dal gambo coperto di gallone a tiratiglia e dalla forte angolazione verso l'alto dello scudo (Reale Ordine n.142 del 21 maggio 1836). Sino al 184 1, il distintivo di servizio rimase la sciarpa cinta in vita: quella qui illustrata è ripresa da un raro originale per subalterni conser vato presso il Museo Nazionale cli San Marti110 in Napoli e databile ai primi anni trenta. Lo shakot è ancora del mod.J827. Sia il copricapo che la vol uminosa nappina scarlatta dal bordo a giri di cannottiglia dorata erano protetti da fodere (separate) di incerata. a precisa imitazione dei corrispondenti modelli austriaci cui tali accessoìi si ispiravano. Sui bottoni e sulla piastra del cinturone figurava il fregio dell' arma sormontato dalla corona reale, secondo l'antica tradizione ciel Real Corpo d i Artigl ieria. Ricordiamo che la stessa tenuta poteva indossarsi - in servizio e fuori - con il cappello e, in campagna, con i calzoni di cotone acquam,u·ina allora in uso. Durante la stagione invernale, i pantaloni erano di panno bleo.
B - Trombetto della Compagnia a Cavallo (1° Reggimento Artiglieria Re) in grande uniforme invernale, 1842. Nel I833, nell'ambito della 1iorganizzazio1Ìe del Corpo, la mezza brigata a cavallo della Guardia reale venne trasformata in compagnia a cavallo al servizio del 1° Reggimento Re. Il contratto cli fornitura n.1118 (Proc. verb. 2027) ciel 12 Aprile 1842 data con precisione l' i11troduzione della nuova uniforme di tipo francese, di panno bleu castorato, qui illustrata. Tale tenuta rimase p ressoché invariata sino alla caduta ciel Regno, fatti salvi i consueti ammodernamenti del taglio e degli accessori. Seguendo i più aggiornati dettaini della moda Luigi Filippo (mod.1 840 francese), il plastro11 era tagliato a forma convessa·, in modo da aumentare la protezione del busto. Tale foggia venne peraltro estesa ad altri corpi napoletani tra il 1843 e il 1845. Anche il cordone con fiocchi alla foraggiera - agganciato dieo·o il copricapo mediante un cappio di cordonetto e fissato alle bottoniere del petto mediante asole - era copiato dal modello francese e poteva sviluppare fino a 5 metri di lunghezza! Median te eliminazione delle spalline e del cordone, rimpiazzando lo shakot con il caschetto a visiera di panno (detto coppola), l'artigliere a cavallo disponeva di una elegante tenuta giornaliera d i servizio. Il trombettiere si distingueva dall.a truppa unicamente per l'applicazione dei distintivi di !rum gialla al colletto ed ai paramani. Un analogo gallone -ma più largo- era inoltre applicato sulla gualdrappa accanto a quello sctLrlatto dei ranghi. L'equipaggiamento era quello ordinario della truppa. II copricapo merita un cenno particolai·e. Si tratta dello shakot rnocl.1842. fornito dal noto contrattista napoletano Luigi Sava, che si era impegnato ad approvvigionare i Corpi Facoltativi per dodici anni (contratto n.1138, Proc.Verb. 2037, del maggio 1842). Dopo gli Ussari della Guardia Reale (1838), venne in tal modo estesa anche aU'Artiglieria a Cavallo la nuova forma tronco-conica introdotta in Fra11cia per 1 corpi montatJ a partire dal 18:35. La caratteristica del modello napoletano risiede tuttavia nella guarnizione laterale (doppio chevron di lana, con vertice montato verso l'alto). ·fn origine, tale dettaglio era stato copiato dalle corrispondenti tipologie francesi per artiglieria a cavallo (1835 e 1840/43). Nel 1846, tuttavia, si decise in Francia cli invertire la posizione dello chevron, orientando il vertice verso il basso. A Napoli, invece, la posizione dello chevron venne conservata fino al 1861, forse per distinguere la specialità a cavallo da quella a piedi, il cui shakot rispettava i nuovi dettami tJ·ansalpini. T ipica di questo p1imo modello è la forma della visiera, circola.re e montata ad angolo spiovente. La tulipe dell'elegante piumetta a salice era innestata sulla nappina ovale solo in gran tenuta, ma i due accessori potevano utilizzarsi separatamente a seconda delle esigenze cli servizio. Notiamo peraltro che, al riguardo. le fonti iconografiche forniscono informazioni contrastanti.
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ARTIGLIERIA
A - Capitano del 1° Reggimento Artiglieria Re in grande uniforme invernale, 1860. Coerentemente con la trasformazione organica e tattica delle compagnie da campo dei reggimenti a piedi in batterie montate, alla vigilia del l'ul tima campagna, l'uni.forme ùegli ufficiali sembra essere stata modificata mediante aggiunta di alcuni accessori caratteristici della specialità a cavallo. ln assenza di precise norme al riguardo, la circostanza appare testimoniata solo da una foto d ' epoca - fonte del nostro figurino-, senza tuttavia perdere di vista la possibilità che taJe variante - seppure plausibile - possa essere stata semplicemente il frutto di unfuori ordinanza. Il tradizionale doppio pompon scarlatto è sostituito dal piumetto ricadente innestato su una tulipe dorata. I pantaloni sono dotati di sottoscarpa ed il cinturino in vita viene rimpiazzato da un robusto cinturone di cuoio lucido, a bigliere; la sciabola, a lama dritta, aveva un fodero di lamiera.
B - Alfiere del 2° Reggimento Artiglieria Regina in uniforme giornaliera di servizio invernale, 1841. Il soprabito, d'uniforme mod. :1840 - derivato dalla redingote francese mod. 1826 - è qui raffigurato nella versione per corpi a piedi. La lunghezza delle falde, di norma appena al di sotto del ginocchio, risentiva tuttavia del gusto personale del proprietario, sconfinando talvolta, come in questo caso, iù evidentifi,wri ordinanza. Dal 1841 , la goliera - anch' essa derivata da model li d'oltralpe - aveva rimpiazzato l' elegante ma ingombrante sciarpa a fiocchi quale distintivo di servizio. Sul soprabito era indossato sia il copricapo d i gran tenuta (protetto da un'incerata in caso di cattivo tempo, per salvaguardarne gli eleganti accessmi dorati) che un pi ù leggero caschetto a visiera. Tale capo - di ispirazione ancora una volta francese - venne introdotto già nel corso degli anni quaranta nel corpo di artiglieria anche se - in origine - sprovvisto di distintivi di grado e di forma assai pii:1 alta ri spetto al kepì diffuso nel decennio success ivo. Lo shakot qui illustrato è del modello 1833/34 che fu l'ultimo, in linea di successione, tra i diversi shakot svasati in uso a Napoli a partire dalle guerre napoleoniche. La forma generale, e soprattutto la visiera, sono di evidente derivazione blitannica, in singolare ma gradevole armonia con l'insieme risolutamente francese dell' uniforme. Secondo L1na foto d ' epoca della fine degli anni cinquanta, sembrerebbe che anche gli ufficiali d' artiglieria a piedi - come i loro colleghi dei corpi di fanteria - potessero indossare con il soprabito di servizio i pantaloni bigi.
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ARTIGLIERIA
Colonnello di Artiglieria (S.A.R. Alfonso Maria di Borbone, Conte di Caserta), in uniforme da campagna della Compagnia a Cavallo del Reggimento Re, 1860. Terzogenito di Ferdinando 1I e di Maria Teresa d' Absburgo, il Conte di Case1ta (18411934) fu promosso Capitano di 2a classe nell'Arma di Artiglieria il 29 Novembre 1858, con assegnazione alla Compagnia a Cavallo. Il 1° Agosto 1860 venne nominato Maggiore comandante la divisione batterie a cavallo; 1' 11 Settembre fu promosso al grado di Tenente Colonnello e l ' 8 Ottobre a queJlo di Colonnello. Dopo la caduta del Regno, l'esilio romano e la valorosa partecipazione al movimento carlista in Spagna, visse a Cannes ove si spense nel 1934, ultimo ufficiale superstite dell'esercito napoletano. Il figurino - sebbene tratto da una fotografia posteriore alla caduta del Regno e databile al periodo dell'esilio romano - rappresenta nondimeno una caratteristica uniforme di campagna fuori ordinanza degli ultimi mesi di guerra, fortemente influenzata dai modelli francesi del Secondo Impero. La tenuta comprende i principali capi della grande uniforme, ad eccezione dello shakot sostimito dal kepì - e del caratteristico cordone dorato alla .foraggiera con raquettes - accessorio indossato solo nelle occasioni di gala. Sul kepì figurano i distintivi di grado ed il fregio del Corpo di Artiglieria, ambedue in ricamo eforato; i profili verticali sono del colore distintivo. Come previsto per tutte le unità a cavallo, l'emblema cli servizio degli ufficiali era rappresentato dalla bandoliera con giberna, che rimpiazzava a tutti gli effetti la goliera. L'uso di infilare i pantaloni in alti sti valon i a ginocchiera - che costituiva una nota personale di fuori ordinanza anche per una tenuta di campagna - era peraltro ricorrente nella moda militare dell'epoca e trova conferma in altre fotografie napoletane dell'ultimo perìodo, che si tratti di ufficiali di reparti a piedi o di unità montate. Egualmente fuori ordinanza l'uso della sciabola di modello (da fanteria) austriaco l.850, con fornimenti in ferro, la cui presenza è fedelmente 1iprovata dal1a fonte d'epoca. Si tratta probabilmente di un dettaglio giustificabile alla luce della datazione della fonte stessa, posteriore al 1861.
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ARTIGLIERIA
A - Artigliere deJla Compagnia a Cavallo (1 ° Reggimento Re) in uniforme da campagna invernale, 1850. Pur nella loro estrema funzionalità, le tenute da campagna dell'artiglieria napoletana conservavano una sobria eleganza nell ' abbinamento dei colori tradizionali del corpo. Già a partire dagli anni quaranta, gli artiglieri della Compagnia a Cavallo utilizzarono il pratico kepì di origine francese, la cui forma venne tuttavia modernizzandosi nel corso degli ultimi anni del regno di Ferdinando II. Il fregio applicato anteriormente è conosciuto in tre varianti: rosso, per la truppa; <forato, per gli uf ficiali; misto rosso e clorato per i sottufficiali (vedi dettaglio). L' equipaggiamento del figurino si limita alla sola bandoliera con giberna, senza dubbio per facilitare i movimenti del maneggio dello scovolo; di norma, gli artiglieri indossavano in campagna anche il cinturone bianco con bigliere e la caratteristica sciabola della specialità con lama curva e fomimenti in ferro.
B - Artigliere del 2° Reggimento Regina in uniforme da campagna invernale, 1852. L' artigliere a piedi indossa in manovra un'uniforme simile a quella della specialità a cavallo. Come per altre unità dell 'esercito, lo shakot veniva protetto in campagna da un'incerata, quando non era sostituito dal bonnet. Sulla parte anteriore era dipinto il distintivo reggimentale, che ornava egualmente iJ berretto da fatica (bonnet o busta): nel dettaglio sono forniti lo schema del copricapo e - dall'alto verso il basso - il distintivo del 1° Rgt.o Re, quello del 2° Rgt.o Regina e quello del Battaglione Artefici, conformemente alle norme riportate negli Ordini del Giorno del Comando Generale. L' equipaggiamento ordinario dell'artigli ere era completato dagli accessori necessari per effettuare il servizio in batteria. La borsa di cuoio naturale illustrata nel figmino è que]la prevista dalle Ordinanze del 1835, anche se - stando al le fonti iconografiche e all'Ordinanza del 1858 - altri modelli sembrano essere stati utilizzati. Il pantalone invernale, di panno bleu - senza gli eleganti profili scarlatti della Compagnia a Cavallo -, era 1impiazzato in estate dal pantalone di cotone bianco, con uose assortite.
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ARTIGLIERIA
A - Primo Artigliere del 2° Reggimento Regina in grande uniforme estiva, 1849. Dopo il compimento delle prime riforme ferdinandee in materia di vestiario, anche la gran tenuta dell'artiglieria venne stabilizzandosi su un modello che rimase pressocchè invariato sino alla caduta del Regno. Le novità più appariscenti riguardarono senza dubbio l'evoluzione del copricapo, nell'ambito delle innovazioni estese a tutti i corpi ciel Real Esercito. Il figrnino mostra lo shakot del mod. 1844/45 - la cui introduzione segnò il definitivo tramonto dell'elegante ma antiquato shakot svasato - nella sua variante modificata in occasione della prima scadenza di fornitura (48 mesi). Al primo rin11.ovo della dotazione, infatti, si decise cli_modjficare la visiera che, inclinata di 25° nel primo tipo, divenne da quel momento piatta e di forma progressivamente più squadrata. Il fusto, pur inalterato nelle dimensioni, ne risultava più inclinato sull'avanti. A lla successiva scadenza (1852-53), mediante apposite Addizionali ai contratti di fornitura, si decise di alleggerire le dimensioni generali del fusto per permetterne una nùgliore stabilità. Solo a partire dal 1856, tuttavia, il volume e l'altezza dello shakot vennero decisamente ridotti alla ricerca cli un baricentro più basso e di una estetica più moderna. L'equipaggiamento del Primo Artigliere - che nel servizio in batteria fungeva eia puntatore - era completato dal borsetto porta inneschi, la cui foggia ci è precisata dalle tavole dell'Ordi nanza del 1835. - I dettagli mostrano lo schema delle falde dell' abito da truppa e l'ornamento sul battente della giberna.
B - Corpo Politico d'Artiglieria, Primo Aiutante del Guardamagazzini Principale in grande uniforme estiva, 1836. L' uniforme delle diverse classi e dei livelli gerarchici ciel Corpo Politico venne definita dal Regolamento ciel 26 gennaio 1832. Le fonti iconografiche deg li anoj quaranta e cinquanta mostrano una sostanziale continuitlt, malgrado qualche modifica di dettaglio. Il figuri no illustra il primo assetto ciel l' unifo rme, ne l la versione estiva (in quella invernale, i I pantalone era di panno bleu). La meticolosa combinazione cli granate ed ornamenti ricamati al colletto ed ai paramani e l'impiego cli colori distintivi diversi alle mostre ed alle falde permettevano l' identificazione delle diverse classi e, al loro interno, dei livelli. ln effetti, benchè il loro rango fosse in buona m is ura assimilabile a quello degli ufficiali o dei sottufficiali, le classi del Corpo Politico non beneficiavano dello stesso statuto. Come ricordato dalla seconda nota in calce del citato Regolamento, infatti , solo quegli impiegati ciel Corpo Politico che risultavano titolari di graduazioni di Ufficiali nell'esercito erano autorizzati dalla norma ciel 1832 - e forse a titolo puramente transitorio, stando alle fonti iconografiche - ad tndossare s ull'uniforme i normali distintivi (in ,u-gento). Nella maggioranza dei casi ordina1i, invece, l' elaborato sistema di ricami e fregi si sostituiva agli abituali distintivi cli grado, lasciando in uso - a seconda dei casi - dragone e fiocchi da cappello, ciel modello per ufficiali . Tale distinzione di status sembra tuttavia essersi in parte attenuata tra il 1850 ed il 1860 quando venne esteso ad alcune classi amministrative l'uso dei distintivi di grado per paramani introdotti nel 1859 per tutta l' ufficialità. Rispetto al Regolamento del 1832, nel corso degli ann i quaranta, venne modificata la fodera delle falde (eia rossa dive1rne bleu, come nel resto ciel Corpo), senza peraltro cambiare il colore dei risvolti. L' ornamento delle estremità venne egualmente aggiornato (applicando cioè delle granate ricamate su ambedue i risvolti). - 11 dettaglio mostra lo schema delle falde posteriori come descritte dal Regolamento ciel 1832.
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CAVALLERIA E ARTIGLIERIA
A - Reggimenti Lancieri, 1859 circa. - Ufficiale in tenuta giornaliera estiva; - L anc iere io tenuta di gala invernale; - Musicante in tenuta di gala.
B - Reggimento Cacciatori a cavallo, 1859 circa. - Cacciatore in gran tenuta; - Cacciatore in tenuta giornaliera; - Cacciatore in cappotto (in secondo piano).
C - Reggimenti Artiglieria a piedi, 1859 circa. - Ufficiale delle batterie montate in tenuta di gala invernale; - Uffici ale delle compagnie a piedi in tenuta giornaliera estiva; - Ufficiale superiore in tenuta di gala invernale; - allineamento di Artiglieri in gran tenuta estiva; - Tamburo in gran tenuta estiva.
D - Artiglieria a cavallo, 1859 circa. - Ufficiale in tenuta di gala; - Artigliere in tenuta di gala. Sullo sfondo, Trombetto a cavallo.
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GENIO
Capitano del Corpo Reale del Genio in gran tenuta, 1860. L'uniforme illustrata rappresenta l' ultima variante della tipologia di base introdotta intorno al 1833/34. Tradizional mente scarlatto con guarnizioni in argento, il colore distintivo del Genio venne in quegli anni sostituito dal nero con filettatura scarlatta di derivazione francese. Tale combinazione cromatica era peraltro già apparsa intorno al l 818/19 sui soli paramani, senza dubbio per un contagio del periodo murattiano prontamente eliminalo dalla riforma del J 824. Fatto salvo l'uso dello shakot in luogo ciel cappello, l'uniforme era la stessa usata dagli ufficiali dei due Battaglioni del Genio, nuova denominazione attribuita dalla riorganizzazione del 1860 alle unità addette al Corpo Reale (Zappatori Minatori e Pionieri). Da notare, infine, che i cuoiami degli ufficiali - che le fonti iconografiche del periodo ferdi nandeo mostrano costantemente bianchi - divennero neri tra il 1859 ed il 1860. La modifica, confermata da varie fotografie di subalternj databili a quegli aiuti, appare peraltro coerente con quanto constatato nello stesso periodo per l'Artiglieria ed è forse da mettere in relazione con le ultime modifiche ordinamenlali dei Corpi Facoltativi.
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GENIO
A - Secondo Sergente del Battaglione Zappatori-Minatori in tenuta giornaliera, 1850. Il figurino si ispira ad un dettaglio minore di una nota tavola d i Aloja raffigurante un cantiere del Genio in campagna. Rispetto allo shakot d'incerata da noi mostrato, era in realtà più frequente l'uso della coppola alla granatiera, di panno bleu, con gallone, filetti e fiocchetto rossi, ornato anteriormente del fregio della speciali tà, pure rosso (elmo alato per i Zappatori Minatori; elmo con bandiere incrociate per i pionieri). Il taglio della giubba giornaliera si era stabilizzato nel corso degli anni trenta: unica modifica, l'adozione della mostrina rossa a tre punte in luogo di quella a patta quadrata (nera con bordo rosso), di ispirazione tedesca, prevista dalle modifiche del 1834/35 (e rimasta in seguito per i soli Pompieri). · Ai pantaloni bigi potevano sostituirsi quelli bianchi di cotone estivi o quelli bleu di pan no per l'inverno, con ghette assortite (rispettivamente bianche e nere).
B - Pioniere in abito da lavoro, 1832. Le unità addette del Genio avevano utilizzato i caschetti di cuoio bollito nero sin dalla fine settecento, per influenza dei modelli austriaci del periodo. Abbandonato quale copricapo ordinario alla fine del Periodo Siciliano, il caschetto sopravvisse ancora qualche anno per le sole tenute di lavoro, per essere poi completamente soppiantato nella prima metà degli an ni trenta dalla più pratica bustina del modello generale. Sino al 1861, la tenuta di fatica dei genieri mantenne l ' uso della doppia bottoniera. Solo il taglio si modernizzò rispetto a quello qui raffigurato. Anche la mostrina venne in segu ito rimpiazzata da quella a tre punte, di modello standard (vedi dettaglio).
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ARTIGLIERIA
A - B - C - Varie viste di un kepì da truppa, Compagnia a Cavallo, 1854-1861. Collezione Privata, Napoli (folo G.C.B. 1993). Dimensioni non rilevate. Si lratta di un pezzo unico, in ottimo stato di co11servaL.ior1e, la cui ripruùuziune ùubbiamu alla cortesia di un collezionista napoletano. L'Artiglieria a Cavallo fu Lra i primi corpi, con i Lancieri e le Guide dello Stato Maggiore, ad adottare questo pratico e moderno copricapo, derivato dalle tipologie d 'oltralpe svil uppate a p,utire dai primi caschetti a visiera utilizzati nelle Campagne d'Algeria tra il 1830 ed il 1845. La sua attribuzione all' Artiglieria a Cavallo è da porsi in relazione con l'adozione della nuova uniforme alla francese nel 1842. In precedenza, come d'uso in al tri reparti montati, gli artiglieri a cavallo borbonki facevano infatti uso di un berretto a visiera rigido, ad imperiale piatto, di ispirazione anglo-tedesca. La foggia sagomata e le dimensioni ridotte dell' esemplare s uggeriscono la datazione agli ultimi anni del regno di Ferdinando II. Stando alle fonti iconografiche, infatti, i primi esemplari erano più alti e rigidi, presumibilmente dotati all' interno di strutture di sostegno. Le tavole dello Zezon mostrano spesso, sino agli inizi degli anni cinquanta, dei kepì con calotte ancora voluminose ma meno rigide, forse proprio a seguilo dell 'eliminazione delle originarie intelaiature di sostegno. Sino a qualche anno fa, esisteva anche un esemplare di kepì napoletano da ufficiale cli artiglieria - per l'appunto del modello più antico - che figurava nelle collezioni del Museo Centrale del Risorgimento in Roma. Si trattava del copricapo utilizzato da Emico Cosenz durante l' assedio di Venezia del I 849.
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ARTIGLIERIA SVIZZERA
Shakot per ufficiali della Sezione d'Artiglieria del 4° Reggimento Svizzero, 1838/39-1847 ca. Musée des Suisses à l'Etranger, Chateau de Penthes, Pregny-Chambésy (Ginevra). Foto PaLricia Kellenhufen 1994. Si tratta di un modello 1834/35 nella versione per ufficiali , come indicato dal gallone dorato a tiratiglia (largo mm. 65) applicato s ul bordo s uperiore. Questa tipologia, adottata dai Reggimenti di Fanteria Svizzera durante i primi mesi de1 1836, venne estesa alle Sezioni d'Artiglieria con qualche anno cli ritardo. Il contratto di fornitura del novembre 1835 prevedeva infatti che, malgrado 1'approvvigionamento del nuovo modello per la fante1ia, artiglieri e soldati del treno addetto ricevessero degli shakot di nuova fabbricazione ma ancora del vecchio modello. Lo shakot svasato rimase pertanto in servizio presso le Sezioni di Artiglieria Svizzere più a lungo ri spetto alle corrispondenti un ità di fanteria elvetica. ln effetti, il nuovo modello tronco-conico venne distribuito ai fanti intorno al 1845/46, mentre gli artiglieri conservarono il vecchio tipo sino al 1847/48. L' altezza dello shakot è di mm. l 85. La piastra, in lamierino d'ottone dorato (altezza: mm. 140), reca il numero reggimentale intagliato: trattasi del modello distribuito ai reggimenti elvetici a partire dal 1835 (in sostituzione del primo tipo con legenda sulla pelta). Il cappio che fissa la coccarda è composto da due bande di gallone dorato larghe ciascuna mm. 17; la coccarda, in stoffa scarlatta, ha un diametro apparente di mm . 67. Il copricapo ha una struttura interna composta da sottili listelli cli legno flessibile, rinforzati da cerchi concentrici in fil di ferro; l' intelaiatura è coperta da una fodera interna a spicchi di pelle nera snttilissima aimoclati da un laccio sul fondo. Il fusto è ricoperto di panno nero, con imperiale (diametro: mm . 285), bordo inferiore (altezza: mm. 30) e visiera spiovente (larghezza centrale: mm. 55) in cuoio nero lucidato. Il sottogola è composto da 34 squame lisce e lobate cl' ottone clorato, fissate su un supporto cli cuoio, con una lunghezza cli mm. 210: la larghezza decresce da mm. 38 sino a mm. 13. L'orecchione, in ottone dorato, ha un diametro di mm. 40 : reca una granata a sbalzo su un fondo granellato. Caratteristica della specialità svizzera è la nappina di ca111zottig!io clorato (mm. 58 x 53) con fiamma scarlatta. . li copricapo dello stesso modello in uso per gli ufficiali dell'artiglieria nazionale differiva da quello qui raffigurato per l'aggiunta degli chevrons laterali di gallone dorato; per 1' uso della piastra con cannoni incrociati a sbalzo e numero reggimemale incagliato e per la nappina a doppia palla scarlafta.
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ARTIGLIERIA SVIZZERA
Abito di gran tenuta per ufficiale subalterno del1a Sezione d'Artiglieria del 4° Reggimento Svizzero, 1838/9-1842 ca. Musée des Suisses à l'Etranger, Chateau de Penthes, PregnyChambésy (Ginevra). Foto Patricia Kettenhofen 1994. Il colpo d'occhio offerto al visitatore dello Chàteau de Penthes da questo splendido ed intatto esemplare è altamente rievocatore della moda militare borbonica del primo periodo ferdinandeo. In effetti - a parte l ' interesse intrinseco ciel cimelio - l'insieme cromatico e l'effetto dei galloni al petto, al collo ed ai paramani ci restituiscono un'idea molto precisa delle analoghe tipologie attribuite ai corpi di Fanteria della Guardia Reale (per esempio, solo alcuni dettagli minori differe nziano a prima vista quest'abito da quello coevo del reggimento Real Marina!)
A - B - Il petto è chiuso da una fila di nove bottoni guarniti da brandeburghi di gallone dorato a tiratiglia (altezza: nun. 43). disposti in ampiezza decrescente: da mm. 195 (all e spalle) sino a mm . 74 (alla vita). Le falde posteriori (larghe alla base mm . 110) recano due tasche a tre punte tracciate in verticale da un profilo scarlatto, lunghe mm. 285 e largl1e mm. 105; le granate applicate all'estremità dei risvolti delle falde, ricamate in filo eforato, misurano mm. 40 x 72.
C - D - Il colletto è alto mm. 63 , con gallone dorato a tiratiglia di mm. 43. I paramani misurano mm. 63 all'apertura laterale e mm. 72 alla cucitura interna; le bottoniere di gallone dorato (largo mm. 25) sono tagliate a punta (apice lungo mm. 17).
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CORPI FACOLTATIVI
Fregi, distintivi ed accessori diversi.
A -Artiglieria: granata ricamata in filo dorato (supporto di panno bleu), da applicarsi sulle falde dell'abito da ufficiali della Compagnia a Cavallo, 1845-1861. Originale cli Collezione Privata, Napoli (foto G.B. J 980). Dimensioni non rilevate.
B - Artiglieria: granata ricamata in filo dorato e paillettes (supporto di panno bleu), da applicarsi sulla gualdrappa da ufficiali della Compagnia a Cavallo, 1845-1861. Originale cli Collezione Privata, Napoli (foto G.B. 1980). Dimensioni non rilevate.
C - Zappatori-Minatori: ornamento in ottone lucidato da applicarsi sui dischetti laterali della fodera cilindrica da zaino per cappotti, 1840- 1861. Originale del Museo Nazionale di San Martino, Napoli (foto M.F. 1975). Dimensioni: mm. 55 x 60.
D - Bottoni divÊrsi per Corpi Facoltativi (da originali del Museo Nazionale di San Martino, Napoli; dian}etro mm. 22): D/1: l O e 2° Reggimento Artiglieria e Battaglione Artefici (clorato); D/2: Corpo Politico d'Artiglieria (clorato); D/3: Sezioni di Artiglieria dei Reggimenti Svizzeri (dorato); D/4: Battagl ione del Treno (dorato); D/5: Corpo Reale del Genio e Battaglione Zappatori~Minatori Pontonieri (<forato); D/6: Battaglione Pionieri (dorato); D/7: Reale Gendarmeria (argento).
E - Reale Gendarmeria: fibbie per cinturoni e budrieri. Originali del Museo Nazionale di San Martino, Napoli (foto M.F. 1975): E/1: mm . 63 x 63 (ottone dorato); E/2: mm. 49 x 62 (ottone); E/3: mm. 48 x 46 (ottone).
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GENIO
A - Sottufficiale del Battaglione Zappatori-Minatori in gran tenuta, 1842. L'adozione dello schakot modello 1833/34 (l'ultimo della tipologia svasata) determinò la modifica generale dei fregi metallici da copricapo. Riprendendo l'espei-ienza dei Reggimenti Svizzeri e di alcune unità della Guardia Reale, vennero infatti adottate per tutti i corpi a piedi delle nuove piastre a pelta derivate dal mod. francese 1825. Le unità addette del Genio, tuttavia, mantennero il tradizionale trofeo composto da due coppie di bandiere incrociate, elmo del Genio e giglio con corona reale. Tale trofeo restò in uso sino al 1844/45, quando anche la truppa del Genio - come gli altri Corpi - ricevette il nuovo shakot tronco-conico con piastra a pelta del mpdello standard. Rispetto a quanto disposto dalle prime riforme ferdinandee, l'uniforme degli Zappatori Minatori da noi illustrata per il 1842 si caratterizza principalmente per le spalline a frangia (in luogo delle controspalline con rolli) e per la foggia dei paramani (pattina rettangolare in luogo di quella sagomata a tre punte), il cui modello restò inalterato sino al 186 L. In pratica, fatti salvi l 'evoluzione del copricapo ed il consueto aggiornamento dei tagli, tale gran tenuta rimase invariata sino alla caduta del Regno.
B - Sottufficiale della Compagnia Pompieri in tenuta giornaliera, 1844, con Guide Generali Serrafila. Uno degli accessori più appariscenti dell'uniforme dei Pompieri è senza dubbio il voluminoso elmo d'ottone (dorato per gli ufficiali) con guarnizioni di rame, dalla caratteristica coccia oblunga, derivato dall'elmo francese del mod. 1821 per i Sapeurs Pompiers. In gran tenuta, l'elmo era guarnito da una folta cinjglia di crini neri e da un alto pennacchio arancio a base rossa inserito nell'apposita tulipe sul lato sin istro. Al di fuori dei servizi armati, l'impressionante copricapo era rimpiazzato dalla più modesta . .. ma comoda coppola aLLa granatiera. L'equipaggiamento (del tipo per compagnie scelte della Linea) si caratterizzava per l'impuntura laterale dei cuoiami; per i fregi applicati sul coperchio della giberna (quattro granate fiammegg ianti agli angoli, trofeo di picconi e tromba a fuoco al centro) e per la daga con fornimento a testa di leone, del modello introdotto nel lontano 1789 per i Granatieri della fanteria.
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COMPAGNIA POMPIERI DELLA CITTÀ DI NAPOLI
A - Compagnia Artefici Pompieri, Soldato in abito da lavoro, 1833. La tela di cotone grezza fu utilizzata nei primi armi trenta per la confezione di capi da fatica e da lavoro di alcuni corpi. Sul finire del decennio, tuttavia, si adottò il cotone bigio, generalizzandolo a n1tte le tenute da quartiere del Real Esercito. Il taglio è rappresentativo della tecnica sartoriale tra Restaurazione e Risorgimento. L'insieme, molto sobrio, è reso quasi elegante dall'uso delle mostrine e del copricapo colorati. Il berretto a visiera, di ispirazione anglo-tedesca, è anch' esso tipico del periodo e venne in seguito definitivamente soppiantato dalla coppola alla granatiera comune a molte unità.
B - Soldato in tenuta da incendio, 1850. L'aspetto più originale di questa tenuta da lavoro è senza dubbio rappresentato dall'elmo con celata mobile traforata, particolarmente concepito per proteggere il pompiere durante gli incendi. L'elmo, di cui ci è pervenuto un solo esemplare (Depositi del Museo Nazionale di Capodimonte, Napoli), è a nostra conoscenza uno dei pochi del suo genere in Europa. Precursore dei moderni elmetti da incendio, il copricapo è esteticamente influenzato dal gusto dell'epoca cui deve l'incongrno cimiero - forse destinato ad accrescerne la prestanza militm-e L'effetto visivo che ne scaturisce - malgrado la funzionalità d'insieme dell'accessorio rieccheggia inevitabilmente Io stile gladiatorio della Roma imperiale' Il dettaglio si riferisce alla mostrina a fischietto della giubba da quartiere, modificata rispetto a quélla (rettangolare) degli inizi degli anni trenta.
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COMPAGNIA POMPIERI DELLA CITTÀ DI- NAPOLI
Elmo da truppa della Compagnia Pompieri, 1850-1861. Esemplare del Museo Nazionale di San Martino in Napoli (foto SME 1984). Si tratta di un esemplare datubi1e agli anni cinquanta, dato che le dimens ion i della coccia appaiono leggermente più ridotte rispetto a quanto raffigmato dalle fonti iconografiche degli anni trenta e quaranta. Ispirato al modello 1821 francese per Sapeu.rs Pompiers, l'elmo napoletano se ne differenziava principalmente per la visiera, fissa in luogo di mobile. Anche gli ornamenti del fregio anteriore in rame vennero napoletanizzati con l 'introduzione del cavallino sfrenato (emblema della Città di Napoli) ed il cartiglio "ARTEFICI POMPIERI". In gran tenuta, veniva applicata una folta ciniglia di crini neri montati su un supporto a trofeo metallico, quest' ultimo destinato ad innestarsi nell'apposito foro sotto la punta del cimiero. I pennacchi (l'esemplare mostra un' altezza di mm. 280) erano di due tipi: uno per ufficiali e trnppa (arancio scuro a base scarlatta), l'altro per trombettieri (bianco a base scarlatta). La tulipe cli innesto, metaUica, misura mm. 58. L'altezza totale dell' elmo è di mm. 320 ci rca; il cimiero presenta un'altezza anteriore di mm. 115 e sviluppa una larghezza crescente da mm. 20 posteriormente sino a mm. 33 alla base della coccia, con basamenti di applicazione laterali modellati a tre anse e corrispondenti viti, la cui larghezza passa analogamente da mm . 40 sul retro a mm. 60 sul davanti. La fascia decorata alla base della coccia è larga mm. 50 agli orecchioni e 111111. 100 sulla visiera. Il distintivo, in lamierino di rame sbalzato, misura 111111. 128 x !35. Il soggolo - largo da un rnassimo di nun . 47 ad un minimo nella parte fin ale di mm. 20 - è lungo mm. 170 senza l'orecchione, il cui diametro è di mm. 52. L'i nterno dell'esemplare non presenta calotte o fodere: la visiera ed il coprinuca sono ricoperti di pelle nera.
