L'Esercito Italiano nel Dodecanneso 1912-1943

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Preserztazione T el quadro dellt1 vt1lorizzazione dell'in,~ente patrimonio docu-

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I mentr.tle conservato nell'Archivio dell'Uffiào Storico dello _ Stato Maggiore dell'Esercito Italiano, il volume sulla presenza militare italiana nel Dodecaneso colma una laettna di studi e ricerche. Mentre per quanto riguardt.t il periodo successivo all'S settembre sono stati numerosi i libri e le memorie relative, poco o nt.dla era stt.tto .rtudialo finora st,!!e vicende iniziali della presenza iter.liana nel!Tgeo e Jugli anni che 1Jttnno drt! 7912 al 1943. Uno spaccalo interessante e imjHJrtante de!lrt storia militare italiana emerge dalle pr.tp,ine che seg11ono, prodot!e con una ricerca Jmntt11.tle e attentrt di untt studiostt di queste vicende. Di particolare interesse sono i Piani di Dife.ra del Possedimento, ampiamente studiati nella ricerca del!' Autore, che indicano come fosse va!t,tato agli affitti strategici e tattici quell'arcipelago. A Lero, r.t Rodi, e nelle altre isole, molli militari itt1liani hcmno perd1.tto la vita combattendo contro il nemico del momento o fì,1cilati da membri delle trtt1'fte tedesche, ;,er non aver voluto rinnegare il jwoj,rio gittrttmento r.tllr1 Patria. E non semj,re il loro st1crificio viene ricordato. Questo sforzo di documentazione vuole appunto presentare momenti pow noti di alcuni avvenimenti militari, anche come doveroso tribttto a chi ha comba!lvto in quelle lontane isole.

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Il Capo dell'Ufficio Storico Col. f. (alp.) s.SM Massimo MULTAR!



Prefazione l mestiere dello storico non è facile, soprattutto di colui che legge e analizza documenti con la pazienza del certosino o dell'investigatore. Molto speno ho sentito dire da studiosi che alami voùtmi presentavano solo una storia recuperata attraverso i documenti, senza ,ma 'analisi critica'. Sono di opinione contraria. Quando lo studioso decide di raccontare una storia sce,gliendo tra i documenti che ha letto, ha ,già fatto una 'selezione critica', e, a volte, rrtolto personale, ckmdo maggiore importanza ad alcuni documenti e non ad altri; mettendo cioè la jJroJJria conoscenza, la propria personalità, il proprio sentire, spesso inconsctpevolmente, ma piiì spesso invece, scientemente, al servizio, non sempre ohhìettivo, della memoria della storia. Lo storico serio dovrebbe prescindere d.a ideologie politiche e ipotesi pre-confezionate per scoprire lui sJe.rso, a mano a mano che procede nella lettttra dommentale, il filo condttttore di quanto avvemtto molti anni prima; dovrebbe cercare di capire, come un bravo investigatore, J1er trovare il filo atttentico degli t1-vvenùnenti, ai qttali sta partecipando attmverso le carte scritte. Gittdicare è molto.fàcile. Cercare di capire, immensamente difficile. E' dovere dello siorico dare al lettore le chiavi di comprensione, basate m dommenti, per interjwetr.tre 1m periodo storico e non fornirgli solo la s11a personale versione dei fatti; o quantomeno deve esporre i fatti chiaramente e altrettanto chiaramente separare i fatti occorsi dctlla propria interpretazione. Dal passato dovremmo solo trarre indicazioni per comprendere il mondo contemporaneo, per quelle che ora con l'attuale terminoloJ?;ia si chiamano lessons leamed, apprendimenti, da analizzare per stabilire le strategie futttre o evitare errori. E non gittdicare. Negli anni immedicttctmente snccessivi alla fine della guerra, vi fu un fiorire di memorie e di ricostruzioni di avvenimenti, che risentivano gimtamente di umani sentimenti e passioni. A distanza di tempo, gli animi si sono sedati e forse è jJiù facile separare la

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Jmra eJjlOsìzione dei fatti da 1mct per.wnr.de analisi degli stessi: trovo sterile giudicare !'operctto di quanti ci hanno precedttto nel senso di sottolineare errori comme.rsi o esaltare azioni corrette politicamente, sopratt1.1tto sepJtendo una ideologia. Quel che è accaduto non può essere rmttato: è importante invece capire perché da ttn avvenimento ne è seguito un altro come conseguenza. Ho cercato di essere coerente con quello che io personalmente ritengo dehhaf~tre uno storico serio: so d1e certamente anche io ho ritenuto ctkuni dommenti più imJ1ortcmti di altri, e quindi ho messo ttrt elemento di soggettività, Jw.r non volendo. Non ho dato giudizi, ma ho solo cercato di eJjtorre que!!o che via via ho vissuto, leggendo le carte, spesso con quegli appunti a mano che rendono il dommento così 'umano', e danno la possibilità di capire anche quello che nel te.rio non era esplicitato. Ho cenato una chiave interpretcrtiva. Saj,pia il lettore che ho cercato di essere il più oggettiva possibile per !asciare a Ùti, unico a,·hitro, i giudizi critici Sttf{li atti dei nostri antenctti in quel!'arcipela,go così solare, trr.1 la J1rirna e la .reamda 8tterrct mondiale, e wsì duro per i nostri militari tra il 1940 e il 1943, riservandomi qualche considerazione a!!a fine. Se non .rono riuscita nel com/1ito che con oneJtà ho cenato di svolgere, Jjtero ne!!'indtdgenza del letiore. M.G.P.

Ringraziamenti Un sincero e caloroso ringraziamento al prof. Mariano Gabriele che con grande generosità è sempre stato prodigo di preziosi suggerimenti. I suoi studi sono esaustivi e chiari e sono stati di grande utilità per compn:ndere le vicende navali dell'Egeo, che, pur non essendo l'obiettivo principale di questa ricerca, erano necessarie per la definizione di un quadro g enerale. Un altretranto caloroso ringraziamento al Capo Ufficio e a tutto il personale dell'U11ìcio e dell'Archivio dell'Ufficio Storico dello Staro Maggiore dell'Esercito per la cordialità e la professionalità con la quale hanno aiutato l'Autrice nella sua ricerca. Non posso non ricordare la generosa disponibilità dell'Ufficio Storico dd Corpo della Guardia di finanza, del Direttore dell'Archivio del Museo Storico del Corpo e del generale Pierpaolo Meccariello, storico della G.d.F


lrttroduzione

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'impresa di Libia e l'occupazione del Dodecaneso si inseriscono in un momento assai denso cli avvenimenti interna"" zionali e molto particolare per le potenze europee. Come fa giustamente notare lo storico francese delle relazioni internazionali Pierre Rcnouvin, ancora Stati Uniti e Giappone non si erano lanciati nella 'divisione del mondo' e le potenze europee non avevano rivali nel dividersi spoglie di impeti e procedere a conquiste di territori non in grado <li offrire un resistenza <li qualsiasi genere. Il nuovo orientamento della politica estera italiana si era manifestato dal 1896 con la scon11tta d'Etiopia e la caduta del Crispi. Visto l'insuccesso nell'Africa orientale l'Italia aspirava ad una espansione nel Mediterraneo, in Tripolitania e a questo proposito le necessitava avere dalla sua la buona 'volontà' della Francia: forse per questo aveva accettato il trattato ciel 1896 e cioè l'implicito riconoscimento del protettorato francese su Tunisi. Nel 1900 aveva ricevuto dalla Francia l'assicurazione che non avrebbe cercato di estendersi verso la Tripolitania e per contro l'Italia aveva dichiarato che non avrebbe posto ostacoli alle eventuali azioni che la Francia avesse fatto in Marocco. E' certo che la guerra di Libia fu l'occasione per coinvolgere ampiamente il popolo italiano nel sistema politico. Inoltre l'Italia ooo voleva rimanere esclusa dalla spartizione del bottino mondiale e rilanciava le proprie velleità imperialiste naufragate ad Adua. L'Impero ottomano era preda facile: il malato d'Europa era pronto a spirare. La politica estera non era forse l'impegno fondamentale del programma cli governo cli Giolitti, ma la storia di quegli anni correva in quel modo: la corsa all'espansione coloniale, ovunque fosse possibile. Non sono molti gli studi sull'occupazione Jel Dodecaneso, sulla sua


_l'-'-O_ __ __ _ _""L'"Es""-c' " -"rc_,_,_it"---u-'-'lt=aliario oel Dodernneso 1912-194'.\

preparazione e su 1la organizzazione militare del Posse<limento: l'Italia fu a Rodi, a Lero e nelle altre isole nominalmente dal J 912 al 1947, quando con il trattato di pace le isole furono definitivamente assegnate alla Grecia. Terminò però la sua giurisdizione nel novembre 19/t3, quan<lo tutte le isole caddero in mano dei tedeschi. Nel maggio 1945 gli inglesi presero possesso del Dodecaneso. Di fatto dunque la presenza italiana, quale occupante, terminò nel 19,13 e, quale amministrante, quan<lo gli Alleati occuparono le isole. Molti sono gli studi coevi sulla occupazione e amministrazione del Dodecaneso e molti gli studi successivi, relativi però alle sole operazioni <li guerra e soprattutto alle drammatiche vicende che seguirono all'armistizio dell'8 settembre 1943: fatti ormai noti e ben documentati, oggetto di studio assai accurato. Un periodo, anche per quello che riguarda il Dodecam~so, che pLtÒ difficilm ente regalare novità di documentazione: le uniche note nuove sono spesso alcune revisioni di giudizi, una volta attenuata la passione del momento e scomparsi i protagonisti degli eventi. Pur cercando con cura tra articoli e saggi, ho riscontrato che il periodo che seguì all'occupazione nel 191 2 e quello che precedette 1'8 settembre, per quanto riguarda i problemi che l'Esercito italiano dovette affrontare localmente, o l'organizzazione che si diede, quasi nulla è stato scritto. Eppure, per meglio comprendere gli avvenimenti del periodo 25 luglio-8 scttcm bre 1943 in Egeo occorre anche sapere come fu approntata la difesa, quali furono le difficoltà affrontate e soprattutto quak fu e quale poteva essere il peso e la funzione militare del Possedimento nel quadro di un conflitto. Questo è lo scopo di questo studio: una ricerca documentale ncll' Archivio dello Stato Maggiore Esercito, per ricomporre i tasselli di trentuno anni <li presenza militare delle truppe di terra, dal 1912 al 1943 e come si arrivò ai tragici eventi del settembre-novembre 19/t 3 in quel lontano terr1tot10. Il momento politico era particolarmente difficile in Italia: un mese, quel settembre, convulso, confuso; un paese distrutto, in guerra da tre anni; la scomparsa cli un regime che era stato per venti anni la colonna portante di uno stato, che aveva dato alla popolazione un


Introduzione

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miglioramento delle condizioni di vita, ma aveva tolto la libertà di pensare, di criticare, di opporsi, contro l'illusione di essere potenza internazionale, potenza industrializzata. Era obbligatorio vivere senza pensieri, perché il regime pensava a tutto, o meglio aveva deciso di pensare al posto del cittadino. Le colonie dovevano risolvere il grave problema della mancanza di risorse per tutta la popolazione, oltre a rendere l'immagine dell'Italia risplendente nel mondo. Campagne del grano e campagne coloniali; fascisti in divisa e 'balilla' in azione. Propaganda, illusioni, fabbriche, radio e documentari dell'Istituto luce, per mostrare tutto quello che veniva realizzato dal regime e dal Duce del fascismo. Documentari che ora costituiscono un archivio di immagini storiche di un interesse elevato. Il Dodecaneso era lontano, ma il clima era ottimo. Poche o sopite erano le contestazioni locali all'Italia. Volentieri i funzionari e i militari andavano in quella colonia: la vita seguiva un ritmo lento, mentre si portava la civiltà e la cultura italiana in quelle isole. 11 dramma inizia non tanto con lo scoppio del conflitto, ma con la dominazione tedesca, che annulla la presenza militare italiana e mantiene quella civile, ma sotto il tacco di ferro di yuella militare tedesca. Soldati e ufficiali italiani sono presi prigionieri, internati, moltissimi uccisi, a meno che non aderiscano alla nuova Repubblica Sociale Italiana e collaborino con le truppe del Reich: accade così nel resto dell'Italia. Un conflitto iniziato con una non belligeranza che termina dopo una cobelligeranza con quello che era il nemico nel periodo della non belligeranza e del conflitto armato: in questo che sembra un gioco di parole è consistito il dramma di un popolo, quello italiano, nella seconda guerra mondiak.



PARTE PRIMA 1911-1924

Caoitolo Primo ..l.

. . . occupare qualche cosa del!' impero ottomano che lo jJOrti ad accettare la jJace . . . .

.


Tenente Generale Albeno Pomo. Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, dal 1908 al 1914


·······---·---- - - ~----·

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1.1. Motivazioni per la spedizione e la sua lunga

preparazione militare.

1 1911 fu un anno importante per la presenza dell'Italia quale potenza coloniale nel Mediterraneo: l'impresa di Libia venne realizzata nel tentativo di imporre anche l'Italia come potenza coloniale, nella corsa al la spartizione, già <li fatto iniziata, delle spoglie dell'Impero di Costantinopoli, ormai avviato all'estinzione. Il 29 settembre 191 l, a pomeriggio inoltrato, l'Italia dichiarò guerra all'Impero Ottomano e pochissimi giorni dopo, il 5 ottobre, i marinai italiani sbarcarono sulla costa tripolina. La 'l'ripolitania e la Cirenaica erano state a lungo studiate dagli Stati Maggiori fin dalla fine dell'Ottocento ed era convinzione generale di conoscere molto bene il t erritorio c soprattutto gli iulendimemi della sua povolazione araba, stanca del dominio sultanialc: quel che certamente non fu capito e fòrse a quell'epoca non poteva essere compreso, era che gli arabi, fieri della loro cultura e delle loro tradizioni, non volevano alcuna dominazione, non solo quella ottomana. Il 19 ottobre 191 I il Tenente Generale Alberto Pollio, Capo di Stato Maggiore dell'Esercito 1 , dal 1908 al 191 /i, scriveva al Capo di Stato Maggiore della Marina, Ammiraglio Carlo Rocca Rey, da poco nell'incarico 2 una lettera che si rivela molto interessante per poter ricostruire l'inizio, non dal punto di vista diplomatico 3, ma

I

1

Dal 1° luglio 1908 al 1° luglio 1914, quando morì.

2 Aveva assunto l'incarico il 21 settièrnbre del 1911 e lo mantenne fino l 0 aprile

del 1C)J :'> , sostituito dal cnmrammìraglìo Paolo Thaon dc Rcvcl. :, Le vicenJe diplomatiche e milirari della conquista della Libia sono fin tropµo note, perché se ne tenti in qL1esta sede una analisi o una sintesi degli avvenimenti o una bibliogralìa esaustiva, facilmente individuabile. Si rimancla ai due volumi di Angelo Del I3oca, G1i itfJ/ùmi in./ ,ihia, voi. l 'f'ri/Jl}li, hel .mo! d'amore e vol. II Dal fmcismo tt Gheddafi, 1986 e 1988 e, pii', strettamente per le vicende militari, al volume di Luigi Tuccari , I Governi mi!itrJri clel/11 Libia. l()l l-791 4 , Uffìcio Storico SME, Roma, 1994. E" sempre di grande interesse lo studio dì Gioacchino Volpe, L'impresa di '.friJJOli, 191 7-19 72 , (Roma, 1946) e dì Francesco Malgcri L,t grtemt di Lihia, Roma, 1970, condocco sulle carte del Ministero clegli Affari fateri,


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L'Esercito Italiano nel Dodccancso 1912-194:)

da quello militare, di una vicenda che portò l'T tal ia nel Do<lecaneso, ove rimase fino quasi alla conclusione della seconda guerra mondiale: tutto iniziò con l'idea che quella dell'Egeo sarebbe stata una occupazione provvisorir.1, come pegno per fare pressione sul.la Turchia. Non era però certamente estranea la valutazione politica di una possibilità di penetrazione nell'Asia Minore, in un futuro, o comunque della costituzione <li una sfera d'interesse. Nella sua lettera, così si esprimeva Pollio: .. . Siccome hi.wgna es.rere preparati a tutto, così io penso che possa essere utile per noi nelle, attttale guerm 4 di orcuj,are q11cdche cosa del!' imj,ero ottomano che lo porti ad accettare la pace. Purtroppo non abbiamo le mani libere e non jJOssiarno per esempio agire sulle coste ocàdeniali della penisola balcanica, né andare et Costcintinopo!i .fòrzetndo i Dttr&melli, né imJJOrre contrilmzùmi di guerra minaa-iandu butttbardmnenli, né eser,1,irli.

Possiamo però - almeno credo - dopo aver sbarcato ttJtto il cor/Jo d'o/Jerdzione in 'lripolitcmict e CirendÙi:t - irnpc1dronini di q11ctlche isola - almeno tenendola come pegno. Strategicamente, l'isola di Rodi sarebbe /Jer noi 1m pegno Jwezioso, drtche Jienhé si JJOtrebbe occupare evùando le insidie delle Cidadi e

dell'Archivio Centrale dello Stato e del l'Archivio Storico del soppresso Ministero dell'Africa Italiana, con una abbondante bibliografia; per le operazioni nell'Egeo , in particolare alle p. 336 e ss. Per la preparazione d.i plomatica dell'impresa di Libia, nell 'enorme congerie cli stucli e memorie, rimangono tuttora rilevanti era gli altri, le 1He'Jllorie dellcl lllia vita di Giovanni Giolitti, Milano, 1';)67 . Per una veloce sintesi della vicenda v. LE.Longo, Lt1 g11err,t itafo-t11rm ( 1911-1 9 12), in 'Rivista Storica', anno 1, apri le 1996, p.::,0-::,8. P er tjuanLo riguarda la Marina militare, uno studio esaustivo e recente è quello di Mariano Gabriele, Lei Mc1rina nella g11e1-rd itt1Ù!- 11/rc,i. l l /1otere marittimo .rlrn111enl11 mi!itttre e /)()litico ( 1911-191 2 ), lJffìcio Storico della Marina Militare, Roma, 1998. Per una visione ad ampio raggio della Marina Militare italiana in quel periodo v. M. Gabriele e G. Priz, Lt1 politù,1 navale italiana eia! 1885 al 191 .5, Officio Storico clella Marina, Roma, 1982. li Si riferisce alla guerra in atro contro l'Impero Ottomano, per la definitiva conquista del.la Tripolitania e della Cirenaica, nota come la Guerra di Libia. Nella bibliografìa l'inale saranno forniti alcuni suggerimenti. Il Comandante del Corpo di Spedizione in Tripolitania e Cirenaica era in quel momrnro i I Tenente Ge11erale Carlo Caneva.


Motivazioni per la spedizione e la sua lunga preparazione militare

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delle SjJorttdi . .... .5. A livello politico, e quindi a livello militare, si riteneva dunque che il possesso di Rodi, unito ad un eventuale successivo dominio sulle Sporadi, avrebbe indotto il Sultano di Costantinopoli a firmare con rapidità un trattato di pace con l'Italia, considerato che non si riusciva a giungere alla fine del conflitto né con le armi né con i negoziati. Inoltre da tale presenza e posizione di forza sarebbe stato pii:1 facile contrastare effìcacemente quel contrabbando di armi dalla Turchia alla Libia, che impediva il completo dominio italiano su quella che sarebbe poi stata chiamata, romanticamente, anche in periodo fascista, la Quarta Sponda 6: la guerra in Tripolitania e Cirenaica non si era rivelata una passeggiata, come alcune fonti avevano fatto sperare e come la situazione locale dell'esercito ottomano aveva potuto far credere: era pur vero che l'Ordù 7 presente in quei rerrirori era forse il meno forte, sicuramente il meno rifornito di tutto il possente apparato militare ottomano, ma i conti erano stati fatti male non tenendo appunto in conto la reazione della popolazione locale. Pollio continuava la sua lettera suggerendo che qualora la Regia Marina fosse entrata nell'ordine di idee di prendere possesso di Rodi e di altre isole circostanti, il Comando del Corpo di Stato Maggiore avrebbe potuto procedere allo studio preventivo e all'organizzazione di un Corpo di occupazione, per il quale in quel momento, nulla era stato previsto: come sotto I incava appunto l'autore della lettera, non abbiamo n11lla di pronto 8 . Pollio era spinto anche dalla preoccupazione che nell'eventualità che l'impresa fosse stata decisa "nelle sfere superiori", cioè dalle istanze politiche, le forze armate si dovessero trovare ckrvanti a ttno zero, cioè non fossero assolutamente pronte per qualsiasi tipo di operazione e

5

AUSSME (di seguito non piL1 idicato), L8, R 1, Cl8: l'oggetto della lettera era

così indicato Stmii J1er rm'eventttct!e occ1tpazione dell'iJoltt di Rodi o altre isole tttrchi!.

G Cfr. S. Romano, La qum·Ja SjHmdct, Milano, 1977. 7

L'equivalente di una Armata.

8

Nel resto della lctter:1 guesta frase è sottolineata.


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L'Eserci to Italiano nel Dodecaneso 1912-194'.\

comunque costrette ad operare sull'onda di una improvvisa decisione politica, <li fronte alla quale erano impreparati. Dunque il Capo di Stato Maggiore dell'Esercito sollecitava un parere del collega ammiraglio, ai fini di iniziare lo studio e la programmazione di una attività operativa: voleva soprattutto sapere se riteneva l'impresa possibile dal punto di vista della Marina, visto che, e lo ammetteva con rara sincerità, in quel campo non aveva molta competenza. Tn sostanza chiedeva concretamente all'ammiraglio Rocca Rey cli studiare la fattibilità di uno sbarco a Rodi o in altra isola, che offrisse eventuali maggiori facilitazioni alle navi da guerra. Pallio si rendeva ben conto che in quel tipo cli operazioni l'accordo fra Esercito e Marina doveva essere totale, per tentare l'impresa che doveva consistere nell'occ1.1pazione di tma o più isole importanti lontanissime ,l,1./l'A,lrialiro e dal' lonio 10. Effettivamente l'impresa libica era iniziata con uno scarso coordinamento tra le due forze armate impegnate11 e di conseguenza per l'eventuale occupazione delle isole era necessario provvedere seriamente perché non si ricadesse negli stessi t:rron.

Se vi era un accordo di massima, dunque, si sarebbe dato inizio agli studi di fattibilità. Solo dopo questa attività preventiva di studio e programmazione operativa, le autorità militari, forti di queste conoscenze, si sarebbero rivolte ai rispettivi Ministri per conoscere il p ensiero del Regio Governo al rig uardo, in una questione la cui importanza politica e militare era ormai evidente 12 . Gli studi furono avviati: in un lungo promemoria sulla questione, redatto a cura dell'Uftìcio del Capo di Stato Maggiore dell'Esercito,

9 Sic nel cesro. IO

Anche questa frase è sottolineata ndl'or.iginak.

11

Cfr. tra gli altri A. Santoni, Da Li.ua alle Falklarul, Mursia, Milano, 1987, p.68-

69 e nota n. 137. 12

V. anche R. Otlandi, l!ocrnpazirme italiana di /?.odi e del Ooderaneso, in 'Storia e Politica·, XXI, n ,l , marzo 1982, p.1-30. G. L, Dua, Aspetti militari dell'ocmf1azione di !?odi e del Dodectmeso (,t{wiie-mctggio 1912), in 'Studi srorico-milicarì.198 3', AUSSME, Roma, 1984, p.429-515.


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Mutivaziu1!iJ!er la S[?_edizione e la sua lu!_!g_U?Ig?!lrazirme militare _______ l.9

l'ufficiale estensore faceva presente che tra le azioni che avrebbero potuto essere condotte dalla flotta incaricata di fare incursioni nell'Egeo, vi poteva anche essere l'interruzione delle comunicazioni ferroviari e tra Costantinopoli e Salonicco. Il tracciato della ferrovia, era stato rilevato durante gli studi di fattibilità, era ovunque interno, di diffìcile percorso e di difficile raggiungimento, ma quando correva vicino al mare, e cioè da Dedeagach ad oriente jler oltre q1tattro chilometri, avrebbe potuto essere interrotto con incursioni, che risultavano possibili a forze navali in zona. L'efficacia dell'interruzione sarebbe consistita nel fatto che non sarebbe rimasta altra comunicazione ferroviaria tra Costantinopoli e Salonicco, all'infuori della linea per Filippopoli, Sofia, Nisch e Uskub. Per attuare l'interruzione sarebbe stato sufficiente che una compagnia di minatori con relativa dotazione di esplosivi, strumenti e attrezzi fosse stata imbarcata sulle Regie Navi inviate allo scopo. Nel promemoria l'estensore faceva anche stato del fatto che il Corpo del Genio aveva già pronto il progetto della costituzione del reparto finalizzato a questa particolare azione l 3. Il 5 novembre ·1911 l'Italia, con il Regio Decreto n.124 7 14 , poneva la Tripolitania e la Cirenaica sotto la piena sovranità del Regno d'Italia, con un atto unilaterale: chiara e ferma volontà di non cedere il territorio considerato ormai parte integrante dello Stato; un decreto di sovranità, strumento interno, strumento d'immagine, ma anche strumento fortemente diplomatico, che rendesse evidente la direttiva politica di espansione italiana nel Mediterraneo, onde evitare qualsiasi intervento di altre potenze europee in quella regione. In effetti sia la Francia che l'Inghilterra erano decisamente preoccupate della situazione nel Levante mediterraneo, in quanto il 18 marzo ciel 1911 l'Ammiragliato britannico aveva deciso di ritirare la

13 L8,

R 180.

I4 JI R.D. <l'annessione fu convertito in legge il 23 lebbraio 1912. Per questo particolare periodo della vicenda libica cfr. tra gli altri G. Candeloro, Storia de//'I!.tà ModerntJ, Milano, 1974, vol.Vll, p. 312 e ss., e A. Del }foca, Gli italiani in Libia, voi. I, 1993, ed. Oscar Mondadori, p. 51-95.


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propria flotta da quell'area, suggerenJo alla Francia di inviare la sua marina militare al fìnc di riempire il vuoto pericoloso che si stava creando in quel settore strategico 15: se non l'avessero fatto, <li sicuro le potenze della Triplice ne avrebbero preso pericoloso vantaggio. Su istruzioni dunque dei due vertici militari, negli Uffici competenti forono avviati con rapidità vari sw<li e fatte numerose proposte. L'Ufficio Informazioni aveva provveduto a compilare numerosi e accurati 'promemoria' per avere il quadro completo della situazione nelle isole dell'Egeo 16. Alcuni di questi, con i loro pro e contro, furono sintetizzati, ai primi di novembre del 1911, in un interessante appunto a firma del tenente colonnello V. Marafìni 17 : scopo politico definito dell'operazione militare era dunque quello di costringere la Turchia alla pace, e perciò, darle un col/10 decisivo 18 . Non erano pensabili operazioni terrestri e per quanto rig uardava le operazioni di mare l'unico obiettivo possibile considerato risol11tivo era proprio nel cuore dell'Impero, Costantinopoli: per consegtLirlo occorreva a) attuare il passaggio dei Dardanelli, b) la distruzione della flotta turca, e) il bombardamento della stessa capitale ottomana: ossia iniìmctzione e successiva conclusione della pare. Per passare i Dardanelli non occorreva forzarli , ma sarebbe bastato mettere foori combattimento, in modo sistematico le fortilìcazioni delle due rive l9: per ottenere

1

Cfr. M. Gabriele, Il Dmkiane.ro nel Ti·attato di J1t1a: um l ' ftalit, (19 fehlm1io 1947), /.' lli:tfùt del t!opo,~11errt1. Il trai/al o di jJCtu: wn l'lta!ta, Roma, 1998, p. I :n- I 57. Per la politica navale inglese di quell'epoca, M. Gahriclc e G. Friz, cit.; A.J. Marder, 1:ro111 the Dret1dno11,~ht to St"?tjNJ F!ow. The Royaf Navy in the Pisher Em, voi. I, 'f'he road lo war, Lo11clon, Oxford Univcrsiry Press, 196 1. )

i 11

I (,

Cfr. L8 R 159 e L60.

17 18

I{ 180. Appunto di tre pagine redatto a mano, dal titolo S11lle o/1emzioni che converrebbe w11tJ1ie1·e nell'Eieo, datato 8 11ovem hre 1911 .

18

19

Sorrolineato nel testo.

Il s istema delle fortificazioni e la posizione dei vari sistemi d'arma erano ben conosciuti d allo Stato Magg iore dell'Esercito: g li addetti militari nell'lmpcw ottomano aveva fornico abbondanti e dettagliate notizie µeri Dardanelli, con :-mali si completa delle angolazioni di tiro. Cfr. nell'Archivio Storico SME soprattutto G29, RI - J 5; G 33 Rl 3, Rl8-35; H5 R49 RR; L8, R 1 e R231.


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Motivazioni per la fil>edizione e la sua lufil@..il!.eJ!arazìone mìlìt_ are~

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_ _2_1

questo risultato occorreva costituire una base navale in pross1m1ta de llo stesso Stretto. Questa poteva essere individuata nelle isole di Lemno (che veniva ritenuta quasi del tutto sprovvista di difesa e quindi indicata per una occupazione nemica), lmbro o Tene<lo, utili per immagazzinare provviste necessarie. Mitilene risultava essere stata rinforzata nei suoi presidi: si stimavano in 2000 uomini le unità poste a difesa dell'isola 20 . Bisognava soprattutto demolire e distruggere le fortificazioni, in modo da influire vigorosamente sul morale dell'avversario; possibilmente anche rimuovere le difese subacquee e tentare di infliggere agli avversari la distruzione di alcune unità navali. L'azione contro i forti dei Dardanelli aveva serie possibilità di riuscita, perché risultava fattibile rendere non operative e inabitabili le batterie scoperte, facendo uso di grandi cariche di potenti esplosivi. Infatti per i DarJanelli le informa'.lioni avute 21 indicavano che erano stati richiamati circa 11.000 uomini, dei quali li.000 nell e fortezze,

3.500 a custodia del litorale; 2 .500 unità andavano occupando il litorale verso l'Egeo e ì rimanenti restavano mobili nel settore. Nei Dardanelli continuava dunque il concentramento delle truppe e delJ'aniglieria: olLre a quatHo già presente, risultava che nei primi giorni del novembre 1911, 40 cannoni di calibro non noto erano stati collocati nella penisola di Gallipoli, mentre 36 cannoni <la campagna da 9 cm. erano stati inviati in vari punti del litorale. Le notizie che continuavano a giungere, indicavano che sulle due coste contimtava il collocamento di un gran numero di torpedini, anche se da parte di alcuni si riteneva impossibile questo tipo di difesa a causa delle correnti che ne avrebbero impedito la deposizione. Era stato appurato che comunque erano state posizionate come ulteriore misura di difesa degli Stretti, delle mine di contatto: questo ostacolo poteva essere rimosso, secondo quando riferito dal Regio Agente al Cairo, in quanto il capitano di un mercantile della Compagnia di Navigazione Khediviale, di nazionalità italiana, aveva detto di essere a conoscenza della posizione di quelle mine e quindi

20 'Promemoria n. 727 del 2') .1 0.191 l in 1.8 I{ 160. ?I

L8 R 161, 12.11.191 1.


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L'Esercito Italiano nel Do<lecaneso 1912-1 ')4:i

si era messo a <lisposizione delle Autorità italiane per guidate le navi da guerra italiane in quel percorso, Da altre fonti giungevano invece notizie che le mine non erano state ancora posate. Nel caso poi che le navi italiane si fossero presentate nel triangolo Mitilene, Lemno, Dardanelli, settore entro il quale solamente la flotta turca aveva autorizzazione ad operare, erano pronte per respingere l'attacco cinque unità turche e comunque, se la flotta italiana si fosse presentata nell'Egeo, la flottiglia <li torpediniere turche, pur sapendo che sarebbe andata incontro a sicura distruzione, avrebbe tentato un assalto notturno pur <li <listruggere una gran<le unità italiana 22 . Nell'analisi del Marafini, l'azione di forzare i Dardanelli avrebbe sicuramente influito sul morale degli avversari, ma avrebbe di certo esposto la Regia Marina a rischi troppo gravi, quali la perdita di alcune unità navali. Questo sarebbe con sicurezza andato a detrimento <lei morale delle truppe italiane e avrebbe invece potuto rappresentare una vera fòrttmct per qualche potenza straniera, che si sarebbe trovata in posizione favorevole per conseguire in quel settore una superiorità navale sull'Italia, a lungo cercata. In effetti le potenze europee erano tutte, in quel perioJo storico in gran<le concorrenza per una piena espansione politica e navale nel Mediterraneo e avrebbero immediatamente approfittato di una qualsiasi, sia pur lieve, <lebole:aa italiana. Interessante la notazione politica e finanziaria ciel Marafìni quando scrive, a sostegno della teoria della Jistruzione delle fortifìcazioni e non del forzamento dei Dardanelli, che una grossa nave perduta sono parecchie decine di milioni perduti in un attimo, è 1.m rinfocolamento del fanatismo arabo turco e un segreto cornpiaàrnento per gli avversciri del domani, siano p11r essi amici o alleati del!' oggi; con dieci ne di milioni si alimenta la g;t.terra per settimane e si può largamente provvedere al carbone delle navi e alle rmmizioni per le azioni contro i forti: la concretezza di un militare che doveva gestire sul campo risorse umane e fìnanziarie, più abbondanti le prime, ma sempre troppo ristrette le seconde. Dal

22

L8 R 1 6 1 , <la Parigi, 14. 1 1. 1 91 1 .


- - - - - - - =M "'o"'t~iv'-"a=zi=oni per 1~..Wi'.~_izinne e la sua lunga preparazione militare

punto di vista diplomatico, però, indubbiamente la sola minaccia <li un bombardamento dei Dardanelli, successivamente ad una occupazione di isole, avrebbe avuto, nelle considerazioni del de Bosdari, allora Regio Legato a Sofia, un effetto decisivo nelle decisioni d ella Sublime Porta 2 :', _ Un possibile attacco dell ' Italia alle isole ottomane non era certo un mistero nelle cancellerie europee: da Vienna, ad esempio, le Autorità diplomatiche e militari italiane 24 consigliavano che le eventuali operazioni nell'Egeo fossero circondate da grande prudenza, perché non sarebhcro state gradite né politicamente, a causa degli impegni presi con la Triplice Alleanza 2 5, né negli ambienti militari. Un analoga previsione di attacco italiano era stata fatta anche nell'Impero Ottomano, che nell'ottobre-novembre 1911 provvide a mettere in difesa le isole dell'arcipelago, inviando da Smirne a Miti lene 800 redi/ 26 , molte munizioni e provviste varie. Scio e Rodi si stavano preparando alla difesa, anche se non risultava che vi fossero state inviate delle artiglierie: notizie giunte <la Atene indicavano che alla data del l O <li novembre 500 erano i soldati turchi presenti a Rodi, rnenrre a Scio si segnalava la collocazione nel forte di un cannone di grande calibro. Alla data del 12 novem bre si riteneva che già

23 LS Rl61 , t.mma 11.6967 Jel 14.11.1911. Per un approfondito studio Jella posizione politica Jelle µotenze europee e ddl'.l mpcro ottomano, v. R. Orlando, ciL. e i rapporti degli addetti militari a Costantinopoli in G3 3 e G29, Turchia, indicati in M.G. Pasqualini , Il Levante, il Vicino e il Medio oriente ( 7890-1939) -Le fonti ,,rchivùtù-he dell'Ujfìcio Storico, S.M.E. , Ufficio Storico, Roma, 1999. 21i

L8 Rl 59, t.mrna n. 166 del 21 ottobre 1911.

C,li accordi della Triplice Alleanza, nel rinnovo del 1887, prevedevano che se una occupazione fosse stata ritenuta necessaria <lall'Austrìa nei I3alcani e dall'Italia nell'Egeo, le parti si sarebbero scambiate le proprie intenzioni, ma soprattutto le parti dovevano nriliz.:.mre la loro intluenw per evitare in Oriente ogni modificazione che µotesse danneggiare l'una o l'altra, concetto ribadito nell'art. 7 ciel rinnovo dd 1')02, wl mantenimento Jello statu quo territoriale in Oriente. 2'i

26 Forze ausiliarie. Per maggiori dettagli sull'organizzazione delle forze armate ottomane, cfr. M.G. Pasqualin i, TI Levante, il Vicino e il Medio oriente ( 1890- 7 939) - Le fonti archivistiche dell'lljjìcio Storico, cit., p.4 5 e ss.


24

L'Esercito Italiano nel Dodecaneso l 912-1913

fosse aumentato di molto il contingente: a Smirne erano stati riuniti 25 battaglioni, di cui 3650 uomini erano stati divisi tra Rodi, Samo e Scio. La guarnigione pii:1 tè.irte sembrava essere quella di Mitilene con duemila uomini che dovevano aumentare fino a cinquemila, secondo le informazioni raccolte, provenienti dalla Regia Legazione di Sofia, molto attiva nel settore informativo. Per Rodi non si segnalavano fortificazioni recenti, mine o pezzi di artiglieria. TI giorno successivo alla data cli questo promemoria, il 9 novembre 1911, Pallio e Rocca Rey si riunirono e, dopo aver preso visione dei tclcgramm i ministeriali relativi alla situazione politico-militare italiana, nei confronti delle potenze estere, che si era venuta a creare con la dichiarazione di sovranità dell'Italia sui territori della Tripolitania e della Cirenaica, presero in esame le proposte circa uno sbarco nelle isole dd D0d<:ut11cso. Così i militari valutavano la situazione contingente in Libia, per poter analizzare possibili operazioni future. Le truppe turche terrestri erano pressoché inafferrahili: davanti a Tripoli i I tt1rrn si moslrava da lontano e wn forze esigue, che anche infliggendogli tma sconfìttr.t, non si sarebbe /Jot11to Cf:!fèrmare di averp,fi inflitto 11na .ramfìtta tale da influire decisamente sulle sorli della guerra e da wstringerlo alla j,ace. Quindi occorreva colpire in un altro settore. Nel passato azioni combinate Marina-Esercito avevano dato notevoli risultati e quindi, se si fosse voluto occupare con azioni congiunte Rodi o Mitilene e Scio, sulla base delle precedenti esperienze, il successo era assicurato. Era nelle valutazioni che l'operazione militare sarebbe costata molti sacrifici e molto sangue, perché, nelle previsioni, le isole sarebbero state comunque difese con forza dai turchi. Bisognava poi considerare un elemento politico e psicologico non indifferente: al rnomemo della conclusione della pace, secondo le dichiarazioni fatte dai Ministri responsabili del Regio Governo, le isole conquistate avrebbero dovuto di sicuro essere riconsegnate alla Turchia o forse sarchbero state assegnate a qualche altra potenza, che le avesse pretese, come diritto di mediazione internazionale nell'azione eventualmente condotta, per mettere d'accordo I 'Italia e l'Impero ottomano. Dunque, a questi termini, si sarebbe dovuta escludere la convenienza di tali azioni .. .Se vi _{o.ue libertà di azione, le


Motivazioni per la spedizione e la sua limg_ijl!"_~arazione militare _ __

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nostre forze di terra e di mare polrehbero tentare imprese di grandissimr.1, efficacia le quct!i, sicuramente o quctsi J1otrebbero imporre la pace alla Turchia. Tedi sc1rebbero tutte le azioni direlle verso la penisola balcanica, ed è suj1erfltto anche solo l'em.1,nà,.1,r/e: questo era i I pensiero Jei due Capi <li Stato Maggiore, alla conclusione della riunione del 9 novembre, espresso in un promemoria firmato congi wnamente 27 . Le notizie raccolte dagli informatori indicavano che nelle isole si concretizzava il fiintasrna della floua italiana, che migliaia di occhi ct!lu-

ànati annunzùmo o,~ni ,~iorno, dalle montagne jj1arge, J1rùna ancora di diventr.tre realtà, lo sgornenlo negli amici e nei nemici 28 . Le popolazioni greche dimostravano simpatia per l'Ttalia, ma allo stesso tempo dopo che i presidi turchi erano stati rinforzati, temevano che all'apparire delle navi da guerra italiane si potessero determinare scoppi cli fanatismo nazionalisL a e religioso e massac ri da parte dei turchi . Da questo documento sembra risultare che in realtà non si era deli neata nell'ambiente militare una decisa tendenza che fosse favorevole all'occupazione delle isole del Dodecaneso, soprattutto in considerazione del fatto che si trattava di una occupazione Jwovvisorù.1,. Piti volte si fece cenno alla possibilità che altre azioni più risolutive avrebbero potuto essere condotte, qualora vi fosse stata libertà d'azione 2 9: è sempre interessante notare come il senso della mancanza di libertà, a questo punto non solo d'azione, ma anche di decisione rig uardo all'azione, fosse sempre molto presence nello studio delle operazioni da svolgere. Bisognava dunque ovviamente coningare le esigenze del la po litica interna e internazionale con quelle militari in operazioni belliche con un obiettivo non chiaramente definito: questo era Ji sicuro un difficile risultato da conseguire, ma la componente militare è il braccio armato della politica attiva, quando ciò sia necessario. Rimane difficile per il pragmatismo militare non avere obbiettivi sicuri per i quali studiare un'azione.

27

L8 R I, del 9.1 I. 1911 e rel a tivo ve rbale. QuesLo documento viene cita to anche

da M. Gabriele, Kairos contro kairos, Rivista M a rittima, fcbbra.io 2001, p. 87-98. 28

L8 R 16 1, N otiziario del l 3 .1 I . 1 C) 11.

2') lbid ., 1.8,

I{

I, Riservatissimo.


26 ____________________ L'Esercito Italiano nel Do<lecaneso 1_912-1943_ _ __ __

Secondo i militari, le uniche azioni di grande efficacia per costringere la Turchia alla pace, avrebbero dovuto essere dirette verso la parte balcanica ancora sotto dominio ottomano, ma era inutile pensare a tali possibilità, perché risultava superfluo anche solo l'enunciarle. Una azione di fondo contro la stessa Costantinopoli specialmente se preparata con le forze dell'Esercito che operavano nel golfo cli Xeros, avrebbe potuto essere tentata, anche se risultava certamente di non facile attuazione. Un'azione navale intesa ad occupare le maggiori isole dell'Egeo con l'eventuale cooperazione dell'Esercito, bloccando però anche i ceneri pii:t importanti del commercio dell'impero ottomano, paralizzandoli, avrebbe potuto influire grandemente sulle decisioni della Sublime Porta, ma non si intravedeva la possibilità di una autorizzazione politica a tale azione. Venne anche esaminata la possibilità dell'efficacia di un bombardamento e del blocco di Salonicco: questo atto però avrebbe comportato la reazione delle altre potenze europee che sarebbero intervenute contro l'Italia dopo una simile azione. TI blocco di altri porti, come quello di Smirne, sia pur accompagnato da intensi bombardamenti, avrebbe danneggiato solo in parte interessi commerciali turchi, mentre avrebbe toccato interessi commerciali piì:1 vasti, inclusi quelli italiani assai forti nella zona, e quindi, come la precedente azione, avrebbe avuto il rischio di essere fermata a livello europeo, con una coalizione contro Roma. In quel momento l'Italia non godeva di buona stampa presso gli stati europei che la accusavano di barbarie per la sua incursione in Libia: un bombardamento su Salonicco o su altri porti della Turchia avrebbe avuto forti ripercussioni tali da provocare rappresaglie contro gli italiani da parte degli stessi turchi e dal mondo musulmano, anche fuori <lella Turchia. Altre possibili imprese di occupazione vennero scartate perché si riteneva che avrebbero comportato un ulteriore logorio della flotta, già provata dal conflitto con la Turchia, con la conseguenza <li non averla più efficiente e disponibile nel caso di più gravi necessità. Bisognava tenere conto delle effettive condizioni della Regia Marina e non consumarla con scorrerie che non avrebbero conseguito l'effetto desiderato.


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Motivazirm(ru:r la spedizione e la sua lunga preparazione militare

27

Inoltre la possibilità di dover rinunciare al frutto dell'azione militare ancor prima di averlo conseguito, avrebbe potuto dar credito alla diceria che l'Italia non disponeva di mezzi adeguati; avrebbe dunque sminuito il prestigio militare italiano oppure, conseguenza ancora piì:1 temibile, l'Italia avrebbe potuto essere soggetta a restrizioni di libertà da parte <lelle altre potenze. Dunque la domanda ricorrente era: wsa resta da fare per ottenere rapidamente dalla Turchia una pace definitiva, insieme alla sua rinuncia di tutti i diritti sulla Tripolitania e sulla Cirenaica, che avrebbe sancito internazionalmente la forza della posizione mediterranea dell'Italia? l <lue Capi di Stato Maggiore, tenuto conto anche delle vedute espresse dal Presidente de l Consig lio e <lai Ministri competenti, furono <l'accordo di non escludere la possibilità di una certa azione nel Mar Rosso, della quale si era ad01nbrata una cert;i possibilità; arrivarono anche concordemente alla convinzione che occorreva ren<lere sempre piì:.1 estesa l'occupazione italiana in Tripolitania e Cirenaica, intensifìcando la presenza in quelle terre, in modo di dare agli italiani e alle potenze europee concorrenti, la piena e assoluta sicurezza che l'occupazione completa di quel territorio africano-mediterraneo era solo una questione di tempo. TI pensiero di Rocca Rey al riguardo cli una azione nel Mar Rosso risulta chiaro dalle note che egli stesso pose alla bozza di verbale che gli fu inviata subito dopo la fine della riunione; egli infatti scrisse a margine3°: non escludo la po.uibilità di agire in Mar Rosso, mct non riten-

go se ne possano attendere risttftati importanti, anche jJenhé non si colpirebbe la Turchia nel vivo, e perché sarebbe impresct dct compiersi in terra fra popofctzioni a noi a1J1Jene. Per prommàarrni dovrei conoscere meglio gli intendimenti di VE. 31 . Quale era dunque lo scopo principale dell'azione militare italiana

30 La minuta di questo promemoria con le annotazioni interessanti e le correzio-

ni apportate di pugno di Rocca Rcy è conservata in L8, R J. Nello stesso faldone vi sono altre due minute manoscritte cli re<lazione del verbale <li quella riunione, ma non risulta il nome deg li estensori. ::; r Si riferisce al Capo di Stato Maggiore Pollio.


-"'2-"'8'-----------'L"''E""•s""ei"':c'-"ito~It=aliano nel DoJecanesn_191 2-l.243

condotta poco tempo prima in terra libica, si chiedeva l'alto ufficiale: quella di dominare integralmente i due territori occupati e tale scopo doveva essere conseguito in modo da considerarlo irrevocabile e definitivo, almeno come tale era stato annunciato alle Potenze. L'agonizzante Impero ottomano stava attuando, nella valutazione espressa dai vertici militari, la sua consueta politica d'inganno, di resistenza passiva, nella speranza che proprio i contrasti e le gelosie tra le varie potenze europee ne assicurassero la sopravvivenza_ L'Italia certamente era superiore al 1ivello della Tbrchia, ma doveva in qualche modo tutelare le proprie forze militari, risparmiando parte delle navi e dei mezzi, lasciando pure che le altre potenze mobilitassero in tutto o in parte le proprie forze nel tentativo di costringere l'Italia a lasciare i territori occupati. Nel pensiero dei due Capi di Stato Maggiore vi era anche la valutazione che se la Turchia fosse rimasta nemica dell'Italia ancora per un certo lasso di tempo, questo comunque non avrebbe potuto nuocere perché le operazioni che la Turchia avesse tentato contro i territori occupati, avrebbero potuto comunque essere stroncate tempestivamente dalle forze italiane: l'Italia era in grado di respingere i tentativi turchi di ri entrare in possesso dei propri possedimenti_ Alla fine del lungo incontro del 9 novembre, i due vertici militari decisero di fare stato delle idee maturate al merito cli un'azione nell'Egeo: Le azioni che si potrebbero tentare all'infuori delle coste africr,1.ne non sono tali da non ripromettere effetti risolutivi ca/Jctci di .~ÙJ.stificare i rischi e l'entità dà mezzi che converrebbe dedicarvi. Si j}(}trehhero soltanto avere ejjètti morali sia sulla Turchia .ria sulle altre potenze. T11.ttavù:t la deci.rione .re convenga o meno di ap;ire nel!'E,~eo o di assumere un aileggiamento di aspettativa passiva, può .rnltanto cornj,etere a chi conosce a fondo ttttti i Liii della cornple.r.ra questione, mentre a noi spetta soltanto di considerare il lato militare del!rJ. medesima 32 . Questo era il pensiero concorde dei due Capi di Stato Maggiore, anche se la sintesi, così come fusti lata nel promemoria, fu redatta personalmente Ja Rocca Rcy.

$2

L8, R 1 _


Motivazioni per Ja spedizione e la sua lung~P!_eparazione militare _____________ 2_2

Tn una lettera del I O novembre l'Ammiraglio precisava meglio il suo pensiero al collega dell'Esercito, reiterando la sua opinione negativa nei confronti di qualsiasi azione nel Mar Rosso, in quanto una ferita inflitta in quelle lontane terre al Sultano non avrebbe avuto dirette e imme<liate ripercussioni sulle rive del Bosforo. Per gli italiani avrebbe rappresentato un notevol e sforzo logistico: la colonia Eritrea non era certamente in grado di alimentare le forze operanti nel Mar Rosso. Né si potevano dimenticare le incognite del canale di Suez, la sua neutralità; era necessario considerare le spese di passaggio del Canale, assai forti; la possibile reazione <lel governo anglo-egiziano al libero transito delle navi; insomma prefigurava tutte le eventuali difficoltà che avrebbero fortemente complicato un'azione già difficile. E quindi questa analisi portava ad escludere decisamente una impresa italiana contro le coste dell'Arabia. Esclu<lendo dunque le coste balcaniche, per le note difficoltà politiche, e l'azione nel Mar Rosso, per diffìcoltà strategiche e logistiche, rimaneva dunque solo un'azione per la conquista cli un'isola nel Levante, nell'Egeo asiatim, allo scopo di bloccare Salonicco, Smirne e i Dardanelli, per attaccare il commercio turco, arrecando grave danno alla già provata economia ottomana 11 . La spedizione doveva ancora però essere studiata: la tregtta forzata dovttttt a ragioni politiche dava il tempo di studiare a fondo la possibile azione in modo che se il lavorio diplornatico si fosse concluso in una autorizzazione all'azione, l'impresa avrebbe potuto essere condotta a fondo con rapidità e ferm ezza assoluta 34 _ Intanto da Costantinopoli giungevano notizie che il ritardo di una azione italiana nell'Egeo stava risollevando il rnorale dei turchi, mentre deprimeva e inaspriva coloro che volevano una Turchia vinta e comunque prostrata. Peraltro il Sultano continuava a inviare materiale da guerra e eruppe, in particolare ufficiali con il precipuo compito di rendere osfili all'Italia le popolazioni, armarle e

:,:, Cfr. per questo particolare momento M. Gabriele, la Mttrìntt nel!tr ,~11errr, italot11r c11. Il /Jotere rrtdrittimo wme Jtrm11ento irtilitdre e /10/itico ( 1911 -1912 ), Uffìcio Storico clella Marina Militare, Roma 1998, p. I 53 e ss. :H L8 Rl , lettera s.p. del 10.11.1911.


30

r:Esercito Italiano nel Dodecaneso 1912-194)

organizzarle a difesa 35. Arrivavano notizie che nella capitale tutti coloro che simpatizzavano per l'Italia, oltre naturalmente agli italiani residenti che dovevano sottostare alla sgradevole sorveglianza ottomana, oltre che al disprezzo dei turchi, ritenevano che una azione italiana nel Mar Egeo era <li venuta urgente e indijpensabile 36 . Allo stesso tempo, ancora nel novembre 1911, però da alcuni ambienti diplomatici, in particolare da un incontro dell'ambasciatore inglese con il collega tedesco e quel lo del Montenegro, giungevano indizi, rivelatisi poi fallaci, che la Turchia avrebbe continuato la propria resistenza, anche nel caso che la flotta italiana avesse bombardato le isole dell'Egeo, Smirne e la stessa Salonicco: in q,.tanto al blocco dei Dardanelli, i Tttrchi sarebbero lieti che fo.r.re effettuato, perché sono sicuri che in tal caso le jJotenze interverrebbero contro !'Italia ... In un't1dienza accordctta jJochi giorni fa dal Ministro deili esteri ottomano all'inca.ricato d'cif.fàri del Montene,~ro, detto ministro ebbe cui affermare che la Turchia non permetterà rnai all'lta!ia la sovranità stdla Tripolitania e sulla Cirenaica e che perciò Lt Rtterra potrà continttare anche per anni .. . , ma ormai mo] to era stato deciso nelle cancellerie europee già da alcuni anni e il Sultano con le sue forze armate non era altro che un insopportabile ostacolo alla realizzazione delle aspirazioni europee. In realtà non era assolutamente sicuro che questo fosse il reale pensiero turco se in una corrispondenza informativa da Vienna si riferiva che l'addetto militare turco, in una conversazione amichevole, aveva detto che la Turchia ormai riteneva la Tripolitania un territorio perduto e che solo gli Ulema.r e pochi altri settari facevano 0/1/J()sizione ad un rJ.tteggiamento J1iù arrendevole del governo tt1rco 37 . Da Parigi proprio in quei giorni giungevano indicazioni riservatissime che a Costantinopoli, nelle sfere governative e militari, si temeva molto un bombardamento metodico d.elle opere a difesa dei Dardanelli, in quanto avrebbe avuto sulla capitale un effetto irrtmemo, con consegttenze

15

L8 R161, 21.11.1911.

3 6 Sottolineato nel testo.

3718 R 161, 22.11.1911.


Motivazioni per la spedizione e la sua lunga preparazione milirarc

:, 1

di una terribile rivoluzione. T turchi continuavano a sbarcare uomini e mezzi per rinforzare la difesa degli Stretti, anche se una certa fiducia era riposta nelle Potenze europee, nella certezza che esse lo avrebbero impedito: in effetti, da un telegramma 38 del Regio Ambasciatore a Vienna, Avarna, si evinceva che l'Austria-Ungheria, almeno secondo le sue dichiarazioni all'Incaricato d'.Affari turco, non si sarebbe ufficialmente pronunziata circa i provvedimenti militari che il governo ottomano avesse creduto di dover prendere nell'eventualità di una azione navale italiana nel Mar Egeo, nella sua qualità di potenza neutrale e quindi non avrebbe esercitato alcuna pressione sull'Italia né sulla Turchia ... mentre Tittoni telegrafava secco da Parigi che l'occupazione delle isole non sarebbe servita a nulla1 9 ...... i segnali non erano certamente chiarissimi, ma gli accordi stipulati negli anni precedenti per il concerto delle Potenze europee dimostravano ancora la loro validità: l'avrebbero persa con le vicende del primo conflitto mondiale. Il 22 novembre successivo, sembrò che il momento di agire nell'Egeo fosse finalmente giunto: Pollio, in una lettera rì.rervata personale a Rocca Rey40 scriveva che era giunto il momento di intraprendere una azione <li una certa importanza, considerato che i turchi trasportavano et loro talento in su e giù per il mare Mediterraneo materiali e truppe. Era giunto il momento di agire, anche per tenere alta l'opinione che le altre potenze avevano della combattività italicma. In attesa del parere del Ministro della Marina, con il consenso del Ministro della Guerra, Pollio aveva ordinato la mobilitazione del Corpo Speciale di sbarco già previsto per l'occasione e ne diede notizia al collega della Marina. Rocca Rey rispose il giorno successivo manifestando grandi perplessità: per lui la situazione non era molto diversa da quella esistente quindici giorni prima, quando si erano incontrati o quantomeno egli non aveva nuovi clementi di giudizio. Si riferiva in particolare ad alcune parti del verbale: si era convenu38 18 Rl61, r.mma n. 7260 del 22.11.1911. W L8 R 161 , t.mma n.7249 <lei 22.11.1911.

/io L8 R 1, proc. 113 del 22.11.1911.


32 _____________________ I:Esen:itn Italiano nel Dodecanesn 1912-1<}4) __________________________________ _

co che un'azione superficiale e passeggera della flotta era insufficien-

te, perché a) non avrebbe evitato di urtare le altre potenze per le stesse ragioni politiche che impedivano un'azione più vigorosa; b) non avrebbe fatto altro che irritare maggiormente il fanatismo dei Turchi, con una prevista sicura rappresaglia contro gli italiani presemi soprattutto nella zona di Smirne e c) la scarsezza dei risultati avrebbe consentito apprezzamenti sfavorevoli per la nostra potenza navale da parte dei turchi. Dunque si era convenuto sull'opportunità di una azione a fondo contro la Turchia, impiegando la flotta e eventualmente un Corpo Speciale da sbarco del Regio Esercito. Molto spesso nella corrispondenza fra i due Capi di Stato Maggiore si nota la convinzione che nell'Egeo si sarebbe potuto agire in modo rapido e significativo, con grande vantaggio per l'Italia; l'inazione era dovuta non a problemi operativ i militari, ma a difficoltà diplomatiche che nessuno dei due alti ufiìciali poteva risolvere: quindi alla Marina non restava che ubbidire e attendere 4l . La corrispondenza tra Pollio e Rocca Rey fu molto intensa in quel periodo ed è piena di annotazioni di interesse non solo militare, ma anche politico, che danno pl1tC il polso della situazione in alcuni ambienti non governativi e diplomatici. Quattro giorni dopo la lettera del 22 novembre, il Capo di Stato Maggiore della Marina scriveva una ulteriore missiva personale al collega dell'Esercito: ancora una volta una lettera significativa del pensiero del Vertice della Marina e del suo modo di pensare. Egli riteneva che se la guerra fosse stata solamente fra l'Italia e la Turchia, la pace già sarebbe stata siglata. li fatto importante era che in realtà agivano contro gli italiani gli interessi delle grandi potenze e quindi un'azione nell'Egeo, che era considerata opportuni.uima dal punto di vista militare, era vietata dalle contingenze politiche. Infatti, nelle considerazioni di Rocca Rey, le conseguenze che l'azione nell'Egeo avrebbe potuto produrre sarebbero state tali da distruggere i vantaggi degli ohi ettivi militari che si sarebbero potuti raggiungere, trascinando l'Italia in una conOagrazione generale, la responsabilità della quale le sareb-

,i I

Lettera di Rocca Rey a Pollio del 22.11.1911 in 18 Rl C59.


_ _ _ _ MotivazioniJ2er la s(?_eÒizione e la sua l1m~.11r~azione militare_____ _

33

be stata attribuita. Se la flotta non aveva ancora agito era solamente per ragioni politiche che pesavano sempre più sulla eventuale occupa:.:ione <lelle isole nell'Egeo42 . Per Rocca Rey la presenza <lella flotta inglese a Corfù era indicativa del fatto che l'Inghilterra presagiva le mire dell'Austria verso l'Albania e verso la stessa Salonicco. Il pretesto avrebbe potuto essere gli eventuali moti insurrezionali suscitati dall'azione italiana che avrebbero potuto turbare gli equilibri nei Balcani, che evidentemente Rocca Rey riteneva già stabilizzati in quel periodo .. .Perciò io mi persttr.tdo sempre più che !'tmicr.t via di uscire da questa intricata sit11azione sia quella di intensificare con o,gni mezzo l'azione militare in Africa, in rnodo da raggiungere qualche risultato decisivo che vaf,~a a convincere la Porta delta inutilità dei suoi sforzi, ed 11 convincere l'Et,ropa che noi V()gliarno rispettare i suoi interessi e non enere causa di ttna iuerra ettropea ml portare il teatro delle oper,nioni fuori dalla Tripolitcmir1 e dalla Cirenaica ... 4 3 La lettera continuava con alcune

interessanti considerazioni a) su un possibile attacco a Derna portato da Enver Bey44 , nel quadro delle operazioni della guerra italoturca in atto, e b) soprattutto sull'errore di utilizzare la Marina in operazioni sul territorio, considerando i risultati poco brillanti di una ricognizione terrestre a Derna effettuata da alcuni ufficiali della Regia Nave Napoli 45 . Queste considerazioni facevano riaffermare

-i 2

Le etera di Rocca Rey a Pollio del 29.11. 191] in 18 Rl C59.

,i 3 Jbid.

Enver I3ey fu una delle figure più importanti della Turchia contemporanea. Nacque nel 1881 e morì nel 1922. E' stato considerato uno degli eroi della libertà turca. Per ulteriori notizie sulla fì gura di Enver Bey cfr. M.G. Pa~qualini, Il Le,vante. il Vicino e il Medio Oriente (1890-1939), cic., p. '59 in nota e p. 81 e ss; Enver Pascià, Diario della guerra libim, a cura <li S. lfono, Hologn a, 1986. /ili

'15 Si tratta di una ricogni'.lione effettuata da parte di una compagnia della Regia

Nave N,tpo!i all'interno del porto di Derna. Quella sortita terrestre ebbe come ris11ltatn cli mettere f11ori comhattimento parecchi cannonieri p11ntatori e q11attro

uffìciali, due dei quali ricoprivano a bordo delle imporranti funzioni, e cioè uno era il Comandante in 2a, capitano di fregata Sechi , e l'altro il Direttore del tiro, tenente <li vascello Mentasti; un sottotenente di vascello dato per disperso, probabilmente era stato ucciso; era la truppa vi erano stati ere morti e venci terici A giu-


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L'Esercito Italiano nel Dodecaneso 191 2-1_9j.'l _________

all'Ammiraglio la necessità che l'azione delle navi fosse contenuta, salvo casi eccezionali, entro i limiti delle normali attribuzioni che spettavano alla flotta 16_ Era comunque indispensabile un perfetto accordo sul punto di vista dell'impiego della flotta e Rocca Rey esprimeva con grande franchezza il suo pensiero al generale Pollio. Nelle considerazioni relative alla situazione generale, pesava molto l'attenzione che si doveva porre alle esigenze Jella politica interna ed estera nel Jecidere e agire per ottenere con mezzi militari un obbiettivo politico. Come si rileva da tutti i documenti della fìne del 191 I, a livello politico vi erano ancora delle esitazioni su una operazione nell'Egeo asiatico, che avrebbe potuto garantire invece con ampi margini <li sinm.:zza l'obbiettivo perseguito, secondo l'opinione consolidata dei vertici militari. Nel gennaio 1912 la pace con la Turchia sembrava ancora molto lontana a Pollio il quale si domandava se non fosse finalmente il. caso di fare la scorreria nell'Egeo della quale si era così canto parlato 47 , e che era sembrata ancora inopportuna a livello politico in novembre. La

<là.io <li Rocca Rey, dopo questi fatti, la Regia Nave avrehhe avuto un rendimento menomato e tale sarehhe rimasto finché i nuovi imbarcaci in sostituzione non fossero divenuti pa<lroni delle loro rispettive funzioni. Inoltre non era staro ottenuto un risultato pratico perché la truppa era tornata alle primitive trincee; g-li equipaggi alle rispettive navi e i I nemico era rimasto dove era.

46 La questione in trattazione riguardava la possibile provvisoria occupazio11e di Domba da parre di truppe da sba..rco per distogliere Enver Bey <lai suo eventuale attacco su Derna e comunque fargli frazionare le forze su due obiettivi. Quella occupazione avrebbe richiesto l'immobilizzazione di moire navi in un momento in cui invece dovevano essere libere di accorrere ove bisognava proteggere le eruppe con il tiro delle artiglierie <li bordo. Nella considerazione ciel Capo di Stato Maggiore della Marina, l'occupazione di Bomba avrebbe intralciato, e non poco, il servizio di vigilanza delle coste, senza conseguire risultati tangibili e duraturi , ma con il rischio di paralizzare l'efficienza di qualche imporrante unità così come era successo alla R.N. Napoli. 47 18 R2, Lettera personale cli Poli io al Ministro della Guerra, generale Spingardi del 10.1.1912.


Motivazioni per la spedizione e la sua lunga preparazione militare __________35

domanda che egli poneva a se stesso era rivolta in realtà, sia pur in una lettera personale, al Ministro della Guerra, Tenente Generale Paolo Spingardi, e suo amico personale. Rocca Rey, scrivendo a Pollio il 17 gennaio, in risposta ad una sua lettera, lo metteva al cor-

\ 11 Ministm della.Guerra, · Tenente Generale Paolo Spingardi


I:Esercito Italiano nel Dodecaneso 1912-194)

rente 48 che in merito alla scorreria offemiva in Egeo 4 9, non era ancora chiaro se le cancellerie europee avessero un atteggiamento diverso rispetto ad una eventuale azione italiana nel Mediterraneo orientale. Rocca Rey non era molto convinto che una scorreria avrebbe avuto la forza di costringere il turco alla pace e anzi, qualora non si fosse riusciti nell'intento, tutto questo avrebbe portato ad una Jiminuzione del prestigio militare navale italiano. Ribadiva la necessità di prepararsi a fondo per essere pronti a tutti gli eventi importanti che si annunciavano per la primavera Se non intervenivano le decisioni politiche, non era possibile operare in alcun senso. Del resto le operazioni militari, in quella come in tutte le campag ne coloniali, erano indissolubilmente legate al fìne politico d eciso dal Governo; scriveva il Tenente Generale C. Caneva, Comandante del Corpo di Spedizione in Tripolitania e Cirenaica, io una circolare riservata in<lirizzaca al Comando del I Corpo d 'armata speciale a Tripoli, al Comando della 2a Divisione a Bengasi e della ila a Dcrna, ai Comandi dei distaccamenti di Homs e Tobruk 50 : La indissolubile connessione, che, in questa come in tutte le campagne rolonìali, vincola le operazioni militari af roncetto e al fine J1olitico, impone che alle ved11te j,olitiche sia coordinata qualriasi azione militctre, o nella sua concezione medesima, od ctfmeno nelle modalità della sua esecuzione in q1,1anto esse j,ossano avere ripercussione politica. Soltanto con q11esta perfetta corrispondenza di fini e di mezzi, tanto j,iù irulùpen.rahile quanto più complicato si Jiresenti il Jwoblema, /n1ii avere grad11ale e sicuro svolgimento un jmJgrarmna d'azione, che si proponga lo scoj}() grandioso di costituire unct wlonia ... Scopo della circolare, che continuava indicando precise prescrizioni da ottemperare, prima di eseguire operazioni militari di qualsiasi g enere sul territorio, era quel-

48 Pollio era stato infermo durante tutto il periodo delle festività e stava solo in

quei giorni riprendendo la vira attiva. 49 J.8 I{ 2 , lettera del 17 . I. 1912. SO L8 R2, circolare riservata del Comando del Corpo di Spedizione in Tripolitania e Cirenaica n . 161:1 del 22.1.1 9 12, dal titolo Pre.rffizirmi circa la decisione e lt1 esecuzione di o/1erazioni militari.


_______________ Motivazicmi _~r la speflizione e la sua lunga_ps~arazione militare

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lo di far astenere ogni responsabile militare da operazioni o movimenti che non fossero stati concordati con la superiore Autorità militare locale, alla quale il Comando del Corpo di Spedizione non avesse delegato i poteri civili e militari, come prescritto dal R. Decreto dell'8 ottobre 1911. Lo stesso Comando in capo o le Autorità militari locali , ne ll'ordinare o nell'approvare le operazioni, avrebbero fornito le indicazioni necessarie per fare in modo che le modalità di esecuzione potessero essere coordinate alfe esigenze e ai fini politici del momento 51 . Era dunque chiara a tutti la consapevolezza della grandiosità dell'obbiettivo da raggiungere, ma anche della sua delicatezza, considerando la politica estera di espansione attuata dall'Italia nel Mediterraneo orientale e gli equilibri necessari in quel settore e, di conseguenza, in tutto il bacino, ove Francia, Inghilterra e Germania perseguivano un dominio assoluto. Tra il gennaio e l'aprile del 1912, poiché Costantinopoli non sembrava affatto accedere all'idea di perdere i sia pur lontani territori libici, la bilancia pendeva sempre di più in favore dell'intervento nelle isole dell'Egeo. J tentativi di mediazione internazionale per indurre la 'forchia al riconoscimento dell'occupazione italiana della Libia erano falliti totalmente e quindi il Governo di Roma prese finalmente la decisione politica di portare la guerra nel cuore del Mediterraneo, minacciando da vicino le coste turche e il loro fiorente commercio e quindi occupando alcune isole considerate elemento chiave ai fini del conseguimento cli questo obbiettivo. Non ultima la necessità <li stroncare Ltna volta per tutte il contrabbando delle armi verso la Libia e l'afflusso cli uomini. Agli inizi <li aprile, furono stabilite le direttive di massima per l'azione navale: le quattro divisioni previste delle forze Navali sarebbero state ripartite in due gruppi: il primo, forte di tre Divisioni doveva operare, secondo istru zioni, nell'alto Egeo; il secondo, con una divisione, doveva operare al sud. Erano escluse, come già era stato discusso, operazioni territoriali: quindi compito delle navi

Yl

lhicl.


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[Esercito Italiano nel Dodecaneso 1912-1943

doveva esser solamente quello di compiere distruzioni costiere, e cioè abbattere forti, ferrovie litoranee, tagliare cavi sottomarini. Le operazioni però sarebbero state limitate alla costa asiatica: non erano ancora previste azioni <li bombardamento e distruzione per i forti all'entrata dei Dardanelli 52 . Le due squadre avrebbero scelto i ridossi più opportuni: probabilmente Lemno per le navi che operavano al nord; Stampalia, per quelle del sud. T~a squadra del nord avrebbe ini ziato le operazioni, partendo da Lemno procedendo verso Smirne, mentre le navi che operavano a sud partendo dalle vicinanze di Cipro, avrebbero proceduto verso nord. Veniva confermata la neutralità <li Creta, fìno a quando essa fosse stata rispettata dai turchi, mentre erano ammessi atti di ostilità contro Samo. Intorno ai primi <li aprile furono redatti i primi specchi <li previsione per la formazione di un distaccamento speciale, che in una prima

ipotesi doveva essere formato da una forza approssimativa di 2300 uomini e 350 quadrupedi, con dotazione di viveri ordinari per un mese, l 5 giorni di viveri di riserva, acqua e legna per l 5 giorni e 600 colpi per pezzo e per fucile. Già il 13 aprile la composizione della forza era notevolmente aumentata prevedendo circa 8000 uomini e 1000 quadrupedi: quindi non si poteva fare assegnamento solo su truppe già presenti a Tobruk, ma sarebbero dovuti partire dall'ltalia dei rinforzi. Anche le previsioni per i mezzi di trasporto della forza dovettero essere conseguentemente riviste. Una volta decisa la consistenza numerica, venne ufficialmente costituito il Distaccamento Speciale previsto per l'operazione, che in seguito sarebbe divenuto la 6A Divisione Speciale dell'Egeo: gli elementi che lo dovevano costituire provenivano in parte dall'Italia e in parte dalla Libia .. Era previsto che si concentrassero su Tobruk il 22 o il 2/i aprile; per il 30 aprile al massimo il distaccamento doveva essere pronto in quel porto: questo termine fu reso necessario anche per sopperire alla scarsità dei mezzi di trasporto che erano già impegnati in numero notevole per il trasporto delle truppe congedandi

52

18 R.2, Direttive di m,mimr.t per 1mr1 prossirna azione navale nell'Egeo. Appunto riservato per il Capn <li Stato Maggiore dell'Esercito. 2.4.1912.


_ _ _ _ _ _l\lly_tjy_:g_Lc.1ni per la spedizione e la sua lunga preparazione militare

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dalla Cirenaica e Tripolitania in Italia, che era in corso proprio 111 quel periodo. Quando il convoglio fu finalmente riunito a lobruk, con tutti i reparti, i servizi e le dotazioni, constava <li otto piroscafi con carico di truppe e materiali e uno carico solo di materiali. Ne faceva parte anche la nave ospedale 'Re d'Italia' per lo sgombero dei feriti. Il 'Distaccamento di Bomba' 5 3 dunque era formato su 10 battaglioni, con 6 sezioni mitragliatrici, 20 pezzi, riparti vari del genio e con una aliquota adeguata di servizi. Sarebbero affluiti dall'Italia il Comando <lel Distaccamento con una sezione <li Carabinieri Reali 54 ; un gruppo di 2 batterie da campagna mod. 906 con attacchi ridotti; una sezione di sussistenza; due sezioni mitragliatrici dell' II 0 fanteria, tre squadre di minatori. Per quanto riguardava il contributo delle truppe già presenti in Libia, sarebbero partiti da Tripoli il battaglione alpini Fenestrelle, con sezione mitragliatrici; una batteria da montagna su li pezzi, con colonna munizioni; il personale necessario per due stazioni radiotelegrafiche, il materiale <lelle quali era in attesa <li imbarco a Napoli; un reparto da montagna di sezione sanità; un ospedale da campo da 100 letti ed uno della Croce Rossa, ambedue senza mezzi <li trasporto; un gruppo di forni, anche essi senza mezzi di trasporto, 4 mod. 97 someggiato e 3 mod. 93, con un ufficiale e 72 uomini di truppa. Lo specchio della forza confermava la formazione inizialmente prevista, con poche variazioni 55 . In totale dovevano far parte del

"H Venne chiamato con questo nome, per evitare fughe di notizie circa il reale obbiettivo della nuova rormazione. 54 La sezione era composta da un ufficiale, 13 carabinieri a cavallo, 23 a piedi, 1 carabinieri ciclisti, cori un attendente per l'ufficiale, fornito dal Comando ciel X 0 Corpo J' Armata. 55

LS R61, Spea-hio de!!rJ forw d,el Dìstam1,mento di Bombd, allegato alle Direttive per

l'ocmJ,azùme dell'i.wla di Rodi, n. 2 574 del 2 2.4.1912. Alle forze prt~viste fu aggiun-

to un plotone della Guardia di Finanza di Mare. Fu aumentato il numero dei forni. Cfr. anche Memoria s11!la c0Jtit11zione del DiJtaaamento di Bomba, per gli ulteriori dettagli della composizione in L8R 180. Per la forza presente al momento dell'occupazione v. Distaccamento di Bomba. Speahio della fwza in LS RGl.


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L'Esercito Italiano nel Dodccaneso 19 12-19/43

Distaccamento 8494 uomini: 2 5 8 ufficiali, 8213 uomini di trnppa, 1186 quadrupedi e 108 carri a due, a quattro ruote e speciali, 16 biciclette: erano aggregate anche varie unità non militari, i funzionari civili che seguirono la spedizione per organizzare alcuni servizi: due del Ministero degli Interni, due di quello delle Finanze, uno del Tesoro e uno del Ministero di Grazia e Giustizia; un segretario di Ufficio postale, tre ufficiali postali, due commessi, tre interpreti56. Sarebbero partiti da Bengasi il 57° reggimento fanteria con due interpreti, il 4° reggimento bersaglieri con una sezione mitragliatrici, una compagnia di zappatori con parco e salmerie; un plotone di minatori; un plotone di telegrafisti e telefonisti. Da Derna dovevano affluire un comando di gruppo di artiglieria da montagna. Il presidio di 'fobruk doveva fornire il 34" reggimento fanletia nella sua formazione speciale 5 7 , provvisto di <..lw.: iutcrpreti;

una salmeria <li distaccamento <li un ufficiale, 75 conducenti e 50 muli. J;Intendenza del Corpo di Occupazione della Libia, che doveva sovrintendere alla costituzione del Distaccamento, doveva altresì fornire tutto il munizionamento occorrente per artiglieria, se mancante, e portare a 600 colpi la dotazione di ciascun pezzo da campagna e da montagna. Naturalmente occorreva provvedere anche al materiale sanitario occorrente per 8000 uomini, forza mediamente prevista 58. Ai militari si sarebbero aggiunti altri civili per i servizi successivi all'occupazione, che dovevano partire da Siracusa il giorno 20 aprile con il 'postale' in servizio tra la Sicilia e la costa libica. Fu data istruzione che nella corrispondenza cifrata e non , l'operazione di preparazione della scorrerict nell'Egeo doveva essere indicata 56 Nella Memoria JUlla costitztzione del Distaccamento di 1-lomba , s.d. nel.lo specchio della forza in 18 Rl80 i numeri cotali variano leggermente: 9282 uomini; 1309 quadrupedi, 117 carri. Sostanzialmente erano state rispettate le previsioni di formazmne. 57 Aveva costituzione speciale perché senza carreggio, mentre due battaglioni e lo Stato Maggiore del reggimento erano dotati <li salmer.ie.

5R 18 R 204, Promemm-ia per l'Intendente del Corpo di Occupazione della Libia. Napoli.

13.4.1912; 18 Rl80, Memoria sullr1 costit11zione del Distaccamento di B omba, s.cl. cit. s1tjJra.


Motivazìonì per la spedizione e la sua lunga preparazione militare ________ 41

come oj1erazione di BOMBA S9 e il relativo reparto di formazione,

Distaccamento di Bomba. Nonostante tutti gli studi preparativi, il principale protagonista della prima fase dell'operazione, cioè il Capo di Stato Maggiore della Regia Marina e i suoi collaboratori, alla metà di aprile, ancora non erano convinti delle varie fasi dell'operazione, cioè su quali isole puntare. Prova ne sono due promemoria per il Ministro della Guerra, uno del 16 e l'altro del 18 aprile 60 : in ambedue si fanno ulteriori considerazioni sulla possibile occupazione di Rodi, considerata complessa, snlla sua lontananza dall'Italia e la sua vicinanza alle coste asiatiche dell'Impero ottomano, con conseguente dispendio di energie per mantenerla e sostenerla contro eventuali attacchi nemici. I vantaggi dell'occupazione di Rodi venivano considerati limitati: materiali, nulli perché l'isola non rappresenta nes.run valore mili-

tare o economico. Vantaggi guerreschi dubbi J1erché l'oa-upazione di Rodi difficilrnente basterrl d,r.t sola per costrinf!,tre la 'l'ttrchia alla pace. Effetti morali d1.traturi nulli, perché la Turchia .ra benissimo che la nostra o,u4,azione non può essere che temporanea e che al termine d,ella guerra q1.tell'isola senza dubbio tornerà in pieno possesso del S1,tltano ... Non altrettanto bene venivano viste le occupazioni di Stampalia e Scarpanto e altre isolette. Rocca Rey continuava a ritenere che l'impegno della flotta italiana doveva essere profuso solamente in operazioni che potessero comportare una ferita seria per la Turchia altrimenti, come al solito, non sarebbero servite a costringere il nemico alla pace; al contrario forse, sarebbero state la prova palese cli una scarsa professionalità nell'impiego delle forze italiane, logorando solamente la flotta ed esaurendo inutilmente le finanze . Egli riteneva che era meglio concentrare le forze disponibili in Libia per accentuare il dominio e stroncare energicamente ogni forma di contrasto,

senza .1parpagliare armi, soldati e navi in jl!J,nti eccentrici, distinti e inospitali, il che rende sempre più difficili e co.rto.re le già complesse J1rovvidenze che

59 lbid. 60 1.8 R 3 e R 180: due promemoria in data 16./i. e 18.1.1912, ambedue classificati ri.wrvatis.rirno pel'.fonale.


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L'Esercito Italiano nel Dodccancso 1912-19f,

si devono ,,1f/rontare per la simrezza e il vettovagliamento de/te nostre truppe oltremare.

Due giorni dopo in un secondo promemoria al Ministro, Rocca Rey esponeva ancora una volta alcune considerazioni tecniche che è interessante ricordare nei dettagli, perché in realtà, anche se il Dodecaneso è stato nelle mani italiane fino al 1943 (dopo fu occupato dai tedeschi e poi dagli inglesi), con i mezzi di trasporto disponibili allora, l'Ammiraglio Capo di Stato Maggiore della Marina aveva saputo analizzare con correttezza da un punto di vista geopolitico l'operazione e il valore strategico delle isole, anche in un momento politico che privilegiava fortemente una politica di occupazione e di espans10ne. Rocca Rey rilevava che Rodi era a dieci miglia dalla costa turca mentn: era distante 660 miglia dalla piì.1 vicina base italiana, cioè quel-

la Ji Tobruk; quindi Rolli era minacciata dalla flotta turca, che durante la guerra italo-turca era rimasta inattiva ai Dardanelli, vicino all'arsenale di Costantinopoli, e cioè vicina alla base di rifornimento e di raddobbo, quindi in grado di essere in completo assetto e in piena efficienza, mentre le navi italiane non avevano la stessa possibilità. Dunque per Rodi s'imponeva l'obbligo di scortare il convoglio di spedizione e di mantenere in seguito una squadra navale almeno pari, per numero e composizione, alla squadra turca, per respingerne un eventuale agguato. La squadra italiana doveva essere rifornita con continue crociere e sarebbe stata logorata da una snervante vigilanza notturna e quindi avrebbe dovuto essere avvicendata rapidamente. L'occupazione di Rodi avrebbe quindi imposto l'immobilizzazione di due squadre navali, in totale una decina di navi e una quarantina di siluranti. Dal punto <li vista poi <lella vita sull'isola, Rodi non era nemmeno in grado di sopperire alla alimentazione della sua popolazione, che era in quel tempo di circa quarantamila unità. Era quindi evidente che bisognava provvedere ad inviare tutto dall'Italia per rifornire il corpo di occupazione e la squadra navale. I convogli avrebbero avuto bisogno di una scotta e quin<li ulteriori forze navali sarebbero state impiegate, con un'aggiunta di nuovi, numerosi e gravosi compiti che si sarebbero sommati a quelli già esistenti per la Libia.


Motivazioni per la sptxlizione e la sua lunga preparazione militare

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Rocca Rey scriveva di non sapere se le ragioni politiche che consigliavano l'occupazione di Rodi fossero tali da dover avere la meglio sopra ogni considerazione di ordine militare marittimo. Il Capo di Stato Maggiore della Marina era personalmente contrario all'occupazione di Rodi solo pochi giorni prima dell'operazione. Ma la spedizione era stata ormai decisa a livello politico e i suoi preparativi erano in stadio avanzato. Intanto il 18 aprile la flotta italiana aveva bombardato i Dardanelli, nel tentativo di far uscire la flotta turca dallo Stretto e fare in modo soprattutto che fossero i turchi i primi ad aprire il fuoco. Alle 13 dello stesso giorno, dopo aver distruttO alcuni forti, le navi italiane si dovettero ritirare e la Turchia provvide a chiudere gli Stretti, che peraltro furono riaperti solo una ventina <li giorni dopo, il 2 maggio 61 : l'irritazione delle potenze europee fu molto chiara, in particolare della Russia e di Nicola 11, che reiterava a Francia e Gran Bretagna le richieste, già avanzate dai suoi predecessori, circa la sovranità russa sul Bosforo, sui Dardanelli, e sulla stessa capitale sultaniale, per permettere alla sua flotta di uscire dal Mar Nero e<l entrare nel Mar Mediterraneo, in qualsiasi momento e senza alcun controllo o ostacolo. Le potenze europee non avevano però mai lasciato mano libera agli zar né intendevano farlo. La libertà di navigazione degli Stretti era troppo importante perché ne fosse depositario un solo stato. La pur breve chiusura degli stessi era stato un colpo violento anche per gli interessi economici europei. La stabilità della situazione nel Mediterraneo sembrava essere stata messa seriamente in pericolo. Il Regio Governo non volle dimostrare alcuna debolezza e continuò nei suoi progetti, facendo chiaramente capire al Sultano e alle Cancellerie europee che non si sarebbe fermato a quella che aveva indicato essere solo 1.ma dimostrazione navale, ma che era ben intenzionato a chiudere la partita con il governo ottomano.

61 Per i dettagli sulla spedizione cfr. tra gli altri M. Gabriele, La Marina nella guerra ... cit. p.159-160 e id con G. Friz, cit, p. 186-187, in particolare la nota n.

19, con ampio stralcio relativo alle operazioni nel Do<lecaneso, della relazione sulla campagna di Libia rcdarca il 30 marzo del 1913 da Rocca Rey.


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l:lisercito lta.liano nel Dodecancso 1912-1943

Come ben fa notare il Gabriele nel suo volume sulla partecipazione della marina nella guerra italo-turca 62 , il Regio Governo, dopo i fatti <lei Dardanelli e un accorto lavorio diplomatico, aveva ottenuto verso la fine di aprile dagli alleati una 'maggiore comprensione' per le proprie richieste nel Mediterraneo e soprattutto per quanto riguardava i suoi rapporti con il decadente Impero ottomano, per la definizione della situazione in Libia, anche se l'eventuale occupazione <li isole dell'Egeo suscitava sempre un certo allarmismo tra le potenze europee. Risulta altresì una valida, anche se parziale, analisi quella fatta dal Sertoli Salis nel 1939 63, quando sostenne che l'Italia conquistò l'Egeo a) per ostacolare in genere l'afflusso di uomini e armi che affluivano da Costantinopoli in special modo verso la Cirenaica; b) per avere in mano un pegno per negoziare la pace con il Sultano e) per ottenere un punto di appoggio per la nostra penetrazione in Asia Minore. L'operazione appunto va inquadrata nella politica del tempo, quando ancora 'lo .rcramble /or Africa' era intenso e le potenze desideravano sempre più ampliare i loto imperi coloniali o proteggerli da appetiti esterni. In più, un grande impero territoriale come yuello ottomano era in via di disfacimento e quindi non poteva essere persa alcuna opportunità per espandersi a spese di Costantinopoli.

62 Cit. , pag.

155 e ss.

63 Le isole italùme dell'flgeo d,;//'occup(;zione ,;/lr1 swranità, Roma, 1939.


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1.2. Rodi ele altre isole

vengono conquistate

e

ome per la proget~a~ione, anche la parte finale de_lla_ prepa~ raz10ne della sped1z1one venne mantenuta segret1ss1ma. V1 era il continuo timore che i turchi potessero comprendere che tipo di operazione si stesse approntando. Una serie di telegrammi scambiati fra il 23 e il 30 aprile rendono note quante precauzioni furono prese per far sì che nulla trapelasse 1 , soprattutto che non si sapesse della partenza del tenente generale Giovanni Ameglia, designato al Comando del Corpo di Spedizione. Era ritenuto vitale che nessuno conoscesse i suoi movimenti e gli fu persino impedito di muoversi da Tobruk per fare una ricognizione in mare reputata necessaria sul futuro teatro d'operazione, sia pur segreta, dallo stesso Pallio che gli ord i nèi di non rnuover.ri e di non dare se,~ni di vita 2 . Tra le varie disposizioni collaterali che furono prese, ad esempio, fu impedita la partenza da Derna per Tobruk dei corrispondenti dei giornali, poiché sembrava che avessero iniziato a sospettare cli qualche particolare movimento delle truppe. Era comunque assai cliffìci le realizzare la censura sull'intera corrispondenza in partenza e in arrivo a Tobruk, in modo integrale: essa dovette dunque essere esercitata prioritariamente in Italia, sia quella postale che quella telegrafica. Alcuni informatori avevano riferito che in campo nemico in realtà già si fosse a conoscenza della partenza cli alcune truppe: solo che i turchi le ritenevano dirette a Marsa Susa o a Tolmetta, e non a Tobruk, e <li conseguenza avevano già inviato ordini alle tribù arabe di quelle località di riunirsi per impedire lo sbarco agli italiani. 1 2

La serie Ji telegrammi si trova in L 8 R 180.

L8 R 180, telegramma n. 1080 del 23 .4.1912: In attes,-, istruzioni, consenziente t1mmimglio J1artirei su Città Messina per eseguire ricognizione in mare località da oaujl,tre. Ritornerei ventisei sera. Domt1ndo md/r,1 osta. Amey,lio a cui fu risposto <la Pollio con rckgramma n. 2684 diretto al generale Damico a Tobruk: Preghi generale mio nome non rnu11Veni non dare segno di vita.Generttle Pollio. Già prececlentemente per lo stesso tramite aveva informaro Ameglio che avrebbe ricevuto le istruzioni dal Maggiore Ernesto Mombel li verso la lìne del mese.


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_____ I:Esercito Italiano nel Dcx!ccaneso l9 l2-1943

Le direttive per l'occupazione di Rodi furono inviate il 22 aprile I 91 2 3. Erano indirizzate a Ameglia, a lui consegnate dal Maggiore degli Alpini Ernesto Mombelli, in servizio presso lo Stato Maggiore, il giorno 30 aprile, mentre il generale si trovava nella rada di Tobruk, imbarcato sul piroscafo 'Bulgaria'. Intanto in modo pacifico la Regia Marina, 2A Divisione della lA Squadra aveva preso possesso di Stampalia il 28 aprile, per creare una prima base. Le istruzioni indicavano che il contingente avrebbe dovuto partire mantenendo la rotta di ponente fino alla notte. Anche gli equipaggi non dovevano essere a conoscenza della vera destinazione e per queste ragioni il convoglio avrebbe dovuto prendere, partendo, una rotta iniziale che non potesse svelare il vero obiettivo. Inoltre, come sopra ricordato. Ameglio veniva investito di tutti i poteri civili e militari. Per le operazioni di sbarco Amcglio avrebbe dovuto prendere accordi con il Comandante delle forze navali di scorta. Per quanto riguardava i I concorso della Regia Marina alle operazioni terrestri successive allo sbarco, le necessarie comunicazioni ad Ameglio sarebbero giunte dall'Ammiraglio Viale, Comandante in Capo delle Forze Navali Riunite4, su indicazioni del Governo. Veniva lasciata al generale Ameglia e all'ammiraglio Amero d'Aste, Comandante delle Forze navali presenti a Tobruk la più ampia libertà d'azione nell'esecuzione del mandato, ma si indicava la baia di Trianda a ovest di Rodi come la località più opportuna per lo sbarco; anche Kalithea, poco sopra Rodi veniva indicata come utile. Non si escludeva la possibilità o la convenienza di servirsi dello stesso porto di Rodi. L'impresa venne considerata importantissima 5, a livello politico e

3 L8 R61, Direttive J1er l'omtjiazione dell'isola di Rodi, n.2571 Proc. ris., 22 aprile 1912. 4 Viale, già Comandante della seconda Squadra navale, nell'aprile 1912, sostituì il

pari grado Faravelli, che si ritirava per motivi di salute. 1.8 R61, Comando Divisione Speciale, Relaz ione .rulle operazioni militari di Rodi, <la Rodi, 13.5.1912, a firma Amcglio e L8 Rl25 Spedizione in Tripolitania e in Cirenaica - Operazioni per la 0fCuj,azùme di l?.odi, Bollettino n. 11 del Comando del Corpo di Stato Maggiore - Ufficio coloniale - Roma 15 giugno 1912. ':i


Rodi e le altre isole vengono conquistate

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militare. Una volta conquistata la città di Rodi, la linea di condotta che il generale Ameglia avrebbe dovuto far rispettare nella città e nell'isola era tracciata nello stesso testo del proclama, previsto per l'emanazione subito dopo aver issato la bandiera italiana sul fotte turco: buon trattamento ai .ro!tomeni, molta severità coi ribelli. Funzionari civili accompagnavano il generale Ameglio per la direzione e il disbrigo di tutti gli affari che non fossero di esclusiva competenza militare. Era previsto che almeno agli inizi dell'occupazione fosse lasciata funzionare l'amministrazione civile dell'isola con il suo personale. In seguito l'esperienza italiana, più progredita, avrebbe indicato i modi necessari per governare e migliorare .la situazione di Rodi. Nelle istruzioni era previsto che il generale Ameglio dovesse g iornalmente spedire un telegramma al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro <lella Guerra sugli avvenimenti quotidiani. Mentre per avvenimenti di carattere puramente militare, Ameglio avrebbe dovuto corrispon<lere direttamente con il Capo di Stato Maggiore dell'Tisercito Poli io. Per quel che riguardava i servizi logistici, suo interlocutore sarebbe stata la Intendenza del Corpo di Occupazione de lla Libia, con sede a Napoli. Peraltro Ameglia non aveva alcuna dipendenza con il Comandante di quel Corpo. Le Direttive terminavano con le seguenti parole: Si raccomcmda di fc,r osservare dalle truj,pe /r,1, più stretta discijJ/ina e di tenerne elevato il morale. Tutti i militari del distaccamento d.evono essere _fìeri di aj1partenere ad ttrt corpo, il quale occuj,a un'isola che fu antichissima culla di civiltà, che fu illustrata da azioni di v,erra gloriose per l'eternità, ed alla quale noi italiani siamo anche legati per i ricordi della gloriosa Casa di Savoia. Insieme alle istruzioni per l'occupazione di Rodi, Ameglia ricevette anche quelle per il funzionamento dei servizi civili. Il console di la classe Gino Macchioro Vivalba6 avrebbe assunto la direzione <li quei servizi, alle <lirette dipendenze del Comandante del Distaccamento. Ameglio decise che lo sbarco nella baia di Kalithea, a ri<losso dei 6 L8 R61, il 5 maggio 1912 Ameglio nominò il Macchioro VivaJba Direttore degli Affari civili dell'isola di Rodi , con i I titolo cli Regio Commissario per l'amministrazi une cieli' Isola.


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IJ]scrciro Italiano nel Do<lecaneso 1L9-'-'l2"-----"l.L94.!.,3'-------- -

venti predominanti nella regione, presentava migliori condizioni marittime, non poteva essere seriamente contrastato <lai reparti nemici in posizioni dominanti e permetteva in più di sbarrare prontamente e direttamente la ritirata su Psitos delle truppe turche 7 . Alla fine di aprile il Corpo di spedizione era nella baia di Tobmk, quasi al completo. La preparazione logistica tra raccolta cli materiali e carico dei piroscafi durò <lai 13 aprile al 2 maggio, anche perché le operazioni di imbarco furono allungate <lai fatto che i piroscafi previsti giunsero a Tobruk alla spicciolata, ritardando sensibilmente l'approntamento della spedizione e penalizzando un uso razionale del tempo a disposizione. Il 30 aprile il contingente era finalmente riunito su cinque piroscafi noleggiati: mancava solamente il Sannio, che era appena arrivato a 'fobruk: e doveva ancora imbarcare il 34° fanteria e il Vr1lparaiso che arrivò solo il due maggio, alle prime ort> <lei mattino 8 . La partenza del convoglio Ameglia, segnalata in forma cifrata, come indicava un telegramma di Pollio, indirizzato al generale Damico a Tohrnk, avvenne il 2 maggio verso mezzogiorno 9_ La flotta, al comando dell'ammiraglio Marcello Amero d'Aste Stella, alla sua

7 Gli Ordini di Opt>razioni n. 1 e quello n. 2 portano ambedue la data ùel l maggio 1912 e sono a firma ùel Comandante della Divisione Speciale Ameglia, indirizzati ai Comandi di Corpo o di Riparto autonomo e ai capi servizio della Divisione.

8 I.a spedizione risultò composta da sette piroscafi, scottati dalla 1 a divisione della

2a sguaJra e da due torpediniere per il viaggio cla Tobruk a Rodi; un gruppo di torpediniere protesse i piroscafi durante le operazioni <li scarico. 9 L8 R 180, rcl.mma n. 89 del 30 apri le, ore 17: Cifri il colonnello ( .... } j1erJonttlmente. Genertde Dmnico Tobrttk. N.89.Rosso.Decifri jler.wn,ilmente. Testo: partenza convot:lio .Arneglìo mi deve e.JJere lelegrafato da V.S. colle pctro!e seguenli non ci(rnte oggi 11rrivate JanJe wsse di 1mmizioni sostttuendo parole tante con indicazione ora e mettendo data dof,o parola oggi per maggiore chiarezzrJ. Generale Pallio. La risposta fu inviata con tel. 2460 'precedenza assoluta', del 2 maggio 1912. L'originale nella .~egnatura archivistica sopra citata. Per i dettagli delle operazioni navali v. Relazione del Ministern della Marina, La Marina nella guerra italo-turca, Roma, 1912 e C. Manfroni, Guerra italo-t11rcr1, cronistoria delle opemzioni nav11li, Roma, 1912, voi. Tl. V. anche G. La Bua, cit, p.446 e ss.


Rodi e le altre isole vengono conguisrate _______

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partenza, si mosse in modo da ingannare gli arabo-turchi circa la destinazione del convoglio 10 . Le istruzioni indicavano infatti che doveva essere mantenuta la rotta di ponente fino alla notte. Come sopra ricordato, nessuno doveva essere a conoscenza della vera destinazione e per queste ragioni il convoglio avrebbe dovuto prendere, j,artendo, una rotta iniziale che non potesse svelare il vero obie1tivo. La mattina del 2 maggio Ameglia chiamò a rapporto i Comandanti <li Corpo e i Capi servizio per l'esposizione <lei piano d'operazione 11 . Passò in rivista le eruppe sui rispettivi piroscafi. Alle undici del <lue maggio 1912 il convoglio, scortato dalla 2a Squadra navale partì facendo fìntamence rotta su Bomba. Dopo due ore di navigazione, le navi si misero sulla rotta di Rodi. Ameglia imbarcò sulla Regia Nave Margherita, insieme al Comandante in Capo della Squadra. Il convoglio gi1msc all'altezza della baia di Kalithea alle due del li maggio e alle tre Jmse la fonda. Verso le 4 del mattino dello stesso giorno iniziò lo sbarco di compagnie di marinai e iniziò l'operazione come previsto nel piano che era stato deciso. Nella stessa mattina del 4 maggio la flotta aveva bombardato Rodi e delle negoziazion i erano state avviate tra il Comando in Capo delle Forze navali e le Autorità civili di Rodi per la resa della città. Condizione perché non fossero ripresi i bombardamenti il giorno successivo era che il valì della città e il comandante delle eruppe turche avessero fatto esplici to atto di sottomissione al generale Ameglio. Alle ore 19 del 4 maggio le truppe decisero <li passare la notte all'addiaccio, poiché il Comando non riteneva prudente avanzare ulteriormente per occupare la città <li Rodi allo scopo di non cadere nelle insidie del nemico e anche per non recare danno ai consolaci stranieri. La mattina del 5 maggio, poco dopo l'alba, Amcglio Jiede l'ordine di avanzare su Rodi. Accerchiate le posizioni, Ameglio inviò il proprio Capo di Stato Maggiore, il Mombclli, con una scorta ad intimare la resa, concedendo un'ora di tempo, trascorsa la quale sarebbe di nuovo iniziato il bombardamento su Rodi. Alle otto del mattino le

IO

L8 R204, cel.mmi di Lconardi Cattolica all'Ammiraglio Amero del 28.1.1912.

11

Ordine d'Operazioni

11.

1 e n. 2 in L8 RGl.


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l.'faercito Italiano nel Dcxlecai1eso_,1_L9-'--12=----"-l.... 94""3'-----~

Autorità di Ro<li fecero esplicito ateo di sottomissione: alle ore un<li ci le truppe italiane entrarono in Rodi Jolennemente ... accolti con gioia da gran parte della popolazione 12 . Si hanno assai poche testimonianze dell'entrata degli italiani a Rodi: solo recentemente è uscito un interessante volume che, narrando le peripezie <li una famiglia sefardita <li Rodi, ricorda i primi giorni della presenza italiana nell'isola. Scrive Vittorio Alhadeff, ultimo discendente di una importante famiglia <li commercianti, che si era installata a Rodi quando gli ebrei erano stati cacciati dalla Spagna dai re Cattolici_fe garde le pluJ vi/ sotJvenir du 12 rnai 1912 jottr où 1me imposante flotte italienne se présenta devanl RhodeJ, menacant de hombardi:r la ville .. . 1 3. La popolazione, in maggioranza greca, vide molto favorevolmente l'occupazione italiana, che li affrancava dal giogo dei turchi. Vedeva l'occupazione italiana, ritenuta solo temporanea, come un passo per una eventuale annessione alla Grecia 11_ Le perdite furono pochissime: un soldato morto; 5 feriti, dei quali uno morì i 1 giorno dopo; un maresci,ùlo di fanteria, preso prigioniero dai turchi. Garantito l'ordine pubblico in città, Ameglia aveva in animo <li lasciare meno di un terzo delle forze a difesa e a presidio di Rodi e di avanzare nel resto dell'isola per prenderne completamente il possesso e ovviamente annientare il nemico. Secondo le istruzioni ricevute per l'organizzazione <lei governo 'civile', Ameglia <loveva regolare l'occupazione in modo da escludere atti 12

18 R61 V. N.ela zione SJt.!le ojic<razioni militttri di Rodi, cit. supra, p. 10.

13 Vittorio Alhadeff era nato nel 1904 nella città cli Rodi. Nel 1924 la famiglia si era trasferita in ltal.ia e Vittorio era divenuto un noto avvocato e professore cli diritto alla Bocconi di Milano. Le leggi razziali costrinsero la famiglia J\lhacleff a lasciare l'Europa per l'Argentina, <love Vittorio divenne un importante nomo d"affari . All'età di 85 anni decise di scrivere la storia della sua famiglia nel volume L, cita en lfaenoJ Aires, la sag,1 de una gr,mdefmnilù1 sefimlì, pubblicato in Huenos Aires nel 1996, tradotto in francese con il titolo Le chène de Rhotle.L r.a saga d'une grrmde famil!e séj1httrade, Parigi, 1998, p. 19. Per quanto riguarda la data del 12 maggio, è evidente che l'Alhadeff non ricorda esattamente il giorno, ma ricorda nettamente gli avvenimenti e soprattutto quello che poi realizzarono gli italiani a Rodi. 14 Cfr. anche N. Doumanis, Una faccia, ima razza. Le colonie ìtaliane 11ell'Hgeo, Ilologna, 200 5, p. 51 e ss.


Rodi e le altre isole vengono conquistate

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che implicassero, almeno per il momento, l'intenzione di annettere il territorio o non restituirlo alla fine della guerra. Fino alla pace tra Italia e Turchia, le isole saranno un J1egno, una occupazione provvisoria; successivamente alla pace del 1912, di tratterà di vera e propria occupazione bellica. Quindi dal punto di vista legislativo, le leggi vigenti rimanevano in uso. Le uniche deroghe previste sarebbero state relative alle disposizioni per la sicurezza militare nell'interesse dell'ordine pubblico: dunque per i reati contro l'esercito occupante, la sua sicurezza e per quelli politici sarebbe stata applicata la legge italiana. Per il resto la giustizia doveva essere amministrata nelle forme e dagli organi con sueti. Le sentenze sarebbero state emesse 'in nome della legge' e non in nome del Re d'Italia. Se continuavano a funzionare i tribunali locali, non vi sarebbe stata necessità di surrogazione da parte dell'autorità giudiziaria militare italiana, che comunque rimaneva competente per tutti i reati commessi da indigeni contro le truppe e la loro sicurezza, per quelli politici e quelli comuni commessi dai militari italiani. Tutti i culti dovevano essere rispettati specialmente il muJSulrnano dove esiste, evitando così che di qtktlsiasi cttto di tolleranza si faccia arma l5 contro gli italiani. Altro punto importante era quello relativo al regime capitolare: infatti i privilegi riconosciuti a tutti gli stranieri dalle Capitolazioni 16 dovevano essere rispettati scrupolosa-

I

5 L8 R6 l, CSM, lJtmzioni al Comandante del Corpo d'Occupazione per ìl funziownnrmto

dei .rervizi l'ivi/i. 16

Nel 1535 Francesco l aveva ottenuto dal Sultano <li Costantinopoli dei particolari privilegi per la Prancia e per i suoi cittadini residenti nell'Impero ottomano. Altrettanto avevano facto le altre nazioni europee. I trattati capitolari, che traevano il nome dai capit11la in cui si articolavano, non erano in realtà dei trattati imposti al Sultano Ottomano e.lai regnanti europei: al contrario erano in effetti <lei trattati di commercio, di navigazione e di stabilimento, secondo quanto fin dall'antichità gli stari avevano avuto interesse a concludere nelle loro relazioni bilaterali con Costantinopoli. Il Sultano dunque consentiva in questo modo che cittadini delle nazioni 'capitolari' potessero risiedere, commerciare, lavorare sul suo territorio; ma con il passar dei secoli, e soprattutto durame il periodo della massima espansione dell'imperialismo europeo nell'Africa del Nord, il regime capitolare aveva finito sempre per favorire in vari mo<li , specialmente in campo


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mente, salvo le limitazioni imposte dalle imprescindibili necessita della guerra e della sicurezza del corpo di sped izione. Ad occupazione avvenuta, in effetti, una volta creato il Regio Commissariato per gli affari civili, due furono i principi guida che furono seguiti: 1) rispetto dei privilegi propri di ciascuna isola, quei privilegi che erano stati confermati nei Firmani 17 imperiali turchi e 2) rispetto dello stato giuridico preesistente all'occupazione italiana, rispetto alle Capitolazioni (verso i suclditi esteri), ai diritti del Debito Pubblico ottomano (era un Istituto internazionale), alle costumanze locali. Non fu per.ùtro facile e agevole l'applicazione del regime capitolare: più volte il Presidente della Coree <l'Appello istituita a Rodi ebbe a lamentarsi con il Governatore cli Rodi della difficoltà di disbrigo degli affari giudiziari, in guanto mancava un regolare elenco di coloro che potevano usufruire <lei privilegi derivanti <lai regime capitolare. Era certamente inusuale che l'Italia, la cui civiltà era riconosciuta nel consesso internazionale, rispettasse alla stregua dell'impero ottomano, ritenuto poco affidabile dalle grandi potenze, un regime <li privilegi non più accettati in Europa. Il rispetto del regime capitolare era un altro segnale che il governo di Roma mandava alla potenze per far ri tenere provvisoria la sua presenza nell'Egeo e alle popolazioni locali per tenere la situazione sotto controllo. Un paragrafo a parte era dedicato alla stampa quotidiana e periodica, per il quale non si sarebbero dovuti ammettere corrispondenti lìscale, gli stranieri resi<lenti sul territorio sultaniale e i sudditi ottomani a<l essi associati, creando rii farro, in molti casi, una categoria di cittad ini, locali e .~tran.ieri, fiscalmente e socialmente privilegiata, anche dal punto di vista <lei diritto civile e penale. Con la nuova sistemazione della regione mediorientale, quei privilegi dovevano essere eliminati. La Turchia repubblicana avrebbe proceduto nel 1925 al l'abolizione del regime delle capitolazioni; la Persia di Reza Shah Pahlavi vi avrebbe provveduto con at to unilaterale nel 1927; l'Egitto in<lipendente vi riuscì tramite un Accordo bilaterale con le Potenze europee, stipulato a Montreux nel 19:,6. L'elenco dei numerosi trattari capitolari bilaterali, che forono appunto aboliti in quella occasione, fu allegato all 'Atto Pinale di quella Conferenza del 19:16: il 90% circa riguar<lava gli aspetti economici e fiscali della presenza e delle occupazioni dei cittadini europei in Egitto. l 7 Editti del Sultano.


Rodi e le altre isole vengo~o rnn._oiy"" m·sc=a~te~---,.,,.

nell'isola o lasciare che si pubblicassero corrispondenze che eccitassero la popolazione greca, in quanto ritenute pericolose. A sole 48 ore dall'ingresso della città di Rodi, i servizi civili avevano iniziato a funzionare di nuovo quasi regolarmente. Il concetto base seguito fu quello di cenere al loro posto quegli impiegati ottomani necessari e utili, che non fossero sospettabili per ragioni politiche. Solo il Capo dell'Ufficio doveva essere sostituito da uno italiano. Era previ sto che gli impiegati ottomani avrebbero resistito alle pressioni italiane, per timore di essere licenziati dall'amministrazione ottomana. Infatti molti funzionari turchi, per poter operare, chiesero le autorizzazioni a Costantinopoli. Comunque la macchina burocratica civile si rimise in moto, in parte ottomana e in parte italiana, in uno strano connubio di occidentalismo e levantinismo. Di difficile solminnf-'. risultò la questione delle Dogane: il regime dei dazi doganali era regolato da convenzioni internazionali e non poteva essere comunque toccato dagli italiani. In quel periodo storico, sia nell 'Impero ottomano che in Persia, ad esempio, il problema delle entrate doganali era particolarmente importante, perché rappresentava la garanzia di solvenza, quando possibile, del debito pubblico per quei paesi. Le Dogane venivano quasi sempre gestite dai rappresentanti degli Stati maggiormente credicori o <la stati neutrali, per assicurare la cassa e il suo utilizzo. L'Impero Ottomano era fortemente indebitato con gli stati occidentali e questo problema agitava, anche positivamente, le Cancellerie europee. Nel Dodecaneso, l'Tspettore delle Dogane era un austriaco. Non fu facile agli inizi sapere su quanto personale turco sarebbe stato possibile fare affidamento, ma in breve tempo i servizi poterono essere organ izzati, anche se con mille difficoltà dovute alla complessità dei regolamenti e alla scarsa attitudine <lei funzionari ottomani a rispettare senza corruzione la normativa vigente.! servizi doganali e portuali vennero affidati alla Guardia <li finanza che era presence sul territorio. L'organizzazione dei servizi per la Giustizia necessitò di ulteriore tempo 18 .

18

ln 1.8 R61 vi sono molte re.Iazioni a firma di Ameglio che danno dettagli sull'organizzazione dei servizi civili.


2-i________~ I.:~'.E§ercito ltaliano nel Do<lecaneso,_1'-"9'-"l'-"2~-1'-'9'--'4""3_ _ __

Il Corpo di Spedizione aveva avuto in origine, come ricordato, il nome di Distaccamento di Bomba e le sue dotazioni di cancelleria con i relativi bolli portavano la dicitura 3 J I\ Divisione: dopo l'occupazione di Rodi, divenne una Divisione Speciale dell'Egeo, la 6a Divisione Speciale 19. Intanto la Regia Marina prendeva possesso delle altre isole, senza incontrare alcuna resistenza, come era stato per Stampalia, anzi la popolazione greca accoglieva ovunque con simpatia gli italiani: Khalki fu occupata 1'11 maggio dall'incrociatore ausiliario Dlica degli A.bruzzi; pochi giorni dopo la corazzata Napoli conquistò Coo, la Vittorio Emanuele, Scarpanco e Caso; la Roma, Piscopi; la Pisa, Calino; la San Marco occupò Lero e la Amalfi andò a Patmo 20_ Castcllorizo non fu occupata perché, considerata la sua vicinanza alle coste dell'Anatolia, avrebbe richiesto quantomeno un presidio, se non una unità da guerra per la sua difesa. In quel periodo, a corollario, venivano decise anche le denominazioni uffìciali delle isole del Basso Egeo 21 , in modo da dare una cerca

1

9 L8 R204 del 13.5.1912. Le forze costituenti la 6a Divisione speciale furono successivamente diminuite del 57° fanteria, <lei Battaglione Alpini Fenestrelle, di un Battaglione del 3'1:" fanteria, di due batterie <la montagna e una campale, menrrc furono aumenrate di un reparto aereocostieri che provvide poi a costruire sul !.'isola <li Lero un hangar per un dirigibile. 20

Per i dettagli delle operazioni della Regia Marina per l'occupazione dell 'Egeo, cfr. M.Gabriele e G-, Priz, cit, p. 184-201; il volume <li R. Sertori Salis, Le isole italiane dell'Egeo dall'occupazione alla .rovranitr2, Roma, 1939. V. anche le memorie del generale Ottavio Zoppi, in La Jpedizione Ameglio Stt Rodi, Novara, 1913. 21

18 R61. Il criterio che servì <li norma per la scelta <lei nomi fu quello di <lare la preferenza ai nomi che erano più usati nel mondo marinaresco italiano e melliterranco, anche se si tenne presente che vi era una prevalenza della razza e dell'idioma ellenico. Furono quindi preferiti i nomi che erano abituali a quelle popolazioni. Furono studiati atlanti, portolani francesi e inglesi e i documenti della Società Geografica italiana. Queste le corrispondenze dei nomi ufficiali delle isole del Hasso Egeo decise dalle Autorità italiane il 15 maggio 1912: RODI - Redos, Rhodos; STAM:PALIA - Astipaloca, Astymphalea, Astropalia; NTSIRO - Nisiros, Nysiros, Nisyros, Caria; PTSCOPI - Piskopi, Episcopia, Tilo, Telos, lliaki; SIMI - Symi, Syme, Symbegi; LERO - Leros; CALIMNO -


Rodi e le alrre isole_~'.!gQ.~no~co=n'-"q=ui""st,,_,a""te_ _ _ __

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uniformità alla terminologia e alla i<lencificazione dei luoghi. Occupata la città di Rodi, però, l'operazione non era terminata,: infatti primo obbiettivo del Comando del Corpo d'occupazione fu quello di prendere possesso di tutta l'isola per impedire che il nemico, dopo il primo sbandamento, riuscisse ad organizzarsi in bande armate e quin<li mettesse in pericolo un totale controllo italiano sul territorio 22 . Prima però di procedere alla seconda fase, occorreva ristabilire l'ordine in città; occorreva inoltre recuperare le armi che erano state distribuite alla popolazione. Erano alcresì necessarie alcune altre opere per organizzare logiscicamente la base del Corpo d'occupazione. In sostanza occorreva un preciso lavoro di preparazione politica e militare per evitare di rischiare il fallimento dell'intera operazione~ Tutto questo lavoro fu fatto in pochi giorni, tanto che la sera del 14 maggio k operazioni di preparazione potevano clirsi concluse: quella sera fu sbarcato il battaglione bersaglieri, già in rada da alcuni giorni, e la batteria da montagna giunta quella sera stessa. li Servizio Informazioni aveva individuato in Psitos la località dove le truppe turche, dopo il primo sbandamento, erano riuscite a riunirsi, essendosi ritirate per la via di Trian<la-Maritza: erano circa 1 300 uomini con due pezzi di artiglieria da montagna. Gli italiani sapevano che i turchi erano a corto di munizionamento e di vi veri, anche se il comandante delle eruppe turche intendeva arrendersi solo di fronte alla forza delle armi. TI Comando decise di lasciare a Rodi 2 3 le.forze strettamente indispensabili per rrt1.mtenere l'ordine in città e presidiare le oj,ere già costrttite contro eventuali ritorni ofiensivi del nemico; ta.~liargli

Kalymnos, Kalmios, Kalimno, Claros, Kalolirnno; PATMO - Patmos, Patino, Patirno; CAPPARI - Kappari, Pserinos; CASO - Kaso, Kassos, Kaxos; COO Kos, Stanko, Istankeny; CALCHI - Kalchi, Carysros; SCARPAN'I'O Karpanthos, Kerpé, Karpathius; NICARIA - Nilaria, Kariot, lcaria; CASTELLORIZO - Meis; Megiste. 22 L8 R 125, Comando del Corpo di Stato Maggiore - Ufficio Coloniale, Spedizione in 'iripolitania e ìn Cirenaim, Operazioni per la Occttpazione di godi, Bollettino n. 11, 15 giugno 1912. 25

Si intendeva ovviamente Rodi città.


lii_____ _

L'Esercito Italiano nel Do<lecaneso 191 :Z-l9_jj_ ________

o,gni via di ritirata veno l'interno dell'isola per costringerlo ad un wmbattirnento risol11tivo od alla resa . .. 24 Per le operazioni all'interno tì.1rono disponibili nove battaglioni di fanteria e tre sezioni di mitragliatrici, con un gruppo di batterie da montagna, cavalleggeri, un plotone del genio e le sezioni telefonisti. Rimasero nella città di Rodi un battaglione del }'1 ° fanteria, rinforzato da una compagnia di Marina. Il 14 maggio l'operazione iniziò. Il combattimento non fu del tutto facile; nella mattinata del 16 maggio Ameglio fece recapitare al Comandante turco a mezzo dell'Imam che aveva seguito le truppe italiane la richiesta di resa 2 5; solo alle ore 23 del giorno 16 maggio per ordine del comandante del le truppe turche si presentò al generale Ameglio il maggiore comandante la gendarmeria di Rodi, per offrire la resa delle truppe ottornane, che venne accettata; il giorno 17 maggio alle 7.30 del mattino Ameglio ricevette i capi militari turchi in una casa di Psitos e alle 9.30 lasciò il luogo, diretto alla città di Rodi, con il suo Stato Maggiore e gli ufficiali superiori turchi. La città fu raggiunta nel pomeriggio e i due ufficiali nemici furono im barcati su Nave Sannio. Alle 19 dello stesso giorno giunsero i prigionieri turchi che furono imbarcati sullo stesso piroscafo: in tutto erano 1300 dei quali 38 ufficiali, i quali due giorni dopo furono trasbordati sulla Duca di Genova, che avrebbe scortato la Sannio a Palermo 26. Riporta il Bollettino dell'Ufficio Coloniale che l'accoglienza fatta alle eruppe italiane vittoriose da parte della popolazione di Rodi fu entusiasta e ÌJjJÌrata a giubilo sincero e a vera riconoscenza: era vero. Vittorio Alhadeff <là la stessa testimonianza nel suo volume d i memorie 27 . Ovviamente la popolazione turca, soprattutto i non

2/i

18 Rl25, Comando <lei Corpo di Stato Maggiore - Ufficio Coloniale, Sj1edizione in Tripolitania e in Cirenaica, Of!erazioni per la Oect,ptJZione di Rodi, Bollettino 11. 11 , 15 giugno 1912, cit. p. 6. 25 L8 R60. 26

Per ulteriori dettagli v. Oiario Storico dell(I 6" Divùione Speciale.

27

V. sopra.


Rodi e le altre isole vengono conquistate

___'il

pochi Giovani Turchi affiliati al Comitato Unione e Progresso furono ostili al la occupazione - perché di occupazione militare si trattava -, e alla presenza fattiva e organizzativa degli italiani, che comunque misero in atto cucce le misure possibili per il controllo e la sicurezza della città, rintracciando e arrestando i militari turchi travestiti e i membri dell'Unione e Pro,~resso, ritirando armi e munizioni 28 . Il 17 maggio, grazie alla resa incondizionata del presidio turco, l'incera occupazione dell'isola di Rodi era divenuto un fatto compiuto. In quei giorni anche Calchi e Simi subirono la stessa sorte, occupate da navi appartenenti alla ]_ A divisione della I A Squadra. Le nuove isole occupate dovevano essere al più presto presidiate per evitare soprattutto che dalle coste asiatiche partissero drappelli turchi che andassero a rinforzare le altre isole dell'Egeo. Ragion per cui Viale ricevette istruzioni <li far percorrere tutta la costa asiatica a sud dell'isola di Nikaria da navi e torpediniere, catturando qualsiasi nave battente bandiera turca sospetta di servire per il trasporto delle truppe 29_

28 LS R61 Cfr. relazione Amcglio al Presicle11te del Consiglio dei Ministri, 29.5.1912. 29 L8 R204.

Rodi. sa1u10 alla Bandiera al rramonto del sole


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J:faercito ltaliano nel Do<lecaneso 1912-194.'l

L'operazione Egeo, però, secondo il giudizio dei protago111st1, non era ancora finita: era necessario, a loro avviso, estendere la presenza italiana in quel mare e quindi iniziarono a pianificare nuove operazioni di una certa importanza. Il generale Pollio, esaminata con cura la situazione italiana in Libia, l' 11 maggio 1912 in una lettera diretta al Ministro della Guerra, esprimeva l'opinione che, se non sì fossero opposte insuperabili difficoltà politiche, l'unico modo di poter ottenere ìn breve tempo dei risultati apprezzabili nel conOitto che opponeva l'Italia all'Impero ottomano, era quello di spingere l'rnione nell'Egeo 30_ Propose dì occupare anche Coo e Scio, ove si avevano notizie che i turchi stessero rinforzando la guarnigione. Molti furono i progetti operativi: <li particolare interesse quello che Pollio inviò a Rocca Rey il 21 maggio l9J.231, al quale l'ammiraglio rispose con una interessante lettera che r ivela chiaramente qual i erano gli obbiettivi e pertanto le esigenze militari che avrebbero dovuto indurre i turchi all'armìstìzìo, nel senso voluto dall'Italia. Una delle esigenze poteva essere quella di avere la possibilità cli affrontare in qualche modo la llotta turca: .. .lei .rqucidra turca .rembrci finalmente di avere abbandonato le acque tranqttille di Nagarà j,er r.tvventurarsi nell'Egeo. lo non vi spero molto, ma se così joJJe potrebbe darsi che questa volta essa non Jjuggisse ttlle nostre navi e che allora il nostro dominio del mare, che Of!,gi è soltanto relativo, diventasse assoluto . . .5 2 . Nella stessa lettera Rocca Rey ribadisce che le isole eventualmente occupate non dovevano essere restfruite ai Giovani Tttrchi: molte fatiche e non lievi rischi erano stati spesi per tali operazioni. Tanto valeva spendere tali somme per occupare alcune basi libiche: sttrebbe ttttto lavoro J,roficuo e paesi definitivamente acquisiti, così l'Ammiraglio si esprimeva con incisività e concretezza. Se il Regio Governo fosse arrivato a decidere tali occupazioni, bisognava comunque farsi trovare pronti.

W L8 R), lettera personale prnt. 5055, 11.5.191 2 . Oxxetto: Jituazùme militare nella Libia. :I l l.8R2, A{'/111nto al /1roxetto di occttjmzione di Scio òel 21 maggio 1912 a fìrma Pollio.

32 18 R2, lettera del 23 maggio 1912 a firma Rocca Rcy.


------------=l=(o=d~i~e=le~a=lt=re~ . i=so~ le ver!Xonn congyistate_

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Lo sbarco a Scio avrebbe richiesto una intensa preparazione iniziale di almeno quindici giorni: i contingenti da sbarcare dovevano essere prelevati da luoghi <listanti fra di loro come Napoli, Tripoli, Bengasi e Rodi. Il contingente doveva essere formato da almeno 18.000 uomini con tutto il materiale logistico occorrente. Tutto questo era sempre fìnalizzato ad un possibile armistizio con Costantinopoli, per il quale si segnalavano alcune esigenze e vari problemi, tanto da far chiaramente indicare da parte di Rocca Rey che era preferibile addivenire subito ad un trattato di pace Jefìnitivo e non ad una tregua che avrebbe avvantaggiato solo i turchi e indebolito invece gli occupanti italiani, che per quanto sia non potevano certo tenere nelle isole occupate molti uomini e molti mezzi 33. I problemi non erano ovviamente solo circoscritti alla sfera militare: in Rodi era slalo attivato un movimento che avrebbe dovuto prendere forma in un memoriale o petizione alle Potenze per ottenere una forma di autonomia sotto il protettorato dell'Italia. Ameglia fermò decisamente questo appello alle Potenze perché riteneva che una petizione <li tal genere sarebbe divenuta un'arma a doppio taglio, in quanto a suo giudizio era pericoloso chiamare le Potenze in causa, dare loro un elemento qualsiasi per intervenire, riconoscere loro tm diritto nella sistemazione J,egli affari italiani 34 _ Inoltre un protettorato avrebbe definitivamente compromesso ogni possibilità di possesso delle isole stesse, che invece era altamente auspicabile dopo gli sforzi effettuati ::\ 5. Inghilterra e Francia erano già molto allarmate per le azioni italiane nell'Egeo: non vedevano certo con favore la presenza <lell'Italia anche in quel settore strategico, dopo l'occupazione della Libia. Pochi gior-

33 LSR2, promemoria allegato a lettera 2 3.5. I()] 2 eia Rocca Rey a Poli io. 34 .1.8 R61, Relazione di Arneglio al Presidente del Consiglio, 12.6.1912, Situazione J,olitica delle isole occupate. 35 Come nota correttamente il Doumanis, cit., p.85 e ss, per quanto la popolazione greca aves.~e visto con favore l'arrivo degli italiani, era pur sempre contraria a qualsiasi dominazione straniera, desiderosa di ricongiungersi con la madrepatria, i I e hc avverrà solamente nel 194 7.


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ni dopo la presa di Stampalia e l'occupazione di Rodi, erano stati redatti dal Foreign Office due promemoria molto pessimistici sulla situazione navale in quel settore, in particolare appunto dopo il ritiro della flotta inglese annunciato, come sopra ricordato il 18 marzo precedente. Era dunque difficile giungere ad un accordo per un equilibrio di presenze nel Mediterraneo, se il Governo di Roma, dopo avere occupato territori ottomani, con un silenzioso assenso delle potenze, si installava vicino alle stesse coste turche. Non era poi molto remota la possibilità che gli italiani portassero un attacco a Malta: gli interessi inglesi nel Levante erano sempre stati nel bacino orientale del Mar Mediterraneo, per il commercio da e per il Mar Nero e per il controllo sul Canale <li Suez e l'influenza sulla Persia, considerati importanti accessi all'Impero britannico delle fndie, da difendere in

ogni modo .... la Jmsizione strr.1,teiica delle isole del Dodecaneso abilitava la potenza sovrana, se in possesso di una Marina, ad esercitare il controllo sul wrttrtterào del l,evante e d,e/ mar e a rninctcciare la posizione inglese in Egitto in t.tnct misura mai verificatasi in precedenza. Si stabilirebbe anche una permanente minaccia di tale potenza contro la Turchia, ojJJJUre, alternativamente, si darebbe grande .fàcilità ai trasporti delle truppe ttJrche verso l'Hgitto, qualora la Turchia si fosse unita a1 nem1c1 dell'Inghilterra: ulteriore elemento di preoccupazione, perché l'Egitto confina con la Libia, che avrebbe potuto costituire una facile via verso il C:analc36. TI risultato fu un accordo fra le due marine francese e inglese per rafforzare il settore e mantenere a Malta un gran numero Ji navi <la guerra dell'Ammiragliato. Alla fine di giugno del 1912 Pollio riteneva che si dovesse riprendere l'azione nel Mediterraneo orientale, a suo avviso in yucl momento paralizzata. La situazione dell'Impero ottomano peggiorava: era evidente che solo il sostegno delle potenze europee che vi avevano

- ----------· l 6 Per l'analisi del lungo e intere.~sante memoriale inviato clalrAmmiragliaro inglese al Foreign Offìce il 20 giugno 1912 relativo all'occupazione italiana Jelle isole del Dodecaneso e sulle possibili conseguenze per la politica navale inglese, v. il testo integrale in M. Gabriele-G.l<riz, cit, p. 191 , nota n. 27. 11 docum ento in originale è in DDil, IX, doc. 11. 430.


Ro<li e le altre isole vengono conquistate

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grandi interessi e vi avevano impegnato ingenti capitali impediva il tracollo finale: solo un esteso conflitto lo fece scomparire, per dare vita a una serie di problemi che non furono risolti nemmeno dalla Pace di Versailles del 1919. Nell'analisi di Pollio 37 i.1 prolungarsi della guerra io Libia e nell'Egeo non portava che un danno indescrivibile all'Italia, vittoriosa e forte dopo le vittorie in Cirenaica e io Tripolitania. Dunque meglio portare un affondo decisivo: quale impresa avrebbe giovato di più all'Italia, militarmente e politicamente se non la conquista di Smirne? Impresa seria, difficile, ma non certo al di sopra della capacità bellica delle truppe italiane. Una vittoria in yueJJ'impresa avrebbe definitivamente posto l'Italia al livello di qualunque grande potenza e avrebbe seriamente ipotecato la futura presenza dell'Italia nel Levante, sia insulare che continentale.

Nelle isole l'organizzazione dell'amministrazione locale procedeva alacremente. Già ai primi di luglio le isole di Coo, Kalimno, Lero e Patmos erano col legate con Rodi sia telegraficamente sia per mezzo cavo e linee telegrafiche terrestri o con segnalazioni ottiche. Dopo un primo entusiasmo, tra le popolazioni greche si faceva rapidamente strada il desiderio dell'autonomia e della unione con la Grecia: ai primi di luglio del 1912 già poteva essere segnalata una attiva propaganda filoellenica 38 . Contemporaneamente gli italiani dovevano anche respingere l'offensiva politica del Comitato turco Unione e Progresso che ovviamente si agitava per far sì che la Turchia rientrasse in possesso delle isole perdute. Era comunque chiaro che gli isolani temevano un ritorno dei turchi: tale prospettiva agitava il filoellenismo molto più che la presenza di una potenza europea. Essendo la popolazione delle isole per la maggioranza greco-ortodossa, chiaramente sperava in una annessione alla Grecia: il clero sembrava dirigerne e guidarne i moti, gli impulsi e i sentimenti, quel clero che in effetti aveva accolto gli italiani manifestamente con espressioni di solid.arietà piena e concreta verso la nazione liberatrice dal

37 L8 R2, bozza cli promemoria di Pollio in data 30.6.1912. '18 L8 Rl64, rapporto n. 778 del 3.7 .1912 a firma Ameglio.


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L'Esercito Italiano nel Dcxlecaneso l 912- ]34j ··-·-

giogo turco; ma in realtà nessuna idea di annessione all'Italia era mai stata espressa da quelle popolazioni, che invece si muovevano sul solco politico dell'autonomia, per mezzo della quale giungere poi ad una annessione alla Grecia, anche se nel frattempo si vagheggiava di un eventuale protettorato italiano che comunque non sarebbe dovuto intervenire in nessun modo nella amministrazione delle isole egee. Di contro, il 25 giugno era giunta all'amm. Viale, Comandante del le Porze navali nell'Egeo, una petizione della municipalità dell'isola di Nikaria, nella quale si esponevano i desideri della popolazione dell'isola affinché gli italiani la occupassero o quantomeno inviassero una nave che mettesse soggezione al piccolo presidio turco e quindi ponesse fine a soprusi e prepotenze sopportate dal quel dominio 39_ Viale raccomantlò di accogliere la domanda: benché non rappresentasse un progresso reale ai fini della guerra, l'occupazione di Nikaria avrebbe rappresentato un vantaggio per la situazione navale, in quanto, con il possesso di quella isola, si sarebbero meglio definiti i limiti e i contorni dei presidi italiani in Egeo, dislocati in uno specchio d'acqua esteso circa 240 km in profondità e 170 km in larghezza e pertanto esposti a colpi di mano da parte del nemico. In particolare, se era previsto che la Regia Marina restasse a lungo in quella situazione, era auspicabile avere dei confini che dessero maggiore sicurezza alle navi italiane e favorissero un minore logoramento del naviglio. Non tutta la popolazione greca però desiderava una unione con la Grecia: in effetti una parte di essa, quella forse pit1 preparata culturalmente, ben si rendeva conto che il governo greco era debole: non sarebbe stato in grado di difendere le isole e nemmeno di amministrarle correttamente, con il pericolo paventato <li un ritorno dei turchi. La questione era ovviamente all'attenzione delle autorità italiane, perché si avvicinava il momento della fìrma del trattato di pace con la Turchia: da un punto di vista militare, Pallio sosteneva che non

39 Cfr. L8 R2, promemoria al M. inùtro della Guem1, n. 214, 11.7.1912, a firma Pollio.


_ _ _ _ _ _ _ _ __,l"'lo""d"--i-"-e_,_,le=altre isole vengono conc,'""1u=is=ta~te~_ _ _ _ _ _ _ _6~--~:,

conveniva all'Italia una annessione cli quei territori, con una serie di ben documentate considerazioni delle quali ovviamente non fu tenuto conto, ma che si riveleranno profetiche, soprattutto nella seconda guerra moncliale40 . Scriveva Pollio: .. .l'annessione di terre che J1er la situazione geografica sono così eccentriche rispetto all'Italia si Jradurrebhe in 1.ma notevole distrazione di forze e di energie vive, il cui impiego non ripagherebbe nella .~iusta misura qttanto è ragionevole pretendere ... Penso qttindi rhe et noi ronverrebbe con.rervare le due isole di Rodi e di Stamj,alia: Rodi quale la pitì importr,mte fra quelle oa-14,ate ... Slampalia come ottima base navale. Il resto delle isole potrebbe costituire il jwemio di cointeressenza da offrire alfe et/tre gmndi Potenze ... Erano in pieno svolgimento le trattative per la pace con la Turchia: le ragioni politiche e diplomatiche ebbero ovviamente la meglio sui pratici e concreti ragionamenti del Comandanle del Corpo d'Occupazione dell'Egeo. Intanto l'occupazione della Libia stava costando sempre maggiori perdite e maggiori oneri per l'Italia, che si trovava a combattere non t anto il nemico turco, ma soprattutto le forze arabe, (_lelle quali non aveva ben calcolato il peso e l'ostilità. Una eventuale ripresa delle azioni nell'Egeo non poteva prescindere dalla situazione generale creata dalla guerra in Libia. Mentre i diplomatici cercavano <li arrivare alla pace con la Turchia, nel settembre i militari continuarono a preparare altre operazioni di livello tale da minacciare e allo stesso tempo ammonire il nemico. Pollio pensava ad una operazione contro Chio e contro Smirne: essenzialmente marittima, eseguita in ,~rande apparato e si dovrebbe conced,ere di sparare Jttl serio contro i forti e le agglomerazioni di trupjlr.t ... Oppure l'occupazione di Chio e Mitilene, considerata qualcosa di serto ... 41 '10 Per la situazione politica ne.I le iso le greche v. l'interessante rapporto sulla situa-

zione politica, inviato da Ameglio il 18 settembre 1912 al Presiclente del Consiglio in LS R3 l, prot. 1527 , riservdtissimo. Cfr. anche la pubblicazione coeva ben documentata, R. Sertoli Salis, J~e i.role ilaliane dell'Egeo dd!l'ocmpazione 1.tlla sovrrwità, cit., p. 47-69. Per la problematica relativa alla Seconda G uerm mondiale, v. la parte Ili. -i l LS

R2, lettera di Pollio a Spingardi del 17.9.1912 e del 18.9.1912.


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I.:Esercito Italiano nel Dodecaneso 1912-1913

Mentre iniziavano i colloqui per la pace, numerose erano le voci che la pace tra l'Italia e la Turchia era stata già conclusa e che le isole sarebbero tornate ai turchi: le discussioni circa la sorte delle isole furono gran<li e vivaci in tutti i circoli isolani, con qualche problema anche per l'ordine pubblico. Il 15 ottobre 1912 venivano firmati ad Ouchy, una località vicinissima a Losanna, sul Lago omonimo, i preliminari di pace con la Turchia, ma non per questo si riteneva che le ostilità fossero cessatc42. Il trattato fu fìrmato tre giorni Jopo: il governo ottomano si impegnava a ritirare le proprie truppe dalla Tripolitania e dalla Cirenaica; quello italiano, dall'Egeo, ma subordinatamente all'esecuzione dello sgombro turco dalla T,ibia. La sovranità dell e isole rimaneva nominativamente all'impero ottomano, ma nelle remore dd ritiro dalla Lil>ia, l'amministrazione civile e militare sarebbe rimasta in mano italiana. Un primo problema che si imponeva era quello del mantenimento dell'ordine pubblico e della sicurezza per le truppe e gli uomini dell'apparato burocratico italiano: fu decisa una 'mano di velluto'. Così telegrafava Giolitti ad Ameglio rispetto alla situazione degli abitanti delle isole egee che avessero compiuto atti politici o militari o che avessero espresso opinioni contrarie alle parti del conflitto .. . individui detenuti o deportati per tale motivo saranno irnmediatamente liberati, ne

do comunicazione alta S. V ctvvertendola che ritiro nostre truj,pe dalle isole Egeo avrà luogo dopo compiuto ritiro truppe Turche dalla Libia ... 4 3; per ritiro, si trattava della partenza non solo delle truppe, ma anche dei funzionari civili che operavano nell'amministrazione turca in Libia. In Libia però i turchi non avevano nessuna fretta di ritirare le loro truppe e i loro funzionari: anzi sembrava che tutto andasse molto a rilento. Sembrava anche che ai Turchi non interessasse un subitaneo ritiro degli italiani dalle isole, proprio per impedire che queste cadessero in mano Jella Grecia. Il possibile rientro dei turchi pose in agitazione le popolazioni isola-

42 L8 R 61, Ordine del Giorno

li3 Ibìd., tel.mma n. 19852.

11.

105 del l 6.10.191 2.


- - -- - - -- - ~I~icx~l=i~e=le~a~lt~re~is~ol~ evt'1!J.:Q!.l_Q_0.~.tJuisr_a"t""" 'e _ _ _ __ _ _ _ .,,6L..5

ne, che chiedevano sempre di più una autonomia o l'annessione alla Grecia, sia pur con una forma di autonomia politica e di governo: da informazioni attendibili risultava ai comandi italiani che forti somme di denaro fossero state spedite in Grecia per acquistare ingenti quantitativi di armi, allo scopo di opporsi strenuamente al ventilato rientro degli ottomani e la propaganda per l'annessione delle isole alla Grecia aveva ripreso vigore e intensità, anche per i successi greci nella guerra balcanica in corso, che aveva acceso ancora di più l'entusiasmo per un ritorno, sia pur con i debiti 'distinguo', alla Grecia. Non era facile per gli italiani impedire il contrabbando delle armi che si andava ingrossando fra il Pireo e i porti delle isole ed era evidente che la popolazione si stava armando. Una cerca instabilità veniva anche dalla stampa greca che accentuava una campagna denigratrice contro l'Italia, già precedentemente iniziata, ma resa più virulenta proprio dal trattato di pace firmato con la Turchia. Nelle sue relazioni settimanali Arnegl io tendeva ovviamente a dimostrare che la situazione era calma, o quantomeno sotto controllo, nelle isole, ma in realtà dai dettagli che egli inviava al Presidente del Consiglio, era evidente che il fermento e l'agitazione nelle isole erano assai forti proprio contro l'Italia: l'accordo con i turchi, oltre a restaurare una situazione non gradita dalla maggioranza della popolazione, allontanava inoltre la possibilità di una autonomia di governo, se non l'annessione alla Grecia, sperata dalla maggioranza della popolazione. l'azione denigratrice della stampa ateniese fomentava queste aspirazioni 44 : era facile montare l'opinione popolare che poi imponesse ai politici alcune decisioni o d esse la forza ai locali <li compiere alcune azioni che poi sarebbero state legittimate dal consenso popolare e da quello politico. Del resto quel che succedeva poteva dirsi fisiologico: il dominio dei turchi era stato opprimente e difficile e la prospettiva di tornare sotto quel dominio doveva essere certamente non auspicabile, anche 44 Nella documentazione conservata vi sono numerose corrispondenze su articoli di stampa pubblicati ad Atene relativi alla presunta persecuzione degli italiani nei confronti degli Elleni, soprattutto in L8 R6l.


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perché molti dei greci dodecanesini avevano fatto ampia azione politica contro i turchi e temevano crudeli ritorsioni il momento che costoro fossero rientrati in possesso delle isole. Anche nel resto del mondo ottomano, si sviluppavano correnti contrarie ai turchi: basti pensare che questi sono gli anni in cui si rafforza e si incanala il sentimento in Medio Oriente, che porterà poi alla rivolta araba del 1916, ben appoggiata dalle potenze occidentali, quali la f<rancia e la Gran Bretagna, tra tutte. Anche nel Dodecaneso, nonostante i rassicuranti telegrammi di Ameglio sulla situazione dell'ordine puhblico, un sostanziale e preoccupante fermento regnava tra la popolazione delle isole. Un progetto di allarme in caso di rivolta o di sommossa degli abitanti di Rodi fu redatto il 22 ottobre 1912. Rimase un progetto sulla carta perché non lo si dovette mai mettere in azione. Infatti, quando fì.1rono comunicate le clausole del trattato di pace, la popolazione fo fortemente preoccupata per la sua sorte, ma mantenne una calma considerevole, anche se soprattutto nelle isole minori vi fi.1 una certa agitazione. Ameglio respinse le domande collettive di protesta contro il trattato e contro le Potenze europee. Nelle sue corrispondenze sosteneva sempre che era pur vero che la popolazione temeva il dominio ottomano, ma buona parte temeva anche la Grecia, le forti tasse che avrebbe potuto imporre e il servizio militare obbligatorio, che sarebbe stato instaurato. L'amministrazione militare riusciva a cenere sotto controllo la situazione, senza particolari sforzi o scontri con la popolazione. Nei primi tempi dell'occupazione, almeno, l'attività militare si svolse quasi esclusivamente nell'isola di Rodi e in parte in quella di Coo e di Lero. In tutte le isole forono inviati dei Presidi, eccetto che a Piscopi, Nisero e Halkia. A Con fu inviato un battaglione, mentre gli altri presidi forano costituiti con piccole forze, <li massima un solo plotone, destinati più che a Jifesa delle isole stesse, ad affermare la presa di possesso da parte italiana, esoneran<lo i reparti dei marinai che vi erano sbarcaci. I distaccamenti erano stati tutti stabiliti fra il 18 e il 30 maggio. A Rodi, oltre al Comando della Divisione erano rimaste tutte le altre forze e nella seconda metà di maggio si era costituita la Compagnia dei Carabinieri Real i


Rodi e le altre isole vengono conquistare

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dell'Egeo, per il mantenimento dell'ordine pubblico. A sussidio dei Carabinieri, venne creato anche un Corpo di Carabinieri indigeni, i quali risultarono molto utili nel servizio all'interno delle isole, insieme agli italiani. Anche i Carabinieri Reali sbarcarono a Rodi, nel 1912, al seguito della spedizione Ameglio: pochi giorni dopo l'insediamento in quell'isola, Pallio chiedeva al Ministro della Guerra Spingardi di istituire in tutte le isole presidi di Carabinieri a tutela dell'ordine pubblico, a garanzia stessa degli abitanti contro eventuali rappresaglie da parte dell'elemento musulmano e a salvaguardia del normale decorso delle relazioni politico-amministrative. Spingardi, prudentemente, consentì l'avvio di studi in proposito, per installare presidi nelle isole, ma decise di attendere comunque l'evolversi degli eventi: infatti non era previsto che l'amministrazione italiana nelle isole avrebbe dovuto prolungarsi per molto tempo, considerando sempre quel possedimento quale pegno per ottenere da Costantinopoli, senza ulteriori combattimenti, la piena sovranità sui territori libici. Nel maggio 1912, dunque, al comando del capitano Vittorio Gorini, 11 ufficiali e 200 carabinieri erano sbarcati a Rodi. Vennero distribuiti sul territorio, ove costituirono dei Comandi territoriali. Come sempre era avvenuto in altri posti dove i Carabini eri Reali erano stati richiesti o erano stati inviati come forza armata, per facilitare lo svolgimento dei compiti ad essi attribuiti, istituirono una Scuola di Carabinieri Indigeni, sotto la direzione dello stesso capitano Ci-orini; al capitano Igino Gasparini fu affidato l'arruolamento e l'istruzione dei nativi. Costoro, dopo la formazione professionale, vennero assegnati alle varie stazioni in numero di due alle stazioni rurali e quattro per quelle di capoluogo4 5.

-i'i L'organizzazione Jella presenza dei Carabinieri Reali fu come sempre capillare

sul Lerritorio: forono istituite 13 tenenze e 3:3 stazioni sparse su tulte le isole. Rodi ebbe cinque comand.i di tenenza e 17 stazioni; Coo, oltre il Comando di tenenza, tre stazioni; Niseno, all'inizio ebbe una stazione, in seguito durante la stagione estiva che vedeva affluire un gran numero di villeggiami, una seconda stazione. Cfr. L8 R61, ali. 44:) della Relazione sulla attività militare dispiegt1tc1 dttllct 6"' diviJione .1/1eàale durante la ,~11erra italo turca.


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Nei servizi espletati, l'Arma seppe conquistarsi amm1raz10ne e rispetto di rutta la popolazione, tanto che quando fu definita la pace con la Turchia e sembrò che l'abbandono da parte dell'Italia delle isole del Dodecaneso fosse imminente, da molte parti fu richiesto che i Carabinieri restassero per terminare l'opera di organizzazione della gendarmeria locale, già Ji fatto intrapresa con la formazione <lei Carabinieri Indigeni.Ritenendo dunque di dover lasciare a breve il territorio, l'Italia istituì un corpo autonomo di polizia, il Corpo dei Carabinieri di Rodi e Caste/rosso, costituito da una cinquantina di elementi locali, che avevano frequentato la Scuola di Formazione, con un ufficiale italiano. La Guardia di Finanza, che era sbarcata a Rodi con un plotone mobilitato misto, integrato nel Corpo di Spedizione 46 aveva dislocato in Egeo, agli ini zi dell'occupazione, circa 200 uomini che prf'stavano un vero e proprio servizio d'Istituto 47. Nell'agosto del 1915 il contingente aumentò prima a 450 uomini, poi a 600, soprattutto per contrastare il contrabbando <li guerra. La compagnia venne elevata a Comando <li circolo, con il nome di Circolo mobiliLaLo di Rodi, con due compagnie, una a Rodi e l'altra a Coo. Per il servizio navale e la vigilanza costiera venne utilizzata una goletta a motore, il cui equipaggio era formato interamente da personale di mare <lel Corpo. Altri natanti furono noleggiati localmente e riuscirono a sequestrare molto materiale di contrabbando militare. La vigilanza costiera fu affidata alla Guardia <li Finanza, anche successivamente, in concorso con i Carabinieri, nei diversi Piani di Difesa predisposti in periodo fascista -1S. Varie furono le opere fatte immediatamente dopo l'occupazione delle isole, per mantenerne il controllo e migl iorarnc gli aspetti difensivi

46 V. G. Severino, Un cappello alla boer1.1,. Per i fìn,mzii:ri delle I.rote Italiane dell'Egeo

(1920-1926), in 'Armi e Uniformi', gennaio 1998, pp- 62-65. 4 7 Cfr. O. Olivo, Uazione de/l(l R. G'ttdrdia di Finanza nella g1Jerra 191.5-1 918,

Palermo, 1929, p . 298 e ss. Il reparto aveva una compagnia con sede a Rodi e quattro tenenze a Rodi, Villanova, Malona e Coo. 48 V. infra parte II e parte III.


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e quelli della stessa vita quotidiana: l'Ospedale Civile e l'Ufficio di Sanità Marittima furono resi efficienti, in modo <la rispondere alfe esigenze della civiltà moderna. Si provvide a risanare le condutture del l'acquedotto di Rodi, per fornirla di acqua potabile. Nel preordinare i lavori in genere il Comando di divisione ebbe sempre chiaro un concetto: quello di affermare l'autorità del Governo italiano e di far comprendere agli isolani i vantaggi dell'occupazione italiana, senza però che ne derivasse un impegno o nel senso di dover rimanere stabilmente nelle isole o di doverle abbandonare ... nel le Autorità militari era sempre presente l'immanenza del possibile ritiro da territori sui quali era stato profuso tanto lavoro e denaro italiano: era utile farlo per dimostrare quale era la civiltà degli italiani, ma sempre con un occhio prudente al possibile rilascio <li quei territori. Tutti i servizi pubblici ebbero a Rodi degli Uffici speciali: fra questi esercitavano speciali compiti a) quello della giustizia per la quale furono istituiti un tribunale civile di prima e uno di seconda istanza o d'appello, mentre per tutti i reati che cadevano sotto la sanzione del Codice penale Militare in tempo di guerra, funzionò il tribunale militare; b) il servizio doganale per il quale furono istituiti uffici in Rodi e nelle Isole c) il servizio di Porto e Sanità marittima, che fu regolato dalla Capitaneria di Porto istituita a Rodi e nelle altre isole; d) il servizio postale che affidato alla sola posta militare dapprima, fu poi ampliato con la costituzione di un ufficio civile a Rodi e con collettorie a Castelos e Lindos in Rodi e nelle altre isole. Il servizio con l'Italia venne fatto settimanalmente per mezzo di una linea della Società dei servizi marittimi (Brindisi, Pireo, Rodi)4 9. Pra le isole il servizio postale fu affidato dapprima alle siluranti della Marina e poi a un piroscafo noleggiato, il Takidromos che settimanalmente compiva il giro delle isole aiutato da altri piroscafi greci o caicchi e velieri sui quali si imbarcava la posta scortata <lai Carabinieri. 49 All'interno dell'isola di Rodi, un servizio regolare di corrieri fu espletato ira stazione e stazione dei Carabinieri, con l'ausilio di due muletti: li servizio si svolse asseti bene e con esattezza, sicché in dne rçiorni .ri poteva ricevere in qtta!tmque p!Jnto al!'interno del!' i.wla una lettlra .rpedita da Rodi e vìceversr1. ..


Vita quolidiana a Rodi


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1.3. Il trattato di pace con la Turchia è firmato l1912J. le isole continuano ad essere sono il dominio italiano.

D

opo la fìrma del trattato cli pace, la popolazione delle isole si mantenne calma, pur essendo molto preoccupata e anche spaventata all'idea del ritorno della dominazione ottomana. Per mantenere sotto controllo la situazione, Ameglio stabilì diretti contatti con l'Alto Clero ortodosso e le principali istituzioni locali municipali (le Demogerondie): era evidente che queste si sarebbero opposte in qualsiasi modo al rientro dei turchi e arrivarono a chiedere la resti tuzione delle armi tolte tanto ai turchi quanto ai greci all'atto dell'occupazione italiana, proprio perch~ t:ra chiaro che gli isolani si sarebbero opposti in tutti i modi, ivi compreso l'uso delle armi, al ripristino della dominazione ottomana. Amcglio era convinto a questo proposito che non era possibile contrastare cfficacemence il contrabbando delle armi, nonostance l'ottimo lavoro della Guardia di Finanza e dei Carabinieri: il numero delle isole, la varietà delle coste da sorvegliare, la pratica che gli stessi abitanti avevano nell'esercizio <lel concrabbando erano fattori che avrebbero vanificato tutti gli sforzi dell'amministrazione militare. Quindi era chiaro che le popolazioni si sarebbero armate, in accesa degli avvenimenti che si ritenevano prossimi. D'altra parte però conveniva agli abitanti di restare calmi sotto la bandiera italiana fintanto che questa avesse continuato a sventolare. Ameglio era dell'opinione che comunque convenisse rapidamente, anche se conformemente agli accordi, abbandonare le isole. E quali le modalità di abbandono? O di restituzione, perché di ciò si parlava nelle bozze del trattato? Era importante salvaguardare la dignità del Corpo di spedizione italiano: indubbiamente i turchi sarebbero stati accolti da atti di ostilità. Come avrebbero dovuto reagire gli italiani? Era desiderio di Ameglia che il Comando della Divisione non fosse presente allo sgombero delle isole ritenendo che fossero sufficienti Ufficiali <li unità inferiori e i corrispondenti funzionari


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__1,']lsercito Italiano nel Docltx·:meso 1912-1943

civili 1 : questo per la dignità degli italiani, che <lopo aver conquistato armi alla mano un territorio, lo restituivano proprio a coloro ai qual i era stato tolto. In attesa delle decisioni politico-diplomatiche, i vertici militari iniziarono a restringere la presenza dei militari nelle isole: tutti gli ufficiali non strettamente necessari presso i Corpi cli occupazione e particolarmente 4uelli delle armi speciali e dei servizi furono fatti rientrare, con un certo, anche se minimo, sollievo delle finanze del Regno. l'agitazione politica nelle isole non cessava. Secondo l'opinione di Ameglio 2 , solo una parte della popolazione <lesi<lerava veramente l'annessione alla Grecia: quella parte composta da intellettuali che vedevano a fini utilitaristici una amministrazione greca. le popolazioni rnrali preferivano l'autonomia perché da essa ne sarebbe derivata l'esenzione dal servizio mii irare, minori tasse. T rurchi israeliti si dimostravano invece in favore di una sovranità italiana. Molto probabilmente gli interessi della hancia, della G·ermania e <lell'lnghilterra avrebbero consigliato una forma di autonomia, anziché una annessione delle isole alla Grecia. lnfaui una annessione avrebbe permesso alla Grecia di aiutare i due milioni di connazionali disseminati in Asia Minore e quindi sarebbero state sicuramente disturbate le attività <li quelle potenze nell'area di grande interesse, quale era l'Anatolia e avrebbe permesso alla Grecia un accrescimento del proprio potere navale alterando l'equilibrio mediterraneo di quel momento. la Francia che reclamava il rispetto dei propri interessi e della propria influenza anche in quelle isole era spinta da motivi puramente finanziari, oltre che dalla sua secolare inimicizia verso la Grecia. Tra le varie possibilità che venivano prospettate e delle quali si parlava sulla stampa coeva vi era quella di una internazionalizzazione delle isole, che avrebbe potuto essere interessante in previsione di ulteriori sviluppi nel Mediterraneo; in seconda istanza, una autono-

1 2

1.8 R61 dd 6.11.1912 a firma Arneglio.

L8 R61, tel.mma a firma A meglio indirizzato al Segretario Generale del Ministero degli Affari Esteri, Di Martino, del 15.1.1915, prot. n.2565 R.


Il trat tato di pace con la 'lbrchia (1912). Lej_s5~lf restano sotto il dominio italiano

mia sotto sovranità turca con un governatore cristiano, ma soprattutto con una amministrazione di gendarmeria internazionale, considcrato l'odio della popolazione verso i turchi e una riconosciuta incapacità degli isolani a<l amministrarsi da sé. Furono mesi molto effervescenti: in effetti gli intellettuali delle isole, col sostegno di alcune parti della intcl Iighenzia ateniese, stampa compresa, cercavano ogni possibilità per rendere pubbliche le loro affermazioni politiche inneggianti all'annessione alla Grecia. Erano molte le manifestazioni panelleniche che venivano promosse da un comitato nazionalista di Atene e notoriamente dirette ad esercitare pressione su quanto si stava discutendo nelle cancellerie europee. Molto spesso le cerimonie religiose erano un valido pretesto per dare alla solennità religiosa un carattere politico e rendere le cerimonie un atto politico dlenofilo.

"Un ricordo da Rodi"


~7~4~-----~l~t~ç_rcito Italiano nel Dodecancso 1912-1943

Non era facile, nonostante guanto si affermasse, la situazione dell'ordine pubblico nelle isole, in attesa della restituzione alla Turchia (della quale però già a gennaio del 191 3 non se ne sarebbe quasi più parlato). La sorveglianza delle coste delle isole era resa difficile per l'esiguità <lei mezzi disponibile, conseguenza quindi inevitabile era lo sbarco di armi. Il clero musulmano a volte sembrava essere dalla parte degli italiani, per restare sotto la protezione di Roma, almeno momentaneamente. Arrivavano intanto notizie che in Palestina gli arabi erano sempre più insofferenti del dominio ottomano e quindi di una sempre maggiore debolezza della Sublime Porta: niente era certo, tutto iniziava ad essere molto confuso, tra i Balcani e il Medio Oriente. Alla fine di gennaio del 1913 5 ancora una volta Ameglio esponeva, dopo una ampia relazione sullo stato dell'ordine nelle isole, al

Presidente del Consiglio e alle autorità militari il suo convincimento personale che l'occupazione italiana estesa s1t tredici isole implicava uno sparpagliamento di forze e di energie non certo jàvorevoli alla nostra sicurezza j,resente nonché alla nostra in/l1tenza, qualora si debba esercitare nel ji,utro 11n'azione d'influenza prettamente italiana nel Mediterraneo orientale. Le i.role minori sono att11alrnente un peso più che ttn vantaggio e nel caso più fcworevole sarebbero causa di costante per quanto lieve preoccupazione nella ipotesi di ttn eventttale stabilità di ,governo nelle Spuradi rneridionr,li, J1er mi, fin d'ora quale pegno verso la Tttrchia, ove fosse possibile, ba.rterehhe che la nostra occujJazione si limitasse etile d11e isole rnaigiori di Rodi e Co.1. . .Quando negli anni Venti sarà iniziato lo studio dei Piani di Difesa, i problemi relativi al mantenimento dell'occupazione cli quali isole saranno quelli su cui vi saranno più contrasti tra le stesse Autorità militari. La situazione non doveva essere però così tranquilla se il 27 frbbraio 1913 Ameglio doveva destituire dalla carica <li sindaco di Rodi, il greco Pauliclis, e nominare al suo posto l'italiano Attilio Brizi. Le motivazioni <li tale sostituzione erano indicate nel decreto di desti-

\ L8 R61, relazione sulla situazione politica settimanale del gcn. Ameglio del 29.1.1913, prot. n.2422 RSP.


Il trattato <li pace con la Turchia (1912). Le isole restano sotto il dominio italiano

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tuzione: Ritemtto che i/ Si,~. Paulidis, il sindaco di Rodi, difronte et! sobillamento e alta Jentata organizzazione di una ribellione dei villaggi dell'i-

sola contro t'attuale stato di cose, anziché comj,iere lect!mente il proprio dovere di funzionario stipendiato, si associava proditoriamente ai dirigenti della su accennata organizwzione ...... 1 . Nelle relazioni sull'ordine pubblico inviate settimanalmente, Ameglio, da buon comandante, pur riportando quanco accadeva, cercava sempre di non allettate le autorità centrali, anche perché riteneva che si trattasse di un periodo assolutamente temporaneo di breve durata e che quindi bisognava solo diplomaticamente giungere al momento della restituzione senza episodi gravi e lasciando che le Cancellerie europee risolvessero il problema. .Allo stesso tempo sapeva come amministrare con cura e arginare movimenti e governare quello strano mondo che seguiva forme organizzative ital ianc e leggi ottomane; un mondo a_,;;snl utamente non omogeneo che aveva invece vissuto, nonostante le apparenze, in una cerca armonia proprio sotto quell'impero che tanto deprecavano, ma che aveva lasciato libere le varie com unità di seguire proprie tradizioni e serbare proprie origini culturali. Pochi giorni prima della destituzione del sindaco di Rodi, Ameglio aveva nella sua qualità cli Comandante della 6A Divisione Speciale e Governatore delle isole occupate dell'Egeo, decretato che erano proibiti gl i assembramenti e le riunioni politiche in luoghi aperti al pubblico e le manifestazioni politiche di qualsiasi genere che avessero potuto turbare l'ordine pubblico 5: una occupazione rimane pur sempre una occupaz10ne. Nel maggio ciel 1913, ad un anno dalla conquista e a vari mesi dal trattato di pace con la Turchia, g li italiani occupavano ancora nell'Egeo, iniziando ad amministrarlo con la cura dei eiettagli, come se invero fosse molto lontana la restituzione dell'arcipelago alla 1i.irchia. ln realtà fìn dai primordi dell'occupazione, dapprima per la sola isola di Rodi e poi anche per le altre tredici isole occupate, l'amministra4 L8 R62, origi nal e del decreto. 5

LS R62, originale ciel decreto.


L'Esercito Italiano nel Dodccancso 1912-1941

zione civile delle isole era stata affidata ad un Regio Commissario, che era una emanazione diretta e quindi parte integrante del Comando del Corpo d'Occupazione. Era una direzione effettiva e non nominale, intesa a dare ad ogni ramo dell'amministrazione una perfetta unità d'indirizzo rispondente proprio agli obiettivi politici che il Comando intendeva raggiungere. Funzionalmente tutti gli Uffici Civili erano alla dipendenza gerarchica <lel Regio Commissario, per mezzo del quale potevano corrispondere con il Comando del Corpo d'Occupazione e solo attraverso questo, con i vari Ministeri del governo centrale a Roma. Gli impegni di spesa dovevano essere approvati dal Regio Commissario che alla fine di ogni mese controllava e approvava le spese in via definitiva. Tn sostanza il Regio Commissario era l'organo esecutivo delle decisioni del Comando afferenti la vita civile della popola7.inne e a lui venne demandata la trattazione <li affari di indole varia e le pratiche con i Consolaci esteri e con i capi religiosi dell'isola nonché con la Direzione locale del Debito Pubblico Ottomano, tutto sempre secondo le direttive politico amministrative del Comando 6_ Un interessante fenomeno si scava intanto profilando: le isole, che non offrivano grandi possibilità per vivere, si stavano spopolando perché era notevole il numero di emigranti dalle isole verso l'America del Nord o verso Massaua, per poi dirigersi a Porto Sudan, dove trovavano abbastanza facilmente lavoro nelle importanti costruzioni ferroviarie, che il governo anglo-egiziano stava facendo eseguire in quel periodo. Un nucleo piuttosto numeroso di emigranti si diresse anche verso la Libia, per esercitarvi dei commerci, quasi attestando una scelta di campo politica. In quei mesi la popolazione rurale si ridusse molto: infatti fra gli emigranti vi erano numerosi contadini che erano stati facili strumenti in mano ai filoellenici. Questa massiccia emigrazione faceva presagire agli amministratori un lungo perio<lo <li calma nello spirito pubblico di Rodi e delle altre isole minori. 6 18 R61: ad un anno dalla conquista fu predisposta una cotjJOSa ReùJ.Zione Grmer,tle

sui servizi civili a Rodi e nelle isole, datata 5.5.1913, prot. n. RS287 1. La l?ela zione è accomjJagnaca da un gran muncro di allegati.


Il trattato <li pace con la Turchia (1912). Le isole restano sotto il dominio italiano _____ 77

Dunque a mano a mano sembrava che la situazione dell'ordine pubblico nelle isole andasse migliorando, e comunque non si era certamente in stato di emergenza: invece le rinnovate esigenze in Libia facevano chiedere da Spingardi ad Ameglia: Prego farrni conoscere telegrafìcctmente se sitttazione isole occupate consenta invio battaglione da Rodi in Cirenaica 7_ Ameglia ovviamente non vedeva con favore una diminuzione delle forze presenti per una lunga serie di motivi, tra i quali forse il pii:1 importante era che una diminuzione delle forze avrebbe potuto preludere, nella mente degli abitanti, ad un ritiro italiano, significando che la Turchia stava per tornare nelle isole: quindi rutto questo avrebbe comportato nuove agitazioni con relative repressioni, che occorreva assolutamente evitare fin quando non fosse stata decisa ddìnitivamente la sorte delle isole. A più di un anno da quella che era stata ritenuta una provvisoria occupazione, la situazione si era quasi completamente normalizzata nel Dodecaneso, specialmente nella grande isola di Rodi. A settembre del 1913 era prevista la riapertura delle scuole delle quattro confessioni religiose presenti. Le scuole cattoliche maschili erano tenute dai Frères, sotto l'alta direzione del Prefetto Apostolico di Rodi, il Padre Ig nazio Beaufays, belga, <lei Minori Riformati: la novità sarebbe stata rappresentata dal fatto che per quell'anno scolastico sarebbe stato istituito l'inseg namento della lingua italiana, affidata ad un religioso madrelingua, cioè un italiano. Le scuole cattoliche femminili era tenute dalle Suore cli Gemona, con un insegnamento elementare della lingua italiana, come era già stato fatto negli anni precedenti, anche se si trattava di un livello molto elementare 8 . Anche la Comunità israelitica aveva espresso la volontà di istituire l'insegnamento della lingua italiana, ma aveva chiesto, a causa <li una certa penuria fìnanziaria, un aiuto dal Regio Governo, che doveva concretizzarsi nella messa a disposizione di insegnante madrelingua. La comunità turca attraversava invece un periodo di crisi economica: il governo ottomano aveva sospeso gli aiuti che dava alle isole.

7 L8 R 8

62.

L8R62, 30.8.1913, pror. n. 3195 R .P.


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L'Esercito Italiano nel Dodecaneso 191 2-191t'l

Quindi non poteva dare maggiore impulso all'insegnamento, ma per yuello della lingua italiana si poteva pensare a<l alcuni <legli interpreti ufficiali degli Uffici italiani locai i. A I contrario, la Comunità greca non aveva espresso nessun desiderio di inserire la lingua italia. . . na nei suoi programmi. Ad avviso delle Autorità era comunque giunto il momento di istituire una scuola italiana in Rodi: le scuole dei Frères erano di buon livello ed erano frequentate dalle migliori famiglie isolane, anche della comLmità musulmana, pur tuttavia non si poteva accettare che l'insegnamento primario della lingua italiana fosse impartito solo nelle scuole francesi. Si trattava in realtà cli una questione politica: anche se nuJla vi era da eccepire nella correttezza del Padre Beaufays, era evidente che la scuola francese non poteva discostarsi dalla linea di condotta della politica francese riguardo all'Italia. Un insegnamento della lingua italiana fatto sotto direzione straniera non poteva certo portare ad una affermazione della cultura e della tradizione italiana, una conoscenza della storia d'Italia. Scriveva Ameglio !,'insegnamento del!'italùmo detto dai Frères sarà soleimente un mezzo per me,gfio addestrare fa tmova ,generazione e contenderci il j,t.1sso nella relazioni esteriori e nella eJjJ/ùazione della nostra attività ... 9 . Vi erano problemi anche per quanto riguardava le scuole israelite perché il maggior f"ìnanziatore di esse era proprio la potente Affiance isrctelite, con sede a Parigi. Istituire una scuola italiana, maschile e femminile, era dunque una questione di prestigio nazionale, ritenuta opera altamente civile e patriottica, Nonostante tutte queste considerazioni Ameglio si dichiarava contrario all'istituzione della scuola in quell'anno, ritenendola opportuna invece per l'anno scolastico successivo, considerando che srJrebbe ttn't.1/lermazione decise, dAle nostre mjJÌrazirmi e sarebbero non pochi gli incidenti che si creerebbero wn !et Franàct rof mo jJo/iticante Vù-e console e colla Prefettura, e la C reàa. giterrei prudente che alla questione si elesse 1ma .rofttzione l'anno venturo. Non si poteva nemmeno dimenticare lo sviluppo della marina mercantile ellenica in quel periodo e quali vantaggi tale marina poteva

9

LS RGl, 30.8.191 3, prot. N . 3 19'.i .


Il rrattaro di pace con la TurchiaJ1912). Le isole restano sotto il dominio iraliano

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avere in seguito ai nuovi acquisti territoriali della Grecia, che stava diventando uno stato mediterraneo sempre più temibile per la concorrenza. Quindi per non perdere prestigio e influenza, era presente alle autorità italiane il problema dell'aumento delle rotte marittime mercantili, come scriveva il di San Giuliano onde non vedere compromessa nostra posizione Jj,ecialmente nel Mediterraneo Orientale, ammonimento in vista nostra desiderabile ciffermazione Asia Minore .. _lO . Anche se da restituire alla Tmchia, almeno nominalmente, si potevano da subito stabilire nuove rotte insediando compagnie <li navigazione a Rodi. Vi erano senza dubbio delle difficoltà: era complesso combattere il contrabbando e l'emigrazione non autorizzata di parte della popolazione adulta in grado di lavorare. Un ulteriore depauperamento delle risorse umane avrebbe compromesso il miglioramento delle condizioni economiche e dello sviluppo delle isole. A un anno di distanza era difficile anche applicare il diritto, sempre per il problema del riconoscimento dei Diritti Capitolari per i quali l'Amministrazione italiana non era ancora riuscita ad avere delle liste aggiornate e complete dei sudditi esteri. Per cui Ameglio nel settembre 1913 scrisse ai viceconsoli <li Inghilterra, Austria, Belgio, Spagna e Danimarca sollecitando liste di protetti per poter meglio amministrare la giustizia. La difficoltà consisteva proprio nella redazione della lista perché non si trattava solo di elencare il nome dei cittadini stranieri, ma di quello dei 'protetti', cioè di coloro che per commercio e associazione con gli stranieri, ricadevano nel godimento di quelli che erano ormai divenuti dei privilegi molto richiesti. Molti ne reclamavano il rispetto, ma le lisce non erano aggiornate e i consoli stranieri non erano solleciti nel rispondere all'amministrazione italiana. AJ un anno di distanza dalla pace di Ouchy, gli italiani erano sempre nell'Egeo, con una amministrazione civile composita e funzionante e con una giudiziaria. Si cominciò a procedere ad una riduzione della forza, oltre a quella già fatta precedentemente. Lo scopo era di arrivare al minimo indispensabile di unità da mantenere e a que-

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LSR62, 19.8.191 :), tel.mma a fìrma ùi San Giuliano ad Ameglio.


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!:Esercito Italiano nel Dodecaneso 1912 1943

sto scopo Ameglio fece fare uno studio preliminare. Aveva già avanzato proposta di rimpatrio tanto dello squadrone quanto della batteria da campagna 11 ; secondo il suo progetto le forze avrebbero dovuto ridursi a tre battaglioni di fanteria, una batteria da montagna, con un organico di pace, un plotone di cavalleria, alcuni reparti del genio e i servizi strettamente necessari. I tre battaglioni cli fanteria dovevano essere forniti da tre: diversi reggimenti, allo scopo <li non allontanare dal territorio metropolitano un reggimento al completo, che non avrebbe potuto essere mobilitato, mentre i tre reggimenti, anche mancando di un battaglione ciascuno, erano all'occorrenza mobilitabili. I battaglioni dovevano essere composti di 4 compagnie <li 120 uomini ciascuna e 3 ufficiali (un capitano e due subalterni). Le trnppe cli fanteria dovevano presidiare Rodi; solo alcune compagnie sarebbero state frazionate e distaccate nei villaggi di Rodi e nelle altre isole, ma sempre in numero ridotto. Ameglia riteneva sulla base della sua esperienza che pochi uomini di fanteria, in rinforzo alle stazioni dei Carabinieri Reali, sarebbero stati sufficienti per mantenere l'ordine. In caso di agitazioni, da Rodi sarebbero stati inviati rinforzi con il piroscafo che era a disposizione del Comando per il servizio postale fra le isole. 11 plotone di cavalleria poteva essere ridotto a venti soldati e tre caporali e un sottufficiale subalterno a disposizione per i servizi di corrispondenza, perlustrazione e di eventuale rifornimento cli cavalli agli ufficiali. Il reparto di artiglieria previsto doveva avere una funzione di influell'....:a morale sulla popolazione locale: occorreva solamente una batteria da combattimento e si riteneva suflìcicnte un organico di pace su quattro pezzi. Erano forse più necessari di tutto i reparti del Genio, con un numero limitato di zappatori, per avviare quei lavori stradali e di risanamento necessari per le isole e soprattutto per migliorare l'alloggiamento della truppa che era accantonata in baracche provvisorie e poco accoglienti. Pochi erano rimasti gli uomini necessari ai servizi telegrafici e radiotelegrafici, il cui perso-

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L8 R61, 1.9.193, prot. n. 5205 ICS.


Il trattato di pace con la Turchia (1912). I.e isole r~sJ~lQ_sottn il dominio italiano

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nale poteva essere riunito in un solo plotone agli ordini di un ufficiale radiotelegrafista. Anche per quanto riguardava i carabinieri, si pensava ad una riduzione della sezione mobilitata ad un tenente e 10 carabinieri a cavallo, a disposizione del Governatore. Per la presenza della Guardia di Finanza si proponeva di non considerarla più mobilitata, ma alle dipendenze della competente Autorità. Un settore però non poteva essere molto ridotto: quello della sanità militare, sia per i servizi alle truppe mobilitate sia nel quadro di quello spirito umanitario che caratterizzava la presenza di truppe italiane, aprendo ai civili gli ambulatori e gli ospedali militari. L'Ufficio di Commissariato _poteva invece essere notevolmente ridotto. Era prevista anche la soppressione della posta militare. Finranto che fosse durata l'amministrazione militare, il Governatore dell'Egeo doveva essere, così come per gli inglesi succedeva a Cipro, un Ufficiale Generale per il prestigio che poteva esercitare sulle popolazioni locali: l'azione di questo Governatore non era infatti solo militare ma si estendeva al campo civile e sociale e quindi indubbiamente la sua funzione era anche politica. Doveva poi essere costituito, sempre secondo le proposte di Ameglio, un Ufficio Politico Militare, così come era già stato costituico per il Commissario agli Affari Civili, un Comando tmppe retto da un colonnello. Dal punto di vista marittimo, invece, Ameglia aveva più volte formulato delle richieste 12 per contrastare le operazioni di contrabbando che venivano fatte tra le isole occupate. Il Ministero della Marina aveva messo a disposizione la Regia Nave 'Atlante', che però, secondo una relazione del successore di Ameg lio al Comando della 6A Divisione speciale, il generale Francesco Marchi 1 ), non rispondeva

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18 Rl 63, Relr1zione politictJ prot. n. 3264 R.S. , 22 .9 .1913; simile proc. .n. 3280 R.S. del 29. 9. 191 3; simi le prot.3305 <lel 6.10.1913. l3 Il gen. Ameglio lasciò il comando della 6" Divisione speciale il 14 ottobre del 191 3; il colonnello Ferruccio Trombi ne fu comandante interinr1Je dal 14 ottobre al 12 novembre 1913; il giorno successivo assunse funzioni il generale Francesco Marchi.


"'8--"2'------ -~-JLtsmito Italiano nel DoJecanrso 1912~1913

alle esigenze del servizio 14 . TI Marchi chie<leva ancora un piroscafo a disposizione per mantenere una regolare corrispondenza fra le isole e due cacciatorpediniere per servizi vari di indole militare o politica ed eventualmente per alcuni servizi postali. Il tempo passava e nessuna pressione veniva in realtà esercitata sul Sultano perché ritirasse le truppe dalla Libia e sull'Italia perché si decidesse a rendere il Dodecaneso alla Turchia. Era vero che le grandi Potenze, soprattutto la Francia, non desideravano che il Do<lecancso rimasse permanentemente nelle mani italiane 15. ln effetti la Francia non tralasciava alcuna possibilità per riaffermare continuamente i propri diritti nelle isole, nei porti e il Vice Console di Francia si agitava parecchio a Rodi, forse anche per far credere al suo governo di essere un vigile custode dei diritti <lei francesi nell'arcipelago e per affermare il prestigio della Prancia agli occhi degli isolani. La Francia cercava anche di ottenere in quel periodo dall'impero ottomano la concessione della tramvia elettrica da Marmarice ad Aidin: Marmarice, spaziosa e sicura baia, era molto importante per Rodi e per la sfera d'influenza italiana nell'Anatolia, in quanto era una baia unica della costa anatolica, ottima per crearvi una potente base navale, per la Prancia 1.ma seconda Bisertct l6_ A quel punto la DNplice Franw-lnp,fese con Malta, Cipro e Marmarice avrebbe comandato nel bacino orientale del mar Mediterraneo: potendo percorrere liberamente il mare dall'Atlantico, da Gibilterra all'Asia Minore a Marmarice si sarebbe assicurata il dominio di quello che veniva definito il Mediterraneo inferiore. La Francia e l'Inghilterra disponevano già in tutto Mediterraneo cli potenti basi quali, oltre alla citata Bisetta, Gibilterra, Alessandria d'Egitto, Tolone e Malta. La presenza italiana sarebbe stata messa in discussi o-

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18 R163, /(e/azione , proc. n.3554 ICS. del 30.11.1913.

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G-abriele-Friz, cit., p.188-189; Gabriele, il Dodec,;meso nel lratt,ito di /1ace, cit. p. 2, R. Sertoli-Salis, Le ùole italiane dtill'Egeo all'ocmpazùme ittiliantt, Roma, cit., p.47 e ss. !6 1.8 R.62, tel.mmi del 19 e 20.9.1913, a lìrrna Arncglio.

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___ _!L trattato ùi vace con la Turchia (191 2). Le isolrc!!'.rnmo sotto il ùominio italiano

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ne dalla presenza francese che avrebbe fatto scemare il rilievo del l'occupazione dell'Egeo e forse avrebbe eliminato, nel pensiero di Ameglia una affermazione italiana nel Levante. A meno che l'Italia non fosse riuscita ad ottenere una stazione <li carbone per le navi a Marmarice o la concessione della ferrovia Marmaricc-Macri-A<lalia con testa <li linea a Marmarice. In realtà in qud momento specifico faceva comodo per l'equilibrio mediterraneo che l'Italia avesse provvisoriamente il Dodecaneso: il problema rimaneva aperto e così né Atene né Costantinopoli si aggiudicavano una posizione potenzialmente strategica.

Rodi. Torre d'avvistamento



1.4. Il Dodecaneso e il conflitto mondiale.

Base per la spedizione in Asia Minore l19191. Il Corpo di Spedizione in Anatolia e il corpo di Spedizione nell'Egeo vengono fusi nel Corpo di Spedizione nel Mediterraneo lrien1a1e (agosto 19191.

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indt'.bbio che la guerra italo-turca <lel 1911 aveva mutato profondamente gli equilibri fin a1lora esistenti nel Mediterraneo orientale e l'espansione italiana sembrava poter minacciare seriamente con la sua presenza la supremazia geog rnfìca e politica della Gran Bretagna che controllava le vie verso il Mar Nero e i passaggi attraverso il Canale Ji Suez, verso il suo impero delle Indie 1 . Ancora <li più l'eventuale spartizione dei territori dell'Impero ottomano, una volta realizzata, avrebbe minacciato quell'equilihrio, se le potenze coinvolte non avessero trovato accordi capaci <li mantenere i pesi ponderati delle diverse componenti europee in quel settore geo-strategico. T non buoni rapporti che l'Italia intratteneva in quel momento con l'impero austro-ungarico, a causa dei problemi concernenti Trieste e quei territori irredenti dove gli italiani erano una maggioranza, portarono il governo italiano a cercare un accordo mediterraneo stabile con la Francia e la Gran Bretagna, anche se in quel periodo specifico non giunsero a un risultato concreto e duraturo. Alla vigilia del conflitto, l'impero ottomano si era indebolito sempre <li più, anche a causa della situazione del proprio debito pubblico: Germania, Francia e Inghilterra, grandi creditrici delle finanze ottomane, ottenevano se1npre maggiori concessioni che minavano quasi oltre il possibile il già fragile sistema finanziario cli Costantinopoli, portandolo al completo collasso.

1 P. Renouvin, Histoire d;,s relatùms intemationales. /11. De 11371 à 1945, Hacherrc, Parigi, 1994, p. 186 e ss.


"" 8-" G_ _ _____ _ =L'=Ese=rc=ico"-'-' lt=a li~no nel Dodecaneso 1912-.. .c.lL. .94.e1.' - - - -- - - -- -

In questo qua<lro di febbrile attività diplomatico-economica e di forti tensioni balcaniche, nel febbraio del 1914 la Ci-ermania, vincendo le resistenze delle altre <lue potenze, riuscì ad ottenere l'importante concessione ferroviaria per la linea ferroviaria BerlinoBaghdad, accordandosi anche con la Francia: una ferrovia necessaria al trasporto <lei pellegrini, ma soprattutto a quello delle truppe, per non parlare dell'indotto relativo alla penetrazione del territorio. Mentre una serie di accordi multilaterali e bilaterali di carattere politico e economico venivano sottoscritti , il governo italiano, nel solco della propria politica estera di espansione, volle mettere a frutto la sua presenza nell'Egeo e il 16 m arzo 19 1/i negoziò con l'Tmpero ottomano, prima, e con la Gran Bretagna, poi, un accordo che autorin:ava gli italiani a costruire una linea ferroviaria che <lai porto di Adalia penetrasse all'intt'.rno, proprio quella t ratta che era stata pressantemente richiesta da Ameglio. La lotta per le concessioni ferroviarie fu molto forte in quel periodo, perché era evidente che la costruzione e la gestione di una linea ferroviaria comportava lo stabilimento cli una forte zona <l'influenza per lo stato che la costruiva e ne otteneva l'am ministrazione: quindi erano legati alla costruzione delle ferrovie importanti interessi economici (tra i quali lo sfruttamento delle risorse del sottos uolo nella zona aLtraversata dalla linea ferroviaria), politici e non ultimi ùi cerco, quelli mili tari: in zone dove era difficile i I transito, avere il controllo di una linea Ji com unicazione significava, in quei tempi, disporre anche <lei pieno controllo strategico, oltre che delle facilitazioni mercantili. La divisione degli appalti delle ferrovie, con il conseguente dispiegamento di forze civili e militari attestate stabilmente, poteva già preludere ad una reale e concreta spartizione dell'Asia Minore, considerando la prossima fine dell' impero ottomano: metteva comunque una seria ipoteca sul futuro, almeno così si pensava. Soprattutto non veniva messa in bilancio la pur remota possibilità che vi fosse alcun tipo di stato, erede politico, che potesse prendere l'eredità del defunto impero. Le isole dell'Egeo, s ia quelle occupate dagli italiani sia quelle ancora sotto dom inazione ottomana, rendevano difficili soprattutto i rap-


Il Dodecancso e il confhtto mo"'n""Ji""al=e_ _ __

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porti tra Costantinopoli ed Atene. La questione relativa a quei territori costituiva una delle principali preoccupazioni del Governo sultaniale. Le isole si potevano distinguere in tre gruppi: quelle situate di fronte all'ingresso <lei Dardanelli, tra le quali Lemno, oltre alle assai strategicamente importanti Imbro e Tenedo; quello delle isole situate cli fronte a Smirne (Chio e Miti lene) e quello delle isole occupate <lall'ltalia. Circa queste ultime il trattato bilaterale di Losanna e la Conferenza di Londra del maggio 1913 avevano già deciso le modalità cli restituzione ai turchi, quando tutte le clausole del trattato di Losanna fossero state osservate. Una volta avvenuta la restituzione alla Turchia, le grandi potenze europee, alle quali era stata rimessa la questione dalla conferenza cli Londra <lei maggio 1913 e dal trattato di Bucarest del 10 agosto 1913 2 , si riservavano <li valutare il problema df-'lla loro definitiva destinazione. Il problema per l'Italia era Ji risolvere la propria questione tra Roma e Costantinopoli senza ingerenze esterne e soprattutto non mettendola in relazione con altre questioni internazionali. Uno dei nodi da sciogliere era quello relativo ad unafonmda di accomodamento che permettesse alla Turchia <li tornare in possesso <lei Dodecaneso, pagando però le maggiori spese che l'Italia aveva sostenuto nell'amministrare le isole, dopo la firma del trattato <li Losanna, spese che il Sultano non voleva riconoscere: infatti la Sublime Porta dichiarava di non avere alcuna responsabilità della permanenza in Libia di alcuni reparti e ufl:ìciali turchi, che aveva ufficialmente disciolto o dimissionato. Risultava invece all'Italia, tramite un ben organizzato servizio informativo locale che gli ufficiali erano ancora in servizio attivo, così come alcuni reparti e che il contrabbando <li armi, in vista <li una possibile sollevazione contro gli occupanti era vivace. ln realtà il governo cli Roma era convinco che l'Impero ottomano era da una parte ben 1ieto che le isole del Do<lecaneso fossero ancora occupate

Firmato .il 1O agosto 1913, per mettere fìne alla seconda guerra degli stati balcanici contro la Turchia, riguardò principalmente la spartizione della Macedonia a profìtto della Serbia t: della Grecia. Per un approfondimento su questo argomento cfr. A. Biagini, L'Italia e le gtterre baùaniche, Roma, 1990, p.175 e ss. 2


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dall'Italia, in modo da non dover ancora decidere sulla loro sorte a livello internazionale, considerati i problemi che si avevano sugli altri due gruppi di isole, in particolare su Imbro e Tenedo e su Chio e Mitilene, che erano state assegnate alla Grecia. La Turchia non poteva permettere che queste due isole fossero state lasciate alla Grecia, così come Lemno, perché questa presenza costituiva una reale minaccia contro le coste dell'Asia Minore. Ancora nel 1914 Costantinopoli pensava fosse possibile mantenere l'integrità del proprio territorio, combattendo sia per mantenere Adrianopoli, nella parte europea dei suoi possedimenti, necessaria alla sicurezza della capitale, sia per le varie isole che una volta in mano ad altre potenze, potevano mettere in pericolo una parte asiatica dell'Impero. La guerra tra Atene e Costantinopoli doveva essere scongiurata, per evitare anche lo scoppio di 11n nnovo conflitto balcanico ... di lì a poco sarebbe scoppiato un nuovo conflitto ancor più grave, ma nel gennaio del 191 4 nelle cancellerie interessare si cercava di risolvere anche questi problemi con accordi bi- e multilaterali, nella convinzione che il panorama mediterraneo sarebbe rimasto uguale o quantomeno nello sforzo di far rimanere il panorama generale immutato. Le potenze europee, perseguendo i loro schemi di regolamentazione politica internazionale, decisero nel febbraio del 1914 che le isole, ad eccezione di Imbro e Tenedo, che erano all'imboccatura dei Dardanelli , e Castellorizo, dovessero essere annesse alla Grecia; l'Italia avrebbe mantenuto, ancora a titolo provvisorio la sua occupazione nel Dodecaneso. Il governo turco non accettò queste decisioni, volendo avere anche Chio e Mitilene, che invece sarebbero state in mano greca. Gli eventi successivi rimescolarono ampiamente le carte e la questione fu ripresa alla fìne della guerra, nel lungo negoziato per giungere alla pace con quell'erede politico dell'J mpero ottomano (v. sotto). Mentre il primo conflitto mondiale era già iniziato, i giochi diplomatici si fecero sempre più serrati e complicati. In questo quadro di incontri e di alleanze, il 26 aprile l 91 5 l'Italia si accordò con l'Inghilterra stipulando l'ormai noto trattato segreto di Londra, che stabiliva le condizioni per la sua entrata in guerra: tra l'altro, secondo i termini dell'art.8, avrebbe ottenuto a fine conflitto il pieno pos-


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sesso di Rodi e di tutte le isole del Do<lecaneso occupate3. Nell' art.9 Francia e Inghilterra riconoscevano come un axiome l'interesse dell'Italia a mantenere l'equilibrio politico nel Mediterraneo e il suo diritto a<l avere, una volta sudd ivi so il territorio turco, una parte uguale a quella francese e inglese nel Mediterraneo: esattamente fu promessa all'Italia la parte occidentale del l'Anatolia con le provincie <li Smirne e Aydin, la costa anatolica fino a Mersin, la provincia di Adalia, où f'Italie a déià acq11,is des droits et des inlérels spéciaux énonafs dan.r la convenlion italo-britanique. La zone à attribuer à l'Italie sera, en tem/1s voNftt, .fixée s1iivant /es intfrets vitaux de la France, de la Grande Bretagne. De meme on devra lenir compte des intérets de l'Itctlie, mème au ras où !es JntiJJances maintiendraient encore pendant q11,e/que temps l'inviolahilité de la 'I'urqttie d'Arie e procètleraienl .rimplerrtent à la delimitation entre el!CJ· deJ sphères d'intéret. Au cc1s où !c1 Fr,:mce et !,i Grande Rretc,gne et !tt Russie oa-14,eraient durant la g1,1,erre ctctt,1,elle les r~~ions de la Turquie d'Asie, tottte la r~~ion touchant à l'Adalia e/ défìnie ci-dessus en plm amples détailr sera réservée à l'ltalie qtti se réserve le droit de l'ocmper 4. Dunque il Patto di Londra era chiaro circa le concessioni all'Italia per la regione di A<lalia, ma g li equilibri politici del 1915 erano ben diversi da quelli del 1919, quando l'Europa si ritrovò senza più imperi, salvo quello inglese. La pace tra la Turchia e l'Italia durò molto poco, a causa delle condizioni generali e, io seguito allo scoppio <li un nuovo conflitto esteso, una nuova guerra fu dichiarata da Roma a Costantinopoli il 22 agosto del 1915. Nel quadro dell'espansione possibile e vagheggiata dall'Ttalia, il Dodecancso stava acquistando dunque ulteriore importanza strumentale, oltre che quella politica e <li prestigio internazionale, dopo

48-R~2-0-Efo-il-resto completo <lei trattato. 4 Per l'analisi diplomatica degli accordi di questo periodo cfr. gli studi sempre di gran valore per la loro metodologia <li M. Toscano, /,e ori1;ini dijJ/omatiche dell'art. 9 del patto di LondrtJ per l'ingresso dell'Jt,llia nella prima guerra mondiale, in 'Nuova Antologia', agosto-novembre 1965.


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I:Escrcito ltaliar~L!!.el Do<lecaneso I 912-L943

l'Accordo di San G·iovanni di Mariana (SaintJean de Mattrienne) 5 firmato nell'aprile del 1917, quando la prevista e vicina spartizione del morituro impero ottomano minacciava di porre gravi ipoteche sull'equilibrio del Mediterraneo orientale: erano confermati i diritti dell'Ical ia sulla regione di Adalia, esten<lendo le concessioni alla parte meridionale dell'Asia Minore. Rodi e le altre isole potevano essere lo strumento geografìco e logistico che avrebbe permesso il 'salto' in Asia Minore. Questo accordo, fra Francia, Italia e Inghilterra che confermava sostanzialmente gli accordi precedenti di Lon<lra, per essere vigente, doveva essere approvato dalla Russia, ma fu poi dichiarato decaduto dai francesi e Jagli inglesi, a causa appunto della mancata ratifìca <la parte di quella potenza 6 : la sopravvenuta rivoluzione bolscevica aveva scompaginaco, ai suoi iuizi, anche la politica estera espansionista dell'impero zarista, che peraltro venne io seguito ripresa dal governo sovietico, non appena il movimento rivoluzionario trovò il suo diffìcile assestamento interno. Unilateralmente il governo <lei soviet non solo non ratificò alcun trattato, ma dichiarò decaduti tutti quelli in vigore. Nel 1915 con la riapertura delle ostilità fra Italia e Turchia, la 6a Divisione Speciale assunse durante il conflitto la denominazione di Comando del Corpo d'Occupazione dell'Egeo: erano infatti cambiate le circostanze della presenza degli italiani nel Dodecaneso dopo la dichiarazione di guerra alla Turchia. Non si trattava pit"t di essere presenti in un territorio tenuto in 'runm inistrazione', in attesa che si compissero gli accordi previsti nel trattato di pace di Losanna del 1912,

5 V. M. Toscano, Gli a,amli tli San Giovanni di Morùma, Milano, 1936. Cfr. anche

A. Giannini, Documenti per la storitt del!,J /1t1a orientale (1915 - 1932), Roma, 192:'\. questi accordi l'Italia dava il suo consenso agli accordi franco-britannici del l 9l(i e quindi riceveva per il suo accordo alcune concessioni, che includevano anche il possesso di Smirne. C:011

6 L'accordo si apriva, nel la sua dichiarazione di principio, con una clausola che non

andava sortova.l utata 'sotto riserva del consenso del governo russo': invece lo fu e ampiamente dalle parti contraenti.


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ma di una piena presenza militare legittimata dal diritto di guerra. In quel periodo, sul territorio delle isole, per quanto riguardò le truppe di terra, non avvennero fatti d'arme di un certo rilievo legati al conflitto in atto. Il Diario Storico <lel Comando di Divisione del Comando del Corpo <l'Occupazione in realtà non contiene fatti di rilevante importanza mii itare dalla baccaglia di Psitos del 1 6 maggio del 1912 alla fine del conflitto mondiale, anche durante il periodo cli mobilitazione; fa riferimento solamente a avvenimenti cli carattere locale, soprattutto movimenti <li piroscafi, di navi degli alleati, di cambi di distaccamento: un Diario di rilevanza più che altro amministrativa. L'unico interesse storico e operativo è dato dal fatto che furono messe a disposizione degli Alleati le basi navali dell'arcipelago per il contra~to al traffico milirnre e mercantile del nemico: in questo contesto il Dodecaneso fu di notevole utilità logistica, senza rilevante partecipazione operativa da parte delle truppe italiane. Naturalmente nel periodo della guerra tu istituito l'Ufficio della Censura Militare che svolse il proprio mandato con efficienza. La Legge del 22 maggio 1915 vietava la pubblicazione di notizie non comunicate dal (ioverno e dai Comandi Superiori dell'Esercito e della flotta italiana, che si riferivano al numero dei morti e dei feriti, agi i spostamenti dei Comandi e dislocazione delle forze, alle previsioni e alle critiche sulla condotta nelle operazioni. L'lJ ffìcio della Censura Militare dell'Egeo fu aperto a Rodi subito dopo la dichiarazione di guerra dell'Italia all'Austria-Ungheria (23 maggio 1915), avocando il completo controllo di tutta la corrispondenza, compresa quella facente capo all'ufficio postale locale francese, che in precedenza era stato tollerato, nel rispetto del regime capitolare, che l'Ttalia si era impegnata a riconoscere con il trattato del 1913. Anche la stampa e relativi servizi dovevano essere controllati per impedire che fossero diffuse notizie non solo non veritiere, ma anche deprimenti dello spirito delle truppe. 11 servizio si presentava delicato e non molto facile, perché doveva fare riferimento non solo alle disposizioni italiane in materia di censura militare, ma anche al regime delle capitolazioni vigenti, alle numerose lingue usate nella corrispondenza, ai rapporti di ecceziona-


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le delicatezza dell'Ufficio postale francese, all'innata inclinazione all'affarismo d,a jJarte dei levantini in genere ... all'inevitabile tendenza dei naturali turchi a fàvore dell'lmjlero Ottomano ... all'atteggiamento politico del Regno di Greàa ... 7 . Era evidente in quel periodo che le vicende interne della Grecia, durante tutto il periodo delle ostilità, contrastavano quasi sempre, in modo chiaro o nascostamente, con le operazioni italiane in Albania e nell'Epiro meridionale e quindi veniva rinfocolata l'antica inimicizia. Rilevava l'estensore <lella relazione finale che gran parte del clero e degli insegnanti greco-ortodossi facevano opera di seria e subdola propaganda contro l'Italia, ragione per la quale era indispensabile un continuo e minuziosissimo controllo sulla corrispondenza greca, specialmente quella diretta o proveniente dalla Grecia, dall'Egitto, dall'America e dai paesi neutrali, che confinavano con gli Imperi Centrali: era infatti noto che lo scoppio del conflitto aveva trattenuto in tutti gli stati balcanici un gran numero cli greci del Dodecaneso, che si sospettava, a ragione, facessero contrabban<lo e fossero agenti di spionaggio per conto ciel governo di Atene. Insomma, l'ltalia iniziava a tenere fortemente al possesso del Dodecaneso e a stabilirvi un serio controllo per evitare contrasti alla propria presenza, in vista di un futuro di saldo insediamento. Il lavoro di censura fu molto pesante: tra lettere lette ed esaminate, nei primi sette mesi del ·191 5, si arrivò a circa 300.000 pezzi; i numeri salirono notevolmente nel 1916, fino a 600.000. Nel 1917 e 1918 i numeri scesero moltissimo in quanto per effetto dei siluramenti dei vapori postali, molta posta non giungeva a destinazione: comunque nel 1917 e 1918, i pezzi esaminati furono rispettivamente circa 550.000, quantità di tutto rispetto. La corrispondenza sequestrata fu considerevole; ebbe il suo picco nel 1916, per scendere a meno <lella metà nel 1917 e a circa un sesto nel 1918: coloro che corrispondevano da e con la madrepatria greca aveMuseo Storico dell'Arma dei Carabinieri (MSAC), f.343. Relazione del Tcn. Col. Vittorio Gorini, Comandante dei Carabinieri Reali dell'Egeo, senza <lata, ma presumibilmente redatta nel settembre 1926, sul lavoro compiuto dall'Ufficio di Censura Militare durante il conflitto 1915-1918. 7


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vano con grande probabilità, ben compreso come operasse la censura e evidentemente trovarono, quando era necessario, altri mezzi per dare informazioni rispetto alla guerra, lasciando alla normale corrispondenza noti zie che potessero passare attraverso le maglie dell'Ufficio. Anche la stampa era severamente censurata: ma già nel secondo anno di guerra, gli articoli scritti diminuirono notevolmente a causa di una crisi sempre crescente di carta, che ridusse moltissimo le pubblicazioni di quasi tutti i giornali; fece sopprimere gli abbonamenti di moltissimi giornali greci e vi furono numerosi sequestri di una certa stampa periodica di seconda mano, che consigliò a coloro che la inviavano di sospenderne l'inoltro. Nel 1915 furono però sequestrati un gran numero di giornali, decisamente superiore a quello degli anni successivi, in quanto la censura comprendeva tutti i periodici politici che erano arrivati a Rodi prima dell'inizio del conflitto e della dichiarazione di guerra alla Turchia, il 21 agosto 1915: tre giornali sequestrati si pubblicavano in Grecia (Patris, Proeyi, Esperini), uno a New York (Atlctntis)e uno in Svizzera (Journaf des Héffenes): una finestra aperta sulle idee circolanti tra i greci, dodecanesini e non, circa la presenza di un occupante, quale che fosse. La lingua maggiormente usata nella corrispondenza e nei giornali era quella greca, poi nell'ordine quella francese, italiana, ebraica, spagnola, turca, inglese, araba, tedesca. Secondo le note apposte nella relazione, la lingua italiana era usata molto poco dagli abitanti del Dodecaneso; in seguito però ebbe un certo incremento, in quanto veniva insegnata nelle scuole e soprattutto veniva usata regolarmente nelle transazioni d'affari. La lingua italiana era amata soprattutto dal mondo ebraico, anche non di origine italiana, che l'adoperava talvolta nelle corrispondenze familiari. Il turco era usato soprattutto da coloro che avevano commerci con la Tripolitania e la Cirenaica. Per quanto poi riguardava la provenienza e la destinazione della corrispondenza, è interessante notare il maggior flusso riguardava l'America, in quanto numerosi emigranti dodecasini si erano diretti negli Stati Uniti, <love poi avevano intessuto ottime relazioni con i


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greci dcli' Asia Minore: questo aveva portato ad un rafforzamento, anche internazionale, delle aspirazioni panelleniche nelle isole egee. La posta da e per l'Europa era relativamente limitata riguardando soprattutto la Grecia o l'Egitto. lJn certo numero di abitanti del Do<lecaneso era emigrato nella colonia italiana dell'Eritrea, dove aveva normalmente fatto fortuna, raggiungendo un buon tenore di vita. Per quanto poi riguardava l'Australia, erano stati soprattutto gli abitanti <li Castelrosso ad emigrarvi e quindi la corrispondenza da e per quelle lontanissime terre era molto ridotta. Tra censori e interpreti, in tutti i quattro anni di conflitto il Comando dei Reali Carabinieri del Dodecaneso poté utilizzare per questo servizio un ristretto numero di operatori, mai più di cinque-sei unità. La lettura delle lettere e soprattutto della stampa sequestrata dava il polso della situazione e poteva in qualche modo far comprendere quello che sarebbe potuto accadere alla fine del conflitto. Una delle poste in gioco messe in palio dall'Italia a Londra e a San Giovanni di Mariana, cioè il definitivo possesso del Dodecaneso, tornb a divenire importante quando il conflitto si avviò verso il suo epilogo e la diplomazia degli stati interessati, ancor prima che le armi cessassero di sparare, aveva iniziato un fitto lavorio p er arrivare, dopo l'armistizio, alla soluzione dei problemi già affrontati e mai risolti durante il periodo anteguerra e agli eventuali profitti da trarre dal conflitto, per i vincitori e, paradossalmente, anche per i vinti. L'impero ottomano, o quel che ne restava, usciva dalla guerra sconfitto, ma con il nazionalista energico Mustafa Kemal trovò la forza e il modo di parlare e agire <la vincitore, tanto da far rifiutare il primo trattato di pace proposto dai vincitori, quelJo di Sèvrcs del 1920, non ratificandolo: la spartizione <lei territorio del Sultano agitava ormai da decenni le cancellerie europee che si apprestavano a cogliere il frutto <li tanti sforzi bellici e diplomatici, ma l'agonizzante impero non si decideva a scomparire definitivamente, come era nelle speranze <lei 'concerto' europeo. La Russia dunque, come sopra ricor<laco, non ratificò mai gli accordi di San Giovanni di Mariana e quando iniziarono le trattative di pace, nel gennaio del 1918, guanto promesso all'Italia circa l'Anatolia non venne istantaneamente riconosciuto, anche perché la Grecia, che con


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la sua entrata in guerra contro la Turchia aveva contribuito all'affermazione delle potenze occidentali, reclamava i suoi diritti. Infatti, tra le varie, si prospettò la possibilità che la Grecia ottenesse tutto il Dodecaneso e la zona di Smirne, mentre all'Italia poteva venire riconosciuta solo una sfera di influenza sulla wna di Adalia. Era l'ennesima riprova che i trattati firmati sono val idi solamente quando tutti firmatari abbiano interesse a farli rispemffe o fino a quando i rapporti d i forza non siano tali imporre una deterrenza reciproca, oppure che una delle 'Alte Parti Contraenti' sia diventata enormemente più forte degli altri, da imporre con violenza le sue decisioni. Nonostante la sua partecipazione al conflitto, l'Italia era ancora un giovane stato, forse nemmeno considerata una piccola potenza. Verso la fine del 1918, quando la Turchia aveva firmato l'armistizio

8 Occorre ricordare a questo punto che l'armistizio di Mudros ebbe come conseguenza immed.i ata l'occupazione interalleata della Turchia e di Costantinopoli, dove il l:i novembre 1918 attraccarono SS nav i Ja guerra alleate. A capo del Comando dell'Esercito Alleato d'Oriente, che aveva sede a Costantinopoli, fu messo il Generale Franchet d'Esperey. Da questo Comando dipendevano lULLe le forze alleale in Oriente. A Costantinopoli vi era anche il Comando del Corpo di Spedizione britannico (the Generai 1-kad Quarters of the British Expedition Forces) con il Generale Milne: questo Comando aveva giurisdizione su tutte le truppe britanniche nei Balcani, in Asia Minore e nella Transcaucasia. Le forze ciel generale Milne erano collegate con le forze britanniche della Siria, al comando del g enerale Alle11 by. A Costa11ti11opoli esisteva inohre il Comando delle Forze Alleale nella Turchia Europea (Hcad Quarters of rhe Allied forces in Constantinopk) con a capo il generale Wil son. Nell'aprile dd 1919 le truppe italiane in Orieme dipendevano dal Comando del Corpo di Specli:Lione Italiano in Oriente (già 3SA Divisione) del generale Mombelli con sede a Sofia. A Salonicco esisteva un Ufficio Sraccaro dell'Intendenza A.M. che dipendeva dall 'Intendenza A.M. di 'faranto. Le forze italiane in Albania dipendevano dal Comando delle Truppe di Albania del generale Piacentini, con sede a Valona. A Costantinopoli risiedevano gli Alti Commissari delle Potenze Alleate che avevano funzioni esclLtsivamenLe politiche. Per l'Italia l'Alw Commissario era Cado Sforza. Presso il Commissariato era attivo un Ufficio Militare, che si occupava, tra l'altro, di vist i e passaporti. Il battaglione della Brigata Campania prese il nome di Reparto Speciale Italiano di Konia o R eparlo speciale K. dipendeva per gli effetti disciplinari dal Comando Brigata Sicilia e per l'impiego dal generale Milne.


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a Mudros (30 ottobre 1918) 8 , l'Austria-Ungheria a Villa Giusti di Vittorio Veneto (3 novembre) e la Germania a Rethondes (11 novembre), la coesione delle potenze vincitrici era già un ricordo lontano9 e quanto deciso prima o durante il conflitto, per annodare le possibili alleanze militari, non era più cogente. Alla fine del conflitto, la geografia politica, non solo europea, era stata stravolta: tre grandi imperi non esistevano più, quello tedesco, quello austriaco, quello russo; uno esisteva solo cli nome, quello ottomano, ma era già chiaro che si trattava degli ultimi sussulti cli una vita plurisecolare, che aveva dato al mondo cultura, arti, tradizioni e arte militare. Un nuovo importante attore era con1parso sulla scena politica europea: gli Stati Uniti d'America, con tutto il loro peso economico e militare, destinati a essete i veri potenti del mondo nel secolo XX e oltre. L'Italia naturalmente considerava validi gli accordi, a suo favore, del 1917, mentre la Grecia di Venizclos avanzava pretese su Smirne, considerata greca. In Italia era molto seguita la sorte <lel Dodecaneso, soprattutto perché quell'arcipelago era chiaramente legato gli interessi italiani in Asia Minore; interessi di natura politica, ma anche commerciali e <li approvvigionamenti, derivati anche a<l una crisi di materie prime, segnatamente quella <lel carbone: l'espansione in Anatolia, in particolare l'acquisizione del bacino carbonifero di Eraclea, con una solida presenza francese e quindi reclamato da Parigi, avrebbe non solo bilanciato l'espansione franco-inglese in Medio Oriente, ma avrebbe garantito una sicura fonte di approvvigionamento di un elemento strategico, anche se forse quel carbone non sembrava essere di ottima qualità. Per Badoglio, in quel periodo Sottocapo di Stato Maggiore, le miniere di Eraclea, zona occupata <lai francesi, costituivano una nc:cc.:ssità assoluta e l'unica occupazione effortivamente red<licizia in quel settore, mentre il tenente generale Armando Diaz,

') P. Renouvin, cit., p-111 e ss. 10

Diaz ebbe l'incarico fino al 24 novembre 1919, giorno in cui fu nominato ispettore generale dell'Esercito, 4uanJo entrò in vigore l'Ordinamento "Albricci" e fo sostituito Ja Badoglio. Fu nominato senatore il 24 febbraio 1918.


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Capo di Stato Maggiore dell'Esercito dall'8 novembre 1917 10 , valutava l'occupazione francese non in termini economici, ma in termini di importante penetrazione politica 11 . In quel bacino carbonifero già nel 1907 la Società Italiana <l'Oriente aveva chiesto e ottenuto una concessione, ma non aveva potuto agire da sola, per l'opposizione della Francia e si era dovuta accontentate yuindi di avere solamente una partecipazione nella preesistente società francese che cli fatto divenne così italo-francese. Comunque la Società proJuceva circa mezzo milione di tonnellate di carbone l'anno, garantendo un certo rifornimento all'Italia 12 . Anche l'opinione pubblica era divenuta molto sensibile al problema della presenza italiana nel Mediterraneo, per il mantenimento di un equilibrio politico, di uno statu quo. A riprova dell'interesse generale per il Dodecancso, al Convegno Coloniale che si tenne nel gennaio 1919, importante foro della sensibi I ità poi itico-accademica verso le questioni della presenza oltremare, nella sessione del giorno 19, presieduta dai senatori Ernesto Artom e Tommaso Tittoni, fu approvato per acclamazione l'ordine del giorno Vassallo-Fagol3 che riassumeva l'orientamento politico dominante: Il Convegno, ritenuto non /1otervi essere d11,bbio che Francia e Inghilterra riJjlettino l'impegno ammto con ii trattato di Londra di riconoscere all'Italia il possesso dell'Egeo; ritenuto che dette isole indusavi qttellct di Castelforizo, che aveva domandato l'ocmpctzione deil'Italia e che durante l'attuale conflitto è stata occupata dalla Francia per la guerra contro i sottomarini, formano bme ir1di.1pensabi!e per l'eq110 assetto coloniale del Mediterraneo orientale e dell'Asùt Minore, fa voti che le isole occupate dr.tll'Italia, sottratte alla dismssione generale del Congresso della jlace, il

il

Cfr t.mma 19.1.1919, n. 6794 a firma Ba<loglio, con annotazioni di pugno di

Diaz. 12

Cfr. l'interessante articolo sul carbone di 1-iraclea pubblicato da Luigi Barzini sul Corriere della Serrt del 9 febbraio 1919. 1

3 Vassallo era un noto g iornalista; il capitano Pago, dell'Ufficio del Regio Addetto militare ad Atene, trasferito a Smirne in temporanea Missione, era ritenuto un buon conoscitore dell'Asia Minore. Cfr. E3 RG.


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[Esercito ltaliar1[! nel Do<lecaneso 1912-1943 -·

quale non può non riwnoscere le stipulazioni del Patto di Londra, forrnino eventuct!e oggetto di particofctri amichevoli trattative e di separati accordi fra /'Italia e la Grecia 11 . Con un voto successivo, a chiusura della seduta, fu altresì auspicato che il 'materiale di aviazione' fosse trasformato in mezzo pratico di espansione e cli esplorazione nell'Africa centrale: la voglia di divenire una potenza coloniale importante era molto forte. L'Anatolia doveva rappresentare per l'Italia, oltre la Libia, l'Eritrea, la Somalia, un nuovo e più facile sbocco anche per l'emigrazione, un più proficuo impiego di mano d'opera ed un territorio dal quale ricavare, con un razionale sfruttamento, prodotti agricoli e materie prime. Vi era la ferma convinzione che l'Italia avrebbe avuto un notevole danno qualora fossero srn.ti limitati i suoi 'diritti' in Asia Minore, perché non doveva essere esclusa dalla spartizione dell'Impero. Quindi, seguendo quello che era stato un preciso programma di affermazione nel Mediterraneo, a salvaguardia di un equilibrio strategico, si faceva strada l'idea di una r.1ffermazione di forza che consigliava una sollecita occupazione militare ita/icma di tutla la costa bagnata dal Mediterraneo orientale, da Smirne ad Alessandretta, incominciando al più jwesto con lo sbarco r.1d Adalia, che ne rappresenta quasi /'epicentro ..... . 1 5 . A cosa dunque sarebbe valso il possesso del Dodecaneso, se la costa prospiciente fosse stata in possesso o sotto l'influenza di un'altra potenza europea o addirittura in possesso della Turchia? Era un positivo quesito da porsi, anche perché era già evidente che l'Asia 14 Cfr. Il Giornale d'ltrilù,, 19.1.1919. l.5 E3 R38, in un appunto ri.wrvatissimo, senza intesta:àone né firma, né data. Presumibilmente però lo si può datare al 1919, prima dell'occupazione italiana in Asia Minore. L'A. di questo volume che ha condotto approfondite ricerche negli archivi diplomatici italiani e francesi, anche militari (Gli equilibri nel Levrmte - La crisi di Ale.uandretta 1936- 1939, Palermo Ila-Palma 1995), aveva in effetti trovato nei documenti francesi un riferimento ad un eventuale interesse dell'ltaJia per il porro di Alessa11dretta, attualmente lskenderun nell'Haray, oggi turco, ma dal 1921 al 1959, sotto mandato francese, facente parte del territorio siriano. Questi riferimenti però non avevano trovato precedentemente alcun riscontro nei documenti diplomatici italiani.


11 Do<lecaneso e il confiicro mondiale

Minore nella sua integrità sarebbe stata rivendicata con forza da ciò che rimaneva dell'Impero Ottomano: i governanti turchi, che peraltro non si trovavano in stato di guerra con gli Stati Uniti, già prima dell'apertura della Conferenza di Pace, avevano fatto passi <liplomatici presso il Presidente Wilson, per ottenerne un appoggio alle loro richieste territoriali. Il vilayet di Smirne doveva essere assegnato all'Italia: il possesso del Dodecaneso non pt,ò andare a.rsolutamente dùgitmto per raxioni topo,~rafìche, economiche e di simrezza reciprocct, dal possesso del vila_yet di Srnirne, di mi q11,el/e isole dominano ttttta la costa. Non vi era più alcuna volontà di far tornare le Sporadi meridionali sotto sovranità turca e tantomeno greca, considerate anche le pessime relazioni con il governo di Atene. Si era fatta strada la certezza che sul definitivo possesso ita1ìano del Dodecaneso non potevano e non dovevano esservi <luhhi: il trattato di Losanna del 1912 imponeva la restiwzione delle isole all'Impero ottomano, solo ad alcune condizioni, alle quali Costantinopoli non aveva ottemperato, prima fra tutte la cessazione cli ogni ostilità in Libia e soprattutto il ritiro <li tutte le truppe turche e degli clementi ostili all'Italia dal territorio <lella Cirenaica e della Tripolitania. Allo scoppio del conflitto mondiale di nuovo l'Italia si era trovata in stato di guerra con Costantinopoli. Il trattato <lei 1912 era così decaduto, lasciando in mano italiana quelle isole. Le potenze che dovevano decidere della questione turco-asiatica erano Francia, Inghilterra e Italia; le prime due avrebbero ricavato sicuramente compensi pii:1 vasti che l'Italia: quindi ad essa competevano senza discussione le isole e la costa dell'Anatolia. E' in un anonimo appunto delle carte militari che si fa riferimento ad Alessandretta, come limite di espansi<me italiana o eventualmente compensa:.:ione per la mancata attribuzione di Smirne. Inoltre si affermava che con la scomparsa clel1' impero zarista dalla competizione per i territori ottomani, l'Ttalia poteva a giusta ragione voler estendere la sua influenza a tutta la regione del Golfo di Alessandretta che avrebbe rappresentato un grande valore aggiunto per l'espansione economica italiana, significando la possibilità di una penetrazione diretta sui mercati ciel Me<lio Oriente. In quel periodo l'Italia, da poco affacciatasi sullo scenario


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mondiale, come stato unitario, aveva bisogno <li espansione, di ricchezza, di traffico, di ttna via insomma a etti indirizzare la propria emiirazione di lavoro ..... . Si riteneva altresì da alcune parti che qualora Smirne fosse stata assegnata alfa Grecia, all'Italia doveva an<lare il possesso di Alessandretta, per raggiungere un giusto equilibrio nel Mediterraneo orientale e per attuare una spartizione della Turchia in modo equo e non a danno del governo cli Roma. In qualsiasi modo andassero le cose, la cosca da Smirne a Mersina era il programma minimo italiano cli rivendicazioni nel Mediterraneo orientale. Nel marzo del 1919 il piano militare per l'occupazione di quanto assegnato in Asia Minore era già stato interamente studiato e erano state adottate le relative predisposizioni per la costituzione cli un Corpo di Spedizione destinato a sbarcare in Anatolia; a Rodi, la se<le del suo Comando. L'effettiva occupa1.ionc presentava non pochi problemi: lo sbarco più agile era stato individuato in Marmarice (Marmarizza), il miglior porto deJla costa, ma da questo verso l' interno i problemi posti dalle poche rotabili in pessime condizioni, per cli più, erano assai gravi: a volte mancava del tutto la comunicazione viaria. In sostanza la prima fase di penetrazione nella zona di Adalia non si presentava di certo agevole. 11 Dodecaneso italiano era dunque legato geograficamente alle regioni <lell'Anatolia e in termini strumentali strategici, divenendo infatti la base militare e logistica della spedizione, sede principale della nuova impresa, che era divenuta fattibile anche per la presenza italiana in quelle isole. La Cassa Mii itare di Rodi fo il supporto amministrativo-fìnanziario della Corpo di Spedizione; poiché i piroscafi utilizzaci non potevano scaricare direttamente i materiai i nei porci dell'Anatolia, per insuffìcienza locale dell'organizzazione degli sbarchi, l'isola divenne la base primaria per i rifornimenti. Fra Rodi e l'Anatolia venne in seguito organizzato un servizio con due piccoli piroscafi per uno scarico facile che forono forniti dal Ministero dei Trasporci. Sempre a Rodi fu costituita una dotazione di trenta giornate di viveri corrispon<lenci alla forza del nuovo Corpo di Spedizione. A capo della Spedizione in Anatolia fu messo il generale Bactistoni; in quel periodo il generale Flia comandava il Corpo di Spedizione


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dell'Egeo: due Comandi distinti, ma con forte possibilità di sovrapposizione di alcune competenze, per avere ambedue sede in Rodi e disporre, per una parte, dell'impiego degli stessi uomini. li primo scaglione di quello che sarebbe divenuto il Corpo d i Spedizione nel Mediterraneo Orientale, nell'agosto successivo, partì da Trieste, dove era stato costituito dalla 33 A Divisione di Panteria mobilitata, il 26 aprile 1919 sul piroscafo Palasàano diretto a Lero, ove giunse il 30 aprile successivo; il resto degli uomini si trasferì a

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l~fo.ercito)taliano nel Dodccaneso

102

lJJk 1943,_ _ _ _ _ _ __

Rodi e Lero nei mesi successivi, assumendo, in prima battuta, il nome di Corpo di Spedizione in Anatolia, aggregando anche elementi di truppe e servizi ciel Corpo di Spedizione 'Riveri' (della Siria e Palestina), che si trovava già a Rodi. Precedentemente, il 29 marzo lG erano sbarcaci ad Adalia 300 uomini con quattro mitragliatrici, agli ordini del capitano di vascello Costanzo Ciano, sostituiti pochissimi giorni dopo da Li50 uomini del Corpo di Spedizione dell'Egeo I 7. Tra maggio e giugno le trnppe e i servizi del Corpo cl i Spedizione in Anatolia affluirono nelle località occupate sulla costa dell'Asia Minore. TI Comando del Corpo di Spe<lizione in Anatolia che in un primo momento aveva preso sede a Lero, si trasferì a Rodi definitivamente ove fu costituita la base logistica principale, mentre Adalia, Kuluk e Scalanova furono considerate secon<larie 18 . Le trnppe del Corpo di Spedizione al momento del la partenza portarono al seguito i rifornimenti per un primo periodo cli permanenza in Anatolia; per ordine del Comando Supremo, a Rodi, prima ancora dell'arrivo della spedizione, furono costituiti i magazzini di base per i vari servài e soprattutto per le successive esigenze delle truppe i11 Anawlia:

l

6 AlLre carte ind.icano invece il 2 aprile, cfr. la Memoria a stampa dal titolo l t(dù1

e G'recùi in Aria Minore, con annessi 2 sc hizzi, in E8 R 77, redarrn probabilmente

per la Commissione Militare dd Trattato dì Pace di Parigi, p. l . 17 E3

R2 e R6.

l8 E3 R9: al 31 luglio 1')19, comprese le truppe dclJa 'Spedizione Riveri' , il 'Corpo di Spedizione in Anatolia, risultava così costituito: 'l'ruppe: Comando del Regio Corpo di Spedizione (sede a Rodi); Quartier generale (33° autodrappello) (Rocli); Comando Carabinieri Reali (Rodi); 33° Sezione CC Il R; 166° Sezione CC RR; 379° plotone CC RR; Comando Brigata Livorno, 33° Reggimento Fanteria; 34° regg imento fanteria; sezione mitr;tgliatrici 'Colt'; IV" Battag lio11e Bersaglieri Ciclisti ; 2° Gruppo Squadro11e (4° e 5°); Squadroni del 20° 'Roma'; 40° Gruppo Artiglieria di Montagna (186, 188 ,190, Batteria). Servizi: Comando genio (Rodi ) ~) Genio-Comando 52° battaglione genio; 70° Compagnia Zappatori Genio; 260° Zappatori Genio; 262° Zappatori Genio; 133° Compag nia telegrafisti; ì Compagnia telegrafisti Spedizione 'Riveri'; 7°,58°, 59° Sezion i radio - telegrafìsri; 2 Stazioni radio Telegrafiche RO Marina (Adalia e Rodi); 1 sezione Fotoelettrica; b) Sanità - Sanità (Rodi): l 18° Ospedaletto da Campo; 347°


Il Do<lecaneso e il connitto I!!!!.U!b!!fr

le richieste avanzate da Rodi ebbero come base il calcolo <lei fabbisogni del Corpo di Spedizione in Anatolia per un periodo di tre mesi: tenendo conto delle speciali circostanze di impiego del Corpo e delle risorse delle località nelle qLtali sarebbero andati ad operare, erano per la verità risorse invero assai modeste. Al momento della fusione con il Comando dell'Egeo, Rodi rimase la base logistica principale e tutti i servizi si organizzarono in maniera coerente: il Comando cli Spedizione smistava le richieste ai vari Enti dipendenti con l'ordine di effettuare le spedizioni con il primo mezzo possibile a Rodi, che avviava poi i materiali ricevuti ai presi di dell'Anatolia. 11 Dodecaneso era ormai irrinunciabile ai fini del proseguimento della presenza in Asia Minore. L'Italia, come sopra detto, naturalmente considerava validi gli accordi del 1917, mentre la Grecia di Venizelos continuava ad avan:,,.are pretese su Smirne, considerata greca. Il governo italiano aveva dunque deciso di non attendere le trattative di pace che si preannunciavano assai lunghe (come furono) e di procedere allo sbarco delle truppe nella regione anatolica di Adalia e Konia, con la motivazione

Ospedaletto da Campo; 117° reparto someggiato; 133° reparto Someggiato; ? Sezione sanità - I Reparto someggiato S.N.; ambulatori per la popolazione civile a Budmm, Mouglas, Marmaritza, Macri, Adalia; c) Commissariato - Ufficio Commissarirtto (Rodi): ì sezione Sussistenza del Corpo di Spedizione 'Riveri'; 33° Sezione sussistenza; 54° .~ezinne Forni mod. 97; d) Veteri nario - Ufficio veterinario (Rodi); e) Automobilistico 50" Auto Reparto: 190° , 232°, 382°, 437°, 101 j 0 Autosezic.rni; f) Postal e - Ufficio P.M. 94 - Rodi; Ufficio P.M. 162 Scalanova. La forza complessiva era di circa 10.500 uomini , 1400 quadrnpedi. Questa composizione ebbe variazioni al momento della fosione con il Comando dell'Egeo. La relazio11e dalla quale sono srate arrinre le cifre sopra riportate, è molto interessante anche per quanto riguarda le dirfìcoltà logi sti che che i membri della spedizione dovettero affrontare una volta sbarcati in Anatolia, dai baraccamenti ai lavori stradali, necessari per assicurare quantomeno il rifornimento delle truppe, ai lavori idrici, ai collegamenti radio telegrafìc:i e telefonic:i. I trasrorti marittimi avevano come punto centrale l'isola di Rodi. La corrispondenza da e per l'Italia anche per l'lJfTìcin di Posta Mi li tare situato ;1 Scalanova giungeva settimanalmente a Rodi, con piroscafi della società 'Puglia', proseguiva poi per l'Anato lia con altri mezzi navali.


~1~<>~1~- -----=L'=E=sc=rc=ir~o=lt=al=ia~no~ne~II).Qg,:::ec,·a,.,,neC"' ,, so"____'_,19'--'1'"""2-_,l"'-9...,_,43,...__ _ _ _ _ __

ufficiale di una occttjJazione puramente militare anzi per ordine jJUbblico motivata come Jtato di necessità per dare protezione alle popolazioni locali l 9. In una memoria del luglio 1919 si legge ancor più chiaramente: L'ltalia, ad ogni modo, sia J,er mezzo di accordi con le autorità inglesi, sia traendo partito da motivi di ordine pubblico, ha compiuto alcune occupazioni (Konia e Adalia) atte, se non altro, a stabilire il fatto compittto ... 20 . TI primo sbarco dunque era avvenuto ad Adalia per opera dei marinai della R.N. Regina Rlena, sostituiti il giorno dopo dal 31 ° battaglione bersaglieri. In accordo con le autorità inglesi che presidiavano la ferrovia Scutari-Aleppo, il 9° battaglione della brigata Campania aveva sostituito il presidio inglese di Konia il 26 aprile successivo, scaglionandosi in piccoli presidi lungo la ferrovia. Ai primi di maggio, poiché i greci avevano tentato degli sbarchi a Makri, Budrun e Marmaritza, dove si trovavano già dei posti sanitari italiani, furono costituiti presidi fìssi, prima con marinai e poi con le truppe. Inoltre si predisposero i piani di occupazione di Scalanova, non appena fosse arrivata la notizia che i greci erano sbarcati in Asia Minore. Infatti in Grecia era forte il consenso popolare per occupare Smirne, ritenuta assolutamente greca, e la costa asiatica adiacente: città e costa erano sicuramente assai poco tranquille e il 14 maggio i greci sbarcarono a Smirne; era già stato predisposto il piano che sarebbe scattato, al momento dell'occupazione greca di Smirne: i marinai italiani sarebbero sbarcati a Scalanova, come fecero, occupando Sokia il 17 maggio e successivamente i territori all'interno. Mentre si stava formando il Corpo di Spedizione in Anatolia, che agiva da Rodi, le direttive politiche che furono impartite per norma di linguaggio dal Comando Supremo e dalla Delegazione Italiana alla Conferenza di pace di Versailles furono le seguenti: non si doveva mai affermare che la spedizione italiana in Anatolia veniva fatta con il consenso della Francia e dell'Inghilterra né che l'Italia agiva in quelle terre per mandato degli alleati. TI contegno delle autorità italia-

E3 R6, t.rnma proveniente <lalla Delegazione lta.liana per la Pace, Sezione Militare, 6.4.1919. 19

20

Cfr. ltalùt e Grecia in A.Jia Minore, cit. , p. l.


___________

Il Dodecaneso e il rnnflitto mondiale __________________

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ne di fronte a quelle greche doveva essere fermo e cortese, in caso <li contatto. Il concetto principale da diffondere era che gli sbarchi venivano fatti pel mantenimento dell'ordine pubblico 2 1. ln realtà era successo che avendo i greci occupato la zona di Smirne, gli italiani si trovavano a dover impedire a quelle truppe di allargare la loro espansione, mentre tentavano di scendere verso sud e minacciare quei territori che, secondo accordi, erano di preminente interesse italiano. La popolazione musulmana della zona di Smirne, per timore <lei greci, era fuggita verso i territori presidiati dagli italiani, mentre in tutta l'Anatolia si andavano formando nuclei combattenti turchi, chiamati nei documenti bande, che, in nome del nazionalismo turco, combattevano aspramente i greci, li debellavano e sotto la guida di Mustafa Kemal, formavano la nuova repubblica laica turca, mettendo la parola fine al Sultanato. L'occupazione italiana doveva essere limitata in un primo tempo a Scalanova ed effettuata dalla Marina in quella località, senza altro ordine, non appena venisse data la notizia che trnppe o marinai greci avessero compiuto atti di occupazione a Smirne 22 . 11 Regio Governo aveva dato istruzioni alla Marina di mantenere in permanenza navi a sud del parallelo 37, cioè nelle acque cli Marmariza, in modo da poter far affluire dei reparti qualora i greci si fossero presentati per compiere operazioni di sbarco. Fino a nuovo ordine il contingente italiano avrebbe dovuto occuparsi solo <li ordine pubblico, senza ingerirsi nella gestione della pur importante ferrovia Smirne-Aidin. Era altresì necessario ed ovvio che il generale Battistoni prendesse opportuni accordi con il generale Elia e le autorità locali della Regia Marina per inviare subito a Scalanova e in altre località dell'Asia Minore buoni informa/ori che potessero senza destare sospetti tenere in/or21

E3 R6 t.mma proveniente dalla Delegazione Italiana per la Pace, Sezione Militare 26.4.1919.

22

Per i <leccagli sulla missione cfr. lo scu<lio <li A. Bagnaia, L'Anatolia (19191923). li Corpo di jj,edizione itdlùmo nel Mediterrrmeo orientctle e Id missione Caprini, in "Studi Storico-Militari 1992", Roma, 1994, p. 255-350. Nel presente volume, <lella questione dell'Italia in Asia Minore saranno trattati solo quegli avvenimenti che hanno diretta attinenza alla storia del Doclecaneso.


l O(i___ ___ ___

L'Esercito Iraliano nel l){)decau!g~.-".1-L9"'12.,_--"'-19,_4'"3'--- - - -- - - -

mate celermente le autorità militari di quanto avveniva in quelle località 2 3. A sua volta il Comando Navale del Dodecaneso doveva tenersi in stretto contatto con il Generale Battistoni 24 . Era poi precisato che il Comando del Corpo di Spedizione in Anatolia si doveva avvalere delle strutture del Corpo <li Occupazione dell'Egeo per comunicare con il Comando Supremo: da iniziale pegno, il Dodecaneso si era trasformato in una importante testa di ponte: basti pensare, tra l'altro che il servizio di Commissariato per le truppe in Asia Minore era a Rodi. Il maga;i:zino derrate dell'isola veniva rifornito dalla madrepatria; quelli (aliquota sussistenza) di Adalia, di Kul uk, <li Scalanova, che a loro volta rifornivano i magazzini dipendenti, da Rodi; i magazzini presi<liari <li Bydrum, Giova, Marmaritza e Macri, da quello di Rodi. Il Servizio Cassa per le truppe del Corpo nel continente, considerate Ltffìcialmente in zona cli operazioni, era totalmente disimpegnato a Rodi. L'Ufficio Veterinario era anch'esso a Rodi_ Per quanto riguardava la Posta Militare, due soli Uffici, uno a Rodi e l'altro a Scalanova, ma tutta la posta transitava prima per l'isola per poi essere smistata sulla costa. In alcune interessanti Note intorno all'Istituto dei mandati stti territori dell'Impero ottomano, scritte tra il 18 e il 19 agosto a bordo <lei Palacky 2 5, il Generale Battistoni, dopo aver esaminato la situazione in Asia Minore, esaminava nel suo insieme il sistema di dominio e di infùtenza italiana in Asia Minore prospettando alcune soluzioni, per le quali Rodi e l'isola <li Coo dovevano essere definitivamente concesse alla sovranità italiana: Rodi l'isola dei Cavalieri, che il settennale governo militare italiano ha inRentilito nell'aJjJetto e nel costume, appare destinata - per un ricorso storico promettente e ammonitore - a divenire ponte fra l'Italia e la sua zona di infltJenza orientale ... 26 . Secondo I3attistoni, in

2 :l

E5 R4, Compici affidaci al Corpo di Spedizione in Anatolia, 27.4.1919; R 10, Direttive di Badoglio a Elia e Battistoni, 27.4.1919.

24 E3 R 1O, Direttive del 2.5.1919. 7,5 E8 R87,

pubblicate nell'agosto del 1919.

26 ES R 87, Note intorno all'istituto dei mandt1ti firma Battistoni, cit. p.8-9.

SII

territori dell'Impero ottomano, a


_ __ _ __ _ _ _ _I_I Do<leui,r1esoJ:.iLc:_nnflittn mnndiale

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Rodi un'alta autorità italiana avrebbe potuto esplicare 11.n triplice potere: di governctre l'Isola, di sovrintendere al porto tttrco di MarmariJza (che vedeva come l'unico possibile porto naturale per tutte le navi italiane in ogni tempo) e di regolare in ogni stta forma e nei sttoi contatti con le autorità ottomane, la penetrazione italiana in Anatolia e la collaborazione del lavoro itr.tliano al jJrogresso civile ed economico della regione: era forte il senso della ineluctabilità della presenza italiana in Asia Minore. Una utopia che sembrava potesse concretarsi realmente, sembrava a portata di mano. La Delegazione Italiana per la Pace, Sezione Militare così argomentava le mosse italiane: era chiaro che l'art.9 del trattato di Londra conteneva un concetto proporzionalistico degli ctcqttisti dell'Italia rÌJj1etto alle altre potenze e riconosceva soprattutto l'interesse dell'Italia al manlenimento dell'eqt.tilibrio nel J\!Iediterrr.tneo orientale27 : quindi le mosse italiane in Anatolia erano giustificate. Nell'interpretazione della diplomazia italiana, con il trattato Jel 1917 di San Giovanni di Mariana, oltre alla zona di Adalia era stata attribuita all'Italia una gran parte del vilayet <li Smirne, compresa la città, a maggioram:a greca, e di Konia. Era vero che la Russia non aveva ratificato quell'accordo, ma questo elemento era stato preso a pretesto dall'Inghilterra solo per dichiararsi sciolta dagli impegni di Londra. L'Italia aveva ceduto di fronte alle richieste della Grecia di occupare Smirne, ma, essendo stata privata dell'unica zona sttscettibile di immedictto rendimento, chiedeva legittimi e precisi compensi: in particolare l'arca <li Eraclea, con tutta la residua zona dell'Anatolia settentrionale. Altro argomento che veniva fatto valere a livello ufficiale era che l'Italia veniva vista con particolare simpatia dalle popolazioni del Levante, anche perché aveva salvaguar<lato, ove era presente, fino a quel momento il concetto di sovranità turca e aveva rispettato le tradizioni musulmane, anche accettandone nei tribunali alcune prescrizioni particolari. 27

E3 R4, t.mma a fìrrna Generale Scipioni, del Corpo di Stato Maggiore, del 16.6.1919, diretto al Comando della Spedizione lcaliana in Anatolia, dando istruzioni per norma di linguaggio su alcuni argomenti a sostegno delle aspirazioni ilaliane in Asia Minore.


=1~0~8_ _ _ _ _ _~!:=Esen;ito Italiano nel Dodecancso 1912-194'3

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Potrebbe sembrare che l'espansione in Anatolia fosse stata solamente una esigenza economica e commerciale: è senza dubbio interessante una frase del generale Scipioni neJ\e già ricordate norme di linguaggio quando scrive che una rapida valorizzctzione Anatolia .rettentrionale corrtjJenserebbe spesa et attesa rendimento Anatolia meridionale. Q11alunque soluzione differente turherehbe equilibrio mediterraneo .rempre rispettato dall'Italia con vantaggio generale et .rignificherebbe lesione obbiettivi guerra itr.t!iana et miscrmo.rciuto riconoscimento Jjorzo ltcilia.11 mantenimento dell'equilibrio del mar Mediterraneo era indubbiamente lo scopo principale della diplomazia italiana in quel settore strategico, nel quadro più generale di una espansione coloniale da grande potenza, ma non sono da dimenticare i risvolti commerciali e la potenzialità di una emigrazione di contadini italiani in quei territori. L: pii:L pressanti fìnalità clt-dl'ocrnpazione italiana in Anatolia, almeno ufficialmente, erano soprattutto politiche: l'Italia voleva affermare la propria posizione <li grande potenza di fronte alle espansione degli altri stati europei, proprio per l'equilibrio nel Mediterraneo e soprattutto per assicurarsi quella zona in Asia Minore nella qual.egli interessi italiani si erano già affermati ed erano stati, peraltro faticosamente, riconosciuti nel corso degli accordi precedenti, anche se non piì:1 onorati. Uno degli obbiettivi era quello di costituire una projJorzionalità di acquisti di fronte a quelli inglesi efrancesi già assicurali di fcttto in Mesoj,otamia, Palestina ecc.. 28 , e avere una equa partecip11.zione nell'eredità delle imprese germaniche: infatti non si trattava a quel punto solo dell'eredità ottomana, ma anche di quella degli interessi tedeschi nell'Impero che erano costituiti soprattutto dal le linee ferroviarie che univano Costantinopoli ad Angora (Ankara) e da tutte o quasi quelle presenti nell'Asia Minore, compresa la tratta che portava al porto di Alessandretta e dalle tre concessioni forroviarie. Un unico complesso economico di interessi ferroviari e portuali per il quale doveva essere costituito LLll ente speciale per la sua gestione 2 9.

28

E 3 R6, R.is/Joste al Questionario del G enerr1le Bongiovm mi, rapporto a fi rma del diplomatico C:arlo Galli, da Parigi, datato 1.7 .1919, s.µ. 29

E8 R20, A sir1 M inore. Nf emorandmn, senza firma datato Par.igi 28 maggio 1919.


Il Dodccancso e il conflitto mondiale

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Inoltre l'occupazione verso nord aveva lo scopo, non dichiarato ma specifico, di contenere l'occupazione greca del vilayet di Smirne, che, pur non pregiudicando l'assetto futuro dell'Asia Minore - così si riteneva-, costituiva di fatto un avvenimento del quale si doveva tenere conto, se fosse stato mantenuto anche in presenza di una forte resistenza turca. L'occupazione italiana non voleva e non doveva, per il momento almeno, essere di contrasto alla sovranità e all'organizzazione politica amministrativa turca, che dovevano essere salva-

Il Dodecaneso e l'Asia Minore lA us SME E8R811


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______ L'Esercito Italiano nel Do<lecaneso 1912-194'>

guardate._ .anche in Anatolia. Le località da occupare dovevano essere in relazione alla doppia necessità di assicurare l'influenza politica italiana e di contenere l'espansione greca. I compiti del Corpo di Occupazione, una volta effettuata la penetrazione, erano dunque quelli di rispettare l'ordinamento politico amministrativo turco e gli organi che lo rappresentavano: di fronte alle popolazioni locali, in sostanza, gli italiani dovevano mettersi nelle condizioni di poter dar eventualmente torto alle a11torità turche cattive rtmministratrici, lente ecc. ma non dovevano mettersi nelle condizioni di aver torto esercitando direttctmente una arnrttinistrazione difficile e complessa 30 . Fu subito sentita l'esigenza che nei riguardi della popolazione locale l'occupazione militare italiana non apparisse sterile e fine a se stessa, ma che fosse rapida.mente accompagnata da provvedimenti utili, quali l'invio cli merci, tessuti, riso, caffi:, zucchero; che fosse prevista l'istituzione di spacci di cooperative per l'avviamento al commercio 3 l _ Una volta definita la zona di occupazione, si doveva immediatamente provvedere alla riorganizzazione della gendarmeria locale, tradizionale compito affìdato alle forze italiane, in particolare all'Arma dei Carabinieri Reali. Ma per riuscire a svolgere tutti questi compiti, era necessario mantenere, e in perfetta tranquillità, il Dodecaneso, base e cuore pulsante della spedizione in Anatolia. Non era facile. Le notizie correvano veloci nel Mediterraneo, anche quelle non veritiere: era sempre più diffusa la notizia che il destino delle isole era segnato in quanto la Conferenza di Pace ne avrebbe stabilito la cessione alla Grecia, che invero, come si è visto, le richiedeva 32 _ ln realtà la notizia era destituita <li ogni fondamento, come telegrafava il generale Cavallero dalla Delegazione di Pace italiana a Parigi 3:1 . Perè> la situazione nelle isole era comprensibilmente tesa; si trattava :IO lhicl.

3 I E3 R3, t.mma da Lcros a firma Battistoni, del 22 .5.1918. 32 R3 R 2 t.mmada Rodi a fìrma Battiscnni del 31.5 .1919. B E3 R2 t.mma da Parigi a firma Cavallero del 4.6. J 91 ').


Il Do<lecaneso e il conflitto monJiale

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<li stabilire un foturo per le popolazioni greche e per quelle turche, ma l'irredentismo greco era forte, molto più di quello turco: mentre durante la permanenza di una sovranità ottomana, almeno di nome, per i greci il male minore era evidentemente essere amministrati da una potenza europea, di fronte al totale disfacimento del gran rrutlato d'Europa, la posta diveniva più alta: l'autonomia o il congiungimento con la madrepatria Grecia. E in effetti scoppiarono nelle isole dei violenti incidenti, a turbamento dell'ordine pubblico. Il 2 maggio 1919 Skevos Scrvos, presidente della Delegazione del Dodecaneso alla Conferenza cli Parigi comunicava alle Autorità presenti i numerosi telegrammi che facevano stato <lei fatti seguenti: la domenica di Pasqua in tutte le isole del Dodecaneso, simultaneamente, i metropoliti alla fine della cerimonia della messa solenne avevano proclamato una 'unione' enosis delle isole dodecanesine alla Grecia. Alla stessa ora il popolo, riunito sulle piazze, acclamava coloro che annunciavano il ritorno delle isole alla madrepatria Grecia. Secondo i greci, le autorità italiane avevano ordinato alla truppa di disperdere i manifestanti. Naturalmente si erano prodotti dei disordini durante i quali erano rimaste uccise molte persone e molte altre ferite. Nell'isola di Rodi erano avvenuti i disordini più gravi. Le autorità italiane, secondo quanto riferito, avevano decretato il 'blocco navale' delle isole. I rappresentanti del Dodecaneso a Parigi consegnarono a Clemenceau, Wilson e Lloyd George una protesta vivace contro l'atteggiamento degli italiani, sollecitando un intervento energico per risolvere il conflitto ormai non più latente. Queste informazioni erano state diramate dalla Agence Radio Paris: da parte italiana si cercò subito di smentirle. La Regia Marina comunicò che i moti segnalati erano realmente avvenuti, ma era falso che l'Italia avesse decretato il blocco del Dodecaneso. Il generale Elia fece una ampia relazione dei fatti occorsi: secondo la sua versione, il Metropolita apostolico aveva intensifìcato la sua costante azione apertamente ostile contro l'Italia facendo circolare a mezzo dei J1aj1as Yi e degli insegnanti voci di imminenti arrivi di

34 Così vt:ngono chiamati i sacerdoti di rito greco-ortodosso.


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I.:Eserciro Italiano nel Dodecaneso 1912-191'1

truppe greche e di un forte appoggio internazionale dato alle rivendicazioni elleniche. Lo stesso metropolita era arrivato a minacciare cli sospensione e perfino di destituzione quei jlajJas che non si fossero prestati ad eseguire i suoi ordini Aveva altresì ordinato le manifestazioni che dovevano aver luogo nel giorno di Pasqua all'uscita delle funzioni per acclamare l'annessione alla Grecia. Da parte italiana, tenendo ben presenti le direttive governative, il generale Elia aveva cercato di calmare le dimostrazioni e aveva cercato di fare in modo che fossero limitate all'interno della chiesa, evitando delle pubbliche manifestazioni nella città di Rodi. In realtà il Metropolita nella sua allocuzione alla presenza dei consoli ortodossi di Grecia e Russia aveva realmente invocato l'annessione alla Grecia. In città non si era verificato alcun incidente notevole, mentre in taluni villaggi interni dell'isola di Rodi , i J,apas, diligenti esecutori degli ordini del Metropolita, avevano fomentato gli incidenti che però non avevano avuto conseguenze, tranne che nel villaggio di Villanova, dove gli animi erano stati sollecitati da un religioso già più volte condannato e noto per il suo cieco fanatismo. Vi erano stati feriti e contusi e anche due morti perché nella colluttazione erano partiti dei colpi di arma da fuoco 35: erano restati sul terreno il papas e una <lonna. Furono inviati rinforzi: altri disordini seguirono. L'ordine pubblico però fu ristabilito in fretta: a detta delle aucorità italiane tutto questo movimento era dovuto unicamente ad opera p ersonale del Metropolita che aveva finalmente gettato la maschera e con ogni mezzo materiale e spirituale cercava di conseguire il proprio obbiettivo. 'L'incidente <li Pasqua', così veniva chiamato, era stato, ovviamente, ad arte magnificato, ampliato e colorito sulla stampa ellenica. Il Regio Ministro in Atene fece però una azione decisa presso il governo greco affinché cessassero le campagne <li stampa contro l'Italia: Atene arrivò anche a smentire ufficialmente i fatti del Do<leca-

35 E3 RG. Il Jocumento parla dj un solo colpo <l'arma eia fuoco che peri) avrebbe uccjso due persone. T.mma dd 4.5. 1919, n. 5686. 36 Per i passi compiuti contro la campagna scampa anciraliana sulla stampa greca. Cfr. in ES R 77 varie cartelle. Cfr. anche N. Doumanis, cit., p . 6 l e .~s.


_ _ _ _ _ _ _ _ _ _l:c.. :IDO<).f.s;~neso e il conflitto mondiale

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ncso36_ Compiuti dunque alcuni forti passi diplomatici, la censura governativa ellenica riuscì a far cessare la campagna stampa contro l'Italia e a calmare gli animi nelle isole. La relazione tra Anatolia e Dodecaneso era stretta, segnatamente per quanto riguardava l'aspetto politico e l'affinità <legli obbiettivi che l'Italia si prefiggeva in quelle regioni e quindi divenne quasi ovvio che i vertici militari intendessero unificare la strategia e la condotta politico-militare nel settore, concentrandone la direzione in un'unica autorità. Fino a quel momento vi era stato un Comandante del Corpo d'Occupazione nell'Egeo e un Comandante del Corpo di Spedizione in Anatolia: una duplicità che aveva dato luogo a incertezze e contrasti specialmente nella trattazione di questioni di carattere politico e nelle relazioni con la Regia Marina che aveva invece un Comando unico per il Dodecaneso e l'Anatolia: il 10 luglio 1919, un R. Decreto aveva soppresso il Comando di stazione navale del Dodecaneso. Le forze navali dislocate nel Dodecaneso e sulle coste dell'Anatolia occupate dagli italiani sarebbero passate alla dipendenza del Comandante in Capo la Squadra del Levante. Tale squadra era composta a quella data dalla Forza Navale presente a Costantinopoli 37 . Quando il Corpo d'Occupazione in Anatolia avesse raggiunto un conveniente grado di assetto, la nave da battaglia Regina Elena avrebbe lasciato le coste e sarebbe stato dislocato in quei paraggi un congruo numero di navi minori per continuare a provvedere ai servizi di competenza della R. Marina. Per quanto riguar<lava l'esercito dunque, l'avvicendamento, previsto in quel periodo, del maggior generale Battistoni, che aveva richiesto l'esonero dall'impiego per divergenze di vedute con il Coman<lo Supremo, poteva offrire una ottima opportunità per unificare i Comandi nella zona. Si otteneva una semplificazione del funziona-

37 In quel momento la l'orza Navale presence a Costantinopoli era così costituita:

Navi; da battaglia Doria, con l'insegna del Comandante in capo (Vice Ammiraglio Solari), Nave da battaglia Giulio Cesare, Nave da battaglia Duilio, Navi sottili Sparviero, Nibbio, Medici, La Farina. C:fi-. E 3R2, 21.6.1919, prot. n.11287.


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_ L'Esercito Italiano nel Dodecaneso 1912-194 ) ---·- - - - - - -

mento dei servizi e un non indifferente risparmio del personale direttivo e dei mezzi occorrenti per le esigenze operative dei due Comandi. Badoglio, Sottocapo di Stato Maggiore dell'Esercito, propose appunto la riunione dei due Comandi e cioè del Corpo d'Occupazione dell'Egeo e del Corpo di Spedizione in Anatolia in un unico Comando che poteva prendere la denominazione di Comando del Corpo di Occupazione in Egeo e Anatolia, con diretta dipendenza dal Comando Supremo. Badoglio proponeva contestualmente di affidare l'impiego di vertice al tenente generale Bongiovanni; il generale Elia sarebbe rimasto disponibile per la fonzione di Addetto Militare a Washington, per la quale veniva ritenuto particolarmente adatto 38 : in questo modo la nuova organizzazione non avrebbe leso nessuno né dato adito a vari commenti e illazioni. TI Comandante del Corpo di Spedizione in Egeo e Anatolia, secondo le direttive impartite dallo stesso Ministro degli Esteri Tittoni, diveniva l'unica autorità responsabile di tutta l'azione politico-militare italiana nell'area. La Forza Navale nel Dodecaneso sarebbe stata alle dipendenze del Comando unificato per le relazioni politiche e per l'impiego. Per le relazioni tecniche e disciplinari, la Forza avrebbe dipeso dal Comandante in Capo della Squadra del Levante 39_ Nella sua seduta dell'll luglio 1919 il Comitato di Guerra, in con.riderazione dette relazioni che correvano fra la sit/.iazione delle truppe italiane di occupazione dell'Egeo e quelle del Corpo di Spedizione in Anatolia in quel momento politico-internazionale per r,;.gioni di .remplificazione e unità di indirizzo nell'r1.zione italiana in quelle regioni, riteneva opportuna e approvava, per l'ulteriore racifìca governativa, l'unificazione auspicata dei Comandi dei due Corpi di Spedizione sopra menzionati; per quanto riguardava le forze navali della costa dell'Anatolia, attribuiva, giusta le istruzioni di Ti etoni, al Comandante del Corpo di Spedizione la giurisdizione anche sulle forze navali operanti nelle acque dell'Asia Minore, che così per l'im-

>8 E5 R3 , l0.7.1919, prot. n.13506, a fìrrna Badoglio. 39 E3 R3 t.rnma a fìrrna Ministro Albricci 16.7.1919, prot. n. 58958 e t.mma a firma Rcvcl 19.7.1919 prot. n. 68040.


_ _ _ __ ______Il Dodecaneso e il conflitto mondiale

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piego avrebbero dipeso esclusivamente da quest'ultimo40 . La denominazione ufficiale del nuovo organo fu stabilita in Comando del Corpo di Spedizione Italiano nel Mediterraneo Orientale con sede a Rodi e comprendeva le truppe e i servizi dei due Corpi disciolti e la giurisdizione sull'Anatolia e sulle isole del Dodecaneso, ove peraltro il Comando presiedeva anche al Governo civile cieli.e isole 11 . In questo modo i] Comando del Corpo cli Spedizione nel Mediterraneo Orientale, con sede a Rodi, veniva ad avere giurisdizione su tutti i reparti italiani che si trovavano nella Turchia asiatica, nel Dodecaneso e anche nella Turchia europea, in quanto i contingenti italiani che si trovavano in quel territorio, pur conservando la dipendenza d ' impiego dal Comando interalleato di Costantinopoli e quella politica dall'Alto Commissario italiano in quella città, il conte Sfor7.;i 42 , vPnnero contestualmente posti alle dipendenze disciplinari del nuovo Comando unificato. Così Rodi e il Dodccaneso continuavano ad essere il cuore pulsante militare e amministrativo della presenza italiana nel Levante: politicamente invece, oltre a Roma, dove venivano prese le decisioni, era pÌll importante Costantinopoli, sede del Comando interalleato. Tutto questo, in attesa che gli interessi italiani in Asia Minore fossero definitivamente riconosciuti e che quindi fosse possibile installarsi nel territorio con un ordinamento adeguato. Ma, come sopra ricordato, nell'aprile 1919, malgrado le proteste italiane, la regione <li Smirne, su richiesta di Uoyd Gcorgc, era stata 'provvisoriamente attribuita' alla Grecia, che era in quel momento vicina alla Gran Bretagna4 :3 e

40 E 3 R 3, t .mrna 14.7. I 919 prot. n.1365 l a fìrma Badoglio. ~1

E3 R3, c.mma 25. 7.19 19 pror. n. 39)()0 a firma Albricci.

42 V. sopra.

4 , In realtà il colpo di mano fu artuMo clurante l'assenza dei delegati italiani al

tavolo della Conferenza (26 apri le-1 ~ maggio) e pochi giorni dopo il Consiglio dei Quattro diede ai greci l'autorizzazione ad occupare il vilayet di Smirne, oltre al Kaza di Aivali, sempre in Asia Minore. Renouvin, nella sua opera sopra citata, ritiene che all'epoca la Grlécia era come una 'cliente' della Gran Bretagna (p.451 ), e quincli favorita nelle sue richieste territoriali. In quella occasione alla Francia fo


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r:Esmito Italiano nel Dodecaneso 19U: 1.Lc4--'--'3'---------- -

di conseguenza i greci erano sbarcati a Smirne, come sopra ricordato, con la protezione dei cannoni inglesi e francesi. Gli alleati dunque stavano tentando lo smembramento completo del l'Asia Minore, lasciando poche briciole al vinto ottomano, anche se come sempre la questione più importante riguardava ovviamente lo status di Costantinopoli e gli Stretti. Non avevano fatto però i giusti conci con la forza del nazionalismo kemalista, che in realtà li travolse. Per quanto riguar<lava l'azione militare in Anatolia, intanto la politica <lel Regio Governo era quella <li tentare di appianare le difficoltà che si erano venute a formare in seguito al conflitto greco-turco in Anatolia, ma senza coinvolgimenti diretti. Le truppe italiane dovevano astenersi da ogni atto che potesse essere interpretato come partecipazione a quel conflitto, nel quadro <li una completa neutralità nel nuovo contlitto che si era venuto a creare. L'occupazione italiana in Anatolia continuava. Si previde, ad ogni buon fine, di rinforzare i I Corpo di Spedizione di al meno 1000 unità, per essere pronti a respingere eventuali attacchi diretti. Il generale Bongiovanni si apprestò a partire dal Pireo per Rodi, su una torpediniera il 20 luglio 1919 per ricevere le consegne dai generali Elia e Battistoni, riunire in unico Comando i due precedenti Comandi e unificare i servizi dipendenti, provvedendo alla necessaria semplificazione e rinviando il personale in esubero sul territorio metropolitano. Assunse il Comando dell'Anatolia il 24 luglio; su sua richiesta, però, il generale Elia consentì di conservare il Comando del Dodecaneso per altre due settimane per dare tempo al Bongiovanni <li compiere subito una rapi<la ispezione del presidio <lell 'Anatolia, in quel momento considerato l'obbiettivo prioritario. Il generale Bongiovanni assunse ufficialmente il Comando unificato

assegnata la Cilicia, e Jue città, Djarbakir e Malacya, arrivanJn fino a Sivas. Gli inglesi ebbero l'Anatolia orientale. I greci, olt(e Smirne, ebbero AyJin. Agli italiani fo asseg nata: la Cilicia interna e pane dell'Anatolia. Ai turchi rimanevano la città di Costantinopoli e un vasto teuitorio dell'Asia Minore dell'interno (circa 120.000 kmq) con le pÌll importanti città come Angora (Ankara) e altri centri commerciali. Per quanto riguardava i Dardanelli, si decise di dichiararli territorio da smilitarizzare.


Il Dodccancso e il conAitq~ mondiale - --

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solamente il 16 agosto successivo, per essere però quasi contemporaneamente richiamato in patria 44 . Il Dodecaneso dunque diveniva <li giorno in giorno strumentale ali' Anatolia, ma era sempre pii:1 evidente che gli accordi di San Giovanni di Moriana non sarebbero stati assolutamente rispettati. Tra Italia e Grecia si era creato un dissidio forte che riguardava appunto sia le isole del Dodecaneso sia la zona di Smirne e A<lalia. Per meglio comprendere gli avvenimenti, occorre ritornare di un anno a ritroso. 11 30 dicembre del 1918 Venizclos aveva fatto giungere un memorandmn agli alleati riguardante la posizione della Grecia di fronte alle trattative della pace, per la Tracia, l'Asia Minore, Cipro 4 5: per le isole del Do<lecaneso, dichiarava che esse erano greche da migliaia <li anni e come tali dovevano tornare alla Grecia senza fare eccezioni per quelle che, avendo una posizione strategica 46 , non gli erano state attribuite durante le guerre balcaniche. Venizelos riconosceva che con il trattato del I 6 aprile 1915, era stato cooven uro tra le potenze dell'intesa e l'Italia che Roma avrebbe annesso il Dodecaneso al Regno d'Italia, ma al momento della fìrma di quel trattato, la guerra non aveva ancora preso la piega e il carattere che

44 C:fr. E3 R2, promemoria del 30 agosto 1919 e Rl 5, Ordine del giorno n. I del L6.8.1919. JI Hongiovanni fo richiamato in patria il 17.8.1919 con un telegramma del 14. 8 1919 (n. 39983) dal Ministro clella GL1erra Albricci e venne esonerato dalla carica che ricopriva. Il Comando interinale fo assumo dal generale Elia, che ancora non aveva lasciato il Dodecaneso. Una delle ragioni del richiamo fu il fatto che si erano creati tra il Comanclo del MediLerraneo Orientale e la Regia Marina delle difficoltà e incomprensioni che erano state giudicate non fondate su effettive esigenze di servizio, in relazione all'uso del.la stazione radiotelegrafica di Adalia. A Roma inoltre si riteneva che anche i rapponi del Bongiovanni con i.I console italiano di Smirne, marchese Ferrante, non erano star.i attuati nel quadro di urnt ampia e fattiva collaborazione, ferme restanclo le individuali competenze e prerogative. Inoltre una. inchiesta sui fatti di C:aporetto aveva censurato il comportamento del Generale nella battaglia: il rapporto della Commissione d'inchiesta fu reso pubblico ai primi di agosto del 1919. Fu giocoforza richiamare e avvicendare il Bongiovanni. 45 E8 R77 . 46 Si trattava di Imbro e Tenedo, principalmente.


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J:Escrciro Italiano nel Dodeç_alleso 1912~1913

gli avevano conferito in seguito le dichiarazioni dei governi alleati e l'accettazione dei principi di Wi !son, cioè di quei principi sui quali si fondò in seguito la Società delle Nazioni e che Venizelos invocava. Così come dichiarava anche non esservi alcun dubbio da parte del governo greco che la grande nation voisine avrebbe preso l'iniziativa di proporre la retrocessione delle isole alla Grecia: infatti il Primo Ministro greco sosteneva che, considerata la situazione attuale, le isole facevano ancora parte del vinco impero ottomano e quindi era convinco che l'foùia non avrebbe voluto imporre la sua sovranità a delle popolazioni esclusivamente greche e creare così una continua causa cli .froissernent entre !es det.tx peup!es, che avevano invece un passato che li univa e una vicinanza che invitava ad una stretta cooperazione. A sostegno dei suoi ragionamenti politico-diplomatici, Venizelos indicava poi che gli abitanti greci in Asia Minore erano 1.694.000; quelli di Ro<li, I 02. 727 e 10.000 in Castellorizo: cifre che dovevano dunque essere la cartina di tornasole delle richieste greche. Va peraltro notato che in quel periodo era molto difficile dare con sicurezza il numero degli abitanti di zone sottoposte all'impero ottomano, per l'assoluta diflìcoltà di censire la popolazione con criteri sicuri, statisticamente parlando. Le uniche liste attendibili potevano essere quelle religiose, che però non riguar<lavano la nazionalità o yuclle 'etniche' di appartenenza dichiarata ad una nazionalità: tutte liste che potevano essere 'gonlìatc' a seconda della necessità 47 . Alla Conferenza di Pace cl i Parigi vi furono Iunghe trattative tra Venizelos e Tittoni che arrivarono a<l un accordo segreto nel giugno del 1919, accettato provvisoriamente dal Consiglio Supremo interalleato di Parigi, con il quale stabiliva per l'Asia Minore, la linea di

/il Ln stesso problema si era posto per il porto di Ales.~an<lretta (Iskenderun), parte della Siria, ma redamato dalla Turchia, proprio sulla base di Ll!ia minoranza maggiorituia dei turchi nel Sangiaccato di Alessan<lretta. Cfr. anche M.G.Pasqualini, La polemim itr.tlo-.francese mi m,mdati in Sirir, e in Libano. Il caso di Alessandretlt:t ( 1936-193 9), in Colonir.1/ismo e Decolonizzazione nelle relazioni italo~(rcincesi, a. cura di P.Milza e R. Rainero, Firenze, 200 I, p. 147-169.


UDodecaneso e il conflitto mondiale

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demarcazione fra le occupazioni italiane e greca48 ; l'Italia avrebbe appoggiato le rivendicazioni <lei greci su Tracia ed Epiro settentrionale; la Grecia avrebbe appoggiato a sua volta un possibile mandato dell'Italia in Albania e l'annessione di Valona al Regno. Per quanto riguardava il Mediterraneo orientale, le isole dell'Egeo sarebbero state annesse alla Grecia, salvo Rodi che rimaneva all'Italia; nel giro di cinque anni sarebbe stato organizzato un plebiscito popolare per decidere la sorte definitiva dell'isola. L'Italia riconosceva alla Grecia la regione di Smirne fìno alla valle del Meandro '19_ Il Consiglio Supremo interalleato della Conferenza <lella Pace, nella seduta del I 8 luglio, accettò provvisoriamente l'accordo Ticconi-Venizelos, decidendo tra l'altro che la Conferenza avrebbe in seguito delimitato le linee di demarcazione tra le occupazioni italiana, greca e turca in Anatolia, oltre le quali nessuno <lei contingenti sarebbe stato autorizzato a muoversi 50 . Lo stesso Tittoni trasmise i termini dell'accordo, con le relative direttive di comportamento al Generale Bongiovanni a Rodi: essendosi determinati migliori rapporti fra il Governo ittt!iano e q1,1e!lo Greco, si è oggi convenuto fra me e Venizelos di inviare 1,1. ttttte le Autorità diplomatiche e consolari nonché ai Comandi militari e di marina in Albania, Grecia, Dodecaneso, Asia Minore istruzione di improntare le relazioni con i rappresentanti e i Comandi dell'altro Stato con i q1,1ali potranno essere in contatto alla massima cordialità cercando di eliminare ogni incidente e di risolvere con spirito amichevole qtktlsiasi differenza che f1otesse eventttalrnente sor,gere. Occorre inoltre che i Comandi di Albania e /?.odi nel prendere provvedimenti nell'ambito del compito amministrativo loro affidato tengano particolarmente conto dei bisogni mltttrali e religio.ri de.gli ortodossi si da evitare ql,{afoasi git,stijìcato lamento ... 51 L'accordo che doveva rimanere segreto, come sempre invece accade,

48

E8 R87. Per i dettagli della linea di demarcazione vedi la Risoluzione del Consiglio Supremo Alleato del 18 luglio 1919. 49 Per i dettagli cfr. il saggio di A. Bagna.ia, sopra citato. ">O E8 R87, Réso!tttion d11 Conseil S11/1reme lnllrallié, del 18.7.1919. 5l

ES R87, t.mma da Parigi n.973 del 19 luglio 1919, a firma 'fittoni.


_120,_ _ _ _ _ __.,,L= 'E=se"-'rc=itQ__lç_aliano nel Dodccaneso 1912-l 94j_

trapelò nei dettagli e quan<lo circolò la notizia relativa all'Albania, a Valona scoppiò una rivolta contro l'Italia. Nell'agosto del 1919 il Comando Supremo da Abano, ove avuto sede durante il conflitto, rientrò nella sede romana: fra le attribuzioni di quell'organo, perdurante lo stato <li guerra, vi era stata anche quella del Comando diretto sui Corpi di Spedizione dell'Anatolia, dell'Egeo e <lell'Alhania. In quella occasione Armando Diaz, divenuto Capo di Stato Maggiore, aveva maturato la convinzione che ormai l'occupazione italiana in quelle terre avesse assunto un carattere quasi esd11.sivamente politico che limitava considerevolmente l'azione del Comando Supremo sulle truppe coinvolte, in quanto in realtà tutte le direttive d'impiego ven ivano dettate <lal Regio Governo, tanto che i due Ministeri degli Esteri e del la Guerra avevano avuto modo di interessarsi direttamente anche di questioni di dettaglio, con un conseguente parallelismo di funzioni che produceva in realtà un appesantimento del carteggio intercorrente fra i ministeri e il Comando Supremo, non certo a vantaggio dell'opera politica da svolgere nei territori considerati. Diaz propose allora <li passare il Comando <lel Corpo di Spedizione nel Me<literraneo orientale alle dirette dipendenze del Ministero della Guerra, così come già avveniva per le truppe della Libia, auspicando contestualmente che lo stesso provvedimento potesse essere preso anche nei riguardi delle truppe d'Albania la cui presenza era strettamente legata ad esigenze di ordine strettamente politico, per il quale era competente il Governo 52 . In effetti già le truppe operanti in Libia dipen<levano esclusivamente dal Ministero della Guerra, mentre l'Eritrea e la Somalia che avevano un ordinamento coloniale, erano competenza esclusiva del Ministero d elle Colonie. Il Ministero della Guerra condivise pienamente il giudizio di Diaz e propose a sua volta che il passaggio di dipendenza avvenisse il l O settembre successivo. Della stessa opinione furono quello degli Esteri e la Delegazione italiana di Pace a Versailles 53.

.5 2 E3 RG, 26.8.1919, prot. n. 1386, a firma Diaz.

y; l-ì 3 R.6, t.mma 1.9.1919, p rot. :)1 22, da Parigi.


_ _ _ _ _ _ _ _ _ _U_Dndecanesn e il conflitto mondiale

l~l.

Così avvenne 54 : il 1° settembre 1919 il Comando Truppe Albania e il Comando del Corpo di Spedizione nel Mediterraneo orientale passavano alle dirette dipendenze del Ministero della Guerra. Al Comando Supremo rimanevano le questioni di stretto carattere militare che dovevano essere di sua esclusiva competenza 55. Questo portò però ad alcuni dissidi e disguidi fra le competenze <lei Ministero e quelle del Comando Supremo. Il l O settembre 1919 finì l'interinato del generale Elia che assunse così il Comando pieno del Corpo di Spedizione nel Mediterraneo. Il conte Sforza, ancora Alto Commissario italiano a Costantinopoli, inviò al generale Elia le direttive politiche per i I Dodecaneso che consistevano essenzialmente nelle seguenti linee: evitare con cura contrasti con le autorità ciel clero ortodosso, consideran<lo che era prossima la decisione della sistemazione delle isole per quanto riguardava la sovranità. Sia pur con grande riservatezza, ma il Comando doveva già studiare quale forma si sarebbe potuta dare alla amministrazione della popolazione dell'isola di Rodi sotto governo italiano. Sforza invitava Elia ad esaminare, sempre con pn,dente riserbo i problemi principali che si sarebbero presentati nel futuro segnatamente, bilanci finanziari, gen<larmeria locale, soppressione del regime capitolare ancora in vigore, problemi dell'istruzione-, in modo da avete già pronte <lelle soluzioni da proporre al Governo di Roma per attuarle localmente. Da notare una particolare raccomandazione del conte Sforza: occorrerà che le riforme mirino anche a ridurre le spese t11tte; ed al minimo sojwattutto le spese per le forze d' occupctzione; il problema finanziario, sempre pressante, si era acuito con la smobilitazione e la riorganizzazione <lell'Esercito. Per migliorare e integrare l'azione politica italiana nel Mediterraneo orientale, fu deciso <li costituire presso quel Comando e sotto l'alta direzione dello stesso generale Elia, un Ufficio Politico, sempre con sede a Rodi, diretto dal conte Senni, che ben conosceva il mondo

5/4 E3 R1, t.mma 30.8.1919, a firma Diaz.

55 Per la composizione delle truppe e dei comandi al l settembre 1919,v. allegato.


""'-1-"'2"'2'---- - -------"'rEserci to }!alianu nel. Dodecancso l 9l 2-l 9ft3

orientale e già aveva operato nell'arca. Elia accettò ben volentieri la creazione di questo Ufficio, che sarebbe poi diventato in realtà il nucleo originario del Governo civile, e si dimostrò soddisfatto della scelta di quel funzionario che conosceva da tempo: a lui affidò gli studi circa il futuro assetto amministrativo di Rodi. Il Senni, che dipendeva esclusivamente da Elia, solo in casi eccezionali poteva corrispondere direttamente con i ministeri a Roma, sottoponendo comunque preventivamente i suoi scritti al generale Elia. Il Senni diveniva così un utile collaboratore politico del Cì-eneralc Comandante nell'opera delicatissima e di carattere tutto .1pecir.t!e che l'Italia intendeva svolgere in quelle sedi 56_ A seguito di queste istruzioni Elia diede a sua volta alcune direttive ai comandanti <li truppa, di settore, di presidio, ai residenti e ai capi servizio dislocati in Anatolia 57 : il compito degli italiani doveva essere limitato all'ordine pubblico, inteso in senso ristretto, e quindi in caso di conflitti era forze turche e quelle greche, gli italiani non dovevano assolutamente intervenire. L'occupazione italiana non doveva interferire nell'azione a1nministrativa ottomana: al massimo poteva intervenire come consiglio e non come sovrapposizione; atti di surrogazione sarebbero stati permessi solo per ragioni straordinarie e comunque quella misura eccezionale non poteva essere presa dai singoli comandi territoriali, ma soltanto dal Comando del Corpo di Spedizione. Intanto, per quanto riguardava il Dodecaneso, da un punto Ji vista finanziario, il Ministero degli Esteri in quei giorni ancora raccomandava di astenersi da qualsiasi impresa o lavoro che non fosse assolutamente indispensabile per assicurare alle truppe italiane maggiori e più efficienti comunicazioni fra i vari presidi, e comunque sempre

56 E3 Rl5, 10.9.1919, prot.

11. 27827, Ministero degli Esteri al generale Elia, a firma Sforza. La lettera contempla anche le direttive politiche per l'Anatolia, ove era imperativo, tra l'altro, evitare conflitti armati fra le truppe italiane e quelle turche.

E3 R4, Chiarimenti alle direttive emanate il 16 agosto 1919, (quelle circolate drtl generale Bongiovanni), a firma Hlia, 15.9.1919.

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assicurando risparmi di gestione, almeno fìno a quando non fosse stata decisa definitivamente la sorte delle isole. Sempre nel settembre 1919, il nuovo Ministro della Guerra, Tenente Generale Alberico Albricci, aveva dato disposizioni per un riordinamento del Corpo di Spedizione nel Mediterraneo Orientale - nel qua-

Il Tenente Generale Alberico Albricci


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L'E~eJS.i.!!2 Italiano nel Dodecancso 1912~1943

dro generale dell'ordinamento provvisorio dell'Esercito, dopo il primo conflitto mondiale 58 -, con una sensibile riduzione di forze, in coerenza con le direttive circa l'indirizzo politico da seguire nel riordinamento generale e per i I Dodecaneso 59: come g ià richiesto da Tittoni in suo telegramma del 26 agosto 1919 60, i presidi di occupazione nel Do<lecaneso dovevano essere ridotti al minimo, dando larga applicazione alla istituzione delle residenze, in quanto l'opera organizzatrice italiana nelle isole e nell'Anatolia doveva escludere una diretta azione militare. Il Comando del Corpo di Spedizione nel Mediterraneo orientale, con il supporto dell'Ufficio Politico del Senni, doveva tendere al raggiungimento di quel fine che era essenzialmente politico, di penetrazione. Il Ministero della Guerra, per attuare le direttive politiche governative e applicare al Corpo i criteri della più stretta economia di personale, aveva così deciso di ridurre il contingente. Peraltro analoga decisione veniva presa in quel

58 Il nuovo ordinamento provvisorio, conosciuto con il nome di 'ordinamento Albricci', fu approvato il 21 novembre 1919, con i I Regio Decreto n. 214:3. Il 20 aprile 1.920, con il secondo governo Nitti e Ministro della Difesa Ivanoe Bonorni, fu varato con il Regio decreto n. 45 l., un nuovo ordinamento provvisorio, che prese nome dal Ministro della Difesa, che restringeva notevolmente il precedente, rispetto alle unità in for?.a. Anche questo non ebbe lunga vita. Diaz provvide ad un nuovo ordinamento di pace che fu approvato il 7 gennaio 1923 con R. decreto n. 12, fino ad arrivare all'ordinamento Mussolini con Legge 11 marzo 11) 26, n. 396. Questo rimase valido fino al 1940, quando fu varato l'ordinamento Pariani con Legge 11. 368 del 9.5.1940. Per i dettagli sugli ordinamenti dell'esercito italiano v. Oreste Bovio, Storù; de!l'Esercìto Italiano - La difeJa nazionale. I ra/1/mrti tra pohre politico e militare nello wilu/1/10 della forza armr1tr1, SME, Ufficio Storico, Roma, 1996, in particolare alle p. 239 e ss; Piero Pieri-Giorgio Rochat, Pietro Br1doglio, Marr:rciallo d'Italia, Oscar Storia Mondadori, 2002, alle p. 316 e seguenti; Giorgio Rochat, L'e.rercito Italiano da Vittorio Veneto a MttJJolini ~ 1919- 1925, Dari, 1967; Emilio Canevari, L,; gtterra Italiana - retroJcena della disfatta, Voli. 2, Roma, 1949, in particolare alla p. 92 e ss, ove è riportata la Relazione al Re .r11ll'ordinamento JmlVvisorio dell'esercito <lei 20 aprile 1920 e a p. 98, id . per l'ordinamento Dìaz.

59 H3 R8, Riordin11mento delle Porze del Corpo di Spedizione nel Mediterraneo Orientale, prot. n. 24153 del 15.9.1919, a firma Albricci. Go E3 RS, tel.mma

11.

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Il Dodccancso e il conflitto !!l.=nr= 1d=i al=e-

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periodo per tutti i contingenti all'estero e nelle colonie. Basandosi sulla situazione politico militare del Dodecaneso e dell'Anatolia, il Ministero della Guerra riteneva che quel Corpo, che si presumeva forte cli 17 .000 uomini al settembre 1919 61 , dovesse essere contenuto al massimo in 9500-10000 unità 62 . La riduzione doveva essere attuata a mano a mano che la situazione politica si andava d efinendo 63. Diaz, pur convenendo circa una riduzione delle forze, relativamente ai fini dell'obbiettivo politico da raggiungere, con esclusione di una diretta azione militare, riteneva che comunque la situazione strategica fosse tale da dover ritardare una notevole riduzione dei presidi sia in Anatolia che nelle isole dell'Egeo. Era vero che la grande estensione del territorio soggetto agli italiani aveva provocato un inevitabile di.rJeminarnento delle forze, ma era anche vero che il movimento nazionalista turco e l'azione delle 'bande nazionaliste' all'interno dell'Anatolia avevano ormai una certa rilevanza anche politica. Così anche per il Dodecaneso: era vero che la

Gl ln effetti il numero dì 17 .000 unità non corrisponcleva ai dati segnalati in Ùata

1 5 settembre 1919 con r.mma n. 218:3 (E3 R8) a fama Elia. Queste le cifre: Quartier generale: uffìc:iali 37 ; truppa 208; fanteria: ufficiali 216, truppa 7.842; bersaglieri ciclisti: ufficiali 19, truppa 478; bersaglieri: uflìcialì 33, truppa 3/43; cavalleria: ufficiali 17, truppa 375; artiglieri: ufficiali 19, truppa 796; geo.io: ufficiali 30, truppa 1069; sanità: ufficiali 26, truppa 406; sussistenza: uflìciali 13 truppa 344; 50°aucoreparto: ufficiali 6, truppa 326; Corpo Regio Guardia di Finanza: ufficiali 9, truppa 436; Carabinieri: ufficiali 17, truppa 418. 111 totale: 1. 3 .503 unità. Naturalmente vi era anche un alto numero di cavalli e di quadrupedi. In un altro specchio riassunt ivo clel 27 settembre la cifra era lievemente superiore: l 3.678 unità. 6 2 E 3 R8. 15.9.1919, pror. n. 24153. Si riteneva che la forza potesse essere costi-

tuita da 900 unità a Costantinopoli; 500 per l'occupazione di Konia; 800 nel setton: di Scala11ova; 1000 in quello di Milas; 300 per l'occupazione costiera; 500 nel settore <li Aùalia e 1500 per l'occupazione del Oodecaneso. Sì dovevano poi calcolare un numero complessivo <li 4000 uomini circa per le aliquote corrispondenti ai nuclei dei Carabinieri Reali e della Regia Guardia di Finanza, all'avvicendamento per le licenze e le infermità. 63

Per i dettag li della riduzione v. numerosi documenti in E3 R8.


126 - ~ -- ------··-_l:Esercito Italiano nel Dodccancso i912-19/43

sorte di quelle isole non era stata ancora decisa ufficialmente, e guind i era forse pili consigliabile mantenere inalterato il numero dei presidi, come per altro aveva consigliato anche il generale Elia6 4. A queste obiezioni del Capo di Stato Maggiore dell'Esercito rispose direttamente il Ministro della Guerra 65 : le ragioni che inducevano il Ministero a riorganizzare, riducendolo, il Corpo di Spedizione erano di ojJjJOrtunità politico-militare e rispondevano pienamente al le direttive generali del Ministero degli Esteri e della Presidenza del Consiglio per quanto riguardava la presenza italiana in Anatolia. E si adattavano alla situazione delle truppe in Asia Minore, così come l'aveva correttamente analizzata il generale Bongiovanni, nell'agosto precedente, quando aveva fatto la sua ricognizione sul territorio e aveva rilevato che la disseminazione delle forze poteva essere fonte <li seria preoccupnione per il Comando e che il problema dei rifornimenti era molto grave a causa della viabilità assai deficitaria. Inoltre era necessario adattare le 1inee dell'azione militare italiana non solo alla delicata situazione politica di quella regione, ma anche alla politica estera italiana di quel momento, quan<lo a Parigi si discutevano i diversi e complicati aspetti di una pace generale e di una divisione dell'eredità dei vinti, cioè degli interessi italiani futuri. Da una parte infatti il Regio Governo cercava di migliorare le proprie relazioni con i greci, nonostante i contrasti; dall'altra non era certo possibile una azione armata italiana contro il movimento nazional isra turco capeggiato da Mustafà Kemal. Per contrastare quel movimento sarebbero occorse forze assai pili numerose. Si riteneva inoltre che un contrasto armato con i turchi avrebbe di sicuro cancellato una certa simpatia verso l'Italia e alcune speranze dell'elemento turco musulmano nei confronti di Roma. L'Italia in quel momenro non voleva alienarsi le simpatie del mon<lo musulmano, al quale teneva per una serie <li motivi, anche concernenti la sua stessa presenza in Libia e nell'Africa Mediterranea in genere. Nonostante due guerre contro Costantinopoli, l'ltalia cercava ora di non avere

64 R3 RS, Promemoria n.2765 del 23.9.1919 a lìrma Diaz. 65 E3 R8, prot. n. 29:393 clel 1.10.1919 a firma Albricci.


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più la Turchia come nemica: fìnito un conflitto, erano già iniziate le nuove grandi manovre diplomatiche per le alleanze finalizzate all'influenza sul Mediterraneo. Con notevole prndenza po]itica, non ancora essendo chiaro cosa sarebbe successo in seguito tra il generale Mustafa Kemal, determinato e vincente esponente del nazionalismo turco, che voleva arrivare al potere totale, facendo scomparire il Sultano e il governo del Damad Perid, Primo Ministro a quel tempo, il Regio Governo preferiva evitare il contatto con le cosiddette 'bande turche'. Questo si poteva ottenere solamente riducendo al minimo i presidi militari dislocati all'interno dell'Anatolia e concentrandoli lungo la costa. Non si doveva assolutamente suscitare il sospetto tra i turchi che l'Italia si unisse ai greci, per arri vate al risultato di avere una resistenza militare pari a quella che i greci in quel momento fronteggiavano a stento e dalla quale peraltro sarebbero stati, dopo poco tempo, battuti. Del resto i kemalisti lottavano per non vedere completamente o quasi sparire da un punto di vista territoriale una na:,:ione turca, uno stato turco. Da un punto di vista squisitamente tecnico-militare, per il Ministero della Guerra era necessaria la riduzione delle forze presenti anche perché sarebbe stato quasi impossibile sostituire tutti i congedandi di quel Corpo di spedizione, appartenenti alle classi che erano state mobilitate. Nonostante queste spiegazioni Diaz rimase Jella sua idea, cioè che fosse necessario ritardare per qualche tempo la riduzione delle forze in Anatolia e nel Dodecaneso 66 . Il giorno dopo la risposta di Diaz ad Albricci, il 6 ottobre 1919 Elia inviava al Ministero della Guerra un lungo promemoria 67 nel quale faceva il punto della situazione: innanzitutto chiariva che il Corpo di Spedizione non era composto di l 7 .000 unità, come erroneamente compreso a Roma (forse per un errore di trasmissione telegrafica o <li decrittazione), ma di un numero minore <li uomini: in effetti risul-

66 E3 R8, prot. n. 3072 del 5.10.1919, a firma Diaz. 67 E3 R8, promemoria prot. n. )425 del 6.10.1919, a firma Elia, in risposta al ministeriale 11. 241 53 sopra citato.


-"1==2-"'S_ __ __ _~r==Esce,:e=rcito_ltaliano nel Doderaneso 1912-1943

tavano solo 13.500 i presenti 68 . La cifra voluta dal Ministero sarebbe stata già raggiunta con i congedamenti in corso; bisognava inoltre tenere conto <li una serie di motivi tra i quali, a<l esempio, quello che giornalmente un decimo della forza non era disponibile per motivi sanitari. Un riordinamento organico del Corpo era già stata fatto, come richiesto dallo stesso Ministero. Elia non riteneva possibile una ulteriore riduzione della forza in quanto la dislocazione dei reparti in quel momento dipendeva dalla situazione politica, che specialmente in Anatolia era molto delicata e incerta. Non sembrava inoltre possibile fissare a priori numericamente i contingenti per i vari settori, fino a che non fosse stato definito a livello politico il futuro in Anatolia e in Egeo. Scriveva con decisione Elia: .. ..data la situazione /10/itica teti quale è - date le condizioni sanitarie dei rej,arti; dato il climtt (piof{ge l-he p,on(itmo corsi d'ttcqtt.ct ingttddabili, onde dùtttccamenti piccoli risultano isolati); non è esdttso the s'imponia una variazione di forza nei rej,arti per poter rispettivamente fronteggiare la situazione ...per tenere in efficienza i reparti che si depauj,erano più di qu,mto possa credersi; per provvedere con aumento di forza alla sia,1,rezza di certi distaccamenti, che Jwima di essere isolati per le piogge, potevano ritenersi sufficienti .. ... .per tctli considerazioni e per i j)(}ssibili wngedamenti ... questo Comando - ben convinto delle economie che vo,~/ionsi, ma altrettanto compreso della gravità del compito affidatogli - riservasi fare sempre eventuali richieste di J1ersonale e materiali irnj)(}sfe dalle esigenze della propria azione, esigenze che pouono rendere indispensabile ritardare congedarnenti di classe e individuali, ritardare rimpatri nominativamente richiesti qttalorct non siasi provveduto alle necessarie sostit11.zioni ...... Sinteticamente dunque, detraendo dalla cifra della forza presente gli ammalati indisponibili (circa 1/10 della forza) e gli assenti permanenti per la licenza (in media 1500 unità) si arrivava ai numeri previsti Jal Ministero della Guerra, salvo la differenza in eccesso dovuta al gruppo di congedandi, in attesa di rimpatrio. Oltre a non approvare la riduzione <lei contingenti presenti, Elia tatticamente rilanciò chiedendo che Roma provvedesse a complementi per la cavalJeria e per i bersaglieri e a un invio di medici che potes-

68 V. sopra.


Il Dodecaneso e il conflitto ,m_,_,"'on,., <""lial"""-c_ _ _ _ _ _ _ __,__,~ ]

sero restare stabilmente in Anatolia, perché il rapido avvicendamento del personale sanitario nuoceva molto alla stessa immagine dell'Italia, proprio per l'importanza capitale che quel servizio sanitario aveva per l'azione italiana in Anatolia, considerata nell'ottica delle istruzioni politiche date dal Regio Governo. Pochi giorni dopo in una lettera indirizzata al Ministro <legli Estcri 6 9, Elia assicurava che per il Dodecaneso erano in corso gli studi richiesti <lai Ministero su come organizzare l'amministrazione civile delle isole. Per quanto riguardava l'Anatolia riferiva che cercava di dare ai rapporti con le autorità britanniche, il senso voluto dalle istruzioni ministeriali, anche se in realtà, secondo la sua opinione, i comandi britannici a Costantinopoli cercavano di far fare agli italiani yucllo che a loro non conveniva e cioè ostacolare l'armamento e i movimenti delle bande turche, col duplice scopo di climi nuire l'intensità di eventuali loro conflitti con i greci e con le truppe inglesi e soprattutto di far diminuire la simpatia delle popolazioni turche nei confronti degli italiani. Il problema più grave riguardava l'Anatolia; l'Egeo, importante perché base amministrativo-logistica <leJla presenza italiana in Asia Minore, godeva però di una situazione tranquilla. Nel quadro del riordinamento del Corpo di Spedizione, il 17 ottobre 1919 70 il 34° A Reggimento fanteria dell'Egeo venne ridotto ad un battaglio6'J E3 R8 prot. n. 3180 del 10.10.1919, a firma Elia in risposta al tel.sso Rsteri n. 27827 del 10.9.1919. 70

ln quella data la composizione del Corpo di Spedizione era la seguente:

Fanteria: BrigMa Livorno (33° font. su 3 btgl. e 34° fanr. su 1 bcgl., ciasnmn di 3 cp. fucilieri e 1 cp. mitragliatrici); XXVI bcgl. bersaglieri (2 cp. bersaglieri e 1

cp. mitragliatrici; una delle due cp. con i soli quadri); IV blgl. bersaglieri ciclisti (3 cp. ciclisti e 1 cp. mitragliatrici); Reparto italiano di Konia: 1 btgl. del 136°

fanteria (4 cp. di fucilieri e 2cp. mitragliatrici); Reparto italiano di Costantinopoli: Comando 62° fanteria e 1 btgl. (1 cp. e 1 cp. mitragliatrici). Cavalleria: 11 ° gruppo cavalleria Roma (2 squadroni), 1 plotone autonomo cavalleria Palermo; Artiglieria: XI gruppo artiglieria da montagna (3 btr. da 65 e l btr. da 70). Genio: reparti vari. Guardia di Finanza: Circolo dell'Egeo. Servizi: sanità, Commissariato, Artiglieria, genio, Veterinario, Postale, Tappe (E3 RS, promemoria del Comando Supremo, Reparto Operazioni, Uffìcio "O" del 17.10.1919).


BO

l~~~ercito Italiano nel Dodccancso 1912-191;2. _ _ _ __ _ __

ne, andando a costituire il IV0 battaglione del 34° reggimento fanteria il cui Comando aveva sede in Anatolia, a Scalanova; i due battaglioni bersaglieri dell'Egeo (XXVI e XXXI) vennero ridotti ad uno solo (XXVI); il lt 0 reggimento speciale, che era già stato ridotto ad una compagnia, venne completamente sciolto. I vari reparti telegrafisti furono fusi in una unica compagnia. l Carabinieri Reali dell'Egeo e dell'Anatolia vennero riuniti sotto un unico Comando dei Carabinieri e ritenuti tutti mobilitati, con impiego promiscuo. Comunque, nonostante i pareri contrari di Diaz e di Elia, vi era stata una reale diminuzione dei contingenti: il rimpatrio di qualche reparto e in particolare del 4° battaglione bersaglieri, che si era reso particolarmente popolare nella regione anatolica cli Aidin, aveva provocato delusione e sconforto nella popolazione musulmana. 'fittoni dicdc istru;:ioni al Ministero ddla Guerrn, affìnché il Comando del Corpo di Spedizione e il Regio Delegato a Costantinopoli si adoperassero per cancellare nella popolazione locale qualsiasi impressione di un abbandono da parte degli italiani delle zone dell'Asia Minore, sottolineando però l'impegno italiano <li non effettuare ulteriori occupazioni. Di fronte alla reazione locale, il MinisLro degli Esteri ritenne a quel punto più opportuno che i contingenti italiani non subissero ulteriori diminuzioni e che anzi fossero attuaci i completamenti richiesti in seguito ai congedi concessi, per mantenere quasi lo stesso numero <.li presenze, sostenendo le tesi del Capo di Stato Maggiore dell'Esercito e del Comandante del Corpo di Spedizione, contrariamente a quelle riduttive sostenute dal Ministero della Guerra 7 1 . Le direttive politiche di Tittoni, che a Parigi aveva il quadro generale della difficile sistemazione dell'Asia Minore, <lavano ragione alle tesi sostenute dalla componente militare. Non era facile la posizione italiana in Anatolia e soprattutto non erano faci Ii le relazioni tra Comando del Corpo cli Spedizione nel Mediterraneo Orientale, che continuava ad avere sede a Rodi, e il

71

E3 R8, dalla Delegazione Italiana al Congresso <lella Pace, Parigi 29.10.1919, prot. n. 1455(, a firma Tittoni.


11 Dodccaneso e il confliuo m12n'-"die,:al"'e_ _ _ _ _ _ __ ~l3J

generale Milne 72 : in particolare veniva segnalato dall'Addetto militare a Londra che, secondo il War Office, il Comando italiano non si atteneva per guanto riguardava l'Anatolia agli ordini del generale inglese. Inoltre colà sembrava che la politica italiana non seguisse una linea chiara e netta. Tittoni si rivolse al Comando di Rodi affinché il generale Elia cogliesse ogni opportuna occasione per far comprendere agli inglesi che il Comando italiano Jmr iJJ1irandosi a tutti i doverosi concetti di disciplina verso il generale Milne designalo cajlo forze r,dleate non poteva che seguire !et deliberazione Consiglio Supremo 18 ottobre la quale specificava e precisava i corrtjJiti ed obbiettivi assegnali a detto generale. Ove generale Milne avesse richiesto atti e movimenti non contemplati da detta deliberazione Comando italiano aveva il dovere chiedere istruzioni rJ Re,~io Governo ... Tittoni continuava chiedendo che si facesse cumprendcn: alle autorità inglesi che il Comando italiano si asteneva deliberatamente da qualsiasi azione politica in Anatolia, limitandosi ad un compito Jefìnito essenziale, che consisteva nel mantenimento dell'ordine pubblico. Il Ministro degli Esteri sottolineava il fatto che proprio con questo comportamento gli italiani si erano guadagnati il favore dell'opinione pubblica nei territori occupati il q1,1alefatto, specie .re Comando inglese ci asseconderà conforme tradizionale amicizia fra i d11e governi, non potrà che ollenere i benefici risultati per la ccmsct ed interessi comuni in tutti i territori dell'ex impero oliomano. Quanto a richiesta di indicazione dei nostri desideri in Asia Minore, rùhie.rta già fatta drJl Comando inglese al generale fllirt è ovvio che una eJjJOsizione, discttssione o decisione a trtle riw1ardo non può avvenire che nel seno e/ella Conferenza, nostro Comando non essendo Jier questo punto competente. TTTTONI. n Il ritardo sulle decisioni della Conferenza della Pace nei riguardi della Turchia esasperava i turchi e non soddisfaceva i greci. Il nazionalismo Lurco prendeva sempre più una consistenza non solo politica. Il rigore greco contro i turchi della zona da loro occupata aumentava creando una situazione di seria instabilità della regione. 72

Com~ sopni ricordato a Costantinopoli vi era il generale Milne, Comandante del Corpo di Spedizione britannico (British Hxj1edition Porces), dal quale peri'> dipendevano per l'impiego le forze italiane a Konia. 7:',

E3 R8 t.mma n. 517 da Parigi del 7.11.1 9 19, a firma Tittoni.



_________133

1.5. Il Dodecaneso e il progressivo ritiro dall'Anatolia l1921J. Il Corpo di Spedizione nel Mediterraneo Orientale viene ridono.

G

li anni Venti patiscono l'eredità del conflitto mondiale. 1919-1923: un quinquennio per definire faticosamente il nuovo assetto dell'Asia Minore e dei territori balcanici. Pochi anni per definire, in realtà le pii:1 chiare premesse di un nuovo conflitto, perché le soluzioni prese a livello internazionale si dimostreranno non aderenti concretamente alle realtà etnico-politiche, sociali e umane dei territori considerati e yuindi produttrici di ulteriori tensioni e frizioni, che non si sono ancora del tutto assestate alla fine del secolo XX e che sono esplose di nuovo agli inizi del XXI. In sintesi, le pot enze europee che occupavano e si contendevano iterritori dell 'impero turco erano Francia, Inghilterra, Italia e Grecia. L'occupazione era piuttosto ampia, perché andava dal parallelo di Batum a quello di Basra (nella Mesopotamia meridionale, ora Iraq) e dal meridiano che passava per l'imboccatura degli Stretti a yuello di I Iamadan, in Persia. Le forze turche rimaste erano disseminate su un territorio compreso fra il Mar Egeo e il Mar Caspio e fra il Mar Nero e la ferrovia AJeppo-Mosul. A queste forze si erano aggregati alcuni raggruppamenti di forze irregolari. Sul territorio ancora occupato dalle truppe ottomane, per quanto riguardava gli alleati, esistevano solamente cinque distaccamenti inglesi, e uno italiano, sulle direttrice Scutari-Konia e un distaccamento inglese a Batum. Nel Dodccaneso italiano, il 14 gennaio 1920 il brigadiere generale A. Porta, che comandava la Brigata Livorno, assumeva il comando interinale del Corpo di Spedizione nel Mediterraneo orientale in seguito al definitivo rimpatrio del tenente generale Elia, che era stato ormai a lungo all'estero, anche precedentemente, come addetto militare in Turchia 1.

1

Cfr. E3 R22.


"""l-"'3c.c4,___ _ _ _ _ _.:..:..:rnserri~LJS2iliano nel DoJecaneso 1912-19/43

Badoglio, Capo di Stato Maggiore deU'Tìsercito, 2 fu informato dallo stesso Porta dell'avvenuto avvicendamento: in seguito a questo caso, scrisse una secca lettera al Ministro della Guerra Albricci, chiedendo che i movimenti degli alti Comandi e delle truppe italiane distaccate all'estero e che avevano relazione con Comandi alleati gli fossero tempestivamente e direttamente comunicati3_ li Ministro della Guerra rispose dopo una ventina di giorni 4 , sdrammatizzando il fatto e sottolineando che la designazione di Porta non aveva carattere definitivo in quanto Comandante interinale: in un primo momento Elia era partito per l'Italia per conferire con il Ministro degli Esteri e solo successivamente era stato collocato a disposizione per eventuale impiego come Ispettore; p er le informazioni sulla dislocazione delle truppe mobilitate, Albricci faceva notare che gli s tessi documen ti periodici eh<.: pervenivano al suo Ministero erano con-

temporaneamente diretti anche al Comando del Corpo di Stato Maggiore, sia per quanto riguardava il fronte nazionale, sia per la Dalmazia, l'Albania e il Mediterraneo Orientale. li passaggio del Dodecaneso e relativo Coman<lo militare alle dirette dipendenze del Ministero della Guerra non era risultato indolore e provocava alcune incomprensioni tra il potere politico e quello militare, ambedue gelosi delle rispettive prerogative istituzionali, in una situazione però ove spesso il lato politico della vicenda faceva premio sul pur importante aspetto militare. Comunque l'arcipelago continuava ad essere la base importante della presenza italiana in Anatolia e non poteva essere altrimenti per l'Italia, fino a quando, negli intendimenti governativi, g li interessi italiani in Anatolia non fossero stati riconosciuti a livello internazionale da un trattato di pace ddìnitivo: in quel periodo 1919-1920, ancora si riteneva che quei 2

Badoglio era divenuto Capo di Stato Magg iore dell'Esercito il 21 novembre del 1919 e lo sarà fino al 3 febbraio 192 1, quando cessò dall'incarico a domanda. Fu poi nominato membro del Consigl.io rlell'Esercito.

3 E3 R 22, pror. n. 288 rlel :10.1 .1920: .. ..rarei grato se notizie del genere rig11ard,inti movimenti negli Alti Comandi e delle noJtre truppe diJtaccate all'estero che hanno relazione con i comandi alleati, mi.fo.uem direttarnenc crmnmicati da questo lvlinùtero ... . 4 E3 R22, prot. 28) riel 26.2 .1920.


Il Dodccaneso e il progressivo ritiro Jall'A!~.!"!lLl!!i.1'=92=1)_ _ _---"1'""'"3"'""5

legittimi interessi sarebbero stati tutelaci senza alcun dubbio. In una sintesi a stampa del L_7. 19 l 9 5 si faceva una analisi assai dettagliata <li quelli che erano i problemi legaci alla <lefìnizione delle nuove frontiere della Turchia. La questione turca era rappresentata in effetti da 1 ES R87,

Frontìer·e della 'J'urchù:t, Bozza di stampa n. 10, 1.7 .1919. Ibi<l. anche u11a memoria sulle r'rtmtiere del!tJ Grecia, relativa appunto alle richieste della Grecia.

le divisioni amministrative dell'Asia Minore durante gli unimi anni dell'Impero onomano Il us SME E8 RUD

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I,


.136

rEscrciro Italiano nel Do<lecaneso 1_21..:c2...., -1.L9_,,43,___ _ __ _ __

ere principali questioni: l'assegnazione della Tracia; la sorte degli antichi domini dell'Asia Minore e il futuro assetto di Egitto e Cipro. Nella sintesi si riporta che il memoriale ottomano presentato alla Conferenza della Pace affermava che i distretti della regione compresi fra il Mar Nero a nord, l'antica frontiera turco-russa e persiana a est, i vilayet di Mossul, Djarbekir e Aleppo a sud, il Mediterraneo a ovest, erano rotalmente turchi e che le isole vicine alle coste appartenevano storicamente alla Turchia, ed erano necessarie in quanto impedivano il contrabbando verso l'Asia Minore e soprattutto garantivano la sicurezza del litorale. Per questa ragione venivano reclamate dalle autorità ottomane che promettevano di concedere larga autonomia. Questo veniva proclamato anche perché era molto chiaro quali fossero le aspirazioni delle potenze alleate per sottrarre quelle che venivano considerate delle zone altarnente redditizie dell'Asia Minore. In effetti le trattative per la sistemazione dei territori cx-ottomani proseguivano, anche se non proprio alacremente, con due riunioni, una a Londra, nel febbraio del 1920 e una a San Remo, nell'aprile 1920: durante la riunione nella capitale inglese, Cavallero telegrafò in via riservata al Comando del Corpo di Stato Maggiore che le potenze alleate avevano di nuovo assicurato agli italiani il rispetto degli accordi del 1917 di San Giovanni di Moriana e di Londra del 1915, secondo i quali sarebbe stata concessa all'Italia l'intera vallata del Meandro e lo sfruttamento del bacino carbonifero di Eraclea. Per quanto riguardava in particolare le isole mediterranee, secondo i recenti accordi Tittoni-Venizclos, il Dodecaneso, meno Rodi e Castelloriw, veniva dato in cambio appunto della vallata del Meandro. I g reci avrebbero ricevuto la regione di Smirne e i francesi, la Cilicia. Queste intese furono meglio defìnitc nell'incontro a San Remo dell'aprile successivo con qualche precisazione: i greci avrebbero avuto il possesso di tutta la Tracia orientale; si prevedeva anche una smilitarizzazione degli Stretti, che, dichiarati neutrali, avrebbero avuto uno statuto internazionale sotto il controllo degli Stati Uniti. Questi, da parte loro rifiutarono però un mandato sugli Stretti e sulla stessa Costantinopoli. Una parte dell'Anatolia sarebbe rimasta alla Turchia e in quella parte sia l'Italia sia la _Francia avrebbero potuto


Il Dodecaneso e il progressivo ritiro dall'Anatolia (1921)

B7

costituire le rispettive zone di influenza 6 : tutte bozze di accordi che non potevano prevedere la reazione della nuova Turchia. Francesco Saverio Nitti, all'epoca Presidente del Consiglio, considerava questa una buona soluzione e riteneva di poter ritirare il battaglione di Konia: in merito chiese un parere a Sforza, ancora per poco Alto Commissario italiano a Costantinopoli. Sarebbe infatti divenuto cli lì a poco Ministro degli Esteri nel Governo Giolitti e avrebbe rinunciato all'accordo segreto Tittoni-Venizelos, nel luglio del 1920 (v. sotto). In attesa che Nitri facesse conoscere quali erano le determinazioni prese d'accordo con i responsabili di governo delle potenze alleate, circa la sistemazione dell'Anatolia e in conseguenza circa la estensione e il tarattere del compito affidato all'Italia 7 , Porta rimase provvisoriamente al Comando del Corpo che manteneva ancora il nome <li Corpo cli Spedizione nel Mediterraneo orientale, in attesa che fosse possibile stabilire quale grado dovesse rivestire il Comandante delle truppe italiane in quella regione. Il compito maggiore di Porta in quel momento, era proprio quello di governare con tatto politico e fermezza militare, secondo le direttive politiche del Ministero degli Esteri, le presenze italiane in Asia Minore. Come i suoi predecessori, egli fece numerose visite in Anatolia inviando continui e dettagliaci rapporti e relazioni sulla situa. . z1one contingente. Per quanto riguardava il Doclecaneso, intanto si faceva sempre più pressante il problema di effettuare delle economie che dovevano costituire in pari tempo delle vere e proprie migliorie politiche e amministrative: il Ministero degli Esteri riteneva che per prima cosa si dovesse abolire completamente la censura postale, ritenuta per Rodi una inutile vessazione che non giovava tra l'altro all'immagine <lell'Italia 8 . Si

6 Cfr. per maggiori dettagli J.H Durosdle, StorÙJ DifJlomtJtica dtt! 1919 ,1! 1970, Roma, 1972, p.26. 7

.E3 R 22, 26. 2.1920.

8

E3 R28, t.mma

11.

6031 clell"l l .:-,.1920.


138

L'Esercito Italiano nel Do<lecaneso 1912-19±, ______________

doveva altresì sopprimere il Commissariato dei Consumi che inceppava le libere iniziative della popolazione locale: si riteneva infatti che una volta ben riavviati gli interessi commerciali, anche le istanze irredentistiche sarebbero cessate, soprattutto da parte della classe commerciale, che avrebbe trovato soddisfazione in un rinnovato benessere economico. Veniva prevista la riduzione della G-uardia <li Finanza ad una sola compagnia, con la soppressione del Comando di Circolo. Era auspicata anche la riduzione del numero dei Carabinieri Reali, resa possibile con l'eliminazione di alcuni servizi non più necessari come quello della censura. Anche il numero degli Ufficiali postali poteva essere ridotto, sostituendoli, ove necessario, con personale locale. Ma ancor pii:1 importante, il Ministero degli Esteri chiedeva al Minisrro della Guerra rlel tempo, Tvanoe Bonom i, di impartire gli ordini relativi al generale Porta affìnché prevedesse un prossimo trasferimento del suo Comando in Anatolia: questa disposizione veniva data in correlazione col ripiegamento delle forze italiane verso la costa, come era stato già ordinato, e non vi era ragione che in Rodi fosse mantenuto un regime militare, una volta fìrmata la pace. Il Conte Senni fu incaricato dal Ministro degli Esteri di preparare un progetto di regime civile per Rodi con larghe autonomie. lJ lteriori soppressioni previste riguardavano gli uffici del genio, il servizio veterinario, automobilistico e quello per i servizi di artiglieria. Si prevedeva altresì la riduzione dei servizi presso i settori, appoggiandoli all'ufficiale di vettovagliamento. Venivano soppressi anche i comandi di cappa. Un centinaio di ufficiali e un migliaio di elementi di truppa erano in attesa di rimpatrio, oltre ai materiali e ai quadrupedi. La riduzione d el Corpo di Spedizione fu ordinata dal Ministero della Guerra il 18 marzo 1920 9 e riguardava oltre al numero delle unità impiegate, il ritiro dei presidi interni del settore di Adalia e del settore di Milas, la limitazione all'occupazione solo nei punti

9 Cfr.E3 R2 3, t.mma n. 22 l 7 /66 del 12.3.1920 comunicato da parte del Capo di Stato Magg.io{e dell 'Eseffito al generale Porta il l.9 marzo 1920.