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COMPAGNIA POMPIERI DELLA CITTĂ&#x20AC; DI NAPOLI
Elmo da fuoco per Pompieri, 1850-1861. Esemplare del Museo Nazionale di Capodimonte, Napoli Depositi (foto SME 1984). Si tratta di un copricapo alquanto sorprendente nella concezione e, a nostra conoscenza, uno dei pochi del suo genere in Europa. L'elmo dispone infatti di una celata mobile con griglia retrattile di protezione. L'abbinamento di questo utile accessorio al cimiero di linea classicheggiante fanno peraltro pensare a certe raffigurazioni gladiatorie della Roma imperiale o ad alcune visioni futuristiche della letteratura ottocentesca d' avventure! Il giudizio estetico (personale e quindi discutibile!) non deve tuttavia inficiare una valutazione piÚ tecnica del copricapo: compatto nel disegno generale e funzionale nell'alloggiamento degli elementi di protezione con un ingombro minimo, esso forniva una risposta indubbiamente moderna ai problemi di salvaguardia negli ambienti ostili. L'elmo ha un'altezza totale di 1m11. 320; il cimiero presenta un'altezza sul davanti di mm. 165 con una larghezza superiore che va da 1mn. 18 sul retro a mm. 30 frontalmente. Tutto il cimiero, come i sottogola, gli orecchioni e le cifre reali con corona, sono in lamierino d'ottone; la celata, la griglia retrattile e la coccia sono invece in acciaio naturale. La celata, o visiera mobile, presenta un'altezza frontale di mm. 140; le cifre misurano mm. 52 e la corona mm. 35. TI cimiero è applicato alla coccia mediante un basamento a cinque anse con quattro viti, la cui larghezza passa da mm. 50 posteriormente a mm. 130 anteriormente. L'esemplare è sprovvisto di calotta interna o fodera.
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COMPAGNIA POMPIERI DELLA CITTĂ&#x20AC; DI NAPOLI
Elmo da .fiwco per Pompieri, 1850-1861. Esemplare del Museo Nazionale di Capod imonte, Napoli Depositi (foto SME 1984). Le viste laterali dell'elmo - giĂ presentato nella tavola precedente - permettono di osservare con p recisione il meccanismo di scorrimento della griglia retrattile e l'ampio perimetro di protezione offerto al soldato (la semicirconferenza ciel-la griglia abbassata misura circa 30 cm., ossia quasi il doppio dell'altezza dell 'ell isse della coccia). In effetti, la griglia si compone cli due settori mobili ad incastro, resi solidal i dai perni laterali e da un cursore centrale anteriore. Al di sotto della celata mobile, l'elmo presenta una protuberanza ovale, rivettata alla coccia vera e propria, in posizione eccentrica rispetto al profilo naturale del casco. L' alloggiamento cosĂŹ creato al cli sotto della celata permette quindi alla grig lia cli ritirarsi senza ingombro esterno supplementare. 1 sottogola, montati su un supporto cli cuoio naturale, sono in ott.one con 18 ordini di squame arrotondate per una lunghezza totale d i 21 cm. L'orecchione misura cm. 6 di d iametro.
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CORPI FACOLTATIVI
Tipologia del moschetto da 28 pollici (lunghezza della canna, ossia mm. 758; calibro 17,1) per Artiglieria, Gendarmeria, Zappatori-Minatori, Pontonieri, Pionieri, Istituti di Educazione Militare ed altri Enti minori, 1830-1861. Materiale gentilmente trasmessoci dal Dott. Silvio Cimino. A : a pietra focaia (piastra lunga mm. "I 45), canna liscia, mirino sul bocchino, contropiast:ra a "S". B : trasformato a percussione, canna liscia, mirino sul bocchino, contropiastra a "S"; C: stesso tipo, con congegno di sicurezza; D : a percussione (piastra lunga mm. 11 O), canna liscia, mirino sul bocchino, contropiastra a rondella triangolare in ferro. Oltre alle specifiche dotazioni già indicate per i Reggimenti di Fanteria (Guardia e Linea) e a quelle che preciseremo per i. Battaglioni Cacciatori, il moschetto da 28 pollici svolgeva il ruolo di arma lunga per i Corpi Facoltativi. Come già indicato, tutti i fornimenti dell'arma (fascette, bocchino, calciolo, contropiastra, scudo e guardamano) erano in generale in ottone; bacchetta in acciaio con testa a chiodo (A) o a pera (B, Ce D); bretella alta con aggancio alla seconda fascetta (anche per la Gendarmeria a Cavallo); peso 3,5 kg. circa. Baionetta, già illustrata, da 20 pollici (mm. 541 con lama a tre spigoli). L'esemplare schematizzato in "C" merita un commento particolare. L'arma dispone infatti di un meccanismo di sicurezza rappresentato da un copriluminello girevole che, abbassato, impediva l'accidentale percussione della capsula (vedi dettaglio C/1). Data la peculiarità del dispositivo, desumiamo che tali dotazioni fossero destinate a corpi incaricati del mantenimento dell'ordine pubblico.
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CORPI FACOLTATIVI
A - B - Esemplare di moschetto da 28 pollici con meccanismo d'accensione a pietra focaia per Corpi Facoltativi (foto Cimino, 1975). Nel riquadro sono riprodotti alcuni marchi di un altro esemplare, pure a pietra, relativi alla piastra (interno ed esterno) ed alla canna.
C - Esempio di marchio apposto sul calciolo di un esemplare di moschetto, forse attribui bile alla Gendarmeria a Cavallo: 5 (Quinto) S (quadrone) . N (numero di fila) 56. In effetti, la marcatura "S" per squadrone, non preceduta da un numero reggimentale, potrebbe - in via di deduzione logica - riferirsi alla Gendarmeria a Cavallo, un ica specialitĂ nella quale le unitĂ ordinative di base (squadroni, appunto) erano numerate progressivamente senz'altra classificazione di reparto.
D - Pistola da Gendarmeria, 1830-1850. Cassa in noce, fornimenti in ferro. Canna lunga mm. 128 (4 pollici e 9 linee) con calibro da mm. 15,2 liscio. Bacchetta in acciaio con testa a chiodo. Piastra da mm. 102 con contropiastra a "S". (Accanto, figurano i marchi dell'esemplare Collezione Privata. Scheda trasmessa dal Dott. Silvio Cimino). /
E - Esempio di marchio apposto sul calciolo di un esemplare di pistola, forse attribuibile alla Gendarmeria a Cavallo.
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CORPI FACOLTATIVI
Armi di probabile attribuzione ai Corpi Facoltativi. (Schede gentilmente trasmesse dal Dott. Silvio Cimino).
A - B - Moschetti arcaici con canna liscia oa 35 pollici (mm. 948). Le loro caratteristiche differiscono dalle tipologie del nuovo modello adottato agli inizi del regno ferdinandeo. J due esemplari, da attribuirsi forse alla Gendarmeria Reale e/o alla Guardia d'Interna Sicurezza, possono in effetti considerarsi rappresentativi della prima metà degli anni trenta, periodo ancora caratterizzato da un amalgama di dotazioni eterogenee. A: moschetto conservato presso lo Spolettificio Militare di Torre Annunziata. Calibro mm. 17,5. Meccanismo a pietra focaia con piastra del modello 1788 da mm . 163 (vedi dettaglio A/1). Piastra liscia, a bordi smussati, di spessore di 4 mm., larga mm. 31 (al principio dell'incavo del focone) . Il cane, a collo di cigno, è lungo mm. 87 (al fusto); scodellino in ottone. Marchio a toppa della Manifattura Reale di Napoli, con il monogramma reale " F.R.". Contropiastra a "S". Tutti i fornimenti sono in feITo. Calcio con incavo salvaguancia a sinistra. Bacchetta con testa a pera. Peso 4 kg. circa. B: moschetto conservato presso il Museo Centrale del Risorgimento di Roma. Calibro mm. 18. Piastra (trasformata a percussione) di originario modello 1800 (mm. 164), piatta non smussata, marcata all'interno cpn la data "1803". Marchio a toppa della Manifattura Reale di Napoli. Cont:ropiastra a "S". Canna probabilmente· marcata "1831" (vedi dettaglio B/1) con tacca fissa di mira sul codolo (è da ritenersi che la canna s ia stata sostituita ali' atto della trasformazione). Tutti i forni menti sono in ferro. Bacchetta con testa a pera. Peso 4 kg. circa. Sul calciolo figura il marchio: "3(terzo) B(attaglione?) 12" (vedi dettaglio B/2).
C - Moschetto a percussione da 28 pollici rigato, calibro mm. 17,5 ("modello 1860"?). L'arma, forse attribuibile all'artiglieria, costituisce una delle ultime produzioni napoletane, nell'ambito del programma accelerato (e peraltro incompiuto!) d i rimpiazzo delle vecchie tipologie con nuove dotazioni rigate. Piastra a percussione a molla indietro da 130 111111.; contropiastra a rondella triangolare in ferro. Fornimenti in ottone (una sola fascetta). Alzo a.fogliette tarato da 200 a 500 m. Innesto a slitta per sciabola-baionetta. I due esemplari esaminati (Collezione Privata, Roma e Museo dell'Artiglie1ia di Torino) recano sulla canna i marchi "1860" e "1861" (vedi dettaglio C/1).
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ARTIGLIERIA
Ricostruzione dell'equipaggiamento da truppa per la Compagnia a Cavallo, 1842-1861 (sulla base delle fonti iconografiche e di alcuni reperti del Museo Nazionale di San Martino, Napoli):
A - Bandoliera con giberna. Cuoio, imbiancato per la bandoliera e nero bollito per la giberna; elementi faterali del cofanetto, bordo della patta del coperchio, fregi e fornimenti in ottone lucidato. Secondo l'iconografia prevalente, la foggia dei supporti di attacco del cofanetto giberna era identica a quella dei Dragoni: alcune fonti indicano tuttavia degli agganci a snodo alla francese. I soldati montati del Treno utilizzavano una bandoliera di cuoio imbiancato priva anteriormente di fregi; la giberna, interamente in cuoio bollito nero, aveva una patta di chiusura dal bordo inferiore squadrato, guarnita ciel solo fregio al centro ma senza bordo in ottone.
B - Cinturone. Cuoio imbiancato con fornimenti in ottone lucidato. La tipologia con fibbia a passanti posteriori di scorrimento (vedi C, C/1 e C/2) era ispirata ai materiali francesi.
C - C/1 - C/2 - Fibbia da cinturone (disegni da originali del Museo Nazionale di San Martino in Napoli). Ottone lucidato. Diametro del medaglione nm1. 50. In luogo del consueto passante latei-ale a staffa (vedi ufficiali), i due medaglioni della fibbia recavano posteriormente dei passanti a scorrimento (C/1): il medaglione cli sinistra bloccava l'estremitĂ del cinturone (dotata all'uopo cli uno spessore supplementare) mentre quello di destra, mobile, permetteva cli regolarne la lunghezza grazie ali' ardiglione interno (C/1 e C/2).
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ARTIGLIERIA
Ricostruzione dell'equipaggiamento per ufficiali della Compagnia a Cavallo, 1842-1861 (sulla base delle fonti iconografiche e di alcuni reperti originali):
A - Bandoliera con giberna. Ispirata ai modelli francesi, la tipologia napoletana se ne differenziava per la forma sagomata della patta del coperchio e per la foggia a stqffa dei supporti di attacco al cofanetto. L'uso di buffetterie di cuoio verniciato di nero assimilava l'ufficialitĂ dell'Artiglieria a Cavallo a quella di altre unitĂ leggere di cavallerta - Ussari e Cacciatori a Cavallo. Gli ufficiali del Treno utilizzavano lo stesso accessorio.
B - Dettaglio del trofeo da bandoliera. (Museo Nazionale di San Martino in Napoli - foto MF 1975). Ottone dorato. Dimensioni: borchia a testa di leone mm. 50x46; scudetto con granata mm. 60x47.
C - Cinturone. Cuoio verniciato di nero con interno al naturale. Fornimenti in ottone dorato. Rispetto ai modelli d'oltralpe, l'accessorio napoletano si caratterizza per l'aggiunta, al primo attacco della bigliera, di una catenella d'ottone con gancio per sospendere la sciabola quando l'ufficiale era smontato. Gli ufficiali del Treno utilizzavano lo stesso cinturone.
D - Dettaglio della fibbia da cinturone, in ottone dorato (disegno da originale del Museo Nazionale di San Martino in Napoli - diametro del medaglione mm. 45). Il distintivo della specialitĂ - a sbalzo lucido su fondo granulato - si compone dei consueti cannoni incrociati con granata fia mmeggiante e di una piramide di sole sei palle in luogo delle dieci tradizionalmente utilizzate nei fregi de] Corpo di Artiglieria (vedi bottoni).
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TRENO
Sciabola per soldati montati del Treno, 1830-1861. Esemplare del Circolo Ufficiali Presidio, Napoli, Palazzo Salerno (foto MF 1977). Tanto l'Artiglieria a Cavallo che il Treno utilizzavano delle sciabole dal fornimento molto simile al modello inglese giĂ illustrato a proposito della cavalleria della Guardia Reale. R ispetto all'arma degli ussari, tuttavia, quella degli artiglieri e dei soldati montati del Treno si caratterizzava per l'uso, sull'impugnatura, di spire di filo ritorto in aggiunta alle orecchiette di fissaggio. Anche il metallo del fornimento era determinante: ferro - come per gli Ussari - in Artiglieria; ottone per il Treno. L'esemplare del Treno qui raffigurato presenta un marchio sulla lama (scudetto coronato iscritto in un ovale) apparentemente non napoletano: si tratterebbe quindi di un'arma importata, come peraltro riscontrato anche per altri esemplari del modello inglese. Lunghezza totale (senza fodero) mm . 950; lunghezza della lama mm. 820; larghezza al tallone mm. 37. Fornimento in ottone, con guardia monoelsa (a staffa) e cappetta lunga, impugnatura in legno ricoperto di cuoio nero con orecchiette di fissaggio a perni e spire di filo d'ottone. Orecchiette per il fissagg io del fodero. Lama curva ad un solo fi lo con grande sguscio e falso filo. Fodero in ferro con bocchetta a vite.
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TRENO
Sciabola attribuibile al n·eno (ufficiali'?), 1840-1861. A prima vista simi le al modello inglese, la sciabola qui raffigurata (di cui abbiamo ritrovato vari esemplari) presenta in realtà un fornimento a guardia monoelsa in ottone dalle caratteristiche ben differenti: - l'impugnatura ricoperta di cuoio nero è priva cli orecchiette di fissaggio; - la cappetta ha un estremità voluminosa dalla forma decisamente el lissoidale e smussata; - al punto di raccordo tra la cappetta - di tipo lungo - e la parte piana della guardia esiste un ringrosso di rinforzo; - l'estremità della parte piana è leggermente curva con un bottone anziché terminare con il consueto ricciolo; - il fissaggio al fodero si avvale di alette perpendicolari alla crociera in luogo delle orecchiette; L'insieme ciel forni mento, benché più stilizzato e moderno, appare quindi alquanto influenzato dalle tipologie francesi per ussari del modello "anno lV/lX" con fornimento all'ungherese e dal derivato modello del 1803 per la cavalleria della Guardia Tmpe1iale. Quest'arma era in effetti entrata a far parte delle dotazioni napoletane durante il periodo murattiano, quale sciabola dei Veliti a Cavallo (poi Ussari) e dell'Artiglieria a Cavallo della Guardia Reale. L'ipotetica attribuzione, per il periodo in esame, agli ufficiali del Treno si fonda peraltro unicamente su alcune fonti iconografiche (in particolare una litografia dello Zezon) e non è cli conseguenza probante.
A - A/1 - A/2 - Vista totale e dettagli del fornimento e del fodero. Esemplare del Circolo Ufficiali di Presidio, Napoli, Palazzo Salerno (foto MF 1977). Lunghezza totale mm. 950; lunghezza della lama mm. 8 19; larghezza al tallone mm. 36. Lama ad un solo filo con grande sgusci~ e fal so fi lo. Fodero in ferro con bocchetta a vite. Nessun marchio rilevato.
B - Dettaglio del fornimento di un esemplare del Museo Nazionale d'Artiglieria di Torino (foto SME 1984). Marchio della Manifattura Reale cli Napoli, senza data. Anche un altro esemplare dei Musei e Gallerie Pontificie della Città del Vaticano, Museo Storico (inv. 28.954), p1:esenta sul tallone il marchio della Manifattura Reale di Napoli senza data (dimensioni dell'arma: totale mm. 940; lama mm. 816 x mm. 36).
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GENDARMERIA
1 - 2 - Sciabole da truppa della Gendarmeria a Cavallo. Lo "Specchio delle principali dimensioni delle armi portabili già in uso per ! 'esercito del cessato Governo delle Due Sicilie" ("Giornale d'Artiglieria" del!' 8 Febbraio 1861) identificava due modelli: - "Grossa Cavalleria o Dragoni antico modello e per Gendarmeria"; - "per Gendarmeria col fodero di pelle" . L'esame delle tabelle dimensionali relative ai due citati modelli dimostra che si trattava in realtà della stessa sciabola ma con due tipi di fodero : interamente in ferro; ed in pelle nera, con fornimenti in ottone. Per entrambi riscontriamo in effetti: la stessa lunghezza della lama (pollici 36, ossia mm. 974,5); lo stesso peso dell'arma senza fodero (once 54), della lama (once 26) e del fornimento (once 28). Il medesimo tipo di lama, dritta, ad un filo e doppio sguscio, veniva quindi evidentemente montato sui due modelli. Entrambi derivavano in effetti dalla tipologia francese da cavalleria di linea del mod. "anno Xl", introdotta a Napoli durante il periodo murattiano (Reggimento Corazzieri e Gendarmeria a Cavallo). Anche la diversità dei foderi si ispirava alle due versioni dell"'anno XI" (in lamiera per la cavalleria pesante; in pelle per i dragoni) . Sulla base delle fonti iconografiche è possibile precisare l'attribuzione: 1: con fodero in pelle, agli Squadroni delle Province; 2: con fodero metallico, allo Squadrone Scelto della Capitale (dopo il 1848, in certe quantità, anche ai Carabinieri a Cavallo). Stando sempre alle fonti iconografiche, gli ufficiali dello Squadrone Scelto (e forse anche quelli degli altri Squadroni) utilizzavano una sciabola con fodero metallico dal fornimento dorato à garde de bataille, con palmetta a conchiglia ornata di una granata di metallo argentato. Una litografia de1lo Zezon proverebbe la presenza di tale tornimento anche presso gli ufficiali dei Carabinieri a Cavallo, eredi dello Squadrone Scelto disciolto nel 1848. Secondo Aloja, inoltre, il fornimento à garde de bataille sarebbe stato usato anche dai Trombettieri dello Squadrone Scelto.
3 - 4 - Bandoliera con giberna (con dettaglio del fregio applicato sul coperchio) e cinturone da truppa per Gendarmeria a Cavallo. Ricostruzione sulla base dell'iconografia coeva e di alcuni modelli di regolamento. Fregio del Museo Nazionale di San Martino in Napoli (ottone lucidato, mm. 47 x 62). Rispetto agli archetipi francesi, si differenziano in particolare la foggia del portabaionetta ed il posizionamento del bottone che regolava la lunghezza del cinturone a seconda dell'uso in vita o in bandoliera. Sulla bandoliera, anteriormente, figurava come trofeo una granata in ottone a fiamma allungata.
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GENDARMERIA
"Servizio di Provincia", 1854. Per ambedue i nostri soggetti, abb iamo immaginato alcuni adattam.enti operativi dell'uniforme d'ordinanza che - seppure non ripurlali ùalle funli icunugralklie cueve, tulle di origine ufficiale o regolamentare - corrispondono nondimeno a quanto correntemente praticato in tutti i maggiori eserciti europei ed italiani ciel tempo. Tali strappi alla regola (colletto della giubba aperto ed abbassato, eliminazione della cravatta, pantaloni rimboccati) non sono sorprendenti quando si pensi alle condizioni climatiche ed ambientali in cui i Gendarmi - ancor più che le altre truppe in campagna - si trovavano quotidianamente ad operare.
A - Gendarme in tenuta di campagna estiva. In concomitanza con gli eventi costituzionali del 1848, la Gendanne1ia Reale fu disciolta e sostitu ita dalla Guardia cli Pubblica Sicurezza, con funzioni ed ordinamenti molto simili - per non dire identici - a quelli della disciolta specialità; nel dicembre 1852 - ormai esaurita la congiuntura politica - si decise di ristabilire l'antica denominazione di Gendarmeria Reale, ripristinando il tradizionale distintivo scarlatto. 11 ritorno alle origini rispettò tuttavia l'avvenuto rimpiazzo del tradizionale cappello da parte dello shakot quale copricapo ordinario per i gendanni a piedi. L'armonizzazione con le dotazioni della linea motivò parimenti l'introduzione della bandoliera con g iberna ciel modello da fanteria in luogo di quella con fibbia posteriore in uso precedentemente. Come in altTi Corpi Facoltativi a ferma lunga, anche la Gendarmeria impiegava nelle occasion i di servizio giornaliero ed operativo una pratica g iubba senza falde guarnita del colore distintivo, sulla quale le spalline a frangia erano rimpiazzate da semplici controspalline cli panno. Con la giubba, potevano indossarsi a seconda del le circostanze tanto i pantaloni invernali di panno bleu che quelli estivi di cotone bianco o quelli di colore big io con filettatura laterale scarlatta.
B - Secondo Sergente in tenuta di campagna invernale. Uno dei capi più caratteristici della Gendarmeria a piedi era senza dubbio il cappotto con pellegrina dal largo colletto rovesciato, elegantemente profilato dalle filettature scarlatte tipiche della specialità. · Con ogni tenuta, l'uso del budriere con piastra in ottone recante l'insegna (emblema) del corpo rendeva noto che il Gendarme era in serv izio nelle sue funzioni istituzionali di ufficial e di pubblica sicurezza. In presenza cli tale emblema, quindi, lo statuto g iuridico ciel militare influiva sulla rubricazione dei reati commessi nei suoi confronti od in sua presenza.
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GENDARMERIA
A - B - Sciabola da truppa della Gendarmeria a Cavallo, Squadroni delle Provincie, 18301861. Esemplare del Museo Nazionale d'Artiglieria, Torino (foto SME 1984). Si tratta del1a sciabola "per Gendarmeria col fodero di pel1e" indicata dallo "Specchio delle principali dimensioni delle armi portabili già in uso per l'esercito del cessato Governo delle Due Sicilie" ("Giornale d'Artiglieria" dell' 8 Febbraio 1861 ). L'esemplare, della Manifattura Reale di Napoli, è marcato con la data "1857". Esso rivela la genesi composita dell 'arma napoletana: - il tipo di lama (ad un solo filo con doppio sguscio e falso filo) ed il fornimento in ottone nel suo insieme (modanatura della cappetta; punto di attacco del fascio delle else laterali quasi contiguo alla cappetta; presenza della ghiera al la base dell' impugnatura) derivano in effetti dal modello francese "anno Xl" per cavalleria di linea; - il volume della guardia sembra invece ancora ispirarsi al precedente modello "anno IX"; - il fodero, mutuato dalla tipologia francese per Dragoni (in pelle nera con cappa, fascetta e puntale in ottone), si distingue dal modello d'oltralpe per il doppio bottone con cui termina il puntale. Lunghezza totale mm. 1.112; lunghezza della lama mm. 975; larghezza della lama al tallone: mm. 35; peso kg. 1,247.
C - Dettaglio di un fornimento da truppa per Gendarmeria a Cavallo. Esemplare di Collezione Privata della Manifattura Reale di Napoli, marcato " 1839". Impugnatura in pelle nera con spire di filo d'ottone ritorto. Fornimento in ottone con guardia a tre else. Lama ad un solo filo con doppio sguscio e falso filo.
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CAVALLERIA DI LINEA
Musicanti del 2° Reggimento Lancieri, 1856-1858 circa. Nella tenuta di gala dei Musicanti dei Lancieri, l'ispirazione ai modelli del secondo ùnpero (Lancieri della Guardia Imperiale francese) è evidente. Il contrasto cromatico con le uniformi della truppa è dei più riusciti. e conferma jJ lusso che carattelizzava questa specialità, particolarn1ente amata da Ferdinando li che ne era stato, sin dal 1827, un entusiasta fautore.
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FANTERIA E CAVALLERIA DI LINEA
A â&#x20AC;˘ Carabinieri esteri (Volontari Bavaresi), 1860. Vaiie tenute del Battaglione di cacciatori esteri (volontari bavaresi), caratterizzati dalla tunica grigio-azzmTo a mostre verdi . A sinistra sullo sfondo il trombetto con pennacchio di piume nere 1icadenle.
B - Reggimento Carabinieri a cavallo, 1859. - Carabiniere in gran tenuta jnvernale; - Carabiniere in tenuta ordinaria estiva.
C - Ufficiali di cavalleria, 1859. - Uffi ciale dei Dragoni in tenuta di gala invernale; - Ufficiale dei Dragoni in tenuta ordinmia estiva; - Uffici,Ăše dei Carabinieli a Cavallo in tenuta di gala invernale.
D - Reggimenti Dragoni, 1859. - Trombetto in tenuta di gala invernale; - Dragone in tenuta di gala invernale; - Dragone in tenuta ordinaria estiva; - Dragone in cappotto.
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A - B - Elmo da ufficiale di Cavalleria di Linea, 1825-1831/32 circa. Museo Nazionale di Capodimonte, Napoli (Depositi, inv. 9631 del 1982 - foto ME I 983). Cuoio nero bollito a grana finissima; fornimenti in ottone finemente stampato e dorato.
A seguito della riorganizzazione del Real Esercito dopo i moti costituzionali del 1821, vennero tra l'altro introdotte profonde modifiche nel vestiario che traducevano visivamente il radicale riallìneamento politico e militare del Regno al fianco della potenza asburgica. L'elmo di cui vennero dotati i tre Reggi menti di Cavalleria di Linea è forse una delle dimostrazioni più evidenti di tale influenza. Si tratta in effetti di un copricapo molto simile a quelli in uso presso i coevi dragoni austriaci, fatti salvi alcuni elementi del decoro dei tornimenti. Questa tipologia venne mantenuta pressoché invariata sino al 1839, anno dell'adozione del nuovo modello di elmo in acciaio ed ottone che - seppure cli concezione originale napoletana appariva più vicino alla moda militare francese. Altezza totale mm. 337. Cimiero: altezza anteriore mm. 218, posteriore mm. 250; larghezza al coperchio superiore mm. 30 avanti e mm. 20 posteriormente. La cresta è raccordata al coprinuca mediante una staffa fissata da due viti con testa a forma di quadrifoglio (vedi dettaglio B/1). Il piedistallo del cimiero è lobato: su ogni lato, cinque anse e tre viti di fissaggio. Soggolo composto da 24 squame fissate ad una correggia cli cuoio mediante dei punti in filo metallico (ogni squama è numerata in rilievo nella parte coperta da quella superiore): lunghezza totale mm. 220, con una larghezza andante da mm . 43 a rnrn. 20. Il mascherone laterale è in forma di testa Ie9-11ina (mm. 50 x 45) con morso ad anello per l'aggancio del soggolo (vedi dettaglio A/1). Visiera profonda mm. 60 al punto centrale, dotata di una profilatura ribattuta larga mm. 12. Coprinuca profondo mm. 35. Visiera e coprinuca sono foderati da pelle zigrinata nera sottilissima. Interno dell'elmo in cuoio naturale con semifodera in tela verde chiaro a trapunta; dalla semifodera si diparte una calotta in pelle nera zigrinata, a spicchi, chiusa da un laccetto.
C - Dettaglio del medaglione anteriore del cimiero.
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CAVALLERIA DI LINEA
Come già detto, durante i primi anni di regno di Ferdinando II la Cavalleria di Linea borbonica conservò pressoché invariato il modello d'elmo di ispirazione aus1i-iaca adottato nel 1823. La durata di rimpiazzo di tale copricapo era fissata dalle norme amministrative a 96 mesi (8 anni). Unica novità, 1iscontrabile dall'esame dell'iconografia coeva, è l'introduzione intorno al 1831 -32 di una variante nel decoro del cimiero (in luogo del serto di alloro, lungo il bordo superiore, compare infatti una fascia a scanalature intersecata da un nastro). Tale modifica è attribuita dalle fonti sia agli ufficiali che alla truppa. In assenza di documenti di fornitura, non ci è tuttavia possibile precisare se la variante sia stata estesa a tutte le dotazioni (divenendo quindi un vero e prop1io nuovo modello, a rimpiazzo del precedente) ovvero se i due tipi siano coesistiti sino all'abolizione della tipologia.
A - Vista anteriore dell'elmo da ufficiale di Cavalleria di Linea, 1825-1831/32 circa. Museo Nazionale di Capodimonte, N_apoli (Depositi - foto MF 1983). Si tratta dello stesso esemplare già osservato alla tavola precedente. I La piastra anteriore è alta mm. 110 anteriormente e mm. 35 sui lati, su una lunghezza totale di mm. 240.
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B - C - Vista laterale e posteriore di un elmo da truppa di Cavalleria di Linea, 1832-1839 circa. Museo,Nazionale di Capodimonte, Napoli (Depositi, inv. 9616 del 1982 - foto MF 1983). Cuoio bollito ( suola) verniciato di nero; fornimenti in ottone stampato. 11 trofeo a ste11a applicato anteriormente è posticcio. L'esemplare manca della piastra anteriore e del coperchio di chiusura del cimiero cui si agganciava la ciniglia. · L' i1mnagine permette di constatare la differenza di qualità dei materiali impiegati per la truppa rispetto agli esemplari da ufficiale. L'esemplare è l'unico da noi conosciuto con il cimiero decorato secondo la variante sopra menzionata. Altezza totale mm. 330. Cimiero alto mm. 200 circa anteriormente e mm. 300 circa posteriormente. Il piedistallo ha quattro volute per lato con tre viti. Soggolo come pe1· 1' esemplare da ufficiale ma con 21 squame, su una lunghezza di mm. 210. Visiera profonda mm. 35 al punto mediano, con bordo liscio largo mm. 21. Coprinuca profondo 1mn. 35 (ambedue foderati in pelle nera zigrinata). L'interno è in cuoio naturale, senz'altra fod~ra che una calotta a spicchi, di pelle nera zigrina, ta (laccetto mancante).
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Varie viste di un elmo da cavalleria di fabbricazione napoletana (sperimentale, truppa Dragoni ?), 1837-1839 circa. Museo Nazionale di Capodimonte, Napoli (Depositi - foto MF 1975). Dimensioni non rilevate. Acciaio con fornimenti (cimiero, fascetta e piasLra) in lamitrino d'ottone stampato e lucidato. Sul finire degli anni trenta, nel quadro della progressiva adozione dei materiali e modelli di ispirazione francese, l'amministrazione napoletana procedette all'ammodernamento del vestiario dei reggimenti di cavalleria di linea, ormai denominati Dragoni. Alcuni indizi - per quanto frammentari - ci confermano che, tra il 1837 ed il 1839, varie proposte vennero avanzate per rimpiazzare l'elmo di tipologia austriaca (questo iter si concretizzò infine nell'adozione del caratteristico elmo in acciaio ed ottone di mod. 1839). Da una tavola appartenente alla "Brown Military Collection" databile a quegli anni, apprendiamo che l'elmo a criniera (in seguito attribuito alla sola Gendarmeria Scelta a Cavallo) era stato previsto in un primo tempo proprio per i Dragoni, peraltro in stretta similitudine con i modelli d'oltralpe. Altre incisioni di un manuale di scherma edito a Chieti nel 1837, d'altra parte, mostrano un'uniforme di nuovo modello, ma ancora abbinata all'elmo in cuoio di vecchio tipo. I Depositi del Museo di Capodimonte, inoltre, conservano - oltre ai diversi modelli napoletani effettivamente utilizzati - altri elmi coevi di varia origine, tra cui quello sardo di Piern.onte Reale e due esemplari di modelli francesi da Dragoni. All'epoca, in effetti, il Commissariato di Guerra acquistava spesso all'estero del materiale militare per procedere ad esperienze pratiche o per studiare opportunità di riforme delle dotazioni napoletane. ln tale contesto - a1lo stadio di prototipo sperimentale - si collocherebbe a nostro g iudizio anche l'elmo qui riprodotto, appartenente appunto al citato campionario di Capodimonte. L'insieme sembra ispirarsi, ma con minor armonia estetica, al mod.1824 francese (particolarmente sgraziata risulta l'applicazione anteriore di una piastra da shakot!). Uno degli orecchioni non è probabilmente d'01igine. Da notare il cimiero, che è del tipo modificato intorno al 1831 /32: l 'esemplare ci fornisce quindi l'opportunità di osservare il decoro del coperchio, assente nel reperto già presentato.
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A - Sciabole da truppa per Dragoni e Carabinieri a Cavallo, 1840-1861. Estratto dello "Specchio delle principali dimensioni delle armi portabili giĂ in uso per l'esercito del cessato Governo delle Due Sicilie" ("Giornale cl' Artiglieria" dell'8 Febbraio 1861). Tale documento menziona in effetti due sciabole, entrambe d'ispirazione francese, con foderi di lamiera: - "Grossa Cavalleria o Dragoni antico modello e per Gendarmeria": come giĂ indicato, si rifaceva all'arma da cavalleria pesante del mod. "anno XI" (sia per il fornimento, che per la lama dritta ad un filo e doppio sguscio); - "Grossa cavalleria o Dragoni 1834": fornimento d'ottone a quattro rami del tipo 1822 francese per cavalleria di linea, peraltro montato su una lama dritta del tipo "anno XIII" (ad un filo con grande sguscio e falso filo). La sciabola napoletana "mod. 1834" sembra quindi aver anticipato le innovazioni introdotte dal rnod. 1854 francese (cavallerie de rĂŠserve ). In effetti, la coeva arma francese per dragoni e corazzieri (ossia la "mod. 1816" cavallerie de tigne) conservava un fornimento ancora parzialmente influenzato dallo stile "anno XI" (ossia, con i tre rami esterni della guardia terrninanti a ricciolo).
B - B/1 - Sciabola di "mod. 1834". Esemplare del Circolo Ufficiali di Presidio, Napoli, Palazzo Salerno (Foto MF 1977). Dimensioni: lunghezza totale (senza fodero) 111111. 1.137; lama mm. 975 X 30. Punzone della Real Fabbrica, senza data.
C - Dettaglio del fornimento di una sciabola di "mod. 1834". Collezione privata (foto gentilmente trasmessaci da A. Bartocci, 1978). Dimensioni non rilevate. Punzone della Real Fabbrica, con data 1845.
D - Dettaglio del fornimento di una sciabola di antico modello. Tratto da "Armi bianche militari italiane 1814-1950" di C. Calamandrei (Editoriale Olimpia - Firenze, 1987).
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Dragoni
Elmo da truppa, circa 1848/50-1861. Museo Nazionale dell'Artiglieria di Tor ino (foto SME 1985). Dimensioni non rilevate. Coccia in acciaio lucidato con fornimenti in lamiera d'ottone stampata e lucidata; pelliccia rasa (di foca?) tinta in nero. La data d' adozione del nuovo elmo - che rimpiazzò quello di tipo austriaco - è fornita dalla Ministeriale del 1 Gennaio 1840 (mt. 1°), che recita: "Gli elmi, tanto di Uffìziale come di Truppa, ultimamente somministrati di regio conto ai tre Reggimenti Dragoni rimarranno come esclusiva dotazione de ' Co,pi medesimi" . La data del 1839 - suggerita dalla citata Ministe1iale - è peraltro coerente con le scadenze di rinnovo delle dotazioni. Il vecchio modello (avente durata di 96 mesi, ossia 8 anni) era stato infatti introdotto nel I823: - 1823/24 + 8 = 1831/32: stesso tipo ma con presumibile modifica del cimiero (cfr. litografie della Biblioteca Reale di Torino, databili al 1832); - 1831/32 + 8 = 1839/40: adozione del nuovo modello. Conosciamo tre esemplari del "modello 1839": Museo Nazionale del)' Attiglieria di Torino; Museo Nazionale di Capodimonte e Museo Nazionale di San Martino in Napoli. La loro datazione è peraltro ardua. In assenza di documenti di fornitura (glj elmi erano infatti di regio conto), solo le fonti iconografiche contribuiscono alla loro classificazione approssimativa. Peraltro, un documento dell'agosto 1835 (Fondo Rufio - A.S.N., Sez. G.M.) indica le durate ammirust.rative per elmi di analoga tipologia (Guardie del Corpo): anni 16 per le strutture metalliche; annj 8 per le parti in pellame (ciniglie e pennacchi compresi). Studiando i repe1ti, in effetti, ci si accorge che la parte infe1iore degli elmi (turbante) era appunto di pellan1e (pelo raso all'esterno; al naturale all'interno), agganciato alla calotta supe1iore d'acciaio. Di conseguenza, rinnovando il pellame si modificava la paite bassa della coccia, visiera e coprinuca compresi (che consistevano appunto nel suddetto pellame, guarnito di fodere e profili d'ottone). Quando si 1iscontrano delle differenze nelle coccie, è quindi opportuno rife1irsi alle citate scadenze. Secondo la nostra teoria, le date chiave sarebbero state il 1847/48 ed il 1855/56: quest'ultima 16 anni a pmtire dal primo tipo - potrebbe anzi conispondere alJ.'adozione di un nuovo modello, di foggia più compatta e moderna. Appare tuttavia poco verosimile che i 1innovi abbiano portato alla standardizzazione di tutti i copricapi ad una stessa data. Tenuto conto dell'arrivo dei nuovi contingenti di reclutamento, degli inevitabili raggruppamenti di forniture, dei rimpiazzi per incidenti (perrute e rustruzioni), è più probabile che i diversi tipi siano coesistiti per mesi, forse per aimi. Sulla base delle fonti iconografiche e di quanto precede, pensiai110 che l'elmo di Torino sia probabilmente il più ai1tico dei tre conosciuti. La forma pitt tondeggiante della coccia - e soprattutto la foggia della visiera e del copri nuca pronunciato ed allineato al profilo infe1iore della coccia - sembrerebbero in effetti ricollegare questo esemplare a quelli raffigurati da AJoja nelle tavole degli anni fine quaranta - prima metà degli aimi cinquanta.
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Dragoni
A - Elmo da truppa, circa 1852/54-1861. Museo Nazionale di San Martino in Napoli, Collezione Savarese (foto SME 1985). Materiali come sopra. I dettami decorativi sono molto vicini a quelli dell'esemplare di Torino. La foggia de!Ja coccia è tuttavia più compatta, con visiera e coprinuca più spioventi. L'esemplare manca sin dal l'origine della tulipe di alloggiamento del pennacchio. Ciniglia d'origine. Altezza totale mm . 340. La fascia del turbante di pelo è alta mm. 135 anteriormente, mm. 60 lateralmente e mm. 83 posteriormente. Il cimiero ha un altezza anteriore di mm . 190 e posteriore di mm. 300; la larghezza ciel coperchio superiore è di mm. 33 anteriormente e di mm. 19 posteriormente. Il fregio anteriore misura mm. I J3 x 115 ed è fissato a mm. 10 dal medaglione del cimiero. Il soggolo è lungo mm. 245 (compreso l ' orecchione, il cui diametro è di mm. 50). Le squame sono in numero di nove, fissate ad una correggia ricoperta di una fodera di pelle nera zigrinata. L'interno della coccia è in metallo naturale, con fascia di cuoio corrispondente al turbante esterno di pelo; calotta a spicchi di pelle nera. Visiera e coprinuca sono egualmente foderati di pelle nera.
B - C - Fregi per elmi da Dragoni, 1840-1861. Museo Nazionale di San Martino in Napoli, Collezione Savarese (foto MF 1975). Lamierino d'ottone stampato e lucidato. Si tratta cli due varianti dello stesso freg io: le dimensioni sono mm. 110 x 105/115.
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Dragoni
Sciabola da truppa per Dragoni, 1838-1861. Esemplare di Collezione Privata, Roma (foto MF 1994). Si tratta di un altro esemplare del "modello 1834" giĂ osservato in precedenza. Fomimento d'ottone con guardia a quattro rami del tipo 1822 francese per cavalleria cli linea; cappetta corta; impugnatura di legno ricoperta eia pelle marrone con spire di filo d'ottone. Sul fornimento figurano vari punzoni identificativi del numero di posizione: - "SS.N.55" "S" (lato interno del primo ramo); "200" sul retro. Lama dritta, ad un solo filo con grande sguscio e falso filo. Sul tallone figurano il punzone della Real Fabbrica di Napoli, senza data, ed un marchio "S". A titolo di aneddoto, ricordiamo che vari esemplari della sciabola "mod. 1834" giunsero in possesso dell'Esercito Pontificio a seguito dello sconfinamento nei territori romani di una divisione napoletana, in ripiegamento da Gaeta sulla frontiera papalina nella fase finale della Campagna del 1860. Le sciabole vennero quindi talvolta riutilizzate dai Pontifici e in qualche caso ripunzonate. Alcuni di questi interessanti reperti figurano ancora nelle Collezioni Storiche dei Musei Vaticani. /
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Dragoni
Varie viste di un elmo da truppa, circa 1856-1861. Museo Nazionale di Capodimonte, Napoli (Depositi, inv. 9620 del 1982 - foto MF 1983). Coccia in acciaio lucidato con fornimenti in lamiera d'ottone stampata e lucidata; pelliccia rasa (di foca?) tinta in nero. Stando alle dimensioni tota!i dell'elmo, e soprattutto alla forma molto spiovente della coccia, con coprinuca a gronda assai pronunciata, tale esemplare si potrebbe collocare nella fase terminale dell'evoluzione della tipologia. L'ultima serie di illustrazioni di Aloja, databili al 1856/57, appare confortare quest'ipotesi. I dettami costruttivi sono simili a quelli dell'esemplare di San Martino. L'altezza totale. è tuttavia inferiore (mm. 320). Anche la linea del cimiero appare più raccolta: altezza anteriore mm. I 50 e posteriore mm. 280, con una larghezza superiore da mm. 31 a mm . 14.11 turbante di pelo raso misura mm . I 52 anteriormente, 111111. 50 lateralmente e mm. 94 posteriormente. L'elmo ha la tulipe per il pennacchio (mm. 37). Il fregio ante1iore è identico (mm. I l 3x l J5, fissato a mm. 10 dal medaglione del cinùero). La tipologia del soggolo è invece completamente differente. Esso misura 111111. 205, compreso l'orecchione, il cui diametro è pur sempre di mm . 50: in luogo delle squame mobili, esso si compone in effetti di una lastra unica di lamierino d'ottone, stampato a bugne. L'orecchione inoltre non ha il fondo zigrinato. La diversità di questo accessorio ci risulta in realtà difficile da spiegare. Negli altri due esemplari, così come nell'elmo da Carabinieri a Cavallo, il modello della mentoniera e dell'orecchione rimane lo stesso. Anche ipotizzando un aggiornamento del copricapo - ciò che appare plausibile sulla base delle dimensioni e delle fonti iconografiche coeve - la modifica del soggolo risulta anomala, dato che tutti i decori dei fornimenti si mantengono inalterati. Non è quindi da escludere un'interpolazione più tarda, mediante appl icazione di elementi estranei al reperto originale. L'interno della coccia è dipinto di verde; tutti gli altri dettagli corrispondono a quanto già descritto.
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CAVALLERIA DI LINEA
Gualdrappa di gala, di origine napoletana, forse attribuibile alla testa di colonna di un Reggimento dei Dragoni, circa 1840-1861. Collezione Privata, Roma (foto MF 1995). Dimensioni non rilevate. La fattura della gualdrappa e talune caratteristiche delle guarnizioni ricamate in argento sembrano compatibili con un'attribuzione alla cavalleria borbonica. La sua classjficazione è peraltro incerta. In effetti, la foggia generale, il panno scarlatto di fondo, i galloni e le nappe di filo d' argento, la forma della granata ricamata agli angoli potrebbero suggerirne l'appartenenza ad una testa di colonna dei Dragoni . Rispetto a tale ipotesi, tuttavia, risulterebbe anomala l'assenza del numero reggimentale sotto la granata, almeno stando ali ' iconografia conosciuta. L' unica alternativa comparabile sarebbe quella de.i Carabinieri a Cavallo, per i quali non esisteva il numero dell'unità: costoro utilizzavano tuttavia la granata in ricamo oro-argento ereditata dalla Gendarmelia. D ' altra parte, la presenza di un doppio gallone d'argento potrebbe spiegarsi solo nel caso di una dotazione fuori ordinanza (ciò che peraltro era abituale ed anzi quasi normale per gli equipaggiamenti di gala delle musiche!), presumibilmente di un Capo-Musica o di un Sergente Trombetto (in effetti, i semplici trombetti avevano sulla gualdrappa scarlatta un solo gallone, e di cotone bianco). Il panno scarlatto è di finissima qualità, così come i ricami e le gallonature. L' interno è foderato in spessa tela grezza, con doppie impunture di cotone bianco e rinforzi di pelle.
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CAVALLERIA DI LINEA
Carabinieri a Cavallo
A - B - Varie viste di un elmo da truppa, circa 1856-1861. Museo Nazionale di San Martino in Napoli, Collezione Savarese (foto SME 1983). Coccia in acciaio lucidato con fornimenti in lamiera d'ottone stampata e lucidata; pelliccia rasa (di foca?) tinta in nero; crini neri. Anche in questo caso, sulla base delle dimensioni generali del copricapo - e soprattutto della forma molto spiovente della visiera (tagliata a becco), con un largo coprinuca a gronda - proponiamo una datazione agli ultimi anni di vita del regno. Malgrado il volume relativamente ridotto della coccia dell 'esemplare 1ispetto a quelli mostrati per gli anni quaranta, notiamo che gli elmi dei Carabinieri a Cavallo conservarono la caratteristica forma oblunga delle origini. L'altezza totale è di mm. 310 (esclusa la houpette all'estremità del cimiero). Il cimiero (il cui decoro è semplificato 1ispetto a quello dei Dragoni) presenta un'altezza anteriore di mm. 125 e posteriore di mm. 215, con una larghezza superiore da mm. 45 a mm. 22. ll turbante cli pelo raso misura mm. 140 anteriormente, 11m1. 55 lateralmente e mm. 65 postelionnente. L'elmo ha la tulipe per il pennacchio, ma manca del distintivo anteriore. Sul cimiero è fissata la houpette a forma di bulbo, in lamie1ino d 'ottone lavorato a palmette, alta (senza il ciuffo di c1ini) mm. 110. La tipologia del soggolo è simile a quella da Dragoni. Esso si compone di nove squame e misura mm. 260, compreso l'orecchione il cui diametro è di mm. 60. Da notare tuttavia l'esi stenza di un secondo soggolo interno di semplice cuoio nero, di modello simile a quello degli shakot. Alla base posteriore del cimiero è fissata, mediante u na vita trasversale, la spatola di cuoio su cui - a mo' di spazzola - si innestano i crini. La criniera è lunga mm. 600. L'interno della coccia è di metallo al naturale, con la consueta fascia di cuoio in corrispondenza del turbante esterno di pelo. La calotta interna e le foclerature della visiera e del coprinuca sono di pelle zigrinata nera.
C - Fregio per elmo da Carabinieri a Cavallo, 1850-1861. Museo Nazionale di San Martino in Napoli, Collezione Savarese (foto MF 1975). Lamierino d ' ottone stampato e lucidato . Dimensioni: mm. 90 x 93.
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Tipologia essenziale delle armi da fuoco delle unità di cavalleria, 1830-186:1. Materiale gentilmente trasmessoci dal Dott. Silvio Cimino. A - Moschettone da 22 pollici (lunghezza della canna, ossia mm. 595; calibro mm. 17,1) per Cavalleria di Linea, 1830-1839/40 circa. Schema di un esemplare a pietra focaia, piasu·a lunga mm. 145; canna liscia, mirino in ferro sulla volata, contropiastra in ottone a "S". Calcio in noce; fornimenti in ottone, salvo la fascetta, la guida e l'anello per la rangona in ferro. Bacchetta in acciaio con testa a chiodo. Sino alla fine degli anni trenta, i tre Reggimenti cli Cavalleria della Linea furono armati di un moschettone dello stesso modello di quello in dotazione alla Caval leria della Guardia Real.e. La bacchetta del moschettone, che si portava sospesa sul lato sinistro ad un correggiolo di cuoio bianco agganciato alla bandoliera, poteva utilizzarsi anche per la pistola. Una tavola del la "Brown Military Collection" databile al 1837/38 illustra la prima tenuta a/la.fiw1cese dei neo-costituiti Reggimenti Dragoni. In tale illustrazione si nota ancora l'utilizzo della rangcma porta-moschettone, ossia del budriere con aggancio che consentiva al cavaliere di portare l'arma sospesa al suo fianco destro. B - C -Tipologia essenziale del moschetto da 28 pollici (lunghezza della canna, ossia mm. 758; calibro mm. 17,1) per Reggimenti Dragoni, circa 1840-1861. B: a pietra focaia (piastra lunga mm. 145), canna liscia, mirino sul bocchino, contropiastra a "S"; C: trasformato a percussione, canna liscia, mirino sul bocchino, contropiastra a "S". Si tratta della versione per unità montate dell'arma da 28 pollici già esaminata, caratterizzata peraltro dalla cassa corta e dalla presenza di una sola fascetta. L'arma era portata sull'equipaggiamento da sella, infilando la bocca della canna in un apposito astuccio posto sull'avanti del lato destro e assicurando il calcio ad una correggia posteriore situata all'altezza della coscia del cavaliere . Il peso totale del l'arma era di circa Kg. 3,3. La prima fonte ufficiale che mostri l' utilizzo del moschetto da 28 poll ic i per la Cavalleria è !'"Ordinanza...." del 1843. L'arma trasformata a percussione entrò in dotazione solo nel corso degli anni cinquanta. Per quel che riguarda i Carabinieri a Caval lo, secondo il testo esplicativo dello Zezon, questi erano armati come i Dragoni. Tuttavia, tanto la tavola della stessa opera (1854) che un'altra illustrazione dell' Aloja ( 1856) raffigurano un moschetto da 28 pollici del tipo per corpi a piedi, ossia a cassa lunga, due fascelle e cinghia agganciata a lla seconda fascetta. Tale particolarità corrisponderebbe peraltro a quanto attestato anche per la Gendarmeria a Cavallo, da cui i Carabinieri discendevano. li porto ciel moschetto sull 'equipaggiamento da sella era lo stesso dei Dragoni. D - Fucile eia 38 pollici (lunghezza della canna, ossia mm. 1.028; calibro mm. 17,5) per i Cacciatori a Cavallo, 1848-1861. Si tratta cli una delle arm i p iù caratteristiche della produzione napoletana, il cui profilo generale e la cassa molto accorciata sembrano ispirarsi alle coeve armi civili eia caccia. Direttamente prodotto con meccanismo a percussione : piastra lunga mm. 119, contropiastra triangolare di ferro a rondella, canna liscia, tacca cli mira fissa sul codolo e mirino in ferro sulla volata. Fornimenti in ottone, bacchetta in acciaio, calcio in noce. L'arma era infilata a tracolla dai Cacciatori mediante una bretella lunga di cuoio nero. Le capsule d 'accensione erano custodite in un apposito borsetto che la tnippa infilava sul lato destro ciel cinturino. E - Baionetta da 20 pollici per moschetto da cavalleria con canna da 28 pollici. Dettaglio della stessa, con fodero, come illustrata nell"'Ordinanza .... " del 1843. Lunghezza mm. 541; lama a tre spigoli. Fodero in cuoio nero con puntale in ottone e colletto con corregg iolo di cuoio bianco (mediante tale correggiolo, il fodero era agganciato alla fibbietta dell'apposito alloggiamento a guaina applicato sul lato sinistro dei cinturoni da Dragone e Carabiniere - cfr. tavola equipaggiamento).
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CAVALLERIA DI LINEA
Lancieri A - Czapka da ufficiale subalterno del 1° Reggimento Lancieri, circa 1852-1861. Museo Nazionale di San Martino in Napoli, Collezione Savarese (foto SME 1983). Calotta in cuoio nero bollito con imperiale ricoperto di panno rosso, fornimen ti in lamierino d'ottone stampato e clorato. Si tratta del tradizionale copricapo della specialità, di origine polacca ma largamente filtrato dat'gusto ottocentesco. Il modello napoletano del 1843 si ispirava a quello francese coevo, di cui peraltro non condivise talune degenerazioni carkaturali. Altezza totale mm. 260 circa. li padiglione misura mm. 115 in altezza, con lati lunghi rnm.175 per una diagonale di mm. 250. I bordi, le diagonali ed i profili del gambo sono guarniti da un cordonctto dorato da mm. 4. 11 gambo ha una base di mm. 65 con una strozzatura centrale di mm. 50. Agli angoli del padiglione sono applicate delle punte d'ottone dorato e lavorato; sul retro è fissato un anello a sostegno della foraggiera. Alla base del padiglione, sono applicati i distintivi di grado, in ricamo d'argento: un gallone da mm. 47 ed un altro da mm. 17 (con trama rispettivamente da 36 e da 12 ordini dj tasselli). Malgrado le indicazioni fornite dall'iconografia coeva, non siamo peraltro in grado di ricostruire il sistema di distintivi citato dal R.D. ciel 6 Dicembre 1830. l mascheroni dorati a testa leonina misurano mm. 38 x 31. La visiera, cupa e tonda, è profonda mm. 52 con un bordo d'ottone lavorato cli mm. 11. La piastra a raggiera, in lamierino sbalzato e dorato, raffigura un trofeo di bandiere caricato da uno scudo ovale, coronato e circondato da palme, nel quale è intagliato il numero reggimentale (dimensioni: mm. 150 x 210). L' interno è in cuoio, foderato di tela beige, con calotta a spicchi di pelle nera. Visiera egualmente foderata di pelle nera. La foto da noi presentata è sfortunatamente anteriore al restauro della czapka effettuato nel 1984, in occasione della sua esposizione alla Mostra "Dagli Eserciti Preunitari all'Esercito Italiano". L' immagine non rende in effetti giustizia alla rarità ed alla bellezza ciel cimelio. Proponiamo peraltro due immagini complementari:
B - Foto della stessa czapka nel 1969 (tratta daJ Catalogo della "Mostra delle Anni ed U11iformi Napolitane, 1734-1860", Museo Principe Gaetano Filangieri, NapoU 15 aprile-30 g iugno 1969; Rif. n. 5 1. Fig. 15).
C - Dettaglio di una czapka da ufficiale subalterno del 2° Reggimento Lancieri, tratto da una foto d'epoca. Ritratto di Don Carlo de Sangro, Conte d' Itri, Alfiere del 2° Rgt.o dal 9 ottobre 1857 al 1O settembre 1860 (Clichè di Bernoud, Collezione Marulli-Bmrncco, 1iproduzione C. Di Somma - G. Fiorentino, Napoli).
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Lancieri Qualche anno prima clell'adozione della nuova uniforme di stile rrancese, si procedclle all'ammodernamento dell' arma bianca della specialità. Una tavola ufficiale databile al 1837/38 (Brown Military Collection) fornisce il dettaglio iconografico del forn imento della nuova arma, ispirata al modello francese 1822 per cavalleria leggera (in precedenza, i Lancieri erano armati di sciabole con forn imenti monoelsa all'austriaca). Lo "Specchio delle Principali dimensioni delle armi portabili già in uso per l'esercilo del cessalo go verno delle Due Sicilie" ("Giornale cl' Artiglieria" cieli' 8 Febbraio 1861) la identifica come "Lancieri cli nuovo modello 1837" La sua attribuzione si avvale inoltre di numerosi riscontri iconografici. Come per altre armi bianche napoletane, il riferimento alla tipologia francese non impediva una certa tolleranza nell'approntamento delle forniture. Si riscontrano quindi - a seconda degli esemplaii - talune varianti nella foggia e nell'ampiezza del fornimento. Degli esempla1i della sciabola si ritrovano nelle Collezioni Storiche dei M usei Vaticani a seguito degli avvenimenti politico-militari già menzionati in precedenza.
A - Esemplare da truppa, 1840-1861. Musei e Gallerie Pontificie, Museo Storico, inv. n.28.971.(tratto dal Catalogo della Mostra "Dagli Eserciti Preunitari all'Esercito Italiano", Roma 1985, foto SME). Dimensioni: lunghezza totale (senza fodero) mm. 1.069; lama mm. 920 x 32; peso gr. 1.016; fodero mm. 947. Punzone della Real Fabbrica con data 1843.
B - Dettaglio del fornimento di un altro esemplare di Collezione Privata (tratto eia "Armi Bianche Militari italiane 1814- 1950" cli C . Calamanclrei, Editoriale Olimpia - Firenze, 1987). Fornimento d'ottone con guardia a tre rami; cappetta corta; impngnatura cli legno ricoperta eia pelle marrone con spire di filo d 'ottone. Lama curva, ad un solo fi lo con grande sguscio e falso fi lo. Sul tallone figurano il punzone della Real Fabbrica cli Napoli senza data. Lunghezza totale mm. 1.065, lama mm. 9 15.
C - Dragona da truppa (cuoio di bufalo imbiancato), sulla base ciel modello raffigurato citata tavola della "Brown Military Collection".
D - La sciabola da truppa dei lancieri come clall' "Ordinanza di Sua Maestà per gli Esercizi e le Evoluzioni delle Truppe di Cavalleria" (Napoli, Reale Tipografia Militare, I 843).
E - Dettaglio del fornimento di un esemplare per ufficiali, Collezione Privata (tratto eia "Al.mi Bianche Militari Italiane 18 l 4-19501' cli C. Calamanclrei, Editoriale Olimpia Firenze, 1987). L'arma si ispira all'analoga tipologia francese per ufficiali della cavalleria leggera. Come già indicato in precedenza, lo "Specchio.... " sopra citato ciel 1861 la menzionava come modello "per Uffiziali di Cavalleria Leggera o Lancieri e per Uffiziali dello Stato Maggiore". Il forni mento si caratterizza per la qualità della doratura e per la p resenza di un decoro a fogliami sul bordo della cappetta ed all'estremità dei due rami esterni della guardia. Impugnatura in corno nero a spirale, con corclelline in rame, cappetta corta. Lama curva ad un solo filo con grande sguscio e falso fi lo. L unghezza totale mm. l.068, lama mm. 917. Marcata al tallone "1837" e "Z". Fodero a due fascette in ferro.
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Lancieri
A - Lancia, circa 1840-1861. Dall' "Ordinanza di Sua Maestà per gli Esercizi e Evoluzioni delle Truppe di Cavalleria" (Napoli, Reale Tipografia Militare, 1843). Si tratta - a nostra conoscenza - della prima fonte ufficiale che illustri il nuovo modello di lancia. La sua adozione, tuttavia, potrebbe forse a\'er preceduto cli qualche anno il testo regolamentare. L'arma (lunghezza totale: mm. 2.830/2.850; peso circa 2,7 kg.) si compone di: - asta: in legno di faggio verniciato di nero; - pennone: lama in ferro (lunga mm . 175/180) a due tagli costolata al centro, procedente eia una gorbia tronco-conica (lunga mm. 70), munita di due bandelle di diversa lunghezza (mm. 463 e mm. 240, a partire dalla gorbia), ciascuna con due viti; - laccio: in cuoio di bufalo bianco (detto soatto); - puntale: a calzuolo cilindro-conico a punta smussata, lungo mm . 310 comprese le due bandelle di diversa lunghezza (mm. 150 e mm. 100), fissate da due viti ciascuna (tutte le bandelle, sia superiori che inferiori, sono verniciate di nero). In basso, esempi di marchi apposti sul calzuolo cli un esemplare di collezione prìvata. In alto, dettaglio dell' "Ordinanza.... " del 1843 (Esercizio della lancia). /
B - Dettaglio di un pennone. (tratto da "Armi Bianche M ilitari Italiane 1814-1950" di C. Calarnanclrei , Editoriale Olimpia - Firenze, 1987). La banderuola era assicurata all' asta da un cotTeggiolo che, passando attraverso tre occhiellì posti sulla bandella superiore più lunga, si fissava ad un gancio di fermo direttamente infisso nel legno. Dai documenti di fornitura apprendiamo che esistevano sia delle banderuole cli gala che delle insegne giornaliere. Dato che le numerose fonti iconografiche non riportano diversità di colorazione di sorta, riteniamo che la differenza consistesse nel materiale (seta e cotone?).
C - Pistola da cavalleria a pietra focaia, 1830-1850 circa. Cassa in noce con forni111enti in ottone. Piastra da 128 111111. con controcartella a "S". Calibro 111111.17,1. Bacchetta in ferro. Si conoscono anche esemplari con piastra trasformata a percussione. In alto, sono riportati alcuni marchi della piastra (esemplare di Collezione Privata - scheda gentilmente trasmessaci dal Dott. Silvio Cimino) ed un dettaglio della pistola di cavalleria tratto dalla citata "Ordinanza ... " del I 843.
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CAVALLERIA DI LINEA
Cacciatori a Cavallo
Sciabola da truppa, 1850-1861. Esemplare del Museo del Risorgimento di Bologna (foto SME 1983). La sciabola non è citata dalla "Specchio delle Principali dimensioni delle armi portabili già in uso per l 'esercito del cessato governo delle Due Sicilie" ("Giornale d'Artiglieria" dell'8 Febbraio 1861). La sua attribuzione si appoggia tuttavia su una solida e costante base iconografica. Si tratta di un arma derivata dal modello 1822 francese per cavalleria di linea. Anche in questo caso, si conoscono delle varianti quanto alla foggia ed alla volumetria del fornimento. Fornimento d'ottone con guardia a quattro rami; cappetta corta; impugnatura di legno ricoperta da pelle scura spire di filo d'ottone. Lama curva, ad un solo filo con grande sguscio e falso filo. Sul tallone figura il punzone della Real Fabbrica di Napoli, senza data. Dimensioni: lunghezza totale dell'arma (senza fodero) mm. 1.026; lunghezza della lama mm. 880; larghezza al tallone mm. 32. Alcuni esemplari di queste armi si ritrovano anche nelle collezioni dei Musei delle regioni settentrionali (Lombardia, in particolare), probabilmente in qualità di cimeli di preda bellica dei volontari garibaldini. Le formazioni dei Cacciatori a Cavallo furono infatti particolarmente impegnate nelle prime fasi della Campagna di Sicilia.
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CAVALLERIA DI LINEA
Dragoni
Ricostruzione dell'equipaggiamento individuale per truppa e sottufficiali fino a Primo Sergente dei Reggimenti Dragoni, 1843-1861. Sulla base di un'illustrazione ufficiale del 1838/39 (Brown Military Collection), dell'Ordinanza di Cavalleria del 1843 e di altre fonti iconografiche. Un equipaggiamento simile era in dotazione anche alla truppa dei Carabinieri a Cavallo, per la quale peraltro il trofeo da bandoliera era costituito da una semplice granata, cosĂŹ. come il fregio da giberna.
A - Cinturone e dettaglio (A/1) della fibbia anteriore. Si tratta di accessori ispirati ai modelli francesi degli anni venti e trenta, coerentemente alla tipologia uniformo logica dell'unitĂ . Il modello di portabaionetta appare tuttavia originale rispetto agli archetipi ispirati vi. Cuoio di bufalo imbiancato; fibb ie e fornimenti in ottone lucidato. Il dettaglio fotografico della fibbia anteriore si riferisce ad un reperto del Museo Nazionale di San Martino in Napoli, Collezione Savarese (foto MF 1975). Dimensioni mm. 75 x 85. Dalla tavola della "Brown Military Collection" ricaviamo le seguenti dimensioni: lunghezza mm. 1.062, altezza mm. 63.
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B - Bandoliera con giberna e dettaglio (B/1) della granata posta sul coperchio della giberna. Cuoio di bufalo imbiancato con tornimenti in ottone lucidato. Giberna in cuoio nero con interno al naturale, forni menti e laterali d ' ottone. Le dimensioni indicate dalla tavola ufficiale della "Brown Military Collection" sono: lunghezza bandoliera mm. 1.062 larghezza mm. 63; coperchio giberna: largh. min. mm. 210, max. mm. 225, altezza mm. 113; cofanetto giberna (di forma a mezzaluna) larghezza min. mm. 203, max. mm. 212, profonditĂ mm. 59, altezza mm. 101; sviluppo totale (coperchio + cofanetto) mm. 250. Verso il 1838/39 - e forse sino al 1842 - i Dragoni continuavano ad utilizzare il budriere portamoschetto con rangona, conformemente alla tipologia cl' arma lunga ancora in dotazione (quindi con correggia porta-bacchetta e spilla netta-focone, come per gli Ussari). In seguito - e sicuramente a partire eia] 1843 - il buclriere scomparve e rimase la sola bandoliera con giberna. Quanto al trofeo anteriore della bandoliera, la citata fonte ufficiale - databile al 1838/39 - mostra solo l'accessorio applicato sul citato budriere porta-moschetto, ossia una granata con catenelle ed uno scudetto sul quale figurava il numero reggimentale (1 , 2 o 3 ). Le fonti posteriori contermano - senza tuttavia fornire dettagli precisi - la presenza di tale trofeo, ormai applicato direttamente sulla bandoliera porta-g iberna. Riteniamo pertanto che anche l' utilizzo del numero sullo scudetto fosse stato mantenuto. Il dettaglio ciel distintivo eia giberna si riferisce ad un reperto del Museo Nazionale di San Martino in Napoli, Collezione Savarese (foto MF 1975). Dimensioni mm. 63x53 .
C - Dettaglio della dragona da truppa (in cuoio di bufalo imbiancato). Sulla base della citata fonte, la larghĂŠzza della coffeggia era di mm. 18.