Il Dodecancso e il progressivo ririro dall'Anatolia (1921)

IJ_2.

principali della costa, il trasferimento del Comando del Corpo <li Spedizione in Anatolia e la cessione del governo nelle isole a funzionari civili. La composizione definitiva, dopo la riduzione del Corpo di Spedizione veniva prevista in: 3 battaglioni <li fanteria; 1 squadrone cavalleggeri Roma; 1 plotone cavalleggeri Piacenza; 2 batterie da montagna (totale 8 pezzi); 1 compagnia zappatori del Genio; 1 compagnia telegratìsti; servizi automobilistici - sanità e sussistenza. Con questa prevista ristrutturazione, Porta proponeva che i t re battaglioni di fanteria portassero il nome di A<lalia, Scalanova e <lel Dodecaneso, in modo che fa brigata Livorno potesse essere ricostituita in j,atria senza dare luogo a inrnnvenienti per analogia di denominazione con i repc,rti del Corpo di Spedizione 10. Lo Stato Maggiore dell'Esercito approvò la proposta. Tali disposizioni rispondevano alle direttive date dal Ministero della Guerra, in accordo con lo Stato Maggiore. Proprio mentre l'Italia iniziava a ridurre la sua presenza in Anatolia, nei primi mesi del 1920 le truppe greche, pii:i forti nel numero, continuavano ad espandersi in Anatolia e ad avere la meglio sulle cosiddette 'bande' nazionaliste turche. La lotta tra il Sultano a Costantinopoli e il nazionalista Kemal si andava facendo sempre più serrata, a favore dei kemalisti. Una breve sintesi per ricordare alcuni avvenimenti e meglio inquadrare i movimenti italiani nell'area: nel maggio del 1919 i greci erano sbarcati a Sm i rnc e fì no al giugno <lel 1921 non ebbero un piano di operazioni organico. Sempre nel maggio del 1920 Mustafa Kcmal e i suoi lasciarono definitivamente Costantinopoli trasferendosi a Samsun in Anatolia anche per cercare di salvare il salvabile <li quanto rimaneva del vinco Impero 11 . Nell'estate successiva, 1921 i greci avrebbero attaccato in forze l'esercito kcmalista e nel settembre 1921 avrebbero occupato un fronte di circa 650 km. Ancora nel 1919, però, Mustafa Kemal era isolato e l'e-

IO

Ibid.

l l La base della muwa rinascita turca è il Patto nazionale turco del 2(i gennaio 1920, nel quale, in sostanza, i nazionali turchi non si arrendono alla supremazia dei vincitori e al tenrarivo di conquista da parte del la Grecia del territorio anatolico.


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I:Esercito Italiano nel Dodecaneso 1912-1943

sercito turco, quasi totalmente disciolto e inefficiente, mentre il Sultano era tecnicamente un prigioniero degli Alleati e il suo governo sotto controllo alleato: una totale sconfitta. L'l prima operazione di Kemal fu appunto quella di riorganizzare delle truppe, con una grande quantità di cavalleria, caratteristica da sempre dell'esercito ottomano così che alla fine dell'agosto del 1922 la situazione si sarebbe capovolta completamente: Kcmal vinse sia le truppe greche sia gli oppositori di Costantinopoli; in più avrebbe vinto il consenso popolare: gli si attribuiva una grande genialità di manovra e un reale senso politico 12 . Scriveva il giornale di Roma 'Il Messaggero' in un articolo di fondo del 13 gennaio 1921, sintetizzan<lo efficacemente la figura e il ruolo di Mustafa Kemal: Il nazionalismo tttrw di Angorrt l3 che è la bcmdiera dell'estrema resistenza mussulmana, tiene più che mai testa all'offensiva inglese 14 ... la vera forza di Mustafa Kemr.d sta invece appunto nel saper restare silenzioso rna vivo: disgregante resistenza di tempo ...... La situazione politico militare nel settore era dunque molto fluida e variava costantemente, ma, come sopra anticipato, per motivi di opportunità politica e diplomatica e di riordinamento interno per realizzare forti economie, il governo italiano aveva deciso di ridurre l'occupazione militare in Anatolia, riducendola ai soli punti principali sulla costa (Scalanova, Adalia e Kuluk), abolendo tutti i presidi interni. Si doveva così evitare ogni vicinanza con il settore di occupazione greca fatta eccezione per Scalanova ove il governo riteneva fosse suffìciente un presidio. Complessivamente il contingente italiano doveva essere composto di 1500 uomini in Anatolia e sola12

Per le vicende della guerra greco-turca vedi in E3 R 38 le interessanti relazioni del colonnello Perrone addetto militare a Costantinopoli e del colonnello Edoardo Giordano, Comandante del Corpo di Occupazione di Smirne, per una analisi dai luoghi dove avvenivano i fatti. 13 Odierna Ankara.

14 I:editorialista non si riferiva ad una offensiva militare ma a quella diplomatica,

cioè ad una intransigem.a e violenza della posizione inglese verso il problema turco, diversa certamente da una politica temperr.tta, amica, conciliante di Lord Milner in Egitto, di Lord Montagu nel.le Indie, e di Sir Pcrcy Cox in Mesopotamia.


Il Do<lecaneso e il progressivo ritiro dall'Anatolia (1921)

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mente 500 per Rodi e il resto delle isole del Dodccancso: ai minimi storici della p resenza militare italiana nella regione. Agli inizi di marzo si facevano dunque piani per ridurre le forze del Corpo di Spedizione nel Mediterraneo Orientale, che in quel momento era costituito dal 33° reggimento fanteria su 3 battag lioni e il Y i 0 su quattro battag lioni, ambedue della Brigata Livorno; <lue squadroni di cavalleria; un battaglione a Konia, un battaglione bersaglieri con due sole compagnie l 5. La riduzione più semplice e organica era - soluzione numero l - quella di rimpatriare i reparti costituenti i presidi delle isole e che erano clementi estranei alla brigata Livorno e<l affidare a questa l'incarico di presidiare anche il Dodecaneso. Sarebbe rimasto così disponibile il 4° battaglione del 34° fanteria che si trovava a Rodi fin dall'occupazione dell'isola e il Comando del battaglione bersaglieri con le due compagnie, oltre ad elementi minori dei servizi e <lei battaglione di Konia. In quel momento si prevedeva ancora un eventuale rafforzamento dell'occupazione all'interno della linea italo-greca qualora l'attività delle bande turche minacciasse di rivolgersi anche contro gli italiani, in seguito alle decisioni prese a Londra dall'Intesa. Un seconda soluzione poteva prevedere, qualora si fosse voluto rimpatriare un'intera unità organica, l'eliminazione d i alcuni presidi minori di località secondarie costiere e conservare solo sulla costa l'occupazione di Scalanova, Ku luk, Makri e Adalia e, nell'interno, quella della linea di demarcazione con le altre potenze: in concreto potevano restare un battaglione e una compagnia a Rodi e nelle isole dell'Egeo (così come era in quel momento); due battaglioni e due squadroni di cavalleria a Scalanova-Sokia e alla linea di demarcazione italo-greca (la situazione di quel momento); un battag lione ad Adalia con distaccamenti a Makri e Kulik. Ovviamente le forze così ridotte dovevano essere tenute in efficienza con l'invio dei necessari complementi. In Anatolia sarebbe rimasto il Comando brigata 'Livorno' e le batterie presenti (3 da 65 montag na e 1 da 70).

13 Jn qu el momento il Corpo di Spedizione occupava le località costiere dell'Anatolia, la linea di demarcazione italo-greca e le isole.


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rEsercito Italiano nel DoJecan.~~.]J_1'-'2=---.:... 12L4-"'3'----- - - - - - - -

I sussulti interni, politici e militari 16 di quel che rimaneva del vinto impero ottomano avevano intanto portato all'occupazione militare interalleata <li Costantinopoli il 16 marzo 1920: il Ministero ottomano della Guerra, della Marina, gli uffici postali, gli uffici telegrafici caddero in mano delle potenze occidentali; furono arrestati una quarantina di nazionalisti. I turchi non offrirono nessuna resistenza e l'occupazione si svolse senza incidenti. L'operazione fu diretta dagli inglesi, con le loro truppe; quelle francesi e italianc 17 parteciparono all'occupazione generale senza p erò prendere parte direttamente a quella dei gangli vitali della città 18 .

l6 Il contrasto fra il Sultano e Mustafa Kemal ebbe dei risvolti importanti politirnmenre <]Liando s i riunì a Costanrinopoli un parlanwnro nel 'lllalc ernno presenti anche dei nazìonalisLi (19 gen naio 1920). L1- composizione di questa Assemblea preoccupò fortemente le potenze vincitrici e in particolare g li ing lesi e i francesi. Gli inglesi chiesero ed ottennero <lal Consiglio di Guerra l'occupazione interalleata di Costantinopoli. I 7 Per l'occupazione interalleata di Costantinopoli stabilita <lal Consiglio Supremo cli Guerra, fu deciso in un primo momento di costituire il contingente italiano con una brigata cli fanteria (la Brigata Piacenza); mena compagnia di telegrafisti; un ospedale da campo con lOO letti; una mezza sezione di sussistenza; una autosezione di a 22 autocarri 18 P e due autovetture. La Brigata Piacenza parrì con la seguente formazione: un Comando Brigata e due reggimenti (su 3 battaglioni, ciascuno dei quali costituito da 3 compagnie di fucilieri, una di micraglieri e un reparto zappatori, con carreggio ridotto e senza salmerie. La Brigata ebbe una forza complessiva di circa 2000 uomini. L'imbarco della Hrigara ebbe luogo a Taranto. Per i dettagli cfr. Ii:3 R21, prot. n. 5510 del 15.3.1920. Il 14 aprile successivo (proL. 7670, a firma Honomi) il contingente italiano riSL1ltò costituito da un Comando Generale delle llegie truppe Italiane in Oriente; un Comando di Divisione, il Comando Brigata Pi acenza, il lll 0 , ll2°, 313° Reggimemo fanteria, mezza compagnia <li telegrafìsti, un reparto someggiato cli sezione sanità ridotto con una aliquota cli sezione di disinfezione; un ospedale da campo con 100 letti e mezza sezione di sussistenza. Il totale della forza risulti"> essere: 155 ufficiali, 2432 uomini di truppa. 11 contingente non comprendeva reparti di cavalleria o di artiglieria. In quella stessa data furono considerati costituiti il Comando Generale delle Regie '!'ruppe in Oriente e il Comando della Divisione <li Costantinopoli. 18

E3 R21: per dettag li dell'occupazione cfr. t.mma n. 267 proveniente da Costantinopoli del 16.1.1920.


Il Dodecaneso e il progressivo ritiro dall'Anatoli~lJ.9.1.lL.

-~--~l1.3.

Nonostante gli avvenimenti politici e militari che continuavano a mutare rapidamente la situazione di tutta l'Anatolia e della Turchia, il governo italiano proseguì nella sua determinazione che l'occupazione militare italiana andava ridotta, almeno per i 1 momento, ai soli punti principali, abolendo tutti i presidi interni. Conseguentemente nel marzo 1920 il Ministro della Guerra aveva telegrafato, come sopra ricordato, che l'intero Corpo di Spedizione nel Mediterraneo orientale doveva essere ridotto di una forza complessiva di duemila uomini comprese le aliquote di artiglieria, genio e scrvi zi19. In questa cifra però non era però compresa la forza di occupazione di Costantinopoli ove veniva rischierato il battaglione ritirato da Konia. Il ripiegamento previsto dall'interno verso la costa era dovuto alla delicata situazione politico-militare della Turchia, ma doveva rimanere segreto fino ad ordine di esecuzione, memori del precedente, e una volta partito l'ordine, attuato nel massimo ordine e rapidità 20 . In effetti la situazione era in rapido e continuo mutamento: da una parte le potenze vincitrici mantenevano una mano ferma sul Sultano e dall'altra le vicende in corso in Asia Minore ove Kemal si opponeva al Sultano: la situazione era ancora incerta, ma iniziava ad essere chiaro chi avrebbe vinto. Il Conte Senni monitorava 21 da Rodi la situazione in Anatolia e faceva presente che la limitazione dell'occupazione in Anatolia e l'abbandono della valle del Meandro lasciava il campo alle azioni delle bande e dei regolari turchi, così da giustificare operazioni greche e l'eventuale occupazione delle località lasciate dagli italiani. Il Senni, dal suo osservatorio di Rodi consigliava che, pur nella riduzione del

l') E3 R23, t.mma n. 2217/66 riservt1tissimo. Decifri CajJo di Stato maKKÌore, <lei 18.3.1920 a firma I3onomi.

20 I:ordine ministeriale prevedeva lo sgombro dei presidi di Kuluk, dove però doveva rimanere un piccolo distaccamento di fa.nrcria, CarahiniPri Reali e una stazione radiotelegrafica e il mantenimento dell'ocn1pazione militare della valle del Meandro. 21

E3 R2 3 telegramma da Rodi 23.3.1920.


..ol'--'4'-'4,_______,__L''"'"'Es""e_,,,rc=itoJtaliano od Dodccancso 1912-1943

Corpo di Spedizione a duemila uomini, fossero conservaci i nuclei della valle del Meandro sopprimendo altri presidi nell'interno. Rodi 'italiana' si conformava una importante base per le operazioni militari in Anatolia e soprattutto un osservatorio privilegiato. Badoglio non era d'accordo con Porca per il mantenimento della linea di demarcazione italo-greca e esprimeva l'avviso che convenisse ritirare completamente i presidi interni e restare estranei agi i eventuali conflitti che potessero sorgere su quella linea fra greci e turchi 22 . In relazione alle disposizioni già impartite circa la riduzione delle forze del Corpo <li Spedizione d'intesa tra il Ministero degli Esteri e la Presidenza del Consiglio dei Ministri si ritenne che con la nuova disposizione costiera delle truppe italiane in Asia Minore, si potesse e si dovesse, per ragioni di opportunità politica, tenere scissi tra loro il governo civile delle isole, risiedente a Rodi, dal Comando militare delle truppe anatoliche, che doveva trasferirsi al più presto in Anatolia: scissione che avrebbe apportato, così si pensava, altrcsì delle notevoli migliorie ed economie nel campo amministrativo. A livello diplomatico si cercava di cancellare l'idea di una amministrazione militare italiana nel Dodecaneso, che non era gradita alle altre potenze, in quanto, secondo la loro opinione, avrebbe permesso ad un nuovo elemento, l'Italia, di installarsi nel Levante, che in realtà doveva rimanere saldamente solo nelle mani di inglesi e francesi. Sulla base degli studi fatti, Badoglio provvide a fornire le necessarie informazioni al Ministero della Guerra per avviare l'operazione di riduzione che fo lavoro ltmgo e laborioso . Il Comando del Corpo di Spedizione iniziò pertanto a studiare, oltre

22 ES R35 t.mma prot. n. 1224 del 29.1.1 920, inviato il giorno successivo, diretto al Ministro della Guerra a firma Badoglio. Cfr. anche Museo Storico dell'Arma dei Carabinieri (MSAC), f. 334. Il limite della zona <li influenza italiana era staro tracciato nel giugno 1919: era determinato da una linea che dal mar Egeo rimontava il corso del fiume Menderes (Meandro), includendo Ayassoluk nella zona greca e raggiungendo la ferrovia che seguiva verso est sino ad Aidin . Ad est di Aidin, la linea seguiva idealmente il parallelo di Aidin fino al limite orientale del Vilayet di Smirne.


Il Do<lecaneso e il progressivo ritiro <lall'Anacolia (1921)

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alla prevista riduzione, anche il proprio trasferimento di sede sul continente, in quei presidi che fossero rimasti; allo stesso tempo prendeva gli opportuni accordi con il Senni perché provvedesse a quanto predisposto per l'arcipelago e, cioè, all'abolizione completa della censura postale, alla soppressione del Commissariato dei Consumi, alla riduzione della presenza della Guardia di finanza, alla diminuzione del contingente dei Carabinieri e del numero degli ufficiali postali 2 3. Obbiettivo finale era una razionalizzazione e un miglioramento dei servizi non solo in campo amministrativo, ma anche con gli opportuni riflessi in quello politico. 11 generale Porta riteneva però che il Comando dislocato in Anatolia non potesse funzionare molto bene a) per l'assoluta impraticabilità delle vie di terra tra un settore e l'altro, b) per le numerose penisole lungo la costa anatolica che rendevano laboriose le comunicazioni marittime per cabotaggio, e) per le comunicazioni radio telegrafiche che erano state orientate su Rodi e avevano un raggio limitato e quindi richiedevano molto tempo per comunicare tra un settore e l'altro e con la madrepatria. Il Generale, ben sapendo che null'altro si poteva fare se non obbedire, chiedeva che almeno il Comando fosse dislocato ad Adalia, città nella quale si andavano concentrando gli interessi italiani. Il ritiro degli elementi della Spedizione considc.:rati in esubc.:ro iniziò il 23 marzo, con transito nel Dodecaneso, come sempre base logistica per qualsiasi operazione da e per l'Anatolia: con il piroscafo Bengasi e Brane furono trasferiti da Scalanova a Rodi i 120 quadmpedi in esubero in seguito alla riduzione dei reparti in quel settore; da lì partirono con l'Orione le due salmerie a disposizione di Rodi (in tutto 138 quadrupedi). Il 26 marzo fu ordinata la riduzione del presidio di Giova24 , trasferendo a Coo la compagnia mitragliatrici bersaglieri per riunirla al suo Battaglione. Il 27 marzo fu ordinata la fusione in un solo battaglione del lll 0 battaglione del 62° fanteria e il reparto italiano di Konia ed il conseguente rimpatrio di uomini e re-

23 E3 R23 1.4.1920, prot. n. 6881 a fìrma Bonomi. 24

Cfr. E3 R23, prot. n. 1370 del 10.4.1920.


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lativi quadrupedi esuberanti. Il 29 marzo nel settore di Scalanova si ridussero le presenze, iniziando così la vera riduzione dei presidi, utilizzando sempre Rodi come base e prima tappa per il rimpatrio. Nell'aprile del 1920 Badoglio confermava da parte sua l'opportunità che nulla dovesse essere modificato in seguito alle decisioni del Consiglio di Guerra alleato a Costantinopoli e del Ministero della Guerra e Presidenza del Consiglio 25 , relativamente alla occupazione della città e alle presenze alleate in Asia Minore. Non condivise però l'opinione di Porta di lasciare al vertice del Corpo di Spedizione il Comandante del 34° reggimento, colonnello Schiocchetti, perché riteneva che a capo <lel contingentc residuo, rebus sic stantibus, dovesse essere posto un Ufficiale Generale, sia pur con i suoi organi di Comando ridotti al minimo indispensabile, per poter dialogare con gli alleati alla pari, visto il loro livello di Comando. Il 4 aprile si era già proceduto alla prima riduzione Jel Comando del Corpo di Spedizione rimpatrian<lo otto ufficiali addetti. Le prime soppressioni <li Uffìci militari nel Dodecaneso avvennero poco dopo, i I I O aprile 1920, e fo proposta al Ministero della Guerra anche la soppressione del Tribunale Militare d i guerra. 1'11 aprile partirono da Scalanova alla volta di Rodi il 133° reparto someggiato, una sezione da ponte, una stazione foroclcttrica e i quadrupedi del 34° fanteria. Furono effettuate ulteriori riduzioni 26 sia sul contincntc che sulle isole. La censura militare fu abolita ufficialmente il 16 aprile 1920. Mentre riferiva sull'andamento della riduzione imposta dal governo Nitti, nonostante gli fosse stato chiaramente comunicato di procedere e di non discutere gli ordini 27 , Porca insisteva sul la necessità di mantenere la sede del Comando <li Spedizione nell'isola, in quanto i

23

E3 R 2 1, 14.4.1920, prot. n. 1520 a fìrma Badog lio.

26

Per i dettag li militari della riduzione della forza dr. in E:3 R2:3, Ordini ed operttzionì relativi alla riduzione del R.C.S. /.M.O., elci 16.4. 1920. ali. n. l. 27 C:Cr. nota manoscritta presumibilmente <li pugno di Badoglio sul foglio del 27.3. 1920, ptnl. n. 1865, che era stato inviato da Rodi in risposta al teleg ramma ministeriale n.2217 /66 del 18.3.1920, i11 E3 R23.


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li Doderaneso e il progressivo ritiro dall'Anatolia (1921)

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tre punti della costa dove sarebbero rimasti i presidi di occupazione non avevano alcuna comunicazione tra di loro, perché non esistevano strade e anche le comunicazione marittime presentavano notevoli difficoltà per detìcienza di mezzi di trasporto e per le grandi distanze tra i presidi. Anche gli impianti radiotelegrafici non potevano venire in aiuto perché erano stati orientati su Rodi ove esisteva una stazione cli grande potenza e dove faceva capo il cavo marittimo per Costantinopoli e per l'Italia. Porta faceva notare che anche il generale Battistoni, primo Comandante <lel Corpo di Spe<lizione in Anatolia <lopo aver fatto ampia ricognizione nelle isole e lungo la costa dell'Anatolia per scegliere la sede del Comando, aveva optato e si era stabilito a Rodi, che godeva di una centralità geografica rispetto ai presidi della costa anatoli ca, era porro di transito per tutti i piroscatì delle linee di navigazione per l'Oriente, e cioè del Lloyd Triestino, della Società di Trasporti marittimi Puglia, della Me.uagerie Françai.re; in realtà qualsiasi movimentazione doveva far capo a Rodi dove si sostava a volte molti giorni in attesa <lella coinci<lenza <lei piroscafi per poter proseguire il viaggio alla volta clell'Ttalia. Secondo Porta l'azione di Comando sarebbe stata quindi totalmente jJara!izzata e avrebbe vissuto solo la vita del settore prescelto come residenza, fondendo !et propria attività con qttel!a dell'immediato Com,anJanle in sottordine 28 . Anche per i servizi si sarebbero avute gravi disfunzioni perché mentre a Rodi erano già sistemati depositi, impianti e mezzi di sbarco, nulla era ancora stato predisposto in Anatolia dove tutta la zona costiera presentava ovunque scarsità di sistemazione: Adalia e Scalanova erano sprovviste di porto e i porti di Maritsa e Kuluk non presentavano nel retroterra alcuna possibilità di impianti che consentissero di espletare le funzioni di un Com,ando ,:tnche modesto. Anche per i servizi <li Commissariato, oltre che per i servizi sanitari era difficile e poco opportuno stabilire le basi di rifornimento sulle cosce anatoliche per ragioni di eccentricità in quanto Rodi, come

28

E3 R23, n.3086 <lel 16.4.1920, relazione sulla riduzione <lella forza <lel Corpo di Spedizione a firma Porta.


148.______....,Le.,'E""•sc"'·r.,,,ci""'toc..,I""'ca,,,li,,,an!><oc.!.n""el,_,D""cxl"""'ec""a""nescs:o"-!..19ul""2--'-1L9_.,43,______

base di rifornimento era il centro di tutta l'occupazione italiana delle isole e dell'Anatolia .. . in realtà, oggettivamente l'occupazione del continente si sosteneva sull'arcipelago. 1n quanto all'azione italiana in Anatolia, Porta sosteneva che solo quando questa zona fosse stata completamente pacificata e vi fosse in qualche modo una vita politica, anche un Comando militare, quale rappresentante italiano politico, poteva agire con una certezza dei risultaci. Per quanto poi atteneva alle economie previste con la scissione del Governo civile da quello militare, trasferendo il Comando sulle cosce dell'Anatolia, Porta riteneva che le spese per l'erario sarebbero aumentate, in quanto il governo civile avrebbe dovuto ricostituire tutti i servizi amministrativi necessari per le Isole, dato che il Comando militare doveva trasferire in Anatolia i suoi. Porta continuava osservando invece che la vicinanza nella stessa sede del Governo Civile e del Comando militare avrebbe agevolato ad entrambi l'esplicazione <lei propri compiti, integrandosi nelle attività e nei servizi. Il Comando militare non si sarebbe più occupato di tutto quanto atteneva all'azione civile nel Dodecaneso, ma avrebbe potuto dare le direttive politiche ai propri comandi in sottordine e avrebbe potuto fornire immediatamente al governo civile quelle informazioni politiche provenienti dall'Anatolia, che avrebbero contribuito sicuramente ad un migliore controllo del Dodecaneso. Porta sottolineava inoltre che, fino a quel momento almeno, vi era stato perfetto accordo tra il Comando Militare e l'Uffìcio Politico e quindi era cerco che si sarebbe potuto raggiungere lo stesso risultato anche quando il Governo fosse passato integralmente nelle mani di un funzionario civile e il Comando militare fosse stato affidato ad un ufficiale che possedesse il tatto di mantenere cale accordo e che fosse di grado inferiore al rango del Governatore. In sintesi, il generale Porta rifiutava con forza lo spostamento del Comando sulle coste dell'Anatolia, motivandolo peraltro con valide ragioni tecnico-logistiche, ma contrarie all'andamento dei negoziati e <lei 'desiderata' politici . Queste opinioni vennero reiterate anche dal colonnello Bergera, Capo di Stato Maggiore del Corpo di Spedizione nel Mediterraneo orientale, che cercò di non far trasferire il Comando in Anatolia con


Il Dodecaneso e ìl progressivo ritiro dall'Anatolia (1921)

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varie riflessioni che sottolineavano soprattutto i costi di uno sdoppiamento di servizi, fermo restando che era ormai chiaro come nel Dodecaneso dovesse essere organizzato un governo civile. Necessità diplomatiche e esigenze militari in quel momento non coincidevano. li Ministero degli Esteri fu irremovibile su questa questione: era una esigenza politica imprescindibile che i] Comando fosse stabilito sulla costa anatolica perché era ormai necessario e soprattutto politicamente opportuno che l'organizzazione di Ro<li fosse in mano a un governo civile 29. Il trasferimento del Comando del Corpo di Spedizione sulla costa avrebbe chiarito, secondo Sforza, il vero carattere della presenza e della Jwovvisoria occupazione mi] itare. Le stesse ragioni di opportunità consigliavano di scegliere come sede Scalanova invece cli Adalia, come sede dell'Autorità militare. Naturalmente il Ministero auspicava che il Comando mantenesse i più stretti contatti con il Rappresentante del Regio Governo a Rodi. Era altresì auspicabile che il presidio militare che fosse restato a Rodi, avesse dipen<lenza <lel governo civile del Doclecaneso e non dal Comando in Anatolia. Nello stesso telegramma Sforza richiedeva al Ministero della Guerra cli voler impartire ordini necessari per accelerare il trasferimento del Comando e non prolungare ulteriormente una delicata situazione transitoria. Come sopra ricordato, quasi contemporaneamente vi era stata l'occupazione di Costantinopoli da parte del Comando alleato delle potenze vincitrici del conflitto e la politica italiana nel Levante seguì delle direttive ben precise che furono condensate nelle interessanti istruzioni politiche che furono date ad Alberico Albricci, 30 inviato a Costantinopoli, per norma di linguaggio: .. . Il 80verno italicmo ha un interesse .fondamentale a non urtare il sentimento islamico in generale e in particolare quello turco; tale interesse ha per ra,~ioni imm.ediate !et tranq1.1illità delle nostre colonie e la necessità di poter umfruire di una situazione di privilegio in una zona anatolica senza dover ricorrere a dirette occupazioni

29

E3 R23, 2.5.1920, tel. N. 4276 a firma Sforza.

n Corpo <l 'Armata, Ministro Jella Guerra dal 21 giugno 1919 al 13 marzo 1920, come sopra ricordato.

30 Già comandante del


l 'iO _ _ _ _ ____,L'-='E=se=rc=ic~o~It=al=iano nel Ooderaneso 1912-1913

territoriali che ci recherebbero più danni che vantaggi; ma anche delle regioni lontane mnfèrmano il nostro punto di vista ,~iacché se in un avvenire più o meno remoto si risvegli il sentimento islamico, a noi che occt1pictmo meno territori e rrtari che non alle potenze alleate, non ci conviene il trovarci in mttitesi a tale movimento. Rlla quindi dovrà in ogni questione di fondo e di.fòrma cercare di evitare tJrti con i turchi, ai quali nei privati conversari Ella potrà jàr dire che noi siamo con la nostra tr11ppa in Turchia in seguito a decisioni che si sarebbero ejfettttate anche all'infuori di noi, 1w1 che saremo lieti quando potessimo dare il segnale della partenza'> 1. Il Comando del Regio Corpo di Spe<lizione nel Mediterraneo orientale ricevette dunque l'ordine <li trasferire immediatamente la sua sede da Ro<li sul conti ncnte; rimaneva inceso che le poche truppe che restassero a Rodi o eventualmente altrove nel Dodecaneso, dovevano dipendere soltanto dalla nuova autorità civile che sarehhe stata creata all'uopo a Ro<li :1 2. Il 10 maggio Nitti chiedeva al Ministro della Guerra le ragioni della continuata permanenza del Comando Militare in Rodi: Vostrct Eccellenza converrà mew della ,.molttta necessità che le ddiberazioni del Comitaio di Guerra venf!..ano eseguite in modo comj,leto e senza ritardi. La prego qttindi di voler dctre oj1portuni ordini perché detto Comando cessi senz'altro dctlle sue fì,1,nzioni e Colonnello Rergerr.t ed altri tlficiali rirnj,atrino subito . ..... _33_ A stretto giro di posta rispose il Ministero della Guerra34 assicurando che le operazioni inerenti alle riduzioni e semplificazioni del Corpo <li Spedizione nel Mediterraneo Orientale si scavano svolgendo secondo le deliberazioni del Comitato di Guerra, ovviamente tenendo conto Jelle Jiffìcoltà logistiche e di trasporto, che ritardavano il compito. Il 12 maggio 1920 35 Porta poteva telegrafare alla Divisione <li Sta-

;i

Cfr. E3 R2 l.

32 E3 R2 l, Jel 12.4.1920.

'>'> E:', R2 1, prot. n. 10.5.1920 a fìrrna Nitti.

3,1 E3 R20, prot. 10219 del 11.5.1920. :15 E3 R 8-1 del 12.5.1920.


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co Maggiore del Ministero della Guerra che erano stati ultim ati i ritiri dal settore di Adalia e Milas; anche i presidi del settore di Scalanova lungo il fiume Meandro erano stati ritirati, salvo un plotone di cavalleria che occupava ancora un ponte su quel fiume, ove si trovava anche un reparto greco. Rimanevano ancora i presidi attorno Scalanova; altri presidi non erano stati ancora ritirati alla costa in quanto non era più possibile raccogliere truppe entro Scalanova stessa che era stata in gran parte distrntta dalla guerra: per lo sgombero in Italia erano attesi i piroscafi preannunciati. Vi era da notare anche che gran parte della popolazione, al ritiro delle truppe italiane, seguiva le colonne con il proprio bestiame, ritardando considerevolmente i tempi previsti, e l'esodo si sarebbe accentuato con l'abbandono totale da parte italiana della valle ciel Meandro e di Sokia, aggravando la situazione preesistente. Alla fine del movimento previst o sarebbero rimasti nell'interno complessivamente solo sei ambulatori sanitari. Porca telegrafava anche che avrebbe provveduto a comunicare al comando ellenico che il ripiegamento italiano sulla costa non lo autorizzava a oltrepcmare lei linea di dern,:trcctzione Tittoni-Venizelo.r. Quczlorn ciò avveni.r.re - continuava Porta - ne deriverebbero gravi conseg,.tenze per territorio ove noi intendictrrto sviluJ1.,are una pacifica attività economica ..... . Nel quadro della riduzione, il generale Porta che era rimasto Comandante interinale e il colonnello Bergera Capo di Stato Maggiore, ebbero l'ordine <li rimpatriare rapidamente: il loro dissenso e resistenza ag li ordini aveva comportato anche spiacevoli difficoltà con il Ministero degli Esteri e questa contingenza non fo certo estranea alla rapidità del rientro. Porta fu sostituito, nominalmente, il 3 luglio, dal colonnello di fanteria Fusoni che avrebbe avuto la soprintendenza delle operazioni finali di rimpatrio degli uomini e quadrupedi in esubero, secondo quanto disposto. A quella data, però, il Comando del Corpo <li Spedizione di Rodi non era ancora stato trasferito sulla costa anatolica, a Scalanova, perché si preferiva farlo quando, ultimati i rimpatri e apportate tutte le eventuali e possibili semplificazioni negli organici delle truppe, fosse proposta e approvata la nuova sede del Comando e quindi attuato il trasferimento. Nel giugno del 1920 non era ancora stato deciso l'ammontare della


1 5 2 ·----- - - - ---- Uisercito ltal iano nel Dodecaneso 1912-1943

ri<luzione <lei Carabinieri Reali facenti parti del C.S.J.M.O. e il loro definitivo organico, che veniva proposto in 200 unità per il Doclecaneso e 120 per l'Anatolia. Il 1 ° luglio il Presidio di Costantinopoli aveva cessato di dipendere dal Comando del Corpo di Spedizione ed era passato alle dirette <lipendenze del Ministero della Guerra 36 . Nello stesso mese il trasferimento del personale in esubero iniziò in modo concreto. Bonomi seguiva direttamente la ri<luzione del Corpo di Spedizione e soprattutto la cessione dell'amministrazione nelle Isole ad un governo di civili. Il 19 h1glioJ7 telegrafava a Porta e chie<leva notizie circa l'arrivo in sede del colonnello Fusoni, che a quel punto lo stesso Porta aveva sollecitato3 8 , e la data del passaggio delle consegne. Praticamente tra la fìne di luglio e i primi di agosto parte del trasferimento era stato effettuato. Per il giorno 8 agosto era previsto il trasferimento definitivo sulle coste dell'Asia Minore con lo spostamento del Comando del Corpo. 11 7 agosto terminava uffìcialmente di operare il Comando del RCSIMO in Rodi: una circolare di Porta di due giorni prima :W a tutti i Coman<li, Corpi e Servizi dipendenti , comunicava che il successivo 7 agosto quel Comando cessava dal fonzionamento in Rodi per iniziare la sua attività nel luogo che il nuovo comandante del Corpo avrebbe scelto nel settore di Scalanova. Il Comando del Presidio di Rodi assumeva le funzioni di Comandante del Settore militare del Do<lecaneso e aveva alle sue dipendenze, tattiche e disciplinari, tutti i reparti dislocati nelle isole dell'Egeo. Il Comandante del Presi<lio avrebbe in seguito <lovuto inviare al Comando del RCSJMO g li specchi periodici riguardanti le

% E3 R20, appunto del 2.7.1920. Per riassumere: le truppe e i servizi del Presidio Italiano di Costantinopoli erano stati alle dipendenze disciplinari del Corpo dì Spedizione nel Mediterraneo Orientale dal maggio 1919 al luglio 1919. Le truppe e i servizi del reparto Italiano di Kon ia, dal maggio 1919 al 1 2 marzo 192 0, epoca in cui il reparto stesso fu ritirato e si fuse con il presidio Ji Costantinopoli. 'l 7 E ;'.\

R29, t.mma

11.

886/347 del 19.7.1920.

38 E3 R29, t.mma n.1010 del 2. 7 .1920. 3') E3 R 25, circolare del 5.8.1920; copia anche in E3 Rl 5.


Il Dodecaneso e il progressivl~_r_itiro dall'Anatolia (192 l)

novità, le forze del settore, le richieste viveri, il movimento delle navi etc. La Compagnia mitragliatrici del XXVI Battaglione Bersaglieri, che aveva assunto il nome di Compagnia mitraglieri bersaglieri di Rodi sarebbe passata, non appena rimpatriato il Comando del Battaglione bersaglieri, alla dipendenza del Battaglione 'Rodi'. TI Comando del Settore Dodecaneso manteneva la sorveglianza disciplinare sul servizio telegrafico anche per il continente: mediante accordi con il Comando della Compagnia del Genio avrebbe fatto in modo che i telegrammi in transito per Rodi fossero subito inoltrati a destinazione. L'Ufficio Imbarchi e Sbarchi di Rodi era posto alle di pendenze del Comando Settore Dodecaneso, che veniva autorizzato ad acconsentire alle richieste 'urgenti' <li mezzi, personale e altre necessità avanzate dal Governo Civile; nei casi normali le concessioni dovevano essere invece autorizzate preventivamente dal Comando RCS1MO nel quadro dell e disposizioni allora vigenti. Il 7 agosto il generale Porta cedeva il Comando delle truppe al colonnello Giorgio Pusoni e la reggenza del Governo delle Isole al conte Senni, che in quel momento disimpegnava l'incarico di Capo del l'Ufficio Politico a Rodi. Il giorno successivo Porta si imbarcava sul Piroscafo Ionio, insieme a tre ufficiali del Comando, anche essi in fase di rimpatrio. 11 10 agosto 1920, giorno della firma del trattato di pace con la Turchia (v. sotto), Bonomi poteva comunicare al Comandi di Corpo d'Armata e per conoscenza ad altri organi dello stato tra cui la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero degli Esteri che il Comando del Corpo di Spedizione del Mediterraneo orientale con sede a Rodi era stato scisso dal Governo Civile delle Isole del Dodecaneso. Specificava anche che il governo civile avrebbe avuto sede a Rodi mentre il Comando militare aveva sede a Scalanova 40 . Nei riguardi dei territori presidiati, il Ministero degli Esteri dette l'ordine di sgomberare i presidi di Kuluk, dove però era rimasto un piccolo distaccamento di fanteria, Carabinieri Reali e una stazione ra0

40 E3 R28, prot. n. l 5120 ciel 1O agosto 1920.


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diotelegrafica e di mantenere l'occupazione militare nei presidi della Valle Jel Meandro. Nuove disposi zioni arrivarono al trasferito Comando militare in Anatolia, che rappresentava pur sempre una presenza _politica sul territorio: .\}etta unicamente a codesto Governo di agire presso Musta/tt Kerrktl .wlla base di ismaioni che ho già impartite 41 . le norme di condotta si riferivano a richieste di istruzioni circa il comportamento da tenere in caso di movimenti greci verso la zona italiana e relativi contrattacchi turchi. Il Regio Governo non desiderava <late pretesti a Mustafa Kemal, per eventuali attacchi contro i presidi italiani, con la scusa di andare contro i movimenti greci 42 . la politica italiana continuava come principio informatore dichiarato quello di giungere ad una pacificazione <lell' Anatolia, evitando qualsiasi conflitto locale: queste erano le istru zioni chi:1rc che ernno giunte al Comando del Corpo <li Spedizione 13. Considerando dunque quanto sopra era chiaro che le Autorità militari in Anatolia dovevano avere una azione sempre moderatrice e quindi si dovevano limitare a mantenere con i nazionalisti turchi semj.Jlici tapponi ispirali alla maggiore cortesir1 che sono una conseguenza necessaria delltt presenza delle nostre truppe nel Paese ...... Difficile poter avere rapporti Ji cortesia quando si occupa in armi un territorio. Incanto il governo civile del Dodecaneso si organizzava stabilmente: nel BoJlettino Ufficiale del Regio Governo <li Rodi e Castellorizo 44 venivano pubblicati i primi decreti del nuovo Governatore. Di notevole importanza politica il n. 72 del giorno 8 ottobre, che conferiva alle popolazioni delle Jue isole un regime di larga atttonomia: cioè sarebbero state rette da ordinamenti speciali che avrebbero tenuto wnto delle trc1dizioni, delle cons1,1etttdini e dei bisogni locali e che si sarebbero ispirati specialmente allei preoccupazione di accrescere il benessere generale, di

4l E) !CIO, t.mma n . 6218 del 20 .9.1920.

/4 2 E3 R30, ra<liot.mma cifrato del 2:).<). 1920 da Fusoni a col. De Bisogno, coman dante del settore di Adalia.

/43 E3 R 30 prnt. n. 19546 del 18 .11.1920. 44 Dispensa 1 3° - 1920 - 3 1 ottobre in E:-1 IUO.


QJ){xlecaneso e il progressivo ritiro d~Jl,..:c'A"'"'n_,. a,. to,_, li"'-a-"(1,.,9-=2"'1),__ - _ __ __l'----"52

proteggere i traffici, di sviluppare la j,roduzione a,gricola ed industriale. Le comunità religiose avevano, secondo questo decreto, piena libertà di cui to insieme alla facoltà di conservare le loro chiese e stabilimen ti religiosi, le scuole e gli istituti di beneficenza esistenti, con la possibilità di crearne altri. Ancora per quasi tutto il 1920 il Dodccaneso era rimasto però strettamente legato alla politica italiana in Asia Minore: nel novembre del I 920 era atteso a Costantinopoli il marchese Garroni che avrebbe rappresentato il Regio Governo presso il Sultano, occupandosi anche del coor<linamento dell'azione politica italiana sulle coste anatoliche. Con l'arrivo <lel rappresentante diplomatico italiano a Costantinopoli, il Comando di Scalanova cessò di dipendere dal governo di Rodi, per ricevere <lirettamente istruzioni <la quella capitale. Sarebbero così terminati i rapporti ufficiali tra il Govnnatorato cli Rodi e le truppe italiane in Asia·~ fft,,~·:,;,)f;~ frff,..,Minore, anche se il Mini- '~\~}}!/· stero degli Esteri prevede- )'J!..}tf;(t;: va che comunque il Go.,.:-ii;>c· · · verno di Rodi dovesse ,.;:,è~~½:- ~:/;{. rimanere sempre co- "·~~ \;{~~f"' · ."~>"',_, - ~ ~./\~ / ~ stantemente informato .,,,,· · ·.-- · della situazione, dei mutamenti previsti e delle istruzioni che via via sa- ·· rebbero state impartite da Costantinopoli. Anche la Regia Delegazione di Adalia passava a dipendere :i dal marchese Garroni: con ,,,,~t 'l'-""<J,;: k

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l'Esercito Italiano nel Dodecaneso 1-"-9..:.:12"-----'--'19"--'4,. ,3_ _ _ _ _ _ __

Nella penisola anatolica in realtà il trattato di Sévres (10 agostol920), che avrebbe dovuto sancire la pace tra l'Impero Ottomano e le potenze vincitrici, peraltro ancora in attesa delle necessarie ratifìche, rimaneva il vero pungolo <lei nazionalisti turchi. Era come una bandiera dell'e.ftrema resistenza musulmana all'o.ffènsiva inglesé 5 . La linea generale politica italiana rispetto all'Impero, dalla fine del conflitto armato, era stata quella di mantenere buoni rapporti per considerazioni di ordine politico ed economico, non avventurandosi in difficoltà che avrebbero avuto serie ripercussioni sulla vi ta politica interna particolarmente delicata in quel periodo e soprattutto evitando accuratamente di essere coinvolta nella lotta greco-turca, come si è visto. Veniva riconosciuto dai diplomatici italiani che la politica inglese, pur nelle sue variabili, stava mantenendo un atteggiamento deciso e utilizzava forze efficienti; anche i francesi cercavano di mantenere ad ogni costo buoni rapporti con la Turchia, cercando una intesa con i kemalisti, che si concretò poi nello sgombro della Cilicia e nelle modificazioni nella linea di confine con la Siria, dopo il ritiro dalla zona di Zunduldak 46_ l francesi erano rappresentati con sette battaglioni nelle regione degli Stretti, nell'Asia Minore, due nella regione di Zunguldak, a protezione delle miniere di Eraclea, e a sud con dodici battaglioni, sei squadroni e numerose batterie <li vario calibro per l'assedio di Ayntab, al confine tra la Siria e la Cilicia e una divisione per l'occupazione della Cilicia. Le truppe inglesi erano sicuramente superiori di numero. Le esperienze della guerriglia in Cilicia e le crescenti diffìcoltà in Siria consigliarono però la Francia ad aprire un dialogo con le forze nazionaliste di Kemal, soprattutto dopo una guerra che aveva fiaccato tutti gli eserciti europei e le economie <li quei paesi. In Italia la situazione non era certamente assai facile: le vicende economiche pesavano molto sulla situazione interna del paese e i governi che si succedettero, quello cli Nicti seguito da quello di Giolitti e di Facta non riuscivano certamente ad avere una forte politica este-

45 Cfr. ll Menr1ggero di Roma, 13.1.1921 cit. supra.

li6 E3 R3 l, t.mma 6.8.1921, da Costantinopoli a firma Garroni.


Il Dodccancso e il prog~~ssivo ritiro dall'Anatolia (1921)

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ra. Mussolini stava attuando la sua avanzata verso il potere. La politica del governo italiano verso il Mediterraneo era già avviata ad essere quella di avere una forte influenza nel Mediterraneo, almeno nel Levante, ma nel 1920 era ancora la Gran Bretagna ad avere il posto migliore dominando la Palestina, la Transgiordania, l'Egitto, con una forte base navale a Cipro; proteggeva con accuratezza la sua via alle Indie e imperava indisturbata nel Golfo Persico che considerava un British lake, e tale sarebbe stato fino all'arrivo in Iran dei consiglieri militari americani 47 . Come sintetizza Renouvin 48, nel 1919 dal Bosforo alle Indie, tutti gli snodi strategici erano dominati da Londra e i problemi del Medio Oriente e del Mediterraneo orientale erano strettamente connessi. Allo stesso tempo i nazionalismi iniziavano a mettere in serio pericolo la presenza delle potenze europee in quell'area. Il nazionalismo turco di Muscafa Kemal combatteva fieramente non solo contro il Sultano ancora a Costantinopoli, ma anche contro l'impostazione generale del trattato di Sévres, che in realtà prevedeva il totale smembramento di quello che era stato 1'T mpero ottomano con la presenza in Asia Minore della Grecia e dell'Italia, per non ricordare la politica colonial-imperialistica della Prancia e della Gran Bretagna in tutto il settore strategico. Il politico turco, mentre combatteva, respingeva il trattato e negoziava nuovi accordi, rifiutando quel diritto cli occupazione che era stato dato alla Grecia nella regione di Smirne, alla _Francia nella Ciii eia meridionale e all'Italia nel!' Anatolia. Respingeva ovviamente la presenza del contingente interalleato a Costantinopoli e chiedeva un nuovo statuto per gli Stretti, che dovevano rimanere sotto la completa sovranità turca: per questo però dovette attendere fino al 1936, con la Convenzione <li Montreux del 20

47 Per i dettagli, di-. M.G.Pasgualini, Gli inizi dell'influenza militare americana nel Golfo PerJico. A cc1se-Jtt1dy: Iran, 1941-1945 , in Atti del XVIII Congresso Internazionale di Storia Militare, Torino, 30 a,;osto-5 settembre 1992, Roma, 1993 , p. 355-368. 4S P. Renouvin, Histoire des relation.r internazionrJ!es, 111, 187 7 - 7954, cic., p. 544.


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-~I:Eserçmdtal iano nd Dodccaneso 1912-1943

luglio 19. Chiese anche e ottenne con il trattato di Losanna, firmato il 24 luglio 1923, la fìne del regime delle Capitolazioni per la neonata repuhhl ica turca, grande vittoria che ristabiliva la piena sovranità sul territorio 50_ Però nel 1920 Kem,ù e le sue truppe combattevano contro i greci, ancora contro Parigi e Roma: la vittoria sui greci e l'ingresso <lei mi lirari nazionalisti nelle rispettive zone di occupa:,.ione ottennero che le potenze interessate accedessero a negoziati su basi ben diverse da quelle che avevano prodotto il trattato di Sévres. ln seguito a questi eventi bellici, i francesi si sarebbero ritirati dalla Cìlicia, mantenendo il Sangiaccato di Alessandretta; gli italiani avrebbero fatto lo stesso, pur conservando alcuni diritti sullo sfruttamento del sottosuolo, movente economico che indubbiamente interessava <li più gli italiani anclw considernndo che una occupazione militare in un'arca così lontana era costosa e dispendiosa.

4 9 Solo µer ricordare l'importanza degli Stretti, il loro Regime fu appunto mocli-

fìcato, dopo il Trattato di Losanna (che con atro a parre del 23 luglio 1923 ne aveva prescritto la regolamentazione), con 1a Convenzione di Montreux, che riportò la Turchia ad essere la wnàerle di quei passaggi strategici. A Montreux fu riilffermata la Iibertà di navigazione e di passaggio degli Srrerri, ma la Turchia riprendeva il suo potere di sovranità perché poteva riarmare le coste (i I che gli era stato impedito dal trattato di Losanna che ne avevano imposto la demilitarizzazione); veniva soppressa la Commissione <li controllo che era stata costituita a Losanna, trasieren<ln ad Ankara tutti i poteri di cui essa era investita. La conven;,;ionc entrò in vigore il 9 novembre 1936, quando furono depositate le necessarie ratiiìche per la sua applicazione. Alla convenzione di Montreux l'Italia non aveva partecipato. 50 L'Impero Ottnma110 aveva notificato il 9 settembre

1914 l'abolizione dei regi mi capitolari alle potenze europee dal 1 ottohrc seguente. Le potenze risposero con una nota <li vibrata pwtesra alla dichiarazione unilaterale. Costantinopoli rinnovò il tentativo durame la guerra, ottenendo una certa approvazione <lei suoi alleati. A Sévres, eia vinto, il Governo sultaniale dovette ammettere che l'abolizione delle Capitolazioni, veri trattati internazionali, doveva essere discussa perché contemporaneamente alla loro eliminazione dovevano essere firmati nuovi trattati 'di srnbilirnento' per regolare le relazioni giLtÙiziarie fra g.Li stati firmatari. L'art. 28 del Tranato <li Losanna dichiarò che tutte le µani contraenti accettavano l'abolizione del regime capitolare.


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La politica inglese verso la Turchia si era ammorbidita un poco agli inizi del 1921, pur rimanendo il motore _principale della sistemazione strategica regionale: Londra accettò l'evacuazione dei greci dall'Anatolia, ma chiese che per la regione di Smirne, pur rimanendo essa sotto formale autorità ottomana, fosse costituito un governo misto composto da turchi, greci e alleati con a capo un Presidente di nazionalità americana nominato dalla Società delle Nazioni. Dopo un certo numero di anni si sarebbe dovuto indire un plebiscito e la popolazione avrebbe deciso se continuare con quel tipo di regime o rimettere integralmente il governo ai turchi. Per la Tracia gli inglesi concedevano ai nazionalisti turchi solo qualche insignificante miglioramento rispetto alla linea concessa con trattato di Sévres. l francesi volevano invece la completa restituzione del territorio di Smirne alla Turchia, senza alcuna restrizione o controllo alleato sal vo le garanzie per le minoranze etniche, peraltro richieste in tutti gli altri trattati. Nessuna delle due potenze pensava però di dare ai turchi la penisola cli Gallipoli al fìne di evitare che ambedue le sponde dei Dardanelli fossero in mano turca e quindi sotto una sovranità completa quantomeno di fatto, se non formale. Queste differenze di indirizzo poi irico erano difficili da risolversi perché la Francia si era impegnata con la Turchia e ovviamente non voleva rinunciare alla sua poi irica di amicizia verso la nuova classe dirigente turca, ma Londra non avrebbe mai acconsentito a un patto di garanzia con la Prancia, se Parigi non avesse rinunciato ad una sua politica indipendente verso la Turchia. La questione turco-greca in Anatolia era legata ad un pacco militare anglo-francese e non poteva esser risolta se non si arrivava ad un accordo sul comportamento verso i turchi, che così erano dunque sostenuti dalla Francia e non avrebbero certamente accettato le con<li:,:ioni imposte dagli inglesi. Tutto ciò aveva pesanti risvolti sulla prescn:,:a italiana in Asia Minore e anche sulla questione del Dodecaneso. In realtà la Francia, cercando una supremazia, tentava cli ostacolare la politica inglese nell'area, compresa quella militare, soprattutto nell'ambito del Comando interalleato di Costantinopoli, in seno al quale in realtà si faceva politica attiva, anche senza l'apporto degli Alti Commissari ai quali era stata in realtà demandato l'aspetto di-


L'Esercito Italiano nel Do<lecaneso 121 f-194""3 _ _ __ _ __ __

plomatico della vicenda. Intanto l'Italia facendo intravedere ai turchi il pericolo di un eventuale appoggio italiano alla tesi inglese, voleva ottenere anche quelle concessioni economiche che fino a quel momento la dirigenza turca, forre dell'appoggio francese, aveva rifiutato. Varie erano le componenti che cercavano <li trovare una soluzione e di stilare definitivamente un trattato di pace: all'interno stesso delle forze vinte, i fedeli a] Sultano tentavano di screditare i nazionalisti pili moderati agli occhi degli occupanti, creando ulteriore debolezza. Per quanto riguardava invece la coalizione vincente, le lotte erano serrate non solo dal punto di vista politico, ma anche dal punto <li vista commerciale: l'Italia aveva un buon vantaggio con le rotte del Lloyd triestino nel Levante che era un leader nei servizi celeri passeggeri fra il Mar Nero e i vari porti del Mediterraneo. L'addetto militare a Costantinopoli, il colonnello Vitale aveva ben afferrato il senso dei giochi politici che si effettuavano nelle cancellerie europee e nella capitale sultanialc e nelle sue relazioni clava un quadro interessante e veritiero della situazione 5l . Mustafa Kemal, da parte sua, svolgeva una intensa attività diplomatica per riusci re non solo a sconfiggere il Sultano, ma soprattutto a salvare l'Asia Minore come territorio rimasto al vinto impero ottomano, ormai in dissoluzione anche interna: il 16 marzo del 1921 aveva firmato un accordo con i sovietici che riconoscevano la piena sovranità turca sui due distretti di Kars e Arclahan; nell'ottobre dello stesso anno la Francia avrebbe firmato ad Ankara, non ancora capitale, ma centro pulsante <lei rapporti fra i turchi e i vincitori, l'accordo Franklin-Bouillon con il quale rinunciava alla Cilicia, mantenendo la sua amministrazione nel Sangiaccato di Alessandretta, che faceva parte del vilayet di Aleppo (Siria) sotto amministrazione ottomana 52 .

Yl E:, R 32 e G33 R 29. 52 In realtà questo accordo fu anche la prima solida base sulla quale in seguito i turchi costruirono tutta la loro politica per avere il Sang iaccato (regione


11 Dodccaneso e il progressivo ritirn _chtJl'A'-'-1'-"ia"'to"--'l"'ia__,_(.,,_.l9'--'21~.,_)_ _ _ _ _"""1"" 6--"l

Oltre che da Costantinopoli, anche all'interno del suo governo, Kemal aveva forti contrasti, soprattutto da parte di quanti non vedevano di buon occhio gli accordi con i sovietici perché ritenevano che l'unico interesse di Mosca fosse quello di isolare la Turchia, impedendole in realtà di conci ud ere una pace, ormai considerata necessaria con i I mondo occidentale. Anche in seno ali' Assemblea Nazionale Mustafa Kemal non era ancora così forte come lo sarebbe stato in focuro, ma poteva fruire di una certa tranquillità considerato che l'attuale momento di lotta con i greci impediva ai politici turchi di avviare all'interno una guerra civile: il Sultano non era più una autorità e aveva ormai decisamente perduto ogni controllo e ogni autorevole presa sul popolo. La situazione interna turca metteva in difficoltà l'Italia che però dichiarava ai rappresentanti dell'una e dell'altra corrente che non avrebbe mutato la propria politica verso la Turchia, anche se questo comportava un cerro imbarazzo da patte delle autorità italiane di fronte all'opinione pubblica, che si attendeva i giusti compensi territoriali e economici oltremare 53. Agli inizi di marzo 1921 una nutrita delegazione kemalista (18 inviati) andò a Londra per trattare aspetti <lei trattato di pace, attraverso l'Italia, via Adalia e Rodi, sul piroscafo Croazia, con la scotta di Nave Cigno tra Castellorizo e Rodi. Il trasporto dei delegati aveva una valenza politica molto forte: come ufficiale a disposizione della delegazione fu messo il tenente di vascello Alberto Da Zara, il quale ebbe modo di riferire poi che i delegati mostravano di avere grande fiducia nel loro esercita e in una soluzione a loro favorevole nella questione <l'Ori ente -'51 . Nei suoi rapporti il Da Zara, come da istru-

dell'Hatay), ottenendone l'annessione nel 1939 e c hiudenclo il cerchio delle rivendicazioni ancora relative al.la prima guerra mondiale. Sulla vice11cla v. M. G. Pasqualini , Gli equilibri nel Lev,mte. /.,,i crisi di Alessdndrett11- 1936 - 1939, Palermo,

1995_ 53 E3 R31 tel.mma n.6761 del 28 giugno 192 1 a firma Sforza. 54 E5 1{34, Comando Superiore Navale del Dndecaneso, /\d/1jiorto

Generico n. 7, da

Rodi, 5.3.1 92 1, a fìrma del Capitano di Fregata Giulio Valli, Coman<lantc della R.N. Verri.


--'1~6=2~-----~l.~'E=sei:_g!l_l Italiano nel Dodccancso

1912-12.1}___ _____

zioni ricevute, anticipava il sicuro interessamento delle autorità italiane per una soluzione di quella difficile Questione che tenesse in conto jJrincipi di equità e di ,~iustizia. La delegazione kemal ista fu trasbordata dal Cigno all'Audace il 15 marzo per mezzo <li un MAS, partendo direttamente alla volta di Salamina, non scendendo a Rodi, in quanto non era stata ritenuta opportuna dalle aLttorità politiche italiane una loro presenza, sia pure in transito veloce. Sul fronte internazionale si era molto scettici sulla possibilità di accordo fra i greci e turchi nazionalisti, attendendo e tessendo possibili accordi, alleanze, una cela di Penelope. Intanto l'Italia prendeva definitivamente possesso anche cli Castellorizo, che era stata occupata dalle truppe francesi il 28 dicembre l915: le cerimonie furono organizzate a Rodi, ove furono presi tutti gli accordi sul cerimoniale da seguire e ove convennero l'ammiraglio Galleani e il suo pari grado francese Mornet. Lo scambio <li consegne avvenne il 31 marzo 1921, il mattino quando sbarcò il plotone italiano ricevuto ufficialmente <la quello francese: vi fu il cambio delle bandicn.: e la firma del processo verbale <li consegne. Le navi francesi lasciarono la rada, salutate dalle forze italiane. L'ammiraglio Galleani telegrafò allo Stato Maggiore <lell'Esercito: Cessione Ca.rtellorizzo all'Italia ha avuto luogo stamane stojl tutto benissimo 55 . Ricevuti gli onori, il Galleani lesse subito al popolo di Castel lorizo i proclami del Governo di Rodi, amnistiò i condannati politici e ebbe contatti con la Giunta locale, stabilendo cordiali intese con le autorità dell'isola. Già dal settembre dell'anno prece<lence, era stata destinata come presidio dell'isola una Compagnia Mitraglieri Bersaglieri, al Comando del maggiore Italo Alvaro. Sono interessanti come testimonianza politica le norme di condotta che il Comandante del RCSTMO, col. fusoni ebbe a impartire al Comandante designato di Castellorizo al momento che avesse assunto funzioni: Come norma prin-

cipale della S1,a condotta la S. V dovrà tenere presente che i Francesi, dttrante la loro presenza nell'isola, si sono guadagnata completr1rnente la .rim-

55

E3 R28, t.mma n. 2374 del 5.3.1921.


Il Dodecaneso e il progressivo ritiro dall'Anatolia (1921)

patia della J,oJ,ofazione ( fa quale pertanto è certamente ostile o per io meno diffidente verso di noi) e che questa simpatia è dovt1ta specialmente al contef!.rtO d.ef presidio che sì facevct sttbito notare (carne h,mno riferito i nostri tt{ficiali recatisi a Cctstefforizo) per /,,i irrefmnsibilìtà del contef!.no e deff'uni:fòrme .. .5 6 . · Fusoni dunque sottolineava l'importanza del contegno degli uomini lì inviati, per quanto riguardava l'aspetto militare della permanenza. Per quanto riguardava la parte politica, le autorità militari avrebbero avuto dettagliate istruzioni direttamente da parte del Conte Senni, al quale il Comandante avrebbe dovuto presentarsi durante lo scalo a Rodi sulla via di Cascellorizo. Così il Presidio italiano si insediò a Castellorizo senza incidenti e con una almeno apparente soddisfazione degli abitanti della piccola isola: all'atto dell'occupazione italiana la Giunta locale aveva rassegnato nelle mani italiane le proprie dimissioni che furono ovviamente respinte. La presenza in Castellorizo era interessante per il governo di Roma: il commercio dell'isola e tutta la sua economia era legata alle coste dell'Anatolia dove gli italiani sLavano ancora mantenendo i loro presidi. Motivi politici e diplomatici consigliarono nel maggio 192 1 il Ministero degli Esteri a sollecitare il ritiro del presidio di Adalia, che fu sgombrato dalle eruppe italiane. Nello stesso periodo furono ritiraci anche i presidi di Kuluk e gli ambulatori di Ruldur e Mougla. TI Ministero della Guerra ordinò il ritiro delle truppe il 31 maggio 57 , dando le necessarie istruzioni solo una quindicina di giorni dopo. II Ministero degli Esteri chiese a yucllo della Guerra di non rimpatriare le eruppe di Adalia, ma di rischierarle a Costantinopoli, per

SCi E3 R21, 8.9.1920. Con lo stesso dispaccio, Fusoni inviava una copia del cifrario 'Egeo· per le comunicazioni ri.~ervate con Rodi. Aveva inoltre disposto l'invio di una stazione radio, una squadra telefonisti con i mezzi e gli apparecchi necessari. Inoltre ordinava che a Rodi fosse imbarcata l'intera dotazione invernale di viveri per tre mesi, vestiario ed equipaggiamento necessari per avere il reparto 'in plrfetto online'. 17

L8 R 31 e E3 R36.


[Esercito ltalianu ntl Drxlecaneso 1912-1943

rinforzare i due battaglioni del 313° fanteria che costituivano il presidio, rinforzando così la presenza italiana in quel Comando interalleato 58 . Rodi continuava ad essere di vitale importanza per i presidi italiani in Anatolia e solo le buone condizione dei suoi servizi portuali e telegrafici rendevano facili per A<lalia e gli altri presidi le comunicazioni con Roma, altrimenti difficili, se non talvolta impossibili. Anche durante il progressivo ritiro delle truppe italiane dalle coste de1l'Asia Minore il Dodecaneso si dimostrava logisticamente importante e una grande nave sarebbe stata utile per affermare il prestigio italiano su quella zona sulla quale si aveva una 'speciale influenza' 5 9. Fu stabilito che le direttive per quei servizi sarebbero stati impartite dal Governatore del Dodecaneso, restando il giud izio sulle possibilità tec..:nico militari al Comandante di Nave D1J.ilio cht> da Messina doveva dirigersi verso il Dodecaneso appunto per l'imbarco delle truppe. Il 20 novembre 1921 l'amministrazione civile delle isole aveva preso il nome di Governo di Rodi e delle altre Isole occupate, sancendo dcfìnitivamente o quasi il passaggio da una occupazione militare a una presenza 'civile'. Poco dopo il nome fu <li nuovo mutato e nel 1922 divenne Governatore <lel Dodecaneso e di Castclrosso il Conte Alessandro <le Bosdari 60 , noto diplomatico che aveva operato principalmente nei Balcani, anch'egli buon conoscitore <lel Mediterraneo e dei suoi problemi di mantenimento dell'equilibrio politico. Assumendo il Governatorato, il diplomatico fece presente al Ministro degli Esteri e a quello della Guerra la situazione generale nella quale si trovava il Dodecaneso, dopo lo sgombro della valle del

5 8 Le truppe ritirare furono in realtà poi concentrate segretamente su Sokia e

Scalanova, dove in seguito sarebbero stati riuniti tutti i presiJi minori ritirati. V. anche A. Bagnaia, cir. p. 30 l e ss. e E3 IC\6. 59 E3 R36 10.6.1921 dal Ministero della Marina al Comandante della R. Nave

Duilio a Messina. 6o Per quanto riguarda la guerra di Libia, interessanti le memorie di A.de Bosdari, Dalle gtterre balcaniche alla Grande G11erra., Roma, 1928.


Il Dodecaneso e il progressivo ritiro dal!'An_at~oli=a(=19=21~)_ _ _~16~5

Meandro da parte delle truppe italiane. Egli non riteneva sufficiente la guarnigione presente nell'arcipelago; quel presidio prima di quel ritiro, dipendeva direttamente dal Corpo di Spedizione del Mediterraneo Orientale che ora risiedeva a Sokia (Anatolia), e in quel momento si componeva di un battaglione di fanteria su tre compagnie, di stanza a Rodi; una compagnia di mitraglieri bersaglieri a Cos; una compagnia di Carabinieri Reali; una compagnia della Guardia di Pinanza 6l. · Nel maggio 1922 si trovava però temporaneamente a Rodi anche un altro battaglione di fanteria che proveniva da Sokia, da dove era stato ritirato il precedente 18 aprile e da Scalanova, il 27 dello stesso mese, ed era stato destinato all'occupazione interalleata di Smirne, quando fosse stato concluso l'armistizio tra i turchi e i greci. Il conte de Bosdari, appoggiato con forza chl Ministero degli Esteri 62 , voleva dare una sistemazione stabile alle truppe italiane nel Dodecaneso in vista di una om,pazione, che ormai si eta capiro, non sarebbe stata breve, e quindi proponeva che il Comando di tutte le forze di terra fr>sse posto alle dirette dipendenze del Governatore <li Rodi, così come era stato fatto per il Coman<lo delle unità navali; chiedeva anche che le forze stesse non fossero complessivamente inferiori a due battag lioni di fanteria, oltre all'aliquota prevista di Carabinieri Reali e della Guardia di Finanza; proponeva altresì come comandante delle truppe del Dodecaneso quel colonnello Fusoni che era g ià stato comandante delle truppe in Anatolia, in quanto ritenuto molto competente per la sua conoscenza del territorio e <lei relativi problem i . Lo Stato Maggiore dell'Esercito, fin da quando era iniziato lo sgombro <lall' Anatolia, aveva studiato quale sarebbe stata la futura 6 t Al 31 luglio 1922 questa era la situazione delle forze effettive e presenti per il Comando ùei Presidi militari del Dodccancso, denominazione ufficiale in quel m om ento: per le forze eflètcive, 79 uffìcial i, 1584 unità di truppa; 7 1 quadrupedi. La forza presente era: 66 ufficiali; 1512 unità di truppa; 71 quaclrupedi, suddivisi in Battaglione 'Smirne', Hattaglione 'Rodi', Compagnia carabinieri Reali Anatolia, Compagnia CC.RR. Dodecaneso; Compagnia R. Guardia di Finanza; Di staccamento Sanità; plotone sussistenza; sezione radioteleg rafica. 62

E3 R38 t.sso n. 52356 del 18.9.1922.


~1~6~6______~L'Esercito !~i3.:IJ!!..!~J Do<l.,,.e"=c,...an"'es..,,o'-.!lc.L.9~12=--_,.19~1'""3_ _ _ _ __ __

sistemazione delle truppe nell'arcipelago: bisognava anche fare i conti con la circostanza che erano già gravi le difficoltà che si incontravano per mantenere dei distaccamenti all'estero e dei reparti nelle Colonie. Inoltre aveva considerato che la forza presente si era dimostrata per oltre due anni sufficiente per il presidio militare delle isole e quindi era giunto alla conclusione che nell'attuale situazione non era necessario rafforzare ulteriormente i presidi anche se era certamente venuta a mancare la presenza cli altre truppe nazionali sul continente a immediatct portata 6 3. Vari erano i problemi che in quel particolare periodo l'Esercito stava attraversando: la fine del lungo e duro conflitto mondiale aveva portato ad una smobilitazione rapida non priva di numerosi risvolti complicati. Il governo Nini e Giolitti avevano poi dovuto introdurre delle economie notevoli . T.a riclm.ionc: degli effettivi delle Forze Armate era stata già avviata verso il magg io del 1920, con una politica militare che si era attestata, almeno per un primo quadriennio su alcuni parametri anteguerra. Era stato avviato in quel periodo il cambiamento ordinativo per il quale lo Stato Maggiore dell'Esercito era integrato al Ministero della Guerra e perdeva di fatto la sua autonomia. Vi era stata la riduzione della ferma e della forza bilanciata che rischiavano di incidere sulla efficienza dei reparti metropolitani e quindi era giocoforza evitare per quanto possibile di sottrarre effettivi a1Je unità già ridotte. Per quanto poi riguardava l'addestramento non conveniva inviare in colonia o comunque all'estero delle reclute che non avessero raggiunto il necessario grado di istruzione. Quindi volendo impiegare il personale di leva fuori del territorio nazionale, si riduceva di molto, considerando i I percorso andata e ritorno, il periodo di permanenza all'estero e quindi si riduceva a pochissimi mesi il rendimento del contingente, una volta arrivato sul luogo di destinazione, con gravi costi finanziari per l'invio delle trnppe per un così breve periodo. Il de Bosdari poi preconizzava anche l'impiego dei soldati della guarnigione per quei lavori <li p11bblica utilità che necessitavano a

63 E:, 1{58, Promemoria a S.E. ìl Ministro, 18.5.1922.


_ _ __ __ ____..Il~D,_.odecaneso e il_erogressivo ritiro dall'Anatolia (1921)

167

Rodi e nelle altre isole. Lo Stato Maggiore dell'Esercito trovava che pur considerando il vantaggio dal punto cli vista economico dcll'util izzo di questa forza-lavoro, questo impiego non aveva rispondenza in alcuna necessità di carattere militare o politico. Vi e ra poi un ulteriore elemento da valutare in caso di un aumento di effettivi: già in quel modo le truppe trovavano enormi difficoltà nell'acquartieramento, nella sistemazione logistica e nell'organizzazione della sussistenza, ragion per cui il raddoppiamento della gua.rnigione avrebbe reso ancora più difficili le soluzioni relative: ragioni oggettive, accanto a quelle finanziarie, peraltro assai cogenti. Lo Stato Maggiore era contrario alle proposte del de Bosdari anche circa la necessità di fornire cli piccole guarnigioni le isole minori: si sarebbe dato luogo ad un /Jeriwloso JjJez zettamento delle unità in luoghi distanti e privi di buone comunicazioni, risolvendo il tutto quindi in uno svantaggio non lieve nei riguardi della coesione e dell'addestramento dei reparti. Quello dei presidi delle isole minori e dello spezzetiarrtento sarà il problema di tutto il periodo 1923-1936, provocando sempre contrasti tra il Gove rnatorato civ i le e le Autorità militari e all'interno delle stesse Porze Armate. Problema che in fondo non sarà risolto nemmeno con gli interventi decisionisti del governatore De Vecchi di Val Cismon, che riuniva in sé tutti i poteri civili e militari. L'insieme delle proposte del de Bosdari nel settore non furono accolte dallo Stato Maggiore dell'Esercito, soprattutto per quanto riguardava l'entità delle forze da assegnarsi in via definitivt1 alla guarnigione d i Rodi. L'organo militare decise che il massimo che poteva essere fatto per venire incontro alle richieste del Governatore era il consentire di dare al contingente dei Reali Carabinieri di Rodi una diversa dislocazione, aumentandolo anche se con poche unità e portandolo a due compagnie, i Comandi delle quali avrebbero potuto avere sede: uno a Rodi, con giurisdizione sulla stessa e sulle sci isole che formavano il gruppo sud-occidentale del Dodccaneso; l'altro a Coo, che avrebbe compreso nella propria giurisdizione le rimanenti sette isole del gruppo nord occidentale. ln questo modo, era l'opinione del Capo di Stato Maggiore de ll'E-


~1~6~8_ _ _ _ _ _~ L= 'E=sc=rc~·it~o_lt~al~ia_n~o_nel Jlaj_~anesn 1L.91,._.2,_-._,19._.4, ,__3_ _ __ _ _ __

sercito, in quel momento il tenente generale Vaccari, si sarebbero conciliate le esigenze militari che consigliavano di tenere unito il battaglione di fanteria a Ro<li, ma allo stesso tempo, come richiesto dal de Bosdari, anche le isole minori avrebbero avuto una presenza di militari. Intanto, sempre secondo l'idea di Roma, bisognava considerare che in attesa di essere trasferito a Smirne, era pur presente a Rodi anche quel battaglione destinato appunto ad andare sulla costa dei Dardanelli che quindi stava rappresentando una seria presenza militare nell'isola. Così Roma ritenne che non era il caso <li inviare un nuovo battaglione nelle Isole, facendo restare per il momento quello già presente e decidendo di mandare a Smirne e a Costantinopoli truppe fresche dall'Italia, perché l'invio diretto come si era verificato altre volte, sarebbe stato più sollecito e più agevole per quelle destinazioni. Per quanto riguardava la designazione del Comandante delle forze nel Dodecaneso, con sede a Rodi, lo Stato Maggiore pensava di poter concordare, a quel punto, nel dare il Comando al colonnello Fusoni, così sostenuto dal Governatore, anche se, considerata l'entità della forza, gli organi romani avessero previsto per quella funzione un uffìciale di grado inferiore, un tenente colonnello. La competenza del Fusoni nel quadro del Mediterraneo Orientale non era messa in <lubbio e quindi sarebbe stata di valido aiuto al dc Bos<lari nell'amministrazione delle Isole. Altro punto sul quale si poteva accontentare il Governatore era inoltre che tutte e quattro le compagnie di battaglione sarebbero state finalmente dotate di mitragliatrici: a questa concessione si era giunti anche grazie all'interessamento diretto di Vittorio Emanuele III. Infatti il Generale Cittadini , della Casa Militare del Re, aveva telegrafato al Capo di Gabinetto del Ministro della Guerra nel settembre 1922 segnalando appunto l'augusto desiderio che almeno tutte le compagnie fossero dotate di mitragliatrici 64 . Fu anche un'altra decisione importante, giusta richiesta provenuta da Rodi, quella di far dipendere guel Comando direttamente dal Go-

61i

E3 R38 Promemoria Ufficio Operazioni 16. l 0.1922.


Il Dodecaneso e il progressivo ritim Jall'An~g~ia.'-'(l.L.9"'-21'-'-)_ _ _ _ _"'-16.:c:.·.,_9

vernatore, per quanto riguardava l' impiego, mentre rimaneva inteso che il contingente sarebbe contestualmente dipeso in materia disciplinare e negli altri settori che uscivano dalle competenze del Governatorato, dal Ministero della Guerra. Si veniva così delineando a mano a mano la struttura dell'amministrazione del Dodecaneso, sia civile che militare. ln sostanza lo Stato Maggiore dell'Esercito riteneva che un aumento degli effettivi non era possibile proprio valutando le esigenze della Forza Armata in quel momento di ristrutturazione e riduzione, considerando tra l'altro che con l'adozione della ferma breve <li otto mesi prevista dall'ordinamento Bonomi 65 , non si potevano sottrarre forze al territorio metropolitano. La politica militare verso il Dodecaneso si concretava neJla risposta del Ministero della Guerra alle richieste del Ministero degli Es teri e del Governatore delle Tsole: l,a difesa militctre delle Isole d,el Dodecaneso contro eventtJali minacce che in avvenire si delineaJJero va essenzialmente basata, come è evidente, sulla azione dei mezzi de!l(.t m..trinct militare ... 66: pertanto il Ministero della Guerra non vedeva la reale neceJJità di tenere un presidio permanente di un gran numero di truppe terrestri nell'isola di Rodi e nelle altre isole. Coerentemente con queste valutazioni e soprattutto tenendo conto della più rigorosa economia, reiteratamente raccomandata dctl Tesoro, nonché dell'esigenza di chiedere alle forze metropolitane dell'Esercito un contributo che fosse compatibile con la estrema scarsezza di effettivi, aveva deciso di fissare il contingente in un battaglione da tenersi in btJona efficienza: in qualche modo peraltro veniva migliorata la forza disponibile a Rodi perché durante la presenza del Corpo di Spedizione nel Mediterraneo Orientale, il presidio era stato di un battaglione di sole tre compagnie, mentre quello previsto era su quattro compagnie. Per le altre isole del Dodecancso, ad avviso del Ministero della Guerra, non sussistevano speciali ragioni per tenervi dei presidi che

65 v. sopra.

66 E3 R 38 9.10.1922 a firma Marcello Soleri, Ministro della Guerra.


170 _______________

I:Esercito Italiano nel Do<lecaneso 1912-1943

avrebbero solo costituito un inutile dispersione di forza militare, sempre considerando le conseguenze scaturite dalle adottate riduzioni della ferma. Il problema dell'ordine pubblico doveva essere risolto con l' impiego di LJ_uei corpi che avevano come compito istituzionale il suo mantenimento, cioè i Carabinieri Reali. In effetti l'Arma avrebbe svolto un servizio particolarmente interessante e capillare nel Possedimento, dallo sbarco nel 191 2 fino alla fine del secondo conflitto mondiale 67 . In particolare poi il Ministero era dell'opinione che nell'ordinamento definitivo dei servizi, così come veniva fatto nelle altre Colonie, quel presidio militare dell'arcipelago fosse composto con elementi reclutati in modo particolare e con ferme più prolungate, volontariamente assunte dagli stessi interessati, in modo da contenere le spese di trasporto, che incidevano moltissimo su quelle generali per il mantenimento ddk truppe oltremare. Nell'ottobre del 1922 il de Rosdari e il Ministero degli Esteri avevano di nuovo sollecitato il Ministero della Guerra per ottenere quanto richiesto, ma lo Stato Maggiore dell'Esercito rimase convinto nelle sue decisioni: il 7 novembre 1922 in un promemoria al Ministro fu fatto il punto della situazione delle forze dislocate nel Dodecaneso al 15 ottobre 1922: Comandante del Presidio era designato, come previsto, il colonnello rusoni; il III Battaglione del 34° Reggimento Fanteria (Brigata Livorno) aveva 3 5 uffìciali e 45 3 unità di truppa; la Compagnia dei Carabinieri 'Rodi' si componeva di 7 ufficiali e 221 unità; la Compagnia della Guardia di finanza, 4 ufficiali e 238 militari di truppa; la sezione Radiotelegrafica: un ufficiale e 71 unità; vi erano inoltre un Magazzino Viveri e un Magazzino Vestiario, ambedue di presidio. Le armi in dotazione erano in tutto 14 mitragliatrici riat; 1583 tra fucili e moschetti e 609 pistole. Secondo disposizioni superiori, il Battaglione doveva assumere la seguente formazione: 3 compagnie di fucilieri, ciascuna delle quali 6 7 Già nel maggio del 1912 era stato deciso e attuato l'invio di qualche reparto

dei Carabinieri Reali nelle isole occupate, a tutela dell'ordine pubblico, a garanzia degli abitanti contro eventuali rappresaglie da parte dell'elemento musulmano e a salvaguardia del normale esercizio delle relazioni politico-amministrative. Cfr. in LS R 202.


Il Dodecaneso e ìl progressivo ritiro dall'Anatolia 0921)

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avrebbe avuto un plotone armato con due mitragliatrici; una compagnia mitraglieri con 8 pezzi; nel futuro, la Regia Marina avrebbe dovuto assumere l'intero servizio Radiotelegratìco, servendosi anche degli impianti fino a quel momento operati dall'Esercito. Un evento importante e d ecisivo aveva avLHO luogo in Italia, me ntre la situazione nel Dodecaneso si sviluppava nel modo sopra delineato: nell'ottobre <lei 1922 Mussolini aveva preso il potere, sostituendo il debole governo Pacta. In Svizzera a Losanna, nell'elegante sobborgo <li Ouchy, continuavano le riunioni per arrivare alla firma di un trattato di pace con il vinto, ma non tanto, impero ottomano che ormai parlava al tavolo delle trattative con una voce laica e repubblicana, ma molto decisa e forte, dei nazionalisti di Mustafa Kemal, risultati vincitori su tutta la linea, dei greci e d ella ormai scomparsa clas se dirigente ottomana.



. )73

1.6. Da Sévres a Losanna l1923J. Il Dodecaneso diventa un Possedimento italiano.

I

l 24 luglio 1923 finalmente un nuovo trattato di pace pose faticosamente fine alla guerra tra la Turchia e le potenze vincitrici. 1. T~a conferenza si era aperta il 20 novembre 1922, con i seguenti problemi all'ordine del giorno, come sopra ricordato: sistemazioni territoriali; regolamento <li problemi giuridici e politici; economici e finanziari; regolamentazione del la questione dei Dardanel Ii: definizione dello Statuto degli Stretti. Essa ebbe due fasi, la prima delle quali, dal 2 novembre 1922 al 4 febbraio L923, si era risolta con un nulla di fatto perché la delegazione turca aveva rifiutato di firmare un testo (.li accordo che, con poca accortezza, era stato redatto sulla falsariga di quello di Sévres, già respinto. Si agitavano forti interessi francesi, inglesi e italiani, complicati, per la nuova repubblica turca dal Debito ottomano assai ingente: la questione fu risolta a tutto vantaggio, occorre dirlo, della nuova entità statale, ma anche dei suoi creditori 2 . Per meglio comprendere il groviglio di problemi che si ponevano alla Conferenza, vi è da ricordare che il 22 ottobre precedente era stata firmata la convenzione di Mudania era turchi, inglesi e greci per la quale erano state stabilite le zone che venivano intere.lette alle truppe kemaliste; i limiti delle zone nelle quali inglesi e kemalisti non avrebbero potuto rinforzare

1 Le carte riguardanti il Trattato di Losanna, Commissione per le questioni terriroriali e militari, sono consultabili nell'inventario F3, in particolare per la questione dell'Egeo nel Raccoglitore n. 8. 2

li debiro ottomano era stato quantificato in 113.211.7 57 lire turche dell'epoca. A questa somma si erano aggiunti i debiti di guerra verso la Germania e l'Austria pari a 289.223.000 lire turche. Completa.vano la fallimentare situazione finanziaria: 1" il costo del mantenimento delle forze armare alleate a Costantinopoli; 2° le riparazioni di guerra; 3° gli interessi non pagati del debito d'anteguerra, pari a 25 milioni di lire turche. Cifre tratte da un lungo e dettagliato articolo di un giornale coevo, l'Exceùior di Parigi, del 20 novembre 1922.


174

L'Esmiro Italiano nel Dodccancso 1912-1943

le loro truppe e quelle totalmente interdette all'artiglieria kemalista; allo stesso tempo i turchi venivano autorizzati ad amministrare civilmente Costantinopoli e infatti pochi giorni dopo Rifat pascià aveva assunto i poteri relativi. I nodi da sciogliere erano di varia natura e tutti <li Jiffìcilc soluzione: del resto era il destino di tutte le Conferenze che riguardavano l'Oriente di essere assai lunghe e subire continui ritardi dovuti appunto alla complessità <lei problemi da risolvere, aggravata dalla fine di quattro imperi e da un nuovo ordine internazionale che si veniva a costituire nella vecchia Europa, ordine non definitivo, che sarebbe stato sconvolto nel giro d i poco più di un decennio dal 'Nuovo Ordine' di Hiltler e dalla vittoria del marxismo-leninismo nell'ex impero zarista. Il 20 novembre del 1922, dunque, sotto la presidenza provvisoria 3 dell'elvetico Haabe, Presidente della Confederazione elvetica, con la prima seduta pubblica si apriva ufficialmente, ancora una volta nel piacevole sobborgo di Ouchy, la Conferenza che avrebbe segnato la fine reale del primo conflitto mondiale. In quel piacevole porticciolo, a pochi minuti da Losanna, l'Italia e la Turchia si erano già incontrate dieci anni prima. Questa volta i turchi si presentavano sia come vincitori dei greci in Anatolia, e con questo si erano conquistati di fatto il diritto di sedersi al tavolo dei negoziati, sia come vinti dagli Alleati nel corso del conflitto mondiale: belligeranti e potenze interessate, il principio delle grandi riunioni internazionali per discutere del futuro del mondo ... .à Lausanne, se tiendra donc un nouveau wngrés de Rerlin, sans l'A.llernagne 4 . La Frema:, l'Angleterre, l'ltafie, fe]apon, !es Etats-Unies, la Romnanie, fa Yougoslavie, la Turquie et la Gréce y discuteront du con/lit gréco-tun et des wnditions générales de la J1,,1,ix en Orient ...... l'Italia aveva da difendere gli interessi sulle banche, sulle linee di navigazione ... l'accor<lo italo turco del 25 aprile 1922 com-

'> La presidenza sarebbe stata esercitata a turno <lai capi delegazione <lei le potenze

attrici della Conferenza. 4 I.e due parole sottolineate sono in corsivo nel testo originale, sul quotidiano 'Excelsior', citato, sempre Jel lunedì 20 novembre 1922.


Da Sévrcs a Losanna 0923). lJ Dodecaneso diventa un Possedimentn Ita=·l=ia=no"--------~ 175

portava anche delle concessioni di terre e <li ferrovie nella vallata del Meandro e il monopolio dei petroli nella regione di Van, Bitilis ed Erzeroum ... e naturalmente, anche se in realtà sembrava quasi secondario, ma non troppo, l'interesse sul Dodecaneso, quale strumento utile per l'affermazione <lei propri interessi. La sera prima dell'inizio della Conferenza, il 19 novembre, vi era stato il debutto internazionale in politica estera del nuovo Primo Ministro italiano, Mussolini, che si era incontrato a Ginevra con Poincaré e Lord Curzon, nel corso di una cena di gala offerta dalla delegazione italiana: l'incontro si era ripetuto la mattina stessa del 20 novembre a Losanna, nell'albergo dove aveva preso alloggio Mussolini 5 . li comunicato stampa diffuso dopo le conversazioni faceva stato ovviamente come quasi sempre accade in questi casi, <li un comune intento fra i tre uomini politici e una comune identità di vedute. Alla conferenza inaugurale che si sarebbe tenuta nel pomeriggio del 20 novembre Mussolini, Poincaré e Lord Curzon, sarebbero stati presenti solo come osservatori, non come attori, per sottolineare, con la loro presenza, l'importanza politica e diplomatica della conferenza stessa, lasciando il vero lavoro alle delegazioni diplomatiche. Per quel che riguarda la questione del Dodecaneso, essa fu trattata tra gli altri argomenti all'ordine del giorno, nella sessione del 25 novembre 1922, alla Commissione delle questioni territoriali e militari, nella quale erano rappresentati tutti gli stati interessati: quel giorno per l'Italia erano presenti il marchese Garroni, Mario Lago, appena divenuto Governatore dell'Egeo, il colonnello Vitale e il maggiore Guarmaschelli; per la Turchia Tsmet pascià, Riza Nur bey, Hassan bey, il colonnello Tewfik bey oltre a Munir Bey e Mouktar bey. Per meglio comprendere anche la vicenda delle isole <lei Do<lecaneso, occorre ripercorrere, sia pur molto sinteticamente, dal 191 31914 la storia delle isole turco-greche delle quali si trattava, anche per comprendere come, quasi senza colpo ferire, il Dodecaneso divenne greco nel 1947, dopo il lungo periodo di dominio italiano.

5 Sì trattava dell'Hotel Bcaurivagc, mentre i I francese e l'inglese avevano preso di-

mora al Lausanna-Palace.


176

L'Esercito Italiano nel Do<lecaneso 1912-~~j_ __

Lord Curzon aprì la seduta del 25 novembre 1922 <lan<lo la parola a Ismec pascià: la discussione verteva su tutte le isole del mar Egeo, non solo su quelle 'italiane' del Dodecaneso. Il rappresentante turco dichiarò che le isole di quel mare e quelle nel mar Mediterraneo, geograficamente, a suo parere, una dipendenza dell'Asia minore, erano di grande importanza dal punto di vista della tranquillità e della sicurezza dell'Anatolia. Si trattava, come noto, di piccole isole poco distanti dalla costa, situate dunque nelle acque territoriali turche e di piì:t grandi isole. Esse facevano parte integrante della regione del1' Asia minore e quindi dovevano restare assolutamente socco sovranità turca, anche secondo le norme del diritto internazionale. Per guanto riguardava le isole pit1 grandi, Ismet pascià asseriva con forza i diritti turchi di Tenedo e Imbro, la sorte delle quali doveva essere determinata dalla grandi potenze secondo il trattato del 17 /30 maggio 1913, firmato da Bulgaria, Montenegro, Grecia e Turchia 6 : all'art.5 era stato dato alle Grandi Potenze il compito <li decidere della sorte di tutte le isole ottomane del Mar Egeo, ad eccezione dell'isola di Creta. T~a Conferenza di Londra era stata seguita da numerose sessioni che avevano riunito gli ambasciatori interessati , incari cati <li decidere a chi le isole sarebbero state trasferite. Ma questa Conferenza degli Ambasciatori non si era occupata del Dodecancso perché aveva rilevato che, esistendo un trattato di pace bilaterale fra la Turchia e l'Italia, la sorte del Dodecaneso era stata già stabilita in quell'accordo e quindi quell'arcipelago non era in discussione: doveva tornare al la Turchia (alla Grecia non si accennava), almeno secondo quanto pattuito e scritto tra Roma e Costantinopoli. Il 14 febbraio 1914 le Potenze avevano indirizzato al governo turco una nota nella quale comunicavano la decisione presa: tutte le isole occupate in quel momento dalla Grecia dovevano essere cedute ad Atene, ad eccezione di Imbro, Tenedo e Castellorizo (Castelrosso), che sarebbero state conservate dalla Turchia, con una condizione: le isole <li Imbro e Tenedo, per la loro posizione strategica all'imboccatura degli Stretti, dovevano essere smilitarizzale. 6 Per approfondimenti SM H, Roma, 1990.

v.

A. Biaginì, L'Italia e le guerre haùanùhe, Ufficio Storico


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177

Nella sua pronta risposta del giorno successivo il governo turco non aveva in realtà chiarito il suo pensiero. Se esprimeva sconcerto per le decisioni prese dalle grandi potenze, prendeva atto della loro decisione concernente Jmbro e Tenedo, promettendo di fare tutti i possibili sforzi per assicurare l'esecuzione di quanto deciso, ma faceva notare che esse erano già sotto sovrani tà turca. Per quanto riguardava Samotracia, anch'essa in discussione, era giusto che rimanesse sotto sovranità turca, poiché era situata vicino alla costa turca: uno dei concetti che il governo di Ankara riprenderà sempre per rivendicare, non senza qualche ottima ragione, tutte le isole e gli scogli vicino alle sue coste. Le isole di Lemno, Mitilene, Chio, Samo e Nikaria erano state lasciate ai greci dalle grandi potenze, ma anche esse avevano rilevante in1portanza per la sicurezza turca; riel resto la loro economia era strettamente legata a quella dell'Asia Minore: per questo motivo le decisioni prese dal 'concerto' internazionale non erano state accertate dalla Turchia. lsmet pascià, nel commentare nel 1922 quanto era stato fatto nel 1914, sosteneva che era pur vero che la sorte di queste isole era stata rimessa alle grandi potenze, ma con la condizione che la d ecisione presa sarebbe stata conforme agli interessi di tutte le parti in causa. Invece la soluzione proposta non ottemperava a questa condizione e pertanto era stata respinta dal governo ottomano. Era indubbio, secondo le affermazioni di lsmet, che la Grecia aveva delle mire imperialistiche sull'Anatolia mire che solo recentemente si erano rivelare al mondo intero, con l'attacco del 1920 alla Turchia, sul territorio anatolico e quindi era dimostrato quale pericolo potesse costituire per l'Asia Minore il fatto che le isole citate fossero sotto sovranità ateniese, il cui governo aveva artificialmente creato nell'immagine popolare delle aspirazioni fallaci per una Grecia rrticroasiatira'. Nell'interesse della pace generale, aveva continuato Ismet, bisognava dunque prendere un impegno a smilitarizzare completamente quelle isole, come era stato fatto per Jmhro e Tenedo. Le fortificazioni e le batterie che esistevano dovevano essere interamente distrutte e tolto il loro armamento. Nessuna nuova fortificazione doveva esse-


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L'Esercito Italiano nel Do<lecanrsu .'19'--'---'-l_,,_2-_,lL.94.=3.,___ _ __ __

~

re costruita nel futuro. Nessuna di quelle isole doveva servire come base navale né come aeroporto e quindi non si sarebbero potuti costruire nuovi hangar. Oltre ad una gendarmeria che vi mantenesse l'ordine, nessuna forza armata vi doveva essere stanziata; naturalmente le isole non dovevano costituire un territorio ricettacolo di agitatori né riparo per contrabbandieri. Era necessario che le debite assicurazioni fossero fornite al governo turco per il rispetto di queste condizioni. Quindi era necessario, secondo le proposte di Ismet, che le isole avessero una esistenza politica nmtre et indépendente. Dopo il lungo discorso di Ismet, prese la parola Venizelos il quale iniziò il suo intervento facendo una distinzione fra le isole del mar Egeo: tra quelle che erano da tempo sotto la sovranità greca e quelle per le quali ancora non era sopravvenuto un pronunciamento in ternazionale. Il delegato g reco disse che se aveva ben compreso l'intervento di Ismet pascià, credeva che la Turchia volesse riavere la sovranità <li Lcmno, Mitilene, Chio, Samo e Nikaria. Ora vi era da considerare che la maggior parte delle popolazioni che abitavano quelle isole erano <li origine greca: solo qualcuna come Coo, leneclo e Ro<li contavano anche una piccola minoranza tu rca. E dava le seguenti cifre 7 : ~

Greci

Musulmani

Ebrei o stranieri

Imbro

9.207

-

-

Tenedo

5.420

1.200

-

Coo

H.550

2.020

-

Rodi

37.777

4.854

2.445

7 F3 R8, Processo verbale n. 6 della seduta del 2 5 .11 .1 922.


Da Sévres a I.osanna (]32}1.JI Dodecaneso diventa un Possedimento_I~t=al=ia=n=o_ _ _,,1'-'-7-"--9

Le altre isole non menzionate erano integralmente greche e quindi la Turchia non poteva avere nessun interesse e diritto a possederle. Per quel che riguardava la sicurezza del territorio turco, questa non sarebbe certamente stata compromessa dalla presenza greca e dalla sovranità di Atene. A quel punto, visto il riferimento di Ismet Pascià ai recenti avvenimenti militari, Venizelos ricordò che quando si era trattato di sbarcare a Smirne, le truppe erano state trasportate direttamente dal territorio greco all'Anatolia, senza utilizzare le isole come base di transito. Era dunque evidente che non potevano costituire una seria minaccia per il governo turco. Quindi la Grecia non poteva comprendere l'interesse di Ankara ad averle sotto la sua sovranità, considerato che la popolazione era per la sua totalità greca. D'altra parte, ammetteva Venizelos, effettivamente era necessario di assicurare la smilitarizzazione di quelle isole, accettando alcune limitazioni alla sovranità greca, ma riteneva che forse su quell'aspetto era meglio consultare gli esperti militari. Comunque era fuori discussione stabilire un diritto turco su y_uelle isole, che tra l'altro da lungo tempo non erano più sotto la sovranità di Ankara: e questo valeva anche per Tenedo e lmbro, che venivano così rimesse in gioco. Secondo la sua opinione era meglio esaminare la questione della smilitarizzazione delle isole in relazione a quella dei Dardanelli, che era uno degli aspetti principali delle negoziazioni per la pace. Quindi il governo greco, io considerazione del bene internazionale, non poneva alcuna obiezione alla smilitarizzazione cli quelle isole, ma la questione doveva essere sottoposta al vaglio di una Commissione speciale militare, per sapere se effettivamente si doveva attuare e in quale misura un provvedimento così importante. Prese poi la parnla Lord Curzon, per la Gran Bretagna, che, dopo aver ricordato il quadro diplomatico giuridico della questione, riassunse così il pensiero di Ismet pascià: da una parte la Turchia chiedeva che lmbro e Tenedo, vista la loro vicinanza ai Dardanelli, restassero sotto sovra11ità tmca; dall'altra chiedeva che anche Samotracia, della quale mai prima di era fatta questione, fosse inclusa in quel gruppo. Inoltre il delegato turco aveva chiesto che tutte le altre isole, incluse Lemno, Mitilene, Chio e Nikaria, date alla G-rccia nel


~1=80"---- - - - - J:Esercito Italiano nel Do<lecaneso 1.9.1 2~-1~24.=3_ _ _ __

1913, tornassero in mano turca, ancorché sotto un regime speciale. Venizelos disse di aver compreso che si trattava solo di un problema di smilitarizzazione e non di rimettere in discussione la sovranità, ma l'altro delegato turco, Riza Nur bey, si prese l'onere di chiarire che per il governo turco le isole dovevano avere una loro esistenza politica, neutra e indipendente, socco però amministrazione turca. Per quanto riguardava l'Italia, nonostante la Turchia avesse ormai accettato, in linea di principio, già dal 1919, sia pur con difficoltà, la rinuncia ai suoi diritti e privilegi sulla Libia e sulle isole dell'Egeo 8 , la Grecia non era affatto d'accordo su questo punto: il 25 luglio 1920 Venizelos aveva scritto al Presidente della Conferenza della Pace, in quel momento Millerand 9, che in occasione della convocazione del Consiglio Supremo degli Alleati nella precedente primavera per esporre le rivendicazioni elleniche, il Governo greco aveva discusso solamente della Tracia e dell'Asia Minore e non aveva portaro all'attenzione del Consiglio il problema del Dodecancso, in quanto riteneva valido a quel fine l'accordo intervenuto tra Grecia e ltalia nel 1919 10. Venizelos aveva cercato di intendersi con i membri della delegazione italiana riguardo all'arcipelago per la redazione di un accordo proponendo che fosse stipulato in questo senso: la Turchia rinunciava a tutti i diritti sul Dodecaneso, lasciando alla Grecia e all'Italia la cura di decidere defìnitivam<:nte la sorte di queste isole. Il Governo italiano invece aveva fatto sapere a quello greco che pre-

8

F3 R8, 17.7.1920, comunicazione <lello Stato Maggiore, Reparto Operazioni, Ufficio "E'", con allegata la copia delle proposte: al punto 6 ;./,e gouvernment ottoman .re didare en otttre pret à renoncer à tous droits et privilèges Jttr la Lyhie, ainsi qtte sur !es iles de la Mlr Exie, .ravoir: Stampa/ia, Rhode.r, Calki, Scar/Janto, CrJsos, Piscopia, MùiroJ, Ca!ùnnos, L oros, Patmo.r, U/nos, Sùni, Cos, Castellorizo et !es ilots qui ne dépende:nt... Tutti i testi dei documenti che vengono citati in gucsro e nel precedente paragrnfo posso essere consultati nel volume di A. Giannini, 1 domrrtenti dip/om{ltici della pace orientale, Roma , 1923. 9

Cfr. E8 R83, 25 lug lio 1920.

IO

L'accorcio Tirconi-Venizelos. V. sopra.


Da Sévres a Losanna (1923). 11 Do<leca~i_rso di_~_çnta un Possedimento Italiano

181

feriva che le isole del Dodecaneso fossero cedute con un trattato bilaterale dalla Turchia all'Italia, per essere poi retrocesse alla Grecia con un trattato speciale, in esecuzione dell'accordo del 19 luglio 1919, in modo che questo gesto potesse rendere più favorevole all'Italia l'opinione pubblica greca, fino ad allora piuttosto osti le. La Grecia però non riteneva di poter accettare questa proposta, in quanto Atene non avrebbe potuto firmare il trattato di pace con la Turchia fino a quando la questione del Dodecaneso non fosse statarisolta nel modo conforme all'accordo bilaterale italo-greco, perché, in caso contrario, essendo il trattato con i turchi posteriore al bilaterale, quest'ultimo sarebbe stato automaticamente abrogato. Bisogna notare che queste erano difficoltà sostanziali e non come potevano apparire, 'bizantinismi' deLla politica estera internazionale. In risposta alle argomentazioni greche, Scialoja, Ministro degli Esteri del governo Nitri, aveva proposto che un trattato tra G·recia e Italia, regolante la questione del Do<lecaneso conforme all'accordo bilaterale italo-greco, fosse siglato in contemporanea con la firma del trattato di pace con la Turchia. Atene aveva accettato questa proposta e di conseguenza l'ambasciatore greco a Roma si era piì:1 volte rivolto agli Esteri, per arrivare alla redazione della bozza di questo particolare accordo, affinché fosse pronto e firmato allo stesso tempo del trattato di pace con la Turchia, ma gli impeg ni del Ministro degli Esteri italiano, in particolare la sua assenza da Roma per altre incombenze relative ai trattati in discussione con gli jugoslavi, avevano ritardo la redazione degli articoli. Il 10 giugno 1920, lo stesso Venizelos, di passaggio a Roma, aveva tentato di arrivare ad una soluzione, ma in quel momento il gabinetto Nicti era dimissionario 11 e la politica interna faceva premio su tutte le istanze esterne. Nonostante ciò, Venizelos, ricevuto da Scialoja, In aveva pregato di met-

11 Il primo ministero Nitti era stato in carica dal 23 giugno 1919 al 22 maggio del 1920; il secon<lo ministero Nitti dal 22 maggio al 16 giugno 1920: nel primo, gli Esteri erano andati a Tittoni; nd secondo a Scialoja. Era poi succeduto il Ministero Giol itti, dal 16 giugno del 1920 al 1 Iuglio del 1921: agli Esteri, il Conte Sforza.


182

l 'Eseicito Italiano nel Dodecaneso 1912-J-2:U.

tere al corrente il suo successore sugli accordi intervenuti nel frattempo e sulla necessità di procedere il più rapidamente possibile alla redazione del trattato. Nel Gabinetto Giolitti a Scialoja era succeduto Sforza che Venizelos aveva poi incontrato, per informarlo della necessità di agire rapidamente per la redazione dell'accordo bilaterale italo-greco relativo al Dodecaneso, ma, con grande sorpresa del Primo Ministro greco, Sforza gli aveva comunicato che l'Italia esitava sul mantenimento in vigore del "fitconi- Venizelos' e che pensava di denunciarlo in virtù dell'art.7 dello stesso accordo: infatti in esso si stipulava che nel caso che l'Italia non avesse ottenuto soddisfazione per quanto concerneva le sue aspirazioni in Asia Minore, il governo di Roma avrebbe ripreso piena libertà <li azione per quanto riguardava tutti i punti di quell'accordo. L'Italia dunque riteneva di non avere avuto soddisfazione al tavolo della Pace; la Grecia invece sosteneva che quand'anche fosse stato così, in realtà l'Italia avrebbe dovuto denunciare l'accordo al momento in cui aveva sapmo dal Consiglio Supremo quali erano le condizioni imposte alla Turchia e conseguentemente quanto le era possibile ricevere nel la spartizione generale delle spoglie ottomane. Non avendolo fatto in quel mome nto, nell'interpretazione di Atene, l'Italia non aveva conservato alcun diritto a denunciare il 'Tittoni- Venizelos' posteriormente: schermaglie giuridico-diplomatiche assolutamente normali in simili circostanze, per ottenere il massimo risultato possibile, cedendo il minimo possibile. Comunque Roma aveva cercato una soluzione alternativa che si allontanava totalmente da quanto deciso nell'accordo del 1919 e le varie proposte romane erano rimaste di fatto inaccettabili per Atene. Nell'ottobre del 1920 il governo di Roma aveva reiterato che considerava decaduto l'accordo stipulato in seguito al trattato di Sévres, peraltro non ancora ratificato; in quella occasione intervenne anche il governo inglese per protestare contro la posizione italiana, Pertanto, scriveva Venizelos nella lettera a Millerand, ricordando i fatti pregressi, il Consiglio Supremo poteva ren<lersi conto dell'impossibilità nella quale si trovava la Grecia di firmare un trattato di pace con la Turchia fino al momento in cui non avesse ottenuto dall'Italia la firma simultanea di un trattato che regolasse nel senso desiderato la que-


Da Sévrcs a Losanna (1923). Il Do<lecanesn Jiventa un Possedimento Italiano

1s:,

stione del Dodecaneso, in conformità con l'accordo del 19 luglio I 91 9. La Grecia continuava a mantenere le sue legittime rivendicazioni sulle isole del Dodecaneso, che, a suo dire, erano state greche da millenni e si riservava la pii:1 grande libertà d'azione anche sul territorio di Smirne, del quale continuava a richiederne il possesso. I due governi italiano e greco riuscirono però a giungere ad un accordo, 'il Bonin-Venizelos', che fì.1 firmato lo stesso giorno in cui veniva firmato quel Trattato di Sèvres che avrebbe dovuto sancire la pace fra l'Impero Ottomano e le potenze vincitrici, il trattato notevolmente duro per il Sultano: il 10 agosto 1920. La pace però sarebbe stata definita solo tre ,rnni dopo, con il trattato di Losanna firmato i 1 2 li I ug 1io 192 3 12 , dopo il difficile contli tto greco-turco, le cui avvisaglie già si erano avute durante il periodo di occupazione ita1iana dell'Anatolia. E' necessario per chiarezza, riprendere in dettaglio alcuni punti del trattato di Sévres. Tn seguito alla firma del 10 agosto 1920, l'Impero ottomano perdeva totalmente quanto rimasto dei suoi territori europei, considerando che gli rimaneva solamente il possesso di Costantinopoli, ancora per poco, capitale; rimaneva confinato al territorio dell ' Asia Minore; era privato dell'autorità sull'Egitto, che sotto influenza britannica, sarebbe divenuto indipendente di lì a poco, nel 1922; l'Impero veniva inoltre completamente disarmato. Inoltre l' art.178 del trattato prevedeva una occupazione interalleata degli Stretti con sede nella capitale, a carico finanziario, come si è visto, dello stato 'occupato', con i problemi diplomatico-militari che yucsra imposizione comportava, ivi compreso il fatto che la Gendarmeria ottomana sarebbe stata sottomessa alle truppe occupanti l 3_In ef-

12 Il trattato entrò in vigore i I 6 agosto 1924, ùopo che erano state deposi rare le ratifiche previste per la sua applicazione. Le fonti militari indicano 1'8 agosto: in realtà per il Dodccaneso questa clifforenza ùi ùue giorni non comporta alcuna difterenza nell'ordinamento.

13 La gendarmeria ottomana ru riorganizzata dagli italiani, sorto la direzione

del

colonnello Balduino Caprini dell'Arma dei Carabinieri reali. Vedi .A . .lhgnaia,cit., p.305 esse .M .G. Pasqualini, Le mi.uioni dà C arabìnietù1ll'estero - 1855-1935, Roma, 2001, p.134-147.


-"l--"'8:..e4,___ _ _ _ ___,,L'-"'E""se""rc"ic"' -'o-"It""al,_.,ia""n' -'-o nel ]2.gdec!!neso'----1'-'9'-"l-"-2---"l.94.,.1'--------_

ferri l'Impero ottomano così mutilato veniva anche ad essere spogliato degli attributi di sovranità interna ed esterna, pur restando responsabile dell'esecuzione del Trattato <li pace e degli obblighi internazionali propri di ogni stato. Contestualmente furono firmati in quella <lata altri due accordi che riguardavano l'ltalia: uno era l'accordo tripartito Francia, Gran Bretagna e Italia, circa le sfere di influenza in Turchia, specifìcamente in Asia Minore; l'altro tra la Grecia e l'Italia, conosciuto con il nome di 'Bonin-Vcnizelos' sopra ricordato. Nel primo, le tre potenze europee riconoscevano 'riJjJettivamente gli interessi specictli dell'Italia nell'Anatolia meridionale; della Francia in Cilicia e nella parte occidentale del Cttrdistan limitrofa alla Siria fino a G"ezireh-ibn-Omar, così come q1Jeste regioni erano descritte, per le loro delimitazioni territoriali, nell'accordo 14. Per quanto riguardava la sostanza dell'accordo bilaterale italo-greco, veniva stipulato che l'Italia rinunciava in favore della Grecia a tutti i suoi diritti e titoli sulle isole del Mar Egeo occupate 1 5. J;isola di Rodi sarebbe rimasta sotto sovranità italiana, ma avrebbe fruito però nel giro di due mesi di una larga autonomia locale. Le comunità greche delle isole avrebbero avuto piena facoltà di conservare o di aprire nuovi istituti scolastici, caritatevoli e di beneficenza, così come chiese e istituzioni religiose, socco la <lipen<lcnza del Patriarcato ecumenico. L'Italia si im pegnava a garantirne il libero funzionamento. Il Governo italiano avrebbe lasciato alla popolazione di Rodi la facoltà di esprimersi liberamente sulla sorte dell'isola nel momento in cui l'Inghilterra avesse preso la decisione di ce<lere l'isola di Cipro alla Grecia. In ogni caso la consultazione elettorale della popolazione di Ro<li non avrebbe potuto tenersi prima che fossero passati quindici anni a partire dalla firma Jel trattato. La Grecia si impegnava a rimborsare all'Italia le spese per le opere di carattere permanente e <li pubblico interesse, che non fossero servite solo a scopi militari, eseguite nelle iso-

I/i Per il testo trilingue , cfr. ES R83, firmato il 10 agosto 1920 a Sévres da Graham, MilleranJ e Bonin. 1)

Per i I testo completo v. ES R 7 7.


Da Sévres a 1.osarm~_(!~1i1Jl Do<lecaneso diventa un Possedimento ltalianu ___ _llij_

le cedute alla Grecia: strade, porti edifici pubblici, scuole etc. Una Commissione paritetica, greco-italiana, sarebbe stata al pii:1 presto nominata per stabilire il valore delle infrastrutture realizzate. Quelle spese che a suo tempo il governo di Costantinopoli non voleva riconoscere all'Italia. I residenti ottomani delle isole cedute alla Grecia sarebbero divenuti cittadini greci a pieno diritto; le persone con più di 18 anni avrebbero avuto la facoltà di optare, nel periodo di un anno a partire dall'entrata in vigore del trattato di pace con la Turchia, per la cittadinanza ottomana o italiana. Gli abitanti delle isole che avessero già ottenuto la cittadinanza italiana erano esonerati da tale dichiarazione. La Grecia si impegnava al rispetto e alla protezione delle minoranze etniche e religiose. Altre disposizioni venivano poi previste per l'Asia Minore 16 . Il trnttato doveva essere ratificato; le ratifiche, depositate a Parigi, allo stesso tempo di qLtelle <lel trattato di pace con la Turchia; i I 'Bonin-Venizelos' sarebbe entrato in vigore nello stesso momento di quello con la Turchia. Dunque tutta la sistemazione dell'area era legata al trattato di pace con la 1urchia, che, a SLta volta, doveva entrare in vigore al momento delle ratifiche da parte dei turchi e delle tre potenze alleate, ma la

16 Per completezza di informazione <lel dettaglio: nell'accordo si stabiliva che in relazione agli articoli <la 65 a 83 del Trattato di pace e<.ll1 la Turchia, tutti i trattati, accor<li e convenzioni in vigore fra Italia e Grecia sarebbero stati estesi alterritorio di Smirne, rnsì come era stato delimitato dagli articoli citati. La (ìrecia si impegnava a rispettare le libertà religiose degli italiani passati sotto amminiscra:.:ione greca in Asia Minore. I residenti italiani avrebbero avuto la facoltà di conservare e di aprire su quei territori istituzioni scolastiche, caritatevoli e di beneficenza così come chiese e istituzioni religiose. La Grecia si impegnava a garantirne il libero funzionamento: in regime di reciprocità ovviamente con Rodi. I ci ttadini ita.liani che al momento <lella firma del Trattato esercitavano delle professioni liberali sul territorio di Smirne, conformemente alle leggi in vigore, sarebbero stati autorizzati a continuare come per il passato il libero esercizio delle loro professioni, Per quanto riguardava poi le ferrovie, sia le linee costruite o amministrate dall'Italia in Asia Minore, e qu el le già esistenti o che sarebbero state costruite, nel territorio di Smirne, la questione sarebbe stata oggetto di una speciale convenzione tra Italia e Grecia, fermi restando i diritti acquisiti da società o in<livi<lui.


-"1-"'8"'6:........._ ~-~~~-=L'Esercito l~~Uano nel Dodecaocso 1912-194~

Turchia, come la Grecia per motivi distinti (tra i quali non ultima la rivendicazione sul Dodecaneso), non lo ratificò mai_ E quindi anche quello bilaterale italo-greco, legato a Sévrcs, non entrò mai in vigore, comportando poi ulteriori difficoltà nella sistemazione di tutte le isole dell'Egeo. Il governo Facta dichiarò decaduto il trattato di Sévres 1'8 ottobre 1922 e con esso di conseguenza anche il Bonin-Venizelos. Altro problema particolare fu rappresentato dall'isola di Castellorizo, che veniva reclamata dalla Turchia con particolare veemenza, in ragione della sua estrema vicinanza alle coste anatoliche, oltre che dall'Italia, per la stessa ragione_ Nel febbraio del 1920, nei verbali di una riunione degli alleati tenuta a Londra, a Downing Strcet, per quanto riguardava le isole italiane dell'Egeo, non solo si erano disrnsse led ifficolrà tra G recia e Italia relative al Dodecaneso (v.sopra) e le proposte per la soluzione del problema, ma si faceva esplicita menzione dell'isola <li Castellorizo ...... SIGNOR NITTI ... had r.tlso a smal! request to make as regards the island of Castellorizzo 17 , ami that it shotdd be handed back by the FRENCH lo ITALY ...... The Jwoj_Josa!r as otttlined by Signor Nitti were agreed to 18 . Il 10 marzo 1920 al Consiglio Supremo peraltro Nicti aveva espresso la speranza che eventualmente l'isola potesse restare sotto sovranità turca, ma doveva comunque fare parte della sfera d'influenza italiana, in quanto vicinissima alle coste di Adalia, che si auspicava rimanessero all'Italia, in qualche modo_ TI Consiglio Supremo non aveva fatto alcuna obiezione. Gli alleati presenti, desiderosi tutti di compiacere in questa richiesta il Primo Ministro italiano, si erano dichiarati d'accordo con le tesi italiane. Il problema sembrava risolto. La francia l'avrebbe ceduta all'Italia nel marzo 1921 ( v.sopra). In un successivo verbale di una riunione tenuta se1npre a Londra alla Conferenza degli Ambasciatori e Ministri degli Esteri alleati, al

17 Sic nel testo. L'isola ha varianti nella sua denominazione: durante il periodo di occupazione italiana fu conosciuta soprattutto con il nome <li Castel rosso. I.a sua <lenominazio11e attuale è quella non italianizzata, Castellorizo. I8

Cfr. ES R83, segreto.


Da Sévres a Losanna 0923). Il Dogfrnneso Jivenca un Possedimento Italiano

Foreign Ofiìce, il 1.8 marzo 1920, si legge invece che Lord Cur:;;on informava i presenti di aver ricevuto pochi giorni prima una lettera del Primo Ministro Greco che reclamava l'isola: Venizclos ricordava infatti che Castellorizo, al momento della guerra contro la Turchia, aveva proclamato la sua unione con la Grecia cd era stata occupata da truppe elleniche, mentre successivamente nella Grande G11erre era stata occupata dalle truppe francesi. Tn realtà i francesi non l'avevano mai lasciata, da quando l'avevano presa. Malgrado la sua piccola superficie, l'isoletta era abitata da circa 12.000 anime, tutte greche. faceva inoltre notare Vcnizclos che Casrcllori:;;o faceva parte del Dodecaneso e godeva di un regime di autonomia privilegiato accordato dai turchi alle isole, appunto per il loro carattere etnico puramente greco, riconosciuto dagli stessi turchi, i quali ritenevano dunque di non poter esercitare una dominazione diretta cd effettiva, ma di dover in qualche modo riconoscere la 'diversità' dell'isola. Egli chiedeva dunque alle potenze alleate di sanzionare la decisione che era stata presa dagli abitanti di Castellorizo, includendo questa isola tra quelle che sarehhero state annesse alla Grecia con il trattato di pace. Dopo le informazioni date da Lord Curzon sulla lettera ricevuta da Venizelos, l'ambasciatore d 'Italia a Londra, marchese Imperiali, rilevò che indubbiamente il governo italiano sarebbe rimasto spiacevolmente sorpreso, se gli alleati fossero tornati sulle loro decisioni, perché, come sicuramente ricordavano i presenti, tra l'altro lo status delle isole dell'Egeo era già stato discusso e approvato nel lontano 1913 e tutti allora erano stati d ' accordo che Castellorizo era troppo vicino alle coste per non far parte integrante della Turchia e quindi, lo stesso concetto di vicinanza alle coste doveva valere per l'Italia che si era aggiudicata Adalia e dintorni. Inoltre rilevava il marchese Imperiali, con una punta di interessata pignoleria e scoperto sarcasmo, che lo stesso Vcnizelos pochi mesi prima aveva dichiarato a Parigi che l'isola aveva 1500 greci, mentre ora nella lettera ne dichiarava 12.000: jlroli/ic as the greeks might be, he (Imperiali) tho11ght thi.r a little s11rprisin,~ ...... l9_ La discus-

L9 lbi<l.


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L'Esercito Italiano nel Do<lecanesn 1912-1,_.,_9-"43,___ __ _ __ _

sione del I 8 marzo si concentrò altresì sul nome 'Dodecaneso' per indicare che in realtà Castellorizo non poteva far parte del Dodecaneso, perché era la tredicesima isola e non la dodicesima: al che l'ambasciatore francese osservò, sempre con una certa punta di ironia, che se era per questo il Dodecaneso comprendeva in tutto un buon centinaio di isole e isolotti. Cultura geografica in punta di fioretto, per interessi concreti e sostanziali. Scialoja, presente alla discussione prese allora la parola e fece rilevare, tra l'altro, che quando l'Italia aveva occupato il Dodecaneso, non aveva ritenuto di dover allora occupare Cascellorizo, perché ancora non si erano concretati gli interessi italiani in Asia Minore e sulle relative coste. Gli inglesi si schierarono dalla parte dell'interpretazione italiana: Lord Curzon fu d 'accordo sul fatto che l'isola era in vista della terraferma ed era circondata anche da altri piccoli isolotti e confermò il punto di vista inglese e cioè che it might be more trouble.rome than advantageous to introduce the Greek Grwernment. Pertanto non si doveva introdurre nessun cambiamento circa le decisioni già prese nel passato, preservando uno statu quo. Naturalmente se Venizelos voleva appellarsi al Consiglio Supremo era padrone di farlo . Scialoja dichiarò che se il Consiglio avesse deciso di ascoltare le rivendicazioni di Venizelos, sarebbe stato opportuno che in quella occasione fosse stato presence anche Nitti, per l'importanza delle decisioni che rimettevano in g ioco equilibri territoriali che sembravano già dcfìniti. La conferenza <legli ambasciatori terminò la sua riunione rispetto a questo punto, raccomandando che non si facessero ulteriori cambiamenti alle decisioni già prese riguardo a Castellorizo, formo restando che Venizelos poteva rivolgersi per la revisione delle stesse al Consiglio Supremo. In seguito a questi incontri il 23 marzo successivo l'Italia formulò una dizione degli articoli da inserire nel trattato di pace con la Turchia riguardanti sia la Libia sia le isole dell'Egeo, incluso Castellorizo, del quale si faceva particolare menzione 20 , ma nonostante que-

20 ES R83.


Da Sévres a Losanna (1923). Il Do<li.;.caneso diventa un Possedimento ltalianç, .

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sti accordi, le isole dell'Egeo e Castellorizo sarebbero poi state cedute dalla Turchia all'Italia, e sarebbero rimaste sotto sovranità italiana fino al trattato di pace del 194 7. Firmato il trattato di Sévres nell'agosto del 1920, in attesa dell'insediamento del Regio Ambasciatore d ' Italia a Costantinopoli e delle ratifiche del Trattato di Pace, nonché della sistemazione <lefinitiva che il Governo avrebbe dato alla zona <lei privife,~i italiani 21 in Asia Minore, il Ministero degli Esteri, al quale competeva la decisa organizzazione del governo civile del Dodecaneso, nominò Governatore di Rodi e di Castellorizo, al posto di de Bosdari, un altro diplomatico di lungo corso, che ben conosceva quella parte di mon<lo, Felice Maissa. A lui in qualità di Governatore, il Comando del Corpo di Spedizione in Anatolia, resi<lente a Sokia, doveva fare riferimento per tutte le attività di carattere non strettamente militare: si prevedeva anche che il Maissa, per agevolare il collegamento con i I Comando, avrebbe delegato un suo rappresentante personale con residenza a Sokia. L'azione politica italiana in Asia Minore era ritenuta delicata e complessa e quindi risultava indispensabile che almeno in un primo periodo l'attività di tutti i fonzionari civili e militari fosse rigida.mente coordinata, evitando soprattutto iniziative individuali: <lel resto Maissa era stato scelto proprio per la sua vasca competenza nelle questioni d 'Oriente, maturata in una lunga carriera diplomatica e per le sue riconosciute doti di abilità nel coordinamento. 'lanto più delicato era il periodo in quanto era in quel momento in pieno corso la rivolta di Mustafa Kemal contro l'autorità sulcaniale e il governo italiano non desiderava a quel punto, proprio per non pregiudicare i propri 'diritti' in Asia Minore, essere coinvolto nel contrasto, del quale comunque vedeva l'esito finale. Il coordinamento fra la. politica <lel governo a Roma. e la sua attenta applicazione sul territorio occupato necessitava una delicata azione diplomat ica e una forse ancor più <lelicata, militare. Infatti pochissimi giorni dopo il

2 1 Così venivano indicati gli interessi italiani sulla costa anatolica nel documento con le istruzioni: cfr. E3 R30, c.mma 16.9.1920 n. 17001 /73 a firma Ilonomi.


_,,_l-"'-9-"'0_ _ _ _ _ _-= L'=Es=e=rc=ito"---=Italiano

ritl.P~canesoJ2-"'l2,,_~.!.l9,_4,.,,3'-------- -

telegramma del Ministro Ilonomi, sopra citato 22 , il Governatore di Rodi, inviava già al Comando di Sokia ulteriori istruzioni politiche circa il comportamento che quel Comando avrebbe dovuto tenere, ribadendo istrnzioni ministeriali provenienti da Roma: ..... . E' assoÙttamente inopportuno che si svolgano trattr1tive fra il Comando del Presidio di Adalia e le autorità kemaliste, tanto più poi in relazione ad tma simile questione che è di ordine politico ed eronomico. Prego invitare il Comandanle del Presidio di Ad,1lic1, per il tramite del rolonnello Fimmi, ad astenersi rigorosamente da tali iniziative 2 3 . Ulteriore diftìcoltà consisteva nel fotto che per il Do<lecancso invece la politica doveva essere diHerente, considerato che non vi era più una occupazione militare: anzi, elementi locali sarebbero presto stati inseriti nell'amministrazione civile per meglio integrare il governo degli italiani con le reali necessità clt-d lt> isole. TI Regio Governo aveva dato al Maissa pieni poteri per poter svolgere questo programma, naturalmente con il concorso della popolazione local e. Quindi vi era un logico indirizzo politico per l'Egeo e un orientamento di amministrazione di maggior delicatezza per i µresidi anatolici. TI Governatore risiedeva a Rodi, ma occorreva un collegamento diretto con quei presidi: Maissa, d'accordo con Fusoni, comunicò che per il settore di Adalia il tenente colonnello Dc Bisogno che era il Comandante di quel settore avrebbe rivestito anche la qualifica di Delegato Italiano, in modo da fonzionare da ufficiale di collegamento e da autorità anche 'civile', su delega. Quindi il De Bisogno, quale Comandante del settore, dipendeva esclusivamente dal colonnello Fusoni per tutte le questioni di natura militare, per le quali non era tenuto a fare alcuna comunicazione al Governo di Rodi. Quale Delegato italiano invece, egli trattava affari di natura civile per i quali dipendeva esclusivamente dal Governo di Rodi: per queste questioni non doveva fare alcuna comunicazione al Comando <li Sokia. Inol tre il De Bisogno aveva in A<lalia anche un compito squisitamente

22 2

V. sopra.

3 V. anche paragrafo precedente. E3 R30, r.mma n. 6218 del 20.9.1920 e E3 IUO prot. n. 19516 del 18.11.1920.


Da Sévrcs a Losat!.f!.!!:..0 .223). Il Dcxlecaneso diventa un PosstXlimcnto ltalia1!.<2._ ~ 191

politico-diplomatico che svolgeva per ambedue le funzioni: riguardo a questo egli doveva inviare contemporaneamente al Comando di Sokia e al Governo di Rodi ogni telegramma o rapporto che riguardasse questo ramo del servizio e ottemperare alle istruzioni che fossero arrivate dal Governo di Rodi, previo avviso del Comando di Sokia, quando fosse ritenuto opportuno. Non era il primo caso e non sarà l'ultimo in cui un ufficiale delle Forze Armate, nella sua veste m ii i tare, inserisce una attività diplomatica di notevole delicatezza. La questione dei rapporti con i nazionalisti turchi era irta di ostacoli e la situazione era assai complessa. l'Italia doveva condurre una politica difficile e osservare una stretta neutralità, per non pregiudicare la sua posizione, come ricordato precedentemente 24 ; stessa risoluzione che e ra stata presa ufficialmente dal Consiglio Supremo di Parigi , nell'agosto del 192 1: Les gouvernernents alliés ont décidé de conserver une attittJde de strirte netJtralité dans la guerre g,reco-turqtJe. Ils sont d'aa:ord jJour ne J1a.r intervenir dans le con/lit sous/orme d'assistance de que!que nature q1/et!e soit, qtJ'il s'agisse d'envoi de trotJpes, d'arrnes 011, d,e rrédits, sans que ces dispositions soient de nat11re à /Hirter atteinte à la !iberté d11 commerce Jwivé 25. Ottimo e prudente comportamento: in effetti Muscafa Kemal non avrebbe mai acconsentito, come fece , ad un accordo che non prevedesse una vincita dei suoi principi nazionalistici e mai soprattutto avrebbe accettato un accordo con i greci. La loro avanzata militare all'interno dell'Asia Minore non sarebbe riuscita a domare i nazionali sti. JI forte generale turco era un elemento preminente nel quadro politico che si stava delineando e del quale occorreva assolutamente tenere conto. Telegrafava il generale Mombelli <la Costantinopoli notizie g iornaliere della politica turca e dei progressi di Mustafa Kemal 26: i primi di ottobre del 1922 stavano consacrando la definitiva vit-

24 E3 R 30, proc. 19516 dalla Divisione Stato Magg iore <lel Ministero della Guer-

ra al Comando del Corpo di Spedizione a Scalanova , riportando le istruzioni date dal Ministero deg li Affari Esteri. 25 E8 R86, Risoluzione presa dal Consig lio Supremo di Parigi il 10 agosto 1 9 2 1. 26

Cfr. E 3 R37 .


192

L'Esercito Italiano nel DoJecaneso l21l:l 2~Cé3_________

toria del generale turco. Il 2 novembre l'Assemblea nazionale turca, riunita ad Angora (Ankara) aveva dichiarato destituito il governo sultaniale. Il 4 novembre quel governo aveva cessato di funzionare. Rifar pascià aveva assunto i poteri cli governatore civile provvisorio dell'excapitale e il nuovo governo aveva notificato alle potenze alleate con una nota rimessa agli Alti Commissari che intendeva inviare contingenti kemalisti a Costantinopoli, sufficienti per mantenere l'ordine pubblico, chiedendo ai Generali alleati di esaminare la possibilità di ritirare subito le truppe di occupazione; eventualità immediatamente respinta. La situazione si andava comunque facendo delicata in Costantinopoli perché la gendarmeria turca presente era passata definitivamente dalla parte di Kemal e non voleva più assicurare l'ordine pubblico sotto occupazione straniera. Anche la questione degli Stretti si complicava ulteriormente. 11 trattato finale cli pace che fu faticosamente firmato poneva termine a molti problemi ancora pendenti fra l'Italia e la Turchia e in qualche modo sanzionava la situazione di tutte le isole dell'Egeo, all'art. 12 27 , 13 28 e 15, che riguardava appunto la cessione delle iso-

27

La déà.r ion pri.re le 73 /ivrier 1914 pt.tr la C onfircnce de Londres, en exéct1tion des art. 5 d11 Tr,tité de Londre.r du 17- 3 O mai 1913 e T5 d11 Trr.tité d' A thènes dtt 1-14 novembre 1913, la dite diàrion notifiée att G otJ.vernement hellénique le T3 fél!'rier 1914 concernant la souveraineté de la Gréce sur !es i/es de lr.t Méditerranée orientale, <Jutres q1te /eJ iles de Lemnos, S,tmothrace, Mi~y!ène, Chio, Samo.i· et Nikarùt, est confirmée, sam ré.serve de.i- stipulations du Jmfsent Trttité relatives anx iles .rit11ée.r à rrwins de troiJ mii/es de la dìte asiatiq1te pldcées sons la sauveraineté tltrque. 7.S En vue d'aJJurer le maintien de L, paix, le Gouvernement helténiqtte s'eng(lge d ob.rerver /es mesure.r .ruivante.r dam !es fieJ di Mitylène, Chio, Samo.r et Nikaria:

1° 1111.mne base navale ni a11cune /ortification ne seront établie.r dan.r le.rdite.r iles; 2° il .fl'f"{t interdit à l'aviation militctìre grecque de survoler le térritoire de lr.t còte d'All<J.tolie. l<.ecifwoqttement, le Gauvernement turque interdira rì son 11-viation milìtaire de ntrvoÙr lesdites i/es; 3 ° !es forces mi!itaire.r héllénique.r danJ lesdites i/es seront lùnitée.r au mntingent norma!, ,1JJj1élé f1011r le service militaires, qui pourra étre imtruit sur piace, aìnsi qu'à un e/~ fectif de gend,mrterie et de j1olice proportionnée d l'ejjèctif de la gendarmerie et de la po/ice existant .rur l'en.remble du territoire hél/éniqtJe.


Da Sévres a Lisanna ( l92i). Il Dodecaneso diventa un Po_ssedimento Italiano

193

le del Dodecaneso all'Italia: la T11rquie renonce en faveur de l'Italie à tous droits et lilres mr !es fles ci-après et numérées, à savoir: Stampalia ( Artropalic,), Rodes (Rhodos), Calki (Kharki), Scctrpantos, Casos (Casso), Piscopis ('I'ilos), Ni.riros (NiJyros), Calimos (Kafymnos), Leros, Patmos, Lipsos (Pipso), Simi et Cos (Kos), actuellement occuj,ées par l'ltalie et !es flots qui en dépendent, ainsi que sur l'fle de Castellorizz o 29_ Nella realtà però la Grecia non era affatto convinta di quanto era stato deciso a Losanna e continuava a rivendicare il Do<lecancso, approfittando anche di un incidente occorso vicino Gianina in cui erano stati coinvolti ufficiali italiani: l'Albania e la Grecia erano in contrasto per problemi di delimitazione di frontiera e l'Italia appoggiava l'Albania, pedina dei suoi interessi nei Balcani. Era stata istituita a livello internazionale una Commissione per la delimitazione dei confini, della quale faceva parte un ufficiale ital iann, il generale Tcllioi, che venne ucciso in un conflitto a fuoco con i greci, insieme al tenente Bonacini, al maggiore medico Corti e all'autista del generale, Farneti, il 27 agosto del 1923. Ventiquattro ore dopo, l'ultimatum di Mussolini30 alla Grecia con una serie cli pesanti richieste, tali da non essere accettate, la Regia Marina ebbe l'ordine di tenersi pronta per eventuali operazioni di ritorsione. L'isola di Corfo era vicina alla costa italiana e le navi da battaglia italiane erano a Taranto: in pii:1 l'occupazione dell'isola avrebbe garantito un ulteriore asse marittimo per l'Italia, quello Otranto-Corfo, con la quasi padronanza del traffico sull'Adriatico, quantomeno delle sue porte. Il Governo di Atene, come probabilmente era stato auspicato da parte italiana, re-

29 La Turchia riconosceva l'abolizione definitiva <li ogni diritto e privilegio di qualsiasi natura di cui go<leva in Libia in virtù del trattato <li Losanna del 18 ottobre 1912.

:;o Mussolini era anche Ministro degli Esteri; Segretario Generale di Palazzo Chigi, allora se<le degli Esteri, era Contarini. Per la posizione di Comarini e l'azio11e di Mussolini, v. R. Moscati, G"li esordi della politica estera fascùta. Il periodo Contarini-Cor{tì in La politica e.rtera italiana dal 7914 rJI 1943, Roma, 1%3, p.77-9 l.: fu con la vicenda di Corfo che iniziò il dissidio fra Mussolini e il più alto rappresentante diplomatico e CL1 proprio dopo questo episodio che il Duce I.asciò sempre minore autonomia ai tecnici <lella Consulta.


194

I:Escrcito Italiano nel Dodecaneso 19-l?:_1-2.41__

spinse l'ultimatum. La flotta italiana giunse nelle acque cli Corfù il 31 agosto. Mussolini fece chiedere alla guarnigione dell'isola di arrendersi, di alzare la bandiera italiana, di disarmare truppe e gendarmeria; in seguito al prevedibile rifiuto, le navi della Marina italiana bombardarono l'isola e la occuparono. La Grecia si rivolse alla Società delle Nazioni, cercando appunto di porre l'Italia in stato d'accusa: non era affatto sopita, tra l'altro, la questione del Dodecaneso, che continuava a<l essere rivendicata dal governo <li Atene e quindi questa 'aggressione' di Roma, agli occhi dei greci, poteva essere usata come merce <li scambio in una mediazione, per l'arcipelago Egeo, sempre che non l'avessero provocata essi stessi: di cerro la strumentaliz:.rnrono. Con i buoni uffici francesi, che temevano a loro volta la Grecia nel Levante meridionale, ma con l'ostilità della Gran Bretagna, la Conferenza degli Ambasciatori avocò a sé la questione, visco che la Commissione della quale era presidente il Tellini, era una emanazione della Conferenza stessa. L"Italia ottenne le scuse del governo di Atene e una forte indennità finanziaria; dovette però accettare a quel punto <li ritirare le truppe, dopo quasi un mese di occupazione: il fascismo aveva dato un primo segnale di forza alle potenze europee che invece non volevano permettere ulteriori espansioni italiane nel Mediterraneo 3 l. L'accordo di Losanna ottenne le ratifiche previste, entrando in vigore e la Legge del 31 gennaio l 925 n. 343 32 approvava gli atti internazionali fra l'Italia e gli altri Stati da una parte, e la Turchia, dall'altra, firmati in Svizzera il 23 luglio 1923.

:l l Per i dettagli dell'azione su Corfù, cfr G. Giorgerini, Dtt Mt1tt1pt1n al Golfo Persico. UJ Mt1rint1 itt1lit1n11 d.1/ f11JCÌJrrto alla re/mbhliui, Roma, ed. 2003, p. 163-175, dove appunto mette correttamente in relazione i fatti di Corfù anche con la questione del Do<lecaneso, appena lasciato all'Italia dalla comunità internazionale. Cfr. anche D. Mack Smich, MusJOlini's Rom,m Hmf,ire, Londra, ed 1977 , p.5-6. R. T.amh, cit., p. 68 e ss. Per la politica estera di Mussolini in questo periodo, v. R. De Felice, Mussolini il fascista. La conqNistrJ d,e/ potere, 1921- 1925, Torino, ed. economica 1996, p. 559 e ss. 32

Gazzetta Ufficiale 1925, n.69.


Da Sévres a Losanna{].923). ll Dodecaneso diventa ut!_ Possedimento Italiano

11 Dodecaneso o Sporadi meridionali sotto dominio italiano erano dunque le seguenti 33:

Isole

Suj,erficie

PojJOlazione

Rodi

1.412

41.571

Scarpanto

306

6.500

Coo

296

15.000

Calino

128

14.000

Stampalia

116

1.400

Lero

72

4.000

Caso

69

1.800

Piscopi

64

1.200

Simi

64

7.000

Patmo

57

2 .500

Nisiro

48

3.200

Calchi

30

1.300

Castelrosso

20

2.700

Lisso

17

600

f-------------

t------------

-

~ -

Per la precisione, occorre ricordare che vi sono altri picco] issimi isolotti che compongono le Sporadi meridionali: Alimnia, Archi, Calolino, Candeliusa, falli, Farmaco, Gaidari, Levita, Ofìdusa, Pserimo, che però compaiono assai raramente nei documenti militari in quanto assolutamente privi di alcun interesse civile o di altra natura. Le isole si sviluppano su due linee parallele S.S.E. T~a prima linea, molto densa di isole e isolotti, ha una estensione per circa 110 miglia, fronteggiando la costa anatolica dalle foci del Meandro al Golfo di Marmarica, e in alcuni punti, come a Coo, è a brevissima distanza 33 Dati ufficiali raccolti in I1, R6S.


196

L'Esercito Italiano nel Dodccancso 191 2-1941

dalla costa. La seconda linea, meno densa, ha uno sviluppo cli circa 80 miglia, sull'orientamento e costituisce un sistema di passaggi fra Rodi e Creta, con il suo estremo meridionale. Castelrosso invece non forma sistema con le altre isole perché è addossata ali' Anatolia. Le isole che potevano essere sfruttate di più dal punto di vista militare erano chiaramente quella di Lero e Rodi, per gli ancoraggi notevolmente piì:i sicuri che nelle altre isole, Lero in realtà si trova al centro d i un cerchio di circa 180 miglia di raggio che arriva allo sbocco dei Dardanelli, il canale di Corinto e i passaggi dallo Ionio all'Egeo fra la penisola della Marea e Creta. Inoltre Lero si trova in posizione eccentrica verso il Nord. Rodi era quella più ricca di risorse, con un porto fruibile da unità di piccolo tonnellaggio anche medio ma comunque in numero assai limitato; offriva anche due buoni ancoraggi, Porto Lindo e Alimnia. La sua. configurazione orografica rendeva possibile l'istituzione di due campi di aviazione, come poi fu fatto negli anni '30. L'isola è eccentrica verso il sud. Anche Rodi si trova all'interno di tm cerchio di 250 miglia cli raggio che tocca oltre ai punti sopra indicati per Lero, anche l'isola di Cipro. Coo aveva una relativa abbondanza di risorse; non possedeva però posti riparati ed è a contatto ravvicinato con la costa turca. Si trova in posizione centrale. Stampalia è ricca di insenature e si prestava come punto di appoggio navale. Non offriva possibilità per la costituzione di aerodromi terrestri perché è molto montuosa. Scarpanto e Caso offrivano scarse risorse; le coste sono molto frastagliate con ancoraggi poco sicuri. Trovandosi all'estremità sud, formano, con Creta e Rodi i passaggi dall'Egeo al Mediterraneo orientale. Castelrosso, assai piccola, con scarsissime risorse e scarse possibilità nautiche ai fini militari assumeva però una certa importanza come eventuale punto di appoggio avanzato per gli idrovolanti. Le altre isole non avevano alcun rilievo. La posizione centrale del Possedimento era valutata molto interessante da un punto di vista strategico: fu calcolato all'epoca con precisione che distava in linea d'aria 450 miglia dal _punto più vicino della costa italiana, cioè S. Maria di Leuca; 300 miglia dal punto pii:t


- - -~D"--a'=Sé'"" vr=es_a Lnsar1_!~23). li Dodccancso diventa un Possedimento Italiano

197

vicino della costa libica, a 460 miglia da Haifa e 420 miglia da Alessandria d'Egitto. Sulle rotte della navigazione, 590 miglia lo separavano dai porti più vicini italiani (Augusta, Taranto, Brindisi) e 360 miglia <lai porto più vicino della Libia, cioè Tobruk. Molte erano le speranze che erano state risposte su quell'arcipelago: pegno verso il Sultano, base di appoggio per una espansione in Asia Minore. Nulla di tutto ciò si era realizzato, però quelle isole erano rimaste in mano italiana, signifìcativo avamposto per una vagheggiata espansione nel Levante, il sentimento per la quale diverrà sempre più forte con lo sviluppo della politica estera fascista verso un impero coloniale degno di questo nome, che potesse mettere l'Italia al livello delle altre potenze coloniali, quali la Francia e l'Inghilterra. Dopo la prima guerra mondiale, la comunità internazionale era ancora nello spirito del Congresso di Berlino p er lo Jcrctrnble /or Africa e quindi l'occupazione di territori non abitati da propri nazionali era assolutamente normale nelle relazioni internazionali. In più si stava radicando nell'astro nascente della politica interna cd estera italiana, Mussolini, l'idea che occorreva scacciare gli inglesi dal Mediterraneo 34 . Londra si era opposta, anche se non molto apertamente, al mantenimento italiano del possesso delle isole; aveva ben compreso che dal punto di vista strategico navale, la presenza italiana nell'Egeo avrebbe potuto dare solamente un certo fastidio alla Royal I'leet: avere gli italiani con basi navale nel Levante sarebbe potuto risultare 'scomodo'. Comunque non si poteva accettare il principio che delle isole che erano in tutto e per tutto greche, dovessero essere sotto dominio italiano 35. Balcani e Levante: ecco le due nuove aspirazioni forti della politica estera italiana fascista, oltre naturalmente al Corno d'Africa e a quella che diventerà l' impresa vittoriosa che però costerà a Mussolini, all'apice del consenso popolare e della gloria, il lento, ma progressivo, inizio verso il dramma della guerra mondiale, l'Etiopia.

34 Cfr. tra gli altri, R. Lamb, Mussolini e gli inglesi, ed. 2002, p.59 e ss. e C SetonWatson, ltaly /rom Libera!ism to Fa.rci.rm, 7870-7925, Londra, 1967, p.650 e ss. 35 Cfr. promemoria Nicholson, in R. Lamb, cit., p. 61.



PARTE SECONDA 1924-1936

Capitolo Secondo l l Possedimento italiano e la valutazione strategica



201

2.1. Il Dodecaneso è un Possedimento italiano. Viene riorganizzata la forza presente 11924-19251. l'idea di una spedizione in Anatolia e conseguente occupazione non è stata ancora abbandonata.

I

l Presidio delle Isole del Dodecaneso nel giugno del 1922 era costituito da: un Battaglione di fanteria su 3 compagnie <li fucilieri e mitraglieri; una Compagnia di Carabinieri Reali a Rodi; un Corpo di Carabinieri Reali nelle Isole di Rodi e <li Castelrosso; una compagnia della Guardia di Finanza. Nonostante i dinieghi subiti precedentemente dal Governatore de Bosdari 1 , nei mesi di marzo e aprile del 1923, il Ministero degli Esteri, sotto le forti pressioni di Mario Lago, che aveva sostituito Maissa, aveva cercato di ottenere dal Ministero della Guerra un aumento di unità del Presidio in considerazione del fatto che a breve sarebbe stata proclamata l'annessione delle Isole all'Italia e di conseguenza potevano esserci alcune preoccupazioni circa l'atteggiamento non proprio amichevole della Grecia riguardo tale annessione, senza considerare la reazione di bande di irregolari turchi. Atene era uscita dalla Conferenza di Londra profondamente scontenta di come erano andate le negoziazioni e gli accordi: la stampa greca aveva fatto da tamburo di risonanza di questi umori. 11 Ministero della Guerra aveva esitato a lungo a destinare nuove unità al Presidio, soprattutto per ragioni economiche, ma poi nell'estate del 1923 aveva deciso, in contemporanea con la firma del trattato di losanna, di portare alla forza di tre battaglioni la presenza militare (2 btg. del 34° reggimento fanteria e 1 btg. del 9°, con una compagnia del 10°) 2 _ Questa promiscuità di origine delle forze aveva dato luogo a numerosi inconvenienti sia per quanto riguardava il Comando che l'amministrazione dei reparti, e quindi il Ministero della Guerra, agli inizi

1

V. sopra.

2

F4 R 283.


202

[Esercito Italiano nel Do<lecaneso 19)2-1;/§j

__________________

del 1924 decise, in accordo e con il preventivo consenso del Ministero degli Esteri, di procedere ad un riordinamento del Presidio del Dodecaneso, ristrutturando e ridimensionando se necessario, in corso <l'opera: nel febbraio <li quell'anno ridusse la forza presente a due battaglioni di fanteria che sarebbero stati inquadrati, per ragioni organiche, in un Comando cli Reggimento (il 9° Reggimento Fanteria), 1600 uomini in totale. Alla data del 1° maggio 1924 la forza presente nel Dodecaneso era, come mostrano i seguenti numeri: Ufficiali e Impiegati: 67; truppa dell'Esercito (Classe 1903): 897; Carabinieri Reali: 204; Guardia di Finanza: 149; per un totale cli 1250 unità. J1 27 maggio però e' era stato un notevole aumento perché erano partite da Brindisi 1000 reclute, portan<lo provvisoriamente gli effettivi a 2250 uomini. La presenza dell'Esercito del Dodecaneso venne così riordinata nel maggio del 1924: il Ministero della Guerra decise che a presidiare le guarnigioni del Dodecaneso fosse destinato un Reggimento Ji fanteria organico tratto dal Corpo d 'Armata di Bari, in particolare il 9° Fanteria. L'Ufficio Ordinamento e Mobilitazione dello Stato Maggiore Centrale, su ordine superiore, stabilì che la dipendenza gerarchica del reggimento rimaneva immutata, tranne per quanto si riferiva alla sua <lislocazione e all'impiego territoriale 3_ La formazione organica rimaneva quella prescritta dalle tabelle graduali e numeriche vigenti all'epoca. Il Presidio del Dodecaneso comprese anche oltre il 9° fanteria, una Compagnia di Carabinieri Reali e una Compagnia <lella Guar<lia cli Finanza, peraltro già dislocate nelle isole; un plotone misto distaccato del 9° Raggruppamento Genio (20 telegrafisti e 20 zappatori); un magazzino viveri con un Uffìciale inferiore di Sussistenza. Jn conseguenza di quanto deciso, alla data del 1° giugno 1924, il Comando ciel 9° Fanteria e il 1 ° Battaglione del 9 ° _Fanteria si trasferirono nel Dodccaneso. TI Comando del Presidio Militare del Dodecaneso e i Battaglioni 3°, 4 °, 34° Fanteria forano sciolti e le unità vennero incorporate nel 9 ° Fanteria.

3 E3 R39.


Dodecaneso italiano. RiQ!ganizzazion~gella forzal_2l4-1925. Si mira all'Anatolia _____~Q.i

Il Comando del Reggimento fu assunto dal Colonnello Fusoni, che manteneva anche le funzioni di Comandante del Presidio militare del Dodecaneso. Il Deposito rimaneva a Barletta e conservava leprecedenti attribuzioni amministrative o di mobilitazione. In base alle istruzioni ricevute, il Comando del Corpo d'Armata di Bari inviava in seguito a Rodi la Bandiera del Reggimento, la Fanfara reggimentale con gli strumenti, i Sottufficiali e quel personale di truppa che era disponibile, dopo aver provveduto alle esigenze del D eposito. Avrebbero raggiunto in seguito il Reggimento 6 militari di sanità, un sottufficiale automobilista e g li specialisti necessari per costituire il plotone misto del G·enio. In via temporanea venne autorizzata la permanenza di un Capitano e di un Tenente medico, di un Capitano farmacista e <li un Capitano veterinario i quelli però dovevano gravare sul bilcmcio degli Esteri, c1ppentJ. ,1.vven11tc1 ld d,finitivc1 .ristemazione politica del Dodecaneso: notazione interessante a conferma del facto che ancora il Possedimento non aveva trovato il suo assetto definitivo nell'organizzazione del Governo civile. Il Comando del Presidio Militare di Rodi dovette sovrintendere al riordinamento previsto, curando il trasferimento di tutto il personale e procurando anche di rid11rre il n11mero dà qttadrupedi entro i limiti or,ganici, mediante vendita o rimpatrio. Infatti il l O settembre 1924 rimpatriarono tutti i mi Iitari della Classe di mobilitazione 1903 e rimasero nell'isola circa 1500 uomini di truppa e 40 ufficiali. A Rodi esistevano poi servi zi vari che rappresentavano una spesa per gli stipendi degli uffìciali e il soldo della truppa (magazzino viveri; infermeria reggimentale rinforzata; reparto automezzi, stazione r.t. etc.). Il Dodecaneso sembrava avviarsi ad una tranquilla amministrazione civile oltremare, con una ridotta necessità di presenza militare. Un elemento però teneva ancora in fibrillazione le Autorità: in realtà una certa attenzione per l'Anarolia non era affatto cessata e quindi la considerazione dell'eventuale alto valore strategico del Possedimento del Dodecaneso, che dunque non poteva essere lasciato molto sguarnito. Nell'agosto del 1924, l'Ufficio Operazioni dello Stato Maggiore Centrale preparava un Promemoria riasstmtivo sttll'eventualità di une,


204

L'Esercito Italiano nel Dodecaneso [9 12-19'13

JjJedizione italiana in Anatolia, Riservatissimo li, assai interessante e articolato, la prima copia del quale venne doverosamente inviata al Ministro della Guerra, Antonino Di Giorgio 5. E' un documento <li grande interesse non solo per l'analisi che viene fatta della situazione politica, vista con una angolatura militare, ma per il riconoscimento del valore strategico del Possedimento, unito - e questo traspare dalla stessa analisi - però ad una debolezza intrinseca rappresentata non tanto dalla lontananza dal territorio metropolitano, che pure era elemento importante, ma dalla circostanza che la navigazione, considerando la distanza più breve, sarebbe dovuta avvenire in acque non amiche 6 . Nell'opinione degli ufficiali che redassero la memoria, in un quadro di una Turchia fortemente instabile, con uno stato d'animo altamente xenofobo, poteva essere probabile un attacco a quella delle potenze occidentali che si presentava in posizione <li maggiore debolezza nel concerto europeo e cioè l'Italia, la quale si sarebbe trovata anche in una difficile posizione diplomatica in caso di un conflitto mediterraneo. Quindi era l'Italia, quella meno forte tra le potenze occidentali, che poteva subire degli attacchi da Ankara, certamente memore delle invadenze italiane e occidentali in genere; una capitale re-

4 G-55 R 48: il Pmmernoria consta di 14 cartelle molto dense. Il Jocwnento è stato pubblicato integralmente da M.G.Pasqualini, Il L1:11ante .. . cit, dnc. 11. 115, p. 600 e ss. '5 11 Di Giorgio, Generale cli Corpo d'Armata, eletto deputato, resse il Ministero deHa Guerra dal 50 aprile del 1924 al 4 aprile 1925, quando si dimise, soprattutto per contrasti con Mussolini, sul nuovo ordinamento dell'Esercito che stava pre-

parando. <,

Interessante il giudizio che diede Tommaso Gandini in una conferenza sul tema

l Crtrabìnieri Rertli nel Mediterrrmeo Orientale e particolr1rmente nelle isole itd!ùme dell'Egeo, da lui tenuta il 18 aprile del 1931 nel Circolo Ufficiali della Legione Allievi Carabinieri, in Roma. Il testo della conferenza è stato pubblicato nel 1935: vi è scritto che l'ocwpaz ione (dell'Anatolia) durò pochi armi e politicamentt, non servì a nulla: non fu per noi un Jine, né valre m me pegno, perché dall'Anatolia tornammo a mani vuote, la.ràandovi delle tombe e, wme .rem/1re ed mmnque, tielle .rtrade, rn.rtate non pochi mi-

lioni ... una critica particolarmente forte, se si ricorda il periodo politico nel quale fu fatta.