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CAVALLERIA DI LINEA
Lancieri
Ricostruzione della bandoliera con giberna per truppa e sottufficiali fino a Primo Sergente dei Reggimenti Lancieri, 1843-1861. Sulla base di un'illustrazione ufficiale del 1838/39 (Brown Military Collection), dall'Ordinanza di Cavalleria del 1843 e di altre fonti iconografiche. La tavola della "Brown Military Collection" illustra la vecchia tenuta dei Lancieri, ossia quella precedente alle riforme (decisamente francesizzanti) del 1842/1843. Con l'adozione del la nuova tenuta, l'equipaggiamento restò pressochÊ inalterato, fatta salva peraltro l'eliminazione dell'alto cinturone di cuoio bianco con fibbia quadrangolare in ottone, originariamente illustrato sulla citata tavola del 1838/39. Con la nuova tenuta, in effetti, i Lancieri cingevano in vita una fascia, a righe orizzontali scarlatte e bleu, sotto la quale era indossato un cinturino a bigliere di cuoio bianco. L'iconografia dell'epoca fornisce tuttavia pochi dettagli su questo accessorio d'equipaggiamento, di cui non siamo pertanto in grado di ricostruire la struttura. Riteniamo peraltro che essa non dovesse essere molto differente da quella del cinturino per Ussari, escludendo naturalmente la sabretache con relative bigliere, anelli e passanti. /
A - Bandoliera con giberna e dettagli (A/1) del trofeo anteriore della bandoliera. Cuoio di bufalo imbiancato con fornimenti sono in ottone lucidato. Giberna di cuoio nero con interno al naturale, fornimenti e laterali in ottone. Le dimensioni indicate dalla tavola ufficiale della "Brown Military Collection" sono: lunghezza bandoliera mm. 1.062, larghezza mm. 63; coperchio giberna: largh. mio. mm. 180, max mm. 210, altezza min . mm. 113, max mm. 122; cofanetto giberna (di forma a mezzaluna) larghezza min. 169, max mm. 183, profonditĂ mm. 47, altezza mm. 97; sviluppo totale (coperchio + cofanetto) max mm. 246. Quanto al trofeo anteriore della bandoliera, la citata fonte ufficiale - databile al 1838/39 mostra un sole con catenelle ed uno scudetto sul quale figurava il monogramma reale coronato. Le fonti posteriori conferrmrnu l'uso dello stesso trofeo. l dettagli del trofeo (sole e scudetto, catenelle mancanti) si riferiscono a reperti del Museo Nazionale di San Martino in Napoli, Collezione Savarese (foto MF 1975). Dimensioni non rilevate.
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CAVALLERIA DI LINEA Equipaggiamenti per ufficiali di unità di cavalleria A - Bandoliera e giberna da ufficiale dei Reggimenti Dragoni, 1840-1861. Esemplari cli Collezione Privata, Napoli (foto tratte dal volume "Francesco Il di Borbone - Irnmagin.i, documenti, testimon.ianze", Electa Napoli 1994). Dimensioni non rilevate. Pelle di bufalo bianca impunturata, fornimenti in ottone dorato finemente inciso. B - Bandoliera e giberna da ufficiale del Reggimento Cacciatori a Cavallo, 1850-1861. Esemplari eh Collezione Privata, Napoli (foto tratte dal volume sopra citato). Dimensioni non rilevate. Cuoio nero, fomimenti in ottone dorato finemente inciso. Si tratta in ambedue i casi di rarissimi repe11i, che riproduciamo per gentile concessione del proprietario, noto studioso e collezionista napoletano. C - Bandoliera e giberna da ufficiale di cavalleria cli unità non identificata (forse Carabinieri a Cavallo), 1850-1861. Museo Nazionale di San Ma1tino in Napoli, Collezione Savarese (foto SME 1983). Dimensioni: mm. 100x60 per la bandoliera; mm. 160 x 11 O (max) per la giberna. Pelle di bufalo bianca impuntmata, forni.menti in ottone dorato fi nemente inciso. La tipologia della bandoliera è molto vicina a quelJa degli ufficiali dei Dragoni, da cui differisce unicamente per la presenza del monogramma reale sullo scudetto del trofeo, in luogo della granata. La giberna è anch'essa del model lo usuale per ufficiali d i cavalle1ia. L' attribuzione di questo esemplare - la cui fattura è sicuramente riferibile ag li anni cinquanta - si rivela tuttavia un autentico rompicapo! Giungiamo alla nostra conclusione (ufficiali dei Carabinieri a Cavallo) in semplice via d'i potesi e in realtà più per esclusione che sulla base di elementi positivi. Conosciamo gli equipaggiamenti per ufficiali delle Guardie del Corpo, degli Ussa1i, delle Guardie d'Onore, dell' Artiglieria a Ca vallo, del Treno, dei Lancieri, dei Dragoni e dei Cacciatori a Cavallo. L'iconografia e vari reperti ci consentono in effetti di identificarne precisamente le caratteristiche. Gli ufficiali della Gendarmeria a Cavallo, peraltro, non avevano la bandoliera con giberna, dato che il loro distintivo di funzione era la piastra del corpo applicata sul budriere da sciabola. D' alb·a parte, gli ufficiali dei Reggimenti di Cavalleria ricevettero la bandoliera con giberna solo intorno al 1839/40, ossia quando la specialità venne trasformata in Dragoni. Per esclusione, dunque, resterebbero solo gli ufficiali dei Carabirue1i a Cavallo. Questi - provenendo dalla Gendarmeria Scelta a Cavallo - non portavano in origine bandoliera e giberna, di cui furono equipaggiati solo all'inizio degli anni cinquanta, quando cioè l'unità venne vestita sul modello dei Dragoni (1853). Sappiamo però che, nei Carabinieri a Cavallo, la truppa portava la granata sia come trofeo della bandoliera che come fregio sulla giberna! D' altra paite, esiste una sola fonte iconografica - relativamente precisa - che mostri una bandoliera (ma purtroppo non la giberna!) da ufficiale a Cavallo: si tratta di una litografia dello Zezon del 1854. Stando a questa fonte, la bandoliera sembra simile a quella dei Dragoni come struttura e trofeo (pelle di bufalo bianco impunturata, testa leonina e scudetto): la qualità grafica della tavola non permette però d'identificare l'ornamento sullo scudetto. Fornimenti per equipaggiamenti da ufficiale di cavalleria, 1850-1861. Museo Nazionale di San Martino in Napoli, Collezione Savarese (foto MF 1975). Ottone dorato. D - Scudetto del trofeo per ufficiali dei Dragoni (dimensioni: circa mm. 55 x 67). E - Fregio da giberna per ufficiali dei Dragoni (dimensioni: mm. 57 x 45). F - Scudetto ciel trofeo per ufficiali degli Ussari e dei Cacciatori a Cavallo (dimensioni: circa mm. 56 x 70).
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CAVALLERIA DI LINEA
Illustrazioni tratte dall' "Ordinanza di Sua Maestà per gli Esercizi e le Evoluzioni Truppe di Cavalleria" (Napoli, Reale Tipografia Militare, 1843). I figurini, più particolarmente relativi ai Reggime nti Lancieri, mostrnno la silhouette generale dell'equipaggiamento di sellelia della gran tenuta (A) ed in tenuta d'istruzione a cavallo (B). Nella gran tenuta, notiamo tra l'altro la gualdrappa (o mantiglia), guarnita della cavallerizza in pelliccia cli montone scuro, bordata dal .frappone dentellato cli panno distintivo. La forma della valigia variava a seconda delle specialità. Nella tenuta d'istruzione, si evidenzia la selleria di norma nascosta dalla gualdrappa. Ricordiamo che la mantiglia era cli nomrn utilizzata solo in gala ed in piccola gala. Negli altri casi (in campagna, in tenuta giornaliera, per marce brevi e lunghe), veniva utilizzata sulla sella la sola cavallerizza con la valigia (di norma destinata a contenere degli effetti di ricambio del vestiario e cli dotazione personale del cavaliere), arrotolando il cappotto a pellegrina sull'arcione. È utile soffermarsi sulle norme di affardellamento del cavaliere borbonico. Le un ità in movimento abbinavano infatti due serie di con-edi. Quando il cavaliere indossava il copricapo con incerata e gli effetti di scuderia (marce lunghe), si custodivano nella valigia da sella la giacca ed i pantaloni di cotone bigio, un sottocalzone, il berretto da fatica ed una camicia di ricambio. Nella valigia al seguito (ossia nei can-iaggi del reparto) si lasciavano invece gli effetti cli gran tenuta, un pantalone bianco ed il pennacchio. /
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CAVALLERIA DI LINEA
Finimenti che equipaggiavano le unitĂ della cavalleria borbonica. Illustrazioni tratte dall' "Ordinanza di Sua MaestĂ per gli Esercizi e le Evoluzioni delle Truppe di Cavalleria" (Napoli, Reale Tipografia Militare, 1843).
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CAVALLERIA DI LINEA
Generi di selleria che equipaggiavano le unitĂ della cavalleria borbonica. Ill ustrazioni tratte dall' "Ordinanza di Sua MaestĂ per gli Esercizi e le Evoluzioni Truppe di Cavalleria" (Napo Ii, t.zeale Tipografia M ilitare, 1843 ).
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CAVALLERIA DI LINEA
A - Testiera di briglia da cavallo per ufficiali di cavalleria (presumibilmente Dragoni o Carabinieri a Cavallo), 1850-1861. Museo Nazionale di San Martino, Napoli (foto SME 1983). Dimensioni non rilevate. Cuoio nero doppiato e impunturato, fornimenti in ottone cesellato e lucidato. Sulle borchie laterali del morso figurano due medaglioni con l'emblema de11o Stato Maggiore dell'Esercito (trofeo di bandiere caricato da un'armatura con usbergo all'antica sovrastante una pelta). Gli altri decori dei fornimenti sono tipici delle unitĂ della Divisione Pesante di cavalleria.
B - Vari ornamenti per testiere e pettorali da cavallo per ufficiali corpi montati, 1840-1861. Museo Nazionale di San Martino in Napoli, Collezione Savarese (foto MF 1975). Le borchie laterali da morso indicate al n. 1 sono ornate del distintivo delle Guardie del Corpo a Cavallo. La borchia laterale da morso n. 2 ed il medaglione da pettorale a cuore n. 8 riportano l'emblema dello Stato Maggiore dell'Esercito. I decori da testiera (nn. 3, 4, 5, 6 e 7) sono simili a quelli dell'esemplare raffigurato accanto ai dettagli. Le mezzelune da barbozzale possono invece generalmente riferirsi agli equipaggiamenti da ufficiale di tutti i corpi montati.
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FANTERIA DI LINEA
A - Reggimenti svizzeri, 1859 circa. -
Fuciliere in gran tenuta; Soldato in cappotto e bonnetto di quartiere; Soldato delle compagnie scelte in tenuta giornaliera invernale per servizi armati; Granatiere in gran tenuta; Soldato in tenuta giornaliera estiva per servizi disarmati (nella fattispecie sta portando le gavette della sua squadra).
B - Battaglioni cacciatori, 1859 circa. - Guastatore in gran tenuta; - Ufficiale in tenuta giornaliera; - Ufficiale in gran tenuta; - Ufficiale in tenuta di servizio con cbepĂŹ (in secondo piano).
C - Battaglioni cacciatori, 1857- 1859 circa. - Ufficiale supeiiore in gran tenuta estiva; - Cacciatore in gran tenuta estiva; - Cacciatore in tenuta di campagna estiva.
D - 3° Battaglione Carabinieri esteri, 1860. - Ufficiale in tenuta di gala (in secondo piano); - Carabiniere in tenuta cli campagna (retro); - Carabiniere in tenuta di gala.
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FANTERIA DI LINEA
A - Shakot da truppa di una Compagnia Cacciatori del 3° Reggimento Svizzero, circa 1826-1829/30. Musée Cantonal d'Histoise et d 'Etnographie, Chateau de Valèrc, Sion (inv. 5883 - folo H. Preisig, gentilmente trasmessaci lramite il Conservatore S i_g. Anwnietti). Dimensiot1i non rilevate. Fusto di feltro nero con imperiale, visiera e fascia di rinforzo superiore in cuoio bollito nero. Piastra anteriore e forni menti in lamierino d' ottone stampato e lucidato. Coccarda di metallo stampato e dipi nto di rosso. Doppio pompon di lana verde. Prima di perconere l'evoluzione del cop1icapo di fanteria durante i regni di Ferdinando D e di Francesco II, invitiamo i I lettore a fare un passo indietro sino a q uello di Francesco I. La ragione è duplice: la rarità del reperto qui presentato - la cui immagine ci è pervenuta solo dopo la pubblicazione del precedente volume - ed il ten tativo di tracciare una sintesi U più possibile organica. Lo shakot è stato da noi datato in funzione dell' anno cli reclutamento dell'u nità svizzera. In realtà, si tratta cli un esemp lare ciel modello introdotto a partire dal 1823 per tu lla la fanteria cli linea, la cui durata ammilùstrativa era d i quattro anni. Per i Nazionali, tale shakot verme quindi r.imp iazzato a parti re dal 1827 eia un nuovo modello, rimasto a sua volta in servizio sino ai pri mi anni trenta. La sca nsiorJe cronologica è confermata dai documenti cli forni tura. In realtà, per quanto riguarda le datazioni, va pur sempre considerato che gli shakot - come peraltro gli altri effetti di vestiario - venivano d istribuiti progressivamente, a causa dei tempi di allestimento delle forni tu re . Di conseguenza, sia il rinnovo nell'ambito di uno stesso modello che - a maggior ragione - .l'adozione cli un nuova tipologi a potevano avveni re in ogni repaito accelerando o ritardando iJ calendario narurale delle scadeuze dei generi. Ragioni cli econonùa ed esigenze rifonnatrici si combinavano, dando luogo talvolta a iati crono.logici oggi difficili da ricostruire. Nel caso particolare dei neo-reclutati Reggimenti Svizzeri, la prima fornitura era stata effettuata solo tra la fine ciel 1825 ed il 1826, ciò che dovette produrre uno sfasamen to rispetto ai Nazionali. Pensiamo quindi che il rimpiazzo dello shakot qu i illustrato eia parte del nuovo mocl. 1827, per le uni tà elvetiche, sia piuttosto avvenuto alla fine ciel Regno di F rancesco T. D a qui le datazioni eia noi proposte, sia per lo shakot in questione che per quello cbe seguirà. L' unica fome regolamentare che descriva le caratteri stiche dello shakot introdotto int.0 1110 al J 823 è il "Dettaglio del Vesti ario de' Corpi cli Linea per la fanteria", pubblicato dalla Litografia Mi litar·e a Napoli nel Marzo 1824. Il documento specificava in effetti l' altezza ciel copricapo (pollici 8, ossia mm. 2 17 circa), della fascia superiore clell' i.mperiale ( I pollice e 6 linee, ossia mm. 4 1 ci rca) e di quella inferiore (12 linee, ossia mm. 27 ci rca). Ricordiamo inoltre che i Regg imenti Naz ionali portavano all'epoca sullo shakot una piastra anteriore romboidale (vedi B). Gli Svizzeri, invece, avevano adottato sin dalla loro creazione una piastra d i nuovo tipo, de1ivata dal modello francese 1/3/1825 (a scudo e/rusco, secondo la terminologia militare d' oltralpe; a pe/w, diJemmo noi). Tale piastra venne mantenuta nella vers.i one qui presentata - sino al 1835 circa: le sue dimensioni standard sono mm. 140 x I 08 (da noi verificate su ciica una dozzina cli esemplari). Se si adotta quindi il parametro della piastra, l 'esemplare del Musée de Valère confom1e alle norme dimensionali del "Dettaglio ... " del 1824; il suo imperiale presenterebbe quindi un cJjametro di circa 250 mm. Gli orecchioni dei soggoli riportavano a sbalzo l'emblema di specialità delle compagnie (come per la piastra dei Nazionali - vedi B; cfr. anche modello successivo nelle tavole seguenti).
B - Piastra per shakot da truppa dei reggimenti di fanteria nazionale, compagnie del Centro, 1823/24 - 1827/28. Museo Nazionale cli San Martino in Napoli, Collezione Savarese (fow MF 1975). Lamieri no d' ottone stampato e lucidato. Dimensioni mm. I 15 x 105. Si tratta di una tipolog ia cli eviden te retaggio napoleonico, impiegata a Napoli si n-dalla prima restaurazione. Le compagnie recavano sulla piastra, a sbalzo, l'emble ma della loro specialità (g iglio per il centro. corno per i Cacciatori e granata per i Granatieri). Tale tipologia ven ne grosso modo mantenuta anche con il nuovo sbakot introdotto into rno al 1827/28. La foggia del l'accessorio fu tuttavia modificata - dando luogo ad una losanga nettamente più corta in verticale ed a llungata in orizzontale per adattarsi all a forte svasatura ciel fusto ciel nuovo modello.
C - Pompon per shakot da ufficiale, circa 1831-1834. Musée Militaire Vauclois, Morges (foto 11F 1994). Ani ma in legno, ricoperta eia 14 giri concentrici di cordoncino in fi lato d' oro spesso mm. 35; dischetto interno cli panno scarlatto con cifre in filo clorato (F= mm. 20; II= mm. 13); gambo in fi l di ferro. Dimensioni: diametro mm. 65 circa; gambo lungo mm . 83 circa; spessore laterale 1mn. 35; diametro del dischetto interno cli mm. 25 circa. U monogramma reale è quell o di Ferd inando II. L'accessorio, di ispirazione austriaca, era già in uso (con altro monogramma) sotto il regno precedente ma scomparve definitivame nte con l 'adozione, nella prima metà deg li anni trenta, di un nuovo shakot. ·
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Abito di gala di un ufficiale subalterno (capitano? 6a Compagnia del Centro) del 3° Reggimento Svizzero, circa 1826-1835/36. Musée Cantonal d ' Histoire et d'Etnographie, Chateau de Valère, Sion (inv. MV. 1228 - foto H. Preisig, gentilmente trasmessaci tramite il Conservatore Sig. Antonietti). Dimensioni non rilevate. Panno scarlatto di qualità finissima; plastron di pam10 bleu con sei lastre di gallone in filo clorato con trama a 1ighe (detto a tiratiglia), chiuso su ambo i lati da 11 bottoni dorati e marcati a rilievo del numero reggimentale; fodera e ri svolti bianchi; paramani e colletto bleu con galloni dorati. T calzoni, d i tela bianca, sono presumibilmente da truppa. Si tratta cli uno splendido - ed unico - esemplare di abito di gran tenuta per ufficiali delle unità sv izzere della Linea, del modello attribuito alla fondazione dei quattro reggimenti. La tipologia rimase in servizio sino agli inizi del 1836 quando venne sostiniita da un abito pi ù moderno e semplice, senza plastron, pur sempre di panno scarlatto. A nche se l'immagine non mostra il retro delle falde, poss iamo precisare che su di queste erano disposte le tasche verticali profilate del colore distintivo, con tre bottoni , ciascuno guarnito da un gallone dorato; all'estremità delle falde stesse, applicati su un fondo del colore distintivo, i freg i di specialità, ricamati in filo d ' oro. La vita era segnata da due bottoni clorati. Sfortun atamente non visibili in dettaglio, le spalline sono del modello per ufficiali s ubalterni precedente all'introduzione, nel maggio 1836, del nuovo tipo da noi già ampiamente esaminato. L'abito - così come quelli da truppa, dello stesso periodo, appartenenti a] Musée Militaire Vaudois di Morges - è una delle più antiche uniformi borboniche da noi conosciLlte.
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A - Cappello di tenuta giornaliera per Ufficiale Subalterno di un reggimento di Linea, 1827-1835 ca. Musée Militaire Yaudois, Morges (Losanna) - foto Patticia Kettenhofen, J 994. Il cop1icapo, confezionato in feltro nero, appartie11e alla stessa tipologia già presentata per la Guardia Reale: essa si colloca tra la fine del regno di Francesco I ed i primi anni di quello di Ferdinando Il. La falda posteriore misura 230 mm. di altezza, quella anteriore 155 mm. e quelle laterali 150 mm . li fregio metallico si riferisce ad un'unità della Linea (mm. 70 x 70), applicato sul cappio di gallone dorato con motivo centrale a zagana. Se il fregio era timasto lo stesso introdotto intorno al 1825/27, la trama del gallone sembra essere stata modificata nei pri 111 i anni di regno di Ferdinando II (cfr. dettaglio A/1 tratto dalle tavole di regolamento d'epoca Francesco I) I bordi sono guarniti da un semplice gallone di seta nero; la coccarda è in lana scarlatta, il cappio è composto da due bande di gallone larghe ciascuna 34 mm. (per una larghezza complessiva di 70 mm). Gli angoli delle falde laterali sono guarniti di maccheroni (vedi dettaglio A/2) con 6 cannottigli in filato d'argento sovrapposti acl altri 6 di seta scarlatta (la guarnizio ne misura in tutto mm. 43 x 80), collegati ad una cervelliera di galloncino d'argento con riga scarlatta centrale (mm. 15 di larghezza).
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Shakot da truppa di una Compagnia del Centro del 3° Reggimento Svizzero, circa 1829/30-1835. Muséc Militai re Vaudois, Morges (foto Patricia Kettenhoffen 1994). Fusto di feltro nero con imperiale, visi~n1, fascia di rinforzo superiore e rinforzo copri-nuca in cuoio bolli to nero. Piastra e fornimenti in lamierino d'ottone stampato e lucidato. Manca della coccarda; pompon sferico (diametro mm. 60) di lana rossa non appartenente al copricapo. Ricordjamo che la datazione qui proposta si basa sul ciclo presunto delle forniture per gli Svizzeri, che - a nostro parere - non coincideva con quello dei Nazionali. Si tratta in effetti di un esemplare del n1odello introdotto nel 1827 per tutta la fanteria di linea. Vari contratti di fornitura del marzo e dell'aprile di quell'anno menzionano infatti gli shakot (detti caschi) del nuovo modello adottato, specificando: "Essi avranno il.fondo di sola di terzio, nonché la visiera ed ii pezzo di dietro, la guarnizione di ottone ed il pompò". N umerose litografie ufficiali del 1827-29 consentono d'identificare con sicurezza lo shakot, che viene ancora raffigurato dalla Raccolta della Biblioteca Reale di Torino ( 1831-33 circa) e dal "Progetto di Ordinanza.... " per l'Artiglieria del 1834. Il mod. 1827 chiude la tradizione degli shakot a vaso di fiori di retaggio napoleonico e confern1a l 'influenza austriaca sulla moda militare napoletana dell'epoca. Le linee geometriche dei precedenti copricapi sono quindi rimpiazzate da larghi imperiali con fusti svasati. Il mod. 1827 napoletano sembra a sua volta aver ispirato il modello 1833 piemontese. L'esemplare presenta un altezza (anteriore e posteriore) di mm. 175; l'imperiale ha un diametro di mm. 270 ed una circonferenza di mm. 860; il bordo superiore è alto mm . 30. Sul retro è applicato un rinforzo semicircolare alto all'apice mm. 100. La visiera, circolare e leggermente inclinata ha una profondità mediana di mm. 60 ed uno spessore di mm. 3 . L'interno è foderato di tela grezza con una calotta di basana nera; la parte inferiore della visiera è di cuoio nero. La piastra è ancora del modello adottato alla creazione delle unità svizzere, ossia con giglio al centro e legenda reggimentale sul contorno della pelta (un nuovo tipo fu introdotto nel 1835/36 con il nuovo modello di shakot). Dimensioni: altezza mm. 140, larghezza mm. I 08 (fissala a circa IO mm. dal bordo superiore). 11 soggolo è composto da 15 scaglie più l'elemento di aggancio; l'orecchione (diametro mm. 40) reca a sbalzo il giglio delle compagnie del Centro. Per gli Svizzeri, le compagnie del Centro utilizzavano una nappina tonda e piatta di lana bianca, con bordo esterno bleu e numero della compagnia al centro (tale accessorio venne esteso ai Reggimenti Nazionali solo sul finire degli an ni trenta). Su llo sh akoL dei Nazionali venivano infatti applicati: una piastra di lamierino d'ottone a losanga recante. a sbalzo, il fregio di special ità (giglio, granata o corno); un pompon sferico di lana (bianca per il Centro, rossa per i Granatieri e verde per i Cacciatori).
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Piastre per shakots dei Reggimenti Svizzeri, circa 1826-1835/36. Tratte dal Catalogo della "Galerie Fischer" di Lucerna del Giugno l 992 e del Giugno 1993 (foto gentilmente trasmesseci dal Sig. Jurg Mcier). Lamierino d' ottone lavorato a sbalzo e lucidato. 1 - 2° Reggimento, altezza mm. 142; 2 - 2° Reggimento, altezza mm. 140; 3 - 4° Reggimento, altezza mm. 140; 4 - 1° Reggimento, altezza mm. 139; 5 - 3° Reggimento, altezza mm. 138. Si tratta del modello a pelta con legenda reggimentale (ispirato alla tipologia francese 1/3/1825) introdotto alla creazione delle unità svizzere e rimpiazzato tra il 1835 ed il 1836 da un nuovo modello semplificato. Esso è alla base delle modifiche delle piastre da shakot dei Reggimenti Nazionali intervenuta per l'appunto con l 'adozione del modello di copricapo del 1834/35.
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A - Avanti e retro dei berrettoni di pelo per Granatieri del 1° e 2° Reggimento Svizzero, circa 1828-1832. Riproduzione di un esemplare dalla Reale Tipografia Militare, Brown Military Collection, Brown Univernity, Rhode Island, Stati Uniti (per gentile concessione). La tipologia era influenzata dai modelli austriaci allora predominanti a Napoli. Le prime fornitu re di be1Tettoni vennero effettuate agli inizi del 1824 per i Reggimenti Nazionali e circa due anni dopo per q uelli Svizzeri. La loro scadenza (8 anni) si collocava dunque rispettivamente intorno al 1831 ed al 1833. Nell'ambito delle previste riforme e approfittando delle scadenze cli rinnovo, Ferdinando II ne decise l ' abolizione per la Linea nazionale, riservandone il privilegio alla sola Guardi.a Reale. In effetti, la raccolta cli litografie della Biblioteca Reale d i Torino, databile al 183 L-1833, non reca p iù traccia del copricapo, onnai sostituito in ogni occasione dallo shakot ordinario con attributi (piastra e pompon) per Granatieri. Differente il caso degli Svizzeri. Con Ministeriale del 10 Giugno 1833 il Re deci se che i berrettoni di queste unità dovevano " ... rimanere in servizio con prolungarne la durata fino al 1 ° Gennaio 1838 e rimpiazzati in detta epoca con i seguenti per conto del real Governo" . Per permettere di far fronte a questo impegno fuori durata (come si soleva dire), si dispose di migliorare la manutenzione dei ben-ettoni esistenti: la Commissione di Bardatura prelevò quindi dai suoi magazzini un certo numero di esemplari scaduti per permettere di rattoppare quelli in servizio. Si sospese inoltre la consegna dei berrettoni ai congedanti, come era evidentemente d ' uso, per approvvigionarne le reclute. Peraltrn, un Reale Ordine del 17 Dicembre 1840 dispose la definitiva abolizione anche per gli Svizzeri dej be1Tettoni di pelo (" ... ridotti nello stato di pe,fetta inutilità") e la loro sostituzione mediante degli shakots come quelli dei granatieri nazionali. Pensiamo quindi che tra il 1838 ed il 1840 si dovette produrre un ultimo miracolo dei servizi cl'lntendenza ... !
B - C - Viste di un berrettone di pelo del 1° Reggimento Svizzero, 1826-1833 circa. Esemplare dello Historisches Museum cli Lucerna (foto MF 1990). Dimensioni non r ilevate . Dato l'ottimo stato d i conservazione, potrebbe trattarsi di un effetto rimpatriato da un congedato prima cieli' adozione delle citate misure amministrative. La foggia generale era la stessa degli analoghi copricapi utilizzati dalla Guarclia Re<1le sino al 1838 circa. Dagli appalti degli anni venti apprendiamo che i berrettoni erano confezionati in " .. .pelle d'orso di Moscovia, tirato in Francia, ben Lucidi anche nell'interno de' peli ...forniti di squame e di emblemi di ottone
e di incerata".
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A - Piastra per berrettone di pelo per Granatieri del 1° Reggimento Svizzero, circa 18261838. Tratta dal Catalogo della "Galeric Fischer" di Lucerna del Giugno 1992 (foto gentilmente trasmcssaci dal Sig. Jurg Meit:r). Dimens ioni: mm. 170 x 225. Lamierino d 'ottone lavorato a sbalzo e lucidato.
B - Piastra per berrettone di pelo per Granatieri del 3° Reggimento Svizzero, circa 18261838. Tratta dal Catalogo della "Galerie Fischer" cli Lucerna del Giugno 199 1 (foto gentil mente trasmcssaci dal Sig. Jurg Meier). Dimens ioni: mm. 170 x 220. Lamierino d'ottone lavorato a sbalzo e lucidato. Si conoscono quattro esemplari di questi rari accessori, tutti corrispondenti alla tipologi a in questa sede illu trata, ossia con granata e legenda reggimentale. Se mbra quindi disattesa l'opinione di alcuni autori che menzionano il nome del comandante del reggimento in luogo dell a semplice legenda. La tipologia di piastra (detta plancia o emblema nella terminologia amministrativa napoletana) è peraltro simile a quella indicata dalle fonti iconografiche per i Granatieri della Guardia Reale del periodo 1830-1838, fatto salvo l' uso della legenda e delle fronde decorative (queste ultime riscontrate per il solo 3° Reggimento Svizzero).
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Abito di gala da truppa di una Compagnia del Centro del 3° Reggimento Svizzero, circa 1826-1835/36. Mu sée Militaire Yaudois, Morges (foto Patric ia Kettenhofen , 1994). Panno rosso; plastron di panno bleu con sci lastre di gallone in rilo di cotone giallo con trama a righe. chiuso su ambo i lati da 11 bottoni di metallo giallo marcati a rilievo del numero reggimentale; fodera e ri svolti bianchi ; paramani e colletto bleu con galloni cli cotone giallo. Si tratta di un raro esempl are cli abito di gran tenuta da truppa delle unità svizzere dell a Linea, del modello attribuito alla fondazione dei quattro reggimenti. La tipologia rimase in servizio sino agli inizi del 1836 quando venne sostituita dal pi ù moderno e semplice abito senza pJastron, sempre di panno rosso. La qualità della stoffa e delle guarnizioni contrasta con quella esaminata nell 'analogo modello per ufficiali dello Chateau dc Valèrc. Trattandosi cli capi prodotti su taglie standard, ma adaLLati in seguito dai sarti reggimentali, le dimensioni sono poco significative. Precisiamo tu ttavia i dati che ci sembrano più interessanti: - colletto alto mm. 55, con gallone lungo mm. 140 e largo mm. 25; la sciancratura del profi lo è di mm. 40: - il plastron è lungo alla chiusura mediana mm. 420. con galloni la cui larghezza va da mm. 190 al petto sino a 111111. 80 in vita (misura riferite ad ogni pettina), con altezza di mm. 60; - il rollo è ricoperto di spesso filo di lana bianco, su una lunghezza di mm. 170 cd un'altezza apparente ai lati di mm. 50 (la semicirconferenza del rollo è di mm . 130); - i paramani sono alti mm. 90, con quattro galloncini a punta lunghi all ' apice mm. 83 e larghi mm. 28: - le falde sono lunghe mm . 450 con tasche verticali lunghe mm. 280 e larghe mm. 130 alla vita e 111111. 90 all a base infe riore; i galloni dei bottoni sulle tasche sono alti mm. 30; il gigli o ricamato in lana bianca su fondo del panno distintivo misura circa mm. 40 x 40 (sottopannatura compresa). A norma del "Dettagli o .... " del 1824, i rolli dovevano essere ·' ... solida111ente legati sulle spalle e le loro punte aderenti alle cuciture della manica del/'1111ifor111e mediante de ' lacci che non do1Ta11110 vedersi". L'esame del reperto conferma l'assunto: bloccati sulle spalle da un tra-
vetto di panno bleu profilato di rosso (mm. 8 x 90), i rolli erano muniti a ciascuna de lle estremità di un laccetto. Questo veniva infilato otto il panno all 'attaccatura dell a manica, in un apposito foro; lo si faceva quindi fuo riuscire da un altro occhiello più basso. Sia avanti che dietro le puute del rollo, pertanto, la stoffa tra i due fo ri fungeva da passante, così da rendere l' accessorio solidale con l'abito. I due lacci erano infine annodati sotto r ascella.
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Shakot da truppa di una Compagnia del Centro del 3° Reggimento Svizzero, circa 18361845. Musée Mililaire Vaudois, Morges (foto Patricia Kettenhofen 1994). Fusto di feltro nero con impe1iale, vi:-.it:ra ~ rinforzo inferiore in c uoio bollito nero. P iastra e forn imenli in lamie rino d 'ottone stampato e lucidato. Manca della coccarda (il pompon a fiamma di lana rossa, da Granatieri , non appartiene aJ copricapo ma è di origine borbonica). S i tratta di un esemplare del modello introdotto nel I 834/35 per tutta la fanteria di linea. Esso fu adottato per la sola fanteria svizzera (ad esclus ione delle Sezioni di Artiglieria e del Treno addetto) in applicazione del contratto di fornitura n. 849 deJ 4 Sette mbre 1835 (A .S.N. Fascio l 5 Giunta dei Contratti, proc. verb. J523). La datazione del modello per i Nazionali si fonda peraltro su vari elementi: - il Regolamento per la Guardia d'Interna Sicurezza del 20 Maggio 1835 descrive infatti lo shakot precisando " .. .della forma e dimensioni perfettamente simili a' caschi stabiliti di recente per La fanteria di linea; attendo altresì La coccarda, del pari le squame e placca di 0110ne collo stemma reale come alla linea stessa ... "; - d 'altra parte, i figurini del " Progetto d'ordinanza ... " per l 'A rtigl ieria del 1834 mostravano ancora il m od. 1827; - è pur vero che il nuovo mode ll o compare g ià nei figurini dell'ordina nza di manovra per la F anteria del 1833. Riteniamo però che tali illustrazioni - come altre di te nore ufficiale relative alle prime riforme ferdi nandee e le stesse tabelle del vestiario del 1833 - inte ndessero anticipare le previste, future modifiche piuttosto che riprodurre la situazione in atto; - il ciclo di fornitura appare coerente con la nostra ipotes i: 1823, 1827, 1831 e 1835. Lo sha kot - c he accentuò la linea svasata - segnò la fine del1' influenza austriaca ed introdusse uno stile misto, nel quale influssi britannici e russi si fu sero dando vita ad una tipologia origi nale ed elegante. L' esemplare presenta un altezza (anteriore e posteriore) d i mm. 170, l'i mperiale ha un diametro di mm. 280 ed una circonferenza di mm. 890; il bordo superiore è alto mm. 45 e quello inferiore mm. 42. La visiera, circolare e spiovente, ha una profondità mediana di mm. 55. L'inte rno è foderato di una tela beige incollata all ' intelaiatura di fini listelli di legno, piegati e rinforzati da due cerchi di rinforzo (superiore e mediano) di ferro; calotta a canestro di basana nera; la parte infe riore della visiera è d i cuoio nero. Con l' introduzione dello shakot 1834/35, piastre e fornimenti vennero unifo1mizzati per tutti , Nazionali e Sv izzeri. L a piastra è quindi del nuovo modello , ossia con il nume ro dell ' unità intagliato al centro della pelta. Dimensioni: mm. 140 x mm. 108 (fissata a circa 20 nm1 . dal bordo superiore). Il soggolo (l ungo m m. 220 e largo mm. 37) s i compone di 30 scaglie; I' orecchione (diametro mm. 40) reca a sbalzo il giglio delle compagnie del Centro.
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A - Shakot da truppa (compagnia Cacciatori di un reggimento di Linea nazionale o Battaglione Cacciatori), circa 1835-1844. Museo Nazionale di San Martino in Napoli. Collezione Savarese (ìnv. 7087 - foto SME 1983). Pusto di fe ltro 11em cu11 imperiale. visiera e rinforzo inferiore 111 cuoio bollito nero. Manca del trofeo anteriore. di un soggolo. della coccarda e del pompon. Si tratra cli un altro esemplare del mod. 1814/35, per i corpi nazionali. L'assenza tklla piastra impedisce un ' attribuzione precisa. L'orecchione del soggolo ri manente riporta l'e mblema del corno. comune tanto ai Battaglioni Cacciatori che alle compagnie scelte leggere della Linea. Altcaa (anteriore e posteriore) cli mm. 170. !"imperiale ha un diametro di mm. 285 ed una circonferenza di mm . 900: il bordo superiore è alto m m. 47 e quello inferiore mm. 37. La visiera. circolare e spiovente. ha una profondità mediana cli mm. 58 ed uno spessore di mm. 20. L alloggiamento per la nappina è composto cli una guai na di cuoio di forma trapezoidale (lunga mm. 90; larga mm. 48 sopra e rnm. 32 in basso). Sull a mediana verticale si scorge la cuci tura cli giu nzione del man icotto di feltro che copre il rusto. L' interno è identico a quello delresemplare svizzero già descritto. Sul fondo dcll"imperiale è incollata retichetta: "Vincent.o Landarini -fabbricante di sciaccò ed altri oggetti militari - Largo Monteoliveto n.9'". Il soggolo si comrone di 30 scaglie convesse, sagomate a form a tondeggia!1le. per una lunghezza cli mm. 237 compreso !" orecchi one (diame tro mm. 4 1): larghezza eia mm. 40 a 111111. 20. Abbiamo mem~ionaro la linea elegante del copricapo. Elegante ...., ma non pratica! Gantcr ricorda infatti nelle sue memorie la poca stabilità ciel copricapo ed i disagi provocati dal l" imperiale troppo largo. In particolare. quando i fanti - disposti su più lince di fuoco - maneggiavano l"anna per il ricaricamento. fi nivano con r assestare dei gran colpi di canna sugli shakot del plotone antistante. Fu quindi con sollievo che la truppa accolse l'introduzione del meno ingombrante modello cilindro-conico. di derivazione francese. rra il 1844 cd il I 845. B - Piastra anteriore per il 6° Battaglione Cacciatori, circa 1835-1844. M useo Nazionale di San Martino in Napoli. Collezione Savarese (foto MF I975). Dimensioni: 111111. 95 x 120. Lamierino d'ottone stampalo e lucidato. C - Dettaglio del pompane a palla co11 fiamma per compagnie scelte della Linea, in lana scarlatta (Granatieri) o verde (Cacciatori). Dimensioni quotate accanto: da originale del Musée Militaire Vaudois, Morges. Lo stesso tipo di pompon. ma rosso e bianco. era in dotazione ai Musicanti. Tali accessori vennero introdotti con forniture stipulate il l OFebbraio 1838 (A.S.Na Fascio 15 Giunta dei Contratti, n. 1129). Per i Musicanti dei bauaglioni Cacciatori il citato provvedimento prescriveva "pomponi l'erdi ed Orcio cl 'oro a palla con fia11111w ". D - Dettaglio del pompoue a mez:za palla per compagnie del Centro della Linea, in lana bianca al centro~ "celeste oscuro" al bordo. "col numero in o ttone indi ca111e la co111pcis n i a c ui llf-llJCtrl i en e /'uo1110 che l'i11dossa, progredendo dal numero I' I al numero 8 per quante s0110 le compagnie del Ce11tro, do11e11do il didietro di detto po111po11e essere coperro di pa11110 11e,v... ". (Terzo articolo addizionale in data 31 Gennaio 1839 al contratto N. 843 del 31 Luglio 1835 . A.S.Na Fascio 15 Giu nta dei Contratti). Dimensioni quotate accanto: da originali cli col lezioni pri vate svizzere. Si tratta dell"accessorio introdono all"origine per gli shakots dei Reggimenti Svizzeri, dato che i Nazionali portavano dei pompon sferici di lana bianca, aboliti il 17 Gennaio 1839. Stando ad alcune fonti d'epoca. sembrerebbe tuttavia che nei Reggimenti Svizzeri - proprio a partire da questi stessi anni - sia stato utilizzato un pompon per le compagnie del Centro a col01i inveititi rispetto a quello sopra descritto.
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Varie piastre per shakots dei Reggimenti Svizzeri, circa 1835/36-1861. Le piastre sotto indicate sono tratte dal Catalogo della "Galerie Fischer" di Lucerna del Giug110 1992 e del Giugno 1993 (foto gentilmente trasmesseci dal Sig. Jurg M eier). 1 - 2° Reggimento, altezza mm. 142; 2 - 3° Reggimcnlo, altezza mm. 141; 3 - 3° Reggimento, allezza mm. J 40; 4 - 4° Reggimento, altezza mm. 141. Lamierino d 'ottone stampato e lucidato. Si tratta di vari esemplari del moclelJo introdotto con lo s hakot svasato ciel 1834/35, d istribuito alle unità svizzere tra il 1835 ed il 1837 ( 1837-39 per le Sezioni cli Artiglie1ia ed il Treno addetto). Nulla distingueva questi accessori da quelli dei reggimenti nazionali di analoga numerazione. La piastra seguente appartiene invece ad un esemplare di shakot da ufficiale del l 0 Reggimento Svizzero dello Historisches M useurn di Lucerna (foto MF 1990), databile tra il 1857 cd il 1859. 5 - I O Reggimento, altezza mm. lJ 5. Quest'u ltima piastra è del l'ultimo tipo introdotto per tutti i corpi (nazionali ed esteri) con i nuovi shakot distribuiti a partire dal 1856. Data la riduzione delle dimensioni del copricapo, infatti, si impose anche la modifica delle piastre: l 'al tezza totale venne pertanto abbassata (e la larghezza di conseguenza: da mm. 95 a mm. 100), modificando al contempo anche il disegno della pelta (decoro più stilizzato, foggia più schiacciata e tondeggiante, disco lucidato al centro con numero reggimentale intagliato). Si noti anche la nappina dello shakot in questione. Essa sembra del tipo usato dai Battaglioni Cacciatori anche se, secondo le fonti iconografiche, questi recavano il solo cordonetto dorato sul bordo ed un numero metallico, senza fregi. Il copricapo però appartiene al l 0 Reggimento Svizzero di Linea (lo shakot è esposto nel citato Museo insieme alla relativa uniforme completa). Potrebbe forse trattarsi di un adattamento realizzato da un ufficiale del I O Svizzero passato ad uno dei Battaglion i Carabinieri Leggeri Esteri (il 1°?), creati dopo il 1859 per l'appunto con alcuni quadri dei disciolti regg imenti cli Linea elvetici.
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CORPI A PIEDI
Dettagli grafici di piastre per shakot, circa 1850-1861. Di segni di Stefano Ales sull a base di orig inali cli Collezion i Private o del Museo Nazionale di San Martino in Napoli. Collezione Savarcsc. Lamierino d'otto11t: stampato e lucidato.
A - Piastra per corpo a piedi non identificato del modello 1833/34 (attribuzioni possibili: Veterani e Invalidi, Gendarmeria Reale a Piedi, Real Collegio Militare o Battaglione Alliev i militari, Forza Doganale), mm. 108 x 142. Accanto, figurano esempi di numeri intagliati a giorno che identificavano Fanteria d i Linea (nazionale e svizzera).
B - Piastra per corpo a piedi non identificato del modello detto 1856 (anribu ;r,ioni possibili: Reggimento Carabinieri a Pi edi, Battaglione del Treno?), mm. 90 x 115. S i conosce un altro esemplare simile recante nel cuore della pelta un freg io a sbalzo in forma di lira musicale, probabilme nte da attribuirsi ad una mus ica reggime ntale della Linea. Un altro reperto della stessa tipo logia reca invece nel cuore della pelta un fregio a sbalzo composto di due cannoni incrociati che sormontano un numero "2" intagliato a giorno (2° Reggimento Artiglieria Regina).
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FANTERIA DI LINEA
Accessori diversi. (Musée Militaire Vaudois, Morges - Fotografia cli Patric ia Kettenhofen, 1994).
A - Verso (1) e recto (2) di due piastre del mod. 1834/35 per shakots dei reggimenti cli fanteria di linea, circa 1835-1856. Lamierino d'ottone stampato e lucidato. Si tratta di due esemplari del modello introdotto con lo shakot s vasato del 1834/35, che rimase peraltro in servizio anche con i nuovi copricapi tronco-cilindrici e tronco-conici. L'immagine permette di osservare la qualità di fabbricazione degli accessori. Le dimensioni (mm. 140 x 108) sono quelle consuete per questa tipologia di piastra. I due fermagli laterali che compaiono sul retro dell'esemplare del 3° Reggimento Svizzero non sono, a nostro parere, d 'epoca; l' applicazione delle piastre sul fusto del copricapo avveniva infatti mediante cuciture, ovvero graffature, all'uopo utilizzando gli apposili forellini disposti lungo il bordo dell a pelta.
B - Cordone per ufficiali (subalterni?) delle compagnie Cacciatori dei reggimenti di fanteria (3° della Guardia Reale e Linea) e dei Battaglioni Cacciatori, circa 1850-1859. A lcune fonti d 'epoca attribuiscono questo accessori o all'ufficialità di talune unità cli fanteria leggera Il cordone veniva indossato lungo la bo ttoniera dell' abito, sotto il battente delle asole, sulla destra: l'occhiello del fiocco era fi ssato al primo bottone a partire dal colletto, e quello terminale al terz'ultimo od al penultimo bottone verso la vita. L' esemplare - un ico da noi conosciuto - è in seta: m isura mm. 450; il fiocco è lungo mm. 60 (ghianda compresa). Ignoliamo i criteri di attribuzioni del cordone. Esso compare sulle gran tenute ma più raramente sulle basse ed i soprabiti d ' uniforn1c . Nei BaLtagli oni Cacciatori, g li ufficiali che indossano la tun ica - tanto s ubalterni che s uperiori - ne sembrano sprovvisti: anche sull'abito degli ufficiali superi ori raccessorio sembra assente. Nei Tiragliatati della Guardia Reale, addirittura, il cordone non compare mai. Ricord iamo che, per i sottufficiali delle compagnie Cacciato1 i Lidia Linea e dei Battaglioni Cacciatori, le fonti accerta.no l' uso di un cordone d i modello differente (a doppio fiocco ricadente sulla destra del p etto accanto al distintivo della spi lletta netta-focone, agganciato in alto al bottone della spall ina ed in basso alla bottoniera dell'abito).
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FANTERIA DI LINEA
Shakot da truppa di una compagnia Granatieri del 3° Reggimento Svizzero, circa 18481852. Musée Militaire Vaudois. Morges (foto Patricia Kcttenhoflen 1994). Fusto di feltro nero con imperiale, visiera e rinforzo inferiore in cuoio bollito nero. Gallone superiore e pompon di lana scarlatta. Piastra in lamierino d'ottone stampalo e lucidato. Coccarda (diametro mm. 58) di metallo stampato e verniciato di rosso. Le splendide foto presentano un altro esemplare del modello introdotto nel 1844/45 (con la modifica della visiera del 1848/49), su un abito da truppa del l O Reggi mento Svizzero, proprietà dello stesso Museo. Le dimensioni dell'esemplare sono identiche a quelle dello shakot del 12° di Linea napoletano. La struttura interna del copricapo è tuttavia semplificata ed alleggcrita.11 fusto è in effetti doppiato di spessa tela grezza ma manca dell' intelaiatura in legno: sussiste invece la calotta a canestro di sottile pelle nera. Tutti gli accessori sono conformi a quanto già esaminato a proposito dell'esemplare napoletano. Da notare la particolare trama del gallone scarlatto, in miglior stato di conservazione rispetto al cimelio napoletano. Il modello 1844/45 (giunto in distribuzione alle unità svizzere Isa la fine del 1845 cd il primo semestre del 1846 - cfr. Ganter) fu adottato dall'amministrazione napoletana dopo accurati studi d'ordine economico e confronti con i vari materiali esteri. Di questo lavoro preparatorio resta un 'interessante traccia nella minuziosa pratica redatta dal Commissario di Guerra Don Antonio Avena "addetro o/ Comando generale de1le Armi al di qua del Fwv" (A.S.Na Fondo 15, fascio 25 13, pratica n. 749). Nella pratica veniva tra l 'altro effettuata una dettagliata disamina della struttura comparata e dei conelati costi di costruzione tra il vecchio (1834/35) ed il nuovo modello. Rispetto al modello francese 1843 - cui s' ispi rava - lo shakot napoletano era più alto ( 180 mm h. ant. e 220 mm. h. post. contro 170 rnrn. e 200 111111. 1ispettivamente), con un fusto piuttosto cilindrico rispetto a quello, dec isamente tronco-con.ico, d'oltralpe (la differenza tra circonferenza inferiore e superiore, nel modello napoletano, era infatti di soli 80 mm.). Anche I' insieme dei fornimenti e degli accessori venne adeguato allo stile borbonico. La pratica del Commissario di Guerra contiene anche un calendario di .w mministrazione (oss ia di distribuzione) dei nuovi copricapi alle varie unità: è su questa base che possiamo identificare lo shakot come "mod. 1844/45", dato che la fornitura era prevista su un arco di 15 mesi a partire dall'Ottobre l 844 sino al Dicembre 1845. Vanno tuttavia presi in conto i consueti ritardi di approntamento ed inoltro dei materiali (ad eselllpio, il 3" Svizzero - unità cui il Ganter appartenne figut'ava sulla lista di fornitura per il mese di Agosto 1845; stando alle sue memorie, tuttavia, la consegna effettiva dei generi ebbe luogo solo agli inizi dell ' anno successivo).
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FANTERIA DI LINEA
Abito di gala di un Secondo Sergente di una Compagnia Cacciatori del 2° Reggimento Svizzero, circa 1850-1859. Musée Militaire Vaudois, Morges (foto Patricia Kettenhofen, 1994) Panno scarlatto di qualità fine; parti distintive (culkllo, paramani, profili e sottopannature) in panno verde; galloni al colletto e distintivi d'anzianità in filo di cotone giallo con trama a righe; galloni di grado in filo clorato; bottoni lisci di metallo giallo (diametro di mm. 22 con spessore semi-appiattito cli mm . 2) marcati a rilievo del numero reggi mentale; fodera e risvolti bianchi. L' esemplare appare di qualità ben più elevata rispetto agli standard ordinari della truppa (che, in linea di principio, erano gli stessi dei graduati di compagnia). Il panno scarlatto è in effetti di qualità quasi comparabile a quella per ufficiali; la fattura e le guarnizioni sono parimenti molto curate. Anche la lunghezza delle falde si situa ad un livello intermedio tra quanto di norma riscontrato per la truppa e le dimensioni per gli ufficiali .. Potrebbe pertanto trattarsi di un abito realizzato a spese del proprietario e non di dotazione. Il doppio gallone di anzianità ci segnala infatti. un militare di carriera: raggiunto il grado di Secondo Sergente (in una compagnia Cacciatori ovvero nello Stato Minore del reggimento), l'ignoto sottufficiale volle probabilmente adeguare le caratteristiche deU'abito al suo rango cli quadro confermato. L'abito è del modello introdotto dal citato contratto di fornitura n. 849 del 4 Settembre 1835, con le spalline a frangia adottate sul finire degli am1i ti-enta. La fattura clell' esemplare è tuttavia databile all'ultimo decennio. Da notare io particolare i distintivi di grado - unici esemplari da noi conosciuti - la cu i descrizione è già stata fornita nell' apposita rubrica. Come di consueto, precisiamo qualche dato tecnico-sartoriale: - colletto alto mm. 53, con gallone lungo rnm. 165 (profilo superiore) e mm. 150 (infedore), largo mm. 32; il colletto è dritto, chiuso da tre gancetti; - spalline a frangia, in lana verde da Cacciatori, lunghe mm . 170 (gambo lungo 111111. 100 e largo mm. 66) ed un'altezza della frangia di m.m. 74 (le due cornici sottili del bordo misurano mm. 3 cli spessore, quella centrale mm. 12); il travetto delle spalline misura mm. 90 x 15; - i paramani sono alti mm. 50, con patta (a tre punte) alta mm. 100; - le falde sono lunghe mm. 420 e larghe all'estrnmità mm. 90; la cornetta ricamata in lana gialla su fondo del panno distintivo misura circa mm. 32 x 58 (sottopannatura compresa); - i distintivi d'anzianità sono di gallone largo mm. 22 (con una separazione di mm. 2); l'apice dello chevron dista dalla Liase. mm. 135.
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Shakot da ufficiale di una compagnia Granatieri del 2° Reggimento Svizzero, circa 18481852. Musée des Suisses à l'Etranger, Chàteau de Penthes, Prégny-Chambésy, Ginevra (foto Patri c ia Kettc nhofe11 I 994). Lo shakol da ufficiali del modello introdotto nel 1844/45 (con la modifica della visiera del 1848/49) è presentato sul l'abito da subalterni del 2° Reggimento Svizzero, prop1ietà dello stesso Museo. Fusto di feltro nero con imperiale, visiera e rinforzo inferiore in cuoio bollito nero. Gallone superiore di filo dorato, pompon di lana scarlatta (diametro mm. 40). Piastra in lamierino d'ottone stampato e clorato. Coccarda (diametro mm. 55) di metallo stampato e verniciato di rosso. Altezza anteriore mm. 170, posteriore mm. 215, d iametro dell 'i mperiale mm. 160. Visiera circolare e piatta avente una profondità mediana cli mm. 43 ed uno spessore di mm. 3 (dipinta di verde sul lato inferiore) . Gallone dorato superiore alto mm. 28; bordo inferiore di rinforzo alto mm. 33. Piastra del tipo cons ueto (mm. 140 x 105). Interno con calotta di basana nera. 11 pompon è del tipo per tenuta giornaliera, di legno ricoperto di lana a sfera semplice.
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Abito di tenuta giornaliera per ufficiali di una Compagnia Cacciatori del 4° Reggimento Svizzero, circa 1850-1859. Musée Militaire Vaudois, Morges (foto Patricia Kettcnhofen, 1994). Panno bleu scuro <li qualità finissima; colletto e paramani in panno scarlatto; gallone al colletto in filo dorato con trama a righe; bottoni lisci di metallo giallo (diametro di mm. 22 con spessore semiappiattito di mm. 4) marcati a rilievo del numero reggimentale; fodera e risvolti bleu. L'abito è del tipo introdotto per la tenuta giornaliera degli ufficiali svizzeri sin dalla creazione di queste unità. Dall a fine degli anni venti sino a quella degli anni trenta, tuttavia, anche l'ufficialità dei reparti napoletani utilizzò abiti consimili di piccola tenuta, rimasti nel seguito per i soli reparti elvetici (la cui gran tenuta di panno scarlatto in effetti mal si adattava alle esigenze del servizio quotidiano). La fattura dell 'esemphue è databile all'ultimo decennio. Da notare la qualità e la colorazione del panno (il famoso castoro blò oscuro dei contratti di fornitura), identiche a quelle impiegate per le gran tenute degli ufficiali napoletani. Come di consueto, precisiamo qualche elemento tecnico-sa11oriale: - colletto alto mm. 50, con gallone largo mm. 45; il colletto è aperto (sciancratura di mm. 40) ch iuso da un gancetto alla base; i due galloni laterali vanno quasi a congiungersi sul retro (distanza di 9 mm.) e sono tagliati a punta (sciancratura di mm. 35); - contrruiamente ad altri esempi mi conosciuti, r abito non presenta travetti per le spalline; - i paramani sono alti mm. 55 all'apertura laterale esterna (quest'ultima alta mm. 90 e chiusa da due bottoncini dorati) e mm. 70 all'apice, con altezza mediana di mm. 48: - la bottoniera anteriore è composta di 9 file di due bottoni, con una distanza che decresce da mm. 72 all 'altezza del petto sino a mm. 53 alla vita; - le falde sono lunghe mm. 495 e larghe all'estremità mm. 105; la cornetta ricamata in filo dorato su fondo del panno dell'abito misura ci rca mm. 32 x 62 (sottopannatura compresa); -le tasche a tre punte sono disposte orizzontalmente lungo la linea della taglia (marcata da due bottoni) e sono lunghe in tutto mm. 100; le pattine sono tagliate in diagonale con un'altezza massima da mm. 17 (apice esterno e centrale) a mm. 25 (apice interno).
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Cappello da Ufficiale Superiore di un reggimento di Linea, 1850-1861 ca. Collezione Privata, Roma (foto GCB 1978). Il copricapo, confezionato in castorino nero, si colloca nell'ultimo decennio del regno di Ferdinando 11. La falda posteriore misura 162 mm. di altezza, quella anteriore 128 mm. e que lle laterali 95 mm. Il fregio metallico, con granata a fiamma dorata ed a bomba argentata, si riferisce alle unità della Linea (mm. 55 x 60); esso è applicato sul cappio di gallone dorato con motivo centrale a zagana (largo 54 mm. su una lunghezza esterna di mm. 150). Il gallone dorato (altezza visibile mm. 58) sui bordi è del tipo detto a tiratiglia (ossia con trama a righe): la tipologia fu attribuita ai corpi della Linea sin dal regno precedente. La coccarda è in lana scarlatta, di forma asimmetrica (mm. 95 x I 00). Gli angoli delle falde laterali sono ornati di maccheroni con 10 ca,mottigli (vedi dettaglio, da originale del Musco Nazionale di San Martino, Napoli): la guarnizione, in metallo argentalo e stampato, è lunga mm . 80. Essa si collega ad una cervelliera di galloncino d'argento solcato da 5 righe scarlatte. Ricordiamo che, ai sensi del Reale Ordine del 5 Gennaio 1835, gli Aiutanti Maggiori delle unità aventi il grado effettivo di Capitano indossavano lo stesso tipo di cappello degli ufficial i superiori, ma con bordo semplice di seta nera (gli altri accessori erano identici). La disposizione venne confermata per le unità già esistenti dal Reale Ordine del 24 Gennaio 1856, precisando tuttavia che gli Aiutanti Maggiori dei corpi costituiti a partire da quella data dovevano invece utilizzare lo shakot come tutti gli altri subalterni.
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FANTERIA DI LINEA
A - B - Shakot da truppa di una compagnia Granatieri del 12° Reggimento Fanteria di Linea Messina, circa 1848-1852. Museo Nazionale di San Martino in Napoli, Collezione Savarcsc (inv. 851 6 - foto SME 1983). FustO di feltro nero con imperiale, visiera e rinforzo inferiore in cuoio bollito nero. Gallone superiore e pompon cli lana scarlatta. Piastra in lamierino d ' ottone stampato e lucidato. Coccarda di metallo stampato e verniciato di rosso. Si tratta cli un esemplare del modello introdotto nel 1844/45, con visiera modificata intorno al 1848/49. Il primo tipo aveva infatti una visiera circolare ma inclinata (che poteva probabilmente appi attirsi facendo gioco s ulle cuciture, come nel mod. 1843 fra ncese). L'esemplare in questione ha invece una visiera cucita orizzontalmente sin dalla costruzione. Abbiam o esaminato quattro esemplari della stessa tipologia che presentano delle dimensioni quasi identiche: altezza anteriore mm. 175 a mm. 180; posteriore mm. 220 a 223: l'imperiale ha un diametro di mm. 155 a mm. 160 cd una circonferenza di mm. 515 a 520. li gallone di lana è alt.o mm. 28 a 30, il rinforzo inferiore mm. 33 a 35. La visiera, c ircolare e piatta, h a una profondità mediana d i mm. 47 a 53 ed uno spessore di mm. 20 a 30. La piastra è del consueto modello a pelta (mm. 140 x 108) fissata a mm. 20 dal bordo superiore. L' interno dell'esemplare del 12° qui raffigurato presenta uno scheletro di asticelle di legno leggero sul quale sono incollati all'interno una fodera di tela grezza ed all'esterno il feltro; calotta di pelle leggera nera chiusa da un cordonc ino azzmrn. L'interno della vi siera è dipinto di verde. Il soggolo è in cuoio nero con fibbia di metallo dipinto di nero.
C - Dettaglio del doppio pompon (pompone a doppia palla) per compagnie scelte della Linea, 1844/45-1861. In lana scarlatta (Granatieri) o verde (Cacciatori). Dimensioni quotate accanto; da originali del Musée Militaire Vaudois, Morges. Per i Musicanti, la sfera inferiore ed il gambo erano rossi e quella superiore a rig he rosse e bianche. Questo modello, di stile francese, rimpiazzò quel1o a palla con.fiamma introdotto nel gennaio l 839 (cfr. mod. 1834/35). I pomponi a mezza palla per le compagnie del Centro rimasero in vece gli stessi già prescritti nel gennaio 1839.
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Shakot per "tenuta di rotta" del 12° Reggimento Fanteria di Linea Messina, circa 18481852. Museo Nazionale di San Martino in Napoli, Collezione Savarese (inv. 8517 - foto SME 1983). Si tratta di un origi nale copricapo, di peso 1idottissimo, le cui caratteristiche rientrano perfettamente nella tipologia del modello 1844/45, con modifica del 1848/49. Lo shakot è confezionato in cuoio sottile e leggero, su cui è incollata la tela d'incerata nera. Sulla parte anteriore è dipinto ad olio il numero reggimentale, in giallo sfumato da tocchi di ocra rossa per dare l'effetto di doratura. ln alto, è applicato il pompone a doppia palla rosso delle compagnie Granatieri. Sempre sulla parte anteriore, sono simulate mediante impunture le pieghe della fodera d'incerata che si avvolgeva intorno agli shakot: l'illusione è completata da falsi cordoncini , annodati sotto il pompon, proprio come se si trattasse della chiusura cli una vera fodera. L'interno è al naturale, beige chiaro, con calotta di pelle nera sottile a canestro, chiusa da un cordonc ino rosso. L'altezza conisponde a quanto già osservato, ossia mm. 180 avanti e mm. 220 dietro, per un diametro all'imperiale di mm. 160 ed una circonferenza di mm. 520. La visiera è piatta e circolare, con una profondità mediana cli mm. 45. Va precisato che, nel caso di servizi armati, esercizi al campo, marce e in generale di ealtivo tempo, era previ sto che le truppe proteggessero i loro shakot mediante fodere d'incerata nera all'uopo fornite nelle dotazioni. Si conosce tuttavia un allro esemplare (questa volta del modello 1852, appartenuto ad un ufficiale del 7° di Linea) di shakot direttamente confezionato in tela d'incerata. • Si trattav.a evidentemente di soluzioni di comodità che - salvando l'apparenza - evitavano di dover foderare il vero copricapo - che per di più pesava! - durante manovre o esercizi. In ogni caso, chi ne facesse uso doveva essere in grado di disporre rapidamente del vero shakot, nel caso in cui si fosse dato ordine cli scop1ire il copricapo. Quindi: o di farlo trasportare al segui; to della colonna o di averlo sotto mano nelle aree di addestramento (poligono o caserma). Tutte queste considerazioni ci spingono pertanto a pensare che l'esemplare in questione sia appartenuto ad un sottufficiale di Stato Minore o ad un ufficiale subalterno. Quale semplice soldato di truppa, infatti, avrebbe potuto organizzarsi della sorta ...senza parlare poi della spesa di un tale accessorio di comodità?! Le dimensioni dell'oggetto lasciano anzi piuttosto pensare ad un sottufficiale, dato che un ufficiale - fallo trenta si farà anche trentuno! - avrebbe senza dubbio optato per un cuprkapo .fuori ordinanza ma più maneggevole.
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Shakot da truppa di una compagnia Granatieri del 4° Reggimento Svizzero, circa 1852/531856/57. Musée Militai.re Vaudois, Morges (foto Patdcia Kettenhofen 1994). Lo sbakot del nuovo modello introdotto nel 1852 è presentalo su un abito da truppa (Granatieri) del 1 ° Reggimento Svizzero, proprietà dello stesso M useo. Fusto di feltro nero con impeiiale, visiera e linforzo inferiore in cuoio bollito nero. Pompon a doppia palla di lana scarlatta. Piastra in lamierino d'ottone stampato e 1ucidato. Manca del gallone superiore scarlatto, dei filetti scarlatti ai lati e sul retro, nonché della coccarda. Altezza anteriore mm. 160, posteriore mm. 200, diametro dell 'imperiale mm. 140 con circonferenza di mm. 465. Visiera squadrata e piatta avente una profondità mediana di mm. 53 ed uno spessore di mm. 2 (lato inferiore in cuoio nero). Bordo inferiore di rinforzo alto mm. 38. Piastra del tipo consueto (mm. 140 x 108). Interno con fusto di feltro non foderato; calotta a caneslro di basana nera. li pompon è del tipo consueto per compagnie scelte in lana scarlatta. Soggolo di cuoio (nero all'esterno, al naturale all' interno) largo mm. 20 con fibbia metallica (mm. 20 x 25). Con !'"Addizionale" del 1° Luglio 1852, in applicazione della Circolare del 14 Dicembre 1850, si dispose di assegnare " ...a tutti i Co,pi di Fanteria, sia della Linea che della Guardia o Facoltativi.... ww sciaccò di nuovo ,nodello" da distribuirsi a rimpiazzo delle precedenti dotazionj a misura delle scadenze previste. Si distinguevano tre tipi cli tale modello: semplice, con carcassa di feltro; con chevron per Carabinieri a Piedi; con chevron per i Corpi della Guardia Reale. Tutte le fonti iconografiche del periodo (Aloja ed in specie lo Zezon, le cui tavole datano proprio tra il 1853 ed il 1855) mostrano infatti l'introduzione di un copricapo più moderno, decisamente tronco conico, in luogo del precedente tipo quasi cilindrico. Nell 'esemplare qui presentato, si evidenzia in effetti la riduzione netta del diametro dell'imperiale e la marcata differenza tra la circonferenza inferiore dello shakot (mm. 600) e quella superiore (mm. 465). L'altezza del copricapo diminuisce al contempo, riducendone il peso e l' ingombro generale. La visiera diviene squadrata. Con il modello 1852 furono inoltre introdotte per la prima volta le filettature laterali e posteriori del fusto (di lana scarlatta per la Linea/truppa e dorate per gli ufficiali). Nappine e pompon restarono in variati. Sfortunatamente mancante degli accessori cli passamanelia, l'esemplare è peraltro l'unico da noi conosciuto di tale tipologia, rimasta in servizio sino al 1856/58 circa.