Do<lecaneso italiano. Riorganizzazione della forza 1924-1925. Si mira all'Anatolia

_W.2.

cente, desiderosa di ottenere nuovi successi bellici, quali quelli ottenuti con i greci, per dimostrare a livello internazionale la sua forza, peraltro già saggiata con le negoziazioni per il trattato <li Losanna; quindi, nell'analisi militare, la Forza Armata doveva tenersi pronta nel caso si rendesse necessaria una nuova azione <li contrasto. Inoltre la situazione in Turchia sembrava ancora instahi le per i numerosi problemi, anche sociali, <la risolvere; le strutture del nuovo stato potevano collassare improvvisamente e certamente le altre potenze europee non avrebbero mancato cli approfittarne. Era chiara la rivalità per l'egemonia politica nel Mediterraneo, in particolare proprio nel bacino orientale, avendo quello occidentale raggiunto quella che veniva ritenuta una maggiore stabilità. Era altresì evidente come a livello internazionale vi fosse il reale (e giusto, si può dire a posteriori) timore di un imperialismo italiano rivolto al Levante, anche per la ben nota necessità di espansione dell'Italia oltre i confini, a causa del grande aumento demografìco e dell'insufficienza <lei suolo italiano per dare lavoro e quindi alimentare una popolazione costantemente in sviluppo. L'Italia però - gli estensori del promemoria facevano questa considerazione - aveva già nel settore <lei Mediterraneo orientale una buona posizione strategica, con la triangolazione Augusta-Rodi-Tohruk che, secondo l'opinione del tempo, avrebbe assicurato possibilità di manovra migliori di quella relativa a Malta-Cipro-Giaffa, in mano agli inglesi, o della linea francese Biserta-Beirut. Non ci si nascondeva però che questa, che veniva ritenuta una superiorità strategica, poteva essere neutralizzata da parte degli avversari con un eventuale uso delle basi navali di Atene, che non gradiva un tÙteriore rafforzamento della posizione italiana in quel settore che era tra l'altro Ji grande interesse per i greci, nella loro secolare lotta con i turchi. Qualsiasi gesto di forza italiano in Oriente sarebbe stato molto temuto, e di conseguenza contrastato, come era successo con il bombardamento di Corfì:1, effettuato in seguito all'uccisione <lei generale Tellini 7 nell'agosto del 1923: la forte reazione di Inghilterra e Francia all'episodio,

7

V. sopra.


J_Q{2______

L'Esercito Italiano nel Dodecaneso 1912-1943 ___________

volta anche a far pressioni sul governo dì Roma perché abbandonasse il Dodecaneso, dimostrava che qualsiasi movimento dell'Italia nel settore orientale veniva non solo temuto, ma anche decisamente impedito. Lo scoppio di un nuovo conflitto con i turchi avrebbe sicuramente determinato, secondo l'opinione degli analisti militari, una profonda osti! ità da parte delle altre potenze: i turchi, approfìttando di questa situazione, avrebbero opposto una lunga resistenza, sicuri del mancato intervento europeo a fianco dell'assalitrice. D'altra parte però, nel Proml!'moria lo Staro Maggiore scriveva a chiare lettere che in quel momento le forze armate italiane erano in gra-

ve crisi: per assicurare le dotazioni necessarie a mobilitare solo venti divisioni, sarebbero occorsi mezzi finanziari che il bi!cmào della Guerra aveva potuto avere solo in parte. Pertanto _per una eventuale azione contro la Turchia non si poteva contare in quel momento che su quelle venti divisioni, le quali tra l'altro non erano nemmeno completamente equipaggiate 8_

8

E' interessante riportare i passi fìnali di questa analisi della situazione politico militare, anche se non riguard ano strettamente il Dod ecancso: ..... .sc1rebbe perciò estremamente /1ericolwo affrontare una sihtazione nella q11ale, qu,zndo .fouimo im/1egn,1ti oltrellktre, dovt(Bimo temtre arm/1liwzùmi sulle noJtre.frontiere o nei nostri mari. Le vcJ.razioni, le limitazioni e le imposizioni che dovemm() .rIJbire durante l,t g11erm libict.t, ed i gittsti timori che allom ci i.1/1irò il contegno di un11 alleata, devono ru.wre ricordati, J1erché in àno.rtanze analoghe potrebbero rijwoduni .fatti rum diJJirrti!i.

Consegue de1 tutto ciò che 1ma spedizione militare in Oriente non f/1/trehhe e.uere intmprrua, se non am l't.tùtto diretto o indiretto, o q11t.tntomeno con l'assistenza manif e.!la (ed all'omwrenza attiva), di una grande potenza rt1editerr,me,i: non /1erò della sola RuSJia, il mi favore, /1rezioso in qtt,mto f1rebbe manec,re ai Tttnhi una larxa .fimte di aiuti e di rifornimenti, non basterebbe J1enì t1 nezttmlizwre il pericolo di eventt;a!i minacce fmnce.ri o inglesi.

L-1 Frcmcia, J1er la sua Jituazione, potrebbe ben.rifarci sentire /1iù direttmnente dell'lnghiltei-ra , il /1e.ro dellt.t suct ostilità, ma il stto frvore invece non ba.rterehhe, /or.re, t1 amtrobilcmcìare 1ma o.rtilità iny,lere: /1eràò la sit111nione politic,, pitì fatVorwo!e ad r.tna no.rtra azione nel Mediterraneo orientale .rarebbe quella in wi /}(}teuimo contare stttl'ctf!poggio dell(j potenw militare ed ewnomicct del/et G·r,m Bret,1gnc1. Non 11umcano intere.ui inKlesi antit1mhi che /JOssono eJJl'Ye bt1se di 1J.n simile ,mordo: e non manca !et possibilità di accordare ,~li intere.ui meditl'Yranei cldl'lnghilterrd con i nostri, in q11,mto entrambi JÌ /10SJono riass11rnere nella siwrezza di transito auraver.rn questo mare.


Dodccancso italiano. Riorganizwzione della fomi. 1924-12l5. Si mira all'Anarolia _ ,207

Il Promemoria prosegue con una articolata analisi <lel problema militare nel caso di una guerra ad oltranza, nella condotta di una azione prevalentemente navale cd aerea, <li una occupazione con obbiettivi limitati e a carattere dimostrativo, tra i quali anche uno sbarco in Anatolia; nel qual caso l'esame andava limitato alle coste sud occidentali, cioè a quelle regioni per le qual i esistevano già delle precedenti affermazioni di principio diplomatiche e di carattere militare. Si temeva, a buon diritto, che un attacco più ad Oriente potesse inutilmente urtare suscettibilità francesi. Inoltre si aveva già una più che discreta conoscenza del territorio, che avrebbe sicuramente agevolato l'azione. Lo scopo di una eventuale spedizione contro la Turchia poteva essere la definitiva imposizione della volontà italiana per avere una influenza politica ed economica e dei presidi militari su quelle terre: l'obbiettivo poteva essere raggiunto o con una azione bellica ad oltranza o mediante una azione militare limitata, con carattere di pressione, e con una azione esclusivamente navale o aerea. La prima ipotesi, una guerra a oltranza con la Turchia, non veniva considerata possibile, con la limitazione a solamente venti divisioni mobilizzabili: la Turchia avrebbe potuto schierarne altrettante. Anche ammessa questa generica superiorità, la possibilità di mantenerla era strettamente subordinata ad 1,ma complessa organizzazione di traJporti mtJrittimi, sempre gravosi e aleatori ...... : dunque il problema della logistica era assai importante e grave nel caso specifico, tale da poter cancellare un eventuale posizione vantaggiosa nel numero <li unità disponibili. Quella che veniva, a ragione, considerata una ferrea limitazione dei trasporti incideva ancor di più mano a mano che si penetrava nell'interno, in modo tale <la rendere un esercito occidentale svantaggiato rispetto a quello turco: era proprio il 'moderno' equipaggiamento degli eserciti occidentali a richiedere numerosi mezzi di trasporto. senza i quali i 'moderni' mezzi <li assalto non potevano seguire le truppe ed essere impiegati, costituendo quasi più un ingombro che una utilità. Quindi una spedizione che potesse avere qualche sicura possibilità di ottenere risultati concreti doveva poter obbligare i turchi ad accetta-


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re !'11rto tattico decisivo in una zona costiera in cui la padronanza del rnare e la piena diJjlonibilitr.ì di tutte le forze e di t!Jtti i rnezzi assicuravano all'Italia la pii:1 ampia possibilità di successo. Le azioni che venivano prefìgurate come possibili andavano da una dimostrazione navale al blocco o all'occupazione <li qualche isola, a bombardamenti navali e aerei. Solo però un sistematico bombardamento di Smirne e dei maggiori centri ferroviari della regione, partendo dalla base di Lero avrebbero potuto portare un risultato di una certa importanza, sempre che le forze armate italiane si fossero limitate a operazioni in zone non coperte dalla neutralità degli Stretti sancita dal trattato di Losanna; se invece non si teneva conto di questo importante fattore politico-strategico, e fosse stata violata quella neutralità, anche con azioni marittime e aeree, gli ostacoli maggiori sarebbero sorti proprio neg li stati neutrali, <lecisamente ostacolati nei loro traffici attraverso gli Stretti. E quin<li le operazioni cliffìcilmente avrebbero potuto essere prolungate e la reazione contraria dei neutrali sarebbe stato un ulteriore elemento per incoraggiare la resistenza turca. Fra le operazioni che avrebbero potuto avere una forte pressione e essere una reale minaccia poteva essere annoverata l'occupazione delle isole di Imbro e Tenedo, alle quali i turchi avevano così tanto tenuto durante le trattative per la pace di Losanna: queste potevano rappresentare un serio pericolo per la sicurezza territoriale dell'Anatolia, se fosse stata costituita in queste due isole una base aerea dalla quale poter bombardare Costantinopoli e altri importanti centri turchi militari navali e civili: ma queste due isole, possibili e appetibili obbiettivi militari e navali, erano state dichiarate zone neutralizzate nel trattato <li Losanna. Il non rispetto della neutralità poteva comportare alleanze pericolose e altrettanto pericolose conseguenze. Esclusa la possibilità militare di occupare lmbro e Tenedo, una azione eseguita solamente con mezzi aerei e navali incontrava non poche difficoltà diplomatiche e non avrebbe comunque raggiunto l'efficacia richiesta per far desistere i turchi da] loro atteggiamento cli resisteriza o di attacco al possedimento del Dodecaneso: solo bombardamenti ripetuti portati dall'isola di Lero e dalle isole di Imbro e Tenedo avrebbero sortito qualche risultato.


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Se si accettava l'idea di operazioni cli questo tipo, l'Esercito avrebbe dovuto partecipare solamente fornendo le truppe occorrenti a presidiare le due isole e a difendere il Doclecaoeso. Infatti, io questo quadro di attacco alla repubblica di Kemal Ataturk, non poteva essere esclusa una reazione dei turchi contro l'arcipelago, proprio a causa della grande vicinanza del possedimento alla terraferma: azioni di disturbo o di attacco avrebbero potuto probabilmente essere portate da bande irregolari avvezze alla guerriglia. Contro questo tipo di reazione poteva essere efficace una vigilanza esercitata dalla Marina e dall'Aeronautica oltre a prevedere un rinforzo della difesa tt::rrestre; il presidio che in quel momento vi era, cioè un reggimento sul piede di pace, per di più molto frazionato, per come era stato dislocato, non sarebbe stato assolutamente efficace per la difesa. Peraltro si poteva anche pensare a un colpo di mano dei turchi che avrebbe poi giustifìcato diplomaticamente una reazione italiana con l'invio di eventuali rinforzi nel Dodecaneso e con qualsiasi altra operazione in quel settore orientale. Era però evidente che sarebbe stato quasi impossibile fornire ad ogni isola dell'arcipelago un efficace presidio a difesa; probabilmente sarebbe stato sufficiente rinforzare i soli presidi di Rodi, Lero, Coo, Calino, Simi e Cascelrosso e costituire un nucleo mobile di intervento, capace di intervenire in qualsiasi parte del Possedimento e reprimere qualsiasi tentativo di occupazione da parte dei turchi, anche se inizialmente riuscito. Concetti questi ripresi successivamente nell'elaborazione dei vari Piani di Difesa del Possedimento. 11 Promemoria riteneva che una sola divisione, anche se con effettivi non completi e con artiglieria ridotta, sarebbe stata sufficiente allo scopo; e anche la presenza di un ulteriore reggimento per l'eventuale occupazione di Tmbro e Tenendo poteva essere sufficiente. Considerato dunque che una operazione solamente navale non avrebbe avuto un risultato sicuro e cioè l'accettazione da parte della Turchia delle condizioni eventualmente imposte dagli italiani, era necessario studiare e disporre una operazione terrestre, in partenza da Rodi o la Lero, che, pur proponendosi obbiettivi militari limitati e non difficilmente ra,ggùmgibiti, potesse esercitare sull'avversario sttffiàente pressione. J;operazione da studiare era evidentemente uno sbarco in


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Anatolia, trascurando le coste del Mar di Marmara e del Mar Nero, che erano protette in realtà dai termini del trattato di Losanna, e limitando l'esame delle possibilità alla costa sud-occidentale, dove in tempi passati si era parlato di possibili zone di influenza italiane. Smirne, la città che l'Italia aveva cercato di avere prima e durante la guerra mondiale, poteva essere un obbiettivo e un j,ep;no di grande importanza, ma di difficile conquista, per una sicura forte resistenza turca; inoltre lo sforzo militare necessario avrebbe eliminato il carattere voluto di occupazione lirnitaJa e dirrtostre1tiva. Adalia presentava certamente minori difficoltà e poteva essere raggiunta navigando in un mare più libero e meno insidioso dell'arci pelago greco. Forse perè> l'occupazione di Adalia non sarebbe riuscita ad imporre ai turchi una soluzione del conflitto: una eventuale resistenza passiva avrebbe costretto le truppe italiane alla necessità di condurre ulteriore gravose occupazioni che sarebbero comunque state poco redditizie. TI possesso dell'isola di Castelrosso non era sufficiente a far considerare utile uno sbarco sulla costa della Licia, Lma zona che presentava gli stessi svantaggi di Adalia: era cioè isolata in una zona aspra e montagnosa, con poche strade e nessuna o quasi ferrovia. Le difficoltà di una occupazione in quella zona sarebbero state aggravate dalla mancanza <li un centro popolato, anche piccolo, al quale fare riferimento, essendo gli altri centri abitati dcli' Asia Minore a grandi distanze. Quindi gli estensori dello studio vedevano i maggiori vantaggi provenire da uno sbarco sulle coste della Caria, cioè in quella regione che fronteggiava il Dodccaneso e che con due promontori si interponeva fra le isole, permettendo così alle forze italiane di operare in un mare libero. Inoltre si poteva anche presumere che in caso di instabilità interna, un attacco al Dodecaneso potesse provenire proprio dalle coste della Caria: quindi una eventuale occupazione di questa zona poteva ufficialmente avere un carattere di rni.rura J1recauzionale e d~fensiva, consentendo un reale vantaggio in campo militare e forse in seguito anche in campo diplomatico. Lo Stato Maggiore indicava poi la possibilità concreta di poter con-


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tare su un effetto sorpresa qualora fosse stato effettuato lo sbarco in Caria, perché, a termini del trattato di San Giovanni di Moriana, peraltro non onorato, l'Italia aspirava alla zona di Smirne. Inoltre i presidi turchi erano lontani e l'afflusso di eventuali truppe di Ankara sarebbe stato ostacolato proprio dalla mancanza di ferrovie; quindi probabilmente l'unica resistenza da attendersi era quella di bande locali irregolari. Altro elemento che rafforzava l'ipotesi di uno sbarco in Caria era, oltre alla natura dei lunghi, l'appoggio effìcace che poteva dare la Regia Marina e quindi si poteva mantenere l'occupazione terrestre con forze non molto ingenti e, ancora una volta, con carattere di pegno, per esercitare sui turchi una sufficiente forma di pressione e in ogni modo s11periore a qttanto potrebbe indicare !o scarso valore politico, emnomico e derrtografiw dei lnoghi e sttf,eriore a q11,:mto si poteva sperare dall'occupazione di Adalia. Allo stesso tempo, in caso di necessità di una pressione ancora pii:t forte, i centri nevralgici di Aidin e Smirne erano facilmente raggiungibili dalla Caria per la minore distanza e la relativa minore asprezza dei luoghi, anche se tutta la zona mancava di strade carrozzabili, o comunque utili. Quindi !a vicinr.mza de! Dodecaneso dava non pochi vantaggi tattici e Jpecia!mente !o,gistici per preferire senza problemi uno sbarco in Ca1·ia: In conclttsione sembrava si potesse affermare che l'operazione che presentava minori incognite e meno gravi diffìcoltrì, e che consentiva i mi,~liori risttltato, fosse quella att11ata mn forze e obbiettivi limitati, e con carattere perciò di pressione, di dimostrazione e di intimidrnione, ma non di vere, e Jwopria ~ffensiva, per mezzo di uno sbarco in Caria. Sulla sorpresa dell'operazione, però lo Stato Maggiore non si faceva illusioni perché i soli provvedimenti necessari al reperimento dei pirnscafì necessari per la spedizione, pur se suddivisi in vari porti, avrebbero svelato le intenzioni italiane. Anche l'invio di truppe necessarie alla difesa del Possedimento avrebbero di molto ridotto l'effetto sorpresa, ma la scelta del momento di attaccare poteva ancora consentire qualche piccolo vantaggio. Doveva pertanto essere esclusa la possibilità di concentrare, prima dell'attacco, il Corpo di Spedizione nel Dodecaneso, ma si doveva partire da porti italiani e nel minor tempo possibile, per dare poco


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tempo ai soliti informatori, che, resisi conto di movimenti eccezionali nei porti metropolitani, avessero riferito le loro dedm:ioni ai corrispondenti governi. Se prima dello scoppio del conflitto i presidi del Dodecaneso fossero stati rinforzati come previsto, il convoglio che Joveva giungere dall'Italia doveva essere preceduto <la pochi battaglioni: questi, partendo dalle isole pii:t vicine alla costa anatolica, avrebbero <lovuto costi tuire delle teste di ponte con dei colpi di mano sulla terraferma; analoga azione avrebbero potuto effettuare alcuni reparti di quelle truppe coloniali, che fossero state raccolte nella rada di Tobruk, precedendone l'arrivo. In particolare le zone che si prevedeva dovessero essere occupate erano quelle di Cnido per intero e di Alicarnasso, limitatamente alla parte occidentale, per difendere la località principale di Budrum . Lo sbarco Joveva avvenire in piÌl punti delle due penisole e le basi di sbarco dovevano essere costituite una a Budrum e l'altra a Marmaritza (Marmarice). Una volta effettuata l'occupazione, per mantenerla si ritenevano necessarie due divisioni, una per promontorio: la divisione inviata per presidiare il Dodecaneso poteva essere tenuta di riserva, mentre una quarta divisione avrebbe Jovuta essere concentrata nei porti metropolitani, pronta a partire in caso di necessità. L'occupazione delle due penisole avrebbe consentito la protezione del Dodecaneso e avrebbe anche conseguito risultati efficaci di pressione sui turchi. Oltre ai due centri designati sarebbe stata utile l'occupazione della località di Giova che dominava il fondo del golfo interposto tra le due penisole, occupazione che sarebbe stata opportuno fare fin dall'inizio delle operazioni. Gli elementi necessari al successo di questa operazione e al suo mantenimento erano dati proprio clal la viàncmza e dalla sicurezza della ba.re del Dodecaneso in quanto le due penisole erano difese e appoggiate da entrambe le parti dal mare, con l'efficace concorso della Regia Marina. Qualora poi le esigenze politiche, Jiplomatiche e militari avessero reso necessario un ampliamento delle operazioni le basi di Budrum e Marmaritza erano proprio quelle che potevano consentire tma eJjJansione a m,rJCchia d'olio sul territorio, procedimento che con minor rischio si poteva adottare in qtteste operazioni semicoloniali (esem-


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pio la conq11ista marocchina da pctrte dei francesi). Il lungo promemoria termina con un dettagliato studio della preparazione della spedizione come progetto di mobilitazione speciale rispondente all'eventualità cli dover inviare rin_fòrzi in nna Colonia o comnnque oltremctre senztt compromettere una eventnale mobilitazione ,generale dell'Esercito. A questo punto venivano le note più dolenti in quanto per l'attuazione del progetto occorrevano i fondi necessari per WJtitnire le dotazioni richieste di m,1teriali. Il progetto studiato permetteva comunque una certa flessibilità, in base alle strategie scelte, e consisteva principalmente nel consentire l'impiego sia della totalità delle forze mobilitabili (4 divisioni) sia di una parte di essa. Una volta preparato il progetto di mobilitazione, era evidente che nel Dodecaneso occorreva costituire una base di riserva calcolata in dicci eiornak, anche se il rifornimento delle teste di ponte dello sbarco non sarebbe stato effettuato dalla quella base, ma direttamente dalla madrepatria, per evitare i costi ingenti e le perdite derivanti da un doppio sistema <li sbarco e imbarco. La funzione della base di riserva del Dodccaneso, nel periodo successivo alla prima fase, era <li assicurare una continuità per quei casi in cui il servizio dei rifornimenti dalla madrepatria avesse dovuto subire interruzioni o fosse divenuto comunque irregolare. N ella base Jd Dodecaneso avrebbero trovato opportuna sede gli ospedali e i deposi ti <li materiali ingombranti o pericolosi. Seguiva poi una previsione, ancorché sommaria, delle unità di trasporto necessarie: per una divisione si calcolava fossero necessari da 25 a 27 piroscafi e per il corpo d'armata, di due divisioni, da 60 a 65; questo numero di piroscafì doveva essere requisito nel giro di cinque giorni, mentre per l'allestimento si dovevano contare almeno dieci giorni. Quindi la spedizione, effettuata la mobilitazione che non richiedeva certamente piì:1 di quel tempo, poteva essere pronta a salpare in quindici giorni dal momento dell'ordine di mobilitazione. Se poi già i presidi del Dodecaneso fossero stati rinforzati con una divisione, il resto del Corpo di Spedizione poteva partire in un'unica soluzione; se invece non fosse stata fatta preventivamente questa operazione, la terza divisione, considerata di riserva, avrebbe potuto raggiungere i luoghi d'operazione a distanza di alcuni giorni.


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L'imharco del Corpo di Spedizione poteva avvenire in tutti i porti tirrenici e jonici adatti allo scopo, formando d,ei convoP,li, su indicazione delta Regia Marina, secondo le sue esigenze tattiche.

Tn seguito a questo promemoria forano avviati gli studi per la mobilitazione in caso di conflitto con la Turchia per proteggere il Dodecaneso e per far desistere il nemico da altre azioni e poter imporre le condizioni di cessazione delle ostilità, l'avvio alla elaborazione dei Piani di Difesa. L'effettiva lontananza dal territorio metropolitano e le difficoltà per raggi ungerlo rendevano il Dodccaneso una posizione occupata, in linea teorica, molto strategica, ma assai poco comoda. Gli studi relativi alla mobilitazione interessante il 9 ° Reggimento furono integralmente compiuti presso il deposito di Barletta, che prese anche in carico tutta la Jocumentazione relativa, a causa ckl le difficoltà di poterla inviare a Rodi, anche per ovvie ragioni di mantenimento di una certa, se non totale, riservatezza. Insomma, per il trasporto documenti, il Dodecaneso, tanto bramato, era pur sempre di cornple.rso raP,,~itmgimento. Nel gennaio del 1925 il Comando del Corpo d'Armata di Bari chiedeva allo Stato Maggiore Centrale 9 di voler far conoscere le decisioni riguardo al 9 ° Reggimento fanteria in caso di mobilitazione generale e cioè se il Reggimento sarebbe rimasto sul posto, a Rodi, ricevendo dal Deposito di Barletta i complementi necessari per assumere la formazione di guerra o se invece avesse dovuto rientrare in patria, sempre alla sede di Barletta. Nella prima ipotesi, e cioè che il 9 ° fosse rimasto a Rodi, il Comando chiedeva se avesse dovuto pertanto predisporre la costituzione di un 9° reggimento bis, presso lo stesso deposito. Inoltre veniva chiesto se <lovevano essere inviati al Comando del 9° i documenti di carattere riservato e riservati.r.rirno: la spedizione di Jocumenti e la permanenza degli stessi in terre lontane poteva risultare essere sempre potenziai mente pericolosa. Lo Stato Maggiore era d'avviso che nel caso di mobilitazione gene-

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rale il 9° Reggimento sarebbe dovuto restare a Rodi e attendere i complementi: <li conseguenza bisognava predisporre per la mobilitazione completa della Divisione al la quale apparteneva il 9°, in territorio metropolitano. Lo Stato Maggiore lasciava poi al Comando <li Reggimento il compito di studiare la/le formazioni più convenienti e <li farne stato in una proposta. Per quanto poi riguardava l'invio <li documentazione concernente la mobilitazione, si potevano inviare solo i documenti considerati riservati mentre per quelli di carattere riservatiSJùno bisognava decidere caso per caso, escludendo comunque dalla trasmissione quelli che si riferivano direttamente all'ipotesi di mobilitazione generale e che avessero comunque attinenza con questo problema. 11 Comando del Corpo d'Armata di Bari propose allo Stato Maggiore, sentito il Comando della Divisione <li Bari e il Comando dei Presidi del Dodecaneso che in caso di mobilitazione generale il 9° fanteria dovesse appunto rimanere a Rodi e assumere formazione analoga a quella prevista per il reggimento di fanteria someggiato, nella terza ipotesi ( e cioè effettivi non ridotti) della mobilitazione cl'Olttemare (zona montuosa), con una unica variante, di essere costituito cioè su quattro battaglioni, anziché tre. Per fare questa proposta gli organi proponenti avevano considerato che non dovesse essere previsto un impi ego del reggimento fuori del territorio dell'arcipelago: senza entrare nel merito di discussioni di ordine strategico, e cioè:, astraendosi dalle possibili combinazioni di alleanze delle potenze presenti nel Mediterraneo, sempre che le comunicazioni con la madrepatria rimanessero possibili e libere, doveva esserci la possibilità di mantenere presidiate e difese tutte le isole, compresa Castelrosso; in caso contrario la difesa si sarebbe dovuta limitare alle più importanti, cioè Rodi, Lero, Coo e Calimno. Tutto questo era proposto avendo tenuto conto del terreno e delle condizioni della viabilità locale in modo <la permettere frazionamento e mobilità dei reparti, tanto in caso di servizio per il mantenimento dell'ordine interno, quanto per la difesa del territorio. Vi era poi il problema, sempre <li complessa soluzione, della 'mobilitazione dei quadrupedi': ma su questo punto la situazione sembrava migliore. TI Comando <lei Presidi valutava che le risorse delle iso-


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le sarebbero state sufficienti per fornire gli animali necessari per la formazione proposta, senza invii ulteriori Jalla madrepatria. Il Promemoria sulla eventuale utopica operazione in Asia Minore, aveva però posto dei primi quesiti sui problemi che si potevano presentare e su come difendere le isole, e soprattutto quali. Lo Stato Maggiore Generale, prima cli decidere in merito alla proposta fatta dagli altri Comandi, soprattutto relativamente al punto riguardante l'abbandono delle isole minori, in caso che i collegamenti con la madrepatria venissero interrotti, chiese su questo punto, nel giugno del 1925, un parere all'Ufficio di Stato Maggiore della Marina, responsabile dei trasporti da e per l'Italia. li 23 giugno arrivò la risposta dell'Ammiraglio Acton, Capo di Stato Maggiore 10, segnalando che le isole ritenute <li maggiore importanza dal punto di vista delle operazioni marittime erano Lero e Stampalia, motivando ampiamente questa valutazione. A Lero vi era l'ancoraggio ottimo <li Portolago, che doveva essere considerato come la base delle unità navali dislocate nel Dodecaneso e che, in vista di questa possibilità, era già stato fortificato per una difesa (con due batterie da 120/45 e due batterie a.a. e a .s.) e anche dal punto di vista logistico era stato approntato l'ancoraggio con un bacino galleggiante, un deposito combustibili e accessori. L'isola di Stampalia era già stata utilizzata come base di appoggio della flotta italiana già durante la guerra libica e possedeva ottimi ancoraggi, in special modo quello di Maltezzana, che risultava assai utile e idoneo come base di siluranti e piccoli navigli: nello studio per l'approntamento della difesa dell'isola erano state previste una batteria da 120/4'5 e 4 batterie di piccolo calibro navale a.a. Era altresì ovvio che l'isola di Rodi era la più importante dal punto di vista politico, ma aveva un porto limitatissimo che poteva far attraccare solo piccole unità navali: a parere di Acton, il nemico poteva cercare <li occuparla solo per motivi di carattere morale e politico. Certamente doveva essere contrastato il conseguimento di quell'obbiettivo proprio dall'azione di forze navali dislocate a Lero e a St,im-

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palia: per la sua importanza primaria dunque Rodi doveva essere difesa, affinché il possesso dell'isola potesse essere sempre assicurato. Per quanto riguardava poi Coo e CaJimno, continuava Acton, queste isolette non avevano certo una grande importanza dal punto di vista delle operazioni marittime, ma erano molto vicine a Lero; quindi si doveva esaminare la possibilità di mantenere presidi di difesa per evitare una occupazione da parte turca, che avrebbe messo in difficoltà la nostra base di Lero. Bisognava inoltre ricordare che gli abitanti di Calimno erano tutti greci e decisamente contrari all'Italia, mentre gli abitanti Coo erano per metà greci e per metà turchi. Inoltre quell'isola era una delle più fertili dell'arcipelago e il suo possesso poteva garantire rifornimenti alimentari. L'isola di Castel rosso rappresentava la punta più avanzata verso il Levante, soprattutto poteva essere utile per il controllo del traffìco, mercantile, quello lecito che collegava Suez con le coste italiane e quello di contrabban<lo verso le coste turche. Quindi Castelrosso in teoria poteva assumere una particolare importanza per la sua posizione geografica, che poteva essere più o meno sfruttata a seconda dell'orientamento politico delle alleanze che si fossero formate in seguito ad un conflitto italo-turco; pertanto i presidi in quell'isola dovevano essere mantenuti. Tutte le altre isole del Dodecaneso non nominate avevano scarsa importanza ai fini delle operazioni marittime. Così terminava la risposta riservatissima personale a Badoglio, il quale annotava a margine del la lettera con una matita un suo commento un po' sarcastico: Sta bene. Salvo gli scogli tutto è importante. Parlarmene. Il 30 giugno 1925 lo Stato Maggiore rispondeva al Comando d'Armata <li Bari circa il 9° reggimento fanteria di stanza a Rodi, che la formazione proposta <lal Comando dello stesso reggimento veniva approvata. Inoltre lo Stato Maggiore concordava con l'idea <li mantenere presidiate le isole del Dodecaneso compreso Castelrosso, nel caso in cui fossero rimaste libere tutte le comunicazioni marittime con la ma<lrepatria. In caso contrario, invece in accordo con lo Stato Maggiore della Marina, si riteneva che convenisse limitare l'occupazione alle isole di Rodi, Lero e Stampalia, che risultavano importanti non solo da un punto <li vista morale e politico, per Rodi, e dal punto di vista <lelle ope-


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razioni marittime, per le altre due. In subordine, a seconda di come si sarebbero orientate le potenze europee nelle loro alleanze, l'occupazione poteva essere estesa a11e isole di Coo, Calimno e Castelrosso 11 . Nel settembre <lei 1925, però, si iniziò a pensare anche a<l una possibile riduzione del presidio <lei Dodecaneso: quesfo Stato Maxgiore deve rajJjwesentare come a fc1vore dei/a conservazione di un presidio a.r.rai forte nel Dod.ecane.w, non vi sono più né ragioni militari né ragioni politiche ... 1 2 . I1 fantasma di una possibile azione in Asia Minore era completamente svanito e le previsioni militari erano di una assoluta calma nel Possedimento. Tn realtà la difesa delle isole era basata sulla Regia Marina e sull'azione <lei mezzi navali. Un presidio a terra si poteva giustificare solamente per l'isola <li Rodi per ragioni di opportunità, di immagine, più che per ragioni di carattere operativo. Per le altre isole, obiettivamente di dimensioni piuttosto minime, se il Governatore lo avesse indicato come necessario, le stesse forze presenti a Rodi avrebbero potuto fornire dei piccoli distaccamenti a Coo e Calimno. Per quanto riguardava l'ordine pubblico, apparentemente assai calmo, nelle isole minori, erano sufficienti quei Corpi Armati, a tale .rcojJo istitt.titi, cioè i RR.CC e la R" (;'A di Pinanzct, eia.ramo nel campo d.elle proJ,rie attribuzioni. Anche lo Stato Maggiore della Marina aveva fatto saper di non avere nulla in contrario a1la soppressione dei presidi di Coo e Calimno. Non solo Esercito e Marina concordavano sulla riduzione, ma anche lo stesso Ministero degli Esteri, che precedentemente aveva chiesto con forza i presidi, aveva dichiarato essere a quella data (fine 1925) totalmenfe cessate, le ragioni politiche che avevano fatto insistere per un aumento della presenza militare nel Dodecaneso. Era stato avviato il Governo civile del Possedimento: con Regio Decreto Legge del 15 ottobre 1925, n. 1854 l 3 era stato acquisita la cit-

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F1 R283, 50.6.1.925. Firmò la cornu11ica7.ionc il colonnello C:apo Ufficio OrJi11arnento e Mobilitazione, Alberto Pariani. 12

F4 R 283, 19.9.192 5.

13 Gazzetta Uflìciale 1925, n. 258.


____ DoJecaneso italiano. Riorganizza~~2ne Jella forza 1921-1925. Si mira all'Anatoli!!..__ll~.

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tadinanza iì:alia,_n a·diSJt"'a:bit.~nti ~§Lno<lecanesò ·!11 b~~e t llt;,d i_:,jos i~ zièìhi del 'Tratbito di losanifa, ~ntrato in piena applk~Z:iòùè · t?Oèhi giorni pri1~l 14 . Lafigura del G-ove;nacore riuniva in.sé ti:i'tr4}(:frunzioni\:lviJi e an~he, ~lèune .m~lJtafié q uali quel la a<l esempidd(:Òchia'mare dal COllg<xio <lue·~piµ èla._ ssf~h militari in forza al Cornapdo dei Presidi del Dodecaneso pcr:{;ì'g°~ii'.le di ordine pubblico 15 . Spettava ad esempio al Governatore stabilire il giorno <li presentazione dei richiamati e dare tutte le disposizioni relative alla mobilitazione. TI Possedimento era oggetto di interesse anche da parte dei parlamentari del Regno. 11 Capo cli Gabinetto del Ministro degli Esteri Paulucci de' Calboli Barone , inviava allo Stato Maggiore nel novembre del 1926 copia di una relazione dcll'On. Acerbo in occasione di una sua visita nelle isole, con alcune considerazioni sulla base navale e sull'aeroporto di Lero, con le quali si invitavano le autorità militari a terminare i lavori <li messa in efficienza delle due basi. Nulla sembrava turbare la dolcezza <li vita delle isole do<lecanesinc. Tra il 1 ° maggio del 1926 e il 1° marzo del 1927 questa fu la dislocazione della forza massima e minima presente a Rodi:

14 V. sopra. l5 F4 R28 3: Aggiunte e varùmti alla wpia della circolare n. 570 del Ministero della GtJerra in dt1tr1 1O trUtl(l(ÙJ 1926 - in consegna cd comando dei Pre.,idi militari del Dodmme.rn (compilate dal Comandi! del Corf)() d'!\rmata di Bari, tn seguito dl disjJr.iccio n. 7R76 del 251411926 d.el Corrumdo del Corpo di Stato Mctggiore - Uffià o Mobilit,J.zione: di trattava ùi aggiungere dopo il n. 13 della circolare le Disposizioni JjJeciali J1er il richiamo dei mi!itttri in con}!,edo re.ridenti nelle ilo/e dell'Egeo .


220

L'Esercito Italiano nel Dr!!l.~<!.-'""'1e=so'-'IL..2o.=12'-' -1'"'"94.e.3'---- - ~

~

località

Fanteria massim a

Fanteria mmuna

C:C.RR.

Finanza

RODI (città)

1131

508

62

48

Altre località dell'isola Isola di RODI

---

---

73

30

1134

508

135

78

coo

325

121

15

10

AN'rIMACHJA

---

---

5

6

SCARPAN'l'O

29

19

5

---

---

---

---

10

CAUNO

144

45

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SIMI

32

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CAS'l'ELIWSSO

10

11

)

---

LERO

7

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CASO

---

---

4

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PISCOPI

---

---

5

---

NISIIW

---

---

5

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PATMO

4

2

5

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STAMPALIA

---

---

5

---

CALCHI

---

- --

5

---

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---

5

---

551 "1685

232

104

740

239

55 127

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Rodi

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MJ,;SSOCORIO (Scarpanto)

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Totale isole Totale generale

-

16 I4R65. Totale della forza massima: 20_51 unità Totale della forza minima: 1106 tmità

16 P4 R283.

-

-


Dodcrnneso it!!lli!u2.Jlicirganizzazione della forza 1924:J.9]5. Si mira all'Anatolia

221

E' interessante vedere come effettivamente l'Esercito fosse dislocato a Rodi e in parte a Coo, lasciando in molti altri casi la cura ciel presidio a Carabinieri Reali e alla Regia Guardia di Finanza. Nel 1927 la popolazione cotale dell'arcipelago era di circa 110.000 abitanti. Rodi con una superficie di 1.427 chilometri aveva circa 40.000 abitanti tra greci, turchi, armeni cd ebrei. La capitale, Rodi, aveva una popolazione di 16.153 unità . Per la sua ubica:òone era lo scalo delle linee di navigazione tra l'Anatolia, le Cicladi e Creta da una parte e dall'altra tra il Mar Nero, la Siria e l' Egitto. Coo aveva 15.010 abitanti per metà greci e per metà turchi, dei quali ottomila nella capitale: era tra le isole più fertili dell'arcipelago. Calimno ne aveva 14.000 (11.000 concentrati nella capitale), tutti greci e ostili all'Italia. li resto degli abitanti era diviso fra le varie piccole isole 17 . Nel 1927, nonostante una certa riduzione degli effettivi, continuavano gli studi relativi alla possibilità <li rinforzo della guarnigione del Dodecaneso, facendo l'ipotesi di un conflitto nel quale fosse stato prevedibile l'intervento di Grecia e Turchia, in qualità di nemici 18 : questa considerazione discendeva dal fatto che queste due nazioni erano le uniche a poter eventualmente effettuare uno sbarco in forze sull'arcipelago, in concorso peraltro con altri stati. Gli studi escludevano la possibilità di una spedizione francese, a meno che non partisse dalla Siria: questa possibilità veniva ritenuta dagli Uffici dello Stato Maggiore non proponibile nella situazione di quel momento. Non veniva tenuta in considerazione l'ipotesi di un conflitto italo-inglese, data fa superiorità navale inglese, ampiamente riconosciuta. Le principali ipotesi sulle quali lavorarono gli Uffici nel 1927 furono dunque a) l'Italia contro la Francia e suoi possibili alleati; b) l'I-

17

Simi: 7.9:"',7; Scarpanto: 6.85 3; Lero: 3.993; N isirn: 3.158; Castel rosso: 3.000; Patmo: 2.546; Caso: 1.760; Starnpalia: 1.365; Piscopi: 1.158; I.ipso: 561; Calchi: 150. 18

P4 R28",, Nota .rulle Isole dell'Egeo - Marzo 7')27 del Comando del Corpo di Stato Maggiore - Ufficio Operazioni.


2__22 _____ _ _ __,[='E=s=er=cito ]tal iano nel Dodecaneso l 912~ I-'942 3'---- - -- ~

talia contro l'Austria e la G-ermania e i loro probabili alleati. Non venne presa in considerazione l'idea di un conflitto isolato contro la Grecia o contro la Turchia: in un caso del genere le isole dell'arcipelago avrebbero acquistato una funzione di grande importanza poiché sarebbero state la base logistica avanzata italiana. In un caso del genere era evidente che il problema sarebbe stato molto più complesso, ma paradossalmente la sua soluzione avrebbe potuto essere affrontata con iltlta facilità e senza le restrizioni che è necessario fare nelle altre ij)()tesi, trattandosi di un conflitto bilaterale, per il quale probabilmente Francia e Inghilterra sarebbero rimaste a guardare. Nell'ipotesi di un conflitto contro la Francia, il problema veniva ritenuto della massima gravità, soprattutto dal punto di vista navale, anche per l'eventuale invio di rinforzi: i convogli infatti avrebbero dovuto essere scortati da unità della Regia Marina, che in un periodo di conflitto antifrancese, aveva numerosi altri compiti da svolgere della massima imjlortcmza ai fini strategici. Per poter rifornire il Dodecaneso, occorreva prevedere trasporti eseguiti con grande rapidità eventualmente prima dell'apertura delle ostilità, evitando speciali misure di protezione, per non gravare sulla Marina. Nell'ipotesi invece di un conflitto contro la Germania, si riteneva che l'assenza di 1,1.na importante marina avversaria rendeva di facile .roluzione il problema in qualsiasi periodo del conflitto. Per questa ragione si prevedeva di affidare la protezione dell'arcipelago integralmente alla Marina che risultava libera da altri gravosi impegni. fatte queste considerazioni, lo Stato Maggiore era nell'ordine di idee che un presidio doveva servire solamente per l'ordine interno ed era importante contro eventuali colpi di mano, ritenendo la presenza della Marina sufficiente per contrastare eventuali operazioni di sbarchi nemici: non si pensava infatti alla possibilità di una spedizione di sorpresa in fo rze, considerando la scarsità di porti agibili. Solo Lero e Stampalia infatti erano dei porti capaci di ospitare grandi unità da guerra; le altre isole, compreso il porto di Rodi, potevano dare rifugio solo a piccole unità navali. Una pronta mobilitazione delle truppe destinate al Dodecaneso s'imponeva nell'ipotesi del conflitto con la Francia, avendo un valore relativo nella seconda ipotesi, conflitto con la Germania. Il pro-


Dodccancso italiano. llior_g!!_r_ij_:qazione della forza 1921-1925. Si mira all'.Anatolia

lli

blema in sintesi riguardava soprattutto il lato logistico, cioè il trasporto dei rinforzi in correlazione e coordinazione con gli altri compiti che la Regia Marina sarebbe stata chiamata compiere: doveva ovviamente essere inquadrato e graduato, in ordine di Ùrtjiortanza, riJjiettu a tutti gli altri fàttori del problema generale. Per attuare delle previsioni, bisognava tenere in conto che la for:.rn complessiva di presidio dell'Egeo nei rispettivi periodi cli massima e di minima risultava essere stabilita nel modo seguente:

F.Massirna Carabinieri Fanteria Guardia di Finanza Totale

F. Minima

230

230

1.68'5

740

120

120

2.035

1.090

La Regia Marina aveva a Portolago (Lero) la base delle unità dislocate nel Dodecaneso e delle difese già pronte: due batterie da 120/45 e due batterie a.a. e a.s., nonché prevedeva l'uso in caso cli guerra, del porto di Maltezzana (Stampalia) come base di siluranti e <li piccolo naviglio e l'armamento di una batteria <la 120/45 e di 4 batterie di piccolo calibro con funzione costiera e a.a. Prendendo come ipotesi uno sbarco in forza francese, era evidente che il presidio esistente non aveva alcuna possibilità di difendere l'arcipelago. I provvedimenti <la prendere, secondo lo Staro Maggiore, dovevano riguardare soprattutto la I imi razione della difesa alle isole di maggiore consistenza abbandonando le isole minori. Dal punto cli vista marittimo rimaneva assodato che le piì1 importanti erano Lero, Stampalia e Castelrosso. Lero era stata già attrezzata dalla Marina sia per la difesa sia per quanto riguardava i problemi logistici (bacino galleggiante, deposito combustibili, etc.). Stampalia durante la guerra libica era divenuta un punto di appoggio per la flotta italiana e possedeva degli ancoraggi <li ottimo livello, utilizzati all'epoca, in particolare modo, nel porto di Maltczzana che veniva considerato idoneo anche come base per i siluranti. Quindi lero e Stampalia avevano una importanza strategica soprattutto dal punto di vista navale: pertanto la loro protezione doveva es-


=2=2_,4~------=L'=Es,,,,e""rc=ito,.,___._,It,, al"iau,g_nel " Dodecancso 1912-19li3

sere compito esclusivo della Regia Marina che prevedeva, in caso <li conflitto, di tenervi un presidio di circa 700 uomini. Castel rosso da parte sua rappresentava i I punto più avanzato verso l,evante, strategicamente utile per sorvegliare le linee di traffico che collegavano Suez con le coste italiane. Anche Castel rosso aveva dunque una importanza esclusivamente marittima e quindi per la sua difesa era competente solo la Regia Marina che poteva giudicare le necessità con la dovuta correttezza. Castelrosso dunque era appannaggio esclusivo dei marinai. Rodi era l'isola maggiore per estensione e per numero di abitanti, ma soprattutto aveva una enorme importanza dal punto storico e politico. Infatti 11110 a quando il dominio di Rodi fosse stato in mano degli italiani, in eventuali trattative di pace, non sarebbe stato possibile non tenere conto della presenza italiana nell'isola maggiore e quindi sarebbe stato diffìcile per altre potenze poter affacciare il diritto di possesso dell'arcipelago. Quindi Rodi doveva essere difesa con la maggior quantità di forze possibili. Coo e Calimno avevano una relativa importanza perché vicine alla base di Lero e per la loro posizione rispetto all'Asia Minore. Questa considerazione sarebbe poi mutata negli Trenta, alla vigilia del secondo conflitto mondiale (v.sotto). Tutto comunque ruotava sempre attorno alla possibilità che le comunicazioni marittime con la madrepatria potessero rimanere libere: lo Stato Maggiore riteneva che il problema della difesa del Dodecaneso fosse essenzialmente un problema marittimo, e non terrestre. Qualora invece le comunicazioni non fossero rimaste libere, occorreva limitare la difesa per quanto riguardava la Marina a Lcro e Stampalia; per quanto era di competenza dell'Esercito, a Rodi ed eventualmente solo Coo e Calimno. Da queste valutazioni ne discendeva come proposta che dei quattro battaglioni previsti, convenisse dislocarne tre a Rodi, e uno a Coo e Calimno (dove peraltro era già dislocato in tempo di pace). Il concetto preminente era che in caso di mancanza di comunicazioni marittime, non conveniva sparpagliare la forza in piccoli presidi, che sarebbero stati esposti a cattura, facilmente, senza portare in questo caso un serio contributo alla difesa dell'arcipelago.


~

- -Dn<leraneso italiano. Riorganizzazione della forza 1921-1925. Si mira all'Anatolia

2l5._

Il progetto <li mobilitazione per la difesa prevedeva la formazione di un reggimento di fanteria someggiato su 4 battaglioni. Era previsto anche un reparto presi<liario a Rodi. Tn qualsiasi ipotesi non erano previsti aumenti per le forze di polizia (Carabinieri e Guardia <li Fi nanza). Nel qua<lro generale del la messa a punto del processo di mobilitazione, fu poi ritenuto opportuno che i militari in congedo rcsidcnti in Asia Minore, Siria e Palestina e nelle isole di Candia e Cipro venissero assegnati, ai quei fini, ai reparti dislocaci nell'Egeo. Gli clementi italiani già sul posto e quelli che fossero venuti dalle località sopra citate sarebbero stati inquadrati nei due battaglioni cli presidio nell'Egeo. Successivamente ai numeri previsti, si aggiunsero anche gli italiani del territorio di giurisdizione del Regio Consolato di Alessandria d'Egitto 19. In particolare <.lovevano tutti affluire a Rodi, presso il Comando Presidi del Dodecaneso. Per quanto riguardava le unità dell'Aeronautica, in un secondo tempo 20 fu deciso che, al lo scopo di rinforzare gli effettivi di quella Arma, all'atto <lella mobilitazione le disposizioni <late <lue anni prima dovevano venire modificate nel senso che quei militari in congedo (sottuflìciali e truppa, sia che avessero prestato servizio in unità <lell' Aeronautica, sia che avessero prestato servizio in unità di aviazione e dirig ibilisti dell'Esercito) dovevano affluire al presidio di Rodi. Qui dovevano essere costituite tutte le dotazioni necessarie per la mobilitazione di quei reparti e immagazzinate, perché l'isola non sarebbe stata, nei piani, abbandonata in quahiasi ipotesi 21 . Tn patria la mobilitazione di tre battaglioni sarebbe avvenuta presso il deposito del 9° Fanteria: questi reparti avrebbero potuto formare il 3° Reggimento della Divisione Ji Bari, nel caso che per la disponibilità di mezzi navali, la difesa del Dodecaneso potesse essere quasi integralmente basata sull'azione della Marina e il presidio avrebbe pertanto assunto principalmente funzioni di ordine interno, oppure avrebbe19

F4 R28 3, 27.4.1928.

20

LlO R117, 2.6.1930.

21

P4 R283, 4.4.1927

e

23 .9.1927.


226

L'Esercito Italiano nel Dodecaneso 1212-124:$ _______

ro potuto essere inviati a rinforzo dei presidi delle isole, e in questo caso si sarebbe costituito nell'Egeo un Comando militare con alle sue dipendenze 5 battaglioni. Tn questa ipotesi la Divisione di Bari avrebbe potuto essere mobilitata per le operazioni in teatro su due reggimenti. ln conclusione, il problema del mantenimento e della conseguente difesa del Dodecaneso era <li interesse generale perché ovviamente non riguardava solo il possesso fìsico delle isole, ma aveva una stretta correlazione con le possibilità espansionistiche italiane nel! ' Asia Minore, non ancora del tutto abbandonate, almeno negli studi di fattibilità. Quindi occorreva sempre assicurare la Jifesa delle isole maggiori in quanto erano quelle che avrebbero garantito il nostro diritto di possesso_, in q11anto rum si Jmò in alcun modo ammettere /r1 possibilitcì di unr,1. l'1Jacuazione comjJ!eta che avrebbe portato all'immediata occupazione dell'arcipelago da parte di un'altra nazione. La difesa del Dodecaneso doveva essere basata essenzialmente sull'azione dei me7.7.i navali, sulla considerazione, come si è visco, che uno sbarco in forze di nazioni nemiche avrebbe richiesto numeri e mezzi ingenti, considerata la mancanza <li adeguati attracchi. Qualora la Marina avesse potuto disporre dei mezzi necessari, avrebbe avuto la possibilità di sventare qualsiasi eventuale sorpresa nemica. Un reparto di idroaviazione si sarebbe reso assai utile per la difesa delle isole 2 2 . Anche nella ipotesi cli un conflitto con la G-ermania, peraltro ipotesi non peregrina in quegli anni, un reparto di idrovolanti sarebbe stato estremamente utile. In questo tipo di conflitto, quindi le forze lli terra avrebbero avuto un ruolo esclusivamente <li mantenimento dell'ordine interno. Non sarebbe stata pertanto necessaria una rapida mobilitazione con un veloce invio di rinforzi terrestri e soprattutto di clementi giovani che invece avrebbero potuto essere meglio utilizzati su una frontiera terrestre. Nel caso di conflitto tedesco, si riteneva potcs!;cro essere inviate nel

:n Su questo problema cfr. 1-1 R 65, luglio 1927.


Do<lecaneso italiano. Rio~!!!.1I!!:~i2ne della forw 1924-1925. Si mira all'Anatolia

227

Dodecaneso classi anziane a completamento della forza presente. In questo caso quindi conveniva prevedere una maggiore forza di polizia, sia Carabinieri sia Guar<lia <li Finanza, nelle isole minori. Nel caso invece <li conflitto francese 2 3, l'invio rapido di rinforzi era assolutamente necessario e con forze fresche. li presidio, nell'entità considerate di forza massima, poteva bastare solo ad una parziale garanzia di difesa delle isole, ma d'altra parte all'inizio <li un conflitto non si potevano distaccare numerose forze dal territorio metropolitano, per non considerare poi le difficoltà economiche generali della condotta della guerra.

23 Cfr. I 4 R 65, 12.7.1929 foglio 2991 del Corpo cli Stato Maggiore sulla circostanza che solo la Francia avrebbe potuto avere interesse ad attaccare le isole dell'Egeo.



2.2. la definizione della funzione militare del Dodecaneso e i primi studi per la conseguente organizzazione della difesa del Possedimento 1929-1931.

e

on lo sviluppo della politica estera italiana, in senso decisamente coloniale e imperialista e il suo forte interesse per il bacino del Mediterraneo orientale, nel quadro di alleanze che si andava delineando, il problema <lella <lifesa delle isole Jell'Egeo, divenne sempre più attuale, essendo il Dodecaneso considerato un punto strategico di grande importanza. Non fu però facile la 'distribuzione' dei compiti fra le tre Armi, considerando le esigenze di ciascuna e le idee in proposito formulate dal Governatore civile del Possedimento, che guardava più al lato immagine e prestigio della presenza italiana, che alle vere esigenze della difesa, in caso di attacco. Le prime decisioni definitive riguardo la difesa furono prese solo nel 1932, dopo circa tre anni <li riunioni, studi e proposte. Infatti, fìn dai primi mesi del 1929, il Ministero della Guerra (Gabinetto, Ufrìcio Coordinamento), di concerto con il Ministero degli Esteri , cui spettava la competenza politica e amministrativa sul Possedimento, stava lavorando a studi d i una certa complessità per arrivare a delineare e definire la questione, una volta risolto il più pressante problema organizzativo deJla eventuale mobilitazione in caso di guerra, anche per quanto riguardava quel territorio oltremare. Nel giugno di quell'anno il Comando del Corpo d 'Armata territoriale di Bari aveva chiesto al Comando del Corpo di Stato Maggiore quali direttive avesse a impartirgli per quanto riguardava lo studio della difesa delle Isole Italiane dell'Egeo e allo stesso tempo aveva chiesto di conoscere se e quali studi erano stati facci dalla Marina e dall'Aeronautica. Quasi contemporaneamente gli Stati Maggiori della Marina e dell'Aeronautica venivano invitaci dal dicastero della Guerra a fornire il loro punto cl i vista sulla questione 1 . 1

LlO R 117, 12.7 .1929, Comando dd Corpo di Sraro Maggiore, Ufficio Opera-

zioni, 4" sezione.


fEsercito Italiano nel Dodecaneso 1912-1913

L'Aeronautica rispose 2 che al momento (luglio 1929) nessuno studio particolare era stato compiuto per quanto riguardava la difesa dell'Egeo; all'apertura di eventuali ostilità era prevista la dislocazione nel Dodecaneso della sola 185a squadriglia già di stanza a Lero. La Marina diede una risposta più articolata 3, segnalando che aveva degli studi in corso, basati su due ipotesi di guerra, la prima contro la Jugoslavia e la secon<la contro la .Francia e la Jugoslavia. Dal punto di vista navale, le differenze fra le due ipotesi erano minime e quin<li si riteneva che non interessassero particolarmente lo scacchiere del Dodecaneso e la conseguente dislocazione <lelle forze della Marina Per tct!e motivo, in entrctmbe le ipotesi considerate, all'apertura delle ostilità le Forze Navali saranno dislocate in modo da opporsi a qualsiasi incursione del nemico sia dal Mediterraneo occidentale, attraverso il Canale di Sicilia, verso il lv1editerraneo orientale e l'Adriatico verso il Mediterraneo orientale. Nell'attuazione di tale concetto risiedeva il ma,~f!,ior contributo che lrJ Marina intendeva dare alla difesa del Dodecane.ro. La Marina riteneva <li inviare, all'atto della mobilitazione e in considerazione delle forze limitatissime che le1 divisione ne1vale [francese} del Levante aveva in E,geo in tempo di pace, una forza navale composta, almeno nei primi tempi, da una squadriglia di cacciatorpediniere con qualche incrociatore ausiliario. La base di questa forza navale sarebbe stata Lero. Le unità navali avrebbero avuto il compito di esercitare il diritto di visita sui piroscafi allo scopo di intercettare l'arrivo del contrabbando di guerra verso Salonicco e negli Stretti. In un secondo tempo, quella dell'Egeo sarebbe stata aumentata con quelle forze non assorbite dalla spedizione in Albania, anche per proteggere i I tra[fìco mercantile italiano verso l'Oriente. La Marina riteneva che il compito principale di una forza navale nell'Egeo fosse quello <li sorveglianza e <li difesa del traffico, ma si impegnava a cooperare alla difesa del territorio, se le circostanze lo avessero richiesto. Per quanto poi riguardava la difesa a terra, la Marina intendeva urga-

2

L1O R 117, 24.7.1929, Jall'Uflìcio <li Stato Maggiore della Regia Aeronautica.

3 LlO Rl 17, 31.7.1929, dall'Ufficio ciel Capo cli Stato Maggiore della Regia Marina.


____ Defìnizione della funzione mi litare e srndi per la difesa del Dodccancso. 1929-193 l

2'.;, 1

nizzare la base <li Portolago in modo che potesse costituire un sicuro luogo di appoggio e di rifornimento per la forza navale operante in quel mare. Dal numero <lei personale previsto (150 marinai in tempo di pace e quasi 900 in caso di guerra), risultava chiaro che le forze a terra della Marina erano ritenute appena sufficienti per il disimpegno dei compiti .rpeàalizz,1ti e lolali loro affidati e pertanto non poteva farsi alcun 1,1,ffidamento su di loro per i compici di difesa mobili nelle isole compiti lhe dovrehhero essere disimpegnati dalle tmj1J1e del R. Rsercito. Dalle risposte dei due Stati Maggiori era risultata evidente l'importanza dell'isola <li Lero, che era chiaramente destinata a costituire la base delle forze navali italiane e aeronautiche dislocate nell'Egeo, soprattutto in vista del conflitto prossimo venturo, del quale già si parlava a chiare note dagli addetti ai lavori, ma che per il momento non veniva previsto prevalente in quel settore. In seguito a quanto sottolineato da quegli Stati Maggiori, il Mini stro della Guerra, su proposta del Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, generale Alberto Donzani 4 , aveva deciso di trasferire a Lero fìn dal tempo di pace, il battaglione dislocato fino a quel momento a Coo, ivi lasciando eventualmente una sola compagnia, e di completare la sezione cannoni da 65/17 <lei 9° fanteria, dando il via alle necessarie pratiche di concertazione per il trasferimento con il Ministero degli Esteri, responsabile dell'organizzazione sul cerricorio 5 . Ed è a questo punto che iniziano alcune discrepanze sull'organizzazione della difesa delle isole tra l'amministrazione civile e quella militare, che porteranno a<l un notevole rallentamento delle decisioni da prendere su quali isole difendere e come. La questione verrà risolta, anche se con altri problemi, con la nomina del quadrumviro De Vecchi di Val Cismon a Governatore civile e militare del Possedimento nel 1936 (v.sotto). Infatti nel gennaio del 1930, il trasferimento, deciso almeno sulla carta, l'anno prima dal Ministro della Guerra, non era ancora avve-

4 Alberto I3onzani fu Capo di Stato Maggiore dell'Esercito dal 4 febbraio 1929 al 1° ottobn: 1934, quando gli successe foedcrico Baisrrocchi. 5 LlO Rll7, foglio n. 2991 del 12.7.1929.


232

___ !:Esercito Italiano nel Dudecaneso 1912-1943 _______________ _

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nuto, perché il governatore Lago 6 , in seguito alla richiesta di un suo parere in generale sulla difesa delle isole, a lui sollecitata Ja Roma 7 , aveva sollevato alcune difficoltà di ordine politico, con alcuni risvolti per la logistica, alla decisione del trasferimento <la Coo del battaglione: in una lettera 8 egli aveva rappresentato con forza la necessità <li mantenere un presidio fisso dell'Esercito a Coo, dove si preswne-

6

Mario L,go fu Governatore dal 1923 al 1936, quando fu sostituito dal '<1ua-

drumviro', Cesare Maria De Vecchi di Val Cismon. 7

LlO Rll 7, richiesta di parere del 20.10.1929.

8

LlO R 117, copia del tcl.sso n. 25 59:, 7, 13.11.1929.


Defìnìzione della funzione milìtare e studi per la ditèsa del Do<lecaneso. 1929-1931

233

va che vi sarebbero stati investimenti italiani in attività produttive agricole; quindi, a suo giudizio, per motivi di opportunità politica e di facilitazioni logistiche, Coo doveva essere presidiata. Proponeva invece la costituzione di un Corpo Speciale per la difesa <li Lero: sosteneva questa sua richiesta ricordando che Lero era deputata ad accogliere uno 'stormo' e ad avere oltre 400 avieri di stanza; per non calcolare che la sistemazione definitiva della base navale avrebbe comportato la presenza fissa cli 150-200 marinai. Era ovvio che la ragione militare superava a Lero la ragione poliJico-.rnciale, ma in realtà nelle considerazioni del Governatore la 'ragion militare' veniva considerata con l'occhio di chi ha solamente una visione parziale e locale del problema e non ha di fronte l'intera situazione generale. Il Ministero degli Esteri concordò, come sempre, con quanto espresso dal Governatore e se ne fece portavoce. Il Ministero della G·uerra aveva allora risposto a quello degli Esteri che, p11r apprezzr.mdo le considerazioni fatte, osservava che l'importanza militare del!'isola di Lero per la difesa del Dodecaneso (in tutto simile a quella delle nostre localitcì di conjìne soggette a colpi di mano)9 rendeva indispensabile la costituzione in Lero <li un presidio dell'Esercito, subordinando, se del caso, le esigenze di carattere politico locale a quelle di carattere strettamente militare. La situazione era nota: a Lero la Regia Marina si stava rafforzando, mentre la Regia Aeronautica non prevedeva per il momento alcun rinforzo alla 185a squadriglia già presente. Pertanto Bonzani aveva <li nuovo dato l'ordine di trasferimento del battaglione da Coo a Lero 10 . A questa risposta, il Ministero degli Esteri aveva <li nuovo interpellato il governatore Lago, il quale, ribadendo le proprie convinzioni, aveva chiesto una riunione in occasione di una sua prossima visita a Roma, per meglio definire la questione L1 .

'> 1.10 Rll7. 10

LlO R 177 , foglio 121 del 17.2.1930.

11 I.I.OR 11.7, copia di lettera del Governatore Lago 23. 1.1930. Nella lettera Lago aveva fatto anche riferì mento alla popolazione di Lero, simm e diJàjJ/inata, che non aveva alcun spirito militare e non avrebbe potuto dare alcun aiuto.


L'Esercito Italiano nel Dodccancso 1912-1913

Venne richiesto il parere del Comando del Corpo di Stato Maggiore in relazione alla richiesta avanzata dal Ministro degli Esteri, che aveva fatto ancora Lma volta sue le osservazioni del proprio rappresen tante in loco di soprassiedere a qualsiasi decisione, in attesa della visita a Roma del Governatore. Il Comando aveva risposto appoggiando ancora una volta le decisioni già prese dal Ministero della Guerra, anche se non avevano avuto corso: così che quest'ultimo, con l'ulteriore avallo deg li addetti ,Ù lavori, aveva insistito con gli Esteri per l'attua:àone di quei provvedimenti, cioè l'approvazione dello spostamento del b attaglione di Coo a Lero, fin dal tempo di pace. 11 problema che veniva posto Jal Ministero Jclla G·uerra a quello degli Esteri, era quello di sempre: quali isole rafforzare, su quali isole basare il nucleo cent rale della difesa, di Lllla difesa che si presentava obbiettivamente complessa. Queste diffìcoltà erano ben chiare ai Capi di Stato Maggiore che si erano succeduti nelle vai-ie Armi e al Ministero della Guerra: il Possedimento era obbiettivamente lontano e una ddk necessità piì"1 importanti era soprattutto quella di mantenere libere le comunicazioni marittime con il territorio metropolitano: nulla poteva essere fatto se queste venivano interrotte. Nel frattempo, come operativamente richiesto, alla fine di gennaio del 1930, il Comando Divisione di Bari, il Comando d ei Presidi di Rodi e il Comando Marina, dopo approfonditi studi, avevano redatto un progetto di massima che necessitava comunque un incont ro diretto fra tutti gli interessati, per mettere a fuoco le necessità e soprattutto, nelle parole dello stesso Governatore, per procedere ad uno scamhio di vedute ri.wlutive, considerate le sue perplessità in m erito soprattutto all'isola di Coo. Si trattava in buona sostanza di prendere delle fondamentali decisioni, se seguire cioè gli imperativi di opportunità politica e di immagine o se preparare con razionalità militare strategica e tattica la difesa delle Isole, cercando di contemperare le due esigenze, ambedue di gran momento, ma delle quali una era intesa prevalente, quella militare. Il Comando del Corpo di Stato Maggiore, nonostante alcune perplessità sulla dilazione di momenti operativi, decise di aderire alla richiesta di riunione dal Governatore, anche se nutriva poche speran-


Defìnizinne <lella funzione militare e studi per la ditesa del Dodecaneso. 1929-1931

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ze sui risultati della stessa, vista più che altro come il tentativo di procrastinare ogni deci sione al riguardo; decisione che invece iniziava a imporsi 12 . Mentre si attendeva la venuta a Roma del Governatore, il Comando del Corpo di Stato Maggiore era teso a coordinare gli sforzi propri e degli altri Stati Maggiori per meglio impostare gli studi per la difesa del Dodccancso e presentare al Capo <li Stato Maggiore Generale un piano generale e armonizzato. Nell'aprile del 1930 lo Stato Maggiore dell'Aeronautica faceva presente la decisione presa e cioè che in tempo di guerra era prevista nel!' Egeo, oltre alla dislocazione permanente della 185a squadriglia di idroricognizione, anche quella eventuale di una squadriglia da bombardamento marittimo e di una di idrocaccia, che sarebbero state di h:L~c~ a Portolagn , appunto nell'isola di Lero. In questa località erano già in atto lavori per la costruzione di tre hangar e di una caserma per 25 0-300 uomini , di officine e quegli altri immobili necessari alla operatività delle squadriglie. Gli uomini che la Regia Aeronautica pensava <li stabilire a P ortolago sarebbero stati adibiti a lavori di manutenzione del materiale aeronautico e pertanto su d i essi non si poteva far conto per la difesa dell'isola contro eventuali tentativi di sbarco. Per respingerli, l'azione principale sarebbe stata condotta dall'aviazione 13_ In una ulteriore lettera quello Stato Maggiore confermava di aver stabilito che in caso di guerra avrebbe dislocato, oltre la forza già presente, una squadriglia da caccia e una da bombardamento, ribadendo però con forza che il personale della Reg ia Aeronautica presente sarebbe stato impegnato totalmente da quelli che erano gli speciali compiti aeronatJtici 14 . 12

L 1 O R l 1 7, com mento a maLita in marg ine al Promemoria per S. E. il C(I/JO di Sta-

to Maggiore, del 3 gennaio 1930, non vedo q11ct!i ris11!tf.lti J1oss,1 ,,mere l,1 ritmione. firevistr.t, .. {illeggibile] /Jarrrti che sia soltanto un mezzo J1er Jm1ff,irtin,ire una del'Ùione. Comzmcp,e .rarehhe opportuno sapere qnando ,1vrà ÙJOf!,O venuta di S.E. Lago a l?oma e dirgli che non stia a parlare con r.mtorit,ì territorit,li ltì, 11/t,/, ne fwrli con C,4,i S. M. 1 I 1.1 O R 1 17, pmt.

11.

1703 del 28.4.1930.

H LlO Rll 7, nota 29.10.1930,

Promtrnorir,/, per S.E. il Ministro dellt, G'uerrtt.


236

L'Esercito Italiano nel Dodccaneso 1912-1943

Anche la Regia Marina aveva ribadito a) l'importanza della base di Lero, ma aveva aggiunto anche quella di Stampalia e b) la necessità di avere comunque delle truppe dell'Esercito per una sicura difesa contro sbarchi nemici. In caso cli guerra, sarebbe stata dislocata nell'Egeo una forza navale con compito principale di sorveglianza e difesa del traffico navale e con quello secondario cli concorrere alla difesa del Dodecaneso. La base <li Porcolago sarebbe stata organizzata in modo da costituire un sicuro luogo di appoggio e di rifornimento, ma per tale organizzazione la Marina aveva fatto presente <li non poter disporre di elementi da adibirsi alla difesa mobile da terra e pertanto aveva chiesto che questo compito fosse assicurato dall'Esercito. Il Comando <lei Corpo di Stato Maggiore nel luglio del 1930 diede alcune istruzioni chiave al Comando di Bari, in attesa che potessero essere diramate direttive particolari per la compilazione di un completo progetto di difesa: e cioè che gli studi <la fare al riguardo dovevano comunque venire inquadrati, e conseguentemente limitati, all'ipotesi di una guerra contemporanea contro Francia e Yugoslavia con l'Inghilterra, la Grecia e la Turchia neutrali, per proteggere le isole più importanti, in particolare Rodi e Lero: una antica ipotesi operativa che era stata espressa da Badoglio già nel 1925 15. Alla fine cli settembre 1930 era già chiaro che non vi erano dubbi sulla necessità di assicurate con ogni mezzo la difesa di Lero e di di staccarvi per questo scopo un reparto dell'Esercito, tanto più in considerazione del facto che la zona si prestava a sbarchi nemici, soprattutto nella baia di Parteni 16, a nord dell'isola, dove non era stato possibile dislocare elementi della Aeronautica e della Marina, anche perché tutte le forze delle due Armi erano state stanziate nella baia di Portolago, che era nella parte meridionale dell'isola: si trova infatti a sud-ovest dell'isola e<l era stata scelta come sede della base na-

15 O. Bovio,

Storia dell'E.wrcito Italiano-1861-1990, Roma 1996, p. 261 e ss.

16 I.a baia di Parteni si trova a nord delrisola, chiusa da un isolotro che la nasconde al mare; é una baia ottima, riparata Jai venti con ottimi frmdali e ancoraggi ed era considerata da un puncn di vista militare una buona località Ji sosta e di sbarco.


_ _ _Qtl'!!!.i~ione della funzione mili tare e studi per la difesa del Oodernneso. l 9~ :J.9-i]___2 3 7

vale e di quella aeronautica per la sua sicurezza, profondità di fondali e limitata ampiezza della imboccatura. Questa proposta, maturata nel corso della collazione dei singoli scudi provenienti dagli Stati Maggiori, fu avanzata ufficialmente nella riunione del 22 ottobre 1930, riunione che secondo i pii:1 che accurati verbali dell'epoca, venne tenuta nel salone antistante l'Ufficio del Capo di Stato Maggiore Generale. Badoglio richiamò l'attenzione dei presemi sull'importanza di una corretta dislocazione delle forze nelle isole dell'Egeo e fece riferimento alle difficoltà che si erano manifestate per trasferire a Lero il battaglione <li stanza a Coo: quindi sollecitava le autorità presenti a voler predisporre comunque un piano per trasportare rapidamente ,Ù momento della necessità quegli uomini da Coo a Lero. L'ammiraglio Valli , Capo di Stato Maggiore della Marina, ricordò nell'occasione che per i trasporti mi li tari non erano presenti molti mezzi navali nel Possedimento e quindi nel caso si sarebbe dovuto far ricorso a qualcuno dei piroscafì italiani delle linee commerciali che erano sempre presenti nel Mediterraneo orientale, così come alle unità navali, tra le quali anche alcuni incrociatori ausiliari, che erano destinati al Dodecaneso nel caso di mobilitazione Così in analogia con quanto era stato fatto per l'isola d'Elba interritorio metropolitano, il generale Bonzani propose che anche l'isola di Lero, o meglio, che tutte le isole italiane del!' Egeo fossero dichiarate zona di preminente interesse marittimo in modo che fosse l'Ufficio di Stato Maggiore della Marina l'Ente incaricato di organizzarne la difesa a seconda delle sue necessità navali. Ribadì però la sua opinione che il battaglione cli stanza a Coo dovesse essere trasportato a Lero già in tempo di pace, senza attendere una eventuale emergenza 17 . Lo Stato Maggiore Generale non aveva nulla in contrario ad accogliere il suggerimento di Bonzani 18 e i presenti rimasero d'incesa che l'Egeo italiano divenisse zona m.m. (cioè cli preminente interesse marittimo).

17

UO R 117.

18 HlO Rl.


E8 _____ _

L'Esercito Italiano nel Dodecaneso 19-12-1 ~{L


Definizione della funzione militar~_\'.5!!~!~r la Ji(esa <lei Do<lecaneso. 1929-1931

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Gli studi relativi alla difesa di quelle isole procedevano con variazioni, ipotesi etc, ma in realtà non venivano prese nuove decisioni o attuate quelle precedenti. Nell'aprile dell'anno seguente, 1931, nel corso di una sua visita al Ministro della Guerra, generale Pietro Gazzera, il governatore Lago aveva richiamato l'attenzione dello stesso


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sull'organizzazione militare delle isole dell'Egeo. Ben sapendo che per il momento non vi potevano essere variazioni per quanto riguardava le forze terrestri (e cioè un Coman<lo <li reggimento e un battaglione a Rodi; un battaglione a Coo), a causa delle ristrettezze finanziarie, il <liplomatico espresse una sua impressione, e cioè che in realtà Marina e Aeronautica non procedessero nella loro organizzazione con una certa armonia di indirizzo l 9 e che anche l'Esercito non si coordinasse con le altre Forze così come sarebbe stato auspicabile 20 . E naturalmente tornò sull'argomento del trasferimento del battaglione da Coo a Lero, che per lui era assolutamente non attuabile, quasi che l'argomento fosse divenuto un punto d'onore del suo prestigio personale <li Governatore. Il problema del battaglione di Coo era parte di un altro problema più complesso: in realtà il reggimento di fanteria dislocato nell'Egeo era parte organica, come sopra ricordato, della Divisione di Bari e solo una notevole mancanza di fondi aveva impedito, almeno a quanto dichiarato dagli uffìci competenti, di costituire, come progettato, un nuovo reggimento destinato a mantenere al completo la Divisione stessa e di trasformare quello di Rodi, in un reggimento con organico allargato, che avrebbe potuto permettere agevolmente di mantenere a Coo il battaglione richiesto. Il Ministro della Guerra non ritenne di dover porcare l'incera questione all'attenzione del Capo del Governo, ma <li doverne discutere con Badoglio, per il quale fu preparato un circostanziato promemoria, in margine al quale lo stesso Badoglio scrisse un illum inante commento a matita La.~o vorrebbe un Esercito! Me ne ha già parlato, invitando l'estensore del promemoria, il colonnello Marras, a raccogliere dati e informazioni sulla questione del trasferimento, che era divenuta quasi più importante di tutto il problema globale <li difesa del Possedimento. Tanto che nel maggio seguente Bonzani, per politica di collaborazione e appeasernent, decise di lasciare in tempo di

I 9 Cli-. I 4 R 65, Promemoria per S. E. ìl Capo di Stato Ma1;1;iore Generale cld 16.4.1931.

20

14 R 65, PromemoriaperS.E. i! Capo di Stato Ma1;1;iore Genertde dd 25.6.1931.


Definizione della funzione militare e scudi per la difesa del Dodecaneso. 1929-1931

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pace il battaglione a Coo, fermo restando che all'atto della mobilitazione sarebbe stato trasportato a Lero, come aveva previsto la Marina: solo una compagnia sarebbe rimasta nell'isola. Nel giugno 1931 una bozza di studio per l'organizzazione militare Jelle isole italiane Jell'Egeo, da sottoporre ai vertici delle Forze Armate era stata predisposta in tutta la sua interezza dagli Uffici Operazioni. Si trattava ovviamente di arrivare a Je!ìnire, prima di tutto, yuale poteva e doveva essere la funzione militare del Possedimento, in caso di guerra: a questo punto sarebbe stato possibile proceJere a<l organizzare militarmente l'isola in base alla funzione militare concordata. Di conseguenza ne sarebbero discese le direttive necessarie per le tre Forze Armate in modo da coordinare armonicamente gli aj,prestamenti.

Due erano state le questioni che erano già state sottoposte all'attenzione e alle decisioni Ji Ba<loglio. La prima, <li gran<le importanza, riguardava quale autorità dovesse esercitare il comando militare delle isole in tempo di guerra. Poiché vi era stata già prece<lentemente una intesa di massima sul fatto che le isole erano di preminente interesse marittimo, il Capo di Stato Maggiore Generale, in pieno accor<lo con gli altri Capi di Stato Maggiore delle singole Armi, aveva deciso che il Comando sarebbe stato affidato alla Marina. La proposta di trasferire a Lero il battaglione dislocato a Coo era stata defìnitivamente accantonata, anche perché Lago aveva continuato a far pressioni in merito, avvalendosi anche di una situazione logistica che prevedeva la costruzione della caserma per questo battaglione: il manufatto era già in stato avanzato. Ribadiva inoltre le consuete ragioni politiche e <li opportunità per il mantenimento a Coo di un presidio. La Marina peraltro aveva continuato ad assicurare che non sarebbe stato molto complicato trasferire in caso di guerra il battaglione da Coo a Lero e yuindi era stata presa la decisione di soprassiedere al previsto trasferimento e di attuarlo al momento in cui fosse assolutamente necessario, accettando, anche se con molte perplessità, le argomentazioni del Governatore del Possedimento. In realtà la Regia Marina aveva scarso personale su Lero e anche l' Aeronautica disponeva di personale limitato, proprio nell'isola che era l'elemento militare più importante di tutto il Posse<limento. L'isola,


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I:Escrcito Italiano nel Dodecaneso 1912-1913

al momento della formulazione delle ipotesi di lavoro, era presidiata in modo assolutamente insufficiente e era chiaro che non avrebbe potuto far fronte ad attacchi improvvisi, sia dal cielo che dal mare. la prima intesa sul prevalente interesse marittimo del Dodecaneso non portò a quello che veniva considerato lo scopo principale, e cioè ad un efficace coordinamento delle tre Forze armate, attuato dalla Marina. Nonostante quanto veniva fatto e le ottime relazioni j1er.rnnali dei riJJ1ettivi comandanti in realtà le tre forze agivano ancora sej1r1,ratamente. Il Governatore non poteva esercitare una funzione di coordinamento militare, considerando che le Porze armate dipendevano dalle autorità militari della madre patria, eccezion fatta che per il servizio di ordine pubblico, per il quale ricevevano istruzioni dall'autorità civile. Era dunqt1c necessario che il problema venisse affrontato nella s11a interezza e complessità, allo scopo di dare delle direttive opportune da attuare, anche grr1,d,r1,tamente nelle, misttra consentitr1, dalle finrmze per assicurare unità di concezione e di esernzione: il problema finanziario continuava a condizionare qualsiasi intervento in merito .... come sempre. Quali erano dunque, in sintesi, le conclusioni alle quali erano pervenuti tutti g li studi fatti fìno a quel momento (giugno-luglio 1931) relativamente alla funzione militare dell'Egeo in caso di un conflitto su <lue fronti? Il Posse<limento veniva visto come un punto d'ajJjJoggio per una azione italiana, sia aerea che marittima, nel bacino orientale Jel Me<literraneo. ln particolare Joveva costituire la base per la protezione del traffico mercantile italiano in provenienza dai Dardanelli e specialmente per i rifornimenti da Suez. E poteva anche essete base per attaccare il traffico nemico, specialmente quello diretto a Salonicco. Allo stesso tempo si poteva considerare che il nemico eventuale avrebbe potuto esercitare sul Possedimento azioni di disturbo, occupare una base secondaria (individuata in Stampalia o Castelrosso) per disturbare il traffico mercantile italiano e la base principale dell'isola di Lero, o predisporre azioni di carattere politico contro Rodi. Dunque l'azione nell'Egeo doveva/are sistema con quella da Tobmk per netttralizzc1re l'ctzione nemica c/,1,lle bc1si della Siria: la Francia governava con mandato <lella Società delle Nazioni la Siria cd era Lma delle due


- -~-·Ddìnizione Jella frmzinne militare e studi ner_la difesa <lei Do<lecaneso. 1')29-l9·ì l

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potenze con le quali si prefigurava si dovesse combattere: aveva a disposizione porti nel Levante, fra i quali uno dei più interessanti era Alessandretta (lskenderun), che i turchi cercavano <li annettersi, sostenendo che era un territorio già autonomo sotto gli ottomani e che era abitato prevalentemente dai turchi. Il raggio d'azione del Dodecaneso si poteva estendere, nella corretta analisi degli esperti militari, a tutto il Mediterraneo orientale. Dagli scudi fatti era emersa chiaramente la funzione prevalentemente marittima del Possedimento, anche se con il necessario appoggio delle forze aeree per esercitare una reale influenza sul settore strategico del bacino del Levante. La fimzùme difensiva locale doveva jlerò essere comJ,!etctta da que!!a eJjJlorcttivct e protettivct a distanza Ht tutto il bacino del Mediterraneo orientale ...... 2 1 Venne ancora considerata nel 19·-, l l'ipotesi di una azione italiana in Anatolia: in questo caso ovviamente il Dodecaneso avrebbe assunto una diversa importanza strategica, anche relativamente all'impiego di imponenti forze terrestri, che avrebbero usato le isole come testa di ponce e base di rifornimenti. Questa ipotesi però fu solo adombrata e non considerata ulte riormente in dettaglio, in quanto le direttive cli studio impartite dai Comandi riguardavano solo l'ipotesi <li conCTitto con Francia e Jugoslavia con una neutralità turca necessaria a] mantenimento delle posizioni italiane nell'Egeo. Dunque la valenza strategica delle isole consisteva nel fornire un punl() d'a/1/JOggio alle forze navali ed aeree, in jlarticolctre con l'isola di Lero che risuftctva essere l'elemento vitale di cucco il Possedimento, e <lei quale era imprescindibile garantirne il possesso. Non solo di Lero, ma anche di Rodi occorreva garantire il possesso, in quanto sede del Governo e dell'amministrazione civile, e centro di influenza politica e culturale italiana su tutto l'arcipelago: la città di Rodi era il cuore politico pulsante del Possedimento e perderla poteva significare perdere qualsiasi presa sul settore : dunque è interessante notare che si riteneva che esso assmnesse importanza non tanto per sé quanto per gli .rvi!uppi d'influenza che per esso erano consentiti

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nel Vicino Oriente, in un avvenire vicino o remoto. Dal punto di vista politico, senza dubbio il mantenimento del possesso di Rodi era determinante a livello internazionale: infatti era stato notato che almeno fìno ad allora l'occupazione italiana aveva avuto scarsa presa sulla popolazione 22 ; quindi vi era il fondato timore che se il nemico avesse potuto conquistare Rodi, avrebbe potuto poi contestare il possesso italiano, alla fine degli eventi bellici, con l'avallo, se non la stessa richiesta, delle popolazioni locali: il primo nemico a tal proposito rimaneva la Grecia. Era pur vero che non si poteva non tenere conto che la sorte delle isole sarebbe stata comunque decisa dall'equilibrio <lei poteri che si sarebbe concretato sullo scacchiere europeo. Pur prescindendo da queste considerazioni di più ampia visione ciel problema, era chiaro che in caso di guerra necessitava innanzi tutto il possesso di Lcro, che doveva non solo essere messa in sicurezza, ma posta in condizione di esser utile appoggio alle operazioni navali ed aeree; in seconda istanza doveva venire assicurato anche il possesso dell'isola di Rodi, o quanto meno della città, ovviamente con il concorso della Marina e <lell'AeronaLttica. In ca.so di guerra le altre isole potevano anche venire abbandonate, per concentrarsi su Lero e Rodi. Lago riteneva sempre di dover dare molta importanza anche all'isola di Coo, che vedeva come co11egamento, non solo geografico, tra Lero e Rodi. Ma questa non era l'opinione dei militari per i quali il Governatore stava sopravalutando l'importanza di Coo, così come sopravalutava anche il mantenimento di Rodi, importante di certo, ma comunque ritenuto militarmente secondario rispetto a Lero. Quindi doveva venire esclusa totalmente l'idea di presidiare Coo in tempo di guerra: per i militari, questa isola non aveva alcuna importanza e la sua stessa funzione politica era limitatissima: quindi non era il caso di disperdere le poche forze presenti, che erano già molto poche per lo sforzo richiesto. Nel 1931 l'organizzazione militare delle isole era la seguente. A Ro-

22 Cfr. anche l'analisi cli Doumanis, nel suo volume sopra citato che contrasta però con la testimonianza di V Alhacleff (v.sopra).


Definizione della funzione militare e studi per la difesa del Dodecaneso. .l22'.c19:) 1

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di aveva sede il Comando di reggimento con la compagnia Comando; la sezione cannoni; un battaglione e una compagnia. A Coo un battaglione, meno una compagnia e due plotoni. A Calino, un plotone. A Simi, un plotone. A Scarpanto, una squadra così come a Castelrosso. l plotoni e le due squadre distaccate avevano ciascuna due mitragliatrici pesanti. Complessivamente nel periodo di forza massima (maggio-agosto) si contavano 1600 unità di fanteria e in minima, 900, alle quali andavano aggiunti pochi uomini del genio e dei servizi. Nelle isole erano dislocati anche 250 carabinieri, 150 guardie di finanza e una centuria della M.V.S.N. Dunque, tutto considerato, 2000 uomini in periodo di forza massima e 1300, nella minima. Era previsto che in tempo di guerra affluissero a Rodi i residenti mobilitati, non solo nelle isole, ma anche dall' Anarolia, dalla Siria, da Cipro, da Creta e da Alessandria d'Egitto. I dati relativi a queste forze riserviste mancavano ancora completamente e quindi, a metà del 193 l, lo Stato Maggiore Generale non era ancora in grado di quantificare i corrispondenti depositi di mobilitazione. Pr quanto riguardava la Marina, erano state costruite e regolarmente armate nove batterie 2 3 per la difesa di Portolago e dell'ancoraggio di Santa Marina, in Lero. Era poi previsto l'impiego di 18 sezioni mitragliatrici. Erano stati già predisposti o erano in costruzione in quell'anno un deposito di carbone per 10.000 tonnellate e un deposito di nafta per 6.000 tonnellate. La base di Portolago disponeva anche di un bacino galleggiante, che però al momento del la redazione della situazione del 1931, era in riparazione a Taranto, quindi per il momento inservibile. Normalmente erano stanziate nell'Egeo una cannoniera da 230 tonnellate.; 2 rimorchiatori, 3 dragamine, un mas. 11 personale presente a Lero era ancora molto limitato e secondo le preoccupate affermazioni del Governatore Lago, non avrebbe di certo potuto assicurare il funzionamento di tutte le batterie, per quali dunque sarebbe stato necessario attendere rinforzi dalla madrepatria.

23 Due barrcric da l.20/25; una, da 102/35; una da 76/40 navale; tre, da 76/40 aa. e a.s.; due, da 76/40 aa.


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Il Governatore riteneva che solo l'Arma azzurra avesse completato la sua organizzazione nell'Egeo. L'Aeronautica aveva già preparato degli hangar a Lero, così come caserme e alloggi uffìcial i per accogliere le previste 4 squadriglie di idrovolanti 24. Nell'analisi dello Stato Maggiore Generale, il Dodecaneso era una sittJctzione certamente critiat perché senza alcun dubbio l'attesa cli personale dall'Italia non avrebbe consentito un rapido fum~ionamento delle stesse nel momento in cui si fosse verifìcata l'emergenza. Per ovviare a questo problema, una delle proposte era stata quella di adibire all'armamento delle batterie i militari in congedo nell'isola, per la verità poche persone, o del genio residente nel Possedimento: tutto questo non avrebbe certo risolto la criticità della situazione. Inoltre era previsto un eventuale afflusso di rinforzi dall'Italia che concretava un ulteriore problema, quello logistico: dove infatti avrebbero potuto alloggiare quei complementi? E i rifornimenti? Dopo aver considerato attentamente i vari clementi della situazione, l'Uflìcio del Capo di Stato Maggiore Generale giunse a<l una conclusione logica imposta dai dati <li fatto: e cioè che occorreva limitare la difesa alle isole di Rodi, Lero e 'obtorto collo', su pressioni del G-overnatore, Coo. Rodi poi presentava un problema particolare, considerate le scarse forze disponibili e quindi la difesa doveva concentrarsi sui tentativi di sbarchi nemici, nell'ottica di un contrasto con azione di fuoco; se poi lo sbarco nemico fosse realmente avvenuto, le truppe presenti avrebbero dovuto ripiegare lentamente su posizioni predeterminate per difendere la città di Rodi. Non era semplice nemmeno predisporre l'azione di contrasto che doveva essere basata su un accurato servizio di avvistamento, insieme a nuclei cli combattenti molto mobili, che dovevano potersi avvalere <li automezzi, considerato che la rete stradale dell'isola, sotto il governo degli italiani, era stata sviluppata e curata. Indubbiamente gli sbarchi non potevano avvenire che nella baia di Trianda e di Calitea, considerate le caratteristiche geo-fisiche <li quei porti.

2'1

Una da ricognizione; due da bombardamento e una da caccia. Nel giugno dd 19:3 1 era dislocata a Lero una sola squaclriglia, qudfa da ricognizione.


Definizione della fonzionc militare e stud.i per la difesa del Dodecaneso.

191.9:1931_____247

Erano state fatte al proposito alcune esercitazioni che avevano <lato i seguenti risultati: una volta avvistato il nemico, i nuclei di difesa predi sposti avrebbero potuto essere sul posto entro tre ore dall'avvistamento, se a piedi, ma entro un'ora, se provvisti di idonei automezz1. Il servizio di avvistamento sarebbe stato fatto in concorso con i Carabinieri e la Guardia di Finanza presence nell' isola e queste forze, alle quali dovevano essere date mitragliatrici pesanti, Jovevano avere il compito di fornire una prima resistenza al nemico. La difesa aerea non poteva essere affidata che alle sole mitragliatrici. Era evidente che le scarse risorse presenti imponevano predisposizioni particolari per i vari servizi. Inoltre occorreva prevedere un deposito munizioni di una certa consistenza. A Lero la siwazione era indubbiamente migliore in quanto lo Stato Maggiore Jella Marina assicurava che le batterie presenti già potevano consentire una efficace azione di contrasto al nemico, rendendo possibile alle forze italiane di far uso della baia di Parteni, che presentava un ottimo ancoraggio, siniato nella parte settentrionale dell'isola e che sembrava offrire anche migliori condizioni di Portolago. Certamente bisognava fare in mo<lo che le batterie potessero rapidamente entrare in funzione per interdizione al nemico. Per questa esigenza era necessario, secondo le conclusioni dell'Ufficio del Capo di Stato Maggiore Generale, adibire ad esse un numero, anche minimo <li cannonieri della Marina e ciel personale che curasse il funzionamento delle 18 sezioni mitragliatrici già dislocate a Lero, per contrasto contro sbarchi piccoli e per difesa contro attacchi aerei a bassa quota: in totale era consi<lerato che occorrevano per le 9 batterie e le 18 sezioni mitragliatrici circa 550 uomini. Peri'> per una più sicura <lifesa di Lero, occorreva anche un nucleo mobile, che poteva essere costituito dal battaglione che era presente a Coo: questo, una volta trasferito, doveva essere dislocato in modo da raggiungere rapidamente la baia di Parteni: la Jislocazione ottimale sarebbe stata presso la strette, di Gurna: ma per facilitare la manovra occorreva rapidamente costruire una strada tra la località S.Marina e Parteni, cioè unire i due punti. Bisognava poi assicurare viveri e munizioni per la difesa dell'isola.


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Era chiaro poi che avrebbe partecipato alla difesa anche il manipolo di M.V.S.N presente a Lero e tutti gli italiani ivi residenti, cioè circa 300 unità. Non vi erano dubbi che il Comando militare a Lero sarebbe stato appannaggio della Marina; per Rodi, la responsabilità del Comando sarebbe caduta sul Comandante del reggimento presente, ovviamente nel quadro generale delle direttive della Marina, alla quale era stato affidato il Comando militare delle Isole del Dodecaneso italiano. Anche Coo doveva essere difesa, pur se con funzioni di riserva per Rodi e Lero: il Ci-overnatore La.go continuava a insistere sulla difesa <li Coo, che, argomentava, in realtà da un punto <li vista geografico si poneva tra Rodi e Lero e quindi poteva effettivamente rappresentare una ba.se logistica per le due isole pii::1 importanti dal punto di vista militare, se solamente le forze delle tre armi presenti fossero state in numero adatto a presentare una resistenza efficiente ad eventuali attacchi nemici.

*** Sono molti interessanti le conclusioni al quale pervennero le analisi fatte dall'Ufficio del Capo di Stato Maggiore Generale sugli studi delle tre Forze Armate, nel giugno <lei 193 I 25 : venne ribadita ancora una volta che la funzione militare delle isole era di carattere prevalentemente navale e aereo. Per l'ottica militare, era essenziale la difesa di Lero; per quella politica, Rodi non doveva e non poteva essere conquistata.. L1 difesa di Rodi poteva, in sicua:.àone <li estremo pericolo, essere ristretta alla punta settentrionale dell'isola, sempre con il concorso delle forze aeree e navali di Lero. Le altre isole, in caso di guerra potevano essere s.~onzbmte. Il secondo obbiettivo, che rig uardava principalmente la Marina, doveva essere il completamento dell'organizzazione della difesa di Lero, in particolare per quanto concerneva gli impianti a terra e le dotazioni; la baia di Parteni, che aveva una importante funzione, dove-

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Definizione della funzione milirarc e studi per la clifesa del Dodecaneso. J.!L22:l931

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va poter contare su un numero di persone fisse, anche minimo, alle quali si sarebbero affiancati i pochi peraltro militari in congedo nell'isola, in grado di far funzionare rapi<lamente batterie e sezioni. L'Aeronautica era l'Arma che al momento si trovava in condizioni più avanzate di approntamento. Per quanto riguardava l'Esercito, la forza terrestre, non si poteva far affidamento che su quelle unità presenti in tempo di pace, con l 'aggiunta dei militari in congedo presenti e quelli che sarebbero affluiti <lal bacino orientale del Mediterraneo a Rodi. Era evidente che occorreva però costituire a Rodi magazzini necessari all'equipaggiamento e all'armamento dei richiamati. Per Lero era necessario avviare la costituzione <lel presi<lio di truppe mobili e questo doveva esser fatto già in tempo di pace. Si ribadiva quindi l'esigenza che il battaglione di Coo fosse trasferito a Lero. Nel frattempo poteva essere là inviata quella compagnia del battaglione di Coo che era stata dislocata in via provvisoria a Rodi, per mancanza <li alloggiamenti in Coo. In vista del fatto che occorreva comunque costruire una caserma a Lero per i nuovi arrivati e approntare magazzini a Rodi per i richiamati, risultava economico costruire la caserma e utilizzare i magazzini, lasciati liberi dagli uomini trasferiti a Lero, appunto per le nuove esigenze. Rimaneva ancora insoluto il problema del completamento della Di visione di Bari, che aveva il terzo reggimento dislocato nell'Egeo, ma la soluzione del problema aveva un ostacolo quasi insormontabile nelle limitazioni finanziarie. Occorreva anche ripensare ai particolari compiti <lel reggimento di fanteria <lell'Egeo, per dargli una particolare costituzione, che avrebbe forse consentito anche qualche economia. Senza dubbio però occorreva comunque aumentarne la dotazione delle armi automatiche e i I numero dei pezzi per fanteria, considerato che le truppe di Rodi, in caso di conflitto, non avrebbero potuto contare nemmeno su un pezzo <li artiglieria. Si faceva anche l'ipotesi di mettere le Lruppe <lell'Egeo alle dirette <lipendenze del Ministero del Guerra per snellirne la gestione, sopprimendo due organi inrerme<li, e cioè il Comando di Divisione e il Comando di Corpo d'Armata di Bari. Questi due organi erano infat-


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L'Esercito Italiano nel Dodecaneso 1912-12:Ll.

ti lontani geograficamente dalle isole, per consentire un eventuale snellimento della gestione, essendo perè> un lungo tramite, a volte di rallentamento, per quelle questioni che dovevano esser risolte solamente dall'Amministrazione centrale. Sulla base di queste considerazioni, l'Ufficio proponeva che in una riunione dei Capi di Stato Maggiore, fossero varate le direttive necessarie per l'organizzazione, l'impicgo delle forze, il tutto volto a assicurare quella unità di indirizzo e quel coordinamento di cui si lamentava la mancanza preparando l'unittÌ di comando devulttto in !!/terra ctlla Marina. Nell'estate del 1931, continuò lo studio e la ricerca con gli Stati Maggiori delle proposte <lefìnitive da presentare alla progettata riunione dei Capi di Stato Maggiore, per varare defìnirivamente la dichiarazione ufficiale di preminente interesse marittimo del Possedimento e quindi di prendere le relative decisioni operative. l provvedimenti in progetto nel settembre del 1931, da proporre al la valutazione dei Capi di Staro Maggiore risultarono i seguenti 2 6: trasformazione del 9° fanteria in reggimento mitraglieri del tipo 'Zara' 27 , con aumentata dotazione di armi aLttomatiche, previa sua ricostituzione in Italia, oppure sostituirlo con altro reggimento non incardinato in una divisione, da trasformarsi in mitragliere. La costituzione di un reggimento di quel tipo per l'Egeo avrebbe potuto avere la seguente formazione: un reggimento su un battaglione ordinario (tre compagnie di fucilieri e una compagnia mitraglieri), un battaglione mitraglieri (tre compagnie di mitraglieri e una compagnia di fucilieri), una sezione cannoni su ere pezzi. Per valutare meglio questa proposta si attendevano comunque le richieste complessive della Marina. In relazione invece alle richieste verbali avanzate dal Capo di Stato Maggiore della Marina, era in progetto di assegnare

26 L1 O R 11. 7 Promemoria per il Comandante in 2" del Cw/Jo di Stato rnaxxiore. 2 7 Il reggimento Bersaglieri di Zara comprendeva: un battaglione di bersaglieri

ciclisti O compagnie di bersaglieri e una di mitraglieri) e 2 hattaglioni mitraglieri (cia.5cuno su tre compagnie mitraglieri e una compagnia bersaglieri, sema sezioni <li cannoni.


Defìnizione della funzione militare e studi per la difesa del Dodccancso. 1929-19:H

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mitragliatrici pesanti alla compagnia di Coo, artiglierie al battaglione di T,ero e un presidio all' isola <li Scampalia. Per le mitragliatrici da assegnare alla compagnia di Coo, non vi erano difficoltà, adottando la ttasforma:;;ione in mitraglieri del 9° fanteria. Per quanto riguardava la difesa di Lero, si osservava che la Marina disponeva di otto batterie fisse; non sembrava dunque il caso di assegnare a quell'isola una batteria <l'artiglieria o la se:;;ioni cannoni che invece era necessaria a Rodi. Qualora la Marina avesse insistito nella sua richiesta, si sarebbe potuta costituire una sezione cannoni da 65/17 per fanteria su due o tre pezzi. Per quanto riguardava Stampalia si trattava di una nuova esigenza: infatti nel luglio del 1929, quando era stato chiesto di definire lanatura e il concorso che avrebbe desiderato avere d,ùle forze terrestri, la Marina aveva trattato solamente dell'isola Ji Lero; in seguito a questa indicazione gli studi fatti si erano concentrati su Lero, Rodi e in aggiunta Coo, come da richiesta del Governatore. Solamente nel 1925 la Marina aveva fatto un rapi<lo accenno a Stampalia come eventuale base per naviglio leggero. J;Uffìcio del Capo Ji Stato Maggiore Generale non riteneva che allo stato delle cose, fosse opportuno o conveniente dislocare un presidio a Stampalia perché ancora una volta il tutto si sarebbe risolto in una dispersione di forze a detrimento della difesa delle isole maggiori. Se proprio la Marina avesse insistito per il presidio di Stampalia, esso doveva essere tratto da una delle tre compagnie previste per Lero. Qualora la Marina poi avesse ritenuto indispensabile l'assegnazione di artiglieria a difesa <li Lero e l'istitmione di un presidio a Stampalia, il battaglione di mitraglieri dislocato a Coo in tempo di pace, avrebbe Jovuco disporre anche di una sezione cannoni da 65/17 (su due pezzi) e in tempo di guerra avere la seguente dislocazione: comando, una compagnia fucilieri, una compagnia mitraglieri, una sezione cannoni a Lero; una compagnia mitraglieri per ciascuna delle due isole di Coo e di Stampalia. Nel settembre 1931 gli Stati Maggiori delle tre Armi avevano chiaramente esplicitato le loro proposte e le loro richieste, nonché esposto i loro progetti. L'Esercito proponeva di trasformare il reggimento dislocato nelle isole dell'Egeo in reggimento mittaglieri, anche se tale trasforma-


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r:Esercìto Italiano nel Do<lecaneso 1912-1943 _

zione doveva essere però preceduta dalla ricostituzione in Italia del 9 ° reggimento fanteria, da reintegrare a Bari. la Marina riteneva di poter provvedere con una nuova batteria con traerea e antisommergibile. e con ostruzioni a rete per proteggere anche la baia di Parteni; giudicava necessario provvedere anche ad una limitata sistemazione difensiva dell'isola di Stampalia, per eventuali colpi di mano che dovessero essere attuati contro quell'isola: allo scopo sarebbero bastati una batteria contraerea e antisommergibile e alcune mitragliatrici, nell'incesa che il possesso dell'isola sarebbe stato garantito essenzialmente dalle forze dislocate a lero. L'Aeronautica comunicava che aveva previsto nel corso dell'anno finanziario corrente di inviare alla base aerea di Portolago uno stormo costituito da un gruppo da bombardamento marittimo e una squadriglia da caccia marittima in aggiunta alla squadriglia da ricognizione marittima già presence nella base. Quello Stato Maggiore riteneva che data la precarietà delle com1micazioni via rrv.tre si dovesse stabilire che la sùtemazione offensiva e difensiva delle isole dell'Egeo avesse carattere prevalentemente cteronautico 28 : anche l'Aeronautica rivendicava un interesse particolare nella difesa delle isole del Dodecaneso, chiedendo, anche se non ufficialmente, che fosse una zona considerata di prevalente interesse aeronautico. Dunque nelle riunioni successive sarebbe stato necessario in primo luogo definire una volta per tutte le funzioni militari del Dodecaneso; determinare nelle linee generali l'organizzazione militare delle isole, in vista delle fonzioni decise. Coordinare le disposizioni che le tre Forze Armate avrebbero preso in conseguenza di questa valutaZIOne. Nel quadro degli studi per la difesa del Dodecaneso, meritano interesse le considerazioni esposte nel promemoria al Capo di Stato Maggiore Generale riguardo all'ipotesi di guerra su due fronti, ipotesi fondamentale per gli studi operativi, quali elaboraci e prodotti nel settembre 1931: le ipotesi che devono avere per conseguenza decisioni di tipo operativo militare, sono illuminanti anche da un pun-

28

14 R65 Promemorir1perS.E.ìlCapodiStatoMaggioreGenerale, 2 7 settembre 1931.


Definizione della fonzionc militare e studi Vf.Ù~. difesa del Dndecaneso. 1929-1931

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to di vista storico, confermando spesso le linee di condotta della politica estera o a volte, anticipandole, sulla base del pragmatismo operativo. Dunque per l'ipotesi fondamentale di guerra, le isole dell'Egeo costituivano essenzialmente un punto di appoggio per l'azione italiana nel bacino orientale del Mediterraneo, in particolare per proteggere il ttaHìco che doveva fare il massimo assegnamento sulle provenienze di rifornimenti da Suez e <lai Dardanelli. Il Dodecaneso insieme a Tobruk avrebbe avuto il compito di neutralizzare gli attacchi francesi provenienti dalla Siria, per quanto riguardava i movimenti su Suez. Dunque una funzione importante <li protezione dei traffici di rifornimento con il concorso dell'Aeronautica, anche se, ad avviso dell'estensore del promemoria, la responsabilità maggiore doveva ricadere sulle forze navali. Era pur vero che lo Stato Maggiore dell'Aeronautica aveva prospettato la possibilità che l'arca del Do<lecaneso divenisse invece di prevalente interesse aereo, considerando la precarietà delle vie marine. Lo scopo principale del Dodecaneso non doveva essere solo quello <li assicurare le comunicazioni con la Madrepatria, ma era quello più ampio di assicurare il traflìco nel Mediterraneo orientale. Se le comunicazioni marittime fossero divenute precarie, sarebbe venuta a mancare la funzione essenziale del Dodecaneso. Sembrava dunque nel promemoria che si dovesse ufficializzare una decisione non ancora ufficialmente presa, ma sulla quale vi era stata precedentemente una larga intesa, e cioè che il possesso del Dodecaneso avesse un interesse prevalentemente marittimo, pur con il concorso importante delle forze aeree. E quindi da tale decisione ne conseguiva che in tempo di pace le ere Forze Armate avrebbero coordinato la loro preparazione nel quadro delle superiori direttive che il Capo di Stato Maggiore Generale avrebbe <lato e che, in tempo di guerra, il comando militare sarebbe stato senza dubbio alcuno assegnato alla Marina. Era evidente che l'invio di un intero stormo di aviazione rispondeva ad un progetto Jell' Aeronautica di rafforzamento della propria presenza in quel settore e quindi avrebbe <lato un apporto molto valido all'organizzazione della difesa. Se la zona fosse stata dichiarata <li preminente interesse aereo, ovviamente il comando in caso di con-


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flitto sarebbe stato assegnato all'Aeronautica. Vi era però da considerare che le forze aeree avevano una estrema mobilità e quindi era conveniente nell'economia generale delle operazioni, tenere normalmente dislocato un intero stormo nel Dodecaneso in tempo di pace? Anche perché sarebbe staro sicuramente chiamato spesso verso altri scacchieri. Ne veniva altresì di conseguenza che non conveniva immobilizzare nel Do<lecaneso un Comando aeronautico, affidandogli la difesa superiore delle isole. L'estensore del Promemoria si poneva questi quesiti. Un dato era assicurato: che le forze disponibili per il Dodecaneso erano sicuramente molto esigue e quindi doveva essere necessariamente limitata la difesa all'isola di Rodi (eventualmente ristretta alla parte settentrionale) e a quella di Lero. Quindi non si poteva accedere alle richieste pressanti del Governarore Lago di mantenere un presidio a Coo, anche se egli attribuiva una certa importanza politica a quella isola, che prevedeva una eventuale espansione agricola italiana. Solo se e quando questa espansione avesse avuto luogo, allora sarebbt'. stato possihile considerarne la difesa, ma solo avvalendosi elementi locali. La presenza poi di un presidio a Stampalia doveva essere ridotto al m1n1mo. Era chiaro che però occorreva dare una organizzazione particolare al reggimento dell'Egeo, dotandolo largamente di mitragliatrici. Infatti lo Stato Maggiore dell'Esercito aveva comunicato la sua decisione di base di sostituire il reggimento presente, che faceva sempre parte della Divisione di Ilari, con altro reggimento: in primo luogo occorreva rendere autonomo il reggimento isolano, facendolo dipendere direttamente dal Ministero della Guerra, svincolandolo così dalle esigenze e dalla <lisposizioni <lei Comando Divisione di Bari, che non sempre rispondevano alle esigenze dell'Egeo. Del resto in questo modo l'Esercito si sarebbe allineato su quanto già a<lottato dalla Marina e dal!' Aeronautica per le loro unità presenti nel Possedimento. T due battaglioni del reggimento fanteria in tempo <li guerra sarebbero stati dislocati uno a Rodi e l'altro a Lcro, che in tempo di pace doveva avere stabilmente almeno una compagnia, e sarebbe stato opportuno che fosse quella del battaglione di Coo, che e ra stabilmente


Defìnizione della !unzione militare e studi per la dìttsa del Dodecaneso. 1929-1931

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a Ro<li, per mancanza di idonei locali a Coo. La Marina avrebbe disposto a Lero di I 50 uomini in tempo <li pace e <li circa 25 ufficiali e SSO uomini, durante la guerra. Altra esigenza importante era quella di avere dati attendibili circa il numero dei residenti italiani nel Vicino Oriente, in modo <la quantificare i possibili richiamati che avrebbero prestato servizio nel Dodecaneso e relativi approvvigionamenti. La riunione dei Capi di Stato Maggiore delle tre .Armi fu tenuta il giorno ] ] novembre 193 I presso il Comando dello Stato Maggiore Generale 29. Dopo aver passato in rassegna i problemi concernenti il territorio metropolitano, Badoglio passò all'esame della organizzazione militare nelle isole Jell'Egeo, informando i Capi di Stato Maggiore su quanto le rispettive Armi avevano in progetto di fare per la difesa ciel Possedimento. Per quanto riguardava la trasformazione del regg imento fanteria del l'Egeo, a somiglianza di quanto era stato fatto per il reggimento bersag lieri Jj Zara, Bonzani precisò che il battaglione dislocato a Rodi avrebbe mantenuto una certa aliquota cli elementi mobili, mentre quello dislocato a Coo, ma destinato a Lero, sarebbe stato trasformato in battaglione mitraglieri. Bonzani ritenne necessario insistere affinché il trasferimento, differito ormai <la circa <lue anni, fosse rapiJamente attuato proprio per permettere agli uomini di quel battaglione di conoscere bene il terreno sul quale avrebbero dovuto operare, in un eventuale conflitto. L'Amm iraglio Ducci 30 informò gli astanti che solo per un accordo intervenuto tra il Ministro della Guerra e quello della Marina il trasferimento non era stato eHettuato, ma tornò sull'argomento per chiedere che almeno una compagnia con la sezione cannoni e una aliquota di mitragliatrici pesanti fossero trasferite a Lero, accettando che le rimanenti forze del battaglione raggiungessero Lero solo al momento in cui fosse stato necessario impiegarle.

29 V. verbale della riunione in 1.11 O R 1. :IO Gino Ducci, ammirag lio

<li squadra, Capo di Stato Maggiore della Marina.


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L'Esercito Italiano nel Do<lecanes~L]JJ 2-194."--3_ _ __ __ __

Inoltre fece presente che la Marina riteneva necessario dislocare almeno un plotone a Castelrosso e uno a Stampalia, per ostacolare una eventuale occupazione nemica e soprattutto impedire che la popolazione locale potesse favorire uno sbarco nemico. Bonzani replicò che le forze del 9° reggimento fanteria erano esigue e che quindi occorreva ridurre al massimo le locai ità da presidiare. Il generale Valle 3l a sua volta rilevò che Castelrosso era una base interessante, oltre che conosciuta, per la Francia: Parigi avrebbe potuto ritenere di utilizzarla in caso <li guerra, per avvicinare le sue azioni <li offesa che altrimenti sarebbero dovute partire <la Beirut. Ricordava poi che la Francia attribuiva grande rilevanza a questa isola, tanto che nel 1928, in occasione di un accordo commerciale, Parigi aveva deciso di accordare diritto di scalo a Tunisi alle linee commerciali italiane solo se gli italiani avessero concesso la reciprocità su Castelrosso. Pertanto egli riteneva che in realtà Castelrosso dovesse avere la precedenza su Coo per avere un presidio fisso <li difesa .. Ancora una volta Badoglio fece rilevare che occorreva non disperdere le poche forze terrestri presenti e che per presidiare Castelrosso occorreva almeno una compagnia. Questo non sembrava possibile considerata la situazione <lei momento. Pu possibilista rispetto al futuro, adombrando la possibilità di un rinforzo proveniente dalle colonie della Libia. Comunque ad avviso di Badoglio, in caso cli guerra, era chiaro che dovevano rimanere presidiate solamente Lero, Rodi e Stampalia. Soltanto se fosse stato possibile rinforzare i presidi dell'Egeo, avrebbe potuta essere mantenuta anche l'occupazione <li Castelrosso. Bonzani foce presente che per l'invio di complementi, l'Esercito non avrebbe avuto problemi per trasportarli nel Possedimento in un p eriodo di sicurezza, all'occorrenza in abiti civili, con la predisposizione degli opportuni magazzini a Rodi. La Marina a sua volta informò che aveva deciso <li aumentare le forze nell'Egeo, inviando a Lero circa 700 unità e una quarantina di ufficiali, dislocandovi 4 cacciatorpediniere; in un primo tempo altri

:ll Giuseppe Valle, generale di squadra aerea, C:apn di nautica.

Stato Maggiore dell'Aero-


Definizione della funzione militare e scudi per la difesa del Dodecaneso. 1922:-l;ll 1__ 25 7

quatto caccia destinati al Mar Rosso, si sarebbero appoggiati al Dodecaneso. Queste forze sottili avrebbero dunque provveduto alla scorta dei complementi. Per quel che riguardava Castelrosso, che in realtà si trovava a sole 80 miglia da Rodi, un caccia torpedini ere avrebbe potuto trasportarvi le truppe in sicurezza. Inoltre era prevista una batteria da 76 mm. anche a Parceni (Lero) che sarebbe stata messa in comunicazione con S. Marina da una strada in costruzione; era prevista una batteria eia 76 mm. anche per Scampalia. Per l'Aeronautica, Valle dichiarò che l'aviazione da Lero già poteva avere tecnicamente un raggio di efficacia che andava da Beirut a sud, al Mar Nero al nord e effettuare un efficace controllo del traffico marittimo. Badoglio era però dell'idea che fino a quando l'Aeronautica non avesse avuto ulteriore sviluppo, le isole italiane dell'Egeo dovevano essere competenza primaria della Marina per il loro prevalente interesse marittimo, in quanto esse avrebbero dovuto chiaramente servi re come base alle forze italiane per proteggt'.rc il traffico mercantile nel Mediterraneo orientale e sui Dardanelli. Quindi era sua ferma opinione che il comando militare in caso <li guerra dovesse essere esercitato dalla Marina, sperando peraltro che essa vi provvedesse fino dal tempo di pace. A tal proposito Ducci informò che per tale comando era già stato designato un ufficiale della riserva navale, residente a Lcro, che stava per essere promosso contrammiraglio 32 . Per quanto atteneva all'Aeronautica, Badoglio osservava che lo stormo destinato a Lcro era un elemento estremamente mobile e che la stessa mobilità dell'arma aerea non consigliava <li vincolare permanentemente uno stormo ad una località. Alle osservazioni cli Valle che le isole dell'Egeo erano a distanza superiore a una tappa di volo dalle basi della madrepatria e quindi la possihilità cli ritiro della forza dislocata nell'Egeo dipendeva da una benevola neutralità della Grecia, Badoglio fece presence che in caso di necessità era meglio effettuare questo movimento via Tobruk-Libia. Valle dichiarò che tutto questo non sarebbe stato possibile per i caccia.

52 Si tratterà ddl'amm. Bcrronelli (v. infra).


.2..,'58

L'Esercito Italiano nel Dodccancso 1912-1943

A questo punto, l'ammiraglio Ducci affrontò un altro argomento delicato: chiese yuali sarebbero state in caso di guerra le relazioni fra il comandante militare e il Governatore delle isol e. Badoglio riteneva che in caso cli guerra il Governatore civile avrebbe potuto essere ritirato, in modo <la concentrare tutti i poteri nel Comandante militare; era evidente però che la situazione del Governatore dell'Egeo non era assimilabile a quella <lei Governatore delle altre colonie per il fatto che dipendeva dal Ministero dcgl i Esteri e aveva chiaramente assunto in tempo di _pace una fisionomia politica e giuridica distinta dalle altre situazioni coloniali. Di questo problema doveva essere investito direttamente Mussolini per varare alcuni provvedimenti legislativi necessari, che consentissero la soluzione della delicata contingenza. A conclusione della lunga e importante riunione fu dunque definitivamente stabilito che l'Egeo sarebbe passato in caso di guerra sotto il comando militare della Marina. Le isole che avrebbero dovuto essere difese, sarebbero state, in ordine di importanza Lero, Rodi Stampalia e Castel rosso. Solamente le prime tre sarebbero state difese se si poteva contare solo sulle forze dislocate nell'Egeo; Castelrosso poteva essere difesa solo se fossero arrivati complementi. Per quanto riguardava l'Esercito, Badoglio era d'avviso che rapidamente il 9° reggimento fanteria fosse sostituito p er arrivare a completare la Divisione cli Ilari, e che bisognava mettere i presidi dell'Egeo alle dirette dipendenze del Ministero della Guerra, per migliorarne la stessa utilizzazione e relativa amministrazione. Però le condizioni di bilancio presenti non permettevano in realtà di realizzare quella sostituzione di reggimenti che sembrava la migliore soluzione. Era poi opportuno studiare con migliore cura l'utilizzazione degli clementi in congedo residenti nel Mediterraneo orientale e soprattutto averne una corretta quantificazione. Nello stesso 1931, nel quadro della riorganizzazione giudiziaria delle isole 33 , furono istituite le wnciliah1re e normalmente l'ufficio di

33 E' un argomento affascinante di grande interesse comparativo: v. V. Alhadeff, L'ordinmnento giuridico di Rodi, Mi Iano, 1927 G. Mondaini, L" lexi.rlazione coloniale


Definizione <lella funzigJ~_!!!iJ.~tare e studi per la difesa del Dodecaneso. 1929-1931

2 5_2

Conciliatura fu affidato al sottufficiale comandante la stazione dei Carabinieri Reali, con giurisdizione sul territorio di competenza, dando così ulteriori compiti alle poche forze presenti. Non era un compito facile da disimpegnare, delicato forse molto di più di quello dell'istituzione di una gendarmeria locale; si trattava di avere indipendenza <li giu<lizio, sia pur nella puntuale applicazione delle legislazione vigente, ottomana e italiana, nonostante fosse difficile contemperare le esigenze Jelle due diverse forme di amministrazione Jella giustizia così diverse nei loro principi. Dovevano altresì essere tenuti presenti i trattati capitolari che l'Ttalia si era impeg nata a rispettare, almeno nel primo periodo di possesso.

it,dùm,i nel stto sviluppo e nel stto stato attuale (J 8 8 l - 194 ()), Mi Iano, 194 1, e il non superato R. Quadri, /)fritto Coloniale, IV Ediz., 1961, per una v isione d'assieme di quel diritto.



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2.3. Continuano gli studi per l'organizzazione della difesa del Possedimento 1932 -1933. el 19)2 l'organizzazione militare dell'Egeo iniziava a trovare la sua particolare definizione e gli studi per la difesa continuavano: su tutte le forze armate dislocate nell'Egeo presiedeva un Comando dei Presidi delle isole ilaliane dell'Egeo retto dal Coman<lance del 9° reggimento fanteria. Questo Comando aveva sulle altre forze (Carabinieri Reali, MVNS, G·uardia di Finanza, Marina, Aeronautica), solamente le attribuzioni previste dal regolamento su l servizio territoriale. Per il resto, specialmen te per la destinazione d'impiego, ciasnm Comando aveva dirette dipendenze dalle proprie superiori Autorità. Il Com ando Marina aveva sede a Rodi e dipendeva direttamente dal Ministero della Marina. li Comando dei Presidi inviò al Ministero della Guerra nel marzo del 193 2 uno studio completo relativo al la difesa delle Isole dell'Tigeo che fa sicuramente il punto della situazione rispetto alle analisi generali e parziali che erano state fatte in precedenza. Le Isole erano ritenute situate io una posizione geografica estremamente interessante, sia per quanto riguardava il traffico commerciale sia soprattutto dal punto di vista mi litare: è evidente che queste considerazioni dipendevano strettamente dalla situazione politica che si stava creando in Europa e dal ruolo sempre piL1 importante che la Turchia di Mustafa Kemal aveva nel Levante, oltre alla Francia e alla Gran Bretagna, in realtà padrone quasi assolute di tutto il Mediterraneo, dove l'lcalia stentava a farsi riconoscere un ruolo di un certo spessore, come la nuova politica fascista voleva, per affermarsi. Effettivamente la situazione geografica del Posse<limento era privilegiata, trovandosi a metà strada fra il Mar di Marmara e l'Egitto. Era inoltre sulle rotte che collegavano Atene, il Mar Nero, Costan tinopoli, Smirne con la Siria, l'Egitto e Cipro. Dunyue sia in caso cli offesa che di difesa, le Sporadi meri<lionali potevano avere una fun. . . z10ne pn mana: ..... .se le conumicr,tZioni rnariliirne con l'lta/ic;, saranno libere e se dovremo

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1_(?_2=----- -----"L,.,'E"'se"'r"'ci'""to'---"-'Ital ia1~c,>__11el Dodccancso 1912-1913

dirigere nel Mediterrcmeo orientale i nostri sforzi per conseguire gli obbiettivi cme,~nati, le isole italiane dell'Exeo potranno msiituire la base nctttm·lle per tali sforzi, allo stesso modo che le truppe a!tttalmente in esse dislocate j,otranno costituire le ptmte avanzate delle divisioni provenienti dall'Ttalia; se, invece, le contingenze di f!,Uerra, specialmenie determinate da alleanze, e la condotta f!,enerctle delle operazioni orienteranno diversamente il nostro attegp,iamento, e se le cmmtnicazioni marittime mn la madre-j,atria saranno interrofie o aleatorie, le isole del Dodecaneso, favorite dalla /oro situazione geografica, potranno mstituire la bctse di partenza e zona di azione redditizia per le nostre insidie subacquee od aeree contro le linee commercia/i che dal!'oriente predetto si dirigono verso l'occidente; nell'imo e nell'altro caso, il possesso delle isole italiane dell'Exeo e piiì specialmente de/l'isola di Lero, consente all'Jtr,1,lict di poter risolvere, in caso di conflitto di una certa durrJtrJ, il problema dei rifornimenti (rotta Dardanelli- Italia), del grano, degli oli minerali e dei suoi derivttti ... .. 1 Dunque era necessario conservare il possesso dell'arcipelago e soprattutto pre<lisporne una difesa adeguata anche in caso di attacchi improvvisi, considerando l'eventualità più sfavorevole e cioè che le comunicazioni marittime con l'Italia fossero precarie o interrotte. Vi era ormai tra i vertici militari l'accordo chiaro che non sarebbe stato possibile difendere tutte le isole alla stessa maniera, perché non avevano cucce la medesima importanza: in caso Ji interruzione di collegamento con l'Italia, senza possibilità di rinforzi, truppe e me:,:zi sarebbero stati decisamente scarsi e quindi andavano disposti in modo che consentissero il maggior rendimento ove rn,ag~iore sarà il bi.fogno ...j,er non correre il rischio di j,erdere ttttto per la falsa idea di volere, et scopo morale, mtmtenere intef!,ro i/ suo possesso. L'ipotesi principale che veniva studiata era sempre quella Ji un conflitto contro la Francia, perché era l'unica potenza navale in zona che avesse una base navale dalla quale far partire l'attacco contro il Possedimento: in Siria i francesi avevano buone basi con l'appoggio della potente base di Biserta, anche se più lontana dall'Egeo. Un attac-

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LlO R 117, Comando dei Presidi delle Isole Italiane del! 'Egeo, .Rodi, marzo 19:32, Studio relativo alla di/e.k; delle l.role lta!ùme dell'Egeo.


_ ______,C=:ontir!\!~!!Q$li studi per l'organizzazione dejla difesa del Possedimento 19:ì2- 19B

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co nemico avrebbe avuto sicuramente come obbiettivo l'occupazione delle isole maggiori, allo scopo di eliminare centri politici e militari, non perdendo tempo con piccole isole di nessuna importanza politica, militare e economica. Sol.o le isole maggiori avrebbero contato come eventuale pegno in trattative di pace: in fondo lo stesso ragionamento, o quasi, facto dagli italiani nei confronti dell'Impero

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ottomano, quando decisero di occupare il Do<lecaneso, nel 19111912. Questo doveva essere il punto di vista dal quale partire per organizzare la difesa del Possedimento: stabilire per ogni isola il suo grado di importanza militare e le eventuali misure difensive <la prendere. Bisognava inoltre considerare altre varianti geografìche importanti, quali la <liffìcoltà degli approdi, la situazione dei venti che non agevolava la navigazione soprattutto nei mesi invernali ai mezzi di piccola stazza. la stessa deficienza di risorse loca] i - necessarie a truppe <l'occupazione-, in molte isole era un altro elemento che indiceva a pensare a un attacco, sia improvviso che preparato, solo verso le isole maggiori; d'altro canto, bisognava con cura preparare e mantenere i rifornimenti per le truppe presenti e per gli eventuali complementi, anche in caso di mancati collegamenti con l'Italia. lo studio preliminare del Coman<lo dei Presidi esaminava anche la possibilità che come <liversivo l'avversario avesse cercato di attaccare contemporaneamente tutte le isole italiane: però, nella sua analisi, il Comando riteneva che la perdita, anche se dolorosa, di Scarpanto, Caso, Piscopi, Nisiro, T~isso, Patmo, Castelrosso, Calchi e Simi non avrebbe potuto determinare la pe rdita del Possedimento, la cui imjlortanza militare resta fino a che gli Orgctni del Coverno jlossano funzionare e fino a che le trujljJe e i mezzi di difesa amservino la loro efficienza. Stampalia nel 1912 era stata la base per la Marina per la successiva occupazione <lelle isole: la sua perdita però non avrebbe avuto gran<le importanza ai fini operativi, in guanto ormai a Lero erano state organizzate efficienti basi per la flotta italiana, addirittura una base navale i<lonea per il ricovero di una squadra. Forse però sarebbe stato bene mantenerne in possesso, si ipotizzava, utilizzando come forze di difesa solo i mezzi della Marina che erano già dislocati localmente o che lo sarebbero stati. Calino era vicina a Lero e quindi poteva sembrare di primaria importanza militare, ma a giu<lizio d el Comando, non tale da influire seriamente su tutto il dispositivo di difesa Jellc isole. La sua perdita avrebbe potuto portare pregiudizio a Lero in guanto distava meno di 5 chilometri. Calino occupata dai nemici voleva dire una minaccia per gli impianti che erano in corso <li sistemazione nella baia <li Por-


Continuano gli studi per l'organizzazione della di/esa Jel Pos~~dimento 1932-193 3

26'5

tolago: infatti era calcolato che con bocche <la fuoco sistemate nel promontorio del monte Patella si poteva sparare sulla baia e danneggiarla, a patto che le bocche fossero almeno di media portata. Tutto questo poteva essere possibile, ma bisognava altresì tenere in conto che non era però facile sistemare artiglieria nell' isola <li Cali no, che mancava di strade rotabili e presentava un terreno aspro, roccioso, con disagevoli mulattiere. E sempre che il nemico avesse deciso <li farlo, la difesa navale e aerea italiana, da Lero e Coo avrebbe reso l'installazione difficile, se non impossibile. Venendo poi all'isola di Coo, causa cli alcuni disaccordi tra l'Autorità civile e quella militare, per il noto eventuale trasferimento del battaglione a Rodi, la sua perdita non avrebbe pregiudicato la tenuta del Possedimento, in quanto era chiaro che Coo, poi iticamente, non aveva la stessa importanza di Rodi, anzi non ne aveva affatto, così come non aveva la medesima importanza militare cli Lero. Era pur vero che quell'isola disponeva di qualche risorsa locale, ma le truppe erano scarse e quindi alla sua difesa non potevano venire assegnati che clementi organici territoriali, quali quelli dei Carabinieri e quelli della Guardia cli Finanza, già nell'isola per compiti d'istituto. Le idee erano ben chiare sulle diverse po;sibilità cli difesa del Dodecaneso, almeno in quella situazione internazionale e avendo alla base quelle ipotesi di lavoro, e cioè un conflitto con la Francia o con la Francia e la Jugoslavia. Una volta dichiarato il Do<lecaneso zona di preminente interesse marittimo, il bastone del comando era nelle mani della Forza navale. Nel maggio 1932 il Capo di Stato Maggiore della Regia Marina aveva impartito le direttive di massima sul problema marittimo <lelle isole italiane dell'Egeo, per quanto riguar<lava l'isola di Lero, il cui mantenimento era questione di preminente e vite1le importcmza per la condotta della guerra e jJertanto l'obbiettivo del/et di;fèsa doveva e.rsere jJosto in Jwimissimo piano 2 .

2 110 Rll 7, CornanJo R Mari11a cl elle Isole Italiane dell'Egeo 1.5.1932, Direttive di m1mùna ordini e predi.rpo.rizioni della ReKia Marina /1er la Ò{IJe 1tdV11-le di

Lero.


266

L'Esercito Italiano nel Dodecaneso 1912-19/43

Era stato deciso che per ottenere questo scopo, occorreva sacrifìcare le esigenze e le possibilità <li difesa delle altre isole, per concentrare su Lero tutte le attenzioni: l'importanza del Dodecaneso era basata essenzialmente sulla possibilità cli poter usare una delle sue isole come base navale. lero e Tobruk avevano la stessa funzione in caso <li guerra: la prima per il Possedimento, la seconda, per la valorizzazione della Cirenaica: Lero e Tobruk nel Mediterraneo orientale rappresentano due punti il mi possesso in tempo di guerra deve essere rrtantermto se noi vorremo garantire al paese l'af/ht.r.ro dei rifornimenti ... La Regia Marina non riteneva nel 1932 che la Francia avrebbe inviato in Levante una incera squadra navale, anche se composta da vecchie unità. Secondo le previsioni, il nemico avrebbe attaccato con bombardamenti dal mare fatti da unità veloci provenienti da Beirut e con alcune azioni aeree·: di disturbo. I tentativi di sbarco si sarebbero concentrati su Lero, in diversi punti, allo scopo <li disorientare la difesa dell'isola. Per difendere Lero, non sarebbe stato possibile di stogliere forze dallo scacchiere principale, senza indebolire la capacità italiana cli difesa nel Mediterraneo centrale e nella Sicilia. Quincli anche in caso di attacco a Lero, in nessun caso si dovevano muovere forze metropolitane. La difesa di T~ero doveva essere organizzata sulla base <li apprestamenti fissi che era necessario predisporre ovviamente in tempo di pace, con l'aiuto <li quelle forze navali di superficie o subacquee che all'atto della mobilitazione, fosse stato possibile trasferire rapidamente nell'Egeo. Nell'analisi della Regia Marina, era necessario anche considerare eventuali attacchi aerei, ma Lero non era molto vicina a basi aeree del possibile nemico e quindi considerando l'autonomia <lei velivoli <li quel periodo sembrava improbabile un attacco di quel tipo. La costruzione di altre unità portaerei e soprattutto l'uso palese o occulto di altre basi del Mediterraneo, più vicine a lero, avrebbero potuto porre la Francia in grado <li attaccare dal cielo il Possedimento, ma, alle conoscenze del momento, la difesa di T~ero doveva essere principalmente orientata verso la minaccia cli sbarchi o comunque di attacchi dal mare, anche se non doveva essere tralasciata la difesa aerea dell'isola.


Continuano gli studi per l'.!.l!X~~izzazione della difesa del Possedimento 19'12-1933

2fJ.7._

Le direttive generali furono le seguenti: a) bisogna difendere !'intera isola di Lero;

b) la difesa va commisurata soprattutto alla prevista molteplicità dep,li sbarchi, alla offesa dal mare ed a una azione aerea che si può ritenere di modestissirrtt1 entità; r) occorre tendere col tempo acché i mezzi di difesa nei limiti dei possibile, siano tutti mobilitati e pronti nel piii. hre-/Je tempo; d) è indÌJjJensahile impedire all'attaccante di far base temporanea a Stampalia o in altra ba.re delle isole vicine. -

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L'Esercito ltalia110_11el_D0decanesn !212-It~94=3_ _ _

Prese queste decisioni, la Marina aveva individuato una serie di provvedimenti, che però si scontravano con le condizioni finanziarie del paese e soprattutto con la necessità di una corretta ripartizione di uomini e mezzi disponibili in ogni scacchiere. Comunque i provvedimenti che si potevano prendere in prima istanza erano: a) il trasferimento del Comandante Marina da Rodi a Lero per assumere il comando della base navale; b) il concentramento a Lero di tutte k unità navali e militari ausiliarie presenti nel Dodecaneso; e) il trasporto immediato da Coo a Lero con mezzi navali locali di tutta la fanteria residente a Coo; Lo Stato Maggiore dispose anche che all'inizio di una eventuale azione diplomatica la 8" e la 9" Squadriglia cacciatorpediniere fossero trasferite il più rapidamente possibile a Lero. Non appena vi fossero stati gli alloggi disponibili, un sommergibile avrebbe dovuto stazionare a Lero e, in attesa degli alloggi, vi facesse frequenti tappe durante le crociere di esercizio, stazionandovi alcuni giorni. Se a livello internazionale si fossero verificate delle tensioni, dovevano essere dislocati a Lero due sommergibili e alcuni incrociatori ausiliari. La situazione dell'isola non era brillante, se le ostilità fossero scoppiate in quell'anno (1932). Comunque altri provvedimenti erano previsti dalla Marina, nel periodo seguente: tra gli altri, un posamine e 400 torpedini erano destinate a Lero. Due uffìciali avrebbero dovuto quanto prima essere trasferiti nell'isola e gradualmente anche il numero di uomini presenti sarebbe stato incrementato, I depositi di Lero avrebbero concentrato tutte le munizioni di servì;,:ìo e di riserva delle armi esistenti: a questo proposito sarebbe stata aumentata la dotazione dì armi portatili e artiglierie <la sbarco. Così come sarebbe stata studiata la maniera di accentrare una notevole scorta dì viveri e dì materiali nell'isola. Era importante altresì che l'afflusso dei complementi dalla madre patria in caso di mobilitazione avvenisse nel modo più rapido possibile. La Marina prevedeva anche di entrare in trattative con l'Esercito per poter utili:aare a Lero all'inizio delle ostilità un certo numero di uf-


Continuano gli srudì per I'organizz.1zionc <lclla difesa del Posse<limcnro 1932-1233

269

fìciali in congedo. Inoltre avrebbe interessato l]Ltello Stato Maggiore affinché sin dal tempo di pace una compagnia fosse trasferita a Coo. Lero, nonostante le decisioni prese, nella valutazione di ufficiai i su 1 posto, necessitava di artiglierie per assicurare la sua difesa costiera, avenJo Jebolc cintura di artiglierie e debolissima Jifesa costiera. Costoro lamentavano che gli uomini erano assolutamente insufficienti, che non era possibile eseguire i lavori di rafforzamento e di ostacolo, a causa della mancanza delle strade e quindi senza la possibilità di rapidi spostamenti: il problema era difficile quasi insoùtbile, in netto contrasto con l'importanza militare ormai accertata e dcfìnita, dell'isola. Anche la difesa contraerea, ad uno studio accurato, presentava ancora gravi diffìcoltà per la configurazione del terreno, montagnosa e scarsamente percorribile. Quindi fino a quando la Marina non fosse stata in graJo di dedicarvi somme notevoli e ulteriori risorse umane, la difesa Ji Lern restava affìdata ad un rapido trasporto di truppe di terra, che, trovando una situazione logistica locale ottimale, avrebbero potuto respingere attacchi nemici, ovviamente con il concorso di frirzc navali e aeronautiche. Anche l'Esercito studiava provvedimenti per aumentare l'effìcienza della difr:sa delle isole italiane Jell'Egeo. Per le Autorità delle forze cli terra, la difesa <li Rodi doveva tenere presente un eventuale sbarco e quindi la manovra da attuare era quella o <li prevenire il nemico o di cader,~li addos.w, nel luogo dove tentava di sbarcare, nel momento più delicato per l'attaccante, e cioè quando arrivano a terra le prime forze. La difesa della città <li Rodi era importante, ma subordinata allo scopo vitale di impedire al nemico di _prenJere terra in qualsiasi punto dell'isola. Le risorse italiane erano obbiettivamente esigue cli fronte a<l un nemico che fosse riuscito a sbarcare con forze numericamente superiori: una volta a terra, non era possibile respingere l'avversario in mare e quindi vi sarebbe stata poca speranza di Jifen<lerc la città cl i Rodi e il Governatorato. Di conseguenza la vigilanza e la difesa fissa delle cosce, con <lislocazione attuata rispetto ai possibili punti di sbarco, doveva essere compito della Guar<lia di Finanza e dei Carabinieri, dotati opportunamente di mitragliatrici: occorreva dunque aumentarne i relativi effettivi e il numero Ji armi


270 ___________________ ):Esercito Italiano nel Dmlecaneso -"-l"-91,..,2,_-19'-' "" 4""3_ __ _ _ _ _ __

<la assegnare a queste forze per la difesa fissa, mentre tutto il battaglione disponibile doveva contrastare materialmente lo sbarco. La difesa della città di Rodi doveva essere basata su una compagnia con mitragliatrici da posizione e artiglierie di piccolo calibro da posizione, sulle quali doveva eventualmente ripiegare il battaglione in caso di insuccesso per un'ultima difesa, piuttosto improbabile. Inoltre, per agevolare gli spostamenti, due autoblindo erano state assegnate al 9° reggimento. Per la difesa di Lero, era necessario tutto il battaglione di Coo ed era altresì necessario dislocarvi di guarnigione almeno una compagnia: questo era anche l'intendimento del Capo di Stato Maggiore della Marina, come sopra visto. Nel quadro di quel battaglione, anche in questo caso Carabinieri e Guardia di Finanza, coadiuvaci dai riservisti, dovevano essere adibiti alla vigilanza fissa, muniti di mitragliatrici da posizione. Al battaglione di Lero dovevano essere assegnati gli stessi compiti di manovra dati a quello adibito alla difesa cli Rodi: cli conseguenza avrebbe dovuto avere uguale costituzione organica, cioè tre compagnie con mitragliatrici pesanti e una compagnia fucilieri. In sintesi, nel pensiero di Alberto Bonzani, Capo di Stato Maggiore dell'Esercito 3 era certo che il nemico avrebbe tentato uno sbarco e dell e finte operazioni diversive sia nell'isola di Rodi che di quella di Lero. La difesa doveva impedire gli sbarchi con le armi in postazione fissa e un piccolo nucleo di manovra. Se Rodi poteva essere perduta, Lero doveva essere mantenuta e quindi dava ordini di dare a Lero quanto richiesto e quanto occorreva. Mentre questi studi venivano fatti e prese alcune decisioni, si era fatta strada l'idea che fosse necessario costituire una Commissione di Difesa della zona militare marittima delle isole italiane dell'Egeo, per mettere a punto i termini della difesa costiera. Ai primi di ottobre 1932 il Ministro della Guerra, ammiraglio Giuseppe Sirianni ;[, aveva costituito, a cura dello Stato Maggiore della 3 Generale di Divisione, fu Capo Ji Stato Maggiore <lai

4 febbraio 1929 al 1° ot-

tobre 1934. 4 Ammiraglio di Divisione, fu Ministro rial 12 settembre 1929 al 6 novembre

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-·--·-·-- Continuano gli studi per l'organizzazione della difesa del Possedimento 1932-1933

271_

Marina, una Commissione presieduta dall'Ammiraglio di Divisione Stefano Mellana, con l'incarico di studiare e aggiornare il piano di difesa del Possedimento. In ottemperanza al la Istruzione jJer !a compilazione dei jJiani di difese, per le pùnze fort4ìcate, al Capo 2, per le piaz-

Una seconda scheda ufficiale del Geo. Romani

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272

L'Escrciro Iraliano nel Dodccancso L9 12-L94'.)

zc nelle quali il Comando era devoluto agli ufficiali di manna, dovevano far parte della Commissione, l'ufficiale comandante della piaz-

za; il comandante designato della difesa terrestre, anche se ufficiale in congedo; il wmand.ante del Jwesidio, anche se non designato per il comr-mdo della difesa terrestre. Oltre a questi ufficiali, erano previsti eventualmente i rornr.mdanti dei reparti di artiglierie, da costa e dr.t fortezztt e del genio che tenevano ,~uarni,~ione ordinaria nella />iazza e vi fossero rimasti in caso di guerra e quegli altri ufficiali dell'Esercito e della Marina che, per !et specict!ità del!rJ loro cctrica fosse opportuno facessero parte della Comrninùme, con voto deliherativo, o anche soltanto consultivo .5. Oltre agli ufficiali di Marina competenti (Comandante Marina Lero, Comandante <lei Presidi), fecero parte della Commissione anche il Comandante del 9° fanteria, il comandante del battaglione distaccato a Coo e destinato, in caso di mobilitazione, aJ essere trasportato a Lero, un ufficiale del genio militare e l'ufficiale superiore medico dell'Esercito che aveva la funzione di capo del servizio sanitario presso il Comando dei Presidi delle Isole Italiane dell'Egeo. Per l'AeronaLttica era inserito il Comandante dello stormo misto dcll'Egc.:o 6_

5 L'lJtmzione così si esprimeva circa la compilazione dei piani di difesa: I pùmi di dife.ra delle piazze marittime, il etti comarulo è devol1tto ad ufficiali di rna1-ir1a, .rono trasmessi per il trr;mite dei comcmdanti in capo del dipartimento marittimo e dei comandanti militari marittimi, al l'vl inùtero della M arina ( Ufficio del Ca/10 di SttJto i'vlaggiore), il quale, prima di dare la .r11a e1J1/mwazùme, li cormmica e1l C:ajJfl di Stato Maggiore dell'Esercito e ne attende ii parere ... La Commissione di Difesi'/. è convocata ogni volti'/. che occorra, e almeno 1ma volta all'armo, /!er ri/wendere in nmne le q11e.rtùmi inerenti alla di(eJa della piazza e per modificare, ove ocwrra in con.reRuenza, il piano di di/e.ra .... Delle .red11te delId Commissione viene reddtto dpposito verbctle ... I Cdpi dì Stdto Mr,K~iore dell' flsercìto e dell,i Marin,i Ji Jrarnbitmo i verbali Jtessi con le o.uerl)({zioni che re/111t,mo del (!;HO •.... Per la copia dell'!Jtrnzione v. LlO Rll 7.

6 La composizione completa della Commissione, al momento della sua costituzio-

ne, era la seg uente: Presidente, Ammiraglio di Divisione Stefano MELLANA. Membri : Comandante dello Stormo Mis to dell'Egeo, colonnello Ermenegildo Laghi; Capitano <li Vascello Ctrlo Hurzag li; Cornan<lante del Pres idio di Rodi , colonnello R. Esercito Giulio Vanden Heuvel; dalla Sezione staccata del genio marina di Lero, capitano Modesto Fascio; Capo del Servizio Sanitario di Lero, capitano Guido Cencbl.i.


-·--·~ _Continuano gli studi per l'organizzazione rlella d_i.f.egj~!XQssedimento 1932-1933

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Piano difesa del 1932

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L'ammiraglio Mellana, in prima luogo, diede ad ognuno dei comporicmi la Commissione il compito di studiare per proprio conto le questioni che dovevano essere porcate all'esame della Commissione, che si sarebbe riunita per procedere alla redazione <lei progetto di difesa.


----= L'=Es=e= rc=ito Italiano n~l.Doderaneso 1912-1913

Alla fìnc di ottobre del 1932, il Comandante del 9" reggimento fanteria, colonnello Cristiani, presentò, per quanto di pertinenza del Regio Esercito, allo Stato Maggiore, tramite il Comando del Corpo d'Armata Territoriale di Bari, un progetto assai dettagliato e articolato in cinque parti sulla difesa delle isole; questo progetto fo poi studiato accuratamente e preso in considerazione nella prima riunione della Commissione, insieme ad altre propostl'. presentate dalla Marina e dall'Aeronautica 7 , nel marzo 1933 (v.sotto). Lo studio fu formulato sul la base della prevista formazione speciale per il battaglione di Lero, quale prevista nel novembre del 1931 nella riunione dei Capi di Stato Maggiore presso il Capo di Stato Maggiore Generale 8 , e in seguito a scambi di vedute con i Comandi della Marina e dell'Aeronautica. Lero è un'isola dall'aspetto montuoso con un largo sviluppo cli coste che normalmente scendono ripidamente fino al mare; mancano catene direttrici; i rilievi sono molto irregolari, ma vi è un gruppo di monti al centro del territorio che rappresentavano per le esigenze militari, un'ottima posiz.ione difensiva, che offriva anche interessanti punti per l'avvistamento soprattutto per provenienze da nord. Le comunicazioni fra la parte centrale e la settentrionale dell'isola avvenivano per la stretta di San Liberio, come allora veniva chiamata la zona, che era una posizione molto importante per la difesa dell'isola. Procedendo da nord verso est si trovava lungo la costa la baia di Parteni, adatta agli sbarchi e, al momento dello studio, era in costruzione solo una batteria per la sua difesa. Le baie di Pandeli e Alinda erano adatte agli sbarchi, ma non protette dai venti dominanti; erano però difese dalle artiglierie; la baia di Serocampo era invece adatta agli sbarchi e difesa dall'artiglieria. Anche la baia di Portolago, situata ad est, aveva delle caratteristiche favorevoli cd era stata infatti scelta come base navale e aeronautica. Aci una più approfondita valutazione, bisognava notare che in realtà in quasi tutta l'isola vi erano condizioni favorevoli per sbarchi.

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Ll O, R 117, Comm1do dei PreJidi delle isole itfllirme dell'Egeo- Rodi - Marzo 1932 - SJutlio relativo alla dijesfl tielle Isole l!alùme dell'Hgeo. 8

V sopra.