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Abiti di gran tenuta da truppa di una Compagnia del Centro del 3° Reggimento Svizzero, circa 1848-1859. Musée Mililaire Vaudois, Morges (foto Pauicia Keuenhofen, 1994). Si tratta di due esempl ari di al.Ji Li e.li gran tenuta da truppa delle unità svizzere della Linea, della tipologia introdotta a seguito delle citate modifiche del 4 Settembre 1835. Sulla vista intera, a sinistra, figura una spallina bianca che non è napoletana ma francese (periodo regno di Carlo X). Sul gallone del colletto, inoltre, appare un bottone anteriore che benchè d'origine - è ftutto di un intervento successivo. Foggia, tessuti e finiture sono rappresentativi della qualità delle uniformi borboniche da truppa. A questo proposito, il Ganter ricordava che il tipo di panno usato a Napoli non era dello stesso pregio di quello impiegato per gli Svizzeri al servizio britannico. In effetti, mantenere le belle un iformi scarlatte senza macchie rappresentava un vero tormento per il fante! La pulizia si effettuava sfregando energicamente il panno rosso con vecchie rosette di lana (da sciabolabriquet) imbevute di succo di limone. Si constatava quindi che il tessuto s' impoveriva progressivamente sino alla trama e che il pelo tendeva ad appallottolarsi. Gli abiti da trnppa erano forniti dagli appaltatori su tre taglie standard (piccola, media e grande), con un certo numero di taglie extra per i soldati più robusti. I capi venivano poi adattati dai sarti reggimentali (in particolare, la lunghezza del le falde era regolata sull' uomo inginocchiato). Nei due esemplaii qui presentati - benché dello stesso reggimento - si Iiscontrano due tipi differenti di pattine da paramano. Quella a tre punte è a nostro avviso di origine più antica (anni trenta/quaranta?) ma risultava ancora in uso negli anni c inquanta, stando alme no ad alcune tavole di Aloja (anzi, in un'immagine databile al 1856/67, tale pattina è riferita ai soli tamburi e musicanti). Su un altro abito da granatiere del 1° Reggimento (Depositi del Museo di Morges) la pattina è peraltro rettangolare (così come nei Reggimenti Nazionali). I due abiti presentano dimension i leggermente differenti, forse dovute agli adattamenti sarto1iali di cui sopra: - colletti alti mm. 48, con gallone in un caso lungo mm. 165/147; nell'altro mm. 160/155 (larghezza di mm. 27); i colletti sono diritti e chiusi da due gancetti; - i paramani sono alti mm. 65 e mm. 60, con pattina alta mm. 10 e mm. 11; - le falde sono lunghe mm. 335 in un caso e mm. 305 nell'altro, con tasche verticali lunghe rispettivamente mm. 230 e mm. 205 (la larghezza varia in alto da mm. 110 a mm. 90, ma è in basso di mm. 70 nei due casi); - bottoni larghi mm. 22 e spessi mm. 2; il travetto delle spalline misura mm. 94 x 14; - in ambedue i casi il giglio delle falde è ricamato in lana bianca.
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A • Interno di un abito di gran tenuta da truppa di una Compagnia Granatieri del 1° Reggimento Svizzero, circa 1848-1859. Musée Militaire Vaudois, Morgcs (foto M F 1994). La fodera è confez ionata in spessa tela greaa di cotone, imbottita da crini sul petto. Ali' interno figurano dei marchi stampigl iati ad inchiostro nero che, allo stadio delle nostre conoscenze, e.i risultano difficili da atttibuire con precisione. "I A" dovrebbe poters i rife1i re al Consiglio cli Amministrazione de l 1° Reggimento, per accettazione del genere di vestiario; "2 C " dovrebbe indicare la seconda compagnia granatieri; "8076" sembra un numero matticolare progressivo (in altri eserciti, si utilizzava la data di accettazione).
B - Dettagli dei fregi di specialità di compagnia (G ranatieri, Cacciatori, Centro) applicati alle estremità delle falde degli abiti da truppa. Musée Milita ire Vaudois, Morges (foto MF
1994). Per la truppa ed i sottufficiali dei Reggimenti Svizzeri, gli emblemi delle falde erano ricamati in filo di lana su una sottopannatura del colore distintivo dell'unità: il colore era in linea di principio quello dei bottoni, quindi giallo per gli svizzeri. In realtà, constatiamo che le compagnie del centro utilizzavano dei gigli ricamati in bianco (circostanza verificata su tre abiti).
C - Ricostruzione grafica dei fregi di specialità per la Linea Nazionale. La truppa ed i sottufficiali dei Reggimenti Nazionali della L inea utilizzavano gli stessi emblemi all e falde. In vece di essere ricamati , tuttavia, essi erano semplicemente ritagliati nel panno del colore dell'abito (quindi bleu) e cuciti sui ri svolti del colore distintivo. Nella Guardia Reale, invece, il fregio era ricamato: granata, in bianco, per i Granatieri; cornetta con fiamma, in bianco, per i Cacciatori; ancora con gomena, in giallo, per il Real Marina.
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Viste comparative dei differenti modelli di shakot da truppa già presentati. Escmplaii del Musée Militaire Vaudois, Morges (foto Patricia Kettenhofen 1994). Queste offrono al lettore l'opportur1ilà ùi visualizzare l' evoluzione dello shakot borbonico. sin qui descritta separatamente per ogni modello. IJ colpo d'occhio permetterà di constatare i progressi compiuti tra il 1827 ed il 1852 per modernizzare il copricapo del soldato, migli orandone al contempo l' agio di vestibilità'. La manutenzione dello shakot faceva l'oggetto cLi ispezioni bimestrali. Tutte le g uarnizioni di pelle dovevano essere lucidate ed il panno risultare senza macchie di sorta; si veri ficavano inoltre la solidità ed il posizionamento dell e piastre, la tenuta delle cuciture, la presenza delle matricole, la pu lizia delle fodere interne e dell'incerata, la verniciatura della coccarda (da effettuarsi con cinabro della Cùw!). Anche il modo di indossare lo shakot veniva controllato: " ... cioè che poggiando quasi sul sopracciglio destro, sia inclinato a dritta sull 'orecchio dritto quattro dita al di sopra di quello sinistro". Elegante accessorio dell'uniforme - specie in parata - lo shakot non dovette tuttavia essere molto apprezzato dalla truppa. Durante la Campagna del 1859, molti fanti francesi si disfarono dei loro copricapi lungo la marcia, getta ndoli nei fossi della campagna piemontese ... Anche il Generale R itu cci, dopo lo scontro di Caiazzo, constatò che molti soldati della Guardia Reale borbonica avevano abbandonato i loro shakots sul tc1Teno .. . In alto: modello 1827 comparato al modello 1834/35. In basso: modello 1844/45 comparato al modello 1852. Teniamo a sottolineare che la possibi lità di allineare differenti modelli è in realtà eccezionale per lo studioso di uniformi italiane (e napoletane in particolare)! Solo la ricchezza delle collezioni de l Musée Militaire Vaudois d i Morges e la cortese disponibilità del suo Conservatore, Sig. Pascal Pouly, hanno reso possibile tale avvenimento, interpretato con passione ed abilità dalla fotografa Patricia Kettenhofen.
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A - B - Viste di una spallina da truppa delle compagnie scelte (granatieri), presumibilmente del Reggimento Carabinieri a piedi, 1854-1861. Orig inale del Museo Nazionale di San Martino in Napoli, Collezione Savarese (foto MF 1975). Dim~nsioni non rilevate. Lana scarlatta, bottone di metallo biam;u con granata impressa a rilievo. Con la Decisione di Massima n. 6351 del 27 Agosto 1838 (A.S.Na, Ministero della Guerra, Registro n° 14, Fascio I 139) si abolirono i rolli e si adottarono le spalline e le mozzette (spalline cli panno senza frangia) per i reggimenti di Linea nazionali. Si precisava tuttavia che "l'abolizione di fatto de' rolli in queùione avrà Luogo a misura che i corpi cui rigua1da si provvederanno delle spalline e delle nwzzette". Tali effetti, di ispirazione francese, completavano la riforma del vestiario iniziata intorno al 1833. Lo stesso accessorio era perallro già stato introclolto nel 1835 per la Guardia d'Interna Sicurezza della Città di Napoli. Il citato documento specificava quanto segue: - spalline di lana scarlatta per Primi Sergenti forieri, Caporal Tamburi , Guastatori e per la trnppa ed i sottufficiali delle compagnie scelte Granatieri di ogni reggimento; - spalline di lana scarlatta "co' cordoni superiori di lana colore arena d 'oro, per quei reggimenti che hanno il boflone in oro e di lana bianca tali cordoni per gli altri il di cui bot1011e è d'argento" per i Musicanti "da Capobanda in giù" (ossia Capobanda escluso); - spalline di lana verde per la truppa ed i sottufficiali delle compagnie scelte Cacciatori di ogni reggimento: - mozze/le di panno del colore distintivo del reggimento " ... ca' cordoni di cotone bianco" per la truppa cd i sottufficiali delle compagnie del Centro nonchè "pe' restanti dello stato minore". Con altre Decisioni di Massima del 2 Novembre 1838 e del 1° Agosto 1839, l'abolizione dei rolli e la conseguente adozione delle spalline e delle mozzette vennero estese anche ai Regg imenti Svizzeri (le nuove spalline furono indossate dagl i Svizzeri in occasione della sfilata di Piedigrotta del 1839). Per questi, tuttavia, alcuni adattamenti furono necessari, tenuto conto del colore di fondo del le uniformi: - spalline bianche in luogo di quelle scarlatte (dato che l'abito era scarlatto); - 111ozzet1e sc,u-Jatte per i Tamburi delle compagnie del Centro (dato che questi indossavano un abito del colore distintivo sul quale Ja normale nw::.zetta della truppa non avrebbe avuto risalto); - per i Musicanti ·'da Capobanda in giù", spalline di lana scarlatte (dato che il loro abilo non era scarlatto) con cordoni superiori di lana d'arena d 'oro. Va precisato che, nelle occasioni di gala, i Tamburi Maggiori indossavano voluminose spalline in oro od argento; queste erano tuttavia considerate come generi di dotazione dell' unità e non come effetti di vestiario individuale. Ricordiamo peraJtro che i Capibanda utilizzavano due mozzelle da ufficiale del colore dei bottoni (oro od argento), come gli Ajutanti Sottufficiali. Quanto alle dimensioni, rinviamo alle indicazioni fornite a proposito della spallina da compagnie scelte Cacciatori appwtencnti all'uniforme già esaminata da Secondo Sergente svizzero del Museo di Morges.
C - Esemplari di bottoni dei Reggimenti nazionali di Linea, 1840-1861. Originali del Musco Nazionale cli San Martino in Napoli, Collezione Savarese. (foto MF 1975).
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Shakot da ufficiale del 4° Reggimento Svizzero di Linea, circa 1857-1859. Collezione Privata, Roma. Feltro nero con imperiale, visiera e rinforzo inferiore di pelle di vitello nera, coccarda (diametro mm. 65) di tessuto scarlatto, piastra di metallo dorato, gallo ne superiore e filettature di filo dorato. Si tratta di uno shakot che - come quello, già presentato, da ufficiale del 3° Reggimento della Guardia Reale Cacc iatori - data degli ultim i anni di vita del regno . S ulla base delle inform azioni in possesso del proprietario, infatti, dovrebbe trattarsi dello shakot dell' Alfiere Don Federico de Wattenwyl , il cui brevetto di nom ina al 4° Svizzero era del 6 Luglio 1857. Dopo lo scioglimento dei quattro reggime nti elvetici, nel 1859, l'Alfiere de Wattenwyl passò al 2° B attaglione Carabinieri Leggeri Esteri. coprendo la funzio ne di Ufficiale d i Dettaglio. Altezza anteriore mm. I45, posteriore mm. 185, imperiale avente un diametro di mm. 133 ed una circonferenza di mm. 440. La visiera, squadrata ·e piatta, ha una profondità mediana di mm. 42 per uno spessore cli mm. 2. Il gallone superiore dorato è alto nm1. 2 1, mentre il rinforzo inferiore è alto mm. 29. I filetti laterali e posteriori, pure clorati. sono spessi mm . 2. La piastra è dell'ultimo modello adottato sul finire degli anni cinquanta, alta mm. Il 5 e larga mm . 90, fissata a circa mm. 20 dal bordo superiore. L'interno presenta un giro di pelle nera di vitello zig rinato doppiato da una calotta di rasatello rosso. Sul fondo d i cartone beige (ved i nostro dettaglio) figura il marchio del fabbricante: "V.Durante - Toledo - N . 187" (si tratta dj Via Toledo, centrali ssima arte1ia di Napoli). Le dime nsioni e la fogg ia dello s hakot coincidono con quanto attestato dalle fonti iconografiche (Aloja, foto d'epoca, figurini uffic iali di ordinanze d 'esercizio dei Cacciatori) relative agli ultimi an ni del regno di Ferd inando 11. L'esemplare appare inoltre simile ad uno shak:ot da truppa delle compagnie scelte del 3° Svizzero che presenteremo nel seguito. A nostro parere, si potrebbe qu indi tr attare di un " modello 1856", di tag lia conforme alle norme regolamentari. In effetti, in concomitanza con la scadenza dei generi del mod . 1852 (ossia, tra il 1856 ed il 1857), si osserva un' ulteriore riduzione dei copricapi che anticipava le te ndenze degli analoghi m odelli francesi. M ancano tuttavia diretti 1iscontri documentali sull ' esistenza di un tale model lo. Nel caso degli ufficiali, addi rittura, si conoscono altri shakot nettame nte più bassi rispetto all'esemplare qui raffigurato, ad imitazione della moda poi fissata dal m od. 1860 francese. In tali casi (ciel 3° della Guardia Reale, del l O Svizzero del Museo cli Lucerna e del 4° Svizzero di collezione privata che illustreremo nel seguito) è forse possibile pensare a dei fuori ordinanza.
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Abito di gran tenuta per ufficiali di una Compagnia del Centro del 4° Reggimento Svizzero, circa 1857-1859. Collezione Privata, Roma. Panno scarlallu di qualirà finissima; colletto e paramani in velluto nero; profili, fi Iettature e sottopannature di panno nero; gallone al colletto in filo dorato con trama a righe; bottoni lisci di metallo giallo (diametro di mm. 22 con spessore semi-appiattito di mm. 4) marcati a ril ievo del numero reggimentale; fodera e risvolti bianchi. L'abito potrebbe essere quello appartenuto ali' Alfiere Don Federico de Wattenwyl, del quale abbiamo già esaminato lo shakot. S ulla base d i questa attribuzione e della fattura del capo, possiamo datare l'abito alla seconda metà degli anni cinquanta.
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A - Dettaglio dell'interno dell'abito di gran tenuta per ufficiali di una Compagnia del Centro del 4° Reggimento Svizzero, circa 1857-1859. Collezione Privata, Roma. Si Lratla dell'abito già esaminato. La Lecnica sartoriale degli abiti per uffici ali traduce tulli i canoni correnti nella moda del tempo: petto bombato e taglia molto stretta. Per realizzare questo effetto, i quarti anteriori dell'abito sono imbottiti e foderati di tela trapuntata: il punto vita è invece messo in lilievo grazie ad una cintura interna (in questo caso cli pelle fine beige). Da notare parimenti le tasche aperle nella fodera delle falde, in corrispondenza di quelle fittizie, sull'esterno.
B - Dettaglio dell'estremità delle falde di tre abiti di gran tenuta per ufficiali dei Reggimenti Svizzeri, 1850-1859. Musée des Suisses à l' Etranger, Chateau de Penthes, PrégnyChambésy (Ginevra). Foto Patricia Kettenhofen, 1994. La suggestiva immagine permette di esaminare i fregi di specialità io uso a seconda de)le compagnie: il modello era naturalmente lo stesso per tutti i reparti , svizzeri o nazionali. Nel caso degli ufficiali, i fregi erano ricamati in fil o del colore dei bottoni (quindi dorato od argentato), su una sottopannatura del colore distintivo del reggimento. Dimensioni (compresa sottopannatura): gigli o (centro) mm. 57 x 36; cornetta (cacciatori) mm. 32 x 60; granata (granatieri) mm. 78 x 42 (fiamma) e 22 (bomba). Da notare anche la foggia dell'estremità dei risvolti delle falde: sulla base dei differenti esemplari da noi esaminati sembrerebbe che il tipo pieno (ossia senza piega fittizia, come nei primi due esemplari dall'alto qui illustrati) sia stato adottato solo nella seconda metà degli anni cinquanta.
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A - Shakot da ufficiale di una compagnia Granatieri del 3° Reggimento Svizzero di Linea, circa 1857-1859. Musée Cantonal d'Histoire et d'Etnographie, Chateau de Valère, Sion (inv. MV. 827 d - toto H. Preisig, gentilmente trasmessaci tramite il Conservatore Sig. Antonietti). Lo shakot appartenne al Capitano Don César Ducrey. I dettami costruttivi del copricapo appaiono conformi all'esemplare de Wattenwyl, ma si nota una riduzione dell'altezza (dimensioni non rilevate; secondo i nostri calcoli, tuttavia: anteriore mm. 130 circa, posteriore mm. 165/170 circa, cioè simili a quelle dello shakot del 3° Guardia Reale). Dovrebbe trattarsi di un esemplare classificabile come "modello 1856". L'esemplare manca della coccarda ma ha conservato un pompon in lana scarlatta da tenuta giornaliera.
B - Non disponiamo purtroppo di una migliore riproduzione di questo rarissimo shakot, pubblicato dalla Rivista "Figurina Helvetica" n. 37 del Dicembre 1978 (articolo del Sig. Max F. Schafroth), presumibilmente appartenuto alla Collezione Henri Pelet di Losanna. Si tratta di un copricapo da Granatieri del 3° Reggimento Svizzero. Sulla base delle dimensioni della piastra anteriore (di ultimo tipo) e del pompon, possiamo avere un 'idea delle dimensioni del cimelio: altezza anteriore mm. 140, posteriore mm. J75/180, diametro dell'imperiale mm. 130 (il tutto, naturalmente, con tiserva di verifica dal vero!). L'esemplare è l'unico del suo genere da noi conosciuto: potrebbe trattarsi di un "modello 1856" da truppa, databile tra il 1856/57 ed il 1859. Il gallone superiore appare conforme alla tipologia già osservata; sussistono i filetti laterali e posteriore di lana scarlatta.
C - Shakot da ufficiale del 4° Reggimento Svizzero, 1856/57-1859. Tratto dal Catalogo della "Galerie Fischer'' di Losanna del Giugno 1991 (rif. 8556 - foto gentilmente trasmessaci dal Sig. Jurg Meier). Feltro, pellanù, galloni, filetti e forni menti simili all'esemplare già osservato per ufficiale della stessa unità. Le sue dimensioni appaiono tuttavia nettamente più 1idotte: altezza anteriore mm. 120, posteriore mm. 160. Questi dati - da noi desunti per trasposizione sulla scala della piastra (dell'ultimo tipo) e del gallone - coincidono peraltro con quelli di un esemplare da ufficiale del 1° Svizzero dello Historiscbes Museum di Lucerna. Il pompo11 dell'esemplare non sembra di origine napoletana ma francese.
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Sciabola per ufficiali subalterni dei corpi a piedi ("sciable d'Infanteria da Capitano in giù"), introdotta dall'Ordine del giorno del 10 Aprile 1829. Esemplari del Musée Militaire Vaudois, Chateau de Morges, Morges (foto dello Studio Yves Burdet di Morges trasmesseci tramite il Conservatore Sig. Pascal Pouly). Dimensioni non rilevate. Si tratta dell'arma attribuita dal citato Reale Ordine agli ufficiali subalterni di tutti i corpi a piedi: '' ... Corpi d 'lnfanteria, tanto della Guardia che della Linea, i Corpi Svizzeri, Artiglieria a Piedi, Zappatori ... ". Le foto forniscono un 'interessante - anche se, per forza di cose, non esaustiva - campionatura delle armi di questa tipologia, grazie ad alcuni esemplari del Museo di Morges. In effetti, delle armi del mod. 1829 per subalterni si conoscono numerosissime varianti, tanto al livello del fomimento che dei dettami tecnici della lama. L'identificazione del modello è facilitata dalla caratteristica foggia a testa di mostro marino del pomo. Con Reale Ordine del 16 Gennaio 1839 n. 16 si autorizzò inoltre la costruzione delle sciabole per ufficiali (dette anche, alla francese, briquets) direttamente presso la Real Fabbrica di Torre Annunziata, con assemblaggio presso la Real Montatura d ' Armi di Napoli. Tali esemplari, contraddistinti dalla presenza dei punzoni delle citate manifatture, costituiscono un punto di rifelimento in questa vasta famiglia di sciabole. Numerosi n1ttavia anche gli esemplari fomiti dai migliori armaioli napoletani, che si caratterizzavano per il pregio dei ceselli e la qualità delle lame, artisticamente lavorate ad acido. Presentiamo qui le viste generali di tre esemplari, riservandoci di offrire i dettagli di ciascuno di essi nelle tavole seguenti. Di questi, il primo (esemplare A) è per l'appunto di produzione delle manifatture m ilitari, come attestato dai punzoni sulla lama (datata 1848). L'ultimo (esemplare C) è del prestigioso Labruna (forniamo in basso i dettagli della lama lavorata ad acido, con relative iscrizioni). Di norma i modelli da ufficiale subalterno avevano il fodero in pelle nera con fornimenti in ottone, salvo per gJj Ufficiali d'Artiglieria che utilizzavano un fodero d'acciaio " ...quando per ragioni di servizio dovranno montare a cavallo". Il modello 1829 fu prodotto ed utilizzato sino alla caduta ciel regno, malgrado il crescente favore delle sciabole di ispirazione francese (1821 e 1845). A seconda degli esemplari, la lunghezza e la larghezza e lo spessore delle lame possono variare. A titolo d'infonnazione, ricordiamo che lo "Specchio ... " del 1861 (da noi più volte citato) forniva alla voce "Sciabola per uffiziali di .fanteria" una lunghezza di 30 pollici e 2 linee con una tolleranza nella lunghezza cli una linea, ciò ·non potrà che far sorridere l'esperto collezionista il quale ben conosce 1' estre ma varietà cli questa tipologia ... !
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Sciabola per ufficiali subalterni dei corpi a piedi ("sciable d 'Infanteria da Capitano in giù"), introdotta dall'Ordine del giorno del 10 Aprile 1829. Esemplare "A" del Musée Militaire Vaudois, Chatcau dc Morges, Morges (foto dello Studio Yvts Bu.rdeL di Morges trasmesseci tramite il Conservatore Sig. Pascal Pouly). Dimensioni non rilevate. Si tratta di un'arma di produzione ufficiale, data la presenza sul tallone deUa lama dei punzoni della Real Fabbrica e del Controllore della Montatura ("S"): la lama è datata 1848. IJ fomimento - interamente in ottone - è del tipo che potrenuno forse definire regolamentare ... ovviamente con tutte le precauzioni tenninologiche del caso (soprattutto, non vonemmo con ciò attfrarci le ire degli esperti!). Impugnatma in corno scuro, metà zigrinata, metà liscia. Calotta lunga con pomo a testa di mostro mmino, bottone a vite lavorato; guardia ad un solo ramo. Lama curva, ad un solo filo con grande sguscio e falso filo. Fodero in pelle nera con cappa in ottone (puntale mancante). Come le altre m·mi di questa tipologia, la sciabola veniva portata mediante un budliere indossato sotto l'abito od il soprabito d'uniforme, infilata in una guaina di pelle sulla sinistra dell'ufficiale. Nel caso delsoprabito, la guaina fuoliusciva dalla falsa tasca sinistra del capo.
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Sciabola per ufficiali subalterni dei corpi a piedi ("sciable d'lnfanteria da Capitano in giù"), introdotta dall'Ordine del giorno del 10 Aprile 1829. Esemplare "B" del Musée Militaire VauJois, Chateau de Morges, Morges (foto dello Studio Yves Burdet di Morges trasmesseci tramite il Conservatore Sig. Pascal Pouly). Dimensioni non rilevate. La lama. leggem1ente ricurva, non presenta marchi o punzoni di sorta. Un solo filo, con grande sguscio e falso filo. Il fornimento - interamente in ottone - differisce da quello precedente per la presenza di alette ferma-fodero. L'impugnatura, in corno scuro, è lavorata a spirali con spire di filo d'ottone ritorto. La calotta - lunga, con pomo a testa di mostro marino - manca di bottone a vite lavorato dato che il codolo è ribattuto; guardia ad un solo ramo. Fodero mancante.
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Sciabola per ufficiali subalterni dei corpi a piedi ("sciable d'lnfanteria da Capitano in giù"), introdotta dall'Ordine del giorno del 10 Aprile 1829. Esemplare "C" del Musée Militaire Vaudois, Chateau de Morges, Morges (foto dello Studio Yves Burdet cli Morges trasmesseci tramite il Conservatore Sig. Pascal Pouly). Dimensioni non rilevate. Si tratta cli un'arma prodotta da Labruna (vedi dettagli della lama sulla tavola irttroclutti va d'insieme). Il fornimento - interamente in ottone - presenta caratteristiche miste rispetto agli esemplari precedenti. L'impugnatura, in corno scuro, è per due terzi zigri oata e per un terzo liscia; la calotta - lunga, con pomo a testa cli mostro marino - reca un bottone a vite lavorato; guardia ad un solo ramo con alette ferma-fodero (la foggia dell'archetto d'unione appare tuttavia più regolare rispetto al tipo "A" , ossia con una forma lanceolata meno accentuata); alla base dell'impugnatura, inoltre, figura - come in "B" - una ghiera in luogo cli un colletto interno della crociera - come in "A". L'insieme del fornimento appare pertanto più snello ed appiattito ri spetto alla foggia, più piena ed ornata, del tipo "A", senza dubbio per influenza dei modelli austriaci. Lama a curvatura accentuata, ad un solo filo con grande sguscio e falso filo, punta a lingua di carpa. Fodero mancante.
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Sciabola per ufficiali superiori dei corpi a piedi (ad esclusione dei reggimenti svizzeri) e di altri enti, introdotta dall'Ordine del giorno del 10 Aprile 1829. Si tratta del]' arma attribuita ùal ci latu Reale Ordine agli utiicial i superiori di tutti i corpi a piedi (eccettuati i reggimenti svizzeri), per gli ufficiali delle Piazze, gli ufficiali addetti alle Commissioni, i capitani addetti allo Stato Maggiore Generale (tuttavia, gli ufficiali dello Stato Maggiore dell'Esercito ricevettero nel 1839 una nuova sciabola derivata dal modello 1822 francese per cavalleria leggera - cfr. tavola), gli ufficiali A.iutanti di Campo. Lo stesso provvedimento assegnava la sciabola da ufficiale superiore anche agli Aiutanti Maggiori delle unità, benché questi fossero insigniti del grado di Capitano. Un ritratto dei primi anni trenta di Ferdinando II in uniforme di ColonneUo Comandante del Reggimento di Cavalleria Re (Museo Nazionale di San Martino, Napoli - Depositi) mostra lo stesso modello_. Impugnatura in corno marrone scuro (o nero), molto spesso lavorata a spirale e con filigrana di cordoncino d'ottone dorato. Fornimento in ottone dorato con cappetta lunga ed estremità a bottone a vite lavorato. Guardia a tre rami. Oreccchiette laterali per il fissaggio del fodero. A seconda dei vari esemplari, il fornimento poteva essere liscio o presentare una decorazione a moti vi fogliacei più o meno ricca, che si ritrovava di norma sulle fascette dei foderi, in lamiera. La curvatura delle lame e la loro configurazione generale variava a seconda degli esempi ari . Si conoscono di verse varianti, al.c une di fornitura d'arsenale (Napoli o Torre Annunziata); altre, di pregevole fattura, create dai migliori artigiani della Capitale (Labruna, Mendoza, Campanile).
A - A/1 - Viste del fornimento di un esemplare del Museo Nazionale di San Martino in Napoli. (Collezione Savarese -.foto M.F. 1975). Dimensioni non rilevate.
B - B/1 - Viste deJ fornimento di altro esemplare del Museo Nazionale di San l\tlartino in Napoli. (Collezione Savarese - Foto M.F. 1975). Dimensioni non rilevate.
C - Dettaglio del decoro posteriore della cappetta. Esemplare di Collezione Privata, Napoli (foto gentil mente trasmessaci dal proprietario). Dimensioni non rilevate.
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Sciabola di fabbricazione napoletana ispirata al modello francese 1821 per ufficiali di fanteria. Esemplare di Collezione Privata, Napoli (foto gentilmente trasmessa.ci dal proprietario). Dimensioni non rilevate. L'utilizzo e la produzione, a Napoli, di sciabole ispirate al mod . 1821 francese per ufficiali di fanteria è provato da numerose fonti iconografiche coeve nonché dai vari esemplari esi.stenti presso le collezioni pubbliche e piivate. L'arma venne utilizzata - a partire dagli anni trenta e sino al 1861 - da alcuni ufficiali dei corpi di fanteria, della Linea e della Guardia, ed anche di altri corpi a piedi. Non si trovano peraltro ris~ontri documentali in merito all'adozione ufficiale dell'cu-ma. Lo stesso "Specchio delle principali dimensioni delle armi portabili già in uso per l'esercito del cessato Governo delle Due Sicilie" ("Giornale cl' Artiglieria" in data 8 Febbraio l 861) non fornisce alcuna indicazione in merito. In effetti, il modello francese precedette solo di pochi anni l' introduzione a Napoli del mod. 1829 per ufficiali subalterni dei corpi a piedi. Per gli anni venti; le fonti iconografiche attesterebbero piuttosto l' uso di sciabole di tipologia austriaca. A partire dagli anni trenta, d'altra parte, perché mai l'amministrazione napoletana avrebbe adottato una nuova sciabola, stante appunto la recente adozione della mod. 1829? Appare quindi plausibile l'ipotesi che si sia trattato di dotazioni personali, diciamo fuori ordinanza (benché tollerate dalle autorità, ed anzi prodotte dalle stesse manifatture militari!). Si trattò forse di una moda introdotta dagli ufficiali svizzeri, poi imitata dai napoletani ed entrata nell' uso corrente. 11 successo del mod. 1821 francese doveva comunque essere notevole, dato che se ne produsse addirittura un riuscito incrocio con la 1829 regolamentare (cfr. tavola fotografica per la Guardia Reale). È provato inoltre che, nel 1851, le manifatture napoletane fornirono al Ducato di Parma 90 esemplari di loro produzione del mod. 1821 francese, per armare gli ufficiali dei Cacciatori e dei Zappa~ori delle Reali Truppe Parmensi.
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A - A/1 - A/2 - A/3 - Sciabola di fabbricazione napoletana ispirata al modello francese 1845 per ufficiali di fanteria, utilizzata in particolare dagli ufficiali subaltérni dei Battaglioni Cacciatori. Esemplare di Collezione Privata, Napoli (foto gentilmente trasmessaci dal proprietario). Dimensioni non rilevate. Abbiamo già introdotto questa sciabola, ispirata al mod . 1845 francese per ufficiali di fanteria, trattando dell'armamento degli Ufficiali dei Tiragliatori della Guardia Reale. Rinviamo quindi a quella sede per l'inquadramento storico e la desc,izione tecnica dell'arma in questione. La sciabola venne utilizzata - nel corso degli anni dagli anni cinquanta e sino al 1861 - da molti ufficiali di fanteria, tanto della Linea che della Guardia, ed in parti colare da quelli dei Battaglioni Cacciatori. Se ne conoscono molte varianti, con lame di diversa curvatura, inquadrabili in due tipologie generali: da ufficiale subalterno, con fodero di pelle nera e fornimenti in ottone dorato; da ufficiale su periore, con fodero di lamiera. Stando alle foto d'epoca, riferibi Ii soprattutto al regno di Francesco II, sembrerebbe peraJtrc che ifuori ordinanza da parte dei giovani subalterni non siano stati rari.
B - Bn - Due viste analoghe del fornimento di una sciabola francese di mod.1845, al fine di effettuare un confronto. Come si noterà, i model Ii napoletani da ufficiale si caratteriz'zano spesso per l' utilizzo, sul fornimento, di un bottone apparente a vite, lavorato, all'estremità del pomo (nei modelli francesi la vite si presenta in effetti incastonata nel profilo).
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A - B - Cinturoni ed accessori di equipaggiamento per Battaglioni Cacciatori, circa 1850-1861. Sulla base delle fonti iconografiche (e soprattutto delle foto d'epoca), possiamo identificare quattro tipi di cinturone - tutti di cuoio nero con fornimenti in ottone dorato - in uso presso l'ufficialità dei Battaglioni Cacciatori durante l'ultimo decennio: - con plimo anello di bigli.era fissato da un passante interno e secondo anello di bigliera collegato ad un passante mobile esterno d' ottone dorato (vedi A): si tratterebbe del tipo in uso sin dai primi anni cinquanta; - dj modello francese 1845 (vedi tavola dei Tiragliatori de~la Guardia Reale): questa tipologia sembrerebbe essere stata distribuita agli ufficiali dei Battaglioni di più recente formazione; - con primo e secondo ane11o di bigliera collegati a passanti esterni mobili d'ottone dorato: questo tipo è visibile in alcune fotografie di Principi di Casa Reale in unifonne giornaliera dei Battaglioni Cacciatori o delle compagnie scelte Cacciatori di Linea; - di modello ispirato a quello francese 1845 ma con primo anello di bigliera a passante mobile esterno d'ottone dorato (vedi B), secondo passante mobile esterno con anello di bigliera ed un terzo passante mobile d'ottone posto a destra: tale tipologia è attestata da un esemplare dello Schweizerisches Landesmuseum di Zmigo appartenente ad un ufficiale del 3° Carabinieri Cacciatori Esteri (ex 13° Battaglione Cacciatoli). La sua particola1ità risiede nel fatto che il primo ed il terzo passante permettevano l'aggancio delle bretelle dello zaino, accessorio che solo gli ufficiali dei Cacciatori Esteri indossavano sulla tenuta di campagna.
C - Vari bottoni dei Battaglioni Cacciatori, 1850-1861. Originali del Museo Nazionale di San Martino in Napoli, Collezione Savarese (foto MF 1975). I bottoni sono di metallo liscio dorato con il numero del battaglione inciso a sbalzo. La loro sezione è semi-circolare, a differenza di quella delle altre unità di fanteria a profilo fortemente appiattito.