Continuano gli studi per J'o_!]@nizzazione tiella <lilesa <lei Possedimento 1932-193'.,

275

Il clima di Lero era cd é temperato. Gli abitanti erano 4000 greci, da non considerarsi mo!to.fède!i, a giudizio degli informatori dell'Esercito. Considerando le forze e i mezzi disponibili a quella data, vi erano elementi vari della Marina con I O batterie, delle quali 4 con compito navale (una in costruzione), altre 4 con compiti misti, navali e contraerei, 2 batterie solo per contraerea. Per l'Aeronautica erano presenti due squadriglie da bombardamento marittimo; una squadriglia da caccia marittima e una squadriglia da ricognizione marittima. L'Esercito aveva un battaglione di fanteria su tre compagnie di mitraglieri e una di fucilieri, trasportati all'atto della mobilitazione, dato che risiedevano, come era ampiamente noto e discusso, a Coo e a Rodi, in tempo di pace. Pochi erano gli uomini dei Carabinieri e della Guardia di Finanza. Sono particolarmente interessanti le considerazioni di carattere operativo della parte terza del progetto. Il Cristiani individuava il problema dei rifornimenti, in particolare dell'olio minerale e dei suoi derivati, come quello di grandissima importanza, in caso di guerra prolungata. Anche se, in teoria, <la tutte e tre le porte del Mediterraneo potevano giungere nafta e benzina, la rotta che sembrava la migliore per yuesti rifornimenti, era sicuramente quella Dardanelliltalia, sel):lpre che fosse stato conservato il possesso di una base navale nelle Isole. Lero era certamente in ottima posizione per assicurare il ricevimento dei rifornimenti. Era evidente che la perdita di Lero avrebbe significato per l'Italia la totale, o quasi, chiusura della rotta per il Levante, mentre il nemico avrebbe completato la rcre <li controllo sulle comunicazioni italiane. In realtà Lero, con le sue basi, navale e aeronautica, era rimasta l'unico vero appoggio italiano nel Mediterraneo Orientale, una volta tramontata ogni possibilità nell'Anatolia. Inoltre rappresentava l'unico punto possibile di raccolta per il concentramento di un corpo di spedizione per il Vicino Oriente, per le operazioni aeree e navali. Se si fosse provveduto aJ attrezzare opportunamente l'isola, non solo se ne assicurava la difesa, ma diventava così possibile avere il control1o di tutto il traffico in superficie delle altre potenze europee, interessate allo scacchiere, che dall'oriente si dirigeva verso l'occidente. Per il colonnello Cristiani, era ancora valida l'ipotesi di lavoro pre-


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vista dal Comando del Corpo di Stato Maggiore nel luglio 1929, e cioè che solamente la Francia era in grado di attaccare improvvisamente le isole italiane dell'Egeo e esclusivamente nei primi giorni di guerra, perché era l'unica che poteva disporre di adeguati mezzi navali di appoggio, aven<lo una base in Si ria e una in Tunisia, <li grande potenza, quale era Biserta. In realtà questa ipotesi non collimava in toto con le valutazioni della Marina, che pur prevedendo un possibile attacco francese, non lo riteneva un grande pericolo, considerati i mezzi che teneva nel Levante. Era logico che una eventuale azione nemica contro il Possedimento si sarebbe concentrata contro la parte considerata più importante da un punto di vista militare e cioè contro Lero. Probabilmente l'azione nemica avrebbe cercato di eliminare rapidamente e con violenza gli organi di difesa dell'isola. Per quanto riguardava l'attacco, due erano le ipotesi ,ùlo studio: a) 1m colpo di mano e h) uno sbarco in forze. Nel primo caso era evidente che l'azione sarebbe stata rapida e si sarebbe dovuta risolvere in poche ore. Sicuramente sarebbe stata condotta nottetempo e nelle prime ore della mobilitazione. Dunque il nemico avrebbe contato sul fattore sorpresa e qL1indi non vi sarebbe stata preparazione con artiglieria. Per questo tipo cli azione, non serviva <li certo una baia facile per lo sbarco, ma una località che consentisse agli incursori nemici <li essere molti vicini a qualche ganglio vitale della <lifesa <lei l'isola per possibilmente prenderne il comando allo scopo anche di isolare le batterie, in modo che un successivo sbarco cli forze piì't numerose fosse agevolato; successivamente il nemico avrebbe cercato di rendere inoffensivi i vari clementi di difesa. J;azione relativa ad un <liretto sbarco in forze del nemico era più complessa: un'operazione del genere doveva venire studiata dall'avversario con grande accuratezza e preceduta da una scrupolosa preparazione, che probabilmente sarebbe iniziata in un momento di forte tensione diplomatica. Una preparazione per uno sbarco in forze era hmga e complessa e necessitava, a parere dell'estensore <lel rapporto, di una preventiva mobilitazione. E' implicito nell'analisi preparata che, in questo caso, se ne sarebbe avuta notizia, anche se il nemico avesse tentato di nascondere accuratamente i preparati vi: d LH1que il tempo necessario all'avversario per completare la preparazione poteva essere


_____çDm~rnano gli studi per l'organizzazione della difesa del Possedimento 1.9~il-J.2Jj___:2_II

impiegato dalle forze di Lero per perfezionare il dispositivo <li <lifesa, soprattutto per quanto riguardava la vigilanza, l'osservazione e, elemento importante, la messa in efficienza di tutte le batterie previste. Il colpo di mano era quello che veniva considerato come il caso più sfavorevole per gli italiani: occorreva dunque stabilire primariamente le disposizioni necessarie al contrasto di questo tipo di azione. Una volta approntata la difesa per un colpo di mano, tutte le altre questioni riferenti alla seconda ipotesi, l'attarrn in forze, avrebbero potuto trovare una soluzione. Quali dovevano essere i comj,iti Jj,eàfici e le modalùà di azione per le truppe del I O battaglione del Reggimento Fanteria destinato a costituire l'elemento mobile della difesa di Lero? J:isola si trova nella particolare condizione per la quale sia per la difèSt1 fissct che per que!lr.t mobile gli unici elementi a disposizione erano le truppe del battaglione di fanteria, quin<li i compiti dello stesso venivano in<licati nel modo seguente: 1) imj,edire con il fuoco che il nemirn potesse mettere pied,e a terra e inizia-

re o almeno portare a compimento le sue auivìtà offensive contro la costd; 2) contraftdccarlo quanto più presto e qucmto più virino alla ,1j,iaggia poJsibile; 3) as.riatrare, in ogni caso, che il nemico jHJSStt occujJare J,osizioni dalle quali fosse J10ssibile offendere direttamente le batterie e !{li impicmti di base. Per il primo compito, i nuclei destinati alla sorveglianza, avrebbero potuto disporre <li armi automatiche: si riteneva infatti che poche mitragliatrici, maneggiale da uomini risoluti, avrebbero potuto impedire lo sbarco, o quantomeno, rallentarlo, infliggere perdite, <lisorientarlo. Nel caso che questi nuclei avessero dovuto ripiegare dalla spiaggia sotto la pressione nemica, dovevano avere la possibilità di appoggiarsi a qualche elemento difensivo campale. Per quanto riguardava il punto 2), un elemento importante da considerare era il terreno sul quale si sarebbero dovute muovere le truppe, terreno di difficile jJercorribilità, anche se le alture non raggiungevano che i 350 m. sul livello del mare. Per altro, le coste dell'isola offrivano varie possibilità <li sbarco. Occorreva proteggere direttamente le batterie e g li impianti delle basi e quindi il battaglione


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_________ L'Esercito Irnliano nel Dodecaneso l 912-1;/1L

avrebbe potuto condurre una azione di contrattacco solo in determinate località e in speciali condi:lioni di tempo. Per ottemperare a quanto previsto dal punto 3), sarebbe stato necessario che il battaglione fosse disposto su di una posizione centrale, per riuscire a sorvegliare e a coprire tutte le batterie e gli impianti delle basi, che come è noto, erano concentrati nella parre meridionale d ell'isola. Dunque da una posizione centrale sarebbe stato possibile, secondo quanto scritto nel progetto di difesa, partire al contrattacco, in caso di sbarco riuscito da parte del nemico, e opporsi direttamente all'avanzata dello stesso, nel caso in cui le forze avversarie avessero minacciato da vicino le opere delle basi. Queste erano le considerazioni di carattere operat ivo, ma il Comando dei Presidi non si nascondeva una difficile realtà, e cioè che quel progetto di difesa costiera di Lero, anche se attuato in toto come previsto nelle considerazioni operative, pativa però di sensibili deficienze sia per quanto riguardava gli apprestamenti navali sia per quanto rigLmrdava la difesa mobile, che era poi il compito principale affidato alle truppe cli terra. In teoria quanto previs to dalla Marina poteva far pensare che la difesa era stata organizzata, con sufficienti garanzie di rendimento e di sicurezza, ma gravi lacune si sarebbero manifestate, specialmente nei primi giorni di un conflitto, qLLando ancora non fossero giunti a Lero gli uomini e il navig lio promessi dal Ministero della Marina. Al momento in cui il Progetto veniva redatto, si osservava che con il numero ridotto di uffìciali, sottufficiali, sottocapi della Marina presenti, previsti per il tempo di pace, solamente due o tre pezzi per ogni batteria sarebbero stati in condizione di funzionare con armamento assai ridotto, in caso di attacco a sorpresa. Le stesse truppe di te rra non erano certamente sufficienti: occorreva dunque inviare dall'Italia <lei riservisti per completare gli organici del 9 ° Fanteria. Era poi utile costituire a Lero, fin Jal tempo di pace, un manipolo della M.VS.N. Dovevano essere fatti con una certa urgenza anche alcuni lavori di fortificazione campal e, necessari per la migliore resa delle scarse truppe presenti, per garantirsi dalle sorprese nemiche e poter prolungare una resistenza f ino all'estremo: per una seria di fesa del Possedimento vi era ancora molto <la fare.


Continuano gli studi per l'Q!J@!1inazione della difesa del Possedimento 19'l2-1933

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Il battaglione destinato alla difesa mobile di Lero in quel momento eta dislocato nell'isola di Coo, con una compag nia distaccata a Rodi (la 2A ), per mancanza di locali in Coo e una squadra distaccata a Calino; una polverizzazione di forze dovuta a difficoltà di accasermamento. Era necessario però che fin dal tempo di pace il battaglione fosse riunito integralmente a Lern. Questo trasferimento, che tanto era stato osteggiato e continuava ad esserlo dal Governatore Lago, avrebbe invece riunito le forze destinate alla difesa mobile delle basi navali e aeronautiche e non avrebbe posto i I problema del movimento del battaglione in caso di conflitto: era sì previsto che fosse trasportato dalla Marina, ma si poteva anche ipotizzare che i trasporti avrebbero potuto essere impediti o ritardati, sia per azione del nemico sia per mancanza di mezzi o di rifornimenti di carburanti. In effetti una esercitazione del marzo precedente aveva dimostrato che servivano ben 24 ore, dall'annuncio della mobilitazione, per concludere l'operazione di trasferimento, in favorevoli condizioni. In quel lasso di tempo, le basi di Lero non potevano essere adeguatamente difese, considerando la scarsità delle truppe presenti in tempo di pace e quindi erano gravemente in pericolo per almeno 24 ore. Un problema era posto anche dall'afflusso dei riservisti residenti a Lero e nt:lle isole vicine: infatti all'atto della mobilitazione queste truppe dovevano andare a Rodi per l'incorporamento, per essere equipaggiati e armati, e poi tornare a Lero, insieme a quelli di Rodi: sarebbe quindi stato invece utile costituire a Lcro una sezione di magazzino con le dotazioni di mobilitazione per il completamento del battaglione, evitando complicati spostamenti. Il trasferimento a lero del battaglione avrebbe facilitato alle truppe una migliore conoscenza del territorio sul quale operare e avrebbe consentito un migliore amalgama, peraltro necessario, con le forze della Marina e dcli' Aeronautica. Avrebbe altresì facilitato la soluzione del problema dell'accasermamento a Rodi, liberando alcuni locali che sarebbero stati utili come magazzini e depositi di vario genere, del quale si aveva un estremo bisogno. Sulla carta e in teoria tutto era log ico e ragionevole, sennonché non era ancora stata costruita a Lero una caserma per le truppe di terra, mentre era già stata finita una betlissirnct caserm a per g li aviatori, ca-


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I:Esr:~ç_iJ9 Italiano nel Dodccancso 1912- l913

pace di alloggiare trecento unità; una, per la Marina, era in via <li completamento, destinata ad ospitare 250 marinai. Vi era poi il problema Jel Jistaccamento di Calino, che era stato mantenuto per ragioni esclusivamente politiche, ma, <lata la sua esiguità, era evidente che in caso <li conflitto, sarebbe andato totalmente perduto. Se ne proponeva dunque l'abolizione per poter riunire a Lero tutto il I 0 battaglione, come appariva necessario e indispensabile, per costituire un serio nucleo di difesa mobile nell'isola militarmente più importante cli tutto l'arcipelago. T problemi finanziari cozzavano con i logici e ben impostati Progetti di stttdio e qualsiasi tipo di difesa si volesse preparare. Nei vari progetti di difesa studiaci, ma non discussi, negli anni precedenti, si faceva sempre conto anche sui riservisti, senza averne però una cerca quantificazione. Nell'ottobre-dicembre del 1932, finalmente questo censimento aveva avuto risultati cerci, che fecero comprendere come i riservisti non sarebbero stati comunque sufficienti per completare, secondo gli organici di guerra, i reparti del reggimento, che avrebbe dovuto mobilitarsi su due battag lioni. Infatti nel 1932 la forza riservista ammontava a 70 ufficiali e 600 tra sottuffìciali e truppa. In questo numero però venivano compresi tutti i riservisti, fino al 55° anno di età e non era stata calcolata una ali quota, y_ua11tifìcata abitualmente nel 20%, che non avrebbe potuto rispondere alla chiamata alle armi per ragioni varie. E quindi in ragione <li ciò, per portare i battaglioni alla forza <li guerra sarebbe stato necessario inviare dall'Italia in Egeo dei complementi. Questi avrebbero potuto essere trasportati dalla Marina, quan<lo avessero fatto affluire nel Possedimento i propri. Il numero dei complementi necessari per il reggimento era, in cifre arrotondate: a) nel caso di mobilitazione or<linata qt1ando vi era una sola classe alle armi: 1200 uomini; b) nel caso di due classi alle armi, 500 uomini. N el primo caso dovevano essere Jestinati a Lero 500 unità; nel secondo, 250. Per quanto riguardava gli ufficiali, venivano ritenuti suffìcienti quelli già in forza al Comando dei Presidi militari delle isole italiane dell'Egeo. l.a prevista costituzione di un manipolo della M. V.S. N. avrebbe avu-


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to lo scopo Ji incorporare tutti i cittadini, residenti, che non avessero ancora o del tutto soddisfatto gli obblighi di leva: questa formazione avrebbe potuto concorrere alla vigilanza delle coste, soprattutto in attesa dell'arrivo delle truppe di complemento dall'Italia, quando le truppe presenti avrebbero dovuto opporre quella che veniva chiamata la fJrÙfltl resistenza. Per poter consentire l'affluenza e il movimento del personale destinato a costituire vigilanza e prima resistenza, doveva essere ancora predisposta una rete radiale di comunicazioni che dalla rotabile presente (Serocampo-Portolago-Patteni) si fosse portata fino a quei punti della costa fissati per i posti di avvistamento: non serviva costruire nuove strade, perché potevano essere sufficienti dell.e mulattiere che consentissero il trasporto di uomini e quadrupedi carichi di materiali vari, non essendo presenti nell'isola molti automezzi. J lavori di fortificazioni campali previsti riguardavano la costruzione di vari centri di resi.rlenza, cinque, per l'esattezza, che dovevano formare un insieme difensivo unico, concepiti sia per dare appoggio a reparti che fossero stati costretti a ripiegare dalla costa, sia per sbarrare la scraJa a reparti nemici che avessero avuto successo di sbarco. Era ovvio che i lavori relativi dovevano essere fatti in tempo di pace, perché, sempre co11si<lerando le scarse risorse umane presenti anche in tempo di guerra, non era pensabile distogliere uomini dai compiti di vigilanza e prima resistenza, per eseguire lavori di fortificazioni campali. Non venivano invece ritenuti necessari lavori per sistemare le mitragliatrici pesanti che avrebbero potuto trovare confacente sistemazione negli anfratti <lelle rocce costiere. Così come non venivano ritenuti necessari lavori lungo le posizioni di resistenza, che avrebbero dovuto essere occupati <lalla compagnia con mitragliatrici pesanti mo<lello 1/i, destinata ad assicurare in ogni contingenza, l'integrità della base navale e di quella aeronautica: sembrava sufficiente, in tempo di pace, provvedere a minuziose ricognizioni Jel terreno da rafforzare, alle quali sarebbero seguiti studi e realizzati facili schizzi; in base a questi preventivi, poi i lavori avrebbero potuto essere eseguiti in caso di necessità, dalle stesse unità Jestinate a presidiare quelle posizioni. Era comunque auspicabile peraltro fare questi lavori in tempo di pace: una volta trasferito, il 1° battaglione avrebbe potuto


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effettuar] i, approfì ttando dei due cicli <li istrrn~ione che ogni reparto doveva eseguire annualmente. I materiali da accantonare a T~c:ro, fìn dal tempo di pace, dovevano essere quelli da rafforzamento (filo spinato e paletti) e attrezzi pesanti da zapparore. Per yuanto riguardava la difesa di Rodi, fondamentale era contrastare il nemico nel momento in cui cercava di mettere il piede su terra; la copertura e la difesa della città di Rodi erano in realtà una questione subordinata al contrasto allo sbarco. Le poche forze presenti infatti non dovevano difendere solo la città, ma essere tutte destinate alla difesa generale dell'isola: infatti considerato il numero delle unità presenti, se il nemico fosse riusciro a sbarcare, erano assai poche le possibilità <li resistenza e di difesa della città e del Governo. Il Comando del Corpo d'Armata Territoriale di Bari inoltrò copia dello studio predisposto dal Comando dei Presidi al Comando del Corpo di Stato Maggiore, con le proprie annotazioni, che concordavano con quanto previsto dal Comando dei Presidi 9_ Per la difesa di Lero, appoggiando le tesi del Comando dei Presidi, il Corpo d' Armata riteneva opportuno rilevare, come utile orientamento per la Commissione Difesa della Zona di preminente interesse marittimo dell'Egeo, che sarebbe stato necessario: a) ripartire la difesa dell'isola in due settori, nord e sud; b) costituire 12 posti di mitragliatrici lungo la costa su due armi, sfruttando i 12 pezzi che avrebbe dato la Marina e ovviamente assegnandone altre; e) assegnare una compagnia con mitragliatrici pesanti nel settore nord; una compagnia con mitragliatrici pesanti al centro dell'isola sulla linea Monte S, Pietro, Monte Rachi, Monte Meraviglia, per assicurare la difesa delle tre baie <li Gurna, Alinda e Pandeli; una compagnia mitraglieri e una compagnia fucilieri a sud-est <li Monte Meraviglia, quale nucleo cli rinforzo di fuoco per la difesa di quelle baie; <l) rinunciare a difendere la baia di Serocampo, che poteva essere suf-

9UOR 177, 13.5.1932.


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ficientemente difesa dalla Marina, specialmente nel caso di costruzione di una nuova batteria; e) eseg uire lavori difensivi, da precisarsi sul posto, in prossim1ta della costa nord dell'isola, invece dei cinque centri di resistenza proposti dal colonnello Cristiani p er la zona nord dell'isola; f) eseguire i rimanenti lavori proposti dal comandante del 9° fanteria, con qualche modificazione; eseguire qualche lavoro a protezione delle mitragliatrici dislocate lungo le coste.


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Per l'isola di Rodi, in sintesi, la vigilanza e la difesa fissa delle coste sarebbero state compito dei Carabinieri e della Guardia <li Finanza, con opportuna dotazione di mitragliatrici. L'l difesa doveva venire studiata e approntata in base alle reali possibilità di sbarchi offerte dalla costa: compiuto questo studio poteva contemplarsi la possibilità di un eventuale aumento delle brigate della Finanza e delle stazioni dei Carabinieri. Inoltre si sarebbero attuate le varianti alle loro dislocazioni e sarebbe stato definito il numero di mitragliatrici da assegnare a queste forze alle quali era stato devoluto un compito delicato. La manovra sarebbe stata effettuata da tutto il battaglione disponibile, per contrastare materialmente lo sbarco. Doveva essere predisposta una imbastitura della d~fèsa del/et città di Rodi, con una compagnia con mitragliatrici da posizione e artiglierie <li piccolo calibro da posizione, prevedendo cli farvi ripiegare il battaglione, se necessario, per tentarvi l'ultima difesa della città, anche se non si faceva molto assegnamento su un successo fìnale. Circa altre necessità di Lero, era evidente che vi si sarebbe dovuto destinare tutto il battaglione di Coo; anche per Lcro sarebbe stato auspicabile destinare alla difesa fissa dell'isola la Finanza e i Carabinieri e i riservisti locali, muniti di mitragliatrici da posizione; il battaglione presente avrebbe avuto gli stessi compiti di manovra che aveva yuello di Rodi. Il Comando d'Armata di Bari, nell'inviare le proprie valutazioni, chiedeva poi a chi competesse di concretare il progetto per la difesa dell'isola di Lero. Il generale Bonzani concordò con l'analisi fatta 10, aggiungendo alcune sue considerazioni: a Rodi, molto probabilmente il nemico in caso di tentativi di sbarco, avrebbe finto di fare operazioni diversive, ma l'isola e la sua città dovevano riman ere al sicuro da qualsiasi colpo di mano. Era dunque importante dare una adeguata costituzione organica al battaglione predisposto per la difesa. Anche per Lero, Bonzani concordava con quanto proposto dal Comando dei Presidi, e cioè che la prima difesa fosse quella di impedire lo sbarco con armi in postazione fissa, magari protetta e con un piccolo nucleo <li manovra. Come per Rodi il battaglione sarebbe stato formato da tre compagnie con mitragliatrici pesanti e una compagnia di fucilieri. 10

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177, 16.6.1932.


Continuano gli scuJi ~r l'organizza:Lione della difesa del Posstdimcnro 1932-1933

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Per Lero, in attesa delle proposte della Commissione di Difesa, il 9 ° Fanteria, attenendosi alle direttive della Marina, poteva fare un progetto di difesa costiera dell'isola, per quanto concerneva l'impiego del battaglione di Coo. Bonzani concordava anche con i colleghi della Forza navale nel ritenere che purché Lero fosse tenuta, Rodi poteva anche essere perduta. Quindi Lero doveva avere quanto chiedeva per la propria difesa. Anche l'Aeronautica aveva iniziato a rafforzarsi: il I 5 giugno 1932 aveva costituito lo Stormo Misto dell'Egeo e migliorava logisticamente la propria base. Il 10 ottobre del 1932 la Marina, in quanto titolare della zona di preminente interesse marittimo, rispondendo ai quesiti posti, attri buiva uffìcialmente il compito dello studio del progetto di difesa dell'Egeo alla Commissione di difesa dell'Egeo. Alla fine del 1932, gli studi e le proposte, sopra analizzati in dettaglio, furono quelli che pervennero da parte dell'Esercito alla Commissione di difesa delle isole italiane dell'Egeo, perché li studiasse e provvedesse alla definitiva compila7.ione dei piani di difesa del Possedimento, per la loro approvazione da parte del Capo del Governo. Un ulteriore elemento interessante per questi studi era stato il fatto che tra Italia e Turchia si era giunti finalmente ad un accordo circa la delimitazione della frontiera marittima fra la costa anatolica e l' isola di Castelrosso. Il 7 gennaio del 1932 la Grande Assemblea Nazionale turca aveva ratificato la convenzione italo turca firmata tre giorni prima, sull'argomento. Era stata costituita, come di prassi una commissione mista che aveva terminato i propri lavori il 28 dicembre successivo. Tra le due nazioni erano sorte delle controversie, in sede di interpretazione del Trattato di Losanna circa la sovranità di alcuni isolotti situati fra la costa anatolica e l'isola di Cascelrosso e su quel la di Kara Ada: in Commissione i turchi accamparono pretese anche su altri due isolotti, di Kaidaro e J:larmacoi ma poi desistettero, anche in seguito all'intervento dell'Ambasciatore d'Italia presso il Governo locale 11 . Quindi, almeno per il momento, non vi erano 11 LlO, R 117, v. allegato al foglio 2/1120 <lei 18.2.193 3, SIM, con annessa cartina.


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r:Escrcito Italiano nel Dodecaneso 1912-194)

più dispute internazionali riguardo alla sovranità italiana, ormai acclarata. Dopo circa sei mesi di studio, la Commissione <li difesa della zona marittima delle Isole dell'Egeo si riunì per la prima volta a Lero, dal 24 al 29 marzo del 1933, con all'ordine del giorno, la compilctzione del Piano di Difesa in guerra della Zona, in relazione alle .ruperiori direttive che stabilivano che le Isole di preminente interesse marittimo da difendere erano nell'ordine di importanza Lem, Rodi, Stampalia, Castelros.ro1 2. La Commissione esaminò gli studi pervenuti e fece ai Capi di Stato Maggiore delle tre Armi le seguenti dodici proposte (riportate nell'ordine generale del verbale), affinché quelle Autorità potessero dare il loro parere e, se concordi, impartire le relative istruzioni di attuazione: l) lasciare a Castelrosso, all'atto della mobilitazione, il reparto esistente in pace, motivando la proposta con le difficoltà che avrebbero potuto sorgere per ritirarlo e concorrere con altre forze alla difesa dell'Isola contro i colpi di mano. Su questa proposta si di chiararono d'accordo tutti. 2) Dislocare da subito a Stampalia un plotone, facendo rientrare a Rodi i reparti delle isole di Scarpanco e Simi: si riteneva opportuno agire così in vista delle diffìcoltà che avrebbero potuto sorgere per l'invio al momento opportuno del plotone a Stampalia e per ritirare i reparti di Scarpanto e Simi. Le tre Armi concordarono: l'Esercito pose solo la condizione che il presidio di Stampai ia avrebbe potuto essere costituito solamente quando fosse stato provveduto al suo accasermamento nell'isola e al ritiro contemporaneo dei presidi di Scarpanto e di Simi. 3)

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All'atto della mohilitazionc, i nuclei di Carabinieri e Guardia di Finanza residenti nell'isola di Rodi, Coo e Lero avrebbero dovuto costituire un reparto <li circa 70 unità che dovevano venire armate con 15 mitragliatrici. Questi uomini dovevano venire impiegati per la difesa fissa di Lero. La ratio della proposta era quella che, una volta constatata l'esiguità delle forze complessi-

L 1 OR 177, Verbale n. 1 <lella Commissione di Difesa.


Continuano gli studi per l'organizzazione della difesa <lei Possedimento 1932-lJTI _ 287

ve a disposizione, la creazione del reparto avrebbe reso disponi bile una delle compagnie del 1° battaglione al quale doveva essere assegnato il compito della difesa fissa. Ancora una volta i pareri delle superiori Autorità furono favorevoli, con la condizione posta dall'Esercito, che la Marina costituisse squadre mitragliatrici con personale della Finanza, da prendere da altre isole, sempre che p erò non venissero ridotti i nuclei della Finanza destinati alla difesa di Rodi. 4)

.Bisognava trasportare a Lero fìn <lai tempo di pace tutto il 1° battaglione di stanza a Coo e al più presto una compagnia con una sezione del magazzino viveri e vestiario, per contrastare fìn dall'inizio delle osti I ità, eventuali sbarchi di reparti nemici. Era inoltre utile che le truppe prendessero conoscenza del terreno con la pnitica e iniziassero ad approntare le sistcmazion i d ifrnsive di particolare importanza. Anche in questo caso il parere generale fu favorevole. Il Capo di Stato Maggiore dell'Esercito in particolare fece presente che, essendo le isole dell'Egeo zona <li preminente interesse marittimo, spettavano alla Marina tutte le pratiche con il Governatore delle Isole, necessarie jJer contemperare le esigenze militari con q11efle jlolitiche.

5)

Costituire a Lero un parco antincendi attrezzato e una cisterna pompa, considerato che nell'isola scarseggiavano i mezzi per estinguere possihili incendi. Questo parco doveva essere costituito con mezzi dell'Aeronautica. Scontato il parere favorevole <lella Marina e dell'Esercito, la proposta ebbe il parere contrario del Capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica, in quanto i mezzi di quell'Arma erano giudicati appena sufficienti per l'aeroporto.

6)

Accantonare a Lero da subito un adeguato quantitativo di filo spinato, di gabbioni per reticolato speditivo, di paletti, di sacchetti a terra, cioè di tutto quel materiale che si rendesse necessario per attuare difese passive fin dall'inizio delle ostilità, per contrastare la facilità di sbarco di picco! i reparti nemici in alcuni punti dell'isola. La Direzione Generale del Genio Marina aveva peraltro già disposto per l'acquisto di 30 tonnellate di filo spinato, 9000 palette e 600 chili di cambrette. Anche l'Esercì -


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to dispose affìnché fosse completata la dotazione di materiale necessario. Questa necessità fu quantificata in Lire 65.000 del l'epoca. 7) Costruire la strada Gonià-S.Giovanni-Rachi-Comere, per permettere l'intervento rapido de lle truppe nei punti <li più facile sbarco, considerata l'assoluta scarsezza di rotabili. Questa strada presentava una particolare importanza per dare la possibilità agli uomini impegnati nella difesa di arroccarsi più facilmente tra le varie posizioni sistemate per la difesa. La costruzione aveva una spesa prevista <li Lire 75.000 cli allora. Concorde fu il parere dei vertici delle tre Armi. 8)

All'atto della mobilitazione occorreva costituire un servizio sanitario unico per tutto il personale presente sull'isola di Lero, allo scopo di fare delle economie di personale e di razionalizzare l'impiego dei mezzi, sempre scarsi, disponibili. I pareri furono favorevoli, con la condizione da parte del!' Aeronautica che nella propria base fosse sempre comunque presente un medico.

9) Si prevedeva anche la costituzione di due squadre cli bonifica antigas, considerate suffici enti per quel particolare servizio di difesa. Anche in questo caso, pareri favorevoli, con l'avvertenza da parte <lell'Esercito che non avrebbe potuto fornire il personale necessario alla loro costituzione. 10) Veniva proposta anche l'unificazione, all'atto della mobilitazione, dei servizi cli Commissariato per tutte le forze esistenti a Lero, per razionalizzare l'impiego di risorse tunane e cli mezzi. Tutti furono concordi perché era chiara la convenienza insita nella proposta, soprattutto in tempo di guerra. 1 I) Si riteneva utile unificare anche i servizi cli Cassa, per poter semplificare le operazioni fìnanziarie. Proposta accettata senza problemi. 12) fu ritenuto necessario stabilire a Scarpanto e Srampalia dei punti di appoggio per idrovolanti. Anche questa ultima proposta fu accettata senza problemi.


Continuano gli studi P.r!:l'!lrfil!!!!!'.Zazjnne <lella <lilesa <lei Possedimento 1932-1933

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Mentre la Commissione di Difesa provvedeva a analizzare e approvare le prime proposte pervenute dalle tre Armi, l'Esercito aveva deciso e procedeva alla formazione, con organico di pace, del 9° Reggimento fanteria dislocato nelle Isole dell'Egeo, in analogia con quanto era stato fatto per il Reggimento bersaglieri di Zara. Le modificazioni dell'assetto di quel Reggimento erano state segnalate e approvate nella riunione tenuta dal Capo di Stato Maggiore Generale sopra ricordata ciel 10 novembre 1911. Il 9° Reggimento assunse così la seguente formazione speciale: • Comando di reggimento; • Un battaglione fucilieri; • Un battaglione mitraglieri; •

Una sezione cannoni eia 65/17 (2 pezzi);

• Una sezione autoblindo (2 autoblindate).

ll battaglione fucilieri (su ere compagnie focilieri e una compagnia micraglieri) poteva disporre di 18 mitragliatrici leggere e 12 mitragliatrici pesanti. Il battaglione mitraglieri (su tre compagnie micraglieri e una compagnia fucilieri) disponeva di 27 mitragliatrici pesanti e 6 mitragliatrici leggere. Complessivamente nella sua formazione di pace il 9° reggimento fanteria disponeva di 24 mitragliatrici leggere e 39 mitragliatrici pesanti, 2 cannoni da 65/1 7 e due autoblindo. Gli effettivi nel tempo cli pace come forza massima erano previsti in /iO ufficiali e 1200 uomini di truppa. Fu inoltre previsto il trasporto dei richiamati dall'Italia all'atto della mobilitazione o durante il periodo di sicurezza. Molti dei quadrupedi necessari sarebbero stati reperiti sul posto, in considerazione dell'esiguo numero assegnato al reggimento. Erano stati concessi materiai i dì collegamento maggiori rispetto alla dotazione normale di un reggimento. A ciascuno dei due battaglioni erano stati assegnati due ufficiali medici, anziché uno. Erano state assegnate 30 mitragliatrici per esigenze speciali di difesa, oltre alle 12 previste per la costituzione della compagnia mitraglieri da posizione all'atto della mobilitazione. Ulteriori assegnazioni furono previ-


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!:Esercito Italiano nel Dodccancso 1912-191'1

sce per le <locazioni di magazzino, per le munizioni, cioè 10 giornate di fuoco, oltre alle <locazioni individuali di reparto e per i materiali (filo, paletti, ecc) necessari alla sistemazione difensiva dell'isola di Rodi. Come era stato richiesto, l'Esercito dispose la cessione temporanea alla Marina, in caso di mobilitazione, del personale <li artiglieria residente nelle Isole Egee. Dunque, in linea <li massima, era stato accettato il progetto del Comandante del 9° fanteria, che, seguen<lo le istruzioni ricevute per la compilazione dello studio, aveva previsto <lifesa fìssa lungo le coste e a protezione delle basi di Portolago (con due compagnie) e difesa mobile (sempre con due compagnie). Il Corpo d'Armata cli Bari aveva in<licato che forse sarebbe stato meglio tralasciare la protezione diretta della baia <li Pottolago, per uti I izzare la maggior parte delle forze presenti nelle baie settentrionali e centrali dell'isola di Lero. La Commissione di Difesa con le sue proposte aveva delineato una linea di difesa un po' diversa dalle precedenti che però teneva conto anche della necessità di una protezione diretta di Portolago. Stabilito che le isole da difendere erano nell'ordine Lcro, Rodi, Stampai ia e Castelrosso, l'Esercito valutava nell'agosto del 1933 un primo piano provvisorio di difesa predisposto sulle proposte della Commissione di Difesa del marzo precedente, considerato Piano d'insieme, piano che, pur trattando <li tutto il Possedimento, si riferiva in realtà quasi esclusivamente all'isola <li Lero. In un promemoria per il Capo di Stato Maggiore, l'Ufficio Operazioni osservava che i provvedimenti previsti e proposti erano suddivisi nel tempo in <lue periodi: il primo chiamato dell'assetto prewuzionale e quello dello stctto di simrezza oppure, dipendendo dagli avvenimenti, quello della mobifitazione. Per quanto riguardava il primo periodo, gli adempimenti riguardavano esclusivamente la Marina. Invece per lo stttto di simrezza o la mobilitazione era coinvolto anche l'Esercito: erano elencati i provvedimenti da prendere giornalmente dall'autorità centrale e dal Comando della zona fino al giorno O+ 10, ove il giorno O era definito dall'arrivo a Lero del battaglione dislocato a Coo (compresi i distaccamenti di una compagnia a Rodi e cli una squadra a Calino) e di 70


_____ _i:ci12tilll!@Q$li studi per l'organizzazione della dift'5a del Possedimellt!L.1.93.~ 1933 _2.21_

lero . Piano di dilesa del 1933-34 [A us SME no 8111)

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militari della Finanza tratti dalle isole <li Rodi, Coo, Simi e Calino. Le disposizioni previste riguardavano principalmente l'isola di Lero, per la sua maggiore importanza militate l3_ Il giudizio dell'Ufficio Operazioni del Corpo <li Stato Maggiore era piuttosto critico sull'assetto generale dello studio provvisorio, realizzato in base alle proposte fatte: si riteneva il complesso delle disposizioni previste abbastanza schematico e mancante di qualsiasi elemento riguardante la difesa di Rodi e delle altre isole minori. Mancava anche, ad avviso dell'Ufficio scrivente, di qualsiasi indicazione illustrativa atta a giudicare sull'opportunità dei vari provvedimenti. L'opinione dell'Ufficio era che la parte riguardante l'Esercito dovesse essere compilata separatamente da quella della Marina, mentre erano state fose insieme. La prima parte riguardante le trnppe di terra dunque <Ìoveva avere maggiore sviluppo, affinché fossero trattati in modo approfondito tutti gli argomenti relativi all'azione delle tmppe dell'Esercito non solo a Lero, ma anche nelle altre tre isole oggetto dello studio. Dovevano essere inoltre più dettagliatamente indicati i compiti dei Carabinieri e degli effettivi della Guardia cli Finanza, dislocati nelle isole minori. La parte relativa alla difesa di

13 LlO Rl 17, Promemoria per S.E. il Capo di Stato Maxxiore ddl'Hsercito, luglio 1933 e successivo 12 agosto 1933. Può essere inceressante riprodurre alcune valutazioni quali indicate m~i due promemoria, redarti sulla base della presencazionc del primo piano provvisorio <li <li[esa delle Isole italiane <le.11'.Egeo:

- Giorno O: oltre al movimento suddetto [l'arrivo a Lero del battaglione dislocato a Coo} è prevista la di.rlocazione delle /1t:tttnxlù nei /nmti stf.tbiliti per lt1 difesa e /({. costruzùme di r,t_/forzr1menti nelle isole di Rodi, Stampalia e Ca.rtelro.rro. - Giorno O+ 1: dislocazione d.el b,tttaglione proveniente da Coo e Rodi, e del rmdeo di 70 guardie di finanza nell'ùola di I ,ero; le trupjJe completrmo i lttvori di ,1pprestamento difensivo e si rafforzano ml/e posizioni. La dirlocazùme del battf.iglione è sommr1riamente indicr1tr.J senw .rjiecificr1re i compiti e i criteri di impiego... - Giorno 0+2 e 0 +3: mdla dr1 osservare. - Giorno 0+4, 0+5, 0+6: si prevede l'arrivo dei richiamati de!l'e.rercito dalle varie /1rovenienze (Isole, A natolù,, Italia), il completr1mento dei bf.lttaglioni di U'ro e di Rodi, e la partenza, su un caccia, del plotone destinato a Starn/1alùi. - Giorni O+ 7 a O+ JO: nulla che intere.ua.


Continuano gli stufu.ti:.l'nrganizzazione della difesa del Possedimento 1232-1933

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Lero era stata più dettagliata14, ma l'Ufficio Operazioni fece delle osservazioni interessanti. Innanzi tutto riteneva che non fosse opportuno dislocare una sola mitragliatrice per posto della Guardia di Finanza. Inoltre veniva ricordato che nelle direttive dello studio per la difesa dell'isola di Lero era sancito il principio che la difesa di Lero non consentiva spazio di manovra e doveva essere intesa ad impedire gli sbarchi con armi in postazione fissa, possibilmc:nte protetta e con un piccolo nucleo di manovra. E per questa ragione era stata stabilita la formazione Jel battaglione di Lero su tre compagnie di mitraglieri e una di fucilieri, decisa nella riunione del novembre del 1931 presso il Capo di Stato Maggiore Generale. Ma con la dislocazione proposta si sarebbero avute 3 compagnie in riserva, di cui due di mitraglicri e questo non sembrava opportuno, stante la scarsità di risorse presenti. Inoltre, anche se non fosse stato possihile disporre per intero dei 70 uomini della finanza previsti, poteva ritenersi adeguato alle presumibili esigenze de1la difesa di Lero il battaglione mitraglieri. Per meglio valutare le esigenze occorreva comunque avere un dettagliato progetto d'impiego.

l4 LlO Rl 17: ...... - 33 po.rii di mitragliatrici della Cutirdia di Finanza lungo le co-

ste (2 .roli Jm.rti hanno 2 arrni e gli d!tri 11 h,mno una .rola arma);

- ttnct compdgnùi di rnitraxliatrici pesanti ripartitct in plotoni jler difendere xli apprestamenti della baia di Porto/ago; - dne compagnie mitrr,glidtrici /Jesanti e 7 compagnia ji,ciiieri di riservfl ... ... .



2.4. Si concretano i primi piani provvisori per l'organizzazione della difesa del Possedimento 1934-1935. entamente il progetto di difesa ciel Possedimento andava prendendo forma e sostanza. Nel novembre del 1933 era stato preparato un piano provvisorio per le isole italiane d el! 'Egeo, che fu però presentato nel gennaio d el 193/i allo stu<lio e all'eventuale approvazione degli organi <li vertice 1 . La premessa si rifaceva sempre alla famosa riunione del. 10 novembre 1931, nella quale si era stabilito che le isole erano una zona di preminente interesse marittimo e quindi la difesa doveva essere centrata su questo aspetto e coordinata dalla Marina, che aveva il Comando Militare. La prima parte del Piano riguardava l'importanza di <]uella zona e del le funzioni che quel settore poteva esplicare nelle diverse ipotes i cli conflitto, direttamente <liscendente dalla situazione internazionale. Siamo ai primi Anni Trenta: con l'Inghilterra, i rapporti erano divenuti abbastanza buoni, mentre l'inimicizia con la Francia, anche se discreta, era però forte. Tra il 1928 e il 1931-32 l'Italia rimase ancora accanto alle democrazie occidentali, anche se con una forte opposizione alle tesi francesi. Si scava riproponendo il problema tedesco e Hitler aveva sempre più potere all'interno dello stato germanico, visto g ià come un pericolo dalle potenze europee. Nel 1929 Mussolini aveva la.5ciato la gestione diretta de] Ministero degli Esteri, nominando Dino Grandi. Ma nel 1932 il Duce riassunse direttamente la conduzione della diplomazia italiana, segnando così un mutamento radicale nell'indirizzo <lella _politica estera italiana 2 . Erano ormai dieci anni che l'Italia aveva acquistato una stabilità interna e una statu ra internazionale: agli occhi della comunità degli stati Mussolini poteva essere un buon mediatore per il mante-

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1

LlO Rll8.

2

Per questo aspetco Jell'opera di Mussolini , oltre al già citato srndio di R. De Felice, è interessante il volume cli G. Salvemini, Mussolini diplom(ltico, Bari, 1952,

p. 360 e ss.


2:.2~6~ - -----~L='E,sercito Itali~[lll nel l.)O(kcancso 1912-1943

nimento della pace e, per quel che c1 riguarda, dell'equilibrio nel Mediterraneo. Non si poteva fare a meno di lui nel quadro della sistemazione degli interessi europei, anche in funzione anritedesca, dal 1933 in poi. Ma è in questi anni anche che si possono identificare le origini prime, anche se lontane, del secondo conflitto mondiale. li periodo post bellico fo gestito male e furono commessi molti errori: è vero che alla Conferenza di Parigi furono trattate utopie piuttosto che realtà 3, che vi fu disaccordo sugli obbiettivi da raggiungere. Furono perseguiti solo interessi individuali, non ispirati alla pacificazione della comunità degli stati. Al problema del disarmo fu data una soluzione inadeguata, ad esempio, e le pesanti limitazioni inflitte ai vinti non fecero altro anche indebolire la sicurezza interna e spingere ad una segretezza del riarmo, con rancori politici difficilmente sanabili e desideri di révanche non sopprimibili. Tra la Pace di Versailles e la comparsa sulla scena mondiale di Hitler, si consumano gli errori del primo conflitto e si inizia a lavorare alle basi per il secondo. Una lunga serie di patti venne firmata, tentativi per cercare di assicurare la difesa collettiva 4 , ma la via è tracciata, come si dc-

3 Cli-. lo studio sempre molto interessante di M . Toscano, Origini e vicende della Sernnda Gli(trra mondir,,/e, in Pagine di Storia Di/1lotrMticrJ Contemporanea , Milano, 1963, p. 99 e ss. Si veda anche A.J. Taylor, The orixin.r ofthe Second Wor!d War, Londra, 1964. 4

Non rientra nello scopo di questa ricerca l'analisi della politica delle potenze europee in questo periodo, ma si ritiene interessante ricordare alcuni accordi che furono presi in quel periodo, per un lettore non addetto ai lavori, guale indicazione per ulteriori approfondi menti: Patto di Locarno (16 ottobre 1925 ); l'Atto generale di Conciliazione e arbitrato approvato dall'Assemblea della S.d.N. il 26 settembre del 1928; il Patto Kel log (Parigi, 27 giugno 1928); la Piccola Intesa (Ginevra, 16 febbraio 1933); l'lntcsa balcanica (9 febbraio 1933); Intesa Baltica (Ri ga, -Ginevra 11 settembre 1934). In quel periodo si chiude anche in Italia la Questione Romana con la firma dei Patti Lateranensi (11 febbraio 1929). Imporranti soprattutto per le vicende del Mediterraneo: il Patto a Quattro (Roma, 7 giugno del J 9:B ) tra Francia, Gran Bretagna, Italia e Germania, ratifìcatn solo dalla Germania e dall'Italia che non entrò mai in vigore; gli accordi Mmsolini-Lava[ (IIoma, 7 gennaio 1935), che trattavano anche d .i imporranti questioni di natura coloniale interessanti i due stati. Il Fronfr di Stre.ra (11 -H aprilel935), italo-francoinglese. Nel 1935 poi la scena internazionale sarà dominata dalla crisi etiopica.


I primi piani provvisori per la <lifésa <lel Posse<limento. 1224-19) 5___ ____]!Xl

duce sostanzialmente proprio dalle ipotesi di studio per la difesa del Dodecaneso. La prima ipotesi che veniva prospettata era quella di una guerra estovest 5: in questo caso Lero avrebbe dovuto avere la funzione di aj,poggio a unità di sujwrfiàe, subarquee ed aeree nazionali operanti nello scacchiere centro-orientate, per la protezione del traffico mercantile italiano e l'offesa del traffico nemico sulla direttrice di Salonicco; avrebbe inoltre costituito base di appoggio per i convogli italiani da e per i Dardanelli. La me.rsa in stato di difesa delle zone doveva procedere secondo quello che era il diario di mobilitazione, a) per quanto riguardava quello che veniva definito come l'assetto prerauzionale, b) per la messa in stato di sicurezza della zona, c) per la mobilitazione generale. La zona militare marittima delle Isole Italiane dell'Egeo comprendeva tutte le isole del Possedimento italiano6 : il gruppo settentrionale 7 poteva essere, costituire un buon sistema difensivo, mentre quello meri<lionale e considerato marginale 8, poteva assolvere a funzioni di vedetta, oltre ovviamente a rappresentare, la città di Rodi, la capitale politica e morale di tutta la zona. Lero aveva, per le sue caratteristiche geofisiche, la funzione di base navale, mentre Stampalia presentava un buon ancoraggio e quindi un secondo possibile porto. Nell'altro gruppo, scriveva il piano, ScarjJanto, Rodi e Caste/rosso offrono modesti rijì,,~i. Le analisi delle possibilità di attacco da patte del nemico portarono a prevedere: a) azioni di disturbo, che sarebbero consistite nella distruzione e nel

5 Per una completa visione delle strategie e pianificazioni militari di quel perio<lo

anche in altri scacchieri, v. F. Minniti, Pino alla p,1,erra. Strategie e conflitto nella jJoliticr,1, di potenza di Mttssolini 1923-1940, Esi, 2000, p.83-140. 6 Si ricorda che questa era ormai la definizione ufficiale del P ossedimento nei documenti militari. 7 Patmo, Archi, Gaiclaro, Lisso, Levita, Lcro, Galino, Stampalia, Coo, Sirina e

siro, oltre ad altre minori. 8

Caso, Scarpanto, Rodi e Castelrosso.

Ni-


298 ___ ___________ L'Esercito Italiano nel Doderanesn1;}1_2-1.9:f:> --·-·--------------·-- ·

tentativo di paralizzare alcuni elementi del sistema difensivo; azioni basate sulla sorpresa, effettuate con mezzi leggeri e dirette verso le isole del gruppo considerato marginale; b) azioni di conquista di una base, per poter contrastare con risultati positivi il trafiìco mercantile italiano e parallelamente condurre operazioni offensive contro una base navale italiana. Nell'ipotesi prospettata, la base individuabile poteva essere quella di Stampalia; oppure le azioni venivano rivolte contro Castelrosso, se il gruppo preso cli mira era quello meridionale; c) occupazione della base cli Lero; d) azioni consi<lerate di carattere e.r.renzialrnente politico, con molta probabilità contro l'isola di Rodi e la città. Nel progetto si indicava chiaramente come il raggio <l'azione della zona militare marittima delle isole italiane dell'Egeo si estenJesse a tutto il Mecliterraneo orientale, avenclo il Possedimento un legame strategico con Tobruk e garantendo, come varie volte già detto, la Jmuibìlit,ì, se non la garanzia, cli ricevere i rifornimenti provenienti dai Dardanelli o da Suez. Ben si indicava nel progetto che lafimzione difensiva locale doveva essere pertanlo vivificata e completata da una /1tnzione eJj,/omtiva e protettiva a dista nza s11 tutto il bacino del Mediterraneo orientale. Finalmente si iniziava a concretare non solo un piano cli clifesa, ma era stato ben compreso che non bastava pensare solamente ad una azione difensiva passiva, ma occorreva allargare il raggio di azione e protezione in partenza dal Possedimento verso tutto il settore del Levante: le isole potevano avere un ruolo attivo e di grande rilievo, se utilizzate nel quadro di una strategia non solo di difesa. Nel Piano di Difesa formulato nel 1933, la forza presence in tempo di pace era dcfìnitivamcntc quantifìcata in 17 00 uomini circa, dell'Esercito, dei Carabinieri e della Guardia di Finanza (cifra ridotta a 1000 in periodo di forza minima); in 250 uomini della Marina, compresi quelli imbarcati su unità di uso locale; in 475 unità dell'Aeronautica. Tn tempo cli guerra, queste cifre variavano nel modo seguente: 2600


_ __ _ __ I -Pt_itm.Jiiani prnvvisQ_[j_per la difesa del PossedimentQJ.2~34_-~12~3~5_ _ _~2~2~ 9

uomini dell'Esercito, dei Carabinieri, <lella Guardia di Finanza e della M.V.S.N.; 1800 unità della Marina e 750 dell'Aeronautica. Queste forze sarebbero state ripartite fra le varie isole, con i criteri di priorità <li difesa, ormai definiti e confermati, e cioè, nell'ordine di importanza, Lero, Rodi, Stampalia, Castelrosso. Risultava alcresì evidente ciò che doveva ancora essere completato e quello che occorn;va fare al momento della mobilitazione. Durante il cosiddetto periodo di assetto precauzionale, compatibilmente con la durala del periodo stesso, le principali opere da compiere erano, per il personale della Marina a terra, con l'eventuale aiuto <li operai civili: I) costituire l'armamento per una batteria contraerea e antisilurance; 2) approntare e rifornire le rimanenti batterie; 3) aprire, sia pur con personale ridotto, tutte le stazioni cli vedetta; 4) iniziare l'opera cli ostruzioni recali di Porcolago; 5) sistemare all'imboccatura di quella base una ostruzione galleggiante provvisoria con bettoline a catene; mettere in posizione in ogni batteria, presso la stazione <li segnalazione di S. Marina e presso la stazione di vedetta di Monte Marcello, due mitragliere Colt da 6,5; approntare la fotoelettrica <li Putlla Angislto con un serv1z10 permanente; 6) iniziare la sistemazione a Q.61 costa ovest della baia cli Parceni di due cannoni da saluto e alla Madonna di Serocampo un cannone contraereo. Anche il personale dell'Aeronautica avrebbe sistemato un posto di vedetta in quel luogo. Era prevista anche Ltna guardia a tutte le opere. Durante quello che veniva chiamato lo stato di siatrezza o se l'incalzare de,~li eventi lo escludevano, all'atto della mobilitazione era previsto che come priorità fossero completate quelle operazioni non terminate nella fase precedente. Incanto sarebbero affluiti a Lero il battaglione di fanteria <li Coo (compresa la compagnia che si trovava a Rodi e il plotone distaccato a Calino); tutti i richiamaci di artiglieria dell'Esercito residenti nella zona militare e nell'Anatolia; i circa 70 mili-


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L'Esercito Italiano nd Dodcrnncso [912-1943

tari della Guardia di Finanza, residenti in varie isole della zona militare marittima. In seguito, al piì:1 presto, dovevano affluire a Rodi, il plotone di fanteria di Scarpanto e quello di Simi. Da Taranto sarebbe partito per Lero il cacciatorpediniere pronto della 9" squadriglia, con una aliquota di personale sufficiente ad armare una batteria di medio calibro. Da Tripoli alla volta di Lero, sarebbe partita una torpediniera dell'8" squadriglia, impiegata eventualmente anche per il trasporto di truppe fra le isole. A Taranto doveva essere approntato e fatto partire al più presto possibile un piroscafo veloce con il compito <li imbarcare circa 800 militari della Marina, provenienti da una mobilitazione speciale nominativa, necessari al completamento del servizio delle comunicazioni e soprattutto a mettere in efficienza una parte delle difese marittime di Lero e di Stampalia. Sempre a Taranto sarebbero stati approntati altri piroscafi per il trasporto di quei militari della Marina necessari al completamento delle difese di Lero, Rodi, Stampalia e Castelrosso, dei complementi che l'Esercito doveva inviare per portare il reggimento di stanza nelle Isole sul piede di guerra, e i complementi clell 'Aeronautica. Il giorno "()" rimaneva sempre quello dell'arrivo del battaglione di fanteria di Coo a Lero; in quello stesso giorno si prevedeva l'arrivo a Lero degli uomini della Guardia di Finanza presenti nella zona italiana dell'Egeo. Nei giorni seguenti dovevano essere completate le operazioni necessarie affinché per il giorno "O+ 10" potesse considerarsi in efficienza tutta l'organizzazione difensiva della zona. TI progetto di Piano di Difesa contemplava poi minuziosamente la situazione delle artiglierie delle tre Armi, del munizionamento 9_ Il Servizio sanitario era dettagliatamente organizzato lO_ Il Servizio di Commissariato era anch'esso un servizio molto delicato che doveva

9 Per ulteriori dettagli di questo Piano di Ditesa dr. 110 Rl 18. IO A Rodi vi era un ospedale civile con 200 posti letto, una clinica medica e chirurgica; a Calino, un ospedale chiuso, utilizzabile solamente dalla Croce Rossa con 10 letti; a Coo, un ospedale da 50 letti per le sole cure mediche. Dal punto di vi sta delle risorse umane, a Rodi risiedeva il dirigente del servizio sanitario, con una


I primi piani provvisori per la difesa del Posseùimenro. 1934-1935

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risolvere numerose difficoltà: la pii:t grande era che le risorse alimentari locali erano assolutamente scarse: la produzione locale poteva fornire olio, vino, verdura, agrumi per circa sei mesi; grano, orzo, avena, foraggi per circa <lue mesi e bestiame <la macello per circa un anno. Quanto occorrente in più: importato. A Rodi esisteva un maga:aino distribuzione viveri dell'Esercito che veniva continuamente rifornito da imprese civili impegnate ad assicurare le derrate corrispondenti al fabbisogno militare per circa due mesi. Era stato organizzato un magazzino vestiario cd equipaggiamento per le necessità dei mobilitati e un deposito di carbone e uno <li benzina e olii grassi. A Lero vi era un magazzino distribuzione viveri per la Marina, ma con scorte limitatissime; un _piccolo deposito vestiario ed equipaggiamenti sempre della Marina per le normali necessità di 140 uomini; due mulini capaci di macinare cinquanta quintali di grano al giorno; 5 forni a legna che potevano panificare complessivamente 40 quintali per die. Il sistema però doveva essere messo in efficienza. Di g rande importanza era altresì il servizio rifornimento acqua: a Ro<li l'acqua abbondava quasi ovunque e un serbatoio da 120 tonnellate era destinato al rifornimento delle navi. Stampalia aveva qualche buona sorgente nella parte occidentale; Castelrosso, solo qualche pozzo di scarso rendimento e qualche vecchia cisterna. A Lero, dopo alcuni sondaggi effettuati, sembrava che l'acqua fosse piuttosto abbondante in tutta la zona a nor<l <lella Baia <li Portolago, mentre scarseggiava invece molto nella zona a sud. Qui esisteva un serbatoio di 360 tonnellate. Era stato redatto il progetto per la sistemazione di una sorgente d 'acqua dolce della portata media di circa 40 tonnellate e per la costruzione di un serbatoio cli riserva e di una tubatura ftno al mare.

infermeria presi<liaria e personale <li sanità. /\ Coo, vi era il dirigente <lei servizio

sanitario del battaglione, con un posto di medicazione; a Lero, era presente un ufficiale medico della .Marina con infermeria ciel I' Aetonaut.i ca e il personale cli sanità <lipen<lente. Una sola ambulanza era presente a Roc.li. A Coo, Lero e Calino vi era-

no alcune automobili e nel resto delle isole null'altro che cmim,1-lì d,; soma ...


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J:Escrciro Italiano nel Dodecaneso 12]_2-194""3_ _ _ _ _ _ __

Era previsto che in tempo di guerra il servizio della Difesa marittima fosse affidato a Lero, al Comando della Difesa militare marittima che era anche il Comando della Base Navale. A Stampalia, al Comando <lei Distaccamento. A Rodi, al Comando del Distaccamento. Dal Comando della Difesa marittima dipendevano il Comandante del fronte a mare, il Comandante della DlCAT, il Comandante del battaglione. Il Piano trattava anche della difesa contro attacco improvviso e dell'inizio dell'apprestamento a difèsa della zona militare marittima dell'Egeo, segnalando che non era possihile, nella situazione <lei momento (fine 1933) fare previsioni sui tempi impiegati per l'approntamento a difesa della zona, anche perché le operazioni che dovevano essere fatte giorno per giorno dipendevano molto dall'affluenza maggiore o minore delle trnppe e dei richiamati: era infatti noto che in tempi normali non vi era personale suffìcientc per coprire tutti i servizi necessari. Le batterie erano senza munizioni e quasi tutte senza otturatore, in quanto prive cli guardia permanente: cù) Jwemesso a Lero, a fronte di un attacco verr1menle improvviso, la dijèsa sarebbe disarmata .... I provvedimenti che si riteneva _potessero essere presi impiegando tutti gli uomini, civili e militari, tutti gli automezzi anche civili, erano: il rifornimento delle batterie, il loro apprestamento e armamento; l'invio di un reparto della Aeronautica sulla collina della Madonna di Serocampo; l'approntamento di alcune mitragliatrici Colt; l'apertura di stazioni di vedetta, normalmente chiuse con personale ridotto; la sistemazione di una fotoelettrica a Punta Cazzuni; di una seconda nella zona di Serocampo, cli una terza su li a strada Porcolago-Lero; di una quarta sull'istmo di Rachi. Per quanto riguardava l'ordine pubblico, non erano previste misure special i di polizia nei riguardi della popolazione civile della zona militare marittima in tempo di pace. Non era in realtà sicuro che si potesse fare un grande assegnamento sulla prestazione volontaria della popolazione delle isole per le opere di rafforzamento e per la costituzione <li reparti di lavoratori e di combattenti: sarebbe dipeso dalla situazione politica del momento; in ogni caso, però, era _previsto l'allontanamento <la Lero, all'atto della mobilitazione, della popolazione greco-ortodossa dell'isola, che aveva sempre dato notevoli preoc-


_ _ _ _ _ _] 11rimi 11iani provvisori gr .la difesa del Pmsedi mento. 1_214-1_21'; - ~ ---

Lero . Piano di difesa del 1933-34 li US SME UD R111l

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cupazioni per le sue rivendicazioni elleniste, e il .mo invio nell'isola di Coo, la più fertile del Possedimento. Di grande importanza, nella fase di preparazione della difesa e anche all'atto della mobilitazione, il funzionamento dei servizi del Genio: i suoi compiti erano molteplici in tutte e due le fasi previste dal piano, perché non solo dovevano eseguire i lavori necessari per completare la messa in efficienza delle varie opere e sistemazioni difensive, ma anche eseguire tutti i lavori necessari per il funzionamento dei vari servizi <li guerra. Vi era però un ostacolo di grande importanza alla realizzazione delle opere previste, cioè non esistevano reparti del genio militare nell'isola di Lero e quindi nella prima fase, sarebbe stato necessario reclutare mano d'opera civile, che potesse dare sicuro aftìdamento e che volontariamente eJJwirnesse il desiderio di non abbandonare l'isola. 11 materiale necessario doveva essere accantonato nell'isola fin dal tempo di pace. Sempre a Lero, era necessario rivedere tutto il sistema della viabilità, decisamente carente, per rendere pii:1 agevoli i rifornimenti delle munizioni alle batterie e soprattutto per facilitare gli spostamenti di truppe, considerato che il tracciato della rotabile Porcolago - Alinda - Parteni era pessimo. Altre strade erano allo studio per consentire collegamenti tra i vari Comandi e il Comando base. La questione della viabilità era indubbiamente di notevole importanza, anche se solo si pensava di costruire niente più che strade adatte al transito di mezzi militari e di uomini, considerata la situazione idrografica e orografica dell'Isola di Lero. Per quel che riguardava l'Esercito, la situazione era nota e in parte definita da tempo, considerando che il 9° Reggimento dovesse avere una formazione .1j1eàale. TI Comando del Corpo di Stato Maggiore, esaminando il progetto di difesa delle Isole Italiane dell'Egeo quale elaborato nel 1933, per quanto di sua competenza, notava e proponeva, nel maggio 1935, al Ministero della Guerra, l'opportunità <li ritirare il 9° fanteria dall'Egeo, <lan<lo alle Isole dei presidi con formazioni speciali. In particolare per Rodi veniva notato che il Comando militare dell'Egeo non aveva alcuna ingerenza sulla difesa di Lero e a Rodi ave-


I primi piani provvisori per la difc-sa del Posse<limento. 1';1,i 4-..c-1~23~5_ __ _3""'0_,,_ 5

va alle sue dipendenze solamente un battaglione (oltre alla sezione autoblindo e una compagnia mitraglieri di posizione) 11 . Quindi l'Ufficio Operazioni del Comando del Corpo <li Stato Maggiore riteneva che per tale Comando non occorresse una compagnia, ma fosse sufficiente solamente un plotone con gli elementi indispensabili per il funzionamento dello stesso Comando: questa decisione avrebbe portato ad una economia <li 4 ufficiali e 40 uomini. Le forze: di Rodi presenti (un battaglione fucilieri, una batteria cannoni, una compagnia mitraglieri e una sezione autoblindo) avrebbero avuto funzioni prevalentemente di difesa. Per l'isola <li lero, era chiaro che il battaglione di Con era destinato, in caso di guerra, alla difesa dell'isola sede delle basi navale e aeronautica: era formato da tre compagnie mitraglieri e una compagnia fucilieri (con 36 mitragliatrici di posizione e nove leggere). La proposta che veniva fatta era la seguente, per poterne migliorare le possibilità di manovra, e cioè di fargli assumere la stessa formazione del battaglione di Rodi, con ere compagnie di fucilieri, ciascuna su due plotoni focilieri e un plotone mitragliatrici, e una compagnia mitraglieri, per un cotale cli 21 mitragliatrici da posizione e 18 leggere. Questa formazione avrebbe avuto il vantaggio di recuperare ben 15 mitragliatrici eia dare in dotazione alla Guardia di Finanza, che aveva come incarico quello cli costituire alcuni nuclei di sorveglianza e difesa immediata della costa, secondo quanto richiesto dalla Marina, nello stilare le proposte per il progetto di difesa. Ancora una volta poi, l'Ufficio Operazioni faceva presente che era molto opportuno dislocare fin dal tempo di pace il battaglione di Coo a Lero, costruendo là una caserma per un battaglione, anziché per una compagnia come era nei progetti di fare. Ulteriore proposta era di togliere ·alle forze di Lero quadrupedi e carrette, dotandole invece di autocarrette e di autocarri. In tempo di pace rimanevano nelle isole minori , piccoli distaccamenti dell'Esercito 12 . Il progetto di difesa stabiliva che le isole da difen11

LlO RllS.

12 1.1 O R 118. A Simi erano presenti 8 unità; a Calimno, un uffìciale e 30 uomini; a ScarJJanto, un ufficiale con otto sottoposti, così come a Cascelrosso.


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dere, oltre a Lero e Rodi, erano Stampalia e Castelrosso e che la Marina proponeva di destinare un reparto del 9° fanteria a Starnpalia, creandovi un distaccamento quindi fin dal tempo di pace e di lasciare a Castelrosso il distaccamento già presente. Inoltre proponeva di abolire da subito i distaccamenti <li Simi e Scarpanto, mentre quello cli Calino avrebbe dovuto essere ritirato all'atto della mobilitazione. L'Esercito riteneva invece che per Castelrosso e Stampalia, in caso di guerra, i distaccamenti sarebbero solo serviti ad azionare le due mitragliatrici presenti e quindi proponeva che il concorso alla clifesa delle due isole dovesse essere fornito dai presidi dei Carabinieri, dotandoli <li due armi ciascuno: questo avrebbe comportato che il 9° fanteria sarebbe stato impiegato totalmente per la difesa di Lero e Rodi. L'attenzione doveva essere concentrata soprattutto su Lero, ove occorreva al pii:1 presto costruire una caserma in modo che vi potesse avere sede possibilmente tutto il battaglione presente tra Coo e Lero. L' 1 I giugno 193 5 il Comando del Corpo di Stato Maggiore aveva uffìci almente approvato il piano di difosa stil ato nel novembre del 1933 e presentato all'analisi nel 1934. La situazione politica internazionale però, nel corso del 1935, era andata profondamente cambiando. Gli incidenti al pozzo <li Ual lJal del 5-6 dicembre 1935 avevano segnato l'inizio della crisi etiopica, seconda 'esplosione' internazionale della politica estera cli Mussolini (essendo stata la prima il bombardamento di Corfù). L'Inghilterra non era più quella potenza con la quale i rapporti erano cali che non si pensava di dover prevedere un conflitto, anzi , il contrario. Infatti Londra aveva preso <lei provvedimenti significativi: la Home F!eet era stata trasferita nel Mediterraneo nell'agosto del 1935 , annullate le crociere estive nei porti adriatici; la flotta inglese aveva come obbiettivo quello di essere sulle coste eg iziane, per prevenire azioni italiane nel Canale cli Suez l 3_ Poiché si doveva met-

n

V. M. Gabriele, Il D odecane.ro nel Trattati di Pace am l 'Italia, in Tlralia dal dopoguerra. Il t rattato di pace con l'Italia' , Roma, 1998, p.1 3 1 e ss. e PRO, Adm l 16, 347(i,(i8902, ivi citato.


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tere in previsione anche l'eventualità di un attacco a Malta, doveva essere considerata la possibilità <li prendere la greca Navarrino come base da cui operare, oppure rimanere a Malta e spostarsi su questa, in caso di peggioramento <lella situazione. Se però l'attacco su Malta era in <lubbio, veniva sempre assicurata la necessità di difendere Suez, troppo importante anche per la sicurezza e il dominio del Canale <li Sicilia. La Flotta inglese fu concentrata a Gihilterra. Nello stesso tempo anche Mussolini aveva 'smosso le acque' nel Mediterraneo, mobilitando la flotta e inviando in Libia tre divisione <li fanteria binarie 14 . Il problema del Mediterraneo assumeva dunque una nuova dimensione che imponeva di considerarlo con una visione sicuramente di versa da quel la che era stata fino ad allora alla base di tutti gli studi per un piano di difesa delle isole italiane dell'Egeo. Si era trattato infatti <li una concezione che prevedeva una ipotesi di guerra est-ovest. Se l'Tng hilterra avesse gravitato nel Mediterraneo occidentale, per le isole dell 'Egeo la situazione sarebbe stata pii:1 o meno qt1ella disegnata nell'ipotesi già studiata. Se invece Londra avesse deciso di g ravitare nel Mediterraneo orientale, la posizione delle isole dell'Egeo sarebbe stata molto grave anche perché sarebbe stato Jwoblematico l'apporto difensivo <lelle forze mobili navali. Era chiaro che la difesa della zona mediterranea, in quanto <li preminente interesse marittimo era di competenza della Marina, ma il Comando del Corpo di Stato Maggiore preparò nel luglio 1935 un interessante promemoria per il Sottosegretario di Stato per la Guerra, Baistrocchi 15 , basandosi su una nuova ipotesi <li conflitto, più aderente alla situazione internazionale, quale si andava lentamente, ma inesorabilmente configurando. ln una nuova f>rospettiva, l'importanza militare dell'Egeo risiedeva quasi esclusivamente nell'isola di Lero, sede delle basi militari, considerando, in accordo con la Marina, le isole di Stampalia e Castelrosso con funzioni di vedetta. A Lero bisognava mantenere qu ello

14 F. Minnìci, cit., p.112. 15

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che veniva chiamato un maleo di resistenza. E quindi il possesso dell'isola doveva essere assicurato in ogni contingenza. Stampalia poteva essere sfruttata dal nemico per indebolire Lero. Con questa facevano sistema Patmo e Calimno: la prima presentava un ancoraggio per unità sottili del nemico e quindi bisognava contrastare azioni di questo tipo. Calimno era sotto la stretta vigilanza di Lero e quindi probabilmente il nemico non l'avrebhe considerata per un possibile sbarco. L'andamento delle coste <li Lero presentava alcune grandi baie delle quali tre molto profonde. Era evidente che le due più importanti per la difesa erano Portolago e Parteni. La prima era situata a sud-est e vi erano le due basi, navale e aeronautica: molto profonda, aveva un imbocco ristretto, considerata facilmente difendibile, ma anche altrettanto facilmente 'imbottigliabile'. Strettamente collegate erano la baia di Pandeli e quella di Serocampo, che avrebbero potuto permettere attacchi di rovescio. La baia <li Parteni, più a nord, aveva un retroterra svilup_pato e era considerata piL1 facilmente difendibile di Porcolago. Antistante Pandeli, vi era una isoletta, S. Arcangelo, che poteva proteggere la baia e con la sua presenza contribuiva a formare due canali <li uscita verso il mare aperto. Indubbiamente le due baie consentivano diverse condizioni di sicurezza, che inducevano l'Esercito a consi<lerare più idonea a base navale la baia di Parteni anziché quella di Portolago, sempre che non ostassero ragioni di carattere nautico. La Marina, con <licci batterie l<'>, aveva il compito di difendere l'Isola, sia per quanto riguardava la difesa lontana dal mare che per quella contraerea. L'Esercito riteneva necessario, con una nuova ipotesi di difesa, <li aumentare le artiglierie di maggior gittata e di calibro superiore al 120; di dare un maggior concorso di batterie per la parte a nord dell'isola, sfruttando proprio la particolare posizione dell'isoletta di Sant'Arcangelo.

16 J.10 Rl 18. Due batterie erano da 120/45, una <la 102/35 e 7 cla 76/45. l e bat-

terie erano concentrate tutte nella parte centrale e in quella meriJionale dell'Isola, tranne una Ja 76/45 che era a nord.


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La difesa a terra era affì<lata all'Esercito che vi doveva prnvve<lere con un battaglione a formazione speciale <lel 9° fanteria, coadiuvato da un certo numero <li mitragliatrici pesanti affidate alla Guardia di Finanza per sorvegliare le coste. L'lJffìcio Operazioni era del parere che in questo caso si dovessero seguire alcuni principi e cioè: a) innanzi tutto si doveva organizzare una difesa diretta nei tratti di costa ove potevano essere più facili gli sbarchi nemici e quindi più pericolosi,


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J'Esercito Italiano nel Dodecaneso 1912~L __

con l'ausilio di un gran numero di mitragliatrici, qualcuna delle quali dislocata in posizione protetta; b) una difesa mobile che doveva essere affidata ad un presidio speciale, dotato di automezzi. Le conseguenze pratiche di questi principi comportavano un aumento del numero delle mitragliatrici pesanti assegnate alla difesa dell'isola 17 e la trasformazione del battaglione mitraglieri del 9° fanteria in battaglione normale 18 . Veniva previsto un importante miglioramento della viabilità isolana per consentire il rapido intervento del nucleo di difesa mobile. Anche nella nuova situazione della politica internazionale e quindi nelle nuove ipotesi di contlitto, l'importanza di Rodi permaneva morale e politica, come era stato sempre sottolineato in ogni studio presentato. Né la Marina né l'Aeronautica vi avevano basi, ma indirettamente Lero poteva concorrere alla sua difesa e in un tempo giudicato relativamente breve. Rodi era molto ampia, circa 26 volte la superficie di Lero, con un grande sviluppo di coste: non era dunque proponibile la difesa di tutta l'isola, ma doveva però essere protetta la città di Rodi con una difesa diretta dalle coste prospicienti, con mitragliatrici affidate alla finanza e ai Carabinieri; un fronte a terra poco piì:1 a sud della città che avrebbe dovuto essere difeso da reparti di mitragl ieri da posizione; un nucleo di forze mobHi prome a intervenire sia sul fronte di terra che sulle coste per parare eventuali sorprese del nemico. Queste necessità erano comunque già in parte state previste nel piano approvato poco tempo prima. Per qualsiasi possibile cambiamento o miglioramento del piano nei dettagli, il Sottocapo di Stato Maggiore, Pariani, si rimetteva ad una riunione che era stata prevista di lì a breve presso il Capo di Stato Maggiore Generale. Per quel che era attinente alla trasformazione del 9° reggimento di fanteria, sempre in luglio, già l'Uffìcio Operazioni stava predisponendo la possibilità di trasformarlo in reggimento a costituzione

17

Provvedimento al quale si stava già dando corso al momento della redazione <lei.l'appunto. I8

Provveclimento allo studio.


I primi piani provvisori per la difesa del Possedimento. 1934-19) 5 __ ____ 3 1 1

normale, per renderlo più idoneo alla nuova concezione di difesa dell'isola di Lero, quale veniva proposta in quei giorni. Il vantaggio della proposta era anche quello che in questo modo si recuperava un reggimento in condi:,;ioni di immediato impiego anche su altri fron ti. Il 12 luglio infatti l'Ufficio Ordinamento e Mobilitazione proponeva all'ufficio di Segreteria Militare del Gabinetto del Ministero della Guerra la trasformazione del reggimento, che con la nuova composizione avrebbe avuto una forza di pace di 1500 uomini, da aumentare con le unità in congedo e quelle da incorporare all'atto della mobilitazione. Pochi giorni dopo, il Ministero, con una lettera a fìrma del Sottosegretario di Stato Baistrocchi, in risposta alla proposta dell'Ufficio Ordinamento, chiedeva quali ulteriori considerazioni avrebbero suggerito la trasformazione del 9° reggimento. A margine di questa lettera, Pariani annotò: La difesa delle isole dell'E,~eo avrà carctttere territoriale. Può darsi che in certe determinate condizioni sia inutile lasciare 1m fwesidio mobile ed in tal caso non sarebbe male poterlo reatperctre come reggimento da utilizzare come meglio si rrederà. La trasforma:,;ione del 9° dalla formazione speciale, che era stata attuata, di nuovo in reggimento a forma:,;ione normale, rispondeva alla necessità di destinare all'isola di Lero un reparto che fi:>sse mobile e potesse avere ampia possibilità di manovra, molto di più del battaglione mitraglieri che già faceva parte del reggimento, oltre alla possibilità di poter rischierare il 9° in altre sedi, se la situazione avesse fatto considerare non opportuno lasciare nelle isole dell'Egeo un reggimento organico, che avrebbe potuto essere sostituito con reparti territoriali 19. Finalmente a metà agosto, fo decisa la trasformazione con intese verbali. Fu alrresì deciso che il 9° fanteria sarebbe rimasto a Rodi con la sua bandiera quale glorioso eJjJOnente dell'Esercito, ma che sarebbe stato trasformato e territorializzato per renderlo più idoneo alle funzioni di difesa che gli venivano assegnate. Tali funzioni avevano peraltro analogo carattere a quelli dei presidi istituiti a difesa di Zara e dell'Elba.

l9 Cfr. L1 O R 118, la risposta di Pariani al Ministero della Guerra.


~12

_I!hrn:ito Italiano nel Dodccancso 1912-1911

Con la mutata situazione internazionale, vennero messe allo studio alcune necessarie revisioni del piano di difesa, valutando appunto il nuovo possibile ruolo dell'Inghilterra in un conflitto di ampie proporzioni. Quindi, fatte tutte le considerazioni sul piano operativo, l'Ufficio Piani del Comando del Corpo di Stato Maggiore proponeva alle strutture <li vertice di rivedere almeno parzialmente i principi di difesa del Dodecaneso: innanzi tutto an<lava mLttata la graduatoria di importanza militare <lelle isole, fino ad allora utilizzata, e cioè la difesa doveva essere concentrata nell'ordine su Lero, Rodi, Stampalia, Patmo e Calimno. A Rodi potevano essere lasciate le forze già previste e altresì essere mantenuti nelle altre isole gli apprestamenti di vigilanza (stazioni di vedetta con Finanza e Carabinieri), quali prece<lentemente previsti. Occorreva però rinforzare Lero, Stampalia, Patmo e Calimno: Lero, con truppe Jell'Escrcitn, specialmente con reparti di mitragliatrici da posizione; Stampalia e Patmo, ciascuna con un distaccamento dell'Esercito con mitragliatrici; Calimno, aume ntando il numero delle unità della Finanza e dei Carabinieri. Era evidente che l'amnemo delle fr>rze dell'Esercito era necessario per assicurare in ogni caso la difesa di Lero; per migliorare la stessa difesa della città di Rodi, allargando se possibile il raggio d'azione della difesa <lella città: non sarebbe comunque stato possibile respingere le minacce avanzate su tutta la costa, ma bisognava assicurare prioritariamente il controllo sulla popolazione della stessa città. Un simile impiego delle forze avrebbe reso possibile conservare oltre alle due principali quelle isole che la Marina riteneva indispensabili alle esigenze complessive d ella difesa della zona. Per Lero, si ribadiva che la difèsa lontana non era <li competenza dell'Esercito, ma un aumento delle truppe di terra avrebbe consentito una forte copertura della difesa costiera nei punti più delicati; avrebbe reso disponibile un maggior numero <li reparti mobili per la manovra; avrebbe consentito una azione di artiglieria sui tratti di spiaggia più pericolosi. Quindi per rispondere alle nuove esigenze di d ifesa, era necessario stabilire un presidio formato da un reggimento di fanteria con: a) un battaglione mitragliatrici destinato con una compagnia a far funzionare le 26 mitragliatrici previste alla difesa diretta della costa; con


_ _ _ __ !_p.I_~!!LP..@.!!inruvvisori per la difesa del Possedimento. 1931-1935

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le altre compagnie a rinforzare la copertura centrale e meridionale dell'isola, posizionandole sulla costa dove sarebbe stato necessario guadagnare tempo per la vicinanza degli obiettivi sensibili; b) con due battaglioni di fanteria dislocati al centro dell'isola, mobili in quanto in grado di spostarsi verso tutta l'isola in qualsiasi direzione; c) una sezione autoblindo; e) almeno un gruppo di batterie da 75/13; f) un reparto misto del genio (con zappatori, telegrafisti, R.T.). Per Rodi, l'aumento delle truppe avrebbe dato un maggior respiro alla città, allargando e spostando ad oriente la sua cintura difensiva; avrebbe dato la possibilità <li disporre di un presidio atto a dominare una situazione che avrebbe potuto portare a rivolte o insurrezioni nella città così importante politicamente e moralmente. Era ovvio che a Rodi non era possibile preoccuparsi della difesa di tutta l'isola: serviva per<) quantomeno una iniziale azione di contrasto contro eventuali tentativi di sbarco, sempre che vi fossero mezzi di trasporto sufficienti per assicurare la mobilità delle truppe. Per attuare questo disegno, l'Ufficio Operazioni riteneva che occorresse riunire a Rodi tutto il 9° fanteria; inviare a Lero uno dei tre reggimenti di fanteria del la Divisione Monviso (che erano su due battaglioni); inviare un battaglione mitraglieri che avrebbe potuto essere quello della Divisione Superga e una compagnia mista di un reggimento del Genio 20 . La sistemazione dei presidi avrebbe potuto esser la seguente: a Lero, la Direzione Generale del Genio doveva provvedere ad inviare al più presto possibile 20 baracche <la cinquanta posti (aumentabili a 100). Se poi fosse stato dislocato qualche reparto a Coo e a Calimno, la sistemazione del presidio non presentava troppe difficoltà. A Rodi non sembrava ve ne fossero, da questo punto cli vista. Al massimo si dovevano inviare baracche supplementari. Nell'agosto del 1935 le truppe furono messe al comando del generale di brigata Ettore Manca, il quale a sua volta era alle dipendenze del Comando militare della zona militare marittima dell'Egeo, che rimaneva responsabile dell'intero sistema di difesa del Doclecaneso. 20 L1 O R 119.


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Il 22 agosto 1935 Baistrocchi diede chiare e precise istruzioni al generale Manca, che scava per assumere l'incarico di Comandante dell'Esercito nelle isole italiane dell'Egeo: in seguito alle direttive che sarebbero state impartire dal Comando Militare della Zona, Manca avrebbe provveduto a determinare la composizione degli eventuali presidi delle isole minori, ma doveva seguire alcune norme di massima, che erano di grande importanza per l'Esercito e cioè, rompere il meno possibile l'unità organica dei reparti; assegnare il fì.mzionamento delle mitragliatrici destinate al servizio della difesa costiera alla compagnia complementi del presidio <li Lero, fino a quando non fosse entrata in azione la Guardia di Finanza. Era in preventivo la sostituzione delle mitragliatrici hat per la difesa costiera con lo stesso numero cli Saint Etienne: ma il cambio avrebbe avuto luogo solamente quando il personale che doveva azionarle, ne avesse acquistato J,iena wnoscenza e capacità di impie,~o.

Federico Baislrocchi


l primi pian i provvisori per1Lc]jfrc,;l!-At-l Possedimento. 1934-193 5

ili

Intanto in pari data I3aistrocchi aveva provveduto ad ordinare il rinforzo del presidio <lell'Egco con l'invio cli nuovi reparti. Il complesso delle truppe dell'Esercito risultava così dislocato in questo modo: a Rodi il Comando Truppe, il 9 ° reggimento fanteria; la sezione autoblindo, il gruppo someggiato 7 5/ l 3 (una batteria); a Lero, il 3/i 0 reggimento fanteria (su due battagl.ioni), il battaglione rnitraglieri, il gruppo somegg iato 75/13 (comando e una batteria) e la compagnia mista del Genio. Per quanto riguardava l'impiego, tali truppe sarebbero state dipendenti dal Comando Marina dell'Egeo, che era il responsabile della difesa del Possedimento. Pressappoco nella stessa data, 24 agosto, Cavagnari, Sottosegretario cli Stato al Ministero della Marina e Capo di Stato Maggiore della stessa Forza, comunicava al Ministero della Guerra che aveva nominato tre giorni prima, il capitano di fregata, promosso per l'occasione contrammiraglio, Francesco Bertonelli Comandante militare marittimo nelle isole italiane dell'Egeo con le funzioni del grado St1periore. Le decisioni militari che venivano prese a Roma, sulla scorta degli studi e dclk proposte provenienti sia dalla Commissione di Difesa che dalle autorità militari locali, non erano però condivise, quasi come d'abitudine, dal Governatore civile, che eta ancora Mario Lago: ragion per cui il Ministero <legli Esteri fece pervenire a Baistrocchi una lettera-rapporto di Lago, che non accettava quanto si andava non solo <leterminando, ma anche realizzando nelle isole minori. Informato ai primi di agosto <lai Colonnello Comandante dei Presidi dcli' Egeo (il generale Manca non aveva ancora assunto le sue funzioni di Comandante) che vi era l'or<line di ritirare i distaccamenti di Calimno, Scarpanto, Simi e Caso, Lago si rivolgeva al Ministro degli Esteri, ritenendo /.1, cosa politicamente inoj,jJOrtuna. Egli si rendeva conto che i distaccamenti , molto piccoli, non potevano rappresentare una forza efficiente per mantenere l'ordine pubblico nelle isole, ma erano pur sempre uno stato di fatto, 11tile in determinate circostanze: sarebbe quindi stato utile mantenerle. Il ragionamento di Lago era lineare: se già vi erano delle forze sia pur scarse, ma organizzate con una casermetta, dei servizi, in caso di necessità, sarebbe stato facile aumentarne il numero; se invece non esisteva un presidio, sarebbe stato considerato un indice di gravità inviare un certo numero di sol-


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dati, perché era ovviamente un fatto anormale e comunque signifìcativo di qualcosa di grave, sia nell'ordine pubblico che nella situazione generale. Quindi l'invio di truppe con la conseguenza della requisizione di alloggi, la creazione di un comando, l'organizzazione del vettovagliamento poteva, secondo Lago, essere sfruttaro dalla solita propap_anda dodeamesina irredentista all'estero, come ttna rivolttzione ... Basta pensare a qttante "rivoluzioni" si prodarnano già attualmente qttasi ogni giorno nella stampa antitaliana, non dico senza fondamento, rna senza nemmeno alam pretesto, per irnrrtaginare co.ra accadrebbe ove si sbarcctsse a Calino 2 l, Scarpanto, a Simi ttn semplice plotone di so/d,ati, dopo l'abolizione del presidio ... 22 . TI Sottosegretario di Stato agli Affari Esteri inviò la lettera in copia al generale Baistroccbi, nella sua qualità di Sottosegretario di Stato p er la Guerra, pregandolo, ove non sussistessero xravi ragioni di cara/.lere tecnico, di venire incontro alle proposte del G·overnacore Lago. Mal si conciliavano le visioni di pura opportunità politica del civile Lago con gli scudi professionalmente orientati degli Stati Maggiori. Presto però, la situazione sarebbe stata risolta, con l'uscita di scena di Lago, per sopraggiunti limiti di età e la nomina del quadrumviro De Vecchi di Val Cismon a Governatore, nel 1936: sarebbero allora nati problemi di altro genere. Baistrocchi, temporeggiando, decise pertanto di sospendere, momentaneamente almeno, la soppressione dei distaccamenti del 9 ° fanteria, in attesa che il nuovo Comandante delle truppe dell'Egeo, il general e Manca, stabilisse insieme al Comando Marina la composizione degli eventuali presidi delle isole minori, in relazione alle esigenze della difesa, accontentando almeno temporaneamente, le richieste di Lago e del Ministero degli Esteri che, anche se in modo assai tiepido, appoggiava le richieste del diplomatico. Della sospensione, Baistrocchi ne diede ufficiale diretta comunicazione al Manca in data 5 settembre: sulla prima lettera presentata alla firma, gli indi-

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Calimno: spesso veniva indicata con la tra.~crizione Calino.

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-----~I~p~ri~m=i+p~ia~n~iJ~Jr~ovv-'--'-"is~o=ri~pe~r~l~a~d~ire=s~a=de=l~P~o=ss=ed=i=m=en=t=o~.1~2~3~4-~1~2~35'--_ _ _3~·17

rizzi erano quello <lei Corpo d'Armata di Bari e per conoscenza quello del Comando Designato d'Armata di Napoli. Baistrocchi corresse gli indirizzi, annotando di pugno che noi ordiniamo direttarnenle e J1er conoscenza tra.rrneltiamo a qttesto organo intralciante 2 3. Per ribadire il concetto, nella stessa data inviò agli stessi indirizzi un dispaccio nel quale chiariva che il Generale Manca, designato Comandante delle truppe del Regio Esercito nelle isole italiane dell'Egeo, sarebbe dipeso direttamente dal Ministero della Guerra per tutte le questioni riguardanti l'impiego delle forze ai suoi ordini. Rimaneva invariata la dipendenza delle truppe stesse per le questioni disciplinari e amministrative. Nel novembre successivo prescrisse che il Comando retto dal generale Manca avesse la denominazione ufficiale di Comando delle Tmppe del R. Esercito delle Isole Egee 21.

23 LlO Rl 18. Le sottolineature sono Ji BaisLrocchi. 24 L1O R 119, 6.11.1935. Si ricorda che nell'ottobre

1931 il gabinetto Jel Ministero Jella Guerra aveva .~tabiliro che le truppe dell'Egeo costituivano il Comando Militare dell'Egeo.


118

L'Esercito Italiano od Dodernneso l.2)2-1943____________

A livello interforze la questione della dipendenza truppe dell'Egeo fu oggetto di varie puntualizzazioni fra Ministeri, che fanno chiaramente intuire alcune difficoltà. Quando il Ministero della Marina predispose lo schema di decreto relativo all'istituzione del Comando Militare Marittimo dell'Egeo, aveva previsto all'arc.4 che le forze dell'Esercito e dell'Aeronautica dipendessero da quel Comando. Mentre il Ministero della Guerra accettò lo schema, fo quello del1' Aeronautica a sollevare obiezioni in quanto riteneva che quelle indicazioni fossero contro gli ordinamenti vigenti. L'art.4 venne abolito e il Ministero della Marina chiese che gli altri Ministeri dessero ordini separati ai comandanti delle rispettive forze presenti, fermo restando il principio della loro dipendenza disciplinare dal Comando Marittimo Militare. Pertanto dcfìnitivamcntc Baistrocchi, nella sua qualità di Sottosegretario di Stato, dispose che le tr11ppe del Regio Esercito dislocate nell'Egeo erano a,~li ordini diretti dell'ufficiale del Regio Esercito più elevato in grado opit't anziano, e dipendevano disciplinarmenle

dal Comando Militare Marittimo. In caso di ojJerazioni delle truppe dovevano essere impiegctte dal detto 1~{fiàafe del Regio flsercito secondo le direttive che riceverà dal comandante militare marittimo, in quanto conciliabili con eventuali ordini che il Ministero della Gtterra avesse frattanto emanato 25 . Analoghe disposizioni furono adottate nei riguardi della dipendenza delle forze dcli' Aeronautica presenti nelle Isole_ Fu inoltre chiarito ancora una volta che il presidio dell'Esercito dell'Egeo non dipendeva dal Ministero delle Colonie, ma direttamente dal Ministero della Guerra. Sino al settembre 193 5 nell'Egeo erano stati dislocati un Comando 9° reggimento fanteria, con un battaglione, ambedue residenti a Rodi; un battaglione era a Coo, quello che doveva trasferirsi a Lero in caso di mobilitazione per la relativa difesa. Dopo quel mese i presidi delle isole furono rinforzati: fu costituito a Rodi un Comando truppe, affìdato appunto al generale Manca; fu inviato a Lero il 34° reggimento fanteria (due battaglioni fucilieri e un battaglione micraglieri di posizione, una batteria da 65/1 7), un comando gruppo e 2'.iLJOR119.


I primi piani provvisori per la Jifesa Jel PosseJiniento. 1~23~ 4~ -19""'"3.,_5_ _ _3~1-""--9

una batteria someggiata (il comando gruppo fu in segL1ito trasferito a Rodi), una compagnia mista del Genio; fu inviata a Rodi una batteria someggiata; fu ritirato il battaglione di mitraglieri di posizione del 9° fanteria da Coo che rientrò a Rodi; fu costituito un distaccamento di fanteria a Stampalia 26 . Furono rinforzate le artiglierie per Rodi, sia nei riguardi della difesa da mare sia per la difesa dall'alto, soprattutto per il campo d'aviazione di Fileremo, che era in costruzione. Vennero inoltre inviati materiali per i lavori di rafforzamento a Lero e Rodi. Era in corso anche il riattamento della dorsale di Lero. Era iniziata la sostituzione delle mitragliatrici pesanti Fiat con le S.Dtienne, per i reparti non dell'Esercito.

26 Tn d ettaglio i re1xu·ti dell'Eser<.;Ìto presenti nell'E~eo nel senem.bre 1955 , secondo i documenti d'epoca (1.1 O lt 119) erano i seguenti. Rodi: 9° reggirm~nto fan-

teria ( un btg. fuc., uno miLr., una btr da 65/17; una squadriglia autoblindo; un comando di gruppo mista art. Egeo, una btr. da 75 / 1 ':\ del 28° ;1rt. d.f.; una btr. 75 /27-906 da posizione.; una btr e.a. autocampale; da 75/27 CK. del :3° art. e.a.; una btr. Ca. da 20. Lero: 31°art. ftr. (due btg.fuc.; uno btg. mitr. ; una sezione da 65/1 7); una htr. eia 75 /1 :14 del 28"art. d.f; una compagnia mista ciel genio. Str.11npalìa: una cp. foc. e un pi. Mitr. ciel 34 ° frr. Coo: una squadra del 9° fi:r. Calino: un plotone del 9° frr. Cmtclro1so: una squadra del 9° ftr. Sùni: una squadra del 9 ° frr. Per quanto riguardava i Carabinieri Reali , a Rodi era presente una divisione; a Lero, una tenenza; a Coo, una compai,:nia; a Scarpanto, Calimno, Castelrosso, Lma sezione; a Simi, una stazione. Per completezza di informazione, questa era la situazione dell e altre for7.c. La Guardia di Finanza era presente a Rocli con un distaccamento; a lero, Coo e Scarpanto con una se7.ione; a Calimno, Simì, Nisiro, Calchi, C:aso, Patmo, con una bri gata. La M.V.S.N. aveva a Rocli una centuria; a lero e Con, un manipolo. I.a Regia Marina aveva a Rodi una btr. antinavale su due pezzi da 120/15 su paioli occasionali per r~ difesa a ma1·e dell'aeroporto di Fileremo: a I.ero, una squadriglia cacciatorpediniere; una squaclriglia sommergibili; una squadriglia m.a.s.; 3 htr antinavali di medio calibro (1 da 102/5 5 P. due da 1.20/45); 8 btr. e.a. antinavali di piccolo calibro (1 dal 102/35, 8 da 76/40 delle quali una in progetto); 2 cp. del btg. S. Marco. A Stampali a, una btr. da sbarco su 6 pezzi da 76/17. L'Aeronautica aveva a Rodi all'aeroporto di Fileremo una squadrig lia caccia terrestre; a Lero all'idroscalo cli Portolago, lo stormo misto dell 'Egeo con clue SCJLWdriglic da bombardametllo marittimo, una <la ricognizione marittima, una da caccia marittima.


-~~2~0_______1.'_Es~-e~rc~it~o_Italiano_ nel _Do<leranesn J2...._l2,,_-_.19,_4....3c___ ______

Arrivato nell'Egeo, il generale Manca iniziò subito a studiare e predisporre le direttive per l'organizzazione difensiva di Rodi e Lero 27 . Come richiedeva la <lipen<lenza gerarchica, le trasmise in copia al1' ammiraglio Bertonelli, il quale a sua volta le inoltrò a Roma, approvandole pienamente e accettando quanto segnalato dal Comandante delle truppe di terra. Scriveva Bertonelli: .. .il generale Manca mi ha presentato un proy,etto di organizzazione difensiva dell'isola di Rodi al quale ho dato la mia piena apprrwazione perché con pratico criterio risolve nel miglior modo il jwoblema della difesa, ami mezzi che queJJo Comando ha a disposizione ..... . Il Gabinetto del Ministero della Marina le comunicò al Ministero della Guerra, da dove pervennero al Comando del Corpo di Stato Maggiore. Nella sua lettera di accompagnamento della copia delle direttive per la difesa di Rodi e Lero28 , Manca osservava che vi era una deficienza di artiglierie per proteggere un eventuale sbarco nel porto di Rodi. Sarebbe quindi stato opportuno avere una batteria mobile in più da piazzare nel luogo adatto al momento opportuno. Vi era inoltre una deficienza nella difesa antiaerea, che si basava solamente su sei mitragliatrici S. Ecienne e quindi valutava la possibilità di richiedere quattro pezzi contraerei da posizionare in località sicura da definire. Manca riscontrava anche la deficienza di una sia pur limitata riserva dietro la linea difensiva studiata, che riteneva rispondesse bene allo scopo. La riserva, nell'opinione del Manca, poteva essere costituita dalla compagnia Jistaccaca a Coo, che considerava assolutamente jJerduta ai fini della difesa, una volta che il battaglione fosse rientrato a Rodi, ritenendo quell'isola di nessuna importanza ai fini della difesa del Possedimento: le coste non offrivano possibilità di rifugio; i porci presenti erano minuscoli e in nessun modo Coo poteva divenire rifugio o base. Una eventuale occupazione da parte di un avversario avrebbe avuto solo uno scopo di disturbo, anche perché le riserve locali erano alquanto limitate. Certamente, considerata la va-

27

Copia delle direttive in 110 R 119.

28 L1O R 119. Lettera data ta 8 ottobre 1935.


I primi piani provvisori per la difesa del Posscdìrncmo. 1934-1935

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stità dell'isola, geograficamente la piL°1 importante dopo Rodi, una compagnia di fucilieri non avrebbe potuto proteggerla adeguatamente. Aggiungeva Manca che se il distaccamento di una compagnia nell'isola era dovuto ad esigenze di indole morale o politica, queste potevano essere ben comprese, ma occorreva però ricordare che nella situazione di scarsità di personale, qualsiasi dùtrazione di unità e di mezzi era da evitare, se non rispondeva a esigenze di natura militare. Mentre il rinforzo di una compagnia fucilieri al 9 ° reggimento fanteria destinato appunto alla difesa di Rodi, avrebbe avuto una seria ricaduta sull'efficienza del reggimento stesso. Pertanto Manca scriveva che, sentito il parete favorevole del Governo delle Isole, proponeva al Comando M.M. di sopprimere il distaccamento della compagnia di fanteria a Coo, affinché ritornasse a Rodi. Alla difesa diretta di Coo potevano provvedere due stazioni dei Carabinieri e la brigata della Guardia di Finanza, armate di sei mi tragliatrici pesanti e con un eventuale rinforzo di fanti. Il Comando <lei Carabinieri con la funzione di Comando di Presidio, poteva coordinare l'azione <lei nuclei di difesa dell'isola e disporre le norme per l'impiego delle armi a protezione della città e della patte settentrionale dell'isola 2 9_ In un promemoria per il Sottocapo di Stato Maggiore della Marina redatto dal Comando del Corpo di Stato Maggiore del Ministero Jella Marina, venivano sintetiz:.rnte le linee principali delle direttive di Manca per l'organizzazione difensiva di Rodi e di Lcro. Per Ro<li l'ipotesi seguita era che il nemico avrebbe attaccato l'isola per occuparne la città, sede del Governo del Posse<limento. Escludendo un tentativo di sbarco a viva .fòrza nel porto della città, bisognava concentrarsi piuttosto sulle coste occidentali (<lall'alcura di Castello e la baia di Calavarda a nord) o sulle coste orientali (baie di Lar<lo, Lindo, Afando e Cali tea). Per cui la difesa avrebbe dovuto basarsi su una oc11lata vigilanza dellct zona: Era necessario opporsi materialmente al29 LlO Rl19. A commento di questa lettera che ebbe in copia, Parìani aggiunse: Per me è deficiente ,md1e l'armamento di Lero come artiglierie a lunga gittata che dovrebbero avere il compito dì tenere lontane le navi che volessero bombttrdare le basi aer-onavali.


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I:Eserrjs_9._IJaliano nel Dodccancso 1912- 1913

lo sbarco, utilizzando nuclei mobi I i; contrastare l'avanzata del nemico, se fosse riuscito a sbarcare foP,orandofo su punti opportunarnente sa:fti; sbarrare la strada al nemico nella sua avanzata verso la città su posizioni preventivamente decise e organizzate, ove prevedere una resistenza ad oltranza. La vigilanza e il primo contrasto venivano aftìdati alla StaL'..ione <lei Carabinieri con mitragliatrici di posizione (rinforzate da foci I ieri). La difesa mobile doveva esserc assicurata da tre compagnie di fìicilieri, ognuna su due plotoni fucilieri e un plotone mitraglieri. La difesa fissa doveva essere fatta con cinque compagnie di mitraglieri (forniti <li 60 mitragliatrici di posizione). Per quanto riguardava Lcro, Manca aveva considerato l'isola dividendola in tre zone, settentrionale, centrale e meridionale e ne aveva esaminato le varie possibilità di difesa che offrivano. La G·uar<lia Ji Finanza nel piano di difesa si vedeva a1fìdatn il servizio di vigilanza. Non era stata stabilita Ltna linea di di1esa, ma erano state indicate le posizioni <li Monte Castello - Monte Meraviglia - e Mon te S. (;..iovanni, considerate come linea di ripiegamento, nel caso che il nemico avesse attaccato simultaneamente più punti che presentavano una facilità <li sbarco nella parte settentrionale di Lero e come zona di contrattacco centrale. Manca aveva poi considerato il mettere in atto la difesa passiva nella baie di Parteni e Blefuti; nella stretta di Ismaele - S. Liberio; nell'istmo fra le baie di Gurma e di Alinda; sulla linea di Monte Castello - Monte Meraviglia - e Monte S. Giovanni; a protezione delle baie di Pandeli e Serocampo. Da parte degli organi competenti si osservava che le direttive emanate di Manca si discostavano dal piano cli difesa precedentemente approvato, quello del 1934, anche perché vi era stato un notevole aumento di forze (2 battaglioni mitraglieri su 3 compagnie rnitraglieri e una compagnia fucilieri). Era pur vero che, clata la conformazione dell'isola, l'attacco nemico poteva avvenire su tutto il perimetro dell'isola che presentava sette baie, anche se la parte a sud dell'istmo del Monte Rachi era indubbiamente quella meglio difesa dalle artiglierie della Marina. L' Ufficio Operazioni del Comando del Corpo Ji Stato Maggiore della Marina, tenuto conto delle forze assegnate per la difesa dell'isola, che iniziavano ad essere notevoli, indicava che la difesa di Lero do-


I prìrni pìani provvisori per la difesa rlel Pusserlimentu.1234-1235 _____ _____ ;12j

vesse avvenire seguendo questi criteri: a) assicurare la <lifesa imme(_liata <lella cosca, dove poteva essere più facile lo sbarco, con le compagnie mitraglieri dell'Esercito, che avrebbero dovuto integrare quelle della Guardia di Finanza; b) dislocare nelle più immediate vicinanze delle due zone più lontane dal centro e cioè le baie di Parteni e Blefuti una piccola riserva parziale composta da una compagnia di fucilieri con pezzi di accompagnamento; c) il resto delle forze avrebbe dovuto essere tenuro in riserva in posizione centrale individuata nel Monte Rachi e nel Monte S. Giovanni; d) costituire dllC: comandi di settori: uno nella parte settentrionale (baie di Parteni, Blefùti e delle Palme); e) uno nella parte meridionale dell'isola (baie di Serocampo e Porto Cassio) e il resto delle coste dell'isola doveva essere messo alle dirette dipendenze del Comando di reggimento. Tn base alla lettera del generale Manca al Comando M.M. Egeo, la Marina proponeva <li assegnare una batteria mobile da sbarco al porto di Rodi; di assicurare la difesa contraerea di Rodi con quattro pezzi e.a.; di far rientrare a Rodi la compagnia fucilieri distaccata a Coo, considerato che il Governo delle Isole non aveva nulla in contrario. La Marina stessa avrebbe dovuto occuparsi del trasporto della compagnia a Rodi. Tanto veniva proposto agli organi cli vertice affinché decidessero in merito. Infatti alla fine di ottobre del 1955 pervenne al Comando del Corpo di Stato Maggiore la richiesta da parte del Coman<lo M.M. dell'Egeo, per tramite dell'Uffìcio del Capo di Stato Maggiore del la Regia Marina, di inviare a Rodi alcune batterie per provvedere alla difesa della città. Rodi in effetti non era base <li appoggio o di operazioni, ma era pur sempre il maggior centro popolato del Possedimento e si poteva prestare a<l essere, un obbiettivo interessante per il nemico. A metà ottobre lo stesso Bcrtonelli aveva richiesto una batteria di posizione e Jue antiaeree, autotrasportate, appoggiando la valutazione del generale Manca, ritenendo che se fossero state attivate due batterie cli posizione fissa, la città di Rodi avrebbe potuto essere classificata come piazzaforte esponendola a rischi più ,~rctvi, mentre la presenza di due batterie mobili non poteva costiwire pretesto per il nemico per dare a Rodi tale classificazione.


321 ~---

[Esercito Italiano nel Dud~e<.=:a_ne=so~l2~1=2~-1~9~4=3_ _ _ _ _ _ __

Federico Bais1r0cchi da giovanissimo e in un dipinto, ritratto Ufficiate.

Non fu facile arrivare aJ alcune decisioni, ma quantomeno ai primi di novembre Baistrocchi ordinò che la difesa cli Rodi doveva essere rinforzata con una batteria <la posizione da 75/27-906 e una batteria da 20 mm. contraerea. Il personale di truppa sarebbe stato tratto da quello della batteria da 75/13 sul posto, rinforzato all'occorrenza con personale da inviarsi dall'Italia; inoltre doveva essere inviata a Rodi una batteria da 30 mm. e.a. esistente, dotandola del munizionamento <li più pronto allestimento. Intanto Manca aveva studiato anche alcune proposte per la costituzione organica del 9° reggimento fanteria. La formazione di guerra del 9° in quel momento era su un Comando reggimento, una compagnia Comando 30 ; un battaglione fucilieri 3 I; un battaglione mi -

30 Un plotone comando e collegamenti; un plotone servizi e un auco<lrappello (11

autocarri leggeri). 3 l Un plotone comando; ere compagnie fucilieri ciasnma su Jue plotoni fucilieri e un plotone mitraglicri ; una compagnia mirraglieri su quattro plotoni, con untotale <li nove plotoni fucilieri.


I primi piani provvisori per la difesa del PGssedimento. 193/i-1935

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traglieri 32 ; una compagnia mitraglieri su quattro plotoni 33; una sezione cannoni 65/17; una sezione autoblindo. Il generale Manca aveva rilevato che vi era una sproporzione fra plotoni fucilieri e plotoni mitraglieri e che la formazione compagnia tì.JCilieri del battaglione fucilieri non era adatta a azioni offensive. Quanto rilevato aveva origine nel fatto che il 9° fanteria aveva precedentemente compi ti diversi da quelli assegnati dal Manca e cioè aveva il dovere di difendere Rodi e Lero, mentre nella nuova sistemazione il reggimento era concentrato solo su Rodi. Manca proponeva: per le compagnie, <li trasformare il plotone mitraglieri delle compagnie fucilieri del battaglione fucilieri in plotone fucilieri; oppure <li integrare quella compagnia fucilieri con un altro plotone fucilieri per portarle a tre, soluzione che giudicava preferibile; per i battaglioni, di costituire un battaglione fucilieri su quattro compagnie fucilieri anziché t re, ciascuna su tre plotoni fucilieri e un plotone mitraglicri; <li costituire un battaglione mitraglieri su quattro compagnie mitraglieri anziché su tre compagnie mitraglieri e una fucilieri; per il reggimento, di costituire un terzo battaglione fucilieri a formazione uguale a quella proposta per il battaglione fucilieri già esistente. Questa proposta aveva origine dal fatto che oltre alle 500 unità di rinforzo inviate nell'agosto dello stesso anno, al 9 ° fanteria erano state assegnate anche 600 reclute della chiamata di settembre, le quali erano in esuberanza rispetto all'organico di guerra stabilito per il 9 °. Inoltre si prevedeva che esso ricevesse all'atto della mobilitazione altri 800 uomini tratti dai congedati residenti nell'Egeo; con una p arte di questi avrebbe potuto essere costituita la compagnia mitraglieri <la posizione. In conclusione le proposte di Manca comportavano complessivamen3 2 Tre compagnie rnitraglieri su quattro plotoni e una compagnia fucilieri su tre

plotoni. 33 Per un totale di 23 plotoni mitraglieri (con 69 M.P.). A cali armi sono <la aggiungere altre 24 mitrag liatrici S. Etienne, 18 per i Carabinieri (sorveglianza e prima difesa costiera) e 6 per la M.V.S.N. (difesa contraerea e Ji Rodi).


3'-"2"'6' -- - - - -- =L'Esercito l_!aliano nel Dodccancso 1912-1913

te anche l'assegnazione al 9° fanteria di altre 45 M.L. e 15 M.P., con relative dotazioni di munizioni e i quadri completi per un battaglione. Certamente l'aumento della forza non poteva che essere positiva per la stessa difesa dell'isola, che però comportava aumenti non solo di unità, ma di sistemi d 'arma e di una notevole assegnazione <li quadri. In realtà, secondo l'opinione dell'Ufficio Operazioni, le proposte del Manca tendevano a risolvere solo un problema contingente. Volendo orientare invece verso una soluzione stabile la questione, l'Ufficio proponeva di non costituire un terzo battaglione, di porcare i due battaglioni presenti alla formazione normale e cioè su tre compagnie fucilieri, trasformando l'attuale battaglione mitraglieri in battaglione fucilieri; di raggruppare i plotoni mitraglieri che risLdtasscro esuberanti in una compagnia mitraglieri <la posizione con un numero di plotoni massimo consentito dalla disponibilità di personale e armato con mitrag liatrici S.Etienne. La soluzione proposta comportava l'assegnazione di quadri per la nuova compagnia mitraglieri da posizione che poteva essere contenLtta in limiti assai ristretti, dando il comando di plotone a sottufficiali; e l'assegnazione di 27 mitragliatrici leggere . Il generale Pariani diede parere favorevole 1) per l'aumento di un j.Jlotone fucilini per ciascuna delle tre compagni e del battaglione fucilieri e 2) per l'aumento di un plotone mitraglieri nella compagnia fucilieri <lei battaglione mitraglieri. fu anche favorevole all'aumento temporaneo degli automezzi che venivano richiesti. f:iu invece contrario al passaggio del battaglione della compagnia fuc ilieri che faceva parte del battaglione mitraglicri e alla costituzione del terzo battaglione fuci lieri, in quanto mancavano i quadri e le relative dotazioni. Quelle reclute che stavano t erminando l'addestramento avrebbero dovuto essere assorbite in parte dalla costituzione del Y' plotone fucilieri previsto per la prima soluzione, e in parte dalle compagnie esistenti, anche se venivano in questo caso superati gli organici <li guerra. Riteneva poi conveniente recuperare una piccola aliyuota di mitrag liatrici Fiac mod. I li sostituendole con mitragliatrici da posizione S. Eticnne in modo da costituire la prima dell'unità considerate 'territorializzate' alle quali doveva essere


I primi piani provvisori per la difesa del Possedimento. 1934-1_9]5 --·---·- - - 327

affidata la difesa delle isole dell'Egeo. Intanto però qualcosa non andava per il suo verso. Dal Gabinetto del Ministero della Guerra il 9 novembre 1935 venivano trasmesse alcttne notizie pervenute da.fònte confidenziale al Comando del Corpo di Stato Maggiore Yi : nel nostro Ponedirnento delle isole E~~ee si ha la sensrtzione, che, nel campo della Rexia Marine,, tutto sia ancora improntato alla improvvisazione. L'ammiraglio Comandante marittimo non è ritenuto l'11omo del momento, anrhe jJerché stato richiamalo in servizio con un grado così elevato e con compiti di natura così ,grave e delicata, dopo tanti armi dall'epoca in etti, come capitano di fregata, ebbe a lasciare il servizio attivo. Viene criticato - per esempio - il modo col qttale egli ha jJìazwto varie batlerie J,er la difesa di alcune isole 3 5 . Baistrocchi allora con molta cautela chiese alcune notizie riservate al Generale Manca, per SLLa personale conoscenza 56 : quale era a suo giudizio, l'efficienza <lirensiva dell'isola di Lero e di Rodi, rispetto ad attacchi aerei, ad azioni di fuoco da parte di forze navali, ad operazioni di sbarco; quale il morale delle truppe dell'esercito e le loro condizioni materiali; a che punto erano i lavori <li fortificazione per l'impiego <li reparti dell'esercito: l'efficienza in quel momento e quella stimata per il futuro; lo stesso per quanto riguardava la Marina; quale era l'efficienza delle comunicazioni tra le isole (trasporti, telefoni, radio); quale era la cooperazione fra Esercito e Marina: se esistevano programmi e accordi per operazioni varie nelle isole italiane dell'Egeo; quale era la cooperazione in genere fra Marina e Aviazione; la disciplina nell'uso dello specchio <l'acqua Ji Porcolago fra le due forze armate; quale era l'azione di comando in genere del Comando militare-marittimo delle isole italiane dell'Egeo; quali le possibilità difensive delle isole minori, quale l'organizzazione della difesa contrarea e della protezione antiaerea degli impianti di maggiore interesse militare e la sicurezza dei depositi di nafta. Aggiunse a mano il Baistrocchi: pre,go V.E. di essere esplicito-franco-realistico.

3/4 110 Rl 19. \'5 L 1O

R 119, 9.11.1935.

% LlO Rll9, 3.12.1935.


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nel Q.QQ~çaneso 191~2--~'2~4~3________

Con sapienza e prudenza, Baistrocchi aveva frammischiato alcune domande generiche con quelle che gli avrebbero fornito notizie relative all'informativa grave e riservata che gli era pervenuta. Rapidamente arrivò la risposta del generale Manca per linea gerarchica, cioè: tramite il generale Pariani nella sua qualità di Sottocapo di Stato Maggiore 5 7 . Secondo l'opinione di Manca, a Lero le tre batterie della Marina aventi azione a mare non erano né per ubicazione né per numero adeguate allo scopo; le otto batterie della Marina aventi azione a mare e contraerei, erano sufficienti se avessero dovuto assicurare soltanto la parte contraerea, non certamente se avessero dovuto assolvere entrambi i compiti, il che era il caso più probabile, quando fossero effettuati tentativi di sbarco, perché la difesa si sarebbe trovata a fronteggiare contemporaneamente offese delle navi e degli aerei ; era altresì d1,bbio che il personale tecnico addetto alla difesa contraerea fosse adeguatamente addestrato perché si trattava di elementi non specializzati 58 che dovevano provvedere alla difesa a mare e contraerea; ne.wma delle batterie d,ella Mctrina era in ,~rado di arrecare concorso alle ojJerctzioni terrestri; era anche mediocre lo stato della strada che attraversava l'isola di Lero da un capo all'altro, poiché non era assolutamente rotabile, essendo allo stato di una carrareccia che non avrebbe permesso il passaggio degli autocarri: in più presentava due forti e lunghe strozzature ed era soggetta all'azione di corrosione del mare e a eventuali allagamenti. Nonostante questi problemi fossero stati adeguatamente segnalati al Comando Marina e al Governo delle isole, nessun provvedimento era stato preso, almeno per il momento. Il Pariani comunicò le risultanze della lettera del Manca con le sue considerazioni al Baistrocchi, concordando con quanto il Manca aveva esposto, soprattutto per quanto riguardava il concorso delle batterie per la difesa a terra e per le condizioni dell'unica strada di Lero che doveva rispondere alle esigenze della difesa mobile dell'isola. Ora la difesa dell'isola di Lcro era di competenza della Marina e quindi sembrava opportuno interessare la Marina per migliorare la

37 LlO Rll9, 11.12.1935. :> 8 Sottolineato nel rcsco originale.


-·--·--··------ I psimi !)ÌanÌJ1TOvvisori

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la difesa del Possedimen= to~.~19=3~4-~1~9-=35~--~3~2~2

possibilità <li azione Jelle truppe Jell'Esercito. Baistrocchi pose una annotazione autografa sulla lettera di trasmissione del Pariani: PreJ:,o S.E. Pariani di recarsi dal Sottocapo di S.M. della Marina per metterlo a giorno. Tutte le informazioni dicono che l'attuale Ammiraglio non è all'altezza. Negli stessi giorni 391'ammiraglio designatO d'armata Giuseppe Cantù aveva consegnato la sua relazione sull'ispezione che nel novembre precedente la Marina gli aveva ordinato di fare alle forze navali e ai servizi della Marina nelle isole Egee. Cantù era arrivato a Rodi il 25 novembre 1935 e dopo essere stato ricevuto dal Governat0re Lago, aveva proseguito per Lero ove era giunto la sera dello stesso giorno. Rimasto in quell'isola sei giorni, aveva fatto ispezioni e visite alle Unità navali presenti, ai Servizi della Piazza militare, dell'Aviazione e aveva visitato anche le truppe del Esercì to dislocate nell'isola. Per l'ammiraglio Cantù la situazione politica era stabile in quanto la popolazione del Possedimento era tranquilla: unica eccezione era quella di Calino che era costituita in massima parte da intellettuali e molto vivace. La popolazione era comunque disarmata e quindi era possibile pensare che il plotone di carabinieri e di soldati presenti fossero più che suffìciemi per il servizio d'ordine. Per quanto riguardava il Comando Militare marittimo Cantù dichiarava che esso era in perfetta efficienza in tutti i suoi servizi. Faceva rilevare che il Comandante Militare marittimo era sempre in attesa della designazione dell'Ufficiale dell'Esercito previsto dall'arc.17 del Regolamento di guerra per le piazze marittime, designazione che era stata richiesta qualche giorno prima (il 14 novembre): era necessaria la presenza Jell'uffìciale, per la dovuta coordinazione. Le sue valuta.zioni sull'Esercito provenivano da lunghi colloqui con il generale Manca che si era trovato di passaggio a Lero il 27, 28 e 29 novembre e da colloqui con il colonnello comandante del 34° fanteria dislocato a Lero. Cantù aveva trovato il reggimento perfettamente alloggiato <: <:ffì-

;9 L10R119, 12 .1 2.19')5.


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rEsetcico Italiano nel Dodccancso 1912-12_43 ___________ ~ -- - - -

ciente in ogni suo organo. Lo riteneva in grado di collaborare molto validamente con la Marina per contrastare eventuali sbarchi nemici. Notava poi che per Coo non era stata prevista alcuna difesa: Cantù riteneva che il problema dovesse essere studiato perché non era possibile, a suo giudizio, lasciare indifesa un'isola che, una volta conquistata dal nemico, avrebbe potuto essere un serio pericolo per la sicurezza di tutto il Possedimento. Era quindi del parere di proporre al Ministero della Guerra l'invio a Coo di uno dei battaglioni del reggimento dislocato a Rodi e di un battaglione dall'Italia. Aveva visitato anche le installazioni ckll' Aeronautica riscontrando la perfetta efficienza dei reparti aerei e dei servizi logistici, ma aveva trovato pericolosissima la situazione dei depositi della benzina. In effetti erano state accantonate nell'isola circa J 000 tonnellate di carburante, conservato in fusti allo scoperto e così stivati potevano rappresentare un enorme pericolo per tutta la base di Portolago. Inoltre Cantù non riteneva sufficienti 1000 tonnellate di carburante per un lungo periodo: occorreva quindi aumentare la scorta considerando almeno un periodo cli sei mesi. Due punti sono di particolare importanza nella relazione Cantì:t alla luce degli avvenimenti successivi: a) la sua valutazione sui rapporti tra il Governo delle isole italiane dell'Egeo e il Comando Militare marittimo e b) le conclusioni. L'ammiraglio osservava che la questione delle competenze dei Poteri Civili e Militari era chiaramente 40 definita in tempo di pace, ma cambiava molto durante il tempo di gL1crra. L'ammiraglio Bertonelli, in qualità di Comandante Militare marittimo in tempo di pace disponeva anche dei poteri civ il i per la sola isola di Lero, mentre per tutto il resto del territorio i poteri civili erano appannaggio esclusivo del Governatore civile del Possedimento che, come tutti i suoi predecessori, era un alto funzionario del Ministero degli Esteri, cioè un diplomatico di carriera. 11 Cantù considerava però che le isole costituivano un tutto inscindibile paragonabile ad un complesso di navi e fct suddivisione del Po.r.redimento in pctrti, nei riguctrdi dei poteri jJolilici, militari e civili avrebbe potuto portare in tempo di g1.1errct et notevoli contrasti /4o LIO R 119: l'Ammiraglio usù la parola perfettamente.


I prìmì piani provvisori 1xr la difesa dd Possechmento. 1JJ4:19}5 ---~-

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ed inconvenienti di carattere direttivo . .... . In realtà già li aveva portati in t empo di pace. Quindi il Cantù riteneva indispensabile stu<liare l'opportunità di mettere a capo del Possedimento un Governatore Militare, e nella fattispecie un Ammiraglio, almeno nel tempo di guerra. E questo, a suo avviso, sarebbe stato in linea con quanto era stato fatto per altre colonie italiane nelle quali i governatori erano dei generali che disimpegnavano contemporaneamente tutti i poteri politici, civili e militari. Le conclusioni riguardavano in particolare l'azione dell'ammiraglio Berconelli ritenuto un uomo utlmo, sereno, risoluto, j,erfettamente a posto, fornito del prestigio e delle qualità militari, navali, profèssionali e di carattere necessrtrie per l'alto wmpito al quale era preposto. Secondo Cantù il Rcrtonclli era inolt re coadiuvato molto bene clall'équipe che gli era attorno. Il Cantù aveva tratto dalla sua visita a Lern la convinzione che in caso di guerra e coi mezzi navali di superficie e subacquei terrestri e aerei dei qual i cl isponcva la Piazza, avrebbe potuto resistere ad un attacco che non fosse fatto in grande stile wn forze navali, terrestri e aeree molto jlrejJOnderanti: cioè in realtà nel giudizio apparentemente positivo vi era invece sottesa una considerazione asso I Lltamente negativa della situazione. In sintesi, per quanto riguardava l'Esercito, Cantù aveva riscontrato la buona efficienza dei reparti e aveva prospettato l'esigenza di inviare un battaglione per la difesa di Coo, la cui occupazione in realtà non era mai stata considerata possibil e nei precedenti progetti di difesa. Se la Marina avesse approvato la proposta, si sarebbe dovuto provvedere alla nuova esigenza, ma nel promemoria presentato all'uopo al Sottosegretario di Stato, si proponeva non di inviare nuovi reparti dall'Italia, ma di provvedervi con sottrazione di forze, da farsi dai presidi di Lero e Rodi. Per la Marina, Cantù aveva riscontrato scarsa pratica professionale degli ufficiali e della bassa forza, che erano in gran parte <lei richiamati e uno scarso allenamento del personale addetto al tiro contraereo con mezzi che erano considerati peraltro antiquati. La relazione di Cantù ebbe dei riscontri: pochi giorni dopo, l'ammi -


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raglio Cavagnari dava appoggio alla destinazione a Coo di alcuni elementi da sottrarre al presidio di Rodi, di contro rafforzando questo con mitragliatrici pesanti , anche se questa isola non aveva particolare importanza militare. Cavagnari vedeva affidato al presidio di Coo il compito di impedire per almeno sei-otto ore la completa effettuazione dello sbarco del nemico, allo scopo di consentire una azione aero-navale che potesse creare al nemico seri imbarazzi. Per l'Aeronautica l'unica importante notazione riguardava l'immagazzinamento allo scoperto di 1000 tonnellate di benzina, che non venivano ritenute sufficienti e quindi si dispose uno studio per provvedervi. Per la questione relativa al Comando delle Isole, Cavagnari rilevò l'osservazione di Cantù che riguardava il problema dell'unione delle prerogative militari con quelle civili, in tempo di guerra. Alla fine <li gennaio del 1936, Baiscrocchi <lava ordine al generale Manca di costituire il presidio a Rodi con il compito che era stato individuato da Cavagnari. E contemporaneamente disponeva affinché Rodi fosse fornita di altre mitragliatrici, per preservare l'efficienza difensiva dell'isola. Intanto il generale Manca aveva rivisto e aggiornato un piano di difesa del Possedimento, un piano organico, che aveva recepito numerose delle osservazioni e degli scudi eseguici negli anni precedenti; nonché il generale aveva fatto tesoro del la sua pur breve esperienza sul territorio. Si avvicinava il momento per un cambiamento radicale nell'organizzazione del Possedimento anche per iniziare a considerare non solo apprestamenti difensivi, ma anche piani offensivi, <lei quali non si era quasi mai parlato fino a quel momento. Tutto questo doveva accadere sia per motivi di politica interna sia per la situazione internazionale che stava mutando rapidamente. Qualche veloce accenno, solo per ricordare i maggiori accadimenti del periodo, che segnano una decisa svolta nella politica estera fascista e di riflesso, nelle programmazioni militari. Il 3 ottobre del 1935 erano iniziate le operazioni militari in Etiopia, che durarono fino al maggio del 1936. La S.d.N. impose delle sanzioni all'Italia che fallirono miseramente, anzi, se possibile, eccitato-


I JJrimi piani provvisori jltt la difesa del Possedimento. 1934-1935

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no ancora di più la politica estera fascista. Il 5 maggio 1936 gli italiani entrarono in A<l<lis Abeba. li 9 maggio un decreto reale san zionò l'annessione dell'Etiopia all'Italia e il re d'Italia era ormai l'Imperatore d'Etiopia. la S.d.N. votò la risoluzione per l'abolizione delle sanzioni il 4 luglio 1936. I colpi di mano, dunque, potevano avere un loro giusto premio ... in fondo nemmeno la comunità internazionale riusciva a sanzionarli e Hitler lo comprese. la S.d.N. aveva mostrato tutta la sua debolezza e le speranze di una pace duratura in Europa furono definitivamente sotterrate. La situazione nel Mediterraneo era totalmente diversa dal 1923, quando erano stati iniziaci i primi scudi per una difesa del Possedimento dell'Egeo, che spesso veniva visto quasi come una 'sinecura' gradevole e arricchente per i funzionari civili che vi venivano inviaci. Anche per gli uffìcial i era una missione tranquilla in terre beneficate da un clima temperato, anche se i problemi logistici in realtà erano quelli che davano più affanno di tutti.



___________ _ _ _ _ _ _ _ _Jj5

2.5. 111936.11 piano di difesa Manca. li problema del Comando. la nomina di de Vecchi di Val Cismon a Governatore Civile e Militare dell'Egeo.

N

elle sue risposte ai quesiti di Baistrocchi formulati nel novembre precedente, oltre a dare i suoi giudizi, Manca ...L.. aveva segnalato anche un minimo di provvedimenti atti a portare qualche rimedio a quello che era lo stato delle cose, non del tutto soddisfacente: e la sua prima proposta era stata proprio guella di sostituire l'ammiraglio Bcrtonelli, di sostituire il personale della Regia Marina in servizio presso le batterie contraeree e costiere con personale della MDICAT e della MDACOS; nello sgombero imme<liaco <li tutte le famiglie dei militari residenti a Lero: una strana richiesta, che si può spiegare solo con il fatto che la situazione internazionale era cambiata e quindi anche le isole potevano essere oggetto di probabili attacchi in un futuro e basi militari offensive. Probabilmente la dolcezza ciel clima e la mancanza di allarmi avevano condotto ad una vita sicuramente un po' rilassata fino a quel momento, mentre si i1nponevano nuove misure e una nuova percezione dell'importanza delle isole in un conflitto a venire. TI Manca, a onor del vero, mise in rilievo l'elevato morale delle truppe ciel Regio Esercito dislocate nel Dndccancso e l'ottimo grado raggiunto dai lavori di sistemazione difensiva in corso. Mentre preparava la risposta ai quesiti del Baistrocchi, egli aveva studiato c messo a punto un nuovo piano di difesa de l Possedimento, che inviò ai primi di febbraio del 1936 al Comando del Corpo di Stato Maggiore del Regio Esercito 1 . Jl concetto generale di difesa del generale Manca verteva sulla necessità di difendere le isole di Rodi e di Lero; la prima, per la sua importanza politica e morale, ma recentemente, anche per quella mili-

1 Il Piano integrale di Difesa del Posse<limento re<latto <la] g enera.le Manca può essere consultato in 1.10, H 119. Nel resto sarà data solo una sintesi delle conclusioni alle quali era g iunto il Manc:a.


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tare dovuta alla presem:a della nuova base aerea di Fileremo, di recentissima costi tuziooe; Lero, quale base aerea e marittima di primaria importanza. Anche Stampa1ia per la sua importanza marittima, dovuta alla possibilità di un buon ancoragg10 per l'avversario doveva essere n1un ita. Bisognava dunque assicurare per ognuna di esse la vigilanza e una prima difesa di quei tratti dove era più facile lo sbarco del nemico; preparare l'intervento di nuclei mobili dove era stato avvistato il nemico; e provvedere ad una azione di contrasto nel caso io cui l'avversario fosse riuscito a sbarcare. Per quel che riguardava le rimanenti isole, poteva essere prevista solo una difesa della I3r.mdierct con piccoli distaccamenti di Carabinieri, Regia Guardia di Finam:a e Fanteria. Manca individuava gli obbiettivi prevedibili dell'attaccante, soprattutto in quelli di indole morale e politica, che si potevano concretare nella conquista della città di Rodi e quelli di indole militare che riguardavano la distruzione dell'aeroporto di Fileremo. Quali dunyue potevano essere le azioni prevedibili del nemico: colpi di mano diretti verso uno o più tratti della costa per prendere terra con relativa maggiore facilità e poi avanzare sugli obiettivi, più

CITTÀ di RODI


1936. Il Piano "Manca". Il Comando, la nomina cli cle Veçg2i_Ji Val Cismon

che un attacco portato con forI/OLA dì LE R O ze considerevoli sull'obbiettivo designato. Se questo poteva essere il com por cam e n t o prevedibile del nemico, bisognava assicurare vig ilanza e protezione iniziale su tutta la costa e organizzare la difesa con lavori campali net tratti di costa che meglio s1 prestavano ad uno sbarco nemico e prevedere nuclei mobili autostrasportari verso i tratti di cosca minacciati; difendere la città e le cosce adiacenti anche con lavori campali delle alture a sud della città. Le azioni di difesa contro sbarchi nei pressi della città prevedevano dunque una prima ditesa da parte della compagnia di formazione 2 e un successivo intervento dei reparti del 9° fanteria. Contro sbarchi in altri punti della costa si prevedeva un intervento rapido di uno o più nuclei del Regio Esercito autotrasportati e un intervento di altri reparti, per rinforzo o per occupazione di punti tattici lungo le di-

2 Un plotone <li Carabinieri Reali e un manipolo della M.V.S. N., con 12 mitragliatri ci leggere; un plotone di g iovani fascisti fucilieri , per vigilanza e prima difesa del porto e delle cosce adiacenti alla città.


_L'Estrcito Italiano nel Dodecaneso

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rcttnn di marcia del nemico; l'occupazione dei tratti della posizione a sud della città di Rodi che si n velavano più favorevoli per i I definitivo arresto del nemico; un eventuale ripiegamento, se necessario, sulla posizione sud dello schieran1enco con tutte.: le for7.e, . . per r10rgan1zzars1 e procedere al contrattacco _:,_

Per la difesa di Lero, gli obiettivi prevedibili Jet nemico erano la conquista dell'isola e i colpi di mano sugli impianti delle basi. Le azioni nemiche preve<libili potevano concretarsi in un investimento contemporaneo <la ogni parte con bombar<lamcnti navali e aerei o

l Per quanto riguardava l'organizzazione clei scrvi;,;i, il criterio era quello di mettere le forze <lei Regio Esercito in condizioni di poter vivere e combattere per un periodo di sci mesi, considerando che, al momento di un eventuale attacco, poteva risultare impossibile qualsiasi rifornimento e quindi si dovevano sfruttare le risorse locali: si prevedevano dunque scotte di viveri, come carne in scatolette, farina, cruschello, sale e viveri complementari per quattro mesi. Viveri di riserva per <lue mesi. foraggio, avena e paglia per sei mesi. Per il legname non vi era pmhlema, perché erano illimitate le risorse locali. La dotazione <li munizioni era prevista in 20 giornate di timeo per tutte le armi.


1936. Il Piano "Manca". Il Comando, la nomina di dc Vecchi di Val (ismon

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con colpi di mano allo scopo di danneggiare le basi stesse e quindi uno sbarco di nuclei di arditi nelle baie di Pandeli e di Serocampo. La difesa doveva dunque basarsi sulla vigilanza e protezione iniziale in tutte le baie; su una organizzazione preventiva della difesa per opporsi a tentativi di sbarco nelle singole baie; una organizzazione preventiva di posizioni opportunamente scelte per opporsi all'avanzata dell'avversario che fosse riuscito a sbarcare e per ricacciarlo rapidamente in mare, prima che avanza_.,;se sul terreno, perché in questo caso sarebbe stato ancora più difficile fargli riprendere il mare 4 . Contro gli sbarchi nelle singole baie si prevedeva una azione del distaccamento già sul posto e un pronto intervento di rinforzi inviati dal nucleo mobile della zona di Lero. Alla baia di Portolago avrebbe dovuto provvedere direttamente la Regia Marina. Contro gli sbarchi in tutte le baie erano previste azioni dei nuclei e dei distaccamenti già sul postO, un intervento di distaccamenti nelle baie presidiate solo da posti fissi di vigilanza e protezione iniziale, occupazione con le forze rimaste disponibili della dorsale Monte Appetici, Monte Meraviglia, Monte San Giovanni, Monte della Palma, Monte Patella a copertura della baia di Portolago 5. La difesa di Stampalia doveva essere organizzata sui seguenti obbiettivi prevedibili del nemico: occupazione della baia della Maltesana, la

4 Le forze dovevano essere così ripartite: ndle baie per vigilanza e protezione iniziale 6 posti /ìssi di Carabinieri Reali rinforzati Ja fanti e 6 nuclei mitraglieri con 11 mitragliatrici pesami. In ciascuna delle baie di Panrleli e Serocampo, un presidio fisso di un plotone fucilieri e due plotoni mitraglieri. Nella :mna di Lero un nucleo mobile per una azione manovrata: 31" fanteria (su ,/4 compagnie di fucilieri, altrettante di mitraglieri e una sezione cannoni) e una batteria rla 75/1 :3. 3 Per l'organizzazione dei servizi, sempre considerando impossibile ogni riforni mento Ja Rodi, i distaccamenti dovevano essere messi in condizione di vivere e combattere per sei mesi. Esisteva in J.ero il Comando Regia Marina con una propria organizzazione e pertanto alcuni servizi del Regio Esercito si sarebbero appoggiati a quelli della Regia Marina.. Le risorse locali erano quasi nulle. Per le scorte viveri e per le dotazioni ciel le munizioni bisognava avere le stesse quantità previste per Rodi. In più però doveva essere previsto un approvvigionamento di legna per quattro mesi.


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più importante dal punto di vista militare. Bisognava dunque prevedere una vigilanza permanente delle coste della zona centrale e la protezione iniziale delle sue baie. Bisognava inoltre approntare una difesa mobile dislocata presso la baia della Maltesana per difenderla direttamente e accorrere prontamente a difesa delle altre baie 6_ Il piano poi doveva essere rno<lifìcato in seguito alle decisioni prese pochi giorni prima da Roma 7 : e cioè il trasferimento nell'isola cli C:oo di un reparto capace di resistere per 6-8 ore ad un eventuale tentativo di sbarco con delle forze che dovevano essere sottratte alla difesa <li Rodi e, Manca prevedeva, non inferiori alla forza di un battaglione. Però era ormai chiaro che l'importanza di Rodi era aumentata in seguito al fatto che, per richiesta del Comando Regia Marina, ben quattro squadriglie da bombardamento erano state destinate all'aeroporto di Fileremo, oltre ad altre due batterie contraeree, che si sarebbero aggiunte alla batteria antinavale da 10 m/m e a una batteria da 152 m/m, quasi pronte. Quindi l'isola di Rodi stava prendendo la fisionomia e la conseguente importanza di una piazzaforte militare, con inevitabili conseguenze per quello che aveva riguardato i primitivi piani di difesa dell'isola, basati solo su eventuali colpi di mano <lei nemico, sferrati per motivi che si ritenevano di pura immagine politica. Inoltre, secondo Manca, si doveva considerare che il Coman<lo <lella Regia Marina insisteva nel prevedere una difesa dell'isola di Calino, che si trovava immediatamente a sud di Lero, per costituire un unico sistema difensivo. Occorreva dunque fare uno studio per quantificare le truppe occorrenti che Manca stimava non dovessero essere inferiori alla forza di due battaglioni, oltre alle batterie contraeree e antinavali che quel Comando aveva in animo di installare e per le 6

lungo la costa per la vigilanza e la protezione iniziale vi sarebbe stata una stazione e tre posti lìssi dei Carabinieri Reali rinforzati da fanti e da quattro nuclei mitraglicri con 13 mitragliatrici pesanti. Nei pressi clel retroterra di Porto Maltesana un nucleo mobile cosrirnito da una compagnia fucilieri <lei 34° fanteria con un plotone micraglieri. Scorte di viveri e munizioni in numero analogo a quello previsto per Rodi e lero. 7

110 Rl 19, dispaccio ministeriale n. 745 del 29.1.1936.


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quali lo stesso Comando aveva già fatto richiesta. Manca sentiva la giusta esigenza che si addivenisse ad un piano di difesa stabile, per poter approntare senza esitazioni quanto necessario: effettivamente le valutazioni e le richieste del Comando Regia Marina che aveva la responsabilità della zona marittima, variavano abbastanza rapidamente ed era quindi necessario procedere e prendere delle decisioni finali nonché verifìcare lo stato di avanzamento dei lavori. A questo proposito fu inviato il generale di brigata Barbieri pochi giorni dopo, sempre nel febbraio 1936 per una valutazione diretta Jcl piano di difesa del Manca e degli apprestamenti già fatti o in corso d 'opera. Barbieri scrisse una dettagliata relazione dalla quale si evince che i lavori fatti dal Manca in Rodi rispondevano già alle maggiori esigenze che si stavano manifestando per l'isola, anche se l'aeroporto di Fileremo presentava ancora delle difficoltà, in quanto tra l'altro era ben visibile dal mare, con tutti i suoi impianti e la difesa per esso prevista sembrava essere debole. ln realtà precedentemente quell'aeroporto era stato solo considerato come campo di atterraggio di fortuna e la sua progressiva importanza operativa era elemento da poco apparso all'orizzonte. Per Lero era stata prevista una difesa similare a quella di Rodi. Barbieri fece esplicita menzione delle difficoltà che la cooperaziom: fra Esercito e Marina aveva sperimentato nei mesi precedenti, soprattutto dovuta allo scarso addestramento del personale della Regia Marina, che per la maggior parte era personale richiamato, a cominciare dall'J\mmiraglio Comandante e dal Capo di Stato Maggiore ..... li C om.andrmte militare marittimo ri.rpetta la competenza del comandante le trtt/JjJe. Sarebbe stato desiderabile 1,ma più intima collaborazione su taluni ar,~omenti, come ad esernj1io , postazione di batterie, st1,1di di tct!tme 0J1erazìoni, etc ... la situazione però sembrava essere in via di miglioramento. Effettivamente, dai documenti sembra risultare che con la presenza del Manca, i rapporti dell'Esercito con le altre Forze Armate fossero improntati a<l una migliore pragmatica cooperazione. Come conclusione alla sua relazione, Barbieri rilevava che la difesa di Lero si prestava, circa lo studio della difesa e il relativo approntamento a varie osservazioni per la maggior parte delle q1,1ali la reJj}()nsabilità ri-


L'Esercito Italiano nel Do<lecanrg~..:..1,!_91:-=2:. ._-1""9'---'4,:._3_ _ _ _ __ _

saliva ctl comandante militare marittimo. Continuava Barbieri: l:." da noittre che quest'ultimo Ùtsciò il servizio aftivo nella Regia Marina con il grado di capitano di frega ta ... oltre r.dt'ath1ale carica ha conservato anche quelle di delegato del c;overno, di podestà di Poriolago e ' /f1h-,ypJi/J;..,~ ,, .11_ ,.,,1,;.,~,.-,f,"' di delexctto della X A. //oJ.lé a~,,.,'.,/,z.mn,/4 t:..r,,., Banca d' i talia. ~ i . //Q:,t. .1C/11e q ,u.,J/ì~if Anche negli ajprezzr,1,menti di parecchi ufficiali, ho rilevato accenni piit alla sua bonarietà che a spiccate qualità d organizwtore e di comandante .. . 8 _Tra i vari pareri che espresse, Barbieri propose <li inviare a Lero qualche uffìciale di ottima competenza per accertare la re,Ùe efficienza delle batterie e eventualmente provvedere alla loro messa in opera. Il giudizio su Manca fu molto lusinghiero e Baistrocchi, qualche giorno dopo, inviò al Manca un telegramma che testimoniava la sua stima e il suo vivo compiacimento per l'opera svolta e per l'alto spirito delle truppe del Possedimento, concordando alcresì pienamente con il piano da lui predisposto per quanto riguardava le truppe nelle isole Egee. In sintesi il piano <lei Manca non differiva di molto <la quello che era in vigore in quel momento e si basava sul criterio base di assicurare CITTA

di

RODI

8 Per i dettagli della 'Relazione Barbieri' v. L1 O R l l 9.


____ 1936. Il Piano "Manca". Il ComandoJa nomina di de Vecchi di Val Cismon ___31)

la vigilanza e la protezione delle zone più probabili di sbarco per Lero e Rodi e di svofiere tma difesa rnanovrctta wn fa maggior parte deffe forze tenute in rnano e opportunamente dislocate.

Per le isole minori, Stampalia era l'unica per la yuale era stata predisposta una difesa con forze cli una certa entità (una compagnia fucilieri e un plotone mitragliatori), con un concetto analogo a quello seguito per isole maggiori. Per Calino, che distava da Lero 5 chilometri circa, Manca si eta opposto ad una occupazione che avrebbe richiesto l'impiego di almeno due battaglioni, con conseguente dispersione delle forze; anche l'ispettore Barbieri nella sua relazione, aveva espresso la stessa opinione. Effettivamente Calino faceva corpo unico con Lero, ma la proposta era quella di posizionare sulle alture meridionali di Lcro due batterie navali capaci di battere i contrafforti di Calino e quindi cli ostacolare eventuali tentativi del nemico cli sbarcare e occupare l'isoletta. N e l suo complesso, sia per Baistrocchi che per Pariani, il piano Manca sostanzialmente rispondeva bene ai criteri di una difesa attiva, mobile, manovrata, quale secondo l'opinione dei vertici militari, doveva essere attuata nelle isole del Dodccaneso in yucll'anno. Proprio in quei mesi però, la situazione internazionale e quella dei rapporti cli forza nel Mediterraneo era cambiata: la guerra all'Etiopia e le sanzioni decise dalla Società delle Nazioni nei confronti dell'Italia nell'ottobre dell'anno precedente stavano portando a nuovi equilibri e nuove alleanze. La flotta britannica nel Mediterraneo era stata spostata e rafforzata (v.sopra): i primi rinforzi limitati si erano avuti nell'agosto del 1935. L'ammiragliato britannico si preparava, era l'altro, nelle more delle discussioni diplomatiche, a prevenire iniziative italiane nel canale di Suez e ad allontanare la tentazione di una azione avventata clell'Italia9.

Cfr. PRO (Public Record Office London), Adm 116, 3476, 68902, Royal Navy, Refctzione degli tJvvenirnenti nel lvleditemmeo tra l'agoxto 7935 e il lu1;lio 1936, citato da M. Gabriele in Il Dodecane.ro nel Trattati di Pace con l'lta!itJ, Titalia dal dopoguerra. Il trattato di pace con l'Italia', Roma, 1998, p.131 e ss. i dettagli dei movimenti dclJ.e navi ing lesi. Copia integrale avuta per la cortesia del prof. Gabriele. 9


~3~4~4 ~--------=I:=fa=e'-"rc=it'°-o:.o it.::cal=iano nel Do<lernneso 1912- L2ii_._ _ _._ _ _ __

Nel febbraio del 1936, mentre si studiavano i nuovi piani <li difesa del Possedimento, Grecia, Turchia e Jugoslavia accettavano l'interpretazione inglese dell'art. 16 del Pacco della Società <lelle Nazioni: in presenza <li un attacco non provocato, avrebbero garantito l'uso dei porti greci nonché facilitazioni di riparazioni e sostegno da parte delle forze greche. La cooperazione militare di Turchia e Jugoslavia sarebbe stata decisa nel corso di conversazioni fra gli Stati Maggiori. In particolare alla Turchia erano richieste agevolazioni negli aeroporti e una cooperazione aerea contro le isole del Dodecaneso. Era chiaro che l'Inghilterra stava predisponendo mezzi e appoggi, in base all'a<lesione <lata <la Ankara ad una eventuale cooperazione in caso di conflitto: l'addetto militare nella capitale turca inviava al Ministero <lella Guerra, SlM, 2 /\ sezione, un interessante dispaccio del 27 febbraio 1936 sull'atteggiamento della Turchia in un eventuale conflitto nel Mediterraneo, confermando la presenza di ufficiali inglesi a Istanbul e la portata <lella loro attività: data la posizione strategica dell'Inghilterra nel Mediterraneo orientale in rapporto alir, insufficienza delle S!J.e basi di Malta, H,~itto e di Palestina, nonché !(i funzio ne che può assumere in questo settore la nostra base del Dodelaneso, è evidente l'interesse britannico nei rivtardi d,el/a Turchia. Questo interesse, essenzialmente di carattere marittùno e aereo, tende allo sfrttltamento della base di Smirne e della wsta egea in genere che, con le sue naturali caratteristiche - come q1J.elle offerte dalla base eventuale di Marmari.r, -, si presta anche per una efficace neutralizzazione delle minaa:e che possono jwovenire dal nostro Possedimento ... 10 . Era evidente però che i turchi non avevano mezzi sufficienti e che quindi sarebbe stata l'Inghilterra a doverli fornire. L'addetto militare dava di seguito notizie sulla possibile fornitura di aeroplani, cessione di artiglierie per la difesa antiaerea e costiera, fra le quali probabilmente anche qualche bocca da fuoco di grande potenza per agire contro le isole italiane. L'ufficiale italiano riteneva che ormai la Turchia fosse passata totalmente nel campo avversario, per una lunga serie <li motivazioni fra le quali, a<l esempio, la garanzia della sua posizione nel Mediterraneo, una concomitanza di vedute con 10

G29Rll.


1936. Il Piano "Manca". Il Coman<lo, la nomina <li de Vecchi di Val Cismon

Lettera di trasmissione del Piano di Difesa "Manca"

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l'URSS, vantaggi fìnanziari immediati, etc.. Mosca a sua volta controllava da vicino la situazione in Turchia per evitare che gli impegni presi dalla stessa con l'lnghiltcrra, peraltro approvati dai russi, non oltrepassassero però certi limiti. Anche se forse gli impegni turchi con l'Inghilterra potevano risultare estranei a mire offensive sul Dodecaneso, occorreva comunque vigilare con attenzione quale sarebbe stata la reale politica della Turchia in un eventuale conflitto allargato. In quella situazione occorreva a tutti gli attori del Me<liter-


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L'Esercito Italiano nel Dodecancso 1912-194"1

raneo orientale e non solo, garantirsi una sicura neutralité hienveillante di Ankara in un conflitto. Anche la Francia cercava di garantirsi questa posizione, tra l'altro facendo in modo che la regione dell'Hatay con lo strategico porto di Alessandretta finisse per essere annessa alla Turchia proprio in quegli anni ( 1936-1939) 11 . Tn Italia continuavano i dettagli per la messa a punto del piano di difesa del Dodecaneso, tenendo in conto le nuove esigenze determinate sia dalla situazione internazionale sia in dipendenza dei rinforzati apprestamenti aeronautici effettuati nell'isola di Rodi con l'aeroporto di Fileremo, facendo anche molto riflettere sull'indebolimento del presidio di Rodi, a favore dell'isola di Coo; la nuova coalizione anglo-greco-turca aveva a sua disposizione potenti mezzi aerei, navali e terrestri per bombardare e investire Lero 12 . Si riteneva che sicuramente il nemico avrehhc tentato sbarchi e fatto grandi sacrifici per togliere all'Italia quello che veniva consi<lerato un baluardo della potenza italiana nel Mediterraneo orientale. Tn questo scenario le batterie di Lero erano decisamente inadeguate contro quelli che venivano ritenuti ingenti mezzi della coalizione, da prevedere in piena efficienza, all'inizio delle ostilità 15 . Era assolutamente corretto pensare che gli inglesi avrebbero tentato in un conflitto di attaccare il Dodecaneso, e i fatti ne dimostrarono la ragione. Alcuni dubbi erano sorti sulla trasformazione dell'aeroporto di Fileremo a base importante dell'Aeronautica, considerato che il terreno era soggetto al tiro di artiglierie postate sulla costa anatolica e quindi nell'aprile del 1936 fu deciso di lasciare quel campo come atterraggio di fortuna, facendo ricerche nell'isola di Rodi, per trovare un terreno più idoneo per l'apprestamento di un altro aeroporto. Fu anche deciso di sospendere ogni proposta di sistemazione di Calino, per concentrare tutti i mezzi di difesa possibili nell'isola di Lero.

11

Cfr. anche M.G. Pasqualini, Due casi J!articolari della /)()litica e.itera nel Mediterraneo nel periodo 1936-1939: gli accordi tÙ Montreux e la crisi di Alessandretta, in Scritti in orwre di Giuseppe Vedovato, volume terzo, Contributi, p. 231-23 7, Firenze, 1997. 12 110

RL 18, 3 marzo 1936.

13 Per i dettagli v. LlO Rl 19, marzo 1936.


t C)36. li Piano "Manca". Il Comando, la nrH!~Jla di cle Vecchi di Val Cismon

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Nel maggio del 1936, ancora una volta fu chiesto di rivedere i piani di ditèsa di Rodi da parte dell'ammiraglio Bertonelli, motivando questa richiesta con il nuovo peso politico militare dell'isola, con i suoi possibili tre apprestamenti aeronautici (uno nella parte settentrionale, uno nella parte centrale e uno nella parte meridionale dell'isola), anche se quello di Fileremo veniva considerato di fortuna. E quindi il Berconelli proponeva nuove varianti alla dislocazione delle truppe del Regio 'Esercito in quella isola, insistendo su una ipotesi che prevedeva la Grecia pronta ad offrire all'Inghilterra truppe anche di 15.000-20.000 unità per conquistare Rodi: l'ammiraglio Comandante Marittimo delle Isole dell'Egeo riteneva che la Gran Bretagna avrebbe impiegato ingenti truppe, in quanto la perdita di Rodi avrebbe avuto come conseguenza anche un forte indebolimento delle difese di Lero contro eventuali sbarchi nemici 14 . Rispondeva pochi giorni dopo il Manca 15 facendo notare per prima cosa come ancora non fossero pervenuti netti e precisi criteri, sui quali si potesse poggiare l'impiego dei mezzi aerei nell'isola cli Rodi e quindi non era ancora possibile stahilire con esattezza tutti quegli clementi che dovevano concorrere allo studio del problema . .Manca contestava anche le valutazioni strategiche del Bertonelli, ritenendo che il nemico non avrebbe avuto la necessità assoluta di conquistare l'isola di Rodi, con ingenti mezzi e gravi rischi, considerato che i campi di aviazione di Rodi, essendo relativamente assai vicini alla costa anatolica, si prestavano ad essere neutralizzati con m ezzi modesti e reiterati. Due potevano essere delle chiare direttive, ancora prima che fossero noti i termini precisi dell'impiego, stabiliti <lall' Aeronautica e cioè: a) studiare il sistema per difendere l'isola (i campi di aviazione) da incursioni aeree o da colpi di mano (tentativi di sbarco in stile ridotto): questo poteva essere fatto con un leggero aumento delle forze da dislocare verso la parte meridionale dell'isola, per garantire la difesa dei campi da colpi di mano e provvedere alla difesa contraerea nelle zone destinate a campi <li aviazione;

l4 1.10 RllS, 5 maggio 1936. I5

LlO Rl 18, 13 maggio 19 36.