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D - Esemplari di fibbie per cinturoni da ufficiale dell'll 2° e 16° Battaglione Cacciatori, 1859-1861. Originali del Museo Nazionale di San Martino in Napoli, Collezione Savarese (foto MF .1975). Dimensioni: mm.60/65 x 50/55 circa. Ottone dorato con fregio applicato. ,
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FANTERIA DI LINEA
Varie anni bianche napoletane, probabilmente da attribuirsi alle "Teste di colonna" di unità a piedi, 1830-1861. Le tabelle del "Manuale per l'Amministrazione in materia di un Corpo di fanteria" del Cap. Campane! li avvertivano "Tamburo lvtaggiore, Prr4'essori di Musica, ed Apprendisli dovrebbero essere armati di sciable di Fanteria; ma invece per maggior lusso dei Co,pi, vengono armati, il primo con spada all 'Eroica e sciab!a, ed i secondi con briquet; arme che debbonsi acquistare come dotazione da ciascun Corpo; lo stesso valer deve per gl'individui componenti le Fm~fàrre dei primi sette Ba/taglioni Cacciatori, e lunghe daghe per gli altri ... ". Lo sconsolato messaggio del solerte amministratore appare chiaro: ogni comandante pagava sui fondi reggimentali di che far ben figurare la prop1ia testa di colonna! Quando si ponga mente agli eccessi che il jiwri ordinanza raggiunse nelle musiche militari napoletane - tanto per le uniformi che per l'organico, e questo sino al 1855/56 - si sarà compreso che, in materia di armi bianche, tutto o quasi tutto poteva ritenersi tollerato! Le fonti iconografiche coeve e le caratteristiche cli alcuni esemplari ritrnvati dagli esperti possono peraltro fornirci qualche 1ife1imento, naturalmente non esaustivo. A - Sciabola per tenuta giornaliera dei Tamburi Maggiori, nel gusto del mod. 1829 per ufficiali subalterni, 1830-1850 circa. Collezione Privata (foto tratta dal volume "Armi Bianche Militari Italiane 1814-1950" di C. Calamanclrei, Editoriale Olimpia, Firenze 1987). L'att1ibuzione è confortata eia varie fonti iconografiche coeve. Fornirnento in ottone clorato con crociera alla turca con doppie alett.e triangolari verso il fodero (per la chiusura) e verso l'impugnatura. Impugnatura in corno marrone, metà liscia, metà zig1inata. Calotta lunga con pomo a testa di mostro marino e bottone a vite. Lama curva ad un solo fi lo con grande sguscio e falso filo, lavorata con motivi floreali, con punta a lingua di carpa. Sul tallone "Labruna Napoli I 846". Lunga mm. 820; lama lunga mm. 690 e larga al tallone mm. 25. · B - Spada per gran tenuta dei Tamburi Maggiori, 1830-1860 circa. Collezione P1ivata, Roma (foto S.Cimino, 1975). La tipologia è spesso raffigurata dalle serie litografiche ufficiali insieme ai lussuosi bucl1ieri .ricamati cli gran tenuta, cui l'arma si agganciava mediante cordoni agli anelli laterali. Data la foggia classicheggiante (il fomimento è in forma di gladio), si potrebbe forse identificare in quest'arma un esemplare della spada all'Eroica menzionata dal citato documento amministrativo. Fornimento in ottone dorato, 1iccamente lavorato a motivi fogliacei (al centro della crociera, al recto monogramma reale, al verso giglio tra fronde cli alloro). Pomo a testa di leone con vite apparente. Impugnatura in osso nero zigrinato, lavorato a pelle di pesce. Lama dritta, a due tagli, con sguscio centrale. Fodero in pelle nera con cappa e puntale in ottone dorato e lavorato a motivi fogl iacei (l' estremità del puntale è a forma di lira musicale). Dimensioni: lunghezza totale mm. 855 (senza fodero) e 885 (con fodero); lama mm. 660 x 36. C - Sciabola per Musicanti, 1850 circa. Collezione Privata (foto tratte dal volume "Armi Bianche Militati Italiane 1814-1950" di C. Calamanclrei, Editoriale Olimpia, Firenze 1987). Il fornimento è in ottone con guardia ispirata al modello 1845 francese, con decoro a traforo raffigurante una cetra tra fronde. Impugnatura in corno nero con spire cli filo cli rame 1itorto; cappetta lunga con ghiera e pomo a testa cli leone. , L'arma - di lunghezza totale di 111111. 950 - ha una lan1a dritta e piatta, a filo e punta, lunga 111111. 820, decorata a motivi noreali e trofei, .l'innata Labruna 1849. Fodero in ferro verniciato cli nero con cappa e puntale in ottone. D - Sciabola pubblicata sul Catalogo "Mostra delle Armi ed Uniformi Napolitane 1734-1860" (rif. n.44), edito dal Museo Principe Gaetano Filangieri cli Napoli (15 Aprile-30 Giugno 1968) definita quale "Daga da Tamburo Maggiore .. . Impugnatura in avorio zigrinalo, pomo, g uardia, crociera e.fascette di bronw dorato e cesellalo a motivi.fogliacei". Lunghezza totale mm. 810.
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FANTERIA DI LINEA
Daga da Guastatori di un'unità della Linea Svizzera, 1840-1859 circa. Esemplare del Musée Mil itaire Vauclois, Chatcau de Mqrges, Morges (foto dello Studio Yves B urdet di Morges trasmesseci tramite il Cunservatore Sig. Pascal.Pouly). Dimensioni non rilevate. Il reperto appartie ne alla ben nota tipologia di armi bianche con lama a sega e pomo a testa di leone in dotazione ai guastatori delle unità di fanteria e di altri corpi a piedi. Dall e tabelle del "Manuale per l' Amministrazio ne in materia di un Corpo di fanteria" del Cap. Campanelli apprendiamo infatti che esistevano sciable a sega, attribuite ai Guastatori e Caporal-Guastatori dei Reggimenti di Linea e dei primi sette Bauaglioni Cacciatori e daghe a sega per i Guastatori e Caporal-Guastatori dcll'8°, 10°, 11 ° e 12° Battaglione Cacciatori. L'esemplare di Morges appare peraltro interessante per alcune caratteristiche: il fornimento in ottone presenta una foggia più stilizzata rispetto a quella di altri esemplari da noi conosciuti; i due bracci della crociera terminano con due riccioli tondeggianti rivolti verso la lama, in luogo dei commeti bottoni. La stessa croc iera è inoltre liscia, senza bordini , come in altre anni del genere. La lama - senza punzoni - tennina coo una leggera punta. I marchi sul fornimento sono di due tipi: da un lato figura "HP 23"; dall'altro "J 8" . 11 primo p unzone appartiene a nostro avviso al noto collezionista e studioso svizzero Henri Pelet di Losanna, che fu all'origine della raccolta e dello studio di numerosi reperti oggi facenti parte delle collezioni del Museo di Morges. Su molti oggetti militari borbonici da lui raccolti aveva infa tti apposto un marchio similare, sorta di ex-libris collezionistico. Il secondo marchio è invece originale. La foggia del fornimento, la taglia generale dell'arma ed una (libera!) interpretazione del punzone " J 8" ci lasciano pensare che potrebbe forse trattarsi di una daga a sega per Guastatori del 13° Battaglione Cacciatori Svizzero ("Jager - sa compagnia"? I Cacciatori Svizzeri erano di fatto i soli ad utilizzare il tennine tedesco quale punzone identificativo della loro unità). Si tratta naturalmente di una semplice opinione, in nessun caso probante.
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FANTERIA DI LINEA
Grafico rappresentante differenti tipi di attrezzi di gala da Guastatori di unità a piedi, 1830-1861 circa. Dimensioni non rilevate. Il citato "Manuale .. . " del Cap. Campanelli confermava I' attrih117.ione di strumenti per Guastatori ai soìi guastatori semplici delle unità di fanteria. La fonte non precisava peraltro la natura di tali dotazioni. Da un "Dettaglio de 'generi di cuojame" pubblicato nello stesso "Manuale... ", tuttavia, si evince l'esistenza di: porta-seghe, porta-accette, porta-zappa-picca, porta-zappa e portapala ... ciò che fornisce una risposta, sia pure indiretta, al nostro quesito. Le fonti iconografiche dell' epoca forniscono inoltre altri interessanti dettagli che illustrano la configurazione degli attrezzi. Accanto ai veri e propri utensili da lavoro, esistevano tuttavia degli attrezzi di gala o comunque utilizzati dai Guastatori borbonici in gran tenuta ed in parata. Gli appunti grafici della nostra tavola (non in scala) propongono una rapida campionatura di questi oggetti (ovviamente non esaustiva!), tutti riferibili al periodo "Francesco I - Ferdinando II" . Per esserne stati testimoni oculari, ci piace infine ricordare che altri attrezzi di questo tipo si trovano nei Depositi del Museo Nazionale di Capodimonte a Napoli. La varietà e la ricchezza di tali oggetti appartenenti alle collezioni pubbliche (siano esse a Napoli o a Torino) meriterebbero a nostro parere uno studio monografico.
A - Vari attrezzi (forse databili a partire dal.la fine degli anni venti) custoditi presso il Museo Nazionale di Artigl ieria di Torino. Manici in legno naturale chiaro, scuro e dipinto di nero. Lame in acciaio con guarnizioni e puntali in ottone.
B - Si tratta di una pala e di un'ascia pubblicate sul Catalogo "Mostra delle Arm i ed Uniformi Napolitane 1734-1860" (rif. nn. 85-86), edito dal Museo Principe Gaetano Filangieri d i Napoli (15 Aprile - 30 Giugno 1968). Manic i in legno naturale scuro, lame in acciaio, puntali in ottone (l'ascia ha un salvafilo in ottone).
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FANTERIA DI LINEA Daghe e sciabola-baionetta per Battaglionj Cacciatori, circa 1835-1861. Dalle tabelle del "Manuale ..." del Campanelli apprend iamo che le daghe per Cacciatori erano distribuite come segue: ai sottufficiali da Primo Sergente a Caporale incluso: delle com pagnie da I' a 7' (inclusa) dc11'8° Battaglione; di tu tte le compagnie dei Btg.i 10°, 11 ° e 12°; ag li All ievi-Trom belli cli tulle le com pagnie dell'8°, I0°, 11° e 12° Battaglione; nonché ai sottufficial i di Stato M inore (1° Sergente Foriere. 1° Sergente-Prevosto, Maestro /\rmierc, Capo Sarto e Capo Calzolajo) dell'8°, I0°, 11 ° e 12° Battaglione. Secondo la fonte, nei Battaglioni dal I O al 7°, g li analoghi livelli en1110 all'epoca ancora armati di sciabola-briquet eia fanteria. come le normali unità della Linea. La circostanza appare confermata dall'iconografia coeva (Aloja). Tali potrebbero quindi essere state - grosso modo - le dotazion i a partire dai primj anni trenta e si no ai primi anni cinquanta. nelle unità di Cacciatori cli più antica formazione. I Cacciatori ed i sottu fficiali dell'ollava compagni a <lell'8° avevano già ricevuto la sciabola-baionetta a yatagan (ma con fodero in lamiera, ossia del modello francese) in pa rallelo con l' adozione delle prime carabine a stelo (vedi tavola). Anche se il ,;Manuale ..... non ne fa menzione, è possi.bilc che - o ltre ai militari sopra identificati e prima della clist1i buzione delle carabine • anche gl i elementi scelti, detti Curabinicri, utilizzassero la sciabola-briquet o la daga (a seconda dei Battaglioni. come sopra prec isato) quale mma bianca (al pari cioè della sciabola-briquet per le compagnie scelte della Linea). I Trombetti delle Fanfare dei Battaglioni Cacciatori utilizzavano invece briquets da Musicanti (come nella Linea) nei Battaglioni dal I O al 7° incluso; daghe lunghe negli al tri. Come già detto, 1/tighe a sega erano infine previste per i Guastatori e Caporali-Guastatori dei Battaglioni aventi diritto a daghe (invece sciab/e a sega per i primi sette Battaglioni, ancora una vo lta come nella Linea). L'arma bianca di tutti gl i altri Cacciatori (ossia, ad esclusione dei casi sopra citati) restò la semplice baionetta per il fuc ile con canna eia 38 pollici, almeno finta ntoché cale arma da fuoco rimase in servizio. In effetti, a ma no a mano che le nuovi armj rigate venivano disu·ibuite, le daghe e le sciabole-briquet furono ritirate e sosti tui te dal le nuove sciabole-baionetta a yatagan. che s~olgevano la funzione sia di arma bianca individuale che di accessorio della carabina. Qunnto sopra esposto sulla base ciel "Manuale ... " deve qui ndi considerarsi solo come una momentanea.fotograji'a delle dotazioni intorno al 1852/53. Ne l seguito, q ueste furono progressivamente modificate proprio in conseguenza della distribuzione delle carabine rigate. Si ricordi che, con R.O. n.3 del 3/1/1856, si proibì il porto delle sciable-bajo11e11e eia paite dei mi lirai·i in permesso alle loro patrie, tollerandone tuttavia l' utilizzo a diporto (oss ia in libera uscita). L'ann a doveva essere infatti lasciata, insieme con la carabina. nelle Sale d' Armi. 1 soldati in licenza venivano quind i all'uopo armati cli sciabole e/o daghe cli vecchio tipo, lasciate in 11.11111ero convenien.te presso le unità. A • Daga detta del primo tipo, circa 1835-1855 (foto tratta dal volume "Armi Bianche Mi litari Italiane I 8 I 4- I950'" cli C. Calamandrei, Editori ale Olim pia, Firenze 1987). fornimenLO in ottone sul modello francese 183 1 da fanteria, con crociera terminante a dischi incisi a solchi concent1iei; impugnatura solcata orizzontalmente; pomo schiacciato e codolo ribattuto. Lama a due fili , a forma di gladio, a sezione cli losanga; recante il punzone della Real Fabbrica e la data 1838. Fodero in cuoio nero con cappa e puntale in ottone. Lunghezza 111111. 640. B - Daga detta del secondo tipo, circa 1850-1861. Foto S .Cimino. L'arma presenta un foriu 1ucnto diverso dal precedente; la lama ha un solo fi lo e punta. Yar.i esemplari cli questa tipologia montano lame differenti, a due fili. con una o due sgusciature. Anche nei fornimenti si risco ntrano profili pii:1 o meno .me/li. L'esemplare qui raffigurato monta una lama marcata "Zi110 Henry e C. Napoli" (noto opificio siderurgico attivo in Napoli, Pontf' dr,Jh, Maddalena, fornitore de l Real Esercito). Lunghezza mm. 675. C • Sciabola-baionetta con lama a yatagan, circa 1843-1861 (foto tratte dal citato volume <li C. Calanrnndrei). Impugnatura in ottone fuso, a becco. solcata orizzontalmente, con spacco al dorso per la braga d'innesto (vedi dettagl io) pulsante sul lato destro. molla sul lato sinistro. crociera in ferro (vedi eiettagli). Lama a yatagan sgusciata sui lati, con filo e falso fi lo. dorso. Fodero in cuoio nero con pumale e cappa in ottone. Lunghezza totale mrn. 690 ciJca. Esemp io di marchi, sulla crociera ( 15.BC - 15° Btg. Cacciatori - lC - I" Compagni a - 43 - numero di fila <lei Cacciato re) e SLI Ila lama (ìvJS 1857).
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FANTERIA DI LINEA
Effetti di equipaggiamento individuale da truppa delle unità di Linea. Da originali del Museo Nazionale di San Martino in Napoli, Collezione Savarese.
A - Budriere porta-sciabola e porta-baionettà per compagnie scelte, 1830-1861. L a lunghezza del budtiere è regolata da una fibb ia d'ottone. Larghezza mm. 60. Cuoio imbiancato. Il budriere delle compagnie del centro aveva una sola guaina con occhiello e fibbietta, identica c ioè a quella illustrata per l'aggancio della sciabola-briquet.
B - Bandoliera porta-giberna con vista esterna della giberna, compagnie del Centro 1830-1861. L unghezza mm. 1.400, larghezza mm. 60. Lo sportello esterno della giberna (detto capp elletto) misura mm. 237 x 255 (sino alla giunzione posteriore). La g iberna è confezionata in cuoio bollito nero (detto suola), con correggie di cuoio bianco e fibbi e in ferro. Le compagnie scelte, tanto della Linea Nazionale che degli Svizzeri, applicavano s ul centro dello sportello un fregio in ottone stampato e lucidato (ossia granata o corno), come nelle unità della Guardia Reale (vedi tavola). Nessun fregio era invece assegnato alle compagnie del Centro dei Reggimenti Nazionali.
C - Fregio per sportello della giberna delle compagnie del Centro dei Reggimenti Svizzeri, 1830-1859. Lunghezza mm. 75. (tratto dal Catalogo della "Galerie Fischer" di Lucerna, Giugno 1992, rif. n. 8521- foto gentilmente trasmessaci dal Sig. Jurg Meier). ·Le compagnie del Centro svizzere erano le uniche ad avere un fregio da g iberna. Ottone stampato e lucidato.
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FANTERIA DI LINEA
Viste posteriore, inferiore e laterale di una giberna da truppa delle unità di Linea. Da originali del Museo Nazionale di San Ma11ino in Napoli, Collezione Savarese. L'effetto presenta qualche differenza cli fattura rispetto ai modelli francesi del periodo 1815-30. A Napoli, in particolare, non esistevano differenti tipi di giberna a seconda del rango o della specialità (ossia, granatieri, cacciatori, fucilieri). l Battaglioni Cacciatori utilizzavano naturalmente un equipaggiamento differente del quale, a nostra conoscenza, non sono rimasti esemplari . La struttura dell' accessorio, d ' altra parte, non appare molto differente da quelJa in uso durante le guerre napoleoniche. In effetti, alle estremità della bandol iera figurano due bretelle; queste, infilandosi in un passante trasversale c ucito sul dorso, vanno ad agganciarsi alle fibbie applicate sotto il fondo della giberna. Sempre al di sotto, altre due cinghiette di cuoio bianco, con fibbie, infilate in due coppie di passanti, permettono di assicurare il berretto da fatica, debitamente atTotolato. Un' ultima fibbia, anch'essa posta sul fondo ma al centro, accoglieva la c01Teggia di chiusura dello sportello anteriore. La giberna misura mm. 200 di lunghezza su mm. 70 di profondità; l' altezza è di mm. 110 lateralmente e mm. 90 anteriormente (le fibbie di aggancio delle bretelle della bandoliera misurano mm. 32 x 20). Sul retro, lateralmente, è inoltre applicata la mattingala con asola di cuoio bianco (mm. 230 x 28): abbottonandosi al perno posto al di sopra dell a guaina del budriere (vedi tavola p recedente), essa stabilizzava l'assetto posteriore degli accessori. Ricordiamo che, a partire dal 1852, sulla bandoliera della giberna venne infilato - a scorrimento - il borsetto po11a-capsule, accessorio imposto dal progressivo estendersi delle armi a percussione. Il Reale Ordine n. 98 del 7 aprile di quell'anno ne indicava qualche caratteristica: cuoio bianco (Battaglioni Cacciatori - pensiamo ad eccezione dell' 8° che aveva tutti i cuoiami neri) o pelle di montone nera (altri corpi), fodera di pelle di vitello con pelo (per assicurarne la tenuta all'umidità), passante di scorrimento (eletto presiglia) e bottone di chiusura. Sulla base delle rare raffigurazioni di questo accessorio e di altre analoghe tipologie coeve, tentiamo, in questa tavola ed in quella seguente, una ricostruzione.
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FANTERIA DI LINEA
Viste anteriore ed interna di una giberna da truppa delle unità di Linea. Da 01iginali del Museo Nazionale di San Martino in Napoli, Collezione Savarese. L't;i;o11 1<:: ùe ll 'imerno ci conduce a fornire qualche informazione sull'uso deg li effetti di equipaggiamento e sulla composizione delle dotazioni. TI Reale Ordine n. I 05 del 18 aprile 1855 precisava: "Le giberne sono fatle per riporvi i cartocci, ed i sacchi a pane sono destinati per conservarvi i generi di vitto nelle marce. I soldati abusano di riporre abitualmente nei sacchi a pane gli oggelli che debbono essere riposti nel sacco, ed a mettervi benanche i cartocci nelle manovre, o nelle azioni di guerra... ". Anche il ··Regolamento per le riviste giornaliere, settimanali e di dettaglio..." dei Cacciatori (Napoli 1852) specilicava: " ... si proibirà di riporre nel sacco a pane le cartucce ed altri generi, dovendosi solo porvi il pane, e qualche oggetto indispensabile per montare i/fucile" (per gli utensili, tuttavia si ponga· mente al fatto che la giberna dei Cacciatori era più piccola di quella della Linea ordinaria). In campagna, ogni fante riceveva sei pacchetti di munizioni (chiusi da uno spago), ciascuno composto di dicci cartucce allineate a testa coda. Le cartucce (detti cartocci) erano solitamente confezionate con la carta detta basta,da ("soffile resiste/1/e bene incollata, con una grana uguale e Liscia al umo"; il suo spessore variava da mm. 0, 12 a mm. O, 14): tre pacchetti erano infilati nella giberna e gli altri tre neUo zaino. li tipo di cartucce (vedi dettaglio A) variava naturalmeme a seconda dell'arnia: con proietrile di piombo sferico (da gr. 25, diametro di mm. 16) per le armi a canna liscia (vedi A/1); ovvero cilindrico-ogivale, con tassello ad espansione, per le armi rigate (da gr. 35, diametro di mm. 16,9 - vedi A/2). La cartuccia era caricata con gr. 12,225 di polvere nera, composta da 75% di salnitro, 12.5% di carbone e I 2,5% di zolfo. Per le armi a pietra, il soldato disponeva i110ltrc di pietre focaie di riserva (rimpiazzo ogni 40 colpi). Nel caso delle armi a percussione, invece. l' innesco si avvaleva di capsule, a quattro od a sei aleue, al fulminato di mercurio, verniciato di lacca. Le capsule erano riposte negli appositi borsetti, di cui abbiamo già parlato (vedi dettaglio B). ln ogni caso, il fante riceveva in dotazione un girabecco (giravite a tre punte, alla rrancese - vedi dettaglio C/1), il cavastracci (vedi dettaglio C/2 - esso si avvitava sulla punta i11 spira deUa bacchetta) per la pulizia della canna; un vasello di grasso (e, pensiamo, anche una fialetta d'olio) per la manutenzione dell'arma e di altri generi. Per la pulizia dell' innesco si utilizzava invece una catenella con spazzolino cd uno spillone sturafocone, accessori appuntati sollo forma di fregio metallico sul peuo dell'uniforme, a destra, Come si è dello, nella giberna venivano disposti tre pacchetti di cartucce. Al suo.interno è ali" uopo collocata una scatola di latta (lamierino deUo spessore di circa 1 mm .. piegato e giunto a saldature - vedi dettaglio D), suddivisa in tre scompaiti: - di sinistra (mm. I 08 x 60 x 85), per alloggiare due pacchetti di cartucce; - di destra (mm. 65 x 60 x 85), per l'altro paccheuo di cartucce (e, pensiamo, anche il giravite, quando il fante era in campagna); - intem,edio (mm. 23 x 60 x 85), composto di tre cilindri (diametro di circa mm. 20). Cosa contenessero i ere cilindri intermed\ non è specificato dalle fonti da noi consultate. Se si ammette l'esistenza di una fialetta d'olio (non citata nelle dotazioni individuali; tuttavia, tutti i manuali di manutenzione esigevano che il fante lubrificasse coo l'olio le pias trine e le viti ad ogni operazione di rimontaggio), è verosimile che - come in Francia - nei tre cilindri si riponessero la detta fialena. una cartuccia ed il cavastracci. Esistevano tullavia anche una boccetta co11 la pulitura a vernice (che si doveva di nom1a riporre nella giberna), un sacchetto con il bianco di pulizia delle buffcltcrie ed un covricanna! ll vasello di grasso era invece portalO nello zaino. Le pietre focaie di ricambio si collocavano invece nell'apposita borsetta a soffietto (mm. 70 x 87), applicata sulla parte anteriore e dotata di banente a mezzaluna (mm. 135). La giberna è protetta eia un battente interno di pelle leggera (111111. 190 x 130) ed inline chiusa dal coperchio che - come già detto - si agganciava mediante una correggiola alla fibbia posta s ul fondo della giberna (vedi tavola precedente). A titolo di curiosità, ricordiamo che le parti esterne della giberna, di colore nero, dovevano essere lustrate periodicamente con una vernice composta di mastice, spirito di vino, gomma arabica, trementina coppale e nerofumo... !
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FANTERIA DI LINEA
Dettagli tratti dalle tavole allegate al "Regolamento per le riviste giornaliere, settimanali e di dettaglio in ciascuna compagnia de' Cacciatori", Napoli 1852. Le illustrazionj regolamentari ci permettono di osservare alcuni generi d ' equipaggiamento della truppa borbonica. Delle riproduzioni in gran formato delle presenti tavole erano peraltro esposte nei locali di Compagnia, per istruire ogni soldato sugli adempimenti d'ispezione.
A - Modo di allineare gli effetti di equipaggiamento sulla mensola (detta cappellinaio) soprastante il posto letto individuale. Al centro figura un cartellino di latta su cui erano riportati il nome e la matricola del sol dato; a destra, posate e gavetta; a sinistra, lo shakot con incerata; in alto, al centro, lo zaino. In basso, è possibile identificare: a sinistra, il sacco a pane e la borraccia (modello per Cacciatori); a destra, il cinturone con guaina porta-daga, borsetto portacapsule e giberna a scorrimento (modello per Cacciatori).
B - Viste anteriore e posteriore dello zaino, detto mucciglia. L'accessorio era confezionato in pelle di vitello naturale (pelle di cavallo bianca per i Musicanti e Trombette; nera per Guastatori). Al di sopra, è montata la fodera da cappotto con anime circolari (tondini) sulle quali era applicato, in ottone lucido, il numero od il fregio distintivo dell'unità.
C - Dettaglio dello zaino aperto. Si mostra la disposizione regolamentare degli oggetti di corredo ed equipaggiamento, " ... in modo che la m.ucciglia non faccia gobba" All'uopo, lo zaino veniva tenuto in fo rma da una cornice di legno. Si notino le calzature, caratterizzate dai rinforzi posteriori, detti clietro-forti.
D - Disposizione degli effetti durante un'ispezione. Davanti al soldato, la gavetta e su di essa le ·posate. Lo zaino è vuoto, con il battente abbassato. Figurano poi i generi di biancheria, allineati "in bell'ordine ed uguaglianza", i pantaloni e le uose. Al centro, sulla borsetta, i diversi effetti di dotazione: forbice, girabecco, covricanna, scavalcahalestra e cavastracci. Ai lati, i pacchetti di munizioni, la borsetta con il bianco, la boccetta con la pulitura a vernice; il vasetto con il grasso. Da ultimo, le suole ed i tacchi di ricambio, le spazzole e - riconoscibile tra tutti - la sempiterna stecca per lucidare i bottoni!
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FANTERIA DI LINEA
Sin dal 1820 (R.Ordinanza del 31 Agosto) si era provveduto ad inventariare le di verse armi da fuoco in uso nelle unità dell 'esercito, in verità di origine assai d isparata. A partire dal I 830, si avviò quindi un programma cli uni formazione delle dotaz ioni. I fucili detti ciel nuovo modello riprendevano. con lievi modiriche, le tir,oloeiP. francesi del mod. 1777-Anno lX: i Napoletani mantennero tuttavia il loro sistema di lunghezza delle canne. La produzione di armi con sistema di accensione a pietra focaia continuò sino agli inizi degli anni cinquanta (ancora nel 1854, la Manifaltura Reale di Napoli costruiva acciarini e canne per i sistemi a pietra da inviare agli arsenali per l'assemblaggio). Solo negli ullimi anni cli vita del Regno si accelerò il programma cli ammodernamento delle armi portatili, rimasto peraltro ancora incompiuto nel 1860.
A - B - Tipologia essenziale dei fucili a pietra focaia in uso nei Reggimenti di Fanteria di Linea, 1830-1855 circa. Materiale gentilmente trasmessoci dal Doti. Silvio Cimino. A: con canna da 40 pollici (mm. 1.083, calibro 17,5 mm. liscio), mirino sul bocchino, contropiastra in ottone a "S", fornimcnti in ottone: B: con canna da 38 pollici (mm. 1.028. calibro 17,5 mm. liscio), mirino sul bocchino, contropiastra in ottone a "S", fornimenti in ottone: Secondo il '·Manuale ... " del Campanelli (Napoli, 1852), l'arma con canna da 40 pollici (di modello Belgio) era distribuita alla truppa cd ai sollufficiali (sino a P rimo Sergente incluso) delle compagnie del Centro (dette Fucil ieri) di tutti i reggimenti di fanteria. li fuc ile innestava una baionetta con manicotto a ghiera della lunghezza di 18 pollici nom.inali (mm. 487) - vedi A/1. L'anna con canna da 38 pollici era invece distribuita alla truppa ed ai sottufficiali delle compagnie scelle (Cacciatori e Granatieri). I Cacciatori dei reggimenti cli Linea monta vano anch 'essi la baionetta da fucilieri ( 18 pollici nominali) mentre i Granatieri utilizzavano uua particolare baionetta a doppia costolatu ra {detta a doppia schiena) vedi B/1. Tale baionetta - che in teoria doveva avere una lunghezza di soli 17 pollici (mm. 460) - in realtà raggiungeva anch'essa i 18 pollici. Per ambedue i fucili , il calcio (più spesso in fagg io o in noce) disponeva di un incavo salva g uancia sul lato sinistro. Tutti i fornimenli (fascette, bocchino, scudo, guardamano e calcio lo) erano in ottone. Bretella alta. Bacchetta in acciaio con testa a pera. Ricordiamo che le Trombe, i Guastatori ed i Caporali Guastatori dei Reggimenti di Fanteria di Linea erano armati del moschcllo con canna da 28 pollici come ne i Reggimenti della Guard ia Reale (vedi tavola).
C - Schema dell'esterno e dell'interno della piastra a pietra focaia per fucili. Dimensioni: lunghezza mm. 160, larg hezza mm. 32 (al principio dell'incavo del focone), spessore mm. 4 ,5. Lunghezza del cane mm. 83 (al fusto). Lo scodellino è in ottone. L' interno della piastra rivela i differenti punzoni inerenti alla fabbricazione, ai controlli ed all'assemblaggio.
D - Esempi di marchi e punzoni apposti sulla piastra, sulla canna e sul calciolo d el fucile. Quest'ultimo indicar unità: 12 (12° Reggimento Fanteria cli Linea) - lF (l ' compagnia Fucilieri) - 84 (numero di fila del soldato).
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L'introduzione del s istema d'accensione a percussione nelle armi napoletane iniziò a partire dal 1843. La sua adozione su scala fu tuttavia progressiva e s i prolungò sino agli anni cinquanta. Si trattò tuttavia in una prima fase (meno clispencliosa!) di modificare le piastre a pietra focaia per trasformarle (ridurle) a percussione. li sistema generale d' armamento individuale rimase quindi quello già fissato per le armi a pietra focaia, almeno ne i reggimenti di fanteria della L inea. Le manifatture napole tane procedettero alla riduzione delle piasu-e a pietra mediante due metodi: - secondo il modello francese, che prevedeva un portaluminello a pallina avvitato e brasato alla canna; - alla napoletana, adottando un portalumi nello molto più massiccio e robusto, saldato ad ottone, c he trasbordava su lla piastra.
A - B -Tipologia essenziale dei fucili trasformati a percussione in uso nei Reggimenti di l<'anteria di Linea, circa 1850 -1860. Materiale gentilmente trasmessoci dal Dott. Sil vio Cimino. A: con canna da 40 pollici (mm. J .083 , cal ibro 17,5 mm. liscio), mirino in acciaio saldato sulla volata della canna, contropiastra in ottone a "S", fornimenti in ottone; B: con canna da 38 pollici (mm. 1.028, calibro 17,5 mm . liscio), mirino in acciaio saldato sulla volata della canna, contropiastra in ottone a "S", fornimenti in ottone; Come già indicato, i criteri di attribuzione delle armi rimasero quelli già in vigore. Anche per le anni trasformate a percussione valgono le informazioni gi~t forn ite per le baioneue. Egualmente invariate le dotazioni per Trombe, Guastatori e Caporali Guastatori, fatta salva naturalmente la trasformazione delle piastre. I profili di armi qui illustrate mostrano il portalurninello alla napoletana. Per un confronto dei due sistemi di trasformazione, rinviamo peraltro alla tavola fotografica relativa alla Guardia Reale.
C - D - Schemi dell'esterno e dell'interno di piastre trasformate a percussione dalla pietra focaia. Le dimensioni restano ovviamente le stesse delle piastre a pietra. I l nuovo cane è lungo mm. 90 (dal piede al la sommità della cresta). li profilo a gradino ciel lato superiore è sintomatico della trasformazione di secondo tipo, alla napoletana: in effetti, per alloggiare il portaluminello più robusto e squadrato, si doveva di piallare i] bordo superiore. li mecca nis mo è a molla avanti.
E - Esempi di marchi e punzoni apposti all'esterno ed all'interno di una piastra, trasformata. Da notare il marchio "A" coronato, impresso nel lato interno, sullo spinotto che sostituiva la vite della rnartellina. Tale marchio è caratteristico delle trasformazioni fatte in arsenale borbonico.
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S ul fin ire degli anni trenta e nella prima metà degli anni quaranta, l'amministrazione militare napoletana sperimentò a lungo sistemi di accensione d iversi (a polvere fulminante, a pastiglia, a tubetti, a capsule) al fine di ammodernare l'armamento portatile che - come indicato - era ancora incentrato sulla pietra focaia. Gli esperimenti giunsero a conclusione nel 1843, con l ' adozione del s istema a capsule fu lminanti. L'opzione di base fu cli procedere alla trasformazione dei fucili da fanteria - dotati di piastra con meccanismo a molla avanti - e cli avviare al contempo e progressivamente la costruzione di nuovi modelli a percussione con piastre a molla indietro, ispirate al mod.1842 francese . La prima piastra di questo nuovo tipo fu costruita nel J 845. Le armi nuove - quelle cioè sin dall'origine a percussione - vennero tuttavia destinate in priorità ai corpi scelti . Pe r l'esercito, i Battaglioni Cacciatori furono tra le prime unità ad essere armate delle nuove dotazion i (tanto carabine rigate che fucili) , iniz iando peraltro per i f-ucili dalle unità di più rece nte formazione (cfr. R.O. n.28 del 28 Gennaio 1850). Per le unità della Linea, invece, le forniture cli armi di nuovo tipo procedettero più a ri le nto. Il "Manuale ..." ciel Campanelli. del 1852, cita il termine a percussione solo per i fuci li da 38 pollici dei Cacciatori. Ciò coincide d 'altra parte con la circostanza che i borsettj porta-capsule (in relazione tanto alle armi trasformate che a quelle cli nuovo modello) furono distribuiti solo a partire dal! ' aprile 1852. Fu quindi solo intorno alla metà degli anni cinquanta che le nuove armi a percussione furono assegnate ai Reggimenti della L inea in quantitativi s ignificativi, introducendo a partire dal 1858 anche armi con canne rigate. Tali forniture vennero intensificate nel corso della primavera ciel 1860, ciancio priorità assoluta ai reparti dislocati in Sicilia.
A - B - Tipologia essenziale dei fucili a percussione in uso nei Reggimenti di Fanteria di Linea, circa 1855-1860. Materiale gentilmente tras messoci dal Dotl. Silvio Cimino. A: con canna da 40 pollici (mm. l .083, calibro 17,5 mm. liscio), mirino i n acciaio saldato sul la volata della canna e tacca fissa cli mira sul codolo, contropiastra in ottone a "S", forni menti in ottone; B: con canna da 38 pollici (111111. 1.028, calibro 17,5 mm. liscio), miri no in acciaio saldato sulla volata della canna e tacca fissa cli mira sul codolo, contropiastra in ottone a "S", tornimenti io ottone; I criteri di attribuzione delle ann i rimasero q uell i già in vigore. Il peso delle arm i si situava tra 4,8 e 5 kg. circa, a seconda dei modelli.
C - Schema dell'esterno e dell'interno della piastra a percussione. D imensioni: lunghezza mm . J 35, larghezza max. mm. 35, spessore mm. 4,5 . Il cane è lungo mm. 85 (dal piede alla sommità della cresta). A differenza della piastra francese, la piastra napoletana manteneva Lra l' estremità del mollone e la noce del cane l'antico s istema ad azione diretta, per frizione (ossia senza tirantino o snodo a staffa).
D - Esempi di marchi e punzoni apposti sulla piastra, sulla canna e sul calciolo del fucile.
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Tra i fucili a percussione eia fanteria, una menzione particolare merita il M.ongiana, come viene correntemente identificato dagli esperti cl' armi napoletane, prendendo spunto dal nome cieli' opificio cli produz ione. Benc hè attiva sin dal XVII sec., la "Real Fabbrica cli Canne" dipendente dalle Ferriere di Mongiana si limitò per molti anni alla sola produzione di sciabole e canne da fucile f ini te. Fu solo a partire dal Maggio 1850 che la Real Fabbrica cli Torre Annunziata decise d i affidare all'opificio calabrese la produzione delle diverse componenti del fucile eia 40 pollici, tra cui figuravano canne a percussione (modello Ji-ancese con ciminiera), piastrina a percussione, bacchetta, tirapalle e baionetta da 18 pollici "mod. 1834, ossia M utigy". Si trattava in pratica di alimentare la produzione dell' arma di base dei reggimenti cli fan teria, nel quadro ciel previsto ammodernamento delle dotazioni. Mongiana rispose all'appello inv iando a Napoli, sin dalla fine del 1850, numerose componenti destinate all'assemblaggio da parte della Real Montura cl' Armi. La produzione riguardava essenzialmente l'arma da Fucilieri , a canna liscia, con tacca d i mi ra fissa sul codolo. Solo a partire dal I 858, infatti, Torre Annunziata procedette a rigare le canne. applicando l' alzo. Anche le forniture cli canne lisce di Mongiana degli anni precedenti vennero in seguito sottoposte a rigatura a Napoli.
A - Profilo di un fucile con canna da 40 pollici per compagnie Fucilieri, a percussione, rigato, del modello detto Mongiana, circa 1858. Materiale genti lmente trasmessoci dal Dott. Silvio Cimino. Le dimensioni sono quelle delle armi a percussione già presentate. La controcartella è a rondella triangolare in ferro. La bacchetta è in acciaio, con testa tronco-conica (da norare che l'adozione di palle cilindrico-ogivali a punta appiattita aveva consentito cli mantenere le stesse bacchelle a resta tronco-conica già utilizzare per le palle sferiche). Mirino in acciaio saldato sulla volata; alzo, a ritto e cursore, tarato eia 200 a 700 metri (vedi dettaglio A/1). Peso: Kg. 4,5. li calibro è di mm. I 7,5 nei pieni di rigatura; questa ha 4 solchi con passo cli m. 1,83 e profondità alla bocca di mm. 0,188.
B - Dettaglio di una piastra a percussione prodotta a Mongiana. Il meccanismo è a molla indietro. Le dimensioni sono quelle già indicate. Nel dettaglio B/1 forniamo i diversi tipi di marchio utilizzati dall' opificio calabrese (dall ' alto: 1850-1 851 ; 1852- 1858; 1859 1860).
C - Un esemplare di fucile da 40 pollici per compagnie Fucilieri, del modello detto IHongiana.
D - Vari esempi di marchi reperibili sugli esemplari di.fucili Mongiana: I. calciolo ( 1° Reggimento, 8" Compagnia F ucilieri); 2 . p iastra (prodotta nel 1853); 3. calciolo (15° Reggimento, 5'Compagnia Fucilieri) ; 4 . canna (prodotta nel J 858).
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A - Insegna (recto) dell'8° Battaglione Cacciatori, cii-ca 1850-1860, Armeria Reale di Torino. (Foto tratte dal numero unico "Band iere in Piemonte" di P.E. Fiora edito dal Centro Studi dell ' Accademia di san Marciano, Torino, 197 1). Dimensioni: mm. 900 x 920. Si tratta probabilmente di un esemplare di Banderuola di Mano vra, insegna distribuita in ragione di un esemplare per ogni battagl ione di reggimento o battaglione autonomo. L' esemplare (malgrado l ' effetto di.filtro c he nella fotografia vira al giallo !) è in lana bianca, con bordo, applicazioni e legende in ricamo di lana scarlatta. Al verso figura l' emblema del corno con il numero 8 e la corona (vedi dettaglio), sempre in ricamo scarlatto. L' asta è in legno dipintO a spirali bianche e verdi . Si conosce un altro esemplare di questo tipo d'insegna, appartenente al 2° Battaglione Cacciarmi della Linea (Museo del Risorgimento cli Brescia), identico nei colori, finitu re. fregi e legende (salvo ovviamente il numero dell'unità) ma di dimensioni più ridotte (111111 . 650x750 circa).
B - Bandiera (recto) del 15° Reggimento Fanteria di Linea Messapia, modello 27 Giugno 1860. Archivio cli Stato di Napolj. Archivio Borbone, Cimeli n.1863 . Dimensioni non rilevate. Seta. Rinviamo alle tavole precedenti per l'inquadramento storico del modello tricolore. Rispeuo ad altri esemplari della stessa tipologia, la bandiera non reca al ree/o le grandi armi del Regno, ma la croce dell'Ordine Costantiniano.
C - Insegna (recto) del 3° Battaglione Carabinieri Cacciatori Esteri, 1859-1860. Historisches Museum, Berna. (foto tratta da "Figurina Helvetica" n. 37 del Dicembre 1978, saggio di Max-F. Schafroth). Dimensioni e verso non rilevati. Lana bianca con applicazioni, fregi e legende in lana scarlatta. In mancanza di dati circa le dimensioni ed il verso del vessillo, riteniamo probabile che si tratti di un esemplare di Banderuola di Manovra, assegnato all'unità che fu costituita nel 1859 sulle basi del disciolto 13° .Battaglione Cacciatori.
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Immagin i di Guide Generali serrafile dei Corpi di Fanteria di Linea. Museo Nazionale di San Marti no, Napoli. Dimensioni non rilevate.
A - 13° Reggimento di Fanteria di Linea Lucania.
B - 1° Reggimento di Fanteria di Linea Re (recto e verso): al verso, la legenda .indica la Ja Brigata di Linea, composta dal I O Rgt.o Re e dal 2° Rgt.o Regina; le abbreviazioni stan no per Guide Generali - Compagnie Granatieri. Per questo reggimento, si conosce un altro esemplare simile ma con i colori invertiti (ossia fondo rosso con fregi, bordo e legende in bianco)
C - Reggimento Carabinieri a Piedi: al verso, "Gde Gli - Cie Cri", in giallo (ossia: Guide Generali - Compagnie Cacciatori). Per le compagnie scelte Granatieri dei Carab inieri a Piedi, si conosce un esemplare, bianco, con granata centrale e piccole granate agli angoli rosse; al centro, stessa legenda reggimentale ma in rosso (verso non esaminato). Come già indicato, si tratta d'ìnsegne d' inquadramento, mediante riferimento al la posizione sul terreno delle compagnie scelte (Granatieri e Cacciatori). All' uopo, le Guide Generali serrafila venivano portate med.iante un' asta infilata nelle canne dei fuc il i dei sottufficiali.
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Recto e verso della replica cleHa bandiera reale del 4° Reggimento Svizzero della Linea del periodo 1848-1859. Histori sches Museum, Bema (foto gentilmente trasmesseci dalla Direzione del Museo) . Si tratta di una replica real izzata nella seconda metà dell'ottocento. Dimensioni non .rilevate. Le legende relative agli scontli del 1848-49, a nostro avviso, non comparivano sul.l'originale. La replica corrisponde peraltro a quanto conosciuto sui vessilli delle unità elvetiche. In luogo della croce dell'Ordine Costantiniano di S. Giorgio, compaiono la croce della Confederazione Elvetica e gli emblemi dei Cantoni di reclutamento (in questo caso, Berna). Le grandi armi del regno sono invece conformi al ,nodello ordinario per le altre unità. Ricordiamo che fu proprio la paventata eliminazione dei simboli cantona]j dalle bandiere che agì da pretesto per la rivolta del 7 Luglio 1859 dei primi tre reggimenti elvetici: si era fatto credere ai soldati che, rimanendo al servizio napoletano, avrebbero perso i loro diritti cli cittadini della Confederazione. Il detetioramento dei rapporti tra la Confederazione e la Corona Borbonica era in ultima anal isi il risultato delle polemiche suscitate - e rinfocolate dalla propaganda liberale - circa il ruolo svolto dalle truppe svizzere nella repressione dei moti ciel 15 maggio 1848 a N apoi i.
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L'armamento dei Battaglion i Cacciatori tra il I830 ed il 1861 - a livel lo della speciali tà nel suo insieme e, più panicolarmente, di c iascun reparto - costituisce un soggetto art icolato e certamente ancora non del tutto esplorato. Modifiche ordinamcntal i. innovazioni tecnologiche. imperativi economici. adeguamento tra capacità produtt ive e priori tà operati ve: q11esri eri altri fattori pesarono sull'amministrazione borbonica le cui scelte appaiono - almeno sino al 1856/57- eterogenee. In linea di mass ima, i Battaglioni Cacciatori impiegarono nel periodo in esame Ire categorie di armi da fuoco: fuci li con canna da 38 pollici; carabine rigate con can na da 32 pollici: moscheui con canna da 28 pollici. ln ciascu na di esse. tu ttav ia. sono ide111ificabili tipologie da lle c.:araueristiche differenti. impiegate dalle varie unità in te mpi e secondo criteri non del tutto omogenei. Per ciascu na cli queste categorie, si cercherà quindi d i sinteti zzare - in chiave evoluti va - le informazioni in nostro possesso.
Tipologia essenziale dei fucili da 38 pollici (lunghezza della canna, ossia mm. 1.028; calibro mm. 17,5) in uso nei Battaglioni Cacciator i, 1830-·1861 . Materiale genti lmente trasmessoci da l Dott. Silvio C imi no. A: a pietra focaia, cann a liscia, miri no sul bocchino. contropiastra in ottone a "S"; B: trasformalo a percussione, canna liscia, miri no in .icciaio saldato sulla volata, contropiastra in ottone a ··S": C: trasformato a pe rcussione, canna rigata, mi rino in acciaio saldato sulla volata. alzo a ri tto e cursore (tarato da 200 a 700 metri), contropiastra in ottone a "S"; D: a percussione, canna rigata (4 righe destrorse), mir·ino in accia io saldato sulla volata, alzo a ritto e cursore (tara to da 200 a 700 metri). Alc,1ni esempl ari furono distri buiti anc he alle Compagnie Cacciawri dei Reggimenti d i Linea.; E: baio netta con manicotto a ghiera per Fucilieri, da 18 pollic i nom inali (111 111. 487); F: baionetta con manicotto a ghiera per Cacciatori, detta di anlico modello, eia 15 pollici nominali (mm. 406).
Informazioni di massima sulle dotaziouj di fucili da 38 pollici: Nei Battaglioni dal 1° al 7° (quest'ultimo creato nel 1840): dal 1830 al 1852. truppa e so1LL1fficiali (da IO Serge me incl uso in g iù) erano arm ati del fuc ile da 38 pollic i a pietra focai a. con fornimenti in ollone e baione tta da fucil ie ri. A partire dal 1853 e sino alla distTibuzionc a tutti gli effettivi delle carabine rigate, le armi a pietra ven nero progressivamen te rimp iazzate da esemplari tTasformali o da fucili da 38 pollici d i nuovo modello (ossia a percussione) . Nell'8° Battaglione (c reato il 1° Gennaio 1849): tra il 1849 ed il 1851, potrebbero essere stati util izzati anche alcu ni fuci li eia 38 pollici a pietra focaia (ne esiste infatti un esemplare con i marchi dell ' unità); nel 1852, secondo il ·'Manuale ... " del CaJ11panclli, truppa e sott11fficiali delle compagnie ordinarie (dalla I' alla 7' ) avevano f,1cili da 38 pollici trasformati, con forni menti in ottone e baionetta di a111ico modello per Cacciatori: queste armi sono verosimilmente rimaste in servizio sino alla fornitura a tu tti gl i effeltivi di carabine rigate (1856/57). Del 9° Battaglione (effettiva mente messo su piede il 1° Febbraio 1856) non abbiamo nessu na informazione per il periodo andante dall'effettiva organizzazione sino alla data presumibile cli distrib uz ione a tutti gli effettivi di carabine (vedi scheda); per analogia con gli altri Battaglioni di p iù recente formazione, tuttavia, è probabile che truppa e sottufficiali delle compagnie ordi narie abbiano utilizzato fucili da 38 pollici trasformati o a percussione. Nel 10°, 11° e 12° Battaglione (creati nel 1850): sin dall ' origi ne e sino al 1856, lrnppa e sottuffi ciali delle compagn ie ordinarie (e quelli delle compagnie scelte sino a l 1853/54) utilizzarono fucili a percussione da 38 pollici del 111odellofi-ancese (ossia il mod.1842). con fornimenti in ferro e corrispondente baionetta: tuLtavia, come vedremo. tra il 1853 cd il 1855 le co mpagnie scelte cli queste unità avevano già ricev uto delle carabine rigate (che, nel primo trimestre del 1856. vennero trasferite alle compagnie scelte del I 0 , 3° e 6° Battaglione); le anni in questi one venne ro progressivamente ritirate contro distri buzione a tutti gli effettivi delle carabine belghe acqu istate nel I 856. Nel 13° Battaglione (Svizzero, creato nel 1850): esistono delle baionette da 15 pollic i nominali reca nti i punzoni del reparto; è quindi presumibile che le compagnie ordinarie fossero armare di fuc ili da 38 pollici (trasformati o a percussione); il Reale Ordine n. l 00 de l 9 Apri le 1856 specificava che si doveva procedere alla distribuzione cli carabine per tutti gli effettivi di questa unità solo dopo aver provveduto alle dotazioni degli altTi reparti: se ne può quindi dedurre che i fucil i eia 38 siano rimasti in servizio almeno sino al 1857/58.
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Viste di bonnetti da quartiere di diversi Corpi di Fanteria, 1856-1861. Disegni t.ratti da due esemplmi d 'epoca (uno di Collezione Privata, Roma; l'altrn appartenente allo Schweizerisches Landesmuseum , Zurigo). Come per tutti i copricap i, anche le dimensioni dei berretti da fatica si ridussero progressivamente nel corso del periodo in esame. Rispetto ai modelli degli anni trenta, ancora influenzati dalle tipologie napoleoniche, gli esemplari degli anni cinquanta presentano una foggia ed una struttura molto simili a quelle delle più moderne bustine. Per la confezione dei honnetti venivano di solito utilizzate rimanenze di panno, spesso appartenenti a capi di vestiario jiwri durata. Stando alle fonti iconografiche, l'abbinamento dei col01i del turbante e della calotta, nonchè l' applicazione di fil ettature, galloni e fregi di specialità e/o unità permettevano di distinguere tra loro i vari reparti. Manchiamo tuttavia di precise disposizioni regolamentari al riguardo .
A - Battaglioni Cacciatori: panno verde scuro; fi letti , fiocco e freg io gialli.
B - Reggimenti di Linea Svizzeri, compagnie Cacciatori: panno celeste scuro; filetti, fiocco e gallone scarlatti; fregio giallo.
C - Reggimenti di Linea Nazionali: turbante di panno bleu scuro, con filetti mhhio; calotta cli panno robbia, con filetti bleu scuro; fregio e fiocco del colore distintivo di brigata.
D - Reggimento Carabinieri a Piedi, compagnia Cacciatori: panno bleu scuro con fil etti carlatti; fiocco, gallone e fregio bianchi.
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FANTERIA DI LINEA Nel periodo in esame, l'introduzione della carabina rigata presso i Battaglioni Cacciatori si ricollega alla creazione dell' 8° Ba1taglione (1 Gennaio 1849). La sua adozione su scala, tuttavia, si svilu ppò progressivamente, con un'accelerazione sensibile a partire dal 1856. Traendo spunto dal l'organizzazione dell'ottavo battaglione (su otto compagnie i.n luogo delle sette degli altri reparti), si stabilì infatti il principio di armare con carabine rigate (eia cui il termine di carabinieri attribuito ai Cacciato,i scelti). Tale opzione fu progressivamente estesa anche agli altri Battaglioni, venendo implementata solo alla fine del 1855. Il Reale Ordine n. 100 ciel 9 Apri le 1856 confermava in effetti che. a quella data, una forza pari ad una compagnia di ogni rep arto risultava armata di carabine rigate. Per di più, la citata fonte precisava che era stata data applicazione anche all ' art. 38 del Regolamento ciel 7 Gennaio 1856, in vi1tù del quale si dovevano forn ire 160 carabine supplementari a ciascuno dei primi sette Battaglioni (questi, in effetti, erano stati po1tati da sette a otto compagnie - di cui due, dunque, armate cli carabine -, al fine di armoninarnc l'organico con i reparti di più recente formazione). In conclusione, nell'aprile 1856 risultavano armate di carabine solo 17 compagnie di Cacciatori sulle I04 componenti la specialità. Con il citato Reale Ordine ciel 9 Aprile si decise qu indi di procedere ad un'opzione più impegnativa, distribuendo le carabine rigate a nitre le compagnie di ogni repmto. Tuttavia, tenendo conto cli quanto già prodotto e distribuito e d i quanto ordinato alla ditta A. Francane di Liegi, in Belgio, restavm10 ancora da approvvigionai-e a quella data ben 8.624 carabine, più almeno altJe 924 da destinarsi, in ultimo, al 13° Battaglione Svizzero! Tenuto conto delle limitate capacità produttive delle manifatture napoletane, si dovette necessariamente fissare un calendario di priorità. D'altra parte, anche le armi acquistate in Belgio venivano assemblate negli arsenali napoletani (ciò che spiega la promiscuità su questi esemplari di canne belghe e casse e piastre napoletane e viceversa). Il programma stabiliw nell ' aprile 1856 era il seguente: - "subito" per il 3° Battaglione, che doveva riceverle dalla sala d' mmi di Napoli; - "quando si può" per 1'8° Battaglione, che ne attendeva l' invio dalla sala d'anni di Capua; - in occasione dei campi di manovra per il 1°, 6° e 9° Battaglione, a Capua; - il 10°, 11° e 12° Battaglione attendevano "man mano" l'arrivo delle carabine belghe; - dopo queste prime forniture, si sarebbe proceduto ad approvvigionare gli altri battaglioni in Sicilia (4°, 5° e 7°); - " in ultimo" il 13° Battaglione (la cui compagnia scelta ed i sottufficiali avevano già in dotazione le cm·abine svizzere) Per di più, a partire dal 1859, si doveue far fronte alla prima fornitura di carabi ne del 14°, del 15° e - nel 1860 - del 16° Battaglione, lutti di recente formazione. Ricordiamo peraltro che un Reale Ordine del 7 Ottobre 1853 aveva stabilito che si distribuissero carabine rigate anche a 40 soldati di ogni compagnia Cacciatori dei Reggimenti della Linea. Tuttavia, il Regolamento del 1856 non menzionava più questa dotazione, a differenza di quella - analoga - per il 3° RgLo della Guardia (nè sono stati sino ad oggi ritrovati esemplari di carabine con punzoni de lla Linea). Altre precisazioni occo1Tono poi quanto alla tipologia delle carabine rigate in distribuzione. In effetti, dopo vari esperimenti condotti sul finire degli anni quaranta su differenti materiali esteri, l'amministrazione borbonica aveva optalo nel 1848 per la produzione di carabine a stelo sul modello francese 1846 (con correlata adozione della sciabola baionetta con fodero di ferro). È in effetti di questa carabina che 1'8' compagnia dell'8° Banaglione risultava armata alla sua creazione (e ancora nel 1852). Nel 13° Svizzero, come si è detto, i carabinieri cd i sottufficiali erano armati della carabina federale svizzera rnod. 1851 (probabilmente di provenienza estera - belga o svizzera - di solito non marchiala dagli arsenali borbonici). Nel 1850, le carabine di primo ti po (ossia a stelo) vennero modificate adouando il sistema Del vigne con carnera di scoppio a maschiello (con conseguente adeguamento delle munizioni, ormai del tipo cil indrico-ogivale Miniè). Anche la sciabolabaionetta venne rinnovata, adottando il fodero di cuoio nero con puntale e cappa in ottone. Un ' ulteriore innovazione tecnica venne poi applicata alla produzione delle canne. Dal più costoso sistema eletto a 1or1i glione si passò a quello detto a lastra, riservando le canne del primo tipo alle armi di maggior pregio dei corpi scelti (come i Tirag liatori della Guardia).
Tipologia essenzia.le d,elle carabine rigate da 32 pollici (lunghezza della canna, ossia mm. 866; calibro mm. 17,5) in uso nei Dattaglioni Cacciato•-i, 1849-1861. Materiale genti lu1e11Lt: trn.-;rne.-;.':iud ù,ù Dutl. Silvio Cimi no. A: del primo tipo, a stelo (detto mod. 1848). acciari no a percussione a molla indietro, canna ,igata con 4 righe destrnrse, palla cilindrico-ogivale Tamisier, mirino saldato sulla volata, alzo a cursore di tipo frm1cese, fomimenti in ferro, comrocartella a rondella triangolare, attacco per la baionetta a slitta sulla destra della volata; Il: del secondo tipo, con camera a maschietto (detto mod. 1850), palla cilindrico ogivale Miniè, alzo a cursore tarato da 200 a 1.000 metri incassato e protetto da alette laterali, fonùmemi in ottone; C : piastra cd alzo dei due modelli: J - mod. 1850; 2 - mod. 1848; D: dettagli di marchi relativi a tre tipi di carme (cli cui una di produzione belga); E: esempi di marchi sul calciolo: -s· Battaglione Cacciatori, 2' Compagnia, n. 20; - 7' Battaglione Cacciatori, 5" Compagnia, n. 147.
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FANTERIA DI LINEA
Nel caso dei Battaglioni Cacciatori, sotto la denominazione di "moschetti da 28 pollici" possono raggrupparsi due tipologie distinte d'am1i. - il tradizionale moschetto a cassa lu nga per corpi a piedi, nelle sue. differenti versioni - ossia: a pietra fotaia, trasformalo ed a percussione - già presentate per i Corpi di Fanteria della Guardi a Reale e per i Corpi Facoltativi; - un nuovo modello che, pur montando una canna da 28 pollici, si presentava esteriormente molto simile alla carabina, di cui peraltro riprendeva anche talune caratteristiche tecniche. Quest'ultimo tipo di moschetto (detto per teste di colonna) si inseriva in uua nuova generazione di arm i a percussione apparsa alla fine degli anni cinquanta (nella qua le è pure classificabile il moschetto rigato per artiglieri - vedi scheda). 11 Reale Ordine n.100 ciel 9 Aprile 1856 citava l' arnia come carabina da 28 pollici con baion.e11a a sciabla, precisando che ogni Battaglione Cacciatori doveva riceverne 33 esemplari. Nella nuova configurazione, quindi, tanto il fucile eia 38 pollici che il tradizionale moschetto da 28 pollici lasciavano posto a due am, i rigate definite emrambi carabine. Ignoriamo peraltro se l'arma da 28 pollici sia stata prodotta e distri buita in quantità sufficieme per equipaggiare tu tti i Battaglioni (ossia 33 x 16 = 528 esemplari). Sta di fatto che esistono - nelle collezioni pubbliche e private - alcuni moschetti di questa nuova generazione, segno che il progetto fu - almeno in parte - realizzato. Non abbiamo inoltre una certezza assoluta quanto all'attribuzione di quest'arma: ln effetti, il termi ne tesw di colonna identificava l' insieme d i ranghi che, in ordine cli sfilamento, precedeva la trnppa (tradiziona lmente si trattava cli Guastatori, Trombe, Tamburi e Musica). Secondo il "Manuale .. ." del Campanelli del I 852, il vecchio moschetto eia 28 pollici era in effetti cosi attribuito: - per i primi sette battaglioni Cacciatori: moschetto a pietra focaia (con corrispondente baionella, ossia la baionella da 20 pollici nominali, mm. 54 I.) per Caporali Guastatori, Guastatori ed Allievi trom betti; - per gli altri battaglioni: versione a percussione (non trasformata), con baionetla di modello adattato, sempre per gli analoghi ranghi. È peraltro verosimile che, durante g li anni c inquanta, anni trasformate o dall' origine a percussione abbiano progressivamente rinnovato anche le dotazioni dei primi sette battaglioni. Quanto al nuovo ,n.osch.etto/carabina citato dal R.O. n. 100 del 9/4/1856, come si è dello, se ne prevedevano solo 33 esemplari per Battaglione. Ora. se i cri teri di attribuzione della nuova arma fossero stati gli stessi applicali al vecchio moschetto, se ne sarebbero dov uti assegnare 40 per le 8 compagnie (ciascuna con I guastatore e 4 trombetti) più 2 per lo Stato Minore ( I Sergente Trombelto ed l Caporal Guastatore). Stanle la quantità indicata, sembrerebbe più logico ritenere che le nuove armi siano state destinate ai soli Trombetti (4 x 8) ed al Sergente Trombetto d i ogni reparto, lasciando qui ndi i Guastat• ri con i l vecchio moschetto. Sul piano organico-matematico l' ipotesi sembra accettabile. Resta però il fatto che la sola fotografia d'epoca (relativa a l 13° Battaglione Svizzero nel 1859) che illustri il nuovo modello lo raffigura trn le mani di un Primo Sergente ... privo dei distintivi dei trombetti!
A - Moschetto a percussione da 28 pollici (lunghezza della canna, ossia mm. 758, calibro mm. 17,1) in dotazione ai Guastatori e trombetti dei battaglionj Cacciatori, 1852-1861 circa. Materiale gentilmente trasmessoci dal Don. Sil vio Cimino. Per le versioni a pietra e tra,formata, così come per le caratteristiche tecniche, si rinvia alle tavole precedenti (Gu ardia Reale e Corpi Facoltativi). B - Moschetto rigato a pe rcussione con canna da 28 pollici (detto carabina) in dotazione ai Battaglioni Cacciatori, 18561861 circa. Materiale genlilmeme trasmessoci dal Dott. Silvio Cimino. Piastra a percussione a. molla indietro, canna rigata con 4 righe destrorse, sistema Delvigne, miri no saldato sulla volata, alzo a cursore incassato e protetto da alette laterali, comroca11ella a rondella triango lare, fomimenli in ottone, attacco a slitta per sciabo la baionetta del tipo per carabina. Stando ad alcuni figurini dell' Aloj a, quest'arma avrebbe am1ato anche i Carabinieri a Piedi dello Stato Maggiore de ll'Eserc ito. C - Dettaglio della piastra e dell'alzo del moschetto rigato a percussione. L'alzo a cursore è tarato da 200 a 1.000 metri. D - Dettaglio di marchi relativi al.la canna, prodolla con il metodo a 'lastra. E - Baionetta con manicotto a ghiera per moschetti da 28 pollici, lunga 20 pollici nomi nali.
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Elenco delle abbreviazioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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Il Regno in cifre . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
5
Qualche osservazione sull'evoluzione dell'unifo1111e borbonica tra il 1830 ed il 1861 . .
7 7
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l . Sulle tracce di un esercito scomparso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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2. L'uniforme: un indicawre della storia, al crocevia tra etnografia, arti applicate e polilica . . . . . . . . . . . . . . . . 3. Perché Ferdinando Il dette alle sue riforme un'impron1afrancesizzante? . 4. Rispetto agli altri eserciti europei della fine degli anni cinquanta, l'uniforme e l'equipaggiamento del soldato napoletano erano sorpassati? 5. Come era vestito il soldato borbonico durante la campagna del 1860?. . . 5.a L'uomo a piedi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5.b L'uomo a cavallo.... . . . . . . . . . . . . . . ......... . ..... . . . .
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............ ............
8 10
........ ........ ........ ........ ........
13 15 18 19 21
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23
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DISTINTIVI DI SERVIZIO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
24
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DRAGONE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
28
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DISTINTIVI DI ANZIANITÀ . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
30
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DISTINTIVI DI GRADO PER SOTTUFFICIALI DEI CORPI A PIEDI . . . . . .
32
-
DISTINTIVI DI GRADO PER SOTTUFFICIALI DI CAVALLERIA . . . . . . . .
34
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STATO MAGGIORE GENERALE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
36
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SPALLINE PER UFFICIALI SUBALTERNI DEI CORPI A PIEDI .......... -
38
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SPALLINE PER UFFICIALI SUPERIORI DEI CORPI A PIEDI . . . . . . . . . . . .
44
SPALLINE PER UFFICIALI SUBALTERNI DEI CORPI A PIEDI . . . . . . . . . .
48
SPALLINE PER UFFICIALI DI CAVALLERIA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
50
DISTINTIVI DI GRADO PER GLI USSARI DELLA GUARDIA REALE . . . .
52
STATO MAGGIORE GENERALE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
54
STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO .. ....... . . . . . . . . . . . . . . . . ·. . . . . .
76
GUARDIE DEL CORPO A CAVALLO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
90
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. . . . Grafico di riforme del vestiario militare borbonico 1827- /860 . . . . . . . . . . . Grafico di raffronto tra i cicli di riforme del vestiario militare borbonico e alcune serie iconografiche 1827-1860 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
. . . . .
. . . . .
. . . . .
487
-
GUARDIE DEL CORPO A PIEDI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
11 O
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ACCESSORI E DISTINTIVI DIVERSI, 1830-1861 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
116
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GUARDIA REALE. . . . . ...... . . ... . . . . . . . . ... . ...... . .. . . ... . . . ...
118
-
GUARDIE D'ONORE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
206
-
ARTIGLIERIA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
242
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CAVALLERIA E ARTIGLIERIA. . . . . . .............. . ..... . . . ... . . .. .
256
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GENIO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
258
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ARTIGLIERIA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
264
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ARTIGLIERIA SV1ZZERA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
266
-
CORPI FACOLTATIVI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
270
-
GE.N IO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
272
-
COMPAGNIA POMPIERI DELLA CITTÃ&#x20AC; DI NAPOLI . . . . . . . . . . . . . . . . . .
274
-
CORPI FACOLTATIVI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
282
-
ARTIGLIERIA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
288
-
TRENO D'ARTIGLIERIA, 1845 CIRCA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
292
-
TRENO . . . .. ... ......... . . . . . . ....... .. .. . ................ ......
294
-
GENDARMERIA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
298
-
CAVALLERIA DI LINEA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
308
-
FANTERIA E CAVALLERJA DI LINEA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
314
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CORPI DIVERSI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
316
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CAVALLERIA DI LINEA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
318
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FANTERIA DI LINEA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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CORPI A PIEDI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
396
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FANTERIA DI LINEA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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Indice
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