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L'Esercito Italiano nel l1udeç~!)esr,'i--""19"--'1'""2__. -1~9"""' 43"---- - - - - - -

b) studiare i mezzi atti a difendere l'isola da un tentativo di sbarco in grande stile, diretto alla conquista, che avesse comportato l'impiego di una o più grandi unità: questa eventualità, che veniva comunque considerata la meno probabile, avrebbe richiesto un wmjJ/esso enorme di arti,glierie, armi, munizioni, viveri, materiali vari, uomini con conseguente enorme di.rpendio di energie, certctmente non proporzionato alt'importanza relativa dell'obbiettivo . .... . Era evidente che difendere i quasi 300 chilometri di coste di Rodi si sarebbe tradotto in un grande sforzo umano e di materiali. Manca dunque scartava decisamente criteri di difesa che non fossero imperniati sui criteri enunciati nell'ipotesi su A e terminava con l'affermazione che il concorso della Re,~ia Marina che la Regia Marina potrà dare alle cdtre forze armate nella difesa dell'isola sarà inestimabile, sia col suo navif;lio, come altresì, con ttna simrrJ. ed e1deguata rete di avvistamento e di rapida segnalazione ..... . Le divergenze tra Esercito e Marina iniziavano a essere ormai non componibili. Le opinioni di Manca differivano notevolmente da quelle del Bcrtonclli, che essendo il Comandante della Zona Marittima intendeva far valere il suo punto di vista. Il 2 giugno 1936 Bertonelli scriveva al Manca affìnché richiedesse al Ministero della Guerra le batterie e le truppe che il Comando Truppe del Regio Esercito riteneva fossero necessarie per fronteggiare l'eventualità di sbarchi aventi come obbiettivo la conquista dell'isol.t. Contemporaneamente inviava a Roma le sue richieste circa le batterie già approvate e quelle per le quali chiedeva l'approvazione. J;organizzazione del Comando della zona marittima iniziava a complicarsi, con notevoi i negative ripercussioni su tutto l'apprestamento della difesa. Il 12 giugno Manca scriveva a Baistrocchi che, in ottemperanza agli ordini ricevuti dal Comando della Zona Marittima delle Isole Egee, trasmetteva uno studio relativo ai mezzi necessari al Regio Esercito per rispondere alle esigenze di un nuovo piano di difesa dell'isola di Rodi, in base a quei criteri che erano stati indicati dallo stesso Comando Marittimo, segnalando che le richieste che venivano fatte erano strettamente aderenti ai nuovi concetti di difesa, concetti che comunque dovevano venire ancora approvati dalle Autorità di vertice. Aggiungeva poi il Manca: Mi limito all'esecuzione coscienziosa dell'ordi-


1936. Il Piano "Manca". Il (ornando, la nomina di de Vecchi di Val Cismon

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ne ...... Riten,~o ne-

ce.uario conferire colla LEG6E.'NOA E. V. 16 : il che era t'. .... .1, -.JJ ~//'.,J'A,;,.,,,. ./,-J,,r..,.~ indicativo <li un <liIJ'.k~l'h1u }'..,/., ........:,;...,x,tt.r... sagio professionale ,C B.,.#ff'IWf' locale di una certa gravità, pt:r il quale occorreva conferire con i superiori gerarchici. Allegato alla lette. . ra, v1 era un piano cli difesa dell'isola di Rodi, hasato sul precedente, ma con gli aggiornamenti richiesti dalle mutate situazioni. Per le nuove esigenze occorrevano ancora per quanto riguar<lava il Regio Esercito: un reggimento di fanteria; per l'artiglieria: 3 batterie da 75/13 someggiate; 8 batterie da 75/27 C.K: contraerei aucocampali; 1 batteria da 20 m/m contraerei; una compagnia mista del Genio; una autosezione mista di automobilisti. Queste nuove forze rappresentavano il minimo indispensabile per la difesa dell'isola secondo i criteri rij,etutamente indùati. Ovviamente anche l' organizzazione dei servizi doveva variare in seguito alla nuova presenza di truppe. l nuovi ri.nforzi avrehhero dovuto essere ripartiti in due nuclei, uno a nord, per provvedere alla difesa della parte nord orientale dell'isola; l'altro a su<l, incaricato di provvedere alla difesa della parte centrale e sud-occidentale. I compiti di questi nuovi nuclei sarebbero stati un concorso alla vigilanza costiera; la protezione dei campi 111..

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[Esercito Italiano nel Dodccancso 1912-1943

di aviazione e delle batterie navali; la difesa delle zone di probabile sbarco mediante nuclei autotrasportati pronti a lanciarsi verso i tratti minacciati. Per quanto riguardava il settore nord dell'isola di Rodi, era accentuata la difesa dei porti e delle coste della città; per il fronte a sud, la difesa organizzata, delle alture meridionali che la contornavano. In linea di massima dunque, l'organizzazione difensiva di Rodi si trovava basata su una vigilanza, come sempre prevista e affidata ai Carabinieri, eventualmente rinforzati nel numero; su una prima difesa assicurata dai reggimenti a nord e a sud, sul posto o immediatamente schierati, con trasporto mediante automezzi, a difesa dei tratti minacciati e di Rodi città; su un'azione risolutiva, fatta mediante l'impiego a massa del reggimento di riserva, eventualmente rinforzato dalle restanti unità non impegnate nel prioritario comp.ito di prima difesa. Nelle analisi che venivano fatte, si pensava dunque che per fare una simile difesa sarebbe occorsa una incera divisione per la sola isola di Rodi sacrifìcio ingente senza duhhio, rna che non sembra doveni scartare a priori, ove si volesse realmente far del Dodecr,tneso non soltanto la _rentinella, ma jJure la nostra grande ha.re d'operazione avanzate verso Oriente17 . Dunque l'importanza militare delle isole del Dodecaneso stava rapidamente cambiando, considerando gli spostamenti delle basi navali e aree inglesi dal Mediterraneo centrale a quello orientale, per cui le basi del Dodecaneso venivano viste non più solamente come territori di importanza 'politica' e p er difesa dei commerci italiani verso il mar Nero, ma come possibili basi di offesa per eventuali azioni aeree in tutto il Mediterraneo orientale. La Marina e l'Aeronautica si stavano adeguando alle mutate esigenze del Possedimento rafforzando le basi, in mo<lo che esse potessero essere di appoggio per forze pii:1 imponenti , inviate dalla Libia o <lalla madrepatria, necessarie a quel teatro particolare di operazioni, in relazione però a tutto il quadro d'operazioni mediterraneo 18

17

Ll O R ll 8 - Giugno 1936 . Nuovo piano <li Difesa di Rodi.

18

14 R65, 19.6.1936, sulla funzione militare del Dodccancso.


1936. Il Piano "Manca". Il Coma1lQ!!,Ja nomina di dc Vecchi di Val Cismon

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Mentre i criteri che avevano sempre ispirata l'elaborazione dei piani di difesa riguardavano semplicemente la possibilità di opporsi a colpi di mano o a sbarchi di entità limitata miranti esclusivamente al possesso cli Rodi per motivi di prestigio, era stato compreso che bisognava ora misurarsi con la possibilità che il nemico volesse effettuare una reale e incera occupazione del Possedimento e quindi occorreva pensare alla difesa totale: non era certamente facile difendere a Rodi con i suoi trecento chilometri di coste, per non parlare delle altre isole e isolette, che, pur senza alcun interesse strategico, avrebbero potuto comunque essere nel mirino del nemico. Era evidente che la Grecia avrebbe avuto grande interesse a occupare interamente il Possedimento per conquistarne, una volta per tutte, il possesso definitivo e quindi vi avrebbe potuto impegnare gran parte delle proprie forze, dando all'azione un carattere di rivendicazione nazionale. l'Inghilterra disponeva, in quel teatro di conflitto, di notevoli forze e di comode basi per una azione del genere e avrebbe sicuramente appoggiato la Grecia, anche non mettendo in gioco forze della propria flotta, ma utilizzando principalmente quelle greche. Era alcresì evidente che una occupazione avrebbe avuto un grande impatto su tutto il Medio Oriente sotto influenza francese e inglese, screditando la presenza di Roma nel settore. L'influenza italiana in Oriente era di fatto accresciuta e il Possedimento stava acquisendo sempre maggiore importanza politico-militare, anche in vista non solo del preannunciato aumento delle forze navali inglesi nel Mediterraneo, ma della soluzione del problema degli Stretti, che scavano per tornare sotto sovranità turca (l'accordo fu fatto in yucll'anno a Montreux 19) e quindi era opportuno aumentare le forze ivi dislocate, per farne una base militare più corposa: questo fu la decisione finale presa presso lo Stato Maggiore del Regio Esercito, in analogia con quanto veniva fatto dalla Marina 20 . Nell'agosto del 1936 il presidi delle isole dell'Egeo venivano orga-

1 9 M.G-.

Pasqual ini, D11e casi particolari del/,, politica estera nel Metliterrarm, nel /1eriodo 1936-1939: gli accordi di Montreuxe la crisi di Alessandretta, cir. 20

Per i dettagli delle decisioni della Marina, v. F. Minniti, cit., p.141, n.2.


-3~'5_2_ _ _ _ _ ___L ='E=·s~T=rc~·it~o_l_ta_li_ar~10 nel_Dodecaneso 1912-1943

nizzati nel seguente modo: a Rodi era di stanza il 9° reggimento fanteria composto da un Comando, con battaglione di accompagnamento, 2 battaglioni <li fanteria (9°), batterie di accompagnamento, una sezione autoblindo e una autosczione con materiale accantonato per una batteria autocampale e.a., una batteria da 20 mm e.a., una batteria da posizione costiera. A Lero veniva dislocato un battaglione di fanteria del 9°, ottenuto col passaggio a questo reggimento di un battaglione del 34° fanteria (che rientrava nella penisola) e una batteria. Era questa comunque una soluzione considerata provvisoria; si doveva passare in un secondo tempo alla soluzione definitiva cioè alla 'territorializazzione' dei presidi dell'Egeo, voluta da Baistrocchi, anche se LECCE.NDA

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non era ancora possibile definirla, in yuanto la massima Autorità militare, il Capo di Stato Maggiore Generale, non aveva ancora deciso le f1.1.nzioni militari da assegnare al Possedimento e quindi le forze da avviarvi a difesa dello stesso in caso di conflitto mediterraneo. Bisognava tenere conto del fatto che nel frattempo vi erano stati numerose variazioni anche nella presenza delle altre Forze Armate: ]' Aeronautica aveva deciso <li approntare un aeroporto a Cattavia e un campo di fortuna a Gaddura, per cui il raggio <l'azione del presidio di Rodi, che era stato sempre orientato principalmente alla difesa della città, sede del Governatorato, tendeva ad estendersi a tutta l'isola (circa 80 km.) complicando il problema tattico-logistico. Anche per quanto riguardava Lero, alla luce delle nuove occorrenze incernazionaU, non era possibile limitarsi al la protezione delle basi aero- navali, ma si doveva far fronte alle minacce che potevano arrivare da nord e da sud e quindi il presidio cli difesa doveva prevedere un diverso tipo di manovre su un'arca di circa I 00 km. In linea di principio, dunque, si scava arrivando alla conclusione che occorreva disporre permanentem ente, per garantire il possesso delle isole contro eventuali tentativi della Turchia o della Grecia volti soprattutto a occupare i I possedimento, di una ossatt.1ra con elementi .fìssi, a di;fesa diretta dei tratti più v11lnerabili o importati; 11n minimo di elementi mobili atti a svil11ppare, a integrazione dellct dijèsa fissct, azioni di contromcmovra, ed era quindi evidente che il criterio della 'territorializzazione' si sarebbe applicato solamente agli elementi fissi. Sulla base di questi ragionamenti , l'Ufficio Operazioni del Comando del Corpo di Stato Maggiore, allo scopo di impostare chiaramente il problema della difesa, proponeva per il presidio di pace da destinare al Possedimento, in previsione però di una guerra: a) per Rodi,· un comando di reggimento con batterie di accompagnamento, una sezione autoblindo e autosezione. Un battaglione di fucilieri su ere compagnie, ciascuna su tre plotoni fucilieri e un plotone con mitragl iatrici Fiat, con compiti <li manovra. Un battaglione mitraglieri su quattro compagnie, di cui tre compagnie con mitragliatrici S. Etienne su quattro plotoni ciascuna e una compagnia di fucilieri su tre plotoni, con compiti di difesa fissa e di immediato rincalzo.


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I:E5.IT_(_i_tl!_J_çaliano nel Dodccaneso 1912- 1913

b) per Lero: un battaglione mitraglieri su quattro compagnie di cui tre compagni e con mitragliatrici S.Ecienne su quattro plotoni ciascuna, una compagnia fucilieri con tre plotoni, con compiti di difesa fissa e <li manovra. Con i mutamenti dunque della situazione internazionale, ci si avviava verso funzioni Ji Rodi e Lero che da difensive si mutavano in offensive: le due isole dovevano essere messe in condiziorn: di poter colpire il nemico in punti considerati di grande sensibilità. Attorno al Dodecaneso, a 360gradi, vi erano Alessandria, Suez, Haifa, Cipro, Smirne, gli Stretti, Salonicco, il Pircn, Creta, dunque la possibilità di un vasto raggio di offensiva, che si considerava potesse verificarsi in caso di una guerra di coalizione, prevalentemente con mezzi aerei, come poi avvenne nel 19/i0-19/i l. Ne discendeva quindi la necessità di disporre a Lero e a Rodi cli basi che potevano alimentare azioni di offesa e quindi occorreva garantire la difesa <li dette basi, con forze assai pitt rilevanti <li quando, negli anni passati, si riteneva che il PosseJi mento non potesse essere socco attacco e soprattutto non avesse una identità di possibile offesa ad altri settori 21 . In quel periodo l'Aeronautica aveva disposto l'approntamento nell'isola di Rodi di un campo permanente nella pianura di Marizza e di due campi di manovra a Cattavia e Gaddura e l'atunenco conseguente delle sue forze presenti. Anche il Regio Esercito andava gradualmente raddoppiando le forze raggiungendo i cinque battaglioni di fanteria, due batterie da 65/17, due batterie da 75/13, una batteria da posizione, una batteria autocampale e.a., una batteria da 20mm e.a., una compagnia Genio, una autosezione mista: cioè stabiliva che le forze presenti dovessero essere di circa due volte e mezzo le precedenti e sei volte maggiori , per quanto riguardava l'artiglieria. Di particolare importanza e <li{fìcoltà si presentava però la questione del Comando 22 : non era problema eia poco, perché dalla giusta collocazione nella catena di comando e di conttollo delle varie auto-

21

I4 R 65, 16 settt'm brc 1936.

22 J;j R65.


- --~1~2~36=._II_P_ia~nu "Manca"._ Il Comando, la nomina di de Vecchi di Val Cismon

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rità presemi dipendeva l'azione e il coordinamento. Rimaneva stabilito, come nel passato, che la zona era <li preminente interesse marittimo e quindi ne conseguiva che era opportuno affi dare la responsabi I ità del l'organizzazione e della Jifesa mili care del posse<limento ad un ufficiale della Regia Marina. Già nel passato vi era stato un accordo a livello di Stati Maggiori, sanzionato dai ministeri competenti, per quanto riguardava il Regio Esercito: in caso di operazioni, le truppe sarebbero state impiegate secondo gli ordini del comandante militare marittimo, però in quanto conciliabili con eventuali ordini che il Ministero della Guerra ctvesse frctttrmto emanctto: nel complesso dunque ci si accorse che non era ben chiara la posizione giuridica del Possedimento, nei riguardi dei pieni poteri civi I i e militari che dovevano essere assunti in caso <li ostilità. Da una attenta analisi, si evinceva che il testo del decreto che sarebbe entrato in vigore in caso di guerra, limitava i poteri civili e mili tari del Comandante marittimo alla sola isola di Lero ove egli risiedeva, ma nelle rimanenti isole i poteri civili avrebbero continuato a far capo al governatore civile del Dodecaneso. Si affacciava però un dubbio: in realtà, in relazione alle nuove possibilità operative, il preminente interesse del Possedimento rimaneva marittimo o si poteva invece confìgurare come preminente interesse aereo. La situazione si presentava foriera di attriti e ambiguità nei rapporti fra le varie autorità civili e militari delle isole, e fra quelle militari, e quindi si pose il problema di defìnire innanzi tutto quale era la funzione militare organica che si voleva attribuire al Dodecaneso. Gli Uffìci competenti tornavano a Jiscutere su un argomento sul quale da tempo era stata presa una importante decisione, ma del resto da 9uesta importante valutazione, discendeva una futura corretta collaborazione fra le forze presenti. In merito furono avanzate varie ipotesi: che il binomio Lero-Rodi dovesse avere carattere precipuo <li trampolino per l'o(fe.ra; a) che, a garantire la possibilità e la continuità dell'offesa fosse indispensabile una organizzazione difensiva del le hasi; b) che l'azione d'offesa avrebbe potuto essere affidata a mezzi aerei e a mezzi navctli, ma con prevalenza dei primi.


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Occorreva risolvere il problema del comando al vertice delle tre Porze Armate e delle responsabilità nei riguardi delle predisposizioni e delle applicazioni operative. I termini con i quali il problema doveva essere affrontato potevano essere i seguenti: 1) Separare nettamente i compiti di offesa e di difesa, assegnati alle forze presenti nel Possedimento; 2) accentrare le forze destinate alla difesa a terra sotto un unico comando, il quale avrebbe potuto esercitare anche i pieni poteri civili e militari; 3) accentrare le forze destinate all'offesa aerea e navale sotto un unico comando tutte le volte che, d'ordine del Comando Supremo, esse avessero come scopo la realizzazione di obbiettivi richiedenti il concorso di entrambe. lo base a questa analisi di base, le proposte avanzate furono le seguenti: a) affidare a un ufficial e del Regio Esercito il compito della difesa a terra: in pace quell'ufficiale avrebbe avuto la responsabilità dell'organizzazione difensiva; mentre in guerra avrebbe avuto la responsabilità dell'attuazione delle misure cli difesa previste e le attribuzioni dei pieni poteri militari e civili in tutte le isole. Sarebbero stati ai suoi ordini oltre alle truppe e ai mezzi dell'Esercito, anche le forze della Marina e dell'Aeronautica a<libite alle difese a terra; b) le forze aeree e le forze navali che fossero dislocate temporaneamente nel Possedimento per azioni offensive avrebbero agito agli ordini dell'autorità designata dal Comando Supremo, nel caso in cui tendessero a obbiettivi comuni; avrebbero agito agli or<lini del comandante più elevato in grado fra essi, a qualunque forza armata appartenesse, se avessero dovuto concorrere alla difesa del territorio. Costui avrebbe assunto il Coman<lo nel suo complesso, avvalendosi naturalmente per i suoi compiti dei comandanti rispettivi delle forze di terra, dell'aria e del mare. L' importante era che vi fosse un unico comandante designato e responsabile. Per compilare un vero definitivo piano per il Possedimento occorreva dunque rivedere e definire la stessa funzione mi I itare del Dodecaneso e quindi al conseguente grado di importanza da attribuire alla


_ _ __ 1'-'-9;26. Il Piano "Manca". Il Comando, la nomina di c\.t'...Y.ecchi <li Val Cismon

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sua Jifesa e alla sua potenzialità di offesa, nonché conseguentemente stabilire l'unità di Comando, per definire le forze terrestri e.la assegnare sia in pace che in guerra. Nel settembre 1936, lo stesso Governatore civile Lago aveva fatto presente al Ministero degli Esteri e a quelli militari, che l'esperienza stava dimostrando l'importanza strategica del Do<lecaneso e che nuove armi imponevano una revisione delle valutazioni militari, sulle quali si erano appoggiati i precedenti piani. Inoltre egli sottolineava che Rodi aveva assunto un valore bellico essenziale come base <l'aviazione e quindi, a suo parere, occorreva fare, e in modo rapido, un riesame della fun;,;ione militare del Possedimento nella sua interezza. Alcun punti fermi del problema erano già stati ampiamente chiariti: a) l'impossibilità di assicurare la difesa del possedimento contro attacchi in grande stile e.li una coalizione nemica e di dislocarvi un quantitativo cli forze corrispondenti sin e.lai tempo di pace. b) La necessità di disporre in ogni tempo a Rodi e a T~ero di un minimo di forze, capace di assicurare in caso di aggressione improvvisa una prima difesa in g rado di resistere fìno all'arrivo dei rinforzi dalla madrepatria. e) L'opportunità di accantonare a Lero e Rodi in previsione dei rinforzi, una quantità di viveri, munizioni e materiali, capace di assicurare una s1.1fficiente autonomia alle truppe, che per forza dicose avrebbero potuto, in caso conflitto, restare tagliate fuori dai rifornimenti. Tn quei giorni il Ministero della Guerra aveva peraltro già provveduto, come si è visto sopra, a garantire permanentemente il Possedimento da minacce cli attacchi repentini, disponendo un sensibile rinforzo delle truppe dislocate. Un interessante promem oria del 25 settembre 1936 per il Capo di Stato Maggiore Generale 2 3 riassume il problema della difesa della zona militare marittima dell'Egeo da ogni angolazione, Marina, Aeronautica, Esercito.

2>

f4, R65.


l:.Escrciro Italiano nel Do<lecaneso 19-H:!24-'-''l'------------

Il Comando <lel Corpo di Stato Maggiore della Marina e dell'Aeronautica erano d'accordo nel considerare che la conquista italiana dell'Africa Orientale e lo spostamento delle basi navali e aeree inglesi nel bacino del Levante faceva sì che il Dodccaneso dovesse essere considerato non soltanto territorio politico e base difensiva del nostro traffico nel Mediterraneo Orientale, ma soprattutto - nel caso di conflitto mediterraneo - base ofjènsiva per le nostre azioni intese a colpire il nemico in pimti di Rrande sensibilità ... Facendo centro nel Dodecaneso, intorno al Possedimento si trovavano, a giro cli compasso, importanti basi nemiche o possibilmente tali, dalle quali venivano ritenuti molto possibili attacchi navali e aerei prevalentemente: Alessandria, Suez, Haifa, Cipro, Smirne, gli Stretti, Salonicco, il Pireo, Canclia .... nomi che suonavano assai minacciosi, a ragione, per l'Italia. Pertanto era necessario che le basi del Dodecaneso fossero messe in sicurczza totale. Nel promemoria citato viene fatta una sintesi dei mezzi aeronautici e navali presenti fino al giugno 1936, che è interessante riportare per avere un quadro preciso della situazione, prima <li quel piano di difesa Dc Vecchi, che sarà varato alla vigilia dello scoppio del conflitto. Fino al giugno 1936 l'Aeronautica aveva a Lero: a) un aeroporto armato nella baia cli Pottolago, classificato di seconda classe, con deposito munizioni, squadra riparazione velivoli, stazione meteorologica cli I/\ classe, centro di R.T. di I A classe; b) un comando di stormo misto dell'Egeo; c) un gruppo su due squadriglie da ll.M.; d) una squadriglia autonoma da C.M.; e) una squadriglia da R.M: con sezione costiera. Nell'isola di Rodi disponeva <li: a) un aeroporto armato nella piana cli Marizza (fileremo) <li 4 /\ classe; b) una squadriglia autonoma C.T. Dal giugno aveva in corso una nuova organizzazione che si basava su un aumento quantitativo e qualitativo delle unità aeree e un aumento degli aeroporti e dei depositi munizioni e carburanti. Con la conseguenza che a Lero si sarebbe avuto l'aeroporto di Portolago che <lo-


1936. Il Piano "Manca". Il Comando, la nomina di de Vecchi rli Val Cisrnon _______ )22

veva però al più presto essere attrezzato al volo notturno; e con apparecchi dotati di ottime qualità di volo, per svolgere una attività continua cli ricognizione, non attuabile dagli apparecchi fino a quel momento in dotazione, in quanto apparecchi da bombardamento ritenuti troppo pesanti per la baia. A Rodi, l'aeroporto di Pileremo dovevano essere ampliato e attrezzato per accogliere un intero stormo e una squadra autonoma da C.T., dotata di moderni velivoli. Inoltre i nuovi campi <li manovra di Cattavia e di Rio (-ì-a<ldura (considerati campi di appoggio in caso <li bombardamento di Fileremo) dovevano essere attrezzati convenientemente. Un importante deposito di munizioni doveva essere installato al centro dell'isola di Rodi. Bisognava inoltre considerare anche la presenza degli evcntuali rinforzi <lall' Italia e dalla Libia, al momento di una eventuale emergenza. Per quanto riguardava l'Esercito, invece fino al giugno 1936, questa era la situazione definita: a Lero era dislocato un battaglione del 9° reggimento fanteria e una batteria <la 65117mm. su 4 pezzi; a Rodi, un comando di reggimento fanteria (9°), 2 battaglioni del 9 ° reggimento fanteria; una batteria da 6511 7 su 4 pezzi; una sezione autoblindo; accantonata nei magazzini: una batteria da 75/27 C.K. contraerei, una batteria 20mm contraerea, una batteria <la posizione costiera. La Regia Marina aveva nel Dodecaneso: a Lero, a) nella rada di Portolago una base navale in corso di complecamento, con bacino galleggiante, caserme, officine, depositi di nafta, magazzini per torpedini, siluri, costruzioni, viveri. Una stazione sommergrbili che poteva ospitare tre grandi navi, 8 esploratori o c:r., 10 sommergibili. b) nel la rada di Parteni, vi era la possibilità di ormeggio di piroscafi per formazioni di convogli cacciatorpediniere; batterie: 2, su 2 pezzi di medio calibro navale; una, su 4 pezzi di piccolo calibro antisommergibili e antiaerei; inoltre materiali per altre tre batterie di medio calibro e I O di piccolo calibro antisommergibili; una stazione R.T., due stazioni vedetta e due stazioni di segnalazione.


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!:Esercito Italiano nel Dodecaneso 191 2-1943

A Rodi: a) non vi era nessuna base, nessuno stabilimento, nessuna unità navale stabilmente dislocata; vi era la possibilità di ormeggi per due cacciatorpediniere e due sommergibili. Le batterie erano 6, di medio calibro per la difesa di coste e aeroporti, un semaforo, 6 stazioni cli ve<letta, due stazioni di segnalazione, 3 stazioni cli R.T.; a Coo, tre stazioni cli vedetta; a Caso e Scarpanto, una stazione di segnalazioni per ciascuna; a Patmo, Archi, Piscopo e Simi, una stazione <li vedetta per ciascuna. La Marina stava anche studiando in quel periodo la possibilità della postazione di una batteria di grosso calibro per Lero.

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1936. Il Piano "Manca". Il Comando, la nomina di de Vecchi di Val Cismon

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Fino dunque al 1936, la pianificazione della difesa delle isole italiane dell'Egeo era basata su Lero e Rodi, come ampiamente visto nelle pagine precedenti. Le altre isole erano solo di supporto e di concorso, con le loro stazioni di segnalazione e di vedetta, tutto nella previsione di soli colpi di mano, realizzati di sorpresa. Era però evidente che l'arcipelago aveva sostanzialmente cambiato funzione: dunque i vertici militari facevano le seguenti analisi: la difesa non poteva essere circoscritta a Rodi e Lero, considerando che Con collegava Lero con Rodi; Calino, in mano al nemico avrebbe consentito di battere con artiglierie la baia di Portolago, compromettendone la sicurezza, considerando che Rodi distava dal litorale anatolico solo per circa 20 km. Pertanto anche le isole minori iniziavano ad avere un loro valore e una fonzione militare da essere presa in seria considerazione. Si poneva yuinJi un importante quesito da risolvere: se sarebbero stati sufficienti i mezzi che erano stati predisposti con il precedente piano di di[esa E, se non lo erano, cl i guanto dovevano essere aumentate le forze e quale l'organizzazione da dare al Comando delle fon:e armate che avrebbero presidiato l'arcipelago: gli studi non erano terminati, anzi vi era un gran fervore di analisi e valutazioni, che si incrociavano, a volte generando della confusione nella programmazione, che veniva fatta e disfatta. Per la difesa a terra, il generale Manca riteneva che la sicurezza del possesso contro veri e propri attacchi nemici poteva essere g arantita solo se si portava la forza del presidio a una divisione di fanteria, con tre comandi di reggimento, sette battaglioni , sette batterie campali e undici batterie contraeree, ma il Comando del Corpo di Stato Maggiore obietta~a a queste proposte dd Comandante locale, che vi si opponevano ragioni di opportunità politica e finanziaria, per non parlare poi dei relativi problemi <li a<ldestramento e di accasermamento: non era opportuno far diventare il Possedimento una piazzaforte, in quanto un suo eccessivo rafforzamento avrebbe generato pericolosi interrogativi nelle altre potenze presenti nel Levante e possibili azioni contro di esso. La situazione finanziaria era pesante, come sempre, e non avrebbe permesso trasporti continui p er gli ad-


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destrarnenti necessari, che sarebbe stato complicato esegrnre solamente nelle isole. Logisticamente, inoltre, non sembrava esserci la possibilità di acquartierare convenientemente le truppe presenti, a meno di iniziare nuove costruzioni, che avrebbero richiesto tempo e ... denaro. L'Ufficio del Capo di Stato Maggiore Generale proponeva di tenere in tempo <li pace nel Possedimento il minimo delle forze atto ad assicurare in caso di aggressione improvvisa una primr+ difèsa 24 che potesse resistere fino ali' arrivo <lei rinforzi dalla maJ repatria e J i accantonare comunque subito a Rodi e Lero una scorta di materiali munizioni e viveri tale da assicurare una s1,1fficiente autonomia al Corpo dell'Egeo, anche nel caso cht: i rifornimenti non fossero più possibili e il Possedimento rimanesse tagliato dall'Italia. L'Ufficio riteneva che le forze già presenti fr>sscro sufficienti a resistere ad una aggressione improvvisa; per la difesa delle cosce e della contraerea tra Marina ed Esercito erano presenti a Lero 5 batterie di medio calibro navali, 11 batterie contraerei e una batteria Ji grosso calibro, (allo studio) della Marina; a Rodi, 6 batterie di medio calibro navali, una batteria da 75/27 C.K. contraerei, una batteria da 20 mm. contraerea e una Ja posizione costiera dell'Esercito. Potevano essere queste batterie ritenute suffìcienti? Inoltre doveva ben venire stabilito a chi dovesse competere la <lifesa Ji qLtalc isola n di quale settore o di quale tipo di difesa. Il Capo di Stato Maggiore <lella Marina riteneva che innanzitutto a Lcro le difese costiere e contraerea dovessero totalmente essere affidate alla responsabilità dell'autorità navale; _per Ro<li, la <lifesa <lelle coste <loveva essere affidata alla Marina, mentre quella contraerea doveva essere di competenza dell'Esercito. Riteneva altresì che tutte le truppe dovessero essere fornite appunto dall'Esercito, in quanto la Marina non aveva truppe sufficienti per i pezzi; l'Aeronautica avrebbe dovuto concorrere adeguatamente alla difesa in ambedue le isole. L'Ufficio del Capo di Stato Maggiore Generale però giudicava ingiustificata la richiesta della Marina di avere la responsabilità totale del-

24 14 R65, sottolineato nel testo.


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la difesa delle coste delle due isole, mentre la contraerea in Rodi doveva essere affidata alle truppe di terra. Riteneva più conveniente organicamente l'ipotesi di affidare totalmente la responsabilità delle coste e della contraerea di Rodi all'Esercito, con materiali forniti in parte dalla Marina. Tanto pii:1 che alla luce delle nuove impostazioni della difesa e dell'offesa, le isole dell'Egeo non costituivano più una zona di esclusivo interesse marittimo. In sostanza tutta la questione doveva essere rivista, anche per quanto riguardava il Comando <li vertice nel Possedimento. Il Comando del Corpo di Stato Maggiore riteneva infatti che la questione del Comando delle tre Forze Armate nel Dodecaneso e la responsabilità delle predisposizioni e delle applicazioni operative dovesse essere riesaminata proprio in relazione al compito offensivo da affidare alle isole italiane dell'Egeo. La situazione in quel momento era la seguente: la responsabilità dell'organizzazione e della difesa militare della wna militare marittima era stata logicamente devoluta al Comandante della Zona, al quale competeva l'emanazione delle direttive di impiego per il Comandante delle truppe del Regio Esercito sempre in quanto JH:rò wncilit,bili con eventuali ordini che il Ministero della Guerra ctvessefrattanto emanato: una formula che veniva ritenuta <la tutti i Comandanti di difficile applicazione, se si voleva mantenere una unità di Comando e di azione. All'inizio delle ostilità, come già detto, al Comanclante della Zona competevano anche i poteri civili e militari, ma limitatamente all' isola di Lero, perché nelle altre isole i poteri civili sarebbero rimasti al governatore del Possedimento Il Comando del Corpo di Stato Maggiore Generale avanzava al loscopo di una migliore organizzazione della carena cl i comando e di controllo alcune proposte: la prima riguardava la possibilità di avere un unico comandante, in pace e in guerra, delle tre Forze Armate e dei mezzi permanentemente adibiti alla difesa a terra (un ufficiale dell'Tlsercito) che avesse in guerra anche i poteri civili e militari di tutte le isole. La seconda proposta era quella di avere un unico comandante in guerra delle forze destinate all'offensiva aerea e navale tutte le volte che queste forze avessero teso acl unico obbiettivo: questo


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comandante doveva essere designato dal Comando Supremo. La terza proposta era la seguente: che il comando unico fosse assunto dal comandante più elevato in grado a qualsiasi forza armata appartenesse, nel caso che cucce le ere forze dovessero essere destinate alla difesa a terra. L'Aeronautica invece proponeva, per quanto riguardava le forze aeree del Dodecaneso, che quelle facenti parti dell'Armata aerea avrebbero dovuto avere completa autonomia, tranne nel caso in cui dovessero concorrere alla difesa del territorio. ln questo caso sarebbero passate a disposizione del Comandante della difesa ma nei limiti compatibili con altri ordini dei Comandi di Aeronautica superiori. Le unità di aviazione della Marina sarebbero sempre rimaste in dipendenza d'impiego dal Comandante della Marina Militare dell'Egeo. TI Corpo di Stato Maggiore dell'Esercito opponeva a queste proposte il concetto che sembrava difficilmente realizzabile nella pratica un Comando unico delle forze aeree e navali che tendeva alla realizzazione di unico obbiettivo, per la diversa natura dei mezzi di cui le forze si avvalevano, e non risultava se, nel caso in cui fosse stato designato il comandante unico delle forze destinate all'offensiva, quello della difesa a terra avrebbe dipeso dal comandante dell'offensiva o sarebbe restato autonomo. L'Ufficio del Capo di Stato Maggiore Generale proponeva allora le seguenti soluzioni: il Dodecaneso non era una colonia, come altri territori oltremare italiani, quindi doveva considerarsi parte integrante del territorio della madrepatria, dunque si poteva applicare ad esso una organizzazione del comando della difesa, analogo a quello in vigore sul territorio metropolitano. Pertanto proponeva di designare fin da tempo di pace un comandante unico delle tre Forze Armate permanentemente dislocate nel Dodecaneso; affidare a questo comandante la totale responsabilità della complessiva organizzazione delle difesa e delle predisposizioni per l'offesa. Da questo comandante unico dovevano dipendere: l'ufficiale dell'Esercito, comandante della difesa a terra; il comandante dell'Aeronautica e quello della Marina Militare dell'Egeo. In guerra il comandante unico avrebbe esercitato il comando integrale della difesa delle isole e quindi di tutti i reparti e dei mezzi del-


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le Forze Armate presenti nel Possedimento nel caso di un atteggiamento Jifensivo; avrebbe avuto il comando delle sole forze addette alla difesa a terra, coste e contraerea compresa, ogni volta che le forze dell'armata aerea e navale avessero agito offensivamente, in obbedienza a ordini ricevuti dagli Alti Coman<li dell'Aeronautica e <lai Comandante in capo delle forze navali riunite. Il comandante unico sarebbe stato anche investito dei pieni poteri civili e militari in tutte le isole e quindi avrebbe potuto coordinare tutti i movimenti delle operazioni, l'ordine pubblico e le incombenze di una amministrazione civile in tempo di guerra. Per quanto riguardava la designazione del comandante unico, l'Ufficio suggeriva due soluzioni al Capo di Stato Maggiore Generale: considerato che le forze a terra per la difesa del Possedimento sarebbero state assommanti a una divisione, quindi probabilmente superiori a quelle dell'Aeronautica e della Marina, proponeva di affidare da subito il Comando unico delle tre Forze Armate ad un generale di divisione dell'Esercito, e se si conveniva sulla fonzione anche offensiva del Possedimento, sarebbe stato utile affidare l'immediata designazione del Comandante delle tre Forze Armate nel Dodecaneso a quella delle tre forze alla quale era prevalentemente affidato il compito offensivo. Il tutto era da stabilirsi in una riunione plenaria convocata per questo motivo. Anche il governatore Lago continuava ad inviare proprie valutazioni e considerazioni di ordine politico, atteso che si stava procedendo ad un nuovo ordinamento militare del Possedimento. Lago continuava a sottolineare in sua lettera del 19 ottobre 1936 2 5, che accanto a Rodi e Lero, anche Coo Joveva venire considerato come un centro importante per le sue risorse agricole, minerarie, industriali e che avrebbe accolto, come già aveva iniziato, una immigrazione italiana sistematica. Pur accettando che solo le isole di Rodi e Lero fossero difese in tempo cli guerra, il Governatore non trovava corrispondente a ragioni di opportunità politica che in tempo <li pace Coo fosse presidiata solo da Carabinieri: per lui era necessario che Coo fos-

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se opportunamente presidiata non solo jJer la Jtta intrinseca importanza civile, ma j,er la sua posizione centrale rispetto alle altre isole. In caso di errtergenza si potrebbero prelevare dalle guarnigioni di Coo trupj,e per essere inviate nelle isole vicine mentre rìusdrebbe meno axevole tra~ferirle da !<odi ... Insomma, Lago non aveva deposto l'iclea del presidio di Coo, che praticamente aveva maturato fin dal suo insediamento nell'incarico. Per guanto riguardava Scarpanto, Castelrosso, Simi e Calino, Lago riteneva che i presidi avrebbero dovuto rimanere, sia pur in forma ridotta. Argomentava che, in caso di emergenza, era più facile rafforzare una preesistente organizzazione militare; se invece l'organizzazione non esisteva del tutto, lo sbarco e l'accantonamento di un contingente militare avrebbe rivestito il carattere Ji un grave provvedimento, forse politicamente anche inopportuno. E per Lago, la valutazione della convenienza politica aveva a volte maggior peso di quella militare: egli non faceva altro che fare con dignità e professionalità diplomatica il suo mestiere. 11 problema era che valutazioni politiche e valutazioni militari non erano, comprensibilmente, sulla stessa hmghezza d'onda. Ai primi di novembre del 1936 l'Ufficio Operazioni e l'Ufficio Ordinamento del Comando del Corpo di Stato Maggiore dell'Esercito ritenevano che l'ordinamento di pace previsto dal generale Manca fosse adeguato alle esigenze


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di una prima difesa del Possedimento, fondandosi su elementi per la difesa mobile e per quella fissa 26_ Se però nella riunione che era prevista per i primi del mese di novembre fosse stato deciso che per una prima difesa delle isole Egee un reggimento nella formazione prevista da Manca (e cioè comando di reggimento, tre battaglioni fucilieri ciascuno su una compagnia comando, tre compagnie fucilieri ciascuna con un plotone mitraglieri, e una compagnia mitraglieri, più due batterie di accompagnamento e una sezione autoblindo per un organico di circa 2670 uomini) era sufficiente, rimaneva da risolvere il problema della forza in tempo di guerra. Aggiungendo alla forza presente nel novembre 1936 (di circa 1400 unità) 700-800 uomini di fanteria da trarsi dagli elementi in congedo residenti nel Possedimento si poteva al massimo raggiungere la forza di circa 2200 unità. Questo numero però non dava la voluta garanzia di efrìcienza: volendo quindi dare a quei reparti la possibilità <li assolvere ai primi compiti di difrsa, cioè senza calcolare gli eventuali reparti di rinforzo successivamente decisi, occorreva comunque aumentare anche in tempo <li pace le forse presenti nel Dodecancso, in modo che, in ogni momento dell'anno, il 9 ° reggimento fanteria avesse sempre il pieno organico, secondo le tabelle previste per i 1 tempo di pace. L'Ufficio Ordinamento p erò non riteneva che, viste le condizioni di bilancio di quel periodo, fosse possibile aumentare secondo quanto previsto le forze in tempo di pace, a meno di sguarnire altre necessità del territorio metropolitano (basi e porci, in specie dell'Italia del sud), sempre nel quadro della nuova situazione del Mediterraneo orientale. Pariani lesse accuratamente il promemoria e le proposte a lui indirizzate e scrisse alcLL11i commenti di suo pugno: chiese innanzi tutto se, oltre a quello dell'Esercito, vi erano nelle isole altri elementi della Marina, dell'Aeronautica, della G-uar<lia di Finanza, dei Carahinieri e della M.V.S.N, e in che misura, che potessero concorrere alla difesa a terra, e soprattutto notò che l'importanza del Dodecane.ro non è tanto in

26 LlO Rl20, ',.11.1936.


'":,-"'6""8'--------= L'=E=se=rc=it=o=Italia!!Q.!1-\'.] Dodecaneso 1912-1943

relazione alla Tnrchia q11anto internazionale (e soprattutto nei wnfronti dell'Inghilterra). Ritengo quindi che tale importanza faccia sì che d{fficilmente posso tradursi in grave perirnlo di sorpresa: avremo cioè sempre tempo per rinforzare il Dodecaneso wn uomini. Dobbiamo invece avere ,già sul po.rio i materiali. In sostanza: senza cmmentctre organici .ri provveda a meglio (pit't wmpletamente) utilizzare ciò che già c'é. Sarebbe ., bene che nel porto face.r.rero anche tmcJ. esercitazione di rìchir1,mo locale alle armi (ed ' elernenti in congedo). Studittre: propormi. Intanto il Governatore Cesare Maria de Vecchi, Conte di val Cismon Lago continuava nella sua campagna di mantenimento per ragioni di politica locale, di un distaccamento anche nelle isole minori. Ma il problema stava per essere definitivamente accantonato, perché vi era un notevole mutamento nell'organizzazione amministrativa e militare del Possedimento. Per motivi di raggiunti limiti di età, Lago lasciava il servizio attivo: il 22 novembre, il Regio Decreto n.2025 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.278 del 1° dicembre 1936) nominava Cesare Maria De Vecchi, conte di Val Cismon, Governatore delle Isole Italiane del Dodecaneso, con tutti i poteri civili e militari. Da quel giorno gli enti dell'Esercito dislocati nel Possedimento sarebbero passati alle clipendeme del Governatore per disciplina, impiego e addestramento.


PARTE TERZA 1936-1941

Capitolo Terzo Il conflitto e la fine del Possedimento italiano. 11 Dodecaneso è greco



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3.1. la rivalutazione strategica del Possedimento. Il Comando del Governatore De Vecchi di Val Cismon. egli ultimi mesi dell'anno 1936 il mar Mediterraneo era considerato una esigenza imprescindibile, una questione di vita per l'Italia, come aveva dichiarato Mussolini in un suo discorso a Milano 1: il concetto non era una novità nel pensiero del Duce del fascismo, ma, dopo la conquista dell'Etiopia e il rafforzamento in Libia, era evidente che il mare nostrum, nel quadro della 11losofìa del pensiero politico <li allora, non poteva avere influenza 'inglese', mentre doveva essere sotto completo dominio italiano: la 'Quarta Sponda' si doveva sakbre con la m;:idrepatria t> Roma si poneva come la protettrice <lell'lslam, che sosteneva di avere sempre rispettato, così come si poneva a potenza garante della cristianità, nella sponda su<l <lei Mediterraneo, sfidando la Francia, che aveva avuto tradizionalmente c1ud ruolo nel mondo arabo 2 . Nel dicembre del 1936 nel nuovo quadro strategico che si andava delineando dopo lo scontro politico con la Gran Bretagna e la progressiva inimicizia con la Grecia e con la Turchia (nonostante il Ci-ovcrno italiano cercasse sempre di non colpire Ankara), la nuova funzione militare del Possedimento andava <lefìnen<losi con chiarezza: uno stu<lio - promemoria dell'Ufficio Operazioni del Comando del Corpo di Stato Maggiore 3 scriveva che la_hmzione dell'Eeeo acquista carattere decisctmente offensivo 4, nel quadro di un conflitto armato che

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1

Cfr. f.Minniti-, cit. , p.1 42 .

2 A questo proposito si veda tra gli altri, R. Dc J:ldicc , Il f,1sciJrno e l'Oriente, Bologna 1988, p. 15-123. Per ìl ruolo dell'Italia e della J:lrancia e il loro conflitto quali garanti Jella cristianità nella provincia dcll'Hatay (Alessandretta), v. M .G. Pasqualini, Gli equilibri del Lev,mte, cit.

::; I4 R65 , promemoria n.8967. V. anche F9 R44, uno studio Jell'Ufficio Colonie Orgrmizu.z ione delle terre italia ne d'oltremare, 3.10.1936. Dello stesso seguiranno altre redazioni. '1 Sottolineato nel testo.


..,_3-'-7-=2'--_ __ _ __ _l;].serrito Italiano nel Dodccancso I 912-1943

avesse interessato il Mediterraneo orientale: per la prima volta nei documenti ufficiali compare a questo riguardo un avverbio importante decisamente: si era spesso scritto, nei primi anni Trenta, sulla fonzione offensiva <lei Possedimento, ma solo alla fine del 1936 si era consolidata l'opinione che quella 'piazzaforte' avanzata italiana stù mar Mediterraneo orientale poteva essere un elemento prezioso per colpire l'Inghilterra proprio là dove si riteneva più fi.>rte. Però quel che si continuò a studiare con cura fu la difesa; per l'offesa, fu l'Aeronautica a incrementare molto le proprie potenzialità. L'Ufficio riteneva che il compito offensivo potesse essere assolco con efficacia dai mezzi navali e aerei, in concorso con quelli del territorio metropolitano e della Cirenaica, avendo per obbiettivo di colpire il nemico nei punti che si ritenevano più vitali nel Mediterraneo e cioè Alessandria, Suez, Haifa, Cipro, Smirne, Stretti, Salonicco, Pireo, Candi a 5 , quelli precedentemente considerati anche come possibili basi di attacco da parte <lei nemico verso il Dodecaneso: i luoghi verso i quali si poteva dirigere u na azione offensiva erano gli stessi dai quali poteva giungere una simile azione del nemico. Come avevano già ben visto ai tempi dell'occupazione, Rocca Rey e Pollio (v. sopra), in realtà il Dodecaneso era strategicamente fragile, anche a causa del problema <lei rifornimenti: lo spostamento di un asse <li guerra, una neutralità o una belligeranza di Grecia e Turchia potevano incidere profondamente sulle potenzialità militari del Possedimento. Cambiata la prospettiva da puramente difensiva a funzione militare offensiva, ne derivava che il possesso delle isole, in particolare di Rodi e di Lero, doveva venire mantenuto in qualriasi .rù11azione6 . Di conseguenza occorreva determinare l'entità delle forze e dei mezzi che dovevano essere destinati permanentemente nelle isole per la difesa immediata; per la ricezione dei rinforzi necessari dalla madrepatria al momento di un eventuale conflitto; per coordinare l'intera organizzazione difensiva e logistica delle due isole maggiori, sedi di

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6 Sottolineato nel testo originale.


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basi navali e aeronautiche, sul possesso delle quali si poteva costruire la funzione offensiva dell'Egeo italiano. Anche Stampalia e Scarpanto però avevano una loro importanza strategica, come antemurale a protezione delle j,rovenienze da Candia e anche da Suez, secondo quanto si ricordava in altri vari appunti: quindi anche queste due isole dovevano avere una difesa organizzata e costante, essendo entrate a pieno titolo nel nuovo quadro strategico. La difesa cli Rodi e di Lero comportava uno studio sempre più accurato dell'organizzazione della difesa costiera e di quella contraerea, nonché la disponibilità di unità mobili. In quel tipo di territorio e dato l'imponente sviluppo delle coste, le unità con alca possibilità di mobilità potevano essere gli strumenti migliori senza impegnare in numerosi moduli fissi troppe unità, immobilizzandole pericolosamente. La difesa costiera doveva logicamente, prima di tutto, impedire o quantomeno contenere i tentativi <li sbarco in caso di successo del nemico: l'organizzazione fino a quel momento realizzata, veniva giudicata buona nel suo complesso 7 , ma con il nuovo compito offensivo del Possedimento si riteneva necessitasse di un notevole miglioramento, soprattutto per Lero; miglioramento che poteva essere attuato anche con un notevole aumento <li mitragliatrici, allo scopo di costituire dei reparti di posizione per rinforzare la Ji!esa, soprattutto nei punti che erano più adatti agli sbarchi. Veniva anche ventilata la possibilità di distribuire lanciafiamme e altri mezzi idonei all'organizzazione delle zone di arresto (iprite - mine a pressione). Anche le batterie della Marina a lunga gittata dovevano venire rinforzate. Soprattutto il problema della difesa di terra doveva venire stu<liaco nel quadro di un necessario concorso delle forze aeree e navali.

Al momento della redazione ciel promemoria, la difesa era così organi7.7.ata: per Rodi, circa 360 uomini (tra Carabinieri, Guardia di Finanza, fanteria) con 30 mitragliatri ci; una batteria da posizione eia 75/906; sei batterie da 120 - 1 52 della Marina. Per lero: circa 11 O uomini (composti come per Rodi) con 14 mitragliatrici (esclusa la haia di Portolago per la quale la competenza ern esclusiva della Marina); una decina di batterie navali della Marina. Le armi e le munizioni (20unfoc) erano custoditi a portata cl.i impiego.

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-----=L'=E=se=rc=Ìtf!Jtaliano nel Dodecaneso 191.~2~-1~2'-4.,_3 -' _ __ _

Veniva molto rivalutata la funzione delle unità mobili, come unità di manovra, che potevano reagire prontamente sia nelle azioni locali a rinforzo della difesa costiera sia per agire anche in massa contro sbarchi effettuati con successo dal nemico 8 . Una delle maggiori difficoltà da considerare era indubbiamente quella di far aHluire i rinforzi dalla madrepatria all'atto della mobilitazione, insieme a quella di dover prontamente difendere anche le isole minori. La prudenza dunque consigliava di migliorare la situazione da subito, rinforzando il presidio di Lero con un battaglione fucilieri; rinforzare il presidio di Rodi con un gruppo di artiglieria misto (materiali: una batteria da 75/106 da posizione; una batteria 75/27 C.K.; una batteria da 20 mm. già sul posto); accantonare in loco i materiali per la costituzione di un comando di gruppo e tre batterie da 7 5/27, che avrebbero dovuto essere dislocate: due a Rodi e Lltla a Lero; assegnare un comando di reggimento a Lero; costituire a Rodi un comando truppe retto da un generale di brigata. Dunque, tra l'altro, assegnare due nuovi ufficiali comandanti per le mutate necessità di inquadramento, addestramento e impiego <lei reparti. La difesa contraerea doveva assicurare la protezione delle basi, aeree e navali, ma non solo, perché anche i centri considerati vitali delle isole dovevano essere protetti: praticamente tutto il territorio doveva essere difeso, il che avrebbe comportato un eccessivo frazionamento delle forze disponibili_ f'ino a quel momento della difesa delle basi navali si era occupata la Marina, mentre per le basi aeree il problema non era stato ancora interamente affrontato, soprattutto con la novità della presenza di tre nuove basi aeree di Gaddura, di Cattavia e di Fileremo in Rodi. Erano state previste e accantonate sul posto fino a quel momento, per questo impiego, una batteria da 75 C.K. e una batteria da 20 mm per Rodi: dovevano venire previste, per la difesa di quelle basi, sette sezioni ciascuna da 20 mm., anche se alcuni obiettavano che File-

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Le unità mobili pronte e dislocate nelle due isole erano le seguenti: a Ro<li , il comando reggimento fanteria, due battag lioni fiicilieri e una batteria di accompag namento; per I.ero: un battaglione fucilieri e una batteria accompagnamento.


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remo era agibile per tutte le unità aeree, m entre Cattavia e Gaddura erano solo campi di manovra e di conseguenza potevano essere ben difesi con metà delle forze previste per Fileremo. Il Ministero dell'Aeronautica aveva, fin dal giugno 1936, predisposto lo studio e la conseguente attuazione della nuova sistemazione aerea dell'Egeo, in rapporto alla nuova funzione del Possedimento derivata dalle contingenze internazionali e dalla politica estera del Duce: la funzione che le isole dovevano assolvere era, come ampiamente riconosciuto, non più solo come basi difensive del traffico italiano verso il Mar Nero, ma come basi offensive per eventuali azioni aeree in Uttto il Bacino Mediterrcmeo Orientale. Dunque, con il rafforzamento previsto, la base aerea <li Rodi assumeva una notevole importanza per il suo potenziale offensivo su tutto il settore del Levante, assumendo una essenziale funzione militare che non aveva mai avuto precedentemente, dalla sua occupazione nel 1912, fino al 1936 9_ Era comunque foori discussione il fatto che i materiali e i relativi munizionamenti dovessero essere accantonaci nell'isola fin dal tempo di pace e quindi si doveva iniziare a provvedere. Uno dei problemi più delicati che si stava ponendo, sottolineava l'Uffìcio, era collegato alla novità della creazione di un Governatore con funzioni civili e militari. Questo era molto vero soprattutto perché la scelta era caduta sulla persona di De Vecchi di Val Cismon, qudrumviro della marcia su Roma, già Governatore della Somalia, con esperienze coloniali, peraltro ben diverse da quelle che gli si sarebbero proposte nel 'dolce' Egeo, con un fìlo diretto con il Capo del Governo; uomo dal carattere deciso e decisionista, e fors'anche di non facile comando. A parte i suoi difetti, ampiamente messi in luce dalla storiografia che lo riguarda 10. li problema venne impostato in base ai seguenti criteri: il Governatore disponeva dell'impiego, in tempo di pace e di guerra, di tutte le Forze Armate presenti destinate alla difesa del Possedimento; era coadiuvato da un Ufficio militare composto dai rappresentanti delle

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14 R65, 18.12.1936, proc. 65521.

lO V. tra gli altri I. Montanclli, Biogmfùr di De Vecchi di Val Cismon, Roma, 1949.


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tre Forze Armate. Vi potevano poi essere delle forze, in appoggio sul Possedimento nel corso di azioni particolari: queste dovevano mantenere la loro dipendenza d'impiego dagli Alti Comandi dai quali dipendevano e/o da una autorità militare appositamente indicata. Così impostata, la situazione poteva essere considerata risolta. Avrebbero fatto seguito le necessarie modifiche normative all'organizzazione del Comando nelle isole Egee. Intanto occorreva impostare l'organizzazione secondo una duplice esigenza: difensiva e logistica. Per quel che riguardava l'esigemm difensiva, erano già in atto elementi di fortificazione campale che erano stati costruiti dalle stesse truppe: postazioni per artiglierie, reticolati nei tratti della. costa più agevoli per uno sbarco nemico. Secondo il promemoria dell'Ufficio Operazioni, sopra citato, bisognava anche valorizzare l'impiego dei cosiddetti mezzi d'arresto (mine e iprite), allo scopo di creare delle zone di sbarramento. Non era possibile ipotizzare per il momento altri lavori difensivi di carattere permanente a causa dell'alto costo ipotizzabile. La questione finanziaria finiva sempre per bloccare più ampi studi, perché non essendoci sufficienti risorse, era quasi inutile fare ipotesi non realizzabili. La viabilità stradale era stato un altro problema da considerare, ma alla fine del 1936 la dorsale di Lero, tra la baia di Serocampo e la baia di Parteni era stata ultimata e a Rodi le strade, sia perimetrali sia trasversali, consentivano un ottimo movimento, per quel che era necessario. Pertanto si reputava che non occorressero altri lavori alla rete stradale, in quanto quella realizzata consentiva spostamenti rapidi dei nuclei di manovra, anche con gli automezzi. Se ne sarebbero avvalse al massimo le truppe tedesche, quando sottrassero le isole agli italiani, dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943 (v. sotto). Per la parte logistica, la situazione era ritenuta assolutamente accettabile: il Possedimento aveva una autonomia. di mezzi e di funzionamento, basata anche su un criterio di elasticità di organi direttivi e esecutivi, in base ai bisogni del momento. Forse solo un piccolo aumento di personale dirigente poteva migliorare ulteriormente la situaz1one. Per quanto riguardava il munizionamento, commisurato alle forze presenti in quel momento, erano presenti 20 unfoc per le armi porta-


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tili e 8 un/oc per le artiglierie. I viveri assicuravano Jue mesi di autonomia. le scorte dunque erano sufficienti per il periodo di pace, ma occorreva prevedere, in caso di affluenza dall'Italia dei rinforzi previsti, l'adeguamento delle corrispondenti al iquote di munizioni, viveri e materiali. Ancora bisognava considerare il problema dcll 'accasermamento, che era sufficiente allo stato attual e , ma certo non adatto in tempo <li guerra. 1 magazzini e i depositi erano invece largamente i nsuffìcienti. l'Ufficio prevedeva per le nuove esigenze cli dover costruire a Rodi un fabbricato, sede del Comando truppe dell' Egeo; tre caserme, rispettivamente per un battaglione, per il gruppo misto artiglieria, per l'aucosezione mista; due padiglioni per ampliare i magazzini <li casermaggio e un deposito munizioni ed esplosivi. A Coo occorrevano ex novo due casermette per due compagnie. A Lero erano necessari alcuni magazzini, per viveri e foraggi, e depositi per munizioni e carburanti, oltre ad una caserma per ospitare l'eventuale battaglione di rinforzo per la difesa dell' isola. L'onere finanziario per il nuovo programma di approntamenti offen-


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sivi e difensivi era piuttosto alto: i conti esposti nel bilancio <li previsione portavano ad un esborso di 36.000.000 di lire dell'epoca, una cifra molto alta. L'Egeo dunque era <li venuto una importante pedina nel quadro generale dell'organizzazione militare italiana, che richiedeva investimenti sostanziosi, fino a quel momento mai stati così cospicui. 11 17 dicembre 1936 vi fu una importante riunione dei Capi di Stato Maggiore presso il Capo di Stato Maggiore G·enerale che la presiedeva 11 : partecipavano, oltre a Badoglio, i Sottosegretari di Stato e Capi di Stato Maggiore, generale <l'Armata aerea Valle (Aeronautica), ammiraglio d'Armata Cavagnari (Marina), generale designato <l'Armata Pariani (Esercito). Inoltre erano presenti il generale cli brigata aerea Santoro, Capo del 1° Reparto Operazioni all'Ufficio del Capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica; il colonnello Gorlier; il colonnello <li Stato Maggiore, Capo Ufficio Operazioni del Comando del Corpo di Stato Maggiore; il capitano di fregata Del Cima, dell' Ufficio dello Stato Maggiore della Marina. Fungevano da Segretari il colonnello di Stato Maggiore Bollea, diretto collaboratore di Badoglio (Capo del Suo Ufficio); il colonnello dell'Aeronautica Cassiaoi e il capitano di fregata Elena. I3acloglio, in apertura di seduta, fece notare che in quel momento storico era alquanto difficile poter stabilire l'esatta fonzione militare delle terre italiane d'oltremare, nell'ipotesi di un probabile conflitto: l'Africa Orientale, appena conquistata, era in via di costituzione e difficilmente avrebbe potuto, per almeno due anni, essere <li qualche aiuto alle altre terre. La Libia, invece aveva mostrato quello che poteva valere in un conflitto, avendo già contribuito con una divisione e alcuni gruppi di spahis per la conquista della colonia in

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1-11 O R 1. La riirninne era stata indetta per trovare l'accnrdn sull'argomento n.10 all'ordine del giorno della XIV Sessione della Commissione Suprema di Difesa: orgrmizzazione delle terre italitme d'oltremare, per il quale erano previsti come relatori i Ministri per le Colonie, per le Comunicazioni, della Guerra, Marina , Aeronautica, delle Finanze, i Marescialli d'Italia Badoglio e Graziani e il Maresciallo dell'Aria Balbo. Per i lavori della Commissione Suprema di Difesa, v. P9 R44.


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Africa orientale. A suo modo di vedere dunque la situazione era ancora molto flui<la e in caso di conflitto sia l'Africa Ori entale sia la Libia, con le sue forze ancora impegnate in Etiopia, sia l'Egeo avrebbero avuto bisogno dell'intervento delle forze metropolitane, in caso di un attacco o di qualsiasi complicazione, così come era successo durante la guerra italo-etiopica, quando, essendosi manifestato il pericolo di una estensione del conflitto, si era dovuto provvedere a rinforzare Libia e, in misura ridotta, l'Egeo. In sostanza, Jalle parole <li Badoglio si evince che si era delineata la funzione militare del Doclecaneso, ma il Possedimento avrebbe sempre avuto bisogno dell'aiuto metropolitano, non riuscendo ad essere autosufficiente, sia nell'offesa che nella difesa. Sempre nella stessa riunione, la situazione dell'arcipelago fu analizzata nel qt1a<lro più generale della posizione della Libia e del rafforzamento in particolare <li Tobruk, come base aerea. I problemi più importanti da risolvere e sui quali discutere avrebbero dovuto essere soprattutto quelli relativi alla parte logistica, ma paradossalmente su quelli, sempre nei vincoli finanziari posti da un bilancio sempre più avaro, almeno per quelle terre, era relativamente più facile trovare l'accordo: ogni Forza presentava le sue richieste minime e massime, con le conseguenti richieste di bilancio. In base alle assegnazioni ricevute, tornavano alla carica per ottenere ulteriori finanziamenti 'straordinari', quando qualche approntamento fosse fortissimamente voluto dal capo del Governo; Badoglio aveva da tempo rinunciato ad esercitare una vera azione di indirizzo e coordinamento sui Capi di Stato Maggiore delle ere Armi 12 , agendo molto spesso come portavoce degli ordini e delle direttive del Duce. Invece la questione più delicata da dibattere, per le conseguenze strategico-mìlitari che comportava, fu la catena di comando. Fu sottolineata la circostanza che il Governatore dell'Egeo De Vecchi aveva deciso e comunicato, in seguito all'assegnazione dei poteri militari , oltre a quelli civili, di aver costituito un suo particolare Stato Maggiore, del quale venivano a farne parte un uffìciale per ogni Por-

12

Cfr. P. Pieri - G. Rochat, Badoglio, cìt., p. 171-488.


380

[Esercito Italiano nel Dodecaneso 19]1:l~±L._

za Armata: come Capo di questo Stato Maggiore era stato da lui designaro un ufficiale della Marina, perché la zona dell'Egeo era ancora, uHìcialmente almeno, considerata <li preminente interesse marittimo. Era però evidente che l'Egeo stava assumendo anche una importante funzione aerea che faceva sistema con la base di Tobruk, recentemente rafforzata proprio per scopi offensivi e non difensivi, ma le decisioni del Governatore erano state prese correttamente sulla base del definito e non del 'da defìnirsi'. Ba<loglio riteneva che la questione dell'aumento delle forze aeree in Egeo e a Tobruk, per scopi offensivi, dovesse essere sottratta alla competenza dei Governatori, ai quali doveva spettare il Comando delle Forze solamente in caso di difesa. Quando si fosse trattaro <li operazioni offensive, il Governatore doveva ricevere gli ordini dai Comandi centrali, che ovvianlente avevano il quadro generale del l'andamento <lelle operazioni e l'autorità delle decisioni fìnali. Il generale Valle fece notare che ormai tutto il Mediterraneo era divenuto di preminente interesse aeronautico, in quanto si era affermata una forte autonomia delle forze aeree (esclusa la caccia) e quindi l'aviazione aveva il compito di preparare ovunque un gran numero di basi aeree, sulle quali poter far giungere rapidamente i rinforzi dalla madrepatria. Faceva inoltre notare che, proprio per questa esigenza, era stato speso circa mezzo miliardo di lire (dell'epoca) per creare basi aeree da Tripoli al confine inglese, a Rodi (con i suoi tre campi capaci di ospitare ormai una intera divisione aerea) e sullo stesso territorio metropolitano, in Sicilia. TI programma previsto per questi ampliamenti difensivi e offensivi, sarebbe stato ultimato nel 1937 e pertanto Valle riteneva che vi sarebbe stata la possibilità di un imponente schieramento di mezzi aerei per il 1938 e quindi di reale potenziamento della struttura offensiva dell'Egeo. L'Aeronautica si stava rafforzando per operazioni in quel mare, in concorso con la Marina, ma era più agile e mobile della flotta e quindi poteva avere più manovrabilità e quindi maggiori possibilità <li interventi rispetto alla Marina. Nonostante le ampie discussioni sui comandi e sulla preminenza della zona, navale o marittima, non furono prese decisioni in quella riunione, riguardanti il Possedimento; i convenuti decisero di esamina-


La rivalutazione strat~ica del Possedimento. Il Governatore De Vecchi

381

re proposte concrete in una riunione successiva che fo indetta per il 22 gennaio :I 93 7. Per quanto riguardava le competenze del Capo di Stato Maggiore dell'Esercito e la <lipen<lenza delle forze dislocate oltremare, Badoglio, nella sua relazione alla Commissione Suprema di Difesa, aveva espresso il parere che la responsabilità <lei piani di guerra (studio-redazione-controllo sulla loro preparazione e attuazione) spettasse al Capo di Stato Maggiore dell'Esercito anche per le Colonie e il Dodecaneso, pur se questo non era una colonia. L'addestramento delle forze metropolitane dislocate oltremare era di competenza dei Capi <li Stato Maggiore <lelle singole forze Armate; l'impiego per compiti offensivi era di competenza dei rispettivi Comandi Superiori; i problemi militari connessi con le basi offensive dovevano essere risolti clai Capi cli Stato Maggiore, escluclenclo tassativamente ogni possibile ingerenza <lei Governatori. Il Comando del Corpo di Stato Maggiore aveva impostato lo studio operativo dell'organizzazione militare del Dodccaneso l 3 sul nuovo concetto del sistema Lero-Rodi e Tobruk, con una funzione preminentemente offensiva nel bacino <lei Mediterraneo orientale e<l eventualmente di isolamento del sisterrtc1 Cipro, Hai/et, Alessandria 14 . Un primo obbiettivo era quello <li r;arantire il bo.rseno delle isole in qualsiasi rircostanza con i seguenti mezzi: aumentando il presi cl io di pace, portandolo da un comando di reggimento su tre battaglioni (di cui due a Rodi e uno a Lero) a un comando di brigata retto dal comandante delle truppe del Regio Esercito nell'Egeo; due comandi di reggimenti (Lero e Rodi), quattro battaglioni di fanteria (due a Lero e due a Rodi), aumentando i materiali per costituire un gruppo 75 /2 7 su tre batterie. Come conseguenza questi aumenti comportavano che, in caso cli conflitto, i rinforzi da inviare dall'Italia sarebbero stati limitati a due battaglioni di fanteria (uno ciascuna a Lero e a Rodi), a complementi per le unità di pace e a unità di specialisti: la riduzione dei movi-

U L8 R 118 e F9 R44, ottobre 1936. J,j

F9 R 11, lCi.12.193<).


}82

L'Esercito Italiano nel Dodccancso 1912-1943

menti in caso di mobilitazione era sempre un elemento importante da tenere presente. Con queste forze non si poteva dunque escludere di estendere la ditèsa a Scarpanto, come protezione p er eventuali attacchi da Candia. In sintesi questa era la forza presente, da aumentare in tempo di pace, e i rinforzi da inviare in caso di guerra. Uffìciali

Sottufficiali

Trnppa

Forza presente

74

78

1.500

Forza prevista in tempo di pace

140

165

3.300

Forza da inviare

67

85

l .800

Forza in congedo nell'isola

l 75

---

600

_Forza in guerra

460

415

10.000

Forza da inviare all'ateo della mobilitazione

145

250

6.100

(Fonte: 111 O R 1, promemoria 2 1.1 .195 7)

Il secondo obbiettivo era il completamento e il perfèzionamento dell'organizzazione difensiva , in particolare bisognava organiaare la difesa contraerea di Rodi (cioè le basi aeree), predisponendo materiali arti ad armare 21 sezioni <la 20 mm.; bisognava altresì accantonare i mezzi di arresto ad integrazione della difesa costiera nei tratti adatti allo sbarco. Il t erzo obi ettivo era il completa mento e il p erfezionamento dell'organiz zazione logistica: occorreva procedere alla costituzione di organi esecutivi dei servizi; provvedere all'aumento della capacità <li accaserman1ento; iniziare o terminare se del caso, la costruzione di deposi ti e magazz1111. Veniva poi sottolineata la necessità di una cooperazione acro- navale anche nella difesa terrestre e quindi per questo scopo occorreva esa-


___________

I.a rivalutazione strategica del Possedimento. Il Governatore Dc:'._Y.e<;ch~_ ____3J:.lJ.

minare l'opportunità cli un ulteriore immediato rinforzo di batterie della Marina a lunga gittata, delle quali si sentiva la grande necessità. La cifra preventivata per tutte queste esigenze rimaneva sempre quella già indicata di 36.000.000 di lire dell'epoca. Per quanto riguardava l'organizzazione del Comando, per la difesa il Cì-nvernatore avrebbe avuto tutti i poteri militari, mentre per le operazioni di carattere offensivo, gli Alti Comandi centrai i avrebbero dato gli ordini relativi. Alle 9.30 del 22 gennaio 1937 Badoglio aprì una nuova riunione per completare l'esame dell'organizzazione militare delle isole dell'Egeo. Le tre Forze Armate avevano presentato le loro proposte basate su varie ipotesi cli guerra 15 . Una prima contemplava un conflitto contro la sola Inghilterra: in questo caso l'Egeo faceva sistema con Tobruk, pPr cui le fon'.7.ioni principali dovevano essere una vigil,mz,1 ;1ggre.r.riva rispetto a Cipro, Alessandria e Haifa; l'interruzione delle comunicazioni inglesi fra levante e ponente; il controllo ciel mar Egeo; la copertura delle comunicazioni dall'Alto Egeo verso I'Italia e verso il bacino piì:1 orientale del Mediterraneo. Le possibilità cli sfruttamento elci Possedimento venivano viste come base <li appoggio per forze navali e aeree: a) per proteggere il traffico mercantile fra l'Egeo e il mar Nero; b) per contrastare il traffico nemico nell'Egeo e nel Levante; c) per vigilare i movimenti dei nemici nel Mediterraneo orientale; d) per offendere forze e apprestamenti nemici in quel mare. Una seconda ipotesi prevedeva la guerra contro l'Inghilterra, la Turchia e la Grecia, con la conseguenza che il Possedimento si sarebbe potuto trovare ciel tutto isolato. Quindi si poteva manifestare l'impossibilità di_ mantenere il traffico nell'Egeo; la probabilità <li avere tutte le comunicazioni fra l'Italia e il Dodecancso interrotte (fatto salvo qualche sporadico collegamento con Tobruk). In questo caso restava all'arcipelago la possibilità di vigilanza e una funzione di base-appoggio alle forze navali e aeree italiane per eventuali azioni of-

LS

14 R65, promemoria per il Capo di Stato Maggiore Generale, 28.12.1956.


·--~L= 'E~ercito Italiano nel Dodecaneso 1912-1913

fensive. Quindi, prescindendo da questioni di immagine e di prestigio nazionale, occorreva mantenere il possesso delle isole per necessità militari. Secondo studi strategici e valutazioni basate su informative, i nemici avrebbero dovuto portare in primo luogo l'attacco a Tobruk, il che avrebbe reso più grave l'isolamento dell'Egeo e avrebbe però liberato gli inglesi dagli clementi di contrasto nelle loro comunicazioni est-ovest. Il secondo obbiettivo poteva essere la conquista del Dodecaneso e per farlo i nemici sarebbero dovuti partire da una base ravvicinata: da una delle isole greche o occupando Stampai ia, che sì trova a sole 40 miglia <la Lero, e <la lì tentare il salto per l'occupazione di Lero e Rodi. Terza ipotesi: la guerra contro la sola Francia. Questa veniva giudicata riguardo al Dodecancso una sÌtLtazionc pÌLL favorevole e quindi pii:1 idonea al mantenimento ed eventuale sviluppo dei traffici orientale: Biserta era indubbiamente una base molto forte, ma i francesi non avevano una flotta imponente nel Mediterraneo e probabilmente non erano pit1 interessati al Levante, ove cercavano solo di avere l'amicizia della Turchia, prima che scoppiasse il nuovo conflitto. La quarta ipotesi vedeva un conflitto con la Francia, la Turchia e la G·recia, che avrebbe potuto portare ad un accerchiamento totale delle basi e interrompere i rifornimenti, che avrebbero dovuto navigare in acque nemiche, salvo far arrivare rinforzi dai porti della Libia, con una lunga e complessa triangolazione. In sintesi quindi la funzione delle isole del Dodecaneso poteva essere la seguente: una base difensiva del traffico verso il mar Nero; una base offensiva per operazioni aero-navali in tutto i I bacino del Levante, che poteva fronteggiare il rafforzamento della Gran Bretagna in Palestina e nell'isola di Cipro. Il compito offensivo presupponeva una organizzazione difensiva che consentisse il mantenimento del possesso di Lero e Rodi in qualsiasi situazione 16. Per quanto riguar-

l6 Per i dettagli delle proposte tecniche della Marina e dell'Aeronautica cfr. Promemoria per S.E. il Capo dì Stato Maggiore G'ener11/e, redatto dal colonne Ilo Hollea i I 28 dicembre 1936, cir. sopra, in 14 R65.


La rivalutazione strategica <lei Po55_r,Jimento. Il Governatore Dc Vecchi

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dava la funzione e l'importanza delle isole minori, il Comando <lel Corpo di Stato Maggiore riteneva che la difesa di Scarpanto e Stampalia, ben organizzata, avrebbe potuto costituire un serio ostacolo per nemici provenienti da Candia. La Marina riteneva che gli inglesi avrebbero avuto interesse ad occuparla in guerra, per farne una base avanzata contro le due isole maggiori, sedi delle basi italiane, però proponeva di destinarvi niente altro che una batteria antinavi da 76/40 e una da 76/17 da sbarco con 20 mitragliatrici da 6,5 e una stazione fotoelettrica . L'Aeronautica invece non prese affatto in esame Stampalia, così come fece per Scarpanto. Per Castelrosso la Marina riteneva che l'isoletta potesse rappresentare un punto di appoggio avanzato per idrovolanti, ma in accordo con l'Esercito giudicava che per la sua difesa non si potessero sottrarre forze alle isole piì'1 importanti . Per l'Aeronautica Castelrosso era di nulla utilità. La Marina era dell'opinione che Coo, anche se occupata, non metteva in pericolo Lero e Rodi, in accordo con le altre due Armi. Le opinioni e le argomentazioni di Mario Lago non furono mai più ricordare. Calino era stata nel passato oggetto di attenzione da parte <lell'ammiraglio Cantt1 (v. sopra) come possibile territorio di occupazione da parte del nemico, per compromettere le basi navali di Lero, ma le tre Armi non presero in considerazione questa possibilità e si disinteressarono della difesa dell'isola. Alla fine di tutti i ragionamenti, le valutazioni e le decisioni, vennero i conti: la Marina, per terminare il suo apprestamento, necessitava di circa 50 milioni <li lire dell'epoca, l'Tisercito, di circa 40 milioni, mentre l'Aeronautica non aveva segnalato il suo fabbisogno speciale, in guanto riteneva cli poter sopperire alle spese previste, con un finanziamento straordinario precedentemente ottenuto. Badoglio decise di prescindere dalla discussione sulla concessione dei relativi fondi straordinari, ìn quanto ne avrebbe riferito al Capo del Governo Mussolini, al quale spettavano alcune decisioni relative all'assegnazione di nuove risorse finanziarie extra-bilancio. Le proposte presentate dalle tre Forze Armate furono tutte approva-


[Esercito Italiano nel DoJecaneso 191 2-_l2:j,,,3c___ _ _ __ _ _

te nella loro sostanza. In sintesi: il nuovo ordinamento di pace, nel quadro però della nuova funzion e militare del Dodecaneso, era stato approvato. Erano state anche approvate le nuove indicazioni di strategia militare da presentare all'approvazione del Duce: lo sarebbero state nella riunione della Commissione Suprema <li Difesa, alla sua XIV sessione del 1-11 febbraio del 1937 17. Per quanto riguardava i materiali si doveva inviare nel Possedimento tutto quanto non fosse deperibile, secondo i progetti di ordinamento avanzati. Era stata decisa l' unificazione dei servizi delle tre Armi, per arrivare ad una mag giore razionalizzazione degli stessi ed evitare inutili doppioni. Inoltre l'Esercito doveva formulare un preventivo delle necessità pe r i trasporti in fase <li mobilitazione ecomunicarlo nei dettagli alla Marina, che aveva la responsabilità <lel trasferimento delle truppe dalla madrepatria alle isole. La situazione <lel Mediterraneo era cambiata con le tensioni internazionali sopravvenute anche in seguito alla conquista dell'Etiopia da p arte dell'Italia: <lunque le forze nell'Eg eo venivano progressiva1nente aumentate di conseguenza; al nuovo G-overnatore erano stati dati per legg e poteri civili e m ilitari. Era stata una soluzione che s i era resa necessaria proprio con la nuova funzione mi Ii tare che si veni va attribuendo al Dodecaneso: occorreva una visione organica e complessiva delle esigenze di quel dominio oltremare. D e Vecchi, per quel che riguardava i poteri civili, aveva gli stessi poteri che erano stati dei suoi predecessori e per questo dipendeva, come loro, dal Ministero degli Esteri: gli era stato tra l'altro conferito il rango di ambasciatore. La novità consisteva nell'accentrare nella sua persona anche quelli militari, per rendere più fluido l'esercizio del potere e <lell'amministrazione locale. Questo mutamento, voluto anche per risolvere alcuni problemi di coor<linamcnco civi le-militare, era stato preso in analogia con quanto era stato deciso per quanto riguardava la responsabilità delle organizzazioni offensive e difensive delle terre <l'oltremare, e la dipendenza delle truppe metropoliLane in esse dislocate per scopi offensi-

17

P9

R

42, v. i Verbali della XIV sessione.


- ----·-- La ri valuta~ione strategica del Posscdimento._!.!J!!?Y_e.rnatore De Vecchi

387

vi. Infatti in ciascuna di queste terre era stato preposto un Governatore con tutti i poteri militari, pur se con delle logiche limitazioni: costoro non dovevano avere alcuna ingerenza nel settore dell'addestramento dei reparti, attività che doveva essere <li esclusiva competenza dei Capi di Stato Maggiore delle ere Forze Armate, j,erché eno è base fondamentale della prepr1razione della guerra, la responsabilità del/et quale era, dalla normativa in vigore, fatta risalire esclusivamente ai tre Capi cli Stato Maggiore, nella concezione che l'addestramento dei reparti, ai fìni della preparazione della g uerra, esigeva una unità di indirizzo ovunque essi fossero dislocati territorialmente. Inoltre era stabilito che le forze metropolitane de ll'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica, dislocate in una qualsiasi delle terre italiane <l'oltremare, dipendevano dal rispettivo Governatore solo per quanto riguarrlava la cl ifesa del territorio, ma appena si entrava nel cam/Jo operativo difensivo la dipendenza era solo quella dal. rispettivo Comandante Superiore. Qualsiasi problema militare connesso a basi offensive create o in corso di istituzione nelle terre d'oltremare doveva essere risolto dai Capi di Stato Maggiore e, anche in questo caso, al di fuori di ogni ingerenza del Governatore. Questa era la sostanza dei poteri militari e dei loro limiti per il ( -ì-overnatorc delle terre d'oltremare e questo fu applicato per quanto riguardava l'Egeo, ma non fu totalmente accettato nei fatti da De Vecchi (v. socco). Per quanto rig uardava dunque l'Esercito queste erano le dipendenze <li alcuni Comandi, Uffici e reparti dislocaci nelle Isole Italiane dell'Egeo Dipendenze dei Comandi - lJffici e Reparti nelle Isole Italiane del 'Egeo 18

18

LlO R 120. M ar zo 19:, 7 . Si indicano solo i Comandi e gli Uffici pi f1 importanti. Si omettono le di pend enze relative alle note caratteristi che, all'avanzamento e amministrative, in quanto non strettamente attinenti allo studio in questione.


..,1"'8'""8"-------~L,,_'E"'s""e.,.rc"'it,_.,o--'I-""ta...,li"'a,""10 '!\'.JJ)I!!ie"".c'-"a1"°1e""soe.. .o. l2Ll,, 2-.,_,19,_4,..,1'---------'-

Comandi Reparti Uffici

Disciplinari territoriali e di presidio

Addestrative e tecniche

D'impiego

Mobilitazione

Comando truppe R.U.

Gov. Egeo

Ministero della Guerra. Comando <lei Corpo di Stato Maggio (tramirc Gov. Egeo com.re for:i:e armate)

Gov. Egeo

Deposito misto truppe IUJ. Ugrn - Ilarlerra tramite 9° reggimento fanteria

Gruppo CC RR

Comando truppe R.E.

Comando tmppe R.E.

Comando ttuppe R.E.

Comando truppe

I<l.

Id.

Id.

Deposito misto truppe R.E. Egeo -

9° reggimenco

R.E.

fanteria

llarlem

1.0° fanteria

Jd.

Id.

Ullìcio Autonomo Sanità

Id.

Ministero della Guerra

Gruppo misto artiglieria

Id.

Comando Truppe R.E.

Id.

Deposito misto truppe R.E. Egeo - Barlctra

Deposito misto truppe R.E. Egeo - flarletta -

Comando zona militare Ilari

Comando zona militare Ilari

Comando zona militare Bari

Comando zona militare Bari

Id.

Id. IX Compagnia Sanità- Ilari -

'-----------

-

Era molto difficile per la personalità di De Vecchi accettare limiti o rientrare nelle proprie competenze, una volta nominato Governatore con poteri militari e civili. La sua era una personalità che non ammetteva contraddittorio o limitazioni, quando riteneva di essere dalla parte della ragione, soprattutto per la sua preparazione professionale militare. Molto è: stato scritto su di lui in vari volumi riguardanti il Dodecaneso e la Somalia. lnqua<lrato nell'epoca in cui viveva e nel momento storico <lei fascismo che egli aveva vissuto in prima persona, il personaggio è coerente con se stesso e bisogna dire che la sua professionalità lo portava ad avere ragione a volte, come ve-


_ _ _ ___:cLe.:.a-'-'ri"'va"'"l"'ut=az=.iont.'.i!!!!!~ica del Possedimento. Il Governatore De VenJ.!,j ______ J~-2

dremo, analiticamente, durante le prime vicende della guerra, ma il suo problema, da quel che si evince dai suoi telegrammi a Roma, era il suo individualismo, non troppo incline alla collaborazione, un leader nato, che però non sapeva frenare le sue attitudini, forse mancante di una certa elasticità. Con il suo arrivo nell'Egeo, indubbiamente il Possedimento, sia per la mutata situazione internazionale sia per la sua fattiva presenza, divenne una fucina di lavori e di attivazione, dal punto di vista militare, come non sembra esserlo stato prima. Peraltro Mario Lago, ottimo diplomatico, seppe reggere l'amministrazione civile con equilibrio ed esperienza, migliorando notevolmente il livello di vita degli isolani e tutte le strutture statali. Fin dai primissimi giorni <li nomina, si erano verificati numerosi interventi di De Vecchi nell'organizzazione militare del Possedimen to: in particolare egli aveva criticato alcuni lavori cli organizzazione aeronautica in corso <li attuazione nelle isole. Questa 'novità' non si era presentata solamente per l'Aeronautica, ma anche per le altre Armi, in quanto il nuovo Governatore aveva già dimostrato cli voler avere il completo comando e soprattutto controllo delle forze presenti sulle isole, sia negli approntamenti difensivi sia in quelli offensivi, che avrebbero dovuto essere sottratti al suo controllo. 11 problema non era di semplice soluzione. Infatti, per la questione della dipendenza delle forze armate dislocate nelle isole, l'Esercito aveva sempre proposto la differenziazione fra attività difensiva e attività offensiva, come sopra ricordato: per quanto riguardava poi specificamente tutte le truppe di terra presenti nell'Egeo, in modo da contrapporre una reale autorità al Governatore, propose che il Comando fosse retto <la un generale cli brigata, auspicando l'elevazione, già dal cern1;0 cli pace, di quel Coman<lo a comando cli divisione, in considerazione dell'entità complessiva delle forze che l'Egeo avrebbe avuto all'atto della mobilitazione e la loro costituzione con unità del le tre armi combattenti . L'Aeronautica riteneva che le proprie forze aeree dovcssero avere una completa autonomia di impiego, salvo il caso in cui dovessero concorrere alla difesa del territorio; in questo caso avrebbero potuto passare a disposizione del 'Comandante della Difesa', sempre nei limiti


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L'Esercito Italiano nel Dcxlecaneso 1912-19~1 _____

compatibili con gli ordini impartiti dai Comctndi S1Jperiori di aerona11tica. Le unità aeree della Marina <lovevano invece rimanere alle dipendenze d'impiego del 'Comando militare marittimo <lell'Egeo'. La questione, al momento dell'insediamento <li Dc Vecchi non era ancora stata risolta definitivamente. Il Ministero degli Esteri, che, come ricordato, continuava ad avere la responsabilità amministrativa <lel Dodccancso, aveva già inviato, nel novembre precedente, due richieste di chiarimenti sulle funzioni civili e militari del nuovo Governatore e Pariani aveva risposto con una lettera abbastanza interlocutoria agli inizi del nuovo anno ( 193 7) , ricordando che un nuovo ordinamento mili tare definitivo per l'Egeo era ancora allo studio e che il Governatore del Posse<lirnento, fermio conto delle esigenze della d!f"esa e delle forali necessità j)()litiche J1otr(Ì, nella Stia competenza, atluare qtte!!e modifitazioni ctlla dislocazione J,ei distaccctmenti che riterrà opportuno: di conseguenza al momento dell'approvazione si sarebbero potute delineare in dettaglio e con maggiore rigore le competenze del Cì-overnatore 19. Badoglio si propose di accennare del problema a Mussolini, sottoli neando in varie riunioni che l'ordinamento militare studiato era stato approvato in base alle nuove funzioni militari del Dodecaneso per tutto il Mediterraneo orientale e pertanto l'organizzazione dei Comandi e delle relative dipendenze doveva essere costituita secondo direttive che venivano date da Roma al cli fuori di ogni ingerenza del C.-ìovcrnatore, quindi in un quadro generale di politica militare di quello scacchiere. Valle aveva fatto presente che vi era già un precedente per quanto riguardava l'organizzazione in quel momento delle forze aeree e navali in Libia: Tripolitania e Cirenaica erano basi offensive senza dubbio e questo concetto era stato accettato e sancito per legge. Occorreva estendere per legge anche all'Egeo il concetto di pedana offensiva e i problemi sarebbero stati automaticamente risolti! La Marina aveva già dato direttive provvisorie per regolare le relazioni era il Governatore e il Comandante della Marina Militare del Possedimento, e proponeva una rnodifìca all'art. 3 del Reg io decreto 30 19 LIO IU18, 2.1.1937.


______ __ l.a rivalutazione stra~a del Possedìmenco. Il Governatore Dc Vecchi

agosto 1935 20 che sembrava idonea: il wmandante della Marina Militare delle isole italiane dell'Egeo esercita il suo comando alla dij,endenza ,~erarchica del Governatore militare del Possedirnento. La sua residenza è nell'isola di Lero. Esercita il Comando s11ll'isola, avendo alla s11a dijJendenza tutte le forze militari in essa dislocate per i compiti della difesa territoriale della isola stessa. Da l11i dij,endono, sia in pare che in guerra, i servizi della Regia Marina dislocati in t11tte le isole dell'Egeo. Dipende direttamente dr.ti Ministero della Marina per tutto quanto rigNardr.1 in J>ace qttestirmi di carattere tecnico e di ctllenctmento, ed in guerra jJer q1.1anto riguardct l'afJPoggio che nelle isole debbono trovare le forze navali operanti nel Mediterraneo orientale. 'Jì.1tte le j>ratiche interessanti la organizzazione difensiva marittima delle isole Egee saranno inviate per il tramite del Governo delle Isole Italiane dell'I!.geo - Ufficio militare: la gerarchizzazione delle prnriche indirnv~ il potere e il controllo del Governatore sulla parte organizzativa della difesa marittima. Il testo della modifìca era stato già prudentemente proposto dalla Marina al Governatore De Vecchi, pochi giorni prima della riunione, proprio per ottenerne l'adesione. Ai primi di febbraio Dc Vecchi aveva risposto al Capo di Stato Maggiore della Marina, con copia per conoscenza al Capo dell'Ufficio del Capo di Stato Maggiore Generale, ponendo dei quesiti di chiarificazione su alcuni punti che si riferivano alla diretta dipendenza in tempo di pace del Comando Militare marittimo delle Isole italiane dell'Egeo, prima di esprimere un parere di adesione alla nuova formulazione dell'art. 3 del decreto sopra ricordato. Voleva che gli fosse chiarito il concetto insito nell'espressione qttestioni di carattere tecnico, interpretando, egli scriveva,

20

Il Regio Decreto 30.8.1935, n. 1825 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 11. 251 del 26.10.1935, istiruiva il Comando Mi li tare Marittimo nelle Isole Italiane dell'Egeo, retto da un Ammiraglio <li Divisione o Contrammiraglio e all'art.3 srabi1iva che detto A mmirag!io esercita il ,-o,11;mdo mi!itrJre sui territori italiani delle ùole dell"IJ.geo e sulle ctcqtte territorict!i di e.rse. Oij1ende dù-ettamente dal Mini.rllro del!,1- Marina o dall'Autorittì in quanto designata, e mantiene, rùpetto al Governatore del Possedimento, le relazioni che in Italia sono in vigore fra i Comand,:mti in Ca/m dei lJi/Mrtimenti M. M. e l'Antorit,) civile che rapj>resentd il Regio Governo.


...3-"'9""'2'---~ ~- -- -----J;Esercitu lt:tliano nel Dodccancso 1912-1913

con queste parole quelle problematiche trattate dalle Direzioni Generali del Ministero e dei Comandi periferici. Altre parole sulle quali chiedeva lumi erano quelle allenamento in tempo di jJace, intendendo secondo la sua interpretazione, che la dipendenza diretta si riferiva solo alle esercitazioni parziali <lei vari elementi della difesa, mentre per le esercitazioni più vaste e più complesse, la direzione sarebbe stata presa direttamente da lui come Governatore civile e militare, in accordo con gli Stati Maggiori delle tre Armi 2 1 . 11 pensiero di Pariani in merito era molto chiaro: egli riteneva che le forze armate dislocate nelle isole dovessero dipendere direttamente ed esd1,sivamente dal rispettivo comandante; i tre comandanti esercitavano la loro azione di comando alla dipendenza gerarchica del Governatore del Possedimento riguardo alla difesa territoriale. Il Comandante delle truppe dell'Esercito, in particolare, dipendeva dal Governatore per quello che riguardava organizzazione, disciplina, impiego delle truppe, ovunque dislocate, ivi compresi gli uomini fornici per la contraerea; dipendeva invece dal Ministero della Guerra, tramite il Governatore, per quanto era inerente all'ordinamento, mobilitazione e addestramento delle unità dell'Esercito, in quanto comportanti modificazioni alle disposizioni vigenti nella madrepatria 22 . Riguardo alla proposta della Marina, Pariani si chiedeva se, data la presenza di un governatore che esercitava i poteri civili e militari sulle isole e dei comandanti delle tre forze armate, fosse ancora opportuna l'esistenza di un comando militare marittimo, anche se i poteri di quel comando dovevano essere limitati all'isola di Lero; si chiedeva inoltre se la dipendenza dal comando m.m. di tutte le forze militari presenti (esercito compreso) dislocate a Lero non risultasse, a suo modo <li vedere, in contrasto con le funzioni di comando attribuite al Governatore e ai singoli comandanti, delle forze tanto più che è stato messo a fianco del Governatore con fimzioni di Capo di Stato maggiore un Ammiraglio, aggiungeva di suo pugno il Pariani sulla lettera inviata al Capo di Stato Maggiore Generale.

2 1 LlOR121. 22

I4R65,6.2.l937.C:npiain 1.10 H.121.


_La rivalutazione strategica Jel PosseJimentn. 11 Governatore De Vecchi

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i9j _______________ ];Esercito Italiano nel 1-.:)o'.,"'d""cc-"'an""c""so'--'1'"'9-"-L"'-?--=-l«--94~3'--- - - - - - -

Il problema del comando, e quindi della ingerenza del Governatore nelle questioni militari, era molto delicato e di non facile soluzione, anche per il carattere e la personalità del nuovo Governatore, che godeva di un rapporto diretto con Mussolini: questo forse era l'ostacolo più difficile da sormontare. Nell'affì<late tutti i poteri civili e militari ad un'unica persona, si era cercato di ovviare alle discrepanze di opinioni tra il civile e il militare, problemi in realtà semplici, al cospetto della nuova situazione: il nuovo Governatore non era certo personaggio che avrebbe accettato qualsiasi tipo di limitazione di una sua completa e continua responsabilità nel governo delle isole, di qualsiasi questione si trattasse. In sintesi i quesiti da sciogliere erano i seguenti: era il caso di mantenere ancora nell'Egeo un Comando Militare marittimo; quali le dipendenze delle truppe delle varie forze armate dislocat e nell'Egeo; quali le attribuzioni di comando di ciascuno <lei comandanti delle Forze armate in Egeo nei confronti del Governatore. L'Ufficio del Capo di Stato Maggiore Generale ragionava nel seguente mo<lo: ricordava che il 6 fcbbraiol 9Yi era stata decisa la costituzione della Zona Militare Marittima dell'Egeo: di conseguenza, in accorcio con le norme in quel momento in vigore, allo scopo di organizzare un unico indirizzo e coordinamento di sforzi, tutti gli scudi e le predisposizioni del tempo di pace, per l'organizzazione della difesa <lelle coste, dovevano essere delegati al Comando Militare marittimo che era stato istituito appunto nel 1935, e approvati <lai Ministero <lella Marina. Nel dar seguito alla decisione, il Comando Militare marittimo venne così ufficialmente istituito con il R.D. n.1825 del 30 agosto 1935 2 3_ Peraltro vale la pena ricordare che fino a quel momento le truppe dell'Esercito presenti erano solamente un comando di reggimento fanteria con due battaglioni, una sezione cannoni 65/17 e una autobli ndo; le forze dell'Aeronautica erano solamente un comando stormo autonomo misto, un gruppo di bombardieri marittimi, una squadra autonoma di caccia marittimi, una di ricognitori marittimi,

2.3 P er il testo dell'art. 3, v. sopra noLa n. 20.


La rivalutazione strategica del Possedimento. Il Governatore De Vecchi

una di caccia terrestre e due aeroporti (uno a tero e uno in costruzione a Fileremo, che era però considerato di scarsa importanza). Il compito affidato a queste truppe era solamente difensivo. Il Governatore, che dipendeva dal Ministero degli Esteri, aveva solo poteri civili. Quindi era stata logica la creazione <li una Zona Militare Marittima, essendo le forze navali quelle pii:1 presenti e organizzate con una base navale principale a Lero, già molto efficiente. Questo l'antefatto in sintesi del problema. Con i cambiamenti occorsi, occorreva rimodulare chiaramente le competenze, tanto pii:1 che in pochissimo tempo si erano verificati notevoli interventi di Dc Vecchi nell'organizzazione militare del Possedimento e il Ministero della Marina, come sopra ricordato, aveva cercato <li dirimere la questione, almeno per quel che la riguardava, con la proposta di una revisione dell'mt. 3 del Regio Decreto del 193'5, sopra illustrata . Quella proposta però aveva il difetto cli continuare a parlare <li Zona Militare Marittima dell'Egeo e di prospettare ancora la fìgura del Comandante della Zona Militare Marittima delle Isole Italiane deff'Egeo, il quale, a termini della normativa vigente, <:ra investito del comando non solo sull'isola di Lero, ma su tutte le isole del Dodecaneso italiano e disponeva dell'impiego <li tutte le forze presenti sul terrirorio: in particolare il § 5 dell'Istruzione j,er fa difesa delle coste indicava che f.l.n Comandante di zona militare marittima impie,ga nel modo che ritiene J1ù't. oPJ,ortuno Ittiti gli elementi de/le varie forze armate assegnate alla zone, stessa ed assume il comando di tali elementi al momento de!fa mobifitazirme, o quando venga ordinato dal!' Autorità Centrale, od in jJartìcolari circostanze nel rnorrtento in cui lo ritiene necessctrio. Se questa azione dicomando veniva estesa anche alla difesa in tutte le isole, in realtà veniva svuotatl'! di ogni contenuto il concetto dei 'poteri militari' del Governatore: la Commissione Suprema di Difesa, nella sua Xl V Sessione, nell'assegnare tali poteri al Governatore, li aveva limitati al solo campo difensivo 24 . Avveniva però che, con la proposta della 24 110 R1 2 1. Nella sua riunione del 9 febbraio 1937 , sull'argomento n. 10 relativo all'organizzazione delle terre italiane d"oltremare (TI.O.) aveva deliberato come segue: - !et orgrmizzdzione bellicr; delle terre itr1lirme d' oltremdre è devo/t;ta alla direttrJ competenzr; e responsttbilitr2 dei Cr;pi di S.M. delle forze armate, ai quali spetta il


_____ I:Esercito Italiano nel Dodecaneso 1912- 1943 ~ - -- -- -- - ---

Marina, i poteri militari del Governatore venivano esattamente a coincidere con quelli dell'Ammiraglio Comandante della Zona marittima. Nel 1935-36 però era stato chiarito il concetto che ormai il Possedimento non aveva pii:1 una solamente funzione difensiva, ma anche una importante funzione offensiva, affidata non esclusivamente alle forze navali: anzi, forse era principalmente competenza delle forze aeree, per cui cadeva la ragion d 'essere della Zona Militare Marittima. Tra gli Alti Comandi però non si ravvisava la necessità di attribuire preminenza a l'una o all'altra Forza. La Marina aveva le sue basi in Lero; l'Aeronautica in Rodi e l'Esercito era sia Rodi sia a Lero: le tre Porze avevano compiti diversi, ma non era più accettabile il concetto della preminenza <li una sull'altra. Pertanto l'Ufficio del Capo di Stato Maggiore Generale avanzò a Badoglio le seguenti proposte 25: a) riconoscere un settore militare marittimo corrispondente all'isola di Lero (in analogia con quanto era stato fatto p er Tobruk) il cui comandante avesse t utte le prerogative previste dalla normativa vigente per i comandanti di un Settore militare marittimo: avere, indipendentemente dal grado ricoperto, veste e attribuzioni di un comandante di divisione ai fini della difesa dell'isola; in tempo di pace doveva avere la competenza per l'attuazione di tutte le predisposizioni necessarie p er assicurare la difesa del settore di Lero; in tempo di guerra, avere il comando effettivo di tut-

comJ1iro della J1re/1art:tzùme alla Kuerra nelle ri.r/1ettive .rfere d i ,nirme; le quertùmi che interferi.1nmo um Jctle J1rejlarazùme dwono J1ercùì e.r.rere im/)().rfa te e .rtud iate dallo S.M. Kenerale e daKli Stati Tflttl(KÌOri delle forze ,wmate.

ln con.rq;1ienza: - l'addestramento dellejòrze di.dorate nelle TI.O. - base fondamentale della preparazione alla guerra - appartiene alla competenza degli Stati maggiori; - tali forze dipendono dal rispettivo Govir natore solo per quanto ha tratto alla immediata difèsa del tirritorio; ma agiswno alla dipendenza del comandante superiore, quando si trattt dt intraprendere vere e proprie operaztont di guerra; - i problemi militc1ri connessi con le b(lsi istituite o rla istitttire nelle T.I.O. sono di competenZ(I dei C(lpi di S.M. delle tre forze (lmiate. 2 5 I4 R65 , promemoria 15.2.1937 .


___

La rivalutazione strategiça <lei Posse<limentn. Il Governatore De Vecchi __-3')J

te le forze assegnate al Settore, comprese quelle dell'Esercito 26 . b) riconoscere nel Generale <li brigata che comandava le truppe di terre nell'Egeo (che aveva sede a Rodi) il comandante dell'isola di Rodi, per essere questo il territorio dove erano dislocate la maggior parte delle forze dell'Esercito 27 . Le attribuzioni del comandante dell'isola di Rodi dovevano essere uguali a quelle del comandante dell'isola di Lero. e) l'Ammiraglio com.andante di Lero e il Generale comandante di Rodi Jovevano essere entrambi alle <lirette dipendenze del C-ì-overnatore considerato come Comandante 1tniro della difesa territoriale d,ell'intero Possedimento. d) Ognuno dei due Comandanti in tempo di pace doveva avere alla sua diretta ed esclusiva dipendenza tutte le forze e i servizi della rispettiva forza annata, ovuuqLLe dislocati.

Per le esercitazioni combinate si sarebbero presi preventivi accordi. Le proposte che l'Ufficio del Capo cli Stato Maggiore Generale avanzava rientravano neg li orientamenti precedentemente esposti sia da Badoglio che dalla Commissione Suprema di Difesa. Per quanto riguardava le questioni particolari della dipendenza delle truppe delle singole forze armate, l'Ufficio riteneva di lasciare ad ogni Ministero più ampia facoltà di decisione, in base alle proprie norme e comportamcntt. Pochi giorni prima 28 Pariani aveva reiterato le sue opinioni, le sue perplessità e le sue proposte rispetto alla questione, già espresse anche in via informale (v.sopra). Il 26 febbraio 193 7 una nuova riunione presieduta da Badoglio aveva visto discutere i tre Capi di Stato Maggiore e Sottosegretari di

26 A11cora i11 quel momento previste in un reggimen to di fantt~ria, due reparti mi-

traglieri da posàione costiera, una batteria 7 5/27 . 27

Previste in un reggimento di fanteria, 2 reparti mirraglicri da posizione costiera, due gruppi di artiglieria, tre batterie da 20 mm., addette alla difesa contraerea dei tre aeroporti di Fileremo, Gaddura e Cattavia, due compag nie del Genio, due sezioni di specialisti del Genio e una sezione autoblindo. 28

I4 R65, 6.2.1937, dal Comando del Corpo di Stato Maggiore.


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r:Esercìto Italiano nel Do<lecaneso 191 7-1913_ _______________________ _

Stato per le rispettive armi. La sessione fu dedicata, era l'altro al problema del Comando delle Isole Italiane dell'Egeo 29 . Era indubbio che rispetto al passato, con la nuova funzione militare del Possedimento, altri due accadimenti avevano mutato l'ordine preesistente: era stato nominato un Governatore al quale erano stati accordati tutti i poteri militari, ma soprattutto si assisteva ad un grandioso ampliamento dell'organizzazione aeronautica nelle isole, in special modo in quella di Rodi, per cui era diffìcile decidere a quale .Forza dare la preminenza, considerato che Marina e Aviazione avevano compiti essenziali di possibile offesa, mentre l'Esercito doveva garantire la difesa del Possedimento. Efleccivamente Badoglio dimostrava di non voler appoggiare l'una o l'altra forza, limitandosi alla ricerca di un equilibrio che accontentasse le tre Forze e non suscitasse le ire del Governatore. Dopo ampia discussione, la decisione presa, da sottoporre a Mussolini, per la definitiva approvazione fu la seguente, riba<len<lo in realtà quanto già chiaramente si era prospettato nella precedente seduta del 22 gennaio: al Comando Militare dell'Egeo spettava, come defìniLD dalla normativa vigente, l'impiego <lelle forze armate e dei mezzi ivi dislocati, soltanto nel campo del.la difesa delle isole; il Governatore poteva creare un suo Stato Maggiore come meglio riteneva opportuno (De Vecchi lo aveva già fatto); il Governatore designava i Comandanti delle isole, che, secondo Badoglio, dovevano essere così su<lclivisi: un Ammiraglio, quale comandante di Lero, e un generale dell'Esercito per Rodi. T;organizzazione delle basi e l'impiego offensivo delle forze armate sarebbero spettati rispettivamente alle Autorità centrali della rnaJrepatria e a un Comando Supremo, in caso di guerra. Le isole dell'Egeo rappresentavano delle basi <li partenza per missioni offensive, sia navali che aeronautiche, nel Mediterraneo per ordine del Comando Supremo. E quindi queste missioni dovevano rimanere al Ji fuori cli ogni ingerenza Jel Governatore, organizzate dall e Autorità centrali , sulla base di studi che gli Uffici competenti avevano realizzato. Era quindi assai chiaro che l'impiego a scopo offensivo delle for-

29 11

secondo argomento riguardava il problema del Comando a Tobrnk.


La rivalutazione strategica del Possedimento. Il Governatore De Vecchi

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ze armate del l'Egeo non poteva essere che di esclusiva competenza del Comando Supremo, così come la preparazione <lei mezzi e l'addestramento delle forze armate in Egeo dovevano essere organizzati e attuati da quelle stesse Autorità che le avrebbero poi impiegate. L'ammiraglio Cavagnari [ccc altresì presente che aveva inviato al Governatore De Vecchi la proposta di modifica e ne aveva ricevuto la lettera (della quale sopra sono stati dati i dettagli), alla quale non aveva ancora dato risposta: in verità, pur se nel verbale non vi sono accenni di commenti fatti rispetto alle richieste <li De Vecchi, era chiaro che si trattava di contestazioni, sotto forma di richiesta di chiarimenti. E questa dovette essere l'interpretazione dei presenti se Badoglio disse: Pregherò S.t.'. il Capo del Coverno di intervenire in modo di troncare ulteriori discussioni su qmsto r,1,rgomento che deve risultare d.efìnito come abbiamo q1,1,i conchimo, e come .ropra ho e.rpo.rfo 30 . Così poi risultò l'organizzazione del Comando nelle isole Egee, ma non fLt affatto di facile applicazione, perché, come si vedrà, nel corso dei primi mesi di guerra, De Vecchi più volte discusse gli ordini operativi <lel Comando Supremo, soprattutto per quanto riguardava non solo ricognizioni, ma anche azioni di bombardamento. Lo stesso problema di Comando e dipendenza si era posto per la Guardia di finanza. De Vecchi aveva reclamato, poco tempo dopo il suo insediamento nel Dodecaneso, che come le unità dell'Esercito, anche quelle della Guardia di Jlinanza fossero poste alle sue dipendenze. Si instaurò così un lungo scambio di telegrammi tra lui e il ministro delle Finanze, Thaon dc Revel, che non riteneva opportuno modificare le dipendenze decise. La questione fu rimessa, come di consueto, al Duce e fu giocoforza aderire alle richieste del Governatore 31, consentendogli il comando e il controllo della forza presente.

30 Cfr. verbale della riunione in I4 R65. H Per i dettagli di questa vicenda, che ricalca con precisione l'andamento di quella per il Comando, nelle relazioni con le Forze Armate, v. P.P.Meccaricllo, J.1 G"11.ardic1 di Pinrmza nella seconda guerra mondiale. 1940.1945, Roma, 1992, 'forno 1,p.45ess.


1J10

[Esercito Italiano nel Dodecaneso.~12c..c012=- "l-"-94.,..,3'---

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Tra la fine di febbraio e i primi del marzo 193 7, fu definitivamente varato l'ordinamento di pace dell e truppe del Regio Esercito nelle Isole Italiane dell 'Egeo, che Pariani comunicava agli inizi di aprile a tutti gli enti interessati 32 . Esso risultava così stabilito: a) Comando truppe del Regio Esercito - RODI b) Gruppo dei Carabinieri Reali delle isole italiane dell'Egeo - RODI

c) 9° reggimento fanteria (su due battaglioni) - RODI d) 10° reggimento fanteria (su due battaglioni) - Lero (1 battaglione a COO)

e) Gruppo misto di Artiglieria - RODI f) Autosezione mista - RODI (con distaccamento a Lero)

g) Reparto disinfezione - RODI h) Comando distretto militare (con reparto distrettuale) - RODI i) Ufficio autonomo Sanità - RODI j) Ufficio autonomo CommissariatrJ - RODI

k) Ufficio autonomo Artiglieria - PODI 1) Ufficio lavori del Genio - RODI

m) Deposito munizioni ed esplosivi - RODI e LERO n) Laboratorio di artiglieria - RODI e LERO o) Parco Genio - RODI e LERO p) Nucleo sezione sussistenza - RODI q) Magazzino viveri e foraggi - RODI r) Magazzino casermaggio - RODI s) Magazzino viveri e casermaggio - LERO t) Deposito misto truppe del Regio Esercito - BARLETTA

32 LlO Rll9, Rl21, Hl Rl, circolare n.21600 del 7.1.1937.


- - - - ~ ! !_rivalutazione strategica del Possedimento. li Governatore [)e Vecc.~hi~-- ~4""-0=1

Questo or<linamento sarebbe stato attuato a) me<liante l' impiego del personale e dei reparti che erano già presenti nelle isole, b) con l'invio del 10° fanteria e c) con la costituzione di enti e entità nuove. Al punto quinto della lettera ci reo lare si legge: L'ordinamento di cui alla presente circolare sarà atti/cito grr1d11et!=mente in base a derisioni jwese sulle indicazioni che dctrà a mano a mano il Governo J,e/le Isole Italiane del Dodecane.rn: in realtà il nuovo ordinaPariani mento era stato deciso e in via di attuazione, ma evidentemente era stato opportuno lasciare margine cli manovra, ancorché fittizio , al Crovernatore. Per il giugno successivo fu prevista la parten'.la del 10" regg imento fanteria per l'Egeo e al 1 ° cli agosto si costituì il distretto militare cli Rodi. L'ordinamento andava concretandosi, ma vari 'malintesi' sorsero tra il Governatore e i Comandi: la collabota'.lione si prospettava indubbiame~te difficile. Ad esempio uno di questi fu quello relativo agli impianti per i voli notturni nella baia di Portolago che fu occasione per il Governatore di alcune polemiche, al momento e durante il conflitto: in una lettera al Capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica e per conoscenza ai Capi di Stato Maggiore delle altre Forze Armate, nonché al Capo di Stato Maggiore Generale, De Vecchi riportando il problema dell'installazione di un impianto per voli notturni che non aveva ri cevuto


I:Eserci to ltaliann nel Po<leraneso 1912-19/4 3

il nulla osta da parte dell'ammiraglio Comandante di Lero, lamentava di essere venuto a conoscenza, purtroppo, indirettamente di st11di e lavori in cono da parte della Regia Aeronautica, che non solo hanno tma diretta relazione con l'organizzazione difensiva dell'isola di Lero, ma contrastano anche con le esigenze delle altre.forze armate 33 _ De Vecchi concordava pienamente con le considerazioni che I' Am miraglio aveva fatto, per negare il suo nulla osta ad un grande apprestamento di segnai.i luminosi: la presenza di una guida luminosa di ben 500 metri avrebbe reso, in guerra, estremamente disagevoli i movimenti, in specie quelli notturni, delle unità navali in uno specchio d'acqua ristretto, come quello della baia di Portolago, e soprattutto durante un conflitto, tale traccia poteva costitu ire unagrctve imprndenza che avrebbe potuto facilitare attacchi nemici. Notava poi De Vecchi che il problema assumeva ulteriore importanza, se si considerava che Lero era molto vicina alle isole greche dell'Egeo e alle cosce anatoliche, che, come noto, erano armate anche di artiglierie a lunga gittata. Scopo evidente della lettera del Governatore non era tanto quello <li mettere a conoscenza il Ministero della Guerra del problema, ma di far valere le sue prerogative: nell'infòrmare di quanto soj,ra VE. ritengo nece.uario rajlj,resentare ancora una volta come il trattctre questioni the direttamente o indirettamente interessano la dijèsa d.el Possedimento esdudendo il Comandante delle Forze armate che per legge ne ha lr,1, pienct responsabilità, si traduce in ddtnitiva quanto rneno in 1ma dcmnosa perdita di tempo. Non sarà rnai possibile dare corso a lavori senza che ne sia Jweventivarnente informato e comenziente Coùti the delle varie esigenze della dife.rct, esigenze evidentemente unitarie perd1é tendenti ad unico fine, ha con la mjtonsr,1,bilità, la valutazione concreta. Sarcì mio stretto dovere a tui .,aprò non venire meno come semjJre, di prendere .~li ordini degli organi superiori OP,niq11alvolta vedrò toadto il limite della rnia corrtj1etenza spet4ica segnato dalla legge e dct,~li ordini del Ca/}(} di Stato Maggiore Generale che mi sono stati regolarmente wmuniu1ti. La questione fu trattata dall'Uffìcin del Capo di Stato Maggiore Gc-

33 14 R68 e L1 O R 121, lettera del 14.9.1937, rrot. 5369.


__________ La rivalutazione strat!'.gica del Possedimento. Il Governatore Dc Vcrrhi

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nerale e un promemoria, datato 23 settembre 193 7 34 , redatto per Badoglio dal suo Capo dell'Ufficio, generale Bollea 35, rivela quale era la situazione almeno come veniva percepita nelle stanze romane. Dopo aver riassunto il problema, Bollea anticipava i termini della risposta del generale Valle al Governatore, come gli erano pervenuti informalmente: secondo la riunione del 26 fehbraio precedente, era inteso che l'Aeronautica avrebbe lasciato nell'isola di Lero soltanto una squadriglia da caccia marittima (con 12 apparecchi Ro.43) e una da ricognizione (con 12 apparecchi Cant.Z.501), una sezione costiera (con 6 apparecchi cant.501 ). Tutto il resto sarebbe stato rischierato nell'isola di Rodi, negli aeroporti di Fileremo, Cattavia e G-addura e cioè uno stormo da bombardamento terrestre con 36 apparecchi S.81 , e una squadriglia da caccia con 12 apparecchi R.4 I. Dopo aver ricordato che Lcro era stata riconosciuta di preminente interesse marittimo e che pertanto il comando dell'isola era stato assunto da un Ammiraglio, Valle avrebbe fatto rilevare che non attrezzando la baia di Portolago per i voli notturni, le potenzialità di ricognizione marittima in partenza dall'isola si sarebbero ridotte del 50% ; la risposta avrebbe continuato in questi termini: se l'Ammiraglio comandante m.m. dell'isola di Lero e il Governatore del Possedimento ritengono di poter rinunciare al volo notturno per la difesa dell'isola, lo Stato Maggiore della R. Aeronautica per conto suo non ha obiezioni di sorta dtt sollevare. Sia pur esprimendo le sue idee polemicamente o non esprimendole chiaramente, come era nel suo stile, De Vecchi avrebbe avuto in quel caso ragione a forzare la mano per il nulla osta della Marina: infatti , a guerra iniziata, il 26 giugno 1940, lo Stato Maggiore Marina, in un telegramma, chiese <li avere notizie se le sistemazioni presenti dell'Aeronautica potevano essere messe in cond izione di assicurare l'attività notturna <li aviazione per la ricognizione marittima. Rispondeva subito De Vecchi scrivendo che quello Stato Maggiore sapeva benissimo che la risposta doveva essere negativa, poiché era ben noto che a Portolago e a Parteni non si poteva volare di notte, in 34 I4 R68 . :\5 Pochi mesi prima Ottavio Bollea era stato promosso generale cli brigata.


I:Esercito Italiano nel Dodeca11rJi1 1"--91:. .:c2=-- 1:. L9'- -'4., __3_ _ _ _ _ _ __

quanto le installazioni marinare non consentivano un duplice uso della Marina e dell'Aeronautica, essendo stata valutata la baia uno spazio troppo ristretto per segnalazioni luminose che permettessero voli notturni. La risposta del Governatore continuava rilevando che egli era andato sostenendo pregando swngittrando 56, nel passato che fossero fatte infrastmtture che avessero potuto permettere un migliore uso della baia di Portolago, ma nulla era stato fatto e lui aveva ricevuto solo dinieghi e rimbrotti ... in realtà per quell'uso spccifìco, aveva concordato con il Comandante marittimo. Nel suo telegramma di risposta poi non si astenne da qualche ulteriore consiglio, come era nel suo stile .. . Se volete fare seriamente di giorno fa riwgnizione marittima dovete mandare ben altra forza jlerché q11e//i veramente 4Jicienti dei vostri ajJjJarea-hi sono per orr1 cinqtte diw cinque e anche e.uì hanno vitrJ wrta e difjìcite alt questo est oggi lo stato dì fatto. Nel 193 7, però il problema venne in realtà considerato socco un'altra angolazione, più formale che operativa e il promemoria di Bollea continuava con sue considerazioni personali che sottoponeva all'esame di Badoglio: il malinteso, secondo lui, derivava soprattutto dal fatto che De Vecchi era sempre so.1pettoso che !e Forze Armate del Possedimento m irassero a sottrarsi alta di lui diJ,endenza per a~~ire ciamma per conto suo . .. Bollea era dell'opinione che se fosse stata indetta una semplice riunione locale per discutere l'argomento, la questione avrebbe potuto essere risolta più semplicemente, senza farne un caso da riferire ai vertici delle Forze Armate e allo stesso Ufficio del Capo di Stato Maggiore Generale. Alla fìne dell'appunto vi è ancora una frase interessante: E' eia Jwendersi cttto, e con soddisfazione, che finalmente S.11. Dfl VECCHI riconosce di avere ricevuto da V E. veri e propri ordini. Finalmente il Governatore aveva riconosciuto l'Autorità militare suprema, ma questo comunque non significò che anche durante la prima parte del conflitto non si registrassero ' malintesi o rimostranze'. Badoglio annotò sul promemoria di suo pugno: Sta bene. Quando sarò rJ Roma, esamineremo la cosa.

3 6 Cfr. Diario Storico Seconrla Guerra Mondiale, R

654.


_ _ _ __ Li rivalutazinne .ma~ica del Possedimento. Il Governatore De Vecchi

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La questione degli impianti notturni però non era certamente chiusa: ai primi di ottobre il Gabinetto del Ministro dell'Aeronautica rispondeva, in termini tecnici al Governatore, e naturalmente inviando per conoscen:La la lettera agli altri Capi di S.M. e al Capo di S.M. Generale 57: innanzi tutto veniva rilevato che la sistema:Lione degli impianti per il volo notturno era la conseguenza cli una esplicita richiesta che era stata avanzata precedentemente dallo stesso Coman<lo Marina per l'esecuzione dei voli notturni. In altri importanti idroscali gli impianti erano stati installati senza che fosse stato richiesto un nulla osta preventivo in quanto trattavmi di applicare un jmJVvedimento di carattere generale. Nel caso particolare cli Lero, poi, risultava che per questo impianto fossero stati presi accordi preventivi con il Coman<lo Militare Marittimo delle Isole italiane dell'Egeo, già in sede di elaborazione del progetto che era stato approvato nel giugno 1936. Dal punto di vista tecnico, poi, si argomentava che un sentiero luminoso mobile poteva essere rimosso con una certa facilità: a prescindere da questa particolarità tecnica, si doveva osservare che le considerazioni che erano state fatte pn la haia di Pnrtolago, avrebbero dovuto essere fatte per altri casi analoghi e quindi, qualora fossero risultate accettabili le considera:Lioni della Marina e del Governatore, bisognava abolire tutti gli impianti luminosi per voli notturni, and1c presso molti aeroporLi metropolitani. La risposta a De Vecchi si chiudeva con queste parole: Peraltro, non ritenendo l'argomento in oggetto, la sed,e più opportuna per illustrare la necessità d,el/'addestramento dei rej1arti all'irnj,iego notturno, prendo atto di quanto prospettato con la nota a ri:ferimento 38 circa la rinuncia agli imJ1ir.mti di che trattasi nella Baia dì Porto/ago. Resta inteso, quindi, che l'addestramento dei reparti idrovolanti dell'Aeronautù-a dell'Egeo sarà limitato all'attività diurna. La diatriba non era ancora finita: a sua volta l'Ammiraglio Cavagnari, Capo <li S.M. della Marina, rispondeva l' 11 ottobre alla letteraricevuta per conoscenza che era pur vero che per esigen:Le di impiego

37

14 R68, lettera del 6.10.19:)7.

:; 8

La lettera Ji De Vecchi Jel 14 settembre precedente.


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gli impianti per il volo notturno erano stati una esplicita richiesta della Marina, ma era altresì vero per quanto riguardava Portolago che il Comando dello Stormo Misto dell'Egeo, in data 7 febbraio 1936, aveva risposto all'esplicito quesito del Comando M.M. del le Isole escludendo la possibilità di un tale impianto, anche nel futuro, per la baia in questione per la partenza e l'ammaraggio notturno di idrovolanti , a cat.tsa di insormontabili di;fficoltà tecniche. Della questione continuava ad essere coinvolto Badoglio nella sua qualità di Capo di S.M. Generale, anche se come 'semplice conoscenza': egli però non ritenne opportuno, al.meno per a momento, intromettersi nella diatriba tra le due Forze armate e tra queste e il Governatore. Purtroppo, almeno nel periodo precedente la guerra, i rapporti fra le tre Forze armate non erano facili e il Governatore non brillava p articolarmente per le sue doti diplomatiche; il suo pragmatismo invece avrebbe potuto essere di notevole aiuto nell'organizzazione militare organica del Possedimento. Mentre si discuteva l'impianto per i voli notturni, Dc Vecchi aveva studiato, a sua volta, la difesa del Possedimento e iniziato a inviare le sue richieste, su I la base che le isole costituivano un formidabile JÌsterrttl di difesa, frt ati principale forza .rta nel reciprow appoggio di ttn'isola rispetto all'alira e che era necessario f1ertanto che ogni isola fo.r.re dotala di forze sttfficienti a garantirne la resistenza fino all'arrivo dei preordinati elementi di manovra. Le sue richieste, in dettaglio, erano le seguenti: per quanto rig uardava il personale per la fanteria, riteneva necessaria a) una forza dei reggimenti permanentemente efficienti come da organici di pace, b) la costituzione di un secondo gruppo misto, c) la costituzione di un comando di artiglieria. Per i materiali, richiedeva 150 mitragliatrici da posizione, 20 batterie, 20 sezioni da 20mm. per la difesa contraerea dei campi di aviazione da manovra e mezzi di guerra d'arresto. le possibilità che venivano previste dal Ministero della Guerra, avendo vagliato richieste e stu<li presentati, erano le seguenti 39: per il personale, il Ministero avreobe proposto, in sede e.li provve<limen-

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T4 ll65 , 21.10.1 937.


--·-·--· _____ La rivalutazione strat\'.lQia del Possedimen to. li Governatore Dc Vecchi

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ci concernenti la forza bilanciata, <li mantenere a forza costante le unità dell'Egeo; avrebbe costituito un nuovo gruppo così strutturato: una batteria da 210/8, una da 149/12 e una <la 75/27. In totale un aumento forza nell'Egeo di circa 180 unità, con personale tratto, per la prima costituzione, dai reparti del territorio metropolitano e mantenuta, a regime, con normali assegnazioni di reclute. In questo modo restavano assegnate alle isole dell'Egeo un gruppo misto su ere batterie; un gruppo misto <la posizione costiera su tre batterie. Materiale da posizione per 17 batterie sarebbe rimasto accantonato in loco per l'eventuale mobilitazione. Per quel che rigLiardava la costituzione di un comando di artiglieria, si prevedeva l'invio a) di un ufficiale comandante di reggimento con funzioni di comandante di artiglieria presso il Comando Porze dell'Esercito nelle isole dell'Egeo; b) un comandante di reggimento: un colonnello o tenente colonnello, più del personale in parte tratto dai due gradi, in patte con nuove assegnazioni. Per i materiali potevano essere inviate 40 mitragliatrici S.Etienne in un primo momento (<la trarre dai pezzi a disposizione della D.T.C.A.T., che sarebbero poi state reintegrate con altre in riparazione a Terni), tutte dotate di accessori per tiro contraereo e per 10 unfoc; in un secondo momento potevano essere inviate 60 S.Etienne, da trarre dal conting ente in riparazione a Terni. Per le batterie, le disponibilità erano di 9 batterie da l 49/ l 2 mod.18 con 5 unfoc; 3 batterie da 210/8 con 5 unfoc; 8 batterie da 7 5/27 mod, 1906 (non si sarebbe provveduto al munizionamento, considerando che la disponibilità già accantonata nell'Egeo permetteva la costituzione di 4 e1/2 unfoc per 9 batterie). Era possibile però inviare il caricamento completo per le batterie da posizione. Come mezzi di guerra d'arresto potevano ·essere messe a disposizione 10.000 mine del tipo B4 e 200 tonnellate di iprite. In termini finanziari il conto era stato presto fatto: la sistemazione dei materiali avrebbe richiesto circa 1.500.000 di lite dell 'epoca. Questa somma doveva essere aggiunta ai 15.000.000 di lire già preventivati per i lavori di accasermamento e vari altri per le isole dell'Egeo: per questa cifra il Ministero aveva potuto stanziare solam ente 3.000.000, traendoli dal proprio bilancio corrente.


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L'Esercito Italiano nel Dodecaneso 1912-l5/.1L _

Pariani comunicava in modo asettico questi dati al Capo di Stato Maggiore Generale per quelle direttive che avrebbe ritenuto opportuno di impartire al rigttardo: i problemi di bilancio continuavano a turbare le fatiche dei militari per le azioni offensive e difensive Jell'Egeo, e non solo in quel settore. In realtà le spese generali previste per la completa sistemazione del Possedimento ammontavano a una cifra piì:1 alta, perché vi era ancora da risolvere il problema della difesa contraerea dei campi di aviazione, per la modica cifra di altri 15.000.000 <li lire: l'Aeronautica rifiutava di accollarsi la somma, sostenendo che difesa non era fatta con gli aerei ma contro gli ctttacchi eterei, sostenendo che era quindi di competenza dell'Esercito. La Marina aveva avocato a sé la difesa contraerea per le località di preminente interesse marittimo. La soluzione del problema, secondo l'Ufficio del Capo di Stato Maggiore (-i-enerale poteva essere solo quella di ottenere dal Capo del Governo uno stanziamento straordinario a favore del Ministero della Guerra, considerando anche le condizioni fìnanziaric di.wstrose nelle quali si trovava quel Dicastero, dopo la guerra etiopica, che aveva drasticamente ridotto mezzi e materiali e con la necessità <li organizzare militarmente l'Impero, oltre al mantenimento della Libia, in un Mediterraneo fortemente influenzato dal dominio della flotta briLannJCa. Badoglio di suo pugno annotò a margine del promemoria presentatogli dal Capo del suo Ufficio riguardo al Dodecaneso: Per la difesa del campo di aviazione, Ji dovrà segttire lo stesso procedimento 11-sato in ltrtlir1-. Se il Ministero dellr1- G11-errct non ha fondi, proceda per ,~radi stanziando ogni tanfo quel tanfo che possa permettere dei favori.

Le Forze armate si stavano preparando per un conflitto armato, che però veniva ritenuto ancora lontano, contando su un quinquennio almeno per terminare l'organizzazione generale.


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3.2. I primi anni del Governatorato De vecchi. Il Piano di Difesa del 1939.

L

a sistem~io~1e organica. dell'orga1~izz~zione_ militare dell'Egeo era m p1cna attuaz10ne nel b1enn10 1937-1939: la presenza di un Governatore dotato di tutti i poteri militari , con in più la personalità forte di Dc Vecchi di Val Cismon, e la mutata situazione internazionale del Mediterraneo orientale acceleravano le procedure e il rafforzamento Jel Possedimento. Anche la proclamazione e l'organizzazione amministrativa e militare dell'Impero in Africa Orientale premevano sulla strategia complessiva. Dunque dopo molti anni, di nuovo, il Possedimento poteva avere una funzione militare forte, strategica, di appoggio, come l'aveva avuta subito dopo la prima guerra mondiale, nei riguardi dell'Anatolia: da funzione puramente difensiva, contro g li eventuali e mai sopiti appetiti espansionistici di Turchia e Grecia, le basi di Rodi e di Lero potevano essere utilizzate per portare un attacco al nemico su quelle basi che erano considerate a portata di 'bombardamen to', in particolare, Alessandria d'Egitto, Haifa, Malta, Cipro. Già agli inizi del 1938 il Ministero della Marina stava studiando le varianti da apportare ,ùl'ordinamento dei propri servizi nell'Egeo. De Vecchi aveva fatto rilevare l'opportunità che la sede del Comando Militare Marittimo fosse la stessa del Governo delle Isole, cioè Rodi e non Lero come era stato <leciso <lai Regio Decreto istitutivo di quel Comando 1. La Marina aveva rilevato che non era possibile trasferire a Rodi i vari servizi navali presenti a Lero, occorrendo conservare ai medesimi 1mità di comando e direzione e quindi per questo scopo prevedeva <li trasferire a Rodi il Comando Militare Marittimo delle Isole Italiane dell'Egeo e allo stesso tempo di istituire a Lero un Comando di difesa marittima Marina, dalla quale dipendessero tutti i servizi navali dell'isola e dipendente a sua volta dal Comando Marina di Rodi. Alcresì 1

V. soprn.


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L'Esercito Italiano nel Dodccancso 1912-1943

sarebbe stato necessario, in relazione alle necessità di difesa e alle altre esigenze di carattere sanitario, istituire a Lero una sezione di Commissariato M.M., una sezione staccata del genio militare navale, una infermeria. Nel proporre la nuova organizzazione dei Comandi, il Ministero della Marina assicurava i ministeri finanziari, sempre più attenti e censori, che tutto questo non avrebbe comportato aggravio di spesa o aumento di personale. II Comando del Corpo di Stato Maggiore della Regia Marina scrisse al Ministero che non vi era nulla in contrario al tra4èrimento da Lero a Rodi della sede dei Comando militare marittimo delle isole itaiìane dell'E,~eo e per la costittnione a Lero e a Rodi, riJpettivr.tmente di un Comando Marina e di un Comando Difesa maritti1llcl, ma non poteva fare a meno di rilevare alcuni punti che erano in contrasto con quanto era stato stabilito da Badoglio nella riunione del 26 febbraio 1937, e cioè segnatamente che a) al (-ì-overnatore dell'Egeo spettava l'impiego delle forze armate e dei mezzi dislocati nelle isole solo per guanto aveva attinenza alla difesa del Possedimento; b) lo stesso Governatore si creava e organizzava come meglio credeva il suo Stato Maggiore; c) il Governatore aveva il compito di designare i comandanti delle isole. Ma era altresì chiaro che l'organizzazione delle basi e l'impiego ofrensivo delle Forze Armate in Egeo erano cli stretta competenza rispettivamente delle Autorità centrali e <lel Comando Supremo. Questo derivava dalla circostanza che le isole dell'Egeo venivano ormai considerate come basi di partenza delle forze marittime e aeronautiche destinate a possibili attacchi nel Mediterraneo, su ordine del Comando Supremo. Pertanto le isole dovevano venire organizzate al di foori di ogni ingerenza del Governatore, ma solo a cura della madrepatria sulla base di studi compiuti dalle stesse Autorità centrali. L'impiego a scopo offensivo era <li stretta competenza del Comando Supremo 2 . Un N1dla in contrario riaffermato il 21t febbraio seguente, pur se con la notazione finale Resta inteso che la questione dell'organizzazione del Comando delle Isole dell'Egeo resta tuttora insoluta 3_

2

LlOR121.

3110 R12.


- - -- ~ 1,., pt,_, ·im"-"1.·_a.,nni . Jel_Governatorato Dc Vecchi. Il Piano di Difesa del 1_9J9______----1.!l

Sarebbe stata definitivamente risolta poco tempo dopo, nei suo1 aspetti formali, perché quelli di sostanza erano già ben chiari alle Autorità centrali. Intanto sempre nel gennaio 1938, in relazione alle decisioni di Pariani, veniva costituito il Comando di Divisione di fanteria dell'Egeo, per trasformazione del presente Comando truppe delle Isole Italiane dell'Egeo: iJ provvedimento comportava una maggiore assegnazione di uomini nella persona di un tenente colonnello di Stato Maggiore o maggiore in servizio di S.M., e un ufficiale inferiore, sempre in servizio di S.M. Fu anche avanzata la proposta, che sarebbe stata di lì a poco accolta, di chiamare la costituenda divisione di fanteria 'REGINA'. Il l O marzo 1939 il Comando Truppe del Regio Esercito del le Isole Italiane nell'Egeo avrebbe assunto la denominazione di Comando Divisione Fanteria Regina con propria mostrina divisionale 4 . Nel fervore del potenziamento della struttura, della riorganizzazione militare: e dell'impronta che il nuovo Governatore stava dando, anche la M.V.S.N. (Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale) ampliava i propri organici, costituendo nel Possedimento una Legione, che avrebbe ricevuto il nome J i ' Conte Verde', con sede a Rodi: la 'coorte egea' veniva trasformata, alla data del l O marzo 1938, in Legione, con compici ed impieghi che sarebbero stati stabiliti direttamente dal Governatore dell'Egeo - Comandante delle forze Armate: la nuova importanza strategica del Possedimento sicuramente spiegava il rafforzamento anche di questa organizzazione, ma non si può non notare che Dc Vecchi aveva così finalmente una formazione militare alle sue dirette e complete dipendenze, senza problemi di difesa o offesa, di impiego o altro. L'ordinamen·to della Legione era il seguente: un Comando Legione; una coorte su 3 o più centurie, costituita con i 600 effettivi iscritti al Partito Nazionale Pascista; due coorti complementari su tre o più centurie, costituite dagli effettivi non iscritti al Partito.

li

LlO Rl21. Per le mostrine divisionali, v. circolare 80320 Jel 6.12.1938.


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L'Esercito Italiano nel Dodecaneso 1912- 19/i 1

Gli organici prevedevano per il Comando di Legione un Comandante - Console; un aiutante maggiore; un ufficiale addetto; un ufficiale addetto all'UPI; un ufficiale di Amministrazione; quattro ufficiali inferiori (<lei quali uno già sul posto); due scritturali, sottufficiali o graduaci, 3 Camicie nere. Tutto questo personale era in servizio retribuito, mentre il previsto ufficiale dirigente sanitario era volontano. Per il Comando Ji Coorte, tutto il personale era in servizio non retribuito: un .reniore coman<lante <li Coorte; un aiutante maggiore, un uffìciale addetto e un ufficiale medico. Anche per il Comando di centuria era previsto un servizio non retribuito: un comandante di centuria e tre comandanti di manipolo. J;uffìcio del Personale della M.V.S.N. avrebbe preso accordi con il Governo Jcllc Isole Italiane dell'Egeo per nominare gli ufficiali da inviare nell'Egeo e a dar corso alle proposte per gli ufficiali in servizio non retribuito che sarebbero stati inquadrati nelle coorti , centurie e manipoli. La Direzione amministrativa avrebbe invece preso accor<li per stabilire a chi Jovevano essere imputate le spese occorrenti per il funzionamento della Legione della Milizia appena istituita, anche per quanto riguardava le indennità da corrispondere per il servizio retribuito, che avrebbero dovuto essere uguali a quelle fruite dalle truppe Jcl Regio Esercito nel Posse<limenco. A metà luglio del 1938, mentre fervevano i lavori di approntamento delle difese e l'attuazione del nuovo ordinamento militare per le isole delJ'Egeo, rimaneva però ancora insoluto il problema del Comando Egeo, non tanto per quanto riguardava attribuzioni o Jipendenza <la conferire, ma in realtà solamente per <lare una denominazione meglio rispondente alle sue competenze e attribuzioni, in caso di mobilitazione, e soprattutto che trovasse rispondenza con quanto fatto per le altre terre italiane d'oltremare, e cioè un Comando analogo a quel Comando Superiore delle Forze Armate nell 'Africa settentrionale e in questo senso sarà poi deciso. Dal punto di vista politico internazionale, i rapporti italo-francesi erano decisamente deteriorati già dalla fine del 1938, ma non sembravano esservi da parte di Mussolini rivendicazioni territoriali nei


I rimi anni <lei Governatorato De Vecchi. Il Piano <li Difesa Jel lJ-3..2_____11.i

confronti di Parigi 5. Erano invece giunte sicure notizie che il generale britannico Nesbitt aveva fatto una visita a Istanbul con loscopo di promuovere uno studio per una azione concordata contro i possedimenti italiani nell'Egeo, ottenere per la Gran Bretagna in caso di guerra l'uso della base di Marmarizza 6. J:intesa militare fra francesi e inglesi andava concretandosi, anche per quanto riguardava il Mediterraneo e le zone di competenza delle due Marine, nell'eventualità di un conflitto vedevano gli inglesi nel Mediterraneo orientale e i francesi in quello occidentale: il Dodecaneso era considerato un territorio esterno nemico, insieme alla Tripolitania e la Cirenaica, da conquistare per riportare sttccessi tan,gibi!i ..... .per questi obbiettivi [cioè successi tangibili e manovra offensiva. N.d.a.) l'azione dette .flotte è di primaria importanza; essa J.eve esercitarsi specialmente net Mediterraneo amlrttle e orientale, wrne nel 1rtttr Rosso. Ltt loro missùme wn.rÌ.fte nel fermare le comunicazioni fra l'Italia e la l~ibia, nell'isolare il Do-

decaneso e l'EtiopirJ ...... strr1ppare il Dodecaneso agli italiani 7

.

Le intenzioni degli inglesi erano note agli Stati Maggiori: i docummti segreti britannici venivano quotidianamente fotografati all'interno dell'Ambasciata britannica a Roma e dati in copia, oltre

5 V. Verba li delle riunioni tenute dal Capo di Stato Maggiore Generale, voi. I,

26. l.1939-29.1 2. 1949, Stato Maggiore Esercito-Ufficio Storico, Roma, 1983, verbale 21.1.1939. 6 LlO R121, <lai Bo!lcttìnì informazioni delta Regia Marina, 15.3.1939. 7

Per una analisi dettagliata <lei la politica internazionale e della situazione nel Medi terraneo nell'anno 1939, v. il dettagliato studio <li M. Gabriele, 1939: viKilia di guerr(f del M editerraneo, Rivista Marittima, luglio 1981, p.17-10. In particolare tra i vari documenti mi li cari riportati, anche questo del la Marina frances e (p.31.-33), dove si fa cenno esplicitamente a questi territori. Si veda anche dello stesso autore , L'ltalù, nel M editerrttneo t ra tedeschi er,!let1ti ( 1938-1940), in 'Rivista marittima', dicembre 1984, p.17-''>6: questi due saggi consentono una interessante, accurata ricostruzione della situazione navale nel Med.iterranen in quel periodo. lJna interessante analisi politica è.· contenuta nello studio di M. Toscano, Problemi particola ri della .rtorit:, della .recorula x1,erra rmmdiale iII Paxine di Jtoria difl{omtttica contem/Joranea , voi. II, Origm1 e vicende della .rcconda guerra mondiale, Milano, 1963, p. 75-87 e dello stesso autore Le origini del Patto d'AccitJio, Firenze, l 9'18.


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L'Esercito Italiano nel Dodecaneso 1912-1913

che ai sovietici, al SIM 8 , molto attivo (come tutti gli altri servizi di informazione militare) e con successo: era gli altri, il riassunto Ji un documento segreto inglese relativo alle operazioni nel Mediterraneo e Vicino Oriente 9, redatto tra gli ultimi mesi del 1938 e i primi del 1939 che partiva dal presupposto, rivelatosi corretto, di un intervento italiano a fianco della Germania contro la coalizione anglofrancese. Per quanto riguardava l'azione italiana nel Mediterraneo, il documento inglese riteneva che la maggior parte della forza navale italiana sarebbe stata dispiegata nelle acque metropolitane e solo il naviglio leggero nel DoJecaneso. Secondo il documento, le possibili azioni aeree e navali italiane avrebbero avuto come obbiettivi la Tunisia e l'Egitto, con azioni di logoramento delle flotte avversarie, bombardamenti aerei delle basi navali francesi e inglesi, guerra al traffico marittimo nemico, attacchi aerei e terrestri contro il territorio tunisino, egi'.liano e sudanese, contro Malta e Gibilterra, con la difesa assoluta del mantenimento delle comunicazioni con la Libia. Per l'Egitto il documento prevedeva che il principale obbiettivo sarebbe stato il porto di Alessandria e l'azione principale degli italiani, via terra, si sarebbe sviluppata lungo la litoranea s11.1sidiata eia Jnmtate offensive in direzione dell'oasi di Saharia attraverso Siwa, el Fayum e la valle del Nilo ... Dal canto loro, gli inglesi tendevano a salvaguardare gli interessi vitali nel Mediterraneo e nel Vicino Oriente: da lungo tempo la poli tica estera inglese aveva con grande determinazione salvaguardato la propria Via alle Indie, attraverso il Mediterraneo e il G-olfo Persico e quindi avrebbe cercato di eliminare l'Italia, conducendo contro le sue cosce, le sue forze navali e le sue basi, una offensiva condotta in generale con mezzi prevalentemente navali. La difesa dell'Egitto era considerata 'strategica' e implicava naturalmente il controllo del canale di Suez (che gli inglesi saranno costretti ad abbandonare nel 1956), l'isolamento delle colonie italiane del8

Servizio Ji Informazioni Militari: era stato costituito nel 1925.

') Hl Rl3.


I primi annì del Governatorato De Vecchi. Il Piano di Difesa ùeU.939 __ __ 4 1_2_

!'A.O.I.: bisognava inoltre impedire agli italiani di attaccare la Palestina e la Siria. Per l'Egitto, in caso di offensiva italiana in forze, le due linee principali di resistenza da scegliere ad ovest quella cli Marsa Matruh o nella zona cli El Dabaa 1O_ TI documento dava anche la dislocazione delle forze navali franco-inglesi: nel Mediterraneo orientale, forze navali britanniche atte al controllo <li quelle acque, concentrate nella base principale di Alessandria e in quelle secondarie di Port Said, Haifa e Famagosta; a questo punto veniva auspicata l'alleanza con la G·rccia e la Turchia allo scopo di disporre di nuove basi da contrapporre a quelle italiane nell'Egeo e impedire agli italiani il traffico con il Mar Nero: la Francia e l'ftalia, ambedue , cercheranno di ottenere la netttralité bienveillante della Turchia, padrona degli Stretti e strumento importante, con i suoi porti , per comunicazioni e rifornimenti. Non si può dire che le intenzioni anglo-francesi fossero sconosciute all'organizzazione militare italiana, ma per arrivare a attuare ciò che veniva ritenuto necessario per contrastare la Gran Bretagna e persegui re una politica di dominio nel Mediterraneo, occorreva tempo e danaro, ambedue assolutamente scarsi nel panorama italiano e internazionale di quegli anni. Nel dicembre del 1938 fu deciso che la forza bilanciata per l'Egeo doveva essere portata, secondo valutazioni ottimali a 5.000 uomini nel 1939: il Possedimento era divenuto una pedina potenzialmente importante nel quadro della politica fascista nel Levante, ma ancora non così importante come avrebbe potuto essere, in realtà. Mentre gli apprestamenti per la difesa e per l'attacco andavano concretandosi in forma dcfìnitiva, De Vecchi aveva proposto e ottenuto alla fine del _1938, in base anche al Regio Decreto che l'aveva investito <li tutti i poteri civili e militari, che in analogia con quanto già fatto per l'Africa settentrionale e l'Orientale Italiana, nella corrispondenza militare la denominazione usata fìno a quel momento di Governo delle Isole Italiane dell'Egeo - Ufficio Militare fosse mutata in LO li clocumento continuava anche con i riflessi sulla situazione nel M editerraneo dell'invio <lella flotta britannica in Estremn Oriente. Vi era anche una appenrlice di analisi sul Mar Rosso.


4Hi

[Esercito Italiano nel Do<lecaneso 1912-1943

Comando delle Forze Armate delle Isole Itct!icme de!!'E,~eo, dando forte rilievo anche al lato militare del la funzione. A Roma tra i vari gravi problemi relativi alla preparazione militare dell'Italia per una entrata in guerra, prevista ottimisticamente per il 1943, i vertici militari dovevano anche dipanare i problemi non facili relativi ai Comandi, alle dipendenze e attribuzioni, indubbiamente resi più complicati dalla personalità <lei G-overnatore e <lall'intreccio di competenze fra le Forze presenti in base alla normativa vigente. A questo proposito non si può far a meno di notare che il problema dell'appesantimento burocratico amministrativo, nei riguardi di tutta la catena <li comando, avrà la sua influenza sulle difficoltà della conduzione della guerra, anche in Dodecaneso, dove non sarà quasi mai <lata autonomia ai comandanti sul campo di decidere tempi e azioni, ma saranno sempre ordini perentori impartiti dalle massime Autorità. Inoltre anche i rapporti tra le Forze dovranno essere gestiti con un 'tramite', Comando Supremo o i Comandi di vertice della forza, che allu ngheranno sempre i tempi <li decisione e reazione. Questo valse non solo per il Doclecaneso. Tn attesa di un evento bellico previsto in un futuro ancora lontano, nel Possedimento, l'attività militare ferveva: dal 9 al 14 aprile 1939 Dc Vecchi diresse una esercitazione con i quadri d elle Forze Armate d ell'Egeo ll_ Lo scopo fu quel.Io di esaminare in un caso concreto le predisposizioni adottate e gli ordini emanati per assicurare la difesa delle Isole e per collaudare il funzionamento degli apprestamenti della difesa in ciascuna delle Forze Armate, proprio in rapporto ad un Comando unico delle Isole, che De Vecchi riteneva importante e fondamentale per la difesa di un territorio, lontano geografìcamcntc dalla madrepatria e non sempre rapidamente collegabile con essa. L'ipotesi di lavoro dell'esercitazione fu la seg uente: Grecia e Turchia, aiutate <la una grande potenza, avevano deciso di aprire le ostilità contro l'Italia., occupando Coo e Lero e neutralizzando Coo (partito rosso); l'Italia aveva già provveduto alla mobilitazione completa delle forze armate e la sua llotta era <lislocata nel Mediterraneo occiden-

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________! primi anni del Governatorato De Vecchi. Il Piano <li Ditesa <le! 1939

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tale (partito azzurro). I criteri di impostazione della manovra si basavano sul fatto che il Dodecaneso italiano costituiva ttn formidabile sistema che trovava la stia principale.fòrza nel reciproco rtppo[!,gio di un'isola riJj,etto alt'altra. Pertanto ogni isola doveva resistere tutto il tempo necessario per ricevere rinforzi dagli altri elementi predisposti nella difesa del Possedimento. L'intero sistema, a sua volta, doveva resistere fino a quando il Comando Supremo avesse deciso di intervenire o meno con i rinforzi dalla madrepatria. La base navale di Lero era il ridotto centrale di tutta l'organizzazione difensiva e doveva essere difesa stando alla periferia <li essa: <li qui l'assoluta necessità di creare nelle varie isole non solo campi di aviazione e basi aeree, ma anche punti <li appoggio per il naviglio leggero e silurante, per evitare di rimanere completamente inefficienti nel caso che il nemico fosse riuscito a bloccare la base navale di Lero. Le isole individuate come possibili obbiettivi di occupazione furono Stampalia, Coo e Rodi, escludendo l'ipotesi che il nemico si potesse impadronire dell'isola <li Lero con una azione di sorpresa e che avesse in animo di occupare le altre isole, per l'obbiettiva Jiffìcoltà di rifornimento che avrebbe sperimentato successivamente allo sbarco. T,e isole minori potevano divenire preda interessante, solo quando fosse stato condotto con successo l'attacco contro una delle tre isole sopra menzionate. Dalle relazioni inviate, l'esercitazione si sarebbe dimostrata molto proficua: dal punto di vista delle forze terrestri, fu chiaro che una volta a regime, gli organici ormai approvati potevano rùener.ri sufficienti. Fu notato che la tempestività degli interventi era assicurata da una rete stradale c'.rmai piuttosto ricca e comunque in via <li completamento e dalla disponibilità di automezzi. I mezzi contraerei si rivelarono invece insufficienti. Fu osservato anche che l'isola di Coo, nel quadro generale della difesa del Possedimento, aveva avuto una importanza maggiore a quella che le si era costantemente attribuita nel passato. La relazione fìnalc sull'esercitazione fu inviata, come previsto, al Capo di Stato Maggiore Generale: Badoglio, nel rilevare con cornjJiadmento i risultati ottenuti, incoraggiava il Governo delle Isole nello svolgimento di esercitazioni di quel tipo che tra l'altro risultavano


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L'Esercito Italiano nel Qoùec~11esnJ 91 2-194-'--''5' ------ - -- - -

anche non essere molto dispendiose, ma assai utili per abituare gli ufficiali delle tre Forze Armate a affrontare e risolvere insieme i vari problemi nell'organizzazione dell'impiego, che si sarebbero potuti presentare nel corso di un conflitto. C-ì-li incoraggiamenti di Badoglio non caddero nel vuoto, anzi stimolarono l'attività del Governatore. Nell'aprile 1939 De Vecchi aveva anche provveduto allo studio e alle richieste relative per l'organizzazione sanitaria di guerra, nell'ipotesi che non fosse possibile, per varie ragioni, del conflitto, avvalersi della sanità civile, che rispondeva pienamente alle esigenze del tempo <li pace.

la prima pagina del Piano di difesa redatto dal Governa1ore

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_________ [j!l"imi.Jll![!i <lei Governatorato De Vecchi. Il Piano di Difesa del 19.32_________ li 1..2

li piano studiato dal Governatore prevedeva, per essere aderente allo schieramento di guerra delle varie unità, le seguenti necessità: 10 ospedali da campo per un totale di 500 posti letto in dotazione, assumendo che altri 750 potevano essere creati all'occorrenza, utilizzando materiale lettereccio da campo; una sezione sanità su due reparti con autocarri, con la dotazione di 100 posti letto e materiali per un reparto portaferiti; una sezione autoambulanze con 10 vetture almeno; altre necessità di trasporto potevano essere fronteggiate utilizzando automezzi requisiti; una ambulanza radiologica e una chirurgica; una sezione di bonifica per i gassati; una sezione disinfezione con due autobagni, due potabilizzatori; una frazione di magazzino di sanità con in dotazione il materiale necessario alla medicazione di 20.000 uomini per sei mesi. Tutto questo materiale doveva venire assegnato al Comando della Divisione Regina e immagazzinato, fin dal tempo di pace. In quei mesi di progressivo rafforzamento del Possedimento, la politica estera italiana aveva preso una svolta decisa verso una alleanza con la Germania, anche perché <la molto tempo le due nazioni non avevano più, almeno ufficialmente, divergenze né per problemi di frontiera, né per spazi vitali. Hiltler si era rafforzato, aveva aumentato le Forze armate, nonostante il trattato di Versailles del 1919 non lo permettesse: era un nuovo potente attore sulla scena europea dal 1933-1935. Gli orientamenti politici sembravano assai chiari. Vi era stata in quel periodo una intensa attività diplomatica nel le cancellerie europee con una fitta rete di alleanze 12 . Il 22 maggio 1939 Mussolini e llider avevano firmato un patto d'acciaio, Llfl patto di amicizia e cli alleanza: da quel momento, secondo l'art. 5 di quel patto, l'Italia avrebbe dovuto essere ;empre al fianco di Berlino, non solo nel caso di una aggress10ne subita dagli stati dell'Asse, ma anche nell'eventualità cli

Solo per ricordare alcune di esse: il patto franco-russo di mutua assistenza dd 2 maggio 1935, la conferenza mediterranea di Nyon del scttemhre 19">7, un accordo anglo-turco, conclusosi poco tempo rrima. All'orizzonte una alleanza anglofranco-russa; garanzie inglesi alla Polonia e alla Romania erano già in atto. L2


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r~sercitl/_Jtaliano nel Dodccancso 1912-1943

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COMANDO f"Ol~ZC ARMATE ·,.,,<,' DELLE 1501.!': ITALIANE DELL"LCiEO

tenera di trasmissione del piano di dHesa tirmata da DeVecchi di Val Cismon li US SME UO R1211

uno scontro armato tra la sola Germania e altri stati 13. Mentre a Berlino veniva firmato il Patto di 'Acciaio', senza che i vertici militari fossero stati consultati, Badoglio i nel uso 11 , l'attività di De Vecchi era a trecentosessanta gradi: il Governatore aveva potuto inviare alle superiori Autorità a Roma un Piano di Difesa delle Isole Italiane dell'Egeo, consi<lerato come una poderosa avanf!_ttardia nctzionale ne/ H Art. :): Se, m,tlgrctdo i desideri e le speranze delle Partì conlraenti, dove.ue a(Tttdere che ttnct dì esse veniJJe ad e.uere irnj1er,nata in com/1/icazioni belliche con 1111'altra o con (I/tre Potenze, l'r1ltra Pr,rte confr(tente si porrà immetliatmnente rnme alleata al sttoficmco e !r1 .ro.rte,·rà nm tutte le m e forze militctri per terra, per 1fl(/.re e nell'aria. J,j

L.Ceva, La St(lria tielle Forze armate in Italia, Torino, 1999, p . 250.


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Mediterraneo orientale: in particolare, nel settore della guerra marittima e aerea, costituisce un imj,ortante capmaldo strategico atto a contrastare il nemico, a vigilare il nostro traffico ed a controllare l'Egeo e il bacino orientale del Mediterraneo l5 : speranze che non si trasformarono in realtà per una serie di eventi contrari o illusioni di quel momento storico. I limiti territoriali del Possedimento erano stati defìniti da accordi internazionali validi: per le isole della costa turca, era in vigore l'accordo del 4 gennaio 19:-32, ratificato a Roma il 2 5 aprile 193 3; per la frontiera marittima, vi era stato un ulteriore successivo accordo del 28 dicembre 1932, che però non era stato ratificato. L'isoletta di Arco a sud di Budrum apparteneva alla Turchia. Il problema dei limiti territoriali con la Grecia invece era ancora aperto all'epoca, perché vi era una questione da risolvere per la sovranità territoriale di alcuni piccoli isolotti a ponente dell'isola di Levita: si trattava di piccolissimi territori, di scarso valore e nulle risorse. Nel Piano De Vecchi, in particolare, veniva analizzata la funzione di rifornimento e appoggio che il Possedimento poteva dare alle forze navali e aeree, impegnate in azioni di contrasto o di attacco nel Mediterraneo orientale. lnolcre fra la base di Lero e gli stretti <lei Dardanelli e di Suez vi erano rispettivamente solo 200 e 400 miglia, il che poteva rendere facile il controllo del traffico che vi transitava. Anche per l'Aeronautica le basi di Lero e cli Rodi erano importami, in quanto consentivano di giungere su obiettivi non facilmente raggiungibili dalle basi metropolitane o coloniali, considerando che il raggio utile di azione degli aerei da bombardamento con un carico massimo di bombe era, all'epoca, di 800 km. Dunque, anche solo considerando le distanze intercorrenti fra i principali porti del Possedimento, fra Rodi e i principali ceneri del Me<literraneo; fra Rodi e i principali ceneri del Levante, risultava chiara la funzione e l'importanza delle isole italiane dell' Egeo. Erano state stimate le seguenti distanze, già precedentemente 16: Rodi era al l5 Copia originale del Piano <li Difesa studiato da D c Vecchi in LlO Rl21. Copia anche in M3 Rl 53, tra i documenti presi dai tedeschi, poi catturati dagli allc11.ti e infine restituiti al Governo italiano.

l 6 14 R65, Promemoria del 28.12.1936, cit. sopra.


L'Esercito Italiano nel Dodernt}e~o 1~9= 12~-1~2~4.... 3_ _ _ _ _

centro di un cerchio di 250 mig lia <li raggio che toccava tutti g li sbocchi mediterranei importami, pii1 l'isola di Cipro; <listava in linea d 'aria 450 miglia (835 km) da S. Maria di leuca; 300 miglia (555) km da Ras Azzazi in Libia; 460 miglia (850 km) dal porto di Haifa; 420 miglia (780 km) da Alessandria <l'Egitto; 120 km da Smirne. Sulle rotte di navigazione, 590 miglia marine da Augusta, Taranto e Brindisi e 360 da Tobru k. Lero era al centro di un cerchio di 180 miglia di raggio che passava per lo Stretto dei Dardanelli, il Canale di Corinto, per i passaggi dallo Ionio nell'Egeo, fra la penisola della Morea e Creta .

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Mappa indicante le distanze dal Dodecaneso alle principali località mediterranee, dal "piano di dilesa De Vecchi" lA us SME uo 11211


_ ________]_primi anni Jel Governatorato Dc Vecchi. li Piano <li Dife~l!.sfo!J..9J_2___~ ~- 42 3

I compiti Jelle Forze Armate nell'Egeo venivano stabiliti a) nella difesa attiva a oltranza, in attesa dei rinforzi dalla madrepatria, e b) nel dare appoggio o costituire base per le forze navali e aeree, per operazioni lontane dal territorio metropolitano o combinazioni tattiche con la basi della maùrepacria. Tenendo dunque conto del.formidabile sistema di difesa e reciproco appoggio offerto dalle isole, i criteri generali per questa difesa si basavano su numerosi elementi chiaramente delineati nell'esposizione. Il primo punto d i forza, per un armonico ed inte,~rale impiexo delle forze presenti era quella ttnità di comando, per la quale i comandanti delle varie Forze Armate dipendevano dal Governatore Coman<lante Superiore Jelle FA., al quale si riportavano direttamente anche i comanùanti delle singole isole. Può essere interessante, a questo punto, riportare uno schema, in sin-

tesi, di come era stato organizzato nei comandi, al maggio 1939, il sistema Jifensivo del Possedimento, anche perché questo organigramma, varato dopo numerose riunioni <lei vertici militari, come sopra ricordato, era stato lìnalmente accettato da De Vecchi: vi era un Comando delle Forze Armate, costituito dal Governatore, Comandante delle Forze Armate e uno Stato maggiore composto <la un Capo di S.M. colonnello o Generale del Regio Esercito e <la ufficiali superiori delle tre EA. Al Governatore spettava l'impiego di tutte le forze assegnate per la difesa del Possedimento. Le forze dislocate nell'Egeo per ordine elci Comando Supremo, per operazioni di carattere offensivo, rimanevano Jipendenti dallo stesso Comando Supremo per l'impiego. Queste forze potevano essere impiegate in concorso per la difesa, quando questo fosse conciliabile con gli ordini ad esse impartiti dal Comr-mdo Sttprerrto e sempre Jtthordinatamente a tali ordini. Dal Comandante in Capo Jipendevano direttamente: il Generale Comandante la Divisione Regina; l'Ammiraglio Comandante Militare Marittimo; il Generale della Regia Aeronautica Comandante le forze aeree dell'Egeo; i comandanti della difesa territoriale di ogni singola isola. I Comandi delle singole isole erano costituiti dai comandanti militari che avrebbero assunto in tempo di guerra il comando di ttttte le forze difensive poste a presidio dell'isola, assicuran-


_,4c:2'-'4~_ ____ _ _ J:t:sercito Italiano nel Dodecaneso 1917-19.43~- -- -- - --

do l'unità cli indirizzo e i I coordinamento della difesa, nell'ambito dei criteri generali presentati nel piano di difesa 17 . Oltre all'1.mità di comando tali criteri comprendevano anche, : a) una azione mobilissima per terra, per mare e per aria; b) la valutazione dell'importanza della singola isola proporzionata al suo reale valore nel quadro generale della difesa; c) l'importanza dei ridotti rentrali e cioè la base navale di Lero, la base aerea di Rodi, da difendere stando alla periferia, con la conseguenza che le forze navali leggere cli superfìci e e le forze aeree dovevano avere basi cli appoggio frazionate 1) per impedire, con una eventuale neutralizzazione delle basi maggiori , la p erdita di efficienza e 2) per sottrarle ad attacchi nemici che le neutralizzassero integralmente, dividersi nella sosta per combattere insieme 18 ;_ d) il concentramento nell'Egeo già dal tempo di pace di tutto il personale e i materiali necessari a potenziare l'azione militare, allo scopo di non doversi trovare nella necessità cli improvvi.rare quando ve n e fosse stata la necessità e l'urgenza, considerata anche la notevole difficoltà di ricevere i rifornimenti dal territorio metropolitano; e) La difesa terrestre veniva organizzata seguendo un sistema di copertura lungo le coste, con un'azione di artiglieria a grande di stanza, contro mezzi navali, e a piccola distanza, contro mezzi da sbarco, e con l'intervento di una forte massa di manovra, dislocata in posizione centrale, per la difesa diretta <lei punti piì:1 atti allo sbarco nemico, con mezzi di fuoco e l'integrazione dei mezzi d'arresto. Secondo De Vecchi , il sistema cli copertura non doveva essere rigido, ma mobilissimo, per consentire ai nuclei di manovra 17 Nel Piano venivano già indicati i comanJanti delle singole isole:

Rodi , il G enerale ComanJance la Divi sione Regina; Lero: il ComanJante Marina Lero; Coo: il Comandante il 10° reggimento fanteria; Cdino: il ComanJame Jel battag lione del 10° fanteria lì dislocato; Stamp,dia : l'ufiìciale più elevaro in grado o più anziano; Scarpanto: l'ufficiale superiore Comandante del PresiJio; nelle altre isole: il C:omanclante del Presidio. 18

Sottolineato nel t esto originale.


l primi anni del Governatorato Dc Vecchi. Il Piano di Difesa del 19:>9

425

provvisti di fuoco di spostarsi rapidamente per essere presenti dove vi era necessità: una copertura concentrata e mobile. In questo sistema, oltre i mezzi Ja fuoco, potevano essere usati gli altri previsti per l'arresto del nemico (mine e iprite). Per le armi da posizione, le postazioni dovevano essere numerose, ma con limiti di spazio che consentissero un rapido spostamento delle stesse; oltre a queste dovevano essere organizzate postazioni a cielo aperto, con opportuno mascheramento per la vista dal cielo e dal mare. In sostanza, bisognava impedire al nemico lo sbarco, di mettere il jJiede a ferra e comunque resistere fino all'arrivo <lei rinforzi. Se il nemico fosse arrivato a terra, occorreva stroncarlo nel momento di maggior debolezza, appunto all'inizio dello sbarco. Per De Vecchi l'efficienza della difesa delle singole isole doveva essere basata j1iù sulla mobilità ed aggressività delle tmppe che stt! numero di qtteste: in effetti non sembrava possibile poter disporre di un alto numero di uomini, almeno agli inizi del conflitto, nel Possedimento. Lo schema di impianto della difesa nelle isole maggiori si basava essenzialmente sulla vigilanza costiera (con elementi <li avvistamento dell'Esercito e della Marina e pattuglie mobili lungo la costa); era prevista l'azione dell'artiglieria a grande distanza (interdizione lontana) contro mezzi navali e aerei (con batterie costiere d ella Marina) e a piccola distanza (interdizione vicina) contro i mezzi da sbarco e contro gli clementi già sbarcati (con batterie costiere <lella Marina e dell'Esercito). 11 Piano di De Vecchi aveva ovviamente considerato a fondo anche l'organizzazione e il funzionamento dei servizi, per l'importanza particolare che questi avrebbero rivestito, considerando la lontananza del territor_io dalla madrepatria, con le conseguenti prevedibili difficoltà cli rifornimenti, che avrebbero accomunato, nelle varie esigenze, sia la popolazione civile che le truppe. Per questo motivo, in caso di guerra, tutto il Possedimento doveva essere considerato zona dell'Esercito operante: quindi tutti i servizi dovevano essere considerati servizi dì carrtjJagna e soprattutto tutte le risorse delle isole erano a disposizione per le necessità militari, in via prioritaria. Ogni forza armata avrebbe organizzato i propri serv1z1,


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secondo le proprie caratteristiche particolari, con l'eccezione del servizio rifornimento viveri e ospedalizzazione dei malati: a Rodi, Coo, Calino, Scarpanto, Caso, Nisiro, Simi, Piscopi, Calchi, sarebbero stati competenza dell'Esercito, mentre a Lero, Stampalia, e isole a nord di Lero, sarebbero stati affìdati alla Marina. L'Esercito doveva anche provvedere al rifornimento dei materiali <li rafforzamento per tutte le altre forze: reticolati, paletti etc. L'organo coordinatore dei servizi era il Comando delle .Porze Armate. Le isole maggiori dovevano essere considerate i ridotti del sistema anche per quanto riguardava i servizi, in quanto in esse erano concentrati i principali magazzini e depositi e per essere i centri verso i quali aflluivano i rifornimenti dall'Italia e le basi di manovra dei mezzi che avrebbero circolato tra le varie isole, a seconda delle esigenze e delle contingenze. Era però chiaro che ogni isola dovesse avere in magazzino e nei depositi l'occorrente necessario al presidio per essa previsto per avere una larga autonomia: l'entità delle scorte doveva essere commisurata a un periodo di sei mesi di vita per la forza prevista in tempo di guerra. Era dunque necessario avviare 1111 da subito queste scorte alle isole di destinazione, fin dal tempo di pace. Le risorse alimentari del Posse<limento, una volta stabilito lo stretto fabbisogno della popolazione civile, dovevano concorrere al sostentamento delle forze armate. Però la requisizione di quelle risorse avrebbe sempre avuto bisogno del benestare preventivo del Governo civile del Possedimento Il corposo e analitico Studio ottenne l'approvazione del Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, che in sua lettera di compiacimento al Governatore, apprezzò il fatto che fosse assai chiaro unito alla caratteristica che lo studio si presentasse concreto e esaustivo 19. Sarebbe stato quel lo applicato durante il conflitto.

l9 Sulla nota del Sottocapo di Stato Maggiore per le Operazioni, generale Soddu, Pariani scrisse di suo pugno, dopo le parole 'lettera di approvazione· per lo studio chiaro, comreto, comflleto che sarà di sìettro r.rrìentamento ad ai ire in ba.re alle varie situazioni che potranno J1re.rentare.


~mimi anni <lei Governatorato De Vecchi. Il Piano <li Difesa <lei 19')2 __________ _427

Promemoria del Generale Soddu sul piano di difesa De vecchi e nota manoscritta di Pariani.

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Gli apprestamenti per la difesa <lel Possedimento avanzavano velocemente e anche l'invio di uomini e materiali per ripianare le mancanze di organici procedeva: il Coman<lo Deposito Misto Truppe dell'Egeo in Barletta <lovette provvedere al trasferimento di unità nell'Egeo con i seguenti numeri: il 9 ° reggimento fanteria mancava di 872 militari di tmppa; il 10°, <li I 60 militari di truppa; il '50° artiglieria, di 2 3 uffìciali subalterni. Il trasferimento sarebbe stato imm ediato. Il personale di truppa doveva essere inviato disarmato. Tra i vari requisiti che gli uomini dovevano avere vi era quello della idoneità fisica generica alla guerra ri,~orosamente accertata 20 : alla data di invio di questa circolare, Hitler aveva già iniziato quella che tutti ritenevano una blietz grieg. Nel luglio 1939 giunse nelle acque del Possedimento la seconda squa<l ra navale italiana, per compiere le consuete esercitazioni estive e fu una ulteriore occasione per De Vecchi per collaudare ancora una volta il Piano di difesa da lui elaborato, con il caso concreto di una manovra di attacco dall'esterno con forze nemiche imponenti sia navali che aeree. Il partito nazionale (A) era rappresentato da tutte le forze armate dislocate nel Possedimento. TI Partito avversario (Il) era composto dalle forze della seconda squadra navale. Scopo <lell'esercitazione che si svolse, tra le ore O del giorno 20 e le ore 12 del giorno 21 luglio, era quello di sperimentare la difesa del Dodecaneso contro attacchi aerei e navali e la possibilità <lella costituzione di una testa di sbarco <la patte <l ei nemico, in una delle isole più importanti dell'Egeo italiano. l'ipotesi di conflitto era la guerra dell'Italia contro una coalizione di gran<li potenze mediterranee, calcolando però che la Grecia e la Turchia si sarebbero mantenute neutrali. Nell'ipotesi fatta, il Possedimento era già stato allertato e quindi in stato di <lifcsa e il Comando delle Forze Armate aveva g ià intensificato il servizio di vigilanza costiera. Si prevedeva che il nemico avesse un grande interesse a occupare le isole più importanti, predisponendo una spedizione in forze che poteva partire improvvisamente da qualsiasi punto del Mediterraneo orientale. Gli obbiettivi dei due p arti-

20

LlO Rl 2 1, prot. 16110 del 24.10. 1939.


- - - - ~ Ip"'r=im=i~a=nn=i~d=cl~G='o~v=cr=n=ar=ora='=ro~D~c-~~c=cc·=h=i.~ll~P=ia=n=o~d~i=Di=fc='s~a=dc~·l_12~3~2____ 4 ~-

ti erano per A, la funzione di difesa secondo il Piano e per B l'elimi nazione Ji quelle posizioni del Possedimento che A avrebbe potuto usare per una guerra aero-marittima. A qLtesta esercitazione parteciparono anche ufficiali del Corpo di Stato Maggiore, come osservatori. Tn uri le di re che l'esercì tazione si svolse con grande soddisfazione di tutte le parti coinvolte, e in particolare del Governatore Comandante delle Forze Armate dell'Egeo. Nell'agosto successivo, dal 9 al I O agosto, sempre ideata e <liretta <la De Vecchi, si svolse una ulteriore esercitazione, di sbarco e difesa costiera, con lo scopo di a) collaudare il piano <li difesa Ji Rodi (vigilanza, copertura, collegamenti, impiego della massa di manovra) e b) controllare tempi e mo<lalità <li sbarco di una avanguardia con mezzi speditivi. Furono impiegati per il Partito Rosso, il 10° fanteria, 5 unità <lella Regia Marina e unità dell'Aeronautica. Per il Partito Azzurro: il 9° fanteria, il 50° artiglieria, un plotone chimico, sommergibili, M .A.S. e unità aeree. Pu simulato lo sbarco effettivo <li 900 uomini nella baia di Afando e Calitea; il tempo per la presa a terra fu di circa /i5 minuti21_ A fine esercitazione, 1'11 agosto il Governatore riunì tutti gli ufficiai i delle Forze partecipanti per Jiscutere quelle che oggi vengono chiamate con termine inglese lessons learned, cioè le deduzioni fatte e gli ammaestramenti tratti. Per De Vecchi il concetto di una difesa terrestre basata su un sistema di copertura lungo la costa e su una massa di manovra situata in posizione centrale nel Possedimento, pronta a intervenire nei tratti di costa minacciati di sbarco era risultata ottima, anche se occorreva prevedere un ulteriore miglioramento della viabilità in ambedue le maggiori _isole, lavori che si prevedeva potessero essere portati a termine entro il 1939. Per guanto riguardava l'Esercito, il Governatore aveva sottolineato l'opportunità di sfruttare i mezzi Jella guerra d'arresto, che si potevano rivelare importanti per impedire, quantomeno ritardare, lo sbarco <lei nemico. L"impiego dei M.A.S. aveva dimostrato l'estrema utilità e duttilità

21 P er i dettagli dc!J"cscrcitazione, cfr. L 1O R 1 20.


430

L'Esercito [talianu nel Durlernncso 1912-1943

di quei mezzi e quin<li De Vecchi confermava l'opportunità di averne a disposizione tre squadriglie, richiesta che aveva già inoltrato precedentemente ali' esercitazione. Anche i sommergibili si erano dimostrati indispensabili, avendo continuamente tenuto al corrente la difesa, <lella rotta del convoglio nemico, eliminan<lo così l'elemento piì:1 importante per l'avversario, il fattore sorpresa. Quindi se ne valutava l'esigenza in non meno di sei unità. Gli aerei da ricognizione avevano fornito continuamente anch'essi notizie sul convoglio nemico, il bombardamento ne aveva disturbato i movimenti e i caccia avevano ostacolato la fase di sbarco. L'azione aerea quindi si dimostrava di grandissima utilità per la stessa difesa. Ragion per cui Dc Vecchi sottolineava la necessità di disporre di due squadriglie complete da ricognizione, per evitare che alcuni aerei da bombardamento fossero assegnati a questo compito, ingenerando un equivoco dcmnosissùno sull'uso che ne avrebbe potuto fare la difesa. Risultavano invece scarse le armi automatichl' messe a disposizione della copertura costiera, lasciando tra l'altro scoperti alcuni tratti. Occorreva aumentare il numero delle postazioni e gli armamenti. La vera lacuna <lella difesa si rivelarono i collegamenti: una lacuna facilmente spiegabile, secondo il Governatore, con la scarsità dei mezzi messi a disposizione. Era indispensabile che il Comando unico della <lifesa potesse disporre di una rete multipla di collegamenti, per assicurare il continuo flusso <lelle notizie e la conseguente tempestività degli or<lini. Dc Vecchi si augurava quindi che il progetto di miglioramento da lui inoltrato a Roma sarebbe stato approvato senza alcun taglio, in quanto l'unità dei servizi di collegamento era tanto indi.1pensabile quanto jJoco compresa. In effetti il progetto fu approvato anche per quanto riguar<lava la parte fìnanziaria aggiuntiva (S.900.000 di lire di allora) da ripartire fra le tre forze armate in quanto erano tutte e ere compartecipi della difesa del Possedimento. De Vecchi terminava poi la sua relazione lodando il J1er.fètto r.tffiatamento, un saldo Jpirito di cameratismo ed 11.n'ottima preparazione dei /Jartecipanti all'esercitazione ...... lieto di affermare che l'organismo militr.t.re che


I primi anni del Govcrnaroraro Dc Vecchi. 11 Piano di Difesa del 19W

411

presidiava il Possedimento era all'altezw dei suoi wmjJiti e jwonto veramente a qttalfiasi contingenza: non poteva essere altrimenti sotto la guida del quadrumviro. Indipendentemente dalle proposte fatte da De Vecchi in seguito all'esercitazione, il ComanJo <lei Corpo <li Stato Maggiore stava perfezionando il meccanismo di difesa in base alla serie di richieste già formulate: aveva provveduto ad accantonare a Rodi i materiali per la costituzione all 'atto della mobilitazione di un nuovo gruppo da 105/28 da posizione. Venivano così destinati alla difesa dell'isola un gruppo mobile, otto gruppi da posizione costiera, cinque batterie contraeree. Erano in corso anche alcune varianti organiche alle unità di fanteria intese a ordinare i mortai su compagnie reggimentali e un battaglione divisionale, e assegnare al Comando Divisione un battaglione dotato <li autocarri. Lo sforzo Ìlnanziario era notevole e quindi Pariani sottolineava la necessitcì asso!tttr.J di 1m oat!atinirrto impief{O e massimo rendimento delle cifre sLanziaLe 22 : l'impegno di spesa era, per la Libia e per l'Egeo, di 30 milioni per il 1938-39; 20 milioni per il 1939-40; 5 milioni l'anno per il 1940-41 e 1941-42. Nel dicembre del 1938 Mussolini, a fronte di Jodici milioni di stanziamenti straordinari richiesti, aveva deciso per un finanziamento straordinario di 4 milioni 23 . Tutti i progetti, sia minimi che massimi, si scontravano con una scarsa disponibilità di fondi, nonostante che in realtà anche nell'Egeo si stessero riversando, comparativamente, notevoli investimenti militari: Eritrea, Etiopia, Somalia assorbivano uomini, mezzi, risorse finanziarie oltre ogni reale possibilità del bilancio statale; l'Impero aveva avuLo un costo molLo alto per conquistarlo _e uno altrettanto alto per mantenerlo. Inoltre con la guerra d 'Etiopia e con l'appoggio in Spagna ai franchisti, l'esercito italiano si era depauperato di molti mezzi e munizioni. Le fabbriche italiane giravano a pieno ritmo di produzione, ma non era altrettanto per le Finanze dello stato, mentre il Duce premeva per un efficiente

22

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__ __ JJisercito Italiano nel Dodecaneso 1_2!{:].24:"-3_ _ __ _ _ __

riarmamento, che era però ancora lontano da una sua dimensione ottimale per quello che si voleva realizzare. Nell'aprile del 1939, in sintesi, questa era la situazione finanziaria, rispetto ai finanziamenti concessi dal Ministero della Guerra per il Possedimento: il 26 aprile 193 7 erano stati erogati Lit. 600.000; il 1 settembre 1937, Lit. 3 .000.000; il 16 gennaio 1938, Lit. 5.000.000; il 1.8 dicembre 193 8, Lit. 4 .000.000; l' 11 febbraio 1939, Lit. 4.000.000, per un totale complessivo di Lit.16.000.000, somma non indifferente, ma non abbastanza, soprattutto per accedere alle richieste del Governatore. I finanziamenti occorrenti per terminare gli apprestamenti difensivi ammontavano a una esigenza ulteriore cli Lit. 4.000.000 per le opere varie (magazzini, depositi, etc) e lit. 2 .400.000 per il concorso nell'impianto della rete dei collegamenti, a fronte di una richiesta di De Vecchi per un progetto dal costo di Lit. 5.900.000, da dividersi fra le tre Forze Armate. Ancora nell'aprile 1939, questa pratica di finanziamento però non era stata definita nella sua interezza, perché se il Regio Esercito aveva accettato l'onere fìnanziario imputato, le altre due Forze Armate si erano oppo~:te alla quan tificazione, generale e particolare della spesa, così come era stata stabilita dallo stesso De Vecchi, e cioè l. l 00.00 lire a carico del Ministero della Marina e 2.400.000 per l'Aeronautica.

In complesso p erò, nonostante tutte le difficoltà di reperimento delle risorse umane e finanziarie, fino alla fine del 1938, risL1ltarono dislocati in Egeo enti e reparti con una forza totale di circa 150 uffìciali, e 3300 fra sottufficiali e truppa. All'atto della mobilitazione , i reparti esistenti in tempo di pace iniziarono il loro completamento previsto p er g li organici di guerra utilizzando la forza in congedo locale; dal territorio m etropolitano sarebbero g iunte le nuove unità organiche e il personale per le varie armi e servizi a completamento di quelli già presenti. In questo modo la forza complessiva di g uerra era prevista in circa 380 ufficiali, 410 sottufficiali e 9800 unità di truppa. Queste previsioni saranno larg amente sconfessate dall'andamento delle vicende del conflitto, quando si arriverà ad avere fino a 3 7 .000


I primi anni del Governatorato De Vt':i:chi. TI Piano di D,~if= esa~de~ I =193=9_ _~4,=1

Alberto Pariani uomini nell'Egeo. Del resto, secondo la situazione forza in Egeo 24 , alla data del 30 ottobre del 1939, la Divisione Regina in Egeo era già forte <li 19.708 unità per nove battaglioni e 10 gruppi di artiglieria, con un armamento portatile cli 216 fucili mitragliatori, 434 mitragliatrici, 72 mortai da lt5, 18 mortai da 81; per quanto riguardava l'artiglieria, 46 mitragliatrici da 20mm, I 08 p.c., 48 m.c., 12 g.c. e 36 e.a .. Gli automezzi utilizzabili ammontavano a 9 carri e lt autoblindo. In totale gli uomini presenti considerando Marina (4.085) e Aviazione ( L.200) erano in tutto 24.993 25 . Bisogna ricordare cbe vi era anche la Guardia di Finanza, con un capitano, un tenente e I 54 tra souuffìciali e guardie26 , dislocati per la maggior

24 LlO Rl21. 2 5 LlO Rl2 l, Ministero delle Guerra, Comando del Corpo di Stato Maggiore, Ufficio Operazioni, Situazione forza in Egeo 11/lti dt.itti del 3 0 ottobre 1939.

26

V. P.P. Meccaricllo, tomo I, cit., p. 46.


4~4

rE~"!IIito Italiano nel Dodecaneso 1912-l_-2:!;L

parte nelle isole minori del Dodecaneso, anche con compiti di vigilanza, oltre a quelli di istituto. Il I O settembre la Germania aveva invaso la Polonia 27 . Il conflitto era agli inizi e, come è: ormai noto, in Italia veniva ritenuto di breve Jurata, considerata la forza e la determinazione dell'alleato tedesco. Le Forze Armate italiane si stavano approntando per una guerra e il Duce annunciò la non be/lif!,eranza, abile mossa, ben diversa da una neutralità dichiarata, cbe sarebbe stata in contrasto con il Patto d'Acciaio; lasciava invece aperta qualsiasi possibilità di futuro intervento, in modo assai diplomatico. In Egeo intanto continuavano gli apprestamenti seguendo il piano di difesa preparato dal Governatore, che in realtà con il suo marcato decisionismo e avendo dalla sua la forza dei poteri militari conferitigli per legge, era riuscito a far varare un piano definitivo e razionale. Le esercitazioni sono solo simulazioni che non possono tenere conto cli una serie di fattori imprevisti. Quello cbe però fu chiaro dall'ultima esercitazione condotta prima dell'inizio delle ostilità e che si rivelerà una lacuna importante durante la guerra, soprattutto nel delicato periodo che andò dal 25 luglio 194 :1 all'8 settembre e le vicende successive, fu la mancanza dei collegamenti adatti fra la madrepatria e il Possedimento e fra i vari centri dell'arcipelago: anche questa mancanza causerà quell'isolamento, fonte di gravi problemi per gli italiani, insieme al mancato aiuto delle forze anglo-americane, e che avrà serie ripercussioni sulla loro difficile resistenza opposta all'ex alleato tedesco, yuando prese il possesso delle isole, nei giorni immediatamente successivi all'armistizio (v. sotto).

n Per ricordi e rcsrimonianze Ji quel giorno. Cfr. D. Grandi, Il mio pae.re. R.imrdi autobiografici, Bologna, 1985, p.515 e ss.; G. Bottai, Diario. 1935- 1944, a cura Ji G-.B. Guerri, ed. 1989, p.156 e ss.


_ ________l.Qti._mi anni del Governatorato De Vecchì. Il Piano di Difesa del 1939

cane del piano di difesa De Vecchi lA us SME uo a12u


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I primi anni del Governatorato Oe_~_cchi. Il Piano di Difesa del 1939

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3.3. le prime operazioni e le prime difficoltà. la sostituzioae di De Vecchi. ci primi mesi del 1940, di non belligeranza, i bollettini riguardanti le terre d'oltremare riportano una vivace e febbrile attività negli apprestamenti militari, nell'ampliamento delle scorte, delle <lotazioni, nella costruzione di depositi che fossero in grado di accogliere l'accantonamento <lel materiale previsto, così come richiesto, <lalle disposizioni impartite, che volevano il ripristino dell'assetto di guerra in tutte le terre italiane d'oltremare per il 15 aprile <li quell'anno. In aprile era già chiara ai vertici militari la decisione del Duce di intervenire nel conflitto 1 , nonché il ruolo e la natura dell'alleato tedesco, di natura invadente e prej1otente: l'alleanza con la Germania non ha mai suscitato entusiasmi corali, né nella popolazione italiana, né nelle sfere militari. Lo stesso Badoglio era consapevole, come gli altri Capi di Stato Maggiore che la preparazione italiana era in difetto: era solo al 40%, in qualche settore, forse anche di più: è questo un argomento ormai noto e ampiamente studiato dai maggiori esperti e storici militari, comprovato <la numerosi documenti e dalle stesse ammissioni dei vertici militari 2 . Mussolini era già stato messo al corrente della situazione precaria della preparazione generale delle forze armate con una lettera consegnatagli personalmente da Badoglio, alla quale aveva in realtà risposto con una lettera o promemoria retrodato al 31 marzo, con le pri-

N

1

USSME, Verbali delle riunioni tenute dt1l Ca/10 di Stato Maggiore Generale, Roma, 1983, Volume I, 26.l.1939-29.12.1940, Roma, 1983: Verbale n. 3 del 9.4.1940, riportato anche in Emilio Faldella, L'Italia nel!,J seconda guerra mondiale. Revisione di J!.ÌVdizi, San Casciano, 1959, p.717-746, insieme ai verbali n. 2-3-4-5. 2

Per questo problema, v. tra gli altri, F. Minniti, il problema d,eg/i arrnamenti nell,t

fwefwmzione militare italiana dal 193 5 rJl 1943, in Storia Contemporanea, IX, febbraio, 1978, p. 5-61, e L. Ccva, Storia delle.forze armate in Italia, Torino, 1999, al

capitolo XIII, p.248 e ss.


440

____ I:Esercito Italiano nel Dodccancso [91 2-1913

me direttive strategiche ', che prevedevano per l'Egeo una linea difensiva, ma per il mare: offensiva stt tttttct fa finect nel Mediterraneo e fuori, il che, però, implicitamente voleva dire 'offesa' anche dalle basi dell'Egeo. Cavagnari prevedeva grandi difficoltà nel Mediterraneo, con una flotta inglese a Suez e l'altra a Gibilterra: noi aJfinieremo, diceva con competenza professionale. Il generale Sodclu, già Sottocapo di Stato Maggiore alle Operazioni, che aveva sostituito Pariani nell'incarico cli Sottosegretario di Stato alla Guerra4 , parlava di una v1erra di dirsa nel Mediterraneo. Anche le due gemme della politica coloniale fascista, !'A.O.I. e l'A.S. erano a forte rischio 5: in particolare la Libia, il cui porto di Tobruk faceva sistema con il Dodecaneso. Questo legame strategico comportava evidentemente rischi gravi anche per quel Possedimento, ma questo territorio non era certamente in cima ai pensieri dei responsabili, che però a volte lo ritenevano di fondamentale importanza, a volte invece di secondaria utilità. La caduta di 'fobruk avrebbe comportato un forte indebolimento del Do<lecancso, ma sehhene se ne parlasse, rimaneva sempre un problema sfumato, lontano.

', Sono riportate integralmente in Ilovio, cit., 296-297. Per questo momento storico dr. anche De Felice, MuJ.rolini, il D11ce. Lo Stttto Totalitario, 1936-1940, Einaudi Tascabili, 1996, p.(J80 e ss, ove riporta anche parte ddl.c direrrive strategiche. 4 Era stato nominato Sottosegretario di Stato alla Guerra il 31 ottobre del 1919 e ebbe l'incarico fino al 30 novembre dd 1940, quando fu nominato Comandante Superiore in Albania. Pu infatti nel novembre 1939 che Mussolini aveva deciso di disgiungere le cariche cli Sottosegretario di Stato alla Guerra e Capo di Stato Maggiore dell'Esercito. Le due cariche rimasero invece unite per la Marina e l'Aeronautica.

5 USSME, Verbali delle riunirmi termte dal Crl{Jo di Stdto Maggiore Generale, cit. p. 36:> 7: diceva Graziani La sitnazione in A. O.I. è molto r,rave. I,'AmrJra è in rivoltr1 ... In caso di pterra non c'è dtt farsi i!!uJioni: la rivolta divamperà rw!ln Scioa e nell'A mara ... Se gli in<~fesi vogliono portarci via l'Eritrea, jHJJJono /ttrlo _(r1cilmente. Anche per le succes-

sive operazioni in Libia, Graziani avrebbe considerato la situazione con concretezza e pragmatismo, ma gli imperativi della strategia fascista soverchiavano quasi sempre l'analisi della situazione contingente.


Le prime operazioni e le prime difficoltà. La soscicmione <li De Vecchi ___ __ 441

Ba<loglio aveva riunito quel 9 aprile 1940 i vertici militari per leggere le direttive strategiche del Duce e cercare di organizzare sia lo studio <li possibili operazioni, naturalmente fino a quando Mussolini non si fosse espresso con chiarezza, sia soprattutto l'allocazione delle risorse militari, <lei mezzi che venivano, secondo le sue parole, sparpagliati in tutte le direzioni. Nei riguardi dell'Egeo, Badoglio aveva già sottolineato, in sede di Commissione Suprema di Difesa, che facendo sempre nuove assegnazioni, non avremmo jJerdttto l'E,~eo, ma avremmo corso il rischio di perdere l'ltaiia. Quando si ha il 40% di Jmj,arazione in Italia, quella degli altri territori deve essere adexuata a tale percento ... In sintesi, i vertici si rendevano perfettamente conto che, in particolare per guanto riguardava l'offensiva aero-navale, le possibilità reali di ottenere vantaggiosi risultati erano pochissime: gli apparecchi previsti sarebbero stati in tutto 2.300 al ·1° agosto 1940 6 . Nel maggio 1940, l'Italia non era ancora entrata ufficialmente in guerra, ma l'opinione pubblica era ormai in sicura attesa di un intervento, convinta della rapidità del conflitto, anche se continuava a sperare che in realtà per qualche strano miracolo, se ne potesse fare a meno almeno per gli italiani .. Le fabbriche lavoravano ancora a pieno ritmo e la mobilitazione preparava il completamento degli organici di guerra. Tn particolare per la preparazione dell'Egeo italiano, ove fu mobilitata una sola divisione, è interessante, fra le altre, una riunione dei Capi di Stato Maggiore, tenuta il 30 maggio 1940, presieduta da Badoglio 7 . Il secondo argomento discusso in quella occasione riguardava l'organizzazione bellica delle terre d'oltremare, che, secon<lo la normativa allora vigente, era di competenza diretta del Capo di Stato Maggiore che prendeva ordini dtt! Duce e dava le direttive generali ai singoli CajÌi di Strtto Maggiore. Quindi Badoglio sollecitò i presenti di attenersi scrupolosamente alle direttive, senza preparare piani che non

6 Cfr. anche Dovio, cit, p.29<> e seguenti. L Ceva, Grande industrùt e guerrct, in TItalia in guerra.1940', Roma, 199 L, p. 33 e ss; A. Curami, Cormrte.ue belliche e af,provvigionamenti di materie Jwime, in ib., p.55 e ss. 7

HlO Rl.


442

rEsercito Italiano nel Dodecaneso 1912-1943

avrebbero potuto mai essere attuati perché le forze del nemico, gli inglesi principalmente, erano inJubbiamence maggiori di quelle di cui poteva disporre l'Italia: studiare operazioni non riJjmndenti alla realtà vuol dire loRorarsi ii cervello e perdere tempo 8 : il messaggio era chiaro. Inutile fare esercizi mentali per operazioni da condurre <lai Dodecaneso. In primo piano per quei territori era l'organizzazione della difesa, con pochi mezzi finanziari e relativamente poche risorse umane. Era considerato, a giusta ragione, assai importante il problema delle scorte, che già precedentemente era stato valutato in una esigenza bellica pari a dodici mesi: l'obbiettivo però non era stato raggiunto. In realtà, come spiegò Graziani, divenuto Capo di Stato Maggiore dell'Esercito il 3 novembre 1939 9, sostituendo Pariani in questo specifico incarico, la forza terrestre aveva portato le proprie scorte a 6 mesi nell 'Egeo: questo era già un successo, se si ricorda che in quel periodo erano a 3 mesi per l'Africa settentrionale e a 3 mesi anche per l'Africa Orientale Italiana. Per la Marina le scorte erano le seguenti: nafta, 2 mesi e mezzo; viveri, nell'Egeo, secondo quanto stabilito da De Vecchi, sei mesi perché a lero la Marina aveva l'obbligo cli provvedere a tutte le forze p resenti nell'isola che ammontavano a circa 12.000 unità; per il vestiario, le scorte erano sufficienti per un periodo di sei mesi. Per le munizioni era stata fatta una divisione tra munizioni antinavi, antiaeree e antisuluranti e le scorte ammontavano a 5 mesi; per la con-. traerea, la situazione era ottimale in quanto le scorte erano sufficienti per un anno. Peccato però che le postazioni delle batterie non fossero sufficienti e il personale da adibire ai pezzi, scarso. Per l'Aeronautica, Pricolo, Capo di S.M. del!' Aeronautica solamente dal 10 novembre 1939 w, fece presente che la situazione era disar-

8

Per la pianificazione operativa v. F, Minniti, Gli obbiettivi della ruerra nella /1iani.fù-azione jJolitica (ll)JH-1940), in 'L'Italia in Guerra.1940. ', cit., p.11 e ss. Dello stesso autore, Fino alla gncrra. Strategie nella politica di potenZ{I di Mnssolini, 19231940, Esi Napoli, 2000, in particolare alla r- 176 e ss. 9 Lo sarebbe stato 10

fino al 24 mar;m 1941.

Cessò di avere questo incarico il 15 novembre 1941.


Le prime operazioni e le prime Jillìcoltà. La sostituzione di Dc Vecchi

443

monica, in quanto nel Dodecaneso vi erano scorte di carburante per un mese (nel maggio 1940 si sarebbe dovuti arrivare almeno a due mesi), mentre le munizioni erano sufficienti per quattro mesi. La situazione dell'Aeronautica era indubbiamente ancora pii\ difficile in A.O.I. e in A.S.: pattare però nei tre settori considerati la scorta carburanti a un anno era ovunque complicatissimo, sia per problemi di magazzinaggio sia per i costi astronomici che avrebbe comportato. Badoglio si riservò di far conoscere questi dati a Mussolini, ma non poté trattenersi dall'osservare che con una scorta di carburanti <li un mese, almeno in A.O.I. voleva dire siamo a terra: non era lo stesso nel Dodecaneso, in linea teorica, ma al momento del conflitto, con le ricognizioni frequentissime e le azioni di bombardamento su Alessandria, Malta e Haifa, il problema si rivelò di fondamentale gravità, come lo sarà in genere anche per l'Africa Settentrionale (I' Africa Orientale fu quasi subito tagliata fuori dai rifornimenti). Si era dunque molto lontani dall'ottimale perio<lo di dodici mesi: solamente a circa un decimo di quanto reputato necessario. Sempre in quella riunione ciel 30 maggio 1940, l'ammiraglio Cavagnari, 11 chiese se l'Egeo dovesse essere considerato come l'Africa Orientale Italiana o come l'Albania, per le conseguenze giuridiche sui comandi militari: alla domanda Badoglio rispose che doveva essere considerato come J'A.O.L, sebbene fosse un territorio che dipendeva dal punto di vista civile dal Ministero degli "Esteri, mentre quei territori dipendevano dal Ministero delle Colonie. Pricolo a sua volta fece notare che l'AviaLione era legata al terreno molto di più di quanto non si pensasse e quindi occorreva avere ben chiare le ipotesi belliche, per potersi opportunamente preparare con depositi e_servizi e utilizzare l'arma aerea nel modo imponente, che si richiedeva. La risposta di Badoglio fu improntata ad un totale pragmatismo e a una conoscenza dei limiti delle forze italiane, che dovevano per prima cosa garantire l'lrrtjwro da ogni infiltrazione nemica; questa è la base

11 Si ricorda che era Capo di Stato Maggiore della Marina dal l O giugno 1954. Avrebbe cessato nell'incarico di lì a pochi mesi, l' 1 1 dicembre 1940.


4~~4_4_ _ _ __ _____ L'Esercito Italiano nel Do<lecaneso 1912-1913

principale di tutto; il resto è sussidiario ... wn un mese di carburante non .ri garantisce nemmeno la simrezza dell'Impero: ma la politica estera fascista non tenne in alcun conto la situazione reale delle forze armate, illudendosi nell'ipotesi di un conflitto rapido, la blitz grieg, stereotipo dell'immaginario, che aveva ormai raggiunto le coscienze della popolazione, fornendo inconsciamente una illusione di tranquillità. Graziani dette poi notizie precise sulla situazione logistica: dunque alla fine del maggio 1940, alla vigilia dell'entrata in guerra, l'entità delle dotazioni dei magazzini speciali nell'Egeo, quasi totalmente ultimata, era sufficiente per un periodo di sei mesi e per una forza complessiva di 22.000 uomini 12 , 500 automezzi, 130 motociclette e 1.1.50 quadrnpedi. Per i carhuranti, l'Esercito aveva una autonomia di due mesi: il Governo dell'Egeo però era stato autorizzato a portare le scorte a sei m esi , facendo ricorso a importazioni dirette dall'estero. Infatti I'Ttal ia non era assolutamente autosufficiente per quanto riguardava il petrolio, non producendone affatto in quel tempo (i ricchi giacimenti libici non erano stati scoperti) e doveva dipendere dall'importazione, soprattutto dalla Romania: questa era anche una delle ragioni del grande interesse dell'Italia nei confronti dei Balcani. Si avvicinava il giorno in cui Mussolini sarebbe entrato in guerra e quindi da Roma Roatta, Sottocapo di Stato Maggiore dell'Esercito chiedeva al Comandante delle Forze Armate in Egeo, di trasmettere. entro il giorno sette giugno l'effettiva dislocazione assunta dalle eruppe dipendenti da quel Comando al le ore 24 del 5 giugno 1 3: il tono di risposta di De Vecchi preannunciò quello che il Governatore avrebbe tenuto durante tutto il corso delle prime operazioni, fino ali' 11 novembre dello stesso anno, quando fu richiamato a Roma da Mussolini per consultazioni e poi sostituito dal generale Ettore Ba-

12 Le cifre non corrispondono, se si pensa che alla <lata Jel 1° ottobre 1939, secondo gli specchi della forza presence d ell'Ufficio Operazioni del Comando del Corpo di Stato Maggiore, vi erano già nel Dodecanneso quasi 25.000 uomini. V. sopra.

ll LlO Rl09.


Le prime operazioni e le prime diflìcolcà. La sostitmione <li De Vecchi

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stico poco dopo, il l4 dicembre 11. Infatti De Vecchi, pur rispondendo che avrebbe potuto per il 4 giugno organizzare la dislocazione prevista, informava che non riteneva a operazioni iniziate di affidarsi alla comunicazione radio civile, della quale avrebbe fatto uso solo con ,~rande parsimonia, anche per intuibili motivi di sicurezza. Alla fìne del telegramma, la contestazione: D'cdtronde jàccio presente che il Cajlo di Stato Mag~iore Generale con suo n.5500 del 30 maggio mi ha ordinato di trasmettere situazioni forze armate et operazioni direttamente a lui alt Sarà bene chiarire questa faccenda perché mentre questo Comando è totale invece da tutte le parti ricevo richieste J1arziali alt De Vecchi 1 5. Roatta dovette rinunciare alla sua richiesta, confermando che le informazioni richieste con il suo telegramma dovevano essere inviate allo Stato Maggiore Generale. Queste furono le prime cli una lunga serie di scintille epistolari tra il Comandante delle Porzt: Armate in Egeo e le Autorità centrali. Il 5 giugno l940 vi fu una nuova riunione operativa fra i Capi i Stato Maggiore presieduta come sempre da Badoglio: la guerra parallela, come la voleva Mussolini, in accordo con Hiltler, stava per essere uffìcialmcnrc dichiarata. Nel riportare la volontà ciel Duce 16, Badoglio informò i presenti 17 che occorreva però preparare subito una azione contro Malta, in modo che non appena iniziate le ostilità, l'isola potesse essere bombardata. Il SIM preparò uno studio accurato

14 11 generaJc Hastico ebbe questo incarico fino al 10 luglio <lei

1941 quando clivenne Governatore della .l.ib.ia e Comandante Superiore in Africa Settentrionale. Fu insignito del bastone cli Maresciallo d'Italia il 12 agosto 1942. 15 LlO R109. 16 USSME, Verbali delle riunioni tenute dal Ca/10 di Stctto Maggiore G enerale, cit. Si legge nel verbale della seduta <lei 5 giugno 1949: Il duce non vuole intervenire con

bombardamenti ,n"YeÌ della Corsica, della 'f'unùia, w.rte francesi, Je loro non prenderanno l'iniziatÌwJ. Ciò mi fa pen.rare che non voxlia romf1ere tutti i {!onti con ltt Prttncict per tener!rJ buona. Ma qm:ste sono .rolo idee mie ....... 17

Vi parteciparono il generale C.A. So<ldu, il Maresciallo d'Italia Graziani, l'ammiraglio Cavagnari, il generale designato d'Armata Pricnlo, il generale D. Armel lini, il colonnello di S.M. Gandin e il colonnello A.A.r.n. Ravagli, questi ultimi due in qualità di segretari.


_4_4~6_ _ _ _ _____1.'_Es~·e~rc~it~o_It~a~lia_n~o nel Dodecaneso1 912-194 )________________________

sull'organizzazione difensiva di Malta 18. Del resto le direttive erano chiare: dovevano essere fatte azioni contro le forze inglesi nel Mediterraneo; aspettativa e.fèrmi contro la Francia ... li I O giugno 1940 Ciano consegnò la dichiarazione di guerra alla Francia e all'Inghilterra: diverse le reazioni dei due ambasciatori 19. lntanto si era costituito ufficialmente, l' 11 giugno, il massimo organo di vertice per la condotta della guerra, il Comando Supremo, presieduto da Mussolini, Comandante Supremo per delega del Re, e composto dal Capo di S.M.Gcncralc, Badoglio e dai Capi di S.M. delle tre Forze Armate, Graziani, Cavagnari e Pricolo 20 ; organo che avrebbe assicurato l'esecuzione degli ordini di Mussolini, quale organismo di coordinamento. ln un appunto al Duce del 24 giugno 21 , lo Stato Maggiore Generale del Comando Supremo prevedeva con la firma dell'armistizio

con la Prancia lo JjJOstarnento del ter.1,tro jJrìncipale della guerra negli scacchieri dell'Africa settentrionale, dei possedimenti 22 dell'Egeo e dell'Africa Orientale Italiana: per quanto però riguardava l'arcipelago egeo, vi era a dubbio che potesse avere una funzione simile a quella di una corazzata in mezzo al mare: le sue capacità operative venivano considerate limitate, la sua stessa vulnerabilità notevole e altrettanti difficili e aleatori potevano essere i rifornimenti. Veniva invece ritenuta piuttosto buona la potenzialità dell' Aeronautic~>so{rattutto se opportunamente potenziata: in sintesi, il Possedimento non veniva ri-. tenuto settore di primo piano.

18 V. D.S. 11 Guerra Mondiale, SlM H279, M,1lta. Dati sull'or?,mtizz,1zione difen.riva dell'isola) giugno 1940, con aggiunte aggiornate all'll luglio 1940. Per uno studio specifico v. M. Gabriele, Operazione C3: Malta, Ufficio Storico Stato Maggiore Marina Militare, Roma, 1975.

19 Cfr.

G.Ciano, Diario, 193 7-1943, a cura di R. De Felice, ed. integrale, Milano,

1990, p. 442. 20

Per maggiori dettagli v. P. Bertinaria, Il Com,mdo S11premo e la Guerra. Prepara-

zione e ritardi, in 'L'Italia in guerra. L910', cit., 69 e ss. 21 I4 R 10. 22

Al plurale nell 'originale.


-----------~)rime operazioni e le prime difficoltà. La sostitmione <li De_vecchi_ _ _____ 447_

Venti giorni dopo la precedente, il 25 giugno, fu indetta una nuova riunione dei Capi di Staro Maggiore, sempre presieduta da Badoglio 25 per valutare <lue questioni di importanza limitctta, ché interessavano solamente l'aviazione: GibilterrrJ e Malta, che doveva essere sterilizzata 24 . Con la firma dell'armistizio con la Francia e quindi con la veloce chiusura di un capitolo di una guerra sempre più ritenuta breve, si doveva cercare di chiudere un altro capitolo, quello della lotta con l'Inghilterra, e quindi il princip,Ùe teatro di operazioni si trasferiva dall'ltctlia alla Libia, secondo le stesse parole <li Badoglio 25. A Balbo, Governatore e Comandante Superiore delle Forze Armate in Libia, Badoglio aveva raccomandato di chiudere innanzi tulio le porte di casa ... , 26 . Intanto gli Stati Maggiori dovevano studiare una possibile offensiva contro l'Egitto, ovviamente per contrastare i britannici su 11 n territorio per loro molto importante e per neutralizzare il porto di Alessandria, base navale di primaria importanza per la flotta inglese. Per quanto riguardava la situazione dell'Egeo, i vertici decisero che non vi sarebbe stato per il momento alcun rinforzo, in quanto il DoJecaneso veniva ritenuto, fra tutte le terre italiane d'oltremare, in migliori condizioni per una resistenza, cioè sempre in vista di una azione difensiva, almeno per l'Esercito. AI massimo si potevano migliorare solo le condizioni dell'aviazione 27 , possibilità <lata dal fat-

23 Questa fo una riunione allargata alla quale parteciparono, oltre naturalmente a Badoglio, e ai generali So<ldu e Roatta, l'ammiraglio Cavagnari, il generale Pricolo, il generale Armellini, anche il Luogotenente Generale Staracc, !"ammiraglio sq. Somigli, il generale sq.a. Samoro. Come Segretari, il col. A.A. Raffaclli e il colonnello A.A.r.n. Ravagli. Stenografo, il tenente Mohrhoff. 24

Per gli inizi deil'offcnsiva su Malta e il suo proseguimento nel 1941, v. M. Gabriele, L'o{!emiva JII M.,J!ttJ.1941, in 'l'Italia in guerra.1941', cit. p.435 e ss.

25

Cfr. USSME, Verbali delle riunioni ten11te dal Ct1,jio di Str1to Mr1g,~ìore Generale, cit., Verbale della sedLtta del 25 giugno 1940. 26 Per i dettagli delle operazioni in Africa settentrionale v. M. Montanari, Le oper,nioni in Africt1 Settentrionale, vol. I, II, III, Ullìcio Stnrir:o Stato Maggiore .Esercito, Roma, 1990 - 1993. 27

Per la si tuazione dell'Aeronautica all'inizio della guerra v. G. De Lorenzo, Cr:teronautica in r.11erra, in 'J.."ltalia in gucrra.1910', cit., p. 85 e ss.


L'Esercito Italiano nel Dodecancso 1912-19fì

co che vi era una discreta scorta di benzina, e quindi s1 ritenne opportu no inviarvi diciotto S.79, che avrebbero potuto agire su Alessandria, partendo da Rodi dove vi erano ormai due aeroporti 28 . La Marina aveva terminato di organizzare una fitta rete di stazioni di vedetta 2 9e l'Esercito era stato mobilitato e organizzato secondo quanto previsto dal piano cli difesa De Vecchi, però solo con il 70% delle tabelle organiche previste. A pochi giorni dall'inizio ufficiale del conflitto, il 25 giugno De Vecchi poteva inviare al Comando Marina Rodi quelle direttive per la continuazione della g uerra che aveva ricevuto da Roma in seguito alla cessazione delle ostilità contro la Francia, ..... .per la condotta della f!,Uerra marittÌJna:

i sommergibili in ag,~uato debbono attaccare soltr.mto unità militari o mercantili britannicbt: conservando fino c1 nuovi ordini wmj)ito esplorativo e di crmta vigilanza verso le unità francesi; le unità di Htperfìcie debbono attaccare qualunque .wrnmergihile non nazionale in irmnersione incontrt.mdo tmità francesi deve e.rsere mantenuto atteggiamento corretto ma eJJere pronti a rea,~ire in caso di atti offensivi gli aerei da ricognizione marittima continueranno a segnalare tutti gli avvistamenti Il Comando Supremo aveva affidato all'Aeronautica in Egeo dei precisi compiti che prevedevano una fase offensiva contro l'Egitto, la Palestina, la Siria e Cipro, in concorso con altre forze, provenienti dalla madrepatria o dalla Libia; il contrasto al traffico marittimo nemico nel Levante; altri potenziali obbiettivi avrebbero potuto essere la Grecia e la Turchia, qualora le vicende belliche avessero coinvolto anche questi due stati. 2 8 Effettivamente, alla data dell'entrata in g uerra, vi erano due aeroporti, Maricm

e Gadurra, un campo d.i manovm a Cattavia e un idroscalo al porto del Mandracchio. Vi era poi la base aerea di Xerocampo a Lero con un idroscalo. Coo aveva un piccolo aeroporto d'appoggio ad Antimachia e a Scarpanto era appena iniziata la costruzione di un campo aereo di appoggio. 29

V. Diari Storici della Seconda Guerra Mondiale (di seguito D.S.), R.654 .


_ _ _ _ _1.e~prime 2r.erazjQ.!!i_tknrime diffìcoltà. La sostituzione di De Vecchi

449

In effetti già il 21 giugno era stato effettuato un bombardamento notturno su Alessandria d'Egitto, con velivoli in partenza dall'aeroporto <li Rodi (cioè .Fileremo ormai conosciuto solo con il nome del la città) e dall'altro aeroporto dell'isola, cioè da Gaddura, con l'obbiettivo di affondare le navi della flotta inglese in porto. Nella relazione presentata al Comando Supremo pochi giorni dopo, De Vecchi poteva assicurare che l'operazione era stata brillantemente cornpiuta e che era stato salvato l'equipaggio dell'unico apparecchio colpito costretto ad ammarare: un successo su tutta la linea. Con l'occasione De Vecchi inviava anche uno schema di articolo giornalistico, come veniva richiesto dal Comando Supremo, per divulgare l'impresa alla stampa: più che uno schema era in realtà l'intero articolo nel solco della tradizione roboante e retorica del periodo, ancora più enfatizzata, come era nello stile del quadrumviro 30_ Il 26 giugno De Vecchi telegrafò a Badoglio che poteva essere in condizioni di avere a disposizione nel Possedimento altre ingenti forze aeree perché i nuovi campi a Scarpanto e a Coo sarebbero stati in condizione <li riceverle e scriveva: ... mi rendo ,~arante personalmente di q11,esti ajljwestt1menti nonché di tutte le persone da me dipendenti alt vi pre,go non ascoltare q1Jalriasi voce diversa che sarebbe inescttta o ballerina 31 . Era vero: gli aeroporti erano stati messi in e(fìcienza utilizzando risorse militari e civdi e in grande fretta perché lui stesso aveva creduto in quel progetto, al di là <li tutte le difficoltà, anche burocratiche, che gli erano state fatte da Roma. De Vecchi era per l'azione, perché le carte potevano aspettare la fine del conflitto e i progetti non potevano essere ritardati da pastaie burocratiche. Tre giorni dopo, il 29 giugno, in un telegramma per il generale Pricolo per assicurarlo che il repart_o Yi 0 , appena giunto, era perfettamente sistemato e alloggiato, ribadiva la disponibilità del Dodecaoeso al rinforzo della componente aerea: Vi confermo quanto ho P,ià reiteratamente assicurato al Capo di StrJto Mctggiore Generale e che rioè potete mandare a Rodi anche immediatamente due stormi e cioè 1ma settantina di apparecchi che sctrcmno ri-

30

Il testo completo è consultabile in D.S. R 654.

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D.S. R 654.


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revttti atrati e si.rtemati in J1ienezza di possibilità. L'attività di ricognizione navale e area era molto incensa, così come le operazioni in partenza dalla base di Rodi: nelle sue relazioni, occorre dire che quando esse andavano a buon fine - e questo peraltro era sempre -, non mancava di lodare il generale Cappa, Comandante dell'Aeronautica dell'Egeo e il valore degli uomini che avevano preso patte all'azione. Due giorni dopo il telegramma, infatti arrivarono a Rodi dodici S.79 che forono subito impiegati contro i convogli 32 inglesi: anche in questo caso il Governatore-Comandante delle Forze Armate ebbe a ridire e si lamentò perché ne aspettava diciotto, una squadriglia, e invece ne erano arrivati sei in meno, il che non gli avrebbe consentito, a suo avviso, di operare come ci si aspettava dalle forze armate in Egeo, da lui comandate. Nella riunione del 2 luglio 1940 dei Capi di Stato Maggiore, sempre regolarmente presieduta da Badoglio, si discusse la possibilità di inviare altri apparecchi, oltre al primo rinforzo di dodi ci: Pricolo ricordò in riunione le assicura:;;ioni di Dc Vecchi che i campi erano pronti e attre:aati e che quindi i rinforzi avrebbero potuto essere inviaci entro una decina di giorni. Badoglio fece notare che le condizioni meteorologiche nel Mediterraneo erano in quel momento proi bitive e quindi era meglio attendere per l'invio e dare ordine a De Vecchi di effettuare bombardamenti su Alessandria con la quarantina cli bombardieri che aveva. Fu anche adombrata la possibilità di un bombardamento di Haifa, operazione da studiare con cura, per g li interessanti obbiettivi che offriva: depositi di carburante, oleodotti, ecc..e che avrebbe potuto vedere il concorso dell'Egeo con gli eventuali rinforzi. Il DoJecaneso si scava dimostrando un buon punto di partenza per una serie di interessanti operazioni di offesa, ma non era ancora considerato uno

;:z Per que lla che è stata defi nita 'la battaglia dei convogli", lungo la durata del conflitto v. G. (~iori,;erini , ./,a btJttag!ia dei convogli in Mediterraneo, Milano, 1977; cieli o stesso aurore: Da M,1tapa11 al Golfo Persico. I ,a J\!l11rint1 militare italiana dal J1.1cùino allil l<e/wbblica, Milano, ed. Oscar, 2003; La (;uerm italùm,1 s1t! mtJre. l""' Marina tra vittoria e .1confitta. 1940-1943 Milano, 2001; La v 1.errtJ /1er mare e il /JYoble1fld dei convogli in Tlcalia in g uerra', 1941 (Roma, 1992) p.399 e ss.


__________1e__m:!111e operazioni e le prime difficoltà. L1 sostituzione di De Vecdii_ __,___12.1

scacchiere <li primo piano, sebbene stessero lentamente cambiando le valutazioni. L' 11 luglio erano state emanate e circolate dal Comando Supremo le nuove direttive strategiche, inviate ovviamente anche al Comando delle Forze Armate dell'Egeo (Egeomil), che ponevano il Dodecaneso in particolare rilievo, considerata la situazione 33: concluso ed in via di esecuzione l'armistizio con la Francia, la nostra situazione militare rimane sostanzialmente semplifiu.1ta ......swmj,arsa la Marina francese restct sola operante la marina inglese - in d11e nuclei: quelfo J1ù) numeroso di Alessandria e l'altro che si ctjipoggia a Gibilterra. La nostra marina ocmpando unti posizione centrale fra i due nuclei è in buone condizioni per Jfmttare qttesta separazione delle forze nemiche. Occorre pertanto mantenere e sempre più sviluj,J,are un largo servizio di srnperta p (~r fiucre in grado di intervenire a momento opportuno. Le nostre forze navali, wmjwe.w fra le dite 3.5mila che saranno in grado fra poco di prendere parte alle operazioni attive sono tali da poter vantaggiosamente ajfrontttre sia l'uno che l'altro dei due gruppi ctvversrJri: decisione ed attdaàa, senza di che I'ttzione rimctrrebhe sterile e addirittura negativa. /,a nostra aviazione ha ora in Mediterrcmeo ttnct decisa sttperiorittÌ sulla avversaria. A parte il servizio di avvistamento per il quale come ho sopra detto devono essere dedicate ttttte le mre, la nostrrJ avic1zione ha tre obbiettivi da battere: Malta, Alessandria, la flotta nemica in mare. Ma l'intervento contro q1.1esti obbiettivi deve essere faito da masse di velivoli a ondc1te rncwssive e non da scarse aliq11ote che non possono prodttrre rhe minimi danni. Tnforrnate a queste direttive la vostra azione di comando. li duce del fascismo. Primo Maresci(Jllo d'ltalù,. Comandante S1Jpremo d.ef!e Forze Armr.1te. Munolini. De Vecchi non accettava facilmente gli ordini che gli provenivano da Roma anche nel quadro dell'attività operativa, contestando molto spesso i dettagli che venivano dati, e quindi in realtà non fornendo tempestivamente la collaborazione necessaria o eseguendo gli ordini, ma sempre ponendo problemi di varia natura. Un caso è emble-

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-!4'-"5-"'2'--_ _ _ _ __.,,r""E""se,,rc""it,.,_o"'It"'al....,iano nel Do<ltc:_~1ieso_'l""9'--'1-=-2-~1~94~3~-- - -- - -

matico: a metà luglio era arrivato l'ordine operativo da Pricolo di eseguire su Alessandria d'Egitto un bombardamento in una notte decisa dal Comando Supremo; De Vecchi contestò immediatamente gli ordini ricevuti dallo Stato Maggiore dell'Arma azzurra e questo si evince da una serie di telegrammi che si scambiò con Badoglio. In un primo telegramma del 15 luglio, dopo aver doverosamente premesso <li avere sempre ricevuto ed eseguito gli ordini pervenuti dallo Stato Maggiore Generale, per quanto riguardava l'operazione ordinata, egli sosteneva che si trattava di un ordine di operazioni che non poteva essere eseguito per una serie di centomila ragioni, e cioè soprattutto, faceva rilevare, che eseguire senza la luna un intero tragitto con gli S 79 non era possibile, essendovi il fondato rischio di perdere uomini e apparecchi e quindi fare stare allegro il nemico che.fin qui le ha se·m/we b11scate da noi ..... . Dichiarava la sua disponibilità a fare quel bombardamento nelle notti successive, eseguendolo anche con i soli apparecchi presenti nell'Egeo, e non con un azione combinata con i I concorso di Tobruk, come Pricolo aveva previsto, ottenendo però gli stessi risultati previsti a Roma e operando solo dall'Egeo: nella notte che era stata prestabilita a Roma, non poteva mandare che pochi S 81, non riuscendo così ad ottenere i risultati previsti. Alla fine del lungo telegramma, per non smentire il suo stile sanguigno, seri veva: vi prego jloi ancora ,ma volta di far sentire che quel caporalesco dettare di particolari per chi come me ha desiderio di attenersi . a,gli ordini diventa di un jJeso materiale e morale veramente grave alt voi non me lo avete mai fatto e ve ne ringrazio dal più pr~(ondo del more e avete veduto anche come riescono le azioni quando ce le faa-iamo da noi alt vi prego di credere alla mia buona volontà e disciplina Rispose Badoglio il giorno <lopo che, dal momento che la Libia non poteva più concorrere al bombardamento di Alessandria, per altre ragioni operative, lasciava libero De Vecchi di eseguirlo con vostre sole forze come et quando vorrete: telegramma di poche righe, a fronte <li chilometriche comunicazioni del Governatore. Il 17 luglio De Vecchi poté confermare l'operazione avvenuta, sostenendo appunto che i suoi bombardieri avevano distrutto alcuni obbiettivi nel porto di Alessandria, anche se non avevano potuto affondare navi in quanto la flotta era al largo a causa anche <li inclementi


------'L""c'-"p'-'-'ri"--'m"'-e-"'--op= . erazioni e le prime difficoltà. La sostituzione di Uc Vecchi _____!ili

condizioni mctcomatine, ma continuava nella sua polemica : Vi posso mnfermare che per tornare i nostri apparecchi con equipaggi attrezzati e addestrati al volo notturno hanno stentato a ritrovare Rodi. Se poi avessi fàtto intervenire degli S 79 .....si dichiarava sicuro che l'azione sarebbe fai Ii ta miseramente. Non era però tutto oro quel che sembrava rilucere. Il 21 luglio il Comando Supremo faceva una analisi della situazione 34 , rilevando che le azioni offensive svolte dall'aviazione nell'Egeo nelle giornate Jell'8, 9, 11 e 12 luglio contro le fone navali inglesi non avevano ottenuto i risultati sperati, e cioè non erano state <li grave impedimento per fa libera mobilità del nemico. Neanche lo schieramento offensivo dei sommergibili della Marina nel Mediterraneo orientale aveva ottenuto importanti risultati. Si poteva considerare l'eventualità che gli inglesi tentassero di forzare il canale <li Sicilia per riunire il gmppo navale di Gibilterra con quello <li Alessandria: la punta avanzata del Dodecaneso, nel Mediterraneo orientale non riusciva, insieme a Tobruk, a ottenere risultati positivi, nonostante De Vecchi inviasse continuamente telegrammi dal tono soddisfatto e vittorioso. Bisognava inoltre mettere in previsione un ulteriore aumento dei rifornimenti della Libia e quindi occorreva mettere le aviazioni di Rodi e di Libia nelle condizioni <li poter agire in mr.1ssa e con continuità di azione 35 - come previsto nelle direitìve strategiche diramate dieci giorni prima-, contro la base di Alessandria, per impedire la permanenza di una forte flotta navale nemica. Bisognava inoltre intensificare l'azione aerea su Malta, per fare in modo che gli inglesi non potessero contare su quella base e naturalmente aumentare il potenziale ital iano <li offesa, anche con l'aiuto della Germania che provvedesse a dislocasse in Sardegna e in Cirenaica ui1a quarantina di apparecchi: una forza che insieme ai velivoli presenti nel Dodecaneso, quindi in tutto 80 apparecchi, potesse avere una decisiva imjJortanza contro la flotta nemica, considerata, in un promemoria del Comando Supremo del 24 luglio 1940, numeri-

)4

I4 RIO.

35 Sottolineato nel testo.


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camente in.fèriore a quella italiana, almeno fino a quando i due gruppi di Gibilterra e Alessandria non avessero ricevuto rinforzi e fossero rimasti separati nell'azione contro le forze italiane. Se i due grnppi si fossero riuniti o avessero operato in concomitanza, allora sarebbe stato di primaria importanza il controllo assoluto del Canale di Sicilia: questo risultato poteva essere ottenuto con una grande disponibilità <li mezzi spc:cialmente per la ricognizione marittima. T risultati raggiunti dal Comando e dall'aviazione dell'Egeo non risultava essere stato abbastanza produttivo, in quanto in 52 giorni di g uerra erano stati effettuati soltanto quattro bombardamenti su Alessandria: l'estensore del promemoria sottolineava che l'azione non era stata condotta fino a quel momento con il necessario vigore e quindi i risultati erano stati blandi e inadeguati all'importanza dell'obbiettivo, considerando che la .funzione delle basi aeree clell'Eieo dovesse intendersi essenzialmente - .re non esdmivamente - rivolta contro Alessrmdria. Dunque le azioni dovevano essere condotte con continuità e con un maggior numero <li aerei e che per sopperire al logoramento occorreva avvicendare convenientemente i reparti destinati all'Egeo. ln appoggio al Dodecaneso, avrebbero dovuto operare contro Alessandria reparti da dislocare in Cirenaica con la funzione di attacco a quel porto: le navi inglesi, sottoposte ad un continuo martellamento, sarebbero state impossibilitate a riparare i danni e quindi in uno scontro con la Marina italiana, avrebbero p resentato una minore efficienza materiale e morale 56. Le azioni dj ricognizione aumentarono notevolmente: alla fìnc di luglio era previsto che le operazioni in Ljbia avrebbero segnato la prima grande offensiva contro l'Inghilterra, terrestre e aero-navale: con le

36 Il promemoria, molto dettagliato , consta <lì quattro pagine. Alla fine vi è una nota manoscritta <li Badoglio: Stringere qtteJto promemoria e metterlo anche sotto qutsto mj,etto: /'1,1tt1Jcco dt:1 terra dì Graziani [ Cnrnan<lante Superiore delle For:,;e Armate in Africa Settentrionalt'. N .d.A.] dovrebbe essere preced1tto da una azione intensa aeronavale condotta in forza mncentrando e coordinando ttt.tti i mezzi .m Malta e J\ le.rs,mdria. Nel amtem/J{) fa J\11.1rin11 rinforw il Canale di Siàlia. Per questo reriodn <li rontrnsro con l'Inghilterra, v. tra gli altri, anche R. L1.mb, Mussolini e gli inglesi, ed . 2002, allt' pp.424 e ss.


Le prime operazioni e le prime difficoltà. La sostituzione di !)(: Verchi

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forze aero terrestri della Libia contro le truppe inglesi dell'Egitto e con le forze a.ero-navali in patria, nell'Egeo e nella Libia contro la flotta inglese. Occorreva a questo scopo stabilire, tra l'altro, quantità e dislocazione delle forze aeree impegnate, in Italia, nell'Egeo e in Libia, contro la flotta inglese, in modo che l'impiego avvenisse veramente a massct. L'Uffìcio Operazioni del Comando Supremo prevedeva tra l'altro un importante rafforzamento dei mezzi dislocati nel Dodecaneso, nel quadro generale della revisione della dislocazione delle forze aeree nello scacchiere mediterraneo: De Vecchi lo chiedeva dall'inizio delle ostilità. Anche il L3 agosto, in risposta ad un telegramma di Badoglio sui risultati delle ricognizioni aeree sempre pit1 necessarie e plurigiornaliere, Egeomil rispondeva che non era in grado di fare tutte le ricognizioni marittime previste nelle direttive del Comando Supremo 57 perché con dodici apparecchi (non erano arrivati altri aeroplani) non si potevano eseguire tutte le ricognizioni richieste: due apparecchi erano già caduti in mare per averne forzato l'impiego. Tra l'altro anche gli apparecchi da bombardamento S.79 o S.81 venivano a volte impiegati per le ricognizioni e qLtesto logorava inutilmente i mezzi. Pertanto queste azioni venivano decise personalmente da De Vecchi che tra l'altro aggiungeva vi metto il cervello e il senso di reJjJon.rahilùà. Prego non chiedermi di più di quanto si jJUÒ fare ed accontentarsi che le direttive siano direttive e non ordini per caporctfi. Ogni sera ho sempre comunicato le novità e l'esito delle ricognizioni e non so fare né di più né diversamente. La rotta di collisione tra il Comando delle Forze Armate nell'Egeo e le Autorità Centrali era ormai molto chiaro, anche se il problema dei rifornimenti all'Egeo era ben noto: il 26 agosto una brevissima riunione (un quarto d'ora) si era tenuta presso lo Stato Maggiore Generale p~oprio a questo scopo 38 : Badoglio aveva fatto presente che

37 Supcrmarim1 DI.NA. 2 edizione luglio 194.0 e teleavio n.14050p., del 20.7.1940. 38 USSME, Verbali delle ri11nioni tenuJe d,,d Capo di SJalo Maggiore Generale, cit. Verbale n.11 . Partecipanti, oltre a Badoglio, Soddu, Cavagnari, Pricolo e ArmeJlini e come segretario il colonnello A.A. Vecchi.


L'Esercito Italiano nel Dodecanesn 1912-19_4":; _ _ _ _ _ _ __

dal promemoria preparatogli dal suo Ufficio risultava che il totale dei materiali richiesti per l'Egeo ammontava a ben 5.586 tonnellate, nelle quali erano comprese 2.048 tonnellate di munizioni. In realtà nel Dodecaneso non si era ancora sparato un colpo e quindi per guanto riguardava le munizioni queste avrebbero potuto essere in viate con una certa calma, mentre le restanti richieste di materiale sarebbero state inviate con i sottomarini, in quanto la Marina aveva in Egeo ancora buone scorte e poteva impegnarsi a effettuarne il trasporto, escluso ovviamente quello del carburante. Per altre esigenze, Badoglio pregò Soddu di telegrafare a De Vecchi per sapere quali rifornimenti non strategici, a parte il carburante, avrebbe potuto trovare in Grecia; il Comando Supremo avrebbe provveduto a fargli avere la valuta necessaria in biglietti di banca: con i dollari potrà compmre !11/lo quanto gli ucrurre, e Pricolo aggiunse anche !a benzina r1Jmena, tramite elementi greci. De Vecchi non gradì affatto il suggerimento. Il 27 novembre 1940 De Vecchi fu chiamato, come sopra ricordato, per consultazioni con il Duce a Roma. Non sarebbe più tornato nell'Egeo. Non si può non riconoscere l'e- _ sperienza e la competenza del conte <li Val Cismon. Da quando era d ivenuto Governatore con tutti i poteri civili e militari aveva dato un impulso senza pari all'organizzazione del Possedimento, ma l'uomo aveva un suo carattere che non gli permetteva una

De vecchi di Val Cismon


Le prime operazioni e le prime ditlìcoltà. L1 sostituzione di De Vecchi

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serena collaborazione con gli Alti Comandi metropolitani: durante il tempo di pace, le varie difficoltà erano state più o meno risolte con diplomazia, passi indietro, interventi del Duce, ma durante il conflitto, la situazione era troppo tesa e le operazioni troppo importanti, per avere il tempo di dirimere i continui ostacoli, i susseguenti problemi posti dal Comandante delle Forze Armate dell'Egeo, che probabilmente varie volte aveva ragione dal suo punto <li vista locale; chiedeva tutto in un modo che sembrava assai polemico, ma indubbiamente nel solco di una 'fascistica e baldanzosa militarità', che se da una parte non poteva conoscere indugi, dall'altra ritardava l'attuazione di alcune operazioni, pur essendo abile nel far eseguire gli ordini ricevuti dal Comando Supremo con professionalità militare. La lettura dei vari telegrammi da lui inviati fin dall'inizio del conflitto accanto a quelli in cui dava relazione di quanto era stato fatto in partenza dal Possedimento, sia per l'Aviazione che per la Marina, consentono di seguire le vicende della guerra come da dietro un palcoscenico, perché attraverso le sue reazioni ritroviamo i problemi quotidiani cli un periodo cli emergenza bellica e le lacune che a mano a mano si concretizzavano e che sono una ulteriore chiara testimonianza di quanto ormai noto sia al tempo ai vertici militari, sia attualmente con tutti gli scudi pubblicati sul tema della impreparazione italiana al momento dell'ingresso nel conflitto a fianco dell'alleato tedesco. L'analisi degli scambi telegrafici effettuati durante una diecina di giorni, nei primi giorni di guerra rende assai chiara la situazione. Il 15 giugno 1940 De Vecchi, in un telegramma per il Duce, sulla motivazione della ragione per cui non aveva spedito alcune notizie urgenti richieste con un telegramma del Capo di S.M. Generale, inviatogli tramite Ministero degli Esteri, rispose che non aveva potuto a causa di un telegramma giunto monco impreciso sbagliato nella cifra. n poi aggiunse: ..... .ho creduto inoltre mio dovere di responsabile in questo settore di tacere per breve ora perché nei giorni scorsi ho avttto una farragine di ordini contraddittori, urli et ,~ridct da ttttte le parti trcmne che dctl tuo Stato Maggiore Generale i cui ordini diretti ei-ano chiarissimi ed ho e.reguiti come di dovere. Esistono inoltre in Egeo notevoli difficoltà di comunicazio-


-"4"''5-"'8'----- - - - "L''E"" -" se"-'rc"-'ito ftalÌ!l.!!.(0 _~1 Do<lecaneso -""l9Lcl,..,,2'---'l'-"2~ 4"--3_

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ne essendo col fe,~ato soltanto per radio telegrafo ed irnpiegr.mdo tefer,rammi ur,genti in arrivo come per esempio quello tuo a.ti rispondo, non mai meno di sei ore anche se am ma.rsima precedenza assoluta. Nella occasione jwego porre t:tttenzione sin d'ora al totale isolamento fra fa rnt:tdrepatrict e le mie tn1ppe che va estendendosi oltre che affrJ. posta anche al telegrafo: Nostra gente non puà stctre senza notizie famiglia ... 39: egli tendeva sempre a non accettare ore.lini da altri che non fosse il Duce o un suo delegato, quasi non riconoscesse nessuna Autorità sopra di lui, che il Comandante Supremo e cioè Mussolini. Aveva però bene individuato e messo nell 'opportuno rilievo il problema dell'isolamento dell'Egeo: con la madrepatria, comunicazioni e trasporti erano difficili. Il 18 giugno Badoglio rispose a questo telegramma dando indirettamente ragione a De Vecchi: infatti precisava che le richieste per gli interventi aero navali avanzate dai Coman<li Jalle forze armate metropolitane e dai Comandi Superiori delle forze armate d'oltremare e viceversa e tra i Coman<li Superiori delle forze armate dovevano essere rivolte dircttamene al Comando Supremo; solo nei casi di urgenza, allo scopo di una sollecita tempestività, cioè:· in caso di estrema urgenza, gli interventi avrebbero potuto essere richiesti Jirettamente dal Comando interessato informando però contem poraneamente il C oman<lo Supremo. Un tentativo questo, di Badoglio, cli razionalizzare e organizzare meg lio le attività operative, che ovviamente dovevano fare capo al Comando Supremo e allo stesso tempo un modo per placare la vis polemica del Comandante Superiore del l'Egeo. Del resto anche all'interno del Possedimento De Vecchi nell'inviare circolari e dare ordini e ra piuttosto 'temperamentale', sericordiamo, ad esempio, una circolare del 22 giugno a tutti i comandi servizi reparti del Possedimento fìno alle compagnie, batterie, gruppi etc, sulla questione della circolazione automobilistica nelle strade dell'isola cli Rodi, che a suo dire era caotica e sulle quali si verificavano giornalmente numerosi incidenti per i seguenti motivi: un traffico disordinctto, condotto da auti.rti che JjJesse volte di ttomini non posseg,~ono che una tlf.ta e f.tn volto, ma non un cervello .. . E quindi notan-

39 D.S. S.G.M., R654.


--~~-_ill>rime operazioni eJuJrime Jiflìcoltà. La sostituzione <li De Vecchi

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do che molto spesso vi erano incidenti in cui perdevano la vita gli stessi autisti, riassumeva le infrazioni nell'eccesso di velocità, nel non tenere la mano prescritta e nel tagliare in particolare le curve: uno spaccato di vita quotidiana, in un Egeo dove il quotidiano scorreva normalmente. De Vecchi dava degli imperativi e delle norme affinché questo non potesse più succedere; ricordava di essere il responsahi lc ultimo e di conoscere i suoi doveri di capo militare in tempo di guerra: tra il sentimento affettttoso e quef!o del dovere l'ttltimo è jJer me Ìrrtjn>rativo. Qualunque mezzo di guerra sarà buono jJer farmi ttbbidire anche dagli rJ.1.ttisti, ma è ben certo che sttbito 40 sarò 11bbidito ... Il 16 giugno, nel suo Bollettino-telegramma di quel giorno al Comando Supremo nel rispondere di aver eseguito l'ispezione prevista a Lero e a Stampalia con le ricognizioni delle acque interne del Possedimento ed aver trovato tutto in ordine, De Vecchi comunicava che aveva provveduto con altri mezzi a vigilare e a coprire le linee di accesso alle isole da sud, dal momento che erano stati ritiraci, senza che lui fosse avvisato, tutti i sommergibili in agguato, tranne uno, e quindi comunicava che era venuto a conoscenza che il giorno 11, il sommergibile 'lalea' era stato attaccato, mentre navi nemiche da carico scortate riuscivano a sfilare nel Canale fra Caso e Creta, presso Capo Sidero. Nel riferire quanto avvenuto, una polemica: .re fo.rsi .rtato avvisato avrei jJfJtttto agire efficacemente. Nello stesso giorno, vi è un altro telegramma in risposta a richieste di effettuare ricognizioni. Dc Vecchi sosteneva che queste azioni dovevano essere re,~olate da lui, secondo le esigenze tattico strategiche locali e soprattutto tenendo in conto la necessità di risparmiare i mezzi e il consumo di carburante. Assicurava che avrebbe comunicato le notizie sempre quando possibile con il maggiore impegno e in questo caso scriveva: se desiderate altre ricognizioni ai fini generali mandatemi mezzi ben ma,~,~iori et diversi J.a quefli che ho et che sarebbero logorati in una settirnana. Il 17 giugno Badoglio gli rispondeva che si rendeva compiutamente e debitamente conto delle difficoltà, ma che doveva esigere tuttavia che le notizie richieste giungessero sempre tern-

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Sottolineato nel testo originale.


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L'Esercito Italiano nel Do<lecaneso J9-1?.:.L2.43

pestivamente: dal testo generale della risposta si comprende che non solo le notizie dovevano giungere, ma che le operazioni dovevano essere attuate tempestivamente. Anche sul problema del servizio postale De Vecchi ebbe a dire la sua, e in parte aveva ragione, sulla carta. Il 23 giugno scrisse un telegramma al Comando Supremo nel quale notava che era giunto un apparecchio civile da Bengasi e che il comandante dell'aereo affermava di dover eseguire il servizio postale bisettimanale Rodi-Bengasi, località ove sarebbe stata concentrata tutta la posta da e per l'Italia, per poi essere successivamente trasferita a Brindisi. Ed ecco subito le controproposte di De Vecchi il quale riteneva che sarebbe stato meglio che l'apparecchio civile avesse fatto il servizio bisettimanale postale direttamente Rodi-Brindisi, con rotta per Capo Matapan. Sosteneva che questo percorso, pur essendo più lungo di quello Rodi-Bengasi, aveva però vantaggi di maggiore sicurezza, facilità di rotta e su una zona non battuta dal nemico; inoltre a questo punto la posta sarebbe giunta direttamente a e da Brindisi dove vi sarebbe stata una maggiore facilità di concentramento. Non vi sarebbe stato un sovraccarico degli apparecchi per la Libia e quindi sarebbe stato possibile ricevere e inviare, anche se in quantità limitate, posta personale, necessaria anche per il morale delle truppe. De Vecchi faceva notare che i collegamenti con l'Ttal ia mancavano in Egeo dal giorno 5 giugno e la poca posta ricevuta dopo quella data era stata portata da apparecchi militari in trasferimenti di servizio e quindi fece presente che aveva deciso di trattenere l'apparecchio a Rodi in attesa di urgenti disposizioni e aggiungeva ..... . Scongiuro ancora di volermi interessare presso chiunque di comjJetenza e anche Gabinetto del Ministero delf' Aeronatttica per risolvere una b1.1ona volta e in modo ragionevole la questione della posta che può farsi grave se non affrontr1,ta subito con la testa e non con ordini a volta vaghi a volta tttmu!tuari ..... . Pur nella sua irruenza anche verbale, forse De Vecchi dal suo punto di vista non aveva tutti i torti, ma non si rendeva conto che in realtà il suo settore non veniva considerato, almeno al momento, un quadrante di primaria importanza in quel primo periodo del conflitto, ma una semplice pedina nel gioco di scacchi della guerra nel Mediterraneo. Anche il 24 giugno il quadrumviro inviò un telegramma polemico


I.e prime operazioni e le prime diffìrnltà. La sostituzione di De Vecchi

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a Supcrmarina. Scriveva <li un sommergibile nemico che era stato avvistato la notte precedente nel canale di Scarpanto in acque indubbiamente pericolose per l'unità nemica. Le misure per la caccia a questo sommergibile avevano dovuto essere prese con e.rtrerna prudenza per noto scarso collegamento che rende difficile quando non impossibile manovra r.tttacco jntr avendo nostri mas sul luogo; De Vecchi sosteneva di aver preso più efficaci disposizioni, ma sottolineava che l'inconveniente permaneva mentre sarebbe stato assai facilmente eliminabile, sempre che fossero stati ascoltati quei consigli di collaborazione che da Ire anni andava facendo senza e.rito e chiudeva il telegramma con un sono ,ruttematicamente siluro che il temjJO si incaricherà di darmi ragione. Il 26 giugno un telegramma polemico era stato inviato allo Stato Maggiore dell'Aeronautica rispetto al richiesto impiego di bombe speciali '5 S. l, perché mancavano delle gttarnizioni: qttesta est una delle lacune più volte se?,nalata con esito ostinatamente negativo alt basterebbe in tutti tm jJoco di attenzione per evitarle. Evidentemente vi era stata qualche voce contraria a queste sue giusrifìcazioni (qualcuno aveva fatto sapere che l'inconveniente era facilmente superabile) e quindi telegrafo <li nuovo allo Stato Maggiore <lell' Aeronautica lo stesso giorno che l'assicurazione dello spedalùta armiere era assolutamente infondata alt Richiestogli .re bastassero mezzi di ripiego per sostituire f!,ttarnizioni ha riJj1osto negativamente alt infatti aspettavano una cassa rnn!enen!e questi materiali che si era assiatrato arrivasse per via aerea, ma si vede che il gioco non vale la candela e aereo che doveva jJortarla non si e.rt veduto. Tanto per vostra precisa in.fòrmazione ... Quanto poi alla risposta che la Divisione Servizi Logistici gli aveva <lato circa la possibilità di reperire derrate e altri materiali, da lui richiesti, all'estero, presso la Grecia e la Turchia, con le quali l'Italia non era in guerra, De Vecchi inviò un telegramma a dir poco furibondo, non senza qualche ragione ... il 7 luglio in cui scriveva che gua.nto comunicato dalla Direzione del la Sussistenza sembrava uno scherzo tanto è poco serio. L'autorizzazione ad acquistare all'estero assomigliava per lui al dono di tm feudo po.uedttto da altri. Da quella autorizzazione, che egli definiva ingenua, sempre che non fosse stato un ordine, nascevano e non erano risolti problemi, quali quelli del trasporto e della valuta che evidentemente egli non riteneva di avere la


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possibilità di risolvere dal temtono. Nasceva poi il problema del luogo ove acquistare, perché ben si sapeva di quale natura era la neutralità della Grecia e della Turchia, che proteggevano convogli inglesi e autorizzavano anche l'uso della loro bandiera per alcune navi nemiche. Per quanto riguardava scorte e rifornimenti di vario genere per poter continuare a fare un certi tipo di operazioni e <li ricognizioni, De Vecchi contestava con forza i dinieghi e i ritardi che le autorità metropolitane attribuivano al fatto che fosse impossibile per i convogli arrivare nell'Egeo: circostanza che i I Governatore controbatteva aspramente in particolare a Pricolo, in un telegramma del l2 luglio, quando sosteneva che egli aveva fatto partire dal Possedimento ben sedici navi le quali erano g iunte tutte felicemente nei porti metropolitani. Scriveva: voi diJJ1onete come credete ma consentitemi di confermare rhe non sono del vostro avviso e che wsì facendo potremo presto manrare molte oa,.1,sioni . ..... Cordialmente I suoi telegrammi erano sempre molto lunghi e, come già detto sopra, non certo asettici e quantomeno stringati. L'Ufficio Operazioni dello Stato Maggiore Generale si trovò costretto ad inviare alla tìne di luglio del 1940 un promemoria per Dc Vecchi con uno schema ben preciso 41 di come dovevano essere fatte le comunicazioni relative alle missioni di bombardamento svolte dalle unità dipendenti <lai suo Comando, per consentire al Comando Supremo una interpretazione immediata della situazione e dei risultati conseguiti. Ovviamente il Comando Egeo poteva aggiungere quei dettagli che riteneva opportuni, in calce alle comunicazioni già date. Per altre questioni, i messaggi potevano essere inviati secondo i criteri di concisione e di chiarezza che codesto Comando riterrà più ojlj1ortuni 4 2 . Il 5 agosto giunse la risposta dall'Egeo, firmata d'ordine, dal Capo di

4l Prima parte: Ùescrizinrw obbiettivo; seconda 12arte: descrizione dell'azione con

ore <li bombardamento, numero e tipo di vdivo.li , numero delle bombe sganciate, tipo delle bomhe usate; terza parte: risultati; quarta parte, perdite. 42 D.S. II G.M. , R. 654.


_________Lr.J?rimr. l?J?('.!"aZioni e le prime diffìrnltà. La sogituzione Ji De Vecchi ______ /i§3

Stato Maggiore, Colonnello Ronco: un promemoria evidentemente dettato da De Vecchi e come sempre alquanto polemico. Il Colonnello Ronco era incaricato di comunicare, da parte del Governatore che i tel egrammi giornalieri venivano tutti redatti dall'Ercellenza il Comand.ante delle Forze Armate, che erano sempre stati forniti i dati richiesti e se qualche elemento era stato omesso, questo era avvenuto per evitare di dare dettagli meno esatti, Jwr necessaria brevittÌ, per non fornire tutti gli elementi utili al nemico che legge tutto. Inoltre il promemoria continuava con l'affermazione di guanto in realtà era stato possibile rilevare proprio dalle comunicazioni inviate e che cioè il Comandante delle Forze Armate dell'Egeo aveva notoriamente ttn temperamento e col suo carattere desidera di essere preso nel totale. D e Vecchi non poteva accettare di essere compresso in schemi, tanto più che affermava: i lt101;hi comttni e gli schemi avrebbero ridotto inattivo e inoperante questo set/ore se in poco meno di qltattro anni di .rforzo dltrissimo egli non li cwesse d,emofiti ..... . Dunque, se in tanti di anni di servizio, i suoi scritti erano sempre stati ritenuti esaurienti e chiari, riteneva di essere in grado di servire in gtterra senza riJ,rendere la scuola rome discepolo, e tanto meno per imparrJre vuoi I'affàbeto o vuoi fa nomenc!afttra, che del resto nelle Forze A rmate sono mttlevoli .. .... Lo scritto si concludeva riaffermando la disciplina del Comandante agli ordini del Comando Supremo e del maresciallo Badoglio. Anche con il Ministro delle Finanze e con i vertici della Guardia di .Finanza De Vecchi aveva avuto scambi di opinioni piuttosto vivaci: nel marzo 1937 Dc Vecchi aveva scritto a Thaon dc Revel un telegramma sulla questione della dipendenza delle unità della Guardia di Finanza presenti , osservando che sicuramente nel sottoscrivere la risposta negativa a quanto doveva essere attribuito alle sue competenze <li G·overnatore, il Ministro aveva dimenticato le attribuzioni dategli per legge. Continuava De Vecchi: ... .escludo di consentire né ora né poi che siano i.1pezionati [i reparti} da chi non vi ha ingerenza ...... Osservo infine, che nelle colonie dove i governatori non hanno i pieni poteri che ha il sottoscritto, le cose.fimzionrmo come qui .fimzionerebbero e che in via teorica nessuno potrebbe vietare al governatore locale cli creare in luogo ltna sua


464

___J;_fu~r[Ltu Italiano nd Dodccancso 1912-1913

guardia di finanza ... 4 ., . Fu fatto come <l'abitudine un 'appunto al Duce', ma nonostante che dal 1 ° luglio 1937 il distaccamento presente nel Dodecaneso fosse passato alle sue dipendenze, ancora nel gennaio 1940, De Vecchi chiedeva a Roma disposizioni affinché la Compagnia non comunicasse direttamente con il proprio Comando Generale, ma rispettasse la gerarchia, chiedendo quelle disposizioni particolari che non erano state ancora emanate 44 : fu accontentato. Al di là degli aspetti umani della vicenda e della personalità di De Vecchi, dai documenti si evince invece qualcosa di più importante: la diftìcoltà di inviare rinforzi al Dodecaneso e comunque di avvicendamento, con un logoramento di mezzi e personale che De Vecchi aveva segnalato con ragione, tanto pii\ grave quanto più in realtà il Dodecaneso avrebbe potuto rivelarsi veramente un formidabile atout per la guerra nd Mediterraneo, in sistema con Tobruk e con la stessa Sicilia. Nel quadro della situazione generale, l'andamento del conflitto dopo l'estate 1940 non era favorevole all'Italia e la situazione era oscura e laotica 45 , solo nella primavera dell'anno successivo, il settore generale nel Mediterraneo, sembrè essere più favorevole all'Italia. Allontanare la flotta inglese dal Mediterraneo avrebbe voluto significare il dominio di quel mare: la saldatura fra territorio metropolitano e "l'altra sponda". TI grande sogno strategico non aveva molti clementi per riuscire. Intanto la guerra parallela, che Mussolini e Hitler avevano deciso, si sarebbe tramutata in f!.Uerrct subalterna, per l'evidente superiorità delle forze armate tedesche e la complementarità di quelle italiane, non certo pronte per un conflitto di quelle dimensioni, soprattutto dopo l'entrata in guerra, nel 1941, degli Sta-

/i3 Originale nell'Archivio del Musco Storico della Guardia <li Finanza, A.M.S.G.F., Fondo U.G.A., 2/14 - TI J - f.8., riportato anche in P.P. Meccariello, cit. tomo Il, p.87 e ss. 44

Il Comando Generale <lei la G.cl .F. fu costretto a aderire: il generale Pignetti ebbe ad annotare sulla richiesta e va bene. V. P.P.Meccariello, cir., Tomo I , p.17.

li 5 V. USSME, Verbali delle ritmioni tenttte dal Capo di Stato Maggiore Generale, cit., 15 settembre 1940, verbale 11. l 2.


Le prime operazioni e l~J1.!ir11e <li!Iìcolcà. fa sostituzione di Dc Vecchi

___ _165

ti Uniti e dell'Unione Sovietica, che avrebbero travolto anche la ben oliata macchina da combattimento nazista. La seduta del I li- I 5 ottobre 1940 46 fu dedicata ai problemi tecnici relativi al potenziamento della ricognizione marittima, ostacolata dalla mancanza di velivoli idonei in quantità suffìciente. l tre punti di osservazione italiani erano Sicilia, Libia ed Egeo, ma la mancanza <lei mezzi non portava ai risultati sperati. Quella del 17 ottobre fu dedicata all'attacco contro la G·recia 47 , sicuramente l'azione più sbagliata e più drammatica cli un conflitto nel quale era stato inevitabile entrare, ma durante il quale alcuni errori di strategia e di tattica furono costanti e continui, così come anche politicamente e diplomaticamente il regime aveva fatto scelte che si sarebbero rivelate drammatiche. Per la campagna di Grecia il Dodecaneso non fu usato per quello che avrebbe potuto rendere: dalla lettura <lei documenti si ha continua la valutazione che il Possedimento fu visto solamente in termini cl i offesa verso il Levante e il Vicino Oriente, e non come possibile base anche per azioni offensive verso la Grecia, in concorso con lo sforzo terrestre dall 'Albania e i rifornimenti provenienti dal territorio metropolitano: eppure era vicinissimo alle sponde greche. Era pur vero che l'Egeo si era attrezzato soprattutto per la difesa e il concorso nell'azione contro la flotta inglese, insieme alla Sicilia e alla Libia, come obbiettivo offensivo primario. Il Dodecaneso, già in quei mesi, iniziava ad essere sotto tiro nemico, secondo quanto comunicava il SIM nelle sue informative, proprio mentre veniva avviata la sfortunata campagna in G·recia. In novembre, come sopra ricordato, si era consumato i I 'siluramen-

46 V., Verbali delle riunioni tmute dal Ca/JO di Stato Maggiore Generale, 14- 15 ottobre 1940, verbale n. l 3. Tutta la riunione si svolse sul grave problema del la mancanza di velivoli, ddla possibilità sia di chiedere al Duce che si rivolgesse all'alleato tedesco per avere qualche apparecchio per Ja ricognizione marittima.

V., Verbali delle riunioni tenute dal Capo di Stato Mr,ggiore Generale, cit. , 17 ottobre 1940, verhale 11. 14. di-. M. Montanari, Politica e Jtrategia nella campagna di Grecia, io 'L'Italia ÙJ f!,lll't-ra. Il primo anno 1940', Roma, 1991, p. 193-214; dello stesso autore, L'esercito italiano nella Cmnj1,1gna di Grecia, USSME , Roma, 1980.

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466

L'Esercito Italia1!!l.nel Doclccancso 1912-191.?_ ____

to' di De Vecchi, sostituito dal generale Bastico che aveva assunto le funzioni in data 14 dicembre: le continue polemiche e la discussione di quasi tutti gli ordini operativi, nonostante il 'fìlo diretto' tra il quadrumviro e Mussolini, avevano convinco Badoglio e il Duce che la sostituzione era inevitabile e irrimandabile 48 . Usciva di scena un fascista della prima ora, un uomo temperamentale che aveva molte ragioni per quanto riguardava l'Egeo, ma che non aveva saputo esporle. Fu <lefìnito 'un piccolo ras', ma fu anche il Governatore che introdusse solo nel marzo 1939 l'applicazione delle leggi razziali del 1938 49, e, a quel che le cronache, riferiscono, a malincuore. Egli sosteneva di avere tutti i poteri militari con relative attribuzioni, ma in realtà il Comando Supremo non era assolutamente <li questa idea, necessitando che tutti i Comandi agissero in quel quadro generale del conflitto, che solo a Roma poteva essere analizzato integralmente: De Vecchi riteneva che l'Egeo fosse il centro del Mediterraneo e <lava un valore al Possedimento ben maggiore di quello che veniva dato a Roma, da dove lo si vedeva solo come base di appoggio. Ben presto invece sarebbe divenuto teatro <li scontri: inglesi e te<lcschi gli avevano attribuito il giusto valore strategico. Quasi contemporaneamente a De Vecchi, anche Badoglio lasciava: veniva fatto dimettere per le sue responsabilità nella condotta della campagna di Grecia e avvicendato il 4 dicembre 1940 50_ Al suo posto fu chiamato il generale Cavallero 51 , inviato immediatamente in.

Peraltro l:3adoglio aveva scritto a Dc Vecchi in una lettera del 22 ottobre, con la quale lo informava della prossima azione contro la Grecia: per l'Exeo Jto tr,mquilliJJimo. Ci siete voi e i vn.rtri magnifici soldati. A partire dalt11 mezzanotte del 27 -2 8 silurate tutto q1tel!o che porta bandiera 11,recrJ ... , documento riportato in P. Pieri G.Rochat, Pietro Bado11,lio, Milano, eJ.2002, p. 507 e L. Ceva, cit. p. 29l. liR

19

Le leggi italiane non entravano subito in vigore nel Pnssedimcnro: dovevano venire imroJotte con esplicito decreto del Governatore.

50

Per le vicende che portarono alle dimissioni di Badoglio, P. Pieri - G.Rochat, cit. alle p. 502 e ss. Iladoglio presentò le dimissioni il 26 11ovembcc, che furono accettare alcuni giorni dopo, con l'avvicendamento.

il GJicemhre. Sarà Capo di Stato Maggiore Generale Jìno al 1° febbraio 1943, cessando a domanda dalla carica.

5 I Assunse funzioni


le prime operazioni e le'-12~ime diffìcoltà. la sostituzione di De Vecchi

467

Albania, per risollevare le sorti di quel fronte. Nel dicembre l 940, le vicen<le della guerra si misero male anche in Africa Settentrionale, dove Graziani era in rotta, avendo dovuto affrontare una campagna di penetrazione in Egitto tra le linee inglese, senza avere mezzi e sufficiente preparazione, per ordine del Comandante Supremo, che necessitava, di fronte all'alleato te<lesco, di cogliere delle affermazioni sui campi di battaglia. Il 15 dicembre l 940 il SlM informava i vertici militari e anche di rettamente il Comando Superiore delle Forze Armate dell'Egeo 52 , che una buona fonte segnalava una ripresa offensiva prossima <legli inglesi contro l'Italia, offensiva che si sarebbe volta proprio contro il Dodecaneso. Inizialmente contro le isole di Caso e Scarpanto: per questa azione era p revisto l'impiego di contingenti anglo-greci, di numerose forze aeree e navali, tra le quali anche due navi da battaglia. 11 SlM segnalava anche si erano tenute riunioni a Smirne tra i rappresentanti dell'Inghilterra , della Turchia e della Grecia per una azione combinata. Il 17 dicembre il SJM confermava queste notizie e in più informava che la Turchia era però contraria a questo attacco, temendo che una volta avuto successo l'Inghilterra o la Grecia volessero tenersi il Dodecaneso: invece Ankara lo consi<lerava totalmente turco e lo rivendicava fin dal 1912, diffidando di azioni di occupazione, condotte da forze miste. Il 20 dicembre dal complesso delle informazioni ottenute, il SIM continuava a ritenere possibile l'azione inglese contro il Possedimento, riportando le varie notizie giunte e cioè che g li anglo greci avrebbero attaccato qualche isola del Dodecaneso, probabilmente Caso e Scarpanco. L'azione sarebbe avvenuta con 50.000 solda ti anglo-greci, 550 aeroplani e forze navali appoggiate dalle due corazzate R.enown e Rep1,1.lse. Gli inglesi avrebbero preparato l'attacco contro il Possedimento, partendo dalla base di Creta. Del resto, secon<lo buona fonte, le forze aeree britanniche dislocate nel Vicino Oriente

52 D.S. II G.M., SIM, R 279. Dal 2.10.1940, il Comando delle Forze Armate ddlc Isole Italiane dell'Egeo aveva assunto uffìcialmcnrc il nome di Comando Superiore delle Forze Armate dell'Egeo (rclccifrato 40161), D.S.II G.M., R 654.


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IJisercito Italiano nel Dodecaneso 1912-1943

e nel Mediterraneo orientale sarebbero state ben 62 squadriglie con 70 apparecchi di prima linea e 400 di seconda linea. ll 2/i dicembre, a conferma di una prece<lente segnalazione, variando solo i numeri, i I SIM informava che nella prossima azione contro il nostro Possedimento avrebbero potuto partecipare 30.000 soldati britannici, con 30 carri armati e 30 pezzi, unitamente e 5000 greci, tutte truppe che erano in fase di intenso addestramento nell'isola di Creta '53 .

Il 29 dicembre il colonnello Amé, Capo del SIM, inviava a Rodi e ai vertici un telegramma in cui indicava che la situazione particolare del Possedimento richiedeva vi,~ile e attiva wl!r,.borazione infarrnativa e chie<leva il massimo coor<linamento nello scambio reciproco delle informazioni, per avere un quadro completo della situazione. Del resto giungevano notizie, sempre tramite SlM, che a<l Haifa erano stati caricati 1500 soldati britannici che erano poi sbarcati a Famagosta. In quel porto vi erano ingenti quantità di materiale da guerra. Persistevano voci e sintomi di imminente azione contro il Dodecaneso, provenienti da Cipro e da Creta e Samo. Il SIM chiedeva al Coman<lo di Rodi di tenerlo costantemente informato dei risultati delle ricognizioni aeree. Alla fine di dicembre del 1940 la situazione in Egeo sembrava notevolmente migliorata in quanto era giunto felicemente un primo piroscafo con rifornimenti, grazie all'audacia <lei comandante e alle favorevoli condizioni del tempo (notti lunghe e senza luna, mare non troppo tranquillo); altri Jue erano pronti, ma sembrava difficile inviarli. Un secondo viaggio del primo piroscafo poteva essere tentato, ma nel rapido giro di 4/5 giorni. Era previsto anche l'invio di un uf11ciale di Stato Maggiore, richiesto da Bastico e di un secon<lo ufficiale in avvicendamento per le truppe dell'Egeo. Però quel settore veniva sempre considerato secondario, anche Jal Duce, che, messo al corrente della situazione della Marina, aveva dato indicazioni che con i mezzi disponibili si provvedesse, in ordine

5, D.S. Ll G.M., R 279.


pr.ime onr~~ioni e le prime difficoltà. La sosrìt117,ìone di De_Y:,~e~c=cl=ii~ - --4~6~2

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di importanza, a rifornire: 1° l'Adriatico, 2° il Canale di Sicilia, 3° la Cirenaica e 4 ° l'Egeo. Così era stato riferito dall'ammiraglio Riccardi , che aveva sostituito Cavagnari, ne lla riunione del 27 dicembre 1940, nella quale aveva riportato ai presenti le direttive di Mussolini e quelle per l'azione delle varie forze armate 54 . L'Egeo continuava ad essere un settore di non primaria importanza. 54 Hl O R 2. G-enerale Guzzoni, Genera.le Pricolo, Generale Roatta, Generale Armellini.

Le isole del Mar Egeo occupate dall'Italia lii US SME LlO R119J

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3A. Il nuovo ruolo del Dodecaneso. 1941-1942.

l'alleato tedesco si insedia nel Possedimento. 1 Dodecaneso, considerato in realtà - nonostante i I (ìovernatore De Vecchi si fosse agitato, anche troppo-, come uno scenario di seconda o a volte di terza importanza, assunse nel 1941 un nuovo ruolo, quasi yuello che aveva avuto dopo la prima guerra mondiale, cioè come trampolino di lancio per yualche occupazione: nel caso specifico sarà l'operazione per l'occupazione di Creta, voh1ta dai tedeschi e da Mussolini. Questo avverrà dopo che l'alleato germanico sarà corso in aiuto, agli inizi di aprile, delle truppe italiane in Grecia per vincere quella guerra. Tra il 1940 e il 1941 l'asse della guerra si dispiegò prevalentemente verso i Balcani e il Mediterraneo, anche se per Hitler era ancora un terreno secondario, quello del Mediterraneo. Per il Cancelliere tedesco diventò primario dopo il fai li mento della baccaglia dell'Atlantico perché voleva paralizzare le linee cli comunicazione per la Gran Bretagna e impadronirsi di Suez e Gibilterra. Inizia così la fase di quella che gli storici militari definiscono come la guerra subalterna: i tedeschi sono i protagonisti del conflitto e l'alleato italiano inizia a dipendere da loro, perché non è più considerato al loro stesso livello, ma viene equiparato nei fatti, senza ovviamente che ciò sia dichiarato, a quello di belligerante <li seconda categoria, possibile stato satellite. La Germania è un alleato difficile, che si può trasformare rapidamente in padrone. L'alleanza con Berlino è stata una mossa decisamente sbagliata, alle valutazioni posteriori, e anche Mussolini nel 1941 lo comprende bene. Prima di lui altri l'avevano ben capito, soprattutto fra i vertici militari, come risulta da alcune verbalizzazioni di riunioni: nonostante l'attenzione alle parole scritte in yuelle pagine, molto spesso si comprende come nell'alleato tedesco fosse risposta poca fi ducia; quella poca che esisteva svaniva rapidamente di fronte ai comportamenti <lei comandanti tedeschi e sempre più al diniego <li rifornire l'Esercito italiano di mezzi mancanti, ma pretendendo e spesso imponendo, ove era possibile, scorte a colonne, scorte marine: in sin-

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tesi utilizzando le forze dell'alleato italiano, che pure era in evidente inferiorità <li preparazione e di mezzi, dichiarata e constatata. Mentre la campagna di Grecia si risolveva in un disastro per il Regio Esercito, la Germania manifestava mire certe sui Balcani, che non si dovevano frapporre alla sua prossima operazione di assalto all'Unione Sovietica: quindi dovevano essere nel pieno controllo tedesco. L'Italia invece non voleva interposizioni in Romania, fonte dei suoi approvvigionamenti petroliferi. Bisogna ricordare che l'antagonismo fra URSS e Germania era con sistito principalmente nella ripartizione delle sfere d'influenza rispettive, soprattutto nei Balcani 1 : la Germania aveva spinto l'URSS verso la Persia e l'Oceano Indiano, ovviamente per distoglierla dai Balcani, metterla in concorrenza nuovamente con la Gran Bretagna, offrendosi perfì no di imporre alla Turchia una revisione Jet trattato di Montreux Jet 1936 sugli Stretti, per permettere alle navi da guerra sovietiche il diritto di passaggio attraverso i Dardanelli; il tutto a condizione che l'URSS abbandonasse i Balcani che dovevano restare sorto la completa influenza dei tedeschi. Vi era stata una famosa visita di Molotv a Berlino, del I 2-1 3 novembre 1940, incontro che aveva accentuato le divergenze: l'URSS ribadì il proprio interesse nei Balcani dove intendeva tra l'altro ottenere un patto di mutua assistenza con la Bulgaria e una base navale negli Stretti. La Germania voleva e doveva conquistare estesi territori sia per l'ordine nuovo che voleva instaurare, sia per garantirsi le sorgenti della propria forza, cioè le materie prime e il petrolio, per far fronte al blocco marittimo, e impadronirsi delle risorse industriali e agricole dei territori conquistati.

1

Dopo la firma dell'armistizio francese l'URSS pensò che fosse tempo di assicurarsi <lei territori: Jopo aver ottenuto dal governo rumeno il 26 giugno con ultimatum, la retrocessione <lella Bessarabia e la cessione della Bucovina settentrionale, aveva occupato il 21 luglio l'Estonia e la Leuonia e aveva deciso il 3 agosto l'annessione della Lituania. Ma il '30 agosto del 1940 la Germania, ll'accor<lo con l'Italia e senza consultare l'URSS, aveva deciso di togliere alla Romania, la Transilvania settentrionale e il quadrilatero della Dobrugia per attribuirli all'Ungheria e alla Bulgaria.


Il nuovo ruolo del Doclecaneso. 1941-1912. I:insediamenco <lell'alleato tedesco

47 3

Quindi i Balcani dovevano essere sotto controllo tedesco, tanto più in vista dell'invasione dell'URSS 2 . Berlino offrì aiuti per attaccare la Grecia e ovviamente attestarsi nel Balcani e sul Mediterraneo orientale. Il Dodecaneso, secondo le corrette informazioni pervenute, era sotto mira inglese e non si riusciva a farvi giungere i rifornimenti: quindi poteva essere in serio pericolo, tanto da far ritenere ai generali, il 1° gennaio 1941, che se si arriva in tempo è da presmnere che, am l'a!faràarsi dei tedeschi verso il Mediterraneo Orientale, lo si riesra a salvare 3. ln realtà l'arcipelago era in una sorta di isolamento perché, come era stato previsto molti anni prima, i convogli che avrebbero dovuto rifornirlo per la via diretta, avrebbero viaggiato in acque nemiche, dominate dagli inglesi, presenti a Creta; tanto che i rifornimenti dovevano prima arrivare in Libia a Tobruk, e poi proseguire, sempre fornrnosamente, per il Dodecancso. E questo si era rivelato molto, forse troppo complesso. Nel gennaio 1941 venne rappresentata la necessità e la convenienza <li mettere delle unità aeree tedesche a Rodi: il Comando Supremo riteneva che poiché Germania e Grecia non erano ancora formal mente in guerra, la presenza cli unità tedesche avrebbe potuto influenzare i greci, convincendoli a non partecipare a quell'azione prevista congiuntamente con gli inglesi, per occupare il Dodecaneso 4 . Stesso effetto deterrente avrebbe potuto avere nei confronti della Turchia. Una forte presenza delle truppe dell'Asse avrebbe potuto seriamente condizionare le vicende in quello scacchiere, almeno questo

2

Hitler già nel settembre del 1910 pensava ad un attacco alla Russia, se aveva chiesto in gran segreto ai generali Jocll e Keitel cli 'riflettere acl una guerra contro l'URSS': la direttiva 21 <lei 18 dicembre 1940 (il piano Barbarossa) precisava che bisognava pensare ad una guerra contro l'URSS ancora prima cli aver vinto la Gran Bretagna. Già dal luglio del 1940 Hitler era sicuro che sarebbe stato condotto ad una resa <lei comi con l'URSS. Nel tèbbraio 1941 decise definitivamente l'attacco; il 20 aprile 1941 fissò in modo definitivo l'attacco per il 22 giugno successivo. :; HIO R2, Sintesi della riunione ter111ta al Minùtero della Guerra, nell'Ufficio del Sot-

tosegretario di Stato per !.1 Gtterra il 1 gennttio 1941. 4

USSM E, Verbali ... , cit., voi. Il (1.1.1941-31.1 2.1941 ), verbale n. 5 del

13.1.1941.


I:Esercito Italiano nel Do<lecaneso =1~21~2~-= l 2~4=3_ _ __ _ _ __ __

era nei voti di chi propendeva, sia pure a malincuore, per lasciar schierare velivoli tedeschi sui campi di volo dodecanesini. Rimaneva ed era assai sentito il problema del rifornimento cli carburante, già scarso per l'aviazione italiana stanziata nell'arcipelago: la presenza di altri apparecchi avrebbe aggravato non di poco la situazione. Quella dei rifornimenti e dei convogli, come ampiamente risaputo, sarà la parte più difficile della guerra, quella che in realtà condizionò tutte le operazioni nel Mediterraneo e comportò la grande penuria soprattutto di carburante. Le vicende belliche cieli' Africa settentrionale e la questione dell'eventuale attacco a Malta 5 sono quelle che caratterizzarono l'anno 1941 nel teatro mediterraneo. Il 2 gennaio 1941, erano state date istruzioni affinché, in vigile attesa dell'attacco inglese, fosse rafforzata la difesa di Rodi, sempre con materiali e risorse umane già presenti sul territorio: venne ro costituite due nuove batterie, la 3911. e la 40A da 75/27 - 906 su tre pezzi, da schierare nella parte nord delle due spiagge cli Iannacli e Apollachia, per battere d'infilatct la JjJÌaggia e la strada. D e i sci pezzi che necessi tavano, quattro furono tratti dalle quattro batterie in posizione a Tannadi e Apollachia, che fornirono personale e materiale necessario, e due furono tratti dalla sezione artiglieria del '50° reggimento divisionale, ma serviti dal personale del 35° raggruppamento. Le batterie dovevano essere pronte ad aprire il fuoco pe r il 7 gennaio. Nonostante questi nuovi apprestamenti, peraltro ancora relativamente pochi per fermare uno sbarco, il Possedimento rimaneva, dopo solo poco pit1 che sei mesi cli g uerra, in condizioni molto difficili per la scarsezza dei rifornimenti, sempre più rari, quindi assai debole militarmente. Nel gennaio furono spediti viveri, vestiario, materiali sanitari e forti quantitativi di generi alimentari per la popolazione, ma la situazione rimaneva sempre compromessa. Fu anche disposto l'invio cli materiali per ostruzioni retali dei porti dell'Egeo, ma questi materiali riuscirono ad arrivare solamente nel febbraio successivo, rafforzando alquanto la situazione: la notizia ciel loro arrivo ebbe il potere di far desistere momelllaneamellle gli inglesi dall'attacco previsto a Rodi (v. sotto). '.\ V. M. Gabri ele, Oplrazione C3 . Malta, ciL.


Il nuovo ruolo del Dodecaneso. 1941-1942. L'insediamento dell'alleato tedesco -·-·--4 7 5

Posto di difesa a Rodi Alla fine di gennaio di nuovo fu discussa la questione della base tedesca a Rodi e fu finalmente sottolineata l'importanza che tutto l'Egeo avrebbe potuto avere, quando fosse stato possibile agire in Tracia e giungere fino a Salonicco nella campagna Ji Grecia. Gli inglesi avevano sempre attribuito una grande importanza al Dodecaneso, come postazione strategica, in particolar modo dopo l'attacco italiano alla Grecia e infatti iniziarono ai primi del 1941, il 23 gennaio, a bombardare l'isola e la città di Rodi, facendo in realtà pochi danni 6. I sorvoli su Rodi continuarono e si susseguirono i bombardamenti sull'isola, sui campi di volo: il 12 febbraio si registrarono due morti e danni ingenti alla banchina del porto. li 14 febbraio

6 D.S. Il G.M . R 765.


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[Esercito Italiano nel Dodecaneso 1912-1913

aerei nemici sorvolarono anche l'isola di Scarpanto. Era stata preparata anche una spedizione contro Rodi, inviata con mezzi e materiali in Medio Oriente 7 : gli inglesi intendevano approfittare del momento di debolezza di Rodi e di Lero, per assicurare alla loro flotta navale e aeronautica anche quelle basi. Nonostante le ulteriori difficoltà italiane causate dalla caduta di Tobruk, il 21 gennaio, e, il 6 febbraio, di Bengasi, che avrebbero potuto agevolare l'occupazione del Possedimento, dopo che arrivò la notizia che alcuni rifornimenti erano giunti nelle isole egee, gli inglesi decisero, per il momento almeno, di soprassiedere alla spedizione su Rodi. Provarono però con un'altra isola, quella più decentrata e lontana dalle basi. Infatti pochi giorni dopo, il 25 febbraio fu attaccata e occupata dagli inglesi Cascelrosso. In quel momento l'isola era difesa da un piccolo presidio con 23 marinai, 7 carabinieri, un aviere marconista e tre unità della Guardia <li finanza. Infatti non si era mai pensato di difendere quell'isoletta, che anche durante il conflitto, venne utilizzata solamente come una base di appoggio da idrovolanti in fase di ricognizione marittima. TI 26 febbraio <la Roma giunse un telegramma con il quale il Comando Supremo lasciava libero Bastico <li decidere una azione successi va per una eventuale riconquista, in quanto l'isola occupata dal nemico non aveva alcuna importanza militare. Ma Bastico decise per la rioccupazione destinando all'operazione, per quanto riguardava le truppe di terra, la 13" compagnia fucilieri della Divisione Regina rinforzata da una sezione di batteria 47 /92. La Marina doveva provvedere al trasporto e allo sbarco, mentre l'Aeronautica effettuò ricognizioni aeree. TI Comando dei fucilieri fu dotato dalla Marina di una radio campale che consentiva il collegamento con Rodi. Il 27 febbraio Roma ancora sosteneva che non era il caso di sacrifi care uomini e mezzi per rioccuparla, appunto perché non aveva importanza militare e, aggiunsero questa volta, politica. A Castelrosso si combatté per tre giorni: il 28 febbraio, l'isola fu ri-

V. L.E.H. Maund, ASJault /rom the Sea, hmdra, 1949, citato in Avvenimenti in Egeo do{lo l'arrnùtizio, lJSSMM, Roma 1993, p. XIII.

7


li nuovo ruolo del Dodecaneso. 1941-1942. L'insediamento dell'alleato tedesco

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presa dagli italiani. Il 1° marzo 1941 vi rimase una compagnia di fanteria per il necessario rastrellamento e messa in sicurezza del territorio, poi solamente un piccolo presidio fìsso di 40 uomini circa, una rappresentanza della sovranità italiana 8 . Per la prima volta anche le tmppe terrestri dell'Egeo si erano scontrate con il nemico, che era agguerrito, molto addestrato, molto dotato di mezzi 9 . La collaborazione delle tre Forze Armate aveva dato dei buoni risultati: l'azione di Caste/rosso per la quale si era stabilito di non insistere, si è wndusa bene. Ciò servirà se non altro a dimostrare all'avversario che siamo decisi a tenere. L'importanza di Rodi è ora ben chiara . . . . . . 1O. ln marzo fu discusso anche il problema dell'uso degli apprestamenti chimici presenti, l'iprite. Fu deciso, in accordo con Roma, chetali difese chimiche non sarebbero state usate dagli italiani per primi, considerato che il nemico non le aveva usate, e Ba.stico quindi decise di recuperare gli uomini della compagnia addetta a questi mezzi di arresto, per altre normali attività. Nel marzo 1941, però, cambiò decisamente nella strategia italiana il peso del Dodecaneso che, insieme alla Libia, venne ritenuto ormai uno scacchiere di primo piano 11 , anche perché l'intervento tedesco in Grecia, previsto per l'aprile, e quello inglese sull'Egeo per lo stesso periodo, avevano dete rminato tma variante nella scala dei valori dei vari scacchieri. Dunque il Dodecaneso era da potenziare in modo da consentire finalmente a quell'avamposto italiano nel Mediterraneo di trasformarsi in base oflensiva: l'importanza di Rodi era ben chiara anche ai tedeschi, nel quadro generale della strategia mediterranea, che coin-

8 Hl R 22

e

D.S. Il G .M. R.654..

9 V. 0.d.G. n. 26 dì Bastico Jel 4.3.1941 , in N 2129/7. lO Cfr. Verbali ... , cit., vol. 11, verbale n. 8 del 3.3.1911. Per le vicenJe dell 'occupazione Ji Castelrosso v. un ampio articolo cli G. Ronconi , L'operazione 'Abstension' in Egeo. L'occupazione britrmnica dell'isola di Castelro.uo e la riconquùta italiana nel.febbraio 1941, in 'Storia militare', I parte maggio 2001 , p. 1.15 e Il parte giugno 2001, p.23-34. V. anche P.P. Meccariello, cit., p. 191-193.

11

1110 Rl. Verbale della riunione del 18 marzo 1941.


478 - --

I:Esercico Italiano nel Dodecancso 1912-1943

volgeva l'Africa settentrionale e il Medio Oriente. Proprio mentre a mano a mano si riconosceva il potenziale strategico <lel Possedimento, in quel periodo il Comando dell'Egeo aveva deciso di adottare il criterio della massima economia, considerata la difficoltà dei rifornimenti: il Comando Supremo osservò che in realtà non si comprendeva questo vincolo autoimposto localmente, in quanto dislocati nel Possedimento vi erano ancora ben 36 apparecchi da bombardamento effìcienti. La limitazione all'azione di ricognizione, che era di enorme importanza per le operazioni, sembrava dunque non supportata dalle carenze denunciate. Fu deciso di inviare 5 aerosiluranti e, non appena il Comando dell'Egeo avesse impiegato almeno dieci apparecchi al giorno per azioni offensive, sarebbe stata rafforzata l'avia:lione inviando alla base un intero gruppo. Tali operazioni dovevano essere sempre dirette essenzialmente sul porto di Alessandria e sul canal e di Suez, perché quelle nel bacino dell'Egeo sarebbero state sviluppate dalle forze aeree ital ianc e tedesche dislocate in Grecia, come da istruzioni del Comando Supremo 12 . Bastico ovviamente si sentì galvanizzato dal preannunciato aumento dell'aviazione che avrebbe potuto accrescere sicuramente le potenzialità offensive dell'aviazione forzosamente ridotte dalla situazione deficitaria di apparecchi da caccia e da bombardamento, anche se le ricognizioni erano state piuttosto frequenti, proprio in relazione ai continui preavvisi di attacchi sulle Isole. A metà aprile prospettava la possibilità di affìdare alle forze presenti mtovi e piìì, vasti corrtjJÌ!Ì offensivi. L'occupazione della Grecia comportava, tra l'altro, la necessità e la possibilità di assicurare le Cicladi e tutte le Sporadi settentrionali (le meridionali sono il Dodccaneso) all'Asse, soprattutto quell'isola cli Creta che quasi chiude l'Egeo, da un punto di vista geografico; Mussolini aveva deciso di marciare verso l'Egitto e Guzzoni 13 riteneva che la situazione nel Mediterraneo centrale avrebbe potuto

12

D.S. II G.M., R 765.

U Alfredo Guzzoni, comandante della IV Armata, dal '30 novembre 1940 al 24

maggio 19/i 1, aveva sostituito il 30 novembre 1940 So<l<lu al Ministero della Guerra.


Il nuovo ruolo del Do<lecaneso. .!9-41:12'.12. l.'inscdiamcnro dell'alleato tedesco


...,4""8~0_ __ _ __ ...,L:.:c'E~sercito Italiano nel Dodecaneso 1912-1943

migliorare con l'occupazione di Creta: pensava che sino a quando non fosse stata omtpata tale isola e costituito un baJtione unico fino a Rodi non si potesse/are molto ... 14. Nel colloquio fra Keitel e Cavallero al Brennero il 2 giugno ·1 91i 1 si discusse anche di una eventuale occupazione <li Cipro, che avrebbe costituito un serio punto <li appoggio per l'aviazione 1 5: l'isola con Rodi, Creta, Derna e 'lobrnk:, ripresa agli inglesi, avrebbe assicurato il dominio del Mediterraneo orientale e centrale. La Grecia fu occupata dalle truppe dell'Asse e iniziò il progressivo allargamento sul Mediterraneo orientale, in attesa di averne il completo controllo. Le truppe italiane, ai primi di maggio del 1941, fecero delle operazioni sulle Cicladi e sul gruppo di Samo e isole Furni, occupazioni p eraltro autorizzate (questa la parola usata in alcuni rapporti) dai tedeschi, i (]mili , in 11n primo tempo, pensavano di conquistare loro stessi quelle isole e di averne il possesso e l'utilizzazione; in un secondo momento lasciarono all'alleato l'incombenza. Per portare a termine questa azione si discusse se era più opportuno partire da Rodi, <love le truppe erano poche oppure da un'altra base idonea, come la greca Navarino, ad esempio, ma fu deciso che la pit1 idonea sarebbe stata il Dodecaneso. Pochi giorni dopo l'occupazione delle isole Cicladi, di Samo e Furni, Bastico inviò al Comando Supremo una interessante relazione 16 sull'insi eme delle azioni effettuate tra il 3-8 maggio 19/i 1. In data 28 aprile 1941 lo Stato Maggiore Generale aveva affidato alle Forze Armate dell'Egeo il compito di occupare alcune dell e isole Cicladi; obbiettivo confermato nei giorni successivi. In base agli ordini iniziali , Bastico dava le disposizioni necessarie p er l'effettuazione delle operazioni, per consentire un primo approccio al territorio per l'occupazione e, dopo aver visto la reazione nemica, avrebbe dato le norme per lo sviluppo delle azioni successive. Il 3 m aggio partiva dal

14 Verbali ...... ,

cit., voi. Il, verbale del 17.4.1941.

l5 HlO R5, A1'fmnto j1er il Duce.

16 D.S. II G.M., R 765.


Il nuovo ruolo del Dodccancso. 1941-1942. L'insediamento dell'alleato tedesco

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porto di Coo un Corpo di spedizione per effettuare la conquista dell'isola <li Amorgo ed eventualmente per l'occupazione cli Nio; l'azione era appoggiata dai cacciatorpediniere 'Crispi' e 'Sella', dalle ricognizioni aeree e eia bombardieri e caccia. Il Corpo di spedizione era composto dal Comando del Corpo, dal 111 Battaglione del 10° fanteria 'Regina', una compagnia mortai da 81, una compagnia cannoni <la 47 e un nucleo della M.V.S.N., in totale 50 ufficiali e 1200 uomini. Altre forze di fanteria e della Marina venivano concentrate a Stampalia. La resistenza nemica fu assai blanda e le truppe italiane riuscirono nel loro intento. Il mattino dell '8 maggio 1941 partiva da Lero un altro Corpo di spedizione, per effettuare la conquista dell'isola <li Samo e del gruppo delle isole Fumi. L'azione, come la precedente, fu appoggiata da un cacciatorpediniere, il 'Sella' con due mas e scorte antisommergibili, preceduta da ricognizioni aeree. Componeva il corpo <li spedizione il Comando, un battaglione del 10° fanteria (meno una compagnia); una compagnia <la sbarco della Marina con circa 250 marinai, in totale 30 ufficiali e 650 uomini di truppa. Occupate le Cicladi, Samo e .Fumi, Bastico affidò le fonzioni di comandanti militari e di rappresentanti del governo italiano ai comandanti dei Corpi <li spedizione e ordinò che sotto il loro controllo le autorità civili rimanessero al loro posto e mantenessero le loro funzioni, dando così alla azione italiana esclusivo carattere di occupazione militare e lasciando anche la gendarmeria locale continuare il suo normale servizio. Quello delle Cicladi e delle Sporadi settentrionali, delle quali alcune furono occupate direttamente dalle truppe tedesche (Lemno, Lesbo e Chio) fu .un rapido ciclo di operazioni, che in soli otto giorni portarono alla conquista della provincia greca delle Cicladi e a quella dell'importante gruppo <li Samo, Nicaria e delle isole Furni. Erano dopo la breve esperienza di Castelrosso, le prime operazioni di una certa complessità effettuate dalle truppe terrestri del Possedimento, che fino a quel momento erano state adibite solo alla difesa. Alla fine della sua relazione Bastico fece delle considerazioni di ordine militare e anche politico, che avrebbero consigliato a suo avviso un notevole aumento delle forze di terra del Possedimento, e confermava questo aumento nella misura <li una intera <livisione <li fan-


_,4"'8"'2~_ _ _ _ _ _L,,_'E""s'-"e., rc,.,it"o-"lt""al '- =ian,o nel Do<lecaneso 1912-!9A3 __________ ______

teria, con un numero di batterie da posizione ancora <la <lefìnirsi. Contemporaneamente alle azioni sulle Cidadi e sulle Sporadi, anche l'azione su Creta, punto di snodo per la situazione nel Mediterraneo, era ormai stata decisa 17 : in previsione dell'attacco a quell'isola e della presenza dell'aviazione tedesca a Rodi, era stato inviato nell'Egeo un ufficiale tedesco per il necessario collegamento con i I Comando della IV Flotta aerea germanica, di stanza ad Atene. Iniziava così l'invc,dente presenza tedesca nell'Egeo italiano, presenza che avrebbe comportato i luttuosi avvenimenti del I 9ii3, dopo l'armistizio, anche nel piccolo Possedimento dodecanesino, oltre che a Cefalonia, a Corfù e in tanti altri settori <love le truppe italiane furono sorprese dall'annuncio dcll'S settembre. Secondo le istruzioni del Duce, in vista dell'operazione su Creta, Rodi doveva mettere a disposizione tutte le risorse che aveva in quel momento. I tedeschi avevano già inoltrato le loro richieste al Comando Supremo italiano; l'Italia non poteva però mettere a disposizione per l'impresa su Creta più di quanto aveva già comunicato al1'alleato: e cioè due torpediniere e quattro cacciatorpediniere dell'Egeo con altre due torpediniere e altri 4 caccia, già assegnati, che si trovavano disponibili a Brindisi, a 1arnnto e in Sicilia. Non era altresì possibile inviarle subito in 4uanto i tedeschi avevano chiesto, sarebbe più corretto dire, imposto, scorta agli italiani per i loro convogli di trasporto truppe fra la Grecia e Trieste: questo servizio comportava ancora un lavoro di due settimane e quindi bisognava attendere per il loro effettivo arrivo in Egeo. Non era possibile aderire alla richiesta di rinforzo di una sgua<lriglia di cacciatorpediniere e di altre sci unità per mancanza di mezzi, senza considerare la grande penuria di carburante. 11 problema dei rifornimenti continuava ad essere estremamente importante e occorreva riattivare l'afflusso del petrolio rumeno, seguendo la rotta dai Dardanelli al Canale di Corinto, che invece era ostruito da un ponte crollato e per la rimozione del quale si prevedevano dai 20 ai 25 giorni di duro lavoro di operai specializzati. T rifor-

17

V. t.mma n. 8778 Comando Supremo a Egeomil, M3 R 153, del 29.4.1941.


____ U_!!..l!!lvo ruolo <lei Dodecaneso. l9/4l-l942. L'inscdiamcnto <lell'allr!!f2 te<lescCJ_~ ~ 183

Imbarco per Crebl

nimenti dell'Egeo si dovevano dunque attuare dai porti della Grecia: a questo proposito era stato interessato l'Alto Comando tedesco p er la necessaria concessione 18 di transito e uso dei porti, permesso che l'alleato tedesco diede. Agli inizi di maggio i tedeschi iniziarono l'organizzazione di quella che era chiamata operazione Mercurio, per la quale il Comando Supremo richiese all'Egeo la possibilità di un reggimento di fanteria rinforzato Ji unità maggiori. Il 23 maggio Bastico aveva risposto che poteva fissare il concorso dell'Egeo nell'operazione in due battaglioni di fanteria rinforzati da unità di accompagnamento, tenendo presente la necessità di difen<lere il Possedimento, il cui territorio era raddoppiato con l'occupazione delle isole Cicladi, dell'isola di Samo e di Furni. 11 28 maggio, avendo ricevuto l'approvazione di Roma per le sue proposte, con l'assenso del Comando Supremo, Ilastico iniziò a prendere diretti contatti con il Comando tedesco ad Atene.

18 Termine usato nei documenti

relativi alla questione.


484

LEsercito Italiano nel Dodecar~eslc:1...1'""9:...:.1.::.2----'-1.L.94-'--'3'------- - - -- -

Nel magg10 1941 ad Atene l'Alto Comando Germanico accettò l9 l'offerta del Comando Superiore delle Forze Navali in Egeo di partecipare alle operazioni di sbarco, nella parte orientale dell'isola: agli inizi sembrò che l'offerta fosse stata accolta con qualche perplessità dall'alleato tedesco, anche perché l'operazione era g iudicata rischiosa per la continua presenza di forze navali inglesi, ma poi fu ritenu ta necessaria; anzi l'intervento doveva essere effettuato nel minor tempo possibile 20 . Tra richieste e dinieghi, l'operazione si svolse con successo, anche se fu molto difficile, tra il 27 maggio e il 2 giugno 1941: <li notevole interesse, per comprendere quale fu l'apporto delle truppe della Divisione ' Reg ina' dell'Egeo, è anche questa volta la relazione firmata da Bastico sull'azione del Corpo <li Spedizione italiano 21 , ventidue cartelle che forniscono i dettagli della seconda operazione dell'Esercito dislocato nel Dodecaoeso, essendo stata la prima l'occupazione delle Cicladi, poco tempo prima. Bastico io primo luogo sottolineava la circostanza che con la vittoria delle truppe dell'Asse in Jugoslavia e soprattutto in Grecia, era possibile considerare chiusa la fase dell'azione difensiva esplicata dalle Forze Armate nel Dodecaoeso e si poteva passare alla nuova fase, quella offensiva. Secondo il giudizio di Bastico, l'organizzazione della spedizione italiana non si era presentata facile, anche per l'estrema flu idità della situazione nell'isola di Creta e nel Mediterraneo: dal punto di vista tattico, era stato deciso che l'azione italiana si sarebbe svolta nella parte orientale dell'isola. Altro elemento di ulteriore difficol tà fu che solo inizialmente i militari italiani sarebbero stati agli ordini di Bastico: una volta sbarcati a Creta e giunti all'altezza del meridiano di Hierapetra, sarebbero passati alle dipendenze del

19

I<lern.

20 M 3 Rl '53 . V. anche il vo lume Ji P. luso, La re.ristenza dei militari italiani ,ill'e.1tero. lwfe dell'Fgeo , Commissione per lo studio della resistenza dei militari italiani all 'estero , 'Rivista militare', Roma, 1994, p. 31. 21

Cfr. M 3 Rl 53.


Il nuovo molo del Dodecaneso. 1941:.1242. I.:inse<liamenro dell'alleato tedesco

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Comando tedesco per il successivo impiego 22 . Pii:1 volte Bastico insiste su questa dipendenza, per sottolineare le difficoltà generali incontrate dal Corpo di spedizione. Il Corpo di Spedizione fu costituito basandosi sul concetto di inviare la massima quantità di truppe possibile, sempre tenendo in sicurezza il Possedimento: il massimo ottenibile con il minimo indispensabile. Furono preferiti reparti già residenti a Rodi, porto d'imbarco, sia per evitare spostamenti interni via mare, e soprattutto per non utilizzare reparti che erano direttamente necessari alla difesa. Non poterono essere assegnati al Corpo di Spedizione unità <li artiglieria autotrainata e automezzi per un rapido spostamento, perché non vi erano unità navali presenti che potessero assicurare il trasferimento di questi reparti. Partirono dunque due battaglioni con me7.7.Ì d,1 foorn e rnnnoni e-la 65117 mortai da 81 - cannoni da 47, che potevano essere trasportati o trai nari da animali e che quindi davano una certa potenzialità di fooco di accompagnamento 2 3.

22 Era stato deciso che i I Corpo di Spedizione sarebbe passato ai comandi tedeschi al bivio di una rotabile costiera per Kalò Korio -IIierapetra. Nel caso che prima di arrivare a quel bivio, l'avanzata fosse stata fortemente contrastata e quindi ci fosse stata la necessità di avere il concorso delle truppe tedesche, fu stabilito che gli italiani si sarebbero tenuti sempre in collegamento a mezzo radio con il Comando tedesco per il tramite di un ufficiale tedesco e dì una radio servita da marconisti tedeschi.

23 In dettaglio jJ Corpo di Spedizione fu composto dal Comandante, il colonnello di fanteria Caffaro; da un ufficiale superiore del Comando Superiore delle J:lorze Armate, a disposizione del Comandance del Corpo di Spedizione; i I nucleo C:omando del 9° reggimento fanteria con unità tedesche di collegamento; un nucleo di Carabinieri Reali ; 1/9° ReggimenLo fanteria 'regina'; II/10°; un plotone di cc. nn.; tma compagnia da sbarco della marina; 2" compagnia mortai da 81 divisionale; l" compagnia cannoni da 4713 2; 1 " batteria da 65/17; 3" Compagnia car6 'LY ; un plotone trasmissioni del genio divisionale; 2° reparto carreggiato 41" Sezione Sanità; un plotone portaferiti; aliquota nucleo chirurgico, per un totale di UHìciali 102; sorrnfficiali e truppa, 258:',; quadrupedi, 205; carri '13, 13; autovetture '11.00', 3; moto, 6; autocarri 'dovunque', 1. V. relazione Ilasrico.


_,4-"'8""6'---- - --~1"-''E,, s"'-er""c_,ic_,o,_,.,It,,.,al"-'ia,,.,n, _o=nel Do<lecanesc!.JJJ_i -194'-"ì'-------- -- - - -

Le unità utilizzate per il trasporto forono 15, scelte fra motovelieri e motopescherecci <li scarso tonnellaggio e di ridotta velocità, ma adatti ad un rapido e veloce sbarco. La scorta fu fornita dalla Marina che utilizzò un cacciatorpediniere 24 , quattro torpediniere 25 e sei mas. 11 convoglio passò il Canale di Caso, il più infido per eventua1i attacchi del nemico di giorno, quando l'aviazione tedesca e quella italiana poterono garantirne la sicurezza. L'Aeronautica italiana, durante il p eriodo di preparazione dell'azione, fece numerosi bombardamenti e mitragliamenti a bassa (1uota sulla zona di Hierapetra; furono altrcsì frequenti le ricognizioni sul canale di Caso e fu messa sotto stretta sorveglianza la rotta Alessandria-Creta e la fascia settentrionale dell'isola. Anche le forze aeree tedesche fornirono protezione durante il trasferimento del Corpo. Fu data ad esso una autonomia <li sette giorni di viveri al sacco, da computarsi <la quello dopo il giorno dello sbarco. Per quanto riguardava il munizionamento, la fanteria aveva armi portatili con munizioni per li unfoc, oltre alle dotazioni individuali e di reparto; per i mortai da 81 e i cannoni da 4 7, furono previsti 1. 500 colpi per arma. All'artiglieria furono date munizioni per 5 unfoc. Viveri e al iquote di munizioni per altri dieci giorni furono tenuti pronti per g li eventuali rifornimenti, quando fosse stato possibile effettuare altri trasporti. T1 Corpo ebbe in dotazione carte al 1:250.000 dell 'Isola di Creta; una riproduzione cartografìca di una carta tedesca scala 1:200.000; una serie di fotografie che erano state eseguite da osservatori italiani per il settore di interesse. L'ordine di operazione n.1440/0P fu dato il 26 maggio 1941: i compiti previsti erano i seg uenti: in un primo tempo, si Joveva raggiungere il bivio della rotabile costiera per Kalè> Koriò e Hierapetra; raggiunto il bivio, il Corpo sarehhe passato ai comandi dell'alleato te-

2-i 'Il Crispi'. 25 ' I.ibca', 'Lira' , 'Lince', 'Aldebaran'. Queste unità, insieme al C.T. 'Sella' e alla 'l'. 'Lupo', esclusa la 'Aldebamn', costitu ivano tutta la disponibilità del Possedimento per quanto atteneva al naviglio silurante cd erano a disposizio ne per la scorra ai convog li tedeschi.


---~.ll~n=u=ov~o~ruolo del D<Klecaneso.J9Al-124ì. L'inse<liamenco dell'alleato tedesco

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desco e q_uindi gli ordini relativi sarebbero stati impartiti da quel Comando. Era previsto che il convoglio partisse alle ore l8.00 del giorno 27 maggio <la Rodi; il giorno 28 era previsto il passaggio nei pressi dell'isola di Scarpanto e la località prevista per lo sbarco era la Baia <li Seteia. Nella sua dettagliata relazione, Bastico fa una analisi di quello che era stato il peso del Corpo di Spedizione italiano nell'operazione 'Mercurio': l'azione germanica era stata tr{J.Volgente, ma gli italiani avevano dato un valido contributo, perché, essendosi impadroniti della parte orientale dell'isola, avevano così costituito ttn elemento Jwotettivo del fianco sinistro delle colonne motorizzate te<lesche. Le eruppe italiane non avevano trovato resistenza, se non sporadica e le perdite erano state ridotte a due uomini e qualche ferito leggero. La presa di Creta era stata una azione non certo facile, consid erando i pericoli che incombevano: la flotta inglese che avrebbe potuto impedire il convoglio dLtrante la navigazione. Le altre grandi diffìcoltà, segnalate nella relazione Bastico, avevano a che vedere più che altro con problemi interni al Corpo di sJJeclizione: la necessità di utili?.?.are mezzi di trasporto poco veloci scortati da Lll1ità leggere, per cui gli inglesi avrebbero potuto facilmente contrastare il trasporto. Non era stato possibile assegnare mezzi motorizzati , per l'assenza di navi adatte al trasporto. Lo sbarco su Creta era stato diffìcilc perché non era stato possibile Lll1o scarico celere, per scarsezza cli mezzi adatti, quindi con i pericoli connessi a un non rapido sganciamento dal luogo di approdo. L'equipaggiamento normale degli uomini era stato appesantito perché, sempre p er scarsezza <li qua<lrupecli, i soldati dovevano porcare al seguito equipaggiamenti completi e vettovaglie. Una volta sbarcati, i fanti avevano avuto gran<li Jiffìcoltà nel muoversi con rapidità su un terreno irto cl i ostami i, il tutto aggravato dal la scarsezza di acqua e <lall'alca temperatura. La Marina aveva provveduto al trasporto al limite delle sue po.uihilità e l'Aeronautica dell'Egeo, in fraterna cooperazione con q1,1ella Germr,1.niw, aveva assicurato per tutta la durata del trasporto, dello sbarco e dell'avanzata delle truppe, il dominio d,el cielo, sventando l'insidia che si Jm1filava J1er rruire e infliggendo dure perdite al nemico ..... . Ancora una volta, secondo la relazione ufficiale, le tre Armi avevano collaborato in


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L'E~ercitu Italiano nel Dodccancso 1912-1913

modo che la loro azione era risultata armonicc,mente fusa ...... , anche con l'aviazione dell'alleato tedesco. Si è ritenuto di dare molti dettagli di questa relazione che in realtà riguarda sola la presa di Creta, perché, a ben leggere proprio la conclusione, nonostante i termini trionfanti ~ e non poteva essere altrimenti - ne viene fuori un quadro estremamente fosco di quella che era la reale situazione del Doclecaneso sia come base di appoggio per operazioni d'attacco (mancanza di carburante, mezzi idonei al trasporto ... ), sia per una difesa che avesse dovuto essere <li forre contrasto a operazioni nemiche. E il Dodecaneso era ritenuto ormai uno scacchiere di prima linea, quindi da rifornire con ogni possibile mezzo e in quantità conveniente. La guerra, però, era sempre più subalterna e il bilancio militare italiano era disastroso 26 . Nel primo trimestre era stata pe rsa la Cirenaica. L'aiuto della macchina bellica tedesca era sempre più necessario, ma anche in Germania le difficoltà logistiche aumentavano. Vero è che le truppe dell'Asse conseguirono nel corso dell 'anno dei successi nei Balcani, nella Cirenaica e a Creta, ma questi non comportavano importanti mutamenti nell'andamento del conflitto, anche perché il 1941 è l'anno in cui esso divenne veramente mondiale, con l'entrata in guerra dell 'Unione Sovietica, attaccata da Hitler, e degli Stati Uniti, attaccati a Pearl Harbour dai giapponesi, due macigni economici per produzione di minerali, di elementi a valenza strategica, per industriali zzazione. Al momento dell'entrata in guerra, la Germania aveva un potenziale industriale eccellente, molto più importante della Francia e dell'Inghilterra messe insieme; ma nel corso della guerra con il blocco delle comunicazioni marittime, la Germania fu in gravi difficoltà, anche perché i suoi mercati di approvvigionamento di materie pri -

2 6 Per

una sintetica analisi dell'anno di guerra v. P.L fkrtinaria, /_,,,1 J"ÌtttrJzione del-

la g11lrra agli iniz i del 194 1 e la

Jlld

condottd politico-stmtegica nel cono dell'armo, in

'L'Italia ìn guerra. 1941 ', Roma, 1992, p. 331- 344. Per le operazioni in Africa settentcionalc, v. F Srcfani, L e operazioni nell'Africa .rettentriona!e nel 1941, in ib. p . 363-382.


li nuovo ruolo rlel Durlecanesu. 1941-1!)42. !:insediamento dell'alleato tedesco __

489.

mc si restringevano. Con il protrarsi Jel conflitto l'economia tedesca era divenuta altamente vulnerabile. Sui mari, invece la Francia e la Gran Bretagna avevano una potenza superiore a quella tedesca. La Germania disponeva di un numero superiore di effettivi e di armamenti; ma la Gran Bretagna e la Francia, con il blocco navale, riuscirono ad asfissiare i rifornimenti tedeschi, privandoli delle materie prime industriali, del petrolio e delle derrate alimentari. L'arma economica si rivelerà quella più efficiente, la prioritaria da usare: una volta strangolata l'economia di guerra tedesca si potrà portare la lotta strategica con l'offensiva militare. Con le possibilità di valutazione date a chi viene dopo, si può dire che l'Asse perse la guerra il 22 giugno 1941, data dell'attacco tedesco all'URSS e il 7 dicembre del 1941, proprio a Pearl Harbour. L'Africa Orientale Italiana cadde progressivamente in mano degli inglesi: Culquaber si arrese il 21 novembre, dopo una dura battaglia che vide protagonisti i Carabinieri, e i presidi esterni <li Gon<lar, il 27 dello stesso mese; l'Impero, vanto di Mussolini, era annullato: era durato nemmeno un lustro. Nel Mediterraneo, due erano gli attori principali, la Gran Bretagna e la Germania, mentre l'Italia ebbe un ruolo di comprimario. Gli inglesi erano sempre più dominatori, impedendo i rifornimenti all'Africa settentrionale e, per quel che ci riguarda, al Dodecaneso. La 'battaglia <lei convogli', nonostante la presenza dei sommergibili tedeschi nel Mediterraneo, fu durissima e incise pesantemente sulla situazione in Africa settentrionale, comportando carenza di carburante, munizioni, automezzi. A Matapan, il 28 marzo 1941, la Marina subì una pesante sconfitta 27 . Era il Mediterraneo, il teatro strategico importante per l'Italia e la necessità più impellente era divenuta quella di intensificare i traffi-

Sulla battaglia Ji Matapan, vi è una abbondante bibliografia: v. il ben documentato saggio di A. Santoni, La Br1ttc1g!itt di MtJtttpcm, in Tltalia in guerra. 1941 ', cit. p. 419-43:3, con indicazioni bibliografiche e archivistiche, alle quali si rimanda. Si segnala anche di F. Mattesini , Il giallo di Matapan: revisione dì giudizi, Roma, 1985.

27


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ci con la Libia, per poter opportunamente rifornire le tmppe. Gli inglesi erano sempre presenti con due squadre navali, una ad Alessandria, che continuava ad essere bombardata anche dall'aviazione dell'Egeo, e una a Gibilterra, che era stata la prima responsabile della mancanza dei rifornimenti all'Africa Orientale Italiana, settore che, privo di mezzi, non aveva potuto resistere all'avanzata inglese. Sommergibili inglesi avevano impedito le linee <li traffico con l'Egeo. Tnoltre le due Squadre navali britanniche potevano facilmente attaccare, oltre al territorio metropolitano, la Libia e anche l'Egeo. Malta continuava ad essere una spina nel fìanco. Analizzando la situazione, nel novembre 194 I, le Isole Italiane dell'Egeo venivano viste come un completamento verso Levante dei territori della Grecia, con le sue isole, e di Creta, le cui posizioni dominavano le comunicazioni tra il Mediterraneo e il mar Nero 28 . l'Egeo poteva consentire dunque di attaccare fino all 'estremo orientale del Mediterraneo, ma doveva avere ulteriori mezzi e risorse per poter svolgere questa funzione. Dovevano essere allocate notevoli forze aeree, qualche unità navale leggera e qualche sommergibile, oltre a quanto già presente. Era chiaro che l'efficienza di quelle basi poteva essere garantita solamente da continui rifornimenti. Le isole dodecanesine dovevano contribuire come base di appoggio alle operazioni navali e aeree per la lotta nel Mediterraneo, sempre quindi una funzione militare offensiva, quale era stata delineata, ma non interamente sostenuta, alla vigilia del conflitto e quale fìno ad allora aveva svolto: ricognizioni marittime e bombardamenti e concorso aero-navale nelle operazioni in Libia. La difesa doveva essere radicalmente assicurata perché era evidente che gli inglesi avrebbero di sicuro tentato operazioni offensive verso questi territori. Le Jue isole che venivano ritenute maggiormente esposte agli attacchi erano Rodi e Creta, Rodi piè di Creta. In tutto il Mediterraneo orientale la cooperazione aeronavale deve essere ottemtta tra le Forze navali e le Forze aeree dislocate in Grecia e Creta, nelle Isole Italiane d,el/'Egeo e in Cirenaica:

I4 R29, QNadro gener,t!e delle o/Jerazioni alree e navali da .rvolxere /!er la lotttt nel bacino del Mediterraneo, 1 5.11.1941. 7-8


Il nuovo ruolo del Dodecaneso. 1911-1912. L'insediamento dell'alleato tedesco

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quelle isole facevano sempre sistema con la Libia. Il loro valore potenziale era stato aumentato con il possesso <li Creta. Le forze inglesi erano a Gibilterra e ad .Alessand ria, con un sistema costituito dall'Egitto, dalla Siria, dalla Palestina e da Cipro: sistema, esclusa la Siria, costruito già alla fìne della prima guerra mondiale, sempre in funzione della difesa dell'Impero delle Indie . .Al centro g li inglesi erano a Malta, con notevoli forze navali e aeree. Come faceva notare una concisa analisi del 20 novembre 1941 del Comando Supremo 29, le torze inglesi avevano un collegamento per parallelo, mentre le comunicazioni principali italiane avvenivano nella parte centrale del bacino del Mediterraneo per meridiano, mentre quelle con la Grecia e l'Egeo si svolgevano su linee sufficientemente interne. Di conscgllC:nza scopo operativo principale delle forze dell'Asse era quello di stroncare il trc1({iw nl'1'rtico per parallelo, mantenendo attivo il tm[[iw italiano '/l§r. rneridiano30 . .Agli inizi del 1942 sul fronte dell'Africa settentrionale, g li italo-tedeschi persero alcune posizioni importanti, ma poi tra la fìne di gennaio e la fine cli febbraio ottennero dei successi, riconquistando la Cirenaica e Bengasi. Le operazioni militari procedevano sul fronte libico: le forze corazzate tedesche guidate da Rommel sferrarono una potente controffensiva, ma gli ing lesi opposero una forte resist enza e si assestarono su una linea che permise loro ancora una volta di sfruttare il porto di Tobruk, quel porto con il quale il Dodecaneso doveva fare sistema. L'avanzata italo-tedesca era stata resa possibile dal fatto i convogli con i rifornimenti erano potuti arrivare dall'Italia con una certa regolarità, grazie anche ai colpi inferti in mare alla flotta inglese. Però sulla rotta fra l'Italia e l'Africa rimaneva sempre la minaccia di Malta da dove continuavano a partire navi e siluranti che ostacolavano i convogli italiani, progressivamente depauperando la flotta mercantile italiana in modo assai sensibile. Per eliminare definitivamente i pericoli di Malta si continuava a stu-

29

I4 R30, 20.11.1941.

30 Sottolineato nel resto originale.


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__ l:Esercito Italiano nel Dodecaneso 1912-1943

diare la possibilità <li uno sbarco a Malta, che veniva bombardata senza sosta, dall'inizio della guerra, con attacchi sempre più intensi. Nel primo trimestre del 1942 gli aerei dell'Asse, oltre che su Malta, fecero numerosi incursioni su Alessandria con pesanti bombardamenti: i campi di Rodi e di Lero contribuivano in concorso nelle operaz1on1. In questo periodo gli italiani combatterono con qualche successo in Africa settentrionale e riuscirono ad inviare un certo numero di sommergibili nell'Atlantico, che affondarono una cinquantina di navi nemiche, con notevoli ritardi dei convogli nemici di rifornimenti, diretti a Gibilterra e a Malta. In questo periodo la flotta inglese ebbe dei momenti cli grave difficoltà, mentre quella italiana, aiutata dai sottomarini tedeschi, poté garantire un più elevato grado <li sicurezza ai convogli italiani, dimostrando la preparazione professionale per la quale aveva sempre avuto notevole rispetro dagli avversari. L'isola di Malta era sempre più bombardata in previsione <li un attacco dell'Asse: l'isola assumeva sempre maggiore importanza cosicché i Comandi italo-tedeschi pensavano da tempo di occuparla, per

Rodi. Ai bordi del campo di aviazione


JJ nuovo ruolo del Dodecaneso. 1941-1942. L'insediamento dell'alleato tedesco

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eliminare quello snodo strategico vitale. Tuttavia non vi erano forze sufficienti per invadere Malta e contemporaneamente condurre una importante operazione militare in Egitto: fu scelto di conquistare l'Egitto; gli italiani avrebbero preferito l'invasione dell'isola, ma ebbe la meglio l'alleato te<lesco, essendo in realtà il più forte, militarmente e quindi anche diplomaticamente. Jìu così deciso di riprendere Tobruk entro maggio e rinviare l'invasione cli Malta, dopo aver avuto quella vittoria, che veniva ritenuta sicura. Su Rodi e sul Dodecaneso soprattutto nell'aprile 1942 vi furono notevoli rinnovate incursioni nemiche. Sull'isola di Cerigo venne effettuata una azione nemica: un reparto inglese sbarcò, ma fu respinto e <lovette rapi<lamente ritornare in mare, lasciando a terra molto materiale. Anche le ricognizioni marittime continuavano numerose d,ù Do<lecaneso. Da Ro<li partirono continuamente aerei per effettuare bombardamenti su Porto Said :'> 1 . Ai primi di maggio aeroplani nemici sorvolarono Scarpanto, Rodi e Lero. Vennero lanciate bombe sull'aeroporto di Maritza. Anche Lero venne bombardata a piì':t riprese. Molte furono le ricognizioni fatte dagli inglesi sul Dodecaneso, con aerei in partenza da Cipro. Anche altri aerei, probabilmente turchi, secondo le notizie raccolte, sorvolarono Simi, Coo e Lero e poi si ritirarono, allontanartdosi verso occidente. Tra le varie missioni effeccuate, in giugno due aerei partirono per bombardare una rotabile Ras el Kenya-Alessandria d'Egitto. Uno rientrò per avaria prima di entrare in azione, mentre l'altro di notte riuscì a colpire in pieno la rotabile. Anche nei giorni successivi s i ripeté lo stesso tipo di azione: la base del Dodecaneso stava dando il suo contributo allo scontro che si stava preparan<lo in Africa settentrionale. Ed è in questo periodo, tra luglio e agosto 1942, che truppe italo-tedesche raggiunsero il punto massimo di espansione territoriale, su tutti i teatri in cui erano impegnate, con speranze di vittoria finale: in Africa occuparono El Alamein, a 100 km da AlessanH Per tutte le azioni aeree in partenza <lagli aeroporti del Do<lecaneso in dettaglio

v. LlO R99, dove sono raccolti i telegrammi e le relazioni inviate dall'Ammiraglio Campioni, che aveva assunto l'incarico di Comandante Superiore delle Porze Armate nell'Egeo dall'agosto del 1941.


494

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l]lscrciro Italiano nel Dodecaneso l2_12- 1-2.4"--3_ __ __ _ __

dria d'Egitto52 . A luglio Mussolini andò in Africa settentrionale, convinto che avrebbe fatto il suo ingresso vittorioso in Alessandria d'Egitto. Il 2 luglio inviò, un po' prematuramente, istruzioni a Roma per organizzare la sistemazione politica e militare d el territorio, una volta conquistato. Ma pochi giorni dopo il Duce dovette comare a Roma senza che l'Egitto fosse stato ancora conquistato. Nel momento in cui sembrava di avere raggiunto la vittoria, invece la. guerra era giunca a una svolta importante, perché è proprio in quel momento che inizia il declino evidente delle potenze dell'Asse. E' pur vero che la minaccia italo-tedesca sull'Egitto era però ancora molto consistente. J convogli che dall'Italia trasportavano armi e munizioni riuscivano a passare e a giungere a destinazione, ma molto materiale accatastaco sulle banchine italiane non riusciva a partire per motivi cli orzani7.7.nione logistica, oltre che per la grave penuria di navi mercantili. Scriveva Ciano il 2 settembre del 1942 sul problema dei rifornimenti e sulla situazione in genere:1 3 /?omrnel èfermo, in Egiuo, per mancanza di carburante. Tre nostre jletroliere sono state affondate in due p,iorni .... .. Il giorno dopo: .. . rontinttct la sosta di Rommel e qttel che è peggio gli affondamenti dei nostri piroscafi anche stanotte, due .. . .. .tutto scarseg~ia, non solo il carbttrtmte ..... . A metà agosto, nel Mediterraneo vi fu un grande scontro tra la Marina italiana e la britannica: quest'ultima subì gravi danni, perdendo molto naviglio, andando verso Malta, ove però riuscì a far giun gere ben un terzo degli ampi rifornimenti previsti: l'isola poteva continuare a resistere. Il periodo settembre-ottobre 1942, vide l'inizio della disastrosa batLaglia di El Alamein. Italiani e tedeschi erano fermi nella posizione dal 30 giugno precedente, ma erano in grande difficoltà perché ben lontani dalle loro basi cli rifornimento e soprattutto mancanti di mezzi e di carburante. Gli inglesi invece erano a breve distanza da Alessandria e dal Canale di Suez, altro nodo strategico vitale, e po-

32

V M. Montanari, cit., voi. LU.

n G. Ciano, Diario, a cura Ji R. De Feli ce, ec!. integrale 1990, p.617, 2 settembre 1942.


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JI nuovo ruolo del Dndecaneso. 12:fl-1942. L'insediamento dell'alleato tedesrn __ 1<}5

cevano ricevere rifornimenti importanti anche dagli americani, per prepararsi alla grande offensiva. Mentre il nemico si preparava, i carri tedeschi e italiani pativano sempre della scarsezza di carburante, che aveva già paralizzato un tentativo di Rommel di impegnare il nemico in una offensiva, Nel Dodecaneso si faceva sentire sempre di più l'incessante penuria <li carburante. Il 13 settembre 1942 gli inglesi tentarono di riprendere Tobruk con una offensiva navale e aerea, ma l'operazione non andò a buon fine per la reazione delle truppe dell'Asse. Gli inglesi continuavano a ricevere ingenti rinforzi di truppe attraverso Suez e molto materiale bellico di fabbricazione americana. Erano giunti in Egitto già dal gennaio 1942, per la prima volta, reparti dell'aviazione statunitense34 che in quel periodo aumentarono la loro presenza. L'Asse continuava a ricevere pochi rifornimenti ed era in condizioni di interiorità: le forze che si fronteggiavano in Africa Settentrionale erano molto squilibrate. Il 23 ottobre, inizio della battaglia, gli inglesi avevano una superiorità schiacciante rispetto all'Asse in termini umani e di materiali. Nel Mediterraneo la Gran Bretagna aveva potenziato le sue squadre di sommergi bi li a Beirut, ad Tlaifa, a Gibilterra e disponeva di Llfl numero crescente di aerosiluranti, che usava pesantemente contro i convogli italiani. La superiorità della Marina italiana su quella inglese poteva essere ancora notevole, ma mancavano mercantili e petroliere e quindi i rifornimenti continuavano ad essere del tutto insufficienti. le scorte di benzina in Libia nel momento pit1 cruciale del1a battaglia di El Alamein forano assolutamente insufficienti e dovettero essere addirittura gli aerei, con grave pericolo, a portare i bidoni di benzina, per l'urgenza <lel carburante. Ma ormai oltre a questo, scarseggiavano anche munizioni e viveri. Tra il settembre e l'ottobre 1942, non ci furono nel Mediterraneo grandi scontri navali, ma una continua e logorante attività di aerosiluranti e sottomarini con perdite da ambo le parti. J;S novemhre

,li

D.S. II G.M. R 1394, Coman<lo Supremo, SIM - 7.1.1942. Promemoria per il Capo di Stato Maggiore Generale sulla situazione delle forze aeree avversarie nel Mediterraneo. In guesto rnpporto si segnala i I costante afflusso in volo di livoli americani sulla costa occidentale dell'Africa.

ve-


...e4L9-"6'---_ __ _ _____.,_L'~Es""e'-'rc.,_,it,.,_n. lt!!fo~110 nel Dodecancso 1912-19/43

1942 le truppe americane sbarcarono nel Mediterraneo. Il 22 ottobre precedente, alla vigilia dell'inizio della battaglia di El Alamein, vi era stata la solita riunione presso il Capo di Stato Maggiore Generale :)5 _ A questo incontro parteciparono anche il Feldmaresciallo Kesselring e il generale von Rimelcn. Scopo della riunione: esaminare proprio la situazione generale del Mediterraneo. Oltre all'attacco all'Egitto, che il duce riteneva assai prossimo, vasto, intenso e simultaneo, era dunque verosimile che sarebbe stato attaccato anche l'Egeo. Quindi occorreva rinforzare tutto lo scacchiere mediterraneo. Cavallero diede notizia che per l'Egeo era in corso un rapido potenziamento. Che la situazione fosse assai difficile sono le sue stesse parole .. . Per il momento abbiamo sospeso lo spostamento, pur aj,provato da! Duce, delle forze Navali a Levante per deficienza di nafta, i cc.tt. che hanno scortato l'ultimo convoglio, si sono riforniti a Messina e così pure le tre torpediniere che eseguono in questo momento il rastrello antisommergibile su!lct rotta di ponente dai cc.ti. in Sicilia. Il generale von Rintelen era al corrente della situazione e diede notizie su quanto si andava facendo per risolvere il problema, considerato proprio che il rifornimento ddl'Arm:Lta Corazzata dell'Africa era la questione fondamentale della strategia generale, in specie per quanto riguardava il carburante. Sul paventato attacco nemico a Rodi e a Creta, il feldmaresciallo Kesselring non era convinco che quel pericolo fosse all'orizzonte: il suo pensiero si appoggiava sulla circostanza che non erano stati notati dai ricognitori tedeschi gruppi di navi che potessero av,ùlare quella supposizione. Comunicò poi ai generali italiani che lui stesso era divenuto i I responsabile della difesa delle coste egee occupate dai tedeschi e di Creta. A suo avviso, per la difesa di quelle coste era fondamentale lo schieramento [ navale] Rodi - Scarpanto - Creta e della zona del Pireo. Per difendere Rodi sarebbero occorsi dai IJOOO ai 5000 uomini in più, ma sia per Rodi che per Creta, secondo il suo parere, mancavano io gran numero i mezzi anticarro, perché il vero pericolo poteva

35 Verbali, cit. voi, JTJ, (l° gennaio 1942-3 1 dicembre 1942), SME, lfffìcio Storico, Roma, 1985, verbale n. 278. Originale in HlO, R 5.


Il nuovo ruolo d.\'.] Dodecaneso. 1941-19/42. I:inscdiamcnto dell'allea_!!) °te""d'e"'sc=o~_.t.~ -1~2~7

essere costituito proprio da uno sbarco in massa di carri armati e da una violenta azione aerea. Per quel che riguardava Creta, sotto sua completa responsabilità, aveva già dato le opportune direttive. I punti sui quali riteneva che si dovesse impostare la difesa erano i seguenti: attuare lo schieramento navale, come previsto; stabilire le esatte intese per il reciproco appoggio aereo; organizzare un distaccamento di sbarco da poter tra~ferire rapidamente nel punto minacciato e per questo sarebbero occorse 5 motozattere. E soprattutto era necessario 1.1.n comando ttnico, sottintendendo che questo doveva essere tedesco: le forze italiane si trovavano sempre più in una posizione subalterna rispetto alle tedesche ed era una situazione irreversibile. Per lo schieramento navale, che Kessclring riteneva l'aspetto pii:, importante per la difesa, Cavallero si dichiarò d'accordo in linea di principio, ma dovette ancora una volta ricordare la penosissima scarsezza di carburante. Il Duce riteneva che il potenziamento dell'Egitto richiedeva tempo, mentre quello per l'Egeo poteva essere pii:1 rapido. Quindi si doveva mantenere l'ipotesi principale di pensare prioritariamente alla costa africana. Per quanto riguardava poi i trasporti e la nota deficienza di tonnellaggio, il feldmaresciallo propose di impiegare naviglio battente bandiera spagnola per i traffici normali nell'Egeo, allo scopo di recuperare le navi che viaggiavano in quel settore e metterle sulla rotta verso l'Africa settentrionale. La riunione continuò sempre sul problema dei rifornimenti di carburante, anche con alcune puntualizzazioni di Cavallero sui motivi di una forte deficienza di benzina avio per la V squadra aerea 3G: il rapporto con l'alleato germanico era sempre più difficile, sotto una formalissima cortesia e grandi dichiarazioni di massima collaboraz10ne.

36 Questa deficienza forte era Jovuca anche al fatto che essendovi deciso di fare cassa cormme am i reparti aerei germanici, è st11to .1/1into al massimo il rifornimento di Ct1rb11mnte tedesco ... Kessclring aveva sottolineato il fatto che la situazione africana era Jebok anche perché mancavano carburanti cd automezzi e che con i provvedimenti che la parre italiana intendeva prendere, si rischiava <li arrivare tardi, per cui bisognava accelerare lo sbarco della nafta.


{~98 - -- ---~L='E=s=er=ci=to=Itali_!i]lO nel Dodecancso 1912-1913

Kesselring comunicò in quella occasione che entro otto-dieci giorni si sarebbe recato in Africa, via Creta e, se Cavallero avesse potuto incontrarsi con lui, anche a Rodi. Rintelen espose anche a Cavallero quale era il _pensiero dello Stato Maggiore Generale tedesco e quali gli obbiettivi prefissati, in ordine di preminenza: bisognava rifornire l'Armata Corazzata in Africa settentrionale; rinforzare Creta e l'Egeo; costituire riserve in Tripolitania; trasferire delle unità da guerra a Levante. E naturalmente l'esecuzione di questo programma richiedeva nafta. Il 4 novembre 1942 la battaglia di El Alamein vide sconfitto l'Asse. Dopo la sconfitta, il 6 novembre già si pensava che l'intera Libia era perduta. L'S novembre, come sopra ricordato, forze inglesi e americane sbarcarono sulle coste del Marocco e dell'Algeria, allora colonie francesi. Fu un grande evento storico del quale in quei momenti non fu possibile coglierne i risvolti futuri: per la prima volta gli americani erano sulle coste dell'Africa settentrionale, nel Mediterraneo, ove resteranno potenza dorn.inante in un settore strategico che fìno allora era stato esclusivo o quasi appannaggio degli inglesi, dalla fine del secondo conOitto mondiale in poi. Lo sbarco anglo-americano SLl quelle coste fu una operazione che produsse effetti immediati e importanti sull'andamento della guerra perché rese più vulnerabile la situazione italiana e mise in pericolo la stessa ritirata delle forze italo-tedesche <la El Alamein. Queste truppe rischiavano di rimanere chiuse in una sacca fra Montgomery e Eisenhower. Le forze dell'Asse sbarcarono nella Tunisia francese.:, con il consenso ùel le autorità locali il 15 novembre successivo, per contrastare il nemico e costituire un altro punto di forza su quelle coste, sul quale puntare per i rifornimenti. Frattanto in Libia le truppe italo-tedesche forono costrette ad abbandonare Tobruk e si ritirarono anche dalla città di Bengasi per la terza volta in questa guerra. La Tripolitania era a forte rischio a rischio e Rommel, alla fìne di novembre, si recò da Hitler per proporgli di abbandonare quel territorio e concentrare tutti gli sforzi nella Tuni sia, regione vicina alle basi di rifornimento. Gli italiani erano molto


_____ _IJ_~y_i:~vo ruolo <lel Dodecaneso. 19/41-1942. L'insediamento cld ~!!!!eato te<l_e~s=co'"-----_ Ll ;qL.. 9 L.. 9

contrari a questa decisione, perché erano a Tripoli da più di trent'anni e consideravano la Libia una parte integrante dell'Italia. Le forze anglo-americane che dal Marocco si erano spinte fino in 'l'unisia erano molto più forti, meglio equipaggiate e più munerose di quelle dell'Asse. Nel mese di dicembre 1942 fu sempre più diftìcile il rifornimento delle truppe in Africa: i mezzi navali del nemico colpirono soprattutto le navi cisterna ed era facile individuare i convogli, perché già da tempo gli inglesi potevano decifrare i messaggi in codice trasmessi dai comandi dell'Asse. Inoltre le mine posate in mare costringevano le navi italiane a seguire rotte prestahil ire per le quali erano facilmente attaccabili. La migliorata situazione strategica degli anglo americani nel Mediterraneo rendeva sempre più eftìciente l'isola di Malta. Di conseguenza i convogli che Jall'Italia partivano per l' Africa erano sempre più duramente colpiti. La sconfitta dell'Asse in terra J' Africa era ormai chiara, anche se solo nel 1944 divenne evidente la fine tedesca, quanto l'aviazione tedesca fu sconfitta proprio sui cieli della Germania e le riserve petrolifere tedesche distrutte 57. Il fronte russo sarebbe stato la causa prima di tutte le altre sconÌltte .

.n

Per una analisi economica del secondo conflitto mondiale, cfr.R. Overy, Why the

Allies Won, Londra, 1996, recentemente tradotto e pubblicato con il titolo La .1/rada della vittoria. Perché gli Allectti h,mno vinto lei xecondti [;IJerra mondiale, Bologna,

2002.



_______501

3.5. 111943. l'B settembre e la resistenza. Il Dodecaneso è perduto.

,

l'anno più difficile e più drammatico della guerra. E' l'anno della cobelligeranza, che imporrà il prosieguo del conflitto per altri due anni. Inizia la resistenza sul territorio metropolitano e quelli saranno gli anni di guerra più duri e sanguinosi: la liberazione inizia dal sud, ma sale lentamente, perché non sempre il settore italiano viene ritenuto di primaria importanza. E' l'anno della Repubblica Sociale Italiana, la RSI, meglio conosciuta come la repubblica di Salò che dividerà gli italiani, facendo del movimento per la resistenza, in alcuni parti d'Italia, anche una guerra fratricida. E' l'anno in cui in realtà l'Italia perde per sempre tutte le sue colonie e i suoi possedimenti oltremare. E' finito l'Impero; finisce il Dodecaneso; finisce l'Africa Settentrionale. Questo era il quadro generale della situazione che portò, dopo 1'8 settembre ai notevoli mutamenti nel Dodecaneso che fu prima occupato dai tedeschi e poi, solo nel 194 5 riconquistato da quelli che erano divenuti gli Alleati. Nel teatro mediterraneo, nelle prime settimane del 1943, le forze dell'Asse dovettero abbandonare Tripoli 1. Dopo la sconfitta subita a El Alamein, nel novembre del 1942, le truppe italo tedesche erano state costrette a ritirarsi in modo lento e costante verso occidente, ma gli anglo-americani che già si trovava·no in Tunisia, minacciavano gli italiani anche dal quel lato. Tripoli non poteva essere difesa. Il Duce apprese il 19 gennaio la caduta della città, che venne comunicata dai bollettini di guerra solo i I 2 3 gennaio: la ripercussione nell'opinione pubblica fo fortemente negativa. Dal 1911, da quando era stata conquistata e tenuta con determinazione in ogni riunione del consesso internazionale, Tripoli aveva significato, da allora, uno dei maggiori simboli della felice espansione coloniale italiana, piena di speranze per un futuro migliore per mol-

E

1

Per i ùet tagli Ji queste vicende v. M. Montanari, cir.


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_____________I:Esercito Italiano nel Dockcancso 1912-1913

te famiglie, che erano emigrate in Tripolitania e in Cirenaica. Molti italiani avevano vincoli familiari con i residenti di quelle terre ormai considerate del tutto italiane: la per<lita <li Tripoli pesò sul morale italiano quasi come fosse stata la perdita di una parte Jel territorio metropolitano_ Te<leschi e italiani cercarono di contrastare l'avanzata al nemico, ma la vittoria cli Rommel sugli anglo-americani al passo di Kasserine in Tunisia si risolse solo io una vittoria tattica non risolutiva, l'ultima vittoria africana della 'volpe del deserto'. La preponderanza delle truppe anglo-americane era tale che anche la Tunisia non avrebbe potuto resistere a lungo. Le navi mercantili disponibili per i convogli erano sempre meno e per di più lentissime. Il tonnellaggio mercantile italiano rimasto in linea era vemmente esiguo. Non potevano arrivare rifornirnenti e anche il g c ncrale Messe, coman<lante <lelle forze in Tunisia, ebbe a dichiarare a Ciano che la Tunisia non era Jifen<libile e che sarebbe presto caduta totalmente in mano degli anglo-americani. Fu tempo di cambiamenti: ai primi di febbraio il Duce operò un rimpasto governativo, peraltro una vera 'rivoluzione', nell'illusione che la situazione, almeno agli occhi del popolo italiano, potesse cambiare: l'andamento non felice della guerra aveva suscitato non pochi malumori e il consenso popolare di una volta era un ricordo, p er di più pallido. Tra i ministri però, l'unico che non fu rimosso fu quello dcli' Africa italiana, ultima illusione che forse non tutto era per<luto. Rimase il Ministero, ma non l'Africa. La seconda guerra mon<liale e la costituzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite porterà l'inizio Jella fine del colonialismo per la comunità internazionale, in particolare anche per gli inglesi, che, in capo a quindici - venti anni, perderanno in Africa e in Asia le colonie. Anche la Francia avrà vicende analoghe, più violente e sanguinose. Già nel febbraio 1943 era chiaro che l'Italia aveva perso completamente le sue colonie dal punto di vista bellico, ovunque esse fossero state. Rimaneva, ancora per poco, il Possedimento del Dodecaneso, piccolo lembo del Mediterraneo, mai tenuto in realtà in troppo conto, che invece era sempre stato nel mirino degli inglesi, anche se co-


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r:s settembre e la resistenza. Il Dodecaneso èj1erdt1to. ------ - ~

mc obbiettivo, almeno agli inizi della guerra, secondario, per poi divenire, dopo la resa dell'Italia e la progressiva sconfitta del le truppe tedesche, una interessante via per i Balcani. Nel quadro generale dei cambiamenti maturati agli inizi del 1943, in conseguenza dell'andamento della guerra, cinque giorni prima del rimpasto governativo, Mussolini aveva fatto importanti cambiamenti anche al vertice delle Forze Armate, sostituendo Cavallero con il generale Ambrosio, che restò Capo cli Stato Maggiore Generale fino al 18 novembrel 943, quando fo nominato ispettore generale dell'Esercito. In yuei primi giorni dell'anno, dal 13 al 24 gennaio, il presidente americano Roosevelt e il primo ministro inglese Churchill si incontrarono a Casablanca, con i loro consiglieri politici e militari, e decisero che la loro prossima mossa, dopo la conquista della Tunisia, sarebbe stato lo sbarco in Sicilia; per Italia, Germania e Giappone, la resa doveva essere incondizionata. Il Primo Ministro inglese avrebbe preferito per l'Italia una resa pii't morbida, ma non ebbe successo con il Presidente americano. Frattanto la guerra aerea nel Mediterraneo continuava e l'aviazione italo-tedesca homhardava Algeri e Malta, mentre le fortezze volanti americane distruggevano le principali città italiane e i porti, soprattutto, cercavano di annichilire cantieri e banchine, ren(lendoli inservibili 2 . La superiorità aerea nello scacchiere apparteneva ormai agli anglo-americani, che dominavano tutto il bacino. In Tunisia l'aviazione italo-tedesca riuscì a bombardare Tunisi e Biscrta.; in Libia, Marsa Matruh e in Egitto Alessandria, ma la località maggiormente .bombardata rimase l'isola di Malta, sempre piì:t caposaldo strategico del Mediterraneo. In quel periodo, l'unico fronte terrestre sul quale gli italiani combatterono gli anglo-americani fu quello della Tunisia, dove erano minacciati a nord dalle truppe statunitensi e a sud da quelle britanniche. Mussolini volle resistere ad oltranza, ma il I 3 marzo dichiarava al ge-

2 Per i dettagli, v. M.G.Pasqualinì, I bombttrdamenti sttlle città italùme, in 'L'Italia in guerra. 1943', cit., Roma, 1994, p . 253-287, con relative indicazioni archivi-

stiche e hihliografìche.


2il1___ _______ L'Esercito ltal iano nel l)_ud_cr_·a_ne_:s_o__1<_91_2_-_l9~4~3_ _ _ _ _ _ _ __

nerale Puntoni, Aiutante <li Campo del Re, che anche la Tunisia doveva considerarsi perduta. Il 16 marzo gli inglesi che provenivano dalla Tripolitania fecero un attacco frontale contro le forze dell'Asse sulla linea di Mareth, ma l'attacco fallì. T] 26 marzo gli inglesi aggredirono nuovamente le truppe italo-tedesche sul fianco e questa volta l'azione ebbe successo. Le forze dcli' Asse riuscirono a sganciarsi e salvarsi, solo per la successiva lentezza cli movimento degli inglesi. Nello scacchiere tunisino il rapporto di forze era a favore <lelle forze anglo - americane, in modo soverchiante per uomini e mezzi. La Marina italiana non era pii:1 in grado di trasportare truppe in Tunisia. Da quel momento uomini e mezzi potevano giungere in zona di operazioni solo per via aerea. La guerra era già persa, ma occorrerà ancora <lel tempo per arrivare agli armistizi e, soprattutto, all'annientamento del Terzo Reich. T:iniziativa in quei mesi fo del nemico. In 1bnisia italiani e tedeschi forono attaccati dalle forze indiane <lell'esetcito britannico il 5 apri le e subirono perdite molto gravi. Mussolini, per resistere, aveva inviato molti uomini in Tunisia. I combattimenti continuarono per tutto il mese <li aprile, ma il morale degli italiani e dei tedeschi era ormai molto basso. Non arrivavano i soccorsi e non sarebbero mai potuti arrivare. 11 12 aprile venne perso anche il porto di Sfax. Mentre le truppe delJ'Asse non riuscivano ad avere aiuti e rifornimenti, notevoli rinforzi per gli inglesi e gli americani giungevano proprio in yuel periodo sul fronte africano, per preparare l'attacco ,ùJ'Italia. Nel canale di Sicilia la Marina italiana continuava ad essere presence, ma solo con il suo naviglio leggero che fu progressivamente decimato. In Tunisia la resistenza delle forze dell'Asse terminò il 13 maggio 1943: i tedeschi si arresero al n emico due giorni prima degli italiani, che cercarono inutilmente di resistere nella penisola di Capo Bon. Furono presi prigionieri ben 200.000 uomini dell'Asse 3. Si persero - - -- - - - - 3 Per le operazioni in Tunisia, v. R. Sicurezza, L e opemzioni in Tunisia e nell'Italia meridionale: l 'mj1etto navale, in 'L'Italia in guerra. 1943', cit., Roma, 1994, p. 3352; G. Alegy, Le operazioni in 'fimi.ria e nell'Italia meridionale: l'a.1/1etto aereo, in ib. , p. 53-82; L. Ceva, Momenti della crisi al Comando S11premo in ib., p. 101-133.


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così gran parte delle truppe dell'Asse in Africa. A metà giugno si arresero agli anglo americani anche Pantelleria e Lampedusa. Gli americani sbarcarono in forze in Sicilia sulla costa fra Gela e Licata nella notte fra il 9 e il 10 luglio. Le difese dcli' Asse erano inadeguate perché molte truppe erano state perdute in Africa e non si aveva la certezza del luogo dove sarebbe sbarcato il nemico. Gli anglo americani disponevano di forze nettamente superiori e in pochi giorni trasportarono in Sicilia circa 160.000 combattenti ben armati e con molti mezzi. La conquista dell'isola fu però molto costosa per gli americani in termini di perdite umane. L'aviazione italo-tedesca non riusciva più a reagire e non era nemmeno più capace di intercettare i convogli nemici. Le truppe italiane (60.000) e quelle tedesche (40.000) riuscirono a passare lo Stretto di Messina, per iniziare la resistenza sul continente. La Marina e l'Aeronautica continuano a resistere e ad avere alcuni successi: il 4 maggio e il 4 agosto, i mezzi da sbarco della X Mas penetrarono nel porto di Gibilterra e affondarono quattro navi nemiche; il 18 maggio gli aerosiluranti colpirono vicino Gibilterra un incrociatore leggero. Anche i sommergibili italiani marcarono qualche punto a loro favore. La perdita della Sicilia, la minacciata invasione della Calabria, i bombardamenti e la evidente disparità delle forze facevano ben comprendere, non solo ai militari, ma soprattutto al la popolazione italiana, ormai sfinita, che la guerra era perduta. Doveva ancora arrivare il peggio: il 19 luglio Roma, città simbolo, fu bombardata. Si avvici. nava il 25 luglio, giorni in cui sarebbe stato convocato il Gran Consiglio del Fascismo, che non si era più riunito dalla lìne del 1939. Badoglio ritornò sulla scena italiana, come Capo del Governo, mentre Mussolini venne arrestato all'uscita da Villa Savoia, dai carabinieri agli ordini del comandante del gruppo interno di Roma, colonnello Frignani 4 . 11 generale Castellano firmò a Cassibile l'armistizio

4 Arrestato in scguiro dai tedeschi, sarà fucilato ìl 24 marzo 1944 alle Fosse Ardeatine , vicino Roma.


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__________ r:Esercito Italiano nel Do<lecaneso 1912-1943

'corto' ai primi di settembre, il 3 5 ; 1'8 settembre la notizia dell'armistizio venne ufficialmente diramata e fu detta la frase che ebbe l'onore dei titoli di testa dei giornale e di una valanga di scritti e studi successivi: la guerra continua, ere parole che hanno significato l'avvio alla parte pii:1 drammatica del conflitto. L'armistizio 'lungo' con le Nazioni Unite fu firmato il 29 settembre 1943 e tenuto segreto in Italia, per l'onerosità delle condizioni poste al governo italiano 6. Questi forano a grandissime linee gli avvenimenti di quei mesi, ricordati solo per inquadrare quanto stava succedendo nel Dodecaneso, che sarebbe divenuto una delle aree di resistenza in (ì-recia 7 . Il SIM segnalò ai primi di febbraio del 1943 8 che gli inglesi avevano dato disposizioni per preparare le navi destinate al trasporto di truppe per occupare Rodi. Le navi si sarebbero concentrate nella parte orientale dell'isola di Cipro. La notizia proveniva da buona fonte e doveva ritenersi attendibile. TI STM continuava nella sua informativa con varie segnalazioni che confermavano le notizie giunte che il comando delle truppe britanniche attribuiva al Vicino Oriente (Siria e Palestina) una funzione essenzialmente logistica che doveva venire sfruttata per le prossime operazioni nel bacino orientale del Mediterraneo dalle forze anglo-americane-polacche che si stavano raccogliendo nell'Iran e nell'Iraq. Si avevano altresì notizie che sommergibili anglo-americani stavano agendo nelle acque dell'Egeo anche per rifornire di armi, munizioni e vettovaglie le bande greche per l'isola di Creta e per tutte le isole ove fosse possibile organizzare un attacco.

5 La bibliografìa sull'armistizio è molto estesa. Rimane interessante come testi-

monianza diretta G. Castellano, Come firmr.ti l'flrn1istizio di Cassihile, Mi Iano, 1946. M. Toscano, Dal 25 luKlio all'H .retJemhre (Nuove rivelazioni mg/i armistizi Jr,, l'Italia e le Nazioni Unite), Firenze, 1966. 6

Per il testo integrale con le osservazioni storiche cfr, M.Toscano, Pagine di Storia di/1lomatict1 contem/1or,mett, cit., p. 9:5-106.

7 Cfr. A. Bartolini, Le resistenze militr,,ri e i loro tetJtri, in 'L'Italia in guerra.194:5', cir., p. 519. 8

U R124.


Il 194 3. 1'8 settembre e la resistenza. 11 IJodccancso è perduto.

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L'Esercito Italiano nel Dodrçi!!!f,glJ._21.,,2-' -lC-'9__,,4.,_3_ __ _ __ __

In quei mesi ogni isola del Dodecaneso aveva delle forze per la difesa costiera e per la manovra, era cioè presidiata, con una notevole dispersione di forze: quella dispersione che tanto aveva fatto discutere gli Stati Maggiori quando si trattò di stendere i primi piani di difesa negli anni Trenta (v. sopra). Anche la difesa di Rodi aveva continuato a basarsi sui capisaldi del piano di difesa approntato prima dell'inizio del conllitto, e cioè su una vigilanza costiera e unità mobili pronte ad accorrere in caso di necessità. La situazione della popolazione sembrava piuttosto calma, anche perché in realtà quello scacchiere era rimasto abbastanza al di fuori delle operazioni militari, fonzionando, come si è visto, come base <li appoggio e subendo di tanto in tanto alcuni bombardamenti. Anche <lai rapporti dei carabinieri e dalla informative del SIM, però era chiaro che i greci dodecanesini erano ormai organizzati e vi era molta vivacità tra la popolazione greca 9_ La protesta contro gli italiani montava sensibilmente, soprattutto dall'epoca del governo De Vecchi , che aveva attuato una forte politica di assimilazione, nd settore della vita civile, non potendo ovviamente accettare, con la sua mentalità, null'altro che fosse lontano dal fascismo più rivoluzionario e allo stesso tempo burocraticamente sclerotizzato, quale era divenuto dopo quasi un ventennio di potere 10 _ Era evidente che con gli avvenimenti in Africa settentrionale e soprattutto con il progressivo dominio del Mediterraneo da parte degli anglo-americani anche quel settore sarebbe entrato nell'occhio del ciclone: a mano a mano il nemico risaliva verso nord, cercando di dominare tutto il Mediterraneo, non solo quello centrale e occidentale; era la volta del Levante, che avrebbe dovuto portare alla liberazione della Grecia. 11 Dodecaneso stava diventando un settore di primaria importanza e

9

Cfr. N. Doumanis, ci t., soprattutto alle p. 8 5 -117.

10

Sul funzionament o burocratico del reg ime fascista uno studio recente e molto interessante è quello di D . Musiedlak, Lo stato fascista e lr, sua claJJe jloliticr.i. 19221943, Bolog na, 2002.


li 1943. 1'8 settembre e la resistenza. Il Dodecaneso è perduco.

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per gli inglesi lo sarebbe divenuto ancora di più, al momento della resa dell'Italia, ma non lo fu altrettanto per gli altri alleati. Anche le Autorità militari centrali iniziarono a dare maggiore attenzione alle isole docanesine. Già nell'ottobre 1942 una Commissione del Comando Supremo si era recata nel Dodecaneso per valutare la situazione e provvedere, ove possibile, tenendo in conto la scarsezza dei mezzi e gli impegni forti sugli altri fronti. la funzione preminente dell'arcipelago era vista in connessione con l'isola di Creta, come ostacolo al traffico navale, per lero, mentre l'asse Creta -Rodi avrebbe dovuto essere di ostacolo al traffico aereo: inoltre Rodi e Scarpanto, sempre insieme a Creta, avrebbero dovuto costituire la linea di difesa contro attacchi anfìbi. Scriveva nella sua Relazione, redatta dopo l'armistizio, il generale Segui, analizzando la genesi della situazione quale si presentò alla data dell'8 settembre: ..... .tale aumento di comiderazione derivava dall'importanza che si riteneva di attribuire alle isole Egee e a q1.1ella di Creta in funzione di ostacolo al traffico navale (Lero) ed aereo (Creta-Rodi) contro operazioni tendenti allo Jbarco in Grecia e, particolarmente, in collegamento con Creta all'allineamento ins1dr1re più esterno (Scarpanto-RodiCoo); ma specie a Rodi, quale obbiettivo di primo tempo sia j,er il possesso dei suoi campi di aviazione sia jJer costituire basi di partenzrt per le operazioni suaccennate verso il continente ...... 11 .

11

N 2129/A, Relazione <lei generale Rodolfo Sequi, Capo di Stato Maggiore del Comando Superiore delle Forze Armate dell'Egeo, consegnata nell'agosto del 1945: ampia relazione di 76 pagine dattiloscritte, che danno una idea precisa di quanto accadde prima e dopo 1'8 settembre. Per questa parte già ampiamente studiata ed esposta da altri autori, v. F Stefani, La storia della dottrina e degli ordinamenti dell'e.wrcùo italiano, SME, lJffìcio Storico, Roma, 1985, tomo II, p.950-990. Per le cifre che saranno date nelle prossime pagine, oltre ai documenti dell'Archivio Storico dello SM E, l'A. si è basata su Le operrtzioni delle ttnità italiane nel .w/.tembre-ottobre 1943, a cura <li M. Torsiel lo, SM E, Ufficio Storico, Roma, 1975, p.525 586 e sulle numerose relazioni che furono depositate in data successiva da alcuni uflìciali, nel quadro degli accertamenti predisposti successivamente per gli avvenimenti dopo l'armistizio: su questi documenti tra l'altro è basato il volume curato dal Torsicllo. Per altri dettagli v. R. Fanizza, De Vecchi, Baxtirn, Camj1ioni, 11/ti1fli f;OVernatori dell'Hgeo, Forlì, 1948.


I.:Eserciro Italiano nel Dodecaneso 1912-1943

L'ammiraglio Campioni, divenuto Comandante delle Forze Armate in Egeo, fece una serie di richieste soprattutto per quanto riguardava la difesa costiera di Rodi: non era suffìciente la vigilanza per far arrivare, ove vi era necessità, il nucleo centrale di protezione, assai scarso peraltro; bisognava disporre per ogni settore della costa delle riserve, più una riserva centrale autotrasportabile; bisognava rafforzare la difesa aerea, anche con armamento più moderno. In sostanza: mancavano complementi per i reparti, batterie, pezzi anticarro, mi tragliatrici e automezzi, soprattutto autocarri. Secondo la testimonianza di Sequi, dalla fine del 1942 e per tutta l'estate del 1943, ini :t:iarono ad arrivare i rifornimenti, sempre cadenzati dalle difficoltà conseguenti alla mancanza di unità nella flotta mercantile italiana. Giunse materiale italiano, francese, belga, greco e tedesco, con ridottissimo munizionamento: segno che le fabbriche italiane ormai producevano a ritmo assai ridotto, quando erano in grado di farlo. I bombardamenti degli anglo-americani avevano spesso distrutto impianti industriali. I tedeschi, dopo l'armistizio, provvidero a mettere fuori uso quelli ancora rimasti in funzione o tentarono di trasportarli in Germania. Ricorda Sequi come, in complesso con quei nuovi arrivi di materiali, i militari fossero riusciti ad ottenere nella fascia costiera una densità di un pezzo anticarro per chilometro, che comunque non poteva avere grande efficacia con i carri armati di massicce proporzioni. Affluirono anche <lei reparti, ma sempre sottorganico. Per servire i nuovi pezzi, fi.1 utilizzato personale tratto da reparti esistenti, assottigliando sempre più la riserva centrale della difesa di Rodi. Continuava il minuto frazionamento delle unità esistenti per avere una vigilanza capillare, con mezzi e risorse umane che però non erano adeguate. Era stato deciso che ogni isola, piccola o grande, dovesse considerarsi autosufficiente per la difesa. Il Comando Superiore continuava a chiedere altri uomini per aumentare la forza di riserva per la difesa di Rodi e di altri automezzi che permettessero rapidi spostamenti, ma tutto questo non poté essere fatto, a causa di quanto stava avvenendo in Libia e in Tunisia. Nel periodo invernale vennero fatti alcuni lavori ai capisaldi della fascia costiera che consentirono un notevole miglioramento della dife-


_ ___________ Il 194·>. 1:8 settembre e la resistenza. Il Dodecaneso è perduto.

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sa. In quel periodo, è importante notare, il coordinamento operativo, per l'eventualità di sbarchi nemici, era stato affì<lato al comando tedesco O.B.S.E. <li Salonicco. Come stava già facendo in realtà in Italia, anche in questo settore l'alleato tedesco stava progressivamente 'occupando' il Dodecaneso, con l'offerta, ma soprattutto con l'invio imposto di truppe, nonostante i Comandi italiani chiedessero un aiuto in mezzi e non uomini. Da notare, fra i vari episodi, che agli inizi del 1943 il Comando aereo tedesco a Creta offrì due batterie da 88, per migliorare la difesa contraerea, con relativo personale, che a Rodi furono costretti ad accettare: per il personale, fu deciso che avrebbe solo addestrato i soldati italiani e poi si sarebbe ritirato, ma questo non successe. L'ammiraglio Campioni, secondo la testimonianza di Sequi e di altri alti 11ffi,iali, cercò sempre di arginare la presenza tedesca in termini di 'invadenza', sia per limitare il numero degli uomini di truppa p resenti, sia per arginare la volontà di sopraffazione formale e sostanziale dei comandi tedeschi. Vi riuscì solo per un breve periodo di temµo, fin quan<lo <la Roma nor1 arrivò la notizia, che malgrado il parere del Comando delle Forze Armate dell'Egeo, era stato <leciso l'invio a Rodi di un battaglione <li granatieri tedesco motorizzato, messo a disposizione del Comando dell'isola come unità di manovra, teoricamente dipendente per l'impiego <lai Comandante militare dell'isola, per costituire la riserva centrale. N e ll'aprile del 1943 giunse il battaglione tedesco - su tre compagnie granatieri, una compagnia mortai, una batteria anticarro-, completamente motorizzato, dislocato a Campochiaro, una località centrale, sede allora del Comando militare dell'isola, retto dal colonnello coman<lante la Divisione 'Regina' 12 , fino al I O settembre. Nel maggio successivo, giunse la notizia che per accordi superiori, sarebbero arrivati nel Dodecancso altri due battaglioni tedeschi. Tra

U TI batta;?lione era comandato da un capitano. Le compag nie granatieri avevano ciascuna tre pezzi da 75/46, 4 pezzi da 28. In totale, oltre 1.000 uomini, L3 pezzi da 75/46 , 12 pezzi da 28, 16 mortai da 80 e Lm certo numero di pen:i da SO, con gli au tomezzi necessari per il trasporto e l'autotraino di tulto il battag lione.


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L'Esercito Italiano nel Do<lernneso 1912-1913

maggio e giugno arrivarono nel Dodecaneso, uomini, mezzi, materiali, e aggiunge Sequi nella sua relazione, tutto Jiffìcilmente controllabile perché molto materiale giungeva per via aerea. A fine giugno, un alto ufficiale tedesco, un generale di divisione, fece la sua comparsa, senza preventiva indicazione da parte delle superiori autorità centrali, per comandare quella che, secondo accordi diretti con Roma, sarebbe divenuta una divisione motorizzata d'assalto, la 'Rhodos': i complementi sarebbero giunti in pochi giorni, per arrivare all'organico previsto. Questa divisione doveva costituire la riserva centrale mobile dell'isola, a totale dipendenza del Comando italiano. L'organizzazione della divisione non era ben chiara alla parte italiana in quanto uomini e mezzi spesso arrivavano nottetempo al campo rii aviazione rii C-rarlurra e soprattutto alla fine di agosto un piroscafo scaricò una grande quantità di materiali e mezzi corazzati. Nell'agosto era arrivato a far visita ai militari tedeschi il maresciallo Von Weichs, Comandante delle forze tedesche nei Balcani, visita non preannunciata al Comando Superiore dell'Egeo italiano: si dedusse in un secondo momento, a ragione, che l'alto ufficiale tedesco era andato a controllare le disposizioni del piano che i tedeschi avevano predisposto contro gli italiani. Vi era il reale pericolo che i tedeschi inviassero sull'isola un generale di C.A., che avrebbe così preso in mano il comando tattico di Rodi. Da Roma la questione fu risolta destinando a Rodi un generale di C.A., Arnaldo Forgiero, che giunse nell'isola il 26 luglio, assumendone il Comando ufficialmente il 1° settembre. Fa notare Sequi che l'invadenza dei tedeschi diventava sempre più forte e sostanziale senza che fosse possibile arginarla. A Scarpanto poi, in quei giorni, era giunto un battaglione di granatieri tedeschi, per rinforzare la difesa dell'isola, sempre contro il parere delle autorità militari locali italiane, i pareri delle quali sembrava non avessero alcun peso a Roma. E non l'avevano. Mussolini era diventato sempre più debole e Hitler aveva già messo in preventivo la fine del governo fascista e l'eventuale possibile armistizio. In sostanza, nel 1943, l'esercito tedesco, oltre a rinforzare la sua pre-


_ _ _ _ _l_l1~94~: ). l.'8 settembre e la resistenza. Il Dodecaneso è p=erd=u=to~.- - ~5'--"1=:3

senza sul territorio italiano, senza quasi più accordarsi con i vertici militari italiani, ovviamente stava rafforzando la sua presenza anche nel Dodecaneso, in vista <lella resistenza da opporre al nemico e, soprattutto, delle vicende poi iti che di un alleato che da tempo consideravano suddito e non pari grado. Come scrive nella sua relazione post armistizio il maggiore Zocca, che reggeva l'Ufficio Informazioni del Comando Superiore dell'Egeo, l'attività tedesca si era molto intensificata prima dello stesso 25 luglio, soprattutto in settori particolarmente delicati, che esulavano dai compiti assegnati alle forze tedesche le quali in teoria, dovevano solo costituire la massa di manovra interna; i comandi germanici non gradivano che da parte italiana si prendessero fotografie sulle loro dislocazioni e apprestamenti difensivi, fìno fermare e trattenere ufficiali italiani che avevano preso fotografie delle loro posizioni 13. Gli accordi fra Italia e Germania venivano sempre presi al centro, fra il Comando Supremo e l'Alto Comando tedesco, nonostante i pareri negativi espressi dall'ammiraglio Campioni e da altri ufficiali, che ben si rendevano conto <li come la situazione locale stesse divenendo assolutamente critica. In realtà a Fcltre, il 19 luglio, ben si sa che Hitler non aveva quasi lasciato parlare Mussolini e gli aveva dichiarato di non poter inviare in Italia rinforzi consistenti, in reparti organici, ma già due giorni dopo il 25 luglio, formazioni corazzate t edesche avevano varcato la frontiera e scendevano verso la pianura. Governo italiano e Comando Supremo protestavano, ma l'alleato tedesco proseguiva metodicamente 14nei suoi piani. La Marina continuava ad impiegare principalmente Mas e motosiluranti per la vigilanza costiera, qualche sommergibile che era stato desti nato ad operare nelle acque di pertinenza del Dodecaneso. Provvedeva anche a preordinare i servizi di scorta con cacciatorpediniere dei convogli in rientro sui porci italiani. Dipendevano direttamente dal Comando Marina dell'Egeo un cacciatorpediniere e una torpediniera

11 N 2129/A. I-i Le memorie dell'ammiraglio De Courten (1943-1946), USMM, Roma, 1993, p. 159.


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!:Esercito Italiano nel Dodecaneso 1912-1_21L__________ _

dislocati a Lero; quattro squadriglie Mas, due a Lero, una a Sira e una a Rodi; una squadriglia cli motosiluranti (cinque unità), a Rodi. L'organizzazione a terra della Marina prevedeva batterie costiere e contraeree soprattutto a Rodi e nella base di Lero; per l'impiego era coordinata con le forze terrestri dei servizi avvistamento e collegamenti nel Dodecancso e nelle Cicladi l 5. Le forze aeree erano presenti a Rodi, a Coo e Scarpanto. Nell'estate del 1943 il Comando Supremo esaminò la possibilità cli trasferire il Comando aeronautico in terraferma, in Grecia, facendo iniziare il trasferimento dei reparti, che era ancora in corso alla data dell'8 settembre 16. Alla vigilia della data dell'annuncio dell'armistizio, la difesa costiera di Rodi era stata basata su una fascia difensiva costiera fissa (estesa per circa 200 km), articolata a seconda delle necessità delle esigenze dei diversi tratti del litorale. Era costituita da capisaldi o centri di fuoco disposti a scacchiera. Entro questa fascia erano dislocate quasi tutte le truppe italiane, che avevano il compito di resistenza, fìn quando non fosse arrivato il rinforzo: in sostanza il Piano <li Difesa De Vecchi, con modifiche apportate dagli anni di guerra. Lariserva era costituita appunto dalla divisione d'assalto tedesca, opportunamente collocata al centro dell'isola, da dove poteva accorrere verso qualsiasi settore, grazie anche aJla buona viabilità ormai realizzata dal lavoro degli italiani: era alle spalle delle postazioni di di(esa approntate, che avevano le armi ovviamente rivolte verso il mare e non verso i rilievi centrai i. La dislocazione delle forze e dei punti cli difesa aderiva a quelle che venivano ritenute in quel momento le esigenze operative alle quali

I 5 Notizie fornite nella Relazione Sequi. Per una Jeuagliata situazione della Marina nel Dodecaneso alla vigilia dell'8 settembre, v. Avvenimenti in Egeo dopo l'armùtizìo (Rodi, Lero e isole minori), U!Iìcio Storico della Marina Militare, nella serie 'La Marina italiana nella seconda guerra mondiale', vol. XVI, Roma, ed. 1993, p. 10-15. E per le forze aeree, ib. p. 8-1 O. V. / ,e memorie de/l'ammiraglio De Courten (7943-1946), cit., p. 177 e ss. 1

6 Per i Jettagli sulle forze aeree, ib. p.8- 10.


Il 1943. L'8 settembre e la resistenza. Il Dodccancso è perduto.

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le forze erano state destinate, la cl ifcsa costiera fìssa 17 . Alle spalle di queste forze vi erano i gangli vitali del comando, del collegamento e dei servizi, dominati proprio dalla riserva centrale, cioè dall'alleato tedesco, forte e molto mobile, come peraltro si richiedeva per quel l'impiego. Ovvero: la difesa era stata correttamente impostata sul concetto operativo di un nemico proveniente dal mare, deciso a sbarcare per occupare le isole. Il vero nemico invece si materializzò alle spalle delle truppe italiane. Altro elemento importante per comprendere quanto successe è l'isolamento nel quale si erano trovati i Comandi dell'arcipelago, i quali potevano solo disporre del Bollettino delle Forze Armate, che pur avendo fatto comprendere quello che era stato il progressivo peggioramento dell'andamento della guerra, non avevano potuto dare il polso della situazione generale negli altri scacchieri e soprattutto avere la sensibilità che presto vi sarebbe stata una importante novità nel corso della guerra. Da tutte le testimonianze emerge che i rapporti fra i due alleati, Germania e Italia, in tutto il Dodecaneso erano formalmente corretti, ma sostanzialmente difficilissimi: la caduta del regime fascista, l'ascesa di Badoglio e le scelte del Re avevano facto chiaramente capire che ben presto gli italiani avrebbero abbandonato la partita. Erano inoltre sicuramente noce ai comandi tedeschi le prime trattative per arrivare alla dichiarazione di armistizio o comunque previste, dopo l'azzeramento del regime fascista. Per fare il quaclro della situazione, sarà opportuno riportare di seguito in sintesi quale era la reale situazione clellc forze in campo all'8 settembre 1943 nel Dodecaneso 18 .

L7 Per i dettagli <lei vari settori v. P. luso, Lr1 resistenztt d.ei militari italùmi r.dl'estero. Isole dell'Egeo, cit. cit., p.135- 136.

18 Dati rilevati clan R 107, /\llexato 7 al jòglio

n.64/R Sbis datato 28 gingno 1944.segreco. Le stesse notizie sono dettagliate in Le operazioni delle unità italiane nel settembre-ottobre 1943, a cura d i M. Torsiello, SME Unìcio Storico, Roma, 1975, p. 525 e ss., e, per la Marina Militare, Avvenimenti in Egeo dopo l'(lrmistizio ( Rodi, Lero e i.rote minori), Ufficio Storico della Marina Militare, nella serie ' I.a Marina ita-


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J:liscrriro lcaliano nel Dodecaneso 1912-1943 ___ _ _ _ _ __

Forze italiane dell'Egeo Comando Superiore delle "Forze Armate Egeo (che dipendeva dal Gruppo Armate Est, con sede a Tirana) - Rodi, al comando dell'ammiraglio di squadra Inigo Campioni, che era anche il Governatore del Possedimento (vice Governatore, Igino Faralli, per tutti gli affari civili); da questo Comando dipendevano anche le Forze della Marina e dell'Aviazione, comunque dislocate nel Possedimento e nelle isole di occupazione.

Esercito Divisione di fanteria 'Regina' - sede a Campochiaro - comandata dal generale Michele Scaroina, dislocata in tutte le isole italiane del Possedimento. Divisione di fanteria 'Cuneo' - con sede a Samo - comandata dal generale Mario Soldarelli, dislocata nelle isole Sporadi meridiana! i l 9 e Cicladi 20.

liana nella .~econda i;uerra mondiale', vol. XVI, Roma, ecl. 1993., ai quali sì rimanda per gli ulteriori dettagli della composizione della forza presente. Di fon damentale importanza è la chiara e dettagliata ricostruzione di P. luso, La resister1za dei militari italiani all'estero. Isole deii'Egeo, cit. Una ricostruzione sulla base dei documenti tedeschi è stata fatta dallo storico tedesco G. Schreiber, l militari italiani internati nei cmnpi del terzo Reich, SME Ufficlo Storico, Roma 1997, p.179350. La ricostruzio11e di questa situazione è stata fatta dall ' Ufficio Storico SME, 11nche in base alle numerose relazioni sopra accennate , in particolare la Relazione <lel generale Soldardli, comandante <lella divisione 'Cuneo'; del tenente colonnello Fanizza, Sottocapo di Stato Maggiore del Comando FF. AA. dell'Egeo; del generale Giuseppe Consoli, Comandante dell'Artiglieria delle FF.AA in Egeo; del generale Mi chele Scaroina; del generale Arnaldo Forgicro, Comandante <lell'isnla di Rodi dal 1° settembre 1943 (tutte in N 2129/A); del colonne I lo Zavattari, addetto militare in Turchia e del contrammiraglio Mascherpa (ambedue in B R 107). La dislocazione dettagliata delle forze è nella relazione Panizza e riportata nei volw11i sopra citati. 19

J:iurni, Nicaria e Samo.

20 Amorgo, Ana!ì, Andro, Antinori, Delo, Giaro, 1viicono, Milo, Nasso, Nio, Pa-

ro, Penosa, Policandro, Santorino, Serifo, Sifno, Sira, Strongili, 'l'ermia e Tino, più altri isolotti minori.


_ _ _ _ ___ !!.1943. I:8 settembre e la resistenza. Il Dodccancso è perduto.

_________ j_l 7

Vi erano inoltre reparti dei Carabinieri, del ge1110, elementi dei serv1z1. La Guardia di Finanza aveva un comando a Rodi retto dal capitano Gaetano Rubino, agli ordini dell'ammiraglio Campioni. I reparti della G.d.E erano inquadrati nella compagnia territoriale di Rodi, che comprendeva una tenenza (Lero); un nucleo <li polizia tributaria investigativa (Rodi) e ventisette tra sezioni, brigate e distaccamenti. Vi era inoltre una compagnia mobilitata a Sira costituita alla fìnc del 1941, articolata in tre tenenze (Syra, Nasso e Samo) e ventotto brigate, con compiti analoghi a quelli assegnati agli altri reparti dislocati in territorio d'occupazione 21 . Le isole italiane del Possedimento presidiate erano Rodi, Coo (dalla qLLale <lipendeva Simi), Simi, Lero (dalla quale dipendeva Calino); Calino, Stampalia, Scarpanco (dalla quale dipendeva Caso); Caso; Castelrosso. Le altre piccole isole non erano presidiate: vi risie<levano solamente alcuni Carabinieri e qualche stazione cli vedetta della Marina e della Guardia di Finanza. Le isole greche di occupazione: (Sporadi settentrionali) Samo, Nicaria, Furni, solo con un posto di osservazione costiera; Sira, capoluogo delle Cidadi, dalla quale dipen<levano tutte le altre isole. Totale forze: 30.000 uomini 21

22 .

P. Meccaricllo, cit., voi. I, p.415.

22 Questa cifra è tratta da uno specchio delle.: prc.:senzc.: in N 212':)/A. I I volume SME riporta a pagina 527 la cifra di 58.000 uomini, commisurati sul numero delle razioni viveri clistribuite giornalmente, secondo guanto scritto nella relazione ciel Capo dei Servizi <li Intendenza, colonnello Arrigo Angiolini (U R 124), che però segnala guesta cifra, con riferimento alle esigenze di vita e <li combattimento di quel numero di militari distribuiti su 32 isole. In un'altra rcfa,.ionc elci colonnello Angiolini (N 2129/A/l/ll) si kgge che alla data del1'8 settembre si trovavano nella sola ndl'isola di Rodi 57.500 uomini. Nel volume curato dallo USMM, la cifra riportata dai curatori è 31.000 uomini. Dalle.: varie testimonianze si evince che la cifra doveva aggirarsi intorno ai :14 -:1 7 .000 uomini, nella sola Rodi. La relazione.: Zocca N 2 12')/ A riporta il numero <li 27.000 uomini per Rodi. Indubbiamente queste discrepanze sono dovute a diversità di calcolo riferendosi a diversi momenti. Un solo elemento è cc.:rto: le forze italiane erano numericamente più forti dei tedeschi.


""--5-=1=8_ _

_________ L'Esercito Italiano nel Do<lecan~<ifd9--'--12"--__,_l9"--4~3_ __ __ _ _ _

Marina Comando Zona Militare Marittima delle isole italiane dell'Egeosede a Rodi - comandata dal contrammiraglio Carlo Daviso. Comando Marina d i Rodi retto dal Capitano di fregata Adriano Arcangioli; Comando Marina di Lero, retto dal capitano di vascello Luigi M ascherpa, che sarà promosso in seguito contrammiraglio; Comando Marina di Sita, retto dal capitano di fregata Ernesto Navone. Totale forze: 2.000-2.200 unità, compresi gli uomini imbarcati

/\ errmatttica Comando AeronauLica <ldl'Egco - sede a Rodi - agli ordini del generale di brigata aerea Alberto Briganti. la forza totale era a Rodi cli circa 3.000 uomini e 64 aerei, di cui sol tanto 33 efficienti.

La parte centrale dell'isola di Coo era presidiata, per difendere il campo di aviazione presente. Anche a Scarpanto esisteva un altro campo di aviazione, ma era stato reso inutilizzabile alla fine di agosto <lei 1943, perché troppo esposto e per essere troppo oneroso difenderlo.

Forze tedesche Sturmbrigade 'Rho<los', con sede a Rodi - comandata dal generale Ulrich Klecman, dislocata in forti blocchi misti nei punti nella posizione centrale dell'isola. Erano provvisti cli molti carri armati da 24 tonnellate, <li automezzi numerosi e diversificati per le varie esigenze, batterie e.a., batterie semoventi, un apparato logistico di tutto rispetto e considerato certamente sovradimensionato rispetto alle esigenze di un battaglione di artiglieria 2 3, ma era l'indice evidente di

2 3 Dopo l'occupazione di Rodi, il 12 settembre 194:3 (v.sotto), divenne la Sturm-

division Rhodos.


Il 1943. L'S settembre e la resistenza. Il Dodecaneso ~-P.~.1:dutn.

519

quel che sarebbe avvenuto in seguito, con l'ulteriore afflusso di militari. Avrebbe dovuto dipendere per l'impiego dal Comandante del l'isola di Rodi (generale Forgiero), ma di fatto non era così 24 . Totale forze, circa 8.000 uomini. A Scarpanto vi era un battaglione granatieri tedeschi che aveva terminato il proprio schieramento in quell'isola solo due giorni prima dell'annuncio dell'armistizio: in questa isola le forze tedesche erano più numerose cli quelle italiane; si presLtme che fossero circa 1 500. Le forze italiane, prima dell'arrivo dei tedeschi, erano disposte per la maggior parte al centro dell'isola di Rodi; poi con la costituzione della riserva centrale germanica, cambiarono dislocazione, disponendosi all'incirca per i 2/3 sulla costa e il restante all'interno. La difesa costiera assorbiva la quasi totalità delle forze italiane, abbastanza ben organizzata contro tentativi <li sbarco, ma non in grado di con trastare bombardamenti aerei. Da tutti i rapporti presentati sia dagli alti uftìciali investiti del Comando, sia da altre testimonianze 2 5, risulta che la notizia dell'armistizio arrivò all'ammiraglio Campioni a Rodi la sera dell'8 settembre. Gli uffìciali inglesi che si paracadutarono nella notte fra il 9 e il 10 settembre (v. sotto), si meravigliarono che il Comando Superiore avesse ricevuto soltanto 1'8 sera la notizia dell'armistizio, senza averne alcun preavviso. Al momento dell'annuncio dell'armistizio, il rapporto <li forze era largamente a favore degli italiani 2 6, non altrettanto quello relativo all'armamento, che era preponderante per le truppe tedesche, rendendole pericolose e soprattutto molto determinate, come nel resto del territorio della madrepatria e <lelle colonie.

2 1i

V. Relazione Forgicro, N 21 2<J/A, p. 2.

2 5 L'addetto militare in Turchia, colonnello Edmondo Zavattarì si recò due volte

nell'Anatolia del Su<l, nei campi di concentramento dove erano stati internaci militari italiani, per interrogare ufficiali, sottuflìciali e soldati presemi, raccogliendone deposizioni scritte, sugli avvenimenti successivi all'S settembre nell'Egeo: le sue relazioni e le testimonianze in 13 R 107. 26

Zavattari riporta la cifra di oltre 30.000 italiani e 7 .500 tedeschi.


520

L'Esercito Italiano nel Di~J=n=es=·o--=l"'-9.:.a l2~--=-19'-4~3~-- - --

Secondo le testimonianze 27 , tra gli italiani non vi era il mm1mo dubbio che avrebbero potuto mantenere il controllo dell'isola di Rodi, con una rapida neutralizzazione delle forze germaniche. La notte fra 1'8 e il 9 fu comunque passata in stato d 'allarme, in attesa di ordini superiori. Le direttive provenienti dal Comando Supremo, inerenti alla nuova situazione, furono decifrate quella notte 28 . Quattro i punti importanti: se si prevedevano atti di forza da parte <lei tedeschi, occorreva disarmarli; le truppe italiane dovevano impedire atti di violenza da parte dei tedeschi e non dovevano avere l'iniziativa nel compiere atti ostili contro le truppe germaniche; il Comando dell'Egeo passava immediatamente agli ordini diretti del Comando Supremo. La prima frase delle istruzioni era la seguente e forse proprio la più imporrante: Com,:mdo Sttperiore FF. AA. in flgeo est !ibero di a.r.rttmere verro germanici atteggiamento che riterrà più wnforrne at situazione. Qualora j,erò fossero prevedibili ..... .seguivano poi i tre punti per l'Egeo e, per tutti gli indirizzi, l'istruzione di non prendere l'iniziativa di atti ostili contro i tedeschi . Rimane difficile dire che al momento dell'armistizio non erano stati dati ordini o istruzioni dal Comando Supremo o dai Comandi Superiori ai Comandi periferici. Le truppe <lel Terzo Reich iniziarono le ostilità in Rodi quella stessa notte. Gli italiani accettarono di sospendere i combattimenti ufficialmente alle ore 11.35, dell'l l settembre 1943; questa 'resa' riguardava solo Rodi e non le altre isole. Le vicende relative sono fìn troppo note, ma vale la pena darne di seguito solo i punti più salienti, per completezza d'informazione 29.

27

Gran parte dei documenti e <lei Diari Storici furnno distrutti al momento della resa ai tedeschi. La ricostruzione degli avvenimenti è stata fatta da parte italiana sull.a base delle testimonianze rese appena possibile o su richiesta dello Staro Maggiore dell'Esercito, già dal 1944 per valutare i comportamenti tenuti. 28 29

N. 24202/0p. Testo in Le o/1erazioni ... , cit. p.581.

I resoconti di quei giorni, con i dettagli delle riunioni e degli or<lini che furono impartiti, con il comportamento dei singoli momento per momento, è stato ampiamente esposto nei volumi sopra citati.


111943. L'8 scrrcmbrc e la resistenza. Il Dodecaneso è perduto.

521

I tedeschi avevano un piano già da tempo messo a punto che eseguito con precisione e teutonica disciplina: ricevuta la parola convenzionale achse alle ore 20.50 dell'8 settembre, i comandi germanici posero in atto tutte le misure previste, nel caso di collasso dell'Italia ".IO_ Nella notte del 9 settembre, truppe tedesche si mossero verso i due aeroporti di Rodi, Maritza e Gaddura, con l'intento di occuparli, proprio mentre il loro comandante Kleeman conveniva con l'ammiraglio Campioni che sarebbe stato necessario che i tedeschi non avessero fatto alcun movimento. Nonostante le proteste italiane, Kleeman non fece ritirare i suoi uomini da dove si erano attestati, cioè ai margini del terreno di volo. Gli italiani incanto iniziarono a ritirare le proprie forze daHa fascia costi era, per concentrarle al centro dell'isola, ma il Comando tedesco fece prigioniero, sin dal g iorno 9, il generale Scaroina, che era il comandante della divisione 'Regina'. Scaroina si oppose alla richiesta tedesca di dare ordine alle truppe dipendenti di conseg nare le armi e subito dopo i tedeschi aprirono le ostilità contro le truppe della riserva divisionale, che non erano molte cd erano attestate a Monte Profeta, ove aveva sede il Comando della divisione, che venne occupato dai tedeschi. Successivamente questi attaccarono anche le altre posizioni strategiche dell'isola che occuparono con i mezzi cora:aati, disarmando i reparti. Mentre dunque erano in corso trattative, i tedeschi avevano ag ito come nel resto del territorio italiano, trattando e allo stesso tempo occupando. Non deve meravigliare tutto ciò: da lungo tempo, ormai, nel corso della guerra, Hitler aveva dimostrato all'alleato italiano di non tenerlo nel debito conto, di considerarlo un suddito, un paese satellite: nei suoi progetti vi era sicuramente l'idea di ridurre i confini italiani, di prendersi dei territori a nord della penisola: lo dimo-

) O Da OJ1erazioni in H~eo dal settembre al d icembre 1943 ~ N otiz ie tratte da documenti deliri Marina Germanica, notizie tratte <la Jocumenti Jella Marina Germani ca, catturati in Germania e in possesso d ell'Ammiragliato britannico, trasmesse all'UHìcio Storico della Marina Italiana. Copia io N 2 129/A. V. anche per la parre inglese PRO, ADM , 199, 2521.


522

[Esercito Italiano nel Dodecaneso 1912-1943

strò tra l'altro quando durante il periodo della R.S.I, ebbe l'intenzione di annettere al Reich tutte le province italiane del nord, confinanti con l'Austria. La liberazione di Mussolini dal Gran Sasso, dove il Duce era stato confinato, gli aveva dato lo strumento, sempre che fosse stato necessario, di agire nei confronti dell'Alleato di un tempo come se fosse già il nemico dichiarato. Gli impose di porsi alla testa di un governo repubblicano, ma non dicde alcuna autonomia a quel governo di Salò, che poteva mettere in serio pericolo l'unità nazionale, sotto la Monarchia. La sera del 9 settembre i tedeschi avevano occupato tutta la parre centrale dell'isola di Rodi. Quella stessa notte erano scesi su Rodi, tre paracadutisti inglesi; erano stati inviati dal generale Henry Mastland WiJson, comandante in capo delle forze alleate del Medio Oriente mo sede al Cairo, su impulso di Churchi113 1 : era stata riconosciuta la difficile situazione dell'isola. G-li inglesi chiedevano agli italiani di resistere e di poter mantenere almeno il controllo del porto e dell'aeroporto: per quest'ultima posizione la situazione era già compromessa, fece presente l'ammiraglio Campioni, rispondendo che per il resto era possibile resistere solo qualche giorno. Occorrevano aiuti da parte degli anglo-americani, ma il maggiore Dolbey, che era l'altro si era infortunato nel lancio, diede la notizia che non sarebbero stati possibili rinforzi al Do<lecaneso prima di almeno una settimana 32 . Qualche intervento aereo avrebbe potuto essere fatto, ma non di piì:i. Il generale Forgiero propose che venisse fatta almeno qualche azione dimostrati va aeronavale verso la parte meridionale dell'isola, allo scopo di diminuire la pressione sul settore di Rodi e dare tempo agli italiani di organizzare una migliore difesa.

01

Il Primo Ministro inglese aveva teleg rafato al generale Wilson Q11esto è il momento di giocare jiJYJe. Tm/1mvviJ,1te e osf-1.te. Cfr. W. Churchill, Storia della sewmlci G11erra Mondif-lle, Parte V, vol. I, Milano, 1955, p. 2 19.

3 2 Dombrey: così è scritto il nome dell'ufficiale nel <locume11to <lei colonnello Pa-

nizza; in altri documenti è Dolbey. Nei volumi dello SME e della Marina Militare è Dolbey. Nella relazione Zocca è Dempsey. Per l'insufficiente intervento britannico, cli-. tra gli altri, C. Vallauri, S0ld,1ti- Le forze armate italiane dall'armistizio ,t!la Liberazione, Torino, 20(>:3, p. 225-2 34.


- - - - -~ I=l--"19L4=3c.,__o·I:8 segr,mbre e la resisrcnza. Il Dodecaneso è perduto.

Il maggiore Dolbey, ferito, ripartì nel pomeriggio del 10 settembre con un idrovolante per Cipro, per poi proseguire verso Smirne; il maggiore Jellicoe, che l'aveva accompagnato, partì per Castelrosso:"',3 recando con sé una lettera dell'ammiraglio Campioni per il generale Wi lson 31 . Il tono della lettera era piuttosto chiaro: sarebbe stata opposta resistenza ove possibile; i tentativi di resistenza sarebbero stati fatti al massimo delle possibilità, ma vi era la reale necessità della collaborazione britannica il più rapida possibile. Questa collaborazione non tu possibile alle truppe anglo-americane nell'Oriente, nei termini in cui era necessario e che venivano chiesti. Accompagnò a Castelrosso l'emissario del generale Wilson anche il Capo Ji Stato Maggiore, tenente colonnello Fanizza, incaricato di spiegare agli inglesi quale fosse la situazione reale. Era stato previsto un incontro tra la missiorn: inglese e il Comando italiano a Rodi, ma questa riunio-

ne fu spostata nell'isola di Castelrosso, per maggiore sicurezza. La situazione dell'isola era già ampiamente compromessa: nelle primissime ore dcll'l 1 settembre, arrivò a Rodi Llll altro emissario del generale Wilson, per meglio comprendere quali fossero le necessità dell'isola e riferirle al Comando anglo-americano: in particolare gli fu chiesto di bombardare almeno gli aeroporti di Maritza e di Gaddura, già in mano ai tedeschi, e che fossero inviati <lei caccia a Coo, <love vi era l'altro campo italiano, per una azione di contrasto all'aviazione tedesca; anche questo inviato, pur comprendendo che la situazione era critica, invitò a resistere, a mantenere il controllo della situazione e soprattutto a prendere tempo, chiarendo ancora una volta che gli inglesi per il momento non potevano intervenire. Per Churchill, Rodi era divenuta la chiave del Mediterraneo, la chiave

33 Il 9 settembre le truppe inglesi erano sbarcate a Castelrosso e ne avevano fatto la loro base per le ai'.Ìoni sul Possedimento. I.a guarnigione italiana che era costituita eia una compagnia micraglieri costiera e da una batteria di medio calibro fu evacuata; i mìlirnri prov1;11ienti d11 lì si rrovavano in un campo di concentramento in Egirto agli inizi del 1944.

3~ C:opiadel testo in 13 Rl07 e N2129/A, riportato in l~o/J1fftizioni ... , cir. p. 582 e in Avvenimenti, USMM, p.541.


""-'52"'--4"---- --

=L'E=se=rc=ito.._.I=ta'-=l iano nel_Dodecaneso.....:...Jl'-') 1 ,,____2 - :cLl 9__,_.3 ,4'------- -- - -

d,e/l'arci/Jelago. Scrive il Primo Ministro britannico nelle sue memorie parole lucide e chiare: La resa italiana ci offrì l'occasione di fare notevoli prese nell'Egeo con 11.n minimo di ~forzi e risorse .... Rodi, Lero e Coo erano isole forti;ficate, da molto tempo obiettivo strategico per noi di irande importanza nella Jjera dei teatri di operazione secondaria. Rodi era la chiave dell'arcipela.~o, perché aveva buoni campi di aviazione, da mi le nostre forze aeree avrehbero potuto c1,erare in difesa di qualsiasi altra isola noi avessimo potuto occ1.1pare, completando il controllo navale di queste acque...... .re avessimo potuto servirà delf'Rgeo e d,ei Dardr.tnelfi, la scorciatoia marittima per la Russia sarebbe stata trovata ..... ) 5 . L'occupazione di Rodi, Lero e Coo era stata approvata Jai Capi di Stato Maggiore anglo-americani il 10 settembre, ma la situazione andava rapidamente degenerando. Il I O scttcmhre i tecleschi avanzarono in tutta l'isola e a m ano a mano riuscirono a far cessare la resistenza italiana in alcuni settori; in altri settori invece trovarono contrasto. Nella notte fra il l O e l' I I settembre i tedeschi, che avevano ormai attaccato tutta l'isola, ebbero ragione, dopo un violento bombardamento, delle batterie italiane che erano state poste sul Monte Paradiso e sul Monte Pileremo: era una grave perdita per la difesa italiana, in quanto i tedeschi avrebbero potuto piazzare qualche batteria e da lì tirate sulla città di Rodi. Ma di tempo non ve ne era più: a metà mattinata Jell' 11 settembre i tedeschi chiesero la resa incondizionata degli italiani, dando anche la notizia, per una pressione psicologica, che in Grecia le truppe <lei Regio Esercito non si erano opposte all'esercito tedesco e avevano concluso degli accordi. Campioni resistette ancora, ma l'ufficiale tedesco, incaricato delle trattative, fece notare che entro una mezz'ora, se non vi fossero state decisioni dal parte del Comando italiano, gli Scukas avrebbero ini ziato a bombardare Rodi: erano le 11 del mattino. Campioni aveva già ricevuto, alle 8 del mattino, un biglietto del generale Scaroina,

3'.> W. Churchill, Storitt d,e[lt1 second(; Guerra Mondiale, Parte V, vol. I, Milano, 1955, p.21 7-240.


- - - - - ~ I l 1943. I:8 seuembre e la resistenza. Il Do<lecaneso è perduto.

52j_

con il quale si chiedeva l'autorizzazione a far cessare le ostilità nella parte sud dell'isola, autorizzazione che fu negata. Alle 11.30 l'ammiraglio Campioni indicò all'ufficiale tedesco che era pronto a trattare la sospensione dei combattimenti e dare gli ordini, chiedendo che da parte tedesca fossero emanati ordini similari e che le particolari condizioni della resa fossero trattate in una successiva riunione con il generale Kleeman 36. Alle 14.30 Jello stesso giorno l'ammiraglio Campioni si recò ad Afando per incontrare il Comandante tedesco. Alle 17 .00 la riunione ebbe termine e Campioni rientrò a Rodi, non più Comandante militare dell'Egeo, ma solamente Governatore con poteri civili, senza alcuna ingerenza tedesca nei riguardi dei suoi rapporti con il Governo italiano, almeno sulla carta 37. L'ordine di sospensione delle ostilità venne esteso anche a Scarpanto e il 13 con un idrovolante da Rodi, fu inviata la lettera autografa dell'ammiraglio Campioni 38 Una parte degli ufficiale era del parere di continuare a resistere; fo deciso di consegnare le armi al presidio germanico. Anche Scarpanto fo così totalmente in mano tedesca. Tra le varie decisioni che erano state prese, una era particolarmente importante: le truppe italiane sarebbero rimaste organicamente inquadrate, anche se disarmate (gli ufficiali mantenevano le proprie armi personali, potevano liberamente circolare nell'isola, dall'alba al tramonto), condizione questa che Campioni riuscì ad ottenere, forse in vista di un possibile reimpiego di quelle forze, una volta che fos-

36 Il testo: li giorno 11 Jettembre alle ore J l ..35 accettato le condizioni di resa /1ro/10.rte dal comandante delle truppe germaniche. Ordino perciò che tutte le trttppe italiane delt'estrcito, dell'Aviazione e della Marina dell'Egeo dislocate a Rodi e a Simjlcmto, d1:flvngano le armi Jenza condizioni e che cessi qualsiasi resistenza contro le /orze armate Kennaniche, Campioni. .37 Nella Relazione Forgiero si legge a questo proposito ... .ril"ordo che nell,1 discussione il Kleeman ad tm certo momento osservò. Ma di qttale Governo j,arla? . ..... una notazione che ben indica la confusione politica che regnava in quel disperato e difficile periodo della storia italiana.

38 Per i testi dei documenti cli questo periodo v. Avvenimenti in E1;eo, cit., p.537-

636.


5 26_____ ------=L,,,'E""se"'rc,._,i_"'to"'I-"'ta=liano nel Dodccancso 1912-1943

sero giunti i rinforzi inglesi. 11 generale Kleeman avrebbe mantenuto la sede foori della città di Rodi. Il Comando militare dell'isola fu assunto dai tedeschi, che presero possesso anche della stazione radio. li 18 settembre, l'ammiraglio Campioni chiese di essere esonerato dalla carica di Governatore dell'isola, rifiutando tra l'altro di dare ordini anche alle altre isole di arrendersi: infatti il Comando tedesco pretendeva che colui che era un ex-comandante militare ordinasse la resa di Coo e Lero. Campioni non era assolutamente d'accordo, ritenendo che il suo ordine riguardasse solo l'isola di Rodi e solo una forzatura aveva esteso il suo ordine a Scarpanto. Una volta cessate le sue funzioni militari, non aveva titolo a dare simili ordini, con il pericolo che se i presidi di Coo e Lero non avessero ubbidito, i comandami di quelle isole avrebbero potuto essere trattati dai tedeschi come 'illegittimi belligeranti' 39_ Tl 22 settembre Campioni fu fatto partire da Rodi e, con cappa ad Atene, fu poi portato in un campo di concentramento in G·ermania. fl 24 maggio 1944, dopo un processo facto davanti al Tribunale Speciale della Repubhl ica Sociale Italiana, fu giustiziato, insieme al contrammiraglio Mascherpa 40 , per 'tradimento' e per non aver eseguito gli ordini del Comando Supremo. L' 11 settembre, avendo saputo della caduta di Rodi e assunto d'iniziativa il Coman<lo delle Forze italiane nell'Egeo, il generale Soldarelli a Lero dava ordine cli resistenza a oltranza, mentre il contrammiraglio Mascherpa 41 assumeva il Comando Militare marittimo delle Isole Italiane dell'Egeo, provvedendo ad assicurare le comunicazioni con il Comando Supremo con il centro r.c. di Lero e a ordinare

39 N 2129/A: v. la concisa e interessante relazione del colonnello Alfonso Barra C:aracciolo, già procuratore militare presso il Tribunale militare di g uerra del Coman<lo Superiore delle Forze Armale Jell 'Egeo. 40 V sotto. I

Luig i Mascherpa, al momenco dei fatti, aveva il grado di capitano di wscdlo. Fu promosso per meriti di guerra, post mortem, al grarlo superiore, con Jecorrenza 20 settembre, data nella q uale gli furono conferite dal Comando inglese le funzioni di quel grado. La Medag lia <l'Oro al Val.or Militare fu concessa alla memoria. /i


_________________ Il l ~:'Ll,_J;8 settembre e la resistenza. ll Oodccancso è perduro.

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il concentramento a Lero di tutte le navi ancora reperibili nel Dodecaneso 42 . La situazione a Rodi, dopo la capitolazione, fo assai confusa. I tedeschi avevano concordato con l'ammiraglio Campioni che avrebbero assunto solo il comando militare e che i funzionari civili avrebbero dovuto rimanere ai loro posti; le truppe italiane sarebbero state rimpatriate appena possibile. In effetti nei primi giorni l'amministrazione civile rimase nelle mani di Campioni e poi del vice governatore, Igino Faralli. Tutti i reparti militari furono, come previsto, disarmati, ma non sciolti immediatamente . J servizi continuarono a funzionare per tutte le necessità logistico-amministrative delle truppe italiane, il cui Comandante divenne il generale di divisione Raffaele Calzini. Tn realrà n ell'isola si inst;:iurò ben pres to un regime di occupazione militare, per il quale il Governo civile italiano era stato messo alle dipendenze di una aurorità tedesca; alla organizzazione m ilitare italiana originaria venne sostituita un'altra organizzazione: i reparti iniziarono ad essere disgregati e gli uomini furono raccolti in campi di internamento. I vari servizi vennero sciolti e gli italiani che non aderirono alla collaborazione con i tedeschi e ovviamente, alla R.S.T., furono trasferiti in Germania. 11 settembre 1943: era finito per sempre il dominio italiano su Rodi. Al 30 settembre 1943 erano stati disarmati 36.17 3 m ilitari italiani13, dei quali 7 furono uccisi e 21 feriti da attacchi aerei. Dopo il 12 settembre vennero giustiziati senza processo liO militari; con processo, 50 11. Furono lasciate temporaneamente in fum:ione le forze <li polizia (Carabinieri e Guardia di Finanza), il Distretto Militare, l'Ufficio lavori del Genio e il magazzino principale di casermaggio Continuò a funzionare dopo quel!' Il settembre la Giustizia milita-

~2

13 Rl07, Relazione Mascherpa.

43 G. Schrcibcr, I mi!itr1ri itct!ùmi ìntern,1ti nei campi del terzo /?.eich, cit., p. 221. 44 Ib., p. 229.


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_______,L~'E""s""er-"ci"'lo Itajiano od Dodecaneso 1912-19-'4"---)_ _ _ _ __ _ _

re, che rimase operativa per chiudere i fascicoli ancora aperti, limitatamente ai procedimenti penali per reati comuni o per reati militari considerati privi di interesse per i tedeschi e ovviamente per la R.S.l. Tl Procuratore militare, colonnello Barra Caracciolo, distrusse tutti i fascicoli relativi a carteggio segreto e privato, specialmente per quanto riguardava lo spionaggio, a reati Ji carattere politico militare. Il Tribunale che avrebbe dovuto terminare il suo lavoro nel febbraio 1944, fo sciolto Jal Comando tedesco nel gennaio 1944, prima del previsto, probabilmente perché alcuni suoi funzionari non avevano aderito alla R.S.l. e perché comunque quel Tribunale mili tare non era più di alcun uso per l'occupante tedesco. Il Barra Caracciolo fu internato in seguito in Germania, con alcuni suoi ufficiali. Per riassumere, il giorno 14 settembre le forze italiane erano ancora a Samo e Nicaria, per le isole di occupazione; a Lero, Coo, Calino, Stampalia, isole del Possedimento. Truppe inglesi erano presenti in alcune di esse. Coo ebbe vicende diverse: era importante per gli inglesi soprattutto per la presenza dell'aeroporto, cons:deraco che quelli di Rodi erano in mano ormai nemica, dell'ex allc:1to. Tl 13 settembre gli angloamericani, ormai Alleati, sbarcaron0 sull'isola con una piccola missione forte di due ufficiali e 45 militari 45 . Poi nei giorni successivi, il presidio inglese aumentò a ritmo sostenuto, fino a circa 1500 unità, il 17 settembre. Negli stessi giorni alcuni militari inglesi erano sbarcaci anche a Simi e Samo. Tra il 13 e il 14 settembre caddero anche Sira e Caso. Dal 18 settembre gli aerei tedeschi presero a bombardare la pista aeroportuale di Coo, con notevoli perdite soprattutto di mezzi. I depositi carburanti e munizioni erano completamente fuori uso. Le incursioni tedesche furono numerose, ma la difesa di Coo riuscì a continuare a organi:...:zarsi. La collabora:...:ione con gli inglesi non fu facile, né poteva

43 Vi era anche il coln11nelio Kenyon, che era stato a Rodi alle primissime ore

<lell'l 1 settembre, giorno della resa. Per le vicende giornaliere v. il Bollettino del Reparto Operazioni del Comando Supremo in I3 Rl24.


Il l 9-13. 1'8 settembre e la rt'Sistcnza. ll Dodccaneso è perduto.

_____519.

esserlo. I tedeschi dal canto loro volevano annullare la presenza aerea degli inglesi in quel settore_ Il presidio di Coo oppose una accanita resistenza: l'attacco aereo navale tedesco in forza ebbe inizio all'alba del 3 ottobre_ Le truppe del Reich sbarcarono sull'isola e quelle italiane furono costrette a ripiegare verso l'abitato di Coo 46 . Nella notte fra il 3 e il 4 ottobre fu organizzata una resistenza a 500 metri dal centro abitato, ma le truppe anglo-italiane dovettero cedere, nel pomeriggio del 4. Il 3 ottobre era stato fucilato dai tedeschi il colonnello Pelice Leggio, Comandante dell'isola, e ben 90 dei suoi ufficiali, tra il 3 e il 7 ottobre. I tedeschi disarmarono 1388 militari inglesi e 3.235 italiani_ r;isola di Calino non poté opporre alcuna resistenza all'occupazione nemica. Nei giorni 3 e 4 ottobre, le poche forze inglesi che erano già sull'isola, partirono alla volta cli T.ero. Anche in qnt>srn isola non vi fu coesione sulle decisioni da prendere. Il 7 ottobre giunse a Calino un Mas con un emissario tedesco che discusse con il comandante del presi<lio le condizioni della resa, che prevedevano il disarmo del presidio e il trasporto a Coo di tutti gli italiani. Le condizioni furono accettate e subito dopo i primi reparti tedeschi arrivavano sull'isola: disarmarono circa 350 uomini, mentre altri si rifugiarono sulle montagne, riuscendo poi a passare in Turchia. Anche Calino era persa. Sempre in quei giorni, il 7 ottobre, i te<leschi cercarono di impadronirsi di Simi , ma furono respinti. Gli italiani lasciarono Simi nella notte del 12 ottobre, secondo gli ordini ricevuti dal Comando inglese del Medio Oriente. I tedeschi si impadronirono <lell'isola 1 ° novembre successivo. Il 22 ottobre cadde Stampalia, il cui presidio era costituito da 500 uomini della Marina e 300 dell'Esercito e un piccolo nucleo cli militari britannici, che avevano preso pos1z10ne come stabilito, nella zona centrale dell'isola.

46 P. luso, 11d suo volume (cit., p. 347) riporta che non vi erano reparti organici di truppe tedesche nell'isola, ma che le fonti italiane sono discordanti nd quantificare il presidio tedesco, che era sicurame11te presente. Probabilmente vi erano era i l.O e i 20 militari tedeschi, tutti adibiti al campo d'aviazione.


5.'-'"3'--'0'------ -----=L'""'E""se""rc=ito Italiano nel Dodccancso 1912-1943

L'obbiettivo seguente dei tedeschi era ovviamente Lero 4 7: il mantenimento di quella base navale in mano nemica apriva una grande falla nel sistema tedesco verso Salonicco48 . Anche a Lero il 13 settembre era arrivata una missione militare inglese, la seconda, incaricata di prendere accordi per una collaborazione italo-inglese allo scopo di difendere il Possedimento contro gli attacchi tedeschi e naturalmente vedere quale era la situazione dei rifornimenti. La Commissione ripartì per Castclrosso. Il giorno seguente giunse, proveniente da Coo, una terza missione mi li tare inglese che accettò le richieste di Mascherpa per potenziare la difesa. Il 20 settem hre 1943 il generale Brittorous, Comandante delle Forze Britanniche dell'Egeo, giunto a Lero, assrnneva il Comando delle Isole Italiane dell'Egeo e delle isole <li Samo e Nicaria: nominava il contrammiraglio Luigi Mascherpa, Comandante delle Forze Armate italiane e '-lella popolazione civile nelle Isole italiane dell'Egeo. Affidava il Comando delle Forze Italiane delle Isole Samo e Nicaria al generale Soldarelli. Nell'Ordine cla lui emanato sottolineava che i due Comandanti italiani erano ai suoi diretti ordini. Aveva anche dato un nuovo ordinamento delle Isole. Il 22 settembre il generale Wilson aveva comunicato ai Comandi superiori le proprie richieste minime per un attacco a Rodi, da portare verso la metà di ottobre e poco tempo dopo. Churchill aveva telegrafato ad Eisenhower chiedendo un aiuto per rinforzare le forze britanniche già presenti nell'Egeo. Si diresse anche al Presidente americano per far comprendere quale poteva essere la portata strategica del Dodecaneso nel quadro generale del conflitto nel Mediterraneo orientale. Chiedeva una divisone, mezzi da sbarco e l'appoggio mas-

47 Per gli avvenimenti a Lero cfr. anche la Relazione Mascherpa e la Relazione del capitano cli fregata Luigi Borghi, Capo di Stato Maggiore del contrammiraglio Mascherpa in N 2129/A.

48 13 R I. 19, come annotato alla data del 28 settembre 1913, in un mernoranclum preparato per un convegno a Malta, dal Comando cld la Divisione di fanteria 'Cuneo', che fu inviato al generale a capo della Missione Militare Anglo-americana. Cfr. anche Avvenùnenti in Egeo, cit. p.54 5, per il resto completo.


11191=1. L'S settembre e la resistenza. li Do<lecaneso è perduto.

5H

siccio dell'aviazione americana. Gli americani diedero la precedenza all'operazione per la campagna d 'Italia, per la formazione di ima salda linea a nord di Roma49: la prevista operazione 'Overlord' per il maggio 1944 non permetteva nessuna diversione di forze e di mezzi. Gli inglesi chiedevano solo una divisione che ritenevano potesse essere 'restituita', a calcoli fatti, dopo solo sci settimane con i relativi mezzi da sbarco. L'operazione 'Accolade' (operazione su Rodi) cra voluta fortemente dagli inglesi; i I presidente americano accettò che se ne discutesse alla Conferenza dei Capi di Stato Maggiore collegati, che si sarebbe tenuta a Tunisi il 1O ottobre seguente. Durante la riu nione arrivò la notizia che Hitler stava p er inviare rinforzi in Italia, per combattere una battaglia importante a sud di Roma e quindi ogni speranza di ottenere aiuti per Rodi, Lcro e Coo fu cancellata. Quel 1O ottobre fu segnato il destino di Lero, dando la possibilità al generale Wilson, Ji ordinare lo sgombero notturno di tutta la guarnigione. L'l l ottobre furono richiamati i caccia a grande autonomia, dando così la possibilità al nemico tedesco di ricevere rinforzi, quasi senza contrasto. L'operazione tedesca su Lero, prima chiamata l,eojJartl e poi Taifim fu varie volte rimandata: l'isola fu per quindici giorni sottoposta a bombardamenti della Luftwaffe molto violenti. Alla fìne di ottobre giunsero /i.000 uomini delle truppe alpine tedeschi al Pi reo, per l'operazione su Lero. Il 12 novembre le truppe tedesche iniziarono l'attacco contro più <li 7.000 militari italiani e tra i 4 -5000 inglesi. La battaglia fu molto dura e i tedeschi ebbero cospicue perdite, circa il 41 % delle forze impiegate. Il 16 nove mbre il Comandante delle truppe inglesi fu costretto a sospendere i combattimenti e anche l'ammiraglio Mascherpa, comandante italiano dell'isola, dovette far sua quella decisione. l tedeschi catturarono 350 uftìciali e 5000 militari italiani; 200 ufficiali e 3000 soldati inglesi. Nell'ordine del giorno n.6 del 22 novembre 1943 il Capo di Stato Maggiore Berarcli scriveva dopo aver riportato quanto telegrafato dal Comando truppe Italiane in Egeo sulla caduta di Rodi in mano tedesca: Addi-

~91elegramma di Roosevelt a Churchill, 8.1 O. 194:3, in Churchill, cic., p. 226.


L'Esercito Italiano nel Dodecaneso 1912-1943

to a tutti l'esempio del Presidio di Lero che, fermo e fiero, ha sostenuto l'attacco ed ha solo ceduto q11ando ne ha ricevuto l'ordine. Esempio da seguire. Esempio che dimostra che l'esercito ltaliano è ancora in piedi e che lo straniero non tarderà a sentirne il rinnoveltato ardore 50 . Per Churchill fu un grave colpo, che egli ritenne il primo rovescio inglese veramente grave, dopo Tobruk del l 942. Caddero poi Lisso, Fumi e Nikaria, dove i tedeschi disarmarono 2!f O militari. Rimaneva Samo, dove era il Quartier generale della Divisione Cuneo: il comandante era il generale Soldarelli, che dopo la caduta di Rodi, aveva assunto il Comando delle Forze Armate italiane nell'Egeo, quelle che rimanevano. Agli ordini del Comandante vi erano 9.000 uomini. T1 l9 settembre Ambrosia gli foce pervenire un telegramma con il quale approvava la linea di condotta che il Soldarelli stava seguendo per salva,guardare i nostri intereSJi nella difficile situazione politico-militare prodottasi in Rgeo dopo la condtJSione dell'armistizio. Conto su di voi per fa continuazione energica dell'opera così bene iniziata, intesa rinsaldare la nostra occNpazione e ad estenderle,, appenct possibile, in collaborazione con le forze degli Alleati, etile etftre isole cadute in possesso dei germemici 5 l . Anche a Samo gli inglesi avevano inviato alcuni reparti. La collaborazione con gli inglesi fu molto difficile 52 : il capo della missione britannica aveva istituito a Samo un governo ellenico provvisorio, mettendone a capo l'arcivescovo di Samo, Ireneo, che era stato avverso agli italiani durante tutta l'occupazione. Gli inglesi avevano armato parte della popolazione locale greca, anche con armi provenienti dai magazzini italiani, già non canto ben forniti, mettendo a rischio l'ordine pubblico. Con aviolanci elementi dell'E.L.A.S. (Corpo popolare di Liberazione ellenica), braccio armato <lella E.A.M. (Fronte greco cli liberazione), considerati niente altro che bande ar-

'>O 1 3 R83. 51

13 Rl07.

52 13 Rl07, Sitttazìone dello scacchiere Egeo, 24 settembre 1945, a fìrma Soldarelli.


Il 1913. 1'8 settembre e la resistenza. li Dodecaneso è~r<lu=to~·- - --'""5~:3'-""-3

mate dai nostri servizi di informazione 53, erano stati riforniti di un discreto numero di munizioni, sia prima sia dopo l'armistizio. Dalle testimonianze italiane emerge che gli ufficiali inglesi erano prevenuti e sostenuti nei confronti Jegli italiani, come del resto lo sarebbero stati a Lero e nelle altre isole dove erano sbarcati. Dopo la caduta di Lero, su decisione <li Lon<lra, tra il 19 e il 23 novembre iniziò l'evacuazione da Samo verso la Turchia <li inglesi, italiani, greci e partigiani. Quando l'evacuazione si concluse, erano rimasti perè) ancora sull'isola circa li.500 soldati italiani. Il 22 novembre i tedeschi sbarcarono sull'isola: non era possibile una difesa organizzata e l'ufficiale in comando fu costretto a consegnare il territorio al nemico. Il 27 novembre, con la resa di Santorini, erano passate in mano tedesca anche rune le Ciclarli. A fine novembre 1943 , g li italiani avevano perso <li fatto tutto il Dodecaneso. Ad eccezione <li Castelrosso, tutte le isole erano sotto i I <lominio tedesco. Ndl'aprile <lel 1944 un delegato della Croce rossa Internazionale si era recato nelle isole del Dodccaneso occupate dai tedeschi per organizzare <lalla Turchia l'invio di soccorsi alimentari alle popolazioni civili. Le condizioni di vita a Ro<li erano particolarmente tragiche, con una media di decessi per fame di 6/7 persone al giorno. Anche un elevato numero <li soldati tedeschi era stato ricoverato nell'ospedale locale per denutrizione: la razione era di 300 grammi di pane alla settimana e un solo rancio di brodo e verdura al giorno. Nelle altre isole la situazione era analoga. Erano rimasti a Rodi quei militari italiani che dopo l'armistizio, avevano deciso di collaborare con i tedeschi. Vi erano altri 2.500 mili tari impiegati in qualità di lavoratori, che furono poi vettovagliati dalla Croce Rossa Internazionale. Inoltre erano ancora presenti un numero imprecisato di militari italiani che venivano considerat i come traditori, trattati dai tedeschi come prigionieri politici e non prigionieri di guerra. Erano in campi di concentramento o prigioni do-

53

13 R8,.


534

________________I.' Esercito Italiano nel Dodecaneso 1912- lJ_B________

ve non potevano ricevere visite di sacerdoti o di rappresentanti della Croce Rossa. Ogni giorno, secondo quanto riferito dallo stesso emissario della Croce Rossa Internazionale e riferito dall'Addetto Militare aJ Ankara 51, la corte marziale permanente condannava a morte sette o otto italiani, eseguendo immediatamente la condanna. Erano fortemente denutriti e venivano sottoposti a duri lavori, pur nello stato di d ebolezza nella quale si trovavano. Per quanto riguardava la popolazione italiana civile, essa era libera cli circolare e attendere ai propri affari. Era rimasto il Governatore Faralli per la parte civile, anche se ovviamente, era sottomesso al Con1an<lo tedesco. Era rimasro in carica anche il sindaco italiano <li Rodi, che aiutato da un esponente della comunità, riusciva a facilitare l'evasione di un alto numero di prigionieri italiani. Durante l'occupazione tedesca fLttono fatti morire o focilati 1054 tra militari e civili italiani, secondo le stime del maggio del 1945, stilate con le testimonianze dei superstiti. Quel periodo fu molto tragico, anche se raramente viene ricordato il sacrific io di molti di quei soldati che combatterono nel Dodecaneso.

5,i

N 2129/A.


5:,5

3.6.11 Dodecaneso è greco. li tranato di pace del 1941. Brevi note.

L

a questione del Dodecaneso rientrò nel più ampio problema della questione della decolonizzazione e delle colonie italiane 1. Ma la sorte dell'arcipelago era stata praticamente già scritta durante la guerra. Tra i vari episodi che dimostravano come già gli alleati avessero deciso la sorte delle isole, nell'agosto del 1944, alla seduta alla camera dei Comuni, un deputato aveva chiesto al Ministro degli Esteri se le isole del Doclecaneso fossero coperte dalla Carta Atlantica e Eden aveva risposto dichiarando che lo status postbellico dell'arcipelago non poteva essere ancora deciso. Il deputato allora ribatté che senza dubbio la Carta Atlantica non escludeva i territori abitati dai greci e a sua volta Eden aveva aggiunto che quella conclusione era presso a poro corretta 2 . Del resto la Grecia aveva combattuto contro l'Italia e la G-ermania a fianco degli Alleati e anche durante l'occupazione italiana non aveva mai cessato di riven dicare quelle isole, appoggiata dal consenso popolare sia in patria sia in quei territori. Nel novembre del 19/[/[ i tedeschi avevano riaperto le scuole greche, in un territorio dove da almeno sei anni il greco non era più insegnato da quando soprattutto De Vecchi aveva imposto una 'italianizzazione', come politica di assimilazione 3.

L Cfr. G. Vedovato, f! trcittato di j,ace wn l'Ttalù:t, Firenze, 1947; G.L. Rossi, L'A_frùa Ttalù:ma veno l'indipendenza, Milano, 1980; id. Gtterra fredda e questione delle ex colonie italiane, in 'Africa', 1978, n.4, p.509-524; id., La d,ecolonizwzione, in '!:Italia del dopoguerra e il trattato di pace co11 l'Italia', Commissione Italiana di Scoria militare, Roma, 1998, p.117-124.

2 13 R67, 21.8.1944, dalla Regia Legazione in Lisbona. I principi della Can:a Atlantica erano stati proclamati i1 14 agosto 1941 dal presidente Roosevelt e da Clmrchill ed erano poi stati fotti propri con la Dichiarazione delle Nazioni Unite il primo gennaio 1942, quale programma fo11damentale dell 'azione politica da svolgere contro il Patto Tripartito Italia-Germania-Giappone, firmato il 27 settembre del 1940.

3 Cfr. Doumanis, Un,i faccia, 11na r,izza, cit., p. 81.


536

L'Esercito Italiano nel Dodccancso 1912-1943

Il 15 maggio del I9/i5 gli inglesi ripresero Rodi e a bordo dell'incrociatore britannico Aver~fT arrivò nell'isola il reggente della Grecia Damaskinos 4 : al suo arrivo per gli italiani fu stabilito il coprifuoco

per tutto il giorno e si rinnovarono atti di violenza. Alcuni greci cercarono di entrare a forza nella cattedrale cattolica, per issare la bandiera di Atene sul campanile. I Carabinieri furono esautorati da quello che era stato il m.ancato appoggio de/l'atttorità occupante, disarmati e in alcune località furono soggetti ad attacchi personali. Quattro militari italiani già internati furono uccisi. La bandiera italiana che sventolava al porto fu lacerata, fatta a pezzi e la dimostrazione fu ripresa da una macchina fotografica. Secondo le testimonianze del tempo, vi era una forte ostilità da parte delle autorità di occupazione, cioè gli inglesi, contro l'amministrazione italiana che stavano progressivamente smantellando. Il governatore Faralli aveva resistito alle forze germaniche, nonostante il suo comportamento dichiaratamente antitedesco; tanto che era stato più volte minacciato dalle autorità che se non avesse cambiato atteggiamento, tutto il Governo italiano sarebbe stato deposto. Gli inglesi lo deportarono a Scarpanto, sciolsero il Governo, soppressero le scuole italiane. Anche l'organizzazione territoriale dell'Arma fu sciolta, i suoi elementi italiani deportati, mentre quelli indigeni ortodossi che prestavano servizio con una gendarmeria di lingua greca poterono continuare il servizio. Fu sciolto il Municipio; chiuso l'unico giornale italiano e la collettività italiana, secondo quanto scritto nei documenti, fu lasciata al ludibrio dei greci. Questo sembrerebbe essere in contrasto con quanto scritto in molte testimoniam:e raccolte sia nel novembre del 1943 sia nei mesi successivi, e poi alla fine della guerra: durante l'occupazione tedesca molti greci, soprattutto nelle campagne, aiutarono i soldati italiani che erano riusciti a sfuggire ai tedeschi, fornendo dunque un aiuto prezioso per chi si era dato alla macchia. Come sempre avviene, probabilmente vi furono comportamenti diversifìcati e comunque sotto

,i 13 Rl87 e L9 016, Promemoria segreto 20.5.1945 per la Presidenza ùel Consiglio dei Ministri, Sittklzione degli italiani a Rodi. Cfr. anche M. Gabriele, li Dodecaneso nel trattato di /iace con l'ltalia, ci t., p.131.


_ _ _ _ _ _ __,!"-]""D""oJ"'e=cane_s.Q_~_w:r~o.

11 trattato di pace de I 1917.

il feroce tallone tedesco, la soli<larietà fra gli oppressi era più forte che nel momento in cui l'oppressore era stato sconlìtto: per i greci più nazionalisti era vicina la piena indipendenza e la ricongiunzione con quella che veniva ritenuta la madrepatria, la Grecia, dopo anni <li lotta politica. Sembra invece che la comunità turca si sia comportata ammirevolmente e si sia astenuta da ogni manifestazione contro gli italiani, dimostrando invece solidarietà. Così come quei pochi rimasti della comunità ebraica rientrati su Rodi, dopo le deportazioni effettuate dai nazisti nel 1uglio del 1944. Altro particolare che denota l'atmosfera che regnava durante l'occupazione inglese fu la requisizione degli alloggi degli italiani; furono concesse 24 ore per lo sfratto: fu permesso di asportare solo gli effetti persona] i, lasciando tutto il resto. Era prossimo il rimpatrio forzato di intere famiglie di coloni delle aziende agricole <li S. Benedetto, S. Marco e Peveragno. Il barone Ricasoli, a nome degli italiani che avevano interessi nel Dodecaneso, aveva fatto nell'agosto del 1945 un quadro della situazione, nell'if)()texi qttasi certa che l'Italia dovesse J1erdere quel Jiossesso, proponendo tra l'altro che si potesse trattare sulla possibilità <li mettere il Dodecaneso sotto mandato internazionale 5 _ Era chiaro che quali che fossero le condizioni <li carattere economico poste, una volta che l'arcipelago fosse stato annesso alla Grecia, Atene avrebbe trovato il modo di non rispettarle. I soli interessi industriali italiani venivano valutati a oltre 200 milioni di lire postguerra. A questi dovevano essere aggiunti gli interessi agricoli, fondiari e soprattutto le somme spese dal governo italiano per le opere statali, le infrastrutture e le ricerche archeologiche. Ricasoli fo ricevuto da Dc Gasperi, allora Ministro degli Esteri 6 , il quale scrisse al Segretario di Stato americano, Byrnes che a J1artire dttl 1912, l'Italia ha speso milioni stt milioni per lavori pubblici, bonifiche a,~ricole, attività industriali e artigianali, svih1.ppo ctrtistico e culturale nelle isole Egeo (Dodecaneso). Il popolo

5 I3 RG7, v. App1mto /H:r il Ca/Hl di Stdto Mdggiore Generale, 22.8.1945.

6 De Gaspcri era divenuto Ministro degli Esteri nd dicembre 1944, nel secondo governo Bonomi.


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italiano le avrebbe volentieri affidate alla Grecia come compenso e pegno di amicizia tra i d11e paesi mediterranei. Tuttavia agli italiani che vivono a Rodi - la etti attività è stata intimamente connessa con la vita economica del!'isola per molti anni - dovrebbe essere concessa, mediante eq11e garanzie, la possibilità di continuare il loro lavoro 7 . La questione del Dodecaneso, sebbene sia stata l'argomento di alcune discussioni lungo tutto il 1945 e 1946, era in realtà già stata decisa <lai fatti. Le grandi difficoltà relative alla sistemazione delle ex-colonie italiane erano emerse ancora prima del settembre 1945, quando il Consiglio dei Ministri degli Esteti iniziò a Londra i suoi lavori per definire le condizioni di pace, impegno che derivava dalla Conferenza di Potsdam del luglio 1945: a quel tavolo non vi era stato accordo tra i tre Grandi circa le questioni generali che dovevano essere alla base clel trattato di pace con l'Italia e quindi era stato devoluto lo studio di quelle condizioni a quel Consiglio appositamente costituito. Precedentemente a Potsdam, 1'8 giugno del 1944 Badoglio aveva dato le dimissioni e dopo un suo tentativo fallito, su reincarico, di formare un nuovo governo, il Luogotenente Principe Umberto incaricò lvanoe Bonomi di formare un nuovo governo. Churchill fu molto contrario a questo cambiamento al vertice della politica italiana e fece attendere gli italiani una decina <li giorni prima di approvare i nuovi politici S_ Nel giugno di quell'anno gli inglesi chiesero al nuovo governo italiano di sopprimere il Ministero delle Colonie 9: altra testimonianza dell'orientamento generale per quel che riguardava le colonie italiane. Il 4 ottobre il Ministro degli Esteri Eden dichiarava alla Camera

7

Cfr. M. Gabriele, Il Dodecaneso nel tratt11to di fiace, cit. p. 132, nel quale riporta il testo del docmnento in Documenti Diplomatici Italiani, Serie X, voi. II (12 d.icembre 1944-9 dicembre 1945), Roma, 1992, doc. n. 446.

8 Cfr. W.Churchill, La Seconda Gt,erra mondiale, cit. ed. 1953.1955, parte VI, vol. I e 11. Per questo periodo la bibliografia è molto estesa. Si segnalano in particolare: E. Ag a Rossi, Ùt politica d.egli Alleati veno l'ltalia nel 1943, in L'ltlilia della sconfitta, Napoli, 1985, p. 122-124. V. anche 14 R56.

9 ASMAE, Ambasciata di Parigi (AP), Italia 1944, b. 401,appunto di Roberto Gaja, Salerno 20 giugno 1944.


_ __ __ _ __,I'°-[D=od=ecanes_Q_~_g_rcco. Il trattato di pace del 1947.

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dei Comuni che l'impero coloniale italiano era finito. Il 26 ottobre 1944 furono ripristinati i rapporti diplomatici fra gli Stati Uniti e l'Italia; finì così l'isolamento diplomatico del nuovo Governo, ma le linee politiche internazionali erano chiaramente delineate. Nel giugno del 1946 i Ministri degli Esteri dei Quattro Grandi si riunirono di nuovo a Parigi: in quella particolare riunione il tema dominante sul tappeto riguardava il problema della internazionalizzazione di Trieste 10, in un nuovo progetto di compromesso tra le potenze occidentale e l'URSS. E' nel corso di quella riunione che il 27 giugno 1946 decisero che il Dodecaneso sarebbe tornato alla Grecia. Il trattato di pace tra l'Italia e le Potenze associate fu firmato a Parigi il 10 febbraio 1947, tra le 11 e le 11.25 nel Salone dell'Orologio, al Ministero degli Esteri francese, al Quai d'Orsay: per l'Italia firmò l'ambasciatore Antonio Meli Lupi di Soragna: ancora una volta le condizioni della pace furono considerate ingiuste e in ltalia a quell'ora vi fu una manifestazione di protesta. li trattato entrò pienamente in vigore in Italia il 28 novembre 1947, con il D.1.C.P.S. n.1.430, anche se tra le Parti era già operativo il 16 settembre 1947, poiché erano giunte a quel giorno le ratifiche degli Stati Uniti, della Gran Bretagna, della Francia e dell'URSS presso il governo francese, secondo quanto previsto dall'art. 90 del trattato. Anche l'Ttalia aveva depositato quel giorno il suo atto di ratifica autorizzato con legge del 2 agosto 1947 n. 811, subordinato alla ratifica delle quattro potenze. Fu successivamente data esecuzione al trattato con efficacia dal 16 novembre per mezzo del decreto del 28 novembre sopra menzionato. Per le colonie italiane prefasciste, ben sappiamo che l'art. 23 del trattato di pace impose all'Italia la rinuncia a tutti i diritti e titoli su quelle colonie 11 . I Quattro Grandi do-

1 O Cfr.

tra gli altri, D. De Castro, La Questione di Trieste. L',r;:;ione politica e diplomatica italiana dal 7943 al 1954, Trieste, 1981, vol. I, p. 201-230; 297-383; 440442.; E. Ortona, J\nni d'America- La ricostruzione 1944-19.'51, Bologna, 1984, p.169-173. 11

Per una giuridica puntuale interpretazione di queffarticolo del Trattato di pace, cfr. G.A.Coscanzo, L'interpretazione dell'art. 23 del trattato di p,,ce con !'ltr;/ia, Roma, 1952.


510

"- -----~L'=E=sc=rc=it=o=lt=aliano nel t:~!!J!I~~so l 912"-___,1~9-" 43,___ _ _ _ _ __

vevano deciderne le sorti entro un anno dall'entrata in vigore del trattato stesso, ma non vi fo accordo; tanto che entrò in vigore l' Allegato XI, il quale aveva previsto una simile fattispecie, che devolveva la soluzione della questione alle Nazioni Unite. La sorte della Libia fu decisa il 2 l novembre 1949: indipendenza entro il I O gennaio 1952; nella stessa data anche quella della Somalia, in amministrazione fiduciaria ali' Italia per dieci anni, passati i quali il territorio avrebbe raggiunto la piena indipendenza. Per l'Eritrea si attese il 2 dicembre del 1950, quando tì.1 'federata' all'Etiopia, dopo lunghe discussioni: il governo di Addis Abeba cercò di attuare una annessine strisciante del territorio, che porterà a lunghi anni di guerriglia, fino all'indipendenza dell'Eritrea nel 1993. L'art. 14 del Trattato di Pace, pubblicato sul Supplemento della Gazzetta TJffìcialc il 24 dicembre 1947, stabiliva appunto che l'Italia cedeva alla Grecia, in piena sovranità, le isole del Dodecaneso, tutte indicate e Castellorizzo, con gli isolotti adiacenti. Le isole erano e dovevano restare smilitarizzate. Per la procedura e le condizioni tecniche che avrebbero regolato il trapasso delle isole, vi san·bbe stato un accordo tra la Grecia e la Gran Bretagna, per il ritiro delle truppe inglesi, che sarebbe dovuto avvenire non oltre 90 giorni dall'entrata in vigore del Trattato. Sulla base delle richieste esposte dal R icasoli, fo costituita una Commissione per la tutela degli interessi italiani nel Dodecaneso, a capo della quale fu designato l'ingegnere Antonio Macchi. Non si poté fare molto: fu firmato un accordo italo-greco il 31 agosto del 1949 e gli ultimi italiani dovettero lasciare il Dodecaneso, entro un anno dalla firma, portando con sé, come sempre avviene solo beni mobili, potendo liquidare quelli immobili. Nelle isole del Dodecaneso, dopo tanti anni di dominio ottomano, di una occupazione italiana, seguita da una tedesca e poi da una britannica, poteva finalmente sventolare la bandiera ellenica, quella che ancora oggi accoglie chi ha deciso di visitarle.


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Brevi note conclusive

A

lla fine di yuesta lunga indagine nei documenti dell'Archivio Storico dello Staro Maggiore dell'Esercito, vi sono una serie di elementi storici assai chiari che emergono, dei quali uno è fondamentale: il Possedimento del Dodecaneso fu sempre tenuto in conto di strumento per ottenere un successo a livello internazionale o come base di appoggio per andare ad occupare altri territori, ma mai utilizzato in tutto il suo potenziale. Anche per quanto riguardava il problema dell'emigrazione, questo fu un fenomeno abbastanza ristretto, che riguardò soprattutto l'isola di Coo, dove si facilitò l'inserimento di coloni italiani, per avviare una agricoltura florida. A Rodi e a Lero naturalmente furono sviluppati interessi italiani, con commerci, qualche fabbrica, yualchc investimento, in realtà non molto, anche se alla fìnc della guerra, nel 1945-46, ovviamente gli italiani che erano stati presenti in quei territori cercarono di recuperare i loro beni, che ammontavano a circa 200 milioni dell'epoca, cifra importante, ma non così tanto se ragguagliata agli investimenti fatti in altri territori e a una emigrazione massiccia, come era accaduto in Tripolitania e Cirenaica e nella stessa Etiopia. L'arcipelago fu occupato inizialmente per avere un pegno che costringesse la Turchia a cedere definitivamente Tripolitania e Cirenaica, ma anche per iniziare a mettere una seria ipoteca sull' Anatolia, in vista della fine dell'Impero ottomano, eventualità della quale si parlava apertamente nelle cancellerie europee e per la cui eredità era iniziata la corsa all'accaparramento, quasi peggio di quanto stava succedendo per quello che rimane nella storia come the scramble /or Africa, dal 1878 in poi, data del Congresso <li Berlino che decise e consentì la spartizione di quel continente. TI governo italiano ebbe vita difficile per continuare ad aggiudicarsi quelle isole dopo la prima guerra mondiale: la Grecia premeva; nel gioco delle alleanze e delle vittorie, le isole del Do<lecaneso erano parte di transazioni diplomatiche, ma il Governo di Roma riuscì ad


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[Esercito Italiano nel Dodccancso 1912-1941

ottenerne addirittura il possesso: era troppo prezioso l'arcipelago, come base per la spedizione in Anatolia, dove l'Italia aveva diritto ad installarsi , per accordi pregressi e interessi 'diffusi'. Una nazione giovane come l'ltalia unica aveva bisogno di espandersi e soprattutto di 'contare' nel consesso internazionale. La spedizione in Asia Minore non ebbe il successo sperato, non tanto per problemi militari, quanto per accordi diplomatici: Mustafa Kemal era molto forte e impose, da erede di un impero vinto, la sua voce di vincitore, soprattutto contro la Grecia e le altre potenze occupanti per difendere il territorio della repubblica laica da I ui fondata. Al momento dell'occupazione, due uomini d'arme come l'ammiraglio Rocca Rey e il generale Pollio avevano ben compreso quali erano e quali sarebbero stati i problemi 'militari' di quelle isole: problemi che puntualmente si presenteranno molti anni dopo, durante il secondo conflitto mondiale: lontananza dalla madrepatria, difficoltà di rifornimenti, diffìcoltà di collegamenti: in una parola, pericolo di isolamento, come poi avvenne. Pasquale Iuso nel suo volume più volte citato in questo studio sulla resistenza dei militari italiani nelle isole dell'Egeo, conduce una interessante analisi su questo fenomeno, sul quale ritorneremo brevemente, che si evince con molta chiarezza dalle precedenti pagine di analisi storica. Questo problema era già stato visco, con notevole pragmatismo e lucida analisi geo-politica, dai vertici militari nel 1911-1912 e rimase molto forte, anche nel 1940, nonostante che in trenta anni la marina mercantile e quella militare avessero notevolmente progredito e soprattutto l'aviazione avesse fatto reali passi da gigante. Tra il 1923, quando il Possedimento divenne definitivamente italiano e il 1935, il territorio interessò molto marginalmente la madrepatria. Il cambiamento avvenne nel 1935-1936, quando Mussolini accentuò la sua politica estera nel senso della espansione e della creazione dell'Impero 1 . Non era una follia per quei tempi l'idea di un

1 CJr. E.Aga Rossi, La politica estertt e l'lmjlero, .in ' Storia d'Italia', 4, Guerre efascismo 1914-1943, a cura di Sabbatucci-Vidotto, Roma-Bari, 1997, p. 250 e ss.; P. Minniti, Fino ,dia xuerra, cit., p. 96 e ss.


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impero coloniale. Forse non fu savio il modo con cui il progetto fo affrontato. E non intendo in questa sede tornare sulla non più vexata quaestio della impreparazione <lelle Forze Armate nell'affrontare espansione territoriale e guerra. Una strategia mediterranea prende corpo dopo la creazione dell'Impero in Etiopia, perché occorre, come insegna la lezione della politica coloniale britannica da più di duecento anni, aprire le vie più rapide per raggiungere l'A.0.1. e poter contare su un Mediterraneo, mare nostrum, canale veloce anche per rifornire quel lontano lembo di terra ritenuta italiana: quindi tenere la Libia, attaccare l'Egitto e aprire per l'Italia la via terrestre all'Africa orientale puntando sul Sudan inglese e cercando di prendere la Somalia inglese; controllare Suez e lo stretto di Bab cl Mandeb, per evitare il lungo periplo dell'Africa, portando il Mar Rosso a divenire un 'lago italiano' come il Golfo Persico era \m lago 'inglese'. L'ipotesi allo studio non era assolutamente peregrina, degna delle più valenti analisi geo-politiche: le variabili erano però moltissime, tra le quali, non ultima, la forza d'impatto di quella che era già la più grande potenza mondiale, gli Stati Uniti, qualora fosse entrata nell'agone mediterraneo o comunque europeo. Però, per quanto il Possedimento divenisse pii:1 interessante agli occhi degli strateghi di quel tempo, veniva visto solo come punta avanzata italiana nel Mediterraneo orientale, dove l'Italia voleva avere una certa predominanza, come 'sistema' con i territori italiani di Libia, contro l'influenza britannica in quello scacchiere: si iniziò pertanto a pensare che potesse avere una funzione offensiva, ma i provvedimenti che vennero presi al riguardo furono lenti, non incisivi. Il Possedimento era comunque uno scacchiere secondario e l'Italia faticava a ri-armarsi continuamente: i problemi <li bilancio non fanno soffrire solo i Ministri delle finanze di oggi e anche in un periodo come quello fascista, dove indubbiamente le Forze Armate avevano una corsia preferenziale, vista la politica estera del Duce, i fondi erano sempre pochi e erano obbligatorie rigide scelte prioritarie. A guerra iniziata, in effetti il Possedimento fu al margine degli avvenimenti bellici, fino a quando le truppe dell'Asse iniziarono a per-


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dere le loro battaglie e gli anglo-americani a premere dalle coste dcli'Africa Settentrionale verso l'Italia, per risalire la penisola e invadere l'Europa tedesca da sud e da nord, con lo sbarco in Normandia. Al contrario degli italiani, che durante la guerra non seppero sfruttare le potenzialità del Possedimento, anche per non averle suffìcientemente valutate, inglesi e tedeschi avevano la corretta percezione di quello che avrebbe potuto significare esserne in possesso, specialmente dal punto di vista dell'aviazione: Rodi, come chiave del Mediterraneo orientale. A dire il vero, fu proprio quello dcli' Aeronautica il settore maggiormente sviluppato dagli italiani, soprattutto dopo il 1936, rispetto alla forza navale e alle truppe di terra, ma non sufficientemente, come avrebbe dovuto essere. E comunque le azioni condotte durante i primi anni del conflitto non f-urono così incisive come dovevano essere, per mancanza <li mezzi, sicuramente, ma anche perché quel teatro di operazioni continuava ad essere secondario, rispetto alla T,ibia, considerata più importante e quindi munita e rifornita conseguentemente. Durante la sfortunata campagna cli Grecia, il Possedimento non fu utilizzato come avrebbe potuto esserlo: invece di fare sistema con 'lobruk, poteva fare sistema con altri campi di aviazione sul territorio metropolitano, essendo stata decisa l'occupazione della Grecia. Altre furono le scelte. A livello strategico, virtualmente, il ruolo che il Doclecaneso poteva avere fu parzialmente compreso, ma il territorio non fu mai suffìcientemente rifornito e utilizzato. La domanda s'impone: perché? Ed è a questo punto che ritorna il discorso già accennato dell'isolamento, previsto da una angolazione militare già da] 191 l. Anche il Governatore De Vecchi aveva ben capito che il problema dei collegamenti era importante: non solo i collegamenti marittimi e aerei, ma anche quelli telegrafici, tra l'arcipelago e la madrepatria e all'interno di esso. TI Possedimento era talmente isolato che, a quello che le testimonianze ci tramandano, non si aveva avuta la benché minima percezione <li quello che stava accadendo alla vigilia della firma dell'armistizio. I tedeschi erano invece assai bene informati e avevano fatto una rigorosa pianificazione.


- - -- - - - - - ---'B~r~CT~i~n~ot~c~c~on~c~lt=IB~iv~c_ _ _ _ _ _ _ _ _ _ 545

In sintesi: il Dodccaneso era lontano; per raggiungerlo via mare occorreva navigare, in tempo di guerra, in acque non arniche, con molte insidie. 11 suo territorio aveva la caratteristica di essere estremamente frazionato: isole, isolette, isolotti, scogli. I collegamenti fra le varie isole e isolotti erano oltremodo Jiffìci Ii. Come appunto rileva fuso, un isolamento fisico e uno bellico: non si combatte nel Dodecaneso fino all'armistizio dell'8 settembre. E' vero che la guerra era già stata provata <lai residenti con i bombardamenti della RAP su Rodi e Lero, ma i primi combattimenti delle eruppe di terra erano stati solo per rioccupare Castel rosso nel 19/i I e p er occupare Creta nello stesso anno, ma non sul territorio del Possedimento (escluso Castelrosso, breve scaramuccia). T1 Dodecaneso, una occasione perduta? La pratica è archiviata e resta solamente la curiosità storica <li leggere quello che accadde e non speculare su quello che avrebbe potuto accadere.



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Nota documentale e bibliografica Doa,menti oriy,inali Inventari dell'Archivio dell'Uliìcio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito consultati, che banno documenti reforivi al presente studio: E3 voi. 1°; E8; F2 voi. I0 ; F); F4; F9; G-21; G-29; G)); Hl; H9; Hl O; I); I 4; L8 che offre il maggior numero di documenti relativi all'Egeo; L9; LlO; L12; 11-1; Ml/ l; M3; M7. I Diari Storici della Seconda Guerra Mondiale. Nell'Archivio Diplomatico del Ministero degli Esteri, nella Serie Affari Politici (AP) vi è un numero di buste 'Dodecaneso', sedici, che vanno dal 1931 al 19-15, con documenti che riguardano soprattutto la vita civile del Possedimento. Nel la stessa serie AP, le varie buste riguardanti Francia, Stati Uniti, G-ran Bretagna e URSS, contengono documenti relativi alla questione del Ti·attato di Pace e all'atteggiamento di que.~te Potenze verso l'Italia. Altri documenti interessanti per l'Egeo si trovano nella serie Ambasciata di Parigi, Ambasciata di Londra, solo per quanto riguarda la parte diplomatico- politica.

Bibliografia La bibliografia sul Dodccancso non è:· molto vasta, mentre è sterminata <]Ud la sui due conflitti mondiali e sul periodo intermedio, nonché sulla guerra di Libia e la politica coloniale dell'epoca. Vi sarebbe dunque da r.i portarc un infinito elenco cli scritti notevoli o anche m eno interessanti, che però la maggior parte degli addetti ai lavori conosce pedettamence: di qui l'inutilità di riportarli in questa sede. Pertanto la bibliografia che segue, ol.tre a riportare con cura quel la specifìca, si rivolgerà soprattutto ai non addetti ai lavori, segnalando quei volumi che più sono atti a illustrare quanto non è stato specificato in questo studio, perché non direttamente attinente, o volumi di studio generale sull'Esercito o sulla storia delle Forze Armate e della Seconda Guerra mondiale. Altre indicazioni più specifiche sono date dalle note a piè di pagina. ln questo settore, possono essere cli grande aiuto, oltre all'imponente studio, di docwnentaz.ione e critica storica, in vari volumi di Renzo De Felice, Mussolini, pubblicato dalla casa Einaudi in varie edizioni, gli accurati studi generali di: Le operazioni delle unitcì itt.t.!ùme nel Jettembre-ottohre 1943 , a cura cli M. Torsiello, SME, lJffìcio Storico, Roma, 1975, p. 525-586.


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E' pregevole rutta la serie dei volumi de L'Italia in SlJ.trra.1940 - 194.5, pubblicati dalla Commissione Italiana di Studi Milita."i, tra il 1991 e il 1996, con saggi specifici su argomenti determinati, che posso1.u dare informazioni pi ù dettagliare su alcuni settori degli avvenimenti del seconJ i conflitto mondiale. Per una storia gc rwrnle della Seconda G·ucrra Mond.ialc, si veda anche: R. Carrier, La semnda guerra moncliale, in due volumi, ed. Oscar Mo11daclori , 2001; H.11.Liddcll Han, Storù1 militare della Seconda Guerra mondiale, ed. Oscar Mondadori, 1996. Di grande interesse gli scritti da Wimtnn Churchill, La Seamda Guerra mondùtle, puhhlic1t11 da Mondadori, Milano in vari volumi nel periodo 19'18-1958 (ai quali si fa riferimento nelle note al testo) e recentemente riproposta negli Oscar di Storia. Sempre per .le vicende della seconda guerra mondiale, specificamente per la Guardia di Finanza, P.P.Meccariello, /,a c;uardia di Pinanza nella seconda g11errr.11rtondù1le ( 1940-1945), Roma, 1992, in due tomi, testo e allegati. Per la storia specìfìrn del Dodecaneso, ritengo sempre molto valido il volume di R. Senoli Salis, Le i.mie italicme dalla ota,;j,azùme alla sovranità, Roma, 1939. Interessante per una visione diversa della vila civile nelle isole durante il periodo di occupazione italiano, N. Doumanis, Und Fr.tccùt, ttntt rctz ztt. Le colonie italiane del!' Egeo, Bologna, 2003. Nel settore della memorialistica, sono utili sempre per avere un quaJro generale ciel periodo in cui si inserisce la questione del Dodecaneso: 0


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Numerosi articoli e saggi interessami sulla politica militare italiana si trovano negli 'Studi Storico militari' pubblicati Jall'Uffìcio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito, annualmente. Per le date di i11izio e fÌ11P. degli incarichi uf/ìciali, poiché non sempre è facile sapere rispetto al decreto uHì.cialc, il gioi-no csatro d ella presa di funzioni , mi sono

ba.~ata sul voi 1m1e J i Mario Missori, GO'{ll'fflÌ, Alte cariche dello Str1to, Alti mt1gùtrati e Prefetti del Regno d'ltr,lù1, pubblicato nel 1989, dall"Archivio Centrale dello Stato, Ministero dei Beni Culturali e Ambientali, nella collana 'Pubblicazioni degli Archivi di Stato'. Per gli inquadramemi generali della storia del XIX e XX secolo, rimane sempre di grande validità per l'ampia e approfondita analisi , il volume di P. Renouv.i n, f-fi.rtoire de.r Rél,tlirms intern,itionales, voi. III, De l 877 à 1945, Parigi, ed. Hachette,

1994. Tra la bibliografia consultata, cito (escludendo articoli non specifici sull 'argomento, che perù spesso so110 stati riportati nelle note quali riferimenti): G. De Frenzi, L'ltr1lta nell'Egeo, Roma, 1913 O. Zoppi, I ,a .1jm:lizùme !\meglio s11. l<.otli, Novara 1915 V. Elia, Memoria .wll'opera .rvolta nel Dodecaneso dal Corpo d'ocmp,nìone dell'Egeo, Ro-

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INDICE DEI NOMI Le date degli incarichi sono state tratte dal volume di M. Missori, Governi, alte cariche dello stato, alti magi.rtrati e prefetti del regno d'Italia, Archivio centrale dello srato, Roma, 1989.

/1ag. 12 '$/1 26/1 341149

Albricci Alberico, Ministro della Guerra

pag. 56

Alhadeff Vittorio, Esponente dellr, società se/ardita di Rodi

Ameglio Giovanni, pag. 43/46/47/48/49/50/56/59/65/66/67/ Comandt.mte del Distaa-ar._ne_r.i_t_o_d_ry_e_i_1t·_u,_._J1_IÌ_R_o_d_i___ 7 _11_7_2_ 17_4_17_5_/_7_7_17_8_17_9_/_80_/_8_1_ /8...:.3_/8_ 4__ Amcro d'Astc Stella Marcello, Ammiraglio, C01rtandante della l'orza navale che .rcortò il Uistaccamento da 1.'obmk a Rodt.

pag. 97

Ai-tom Ernesto, Senatore del R egno Iladoglio Pietro,

pag. 46/48

J1ag. 96/11411341144/146/217/236/237/241/255/ 2 56/25 7 /258/3 7 8/3 79/380/38 l/383/385/390/396/ 397 /3 98/39')/403/404/406/408/4 l 0/417 /418/420/ 439/441/443/445/446/447 /449/450/452/455/4 56/ 458/459/ 463/466/505/515/538/552

Baistrocchi Federico, Ca/)(1 di Stato Maggiore dell'E.rercito dal l u ottobre 1934 al 7 ottobre 193 6

pag. 306/310/314/315/316/317/318/ 324/326/327/328/329/3 32/3 3 5/

3421343/3481352

Battistoni Giuseppe, pag. 100/105/106/113/116/l/47 Comandante del Corpo di Jpedizione italiano in Anatolù.1

f1ag. 97 ( nella nota)

Ilarzini Luigi, Giornalista Ileaufays Ignazio, Prefetto Apostolico di J<odi

pag. 77/78

--- -- - - - - - - - - - - - - - - -- -pag. 46/57/62

Bertolé Viale Ettore, !!mmÌ!!_Jglio comandt.mte delle _{urze navali nell'Egeo

Rertonclli Francesco, pag. 315/320/323/330/33 l/335/347 /348 Comandame militare marittimo delle Isole dell'Egeo dal 1935 al 1936 Bonomi lvanoe, Presidente del Con.riglio

pag. 138/ l 5 2/15 .'$/1C,9/190/538


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L'Esercito Italiano nel Dodecaneso 1912-1943

Bonzani Alberto, p,1g. 230/233/237/240/255/256/270/284/285 CtJpo di StrJto Maggiore dtJ! 4 febbrrào 1929 tJ! 1° ottobre 1934

pag. 74

Brizi Attilio, Primo sindarn italiano di Rodi

Bongiovanni Luigi, f1ag. 111/llG/119/126 Comandante del Corj}(} di Sj,edizùme in Anato!ùi dal 24 luglio 1919 al 17.8. !J__IJ__ Caneva Carlo, Tenente Generale Comandante del Corpo di Spedizione in '!ripolitania e Ciren,,ica Cannì Giuseppe, Ammiraglio designato d'armata

pag. 329/330/33 l/332/385

Cavallero Ugo, pag. 110/l36/446/480/496/497/498/503 Ca/10 !!_i Stato Maggiore GenertJ!e, dtJl 6 dicembre 1940 tJl 1° febbraio 1943 Cavagnari Do.mcnico, Ca/IO di Stato Maggiore d.ella MarintJ drJl 1° gi11gno 1934 ,i//'J J dicembre 1940

ptJg. 315/332/378/399/405/ 440/443/446/469

Ciano Costanzo, Cr1pitrmo dì vascello

pag. I 02/446/494/502

Da Zara Alberto, Tenente di vttscello

pag. 161

Dc Rosdari Alessandro, j1tJg.23/161/165/167/168/170/189/201 f!::Eio LeJ!,ato a Sofia, Bulgaria, e in segNito G"overntJtore civile del Dodecaneso De Vecchi di Val Cismon Cesare Maria, Governatore civile e militare del Dodecane.ro dal 193 6 al 1940

Diaz Annando, Tenente generrde

/1ag. lGG/211/316/333/358/568/ 37113 7513791386!387!388!38Y/39UI 39113951398/399!40114021403/404! 406/40914 l 714 75!41614181420!42 I I 422142314241425!42Rl4291430143 7I 43214441445144Rl4491450145 l l452! 45 314551456145 7l45Rl160l46 l l162/ 46314641466147 I /508/_5 I 1153.51.511

pag. 961120/125/ 126/130

Ducci Gino, i\mrniraglio di JqNadra, Ca/10 di Str1to Maggiore della MrJrinrJ, dal 20 rnarz_~ 1924- al 1° giugno 193_4_ . _ __ Elia Vittorio, Comandante del Dodecane.w poi interinale dal 17.8.191') del Comando del Corpo di .rpedizione nel Mediterraneo orientale

ptJg. 255/257/258

/ltlJ!.. 100/1 05/11 J /11 2 114/116/121/LU 1 26/1 27 /1 28/ I 2y 130/131 /133/1 34


555

Indir~ dei nomi

pag. 33

Envcr Rcy (in sexuito Pasha), Generale turco

pag. 156/ 17 11186

Facta Luigi, Presidente del Con.riglio

pag. 151/152/153/162/ 163/

Fusoni Giorgio, Colonnello, Comandante delle tmppe nel DodecaneJo dal 7 agosto 1920

165/168/1 70/190/203

Garroni, Rappresentante italiano rf. Co.rtantinopoli

{1ag. 155/175

Gasparini Igino, capitano dei C,m1binieri Reali~--·-

pag. 239

Gazzcra Pietro, Generale, A1iniJtro della Guerra dal 1929 al 1933

pag. 9/64/137/156/166/ 182

Giolitti Giovanni, Presirlmte riel Consiglio Gorini Vittorio Capitano dei Car1Jbinieri Reali

f!ax- 295

Grandi Dino, Ministro _de7;fi meri dal 1929 ,il 1932 Lago Mario, Governatore àvile del Dodecane.ro ,:ktl 1923 et! l93(i

pag. l 75/201/2 32/2 33/239/240/24 l/ 244/248/254/279/3 l 5/3 l 6/329 3 5 7 /:',64/366/368/ 38 5 / :389

pag. 47

Macchioro Vivalba Gino, Primo Direttore dei servizi civili di Rodi

pag. 189/190/201

Maissa Felice, Governatore civile del Dodec,meso Manca Ettore Comandmte delle tm{l/1e del Regio Esercito nelle ùole it,iliane dell'Egeo dal 1935

jhljf.

3 1 3/3 l 4/3 15/3 16/3 17 /3 18/320/

3211322!323/324132.513261327 I 328!329/332133.513361340134 l I 342134313471348136 I /3 66/36 7

Marafìni Vincenzo

pag. 20/2 2

Marchi Francesco, Generale, .rmus.rore di Ameglia al comando della Sesta Divisione Speciale

pag. 81/82

Momhelli Ernesto, Capitano in servizio di Str1to M1Jggiore Mussolini Benito

pag. 46/49/191 pag. l 57/l 71/175/191/1')7/258/29 5/306/307/ 3711385/390t391/398t112111911:; u1i.:.;w111


556

rEsercico Italiano nel Dodecaneso 1912-19,H

443/444/445/446/451/458/464/466/469/4 7 l/ 478/489/494/503/504/505/512/5 l 3/5 22/542

Mustafà Kemal Ataturk

p,1g, 94/105/126/127/139/140/143/154/156/ 157 158/160/161/171/189/191/192/209/261/542

Nitti Francesco Saverio,

jlttg. 137/116/l 50/156/166/181/186/188

Pariani Alberto, Capo di Stato Maggiore dell'T{rercito dal 7 ottobre 1936 al 3 mwembre I 939

/1ar,. 110/3 l l /326/0,28P,29/Yl3/'>67/378

Porta A.

390/392/397/100/108/111/131/ 440/442

pag. 133/134/[37/138/ (39/144/ 145/146/ 147/148/150/151/152/1 53

Pollio Alberto, Tenente gener,;le, Capo di Stato Maggiore deL/'Esercito dr1! 1 ° luglio 1908 al I O !ttg!ìo 1914

pag. 15/16/17/18/24/31/32/34/ 35/45/47 /48/58/60/61/ 62/63/67 /3 72/542

pag. I 5/l 8/24/27/28/31/32/33/34

Rocca Rey Carlo, Vice Ammir,1p/io, Cttpo di Stato Map.11,ùwe della

3513 614 I14 214315815 93 721542

Marina dal 2 l .rettembre 19 l I cdl' l l ottobre 7C) l 5 Trombi Ferruccio, Comandante interinale della Sesta Divisione Speciale

/ktt,. 81 (nella nota)

pag. 181/182/188

Scialoja Antonio, Ministro degli Esteri ckl governo Nìttì Senni Carlo, Primo governatore civile del Dodec,meso

pag. 121/1221124/138/ l 43/ 14511 53/163

Sforza Carlo, j1ag. l l 5/1 21/137/149182 Minirtro Hsteri e J\lto Commina_rio italiano a Costantinopoli - -- --

-

----

Skevos Servos, J1,ig. 111 Pre.ridenle del!,, deler,azùme dodeamesina alla Crm(ilYenza di Parigi del 1919 Spingardi Paolo, Ministro della Guerra dal 1909 al 1914

pag. 35/67/77

Thaon de Revel Paolo, pag. 399/463 Capo di Stato Maggiore della Marina dal/'8 jèbbraio 1917 al 24 novembre 1919

'fittoni Tommaso, Ministro ckgli Esteri

pag. 31/97/ 114/118/1191124 130/1 31/136/137 /l 5 l/182

Vaccari Giuseppe, Sottoca/10 di Stato Maggiore da.I 3 febbraio 1921 al I O maggiq 19~

p(ig. 168 __ _ _ _ _

Valle Giuseppe, /Jag. 256/257/378r580/'ì90/.10'l Generale di squadra aerea, Ca/J(J di Stato Maxgùwe de}! AiiYrmautica Venizelos Elefcherios, Primo Ministro grea;

/1ax. 96/103/l l 7/l l 8/l l 9/l 36/l 37/1 )1/178 l 79/180/181/182/183/184/185/186/187/188


____557

Corrispondenze dei nomi ufficiali delle isole del Basso Egeo decise dalle Autorità italiane il LS maggio 1912: RODI - Redos, Rhodos; STAMPALIA -Astipaloca, Astymphalea, Astropalia; N ISI RO - N.isiros, Nysiros, Nisyros, Caria; PISCOPI - Piskopi, Episcopia, Tilo, Telos, Iliaki; S1Ml - Symi, Symc, Symbegi; LERO - Leros; CALIMNO - Kalymnos, Kalmios, Kalimno, C:laros, Kalolimno; PATMO - Patmos, Patino, Parimo; CAPPARI - Kappari, Psetinos; CASO - Kaso, Kassos, Kaxos; CUS - Kos, Stankn, lstankeny;

CALCHI - Kalchi, Cai-ystos; SCARPANTO- Karpanthos, Kcrpé, Karpathius; NICARIA - Nilaria, Kariot, Jcaria; CASTELLORlZO - Mcis; Megiste



Indice Presentazione ....................................................................................... pag.

5

Prefazione dell'Autore ........ .................................................................. pag.

7

Introduzione .............................. ........................ ................................... pag.

9

Parte Prima 1911-1924 Capitolo Primo ... oa:u/1are q11.trlche cosa dcll'impl-ro ottomano che lo porti ad accettare la /Jctce ... 1 . 1. Motivazioni per la spedizione e la sua lunga preparazione militare ..........................................................pag.

15

1.2. Rodi e le altre isole vengono couquistate ......................................pag.

'15

1.3. Il trattato Ji pace con la Turchia è firmato (1912). I.e isole continuano ad essere sotto il dominio italiano .................. pag.

71

1.1. Il DoJecanesn e i I conflitto mondiale. Base per la spedi zinne

in Asia Minore (1919). Il Corpo di Spedizione in Anatolia e il Corpo di Spedizione nell'Egeo vengono fosi nel Corpo di Spedizione nel Mediterraneo Orientale (agosto 1919)................... pag.

85

1.5. li. Dodecaneso e il progressivo ritiro dall'Anatolia (1921). Il Corpo di Spedizione nel Mediterraneo Orientale viene ridotto .. pag. 1 33

1.6. Da Sévres a Losanna (1923). JI Dodecaneso diventa un Possedimento italiano ................... .... ..png. 17 3

Parte Seconda 1924- 1936 Capitolo Secondo li Possedimento italiano e la valutr1zionc strategica 2.1. Il Dodecaneso è un Possedimento italiano.

Viene riorganizzata la forza presente (1924- 1925). L'idea di una spedizione in Anatolia e conseguente occupazione non è stata ancora abbandonata ............................ .... pag. 201 2 .2. La definizione della limzinne militare del Dodecaneso e i primi studi per la conseguente organizzazione delJa difesa del Possedimento 1929 - 1931 .............. .... .................... .... pag. 229


560

riìscrciro Italiano nel Dodccancso 1912-1943

2.3. Continuano gli scudi per l'organizzazione della difesa del Possedimento 1932 - 1933..................................... ..............pag. 261 2.1. Si concretano i primi piani provvisori per l'organizzazione della difesa del Possedimento 1934 - 19',5 .................................pag. 295

2.5. Il 1936. Il piano di difesa Manca. Il problema del Comando. La nomina di Dc Vecchi di Val Cismon a Governatore Civile e Militare dell'Egeo ....................................... p,1g. 335

Parte terza 1936-1917 Capitolo Terzo Il amflitto e la fine del Po.rsedimenio italiano. I I Dodec,meJO è greco 3.1. La rivalutazione strategica del Possedimento. Il Comando del Governatore Dc Vecchi di Val Cismon .... ........ ....pag . 371 3.2. I primi anni del Governatorato De Vecchi. II Piano di Difesa del 1939 ............................................................pag. 409

3.3. Le prime operazioni e le prime cliffìcoltà. La sostituzione di De Vecchi ............................. ................ ...........pag. 439

3.4. 11 nuovo ruolo del Dodecaneso. 1941 -1942. L'alleato tedesco si insedia nel Possedimento ................................ pag . 471

3.5. Il 1943. L'8 settembre e la resistenza. Il Dodecaneso è perduto.. .pag. 501

3.6. Il Dodecaneso è greco. li trattato di pace del 1947 ...................... pag . 555

Brevi note conclusive ........................... .. ................... .............. ............. pag. 541

Bibliografia ............................................. ....... ....... ...............................pag. 5-17 1.ndice dei nomi ................... ....... ...................... ........... .... .......... ....... ....pag. 553




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